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LEGGE REGIONALE 4 settembre 1979, n. 31 (B.u.r. 8 settembre 1979, n.

49)

Classificazione:
C.1.1
TERRITORIO - AMBIENTE E INFRASTRUTTURE - URBANISTICA - Disposizioni generali

Interventi edificatori nelle zone di completamento previste dagli strumenti urbanistici generali comunali.

INDICE DELLA LEGGE


Art. 1 Ambito di applicazione
Art. 2 Compiti dei comuni
Art. 3 Decadenza

Articolo 1
Ambito di applicazione
Per gli edifici aventi impianto edilizio preesistente, compresi nelle zone di completamento con destinazione
residenziale previste dagli strumenti urbanistici generali comunali approvati, sono consentiti ampliamenti alle
case a un piano fuori terra e alle costruzioni che, avuto riguardo alla struttura edilizia esistente e agli edifici
circostanti, presentano evidenti caratteristiche di non completezza.
Gli ampliamenti sono consentiti nei limiti di cui all’art. 2, anche in deroga alle distanze e/o al volume stabiliti
per le suddette zone territoriali omogenee dal DM 2-4-1968, n. 1444, ferma restando la dotazione minima
inderogabile per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio.

Nota relativa all’Articolo 1:


Per l’applicazione di tale articolo vedi l’art. unico, l.r. 24 marzo 1981, n. 8.

Articolo 2
Compiti dei comuni
I comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base di un censimento dello
stato di fatto, individuano gli edifici di cui all’articolo precedente sulla planimetria dello strumento urbanistico
generale e, con apposita normativa, relativa, tra l’altro, agli allineamenti, alle altezze massime, ai volumi, alla
densità fondiaria massima, distinguono gli edifici aventi bisogno di deroga dai distacchi, quelli aventi bisogno
di completamento volumetrico, quelli aventi bisogno sia di completamento volumetrico che di deroga dai
distacchi.
In ogni caso gli edifici, a seguito dell’ampliamento volumetrico, non potranno essere superiori a 3 piani e le
distanze minime fra fabbricati, eccettuate le soluzioni a schiera e fatti salvi i diritti dei terzi, non potranno essere
inferiori a metri lineari 3.
Restano ferme le disposizioni delle leggi dello Stato vigenti in materia di norme tecniche per la costruzione in
zone dichiarate sismiche.
La procedura di cui al presente articolo ha efficacia di piano particolareggiato e alla sua approvazione provvede
il consiglio comunale ai sensi della legge regionale 16-5-1979, n. 19 “Norme relative ai piani di attuazione
degli strumenti urbanistici comunali”.
Per l’attuazione degli interventi previsti e approvati ai sensi della presente legge, i comuni obbligati alla
formazione dei programmi pluriennali di attuazione hanno facoltà di avvalersi della disposizione di cui all’art.
5, terzo comma della legge regionale 26-4-1979, n. 18.
Articolo 3

1
Decadenza
Trascorso un anno dall’entrata in vigore della presente legge, i comuni non potranno ulteriormente utilizzare le
procedure di cui all’articolo precedente.
LEGGE REGIONALE 24 marzo 1981, n. 8 (B.u.r. 25 marzo 1981, n. 27)

Classificazione:
C.1.1
TERRITORIO - AMBIENTE E INFRASTRUTTURE - URBANISTICA - Disposizioni generali

Rimessione in termini per gli interventi edificatori nelle zone di completamento previste dagli
strumenti urbanistici generali comunali.
INDICE DELLA LEGGE

Articolo unico

Articolo unico
L’art. 1 della legge regionale 4 settembre 1979, n. 31, si applica anche agli edifici, aventi impianto edilizio
preesistente, compresi nelle zone di completamento con destinazione residenziale previste dagli strumenti
urbanistici generali, o loro varianti, adottati dai comuni entro il 23 settembre 1980 e la cui approvazione, da
parte della Regione, sia intervenuta o intervenga successivamente alla scadenza di tale termine.
In relazione a quanto previsto dal precedente comma, i comuni possono utilizzare le procedure previste dalla
legge regionale 4 settembre 1979, n. 31, entro il 30 settembre 1981, fermo restando che l’attuazione dei relativi
interventi edificatori è subordinata all’ approvazione degli strumenti urbanistici generali o loro varianti da parte
della Regione.

2
TAR MARCHE

T.A.R. Marche, 14 giugno 2005, n.671 – Pres. Sammarco, Est. Ranalli – Valentini c. Comune
di Civitanova Marche.

Edilizia ed urbanistica – L.R. 31/1979 – Interventi edificatori nelle zone di completamento – Ambito di
applicazione e finalità della legge – Completamento organico dell’assetto urbanistico ed edilizio
preesistente – Intervento di demolizione e realizzazione di un edificio in tutto o in parte diverso da quello
preesistente – Non esorbita dalla finalità della legge.

L.R.31/1979 – Procedura di censimento degli edifici da assoggettare ad interventi edificatori – Efficacia


di piano particolareggiato – Regime di pubblicità del relativo provvedimento di approvazione – Rinvio
all’art.16 della L.1150/1942 – Ulteriori forme di pubblicità previste dalla normativa regionale –
Esclusione.

Distanze tra fabbricati - Art.9 ultimo comma D.M. 1444/1968 – Piani particolareggiati - Previsioni
derogatorie sulle distanze minime – Vigenza anche dopo l’entrata in vigore del RET e della L.R.34/1992.

