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fascia (“cintura”?

)
degli asteroidi.

Lucky Starr and the Asteroides (1953) è il secondo romanzo del ciclo eponimo e una
delle prime opere di Isaac Asimov ad essere state pubblicate in volume. La creazione
di questa serie avventurosa, pensata in origine per sfruttare il successo del “ serial
televisivi (Tom Corbett, Space Cadet) i infatti contemporaneamente alla stesura dei
primi e più maturi romanzi asimoviani. Le avventure di Luckhe non vanno
considerate tanto come un modo per “ farsi le ossa” (l’autore aveva debuttato nel
1939 per tutti gli anni Quaranta era stato un collaboratore delle riviste, fornendo
soprattutto racconti brevi), ma come una specie di passe-partout per la carriera di
scrittore professionista. All’inizio degli anni Cinquanta, infatti, Asimov si rende
conto che scrivere un libro frutta molto di più che non pubblicare racconti saltuari, e
il fatto di mettersi “ di punta” su n certo argomento - in questo caso l’avventura
spaziale destinata a giovani lettori - gli dà la fiducia di chi comincia a sentirsi parte di
un’industria.
Ma torniamo a Lucky Starr. Ognuno di sei romanzi è ambientato in una diversa
regione del sistema solare e questa volta tocca alla fascia degli asteroidi zona che la
fantascienza ha rapidamente inserito nel suo “stock” di luoghi comuni. Andare nella
fascia ( o nella cintura, secondo le traduzioni) degli asteroidi vuol dire impegolarsi
certamente in un mare di guai. Sono un po' come le sabbie mobili del sistema, la tana
dei pirati, il rifugio dei tiranni, la pista delle collisioni facili. Se il racconto è più
sofisticato diventeranno una palude morta-
(6)
le, un mortorio dove il povero cercatore minerario darebbe un occhio pur di prendersi
una sbronza e fugge non dico col primo paio di gambe femminili che sbucasse oltre
l’orbita, ma addirittura con la prima marziana o venusiana sola.
In astronomia le cose stanno diversamente. Fina la 1801, tanto per cominciare
nessuno aveva sentito parlare di asteroidi (cioè corpi che sembrano stelle, ma vero,
che a una distanza di 418 milioni di chilometri dal sole dovesse esserci un pianeta
(questo per via di una legge empirica della di Bode) ma non ci si aspettava di trovare
quello che poi si trovò.
La notte del primo gennaio 1801 un astronomo italiano - G.Piazzi dell’osservatorio di
Palermo - scoprì il primo e il più grande degli asteroidi che battezzò Cerere anche
quelli venuti dopo hanno preso il nome di entità mitologiche femminili, e poi nomi di
donna: i nomi maschili sono riservati ai pianeti maggiori, con le significative
eccezioni di Venere e della nostra Terra.). Sappiamo che Cerere- giustamente
descritto da Asimov come la sede del principale avamposto umano: nella regione - ha
un diametro di circa 922 chilometri: è dunque un pianeta molto piccolo.
Ma gli astronomi che pensavano di aver risolto i loro problemi con la scoperta di
Cerere sbagliavano. Il 28 marzo 1802, infatti, W. Olbers scoprì Pallade e nel 1804 e
1807 vennero scoperti rispettivamente Giunone e Vesta( quest’ultimo è il più brillante
della famiglia). “ Da allora” come scrive Paolo Maffei nel suggestivo Al di là della
Luna, il numero di corpi celesti di questo tipo q non erano un centinaio nel 1879
duecento, nel 1890 trecento....Alla fine del 1974 ben 1914 rientravano nella
numerazione definitiva. Si ritiene, tuttavia, che il loro numero debba rientrare
nell’ordine dei milioni se non addirittura dei miliardi, anche se per il momento la
ricerca non è in grado di accertarlo (ammesso che lo sarà mai).
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Gli asteroidi, in sostanza, sono piccoli mondi che girano intorno al Sole come i
pianeti maggiori, ma che essendo piccolissimi ci appaiono come stelle. Per la
maggior parte si trovano tra Marte e Giove, ma alcuni sono disposti in orbite ellittiche
più estese. Sembra che ben pochi abbiano forma sferica e in gran parte deve trattarsi
di blocchi di roccia vaganti dai cui dirupi ci si potrebbe affacciare improvvisamente
sullo spazio cosmico.
Diverse solo le teorie sulla loro origine. Si è a lungo creduto - e Asimov ne accenna
in questo romanzo - che gli asteroidi fossero il risultato della disintegrazione di un
pianeta maggiore che orbitava tra Marte e Giove. Oggi si preferisce un’ipotesi che
sembra accordarsi meglio che le teorie di formazione del sistema solare, e cioè che i
pianetini” si condensarono “ più o meno nella loro attuale configurazione, dal gas che
circondava il Sole dopo la sua formazione, piuttosto che formate direttamente un
pianeta. Recenti osservazioni indicano che vi sono almeno due popolazioni di
asteroidi distinguibili chimicamente e che sono distinguibili anche per la loro distanza
dal Sole. Dal momento che si ritiene che minerali differenti si siano condensati dal
gas a distanze diverse dal giovane Sole, queste osservazioni depongono a favore delle
teorie correnti”. Così Paul Murdin e David Allen nel loro Catalogo dell’universo del
1979.2
La misurazione del diametro degli asteroidi, che in passato veniva effettuata
otticamente, segue ora due metodi diversi: uno si basa sull’emissione infrarossa e
l’altro sulla polarizzazione della luce solare riflessa. Una volta ottenuti, diametro e
luminosità apparente, si può calcolare l’albedo di questi piccoli corpi. L’albedo è la
frazione riflessa di luce solare incidente, e in relazione a questo fattore di luce solare
incidente, e in relazione a questo fattore si ì visto che esistono due tipi diversi di
asteroidi: la maggior parte di essi è molto scura, anzi alcuni fra gli oggetti più scuri
del sistema solare ( lo accenna anche Asimov nella sua nota );
2 Paul Murdin e David Allen ( con le fotografie di David Malin), Catalogo dell’universo ( Catalogue of the Universe, 1979),
Editorri Riuniti Roma 1981.
(8)

Si ritiene che la scarsa riflessione di questi asteroidi scuri sia dovuto alla loro
composizione di superficie, che sarebbe ricca di carbonio. Altri - ma sono una
minoranza - presentano albedo elevate, riflettendo anche il 40% della luce solare
incidente. Ma la scoperta più eccitante in fatto di asteroidi risale al primo novembre
1977, quando Charles Kowal dell’osservatorio di monte Palomar scoprì l’oggetto che
ora è denominato Chirone. Vari fattori hanno fatto ritenere ( e le misurazioni lo
hanno poi confermato) che Chirone si trovasse più lontano dal Sole della maggior
parte degli asteroidi. In effetti questo pianetino ( del diametro di circa 200 Km, come
quello di molti suoi compagni) si trova normalmente fra le orbite di Saturno e Urano;
solo per alcuni anni, ogni mezzo secolo, passa all’interno dell’orbita di Saturno.
La scoperta di Chirone ha accesso il dibattito fra gli scienziati: secondo alcuni esso
farebbe parte di una vera e propria famiglia di asteroidi situati tra Saturno e Urano,
mentre secondo altri Chirone si sarebbe originato fra Marte e Giove, ma in seguito
(per effetto di perturbazioni provocate dall’influsso gravitazionale di Giove e
Saturno) sarebbe stato spinto nella posizione attuale.
Ma è tempo di lasciare la parola ad Asimov: prepariamoci a tuffarci nella cintura,
anzi, nella fascia degli asteroidi.

