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PSICOLOGIA E GNOSEOLOGIA

1. L'anima e le sue funzioni La psicologia, per Aristotele, una parte della fisica. Essa studia l'ANIMA. L'anima dunque una sostanza che informa e vivifica un determinato corpo. Essa definita da Aristotele come l'atto finale [entelcheia] primo di un corpo che ha la vita in potenza, ossia come la forma, o facolt, la quale fa s che il corpo, vita in potenza, risulti vita in atto. Questa concezione dell'anima come forma del corpo implica, da parte di Aristotele, il rifiuto di due principali modelli: a) il modello naturalistico-materialistico, il quale vedeva nell'anima una sorta di "materia sottile", b) il modello orfico-pitagorico, che concepiva l'anima come una sostanza a s stante e immortale. a) Contro i materialisti Aristotele fa valere l'idea dell'anima come principio o struttura formale, b) contro gli orfico-pitagorici sottolinea la connessione anima-corpo, perci lanima non separabile dal corpo, con leccezione dellintelletto attivo. Pur non riducendosi a corpo, secondo Aristotele l'anima opera soltanto a contatto con il corpo. Aristotele distingue tre funzioni fondamentali dell'anima: 1) la FUNZIONE VEGETATIVA, che presiede alla nutrizione e alla riproduzione ed propria di tutti gli esseri viventi, a cominciare dalle piante; 2) la FUNZIONE SENSITIVA, che comprende la sensibilit (cio: provare sensazioni e desiderare) e il movimento ed propria degli animali e dell'uomo; 3) la FUNZIONE INTELLETTIVA, che propria dell'uomo e grazie alla quale luomo pu pensare, ragionare, parlare 2. Sensibilit, immaginazione e intelletto Per Aristotele tutta la conoscenza nasce dai sensi: l'intelletto non potrebbe apprendere nulla se i sensi non gli offrissero la materia da elaborare e strutturare. Nel trattato Sull'anima molto chiaro a questo proposito: Nessuno potrebbe imparare e intendere nulla se non apprendesse nulla con i sensi; e tutto quanto si pensa si pensa necessariamente con immagini. Secondo il filosofo, il processo conoscitivo si svolge attraverso tre stadi tra loro strettamente congiunti: a) al primo stadio si colloca la CONOSCENZA SENSIBILE, che deriva dai CINQUE SENSI: l'udito, la vista, il gusto, l'odorato, il tatto (che diffuso in tutto il corpo e costituisce il senso basilare), i quali ci permettono di provare le varie sensazioni. Vi poi il SENSO COMUNE, a cui Aristotele attribuisce una duplice funzione: - quella di costituire la coscienza della sensazione, cio di "sentire di sentire", funzione che non pu appartenere ad alcun senso particolare; - quella di percepire le determinazioni sensibili comuni a pi sensi, come il movimento, la quiete, la figura, la grandezza, il numero e l'unit; quindi di collegare i dati qualitativamente differenti provenienti dalle sensazioni.

