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La luce
La luce energia raggiante costituita da onde elettromagnetiche che, quando colpiscono l'occhio umano, determinano la sensazione della visione. La natura dell'energia luminosa la stessa di quella delle altre radiazioni elettromagnetiche tra cui ricordiamo in par ticolare: le onde radio, i raggi X e le radiazioni gamma. Tutte le radiazioni elettromagnetiche, compresa quindi la luce, si trasmettono in linea retta alla stessa velocit, velocit che di circa 300.000 km al secondo. Gli unici parametri che costituiscono una differenziazione fra i vari tipi di onde elettromagnetiche per quanto riguarda la loro diffusione nello spazio sono (figura 1.1): la lunghezza d'onda, la frequenza e l'ampiezza. La lunghezza d'onda, che indicheremo con la lettera L, la distanza fra i due punti di "ampiezza" massima di due onde successive.
La frequenza (n) il numero di onde complete che passano per un cer to punto dello spazio in un secondo. Lunghezza d'onda L e frequenza n sono legate dalla relazione: L x n = velocit di propagazione = ~ 300.000 km/sec La lunghezza d'onda di alcuni tipi di radiazioni elettromagnetiche (come ad esempio le onde radio) ha un valore molto elevato tanto da essere espressa, usualmente, in metri od anche in Km. La lunghezza d'onda delle radiazioni luminose, invece, molto ridotta tanto da essere espressa generalmente in nanometri.
Il nanometro (simbolo nm) corrisponde ad un miliardesimo del metro. Le vibrazioni elettromagnetiche conosciute si sviluppano su uno spettro continuo (definito come "spettro delle radiazioni elettromagnetiche") che si estende su un'ampia gamma di lunghezze d'onda (figura 1.2).
Le radiazioni visibili
Le radiazioni visibili per l'occhio umano sono comprese in una fascia molto limitata di tale spettro compresa tra le lunghezze d'onda di circa 380 e di circa 780 nm. Nella figura 1.2 tale fascia stata ingrandita cambiando l'unit di misura, passando, cio, dal metro al nanometro. Il fatto che noi riusciamo a percepire sotto forma di luce soltanto una parte cos limitata delle radiazioni elettromagnetiche dovuto alla particolare natura del nostro occhio. Si potrebbe fare una similitudine con un apparecchio radio: l'antenna riceve tutte le onde che si propagano nelle immediate vicinanze ma solo quelle sulle quali il circuito accordato possono essere captate. Una propriet molto importante dei nostri occhi la facolt di distinguere i diversi colori, la capacit cio di stabilire un confronto fra onde di differente lunghezza dello spettro visibile. Quando l'occhio riceve una radiazione la cui lunghezza d'onda , ad esempio, di 470 nm noi diciamo di vedere una luce blu, mentre una radiazione di 600 nm corrisponde ad una luce di colore arancione. I vari colori fondamentali corrispondenti alle diverse oscillazioni comprese nei limiti su indicati (380 e 780 nm) sono ben distinguibili nell'arcobaleno e sono indicati nella tabella 1.1. Violetto Blu Verde Giallo Arancione Rosso
Tabella 1.1 Colori e lunghezze donda.
Il sistema ottico
Assicura la formazione dell'immagine e comprende in particolare: la cornea, l'umore acqueo, il cristallino e l'umore vitreo (figura 1.4). Tale sistema proietta sulla retina un'immagine capovolta e rimpiccolita. compito del cervello raddrizzare le immagini evitando cos che il mondo "venga visto alla rovescia". Il funzionamento del sistema ottico si pu spiegare come segue: da ogni punto della zona circostante all'oggetto l'occhio riceve un fascio di raggi luminosi divergenti. Il cristallino, che pu essere paragonato ad una lente biconvessa, concentra tutti i raggi procedenti da ogni punto dell'oggetto in un punto della retina. Si forma cos un gran numero di punti immagine che, insieme, costituiscono l'immagine retinica dell'oggetto.
La pupilla
Regola la quantit di luce che entra nell'occhio ed influenza nel contempo la profondit di campo. I muscoli ciliari possono far variare il diametro della pupilla tra 2 ed 8 mm per cui essa ha l'attitudine a dilatarsi al massimo nel caso di poca luce ed a contrarsi al massimo nel caso di troppa luce.
La retina
La retina si compor ta come una pellicola fotografica adatta a ricevere impressioni sia in bianco - nero che a colori. Essa costituita da un gran numero di cellule sensibili alla luce (figura 1.6) che si differenziano in: "bastoncelli" e "coni". Gli impulsi luminosi ricevuti dai coni e dai bastoncelli vengono trasmessi al cervello tramite il ner vo ottico. I bastoncelli, a differenza dei coni, non sono sensibili al colore. Sia gli uni che gli altri hanno comunque il potere di modificare la propria sensibilit a seconda che la luce disponibile sia poca o molta e contribuiscono cos a realizzare l'adattamento dell'occhio. La concentrazione dei bastoncelli e dei coni varia sull'area della retina. La fovea che una piccola depressione al centro della retina avente un diametro di circa 0,5 mm contiene solo coni. Esternamente a quest'area coni e bastoncelli sono mischiati e la proporzione di coni diminuisce man mano che si va verso la zona periferica della retina. In condizioni d'illuminazione
cono
bastoncelli
Figura 1.6 Coni e bastoncelli.
