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Quaderno ISSM
n. 130-C
Napoli, 2008
Quaderno realizzato nell’ambito dell’accordo di programma MUR-CNR rela-
tivo al progetto “Sviluppo delle esportazioni di prodotti agroalimentari del
Mezzogiorno”
Il settore primario
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Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008; : Programma di
sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 – Analisi delle principali filiere
agricole Pugliesi; Outlook dell’agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol.
II
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Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 (p. 21-p. 39).
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per poco più del 6% (valore superiore a quanto registrato nel Mezzogiorno e a li-
vello nazionale).
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molto diversi. In linea di massima nelle aree più interne e marginali della regione
prevalgono gli orientamenti produttivi cerealicolo e zootecnico, mentre, nelle zo-
ne caratterizzate da maggiore fertilità dei suoli e disponibilità di acqua per uso ir-
riguo, prevalgono indirizzi produttivi orientati verso colture a più elevato reddito
(viticoltura, orticoltura, frutticoltura ecc.).
Industria agroalimentare
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giunto lordo dell’industria alimentare in Puglia è pari a 1.086 milioni di euro. Sul-
lo sviluppo dell’industria alimentare pugliese hanno influito sicuramente gli inve-
stimenti effettuati nel settore, sostenuti dallo sviluppo di specifiche politiche
strutturali comunitarie per la commercializzazione e trasformazione dei prodotti
agricoli. Dai dati sui conti economici territoriali risulta che nel periodo 1998-2000
in Puglia si sono fatti investimenti nel settore alimentare che hanno permesso di
registrare una variazione positiva del 35% circa, vicina a quella nazionale ma dif-
ferente da quella meridionale che supera il 50%. Nel complesso gli investimenti
fissi lordi nell’industria alimentare pugliese nel 2001 sono pari a poco meno di 286
milioni di euro.
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Nel complesso l’industria agroalimentare pugliese, pur potendo contare su una
notevole disponibilità e diversificazione di materie prime, soffre di problematiche
di carattere strutturale e di una bassa attenzione alle esigenze del mercato soprat-
tutto in termini di qualificazione dei prodotti. Ciò deriva, principalmente, sia da
una sovradotazione numerica delle strutture nei comparti a maggiore dimensione
(oleario e vinicolo, ad esempio) che da una contenuta capacità/possibilità di inno-
vazione, strettamente collegata alle limitate dimensioni fisiche ed economiche de-
gli impianti. Ne consegue, pertanto la necessità, in generale, di un importante sfor-
zo di ammodernamento e di innovazione – in primo luogo di processo ma anche di
prodotto - che possa determinarne il riorientamento in direzione della qualità e che
possa garantire al sistema Puglia di competere adeguatamente sui mercati e trovan-
do il giusto riconoscimento, in termini di valore aggiunto, delle proprie produzioni,
agevolando le fusioni tra gestioni e relative strutture di trasformazione.
La Puglia, insieme al Veneto ed alla Sicilia, ossia l’altra grande regione produt-
trice di uva da vino del Sud Italia, è una realtà produttiva importante sotto il pro-
filo quantitativo, ma meno sotto quello qualitativo.
Basti dire che la Puglia fa registrare il valore più alto come contributo del com-
parto vitivinicolo alla produzione economica agricola regionale – oltre il 20% -
ma la partecipazione dei vini DOC-DOCG al totale della produzione regionale
non raggiunge il 5%, valore superiore soltanto a quello della Sicilia.
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Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 –
Analisi delle principali filiere agricole Pugliesi (p.30-p.38); Azioni di scouting nel settore agroa-
limentare in Puglia, MAP presidio Puglia di assistenza tecnica per l’internazionalizzazione, 2004;
Mappatura della vitivinicoltura regionale a denominazione d’origine, Rapporto ISMEA 2007 (p.
85); Outlook dell’agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol. II (p.95-p.96).
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Si aggiunga a ciò che la SAU a vite sfiora il 12% (anche in questo caso la per-
centuale più elevata di tutte le regioni italiane) e si comprende allora il profilo che
ne risulta allungato sui parametri quantitativi – superfici a vite e ricchezza prodot-
ta dal comparto – ma schiacciato su quelli qualitativi, con un indice di specializza-
zione molto basso anche in questo caso superiore solo a quello della Sicilia.
La filiera del vino può essere considerata una filiera forte, ad alto potenziale di
sviluppo ed ad elevato valore aggiunto.
La Puglia è la seconda regione vitivinicola italiana, dopo la Sicilia, con una su-
perficie di 155.358 ettari, mentre è la prima per valore di produzione ai prezzi di
base di prodotti vitivinicoli con un ammontare di 662 milioni di euro.
La superficie agricola utilizzata a vite in Puglia è pari ad una quota del 10%
dell’intera SAU regionale, a fronte dell’omologa incidenza a livello nazionale pari
a circa il 6%. La rilevanza della vitivinicoltura in Puglia la si desume dalla sua e-
strema diffusione sul territorio.
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Tabella 24 – Produzione ai prezzi di base dei prodotti vitivinicoli (milioni di euro)
L’incidenza sul valore di produzione nazionale è pari nel 2004 al 6,6% alla spal-
le di Regioni quali il Piemonte (16,9%), il Veneto (14,8%), la Toscana (14,3%), la
Sicilia (7,2%).
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Tabella 25 – Produzione industriale nel settore vitivinicolo per Regione (2004)
Valore della Valore della
Produzione vino Quota % Quota sul valore Produzione vino Quota % Quota sul valore
REGIONE produzione REGIONE produzione
(quintali) produzione produzione (quintali) produzione produzione
(Keuro) (Keuro)
Piemonte 2.645.000 5,6% 341.141 16,9% Abruzzo 3.522.670 7,5% 77.674 3,8%
Valle D'Aosta 17.330 0,0% 1.548 0,1% Molise 307.670 0,7% 1.596 0,1%
Lombardia 1.080.000 2,3% 113.994 5,6% Campania 1.710.000 3,6% 72.714 3,6%
Trentino Alto Adige 1.120.000 2,4% 58.133 2,9% Puglia 6.182.000 13,2% 133.707 6,6%
Veneto 7.620.000 16,2% 299.517 14,8% Basilicata 328.000 0,7% 15.282 0,8%
Friuli Venezia Giulia 1.070.000 2,3% 89.215 4,4% Calabria 630.330 1,3% 32.128 1,6%
Liguria 101.000 0,2% 6.740 0,3% Sicilia 6.637.000 14,1% 145.602 7,2%
Emilia Romagna 6.034.330 12,8% 117.458 5,8% Sardegna 810.000 1,7% 43.837 2,2%
Toscana 2.270.000 4,8% 289.173 14,3% Italia 46.970.660 100,0% 2.021.331 100%
Umbria 822.330 1,8% 30.851 1,5% Nord 19.687.660 41,9% 1.027.746 50,8%
Marche 1.293.670 2,8% 46.517 2,3% Centro 7.155.330 15,2% 471.045 23,3%
Lazio 2.769.330 5,9% 104.504 5,2% Sud 20.127.670 42,9% 522.540 25,9%
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La Puglia (dove sono presenti 25 denominazioni di origine riconosciute), supe-
rata solo dal Veneto e seguita dalla Sicilia, rappresenta una tra le tre principali re-
gioni produttrici di vini DOC-DOCG, nel 2001, con una produzione di 308 mila
ettolitri.
