You are on page 1of 43

Rudi Vittori

I MODI DI PROTEZIONE NEGLI IMPIANTI ANTIDEFLAGRANTI

Forl 7 dicembre 2005

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 1

INDICE: PARTE PRIMA 1. INTRODUZIONE 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 La combustione Minima energia di innesco Limiti di esplosivit Sorgenti di innesco Archi e scintille Elevata temperatura superficiale

2. I MODI DI PROTEZIONE 2.1 Contenimento 2.2 Prevenzione 2.3 Segregazione 3. SCELTA DEI MODI DI PROTEZIONE 3.1 Ex d - A prova di esplosione 3.2 Ex e - A sicurezza aumentata 3.3 Ex i - A sicurezza intrinseca 3.4 Ex p - A sovrapressione interna 3.5 Ex m - Per incapsulamento 3.6 Ex o Immersione in olio 3.7 Ex q Sotto sabbia 3.8 Ex n Semplificato 3.9 Ex s Speciale 4. CONCLUSIONI 4.1 Bibliografia

PARTE SECONDA 1. LE DIRETTIVE ATEX 94/9/CE E ATEX 99/92/CE 2. LEGGI E NORME TECNICHE 2.1 La storia 3. ENTI NORMATORI 3.1 IEC - International Electrotechnical Commission 3.2 CENELEC - European Commitee for Electrotechnical Standardization 3.3 CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano 4. LEGGI E DIRETTIVE PER APPARECCHIATURE ED IMPIANTI DI SICUREZZA 5. ENTI DI CERTIFICAZIONE 6. MARCATURE

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 2

7. LA DIRETTIVA ATEX 94/9/CE 7.1 7.2 7.3 7.4 Requisiti essenziali di sicurezza Classificazione delle apparecchiature Valutazione della conformit Marcatura

8. LA DIRETTIVA ATEX 99/92/CE 9. CONCLUSIONI 9.1 Bibliografia

PARTE TERZA 1. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PERICOLOSE PER LA PRESENZA DI ATMOSFERA ESPLOSIVA 2. IDENTIFICAZIONE DELLE ZONE DI PERICOLO 3. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PERICOLOSE PER LA PRESENZA DI GAS VAPORI E NEBBIE 4. LA GUIDA CEI 31/35 4.1 4.2 4.3 4.4 Procedimento per la classificazione dei luoghi pericolosi Componenti dellimpianto non considerate sorgenti di emissione Emissioni strutturali Emissioni dovute a guasti

5. COMPETENZE E RESPONSABILITA 6. BIBLIOGRAFIA PARTE QUARTA 1. IMPIANTI ELETTRICI IN LUOGHI PERICOLOSI PER LA PRESENZA DI POLVERI COMBUSTIBILI 1.1 1.2 1.3 1.4 Meccanismi di esplosione delle polveri Perch e come si determina unesplosione Formazione delle nubi Energia dinnesco

2. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PERICOLOSE PER LA PRESENZA DI POLVERI 3. IMPIANTI IN LUOGHI PERICOLOSI PER LA PRESENZA DI POLVERI COMBUSTIBILI 3.1 Cavi 4. CONCLUSIONI 4.1 Bibliografia

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 3

PARTE QUINTA 1. DIFFERENZE TRA MODO IL DI PROTEZIONE EEx d E IL MODO DI PROTEZIONE EEx e 1.1 1.2 1.3 1.4 Modo di protezione EEx d - a prova di esplosione Modo di protezione EEx e - a sicurezza aumentata Analisi di pregi e difetti dei due modi di protezione Credenze da sfatare nel modo di protezione Ex "d"

2. IL MODO DI PROTEZIONE Ex "n" 2.1 Caratteristiche principali 2.2 Caratteristiche costruttive 3. CERTIFICAZIONE E MARCATURA 4. CONCLUSIONI 4.1 Bibliografia

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 4

PARTE PRIMA 1. INTRODUZIONE Considerando gli impianti che, per esigenze di processo utilizzino sostanze che possano creare una atmosfera pericolosa, tale da causare una esplosione o un incendio, come ad esempio una raffineria, o un impianto chimico o, pi semplicemente una cabina di verniciatura, necessario operare delle scelte per individuare le migliori apparecchiature elettriche da utilizzare per scongiurare il pericolo di unesplosione. Una volta individuate, allinterno di un impianto, le varie zone di pericolo, stabilito quali gas, vapori o altri materiali siano presenti, per quanto tempo nel corso dellanno, e quali siano le loro caratteristiche, sar fondamentale operare la scelta sulle apparecchiature elettriche che possono essere installate in quella zona. Prima di addentrarci, per, nello studio dei modi utilizzati dai costruttori, per progettare e costruire, apparecchiature elettriche che risultino sicure nelle zone con pericolo di esplosione, per la presenza di atmosfera potenzialmente esplosiva, necessario comprendere come possa avvenire una esplosione, quali siano le cause di innesco ecc. Soltanto in questo modo sar comprensibile come i costruttori agiscano per garantire la sicurezza dei propri prodotti. 1.1. La combustione Almeno sotto il profilo teorico, creare unesplosione o un incendio non una cosa molto semplice. La combustione un processo di trasformazione rapida di energia chimica in energia termica. Chimicamente i fenomeni di ossidazione, di combustione e di esplosione sono reazioni esotermiche, sono tra loro differenti soltanto per la velocit di reazione. Affinch la reazione avvenga necessaria la presenza contemporanea di tre componenti fondamentali: il combustibile - sotto forma di gas, vapori, polveri il comburente - ossigeno presente nellaria lenergia di accensione - di tipo elettrico o termico Linsieme di questi tre componenti quello che viene chiamato Triangolo del fuoco o, pi correttamente in italiano Triangolo della Combustione (fig.1).

Figura 1 Triangolo del fuoco Una volta che la reazione stata innescata, il risultato pu essere una combustione lenta, una fiamma veloce o unesplosione, a seconda di come viene liberata lenergia esotermica. 1.2. Minima energia di innesco La presenza delle tre componenti del triangolo della combustione non comunque ancora sufficiente per causare un incendio o unesplosione.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 5

Infatti devono essere rispettate determinate caratteristiche affinch si verifichi un tale evento. Innanzi tutto la miscela costituita dal combustibile e dal comburente deve avere un rapporto di miscela che deve essere compreso tra limiti ben determinati. Il rapporto di miscela la quantit di comburente, espressa in massa o in volume, associata allunit di massa o di volume del combustibile. In secondo luogo lenergia di accensione, misurata in Joule, deve superare un determinato valore di soglia che diverso per ogni sostanza. In pratica lenergia di accensione altro non se non una scintilla causata da qualche fenomeno elettrico, come quelle che avvengono, ad esempio, allapertura dei contatti di un interruttore. Per ogni sostanza infiammabile possibile tracciare un grafico, come quello illustrata in figura 2, che indica la caratteristica di innesco, dalla quale si determina la minima energia di innesco, chiamata M.I.E. (Minimum Ignition Energy), al di sotto della quale impossibile linnesco della miscela.

Figura 2 Curve di innesco

1.3. Limiti di esplosivit Analizzando il grafico di figura 2 si nota che esistono due limiti di concentrazione della miscela oltre i quali non possibile avvenga lesplosione: 1. Allabbassarsi della concentrazione di combustibile nella miscela la quantit di energia richiesta per linnesco va mano a mano aumentando, fino al punto in cui linnesco non pu avvenire per mancanza di combustibile. Tale punto viene detto limite inferiore di esplosivit, L.E.L. (Lower Explosive Limit) 2. Allaumentare della concentrazione di combustibile lenergia richiesta per linnesco aumenta in modo analogo a quanto avvenuto al punto precedente, fino al punto in cui linnesco non pu avvenire per mancanza di comburente. Tale punto viene detto limite superiore di esplosivit, U.E.L. (Upper Explosive Limit). Esistono altre due caratteristiche delle sostanze infiammabili che sono importantissime per determinare il loro grado di pericolosit e per classificarle. I due parametri sono il Flashpoint o Temperatura di infiammabilit e la Temperatura di accensione, ma la loro trattazione va al di l degli scopi di questo articolo. Per chi volesse approfondire largomento consiglio la lettura dei testi riportati in bibliografia. 1.4. Sorgenti di innesco Le caratteristiche delle miscele infiammabili o esplosive, mostrate nei paragrafi precedenti ci fanno comprendere che comunque non sufficiente la presenza di sostanze infiammabili per causare una esplosione o un incendio, infatti il triangolo del fuoco richiede che ci sia anche la presenza di una sorgente di innesco per provocare una esplosione.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 6

Andiamo ora a considerare quali sono le sorgenti di innesco possibili a causare un simile evento, e sar anche su queste che bisogner agire successivamente per evitare che esse siano presenti nelle aree di pericolo cos da evitare gli incidenti. 1.5. Archi e scintille La sorgente di innesco pi comune costituita dagli archi e dalle scintille provocate normalmente da aperture o chiusure di contatti, ad esempio, di interruttori, teleruttori ecc. Le scintille possono comunque essere provocate talvolta anche da morsetti allentati o da elettricit statica accumulata su parti in plastica, come custodie di apparecchiature. Lenergia necessaria ad innescare una miscela esplosiva veramente bassa. Si pensi che per innescare una miscela aria idrogeno sono sufficienti 20 microjouls, che sono lenergia di una scintilla prodotta da una corrente di 20 mA con una tensione di 10 V per la durata di 0,1 millisecondi. Come sappiamo la maggior parte delle apparecchiature elettriche supera questi valori nel corso dellutilizzo normale. Lobiettivo da raggiungere quello di evitare la possibilit di produrre archi o scintille che possano innescare la combustione o, ove questo non fosse possibile, di fare in modo che queste non vengano a contatto con la miscela esplosiva. Vedremo comunque in dettaglio nei capitoli successivi i vari sistemi di protezione da utilizzare. 1.6. Elevata temperatura superficiale La seconda sorgente di innesco di una miscela esplosiva linnalzamento non controllato della temperatura superficiale di una qualunque apparecchiatura. Si pensi ad una lampada accesa, se la temperatura esterna del vetro si innalza al punto da essere superiore alla Temperatura di accensione della miscela, si verificheranno le condizioni del triangolo del fuoco e la miscela verr innescata. 2. I MODI DI PROTEZIONE Come si pu intuire da quanto visto qui sopra, quindi, per ridurre il pericolo di esplosione sufficiente eliminare uno o pi componenti del triangolo della combustione. Pertanto nella progettazione delle apparecchiature bisogner evitare che i tre fattori che compongono il triangolo della combustione non siano mai presenti contemporaneamente. Fondamentalmente i criteri su cui si basano i diversi modi di protezione sono i seguenti: contenimento; segregazione; prevenzione.

2.1. Contenimento

Il contenimento dellesplosione la sola metodologia che permette allesplosione di avvenire, questa tuttavia deve rimanere confinata in un luogo ben definito e non deve propagarsi allatmosfera circostante.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 7

In pratica la possibile esplosione viene contenuta allinterno di apposite custodie che sono dette appunto a prova di esplosione. Questo metodo il pi antico, ma tuttora uno dei pi validi e sicuri per la maggior parte delle applicazioni. 2.2. Prevenzione

Caratteristica fondamentale di questa tecnica quella di aumentare laffidabilit dei componenti elettrici che nel modo normale di utilizzo non possono scintillare n raggiungere temperature superficiali tali da innescare la miscela esplosiva. Questa tecnica si applica principalmente a due metodi di protezione, quello a Sicurezza Aumentata e quello a Sicurezza Intrinseca. La fondamentale differenza tra questi due metodi che il primo si applica a tutte le apparecchiature di bassa tensione, mentre il secondo pu essere utilizzato soltanto in impianti di strumentazione, dove le tensioni e le correnti in gioco sono estremamente basse. 2.3. Segregazione

Con questa tecnica si tende a separare o isolare fisicamente parti elettriche in tensione o le superfici calde dalla miscela esplosiva, in modo da non permettere mai il contatto con la fonte di innesco. Questa metodologia viene applicata da vari modi di protezione quali la Pressurizzazione, lincapsulamento in resina, limmersione in olio o in sabbia di quarzo. 3. SCELTA DEI MODI DI PROTEZIONE Allinterno delle tre tecniche fondamentali, appena citate, vi sono pi modi di protezione che applicano in maniera diversa la filosofia di base del metodo. Non tutti i sistemi sono universalmente applicabili, anzi, come vedremo, ognuno di essi specifico per alcune applicazioni e assolutamente improponibile per altre. Nel tempo sono stati fatti dei tentativi e delle forzature per adottare tecniche non specifiche a determinate applicazioni e i risultati sono stati a dir poco disastrosi e spesso hanno causato danni importanti. fondamentale quindi analizzare quali sono i limiti di applicabilit di ogni metodo e valutare coscientemente che cosa sia meglio utilizzare ogni volta che si presenta una nuova e diversa necessit.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 8

