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Approfondimenti.

1) L'e-content italiano batte la crisi. Ce n abbastanza per tirare un profondo sospiro di sollievo: il quadro buono. Ed reso ancora pi roseo dal contesto critico che le economie di mezzo mondo stanno attraversando. Lo stato di salute delle-content in Italia sta tutto in una cifra: 5,8 miliardi di euro, vale a dire il giro daffari che news, cultura, video, film, musica, intrattenimento e pubblicit hanno mosso nel 2009 secondo il rapporto presentato stamattina a Roma da Confindustria servizi innovativi e tecnologici. Mentre il Pil scendeva del 5%, negli scorsi dodici mesi il complicato pluriverso dei contenuti digitali cresceva di un confortante 8,8%, con prospettive del 12% per il 2011. Non male, per un settore ancora preda del far-west legislativo e nel quale, soprattutto, linvestimento pubblico sostanzialmente assente, con appena 50 milioni di euro messi sul piatto (-17,8% sullanno precedente). A farla da padrone, infatti, sono i servizi a pagamento, che costituiscono l80% della torta digitale. Il settore dei contenuti digitali ha detto Stefano Pileri, presidente di Confindustria Sit ha continuato a crescere in modo vivace, nonostante la crisi, il calo dei consumi delle famiglie, i tagli ai budget aziendali, la scarsit degli investimenti pubblici. A fronte di un Pil sceso di -5% e dellentrata in recessione di tutti i principali settori delleconomia italiana. C margine per diventare leader in Europa, anche facendo leva sui 30 milioni di smartphone e compagnia che popolano le tasche degli italiani. Confortanti anche i numeri forse pi sotto attenzione da parte degli investitori: quelli della pubblicit. Anche nel 2009 il comparto on line stato lunico a far segnare segno positivo, con un +5% in un quadro mentre il comparto, nella sua totalit, accusava un -12,5%. Se poi si passa ad analizzare nel dettagli i singoli comparti delle-content, qualche sorpresa viene fuori: se era abbastanza prevedibile un boom dei giochi e dellintrattenimento on line (+88,6%) sullonda della selvaggia febbre delle scommesse, meno scontato era un piccolo ma preoccupante arretramento nellambito delle news (-2,7%), determinato sia dal calo degli abbonamenti (online e mobile) sia, seppur in misura ridotta, della pubblicit (che ha finanziato fino ad oggi il 60% del mercato delle news). Forse larrivo degli e-book sul mercato (+400%, ma i volumi sono ancora limitati) potr invertire la rotta. Mentre pare definitivamente morto il settore dei contenuti mobile (15,2%) per effetto della contrazione dei ricavi legati a loghi e suonerie. Ottimo, infine, landamento della musica (+33%), trascinata dallaccoppiata schiacciasassi iTunes-iPhone e dei video (-6,2%) ma con andamenti contrastanti tra i vari segmenti emergenti: Ip-tv, on-line tv e digitale terrestre, che hanno segnato rispettivamente +16,5%, +31,1% e +42,8% e i segmenti pi maturi (tv satellitare, +1,3%) o mai decollati (Mobile tv, in calo del 15%). Ma forse i numeri meno attesi riguardano, pi che i contenuti, il bacino dutenza. Vale a dire chi li muove, quei 5 miliardi e rotti di euro: gli italiani in rete. Secondo il rapporto, le connessioni a banda larga riguarderebbero ormai 10 milioni di famiglie mentre 9 milioni di italiani navigano usualmente in modalit mobile broadband. A febbraio il totale di chi dichiarava di essere connesso (a casa o al lavoro su linea fissa) superava quota 33 milioni (+14,2%), anche se con frequenze sfaccettate: mentre gli utenti attivi nel mese sfiorano i 23 milioni (+13%), il numero crolla sul dato quotidiano. Internet viene infatti usato ogni giorno da una media di 11,8 milioni di persone (+17%). In prevalenza maschio e fra i 25 e i 54 anni: questo il profilo dellutente medio, anche se le novit principali sono costituite dalla crescita dei navigatori over 55 (+28%), incuriositi da servizi come le-banking, e dallattivismo delle adolescenti fra gli 11 e i 17 anni, che battono in maniera schiacciante i coetanei maschi. Rimangono sul tappeto, per, delle questioni fondamentali per il futuro, che rischiano di accartocciarsi in una giungla se non saranno sciolte in maniera coerente e veloce: dall diritto di accesso ai cittadini alle azioni di contrasto al digital divide passando per la governance della rete, i diritti degli utenti, la libera circolazione dei contenuti al di fuori dei confini nazionali e lormai vecchio ma dirimente fronte dei diritti dautore.

