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Luce, occhio e visione


Corso di illuminotecnica

Luce occhio visione


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In questa prima lezione esporremo i concetti essenziali relativi a: natura della luce; meccanismo della visione; sensibilit dell'occhio;

La luce
La luce energia raggiante costituita da onde elettromagnetiche che, quando colpiscono l'occhio umano, determinano la sensazione della visione. La natura dell'energia luminosa la stessa di quella delle altre radiazioni elettromagnetiche tra cui ricordiamo in par ticolare: le onde radio, i raggi X e le radiazioni gamma. Tutte le radiazioni elettromagnetiche, compresa quindi la luce, si trasmettono in linea retta alla stessa velocit, velocit che di circa 300.000 km al secondo. Gli unici parametri che costituiscono una differenziazione fra i vari tipi di onde elettromagnetiche per quanto riguarda la loro diffusione nello spazio sono (figura 1.1): la lunghezza d'onda, la frequenza e l'ampiezza. La lunghezza d'onda, che indicheremo con la lettera L, la distanza fra i due punti di "ampiezza" massima di due onde successive.

Figura 1.1 Lunghezza donda, frequenza, ampiezza.

La frequenza (n) il numero di onde complete che passano per un cer to punto dello spazio in un secondo. Lunghezza d'onda L e frequenza n sono legate dalla relazione: L x n = velocit di propagazione = ~ 300.000 km/sec La lunghezza d'onda di alcuni tipi di radiazioni elettromagnetiche (come ad esempio le onde radio) ha un valore molto elevato tanto da essere espressa, usualmente, in metri od anche in Km. La lunghezza d'onda delle radiazioni luminose, invece, molto ridotta tanto da essere espressa generalmente in nanometri.

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Figura 1.2 Spettro delle radiazioni elettromagnetiche.

Il nanometro (simbolo nm) corrisponde ad un miliardesimo del metro. Le vibrazioni elettromagnetiche conosciute si sviluppano su uno spettro continuo (definito come "spettro delle radiazioni elettromagnetiche") che si estende su un'ampia gamma di lunghezze d'onda (figura 1.2).

Le radiazioni visibili
Le radiazioni visibili per l'occhio umano sono comprese in una fascia molto limitata di tale spettro compresa tra le lunghezze d'onda di circa 380 e di circa 780 nm. Nella figura 1.2 tale fascia stata ingrandita cambiando l'unit di misura, passando, cio, dal metro al nanometro. Il fatto che noi riusciamo a percepire sotto forma di luce soltanto una parte cos limitata delle radiazioni elettromagnetiche dovuto alla particolare natura del nostro occhio. Si potrebbe fare una similitudine con un apparecchio radio: l'antenna riceve tutte le onde che si propagano nelle immediate vicinanze ma solo quelle sulle quali il circuito accordato possono essere captate. Una propriet molto importante dei nostri occhi la facolt di distinguere i diversi colori, la capacit cio di stabilire un confronto fra onde di differente lunghezza dello spettro visibile. Quando l'occhio riceve una radiazione la cui lunghezza d'onda , ad esempio, di 470 nm noi diciamo di vedere una luce blu, mentre una radiazione di 600 nm corrisponde ad una luce di colore arancione. I vari colori fondamentali corrispondenti alle diverse oscillazioni comprese nei limiti su indicati (380 e 780 nm) sono ben distinguibili nell'arcobaleno e sono indicati nella tabella 1.1. Violetto Blu Verde Giallo Arancione Rosso
Tabella 1.1 Colori e lunghezze donda.

410 nm 470 nm 520 nm 580 nm 600 nm 650 nm

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Le lunghezze d'onda comprese tra quelle indicate corrispondono a tutta la gamma di tinte intermedie tra un colore fondamentale e l'altro. Quando le varie oscillazioni corrispondenti alle sopraindicate lunghezze d'onda colpiscono contemporaneamente l'occhio i loro effetti si integrano dando luogo alla cosiddetta luce bianca. La luce bianca non corrisponde dunque ad una determinata lunghezza d'onda ma prodotta dalla fusione delle varie luci colorate che costituiscono lo spettro visibile. Ci pu essere dimostrato facendo passare un fascio di raggi solari attraverso un prisma di vetro (figura 1.3). Dato che l'indice di rifrazione non uguale per tutte le lunghezze d'onda ed tanto pi elevato quanto minore la lunghezza d'onda stessa, dalla parte opposta del prisma si vedr emergere una successione di raggi luminosi il cui colore passa dal violetto al rosso. I colori rosso verde e blu sono detti primari o fondamentali perch con la loro mescolanza possibile ottenere qualunque gradazione di colori. Si dicono invece complementari due colori (ad esempio: il rosso ed il verde, il giallo ed il blu) la cui somma d il bianco.

Figura 1.3 Composizione della luce bianca.

Le radiazioni infrarosse ed ultraviolette


Le radiazioni di lunghezza d'onda compresa tra 780 nm ed 1 mm e quelle di lunghezza d'onda compresa tra 380 e 100 nm costituiscono la banda rispettivamente delle radiazioni infrarosse e di quelle ultraviolette. Esistono in commercio particolari tipi di lampade adatte ad emettere determinate gamme di radiazioni infrarosse od ultraviolette caratterizzate da propriet utili sia a scopi terapeutici che industriali. Nello spettro della luce emessa dalle lampade comunemente usate per illuminazione, invece, le uniche radiazioni ultraviolette ed infrarosse di cui si debba ipotizzare la presenza sono normalmente soltanto quelle a lunghezza d'onda compresa

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tra 380 e 315nm per quanto riguarda il campo dell'ultravioletto e di poco superiore ad 800 nm per quanto attiene all'infrarosso. Le suddette radiazioni ultraviolette ed infrarosse possono provocare, con il passare del tempo, un pi o meno marcato degrado degli oggetti esposti per effetto rispettivamente foto - chimico e termico. Ne consegue che il progettista illuminotecnico dovr farsi carico di esaminare molto attentamente lo spettro di emissione delle lampade che intende adottare e prevedere, se necessario, l'impiego di adatti filtri.

Il meccanismo della visione


L'occhio dell'uomo costituito essenzialmente dai seguenti "componenti": un sistema ottico, un sistema di messa a fuoco, la pupilla e la retina.

Il sistema ottico
Assicura la formazione dell'immagine e comprende in particolare: la cornea, l'umore acqueo, il cristallino e l'umore vitreo (figura 1.4). Tale sistema proietta sulla retina un'immagine capovolta e rimpiccolita. compito del cervello raddrizzare le immagini evitando cos che il mondo "venga visto alla rovescia". Il funzionamento del sistema ottico si pu spiegare come segue: da ogni punto della zona circostante all'oggetto l'occhio riceve un fascio di raggi luminosi divergenti. Il cristallino, che pu essere paragonato ad una lente biconvessa, concentra tutti i raggi procedenti da ogni punto dell'oggetto in un punto della retina. Si forma cos un gran numero di punti immagine che, insieme, costituiscono l'immagine retinica dell'oggetto.

Figura 1.4 Locchio.

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Il sistema di messa a fuoco


Costituito dal cristallino e da una serie di piccoli muscoli permette di ottenere un'immagine nitida qualunque sia la distanza tra l'occhio e l'oggetto (figura 1.5). L'occhio si adatta automaticamente alla distanza fra il cristallino e l'oggetto; questa facolt va sotto il nome di "accomodamento". Quando l'occhio in riposo la curvatura del cristallino pressoch nulla e l'occhio stesso "a fuoco" per l'osservazione di oggetti all'infinito. Con questo accomodamento tutti gli oggetti a distanza maggiore di 6 m sono visti con nitidezza. Orbene, per osservare oggetti a distanza minore di 6 m i muscoli cosiddetti "ciliari" si contraggono aumentando il raggio di curvatura del cristallino che diviene sufficientemente convesso in modo da fornire, anche in questo caso, un'immagine nitida. ovvio che un normale accomodamento dipende in larga misura dall'elasticit del cristallino. Da giovani l'elasticit cos accentuata che normalmente possiamo vedere nitidamente oggetti a distanza di appena 15 cm. Col passare degli anni il cristallino diviene meno elastico e la capacit di adattamento va diminuendo per cui diviene necessario far ricorso ad adatti occhiali.

Figura 1.5 Sistema di messa a fuoco.

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La pupilla
Regola la quantit di luce che entra nell'occhio ed influenza nel contempo la profondit di campo. I muscoli ciliari possono far variare il diametro della pupilla tra 2 ed 8 mm per cui essa ha l'attitudine a dilatarsi al massimo nel caso di poca luce ed a contrarsi al massimo nel caso di troppa luce.

La retina
La retina si compor ta come una pellicola fotografica adatta a ricevere impressioni sia in bianco - nero che a colori. Essa costituita da un gran numero di cellule sensibili alla luce (figura 1.6) che si differenziano in: "bastoncelli" e "coni". Gli impulsi luminosi ricevuti dai coni e dai bastoncelli vengono trasmessi al cervello tramite il ner vo ottico. I bastoncelli, a differenza dei coni, non sono sensibili al colore. Sia gli uni che gli altri hanno comunque il potere di modificare la propria sensibilit a seconda che la luce disponibile sia poca o molta e contribuiscono cos a realizzare l'adattamento dell'occhio. La concentrazione dei bastoncelli e dei coni varia sull'area della retina. La fovea che una piccola depressione al centro della retina avente un diametro di circa 0,5 mm contiene solo coni. Esternamente a quest'area coni e bastoncelli sono mischiati e la proporzione di coni diminuisce man mano che si va verso la zona periferica della retina. In condizioni d'illuminazione

cono

bastoncelli
Figura 1.6 Coni e bastoncelli.

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molto scarsa, a determinare il fenomeno della visione provvedono solo i bastoncelli per cui la percezione periferica superiore a quella foveale e non si ha la sensazione del colore (visione scotopica). Nel caso invece in cui la luce disponibile sia sufficiente i principali elementi attivi sono i coni ed ha luogo la normale visione dei colori (visione fotopica).

La sensibilit dell'occhio
L'occhio umano valuta in misura diversa l'intensit corrispondente alle varie lunghezze d'onda ed per questo che uguali quantit di energia raggiante di differenti lunghezze d'onda non provocano un'impressione luminosa di uguale intensit. Se, ad esempio, si considerano uguali quantit di energia per tutte le varie lunghezze d'onda e si paragona l'intensit dell'impressione luminosa ricevuta, si constata che alla radiazione giallo verde (lunghezza d'onda pari a 555nm), corrisponde l'impressione luminosa pi intensa mentre le radiazioni rosse e violette determinano un'impressione molto pi debole. A seguito di esperimenti effettuati su un gran numero di persone stato possibile rappresentare graficamente (figura 1.7)la sensibilit spettrale relativa dell'occhio umano. La sensibilit dell'occhio alla radiazione giallo verde stata considerata come pari al 100% ed a tale lunghezza d'onda corrisponde un fattore di sensibilit visiva uguale ad uno. La sensibilit a tutte le altre lunghezze d'onda pu essere espressa in rapporto a questa sensibilit massima. Cos, ad esempio, il fattore di sensibilit dell'occhio per la radiazione di colore arancio (corrispondente ad una lunghezza d'onda di 600 nm) di 0,63.

Figura 1.7 Schema della sensibilit spettrale dellocchio umano.

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Grandezze e unit di misura


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Grandezze e unit di misura


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In questa seconda lezione approfondiremo i seguenti argomenti: grandezze fotometriche e loro unit di misura; strumenti di misura.

Grandezze fotometriche e loro unit di misura


Premettiamo anzitutto che le definizioni relative alle grandezze fotometriche sono basate sul caso ideale di sorgenti puntiformi. Sorgenti cio nelle quali tutti i raggi luminosi partono da un solo punto. Tutte le sorgenti disponibili in pratica, anche le pi piccole hanno, per, dimensioni pi o meno notevoli. Sappiamo d'altra parte che quando osserviamo un corpo a distanza crescente esso ci appare con dimensioni minori rispetto a quelle reali; al caso limite quando tale distanza diviene molto grande rispetto alle dimensioni del corpo osservato possiamo assimilare quest'ultimo ad un punto. Quando si parla di sorgenti di luce puntiformi si suppone dunque che le loro dimensioni siano trascurabili rispetto alla distanza di osservazione. Le grandezze fotometriche che pi interessano nel campo dell'illuminotecnica sono le seguenti: flusso luminoso; intensit luminosa; illuminamento; luminanza.

Flusso luminoso
Il flusso luminoso rappresenta l'energia irradiata in ogni secondo dalla sorgente di luce, riferita alla sensibilit spettrale relativa dell'occhio umano. Il simbolo del flusso luminoso ?. L'unit di misura il lumen (simbolo lm). Come abbiamo detto a proposito della percezione visiva la sensibilit relativa dell'occhio massima per la lunghezza d'onda di 555nm (colore giallo - verde). Un watt di potenza radiante in corrispondenza di tale lunghezza d'onda equivale a 683 lumen. Per le lunghezze d'onda corrispondenti agli altri colori dello spettro visibile la sensibilit dell'occhio minore e varia come indicato nella curva di cui alla figura 1.7 riportata nella prima lezione. Nella tabella 2.I sono indicati i valori del flusso luminoso emesso da alcuni tipi di lampade. Strettamente connesso con la grandezza flusso luminoso il parametro efficienza luminosa molto importante per quanto riguarda la scelta delle lampade in rapporto al risparmio energetico. Si definisce efficienza luminosa di una lampada il rapporto tra la il flusso luminoso da essa emesso (espresso in lumen) ed il valore della potenza elettrica (espresso in watt) da essa assorbita. L'efficienza luminosa delle lampade viene dunque espressa in lm/W. Essa varia da 14 lm/W per le lampade ad incandescenza tradizionali da 100 W - 220 V

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Ad incandescenza con ampolla sferica chiara 60 W 230 V Alogena a doppio attacco 500 W 230 V Fluorescente compatta integrata SL-E 17 W 230 V Fluorescente lineare TLD 58 W /83 A ioduri Mastercolour CDM-T 70 W Al sodio alta pressione SON-T 100 W Al sodio alta pressione SON-T 400 W
Tabella 2.1 Valori del flusso luminoso emesso da alcuni tipi di lampade:

650 lm 9.900 lm 850 lm 5.200 lm 6.000 lm 10.000 lm 54.000 lm

a circa 200 lm/W per quelle a vapore di sodio a bassa pressione. Tenuto conto delle disposizioni vigenti relative al contenimento dei consumi energetici i progettisti devono scegliere lampade che, pur essendo adatte a soddisfare in misura correlata al genere di impianto in esame le esigenze relative alla qualit della luce, siano caratterizzate da un'efficienza luminosa quanto pi possibile elevata. Torneremo comunque sull'argomento, approfondendolo, nel corso delle lezioni dedicate ai vari tipi di lampade.

Figura 2.1 Intensit luminosa.

Intensit luminosa
L'intensit luminosa (in una determinata direzione) il flusso emesso per unit di angolo solido in quella data direzione (figura 2.1). In generale una sorgente luminosa non irradia il flusso uniformemente in ogni direzione. Tuttavia se in una determinata direzione immaginiamo un cono molto stretto, con origine nel centro della sorgente considerata puntiforme, il flusso luminoso compreso in questo cono sar caratterizzato da una distribuzione pressoch uniforme. La quantit di flusso luminoso in esso compresa proporzionale all'angolo solido sotteso

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Figura 2.2 Concetto di angolo solido.

per cui il flusso luminoso per unit di angolo solido corrisponde al flusso emesso secondo la direzione considerata e rappresenta l'intensit luminosa della sorgente secondo tale direzione. Il simbolo dell'intensit luminosa I e l'unit di misura la candela (simbolo cd). Per chiarire il concetto di angolo solido consideriamo una sfera avente un raggio di r metri e sulla sua superficie prendiamo un'area di A m2 (figura 2.2). Se immaginiamo di far muovere il raggio di questa sfera lungo il perimetro dell'area A presa in considerazione, il raggio stesso viene a formare un cono che sottende un angolo solido di: A / r2 steradianti. Nel caso in cui A sia uguale ad r2 questo angolo rappresenta l'angolo solido unitario: r2/ / r2 = 1 steradiante. Ricordando che la superficie di una sfera uguale a 4 r2 possiamo affermare che qualora il raggio preso in considerazione descriva un'area A coincidente con tutta la superficie della sfera stessa l'angolo solido descritto risulta A / r2 cio 4 r2 / r2 = 12,56 steradianti. Il parametro intensit luminosa essenziale nel campo dell'illuminotecnica. Basti pensare ad esempio che il controllo dei valori delle intensit luminose emesse dagli apparecchi di illuminazione (in par ticolare quelli che devono essere installati negli uffici con videoterminali) in determinate direzioni essenziale al fine di evitare l'affaticamento visivo.