La scelta di un modo di protezione specifico per una determinata costruzione elettrica dipende da diversi fattori, innanzitutto dalla zona ove questa apparecchiatura verr installata, ma anche da altre caratteristiche, quali: le dimensioni fisiche del materiale elettrico da proteggere; la facilit di manutenzione ordinaria e straordinaria; laffidabilit del sistema e la sua flessibilit; i costi di realizzazione e di manutenzione. Qui di seguito diamo le caratteristiche fondamentali dei vari modi di protezione che sono stati finora normalizzati e per i quali esistono chiare normative comunitarie. 3.1. Ex d - A prova di esplosione Principio base In questo metodo di protezione consentito che latmosfera esplosiva venga a contatto con i circuiti elettrici in tensione. Questi dovranno per essere racchiusi allinterno di una custodia appositamente progettata per resistere alla pressione sviluppata a causa di una eventuale esplosione allinterno della stessa e per impedire il propagarsi della fiamma allesterno della custodia e di innescare latmosfera esplosiva esterna ad essa. La filosofia del metodo basata sulla considerazione che non possibile impedire ad un gas di propagarsi ovunque. Pertanto sarebbe impensabile la costruzione di una apparecchiatura elettrica contenuta in un custodia, stagna al punto da impedire lingresso del gas. Si costruiscono pertanto custodie che permettono s che il gas entri allinterno, ma in caso di contatto tra questo e la sorgente di innesco (arco o scintilla) lesplosione che ne consegue sia contenuta allinterno e i gas combusti, escano attraverso appositi giunti, creati tra le varie parti della custodia, progettati in modo tale che la fiamma, uscendo si raffreddi e allesterno arrivi soltanto il prodotto della combustione, ormai raffreddato ed incapace di innescare latmosfera circostante. Applicazioni Si pu applicare a tutte le apparecchiature principali di bassa tensione, quali armature illuminanti, quadri elettrici, interruttori, unit di comando, controllo e segnalazione, trasformatori, motori di bassa e media tensione, e in genere a tutte le apparecchiature che in condizioni di esercizio ordinario possono dare luogo a scintille o sovratemperature Caratteristiche principali La caratteristica principale la robustezza della costruzione che garantisce laffidabilit nel tempo. Norme di riferimento: - IEC 60079 1 (Internazionale) - EN 50018 (Europea) - CEI 31-1 (Italiana) 3.2. Ex "e" - A sicurezza aumentata Principio base In questo metodo di protezione vengono applicate determinate misure che devono impedire, con un elevato coefficiente di sicurezza, la formazione di archi o scintille, o la possibilit di temperature tali da innescare la miscela esplosiva. Applicazioni In pratica il principio applicabile soltanto ad apparecchiatura non scintillante, come custodie, morsetti ecc. In effetti levoluzione di questo modo di protezione ha fatto s che, combinandolo con altri modi di protezione, si potessero costruire apparecchiature anche molto complesse, sfruttando la semplicit costruttiva dellEx e, integrandola con componenti protetti singolarmente con altri modi di protezione. Si pu applicare ad alcune apparecchiature di bassa tensione, custodie con morsettiere, bobine, elettromagneti, alcuni tipi di motori, corpi illuminanti, riscaldatori elettrici a resistenza, strumenti di misura a bobina mobile.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 9

Come gi detto, viene quasi sempre utilizzata in combinazione con altri modi di protezione, come lEx "d", lEx "q" o lEx "m". Caratteristiche principali La caratteristica principale di queste apparecchiature sono i requisiti costruttivi che le rendono non scintillanti anche in determinate condizioni di funzionamento anomalo. Norme di riferimento: - IEC 60079-7 (Internazionale) - EN 50019 (Europea) - CEI 31-7 (Italiana) 3.3. Ex "i" - A sicurezza intrinseca Principio base In questo metodo costruttivo lapparecchiatura elettrica costituita da circuiti che sono considerati intrinsecamente sicuri, incapaci cio di causare unesplosione nellatmosfera circostante. Si considera intrinsecamente sicuro un circuito quando in qualsiasi condizione di operativit e di guasto non pu produrre alcuna scintilla o alcuna sovratemperatura tali da innescare latmosfera esplosiva. Applicazioni Si applica nella maggior parte dei casi alla strumentazione di misura e controllo e alla regolazione dei processi di produzione negli impianti a rischio di esplosione. Caratteristiche principali L'applicazione del metodo costruttivo a sicurezza intrinseca Ex "i" ovviamente limitata ai circuiti di bassa potenza, non pensabile di avviare un motore o illuminare un impianto utilizzando apparecchiature a sicurezza intrinseca. Per le applicazioni sue proprie la scelta migliore per lalto grado di sicurezza e la notevole economicit sia di installazione che di manutenzione. Norme di riferimento: - IEC 60079-11 (Internazionale) - EN 50020 (Europea) - CEI 31-9 (Italiana)

3.4. Ex "p" - A sovrapressione interna Principio base In questo modo di protezione lingresso della atmosfera esplosiva allinterno delle custodie che racchiudono i circuiti in tensione impedita mantenendo allinterno della custodia una pressione superiore di quella esterna, insufflandovi un gas inerte o aria. La sovrapressione pu essere mantenuta anche senza un flusso continuo del gas insufflato. Applicazioni Quadri elettrici di ogni dimensione, soprattutto di strumentazione e controllo, con grosse apparecchiature come sistemi computerizzati per monitoraggio industriale. Grossi motori. Trasformatori MT/BT. Caratteristiche principali La principale caratteristica di questo sistema , in pratica, la mancanza di un limite dimensionale di costruzione, o di grandezze elettriche delle apparecchiature in esso contenute. Si possono costruire con questo sistema sale di controllo complete. Richiede sofisticati sistemi di controllo e di allarme, e non economico per le installazioni pi comuni.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 10

Norme di riferimento: - IEC 60079-2 (Internazionale) - EN 50016 (Europea) - CEI 31-2 (Italiana) 3.5. Ex "m" - Per incapsulamento Principio base In questo modo di protezione i componenti che possono produrre scintille o sovratemperature vengono ricoperti da una resina che resiste alle condizioni ambientali nelle quali il componente operer. In tal modo lapparecchiatura sar fisicamente separata dallatmosfera esplosiva. Applicazioni Questo sistema adatto chiaramente soltanto per apparecchiature di piccole dimensioni, come condensatori, reattori, trasformatori, sensori, e dispositivi elettronici in genere. Caratteristiche principali Lincapsulamento offre buone caratteristiche di protezione sia di isolamento elettrico sia meccaniche. Purtroppo non possibile alcun intervento manutentivo o di riparazione e quindi un qualsiasi piccolo guasto obbliga alla sostituzione dellapparecchiatura. Pertanto il sistema diventa economico soltanto per alcune applicazioni. Norme di riferimento: - IEC 60079-18 (Internazionale) - EN 50028 (Europea) - CEI 31-13 (Italiana) 3.6. Ex "o - Immersione in olio " Principio base In questo modo di protezione, lapparecchiatura elettrica completamente immersa in olio in modo tale che latmosfera esplosiva, che si trova sopra al livello dellolio, non possa essere in alcun modo innescata. Applicazioni Questo sistema si applica soprattutto a trasformatori o ad apparecchi che siano dotati di organi in movimento. Caratteristiche principali Presenta difficolt di manutenzione e necessita di sistemi che garantiscano il costante livello dellolio. Attualmente non pi molto usato. Norme di riferimento: - IEC 60079-6 (Internazionale) - EN 50015 (Europea) - CEI 31-5 (Italiana)

3.7. Ex "q" Sotto sabbia Principio base In questo sistema di protezione, analogamente a quanto avviene per lincapsulamento in resina, la custodia che contiene lapparecchiatura elettrica viene riempita di un materiale, solitamente polvere di quarzo, che impedisce nelle condizioni normali di esercizio che un eventuale scintilla o una sovratemperatura venga trasmessa allesterno della custodia e possa innescare latmosfera circostante.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 11

Applicazioni Si applica a piccoli componenti, soprattutto a condensatori, trasformatori o dispositivi elettronici. Caratteristiche principali Fino ad oggi non ha avuto un grosso sviluppo se non per applicazioni particolari, ha comunque lindubbio vantaggio, rispetto allincapsulamento in resina, di poter permettere la manutenzione dellapparecchiatura, mediante lo svuotamento e il successivo ripristino del materiale di riempimento. Norme di riferimento: - IEC 60079-5 (Internazionale) - EN 50017 (Europea) - CEI 31-6 (Italiana) 3.8. Ex "n" Semplificato Principio base Questo metodo di protezione si fonda sullapplicazione in forma semplificata dei principi base di altri modi di protezione quali d, e, i, p. La sua applicazione alle costruzioni elettriche le rende incapaci durante il funzionamento ordinario di provocare linnesco dellatmosfera esplosiva. Applicazioni Apparecchiature illuminanti, quadri elettrici, unit di comando, controllo e segnalazione e diverse altre apparecchiature per impianti elettrici di BT. Caratteristiche principali In Zona 2 una alternativa ai modi di protezione utilizzati in Zona 1. Non ha finora ottenuto un grosso successo perch pur essendo meno sicuro dei sistemi Ex "d", Ex "e" che dovrebbe sostituire, il suo costo non generalmente inferiore a questi. Norme di riferimento: - IEC 60079-15 (Internazionale) - EN 50021 (Europea) - CEI 31-11 (Italiana) 3.9. Ex "s" - Speciale Principio base Questo non propriamente un metodo di protezione. Protezione Speciale significa che apparecchiature che non corrispondono ad alcun modo di protezione normalizzato, ma per le quali il costruttore dimostra al laboratorio di prova e certificazione la loro sicurezza, possono comunque essere immesse sul mercato. Applicazioni Si parla di qualsiasi tipo di apparecchiatura, per qualsiasi applicazione. Caratteristiche principali Lapparecchiatura utilizzabile soltanto negli stati che hanno emesso il certificato. 4. CONCLUSIONI A chiusura di questa veloce panoramica, possiamo concludere che un modo di protezione universale e perfetto non esiste. Ogni metodo stato concepito per particolari applicazioni impiantistiche e nel tempo stato adattato anche ad altre applicazioni. Ci che importante sapere che qualunque metodo valido se viene applicato seguendo i criteri propri di costruzione e, soprattutto, viene mantenuto nello stato originale di sicurezza da una accurata manutenzione. Nessun sistema infallibile, ma se le apparecchiature vengono mantenute nelle condizioni in cui si trovavano nel momento in cui sono state

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 12

installate, potremmo affermare che siamo gi sulla buona strada per garantire la sicurezza di quanti operano sugli impianti. 4.1. Bibliografia R. Vittori Protezione elettrica antideflagrante II^ Edizione marzo 2000 Ed. Utet Norma Europea EN 50014 Regole generali Norma Europea EN 50018 Modo di protezione Ex d Norma Europea EN 50019 Modo di protezione Ex e Norma Europea EN 50020 Modo di protezione Ex i Norma Europea EN 50021 Modo di protezione Ex n Norma Europea EN 50015 Modo di protezione Ex o Norma Europea EN 50016 Modo di protezione Ex p Norma Europea EN 50017 Modo di protezione Ex q Norma Europea EN 50028 Modo di protezione Ex m

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 13

PARTE SECONDA 1. LE DIRETTIVE ATEX 94/9/CE E ATEX 99/92/CE Per chi si occupa, in veste di progettista, installatore o manutentore, di impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione, di particolare importanza approfondire la conoscenza delle direttive ATEX 94/9/CE e ATEX 99/92/CE, dette anche "direttive nuovo approccio" che sono entrate in vigore il primo luglio del 2003. La Direttiva ATEX 94/9/CE si applica agli apparecchi e ai sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva, includendo sia i materiali per uso in superficie sia per quelli in miniera. La Direttiva ATEX 99/92/CE prescrive i requisiti minimi di protezione in materia di sicurezza e salute dei lavoratori esposti ai rischi di atmosfere esplosive. Lapplicazione di queste direttive ha avuto un impatto molto pesante sia nella progettazione, sia nella installazione, e soprattutto nella manutenzione degli impianti, in quanto, possono essere utilizzate soltanto apparecchiature conformi alla nuova direttiva e certificate secondo i nuovi schemi. Le apparecchiature precedenti gi installate potranno continuare ad essere utilizzate, ma in caso di guasti o modifiche dimpianto, dovranno essere sostituite da apparecchiature conformi alla nuova direttiva. Prima di trattare, per, diffusamente delle nuove direttive e delle implicazioni pratiche, interessante capire come si sia evoluta nel tempo la normativa che regola le applicazioni nei luoghi con pericolo di esplosione. 2. LEGGI E NORME TECNICHE Prima di tutto importante comprendere quale sia la differenza tra norme giuridiche e norme tecniche, poich in ogni ambito tecnico ed in particolare nei settori in cui la sicurezza una componente fondamentale, necessario il rispetto di tutte le norme di pertinenza di quel settore, e la loro conoscenza diviene presupposto fondamentale per approcciare correttamente le problematiche degli impianti elettrici di sicurezza. Le Norme giuridiche sono quelle dalle quali nascono le regole di comportamento dei soggetti che si trovano nell'ambito di sovranit di uno Stato. In Italia, le principali fonti dell'ordinamento giuridico sono le leggi emanate dal Parlamento, i Decreti legge emanati dal Governo e i Decreti del Presidente della Repubblica. I provvedimenti legislativi dettano le linee generali, demandando poi ai regolamenti di attuazione e alle norme tecniche l'indicazione delle prescrizioni specifiche. Le Norme tecniche, invece, sono l'insieme delle prescrizioni per progettare, costruire e controllare tutte le apparecchiature e gli impianti affinch sia garantita l'efficienza e la sicurezza di funzionamento. Le norme tecniche sono emanate da organismi sia nazionali, sia sovranazionali e sono scritte in modo particolareggiato, e possono assumere rilevanza giuridica quando la stessa loro attribuita da un provvedimento legislativo. 2.1. La storia Compreso che cosa siano le norme, sia giuridiche che tecniche, pu essere interessante, allora, ripercorrere la lunga strada che, attraverso le leggi e gli ordinamenti ha portato alla situazione attuale e ha fondato le basi per le regole future. La storia delle norme un po' simile in tutti i settori. Le normative tecniche, al contrario di quello che avviene oggi, sono nate con lo scopo di proteggere i vari mercati interni ai singoli stati, in modo tale da non permettere a costruttori stranieri di essere in grado di far concorrenza a produttori locali. Con la progressiva apertura delle frontiere e la libera circolazione delle merci, le normative sono invece divenute punto di riferimento per armonizzare i vari prodotti e renderli utilizzabili in ogni nazione. Nel settore Elettrotecnico ed Elettronico in Italia, l'ente normativo il CEI, che ha iniziato ad emettere le prime norme per le costruzioni elettriche antideflagranti quasi cinquanta anni fa. Prima di allora sia gli impianti che le apparecchiature elettriche venivano progettati e costruiti in modo empirico, basandosi su specifiche di aziende straniere o su dati ricavati da normative di altri Paesi. Per avere un quadro di quelli che sono stati i primi passi nella nostra nazione in questo settore possiamo