All’interno delle singole province l’incidenza delle DOC sulle superfici vitate
raggiunge il massimo nel leccese, dove supera il 18%, e il minimo nel foggiano,
dove si attesta al 5%.
Un’altra caratteristica della regione Puglia, come tutte le regioni del Mezzo-
giorno, è quella della commercializzazione di vino sfuso: fenomeno che sposta al-
trove (nel Nord, ma anche all’estero) la produzione del valore aggiunto. Sebbene
molto lentamente però, grazie anche al buon successo che stanno riscontrando i
vini autoctoni, la Puglia si sta affermando nel segmento del confezionato. Basti
pensare al caso del Primitivo e del Negro Amaro in Puglia.
Nel Sud esistono tre grandi poli produttivi tra cui il Nord della Puglia. Tutte e
tre le aree si caratterizzano per l’esistenza di un mercato importante del prodotto
sfuso, spesso diretto verso le industrie del Nord oppure, soprattutto nel caso della
Puglia, esportato verso la Francia e la Penisola Iberica. Queste tre aree produttive
si distinguono anche per il massiccio ricorso alla distillazione (ormai facoltativa).
L’imbottigliamento dei vini di pregio si concentra soprattutto a Nord (in Piemon-
te, Veneto, Emilia Romagna e Toscana). Il Sud ha un ruolo ancora marginale data
la scarsa incidenza delle denominazioni d’origine sulla produzione locale.
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Area Basso e Medio Salento: Diffusione dei vini Negroamaro e Montepulciano,
allevati con la tecnica del cordone speronato;
Area del Tarantino (Produzione DOC): Produzione del Primitivo – allevamen-
to ad alberello; Produzione di Montepulciano e Negroamaro – allevamento a con-
tro spalliera;
Area del Brindisino (Produzione DOC): Diffusione del vino Malvasia associato
al Negroamaro.
Nelle zone del Brindisino e del Tarantino, caratterizzate dal marchio DOC, la
situazione è differente: gli impianti di vigneti sono contraddistinti dalla tecnica ad
alberello e la produzione complessiva è piuttosto bassa, a fronte, in ogni modo, di
una remunerazione alta. I ricavi della vendita del prodotto, in ogni caso non sono
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sufficienti a bilanciare gli alti costi di produzione: ciò colloca le aziende viticole
del Brindisino e del Tarantino in una posizione di sostanziale marginalità, rispetto
al mercato sia nazionale sia internazionale.
Analisi SWOT
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¾ riscoperta del legame tra vino e arte, storia, cultura, prodotti tipici, tradi-
zionali e gastronomia: ne è un emblema la nascita e diffusione delle strade
del vino, che hanno contribuito ad innescare un processo di valorizzazione
del prodotto in relazione al territorio, ricollegando l’enologia al turismo.
I punti di debolezza della filiera Vitivinicola in Puglia possono essere così indivi-
duati:
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biando e l’attenzione alla qualità è maggiore. In Puglia esiste ancora una
quota consistente di vino da tavola avviato alla distillazione;
¾ esistenza di una quota ancora consistente di vino da tavola esportato allo
stato sfuso. Questo, oltre a danneggiare l’immagine internazionale della vi-
tivinicoltura pugliese, sottopone l’export del comparto a una forte variabili-
tà, riconducibile a fattori esogeni quali l’andamento del raccolto negli altri
paesi produttori. Inoltre, espone la vitivinicoltura locale alla concorrenza
dei paesi produttori emergenti, in grado di fornire vini molto concorrenzia-
li e contrassegnati da un buon rapporto qualità/prezzo;
¾ scarsa propensione al confronto diretto con il mercato e alla comprensione
delle dinamiche dei processi di acquisto e di consumo.
¾ adeguamento dei vitigni alle richieste del mercato, che attualmente tende a
preferire le uve nere e le tipologiche autoctone o varietà alloctone;
¾ necessità di migliorare la competitività attraverso la riduzione dei costi di
produzione da perseguire con l’ammodernamento degli impianti, delle tec-
nologie di coltura e di raccolta;
¾ miglioramento del livello qualitativo della produzione, ottenibile anche sa-
crificando le rese produttive;
¾ valorizzazione del prodotto;
¾ maggiore coordinamento verticale con la fase di trasformazione e commer-
cializzazione.
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¾ miglioramento qualitativo delle fasi di trasformazione e di stoccaggio;
¾ maggiore valorizzazione delle produzioni attraverso la riduzione delle
quantità di vino commercializzate sfuse.
Per quanto riguarda la produzione di latte, si rileva che la Puglia destina la mag-
gior parte del latte prodotto alla caseificazione per la produzione di un’ampia varietà
di derivati. Una quota decisamente limitata è destinata al consumo fresco. Comun-
que, il latte prodotto è assolutamente insufficiente a soddisfare la domanda, tanto
che la regione risulta importatrice netta sia di latte fresco che di prodotti caseari.
L’analisi dei dati sul volume delle quantità prodotte in Puglia e sul relativo va-
lore, nel periodo di riferimento 2001-2003, permette di delineare un quadro
d’insieme del comparto lattiero caseario pugliese.
Tra le produzioni di latte, quello vaccino assume una importanza più di rilievo,
tanto per la Puglia quanto per l’Italia. In particolare, il volume della produzione re-
gionale, però, rappresenta una quota molto bassa del volume prodotto a livello na-
zionale (del 3%). Inoltre, si registra un decremento, anche se contenuto, nel perio-
do 1996-2003, dello 0,21%, inferiore comunque rispetto a quello registrato a livello
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Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 –
Analisi delle principali filiere agricole Pugliesi (p.39-p.43); Outlook dell’agroalimentare italiano -
Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol. II (p.95-p.96).