2) Dati estratti dal Digital Music Report 2012 Il business della musica digitale ha fatto registrare nel 2011 importanti volumi di crescita, anche grazie alla penetrazione in nuovi mercati di servizi come iTunes, Spotify e Deezer. Le piattaforme che oggi offrono musica online sono ormai moltissime e diversificate, e la loro geografia si fortemente ampliata, con servizi attivi in 58 Paesi Nel 2011 sono cresciuti i servizi in abbonamento, grazie anche a partnership con importanti player che hanno permesso di raggiungere un pubblico sempre pi numeroso. I ricavi globali per le case discografiche sono cresciuti dell'8% circa, permettendo di raggiungere un fatturato pari a 5,2 miliardi di dollari nel 2011. Il consumatore oggi desidera servizi di download attraverso i quali possa non solo scaricare una singola traccia ( nel 2011 lo scaricamento dei singoli aumentato dell11%), ma anche album digitali ( +24%) e servizi premium in abbonamento. In questarea, secondo le stime Ifpi, la percentuale di coloro che rispetto agli anni precedenti hanno sottoscritto servizi in abbonamento, cresciuta del 65%. Negli Stati Uniti, il mercato musicale pi grande del mondo, i canali digitali hanno superato i formati di vendita tradizionali diventando la principale fonte di ricavi per le case discografiche. Globalmente, il 32% dei ricavi dell'industria musicale provengono dal digitale evidenziando quindi unimportante segnale di innovazione nei confronti di altri settori come il cinema, i libri, i media. I ricavi derivanti dalla musica digitale per le case discografiche sono aumentate dell'8% a livello mondiale nel 2011, facendo registrare un fatturato pari a circa 5,2 miliardi di dollari. IFPI stima che siano 3,6 miliardi le tracce acquistate a livello mondiale nel 2011, con un incremento del 17% (singoli e download di album) I canali digitali rappresentano ora circa il 32% dei ricavi casa discografica a livello mondiale, contro il 29% del 2010. Ci a fronte di 5% per i giornali, 4% per i libri e l1% per film Il volume delle vendite digitali cresciuto del 24% a livello globale nel 2011, con Stati Uniti e nel Regno Unito cresciuti del 19 e 27% e la Francia del 71%. Il numero globale degli abbonati per i servizi di musica online cresciuto del 65% raggiungendo i 13,4 milioni contro gli 8,2 milioni del 2010. I servizi in abbonamento hanno avuto un grande sviluppo, soprattutto nei paesi scandinavi. In Svezia, ad esempio, la sottoscrizione di abbonamenti a servizi di musica online nei primi 10 mesi del 2011, ha rappresentato l84% dei ricavi digitali globali, grazie soprattutto al servizio di Spotify. Altri mercati hanno visto una crescita forte dei servizi in abbonamento, come la Francia con una crescita di oltre il 90% nei primi 11 mesi del 2011. 3) Mercato Discografico Italiano: nel 2011 crescita sopra la media del digitale Prosegue ed aumenta il trend di crescita del mercato della musica digitale in Italia nel 2011 nella fotografia annuale realizzata da Deloitte per FIMI. Tra download e streaming, la musica online, con il 22 % di incremento ( ben al di sopra della media globale dell 8%), ha fatturato 27,5 milioni di euro e rappresenta pi del 21% del mercato discografico in Italia. Una crescita oltre il doppio rispetto al 2010 sul 2009. Gli album digitali sono saliti addirittura del 37% (pi che triplicati rispetto al 2009) contro una crescita dei singoli del 25%. In forte espansione anche lo streaming video, guidato da YouTube, che salito del 64% arrivando a sfiorare i 4,5 milioni di euro contro 2,7 milioni del 2010. La quota di mercato del digitale tuttavia ancora lontana dalla media globale che del 32 % secondo i dati IFPI. Complessivamente il mercato discografico ha incassato al sell in al netto dei resi 130,5 milioni di

