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-STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICOdomande di Fornari

1) Perch un corso di filosofia e non di antropologia e 2) L'aspetto antropologico del suo pensiero La filosofia si presenta come una forma culturale e conoscitiva che ha nel pensiero il suo strumento fondamentale. Il pensiero ci che ci caratterizza in quanto esseri umani. La filosofia infatti la disciplina del pensiero. L'antropologia invece la disciplina che studia le culture. Per cui il corso di filosofia in quanto studia l'evoluzione del pensiero (non tanto in senso cronachistico), ma lo fa attraverso lo studio delle culture, quindi attraverso l'antropologia. E questo perch il pensiero un fenomeno culturale, esso infatti si sviluppa solo se in rapporto con altri esseri umani. Quindi, non un dono di natura, ma un frutto della cultura. Il problema antropologico (Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?) come chiave di lettura della nascita e dello sviluppo del pensiero filosofico. 3) Il metodo fenomenologico (o osservativo) di Fornari Aspetto fenomenologico(osservativo). Il metodo fenomenologico il punto di partenza della conoscenza stessa. Fenomeno ci che appare, che si manifesta. Il metodo osservativo consiste nell'aprire al massimo le capacit percettive e osservative prestando la massima attenzione al fenomeno in esame. Occorre mantenere un atteggiamento di massima disponibilit e apertura. Osservare, non economizzare, aprire uno spazio di ricerca dove osservare cose che magari non mi servono, ma se non lo facessi, non potrei trovare ci che mi sar utile. Il metodo oservativo implica dunque lo staccarsi dagli interessi immediati. Ma un distacco anche da se stessi, come se si fosse osservatori esterni, per capire meglio che sono io a leggere questo testo, che vivo nella mia epoca, che ho la mia storia, la mia cultura e queste non sono cose da estromettere. Devo capire cosa dipende da me, e cosa dal testo. Aspetto ermeneutico(interpretativo). Attraverso questo lavoro, quanto pi capisco il testo, tanto pi capisco me stesso. Si crea cos un circolo ermeneutico (interpretativo) Aspetto esplicativo (fase dell'azzardo di ipotesi storico-causali). Secondo la scuola fenomenolgica, le interpretazioni le devo fare all'interno di una situazione data che non posso oltrepassare se non voglio farequalcosa di non legittimo. Questo un grave limite: se non stabiliso la storia, delle mieosservazioni me ne faccio ben poco perch non vado ad incidere in profondit. Devo per forza fare degli azzardi, arrischiare ipotesi; devo espormi al rischio dellosbaglio: se non lo faccio, non ottengo il premio della conoscenza. Il terzo momento (causale, esplicativo, genetico, storico) la logica prosecuzione dei primi due. Senza il terzo momento i primi due rimangono monchi, non danno uno scopo e un obiettivo preciso alla mia osservazione e alla mia interpretazione. Se oso azzardare, perch ritengo che ci siano fenomeni pi importanti di

altri perch recano in s tracce pi dirette della storia che ci ha portato a quei fenomeni e dellorigine che ha prodotto quella storia; non metto i fenomeni uno accanto allaltro come particelle neutre.

4) Le teorie false riguardanti l'origine (la paura e la meraviglia) Quando e come nasce la cultura dal mondo animale? un argomento talmente problematico che difatti, in genere, viene evitato. La difficolt dellorigine pu essere toccata con mano anche nel riscontro delle versioni false dellorigine che si sono costruite nel corso dei secoli e che sono tuttora considerate. Ignorando le difficolt del problema sono state elaborate teorie errate sullorigine. In sostanza si tratta di due teorie: Teoria naturale: la cultura, lintelligenza, la capacit di espressione che caratterizzano lessere umano sarebbero nate di fronte alla meraviglia, provata dai nostri progenitori, degli spettacoli della natura, o anche dallo spavendo di fronte agli stessi. Queste situazione avrebbero indotto i nostri antenati ad un atteggiamento esplicativo. Teoria del contratto e del patto sociale: gli antenati pre-umani si sono resi conto della necessit di collaborare tra di loro per far fronte alle avversit ambientali e avrebbero formato delle comunit dotate di una prima elementare organizzazione. Queste due teorie sono entrambe sbagliate. La prima perch le catastrofi naturali sono sempre esistite e mai nessun animale diventato per questo intelligente. Oltretutto ipotizza una capacit di contemplazione delle meraviglie naturali: lattenzione nel mondo animale deve sempre e costantemente fare i conti con la sfera istintuale e dei bisogni. Questa teoria presuppone dunque una cosa inaudita, ossia unattenzione di tipo non istintuale, derivante da una semplice curiosit di carattere conoscitivo, il che assolutamente inconcepibile. Non esistono comportamenti di questo genere nel mondo animale. La seconda d per scontata l'intlligenza, in senso culturale, in una fase in cui doveva ancora nascere. Inoltre non mai esistita una fase in cui nostri antenati ominidi vivessero da soli. 5) La prima teoria primordiale cio: 6) Teoria mimetica e vittima sacrificale, di Girard L'antropologia mimetica di Girard la prima ipotesi sull'origine dell'uomo. (1 fase: Mimesi acquisitiva) Essa afferma che l'intero apprendimento umano si basa sull'imitazione, non intesa come passiva, ma come un processo dinamico e generatore. Tale processo di mimesi non un processo naturale, bens culturale e relazionale: infatti non possibile imitare senza dei modelli. Girard, nel descrivere i fenomeni legati all'imitazione, usa il termine generico desiderio. Il desiderio umano si si determina e si sviluppa solo in rapporto agli altri, cio in rapporto ai modelli seguiti. Il nostro desiderio funziona secondo una tipica configurazione a triangolo: 1) il soggetto (imitatore), che deve apprendere per imitazione come orientare il suo desiderio; 2) il modello (mediatore soggetto-desiderio), che gli mostra

cosa desiderare, 3) l'oggetto da desiderare che, oltre che materiale pu essere simbolico, psicologico, sociale, e cos via. (Questo modello ci costringe a vedere la nostra dipendenza sociale dagli altri. Il desiderio non qualcosa di pre-esistente.) Il mediatore che ci rende desiderabile qualcosa tende facilmente a diventare il rivale, l'ostacolo da superare per impossessarsi dell'oggetto. L'imitazione acquisitiva o per il possesso diventa cos rivalit per il possesso. (2 fase: Rivalit per il possesso) Quando poi il desiderio, provato dal soggetto desiderante, si focalizza sul suo ispiratore, mettendo in secondo piano il suo oggetto iniziale, si ha la fase del desiderio metafisico. Dalla mediazione esterna, in cui il mediatore lontano o nascosto, si passa alla mediazione interna,in cui il modello si fa vicino e visibile. E' qui che vi la zona pi pericolosa del desiderio. Paradosso tipico della mediazione interna rivalitaria il doppio vincolo: una situazione in cui il soggetto deve scegliere fra due alternative contraddittorie e ugualmente impossibili, dilemma insolubile che porta a conseguenze distruttive chilo subisce. Il modello del desiderio lancia implicitamente all'imitatore il messaggio Sii come me, ma quando l'imitatore obbedisce a tale comando, ci provoca la rivalit, per cui il modello gli manda un messaggio opposto:Guai a te se sei come me!. Una volta che per l'imitatore si allontana, il modello rilancia il messaggio iniziale, con un'esasperarsi della mediazione mimetica. Comunque vada, il modello conferma sempre la sua superiorit, mentre l'imitatore sar sempre pi disorientato. L'imitatore arriver a odiare il modello, oppure a odiare se stesso, come avviene in molte patologie psichiche. Il modello addossa all'altro tutta la colpa della situazione. La rivalit si scatena. (3 fase: Crisi dei doppi) Il caso pi paradigmatico di rivalit si ha allorch la mediazione ostile doppia e reciproca. Ognuno in realt imita l'altro, ognuno modello dell'altro. Le parti in gioco credono di accentuare e confermare sempre pi le loro differenze, e invece manifestano sempre pi lidentit dei loro desideri. Il momento finale in cui si realizza questa simmetria speculare la violenza dei doppi, in cui la rivalit non ha pi freni e diventa desiderio di distruggere in modo totale il nemico, situazione che si pu sviluppare contagiosamente in un processo a catena suscettibile di coinvolgere unintera collettivit. La crisi dei doppi, in cui ciascuno diventa l'immagine simmetrica e opposta della violenza degli altri. Per quanto riguarda la teoria primordiale, secondo il pensatore francese, una serie di mutamenti evolutivi ha portato una specie di primati a un incremento massiccio dei comportamenti imitativi fino a una soglia di rottura in cui le gerarchie animali del gruppo non sono state pi sufficienti a controllare limitazione acquisitiva. La competizione mimetica esplosa, trascinando la comunit nella crisi mimetica, o crisi dei doppi. (4 fase: Transfert violento, scelta della vittima) Per uscire dalla crisi bisognava rompere la simmetria contagiosa e mortale dei doppi mimetici, ed a questo punto che devessersi verificato, in una versione potenziata, un meccanismo gi esistente nel regno animale per disinnescare i pericoli di rivalit: quello in cui i due avversari potenziali o reali colpiscono un terzo, e

in tal modo stringono un alleanza. La differenza rispetto al meccanismo animale che stavolta esso si riproposto in forma imitativa e collettiva, secondo le modalit del linciaggio: un membro del gruppo, per un motivo qualsiasi, attira lattenzione di altri, e questo sufficiente a rompere la simmetria. La polarizzazione mimetica si pu ora rapidamente concentrare, in forza di un identico processo contagiosamente imitativo, sulla vittima prescelta, che diventa lunico bersaglio della violenza scatenata di tutti. Di colpo ritorna laccordo: non appena la vittima uccisa, il gruppo si ritrova pacificato. (5 fase: Transfert divinizzante) Assistiamo, insomma, a un duplice trauma collettivo: quello della crisi e quello della soluzione improvvisa. Il cannibalismo attestato in tutte le culture pi primitive e nei reperti paleontologici, e i miti sullorigine del mondo da qualche essere smembrato sono diffusi ovunque, rappresentando una sorta di radiazione fossile della cultura. La prima scintilla di quella che poi sarebbe divenuta coscienza si crea adesso, attorno alla vittima uccisa, o meglio attorno a quel poco che ne resta. Bisogna adesso, in questo scenario, sottolineare, il meccanismo del duplice trauma collettivo: al tranfert di aggressivit subentra il transfert di riconciliazione, doppio passaggio che rappresenta la salvezza del gruppo dalla violenza mimetica. Ci devessere stata una lunga frase infraculturarle ancora altamente instabile, per il motivo che non esistevano adeguati mezzi di controllo. Le risoluzioni violente si ripetevano allo stato spontaneo, in un processo a spirale che avrebbe prodotto luomo. La struttura causale gi quella del doppio vincolo. Si raggiunta una soglia di stabilizzazione di questi sistemi doppio-vincolanti collettivi quando sono state elaborate delle differenze sufficientemente forti da permettere un controllo simbolico e strumentale delle crisi mimetiche, ossia una loro ripetizione sotto controllo. Nasce la cultura vera e propria, evento che coincide in tutto e per tutto con la nascita della religione, in cui la vittima vista prima come responsabile della crisi finch interna al gruppo, e poi come divinit salvatrice allorch viene uccisa e diventa esterna, consentendo la riconciliazione del gruppo. Il sacro viene quindi definito come a percezione trasfigurata della violenza mimetica della collettivit , malefica finch allinterno, benefica quando allesterno. (6 Fase: Divieti-Rituali) Quella che si forma attraverso il sacro per Girard unorganizzazione in grado di tenere sotto controllo il mimetismo espellendolo a cadenze regolari. A queste due funzioni (sorveglianza/espulsione) corrispondono due grandi invarianti di ogni cultura umana: divieti e rituali. I divieti proibiscono tutti quei comportamenti, quegli oggetti, quei simboli suscettibili di provocare o anche solo ricordare la rivalit mimetica. Nasce la festa, la riproduzione della crisi e dellevento salvifico che vi mette termine, celebrazione perduta o seguita da unantifesta in cui ci si purifica della violenza mimetica momentaneamente liberata. In tal modo la comunit difende le proprie differenze culturali dallindifferenziazione contagiosa e mostruosa del sacro. Si crea un potente sistema antimimetico la cui pietra angolare la vittima

sacrificale, che Girard chiama anche capro espiatorio. (NB!) Tuttavia, poich queste comunit sono piccole, listituzionalizzazione del sacrificio non poteva rimanere statica perch voleva dire che, mettiamo una volta allanno, un membro del gruppo veniva selezionato e ucciso: ma se siamo in venti, nel giro di pochi anni si arriva allestinzione. Un conto se la violenza spontanea avviene ogni tanto, ma il sacrificio deve essere regolare per agire in senso preventivo. Questo meccanismo pu essere allargato, questa formula pu essere allargata ad esempio al membro di un altro gruppo; ci sono altri gruppi, altre trib di questi ominidi: ammazziamo uno di loro, molto pi conveniente; nessuno di noi muore, tutti noi ci coalizziamo contro questo gruppo e quindi ritroviamo larmonia. Larmonia sempre collegata con la guerra; prima litigavamo, adesso siamo affiatatissimi. E' la magia della guerra. Si individua un nemico esterno, lo si cattura e si pu fare su di lui il sacrificio. Listituzione della guerra il primo meccanismo sostitutivo. Laltra istituzione importantissima intesa come meccanismo sostitutivo la caccia: un animale pu prendere il posto di un uomo; qui non abbiamo una cronologia perch la caccia intesa come uccisione di piccoli animali esisteva gi prima della fase culturale propriamente detta, aveva per un carattere occasionale perch i primati effettuano perlopi raccolta di cibo. Cosa fondamentale notale che questa sostituzione sacrificale si attua anche e soprattutto a livello simbolico e interno, come avviene nellinterpretazione rituale della morte, in cui chi muore assimilato alla vittima e come tale pu venir mangiato e venerato. Si potrebbe anzi formulare lipotesi che il cannibalismo funerario sia la forma pi arcaica di rito funebre che riforniva, fra laltro, il gruppo di preziose riserve proteiche. La vittima sacrificale una funzione elastica in grado di generare significati e vantaggi sempre nuovi a seconda del modo in cui viene utilizzata, come dimostra la nascita della monarchia in cui il re era una vittima che per un incidente qualsiasi, come una resistenza, non stata sacrificata subito. Ad agire il transfert di divinizzazione, in una forma temporanea e precaria che fa di questa vittima mancata una sorta di dio vivente, di guida sacrale della comunit, in attesa della occasione giusta per sacrificarla. Col tempo, in molti casi, il monarca sacro sarebbe riuscito a stabilizzare il proprio potere, grazie alle vittime sostitutive che devono comunque morire al suo posto. Lesempio del re ci fa vedere lorigine e levoluzione delle istituzioni politiche, e pi tardi giuridiche. Il procedimento della sostituzione rivela il suo lato significante perch diventa un elemento di lettura simbolica della realt. Abbiamo quindi una serie di procedimenti che diventeranno mentali, ma che allinizio erano percezioni di gruppo. Gi le parti che rimangono della vittima, pars pro toto (la parte che sta per il tutto), vengono a ricordare concretamente la vittima stessa, ma allora il pezzo del corpo della vittima diventa il simbolo della vittima stessa. In questa maniera quando ho davanti a me la vittima, come se essa fosse presente, con ai poteri che io gruppo le attribuisco, ad esercitare il suo potere in modo benefico e non pi distruttivo e pericoloso come allinizio. Ma questa che in s una percezione concreta e intuitiva diventata col

tempo un procedimento mentale. Quando comincio a trovare delle cose sostitutive esterne, comincio ad avere la metafora: lanimale muore al posto della vittima iniziale, quellanimale diventa la metafora concreta della prima vittima, ne prende il posto. Tutta la dimensione simbolica delluomo nasce e si sviluppa dal rito, come dimostra il carattere incontestabilmente rituale che hanno comportamenti e attivit che siamo abituati a ritenere del tutto estranei alla religione. Luomo non pu vedere di per s il processo che gli ha dato origine, e se ne deve anzi proteggere a livello cognitivo e rappresentativo. Lintero processo possibile soltanto se rimane nascosta la sua origine dalla violenza del gruppo. Se il gruppo vedesse la propria violenza, non se ne potrebbe salvare, non potrebbe interrompoere la catena senza fine dellimitazione contagiosamente violenta. La comunit percepisce se stessa come assolutamente in bala di una vittima realmente onnipotente, prima nel male e dopo nel bene. Soltanto la percezione monca e alterata di quanto in realt successo, permette la fondazione della cultura, che affonda le sue radici nel nascondimento della vittima, nelloccultamento vittimario. Tale occultamento ha trovato corrispondenza concreta dapprima nel suo divorarla cruda, e alla fine nel grande avanzamento culturale della tomba, sviluppo simbolico delle pietre che coprivano le vittime lapidate(v.piramidi) o dei luoghi naturali(acque, grotte, burroni) in cui la vittima era gettata. Il gruppo non vuole pi vedere la vittima. Non percepisce la propria violenza che attribuisce al volere degli dei. E' questa l'evoluzione subita dai miti. 7) Teoria di Fornari e Critiche a Girard Critica1: Girard pone l'accento sugli aspetti quasi esclusivamente distruttivi della mimesi. Secondo Fornari, l'imitazione per il possesso pu essere anche positiva, nel senso che per la nostra vita e la costruzione della nostra identit noi abbiamo bisogno di possessi di vario tipo. Il desiderio quindi non in s n buono n cattivo, perch suscettibile di diventare l'una o l'altra di queste due cose, a seconda di come lo usiamo. Critica2: Girard identifica il desiderio metafisico e la mediazione interna col desiderio mimetico tout court. Usando il desiderio metafisico come premessa, in quanto comunque si stratta di una formulazione incompleta, Fornari aggiunge che, a determinate condizioni (innamoramento, affetti), la mediazione interna pu avere un utilizzo necessario e fecondo, estremamente creativo, al punto da poter essere definita la pi grande fonte di energia psichica, sociale e culturale dell'uomo. Pi che di mediazione interna ed esterna, Fornari preferisce parlare di mediazione vicina(oggettuale-creativa) e lontana(sociale). Mediazione vicina, perch lo scopo primario e fisiologico di questa resta la scoperta e la definizione dell'oggetto presa nel senso pi estensivo, cio della realt che si trasforma mimeticamente in una fonte di azione, conoscenza, significato. Quindi la si po' definire anche mediazione oggettuale, intendendo l'imitazione pi intensa allorch realizza il suo scopo di conseguimento dell'oggetto e di realizzazione della persona. Mediazione lontana, perch tale rapporto essenziale per il funzionamento mimetico della societ.

