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VERSO LALTRO.

LE MONTAGNE SACRE ANDINE


Adine Gavazzi Sono i fianchi della montagna e non la cima a sorreggere la vita. Tradizione di Apurimac

Apus e paqarinas: i progenitori ancestrali e lo spazio sacro 1 Allalba che segue la ricomparsa delle Pleiadi nel cielo australe delle Ande peruviane, ogni anno da migliaia di anni, almeno quarantamila o pi pellegrini si radunano nella celebrazione del Qoyllur Riti, la stella della neve, per accogliere il ritorno degli orsi mitici dalle nevi perenni. Sfidando laria tagliente e rarefatta degli oltre 5.000 metri di altitudine del ghiacciaio del Qollqepunku e investendo le loro migliori risorse, i rappresentanti di almeno cinquecento comunit montane si accampano per tre giorni sullaltopiano di Sinaqara della valle di Cusco, dopo averlo raggiunto da molte regioni cantando, ballando, suonando e pregando ininterrottamente durante il tragitto di ascesa. Per i gruppi pi remoti questo viaggio significa un sacrificio di diversi giorni di marcia in alta quota e lo sforzo sostenuto per raggiungere la montagna visibile sui volti di tutti. Verso le 4:30 del mattino un frastuono corale annuncia lo spuntare del giorno e tutti gli sguardi dei pellegrini si rivolgono verso est per scorgerne la prima luce. Improvvisamente una vibrazione colorata scuote il crinale scuro e congelato del ghiacciaio, che comincia a illuminarsi con i primi raggi di sole. Piccolo e lontano, un sottile serpente danzante composto dalla fila interminabile di migliaia e migliaia di persone, comincia a discendere dalla sommit bianca. Nel giro di unora lintero versante si popola di processioni colorate in discesa, che come un fiume musicale si sciolgono inondando la vallata con il loro canto. Sono gli ukukos, gli orsi mitici delle nevi perenni, che ritornano alle comunit con un carico di ghiaccio sulle spalle, che garantir loro la continuit della vita collettiva. Le speranze e i propositi di ogni villaggio verranno ascoltati dalla montagna sacra, che fornendo acqua alle coltivazioni di molte valli assicurer benessere e stabilit per almeno un anno. Se ci si avvicina ai gruppi di pellegrini e si chiede il perch di questo sforzo spettacolare, la loro risposta univoca Perch vogliamo vivere. Queste stesse parole vennero riferite a Gary Urton nel 1976, durante una stagione particolarmente arida, quando lantropologo statunintense chiese agli abitanti di Misimay nella valle di Cusco perch fosse cos importante nel loro villaggio osservare la costellazione delle Pleiadi per prevedere la stagione agricola. Per stagione agricola qui non si intende semplicamante labbondanza del raccolto, ma quel delicato e difficile equilibrio tra forze biologiche, geografiche, climatiche e umane che consente la vita delle culture andine, concepite tradizionalmente come un sistema unitario. La scelta tra la vita e la

1. Le apachetas, cumuli di pietre in forma di preghiera alla montagna, sono tipici del paesaggio andino e appaiono sui cammini di pellegrinaggio con il sincretismo della croce cristiana.
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morte, tra la sopravvivenza e lestinzione non metaforica, ma realmente legate a un rapporto equilibrato tra queste diverse forze. Sia nel caso di Misimay che in quello del Qoyyul Riti, la conoscenza della meteorologia deriva dallinterpretazione astronomica: il successo del raccolto , e con esso la sopravvivenza della comunit, dipende dalla corretta interpretazione non sol odi alcuni indizi, come la piogga, la tempreatura e le caratteristiche del vento, ma anche dal pi sottile messaggio inviato giorno e notte dai corpi celesti.2 Se comprendere le stelle sulle Ande significa prevedere il clima, esiste allora un nesso inseparabile tra il paesaggio celeste e quello terrestre, che produce questo ciclo: le stelle governano il tempo e la terra governa lo spazio. In questo cosmo le montagne controllano il clima, il clima controlla lacqua, lacqua controlla la vita. Per sopravvivere armonicamente allinterno di questo sistema necessario che le popolazioni si rechino periodicamente alla fonte del ciclo acquatico, ossia presso i ghiacciai, per verificare che lacqua generata sia sufficiente per tutti nellarco di un anno. In un universo cosmocentrico come quello montano andino, in cui tutte le forme naturali sono viventi, sacre e interdipendenti secondo una struttura biologica e una etnografica ben deteminate3, facile immaginare chi si trovi al vertice della gerarchia. La montagna, spirito originario, progenitore ancestrale di una comunit o gruppo etnico, oracolo, divinit e luogo sacro per eccellenza, riunisce in s tutte queste caratteristiche. Apu il termine quechua che riassume questi caratteri e indica la montagna sacra delle origini, da cui sgorga lacqua che fertilizza i piani ecologici coltivabili e in cui ogni famiglia umana pu