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b) al secondo stadio si colloca l'IMMAGINAZIONE, che la facolt di produrre, evocare o combinare IMMAGINI o RIPRODUZIONI MENTALI indipendentemente dagli oggetti cui esse si riferiscono. Si tratta di immagini che, pur derivando dalle impressioni sensoriali o sensazioni, permangono in noi anche dopo che l'oggetto che le ha provocate scomparso (in quanto l'immagine una sorta di traccia, o memoria, lasciata nell'anima dalia sensazione) e, pertanto, sono autonome rispetto alle cose sensibili. Strettamente legata a questa facolt la MEMORIA, che consente di conservare i ricordi delle sensazioni e delle immagini venendo a costituire la materia su cui si esercita l'attivit dell'intelletto. c) all'ultimo stadio, quello pi elevato e tipicamente umano, si pone la CONOSCENZA INTELLETTIVA (rif. alla funzione intellettiva dellanima). Tale facolt agisce sulle immagini, ricavate a loro volta dalla sensibilit, astraendo da esse la FORMA INTELLIGIBILE, ovvero il CONCETTO UNIVERSALE. Infatti l'universale (forma/concetto) sarebbe destinato a non venire mai alla luce, se non intervenisse l'intelletto. Quest'ultimo, lavorando sui dati offerti dalla sensibilit e dall'immaginazione (Aristotele un convinto anti-innatista), riesce a cogliere, con un processo di astrazione, la forma, o sostanza intelligibile, delle cose, ossia riesce a costruire i concetti universali su cui si basa tutta la nostra conoscenza. Per fare un ESEMPIO, nell'immagine sensibile particolare dell'animale che ho esperito e che ho impressa nella memoria dove giacciono altre immagini simili con cui confrontarla, l'intelletto riesce a intuire il concetto universale di "cavallo", cio a individuarne la forma/concetto (ci che lo caratterizza al di l degli aspetti contingenti), permettendomi di classificarlo e riconoscerlo come tale. Tuttavia: - poich il concetto esiste nel sensibile (da cui deve venire astratto) solo a livello potenziale, - poich l'intelletto (INTELLETTO POTENZIALE O PASSIVO), in quanto tabula rasa, pura capacit o potenza di cogliere tali concetti che sono in potenza nelle cose, - occorrer lINTELLETTO ATTUALE O ATTIVO, ovvero una facolt che contiene in atto tutte le verit e tutti gli intelligibili, che faccia passare in atto le verit o i concetti universali che sono solo in potenza nelle cose e nellintelletto passivo. L'intelletto attivo, spiega Aristotele, agisce sull'intelletto passivo in modo analogo a quello in cui agisce la luce sui colori: - cos come quest'ultima fa passare all'atto i colori che nell'oscurit sono solo in potenza, permettendo alla vista di vedere, - allo stesso modo l'intelletto attuale fa passare in atto le verit o i concetti che nell'intelletto potenziale risultano solo in potenza, permettendo a quest'ultimo di passare dalla non-conoscenza alla conoscenza. Perci detto da Aristotele "attivo" ed considerato separato, impassibile, non commisto (Sull'anima). Lintelletto attivo immortale ed eterno, mentre l'intelletto passivo, o potenziale, mortale e corruttibile.

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RIEPILOGO DELLA CONOSCENZA INTELLETTIVA L'INTELLETTO, tuttavia, a un primo livello solo "PASSIVO", cio ha soltanto la "possibilit" di cogliere l'universale; esso come un foglio bianco su cui non abbiamo ancora scritto nulla, che pu accogliere qualsiasi tipo di messaggio; una tabula rasa su cui la sensibilit imprime le proprie immagini, ma che solo potenzialmente pu trasformarle in concetti. Per questo Aristotele riconosce l'esistenza di un "INTELLETTO ATTIVO", che contiene gi tutte le forme e i concetti in atto e che, agendo sull'intelletto passivo (la pagina bianca), gli consente di attualizzare la propria potenzialit conoscitiva.

ETICA
1. Felicit e ragione Ogni ricerca, come pure ogni azione e ogni scelta, fatta, secondo Aristotele, in vista di un fine che appare buono e desiderabile: dunque il fine e il bene coincidono. I fini delle attivit umane sono molteplici, e alcuni di essi sono desiderati soltanto in vista di fini superiori: es. la ricchezza si desidera per i piaceri che pu dare. Ma ci deve essere un fine supremo, un fine desiderato per se stesso, e non gi in quanto condizione o mezzo di un fine ulteriore. E se gli altri fini sono beni, questo fine sar il BENE SOMMO, quello dal quale tutti gli altri dipendono. Questo fine la FELICIT.