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 14

elencare quelle che sono state le prime leggi, norme e direttive: D.P.R. 547 "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" del 27/04/1955. Norma CEI 2-2 "Macchine elettriche rotanti antideflagranti" - fascicolo n. 88, (1955); Norma CEI 23-4 "Custodie antideflagranti di apparecchi elettrici" - fascicolo n. 92, (1956); Norma CEI 31-1 "Custodie di sicurezza a prova di esplosione" - fascicolo n. 259, (1969); Norma CEI 64-2 "Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione o di incendio" - fascicolo n. 319, (1973); Nel maggio del 1969 il Consiglio della Comunit Europea var un programma per l'eliminazione delle barriere tecnologiche in modo da favorire la libera circolazione delle merci in ambito comunitario. A quel punto si sent la necessit di armonizzare le normative dei vari stati membri in una normativa comune che fosse accettata da tutti i paesi della CEE. Per quanto riguarda le apparecchiature elettriche antideflagranti il CENELEC (Comitato Europeo per la Standardizzazione Elettrica) prepar gli standard europei EN, dal 50014 al 50020, che sono stati accettati da tutti i paesi membri della CEE. In aggiunta agli stati membri della CEE, anche l'Austria, la Finlandia, la Norvegia, la Grecia, il Portogallo, la Svezia, e la Svizzera hanno accettato le nuove normative armonizzate e oggi partecipano con propri tecnici al continuo lavoro di aggiornamento e revisione, costantemente portato avanti dal CENELEC. Oggi alcuni dei paesi sopracitati sono entrati nella Comunit Europea e altri paesi, dell'ex blocco orientale, dopo la caduta del muro di Berlino, si stanno avvicinando tecnologicamente all'Europa e stanno facendo proprie le normative EN. 3. ENTI NORMATORI Ma parlando di enti normatori, vediamo di fare un po di luce e comprendere chi siano e che cosa facciano. Fondamenalmente, in questo moment, l'attivit di normazione esplicata su tre livelli, in relazione all'area geografica: internazionale; regionale e nazionale.
SETTORE Elettrotecnico ed elettronico Internazionale Europa Italia IEC CENELEC CEI ITU ETSI CONCIT Telecomunicazioni ISO CEN UNI Altri settori

Tabella 1 - Enti normatori

Per il settore elettrico, ambito di nostro interesse, abbiamo tre diversi Enti. IEC - International Electrotechnical Commission CENELEC - European Commitee for Electrotechnical Standardization CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano

3.1. IEC - International Electrotechnical Commission Questo ente stato fondato a Londra nel 1907 e oggi ha la propria sede a Ginevra. Raggruppa i comitati elettrotecnici nazionali delle principali nazioni industrializzate e rappresenta oltre l'80% della popolazione mondiale e il 95% dell'energia elettrica prodotta e consumata. Emette Norme tecniche e Raccomandazioni alle quali i paesi aderenti possono attenersi, ma senza alcun vincolo e alcun obbligo. Si auspica, e cn il tempo ci avverr sicramente, che in futuro tali norme costituiranno la base di tutte le norme e regolamenti a livello nazionale. 3.2. CENELEC - European Commitee for Electrotechnical Standardization

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 15

Questo ente stato costituito dalla Comunit Economica Europea con lo scopo di eliminare le barriere tecniche agli scambi commerciali in ambito europeo. Al contrario delle norme emanate dal IEC, quelle emanate dal CENELEC sono regole tecniche che hanno carattere vincolante per i paesi che vi aderiscono. Il CENELEC produce due tipi di documenti, gli HD (Harmonized document) e le EN (European Norm). Gli HD sono documenti di armonizzazione i cui contenuti tecnici tendono ad uniformare le varie norme gi presenti nei vari paesi. Le EN, Norme Europee sono Norme ufficiali il cui testo deve essere tradotto integralmente e adottato quale norma nazionale da tutti i Paesi della Comunit entro un periodo prestabilito. 3.3. CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano stato fondato nel 1909 dall'Associazione Elettrotecnica Italiana ed stato riconosciuto nel 1967 come associazione privata dotata di personalit giuridica, mediante il D.P.R. n. 822 del 11/07/67. Scopo del CEI quello di "stabilire i requisiti che devono avere i materiali, le macchine, le apparecchiature e gli impianti elettrici perch essi rispondano alle norme della buona elettrotecnica, e i criteri con i quali detti requisiti debbano essere controllati". Il CEI suddiviso in Comitati e Sottocomitati Tecnici ed emette norme tecniche e tabelle dimensionali per tutto il settore elettrico, in base ad una convenzione sancita con il CNR. Rappresenta l'Italia nelle sedi europee (CENELEC) ed internazionali (IEC) per la stesura e armonizzazione delle norme. affiancato nel lavoro dall'UNEL (Unificazione Elettrotecnica ed Elettronica) con il quale provvede alla stesura delle tabelle CEI-UNEL. Collabora con l'UNI (Ente Italiano di Unificazione) per la stesura di tabelle e norme di reciproco interesse. 4. LEGGI E DIRETTIVE PER APPARECCHIATURE ED IMPIANTI DI SICUREZZA Come abbiamo visto sopra, la norma tecnica definisce il metodo per assicurare la sicurezza dei materiali e le modalit di costruzione o di installazione e di manutenzione. Tali norme, per non hanno alcun valore giuridico se non vengono recepite da una direttiva o da una legge dello Stato.
Direttiva Comunitaria 76/117/CEE del 18/12/1975 Legge di recepimento una direttiva quadro che: D.P.R. n. 727 - permette la libera circolazione dei materiali antideflagranti che abbiano ottenuto un del 21/12/82 certificato di conformit - definisce i compiti degli organismi autorizzati a rilasciare i certificati di conformit - definisce la procedura per il rilascio dei certificati di conformit - stabilisce l'uso del marchio distintivo comunitario - d disposizioni agli Stati membri per la sorveglianza sulla fabbricazione La direttiva definisce: D.P.R. n. 675 I tipi di materiale Ex per i quali si applica la precedente direttiva 76/117/CE del 21/7/82 - le Norme CENELEC di riferimento armonizzate - il simbolo da utilizzare come marchio comunitario La direttiva: D.M. del 5/10/84 - adegua al progresso tecnico la precedente Direttiva 79/196/CE - introduce nelle norme di riferimento le varianti elaborate del CENELEC - definisce in modo pi preciso la configurazione del Marchio Comunitario - pone il termine di validit delle vecchie Norme al 1/1/2005 Introduce nelle norme armonizzate le varianti della generazione C Contenuto Introduce altri modi di protezione: - materiali con incapsulamento "m" - sistemi a sicurezza intrinseca - pistole manuali per la verniciatura elettrostatica Introduce nelle norme armonizzate le varianti della generazione D

79/196/CEE del 6/2/79 84/47/CEE del 16/1/84

88/571/CEE del 10/11/88 90/487/CEE del 17/09/90 94/26/CE del 15/06/94

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 16

ATEX 94/9/CE La nuova direttiva: del 23/3/94 - disciplina la commercializzazione e la messa in servizio dei prodotti Ex - introduce l'apposizione della marcatura CE in aggiunta al marchio comunitario Ex - fissa al 30/6/2003 il termine entro il quale i prodotti immessi sul mercato devono essere conformi alle direttive comunitarie Tabella 2 Direttive comunitarie

In Italia la Costituzione, con gli articoli 32 e 41, sancisce il diritto alla salute dei cittadini e si fa carico di tutelarla. Il primo decreto, e a tutt'oggi il pi noto, che si occupa della tutela della salute dei lavoratori il D.P.R. n. 547 del 27 aprile del 1955, "Norme per la prevenzione degli incidenti sul lavoro". Il decreto diviso in dodici parti che sono chiamate titoli e in particolare, al titolo VII, "impianti, macchine ed apparecchi elettrici", richiama in modo specifico la prevenzione degli infortuni causati da motivi elettrici. Il titolo VII formato da undici capitoli, per complessivi 84 articoli, che stabiliscono i criteri fondamentali di sicurezza delle apparecchiature, macchine ed impianti elettrici. In particolare il capitolo 10 tratta di "installazioni elettriche in luoghi dove esistono pericoli di esplosione o di incendio". Oltre al D.P.R. 547/55 e al D.Lgs. 626/94, universalmente noto come Legge 626, di fondamentale importanza la Legge n. 186 del 1 marzo 1968, che si compone dei seguenti due articoli: Art. 1 - Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere costruiti a regola d'arte. Art. 2 - I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le Norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano costruiti a regola d'arte. Grazie a questa legge, quindi, chiunque operi in Italia nel settore elettrico ha come punto di riferimento le norme emesse dal CEI, che gli garantiscono di operare nel perfetto rispetto della legge. Oltre alle leggi nazionali, esistono, da circa ventanni, delle direttive comunitarie europee che sono state recepite mediante decreti del Presidente della Repubblica che riguardano i materiali destinato ad essere utilizzato in luoghi con pericolo di esplosione o di incendio. 5. ENTI DI CERTIFICAZIONE Come abbiamo visto, pertanto, le apparecchiature che possono essere utilizzate in luoghi con pericolo di esplosione, sottostanno alle normative europee EN, recepite in Italia come norme CEI, richiamate nelle direttive europee che sono divenute leggi dello stato. Non per sufficiente una dichiarazione del produttore per garantire la conformit delle apparecchiature prodotte alle norme in vigore, ma tale conformit deve essere certificata. La certificazione rilasciata da un ente terzo, organismo riconosciuto, esterno alla azienda costruttrice, attesta che il componente o l'apparecchiatura ha superato le prove di tipo previste dalle norme applicabili a quel prodotto. Tutte le prove devono essere effettuate da un laboratorio accreditato, ossia da un laboratorio che a sua volta ha superato le procedure necessarie per stabilirne la competenza e l'affidabilit. In Italia il laboratorio incaricato all'esame dei materiali elettrici antideflagranti il CESI (Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano) che stato designato mediante il D.M. 01/03/83. Dopo il superamento delle prove di tipo, il laboratorio emette un certificato che attesta che il prototipo di costruzione elettrica presentato, conforme alle norme. Il certificato riporta anche le prove di routine alle quali il prodotto deve essere sottoposto prima di essere messo in commercio, i limiti di utilizzo e gli eventuali scostamenti dalla norma. Il certificato autorizza il produttore ad apporre al prodotto il marchio distintivo comunitario e definisce, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, quali dati deve riportare la marcatura.

x
Figura 1 Marchio distntivo comunitario

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 17

6. MARCATURE Per poter apporre il Marchio distintivo comunitario il produttore deve, non soltanto possedere il certificato che attesta le prove superate dal prototipo, ma deve ottemperare alle disposizioni necessarie al fine di garantire che il materiale venduto corrisponda a quanto richiesto dalle norme e a quanto riportato sul certificato. Pertanto, con l'apposizione del marchio sul prodotto, il costruttore attesta, sta, sotto la sua completa responsabilit, che il materiale conforme al prototipo che ha ottenuto il certificato e che stato sottoposto, a cura dello stesso costruttore, a tutte le prove individuali previste dalle norme e che sono riportate sul certificato. Le prove da effettuare in produzione vengono decise dal laboratorio in base al tipo di materiale e al modo nel quale esso viene prodotto. La Norma Europea EN 50014, Regole generali, prescrive che le costruzioni elettriche devono portare sulla parte principale della costruzione, in un punto visibile e in modo leggibile e duraturo, determinate indicazioni. La marcatura pu essere fatta direttamente sul prodotto o su di una targhetta che per dovr essere posta sul prodotto in modo inamovibile. La marcatura, in ogni caso, ove non diversamente indicato nel certificato, dovr riportare: Nome del produttore o il marchio di fabbrica; Codice del prodotto, dato dal costruttore, che lo possa identificare in modo univoco; Marchio comunitario costituito da una Epsilon ed una x racchiuse in un esagono La sigla EEx seguita da: Il modo o i modi di protezione utilizzati - per esempio: d; Il Gruppo al quale la costruzione appartiene (I per le miniere - II per industrie di superficie); Il Gruppo dei gas al quale la costruzione appartiene (per esempio: IIA -IIB - IIC); La Classe di temperatura (per esempio: T6); Il numero di fabbricazione, ove richiesto dal certificato; Il nome del laboratorio che ha rilasciato il certificato seguito dal numero del certificato; Gli eventuali simboli aggiuntivi al numero di certificato (la X indica condizioni speciali di utilizzo; la U indica che si tratta di un componente utilizzabile solo assieme ad una costruzione elettrica); Dati di targa previsti dalle norme specifiche delle costruzioni elettriche, quali tensione, corrente ecc. 7. LA DIRETTIVA ATEX 94/9/CE Dopo aver visto le varie direttive comunitarie che fino ad oggi hanno regolamentato la costruzione e l'utilizzo delle apparecchiature elettriche antideflagranti, importante, ora, approfondire la conoscenza della direttiva ATEX 94/9/CE che, come abbiamo visto allinizio dellarticolo, diverr obbligatoria a partire dal primo luglio del 2003. Fino a tale data rimarranno in vigore le direttive precedenti e i costruttori avranno a disposizione un periodo transitorio nel quale potranno decidere quale regime adottare. La nuova Direttiva si applica agli apparecchi e ai sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva, includendo sia i materiali per uso in superficie sia per quelli per miniera. Oltre a questi la Direttiva include anche i dispositivi di sicurezza, di controllo e di regolazione che non operano direttamente in atmosfera esplosiva, ma che sono necessari al funzionamento sicuro degli apparecchi con i quali sono connessi. La grande differenza tra questa Direttiva "nuovo approccio" e le precedenti che vengono considerati tutti i rischi di esplosione di ogni natura che possono costituire sorgente di innesco (per esempio urti meccanici, onde elettromagnetiche, sovrariscaldamento, radiazioni ottiche) e si applica a tutti i prodotti, anche non elettrici, che sono utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. La Direttiva segue le linee guida del "nuovo approccio" del Consiglio Europeo, che prevedono l'emissione di direttive con contenuti a carattere generale. La Direttiva contiene gli ESR, Essential Safety Requirements, requisiti essenziali di sicurezza, ai quali devono conformarsi le apparecchiature costruite per essere utilizzate in atmosfera potenzialmente esplosiva. Il costruttore, pertanto, nel progettare e produrre le apparecchiature, dovr far riferimento agli ESR

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 18

contenuti nell'Allegato II della Direttiva. Le norme armonizzate continuano a mantenere la loro validit, in quanto costituiscono "presunzione di conformit", ma non sono pi l'unico criterio di riferimento. La Direttiva, infatti, non cita pi le norme espressamente, come aveva fatto in passato. Questo alla fine potr rivelarsi un vantaggio, poich permetter ai costruttori di applicare le norme non appena emesse e non sar pi necessario attendere il lungo iter burocratico per il loro recepimento, prima nelle Direttive europee e poi nella legislazione nazionale. 7.1. Requisiti essenziali di sicurezza I requisiti essenziali di sicurezza, che sono riportati nell'Allegato II della Direttiva, rappresentano il criterio predominante per la verifica della sicurezza. Se una norma armonizzata esistente comprende gi uno o pi requisiti essenziali, allora l'apparecchiatura costruita in conformit a tale norma presunta conforme agli ESR. In definitiva gli ESR sono destinati soprattutto a quei campi in cui al momento attuale non esistono ancora delle norme armonizzate e per i quali essi forniscono almeno un criterio generale per la valutazione della sicurezza. Nel settore elettrico, dove esistono da moltissimi anni delle norme tecniche complete l'applicazione degli ESR un esercizio puramente teorico. 7.2. Classificazione delle apparecchiature Come detto pi sopra, la Direttiva ATEX comprende sia i materiali di superficie che quelli di miniera, pur mantenendo la suddivisione in Gruppo I e Gruppo II. Nella tabella 4 riportata la classificazione delle apparecchiature in gruppi/categorie.