2. La montagna sacra che personifica lorigine delle acque nella regione lapu Salqantay, vicino e contendente di Ausangante nella valle di Cusco.

3. Anche conosciuto come apu Veronica, questo progenitore ancestrale femminile domina la valle di Ollantaytambo.

riconoscersi. Ogni valle ha tanti Apu quanti sono i picchi che generano una rete idrografica o formano un confine territoriale. Ma allo stesso tempo ogni valle ha tanti Apu quanti ne riporta la mitologia antica e contemporaea. Gli Apu vengono visitati come parenti, interrogati come oracoli, venerati come divinit e rispettati come autorit indiscutibili al centro di ogni gruppo. Le lagune che li circondano, soprattutto nella Sierra settentrionale, sono note come paqarinas, luoghi di origine di ordine mitico. Le paqarinas si riconoscono nel paesaggio montano come elementi naturali dalla forma insolita e imprevista e corrispondono a soglie di manifestazione del sacro4. Ogni gruppo etnico riconosce oltre a un Apu principale una serie di paqarinas che comunicano con il regno della creazione. Nel Caso di Qoyllur Riti, oltre all Apu maschile Sinaqara esiste il suo vicino e contendente Ausangate, circondato da ben sette paqarinas, o lagune sacre. Nella zono di Arequipa lApu principale il Coropuna, mentre ad Ayacucho dominano Carhuarasu e Tinka. Salkantay lApu protagonista della sierra tra Apurima e Cusco, mentre la femminile Wakay Willka domina la valle di Ollantaytambo e le valli di Huarochir riconoscono il progenitore ancestrale di Pariacaca, che ha alimentato lopera di cronisti e letterati andini5. Che queste e molte altre cime vengano considerate sacre dalle culture della tradizione andina si pu facilmente dedurre dalla visione indigena di cronisti come Poma de Ayala6 che hanno ritratto diversi culti regionali in epoca inca, oppure dalliconografia ceramica e tessile di molte societ pi antiche, come Moche sulla costa o Chavn nella sierra, che hanno rappresentato su

ceramica e tessuti limportanza della relazione rituale montana. Ma cosa si intende in realt per montagne sacre sulle Ande? La montagna nelle cosmovisioni antiche, inca e coloniali La montagna sacra innanzitutto per il suo aspetto impassibile e irraggiungibile. Ma ci non basta a renderla viva. La sua forma, i colori delle rocce che la compongono, laltezza, i profili, le nevi perenni contribuiscono a fornire alla sua massa minerale una fisionomia unica e irripetibile, come quella di un individuo. La visione dellApu quasi sempre collegata a quella di uno spirito antropomorfo, dotato di un volto, un vestito e una voce. Un informatore orginario di Apurimac cos descrive la sua visione dellApu Veronica nei pressi di Ollantaytambo: Vidi il

4 Il tema dello scalonato quadripartito, tipico delle cuture andine della sierra, viene sovente assimilato alla montagna, che come il tempio ascende per gradi per comunicare con gli dei.

