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■ Convegno
ISBN 978-88-95620-00-8
Copyright by A.I.CARR € 58,00
2-3 DI COPERTINA.QXD 8-06-2007 17:49 Pagina 1
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Condizionamento dell’Aria,
Riscaldamento, Refrigerazione
Energie rinnovabili:
tecniche e potenzialità
II
AICARR
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ISBN 978-88-95620-00-8
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presente volume.
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COMITATO D’ONORE
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PRESENTAZIONE
Le recenti disposizioni legislative 192/05 e 311/06 e la quasi
concomitante attivazione del “conto energia” hanno portato rapida-
mente alla ribalta le fonti rinnovabili. Di queste anche il pubblico con
preparazione tecnica conosce spesso soltanto il nome; ne conosce poco
o nulla le potenzialità, le tecnologie, i costi. Sono lacune che vanno
colmate al più presto da parte dei progettisti, chiamati ad applicare
correttamente queste tecniche. I costruttori devono recuperare un
grave ritardo nei confronti di paesi come la Germania, la Danimarca
o la Svezia che già da anni hanno realizzato un'industria del settore
che vede nel mercato italiano, come sta già avvenendo per la Spagna,
ottime prospettive di penetrazione.
Questi sono i motivi che hanno spinto l'AICARR, anche a fron-
te dei segnali di forte interesse ricavabili dalle numerose adesioni alla
Scuola AICARR alle lezioni su queste tematiche, a scegliere quest'an-
no per il Convegno di Padova-Bari-Catania il tema delle fonti rinno-
vabili. Si parlerà di solare termico e fotovoltaico, idroelettrico, geo-
termico, eolico, biomasse senza dimenticare la collocazione delle rin-
novabili nel recente quadro normativo e legislativo. Attraverso relazio-
ni su invito sulle diverse tecnologie e numerose relazioni libere su
applicazioni delle stesse, si vuole dare un primo contributo a colmare
un ritardo di oltre vent'anni prodotto dall'inerzia delle Istituzioni e
dalla mancanza di un piano energetico nazionale.
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VII
INDICE
pag.
Fabbisogni e risorse di energia: potenzialità delle fonti rinnovabili (rela- 11
zione ad invito)
Alberto Cavallini, Dipartimento di Fisica Tecnica, Università di Padova
VIII
pag.
Impianto di cogenerazione, teleriscaldamento e telerefrigerazione alimen- 209
tato a biomasse legnose vergini
Antonio Matucci, Marco Frittelli, CRIT Srl, Sesto Fiorentino FI
Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscal- 383
damento
Franco Cipriani, Facoltà di Architettura L. Quaroni, Università La Sapienza, Roma
Giorgio Galli, Dipartimento di Fisica Tecnica, Università La Sapienza, Roma
Indice
1
RIASSUNTO
energetiche presenti nel nostro mondo in quantità finita (limitata), e la cui possibilità di
solare. Ogni anno la potenza radiante solare che colpisce il nostro pianeta ammonta a 5,4
106 EJ/anno; di questa circa il 30% è riflessa verso lo spazio, mentre la rimanente parte
di 3,8 106 EJ/anno è assorbita dalla Terra: quasi ottomila volte il consumo energetico
attuale dell'umanità (circa 480 EJ/anno).
Tabella 2 - Anidride carbonica sviluppata per unità di energia prodotta (potere calorifico
inferiore) nella combustione di combustibili fossili.
S V IL U P P O D I C O 2 N E L L A C O M B U S T IO N E D I C O M B U S T IB IL I F O S S IL I
C o m b u stib ile (p rod otto tip ico) C arbon e P etrolio G as N atu rale
C O 2 svilu p p ata [k g/k W h t ] 0,36 0,27 0,20
solo un parametro da riguardare come indicativo della disponibilità residua della fonte.
Si vede come i combustibili solidi costituiscano la risorsa fossile con maggiore
disponibilità, ma purtroppo è anche quella che induce il più severo impatto da effetto
serra antropico (cfr. la Tabella 2), almeno se mai troveranno applicazione pratica sistemi
di sequestro (immagazzinaggio non nell'atmosfera terrestre) dell'anidride carbonica, in
fase di ricerca almeno per i grandi impianti termoelettrici.
2. FABBISOGNO DI ENERGIA
Figura 1 - Partecipazione delle diverse fonti energetiche primarie al fabbisogno mondiale di energia nel 2005.
cavallini 5-06-2007 14:16 Pagina 5
Figura 2 - Partecipazione delle diverse fonti alla totale produzione di energia rinnovabile
(biomasse incluse) nel Mondo, 2005.
Si vede come la fonte fossile (petrolio, carbone e gas naturale) copra circa l'85%
dei fabbisogni, la quota rimanente essendo soddisfatta in parti circa uguali dal nucleare
e dalle rinnovabili (sostanzialmente costituite dall'idroelettrico e dalle biomasse, come
mostra il diagramma di Figura 2, che fornisce la percentuale di concorso delle diverse
fonti rinnovabili alla totale produzione mondiale 2005 di energia rinnovabile, geotermia
inclusa).
Se si considerano l'atteso aumento della popolazione mondiale (da 6 miliardi di
persone ad inizio secolo a circa 9 miliardi nel 2050), lo sviluppo economico e la
necessità di aumentare il tenore di vita della parte più povera della popolazione
mondiale, ben si comprende la previsione di un forte incremento della richiesta mondiale
d'energia nel futuro prossimo. Secondo alcuni scenari [1], la domanda di energia
raddoppierà da qui al 2050. Secondo una fonte autorevole [2], nel periodo 2003-2030 la
richiesta d'energia a livello mondiale è destinata a crescere al ritmo medio del 2% per
anno (0,7% per anno in Europa, 1,3% per anno in NordAmerica, 3,7% per anno in Asia,
2,8% per anno in America Centrale e Meridionale). In questo scenario, la percepita
scarsità delle risorse petrolio e gas naturale con conseguente incremento di costo,
spingerà certamente ad un aumento nell'utilizzo del carbone, la risorsa fossile più
abbondante, soprattutto nelle aree geografiche con elevata disponibilità di questa fonte
ed in rapida espansione economica (Cina, India, Indonesia, Sud Africa); il carbone è già
attualmente la sorgente primaria maggiormente sfruttata a livello mondiale per la
produzione termoelettrica. Il futuro per l'ambiente non si presenta quindi con incorag-
gianti prospettive.
Figura 3 - Evoluzione del consumo energetico in Italia, e distribuzione per fonte nel 2005.
per il 5,5% da importazioni nette di energia elettrica, ottenuta pressoché totalmente dalla
Francia, ove la produzione elettrica è per quasi l'80% di origine nucleare.
L'apporto totale delle fonti rinnovabili (geotermia inclusa) ammonta al 6,8% del
totale, non di molto superiore all'importazione netta di energia elettrica; le differenti
fonti partecipano secondo quanto indicato nel diagramma a torta di Figura 4.
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Figura 4 - Partecipazione delle diverse fonti alla totale produzione di energia rinnovabile
(biomasse incluse) in Italia, 2005.
Nel 1997 l'Unione Europea si era posta l'obiettivo di raddoppiare, entro il 2010,
l'apporto delle fonti rinnovabili ai propri consumi interni d'energia, passare cioè da 74,3
Mtep/anno nel 1995 a 150 Mtep/anno nel 2010 (12% del totale). Nel 2005 l'apporto delle
energie rinnovabili per l'EU-15 è stato di 114,8 Mtep/anno, con un incremento del 55%
rispetto al 1995. Nonostante i notevoli progressi compiuti, le proiezioni attuali indicano
che nel 2010 l'apporto delle fonti rinnovabili al consumo interno europeo ben
difficilmente supererà il 10%, mancando quindi l'obiettivo iniziale.
La ragione più evidente di questo insuccesso è da ricercare nel fatto che nella gran
maggioranza delle situazioni, allo stato attuale di sviluppo le fonti energetiche
rinnovabili non costituiscono l'opzione a breve termine meno costosa in assenza di
incentivi economici o comunque di norme legislative premianti
Peraltro, contrariamente a quanto accaduto per le fonti tradizionali (fossili)
d'energia, le fonti rinnovabili negli ultimi vent'anni registrano cali consistenti e costanti
nei costi: ad esempio il costo dell'energia elettrica da fonte eolica è calato di circa il 50%
negli ultimi 15 anni (con le dimensioni massime dei generatori cresciute di 10 volte),
mentre il costo dei sistemi fotovoltaici solari è calato del 60% rispetto al 1990.
Nonostante ciò il ricorso alle energie rinnovabili è mediamente ancora più costoso del
ricorso alle tecnologie convenzionali, come mostra la Tabella 4, anch'essa elaborata in sede
europea [5]. La Tabella presenta, per applicazioni nell'ambito europeo, il campo di
variabilità dei costi netti delle differenti fonti energetiche (l'imposizione fiscale può alterare
completamente il quadro), senza considerare i costi esterni (causati cioè dagli impatti
negativi esterni conseguenti l'utilizzo di una fonte energetica; ad esempio, l'emissione di SO2
da parte di un impianto termoelettrico che impiega carbone, e che causa danni quantificabili
agli edifici nell'area). Da notare che il costo delle energie rinnovabili varia molto in funzione
delle risorse locali e delle tecnologie considerate. Inoltre il conteggiare gli oneri esterni
certamente migliorerebbe il confronto dei costi a vantaggio delle sorgenti rinnovabili.
In questa situazione un maggior ricorso alle fonti rinnovabili d'energia può solo
essere indotto da provvedimenti incentivanti e assetti legislativi premianti, in maniera da
innescare un processo virtuoso che possa rendere queste tecnologie maggiormente
competitive anche a livello di costo attraverso la produzione di massa, più investimenti
nella ricerca applicata con conseguente miglioramento delle prestazioni. L'evoluzione
del costo dell'energia primaria tradizionale è un ulteriore elemento importante a questo
riguardo.
L'Europa sembra ora intenzionata ad imboccare questa strada con decisione. La
Commissione Europea infatti, come illustrato nel già citato documento [5], dopo attenta
considerazione di fattibilità e potenzialità sia tecnica che economica, è giunta alla
conclusione che una quota del 20% di energie rinnovabili nel mix energetico della UE è
un obbiettivo possibile e necessario nel medio periodo. La Commissione propone
pertanto che l'UE fissi un obiettivo obbligatorio (giuridicamente vincolante) di una quota
del 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico totale nel 2020, di conseguenza
proponendo anche un nuovo quadro legislativo in materia di promozione e di utilizzo
delle energie rinnovabili. Le proposte di queste misure legislative, assieme alle
disposizioni destinate a favorire la maggior diffusione delle fonti energetiche rinnovabili
nei settori della produzione di energia elettrica, uso finale termico e uso finale nei
trasporti, ivi compresi i necessari meccanismi di controllo, dovrebbero essere presentate
entro il 2007. Il raggiungimento di questo obiettivo permetterà di ridurre le emissioni di
CO2 in atmosfera di circa 700 Mt/anno, riducendo nel contempo la domanda di
combustibili fossili di più di 250 Mtep/anno, di cui circa 200 Mtep/anno di importazione.
Negli intendimenti della Commissione Europea, le fonti energetiche rinnovabili
nell'UE-27 da qui al 2020 dovrebbero avere le seguenti potenzialità di sviluppo:
stesso modo, se tutta l'UE raggiungesse i livelli della Germania e dell'Austria per quanto
concerne gli impianti solari termici, il guadagno d'energia ammonterebbe a 12
Mtep/anno. La Commissione conclude che gli obiettivi in questo settore potrebbero
essere in gran parte raggiunti semplicemente generalizzando le migliori pratiche attuali.
Settore dei Trasporti: nel 2020 il contributo dei biocarburanti potrebbe ammontare
a 43 Mtep/anno, corrispondente al 14% del totale mercato europeo dei carburanti per il
trasporto. La crescita sarebbe garantita sia dal bioetanolo (attualmente 4% del mercato
della benzina in Svezia; in Brasile, leader mondiale, il bioetanolo rappresenta
attualmente più del 20% del mercato delle benzine), ed il biodiesel (che rappresenta già
il 6% del mercato del diesel in Germania, leader mondiale). I cereali provenienti da
produzione interna e la canna da zucchero tropicale sarebbero le principali materie prime
utilizzate per la produzione di etanolo, alle quali si aggiungerebbe successivamente
l'etanolo cellulosico prodotto a partire da paglia e rifiuti. L'olio di colza, di produzione
interna e di importazione, resterebbe la principale materia prima utilizzata per la
produzione di biodiesel, integrata da ridotte quantità di soia e di olio di palma e, succes-
sivamente, dai biocarburanti della seconda generazione, ossia il diesel Fischer-Tropsch,
prodotto soprattutto a partire da legno coltivato.
Infine la Tabella 5 riporta, per i tre principali settori di impiego finale delle fonti
primarie rinnovabili (Produzione Elettrica, Produzione Termica e Trasporti), le potenze
(o altre quantità) nominali installate alla fine del 2005 (quantità prodotta nel 2005 per i
biocombustibili), assieme ai tassi di crescita. Per permettere un confronto. i dati sono
riportati globalmente per l'intero mondo, per L'Europa (EU-25) e per l'Italia.
cavallini
Generatori Eolici 59 GW 11,5 GW 24% 40,5 GW 6,2 GW 18,1% 1,64 GW 0,51 GW 44,8%
Centrali a Biomassa 44 GW 2-3 GW ---
Centrali Geotermiche 9,3 GW 0,3 GW 3%
3,1 GW 1,1 GW 55% 1,69 GW 0,64 GW 60% 0,025 GW 0,0065 GW 34,8%
Solare FV (in rete) 650.000 200.000
Pagina 11
---
case case
Solare FV (in isola) 2,3 GW 0,3 GW 15% 0,100 GW 0,0085 GW 9,3 % 0,012 GW 0,0003 GW 2,5%
Solare Termodinamico 0,4 GW ~0 ---
Centrali a marea 0,3 GW ~0 ---
Settore Produzione Energia Termica
Utilizzo Biomasse 220 GWth ? ---
Collettori Solari Termici 88 GWth 13 GWth --- 12,1 GWth 1,33 GWth 12,4% 0,37 GWth 0,050 GWth 15,7%
con copertura/e 125 106 m2 19 106 m2 14% 17,3 106 m2 1,91 106 m2 12,4% 0,53 106 m2 0,072 106 m2 15,7%
Riscaldam. Geotermico 28 GWth 2,6 GWth 9% 7,49 GWth 0,89 GWth 13,5% 0,61 GWth 0 --
Settore Produzione Carburanti per Trasporti
Produzione Etanolo 33 109 L/yr 2,5 109 L/yr 8% 0,9 109 L/yr 0,4 109 L/yr 70,8% --- --- ---
Produzione Biodiesel 3,9 109 L/yr 1,8 109 L/yr 85% 3,6 109 L/yr 1,4 109 L/yr 64,7% 0,45 109 L/yr 0,09 109 L/yr 23,8%
LEGENDA
2005: potenza nominale installata o quantità presente alla fine del 2005. Per i biocombustibili: produzione nel 2005.
ǻ04-05: incremento della potenza o quantità o produzione nel 2005 rispetto al 2004.
Fabbisogni e risorse di energia: potenzialità delle fonti rinnovabili
BIBLIOGRAFIA
[1] ENEA - Rapporto Energia e Ambiente 2006, Analisi e Scenari. Aprile 2007.
[2] International Energy Outlook 2006.
[3] Ministero dello Sviluppo Economico, DG dell'Energia e delle Risorse Minerarie.
Bilancio Energetico Nazionale 2005 (Definitivo 22 dicembre 2006).
[4] Commissione delle Comunità Europee - Comunicazione della Commissione al
Consiglio Europeo ed al Parlamento Europeo: Una politica Energetica per
l'Europa, Bruxelles, 10.1.2007. COM(2007) 1 definitivo.
[5] Commissione delle Comunità Europee - Comunicazione della Commissione al
Consiglio Europeo ed al Parlamento Europeo: Tabella di marcia per le energie
rinnovabili - Le energie rinnovabili nel 21° secolo: costruire un futuro più
sostenibile, Bruxelles 10.1.2007. COM(2006) 848 definitivo.
[6] RENEWABLES - Global Status Report, 2006 Update. REN21.
[7] 6th Report - State of Renewable Energies in Europe, 2006. EurObserv'ER.
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Indice
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Tecnologia e applicazioni
del solare termico
RENATO LAZZARIN
Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali dell'Università di Padova, Vicenza
RIASSUNTO
Ogni applicazione del solare termico deve tener conto della radiazione disponibile
che viene stimata a partire da dati storici raccolti nelle diverse località. L’elemento tipico
del solare termico è il collettore solare piano, la cui semplice struttura si è nel tempo
perfezionata con il ricorso a superfici selettive o a tubi sottovuoto con l’intento di
migliorarne l’efficienza. Il collettore solare piano opera per lo più con liquido ma sono
stati realizzati soprattutto negli USA collettori solari ad aria.
È possibile anche il ricorso a sistemi di captazione a concentrazione. Nel solare
termico questi sistemi sono prevalentemente di tipo fisso, in particolare con elementi
riflettenti a parabola composta (CPC) o piani. Elementi importanti dell’impianto solare
sono l’accumulo dal cui dimensionamento e geometria corrette possono dipendere
fortemente le prestazioni complessive di impianto ed il sistema di regolazione, che
decide, con conseguenze altrettanto importanti, la gestione dell’impianto stesso.
Gli impianti del solare termico possono essere a circolazione forzata o naturale. Le
applicazioni tipiche sono i riscaldamenti a bassa temperatura, quali quelli dell’acqua
sanitaria o di processo, dell’acqua di piscine ed infine di acqua od aria al servizio di un
impianto di riscaldamento. Risulta possibile altresì il ricorso del solare termico anche
nella produzione del freddo con sistemi molto diversi fra di loro, ma con prevalente
ricorso a macchine frigorifere ad assorbimento.
Un elemento fondamentale nel dimensionamento e nella valutazione economica
dell’impianto è la previsione attendibile dell’energia che l’impianto può mettere a
disposizione su base mensile. In molti casi tale previsione può essere ottenuta con un
procedimento relativamente semplice e ormai molto conosciuto e sperimentato: la
carta-f.
è l’energia o la potenza specifica cioè per unità di superficie captante. Il suo valore si può
stimare facilmente al di fuori dell’atmosfera: è in media attorno a 1353 W/m2 su di una
superficie normale ai raggi del sole e tale valore caratteristico prende il nome di costante
solare. La potenza ricevuta per irraggiamento varia al di fuori dell'atmosfera a seconda
della giacitura della superficie: infatti vale la legge geometrica del coseno, dal momento
che la potenza sopra indicata vale per unità di area proiettata sul piano normale ai raggi.
La situazione cambia radicalmente quando arriva al livello del suolo: il primo motivo
è l’assorbimento atmosferico. La radiazione si divide in una componente diretta che
conserva il comportamento geometrico del raggio solare ed in una componente diffusa,
derivante dall’interazione della radiazione con l’atmosfera. Questa componente non ha una
disposizione geometrica definita ma si può dire che provenga da tutte le direzioni (e infatti
non produce ombra). Un secondo motivo altrettanto e forse più importante è legato alla
meteorologia e quindi alla variabilità delle condizioni atmosferiche.
L’assorbimento atmoferico pesa in funzione del tipo di atmosfera attraversata e del
cammino percorso (e quindi della posizione del sole nel cielo): con il sole vicino allo zenith
ed con atmosfera trasparente si ha una potenza su superficie normale dell’ordine di 1 kW/
m2. Questo valore diminuisce sempre su superficie normale ai raggi quando la massa di
aria attraversata aumenta, con valori fortemente dipendenti dalla turbidità atmosferica.
Per quanto riguarda invece il comportamento legato agli eventi meteorologici, si
effettuano delle previsioni, ricorrendo ai dati raccolti nel passato. Non si può affermare
con sicurezza quanta energia sarà disponibile nel prossimo mese, ma si può avere un
grado di fiducia sufficiente per molte applicazioni sull’entità dell’energia che in media
risulterà disponibile in un certo mese e in una certa località. Per questo motivo risultano
di grande utilità i dati storici di radiazione rilevati finalmente in modo sistematico in
molte località del territorio nazionale.
In una certa località la radiazione media che una superficie può captare non dipende solo
dal periodo dell’anno e dalle condizioni meteorologiche incontrate, ma dalla giacitura della
superficie. Quest’ultima caratteristica condiziona notevolmente sia l’energia captata su base
annuale che ancor più quella disponibile su base temporale più breve (ad esempio un mese).
Il dato storico normalmente disponibile per la radiazione è il valore giornaliero
medio mensile su di una superficie orizzontale. Di qui si deve passare al valore su
superficie inclinata e lo si può fare con algoritmi che tengono conto non solo della
geometria che intercorre fra raggio solare e superficie, ma anche della diversa possibile
distribuzione della radiazione nelle sue componenti diretta e diffusa e che di solito si
deve stimare a partire dall’indice di serenità (rapporto fra radiazione globale rilevata al
suolo e il valore al di fuori dell’atmosfera su superficie orizzontale).
Quasi sempre nel solare termico la superficie captante resta fissa nella sua
posizione ed è quindi importante identificare quale sia la giacitura preferibile. Essa
dipende per lo più dalla latitudine ed orientativamente si può fare riferimento agli
andamenti illustrati in fig. 1. Essi riportano il valore giornaliero per giacitura orizzontale,
verticale, inclinata di 30° e di 60° per una superficie rivolta verso l’equatore e
posizionata ad una latitudine di 40° in funzione del periodo dell’anno. Si vede come una
superficie orizzontale presenti un valore massimo in corrispondenza al solstizio estivo,
mentre la superficie verticale dia i valori più alti nel periodo invernale con valori assai
bassi invece durante l’estate. I risultati migliori fra quelli riportati sono relativi ad una
superficie inclinata come la latitudine-10°, mentre si ottengono valori buoni e migliori
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della superficie verticale durante l’inverno per un’inclinazione pari alla latitudine + 20°.
Una domanda che viene posta spesso è quanto ci si perda a non seguire il percorso del
sole se non su base giornaliera, almeno su base stagionale. La questione forse meno
importante per il solare termico per il quale i costi e i pesi probabilmente non giustificano la
realizzazione di un sistema di inseguimento, può essere di grande interesse per il fotovoltaico.
Una prima risposta può essere fornita dal grafico di fig. 2 che illustra l’entità della
radiazione giornaliera disponibile nei 6 mesi dell’anno attorno all’equinozio di fine estate
alle latitudini di 30° e 45°. Il riferimento è alla radiazione orientativamente captata da una
superficie ad inseguimento continuo del sole e che viene confrontata con una giacitura fissa
orizzontale, inclinata quanto la latitudine e infine quanto la latitudine +15° e verticale.
Fig. 1 - Variazione della radiazione giornaliera incidente su di una superficie rivolta verso l'equatore per
diverse giaciture in funzione del periodo dell'anno (latitudine 40°)
Fig. 2 - Radiazione specifica giornaliera nel corso di metà anno centrato sull'equinozio di fine estate alle
due latitudini di 30° e di 45° per superficie ad inseguimento continuo del sole (curve superiori) e per
giacitura orizzontale, pari alla latitudine, alla latitudine + 15° e verticale.
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La penalizzazione per aver mantenuto la giacitura fissa è dell’ordine del 50% nei
mesi estivi mentre si riduce notevolmente nei mesi invernali. Un discorso diverso vale sia
per inclinazione pari alla latitudine + 15° che ancor più per giacitura verticale. Qui la
penalizzazione nei mesi estivi dimezza o addirittura riduce fino a 4-5 volte l’entità della
radiazione captata. Questo deve far riflettere i progettisti dei sistemi integrati in facciata di
edificio che possono risultare gravemente inefficienti proprio per la loro giacitura verticale.
Un sistema ad inseguimento continuo presenta valori di radiazione incidente nel
corso della giornata sempre superiori a quelli di un collettore fisso che può raggiungere
al più il max valore al mezzogiorno solare nel corso di un equinozio per inclinazione pari
alla latitudine (fig. 3). La figura evidenzia come oltre che un valore superiore di energia
giornaliera captata, il sistema ad inseguimento, fornisca valori sistematicamente
superiori che risultano assai vantaggiosi quando il sistema per funzionare richiede una
soglia di radiazione da superare.
Fig. 3 - Flusso solare (kW/m2) nel corso di una giornata nel corso di un equinozio per un collettore fisso
inclinato quanto la latitudine per per un collettore ad inseguimento continuo. Sono riportati anche i valori
energetici medi per le due situazioni, mediati sulle 24 h.
Fatte queste posizioni può risultare utile la tabella riassuntiva dei valori di radiazione
annua disponibile nelle diverse situazioni (Tabella I). Ancora più utile risulta la Tabella
II che riporta il valore giornaliero tipico di radiazione nel corso dell’equinozio e dei
solstizi per diverse geometrie di disposizione e movimento delle superfici di captazione.
Di fatto la stragrande maggioranza delle applicazioni del solare termico è
comunque ad orientazione fissa.
contenitore che ospita sia gli schermi trasparenti che l’isolante e protegge il collettore
solare dagli agenti atmosferici. Per garantire una lunga resistenza del contenitore, esso
viene realizzato spesso in acciaio inox o in alluminio.
La fig. 7 evidenzia un semplice schema di un collettore solare piano. Si nota lo
schermo trasparente nella parte superiore. Esso è per lo più realizzato in vetro, per la
caratteristica nota del vetro di risultare molto trasparente alla radiazione solare, ma poco
o nulla trasparente alla radiazione termica che si sviluppa dalla piastra calda.
Fig. 10 - Comportamento ottico di una superficie selettiva al variare della lunghezza d'onda della radiazione incidente
La fig. 11 illustra le possibili dispersioni che si possono avere con diverse configu-
razioni del collettore, fissata una temperatura di 80°C per la piastra, per una temperatura
dell’aria di 10°C e una velocità del vento di 2 m/s. Si vede che il passaggio a doppio vetro,
ovvero a superficie selettiva per la piastra permette di dimezzare le dispersioni in tali
condizioni. Ancora meglio si può fare con doppio vetro e superficie selettiva, ma si tratta di
una configurazione generalmente non utilizzata per la riduzione di trasparenza dovuta al
doppio vetro e per il maggiore peso (anche se il vetro interno può essere realizzato di spessore
ben più ridotto). Si osservi che il valore di dispersione è una sorta di soglia di radiazione per
quella temperatura operativa del collettore. In altri termini, qualora la radiazione non superi
il valore indicato, il collettore non è in grado di raccogliere energia utile.
Fig. 11 - Dispersioni complessive, per radiazione e convezione (W/m2) per diverse configurazioni di colletto-
re solare; temperatura della piastra 80°C, temperatura dell'aria esterna 10°C, velocità del vento 2 m/s
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Fig. 12 - Rendimento di diverse configurazioni di collettori solari in funzione della temperatura del fluido
all'ingresso per un'intensità della radiazione solare di 750 W/m2
Fig. 15 - Confronto fra rette di efficienza attribuibili a diverse configurazioni del collettore solare
Fig. 16 - Collettore solare a tubi sotto vuoto sovrapposti ad una piastra captante (collettore Philips)
Gran parte dei sistemi sottovuoto prevede che anche la sezione di captazione sia
all’interno del tubo nella forma di solito di una lamina metallica selettiva collegata con dei
tubicini in cui circola il fluido. Questi solitamente prevedono ingresso e uscita dallo stesso
lato del tubo in modo da minimizzare i problemi di tenuta del vuoto particolarmente critici
nella zone di contatto vetro-metallo che presentano coefficienti di dilatazione diversi. Una
possibile sezione è quella riportata in fig. 17, dove si notano il doppio tubo di andata e ritorno,
gli elementi di tenuta nella zona di entrata e di uscita e il getter, che è un elemento metallico,
di solito realizzato in bario, che ha la funzione di eliminare con efficacia i gas residui dopo
che il tubo è stato posto sotto vuoto. Il getter, opportunamente riscaldato, vaporizza e si
combina con i gas residui, formando una pellicola argentea all’estremità del tubo.
Fig. 17 - Tubo sotto vuoto a piastra captante in rame e tubo di circolazione a U per il fluido termovettore
(collettore solare Corning)
Per lo scambio termico in questi collettori esiste un’altra soluzione con il ricorso
ad un tubo di calore. Si tratta di un elemento sigillato contenuto all’interno del tubo
sottovuoto e in buon contatto termico con la piastra captante che contiene un fluido che
può cambiare di fase alle temperature operative del collettore (fig. 20). Il fluido, di solito
appartenente alla famiglia dei refrigeranti, passa da fase liquida a vapore, riscaldato dallo
scambio termico con la piastra. Il vapore passa nella parte alta del tubo, raffreddata
dall’acqua che circola nell’impianto (fig. 21). Tale soluzione presenta il vantaggio di
semplificare molto la parte idraulica del circuito con perdite di carico assai più ridotte
che con le precedenti soluzioni. Inoltre limita il possibile riscaldamento del fluido che
scorre nell’impianto. Questo in condizioni di stagnazione del collettore si può portare a
temperature così elevate da creare dissociazione nella molecola dell’antigelo aggiunto
all’acqua con conseguente acidificazione dello stesso e aumento della corrosività.
Fig. 20 - Tubo sottovuoto con elemento captante Fig. 21 - Particolare del collegamento del tubo di
collegato ad un tubo di calore calore con il circuito a liquido dell'impianto
Benché in Europa i collettori ad aria siano scarsamente utilizzati, vale la pena farne
cenno, sia per il loro impiego piuttosto ampio negli USA che per la loro utilità in alcune
applicazioni, particolarmente nel riscaldamento dell’aria di rinnovo degli edifici.
La struttura di questi collettori è piuttosto semplice: di solito l’aria scorre a lama
fluida a contatto con una piastra captante: il fattore limitativo allo scambio termico
imputabile al basso coefficiente di convezione fra aria e parete è in parte temperato dalla
possibilità di utilizzare per lo scambio l’intera superficie captante (fig. 23). Esiste anche
una versione di collettore ad aria a tubi sottovuoto (fig. 24).
La Tabella III riassume le possibili prestazioni dei diversi collettori fin qui descritti.
Tabella III - Prestazioni tipiche di diverse tipologie di collettori solari piani a liquido o
ad aria
7LSRGLFROOHWWRUH )5WDQ )58F:P.
3LDVWUDQRQVHOHWWLYDYHWUROLTXLGR
3LDVWUDVHOHWWLYDYHWUROLTXLGR
3LDVWUDQRQVHOHWWLYDYHWULOLTXLGR
3LDVWUDVHOHWWLYDYHWULOLTXLGR
3LDVWUDQRQVHOHWWLYDYHWURDULD
3LDVWUDVHOHWWLYDYHWURDULD
7XELVRWWRYXRWROLTXLGR
7XELVRWWRYXRWRDULD
3. CONCENTRATORI SOLARI
La finalità del concentratore CPC è quella di far arrivare tutta la radiazione che entra
nell’apertura del concentratore su di un assorbitore piano posto fra i due fuochi degli
elementi di parabola. La forma del ricevitore può anche essere differente, ad esempio
potrebbe essere un tubo. Si sono sviluppati dei metodi di progettazione che consentono di
ottenere superfici riflettenti CPC che concentrano la radiazione su qualsiasi assorbitore di
forma convessa. Questi sono stati utilizzati recentemente per sfruttare nei collettori a tubi
sotto vuoto la radiazione non direttamente assorbita dal tubo (fig. 28).
4. L’ACCUMULO
Fig. 29 - Tipico serbatoio di accumulo per impianto solare con possibile indicazione
della stratificazione termica
Si sono messe a punto soluzioni anche ingegnose per favorire in ogni modo la
stratificazione. Di fatto la soluzione probabilmente più semplice e sicura è la separazione
fisica del serbatoio di accumulo solare da quello in cui viene fornita l’integrazione che
potrebbe essere anche resa disponibile da un sistema di tipo istantaneo per la differenza
di temperatura fra il valore ottenuto dall’impianto solare e il valore giudicato idoneo per
l’utilizzazione.
Per impianti di maggiori dimensioni è stato proposto un sistema a serbatorio
multiplo in cui si affianca un serbatoio di preriscaldamento, dove entra il reintegro dalla
rete idrica, con un serbatoio intermedio ed uno finale dove si può avere l’integrazione da
fonte convenzionale (fig. 30). L’accumulo va gestito da un opportuno sistema di
controllo che stabilisce, in funzione dell’intensità della radiazione solare rilevata e delle
temperature misurate negli accumuli, su quale degli stessi sia più opportuno inviare
l’acqua riscaldata dall’impianto solare. In linea di massima nelle prime e ultime ore della
giornata in presenza di livelli modesti di radiazione l’impianto solare può operare in
semplice preriscaldamento ai livelli termici più bassi, mentre nelle ore centrali della
giornata l’impianto può “caricare” il serbatoio intermedio fino ad arrivare a temperature
adatte all’utilizzazione e fornire il serbatoio di consumo.
Resta da dire sui collettori solari ad aria. Per questi l’accumulo è di solito costituito
da un letto di ciottoli di dimensioni simili che vengono attraversati dall’aria calda
proveniente dai collettori e restituiscono l’energia raccolta, facendo circolare l’aria
proveniente dagli ambienti da riscaldare.
lazzarin 5-06-2007 14:40 Pagina 33
5. IL SISTEMA DI REGOLAZIONE
molto utile un rilievo di intensità di radiazione solare dal quale il regolatore potrebbe
stabilire se e di quanto si superi ad un certo istante la soglia di funzionamento nei
confronti di temperature rilevate nell’accumulo. Ovviamente la soglia andrà elaborata in
funzione della tipologia del collettore e del rilievo di parametri ulteriori, tipicamente la
temperatura dell’aria esterna.
termico fra il fluido che scorre nei collettori solari e quello dell’impianto di riscal-
damento è opportuno avvenga in uno scambiatore di calore esterno ben dimensionato: si
adattano molto bene allo scopo gli scambiatori a piastre.
Negli impianti di maggiori dimensioni i collettori vanno disposti secondo schiere
parallele con un controllo di spaziatura che eviti un’eccessiva penalizzazione per le
ombre che le schiere formano comunque a qualche ora della giornata su quelle che
seguono (fig. 34).
Fig. 32 - Piccolo impianto a circolazione Fig. 33 - Schema di impianto a circolazione naturale con
naturale con serbatoio incorporato circuito chiuso per i collettori
I collettori nella schiera è bene che non siano collegati tutti in parallelo. Infatti un
gran numero di collettori in parallelo può dar luogo a cattiva distribuzione del fluido nei
singoli collettori per le diverse perdite di carico incontrate. Si veda in fig. 35 l’andamento
delle pressioni nei collettori alla base dei pannelli solari e all’uscita, rilevate sperimen-
talmente: si vede che il divario di pressione si assottiglia nei pannelli centrali di una
schiera in parallelo con conseguente riduzione della portata d’acqua per quei pannelli. Il
comportamento è confermato dagli andamenti della temperatura dell’acqua all’uscita in
una schiera di 12 collettori in parallelo che rivelano temperature molto differenziate e
legate alla portata d’acqua che attraversa ogni collettore (fig. 36): evidentemente dove le
temperature sono più basse la portata è maggiore e viceversa.
Fig. 35 - Andamento delle pressioni sui colletto- Fig. 36 - Andamento delle temperature in uscita da
ri di ingresso e di uscita in funzione della una schiera di 12 collettori solari in parallelo per tre
distanza dall'ingresso nella schiera diverse portate inviate alla schiera
Per ottenere dei buoni risultati prestazionali con impianti di questo tipo, usando
macchine frigorifere disponibili in commercio che nelle piccole taglie non prevedono il
funzionamento parzializzato, risulta spesso utile il ricorso ad un accumulo di freddo che
si affianca all’accumulo caldo dell’impianto solare. Il dimensionamento e la gestione
dell’accumulo freddo risultano particolarmente delicati: anzitutto le sue dimensioni
devono essere di solito dello stesso ordine di grandezza o maggiori dell’accumulo caldo,
dal momento che quest’ultimo può lavorare su un intervallo di temperatura 2-3 volte più
ampio. Infatti l’accumulo freddo opera tipicamente nel range 7-14°C, mentre
l’accumulo caldo risulta utile nel range 80-100°C.
L’impianto solare può alimentare la macchina che direttamente serve il carico
frigorifero ovvero caricare l’accumulo freddo che a sua volta può soddisfare in tutto o in
parte il carico in assenza di energia raccolta o accumulata (fig. 38).
Gli schemi possono essere molto diversificati a seconda di come si voglia collegare
la sezione solare alla macchina ad assorbimento e all’accumulo caldo e di come si risolva
la problematica fondamentale della corretta stratificazione dell’accumulo freddo.
Fig 38 - Impianto solare per la produzione del freddo con accumulo caldo e accumulo freddo
8. METODI DI CALCOLO
condensati dalla retta di efficienza, per cui non si può affermare a priori che il collettore
avrà un ben definito rendimento, tanto meno stagionale, si dimentica quale sia il ruolo
dell’impianto cui la sezione solare risulta collegata. La dipendenza è dal tipo e distri-
buzione della domanda, dal dimensionamento dell’accumulo, dall’andamento meteoro-
logico. Per questo motivo anche la metodologia un po’ meno rozza e che si trova anche
su pubblicazioni qualificate, secondo la quale il rendimento medio si trova dalla retta di
efficienza, inserendo il valore medio di radiazione e la temperatura media dell’acqua
calda prodotta è completamente inattendibile. Si capisce che la dipendenza del
rendimento stagionale deriva da una serie numerosa di parametri che interagiscono fra
di loro in modo complesso. Di questa problematica si resero immediatamente
consapevoli i “padri” del solare termico moderno, in particolare Duffie, Beckman e Klein,
che oltre a produrre forse i migliori testi di riferimento moderni sul solare termico realiz-
zarono con i loro collaboratori dell’Università del Wisconsin il programma di calcolo che
resta tuttora il riferimento di tanti ricercatori del settore: il TRNSYS. L’acronimo sta per
Transient System Simulation ed è un programma in linguaggio Fortran, la cui architettura
è costituita da svariate subroutines, indicate come TYPE seguite da un numero caratte-
ristico che descrivono il comportamento di un componente di impianto in maniera
dinamica, vale a dire quale sia la sua risposta a dati in ingresso che variano con
continuità (in realtà ad intervalli di tempo limitati, spesso 15’). Inizialmente i
componenti descritti erano pochi: collettore solare, accumulo, pompe, ecc. Poi nel tempo
si è formato una specie di club di utilizzatori del programma, che ora gira anche su un
personal computer, e che si sono fatti carico di scrivere ulteriori types fino a descrivere
componenti i più disparati, dalle pompe di calore ai moduli fotovoltaici agli accumuli a
terreno.
L’analisi di un impianto attraverso il TRNSYS è assai complessa e oltre a
richiedere molto tempo per una corretta descrizione dei diversi componenti di impianto,
collegando poi le diverse TYPES, impone la conoscenza dettagliata dell’anno tipo con
tutti i molteplici valori dalla radiazione solare, temperatura dell’aria e velocità del vento.
Anche di questo si resero subito conto i ricercatori prima citati che elaborarono una
metodologia derivata dal programma di simulazione dinamica (nel frattempo testato su
impianto reali, in particolare sulle diverse Solar Houses realizzate presso l’Università del
Colorado). Questa metodologia di carattere semiempirico non è in grado di descrivere
tutti gli impianti possibili, ma riesce a dare risultati attendibili per impianti di riscal-
damento schematizzati come in fig. 39 che prevedono il riscaldamento ambiente e la
produzione di una quota di acqua calda sanitaria, purché non superiore come carico al
20% di quanto fornito con il riscaldamento. Il metodo, diventato presto assai diffuso, va
sotto il nome di Carta – f, perché basato su un grafico che fornisce sulla base di
parametri caratteristici dell’impianto la frazione gratuita f (sta per free) del fabbisogno
fornita dall’impianto solare.
lazzarin 5-06-2007 14:40 Pagina 40
Fig. 39 - Schema di impianto tipo per il calcolo con il metodo della Carta -f
Va sottolineato che le valutazioni con il metodo descritto sono utili non solo per
valutare l'energia che un impianto dimensionato in un certo modo può rendere
disponibile in una data località, ma permettono anche di mettere a confronto scelte
impiantistiche diverse, riguardanti tipologie di collettori selezionate, loro posizio-
namento, dimensionamento dell’accumulo termico o dello scambiatore di calore
dell’impianto. Il metodo diventa così strumento essenziale per una corretta scelta
riguardante l’impianto, ogniqualvolta questo superi le dimensioni del piccolo impianto
monofamiliare, fornendo comunque all’occorrenza indicazioni anche per questo.
L’attendibilità del metodo è confermata anche dalla scelta della UNI 8477 che indica
questa metodologia di calcolo come l’unica appropriata a fornire stime per l’energia utile
disponibile da un impianto solare.
BIBLIOGRAFIA
Una trattazione completa delle possibili applicazioni del solare termico, delle tecniche
previsionali e degli schemi impiantistici si può trovare fra l'altro sui tre volumi:
lazzarin 5-06-2007 14:40 Pagina 42
Lazzarin, R., Sistemi Solari Attivi: Manuale di Calcolo, Franco Muzzio Ed., Padova,
pp.476, 1981.
Lazzarin, R., Tecnologia e Progettazione del Collettore Solare: Sistemi Solari Attivi
2, Franco Muzzio Ed., Padova, pp.220, 1981.
Cimmieri S., Lazzarin, R., La Progettazione degli Impianti Solari: Sistemi Solari Attivi
3, Franco Muzzio Ed., Padova, pp.293, 1983.
Infine una trattazione piuttosto esauriente delle tecniche solari per la produzione del
freddo si può trovare nel volume:
Lazzarin, R., L'Energia Solare e la Produzione del Freddo, PEG Ed., Milano, pp.284,
1983.
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Indice
43
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
TX )
>TD 8 F WP WD @
dove tm è la temperatura media del fluido termovettore entro il collettore.
F’ è il fattore di efficienza del collettore ed è un parametro dimensionale che
caratterizza la qualità dello scambio termico fra piastra e fluido; dipende dalle condizioni
di funzionamento, ma soprattutto dalle caratteristiche costruttive del collettore, come
l’efficienza di aletta.
Si definisce fattore di asporto termico del collettore il rapporto tra l’energia utile
effettivamente raccolta e quella che sarebbe stato possibile raccogliere se la piastra fosse
mantenuta alla temperatura del fluido in ingresso:
0 F S WX WL
)5
TD 8 F WL WD
dove M è la portata per unità di area, cp il calore specifico del fluido, tu la temperatura di
uscita del fluido e ti la sua temperatura di ingresso.
Si perviene quindi all’equazione di Bliss che consente di calcolare l’energia utile
raccolta da un collettore:
TX )5 >TD 8 F WL WD @ )5 >WD * 8 F WL WD @
WL WD
che è una retta con intercetta FR(τα) e pendenza FRUc in funzione di ; spesso le
*
rette di efficienza sono espresse in funzione di WP WD La nuova intercetta η0 e
*
pendenza m si ottengono moltiplicando per un coefficiente k pari a:
0 FS
N
P
0 FS
3. ATTIVITÀ DI LABORATORIO
3.1. Il laboratorio
Si distinguono:
il circuito idraulico con la mandata al pannello e il ritorno dal pannello solare;
la pompa di circolazione e la valvola di taratura, per modulare la portata volumetrica
da 20 fino a circa 150 l/h;
la valvola di miscelazione a 3 vie, per definire la temperatura di mandata, miscelando
il ritorno caldo dal pannello e l’uscita dal serbatoio di accumulo;
i diversi sensori utili al monitoraggio: misuratori
di temperatura del fluido termovettore in mandata e ritorno e dell’aria ambiente;
di portata volumetrica in mandata;
di pressione differenziale (perdite di carico);
castellotti 5-06-2007 15:21 Pagina 49
Figura 2. Viste di insieme dell’impianto di prova.
potenza elettrica di 120 W. In esse il filamento caldo raggiunge una temperatura pari a
2850 K e produce uno spettro di irraggiamento spostato sul vicino infrarosso (0,4÷3 µm
centrato circa a 1 µm), rispetto al disco solare (con una temperatura di circa 6000 K, tra
0,4÷3 µm centrato sul visibile a 0,555 µm).
Partendo da 100 W di potenza elettrica, il bilancio di una lampada ad incande-
scenza è il seguente:
radiazione visibile: 5 W
radiazione infrarossa emessa dal filamento: 61 W
radiazione infrarossa emessa dal bulbo: 22 W
perdite per conduzione e convezione: 12 W
Pertanto, partendo da una potenza elettrica installata di 3360 W (28?120 W) si
ottiene un irraggiamento (visibile e infrarosso) di tra 2218 e 2957 W, rispettivamente non
contando e contando il contributo nell’infrarosso del bulbo che si riscalda. Infatti, tale
emissione è in una regione dello spettro del lontano infrarosso e quindi oltre lo spettro
solare. Nell’impianto di prova, tuttavia, per le esigenze di bilancio termico, sarebbe
opportuno anche tenere conto di detto contributo che comunque contribuisce a riscaldare
l’assorbitore del pannello solare.
In definitiva, disponendo su una griglia 7x4 le lampade sopra il piano pannello,
riferendosi ad una superficie lorda del collettore di 2,2 m2 si ottiene un irraggiamento
adeguato agli scopi, pari a circa 1000 W/m2 nello spettro solare e a 1350 W/m2
comprendendo il contributo nel lontano infrarosso. Per avere la possibilità di lavorare
con minori livelli di irraggiamento l’impianto elettrico è stato dotato di reostati per
operare l’attenuazione dell’intensità.