Per lo stesso motivo per cui il desideri d vita, la pu togliere. Gli uomini sono condannati a vivere insieme per gli stessi motivi in base a cui si dividono. Doppio vincolo (double bind). Critica3: Girard ignora gli studi di Baetson in cui quest'ultimo esplora le potenzialit creative del doppio vincolo nell'apprendimento. E Baetson ignora la relazione strutturale del double bind con l'imitazione, la specificit culturale del doppio vincolo umano. L'interpretazione di Fornari del doppio vincolo permette di integrare queste due visioni. Egli suggerisce che la mediazione ravvicinata ci suggerisce come il doppio vincolo sia estremamente complesso ed elastico e che proprio per questa sua cagion d'essere, con la stessa forza con cui pu essere distruttiva, pu divenire straordinariamente creativa. Critica4: La terminologia girardiana, di transfert di aggressivit e di riconciliazione , non del tutto corretta, giacch l'aggressivit non necessariamente violenza (spesso anzi finalizzata ad impedirla), mentre il termine riconciliazione sottolinea esclusivamente l'elemento sociale, laddove invece questione di identificare un fattore che alla base della stessa socialit. Per questo motivo, Fornari preferisce parlare di transfert violento(di violenza collettiva), persecutorio, o anche di demonizzazione, e di transfert di divinizzazione o sacralizzazione. Critica5: La simbolicit, di cui fatta la cultura umana, trova nella vittima il suo primo segno. Ma Girard applica tale concetto come se fosse scontato, senza analizzarlo a fondo, laddove il segno rimanda a una traslazione, a un trasferimento originario che produce il senso. La traslazione dal biologico al culturale non pu essere stata immediata, ma procedura piuttosto per approssimazioni scandite da fratture e soglie di discontinuit, che organizzano ogni volta nuovi equilibri. Ci devessere stata una lunga frase infraculturarle ancora altamente instabile, per il motivo che non esistevano adeguati mezzi di controllo. Le risoluzioni violente si ripetevano allo stato spontaneo, in un processo a spirale che avrebbe prodotto luomo. Girard lo nota ma non lo esprime esplicitamente perch questo lo avrebbe costretto a rivedere la sua teoria di partenza sul desiderio. (NB!) Critica6: La definizione del sacro girardiano riduttiva perch non ne riconosce a sufficienza la valenza la valenza positiva e creativa e la sua presenza nella religiosit arcaica. 8) Rito e Mito
Il rito sacrificale viene ripetuto regolarmente X ripetere un evento essenziale del quale via via si va perdendo il significato, anche a causa dell occultamento vittimario. Questi riti quindi ad un certo punto necessitano di una spiegazione. Con la nascita del linguaggio si formano i MITI Il mito nasce dal rito e dal mito nascono religione (importanza del sacro e delle divinit) e scienza (attraverso il mito le antiche comunit imparavano a conoscere il mondo. Es. i movimenti del sole, le stagioni..)

Il passaggio dal rito al mito segna un passaggio alla storia del pensiero. Il pensiero, infatti, nasce come tentativo di spiegare dei riti. Il racconto la prima forma di organizzazione dei fatti che ci accadono quotidianamente, ma soprattutto il racconto ci fornisce una successione di eventi che vuole darci

una spiegazione, in una sequenza di cause ed effetti fino ad arrivare ad una conclusione. E' la prima spiegazione degli avvenimenti trovata dall'umanit, a livello non individuale ma collettivo. C un elemento di fedelt alla realt accaduta che ci viene trasmessa con estrema attenzione e puntiglio perch se le comunit non facevano questo i riti non potevano essere ripetuti con successo: era una questione di vita e di morte. Quindi i miti non solo riflettono le prime forme di spiegazione causale, ma addirittura hanno in s un criterio di verit, ossia un criterio di carattere conoscitivo. La storia del pensiero, propriamente detta, comincia col mito. Una vittima mancata poteva diventare una specie di sacerdote o stregone, lo specialista dei nuovi sacrifici. Ecco che allora abbiamo uno specialista che si fa carico del sacrificio, il depositario del linguaggio sacro quando si formato ed depositario anche delle storie che si elaborano una volta che il linguaggio diventato sufficientemente complesso e che accompagnano il rito religioso. Queste storie sono i miti. Il mito rappresenta una testimonianza molto importante di pensiero religioso della fase pre-filosofica che sar alla base della nascita della filosofia in Grecia. Esso il racconto per eccellenza degli eventi decisivi per la vita della comunit stessa. E quale avvenimento pi fondamentale dei processi di violenza collettiva?! Ovviamente il tutto nella versione inevitabilmente mistificata e alterata di questa cultura stessa cio nella prospettiva dei sacrificatori. Si tratta di un punto di vista che riflette il convincimento assoluto che la vittima al centro della violenza collettiva non la vittima di ci che accade, ma la responsabile di ci che accade, quindi depositaria di un potere enorme che il gruppo deve imparare a disciplinare. Se troppo vicino, questo potere distruttivo, se troppo lontano, questo potere sarebbe inefficace. Deve collocarsi alla giusta distanza e questo avviene mediante il sacrificio, mediante il rito. Il mito racconta dunque questa storia partendo dal convincimento dei partecipanti al rito: ne nascono storie bislacche. I miti riflettono le prime spiegazioni differenziali e simboliche che le comunit umane hanno dato di se stesse. I miti tuttavia, queste autentiche rifondazioni verbali della comunit, non possono che riflettere la trasfigurazione del doppio transfert rituale, e come tali vanno attentamente smontati nei loro meccanismi generatori per isolare i segni della persecuzione. Un simile metodo, proposto da Girard, consente anche di sfatare le interpretazioni tradizionali del mito che vedono in esso tutto tranne qualcosa di reale. Egli fa proprio un'analisi degli elementi logici interni del testo mitico a evidenziare contraddizioni, reticenze, lacune che solo l'ipotesi vittimaria permette di spiegare fornendone il principio genetico e simbolico. Dobbiamo scavare anche attraverso le successive stratificazioni culturali che tendono ad abbellire e infine a coprire l'evento fondatore. I miti pi cruenti sono quelli pi antichi e pi vicini alle origini. Si fa una selezione di fatti assolutamente verosimili, dotati di una logica interna e escludiamo altri fatti che sono chiaramente inverosimili e che riflettono per il punto di vista della comunit, il convincimento comunitario che la vittima sia onnipotente, prima nel male e poi nel bene. Il metodo di lettura del mito ci permette di enuclearne la parte vera, di trarne il nucleo di verit, basta inserire alcune variabili e utilizzare una teoria che nellinsieme

ci spieghi che cosa pu essere accaduto allorigine di quel mito. Poi quei miti sono stati ripetuti per lungo tempo fino ad arrivare allepoca storica in cui possono essere stati modificati, variati. Oppure ci possono essere rituali simili che producono miti simili, ma con qualche differenza.

9) Metodo unificato di Rito e Mito, di Fornari


MITO = racconto che serve a spiegare i riti sacrificali: la violenza del fondamento espressa nel mito, ma velata da un racconto che sembra fantastico. In realt nel mito sono presenti molti elementi reali. Nel mito inoltre sono espresse solitamente solo le ragioni dei carnefici. QUINDI Il mito va attentamente smontato per far emergere elementi reali e le ragioni delle vittime, tramite il metodo unificato dei riti e dei miti.

Il metodo girardiano riflette le semplificazioni e gli atteggiamenti riduttivi gi riscontrati a proposito della mediazione e del sacro, e va ulteriormente sviluppato e arricchito. infatti possibile ricostruire all'interno di un mito e di una serie di miti diverse stratificazioni e fasi evolutive, che si dispongono e si combinano nei modi pi vari rimanendo per rintracciabili. Dal momento che il rito compie ci che il mito racconta, esso non altro che mito in azione, con l'elemento propulsivo del mimetismo pi intenso ed estatico, quello che diventer mediazione ravvicinata creativa, che il sacrificio permette di orientare e utilizzare. All'inizio abbiamo un unico evento di irruzione di un modello sacro e assoluto che viene imitato nel rapporto di adorazione in due direzioni successive e complementari: innanzitutto la direzione del rito, coi divieti, e poi quella simbolico-verbale. La prima ovviamente conserva un maggiore realismo, che il racconto mitico cerca di spiegare in modo trasfigurato e confuso. Girard coglie che la causa esplicativa la vittima, ma gli sfugge l'unit dei riti e dei miti, come metodologia. Il metodo unificato consiste nel leggere i miti in stretta corrispondenza con i riti. Per cui dobbiamo utilizzare altre informazioni su quei riti oppure teorizzare partendo da alcuni dettagli come poteva essere il rito che accompagnava quel mito. Possiamo raccogliere delle informazioni su riti simili e vedere che tutti questi testi formano una famiglia, ottenendo cos un intero insieme di miti che si completano a vicenda, ci forniscono nuovi indizi per la decifrazione complessiva. Questo ci che chiamo metodo unificato dei riti e dei miti (Girard parla prevalentemente solo dei miti e normalmente non stabilisce sequenze di miti, si limita ad analizzare invece una singola storia o al massimo due. Egli inoltre vede solo la vittima e quindi al di l della vittima il mito per lui una serie di falsit. In questo senso Girard continua lattuale connotazione svalutativa del mito o ipervalutativa, ma senza prenderlo veramente sul serio, perch per lui il mito non altro che una menzogna. Non cos perch il mito comunque riproduce un criterio di fedelt storica, riporta la storia dellorigine in forme causali, esplicative, simboliche; ci sono delle connessioni di carattere logico; insomma una serie enorme di cose senza le quali non sarebbe nato il pensiero). 10) Cosa c'entra tutto questo discorso col cristianesimo 11) La sostituzione, nel cristianesimo

Com possibile che noi oggi riusciamo a smantellare questa coerente e infernale macchina da linciaggio? Da dove ci viene questa consapevolezza ? La risposta di Girard spiazzante: la consapevolezza dell'esistenza di vittime innocenti ci viene dalla rivelazione antipersecutoria dei Vangeli, preparata e preceduta dall'evoluzione antisacrificale della Bibbia ebraica. Sono i Vangeli a attaccare per la prima volta con una determinazione cos perentoria e assoluta i processi mimetici violenti, i meccanismi sacrificali su cui si fonda la cultura umana, prescrivendo un rimedio alla violenza mimetica che Girard non esita a definire di una precisione scientifica: l'unico vero modo di superare la violenza quello di disinnescare la proliferazione dei doppi rifiutando la risposta simmetrica alla violenza degli altri, e quello di scoraggiare sul nascere la rivalit acquisitiva porgendo, al momento della provocazione, l'altra guancia. La logica del perdono, e della non rappresaglia, sostituisce la logica del desiderio incontrollato e della rivalit, designata con la parola skandalon, la pietra d'inciampo che iI modello-ostacolo posta sulla nostra strada. Lo skandalon indica le tappe fondamentali del processo mimetico: 1) il desiderio che diventa ontologico e rivalitario, focalizzandosi alla fine sulla pietra dello scandalo; 2) l'espulsione della pietra dello scandalo, ossia della vittima; 3) l'ipocrisia con cui gli scandalizzati pensano di affermare la loro assoluta alterit rispetto alla vittima nel momento stesso in cui ne ripetono in forma aggravata le colpe reali o presunte. Questa ricchezza e concretezza di significazioni molteplici e convergenti, suggerisce riflessioni pi generali, rispetto a come si esprime Girard, su cui bene fare un primo chiarimento. La cosa pi impressionante che siamo di fronte a un sapere sull'uomo che rimasto in parte incompreso per duemila anni. Il messaggio ha agito ed stato seguito fin dall'inizio, ma accompagnato da una comprensione antropologica sovente incompleta che sembra testimoniare, con silenziosa eloquenza, del suo essere indipendente dall'uomo. Non si tratta di dimostrare la verit del cristianesimo, bens di sottoporre al lettore una serie di risultanze fenomeniche ed esplicative che acquistano leggibilit e congruenza partendo dal nucleo pi vivo dell'annuncio cristiano, indipendentemente da ogni adesione di fede. Ritornando allo skandalon, l'incomprensione parziale quanto rivelatrice di tanti cristiani verso di esso si fa forse ancor pi evidente nei confronti della figura di Satana, designante anch'essa il processo mimetico nel suo insieme, ma con una maggior enfasi sul suo aspetto collettivo e fondatore. In ebraico Satana significa accusatore, come del resto diabolos che in greco significa calunniatore,e quale accusa, quale calunnia pi letteralmente satanica di quella di una folla scatenata, del doppio vincolo senza vie di scampo in cui viene intrappolata la vittima? Satana il meccanismo fondatore di tutte le comunit umane, e di tutti gli individui che le seguono ciecamente, un meccanismo che viene intrepidamente messo a nudo e smontato nei suoi elementi costitutivi dalla parola e dall'azione di Cristo. Egli difende le vittime e smaschera i persecutori in nome di un amore non pi basato sul desiderio violento, ma sull'imitazione del Padre che comanda il perdono, l'unico vero antidoto contro lo skandalon, contro Satana. Non vi quindi una negazione del desiderio mimetico, come invece afferma

Girard arrivando a una vera demoniazzazione del desiderio,bens un suo riorientamento completo, basato sull'imitazione del Dio d'amore di cui Ges si dichiara figlio. L'obbedienza amorosa e totale di Cristo, da un punto di vista mimetico, pu essere definita solo come una mediazione mistica e assoluta d'amore, capace di condurre l'uomo alla suprema realizzazione oggettuale, nel momento medesimo in cui vi rinuncia. (NB. Mediazione oggettuale nel cristianesimo!) Questa la teoria del desiderio di Fornari che esprime in termini pi raziocinanti il senso antropologico. Nell' annuncio evangelico tutte le potenzialit positive del mimetismo umano sono riscattate e portate alla luce in una vera seconda creazione dell'uomo che rovescia la sua origine violenta indicata nella Bibbia dalla disobbedienza di Adamo ed Eva e dal fratricidio compiuto da Caino. Questo annuncio, scandaloso nell' accezione originaria del termine, verr pagato da Ges con la _ sua stessa vita. Le forze di Satana, colpite in quella che la loro causa generatrice, reagiscono col loro vecchio sistema, trasformando Ges nel loro ennesimo capro espiatorio. Ma la differenza tra il Dio di Ges e le divinit violente concepite dall'uomo trionfa nel momento stesso della sconfitta terrena del Figlia di Dio. Il racconto della Passione ci illustra il meccanismo collettivo della persecuzione di una vittima merme, che rimane estranea sino in fondo allo skandalon dei suoi persecutori, testimoniando fino all'ultimo la propria innocenza e perdonando i suoi persecutori. la prima voce di una vittima totalmente innocente: Padre, perdonali, perch non sanno quello che fanno. Satana, il fondamento violento dell'uomo occultato sin dalla fondazione del mondo, rimane sconfitto. L'origine pienamente umana della violenza rivelata. Soltanto qualcuno completamente estraneo alla logica violenta dell'uomo poteva compiere questa rivelazione sostiene Girard -, un Dio esente dalla violenza che pu raggiungere l'uomo solo nella veste di chi subisce la violenza fondatrice. La Resurrezione rappresenta l'ultimo rovesciamento, la rivelazione finale: non pi la divinit sacrificale che rinasce a garantire l'unanimit violenta del gruppo, bens la vittima tradita e massacrata che ritorna a portare la verit e il suo perdono, recando ancora sul corpo i segni del supplizio subto. (Perdono, ma non dimentico). Dopo essere risorto Ges ritorna al Padre, e lascia a continuare la sua opera lo Spirito Santo, la terza persona della Trinit, che d a chi lo vuole il dono sovrumano di distinguere e difendere le vittime, di non farsi ingannare dai doppi vincoli delle accuse di Satana, Lo Spirito Santo chiamato in greco il Parakletos, che vuol dire semplicemente l'Avvocato della difesa. Tutti quelli che come Ges imitano il Padre, ricevendo l'azione dello Spirito Santo, iniziano gi dentro di loro il processo della Resurrezione, diventano figli di Dio non diversamente da Cristo. Il messaggio evangelico ha preparato il terreno, con la graduale caduta dei tab conoscitivi e sociali, ai successi della concezione scientifica moderna e della rivoluzione industriale. Attraverso il crescente affrancamento dalle antiche forme sacrificali l'uomo ha gradatamente affermato la sua libert di scelta, liberando le straordinarie valenze creative del suo mimetismo, cio la sua capacit di utilizzare una mediazione ravvicinata creativa sempre pi emancipata dalle antiche norme del sacro. Una nuova mentalit audace e pragmatica si un po' alla volta sprigionata dall'Occidente cristiano, e si

impossessata irresistibilmente di tutte le culture mondiali. Il problema non pi di credere, ma di vedere. Sintesi: Il cristianesimo non rivela solo l'innocenza della vittima, ma la dipendenza che l'umanit ha dalla vittima. 12) La polis La nascita della filosofia La civilt greca nasce e si sviluppa in stretto rapporto con le civilt del vicino oriente. Essa nasce grossomodo a partire dall IX/IIX secolo a.C. La filosofia nascer nel VI secolo a.C.
Questa civilt era assolutamente marginale, non disponeva di risorse, era isolata. MA diventata importante proprio per la sua marginalit che le ha permesso di svilupparsi indisturbata per moltissimo tempo.

POLIS = citt stato relativamente indipendenti. La componente fondamentale della polis il cittadino e la sua libert (soprattutto di parola). L esistenza di molte polis diverse presuppone una forte instabilit, risolvibile tramite la fondazione di colonie (dette insieme Magna Grecia). NB: si parla di una cultura priva di un unico centro politico, amministrativo e grandi risorse Ad un certo punto queste polis dovettero coordinarsi X difendersi dai nemici esterni. Vengono istituite assemblee costituite da tutti i cittadini aventi diritti; non cera quindi un re mediatore, ma una forma particolare di democrazia XK non tutti avevano diritto di voto (ma in generale il sistema funzionava in modo orizzontale). In queste assemblee ognuno poteva esercitare il diritto di parola: il LOGOS, in Grecia, era considerato un vero e proprio potere da un lato e un arma dall altro XK era un mezzo usato per persuadere. Le polis sono la culla della filosofia = amore per la sapienza. Il sapiente solitamente metteva il suo logos al servizio della comunit con la speranza di rifondarla. Mentre nelle civilt sumere le assemblee dei cittadini erano certamente dominate dal timore degli dei e dalla necessit di scrutare quale ne fosse la volont, un clima di forte instabilit dove il ricorso al sacrificio doveva essere piuttosto frequente, nelle citt stato greche non si ha un clima dello stesso tipo. Non c pi la dipendenza cos timorosa e sacrificale nei confronti delle divinit della citt. I cittadini della polis ripongono una grande fiducia nelle proprie capacit e nei propri mezzi. Cercano di stabilire in base a queste loro capacit che cosa meglio e conveniente decidere per la citt. Lo strumento fondamentale per arrivare a queste decisioni era il, LOGOS. Il logos ha una natura trsfigurante del divino. La mentalit di queste polis greche sempre fortemente sacrale, perch questo rimane il contesto di tutte le societ antiche, ma non pi terrorizzata di fronte al divino come avveniva nel mondo mesopotamico. una mentalit pi positiva e costruttiva dove liniziativa dei cittadini riceve un maggiore risalto. In questo le citt stato greche sono state favorite non solo da un lungo periodo di sviluppo e prosperit con relativamente pochi incidenti, ma anche dal fatto che nelle polis greche manca un corpo centralizzato do sacerdoti che concentrino nelle loro mani tutte le principali attivit, culturali, economiche, sociali. Manca un organismo, un potere, centralizzato. Manca quindi una struttura unificata di tipo monarchico come negli imperi del