___ La L.R. n.31/1979, nell’agevolare l’ampliamento degli edifici siti nelle zone di completamento e recanti
evidenti caratteristiche di non completezza, si prefigge lo scopo di rimediare a situazioni edilizie precarie o
inadeguate sotto il profilo dell’ordinato assetto territoriale e non esclude a tal fine demolizioni, anche di
rilevante entità, dei manufatti preesistenti, ove dette demolizioni siano necessarie al corretto completamento
della zona, né richiede una identità strutturale e funzionale tra l’edificio preesistente e quello risultante dal
completamento (quest’ultimo potendo essere anche profondamente diverso da quello originario, in caso di
notevole divergenza con gli edifici circostanti) né occorre che l’area di sedime sia in tutto coincidente con
quella della vecchia (costruzione) (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, Sez.V, 30 giugno 1998 n.976). Del resto,
l’art.2 della L.R. n.31/1979, allorché dispone che la normativa sugli interventi edilizi concretamente effettuabili
sugli edifici censiti ai sensi della legge stessa, ben può riguardare gli allineamenti, le altezze massime, i
volumi, la densità fondiaria e le deroghe ai distacchi e, nello stesso tempo, ne consente l’ampliamento e la
sopraelevazione, è evidente che, sia pure implicitamente, non esclude affatto né la demolizione né la
realizzazione di un edificio in tutto o in parte diverso da quello preesistente: peraltro, l’esplicita finalità della
norma non è quella di “conservare” o “recuperare” l’esistente, ma quella di completare in modo organico
l’assetto urbanistico ed edilizio circostante, tant’è che non è casuale l’omessa indicazione di qualsiasi
riferimento limitativo alle tipologie di intervento “di recupero” del patrimonio edilizio esistente (manutenzione
ordinaria o straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia) di cui all’art.31 della
legge 5 agosto 1978 n.457, pur sempre già vigente all’epoca della citata L.R. n.31/1979.

___ La procedura di “censimento” degli edifici aventi le caratteristiche indicate nell’art.1 della L.R. n. 31/1979,
con la contestuale e specifica disciplina degli interventi edilizi ammessi, proprio perché, ai sensi del successivo
art.2, ha efficacia di piano particolareggiato, è immediatamente esecutiva ed il relativo provvedimento di
approvazione, ai sensi dell’art.16 della legge n. 1150/1942, deve essere depositato nella Segreteria del Comune
e notificato unicamente ai proprietari degli immobili “vincolati” e con l’espressione “vincolati” la norma suindicata
si riferisce agli immobili sottoposti a vincolo totale o parziale di inedificabilità o di espropriazione e non anche ai
proprietari delle aree o degli edifici eventualmente lesi da altre e diverse prescrizioni. Del resto né l’art.2 della
L.R. 16 maggio 1979 n.6, né la L.R. n. 34/1992 (nel testo vigente prima della modifica introdotta al comma 2 bis
dell’art.40 dalla L.R.18/1997 – n.d.r.), prevedono altre o ulteriori forme di pubblicità relativamente all’atto di
approvazione definitiva dei piani particolareggiati, né è possibile, in mancanza di una norma espressa in tal
senso, estendere all’approvazione definitiva dei piani particolareggiati, pur sempre espressamente e
diversamente come sopra disciplinata, il regime di pubblicità stabilito per gli atti di approvazione del piano
regolatore generale ed, in particolare la loro pubblicazione sul BUR (tale obbligo di pubblicazione sul BUR è ora
esteso anche ai piani attuativi per effetto del citato art.40, comma 2 bis della L.R.34/1992 – n.d.r.).

Né il regolamento regionale tipo né la L.R. n. 34/1992 dispongono la sopravvenuta inefficacia delle diverse
disposizioni sulle distanze minime previste dai piani particolareggiati in atto alla data della loro emanazione: deve,
quindi, considerasi ancora valida, anche a seguito di questa normativa sopravvenuta, la disposizione dell’art.9, u.c.,
del D.M. 2 aprile 1968 n.1444 che consente proprio ai piani particolareggiati di stabilire distanze inferiori.
1
REPUBBLICA ITALIANA
N. 0671
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

ANNO 2005 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLE MARCHE

ha pronunciato la seguente
REG. DEC.
SENTENZA

N.600 Reg. Ric. sul ricorso n.600 del 2000 proposto da VALENTINI Alfonso e VALENTINI Vanda,
rappresentati e difesi dall’avv. Roberto Gaetani ed elettivamente domiciliati in Ancona, Via
Fazioli n.8, presso lo studio dell’avv. Aristide Grassini;
ANNO 2000 contro

il COMUNE di CIVITANOVA MARCHE, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv.
Ranieri Felici ed eletti-vamente domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;

e nei confronti

di MORRESI Rosa, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Carassai ed elettivamente domiciliata in


Ancona, Via Piave n.6/b, presso lo studio dell’avv. Alberto Cucchieri;

per l’annullamento

- delle concessioni edilizie 31.1.19998 e 2.3.2000 (in variante) rila-sciate a Morresi Rosa per l’ampliamento e
la sopraelevazione del fabbricato in via Argilofi;

- delle deliberazioni 13.2.1981 n.64, 18.6.1982 n.252, 20.4.1993 n.18, 5.11.1993 n.88 e 13.5.1996 n.60,
relative al piano previsto dalla L.R. n.31/1979;

nonché

per la condanna del Comune di Civitanova Marche al risarcimento dei danni.