Per verificare il dimensionamento dell’impianto lampade, si è misurato l’irrag-
giamento medio prodotto alla distanza di 20 cm dal bulbo, posizionando il piranometro
su una griglia di 60x18 punti sotto l’impianto lampade. I tre reostati sono stati regolati
in modo che l’irraggiamento nello spettro solare rilevato sotto la perpendicolare di
ciascuna lampada fosse costante e pari all’incirca a 1200 W/m2. La distribuzione
ottenuta è riportata in Figura 3.
castellotti 5-06-2007 15:21 Pagina 51
Il valore medio di tale distribuzione è pari a circa 325 W/m2. Noto il grado di
parzializzazione dei reostati è facile trovare il setting degli stessi per produrre un diverso
valore medio: per esempio, la massima intensità (parzializzazione nulla) corrisponde a
un valore medio di circa 1200 W/m2 che rientra nell’intervallo previsto nel dimensio-
namento.
castellotti 5-06-2007 15:21 Pagina 52
: P F S WX WL
dal pannello e ceduta al fluido termovettore (acqua o miscela acqua-glicole) è pari a:
dove ṁ [kg/s] è la portata di massa, cp [J/(kg K)] è il calore specifico a pressione
costante, tu [°C] la temperatura di uscita e ti [°C] la temperatura di ingresso del fluido
termovettore. La portata di massa è stata calcolata dal valore della portata volumetrica Q
[m3/s] in mandata tenendo conto della densità media ρ [kg/m3] del fluido termovettore
P 4U
tra l’ingresso e l’uscita:
Anche per il calore specifico si è considerato il valore medio tra l’ingresso e
l’uscita.
Nel caso della miscela acqua-glicole i valori di ρ e cp sono ponderati con le frazioni
di massa. Per i valori della temperatura del fluido in ingresso e in uscita si considera la
media dei 2 sensori presenti.
Per quanto riguarda il valore a denominatore della (14), può essere ottenuto
riferendosi alla superficie dell’assorbitore (Sass), dell’apertura di captazione (Sa) o a
, * 6L
castellotti 5-06-2007 15:33 Pagina 53
dove G è l’irraggiamento specifico sul piano pannello [W/m2]; è chiaro che a parità di
potenza termica e di irraggiamento specifico, l’efficienza aumenta al diminuire della
superficie di riferimento.
Per ogni configurazione del pannello solare si è proceduto secondo il seguente schema:
definizione della portata. La portata specifica che tipicamente attraversa un pannello
solare è compresa tra 40 e 90 l/(h m2), riferita alla superficie lorda del pannello. Si è
scelto un valore di circa 60 l/(h m2) che corrisponde a circa 130 l/h. Il valore è
ottenuto agendo sulla valvola di taratura manuale.
definizione della temperatura di mandata. Tipicamente un pannello solare può
lavorare in un intervallo di temperature comprese tra i 15 e i 60 °C in mandata.
Nell’impianto di prova la temperatura è limitata inferiormente dal livello termico
dell’accumulo, entro il quale il ritorno dal pannello viene raffreddato in una
serpentina e poi inviato alla mandata. Avendo a disposizione acqua di rete come
sorgente fredda ad una temperatura di circa 15 °C, la minima temperatura in uscita
dal serbatoio e utilizzabile in mandata è stata di 20 °C. Il limite superiore è invece
stato scelto pari a 70 °C. Come detto, la temperatura di mandata è ottenuta
miscelando la portata di ritorno ricircolata e la portata di ritorno raffreddata entro il
serbatoio: il movimento meccanico della valvola miscelatrice è comandato tramite
l’uscita analogica dell’acquisitore. Il programma di acquisizione, in funzione dello
scostamento dalla temperatura di setting, individua la regolazione della miscelazione,
mediante un algoritmo con un guadagno PID (Proportional Integrative Derivative).
definizione del livello di irraggiamento. Impostato agendo sui reostati, non necessita di
essere misurato, in ragione delle considerazioni sopra esposte. Solitamente si è lavorato
alla massima intensità, ovvero con un irraggiamento specifico di 1200 W/m2.
avvio dell’acquisizione con risoluzione temporale di 5 s e calcolo dei valori medi
ogni minuto;
raggiungimento delle condizioni di regime. Il sistema, dopo un periodo transitorio di
oscillazione attorno le condizioni di setting in mandata, raggiunge una condizione
costante nel tempo e solo allora il programma di acquisizione inizia a salvare ogni
minuto su file i parametri utili ai calcoli.
quando su 5 min il valore medio della temperatura di mandata si discosta al più di
0,1 °C dal valore di setting e la deviazione standard è inferiore al 5%, il sistema in
automatico modifica la temperatura di setting sul valore successivo (solitamente i
valori sono stati 25-35-45-60-70 °C)
L’indagine condotta ha voluto individuare la prestazione di diverse configurazioni
del pannello solare, variando:
il materiale dell’assorbitore: alluminio, rame, acciaio;
la geometria dell’assorbitore: ad arpa (tubi paralleli), roll-bond;
il diametro esterno dei tubi: 10, 12, 16 mm;
la tipologia di giunzione tubo-aletta: estrusione, saldobrasatura, saldatura ad
ultrasuoni.
lo spessore dell’aletta: 0,1, 0,2, 0,4, 1 mm;
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Confrontando la (12) con la (20), si capisce come, a parità di tutte il resto, un valore
elevato di η0 significhi alte prestazioni nella trasmissione solare del vetro e nell’assor-
bimento dell’irraggiamento solare da parte della piastra sottostante; un valore basso di
a1 (pendenza della curva) significa basse dispersioni termiche. Sia η0 che k1 sono legati
al fattore di asporto termico, cioè alla capacità di trasferire il calore dalla piastra al fluido
termovettore. Si nota come un elevato fattore di asporto termico influenzi in modo
contrastante l’efficienza del pannello, aumentando allo stesso tempo η0 e k1. La
condizione operativa media è descritta da η0,05: un valore alto descrive migliori
prestazioni complessive, per esempio nell’arco di un anno.
Conviene far notare in che modo i risultati sperimentali vengano dichiarati in
accordo alla norma UNI EN 12975-2 [3] che è lo standard in materia per la certificazione
delle prestazioni dei collettori solari. Secondo tale norma l’efficienza istantanea è
espressa da una curva nella forma:
WP WD §W W ·
K K D D* ¨ P D ¸
* © * ¹
castellotti 5-06-2007 15:33 Pagina 56
con G0=800 W/m2 e solitamente a catalogo vengono dichiarati i 3 coefficienti η0, a1 (che
corrisponde a k1) e a2 (espresso in m2K2/W).
4. I RISULTATI SPERIMENTALI
di efficienza pressoché identica (nei limiti di una misura sperimentale su prototipi), con
un’efficienza media η0,05 in entrambi i casi pari a circa il 40%.
5. IL PROGETTO FINALE
GHQVLWj NJP
VXOIRQGR
VSHVVRUH FP
ODWHUDOH
ULYHVWLPHQWR IRJOLRGLDOOXPLQLR
5HQGLPHQWRRWWLFR K
D :P .
)DWWRULGLGLVSHUVLRQHWHUPLFD
D :P .
6RYUDWHPSHUDWXUDGLVWDJQD]LRQH &
3UHVVLRQHPDVVLPD EDU
3RUWDWDFRQVLJOLDWD OK
3HVRDVHFFR NJ
&RQWHQXWRG
DFTXD O
&RQQHVVLRQLLGUDXOLFKH DJOLDQJROL
)LOHWWR JDVFLOLQGULFR)LQRWWRQHFRQSUHVDFKLDYH
*XDUQL]LRQL 3LDWWH
*XDUQL]LRQLFROOHWWRUL VLOLFRQH
7HODLR $FFLDLR]LQFDWRSUHYHUQLFLDWR
ILVVDJJLR EXVVROHILOHWWRLQWHUQR0
castellotti 5-06-2007 15:33 Pagina 61
6. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
(1) R. Lazzarin, Sistemi solari attivi – Manuale di calcolo, F. Muzzio & c. Ed., 1981,
Padova.
(2) AA.VV., TRNSYS: A Transient System Simulation Program, TRNSYS Manual,
Version 16, 2004 (3)
(3) UNI EN 12975-2, Impianti solari termici e loro componenti, Collettori solari, Parte
2: Metodi di prova.
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62
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Indice
63
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
l’adozione di unità split autonome per singolo ambiente, spesso di infima classe
energetica.
Negli ultimi anni, tuttavia, per vari motivi, si sta assistendo ad una lentissima presa
di coscienza delle problematiche energetiche, complici gli aumenti delle tariffe, alcuni
fenomeni o eventi di grosso impatto mediatico come i black-out elettrici, le alluvioni, i
periodi di siccità, i paventati surriscaldamento del pianeta e innalzamento delle
temperature medie stagionali, forti campagne di sensibilizzazione e la messa a punto di
un più convinto ed efficace sistema di incentivazioni per gli interventi di riqualificazione
energetica con l’utilizzo di fonti rinnovabili.
Per le tecnologie per le quali gli interventi legislativi sono stati più validi si sono
registrate le maggiori performance di mercato; per i settori non interessati da forme di
incentivazione si osservano, invece, maggiori ostacoli alla diffusione. Resta da
sottolineare, inoltre, che l’energia più “pulita” e più “rinnovabile” è certamente quella
che non viene prodotta. Questo per evidenziare che prima di installare un qualsiasi
impianto termico è fondamentale accertarsi che l’involucro edilizio sia in grado di
contenere al massimo le dispersioni termiche e che gli apparati da utilizzare per sfruttare
l’energia rinnovabile siano efficienti. Giova infatti ricordare che gli edifici residenziali
esistenti hanno efficienze energetiche mediamente scarse, e che una serie di interventi di
retrofit su di essi potrebbe portare a risparmi energetici da non sottovalutare, con spese
relativamente contenute [1]. Ad uno sguardo attento, è vero che sprecare energia da fonte
rinnovabile, sebbene apparentemente gratuita, può risultare economicamente più grave
che sprecare energia derivante da combustibili fossili.
(QHUJLDDVVRUELWDGDOO
DULDWUDPLWH
SRPSDGLFDORUHDULDDFTXDFRQ
(QHUJLDVRODUH
&23 y
(QHUJLDSHUVDSHU
HIILFLHQ]DGHLSDQQHOOL
SHUGLWHGLGLVWULEX]LRQH
3HUGLWDGLHQHUJLDQHO
VLVWHPDGL
GLVWULEX]LRQH
(QHUJLD
8WLOH
Figura 1.a: Flussi energetici per l’impianto cstituito da pannelli solari fotovoltaici e pompa di calore
(QHUJLDSHUVDSHU
HIILFLHQ]DGHLSDQQHOOL
(QHUJLDSHUVDQHO
VHUEDWRLRGLDFFXPXOR
(QHUJLDSHUVDSHU
VLVWHPDGLGLVWULEX]LRQH
(QHUJLD8WLOH
Figura 1.b: Flussi energetici per l’impianto con solare termico per solo riscaldamento
Figura 1.c: Flussi energetici per l’impianto con pannelli solari termici sotto vuoto e gruppo refrigeratore
ad assorbimento (caso estivo. Per il caso invernale vedi fig. 1.b)
Figura 2: Confronto dei costi di impianto e relativi VAN per applicazioni solari
starace ranieri 5-06-2007 15:52 Pagina 68
I costi di impianto ed i relativi VAN1 sono stati ricavati con le seguenti ipotesi:
• Abitazione isolata di circa 150 m2, ad alta efficienza energetica con valore dell’indice
di prestazione energetico per la climatizzazione invernale secondo Dlgs. 311/06 pari a
35 kWh/(m2 anno)
• Impianto fotovoltaico a totale copertura del fabbisogno energetico per la climatiz-
zazione estiva ed invernale
• Campo solare di alimentazione del refrigeratore ad assorbimento a copertura del 70%
del fabbisogno totale per la climatizzazione estiva ed invernale. Il restante 30% dell’e-
nergia termica è integrato mediante gas metano
• Campo solare di alimentazione all’impianto di riscaldamento a copertura del 70% del
fabbisogno invernale. Il restante fabbisogno estivo ed invernale è ottenuto mediante
pompa di calore elettrica
• Impianto di climatizzazione a pannelli radianti
• Impianti di riferimento per calcolare i risparmi economici in bolletta e la differenza del
valore dell’investimento (necessari ai fini del calcolo del VAN): riscaldamento con
caldaia standard a metano (rendimento 90%) e raffrescamento con gruppo refrige-
ratore avente EER 2,5
• Sfruttamento della detrazione IRPEF del 55% per il solare termico ed altri interventi
di incremento dell’efficienza energetica; sfruttamento anche del sistema dei certificati
bianchi (tranne per il caso del fotovoltaico, perché non cumulabili con il Conto
Energia)
Nella tabella II sono riportati i valori stimati dei costi di impianto utilizzati per il
calcolo dell’investimento.
1Per il Valore Attuale Netto (VAN) dell’investimento, che rappresenta il valore, attualizzato alla data dell’in-
vestimento, dei guadagni che questo frutta, al netto della spesa iniziale, vale la relazione:
)& M
9$1 ¦ ,R
M 5
M
dove Io rappresenta l’investimento iniziale, FCj i flussi di cassa di ciascun anno j (ossia i profitti derivanti dal-
l’investimento al netto delle eventuali spese, nel caso di specie rappresentati dai risparmi in bolletta), R il tasso
di interesse.
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I costi d’impianto appaiono dal più alto al più basso nell’ordine seguente: la
soluzione con pannelli fotovoltaici e pompa di calore elettrica presenta la spesa iniziale
più alta di tutte, mentre quella dei pannelli solari termici per solo riscaldamento è la più
bassa. Analizzando le rese energetiche e la percentuale di utilizzo durante tutto l’arco
dell’anno (estate ed inverno), sembrerebbe che l’impianto più conveniente sia quello con
pannelli solari termici associati al gruppo ad assorbimento [5]. In questo caso il costo del
refrigeratore incide in maniera rilevante, in quanto la tecnologia non è particolarmente
diffusa, soprattutto per le potenze medio-basse. Una sensibile riduzione di questi costi
porterebbe a dei risultati interessanti.
Nel calcolo del VAN di soluzioni concorrenti per il residenziale emerge che
l’incentivazione è l’elemento maggiormente determinante ai fini della scelta tra
soluzioni alternative. Allo stato attuale l’unica tecnologia premiata nell’investimento è
quella del solare fotovoltaico, che non è quello maggiormente efficiente.
Quanto al calcolo delle emissioni evitate di CO2, con l’utilizzo dei sistemi da fonte
rinnovabile fin qui presi in considerazione in alternativa agli impianti tradizionali, si è
proceduto ai calcoli riassunti nel grafico di figura 3. A questi dati si perviene
considerando che, in Italia, per ogni kWh elettrico prodotto, si immettono in atmosfera
circa 0,58 kg di CO2, mentre per ogni kWh termico prodotto da una caldaia autonoma
tradizionale 0,2 kg di CO2. La climatizzazione estiva tradizionale è stata ipotizzata
ricorrendo ad un chiller di EER pari a 2,5.
presa ad esempio in questo lavoro può costituire un costo pari anche a più dell’a metà
dell’intera spesa prevista I risparmi di esercizio stentano a giustificare questo tipo di
soluzione per utenze residenziali monofamiliari [7]. Per sonde orizzontali di tipo
semplice o di tipo slinky, si possono ottenere, sempre per questo tipo di applicazioni,
risparmi davvero ridotti, dovendo, inoltre, riservare molta superficie alla posa degli
scambiatori.
Comparando la pompa di calore geotermica con il solare termico abbinato ad un
chiller ad assorbimento, si ottengono i risultati rappresentati in figura 4, in termini di
VAN e di CO2 evitata.
Figura 4: Confronto fra Chiller ad assorbimento servito da campo solare e pompa di calore geotermica
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I costi dell’impianto e il VAN sono più vantaggiosi nel caso di pompa di calore
geotermica, anche se questa soluzione promette un minore risparmio sulle emissioni di
CO2. Questo è dovuto principalmente al fatto che la pompa di calore geotermica
considerata è elettrica e che in Italia l’acquisto di energia elettrica è dispendioso.
Per abbattere i costi degli scambiatori acqua-terreno si può ricorrere a soluzioni
alternative. Possono esistere situazioni in cui è disponibile una certa quantità d’acqua in
serbatoi interrati a servizio di altri scopi, che può essere utilizzata per scambiare calore
con il terreno; nel caso di un condominio in città, potrebbe essere il caso di una riserva
idrica anti-incendio, mentre nel caso di una abitazione isolata fuori città, di una cisterna
di raccolta di acqua piovana per uso irriguo.
Per una vasca di raccolta di acqua piovana di forma cubica e volume pari a 3000
litri (volume utile per irrigare un giardino di circa 200 m2) e con pareti in calcestruzzo
non isolato con una superficie di scambio pari a circa 10 m2 si può riuscire a scambiare
con il terreno una potenza termica superiore a 10 kW, avendo già considerato che non
tutta la superficie di scambio è a contatto con il terreno in profondità.
Per il caso della abitazione isolata da 150 m2 di superficie coperta, nell’ipotesi che
questa casa abbia a disposizione una cisterna di raccolta dell’acqua piovana, risulterebbe
possibile eliminare quindi, quasi del tutto la spesa relativa all’acquisto e alla posa in
opera dello scambiatore geotermico che gravava sul costo dell’impianto, riducendo
l’investimento a quello di un impianto ordinario a pompa di calore (salvo le maggiori
spese per l’impianto idrico di adduzione al serbatoio interrato).
Alle biomasse si può attingere anche per la cogenerazione su scala ridotta (micro-
cogenerazione). Il motivo di questa scelta è legato principalmente a due aspetti: il primo
è la scarsa disponibilità sul commercio di micro- o mini- cogeneratori, il secondo, più
importante, è che per un edificio residenziale non esiste una utenza termica sufficiente,
che smaltisca l’energia termica proveniente dal cogeneratore. Il pieno sfruttamento
avviene solo durante la stagione invernale per il riscaldamento degli ambienti e per la
produzione di acqua sanitaria. Questo va a danno della convenienza economica dell’in-
vestimento.
Attualmente le soluzioni proposte nel campo della cogenerazione applicata alla
climatizzazione degli ambienti sono tutte concentrate all’utilizzo di un motore a
starace ranieri 5-06-2007 15:52 Pagina 73
combustione interna che produce energia elettrica per alimentare una pompa di calore
per la climatizzazione, con un recuperatore che utilizzi il calore di scarico dello stesso
motore per riscaldare l’acqua destinata agli impianti idrico-sanitari. Una soluzione di
questo tipo può usufruire del meccanismo di incentivazione legato ai certificati bianchi,
nonché di quello dei certificati verdi nel caso in cui si usi come combustibile una
qualsiasi biomassa. In quest’ultimo caso vi sarebbero benefici notevoli sia in termini
economici, a patto di riuscire a contenere i costi di impianto, dovuti, per una fetta
consistente, al costo del cogeneratore, sia in termini ambientali.
Su questo argomento sono presenti numerosi studi,in letteratura, come ad esempio
quello dell’Università di Pisa [9] che si è occupata nello specifico di cogenerazione di
piccola potenza da biomassa. In quella sede sono state confrontate diverse soluzioni, tra
le quali la più conveniente è risultata quella costituita da una turbina a gas alimentata da
una caldaia a biomasse. E’ stato, inoltre, effettuato un confronto fra vari tipi di biomasse,
per determinare quella che porta ad una maggiore convenienza di utilizzo. La sperimen-
tazione effettuata ha avuto ad oggetto una micro-turbina a gas da 100 kWe, utile all’ali-
mentazione di un intero condominio.
I risultati ottenuti possono essere sintetizzati nella tabella III.
Ai ricavi indicati in tabella III vanno aggiunti i risparmi per energia elettrica non
acquistata e per energia termica non prodotta.
Vi sono, inoltre, in fase avanzata di studio, anche diversi progetti relativi alla
micro-cogenerazione, di possibile interesse per il settore della climatizzazione
residenziale [10]. Esistono ad oggi sul mercato diverse case produttrici di apparec-
chiature per la produzione combinata di energia elettrica e termica di piccola potenza. Il
limite della maggior parte di queste applicazioni è quello di utilizzare, nella maggior
parte dei casi, combustibili fossili. Sebbene questo possa consentire un interessante
risparmio energetico, per gli scopi di questo lavoro è più interessante riferirsi alle
soluzioni alimentate a biomasse. Va rilevato che, allo stato attuale delle cose, questa
tecnologia è ancora in fase di evoluzione; risulta, pertanto, difficile effettuare un
confronto in termini di costi e di benefici con le altre soluzioni fin qui descritte, che sono
già molto più consolidate.
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Per questa soluzione bisogna prevedere di smaltire tutta l’energia captata dal
collettore solare durante l’estate (a meno del suo utilizzo diretto come acqua sanitaria),
stagione in cui l’acqua calda in circolo al condensatore della pompa di calore
risulterebbe controproducente ai fini dell’efficienza dell’impianto. E’ necessario, allora,
dotarsi di sistemi di smaltimento del calore o di inibizione della capacità del pannello di
captare l’energia solare.
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Figura 6: Flussi energetici per pompa di calore geotermica assistita da fonte solare
incidente per utenze termiche, un lieve incremento del rendimento del generatore
fotovoltaico e una riduzione di quasi il 50% della potenza necessaria per la climatiz-
zazione estiva nei locali che hanno come parete esterna quella ricoperta dal pannello.
7. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA:
[1]: Rosenquist G., McNeil M., Iyer M., Meyers S., McMahon J. – Energy efficiency
standards for equipment: Additional opportunities in the residential and
commercial sectors, Energy policy 34 (2006), Elsevier, pp.3257-3267
[2]: De Carli M., Papparotto A., Scarpa M., Zarrella A., Zecchin R. – Impianti solari
termici, CdA, Febbraio 2006, pp.48-52
[3]: Darisi D.P., Pressacco S., Venier G.A. – Analisi energetica ed economica di una
pompa di calore alimentata da impianto fotovoltaico, Atti dei convegni di Padova,
Bari, Catania (2006) AICARR, pp.163-187
[4]: Hernandez P., Vanoli G., Vergani P. – Raffreddare con il sole, CdA, Giugno 2005,
pp.32-38
[5]: Guida ai sistemi di condizionamento ad energia solare, Actaes, 2004
[6]: Geothermal energy, ASHRAE Handbooks, Applications, Ch.32, 2003
[7]: Colangelo G., Starace G., Congedo P.M. – Horizontal Heat Exchangers for GSHP.
Efficiency and Cost Investigation for Three Different Applications, ECOS2005,
2005, Norway
[8]: McKendry P. – Energy production from biomass, Bioresource technology 83
(2002), Elsevier, pp. 37-63
[9]: Giglioli R. – Cogenerazione di piccola potenza da biomassa, Università di Pisa,
2005
[10]: Criuscolo J. – La micro-cogenerazione: energia e riscaldamento su misura, Atti
dei convegni di Padova, Bari, Catania (2006) AICARR, pp.59-69
[11]: Filippi M., Corgnati S.P., Fabrizio E. – Impiantistica sostenibile, CdA, Febbraio
2007, pp.42-46
[12] Ozgener O., Hepbasli A. – A parametrical study on the energetic and exergetic
assessment of a solar assisted vertical ground-source heat pump system used for
heating a greenhouse – Building and Environment 42 (2007), Elsevier, pp.11-24
[13]: Chow T.T., He W., Ji J. – An experimental study of façade-integrated
photovoltaic/water-heating system, Applied thermal engineering 27 (2007),
Elsevier, pp. 37-45
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Indice
79
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
anche e soprattutto alle condizioni climatiche del sito in cui il sistema edificio impianto
è localizzato.
Questo avviene grazie al fatto che i modelli più affidabili effettuano calcoli
dinamici e possono quindi tener conto di tutti quei fenomeni transitori che influenzano
notevolmente le prestazioni di un sistema energetico.
Questa evoluzione delle potenzialità di calcolo e progettazione ben si inserisce in
un quadro di crescente interesse per l’impiego delle fonti rinnovabili nel funzionamento
degli edifici. Molti dei fenomeni connessi con l’uso delle rinnovabili e, per esempio, dei
sistemi di illuminazione e ventilazione naturale, infatti, richiederebbero un sistema di
calcolo dinamico sia dell’impianto che dell’edificio.
D’altra parte, la possibilità di ricorrere, abbastanza agevolmente, a questi
strumenti, mette a disposizione dei progettisti una nuova metodologia di approccio alla
progettazione, in grado di produrre una messe di dati e di informazioni inimmaginabile
fino a pochi anni fa.
La flessibilità insita nella maggior parte dei modelli in oggetto, infatti, consente di
variare moltissimi parametri di qualunque sistema sul quale si intenda voler realizzare
uno studio approfondito. In particolare, gli impianti che integrino fonti rinnovabili
richiedono in genere un notevole sforzo di valutazione delle diverse possibili soluzioni e
configurazioni (dimensionamento degli elementi captanti, degli accumuli, dei sistemi di
integrazione) in relazione ai profili di carico ipotizzabili. Il numero delle variabili in
gioco è quindi considerevole, e l’esplorazione di tutte le possibili combinazioni richie-
derebbe l’esecuzione, in alcuni casi, di centinaia di simulazioni.
Da tutte queste considerazioni nasce dunque l’importanza di poter disporre di un
sistema che non solo gestisca l’esecuzione di questo gran numero di simulazioni, ma che
sia anche in grado di ridurre considerevolmente il numero di casi da esplorare, riducendo
i tempi di calcolo, e di individuare la configurazione ottimale del sistema oggetto di
studio in base a parametri tecnico – economici.
Lo scopo di questo lavoro è dunque quello di sviluppare uno strumento di ottimiz-
zazione di sistemi energetici complessi, basato sulla esecuzione di simulazioni
dinamiche del sistema edificio-impianto. Le simulazioni dinamiche sono state realizzate
utilizzando il codice TRNSYS.
2. IL CODICE TRNSYS
4. ALGORITMO DI MINIMIZZAZIONE
Per tale motivo si è pensato sin dall’ inizio di evitare metodi di convergenza basati
sul calcolo delle derivate di tali variabili.
L’algoritmo scelto per questo lavoro è il PSO (Particle Swarm Optimization) [1]
considerato uno degli strumenti migliori nel contesto degli algoritmi evolutivi, caratte-
rizzati dalla capacità di adattamento, cioè la possibilità di modificare la propria struttura
durante l’evoluzione al fine di migliorare la performance dell’algoritmo stesso.
Il PSO è stato sviluppato nel 1995 da uno psicologo, James Kennedy, ed un
ingegnere elettronico, Russel Eberhart, i quali si interessarono ai primi esperimenti per
la modellizzazione del comportamento sociale in molte specie di volatili. In particolare
concentrarono la loro attenzione sul modello sviluppato dal biologo Heppner.
L’analogia con il problema di ottimizzazione può essere definita come:
• Individui: configurazioni di tentativo che si spostano e campionano la funzione
obiettivo in uno spazio reale a N dimensioni.
• Interazione sociale: un individuo trae vantaggio dalle ricerche degli altri dirigendosi
verso la regione del punto migliore globalmente trovato.
La caratteristica che risulta essere importante, nella ricerca dell’ottimo, è legata al
concetto di vicinanza. Infatti ogni singolo individuo è influenzato dalle azioni degli
individui ad esso più vicini: secondo Kennedy ed Eberhart se la propagazione dell’infor-
mazione avviene attraverso dei sotto-gruppi, questo basta a garantirne la globale
conoscenza a tutto il gruppo.
In tal modo la particella ‘a’ risente delle azioni di ‘b,c,d’ anche se si sono
allontanate reciprocamente. Si considerano quindi le ‘particelle’ (o configurazioni)
create dall’algoritmo come ‘artificial life’, individui che si spostano attraverso le
coordinate di uno spazio n-dimensionale. A seguito di uno spostamento la particella
invia le sue coordinate ad una funzione che le applica al problema e ne misura la fitness,
cioè ne valuta la vicinanza alla soluzione migliore del problema.
L’ « intelligenza » di ogni singola particella risiede nel fatto che essa è in grado di
immagazzinare le informazioni riguardanti la sua attuale posizione, la sua velocità, il
valore migliore di fitness da essa trovato e le relative coordinate. E’ questa capacità,
insieme alla capacità di interazione con gli individui ad essa vicina, che influenza gli
corallo 5-06-2007 16:16 Pagina 84
spostamenti successivi.
L’m-esima (m = 1, 2, . . . , µ) particella (o configurazione) è schematizzata come
un punto nello spazio di ricerca N-dimensionale, il cui vettore posizione (vettore dei
parametri) è:
x = (x1, . . . , xN)
Ogni particella vola nello spazio delle soluzioni con una velocità rappresentata dal
vettore:
v = (v1, . . . , vN)
Naturalmente, in corrispondenza di ogni vettore dei parametri x, si considera il
valore della funzione di fitness, F = F(x), che codifica il tipo di problema di ricerca che
stiamo affrontando: o minimo o massimo della funzione.
Quindi, ogni punto nel dominio delle possibili soluzioni è completamente definito
dai tre parametri posizione, velocità e valore di fitness:
a = (x, v, F(x))
7HUPLQDWRLOQXPHURGLLWHUD]LRQL"
6L 1R
9DORUHGLRWWLPR
3J
Fig.3 - Schema di flusso algoritmo PSO.
corallo 5-06-2007 16:16 Pagina 85
Xi k+1 = Xi k + Vi k+1;
Pik rappresenta la migliore posizione della particella ‘i’ all’istante k e Pgk rappresenta la
miglior posizione globale dell’intero insieme di particelle all’istante k.
Wk è un peso di inerzia per correggere la velocità, C1R1 e C2R2 sono due fattori di
apprendimento positivi, che influenzano la performance individuale relativa alle
performance passate e la performance individuale relativa al gruppo [3].
Ossia, ogni particella segue due soluzioni “migliori”, ottenute in corrispondenza di
due “migliori” valori di fitness: la miglior soluzione raggiunta finora nella storia di ogni
individuo, Pik (miglior soluzione locale); e la miglior soluzione tra tutte le particelle della
popolazione, ottenuta finora, Pgk (miglior soluzione globale) . Il ciclo evolutivo continua
fino quando non si raggiunge una condizione di stop predefinita.
I risultati ottenuti con l’ algoritmo illustrato sono stati sin da subito molto
soddisfacenti, tanto da farci desistere dal provarne altri, che tuttavia potrebbero essere
impiegati con eguale successo.
5. FUNZIONE OBIETTIVO
- iA : 2.75%
- ii : 3.5%
6. ESEMPIO APPLICATIVO
Dal momento che lo scopo che ci eravamo prefissi è quello di ottenere uno
strumento rapido per studi preliminari di fattibilità, questo doveva essere caratterizzato
da una accettabile velocità di calcolo dei parametri utili alla comparazione con varie
soluzioni impiantistiche.
Infatti, avere a disposizione uno strumento in grado di effettuare ottimizzazioni in
breve tempo è, dal punto di vista tecnico-economico, un vantaggio non indifferente.
Il rischio di dover fare numerose iterazioni con un programma complesso come il
TRNSYS è proprio quello di riuscire ad eseguirle solo con un tempo esageratamente
lungo.
Tale rischio si è tramutato in certezza durante i primi approcci, per cui il fattore
velocità è divenuto rapidamente il nostro maggior problema da risolvere.
Per risolvere il problema sono state contemporaneamente battute diverse strade, la
prima di queste è stata quella di usare TRNSYS come semplice subroutine su
piattaforma Visual Fortran Compaq 6.6 .
Il secondo passaggio decisivo è stato quello di evitare l’ uso di calcoli ed iterazioni
accessorie mediante l’ opzione di interfacciare TRNSYS con software esterni pesanti
tipo MATLAB.
Nella libreria di TRNSYS non sono infatti presenti né collettori solari parabolici
lineari, né pompe ad assorbimento con caratteristiche adattabili a quelli oggetto della
simulazione affrontata in questo progetto.
Si è quindi fatto ricorso alla possibilità fornita dal TRNSYS di realizzare nuovi
componenti utilizzando il linguaggio di programmazione Fortran.
Per esempio, partendo dalle caratteristiche del pannello solare prescelto e dall’e-
quazione di bilancio energetico del pannello, si è costruito il modello del pannello solare,
attraverso una subroutine Fortran incorporata nel TRNSYS come nuovo componente
della libreria..
L’ ultimo problema è sorto quando, sempre nel tentativo di velocizzare il
procedimento, abbiamo utilizzato time-steps di simulazione in TRNSYS intorno ai 15
minuti.
Infatti, con il nostro caso applicativo, dato che TRNSYS simula un edificio virtuale
con tanto di regolazione della temperatura e relativi transitori, l’utilizzo di semplici
regolatori on/off con time-steps superiori a ~5 minuti, confliggeva con tale necessità,
fornendo risultati falsati nelle temperature.
Infatti tali regolatori, come componenti software del TRNSYS, vanno a
campionare i valori da regolare in base al time-step scelto per la simulazione.
Purtroppo però, quando l’ azione del regolatore On-Off vuole essere più rapida del
time-step impostato, ne risulta una continua pendolazione delle variabili controllate,
causata dalla non realistica lentezza di risposta dei regolatori, forzata dalla scelta del
time-step.
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6.3. Ottimizzazione
Il confronto diretto tra due o più soluzioni scelte, è un caso classico che si presenta
in fase di studio di fattibilità e normalmente richiede molto tempo anche con l’ aiuto del
calcolatore.
Dopo uno studio preliminare, sono stati individuati alcuni parametri in grado di
influire sul valore del PBT, ed è stato dato il via a diverse ottimizzazioni su tali
parametri, anche con lo scopo di testare la validità dell’algoritmo stesso.
Con riferimento allo schema di Fig. 5, lo studio di ottimizzazione è stato effettuato
in due varianti: senza e con accumulo di olio diatermico.
Nella rappresentazione di ogni ottimizzazione verranno riportati tre grafici ognuno
corrispondente ad una singola iterazione di ottimizzazione, nel dominio n-dimensionale
in cui si intende far trovare la combinazione migliore degli n parametri ai fini della
minimizzazione della F.O..
a cui corrispondono:
Per ovviare alle manchevolezze dello schema precedente abbiamo inserito anche
un accumulo di olio diatermico per uno sfruttamento maggiore dell’ energia solare.
Come si può notare, la presenza dell’accumulo aggiuntivo dell’ olio determina una
maggiore estensione del campo solare, perché il programma di ottimizzazione si accorge
che è possibile sfruttare meglio tale risorsa.
A causa del prezzo elevato dell’ olio diatermico considerato (9.8 e/kg), l’ottimiz-
zazione tende a raggiungere valori non troppo alti del volume di olio, che comunque
garantiscono un risparmio di ~9 % sul gas consumato rispetto alla configurazione
precedente, anche se con un PBT leggermente superiore.
In questo caso, fig. 9, non tutte le particelle sono giunte ad una configurazione di
ottimo ma si tratta comunque di valori che permettono ‘distanze’ accettabili dal valore
minimo della funzione obiettivo.
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a cui corrispondono:
Fig. 10 – Edificio Semplificato: Collettori Solari; Accumulo Utenza; Accumulo Olio (Iter. 1-3)
Come si nota dal confronto tra le due configurazioni, il campo solare nel secondo
caso risulta molto maggiore (+37%) ma il PBT ne risente poco (+5%).
Questo è dovuto alla presenza dell’accumulo di olio che permette di ridurre
notevolmente i consumi di caldaia (-16%).
Pur avendo utilizzato le stesse strategie di controllo della temperatura interna all’
edificio, per garantire la confrontabilità dei risultati, dalla fig. 11, si ha uno scostamento
relativo al calcolo dei carichi termici di circa il +30% a causa del diverso modo di
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simulare gli effetti dell’ inerzia termica insito nei due modelli descrittivi dell’ edificio.
Ora valutiamo l’errore sul calcolo per il dimensionamento dei componenti e
successivamente sul calcolo del payback-time, per l’impianto senza accumulo di olio
diatermico.
$UHDFROOHWWRUL $FFXPXOR &RQVXPR 3%7
P XWHQ]DP FDOGDLDP
('&203/(72
('6(03/,),&$72
Fig. 12 - Confronto componenti dell’impianto senza accumulo olio diatermico.
CONCLUSIONI
Con questo lavoro è stato raggiunto un risultato utile a progettisti e ricercatori nel
campo energetico legato al settore civile, con la creazione di uno strumento rapido ed
efficiente per ottimizzare i vari componenti di una data configurazione edificio-impianto.
I casi di esempio mostrati permettono di capire agevolmente il vantaggio di
utilizzare tale strumento, che con grande rapidità riesce da solo a trovare la soluzione
migliore ai fini dell’ ottimo energetico, variando contemporaneamente tutte le variabili
da esplorare.
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BIBLIOGRAFIA
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Science, Nagoya, Japan. pp. 39-43, 1995
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elettromagnetiche, Politecnico di Torino, Dip. Ingegneria Elettrica Industriale.
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AdaptiveView.com site.
[4] University of Wisconsin-Madison; TRNSYS 16 manual
[5] ASHRAE Handbook 1989 Fundamentals.
[6] DPR 412/93, DPR 551/99.
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[9] Soteris A. Kalogirou – Solar thermal collectors and application – Progress in
Energy and Combustion Science 30 (2004) pp. 231-295 - Elsevier.
[10] Robur GHAP-AR manual.
[11] Alessio Vangelista, Climatizzazione mediante Pannelli Solari ad Alta temperatura
e pompe di calore ad assorbimento, Tesi di Laurea in Ingegneria Meccanica,Univ.
Roma Tre- Dic. 2005
[12] M. Citterio, G. Corallo, G. Guj, A. Vangelista, B. Di Pietra, Solar air-conditioning
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61° congresso nazionale ATI, Perugia, Settembre 2006.
[13] M. Citterio, G.Corallo, M. Avitabile, A. Lodi, Technical economical evaluation of
a Solar Cooling plant based on water ammonia absorption heat pump and
parabolic solar collectors in different Italian climates., Int. Conference Solar Air
Conditioning, Kloster Banz, October 2005.
[14] L. Brodolini, Tesi di Laurea in Ingegneria Meccanica, Ottimizzazione di impianti
solari termici per la climatizzazione di edifici, Univ. Roma Tre - Dic. 2006
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Indice
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La deumidificazione dell’aria
per mezzo di ruote essiccanti elio-assistite:
prestazioni e potenzialità
LUIGI MARLETTA, GIANPIERO EVOLA, FABIO SICURELLA
Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica, Università di Catania
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE.
Figura 4 – Layout e diagramma psicrometrico relativi ad un sistema HVAC dotato di rotore essiccante
(ciclo Pennington o ciclo base).
Figura 5 – Diagramma psicrometrico relativo al ciclo base senza regolazione tramite saturatore adiabatico.
razione (Figura 6); gli indici di prestazione energetica decadono infatti di circa il 25%
rispetto al caso ottimale.
9.00 alle ore 18.00, con carichi termici costanti e corrispondenti a quelli già proposti in
Tabella I.
Figura 7 – Caratterizzazione del clima nei mesi estivi per le località considerate.
Figura 8 – Andamento del titolo esterno e della radiazione solare nel giorno medio di Agosto.
Figura 9 – Profili giornalieri della temperatura di rigenerazione (sx: Trapani, dx: Milano).
In Figura 10 sono invece mostrati, con riferimento al solo mese di Luglio, i profili
orari della potenza termica e frigorifera richiesta dalle batterie di scambio termico di
entrambi i sistemi analizzati. Nel sistema essiccante (DS) il contributo maggiore è
associato alla potenza termica richiesta per assistere la fase di rigenerazione, mentre nel
sistema convenzionale (CS) la potenza frigorifera supera ampiamente la potenza termica
richiesta dal post-riscaldamento. I valori di picco si raggiungono a Trapani in Settembre
alle ore 14.00, con Qc = 40.8 kW per la batteria fredda del sistema convenzionale e Qh
= 25 kW per la batteria di rigenerazione del sistema DEC.
I profili di Figura 10, replicati per ognuno dei mesi considerati, possono essere
utilizzati per il calcolo del consumo mensile EP di energia primaria, secondo l’equazione
(4), in cui N rappresenta il numero di giorni nel mese. Nel valutare il COP del chiller
marletta evola 5-06-2007 16:43 Pagina 111
condensato ad aria si è tenuto conto della dipendenza di tale parametro dalla temperatura
esterna dell’aria, secondo la relazione (5), ricavata interpolando i dati forniti dal
costruttore.
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§ 4F 4 ·
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In (5), COPo rappresenta il COP del chiller nelle condizioni di riferimento (tE = 35
°C), assunto pari a 2.95 e 3.25 rispettivamente per il sistema convenzionale e il sistema
DEC. I risultati dell’equazione (4) sono riportati, per il solo caso di Trapani, in Figura
11. Il sistema DEC garantisce, in ogni mese, minori consumi d’energia primaria,
associati principalmente alla fase di rigenerazione.
L’analisi fin qui condotta non tiene però conto dei consumi elettrici associati agli
ausiliari (pompe di circolazione, ventilatori). Tali contributi potrebbero sovvertire il
giudizio, in quanto in un DEC è lecito aspettarsi consumi ausiliari molto più elevati; sono
infatti presenti due ventilatori, uno per la mandata e uno per la rigenerazione, e le perdite
di carico sono notevolmente superiori rispetto all’UTA convenzionale, a causa della
presenza di componenti quali il rotore essiccante e lo scambiatore recuperativo. In
Tabella III si riportano a tal fine i valori della potenza elettrica assorbita dagli ausiliari
d’impianto.
marletta evola 5-06-2007 16:43 Pagina 112
Tenendo conto dei consumi ausiliari, è possibile dunque risalire ai valori del
consumo annuo complessivo di energia primaria, riportato in Tabella IV, in cui si vede
come il sistema DEC garantisca risparmi energetici compresi tra il 10 % e il 15 %.
Dall’analisi di Figura 12, si evidenzia inoltre che il contributo degli ausiliari non è
assolutamente trascurabile (circa il 15% dell’energia primaria totale), a differenza del
sistema convenzionale (circa il 4%).
una sezione solare, costituita da collettori solari piani, per la produzione dell’acqua calda
richiesta dal sistema essiccante per la fase di rigenerazione.
In Figura 13 è descritto lo schema di massima della sezione solare di un sistema
DEC. Sul circuito primario, che collega i collettori solari al serbatoio d’accumulo, la
pompa di circolazione P1 si attiva solo quando i collettori sono in grado di fornire
energia termica al serbatoio (T2 - TS > ∆Tmin); la valvola deviatrice V1 consente il
passaggio dell’acqua attraverso il generatore di calore ausiliario quando la temperatura
TS risulta inferiore alla temperatura Tin richiesta all’aria in ingresso alla batteria ai fini
della rigenerazione.
7LQ
7* '7EF 7) H 4K © EF ¹
'7EF
4K
. EF $ EF §
¨ '7 7) 7* ·¸ FS PX
4K © EF ¹
H
P F S 7 7 > @
)5 $ & , E WD 8 & 7 7(
G76
0VFS )S PF S 7 7 8$ 6 76 7( P X F S 76 7RXW
GW
LI 7 7V ! '7PLQ
)S ®
¯ LI 7 7V d '7PLQ
Per la risoluzione del sistema di equazioni differenziali (7) e (8) si è fatto ricorso
al metodo di Eulero, che consiste nell’approssimare la funzione continua nella variabile
τ, che rappresenta la soluzione del sistema, in un’insieme discreto di valori. Secondo tale
approccio, la derivata temporale di TS può essere scritta come in (10), e di conseguenza
la (8) può essere riscritta secondo la (11):
G76 76 W 'W 76 W
GW 'W
'W
76W 76 W'W
0V F S
^ `
)S PF S 7W 76W'W 8$6 76W'W 7(W P X F S 76W'W 7RXWW
Ciò significa che la temperatura TS all’istante t può essere determinata a partire dal
suo valore all’istante (τ - ∆τ), ed in funzione di tutti gli input al sistema (T2, Iβ, T0)
valutati all’istante τ. Il passo temporale ∆τ deve essere piccolo quanto basta per dar
marletta evola 5-06-2007 16:44 Pagina 115
Figura 16 - Distribuzione dell’energia primaria per sistema DEC assistito da energia solare.
¦ ³ 1P
W
P V K $ K , GW
5(3
(3
³ 5(3W [
[ ( W [ , W
5(3QRUP GW
$ W [ , W
W
Figura 17 – Rapporto di Energia Primaria per sistemi DEC assistiti da energia solare.
marletta evola 5-06-2007 16:44 Pagina 118
Tabella VI - REP per sistemi convenzionali e DEC non assistiti da energia solare.
CONCLUSIONI
I risultati ottenuti nel presente lavoro dimostrano che l’uso di unità di trattamento
aria basate su rotori essiccanti assistiti da energia solare si presenta come valida
alternativa alle UTA convenzionali, consentendo di conseguire risparmi di energia
primaria fino al 60%. La tecnologia si presenta particolarmente interessante soprattutto
nei climi caldi e umidi, caratterizzati da significativa disponibilità di radiazione solare;
se ne potrebbe dunque prospettare l’esportazione presso i paesi in via di sviluppo del
bacino mediterraneo. Per climi particolarmente umidi, però, i cicli standard considerati
in questo studio possono risultare non idonei, in quanto richiederebbero una fase di pre-
deumidificazione alquanto impegnativa; per questo motivo sono in fase di studio cicli
termodinamici alternativi che meglio si adattino a questi climi. E’ inoltre da segnalare
che i sistemi DEC, a fronte di migliori prestazioni energetiche, risultano notevolmente
più complessi, e richiedono quindi una maggiore quantità di energia primaria all’atto
della loro produzione. In un prossimo lavoro si valuteranno dunque le prestazioni dei
sistemi DEC in chiave LCA, per valutarne la convenienza alla luce del loro intero ciclo
di vita.