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nazionale. Per quanto riguarda il latte di pecora e di capra, il volume di latte pro-
dotto a livello regionale è molto basso ed incide sul volume prodotto a livello na-
zionale per il 3,13%. L’evoluzione delle quantità prodotte tra i tre trienni presi in
esame, è negativa (quasi del 15%), una tendenza non diversa da quella nazionale
che, anche se lieve, registra una perdita (-5,34%). Il confronto tra i valori della pro-
duzione di latte negli ultimi due trienni, evidenzia un generale indebolimento del
comparto sia in Italia che in Puglia, dovuto principalmente al regresso della produ-
zione di latte ovicaprino, che però presenta un peso produttivo irrilevante, solo del
1% sulla produzione agricola complessiva. La produzione del latte vaccino e bufa-
lino, anche se registra un decremento minore, riveste sempre una posizione di mag-
giore rilievo in termini di peso produttivo sulla produzione agricola complessiva.
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In tabella la contribuzione della regione al valore della produzione nazionale di
latte.
Le unità produttive che operano nel settore lattiero caseario in Puglia nel 2004
sono 248 (il 9,7% del totale nazionale) e comprendono in prevalenza caseifici e
centrali del latte (89%), stabilimenti e cooperative di aziende agricole, centri di
raccolta e latterie turnarie.
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Tabella 27 – Produzione industriale nel settore lattiero caseario per Regione (2004)
REGIONE Latte alimentare Burro Formaggi Totale (quintali) REGIONE Latte alimentare Burro Formaggi Totale (quintali)
Piemonte 2.444.302 58.795 899.208 3.402.305 Abruzzo 109.364 3.474 94.502 207.340
Valle D'Aosta 4.079 1.267 26.099 31.445 Molise 375.150 9.312 173.528 557.990
Lombardia 6.167.088 414.890 4.005.816 10.587.794 Campania 1.333.462 45.610 617.696 1.996.768
Trentino Alto Adige 622.063 44.451 310.703 977.217 Puglia 1.193.828 31.990 467.407 1.693.225
Veneto 2.406.620 157.942 1.040.509 3.605.071 Basilicata 40.000 2.731 47.348 90.079
Friuli Venezia Giulia 575.203 8.798 253.366 837.367 Calabria 77.365 6.914 124.732 209.011
Liguria 913.634 281 3.129 917.044 Sicilia 754.376 5.517 221.695 981.588
Emilia Romagna 5.952.123 285.685 1.532.768 7.770.576 Sardegna 921.007 11.831 657.148 1.589.986
Toscana 967.154 2.564 364.455 1.334.173 Italia 28.714.705 1.110.797 11.387.301 41.212.803
Umbria 337.632 1.053 70.603 409.288 Nord 19.085.112 972.109 8.071.598 28.128.819
Marche 624.088 3.170 70.648 697.906 Centro 4.825.041 21.309 911.647 5.757.997
Lazio 2.896.167 14.522 405.941 3.316.630 Sud 4.804.552 117.379 2.404.056 7.325.987
Le aree di localizzazione
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Figura 33 – Imprese e addetti per il comparto lattiero caseario pugliese, 1996
Analisi SWOT
Punti di forza
¾ crescita continua, negli ultimi anni, del giro d’affari della filiera lattiero-
casearia;
¾ importante ruolo rivestito dal comparto della zootecnia da latte relativa-
mente alla possibilità di interagire attivamente con i comparti a monte e a
valle;
¾ elevato livello di know-how degli allevamenti di diverse aree in termini di
management, tecnologia e genetica;
¾ elevata diversificazione della produzione casearia in parte legata ad una for-
te componente di tipicità e in parte legata alla continua innovazione di pro-
dotto;
¾ rispondenza di buona parte dei prodotti lattiero - caseari ai canoni preva-
lenti dei comportamenti alimentari tendenti a valorizzare fattori quali con-
tenuti salutistici, freschezza e leggerezza, qualità, servizio e versatilità, ge-
nuinità e tipicità, proprietà nutrizionali.
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Punti di forza a livello di trasformazione e commercializzazione:
Punti di debolezza
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zionalizzazione produttiva necessaria per affrontare i nuovi sviluppi della
Politica Agricola Comunitaria e la sempre più pressante concorrenza eser-
citata dal comparto lattiero-caseario della Comunità;
¾ forte disparità regionale, che vede contrapporsi una zootecnia dinamica e
razionale, generalmente di pianura e situata nel settentrione, ad una zootec-
nia stagnante, di montagna, caratterizzata da livelli produttivi bassi e mal
collegata con le fasi a valle della filiera.
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¾ sviluppo della domanda di prodotti italiani di qualità sui mercati esteri an-
che non comunitari.
ORTICOLTURA
Per quel che riguarda le strutture produttive in Puglia, l’analisi dei dati struttu-
rali, riferiti all’ultimo censimento dell’agricoltura ISTAT, indica che le aziende
impegnate nel settore ortofrutticolo sono così distinte: 6.865 per le patate; 28.585
per le ortive; 8.199 per gli agrumi; 62.545 per le fruttifere. Si tratta, per la gran par-
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Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 –
Analisi delle principali filiere agricole Pugliesi (p.3-p.14); Azioni di scouting nel settore agroali-
mentare in Puglia, MAP presidio Puglia di assistenza tecnica per l’internazionalizzazione;
Outlook dell’agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol. II (p.95-p.96).
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te, di aziende di piccole dimensioni che non superano i 5 ettari di estensione e ciò
testimonia la forte frammentazione della struttura produttiva regionale.
Il valore di tali volumi produttivi risulta (media 2001-2003) di circa 850 milioni
di euro, costituendo poco più del 24% della PV agricola regionale e ben il 13%
della PV orticola nazionale. Si evidenzia, dunque, in termini economici, un trend
positivo del comparto orticolo, rispetto al triennio precedente. Infatti, nonostante
il 2003, così come il 2002, sia stato caratterizzato dalla crescita dei prezzi
all’origine degli ortaggi (+10%) – il comparto riafferma la sua notevole dinamicità.
FRUTTICOLTURA
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gionale pari al 3,7%; se rapportata al dato nazionale, la superficie frutticola della
Puglia ricopre più dell’11% della superficie frutticola totale in Italia.
Grazie ad un deciso aumento delle rese negli ultimi anni (2001-2003), la produ-
zione nazionale di frutta fresca ha registrato una crescita di circa il 2% rispetto al
triennio precedente, attestandosi al di sopra dei 5 milioni di tonnellate. Nello stes-
so periodo di riferimento, invece, la produzione pugliese di frutta fresca ha sfiora-
to le 140 mila tonnellate, riportando un lieve calo rispetto al triennio precedente,
di circa l’1,5%. La dinamica negativa della produzione trova risposta
nell’andamento climatico sfavorevole registrato in particolare nel 2003 (gelate
primaverili e siccità estiva).