Visto il ricorso con i relativi allegati, nonché l’atto con cui sono stati proposti motivi aggiunti di
impugnazione;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Civitanova Marche e di Morresi Rosa;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 18 maggio 2005, il Cons. Luigi Ranalli;

Uditi l’avv. Gaetani per i ricorrenti, l’avv. Ranieri Felici per il Comune resistente e l’avv. Carassai per la
controinteressata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I.- Valentini Alfonso e Vanda, quali proprietari limitrofi, con il ricorso in esame, notificato il 23.5.2000 e
depositato il 29.5.2000, hanno impugnato:
2
- la concessione edilizia rilasciata il 31.1.1998 a Morresi Rosa dal Dirigente del Settore urbanistica del
Comune di Civitanova Marche per l’ampliamento e la sopraelevazione del fabbricato ad uso abitativo in via
Argilofi, a suo tempo individuato dal piano redatto ai sensi della legge regionale Marche 4 settembre 1979
n.31;

- l’analoga concessione edilizia in variante, rilasciata il 2.3.2000 a seguito della domanda all’uopo inviata il
25.11.1998 in conseguenza del crollo anche della parete da conservare e dichiarato imputabile alla carenza
delle fondazioni esistenti, alla vetustà della muratura e delle lesioni presenti.

Hanno inoltre, impugnato, quali atti presupposti delle rilasciate concessioni edilizie:

- la deliberazione 13.2.1981 n.64, con cui il Consiglio comunale ha esaminato e deciso le osservazioni
pervenute, tra cui quella (n.83) di Morresi Rosa per il suindicato fabbricato, a seguito del piano adottato con la
deliberazione consiliare 30.5.1980 n.207 ai sensi, appunto, della L.R. n.31/1979;

- la deliberazione consiliare 18.6.1982 n.252, con cui il suindicato piano è stato definitivamente approvato;

- la deliberazione 20.4.1993 n.18 con cui il Consiglio comunale avrebbe definitivamente approvato la proroga,
già disposta con la deliberazione 20.4.1993 n.17, della validità della parte non attuata nel decennio del
suindicato piano: in realtà, poiché con la deliberazione n. 18/1993 nulla è stato approvato, l’impugnazione
deve intendersi riferita alla citata deliberazione n.17/1993;

- la deliberazione 5.11.1993 n.88 (pubblicata all’Albo pretorio dal 3011.1993) con cui il Consiglio comunale ha
definitivamente appro-vato il piano prorogato con la deliberazione n.17/1993, previo esame e decisione delle
relative osservazioni;

- la deliberazione 13.5.1996 n.60 (pubblicata all’Albo pretorio dal 18.5.1996) con cui il Consiglio comunale ha
integrato il suindicato piano, completandolo con l’elenco di n.68 interventi consentiti, tra cui quello relativo al
fabbricato di che trattasi, in quanto erroneamente omessi negli atti approvati con le deliberazioni n.64/1981 e
n. 252/1982, nonché con le planimetrie delle aree destinate a verde.

A conclusione del ricorso è stata anche chiesta la condanna del-l’Amministrazione comunale al


risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti.

Con atto depositato il 28.10.2000, Valentini Alfonso e Valentini Vanda, mediante motivi aggiunti, hanno poi
impugnato il certificato rilasciato dal Dirigente del Settore urbanistica e depositato nel fascicolo di causa, con
cui si dichiara che l’immobile fu inserito tra quelli da sopraelevare ed ampliare ai sensi della L.R. n.31/1979 in
attuazione della deliberazione n.64/1981 e che, trascorsi dieci di validità del piano e constatato che numerosi
proprietari non avevano usufruito di tale previsione urbanistica, in conformità della deliberazione n.88/1993
l’immobile è stato inserito nella riapprovazione del nuovo piano particolareggiato.

La difesa del Comune di Civitanova Marche, con la memoria di costituzione in giudizio e successiva
memoria depositata l’1.4.2005, ha chiesto che il ricorso sia respinto in quanto infondato, preliminarmente
eccependo la tardiva impugnazione delle deliberazioni relative al piano approvato ai sensi della L.R.
n.31/1979, nonché l’inammis-sibilità dei motivi aggiunti.

Anche la difesa della controinteressata Morresi Rosa, con la memoria di costituzione in giudizio e
successiva memoria depositata il 6.5.2005, ha eccepito la tradiva impugnazione degli atti relativi all’ap-
provazione del suindicato piano ex L.R. n.31/1979, chiedendo che il ricorso sia respinto in quanto infondato.

La difesa dei ricorrenti, con memoria depositata il 7.5.2005, ha ulteriormente illustrato i dedotti motivi di
gravame, insistendo per l’ac-coglimento del ricorso e replicando all’eccezione di tardività sollevata dalle difese
resistenti.

Questo Tribunale, con ordinanza 7 giugno 2000 n.410, confermata dal Consiglio di Stato, Sez.V, con
ordinanza 29 agosto 2000 n.4246, ha respinto la domanda cautelare proposta ai sensi dell’art.21, u.c., della
legge 6 dicembre 1971 n.1034.