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La ricerca e la determinazione della felicit costituiscono l'oggetto primo e fondamentale delletica. Ma in che cosa consiste per l'uomo la FELICIT? Si pu rispondere a questa domanda solo se si determina qual il compito specifico dell'uomo. Infatti, ognuno felice in quanto svolge bene l'attivit che gli propria: es. il suonatore quando suona bene, il costruttore quando costruisce oggetti perfetti. Ora, il compito proprio dell'uomo in quanto tale: - non la vita vegetativa (che egli ria in comune con ie piante), - non la vita dei sensi (che ha in comune con gli animali), ma la VITA DELLA RAGIONE. L'uomo dunque sar felice solo se vivr secondo ragione: in ci consiste la VIRT UMANA. L'indagine sulla felicit1 diventa quindi, in Aristotele, indagine sulla virt. I beni esteriori (la ricchezza, la potenza, la bellezza...) possono, secondo Aristotele, facilitare con la loro presenza la vita virtuosa, o renderla pi difficile con la loro assenza; non possono per determinarla. La virt e la malvagit dipendono solo dagli uomini e dalle loro scelte. Certo, l'uomo non sceglie il fine (che egli ha in s per natura e che lo guida a giudicare rettamente e a scegliere il vero bene), ma il carattere virtuoso della sua vita dipende dalla scelta dei mezzi che egli fa in vista del fine supremo. E questa scelta libera, perch dipende esclusivamente dall'uomo. Aristotele infatti chiama "libero" ci che ha in s il principio dei propri atti, ovvero ci che principio di se stesso. L'uomo libero proprio in questo senso, in quanto il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli; e sia la virt sia il vizio sono manifestazioni di questa libert (Etica nicomachea). Poich nell'uomo, oltre alla parte razionale dell'anima, c' anche la parte appetitiva (o sensitiva), la quale, pur essendo priva di ragione, pu essere dominata e diretta dalla ragione, analogamente ci sono DUE VIRT fondamentali: 1) la prima consiste nell'esercizio stesso della ragione ed perci detta "INTELLETTIVA", O "RAZIONALE", O "DIANOETICA" (dal greco dinoia, "intelletto"); 2) l'altra consiste nel dominio della ragione sugli impulsi sensibili per determinare i buoni costumi ed perci detta "MORALE", O "ETICA"(dal latino mos e dal greco thos, "costume"). 2. Le virt etiche La VIRT MORALE consiste nella disposizione a scegliere il giusto mezzo adeguato alla nostra natura, quale determinato dalla ragione, e quale potrebbe determinarlo il saggio. Il giusto mezzo esclude i due estremi viziosi dell'eccesso e del difetto.
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Secondo Aristotele la felicit risiede nella compiuta realizzazione, da parte di ogni essere, della propria natura. E poich la natura specifica delluomo consiste nellesercizio della ragione, egli sar felice solo se vivr secondo ragione, ossia secondo virt, realizzando le proprie facolt.

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Si tratta di una capacit di scelta che si perfeziona e si rinvigorisce con l'esercizio. Esempi di virt etiche: - il coraggio, che il giusto mezzo tra la vilt e la temerariet, verte intorno a ci che si deve e ci che non si deve temere; - la temperanza, che il giusto mezzo tra l'intemperanza e l'insensibilit, concerne l'uso moderato dei piaceri; - la liberalit, che il giusto mezzo tra l'avarizia e la prodigalit, concerne l'uso accorto delle ricchezze; - la magnanimit, che il giusto mezzo tra la vanit e l'umilt, concerne la retta opinione di se stessi; - la mansuetudine, che il giusto mezzo tra l'irascibilit e l'indolenza, concerne l'ira. La principale tra le virt etiche la GIUSTIZIA, a cui Aristotele dedica un intero libro dell'Etica nicomachea. Nel suo significato pi generale, cio come conformit alle leggi, la giustizia non una virt particolare, ma la virt e perfetta. Infatti, l'uomo che rispetta tutte le leggi l'uomo interamente virtuoso. Ma la giustizia ha un significato specifico e allora 1) DISTRIBUTIVA 2) COMMUTATIVA. 1) La GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA quella che presiede alla distribuzione degli onori o del denaro o degli altri beni che possono essere divisi tra coloro che appartengono alla stessa comunit. Tali beni devono essere distribuiti a seconda dei meriti di ciascuno. Perci la giustizia distributiva simile a una proporzione geometrica, nella quale le ricompense distribuite a due persone stanno tra loro come i rispettivi meriti di esse. 2) La GIUSTIZIA COMMUTATIVA presiede invece ai contratti, pareggiando vantaggi e svantaggi. I contratti possono essere: a) volontari, b) involontari. a) Sono contratti volontari l'acquisto, la vendita, il mutuo, la locazione ecc. b) Dei contratti involontari: 1. alcuni sono fraudolenti, come il furto, il tradimento, la falsa testimonianza; 2. altri sono violenti, come le percosse, l'uccisione, la rapina, l'ingiuria ecc. La giustizia commutativa correttiva: mira a pareggiare i vantaggi e gli svantaggi tra due contraenti. Es. nei contratti involontari la pena inflitta al reo deve essere proporzionata al danno da lui arrecato. Questa giustizia dunque simile a una proporzione aritmetica (pura e semplice uguaglianza). Sulla giustizia fondato il DIRITTO. Aristotele distingue: 1) IL DIRITTO PRIVATO, 2) IL DIRITTO PUBBLICO, quest'ultimo concerne la vita associata degli uomini nello Stato e si distingue a sua volta in: a) diritto legittimo (o positivo), che quello stabilito nei vari Stati;