La sensibilit dell'occhio
L'occhio umano valuta in misura diversa l'intensit corrispondente alle varie lunghezze d'onda ed per questo che uguali quantit di energia raggiante di differenti lunghezze d'onda non provocano un'impressione luminosa di uguale intensit. Se, ad esempio, si considerano uguali quantit di energia per tutte le varie lunghezze d'onda e si paragona l'intensit dell'impressione luminosa ricevuta, si constata che alla radiazione giallo verde (lunghezza d'onda pari a 555nm), corrisponde l'impressione luminosa pi intensa mentre le radiazioni rosse e violette determinano un'impressione molto pi debole. A seguito di esperimenti effettuati su un gran numero di persone stato possibile rappresentare graficamente (figura 1.7)la sensibilit spettrale relativa dell'occhio umano. La sensibilit dell'occhio alla radiazione giallo verde stata considerata come pari al 100% ed a tale lunghezza d'onda corrisponde un fattore di sensibilit visiva uguale ad uno. La sensibilit a tutte le altre lunghezze d'onda pu essere espressa in rapporto a questa sensibilit massima. Cos, ad esempio, il fattore di sensibilit dell'occhio per la radiazione di colore arancio (corrispondente ad una lunghezza d'onda di 600 nm) di 0,63.
2 lezione
Flusso luminoso
Il flusso luminoso rappresenta l'energia irradiata in ogni secondo dalla sorgente di luce, riferita alla sensibilit spettrale relativa dell'occhio umano. Il simbolo del flusso luminoso ?. L'unit di misura il lumen (simbolo lm). Come abbiamo detto a proposito della percezione visiva la sensibilit relativa dell'occhio massima per la lunghezza d'onda di 555nm (colore giallo - verde). Un watt di potenza radiante in corrispondenza di tale lunghezza d'onda equivale a 683 lumen. Per le lunghezze d'onda corrispondenti agli altri colori dello spettro visibile la sensibilit dell'occhio minore e varia come indicato nella curva di cui alla figura 1.7 riportata nella prima lezione. Nella tabella 2.I sono indicati i valori del flusso luminoso emesso da alcuni tipi di lampade. Strettamente connesso con la grandezza flusso luminoso il parametro efficienza luminosa molto importante per quanto riguarda la scelta delle lampade in rapporto al risparmio energetico. Si definisce efficienza luminosa di una lampada il rapporto tra la il flusso luminoso da essa emesso (espresso in lumen) ed il valore della potenza elettrica (espresso in watt) da essa assorbita. L'efficienza luminosa delle lampade viene dunque espressa in lm/W. Essa varia da 14 lm/W per le lampade ad incandescenza tradizionali da 100 W - 220 V
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a circa 200 lm/W per quelle a vapore di sodio a bassa pressione. Tenuto conto delle disposizioni vigenti relative al contenimento dei consumi energetici i progettisti devono scegliere lampade che, pur essendo adatte a soddisfare in misura correlata al genere di impianto in esame le esigenze relative alla qualit della luce, siano caratterizzate da un'efficienza luminosa quanto pi possibile elevata. Torneremo comunque sull'argomento, approfondendolo, nel corso delle lezioni dedicate ai vari tipi di lampade.
Intensit luminosa
L'intensit luminosa (in una determinata direzione) il flusso emesso per unit di angolo solido in quella data direzione (figura 2.1). In generale una sorgente luminosa non irradia il flusso uniformemente in ogni direzione. Tuttavia se in una determinata direzione immaginiamo un cono molto stretto, con origine nel centro della sorgente considerata puntiforme, il flusso luminoso compreso in questo cono sar caratterizzato da una distribuzione pressoch uniforme. La quantit di flusso luminoso in esso compresa proporzionale all'angolo solido sotteso
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per cui il flusso luminoso per unit di angolo solido corrisponde al flusso emesso secondo la direzione considerata e rappresenta l'intensit luminosa della sorgente secondo tale direzione. Il simbolo dell'intensit luminosa I e l'unit di misura la candela (simbolo cd). Per chiarire il concetto di angolo solido consideriamo una sfera avente un raggio di r metri e sulla sua superficie prendiamo un'area di A m2 (figura 2.2). Se immaginiamo di far muovere il raggio di questa sfera lungo il perimetro dell'area A presa in considerazione, il raggio stesso viene a formare un cono che sottende un angolo solido di: A / r2 steradianti. Nel caso in cui A sia uguale ad r2 questo angolo rappresenta l'angolo solido unitario: r2/ / r2 = 1 steradiante. Ricordando che la superficie di una sfera uguale a 4 r2 possiamo affermare che qualora il raggio preso in considerazione descriva un'area A coincidente con tutta la superficie della sfera stessa l'angolo solido descritto risulta A / r2 cio 4 r2 / r2 = 12,56 steradianti. Il parametro intensit luminosa essenziale nel campo dell'illuminotecnica. Basti pensare ad esempio che il controllo dei valori delle intensit luminose emesse dagli apparecchi di illuminazione (in par ticolare quelli che devono essere installati negli uffici con videoterminali) in determinate direzioni essenziale al fine di evitare l'affaticamento visivo.