5-6. Il cronista Guamn Poma de Ayala ritrae nel XVI secolo il culto inca alle montagne, personificate come antenati.

suo volto chiaro con i capelli lunghi neri e un vestito immenso e bianco, fatto di neve. Era la neve della cima della montagna. Guardandomi dolcemente mi parl: Sono lApu Veronica e ti sto aspettando. Quando verrai da me?7. La personalita della montagna andina, la sua presenza e il potere di comunicare con gli esseri umani influenzandone il destino sono caratteri tipici che ne fanno un autentico antenato sacro e vivente. Questo modo di intendere una supremazia fisica, geografica e spirituale dellApu sopra ogni aspetto del paesaggio fa s che la montagna appaia come un perno centrale nello sviluppo del territorio, sin dalle epoche pi antiche. Sia sulla costa che nella sierra la presenza di un rilievo alle fonti di un bacino idrografico determina la maggior parte degli insediamenti cerimoniali sin dal loro principio. Il nesso circolare montagna-clima-acqua-vita si trova alla base di tutte le

pianificazioni territoriali della sierra e della stragrande maggioranza di quelle della costa. La forma dellApu determina la forma dei monticoli scalonati o dei recinti centrali cerimoniali; la posizione della montagna indica lorigine dellacqua e serve come asse di orientamento principale; il colore, linclinazione dei pendii e la sua forma nello skyline costituiscono gli allineamenti principali e le proporzioni formali nello sviluppo archittettonico e urbanistico dei siti. Non possibile scindere il paesaggio della citt inca di Machu Picchu e la sua geometria dalla morfologia naturale che li compone. Non si pu comprendere la posizione del centro cerimoniale arcaico di Ventarrn senza circondarlo dallomonimo monte. Allo stesso modo per vedere linclinazine dei monticoli scalonati della capitale teocratica Nasca di Cahuachi necessario riconoscere il profilo della duna del Cerro Blanco, o per trovare lorientamento dellAkapana, la struttura centrale di Tiahuanaco sul lago Titicaca bisogna allineare la pianificazione al Cerro Aerqakta. Lanalisi di ogni pianificazione urbanistica comincia con lidentificazione del riferimento principale nel paesaggio di un Apu, collegato quasi sempre con uno o pi corsi dacqua: il centro di Chavn de Huantar nella valle di Mosna per esempio sorge allincontro tra gli affluenti del rio Maraon Puccha e Mariash, a loro volta situati in una vallata compresa tra la presenza massiccia della Cordillera Blanca e quella Negra.

7. A Cusco Lapu Ausangate domina costantemente lo scenario e costituisce il riferimento principale per tutte le comunit della valle

8. Gli inca rappresentano il paesaggio naturale in forma animata, mostrando spiriti e creature ancestrali che abitano le regioni montane

Il dominio delle conoscenze idrografiche delle societ andine rimonta in realt a epoche assai remote: il canale artificale di irrigazione di Cumbemayo in pietra vulcanica sulla Sierra de Cajamarca per unestensione di oltre nove chilometri, stato realizzato nel 1500 a.C. allo scopo di divergere lacqua al suo corso naturale sul versante atlantico a quello Pacifico: gli effetti di questalterazione di portata continentale hanno consentito lo sviluppo di immense aree altrimenti inabitabili. Il suo aspetto pi evidente tuttavia non quello agricolo, ma quello cerimoniale: per lintera lunghezza del condotto, innumerevoli petroglifi e aree di culto e di offerta testimoniano il rispetto e la devozione degli abitanti verso la montagna che ha consentito unerogazione supplementare dacqua. La tradizione costiera, pi sensibile al controllo dellacqua per la natura desertica della sua geografia, sviluppa nel tempo una mitologia complessa attorno al tema della montagna sacra. Il mondo Moche, per esempio, oltre a identificare nel progenitore ancestrale lorigine e il centro del mondo, da vita anche a una cosmologia che associa limmagine di stabilit e permanenza della propria societ a quella del rilievo montuoso e del suo ciclo acquatico associato. Il tema universale della montagna come axis mundi8 viene interpretato dal mondo andino in stretto binomio con lorigine dellacqua proprio per leccezionale posizione della cordigliera, che si affaccia alla costa con un versante desertico, attraversato da fiumi che scendono dal versante