Figura 2.3 Lampada alogena tipo Master PAR - E Spot da 20 W.

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Figura 2.4 Flusso luminoso.

Ordini di grandezza dell'intensit luminosa: l'intensit luminosa, al centro del fascio di luce emesso da una lampada alogena tipo Master PAR - E Spot da 20 W (figura 2.3) di 7.000 cd; i fari marini emettono fasci di luce al cui centro l'intensit luminosa pu essere anche di 2.000.000 cd.

Illuminamento
il valore del flusso luminoso che incide sull'unit di area. Il simbolo E; l'unit di misura il lux. Il valore dell'illuminamento medio (Em) in corrispondenza di un piano di area A su cui incida, distribuendosi in modo uniforme, un flusso luminoso F dato (figura 2.4) dalla relazione: Flusso incidente Em = ---------------------Area

Figura 2.5 Legge dellinverso del quadrato.

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Se il flusso espresso in lumen e l'Area in m_ Em risulta espresso in lux. Ordini di grandezza dell'illuminamento: In estate, a mezzogiorno, in pieno sole: circa 100.000 lux In inverno, a mezzogiorno, all'aperto: circa 10.000 lux Luna piena con cielo senza nuvole: circa 0.25 lux L'illuminamento in un punto di un piano perpendicolare alla direzione di incidenza della luce (figura 2.5) dato dalla formula seguente: Ep = I / d2 Cio l'illuminamento in un punto di un piano perpendicolare alla direzione di incidenza della luce pari all'intensit luminosa nella direzione di quel punto diviso per il quadrato della distanza fra sorgente luminosa puntiforme ed il punto stesso. Ci esprime la cosiddetta "legge dell'inverso del quadrato". A rendere ragione di tale definizione valga l'esempio di figura 2.5 relativa al caso di una sorgente che emette un'intensit luminosa di 100 cd nella direzione perpendicolare alla superficie illuminata. In base alla suddetta formula nel punto di incidenza della luce sulla superficie illuminata l'illuminamento Ep sar: 100 lux (100 / 1) alla distanza di un metro; 25 lux (100 / 22) alla distanza di 2 metri; 11 lux (100 / 32) alla distanza di 3 metri. L'illuminamento orizzontale in un punto di un piano non perpendicolare alla direzione dell'intensit luminosa (figura 2.6) data dalla formula: Eor = I cos ? / d2 Cio: l'illuminamento orizzontale in un punto di un piano non perpendicolare alla direzione dell'intensit luminosa pari al valore dell'intensit luminosa nella direzione del punto, divisa per il quadrato della distanza (misurata tra la sorgente ed il punto) e moltiplicata per il coseno dell'angolo gamma compreso tra la direzione di incidenza della luce e la normale al piano. Questa definizione esprime la cosiddetta "legge del coseno". La relazione di cui sopra espressa in funzione dell'altezza della sorgente rispetto al piano illuminato (figura 2.7) diviene: I Eor = ------ cos3 ? h2

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in cui ; h l'altezza della sorgente rispetto alla superficie.; Ep l'illuminamento orizzontale in lux nel punto P; I l'intensit in candele nella direzione del punto P. L'illuminamento ver ticale in un punto P (figura 2.8) dato dalla formula: I Evert = -------- sen a cos2 a cos h2 Spesso, come ad esempio nel caso degli impianti sportivi od in quello delle "isole pedonali" soprattutto l'illuminazione delle persone che interessa in modo par ticolare. In questi casi, dato che le persone sono, per un osservatore, assimilabili non ad un piano ma ad un semicilindro, importante considerare, oltre ai valori degli illuminamenti orizzontale e verticale, quello dell'illuminamento semicilindrico che dato (figura 2.9) dalla formula: I Esemic = ---- sen a cos2 a (1 + cos) h2

Figura 2.6 Illuminamento di un piano non perpendicolare.

Figura 2.7 Legge del coseno.

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Figura 2.8 Illuminamento verticale.

Figura 2.9 Illuminamento semicilindrico.

Luminanza
Le figure 2.10 e 2.11 valgono ad evidenziare la differenza concettuale tra illuminamento e luminanza. Una fonte di luce (sorgente luminosa primaria) od una superficie illuminata (cio una sorgente secondaria di luce) che emettano una determinata intensit luminosa in una data direzione sono caratterizzate da una luminanza in tale direzione (figura 2.12). La luminanza viene definita come il rapporto tra: l'intensit proveniente da una superficie luminosa nella direzione di osservazione; e l'area della proiezione or togonale di quella superficie sul piano or togonale a detta direzione. Il simbolo della luminanza L e l'unit di misura la candela per metro quadrato (cd/mq).

Figura 2.10 Illuminamento.

Figura 2.11 Luminanza.

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Figura 2.12 Direzione della luminanza.

Nel caso di una sfera l'area apparente totale in ogni direzione uguale all'area della sezione trasversale della sfera stessa. Come esempio di calcolo della luminanza consideriamo (figura 2.13) una lampada a vapore di sodio ad alta pressione con tubo di scarica cilindrico di 8 x 100 mm2 che emetta perpendicolarmente alla superficie cilindrica un'intensit luminosa di 4000 cd. La luminanza di questa superficie per un osservatore posto nella stessa direzione : L = 4000 / (100 x 8) = 5 cd/ mm2 = 5.000.000 cd/m2.

Figura 2.13 Lampada a vapore di sodio.

Ordini di grandezza della luminanza: Superficie del sole Lampada fluorescente lineare Superficie della luna piena Strada a traffico veloce sotto illuminazione artificiale Strettamente connessi con la luminanza sono: il potere di adattamento della retina; il contrasto di luminanza; l'abbagliamento.

1.650.000.000 cd / m2 8.000 cd / m2 2.500 cd / m2 circa 2 cd / m2

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Figura 2.14 Galleria stradale: esempio di adattamento.

Il potere di adattamento
La retina, grazie alla sensibilit di cui dotata, si adatta a valori di luminanza del campo visibile molto variabili. come se in una macchina fotografica si sostituisse, quando la luminanza aumenta, una pellicola molto sensibile con un'altra meno sensibile. La facolt della retina di adattarsi a valori diversi di luminanza si definisce potere di adattamento. Soltanto grazie a tale potere di adattamento, che conferisce all'occhio un grande margine di sensibilit, resa possibile la percezione in condizioni cos varie come sono quelle dell'ambiente a noi circostante. L'adattamento passando dal buio alla luce e soprattutto dalla luce al buio richiede un certo tempo tanto maggiore quanto pi marcato il gradiente di luminanza. per tale ragione che in corrispondenza delle zone di ingresso delle gallerie stradali la luminanza viene notevolmente rinforzata rispetto alla zona centrale (figura 2.14). La percezione dei par ticolari degli oggetti che si trovano nel campo visivo si basa sul contrasto di luminanza tra gli oggetti stessi e lo sfondo.

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Il contrasto di luminanza pu essere espresso mediante l'equazione: Lo - Lb C = -----------Lb dove: C l'indice di contrasto; Lo la luminanza dell'oggetto; Lb la luminanza dello sfondo. I contrasti di luminanza sono essenziali ai fini della percezione visiva perch senza contrasto nulla si pu vedere. Il problema per quello di ottenere un giusto equilibrio di luminanze. In generale il rapporto di luminanza tra il compito visivo e la zona immediatamente adiacente non dovr essere maggiore di 3 : 1 .

L'abbagliamento
la condizione in cui, per effetto di luminanze molto elevate o di differenze di luminanze troppo accentuate la percezione visiva risulta difficile o si viene a creare un senso di "discomfort". Ad esempio, se una sorgente luminosa di luminanza piuttosto elevata entra all'improvviso nel campo visivo, la sensibilit della retina decresce con estrema rapidit non solo in corrispondenza del punto in cui si forma l'immagine ma anche nelle vicinanze di tale punto. In queste condizioni non risulta pi possibile vedere nulla nella zona intorno alla sorgente. Nel caso in cui l'abbagliamento sia dovuto a differenze di luminanze nel campo visivo troppo marcate, esso tanto maggiore quanto pi elevata l'entit di tale differenza. L'abbagliamento pu essere determinato, oltre che da una sorgente luminosa non sufficientemente schermata anche, altrettanto facilmente, dal piano troppo brillante di un tavolo o di una macchina oppure da una finestra. Dopo che la causa dell'abbagliamento scompare dal campo visivo, ci vuole un poco di tempo prima che la retina si riadatti. A conclusione di quanto detto a proposito dell'adattamento, del contrasto di luminanza e dell'abbagliamento, ricordiamo che le condizioni essenziali per una buona percezione visiva sono le seguenti: L'illuminamento deve essere sufficientemente elevato in relazione alle dimensioni dell'oggetto, ai contrasti, al tempo di percezione ed all'et del soggetto; la luminanza della zona immediatamente adiacente al compito visivo non deve essere pi elevata di quella del compito visivo stesso; il contrasto tra lo sfondo immediato del compito visivo e l'ambiente non deve essere troppo accentuato e la transizione deve essere graduale; si devono adottare le misure pi adeguate per evitare l'abbagliamento.

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Strumenti di misura
Tra gli strumenti pi usati nell'ambito della fotometria descriveremo brevemente: i luxmetri; la sfera di Ulbricht; il banco fotometrico; i goniofotometri; i luminanzometri.

I luxmetri
I luxmetri (figura 2.15) si impiegano per la misura dei valori di illuminamento.Tale parametro di fondamentale importanza nell'ambito dell'illuminotecnica; in particolare le misure di cui detto nella prima parte di questa lezione si risolvono, in definitiva, in una misura di illuminamento. I luxmetri sono essenzialmente costituiti da una fotocellula che converte il flusso luminoso su di essa incidente in una corrente elettrica. Tale corrente (generalmente amplificata per consentire la lettura di valori di illuminamento anche molto modesti) viene rilevata tramite un microamperometro tarato in lux. La fotocellula di silicio, semiconduttore che converte appunto la luce in una corrente elettrica. Tra le varie cause di errore nelle misurazioni effettuate con i luxmetri accenniamo in particolare alle seguenti: 1. l'inclinazione con cui i raggi luminosi incidono sulla cellula; 2. il fatto che la risposta delle fotocellule alle diverse lunghezze d'onda dello spettro visibile notevolmente diversa da quella dell'occhio umano. 1. L'inclinazione dei raggi luminosi La luce incontrando la superficie della cellula fotoelettrica secondo un certo angolo produrr un illuminamento proporzionale al coseno dell'angolo di incidenza. Ma la luce che proviene in modo obliquo sar riflessa dalla superficie superiore che protegge la fotocellula in misura

Figura 2.15 Luxmetro.

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maggiore per cui l'entit del flusso che arriva a colpire la zona fotosensibile tende a diminuire. Poich i luxmetri sono generalmente calibrati per luce perpendicolare alla superficie della cellula i valori saranno pertanto inferiori a quelli ottenuti con il calcolo. Per ridurre l'entit dell'errore di cui sopra necessario far ricorso ad adatte cupole progettate in modo da deviare i raggi luminosi in modo che incidano perpendicolarmente al piano della fotocellula. 2. Adattamento della risposta delle fotocellule a quella dell'occhio umano. I luxmetri senza correzione del colore danno risposte accettabili solo nel caso in cui la luce incidente sia della stessa natura di quella per la quale sono stati calibrati. Molti sono per i luxmetri che dispongono di filtro di correzione del colore che accorda, con buona approssimazione, la risposta spettrale alla sensibilit spettrale dell'occhio umano.

La sfera di Ulbricht
Viene utilizzata per misurare il flusso luminoso emesso da una lampada. costituita (figura 2.16) da una sfera avente la superficie interna diffondente,

Figura 2.16 Sfera di Ulbrich.

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al centro della quale viene sospesa la lampada di cui si deve misurare il flusso. La sfera munita di un'apertura dietro la quale disposta una fotocellula preventivamente tarata mediante una sorgente di flusso campione. Uno schermo opaco, interposto tra la lampada e la fotocellula vale ad evitare che quest'ultima riceva direttamente raggi luminosi provenienti dalla lampada stessa. Grazie alle riflessioni multiple che avvengono nella superficie interna della sfera l'illuminamento E letto in corrispondenza della fotocellula risulta proporzionale al valore totale del flusso emesso dalla lampada. L'entit del flusso totale emesso dalla lampada viene determinata sulla base della relazione: E=kF Il fattore di proporzionalit k si ottiene previa taratura della sfera con una lampada campione di cui sia noto il flusso luminoso sferico.

Il banco fotometrico
Il banco fotometrico viene utilizzato per la misura delle intensit luminose delle lampade. costituito (figura 2.17) da una guida graduata su cui pu scorrere un carrello equipaggiato con una fotocellula e sulla quale vengono disposte una sorgente campione e la sorgente da misurare. Dopo aver misurato il valore dell'illuminamento prodotto sulla fotocellula dalla sorgente campione si provvede a far traslare il carrello in modo da trovare la posizione per la quale la sorgente da misurare produce sulla fotocellula stessa un illuminamento uguale. Ci fatto facile applicando la legge dell'inverso del quadrato (figura 2.5) trovare il valore dell'intensit luminosa della sorgente in esame.

Figura 2.17 Banco fotometrico: 1. fotometro; 2. sorgente da misurare; 3. sorgente campione; 4. fotocellule.

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Il goniofotometro
I goniofotometri, di cui quello rappresentato nella figura 2.18 un tipico esempio, vengono utilizzati per misurare le intensit luminose emesse dagli apparecchi di illuminazione e per valutare la distribuzione spaziale delle intensit luminose cui questi ultimi danno luogo. Lo scopo principale quello di controllare le cur ve fotometriche degli apparecchi di illuminazione e di modificarne eventualmente la loro ottica fino ad ottenere risultati quanto pi possibile ottimali. Essenzialmente si tratta di: misurare l'illuminamento prodotto da un determinato apparecchio su di una fotocellula per varie posizioni della stessa nello spazio; calcolare, sulla base della legge dell'inverso del quadrato e tenendo conto della distanza fra fotocellula ed apparecchio, i valori delle intensit luminose;

Figura 2.18 Goniofotometro.

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Per determinare la distribuzione delle intensit luminose di un apparecchio di illuminazione esistono quattro diverse tecniche di misurazione (figura 2.19): 1. l'apparecchio di illuminazione viene fatto ruotare, in genere lungo i suoi assi longitudinale e trasversale, mentre la fotocellula resta fissa in una determinata posizione. 2. L'apparecchio resta fisso in una determinata posizione mentre la fotocellula viene spostata lungo un percorso emisferico. 3. L'apparecchio viene fatto ruotare sul proprio asse ver ticale mentre la fotocellula viene spostata lungo un percorso semicircolare. 4. L'apparecchio di illuminazione pu muoversi ma in modo tale da mantenere sempre la sua normale posizione operativa, mentre la luce da esso emessa viene convogliata verso la fotocellula (fissa) tramite uno specchio rotante od un sistema di specchi rotanti. Maggiori dettagli sui goniofotometri verranno dati pi avanti quando si approfondir l'argomento apparecchi di illuminazione.