Gruppo

Categoria

Presenza di atmosfera esplosiva Presente Probabile presenza Sempre, spesso o per lunghi periodi Probabile presenza Scarse probabilit e per breve tempo

Sostanza Grisou Polveri combustibili Grisou Polveri combustibili Gas o Polveri Gas o Polveri Gas o Polveri

Livello di protezione Molto alto Alto Molto alto Alto Normale

Zona

M1 I Miniere M2 1 II Superficie 2 3

Zona 0 Zona 20 Zona 1 Zona 21 Zona 2 Zona 22

Tabella 4 - Classificazione delle apparecchiature in gruppi/categorie

7.3. Valutazione della conformit La Direttiva prevede diverse procedure di valutazione della conformit, a seconda del tipo di prodotto e della categoria di appartenenza. Per quanto riguarda le apparecchiature elettriche di categoria 1 e 2 devono essere sottoposte alla certificazione del prototipo da parte di un Organismo Notificato, tale verifica altro non che la prova di laboratorio accreditato che gi in uso nella prassi attuale. Il tipo di prova verr chiamata "Esame CE di Tipo". A questa prova si aggiunge per la sorveglianza sulla produzione che pu essere realizzata in due modi a scelta del costruttore: controllo del sistema di qualit del fabbricante da parte dell'Organismo Notificato;

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 19

verifica sui prodotti da parte dell'Organismo Notificato.

Per le apparecchiature elettriche di categoria 3 il costruttore tenuto ad effettuare un controllo di fabbricazione interno e a redigere una dichiarazione di conformit e una documentazione tecnica che dimostri la conformit dell'apparecchiatura ai requisiti della Direttiva. Si pu notare come la Direttiva spinga i costruttori ad adottare sistemi di qualit secondo le norme della serie ISO 9000. Questo un passo veramente interessante, in quanto, la certificazione del prototipo, finora in uso, non era sufficiente a garantire la conformit del prodotto finale alle normative per le quali era stato certificato. Molto spesso in produzione erano attuate modifiche costruttive, dettate soprattutto da motivazioni economiche, che non garantivano pi che l'apparecchiatura prodotta fosse completamente conforme a quella che era stata certificata. Questo fenomeno aveva portato negli anni ad una grossa disparit di qualit tra i diversi concorrenti e apparecchiature non perfettamente conformi alle norme erano state messe normalmente in commercio. La sorveglianza eviter completamente il ripetersi di questo pericoloso fenomeno e garantir a tutti i costruttori di potersi battere ad armi pari con la propria concorrenza. 7.4. Marcatura Le apparecchiature conformi alla nuova direttiva dovranno essere contraddistinte anche dal marchio CE. Questo significa che dovranno soddisfare anche i requisiti di tutte le altre Direttive ad esse applicabili. Ci quanto gi avviene per la conformit alla Direttiva EMC e alla Direttiva Macchine. La marcatura x allinterno dellesagono viene mantenuta seguita dal simbolo del gruppo di appartenenza e della categoria. Per il Gruppo II si dovr aggiungere la lettera "G" per le atmosfere esplosive dovute alla presenza di gas, vapori o nebbie, la lettera "D" per quelle dovute alla presenza di polveri. Requisiti della Direttiva 94/9/CE Cor.tem, Milano GUAT 26 - 2004 CE Ex "2G" 4581 (nome e indirizzo del costruttore) (tipo, numero di serie e anno di costruzione) (marcatura CE, allegato X) (Gruppo II - gas, apparecchiatura di categoria 2) (numero di identificazione dell'O.N. responsabile della sorveglianza)

Requisiti della Norma EN 50014 F EEx d IIC T6 ISSEP 86.103.28U (simbolo/nome del costruttore) (modo di protezione - Gruppo del gas - Classe di temperatura) (numero di certificato)

8. LA DIRETTIVA ATEX 99/92/CE La direttiva 99/92/CE affronta gli obblighi degli utilizzatori riguardo la prevenzione delle esplosioni e le relative protezioni. Lutente deve adottare opportune misure tecniche od organizzative, valutare i rischi di esplosione, suddividere in zone gli ambienti in cui possono crearsi atmosfere esplosive e segnalare le zone definite. Il datore di lavoro deve: Valutare i rischi di esplosione

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 20

Adottare misure tecniche e/o organizzative per o Prevenire la formazione di atmosfera esplosiva o Evitare lignizione di atmosfera esplosiva o Attenuare i danni di una esplosione per garantire la sicurezza dei lavoratori Riesaminare le misure tecniche adottate

Deve essere elaborato un Documento sulla protezione contro le esplosioni nel quale individuare le aree a rischio, valutare i rischi e definire le misure adottate e da adottare. Tale documento deve essere tenuto in costante aggiornamento. NellAllegato I della direttiva si definiscono le zone pericolose, cos come sono definite nelle relative normative di classificazione delle aree.
Atmosfera esplosiva Presente durante le normali attivit Probabile presenza durante le normali attivit Non probabile la presenza durante le normali attivit Gas Vapori Nebbie Zona 0 Zona 1 Zona 2 Polveri Zona 20 Zona 21 Zona 22

Per la classificazione delle aree si pu fare riferimento alle norme europee: EN 60079-10 per le atmosfere esplosive per la presenza di gas EN 50281-3 per atmosfere esplosive per la presenza di polveri

Attenzione che nella direttiva si afferma che si pu non che si deve fare riferimento alle norme, e questo significa che il tecnico pu utilizzare altri metodi di valutazione. Allo stato attuale dellapplicazione della direttiva preoccupa lutilizzo del termine sicurezza equivalente molto spesso utilizzato per affermare che le parti di impianto installate molti anni fa, pur non presentando le garanzie di sicurezza che si hanno con i nuovi prodotti, vengono comunque considerate sicure, basandosi sul concetto che se non saltato in aria niente finora Termini per ladeguamento Secondo la direttiva i luoghi di lavoro: gi utilizzati prima del 30 giugno 2003 devono entro 3 anni da tale data soddisfare le prescrizioni minime della direttiva utilizzati per la prima volta dopo il 30 giugno 2003 devono, da tale data, soddisfare le prescrizioni minime della direttiva modifiche, trasformazioni o ampliamenti dopo il 30 giugno 2003 devono soddisfare le prescrizioni minime della direttiva 9. CONCLUSIONI Le due Direttive hanno portato notevoli problemi all'inizio. Vi sono state molte incomprensioni tra costruttori ed utilizzatori. Parecchio caos stato causato anche dalle marcature dei prodotti, in quanto molte apparecchiature, con piccole varianti, sono normalmente installabili in tutte le aree e sono utilizzabili sia per i gas che per le polveri, e si sono dovuti trovare dei sistemi economicamente accettabili per la marcatura dei prodotti di serie che, necessariamente, non pu essere marcato appena al momento del suo utilizzo, ma al momento della sua effettiva fabbricazione. L'applicazione della Direttiva sui prodotti, per, ha portato e porter molti vantaggi, sia agli utilizzatori, ma soprattutto ai costruttori pi seri. La sorveglianza sui prodotti, soprattutto, costringer tutti i costruttori ad adottare le stesse misure di controllo e l'utilizzo degli stessi materiali, con conseguente livellamento dei costi di produzione ed una concorrenza che si giocher su basi serie ed accettabili.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 21

Gli utilizzatori avranno dalla loro la certezza che i prodotti acquistati saranno ad un livello di sicurezza certamente accettabile. Per quanto riguarda la Direttiva 99/92/CE crediamo che porter dei sicuri benefici in termini di sicurezza per tutti quei lavoratori che operano negli impianti a rischio, a patto che la direttiva sia rispettata realmente e non aggirata con argomenti sofistici. 9.1 Bibliografia R. Vittori Protezione elettrica antideflagrante II^ Edizione marzo 2000 Ed. Utet

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 22

PARTE TERZA 1. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PERICOLOSE PER LA PRESENZA DI ATMOSFERA ESPLOSIVA In ogni luogo ove avviene una lavorazione che comporti un innalzamento della temperatura di sostanze infiammabili, come ad esempio gli idrocarburi, e ne provochi la loro evaporazione, pu causare sia per motivi di normale operativit, sia in caso di guasto o di incidente, una fuoriuscita dei gas o dei vapori che a contatto con fiamme libere o con scintille provocate da fenomeni elettrici possono esplodere. Quando si parla di questi fenomeni, si prende quasi sempre ad esempio una raffineria perch forse il luogo pi facilmente comprensibile ove possa avvenire unesplosione, ma le medesime condizioni le possiamo trovare in altri impianti chimici, o anche in luoghi molto pi semplici e apparentemente innocui, quali posso essere, ad esempio, una cabina di verniciatura o un locale ricarica batterie dei carrelli sollevatori. Pertanto importante, allinterno di qualsiasi impianto o stabilimento, ove per la natura delle lavorazioni ci possa essere, anche per periodi limitati di tempo, la presenza di gas o polveri infiammabili, in percentuali tali da poter provocare unesplosione, determinare le aree di pericolo e progettare degli impianti elettrici adeguati ad eliminare le possibili cause di una deflagrazione.

Immagine di una raffineria

2. IDENTIFICAZIONE DELLE ZONE DI PERICOLO L identificazione in un impianto chimico o petrolchimico delle zone di pericolo, viene fatta da personale altamente qualificato. Di solito responsabili di processo, che stabiliscono ove nell'impianto vi sia la presenza continua o saltuaria di una atmosfera esplosiva. I centri di pericolo pi frequenti sono quelli ove esiste la possibilit di fuoriuscita di gas infiammabili, che possono avvenire durante il funzionamento ordinario o a causa di qualche guasto. Il tipo di presenza di materiale infiammabile in una data zona ne determina la sua classificazione. In sostanza sono due le cose che vanno stabilite, la prima quali materiali sono presenti in una determinata area dellimpianto, la seconda per quanto tempo e in che volumi possono essere presenti nel corso del tempo. A seconda dei vari paesi nel mondo esistono diverse classificazioni delle aree di pericolo. Noi prenderemo in considerazione la classificazione in uso in Europa. Alla fine degli anni novanta, stata introdotta la norma EN 60079-10, che comprende la classificazione delle aree nelle quali il pericolo di esplosione rappresentato dalla presenza di gas, vapori o nebbie, ma non prende in considerazione n le polveri n gli esplosivi. Recentemente stata emessa la norma europea EN 50281-3 (CEI 31-52) che prende in considerazione la classificazione delle aree in ambienti a rischio per la presenza di polveri combustibili. Per quanto riguarda il presente articolo, prenderemo quindi in considerazione soltanto la classificazione europea per quanto riguarda i gas secondo la EN 60079-10.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 23

3. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PERICOLOSE PER LA PRESENZA DI GAS VAPORI E NEBBIE In Europa viene seguita la norma EN 60079-10. Tale norma, recepita in Italia come CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) Fascicolo 2895, ha creato negli ultimi anni una notevole confusione, in quanto il concetto di definizione delle zone di pericolo sostanzialmente diversa da chi precedentemente usava la norma italiana CEI 64-2. Questa vecchia norma prevedeva la divisione delle zone di pericolo per la presenza di gas in due Classi (Classe 1 e Classe 3) sulla base dei quantitativi di sostanze presenti nellarea. Questa differenziazione non esiste pi nella EN 60079-10. Inoltre la CEI 64-2 prevedeva quattro zone per i luoghi di Classe 1 (Z0,Z1,Z2,ZR) e due zone per i luoghi di Classe 3 (Z1, Z2), a seconda della distanza del centro di pericolo (CP). La EN 60079-10 si applica, in pratica, a tutti quei luoghi che venivano definiti dalla CEI 64-2, di Classe 1 o di Classe 3, in cui sono presenti sostanze che sotto forma di vapore o di gas possono determinare con laria miscele esplosive. Principalmente si tratta di impianti chimici o petrolchimici, depositi di gas, stazioni di decompressione del metano, cabine di verniciatura, depositi di carburante, e tutti quegli ambienti, che sono la maggior parte degli ambienti a rischio di esplosione, ove vi sia la presenza di sostanze che possono creare miscele esplosive, sia sotto forma di gas che di vapori o nebbie. La Norma CEI 64-2 definiva dei limiti e pur nella sua complessit concettuale, non richiedeva calcoli analitici, ma dava indicazioni convenzionali su come determinare un centro di pericolo o una zona. Tanto per capirci una flangia era considerata un centro di secondo grado e un luogo aperto veniva considerato a ventilazione naturale. La Norma CEI EN 60079-10, al contrario si basa su valutazioni analitiche che considerano alcuni principi come la reale ventilazione dellambiente, le concentrazioni delle miscele potenzialmente esplosive, i tempi di permanenza delle miscele calcolate in rapporto al LEL e alla ventilazione del luogo considerato. Alla fine di questa analisi ogni luogo pericoloso deve essere classificato in una delle seguenti tre zone in base alla frequenza di formazione e alla permanenza di una atmosfera esplosiva: ZONA 0 ZONA 1 ZONA 2 E un area nella quale una miscela di gas potenzialmente esplosiva presente in continuazione o comunque per lunghi periodi di tempo E un area nella quale una miscela di gas potenzialmente esplosiva pu essere presente durante il normale funzionamento dell impianto E un area nella quale una miscela di gas potenzialmente esplosiva non normalmente presente, e nel caso lo sia lo solo per brevi periodi di tempo

Ogni altra zona dell impianto considerata AREA SICURA. I valori probabilistici in base ai quali definire le varie zone risultano essere i seguenti:

ZONA ZONA 0 ZONA 1 ZONA 2

Probabilit di presenza di Ore di presenza in un anno atmosfera esplosiva in un anno P> 10


-2 2

Circa 100 h
-4

10 > P > 10 10 > P > 10


-4

Da 1 h a 100 h Da 0,01 h a 1 h

-6

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 24

La figura ci mostra schematicamente un esempio di un impianto chimico con lidentificazione delle zone di pericolo.