vicino oriente, Egitto e Babilonia. Manca di conseguenza di un'unica casta sacerdotale che controlli tutte le forme fondamentali della cultura. In questa maniera nelle polis greche si ha uno sviluppo culturale che per sganciato da un controllo direttamente sacerdotale. Il controllo piuttosto nelle mani delle assemblee cittadine composte da cittadini che cercano di prendere delle decisioni di tipo razionale in base alla condivisione del logos. Il mito si sgancia dal rito e comincia a sviluppare in maniera autonoma una sua logica propria che non deve pi obbedire alla necessit di spiegare e rendere efficaci i miti. I sacerdoti nelle citt stato greche ovviamente cerano, ma non avevano la preponderanza, la presenza sociale massiccia, che avevano invece negli imperi del vicino oriente dove tutto era centralizzato e quindi pi facilmente controllabile. Questo ci permette di capire come mai la filosofia si sia sviluppata in Grecia e non in Babilonia o in Egitto. 13) Perch la filosofia deriva dall'orfismo (culto di Dioniso) e in cosa si differenziano La filosofia cerca di dare spiegazioni razionali recuperando temi religiosi: ad esempio, come nato il mondo? La filosofia infatti nata dalla religione, differenziandosi da essa(logos) ma anche conservandone alcuni elementi. Uno di questi la ricerca di qualcosa come la verit, dove la verit prende in qualche modo il posto precedentemente occupato dalla divinit, solo che la verit della filosofia assume un carattere pi logico. Essa quindi si basa su ragionamenti e su ricerca di significato. Le religioni si fondano su fatti non razionali, su esperienze di carattere rituale, partendo dalle quali hanno elaborato storicamente tutta una serie di forme culturali che racchiudevano una organizzazione di tipo razionale. Solo che con la filosofia, e poi con la scienza, queste basi razionali si autonomizzano. Il mito il passaggio di mezzo. Infatti ci un'evoluzione conoscitiva dell'umanit. La successione : percezione Orfismo rappresentazione Tragedia pensiero Filosofia La filosofia non ha perci inventato nessuno dei suoi concetti ma li ha ricevuti da un contesto sociale che a sua volta li ha ereditati da uno sviluppo culturale e religioso antico. Anche se tender a divenire pi astratta e a porsi come sapere assoluto, la filosofia nasce come sapeinza sacra. Nel mondo greco interessante rilevare un dualismo religioso: c'era la cosiddetta religiosit olimpica, una religione pubblica che mirava a risolvere i problemi comuni dell'intera citt. Al giorno d'oggi la religione individuale e spirituale: ognuno prega la divinit affinch risolva i problemi personali. La religiosit olimpica prevedeva invece che si richiedesse la risoluzione di problemi collettivi. Va poi notato che era quasi sempre un chiedere la protezione da cose materiali: guerre, carestie, epidemie... Questo perch a quei tempi nella societ greca non c'era differenza tra cittadino e uomo privato. Per noi invece i due aspetti sono ben distinti: abbiamo una vita privata ed una vita in cui facciamo parte della societ. E' chiaro che una religione come quella olimpica non appagava il singolo cittadino e le sue esigenze: tutti noi ci chiediamo "che ne sar di me? Quale

il mio destino?" Ci che risultava fortemente ridimensionata, in questa prospettiva, era una certa spiritualit interiore e volta al misticismo, che trov espressione non gi nella religione olimpica, ma nell'Orfismo. La religione di Dioniso proponeva una diversa spiritualit, e, almeno parzialmente, un elevato grado di esaltazione di quegli aspetti estatici, cio l'uscita da questo mondo mediante l'entusiasmo e l'interpretazione, da parte umana, della "divina follia" di Dioniso. La figura di Dioniso veniva associata al concetto di altro, di alterit, facendo da tramite fra il mondo umano e quello divino, tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Nell'Orfismo, infatti, si parla di anima, di reincarnazione. LOrfismo particolarmente importante perch introduce nella civilt greca un nuovo schema di credenze e una nuova interpretazione dellesistenza umana. E' proprio questo passaggio dell'interessamento dalla natura all'uomo che far la differenza. Lo stesso accadr con Socrate e il distacco dai filosofi della physis, dove si potr parlare di filosofia vera e propria, in quanto si indaga sul pensiero che qualcosa di appartenente all'uomo come frutto della cultura, quindi non qualcosa della natura. Mito orfico di Dioniso, nasce per la terza volta. I Titani attirano il piccolo con i giocattoli (lo specchio) e lo uccidono, volevano punire lennesimo adulterio di Zeus. Lo divorano subito, un crudo rituale come vorrebbe Smith. Riducono a ceneri i Titani. Nasce lumanit. Poich Titani avevano mangiato Dioniso, nellumanit ha la speranza di identificare con Dioniso (rimando ad Osiride, identificazione). Dioniso destinato alla beatitudine eterna. Mito sullorigine del mondo e sulla violenza umana. LOrfismo un mito che contiene potenzialmente anche una riflessione pi di carattere antropologico. Deve assicurare la liberazione dellanima del fedele del culto della rinascita. Ha quindi unefficacia magico rituale. Ne troviamo derivazioni nel primo pensiero filosofico greco. I greci riconducono a forze che rimandano ad unaura sacrale ma che sono riconosciute attraverso il logos della natura. Si passa da spiegazioni dove intervengono agenti divini a spiegazioni in cui ci sono cause riconoscibili nella realt. Le leggi del cosmo sono riconoscibili nel logos umano perch se correttamente interpretate esprimono il medesimo logos. Queste leggi non dipendono dagli dei, il logos umano attraverso linterpretazione del sapiente pu cogliere queste leggi. Si conserva la struttura ma ci si stacca dalla riconduzione ad ununica causa divina vista come causa ultima. Il pensiero mitico la razionalit che si sta formando. Il pensiero greco un passo ulteriore: un logos interno alla materia stessa, sul versante della natura. Il dio di Israele creatore della materia, lo stesso procedimento sul versante teologico. [differenze] Mentre l' orfismo accentua la percezione intuitiva del rito, a cui finalizza l'elemento rappresentativo e prespeculativo del mito, la filosofia si sgancia sempre pi dagli elementi rappresentativi accedendo a una formalizzazione via via pi astratta, e tender a interpretare le proprie risorse meta-rappresentative e meta-linguistiche come un titolo di superiorit rispetto a letteratura e tragedia. Tuttavia, ci che continuer ad accomunare religione e filosofia sar la

ricerca della verit. La filosofia greca sar cos uno strumento di esplorazione sacrificale di secondo grado, che si riveler determinante nella nascita di un nuovo sapere di tipo scientifico. 14) Il significato del logos e la dialettica Logos significa parlare, dire, udire ma anche legge. E qualcosa di pi se visto nel suo significato, una forza, una capacit personale. Quando riesco a parlare in modo convincente si crea un circuito che trasmette una forza logico argomentativa che di origine divina. Per i Greci questa era una persona che aveva ricevuto una forza da un Dio. Loratore colui che riesce ad esprimere un logos convincente. Questo presuppone un pubblico che lo ascolta. La retorica una tecnica di manipolazione del logos utilizzata nelle assemblee per far prevalere una discorso sugli altri. Fornari ipotizza lattribuzione della nascita del linguaggio ai suoni e ai rumori prodotti dalla vittima, perch se tutto quello che riguardava la vittima era sacro, doveva essere sacro anche tutto ci che emetteva la vittima come suoni o rumori. Da questi suoni che inizialmente avevano un valore religioso e che con la ripetizione diventavano parte integrante del rito, possiamo ottenere delle prime parole che avevano un significato religioso (ipotesi generica). Da queste prime isole di significato possono essersi sviluppate altre parole che un po alla volta hanno cominciato ad articolarsi in un discorso che inizialmente doveva essere di carattere strettamente rituale, fortemente collegato con il mito, ma poi questo nuovo straordinario strumento avrebbe avuto applicazioni di ogni tipo, comunicativo, culturale, educativo, ecc. Infatti nelle culture antiche il linguaggio ha una forza sacra che oggi abbiamo perduto. Il logos greco ha una connotazione fortemente sacrale che spiega le particolarit di questo concetto: logos significa parola, idea, ragionamento, discorso, calcolo, tutta una quantit di significati collegati con la sfera sacrale. Da qui la parola trae la sua pregnanza, la sua ricchezza di significati. Esso veniva visto come una forza, un potere, di cui ogni singolo cittadino poteva essere investito e che doveva utilizzare nel modo pi giusto, pi adeguato, in modo da ottenere la decisione migliore. La dialettica ha permesso il passaggio dallo sfondo religioso al pensiero astratto. Durante un discorso dialettico, l'interrogante pone una domanda in forma alternativa, presentando cio i due corni di una contraddizione. Il rispondente deve trovare un medio, un concetto unificatore che unisce i due termini di una proposizione. Ma tale medio pi astratto della proposizione, e a sua volta deve essere dimostrato esso stesso. La dialettica cos la disciplina che ha permesso di sceverare le astrazioni pi evanescenti. v. sofisti. 15) Il sapiente arcaico e i suoi ruoli, 16) L'enigma e 17) Il logos per i vari filosofi pre-socratici Il sapiente arcaico ha un ruolo ancora fortemente sacrale, con un commercio ravvicinato con la sfera divina: non ancora il filosofo, in senso tecnico. Il sapiente si avvede del gioco della vittima sacrificale, e lo comunica agli altri sotto la maschera del gioco enigmatico, con una sottigliezza e

pertinenza che presuppone una conoscenza approfondita della sapienza orfica. Il sapiente greco arcaico un tecnico sacrificale, che deve stabilire in base alla sua scienza divina quando, come e quale vittima immolare per liberare la comunit. Eraclito il sapiente che pi di ogni altro ha fatto dell'enigma il suo specifico mezzo espressivo. Egli non pu n vuole togliere l'ultima maschera, svelare la menzogna delle menzogne, questo l'orizzonte ultimo della sapienza greca. la sapienza filosofica a mostrarci con gli esiti pi istruttivi l'importanza e i limiti della ricerca greca sull'uomo e sul sacro. La filosofia costituisce il tentativo radicale di manipolare l'enigma e di impiegarne le leggi per una vera rifondazione del mondo greco e della sua religione tradizionale, avvertita ormai come insufficiente. A tale scopo la sapienza filosofica ricorre alla sapienza orfica e misterica, di cui mantiene il dinamismo simbolico e rivelativo, ma sganciandolo dai suoi riferimenti mitici e rituali, e trasportandolo in una nuova sorta di religione impersonale basata su un principio universale, l'arch. Questo principio che si d a conoscere all'uomo gli permette di cogliere l'unit di tutte le cose -la physis e di indagarla coi mezzi che gli sono propri, col logos che in tal modo rivela di fare un tutt'uno con le leggi del cosmo. Attraverso il logos l'uomo, il sapiente, che viene a far parte dell'ordine cosmico. Attraverso il logos l'uomo, il sapiente, che viene a far parte dell' ordine cosmico. Un tentativo cos grandioso per non riuscir mai a superare le ambiguit di partenza della propria nascita, dei mezzi conoscitivi impiegati, e cercher di risolvere le proprie contraddizioni rendendo sempre pi autonomo il logos che era inizialmente strumento di una sorta di rivelazione conoscitiva e sacrale, di ierofania razionale. Dal singolare misticismo speculativo delle origini emerger gradatamente un logos sempre pi orgoglioso di s, e che non si accontenter di raccogliere e esprimere la razionalit del reale, ma vorr incarnare la razionalit suprema che ingloba e definisce ogni altra, una totalit razionale. Il loro ruolo quello di diffondere la conoscenza, che a quei tempi era legata alla sfera sacrale, rivolgendo il loro logos a degli ascoltatori che poi avrebbero dovuto farlo proprio attraverso la propria comprensione, cio attraverso il proprio logos. Questa volont di dimostrazione razionale del reale si riveler straordinariamente feconda da un punto di vista logico e conoscitivo, quanto sottilmente ingannevole nel suo graduale occultamento di una verit pi originaria, quella sacrificale dell'uomo. Sono questa nascita e quest'evoluzione a produrre quella che proporrei di chiamare indicativamente filosofia sacrificale(presocratica), nella duplice accezione di una filosofia che partita indagando sulla struttura del sacrificio e che poi lo ha metasacrificato a sua volta pensando in misura crescente di poterne prescindere. Mentre la sapienza arcaica cerca di diventare l'interprete dell'enigma collettivo del processo vittimario intervenendo nella sfera politica e pubblica a cui profondamente appartiene, la filosofia ormai tecnicamente a s stante della fine del IV secolo si riveler sempre meno consapevole delle leggi del desiderio mimetico e della fondazione vittimaria. Platone sar la chiave di volta per questo cambiamento.

18) Cosa c'entra la societ greca con il sacrificio e 19) Parmenide: filosofo che riprende il sacrificio, iniziatore dell'ontologia e 20) Il sacrificio connesso alla filosofia, e qndi all'enigma Parmenide teorizza un arch(principio) assolutamente innovativo, al punto che definirlo un arch equivoco. Questo principio, che non un principio, l'Essere. Non un principio, letteralmente, perch esiste da sempre, e se cos non fosse contemplerebbe il Non-Essere, venendo meno alla sua stessa definizione di Essere. Il Non-Essere non esiste, per definizione. Se quindi lEssere ed esiste pienamente in virt di se stesso, questo significa che sempre esistito e sempre esister. Non c stato un momento in cui lEssere non cera, cos come non ci sar un momento in cui lEssere non sar pi. Ne derivano concezioni paradossali: dal punto di vista di Parmenide non moriamo e non nasciamo. Parmenide risponde ai suoi contestatori con una argomentazione che ritorner molte volte in filosofia e che gi esiste presso la filosofia indiana o cinese. Parmenide risponde: Sono tutte apparenze. Pensiamo di nascere, pensiamo di morire, in realt in quanto enti partecipiamo dellEssere e quindi n nasciamo n moriamo. Per questo motivo il termine principio applicato a Parmenide non del tutto appropriato: non esiste un principio in senso temporale, nel senso di un momento originario da cui sono nate tutte le cose, perch nell'universo di Parmenide non esiste nascita e non esiste morte. In uno dei suoi poemi, Parmenide descrive cos l'Essere: Immobile, nei limiti di possenti legami, senza principio e senza fine [non nel senso che sia infinito quantitativamente, ma nel senso che non cessa mai di esistere], restando lo stesso e nello stesso posto e per se stesso rimane e cos resta fisso perch la Necessit, possente, lo tiene nei legami di un limite che lo racchiude tutto intorno. L'Essere di Parmenide la straordinaria trasformazione della vittima! Parmenide non non vuole descrivere la vittima, ma trae dal simbolismo della vittima e del sacrificio le immagini, la struttura stessa della realt assoluta che ci descrive. Ovviamente la vita dellEssere antico non solo la nostra vita nel senso biologico e non ha nulla a che fare con la visione della vita intesa come fenomeno materiale. La vita di cui parlano gli antichi comprende la vita degli dei. Il vivere degli antichi mantiene in s una connotazione sacrale che differenzia la concezione greca di physis da quella attuale. Ci permette di capire che tutti siamo, nel senso che viviamo e vivremo sempre, perch non abbiamo mai avuto una nascita n avremo una morte. In questo modo il passaggio alla struttura del sacrificio diventa pi agevole perch noi siamo in virt dellEssere, come negli antichi sacrifici la comunit poteva essere, nel senso di vivere, solo se cera il sacrificio. Il passaggio, quindi, che si ha con Parmenide quello in cui l'intera comunit, salvata miracolosamente grazie all'uccisione della vittima, interpreta quest'ultima come divina e le attribuisce una vita superiore. Un ulteriore passaggio: la dea proibisce severamente a Parmenide di affermare che lEssere non . Esiste un motivo ben preciso nel quale ritroviamo la stessa struttura del sacrificio. Se qualcuno dicesse che la vittima non un dio, ma stata barbaramente assassinata, o farebbe la stessa fine della vittima oppure introdurrebbe il germe del dubbio. A questo

punto cosa accadrebbe se si insinuasse il germe del dubbio? Il rito non sarebbe pi valido e la violenza ritornerebbe. Non solo nei riti sacrificali la violenza non viene percepita perch tutti si convincono in maniera pi o meno spontanea, ma socialmente condivisa, che non si tratta di violenza ma di una azione voluta dalle divinit, ma anche che c un divieto implicito a non fare vedere le cose come stanno veramente, ossia che la vittima in realt morta e non un dio. Per questo motivo Eraclito deve dire ci che ha compreso in forma enigmatica. Era consapevole del fatto che se la sua percezione fosse stata pubblicamente recepita, ci poteva avere conseguenze molto gravi. Avrebbe potuto essere perseguitato perch attaccava il fondamento rituale dellintera societ. Con Parmenide nasce quindi quella che verr chiamata onotologia, che definisce la physis, e indirizza la propria violenza mediante il controllo del logos. Il pensiero filosofico nel giro di pochissime generazioni sta facendo grandi passi sulla strada dellastrazione. Il verbo sostantivato essere con Parmenide raggiunge una densit concettuale assolutamente senza precedenti. Qui siamo su una strada che comincia a specializzarsi anche da un punto di vista tecnico, per quanto non ci sia ancora un gergo tecnico in senso stretto; questo avverr solo nel IV secolo a.C. con Platone e Aristotele. 21) Cosa il problema della physis e chi lo ha affrontato? e 22) Importanza dei sofisti e 23) Concetto di physis per i presocratici e nella modernit: differenze e 24) Differenza tra la filosofia e la physis I presocratici credevano che il mondo obbedisse a delle leggi universali necessarie che, una volta chiarite dovevano essere utilizzate anche nel micro-cosmo della polis. In questo modo la polis avrebbe riflettuto l ordine e l equilibrio dell universo. Il tentativo fallisce e i filosofi si pongono il problema antropologico pi grande PROBLEMA DELLA PHYSIS : XK gli uomini sono portati a violare l ordine cosmico, dal quale tra l altro provengono? [importanza dei sofisti e problema physis] I sofisti sono coloro che pongono il tema di ci che differenzia luomo da tutti gli altri esseri. Coshanno di peculiare gli umani visto che gli umani sono dotati di cultura e di logos? Da un lato questo logos si presenta in continuit con il mondo della physis, ma dallaltro i sofisti sottolineano la capacit umana di stabilire le regole e luso del logos in base a convenzioni e le convenzioni come tali sono fondamentalmente arbitrarie. Quindi c lelemento dellarbitrariet, della non corrispondenza della cultura umana al mondo esterno della physis. La distinzione sviluppata da alcuni sofisti proprio quella tra le regole delle culture umane, che loro chiamano con il termine greco comprensivo di nomos che significa legge, legge come qualcosa di valido per una comunit, per una polis, ma non necessariamente corrispondente alle leggi della physis: quindi la distinzione di nomos rispetto alla physis (natura). Questo perch uno dei problemi, se non il problema di fondo del pensiero presocratico, proprio quello del ruolo delluomo allinterno della natura. Questo problema verr poi ereditato e affrontato in maniera estremamente innovativa da Socrate.