euro contro i 135 del 2010, un calo del 4% dove il supporto fisico ha fatturato 103 milioni di euro (9 %) e il digitale 27,5 milioni (+22%). Ad unit il mercato fisico calato del 7% con gli album in cd scesi del 6 % a valore nel fisico ma saliti del 37 % nel digitale. Tra fisico e digitale gli album, nel 2011, hanno raccolto 110,6 milioni di euro. La crescita degli album digitali nel 2011 con il 37%, stata tra le pi elevate, anche comparata con i principali mercati. In USA gli album digitali sono cresciuti del 19%, in UK del 27% e in Francia del 23%. La media globale del 23% (dati IFPI). Il 2011 stato anche lanno che ha mostrato un forte incremento nelle-commerce di cd musicali con un incremento del 26% bench la quota di mercato del canale per ora sviluppi solo il 5% del business discografico, lacquisto online conferma prospettive molto interessanti per il mercato discografico italiano, con una decisa spinta dei consumatori sugli acquisti via web che tender a salire nel 2012. 4) Digital Divide. Il 39% della popolazione tra i 16 e i 74 anni non si mai collegata al web. In Inghilterra solo il 10%Lo stato di salute del rapporto tra noi cittadini e la pubblica amministrazione ricco di statistiche e alcune sono sorprendenti. La transizione verso il digitale in Italia al palo? Tutt'altro. Se si va a prendere la percentuale di servizi pubblici di base interamente disponibili online - la fonte la Commissione europea - l'Italia raggiunge il 100%, saldamente davanti alla Germania (90,9), Francia (83,3) e Unione Europea a 27 (80,9). Anche la tanto osannata Finlandia ora sotto di noi. La crescita stata esponenziale. Solo a met del 2009 eravamo al 55,6% e dovevamo guardare in alto per subire l'ironia degli altri Paesi europei. Per inciso, interessante osservare che anche la Spagna ha subito un'accelerazione fermandosi per al 91,7%. Dovendo riconoscere a Cesare quel che di Cesare quella curva esponenziale ha un nome: Renato Brunetta, il ministro della Pubblica amministrazione del governo Berlusconi. Il suo progetto di digitalizzazione della Pubblica amministrazione ha ottenuto deirisultati che sulla carta sono ottimi. Ora il decreto legge sulle Semplificazioni, nel capitolo in cui implementa la cosiddetta Agenda digitale, ha dato un'ulteriore spinta a questo processo con 7 milioni di documenti e certificati che verranno forniti solo online. la prima fase di quella che Stefano Parisi, alla guida della neonata Confindustria digitale, ha definito sul Corriere come switch off dello stato analogico. Una strategia condivisibile anche per Francesco Sacco dell'Universit Bocconi che, insieme a Stefano Quintarelli, stato uno dei promotori del manifesto per l'Agenda digitale in Italia. Ma allora la domanda spontanea : come mai l' e-government italiano non fa scuola? Se ci si sposta sulla percentuale di cittadini che negli ultimi 3 mesi ha inviato o ricevuto un documento della pubblica amministrazione online si scopre che rifiniamo in fondo alla classifica: 10,7% contro il 19,3 dell'Unione, il 21,2 della Francia e il 32,3 della Finlandia. Addirittura tra il 2008 e il 2010 siamo peggiorati di quasi due punti percentuali. Nel 2006 eravamo al 13,7%. Da una parte una crescita esponenziale, dall'altra un trend negativo: il nodo da sciogliere inizia a intravedersi. E per definirne meglio i contorni vale la pena di incrociare i numeri della Commissione con i dati Eurostat del dicembre 2011 sulle case con un accesso a Internet: 62% in Italia, contro l'83 della Germania, il 76 della Francia, l'85 della Gran Bretagna, l'84 della Finlandia e il 91 della Svezia. In soldoni: 4 famiglie su dieci in Italia non hanno fisicamente la possibilit di collegarsi al web tramite rete fissa. Peggio: il 39% della popolazione tra i 16 e i 74 anni non si mai collegata alla rete n fissa n mobile. Solo un inglese su dieci non ha mai sperimentato una pagina web in qualunque sua forma. Siamo degli emarginati digitali. E questi due ultimi dati ci dicono che un po' analfabetismo e un bel po' assenza di infrastrutture. In Italia come se avessimo costruito tutti i caselli ma non ci fosse ancora l'autostrada (e, anzi, talvolta si spaccia per autostrada una semplice statale). Come faranno a ritirare i certificati coloro che non hanno accesso al web? Il digital divide non pu essere nascosto sotto un tappeto. E forse varrebbe la pena di pensare a una sorta di incentivo per chi si allaccia alla rete dopo averne dati per cambiare l'automobile e gli elettrodomestici. Il tema delle infrastrutture caldo, anzi caldissimo tra le societ di telecomunicazioni. E authority di settore e ministeri ci hanno sbattuto gi la testa. Il tavolo dell'ex ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, sulla rete di nuova generazione non ha sortito