occidentale e formano verso ovest oasi lineari fluviali. Il percorso di ritorno alla montagna delle societ antiche quindi riproduce letteralmente il cammino inverso del fiume verso le sue origini. Liconografia Moche a questo proposito assai esplicita, come mostra lillustrazione (XX): circondati da una corona di montagne, diversi pellegrini assistono a un sacrificio su una vetta. Dalla sommit, dove un corpo appare sacrificato scende una scia di sangue, che come un fiume si dirige verso la valla da rendere fertile e coltivabile. A un lato della scena in cima a un tempio un sacerdote trasformato in una divinit felinica assiste al sacrificio e conduce i partecipanti alla cerimonia nello spazio del mito, narrato sulla superficie bidimensionale della ceramica. Due eventi contemporanei, uno nel tempo storico e uno in quello mitico, vengono unificati nellatto cerimoniale: questo possibile solo sulla montagna sacra, dove una realt ascende e trascende in unaltra. Con il processo di trasformazione individuale dellumano in felino avviene anche quelle dei partecipanti in protagonisti della vicenda mitica, raffigurata in un differente contesto dimensionale. In comune tra i due mondi lo sguardo estatico, che accomuna lofficiante, il felino che irradia del suo capo, i partecipanti e i personaggi bidimensionali evocati. Allordine di grandezza del sacrificio e allintensit dello sforzo corrisponderanno altrettanti benefici concessi dalla montagna, affinch il flusso della vita mantenga un costante equilibrio dinamico.

9. La societ Moche evoca il contesto naturale delle montagne come corona che circonda il tempio e forma parte integrante dello spazio sacro. 10. Il sacrificio Moche sulla vetta mostra lorigine dellacqua e di conseguenza della vita dalla montagna sacra. Nella doppia pagina seguente: 11. La comunit dei Qeros si dirige verso il destino del pellegrinaggio del Qoyllur Riti, la stella della neve, danzando e cantando ininterrottamente.

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Se lepoca dei centri cerimoniali disegna il proprio paesaggio in relazione alla montagna e alla fertilit delle valli circostanti in modo indipendente e policentrico, limpero inca concepisce un piano per integrare le diverse reti irrigue in fondazioni urbanistiche. Anche le citt per dipendono dai percorsi dacqua, che vengono incorporati dalla pianificazione attiva a partire dal XIV secolo. Questo elemento collega il cammino con la rete irrigua, ma soprattutto con la sua origine montana: il sacro originario viene accolto, canalizzato e controllato, al fine di gestire le tradizioni antiche in un mondo integrato ma cosciente delle origini. Il culto alla montagna si ufficializza nella figura dellinca o delle famiglie reali, note come panacas, che periodicamente si recano agli Apu di loro competenza o giurisdizione per sovrapporre il culto solare di stato a quello pi antico degli spiriti antenati delle montagne. Lautorit del sovrano viene anche ribadita dallApu, che solo linca pu consultare in forma oracolare. Questa facolt di stabilire un legame individuale superiore a ogni altro tra la montagna e linca consolida il massimo potere nelle mani di questultimo e lo pone al di sopra della stessa classe sacerdotale. Limpero si incarica di incorporare le attivit degli oracoli pi importanti: alcuni vengono rappresentati da huacas, luoghi sacri, stratificati nel tempo da centri cerimoniali; altri invece sono Apu di importanza e prestigio che storicamente comunicano con i gruppi regionali locali. Pariacaca9, per esempio, costituisce il principale oracolo del Chinchaysuyu, quarto settentrionale dellimpero, come riporta il testo di Huarochir10. Situato tra le province di Yayuos e Huarochir e origine dei fiumi Caete e Mantaro, il ghiacciaio Pariacaca dotato di due picchi innevati ha un carattere storico e mitico duale. Il cammino inca che lo collega attraversa una serie di zone votive, paquarinas e aree sacre che configurano un percorso cerimoniale esteso e assai articolato. Le formazioni rocciose naturali e modificate come altari, come quella del cammino Caquiyoca o della laguna Mullucocha11, presentano molte e diverse raffigurazioni di amaru, serpenti mitico simbolici collegati a una visione tripartia della realt e al culto dellacqua. Diversamente dai centri cerimoniali, per loro natura costantemente attivi, le mete di pellegrinaggio montuose restano disabitate per la maggior parte dellanno, come segnalano anche i cronisti12, ma come i centri radunano una grande quantit di popolazione, che ha la possibilit di trasportare e scambiare merci. Oltre alla connessione tra popolo e montagna quindi, il pellegrinaggio allApu fornisce anche la possibilit di stabilire scambi in un ambito politicamente neutrale, ben collegato e lontano dai fronti: anche per questa ragione tale attivit si mantiene viva e inalterata per millenni. Lepoca della conquista produce un cataclisma nel rapporto tra comunit e montagna sacra, poich gli estirpatori di idolatrie del XVII secolo si accaniscono determinati contro le zone cerimoniali montuose, identificate come idoli nemici del pensiero evangelizzatore: Francisco de Avila conduce personalmente la distruzione di Cicallibia, Pillan, Xamuna e Pariacaca nella valla di Caete e avvia una campagna nellintero territorio andino: in ogni provincia viene negato il culto tradizionale e i santuari sistematicamente distrutti. Quando questo non possibile, perch le montagne non sono spianabili e perch le comunit mantengono un rapporto prima con gli elementi naturali e poi con i templi, sulle vette viene costruita una croce. La proliferazione di croci e di successivi culti coloniali che associano la montagna al tema della passione cristiana, ha origine nellimposizione del nuovo culto durante la conquista e si afferma quasi ovunque nel vicereame. La croce visibile nei villaggi in prossimit dei coltivi mostra un collegamento privilegiato con la montagna e rappresenta uno strumento di comunicazione