4. LA GUIDA CEI 31-35 Per cercare di chiarire le differenze tra il metodo di determinazione delle zone pericolose come veniva concepito dalla vecchia CEI 64-2 e come lo si deve fare oggi, sulla base della 60079-10, nata in Italia nel 1999, a cura del SC 31J del CEI una guida, denominata CEI 31-35 che si prefigge di chiarire in modo pratico lapplicazione della EN 60079-10. 4.1. Procedimento per la classificazione dei luoghi pericolosi La Guida prende in considerazione diversi parametri per stabilire se effettivamente esiste il pericolo di esplosione per la presenza di gas, vapori o nebbie. Innanzitutto necessario definire la quantit di sostanze pericolose in volumi sufficienti, e lesistenza di una sorgente di emissione. Successivamente sufficiente seguire il procedimento proposto dalla guida per la classificazione dei luoghi pericolosi: 1. Individuare le sostanze presenti e i loro dati significativi. Per fare ci la guida dispone dellAppendice GA nella quale presente una tabella in cui sono indicate le sostanze infiammabili o combustibili e le loro caratteristiche significative, le formule relative al limite inferiore di esplodibilit della miscela (LEL), della 3 massa volumica dei gas e la formula per convertire il LEL% vol. in LEL in kg/m . 2. Individuare le sorgenti di emissione, verificando prima di tutto la possibilit di eliminarle o ridurle il pi possibile. 3. Per ciascuna sorgente necessario determinare il grado di emissione (continuo, primo, secondo). 4. Per i luoghi si devono definire i valori di riferimento della temperatura ambiente e le caratteristiche della ventilazione che pu essere alta, media o bassa. Nellappendice GB della guida vi sono indicazioni per valutare il grado di ventilazione e definire lestensione delle zone. Questa appendice fornisce inoltre le formule che permettono di calcolare le portate di emissione, quelle di evaporazione da pozze, la distanza pericolosa dz e i dati relativi alla ventilazione Lappendice GC, invece, contiene una serie di dati statistici relativi alla pressione atmosferica, alla massa volumica, alla temperatura media stagionale e al vento per diverse localit italiane.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 25

5. Infine necessario stabilire il tipo di zona utilizzando la tabella b1 della EN 60079-10 e calcolare la distanza che determina lestensione della zona pericolosa: Ventilazione Grado Grado della emissione Alto Medio Disponibilit Buona Adeguata Scarsa Buona Adeguata Scarsa Buona Adeguata o Scarsa Basso

Continuo Primo Secondo

Zona non Zona 2 pericolosa Zona non Zona 2 pericolosa Zona non Zona 2 pericolosa

Zona 1 Zona 2 Zona 2

Zona 0 Zona 1 Zona 2

Zona 0 + Zona 0 + Zona 0 Zona 2 Zona 1 Zona 1 + Zona 1 + Zona 1 o Zona 2 Zona 2 Zona 0 Zona 2 Zona 2 Zona 1 o Zona 0

Lestensione della zona pericolosa dipende inoltre dalla modalit di emissione, in particolare da: Stato di emissione (gas o vapore in singola fase, liquido o gas liquefatto, etc.) Velocit di emissione I gas e i vapori tendono a diffondersi nellaria e ad occupare lintero spazio a disposizione. Pertanto i gas si disperdono nellaria sia in base al loro peso, sia in base alla ventilazione. Nella figura vediamo alcuni esempi di sorgenti di emissione di primo grado.

4.2. Componenti dellimpianto non considerate sorgenti di emissione Secondo la guida, in un impianto non vengono considerate sorgenti di emissione tutte quelle parti che possono emettere sostanze pericolose soltanto in conseguenza ad eventi catastrofici, non prevedibili in fase di progetto. Non vengono considerate sorgenti di emissione: Contenitori e Tubazioni saldate I collegamenti dei Contenitori o delle Tubazioni ottenuta mediante dispositivi di giunzione a tenuta. Contenitori di sostanze con coperchi chiusi in modo tale da non generare emissioni e che soddisfino determinate condizioni di sicurezza. Doppie tenute applicate agli alberi rotanti provviste di dispositivi atti ad escludere perdite significative anche in caso di funzionamento anomalo. 4.3. Emissioni strutturali Le emissioni strutturali si possono verificare nel corso di funzionamento normale dellimpianto, dai punti di

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 26

discontinuit dei componenti del sistema di contenimento delle sostanze pericolose. Tali parti possono essere: Flange di raccordo delle tubazioni Giunzioni tra parti di apparecchi e componenti di macchine Sfiati di valvole di sicurezza Il calcolo di questo tipo di emissione molto difficile, in quanto le perdite possono essere considerate trascurabili nel caso di componenti nuovi o che hanno subito interventi recenti di manutenzione, ma possono diventare significativi nel tempo a causa delle condizioni di utilizzo e delle influenze ambientali esterne. Nelle tabelle dellappendice GB sono indicati i dati statistici delle emissioni strutturali e delle perdite nelle valvole di sicurezza. Le formule contenute nella stessa appendice della guida permettono di calcolare il volume della sostanza presente, del tempo di persistenza e dellestensione della zona pericolosa, relativa a ciascuna emissione, permettendo in tal modo la classificazione delle singole zone. 4.4 Emissioni dovute a guasti Le sorgenti di emissioni dovute a guasti sono: Flange Valvole Pompe centrifughe Compressori centrifughi e alternativi Connessioni di piccole dimensioni Nellappendice GB nella guida sono indicate le sezioni dei fori che si possono verificare nelle sorgenti di emissione indicate. Queste costituiscono le classiche sorgenti di emissione di secondo grado. La valutazione delle dimensioni dei fori che possono determinarsi in caso di guasto molto difficile, e dipendono sia dai materiali utilizzati per le guarnizioni, sia dalla accuratezza a dalla periodicit degli interventi di manutenzione. 5. COMPETENZE E RESPONSABILIT Al di l della breve e, necessariamente non esaustiva trattazione dellargomento, la domanda che ogni progettista o installatore si pone sempre la stessa. Di chi la responsabilit della classificazione di unarea di pericolo? A rigor di logica dovrebbero essere i processisti, che conoscendo i vari passaggi dellimpianto dovrebbero definire le zone, e poi gli elettrici, dovrebbero progettare limpianto pi idoneo a quelle aree. Purtroppo, da sempre, ci stiamo portando avanti un fardello non nostro. Dato che i luoghi con pericolo di esplosione rientrano tra gli ambienti soggetti a normativa CEI, per cui il progetto, le sue modifiche e gli ampliamenti devono essere redatti da un professionista iscritto ad un albo professionale. La classificazione delle aree, per, non fa parte del progetto elettrico e pu essere eseguita da chiunque, purch competente. Di fatto, la classificazione viene richiesta in ambito di progetto al progettista elettrica che, molto spesso non ha le conoscenze specifiche per poterlo fare. Daltra parte, le norme e le leggi in materia non sono per niente chiare, in quanto, allo stato attuale, non esiste una specifica abilitazione ed uno specifico albo che raggruppi i professionisti esperti in materia. Pertanto, ad oggi, importante che ogni serio progettista elettrico conosca le regole, difficili, ma necessarie, per portare a termine una classificazione delle aree corretta, che permetta di progettare un impianto elettrico che dia le massime garanzie di sicurezza. 6. BIBLIOGRAFIA R. Vittori Protezione elettrica antideflagrante II^ Edizione marzo 2000 Ed. Utet Norma Europea EN 60079-10 Guida CEI 31-35

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 27

PARTE QUARTA 1. IMPIANTI ELETTRICI IN LUOGHI PERICOLOSI PER LA PRESENZA DI POLVERI COMBUSTIBILI Da pi di 200 anni, si segnalano esplosioni in ambienti ove si lavorano o si conservano polveri di vario tipo. Un'esplosione di polveri di farina verificatasi in un deposito a Torino il 14 dicembre del 1785, sarebbe il primo scoppio di polveri riconosciuto e segnalato. In quel periodo i mulini a vento, che venivano utilizzati per la macinazione dei cereali furono lentamente sostituiti con mulini a vapore molto pi efficienti. Da quellepoca molte altre esplosione sono state segnalate. Un caso si produsse in Germania il 7 novembre del 1887, nei Nuovi Mulini della Weser di Hameln, che causarono la morte di una trentina di persone e ne ferirono un gran numero. Pi recente la disgrazia accaduta a Metz, in Francia, il 18 ottobre del 1982 (vedi foto sotto) con lesplosione dei silos di stoccaggio di orzo e malto, e quella di Boiry Ste-Rictrude, sempre in Francia, nel 1982, nella quale si verific lesplosione dei silos di stoccaggio dello zucchero cristallizzato.

Lesplosione del silos di Metz

Gli scoppi di polveri industriali che causano danni estesi restano fortunatamente dei fenomeni eccezionali, ma esplosioni meno devastanti sono purtroppo molto frequenti (vedi Tabella 1). Secondo alcune statistiche francesi e tedesche, in quei paesi si produrrebbe in media un'esplosione di polveri al giorno.

Esplosione di silos a Westwood nel 1977

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 28

La crescente industrializzazione e lautomazione giocano un ruolo molto importante in questo fenomeno, soprattutto la presenza di impianti elettrici per lalimentazione di macchinari destinati alle lavorazioni, al trasporto e al sollevamento delle polveri a piccola granulometria. Trasportatori (Elevatori) Silos Frantoi Spolveratura Essiccatoi Stacciatura Camera dei forni Altri 26,7% 22,9% 18,1% 9,5% 7,6% 2,8% 1,9% 10,5%

Tabella 1 Percentuale di esplosioni per tipi di impianti (settore dell'industria agro-alimentare e dei mangimi per il bestiame)

1.1. Meccanismi di esplosione delle polveri Molto tempo stato necessario per ammettere la possibilit che le polveri potessero causare esplosioni anche in assenza di gas. Si deve a Faraday la prima intuizione, il quale, nel 1845, invi una comunicazione alla Royal Society, nella quale si dimostrava che le polveri di carbone possono provocare esplosioni anche in assenza di grisou. Per le polveri agro-alimentari ci voluto molto pi tempo per capire che anche queste, da sole, in particolari condizioni, erano capaci di provocare esplosioni. 1.2. Perch e come si determina un'esplosione Perch sia possibile un'esplosione devono verificarsi tre condizioni: la presenza di un prodotto combustibile, a base di polveri, in condizioni sufficientemente frammentate (almeno una parte delle particelle di dimensioni inferiori a 0,3mm) la presenza di comburente, praticamente sempre l'ossigeno presente nell'aria la presenza di una fonte di innesco Questo famoso "triangolo di fuoco" evidenzia che l'esplosione non che un caso particolare della combustione: una combustione di una rapidit estrema. Tuttavia, perch questa combustione possa essere qualificata come esplosione, sono necessarie tre condizioni complementari: - la presenza di polveri in sospensione; - un campo definito di concentrazione: campo di esplosivit; - un confinamento sufficiente, in caso contrario si ottiene un fenomeno di fiamma (combustione rapida con fiamma, ma senza effetto di pressione rilevante). Per scatenare l'esplosione, la fonte d'accensione deve elevare, almeno localmente, la temperatura della nube di polvere affinch la reazione di ossidazione responsabile della combustione si produca ad una velocit sufficiente. La reazione pu prodursi in fase eterogenea o omogenea. La fonte di innesco, limitandosi ai fenomeni elettrici, pu essere una scintilla o un arco, elettricit statica o una superficie riscaldata. Come per i gas, anche per le polveri si pu definire una concentrazione minima al di sotto della quale l'esplosione non pu avvenire, ma mentre nel caso dei gas, questa grandezza pu essere misurata con una certa precisione, invece difficile realizzare sperimentalmente sospensioni omogenee di polveri, soprattutto se grossolane. Inoltre, i valori trovati dipendono dall'energia della fonte d'innesco e del volume dellambiente nel quale avviene la misura. necessario considerare con prudenza le cifre di concentrazioni esplosive minime talvolta proposte. Si pu dire che le concentrazioni esplosive minime 3 delle polveri inferiori a 100 micron si situano correntemente nella gamma tra 20 e 100g/m . Ci corrisponde a nubi di polveri relativamente dense. Per quanto concerne la concentrazione esplosiva massima delle polveri, essa ancora pi incerta, 3 probabilmente dell'ordine di parecchi kg/m .