Figura 2.19 Goniofotometro: quattro diverse tecniche di misurazione: 1. fotocellula immobile e apparecchio di illuminazione ruotante secondo due assi ortogonali. 2. fotocellula mobile lungo una semisfera e apparecchio immobile. 3. fotocellula mobile lungo una semicirconferenza e apparecchio ruotante attorno lasse verticale. 4. fotocellula immobile e apparecchio mobile mantenendo inalterato lorientamento del suo asse verticale. fc= fotocellula a= apparecchio s= specchio

Figura 2.20 Luminanzometro.

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Grandezze e unit di misura


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I luminanzometri
Sono strumenti (figura 2.20) che vengono impiegati per misurare i valori della luminanza. Nell'ambito dell'illuminazione in interno e per misurare la luminanza media di una grande superficie (la parete di un locale, ad esempio) si pu utilizzare, grazie alla relazione che lega l'illuminamento e la luminanza, un normale luxmetro munito di un dispositivo ottico atto a ridurre il campo di misura. La misura della luminanza in un punto della superficie richiede, al contrario, un sistema ottico molto preciso ed un buon circuito di amplificazione (figura 2.21). Nell'ambito dell'illuminazione stradale sono disponibili luminanzometri (figure 2.22 e 2.23) che forniscono direttamente la luminanza media di un tratto di strada osservato a distanza. L'osservatore determina tale tratto per mezzo di un obiettivo e di un diaframma di forma trapezoidale corrispondente alla vista della strada in prospettiva.

Figura 2.21 Schema semplificato del luminanzometro: A: obiettivo B: specchio C: prisma D: disco di vetro E: oculare F: mascherina di apertura G: filtro di correzione H: fotocellula

Figura 2.22 Luminanzometro per illuminazione stradale.

Figura 2.23 Luminanzometro per illuminazione stradale.

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3 lezione

Generalit sulle lampade


Corso di illuminotecnica

Generalit sulle lampade


3 lezione

Criteri generali di scelta


Per poter impostare razionalmente lo studio dei progetti di illuminazione molto importante saper scegliere tra le varie sorgenti luminose attualmente disponibili, quelle pi adatte allo specifico caso d'impiego in esame. Al riguardo necessario valutare assai attentamente le caratteristiche dei vari tipi di lampade in rapporto, in particolare, ai parametri seguenti: tonalit di luce; indice di resa cromatica; efficienza luminosa; durata di vita; possibilit di essere collegate direttamente alla rete senza dover far ricorso all'impiego di apparecchiature ausiliarie quali: reattori starter, accenditori; Il tempo necessario perch la lampada dopo che in essa avvenuto l'innesco, raggiunga l'emissione dell'80% del flusso luminoso nominale; Il tempo necessario perch la lampada, se spentasi ad esempio per mancanza di tensione di rete, possa riaccendersi al ripristino della normalit di alimentazione.

Tonalit di luce
Per definire la tonalit di luce emessa da una lampada si fa ricorso al concetto di "temperatura di colore". Come "campione" ci si serve del "corpo nero", sorgente ideale di luce avente la propriet di emettere in tutte le zone dello spettro il massimo dell'energia radiante e di assorbire completamente l'energia radiante che lo colpisce. Agli effetti pratici il "corpo nero" viene realizzato utilizzando una cavit avente le pareti annerite di nero fumo e dalla cui aper tura escono le radiazioni. Riscaldando uniformemente il corpo nero a temperature crescenti ed osservando la cavit si nota che da essa esce una luce che diventa sempre pi bianca e pi intensa al crescere della temperatura. La temperatura di colore della radiazione emessa da una lampada corrisponde al valore della temperatura (espressa in gradi Kelvin) alla quale si deve por tare il corpo nero perch emetta una radiazione di colore uguale. Si ricordi che il rappor to tra gradi Kelvin e gradi centigradi il seguente: zero K = - 273 C. Ripor tiamo di seguito a titolo di orientamento la temperatura di colore di alcune sorgenti naturali: luna: 4.100K; sole a mezzogiorno (estate): 5.300K - 5.800K; cielo coperto: 6.400K - 6.900K; cielo sereno: 10.000K - 25.000K.

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Generalit sulle lampade


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Per quanto attiene alle sorgenti di luce artificiale vengono definite: a tonalit "calda " le lampade la cui temperatura di colore sia minore di 3.300 K; a tonalit "neutra" le lampade la cui temperatura di colore sia compresa tra 3.300 e 5.300 K; a tonalit "fredda" le lampade la cui temperatura di colore sia superiore a 5.300 K. Ricordiamo che dal punto di vista psicologico esiste una stretta relazione tra la tonalit della luce ed il comfort ambientale. Ad esempio in locali ove siano previsti valori di illuminamento piuttosto modesti consigliabile installare lampade che emettano luce a tonalit calda piuttosto che neutra o fredda. Si veda al riguardo il diagramma di Kruitoff di cui alla figura 3.1.

Figura 3.1 Diagramma di Kruitoff.

Indice di resa cromatica


Tale parametro (Ra) vale a quantizzare l'attitudine della luce emessa da una sorgente a permettere di distinguere le sfumature dei colori. L'indice di resa cromatica viene determinato confrontando la luce emessa dalla lampada in esame con la luce di una sorgente di riferimento avente la stessa temperatura di colore ed indice pari a 100. L'indice di resa cromatica viene definito: di grado 1A (ottimo) se Ra compreso tra 90 e 100;

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Generalit sulle lampade


3 lezione
di grado 1B (molto buono) se Ra compreso tra 80 e 89; di grado 2A (buono) se Ra compreso tra 70 e 79; di grado 2B (discreto) se Ra compreso tra 60 e 69; di grado 3 (sufficiente) se Ra compreso tra 40 e 59; scarso se Ra inferiore a 40.

Efficienza luminosa
Tale parametro, definito mediante il rappor to tra il flusso luminoso emesso (espresso in lumen) e la potenza elettrica assorbita (espressa in watt) viene indicato con il simbolo lm/W. Le lampade ad incandescenza tradizionali hanno efficienza luminosa di circa 12 lm/W mentre, ad esempio, quelle a vapore di sodio a bassa pressione sono caratterizzate da efficienza di circa 200 lm/W. Il parametro efficienza luminosa assume particolare importanza nei casi in cui l'economia d'esercizio giochi un ruolo notevole nel bilancio globale delle spese dell'impianto d'illuminazione. comunque evidente che, in base alla legge 10/91 relativa al contenimento dei consumi energetici, converr adottare, in tutti i casi in cui sia possibile, lampade caratterizzate da efficienza luminosa quanto pi possibile elevata.

Durata di vita
L'attenta valutazione di questo parametro molto importante soprattutto nel caso di impianti in cui il ricambio delle lampade sia molto oneroso. Per quantizzare la durata delle lampade in generale i parametri pi frequentemente usati sono i seguenti: "durata di vita media" che si riferisce al numero di ore di funzionamento dopo il quale, in un determinato lotto di lampade ed in ben definite condizioni di prova, il 50% delle lampade abbia cessato di funzionare. "durata di vita media economica" per un determinato lotto di lampade dello stesso tipo tale parametro definisce il numero di ore dopo il quale il flusso luminoso residuo abbia raggiunto, per effetto somma del decadimento del flusso e della percentuale di mortalit, il 70% del valore nominale iniziale. Le sorgenti che hanno la durata di vita media pi breve (1000 - 1500 ore) sono le lampade ad incandescenza tradizionali; la durata di vita media pi elevata quella delle lampade ad induzione (oltre 60000 ore) e quella dei LED (100000 ore). La durata delle sorgenti luminose strettamente correlata con il decadimento del flusso luminoso nel corso della loro vita.

Altri parametri che condizionano la scelta


Altri parametri che condizionano in misura notevole la scelta delle sorgenti luminose da adottare nei vari casi di impiego sono i seguenti: il tempo necessario perch la lampada, dopo che in essa avvenuto l'innesco,

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Generalit sulle lampade


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arrivi ad emettere un flusso pari allo 80% di quello nominale; il tempo necessario perch la lampada, se spentasi (ad esempio per mancanza di tensione di rete) possa riaccendersi al ripristino della normalit di alimentazione; l'influenza sulle condizioni di funzionamento della temperatura ambiente e delle variazioni della tensione di alimentazione; la possibilit di funzionare o meno in tutte le posizioni. Riteniamo opportuno infine ricordare che lo smaltimento, al termine della loro vita, delle lampade contenenti al loro interno sia pur piccole quantit di mercurio pu comportare notevoli problemi di carattere ecologico. Ci perch il mercurio, che l'unico metallo allo stato liquido a temperatura ambiente, pu, se disper so in notevole quantit, inquinare il terreno e le acque . Poich sono ora disponibili lampade prodotte in modo da garantire che il loro smaltimento assicuri il massimo rispetto dell'ambiente evidente che ad esse che converr riservare, in tutti i casi in cui sia possibile, la preferenza.

Classificazione in base al metodo di generazione della luce


Tutte le lampade possono essere suddivise, in base alla modalit con cui in esse viene generata la luce , nelle due seguenti grandi famiglie (figura 3.2): ad incandescenza; a scarica in gas. Le lampade ad incandescenza sia tradizionali che con alogeno utilizzano l'effetto termico, cio il principio che, un corpo, riscaldato ad alta temperatura e portato all'incandescenza, emette radiazioni anche nel campo visibile. Le lampade ad incandescenza, in particolare quelle tradizionali, hanno un'efficienza luminosa piuttosto modesta in quanto l'energia elettrica assorbita trasformata in gran parte in calore ed in minima par te in energia radiante. Di tale energia, d'altra par te, solo una frazione viene emessa nel campo dello spettro visibile. Nelle lampade a scarica in gas, invece, la produzione di luce non basata sul fenomeno dell'incandescenza ma dovuta alle collisioni di elettroni e di ioni in un gas o in un vapore. Pertanto, essendo pi bassa la quota di energia assorbita trasformata in calore, ed aumentando di conseguenza l'energia elettrica trasformata in energia radiante, queste lampade hanno un'efficienza notevolmente superiore. Per contro le lampade a scarica in gas presentano lo svantaggio che non possono essere collegate direttamente alla rete di alimentazione come invece avviene per quelle

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Generalit sulle lampade


3 lezione
ad incandescenza ma richiedono l'impiego di un'apparecchiatura di alimentazione cui demandato il compito di limitare al giusto valore la corrente di scarica e, molto spesso, di un accessorio per facilitare l'innesco della scarica.

SORGENTI LUMINOSE

A SCARICA NEI GAS

INCANDESCENZA

BASSA INTENSIT (HID)

BASSA INTENSIT

A VAPORI DI SODIO (Na)

A VAPORI DI MERCURIO ALTA PRESSIONE

A VAPORI DI MERCURIO BASSA PRESSIONE

BASSA PRESSIONE (Na b.p.)

ALTA PRESSIONE (Na a.p.)

ALOGENURI METALLICI

BULBO FLUORESCENTE

LUCE MISCELATA

TUBI TUBI LINEARI FLUORESCENTI FLUORESCENTI TIPO COMPATTO

TRADIZIONALI

ALOGENE

Figura 3.2 Famiglie di lampade suddivise in base al criterio di generazione della luce.

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Il problema della sostituzione


In passato il problema della sostituzione delle lampade esaurite o comunque andate fuori uso veniva affrontato effettuando il cosiddetto "ricambio occasionale". Tale sistema consiste nel procedere al ricambio lampada per lampada man mano che se ne presenta la necessit. Ormai pi generalizzato il sistema del cosiddetto "ricambio programmato" che prevede la sostituzione di tutte le lampade di un determinato impianto dopo un numero di ore prefissato. Ci in base a considerazioni di vita media delle lampade e di efficienza illuminotecnica dell'impianto. Il "ricambio a programma" pu essere effettuato adottando in alternativa le tre seguenti soluzioni: a periodo fisso, a percentuale di mortalit od a percentuale di decadimento.

Tipologia
Tra le sorgenti pi frequentemente adottate per scopi di illuminazione ricordiamo in particolare quelle delle seguenti famiglie: ad incandescenza tradizionali e con alogeno; fluorescenti lineari e fluorescenti compatte; a vapore di sodio a bassa, alta ed altissima pressione; ad alogenuri; ad induzione; le fibre ottiche; i LED.

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Lampade ad incandescenza e alogene


Corso di illuminotecnica

Lampade incandescenza alogene


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Le lampade ad incandescenza tradizionali


Le lampade ad incandescenza tradizionali, in produzione da oltre 120 anni, sono ancor oggi molto usate. Sono caratterizzate dalle seguenti prerogative: emettono luce di tonalit "calda" (2800 K) con indice di resa cromatica 100; hanno efficienza luminosa modesta (circa 12 lm/W per quelle da 100 W - 220 V); la loro durata di vita media , in condizioni di alimentazione normali, generalmente di 1000 ore; alcuni par ticolari tipi hanno durata di vita media di 2000 ore; sono direttamente collegabili alla rete di alimentazione senza l'impiego n di reattori, n di star ter ed hanno un fattore di potenza praticamente uguale ad 1; forniscono istantaneamente il flusso luminoso nominale e, se spente, si riaccendono immediatamente; il flusso luminoso emesso pu, in generale, essere graduato a mezzo di appositi "variatori"; possono funzionare anche a temperature molto basse.

Principio di funzionamento
Il cuore di queste lampade Il filamento in tungsteno. Tale metallo ha un punto di fusione molto elevato (3400 C) e volatilizza a temperature pure assai elevate. Quando la lampada viene collegata alla rete di alimentazione, attraverso il filamento passa una corrente elettrica che, riscaldandolo fino all'incandescenza, lo mette in condizioni di emettere energia raggiante comprendente le lunghezze d'onda dello spettro visibile. La luce emessa dal filamento aumenta e diviene tanto pi " bianca" (cio a temperatura di colore maggiore) quanto pi elevata la temperatura a cui esso viene por tato.

I principali componenti
I principali componenti che costituiscono le lampade ad incandescenza tradizionali sono: il filamento, il gas di riempimento, l'ampolla e l'attacco. Il filamento Per la fabbricazione dei filamenti si impiega, come detto, il tungsteno. Questo metallo fatto passare attraverso speciali filiere viene ridotto a diametri inferiori a 10 millesimi di millimetro. Nelle prime lampade ad incandescenza definite "nel vuoto" il filamento, sostenuto da appositi gancetti, era diritto (figura 4.1). Successivamente, quando si pass alle lampade "nel gas" si cominci ad adottare la spiralizzazione, semplice o doppia (figura 4.2).

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Lampade incandescenza alogene


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Figura 4.1 Lampada ad incandescenza con filamento diritto.

Figura 4.2 Lampada con filamento spiralizzato.

Per il calcolo delle caratteristiche del filamento sono di importanza essenziale i parametri elettrici della lampada. Al riguardo opportuno ricordare che: la potenza (W) uguale al prodotto della tensione (V) applicata ai terminali per la corrente (I) che passa attraverso il filamento (cio W = V . I); per la legge di Ohm il valore della corrente si ottiene dividendo il valore della tensione per quello della resistenza elettrica del filamento (cio I = V / R); il valore della resistenza del filamento diminuisce con il diminuire della sua lunghezza e del suo diametro. Il gas di riempimento Le prime lampade ad incandescenza venivano fabbricate con ampolle "nel vuoto" e ci allo scopo di evitare che il filamento, in presenza dell'ossigeno dell'aria bruciasse troppo rapidamente. Successivamente si scopr che la pressione esercitata sul filamento da un gas inerte ritardava l'evaporazione del tungsteno consentendo cos la fabbricazione di lampade in cui la temperatura del filamento stesso poteva essere aumentata con conseguente miglioramento dell'efficienza luminosa. Il gas attualmente pi generalmente usato l'argon cui viene aggiunto dell'azoto per evitare la formazione dell'arco. In fase di fabbricazione nell'ampolla vengono introdotti anche i cosiddetti "getter" che hanno la propriet di eliminare ogni minima traccia di ossigeno e di vapore d'acqua. Ci consente di ritardare l'annerimento della superficie interna dell'ampolla stessa.