In cosa consiste questo paradosso? Il paradosso (quello che chiamo paradosso della physis) pu essere formulato nei seguenti termini: luomo parte della physis, il suo logos espressione del logos universale e il buon funzionamento della polis dipende dal collegamento di questo logos umano con il logos universale, di cui la sapienza dei vari pensatori vuole essere lo strumento che consenta questa armonizzazione tra logos umano e logos del cosmo, dellessere. Per lesigenza stessa, lo scopo stesso che si pone questo tipo di pensiero solleva una domanda che non trova risposta: Se c bisogno di armonizzare il logos umano e quello cosmico, questo segno che il logos umano non armonico con il resto della realt. Il dilemma sembra essere il seguente: o lordinamento universale necessario, da l non si scappa, come sono propensi a dire molti presocratici e allora luomo si conformer volente o nolente a questa legge universale oppure luomo effettivamente riesce a disobbedire a questo ordinamento universale, ma allora questo ordinamento universale non necessario. O necessario e non c ribellione oppure c ribellione e allora lordinamento non necessario. Lordinamento cosmico dei presocratici, secondo unantica tradizione di origine religiosa, si presenta come ineluttabile non tanto perch dipendente da volont superiori, ma perch legato a leggi oggettive da cui non si scappa. questo il grande passaggio dalla sapienza di tipo religioso e mitico alla nuova sapienza di tipo filosofico: lindividuazione di leggi universali e necessarie, larch, etc. E allora come si spiega, come far entrare in questo quadro innovativo la capacit delluomo di disobbedire a queste leggi universali e necessarie? Se luomo pu disobbedire, allora queste leggi non sono universali e necessarie. un problema che non viene risolto da questi grandi pensatori. I sofisti sono gli eredi e gli interpreti di questo fallimento nel senso che ne evidenziano i termini costitutivi dicendo che ci che dipende dalla volont umana, dalle istituzioni umane (il nomos) pu essere anche totalmente slegato rispetto allordinamento della natura, della physis, del kosmos. In questa maniera non offrono nessuna soluzione; merito dei sofisti stato di averlo evidenziato per primi. A questo punto le ripercussioni sono molto gravi perch nel momento in cui il nomos, la legge umana intesa nel senso pi ampio, ma partendo dalla collettivit, dalla polis, non ha pi un criterio oggettivo e superiore che gli faccia da modello, la conseguenza anche solo dal punto di vista politico molto grave. Qual la conseguenza estremamente pericolosa del distacco del nomos dalla physis? La conseguenza lanarchia perch non ci sono pi dei riferimenti in base ai quali, non solo formulare le regole, ma ovviamente rispettarle. In questa maniera otteniamo un sapere destabilizzante assolutamente micidiale perch un sapere di questo tipo era capace di annientare qualunque ordinamento politico, civile, morale, culturale. il problema verr ripreso da Socrate, nel De Repubblica. [phyisis presocratica vs modernit]La vita di cui parlano gli antichi comprende la vita degli dei. Il vivere degli antichi mantiene in s una connotazione sacrale che differenzia la concezione greca di physis da quella attuale. [differenza filosofia-physis]:Socrate. 25) L'innovazione apportata da Socrate rispetto ai precedenti filosofi

Il dialogo socratico tipico consiste nellincontro pi o meno fortuito di Socrate con un concittadino o un amico e Socrate pone delle domande: domande molto strane, non di carattere personale bens di carattere concettuale. Linterlocutore gli d una risposta e questa risposta per non accontenta Socrate, il quale con una serie di controdomande induce linterlocutore a dare delle risposte parziali che non si capisce bene dove vadano a parare; ma dove vanno a parare diventa chiaro alla fine quando, riprendendo le parole dello stesso interlocutore, Socrate lo costringe a confutare la risposta data in precedenza. Linterlocutore, confuso, trova una scusa per andarsene oppure tenta una seconda risposta. A questo punto Socrate, in maniera cortese quanto implacabile, ricomincia lo stesso procedimento ponendo una serie di domande. La cosa importante dei dialoghi di Socrate che ques'ultimo, con il suo procedimento che chiaramente di origine dialettica, costringe linterlocutore a porsi il problema della definizione che pu essere affrontato solamente se si riesce a formulare una definizione di carattere universale, ossia a isolare, mediante un procedimento di astrazione, tutti gli elementi riconoscibili in tutti i singoli membri di una classe di cose. Questa esigenza definitoria pone il carattere universale dei concetti: un concetto, unidea deve avere in s un carattere universale. Abbiamo visto che con Parmenide di usa l'infinito sostantivato (l'Essere), mentre con Socrate si hanno invece gli aggettivi sostantivati (il Bene). Qui avviene che si staccano le qualit dalle singole cose determinate e le si trasforma in propriet in s. In questa maniera si pone lesigenza non tanto di definire se una singola cosa bella o meno quanto di trovare il criterio generale, universale in base al quale stabilire se una cosa bella o no. Socrate pone il problema che verr detto degli universali. Socrate sviluppa ulteriormente questo processo di trasformazione e ne ottiene unesigenza in termini di puro pensiero e cio unesigenza di definizione universale che non pi direttamente collegata con la physis, ma collegata direttamente con il pensiero. Quindi c unulteriore tappa sulla strada dellastrazione. uesto ci mostra un altro aspetto importantissimo di Socrate: il fatto che non si occupa pi dei problemi della physis. un passaggio decisivo nella storia del pensiero che ha risvolti positivi e altri pi equivoci che in qualche modo mettono tra parentesi problemi che i predecessori di Socrate, i presocratici, non erano riusciti ad affrontare. Il problema alla fine uno solo, quello che avevano evidenziato i sofisti ed importante collegare anche Socrate proprio sullo sfondo dei sofisti e delle loro scuole perch senza la preparazione dei sofisti Socrate non sarebbe stato possibile. (NB!)Rispetto ai precedenti filosofi, al quesito sollevato di sofisti sul ruolo dell'uomo sulla natura, Socrate decide di mettere da parte il problema, perch nemmeno lui ha una risposta. Ma, a differenza dei precedenti, comprende che ci vogliono generazioni di grandissimi pensatori solo per iniziare a formulare la domanda che noi ora possiamo formulare direttamente, ma alla quale dobbiamo guardarci bene di non rispondere troppo presto. La filosofia molto spesso non consiste nel trovare risposte, quanto piuttosto nel ritardarle, al fine di preparare un terreno il pi fertile possibile. La risposta non cade dal cielo, ma va preparata; un processo!

Socrate comprende che inutile che si cerchino i meccanismi che presiedono al funzionamento dei corpi celesti, del sole e della luna quando non si nemmeno in grado di garantire una giornata tranquilla ad una qualsiasi comunit umana. Dobbiamo cominciare da noi: noi restiamo gli oggetti pi misteriosi e sconosciuti. Pertanto, accantonando e mettendo tra parentesi le questioni relative alla natura, allarch, alla spiegazione della realt, Socrate mette tra parentesi anche quella sapienza di carattere rituale e sacrificale che aveva fatto da modello per la sapienza cosmica ed ontologica dei presocratici. Dobbiamo studiare noi stessi, ma ci si potrebbe chiedere se possibile studiare luomo prescindendo dai fondamenti delluomo perch quello che Socrate intuisce che andando in quella direzione ci immergiamo in problemi da cui non usciamo pi. Luomo non trova il significato da solo, nella dimensione orgogliosa del sapiente arcaico, ma nel dialogo con gli altri, lo trova nella convivenza e nello scambio con gli altri, uno scambio che non solo verbale e logico, ma anche educativo, culturale e soprattutto affettivo. Laspetto affettivo importante perch quello che, a mio avviso, Socrate intuisce con una profonda percezione delle esigenze dellessere umano non semplicemente una nuova definizione della sapienza filosofica, di grande suggestione, quanto proprio il modo con cui Socrate ricerca questa meta che un modo profondamente educativo, nel senso che vede nella filosofia, nella ricerca della sapienza uno strumento di educazione di se stessi e degli altri: uno strumento di apprendimento e di insegnamento, che pu funzionare solamente in un rapporto a tu per tu. Questo rapporto di tipo affettivo, che Platone teorizzer sotto forma di eros (tenendo presente che per i greci eros non indica tanto il sesso quanto piuttosto ogni relazione di tipo desiderativo e affettivo che pu includere anche i rapporti di tipo pi sentimentale e sessuale), mostra che Socrate capisce profondamente il funzionamento del desiderio. Tradotto nei nostri termini ci significa che Socrate capisce che luomo desiderio non dimentichiamoci di Eraclito per non vuole collegare il desiderio con le questioni angosciose e insolubili del sacrificio, della fondazione sacrificale, delle leggi della physis; Socrate dice che da qui non si viene fuori; capisce (per questo veramente grande) che il nostro desiderio funziona se ci sono dei modelli e il nostro desiderio diventa buono se i modelli sono buoni. 26) Differenza Socrate-Platone La nascita della filosofia greca giunge a una definizione ormai tecnicamente completa con Platone. Socrate si concentra sulla verit umana prima che su quella cosmologica, utilizzando discorsi brevi, mettendo in discussione e facendo partorire le idee (maieutica). Platone (considerato del filone dei Parmenide) comprende che la Grecia rischia di non avere futuro e si rif ai presocratici per garantire per garantire l'ordinamento della polis. 27) Paradosso dell'uomo giusto/ingiusto nella Repubblica, di Platone e 28) Idea del sacrificio in P. In seguito ai problemi evidenziati dai sofisti sul distacco tra nomos e physis, Socrate parla del paradosso della maggioranza della democrazia. La

democrazia si basa sul criterio della maggioranza e la maggioranza sembra un criterio ragionevole in base al quale prevale una qualche forma di giustizia perch passa ci che viene deciso dalla maggioranza dei cittadini. Ma il criterio della maggioranza non pu essere in s un criterio di giustizia perch se la maggioranza fatta di uomini violenti e ingiusti, che ne del criterio della maggioranza? La democrazia intesa come criterio della maggioranza non garantisce la bench minima forma di giustizia, in quanto ci pu essere anche una maggioranza di violenti. (Per Fornari: linciaggio spontaneo=forma pi antica di democrazia). Nel De Repubblica, Platone narra la vicenda simbolica di Gige che trova un anello magico grazie al quale pu diventare invisibile. Quindi acquisisce di colpo una possibilit di azione che altrimenti sarebbe assolutamente interdetta a qualunque essere umano, quindi lui pu commettere qualunque ingiustizia e non andare incontro alle conseguenze perch invisibile. Gige va a letto con la moglie del re e uccide il re stesso quindi diventa lui re. Abbiamo un uomo normale che diventa un terribile criminale e che per raggiunge i massimi vertici del potere politico. Allora lesperimento mentale di questo racconto consiste nellevidenziare come al posto del protagonista di questo piccolo apologo tutti gli uomini agirebbero nella stessa maniera, avrebbero cio la garanzia di una assoluta impunit. Nello stesso tempo per questo consentirebbe agli uomini capaci di diventare invisibili di raggiungere i massimi onori, di raggiungere le cariche pi alte e prestigiose venendo obbediti e venerati da tutti. In questa maniera si ha un uomo che si rivela assolutamente ingiusto ma che ha tutte le apparenze del giusto. E poi c il caso opposto. Cio immaginiamo un uomo che sia perfettamente giusto, luomo perfettamente giusto luomo che agisce secondo giustizia e la giustizia quella che si definita nel I libro e cio non fare del male agli altri perch luomo giusto quello che non fa peggiorare di stato le persone con cui ha a che fare o le cose che deve trattare, quindi lui non fa del male ma preferisce subirlo. Ma quindi un uomo che sia assolutamente giusto agir sempre in maniera retta e onesta per non si curer delle conseguenze e se unazione giusta lo porter ad esporsi, ad essere giudicato dagli altri come invece disonesto lui non ne terr conto ma agir sempre e comunque in modo conforme a giustizia. Quindi abbiamo due tesi: una la perfetta realizzazione delluomo assolutamente ingiusto, qui la perfetta realizzazione delluomo assolutamente giusto. Che gli altri mi ritengano un mostro non mi interessa perch io devo agire secondo la mia coscienza e la mia coscienza quella di un uomo perfettamente giusto. Non solo, ma noi possiamo aggiungere che essendo tutti gli altri uomini ingiusti come si detto nellipotesi precedente chiaro che il comportamento delluomo giusto sar normalmente giudicato in maniera negativa, sar frainteso o anche se non frainteso verr condannato come comportamento assurdo, privo di senso, irrazionale, ridicolo e tutto quello che volete. proprio agendo in modo giusto avr tutte le apparenze dell'ingiustizia. A questo punto, venendo riprovato e condannato da tutti che fine far luomo perfettamente giusto? Verr impalato. Il termine che usa Platone Timpanismos o apotimpanismos; non era propriamente parlando la

crocifissione che facevano i romani ma consisteva nel legare il condannato ad un palo molto strettamente ovviamente con un qualche sostegno e per in modo tale che il rimanere per lungo tempo legato a questo palo era fonte di grandi sofferenze. Bastava anche un piccolo furterello per peressere condannato a tale supplizio. Pur ammirando il giusto che ha tutte le apparenze dellingiusto e condannando linverso, lingiusto che ha tutte le apparenze del giusto, Platone non approva nessuno dei due nel senso che il giusto con tutte le apparenze dellingiusto dimostra di essere un uomo eticamente superiore, dimostra di essere un uomo saggio, un uomo sapiente, un vero filosofo per nello stesso tempo rimane confinato ad una situazione di impotenza mentre Platone vuole una realizzazione efficace, di carattere pubblico e storico dellidea di giustizia. Perch lidea di giustizia, che come tale fa un tuttuno praticamente con lidea di bene e quindi lidea pi importante, deve plasmare ed essere riconoscibile in tutta la realt. Come se ne viene fuori? Come realizzare la giustizia nella polis se la polis una comunit di uomini ingiusti che non appena hanno loccasione di farla franca sono pronti a commettere qualunque ingiustizia, e dove i giusti ammesso che esistano sono una ristrettissima minoranza spesso ridotta allimpotenza? E qua abbiamo lescamotage e cio Platone fa dire a Socrate: Va bene, non siamo riusciti ancora a trovare una definizione soddisfacente guardando ai singoli individui, ma perch non partiamo dallosservazione di qualcosa di pi grande e cio non partiamo dallosservazione di unintera comunit che sar verosimilmente un po una mescolanza di cose giuste e di cose ingiuste ( un metodo fenomenologico quello che propone Platone e come tale di grande valore anche scientifico e conoscitivo). In questa maniera noi potremmo vedere alcune cose giuste, altre ingiuste e noi facciamo tesoro degli elementi giusti che riusciremmo ad osservare per ricavarne qualche indicazione ulteriore sulla definizione di giustizia. [idea di sacrificio in Platone] Platone ha fatto emergere nella sua analisi senza rendersene conto la violenza intrinseca anche se di solito pi potenziale che pienamente manifestata, la violenza intrinseca ad ogni comunit umana, perch ingiustizia uguale a violenza in termini pi spicci. Non solo ma anche che chiunque si comporti in modo diverso diventa vittima. Perch se io mi trovo in una comunit tutta composta di uomini ingiusti e cio violenti e io sono lunico che non sono violento, che fine faccio? Divento la vittima degli uomini violenti. Non solo, ma Platone in questa maniera non solo identifica il meccanismo che porta alla vittima e la posizione della vittima ma addirittura arriva a dire che la vittima lunica rappresentante della giustizia. Solo che per lui questa non una definizione di giustizia in alcun modo spendibile perch il giusto che viene impalato o crocifisso rimane impotente, non realizza quella giustizia storica, pubblica, sociale che per un greco restava lunica definizione di giustizia, di bene. Platone ha individuato il meccanismo della vittima e ha capito in qualche misura, perlomeno intuito, che il meccanismo della vittima risale alle comunit umane in quanto tali e siccome luccisione delluomo giusto il massimo dellingiustizia, il trionfo supremo dellingiustizia, quindi sono le comunit umane in quanto tali, in base alle loro dinamiche interne, la fonte

dellingiustizia. Ma allora se cos, come potr fidarmi dellosservazione di queste stesse comunit per ricavarne un ideale di giustizia? magari si pu anche sostenere che proprio il momento della massima criticit pu diventare linizio di una soluzione per ci deve essere qualche fattore che mi consenta questo cambiamento radicale, questo rovesciamento. Ma le comunit umane in quanto tali non possono trasformarsi in fonte di giustizia, non se ne viene fuori, perch la fonte stessa del male l'umanit. 29) Differenza tra amore in Platone e per il Cristianesimo 30) Differenza religione greca - ebraico/cristiana e 31) Il sacrificio nel cristianesimo Nel primo caso, Dio oggetto di amore, nel secondo caso Colui che ama. In Grecia, umano e divino sono staccati. In Grecia un ladruncolo di polli poteva essere condannato a morte. Oggi noi protesteremo. Per Platone invece la cosa era assolutamente normale. Perch noi protestiamo e Platone no? Perch noi intanto storicamente siamo passati attraverso linfluenzamento cristiano. (Attenzione! Che si sia credenti o no queste cose qua credetemi centrano poco.) Riteniamo questo cose indegne di un paese civile. Perch noi siamo passati attraverso lesempio cristiano che ci mostra il giusto che ha tutte le apparenze dellingiusto che figlio di Dio ma in quanto uomo crocifisso. Questo esempio, che noi si creda o meno nellaffermazione che figlio di Dio, rimasto impresso a caratteri indelebili nonostante tutto nella nostra coscienza collettiva e nella nostra cultura. Per cui noi non accettiamo pi che la gente venga crocifissa in questo modo, neanche per motivi molto pi seri, figuriamoci per quelli che per noi sono piccoli reati. [amore in Platone] Nel mito della caverna (il prigioniero liberato deve riscendere), Platone capisce che la separazione tra umano e divino che caratterizza il mondo greco ha bisogno di un elemento di mediazione che lui identifica in Eros soprattutto, visto come essere demoniaco in parte umano e in parte divino. [Sacrificio cristianesimo]Anche il cristianesimo dice che gli uomini sono di per s ingiusti e se qualcuno di giusto si trova in mezzo a loro questunico giusto fa una brutta fine. Questo quanto sostiene il cristianesimo. Ovviamente per il cristianesimo dice una cosa diversa che Platone non pu dire perch una prospettiva assolutamente estranea al suo orizzonte culturale. C un presupposto che permette al cristianesimo di venir fuori da questa difficolt in cui invece Platone rimane coinvolto e intrappolato. Ges figlio di Dio, essendo figlio di Dio permette di far ritornare visibile la giustizia che lingiustizia e la violenza umana aveva cancellato al momento della crocifissione. Il cristianesimo parte dallo stesso identico problema di Platone, solo che il cristianesimo, anzich solo parlare di giustizia, ha anche unimmagine che ricorre molto spesso nei Vangeli: Il Regno dei Cieli, di Dio. Regno vorrebbe dire la realizzazione di una comunit pienamente pacificata, dove non c pi la violenza e dove al contrario regna lamore e la carit. Qui, a differenza di Platone, si mette al centro di tutto l'amore reciproco. Non si tratta solo di Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, ma Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te.