BIBLIOGRAFIA
[1] Lazzarin R., Gasparella A. New ideas for energy utilisation in combined heat and
power with cooling: I. Principles. Applied Thermal Engineering 17(4) (1997). pp.
369-384.
[2] Lazzarin R., Gasparella A. New ideas for energy utilisation in combined heat and
power with cooling: II. Applications. Applied Thermal Engineering 17(5) (1997).
pp. 479-500.
[3] Daou K., Wang R.Z., Xia Z.Z., Desiccant cooling air conditioning: a review.
Renewable & Sustainable Energy Reviews 10 (2006), pp. 55-77.
[4] Mazzei P., Minichiello F., Palma D. HVAC dehumidification systems for thermal
comfort: a critical review. Applied Thermal Engineering 25 (2005), pp. 677-707.
[5] CNR, Dati climatici per la progettazione edile ed impiantistica, Roma, 1982
[6] Halliday S.P., Beggs C.B., Sleigh P.A., The use of solar desiccant cooling in the
UK: a feasibility study. Applied Thermal Engineering 22 (2002), pp. 1327-1338.
[7] Henning H-M., Erpenbeck T., Hindenburg C., The potential of solar energy use
marletta evola 5-06-2007 16:44 Pagina 119
120
gastaldello schibuola 5-06-2007 16:59 Pagina 121
Indice
121
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
122 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
adeguata conoscenza tecnica delle possibilità, ma anche dei limiti della tecnica solare
senza dubbio giocò pesantemente a sfavore del successo di questa tecnologia.
Prestazioni degli impianti realizzati decisamente inferiori al previsto provocarono una
rapida disaffezione nei riguardi del solare. Occorre quindi oggi impegnarsi per
diffondere una corretta cultura impiantistica evidenziando le esigenze funzionali e le
effettive possibilità di questo tipo di impianti. Affermarne i limiti e le relative proble-
matiche non significa contrastare l'impiego dell'energia solare, ma viceversa evidenziare
un'area applicativa, delimitata ma esistente, di reale convenienza per il loro impiego.
Viene allora qui affrontato con una precisa quantificazione il problema dell'effetto sulle
prestazioni di un impianto solare delle scelte relative alle modalità di installazione dei
captatori solari e in particolare la scelta del loro orientamento e della loro inclinazione.
2. L'INTEGRAZIONE ARCHITETTONICA
Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 123
per ciascuna unità immobiliare. I tetti dei nostri edifici rischiano di non essere sufficienti
a volte neppure per le richieste minime. A questo si aggiunge un effetto estetico che può
diventare decisamente poco gradevole. Il problema dell'integrazione architettonica fra
impianti solari ed edificio si manifesta quindi fin d'ora fondamentale sia con riferimento
alle esigenze funzionali che al risultato estetico. Di conseguenza nell'ultima versione del
Conto Energia per l'incentivazione del fotovoltaico esso viene affrontato in termini di
tariffa premiante per chi realizza l'integrazione architettonica. Precisamente vengono
proposte tariffe differenziate in base al grado di integrazione architettonica con l'edificio
come riportato in tabella I. Con completa integrazione architettonica si ha un aumento
dell'incentivo tra il 21% e il 22,5% a seconda della fascia di potenza.
Gli impianti parzialmente integrati sono quelli in cui i moduli fotovoltaici sono
installati in modo complanare alle superfici dell'edificio (tetti o facciate), ma senza
sostituire il rivestimento di tali superfici. Gli impianti integrati sono invece quelli in cui
i moduli fotovoltaici assumono anche la funzione di materiali di rivestimento delle
superfici in sostituzione di quelli tradizionali (tegole, vetrate, ecc). Con lo stesso criterio
vengono classificati i moduli fotovoltaici installati su elementi di arredo urbano, barriere
acustiche, pensiline, frangisole, parapetti, balaustre, persiane. E' evidente che in tutti
questi casi la prescrizione relativa all'inclinazione (latitudine), e spesso anche l'orien-
tamento (Sud), ottimale finiscono in subordine rispetto all'esigenza della complanarità
con la superficie esistente che privilegia quindi moduli con inclinazione quasi nulla
oppure verticali ed orientamenti pari a quelli di tale superficie. E' quindi necessario
investigare gli effetti di questa integrazione architettonica sull'energia raccolta dai
captatori solari.
124 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
Utilizzando i valori medi orari dell’intensità della radiazione solare diretta e diffusa
sul piano orizzontale contenuti negli anni tipo disponibili per diverse località italiane [1]
distribuite su tutto il territorio nazionale è quindi possibile valutare in modo preciso la
radiazione oraria disponibile su un piano con inclinazione ed orientamento qualunque.
In questo caso per tale calcolo è stata utilizzata una subroutine di servizio presente nel
codice TRNSYS, programma ben noto e collaudato per la simulazione degli impianti
solari [2]. Vengono qui riportati nelle tabelle II, III e IV per brevità solo i risultati per
Venezia (latitudine 45°30’), Roma (latitudine 41°48’) e Palermo (latitudine 38°11’)
rispettivamente, come rappresentativi dell’intero territorio nazionale. Precisamente si
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Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 125
fornisce nei tre casi la riduzione percentuale della radiazione solare disponibile
annualmente su una superficie con inclinazione variabile da 0 a 90° con passo di 15° per
ciascuno dei quattro orientamenti fondamentali e quelli intermedi fra loro. La riduzione
percentuale è riferita all’orientamento ed inclinazione più favorevoli che hanno cioè
fornito la massima radiazione annuale disponibile sul piano del collettore. In tutte tre le
località la condizione più favorevole si ha con orientamento Sud ed inclinazione di 30°.
Per gli orientamenti più penalizzati cioè Est, Ovest, Nord ed intermedi fra questi,
per aumentare la radiazione incidente conviene ridurre l’inclinazione. Invece per gli
orientamenti prossimi al Sud l’inclinazione ottimale è intermedia cioè nel campo
nell’intorno della latitudine del luogo cioè tra i 15 e i 45°. Si rileva però come in tutti tre
i casi il risultato migliore sia a 30° cioè leggermente inferiore alla latitudine. Da questa
prima analisi la prescrizione generale di un’inclinazione ottimale pari alla latitudine non
appare del tutto corretta. E’ però evidente che il risultato dipende anche dai dati meteoro-
logici di riferimento e in particolare dal rapporto tra componente diretta e componente
diffusa della radiazione.
Per le pareti verticali la penalizzazione supera sempre il 30% raggiungendo già ad
Est ed Ovest valori nell’intorno del 45%. Questo è particolarmente importante per il
gastaldello schibuola 5-06-2007 16:59 Pagina 126
126 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
fotovoltaico in quanto dimostra che anche l’incentivo per la completa integrazione, circa
il 22%, non è assolutamente in grado di controbilanciare la riduzione della prestazione
dei pannelli. Anzi la penalizzazione è ancora maggiore del valore qui riportato
considerando che una minore produzione comporta un minor guadagno relativo alla
quota economica conseguente l’autoconsumo o la vendita all’ente erogatore. La perdita
economica cresce ancora in presenza di altri incentivi quali ad esmpio quelli legati ad
interventi di riqualificazione energetica o in certi edifici pubblici quali scuole ed
ospedali.
Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 127
cui entità varia con l’angolo di incidenza, ed una rifrazione della quota trasmessa. Si
definisce coefficiente di riflessione il rapporto tra radiazione riflessa e radiazione
incidente: La quota trasmessa It, attraversando lo strato trasparente, subisce poi un
parziale assorbimento che dipende dal cammino percorso e quindi dallo spessore della
lastra e dall’angolo di rifrazione conseguente l’angolo di incidenza. Della parte
trasmessa solo la quota τ·It raggiunge l’altro lato della lastra. Anche alla seconda
interfaccia (lastra-aria) avviene un analoga riflessione e trasmissione. La quota τ di
radiazione totale alla fine trasmessa è la conseguenza di una serie di riflessioni multiple
secondo il meccanismo di figura 2. I cui contributi successivi sono però sempre meno
significativi dato che si riducono di entità.
In modo analogo la quota che raggiunge la piastra viene in parte subito assorbita,
secondo un coefficiente di assorbimento α che è funzione dell’angolo di incidenza θ, ed
in parte viene riflessa. Quest’ultima, grazie di nuovo alle riflessioni multiple sulla
copertura, non è tutta perduta (figura 3).
La quota totale alla fine assorbita dalla superficie captante viene chiamata prodotto
trasmissività-assorbimento (τα) ed indicata tra parentesi perché, in base a quanto detto,
risulta essere maggiore del semplice prodotto di τ per α. Dipende fortemente dall’angolo
di incidenza e quindi varia molto durante la giornata. Il prodotto (τα)θ per un angolo di
incidenza θ può essere calcolato in funzione del corrispondente (τα)n ad incidenza
normale (cioè θ=0). Il rapporto tra i due precedenti prodotti trasmissività-assorbimento
viene detto modificatore con l’angolo di incidenza e per un collettore solare piano risulta
facilmente valutabile con la seguente relazione:
WD T E
D
WD Q FRV T
dove:
a=1,17 b=0,17 con una copertura trasparente
a=1,19 b=0,19 con due coperture trasparenti
gastaldello schibuola 5-06-2007 16:59 Pagina 128
128 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
Dalla figura 4 si osservi il drastico calo del modificatore e quindi della quota di
radiazione incidente captata per angoli di incidenza superiori a 60°. Poiché le tre
componenti diretta, diffusa e riflessa hanno angoli di incidenza diversa, per ciascuna di
esse occorre valutare il corrispondente modificatore con l’angolo di incidenza. Per la
radiazione diffusa si assume l’uniformità della volta celeste e quindi un angolo medio
costante valutabile in funzione dell’inclinazione e comunque prossimo a 60°. Per la
riflessa dipende dall’inclinazione della superficie. Per la diretta l’incidenza dipende da
orientamento, inclinazione, ora e data per ciascuna località.
Risulta quindi chiaro che per un collettore piano l’energia assorbita dalla piastra
dipende fortemente dall’angolo di incidenza. Pertanto a parità di energia incidente sul
piano del collettore l’energia assorbita dalla piastra captante può risultare molto variabile
in funzione dell’angolo di incidenza. Possiamo concludere che l’orientamento e l’incli-
nazione influenzano sicuramente anche l’efficienza di captazione.
Inclinazione: 0 15 30 45 60 75 90
SUD -14,6 -4,6 0,0 -1,3 -8,2 -20,5 -36,6
SE-SO -14,6 -7,4 -4,5 -6,4 -12,6 -23,2 -36,6
EST-OVEST -14,6 -15,1 -17,6 -22,1 -28,5 -36,6 -46,1
NE-NO -14,6 -24,5 -34,7 -43,7 -51,0 -57,0 -62,6
NORD -14,6 -28,8 -42,6 -55,6 -65,3 -69,0 -71,9
gastaldello schibuola 5-06-2007 16:59 Pagina 129
Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 129
Si è quindi calcolata l’energia assorbita dalla piastra come somma delle tre
componenti. Si riportano nelle tabelle V, VI e VII di nuovo solo per Venezia, Roma e
Palermo, la riduzione percentuale della radiazione assorbita annualmente dalla piastra
captante al variare dell’inclinazione e dell’orientamento. La riduzione percentuale è
riferita alla condizione migliore (verso Sud ed inclinazione 30°). Si noti che tale
riduzione è la stessa per qualunque valore del modificatore ad incidenza normale (τα)n.
130 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
solare [3]. Come per i collettori termici anche in questo caso si riportano in tabella VIII,
le variazioni percentuali dell’energia solare assorbita dal pannello fotovoltaico per
diversi angoli ed inclinazioni per brevità solo nel caso di Venezia. I risultati ottenuti
confermano sia qualitativamente che quantitativamente quelli già trovati per i collettori
piani termici.
Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 131
incidente sul piano dei collettori e della radiazione assorbita dalla piastra captante è fatta
a livello di giorno medio mensile. Per una trattazione completa sul metodo della carta f
si rimanda per brevità a testi specifici [5] e [6]. Qui si accenna solo che partendo dall’e-
spressione analitica della frazione coperta f su base mensile si introducono due termini
adimensionali Y ed X:
) U $F
< W D + E 1
/
dove L è il fabbisogno energetico mensile, F’r il fattore di asporto termico del collettore
eventualmente corretto in base alle caratteristiche dell’impianto. N è il numero dei giorni
) U
$F
; 8 F W G ' W
/
La correlazione qui presentata vale per i sistemi a liquido cioè per i collettori solari
più frequentemente utilizzati per la produzione di acqua calda sanitaria con o senza l’uso
combinato per il riscaldamento di ambienti.
Vediamo ora un’applicazione del metodo al caso di un impianto per un fabbisogno
giornaliero di 1800 l/giorno a Venezia. Può essere il caso di un condominio con 12
appartamenti, una media di tre persone per unità ed un consumo di acqua calda a 48°C
pari a 50 l per persona al giorno. Si utilizza un modello di collettore piano con ingombro
2x1,29 m, superficie captante netta di 2,38 m2. Collettore con piastra selettiva, parametri
caratteristici Fr(τα)n =0,85 e FrUc =4,5 W/m2K. L’impianto presenta 12 collettori (28,56
m2 netti) e un accumulo di 75 l/m2 di superficie captante.
gastaldello schibuola 5-06-2007 16:59 Pagina 132
132 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
0HVH Y % Y
VU Y
VV Y VU Y VV 1XP 'HQ 5E 5 + E 0-P + E N-P
JHQQDLR
IHEEUDLR
PDU]R
DSULOH
PDJJLR
JLXJQR
OXJOLR
DJRVWR
VHWWHPEUH
RWWREUH
QRYHPEUH
GLFHPEUH
$UHD P
0HVH / N-PHVH ;F$ <F$ ; < I I/
JHQQDLR
IHEEUDLR
PDU]R
DSULOH
PDJJLR
JLXJQR
OXJOLR
DJRVWR
VHWWHPEUH
RWWREUH
QRYHPEUH
GLFHPEUH
)
In tabella IX si riporta lo sviluppo del calcolo che può essere facilmente ottenuto
con un semplice foglio di lavoro. In questo caso si considera l’orientamento Sud con
inclinazione a 45°. I dati solari di partenza e cioè le due componenti, diretta e diffusa,
della radiazione giornaliera media mensile sul piano orizzontale sono stati qui ricavati
dai dati annuali De Giorgio già utilizzati.
gastaldello schibuola 5-06-2007 16:59 Pagina 133
Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici 133
Figura 5 - Frazione annuale F e sua riduzione (%) al variare dell’inclinazione dei collettori per l’impianto
considerato. La riduzione è riferita all’inclinazione ottimale di 45°
2ULHQWDPHQWR6XG9HQH]LD
5DGLD]LRQH*-P
,QFFDUWDI ,QF7516<6
$VVFDUWDI $VV7516<6
,QFOLQD]LRQHFROOHWWRUL
Figura 6 - Confronto tra le radiazioni annuali incidente ed assorbita valutate con il metodo della carta f e
con il TRNSYS al variare dell’inclinazione dei collettori per l’orientamento Sud.
quelle ottenute con la valutazione oraria eseguita con il TRNSYS. Si confrontino a tale
proposito in figura 6 queste due radiazioni valutate su base annuale con le due diverse
procedure. Sono praticamente le stesse. Ciò nonostante la carta f dà un’indicazione
finale diversa dalla semplice analisi delle radiazioni, dato che la migliore frazione F si
ottiene per un’inclinazione di 45° cioè pari alla latitudine del luogo invece di 30°. Si
tratta d’altronde di un risultato già ben noto dalla letteratura tecnica. Questo aumento
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134 Esigenze funzionali ed integrazione architettonica degli impianti solari negli edifici
dell’inclinazione infatti permette una migliore prestazione nei mesi invernali che
migliora il risultato annuale anche in presenza di un leggero calo della radiazione
incidente annuale dovuta la periodo estivo.
6. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
[1] Mazzarella L., Dati climatici “G. De Giorgio”, atti Giornata di Studio a memoria
di “Giovanni De Giorgio”, Politecnico di Milano, Dipartimento di Energetica.
Milano 1997.
[2] Solar Energy Laboratory, TRNSYS a Transient System program, rel 14.2,
University of Wisconsin, Madison, USA.
[3] King David L., Kratochvil Jay A.,. Boyson William E., Measuring the solar
spectral and angle of incidence effects on photovoltaic modules and irradiance
sensors, Proceedings of the 1994 IEEE Photovoltaics Specialists Conference,
1997.
[4 ] UNI, Energia solare, Calcolo degli apporti per applicazioni in edilizia,
Valutazione degli apporti ottenibili mediante sistemi attivi o passivi, norma UNI
8477, parte seconda, 1985.
[5] Duffie, John, Beckam William., Solar engineering of Thermal Processes, New
York, John Wiley & Sons, Inc. 1991.
[6] Schibuola L., Cecchinato L., Sistemi solari attivi e passivi negli edifici, Società
editrice Esculapio, Bologna, 2005.
zen luigi 5-06-2007 17:22 Pagina 135
Indice
135
Tecnologia e applicazioni
del solare fotovoltaico
LUIGI ZEN
Helios Technology Srl, Carmignano di Brenta (PD)
RIASSUNTO
viene quindi utilizzata per essere immessa in una batteria o per alimentare un carico in
presa diretta (es. impianti connessi a rete).
Come descritto in Fig. 1.1, dal punto di vista elettrotecnico il circuito equivalente
di una cella fotovoltaica è costituito da:
2. Un diodo in parallelo. In effetti la presenza della giunzione p-n rende la cella foto-
voltaica simile ad un grosso diodo attivo, caratterizzato da una tensione di circuito
aperto pari alla “tensione di giunzione” (0,4-0,6V), valore quindi piuttosto stabile nel
tempo e poco dipendente dalla radiazione solare del momento.
E’ pur vero che il nostro territorio è ricco di sabbia e quindi di quarzite, elemento da cui
si ricava il silicio, ma le lavorazioni da compiere per il suo ottenimento sono purtroppo molte
e costose. Proprio per questo motivo il costo finale di un modulo fotovoltaico non è immoti-
vatamente elevato. Infatti dalla fusione della quarzite (SiO2) assieme al carbonio (C) si ottiene
il silicio “di grado metallurgico” (SiO2 + 2C = Si + 2CO), caratterizzato da un grado di purezza
del 99%. L’elemento così ottenuto non è ancora sufficientemente puro ai fini dell’industria
elettronica e solare, perciò è generalmente impiegabile solamente per l’industria chimica e
dell’alluminio. Per essere utilizzabile nell’industria fotovoltaica, la così denominata “sabbia di
Silice” deve subire un complesso processo di raffinazione (solar refining).
Al termine di questo processo essa ottiene un grado di purezza del 99,99% e quindi
la denominazione di silicio “di grado solare” (solar grade, SG-Si). In modo parallelo, per
zen luigi 5-06-2007 17:22 Pagina 139
ottenere un grado di purezza del 99,9999% (poly-silicon) necessario per l’uso nell’in-
dustria elettronica, la sabbia di silice subisce un complicato e costoso processo di raffina-
zione (distillazione frazionata, metodo Siemens) e diventa così silicio “di grado
elettronico” (electronic grade, EG-Si). Nel caso di un non raggiunto grado di purezza
Fig. 1.4 - Silicio di grado solare e di grado elettronico per l’industria fotovoltaica
silicio di grado solare destinato per l’industria fotovoltaica, viene cresciuto con il metodo
“Heat Exchange Method”, (HEM). Il silicio viene fuso in un forno ad arco e poi lasciato
raffreddare secondo tempi e temperature controllate. Si ottiene in questo modo del silicio
multicristallino in pani a forma di parallelepipedo, secondo le esigenze del costruttore. I
pani diventeranno poi dei lingotti di base rettangolare o quadrata, i quali a loro volta
saranno tagliati in sottilissimi wafer dello spessore di circa 200 micron (spessori minimi
per ottenere un maggiore numero di wafer per lingotto). Questi wafer saranno poi
processati e diventeranno delle celle fotovoltaiche in silicio multicristallino. Per quanto
riguarda l’industria elettronica, il polyslicon puro al 99,9999% viene cresciuto in lingotti
cilindrici (RODs) con il “Metodo Czochralsky”, un processo in un forno ad arco a
temperatura e velocità di crescita controllati, il quale permette di ottenere dei RODs in
silicio monocristallino, iperpuro, polarizzato e perfettamente uniforme come richiesto
dall’industria elettronica. La parte iniziale e terminale di questi RODs, di forma conica,
zen luigi 5-06-2007 17:22 Pagina 140
chiamate “testa” e “coda” non perfettamente pure, verranno riutilizzate e rifuse con il
metodo MEH per produrre silicio multicristallino per l’industria fotovoltaica. I RODs a
base cilindrica in silicio monocristallino ottenuti vengono quindi tagliati in wafer dello
spessore di 400-600 micron e destinati per :
a) wafer di grado solare in Si monocristallino nel caso in cui i RODs non rientrino
nelle specifiche o contaminati durante il processo di crescita/taglio.
Nonostante quanto appena descritto, i costi sempre più elevati della materia prima
silicio (puro almen al 99,99%) stanno portando molte aziende, al fine di aumentare la
loro capacità produttiva ma mantenere comunque dei costi di produzione competitivi, nel
puntare maggiormente verso il silicio multicristallino e l’adozione di avanzate tecniche
di produzione, le quali possano esaltarne le caratteristiche e renderlo comparabile al
silicio monocristallino. Qui sotto, in Fig. 1.5, un riassunto di quanto detto.
che il silicio viene distribuito, a differenza delle due precedenti tecnologie in modo
non uniforme nel supporto, pertanto la conversione fotovoltaica è caratterizzata da una
maggiore resistenza dei materiali alla penetrazione da parte della corrente erogata. Ad
occhio nudo il modulo realizzato con questa tecnologia appare bluastro-violaceo con
una variazione di tonalità uniforme (prismatica) a seconda dell’angolo di riflessione
della luce incidente. Il vantaggio dato da questo tipo di modulo è che può essere
realizzato con forme diverse, a differenza di quelli in silicio cristallino, e quindi essere
“personalizzabile”. Dal punto di vista elettrico questa tecnologia, che è stata raffinata
e resa commercializzabile e “competitiva” solo da pochi anni, è penalizzata per il fatto
che il modulo degrada rapidamente nelle prestazioni durante il primo/secondo anno di
vita, per poi stabilizzarsi, con una diminuzione di potenza di circa l’1% / anno. Resta
comunque il dubbio sulla resa e stabilità in outdoor di questa tecnologia, poiché non
esiste uno storico, almeno ventennale, come già documentato per le tecnologie del
silicio cristallino.
In merito alle tecnologie non ancora rese commerciali, sono recentemente emerse
le seguenti:
fatto che:
a) è molto probabile che chi desidera produrre energia utilizzando fonti rinnovabili
per limitare l’inquinamento dovuto all’emissione di CO2 vorrà farlo utilizzando
prodotti il meno inquinanti possibile, e quindi evitando di usare moduli
contenenti un elemento radioattivo
serie per realizzarlo, la sua corrente di uscita sarà invece determinata dall’area delle celle
stesse utilizzate. Variando la loro area il costruttore può quindi, a parità di tensione
nominale di uscita, ottenere i moduli con la potenza nominale di uscita desiderata.
Leggermente differente è invece l’approccio adottato per i moduli in silicio amorfo o in
film sottile, per i quali la tensione (di giunzione o di “spessore” del materiale) di uscita
dipende dalla fisica dei materiali e non comporta dei collegamenti in serie. La corrente
di uscita dipende poi dall’area impegnata dal modulo.
5. Tedlar: foglio plastico posteriore adeguatamente spesso e robusto che assicura iso-
lamento elettrico e rispetto agli agenti atmosferici
Entrambi i tipi di impianto si basano sul concetto fondamentale per cui il modulo
fotovoltaico, dotato di tensione e correnti continue proprie, viene utilizzato per
convertire l’energia solare in energia elettrica. I criteri di progettazione degli impianti
dipendono in primo luogo dal luogo di installazione dell’impianto, periodo di utilizzo
delle utenze, consumi complessivi e tempi di
utilizzo delle utenze stesse. Per gli impianti stand
alone, il modulo fotovoltaico dovrà, in media
quotidiana, durante le ore di sole, immettere in
batteria la quantità di energia sufficiente ad
alimentare i carichi di entità e tempo di utilizzo
noti. Non solo le condizioni meteorologiche
medie della radiazione solare sono determinanti
ai fini della producibilità di energia da parte dei
moduli, ma lo sono anche quelle stagionali.
L’inverno è caratterizzato da una radiazione
solare media nettamente inferiore (alle nostre latitudini circa il 50%) rispetto a quella
estiva. Per questa ragione, il progettista di sistemi fotovoltaici stand alone considererà il
caso peggiore (worst case) di radiazione solare disponibile. Per una stima della
radiazione solare su piano inclinato ed orientato disponibile nelle varie stagioni sono
disponibili delle tabelle normalizzate. Citiamo ad esempio quelle relative alle norme
UNI 10349 – 8477, o quelle divulgate dall’ENEA.
Negli impianti connessi a rete, invece, spariscono sia le batterie che il concetto di
immagazzinamento e scorta dell’energia, la quale viene invece trasferita in presa diretta
nelle rete elettrica locale grazie all’utilizzo di un dispositivo chiamato inverter. Per
questo tipo di impianti è interesse del progettista massimizzare la produzione media
annua di energia, sapendo che essa verrà scambiata con la rete elettrica di distribuzione
in modo bidirezionale.
loro morsetti di uscita una tensione variabile con il carico e con le condizioni di radia-
zione solare del momento, la batteria svolge quindi anche la funzione di stabilizza-
tore di tensione, la quale ai suoi morsetti rimane molto costante. Ciò consente un’a-
deguata immissione di corrente da parte dei moduli, la quale in questo modo non
risentirà più del carico ma sarà solamente dipendente dall’intensità della radiazione
solare. Poiché i moduli fotovoltaici in condizioni di maltempo generano solamente
una piccola quantità rispetto all’energia producibile attesa, la batteria svolge anche la
funzione di riserva di energia (backup). Infatti, nei sistemi stand alone ben progetta-
ti, essa possiede una capacità complessiva sufficiente a consentire la corretta alimen-
tazione dei carichi per 8-10 giorni di maltempo prolungato. Tale energia verrà resti-
tuita dai moduli nei periodi di migliore insolazione. Le batterie più idonee per l’uti-
lizzo negli impianti fotovoltaici sono le batterie stazionarie a scarica ciclica: esse
devono quindi potersi scaricare più volte, anche profondamente (1000 cicli di scari-
ca profonda o 10 anni di vita operativa), durante il loro periodo operativo, per forni-
re sempre quando necessario energia di riserva e ritornare successivamente perfetta-
mente cariche. Sono recentemente molto diffuse batterie solari VRLA (Valve
Regulated Lead-Acid) di tipo Pb in sospensione gel.
3. Il regolatore di carica svolge una funzione di controllo del flusso di energia dai
moduli verso la batteria e dalla batteria verso i carichi. Esso viene quindi inserito tra
i moduli fotovoltaici ed il resto del sistema per assolvere due funzioni principali:
- Evitare un’eccessiva scarica della batteria. Quando, per motivi di scarsa radiazione
solare prolungata nel tempo, i moduli fotovoltaici non riescono ad immettere in
batteria l’energia quotidianamente necessaria per i carichi, avviene che il resto
dell’energia viene fornito dalla riserva di batteria (backup). Se però questa
condizione di deficit energetico perdura nel tempo la batterie potrebbe trovarsi in
condizioni di capacità troppo bassa e danneggiarsi se eccessivamente scaricata
(effetto memoria). Per questo motivo in generale i regolatori di carica in
commercio scollegano (cutoff) l’uscita carichi quando la batteria raggiunge in
scarica circa il 30% della propria capacità e riattiveranno l’uscita solamente
quando la batteria avrà recuperato in ricarica il 50% della propria capacità.
- Evitare un’eccessiva carica della batteria. Quando per motivi di scarso utilizzo dei
carichi, la batteria si trova in condizioni di carica completa, eccedere nella sua
carica comporterebbe il suo danneggiamento. Per questo motivo in queste
condizioni interviene una funzione di parzializzazione di carica (PWM) che
scollega in frequenza i moduli fotovoltaici dalla batteria. Ciò evita danni alla
batteria (surriscaldamento, solfatazione) mantenendo sempre una corrente in
ingresso da parte dei moduli (trickle charge) che ne evitano l’autoscarica.
Oltre a queste due funzionalità principali il regolatore di carica è stato nel tempo raf-
finato nelle sue caratteristiche. Attualmente viene equipaggiato anche con un micro-
processore il quale permette equalizzazione di carica in funzione della temperatura,
analisi dello scambio di energia del sistema, capacità di regolazione di soglie, moni-
zen luigi 5-06-2007 17:23 Pagina 149
La configurazione iniziale descritta in Fig. 2.1 può essere estesa con più regolatori
di carica in parallelo alla stessa batteria, tutti indipendenti compatibilmente con le loro
caratteristiche di targa, per realizzare sistemi di qualsivoglia dimensione.
Quando però, oltre a semplici carichi in corrente continua si desidera alimentare
elettrodomestici o carichi a 230VAC, viene utilizzato un inverter con ingresso in
continua a 12-24-48VDC ed uscita in corrente alternata a 230VAC 50Hz (Fig. 2.2).
Un impianto connesso a rete trifase può essere costituito da tre inverter trifase (o
multipli di tre) collegati in sequenza alle tre fasi della rete, oppure da un unico inverter
trifase centralizzato (Fig. 2.4).
zen luigi 5-06-2007 17:23 Pagina 153
E’ ormai diffusa l’abitudine di dotare gli impianti connessi a rete con opportuni
dispositivi di monitoraggio e memorizzazione dati (datalogger e sensori) che
consentono, anche in modo remoto (GSM, web), di controllare il funzionamento
dell’impianto.
Qui sotto viene illustrata una serie di realizzazioni di impianti. (Nuova
Thermosolar, ESPE).
zen luigi 5-06-2007 17:23 Pagina 154
Il recente decreto “Conto Energia” del 19/02/07 firmato dal Ministro delle Attività
Produttive e dal Ministro della Tutela dell’Ambiente e del Territorio, è il risultato dell’e-
sperienza derivante dai due precedenti decreti del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006
in merito di incentivazione statale sulla produzione di energia da parte di privati, enti
pubblici ed aziende. In linea con i precedenti decreti e delibere, comprese quelle
dell’AEEG (ultima la 90/07), viene incentivata la produzione di energia per impianti
connessi a rete a partire da 1kWp in poi. In prima analisi la scelta di incentivare gli
impianti fotovoltaici è motivata per il fatto che essi comportano quanto segue:
ogni tonnellata CO2 eccedente i limiti prefissati. Grazie al fatto che la produzione di
1kWh di energia mediante fonti rinnovabili evita l’emissione di 0,53kg di CO2 derivante
dalla combustione di combustibili fossili, dalla tabella qui a lato (ENEA) è possibile
concludere che il loro contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera è
notevole.
L’entità della tariffa incentivante del Conto Energia è basata su un sistema ibrido
composto da una tariffa che sarà erogata dal Soggetto Attuatore (GSE, Gestore del
Sistema Elettrico) per tutta l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico e dal ricono-
scimento del valore dell’energia elettrica autoconsumata o ceduta al gestore locale della
rete (valore di scambio o di cessione). Il sistema d’incentivazione stabilisce che ad ogni
unità di energia elettrica prodotta (kWh) con impianti fotovoltaici sia riconosciuta una
tariffa incentivante differenziata sulla base della potenza dell’impianto e della tipologia
di installazione (a partire da 1kWp in su, senza limitazione, per 3000MWp complessivi
entro il 2016, per impianti entrati in esercizio in data successiva al 01/10/05).
1. Soggetto Attuatore: Nella veste del GSE, è incaricato dallo Stato a ricevere le richie-
ste di incentivazione ed erogare le tariffe incentivanti secondo le taglie di potenza
installate dai Soggetti Responsabili
2. Soggetto Responsabile: colui che è titolare del contratto di fornitura con il gestore
della rete, presenta la domanda per l’incentivazione, a impianto fotovoltaico già
realizzato e lo tiene in esercizio
3. Gestore della Rete (ENEL, ASM): ente che fornisce l’energia elettrica e contabi-
lizza l’energia scambiata/venduta dal Soggetto Responsabile.
Ad inizio paragrafo è già stato sottolineato che gli impianti fotovoltaici possono
essere collegabili alla rete di distribuzione se soddisfano i requisiti richiesti delle norme
ENEL DK.
Per poter accedere alle tariffe incentivanti gli impianti connessi a rete inoltre
devono:
1. Essere conformi alle norme di buona tecnica che sono riportate nell’Allegato 1 del
decreto (CEI /IEC 61215 ecc.)
2. Essere realizzati con componenti nuovi, comunque non utilizzati in altri impianti.
a) b) c)
Fig. 2.5 – Gradi di integrazione, architettonica
Nel diagramma a torta qui sotto (ENEA) si cerca di dare una valutazione
percentuale dei costi complessivi di un impianto connesso a rete installato e funzionante.
Secondo gli attuali valori di mercato, alle nostre latitudini geografiche, per un
impianto connesso a rete di piccola taglia che godrà delle tariffe incentivanti il tempo di
ammortamento medio previsto dell’investimento iniziale è di circa dieci anni. Per un
impianto di grossa taglia (50kWp) il tempo di ammortamento medio si riduce a circa 8
anni. Molte banche si sono attrezzate erogando servizi di finanziamento agevolato per
zen luigi 5-06-2007 17:23 Pagina 158
3. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1. Pubblicazioni ENEA
2. Pubblicazioni ISES
Indice
159
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
Per la determinazione del rendimento dei singoli componenti e del rendimento del
sistema fotovoltaico completo è opportuna la conoscenza di formule che consentano di
simulare il comportamento del sistema anche ai carichi parziali.
3. PROGRAMMA DI SIMULAZIONE
Tabella III – Rese specifiche annue calcolate (simulazioni) degli impianti fotovoltaici
monitorati. S J S
3RWHQ]D 3URGX]LRQH 5HVD
GLSLFFR DQQXDDWWHVD VSHFLILFD
LPSLDQWR N:K N:KN:S
N:S
,PSLDQWR)91RYH9,GDN:S
,PSLDQWR)9/HJQDJR95GDN:S
,PSLDQWR)9/HJQDJR95GDN:S
,PSLDQWR)96DQ3RORGL3LDYHGDN:S
Una delle domande più frequenti che ci si pone quando si valuta l’opportunità
dell’installazione di un impianto fotovoltaico connesso alla rete elettrica e per il quale
sia presente un’utenza elettrica sul medesimo punto di consegna è “quanto sarà
autonoma l’utenza rispetto ai prelievi della rete elettrica?”
Poiché non è possibile prevedere esattamente giorno per giorno produzione e
consumo di energia elettrica (legati a diverse variabili) a meno di definire profili di carico
su base statistica, dare una risposta alla domanda del paragrafo precedente risulta
alquanto difficile. Nel caso dell’impianto da 2,31 kW per il quale l’utente ha attivato un
contratto di scambio sul posto, sono state rilevate giorno per giorno per sei mesi dalla
data di entrata in esercizio dell’impianto le letture dei due contatori: quello dell’energia
elettrica prodotta (PRD) e quello bidirezionale dal quale si evince l’energia prelevata
dalla rete (P) e l’energia immessa in rete (I).
L’unità abitativa a cui è allacciato l’impianto fotovoltaico ha le seguenti caratteri-
stiche:
Villetta a schiera ad angolo
Anno di costruzione: 2002
Superficie utile: 160 m2 + garage
Nucleo familiare di 4 persone
Contratto di fornitura di energia elettrica con potenza di 4,5 kW
Consumi energia elettrica ultimi anni: 4.412 kWh nel 2005, 4.344 kWh nel 2006.
Fi = PRDi – Ii + Pi
CSi = PRDi / Fi
Figura 6 - Andamento del parametro CSi giornaliero (quota di copertura solare) dal 07/11/2006
al 07/05/2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)
Si definisce inoltre:
FCSi = ( PRDi – Ii ) / Fi
Figura 7 - Andamento del parametro FCSi giornaliero (frazione di energia elettrica prodotta
utilizzata direttamente) dal 07/11/2006 al 07/05/2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)
Figura 9 - Andamento del parametro FCSj mensile (frazione di energia elettrica prodotta utilizzata
direttamente) da novembre 2006 ad aprile 2007 (impianto fotovoltaico da 2,31 kWp)
Nell’attesa di completare l’analisi su base annua che nei prossimi sei mesi include
quelli estivi ove si avrà una certa incidenza dei consumi di energia elettrica per i due
condizionatori presenti, possiamo concludere che estrapolando i dati del caso esaminato
la quota di copertura solare CS annua potrebbe superare il 60%, mentre la frazione di
energia prodotta utilizzata direttamente FCS potrebbe assestarsi tra intorno al 30%.
Le principali variabili che influenzano questi risultati nel caso di unità abitativa
civile sono:
- la potenza scelta per l’impianto FV;
- tutte le variabili che influenzano la produzione di energia elettrica dell’impianto FV;
- il fabbisogno dei carichi elettrici dell’utenza;
- il profilo dei carichi elettrici dell’utenza e conseguentemente le abitudini degli
occupanti.
Nel caso di impianti fotovoltaici con punto di consegna su una utenza di tipo
residenziale la scelta del contratto di scambio sul posto col distributore di energia
elettrica si dimostra vantaggiosa per recuperare la frazione di energia elettrica non
utilizzata direttamente. Oltre al recupero dell’energia c’è il vantaggio di natura
economica giacché con lo scambio sul posto l’energia viene ritornata al cliente-
produttore l’anno successivo a quello di immissione e quantificata ad un valore superiore
(quasi il doppio) di quello che si potrebbe ricavare dalla vendita diretta dell’energia.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Indice
169
SOMMARIO
1. INTRODUZIONE
In base al rapporto del World Energy Outlook (WEO) del 2005, oggi in parte
superato dagli sviluppi del mercato dei prodotti petroliferi degli ultimi 18 mesi, uno degli
scenari previsti, il più virtuoso, è quello che vede gli stati consumatori (e fra questi quelli
europei) investire nel risparmio energetico perseguito sia con il maggior utilizzo delle
energie alternative che come incremento dell’efficienza degli impianti convenzionali.
Il WEO prevede una riduzione dei consumi del 10% circa entro il 2030 contro un
incremento di consumi, con le regole di mercato attuali, del 50% ed un pari incremento
di produzione di CO2.
Si intuisce l’importanza dell’obiettivo del risparmio energetico anche in connessione
a quanto indicato dal Protocollo di Kyoto e successive modifiche sulla riduzione delle
immissioni di CO2 in atmosfera. Inoltre sarebbero ancora più preoccupanti, oltre all’in-
cremento dell’effetto serra atmosferico, gli effetti di inquinamento ambientali (SOx, NOx,
…). Di recente anche gli USA stanno investendo nelle biomasse e c’è da credere che
daranno un impulso sensibile allo sviluppo di queste tecnologie.
In questo nota si vuole evidenziare lo sviluppo nel campo della produzione di
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 170
\ ] \
& [ + \ 2] [ 2 o [&2 + 2
Si osservi che l’energia rilasciata da questa reazione è indipendente dal tipo
attivazione: combustione, pirolisi o gassificazione. In pratica se il char di pirolisi o il gas
prodotto dalla gassificazione sono bruciati si ottiene sempre la stessa entalpia di
reazione. Resta comunque la differenza nella diversità di utilizzazione del combustibile
e nel modo di rilascio del calore.
Va inoltre considerato che il contenuti di vapore acqueo prodotto dalla
combustione del gas è relativamente elevato a causa sia dell’idrogeno presente nel
combustibile sia per l’umidità presente nel combustibile da biomassa che evapora per
effetto del riscaldamento.. Per questo motivo l’efficienza di combustione migliora se la
biomassa viene essiccata prima della combustione.
In definitiva l’utilizzo delle biomasse non costituisce aggravio al bilancio della
CO2 in atmosfera e quindi si ha il massimo rispetto dell’ambiente e dei criteri di eco
compatibilità. In fondo l’utilizzo delle piante (legno, torba, paglia,…) è vecchio quanto
l’Uomo.
Una coltivazione mirata alla produzione di biomassa mediante colture ad elevata
produzione di massa (pini, eucalipti, ..) e a rapido accrescimento (canna da zucchero,
mais, soia, ..) può incidere notevolmente sulla riduzione dei consumi di prodotti
petroliferi.
Si calcola una produzione attuale di biomassa di circa 150 miliardi di tonnellate
l’anno di biomassa (principalmente da vegetazioni selvatiche).
Il messaggio subliminale della biomassa è che la coltivazione di vegetazione
specifica può essere vista come una sorta di coltivazione dell’energia per effetto delle
trasformazioni che saranno esaminate fra breve.
In Figura 3 si ha una sintesi dei possibili processi di trasformazione dai materiali
primari di biomassa in prodotti ed energia. E’ facile osservare come la chimica alla base
di questi processi di trasformazione sia oggettivamente complessa e come i prodotti
ottenuti siano di primario interesse per l’Uomo.
cammarata 8-06-2007 15:25 Pagina 172
Uno sviluppo importante, come combustibile, ha l’etanolo. Introdotto fin dal 1920,
ha conosciuto un grande interessa dopo la crisi energetica del 1979. Il Brasile ha
fortemente sviluppato la diffusione di questo combustibile di origine vegetale (princi-
palmente canna da zucchero) oltre il 60% della produzione mondiale. L’etanolo viene
commercializzato sotto forme di miscele avente varie sigle: E10, E85 e E95. L’etanolo è
ottenuto principalmente dalla fermentazione di grandi masse amidose e zuccherine.
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 174
L’Unione Europea prevede uno sviluppo produttivo dell’ordine del 6% nel 1010 e del
20% entro il 2020.
Figura 7: Confronto del biodiesel con il combustibile tradizionale
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 175
Figura 9: Esempio di gassificatore a letto fluido con motore diesel da 750 kWe
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 176
Possono essere utilizzati impianti con tecnologia classica sia per la produzione di
calore (ad esempio per teleriscaldamento) che di energia elettrica. Sono spesso utilizzati
impianti a ciclo Hirn nei quali il generatore di vapore è opportunamente modificato per
l’utilizzo di combustibili da biomassa.
Al fine di migliorare il rendimento di combustione nelle centrali a carbone si può
utilizzare la co-combustione (cofiring) che consiste nel sostituire una percentuale di
carbone (10-20%) con biomassa. Questa tecnologia ha il pregio di ridurre la produzione
di CO2, SO2 , N2O e risulta abbastanza conveniente (tempi di pay back valutato negli
USA intorno agli 8 anni).
Il cofiring può essere utilizzato anche per sostituire gas naturale con syngas o
biogas con buone efficienze per impianti di piccola taglia.
E’ spesso utilizzato un impianto in contropressione parziale per avere contempora-
neamente sia vapore che energia meccanica/elettrica.
Anche gli impianti di cogenerazione sono possibili e con taglie energetiche anche
di grande interesse. Se si utilizzano impianti di gassificazione è possibile avere anche
cicli combinati gas-vapore.
Una discarica naturale ben isolata, ad esempio con teloni impermeabili, fornisce
una discreta quantità di biogas ottenuto da processi di decomposizione delle sostanze
organiche contenuti nei rifiuti.
Per la raccolta del biogas si utilizzano opportune reti di captazione costituite da
pozzi verticali collegati a raggiera da tubazioni orizzontali forate per la facilitare la
raccolta del biogas, come schematizzato in Figura 14. Il sistema di raccolta funziona
agevolmente grazie alle pressioni interne ai materiali in discarica.
Il biogas può essere raccolto in recipienti o direttamente convogliati in centrali per
produzione di energia elettrica o termica (ad esempio per teleriscaldamento).
Si osserva che il biogas prodotto dalla decomposizione di materie organiche è
molto ricco di metano e quindi la sua raccolta ha anche il beneficio di ridurre l’effetto
serra. Si ricorda, infatti, che il metano è circa 10 volte più attivo della CO2.
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 179
Figura 12: Foto di un impianto Stirling da 30 kW
Una categoria di generatori termici che si sta affermando in questi ultimi anni è
quella dei termovalorizzatori dei rifiuti solidi. Questa tecnologia, fino a pochissimi anni
fa relegata in una fase da laboratorio e implementata solo in paesi più sensibili al rispetto
dell’ambiente, oggi trova applicazione anche in Italia a seguito di alcune direttive
europee e del noto Decreto Ronchi (D.Lgs 22/97), pur con notevole ritardo rispetto ad
altre nazioni europee.
Si fa strada, quindi, la cultura della valorizzazione termica dei Rifiuti Solidi Urbani
(RSU) e in genere di tutte le tipologie di rifiuti che le leggi vigenti propongono.
Alla base di questa filosofia vi è il concetto di recupero energetico oltre che
materiale di alcune frazioni riciclabili quale la plastica, i materiali ferrosi, la carta .... I
RSU o loro assimilabili sono, infatti, prodotti organici capace di fornire energia se
opportunamente combusti con un potere calorifico inferiore (pci) che varia da 1800 ÷
4500 kcal/kg a seconda della tipologia di prodotto.