Giuseppe Lippi
(11)
Prefazione dell’autore

Negli anni cinquanta scrissi una serie di sei romanzi avventurosi imperniati sul
personaggio di David “Luky” Starr e le sue lotte contro i malfattori del sistema
solare. Ogni romanzo si svolgeva in una diversa zona del sistema ed era basato sulla
realtà astronomica conosciuta allora.
Oggi a più di trent’anni di distanza, quei romanzi vengono pubblicati in una nuova
edizione; ma che trentennio è stato! In questi ultimi tempi abbiamo imparato più cose
sul conto del sistema solare che in tutti i secoli precedenti. Infatti, prima del 1950
potevamo fare l nostre osservazioni solo dalla superficie della Terra, mentre inseguito
abbiamo inviato razzi sonda in grado di scattare fotografie e svolgere esperimenti a
distanza ravvicinata.
L’unico dei sei romanzi che non sia stato toccato dalle nuove scoperte - almeno finora
- è questo Lucky Starr and the Pirates of the Asteroides, scritto nel 1953. Alcuni indizi
ci fanno pensare che una parte degli asteroidi siano un po' più sicuri e un po' più
grandi di quanto si pensasse allora, ma ciò comporta pochissime differenze.
Oggi quindi, Lucky può combattere i pirati e impegnarsi nei suoi mortali duelli
esattamente come trent’anni fa. Se dovessi riscrivere il romanzo adesso, potrei farlo
senza cambiare una virgola.

Isaac Asimov.
(13)

Quindici minuti all’ora zero! L’astronave era pronta a decollare e la sua linea snella e brunita
scintillava alla luce della Terra che rischiarava l’orizzonte lunare. La prua appuntita era rivolta
verso lo spazio e la base poggiava sulla pomice morta della Luna: tutto intorno era il vuoto.
L’astronave non aveva equipaggio, non un solo essere vivente.

Il dotto Hector Conway, capo del Consiglio della Scienza, chiese,: “ Che ora << è Gus?>>
Non si sentiva a suo agio negli uffici lunari del Consiglio. Sulla Terra il quartier generale è
occupava la sommità di un grattacielo aghiforme dalle cui vetrate si godeva il panorama di
International City, ma lì sulla Luna si poteva solo cercare di diminuire il senso di disagio.

Gli uffici avevano false finestre con ampie vedute della Terra dietro queste. Erano a colori
naturali e le luci di si accentuavano o si attenuavano col passare delle ore per simulare la
mattina, il mezzogiorno e la sera. Durante i periodi di sonno diffondevano persino un alone
bluastro.
Ma per un terreste come Conway non era abbastanza. Sapeva che, se avesse rotto il vetro delle
finestre, avrebbe trovato solo modellini dipinti oltre i quali c’era un’altra stanza o la semplice
roccia lunare.

Il dottor Augustus Henree, a cui Conway si era rivolto, diede un’occhiata all’orologio da
polso. Tra uno
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sbuffo e l’altro della pipa rispose: << Mancano ancora quindici minuti, non ha senso preoccuparsi.
L’Atlas è in forma perfetta, ieri ho controllato io stesso>> << lo so>> I capelli di Conway erano
bianchi e lo facevano sembrare più vecchio del magro, scavato Henree, anche se avevano tutte
e due la stessa età. Aggiunse: < E’ Lucky che mi preoccupa”
“Lucky?”
Conway fece un timido sorriso” Sto prendendo l’abitudine; temo. Volevo dire David Starr, ma
ormai tutti lo chiamano Lucky.” “ Lucky Starr, eh?” Il nome gli si adatta. Che ne è di lui?”
Dopo tutto, questa è una sua idea”. Già il genere di idea che può venire a un tipo come lui.
Credo che la prossima volta attaccherà direttamente il consolato siriano sulla Luna.”
“ vorrei che lo facesse” “ Non scherzare. A volte penso che tu lo incoraggio nella sua mania di
voler fare tutto da solo. Noi siamo venuti sulla Luna per tenerlo d’occhio, non per assistere
alla partenza di quella nave”. “ Ho, non me la sento di fargli da mamma chioccia. E poi c’è
Bigman con lui: ho promesso al piccoletto che l’avrei scuoiato vivo se Lucky avesse invaso il
consolato da solo.”
Henree rise.
“Ti dico che lo farà” brontolò Conway. “ E quel che è peggio la passerà liscia”
“ Bene, allora”.
“ L’impresa lo ringalluzzirà e un giorno correrà un rischio di troppo. E un uomo troppo
prezioso per perderlo!”

John Bigman Jones barcollò sulla spianata d’argilla, attentissimo a non perdere il boccalone di
birra. I campi di pseudo-gravità non venivano mantenuti oltre i confini della città e quindi allo
spazioporto bisognava arrangiarsi con quel che c’era vale a dire la gravità ridotta della Luna.
Per fortuna John Bigman Jones era nato e cresciuto su Marte, dove la gravità era solo due
quinti di quella terrestre e non se la cavava male. Ora
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pesava dieci chili: su Marte ne sarebbe pesati venticinque e sulla Terra sessanta.
Si avvicinò alla sentinella che indossava l’uniforme della Guardia Nazionale della Luna e che,
essendo abituata alla gravità ridotta, l’aveva visto avvicinarsi con un certo divertimento. John
Bigman Jones disse “ Ehi, non fare quella faccia da funerale. Sono andato a prenderti una birra,
scolatela alla mia salute.”
La sentinella sembrò meravigliata, poi ribatté con una punta di rimpianto: “ Non posso, sono in
servizio”. “ Oh, in tal caso me la berrò io. Penso di farcela... A proposito, io sono John Bigman
Jones. Chiamami Bigman.” Arrivava solo al mento della sentinella, che non era particolarmente
alta. La guardia gli tese la mano.
“ Io sono Bert Wilson. Vieni da Marte?” Il soldato diede un’occhiata agli stivali di Bigman, che
arrivavano alla coscia ed erano di un vivace color vermiglio. Solo un colono di Marte si sarebbe
fatto vedere con affari del genere ai piedi. Del resto, li portavano fino alla morte.
Bigman se li rimirò con orgoglio” Ci puoi scommettere. Sono condannato a stare qui per una
settimana: per lo spazio. La Luna è veramente un sasso senza vita! Di un po', nessuno di voi
ragazzi esce mai in superficie?!”
“ A volte quando dobbiamo. Non c’è molto da vedere, là fuori.”
“ A me piacerebbe andarci. Detesto stare chiuso sotto una cupola.”
“ C’è un portello che dà all’esterno, là dietro.”
Bigman seguì il gesto del sergente, che col pollice indicava un punto alle sue spalle. Il corridoio
“ piuttosto male illuminato, vista la distanza che lo separava da Luna City) si restringeva fino a
una apertura nel muro. Bigman disse “ Non ho la tuta”.
“ Non potresti uscire nemmeno se l’avessi. Senza permesso speciale non si passa, in questo
momento.”
“Come mai?”
Wilson sbadigliò. “ C’è una nave che sta per decollare
Guardò l’orologio. “ Partirà fra dodici minuti circa. Forse quando se ne sarà andata, tutta
quest’aria di mistero sbollirà. Non so davvero di che si tratta.”. La sentinella si molleggiò sui
talloni e vide l’ultima sorsata di birra finire nella gola di Bigman. “ Di un po', l’hai presa al bar
di Patsy, nel porto?” E’ affollato?”. “ E’ deserto. Senti, facciamo un patto. Tu vai a prenderti
una birra, roba di pochi minuti: io rimango qui e mi assicuro che durante la tua assenza non
succeda niente.”
Wilson guardò con desiderio in direzione del bar. “ Meglio di no” “ Decidi tu”. Nessuno dei
due, almeno all’apparenza, si accorse che un’ombra era scivolata alle loro spalle e si era diretta
verso il pesante portello stagno che permetteva di accedere alla superficie lunare.
I piedi di Wilson lo trascinarono per qualche metro verso il bar, come dotati di volontà propria.
Poi la sentinella si decise “ No meglio di no”.

Dieci minuti all’ora zeroErrore. L'origine riferimento non è stata trovata.