3
II.- Tanto premesso, considera il Collegio che il piano iniziale, adottato ed approvato, ai sensi della L.R.
n.3171979, con le deliberazioni consiliari n.207/1980, n.64/1981 e n.272/1982, e l’analogo piano riproposto
con le deliberazioni consiliari n.17/1993, n.88/1993 ed integrato con la deliberazione n.60/1996, sono stati
impugnati perché:

1) in violazione di quanto stabilito nell’art.1, II comma, dalla L.R. n. 31/1979, e poi dall’art.34 della L.R. 5
agosto 1992 n.34, è stata omesso il reperimento della maggiore dotazione di standard per spazi pubblici, per
parcheggi e verde pubblico, necessari a causa del maggior carico urbanistico conseguente all’aumento della
volumetria consentita dal piano stesso, mentre solo con la deliberazione n.60/1996 è stata predisposta la
planimetria del verde pubblico, ma non quella per i parcheggi e per gli altri spazi pubblici e, comunque, questa
sopravvenuta ed incompleta previsione di standard si riferisce ad un P.R.G. all’e-poca neppure approvato;

2) ai sensi dell’art.3 della L.R. n.31/1979 non è affatto consentito avvalersi dalle relative procedure oltre un
anno dall’entrata in vigore della legge stessa.

In subordine, è stata dedotta l’illegittimità costituzionale delle LL.RR. n.31/1979 e n.8/1981 per violazione
degli artt.9, 117 e 134 della Cost., in quanto consentono di derogare agli standard edilizi stabiliti dal D.M. 2
aprile 1968 n.144 e tanto, a sua volta, incide anche sulla tutela del paesaggio.

Considera, al riguardo, il Collegio, che la procedura di “censimento” degli edifici aventi le caratteristiche
indicate nell’art.1 della L.R. n. 31/1979, con la contestuale e specifica disciplina degli interventi edilizi
ammessi, proprio perché, ai sensi del successivo art.2, ha efficacia di piano particolareggiato, è
immediatamente esecutivo ed il relativo provvedimento di approvazione, ai sensi dell’art.16 della legge n.
1150/1942, deve essere depositato nella Segreteria del Comune e notificato unicamente ai proprietari degli
immobili “vincolati” e con l’e-spressione “vincolati” la norma suindicata si riferisce agli immobili sottoposti a
vincolo totale o parziale di inedificabilità o di espropriazione e non, come dedotto nella memoria del 7.5.2005,
anche ai proprietari delle aree o degli edifici eventualmente lesi da altre e diverse prescrizioni.

Considerato che quella suindicata è l’unica forma di pubblicità espressamente stabilita dall’art.16 della
legge 7 agosto 1942 n.1150 per l’atto di definitiva approvazione e considerato che l’atto di approvazione è ora
costituito da una deliberazione consiliare, di per sé già agli atti del Comune con tutti i relativi allegati, è dalla
sua pubblicazione all’Albo pretorio, come previsto dall’art.21 della legge n.1034 per gli atti non soggetti a
notifica individuale, che inizia a decorrere il relativo termine di 60 giorni per l’impugnazione, non essendo,
peraltro, neppure previsto alcun ulteriore e diverso “avviso” pubblico dell’av-venuta pubblicazione o deposito.

Per inciso, né l’art.2 della L.R. 16 maggio 1979 n.6, vigente all’e-poca dell’adozione dell’iniziale piano
particolareggiato, né la L.R. n. 34/1992, vigente all’epoca della sua riapprovazione, prevedono altre o ulteriori
forme di pubblicità relativamente all’atto di approvazione definitiva dei piani particolareggiati, né è possibile, in
mancanza di una norma espressa in tal senso, estendere all’approvazione definitiva dei piani particolareggiati,
pur sempre espressamente e diversamente come sopra disciplinata, il regime di pubblicità stabilito per gli atti
di approvazione del piano regolatore generale ed, in particolare la loro pubblicazione sul BUR.

Il Collegio, pertanto, non può che confermare quanto affermato da questo Tribunale con la sentenza
24.11.1995 n.592, cioè che i pregiudizi alle proprietà private non vincolate nel senso di cui sopra, devono
essere fatti valere dagli interessati mediante la loro impugnazione nel termine di decadenza stabilito dall’art.21
della legge n.1034/1971 (60 giorni), a sua volta decorrente dalla data di pubblicazione del provvedimento di
approvazione del piano e non dalla data del rilascio della concessione edilizia, non essendo riferibile a tale
provvedimento la lesione immediata ed attuale delle posizioni giuridiche soggettive (v.si, in senso conforme,
anche Cons. Stato, sez.IV, 8 luglio 20002 n.3805, TAR Sardegna 20 dicembre 2002 n.1834, TAR Lazio,
Sez.II, 7 dicembre 1991 n.1877).

Considerato che il ricorso è stato notificato ben oltre il termine di 60 giorni dalle rispettive date di
pubblicazione all’Albo pretorio delle deliberazioni con cui il piano particolareggiato iniziale e quello riproposto
sono stati definitivamente approvati, l’eccezione di tardività sollevata dalla difese resistenti è fondata e la loro
impugnazione risulta irricevibile: di conseguenza risulta inammissibile la dedotta questione di costituzionalità
delle leggi regionali n.31/1979 e n.8/1981.