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 29

Tuttavia, a causa del rischio di sollevamento di polveri tramite il soffio di un'esplosione primaria, si dovrebbe valutare, in primo luogo, l'importanza dei depositi di polveri negli impianti. Osservando il fenomeno esplosivo in ambiente chiuso, si osserva la comparsa di una superpressione dovuta al fatto che i gas di combustione creano un spostamento d'aria che potr sollevare le polveri presenti nel deposito. La fiamma che si estende all'indietro incendier le polveri sollevate e questo fenomeno potr riprodursi progressivamente fintanto che saranno presenti le polveri. Questo fenomeno tanto pi devastante se avviene in una condotta, nella quale l'espansione dei gas pu portare a velocit di propagazione della fiamma molto elevate, dell'ordine di 1500 m/s, e a superpressioni di parecchie decine di bar. La presenza di ostacoli modificher sensibilmente la propagazione dell'esplosione. 1.3. Formazione delle nubi La nube di polveri pu formarsi nel corso del processo di trattamento del prodotto, ma pu prodursi anche durante lo svuotamento dei silos, il trasporto pneumatico o la vibrazione dei filtri. Inoltre, come abbiamo gi detto, pu formarsi con l'avvio dell'esplosione stessa. 1.4. Energia dinnesco L'energia dinnesco deve essere sufficientemente elevata per poter scatenare l'esplosione. Questa energia pu scaturire dall'azione di una scintilla o dalla temperatura superficiale elevata di una apparecchiatura. L'attitudine all'esplosivit delle polveri dipende dalla loro natura, dalla concentrazione e dall'omogeneit della nube. Per quantificare l'esplodibilit mediante scintille, si utilizza l'apparecchio Hartmann, con il quale si determina il valore pi basso di energia della scintilla capace di provocare l'incendio della nube di polveri. Con questo apparecchio si sono ottenuti valori che vanno da qualche millijoule a parecchi joule. Ma, di recente, si dimostrato sperimentalmente che possono svilupparsi incendi di nubi di polveri per valori di energia dell'ordine del millijoule, dunque assai vicini a quelli dei gas. 2. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PERICOLOSE PER LA PRESENZA DI POLVERI Il pericolo esplosione, quindi, non riguarda solamente i luoghi ove siano presenti gas vapori o nebbie infiammabili, per i quali normalmente vengono utilizzati impianti elettrici che seguono normative europee gi in vigore da diversi anni, ma anche gli impianti che nel corso del processo lavorino polveri che possano creare una atmosfera pericolosa, tale da causare una esplosione o un incendio. Come abbiamo visto, il pericolo molto meno intuitivo, in quanto si tratta di sostanze che normalmente non vengono considerate pericolose, ma che in determinate condizioni, possono provocare reazioni devastanti. Recentemente il Comitato Europeo per la normazione elettrica (CENELEC) ha rilasciato delle normative per la classificazione delle aree pericolose per la presenza di polveri, e per la progettazione e realizzazione di impianti elettrici in tali aree. La prima Norma europea pubblicata stata la EN 50281-1-2, del settembre del 1999, che ha sostituito la vecchia CEI 64-2. A tale norma seguita la EN 50281-3, appena pubblicata, che riguarda la classificazione delle aree pericolose per la presenza di polveri combustibili. Secondo tali norme, le polveri pericolose si dividono in: Polveri infiammabili non conduttrici ( Es. Grano) Polveri infiammabili conduttrici ( Es. Magnesio ) Per individuare le caratteristiche che devono possedere gli impianti elettrici nei luoghi pericolosi per presenza di polveri combustibili fondamentale individuare alcuni parametri, quali: 1. La granulometria 2. La conducibilit elettrica 3. La temperatura di accensione 4. I limiti di infiammabilit

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 30

E sulla base di questi quattro parametri che sar possibile configurare il grado di protezione richiesto dalle custodie e la massima temperatura superficiale ammessa. La norma EN 50281-3 distingue, come abbiamo visto pi sopra, le polveri infiammabili in 3 Conduttrici, con resistivit uguale o inferiore a 10 x m Non conduttrici, con resistivit superiore a tale valore Le caratteristiche della combustione delle polveri sono simili a quelle delle miscele aria-gas e i limiti di esplosivit sono stabiliti allo stesso modo. La sostanziale differenza sta nel fatto che la forma, le dimensioni del granulo, il rapporto superficie/massa delle particelle influenzano notevolmente la capacit di combustione. In ogni caso lenergia di innesco per la combustione delle polveri infiammabili molto pi elevata che non quella sufficiente per i gas. Anche in questo caso la Norma EN 50281-3 cos come la EN 60079-10 per i gas, si basa su valutazioni analitiche che tengono in considerazione alcuni principi come la quantit di polvere presente nellambiente, lo spessore degli strati di polvere, i tempi di permanenza delle miscele nel corso dellanno. Alla fine di questa analisi ogni luogo pericoloso deve essere classificato in una delle seguenti tre zone in base alla frequenza di formazione e alla permanenza di una atmosfera esplosiva: ZONA 20 Un luogo in cui unatmosfera esplosiva sotto forma di una nube di polvere combustibile nellaria presente permanentemente o per lunghi periodi o frequentemente Un luogo in cui unatmosfera esplosiva sotto forma di una nube di polvere combustibile nellaria ha la probabilit di essere presente in maniera occasionale durante il funzionamento normale Un luogo in cui unatmosfera esplosiva sotto forma di una nube di polvere combustibile nellaria non ha la probabilit di essere presente durante il funzionamento normale ma che, se ci si verifica, persiste soltanto per un breve periodo di tempo

ZONA 21

ZONA 22

In ordine pratico possiamo considerare: Zona 20: Le condizioni richieste si presentano in contenitori, silos, tubi e recipienti. Zona 21: Questa zona pu comprendere luoghi nelle immediate vicinanze di punti di svuotamento e di riempimento e luoghi in cui si formano strati di polvere che hanno probabilit di originare durante il funzionamento normale una concentrazione esplosiva di miscele di polvere combustibile e aria. Zona 22: Questa zona pu includere luoghi in prossimit di apparecchiature, sistemi di protezione e componenti contenenti polvere da cui la polvere pu fuoriuscire da perdite e formare depositi (ad esempio stanze di macinatura in cui la polvere esce dai mulini e poi si deposita). 3. IMPIANTI IN LUOGHI PERICOLOSI PER LA PRESENZA DI POLVERI COMBUSTIBILI Oltre alle prescrizioni della EN 60079-14, per le installazioni in presenza di polveri combustibili, necessario seguire delle ulteriori prescrizioni, dettate dalla norma europea EN 50281-1-2. La caratteristica principale degli impianti destinati ad ambienti pericolosi per la presenza di polveri combustibili, quella di impedire il contatto delle sostanze pericolose con i componenti elettrici che possono scintillare o che sono in grado, in condizioni normali di utilizzo, di raggiungere temperature tali da innescarle. Tale obiettivo si raggiunge mediante luso di custodie che abbiano un particolare grado di protezione, a seconda dei casi, di IP6X o IP5X.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 31

Questo tipo di impianto elettrico adatto quindi per:


Zona 20 Zona 21 Zona 22

nelle quali il pericolo rappresentato da polveri infiammabili, ma non pu essere utilizzato in zone con presenza di gas e vapori. Le costruzioni elettriche che possono essere utilizzate in tali ambienti, sono le stesse utilizzabili per gli impianti ove vi sia la presenza di gas, vapori e nebbie; sono ammesse pertanto tutte le apparecchiature costruite seguendo uno dei modi di protezione normalizzati, a patto che le apparecchiature siano state anche testate e certificate per la protezione allingresso della polvere, secondo quanto previsto dalla Direttiva ATEX 94/9/CE per le polveri. Oltre alla certificazione di tipo per le costruzioni per gas, vapori e nebbie, quindi, le costruzioni elettriche dovranno essere marcate con il contrassegno specifico del tipo di protezione. In pratica a seconda delle zone di impiego, avremo la seguente situazione:

Zona 20 Protezione Contrassegno (ATEX 94/9/CE) IP6X II 1 D IP6X II 2 D

Zona 21 IP5X II 3 D

Zona 22

Le costruzioni elettriche devono essere protette contro le influenze esterne (per esempio, sollecitazioni meccaniche, termiche, aggressioni chimiche) alle quali potrebbero essere esposte. Tali misure non devono per, in nessun caso, interferire con il grado di protezione della custodia e con la sua normale dissipazione del calore. 3.1. Cavi I cavi di alimentazione, oltre che essere direttamente interrati, possono essere posti in tubazioni, o con altri sistemi che garantiscano in ogni caso il grado minimo di protezione previsto.

Per garantire una idonea protezione meccanica, fino ai 2,5 metri di altezza e nelle zone in cui sono possibili danneggiamenti, i tubi devono essere metallici conformi alla Norma UNI 8863, ed essere protetti

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 32

contro la corrosione tramite zincatura o con rivestimenti non propaganti la fiamma. Nelle parti di impianto non soggette a pericoli di danneggiamento meccanico, i tubi possono essere metallici, conformi alle Norme EN 50086-1 (Classificazione CEI 23-39) e EN 50086-2-1 (Classificazione CEI 23-54) oppure sufficiente che i tubi siano in materiale non combustibile. I cavi soggetti a movimenti nelluso, devono essere racchiusi in tubi flessibili di caratteristiche equivalenti a quelle dei tubi rigidi. Possono essere utilizzati cavi intrinsecamente sicuri contro i danni meccanici e impermeabili alla polvere, come:

cavi ad isolamento termoplastico o elastomerico, schermati o con armatura, con guaina in PVC, PCP o guaina similare; cavi racchiusi in una guaina in alluminio senza saldatura, con o senza armatura; cavi ad isolamento minerale, usati per a potenza ridotta, per limitare la temperatura superficiale;

I cavi devono essere posizionati in modo da evitare effetti di attrito ed accumulo di cariche elettrostatiche, dovute al passaggio di polvere. Quando i cavi sono disposti in canaline, condotti o cunicoli, si deve evitare il passaggio o il deposito di polvere combustibile in tali luoghi. necessario inoltre considerare la possibilit di accumulo di polvere sul cavo e, quindi, una diminuzione della dispersione di calore, ed usare pertanto cavi con portata maggiore, per ridurre il rischio di incendio causato da sovratemperature. 4. CONCLUSIONI Come abbiamo visto, negli impianti in cui si lavorano polveri ed in particolare in quelli dellindustria agroalimentare, i pericoli derivanti dalle nuvole o dagli accumuli di polveri sono molto alti e gli effetti possono essere esplosioni devastanti, come gi avvenuto nel passato e continua a ritmo incalzante anche al giorno doggi. Lapplicazioni delle nuove normative, pertanto, deve essere vista come un passo avanti nella strada verso la sicurezza di tutti quanti operano nellindustria e vissuta in modo positivo sia dai progettisti che dagli installatori che tali norme dovranno seguire per rendere maggiormente sicuri gli impianti. 4.1. Bibliografia R. Vittori Protezione elettrica antideflagrante II^ Edizione marzo 2000 Ed. Utet Gino Ronchail (INERIS) Studio del fenomeno dellesplosione di polveri nellindustria agroalimentare Norma Europea EN 50281-1-1 Norma Europea EN 50281-1-2 Norma Europea EN 50281-2-1 Norma Europea EN 50281-2-2 Norma Europea EN 50281-3

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 33

PARTE QUINTA 1. DIFFERENZE TRA MODO IL DI PROTEZIONE EEx d E IL MODO DI PROTEZIONE EEx e Una volta individuate all'interno di un impianto le varie zone di pericolo fondamentale operare la scelta sulle apparecchiature elettriche che possono essere installate in quella zona per scongiurare il pericolo di esplosione causato da scintille accidentali, archi o da sovratemperature superficiali. Fondamentalmente i criteri su cui si basano i diversi modi di protezione sono i seguenti: a. La possibile esplosione viene contenuta all'interno di apposite custodie a prova di esplosione (es. modo di protezione Ex d) b. Viene aumentata l'affidabilit dei componenti elettrici in modo che non scintillino in condizioni normali di utilizzo, e viene quindi ridotto a livelli molto bassi il rischio che l'apparecchiatura possa causare un'esplosione (es. modo di protezione Ex e) c. Viene impedito il contatto tra il componente elettrico che pu essere causa di innesco e l'atmosfera esplosiva (es. sistema Ex m)

d. L'energia messa in gioco anche in caso di guasto dell'apparecchio cos bassa da evitare qualsiasi innesco dell'atmosfera esplosiva (es. modo di protezione Ex i) Tralasciando volutamente i sistemi del tipo "c" e "d" che sono applicabili, il primo alla componentistica, ed il secondo soltanto alla strumentazione ed al controllo di processo, ove possano venire applicate soluzioni tecnologiche elettroniche, e dove ovviamente le tensioni e correnti in gioco sono bassissime, concentriamoci invece sui modi "a" e "b" che sono quelli maggiormente applicati negli impianti di sicurezza. Di questi due sistemi, il primo utilizzato soprattutto in aree di influenza statunitense, e nel bacino mediterraneo, ed il secondo usato in aree di influenza germanica, ed in modo particolare nel nord dell'Europa. Qui di seguito approfondiremo i concetti generali e cercheremo di fare un paragone dei due sistemi, e un'analisi sui pregi e i difetti di entrambi, considerando anche il fattore costo. 1.1. Modo di protezione EEx d - a prova di esplosione Il modo di protezione EEx d, a prova di esplosione, che risponde alla norma europea EN 50018 (CEI 311), si basa sul concetto di contenimento dellesplosione. In questo modo di protezione le apparecchiature elettriche vengono racchiuse in particolari custodie, studiate appositamente, in grado di contenere una eventuale esplosione interna, e di impedire la sua trasmissione all'atmosfera esterna alla custodia. Si sa che, mentre possibile, attraverso sistemi che impiegano guarnizioni, impedire lingresso di polveri o di liquidi allinterno di una apparecchiatura elettrica, praticamente impossibile impedire ad un gas o ad un vapore di propagarsi dappertutto e di infiltrarsi anche in sottilissimi pertugi. Pertanto la filosofia di questo modo di protezione quella di creare custodie sufficientemente robuste, adatte a sopportare la pressione sviluppatasi all'interno delle stesse (fino ad alcune decine di bar) e di impedire che eventuali prodotti ancora incombusti escano dalla custodia e vadano ad innescare il gas presente all'esterno, causando in tal modo una deflagrazione. Al contrario i gas combusti, prodotti dall'esplosione interna alla custodia, vengono laminati e raffreddati passando attraverso degli appositi giunti creati tra varie parti della custodia (Es: Corpo e coperchio) ed escono raffreddati ed incapaci di provocare l'innesco del gas all'esterno. Questa tecnica tradizionalmente la pi usata negli USA, Canada, Italia e in generale in tutto il bacino del Mediterraneo e nei paesi di influenza tecnologica americana. Inoltre, nonostante una accresciuta concorrenza da parte di altri sistemi di protezione, questo sistema mantiene una indiscussa validit per la maggior parte di applicazioni possibili in zona pericolosa. Il notevole vantaggio, che si traduce alla fine anche in un risparmio in termini di costo, sia iniziale che, soprattutto, di manutenzione, sta nel fatto che all'interno di queste custodie, viene installato materiale

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 34

elettrico standard, reperibile in commercio, in quanto qualunque apparecchiatura pu essere utilizzata semplicemente inserendola in una custodia della dimensione adatta.