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Lampade incandescenza alogene


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L'ampolla Le ampolle delle lampade ad incandescenza per applicazioni generali sono di vetro comune. Quelle delle lampade a riflettore tipo PAR (Parabolic Aluminised Reflector) sono in vetro pressato. Tra le lampade PAR ricordiamo, ad esempio, le SPOTONE PAR 38 COOL BEAM (figura 4.3). Elementi che caratterizzano le ampolle delle lampade ad incandescenza tradizionali sono: la forma che pu essere: a goccia; sferica; oliva; tor tiglione; tubolare ecc.. la "finitura" (trasparente; smerigliata; opalizzata; colorata; a riflettore incorporato).

Figura 4.3 Lampada a riflettore SPOTONE PAR 38 COOL BEAM.

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Lampade incandescenza alogene


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L'attacco Gli attacchi delle lampade per applicazioni di carattere generale sono comunemente del tipo "a vite" (figura 4.4) che vengono contraddistinti con la lettera E (Edison) seguita dall'indicazione della misura in millimetri del diametro e, talvolta, della lunghezza dell'attacco stesso. Le lampade di potenza inferiore a 300 W sono munite di attacco a vite tipo E 27 oppure, se di potenza molto modesta, tipo E 14 (denominato anche Mignon). Le lampade di potenza pi elevata di 300 W hanno attacco a vite tipo E 40 (denominato anche Golia).

Figura 4.4 Attacchi di lampade del tipo a vite.

Relazione tra la potenza della lampada ed i valori della tensione e dell'efficienza luminosa: L'efficienza luminosa delle lampade ad incandescenza aumenta con l'aumentare della temperatura del filamento. D'altra par te la corrente di una lampada ad incandescenza , come abbiamo visto, determinata dal rappor to tra la potenza e la tensione che la caratterizzano. Pertanto la corrente che attraversa il filamento aumenta: sia nel caso in cui, a parit di tensione, la potenza della lampada aumenti; che in quello in cui, a parit di potenza, la tensione diminuisca. A parit di tensione le lampade di potenza elevata sono caratterizzate da un'efficienza luminosa maggiore rispetto a quelle di potenza modesta. L'efficienza delle lampade fabbricate per funzionare a valori molto bassi di tensione , a parit di potenza, pi elevata rispetto a quella delle lampade fabbricate per funzionare a tensione di 230 V.

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Lampade incandescenza alogene


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Effetti delle variazioni di tensione
Le caratteristiche di funzionamento delle lampade ad incandescenza variano notevolmente (figura 4.5) quando variano i valori della tensione di alimentazione. Ad esempio, un aumento della tensione determina un incremento della corrente che passa attraverso il filamento e perci un aumento della temperatura di funzionamento dello stesso. Tale aumento di temperatura determina una maggiore produzione di luce; dato, per, che il filamento raggiunge una temperatura pi vicina al punto di fusione del tungsteno la durata di vita della lampada diminuisce.

Figura 4.5 Caratteristiche di funzionamento delle lampade ad incandescenza.

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Lampade incandescenza alogene


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Tipologia
Il continuo sviluppo della tecnologia produttiva alla base dell'elevatissimo standard qualitativo che caratterizza le lampade ad incandescenza Philips. Tra i vari e numerosi modelli di lampade ad incandescenza Philips (figura 4.6) citiamo, in par ticolare: le lampade normali, le Softone, le decorative (ad esempio oliva, tor tiglione o sfer iche) nonch gli svar iati tipi di lampade a r iflettore . Nell'ambito delle lampade Philips di quest'ultimo tipo menzione speciale meritano: quelle SPOTONE PAR 38 COOL BEAM di cui alla figura 1; e quelle tipo SPOTONE PAR 38 ECONOMY (figura 4.7); Le PAR 38 COOL BEAM, dotate di riflettore speciale e vetro frontale pressato prismatico, sono caratterizzate dalla prerogativa di trasmettere verso la parte posteriore della lampada circa il 75 % del calore irradiato dal fascio di luce per cui Il calore irradiato verso gli oggetti illuminati risulta molto inferiore rispetto al caso delle usuali lampade a riflettore. per tale ragione che queste lampade vengono definite "a luce fredda". Le lampade SPOTONE PAR 38 ECONOMY, dotate di riflettore in alluminio e vetro frontale pressato prismatico e punteggiato, sono prodotte in due versioni: Spot e Flood. Le lampade della prima versione sono caratterizzate da un fascio stretto (12) ed omogeneo; quelle della seconda versione da un fascio di 3O.

Figura 4.6 Lampade ad incandescenza Philips.

Figura 4.7 Lampada a riflettore Philips SPOTONE PAR 38 ECONOMY.

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Le lampade ad incandescenza con alogeno


Le ragioni per le quali le lampade ad incandescenza tradizionali sono caratterizzate da efficienza e durata di vita di valore molto modesto sono connesse con: la rapida evaporazione del tungsteno da cui il filamento costituito; il conseguente progressivo annerimento della parete interna dell'ampolla. Ed proprio allo scopo di contrastare efficacemente tali effetti dell'evaporazione del filamento che, verso il 1950, vennero introdotte le prime lampade ad incandescenza fabbricate sulla base del cosiddetto "ciclo di rigenerazione del filamento". Tale ciclo che si basa sull'introduzione, all'interno delle lampade, di una piccola quantit di alogeno (generalmente iodio o bromo), si articola nelle seguenti fasi (figura 4.8): I vapori di tungsteno che si formano per effetto della sublimazione del filamento portato all'incandescenza si spostano verso la parete interna della lampada la cui temperatura di circa 700. A tale temperatura i vapori di tungsteno reagiscono chimicamente con l'alogeno presente all'interno della lampada stessa dando luogo alla formazione di un alogenuro di tungsteno. I vapori di alogenuro di tungsteno che si vengono cos a formare tendono a spostarsi verso il filamento. La temperatura assai elevata di quest'ultimo (circa 2500 C) vale ad innescare la reazione inversa a quella indicata al punto precedente e si ha, di conseguenza, la dissociazione dell'alogenuro di tungsteno in alogeno e tungsteno metallico. Ricordiamo che con il termine sublimazione si intende il passaggio diretto di una sostanza dallo stato solido a quello gassoso senza passare attraverso lo stato liquido. Il tungsteno cos formatosi si deposita (in pratica solo parzialmente) sul filamento e tende a ricostituirne l'integrit mentre la liber azione dell'alogeno assicur a la continuazione del ciclo.
Figura 4.8 Ciclo di rigenerazione del filamento.
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Affinch la combinazione chimica tra atomi di tungsteno e di alogeno possa aver luogo necessario che: la temperatura del filamento non scenda al di sotto di 2000 C dato che, altrimenti, la dissociazione dell'alogenuro di tungsteno in alogeno e tungsteno metallico risulterebbe impossibile; la quantit di alogeno introdotta nel bulbo sia dosata con assoluta precisione. Infatti se tale quantit in eccesso si ha perdita di luce per assorbimento da parte dell'alogeno, mentre se in difetto si ha un prematuro arresto del ciclo di rigenerazione del filamento. In relazione alle elevate temperature in gioco, i bulbi delle lampade a ciclo di alogeno devono essere di quarzo.

Vantaggi delle lampade con alogeno


Grazie al processo di rigenerazione del filamento le lampade con alogeno presentano, rispetto a quelle ad incandescenza di tipo tradizionale, i seguenti notevoli vantaggi di carattere generale: sono caratterizzate da un'efficienza e da una durata di vita notevolmente superiori; il decadimento del flusso luminoso in funzione delle ore di vita praticamente trascurabile e non si ha annerimento del bulbo; in relazione alla temperatura notevolmente maggiore del filamento, la loro luce pi "bianca" rispetto a quella emessa dalle lampade tradizionali. Precisamente, mentre la temperatura di colore della luce emessa da queste ultime di 2800 K, quella della luce delle lampade con alogeno di 3000 K (o, per qualche tipo, di 3200 K). hanno dimensioni molto ridotte.

Evoluzione delle lampade con alogeno


La tecnica di fabbricazione delle lampade ad incandescenza con ciclo di alogeno si andata, nel corso degli anni, sempre pi perfezionando. Gli sforzi tesi al miglioramento delle prestazioni di queste lampade sono stati, sin dall'inizio, orientati secondo le linee di sviluppo seguenti: controllo dell'emissione delle radiazioni ultraviolette; controllo dell'emissione delle radiazioni calorifiche; incremento dell'efficienza luminosa e della durata di vita; possibilit di regolazione graduale del flusso luminoso; riduzione del valore della pressione di esercizio del gas di riempimento all'interno del "bruciatore" che contiene il filamento; ampliamento della gamma di tipi cos da poter estenderne l'impiego a campi di applicazione sempre pi differenziati;

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Lampade incandescenza alogene


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Controllo dell'emissione delle radiazioni UV Fino a qualche tempo fa alcuni tipi di lampade con alogeno emettevano una quantit di radiazioni ultraviolette piuttosto rilevante. Ci, innanzitutto, in relazione agli elevati valori della temperatura del loro filamento. noto al riguardo che, aumentando la temperatura dei filamenti di tungsteno, la luce da essi emessa tende ad arricchirsi di radiazioni comprese nel campo dell'ultravioletto. Infatti la lunghezza d'onda delle radiazioni emesse da un corpo incandescente diminuisce con l'aumentare della temperatura del corpo stesso. Altra ragione che vale a spiegare la marcata emissione di radiazioni UV che il quarzo caratterizzato da un elevato coefficiente di trasmissione per l'ultravioletto. oppor tuno ricordare che i raggi ultravioletti sono caratterizzati, in par ticolare, da un'azione fotochimica piuttosto marcata per cui possono provocare, su determinate sostanze (ad esempio dipinti, tessuti ecc..) effetti di "degrado" quale, ad esempio, lo scolorimento. Ed proprio per quanto detto che, da diversi anni, Philips adotta, nella fabbricazione delle lampade con alogeno, la tecnologia "UV Blok", che consente di escludere l'emissione di raggi ultravioletti. Controllo dell'emissione delle radiazioni calorifiche Nelle lampade cosiddette "dicroiche" il "bruciatore" entro cui racchiuso il filamento allocato entro un alloggiamento di vetro, ricoperto, all'interno, oltre che da un rivestimento atto a riflettere la luce, anche da un rivestimento caratterizzato dalla prerogativa di disperdere verso la parte posteriore delle lampade stesse una notevole aliquota delle radiazioni calorifiche. L'entit del calore diretto verso l'oggetto illuminato viene pertanto a ridursi. Tale riduzione risulta par ticolarmente marcata nel caso delle lampade dicroiche tipo MASTERline ES (figura 4.9) per la cui fabbricazione Philips adotta l'innovativa "tecnologia ad infrarossi".

Figura 4.9 Lampada dicroica tipo MASTERline ES Philips.

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Lampade incandescenza alogene


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Il rivestimento ad infrarossi applicato sul bruciatore di queste lampade, infatti, riflette (figura 4.10) verso il filamento una gran parte del calore che andrebbe disperso. Le lampade MASTERline ES Philips (disponibili nelle potenze di 20-30-35-45 W) permettono pertanto di conseguire: un notevole risparmio di energia; la marcata riduzione dei costi per il condizionamento ambientale.

Figura 4.10 Rivestimento ad infrarossi della lampada MASTERline ES Philips.

Incremento dell'efficienza luminosa e della durata di vita L'adozione di tecnologie sempre pi innovative ha consentito a Philips di fabbricare lampade ad incandescenza con alogeno caratterizzate da efficienza e durata di valore particolarmente elevate. Cos, ad esempio, le lampade MASTERline ES sopracitate hanno durata di vita media di 5.000 ore e, in relazione al risparmio energetico connesso con la speciale tecnologia ad infrarossi, la loro efficienza luminosa di circa il 30% superiore rispetto a quella delle dicroiche tradizionali. La regolazione del flusso luminoso Altra prerogativa di notevole importanza delle lampade con alogeno la possibilit di variarne in modo progressivo l'emissione luminosa. Tale regolazione pu essere attuata fino a valori di intensit molto bassi dato che prima di arrivare allo spegnimento del filamento l'evaporazione del tungsteno si riduce progressivamente. D'altra parte, se, in via eccezionale, sul vetro delle ampolle si dovessero depositare par ticelle di tungsteno, sufficiente un breve periodo di funzionamento alla tensione nominale affinch l'annerimento scompaia. Per la regolazione si adottano speciali trasformatori elettronici.
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Lampade incandescenza alogene


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Riduzione del valore della pressione Al fine di limitare i pericoli conseguenti ad un'eventuale esplosione delle lampade alogene montate in apparecchi per interni, questi ultimi debbono essere muniti di adatto vetro di protezione. Ci a meno che si tratti di lampade: munite esse stesse di vetro frontale di protezione; dotate di involucro esterno di vetro (come, ad esempio, le HalogenA Philips di cui alla figura 4.11; del tipo a bassa pressione. Si definiscono come tali le lampade in cui la pressione dei gas di riempimento all'interno sia inferiore a 2,5 bar. Le dicroiche e le capsule di Philips sono a bassa pressione.

Figura 4.10 Lampada HalogenA Philips.

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Lampade incandescenza alogene


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Tipologia
La grande variet di lampade ad incandescenza con alogeno di Philips (figura 4.12) offre al progettista la libert di creare soluzioni di illuminazione personalizzate ed adatte non solo all'uso funzionale dello spazio ma anche a soddisfare il comfor t visivo. Le lampade con alogeno Philips sono disponibili nelle due grandi famiglie di prodotto: a bassissima tensione; a tensione di rete. Le lampade a bassissima tensione (6-12-24 V) richiedono un trasformatore per il collegamento alla rete di 230 V. Si suddividono in: capsule senza riflettore assai adatte per impiego in una vasta gamma di apparecchi di illuminazione di dimensioni molto ridotte o nella realizzazione di illuminazione di atmosfera quali i soffitti "a cielo stellato"; lampade a riflettore dicroiche;

Figura 4.12 Lampade ad incandescenza con alogeno Philips.

Figura 4.13 Lampada con riflettore di alluminio MASTER Line 111 Philips.

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Lampade incandescenza alogene


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lampade con riflettore di alluminio quali le MASTER Line 111 (figura 4.13). Le lampade a tensione di rete possono essere installate direttamente senza l'impiego di trasformatori. Sono disponibili nelle versioni: con attacco a vite E 14 od E 27 che possono essere direttamente installate in sostituzione delle lampade ad incandescenza tradizionali. Rispetto a queste ultime le HalogenA PRO, di cui alla figura 10, ad esempio, emettono, a parit di potenza il 15 % di luce in pi ed hanno una durata di vita doppia; lineari a doppio attacco R7s, caratterizzate da un'emissione di luce di entit assai rilevante. Queste lampade devono essere usate in apparecchi di illuminazione dotati di vetro frontale; a riflettore, utilizzate per l'illuminazione generale oppure d'accento in sostituzione delle lampade ad incandescenza tradizionali a riflettore. Al riguardo citiamo, in particolare, le MASTER PAR E (figura 4.14). Queste lampade, della potenza di 20 W e munite di attacco a vite E 27, sono costituite da un bruciatore alogeno a 12 V ma grazie al trasformatore elettronico incorporato, funzionano alla tensione di rete di 230 V. Hanno durata di vita media di 5.000 ore e la luce da esse emessa ha temperatura di colore di 3000 K.

Figura 4.14 Lampada a tensione di rete con riflettore MASTER PAR E Philips.