“ Di più”. Conway si era tolta la sigaretta di bocca. “ Ma che possiamo fare?” Fin quando è nata
l’idea di un Impero terrestre gli asteroidi sono stati una spina nel fianco. Almeno una decina di
volte siamo andati laggiù per fare piazza pulita dei covi dei pirati, e ogni
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volta ne abbiamo lasciati abbastanza perché ricominciassero. Venticinque anni fa, quando...”
Lo scienziato dai capelli bianchi si era interrotto bruscamente. Venticinque anni prima i
genitori di Lucky erano stati assassinati nello spazio e lui stesso, che all’epoca era soltanto un
bambino, era stato lanciato alla deriva.
I calmi occhi castani di Lucky non mostravano tracce d’emozione “ il guaio” aveva replicato “ è
che non conosciamo nemmeno le posizioni di tutti gli asteroidi”. Ovviamente no. Ci vorrebbero
cento navi e un centinaio di anni per cartografare quelli di una certa grandezza. E anche così di
tanto in tanto l’attrazione di Giove ne modificherebbe l’orbita.”
“ Dovremmo tentare, comunque. Se mandassimo un’astronave, i pirati potrebbero non rendersi
conto che è un compito impossibile e si spaventerebbero. Naturalmente, appena si spargeva la
voce che una nave sta cartografando la fascia, l’attaccherebbero...”.
“ E poi?”
“ Supponi che la nostra astronave fosse un modello automatico, dotata di tutti gli strumenti ma
senza equipaggio.” “ Un’operazione costosa.”
“ Ma che varrebbe la pena di finanziare. Supponi che la dotassimo di scialuppe in grado di
lasciare la nave non appena gli strumenti registrassero l’avvicinarsi di un altro motore
iperatomico. Cosa credi che farebbero, pirati?” Distruggerebbero le scialuppe a cannonate,
starebbero a bordo
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_____fascia (“cintura”?)degli asteroidi._ SOMMVOCE "nella fascia (\“cintura\”?)" \f C \l "1"
_Lucky Starr and the Asteroides (1953) è il secondo romanzo del ciclo eponimo e una delle
prime opere di Isaac Asimov ad essere state pubblicate in volume. La creazione di questa serie
avventurosa, pensata in origine per sfruttare il successo del “ serial televisivi (Tom Corbett,
Space Cadet) i infatti contemporaneamente alla stesura dei primi e più maturi romanzi
asimoviani. Le avventure di Luckhe non vanno considerate tanto come un modo per “ farsi le
ossa” (l’autore aveva debuttato nel 1939 per tutti gli anni Quaranta era stato un collaboratore
delle riviste, fornendo soprattutto racconti brevi), ma come una specie di passe-partout per la
carriera di scrittore professionista. All’inizio degli anni Cinquanta, infatti, Asimov si rende
conto che scrivere un libro frutta molto di più che non pubblicare racconti saltuari, e il fatto di
mettersi “ di punta” su n certo argomento - in questo caso l’avventura spaziale destinata a
giovani lettori - gli dà la fiducia di chi comincia a sentirsi parte di un’industria. Ma torniamo a
Lucky Starr. Ognuno di sei romanzi è ambientato in una diversa regione del sistema solare e
questa volta tocca alla fascia degli asteroidi zona che la fantascienza ha rapidamente inserito nel
suo “stock” di luoghi comuni. Andare nella fascia ( o nella cintura, secondo le traduzioni) degli
asteroidi vuol dire impegolarsi certamente in un mare di guai. Sono un po' come le sabbie
mobili del sistema, la tana dei pirati, il rifugio dei tiranni, la pista delle collisioni facili. Se il
racconto è più sofisticato diventeranno una palude morta-
(6)le, un mortorio dove il povero cercatore minerario darebbe un occhio pur di prendersi una
sbronza e fugge non dico col primo paio di gambe femminili che sbucasse oltre l’orbita, ma
addirittura con la prima marziana o venusiana sola.In astronomia le cose stanno diversamente.
Fina la 1801, tanto per cominciare nessuno aveva sentito parlare di asteroidi (cioè corpi che
sembrano stelle, ma vero, che a una distanza di 418 milioni di chilometri dal sole dovesse
esserci un pianeta (questo per via di una legge empirica della di Bode) ma non ci si aspettava di
trovare quello che poi si trovò. La notte del primo gennaio 1801 un astronomo italiano -
G.Piazzi dell’osservatorio di Palermo - scoprì il primo e il più grande degli asteroidi che
battezzò Cerere anche quelli venuti dopo hanno preso il nome di entità mitologiche femminili, e
poi nomi di donna: i nomi maschili sono riservati ai pianeti maggiori, con le significative
eccezioni di Venere e della nostra Terra.). Sappiamo che Cerere- giustamente descritto da
Asimov come la sede del principale avamposto umano: nella regione - ha un diametro di circa
922 chilometri: è dunque un pianeta molto piccolo.Ma gli astronomi che pensavano di aver
risolto i loro problemi con la scoperta di Cerere sbagliavano. Il 28 marzo 1802, infatti, W.
Olbers scoprì Pallade e nel 1804 e 1807 vennero scoperti rispettivamente Giunone e Vesta(
quest’ultimo è il più brillante della famiglia). “ Da allora” come scrive Paolo Maffei nel
suggestivo Al di là della Luna, il numero di corpi celesti di questo tipo q non erano un centinaio
nel 1879 duecento, nel 1890 trecento....Alla fine del 1974 ben 1914 rientravuse.
Adesso l’Atlas aveva un passeggero!
(20)
La sentinella esaminò il portello con aria dubbiosa.
Bigman lo raggiunse alla men peggio e disse”Sono qui da una settimana e ancora devo stare
attento a dove metto i piedi, se non voglio inciampare. Non è massimo, per uno spaziale nato
come me; se potessi, giuro che me ne andrei...”.
le sentinella esclamò con angoscia: “ Amico,dacci un taglio. Sei un ragazzo simpatico e tutto il
resto, ma rimandiamo la solfa a un’altra volta”.
Per un attimo guardò il sigillo che proteggeva i circuiti”Buffo” disse.
Bigman imprecava sempre più accesamente. La sua piccola facci si era fatta paonazza e ora si
aggrappò al gomito della sentinella, rischiando di farle perdere l’equilibrio.
“ Ehi amico, chi sarebbe il ragazzo?”
“ Levati dai piedi!”. “ Solo un attimo. Mettiamo in chiaro quanto segue, e cioè che non mi
faccio scacciare come un moscerino solo perché non sono uno spilungone. Levami le mani di
dosso e sfodera i pugni o ti spiaccico il naso sulla faccia”.
Si mise in guardia, cercando di non perdere l’equilibrio.
Wilson lo guardò sbalordito. “Ma che ti prende? Smetti di fare il cretino”.
“ Hai paura?”
“ Non posso battermi quando sono in servizio e inoltre non volevo offenderti. Ho del lavoro da
fare e non ho tempo per te, tutto qui”.
Bigman abbassò i pugni. “ Ehi, credo che la nave stia decollando”.
Non ci fu alcun rombo, ovviamente, perché il suono non si trasmette nel vuoto, ma il terreno
vibrò sotto lo scarico dei razzi che sollevavano la nave dalla Luna.
“ Hai proprio ragione”.
Sulla fronte di Wilson apparvero delle rughe. “ Suppongo che non abbia senso fare rapporto. E
comunque è troppo tardi”. Aveva dimenticato il disco che proteggeva i circuiti.
(21)
Ora zero!
La fossa di scarico rivestita di ceramica si spalancò sotto l’Atlas e i razzi principali vomitarono
la loro furia dentro di essa. Lentamente, maestosamente la nave si alzò e di diresse verso il
cielo. La velocità aumentò: sembrò che l’astronave dovesse bucare lo spazio e nero e poi si
ridusse a un puntino luminoso, a una stella fra le altre. Alla fine scomparve.
Il dottor Henree guardò l’orologio per l’ennesima volta e disse: “ Bè ormai è andata. Partita”.
Indicò il quadrante con cannello della pipa.
Conway ribattè” Controlliamo con le autorità portuali”.
Cinque secondi dopo guardavano al video la pista deserta dello spazioporto. La fossa di scarico
era aperta e, nonostante sulla superficie della Luna, al buio, il gelo sia quasi totale, dalla conca
si alzava ancora un filo di vapore.
Conway scosse la testa.” Era una bella nave”.
“ Lo è ancora”.
“ Per me ormai è condannata. Fra pochi giorni sarà un ammasso di metallo fuso.”
“ Speriamo che anche la base pirata sia condannata”.
Henree annuì cupamente.
Si girarono entrambi quando la porta si aprì, ma era solo Bigman.
Il piccoletto entrò con un largo sorriso. “ Ragazzi è stato divertente venire qui a Luna City! Si
sentono i chili scivolare via a ogni passo che si fa”. Batté un piede per terra e saltò una, due, tre
volte. “ Provatevi a fare questo trucchetto dov’ero prima: arriverete sotto il soffitto e farete la
figura degli stupidi”. Conwoy aggottò la fronte. “ Dov’è Lucky?”,
Bigman rispose: “ Io lo so e lo seguo col pensiero. L’Atlas è appena partita...”.
“ Ma certo questo lo sappiamo”. Disse Conway. “ Dov’è Lucky?”.
“ A bordo dell’Atlas, ovviamente. Dove altro credevate?”
(22)
Granelli nello spazio
Errore. Nessuna voce di sommario trovata.