Considerando una produzione realistica di RSU di 1.5 kg/p/g (kg di RSU per
persona al giorno) e la popolazione residente nel nostro paese ci si rende conto della
enorme quantità di RSU disponibili giornalmente, senza considerare le altre produzioni
quali quelle industriali e ospedaliere. Per dare un valore concreto nella sola provincia di
Catania si hanno circa 1.200 t/g di RSU tal quale che potrebbe fornire (supponendo un
valor medio del pci=2000 kcal/kg) circa 2.790.000 kWh e cioè una quantità di energia
corrispondente al consumo energetico familiare medio di circa 30.000 famiglie.
Negli ultimi due decenni si sono affermate alcune tecnologie per la termovaloriz-
zazione e in particolare si ricorda: la combustione a griglia, la combustione a letto fluido,
la pirolisi a bassa temperatura e, di recente, la pirolisi ad alta temperatura mediante
reattori al plasma. Si tratta di tecnologie, vecchie e nuove, che presentano una serie di
problematiche sia impiantistiche che operative.
Gli impianti di termovalorizzazione con forni a griglia sono probabilmente quelli
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 181
più conosciuti e in Italia se ne hanno alcune realizzazioni (anche recenti, come a Brescia
e Ferrara) perfettamente funzionanti.
Gli impianti a letto fluido possono considerarsi una evoluzione dei precedenti
poiché utilizzano per la combustione il metodo delle caldaie circolanti a pressione
atmosferica (ACFB) con sensibile riduzione della temperatura di combustione e maggior
controllo delle emissioni atmosferiche.
Entrambe le tipologie sopra indicate utilizzano quale prodotto di combustione il
CDR (Combustibile Da Rifiuto) ottenuto dai RSU mediante pretrattamento di
essiccazione per eliminare l’umidità e le frazioni riciclabili. Gli impianti a pirolisi a
bassa temperatura, sia endotermica che esotermica, si basano su conoscenze ormai
secolari della scissione pirolitica dei legami molecolari delle sostanze organiche. Nei
forni rotanti pirolitici si raggiungono temperature dell’ordine di 500÷600 °C e, in
atmosfera ridotta di ossigeno, avviene la scissione pirolitica dei rifiuti formando, in
genere, gas pirolitico con residuo di coke detto di pirolisi.
Il gas così prodotto ha un pci di circa 4000÷5000 kcal/kg e può essere utilizzato,
previo trattamenti di depolverizzazione, lavaggio e desulfurazione (in alcuni casi anche
in relazione al tipo di rifiuto utilizzato) per far marciare una turbina a vapore ovvero
anche, per gli impianti di piccola taglia (di solito al di sotto di 100.000 t/anno), motori
endotermici con produzione diretta di energia elettrica. Il coke di pirolisi può essere
utilizzato per alimentare forni, come carbonella o per alimentare un impianto di craking
per produrre altro gas di sintesi. In quest’ultimo caso si producono residui vetrosi non
lisciviabili che possono facilmente essere portati a discarica.
Gli impianti a pirolisi ad alta temperatura sono i più recenti e rappresentano un
salto tecnologico nella termovalorizzazione dei RSU. Essi possono trattare praticamente
tutte le tipologie di rifiuti (solidi o liquidi) e producono syngas e residui solidi basaltici.
seguito, essere utilizzato come carbone attivo negli impianti di filtrazione, come
sostanza porosa per la produzione di mattoni o come combustibile nelle centrali
termoelettriche. Lo si può inoltre sottoporre al processo di gassificazione.
- Attraverso la gassificazione il residuo carbonioso della pirolisi viene convertito in
granuli vetrosi completamente inerti dal punto di vista chimico-fisico che possono
essere offerti quali prodotti per l’industria edile o inviati in discarica senza restrizioni
ambientali di sorta.
Grazie alla sua stabilità chimica intrinseca tale materiale può essere immagaz-
zinato dovunque per periodi illimitati senza che si renda necessaria alcuna precauzione.
I RSU vengono prima trattati per l’eliminazione delle frazioni ferrose e metalliche,
dei materiali plastici e vetrosi. Alla fine del processo vengono essiccati, in camere
riscaldate a vapore, fino ad un’umidità residua del 10% circa, al fine di ottimizzare il
successivo processo di gassificazione. L’essiccamento viene effettuato in tamburi rotanti
riscaldati indirettamente con vapore che può essere prodotto dallo stesso impianto a
pirolisi. Il processo di essiccamento sfrutta il calore di essiccazione del vapore e quindi
la massima temperatura di contatto per il materiale, all’interno del tamburo di
essiccamento, è di circa 190 °C. Il vapore esausto proveniente dall’essiccazione dei
rifiuti viene condensato in un’apposita torre di lavaggio con addizione di soda al fine di
eliminare ogni odore residuo. Dopo l’essiccazione il materiale viene indicato come fluff.
solidi inerti (scorie carboniose). I residui soliti vengono espulsi mediante una coclea
orizzontale e quindi raffreddati.
L’atmosfera inerte fa sì che persino all’avviamento non vi sia alcun pericolo di
incendio o di esplosione. Il coke di pirolisi raffreddato viene convogliato in atmosfera
inerte in un silo. Mentre effettua questo processo un separatore magnetico provvede a
rimuovere i residui di materiali ferrosi contenuti nel coke (da unire a quelli grossolani
separati durante la fase di pretrattamento dei rifiuti). La rimozione dei metalli non ferrosi
viene effettuata mediante un flusso turbolento per quanto riguarda i pezzi più grossi e
mediante vagliatura per quanto riguarda i fini.
Il tamburo pirolizzatore viene riscaldato indirettamente, fatta eccezione per la
messa in marcia, il bruciatore viene fatto funzionare mediante l’utilizzo dello stesso gas
di pirolisi previamente depurato.
Lo sfruttamento energetico del gas di pirolisi e la qualità della combustione (bassa
concentrazione di NOx) vengono positivamente influenzati dalla particolare configu-
razione della camera di combustione.
Gli scarichi della combustione passano attraverso uno scambiatore di calore nel
quale viene preriscaldata l’aria per la crakezzazione del gas.
coke caldissimo. In conseguenza di ciò la sua temperatura aumenta sino ad 1100 °C. In
seguito alle varie reazioni chimiche endotermiche che consumano parte dell’energia, la
temperatura del gas all’uscita dell’unità di craking è di circa 900 °C. In quel momento,
ovvero dopo circa 3÷5 secondi, il gas di pirolisi viene trasformato in un gas stabile ed
in particolar modo gli idrocarburi sotto forma di vapore vengono scissi in idrogeno,
metano e monossido di carbonio. In aggiunta a quanto sopra detto il vapore acqueo
presente nel gas di pirolisi viene trasformato, dal carbonio presente nel coke, in
monossido di carbonio e idrogeno in base alla ben nota reazione eterogenea acqua-gas
Come già detto, esistono numerose possibilità di utilizzo per il coke di pirolisi
(scorie carboniose), pertanto è ipotizzabile che parte del coke di pirolisi a lungo andare
possa essere variamente impiegato ad esempio per la produzione di cemento o laterizi.
Tuttavia, attualmente, si ritiene che tutto il coke di pirolisi debba possibilmente essere
mineralizzato. Ciò include anche l’utilizzo intermedio del coke di pirolisi quale
materiale filtrante.
Si deve tener presente che la gassificazione permette di ricavare la maggior parte
dell’energia del materiale in entrata sotto forma di gas combustibile il cui utilizzo contri-
buisce in modo favorevole al bilancio energetico dell’impianto in quanto, una volta
depolverizzato e lavato, questo gas può essere immediatamente utilizzato. Il coke dopo
il processo di gassificazione lascia alcuni granuli inerti non lisciviabili e vetrificati che
possono essere ancora utilizzati nell’industria del cemento o quale inerte per costruzioni
civili.
Il gas grezzo ottenuto viene lavato e raffreddato. Innanzi tutto il gas passa
attraverso una fase di quench (raffreddamento) con acqua che lo raffredda da 1500 a 900
°C, quindi in una successiva fase di raffreddamento, sempre con acqua, che riduce la
temperatura del gas da 900 a 70°C.
Durante la fase di raffreddamento dal ricircolo liquidi utilizzato viene estratto uno
spurgo ricco di metalli pesanti che vengono separati ed arricchiti mediante sedimen-
tazione e filtro-pressatura.
In una seconda fase di lavaggio il tenore di HCl presente nel gas viene
ulteriormente ridotto. In questa sezione del sistema viene a prodursi una debole
soluzione di HCl che viene neutralizzata con soda. In questo modo il pH oscilla fra 7÷8.
Il materiale in entrata contiene un certo quantitativo di Cl che viene mobilizzato dal
processo termico e dilavato dal gas in questa unità.
Dopo la neutralizzazione il Cl assume l’aspetto di sale disciolto nell’acqua di
lavaggio. Successivamente questo sale viene recuperato, tramite evaporazione, sotto
forma di granuli secchi. In relazione alla sostanza utilizzata per la neutralizzazione
(idrossido di calcio e idrossido di sodio) il sale recuperato può essere il cloruro di sodio
o il cloruro di calcio. La scelta fra queste due possibilità viene fatta al fine di conseguire
cammarata 5-06-2007 18:24 Pagina 186
un riciclaggio ottimale del sale quale prodotto da riutilizzare. Il gas viene invece avviato
ad una ulteriore filtrazione.
Per evitare la condensazione del gas umido nel filtro, la sua temperatura viene
innalzata sino a circa 5 °C oltre il punto di rugiada. Il cosiddetto filtro sul sulphurex
viene utilizzato per rimuovere completamente la presenza di idrogeno solforato. Il filtro
sulphurex opera ad assorbimento secco in una speciale forma di ossido di ferro-
idrossido. Questo materiale è in grado di trasportare un elevato carico di zolfo e al
raggiungimento della sua saturazione lo zolfo elementare può essere estratto ed avviato
alla rigenerazione presso la casa fornitrice.
La sequenza del filtraggio è completata da un filtro a carboni attivi per ridurre al
minimo i composti di carbonio organico a molecole complesse. Detto filtro ha comunque
una funzione di sicurezza in modo da garantire una buona qualità dei gas anche nel caso
in cui le altri parti del sistema di lavaggio gas non dovessero funzionare in modo
ottimale.
L’acqua utilizzata per la depurazione del gas viene fatta raffreddare a circa 25÷30
°C per garantire la massima efficienza di lavaggio.
Il raffreddamento viene realizzato un circuito secondario dell’acqua raffreddato ad
aria in appositi air cooler. L’acqua di lavaggio arriva ad una vasca di sedimentazione che
costituisce anche il ricettore delle acque reflue provenienti dai vari circuiti dell’impianto.
La polvere separata dal gas nella fase di lavaggio sedimenta, quindi, nella vasca di
sedimentazione.
Gli inquinanti inorganici contenuta nell’acqua sedimentata vengono inglobati nei
grani di vetro. Il filtrato liquido presenta un tenore di sale (principalmente cloruri) di
circa il 10%. Il refluo si fa passare attraverso un procedimento di ozonizzazione al fine
di eliminare la presenza di NaCN.
una griglia che consenta la combustione più completa possibile variando la quantità
d’aria di combustione in funzione anche della qualità (termica e dimensionale) del
pezzame. In Figura 16 si ha lo schema funzionale di una delle più usate griglie di
combustione per CDR, la griglia Martin. In essa sono visibili i seguenti componenti:
(4), Tramoggia di alimentazione,
(6), Sistema idraulico di alimentazione,
(7), Ventilatore d’aria di combustione,
(8), Zone dell’aria primaria situate sotto la griglia,
(9), Focolaio,
(10), Ugelli di aria secondaria,
(11). Caldaia.
Il sistema prevede prima l’insufflamento di aria primaria al di sotto delle griglie di
alimentazione e poi di aria secondaria per la completa combustione dei gas caldi che si
sono formati sulla griglia stessa. Le pareti del focolaio e le pareti di separazione della
caldaia stessa sono realizzate mediante tubi ad alette longitudinali saldate.
Figura 17: Schema di caldaia a griglia e di ciclone
In un cilindro (riser) si insuffla aria dal basso e si alimenta (con CDR ridotto in
piccole particelle mediante apposito frantumatore) lateralmente. L’aria di insufflaggio è
in quantità sufficiente alla combustione e pertanto si ha, all’interno del combustore, una
combustione continua ad una temperatura che va dai 900 °c a 850°C.
Nei sistemi a letto fluido circolante il trasporto del materiale di combustione è
sensibile e tale da innescare una circolazione che viene controllata da un condotto
discendente (downcomer) che riporta le particelle elutriate all’ingresso del combustore
principale.
impianti a pressione atmosferica che, però, sono oggi più diffusi e conosciuti.
Le centrali a letto fluido necessitano di un pretrattamento dei RSU così come visto
per quelle a griglia. Da questa sezione di preparazione viene prodotto il CDR
(Combustibile da Rifiuti) che viene poi ridotto in minutissime particelle mediante un
mulino. Rispetto alle centrali a griglia sono più ridotte le sezioni di filtraggio dei fumi
per la minore pericolosità dei prodotti di combustione proveniente dalla combustione
controllata a letto fluido.
Anche la produzione di ceneri appare più ridotta rispetto alle caldaie a griglia (10%
rispetto al 30%) e quindi i costi di gestione e di trasporto a discarica sono sensibilmente
minori.
Si tratta del tipo più antico e ancora il più utilizzato di combustione a letto fluido.
Si utilizza il regime a bolle con combustione a pressione atmosferica. Il fluido di lavoro
è l’aria che serve anche come comburente per la combustione. La caldaia è costituita da
un grosso cilindro nel quale si ha in basso una griglia che distribuisce il flusso d’aria in
modo uniforme, evitando la formazione di canali d’aria preferenziali. Al di sopra della
griglia si pongono strati di calcare e altri materiali inerti che hanno lo scopo di reagire
con i composti del tipo COx ed NOx per trasformarli in composti non gassosi e quindi
non inquinanti per l’atmosfera. La temperatura di combustione è limitata a 800 900 °C
(anche per effetto del forte eccesso d’aria necessaria per la fluidizzazione) e ciò
comporta notevoli benefici alla combustione poiché si evita la formazione delle diossine.
Nelle applicazioni impiantistiche la caldaia a letto fluido atmosferico (APFB)
sostituisce la caldaia tradizionale a tutti gli effetti, producendo vapore a 550580 °C e
pressioni di circa 30 40 bar. Questa caratteristica rende le caldaie APFB molto utili nel
refurbishment di impianti a vapore obsoleti che vengono trasformati in impianti a
polverino di carbone.
In questo caso si utilizza il regime detto turbolento per cui la caldaia a letto fluido
è costituita da un grosso cilindro con griglia inferiore ma con un secondo cilindro
laterale (detto downcomer) nel quale si raccoglie il particolato che viene trasportato fuori
dal primo cilindro per elutriazione.
Queste caldaie sono più recenti rispetto a quelle con moto a bolle ed hanno
dimensioni più ridotte per effetto del miglior regime di combustione (anche per effetto
della turbolenza propria del regime di moto) che si ottiene. In ogni caso si hanno
dimensioni di caldaia di circa 40% inferiori rispetto a quelle con moto a bolle con un
risparmio di una analoga quantità in peso di acciaio.
Sono le caldaie più innovative e lavorano in regime turbolento con fluido circolante
cammarata 5-06-2007 18:28 Pagina 193
Figura 19: Schema della sezione caldaia a letto fluido e trattamento fumi di Lomellina
Figura 20: Vista assonometrica di una caldaia a letto fluido e del generatore a recupero
cammarata 5-06-2007 18:28 Pagina 195
Nel tipo ad arco trasferito l’elettrodo nel corpo della torcia funge da anodo o da
catodo (a seconda del modello di torcia) mentre il materiale che deve essere trattato
funge da altro elettrodo.
La modalità di lavoro della torcia ad arco trasferito con anodo sulla torcia e catodo
nel materiale da trattare è conosciuta come “polarità inversa”. La pratica opposta è nota
come “polarità diretta”, vedi Figura 23.
Nel caso della torcia ad arco non trasferito entrambe gli elettrodi sono inseriti nella
torcia. Similmente a quanto detto per le torce trasferite, quelle non trasferite operano in
polarità inversa quando l’elettrodo posteriore funge da anodo e quello anteriore da
catodo, viceversa quando il catodo è costituito dall’elettrodo anteriore e l’anodo da
quello posteriore esse funzionano in polarità diretta.
Ci sono delle notevoli differenze di comportamento tra le torce ad arco trasferito e
non trasferito riguardo al trattamento dei rifiuti. Poiché le torce ad arco trasferito
lasciano passare corrente attraverso il materiale fuso che deve essere trattato, si può
determinare una considerabile componente di riscaldamento per effetto joule nell’e-
nergia che viene trasferita al rifiuto.
Questo crea temperature più alte che genera correnti convettive nel bacino di
fusione contribuendo alla omogeneizzazione della fusione. Quindi un sistema con torcia
ad arco trasferito è in grado di trattare una portata maggiore di materiale, inoltre esso
utilizza generalmente un flusso volumetrico di gas di un ordine di grandezza inferiore
rispetto alle torce ad arco non trasferito; una portata di gas più piccola può essere
importante per il trattamento dei rifiuti in quanto si riduce in questo modo la quantità di
particolato trasportato nel sistema di pulizia del gas di sintesi, il volume del gas
combustibile è inoltre minore e quindi si riducono le dimensioni del sistema di pulizia
dei gas.
cammarata 5-06-2007 18:29 Pagina 197
Per il funzionamento delle torce occorre utilizzare un gas di attivazione che può
essere, di solito, uno dei seguenti:
· Argon (richiede sistema di accumulo)
· Elio (richiede sistema di accumulo)
· Azoto (richiede sistema di accumulo)
· Aria (non richiede sistema di accumulo)
· Vapore d’acqua (richiede sistema di preparazione.
La torcia al plasma trova impiego anche nella termo-valorizzazione dei RSU. Essa,
infatti:
· consente elevate temperature tali portare a fusione e pirolisi il RSU.
· l’elevata temperatura nel bagno fuso consente la conversione in gas (reforming) del
carbonio presente.
Figura 26: Termocinetica e digrammi di equilibrio nelle torce al plasma per RSU
Il reattore al plasma per RSU ha una particolare geometria studiata sia per
consentire la cinetica delle reazioni sopra indicate sia per il reforming del carbone
prodotto dalle stesse reazioni.
La sezione schematica di un reattore al plasma con torce a polarità diretta con gas
aria è riportata in Figura 30. Le dimensioni sono piuttosto contenute: il diametro è di
circa tre metri e l’altezza di circa cinque metri.
particolari esso può essere vantaggiosamente portato a discarica poiché totalmente inerte
e non lisciviabile. Il materiale fuso può essere utilizzato anche per la fabbricazione di
fibre di lana di roccia, mattonelle per pavimentazione stradale, pietrame per uso
ferroviario (ballast),…
J S
Figura 33: Varie tipologie di slag raffreddato
'LVFDULFKH6SHFLDOL 12 6,
&HQHULGLIRQGR 12 6,
0DWHULD3ULPD8OWLPD 6, 12
3.4.13. Smaltimento di rifiuti speciali
208
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 209
Indice
209
Impianto di cogenerazione,
teleriscaldamento e telerefrigerazione
alimentato a biomasse legnose vergini
ANTONIO MATUCCI, MARCO FRITTELLI
CRIT SRL – Sesto Fiorentino (FI)
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
Gli impianti di cogenerazione a biomassa sono oggi ritenuti una valida opzione
nell’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e termica anche
da parte delle associazioni ambientaliste. Ciò nonostante tale tipologia di impianto
incontra ancora enormi difficoltà nell’accettazione da parte dei cittadini, ma anche degli
enti preposti al rilascio delle autorizzazioni.
La mancanza di formazione e sensibilizzazione, la scarsa conoscenza delle opzioni
tecniche, la costruzione di impianti a biomassa di grosse dimensioni finalizzati alla sola
produzione elettrica, sono certamente alla base di tale difficoltà.
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 210
destinare alla produzione elettrica non fanno eccezione alla naturale caratteristica di
filtro delle piante e creano nuove opportunità di lavoro.
Esistono già esperienze positive in tal senso: Tirano e Dobbiaco sono sistemi
funzionanti ed esemplificativi in Italia, ma molti e più numerosi interventi realizzati in
Europa indicano chiaramente l’interesse e l’importanza dell’utilizzo energetico della
biomassa.
La produzione di energia elettrica dalla combustione delle biomasse, se abbinata
ad impianti di teleriscaldamento urbano, potrebbe dunque diventare una ottima
opportunità di sfruttamento di una fonte di energia rinnovabile, se gestita in modo
razionale e sostenibile.
Alimentazione impianto
Fabbisogno biomassa annua 9.000/12.000 t/anno
Fabbisogno biomassa giornaliero 35-40 t/gg
Funzionamento 24 h/gg
Periodo di fermo annuo 30 gg circa
% media di umidità legname 30%
Tipologia biomasse:
da potature di verde urbano 2.000-2.500 t/anno
da gestione forestale 5.000-8.000 t/anno
da manutenzione corsi d'acqua 1.000 t/anno
da manutenzione verde privato 500 t/anno
da scarti agricoli (potature ulivo) 2.000 t/anno
Per quanto sopra esposto, nelle condizioni di progetto, il materiale sarà così
caratterizzato:
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 214
ciclo esiste l’esigenza di condensare il vapore del fluido organico e per far questo è
necessaria acqua alla temperatura di 70°C circa. Questo legame stretto fra produzione
elettrica e di calore può costituire in alcuni casi un problema: in assenza di richiesta di
calore per avere la produzione elettrica occorre dissipare energia oppure ridurre l’energia
introdotta diminuendo ovviamente anche la produzione elettrica. Il suo utilizzo differisce
quindi in maniera sostanziale rispetto a quello di un impianto con turbina vapore, ma
laddove esista l’esigenza di calore durante buona parte dell’anno un impianto a fluido
organico può certamente costituire una valida alternativa.
Questa tipologia di impianti ha avuto in tempi recenti una larga diffusione in tutta
Europa proprio in abbinamento a reti di teleriscaldamento, raggiungendo elevati
standard qualitativi e di affidabilità.
I vantaggi che risiedono nell’adozione di un fluido organico sono essenzialmente
costituiti da:
assenza di necessità di operatore caldaista patentato ed operatività dell’impianto
totalmente automatizzata;
elevata efficienza della turbina con ridotto stress per le parti meccaniche dovuto alla
ridotta velocità periferica;
assenza di riduttore per il generatore elettrico;
assenza di erosione della palettatura con maggiore durata ed affidabilità dell’impianto;
procedure di avvio/arresto semplificate;
la presenza del circuito ad olio diatermico comporta un costo addizionale per quanto
riguarda il consumo di olio e la sua sostituzione;
Sulla base delle caratteristiche della biomassa in ingresso si stima una capacità
operativa media della griglia di 1.574 kg/h. Considerando poi il ciclo di lavoro su cui si
svilupperà l’attività dell’impianto (24h/g per 245 gg/anno) è possibile determinare la
capacità produttiva attesa.
Per il trattamento fumi, oltre al necessario ciclone per la separazione delle polveri
pesanti, è stata prevista una filtrazione a tessuto. Il filtro a tessuto è un depolveratore
automatico ad emissione costante: per questo a livello progettuale è stato ritenuto
preferibile rispetto ad un elettrofiltro. Questo peraltro è anche il motivo di fondo della
valorizzazione della filtrazione su tessuto che si è verificata negli ultimi anni in
concomitanza col progressivo abbassamento dei limiti di concentrazione degli inquinanti
fissati dalle norme. Inoltre il filtro a tessuto, essendo utilizzabile sia come depolveratore
sia come reattore chimico, potrebbe essere in futuro utilizzato per abbassare
ulteriormente i livelli inquinanti qualora le normative lo richiedessero.
I filtri a tessuto basano il loro funzionamento sul principio elementare in base a cui
un fluido convettore di polveri che attraversa un tessuto vi deposita le polveri con
granulometria maggiore delle maglie del mezzo di filtrazione e pertanto è in grado di
trattenute le polveri più fini generatesi nel processo di combustione. Feltri e tessuti sono
in grado di trattenere particelle di dimensioni anche notevolmente inferiori rispetto a
quelle dei loro pori, infatti, dopo le prime ore di funzionamento di un tessuto nuovo, la
captazione delle particelle non è dovuta solo al tessuto quanto anche ai ponti di polvere
che si formano nello spessore del tessuto, tra una fibra e l'altra (condizionamento del
tessuto).
La captazione avviene per tre meccanismi diversi, ciascuno prevalente in un
determinato intervallo dimensionale:
le particelle di dimensione superiore a circa 1m non sono in grado di seguire, a causa
della loro massa, le accelerazioni del fluido che le trasporta attraverso gli ostacoli del
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 220
7. IL REGIME AUTORIZZATIVO
La normativa regionale Toscana (L.R. 39/2005) prevede che venga rilasciata una
Autorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di
Energia, demandando alle Province competenti la redazione della fase istruttoria che
deve prevedere una Conferenza dei Servizi entro 90 gg dalla consgena della documen-
tazione allo Sportello Unico provinciale. Questo da una parte è volto a semplificare l’iter,
nonché a fornire al richiedente la certezza di tempi autorizzativi definiti, dall’altra rende
più complessa l’elaborazione della documentazione e quindi più lungo il periodo che
intercorre fra la fattibilità tecnico-economica e la fase autorizzativa poiché si rende
necessario effettuare scelte tecniche anche di dettaglio che altrimenti sarebbero state
rimandate alla fase di progettazione esecutiva. Per il raggiungimento dell’autorizzazione
unica è stato necessario quasi un anno di lavoro e la realizzazione di una progettazione
particolarmente dettagliata.
Particolare attenzione è stata quindi posta nella progettazione delle parti che
potevano avere influenza sulle emissioni in atmosfera e sulla loro ricaduta al suolo. Non
a caso era già stata effettuata nella prima fase del progetto una precisa scelta sul sistema
di filtrazione con filtri a tessuto, scelta apprzzata da parte degli enti preposti alle autoriz-
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 221
Gli apparati di controllo per il monitoraggio in continuo delle emissioni non sono
richiesti a livello di istallazioni impiantistiche di potenzialità inferiori a 6 MW.
Nonostante che l’impianto fosse stato progettato per rispettare pienamente i limiti
di emissione previsti da normativa, e nonostante la scarsa rilevanza della ricadute al
suolo individuata attravreso lo studio di impatto ambientale, si è ritenuto opportuno
prevedere anche un sistema di controllo in continuo delle emissioni in atmosfera al fine
di assicurare la corretta gestione ambientale dell’impianto, la visibilità delle sue
performance, ed un ulteriore feedback sulla gestione tecnica dell’impianto. Si è pertanto
previsto il monitoraggio al camino dei principali inquinanti quali NOx, SO2, CO, oltre al
monitoraggio di ossigeno, temperatura e portata dei fumi.
Il sistema di analisi previsto è composto da:
sistemi di prelievo del gas campione con linea flessibile riscaldata;
armadio di analisi completo di aspirazione e condizionamento del gas campione;
analizzatore a microprocessore certificato TÜV composto da:
modulo (NDIR), per la misura di CO, NO, SO2
modulo (Paramagnetico), per la misura di O2,
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 222
8. IMPATTO AMBIENTALE
che è stata quindi ripetuta più volte con diverse caratteristiche del punto di emissione.
Una volta definiti i parametri ottimali del camino in relazione alla zona dove è ubicato
l’intervento (altezza pari a 22 m con velocità dei fumi allo sbocco compresa fra i 15 e i
20 m/s ed una temperatura di uscita di 160°C), è stata realizzata una analisi diffusionale
completa per tutte le tipologie di inquinanti indicati. Nelle figure seguenti si riportano i
risultati grafici limitatamente alle concentrazioni derivanti dall’inquinante NO2.
indicati i valori massimi registrati in prossimità del nucleo abitato mentre in colonna B
i massimi assoluti che si possono verificare in prossimità dell’impianto.
emissioni sostituite dal mancato funzionamento delle centrali termiche a gas metano e
a gasolio presenti sul territorio per la produzione degli stessi quantitativi di calore;
emissioni sostituite dal mancato consumo elettrico di apparecchiature ausiliarie per il
funzionamento delle centrali termiche locali (pompa ricircolo caldaia, bruciatore ,..);
emissioni sostituite derivanti dalla produzione degli stessi quantitativi di energia
elettrica;
emissioni evitate dalla combustione incontrollata della biomassa legnosa raccolta dalle
aziende agricole;
emissioni evitate da incendi indesiderati derivanti da tali sistemi di combustione
incontrollata e dalla mancanza di manutenzione del patrimonio boschivo.
Sulla base del ciclo di funzionamento previsto (che consente di recuperare dall’im-
pianto 22.344 MWh per la produzione di acqua calda e 4.704.000 kWh/anno di energia
elettrica) sarebbe dunque possibile effettuare anche una valutazione quantitativa degli
inquinanti sostituiti, basandoci ad esempio sui fattori di emissione specifici indicati dalla
Europea Environment Agency, dalla EPA o dagli stessi dati pubblicati da ENEL
nell’ambito dei rapporti ambientali annuali. Nella scelta dei fattori emissivi da diversi
sistemi di combustione esiste una certa discrezionalità che può portare a delle valutazioni
in qualche modo arbitarie.
Si ritiene utile invece evidenziare almeno le emissioni sostituite per la produzione
dei quantitativi di energia elettrica producibile dall’impianto. Considerando una
condizione media impiantistico degli impianti che attualmente producono energia
elettrica sul territorio nazionale, sulla base del “rapporto ambientale ENEL” anno 2004
la situazione emissiva che si va a eliminare risulta la seguente.
Nella prima colonna, in kg/GWh, sono indicati i valori di emissione [2] ricavati da
fattori di emissione EPA per una centrale a ciclo combinato alimentata a metano di
potenzialità 700 MW ed elevato rendimento elettrico 55% (tali valori non risultavano
infatti disponibili dal rapporto citato).
A questo carico ambientale sostituito dal funzionamento dell’impianto a biomasse,
come già indicato, andrebbe aggiunto anche quello evitato e derivante anche dalle altre
emissioni sostituite.
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 227
9. RETE DI TELERISCALDAMENTO
La rete di teleriscaldamento ritenuta più adatta alle esigenze del bacino di utenza
preso in considerazione, è una rete a due tubi interrati, del tipo ramificato, percorsa da
acqua calda. Parallelamente alla rete di teleriscaldamento, per tutto il percorso della
stessa, verrà posato anche un cavidotto corrugato in PEAD contenente il cavo BUS di
segnale per la rete di trasmissione dati fra le sottocentrali ed il sistema di controllo e
supervisione.
Il primo tratto della rete dalla centrale termica a biomasse fino alla centrale di
soccorso e stazione di pompaggio (posta a circa 500 m dalla centrale) sarà del tipo a
portata costante e verrà alimentata dalle pompe situate nell’edificio di centrale. In tale
tratto non sono presenti utenze da alimentare.
Il secondo tratto della rete, dalla sottostazione di pompaggio in poi, è del tipo a
portata variabile al fine di ridurre i costi di esercizio e di consentire una maggiore flessi-
bilità di funzionamento: la potenza immessa nella rete potrà quindi essere controllata
attraverso la portata ed eventualmente attraverso l’innalzamento della temperatura nel
ramo di mandata.
Il funzionamento alle condizioni nominali è previsto con acqua di ritorno alla
temperatura di 70°C che, dopo aver effettuato il raffreddamento del ciclo ORC, verrà
innalzata dal condensatore fino a 90°C (con funzionamento del ciclo ORC a pieno
carico). Successivamente l’acqua della rete potrà essere ulteriormente riscaldata tramite
l’utilizzo dell’economizzatore fumi fino alla temperatura di 95 °C.
Per la tipologia di impianto individuato risulta di fondamentale importanza il
recupero termico del calore di condensazione dal ciclo ORC in quanto questo risulta
strettamente legato alla produzione elettrica raggiungibile. Di fatto tale aspetto,
nonostante la preliminare analisi dei fabbisogni energetici, costituisce la principale
incognita sia in ambito progettuale per la definizione della taglia ottimale, sia in ambito
di valutazione di fattibilità economica volta a determinare il tempo di ritorno dell’inve-
stimento. In questa situazione è necessario pensare ad una rete di tipo aperto, intendendo
con questo che saranno possibili ulteriori ampliamenti con l’alimentazione di altre
utenze o di sottoreti appositamente realizzate (e in grado di funzionare anche autono-
mamente). Lo scopo è quello di far sì che il calore prodotto dalla centrale a biomasse sia
quello necessario a coprire la base minima delle richieste dell’area servita: questo
consentirà di allungare il periodo di esercizio dell’impianto e di ridurre al minimo la
necessità di raffreddamento del circuito con sistemi di dissipazione per assicurare la
condensazione del ciclo ORC.
La stessa rete dovrà poi rimanere in esercizio anche nel periodo estivo per la
produzione di acqua calda sanitaria. In questa prospettiva è stato necessario andare ad
individuare anche le potenziali richieste di condizionamento estivo da soddisfare tramite
l’impiego di gruppi ad assorbimento locali previsti per la produzione decentralizzata di
acqua refrigerata. E’ proprio nel periodo estivo che la temperatura della rete potrebbe
matucci frittelli 5-06-2007 18:53 Pagina 228
10. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
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Indice
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RIASSUNTO
Gli obiettivi assegnati all’Italia in sede europea quanto allo sviluppo delle
rinnovabili comporteranno un incremento al 2010 dell’attuale produzione di energia
elettrica verde tra 25 e 30 TWh (su un totale previsto di 340 TWh). Risulta necessario
quindi incrementare l’apporto di tutte le fonti rinnovabili, in primis quelle legate
direttamente al sole e con più elevata producibilità annua. In tal senso, appaiono
interessanti i recenti sviluppi che hanno avuto le due tecnologie forse più conosciute e
da più tempo utilizzate, l’eolico e l’idroelettrico, in particolare negli impianti di piccola
taglia.
Nella presente memoria vengono analizzate queste due tecnologie con particolare
riguardo alle applicazioni cosiddette “mini”, cioè con taglie degli impianti dell’ordine
dei chilowatt fino a qualche centinaio di chilowatt. Dopo una introduzione sullo stato
dell’arte riguardante i sistemi eolici e idroelettrici per la conversione energetica, si
vogliono analizzare gli aspetti normativi, dando una descrizione del quadro legislativo
entro cui si pone lo sviluppo di impianti di questo tipo. Verrà quindi descritto il cammino
che deve percorrere un ipotetico investitore, dal momento dell’ideazione del progetto
fino alla sua realizzazione e successiva gestione, anche in termini di costi e barriere.
1. INTRODUZIONE
quanto riguarda la potenza eolica installata nel corso del 2006, essa ha mostrato una lenta
crescita nei primi sei mesi dell’anno riprendendosi poi nei mesi finali.
Figura 2 - Potenza eolica installata in Italia dal 2001 al 2006 (Fonte: ENEA).
Nel complesso, la crescita eolica del 2006 può essere considerata buona, anche se
leggermente inferiore alle aspettative, con 417 nuovi MW installati e molte iniziative
portate avanti da un’ampia pluralità di soggetti. A livello regionale Puglia e Campania
ospitano il 40% della potenza totale ma si sono notati interessanti sviluppi anche in
Basilicata e Sicilia. La ripartizione della potenza installata per regione è riportata in
Figura 3.
Seppur promettente, la diffusione degli impianti eolici in Italia è ben lontana da
pareggiare il contributo offerto dai sistemi idroelettrici. La situazione si può riassumere
dicendo che la potenza eolica installata in Italia è di un ordine di grandezza inferiore
rispetto a quella relativa agli impianti idroelettrici.
L’idroelettrico costituisce la più importante e tradizionale fonte di energia
rinnovabile in Europa e ad oggi copre l’11% della produzione complessiva di energia
elettrica.
In Italia l’idroelettrico costituisce la più importante risorsa energetica interna,
rappresentando il 24% della potenza efficiente lorda installata e fornendo il 14% della
produzione elettrica lorda complessiva. La produzione idroelettrica, che si concentra
nelle regioni settentrionali e in particolare in Lombardia, Piemonte e Trentino,
costituisce inoltre il maggior contributo nazionale (75%) alla produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 234
Figura 3 - Potenza eolica cumulata installata nelle singole regioni italiane al 31/12/06.
Dall’analisi dei dati del 2005 relativi agli impianti idroelettrici ([3]) emerge la
predominanza del numero di impianti di piccola taglia, caratterizzati da una potenza di
impianto inferiore a 1 MW. Questo tipo di impianti vengono in genere classificati come
sistemi mini- e micro-idroelettrici. In termini di numero di installazioni, questi impianti
costituiscono il 56% del totale sebbene il loro contributo sul totale della potenza
cumulata sia solo del 2%. In termini di produzione di energia essi contribuiscono per il
3,8%, come riportato in Tabella 1.
Secondo la terminologia adottata in sede internazionale, vengono denominati
microimpianti idroelettrici le centrali di potenza inferiore a 100 kW.
rilevanti questi inconvenienti devono preliminarmente essere messi in conto nello studio
di fattibilità del progetto.
Dalla letteratura e da informazioni a disposizione dei produttori, si può stimare, nel
caso di un impianto eolico di 1-2 MW, un costo di investimento totale compreso tra 1400
e 1800 e/kW.
2.1. L’eolico
dove ρ è la densità dell’aria [kg/m3] e v la velocità [m/s]. Meno noto è che oltre ai limiti
posti dalle efficienze di trasformazione (aerodinamiche, meccaniche, elettriche)
all’estrazione di potenza dal vento, esiste un limite teorico espresso dalla legge di Betz
([4]) come una frazione, precisamente 16/27, della densità di potenza della corrente. La
densità di potenza massima estraibile è quindi pari a
3 $ U Y >:Pð@
La forte dipendenza dalla velocità, espressa dalla terza potenza della stessa,
suggerisce come sia molto importante, ai fini della produzione di energia, poter disporre
di un sito ove la ventosità sia elevata, e di misurazioni anemologiche precise, in quanto
eventuali errori di misura nella velocità del vento verrebbero amplificati nella previsione
di energia ottenibile.
2.1.2. La ventosità
probabilità che la velocità del vento sia superiore al valore v. La distribuzione può anche
essere scritta come:
Y
) Y ³ I [ G[
1 Ricavare v e σ2 da c e k richiede l’utilizzo della funzione Γ di Eulero (applicazione del concetto di “fatto-
m
riale” ai numeri non interi), si veda [4].
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 238
Figura 4 - Atlante Eolico d’Italia: mappa della velocità media annuale del vento,
a 25 m dal suolo (sx), a 50 m (centro), a 70 m (dx).
Figura 5 - Macchine ad asse verticale ad azione (sx) e a reazione (dx).
Le macchine ad asse verticale possono essere del tipo ad azione (tipo rotore
Savonius) oppure a reazione (tipo rotore Darrieus), e presentano l’indiscusso vantaggio
dato dal funzionamento indipendente dalla direzione del vento (Figura 5). Le prime
possono essere azionate direttamente dal vento, mentre le seconde devono essere messe
in rotazione tramite un motore esterno (può essere lo stesso generatore usato da motore);
infatti per le prime la forza motrice è l’impulso equivalente alla variazione della quantità
di moto del flusso d’aria prima e dopo l’incontro con la superficie della pala, mentre per
le seconde la coppia motrice è data dalle sole componenti di portanza generate dal flusso
d’aria sulle pale; tale coppia è nulla quando la macchina è ferma.
Le macchine ad asse orizzontale, di gran lunga le più diffuse, e il cui funzio-
namento dal punto di vista aerodinamico la colloca a metà strada tra una macchina ad
azione e una a reazione, sono invece condizionate dalla direzione del vento e sono spesso
munite di un piccolo timone di direzione che le orienta nel modo corretto. Le turbine ad
asse orizzontale posso essere del tipo “upwind” o “downwind”: il primo tipo presenta il
rotore davanti al traliccio (è il tipo più diffuso), mentre il secondo presenta il rotore
dietro al traliccio (rispetto alla direzione del vento). La tipologia di macchina
“downwind” è dotata di un albero strallato e presenta il vantaggio di poter sopportare la
spinta del vento anche con l’ausilio di cavi di sostegno posti davanti al traliccio, mentre
le macchine “upwind” devono essere realizzate con un traliccio molto robusto che si
comporta rispetto alla sollecitazione del vento come una trave a sbalzo, e presentano il
vantaggio del fatto che il rotore viene investito da una corrente di vento praticamente
indisturbata.
Nella Figura 6 è possibile osservare tre tipologie di rotore ad asse orizzontale: il
classico multipala americano, il multipala olandese e il multipala moderno. Nella figura
si può apprezzare la caratteristica che differenzia queste macchine dal punto di vista
aerodinamico, cioè la “solidità” (solidity) ovvero il rapporto tra l’area del cerchio
descritto dalla rotazione delle pale e la superficie efficace (normale all’asse di rotazione)
delle pale stesse. Il secondo elemento caratteristico dal punto di vista funzionale è la “tip
speed ratio” indicata nel seguitocon λr: è il rapporto tra la velocità del vento indisturbato
e la velocità periferica della pala.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 240
Figura 6 - Rotore multipala americano (sx), olandese (centro), multipala di nuova generazione (sx).
cioè il rapporto tra l’energia prodotta e quella associata alla corrente d’aria. Il limite
teorico del CP è pari a 16/27.
Figura 7 - Curve caratteristiche dei generatori: solidità e λr (sx), coppia e λr (centro), Cp e λr (dx).
2.1.4. Il micro-eolico
pale in resina rinforzata con fibre di vetro e controllo di potenza e sovravelocità a stallo
attivo. In Figura 10 vi sono informazioni su alcuni modelli della Eoltec per potenze da 6
a 70 kW; anche questi modelli sono dotati di sistema di controllo di potenza a stallo
attivo e, come il precedente, di generatore sincrono a magneti permanenti.
0RGHOOR -,03
SRWHQ]D N:
SRWHQ]D#PV N:
GLDPHWURURWRUH P
LQUHVLQDYLQLOHVWHUHULQIRU]DWDFRQILEUHGL
3DOH
YHWUR
YHORFLWjFXWLQ PV
YHORFLWjQRPLQDOH PV
YHORFLWjGLURWD]LRQH JLULPLQ
VLQFURQRDPDJQHWLSHUPDQHQWLDIOXVVR
JHQHUDWRUH
DVVLDOH
FRQWUROORGLSRWHQ]D $WWLYRFRQYDULD]LRQHGHOSDVVR
FRQWUROORVRYUDYHORFLWj $WWLYRSDVVLYRYDULD]LRQHGHOSDVVRHVWDOOR
PWXERODUHVXSLDVWUDEDVHDQQHJDWD
7RUUH
QHOSOLQWRGLIRQGD]LRQH
0RGHOOL 6FLURFFR :LQGUXQQHU &KLQRRN
SRWHQ]DQRPLQDOH N:
GLDPHWURURWRUH P
QXPHURSDOH
PDWHULDOHSDOH ILEUDGLYHWUR FRPSRVLWDLQUHVLQD
YHORFLWjURWD]LRQH JLULPLQ
$WWLYRFRQWUROORGLSRWHQ]D
FRQWUROOR VHUYRDVVLVWLWRPDVVLPRSXQWR
VLVWHPDFHQWULIXJRVLJLOODWR GLSRWHQ]DDYHORFLWjYDULDELOH
JHQHUDWRUH
VLQFURQR30*DO1HRGLPLRPXOWLSRODUHDGLQVHU]LRQHGLUHWWD
7RUUL WXERODUHDWLUDQWL
PVWDQGDUGDWLUDQWL
DXWRSRUWDQWHWUDOLFFLR
Figura 10 - Dati tecnici dei generatori Eoltec e immagine del modello Scirocco.
Figura 11 - Costi del solo aerogeneratore in funzione della taglia della macchina.
Tabella III - Costi di alcune alternative di impianto finito per due diversi valori di
altezza dell’albero (escluse le connessioni elettriche) [7].
N: N:
¼
P P P P
7XUELQD
A questo punto si ritiene opportuno fare una breve accenno all’analisi di fattibilità
di un impianto eolico attraverso l’utilizzo del software disponibile gratuitamente sul sito
di RETScreen [8]. RET è l’acronimo di Renewable Energy Technologies, ed è un’unione
di forze tra Governo canadese, esperti di settore e mondo accademico, che ha sviluppato
una serie di software per l’analisi di progetti nel campo delle rinnovabili.
Il software sviluppato per l’eolico chiede, per la valutazione della producibilità,
l’inserimento delle curve di prestazione della macchina e dei coefficienti c e k della
distribuzione di Weibull, oppure la scelta di una località dal database fornito con il
software. In questa trattazione sono stati forniti i valori di c e k calcolati a partire dai dati
meteo forniti dall’aeronautica o dall’ARPA, per tre località: S. Antioco (costa sud ovest
della Sardegna), la Daunia (al confine tra la Puglia e la Campania) e la costa toscana in
provincia di Grosseto.
La Tabella IV confronta alcuni modelli di impianto esaminati per le tre località
considerate. Come era lecito attendersi, all’aumentare dell’altezza di installazione la
produttività aumenta per tutti i modelli. A parità di altezza invece, la produttività è molto
diversa anche per modelli con curve di prestazione simili. Si nota inoltre che i modelli
dotati di regolazione di potenza a stallo passivo “yaw control” hanno una produttività
che è poco più della metà di quella dei migliori modelli con controllo di potenza a stallo
attivo “pitch control”.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 246
Tabella IV - Produttività (ore equivalenti) di alcune turbine eoliche in tre siti considerati.