Anche per ciò che riguarda il comparto della frutta fresca come per gli ortaggi,
nonostante il lieve calo produttivo, si registra un trend di crescita in termini stret-
tamente economici. Dal triennio 1999-2001 al triennio 2001-03, il valore della
produzione del comparto segna un aumento del 15% in Puglia (in Italia
l’aumento è pari solo al 11%) superando i 95 milioni di euro nel 2001-03. Dun-
que, la produzione di frutta fresca continua ad avere una redditività positiva, ma
un’incidenza sull’economia del settore ancora molto contenuta, il che rende ne-
cessario migliorare l’efficienza delle strutture produttive. Il contributo che appor-
ta il comparto alla PV regionale è pari al 2% e cresce moderatamente nel periodo
considerato.
Anche per quel che concerne la frutta in guscio (soprattutto mandorle e noccio-
le), la Puglia si configura come una regione di riferimento nel panorama naziona-
le. Sebbene non si tratti di uno dei comparti dominanti in regione (solo il 2% della
superficie agricola regionale è investita a mandorle e nocciole), in media nel perio-
do 2001-03, i circa 32.000 ettari di superficie dedicati alla produzione di frutta in
guscio in Puglia, incidono per ben il 20% sull’intera superficie nazionale destinata
al comparto.
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Ben il 96% della superficie regionale destinata a frutta in guscio è investita a
mandorlo, solo l’1,2% è destinato a nocciolo e l’1,4% al castagno. Pur essendo
molto diffuso in regione, il mandorlo ha avuto periodi di stasi, se non di regressio-
ne, a causa dell’inadeguatezza degli impianti, spesso obsoleti e con tecniche di colti-
vazione tradizionali che hanno portato i produttori ad abbandonare buona parte
della superficie mandorlicola. La coltura intensiva in irriguo si mostra poco compe-
titiva rispetto alle altre a più elevato reddito (uva da tavola e da vino, frutta e olivo).
Nel panorama agrumicolo quasi il 55% della superficie agricola utilizzata è de-
stinata alla coltivazione dell’arancio, seguita dalla clementina (41%), limone e
mandarino. In Italia, sulla base dei dati ISTAT, la superficie totale di agrumi si è
attestata sui 177.824 ettari, mentre quella pugliese è stata pari a 11.173 ettari.
Per quel che riguarda il mercato interno, la Puglia alimenta i circuiti commerciali
nazionali, soprattutto con prodotto fresco venduto sfuso, con considerevoli quanti-
tativi di prodotto. Tale risultato è frutto della crescente fiducia da parte dei consu-
matori nella qualità delle produzioni regionali e della improbabilità dell’effetto so-
stitutivo da parte di altre tipologie di prodotti di provenienza extraregionale.
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Tabella 28 – Produzione ai prezzi di base dei prodotti ortofrutticoli (milioni di euro)
Ortofrutta fresca
Il mercato degli ortaggi freschi in Puglia, è molto ampio per capacità produtti-
va, ma risente di una certa frammentazione e di un sistema distributivo caratteriz-
zato da intermediazioni tra produttore e cliente, rivolto soprattutto ai mercati ge-
nerali, che rende difficile rispondere alla richieste della grande distribuzione.
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nitura che rappresentano un difficile salto di qualità per parte rilevante del tessuto
produttivo e commerciale regionale: volumi ampi, specifiche modalità e tempi di
consegna, standardizzazione, allungamento della shelf life del prodotto (condi-
zionamento), capacità di programmazione quantitativa e qualitativa a lungo ter-
mine, qualità e continuità dei servizi accessori, mantenimento e sviluppo dei si-
stemi di controllo di qualità, compartecipazione alle attività di marketing, com-
partecipazione alla gestione della logistica e dei trasporti, capacità di gestire ed
omogeneizzare le tecniche di confezionamento, capacità finanziaria di sostenere i
costi legati ai servizi richiesti.
Ortofrutta trasformata
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Tabella 29 – Aziende settore conserviero per Regione (2005)
REGIONE N. Aziende % N. Aziende % contrib. Tot. REGIONE N. Aziende % N. Aziende % contrib. Tot.
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Il comparto delle conserve alimentari in questa zona, come del resto in tutta la
Puglia, è caratterizzato dalla presenza di imprese di piccola dimensione. La mag-
gior parte delle unità produttive specializzate nella produzione di conserve ali-
mentari presenti sul territorio si caratterizza come micro-imprese (meno di 10 di-
pendenti), di matrice patriarcale, legate ad antiche tradizioni conserviere e gastro-
nomiche locali. Quasi tutte le aziende sono nate con caratteristiche artigianali, a-
deguando l’attività produttiva alle abitudini, alle tradizioni di conservazione e alla
specializzazione delle colture agricole.
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I processi produttivi sono semplici e tecnologicamente stabili. Il settore è carat-
terizzato da una tipologia aziendale di piccole dimensioni e da una cultura tecnica
essenzialmente empirica, mentre la continua innovazione a livello di produzioni
primarie, di prodotto, di processo, di distribuzione e di utilizzo, rispetto alle con-
serve tradizionali, comporta per le imprese l’esigenza di un approccio tecnico-
scientifico specialistico, al fine di assicurare in tutti i casi sia le imprescindibili ga-
ranzie igieniche, sia la necessaria costanza qualitativa.
Alle imprese che operano sul mercato finale con marchio proprio, si affiancano
quelle che producono in conto terzi, trovando sbocchi di mercato nella produzio-
ne per i marchi commerciali delle società della distribuzione organizzata oppure
attraverso la produzione di semilavorati per le aziende di marca.
Le aree di localizzazione
33
zione di insalata e patata. Conserva una produzione molto frammentata, invece, la
provincia di Lecce, caratterizzata dalla presenza di numerose aziende di piccolissi-
me dimensioni che le conferiscono, comunque, il primato nella produzione delle
patate.
Infine, la provincia di Taranto risulta essere la meno rappresentativa per quel che
riguarda il numero di aziende e non presenta alcuna specializzazione per una parti-
colare coltura ortiva. Infine, per quel che concerne le coltivazioni di ortaggi in serra,
le produzioni più consistenti in regione risultano essere il pomodoro e le zucchine,
secondo i dati del 2000, rispettivamente con 7.763 tonnellate prodotte e una super-
ficie coltivata di 862 mila mq, il primo, e 1.207 tonnellate e 325 mila mq, la seconda.
Fonte: Le principali filiere produttive del biologico pugliese (a cura di Giuseppe De Blasi, Roberta
Callieris, Rocco Roma, Annalisa De Boni)
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Figura 35 – Specializzazione frutticoltura biologica per provincia
Fonte: Le principali filiere produttive del biologico pugliese (a cura di Giuseppe De Blasi, Roberta
Callieris, Rocco Roma, Annalisa De Boni)
Analisi SWOT
Punti di forza
35
¾ diffusione, specializzazione delle strutture e elevata capacità professionale
degli imprenditori;
¾ vicinanza territoriale ai luoghi di produzione, con conseguente possibilità di
conservare le caratteristiche qualitative e organolettiche del prodotto di base,
nonché di un maggior riconoscimento commerciale ai produttori agricoli;
¾ esistenza di una fascia consolidata di medie imprese con buoni livelli di tec-
nologia.