Il dottor Henree lasciò cadere la pipa senza porci caso, ed essa rimbalzò sul pavimento di
Linolite.
“ Che cosa?”
Conway arrossì e la faccia risaltò ancora di più sotto i capelli bianchi. “ E’ uno scherzo?”.
“ No. Ha agito cinque minuti prima del decollo mentre io intrattenevo la sentinella e facevo in
modo che non lo fermasse. Ho dovuto perfino provocarlo, quel Wilson e gli avrei dato il fatto
suo se non si fosse tirato indietro.” Con i pugni Bigman simulò il gesto di chi mette K.O.
l’avversario.
“ E tu lo hai fatto partire? Senza avvertirci?”.
“ Come avrei potuto? Sono leale verso Lucky, e lui ha deciso di partire all’ultimo momento
senza informare né lei né il dottor Henree, altrimenti lo avreste fermato”.
Conwoy brontolò qualcosa. “ E così ce l’ha fatta! Per lo spazio! Gus, dovevo immaginarmelo
che non c’era da fidarsi di un marziano alto una spanna. Bigmann, maledetto idiota, non sai che
quella nave è una bomba?”,
“ Sicuro e anche Lucky lo sa. Dice di non mandare altre navi al suo inseguimento o saranno
guai.”
“ Davvero? Entro un’ora gli manderemo addosso uno squadrone, che lo voglia o no.”
Henree afferrò la manica dell’amico. “ Meglio di no, Hector. Non sappiamo che cosa sta
macchinando ma confidiamo che riuscirà a cavarsela, di qualunque cosa si tratti. Non
interferiamo.”
(23)
Conway ricadde sulla poltrona, tremando di rabbia e di preoccupazione.
Bigman aggiunse: “ Ci incontreremo a Cerre, dice Lucky si è raccomandato che lei controllasse
la sua emotività, dottor Conway.-”
“ Brutto...” cominciò Conway, minaccioso. Bigman lasciò la stanza di cors.
L’orbita di Marte era alle sue spalle e il sole era un puntolino insignificante.
Lukcy Star amava il silenzio dello spazio. Da quando si era laureato ed era stato ammesso nel
Consiglio della Scienza., lo spazio era diventato la sua casa più di qualsiasi pianeta. L’Atlas era
una nave confortevole, fornita delle provviste che normalmente bastano a un intero equipaggio
meno quelle che si supponevano consumate durante il viaggio per arrivare agli asteroidi. In
ogni aspetto l’Atlas doveva sembrare un’unità dotata di regolare equipaggio così Lucky mangiò
bistecche sintetiche prodotte nei campi di lievito di Venere, dolci marziani e polli disossati della
Terra.
“ Ingrasserò” si disse mentre guardava il cielo.
Era abbastanza vicino da distinguere gli asteroidi maggiori: Cerere, il più grande, aveva un
diametro di circa ottocento chilometri: Vesta si trovava dalla parte opposta del sole, ma
Giunone e Pallade erano visibili. Se Lucky avesse usato il telescopio dell’astronave ne avrebbe
scoperti migliaia d’altri, forse decine di migliaia. Non sembravano avere fine.
Un’antica teoria sosteneva che fra Marte e Giove esistesse un pianeta intermedio che in tempi
molto remoti era esploso disintegrandosi in una serie di frammenti; ora si sapeva che non era
così. La colpa era tutta di Giove, che nei turbolenti millenni di formazione del sistema solare
aveva destabilizzato lo spazio circostante con la sua gigantesca attrazione gravitazionale. La
ghiaia cosmica” che si trovava in quella regione - che copriva estensioni di centinaia di milioni
di chilometri - non aveva potuto organizzarsi in un singolo pianeta perché Giove l’attraeva in
direzione opposta; questo aveva dato origine agli asteroidi.
(24)
I quattro maggiori superavano i centocinquanta chilometri di diametro; i successivi
millecinquecento avevano un diametro oscillante fra quindici e centocinquanta chilometri e
infine ce n’erano una quantità ( nessuno conosceva il numero esatto ) il cui diametro non
superava il chilometro ma che erano pur sempre grandi quanto la Grande Piramide, o ancora di
più. Erano così tanti che gli astronomi li chiamavano “ i granelli dello spazio”.
Gli asteroidi erano sparpagliati nell’intera regione tra Marte e Giove e ognuno girava secondo la
propria orbita. Nessun altro sistema conosciuto nella galassia ne era provvisto, ma nel nostro
era un bene che ci fossero: gli asteroidi avevano formato una sorta di trampolino di lancio verso
i pianeti maggiori. Per altri versi tuttavia, avevano costituito una difficoltà. Ogni criminale,
fuggendo laggiù, diventava praticamente imprendibile. Nessuna forza di polizia era in grado di
scandagliare una ad una quelle montagne volanti.
Gli asteroidi più piccoli erano terra di nessuno: sui maggiori c’erano attrezzati osservatori
astronomici, come ad ad esempio quello ci Cerere. Su Pallade esistevano miniere di berillio,
mentre Vesta e Giunone costituivano importanti stazioni di rifornimento. Ma restano pur
sempre cinquantamila asteroidi di dimensioni rispettabili su cui l’impero terrestre non aveva
alcuna giurisdizione. Alcuni erano abbastanza grandi da ospitare una flotta, altri così piccoli che
a stento poteva starci una astronave con i rifornimenti d’acqua, cibo e combustibile per sei
mesi.
Cartografare quella miriade di piccoli mondi era un’impresa impossibile. Perfino nell’antica era
preatomica, quando i viaggi spaziali non erano cominciati e si conoscevano soltanto mille o
millecinquecento pianetini ( i maggiori) si era ritenuto arduo classificarli. Le orbite erano state
attentamente calcolate grazie alle osservazioni telescopiche, ma ogni tanto un asteroide “
scompariva” veniva ritrovato in seguito.
Lucky si scosse dalle sue fantasticherie. L’ergometro sensibilissimo aveva captato un’emissione
proveniente
(25)
dallo spazio. Con un salto Lucky andò al pannello di comando.
La radiazione costante del sole, sia che giungesse direttamente o riflessa dai pianeti, non veniva
presa in considerazione dal misuratore. Quelli che aveva appena registrato erano i caratteristici
impulsi intermittenti di un motore iperatomico.
Lucky inserì l’ergografo e il tracciato energetico fu riprodotto in una serie di linee. Il giovane
seguiva il grafico con una certa impazienza e man mano che il rotolo di carta si svolgeva
davanti ai suoi occhi la mascella s’irrigidì.
La possibilità che l’Atlas incrociasse un mercantile o un transatlantico esisteva, e Lucky l’aveva
saputo fin dal primo momento, ma gli impulsi non sembravano appartenere a quel tipo di navi.
L’unità che si avvicinava aveva motori d’avanguardia, diversi da quelli di qualsiasi flotta
terrestre.
Passarono cinque minuti prima che Lucky potesse calcolare la distanza e la direzione della fonte
d’energia.
Preparò il video per l’ingrandimento telescopico e il fondo stellato brulicò di miriadi di puntini
luminosi. Lucky cercò scrupolosamente fra le stelle infinitamente lontane e immobili, finche un
puntolino in movimento attrasse la sua attenzione. I quadranti dell’ergometro si allinearono su
altrettanti zeri.
Era una nave pirata, senza dubbio! Lucky poté distinguere la sagoma che per metà brillava al
sole. Nella parte in ombra i portelli erano contrassegnati da luci. Era un vascello sottile e
grazioso, con un aspetto molto maneggevole. E non sembrava costruiti dall’uomo.
“ Design Siriano”, pensò Lucky.
Guardò la nave farsi più grande: era un aggeggio come quello che avevano visto suo padre e
sua madre l’ultimo giorno della loro vita?
Lucky Starr non ricordava bene il padre e la madre, ma aveva visto le loro fotografie ed Henree
e Conway gli avevano fatto interminabili racconti su Lawrence e
(26)
Barbara Starr. L’alto e grave Gus Henree, il collerico ma perseverante Hector Conway e lo