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Ordini di grandezza dell'intensit luminosa: l'intensit luminosa, al centro del fascio di luce emesso da una lampada alogena tipo Master PAR - E Spot da 20 W (figura 2.3) di 7.000 cd; i fari marini emettono fasci di luce al cui centro l'intensit luminosa pu essere anche di 2.000.000 cd.
Illuminamento
il valore del flusso luminoso che incide sull'unit di area. Il simbolo E; l'unit di misura il lux. Il valore dell'illuminamento medio (Em) in corrispondenza di un piano di area A su cui incida, distribuendosi in modo uniforme, un flusso luminoso F dato (figura 2.4) dalla relazione: Flusso incidente Em = ---------------------Area
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Luminanza
Le figure 2.10 e 2.11 valgono ad evidenziare la differenza concettuale tra illuminamento e luminanza. Una fonte di luce (sorgente luminosa primaria) od una superficie illuminata (cio una sorgente secondaria di luce) che emettano una determinata intensit luminosa in una data direzione sono caratterizzate da una luminanza in tale direzione (figura 2.12). La luminanza viene definita come il rapporto tra: l'intensit proveniente da una superficie luminosa nella direzione di osservazione; e l'area della proiezione or togonale di quella superficie sul piano or togonale a detta direzione. Il simbolo della luminanza L e l'unit di misura la candela per metro quadrato (cd/mq).
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Nel caso di una sfera l'area apparente totale in ogni direzione uguale all'area della sezione trasversale della sfera stessa. Come esempio di calcolo della luminanza consideriamo (figura 2.13) una lampada a vapore di sodio ad alta pressione con tubo di scarica cilindrico di 8 x 100 mm2 che emetta perpendicolarmente alla superficie cilindrica un'intensit luminosa di 4000 cd. La luminanza di questa superficie per un osservatore posto nella stessa direzione : L = 4000 / (100 x 8) = 5 cd/ mm2 = 5.000.000 cd/m2.
Ordini di grandezza della luminanza: Superficie del sole Lampada fluorescente lineare Superficie della luna piena Strada a traffico veloce sotto illuminazione artificiale Strettamente connessi con la luminanza sono: il potere di adattamento della retina; il contrasto di luminanza; l'abbagliamento.
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Il potere di adattamento
La retina, grazie alla sensibilit di cui dotata, si adatta a valori di luminanza del campo visibile molto variabili. come se in una macchina fotografica si sostituisse, quando la luminanza aumenta, una pellicola molto sensibile con un'altra meno sensibile. La facolt della retina di adattarsi a valori diversi di luminanza si definisce potere di adattamento. Soltanto grazie a tale potere di adattamento, che conferisce all'occhio un grande margine di sensibilit, resa possibile la percezione in condizioni cos varie come sono quelle dell'ambiente a noi circostante. L'adattamento passando dal buio alla luce e soprattutto dalla luce al buio richiede un certo tempo tanto maggiore quanto pi marcato il gradiente di luminanza. per tale ragione che in corrispondenza delle zone di ingresso delle gallerie stradali la luminanza viene notevolmente rinforzata rispetto alla zona centrale (figura 2.14). La percezione dei par ticolari degli oggetti che si trovano nel campo visivo si basa sul contrasto di luminanza tra gli oggetti stessi e lo sfondo.
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L'abbagliamento
la condizione in cui, per effetto di luminanze molto elevate o di differenze di luminanze troppo accentuate la percezione visiva risulta difficile o si viene a creare un senso di "discomfort". Ad esempio, se una sorgente luminosa di luminanza piuttosto elevata entra all'improvviso nel campo visivo, la sensibilit della retina decresce con estrema rapidit non solo in corrispondenza del punto in cui si forma l'immagine ma anche nelle vicinanze di tale punto. In queste condizioni non risulta pi possibile vedere nulla nella zona intorno alla sorgente. Nel caso in cui l'abbagliamento sia dovuto a differenze di luminanze nel campo visivo troppo marcate, esso tanto maggiore quanto pi elevata l'entit di tale differenza. L'abbagliamento pu essere determinato, oltre che da una sorgente luminosa non sufficientemente schermata anche, altrettanto facilmente, dal piano troppo brillante di un tavolo o di una macchina oppure da una finestra. Dopo che la causa dell'abbagliamento scompare dal campo visivo, ci vuole un poco di tempo prima che la retina si riadatti. A conclusione di quanto detto a proposito dell'adattamento, del contrasto di luminanza e dell'abbagliamento, ricordiamo che le condizioni essenziali per una buona percezione visiva sono le seguenti: L'illuminamento deve essere sufficientemente elevato in relazione alle dimensioni dell'oggetto, ai contrasti, al tempo di percezione ed all'et del soggetto; la luminanza della zona immediatamente adiacente al compito visivo non deve essere pi elevata di quella del compito visivo stesso; il contrasto tra lo sfondo immediato del compito visivo e l'ambiente non deve essere troppo accentuato e la transizione deve essere graduale; si devono adottare le misure pi adeguate per evitare l'abbagliamento.