Criticità
36
¾ difficoltà nel realizzare un’azione congiunta fra le imprese finalizzata alle
attività di promozione e commercializzazione delle produzioni regionali;
¾ mancanza di notorietà dei marchi del prodotto pugliese presso il consuma-
tore finale.
6
Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 –
Analisi delle principali filiere agricole Pugliesi (p.44-p.52); Rapporto INEA La zootecnia in Pu-
glia, 2003; Outlook dell’agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol. II (p.95-
p.96).
37
L’allevamento bovino della Puglia non è molto rappresentativo nel contesto
nazionale. Più in dettaglio, dalla distinzione tra capi da allevamento e capi destina-
ti al macello, si rileva che in Puglia la maggior parte dei capi sono da allevamento.
Il quoziente tra capi macellati e quelli allevati mostra la minore propensione della
Puglia alla produzione di carne rispetto al contesto nazionale.
Per quanto riguarda l’allevamento dei caprini occorre evidenziare che esso ha
un peso irrisorio sul contesto zootecnico regionale (ne rappresenta, infatti, circa
l’11%) e in particolare rispetto all’allevamento e macellazione degli ovini. Risulta,
quindi, un sub comparto di minore importanza, seppure in alcune aree rappresen-
ti un elemento rilevante nel contesto produttivo locale. Occorre far emergere, in-
fatti, che nella regione gli allevamenti da carne svolgono in alcune aree particolari
un ruolo determinante nella formazione del reddito degli allevatori, assumendo
una valenza estremamente importante anche sotto il profilo della conservazione di
delicati equilibri ambientali e sociali.
L’allevamento dei suini non è molto sviluppato sul territorio regionale, regi-
strando una situazione differente rispetto a quella nazionale. Infatti, in Italia gli
8.971.783 capi suini allevati rappresentano il 36% del patrimonio zootecnico alle-
vato sull’intero territorio nazionale. La Puglia, invece, registra un numero di capi
allevati di 25.863, che rappresentano quasi il 6% del patrimonio zootecnico regio-
38
nale e che incide sul numero totale dell’Italia per lo 0,3%. Anche i dati più di det-
taglio sulle consistenze dei suini confermano la stessa situazione regionale (vedi
gli adulti di allevamento, i lattonzoli e magroni, ecc.).
Dall’esame dei dati sul volume della produzioni di carne emerge che in Puglia
nel triennio 2001-2003 in media la produzione di carne bovina e bufalina è di 41
mila tonnellate, in leggero aumento rispetto al triennio precedente (1999-2001) e
in controtendenza con l’andamento nazionale. Il volume di produzione di carne
ovicaprina si attesta, invece, intorno alle 3 mila tonnellate, pari al 3,3% della pro-
duzione nazionale.
Tabella 30 – Produzione ai prezzi di base dei prodotti zootecnici da carne (milioni di euro)
Carni Carni
Regioni Regioni
2005 2006 2005 2006
Piemonte 955 981 Abruzzo 190 193
Valle D'Aosta 28 28 Molise 111 110
Lombardia 2.019 2.085 Campania 377 385
Trentino Alto Adige 150 151 Puglia 156 158
Veneto 1.242 1.236 Basilicata 106 109
Friuli Venezia Giulia 181 186 Calabria 160 164
Liguria 67 69 Sicilia 295 296
Emilia Romagna 1.154 1.170 Sardegna 351 350
Toscana 313 320 Italia 8.631 8.782
Umbria 171 175 Nord 5.796 5.906
Marche 252 257 Centro 1.089 1.111
Lazio 353 359 Sud 1.746 1.765
Le aree di localizzazione
39
Nelle province di Brindisi e Lecce, l’allevamento ovi-caprino assume una consi-
stenza prevalente rispetto alle altre tipologie.
Figura 36 – Numero di capi medio per azienda, per AUSLe per tipologia di allevamento
Analisi SWOT
Punti di forza
40
¾ la graduale crescita del ruolo svolto dalla distribuzione moderna, in conse-
guenza della connotazione di fattore chiave che il prodotto (unbranded) as-
sume ai fini della fidelizzazione del cliente;
¾ gli stili di consumo, che assegnano alla carne un ruolo importante, legato
agli aspetti nutrizionali, alla facilità di preparazione e alla versatilità d’uso
(soprattutto per i prodotti pronti o elaborati a base di carne).
Punti di debolezza
41
¾ le difficoltà di contenimento dei costi di allevamento in conseguenza dei
vincoli imposti sempre più restrittivi, in tema di benessere degli animali (nel
trasporto e negli allevamenti), di smaltimento degli animali morti in stalla.
Produzione agricola
42
Trasformazione e commercializzazione
La produzione di olio d’oliva in Puglia risulta essere fortemente legata alle con-
dizioni dell’olivicoltura locale e rappresenta uno dei comparti più interessanti e di
spessore nel settore agro-alimentare pugliese.
Si evidenzia come l’olivicoltura sia componente storica del paesaggio rurale pu-
gliese – che presenta una forte vocazionalità pedoclimatica per la coltura - oltre a
costituire, per diffusione, competenze e professionalità richieste, un bacino occu-
pazionale di notevole importanza nell’economia agricola regionale.
7
Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 –
Analisi delle principali filiere agricole Pugliesi (p.22-p.27); Azioni di scouting nel settore agroa-
limentare in Puglia, MAP presidio Puglia di assistenza tecnica per l’internazionalizzazione;
Outlook dell’agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol. II (p.95-p.96).
43
In linea di massima, occorre distinguere due grandi bacini di coltivazione pro-
duzione: il primo comprende la parte centro–settentrionale della regione (la pro-
vincia di Foggia e la quasi totalità della provincia di Bari); il secondo è individua-
bile, per elementi omogenei di produzione e per caratteristiche del prodotto, con
le province di Lecce, Brindisi e Taranto più alcuni comuni del sud barese.
44
Figura 37 – I flussi della filiera olivicolo – olearia in Puglia
Il secondo livello della filiera riguarda le imprese coinvolte nella fase di tra-
sformazione primaria. Gli impianti di produzione dell’olio sono denominati
“frantoi”. L’output è costituito dall’olio d’oliva grezzo il quale può assumere le
più svariate caratteristiche e che fondamentalmente è classificato nei seguenti ag-
gregati: Olio extravergine; olio vergine; olio lampante. Sottoprodotti della lavora-
zione delle olive sono: la sansa ed il nocciolino. Sia il primo che il secondo posso-
no costituire fonte energetica quale combustibile, ma dalla sansa è possibile pro-
durre una ulteriore varietà d’olio: l’olio di sansa. In base alle caratteristiche pro-
prie di dato prodotto, si ritiene che lo stesso possa essere oggetto di integrazione
in filiera dedicata all’interno della quale rientra parte della filiera olivicola.