[7]
RUHHTXLYDOHQWL 726&$1$ 6$5'(*1$ 38*/,$
DOWH]]DWRUUH
(ROWHF:LQGXQQHUN :
-DFREV
-RQLFD-LPS
9HUJQHW*(9
:HVW:LQGN :
3URYHQ:7
%HUJH\([FHON :
)RUWLV$OL]HN :
9HUJQHW*(9
:HVW:LQGN :
(QIORN :
(ROWHF6FLURFFRN :
-ERUQD\,QFOLQN :
3URYHQ:7
)RUWLV0RQWDQDN :
9HUJQHW*(9
9HUJQHW*(9
:HVW:LQGN :
2.2. L’idroelettrico
Tale formula può essere utilizzata sia per il dimensionamento che per il calcolo
della producibilità dell’impianto. La portata effettivamente utilizzata influisce certo sulla
potenzialità dell’impianto; il dimensionamento dello stesso non va chiaramente
effettuato sul valore medio di portata (in un anno o in un mese), perché tale grandezza
2 Inteso come salto lordo o geodetico (differenza di quota (in metri) fra il punto di prelievo a monte ed il punto
di restituzione a valle). La potenza netta dell’impianto sarà invece funzione del salto netto o motore, al netto
cioè delle perdite di carico distribuite (canali e condotte) e localizzate (prese, griglie, curva, valvole, ecc.).
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 248
Figura 13 - Curve di durata della portata per un impianto idroelettrico per due diversi valori della portata
nominale. La scelta della portata nominale, e quindi il dimensionamento dell’impianto, va effettuata
cercando di minimizzare il tempo in cui l’impianto opera “in regolazione” (cioè con Q<Qnom, per
massimizzare il rendimento medio stagionale) e cercando di minimizzare il costo d’investimento nelle
macchine motrici. Tutto questo tenendo conto della presenza del DMV.
Resta infine da commentare la variabile η(t): si tratta del rendimento globale, dato
dal prodotto del rendimento idraulico della turbina (funzione del tipo di macchina, della
relativa taglia e del grado di parzializzazione di funzionamento), del rendimento del
moltiplicatore di giri (tipicamente presente negli impianti mini-idro a causa del basso
numero di giri delle turbine rapportato a quello del generatore elettrico accoppiato, valori
tipici 0,95÷0,98), del rendimento del generatore elettrico (0,88÷0,95 in funzione della
taglia) e del rendimento dell’eventuale trasformatore di tensione presente per l’allac-
ciamento alla rete di distribuzione e degli ausiliari.
3 Taliconsiderazioni vengono fortemente mitigate nei casi di sfruttamento dei sistemi idrici (quali canali di irri-
gazione, acquedotti, ecc.) nei quali la portata è più costante durante l’anno.
4 Il DMV (Deflusso Minimo Vitale) è la portata d’acqua minima che deve essere garantita al corso d’acqua per
garantire, nel lungo termine, la salvaguardia delle strutture naturali; esso viene stabilito dalle Autorità di
Bacino e dalle Regioni che, tramite i Piani di Tutela delle Acque (PTA), stanno introducendo formule di cal-
colo da applicare alle nuove concessioni idroelettriche e gradualmente anche a quelle esistenti per raggiunge-
re differenti obiettivi di quantità e qualità delle acque entro il 2008 e 2016. Tale vincolo deve essere tenuto in
considerazione durante le fasi di progetto dell’impianto, anche in considerazione dell’ulteriore vincolo di por-
tata minima in turbina (tale valore è funzione del tipo di macchina ed è generalmente variabile tra 0,1 e 0,3).
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 249
Si possono avere, in condizioni nominali, valori di η variabili fra 0,6 e 0,8 per le
mini centrali, ma fino a 0,5 per le micro. Tali valori, piuttosto bassi se confrontati con
quelli delle centrali di grossa taglia (che possono superare il 90%), non devono portare
a conclusioni affrettate: l’impiego della risorsa idroelettrica su piccola scala interessa
realtà locali che prevedono un uso dell’energia prodotta diverso da quello tipicamente
industriale. Gli impianti di mini e micro idraulica possono trovare applicazione in tutte
quelle circostanze in cui sussista un fabbisogno energetico locale da soddisfare e la
disponibilità di una portata d’acqua, anche limitata, su di un salto anche di pochi metri.
In queste circostanze, gli impianti hanno un impatto limitato e non modificano l’uso del
corso d’acqua.
Per quanto riguarda la producibilità dell’impianto in un certo intervallo di tempo,
ovvero la quantità massima di energia che gli apporti giunti alla presa dell’impianto
consentirebbero di produrre nelle condizioni più favorevoli di salto geodetico, essa può
essere calcolata da:
7
( 7 U J + ³ 4W K W GW >-@
Figura 14 - Campi di funzionamento dei diversi tipi di turbine più utilizzate. La figura è stata elaborata
integrando i valori comunicati da vari costruttori europei; i limiti non sono rigidi, variando da costruttore a
costruttore in funzione della tecnologia utilizzata e pertanto il diagramma ha carattere orientativo.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 251
Una classificazione simile, ma complementare, può essere fatta sulla scorta del
numero di giri caratteristico della macchina (Figura 15), parametro adimensionale che
mette in relazione velocità di rotazione (in giri al minuto), portata (in metri cubi al
secondo) e salto utile (in metri):
4
QV Q
+
Figura 16 - Turbina Pelton da 208 kW (47,5 m di salto utile, 500 l/s di portata) della Espe S.r.l. (sinistra)
e turbina Pelton con generatore asincrono da 75 kW (1008 g/min, 180 m di dislivello)
della Ac-Elektronik (destra)
Figura 17 - Microturbine Pelton: modello da 50-500 W della Irem S.p.a., accoppiato ad un generatore in
corrente continua a magneti permanenti a 24 V (sinistra) e gruppo turbina-alternatore
(sincrono tri o mono fase autoeccitato) con distributore a sei getti con tre valvole di regolazione
(potenza da 1 a 15 kW a seconda dello specifico modello)
Nelle turbine Turgo (adatte fino a salti di circa 300 m) il getto d’acqua colpisce le
pale con un angolo di 20° rispetto al piano mediano; inoltre, a differenza della turbina
Pelton, può colpire più pale contemporaneamente (Figura 18) ([10]). A parità di potenza
il diametro risulta inferiore, con maggiori velocità periferiche e possibilità di
accoppiamento diretto al generatore; la conseguente mancanza del moltiplicatore di giri
può comportare quindi minori costi e maggiore affidabilità. Sono disponibili anche
modelli da poche centinaia fino a poche decine di chilowatt; il principale svantaggio è il
rendimento minore rispetto alla Pelton.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 253
Figura 18 - Schema ed esempio di turbina Turgo accoppiata ad un generatore trifase, potenza variabile da
0,2 a 30 kW, salto utile da 2 a 45 m, portata da 3 a 160 l/s a seconda del modello (Fleximedica S.r.l.)
Figura 19 - Schema ed esempio di turbina Banki per portate da 20 a 70 l/s con dislivello di 20 m
così a sfruttare anche questo salto il che, per basse cadute, può determinare la
convenienza economica dell’investimento).
Le turbine Francis sono le più note e coprono un campo molto ampio al variare del
grado di reazione. All’aumentare di quest’ultimo (Figura 14 e Figura 15):
– il flusso passa da quasi completamente centripeto (viene deviato in senso assiale solo
nelle immediate vicinanze dello scarico e perciò la macchina risulta molto schiacciata)
a quasi completamente assiale (maggior sviluppo in senso assiale);
– costruttivamente, ciò è visibile sia dalla forma delle pale della girante (che passano da
lunghe a strette a brevi e larghe) sia dalla distanza del distributore dall’ingresso della
pala (che aumenta);
– la velocità della ruota aumenta (aumenta il numero di giri caratteristico) ed il numero
di pale diminuisce (macchine veloci hanno 8-12 pale per potenze medie, macchine
lente hanno 18-20 pale per potenze elevate).
In Figura 20 sono visibili alcuni modelli di turbine Francis, in cui si possono notare
gli elementi caratteristici: la voluta a spirale (che convoglia l’acqua dalla condotta al
distributore), il distributore (formato da pale, in tutto o in parte orientabili per la
regolazione della portata) e la girante.
Figura 20 - A sinistra: diversi tipi di girante Francis (con grado di reazione crescente da sinistra a destra).
A destra: turbina Francis della Zeco S.r.l.(P=90 kW, H=41÷80 m, Q=130÷160 l/s)
Le turbine ad elica sono turbine a flusso assiale (grado di reazione elevato, pari a
0,65÷0,7), sono caratterizzate da un numero molto limitato di pale (3÷7) con il distri-
butore molto distante dalla girante (il flusso viene deviato con grande anticipo da radiale
ad assiale). Come nelle Francis, vi è una voluta a spirale che porta l’acqua al distributore
e quindi alla girante; sono utilizzate in impianti con salti molto contenuti (da 2 a 25 m)
con portate da pochi fino a 150 m3/s. Le Kaplan, oltre a queste caratteristiche, si
differenziano per la possibilità di regolazione, oltre che tramite le pale del distributore,
anche mediante le pale della girante che sono orientabili. Questo determina il vantaggio
di poter mantenere il rendimento costante e prossimo a quello massimo per un ampio
campo di variazione della portata (fino al 30% di quella nominale).
Le installazioni con questa tipologia di turbina sono le più diverse, soprattutto in
applicazioni di mini-idro. In Figura 21 si vedono alcuni esempi di possibili configu-
razioni in tal senso.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 255
Figura 21 - Possibili configurazioni di installazione di turbine ad elica in impianti mini-idro
Figura 22 - A sinistra: turbina a coclea (chiocciola di Archimede) della Ritz-Atro GmbH (portata 1400 l/s,
dislivello 2 m, potenza del generatore 18,2 kW). A destra: prototipo di Peace Turbine della EuroEnergie AG,
composto da tre turbine sullo stesso asse, ha una produttività di 100.000 kWh/anno in una corrente d’acqua
con velocità di 1,5 m/s.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 256
Si riportano, infine, gli andamenti tipici dei rendimenti delle principali tipologie di
turbine in funzione del grado di parzializzazione (Figura 23) ([10]).
Figura 23 - Rendimenti tipici delle principali turbine in funzione della portata elaborata
alternata trifase, sincroni o asincroni. Come noto, i primi, generando energia alla stessa
tensione, frequenza ed angolo di fase della rete, vengono eccitati tramite un sistema
ausiliario ed un regolatore di tensione a diodi raddrizzatori; sono più costosi rispetto
agli asincroni e si utilizzano per alimentare piccole reti, nelle quali la potenza del
generatore rappresenta una quota sostanziale del carico del sistema. Gli asincroni
invece girano ad una velocità funzione della frequenza della rete cui sono collegati,
dalla quale assorbono la corrente e l’energia magnetizzante: non possono quindi
funzionare in isola e si usano comunque maggiormente in grandi reti, dove la loro
potenza rappresenta una quota minoritaria del carico;
– infine vi è il trasformatore di tensione per adattare la tensione da quella del generatore
a quella più adeguata al trasporto (tipicamente media tensione, cioè sotto i 35 kV, ma
può essere direttamente bassa tensione per i micro impianti).
Oltre a queste apparecchiature, negli impianti da qualche decina di chilowatt in su
sono presenti anche dei quadri di comando e d’automazione, per consentire la messa in
esercizio, il funzionamento e l’eventuale messa fuori servizio dell’impianto in sicurezza
e senza bisogno di presidio permanente di personale.
I tempi ed i costi richiesti dalla progettazione esecutiva possono variare in funzione
della specifica tipologia di impianto: un periodo indicativo può essere di 12-16 mesi di
progettazione per una spesa che può variare intorno al 4-5% del costo di investimento (il
quale a sua volta può variare fortemente in funzione della taglia e della tipologia
d’impianto, fra i 2000 e i 4500 e/kW). Le difficoltà che si incontrano in questa fase
possono derivare essenzialmente da modifiche e varianti progettuali richieste dall’au-
torità pubblica.
Per quanto riguarda la fase di costruzione, è difficile generalizzare. Si riportano
alcuni dati inerenti gli impianti ad acqua fluente derivati da un’indagine effettuate
dall’Aper (Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili, [11]): tale fase può
durare 10÷15 mesi e prevedere costi pari al 90% del costo d’investimento per impianti
la cui vita attesa è di 30 anni, pari cioè alla durata della concessione. L’analisi delle
diverse componenti dei costi di costruzione evidenzia come siano sempre le opere civili
ad avere il maggior peso (> 50% dei costi di costruzione), seguite poi da opere elettro-
meccaniche, gruppo idroelettrico e accessori. I costi di connessione alla rete possono
essere invece molto variabili in funzione del tipo di tensione, della distanza della centrale
dalla linea di distribuzione locale, dal tipo di linea di distribuzione, comunque
dell’ordine del percento.
Gli impianti mini e micro idroelettrici possono assumere tipicamente due configu-
razioni: ad “alta caduta” (salto sopra i 30-40 m) ed a “bassa caduta” (sotto i 30 m). Si
noti come, in generale, i primi risultino meno onerosi dei secondi poiché, a parità di
potenza installata, il deflusso attraverso la turbina è minore, risultando più contenute le
opere idrauliche e parte di quelle civili.
In una tipica situazione ad “alta caduta” sono presenti: lo sbarramento (una diga o
traversa che può essere in calcestruzzo ma anche in materiali diversi come sempli-
cemente massi posti trasversalmente alla corrente o terra con nucleo centrale
impermeabile argilloso che si spinge fino al terreno impermeabile di fondazione,
eventualmente ricoperta da fogli saldati di geotessile), le opere di presa di parte della
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 258
portata del fiume, il canale (se possibile a cielo aperto per contenere i costi) che adduce
l’acqua al bacino di carico, dal quale parte la condotta forzata che porta all’edifico di
centrale e quindi alle turbomacchine, ed infine le opere di scarico.
Gli impianti a “bassa caduta” hanno principalmente due schemi: con canale di
derivazione (si crea uno sbarramento che deriva la portata necessaria, con lunghezze del
canale comunque di solito molto modeste) o senza (lo sbarramento comprende sia le
opere di presa, sia la centrale, sia le opere di scarico dell’acqua). Esiste poi un’ulteriore
configurazione, detta “a sifone”, possibile per salti tipicamente fino a 10 m (ma esistono
esempi anche di 30 m) e che consente di ridurre al minimo le opere civili e quindi di
ridurre fortemente, anche del 30%, i costi d’investimento.
L’installazione di impianti in canali irrigui può avvenire, tipicamente, secondo due
schemi, a seconda che l’impianto debba essere progettato contemporaneamente al canale
(il canale viene allargato in modo da poter ospitare la camera di carico, la centrale, il
canale di restituzione e il by-pass laterale, utile per assicurare la continuità della fornitura
dell’acqua per l’irrigazione anche in caso di fuori servizio del gruppo) oppure il canale
sia già esistente (viene effettuato un leggero allargamento per poter ospitare la presa e lo
scaricatore di superficie).
Tale materia, come detto, è regolata dalla delibera n. 34/05 (e successivi aggior-
namenti) secondo lo schema riportato in Figura 24.
Il produttore che richiede al gestore di rete cui l’impianto è connesso il ritiro dell’e-
5 Provvedimento n. 6 del 1992 del Comitato Interministeriale Prezzi relativamente ai prezzi dell’energia elet-
trica relativi a cessione, vettoriamento e produzione per conto dell’Enel e alle condizioni tecniche per l’assi-
milabilità alle fonti rinnovabili.
6 Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas.
7 Per autoproduttore si intende la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misu-
ra non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società control-
lante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative
di produzione e distribuzione dell'energia elettrica (vedi art. 4, num. 8, legge 6 dicembre 1962, n. 1643) degli
appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche
rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore
del DL n.79 del 16.3.99.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 261
nergia elettrica prodotta, può richiedere che lo stesso gestore stipuli e gestisca, per conto
del produttore, i contratti col GRTN (ora Terna) necessari per immettere energia elettrica
in rete.
In sostanza, il produttore che ne faccia richiesta (secondo uno schema di
convenzione di durata annuale e rinnovabile, riportato come allegato alla stessa
Delibera) può cedere la propria energia al gestore della rete cui è allacciato ai prezzi
illustrati nella Figura 25 (aggiornati ogni mese sul sito dell’AU8). Tale energia viene
destinata dai gestori di rete al GRTN (Terna) e da questi venduta all’AU e ai clienti del
mercato libero.
Per i “piccoli” (< 10 MVA) impianti a fonti rinnovabili ed ibridi, il gestore della
rete cui è connesso l’impianto riconosce al produttore un prezzo pari al prezzo medio di
vendita dall’AU alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato.
Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili9 con potenza
>=10 MVA il gestore riconosce ai produttori il prezzo di cui al precedente punto. Non
rientrano invece nella disciplina regolata dal Documento gli impianti a fonti rinnovabili
programmabili ed ibridi di potenza >= 10 MVA.
Figura 24 - Schema dell’attuale situazione regolamentata dalla delibera n. 34/05 dell’AEEG per la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
8 Acquirente Unico, società che ha il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica, a prezzi competiti-
vi e in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio, ai “clienti vincolati”.
9 L'Autorità definisce non programmabili le seguenti fonti rinnovabili: eolica, solare, geotermica, del moto
ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente, ad
eccezione di quella ceduta al GRTN nell'ambito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti
Cip n. 15/89, n. 34/90, n. 6/92, nonché della deliberazione n. 108/97.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 262
Figura 25 - Prezzi di cessione dall’AU alle imprese distributrici nel periodo gennaio 2006 – febbraio 2007
I prezzi minimi garantiti sono stati riconosciuti al fine di garantire la copertura dei
costi di piccoli impianti che utilizzano risorse rinnovabili marginali, non in grado di
partecipare al mercato, caratterizzati da diseconomie di scala e costi specifici elevati,
quali quelli di cui stiamo trattando in questa memoria. La scelta di una soglia riferita alla
potenza nominale elettrica pari a 1 MW è stata fatta tenendo conto di quanto previsto
dalla legge n. 239/04 (commi 85÷89) in materia di semplificazione degli iter autoriz-
zativi per gli impianti di microgenerazione.
Il servizio reso dal gestore di rete al quale l’impianto cede l’energia ha dei costi:
un fisso pari a 120 euro all’anno per ciascun impianto ed un variabile pari allo 0,5% del
controvalore dell’energia ritirata.
10 In particolare, per gli impianti idroelettrici si parla di potenza nominale media annua di 1 MW.
11Valori aggiornati, rispetto a quelli del 2005, aggiungendo il 40% della variazione percentuale media annua
dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (che nel 2006 è stata del 2,1%). Al
momento in cui si scrive l'Autorità ha emanato un documento per la consultazione (atto n. 6/07 del 7 febbraio
2007) per verificare la possibilità di aggiornamento dei valori dei prezzi minimi e degli scaglioni.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 263
12 Sono intermediari che comprano energia dai produttori per rivenderla ai clienti idonei.
13 La normativa, per favorire il decollo del mercato dei CV in considerazione della scarsità di offerta nella fase
iniziale degli investimenti, ha stabilito che gli impianti CIP6/92 entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 aves-
sero diritto ai CV e che questi fossero emessi a favore del GSE con la finalità di copertura dell'offerta in caso
appunto di scarsità rispetto agli obblighi imposti.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 264
Figura 26 - Impianti che hanno ottenuto la qualifica IAFR nel 2005 suddivisi per fonte energetica (sinistra)
e per categoria di intervento (destra).
Tabella VI - Prezzi di vendita dei CV emessi dal GSE a proprio favore ([13])
&9QHFHVVDULD &9GLRSHUDWRUL
$QQRGL 3UH]]R&9GHO
FRSULUHO¶REEOLJR &9GHO*6( SULYDWL
HPLVVLRQH *6(¼0:K
GRPDQGD TXDOLILFDWL,$)5
11 comma 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n° 79”, relativo agli impianti a fonte
rinnovabile; ha introdotto le seguenti principali novità rispetto ai decreti precedenti in
materia di modalità di qualificazione:
– l’introduzione per gli impianti idroelettrici del rifacimento parziale particolarmente
oneroso, quale nuova tipologia di intervento che abilita a richiedere la qualificazione
ed il successivo rilascio dei CV (si tratta di un intervento che implica ricostruzioni di
notevole complessità e costi specifici non inferiori a 2 Me/MW) (si veda il riferimento
[13] per una descrizione maggiormente dettagliata delle diverse categorie d’intervento
definite dal GSE);
– una ridefinizione del potenziamento degli impianti idroelettrici che deve essere
caratterizzato da un costo specifico minimo di 0,1 Me/MW ed ai quali vanno ricono-
sciuti CV corrispondenti al 5% della produzione netta.
In attesa delle nuove procedure in fase di valutazione da parte dei competenti
Ministeri, il GSE sta procedendo alla qualifica degli impianti a fonte rinnovabile secon-
do la procedura già esistente:
– il produttore presenta al GSE apposita domanda, per ogni specifico impianto, completa
di tutta la documentazione prevista dal già citato DM 24/10/2005. Al GSE dovrà
essere, altresì, comunicata ogni variazione relativa agli impianti, ivi inclusa l’avvenuta
entrata in esercizio;
– le richieste di qualifica sono, quindi, valutate dalla commissione di qualificazione del
GSE (ogni richiesta di qualifica è affidata operativamente ad un referente tecnico
abilitato a contattare l’operatore che ha presentato la domanda di qualifica);
– il GSE deve pronunciarsi entro 90 giorni dal ricevimento della domanda, vigendo il
principio del silenzio assenso.
Il calcolo dell’energia elettrica per l’emissione dei CV avviene secondo le modalità
riassunte in [13] e qui sintetizzate:
– per gli impianti nuovi, riattivati oppure completamente rifatti, alimentati da fonti
rinnovabili, tutta l’energia elettrica prodotta annualmente ha diritto al rilascio dei
certificati verdi;
– nel caso di impianti potenziati, l’energia riconosciuta ai fini dei certificati verdi è pari
al 5% dell’energia prodotta per gli impianti idroelettrici, mentre per tutte le altre
tipologie di impianti è pari alla differenza tra la produzione netta annua effettivamente
conseguita dopo l’intervento e la media della produzione degli ultimi cinque anni
significativi antecedenti il potenziamento;
– per gli impianti idroelettrici sottoposti a rifacimento parzialmente l’energia ricono-
sciuta deriva da una formula binomia, dove il primo termine valuta l’aumento di
energia prodotta rispetto alla media degli ultimi dieci anni significativi antecedenti
l’intervento ed il secondo termine tiene conto dell’investimento e delle modalità
gestionali dell’impianto.
Regioni le funzioni amministrative in tema di energia, ivi comprese quelle relative alle
fonti rinnovabili, all’elettricità, all’energia nucleare, al petrolio ed al gas, che non siano
riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 29 o che non siano attribuite agli Enti Locali ai
sensi dell’articolo 31”.
In relazione all’argomento del presente paragrafo, cioè l’autorizzazione alla
costruzione e gestione di impianti da fonti rinnovabili, occorre aggiungere che lo stesso
Decreto, all’art. 31, ha attribuito alle Province la competenza per il rilascio dell’autoriz-
zazione all’installazione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia di
potenza inferiore a 300 MW, e tra questi rientrano senz’altro le centrali di produzione di
energia rinnovabile. Si assiste dunque all’attribuzione della competenza legislativa alle
Regioni e di quella amministrativa alle Province.
Il quadro sopra tracciato è stato fortemente modificato dalla riforma del titolo V
della Costituzione e, in particolare, dall’art. 117 che attribuisce e ripartisce la potestà
legislativa (legge 3/2001). Tale disposizione fissa pari dignità tra la potestà statale, quella
regionale e quella “concorrente”. Tra le materie in cui si esplica la potestà concorrente
l’art. 117 annovera la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia;
ciò porta a pensare che alle Regioni vadano le competenze autorizzative sugli impianti
di produzione e trasporto dell’energia senza più i limiti di potenza fissati dal DLgs n.
112/98.
In questo contesto di incertezza si inserisce il già citato Decreto n. 387/03, volto a
promuovere lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, coinvolgendo
sia lo Stato che le Regioni, chiamandoli a contribuire al raggiungimento degli obiettivi
nazionali. A tal fine, infatti, è previsto che lo Stato individui l’obiettivo indicativo
nazionale, cioè la quota di energia “verde” che deve essere annualmente prodotta,
demandando alla Conferenza Unificata la ripartizione di tale obiettivo nazionale in
obiettivi indicativi regionali.
In concreto sono state previste diverse delle misure volte a favorire la diffusione
delle fonti rinnovabili, tra cui quelle previste dall’art. 12 circa le disposizioni per la
razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative per la costruzione e la
gestione di impianti di generazione che fanno uso, appunto, di fonti rinnovabili.
Si tratta del cosiddetto procedimento unico, caratterizzato dai seguenti aspetti:
– come già accennato, la competenza al rilascio dell’autorizzazione14 è attribuita alle
Regioni, che possono esercitarla direttamente oppure delegarla ad altro soggetto istitu-
zionale (ad esempio alle stesse Province che avevano la competenza con il precedente
DLgs n. 112/98);
– i tempi del procedimento sono fissati con precisione: la Regione, entro trenta giorni
dal ricevimento della domanda di autorizzazione, deve convocare una conferenza di
servizi e il termine massimo per la conclusione del procedimento non può essere
superiore a 180 giorni. In sostanza, attraverso tale conferenza, l’amministrazione
procedente potrà convocare in un’unica assemblea tutte le amministrazioni competenti
14 L'autorizzazione regionale riguarda sia la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili, ma anche gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale
o parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'e-
sercizio degli impianti stessi.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 267
15 La funzione di tale procedimento è quella di far confluire in un unico contesto una pluralità di amministra-
zioni, che altrimenti dovrebbero essere sentite in differenti procedimenti, ognuno dei quali volto all'emanazio-
ne di un atto amministrativo, nella materia di propria competenza. Alla luce di tale finalità dovranno essere
invitati tutti quei soggetti ed uffici che, fino ad oggi, erano competenti a adottare atti amministrativi in mate-
ria di impianti da fonti rinnovabili: Regioni, Province, Comuni, ma anche le amministrazioni interessate a que-
stioni tecniche o per la particolarità di territori sottoposti a vincoli (ad esempio Arpa, Asl, Consorzi di bonifi-
ca ed irrigazioni, Enti Parco, ecc.).
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 268
lentezza con cui lo Stato e le Regioni stanno gestendo il programma di adozione delle
linee guida fanno sì che i soggetti proponenti vedano l’autorizzazione unica non come la
somma di tutte le autorizzazione fino ad oggi previste, bensì come un processo
aggiuntivo a tutti gli altri.
Ad esempio, si riporta il caso di un impianto idroelettrico ad acqua fluente (Figura
27). Tra tutti gli atti amministrativi necessari all’avvio dell’impianto elencati in figura,
quello che rappresenta spesso il fattore limitante del processo autorizzativo è la
Concessione di derivazione d’acqua pubblica ad uso idroelettrico (per il quale poi si
pagherà un canone demaniale in euro al chilowatt di concessione), la cui domanda va
inoltrata alla Regione (o alla Provincia demandata) mediante l’Ufficio del Genio Civile
che deve esaminare l’impianto. In molti casi i tempi necessari all’ottenimento di tale
concessione sono incerti e lunghi, addirittura dell’ordine di alcuni anni ([11]); il limite è
da trovarsi nella carenza di personale della pubblica amministrazione.
Figura 27 - Esempio di iter autorizzativo per un impianto idroelettrico ad acqua fluente ([11])
Non è facile stimare il costo dell’iter autorizzativo: ad una prima analisi esso
oscilla tra il 2% ed il 6% del costo d’investimento, ma probabilmente ad una analisi più
attenta che prenda in considerazione la mancata produzione, la valorizzazione dei disagi
causati e tutte le esternalità, i costi potrebbero lievitare di molto.
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 269
Pur ritenendola molto importante, la ricerca del consenso locale per un impianto
mini-idroelettrico o mini-eolico non è quasi mai ricercata dall’imprenditore, soprattutto
se l’intervento sul territorio è di modeste dimensioni. Spesso tuttavia l’imprenditore è
obbligato a intervenire quando si è già in presenza di un conflitto.
Da questo atteggiamento, più improntato alla correzione in corso d’opera che alla
prevenzione del conflitto, scaturiscono delle insoddisfazioni profonde dei proponenti,
motivate da un significativo aumento dei tempi di realizzazione dell’opera e dei costi.
Dalle esperienze studiate ([11]) risulta chiaro come il mostrarsi, da parte dell’im-
prenditore, disponibile alla presenza sul territorio, al confronto con gli amministratori
locali ed al legame con le caratteristiche produttive e di contesto sociale sin dalla nascita
del progetto sia la miglior ricetta per garantire il consenso locale.
Per quanto riguarda gli impianti mini-idro, le maggiori cause di conflitto locale
sono:
– conflitti con gli altri fruitori della risorsa (agricoltori, pescatori, ..);
– la comunità locale percepisce una sorta di colonizzazione da parte di terzi di risorse
che si sentono proprie;
– esperienze pregresse negative che non hanno garantito posti di lavoro ma solo
defraudato il territorio.
Per quanta riguarda gli impianti eolici:
– il rumore: per quanto le tecnologie si siano ormai sviluppate al punto da garantire
impianti silenziosi, nell’immaginario collettivo resta il timore di un fastidioso ronzio
del rotore, immaginando lo stesso impatto di un ventilatore;
– l’impatto visivo;
– l’impatto elettromagnetico;
– l’impatto sulla fauna.
Le cause più ricorrenti dei conflitti possono essere:
– sostanziale mancanza di informazione sulla cultura delle fonti rinnovabili;
– gli oppositori sono spesso proprietari privati legati a minoranze politiche all’interno
degli Enti Locali, per cui si tenta di rivalersi su avversari politici o su privati per
questioni di conflitti interni all’amministrazione;
– la mancanza di linee guida e indicazioni rispetto ai siti idonei da parte delle Regioni.
Le proposte di prevenzione e gestione delle conflittualità locali possono essere:
– coinvolgimento della popolazione locale sia nella fase progettuale dell’impianto, sia
nella fase di gestione e monitoraggio dello stesso (rapporto con la comunità, video e
pubblicazioni nelle scuole locali, incontri con gli studenti e con la cittadinanza,
interventi sulla stampa locale);
– campagne di diffusione dell’informazione rispetto a rischi e benefici reali dell’utilizzo
di fonti rinnovabili,anche durante l’esercizio dell’impianto, comunicando i risultati e
le innovazioni;
– dimostrare la qualità dei propri impianti ottenendo una certificazione ISO 14000 o
EMAS e proponendo una progettazione che minimizzi l’impatto ambientale in tutte le
sue componenti;
– valorizzare l’opportunità di realizzare molti impianti piccoli (anche riadattando
busato Del Col Noro 5-06-2007 19:03 Pagina 270
centrali preesistenti e oggi in disuso), magari più costosi, ma che diano benefici a
livello locale anziché pochi di grosse dimensioni, che consentono un risparmio ma non
una reale spartizione di costi e benefici.
4. CONCLUSIONI
La presente trattazione dimostra, tra le altre cose, come le tecnologie per la realiz-
zazione degli impianti eolici e idroelettrici di piccola taglia abbiano ormai raggiunto la
piena maturità. Inoltre il mercato delle macchine sembra maturo dal momento che in
entrambi i campi esistono più produttori presenti sul territorio nazionale. A comple-
tamento di questo quadro generalmente positivo vi sono i provvedimenti legislativi per
l’incentivazione delle fonti rinnovabili.
Gli ostacoli che ancora permangono ad una diffusione massiccia di questo tipo di
impianti sono principalmente costituiti dalla mancanza di certezze sugli iter autorizzativi
e di conoscenze diffuse e approfondite sul quadro normativo, e per quanto riguarda
l’eolico dalla mancanza di studi anemologici adeguati per l’individuazione di siti adatti.
Tutte queste ragioni e anche altre, a volte completamente estranee al mondo dell’inge-
gneria e dell’impresa, fanno spesso preferire altri sistemi di energia rinnovabile, in
primis quelli fotovoltaici.
BIBLIOGRAFIA
[1] Sorensen B., 2000, Renewable Energy (Second edition), Academic Press
[2] Report Eolico 2006-2007, Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili
[3] Dati statistici sull’energia elettrica in Italia 2005, Terna
[4] Betz A., 1926, Wind Energie, Germania.
[5] AA.VV. 2004, Wind Energy Handbook, John Wiley and sons Ltd, Chichester, UK,
ISBN 0-471-48997-2.
[6] http://www.ricercadisistema.it/pagine/notiziedoc/61/index.htm.
[7] Secondin M., 2004, Energia Eolica: stato dell’arte e prospettive di sviluppo per
l’Italia. Analisi della fattibilità tecnico-economica di impianti di piccola taglia,
Tesi di Laurea, Università di Padova (sede di Vicenza). Relatore Renato Lazzarin.
[8] http://www.restscreen.net.
[9] Ventrone G., 1996, Corso di macchine. Macchine e impianti per la conversione
dell’energia, Edizioni libreria Cortina, Padova, ISBN 88-7784-118-4
[10] Penche C., 1998, Guida all’idroelettrico minore. Per un corretto approccio alla
realizzazione di un piccolo impianto, realizzato dall’European Small Hydropower
Association (ESHA) per la Commissione delle Comunità Europee, Direttorato
Generale per l’Energia
[11] ENEA, 2005, Le fonti rinnovabili 2005. Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia tra
necessità ed opportunità
[12] R. Lazzarin (a cura di), 2005, La rivoluzione elettrica. Cosa è cambiato nella
produzione, nella distribuzione e nella vendita dell’energia elettrica in Italia,
Dario Flaccovio Editore, Palermo, ISBN 88-7758-640-0
[13] Gestore Servizi Elettrici, 2006, Le attività del Gestore dei Servizi Elettrici.
Rapporto 2006
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Indice
271
RIASSUNTO
Oggi si rende sempre più necessario migliorare l’efficienza energetica dei sistemi
e allo stesso tempo diversificare il più possibile le fonti energetiche. In tale quadro si
inserisce molto bene la “sorgente geotermica”.
In questo lavoro vengono analizzate le tipologie e le problematiche dell’impiego
dell’energia geotermica con particolare riferimento alle applicazioni per la climatiz-
zazione. Dapprima vengono trattati gli aspetti tecnici inerenti le diverse tipologie: sonde
geotermiche, acqua di falda, acqua di superficie, etc. Vengono altresì analizzati gli aspetti
legislativi e normativi inerenti l’installazione degli impianti che utilizzano la “Terra”
come sorgente termica.
1. INTRODUZIONE
geotermiche possono essere suddivise pertanto in risorse a bassa, media ed alta entalpia
(o temperatura), secondo diversi criteri. La Tab. I riporta alcune classificazioni proposte
in letteratura [1]: se ne evince che quando si parla di fluidi geotermici è opportuno,
comunque, indicare la loro temperatura, o almeno un intervallo di temperatura, perché i
termini “bassa”, “media” o “alta” possono avere significati diversi e generare errori di
interpretazione.
Tab. I: Classificazione delle risorse geotermiche in base alla temperatura (°C) [1]
>@ >@ >@ >@ >@
L’energia geotermica, come finora descritta, può essere utilizzata per alimentare
impianti operanti secondo cicli termodinamici (ciclo Rankine) al fine di produrre energia
elettrica, oppure essere utilizzata sotto forma di calore, e si parla allora di “usi diretti”
dell’energia geotermica. E’ di questa seconda categoria che ci si occupa in questo lavoro.
E’ opportuno, a questo punto, fare alcune precisazioni sul concetto stesso di
energia geotermica. In primo luogo l’uso del sottosuolo, o dei fluidi da questo estratti,
come “sorgente termica” non implica necessariamente che la temperatura di questa
sorgente sia superiore a quella ambientale, sia media annuale che istantanea: basti
pensare alle pompe di calore geotermiche, che possono funzionare con fluido all’eva-
poratore a temperature prossime a 0°C o addirittura inferiori; si osservi che l’uso del
sottosuolo come “sorgente termica” di un ciclo termodinamico rende questa
applicazione concettualmente simile a quella relativa ai cicli diretti, sopra menzionati,
ma le pompe di calore vengono considerate tuttavia usi diretti in quanto, del processo
termodinamico, è l’effetto termico che viene utilizzato. In alcuni casi il sottosuolo viene
utilizzato come “serbatoio termico” nel quale riversare il calore di condensazione di
macchine frigorifere o direttamente il calore sottratto dagli ambienti (cosidetto “free-
cooling”) quando le temperature del sottosuolo o dell’acqua (di falda o di superficie) lo
consentano. Anche in questi casi, ancorché non vi sia un prelievo di calore, si può parlare
di energia geotermica, in senso lato, in quanto a queste fattispecie corrispondono
maggiori efficienze degli impianti.
Attualmente si hanno usi non elettrici (o diretti) dell’energia geotermica in
settantuno Paesi nel mondo, mentre nel 2000 il loro numero era limitato a cinquantotto
e a ventotto nel 1995 [7].
La potenza totale installata, riferita alla fine del 2004 è pari a 27’825 MWt,
pressoché raddoppiata rispetto al 2000, con un tasso di crescita annuo pari al 12,9 %.
L’energia utilizzata complessivamente è pari a 261’418 TJ annui (corrispondenti a
72’622 GWh), con un aumento quasi del 40 % rispetto al 2000, e un tasso di crescita
annuo pari al 6,5%.
de carli, roncato 5-06-2007 19:17 Pagina 273
Fig. 1 – Potenza installata nel mondo, al 2005, per usi diretti del calore geotermico [7]
L’uso non elettrico più diffuso nel mondo (come potenza installata), come si vede
in Fig. 1, è rappresentato dalle pompe di calore (56,5%), seguito da balneologia (17,7%),
riscaldamento di ambienti (14,9%), serre (4,8%), acquacoltura (2,2%), impieghi
industriali diversi (1,8%).
Il condizionamento di ambienti (riscaldamento e raffreddamento) con l’energia
geotermica si è diffuso notevolmente a partire dagli anni ’80, a seguito dell’introduzione
nel mercato e della diffusione delle pompe di calore. I diversi sistemi a pompa di calore
disponibili permettono di estrarre ed utilizzare economicamente il calore contenuto in
corpi a bassa temperatura, come terreno, acquiferi poco profondi, masse d’acqua
superficiali, etc.
Sistemi con pompe di calore accoppiate al terreno o a masse d’acqua sono
attualmente presenti in almeno trentadue Paesi e, nel 2005, la potenza termica totale
installata era stimata in 15’723 MWt (56,5 %), con un uso annuo di energia pari a 86’673
TJ realizzando un Fattore di Carico1 medio complessivo pari a 0.17 (in regime di riscal-
damento). Gran parte delle installazioni si trovano in Nord America ed in Europa. La
potenza media installata è pari a 12 kWt, valore tipico per abitazioni statunitensi e
dell’Europa Nord-occidentale. Tuttavia, le dimensioni di unità singole sono comprese tra
5,5 kWt per uso residenziale e 150 kWt e oltre per istallazioni nel terziario. Si stima che
sia 1,3 milioni il numero di unità installate, valore più che raddoppiato se confrontato
con il dato relativo al 2000. Negli Stati Uniti molte unità sono dimensionate per il carico
massimo in raffrescamento (peak cooling) e risultano sovradimensionate per il riscal-
damento (eccetto nel nord del Paese) e questo comporta mediamente solo un migliaio di
ore annue di funzionamento a pieno carico, con un fattore di carico pari a 0,11. In
Europa, molte unità sono dimensionate per coprire il carico invernale base, lasciando a
sistemi a combustibile fossile la copertura dei picchi di potenza. Ciò comporta che
queste unità operino a pieno carico da 2000 a 6000 ore di funzionamento annue, con un
fattore di carico da 0,23 a 0,68 [7].
1 Fattore di Carico (F.C.): indice che esprime quanto l'impianto viene usato nell'arco di un anno. Ad esempio
un F.C. pari a 1 indica che l'impianto è sempre attivo tutto l'anno cioè per 365 x 24 =8760 ore a piena poten-
za; un F.C. pari a 0.5 indica che l'impianto funziona, nell'arco di un anno, per 4380 ore a piena potenza, oppu-
re un numero anche maggiore con potenza anche ridotta.
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Fig. 2 – Sviluppo nel tempo della potenza termica impiegata per usi diretti [7]
Tab. II: Usi diretti del calore geotermico al 31 Dicembre 2004 [8]
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2.1. Riscaldamento
Lo schema di base è costituito dal circuito idraulico che riceve calore dal conden-
satore della pompa di calore e lo cede agli ambienti da riscaldare (vedi Fig. 3). Nei
sistemi più complessi si ha un’eventuale suddivisione in zone, ciascuna servita da un
proprio circuito “secondario” che fa capo a collettori di mandata e ritorno. Il circuito
“primario” è in questo caso quello compreso tra condensatore e collettori. L’adottabilità
delle pompe di calore è essenzialmente funzione della temperatura dell’acqua calda
richiesta dall’utenza, come qui di seguito descritto.
Fig. 4 – Andamento del COP in funzione della differenza tra le temperature dell’utenza calda
e della sorgente fredda [9]
una temperatura non inferiore a 5°C. E’ quanto accade nei grandi impianti di teleriscal-
damento scandinavi, dove si possono trovare installazioni di alcune decine di megawatt
termici, eventualmente accoppiate ad impianti di cogenerazione [9].
2.2. Raffrescamento
Tab. III: Vita media prevista e relative pressioni massime di esercizio continuo per
tubazioni diSpolietilene, in
I funzione della temperatura
S [14]
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Fig. 8 – Sezione trasversale dei diversi tipi di sonde geotermiche verticali [11]
Qualora come sorgente termica da abbinare alla pompa di calore venga scelta
l’acqua si può utilizzare un sistema a circuito aperto o chiuso. Esempi di circuito aperto
e chiuso sono evidenziati nella Fig. 11.
Fig. 11 – Sistemi a ciclo aperto e chiuso utilizzanti l’acqua come sorgente termica [16]
Tra le sorgenti termiche per le pompe di calore, l’acqua, sia essa di superficie
(mari, laghi, fiumi, corsi d’acqua) che sotterranea (falda più o meno profonda), è una
valida soluzione, dato che, a parità di temperatura con l’aria, presenta caratteristiche di
scambio termico di gran lunga migliori ed un calore specifico più elevato. Inoltre il suo
livello termico non è negativamente influenzato dalle condizioni esterne: aria più calda
nei momenti di maggior carico termico estivo, aria più fredda nei momenti di maggior
carico termico invernale.
L’uso delle acque superficiali è favorevole in Italia rispetto all’Europa setten-
trionale perché raramente i nostri corsi d’acqua o i laghi ghiacciano anche a fronte di
prolungate temperature esterne sotto zero. Per contro, un ostacolo è costituito dalla
variazione stagionale di portata d’acqua che può essere rilevante, con cospicue riduzioni
nel periodo estivo, quando l’acqua è utile nel funzionamento della macchina come
refrigeratore.
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Fig. 12 – Andamento delle isoterme nel Lago Maggiore in funzione della profondità, (anno 1996) [17]
Fig. 13 – Principio di funzionamento della tecnologia A.T.E.S. a): [30]; b): [31]
grado di offrire una quantità di energia anche notevolmente superiore a quella ottenibile
da sistemi a circuito chiuso con il vantaggio di un minor costo dell’impianto. Tuttavia
questi sistemi possono potenzialmente causare la degradazione ambientale dell’ac-
quifero dovuta al riscaldamento o raffreddamento prolungato dello stesso; questo è
particolarmente vero nei casi in cui l’iniezione (o la sottrazione) di calore non è
ricambiata dalla rimozione (o dall’immissione) di una pari quantità di calore, causando
così lo scompenso termico dell’acquifero.
La disponibilità di un prelievo di acqua di falda, utilizzata congiuntamente ad una
pompa di calore del tipo acqua-acqua, permette la realizzazione di diverse soluzioni
impiantistiche. Si descrivono di seguito alcune tipologie di soluzioni adottabili.
Utilizzo diretto
Secondo questo schema le acque del sottosuolo emunte vanno direttamente alla
pompa di calore e successivamente vengono restituite in ambiente (corso d’acqua
superficiale). Questa soluzione è quella preferibile dal punto di vista tecnico economico,
poiché è la più semplice e meno costosa e permette di utilizzare l’intero salto termico
disponibile.
Nel caso in cui le acque sotterranee contengano sostanze corrosive (acque sulfuree,
ecc.), corpi solidi in sospensione o elementi comunque dannosi all’ambiente o alle
superfici di scambio dell’evaporatore o del condensatore, occorre prevedere l’impiego di
configurazioni e/o materiali speciali (scambiatori di calore a piastre, superfici di scambio
in acciaio inox o in titanio), come più oltre illustrato.