spensierato Larry Starr erano stati inseparabili. Avevano fatto le scuole insieme, si erano
laureati nella stessa sessione ed erano entrati nel Consiglio come un uomo solo, svolgendo in
gruppo tutti gli incarichi.
Poi Lawrence Starr era stato promosso e mandato su Venere per un’ispezione. Si era imbarcato
senza esitazione con sua moglie e il piccolo Lucky, che allora aveva solo quattro anni, e nello
spazio erano stati attaccati dai pirati.
Per anni Lucky aveva infelicemente immaginato come doveva essersi svolto il massacro sulla
nave: prima la distruzione dei motori principali, a poppa, mentre gli assalitori erano ancora
lontani; poi l’esplosione dei portelli stagni e l’arrembaggio. Passeggeri ed equipaggio della
nave attaccata che indossavano le tute, armavano in attesa dello scontro; vittime innocenti.
Donne che piangevano, bambini che urlavano.
Il padre di Lucky, non era fra quelli che si erano andati a nascondere. Era un membro del
Consiglio, lui. Si era procurato un’arma ed era andato a combattere, Lucky ne era sicuro. Aveva
un solo ricordo un’immagine che ancora gli bruciava. Suo padre, un uomo alto e forte, che
puntava il disintegratore e assumeva un’espressione di gelida collera mentre la porta della sala
comando si dissolveva in una nuvola di fumo nero. E sua madre, la faccia bagnata e gonfia ma
chiaramente visibile attraverso la visiera del casco, che sistemava Lucky, in
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_________fascia (“cintura”?)degli asteroidi._ SOMMVOCE "nella fascia (\“cintura\”?)" \f C \l
"1" _Lucky Starr and the Asteroides (1953) è il secondo romanzo del ciclo eponimo e una delle
prime opere di Isaac Asimov ad essere state pubblicate in volume. La creazione di questa serie
avventurosa, pensata in origine per sfruttare il successo del “ serial televisivi (Tom Corbett,
Space Cadet) i infatti contemporaneamente alla stesura dei primi e più maturi romanzi
asimoviani. Le avventure di Luckhe non vanno considerate tanto come un modo per “ farsi le
ossa” (l’autore aveva debuttato nel 1939 per tutti gli anni Quaranta era stato un collaboratore
delle riviste, fornendo soprattutto racconti brevi), ma come una specie di passe-partout per la
carriera di scrittore professionista. All’inizio degli anni Cinquanta, infatti, Asimov si rende
conto che scrivere un libro frutta molto di più che non pubblicare racconti saltuari, e il fatto di
mettersi “ di punta” su n certo argomento - in questo caso l’avventura spaziale destinata a
giovani lettori - gli dà la fiducia di chi comincia a sentirsi parte di un’industria. Ma torniamo a
Lucky Starr. Ognuno di sei romanzi è ambientato in una diversa regione del sistema solare e
questa volta tocca alla fascia degli asteroidi zona che la fantascienza ha rapidamente inserito nel
suo “stock” di luoghi comuni. Andare nella fascia ( o nella cintura, secondo le traduzioni) degli
asteroidi vuol dire impegolarsi certamente in un mare di guai. Sono un po' come le sabbie
mobili del sistema, la tana dei pirati, il rifugio dei tiranni, la pista delle collisioni facili. Se il
racconto è più sofisticato diventeranno una palude morta-
(6)le, un mortorio dove il povero cercatore minerario darebbe un occhio pur di prendersi una
sbronza e fugge non dico col primo paio di gambe femminili che sbucasse oltre l’orbita, ma
addirittura con la prima marziana o venusiana sola.In astronomia le cose stanno diversamente.
Fina la 1801, tanto per cominciare nessuno aveva sentito parlare di asteroidi (cioè corpi che
sembrano stelle, ma vero, che a una distanza di 418 milioni di chilometri dal sole dovesse esserci
un pianeta (questo per via di una legge empirica della di Bode) ma non ci si aspettava di trovare
quello che poi si trovò. La notte del primo gennaio 1801 un astronomo italiano - G.Piazzi
dell’osservatorio di Palermo - scoprì il primo e il più grande degli asteroidi che battezzò Cerere
anche quelli venuti dopo hanno preso il nome di entità mitologiche femminili, e poi nomi di
donna: i nomi maschili sono riservati ai pianeti maggiori, con le significative eccezioni di
Venere e della nostra Terra.). Sappiamo che Cerere- giustamente descritto da Asimov come la
sede del principale avamposto umano: nella regione - ha un diametro di circa 922 chilometri: è
dunque un pianeta molto piccolo.Ma gli astronomi che pensavano di aver risolto i loro problemi
con la scoperta di Cerere sbagliavano. Il 28 marzo 1802, infatti, W. Olbers scoprì Pallade e nel
1804 e 1807 vennero scoperti rispettivamente Giunone e Vesta( quest’ultimo è il più brillante
della famiglia). “ Da allora” come scrive Paolo Maffei nel suggestivo Al di là della Luna, il
numero di corpi celesti di questo tipo q non erano un centinaio nel 1879 duecento, nel 1890
trecento....Alla fine del 1974 ben 1914 rientravnuovo venuto si era tolto la tuta spaziale e
costituiva uno spettacolo piuttosto insolito. Gli abiti che indossava venivano probabilmente dal
miglior sarto di International City e sembravano più adatti a un party sulla Terra che al ponte di
un’astronave. La camicia aveva quell’aspetto serico che si ottiene solo miglior plastex;
l’iridescenza era sottile più che vistosa, e i pantaloni stretti alle caviglie le si abbinavano così
bene che, se non fosse stato per la preziosa cintura, sarebbero parsi tutt’uno con la camicia.
L’uomo portava un bracciale che richiamava la cintura e un foulard azzurro cielo estremamente
morbido. I capelli castani e ricci erano pettinati in modo da formare boccoli e indubbiamente
ricevevano frequenti attenzioni.
L’ uomo era mezza testa più basso di Lucky ma, dal modo in cui si muoveva il giovane
consigliere si rese conto che quello non era affatto un mollaccione, e guai a pensare il contrario.
Il nuovo venuto disse piacevolmente: “ Mi chiamo Anton. Ti dispiace abbassare quell’arma?””
Per essere ammazzato?” ribatté Lucky.
“ E’ probabile che alla fine tu venga ammazzato, ma non per il momento. Devo prima
interrogarti.”
Lucky non si mosse.
Anton aggiunse: “ Sono uno che mantiene la parola, io”. Un lieve rossore imporporò i suoi
zigomi. “ E’ la sola virtù che ho secondo il metro con cui gli uomini giudicano la virtù, ma la
rispetto nel modo più assoluto”.
Lucky abbassò il disintegratore e Antono lo afferrò. Poi lo passò all’altro pirata.
“ Mettilo via ed esci di qui, Dingo”. Quindi si rivolse a Lucky. “ Gli altri passeggeri sono fuggiti
con le scialuppe, vero?”.
(30)
Lucky rispose: “ E’ ovvio che questa è una trappola, Anton,”.
“ Capitan Anton, se non ti dispiace.” Sorrise, ma le narici fremettero.
“ Va bene, capitan Anton. Questa è una trappola. A quanto pare sapevi che su questa nave non
c’erano passeggeri né equipaggio. Lo sapevi molto prima di dare l’arrembaggio”.
“ Davvero? Come fai a dirlo?”.
“ Ti sei avvicinato a questa unità senza segnalare e senza sparare una bordata di avvertimento.
Non sei arrivato a grande velocità e quando hai visto le scialuppe le hai ignorate. I tuoi uomini
sono entrati a bordo senza particolari precauzioni, come se non si aspettassero di incontrare
resistente. L’uomo che mi ha trovato è entrato in questa stanza con il disintegratore nella
fondina. La conclusione è ovvia.”
“ Molto bene. E allora che ci fai su una nave senza passeggeri né equipaggio?”.
Lucky rispose cupamente: “ Sono venuto a cercare te, capitan Anton.”
(31)
Duello verbale.