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Strumenti di misura
Tra gli strumenti pi usati nell'ambito della fotometria descriveremo brevemente: i luxmetri; la sfera di Ulbricht; il banco fotometrico; i goniofotometri; i luminanzometri.
I luxmetri
I luxmetri (figura 2.15) si impiegano per la misura dei valori di illuminamento.Tale parametro di fondamentale importanza nell'ambito dell'illuminotecnica; in particolare le misure di cui detto nella prima parte di questa lezione si risolvono, in definitiva, in una misura di illuminamento. I luxmetri sono essenzialmente costituiti da una fotocellula che converte il flusso luminoso su di essa incidente in una corrente elettrica. Tale corrente (generalmente amplificata per consentire la lettura di valori di illuminamento anche molto modesti) viene rilevata tramite un microamperometro tarato in lux. La fotocellula di silicio, semiconduttore che converte appunto la luce in una corrente elettrica. Tra le varie cause di errore nelle misurazioni effettuate con i luxmetri accenniamo in particolare alle seguenti: 1. l'inclinazione con cui i raggi luminosi incidono sulla cellula; 2. il fatto che la risposta delle fotocellule alle diverse lunghezze d'onda dello spettro visibile notevolmente diversa da quella dell'occhio umano. 1. L'inclinazione dei raggi luminosi La luce incontrando la superficie della cellula fotoelettrica secondo un certo angolo produrr un illuminamento proporzionale al coseno dell'angolo di incidenza. Ma la luce che proviene in modo obliquo sar riflessa dalla superficie superiore che protegge la fotocellula in misura
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La sfera di Ulbricht
Viene utilizzata per misurare il flusso luminoso emesso da una lampada. costituita (figura 2.16) da una sfera avente la superficie interna diffondente,
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Il banco fotometrico
Il banco fotometrico viene utilizzato per la misura delle intensit luminose delle lampade. costituito (figura 2.17) da una guida graduata su cui pu scorrere un carrello equipaggiato con una fotocellula e sulla quale vengono disposte una sorgente campione e la sorgente da misurare. Dopo aver misurato il valore dell'illuminamento prodotto sulla fotocellula dalla sorgente campione si provvede a far traslare il carrello in modo da trovare la posizione per la quale la sorgente da misurare produce sulla fotocellula stessa un illuminamento uguale. Ci fatto facile applicando la legge dell'inverso del quadrato (figura 2.5) trovare il valore dell'intensit luminosa della sorgente in esame.
Figura 2.17 Banco fotometrico: 1. fotometro; 2. sorgente da misurare; 3. sorgente campione; 4. fotocellule.
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Figura 2.19 Goniofotometro: quattro diverse tecniche di misurazione: 1. fotocellula immobile e apparecchio di illuminazione ruotante secondo due assi ortogonali. 2. fotocellula mobile lungo una semisfera e apparecchio immobile. 3. fotocellula mobile lungo una semicirconferenza e apparecchio ruotante attorno lasse verticale. 4. fotocellula immobile e apparecchio mobile mantenendo inalterato lorientamento del suo asse verticale. fc= fotocellula a= apparecchio s= specchio
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Figura 2.21 Schema semplificato del luminanzometro: A: obiettivo B: specchio C: prisma D: disco di vetro E: oculare F: mascherina di apertura G: filtro di correzione H: fotocellula
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3 lezione
Tonalit di luce
Per definire la tonalit di luce emessa da una lampada si fa ricorso al concetto di "temperatura di colore". Come "campione" ci si serve del "corpo nero", sorgente ideale di luce avente la propriet di emettere in tutte le zone dello spettro il massimo dell'energia radiante e di assorbire completamente l'energia radiante che lo colpisce. Agli effetti pratici il "corpo nero" viene realizzato utilizzando una cavit avente le pareti annerite di nero fumo e dalla cui aper tura escono le radiazioni. Riscaldando uniformemente il corpo nero a temperature crescenti ed osservando la cavit si nota che da essa esce una luce che diventa sempre pi bianca e pi intensa al crescere della temperatura. La temperatura di colore della radiazione emessa da una lampada corrisponde al valore della temperatura (espressa in gradi Kelvin) alla quale si deve por tare il corpo nero perch emetta una radiazione di colore uguale. Si ricordi che il rappor to tra gradi Kelvin e gradi centigradi il seguente: zero K = - 273 C. Ripor tiamo di seguito a titolo di orientamento la temperatura di colore di alcune sorgenti naturali: luna: 4.100K; sole a mezzogiorno (estate): 5.300K - 5.800K; cielo coperto: 6.400K - 6.900K; cielo sereno: 10.000K - 25.000K.