La stessa vicenda del giusto che ha tutte la apparenze dellingiusto di portare fra gli uomini, dimostrare agli uomini lunica vera giustizia che appunto quella del regno di Dio, quella testimoniata da Ges Cristo. [Differenza religione greca ebraico cristiana] Io non voglio i vostri sacrifici. I vostri sacrifici sono per me un abominio. Abominio nella Bibbia limmagine che significa la massima lontananza da Dio. Nel momento in cui io sono lontano da Dio io vivo nellabominio, sono un abominio. Perch? Perch sono lontano da ogni fonte di vita, quindi non sono io che procuro la vita al Dio di Israele con i miei sacrifici, come se questa divinit fosse un vampiro che ha bisogno di succhiare il sangue delle vittime ma al contrario sono io che ho bisogno di lui. Questa , a grandi linee, la rivoluzione operata dal monoteismo. I rapporti con le divinit nel mondo antico erano regolamentati dai riti e da tutta una serie di regole e di divieti. Se io violavo queste norme e questi riti io commettevo unimpurit, un sacrilegio e come tale ero meritevole di punizione. Il sacrilegio totalmente indipendente dalla mia volont morale. Se io entro in un tempio, ricolmo di sentimenti di amore e di venerazione per la divinit venerata in quel tempio e per nel mio entusiasmo commetto uninfrazione rituale, ad esempio mi precipito allaltare e abbraccio la statua della divinit io commetto un sacrilegio e come tale sono meritevole di punizione. Questo significa che il rapporto con la divinit sacrificale non un rapporto di tipo personale, indipendente dalle mie intenzioni, alla divinit non gliene frega nulla delle mie intenzioni. Se infrango e regole devo pagare. Siamo ancora nel mondo del sacro-arcaico. Ma allinterno di questa concezione di tipo sacrale si fa strada un po alla volta la nozione di un Dio che non solo unico, spirituale e onnipotente ma un Dio personale con cui prima il popolo di Israele nel suo insieme e poi ogni singolo israelita stabilisce un rapporto di tipo affettivo e personale. Quindi Dio vuole bene al suo popolo, ama il suo popolo e si arrabbia se il suo popolo viene meno alla fedelt rispetto ai patti. un Dio che vuole stabilire un patto, unalleanza, un accordo con il suo popolo. Per cui alla fine Dio parler a ciascun singolo israelita, potenzialmente a ciascun singolo uomo che pu stabilire con Dio un rapporto di tipo spirituale, morale e affettivo. Anche qui cambia radicalmente la concezione religiosa. 32) L' amore nel simposio / 33) Desiderio per Platone Eros riveste una posizione intermedia: non un dio, ma neanche un mortale: un qualcosa che nasce e muore di continuo; una metafora con cui si vuole dimostrare che non si pu mai possedere totalmente l'amore; l' amore metafora della filosofia perch l'uomo non possiede il sapere, ma si sforza per ottenerlo; pu riuscire ad avvicinarvisi,ma non si tratta comunque di una conquista definitiva: il pieno sapere irraggiungibile. Dunque Eros una semi-divinit intermedia. La tematica erotica strettamente connessa alla retorica. Quindi l'amore funzionale al pedagogismo. Non mira tanto all'amore reciproco, come invece avviene nel cristianesimo. E' come se la conoscenza venisse prima della persona. 34) L'aspetto religioso nel simposio Elemento importante nel simposio anche l'altare, luogo che unisce gli

uomini agli dei, accentuando il carattere rituale del simposio, infatti non va dimenticato che il simposio presenta anche un aspetto religioso quale la consacrazione agli dei di parte del vino consumato, ci che i Greci chiamano libagione, atto che precede il bere. Generalmente il primo cratere consacrato a Zeus e alle divinit olimpiche, il secondo agli eroi e il terzo a Zeus Sotr; il posto occupato da Dioniso in questa procedura quello di oggetto dell'offerta, in quanto dio del vino. L'aspetto religioso che in presenza di questo luogo sacro, si faccia della dialettica. Quindi ancora a sottolineare la sacralit del logos e della dialettica. [risposta incompleta] 35) La logica del cristianesimo e 36) Concetti di Filosofia ripresi nel Cristianesimo e 37) Cosa c' di non religioso nel cristianesimo (=la logica e la ragione) Il cristianesimo si rif a tutta una serie di fenomeni, atteggiamenti comportamenti e riti tipici di molte altre religioni, ma questa cosa non la pi importante perch la pi importante il legame conoscitivo con lesperienza, legame che possiamo afferrare anche con la nostra razionalit. Questo non significa che il cristianesimo sia una religione interamente razionale, ma che ha un nucleo importante di razionalit, ossia un aspetto conoscitivo che non va mai sottovalutato. (V. significato di satana, scandalo, porgi l'altra guancia). I Vangeli vogliono condurci verso il punto di origine nei linguaggi, nelle forme ovviamente accessibili a quel tempo. E tutto questo avviene non in relazione ad un principio astratto come nella filosofia greca, bens in relazione ad una persona. Ci avviciniamo ad unesperienza originaria in cui anche Cristo diventa vittima solo che stavolta la vittima pienamente rivelata, pienamente manifestata. Mentre prima la vittima occultata permetteva la manifestazione dei fenomeni e della conoscenza, adesso accade la stessa cosa, ma attraverso il procedimento contrario: la visibilit della vittima che diventa essa stessa fenomeno e manifestazione. Quindi lo stesso identico tipo di situazione, ma rovesciato radicalmente nel suo significato. La visibilit non pi a spese della vittima, ma la visibilit della vittima in persona. In questo rovesciamento si attua per cos dire lunicit che i Vangeli attribuiscono a Cristo. Ges Cristo ci presenta come alternativa radicale alluniverso chiuso dellimitazione violenta luniverso dove veniamo schiaffeggiati. In questo universo Ges Cristo si presenta come il modello, lunico seguendo il quale, se lo vogliamo, troviamo la forza di porgere laltra guancia individuando la razionalit penetrante che motiva questo comportamento. Cosa vuol dire razionalit? La tradizione cristiana parla a questo punto di ragione divina, una definizione tradizionale che, riletta con queste considerazioni, riceve un nuovo significato. Oggi nessuno parla pi di ragione divina (nemmeno i teologi) perch unespressione che appare troppo staccata dalla realt, ma se seguiamo questi percorsi molto concreti vediamo che questa espressione apparentemente astratta recupera un significato molto preciso. C quindi una razionalit rigorosa, quasi matematica che non una razionalit semplicemente umana. Ha una marcia in pi, va al di l del

calcolo razionale che siamo abituati a fare relativamente di solito a noi stessi o alla cerchia pi immediata che ci sta intorno. Seguendo questo modello, accettandolo in termini cristiani evangelici questo significa amandolo, il rapporto deve essere di amore, di vicinanza riusciamo a seguirne il criterio di razionalit interna. Siccome Ges Cristo si presenta come esterno alluniverso chiuso della violenza mimetica umana, ecco che Egli appare veramente come il Figlio di Dio, cio come il portatore di una razionalit superiore a quella umana, di una realt che trascende la nostra, ma che presente in mezzo alla nostra realt. Ha ambedue gli aspetti: contemporaneamente uomo e Dio. Dunque rapporto di imitazione: imitazione di Cristo oppure imitazione dei modelli negativi, violenti, dei modelli di persecuzione che ci sono tra gli uomini che sono riconducibili alla figura di Satana. La grande alternativa Cristo o Satana, il difensore dei capri espiatori oppure colui che li accusa. Ges Cristo perdona perch tanto buono ed tanto buono perch figlio di Dio? Tutto questo privo di significato dal punto di vista razionale perch a questo punto uno potrebbe obiettare come fanno tanti: ma che senso ha questa storia? Io non credo nella divinit di Ges Cristo e quindi non me ne potrebbe importare nulla dellepisodio di Cristo. La spiegazione invece rigorosamente razionale da un punto di vista proprio filosofico, antropologico, storico; si tratta di ragionamenti constatabili, nulla di misterioso e basta il nostro cervello. Lintero edificio che stato costruito su questi episodi e sulla figura centrale di Ges Cristo, tutto quello che stato costruito in termini teologici, religiosi, interpretativi, anche istituzionali, ha una sua ragione riconducibile a questo. Il ragionamento di fondo lo si pu sintetizzare in due parole, ovviamente uno liberissimo di non ritenerlo valido, ma si tratta di posizioni che hanno quindi una motivazione riconoscibile: solamente un essere di provenienza divina poteva essere capace di fare questo. Il ragionamento che alla radice dellintera riflessione teologica su Cristo, dellintera cristologia che un uomo capace di fare questo non pu essere soltanto un uomo, un uomo al cento percento, ma deve avere una provenienza pi che umana perch capace di portare una verit, una razionalit che non coincide con quella degli uomini. Quindi la razionalit dei Vangeli supera ogni divisione fra credenti e non. In Grecia, quando un ladruncolo veniva condannato a morte e subisse un supplizio, per Platone era una cosa irrilevante perch un ladruncolo non era degno della sua attenzione. Il cristianesimo rifiuta in blocco una cosa del genere perch il suo stesso fondatore ha subito un supplizio del genere e lo ha subito ingiustamente e questo viene detto a chiare lettere dai Vangeli, dallinsegnamento evangelico. Il cristianesimo, per quanto io possa continuare a disprezzare gli altri e a trarre piacere dal vedere un ladruncolo condannato allimpalamento o alla crocefissione, condanna questi comportamenti. Che io mi voglia chiamare o no cristiano, irrilevante. Il messaggio dice che queste cose non vanno fatte; se le faccio, responsabilit mia, me ne assumo la responsabilit, ma questa comunque una colpa, invece per Platone questa non una colpa. Per noi naturale provare orrore allo spettacolo di una testa decapitata, pubblicamente mostrata per le strade. Che cosa c di naturale in questo atteggiamento? Non c nulla di naturale in questo atteggiamento, la cosa

pi innaturale e pi culturale che si possa immaginare, ed dovuta ad una influenza culturale precisa. Il fatto che troviamo questa reazione naturale non indica la naturalit della reazione, ma la profondit e il radicamento di uninfluenza culturale; i cambiamenti pi forti sono quelli di cui non ci accorgiamo, li troviamo normali, scontati, sono un po come laria che respiriamo alla quale normalmente non pensiamo. Non assolutamente una questione di sensibilit; la sensibilit casomai viene dopo, una conseguenza. La differenza proprio di consapevolezza, di percezione perch ci rendiamo conto del valore di un essere umano e dellorrore morale e simbolico del trattarlo da carne da macello. Non provo orrore davanti ad una testa tagliata per un fatto sentimentale, provo orrore perch mi fa orrore una violazione inaccettabile della dignit dellessere umano, altro che sentimentalismi: questi sono princpi. [NB!]C unimmagine delluomo che anche limmagine di Dio; se violo limmagine delluomo, violo anche quella di Dio; mentre nel mondo antico, mondo umano e mondo divino possono avere vari rapporti, ma restano nettamente distinti: quello che spetta agli dei non spetta agli esseri umani perch gli esseri umani sono inferiori. In sintesi, nel cristianesimo (soprattutto quello medioevale) ritroviamo parecchi elementi del mondo antico; per esempio, il Cristianesimo antico e medioevale non rinnega lidea di kosmos, cio di un mondo ordinato con tutte le sue parti distinte; solo che questa idea resta subordinata al Dio creatore del mondo che come lo ha creato cos un domani lo distrugge nel Giudizio finale. - Unaltra cosa forse ancora pi importante che il cristianesimo ha in comune col mondo antico il desiderio di salvezza: nel mondo antico si erano diffusi molti culti a cominciare dallorfismo in cui lindividuo si rivolge ad unistanza divina superiore per essere salvato proprio nella sua anima; si assiste alla nascita di una nuova interiorit che il cristianesimo realizza; c quindi un elemento di continuit. Luomo antico prova angoscia: lantica Grecia aveva scritto le tragedie dove c langoscia per la violenza umana. Il cristianesimo d risposta ai problemi che il mondo antico si era posto e che non era riuscito a risolvere (pensiamo di nuovo allinizio della Repubblica di Platone): c una fortissima continuit senza la quale il cristianesimo non sarebbe riuscito a diffondersi nel mondo antico. - Il cristianesimo d una chiarezza di distinzione che nel mondo antico non esiste, per cui luomo veramente uomo, mentre invece nel mondo antico luomo resta da un lato confuso con il mondo degli dei che hanno bisogno dei suoi sacrifici, per se ne stanno per conto loro, ma nello stesso tempo hanno scambi, commerci e relazioni damore con gli umani, poi ci sono degli esseri per met umani e per met divini, ecc... - Cos come con la natura: luomo un essere naturale, per ha anche la capacit di ragionare, ha il nous; venera gli dei, per nello stesso tempo un animale come gli altri. Il cristianesimo prende tutti i termini del problema delluomo, del rapporto con la religione, del rapporto con il mondo che ci sono nel mondo antico, ma li distingue con una chiarezza che consente di rimetterli insieme. C un salto di qualit, pur nella continuit degli elementi costitutivi e nei contributi importantissimi che vengono dalla cultura antica. Da un punto di vista filosofico, scientifico e giuridico la cultura ebraica e cristiana erano

analfabeti rispetto ai Romani; lenorme passo in avanti lo hanno fatto dal punto di vista religioso e antropologico; in questo senso torniamo alla nostra civilt come unione tra queste due grandi fonti. 38) L' auctoritas della Chiesa nel Medioevo Da un punto di vista storico auctoritas significa autorit, un termine derivato dal mondo romano. Nel Medioevo lauctoritas di due tipi: quella della Chiesa e quella dellImpero. Dopo la caduta dellImpero Romano dOccidente, dopo che il dominio dei Longobardi viene sconfitto ad opera del regno dei Franchi, il vincitore Carlo Magno nel Natale dellanno 800 viene incoronato dal Papa in San Pietro Imperatore dei Romani. Come sapete, questo impero romano rifondato viene rifondato dal papa stesso il papa a incoronare il nuovo imperatore, si tratta dunque di un impero cristianizzato che prende il titolo di Sacro Romano Impero: come dire, lImpero romano rinato, ma sotto forma cristiana. Rinasce l'impero ed definito come auctoritas. Che cosa vuol dire auctoritas dal punto di vista etimologico? Significa che se sono investito dallauctoritas posso agire come auctor, posso essere lautore di unazione. C una nozione fortemente sacrale allinizio di tutto questo, inutile dirlo. Lauctoritas come colui che agisce colui che ha in pieno il diritto di muoversi e di intervenire; gli altri gli devono obbedire. Lauctoritas la fonte dellazione intesa in senso religioso, politico, giuridico e chi ne investito diventa a sua volta abilitato ad agire. (Limperatore investito della massima auctoritas mi d un ordine e io, suo luogotenente, agisco in suo nome e divento a mia volta unauctoritas, do lordine a un mio sottoposto e questi autorizzato ad agire.) Lauctoritas autorizza, cio trasmette lauctoritas. Questa struttura si trasmette anche al cristianesimo, ma con un significato che deriva dal messaggio cristiano. La prima auctoritas, per quanto riguarda il Medioevo, quella della Chiesa. Lauctoritas nel cristianesimo sarebbe quella detenuta da Cristo, il quale agisce a sua volta a nome del Dio che lha mandato e che nei Vangeli egli definisce come suo Padre. C una caratteristica trasmissione di potere che sembra essere in comune con quelle tradizionali. Lauctoritas che esercita Cristo per non avviene semplicemente nei modi classici del potere sacrale che si rif a qualche sacrificio e si stabilisce e si esercita a spese di qualche vittima sacrificata. necessario infatti riflettere anche sul fatto che dal sacrificio derivano le istituzioni politiche, le leggi, le punizioni per chi viola le leggi. La punizione pi grave era la pena di morte, che ha molte caratteristiche in comune nellantichit con il sacrificio. Vi quindi tutta una serie di istituzioni e legami che legano lautorit del mondo antico alla sfera sacrale. Ges Cristo per non pu esercitare lautorit in questo senso perch contro il sacrificio, non vuole vittime sacrificali. Nello stesso tempo i Vangeli gli attribuiscono una autorit suprema. Il potere di Cristo si manifesta nella sua massima pienezza, la plenitudo potestatis, in un momento assolutamente paradossale per la logica consueta del potere, ossia la Passione, e di conseguenza la Resurrezione. Il momento del trionfo di Cristo, trionfo non in termini materiali, sacrificali e violenti, ma spirituale, il momento della Crocifissione. Cristo manifesta la sua pienezza

di potere, la sua sovranit, nel momento per la nostra mentalit pi abissalmente lontano da qualunque tipo di sovranit: quando Cristo muore come una vittima inerme inchiodato ad una croce. Questo il vero trionfo di Cristo. Cristo manifesta questa sovranit nel momento in cui sconfitto perch venendo sconfitto prende il posto della vittima, la rivela e rende incancellabile la rivelazione. Questo la vera sovranit, il vero potere. un potere che esprime unaltra logica che diversa da quella che seguiamo noi. Non una logica di tipo sacrificale, violento, ricattatorio, intimidatorio, ma la logica dellamore che comanda di porgere laltra guancia e prendere il posto della vittima piuttosto che provocare altre vittime. Questo il potere e la sovranit. Da questa constatazione ne discende che, in linea di principio, sempre parlando di principi informatori, quando il papa della Chiesa di Roma, o chi per esso (pu essere un vescovo fino ad arrivare al popolo cristiano), dichiara di essere una auctoritas, poich il vicario di Cristo e successore di Pietro, deve essere chiaramente in continuit con linsegnamento di Cristo. Ma linsegnamento di Cristo, lauctoritas di cui lascia lesempio quella di accettare anche di morire in croce pur di testimoniare un messaggio di tipo radicalmente diverso da quelli di cui siamo abituati. Il paradosso sta nel fatto che la Chiesa rivendica una autorit suprema perch proviene da Ges Cristo Figlio di Dio (sembra non esserci pretesa pi grande di questa), pretesa per cui la Chiesa ancora oggi viene severamente rimproverata perch vista come segno di un potere oppressivo. Vuole comandare, imporre la sua volont. Il significato profondo dellautorit della Chiesa giungiamo al vero significato del modello di Cristo che quello del servo obbediente che pur di salvare gli altri accetta di morire in croce. Lautorit della Chiesa perci lautorit della croce e, nel momento in cui viene rivendicata una autorit suprema perch proveniente da Dio stesso, questa autorit suprema. Il potere che deriva dal sacrificare la propria vita per il bene degli altri. Questo il vero significato dellauctoritas in senso cristiano o, se vogliamo, in senso cristologico. Questo significa che il principio transitivo dellauctoritas, in qualche misura transitivo, si applica anche nel cristianesimo, ma in una maniera conforme al messaggio evangelico, allauctoritas di Cristo. Cristo esercita lauctoritas suprema perch ha accettato di subire il sacrificio supremo per la salvezza degli altri. Quelli che vengono dopo di lui possono esercitare la stessa auctoritas se e nella misura in cui accettano di fare altrettanto. Lanalisi dellauctoritas dimostra come storicamente e culturalmente il cristianesimo si sia affermato non continuando la logica di violenza di prima, tipica logica di tipo sacrificale, n contrapponendo alla vecchia logica sacrificale una logica radicalmente opposta, ossia una logica anti-sacrificale. (NB!)Questa tendenzialmente la posizione che ha anche Girard: il messaggio di Cristo come messaggio anti-sacrificale che rifiuta la logica del sacrificio. Ma se il messaggio cristiano si limitasse a rifiutare la logica del sacrificio, a rigettarla, come potremmo essere salvati noi esseri umani che dipendiamo dalla logica del sacrificio? Non solo, ma il nostro codice genetico culturale