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5 lezione

Le lampade fluorescenti lineari


Le lampade fluorescenti lineari fanno parte della famiglia delle sorgenti luminose a scarica in gas in cui la produzione di luce non basata sul fenomeno dell'incandescenza ma dovuto alle collisioni delettroni e di ioni in un gas o in un vapore. per questo che esse, come in generale tutte le lampade a scarica in gas, sono caratterizzate da efficienza luminosa notevolmente maggiore rispetto a quella delle lampade ad incandescenza tradizionali e con alogeno. Sono, tra le sorgenti luminose attualmente disponibili, quelle di gran lunga pi impiegate per l'illuminazione dinterni. Questa prerogativa connessa, in particolare, con le loro seguenti caratteristiche peculiari: luce di qualit ottimale; disponibilit in un'ampia gamma di sfumature di luce; elevata efficienza luminosa; lunga durata di vita; accensione immediata o quasi immediata.

Principio di funzionamento
Le lampade fluorescenti lineari sono costituite da un tubo di vetro che contiene vapore di mercurio a bassa pressione ed internamente rivestito da uno strato di speciali polveri fluorescenti (figura 5.1).

Figura 5.1 Lampada fluorescente lineare.

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In corrispondenza di ciascuna delle due estremit del tubo si trova un elettrodo ricoperto da speciali sostanze atte ad emettere, in determinate condizioni, una notevole quantit di elettroni la cui presenza vale a favorire l'innesco della scarica. Collegando, tramite adatte apparecchiature, le lampade alla rete di alimentazione, una par te degli atomi di mercurio contenuti nel tubo si scinde in elettroni. Questi ultimi ur tano contro gli atomi di mercurio non ancora dissociati liberando altri elettroni che, in parte si uniscono al flusso costituente la scarica ed in parte tornano ad associarsi agli atomi da cui erano stati allontanati. L'energia che tali elettroni cedono nell'atto di ritornare a far parte degli atomi di mercurio da cui erano stati allontanati danno luogo all'emissione di radiazioni ultraviolette invisibili soprattutto di lunghezza d'onda di 254 nm (nanometri). Queste radiazioni vanno a colpire lo strato di polveri fluorescenti che ricopre la parete interna del tubo. Le polveri fluorescenti, eccitate dalle radiazioni ultraviolette invisibili da cui sono colpite, trasformano le stesse in radiazioni di lunghezza d'onda maggiore, rientranti nel campo del visibile. Il fenomeno della "ionizzazione" di cui si detto pi sopra tende ad aumentare progressivamente. per questa ragione che, qualora le lampade fluorescenti lineari venissero collegate direttamente alla rete di alimentazione (cos come si fa per quelle ad incandescenza), il flusso degli elettroni in movimento all'interno del tubo diventerebbe subito tanto impetuoso da dar luogo alla loro distruzione istantanea per cor to circuito. Ad evitare tale inconveniente occorre limitare opportunamente la corrente di scarica interponendo tra la lampada e la rete un'adatta apparecchiatura di alimentazione (vedi avanti).

Elementi costituenti
Le principali parti che costituiscono una lampada tubolare fluorescente lineare sono: il tubo; le polveri fluorescenti da cui la parete interna del tubo stesso ricoper ta, gli elettrodi, il gas di riempimento e gli attacchi.

Il tubo
Il tubo di una lampada tubolare fluorescente lineare fatto, normalmente, di vetro contenente soda e calce ed "drogato" con ossidi di ferro per il controllo della trasmissione delle radiazioni di cor ta lunghezza d'onda. Il diametro dei tubi e la loro lunghezza sono stati standardizzati. I diametri attualmente pi generalmente adottati sono: 26mm e 16mm.

Le polveri fluorescenti
Il pi importante fattore che determina le caratteristiche della luce emessa dalle lampade fluorescenti la composizione delle polveri usate per rivestire la parete interna del tubo.
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Da tale composizione dipendono infatti: la temperatura di colore (e quindi la tonalit) della luce emessa; l'indice di resa cromatica (Ra) della stessa; l'efficienza e la durata di vita delle lampade. Per la fabbricazione delle lampade fluorescenti lineari pi diffuse vengono generalmente impiegati i tre seguenti tipi di polveri fluorescenti: "standard"; "trifosforo"; "pentafosforo". Le polveri "standard" danno luogo all'emissione di radiazioni che coprono quasi l'intera banda dello spettro visibile. Le lampade rivestite con polveri fluorescenti di questa natura sono caratterizzate da una buonefficienza luminosa (circa 80 lumen per watt) ma da un indice di resa cromatica piuttosto modesto (compreso tra 63 e 73 secondo il tipo). Le polveri "trifosforo" (che contengono alcune terre rare) determinano un picco di radiazione in corrispondenza di tre ben definite lunghezze d'onda blu, verde e rosso. Le lampade il cui tubo rivestito con polveri di questo tipo sono caratterizzate da un'efficienza molto elevata e da un indice di resa cromatica compreso tra 80 ed 85. La diversit di resa cromatica tra le lampade fluorescenti lineari rivestite con polveri "trifosforo" e quelle rivestite con polveri "standard" risulta evidente dall'esame delle foto di figura 5.2.

Figura 5.2 Diversit di resa cromatica tra lampade fluorescenti lineari rivestite con diversi tipi di polveri.

Gli stessi tessuti sono illuminati, nella foto di sinistra con lampade rivestite di polveri "trifosforo" ed in quella di destra con lampade rivestite di polveri "standard". Le polveri "pentafosforo" infine sono costituite da una miscela di fosfori scelti in modo da coprire l'intera gamma dello spettro. Le lampade per la cui fabbricazione vengono adottate polveri di questo tipo emettono luce caratterizzata da indice di resa cromatica elevatissimo (uguale o superiore a 95)

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ma la loro efficienza alquanto inferiore rispetto a quella delle lampade rivestite con polveri del tipo "trifosforo".

Gli elettrodi
Gli elettrodi, generalmente costituiti da un filamento di tungsteno ricoperto da una "pasta emettitrice", assolvono la duplice funzione di addurre la potenza elettrica all'interno del tubo di scarica e di fornire gli elettroni necessari all'innesco ed al mantenimento della scarica stessa. La pasta emettitrice costituita da ossidi di bario, stronzio e calcio. Molto spesso nel circuito di alimentazione delle lampade fluorescenti lineari compreso un elemento ausiliario detto "starter" (vedi avanti) grazie al quale negli elettrodi viene a circolare una corrente atta a preriscaldarli favorendo in tal modo l'innesco delle scarica.

Il gas di riempimento
costituito da una miscela di vapore di mercurio saturo e da un gas iner te. I gas inerti pi frequentemente usati sono l'Argon ed il Kripton.

Gli attacchi
Le lampade fluorescenti lineari richiedono la presenza di due attacchi, uno in corrispondenza di ciascuna delle due estremit ed ognuno munito, in generale, di due contatti. In figura 5.3 sono illustrati i tipi pi comuni di attacchi delle fluorescenti lineari. Un caso par ticolare quello delle lampade circolari che hanno un attacco singolo munito di 4 contatti.

Figura 5.3 Attacchi pi comuni delle lampade fluorescenti lineari.

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Tipologia delle lampade fluorescenti lineari Philips


La gamma di tipi di lampade fluorescenti linear i Philips amplissima. Tale gamma comprende, oltre ai tipi tradizionali che ancora vengono spesso adottati in diversi campi di impiego, numerose nuove famiglie di lampade recentemente introdotte da Philips per rispondere ad alcune inderogabili esigenze connesse, ad esempio, con la miniaturizzazione, l'affidabilit, la conformit alle normative internazionali, il contenimento dei consumi energetici, il rispetto ambientale.

Le lampade di recente introduzione di diametro 26 mm


Indichiamo di seguito le caratteristiche essenziali di alcuni tipi di lampade fluorescenti lineari Philips di diametro 26 mm, di recente introduzione. Le lampade "Master TL-D Super 80 New Generation Riciclabili" Sono prodotte nelle potenze di 15-18-23-30-36-58 W. Un innovativo processo industriale espressamente messo a punto consente, al termine della loro vita, il riciclaggio ed il ricupero delle polveri fluorescenti e del mercurio (figura 5.4).

Figura 5.4 Riciclaggio e ricupero delle polveri fluorescenti e del mercurio.

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La r iciclabilit evidenziata dall'inser to verde applicato sugli attacchi. Sono caratterizzate dalle seguenti prerogative principali: la quantit di mercurio che si trova al loro interno fortemente ridotta. Basti pensare al riguardo che, mentre nelle lampade usuali la quantit di mercurio di 15 millesimi di grammo, quelle "New Generation" ne contengono appena 3 millesimi di grammo; il tubo che le costituisce fatto di vetro speciale atto ad assorbire in misura molto ridotta il mercurio contenuto all'interno. Ci vale a limitarne la progressiva riduzione dell'attitudine a far passare all'esterno le radiazioni luminose ed a contenere cos il decadimento, nel corso della vita delle lampade, del flusso luminoso emesso; le speciali polveri fluorescenti "trifosforo" che rivestono la superficie interna dei tubi sono dotate di una resistenza molto marcata all'invecchiamento causato dalle radiazioni UV generate all'interno del tubo stesso e possono essere recuperate, rigenerate e riutilizzate al 100 %. Proprio perch fabbricate con vetro che assorbe in misura molto limitata il mercurio e con polveri fluorescenti resistenti all'invecchiamento le lampade "MASTER TL-D Super 80 New Generation" sono caratterizzate da un decadimento del flusso, nel corso della loro vita, estremamente ridotto (figura 5.5).

Figura 5.5 Decadimento del flusso luminoso delle MASTER TL-D Super 80 New Generation.

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Si tenga presente che nelle sorgenti luminose in generale, quanto minore l'entit del decadimento nel tempo del flusso luminoso emesso, tanto pi elevato si mantiene il valore dell'efficienza luminosa e tanto maggiore risulta la loro durata di "vita economica". Ricordiamo che la "vita economica" esprime, per un determinato lotto di lampade dello stesso tipo, il numero di ore di funzionamento dopo il quale il flusso luminoso residuo raggiunge, per effetto combinato del proprio decadimento e della percentuale di mortalit delle lampade stesse, l'80% del valore nominale iniziale. Le lampade di cui sopra si rivelano dunque elettivamente adatte a concorrere alla massima riduzione dei consumi di energia elettrica ed alla prevenzione dell'inquinamento ambientale connesso con il loro smaltimento. Inoltre esse sono in grado di soddisfare in modo ottimale i pi severi requisiti prestazionali per quanto attiene alla qualit della luce emessa. Le lampade MASTER TL-D Super 80 New Generation Riciclabili sono caratterizzate da efficienza luminosa di 90 lm/W ed emettono luce il cui indice di resa cromatica Ra 85. Sono disponibili nelle versioni seguenti: MASTER TL-D /82 a luce bianca calda extra ( temperatura di colore 2700 K); MASTER TL-D /83 a luce bianca calda (temperatura di colore 3000 K); MASTER TL-D /84 a luce bianca intermedia (temperatura di colore 4000 K); MASTER TL-D /86 a luce fredda (temperatura di colore 6500 K). Le lampade "MASTER TL-D Super 80 Reflex Riciclabili" Si osservi la sezione trasversale di cui alla figura 5.6. La superficie interna del tubo rivestita nella sua interezza da uno strato di polveri fluorescenti. Nella parte superiore dello stesso, per, tra il vetro ed il rivestimento fluorescente interposto uno strato di speciali polveri riflettenti. per tale ragione che queste lampade hanno la peculiare attitudine a dirigere la luce prevalentemente verso il piano di lavoro affrancando dalla necessit di dotare l'apparecchio di illuminazione di un riflettore esterno.

Figura 5.6 Sezione trasversale delle MASTER TL-D Super 80 Reflex Riciclabili.

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Le lampade "MASTER TL-D Super 80 Secura Riciclabili". In caso di rottura di queste lampade, eventualit che pu verificarsi accidentalmente durante la sostituzione, la pulizia od altri interventi di manutenzione, i frammenti di vetro restano racchiusi entro un rivestimento protettivo esterno trasparente, solidale con la lampada stessa (figura 5.7). Tale soluzione sicuramente pi efficace rispetto, ad esempio, ai tubi di protezione esterni non solidali. Le lampade MASTER TL-D Super 80 Secura sono per tanto elettivamente adatte per impiego nell'ambito delle industrie alimentari (figura 5.8) farmaceutiche e chimiche oltre che per l'illuminazione dei banchi di esposizione dei prodotti alimentari. Una volta installate, queste lampade possono essere facilmente identificate anche a distanza grazie ad un anello azzurro in corrispondenza di una delle due estremit. Sono disponibili, nelle versioni da 18-36-58 W, nelle tonalit corrispondenti alle temperature di colore di 3.000 e 4.000 K.

Figura 5.7 In caso di rottura i frammenti di vetro restano entro un involucro trasparente protettivo.

Figura 5.8 Impiego nelle industrie alimentari..

Le lampade "TL-D Super 90 de Luxe" La superficie interna del tubo di queste lampade rivestita con polveri fluorescenti pentafosforo ad altissima resa dei colori (Ra > 90). L'emissione della luce praticamente distribuita su tutto lo spettro luminoso (figura 5.9). Prodotte nelle potenze di 18-36-58 W, sono caratterizzate da indice di resa cromatica 95 e da efficienza luminosa di 65 lm/W. Sono disponibili nelle versioni seguenti: TL-D / 93 de Luxe a luce bianca calda (temperatura di colore di 3000 K); TL-D / 94 de Luxe a luce bianca intermedia (temperatura di colore di 3800 K); TL-D / 95 de Luxe a luce bianca fredda (temperatura di colore 5300K); TL-D / 96 de Luxe a luce fredda extra (temperatura di colore 6500 K).

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Le lampade TL-D Super 90 de Luxe sono particolarmente adatte per l'impiego: in negozi di alimentari, di fiori e di abbigliamento; nelle gallerie d'ar te, nelle industrie tessili e grafiche e nelle pelliccerie; negli ospedali e negli studi dentistici.

Figura 5.9 Emissione della luce sullo spettro luminoso.

Le lampade "TL-D / 79" Queste lampade fluorescenti lineari sono prodotte nelle potenze di 18-36-58 W. Sono caratterizzare da efficienza luminosa di 45 lm/W ed emettono luce la cui temperatura di colore di 3800 K ed il cui indice Ra 74. Sono par ticolarmente indicate per impiego in macellerie, banchi frigo, esposizioni di generi alimentari (figura 5.10).

Figura 5.10 Impiego per esposizioni di generi alimentari.

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Le lampade "TL-D / 89 Aquarelle" Queste lampade (figura 5.11) disponibili nelle potenze di 15-18-25-30-36-38 e 58 W, sono state espressamente create per l'illuminazione degli acquari. La loro efficienza luminosa 70 lm/W. La luce da esse emessa (caratterizzata da temperatura di colore di 10000 K e da Ra 70) adatta a favorire la fotosintesi clorofilliana e lo sviluppo dei pesci.

Figura 5.11 Impiego per illuminazione di acquari.

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Le lampade di recente introduzione di diametro 16 mm
Le lampade "MASTER TL 5 Super 80" L'efficienza luminosa di queste lampade (figura 5.12) , in relazione anche al diametro molto ridotto, particolarmente elevata. Progettate espressamente per funzionamento con reattore elettronico ad alta frequenza si prestano bene alla regolazione graduale del flusso luminoso. D'altra parte, proprio in relazione al loro diametro molto ridotto, esse costituiscono, con gli apparecchi di illuminazione entro cui vengono installate, un "sistema" caratterizzato da propriet ottico - fotometriche ottimali.

Figura 5.12 Lampada MASTER TL 5 Super 80 Philips.