effetti. La litigiosit degli operatori sul tema (Telecom Italia, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali) anzi aumentata. Permettendo a tutti di uscire sbattendo la porta. Forse per questo che il governo con il decreto sulle Semplificazioni e il ministro dello Sviluppo Corrado Passera (che ha anche la delega sulle infrastrutture) hanno optato per la cabina di regia, cio un coordinamento degli interventi, senza per fare cenno alla patata bollente della rete. L'assenza di una strategia per le infrastrutture allo stato attuale l'anello mancante. Bisogner attendere l'attuazione della cabina di regia per vedere come si vorr procedere, concorda Sacco, il cui nome era emerso tra quello dei possibili candidati alla poltrona di sottosegretario con delega al digitale.Intanto la banda larga e ultra larga in Italia resta un miraggio. Il piano di Francesco Caio che, richiesto dal governo Berlusconi, era stato presentato gi nel febbraio del 2009, finito in un cassetto, nonostante contenesse anche interventi a costo zero. Le regole sulla nuova rete in fibra ottica dell'Agenzia garante per le comunicazioni guidata da Corrado Calabr sono state pubblicate da pochi giorni. Ma si ben lontani dal capire chi dovr costruire e quando. Intanto il cronometro europeo avanza. E l' e-government solo uno degli obiettivi europei. Abbiamo un altro anno per collegare a banda larga tutti e siamo ancora al 52%. Il target gi sfumato. Entro il 2020, poi, ognuno dovr poter accedere a una banda a 30 megabit al secondo, mentre met delle famiglie dovr poter avere un abbonamento a 100 megabit. Entro il 2015 met della popolazione europea dovrebbe fare abitualmente shopping online. E la possibilit per noi di restare confinati nell'altro 50% alta: nel 2011 solo 27 italiani su 100 hanno ordinato beni sul web (contro 67 della Francia, 77 della Germania e 82 della Gran Bretagna). Duro da digerire: ma ora che non ci sono pi i vecchi Paesi in via di sviluppo, trasformatisi in economie in crescita, chi non centrer gli obiettivi far parte della nuova serie B: quella dei Paesi in via di sviluppo digitale. 5) Pirateria. Cosa centra la chiusura di Megaupload e Megavideo, siti da cui scaricare e visionare liberamente film di ogni genere (aggirando le norme sul copyright), con la criminalit organizzata? Secondo lFbi centra eccome. LFBI in collaborazione con il Dipartimento di Giustizia americano ha deciso di usare il pugno di ferro nellottica di un giro di vite contro la pirateria digitale, imponendo la chiusura del popolarissimo sito di file sharing ma questa solo la punta deliceberg e le reazioni die giustizieri mascherati della rete, gli hacker di Anonymous, sembra effettivamente fuori luogo se a venre difesa non la libert del Web ma il conto in banca di Kim Schmitz. I capi daccusa (qui le 72 pagine dellatto di accusa a Megaupload, definito mega-conspiracy. Qui un riassunto) nei confronti dei gestori di Megaupload, Kim Schmitz e Jim Vestor, attualmente in manette, non riguardano semplicemente la condivisione di materiale protetto da copyright. Figura infatti laccusa di aver incentivato attivamente gli utenti a caricare simili contenuti, spesso in cambio di diverse migliaia di dollari, e si sottolinea lipotesi di riciclaggio per milioni di dollari con minuzioso elenco dei conti bancari incriminati. LFbi, intercettando le mail di Kim Schmitz, avrebbe