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con un antenato mitico13. La croce cristiana viene utilizzata assieme a quella andina, che originariamente indica la quadripartizione dello spazio in direzioni cardinali e si associa alla costellazine della Croce del Sud. La presenza costante della croce nei culti e nei pellegrinaggi contemporanei alle montagna sacre nasce con il presupposto di cancellare ci che la conquista percepisce come un pericoloso idolo pagano, ma nel tempo veicola il suo contenuto e si trasforma in un elemento sincretico molto pi significativo: il tema del sacrificio. Qoyllur Riti: il pellegrinaggio pi alto dAmerica Alla base dei pellegrinaggi contemporanei verso la montagna sacra esiste infatti la profonda e radicata convinzione che a un sacrificio offerto corrisponder un beneficio, secondo un bilancio definito dalle forze della natura. Lintero sistema comunitario delle offerte ai luoghi sacri si fonda sullidea di risolvere un problema privando un individuo o un gruppo di un bene o un vantaggio per offrirlo alla divinit, ricevere in questo scambio un favore e ristabilire cos un equilibrio rispettoso tra regno animale, vegetale, minerale e umano. Il sacrificio e lofferta di animali14, piante e prodotti della terra era ed tuttora la forma principale per rivolgersi agli spiriti antenati delle montagne sacre per richiedere il buon esito di un evento futuro, propiziare i raccolti e i guadagni o anche ringraziare per un bene ricevuto. Questa relazione di scambio, che assicura benessere individuale o collettivo, mantiene in equilibrio il comportamento di una comunit con il paesaggio naturale e con i moti celesti e assicura una continuit economi-

12. La discesa dal ghiacciaio Salqantay che ha donato alle comunit il ghiaccio avviene come una danza policroma e sonora.