L’espressione di Anton non cambiò. “ Adesso mi hai trovato”.


“ Devo parlarti in privato, capitano.” Lucky strinse le labbra con determinazione.
Anton si guardò rapidamente intorno. Una decina di uomini con le tute tolte parzialmente o
totalmente si erano affollati nella cabina di comando e seguivano la scena con grande interesse.
Il capitano arrossì lievemente e alzò la voce.” Mettetevi al lavoro, ciurma. Voglio un rapporto
completo su questa nave. Tenete le armi pronte, potrebbero esserci altri uomini a bordo; se
qualcuno si fa sorprendere come Dingo, giuro che lo butto fuori dal portello stagno”.
Ci fu un lento, incerto tramestio.
La voce di Anton si trasformò in un urlo. “ In fretta, in fretta! Un gesto velocissimo e nella sua
mano apparve un disintegratore. “ Conto fino a tre e poi sparo. Uno due e...”
Gli uomini sparirono.
Anton si voltò di nuovo verso Lucky. Aveva gli occhi luccicanti e il fiato sibilava dalle narici
bianche, dilatate.
“ La disciplina è una gran cosa” ansimò. “ Gli uomini debbono temermi. Devono avere più
paura dei miei ordini che della Marina terrestre. Solo così una nave diventa un cervello e un
braccio solo”.
“ Si “ pensò Lucky. “ un cervello e un braccio solo, ma di chi? Il tuo?.”
(32)
Anton aveva riacquistato il sorriso amichevole, aperto e infantile di poco prima. “ Adesso
dimmi cosa vuoi”. Lucky indicò col pollice il disintegratore ancora estratto e pronto a sparare,
poi sorrise a sua volta. “ Vuoi uccidermi?”. Se è così, fai presto.”
Anton sembrò sorpreso. “ Per lo spazio, non sei il tipo che si preoccupa per niente!”Ti ucciderò
quando vorrò, mi piace così. Come ti chiami?” La canna dell’arma continuava a fissare Lucky
con mortale precisione.
“ Williams, capitano”.
“ Sei un uomo alto, Williams, sembri forte. Eppure basta un gesto del mio dito e sei morto.
Penso che sia una parabola istruttiva: due uomini e un disintegratore, è tutto qui il segreto del
potere. Hai mai pensato al potere, Williams?”.
“ Qualche volta”.
“ E’ l’unica cosa che abbia un significato nella vita, non trovi?”.
“ Forse”.
“ Vedo che sei ansioso di parlare d’affari. Cominciamo. Perché ti trovi qui?”
“ Ho sentito parlare di pirati”.
“ Noi siamo gli uomini degli asteroidi, Williams, non usiamo altri nomi”.
“ Mi sta bene. Sono venuto per unirmi agli uomini degli asteroidi.”
“ Ci lusinghi, ma il mio dito è ancora sul grilletto del disintegratore, perché vuoi unirti a noi?”.
“ La vita sulla Terra è opprimente, capitano. Un uomo come me potrebbe farsi una posizione
come contabile o come ingegnere; potrei dirigere una fabbrica o sedermi dietro una scrivania e
votare alle riunioni del consiglio d’amministrazione. Non ha importanza, in qualunque caso
sarebbe pura, e semplice routine. Comincerei la mia vita in un modo e la finirei nella stessa
maniera, sapendo benissimo a che cosa andrei incontro. Non ci sarebbe avventura, non ci
sarebbe incertezza.”
“ Sei un filosofo, Williams, continua.”
“ Ci sono le colonie, ma non mi attira la vita del colono marziano e del coltivatore di lievito su
Venere.
(33)
Quello che mi affascina è la vita sugli asteroidi, dura e pericolosa. Un uomo può raggiungere il
potere, proprio come te. E come hai detto, il potere dà un senso alla vita”.
“ E così ti sei imbarcato clandestinamente su una nave automatica?”.
“ Non sapevo che fosse automatica. Dovevo imbarcarmi clandestinamente su un’astronave: i
voli legittimi costano cari e il visto per gli asteroidi non viene consesso tanto facilmente, di
questi tempi. Sapevo che la nave faceva parte di una spedizione cartografica. Si era sparsa la
voce che diretta qui, così ho aspettato e all’ultimo momento sono saltato a bordo. Pochi minuti
prima del decollo tutti sono occupati nelle operazioni di lancio, ma il portello stagno è ancora
aperto: ho approfittato del momento propizio e mentre un amico distraeva la sentinella, mi sono
infilato nella nave.
“ Credevo che ci saremmo fermati su Cerere, la prima base per ogni spedizione negli asteroidi.
Una volta lì pensavo di potermela cavare senza problemi. Lassù ci sono soltanto astronomi e
matematici: strappagli i loro cannocchiali e diventeranno ciechi, puntagli un disintegratore
contro e moriranno di paura. Da Cerere avrei contattato facilmente i pi...voglio dire gli uomini
degli asteroidi. Semplice”.
“ Solo che una volta a bordo hai avuto una sorpresa, vero?”. chiese Anton.
“ Direi. Sulla nave non c’era nessuno e prima che potessi decidere diversamente siamo
decollati”.
“ Come te lo spieghi, Williams?”.
“ Non me lo spiego affatto”.
“ Bene, vediamo se riusciamo a scoprirlo insieme”.
Anton fece un gesto col disintegratore e disse rudemente:” Andiamo”.
Il capo dei pirati fece strada lungo il corridoio centrale della nave. Un gruppo di uomini uscì
dalla porta di fronte. Borbottavano tra loro ma si interruppero quando videro lo sguardo di
Anton.
“ Venite qui” ordinò il capo.
Gli uomini si avvicinarono. Uno si asciugò i baffi gri-
(34)
gi col dorso della mano e disse: “ Qui non c’è nessuno, capitano”.
“ Va bene. Che ne pensate?”
Altri uomini si aggiunsero al gruppetto iniziale formato dai quattro.
La voce di Anton si fece tagliente. “ Voglio sapere che cosa pensate di questa nave.”
Dingo si fece avanti. Si era tolto la tuta spaziale e Lucky Starr poté vederlo meglio: non era
piacevole. Grosso e pesante, aveva braccia che pendevano in maniera scimmiesca dalle spalle
massicce. Sul dorso delle dita spuntavano ciuffi di peli neri e la cicatrice che gli spaccava il
labbro tremava. I suoi occhi fiammeggiarono in direzione di Lucky.
“ Non mi piace” disse semplicemente.
“ Non ti piace la nave?” chiese duro Anton.
Dingo esitò poi raddrizzò le braccia e buttò indietro le spalle. “ Puzza”.
“ Perché dici questo?”
“ Potrei aprirla con un apriscatole. Chiedi agli altri se non la pensano come me. Quest’affare è
tenuto insieme dagli stuzzicadenti, non durerà tre mesi.”
Ci furono mormorii di assenso. L’uomo coi baffi grigi aggiunse: “ chiedo scusa, capitano, ma i
circuiti sono in gran parte rovinati e l’isolamento è quasi completamente consumato”.
“ Le saldature sono state fatte di corsa”. Intervenne un altro. “ Le cuciture si vedono così”. Ed
esibì un dito sporco di grasso.
“ Si può ripararla?” Chiese Anton.
Dingo rispose: “ Ci vorrebbe un anno più una domenica. Non ne vale la pena e comunque non
possiamo farlo qui. Dovremmo portarla su uno dei sassi.”
Anton si volse verso Lucky e spiegò soavemente: “ Noi gli asteroidi e spiegò soavemente: “ Noi
gli asteroidi li chiamiamo sassi.”
Lucky annuì.
Anton continuò: “ A quanto pare i miei uomini non vogliono saperne di questa nave. Perché
credi che il governo terrestre avrebbe mandato un’astronave automatica - e uno scassone per
giunta - in questa zona del sistema?”.
(35)