Loop intermedio
Questo schema impiantistico è caratterizzato da un circuito intermedio che separa
la pompa di calore dalla sorgente termica a bassa temperatura. Esso evita la presenza di
una superficie di scambio che crea contiguità tra acqua di falda, da una parte, e fluido
refrigerante dall’altra; l’evaporatore risulta così protetto dalla eventuale presenza di
sostanze dannose presenti nell’acqua. Si distinguono i seguenti circuiti idraulici in
sequenza:
- circuito dell’acqua di falda, costituito dal pozzo di emungimento (con filtri e pompa
sommersa), scambiatore di calore e tubazione di scarico in corso superficiale;
- circuito intermedio, che riceve il calore dallo scambiatore sopra menzionato e lo
trasferisce all’evaporatore/ condensatore della macchina frigorifera;
- circuito del fluido di lavoro (refrigerante) della macchina;
- circuito dell’utenza alimentato dal condensatore/evaporatore della macchina.
Lo svantaggio di questa soluzione è che il circuito intermedio riduce di almeno 3-
5°C il salto termico disponibile dell’acqua di falda. Questa soluzione è preferibile
qualora si volesse reimmettere l’acqua in falda dopo il passaggio nell’impianto.
Vasca polmone
In questa soluzione impiantistica il circuito idraulico dell’acqua della falda è aperto
e alimenta una vasca di accumulo.
Si ha la seguente sequenza:
- emungimento dell’acqua dal sottosuolo ed invio alla vasca;
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- prelievo dell’acqua dalla vasca, invio alla macchina e, da qui, allo scarico.
In caso di rotture o malfunzionamenti dell’evaporatore/condensatore il refrigerante
e l’olio eventualmente trasportato andrebbero a raccogliersi nelle vasche, evitando così
di contaminare il pozzo di emungimento o la linea di restituzione.. Per contro il sistema
è reso più ingombrante e costoso [21].
Caso 2: acqua di falda fredda con le peggiori caratteristiche presenti nel Triveneto
Diversi sono i problemi connessi all’utilizzo di questo tipo di acqua:
a) Presenza di ferro e manganese, il cui effetto è la formazione di depositi con
ostruzioni delle tubazioni, la crescita di fenomeni corrosivi sotto deposito, le
corrosioni per ferrobatteri (Gallionella).
b) Presenza di metano, la cui presenza, a parte i rischi di esplosione o incendio, implica
con molta probabilità un’acqua contaminata da batteri e sostanze organiche da cui
possono derivare depositi organici, fenomeni di corrosione e formazioni di biofilm;
questo elemento è particolarmente presente nelle zone centrali della pianura padana
a cavallo del Po.
c) Presenza di nitrati, ammoniaca, nitriti o batteri nitrificanti (Nitrosomonas e
Nitrobacter possono trovare le condizioni ambientali per trasformare in acido nitrico
l’ammoniaca); i nitrati danno luogo a fenomeni di corrosione localizzata.
d) Batteri solfato riduttori (acido solfidrico, segnalato dal caratteristico odore di uova
marce); in presenza di solfati il Desulfovibrio porta alla formazione di FeS e quindi
a una corrosione autostimolante.
e) Presenza di incrostazioni, dovuta al calo della solubilità dei sali di calcio e magnesio
(durezza) per effetto della temperatura.
f) Proliferazioni algali, batteriche ecc., derivanti naturalmente da una loro presenza
nell’acqua di pozzo, con formazione di biofilm che influenza in maniera fortemente
negativa lo scambio termico.
In questo caso occorre procedere alle stesse verifiche a cui si ricorre nel caso di
acqua potabile (Caso 1).
La tecnica di intervento deve rimuovere questi elementi pericolosi oppure
contrastare con prodotti chimici la loro deleteria presenza.
Il ferro e il manganese sono rimossi con la classica tecnica dell’ossidazione e della
filtrazione multistrato con letto catalitico, che unisce le esperienze americane e tedesche
nel campo della filtrazione. In questo caso si consiglia l’immissione di ipoclorito perché
potrebbe essere eseguita in linea e consentirebbe lo sfruttamento quasi integrale del salto
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Nei primi anni del secolo scorso in Italia vigevano leggi diverse da Regione a
Regione, derivanti dagli Stati esistenti prima dell’unità d’Italia. In alcune Regioni vigeva
ancora il sistema fondiario per cui il proprietario del suolo era anche il proprietario di
tutto ciò che era ricavabile dal sottosuolo. Inoltre l’estrema frammentazione della
proprietà rendeva difficile la nascita e lo sviluppo di imprese minerarie per la ridotta
capacità tecnico-economica dei titolari dei diritti di superficie.
Agli inizi degli anni ’70 il Regio Decreto del 1927 prima menzionato, mostrava le
prime limitazioni di fronte agli sviluppi tecnologici degli impianti di perforazione.
Inoltre, erano maturate altre esigenze, di carattere ambientale, relative ai rapporti con il
territorio nei quali si svolgevano le attività di esplorazione, di sicurezza per il personale.
Ciò indusse il Parlamento ad adottare una legge specifica per la geotermia, e cioè la
Legge n° 896 del 9 Dicembre 1986, e successivamente il suo Regolamento di attuazione
con il DPR n° 395 del 9 Dicembre 1991.
Questa legge fu la prima del corpo legislativo italiano ad adottare una regolamen-
tazione assimilabile alle successive normative di Valutazione d’Impatto Ambientale
(VIA). Questa valutazione venne affidata congiuntamente al neonato Ministero
dell’Ambiente, al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, al Ministero
dell’Agricoltura, e a quello della Sanità, nonché alle Regioni ed ai Comuni interessati,
con il coordinamento del Ministero dell’Industria che svolgeva anche le funzioni di
Autorità proponente.
Nello stesso periodo furono emesse anche varie norme inerenti sia la “gestione” del
fluido termovettore (Legge n° 319 del 10 Maggio 1976) che le emissioni in atmosfera
(DPR n° 203 del 24 Maggio 1988).
La Legge n° 319/76 (meglio nota come “Legge Merli”) e le sue successive
modifiche ed integrazioni, prevedeva che le condense dei fluidi geotermici non potevano
essere scaricate in superficie se non dopo essere adeguatamente trattate; il trattamento
risultava in alcuni casi estremamente oneroso. Di conseguenza, per cercare di risolvere
in altro modo il problema della gestione dei reflui geotermici, furono accelerati
fortemente gli studi e le sperimentazioni sulla reiniezione dei reflui negli stessi serbatoi
di provenienza dei fluidi estratti.
Le norme sulle emissioni in atmosfera dei reflui gassosi hanno fatto avviare una
serie di studi ed esperienze volti a minimizzare l’impatto sulle popolazioni residenti. Essi
sono sfociati in un brevetto dell’Enel di abbattimento praticamente totale dell’idrogeno
solforato e del mercurio nei gas di scarico delle centrali, cui è stato dato nome AMIS
(Abbattimento di Mercurio ed Idrogeno Solforato).
Alla legge geotermica del 1986 ha fatto seguito, seppure con ritardo, il
regolamento di attuazione adottato con il DPR 395/91 che ha dettato norme specifiche
per la gestione del titolo minerario. L’energia per unità di massa degli idrocarburi è di
almeno un ordine di grandezza superiore a quella dei fluidi geotermici, quindi i rischi
minerari derivanti dalla possibilità di perforare pozzi sterili, e i costi di perforazione in
generale, possono essere compensati, nel caso dell’industria petrolifera, dal molto più
alto valore dell’energia prodotta. Inoltre, nei pozzi geotermici sono inferiori anche i
rischi connessi con la deflagranza dei gas contenuti nei fluidi geotermici.
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A seguito del referendum che impose la chiusura delle centrali nucleari, il Governo
decise di predisporre un Piano Energetico Nazionale (PEN) in modo da far fronte alle
crescenti richieste di energia elettrica, ed alla necessità quindi di sviluppare forme
“alternative-integrative” di energia. Nella legislazione furono così introdotti molteplici
riferimenti allo sviluppo ed incremento dell’impiego delle Fonti di Energia Rinnovabile
(FER); vennero altresì stabilite norme su alcuni aspetti particolari del settore dell’e-
nergia, ma senza definire una vera e propria strategia energetica nazionale, sia per quanto
riguarda la tipologia di impianti da utilizzare, sia per quanto concerne il “mix”
energetico (gas, carbone, olio combustibile, FER, etc.).
La Legge 9/91 (Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale:
aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,
autoproduzione e disposizioni fiscali), regolamenta il rilascio delle concessioni idroelet-
triche, la costruzione degli elettrodotti, e la pianificazione della costruzione degli
impianti di produzione elettrica. La Legge 10/91 (Norme per l'attuazione del Piano
Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e
di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) detta norme sul risparmio energetico, sul
miglioramento della compatibilità ambientale e sull’uso razionale dell’energia. Inoltre,
fu inserito nella legislazione italiana il concetto che l'utilizzazione delle FER deve essere
considerata di interesse ed utilità pubblica, e che le relative opere vanno equiparate a
quelle dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere
pubbliche; concetto per altro già vigente per la geotermia in quanto risorsa mineraria.
Successivamente, la Delibera CIPE n.137 del 1998 (Linee guida per le politiche e
misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra), ha riconosciuto alla
produzione di energia da FER un ruolo estremamente rilevante ai fini della riduzione
delle emissioni dei gas serra, paragonabile ai contributi richiesti ad altre importanti
attività per la riduzione di tali emissioni. Inoltre, con atti successivi, per ciascuna delle
fonti rinnovabili, sono stati definiti gli obiettivi da conseguire per ottenere le riduzioni di
emissioni di gas serra, che la delibera CIPE attribuiva alle fonti rinnovabili, e sono state
altresì indicati le strategie e gli strumenti necessari allo scopo. Così infatti recita la
disposizione: “….Il Governo italiano attribuisce alle fonti rinnovabili una rilevanza
strategica. Pertanto, nell’ambito di una coerente ed incisiva politica di supporto
dell’Unione Europea, si è inteso sostenere la progressiva integrazione di tali fonti nel
mercato energetico e sviluppare la collaborazione con i Paesi dell’area mediterranea…”.
In particolare, le enunciate motivazioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili sostengono
che esse “…possono fornire un rilevante contributo allo sviluppo di un sistema
energetico più sostenibile, incrementare il livello di consapevolezza e partecipazione dei
cittadini, contribuire alla tutela del territorio e dell’ambiente, e fornire opportunità di
crescita economica….”.
Il decentramento amministrativo realizzato con la suddetta Legge n. 59 del 15
Marzo 1997 ha delegato alle Regioni la competenza amministrativa sulle risorse
geotermiche conservando allo Stato il potere legislativo e di indirizzo. Inoltre, la Legge
n. 59/97 sopra citata ha previsto la possibilità per le Regioni di dotarsi di un proprio
piano energetico detto PER (Piano Energetico Regionale) che, tenendo anche conto dei
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L’utilizzo di acque geotermiche non idonee alla produzione elettrica può essere
distinto in due grossi filoni: uno destinato all’uso balneo-terapico e l’alro destinato
all’uso energetico. Quest’ultimo utilizzo è regolamentato da tutte le normative minerarie,
nel caso in cui le acque termali provengono da sistemi idrogeologici definiti di interesse
locale dalla Legge 896/86 (“…sono risorse di interesse locale quelle economicamente
utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico di potenza inferiore a 20 MWt
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ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale di 25 °C…”). Acque
calde reperibili a profondità inferiore a 400 m, con potenza termica non superiore a 2
MWt sono considerate invece piccole utilizzazioni locali. La ricerca e l’uso delle acque
termali a scopo terapeutico sono regolamentate dalla legislazione sanitaria, che era già
di competenza regionale, pur essendo anch’essa regolata da un regime concessorio [22].
La normativa sulle acque ha subito nel corso degli anni numerosi interventi e
modifiche creando un sistema complesso di norme. Per tracciare uno schema delle
principali disposizioni, competenze e adempimenti relativamente alle acque pubbliche è
necessario pertanto prendere in considerazione un notevole numero di leggi e decreti
(statali e regionali) che si sono susseguiti a partire dal T.U. n. 1775 del 1933.
Il Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici (R.D. 11
Dicembre 1933, n. 1775), che contiene norme generali sulle derivazioni e sulle utiliz-
zazioni di acque pubbliche, costituisce ancora oggi la principale norma di riferimento in
materia di uso delle acque. E’ da notare che, in base al T.U. 1775/1933, erano pubbliche
“tutte le acque sorgenti, fluviali o lacuali le quali abbiano o acquistino attitudine ad usi
di pubblico generale interesse”, inoltre le acque pubbliche dovevano essere iscritte a cura
del Ministero dei Lavori Pubblici, in pubblici elenchi redatti per Province.
Il DPR 24 Luglio 1977 n. 616 ha delegato in via generale alle Regioni numerose
funzioni amministrative prima riservate allo Stato. Le funzioni delegate devono essere
esercitate nel rispetto delle direttive statali sia generali sia di settore per la disciplina
dell’economia idrica. In concreto, per quanto riguarda le derivazioni di acque pubbliche
disciplinate dal T.U. n. 1775/1933, il DPR n. 616/1977 ha lasciato allo Stato (Ministero
dei Lavori Pubblici) la competenza a rilasciare le concessioni per le grandi derivazioni
(con portata d’acqua superiore a 100 litri/secondo), mentre per le piccole derivazioni
(con portata fino a 100 litri/secondo) la competenza è stata trasferita alle Regioni.
La legge Galli (Legge 5 gennaio 1994, n. 36) ha radicalmente innovato la materia
stabilendo all’articolo 1 che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non
estratte dal suolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed
utilizzata secondo criteri di solidarietà. L’articolo 1 stabilisce inoltre che gli usi delle
acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse, per non pregiudicare il
patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche,
i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici. In base all’articolo 2 l’uso dell’acqua
per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico
superficiale o sotterraneo e gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a
condizione che non ledano la qualità dell’acqua per il consumo umano. La Legge Galli
introduce, alla lettera f dell’articolo 4, il concetto di servizio idrico integrato: l’insieme
dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di
fognatura e di depurazione delle acque reflue. In base all’articolo 8, i servizi idrici
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integrati sono organizzati in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), delimitati dalle Regioni
secondo i seguenti criteri: rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o
dei bacini idrografici contigui, superamento della frammentazione delle gestioni e
conseguimento di adeguate dimensioni gestionali. All’interno di ogni ATO, le diverse
fasi della captazione, adduzione e distribuzione delle acque potabili, di fognatura e
depurazione devono essere quindi considerati, pianificati e gestiti unitariamente.
In questo ambito grande importanza è rivestita dall’Autorità di Bacino che ha il
compito di assicurare l’equilibrio del bilancio idrico. A tale proposito, l’Autorità di
Bacino, ai sensi dell’articolo 3, definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico
diretto ad assicurare l’equilibrio fra la disponibilità delle risorse reperibili o attivabili
nell’area di riferimento e i fabbisogni per i diversi usi. Il risparmio idrico, invece,
secondo l’articolo 5, deve essere conseguito mediante il risanamento e il graduale
ripristino delle reti esistenti che evidenzino rilevanti perdite, l’installazione di reti duali
nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni,
l’installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché di contatori
differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano
e la diffusione di metodi e apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori
industriale, terziario ed agricolo.
Il D. Lgs. 31 Marzo 1998, n. 112 ha completato e razionalizzato il trasferimento di
molte competenze amministrative dallo Stato alle Regioni già precedentemente avviato
con il DPR 616/1977. La nuova normativa tra l’altro ha riordinato la ripartizione delle
competenze in materia di gestione dei beni del demanio idrico. In particolare l’articolo
89 conferisce alle Regioni e agli Enti locali tutte le funzioni non espressamente riservate
allo Stato dall’articolo 88. In particolare sono trasferite alle Regioni “le funzioni relative
alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative
alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque
sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei
canoni di concessione e all’introito dei relativi proventi” fatto salvo quanto disposto
dall’articolo 29, comma 3, che prevede la perdurante competenza dello Stato per le
grandi derivazioni di acque pubbliche per uso idroelettrico.
Alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 112/1998 sembra pertanto che il
rilascio delle concessioni per tutte le derivazioni, sia grandi che piccole, di acque
pubbliche sia di competenza delle Regioni, con la sola eccezione delle grandi derivazioni
di acque pubbliche per uso idroelettrico.
Il D. Lgs. 11 Maggio 1999 n. 152 modificava alcune norme del T.U. 1775/1933 al
fine di un miglior coordinamento tra le varie normative in materia di acque.
Da ultimo, il D. Lgs 152 del 2006 (Parte Terza: Norme in materia di difesa del
suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione
delle risorse idriche) costituisce la nuova normativa quadro per le risorse idriche.
Si segnala inoltre come la Legge Finanziaria 2007 per interventi di riqualificazione
energetica di edifici esistenti che conseguono risparmi pari ad almeno il 20 per cento per
la climatizzazione invernale, riconosce una detrazione fiscale ai fini IRPEF per una
quota pari al 55% delle spese; quindi, anche se non espressamente menzionata nel testo
di legge, la soluzione geotermica può anch’essa beneficiare di questa forma di incentivo
fiscale [21].
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Per quanto riguarda i corsi d’acqua la variazione massima fra temperature medie
di qualsiasi sezione del corso d’acqua a monte e a valle del punto di immissione non deve
superare i 3 °C. Su almeno metà di qualsiasi sezione a valle, tale variazione non deve
superare 1°C. Per i laghi, la temperatura dello scarico non deve superare i 30 °C e
l’incremento di temperatura del corpo recipiente non deve superare in nessun caso i 3 °C
oltre 50 metri di distanza dal punto di immissione. Per i canali artificiali, il massimo
valore medio della temperatura dell’acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 35 °C.
La condizione suddetta è subordinata all’assenso del soggetto che gestisce il canale. Per
il mare e per le zone di foce dei corsi d’acqua non significativi, la temperatura dello
scarico non deve superare i 35 °C e l’incremento di temperatura del corpo recipiente non
deve superare in nessun caso i 3 °C oltre 1000 metri di distanza dal punto di immissione.
Deve inoltre essere assicurata la compatibilità ambientale dello scarico con il corpo
recipiente ed evitata la formazione di barriere termiche alla foce dei fiumi.
Legge Regionale 26 Marzo 1999, N. 10 (Bur N. 29/1999): disciplina dei contenuti e delle
procedure di valutazione d’impatto ambientale.
La Regione Veneto, in attuazione della direttiva 85/337/CEE e del decreto del
Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, disciplina con la presente legge le procedure
di valutazione d’impatto ambientale (in seguito denominata VIA), ai fini di assicurare
che, nei processi di formazione delle decisioni relative a progetti di impianti, opere o
interventi individuati, si perseguano gli obiettivi di tutela della salute e di miglioramento
della qualità della vita umana, di conservazione della varietà della specie, dell’equilibrio
dell’ecosistema e della sua capacità di riproduzione, in quanto risorse essenziali di vita,
di garanzia della pluralità dell’uso delle risorse e della biodiversità.
Entrando più nel merito si definiscono:
- Progetti assoggettati alla procedura di VIA in tutto il territorio regionale: attività di
coltivazione delle risorse geotermiche sulla terraferma.
- Progetti assoggettati alla procedura di VIA qualora ricadano, anche parzialmente,
all'interno di aree naturali protette, riguardano:
a) Impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termica
complessiva superiore a 25 MW.
b) Attività di ricerca di minerali solidi e di risorse geotermiche incluse le relative attività
minerarie.
c) Impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda.
d) Impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda che alimentano
condotte con una lunghezza complessiva superiore a 10 km.
- Progetti assoggettati alla procedura di VIA qualora ricadano, anche parzialmente,
all'interno di aree sensibili come individuate e classificate nell'allegato D.
a) Impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termica
complessiva superiore a 50 MW (aree A, D, E).
b) Attività di ricerca di risorse geotermiche incluse le relative attività minerarie (aree D,
E).
c) Impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda
(aree D, E).
d) Impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell’acqua calda che alimentano
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indisturbata del terreno pari 20°C nel terreno. Per l’edificio è stata effettuata una
simulazione dinamica mediante il codice DIGITHON [28]; è stato ipotizzato un sistema
radiante a pavimento a bassa temperatura (temperatura massima di alimentazione di
25°C). L’unità residenziale presenta 260 m2 di superficie in pianta, disposta su due piani;
le trasmittanze termiche sono pari a 0,30 W/(m2K) per le pareti opache esterne, 0,25
W/(m2K) per il tetto e 1,5 W/(m2K) per le superfici finestrate. La simulazione ha
riguardato solo il periodo di riscaldamento senza prendere in considerazione la
produzione di acqua calda sanitaria. La pompa di calore utilizzata ha una potenza
termica nominale pari a 11,5 kW, e il fabbisogno termico invernale risulta pari a 7,59
MWh. Le sonde sono verticali a doppia U ed in numero di due per una lunghezza totale
di 135 m (collegate in parallelo).
Si è voluto analizzare la differenza tra il caso sopra descritto, e la medesima
tipologia di sistema edificio-impianto, ipotizzandola ubicata nel comune di Padova, dove
la temperatura media del terreno indisturbato è di circa 13°C.
Dal confronto dei grafici (Figure 14 e 15) emerge che si può utilizzare acqua
semplice come fluido termovettore per il caso di Montegrotto Terme, mentre per il caso
di Padova (a parità di lunghezza delle sonde geotermiche) si renderebbe necessario
adottare una miscela acqua-glicole, poiché la simulazione evidenzia lunghi periodi di
funzionamento con temperature di ingresso alle sonde al di sotto dei 5 °C con
conseguente rischio di formazione di ghiaccio. Inoltre, a causa delle diverse temperature
di mandata alle sonde, il COP per il caso di Montegrotto risulta più elevato, con un valor
medio pari a 4,30, mentre nel caso di Padova si avrebbe un COP medio pari a 3,80.
E’ da notare che il vantaggio derivante da una più elevata temperatura del terreno
è associato necessariamente ad una penalizzazione nell’eventuale funzionamento di
raffrescamento in regime estivo. Si osservi peraltro come i COP conseguibili in estate in
presenza di terreno a più alta temperatura possano considerarsi comunque simili a quelli
degli usuali piccoli condizionatori con condensazione ad aria (COP medio pari a 2,8).
Inoltre occorre sottolineare come in edifici residenziali il fabbisogno termico di riscal-
damento sia maggiore, in valore assoluto, di quello di raffrescamento (in generale in
rapporto 2 : 1 nel caso di edifici coibentati secondo le attuali tendenze legislative); quindi
la possibilità di ridurre il campo di sonde in inverno rispetto al valore usuale permette
comunque dei tempi di ritorno favorevoli dell’investimento, evitando contestualmente
l’installazione di una macchina frigorifera con condensazione ad aria. Si può notare,
infatti, che con terreno a temperatura media di 20°C l’allocazione di potenza termica
installata, riferita alla lunghezza delle sonde è di circa 80 W/m, contro il valore di 50
W/m, solitamente adottato nelle usuali applicazioni: ciò comporta un risparmio pari al
35% circa nei costi di perforazione.
In zone termali con temperatura maggiore, l’utilizzo delle pompe di calore SGV ai
fini del riscaldamento risulta particolarmente interessante, data l’elevata resa del sistema.
A titolo di esempio, sulla base di simulazioni svolte, si riscontra che, in un terreno in cui
la temperatura passi linearmente da 20°C a 60°C in 100 m di profondità, la potenza
termica allocata alle sonde per la stagione invernale può essere stimata in circa 100 W/m.
In tal caso stime preliminari hanno portato a scegliere l’installazione di una pompa di
calore, scartando l’utilizzo diretto del calore dal terreno, poiché le temperature raggiun-
gibili dall’acqua sono inferiori a 22°C; risulta comunque importante prestare attenzione
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sia alle temperature elevate, poiché il polietilene ha limiti di utilizzo rispetto alla
temperatura, sia alla composizione chimica dell’acqua, poiché una sua aggressività può
comportare breve durata delle sonde stesse.
Fig. 14 – Temperature di ingresso e uscita dell’acqua dalle sonde geotermiche a Montegrotto Terme
7. CONCLUSIONI
tradizionali, tenendo conto anche della carenza, su questo tema, in campo normativo. In
ogni caso i grandi sviluppi che si sono verificati in Europa, e le crescenti applicazioni
che si vedono anche in Italia, danno atto dell’interesse suscitato tra gli operatori del
settore. Da ultimo non sono da sottovalutare i recenti progressi verificatisi nella
tecnologia delle pompe di calore per uso specifico nelle applicazioni geotermiche.
RINGRAZIAMENTI
8. BIBLIOGRAFIA
Indice
307
RIASSUNTO
Il concetto di edificio a basso consumo è basato sulla riduzione dei carichi termici
ottenibile con un migliore isolamento, sul recupero energetico in ventilazione e sull’uso
di sistemi di riscaldamento/climatizzazione ad alta efficienza nonché sull’integrazione
delle fonti rinnovabili nel sistema edificio-impianto. E’ assai difficile ottenere buoni
risultati in termini di prestazioni energetiche se uno di questi elementi viene a mancare.
Questo lavoro illustra un esempio di buona integrazione di questi elementi
progettuali in applicazione ad un caso reale.
Il Nuovo Polo Scolastico di Agordo (BL) è stato progettato con una particolare
cura nei confronti dell’aspetto energetico: l’isolamento termico di tipo a “cappotto”
limita al minimo gli effetti dei ponti termici e l’elevato spessore di isolante riduce
notevolmente il fabbisogno di energia termica per il riscaldamento.
Attraverso la simulazione dinamica in ambiente TRNSYS sono state valutate
diverse soluzioni impiantistiche per l’edificio.
E’ stato quindi progettatato un sistema integrato di pompe di calore ad
assorbimento “multi-sorgente”; le diverse sorgenti sono il terreno, il sole, il recupero
sulla ventilazione. L’impianto lavora su due livelli di temperatura diversi: uno più elevato
per il sistema di ventilazione e uno più basso per il circuito di riscaldamento a
pavimento. Le due sezioni dell’impianto (ventilazione e riscaldamento) funzionano in
maniera indipendente, dal punto di vista della programmazione e della regolazione.
La sorgente termica per le pompe di calore dedicate alla ventilazione è il flusso
d’aria espulsa a valle di scambiatori a flussi incrociato, la cui efficienza è volutamente
limitata al 50% per evitare problemi di brinamento (il clima della zona è molto rigido).
L’effetto ottenuto è quindi un recupero totale al livello dell’evaporatore della pompa di
calore.
La sorgente termica per le pompe di calore dedicate al riscaldamento può essere sia
il terreno (1300 m di scambiatori a tubo verticale) oppure la sezione solare dell’impianto,
che può anche essere impiegata direttamente per il riscaldamento, quando l’insolazione
fosse sufficiente. La sezione solare durante l’estate può ri-generare il terreno.
lazzartin busato minchio 5-06-2007 19:42 Pagina 308
1. INTRODUZIONE
L’aria esterna è una sorgente termica disponibile ma che presenta limiti noti. Le
caratteristiche delle pompe di calore possono essere al meglio utilizzate attraverso
l’impiego di sorgenti alternative all’aria, come il terreno, il calore di recupero, il solare
termico, con un incremento però consistente dei costi di investimento iniziale. Poiché le
pompe di calore presentano una elevata sensibilità alle temperature al condensatore e
all’evaporatore, oltre a scegliere impianti a bassa temperatura è molto importante
ottimizzare i livelli termici delle sorgenti termiche disponibili. Se oltre a sostituire l’aria
con una sorgente termica migliore come il terreno si provvede ad integrarla con il solare
termico o il recupero sulla ventilazione è possibile ottenere un incremento delle
prestazioni energetiche dell’impianto.
Allo scopo quindi di ridurre da un lato la potenza termica o frigorifera installata e
dall’altro il fabbisogno termico ottimizzando anche l’investimento iniziale, la migliore
scelta consiste nel combinare l’applicazioni di tecnologie energeticamente efficienti
come le pompe di calore ad edifici in cui si sia particolarmente curato l’isolamento
termico e lo sfruttamento dell’apporto della radiazione solare. L’azione rivolta al rendere
l’involucro edilizio energeticamente più efficiente consente di realizzare impianti con
fonti rinnovabili o pompe di calore con un impatto economico inferiore.
Il caso studio presentato in questo lavoro è relativo ad un nuovo Polo Scolastico in
progetto di realizzazione ad Agordo (provincia di Belluno, nord Italia) che presenta
proprio le caratteristiche descritte sopra. La località è caratterizzata da un clima rigido e
l’impianto di climatizzazione non prevede raffrescamento. L’edificio è stata costrutito ad
alta efficienza, con un fabbisogno termico annuale complessivo (dato somma di
fabbisogno termico di ventilazione e di riscaldamento) di appena 30 kWh/m2anno.
2. CONDIZIONI METEREOCLIMATICHE
3. L’EDIFICIO
tetto, rivolti a Sud-Ovest saranno disposti collettori solari termici. La zona centrale,
sviluppata su tre piani, comprende ingresso, uffici ed aula magna. La parte a destra a
Sud, sviluppata anch’essa su tre piani, è dedicata alle aule.
Figura 1 - Schema dell’edificio in 3D (riferimento ore 12 del 1 gennaio), realizzato con software ECOTECT
per l’analisi delle ombreggiature
4. L’IMPIANTO
pompa di calore ad aria per la quale con temperature inferiori agli 0 °C si verifiche-
rebbero caduta di capacità e prestazioni energetiche molto penalizzate. Per questo risulta
molto più interessante l’utilizzo del terreno come sorgente termica, che garantisce
prestazioni energetiche molto buone anche in presenza di clima esterno molto rigido. Per
ottimizzare ulteriormente le prestazioni energetiche nell’impianto si è previsto di
integrare il terreno con altre sorgenti termiche, solare termico (impianto di riscal-
damento) e recupero sulla ventilazione (impianto di ventilazione), definendo una schema
di regolazione finalizzato alla scelta della migliore sorgente disponibile dal punto di vista
termico e dei consumi degli ausiliari al variare delle condizioni al contorno.
La scelta del tipo di pompa di calore da impiegare è stata realizzata sulla base di
considerazioni termodinamiche ma anche allo scopo di rispettare i limiti di budget
economico a disposizione, che presentava naturalmente un limite superiore nonostante si
potesse disporre di contributi degli enti locali. Le tecnologie valutate sono le pompe di
calore elettriche a compressione e le pompe di calore ad assorbimento (acqua-
ammoniaca). Entrambe presentano ottime prestazioni energetiche per funzionamento
nella stagione di riscaldamento, l’unico richiesto nell’applicazione oggetto di analisi. Le
prestazioni delle pompe di calore elettriche sono superiori con livello termico a 35°C
tipico dell’impianto a pavimento; la maggior stabilità delle prestazioni energetiche delle
macchine ad assorbimento all’aumentare della temperatura di condensazione le rendono
invece preferibili per l’applicazione all’impianto di ventilazione (Minchio, 2006).
In relazione all’accoppiamento a terreno invece, le caratteristiche del ciclo ad
assorbimento in funzionamento invernale determinano una potenza scambiata all’evapo-
ratore (accoppiato a terreno) circa pari alla metà di quella scambiata all’evaporatore della
pompa di calore elettrica a parità di potenza termica prodotta. Ciò comporta
naturalmente un diverso impatto sul terreno per le due tipologie di pompe di calore, con
una lunghezza totale necessaria inferiore per il sistema ad assorbimento, sia
naturalmente in termini di energia annualmente estratta sia in termini di diminuzione di
temperatura media dell’accumulo sul lungo periodo. Soprattutto però ha un importante
impatto sui costi di investimento iniziali e può risultare un fattore decisivo per la
diffusione, specie nei climi più rigidi, della tecnologia delle pompe di calore
geotermiche.
Proprio questo fattore in conseguenza dell’elevato costo di installazione delle
sonde geotermiche ha fatto propendere per la tecnologia ad assorbimento.
Le prestazioni dell’impianto sono state calcolate attraverso la simulazione con
software TRNSYS elaborando un modello
sistema solare può essere scaricato a terreno: questo si comporta quindi come un
serbatoio di accumulo termico.
Sulla base di queste considerazioni il mix tecnologico selezionato per l’impianto di
riscaldamento è il seguente:
due pompe di calore ad assorbimento collegate a terreno o al circuito solare termico (2
macchine di potenza nominale di circa 40 kWt, prodotti reali di riferimento ROBUR
GAHP-W terra-acqua per quanto riguarda la macchina ad assorbimento;
caldaia a condensazione ad integrazione (potenza termica nominale 120 kWt), tale
caldaia sarà impiegata anche per la copertura dei picchi di richiesta termica di
ventilazione;
solare termico (50 m2 di collettori su superficie inclinata di circa 30° esposta a SUD-
OVEST).
In tal modo si ottiene all’evaporatore della pompa di calore il livello termico più
elevato disponibile con un conseguente incremento del COP medio stagionale
conseguibile.
lazzartin busato minchio 8-06-2007 16:11 Pagina 316
Funzionamento estivo:
il circuito è attivo se la radiazione solare incidente rilevata da un sensore di radiazione
posto in posizione opportuna è superiore a 200 W/m2;
in tal caso il bypass che porta il fluido termovettore solare agli scambiatori a terreno è
costantemente attivo allo scopo di accumulare calore nel suolo;
dagli scambiatori a terreno il fluido torna ai collettori.
1 UTA da 3000 m3/h con recuperatore a flussi incrociati, a servizio dell’aula magna;
1 UTA da 1400 m3/h con recuperatore a flussi incrociati, a servizio del blocco uffici.
La sezione a servizio delle batterie calde delle UTA è anch’essa costituita da due
pompe di calore con sonda geotermica. I recuperatori di calore a valle delle UTA sono
di tipo statico a flussi incrociati con efficienza del 50%. Si è preferito evitare scambiatori
di tipo rigenerativo-rotativo e recuperatori entalpici, poiché le elevate efficienze di
scambio si adattano male alle basse temperature esterne: un recupero troppo spinto
potrebbe comportare, nella stagione più fredda, problemi di brinamento (e conseguenti
rischi di rottura) sul lato dell’espulsione. Si è invece scelto, per aumentare ulteriormente
il recupero termico quando la temperatura esterna sale sopra gli 0 °C, di installare,
all’uscita delle UTA dei laboratori e delle aule, delle batterie di recupero che possano
operare sul flusso espulso uno scambio sia sensibile che latente; il flusso di calore
recuperato può quindi essere inviato all’evaporatore delle pompe di calore.
Anche in questo caso è quindi prevista l’integrazione fra due sorgenti termiche con
una conseguente ottimizzazione dei livelli termici ed incremento del COP medio
stagionale.
Sulla base di queste considerazioni il mix tecnologico selezionato per l’impianto di
riscaldamento è seguente:
pompe di calore ad assorbimento collegate a terreno (2 macchine di potenza nominale
di circa 40 kWt, prodotti reali di riferimento ROBUR GAHP-W terra-acqua;
caldaia a condensazione ad integrazione (potenza termica nominale 120 kWt), tale
caldaia sarà impiegata anche per la copertura dei picchi di richiesta termica di riscal-
damento;
due batterie aria-acqua glicolata di recupero aria espulsa-acqua glicolata installate a
valle della UTA-aule e della UTA-laboratori.
Quando almeno una UTA è accesa e almeno una delle due pompe di calore è
accesa, le condizioni affinché venga attivato il recupero termico attraverso la batteria a
valle del recuperatore a flussi incrociati è la seguente (Figura 4):
- temperatura in uscita dallo scambiatore di recupero a flussi incrociati superiore a 10
°C, valore che corrisponde ad una temperatura dell’aria esterna di 10 °C; tale livello
termico assicura una temperatura di uscita dell’acqua generalmente superiore a quella
ottenibile a terreno; l’utilizzo della sorgente termica alternativa al terreno ha inoltre il
vantaggio di permette una riduzione dei costi di pompaggio e quindi la commutazione
va valutata anche in tal senso;
- temperatura in uscita dall’evaporatore della pompa di calore superiore ad 1 °C; ciò allo
scopo di evitare fenomeni di brinamento nella batteria di recupero.
Verificate queste condizioni, viene accesa la pompa della batteria di recupero delle
UTA in funzione e la valvola deviatrice e miscelatrice del circuito dell’evaporatore delle
pompe di calore in funzione viene commutata verso il circuito del disconnettore. E’
possibile che sia in funzione una batteria soltanto. La presenza del disconnettore
idraulico assicura il corretto riequilibrio delle portate.
lazzartin busato minchio 5-06-2007 19:43 Pagina 318
Figura 4 - Diagramma di flusso relativo alla regolazione del circuito delle batterie
di recupero aria-acqua glicolata
6. PRESTAZIONI ENERGETICHE
Figura 6 Percentuale di copertura del fabbisogno termico per impianto con pompa di calore
ad assorbimento ed integrazione solare (dati relativi al primo anno)
è superiore in ragione del più basso livello termico permesso dal pavimento radiante e
dalla presenza del contributo del solare termico in termini di preriscaldamento.
Il risparmio di energia primaria conseguibile rispetto ad una soluzione con caldaia
tradizionale ad alto rendimento (rendimento medio stagionale 87%,[3]) è pari a circa il
35%, dato molto elevato se si considera che con una caldaia a condensazione il risparmio
di energia primaria rispetto allo stesso riferimento è dell’ordine del 13%.
7. CONCLUSIONI
molto più netta la differenza dei risparmi di energia primaria ottenibili con le pompe di
calore rispetto alle caldaie a condensazione (36% contro 13%).
Si deve considerare che le caratteristiche dell’involucro edilizio sono tali da ridurre
il peso del carico di riscaldamento in rapporto a quello di ventilazione. Di conseguenza
se normalmente il fabbisogno di riscaldamento è superiore a quello di ventilazione, nel
caso di un edificio come quello analizzato i fabbisogni sono paragonabili (leggermente
superiore quello di ventilazione). Il peso nella valutazione dei risparmi della parte di
impianto a più alta temperatura è dunque superiore rispetto alla norma, con una
conseguenza anche sui risparmi di energia primaria complessivamente ottenuti, che
diventano quasi pari alla media aritmetica di quelli relativi alle due parti di impianto
distinte.
La combinazione dunque di un’opportuna progettazione, dell’impiego di pompe di
calore con sorgenti integrate e diverse dall’aria esterna, in un complesso edilizio
realizzato costruttivamente in modo da contenere al massimo i fabbisogni termici
consente di ottenere un sistema edificio impianto integrato in grado di raggiungere
prestazioni energetiche ottimali.
LEGENDA
BIBLIOGRAFIA
[1] AA.VV., 1985, TEST REFERENCE YEAR TRY, “Data Sets for Computer
Simulations of Solar Energy Systems and Energy Consumption in Buildings.”
Commission of the European Communities, Directorate General XII for Science,
Research and Development.
[2] AA VV, TRNSYS: a Transient System Simulation program, Solar Energy,
Madison, 1997
[3] BUSATO F., "Analisi del funzionamento stagionale di generatori di calore a
condensazione", Università degli Studi di Padova, Tesi di Dottorato in Fisica
Tecnica, 2005.
[4] LAZZARIN R.M., “An experimental analysis of a solar assisted absorption heat
pump with earth seasonal storage”, Int. J. of Energy Research, 12, 631-646, 1988
[5] LAZZARIN R.M., “Technological Innovations in Heat Pump Systems”, SET 2006
Proceedings the 5th International Conference on Sustainable Energy Technologies,
30 agosto – 1 settembre 2006, Vicenza – Italia
[6] MINCHIO F., “Pompe di calore termiche nella climatizzazione”, Università degli
Studi di Padova, Tesi di Dottorato in Energetica, 2006.
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 323
Indice
323
RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
2.1. Premessa
controlli).
Nell'esempio di cui si tratta si illustra una ristrutturazione di un appartamento di
lusso in un centro urbano, per il quale è stato progettato un impianto di riscaldamento,
raffrescamento, ventilazione e produzione di acqua calda sanitaria ad elevata efficienza
energetica.
1 Anche se non mancano costruttori provenienti dall'Europa dell'Est o dalla Russia che si pongono nel merca-
to con prezzi molto più competitivi rispetto ai concorrenti del Centro Europa (Sudtirolo, Austria, Svizzera e
Germania).
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 326
Fig. 1 - Piano interrato dell'edificio: fossa di calata per due autovetture e locale tecnico di pertinenza
dell'abitazione, dove è ubicata la centrale tecnica con la pompa di calore e altre apparecchiature
Fig. 2- Piano terra dell'edificio: autorimessa condominiale su due livelli con pontoni di sollevamento
autovetture. Si noti in alto a sinistra la posizione delle sonde geotermiche, che sono state realizzate in una
corte scoperta successivamente modificata e trasformata in autorimessa
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 327
Fig. 3- Piano primo dell'edificio: salone ad elevata altezza, zona notte padronale.Si notino le ampie terrazze
ubicate a destra e a sinistra del salone stesso, e da questo separate mediante ampie e luminose vetrate.
Fig. 5- Sezione dell'edificio. Si noti a sinistra il vano corsa dell'ascensore dal piano interrato al primo
piano. Al piano terra si vede l'autorimessa su due livelli, quindi i due piani residenziali primo e secondo.
Si vede come il filo della copertura del secondo piano sfiora il davanzale delle finestre
della proprietà di terzi.
Fig. 6- Sezione dell'edificio. Si noti in basso la fossa di calata delle auto limitrofa alla cantina ma con
questa non comunicante (proprietà diverse e inoltre necessità di protezione al fuoco).
Al piano primo si vede a sinistra la zona del salone a maggiore altezza, con la copertura che
supera il livello di calpestio del secondo piano.
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 329
Fig. 7- Sezione della copertura dell'edificio. Tale struttura è stata utilizzata sia per il secondo piano che per
la zona del primo piano confinante verso l'esterno, ovvero il salone a maggior altezza (si confronti la fig. 6).
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 330
Fig. 8 - Sezione del solaio interpiano tra piano terra (autorimessa) e piano primo (residenza).
E' richiesta una compartimentazione ai fini dei requisiti di prevenzione incendi, che naturalmente ha avuto
forti implicazioni anche sull'ubicazione delle colonne di scarico dall'appartamento al piano terra.
Tabella III - Solaio interpiano (tra primo e secondo piano) - K = 0,95 W/(m2K)
S S S
'(6&5,=,21(675$72 V O U 5
GDOO¶DOWRYHUVRLOEDVVR >P@ >:P&@ >NJP@ >Pð&:@
3DYLPHQWRLQOHJQR
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0DVVHWWRLPSLDQWL
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3DQQHOORGLFDUWRQJHVVR
2K)
Tabella V -pareteSesterna di nuova realizzazione - K = 0,31 W/(m
'(6&5,=,21(675$72 V O U 5
GDOO¶LQWHUQRYHUVRO¶HVWHUQR >P@ >:P&@ >NJP@ >Pð&:@
3DQQHOORGLFDUWRQJHVVR
3DQQHOORGLFDUWRQJHVVR
/DQDGLURFFLD
,QWHUFDSHGLQHG¶DULD
/DQDGLURFFLD
3DQQHOORHVWHUQRLQILEURFHPHQWR
Per ragioni dovute allo scarso spazio disponibile, non sono stati isolati i solai
confinanti con proprietà di terzi, peraltro assimilabili a strutture divisorie di tipo interno
tra unità riscaldate.
Si può notare il ridottissimo spazio per il passaggio di impianti attraverso le
strutture orizzontali, aspetto che ha richiesto l'installazione di tubature di adduzione
idrica e di scarico pressoché ovunque entro parete. In alcuni casi sono state utilizzate le
pareti anche per il passaggio delle canalizzazioni dell'aria primaria, in particolare nella
parete esterna delle camere al piano secondo che nella parte bassa è adiacente al salone
al piano primo (il soffitto del quale supera di circa 1 m il pavimento del piano secondo);
in tal caso, trattandosi di una trave longitudinale, sono stati predisposti al momento della
prefabbricazione edile i fori di passaggio per l'alimentazione delle bocchette del salone,
come si può vedere nella figura 9.
I serramenti, tutti di nuova installazione, hanno telai in alluminio con taglio
termico e vetri luminosi a elevata prestazione energetica, di composizione 6-16Ar-6 e
trasmittanza complessiva K< 1,1 W/(m2K) con FS=0,38. Nel caso del lucernario al
secondo piano, sopra la zona scale, è stato utilizzato un vetro esterno stratificato 6-6-
16Ar-6 Le ampie vetrate presenti nel salone al piano primo sono opportunamente
schermate con tende a sbraccio esterne ad azionamento motorizzato.
In termini di riduzione del fabbisogno termico e frigorifero è stato compiuto ogni
possibile sforzo, tenendo in giusta considerazione i numerosi vincoli architettonici e
strutturali, anche utilizzando spessori di isolamento superiore a quanto strettamente
necessario per adempiere agli obblighi della normativa in vigore all'epoca dell'in-
tervento, ovvero la L. 10/91. Evidentemente ciò è stato ancora più necessario in quanto,
oltre al desiderio del Committente di ottenere un edificio ad elevato risparmio
energetico, il ridotto spazio disponibile per la perforazione ha consentito di realizzare
solo due sonde.
Alla luce delle condizioni sopra indicate e delle caratteristiche termofisiche dell'in-
volucro edilizio sono stati effettuati i calcoli dei carichi termici per i quali si è fatto
riferimento alla norma UNI 7357 e successive modifiche e integrazioni. Per i carichi
frigoriferi si è utilizzato il metodo ASHRAE.
Un unico gruppo reversibile provvede alla produzione sia dell'acqua calda per la
climatizzazione in regime invernale sia dell'acqua refrigerata in regime estivo; le potenze
massime previste sono:
- 12 kW frigoriferi nel funzionamento da refrigeratore durante il periodo estivo;
- 10 kW termici nel funzionamento da pompa di calore durante il periodo invernale.