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Efficienza luminosa
Tale parametro, definito mediante il rappor to tra il flusso luminoso emesso (espresso in lumen) e la potenza elettrica assorbita (espressa in watt) viene indicato con il simbolo lm/W. Le lampade ad incandescenza tradizionali hanno efficienza luminosa di circa 12 lm/W mentre, ad esempio, quelle a vapore di sodio a bassa pressione sono caratterizzate da efficienza di circa 200 lm/W. Il parametro efficienza luminosa assume particolare importanza nei casi in cui l'economia d'esercizio giochi un ruolo notevole nel bilancio globale delle spese dell'impianto d'illuminazione. comunque evidente che, in base alla legge 10/91 relativa al contenimento dei consumi energetici, converr adottare, in tutti i casi in cui sia possibile, lampade caratterizzate da efficienza luminosa quanto pi possibile elevata.
Durata di vita
L'attenta valutazione di questo parametro molto importante soprattutto nel caso di impianti in cui il ricambio delle lampade sia molto oneroso. Per quantizzare la durata delle lampade in generale i parametri pi frequentemente usati sono i seguenti: "durata di vita media" che si riferisce al numero di ore di funzionamento dopo il quale, in un determinato lotto di lampade ed in ben definite condizioni di prova, il 50% delle lampade abbia cessato di funzionare. "durata di vita media economica" per un determinato lotto di lampade dello stesso tipo tale parametro definisce il numero di ore dopo il quale il flusso luminoso residuo abbia raggiunto, per effetto somma del decadimento del flusso e della percentuale di mortalit, il 70% del valore nominale iniziale. Le sorgenti che hanno la durata di vita media pi breve (1000 - 1500 ore) sono le lampade ad incandescenza tradizionali; la durata di vita media pi elevata quella delle lampade ad induzione (oltre 60000 ore) e quella dei LED (100000 ore). La durata delle sorgenti luminose strettamente correlata con il decadimento del flusso luminoso nel corso della loro vita.
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SORGENTI LUMINOSE
INCANDESCENZA
BASSA INTENSIT
ALOGENURI METALLICI
BULBO FLUORESCENTE
LUCE MISCELATA
TRADIZIONALI
ALOGENE
Figura 3.2 Famiglie di lampade suddivise in base al criterio di generazione della luce.
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Tipologia
Tra le sorgenti pi frequentemente adottate per scopi di illuminazione ricordiamo in particolare quelle delle seguenti famiglie: ad incandescenza tradizionali e con alogeno; fluorescenti lineari e fluorescenti compatte; a vapore di sodio a bassa, alta ed altissima pressione; ad alogenuri; ad induzione; le fibre ottiche; i LED.
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4 lezione
Principio di funzionamento
Il cuore di queste lampade Il filamento in tungsteno. Tale metallo ha un punto di fusione molto elevato (3400 C) e volatilizza a temperature pure assai elevate. Quando la lampada viene collegata alla rete di alimentazione, attraverso il filamento passa una corrente elettrica che, riscaldandolo fino all'incandescenza, lo mette in condizioni di emettere energia raggiante comprendente le lunghezze d'onda dello spettro visibile. La luce emessa dal filamento aumenta e diviene tanto pi " bianca" (cio a temperatura di colore maggiore) quanto pi elevata la temperatura a cui esso viene por tato.
I principali componenti
I principali componenti che costituiscono le lampade ad incandescenza tradizionali sono: il filamento, il gas di riempimento, l'ampolla e l'attacco. Il filamento Per la fabbricazione dei filamenti si impiega, come detto, il tungsteno. Questo metallo fatto passare attraverso speciali filiere viene ridotto a diametri inferiori a 10 millesimi di millimetro. Nelle prime lampade ad incandescenza definite "nel vuoto" il filamento, sostenuto da appositi gancetti, era diritto (figura 4.1). Successivamente, quando si pass alle lampade "nel gas" si cominci ad adottare la spiralizzazione, semplice o doppia (figura 4.2).