Custodia EEx d - Sezione di un giunto di laminazione

Con questo sistema si sono create tutta una serie di prodotti, che vanno dai quadri elettrici di comando, alle armature illuminanti, alle prese e spine, e ogni tipo di apparecchio presente in commercio pu trovare la sua degna sistemazione in una custodia che pu essere costruita appositamente, o pi semplicemente adattata al caso specifico. Ogni componente prodotto autonomamente e la sua sicurezza non dipende dal comportamento di altri componenti. La solidit meccanica di questo tipo di costruzioni d notevoli garanzie che il livello di sicurezza si mantenga inalterato nel tempo, e la manutenzione ordinaria si risolve nella sostituzione delle apparecchiature elettriche all'interno delle custodie. Un punto a sfavore di queste apparecchiature dato dal tipo di impianto tradizionalmente eseguito in tubo con la necessit di inserire giunti di bloccaggio resinati per impedire il propagarsi dell'esplosione attraverso le tubature.

Impianto in tubo

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 35

A tale tipo di impianto, comunque, oggi si comincia a preferire il normale impianto in cavo con entrata diretta nelle custodie attraverso pressacavi antideflagranti idonei allo scopo.

Pressacavo EEx d - barriera

Questo tipo di impianto certamente il pi sicuro ed il pi economico in assoluto sia in fase di costruzione che, soprattutto, di manutenzione ordinaria. 1.2. Modo di protezione EEx e - Sicurezza aumentata Il modo di protezione a sicurezza aumentata, denominato EEx e, che risponde alla normativa europea EN 50019 (CEI 31-7), si basa sul concetto di prevenzione. Si cerca di applicare alle costruzioni elettriche misure tali da evitare, con un coefficiente di sicurezza elevato, la possibilit di produrre archi o scintille, e di raggiungere superficialmente temperature tali da innescare una esplosione. Questo modo di protezione, sviluppato in Germania e riconosciuto in Europa, non invece adottato in USA e Canada. La sicurezza aumentata indicata per la protezione di terminali, custodie di infilaggio e giunzione, armature illuminanti, motori elettrici non scintillanti, e molto spesso viene utilizzata in combinazione con altri tipi di protezione. Affinch la protezione "e" sia davvero efficace richiesto un altissimo livello sia nella tecnologia costruttiva, sia nella installazione che nella manutenzione degli impianti. Le prescrizioni costruttive, richieste dalla normativa, per ottenere un elevato coefficiente di sicurezza sia in servizio normale sia in caso di eventuali sovraccarichi ammessi, sono molto restrittive, e riguardano: le connessioni, i cablaggi, i componenti, le distanze sia in aria che superficiali, gli isolanti, la resistenza meccanica ad urti e vibrazioni, il grado di protezione delle custodie (IP). Il sistema pone dei grossi limiti ove sia richiesto l'uso di componenti come interruttori, deviatori, rel, etc. perch, al contrario della protezione "d", ove il materiale utilizzato standard di commercio, nel caso della sicurezza aumentata necessario utilizzare componentistica appositamente studiata, solitamente con protezioni di tipo "d" o "m" o "q", in quanto non la custodia a garantire la protezione antideflagrante, ma il singolo componente. E questo diventa un grosso handicap in caso di manutenzione ordinaria, sia per la difficile reperibilit dei componenti, sia per l'alto costo degli stessi. Inoltre, poich la sicurezza si fonda in questo caso sulla eliminazione delle cause di guasto a seguito del sovradimensionamento degli isolamenti, si pone il problema di quale sia il livello di sicurezza residuo dopo anni di esercizio, e di conseguenza il sistema richiede una accurata e continua manutenzione e sorveglianza. 1.3. Analisi di pregi e difetti dei due modi di protezione Entrambi i modi di protezione sono utilizzabili proficuamente per la maggior parte delle applicazioni di impiantistica elettrica industriale. Molto spesso si tende a preferire un modo di protezione rispetto ad un altro semplicemente per sentito dire o per convinzioni personali che si basano su esperienze negative fatte in passato. Come in tutte le cose, la perfezione non esiste e le varie apparecchiature devono essere scelte sulla base delle reali applicazioni allinterno di un impianto. Molto spesso il modo di protezione EEx e viene scelto perch la costruzione, nel 90% dei casi, utilizza

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 36

resine plastiche, come poliesteri o policarbonati, preferiti dai tecnici per la loro resistenza naturale alla corrosione marina e agli acidi forti, e dagli installatori per il loro basso peso e relativa facilit di installazione. I materiali EEx d, solitamente costruiti in lega di alluminio, sono impiegati in luoghi ove, oltre alla protezione antideflagrante, viene richiesta una buona protezione meccanica delle apparecchiature e dei cavi. Tenteremo con questa tabella di sintetizzare, sulla base di quanto visto sopra, quali siano i pregi e i difetti di un modo rispetto allaltro, fermo restando che, come dicevamo, un modo di protezione universalmente perfetto non esiste.

EEx d Alto grado di sicurezza Basso costo dei componenti Reperibilit dei ricambi Basso costo di mantenimento Lunga durata Estetica non gradevole Impianti in tubo complessi

EEx e Facilit di installazione Estetica gradevole

PREGI

DIFETTI

Costo elevato dei componenti Reperibilit dei ricambi Elevato livello tecnologico del produttore

1.4. Credenze da sfatare nel modo di protezione Ex "d" Molto spesso si sentono delle affermazioni errate sul modo di protezione EEx "d", derivanti da vecchie convinzioni ed approcci errati al sistema. Qui di seguito tentiamo di dare una risposta ai quesiti che pi frequentemente vengono posti dai progettisti e dagli installatori. a. L'impianto Ex "d" necessita di tubi e giunti di bloccaggio e di personale specializzato per il montaggio. In passato si sempre identificato il modo di protezione EEx d con il sistema di impianto in tubo. In questo tipo di impianto i conduttori corrono allinterno di particolari tubi di protezione metallici e lingresso nelle custodie a prova di esplosione avviene attraverso particolari raccordi, detti giunti di bloccaggio che, una volta terminato il cablaggio, vanno sigillati con delle resine apposite che non permettono, in caso di esplosione, che questa si propaghi al sistema di tubi di cui composto limpianto. La ragione di questa credenza in parte da ricondurre alla vecchia norma impiantistica italiana, la CEI 64-2, che schematizzava le tipologie di impianto in categorie rigide e predefinite. Limpianto in tubo, detto AD-PE, veniva sempre affiancato al modo di protezione EEx d, cos come limpianto in cavo, a sicurezza funzionale, AD-FE, veniva sempre affiancato al modo di protezione EEx e. Questo non assolutamente corretto, in quanto possibile entrare nelle custodie a prova di esplosione attraverso pressacavi antideflagranti studiati sia per cavi armati che per cavi privi di armatura. Questo sistema dimpianto, detto ad entrata diretta, sempre stato utilizzato nei paesi di influenza tecnologica britannica, in quanto gli inglesi hanno da sempre usato i pressacavi. In questo caso l'impianto del tutto simile ad un qualsiasi altro impianto elettrico di tipo industriale, e pu essere effettuato da personale non altamente specializzato. b. Le custodie Ex "d" sono costruite in alluminio e vanno incontro a corrosione Questo non del tutto errato, la maggior parte delle custodie viene effettivamente prodotta utilizzando la lega di alluminio, ma attualmente le leghe che si utilizzano sono leghe Alluminio Silicio, al 9% o al 13%, e contengono una percentuale in rame inferiore allo 0.05%.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 37

il contenuto di rame, infatti, che innesca la corrosione in presenza di elettroliti, ma se il suo contenuto controllato nella lega, come oggi avviene da parte dei costruttori pi qualificati, non si va incontro al fenomeno di corrosione, e non neppure necessario alcun trattamento superficiale. Nel passato, e alcuni produttori non troppo qualificati lo fanno ancora oggi, venivano utilizzate leghe di alluminio con un contenuto in rame fino allo 0.3%, fino a sei volte superiore a quello usato oggi dai produttori pi seri. Inoltre la resistenza e la resilienza di questo materiale alle basse temperature garantisce un'affidabilit decisamente superiore a quella delle resine sintetiche usate normalmente nei sistemi di protezione a sicurezza aumentata Ex "e". c. La manutenzione delle apparecchiature Ex "d" va fatta togliendo tensione. Questo vero, in quanto lapertura delle custodie in presenza di tensione, pregiudica la protezione antideflagrante in quanto, con eventuale presenza di gas, una qualunque causa di innesco, come un arco, una scintilla, o la sovratemperatura di un componente interno, pu facilmente causare una deflagrazione, con conseguenze facilmente prevedibili. In ogni caso comunque buona norma togliere tensione prima di operare all'interno di quadri o apparecchiature elettriche, e questo indipendentemente dalla presenza o meno di atmosfera esplosiva. In modo particolare la disputa sulloperare o meno in presenza di tensione, si manifestata alcuni anni fa e riguardava la possibilit di cambiare i tubi fluorescenti allinterno delle armature illuminanti. Pratica questa che viene fatta normalmente dai manutentori senza togliere tensione. Tale pratica possibile nelle armature illuminanti di tipo EEx e, in quanto, solitamente, previsto un interruttore di sicurezza che toglie tensione al momento dellapertura della calotta plastica. Al contrario una armatura di tipo EEx d, necessita dellapertura dei contatti prima di poter essere aperta. Da prove effettuate, per, risulta che lenergia presente nei circuiti una volta tolta tensione per almeno ancora 10 minuti sufficiente ad innescare unesplosione, se in presenza di gas con energie di innesco molto basse (come ad esempio lidrogeno). buona norma, pertanto, attendere almeno un quarto dora tra linterruzione della tensione e le operazioni di manutenzione sulle apparecchiature interne. d. La rimozione dei coperchi non semplice, dovendo rimuovere anche 30/40 bulloni. Questa un'altra credenza che deriva dalla esperienza di utilizzatori che hanno avuto a che fare con l'EEx "d" nel passato. Oggi i coperchi delle custodie sono quasi sempre avvitati e anche in caso di coperchi flangiati fissati per mezzo di viti, queste sono in numero molto limitato rispetto a quanto avveniva nel passato. Grazie ai miglioramenti tecnologici la resistenza meccanica di molto superiore che nel passato, permettendo la costruzione di custodie con spessori pi sottili, utilizzando tecnologie metallurgiche quali la pressofusione o la bassa pressione, le quali permettono di ottenere getti in alluminio molto pi leggeri che in passato, con caratteristiche meccaniche decisamente pi elevate. Questo fatto va a favore anche della leggerezza delle custodie che, rispetto al passato risultano essere molto pi maneggevoli per linstallazione. chiaro che lutilizzo di resine plastiche, da questo punto di vista, rende preferibile luso di custodie a sicurezza aumentata, che risultano in ogni caso essere pi leggere e, quindi, utilizzabili in quegli ambienti nei quali la resistenza meccanica non un requisito primario. e. In ambienti particolarmente umidi la condensa dell'aria pu creare problemi all'interno della custodia. Con l'applicazione di apposite valvole di drenaggio, studiate appositamente per l'utilizzo in atmosfera pericolosa, il problema della condensa interna pari a quello di una qualsiasi altra apparecchiatura o quadro elettrico.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 38

2. IL MODO DI PROTEZIONE Ex "n" Una possibile alternativa per le installazioni in Zona 2 Il rischio di presenza di atmosfera esplosiva nella Zona 2 di un impianto sempre stato considerato estremamente basso. Si calcola infatti che la probabilit di presenza di atmosfera esplosiva, in termini temporali, sia compresa tra complessivi 30" e un'ora nell'arco di un anno. La Zona 2, peraltro, rappresenta di fatto l'80% delle zone pericolose di un impianto e quindi i modi di protezione delle apparecchiature elettriche installabili in tali aree rivestono una grande importanza per il progettista, in quanto lutilizzo di apparecchiature sovradimensionate potrebbero comportare enormi sprechi in termini economici e nessun vantaggio in termini di sicurezza. Secondo i dettami della direttiva ATEX 94/9/CE le apparecchiature utilizzabili nelle varie zone di un impianto di superficie sono divise in diverse categorie come si vede nella segente tabella:
Gruppo Categoria 1G 2G II Superficie 3G 1D 2D 3D Presenza di atmosfera esplosiva Sempre, spesso o per lunghi periodi Probabile presenza Scarse probabilit e per breve tempo Sempre, spesso o per lunghi periodi Probabile presenza Scarse probabilit e per breve tempo Sostanza Gas, vapori, nebbie Gas, vapori, nebbie Gas, vapori, nebbie Polveri Polveri Polveri Livello di protezione Molto alto Alto Normale Molto alto Alto Normale Zona Zona 0 Zona 1 Zona 2 Zona 20 Zona 21 Zona 22