Il lato idraulico della macchina reversibile a contatto con la sorgente di calore
esterna (condensatore in regime estivo ed evaporatore in regime invernale) è lambito da
acqua fluente entro un circuito chiuso di scambio termico con il terreno che si avvale di
due sonde geotermiche verticali. Il terreno mette a disposizione una sorgente termica
durante la stagione invernale e un pozzo termico durante la stagione estiva che si trovano,
rispetto all'aria esterna, a temperatura più vicina alla temperatura di produzione del
fluido termovettore consentendo dei coefficienti di prestazione migliori rispetto alle
tradizionali macchine aria/acqua [3]. Il circuito di distribuzione principale delle sonde
viene strutturato secondo lo schema del ritorno inverso consentendo l'equilibramento
intrinseco delle portate entro le baionette delle sonde. Non si utilizza acqua glicolata
entro il circuito sonde, il che limita verso il basso la temperatura di evaporazione durante
il periodo invernale (soglia minima fissata a + 4°C).
La distribuzione primaria lato utente è realizzata mediante un circuito senza
collettori sul quale si chiudono in sequenza prima il circuito delle batteria delle UTA, poi
il circuito dei pannelli radianti. Il circuito di alimentazione della batteria delle UTA spilla
parte del fluido termovettore in mandata, nelle condizioni di uscita dalla macchina
reversibile; il ritorno dalla batteria si miscela con la frazione residua della portata in
mandata e tale miscela va ad alimentare i collettori dei circuiti dei pannelli radianti. Con
una distribuzione così strutturata, l'alimentazione del circuito della batteria di
trattamento aria beneficia del fluido termovettore alla temperatura di produzione della
macchina reversibile creando le condizioni per ottenere un buon trattamento con
particolare riferimento alla deumidificazione estiva; l'alimentazione del circuito
secondario dei pannelli radianti avviene con fluido termovettore che ha una temperatura
più vicina a quella di esercizio dei terminali (circa 35 °C in inverno, 16 °C in estate)
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 335
Fig. 10 - Schema funzionale dell'impianto. La maggior parte delle apparecchiature è ubicata al piano
interrato, da dove le tubazioni dei fluidi raggiungono il piano primo e secondo attraverso un cavedio.
A ciascun piano è presente un collettore dei pannelli radianti ed una unità di ventilazione.
Fig. 11, 12 - Perforazione delle sonde geotermiche nella corte scoperta (agosto 2005). La realizzazione
ha richiesto l'impiego di una macchina di taglia ridotta per consentirne l'ingresso nella corte
Per l'impianto idrico antincendio tipo sprinkler, con allacciamento diretto all'ac-
quedotto cittadino, si prevede da progetto di alimentare l'impianto con una portata
massima di 720 l/min e pressione residua di 2 bar.. E' previsto l'allacciamento alla rete
idrica interrata di acquedotto (tubazione in ghisa DN 250) con stacco diametro 4”, in
deroga rispetto alla necessità di prevedere un serbatoio di accumulo.
Data la particolarità delle zone di parcamento dell'autorimessa, che prevedono due
auto sovrapposte e l'impiego di appositi ponti sollevatori, è previsto l'impiego di due
livelli di ugelli nebulizzatori in modo che entrambe le autovetture siano irrorate d'acqua
in caso di incendio. La distribuzione principale è realizzata mediante una rete di
tubazioni in acciaio zincato posta in aderenza al soffitto con calate in prossimità dei punti
di ubicazione degli ugelli.
Nella fossa di carico (pontone mobile) è previsto l'impiego, in deroga, di tubazioni
in acciaio inox flessibili anziché rigide con meccanismo di riavvolgimento delle stesse
per consentire la movimentazione del pontone stesso.
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 338
3.1. Premessa
2 Quali ad esempio gli impianti fotovoltaici in assenza del contributo del Conto Energia,con tempo semplice
lasciato le nebbie della pianura padana per trasferirsi in Toscana e iniziare un'attività di
apicoltura e agricoltura (coltivazione dell'ulivo).
L'amore per la natura, la scelta radicale di trasferirsi da un contesto urbano ad un
ambiente rurale pressoché incontaminato e selvaggio3, hanno comportato scelte di un
certo tipo anche quando si è trattato di definire la tipologia di residenza da costruire su
un bel poggio panoramico.
In particolare il Committente, che intende utilizzare la propria abitazione anche per
ospitare, desiderava presentare il proprio stile di vita sano e in mezzo alla natura anche
attraverso un edificio a ridottissimo impatto sull'ambiente incontaminato circostante.
La scelta è ricaduta su una residenza in materiale ligneo costruita artigianalmente
secondo i canoni del notissimo Protocollo Casaclima della Provincia di Bolzano [4]. Ciò
ha comportato l'adozione degli spessori di isolamento in vigore in climi molto più rigidi,
superando di molto quanto strettamente necessario per adempiere agli obblighi della
normativa in vigore all'epoca dell'intervento, ovvero la L. 10/91.
Naturalmente anche a livello impiantistico è stato compiuto un notevole sforzo per
consentire, per quanto reso possibile da vincoli di altra natura, un intenso sfruttamento
delle fonti rinnovabili.
3 Con alcune zone interne della Sardegna, la Maremma toscana costituisce infatti una delle poche zone del
nostro Paese con ridottissimo tasso di urbanizzazione e tasso abitativo molto inferiore rispetto alla media
nazionale.
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 341
ventilato e gli impianti elettrici e termici. Le pareti interne sono costituite da un telaio
che consente di ricavare un' intercapedine nella quale è possibile alloggiare cavidotti e
tubazioni; quindi viene realizzata la finitura in perline di legno o cartongesso (su
quest'ultimo si provvede alla posa delle piastrelle nei servizi igienici). A favore di questa
tipologia di edifici stanno la rapidità realizzativa (circa tre mesi di lavoro per ottenere
un'abitazione completa e finita), le ottime caratteristiche di risparmio energetico (in
particolare per la più agevole riduzione dei ponti termici) e infine la possibilità di avere
un contratto di tipo “chiavi in mano” interfacciandosi con un unico soggetto, evitando le
problematiche tipiche dei cantieri edili tradizionali.
Per contro il costo è ancora mediamente superiore rispetto ad un'abitazione
tradizionale (circa il 5-10%)4 e le eventuali modifiche future all'edificio sono più
difficoltose, pertanto il progetto deve essere accuratamente studiato nei minimi
particolari.
In questo tipo di edifici i solai sono del tipo a secco, essendo costituiti da una
struttura in travi portanti coperta da un tavolato oppure da un solaio in legno autoportante
di adeguato spessore. Sopra la struttura viene realizzato un massetto composto da
materiale sfuso granulare di 8-10 cm di spessore nel quale vengono alloggiati gli
impianti a pavimento (tipicamente cavidotti elettrici e scarichi). La stratigrafia tipica del
solaio interpiano è illustrata in figura 13. Solai di questo tipo hanno portanze ammesse
dell'ordine di 200 kg/m2; inoltre nel caso in esame era necessario da una parte non eccedere
lo spessore del solaio per non diminuire l'altezza utile degli ambienti abitativi (pari a 270
cm), dall'altra utilizzare un sistema radiante per posa a secco per ridurre il peso. Queste
ragioni hanno portato il progettista alla scelta di un sistema composto da pannelli
presagomati in polistirene espanso di spessore 25 mm, corredato da lamelle termocon-
duttrici in alluminio e da una doppia lastra in acciaio zincato detensionato di spessore 1+1
mm, disposta a giunti sfalsati per consentire un'adeguata ripartizione del carico.
Fig. 13 - Sezione del solaio interpiano tra piano terra e piano primo. E' caratterizzato da un massetto per
impianti del tipo a secco con materiale granulare sfuso, allo scopo di ridurre il peso superficiale.
4 Anche se non mancano costruttori provenienti dall'Europa dell'Est o dalla Russia che si pongono nel mercato con
prezzi molto più competitivi rispetto ai concorrenti del Centro Europa (Sudtirolo, Austria, Svizzera e Germania).
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 342
Fig. 14, 15- L'edificio in costruzione: si noti la struttura scatolare composta da pareti prefabbricate
che vengono collegate tra loro in opera (si veda anche la figura 17)
Fig. 18- …il 27 settembre 2005 mancano solo infissi e apparecchi sanitari
La produzione di acqua calda per il riscaldamento e per gli usi sanitari avviene in
questo modo:
- durante la stagione invernale viene impiegata di norma una caldaia a legna di adeguata
potenzialità;
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 345
questa fase allo scopo di non alterare l'estetica dell'edificio.Per ulteriori dettagli si
rimanda allo schema funzionale riportato in figura 21.
Fig. 21- Schema funzionale dell'impianto. Prevede l'impiego di collettori solari piani, caldaia a biomassa,
caldaia tradizionale integrativa, predisposizione per futuro raffrescamento e deumidificazione.
fellin 6-06-2007 9:12 Pagina 347
Fig. 22 - la cella termica con caldaia a GPL posta su Fig. 23 - centrale termica: vista d'insieme; si
un serbatoio di accumulo da 500 l (a sinistra) nota sulla destra la caldaia a biomassa (a destra)
realizzazioni dove spesso la figura del progettista è assente o è figura limitata a qualche
consiglio iniziale, lasciando poi ampio margine di discrezionalità all'installatore stesso.
prevede per la zona E - in cui ricade il comune di Scansano (GR) - una trasmittanza
inferiore a 0,43 W/(m2K);
- impiego di un impianto di riscaldamento a pavimento ad elevato comfort per gli
occupanti e a bassa temperatura, con produzione di acqua calda da fonti in prevalenza
rinnovabili (biomasse);
- produzione di acqua calda sanitaria a mezzo di energia solare per almeno la metà del
fabbisogno annuale, con integrazione a energia rinnovabile (biomasse) durante il
periodo invernale e con caldaia a condensazione durante il periodo estivo.
4. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
350
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Indice
351
RIASSUNTO
✔ assicurare elevate temperature di evaporazione del fluido HFC nella pompa di calore
acqua-acqua durante il suo funzionamento invernale, ossia con “effetto utile caldo”
(Fig. 2);
✔ assicurare basse temperature di condensazione del fluido HFC nella pompa di calore
acqua-acqua durante il suo funzionamento estivo, ossia con “effetto utile freddo”
(Fig. 3).
Fig. 2: Impiego della geoenergia a bassa entalpia nel periodo climatico invernale
Fig. 3: Impiego della geoenergia a bassa entalpia nel periodo climatico estivo
✔ un progressivo innalzamento della temperatura del terreno nella stagione estiva, con
tirillò 6-06-2007 9:26 Pagina 355
✔ le potenze frigorifere (kWf) e le potenze termiche (kWt) richieste nei giorni climatici
di “picco”;
✔ i profili tariffari dell’utenza, sia in termini di costo dell’energia elettrica impiegata
(e/kWhelettrici) che di costo della fonte energetica primaria non rinnovabile quale gas
naturale (e/Nm3) o gasolio (e/l);
✔ la proiezione futura dei costi di approvvigionamento energetico;
✔ gli spazi effettivamente disponibili per la realizzazione della centrale termofrigo-
rifera e del geoscambiatore a sviluppo verticale in fase di valutazione e/o definizione;
✔ l’entità del budget disponibile per la realizzazione dell’impianto in esame;
✔ lo scenario legislativo, sempre in continua evoluzione e definizione, che da un lato
impone soglie nelle quote di approvvigionamento energetico “rinnovabile”, e
dall’altro istituisce forme di incentivazione economica la cui considerazione
sicuramente aiuta la sostenibilità finanziaria dell’iniziativa in esame.
Del resto questo è l’unico modo per dimostrate quanto la geoenergia a bassa
entalpia abbinata a pompe di calore acqua-acqua ad alta efficienza energetica, quando
ben dimensionata, ben installata e ben gestita, si riveli essere, almeno nelle applicazioni
impiantistiche a carattere “commerciale” ed “industriale”, la soluzione economicamente
più vantaggiosa tra quelle ecocompatibili, ecosostenibili, o più semplicemente
“rinnovabili” come così definite dall’articolo 2, lettera a, del Decreto Legislativo 29
dicembre 2003 n° 387.
Dall’analisi dei dati si deduce subito che la struttura in esame, come del resto tutte
le strutture commerciali, rappresenta un’applicazione “cooling dominating”.
A questo punto è lecito domandarsi: quale taglia nominale di geoscambiatore
verticale è conveniente considerare in questa applicazione ?
Come precedentemente osservato, sarebbe un errore la scelta di installare una
potenza di scambio a terra pari a 2800 kWf ossia una potenza tale da soddisfare comple-
tamente la punta di richiesta frigorifera annuale.
Questo infatti comporterebbe un investimento molto oneroso e difficilmente giustifi-
cabile dalla successiva analisi economico-finanziaria che si ricorda essere parte integrante
tirillò 6-06-2007 9:26 Pagina 359
Come in ogni scambiatore di calore anche nel caso del geoscambiatore il dimensio-
namento della necessaria superficie di scambio dipende dalle caratteristiche termo-
tirillò 6-06-2007 9:26 Pagina 361
✔ dalla composizione chimico-fisica del terreno che in genere varia a seconda della
profondità;
✔ dal livello di umidità che caratterizza il terreno;
✔ dalla presenza di falde acquifere e dalle loro stagionali mutazioni.
2. realizzare un test termico della geosonda nella fase iniziale di installazione delle
tubazioni in materiale PEAD nel terreno (Fig. 13).
Fig. 12: Realizzazione di un geosondaggio Fig. 13: test termico di una geosonda
deve essere di carattere dinamico ed estendersi almeno a tutto l’anno di esercizio della
centrale termofrigorifera: in questa fase è determinante avere a disposizione
informazioni di dettaglio in merito al profilo orario annuale di energia termica e energia
frigorifera richieste dalle utenze e informazioni in merito alle efficienze energetiche
delle unità a compressione di HFC.
Tali efficienze devono essere riferite sia a carico nominale che a carico parziale
dell’unità e devono essere espresse in funzione di differenti profili di temperatura
dell’acqua negli scambiatori.
Ottenuti i risultati della simulazione è possibile stabilire se l’approccio cautelativo
adottato nel dimensionamento di massima del geoscambiatore si è rivelato sufficiente
oppure se è necessario prevedere:
• la realizzazione di ulteriori geosonde;
• il raggiungimento di una profondità maggiore su ciascuna geosonda nel caso non ci sia
più spazio superficiale disponibile per l’installazione di ulteriori sonde verticali.
e è
onde
di
m, ed
4m ÷ 7m
ella
alla
le
dare”
4. CONCLUSIONI
364
dingeo 6-06-2007 9:37 Pagina 365
Indice
365
RIASSUNTO
Le pompe di calore geotermiche sono ormai di comune impiego per i paesi nord
europei dove hanno avuto una rapida affermazione negli ultimi due anni. E’ risaputo cha
la barriera principale per la diffusione di questi sistemi che recuperano l’energia
rinnovabile dal terreno è rappresentata dagli elevati costi di perforazione e posa delle
sonde geotermiche. Nuove tecnologie sono apparse sul mercato mondiale in grado di
unire la praticità di apparecchi a gas come le caldaie con le prestazioni energetiche delle
pompe di calore: le pompe di calore ad assorbimento geotermiche. In questo articolo
verrà presentata una combinazione avanzata di tecnologie: da un lato le pompe di calore
ad assorbimento (Gas Absorption Heat Pump) per il raggiungimento dei più elevati
rendimenti sull’energia primaria e dall’altro, in alternativa alle sonde geotermiche,
accumulatori stagionali interrati di energia (GIS Ground Ice Storage).
In conclusione, l’analisi delle prestazioni energetiche e della fattibilità dimostrerà
la validità di questa soluzione destinata ad aprire nuove strade alle prossime generazioni
di sistemi geotermici.
1. INTRODUZIONE
Il mercato mondiale delle pompe di calore è più che duplicato negli ultimi 4 anni
a conferma dell’affermarsi di questa tecnologia soprattutto come alternativa ai
tradizionali sistemi per il riscaldamento. Le nazioni più sensibili all’utilizzo e
applicazione delle pompe di calore idroniche sono quelle europee: basti considerare che
negli ultimi anni, all’interno dell’Unione Europea sono state installate il doppio delle
pompe di calore installate in tutti gli Stati Uniti [1]. Svezia, Germania, Francia, Svizzera
e Austria rappresentano gli esempi principali europei dove la diffusione della tecnologia
è stata più marcata.
E’ noto come l’efficienza di una pompa di calore sia funzione dei livelli di
temperatura delle sorgenti termiche: attualmente le pompe di calore geotermiche sono le
versioni più installate grazie alle elevate prestazioni e alla costanza della temperatura che
il terreno può garantire durante tutto l’anno.
dingeo 6-06-2007 9:37 Pagina 366
Fig. 1 – Nuova segmentazione del mercato dei sistemi per il riscaldamento idronico.
Per analogia con i sistemi a compressione di vapore è possibile riconoscere che tre
delle 4 trasformazioni termodinamiche sono pressoché simili. Il percorso fatto dal
refrigerante attraverso il condensatore, il sistema di laminazione e l’evaporatore è del
tutto simile, in linea di principio , a quello di un sistema a compressione. Il ciclo ad
assorbimento sostituisce al compressore meccanico un compressore chimico composto
dal generatore dal rettificatore dal GAX e dalla pompa delle soluzioni.
Per il primo aspetto si può notare che per una pompa di calore ad assorbimento
geotermica il rapporto tra le due potenze è pari a circa 2,5 (funzione delle temperature
di ingresso all’evaporatore e di uscita dal condensatore). Per un sistema a compressione
questo rapporto, a sua volta funzione del COP e delle temperature dell’acqua di ingresso
all’evaporatore e di uscita dal condensatore, si aggira introno a 1,3. In termini pratici il
rapporto indica che per un sistema a compressione lo scambiatore con la sorgente
termica fredda (pozzo freddo) è circa il doppio di quello necessario per una pompa di
calore ad assorbimento. In altre parole da un punto di vista applicativo questo concetto
si traduce in una riduzione di circa il 50% delle dimensioni delle sonde geotermiche o
del sistema progettato per il recupero termico dal terreno. La fig. 3 chiarifica il concetto.
Le motivazioni fisiche di tale differenza vanno ricercate nei cicli termodinamici
delle due tecnologie: come indicato al paragrafo 2.2, per una pompa di calore ad
assorbimento, il calore ceduto all’acqua proviene dal condensatore e dall’assorbitore
mentre per un sistema a compressione esclusivamente dal condensatore. A parità di
capacità termica all’evaporatore, quindi, un sistema ad assorbimento è in grado di
sprigionare quasi il doppio della potenza termica che si avrebbe con l’utilizzo del solo
condensatore.
Fig. 4 – Efficienza sull’energia primaria per una pompa di calore elettrica a compressione.
3.1. Introduzione.
della domanda dei sistemi geotermici ha creato una discrepanza con l’offerta di fornitori
di sonde. Si stimano in circa 4 mesi i tempi di attesa per la fornitura e posa delle sonde.
Questo tempo non è dovuto ai tempi legati alla perforazioni bensì alla mancanza di
specialisti. Negli ultimi anni, infatti, per ovviare a questo inconveniente le più grandi
aziende europee del settore hanno investito per attrezzarsi adeguatamente per offrire
sistemi geotermici chiavi in mano.
E’ proprio in Germania che negli ultimi due anni sono state studiate alternative che
consentano di superare le barriere alla diffusione dei sistemi geotermici.
L’applicazione riguarda la combinazione di una pompa di calore ad assorbimento
con un accumulo interrato di ghiaccio in combinazione con uno scambiatore geotermico
orizzontale. L’impianto è stato progettato per la climatizzazione annuale di un edifico
commerciale.
3.2. L’idea.
Nel paragrafo 3.2 è stata presentata l’idea di sostituire le sonde geotermiche con un
accumulo interrato di ghiaccio GIS. Prima di passare all’analisi del dimensionamento di
tale sistema è opportuno elencarne i vantaggi:
dove:
9*,6 qLOYROXPHQHWWRGHOO¶DFFXPXORLQWHUUDWRGLJKLDFFLR*,6
()WRW qO¶HQHUJLDIULJRULIHUDVWDJLRQDOHULFKLHVWDGDOO¶HGLILFLRHVSUHVVDLQN:K
U K R qODGHQVLWjGHOO¶DFTXDLQNJPA
& S qLOFDORUHVSHFLILFRDSUHVVLRQHFRVWDQWHGHOO¶DFTXDSDULDN-NJ
.
'7K R qODGLIIHUHQ]DGLWHPSHUDWXUDWUDODWHPSHUDWXUDPLQLPDGHOO¶DFTXDDPPLVVLELOHSHULO
FRQGL]LRQDPHQWRLQTXHVWRFDVR&HODWHPSHUDWXUDGLLQL]LRFRQJHODPHQWR&
U * qODGHQVLWjGHOJKLDFFLRSDULDNJPA
& /I qLOFDORUHODWHQWHGLVROLGILFD]LRQHGHOO¶DFTXDSDULDN-NJ
Fig. 7 – Vista laterale e schema idraulico di principio dell’accumulo di ghiaccio interrato GIS.
dingeo 6-06-2007 9:37 Pagina 375
Le figure 7 e 8 mostrano quanto sopra esposto: nella fig. 7 viene dato lo schema di
principio del posizionamento del GIS e della connessione idraulica con il resto dell’im-
pianto; nella fig. 8 si nota una sezione verticale nella quale emergono le dimensioni
dell’accumulo.
E’ inoltro possibile notare che lo scambiatore all’interno del GIS è costituito da
anelli in parallelo di tubazioni in PE che avvolgono la colonna centrale di sostegno della
struttura del GIS. All’interno delle tubazioni in PE circola una soluzione di acqua
glicolata che viene raffreddata fino a -5°C dalla pompa di calore ad assorbimento
geotermica durante la stagione invernale. La lunghezza e il diametro dei tubi in PE sono
stati calcolati sulla base della massima potenza frigorifera recuperata dall’evaporatore
pari a circa 15kW.
Un altro aspetto molto importante è rappresentato dalla definizione dei flussi di
energia all’interno del GIS per un ottimale formazione di ghiaccio: è noto che la
formazione di ghiaccio determina un aumento di volume dello stesso. La velocità e la
direzione di formazione del ghiaccio dovrà essere tale da non creare delle sollecitazioni
meccaniche anomale all’interno dell’accumulo che determinerebbero criccature
strutturali con conseguente perdita nel terreno dell’acqua contenuta nel GIS. Per fare un
esempio pratico basti pensare a cosa succede ad una bottiglia di vetro in un congelatore:
il ghiaccio comincia a formarsi sulle superfici laterali diffondendosi via via negli strati
centrali. Il flusso di energia all’interno del GIS dovrà essere tale da consentire la
formazione del ghiaccio dal basso verso l’alto e dall’interno verso l’esterno. Nella fig. 9
viene riportata una schematizzazione grafica delle direzioni di formazioni del ghiaccio.
dingeo 6-06-2007 9:37 Pagina 376
Come si può osservare dalla fig. 9 il GIS è avvolto da uno scambiatore geotermico
orizzontale che assolve alle seguenti funzioni:
• Consente di recuperare l’energia dal terreno qualora il GIS sia pieno di ghiaccio;
• Consente di abbassare la temperatura del terreno a contatto del GIS limitando i flussi
termici che provocherebbero lo scioglimento prematuro dello stesso.
Le dimensioni del GIS sono funzione dell’energia frigorifera necessaria per il
condizionamento: nel caso analizzato il volume di 150m^3 è stato realizzato per
consentire 1000 ore di “condizionamento gratuito”. Se le ore in condizionamento coinci-
dessero con quelle in riscaldamento non sarebbe necessario inserire lo scambiatore
geotermico orizzontale. Nel caso in esame le ore previste in riscaldamento sono circa
1800. In pratica il 60% dell’energia verrà recuperata dal GIS e il restante 40%
direttamente dal terreno. Per poter costruire il GIS è necessario predisporre uno scavo a
forma di cono rovesciato. Il fondo del cono e le superfici laterali dello stesso vengono
utilizzate per posizionare lo scambiatore geotermico orizzontale come si evince dalla fig.
11 in cui vengono riportate le fasi di costruzione del GIS.
dingeo 6-06-2007 9:37 Pagina 377
)$6( )$6(
C
)$6( )$6(
)$6( )$6(
Per coprire la potenza termica di progetto è stata utilizzata una pompa di calore ad
assorbimento GAHP-W (fig. 10) con recuperatore di calore sui fumi. L’unità è in grado
di produrre una potenza termica in condizioni nominali pari a circa 40kW in modo da
ricoprire il 100% dell’energia termica di progetto e l’90% della potenza termica
nominale richiesta. L’energia termica di progetto è stata calcolata sulla base dell’an-
damento delle temperature reali tipiche della località in cui è avvenuta l’installazione.
Come sistema di back up è stato utilizzato il generatore di calore già presente all’interno
dell’edificio per ricoprire il restante 10% della potenza termica di progetto.
L’intervento di ammodernamento dell’impianto di riscaldamento ha consentito di
optare per la scelta di terminali quali pannelli radianti a pavimento e a soffitto, ventil-
convettori, radiatori a bassa temperatura e sistemi di recupero del calore contenuto
nell’aria di espulsione.
Per il circuito idraulico è stato previsto un accumulo stratificato con funzione
anche di separatore idraulico in modo da disaccoppiare il circuito primario dal
secondario. Per il circuito secondario sono state previste delle pompe di zona a portata
variabile a servizio dei diversi circuiti di riscaldamento/condizionamento. Il primario
invece è stato progettato per il funzionamento a portata costante.
Il lato evaporatore delle pompa di calore ad assorbimento è stato collegato all’ac-
cumulo stagionale di ghiaccio con interposti scambiatori a piastre per consentire la
circolazione di acqua glicolata. In parallelo al circuito di alimentazione dell’accumulo di
ghiaccio è stato previsto uno scambiatore geotermico orizzontale che circonda lo stesso
accumulo in cemento armato.
Il sistema di controllo consente la commutazione in condizionamento che prevede
il by-pass della pompa di calore per consentire all’accumulo di ghiaccio di scaricarsi
durante la stagione estiva. In caso di necessità è possibile attivare la pompa di calore ad
assorbimento per il funzionamento in condizionamento e sopperire a picchi di richieste
in stagioni particolarmente calde.
Lo schema di principio dell’impianto idraulico è riportato nella fig. 12:
dingeo 6-06-2007 9:37 Pagina 380
4. CONSIDERAZIONI ECONOMICHE
5. CONLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Indice
383
RIASSUNTO
1. PREMESSA
Nella pratica delle applicazioni basate sul geoscambio si è sempre ritenuto che il
suo impiego risultasse giustificato negli impianti di condizionamento, cioè con una
utilizzazione sia invernale sia estiva. Ciò in quanto il geoscambiatore basa il suo funzio-
namento su una doppia modalità:
- da un lato è propriamente uno scambiatore termico che recupera energia dal terreno,
- dall’altro lato deve essere considerato anche come un accumulo termico di grande
dimensione.
In questa seconda modalità è necessario tenere conto del fatto che l’accumulo è in
grado di “ricaricarsi” autonomamente grazie al calore solare e a quello endogeno del
pianeta, ma che per compiere tale ricarica necessita di tempi molto lunghi, tali da
richiedere un periodo di inattività prolungato o un surdimensionamento del geoscam-
biatore (pari ad un aumento che va dall’80% al 100%). Ovviamente tale tempo si annulla
cipriani 6-06-2007 9:52 Pagina 384
384 Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento
se i prelievi e le cessioni di energia tendono a bilanciarsi, ciò che accade appunto nel
caso di impianti di condizionamento. Di fatto nell’analisi effettuata in precedenza [2] si
era dimostrato che nei casi di impianto di solo riscaldamento tale impiego fosse antieco-
nomico. Pur risultando evidente il vantaggio energetico della soluzione, esso non basta
a giustificare economicamente il maggiore investimento reso necessario dall’aumento
delle dimensioni del geoscambiatore (che nel caso analizzato portava alla realizzazione
di due geoscambiatori uguali da utilizzare alternativamente: un anno uno e l’anno
successivo l’altro). Il tempo di ritorno semplice (simple payback time) risultava
superiore ai dieci anni, ma stime condotte successivamente, sulla base di dati di mercato
più consolidati di quelli allora disponibili, permettono di affermare che in realtà tale
tempo risulterebbe più lungo anche del 50%.
A partire dal particolare tema costituito da un edificio in corso di realizzazione nel
Comune di Porretta Terme (BO) a cura del C.I.S.A. (Centro Innovazione per la
Sostenibilità Ambientale) si è pertanto deciso di sperimentare una soluzione, descritta
nel presente lavoro, basata sull’impiego dell’energia solare per effettuare la “ricarica”
del geoscambiatore.
Una simile soluzione è stata già, parzialmente, adottata in altri casi [3] [4]. In essi
il solare termico viene impiegato sia per produrre l’acqua calda per uso sanitario, sia per
l’utilizzazione diretta nell’impianto di riscaldamento, solamente la quota parte residua
dell’energia recuperata dal sole, che altrimenti non verrebbe sfruttata, viene ceduta al
terreno per collaborare alla ricarica del geoscambiatore.
Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 385
2. DATI DI PROGETTO.
386 Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento
un valore di 32 °C.
I valori medi mensili della temperatura giornaliera dell'aria esterna (Tmg) e dell’ir-
radiazione solare giornaliera (H) sono riportati nella tab. II.
Tab. II – Principali
S dati climatici.
0HVH 7PJ +0-Pð
& 6 626( 2( 121( 1 25
*HQQDLR
)HEEUDLR
7DE,,±3ULQFLSDOLGDWLFOLPDWLFLVHJXH
0HVH 7PJ +0-Pð
& 6 626( 2( 121( 1 25
0DU]R
$SULOH
0DJJLR
*LXJQR
/XJOLR
$JRVWR
6HWWHPEUH
2WWREUH
1RYHPEUH
'LFHPEUH
Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 387
L’unica certezza è costituita dalla destinazione d’uso della sala grande, che tuttavia
da sola occupa circa un terzo dell’intero volume e che ha costituito un notevole problema
progettuale a causa dell’estrema variabilità del carico termico. Infatti in genere il centro
anziani è frequentato nelle ore diurne da poche persone, che aumentano poi
notevolmente nella serata specie nei fine settimana quando si svolge anche attività di
ballo, ciò che può comportare la necessità di raffrescamento anche nel periodo più
freddo. Nella tabella III seguente sono riportati alcuni dati progettuali determinati dalla
situazione descritta.
L’edificio, come si è detto, rientra tra gli interventi del C.I.S.A. e pertanto è da
considerare come intervento pilota, nel quale le scelte non rispondono solamente a
parametri di natura tecnica o economica. In questo senso venne da subito individuata la
tecnologia del geoscambio tra le soluzioni da adottare in via preferenziale.
Conseguentemente, tenendo anche conto degli elementi di valutazione progettuale
riassunti in tab. III, si delineò una soluzione impiantistica basata su:
• uso di macchina termica a pompa di calore da accoppiare al geoscambiatore;
• fan coil in tutti gli ambienti;
• immissione di aria primaria solamente nella sala grande e nella sala riunioni e
conferenze, in entrambi i casi con recuperatore di calore e possibilità di free cooling;
• ricambio d’aria per via naturale in tutti gli altri ambienti.
Con questo schema la situazione che si viene a determinare, grazie alla possibilità
di free cooling, è che la pompa di calore funziona prevalentemente in solo riscaldamento,
poiché in estate le giornate con temperatura tanto elevata da richiedere il raffrescamento
sono pochissime.
cipriani 6-06-2007 9:52 Pagina 388
388 Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento
Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 389
Il reintegro energetico del geoscambiatore per mezzo dei pannelli solari è stato
concepito in rapporto alle basi logiche seguenti.
1. il circuito dei pannelli solari viene impiegato quando la temperatura dell'acqua
prodotta è superiore a quella che si ha sulla mandata o sul ritorno del geoscambiatore.
In questo modo è possibile recuperare energia dal sole anche in condizioni che
normalmente non sono considerate utili (per esempio potrebbe essere sufficiente una
temperatura di 10° C o addirittura meno).
2. l’acqua riscaldata dai pannelli solari può essere inviata sia direttamente alla macchina
a pompa di calore, sia al geoscambiatore, anche modulando la portata, allo scopo di
ottenere una temperatura dell’acqua che consenta la massima efficienza della
macchina. Il funzionamento nelle due condizioni estreme è ideogrammato nelle
figure 3 e 4 seguenti.
cipriani 6-06-2007 9:52 Pagina 390
390 Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento
Fig. 3
Fig. 4
3. i pannelli solari prelevano acqua dalla mandata o dal ritorno del geoscambiatore alla
temperatura più bassa disponibile, ciò sempre allo scopo di massimizzare il recupero
energetico.
Tutto ciò è consentito dal sistema di regolazione appositamente studiato, il quale,
interpretando i dati delle temperature rilevate sul circuito del geoscambiatore, agisce sui
seguenti organi:
a. la pompa del circuito dei pannelli solari (più esattamente quella tra scambiatore a
piastre e geoscambiatore, che nello schema in fig. 5 riportato alla pagina seguente è
individuata come EP06).
b. le valvole a tre vie presenti nelle interconnessioni tra i due circuiti (pannelli solari e
geoscambiatore).
cipriani 6-06-2007 9:53 Pagina 391
Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 391
Fig. 5 – Schema delle interconnessioni tra circuito dei pannelli solari e circuito del geoscambiatore.
6. DATI ECONOMICI
392 Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento
Tab.
V - Caratteristiche dell’impianto
7DE9&DUDWWHULVWLFKHGHOO¶LPSLDQWR 'DWL6WLPH
,PSLDQWRGLFRQGL]LRQDPHQWRGLULIHULPHQWR
)RQWHHQHUJHWLFD (OHWWULFLWj
(IILFLHQ]DVWDJLRQDOHLPSLDQWRULVFDOGDPHQWR
&23VWDJLRQDOHGHOFRQGL]LRQDWRUH
,PSLDQWRFRQLOJHRVFDPELR
7HFQRORJLD &LUFXLWRFKLXVR
DVRQGHYHUWLFDOL
&ULWHULRGLGLPHQVLRQDPHQWR 5LVFDOGDPHQWR
/XQJKH]]DWRWDOHGHOOHSHUIRUD]LRQL P
3RPSDGLFDORUH
(IILFLHQ]DPHGLDGHOODSRPSDGLFDORUH (OHYDWD
&23QRPLQDOHLQUDIIUHVFDPHQWR
&23QRPLQDOHLQULVFDOGDPHQWR
3RWHQ]LDOLWjWHUPLFD N:
3RWHQ]LDOLWjIULJRULIHUD N:
Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento 393
Di fatto quindi il tempo di ritorno semplice (simple payback time) è quasi di dieci
anni, un valore certamente non ancora ottimale poiché allo stato attuale si ritengono
accettabili valori fino ad un massimo di otto anni, ciò anche in considerazione del fatto
che la vita del geoscambiatore è in realtà molto più lunga.
Sarebbe in realtà possibile considerare anche alcuni elementi di segno diverso
quali:
• il fatto che si tratta di un intervento sperimentale. Una applicazione più frequente di
questa soluzione consentirebbe lo sviluppo di alcuni componenti specifici (in
particolare il sistema di regolazione elettronica d’interfaccia) con conseguente
riduzione del costo relativo;
• il fatto che in realtà la ditta che si è aggiudicata l’appalto ha operato una riduzione dei
costi indicati nel computo metrico.
Tuttavia non si è voluto prudenzialmente tenere conto di tali fattori proprio per la
natura sperimentale della realizzazione.
Si aggiunge che da parte della Committenza sono stati avviati dei contatti con il
Politecnico di Milano per il monitoraggio del funzionamento energetico dell’intero
edificio sottoposto a ristrutturazione (nel quale saranno presenti anche interventi sull’in-
volucro, un impianto fotovoltaico, un impianto per il riuso delle acque meteoriche, ecc.).
Appare in ogni caso chiaro che la soluzione proposta, operando alcune modifiche
(ad esempio impiegando ove possibile collettori solari di tipo più economico) e in
funzione di specifiche realizzazioni, rende assai più praticabile l’ipotesi di uso della
tecnologia del geoscambio anche in impianti di solo o prevalente riscaldamento. Per
esempio è facilmente ipotizzabile anche che in interventi di maggiore entità, in ragione
cipriani 6-06-2007 9:53 Pagina 394
394 Uso combinato del geoscambio e del solare termico per impianti di riscaldamento
della minore incidenza dei fattori di costo fissi, la convenienza risulterebbe maggiore pur
nelle condizioni considerate.
Tutto ciò sarà comunque tanto più vero se la politica degli incentivi verrà estesa a
questa tecnologia, la quale è invece stata totalmente ignorata nei dispositivi dell’ultima
legge finanziaria che pure ha dedicato uno spazio notevole al risparmio energetico e alle
energie rinnovabili.
BIBLIOGRAFIA
Indice
395
RIASSUNTO
Le fonti di energia rinnovabili sono state da molti anni al centro dell’interesse della
ricerca ottenendo invece poca attenzione da parte e della pianificazione politico-
energetica e dei potenziali utilizzatori. La continua e incontrollata crescita del costo del
barile di petrolio e il problema delle alterazioni climatiche indotte dall’eccessiva quantità
di CO2 immessa in atmosfera attraverso lo sfruttamento delle fonti di energia fossile
hanno ultimamente rilanciato l’interesse per lo sfruttamento di tali fonti anche in
relazione a diverse tipologie di usi finali oltre che alla produzione di energia elettrica. In
questo lavoro si cerca di fare il punto sul contesto politico e legislativo attuale, che
dovrebbe stimolare l’impiego delle fonti energetiche rinnovabili nella climatizzazione
degli edifici, di analizzare se strumenti quali l’impiego “coatto”, il supporto e l’incenti-
vazione sono stati correttamente indirizzati e, infine, quali tipologie di fonte è effetti-
vamente indicata e tecnologicamente matura per essere a tal fine utilizzata. I risultati di
tale analisi non sono propriamente confortanti, anche se qualche cosa (poco) è stato fatto
in più rispetto al passato in tale direzione.
INTRODUZIONE
“le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto
ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai
processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte
biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura
(comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie
connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.1[1]”
Mentre la legge 10/91 “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in
materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti
rinnovabili di energia”, [3], antecedente al Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n.
387, da cui la definizione precedente, aggiungeva a tale chiara definizione anche
l’ambiguità delle “fonti di energia assimilate alle fonti rinnovabili di energia”, quali:
Finalmente la legge finanziaria 2007 [4] all’articolo 1, comma 1120, pone termine
a tale ambiguità eliminando dalla legge 10/91 ogni riferimento a tali fonti di energia
assimilate alle fonti rinnovabili; in particolare gli articoli 1 e 26 vengono modificati
come di seguito:
DUWFRPPD
$LILQLGHOODSUHVHQWHOHJJHVRQRFRQVLGHUDWHIRQWLULQQRYDELOLGLHQHUJLDRDVVLPLODWHLOVROHLOYHQWR
O
HQHUJLD LGUDXOLFD OH ULVRUVH JHRWHUPLFKH OH PDUHH LO PRWR RQGRVR H OD WUDVIRUPD]LRQH GHL ULILXWL
RUJDQLFLHGLQRUJDQLFLRGLSURGRWWLYHJHWDOL6RQRFRQVLGHUDWHDOWUHVuIRQWLGLHQHUJLDDVVLPLODWHDOOH
IRQWLULQQRYDELOLGLHQHUJLDODFRJHQHUD]LRQHLQWHVDFRPHSURGX]LRQHFRPELQDWDGLHQHUJLDHOHWWULFD
RPHFFDQLFDHGLFDORUHLOFDORUHUHFXSHUDELOHQHLIXPLGLVFDULFRHGDLPSLDQWLWHUPLFLGDLPSLDQWL
HOHWWULFL H GD SURFHVVL LQGXVWULDOL QRQFKp OH DOWUH IRUPH GL HQHUJLD UHFXSHUDELOH LQ SURFHVVL LQ
LPSLDQWL H LQ SURGRWWL LYL FRPSUHVL L ULVSDUPL GL HQHUJLD FRQVHJXLELOL QHOOD FOLPDWL]]D]LRQH H
QHOO
LOOXPLQD]LRQHGHJOLHGLILFLFRQLQWHUYHQWLVXOO
LQYROXFURHGLOL]LRHVXJOLLPSLDQWL
DUWFRPPD
1HJOLHGLILFLGLSURSULHWjSXEEOLFDRDGLELWLDGXVRSXEEOLFRqIDWWRREEOLJRGLVRGGLVIDUHLOIDEELVRJQR
HQHUJHWLFR GHJOL VWHVVL IDYRUHQGR LO ULFRUVR D IRQWL ULQQRYDELOL GL HQHUJLD R DVVLPLODWH VDOYR
LPSHGLPHQWLGLQDWXUDWHFQLFDRGHFRQRPLFD
1. IL CONTESTO EUROPEO
“Il rendimento energetico degli edifici deve essere calcolato in base ad una
metodologia che consideri, oltre alla coibentazione, una serie di altri fattori di
crescente importanza, come il tipo di impianto di riscaldamento e condizio-
namento, l'impiego di fonti di energia rinnovabili e le caratteristiche architet-
toniche dell'edificio.”
mentre all’art 4:
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 398
….Per gli edifici di nuova costruzione la cui metratura totale supera i 1000 m2, gli
Stati membri provvedono affinché il rilascio della licenza edilizia sia subordinato
ad una valutazione della fattibilità tecnica, ambientale ed economica dell'instal-
lazione di sistemi di fornitura energetica decentralizzati basati su energie
rinnovabili, cogenerazione, riscaldamento a distanza o, in determinate condizioni,
pompe di calore……”
e infine nell’allegato:
“.. Il calcolo deve tener conto dei vantaggi insiti nelle seguenti opzioni:
a. impianti ad energia solare ed altri impianti di generazione di calore ed
elettricità a partire da fonti energetiche rinnovabili”
È quindi evidente come, sia per il Consiglio che per il Parlamento europeo, il
ricorso alle fonti di energia rinnovabili per la climatizzazione e i servizi energetici degli
edificio sia una delle strade da perseguire per il miglioramento dell’efficienza energetica
del parco edilizio europeo, mirato alla riduzione delle emissioni di CO2.
Successivamente il Consiglio europeo, nella riunione del 8-9 marzo 2007 [6], ha
ribadito e confermato un forte impegno in tal senso, sottoscrivendo “un obiettivo UE di
riduzione del 30% delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 rispetto al 1990
quale contributo ad un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012 a
condizione che altri paesi sviluppati si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissioni
e i paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati si impegnino a contribuire
adeguatamente, sulla base delle loro responsabilità e capacità rispettive”.
In ogni caso “...l'UE si impegna in modo fermo ed indipendente a realizzare una
riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 20% entro il 2020 rispetto
al 1990.”
Nel Piano d’azione del Consiglio europeo per il 2007-2009 per la politica
energetica europea (PEE) [7], al punto 5, relativo all’”Efficienza energetica ed energie
rinnovabili”, il Consiglio europeo dichiara che:
......
“– invita ad una compiuta e rapida attuazione delle ambiziose cinque priorità
principali evidenziate nelle conclusioni del Consiglio del 23 novembre 20062 sul
piano d'azione per l'efficienza energetica presentato dalla Commissione,
riguardanti l'efficienza energetica dei trasporti, i requisiti minimi di efficienza
dinamica per apparecchiature che consumano energia, il comportamento dei
consumatori di energia dal punto di vista dell'efficienza e del risparmio energetico,
la tecnologia e le innovazioni in campo energetico e il risparmio energetico nell'e-
dilizia;”
2 Doc. 15210/06
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 400
2. LA LEGISLAZIONE ITALIANA
In Italia, il 19 agosto del 2005, in ottemperanza alla legge 31 ottobre 2003, n. 306,
viene emanato il decreto legislativo n. 192 [9] per il recepimento della direttiva
comunitaria sull’efficienza energetica degli edifici.
Il decreto consta di tre parti: una prima parte che pone i principi generali, una
seconda che regolamenta il regime transitorio fino all’entrata in vigore dei decreti
attuativi previsti per dare attuazione ai principi generali, una terza parte che riporta le
disposizioni finali per la sua applicazione.
Di fatto tale decreto aggiorna e modifica, per quanto riguarda gli edifici, la legge
10/91 e il D.P.R. 412/93, [10], integrato dal D.P.R. 551/99, [11], accogliendo solo
parzialmente lo spirito della direttiva, giacché esclude dalla certificazione energetica gli
edifici esistenti all’atto della sua entrata in vigore, facendo in tal senso un passo indietro
rispetto all’abrogato articolo 30 della legge 10/91.
La parte operativamente più importante di tale decreto risulta essere l’insieme,
corposo, degli allegati, che di fatto rappresentano un versione transitoria (e limitata al
solo riscaldamento ambientale) dei decreti attuativi della legge stessa, che ancora oggi
devono vedere la luce.
Ma, di contro, poco meno di un anno dopo, entro i limiti consentiti dalla legge che
regolamenta i decreti legislativi, il D.Lgs 192/2005 viene modificato ed integrato dal
D.Lgs 311/2006 [12].