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Per il calcolo delle caratteristiche del filamento sono di importanza essenziale i parametri elettrici della lampada. Al riguardo opportuno ricordare che: la potenza (W) uguale al prodotto della tensione (V) applicata ai terminali per la corrente (I) che passa attraverso il filamento (cio W = V . I); per la legge di Ohm il valore della corrente si ottiene dividendo il valore della tensione per quello della resistenza elettrica del filamento (cio I = V / R); il valore della resistenza del filamento diminuisce con il diminuire della sua lunghezza e del suo diametro. Il gas di riempimento Le prime lampade ad incandescenza venivano fabbricate con ampolle "nel vuoto" e ci allo scopo di evitare che il filamento, in presenza dell'ossigeno dell'aria bruciasse troppo rapidamente. Successivamente si scopr che la pressione esercitata sul filamento da un gas inerte ritardava l'evaporazione del tungsteno consentendo cos la fabbricazione di lampade in cui la temperatura del filamento stesso poteva essere aumentata con conseguente miglioramento dell'efficienza luminosa. Il gas attualmente pi generalmente usato l'argon cui viene aggiunto dell'azoto per evitare la formazione dell'arco. In fase di fabbricazione nell'ampolla vengono introdotti anche i cosiddetti "getter" che hanno la propriet di eliminare ogni minima traccia di ossigeno e di vapore d'acqua. Ci consente di ritardare l'annerimento della superficie interna dell'ampolla stessa.
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Relazione tra la potenza della lampada ed i valori della tensione e dell'efficienza luminosa: L'efficienza luminosa delle lampade ad incandescenza aumenta con l'aumentare della temperatura del filamento. D'altra par te la corrente di una lampada ad incandescenza , come abbiamo visto, determinata dal rappor to tra la potenza e la tensione che la caratterizzano. Pertanto la corrente che attraversa il filamento aumenta: sia nel caso in cui, a parit di tensione, la potenza della lampada aumenti; che in quello in cui, a parit di potenza, la tensione diminuisca. A parit di tensione le lampade di potenza elevata sono caratterizzate da un'efficienza luminosa maggiore rispetto a quelle di potenza modesta. L'efficienza delle lampade fabbricate per funzionare a valori molto bassi di tensione , a parit di potenza, pi elevata rispetto a quella delle lampade fabbricate per funzionare a tensione di 230 V.
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Incremento dell'efficienza luminosa e della durata di vita L'adozione di tecnologie sempre pi innovative ha consentito a Philips di fabbricare lampade ad incandescenza con alogeno caratterizzate da efficienza e durata di valore particolarmente elevate. Cos, ad esempio, le lampade MASTERline ES sopracitate hanno durata di vita media di 5.000 ore e, in relazione al risparmio energetico connesso con la speciale tecnologia ad infrarossi, la loro efficienza luminosa di circa il 30% superiore rispetto a quella delle dicroiche tradizionali. La regolazione del flusso luminoso Altra prerogativa di notevole importanza delle lampade con alogeno la possibilit di variarne in modo progressivo l'emissione luminosa. Tale regolazione pu essere attuata fino a valori di intensit molto bassi dato che prima di arrivare allo spegnimento del filamento l'evaporazione del tungsteno si riduce progressivamente. D'altra parte, se, in via eccezionale, sul vetro delle ampolle si dovessero depositare par ticelle di tungsteno, sufficiente un breve periodo di funzionamento alla tensione nominale affinch l'annerimento scompaia. Per la regolazione si adottano speciali trasformatori elettronici.
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Figura 4.13 Lampada con riflettore di alluminio MASTER Line 111 Philips.
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Figura 4.14 Lampada a tensione di rete con riflettore MASTER PAR E Philips.
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5 lezione
Principio di funzionamento
Le lampade fluorescenti lineari sono costituite da un tubo di vetro che contiene vapore di mercurio a bassa pressione ed internamente rivestito da uno strato di speciali polveri fluorescenti (figura 5.1).
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Elementi costituenti
Le principali parti che costituiscono una lampada tubolare fluorescente lineare sono: il tubo; le polveri fluorescenti da cui la parete interna del tubo stesso ricoper ta, gli elettrodi, il gas di riempimento e gli attacchi.
Il tubo
Il tubo di una lampada tubolare fluorescente lineare fatto, normalmente, di vetro contenente soda e calce ed "drogato" con ossidi di ferro per il controllo della trasmissione delle radiazioni di cor ta lunghezza d'onda. Il diametro dei tubi e la loro lunghezza sono stati standardizzati. I diametri attualmente pi generalmente adottati sono: 26mm e 16mm.
Le polveri fluorescenti
Il pi importante fattore che determina le caratteristiche della luce emessa dalle lampade fluorescenti la composizione delle polveri usate per rivestire la parete interna del tubo.
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Figura 5.2 Diversit di resa cromatica tra lampade fluorescenti lineari rivestite con diversi tipi di polveri.
Gli stessi tessuti sono illuminati, nella foto di sinistra con lampade rivestite di polveri "trifosforo" ed in quella di destra con lampade rivestite di polveri "standard". Le polveri "pentafosforo" infine sono costituite da una miscela di fosfori scelti in modo da coprire l'intera gamma dello spettro. Le lampade per la cui fabbricazione vengono adottate polveri di questo tipo emettono luce caratterizzata da indice di resa cromatica elevatissimo (uguale o superiore a 95)
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Gli elettrodi
Gli elettrodi, generalmente costituiti da un filamento di tungsteno ricoperto da una "pasta emettitrice", assolvono la duplice funzione di addurre la potenza elettrica all'interno del tubo di scarica e di fornire gli elettroni necessari all'innesco ed al mantenimento della scarica stessa. La pasta emettitrice costituita da ossidi di bario, stronzio e calcio. Molto spesso nel circuito di alimentazione delle lampade fluorescenti lineari compreso un elemento ausiliario detto "starter" (vedi avanti) grazie al quale negli elettrodi viene a circolare una corrente atta a preriscaldarli favorendo in tal modo l'innesco delle scarica.