Ed proprio in relazione alla concomitanza delle condizioni di cui sopra che le lampade MASTER TL 5 Super 80 consentono di realizzare impor tanti risparmi energetici. Il rivestimento interno del tubo realizzato con polveri fluorescenti trifosforo ad elevata resa cromatica (Ra = 85). Sono caratterizzate, in particolare, dalle seguenti prerogative: sono riciclabili; la riciclabilit evidenziata dall'inserto verde applicato sugli attacchi; sono in linea con le attuali norme relative alla protezione dell'ambiente, grazie al fatto che la quantit di mercurio in esse contenuta estremamente ridotta; assicurano un minor impiego di materie prime; consentono una notevole riduzione dei volumi degli imballaggi. Le lampade MASTER TL 5 Super 80 sono disponibili nelle due versioni seguenti: TL 5 HE (High - Efficiency); TL 5 HO (High - Output); Le lampade TL-5 HE sono caratterizzate da un'efficienza par ticolarmente elevata (fino a 104 lm/ W) e sono quindi particolarmente adatte per applicazioni che debbono consentire un risparmio energetico molto elevato. Vengono prodotte nelle potenze di 14 -21-28 e 35 W e nelle versioni a temperatura di colore di 3000 e di 4000 K. Le lampade TL-5 HO sono caratterizzate dalla massima emissione per unit di lunghezza e sono particolarmente indicate per installazioni ad altezza elevata od in impianti a luce indiretta. Vengono prodotte nelle potenze di 24-39-49-54-80 W e nelle versioni a temperatura di colore di 3.000 e 4.000 K.

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Le lampade TL 5 High-Output Super 90 de Luxe Il tubo di queste lampade internamente rivestito con polveri pentafosforo ad elevatissima resa dei colori (Ra = 92). Sono prodotte nelle potenze di 24-54-49 W nelle versioni 4000 e 6500 K. La loro efficienza compresa tra 67 e 75 lm/W a seconda della potenza e della tonalit di luce. Sono par ticolarmente adatte per l'illuminazione di negozi di abbigliamento e di fiori, di musei e gallerie d'ar te, di ospedali e studi dentistici, di studi di ar ti grafiche, di alberghi e ristoranti, di tipografie e di industrie tessili. Le lampade tradizionali TL - D Standard Sono prodotte nelle potenze di 18-36-58 W e di 14-15-23-30-36 W, nelle versioni a tonalit corrispondenti alle temperature di colore di 3300 e di 5400 K. Il tubo da cui sono costituite, del diametro di 26 mm, internamente rivestito con polveri fluorescenti standard (alofosfati). Rispetto alle lampade fluorescenti lineari aventi diametro di 26 mm di nuova generazione di cui si detto sopra, hanno efficienza luminosa inferiore (compresa tra 60 ed 80) e la loro luce caratterizzata da indice di resa cromatica minore. per tanto evidente che in generale senz'altro conveniente privilegiare l'impiego delle lampade di nuova generazione. Le lampade TL-M Rapid Start Super 80 e TL-X XL In queste lampade, il cui tubo ha diametro di 38 mm, il preriscaldamento degli elettrodi viene conseguito facendo circolare in essi una corrente elettrica fornita da un reattore di tipo speciale. A favorire l'innesco della scarica contribuisce anche la striscia metallizzata collegata ad uno degli elettrodi, di cui il tubo viene munito in fase di fabbricazione. Il vetro protetto contro l'umidit da un rivestimento di silicone. In queste lampade, da 20 e da 40 W, il tubo internamene munito di una striscia metallica che consente l'accensione istantanea. Hanno attacco monospina che vale ad evitare il rischio di scintillio durante l'accensione. Sono espressamente fabbricate per equipaggiare apparecchi di illuminazione antideflagranti.

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Collegamento alla rete di alimentazione


Il collegamento alla rete di alimentazione delle lampade fluorescenti lineari pu essere attuato: tramite reattore di tipo convenzionale e starter; tramite reattori elettronici ad alta frequenza; tramite reattori ad alta frequenza regolabili.

Collegamento tramite reattore convenzionale e starter


Il circuito di alimentazione pi adottato in questi casi quello di figura 5.13. I reattori convenzionali sono costituiti da una bobina di filo di rame a bassa resistenza avvolta su un nucleo di ferro magnetico. Il numero di spire deve essere tale da consentire di realizzare l'induttanza occorrente per produrre la caduta di tensione necessaria. L'entit delle perdite dovute alla resistenza chmica dell'avvolgimento e l'isteresi del nucleo sono connesse strettamente con le caratteristiche costruttive del reattore ed in particolare con il diametro del filo di rame. Per compensare lo sfasamento tra corrente e tensione dovuto alla reattanza dell'avvolgimento e portare il fattore di potenza dell'impianto al valore richiesto dalle norme, i reattori induttivi devono essere collegati con un condensatore di capacit adeguata. Per quanto attiene agli starter l'attuale tendenza quella di preferire i tipi elettronici.

Figura 5.13 Circuito con starter.

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Da segnalare al riguardo gli star ter tipo S10-E incorporanti un circuito integrato che garantisce elevatissima affidabilit (figura 5.14). Tali starter, che permettono di realizzare fino a 100.000 accensioni e sono direttamente sostituibili a quelli tradizionali, offrono accensione pronta entro 1,7 secondi ed assicurano un aumento della durata di vita delle lampade di circa il 25%. Non danno luogo n a sfarfallio n ad inutili e dannosi tentativi di accensione delle lampade al termine della loro vita dato che, in tali condizioni, garantiscono l'esclusione automatica dal circuito delle lampade stesse. Il loro funzionamento sicuro anche a temperature molto basse.

Figura 5.14 Starter tipo S10-E Philips.

Collegamento tramite reattori elettronici ad alta frequenza


Tali reattori, il cui impiego si va sempre pi estendendo, oltre ad essere caratterizzati da una durata di vita molto elevata offrono, rispetto a quelli induttivi tradizionali, i seguenti vantaggi: una maggiore efficienza della lampada e del sistema nel suo complesso; elevato fattore di potenza senza dovere impiegare condensatori di rifasamento; accensione istantanea senza starter e senza sfarfallamento; assenza di annerimento alle estremit; durata di vita delle lampade particolarmente elevata anche con frequenti accensioni; assenza di effetto stroboscopico e di ronzio; dimensioni e peso molto ridotti.

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Philips produce una vastissima gamma di reattori elettronici tipo HF Performer adatti per l'alimentazione delle nuove lampade Master TL-D Super 80 e per quelle Master TL5. La gamma comprende anche diversi nuovi modelli di dimensioni ridotte adatti ad una pi facile integrazione nei nuovi sistemi di illuminazione compatti (figura 5.15). I reattori HF Performer sono elettivamente adatti nei casi in cui si desideri un controllo dell'illuminazione basato sul rilevamento di presenza.

Figura 5.15 Gamma di reattori elettronici tipo HF Performer Philips.

Collegamento tramite reattore elettronico regolabile


Nel caso in cui si desideri poter realizzare la regolazione continua del flusso luminoso emesso dalle lampade si adotteranno i reattori elettronici ad alta frequenza espressamente realizzati per consentire l'attuazione di tale opzione. La regolazione del flusso pu essere automatica, cio comandata da speciali fotocellule opportunamente installate od attuata manualmente mediante potenziometri. Nel caso di regolazione automatica del flusso possibile realizzare, rispetto ai sistemi tradizionali, risparmi energetici fino al 60%. Nell'ambito della gamma di reattori "HF Regulator " prodotti dalla Philips segnaliamo, in particolare, quelli dotati di ingresso di controllo DALI (Digital Adressable Lighting Interface) ideali per le applicazioni di controllo locale in combinazione con sensori di presenza e/o luce diurna e per applicazioni che prevedono accensioni frequenti. L'accensione programmata senza sfarfallii e con preriscaldamento dei catodi. E' assicurata l'esclusione della lampada a fine vita. La figura 5.17 si riferisce ad un reattore HF Regulator.

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Lampade fluorescenti compatte


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Lampade fluorescenti compatte


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Le lampade fluorescenti compatte


Sono state sviluppate soprattutto allo scopo di poter sostituire, ad esempio nelle abitazioni, nei negozi e nelle vetrine, le tradizionali lampade ad incandescenza con sorgenti compatte atte ad emettere luce di qualit altrettanto soddisfacente ma caratterizzate da un'efficienza e da una durata di vita notevolmente maggiori. Ci al fine di contribuire al contenimento dei consumi energetici proprio in alcuni dei settori in cui l'assorbimento di energia per illuminazione si sempre rivelato particolarmente oneroso. Alla messa a punto delle fluorescenti compatte i tecnici Philips cominciarono a "lavorare" gi agli inizi degli anni settanta cio al conclamarsi della prima grande crisi energetica. Essi si orientarono subito nella direzione della miniaturizzazione delle lampade fluorescenti lineari e ci perch tali lampade erano caratterizzate da efficienza luminosa molto elevata, lunga durata di vita media ed emissione di luce di ottima qualit. Ma per poter conseguire l'obiettivo dovettero superare numerose e notevoli difficolt di carattere tecnologico tra cui in particolare: la ricerca della forma tecnicamente pi valida da adottare per quanto riguarda la piegatura del tubo, piegatura necessaria per poter disporre, in uno spazio ridotto, di una superficie emittente uguale a quella di una lampada rettilinea di pari potenza. la messa a punto di polveri fluorescenti di nuova concezione adatte allo scopo specifico; l'ottimizzazione del diametro del tubo di scarica;

Il piegamento del tubo


Affinch una lampada fluorescente possa essere caratterizzata da un'emissione di flusso adeguatamente elevata, necessario che la pressione del vapore di mercurio all'interno del tubo a scarica abbia valore ottimale. Tale valore strettamente connesso con la temperatura in corrispondenza delle zone di piegatura del tubo, zone che sono quelle pi "fredde".

Le polveri fluorescenti
Nelle lampade fluorescenti compatte il principio di generazione della luce analogo a quello su cui si base l'emissione di flusso luminoso da parte delle fluorescenti lineari. Precisamente (figura 6.1) le radiazioni ultraviolette invisibili generate dalla scarica nel vapore di mercurio a bassa pressione vengono trasformate in radiazioni visibili grazie all'azione deter minante delle polver i che r icoprono la parete inter na del tubo. Naturalmente la miniaturizzazione e quindi la riduzione delle dimensioni delle lampade (in particolare della lunghezza) comporta la diminuzione del flusso luminoso emesso e ci implica la necessit di ottenere un forte incremento dell'irraggiamento ultravioletto

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Lampade fluorescenti compatte


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Figura 6.1 Principio di generazione della luce in una lampada fluorescente compatta.

che incide sullo strato di polveri fluorescenti. Tenuto conto che le polveri fluorescenti tradizionali, se sottoposte ad un irraggiamento energetico troppo intenso si deteriorano rapidamente, risulta evidente che per poter portare avanti la fabbricazione delle fluorescenti compatte stato necessario mettere a punto polveri fluorescenti studiate appositamente.

L'ottimizzazione del diametro del tubo di scarica


La riduzione dello sviluppo lineare di una lampada fluorescente comporta necessariamente l'aumento della dissipazione di potenza per unit di lunghezza. Il superamento di questa difficolt avrebbe potuto essere ottenuto o aumentando la corrente di lampada o rinforzando il campo elettrico nella scarica (V/cm). Il primo metodo era risultato, in pratica, inattuabile in quanto comportava una diminuzione troppo marcata dell'efficienza luminosa e, nel caso di reattori induttivi, un notevole aumento del peso e del volume di questi ultimi. Per quanto attiene al secondo metodo, il sistema pi adatto per incrementare l'intensit del campo elettrico si era rivelato quello di ridurre opportunamente il diametro del tubo di scarica. Al riguardo l'individuazione del valore pi adatto ha comportato la necessit di approfondite ricerche sperimentali dalle quali emerso che il diametro pi adatto del tubo di scarica compreso tra 10 mm e 15 mm a seconda dell'entit dell'emissione di flusso.

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Lampade fluorescenti compatte


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Le prime lampade fluorescenti compatte


Superate le difficolt di cui sopra, nel 1980 i tecnici Philips, in piena ricorrenza del centenario dell'invenzione della lampada elettrica, poterono finalmente introdurre sul mercato le prime lampade fluorescenti compatte.Tali lampade (figura 6.2) contraddistinte con la sigla SL, erano del tipo integrato perch incorporavano lo starter ed il reattore. Essendo in quegli anni la tecnologia dei reattori elettronici ancora agli inizi esse erano equipaggiate con reattori tradizionali per cui avevano un peso piuttosto notevole. Disponibili nei tipi da 9-13-18-25 W erano caratterizzate da una durata di vita media di 5000 ore e da un'emissione di flusso luminoso pari a quella delle lampade ad incandescenza tradizionali aventi rispettivamente potenza di 40-60-75 e 100 W. Immediatamente dopo le SL Philips introdusse anche le fluorescenti compatte PL (figura 6.3) definite non integrate perch per la loro alimentazione si doveva far ricorso a reattori disposti all'esterno. Lo starter, invece, era allocato, unitamente al filtro antidisturbo, nel por talampade tipo G 23. Le fluorescenti compatte PL erano disponibili nei tipi di potenza 7-9-11 Watt la cui emissione di flusso era corrispondente a quella delle lampade ad incandescenza di potenza rispettivamente 40-60-75 Watt.

Figura 6.2 Lampada Figura 6.3 Lampada fluorescente compatta PL Philips. fluorescente compatta.

Evoluzione delle fluorescenti compatte


La successiva rapida evoluzione tecnologica ha consentito il progressivo miglioramento delle prestazioni delle fluorescenti compatte ed il notevolmente ampliamento, rispetto al passato, della gamma dei tipi disponibili.

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Lampade fluorescenti compatte


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Le linee di sviluppo degli studi finalizzati al conseguimento di tale scopo sono state le seguenti: incremento della durata di vita e dell'efficienza luminosa; messa a punto di tecnologie adatte a consentire la realizzazione di forme sempre pi compatte; ampliamento della gamma di tonalit di luce; estensione della gamma di potenze disponibili; ottimizzazione dell'accensione anche a temperature notevolmente basse e della riaccensione a caldo; adozione sempre pi generalizzata dei reattori elettronici; impiego di filtri per evitare l'immissione di disturbi in rete; I problemi connessi con le questioni sopra menzionate sono stati via via risolti con esito pienamente soddisfacente in particolare per quanto attiene: alla durata di vita media; all'efficienza del sistema lampada - alimentatore; alla riduzione delle dimensioni; all'estensione della gamma di potenze disponibili. alla sicurezza di funzionamento ed alla compatibilit elettromagnetica.

La tipologia delle fluorescenti compatte attuali


Le compatte integrate elettroniche
Vengono cos denominate le fluorescenti compatte che incorporano un reattore di alimentazione di tipo elettronico (figura 6.4). Essendo munite di attacco a vite E 27 possono essere direttamente sostituite, negli stessi apparecchi di illuminazione, alle lampade ad incandescenza tradizionali. Nell'ambito di questa famiglia citiamo in particolare i seguenti tipi di lampade Philips:

Figura 6.4 Lampada fluorescente compatta integrata elettronica.

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Lampade fluorescenti compatte


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Ambiance Pro (figura 6.5) Forma e dimensioni simili a quelle delle lampade ad incandescenza tradizionali. Emettono luce diffusa confortevole e naturale. Sono elettivamente adatte per le applicazioni professionali a vista. Munite di attacco E 27 sono disponibili, nelle potenze di 9-12-16-2023 W, nella tonalit di luce Calda Extra corrispondente alla temperatura di colore di 2700 K; la loro durata di vita media di 12000 ore. Le lampade Ambiance sono prodotte anche nelle versioni di cui alla figura 6, particolarmente adatte per l'illuminazione domestica. MASTER PL Electronic di potenza compresa tra 5 e 14 W (figura 6.7) A base quadrata (dimensioni ridotte che garantiscono una vastissima gamma di applicazioni. Disponibili nelle potenze di 5-8-11-14 W. Durata di vita media fino a 15000 ore. Bruciatore con esclusiva tecnologia "a ponte" che migliora il rendimento termico ed assicura tempi di avviamento ridottissimi con emissione luminosa subito molto elevata. Attacco a vite E 27 disponibile nelle potenze 5-8-11-14 W. Attacco a vite E 14 disponibile nelle potenze 5-8-11 W.