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ca e culturale essenziale. Per tale motivo le cerimonie di offerta non hanno mai cessato di funzionare durante lepoca coloniale e repubblicana e si sono trasmesse per generazioni mantenendo intatta la propria funzione. Il dialogo con la montagna si stabilisce grazie a questo processo di scambio e allidea di una trasformazione insita nel processo di ascesa. La cerimonia di offerta al progenitore ancestrale incarnato nella montagna o in una huaca costiera pu manifestarsi localmente, presso un Apu direttamente legato a una comunit, oppure riunire su scala interregionale differenti popolazioni. La Virgen del Rosario nella valle di Chincha per esempio, o la Virgen del Rosario di Yauca15 a sud di Ica, raccolgono numerosi pellegrini che compiono un lungo tragitto per riunirsi in un piccolo santuario. Ma levento cerimoniale che maggiormente richiama interesse e dedizione su tutto larco andino senza dubbio il Qoyllur Riti. Qualche giorno prima dei festeggiamenti cristiani del Corpus Domini e della celebrazione del nuovo anno inca Inti Raymi al solstizio di giugno, diverse decine di migliaia di pellegrini intraprendono un cammino di giorni che converge nel santuario del Milagroso Seor de Qoyllur Riti 16ubicato nella regione di Cusco a pochi chilometri dal ghiacciaio Ausangate, nella vallata di Sinaqara ai piedi del ghiacciaio Qolquepuncu. Scopo del percorso, oltre a ricevere la benedizione del Cristo in croce dipinto in pietra nella chiesa del sito, alimentare una relazione di rispetto e reciprocit con lApu, risalendo il cammino delle acque fluviali sino alle sorgenti innevate e garantire che queste scorrano abbondanti secondo ritmi stagionali e astronomici prevedibili. Nel periodo che intercorre tra il 24 di aprile e la prima decade di giugno in questa regione la costellazione delle Pleiadi scompare dallorizzonte visibile e determina un periodo di lutto nel calendario, il cui ciclo annuale ricomincia al soltizio di giugno. I giorni che precedono lapparizione vengono osservati dalle comunit andine con particolare attenzione, perch dalla luminosit degli astri e dal contesto celeste gli agricoltori possono determinare molti elementi importanti per il futuro dei campi: la quantit di umidit e di pioggia, landamento mensile delle temperature, il tipo di luce e la velocit di crescita delle piante vengono registrate da indicatori celesti, tra i quali le Pleiadi giocano il ruolo principale17. Losservazione celeste tuttavia avviene anche in un luogo ben preciso. Il periodo di scomparsa delle Pleiadi era noto in epoca inca come Onkoymita, in quechua periodo di malattia e debolezza, e terminava con purificazione dell acqua in arrivo da un ghiacciaio posto a est dalla citt di Cusco: il Qollqepunco, ancora oggi noto per i poteri curativi per campi e le persone. Il viaggio degli orsi mitici con il ghiaccio in spalla quindi ha due funzioni principali: scacciare la debolezza e la malattia dellanno vecchio con lacqua purificatrice del ghiacciaio e propiziare la fertilit dei campi e della comunit, ricomponendo il corso di un fiume. Il ciclo delanno celeste si riflette in quello terrestre: la via lattea Mayo, in quechua fiume celeste, deve poter far scorrere in accordo i fiumi terrestri per garantire vita, salute e prosperit allintero sistema biologico18. La posta in gioco pel gli abitanti delle valli tale che ogni comunit manda la miglior delegazione di musicisti, danzatori e ukukos per un buon esisto della cerimonia. Ogni comunit, denominata nacin, raggiunge laltopiano di Sinaqara e si dispone in una zona predisposta. Nel caso della comunit degli Japu Qeros, che giunge da Paucartambo19, si tratta di unarea riservata da tempo immemorabile a fianco di una grande rocca votiva. Da questa posizione possibile riconoscerli da lontano con i copricapi chuyos dalle tipiche frange multicolori e decorazioni in perline bianche, i ponchos grigi e il cappello marrone. I Qeros si sono

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13. Le comunit si rivolgono alla montagna al sorgere del sole come al proprio progenitore invocando il suo aiuto per ci che li attende a valle.

preparati per settimane a questo evento e dal punto di partenza per tutto il percorso di ascesa hanno cantato, suonato , arciato, pregato, e danzato senza sosta, senza interrompere un dialogo musicale instaurato con la montagna da raggiungere20. Anche accampandosi allingresso della vallata di Sinaqara hanno mantenuto una disposizione cerimoniale e unorganizzazione dello spazio bipartita in parte hanan alta e hurin bassa e quadripartita, separando donne, uomini, musicisti e danzatori e ricevendo gli ospiti con una decisa formalit. lApu che indica chi