Il gas di riempimento
costituito da una miscela di vapore di mercurio saturo e da un gas iner te. I gas inerti pi frequentemente usati sono l'Argon ed il Kripton.
Gli attacchi
Le lampade fluorescenti lineari richiedono la presenza di due attacchi, uno in corrispondenza di ciascuna delle due estremit ed ognuno munito, in generale, di due contatti. In figura 5.3 sono illustrati i tipi pi comuni di attacchi delle fluorescenti lineari. Un caso par ticolare quello delle lampade circolari che hanno un attacco singolo munito di 4 contatti.
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Figura 5.5 Decadimento del flusso luminoso delle MASTER TL-D Super 80 New Generation.
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Figura 5.6 Sezione trasversale delle MASTER TL-D Super 80 Reflex Riciclabili.
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Figura 5.7 In caso di rottura i frammenti di vetro restano entro un involucro trasparente protettivo.
Le lampade "TL-D Super 90 de Luxe" La superficie interna del tubo di queste lampade rivestita con polveri fluorescenti pentafosforo ad altissima resa dei colori (Ra > 90). L'emissione della luce praticamente distribuita su tutto lo spettro luminoso (figura 5.9). Prodotte nelle potenze di 18-36-58 W, sono caratterizzate da indice di resa cromatica 95 e da efficienza luminosa di 65 lm/W. Sono disponibili nelle versioni seguenti: TL-D / 93 de Luxe a luce bianca calda (temperatura di colore di 3000 K); TL-D / 94 de Luxe a luce bianca intermedia (temperatura di colore di 3800 K); TL-D / 95 de Luxe a luce bianca fredda (temperatura di colore 5300K); TL-D / 96 de Luxe a luce fredda extra (temperatura di colore 6500 K).
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Le lampade "TL-D / 79" Queste lampade fluorescenti lineari sono prodotte nelle potenze di 18-36-58 W. Sono caratterizzare da efficienza luminosa di 45 lm/W ed emettono luce la cui temperatura di colore di 3800 K ed il cui indice Ra 74. Sono par ticolarmente indicate per impiego in macellerie, banchi frigo, esposizioni di generi alimentari (figura 5.10).
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Ed proprio in relazione alla concomitanza delle condizioni di cui sopra che le lampade MASTER TL 5 Super 80 consentono di realizzare impor tanti risparmi energetici. Il rivestimento interno del tubo realizzato con polveri fluorescenti trifosforo ad elevata resa cromatica (Ra = 85). Sono caratterizzate, in particolare, dalle seguenti prerogative: sono riciclabili; la riciclabilit evidenziata dall'inserto verde applicato sugli attacchi; sono in linea con le attuali norme relative alla protezione dell'ambiente, grazie al fatto che la quantit di mercurio in esse contenuta estremamente ridotta; assicurano un minor impiego di materie prime; consentono una notevole riduzione dei volumi degli imballaggi. Le lampade MASTER TL 5 Super 80 sono disponibili nelle due versioni seguenti: TL 5 HE (High - Efficiency); TL 5 HO (High - Output); Le lampade TL-5 HE sono caratterizzate da un'efficienza par ticolarmente elevata (fino a 104 lm/ W) e sono quindi particolarmente adatte per applicazioni che debbono consentire un risparmio energetico molto elevato. Vengono prodotte nelle potenze di 14 -21-28 e 35 W e nelle versioni a temperatura di colore di 3000 e di 4000 K. Le lampade TL-5 HO sono caratterizzate dalla massima emissione per unit di lunghezza e sono particolarmente indicate per installazioni ad altezza elevata od in impianti a luce indiretta. Vengono prodotte nelle potenze di 24-39-49-54-80 W e nelle versioni a temperatura di colore di 3.000 e 4.000 K.
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Le polveri fluorescenti
Nelle lampade fluorescenti compatte il principio di generazione della luce analogo a quello su cui si base l'emissione di flusso luminoso da parte delle fluorescenti lineari. Precisamente (figura 6.1) le radiazioni ultraviolette invisibili generate dalla scarica nel vapore di mercurio a bassa pressione vengono trasformate in radiazioni visibili grazie all'azione deter minante delle polver i che r icoprono la parete inter na del tubo. Naturalmente la miniaturizzazione e quindi la riduzione delle dimensioni delle lampade (in particolare della lunghezza) comporta la diminuzione del flusso luminoso emesso e ci implica la necessit di ottenere un forte incremento dell'irraggiamento ultravioletto
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Figura 6.1 Principio di generazione della luce in una lampada fluorescente compatta.
che incide sullo strato di polveri fluorescenti. Tenuto conto che le polveri fluorescenti tradizionali, se sottoposte ad un irraggiamento energetico troppo intenso si deteriorano rapidamente, risulta evidente che per poter portare avanti la fabbricazione delle fluorescenti compatte stato necessario mettere a punto polveri fluorescenti studiate appositamente.