4
III.- Le concessioni edilizie rilasciate sono state, invece, impugnate:

1) per violazione degli artt.1 e 3 della L.R. n.31/1979, in quanto:

a) l’osservazione inviata dalla ricorrente per l’inserimento dell’edificio nel piano particolareggiato non risulta
approvata con la deliberazione n.64/1981 e, comunque, non fu recepita nelle tavole di piano all’epoca
depositato in Segreteria: in realtà, il fabbricato è stato inserito “ex novo” – e, quindi, tardivamente rispetto al
termine annuale stabilito dal-l’art.3 della L.R. n.31/1979 – negli allegati della deliberazione n.88/ 1993, senza,
però, alcuna indicazione degli interventi edilizi specificatamente ammessi;

b) in ogni caso, il fabbricato di che trattasi, come risulta dalla documentazione fotografica, era, più
esattamente, un capanno adibito a deposito e non un edificio ad uso abitativo, malgrado la diversa
affermazione contenuta nell’asseverazione del progettista, tant’è che nel certificato catastale la sua
destinazione neppure risulta.

Rileva il Collegio che, diversamente da quanto sopra dedotto, l’os-servazione (n.83) proposta da Morresi
Rosa risulta tra quelle espressamente accolte con la deliberazione n.64/1981, relativa al piano
particolareggiato iniziale, “per sopraelevazione ed ampliamento con soluzione K” e l’edificio, identificato,
questa volta, con la sua ubicazione, è stato inserito nell’elenco integrativo della deliberazione n.88/1993,
relativa al piano particolareggiato riproposto.

Orbene, anche se gli interventi edilizi assentiti non sono stati indicati in questo elenco integrativo, la
possibilità del suo “ampliamento” e della sua “sopraelevazione” “nei limiti di cubatura stabiliti dalla lett. K”
risulta ugualmente determinata proprio dall’iniziale accoglimento dell’osservazione: per questo aspetto il
gravame risulta, dunque, infondato.

Per quanto riguarda, invece, la legittimità o meno della postuma integrazione nell’elenco del fabbricato e
se il medesimo all’epoca avesse o meno le caratteristiche stabilite dalle LL.RR. n.31/1979 e n. 8/1981 sono
questioni che attengono alla legittimità del piano particolareggiato iniziale e riapprovato e non delle
concessioni edilizie rilasciate e poiché l’impugnazione del piano particolareggiato è irricevibile, per questi
aspetti il gravame risulta inammissibile;

2) per violazione del P.R.G. in itinere, in quanto la zona ove è ubicato il fabbricato è ora sottoposta a “piano
norma” con l’obbligo di rispettare la cubatura esistente e contestuale impossibilità di effettuare demolizioni e
ricostruzioni, nonché per violazione degli artt.II.3.4 e II.3.4.1. delle N.T.A. del P.R.G. approvato il 3.9.1998 e
dell’art.61 del regolamento regionale tipo approvato con il D.P.R.G. 14 settembre 1989 n.23, che stabiliscono
la distanza minima di m.10 tra pareti finestrate e l’inedificabilità della fascia di m.5 dal confine, mentre l’edificio
da realizzare, così come assentito, si colloca a 3 m. dal confine della proprietà dei ricorrenti: infatti, le deroghe
previste dalla L.R. n.31/1979 non sono più applicabili a seguito della generale e rinnovata disciplina
urbanistica ed edilizia stabilita dalla Regione Marche sia con il regolamento tipo suindicato sia con la L.R. 5
agosto 1992 n.34.

Il Collegio considera il gravame infondato.

Infatti, ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art.5.1.1.2 delle N.T.A., è stata confermata la validità
degli strumenti attuativi vigenti “anche in deroga alle disposizioni grafiche e normative” del P.R.G. adottato e
“fino alla loro definitiva attuazione o all’attuazione dei singoli interventi previsti dal piano particolareggiato ai
sensi della legge 31/79”.

Inoltre, né il suindicato regolamento regionale tipo né la L.R. n. 34/1992 dispongono la sopravvenuta


inefficacia delle diverse disposizioni sulle distanze minime previste dai piani particolareggiati in atto alla data
della loro emanazione: deve, quindi, considerasi ancora valida, anche a seguito di questa normativa
sopravvenuta, la disposizione dell’art.9, u.c., del D.M. 2 aprile 1968 n.1444 che consente proprio ai piani
particolareggiati di stabilire distanze inferiori;

3) ulteriore violazione dell’art.1 della legge n.31/1979, in quanto l’ori-ginario fabbricato oggetto dell’intervento è
stato integralmente demolito e non ha più, quindi, i requisiti per poter essere sopraelevato, cioè non è più un
fabbricato “preesistente” ed “incompleto” in relazione agli edifici circostanti: di conseguenza, la prima
5
concessione rilasciata deve intendersi decaduta con l’avvenuta demolizione, mentre la successiva
concessione non è affatto una variante, ma una “nuova” concessione e, in quanto tale, subordinata al rispetto
delle disposizioni urbanistiche vigenti al momento del rilascio e non al piano particolareggiato a suo tempo
approvato ai sensi della L.R. n.31/1979.

Premette, al riguardo, il Collegio che al momento del rilascio della concessione edilizia del 31.3.1998 il
fabbricato era ancora esistente e che la sua demolizione è intervenuta in corso d’opera, prima della scadenza
del termine triennale di validità previsto nella concessione stessa.