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tra loro diventera ukuko e ricever lincarico di mantenere lequilibiro tra il mondo degli esseri umani, runa, quello silvestre, salqas e quello di luoghi sacri huacas e Apus. Di fronte ai Qeros e alle molte comunit accampate attorno alla piccola chiesa dellaltopiano sfilano giorno e notte molti gruppi danzanti21, procedeti da molte valli e regioni e gli ukukos, con un lungo vestito di frange, sonagli, una frusta un fischietto e un passamontagna che li maschera completamente. Di notte come di giorno anche gli ukukos della comunit hanno danzato e richiamato gli spiriti della montagna e lascesa ha progressivamente ridotto la differenza che separa gli attori dai personaggi che interpretano. Allarrivo sulle pendici del ghiacciaio Qollepunku non pi possibile distinguere la differenza tra la realt invocata e quella del paesaggio circostante. Gli ukukos sono diventati gli orsi delle nevi perenni, nelle movenze, nella voce e soprattutto nellenergia necessaria per scalare lultima parte del ghiacciaio, che supera i 6.000 metri. La trasformazione di questi personaggi che consente un contatto diretto e non

14. La danza del Capac Negros mostra un sincretismo che incorpora elementi di origine africana con la processione andina.

15. La danza guerriera dei Capac Chuncho di fronte al tempio cristiano ha origine nella selva, da cui provengono le lunghe piume.

mediato con gli spiriti della montagna presuppone unidea di spirito per forza diversa da quella occidentale, fondata su una dicotomia tra corpo e anima. Sulle Ande questo rapporto biunivoco: non esiste uno senza laltro ed necessario che il corpo subisca una reale trasformazine fisica dettata dallo sforzo, dallascesa e dallalterazione di cicli cicardiani affinch lo spirito22 si sollevi con la musica e la cerimonia. Quando i diversi ukukus si incontrano per lascesa finale al ghiacciaio rappresentano del tutto, fisicamente con i costumi e spiritualmente con la visione, gli orsi mitici. Terminata la metamorfosi nel cuore della notte si accingono a salire per la parte finale e pi impegnativa del percorso. In basso, al campo base decine di migliaia di pellegrini mantengono viva la musica e le danze attorno alla chiesa e alle pietre principali. Nelloscurit gli ukukos scompaiono per prepararsi alla cerimonia del ghiaccio. Alle prime luci dellalba la polifonia delle centinaia di comunit presenti aumenta dintensit, come per richiamare gli orsi verso il

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basso. Dopo pochi istanti ed esattamente quanto la prima luce del sole illumina la cresta del ghiacciaio, spunta la prima fila di ukukos danzanti, che in meno di unora trasforma la montagna gelida in un flusso policromo vibrante di tutte le musiche possibili. Sia per chi resta sullaltipiano che per gli ukukos si tratta di un evento comunicativo di eccezionale intensit: la voce della montagna risuona in quella del suo fiume umano, cha a sua volta richiama il fiume dacqua reale. In questa immensa sinestesia del paesaggio si ricompone un equilibrio, in cui i diversi regni umano, silvestre e minerale si fondono in una rara e maestosa armonia dinamica. Finch questo incontro avviene, nessuna delle tre realt prevarica sullaltra. In particolare gli uomini non osservano la biosfera e la montagna come oggetti inanimati da possedere, conquistare, addomesticare e potenzialmente distruggere. Lo sguardo degli esseri umani qui rivolto ad altri esseri, con cui stabilire un rapporto di reciproca comprensione e rispetto. Sacrificando una parte di s, gli ukukos non vanno verso lalto, ma verso laltro, trasformandosi prima in animali, poi in fiumi poi di nuovo in uomini. Perch i fiumi, sgorgando dai fianchi elevati e remoti del corpo degli antenati costituiscono in fondo le vene della terra. E grazie ai fiumi, sono i faticosi versanti e non la vetta brillante che determinano leccezionale prosperit della cordigliera andina. Sono i fianchi della montagna e non la cima a sorreggere la vita.

16. I pellegrini discendono dal ghiacciaio in fila seguendo un moto serpentiforme assimilabile a quello realizzabile su un geoglifo. 17. Nellidea di sforzo che trascende le capacit del singolo individuo si integra il tema della croce cristiana con quella di sacrificio andino, che produce un beneficio secondo un bilancio definito dalle forze della natura.

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