45
strutture di produzione; industria della produzione su vasta scala previa attività
di raffinamento e rettifica dell’olio; imprese di stoccaggio in silos ai fini della
collocazione presso ulteriori utilizzatori. Le attività di imbottigliamento riguar-
dano la configurazione del prodotto finito contemplante l’utilizzo di olio d’oliva
grezzo. Le imprese produttrici di olio e le imprese agricole coltivatrici del fondo,
ricorrono sempre più all’imbottigliamento diretto ai fini della commercializza-
zione. Ciò vale in presenza di oli aventi qualità medio alta. In altre ipotesi,
l’imbottigliamento avviene ad opera di acquirenti dell’olio commissionato a ter-
zi, i quali esercitano esclusivamente attività commerciali. Le attività industriali,
viceversa, coinvolgono oli di buona e di cattiva qualità. I primi usati per rettifi-
care la qualità complessiva del prodotto, i secondi per creare massa utile da posi-
zionare sui mercati. Questa fase avviene per lo più in capo ad imprese titolari di
raffinerie. Infine lo stoccaggio nei silos, può avvenire ad opera di intermediari
oda anche ad opera delle stesse imprese produttrici. La destinazione dell’olio
stoccato è molteplice ma prevale la collocazione presso l’industria alimentare (es.
produzione cibi precotti surgelati, produttori sott’olio ecc) ed anche presso
l’industria farmaceutica, cosmetica e di altra tipologia (produzione ceri, semila-
vorati per l’industria ecc.).
46
L’organizzazione della produzione
Rari sono i comuni dove l’olivo non è presente, mentre sono frequenti i comuni
nei quali l’olivo è la coltura prevalente. In molti comuni del Barese, del Brindisino,
del Leccese ed anche del Gargano la superficie olivicola supera il 50% della SAU
comunale. In alcuni di essi, come Giovinazzo, Molfetta, Bitetto, Terlizzi nel Bare-
se, e Melendugno, Casarano, Ugento nel Salento, si coltiva quasi soltanto olivo.
Olivicola/olearia Olivicola/olearia
Regioni Regioni
2005 2006 2005 2006
Piemonte 0 0 Abruzzo 140 134
Valle D'Aosta 0 0 Molise 20 17
Lombardia 2 2 Campania 155 120
Trentino Alto Adige 1 1 Puglia 819 571
Veneto 7 6 Basilicata 21 16
Friuli Venezia Giulia 0 0 Calabria 925 743
Liguria 29 32 Sicilia 279 242
Emilia Romagna 5 4 Sardegna 32 28
Toscana 90 86 Italia 2.691 2.219
Umbria 43 69 Nord 44 45
Marche 19 18 Centro 256 303
Lazio 104 130 Sud 2.391 1.871
47
La dimensione degli impianti pugliesi di prima trasformazione è media, e pos-
sono lavorare tra 4 e 10 tonnellate di olive in una giornata lavorativa.
La durata del processo di prima trasformazione si differenzia molto nei due ba-
cini regionali: nelle zone del Nord Barese, della parte meridionale della provincia
di Foggia e nelle zone olivolicole del Gargano, dove la raccolta è effettuata diret-
tamente dall’albero, il periodo di lavorazione è di circa due mesi.
Nel bacino che comprende la zona a Sud di Bari e la penisola salentina, dove la
raccolta è effettuata per “raccattatura da terra”, il periodo di lavorazione è molto
più lungo e va da un minimo di 3/4 mesi, fino ad un massimo di 6/7 mesi, nei
momenti di maggiore produzione.
Una caratteristica degli oleifici del nord-barese è quella di utilizzare gli impianti
anche nelle ora notturne per lavorare le olive il più rapidamente possibile. Gli im-
pianti di molitura sono gestiti per lo più da imprenditori privati o dagli stessi pro-
duttori agricoli, e in qualche caso da strutture cooperative. Per quanto attiene alle
attività degli impianti appartenenti ad imprenditori privati, il ruolo delle aziende
ha una duplice funzione:
Anche in questo caso, vi sono delle differenze tra i due bacini di produzione:
nella zona centro-settentrionale il 60% dei frantoiani svolgono una funzione
commerciale, nel bacino meridionale, invece l’attività commerciale è più ridotta.
In questa zona, infatti, le olive sono trasformate dai frantoiani privati per conto
dei produttori privati, che poi utilizzano l’olio ricavato per l’auto-consumo fami-
liare o per commercializzazione diretta. Nell’area del Nord-barese, l’olio prodot-
to è di maggiore pregio e i produttori tendono ad immagazzinarlo nell’attesa che
le quotazioni salgano man mano che l’offerta diminuisce.
48
L’olio è venduto direttamente alle industrie d’imbottigliamento, con prezzi più
remunerativi rispetto a quelli del periodo di molitura. Un elemento di forte criti-
cità per l’ampliamento del mercato di distribuzione, sono gli alti costi per la crea-
zione di reti commerciali. Negli ultimi anni sono sorti molti frantoi sociali nella
regione, attraverso la costituzione di cooperative. La forma dell’associazionismo e
della cooperativa e il loro ruolo nel settore olivicolo sono particolarmente “rac-
comandati” dagli attori pubblici locali, ma tali strutture organizzative devono far
fronte a criticità notevoli.
In tabella i dati relativi alla produzione industriale di olio nella regione Puglia.
49
Tabella 32 – Produzione industriale nel settore olivicolo oleario per Regione (2004)
Valore della Valore della
Produzione olio Quota % Quota sul valore Produzione olio Quota % Quota sul valore
REGIONE produzione REGIONE produzione
(quintali) produzione produzione (quintali) produzione produzione
(Keuro) (Keuro)
Piemonte 29 0,0% 0 0,0% Abruzzo 235.642 3,8% 116.900 5,1%
Valle D'Aosta 0 0,0% 0 0,0% Molise 50.058 0,8% 12.898 0,6%
Lombardia 4.969 0,1% 1.528 0,1% Campania 383.728 6,2% 135.930 5,9%
Trentino Alto Adige 1.610 0,0% 585 0,0% Puglia 2.388.455 38,6% 634.790 27,6%
Veneto 12.149 0,2% 4.611 0,2% Basilicata 72.579 1,2% 14.016 0,6%
Friuli Venezia Giulia 687 0,0% 389 0,0% Calabria 1.926.246 31,1% 873.774 38,0%
Liguria 41.421 0,7% 31.435 1,4% Sicilia 487.342 7,9% 218.292 9,5%
Emilia Romagna 7.050 0,1% 3.171 0,1% Sardegna 90.493 1,5% 20.061 0,9%
Toscana 151.462 2,4% 78.962 3,4% Italia 6.187.068 100,0% 2.299.939 100%
Umbria 67.364 1,1% 34.565 1,5% Nord 67.915 1,1% 41.719 1,8%
Marche 40.415 0,7% 17.879 0,8% Centro 484.610 7,8% 231.559 10,1%
Lazio 225.369 3,6% 100.153 4,4% Sud 5.634.543 91,1% 2.026.661 88,1%
50
oli alimentari si concentra prevalentemente nel comprensorio del Nord barese che
comprende i comuni di Andria, Bitonto, Bisceglie, Canosa di Puglia e Corato, an-
che se nella graduatoria dei principali comuni a maggiore intensità di attività pro-
duttiva figura anche la zona del Sud-est, rappresentata dal comune di Monopoli.