Orbene, come puntualmente chiarito dal Consiglio di Stato, Sez.V, nella sentenza 30 giugno 1998 n.976,
la L.R. n.31/1979, “nell’age-volare l’ampliamento degli edifici siti nelle zone di completamento e recanti
evidenti caratteristiche di non completezza, si prefigge lo scopo di rimediare a situazioni edilizie precarie o
inadeguate sotto il profilo dell’ordinato assetto territoriale e non esclude a tal fine demolizioni, anche di
rilevante entità, dei manufatti preesistenti, ove dette demolizioni siano necessarie al corretto completamento
della zona” né “richiede una identità strutturale e funzionale tra l’edificio preesistente e quello risultante dal
completamento (quest’ultimo potendo essere anche profondamente diverso da quello originario, in caso di
notevole divergenza con gli edifici circostanti) né occorre che l’area di sedime sia in tutto coincidente con
quella della vecchia (costruzione)”.

Del resto, l’art.2 della L.R. n.31/1979, allorché dispone che la normativa sugli interventi edilizi
concretamente effettuabili sugli edifici censiti ai sensi della legge stessa, ben può riguardare gli allineamenti, le
altezze massime, i volumi, la densità fondiaria e le deroghe ai distacchi e, nello stesso tempo, ne consente
l’ampliamento e la sopraelevazione, è evidente che, sia pure implicitamente, non esclude affatto né la
demolizione né la realizzazione di un edificio in tutto o in parte diverso da quello preesistente: peraltro,
l’esplicita finalità della norma non è quella di “conservare” o “recuperare” l’esistente, ma quello di completare
in modo organico l’assetto urbanistico ed edilizio circostante, tant’è che non è causale l’omessa indicazione di
qualsiasi riferimento limitativo alle tipologie di intervento “di recupero” del patrimonio edilizio esistente
(manutenzione ordinaria o straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia) di cui
al-l’art.31 della legge 5 agosto 1978 n.457, pur sempre già vigente all’e-poca della citata L.R. n.31/1979.

La circostanza, pertanto, che nella fattispecie sia stata assentita “in variante” la realizzazione, con gli
opportuni adeguamenti, dello stesso edificio inizialmente previsto nella concessione, anche a seguito della
intervenuta demolizione di quello preesistente, non implica affatto che la prima concessione edilizia debba
intendersi decaduta e che la rinnovata concessione in variante sia del tutto estranea alle previsioni del piano
particolareggiato riapprovato ai sensi della legge n.31/1979 e che, quindi, debba rispettare la diversa e
sopravvenuta disciplina urbanistica e non quella dello specifico piano attuativo a suo presupposto.

Il gravame è dunque infondato e considerato che anche gli altri gravami sono infondati e, in parte,
inammissibili, l’impugnazione della concessione edilizia 31.1.1998 e della concessione edilizia in variante
2.3.2000 deve essere respinta.

Inammissibile per carenza di interesse è da valutare, infine, l’impu-gnazione, effettuata con i motivi
aggiunti, del certificato 24.8.2000 rilasciato dal Dirigente del Servizio urbanistica del Comune di Civitanova
Marche, in quanto atto privo di efficacia provvedimentale, atteso il suo contenuto meramente ricognitivo.

Considerato che il ricorso introduttivo va dichiarato in parte irricevibile ed in parte va respinto e che i motivi
aggiunti sono inammissibili, deve conclusivamente essere respinta anche la domanda di risarcimento danni.

IV.- Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nell’importo in dispositivo indicato, tenuto
conto della fase cautelare.

6
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche in parte dichiara irricevibile ed in parte respinge il ricorso in
epigrafe indicato, dichiara inammissibili i relativi motivi aggiunti e respinge la domanda di risarcimento danni.

Condanna in solido, con ripartizione interna in parti uguali, i ricorrenti Valentini Alfonso e Valentini Vanda
al pagamento della somma di Euro 1.000,00 (mille/00) a favore del Comune di Civitanova Marche e della
somma di Euro 1.000,00 (mille/00) a favore di Morresi Rosa, per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 18 maggio 2005, con l’intervento dei Magistrati:

Dott. Vincenzo Sammarco - Presidente

Dott. Luigi Ranalli - Consigliere, est.

Dott. Galileo Omero Manzi - Consigliere

__________

__________

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 14 GIU. 2005

Ancona, 14 GIU. 2005

IL SEGRETARIO GENERALE

7
11/04/2002

OGGETTO: COMUNE DI COLBORDOLO

PARERE IN MERITO ALL’APPLICAZIONE DELLA


LEGGE REGIONALE N. 31/79.

IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO AFFARI GIURIDICI E LEGISLATIVI


LEGALE E CONTENZIOSO

DOTT. ANDREA PACCHIAROTTI

Vista la L.R.34/92 e s.m., “Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio”;

Visto l’art.19 comma 1 lett. l) del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, T.U. delle leggi sull’ordinamento degli Enti
Locali; che riconosce di spettanza provinciale le funzioni di assistenza tecnica-amministrativa agli enti locali;

Vista la nota dell’Assessorato all’urbanistica della Regione Marche n. 522 del 06/04/1993 relativa alle
procedure da seguire per i quesiti in materia urbanistica e paesaggistica, nella quale è tra l’altro previsto:

• che i quesiti delle Amministrazioni comunali nelle suddette materie vanno “inviati direttamente alle Province
competenti per territorio, le quali provvederanno, nell’esercizio delle funzioni di assistenza tecnico-
amministrativa, a rispondere direttamente o a richiedere, nei casi più complessi, il parere del Servizio
Urbanistica e Cartografia Regionale e del Servizio Legislativo Regionale”;