imbevuto di sacrificio. Non potrebbe esistere senza il sacrificio e lumanit non sarebbe nata. Un messaggio radicalmente opposto al sacrificio come farebbe a salvare degli esseri dipendenti in tutto dal sacrificio? La vera soluzione sta invece in una difficile via mediana: impadronirsi del sacrificio, che quindi rimane perch storicamente e antropologicamente necessario, solo che questo sacrificio viene rovesciato di significato. Mentre prima era il sacrificio della violenza ora diventa quello dellamore. In questa maniera tutte le forme e le istituzione derivate dalla violenza, venendo reinterpretate, non cambiano in se stesse perch la violenza umana rimane sempre la stessa. Ricevono per un nuovo significato capace di leggerle e di sovvertirle dallinterno, innanzitutto a livello simbolico e spirituale, che per quello decisivo. Questa la lenta trasformazione che il cristianesimo introduce nella storia occidentale diffondendola nel corso del Medioevo. 39) Il ruolo di Dante (chi rappresenta nella Divina Commedia) Dante applica lidea cristiana e medioevale di auctoritas per cui Virgilio, quando giunge il momento di congedarsi da Dante perch ormai il suo compito esaurito (essendo un poeta pagano non degno di accompagnare Dante nel Paradiso), gli dichiara con parole solenni che, siccome ha conosciuto i regni del male e del peccato, diventato pontefice e imperatore di se stesso. Dante non semplicemente diventato il fedele e lobbediente servitore di Chiesa e impero, ma ne diventato lui stesso lincarnazione. In questa maniera Dante ci fa capire che lobiettivo dei due poteri universali non quello di unumanit cristiana umilmente sottomessa, ma quello della realizzazione piena dellauctoritas in ognuno di noi, in ogni singolo cristiano, di cui Dante semplicemente il simbolo, lanticipazione simbolica. Dante rappresenta simbolicamente lintera umanit del suo tempo e quindi anche tutti i peccati dellumanit del suo tempo. Dante rappresenta l'intera umanit, o meglio, l'intera cristianit. Virgilio rappresenta anche quello che di grande lumanit ha fatto prima della rivelazione cristiana. Rappresenta quella che in linguaggio tradizionale viene chiamata ragione naturale, la razionalit umana come si pu sviluppare senza laiuto soprannaturale della rivelazione. Beatrice indica colei che d beatitudine. Nel cristianesimo colei che d la beatitudine la sapienza stessa di Dio, la ragione divina, come si diceva allora. il messaggio stesso del dio cristiano che Dante incontra, ma fa fatica a capire. Alla fine per ne riceve un saluto, un segno di comunicazione e riconoscimento. C' da dire che questi simboli non sono una realt sovrapposta. Per creare un simbolo sufficiente anche un oggetto indifferente a cui per convenzione si attribuisce la rappresentazione di qualcos'altro. Arbitrario, insomma. I simboli adoperati da Dante non sono simboli in questo senso. Sono simboli che generalmente hanno il nome pi appropriato di figure. La figura un simbolo, ma siccome si tratta normalmente di una persona, di un personaggio veramente esistito o di cui si pensava che fosse veramente esistito, questo personaggio pu simboleggiare qualcosa daltro, ma nello stesso tempo se stesso. Questo perch in lui, nella sua vita, nella sua figura e nel suo personaggio c qualcosa che anticipa il messaggio cristiano, la

figura di Ges Cristo, oppure lo rappresenta se il Cristo gi venuto al mondo per portare la salvezza. Non perdo la mia identit personale, ma da un punto di vista cristiano la realizzo al massimo. Per cos dire, divento un simbolo vivente di una realt superiore che attraverso la mia scelta e il mio coraggio coincide con la mia realt. Non si tratta pi quindi di un simbolo scelto per convenzione, ma una specie di simbolo incarnato. Questa la figura. La Divina Commedia una grandiosa narrazione di tipo figurale in cui si ha una simbologia di questo tipo. 40) Dante e l'amor cortese Virgilio rappresenta la ragione umana nei suoi risultati pi ampi e Beatrice che rappresenta la ragione divina; la ragione divina non in contraddizione con la ragione umana ma va infinitamente al di l di essa, la completa e la realizza per per raggiungere questo scopo la ragione umana deve essersi sviluppata ed esercitata rendendo luomo capace di comprendere e di scegliere. Quindi abbiamo un uomo che da solo impotente a salvarsi ma che grazie alle sue capacit pu sviluppare la sua conoscenza e sviluppare la propria capacit di scelta, se Dio parlasse a degli animali questi da soli con le loro forze non sarebbero in grado di fare pi di tanto. Dio invece vuole parlare a degli esseri capaci di rispondergli esplicitamente di si, di dire razionalmente Si, sono daccordo, accetto questa cosa, voglio questa cosa. un po il tipo di passaggio, la ragione umana cos come il paganesimo, il passaggio intermedio tra la sfera animale e la sfera divina. Quindi ci vuole una figura intermedia, una bestia che diventa intelligente e quindi ha in s qualcosa di superiore e di spirituale ma non talmente spirituale da essere ormai a posto da aver raggiunto la natura divina. Dio non vuole un automatismo, questo passaggio deve essere il risultato di una scelta, di un apprendimento, di una crescita, di una maturazione. Luomo pu diventare angelo, questo un processo storico, non un risultato mitologico ma lo diventa con la sua libera scelta diventando grande ma diventa grande sviluppando le sue capacit, ecco la funzione di Virgilio, per c Beatrice che lo chiama in soccorso senza per incontrare direttamente Dante, Dante non ancora in grado di comprendere Beatrice, non ancora in grado di incontrarla simbolicamente e figuralmente. [NB!] Nel medioevo usavano spesso la donna amata come simbolo spirituale, tuttavia essa sta anche a significare Quindi Beatrice rappresenta lamore di Dante, cio lamore provato da Dante, di cui Dante capace, solo che questo amore da solo in quanto desiderio umano resta insufficiente. Ecco che allora per sprigionarne le potenzialit e svilupparlo al massimo grado deve arrivare la sapienza divina con il suo amore infinito ed questa la sapienza Beatrice, cio beatificatrice che salva lumanit non appioppando in una specie di amore di cui luomo non vuole saperne ma facendogli capire, facendogli vivere che questo amore che viene da Dio la realizzazione perfetta di unesperienza damore che noi gi proviamo nel nostro piccolo che lamore che noi abbiamo per le persone a cui vogliamo bene ed lamore che sentiamo in modo particolarmente intenso quando ci si innamora. Ecco che qua abbiamo la simbologia molto profonda, molto importante dellAmor Cortese. LAmor Cortese del Medioevo quella tradizione poetica, filosofica,

teologica che vede nellamore lesperienza centrale delluomo e questo amore inteso proprio come innamoramento viene visto come anticipazione, prima manifestazione anche se ancora imperfetta dellamore che dovrebbe congiungere luomo a Dio, ed lamore che Dio prova verso luomo, questo amore ovviamente si realizza nella figura centrale di Cristo. Nella concezione dellAmor Cortese lamore realizza s stesso compiutamente nel momento stesso in cui viene provato, dopo vero che subentra il desiderio di essere con la persona e tutto quanto per la scintilla dellamore qualcosa di sovranamente disinteressato, se lamore non ha questo aspetto disinteressato non un sentimento sovrano. Quando noi ci innamoriamo abbiamo assolutamente la percezione fenomenologica di essere dominati da qualcosa di pi grande di noi. LAmor Cortese lesperienza dellamore s come sentimento, ma prima di tutto come manifestazione nei nostri sentimenti di un potere superiore, questo potere ha qualcosa di divino perch si impadronisce di noi, anche con la violenza. Quindi siamo noi che dobbiamo obbedire allamore, non lamore che deve obbedire alle nostre voglie e ai nostri capricci e ai nostri bisogni. Laspetto psicologico esiste, esiste anche laspetto del bisogno ma come conseguenza di unesperienza che ha un significato ben diverso, che un significato pi che psicologico, un significato antropologico di tipo spirituale, qualcosa che viene dalla nostra storia, qualcosa che esprime la ragion dessere stessa per cui siamo al mondo, altro che bisogno! Ecco che quindi lAmor Cortese in questa maniera lamore che provano le anime cortesi, cortese deriva da corte, la corte era la corte del principe o del signore feudale, allora nelletichetta di corte bisognava far vedere che si era degli esseri superiori e quindi si era superiori ai desideri volgari della gente da poco quindi bisognava comportarsi, spesso era una messa in scena, superiori e disinteressati. Poi per questa motivazione di carattere pi sociale, sociologico si trasformata in una nozione di carattere spirituale, cio la comprensione di questi poeti che lamore cristiano coincide con lamore cortese inteso in senso spirituale. Quindi se io mi innamoro secondo le modalit dellAmore Cortese, in questo innamoramento anche se lamore mi fa soffrire, soprattutto in un certo senso se mi fa soffrire io riesco a superare le barriere del mio egoismo, a voler soltanto il bene della persona di cui mi sono innamorato in questa maniera io realizzo le condizioni dellAmore Cortese. Ma queste condizioni dellAmore Cortese mi portano a sacrificarmi per la persona di cui sono innamorato e quindi mi portano a realizzare il vero e unico amore nel Cristianesimo che lamore di Ges Cristo per gli uomini. Quindi lAmore Cortese attraverso lesperienza dellinnamoramento lesperienza dellamore di Cristo, diventa addirittura quindi unesperienza di carattere religioso, di carattere mistico. Quindi siamo in un contesto molto diverso da ci che noi normalmente intendiamo per innamoramento. 41) Differenza tra Medioevo e Et moderna Nella filosofia moderna quello che caratteristico che non c pi una realt predefinita avente delle caratteristiche oggettive come poteva essere per gli antichi o come in sostanza era ancora nel Medioevo che non c pi una realt gi strutturata che noi dobbiamo limitarci a registrare e a osservare se vogliamo rendere la nostra conoscenza vera. Ci sono molti avvenimenti che scombussolano il mondo medievale: la

scoperta dell'America, la riforma luterana che causa una rottura i cristiani, le rivoluzioni francese ed americana, la rivoluzione industriale. In filosofia ci sono enormi sviluppi, soprattutto sul tema politico e della conoscenza, ma latita il tema antropologico. Si studia il come della conoscenza(scienza) ma non la sua origine(antropologia-filosofia). Nel mondo antico e in parte nel Medioevo c ancora una visione di tipo oggettivistico, ossia esiste una realt oggettiva creata da Dio o dotata, come nellantichit, di una forza di origine sacrale e luomo per conoscere in maniera veritiera deve rispecchiare questa realt, ne deve essere proprio la riproduzione fedele, nella misura in cui non lo fa la sua conoscenza non sar degna di fede; quello che possiamo riscontrare facilmente in Platone: nel mito della caverna abbiamo i prigionieri sul fondo della caverna che vivono in un mondo irreale perch scambiano le ombre proiettate dagli oggetti per lunica realt oggettiva, ma quando il prigioniero liberato si volta verso gli originali che proiettano le loro ombre e poi man mano che sale finch non raggiunge la visione delle idee ecco che finalmente la sua visione registra la vera realt e diventa a sua volta vera. Quindi abbiamo una realt gi organizzata di cui luomo parte ed espressione e luomo raggiunge la verit nel momento in cui si uniforma a questa realt. Nel Medioevo questo schema, a grandi linee si pu dire che rimane anche se c un cambiamento fondamentale nel senso che non abbiamo pi una realt sacrale ma abbiamo una realt creata dal Dio unico, della tradizione ebraico-cristiana e in ultima analisi nel Medioevo lunica vera conoscenza il mettersi in contatto con Dio, cio lunica vera realt oggettiva quella di Dio stesso e il Dio cristiano non un semplice oggetto perch una persona; quindi lo schema antico si modifica in profondit anche se la linea generale del ragionamento sulla conoscenza non cambia radicalmente, cambia per nel suo principio fondamentale che Dio e Dio una persona, non una realt semplicemente gi esistente e gi formata. Per il problema non viene affrontato direttamente, comincia ad essere affrontato nel Rinascimento quando sottolineando il ruolo storico delluomo ed esaltandone le capacit luomo comincia a diventare protagonista del mondo e diventa il punto di partenza della riflessione filosofica, quindi con il Rinascimento lattenzione al problema antropologico conosce un altro importante passo in avanti. Luomo quindi grande, il protagonista della realt perch ha di superiore rispetto alle altre creature la capacit di conoscere. Quindi mentre prima la conoscenza vera perch riflette una realt vera adesso laccento si sposta sulluomo che conosce, sul soggetto conoscente e in questa maniera gli equilibri si modificano, non pi la conoscenza umana che gravita intorno alla realt ma comincia ad essere la realt che gravita intorno alluomo che ha le capacit di conoscere, cio si comincia a capire che il ruolo, lapporto delluomo alla conoscenza non latteggiamento di tipo contemplativo che registra una realt superiore ma svolge al contrario una funzione attiva, quindi la conoscenza non si limita a registrare qualcosa di gi fatto ma copartecipe della realt conosciuta perch la plasma, la interpreta secondo le sue caratteristiche. Il pensatore che finisce di focalizzare il problema della conoscenza come problema centrale della filosofia sar Cartesio nel Seicento, il quale nel suo discorso sul metodo introduce il dubbio universale: se noi possiamo dubitare di tutto non possiamo per dubitare di una cosa che rimane e cio del fatto

che noi dubitiamo. Questo certo. In altre parole: lultima certezza che resta quella relativa a noi come soggetti pensanti. Da qui Cartesio ricava la frase pi famosa e rappresentativa della sua filosofia: Cogito ergo sum cio Penso dunque esisto. In questa prima persona singolare c uno degli equivoci della moderna filosofia moderna della conoscenza e cio lequivoco di studiare il problema di ci che possiamo conoscere, di come possiamo conoscere, ecc, a partire da un singolo soggetto conoscente e questo un errore perch studiare il singolo soggetto conoscente. Prima di esistere individualmente noi esistiamo in maniera relazionale, esistiamo allinterno di un gruppo, di una societ, di una collettivit. Allora ci accorgiamo molto pi facilmente del ruolo fondamentale che svolge limitazione nellapprendimento, nella strutturazione della nostra conoscenza, della nostra mente. Noi siamo capillarmente imitativi mentre invece nella moderna filosofia della conoscenza partendo dal soggetto, dal cogito ergo sum o equivalente ha fatto astrazione dalle reali relazioni mimetiche che consentono alla nostra mente di svilupparsi e di conoscere e quindi abbiamo avuto una pericolosa astrazione che ha creato, ha favorito lillusione che la conoscenza sia una specie di operazione, di materiale che noi secerniamo un po come il ragno secerne il filo con cui fare la ragnatela, ma questa una visione totalmente erronea, noi non secerniamo da noi stessi, certo arriviamo a fare questo ma dopo che noi abbiamo appreso per via imitativa, non c altro modo. Inoltre, in epoca moderna assistiamo ad un'ulteriore decadenza dei due vecchi poteri universali del medioevo e nasce invece l'Europa moderna organizzata attorno alle nazioni europee. 42) Istinto apollineo e dionisiaco La tragedia greca non ispirata a Dioniso come semplice curiosit di carattere storico, ma ci parla del msg + profondo che la tragedia ci vuol comunicare: assistendo a questa, l'uomo deve ricordare e tramite questa rivivere la sua origine, quindi la dimensione sacrificale. Dioniso il dio sacrificale per eccellenza: nei cuoi culti si passava dall'estasi al culmine del sacrificio. Quindi la tragedia greca ricorda questa dimensione da cui l'uomo proviene e che l'uomo deve ricordare se non vuole cancellare se stesso. Tragedia: momento in cui l'uomo greco rivive le sue origini dionisiache e le trasforma in conoscenza, tramite la rappresentazione. La divinit che per eccellenza presiede alla conoscenza e all'arte il fratello di Dioniso, Apollo. Il dio di Delfi a cui attribuito l'oracolo, la capacit di svelare il futuro nei detti enigmatici. Apollo l'ispiratore dell'arte e dell'armonia x le quali la civilt greca diventata famosa. Nietzsche capisce che questa armonia apollinea non sarebbe possibile se non fosse alimentata dalla dimensione orgiastica e sacrificale di Dioniso. Dioniso e Apollo sono i due principi apposti e complementari. Il Dionisiaco quello originario, naturale, dice Nietzsche, senza cui l'umanit non potrebbe nemm.esistere, e al quale deve di tanto in tanto ritornare. Ma esso ha anche una forza distruttrice, che quindi non pu prevalere nella vita civilizzata degli uomini, in quanto se non viene tenuto a bada sarebbe catastrofico, deve quindi essere controllato dall'istinto apollineo, il quale

per, da solo, non raggiungerebbe certi risultati senza la forza dionisiaca senza che continuamente la alimenta: riti e tragedia. La tragedia ha il contenuto dionisiaco della morte dell'eroe, con la dimensione armoniosa dei mezzi artistici con cui il tutto viene inscenato. Con questo, Nietzsche non vuole solo parlare solo dell'uomo greco, ma delle origini del genere umano! Con Socrate e Platone avviene un oscuramento di questa origine. Essi fanno prevalere lo spirito raziocinante, allontanando e condannando come immorale lo spirito dionisiaco. Un allontanamento razionale e morale che in realt rappresenta una decadenza perch si allontana la dimensione originaria. Si ha una falsificazione antropologica che crea una struttura di potere, dice Nietzsche, chiamata morale, somma di tutte le negativit dell'uomo occidentale. Il cristianesimo poi proseguir perfezionando questa via, e condanner direttamente la dimensione dionisiaca, perch il cristianesimo rifiuta il sacrificio, quindi quello che l'uomo . Cristo chiede all'uomo di non essere umano, cosa assurda secondo Nietzsche perch parte dalla premessa erronea di rifiutare ci che realizza l'uomo stesso. 43) Nietzsche: la risposta ke d al fatto ke l'uccisione di dio stata svelata..come la risolve.. Nel pensiero di Nietzsche la croce una presenza nascosta quanto centrale. Essa svolge un ruolo occultamente strategico gi nell'aforisma 125 della Gaia scienza, il testo fondatore della contemporanea morte di Dio. L'inesistenza di Dio fa parte del messaggio che l'aforisma intende trasmetterci, ma non in quanto constatazione di un'inesistenza irreversibile. Nietzsche vuole molto di pi di questo cieco e banale ateismo: ci a cui mira un'inesistenza di Dio intesa come presa di coscienza di un'uccisione che l'umanit ha commesso nella notte dei tempi, e che ora essa dovrebbe rivendicare spavaldamente quale sua presa pi gloriosa, e oltrepassamento di tutto ci che stata finora, quale realizzazione di un'oltre- o super-umanit. Nietzsche si rende conto che la sua epoca un po' quella della resa dei conti, in cui l'uomo arriva a conoscere se stesso in una maniera senza precedenti. La solitudine esistenziale inizia ad essere focalizzata. Nietzsche accusa il cristianesimo di aver coperto le origini dell'umanit, per di alimentarsene di nascosto. Cos facendo per essa sopprime la volont di potenza, ovvero lo slancio che ogni uomo ha a realizzare al max se stesso. La volont di potenza privilegio dei pi forti. Egli stesso, sottintende, incluso in questa categoria. I deboli allora si coalizzano,perch da soli non ce la fanno. L'unione x fare la forza. Non s'impongono con la qualit, ma con la quantit. Cos i pi furbi di loro s'inventano la morale. Questi furbi sono i preti che rendono proibito tutto quello che tipico dei pi forti e che in epoche remote era normale. Ma le ns tendenze sono sempre quelle, secondo Nietzsche. Quindi la morale sopprime ci che di vitale vi per elogiare la sua soppressione. Nel cristianesimo vi quindi una volont di potenza ipocrita che inquina l'uomo. Egli ricerca una dimensione autentica, dionisiaca e spazzare via tutte le menzogne. L'esigenza di recuperare le origini fondamentale, ma la cultura europea se n' completamente dimenticata, anzi, pensa addirittura che non esiste. Nietzsche si scaglia violentemente contro questa cultura. Fondamentale nella Gaia scienza, l'aforisma dell'uomo folle. Nella tradizione il folle era