51
Figura 38 – Imprese e addetti per il comparto oleario, 1996
Analisi SWOT
52
¾ consolidato Know-how nella capacità di soddisfare le richieste provenienti
dal mercato estero e dalla distribuzione;
¾ globalizzazione dei mercati.
I punti di debolezza della filiera Olealicola pugliese possono essere così evidenziati:
53
¾ maggiore coordinamento verticale con la fase di trasformazione e commer-
cializzazione.
La Puglia, nel panorama produttivo nazionale del grano duro si colloca al pri-
mo posto intercettando in media il 22% circa della produzione marginale. Pur a-
vendo nel complesso 21 molini a grano duro, collocandosi subito dopo la Sicilia,
presenta una capacità di trasformazione pari al doppio di quella presente
nell’Isola. Ciò dimostra che le industrie semoliere presenti in Puglia sono di eleva-
te dimensioni presentando in media, secondo i dati diffusi da Italmopa, una capa-
cità unitaria di trasformazione di oltre 290 t/24h. L’elevata capacità unitaria di tra-
sformazione deve far fronte all’industria della pasta che pur non essendo elevata
nei numeri, 10 pastifici secondo i dati forniti da Unipi, presenta una capacità
complessiva di oltre 1.330 t/24h, collocandosi al 3° posto a livello nazionale dopo
Emilia Romagna, Campania.
8
Fonte: Programma di sviluppo rurale (PSR) 2007-2013 Regione Puglia, 2008 Allegato 1 –
Analisi delle principali filiere agricole Pugliesi (p.15-p.21); Azioni di scouting nel settore agroa-
limentare in Puglia, MAP presidio Puglia di assistenza tecnica per l’internazionalizzazione; Le
imprese della filiera del grano duro in Puglia, Gaetano Chinnici, Biagio Pecorino - Dipartimento
di Scienze Economico-Agrarie ed Estimative - Università degli Studi di Catania; Outlook
dell’agroalimentare italiano - Rapporto Annuale ISMEA 2007 - Vol. II (p.95-p.96).
54
ta sin dalle prime fasi con imprese della commercializzazione del grano duro con
elevate capacità di stoccaggio che puntano ad alimentare i molini di medie-grandi
dimensioni. Ovviamente, la Puglia dal punto di vista logistico si trova in una posi-
zione strategica sia per i collegamenti nazionali che internazionali, al punto ciò ha
indotto la localizzazione proprio in questa regione di impianti di trasformazione di
elevata capacità in quanto la materia prima è facilmente accessibile senza eccessivi
oneri per il trasporto, anche grazie allo sviluppo delle infrastrutture portuali che
consentono l’acquisizione ai principali mercati europei ed extraeuropei di materia
prima dal contenuto qualitativo più elevato per venire incontro all’elevata esigenza
di materia prima proteica da parte dell’industria pastaria. La crescente importanza
del grano duro in Puglia ha portato un miglioramento dell’organizzazione della
commercializzazione da parte del mondo agricolo anche perché risulta molto sti-
molato dalla presenza nel territorio di imprese di elevate dimensioni e molto esi-
genti dal punto di vista delle caratteristiche della materia prima.
Si rileva in Puglia la presenza di una filiera che risulta essere ben organizzata sin
dalla prime fasi che vede non solo la stipula di contratti di coltivazione, anche con
le più grandi imprese pastarie nazionali, ma la concentrazione dell’offerta in centri
di stoccaggio di elevate capacità in grado di alimentare un’industria molitoria di
elevate dimensioni.
In Puglia esiste una vocazionalità alla coltivazione del frumento duro soprattut-
to nel territorio nord occidentale (province di Foggia e Bari).
55
La superficie media investita a grano duro nel triennio 2001-2003 in Puglia è
pari a circa 421 mila ettari e rappresenta poco più del 24% della superficie duro
granicola nazionale. Ad ulteriore conferma del fatto che in Puglia la coltivazione
di grano duro è molto praticata si evidenzia che circa il 28,5% della SAU totale
pugliese è destinata a questa coltura.
Anche l’analisi dei dati sul valore della produzione del frumento duro rivelano
la predominanza del comparto cerealicolo in regione; in particolare, nel triennio
2001- 2003 esso contribuisce per quasi il 10% alla formazione del valore della
produzione agricola e per circa il 7% alla formazione del valore della produzione
cerealicola nazionale.
Nello specifico, il frumento duro rappresenta circa il 70% della produzione ce-
realicola regionale, dato che supera in modo nettissimo la media nazionale pari a
circa il 21%.
Nella fase di raccordo tra il settore agricolo e quello della prima trasformazio-
ne, agiscono diverse figure che trovano la propria ragion d’essere nella necessità di
concentrare l’offerta delle aziende che coltivano frumento duro.
56
le operazioni di stoccaggio del frumento, l’adattamento qualitativo delle partite, il
trasporto e l’intermediazione in modo da consentire il flusso di prodotto verso
valle. Anche a monte delle imprese agricole vi sono diversi operatori economici
attivi nella vendita dei mezzi tecnici e nella diffusione delle innovazioni. In tale
ambito operano le imprese sementiere.
Attualmente in Puglia, risultano attive 426 unità locali specializzate nella pro-
duzione di pasta alimentare, a cui si affiancano oltre 3.280 attive nella produzione
e commercializzazione dei prodotti affini della panetteria e pasticceria.
Tabella 34 – I numeri dell’industria delle paste alimentari nelle regioni d’Italia (anno 2005)
Produzione Produzione % su Produzione Produzione % su
REGIONE N. pastifici N. dipendenti REGIONE N. pastifici N. dipendenti
(quintali) tot. Nazion. (quintali) tot. Nazion.