• che le Province inviino copia dei quesiti posti dai Comuni e delle risposte formulate, “ai Servizi regionali
interessati, dandone contestuale comunicazione anche alle altre Amministrazioni Provinciali”;

PREMESSO:

· che le considerazioni di cui al presente parere esprimono orientamenti interpretativi di questo Servizio
relativamente a questioni giuridiche che hanno carattere generale e vengono pertanto formulate senza diretti
riferimenti a singoli, e nominalmente individuati casi specifici;

· che è fatta salva la possibilità che il comune formuli il quesito, al fine di una sua migliore comprensione,
prospettando anche, senza i riferimenti diretti di cui sopra, opportune esemplificazioni di fattispecie applicative
da cui può scaturire la problematica interpretativa sollevata.

VISTO E CONSIDERATO il quesito posto dal Comune di Colbordolo a questa Provincia con nota prot.1619
del 06.03.2002, che qui di seguito si riporta:

“Il Piano Regolatore del Comune di Colbordolo, che è stato definitivamente approvato con atto di G.P. n. 10
del 20.01.1998, riporta nelle Norme Tecniche d’attuazione, all’art. 6.4, ovvero nelle norme di carattere
generale che riguardano le zone ad uso Urbano di Completamento questo inciso: “Gli indici e parametri
urbanistici che definiscono e quantificano la potenzialità edificatoria delle zone B, sono quelli contenuti nei
paragrafi seguenti, fatte salve in ogni caso le diverse disposizioni stabilite dal P.P. a suo tempo approvato
dal Comune in attuazione della L.R. 31/79”.
1
Ai sensi dell’art. 2 della L.R. n. 31/79 il Comune di Colbordolo ha adottato a suo tempo e successivamente
approvato definitivamente con atto di C.C. n. 87 del 01.09.1980 un piano Particolareggiato di iniziativa
pubblica, quale Piano di attuazione dello strumento urbanistico Comunale (allora PRGI), individuando
singoli fabbricati che presentavano evidenti caratteristiche di non completezza (vedasi allegati).

Si precisa che negli elaborati grafici dell’attuale PRG non sono cartograficamente individuati i fabbricati
oggetto del P.P.

Recentemente è stato presentato a questa Amministrazione Comunale un intervento edilizio ai sensi della
L.R. n. 31/79 su un fabbricato inserito fra quelli individuati nel Piano Particolareggiato, per i quali sarebbe
consentito il completamento volumetrico e la deroga dai distacchi (Tav. n. 4). Per il fabbricato in
questione, inoltre nella tavola relativa alle sezioni e prospetti del P.P., è rappresentata graficamente la
possibilità di effettuare una sopraelevazione fino ad un’altezza massima di colmo di circa 7.5 mt. Per il
fabbricato varrebbero le norme di intervento con indicazione degli indici da rispettare previsti dall’art. 3 delle
NTA del P.P.

Quesito 1: il richiamo esistente nell’art. 6.4 delle NTA permette l’applicazione del P.P. adottato ai sensi
della L.R. n. 31/79 sugli immobili che, ricompresi nel P.P., non lo hanno ancora attuato?

Quesito 2: qualora venisse concluso che il P.P. possa essere applicato, considerato che il P.P. fa
riferimento a indici (art. 3) non più esistenti nell’attuale PRG e REC per la definizione di tali indici edilizi ed
urbanistici il riferimento deve essere fatto al REC previgente?”.

RITENUTO PERTANTO DI SVOLGERE, CON RIFERIMENTO AL SUDDETTO QUESITO, LE SEGUENTI


CONSIDERAZIONI:

¨ La L.R. 4 settembre 1979 n. 31 ha garantito, in via del tutto eccezionale e con riferimento alle sole zone
di completamento con destinazione residenziale nei Comuni muniti di strumento urbanistico,
l’ampliamento (anche in deroga alle distanze e/o al volume di cui al D.M.1444/1968) degli edifici
esistenti che, dalle risultanze di un censimento dello stato di fatto, presentino evidenti incompletezze
volumetriche e strutturali rispetto alle costruzioni circostanti (art.1). L’eccezionalità della normativa
regionale risiede nel fatto che i Comuni avevano un anno di tempo dall’entrata in vigore della
legge per censire gli edifici individuandoli sulla planimetria dello strumento urbanistico generale
e per predisporre, con un atto avente efficacia di piano particolareggiato, l’apposita normativa
derogatoria relativa, tra l’altro, agli allineamenti, alle altezze massime, ai volumi, e alla densità
fondiaria massima (art.2): trascorso detto anno i Comuni decadevano dalla possibilità di
utilizzare ulteriormente la procedura derogatoria di cui alla legge regionale (art.3).

¨ Il Comune di Colbordolo ha approvato il 1° settembre 1980, con le procedure di cui alla allora vigente
L.R.19/1979, il piano particolareggiato di individuazione degli interventi edificatori di cui alla
L.R.31/1979. Tale piano, per analogia con quanto previsto dall’art.16 della L.1150/1942 per i piani
particolareggiati, aveva durata massima decennale ed è quindi scaduto nel settembre 1990. La stessa
legge urbanistica nazionale, all’art.17, stabilisce tuttavia che, cessata l’efficacia del piano
particolareggiato e divenuto questo inefficace, il Comune provvede a presentare un nuovo piano al fine
di dare il necessario assetto alla parte rimasta inattuata.