le prove di come lui e i suoi collaboratori facessero quanto possibile per aggirare le richieste delle major cinematografiche. Per la legge americana, infatti, unimpresa che ospita dei file non direttamente responsabile se gli utenti utilizzano i servizi per stoccare dei documenti protetti del diritto dautore. Al contrario, i siti che ospitano determinati file devono provare che non conservano materiale di natura illegale e devono assolutamente eliminare qualsiasi materiale che sia soggetto al diritto dautore. Secondo lFbi i gestori di Megaupload sapevano che i file contenuti erano protetti e ne hanno ostacolato la rimozione. A prova di ci gli inquirenti federali portano, come sempio, una mail che nellagosto del 2006 uno degli associati di Megaupload invia ai propri colleghi. Questa recava in oggetto lol che, nello slang in uso nelle chat acronimo di Laughing Out Loud (ridendo di brutto, rumorosamente), e aveva come messaggio un immagine del sito che permetteva di scaricare un software per la protezione anticopia, denominato Alcohol 120, con relativa crack. Crack e alcool, ironia del tutto volontaria, per un software che in sostanza permetteva di aggirare lanticopia dei film permettendo cos di vederli illegalmente.

In manette sono finiti i responsabili del sito, come il fondatore Kim Schmitz, conosciuto anche come Kim Dotcom, e il collaboratore Kim Tim Jim Vestor. Ai due sono stati sequestrati numerosi beni di lusso, tra cui maxi-televisori e altre apparecchiature tecnologiche, oltre a numerose vetture di lusso (targate MAFIA) e a un paio di moto. Kim Dotcom rischia in questo momento circa 20 anni di prigione ma non solo per questo tipo di reato. Gli inquirenti federali lo accusano infatti di aver formato una vera e propria organizzazione mafiosa. Laccusa si avvale infatti della legge RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Mafieuse), votata nel 1962, che persegue il racket e il crimine organizzato. Megaupload pu dunque considerarsi un organizzazione di stampo mafioso? C la contraffazione, il riciclaggio, la pirateria ma c anche lintimidazione: pare infatti che Schmitz e soci abbiano fatto pressioni su PayPal, agenzia di pagamenti on-line. Tutte accuse campate in aria per i difensori della libert del Web, una libert che non vuole regole e della quale tutti abusiamo volentieri. E infatti previsto da una settimana uno sciopero generale (molto pi esteso di quello gi avvenuto il 18 gennaio) da parte dei principali siti internet per protestare contro la SOPA (Stop Online Piracy Act) e il PIPA (Protect Internet Ip Act). Proposte di legge del Senato americano che nel nome della lotta alla pirateria impedirebbero di usufruire di un web libero e imparziale. Il confine tra libert e anarchia sottile, e certo Megaupload non una vittima di un sistema giudiziario repressivo se, come spiega uno dei membri di Megaupload in uno scambio di posta elettronica: Non siamo pirati, ma forniamo le navi ai pirati. 6) Licenze Creative Commons. Le licenze Creative Commons sono alcune licenze di diritto d'autore redatte e messe a disposizione del pubblico a partire dal 16 dicembre 2002 dalla Creative Commons (CC), un ente non-profit statunitense fondato nel 2001. Queste licenze si ispirano al modello copyleft gi diffuso negli anni precedenti in ambito informatico e possono essere applicate a tutti i tipi di opere dell'ingegno. Queste licenze, in sostanza, rappresentano una via di mezzo tra copyright completo (full-copyright) e pubblico dominio (public domain): da una parte la protezione totale realizzata dal modello all rights reserved ("tutti i diritti riservati") e dall'altra l'assenza totale di diritti (no rights reserved). La filosofia su cui si fonda lo strumento giuridico delle licenze CC si basa sul motto some rights reserved ("alcuni diritti riservati"): l'autore di un'opera che decide quali diritti riservarsi e quali concedere liberamente.

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