ritenuto portatore di verit normalmente inaccessibili all'uomo normale o savio. Questo folle rappresenta Nietzsche stesso. Il folle va al mercato con una lanterna accesa di giorno e urla ai presenti (rappresenta societ che ormai si raduna solo per ragioni di mercato, la messa della societ moderna) dicendo cerco dio. Sembra assurdo che lo chieda a una folla che si raduna solo per motivi di mercato(le uniche certezze che questa societ concede), che quindi non lo fa pi per motivi religiosi, e di conseguenza atea. Ma questi uomini sono ben contenti perch inconsapevoli, e quest'ultima funzionale al funzionamento della societ economica. Ecco perch deride l'uomo folle, perch per la folla la questione di dio nemmeno si pone. Ma il folle non si abbatte, anzi il suo convincimento si alimenta! E continua: Dove se n' andato Dio? L'abbiamo ucciso! Ma come abbiamo fatto?!(la lanterna perch non c' + ness sole a sorgere sull'uomo = Dio) Emerge quindi il senso di abbandono dell'uomo moderno, la natura non pi sacrale, la scienza ce lo ha fatto scoprire. Noi siamo minuscoli in questa enorme vastit universale. Vengono a mancare le figure divine e mitologiche a cui l'uomo si affidava per spiegazioni. Non si trova, non si riconosce un senso. L'annuncio che d Nietzsche quindi al 100% religioso(!), in una circostanza ben paradossale. Nietzsche chiarisce che non un'uccisione metaforica! Dio morto. Non un semplice annuncio dell'inesistenza di dio, il contrario, perch se stato ucciso vuol dire che esiste! Ma proprio il contrario di quello che l'autore inizialmente voleva sostenere! Egli infatti parla dell'uccisione violenta e sacrificale di dio, in ragione della quale l'umanit esiste. Ne dipende e ne complice. Ma l'umanit non la riesce a vedere perch aveva ancora la vista offuscata dal sole della divinit, dalla sua luce trasfigurante che interveniva per proteggere l'uomo dal rischio di sapere la verit! L'atto violento dell'uccisione di Dio restava coperto. Adesso, queste proiezioni divine non vengono pi credute come tali, non vengono pi collettivamente condivise, quindi la societ risulta incredula. Convinta che dio sia morto perch defunto spontaneamente. Ma questa societ ha rimosso il nucleo incandescente da cui sorgevano le antiche credenze, ovvero il sacrificio da cui nasceva dio. Siamo tutti complici, perch da l veniamo. Tuttavia noi continuiamo ad esserci, ma non possiamo esistere senza l'uccisione di dio. Noi siamo l'incarnazione vivente dell'uccisione di dio, ne dipendiamo intimamente. Che fine fa la divinit quindi, dove finisce nella societ moderna? Se esso sparisce, noi ci si avvia verso l'animalizzazione dell'uomo! Infatti se lo scopo della vita solo il benessere, noi pensiamo solo a realizzare i ns istinti! Esattamente come gli animali! Infatti il modello che ci viene proposto proprio quello dell'animale che punta tutto sull'istinto e non usa quindi la ragione, ci che per definizione caratterizza l'uomo Nietzsche si batte perch questo non avvenga. S vero che gli esseri umani sono tali in quanto hanno ucciso dio, per continuare ad essere umani dovrebbero continuare ad uccidere dio. L'alternativa che noi continuiamo a sfruttare l'enorme potenziale di energia che viene dall'azione primordiale dell'uccisione di Dio. Dobbiamo continuare ad uccidere Dio. Ma in che modo? Nietzsche risponde sottoforma di domanda: Non dobbiamo anche noi diventare dei?. Ma come si fa a

diventare dei? Autosacrificandosi. Tuttavia prima si deve autodivinizzare tramite il concetto di superuomo con la volont di potenza, per essere il modello che nessuno pu superare. Inseguendo questa divinizzazione io mi faccio uomo, ma la realizzo completamente divinizzando me stesso. E lo posso dimostrare annientandomi, perch solo cos sar veramente superiore. E anche l'umanit dovrebbe fare lo stesso x mantenersi umana fino all'ultimo. Si deve autodistruggere. Nietzsche impazzisce nel tentativo di non perdere la sua umanit. [ L'alternativa del cristianesimo di non rinunciare al divino, ma di rinunciare alla divinizzazione sacrificale. Ma Nietzsche non la vuole prendere in considerazione. Il messaggio del cristianesimo di non rinunciare all'umanit rinunciando a dio, ma questo dio non pu pi essere un dio la cui divinizzazione dipende dal sacrificio. Dev'essere un dio che non vuole sacrifici, anche se usa questo come mezzo per rendersi accessibile agli uomini, perch gli uomini oltre il sacrificio non arrivano a concepire altro. Questo messaggio sacrificale serve per fare arrivare un modello divino che non vuole pi il sacrificio di nessuno perch l'ha fatto suo e l'ha accettato su di s. In questa maniera noi possiamo avere la divinizzazione necessaria all'essere umano per rimanere tali, senza per applicare il sacrificio, come con folle coerenza arriva Nietzsche a concludere dicendo Non dobbiamo noi stessi diventare dei? ] La terrificante grandezza di questo filosofo sta, non tanto nell'aver identificato un' origine sacrificale che egli disposto a riconoscere da un lato mentre la trasfigura e deforma dall'altro, quanto nello slancio temerario con cui ha cercato di far suo il doppio vincolo del sacrificio, trasformandolo in un martello demolitore di qualsivoglia pretesa culturale e sociale di autonomia dai doppi vincoli pi distruttori. Nietzsche percepisce l'impossibilit di tornare alle antiche immolazioni divinizzanti e conseguentemente teorizza un loro inaudito riallestimento ad occhi spalancati. Il nichilismo in lui vuoi essere una fase intermedia e un mero strumento, non un raggiungimento. [NB!] E' Nietzsche per primo che non capisce la sostituzione da lui effettuata! Non dichiarata, non nominata dietro questo proclama c' l'uccisione di Dio che ha disvelato ogni altra, l'uccisione di Cristo. Il silenzio su tale evento centrale non solo un segno di ostilit, anche il segno di quanto questo confronto pesi sul teorizzatore di Dioniso. In Cos parl Zarathustra, Nietzsche non ce la fa a rimpiazzare l'odiato cristianesimo con un verbo alternativo che sia diverso dalle brillanti invenzioni di uno scrittore di genio, e anzi conserva una certa forzosa goffaggine, di cui la continua inversione di passi biblici ed evangelici tradisce l'imitazione rivalitaria. 44) Nietzsche, l'autodivinazione e la sua follia e 45) Chi vede l'allontanamento e la sostituzione, ma la vuole allontanare da s Il documento pi clamoroso dell'attacco al cristianesimo l'opera che nel titolo stesso reca il rovesciamento pi radicale dell'odiato cristianesimo, L'anticristo. Maledizione del cristianesimo. Nietzsche si lancia nel tentativo estremo di confutare il significato della morte di Cristo, della sua uccisione ad opera dei poteri di questo mondo, un'uccisione che, non potendo ripeterla, il filosofo di

Zarathustra cerca di minimizzare e occultare, senza mai davvero riuscirci. L'errore pi tipico, di fronte a questo tentativo drammatico, di minimizzarlo a sua volta, aggrappandosi al luogo comune secondo cui Nietzsche andrebbe contro il cristianesimo, non contro Cristo, sofisma che per sostenersi richiede semplicemente di ignorare ci che scrive l' autore. Nietzsche vorrebbe, ma non pu diventare un anticrocifisso. Il filosofo, ormai scatenato in questa resa dei conti, non si avvede della sostanziale contraddizione rispetto alla scoperta da lui fatta pochi mesi dianzi, circa la differenza tra Dioniso e il Crocifisso, scoperta consistente proprio nell'osservare la similarit del loro destino; egli preferisce non accorgersi che proprio la somiglianza strutturale della Croce agli antichi sacrifici espiatori a dimostrarne il potere di redenzione. Nietzsche si era limitato, d'altronde, a parlare delle sole storie di Dioniso e del Crocifisso, escludendo quell'aspetto sanguinosamente rituale che l'avrebbe costretto a esaminare pi da vicino il ruolo fondatore della morte di Dioniso, e il radicale disvelamento operato dalla morte di Cristo, il suo mettere a nudo quella morte di Dio che il filosofo aveva gridato ai quattro venti nell' aforisma 125 della Gaia scienza. Nietzsche affermer, ancora, che li cristianesimo stato una vittoria, una mentalit pi nobile per per causa sua, il cristianesimo stato fino a oggi la pi grande sciagura dell'umanit. La mentalit pi nobile naturalmente quella di coloro che crocifiggevano senza il minimo rimorso, n assegnandovi alcuna particolare importanza. Nietzsche avverte benissimo di non poter pi sostenere la parte di un freddo procuratore romano, visto che la mentalit pi nobile perita ad opera della <<Vittoria cristiana, ma punta tutto sulla propria trasvalutazione di tutti i valori, sul rivolgimento destinato a portare al superuomo, all'umanit capace di realizzare la propria volont di potenza attuando l'eterno ritorno: la realizzazione delle antiche fondazioni in se stessi, nella propria volont di potenza, in adempimento di quell'auto divinizzazione dell'uomo preconizzata nell' aforisma sulla morte di Dio. Dio in croce. Si continua ancora a non comprendere lo spaventoso mondo di pensieri nascosto in questo simbolo? Tutto quanto soffre, tutto quanto appeso alla croce, divino Noi tutti siamo appesi alla croce, quindi noi siamo divini Noi soltanto siamo divini Ma Nietzsche non riesce ad essere il suo superuomo, per ragioni interne ed esterne: interne, perch il tentativo nietzschiano sorge dal voler dimostrare a se stesso la sua superiorit, la sua natura divina, un genere di auto convincimento che pu solo fallire visto che determinato dal convincimento contrario; e questo fatalmente rimanda alle ragioni esterne, poich la panacea di ogni male, la volont di potenza del superuomo, richiederebbe precisamente ci che il filosofo non ha mai avuto, una presa sul mondo capace di ridurlo a strumento del proprio volere. Nietzsche, per eliminare le sue sofferenze, ingigantisce all'inverosimile quella soluzione dalla cui mancanza nasce il proprio tormento, cos che il rimedio invocato accentua il male e lo rende incurabile. Il doppio vincolo della fondazione, che fa apparire dio chi non lo , viene rivissuto a carte scoperte e nel palcoscenico solipstico della propria mente, esito estremo di quella psicologizzazione della tragedia che nell'epoca contemporanea diviene tragedia di una psiche implosa sul suo desiderio. I doppi vincoli sacrificali maneggiati da Nietzsche con temerariet profetica gli si ritorcono contro, e il loro incauto prestigiatore riversa la propria rabbia

contro l'emblema religioso che gli ricorda la sua condizione, il suo fallimento incipiente. Per questo il filosofo parla dello spaventoso mondo di pensieri che si nasconde dietro il simbolo di Dio in croce. Non essendo disposto ad ammettere la croce della sua solitudine e delle sofferenze psichiche sempre pi terribili che sono in procinto di sopraffarlo, egli -proietta sugli antagonisti cristiani la sua volont strenua di auto divinizzazione, e siccome lui a volersi autodivinizzare, il filosofo cos si autoinchioda a una croce che non si era mai vista nella nostra storia, un' autentica croce di Dioniso. Folle [Chi vede la sostituzione] Ed interessante osservare come anche Girard preferisca basarsi prevalentemente sull'aspetto testuale, parlando perlopi dei miti, quando il metodo unificato dei riti e dei miti dimostra, sulla base delle sue stesse fondamentali acquisizioni, che i miti non possono essere disgiunti dai riti allorch si parla di vittime e di origini sacrificali. Anche Girard preferisce evitare tale stretto parallelismo, che non fa altro che dimostrare la preminenza fondatrice del rito, per il timore di avvicinare troppo l'uccisione di Cristo all'esecuzione rituale del sacrificio: il pensato re francese si occupato della differenza fra le storie di Dioniso e Cristo, e in qualche occasione dell' eucarestia, ma mai del valore rituale che la morte di Cristo pu aver assunto per esplicita scelta del figlio di Dio. Girard si ritrae, per non modificare il primitivo impianto razionalistico della sua teoria e non affrontare vis--vis quel sacro e quel mimetismo che egli pensa di sistemare con la sua visione riduzionistica. 46) Cosa c' di cristiano in Freud ??? 47) La libido e 48) L'incesto in Freud In Freud esiste una pulsione fondamentale che organizza in s la vera personalit: la pulsione sessuale. Quindi la nozione che Freud elabora quella di libido, secondo cui lindividuo ha una vita sessuale sin da subito. La libido si soddisfa dapprima in forme elementari e primitive, quindi cominciamo con la funzione essenziale della nutrizione e dellallattamento questa la fase cosiddetta orale poi la libido trova un altro elemento. Diciamo che la libido fondamentalmente la fonte di piacere che incrementa il senso di esistere e di stare bene della psiche, dellindividuo e al piacere primordiale della nutrizione, dellallattamento segue poi subito dopo il piacere di defecare, quindi il bambino molto contento quando si libera dalle sue feci e dai suoi escrementi in generale questa la fase che lui chiama anale quindi abbiamo una erotizzazione della libido che investe il corpo del bambino. Quindi cominciamo dalle parti del corpo coinvolte dallallattamento, poi abbiamo appunto la parte coinvolta dallazione di defecare, e questa la fase anale, e poi abbiamo la fase in cui il bambino comincia delle esplorazioni sessuali, scopre di avere i genitali, c la scoperta della differenza tra bambino e bambina e questa fase la pi complicata perch grossomodo dal terzo anno di et, quando il bambino comincia gi ad avere un minimo di sviluppo anche relazionale, fino sempre grossomodo al sesto anno di et abbiamo la fase in cui diventa determinante la relazione con i membri della propria famiglia. Il primo membro della famiglia con cui il bambino ha rapporto la madre dalla quale riceve nutrimento e protezione e

che il primo oggetto libidico intorno a cui comincia a strutturarsi la personalit del bambino. Poi appunto abbiamo lo sviluppo anale e poi infine c una complicazione quando il bambino comincia a mettere a fuoco la figura del padre che istintivamente il bambino vede, secondo Freud, come un rivale che gli sottrae loggetto libidico materno. Quindi abbiamo la costellazione a cui Freud d il nome di complesso di Edipo. Per cui allora, il bambino percepisce il padre come rivale e la madre come oggetto conteso del desiderio. Questo uno schema chiaramente triangolare. LEdipo in s sarebbe una tendenza distruttiva, anomica perch il bambino vorrebbe eliminare il padre e accoppiarsi incestuosamente con la madre, quindi veramente una scena da brividi. Quindi se il bambino potesse fare quello che desidera secondo Freud sarebbe uno sterminio in ogni famiglia, quindi per fortuna sono piccoli e non sono in grado. Il superamento della fase edipica lo si ha quando il bambino ha quel meccanismo che Freud chiama identificazione con il padre, cio comincia a vedere che il padre oltre che un nemico, un ostacolo, anche una persona da seguire per diventare come lui. Scatta un secondo complesso di Edipo che un passaggio veramente infelice per cui Freud postula che almeno per un breve periodo il bambino abbia un innamoramento omosessuale nei confronti del padre perch Freud rimane dipendente dal primato della libido sessuale come elemento costitutivo del desiderio, quindi la libido il desiderio ma con queste modalit fortemente biologiche e sessuali. Anche questo secondo Edipo deve essere superato positivamente e quando il bambino superate tutte le sue fasi riesce a diventare finalmente un individuo sviluppato, con la sua psiche equilibrata e raggiunge la fase che lui chiama oggettuale o della genitalit pienamente realizzata. Ma se il bambino non riesce a sopravvivere a tutti questi incubi viene segnato da traumi? [NB! Oggettualit in Freud] Secondo Freud, i traumi avvengono proprio finch c lEdipo. Se ci sono degli incidenti nellEdipo basta, sei segnato per tutta la vita, non te ne liberi pi. E li ci sono dei traumi che possono anche essere benigni nel senso di non particolarmente gravi ma insomma te li porti dietro e questi traumi poi si ripercuotono nella tua vita relazionale e nel modo in cui tu riesci a conseguire loggetto che in Freud sempre loggetto sessuale. Quindi la fase oggettuale la fase del pieno possesso delloggetto sessuale e dellesercizio maturo ed equilibrato della genitalit. Questa idea delloggettualit che ha Freud, la considero comunque vera nel senso che effettivamente il nostro desiderio ha delle tappe di sviluppo e c una forma tendenzialmente armonica ed equilibrata in cui il nostro desiderio si afferma proprio come strumento di conoscenza della realt e di adattamento e il nostro desiderio lo strumento per fare questo. Secondo Fornari, Freud ha delle intuizioni assolutamente geniali perch il complesso di Edipo unintuizione del triangolo imitativo. Il problema di Freud che lui, con la provenienza positivistica della sua formazione, rimane ancorato ancora ad unidea fisicalista di oggetto del desiderio. Freud non capisce che il desiderio, possiamo chiamarlo anche libido, non ancorato ad un sesso fin dallinizio. Un rapporto con gli oggetti c, nel senso che il nostro desiderio, ripeto, lo strumento di esplorazione, conoscenza e presa di possesso della realt, e il nostro desiderio per imitativo, non ha degli

oggetti gi determinati, ha casomai potrei dire delle sfere in cui individuare il soggetto, che esistono gi. Questo significa che il desiderio, che imitativo cosa che Freud non capisce, non capisce che imitativo da subito per imitativo in rapporto alla realt, uno strumento di scoperta della realt; loggetto designato dal modello ma partendo dalla realt per cui la sfera oggettiva, oggettuale entra fin dallinizio in gioco nel rapporto imitativo e ovviamente non riguarda solo il sesso per laspetto libidico, per usare la terminologia di Freud, importantissimo perch un aspetto relazionale, simbolico, ci insegna a leggere e a usare il nostro corpo, riguarda quindi la nostra identit, ha un significato enorme quindi il ruolo privilegiato che Freud assegna al sesso non assolutamente immotivato, solo eccessivo e va oltre il bersaglio. Lintuizione dellEdipo in s non totalmente sbagliata solo che Freud mette subito la rivalit e dopo mette limitazione in s positiva e costruttiva dellidentificazione. Ma normalmente funziona esattamente allopposto: il bambino di suo tende ad imitare i genitori, certo con delle sfumature molto importanti, la fisicit del rapporto con la madre, il padre che interviene in un secondo momento come modello pi direttivo, sociale, ecc.; di per s il rapporto imitativo che il bambino ha con gli adulti che lo accudiscono un rapporto non conflittuale, un rapporto di per s positivo, il bambino istintivamente fiducioso verso i modelli che lo accudiscono, rapporto fortemente affettivo. Gli incidenti ci sono, ci pu essere un rapporto rivalitario ma perch il rapporto non funziona, viene disturbato da qualche dinamica patologica e quindi possiamo avere allora anche una configurazione del tipo di Freud, per questo conflitto nasce dai genitori non nasce dal bambino. 49) Il passaggio da Totem e tab / Mos e il monoteismo..differenze.. RISP= psicanalisi In Totem e tab Freud parla complesso di Edipo e arriva alla conclusione che la patologia una questione di storia, la nostra storicit. E con una serie di analogie, egli passa dal parlare dalla storia del singolo, alla storia dell'umanit. Partendo dai dati dei suoi pazienti, egli trova delle corrispondenze con quelli di popoli di cultura arcaica: il divieto assoluto(quindi un tab) dell'incesto e il concetto di totemismo(di solito un animale con cui un gruppo si identificava e ne faceva oggetto di rituali), ritenuta allora la forma pi antica di religione umana(credenza in realt molto criticata poi). Queste presenze, nei suoi pazienti, erano maggiormente frequenti nei pi piccoli, quando ad esempio erano spesso perseguitati nei sogni da qualche animale visto come particolarmente temibile. Freud ne vede una rielaborazione dell'edipo. Freud ne conclude che come in questi pazienti ricorrevano questi comportamenti (tab dell'incesto e totemizzazione del padre), ci dev'essere un motivo della singolare analogia con le popolazioni pi antiche. Freud pensa che se l'incesto oggetto di divieto, perch questo in realt avrebbe modo di essere. Altrimenti il divieto non avrebbe senso. Se c' tutta questa severit anche per il suo pericolo sociale, perch innescherebbe molto facilmente l'imitazione. Ci che spesso da noi viene ritenuto riprorevole suscita anche la nostra invidia. Quindi connesso alla libido e al