¨ Visto il carattere eccezionale del Piano particolareggiato di cui alla L.R.31/1979 è da ritenere che
l’effetto decadenziale dalla relativa potestà pianificatoria sancito dall’art.3, inibisca al comune di variare
il piano, ma non sia di ostacolo ad una sua riadozione con contenuti assolutamente identici (quanto agli
edifici individuati e agli interventi derogatori consentiti) a quello a suo tempo approvato, in applicazione
del principio di cui all’art.17 della L.11507/1942 e cioè al fine di dare esecuzione alle previsioni
originariamente approvate e non ancora attuate.

¨ La particolarità, nel caso prospettato, consiste nella circostanza che il piano particolareggiato scaduto è
stato reso di nuovo efficace, non a seguito di una sua specifica riapprovazione, ma per effetto di un
rinvio di carattere recettizio contenuto nell’art.6.4 delle NTA del vigente PRG (approvato dalla provincia
2
nel 1998). È da ritenere, tuttavia, che con l’entrata in vigore del piano regolatore generale, abbiano
legittimamente ripreso efficacia, per effetto del rinvio operato dall’art.6.4, anche le previsioni di cui al
piano particolareggiato ex L.R.31/1979, stante, in particolare il loro carattere non espropriativo e inoltre
necessariamente non innovativo. Del resto il procedimento amministrativo di formazione del PRG, a
seguito del quale il piano particolareggiato ha ripreso vigenza, è rafforzato dall’approvazione
provinciale, rispetto a quello contemplato per i piani attuativi demandato invece all’esclusiva
competenza comunale, ragion per cui, anche sotto il profilo prettamente procedimentale non ostano
ragioni alla tesi della attuale vigenza delle previsioni del piano particolareggiato oggi recepite nel piano
regolatore generale.

¨ Per quanto concerne la seconda questione, si reputa che le previsioni del piano particolareggiato del
1980 vadano applicate rifacendosi al contesto normativo all’epoca vigente. In particolare va evidenziato:

o che per quanto sopra precisato circa il carattere straordinario del piano di cui alla
L.R.31/79, questo, una volta tornato in vigore, deve essere necessariamente e del tutto identico a quello
originariamente approvato, dal che consegue che la sua applicazione deve consentire di realizzare, sul
piano prettamente urbanistico ed edilizio, esclusivamente i medesimi interventi edilizi derogatori già
attuabili in vigenza dell’originario piano.

o Che anche il tenore della norma di PRG contenuta nell’art.6.4 è chiara al riguardo: essa
esclude, per gli immobili censiti nel piano ex L.R.31/1979, l’applicazione degli indici e parametri che nel
PRG definiscono e quantificano la potenzialità edificatoria delle zone B, a favore dell’applicazione, “in
ogni caso”, “delle diverse disposizioni stabilite dal P.P. a suo tempo approvato dal Comune in attuazione
della L.R.31/1979”. Il rinvio ha carattere chiaramente recettizio e fa sì che agli edifici già censiti si
applichi un corpus normativo speciale diverso da quello predisposto in via generale per le zone B dal
nuovo PRG: un sistema di disposizioni speciali contenute e cristallizzate nel piano particolareggiato del
1980 e insensibili, anche per gli aspetti definitori, alle nuove previsioni del piano regolatore e del
regolamento edilizio.

o Che per quanto riguarda il regolamento edilizio soccorre inoltre la norma di cui all’art.104
del regolamento edilizio tipo regionale che fa espressamente “salve le norme tecniche di attuazione
(NTA) degli strumenti urbanistici attuativi d’iniziativa pubblica purché definitivamente approvate alla data
del 29 settembre 1990”. Da tale norma si desume che il piano particolareggiato approvato da Codesto
Comune nel 1980 non era all’epoca assoggettabile all’applicazione delle nuove previsioni regolamentari
regionali; quindi anche oggi, per effetto del rinvio ricettizio operato dal PRG, va applicato nei medesimi
termini originari, con riferimento al regolamento edilizio previgente.

Sentito in merito il Servizio Urbanistica che concorda con le considerazioni di cui sopra.

DETERMINA

I) di assumere le considerazioni svolte in narrativa, quale orientamento interpretativo di carattere generale del
Servizio Affari Giuridici e Legislativi-Legale e Contenzioso sulle tematiche inerenti al quesito in oggetto, in
funzione di ausilio e supporto giuridico all’ Amministrazione Comunale di Colbordolo.

II) di trasmettere copia del presente atto, per agevolare il coordinamento dell’azione amministrativa, al Servizio
Legislativo ed Affari Istituzionali e al Servizio Urbanistica e Cartografia della Regione Marche, al Comune di
Colbordolo, alle Province di ANCONA, ASCOLI PICENO, MACERATA.

III) di inserire altresì il presente parere, al fine di favorire la più ampia diffusione dell’informazione sulle
tematiche giuridiche concernenti l’applicazione della normativa urbanistica ed edilizia, nella pagina Web di
questo Servizio, nel sito INTERNET dell’amministrazione provinciale, all’indirizzo
www.provincia.ps.it./dirittoterritorio.

IL DIRIGENTE

F.to PACCHIAROTTI ANDREA

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