“ E’ una faccenda sempre più misteriosa” si limitò a rispondere Lucky.


“ Continuiamo la nostra indagine, allora.”
Anton si incamminò per primo e Lucky lo seguì da vicino. Gli uomini della ciurma si
accodarono in silenzio. A Lucky si rizzarono i peli sulla base del collo, ma Anton continuò ad
avanzare senza il minimo segno di nervosismo, come se non si aspettasse nessun attacco alla
schiena da Lucky. Bella forza: il giovane era tallonato da almeno dieci uomini armati.
Dettero un’occhiata nelle piccole stanze, ognuna progettata con la massima economia di spazio:
c’erano la sala di calcolo, il piccolo osservatorio, il laboratorio fotografico, la stiva e le cabine
dell’equipaggio. Scesero al livello inferiore attraverso uno stretto tubo ricurvo all’interno del
quale la pseudogravità era neutralizzata, sicché’ una qualunque direzione poteva essere definita
arbitrariamente “ alto” o “ basso”. Lucky fu spinto avanti per primo, con Anton che seguiva a
così breve distanza che il giovane ebbe appena il tempo di levarsi di sotto ( le gambe
leggermente piegate per l’improvviso aumento di peso) che il capo dei pirati gli fu addosso.
Duri, pesanti stivali spaziali mancarono la sua faccia per qualche centimetro.
Lucky riacquistò l’equilibrio e girò su se stesso, ma Anton sorrideva amabilmente e la canna del
disintegratore era puntata al cuore di Lucky Starr.
“ Mille scuse” disse il pirata. “ Fortuna che sei agile”.
“ Già” borbottò Lucky.
Al livello inferiore c’erano la sala motori e l’impianto per la produzione dell’energia; le nicchie
vuote erano i vani delle scialuppe. Seguivano i magazzini del combustibile, quelli del cibo e
dell’acqua, i ventilatori e lo scudo atomico.
Anton mormorò: Bè, che ne pensi? Tutto vecchio, magari, ma non vedo niente di insolito”.
“ E’ difficile dirlo” rispose Lucky.
“ Tu hai vissuto su questa nave per giorni”.
“ Sicuro, ma non passo il mio tempo a guardarmi attorno. Aspettavo di arrivare da qualche
parte”.
“ Capisco. Bene, torniamo al livello superiore.”
(36)
Ancora una volta Lucky fu buttato per primo nel tubo di comunicazione. Stavolta atterrò con
leggerezza e fece un salto laterale di due metri con l’agilità di un gatto.
Passarono alcuni secondi prima che Anton uscisse a sua volta dal tubo. “ Cos’è, avevi paura?”
Lucky arrossì.
A uno ad uno apparvero gli altri pirati. Anton non li aspettò tutti ma si avviò nel corridoio.
“ Sai” disse “ ho l’impressione che l’abbiamo visitata tutta, questa bagnarola. Molti ne
sarebbero già stufi, e tu?”
“ No, io no” rispose Lucky con calma. “ Non siamo stati nei gabinetti”.
Anton gli dette un’occhiataccia e per un attimo l’aria gioviale scomparve dalla sua faccia,
sostituita da un lampo di furia.
Poi gli passò. Si aggiustò una ciocca ribelle sulla testa e guardò con interesse il dorso della
propria mano. “ Bene, guarderemo anche là”.
Quando aprirono la porta dei gabinetti, parecchi uomini fischiarono e altri esplosero in un serie
di esclamazioni colorite.
“ Molto carini” mormorò Anton. “ Lussuosi direi”.
Lo erano , senza dubbio! C’erano tre docce separate, con i rubinetti predisposti per l’acqua
insaponata (tiepida) e l’acqua di risciacqua ( calda o fredda ). C’erano sei lavabi in avorio
cromato con rubinetto per lo shampoo, asciugacapelli e getti pungenti per la stimolazione
epidermica. Non mancava proprio niente.
“ Di sicuro, le toilette non sono antiquate” commentò Anton. “ Sembrano quelle che fanno
vedere ala subeterica, eh, Williams? Che ne pensi?”.
“ Sono confuso”.
Il sorriso di Anton svanì come il lampo di un’astronave in accelerazione. “ Io no. Dingo, vieni
qui.”.
Il capo dei pirati disse a Lucky: “ E’ un problema molto semplice. C’è una nave con nessuno a
bordo, messa insieme alla men peggio e in fretta. Il bagno, però, è di prim’ordine. Perché ?
credo di saperlo, per farci stare il massimo di condutture. Come mai? In modo da non
(37)
farci sospettare che una o due sono false...Dingo, quale tubo è fasullo?”.
Dingo diede un calcio al primo che trovò.
“ Non prenderli a calci, maledetto imbecille. Spezzali.
Dingo obbedì e mise un azione la micropistola termica. Dal tubo uscirono una serie di cavi.
“ Che cosa sono, Williams ?” chiese Anton.
“ Fili” rispose Lucky brevemente.
“ Lo so idiota”. Il pirata era improvvisamente furioso. “ Che altro? Te lo dico io. Quei fili
servono a far esplodere ogni grammo di atomite a bordo della nave, naturalmente quando ce la
saremo portata alla base. “ Lucky trasalì. “ Come fai a saperlo?”.
“ Ti meraviglia? Non sapevi che stavi viaggiando su una immensa bomba, e che noi avremmo
dovuto portarla alla base per riparazioni? Non sapevi che dovevamo saltare in aria tutti quanti?
Ma già, tu sei l’esca messa per essere sicuri che avremmo avvocato. Solo che io non sono uno
stupido!”
Gli uomini si strinsero minacciosamente intorno al capo e a Lucky Starr. Dingo si leccò le
labbra.
Con uno scatto Anton puntò il disintegratore: nei suoi occhi non c’era pietà, nessun segno di
pietà. “ Aspettate! Grande Galassia, aspettate! Non so niente di tutto questo, non avete il diritto
di spararmi senza motivo”. Lucky si preparò a combattere, l’ultima lotta prima di morire.
“ Non abbiamo il diritto!” Anton con gli occhi che luccicavano, abbassò improvvisamente il
disintegratore. “ Come osi parlare così? Ho tutti i diritti, su questa nave!”.
Non puoi uccidere un uomo in gamba. Gli uomini degli asteroidi hanno bisogno di elementi
validi...non buttarne via uno per niente”.
Un improvviso e inatteso mormorio si levò dai pirati.
Una voce disse: “ Ha fegato, capitano. Forse potremmo usarlo...”.
Ma si interruppe appena Anton si voltò.
Poi il capobanda girò di nuovo la testa. “ Che cosa ti
(38)
fa pensare di essere un uomo valido, Williams? Rispondimi e ci penserò sopra.”
“ Sono disposto a battermi con chiunque, qua dentro. A mani nude o con qualunque arma.”
“ Davvero?” I denti di Anton si scoprirono. “ Avete sentito uomini?”.
Ci fu un ruggito affermativo.
“ Sei tu che hai lanciato la sfida, Williams. Con qualunque arma...Bene! se esci vivo da questa
prova ti garantisco che non ti ammazzerò. Diventerai un membro della mia ciurma!.”
“ Ho la tua parola capitano?”
“ Hai la mia parola, e io la onoro sempre. La ciurma mi ha sentito: se uscirai vivo.”
“ Con chi combatterò?” Chiese Lucky . “ Con Dingo è un uomo in gamba. Chiunque riesca a
batterlo dev’essere molto speciale.”
Lucky soppesò la massa di carne e muscoli che gli stava davanti, gli occhi rimpiccioliti
dall’attesa della lotta, e suo malgrado fece un senso d’assenso.
Poi chiese con decisione: “ A mani nude o con le armi?”
Armi! Pistole a repulsione, per l’esattezza. Pistole a repulsione nello spazio.”
Per un attimo Lucky trovò difficile mantenere la calma esteriore.
Anton sorrise. “ Temi che sia un esame adeguato a te? Non aver paura, Dingo è il miglior
tiratore della ciurma.”
Il cuore di Lucky per un colpo. Per un duello a repulsione ci voleva un esperto, era risaputo!
Fatto per gioco come ai tempi del college, era uno sport. Combattuto da professionisti, era una
competizione mortale!
E lui non era un professionista.
(39)
Duello reale