Figura 6.5 Ambiance Pro Philips.

Figura 6.7 MASTER PL Electronic Philips di potenza compresa tra 5 e 14 W.

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Lampade fluorescenti compatte


6 lezione
MASTER PL Electronic di potenza compresa tra 15 e 27 W (figura 6.8) Munite di attacco a vite E 27, sono disponibili, nelle potenze di 15-20-23 e 27 W, nelle versioni a luce con temperatura di colore di 2700, 4000 e 6500 K. La durata di vita media di 15.000 ore. Sono caratterizzate da un'efficienza maggiore o uguale a 60 lm/W corrispondente alla classe A della scala energetica europea Energy Label. Possono essere dotate di un riflettore per direzionare la luce (figura 6.9). Grazie alla tecnologia "amalgama" sono adatte per funzionamento anche a bassa temperatura (-20 C) e sono, quindi, indicate anche per applicazione all'esterno. SL-E Prismatic (figura 6.10) Disponibili, nelle versioni a luce corrispondente alla temperatura di colore di 2700 e di 6500 K. Adatte per funzionamento a temperatura ambiente da meno 20 C a pi 55 C. Durata 10000 ore. Sono elettivamente adatte per illuminazione di esterni.

Figura 6.8 MASTER PL Electronic Philips di potenza compresa tra 15 e 27 W.

Figura 6.10 SL-E Prismatic Philips.

Figura 6.9 Riflettore per direzionare la luce.

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Lampade fluorescenti compatte


6 lezione
Le fluorescenti compatte non integrate
Queste lampade non incorporano il reattore di alimentazione. Rispetto alle "compatte integrate" consentono di ridurre i costi di manutenzione dato che i reattori di alimentazione possono essere riutilizzati al termine della durata di vita delle lampade. Sono disponibili nelle versioni con attacco a 2 ed a 4 piedini. Sono molto adatte per l'illuminazione dei negozi, delle vetrine, dei ristoranti e degli alberghi. Nell'ambito della famiglia delle fluorescenti compatte non integrate meritano particolare menzione le lampade Philips dei seguenti tipi: MASTER PL- L (figura 6.11) Queste lampade sono costituite da due tubi di vetro miniaturizzati collegati tra loro con tecnologia "a ponte" (brevettata da Philips) e rivestiti internamente con polveri fluorescenti trifosforo in grado di assicurare un buon indice di resa cromatica (Ra > 80). L'attacco, a 4 piedini tipo 2G11, non incorpora lo starter e ci permette che esse possano essere alimentate con reattori sia tradizionali che elettronici HF. Sono disponibili nei tipi di potenza: 18-24-36-40-55-80 W. I tipi di potenza 40-55-80 W devono essere alimentati solo mediante reattori elettronici HF. Emettono luce di tonalit corrispondente alle temperature di colore di 2700; 3000; 4000 K.

Figura 6.11 MASTER PL- L Philips.

MASTER PL-C (figura 6.12) Disponibili, nelle versioni a 2 ed a 4 piedini, nelle potenze di 10-13-18-26 W. Emettono luce caratterizzata da indice di resa cromatica 82 e da tonalit corrispondente alle temperature di colore di 2700; 3000; 4000 K.

Figura 6.12 MASTER PL- C Philips.

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Lampade fluorescenti compatte


6 lezione
MASTER PL-T (figura 6.13) Grazie alla tecnologia "amalgama" sono molto adatte anche per impiego all'esterno. Quelle a due piedini sono disponibili nelle potenze di 18 e di 26 W mentre quelle a 4 piedini sono disponibili nelle potenze di 18-26-32 e 42 W. Entrambi i tipi emettono luce caratterizzata da indice di resa cromatica 82 e da tonalit corrispondente alla temperatura di colore di 2700; 3000; 4000 K. MASTER PL-S (figura 6.14) Sono disponibili sia nella versione a 2 che in quella a 4 piedini, nelle potenze di 5-7-9 ed 11 W. La luce emessa caratterizza da indice di resa cromatica 82 e da tonalit corrispondente alle temperature di colore di 2700; 3000; 4000 K.

Figura 6.13 MASTER PL- T Philips.

Figura 6.14 MASTER PL- S Philips.

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Lampade fluorescenti compatte


6 lezione

Alimentazione delle lampade fluorescenti compatte


Mentre le lampade fluorescenti compatte integrate vengono collegate direttamente alla rete di alimentazione quelle non integrate richiedono l'impiego di un reattore appropriato. L'attacco a 2 piedini incorpora uno star ter ed un condensatore di rifasamento per un cablaggio pi semplice e per l'alimentazione con reattori tradizionali. L'attacco a 4 piedini, invece, previsto per alimentazione con reattori elettronici.

Reattori elettronici Philips non regolabili


Al riguardo ricordiamo in particolare i tipi seguenti HF- Basic Creati per l'alimentazione delle lampade PL-L (rete a 220-240 V;50-60 Hz). Compatti e leggeri sono indicati soprattutto nei casi in cui il numero di accensioni giornaliere sia piuttosto contenuto (al massimo 3). Accensione immediata ed esente da sfarfallio; esclusione automatica a fine vita della lampada. A parit di flusso luminoso offrono fino al 25% di risparmio energetico rispetto ai reattori tradizionali. L'emissione luminosa si mantiene costante indipendentemente dalle fluttuazioni della tensione di rete. HF- Performer per lampade PL-L di 18 e 24 W (figura 6.15) Sono elettivamente adatti per le applicazioni che prevedono accensioni frequenti (ad esempio con temporizzatori e/o fotocellule). L'accensione programmata senza sfarfallii e con preriscaldamento dei catodi. La durata di vita delle lampade supera del 50% quella offer ta dai reattori convenzionali. Inoltre, rispetto a questi ultimi, i reattori HF Performer offrono, a parit di flusso, fino al 25% di risparmio energetico.

Figura 6.15 HF- Performer per lampade PL-L di 18 e 24 W Philips.

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Lampade fluorescenti compatte


6 lezione
Sono particolarmente indicati per impiego in: impianti con sistemi di telecomando ad infrarossi; grandi magazzini, negozi, supermercati, hotel, ospedali, uffici; aeroporti, stazioni ferroviarie. HF- Performer per lampade PL-L 36W / 80W Hanno caratteristiche analoghe a quelle del tipo di cui sopra

Reattori elettronici Philips regolabili


In questo campo citiamo in particolare i tipi seguenti HF- Regulator per lampade PL-L (figura 6.16) La potenza ed il flusso delle lampade sono regolabili dal 100% al 3%. Il funzionamento della lampada si mantiene stabile. Sono dotati di ingresso di controllo 1-10 V. Accensione programmata con preriscaldamento dei catodi; esclusione della lampada a fine vita. Rispetto ai reattori regolabili convenzionali assicurano: durata di vita delle lampade superiore del 50 %; risparmio energetico fino al 60 %. Un circuito integrato dedicato gestisce separatamente ciascun catodo in modo da garantire: la regolazione dell'intensit luminosa non comprometta la durata di vita della lampada; il funzionamento si mantenga stabile a tutti i livelli di regolazione dell'intensit luminosa; la regolazione dell'intensit luminosa incrementi al massimo il risparmio energetico. HF- Regulator DALI per lampade PL-L Dotati di ingresso di controllo DALI (Digital Adressable Lighting Interface (Standard europeo) sono elettivamente adatti per applicazioni di controllo locale in combinazione con sensori di presenza e/o luce diurna.

Figura 6.16 HF- Regulator per lampade PL-L Philips.

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7 lezione

Lampade al sodio ad alta pressione e ad alogenuri


Corso di illuminotecnica

Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione

Le lampade al sodio ad alta pressione


Le lampade al sodio ad alta pressione derivano direttamente da quelle al sodio a bassa pressione tipo SOX introdotte sul mercato da Philips nel lontano 1932. All'interno di tali lampade (figura 7.1) la pressione del vapore di sodio di 0,5 Pascal (Pa) valore in corrispondenza del quale la trasformazione dell'energia assorbita in energia raggiante ha un rendimento ottimale. Ed proprio per questa ragione che le lampade al sodio a bassa pressione sono caratterizzate da un'efficienza in lumen per watt superiore a quella di tutte le altre sorgenti (fino a 200 lumen per watt). La luce da esse emessa , per, monocromatica gialla per cui attualmente il loro campo d'impiego limitato a quelle applicazioni per le quali la distinzione dei colori non essenziale mentre sono pi importanti un'elevata efficienza luminosa ed un'ottima acuit visiva. La via seguita per riuscire a realizzare sorgenti luminose a vapore di sodio il cui spettro d'emissione non fosse limitato alle radiazioni gialle ma fosse pi ampio e tale da consentire una distinzione dei colori accettabile, stata quella di aumentare, all'interno del tubo di scarica, la pressione del sodio stesso da 0,5 Pa a valori considerevolmente pi elevati.

Figura 7.1 Lampada al sodio a bassa pressione.

Figura 7.2 Lampade al vapore di sodio ad alta pressione tradizionali.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
In pratica, per, prima di poter passare dalle esperienze di laboratorio alla fase di applicazione pratica di tale metodo fu necessario superare molte difficolt di carattere tecnologico con riferimento, in par ticolare, alle caratteristiche costruttive del tubo di scarica. Infatti, poich il sodio un elemento chimico molto aggressivo, soprattutto a temperatura elevata, non si poteva, per la fabbricazione di tali tubi, far ricorso n al vetro n al quarzo. In definitiva ci si orient verso tubi di scarica realizzati impiegando un ossido di alluminio sinterizzato, materiale ceramico che ha un punto di rammollimento al di sopra dei 2000 C, poco intaccato dal sodio anche ad elevata temperatura e presenta un coefficiente di trasparenza per le radiazioni luminose superiore al 90 %. Strutturalmente le lampade a vapore di sodio ad alta pressione di tipo tradizionale sono costituite (figura 7.2): da un tubo di scarica in ossido di alluminio sinterizzato entro cui viene introdotta la necessaria quantit di amalgama di sodio ( cio di una lega di sodio e di mercurio) unitamente ad un gas raro (xeno o neon pi argon); da un bulbo o da un tubo coassiale, entrambi in vetro duro, entro cui alloggiato il tubo di scarica. Nell'intercapedine tra il tubo di scarica ed il bulbo od il tubo esterni viene fatto il vuoto per ridurre al massimo ogni dispersione termica ed assicurare cos condizioni di massima efficienza. Il calore generato dalla scarica, che inizialmente si innesca attraverso il gas raro, serve a far evaporare l'amalgama; ad evaporazione avvenuta la scarica si mantiene attraverso i vapori di sodio e di mercurio il cui potenziale di eccitazione pi basso rispetto a quello del gas raro. L'aggiunta del gas raro nel tubo di scarica ha lo scopo di favorire l'innesco della scarica stessa e di assicurare un'accensione sicura anche a basse temperature.

Tipologia
Le lampade Philips a vapore di sodio ad alta pressione attualmente disponibili possono essere raggruppate nelle tre famiglie seguenti: SON "a luce standard" in cui la pressione del sodio all'interno del tubo di scarica di 1O k Pa; SON "a luce comfort" in cui la pressione del sodio all'interno del tubo di scarica di 4O k Pa; MASTER WHITE SON "a luce bianca" in cui tale pressione di 95 k Pa. La rappresentazione grafica delle variazioni dell'indice di resa cromatica Ra, dell'efficienza luminosa n e della temperatura di colore Tc in funzione dell'aumento della pressione del vapore di sodio all'interno del tubo di scarica riportata in figura 7.3. Recentemente Philips ha: fortemente innovato i processi di fabbricazione delle lampade SON "a luce standard" adottando, in particolare, la tecnologia PIA (Philips Integrated Antenna) e catalizzatori di nuova concezione; introdotto lampade di nuovo tipo che non contengono al loro interno mercurio;

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione

Figura 7.3 Rappresentazione grafica delle variazioni dell'indice di resa cromatica Ra.

La tecnologia PIA (figura 7.4)


La vecchia antenna comportava principalmente due problemi. Il primo era connesso con l'elevato numero di componenti e di saldature che erano punti di potenziali guasti;

Figura 7.4 Tecnologia PIA.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
Il secondo problema era costituito dal fatto che la striscia bimetallica poteva deformarsi con il passare del tempo con la conseguente diminuzione dell'affidabilit dell'accensione. Con l'innovazione dell'antenna integrata sono stati eliminati i guasti prematuri causati dalla vecchia antenna con striscia metallica. D'altra parte la tecnologia PIA ha consentito di ridurre il tempo per la riaccensione a caldo da alcuni minuti a circa 30 secondi. Da notare anche che nelle lampade con tecnologia PIA le saldature non contengono piombo.

Il nuovo catalizzatore (figura 7.5)


La funzione del catalizzatore quella di rimuovere le particelle di sodio e le impurit presenti tra il tubo di scarica ed il vetro esterno della lampada assicurando un ottimo mantenimento del flusso luminoso nel tempo. Rispetto al precedente tipo di catalizzatore,

Figura 7.5 Nuovo catalizzatore.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
al bario, quello attualmente adottato, in lega di zirconio ed alluminio, assicura un vuoto molto migliore. Le nuove lampade non contenenti mercurio. Queste sorgenti sono state introdotte al fine di ottemperare alle attuali direttive mirate al contenimento dell'inquinamento dell'ambiente, problema di vitale importanza ai fini del cosiddetto sviluppo compatibile.

Le lampade SON-(T) a "luce standard"


Nell'ambito di questa famiglia di sorgenti ricordiamo, in par ticolare, le lampade dei seguenti tipi:

MASTER SON-(T) PIA PLUS


Il tubo di scarica, munito di antenna integrata, disposto all'interno di un bulbo ellissoidale o di un tubo di vetro duro. Le MASTER SON PIA PLUS sono disponibili nelle potenze di: 100-150-250 e 400 W: l'attacco del tipo E 40. Le MASTER SON-T PIA PLUS sono disponibili nelle potenze di: 70-100-150-250-400 e 600 W; l'attacco del tipo E 27 per le lampade da 70 W ed E 40 per le altre potenze. La luce emessa caratterizzata da tonalit corrispondente alla temperatura di colore di 2.000 K e da indice di resa cromatica 25. L'efficienza luminosa par ticolarmente elevata (compresa tra 95 e 138 lm/W). Il decadimento del flusso luminoso al termine della vita media di circa il 10% rispetto al valore iniziale. Posizione di funzionamento: qualsiasi.

Le lampade MASTER SON-(T) PIA ECO Senza Mercurio


Le lampade non contenenti mercurio sono intercambiabili elettricamente con le versioni tradizionali e sono contraddistinte da un anello verde riportato sul bulbo (figura 7.6)

Figura 7.6 MASTER SON-(T) PIA ECO Senza Mercurio.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
o sul tubo esterni. Quelle a bulbo sono disponibili nelle potenze di 150-250-400 W; quelle tubolari nelle potenze di 100-150-250-400 W. L'attacco del tipo a vite E 40.

Le lampade SON-(T) Pro


Hanno efficienza luminosa di 130 lm/W. Le SON Pro a bulbo sono disponibili nelle potenze di 50-70-100-150-250-400-1000 W. L'attacco del tipo a vite E 27 per le lampade da 50 e da 70 W; del tipo E 40 per le altre. Le SON-T tubolari, disponibili nelle potenze di 100-150-250-400-1000 W, sono munite di attacco E 40.