Piemonte 11 590 2.624.400 8,0% Abruzzo 15 652 2.340.000 7,1%
Valle D'Aosta 0 0 0 0,0% Molise 5 332 1.380.000 4,2%
Lombardia 19 813 2.805.000 8,6% Campania 16 970 5.594.000 17,1%
Trentino Alto Adige 3 176 356.000 1,1% Puglia 11 539 2.893.200 8,8%
Veneto 21 1.019 2.365.400 7,2% Basilicata 2 36 240.000 0,7%
Friuli Venezia Giulia 2 130 1.150.000 3,5% Calabria 1 25 120.000 0,4%
Liguria 2 88 606.000 1,8% Sicilia 17 365 2.181.800 6,7%
Emilia Romagna 12 1.384 5.838.000 17,8% Sardegna 0 0 0 0,0%
Toscana 7 413 1.120.000 3,4% Italia 159 7.904 32.793.800 100,0%
Umbria 2 97 440.000 1,3% Nord 70 4.200 15.744.800 48,0%
Marche 8 161 530.000 1,6% Centro 22 785 2.300.000 7,0%
Lazio 5 114 210.000 0,6% Sud 67 2.919 14.749.000 45,0%
57
Il comparto in Puglia è caratterizzato dalla presenza di un numero elevato
d’aziende a carattere artigianale, anche di dimensioni piccole, molte delle quali of-
frono prodotti di pasta fresca e commercializzano nel territorio dove ha sede
l’azienda. Si tratta, in genere di piccole unità produttive, a gestione familiare che
prevedono il banco vendita e il laboratorio di lavorazione annesso. A queste realtà
di tipo “artigianale”, si contrappone la presenza di un numero discreto di pastifici
di dimensioni medie e grandi che realizzano delle produzioni specializzate su sca-
la industriale.
Una parte significativa delle aziende con una forte tradizione e presenti sul
mercato da lungo tempo, si caratterizza per un’organizzazione strutturata a filiera
e svolge anche attività molitoria, con macinazione di farine e semole utilizzabili,
successivamente per la produzione di pasta secca o fresca.
Negli ultimi anni, inoltre, molti pastifici hanno arricchito l’offerta di prodotti
con conserve alimentari, soprattutto la linea rossa (pomodori pelati, passate di
pomodoro), linea biologica, olio e aceto, sughi pronti, prodotti da forno, e così
via. Questo processo di diversificazione, in alcuni casi molto ampio, integra in
modo completo il sistema di offerta, evidenziando una strategia di consolidamen-
to del settore.
Generalmente, le aziende più strutturate, che hanno acquisito una maggiore ca-
pacità organizzativa, adottano tecnologie di lavorazione della pasta alimentare più
avanzate, di tipo industriale. Molte di esse sono dotate di moderni impianti di es-
siccazione, completamente automatizzati, capaci di produrre notevoli quantità di
pasta ogni ora.
In ogni caso, gli impianti sono gestiti in modo tale da adottare delle temperature
medio basse con tempi leggermente più lunghi, assicurando un sistema di essiccazio-
ne naturale che più si avvicina all’antico procedimento dell’essiccazione della pasta.
58
ginariamente nel grano duro, evitando il fenomeno di caramellizzazione
dell’amido, quindi conservando il colore e il sapore tipico della pasta italiana. Nel-
la maggior parte delle imprese caratterizzate da una produzione industriale, anche
le fasi di confezionamento, imballaggio e stoccaggio del prodotto in magazzino
sono caratterizzate dall’adozione di tecnologie innovative.
Le unità produttive specializzate nel settore della pasta alimentare (fresca e sec-
ca) sono numericamente tante, qualitativamente di buon livello e con un’offerta
produttiva diversificata ed ampia. Molte delle aziende specializzate in Puglia sono
di piccole dimensioni per cui risulta difficile operare una selezione ottimale in
termini di identificazione delle aziende leader, maggiormente propense all’export.
In ogni caso, si segnalano alcune delle imprese più rappresentative del settore,
che operano da anni sul mercato, con una tradizione consolidata: Gruppo Cicca-
rese, Divella, Pastificia Ambra di Puglia S.p.A., Pastificio Attilio Mastromauro
Granoro srl, Pastificio Riscossa srl.
Le aree di localizzazione
Le aree produttive più importanti sono a nord della Puglia e precisamente nelle
province di Foggia e Bari dove si concentra non solo la produzione, ma dove sono
collocate la gran parte dei centri di stoccaggio e delle industrie molitorie e pasta-
rie. L’area in cui si concentra maggiormente la produzione di pasta alimentare è
identificabile nella Provincia di Bari, dove figurano anche molte delle imprese più
strutturate del settore a livello regionale.
Analisi SWOT
59
¾ presenza di un sistema di assistenza tecnica e di formazione;
¾ presenza di un contoterzismo professionale e di strutture cooperative orga-
nizzate con lunga tradizione per la lavorazione del terreno e la mietitrebbia-
tura.
I punti di debolezza della filiera Frumento duro in Puglia possono essere così in-
dividuati:
60
1.3 I distretti agroalimentari della Regione Puglia9
9
Fonte: PIT “Area Tavoliere” – POR Puglia 2000-2006.
61
nell’adeguamento dei cicli produttivi ai diversi sistemi di certificazione; da una
forte stagionalità turistica e dalla scarsa integrazione tra i settori.
Gioca un ruolo importante anche il settore industriale che con il suo processo
di ristrutturazione ha determinato una trasformazione radicale nella tipologia del-
le imprese accrescendone il valore aggiunto. Si è passati da una struttura produtti-
va basata sull’industria pesante, legata soprattutto alle partecipazioni statali e ca-
ratterizzata da una dimensione aziendale medio-grande, a un’industria manifattu-
riera ’’leggera’’, dominata da piccole e piccolissime imprese e organizzata sul terri-
torio in forma distrettuale. Il settore risente tuttavia i limiti dovuti alla mancanza
di poli industriali consolidati, alla insufficiente capacità di acquisizione di know-
how, alla carenza di servizi a supporto delle attività imprenditoriali e alla scarsa
diffusione di iniziative di internazionalizzazione.
10
Fonte: Scambi con l’estero Regione Puglia – INEA 2005
62
Figura 39 – Indici del commercio agroalimentare della Puglia, Mezzogiorno e Italia (medie 2002-
2005)
Analizzando la composizione degli scambi con l’estero della Puglia nel 2005, si
evince come il saldo negativo del settore agroalimentare (poco più di 106 milioni di
euro) sia frutto di un consistente deficit delle esportazioni dell’industria alimentare,
che non riesce ad essere compensato dal saldo attivo registrato dal settore primario.
63
tribuito agli attivi della bilancia commerciale, mostra anche un notevole incremen-
to tra il 2004 e il 2005 (+19,7%). Di contro le corrispondenti importazioni mo-
strano una lieve flessione nel biennio considerato (-1,9%).
64