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b) diritto naturale, che conserva il proprio valore dovunque, anche se non


sancito da leggi. (es. la vita) 3. Le virt dianoetiche. La VIRT INTELLETTIVA, O DIANOETICA, quella propria dell'anima razionale. Essa comprende: 1) l'arte, 2) la saggezza, 3) l'intelligenza, 4) la scienza, 5) la sapienza. 1) L'ARTE (tchne) la capacit, accompagnata da ragione, di produrre un qualche oggetto; essa riguarda quindi la produzione, che ha sempre un fine fuori di s, e non l'azione. 2) La SAGGEZZA la capacit, congiunta a ragione, di agire convenientemente nei confronti dei beni umani, dirigendo il comportamento; a essa spetta di determinare il giusto mezzo in cui consistono le virt morali. 3) L'INTELLIGENZA la capacit di cogliere i primi principi di tutte le scienze. 4) La scienza la capacit dimostrativa, che ha per oggetto il necessario e l'eterno, ovvero ci che non pu accadere diversamente da come accade. Essa effettua le dimostrazioni, deducendo dai principi. 5) La SAPIENZA il grado pi alto della scienza: sapiente colui che ha nello stesso tempo scienza e intelligenza, cio colui che conosce i principi e le dimostrazioni. Mentre la saggezza concerne le cose umane e consiste nel giudizio sulla loro convenienza, opportunit e utilit, la sapienza concerne le cose pi alte e universali. Poich: - la virt come attivit propria dell'uomo la stessa felicit, - la felicit pi alta consister nella virt pi alta, - la virt pi alta la sapienza. Il sapiente basta a se stesso e non ha bisogno, per coltivare ed estendere la propria sapienza, di nulla che non abbia in s. La vita del sapiente fatta di serenit e di pace, giacch egli non si affatica per un fine esterno, la cui raggiungibilit problematica, ma per un fine che coincide con la stessa attivit della sua intelligenza. La VITA TEORETICA O CONTEMPLATIVA, che in Aristotele coincide con la sapienza, quindi con una vita dedicata esclusivamente alla ricerca, una vita superiore a tutte le altre vite mortali e simile alla vita divina: l'uomo non la vive in quanto uomo, ma in quanto ha in s qualcosa di divino. L'etica di Aristotele si conclude con l'affermazione recisa della superiorit della vita teoretica. Questo un punto di distacco tra Platone e Aristotele. a) Platone non distingueva la sapienza dalla saggezza: con le due parole intendeva la stessa cosa, cio la condotta razionale della vita umana, e in particolare della vita associata. b) Aristotele, invece, distingue e contrappone i due concetti: - la saggezza ha per oggetto le cose umane, che sono mutevoli; - la sapienza ha per oggetto le cose divine.

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