La più importante modifica che il D.Lgs 311/2006 introduce nel D.Lgs 192/2005
(che a sua volta modificava ed integrava la legge 10/91), è quella di ripristinare la certifi-
cazione energetica per gli edifici esistenti (che era stata eliminata dal D:Lgs 192/2005),
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 401
Vediamo però, nello specifico, cosa il D.Lsg 192/2005 ha introdotto per migliorare
l’efficienza energetica degli edifici tramite l’impiego delle fonti di energia rinnovabili.
troviamo un’esplicita dichiarazione sulla finalità del 192/2005 che viene indicata nello
sviluppo ed integrazione delle fonti rinnovabili di energia negli edifici, ribadita al
comma 3, lettera d:
3. Ai fini di cui al comma 1, lo Stato, le regioni e le province autonome, ..., predispongono
programmi, interventi e strumenti volti, ..., alla:
....
d) promozione dell'uso razionale dell'energia e delle fonti rinnovabili, anche attraverso la
sensibilizzazione e l'informazione degli utenti finali.
Quindi prima ancora che la legge finanziaria 2007 sgombrasse il campo dall’am-
biguità introdotta dalla legge 10/91 con le fonti energetiche assimilate alle fonti
rinnovabili, già il D.Lgs 192/2005 ne faceva piazza pulita.
Ma poi, dopo questa dichiarazione di buoni intenti, gli unici riferimenti operativi
che si trovano nel testo della legge sono solo negli allegati, come sinteticamente
evidenziato nel riquadro successivo.
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 402
$OOHJDWR%0HWRGRORJLHGLFDOFRORGHOODSUHVWD]LRQHHQHUJHWLFD
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Riferimenti alle fonti dei energia rinnovabili negli allegati al D.Lgs 192/2005
In realtà gli unici veri riferimenti sulle condizioni che dovrebbero favorire “lo
sviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili”, sono riassumibili in:
• l’obbligo di produrre acqua calda sanitaria negli edifici pubblici e ad uso pubblico con
impianti solari termici con una frazione solare non minore del 50% (se escludiamo gli
ospedali, nella maggior parte questi edifici sono scuole, uffici, tribunali, etc. con
consumi di acqua calda sanitaria irrisori)
• nei rimandi alla “vecchia” legge 10/91 e al suo decreto attuativo D.P.R. 412/92.
La Legge 10/91, al di là dei piani regionali (art.5), nei quali, individuati i bacini che
“costituiscono le aree più idonee ai fini della fattibilità degli interventi .... di utilizzo
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 403
delle fonti rinnovabili di energia” (comma 1), occorreva predisporre “un piano
regionale o provinciale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia” (comma 2) e ,
per i comuni con più di 50.000 abitanti, “prevedere uno specifico piano a livello
comunale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia” quale parte integrante dei
piani regolatori generali, richiama in modo diretto l’impiego delle fonti rinnovabili negli
edifici all’art. 26, comma 7:
..
Art. 26 - (Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti)
....
7. Negli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico è fatto obbligo di soddisfare
il fabbisogno energetico degli stessi favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia o
assimilate salvo impedimenti di natura tecnica od economica.
Tale articolo e comma non sono stati ne modificati ne abrogati dalla legislazione
successiva, ne lo sono stati gli articoli e commi del decreto attuativo D.P.R. 412/92 ad
essi relativi. Infatti, oltre il già citato e precedentemente riportato art. 5 comma 15, che
non fa altro che richiamare l’art 26, comma 7 della legge 10/91, i successivi commi 16,
17 e 18 ne specificano le condizioni operative di applicabilità, che vanno però letti con
la modifica introdotta dalla legge finanziaria 2007 nell’articolo di riferimento (vedi
riquadro successivo).
Un passo avanti è stato fatto con l’emanazione del D.Lgs 311/2006, che integra il
D.Lgs. 192/2005 e la legge 10/91, aggiungendo all'articolo 9 del D.Lgs 192/2005, dopo
il comma 5 il seguente comma 5-bis:
«5-bis. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali considerano,
nelle normative e negli strumenti di pianificazione ed urbanistici di competenza, le norme
contenute nel presente decreto, ponendo particolare attenzione alle soluzioni tipologiche e
tecnologiche volte all'uso razionale dell'energia e all'uso di fonti energetiche rinnovabili,
con indicazioni anche in ordine all'orientamento e alla conformazione degli edifici da
realizzare per massimizzare lo sfruttamento della radiazione solare e con particolare cura
nel non penalizzare, in termini di volume edificabile, le scelte conseguenti.»..
“Il comma 2 dell'articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, è sostituito dal seguente:
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 404
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mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 405
"2. Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo
energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati
attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata
da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con
la maggioranza semplice delle quote millesimali."”.
Punto 8 - Valutazioni specifiche per l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia –“Indicare
le tecnologie che, in sede di progetto, sono state valutate ai fini del soddisfacimento del
fabbisogno energetico mediante ricorso a fonti rinnovabili di energia o assimilate3.”
12. Per tutte le categorie, di edifici, cosi come classificati in base alla destinazione d'uso
all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, nel caso
di edifici pubblici e privati, é obbligatorio l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione
di energia termica ed elettrica. In particolare, nel caso di edifici di nuova costruzione o in
occasione di nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione degli impianti
termici esistenti, l’impianto di produzione di energia termica deve essere progettato e
realizzato in modo da coprire almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia primaria
richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria con l'utilizzo delle predette fonti di
energia. Tale limite è ridotto al 20% per gli edifici situati nei centri storici.
3 Per effetto della modifica all'articolo 26 comma 7 della legge 10/91 attuata dalla legge finanziaria 2007.
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che, nel tentativo di estendere a tutti gli edifici l’impiego delle fonti rinnovabili per la
produzione dell’acqua calda sanitaria, di fatto bloccano la cogenza dell’applicazione agli
edifici pubblici e ad uso pubblico, in attesa dell’emanazione del citato decreto attuativo.
Inoltre la sostituzione di “impianti solari termici” con “impianto ... con l’utilizzo alle
predette fonti di energia” apre la possibilità a soluzioni energeticamente assurde come
la produzione di acqua calda con bollitori elettrici alimentati da pannelli fotovoltaici.
Riassumendo possiamo dire che l’attuale legislazione italiana relativa allo sviluppo
dell’impiego delle fonti di energia rinnovabili (propriamente dette) negli edifici, è, nella
somma degli articoli della legge 10/91, D.P.R. 412/92, D.Lgs 192/2005 e D.Lgs
311/2006, ancora lacunosa e carente. Infatti, tutte le norme predette sono ad oggi inappli-
cabile in assenza del citato decreto attuativo dell’art 4 , comma 1, del D.Lgs 192/2005,
salvo il vecchio articolo 26 della legge 10/91 con le sue norme attuative, commi 15, 16,
17 e 18 e allegato D, come modificati dalla legge finanziaria 2007; cioè:
OGGI è fatto obbligo al ricorso alle fonti di energia rinnovabili solo per gli edifici
pubblici o ad uso pubblico, salvo impedimenti di natura economica, quantificati in
un tempo recupero superiore ad un periodo di otto anni (tempo di ritorno semplice)
degli extracosti dell'impianto che utilizza le fonti rinnovabili rispetto ad un
impianto convenzionale.
Come si può notare non si fa alcun obbligo, ne oggi ne domani, per gli edifici in
generale, di ricorrere all’impiego delle fonti rinnovabili in alcuna percentuale ne per il
riscaldamento ne per il raffrescamento ambientale (ovvero climatizzazione).
in genere leggi che sovvenzionano in modo diretto o indiretto a fondo perduto la realiz-
zazione di opere che favoriscano gli obbiettivi di incremento della quota di fonti
rinnovabili utilizzate nel nostro paese.
Tra queste, per il 2007, citiamo:
• D.M. 19/02/2007 [13] il così detto “conto energia” per l’utilizzazione e valoriz-
zazione dell’energia solare via pannelli fotovoltaici, che ha un limite temporale
indiretto fissato dalla soglia di potenza massima installata finanziabile, 1200 MW;
• Legge 27 dicembre 2006, n. 296 [4]., meglio noto come legge Finanziaria 2007, con
il decreto attuativo D.M. 19-02-2007 [14] , che è relativa alle spese sostenute
esclusivamente nell’esercizio finanziario 2007.
L’entrata il vigore del Decreto Ministeriale 28/07/05 aveva già dato avvio anche in
Italia al meccanismo di finanziamento degli impianti fotovoltaici in “conto energia”, un
sistema basato sulla remunerazione dell’energia elettrica prodotta e quindi sull’incenti-
vazione della tecnologia non più attraverso contributi in conto capitale come accadeva in
passato. Il 19 febbraio 2007 è stato approvato il “nuovo conto energia” che introduce
diverse novità rispetto al suo predecessore; in particolare:
• nuove tariffe incentivanti a favore degli impianti fotovoltaici integrati architettoni-
camente - Art.6, comma 1.
Il decreto DM 29/02/2007 rivolge particolare attenzione all’integrazione architet-
tonica delle installazioni fotovoltaiche con tariffe incentivanti superiori rispetto a
quelle relative agli impianti su terra, e ha cura di ben specificare cosa si intende con:
impianto fotovoltaico non integrato: impianto con moduli ubicati al suolo,
ovvero collocati in maniera diversa da quanto previsto per gli impianti
parzialmente o totalmente integrati architettonicamente;
impianto fotovoltaico parzialmente integrato: impianto i cui moduli sono
posizionati su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli
involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e
destinazione;
impianto fotovoltaico con integrazione architettonica: impianto i cui moduli
sono integrati su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli
involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e
destinazione.
• tariffe incentivanti maggiorate del 5% per premiare le installazioni negli edifici
pubblici (scuole, ospedali, enti locali di piccoli paesi), e quelle in sostituzione di
coperture contenenti amianto (per esempio l’eternit);
• tariffe ancora più alte sono possibili se l’installazione dell’impianto (fino a 20 kW)
è accoppiata a interventi certificati per il risparmio energetico (per esempio miglio-
ramento dell’isolamento termico con doppi vetri o doppi infissi);
• procedure amministrative semplificate per ottenere gli incentivi;
• prevede di raggiungere un obiettivo di potenza fotovoltaica installata pari a 3000
MW al 2016.
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 408
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DUWFRPPD
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GLFXLDOODOHWWHUDD
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 409
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DOOHJDWR(DOSUHVHQWHGHFUHWRDLILQLGHOO
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mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 410
Tra tutte le fonti energetiche rinnovabili propriamente dette, come già anticipato,
quelle che sia da un punto di vista tecnico sia da un punto di vista economico hanno un
potenziale significativo, in relazione ad una loro applicabilità diretta al sistema edificio-
impianto, sono in generale:
• l’energia solare;
• l’energia geotermica;
• le biomasse.
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 411
L’energia solare nel caso degli edifici può essere utilizzata sia direttamente sia
attraverso sistemi di conversione in altre forma di energia. Nel primo caso si parla
solitamente di sistemi solari passivi (o impiego passivo dell’energia solare), mentre nel
secondo caso di sistemi solari attivi, che a loro volta si differenziano secondo il tipo di
conversione e forma finale di energia ottenuta.
L’attuale stato dell’arte della tecnologia è oggi tale per cui un sistema solare
termico per la produzione di acqua calda sanitaria ad uso domestico può avere tempi di
recupero del capitale investito ai costi attuali del mercato accettabili solo se è di grandi
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 412
Figura 2 – Confronto tempo di ritorno semplice tra impianti solari termici per la produzione di ACS e
impianti solari fotovoltaici, con e senza sovvenzioni, per diverse taglie (Italia centrale).
Dati elaborati da [15]
Figura 3 – Recupero finanziario per un sistema ACS solare con 120 m2 di collettori, 10 m3 di accumulo sito
in Milano, producibilità di 95.000 kWh, tasso di sconto 7%, tasso di crescita costo energia ausiliaria 5%,
SF 35%, con recupero fiscale consentito dalla finanziaria 2007.
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 413
Una delle obbiezioni più ricorrenti ad una simile pratica è quella legata alla
maggior convenienza a ridurre prima la richiesta di energia sia per il riscaldamento
ambientale, sia per il raffrescamento, che comportano interventi con tempi di ritorno del
capitale investito di massima più convenienti. In realtà la legislazione italiana ha, con il
D.Lgs. 311, imposto dei limiti sul fabbisogno di energia e sul grado di isolamento
termico dell’edifico molto più stringenti che per il passato, rendendo così marginale e
decisamente più costosi ulteriori interventi per il risparmio legati alla riduzione della
richiesta. Inoltre certi fabbisogni non sono certamente soddisfabili attraverso
l’incremento di isolamento, come ad esempio il fabbisogno energetico legato ai
necessari ricambi d’aria, ai carichi termici interni per il raffrescamento, alla produzione
di acqua calda sanitaria(vedasi figura 4), mentre sistemi solari termici combinati possono
essere una risposta positiva a tale problematica (fig. 5).
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 414
Figura 5 – Riduzione del fabbisogno primario per effetto dell’introduzione di sistemi solari combinati
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 415
SISTEMI DIRETTI
COMPONENTI
Tra i componenti solari passivi quelli principali e più noti sono le pareti
“collettore”; questi sistemi consistono in una parete massiva termicamente conduttiva
esposta al sole e un sistema vetrato che la ricopre creando tra esso e la parete un’inter-
capedine d’aria. Il principio di funzionamento è lo stesso del sistema diretto, cioè
l’effetto serra: l’energia solare assorbita dalla superficie esterna della parete e “intrap-
polata” dal vetro viene trasferita alla superficie interna per conduzione, ovvero, se il
surriscaldamento eterno non è sufficiente, il flusso termico disperso viene ridotto.
Normalmente lo spessore di una parete “collettore” è di almeno 30 cm di materiale
massivo (mattoni pieni o altro), che assicura un ritardo temporale di circa 8 ore tra il
picco di assorbimento dell’energia solare e quello di flusso termici trasferito all’interno
e una temperatura della superficie interna della parete sufficientemente stabile.
Ovviamente, tali sistemi progettati per massimizzare il guadagno solare, o , d’estate
vengono ombreggiati, oppure causano di contro un maggior consumo estivo, se si
dispone di un climatizzatore estivo, ovvero il surriscaldamento, in assenza di impianti.
Esistono diverse soluzioni applicative di tale concetto, ma soprattutto una sua
evoluzione: le pareti “collettori solari ad aria”. In questo caso si combina all’effetto
precedentemente citato anche l’effetto di riscaldamento di un flusso aria che circola tra
vetro e parete, flusso d’aria che viene immesso in ambiente, d’inverno, eventualmente
disperso verso l’esterno in estate.
Vi sono diverse realizzazioni tecniche di tale sistema, dalla classica parete Trobe,
al più complesso sistema “Barra-Costantini”, ma tutti prevedono un flusso d’aria
generato dall’effetto camino (cioè senza ventilatore).
maniera intelligente materiali, forme e spazi per ottenere funzionalità “energetiche” oltre
che estetiche e abitative.
SERRE BIOCLIMATICHE
Un altro sistema tecnico spesso ricorrente nel vocabolario dei progettisti attenti al
risparmio energetico è quello che viene solitamente indicato come “serra bioclimatica”.
Tale sistema non è altro che una normale serra, che però, invece di essere dedicata alla
crescita di fiori o ortaggi, diventa uno spazio temporaneamente abitabile, interposto tra
la casa e l’ambiente esterno. Solitamente sono caratterizzati da:
• collegamenti visuali e funzionali con gli spazi abitativi veri e propri;
• pareti esterne costituite da superfici trasparenti esposte al sole;
• assenza di impianto di riscaldamento.
È evidente che sistemi di tale tipo costituiscono dei volumi abitativi addizionali,
con i pregi e i problemi che ciò comporta, e che non sono certamente idonei e interessanti
per climi con una elevata radiazione solare estiva, nel qual caso, salvo che non siano
completamente apribili, diventano delle ... saune solari!
L’impiego “passivo” (cioè tutto ciò che non sia la sua conversione attraverso
sistemi termodinamici e/o meccanici) dell’energia solare negli edifici, è, a mio personale
avviso, di fatto riconducibile ad una progettazione corretta (integrata con l’ambiente) del
sistema edilizio: al di là dei luoghi di culto e di esercizio del potere, la casa è un
invenzione dell’uomo per ottenere un ambiente dal clima controllabile e proteggerlo
dalle intemperie dell’ambiente “esterno”. Prima che inventasse sistemi sempre più
sofisticati ed efficienti per controllare tale clima interno, gli architetti dell’antichità erano
sempre stati capaci di adattare il loro progetto alla realtà del clima locale utilizzando
quelli che oggi vengono riscoperti come i principi dell’architettura bioclimatica.
Che la certificazione energetica degli edifici ci aiuti non solo a premiare i buoni
progetti ma soprattutto a punire quelli scadenti.
3.3. Le biomasse
4 http://www2.minambiente.it/Wai/temi/energia/termini_energia/energia_idrica.asp
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 419
In realtà, e specialmente nel nostro paese, non tutte le tipologie di biomassa (al di
là della loro convenienza economica) sono disponibili. In pratica sia per motivi di facilità
di reperimento e per utilizzabilità tecnologica (sistemi tecnici semplici per il loro
impiego), le biomasse che hanno qualche interesse immediato sono quelle di origine
legnosa, le potature boschive (per le comunità montane) e cippato, briquettes e pellets,
per le altre località. Infatti il problema dell’immagazzinamento, per avere a disposizione
quantità di combustibile sufficiente, non è marginale essendo la densità di potenza per
unità di volume quasi un ordine di grandezza meno rispetto all’olio combustibile.
Cippato, briquettes e pellets sono relativamente facili sia da trasportare che da immagaz-
zinare in opportuni silos, da cui possono essere facilmente caricati automaticamente
nelle caldaie (vedi figura 7).
Questo ci fa già considerare una complicazione non da poco: un volume tecnico
aggiuntivo non indifferente per l’immagazzinamento della biomassa, possibilmente non
interrato.
Vi sono però alcune contro indicazioni non marginali, che ne potrebbero rendere
l’impiego marginale: è vero che sono fonti rinnovabili, ma è altrettanto vero che vengono
trasformate in energia termica attraverso un normale processo di combustione, che
produce CO, CO2, NOx e ceneri. Di conseguenza, anche se si dice che la biomassa sia a
bilancio netto nullo per la produzione di CO2, avendo in precedenza come vegetale
prodotto dell’ossigeno sequestrando della CO2, il problema dell’inquinamento da
prodotti di combustione velenosi e da polveri sottili viene invece aggravato dato che ne
producono più del doppio rispetto al gas naturale.
mazzarella 6-06-2007 10:05 Pagina 420
4. CONCLUSIONI
5. BIBLIOGRAFIA
422
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 423
Indice
423
RIASSUNTO
PREMESSA
Per produrre energia elettrica è necessaria una certa portata d'acqua. Nelle centrali
idroelettriche la portata d'acqua serve a muovere le turbine e produrre l'energia elettrica.
Nelle centrali termoelettriche, l'acqua serve come fluido di scambio nei condensatori.
Per calcolare la Produzione Unitaria netta PUN, definita in precedenza al punto 4
dell'inizio del capitolo 1, si deve distinguere tra centrali elettriche, centrali termoelet-
triche tradizionali con ciclo Hirn a spillamento [1a] e centrali con ciclo combinato [1b].
dove ηTH è il rendimento termodinamico del ciclo Hirn e ∆tWC è il salto termico
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 426
dove ηTG è il rendimento della turbogas, ηTH è il rendimento termodinamico del ciclo
Hirn, îtWC è ilsalto termico dell'acqua di raffreddamento usata nel condensatore. PUL
diminuisce al diminuire dei rendimenti dei cicli e aumenta all'aumentare del salto
termico
La Produzione Unitaria netta si calcola sempre in base alla equazione (2).
A questo punto è possibile fissare dei valori di confronto della Produzione Unitaria
netta PUN. La figura 1 riporta i valori di PUN per le 3 tipologie di centrali di produzione
considerate.
Per quanto riguarda l'idroelettrico, si va da 0,2 kWh/m3 d'acqua a 2,3 kWh/m3
d'acqua passando da 100 a 1.000 metri di battente geodetico H e con rendimenti da 85%
a 95%. Mediamente si può considerare un valori pari a 1 kWh/m3.
Per le centrali termoelettriche tradizionali si passa da 0,8 kWh/m3 a 1,7 kWh/m3 a
secondo del salto termico dell'acqua di raffreddamento al condensatore e del rendimento
della centrale. Anche in questo caso si può considerare un valore medio pari a 1 kWh/m3.
Le centrali a ciclo combinato sono meno “idrovore”: si può considerare un valore
medio pari a 3 kWh/m3.
Tuttavia, per calcolare un valore di riferimento valido sul territorio nazionale,
bisogna aggiungere una serie di considerazioni:
- L'Italia importa dall'estero una percentuale importante di energia elettrica. Questa
quota non andrebbe considerata nel calcolo del “bilancio idrico”.
- Analogamente non andrebbero considerate la produzione, molto più marginale in
quantità, dovuta agli impianti a fonti energetica rinnovabile (eolico, solare, solare
termico) o assimilabili (cogenerazione).
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 427
Figura 1: valori minimi, massimi e di riferimento di PUN per le varie tipologie di centrali di produzione
Fin qui abbiamo definito e fissato dei valori di confronto per la Produzione Unitaria
netta PUN. Come si è compreso, questo valore indica quanto un sistema di produzione
dell'energia elettrica sia efficiente dal punto di vista idrico. Tanto più alto è il valore di
PUN, tanto minore è la richiesta d'acqua per la produzione di energia elettrica.
E' il momento di riproporci la domanda iniziale: quando ci conviene utilizzare
localmente acqua negli impianti per ridurre il consumo di energia elettrica? La risposta
è apparentemente banale: quando il Risparmio Unitario netto RUN di energia elettrica
conseguito per m3 di acqua utilizzata è superiore al valore di PUN definito in precedenza:
58 1 ! 38 1
Rimane da definire RUN.
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 428
dove EE0 è il totale fabbisogno di energia elettrica dell'impianto senza sistema ad acqua,
EE1 è il totale fabbisogno di energia elettrica dell'impianto con il sistema ad acqua
Se invece l'acqua si utilizza direttamente nei gruppi frigoriferi per migliorarne
l'efficienza, si può definire direttamente il Risparmio Unitario netto RUN secondo
l'equazione (7).
Potrebbe sorgere un'obiezione: il fabbisogno d'acqua W è quello effettivo, letto sul
contatore, e non tiene conto delle perdite della rete idrica. Secondo me, è corretto così.
Come detto in precedenza, le perdite ci sono a prescindere dal consumo e non devono
essere considerate.
Figura 2: utilizzo dell'acqua direttamente nei terminali dell'impianto per il raffreddamento gratuito
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 430
Sono valori assolutamente elevati, per cui converrebbe sempre, quando possibile,
utilizzare il raffreddamento adiabatico indiretto.
Come ampliamente spiegato nei testi citati in bibliografia [2] [4a], cui si rimanda
per approfondimenti, il raffreddamento adiabatico indiretto fornisce prestazioni molto
elevate anche con temperature inferiori a 25°C dell'aria, perché permette di aumentare
l'utilizzo del free-cooling. Si ottengono risparmi energetici molto elevati, come mostrato
nei testi citati in bibliografia [3] [4b]. Non è possibile calcolare in modo generalizzato il
valore di RUL ottenibile, perché bisogna farlo caso per caso. Si rimanda agli esempi
numerici riportati nell'ultimo capitolo.
L'aria esterna viene umidificata prima di entrare nella batteria fredda, in modo da
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 431
essere raffreddata. E' un sistema poco utilizzato nei nostri climi, considerati troppo
umidi. Non viene trattato approfonditamente per ragioni di spazio. Per approfondimenti
si rimanda ai testi citati in bibliografia [2] [3] [4a] [4b].
L'acqua può essere utilizzata per aumentare l'efficienza dei gruppi frigoriferi.
Prima di ogni altra considerazione è necessario fissare bene i parametri di confronto.
Il confronto viene fatto a parità di compressore. Si suppone di avere gruppi
frigoriferi con R410A a due circuiti con 4 compressori scroll con curva di EER in
funzione della temperatura di condensazione come quella mostrata in figura 4.
Figura 4: curva di EER in funzione della temperatura di condensazione per il compressore usato per il
confronto (temperatura evaporazione = 2°C)
I sistemi evaporativi possono essere sia a circuito aperto che chiuso. Nel primo
caso, tipico delle torri evaporative a circuito aperto, si raffredda l'acqua da inviare poi al
condensatore. Nel secondo caso, o si raffredda sempre l'acqua di condensazione (torri
evaporative a circuito chiuso) oppure direttamente il refrigerante (condensatori
evaporativi).
Nelle torri evaporative a circuito aperto il consumo dell'acqua è dato dalla somma
dell'acqua evaporata nel processo adiabatico e dallo “spurgo”, ovvero il continuo rinnovo
di parte dell'acqua in circolazione per evitare l'accumulo di elementi aggressivi per le
tubazioni nell'acqua stessa.
Lo spurgo equivale è pari al 2 - 4% della portata d'acqua complessiva del circuito,
in funzione della collocazione della torre evaporativa. E' tanto maggiore quanto più
aggressiva è l'atmosfera ad esempio in installazioni in riva al mare).
La figura 5 mostra i valori di RUN per una portata di spurgo pari al 2% della portata
d'acqua al condensatore e un'umidità dell'aria pari al 50% in tutte le condizioni.
RUN è influenzato anche dall'umidità relativa, anche se in modo abbastanza
marginale. Con il UR = 40% si ha un aumento di RUN del 2% al massimo carico e alla
massima temperatura. Diminuzione di uguale valore nel caso di UR = 60%.
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 433
Figura 5: RUN per torri evaporative a circuito aperto (portata di spurgo 2%, UR = 50%)
E' un sistema introdotto da poco nei gruppi frigoriferi condensati ad aria [7].
Sfrutta il principio dell'aumento dell'effetto utile all'aumentare del sottoraffreddamento,
come mostrato in figura 7. Sulla linea del liquido viene inserito uno scambiatore
refrigerante - acqua. L'acqua di acquedotto a 15°C è in grado di sottoraffreddare il
refrigerante liquido fino a una temperatura di 20°C, aumentando l'effetto utile del ciclo,
senza aumentare il lavoro del compressore.
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La figura 8 mostra i valori di RUN raggiungibili. Come si vede, sono molto elevati.
Alla massima temperatura e alla massima potenza sono confrontabili con quelli di una
torre a circuito chiuso, con il vantaggio di essere sempre superiori a 2,5 kWh/m3, anche
alle basse temperature e potenze, grazie a un minimo aumento del sottoraffreddamento.
vio 6-06-2007 10:15 Pagina 436
3. CONSIDERAZIONI ECONOMICHE
4. CASI NUMERICI
Due casi numerici aiutano a quantificare gli effetti energetici, idrici ed economici.
Ho preso volutamente due casi limite: il primo con poche ore di funzionamento e con i
gruppi frigoriferi in funzione solamente al di sopra di 24°C dell'aria esterna, il secondo
con un numero di ore molto maggiore e con i gruppi frigoriferi funzionanti al di sopra di
18°C dell'aria esterna. Ho ipotizzato sempre UR = 50% per l'aria esterna. La frequenza
oraria delle temperature è quella tipica del nord Italia.
Per entrambi i casi ho considerato sia impianti senza raffreddamento adiabatico
indiretto (caratterizzati dalla sigla RAI nella legenda dei grafici e delle tabelle) che con
raffreddamento adiabatico indiretto (efficienza umidificatore 85%). Tutti gli impianti
sono dotati di un recuperatore di calore solo sensibile con efficienza 50%.
I costi sono stati fissati in 17,00 e/kW anno per l'impegno di potenza, 0,08 e/kWh
per l'energia elettrica e 0,5 e/m3 per l'acqua.
4.1. Caso 1
4.2. Caso 2
4.3. Risultati
- Effetto sul consumo di energia elettrica: negli impianti senza sistema RAI i risparmi
sono confrontabili, leggermente maggiori per il caso 1 ( si passa da 5,7% per la batteria
bagnata all'13,6% dell'ibrido in funzionamento continuo) rispetto al caso 2 (da 4,4% a
11,9%). E' un risultato logico: nel caso 2 il funzionamento dei gruppi frigoriferi è
protratto anche per temperature dell'aria inferiori a 20°C, quando il risparmio si
annulla completamente (solo l'ibrido a funzionamento continuo fa risparmiare
qualcosa in queste condizioni - cfr. paragrafo 2.3.4)
L'utilizzo del raffreddamento adiabatico indiretto (sistema RAI) porta a vantaggi
tanto maggior quanto più lavora l'impianto , perché si incrementa l'effetto del free-
cooling. La sua applicazione, senza integrazione con gruppi frigoriferi utilizzanti acqua,
porta ad un risparmio dell'13,2% per il caso 1 e del 20,3% nel caso 2. Il consumo d'acqua
è sostanzialmente irrisorio (77 m3 annui per il caso 1, 383 m3 annui per il caso 2).
L'utilizzo integrato di sistema RAI e gruppi frigoriferi impieganti l'acqua fa aumentare il
risparmio.
- Effetto sul Risparmio Unitario netto RUN: è il risultato più interessante. Tutti i sistemi
esaminati hanno valori di RUN ben superiori alla soglia di 3,5 kWh/m3 minima
indicata (cfr. paragrafo 1.3), con l'unica eccezione della torre evaporativa aperta. In
particolare sono molto efficienti i sistemi interrompibili. L'ibrido da solo ha valori di
RUN superiori a 9 kWh/m3 in entrambi i casi. Con l'utilizzo contemporaneo del
sistema RAI l'ibrido passa da RUN = 15 kWh/m3 nel caso 1 a RUN = 27,4 kWh/m3 nel
caso 2. Sono valori molto elevati
- Effetti sul costo di esercizio: i risparmi sono percentualmente tanto più alti quanto
minore è il tempo di funzionamento dell'impianto. I motivi sono 2. In primo luogo il
costo fisso dell'impegno di potenza elettrica è percentualmente tanto più alto quanto
più basso sono i consumi. In secondo luogo il risparmio tende ad annullarsi al
diminuire della temperatura dell'aria esterna. Gli impianti con sistema RAI danno
risparmi variabili dal 20,2% (batteria bagnata) al 23,7% (ibrido disattivato sotto i 30°C
dell'aria esterna) nel caso 1, dal 19% (torre a circuito chiuso) al 23% (ibrido disattivato
sotto i 30°C dell'aria esterna) nel caso 2. Solamente la torre aperta porta a risparmi
molto bassi nel caso 1, addirittura fa aumentare i costi del 26,4% nel caso 2, a causa
dell'elevato consumo d'acqua dovuto allo spurgo.
5. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Indice
441
RIASSUNTO
1. PREMESSA
realtà professionale quotidiana. Si può quindi affermare che sia esso stesso, al di là dei
risultati prestazionali dell'edificio - comunque notevoli - uno degli esiti più significativi
di tale esperienza.
In particolare è stato possibile mettere in atto un approccio progettuale multidisci-
plinare ed un'ottimale integrazione tra le varie figure professionali coinvolte: architetto,
strutturista, impiantista, consulente acustico. Il ruolo fondamentale di “integratore di
sistemi” è stato svolto dal “consulente esperto in sostenibilità ambientale” che ha attivato
competenze trasversali relative al sistema edificio-impianto e ha bilanciato le diverse
esigenze spesso conflittuali:
- contenimento dei consumi energetici nell'arco dell'intero anno;
- benessere dell'utente (termico, acustico, illuminotecnico e psicofisco in generale);
- disponibilità e costi delle tecnologie innovative.
Al fine di valutare l'efficacia dei sistemi tecnologici e impiantistici di climatiz-
zazione e ventilazione proposti, si è sviluppata un'analisi dettagliata del comportamento
termico dell'edificio nel suo complesso e delle singole zone termiche, in regime
transitorio. Tale analisi è stata condotta utilizzando il programma di simulazione termica
TRNSYS versione 16, associato al modello di simulazione multizona dei flussi d'aria
COMIS, entrambi integrati nell'ambiente operativo lisiBat, sviluppato dal CSTB.
Obiettivi
L'obiettivo della Committenza (Comune di Imola) è la realizzazione di un edificio
adibito a scuola media in località Pedagna che rappresenti un “modello di sostenibilità
ambientale” mediante l'applicazione dei principi dell'edilizia passiva e l'utilizzo esteso di
impianti alimentati con fonti rinnovabili.
Tale obiettivo comporta obiettivi secondari suddivisibili in:
a. uso razionale delle risorse climatiche ed energetiche;
b. uso razionale delle risorse idriche e delle risorse derivanti da scarti e rifiuti;
c. benessere, igiene e salute dell'utente;
d. cultura della sostenibilità ambientale presso l'utente finale.
In tal senso l'”edificio scuola” diventa modello per l'insegnamento ai giovani dei
principi di risparmio energetico con lo scopo di:
• sensibilizzare ai problemi ambientali con particolare riferimento ai cambiamenti
climatici in corso;
• istruire sull'utilizzo di tecnologie innovative;
• formare competenze e professionalità nel settore della sostenibilità ambientale ed in
particolare della complessità del sistema edificio-impianto.
Vincoli progettuali
L'analisi energetica della scuola media Pedagna inizia nella fase
definitiva/esecutiva della progettazione partendo da un progetto preliminare già
consolidato per volumetria, funzioni dei locali, orientamento e scelte architettoniche
fondamentali.
saggese, grosso 6-06-2007 10:26 Pagina 443
b. Ventilazione
Il sistema di ventilazione è di tipo meccanico controllato ad aria primaria e rispetta
le prescrizioni normative per la scuole, integrato con modalità di funzionamento
“naturale”.
b.1. Ventilazione meccanica. In periodo di occupazione la ventilazione primaria
diurna delle aule e dei vari locali, è realizzata con un sistema meccanico, a portata
controllata in relazione alle esigenze di ricambio spaziali e temporali delle diverse zone.
Sono previste quattro UTA suddivise tra una zona tecnica al piano interrato e la
zona tecnica in copertura comprendente la UTA per le zone didattiche lato sud (aule) e
zone didattiche lato nord (laboratori). Complessivamente l'aria trattata è pari a 40.600
m3.
Il recupero di calore sull'aria di ventilazione è realizzato con un preriscaldamento
dell'aria esterna ottenuta con il sistema solare ad aria o con i condotti interrati e mediante
recuperatori per il recupero del calore sull'aria espulsa.
b.2. Ventilazione ibrida. Durante l'inverno la ventilazione primaria diurna dell'atrio
è meccanica e, d'estate, di tipo ibrido. Per cui si integrano, in relazione alle condizioni di
temperatura esterna e interna, l'immissione e ripresa meccanica ai vari piani e
l'immissione naturale dalle aperture sulle facciate verticali ed in copertura.
c. Raffrescamento passivo.
Non è previsto un impianto di condizionamento estivo dell'aria, bensì sono stati
privilegiati sistemi integrati di raffrescamento passivo, prevedendo in questa fase la
predisposizione per l'allacciamento all'impianto di teleriscaldamento urbano mediante
futura interposizione di gruppo ad assorbimento.
c.1. Controllo fabbisogno primario estivo mediante controllo solare delle chiusure
trasparenti orientate a sud, est, ovest e orizzontali, tramite schermature e selezione di
vetri a bassa trasmissione termica solare (fattore solare pari a 0,2, per le chiusure
verticali e 0,4, per quelle orizzontali). Il progetto della schermatura delle vetrate sud è
stato approfondito al fine di ottimizzare il bilancio energetico annuale, senza compro-
mettere le prestazioni d'illuminamento naturale. Il sistema di schermatura è costituito da
una tenda esterna movibile automaticamente, doghe orientabili stagionali, aggetti
verticali.
c.2. Sistema di raffescamento naturale della massa (strutturale) tramite
ventilazione naturale notturna dei solai in cls, interpiano e di copertura, dalla parte
dell'intradosso e delle altre strutture massive esposte (pavimenti, setti laterali) nei periodi
in cui la temperatura interna diurna dell'aria è superiore, e la temperatura notturna
dell'aria esterna inferiore, alla temperatura massima di comfort dell'aria. L'immissione
dell'aria avviene attraverso aperture verso l'esterno, a ribalta, collocate nella parte bassa
delle chiusure vetrate delle pareti a sud e a nord, comandate elettricamente con attuatori
connessi a sensori di temperatura (sia dell'aria esterna, sia della superficie esposta del
solaio); l'espulsione dell'aria avviene all'esterno attraverso aperture grigliate in
copertura, controllate da attuatori connessi a sensori di temperatura dell'aria esterna e
interna (nelle aule e in atrio). Il flusso avviene per effetto camino generato dal gradiente
termico tra esterno e interno e dalla stratificazione della temperature nell'atrio.
c.3. Sistema di raffrescamento geotermico indiretto, tramite transito d'aria
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involucro edificio
percorso
dell'aria
rete di
protezione
UTA 1-2
filtro aria filtro aria
p > 1%
UTA 3-4-5
raccolta raccolta
condensa condensa
CAMERA DI
CAMPO DI
CAMERA DI
CAMERA DI
CONDOTTI
CONDENSAZIONE
MISCELAZIONE
PRESA ARIA
d. Illuminazione
Il sistema di schermatura delle chiusure trasparenti a sud è composto da doghe
orizzontali di dimensione variabile con l'altezza e operabili stagionalmente, al fine di
consentire un controllo solare ottimale senza penalizzare l'illuminazione naturale delle
aule; le doghe sono previste con superfici superiori riflettenti in modo da riflettere
all'interno, nel periodo invernale, la radiazione solare luminosa.
Al fine di risparmiare energia elettrica per l'illuminazione, sono previsti, inoltre,
dispositivi di controllo automatico dell'illuminazione artificiale, basati sulla disponi-
bilità di illuminazione naturale e sull'occupazione degli spazi.
In particolare nelle aule è prevista la regolazione del flusso luminoso in funzione
del contributo proveniente dall'esterno, misurato da una sonda fotometrica, con
possibilità di variazione locale mediante apposito pulsante.
Tutti i corpi illuminanti sono dotati di lampade con reattore elettronico,
dimmerabili e a basso consumo energetico
- L'impianto a collettori solari termici produce acqua calda che viene utilizzata per
l'alimentazione sanitaria dei servizi igienici e per l'integrazione dell'impianto di riscal-
damento a pannelli radianti a pavimento. L'energia mancante è fornita al sistema
dall'impianto di teleriscaldamento cittadino.
- Tutti i sistemi di ventilazione naturale sono inattivi e la zona atrio ventilata meccani-
camente.
• Stagione estiva
Durante l'estate, con condizioni climatiche vicine a quelle di progetto (cioè con
temperatura esterna intorno ai 30 °C) l'edificio deve proteggersi dall'energia solare
entrante (utilizzo gli schermi a sud e le tende a rullo) ed attivare al massimo le strategie
di ventilazione.
Si ipotizzano dunque le seguenti modalità di funzionamento:
- le UTA, a servizio di mensa e biblioteca/uffici, sono sempre alimentate mediante l'aria
esterna preraffrescata mediante passaggio nei condotti interrati;
- le UTA in copertura vengono sostituite da unità di ventilazione di mandata site al piano
interrato che inviano nei locali l'aria esterna preraffrescata mediante passaggio nei
condotti interrati;
- l'impianto a collettori solati termici produce tutta l'acqua sanitaria necessaria;
- sono messe in atto le strategie di ventilazione notturna mediante apertura dei vasistas
installati nelle aule a sud e sugli armadi di confine tra aule e corridoi, la messa in
funzione dei torrini naturali in copertura facendo transitare l'aria attraverso l'atrio che
diventa un grande camino di ventilazione. La massa dell'edificio - concentrata nei solai
a piastra e nei setti verticali in c.a. - viene utilizzata per permettere uno sfasamento
della massima potenza entrante nell'edificio.
- Eventuali problematiche di surriscaldamento ed umidità relativa troppo elevata negli
ambienti potranno essere risolte in futuro mediante interfacciamento con l'impianto di
teleraffrescamento cittadino che può alimentare batterie di raffreddamento sulle UTA
e produrre acqua refrigerata da inviare ai pannelli radianti posti negli ambienti.
- Il collettore solare ad aria “solarwall” - permette un effetto di ventilazione benefico
sulla facciata sud con smaltimento del calore che insiste su di essa.
• Stagioni intermedie
Situazioni climatiche intermedie sono state risolte introducendo vari gradi di flessi-
bilità sul sistema. A tal fine si prevedono modalità di funzionamento a carattere
giornaliero atte a diminuire i consumi energetici integrando la ventilazione naturale con
quella meccanica e ottimizzando l'utilizzo della massa strutturale.
In particolare:
- Tutte le UTA, sia quelle al piano interrato che quelle in copertura, possono essere
alimentate da aria presa direttamente dall'esterno (free-cooling) nel caso in cui la
temperatura dell'aria esterna renda tale funzionamento conveniente (confronto tra
temperatura dell'aria esterna e temperatura dell'aria preriscaldata dal solarwall e dai
condotti interrati in inverno, o preraffrescata dai condotti interrati in estate).
- La ventilazione naturale può essere attivata in qualunque momento con interruzione di
quella meccanica.
saggese, grosso 6-06-2007 10:26 Pagina 451
- Ventilazione meccanica
Ciascuna UTA ha una programmazione oraria settimanale, che distingue le ore di
occupazione (di seguito indicate come GIORNO) da quelle di non occupazione
(NOTTE).
Le modalità GIORNO e NOTTE vengono attivate in funzione del regime di
occupazione, ma anche considerando variabili microclimatiche.
Ad esempio, in inverno, l'impianto di ventilazione meccanica può funzionare anche
in modalità NOTTE (per esempio nel pomeriggio), qualora gli apporti del solarwall,
utilizzando le masse dell'edificio come accumulo termico, compensino l'energia
consumata dai ventilatori delle UTA. In tal caso il funzionamento dell'impianto sarà
guidato dalla temperatura in uscita del solarwall.
Analogo tipo di regolazione potrà essere attuato facendo funzionare il sistema
solare termico ad acqua, in associazione con i terminali radianti a pavimento, in modalità
NOTTE, qualora vi sia energia in esubero rispetto a quella accumulata per soddisfare il
fabbisogno di acqua calda sanitaria.
Fabbisogno di riscaldamento
Il fabbisogno complessivo annuale di energia netta per il riscaldamento degli
ambienti stimato attraverso la presente simulazione, sulla base dei dati di input sopra
descritti, è pari a 647'431 MJ e corrisponde ad un fabbisogno medio unitario di circa 37,5
kWh/(m2 anno). Tale fabbisogno comprende sia i fabbisogni per bilanciare i disper-
dimenti sia i fabbisogni per l'aria di ventilazione.
Attiva dal 1960, AICARR, nei suoi quasi 50 anni di attività, ha infatti affiancato
ai tradizionali temi relativi agli impianti e alle apparecchiature termotecniche le
nuove sfide per il miglior utilizzo dell’energia e delle risorse naturali (solare e fonti
rinnovabili) e per l’innovazione delle infrastrutture energetiche: dal progetto, alla
gestione, alla manutenzione.
Le commissioni Le attività
e i comitati tecnici sul territorio
L’attività di AICARR è articolata su una serie AICARR è vicina agli Associati sul territorio
di Commissioni che si riuniscono periodica- grazie all’impegno dei Delegati Territoriali
mente e a cui tutti i Soci possono partecipa- che - in collaborazione con le aziende della
re. Ogni commissione ha specifici obiettivi, Consulta Industriale AICARR e con le società
che vanno dalla ideazione di convegni e se- iscritte ad AICARR con la qualifica di Soci
minari, allo studio delle normative, alla pro- Sostenitori – organizzano numerosi Incontri
grammazione delle attività di formazione, al Tecnici di informazione e aggiornamento.
coordinamento delle attività dei Comitati Numerose anche le Visite Tecniche a impian-
tecnici AICARR (Refrigerazione, Sanità, ti di particolare rilievo progettuale o esecuti-
Efficienza energetica, Sicurezza e Preven- vo, guidate e illustrate dai rispettivi realizza-
zione incendi, Qualità ambientale). tori.
Pubblicita AICARR OK-1.QXD 6-06-2007 16:46 Pagina 5
Le attività editoriali
Numerose le attività editoriali ideate per i Soci e per il pubblico in generale.
La rivista mensile CDA – Condizionamento dell’Aria, inviata a tutti i Soci, è l’organo ufficiale
dell’AICARR e pubblica lavori scientifici e articoli d’informazione di elevato livello tecnico/scien-
tifico, accanto a notizie sull’attività dell’Associazione e sul mondo della climatizzazione.
Informazioni sulle iniziative promosse da AICARR e notizie varie di interesse per gli operatori di
settore sono disponibili anche sulla Newsletter dell’Associazione, pubblicata sul sito web
AICARR e mensilmente spedita via mail ai Soci e a coloro che ne fanno richiesta.
Inoltre, è possibile acquistare presso l’Associazione un’ampia scelta di volumi tecnici, che vanno
dai “classici” della Collana AICARR, agli Atti dei Convegni, alle pubblicazioni Ashrae, ai volumi
di case editrici tecniche, oltre alle norme UNI, CEI e ASHRAE. Sui volumi e sulle norme, spediti in
tutta Italia a mezzo corriere, sono previsti sconti speciali riservati ai Soci. Infine, presso la sede
dell’Associazione è a disposizione del pubblico una biblioteca di circa 8 mila volumi, consultabili
liberamente. Tutte le notizie che riguardano la composizione degli organi associativi, gli eventi
e gli aggiornamenti relativi alla normativa sono illustrati nel sito dell’associazione: www.aicarr.it
AICARR - Via Melchiorre Gioia 168 - 20125 Milano - Tel 0267479270 - fax 0267479262
e-mail: info@aicarr.it - www.aicarr.it
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Sostenitori
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FIERA MILANO
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Milano
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■ Convegno
ISBN 978-88-95620-00-8
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