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Figura 6.2 Lampada Figura 6.3 Lampada fluorescente compatta PL Philips. fluorescente compatta.
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MASTER PL-C (figura 6.12) Disponibili, nelle versioni a 2 ed a 4 piedini, nelle potenze di 10-13-18-26 W. Emettono luce caratterizzata da indice di resa cromatica 82 e da tonalit corrispondente alle temperature di colore di 2700; 3000; 4000 K.
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Tipologia
Le lampade Philips a vapore di sodio ad alta pressione attualmente disponibili possono essere raggruppate nelle tre famiglie seguenti: SON "a luce standard" in cui la pressione del sodio all'interno del tubo di scarica di 1O k Pa; SON "a luce comfort" in cui la pressione del sodio all'interno del tubo di scarica di 4O k Pa; MASTER WHITE SON "a luce bianca" in cui tale pressione di 95 k Pa. La rappresentazione grafica delle variazioni dell'indice di resa cromatica Ra, dell'efficienza luminosa n e della temperatura di colore Tc in funzione dell'aumento della pressione del vapore di sodio all'interno del tubo di scarica riportata in figura 7.3. Recentemente Philips ha: fortemente innovato i processi di fabbricazione delle lampade SON "a luce standard" adottando, in particolare, la tecnologia PIA (Philips Integrated Antenna) e catalizzatori di nuova concezione; introdotto lampade di nuovo tipo che non contengono al loro interno mercurio;
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Figura 7.3 Rappresentazione grafica delle variazioni dell'indice di resa cromatica Ra.
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Figura 7.7 Collegamento alla rete di lampade MASTER SON-(T) PIA PLUS, MASTER SON-(T) PIA ECO e SON-(T) Pro Philips.
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Figura 7.8 Lampada MASTER WHITE SON SDW-T "a luce bianca" Philips.
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Figura 7.9 Collegamento alla rete di alimentazione delle lampade MASTER SDW-T Philips.
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Figura 7.10 Collegamento alla rete di alimentazione delle lampade MASTER SDW-TG Philips.
Le lampade ad alogenuri
Queste sorgenti derivano dalle lampade a vapore di mercurio ad alta pressione fluorescenti a bulbo, in passato molto usate in particolare nell'ambito dell'illuminazione pubblica. La diversit fondamentale tra tali lampade e quelle ad alogenuri la seguente: nelle prime la funzione di migliorare la qualit della luce emessa assolta dallo strato di polveri fluorescenti applicate sulla superficie interna del bulbo; in quelle ad alogenuri, invece, per ottenere una luce caratterizzata da uno spettro ben bilanciato ed atta a consentire una buona resa dei colori, anzich far ricorso alle polveri fluorescenti si introducono nel tubo a scarica, oltre al mercurio, par ticolari additivi. Questi additivi sono caratterizzati dalla prerogativa di poter intervenire nel fenomeno della scarica dando luogo alla produzione di radiazioni luminose aventi lunghezza d'onda tale da integrare le deficienze dello spettro corrispondente al vapore di mercurio. Additivi adatti sono gli alogenuri formati dalla combinazione di determinati metalli con elementi della famiglia dei cosiddetti alogeni quali il fluoro, il bromo, il cloro e lo iodio. Il ciclo in base al quale le lampade ad alogenuri danno luogo alla produzione di luce si articola nelle due fasi seguenti: nella prima l'elevata temperatura prodotta dalla scarica che si innesca all'interno del tubo vale a far evaporare gli alogenuri in esso presenti;
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Tipologia
Le lampade Philips ad alogenuri attualmente disponibili possono essere suddivise nelle seguenti famiglie: quelle in cui il tubo di scarica di materiale ceramico; quelle in cui il tubo di scarica di quarzo; quelle prive del bulbo esterno al tubo di scarica. Della prima famiglia fanno parte le lampade compatte tipo MASTER Colour CDM. Della seconda famiglia fanno parte le lampade tipo: MHN-TD Pro e MHW-TD Pro; MASTER HPI (T) PLUS e HPI-T Pro. Della terza famiglia fanno parte le lampade: MASTER MHN-SA e MASTER MHN-LA.
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CDM-TC (figura 7.12) molto compatte, sono disponibili nelle potenze di 35 e 70 W nella versione di tonalit 3000 K; CDM-TD (figura 7.13) a doppio attacco disponibili nelle potenze di 70 e di 150 W nelle versioni a tonalit di 3000 e 4200K;
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