In termini pratici, seguendo la Direttiva Atex, potremmo considerare lutilizzo dei vari modi di protezione nel modo seguente:
Modo di protezione Ex ia Ex ma Ex d Ex e Ex ib Ex m Ex o Ex q Ex p Ex n adatto sovrabbondante proibito Definizione Sicurezza intrinseca ia Incapsulamento ma A prova di esplosione A sicurezza aumentata Sicurezza intrinseca ib Incapsulamento Immersione in olio Sotto sabbia A sovrapressione interna Modo di protezione n X X X X X X X X X Zona 0 Zona 1 Zona 2

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 39

Come si evince dalla tabella, il modo di protezione n considerato il miglior compromesso tra costi e sicurezza. Ma che cosa il Modo di protezione n, oggi ancora quasi sconosciuto in Italia ? Il modo di protezione n stato sviluppato moltissimi anni fa in Gran Bretagna, per poter essere utilizzato, con un sufficiente margine di sicurezza, in Zona 2, riducendo notevolmente i costi di acquisto delle apparecchiature con modi di protezione tradizionali, come lEx d o lEx e. Gi nel 1972, in Gran Bretagna, esistevano due norme che si riferivano a questo modo di protezione applicato rispettivamente alle apparecchiature elettriche e alle macchine rotanti: BS 4683 Part 3, Specification for electrical apparatus for explosive atmospheres. Type of protection "N". (oggi sostituita dalla BS 6941-1988); BS 5000 Part 16, Specification for rotating electrical machines of particular types or for particular applications. Type N electrical motors. Attualmente questa tecnica di protezione molto usata anche in Svizzera e negli Stati Uniti e in Canada dove viene denominata "non incendive". In Italia applicata molto raramente per non dire che praticamente sconosciuta, pur esistendo una norma, la CEI 31-11 del 1985, che la regolamenta. Recentemente stata pubblicata la Norma europea EN 50021 che standardizza questo modo di protezione a livello comunitario. E questo fatto molto importante se si considera, come detto pi sopra, che il campo applicativo di questo modo di protezione rappresentato dalla Zona 2, che rappresenta l80% delle zone pericolese. 2.1. Caratteristiche principali Il modo di protezione Ex "n" si basa sul concetto di prevenzione, impedendo, attraverso determinati accorgimenti tecnici, che le costruzioni elettriche durante il loro servizio normale, provochino l'innesco dell'atmosfera esplosiva circostante. Il principio che sta alla base del modo di protezione Ex "n" quello di non considerare guasti o situazioni anomale, inerenti la protezione contro le esplosioni, utilizzando criteri costruttivi tali da impedire che tali apparecchiature li possano provocare durante il servizio normale. Questo principio coerente con il criterio di rischio globale, che considera cio il pericolo di esplosione come la somma del rischio di presenza dell'atmosfera esplosiva e d'innesco da parte di un fenomeno elettrico o termico. necessario, per sposare questa tesi, considerare il fatto che stiamo parlando di apparecchiature previste per la categoria 3G, cio installabili solamente in Zona 2, nella quale la presenza di gas molto limitata e quindi il "rischio globale" risulta essere estremamente basso. In realt il modo di protezione Ex "n" un insieme di modi di protezione semplificati, che nella pratica quotidiana consente di realizzare qualsiasi tipo di costruzione elettrica, senza praticamente limiti dimensionali e di grandezza elettrica. Qui di seguito riportiamo alcuni esempi di apparecchiature che possono venir realizzate con questo modo di protezione: cassette di giunzione con morsetti unit di protezione a fusibili apparecchi illuminanti quadri elettrici e strumentali sistemi di misurazione e monitoraggio unit di comando, controllo e segnalazione motori elettrici 3 Con questo modo di protezione si possono realizzare indistintamente contatti di prossimit di pochi mm di volume, costruiti utilizzando ampolle reed contenute in piccole custodie a chiusura ermetica o motori elettrici di potenze molto elevate. 2.2. Caratteristiche costruttive Come detto nel paragrafo precedente il modo di protezione "n" un insieme di modi di protezione semplificati che prevede lapplicazione di tutte le varie tecniche note per la prevenzione delle esplosioni,

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 40

ossia il contenimento, la segregazione e la prevenzione, ma realizzate in modo semplificato. NellEx n possiamo trovare raggruppate tutte le caratteristiche dei modi di protezione usati per le apparecchiature impiegate in Zona 1, ma le caratteristiche costruttive sono modulate per un utilizzo che non prevede la protezione in caso di guasti. La nuova normativa europea suddivide le apparecchiature Ex n in due categorie principali: Apparecchiature non scintillanti Apparecchiature scintillanti Apparecchiature non scintillanti EEx nA Apparecchiature scintillanti Apparecchiature con contatti protetti EEx nC Respirazione limitata EEx nR Limitazione di energia EEx nL Pressurizzazione semplificata EEx nP

- apparecchiature non scintillanti (eex na) Le apparecchiature che nel corso del funzionamento normale non producono scintille, archi e non generano elevate temperature superficiali, tali da innescare una esplosione, sono considerate Non Scintillanti. In questa categoria si possono inserire le armature illuminanti, le custodie di derivazione, i motori elettrici asincroni a gabbia di scoiattolo. Le apparecchiature non scintillanti sono contraddistinte dal codice EEx nA. - apparecchiature scintillanti Le apparecchiature che nel corso del funzionamento ordinario possono invece produrre scintille, archi o presentare pericolose temperature superficiali, sono considerate Apparecchiature Scintillanti. Queste, secondo la nuova norma EN 50021, si dividono a loro volta in quattro categorie: EEx nR Custodie a respirazione limitata EEx nL Apparecchiature a limitazione di energia EEx nP Apparecchiature a pressurizzazione semplificata EEx nC Costruzioni elettriche scintillanti con contatti adeguatamente protetti EEx nR - Custodie a respirazione limitata Sono delle custodie costruite in modo tale da impedire o limitare l'ingresso dell'atmosfera esplosiva cos da poter garantire che la concentrazione di gas all'interno delle custodie non raggiunga mai il limite di infiammabilit. EEx nL - Apparecchiature a limitazione di energia Questo un modo di protezione analogo all'Ex "i" nel quale il circuito elettrico deve possedere una energia talmente bassa da non essere in grado, in condizioni normali, di produrre scintille, archi o sovratemperature tali da innescare l'atmosfera circostante. EEX NP apparecchiature a pressurizzazione semplificata In queste apparecchiature, durante il servizio ordinario, viene assicurata una sovrapressione interna con un gas di protezione, normalmente aria filtrata e sicura, che impedisce allatmosfera pericolosa di penetrare nella custodia. Il principio quello del modo di protezione EEx p. EEX NC costruzioni elettriche scintillanti con contatti protetti Queste apparecchiature presentano un metodo di costruzione che garantisce che non si verifichi lesplosione anche se avviene un contatto tra latmosfera e la fonte di innesco, o che garantisce limpossibilit di contatto tra atmosfera pericolosa e fattore innescante.

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 41

Questo modo di protezione si divide in: Dispositivi di interruzione a cella chiusa Componenti non innescanti Dispositivi a chiusura ermetica Dispositivi a tenuta Dispositivi incapsulati Dispositivi di interruzione a cella chiusa Questi sono dei dispositivi che hanno un modo di protezione analogo al modo di protezione Ex "d". In sostanza sono delle apparecchiature di interruzione che contengono contatti che aprono e chiudono un circuito elettrico e che quindi possono scintillare in condizioni normali (pulsanti, interruttori, deviatori, commutatori ecc.). Tali dispositivi sono costruiti in modo tale da essere in grado di sopportare una esplosione interna senza trasmettere la fiamma all'atmosfera circostante. Il volume interno libero, per, al 3 contrario che nelle apparecchiature Ex "d", non pu essere superiore ai 20 cm e la tensione e la corrente massima devono essere rispettivamente 690 V e 16 A. Componenti non innescanti Come per i dispositivi di interruzione a cella chiusa, anche in questo caso, i contatti di apertura e di chiusura di un circuito possono innescare l'atmosfera esplosiva, ma i meccanismi di contatto devono essere progettati e costruiti in modo da prevenire l'accensione del gas. 3 Questi particolari componenti non possono avere un volume interno libero superiore a 20 cm e valori di tensione e di corrente maggiori rispettivamente di 254 V e 16 A. Dispositivi a chiusura ermetica Sono dei dispositivi progettati e costruiti per impedire che l'atmosfera esterna, potenzialmente esplosiva, entri al loro interno, dove sono contenute apparecchiature in grado di innescarla. Tali dispositivi sono solitamente realizzati da custodie metalliche opportunamente saldate. La normativa EN 50021 ammette sia la saldatura a stagno, la brasatura, la saldatura elettrica, o fusione di vetro su metallo. Dispositivi a tenuta 3 Questi dispositivi, costruiti a tenuta, con volume interno libero non superiore a 100 cm , possono contenere apparecchiature scintillanti, ma non devono poter essere aperti durante il servizio normale. Dispositivi incapsulati 3 Questi dispositivi, con volume interno libero non superiore a 100 cm , che possono contenere apparecchiature scintillanti, devono essere racchiusi completamente in un composto di incapsulamento. 3. CERTIFICAZIONE E MARCATURA Trattandosi di apparecchiature di categoria 3G, secondo la classificazione della direttiva ATEX 94/9/CE, per le costruzioni elettriche con modo di protezione n non richiesta lapprovazione da parte di un organismo di certificazione. Per tale categoria, infatti, le procedure di valutazione della conformit sono semplificate. Il costruttore tenuto a predisporre, oltre alla dichiarazione di conformit alla direttiva, una documentazione tecnica che contenga gli elementi essenziali del progetto, gli esiti delle verifiche e delle prove necessarie per dimostrare il rispetto delle norme tecniche di riferimento. Non necessario, pertanto lesame CE di tipo da parte di un ente notificato. La marcatura dovr pertanto riportare: Il nome o il marchio del costruttore Lidentificazione ATEX del tipo Il simbolo EEx n seguito da:

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 42

o A per apparecchiature non scintillanti o R per custodie a respirazione limitata o L per apparecchiature a limitazione di energia o P per apparecchiature a pressurizzazione semplificata o C per le apparecchiature scintillanti con contatti protetti Il simbolo del gruppo II per le apparecchiature non scintillanti Il simbolo del gruppo di gas IIA o IIB o IIC (per le apparecchiature scintillanti con simbolo C o L) La classe di temperatura T Leventuale numero di certificato ed in questo caso anche il nome o il marchio dellente che lo ha rilasciato Il simbolo X se vi sono condizioni particolari di utilizzo

4. CONCLUSIONI Come detto allinizio, un modo di protezione universale e perfetto non esiste e anche in questa veloce rassegna, non siamo in grado di affermare se sia migliore il modo di protezione EEx d o il modo di protezione EEx e. Ogni apparecchiatura concepita e progettata per particolari applicazioni impiantistiche e ci che importante considerare che qualunque metodo valido se viene applicato seguendo i criteri tenuti in considerazione in fase di progettazione. La pericolosit non dovuta alle apparecchiature che, nel momento della loro costruzione, sono senz'altro idonee all'uso per le quali sono state prodotte, e presentano un elevato coefficiente di sicurezza, ma piuttosto al loro utilizzo e alla loro corretta manutenzione. Per evitare gli incidenti pertanto necessario attenersi alle regole di corretto uso e manutenzione degli impianti, e soprattutto scegliere le apparecchiature ed i tipi di impianto pi adatti in funzione del luogo e delle caratteristiche ambientali, dando priorit alla sicurezza delle apparecchiature. Inoltre, in chiusura, va fatta unimportante considerazione economica. Un buon progettista deve tenere in considerazione non soltanto il costo iniziale di una apparecchiatura, ma considerare anche il suo costo in termini manutentivi e di sorveglianza nel corso del tempo, se vuole aggiungere valore alla propria opera, in unottica di miglior servizio al proprio cliente. Il modo di protezione n, pur se praticamente sconosciuto come applicazioni, in Italia, da moltissimi anni viene utilizzato in altri paesi europei. Utilizzando questi modi semplificati di protezione le aziende produttrici di apparecchiature elettriche antideflagranti, potranno immettere sul mercato moltissimi nuovi prodotti, soprattutto per quanto riguarda le apparecchiature non scintillanti, come ad esempio le armature illuminanti, o i motori elettrici. Per ci che riguarda, invece, le apparecchiature scintillanti, i vari modi di protezione previsti dalla norma EN 50021 non credo porteranno dei grandi vantaggi rispetto ai modi di protezione tradizionale, in quanto implicano soluzioni progettuali abbastanza complicate, per apparecchiature che, pur essendo generalmente meno sicure, presenteranno costi vicini alle apparecchiature concepite per la Zona 1. Da quanto sinteticamente espresso nei paragrafi precedenti si pu concludere che in pratica la costruzione Ex "n" una costruzione industriale con requisiti un po' superiori idonea a garantire la sicurezza in un ambiente potenzialmente esplosivo che, come lo la Zona 2, presenta dei rischi molto limitati, sar il tempo che ci dir se gli utilizzatori sceglieranno questo nuovo metodo di protezione o se preferiranno rivolgersi a soluzioni gi ampiamente sperimentate e disponibili in commercio. 4.1 Bibliografia R. Vittori Protezione elettrica antideflagrante II^ Edizione marzo 2000 Ed. Utet Norma Europea EN 50014 Regole generali Norma Europea EN 50021 Modo di protezione Ex n R. Vittori Protezione elettrica antideflagrante II^ Edizione marzo 2000 Ed. Utet Norma Europea EN 50014 Regole generali Norma Europea EN 50018 Modo di protezione Ex d Norma Europea EN 50019 Modo di protezione Ex e

Forl 7 dicembre 2005 Pag. 43

You might also like