Alimentazione delle lampade SON-(T) "a luce standard"


Le lampade MASTER SON-(T) PIA PLUS, MASTER SON-(T) PIA ECO e SON-(T) Pro vengono collegate alla rete (figura 7.7) attraverso: un alimentatore ferro-rame che vale a limitare la corrente di scarica; un accenditore elettronico cui demandata la funzione di fornire i picchi di tensione necessari per l'innesco della scarica. I reattori (disponibili nei tipi sia in aria che incapsulati nylon) sono dotati di protezione termica atta ad evitare fenomeni legati alla fine del ciclo di vita delle lampade. Alcuni tipi di accenditori elettronici sono muniti di timer incorporato che provvede a scollegare l'accenditore dopo 5 minuti in caso di guasti a carico della lampada.

Figura 7.7 Collegamento alla rete di lampade MASTER SON-(T) PIA PLUS, MASTER SON-(T) PIA ECO e SON-(T) Pro Philips.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
Le lampade SON-(T) PRO "a luce comfort"
All'interno del tubo di scarica di queste lampade la pressione del vapore di sodio maggiore rispetto a quella delle lampade "a luce standard" ( 40 kPa contro 10 kPa) per cui la qualit della luce da esse emessa risulta notevolmente migliore cio caratterizzata da: indice di resa cromatica 65; temperatura di colore 2150 K; spettro di emissione notevolmente pi calibrato di quello delle lampade "a luce standard". Rispetto a queste ultime, per, le lampade "a luce comfor t" sono caratterizzate da efficienza luminosa alquanto inferiore. Ad esempio, mentre l'efficienza delle lampade SON-T PIA PLUS " a luce standard" da 400 W di 137 lm/W, l'efficienza delle SON-T PRO "a luce comfort" 400 W di 95 lm/W.

Alimentazione delle lampade SON- (T) "a luce comfort"


Per quanto riguarda l'alimentazione di queste lampade vale quanto detto a proposito delle SON-(T) "a luce standard"

Le lampade MASTER WHITE SON SDW-T "a luce bianca"


Queste lampade (figura 7.8) sono costituite da un tubo di scarica, in alluminio sinterizzato, di dimensioni assai ridotte , disposto entro un bulbo esterno coassiale . Sono prodotte con tecnologia PIA. La pressione del sodio nel tubo di scarica raggiunge il valore di 95 k Pa. La luce da esse emessa ha le seguenti caratteristiche: tonalit corrispondente ad una temperatura di colore di 2500 K , cio qualitativamente molto vicina a quella delle lampade ad incandescenza; indice di resa cromatica: 85; spettro di emissione assai ben calibrato. Disponibili nelle potenze di 35 - 50 e 100 W sono munite di attacco PG 12-1 a due spinotti. L'efficienza luminosa , proprio in relazione al valore notevolmente alto della pressione del sodio all'interno del loro tubo a scarica, meno elevata rispetto a quella delle lampade al sodio ad alta pressione tipo " a luce standard" ed "a luce comfort".

Figura 7.8 Lampada MASTER WHITE SON SDW-T "a luce bianca" Philips.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
Alle lampade di cui sopra si sono recentemente affiancate quelle tipo Mini White SON SDW-TG di dimensioni ancora pi ridotte. Le lampade di quest'ultimo tipo sono disponibili nelle potenze di 50 e 100 W e sono munite di attacco a due spinotti tipo GX12-1. Esse sono caratterizzate, in particolare, dalle seguenti prerogative: stabilit cromatica ancor pi elevata; funzionamento pi stabile; protezione ottimale alla fine del ciclo di vita.

Alimentazione delle lampade MASTER SDW-T e MASTER SDW-TG


Le lampade MASTER SDW-T debbono essere collegate alla rete di alimentazione (figura 7.9) oltre che tramite un alimentatore cui demandata la funzione di limitare la corrente di scarica, anche mediante una speciale apparecchiatura elettronica che funge sia da stabilizzatore di tensione che da accenditore. Ci perch in esse anche piccole variazioni della corrente di lampada possono provocare sensibili alterazioni nella tensione d'arco e quindi della pressione all'interno del tubo a scarica con conseguenti modificazioni, anche di notevole entit, della temperatura di colore della luce emessa.

Figura 7.9 Collegamento alla rete di alimentazione delle lampade MASTER SDW-T Philips.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
Per il collegamento alla rete delle lampade MASTER SDW-TG si adottano alimentatori elettronici del tipo "Prima Vision" che: eliminano tutti i fenomeni di sfarfallio visibili delle lampade, migliorano la stabilit di colore e del flusso ed eliminano l'effetto stroboscopico. Lo schema di alimentazione riportato in figura 7.10.

Figura 7.10 Collegamento alla rete di alimentazione delle lampade MASTER SDW-TG Philips.

Le lampade ad alogenuri
Queste sorgenti derivano dalle lampade a vapore di mercurio ad alta pressione fluorescenti a bulbo, in passato molto usate in particolare nell'ambito dell'illuminazione pubblica. La diversit fondamentale tra tali lampade e quelle ad alogenuri la seguente: nelle prime la funzione di migliorare la qualit della luce emessa assolta dallo strato di polveri fluorescenti applicate sulla superficie interna del bulbo; in quelle ad alogenuri, invece, per ottenere una luce caratterizzata da uno spettro ben bilanciato ed atta a consentire una buona resa dei colori, anzich far ricorso alle polveri fluorescenti si introducono nel tubo a scarica, oltre al mercurio, par ticolari additivi. Questi additivi sono caratterizzati dalla prerogativa di poter intervenire nel fenomeno della scarica dando luogo alla produzione di radiazioni luminose aventi lunghezza d'onda tale da integrare le deficienze dello spettro corrispondente al vapore di mercurio. Additivi adatti sono gli alogenuri formati dalla combinazione di determinati metalli con elementi della famiglia dei cosiddetti alogeni quali il fluoro, il bromo, il cloro e lo iodio. Il ciclo in base al quale le lampade ad alogenuri danno luogo alla produzione di luce si articola nelle due fasi seguenti: nella prima l'elevata temperatura prodotta dalla scarica che si innesca all'interno del tubo vale a far evaporare gli alogenuri in esso presenti;

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
nella seconda fase, al centro del tubo di scarica (ove la temperatura pi elevata) gli alogenuri, passati allo stato di vapore per effetto del calore prodotto dalla scarica stessa, si dissociano liberando il metallo e l'alogeno dalla cui unione era stato formato il corrispondente alogenuro. Sono proprio gli atomi dei metalli cos liberati che, unendosi alla scarica, migliorano lo spettro della luce emessa.

Tipologia
Le lampade Philips ad alogenuri attualmente disponibili possono essere suddivise nelle seguenti famiglie: quelle in cui il tubo di scarica di materiale ceramico; quelle in cui il tubo di scarica di quarzo; quelle prive del bulbo esterno al tubo di scarica. Della prima famiglia fanno parte le lampade compatte tipo MASTER Colour CDM. Della seconda famiglia fanno parte le lampade tipo: MHN-TD Pro e MHW-TD Pro; MASTER HPI (T) PLUS e HPI-T Pro. Della terza famiglia fanno parte le lampade: MASTER MHN-SA e MASTER MHN-LA.

Le lampade MASTER Colour CDM


Nelle lampade compatte MASTER Colour CDM (Ceramic Discharge Metal Halide) il tubo di scarica interno in allumina policristallina come nelle lampade a vapore di sodio ad alta pressione. I tubi di scarica in tale materiale offrono, rispetto a quelli in quarzo, i seguenti vantaggi: sono inattaccabili da parte del sodio presente nel tubo di scarica; sono dotati di una maggior resistenza al calore; assicurano un migliore controllo del processo produttivo. Le lampade MASTER Colour CDM (figura 7.11) sono caratterizzate dalle seguenti prerogative: l'involucro esterno in quarzo realizzato con la tecnologia UV - Block ed quindi atto a filtrare le radiazioni ultraviolette generate dalla scarica nel tubo interno; in relazione all'estrema precisione del dosaggio degli alogenuri all'interno dei tubi di scarica, la luce emessa di qualit ottimale sia per quanto attiene alla resa cromatica che alla naturalezza ; l'efficienza luminosa molto elevata; la durata di vita media assai elevata; lo scostamento del colore della luce emessa molto contenuto (pi o meno 200 gradi Kelvin dopo 6000 ore di vita).

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
Nell'ambito di questa famiglia ricordiamo in par ticolare le lampade tipo: CDM-T (figura 7.11) prodotte nelle potenze di 35-70-150 W; quelle di 35 W sono disponibili nella versione con tonalit di 3000K (Ra > 80); quelle di 70 e 150 W sono disponibili sia nella versione con tonalit 3000K che in quella con tonalit 4200 K (Ra > 90);

Figura 7.11 Lampada MASTER Colour CDM-T Philips.

CDM-TC (figura 7.12) molto compatte, sono disponibili nelle potenze di 35 e 70 W nella versione di tonalit 3000 K; CDM-TD (figura 7.13) a doppio attacco disponibili nelle potenze di 70 e di 150 W nelle versioni a tonalit di 3000 e 4200K;

Figura 7.12 Lampada MASTER Colour CDM-TC Philips.

Figura 7.13 Lampada MASTER Colour CDM-TD Philips.

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Lampade alta pressione alogenuri


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CDM-TP (figura 7.14) sono disponibili nelle potenze di 70 e di 150 W nelle versioni di tonalit 3000 (Ra > 80) e 4200 K (Ra > 90); possono essere usate in apparecchi aperti poich il bruciatore protetto da un doppio involucro che funge da vetro di protezione; CDM-R (figura 7.15) a riflettore con attacco a vite E 27; prodotte nelle potenze di 35 e 70 W, emettono luce a temperatura di colore di 3000K. Quelle di 35 W sono disponibili nelle versioni PAR 20 e PAR 30 L (fascio 10 e 30); quelle di 70 W sono disponibili nella versione 30 L (fascio 10 e 40).

Figura 7.14 Lampada MASTER Colour CDM-TP Philips.

Figura 7.15 Lampada MASTER Colour CDM-R Philips.

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Lampade alta pressione alogenuri


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Alimentazione delle lampade MASTER Colour CDM
Le MASTER Colour CDM necessitano di un sistema di alimentazione che ser ve per l'accensione e per il controllo della corrente fornita alla lampada. I sistemi di alimentazione possono essere completamente elettronici o tradizionali (costituiti da un reattore ferro rame per il controllo della corrente, da un accenditore elettronico per l'innesco della scarica e da un condensatore). I sistemi di alimentazione elettronici tipo "HID Prima Vision" presentano i seguenti vantaggi: dimensioni e peso ridottissimi; eliminazione di tutti i fenomeni di sfarfallio visibili delle lampade e delleffetto stroboscopico; stabilizzazione della potenza assorbita; maggior vita delle lampade (fino ad un 30% in pi); silenziosit di funzionamento; stabilit del colore della luce. Lo schema di alimentazione relativo al sistema elettronico riportato in figura 7.16.

Figura 7.16 Sistema di alimentazione elettronico tipo HID Prima Vision.

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Lampade alta pressione alogenuri


7 lezione
Nel caso di adozione del sistema tradizionale si pu adottare o lo schema di figura 7.17 o quello di figura 7 .18

Figura 7.17 Sistema di alimentazione tradizionale.

Figura 7.18 Sistema di alimentazione tradizionale.

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Lampade alta pressione alogenuri


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Le lampade MHN-TD Pro e MHW-TD Pro
Sono lampade a doppio attacco, in cui il tubo di scarica interno, in quarzo alloggiato in un involucro esterno prodotto adottando la tecnologia UV Block. Nelle MHN-TD Pro il tubo di scarica contiene vapori di mercurio ad alta pressione ed una miscela di ioduri di disprosio, olmio e tulio con l'aggiunta di sodio e di tallio. In quelle MHV-TD Pro il tubo di scarica contiene vapori di mercurio ad alta pressione e ioduro di stagno. Le prime sono disponibili nelle potenze di 70 - 150 e 250 W ed emettono luce caratterizzata da temperatura di colore di 4.200 K (Ra 80 per quelle da 70 W ed 85 per quelle da 150 e 250 W). Le seconde sono prodotte nelle potenze di 70 e di 150 W ed emettono luce di tonalit corrispondente alla temperatura di colore di 3000K (Ra 75 per quelle da 70 W e 70 per quelle da 150 W). Sono previste per funzionamento in posizione orizzontale con inclinazione massima di pi o meno 45 gradi.

Le lampade MASTER HPI (T) PLUS


Sono lampade con attacco a vite E 40 costituite da un tubo di scarica in quarzo racchiuso all'interno di un bulbo o di un tubo in vetro temperato. Il tubo di scarica contiene vapori di mercurio ad alta pressione ed una miscela di ioduri metallici. Sono disponibili nei tipi: a bulbo da 250 W nella versione BU per funzionamento in posizione ver ticale con tolleranza pi o meno 15 gradi e con lattacco in alto (BU= Base UP); a bulbo da 400 W nelle versioni BU e BUS. Le lampade di questultima versione incorporano al loro interno laccenditore (la S di BUS significa SelfStar ting) tubolari da 250 W e da 400 W. Essendo caratterizzate da un ottimo migliore mantenimento del flusso luminoso nel tempo, consentono di ridurre sensibilmente il numero di punti luce sia in fase di progettazione che nel caso di rifacimento di impianti esistenti. Quelle a bulbo emettono luce caratterizzata da temperatura di colore e da indice di resa cromatica rispettivamente di 4300 e 69. Le tubolari hanno indice di resa cromatica 65; la temperatura di colore di 4500 nel caso di quelle di 250 W e di 4300K nel caso di quelle di 400 W. L'efficienza luminosa compresa tra 74 e 90 lm/W.

Alimentazione delle lampade MASTER HPI Plus


Queste lampade presentano la peculiare prerogativa di poter funzionare alimentate indifferentemente: secondo il circuito convenzionale previsto per le lampade ad alogenuri di tipo corrispondente; secondo il circuito solitamente adottato per le lampade al sodio di alta pressione SON di pari potenza.

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Lampade alta pressione alogenuri


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Alimentate secondo quest'ultimo circuito presentano le seguenti caratteristiche: funzionano ad una potenza superiore e quindi anche lefficienza ed il flusso luminoso vengono incrementati. Ci compor ta minori investimenti in nuovi impianti oppure un incremento del livello di illuminamento in impianti esistenti. la temperatura di colore della luce emessa passa da 4.300 K a 3.800 K ci che, contribuendo a creare unatmosfera pi calda, pu, in molte applicazioni costituire un notevole vantaggio.

Le lampade HPI-T Pro


Queste lampade (figura 7.19) munite di attacco a vite E 40 sono costituite da un tubo di scarica in quarzo racchiuso all'interno di un involucro in vetro temperato. Sono prodotte nelle potenze di 1000 W (temperatura di colore 4300 K ed Ra 65) e di 2000 W. Queste ultime sono disponibili nella versione per alimentazione a 220 V (temperatura di colore 4600 K ed Ra 65) ed in quella per alimentazione a 380 V (temperatura di colore 4200 K ed Ra 65).

Figura 7.19 Lampada HPI-T Pro Philips.

Le lampade MASTER MHN-SA ed MHN-LA


Si tratta di lampade a doppio attacco, prive del bulbo esterno al tubo di scarica realizzate per essere montate in appositi apparecchi di dimensioni compatte e dotati di ottiche speciali ad altissimo rendimento. Sono elettivamente adatte per i casi d'illuminazione sportiva in cui sia necessario rispondere ai pi severi requisiti illuminotecnici ed in cui si desideri ottenere un'ottima definizione per quanto attiene alle riprese televisive. Le MASTER MHN-SA (figura 7.20) prodotte nelle potenze di 1800 e di 2000 W emettono luce di qualit ottimale caratterizzata da: temperatura di colore di 5600 K ed Ra 90. Le MASTER MHN-LA, prodotte nelle potenze di 1000 e di 2000 W sono disponibili: nella versione con luce caratterizzata da temperatura di colore di 4200K e da Ra 8; nella versione con luce caratterizzata da temperatura di colore di 5600K e da Ra 90.

Figura 7.20 Lampada MASTER MHN-SA Philips.

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