suo aspetto imitativo. Al desiderio quindi. In sintesi, quindi, le culture per sopravvivere devono proibire questi comportamenti che scatenerebbero la molla imitativa mettendo in crisi il gruppo, perch impedirebbero i matrimoni. Il totem paterno impedisce che questo avvenga. C' poi il divieto di uccidere l'animale totemico, salvo momenti particolari di celebrazione religiosa in cui addirittura lo si poteva mangiare. Ma quindi se anche il totem subisce il divieto, perch qualcuno lo ha voluto uccidere! Probabilmente nell'antichit il complesso edipico deve essersi verificato a livello collettivo, non a livello psicologico, ma un fatto vero e proprio da cui poi l'umanit ha avuto origine. Come arriva Freud alla scena originaria? Ci dev'essere un momento in cui viene ucciso il padre, c' l'incesto con la madre, ma dev'essere avvenuto in una maniera cos violenta che il divieto si estesoa a tutte le culture per poi entrare a far parte del ns codice genetico. L'illuminazione gli arriva leggendo Smith, uno studioso delle culture semitiche e di antropologia che parla del sacrificio del cammello del Sinai che consisteva nel legare un cammello prima del sorgere del sole ed ucciderlo prima della rivelazione di venere (lucifero). Il capotrib lo colpice, e l'intera trib si avventava per divorarlo. Non c' un rito complesso, relativamente semplice perch la vittima viene immediatamente uccisa. Ma il punto che questo sacrificio non dedicato a nessun dio, ma serve per creare un legame di sangue, di parentela tra i membri del clan, attraverso il quale ne vengono rinvigoriti. Questo deve quindi essere segno di un periodo dell'umanit in cui il rito era efficace in se stesso, ancor prima di concepire le divinit. Non c' ancora questa capacit di astrazione, secondo Smith. Freud non si accorge che i riferimenti di Smith sono inerenti a vittime umane, Infatti se queste comunit avessero potuto, avrebbero messo una persona, uno schiavo al posto dell'animale. Solo che smith inverte il procedimento, cio pensa che il sacrificio umano sia una forma degenerata dell'originario sacrificio animale. Avendo letto anche Darwin che parlava delle prime comunit che vivevano in orde da 15-20 soggetti, dominati da un maschio che ha il monopolio sull'accoppiamento con le femmine, avendo la rivalit coi giovani del gruppo che o abbandonano o sfidano il grande padre, l'idea che si fa : i giovani si coalizzano e divorano il padre per avere le donne. A questo punto l'edipo si realizza. Ma Freud non sa rispondere come avviene la spartizione delle donne! Fa un escamotage ipotizzando il senso di colpa dei fratelli che uccidono il padre, allora totemizzano il padre ed interdicono l'accesso alle femmine del gruppo(divieto dell'incesto) e l'uccisione del padre. E' cos, che secondo Freud, nasce la religione. Da questi due divieti. X Freud Cristo il figlio su cui si vendica il padre, a livello simbolico. E' per il chido scaccia chido della pena proporzionale per liberare da un peccato cos grande quale l'uccisione del padre. L'errore in cui cade per quello di ipotizzare fasi gi con una base culturale e ipotizzarle come primordiali, naturali, spontanee, quali il senso di colpa, il matrimonio... Riprender questo tema in L'uomo Mose, in cui ricostruisce la figura di Mos

e la interpreta come il grande capo che viene ucciso ma che ritorna mandato da dio per guidare la comunit. Per Freud la religione qualcosa di infantile, paure infantili trasferite nell'et adulta, di dipendenza dal padre-divino. Si tratta di una nevrosi ossessiva infantile. Cos come Freud arriva ad identificare dei fenomeni antropologici grazie alla psicologia, egli sente il bisogno di interpretare i fenomeni antropologici in chiave psicologica. Ma la psicologia non pu analizzare ci che alla base della psicologia stessa! Questa stata la sua limitazione. Praticamente nella prima opera, partendo dalla psicologia, Freud fa delle ipotesi su scene primordiali ma per spiegare comunque fatti psicologici quali il complesso di Edipo. Parte dalla psicologia per ritonare alla psicologia. psicologia-scena primordiale-psicologia. (spiega l'individuale con l'universale) Nella seconda opera invece riprende la scena primordiale per spiegare la religione(universale) con gli stessi metodi della psicoanalisi(individuale) scena primordiale-religione. (spiega l'universale con l'individuale Errore!) 50) Comunicazione e Amicizia, in Bataille. Osservando una foto dei supplizi che si facevano subire in Inghilterra, Bataille, in merito al sacrificio, dice che egli diventa partecipe della sofferenza inflitta al condannato, prova una forma dolorosissima ma anche gioiosa di solidariet da lui definita comunicazione. Io comunico con l'essere umano che ha subto questo supplizio. Il termine compassione non piace a Bataillle perch lo reputa troppo soggettivo e sentimentalista. Egli vuole invece capire con lucidit qual il nocciolo conoscitivo dell'esperienza che prova,una compresenza di stati che normalmente vengono ritenuti incompatibili. Ragione e sentimento in Bataille vengono a coincidere nel sacrificio. E' ci che dev'essere accaduto nella scena originaria: estrema frenesia ed estrema lucidit. Bataille quindi prova una vera e propria esperienza mistica, ma senza un oggetto supremo da contemplare, data la societ in cui vive. La sua esperienza consiste nel recuperare le condivisioni primigenie dell'oggetto, quindi la condivisione mistica del sacrificio come generatore dell'oggetto divino. Sono visioni ancora sconvolgenti! Bataille vede il sacrificio recupero della condivisione primigenia originaria di ogni possibile oggetto. Quindi egli come la sar il pensatore della distruzione primigenia dell'oggetto intesa come condizione imprescindibile della sua esistenza. Questo il cuore del pensiero di Bataille. 51) Erotismo/lavoro/sacrificio Il lavoro quello che la societ vuole da noi x avere una posizione sociale; se avessimo solo i nostri stati intimi, saremo inutili alla societ x i suoi interessi razionali di profitto. Il resto turba e mette in pericolo la societ. Queste due cose hanno in realt un rapporto strutturale tra di loro: una non potrebbe esistere senza l'altra. Bataille influenzato dal marxismo, ma ha una posizione diversa: il lavoro serve a guadagnare e far guadagnare, quindi il trionfo del calcolo, della razionalit. Scopo ultimo del lavoro quello di spendere questi soldi. Per la sola gioia di spendere. Il massimo piacere che possiamo ricavare dal denaro quello di sperperarlo. La distruzione del valore accumulato alla base della

ns economia. Se ci non fosse, l'economia si fermerebbe perch si acquisterebbe solo l'indispensabile. Il sistema economico si basa su una circolarit che fa circolare l'economia. Il dispendio lo scopo fondamentale per cui noi lavoriamo e il piacere che proviamo nel farlo la ricompensa a tutti i nostri sforzi. Soprattutto nel momento in cui disponiamo di un surplus! E' una situazione limite ma proprio x questo pi rivelatrice. I beni pi prestigiosi della ns societ, gli oggetti che conferiscono una specie di aurea di superiorit, sono quelli che richiedono il dispendio di enormi q.t di denaro. Quantit assolutamente simboliche. In questi casi, pi che mai, la categoria dell'investimento si rivela una pseudo-razionalizzazione. Infatti appena si supera la soglia del negozio, il prezzo viene automaticamente dimezzato, qualora io volessi rivenderlo. Il tale oggetto acquistato viene sacralizzato poi, tanto pi quanto vi ho speso. Il valore ormai in proporzione, tende a coincidere, col prezzo. Anche nel momento in cui io decido di farlo come regalo, esso mi ritorna come valore simbolico. Bataille dice: se noi funzioniamo in questo modo, non c' poi una grande contrapposizione fra momenti normali delle ns attivit sociali(razionali) e le ns attivit personali(emozionali). In realt l'irrazionalit che la vita economico-lavorativa sembra voler escludere, pervade tutto, nonostante siano distruttive. Ma senza questo non potrebbe nemm esistere l'apparato produttivo della ns societ. Questo dinamismo deve aver agito fin dai primi momenti dell'umanit, anzi l'umanit deve essere nata da una situazione di questo tipo, intorno al cui paradosso tra distruttivit/produttivit si sono edificate tutte le culture umane. IL momento della produzione, del lavoro, dell'accumulo di beni corrisponde all'istinto di sopravvivenza che a differenza degli animali, l'uomo pu sopravvivere solo se rende in dubbio, problematico questo stesso istinto di sopravvivenza. E' l'uomo per primo a mettere a repentaglio tutto quello che gli di necessit. Il bisogno di dispendio sempre evidente, anche nelle situazioni di carenza di denaro, in cui sentiamo cmq il bisogno di lasciarci andare, di prendere qualche soddisfazione. E' proprio un bisogno! Queste situazioni di dispendio, per Bataille, corrispondono all'esperienza storica del sacrificio, ne sono lo sviluppo. Sono il sacrificio! Per amore di lei, io le dimostro che ho speso una somma considerevole 52) Erotismo/matrimonio/religione Da queste premesse, Bataille ricava una vera e propria teoria della religione. Egli si ispira a Strauss che spiega l'origine della cultura attraverso l'istituzione del matrimonio, nel quale vi la coesistenza degli opposti natura/cultura. Nel matrimonio infatti si lega il sesso insieme alla dimensione collettiva. Il matrimonio fa coincidere permissioni e divieti. La cultura resa possibile dal controllo di quello che Freud chiamerebbe la libido. Il matrimonio la prima coesistenza di elementi antitetici, secondo Strauss, per cui cellula costitutiva della societ. Strauss non si chiede in forza di cosa, di quale forza questi due elementi possono coesistere. Bataille si rende conto che gli uomini erano in origine degli animali organizzati che lavoravano(non si addentra sui dettagli), ma questo lavoro dell'animale preumano era fine a se stesso, per cui non c'era una ragione per

seguirlo, senza dei momenti di distruzione dell'accumulato, quei momenti di dispendio che conferiscono uni scopo al lavoro, quindi un valore e un significato, un senso. L'uomo quindi un animale che obbedendo all'istinto di sopravvivenza si tuttavia esposto a situazioni che mettevano a repentaglio la sua sopravvivenza. Ma queste situazioni devono essere state cos traumatiche, ma anche talmente regolari nella loro ripetizione da diventare indispensabili e renderlo umano. L'essere umano un animale che ha imparato a mettere in pericolo la propria sopravvivenza, ma stato proprio questo a differenziarlo dagli altri animali. Di tanto in tanto deve mettersi in pericolo per salvarsi. Se non si distrugge non si crea. Ma Bataille non riesce a speigare l'origine del lavoro e del dispendio, nonostante poi abbia identificato una serie di elementi fondamentali per il problema antropologico. Per Bataille, il segreto x vivere la ns esistenza di uomini contemporanei con la mancanza dell'oggetto divino, una via d'uscita esiste e consiste nell'impadronirsi attivamente della situazione storico-esistenziale e farla nostra sul modello del superuomo nietzscheano ma maggiormente vitalistico. Il momento fondatore, quindi sacrificale del dispendio, quel circuito che mantiene vivo l'uomo, deve essere periodicamente rivissuto. Dobbiamo prenderne coscienza, superare l'inconsapevolezza, e viverla con piena gioia. Abbracciare senza riserve questo momento della potenziale distruzione, la struttura paradossale della ns esperienza che ci consente anche di vivere la ns quotidianit lavorativa. Per raggiungere la pienezza, noi dobbiamo accettare il conflitto insanabile che ci fonda, quindi accettare la ns natura (sacrificale, aggiunge Fornari) e diventiamo sovrani di noi stessi perch non abbiamo paura di nulla, e non abbiamo paura perch mettiamo tutto a rischio. E' qui che siamo liberi. Nel teorizzare questa condizione di vita egli recupera comq la religiosit: la sovranit(uomo sovrano di s) di cui parla Bataille diventa l'esperienza in cui noi riviviamo qualcosa di storico e reale le condizioni del sacrificio da cui deriviamo. Egli non contempla dio, n l'assenza di dio, ma la morte dio intesa come sua uccisione. Nel momento stesso i cui la si dichiara, si dichiara anche la sua rinascita. Si rivive cos costantemente una genesi dell'umano(antropogonia) che anche una teogonia. 53) Erotismo/amore/morte Il desiderio quello di conquista, non di possesso dell'oggetto. L'estasi non amore; l'amore possesso cui necessario l'oggetto, al tempo stesso possessore del soggetto e da esso stesso posseduto. Non vi pi la distinzione soggetto-oggetto, ma una breccia spalancata tra l'uno e l'altro. Sogg-ogg sono dissolti in questa breccia; vi passaggio, comunicazione, ma non dall'uno all'altro, perch questi hanno perso l'esistenza distinta. Quindi il rapporto amoroso diventa il raggiungimento supremo dell'ogg da parte del sogg, ma in realt questa esperienza mette in pericolo e in dissolvimento entrambi che si perdono nell'esperienza amorosa. Questo si manifesta come ripetizione in s dell'antica esperienza del sacrificio. La passione dell'io, l'amore in lui bruciante cerca un oggetto. L'io libero solo fuori di s. Posso sapere di aver creato l'ogg della mia passione che non

esiste di per s. Io l'ho creata, ma per la stessa ragione non nulla. Questo oggetto capace di luce e di ombra. Io lo formo, ma il mio pensiero al tempo stesso ne il riflesso. Percependolo, il mio pensiero stesso sprofonda. ( passato a parlare dell'oggetto da psicologico a teologico). Avvicinarsi all'oggetto significa avvicinarsi alle condizioni che lo hanno reso possibile, quindi alla situazione primordiale del sacrificio che Bataille descrive con questa descrizione di stati d'animo. Il passaggio diretto al sacrificio, parlando di documenti antropologici in suo possesso, lo si ha quando dice che E' il sacrificio che in ultima analisi definisce l'oggetto. Noi non possiamo rimanere umani se non riviviamo in maniera trasformata l'esperienza del sacrificio di Dio. 54) Erotismo (sia norma che trasgressione) e 55) Differenza con la sessualit di Freud e 56) Tensione essenziale perch esista la cultura(tra divieto e trasgressione) L'erotismo, per come lo definisce Bataille, non la realizzazione di un istinto sessuale, ma si pone all'opposto della sessualit intesa in senso biologico, perch la sessualit un impulso che come tale deve essere espletato e che risponde a precise finalit biologiche. L'erotismo umano qualcosa di completamente diverso perch esso pu espletarsi solo se ci che compie in ultima analisi vietato. L'erotismo l'espletamento di un desiderio molto forte, espletamento, realizzazione che normalmente viene proibita dalla condizione normale nella quale gli uomini vivono, ma invece che reprimere l'attivit sessuale dell'uomo, al contrario, non fa che rafforzarla, conferendovi un significato simbolico unico; da una parte interdicono, da una parte lo rendono desiderabile. Questo rende possibili delle situazioni di eccezione che violano le regole quotidiane in cui la sessualit umana pu realizzarsi. Queste situazioni saranno quindi caratterizzate dalla trasgressione che incrementa il desiderio umano. L'erotismo quindi una parentesi di eccezionalit che consiste nel violare le norme che nell'esistenza quotidiana della societ proibiscono l'esercizio della sessualit. Questa violazione delle norme non in contraddizione con esse, ma serve a rafforzarle. Quindi l'erotismo l'esercizio di qlcs di istintuale, ma sottoposta a una serie di imperativi. Anche se sembrano inconcepibili, in realt si alternano in maniera polare. Se ci funziona, stanno in piedi sia il desiderio erotico che l'istituzione famiglia re che Bataille pone agli antipodi del desiderio erotico. L'istituzione del matrimonio funziona in quanto accettata dall'intera societ per assolvere agli scopi di normalit e produzione. Si alimentano a vicenda. L'erotismo il desiderio umano per eccellenza in cui si pone nella maniera + lacerante della definizione dell'essere umano perch in essa riviviamo l'esperienza della nostra antropogenesi. L'erotismo diventa una sorta di situazione antropologica fondamentale che ci consente di rivivere il sacrificio. 57) L'imitazione nei Presocratici (physis) Cercando di definire la physis e i problemi ad essa connessi, essi indirizzano la propria violenza mediante il controllo del logos. 58) L'imitazione nel Simposio (Platone) Platone concepisce una polis ideale in cui l'esercizio della libert e la

conquista della propria umanit avviene tramite il pieno possesso della mente e del corpo. Per sviluppare una buona polis, Platone basa tutto sull'educazione, ovvero la costruzione dell'essere umano all'interno di un mondo politico e cosmico, pubblicamente, attraverso modelli esclusivamente positivi (logos, dialettica). Il dialogo una gara dialettica per trovare il logos pi bello. Nel gioco ad incastro del Simposio costante la rivalit dialettica e il confronto agonistico; un esemio di imitazione positiva dei dialoghi passaparola. Eros lo strumento che ci permette di elevarci al mondo delle idee(principio logico-ontologico e morale). Quindi Platone riconosce nel desiderio umano una scintilla divina che si realizzer solo nel mondo delle idee. Amore=strumento per raggiungere il mondo delle idee. Platone vuole un transfert collettivo che assicuri l'imitazione buona della realt, imitazione capace di fare della comunit specchio fedele dell'ordinamento del kosmos. L'unica alternativa ridurre al minimo la fare preliminare della ripetizione rituale della crisi, trasfigurandola sottoforma di logos dialettico. 59) L'imitazione nel Cristianesimo (positiva e negativa) Satana vs Cristo 60) L'imitazione in Bataille Bataille conferma la dimensione an-oggettuale che definisce la modernit. Bataille descrive la condizione in negativo dell'uomo moderno che si trova indigente dell'oggetto, quindi con un desiderio condannato ad essere irrealizzabile perch manca l'oggetto; ma questa condizione poco invidiabile si rivela privilegiata se l'uomo sa accettarla attraverso il lutto dell'oggetto in cui pu recuperare quelle condizioni primigenie in cui l'oggetto poteva rinascere. Quindi dall'affermazione L'oggetto non esiste pi perch stato ucciso, si pu passare a dire L'oggetto esiste proprio perch stato ucciso. Ma tutto in una nuova forma in cui siamo pienamente padroni di noi stessi. Bataille rimane all'interno del paradigma anogettuale moderno, tuttavia recupera, attraverso Nietsche, la scena originaria della nascita dell'Oggetto. Egli sa della necessariet dell'oggetto, ma anche se non possiamo raggiungerlo, possiamo sostituirlo per riprovare la dimensione oggettuale con la sovranit. L'oggetto non viene in realt mai cancellato perch ne rimane traccia nel desiderio. Quindi l'oggetto irrinunciabile. 61) L'oggettualit in Freud(Edipo), Nietzsche(Autodivinizzazione vs Cristo) e Bataille(an-oggettualit da sostituire)

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