I pirati si
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_________fascia (“cintura”?)degli asteroidi._ SOMMVOCE "nella fascia (\“cintura\”?)" \f C \l
"1" _Lucky Starr and the Asteroides (1953) è il secondo romanzo del ciclo eponimo e una delle
prime opere di Isaac Asimov ad essere state pubblicate in volume. La creazione di questa serie
avventurosa, pensata in origine per sfruttare il successo del “ serial televisivi (Tom Corbett,
Space Cadet) i infatti contemporaneamente alla stesura dei primi e più maturi romanzi
asimoviani. Le avventure di Luckhe non vanno considerate tanto come un modo per “ farsi le
ossa” (l’autore aveva debuttato nel 1939 per tutti gli anni Quaranta era stato un collaboratore
delle riviste, fornendo soprattutto racconti brevi), ma come una specie di passe-partout per la
carriera di scrittore professionista. All’inizio degli anni Cinquanta, infatti, Asimov si rende
conto che scrivere un libro frutta molto di più che non pubblicare racconti saltuari, e il fatto di
mettersi “ di punta” su n certo argomento - in questo caso l’avventura spaziale destinata a
giovani lettori - gli dà la fiducia di chi comincia a sentirsi parte di un’industria. Ma torniamo a
Lucky Starr. Ognuno di sei romanzi è ambientato in una diversa regione del sistema solare e
questa volta tocca alla fascia degli asteroidi zona che la fantascienza ha rapidamente inserito nel
suo “stock” di luoghi comuni. Andare nella fascia ( o nella cintura, secondo le traduzioni) degli
asteroidi vuol dire impegolarsi certamente in un mare di guai. Sono un po' come le sabbie mobili
del sistema, la tana dei pirati, il rifugio dei tiranni, la pista delle collisioni facili. Se il racconto è
più sofisticato diventeranno una palude morta-
(6)le, un mortorio dove il povero cercatore minerario darebbe un occhio pur di prendersi una
sbronza e fugge non dico col primo paio di gambe femminili che sbucasse oltre l’orbita, ma
addirittura con la prima marziana o venusiana sola.In astronomia le cose stanno diversamente.
Fina la 1801, tanto per cominciare nessuno aveva sentito parlare di asteroidi (cioè corpi che
sembrano stelle, ma vero, che a una distanza di 418 milioni di chilometri dal sole dovesse
esserci un pianeta (questo per via di una legge empirica della di Bode) ma non ci si aspettava di
trovare quello che poi si trovò. La notte del primo gennaio 1801 un astronomo italiano -
G.Piazzi dell’osservatorio di Palermo - scoprì il primo e il più grande degli asteroidi che
battezzò Cerere anche quelli venuti dopo hanno preso il nome di entità mitologiche femminili, e
poi nomi di donna: i nomi maschili sono riservati ai pianeti maggiori, con le significative
eccezioni di Venere e della nostra Terra.). Sappiamo che Cerere- giustamente descritto da
Asimov come la sede del principale avamposto umano: nella regione - ha un diametro di circa
922 chilometri: è dunque un pianeta molto piccolo.Ma gli astronomi che pensavano di aver
risolto i loro problemi con la scoperta di Cerere sbagliavano. Il 28 marzo 1802, infatti, W.
Olbers scoprì Pallade e nel 1804 e 1807 vennero scoperti rispettivamente Giunone e Vesta(
quest’ultimo è il più brillante della famiglia). “ Da allora” come scrive Paolo Maffei nel
suggestivo Al di là della Luna, il numero di corpi celesti di questo tipo q non erano un centinaio
nel 1879 duecento, nel 1890 trecento....Alla fine del 1974 ben 1914 rientrav” disse la voce di
Anton attraverso lo spazio.
Lucky impugnò con aria cupa le due pistole a repulsione. Erano a forma di “L” ed erano
collegate tramite una serie di cavi gommati, ai cilindri di gas che il duellatore portava alla vita.
Il cilindri, vagamente simili a un cannolo, contenevano anidride carbonica liquida sotto forte
pressione. Ai vecchi tempi i cavi di collegamento erano di rete metallica, ma lo svantaggio del
metallo - per quanto più robusto - era di avere una massa eccessiva che si sommava alla spinta
data dalle pistole e alla relativa inerzia. Nei duelli a repulsione, prendere la mira e sparare
rapidamente era essenziale. Poi era stata inventata una fibra ai siliconi che era in grado di
mantenere le proprietà elastiche della gomma anche nello spazio e che non si deformava sotto i
raggi del sole. I cavi di collegamento, a questo punto, erano stati fatti con il materiale più
leggero.
“ Sparate non appena siete pronti!” Gridò Anton.
Una delle pistole di Dingo eruttò per un secondo.
L’anidride carbonica liquida si trasformò in un getto violento e schizzò dalla canna a forma di
ago. Il gas congelò, mutandosi in una serie di sottili cristalli, a tredici centimetri dal punto di
espulsione. In capo a mezzo secondo si era formata una teoria di cristalli, a tredici centimetri
dal punto di esplosione. In capo a mezzo secondo si era formata una teoria di cristalli lunga
chilometri che puntava in direzione opposta a quella verso la quale veniva spinto Dingo. Era il
principio su ciò si basavano i razzi: Dingo era l’astronave e il getto della pistola riproduceva, in
miniatura, quello degli ugelli.
(42)
Per tre volte la teoria di cristalli lampeggiò e tornò nell’ombra, in lontananza. Puntava verso
una zona dello spazio opposta rispetto alla posizione di Lucky, mentre Dingo avanzava verso di
lui grazie a quella propulsione. La realtà delle cose era ingannevole. L’unico cambiamento
percettibile all’occhio era il lento accendersi del segnale di Dingo, ma Lucky sapeva che la
distanza afra di loro diminuiva con spaventosa velocità.
Quello che Lucky ignorava era la strategia che avrebbe usato l’avversario, e quindi si trovava
alquanto incerto sul modo migliore di difendersi. Attese, aspettando che le mosse dell’altro si
rivelassero da sole.
Dingo era abbastanza vicino, ora, da apparire come una forma umanoide con una testa e quattro
arti. Gli sarebbe passato di lato, ma a quanto pareva non aveva nessuna intenzione di aggiustare
il tiro: sembrava accontentarsi di sfrecciare alla sinistra di Lucky.
Lui aspettava ancora. Il coro di grida confuse che era risuonato nel casco si era calmato: veniva
dai trasmettitori dei pirati che, sebbene si trovassero troppo lontani per distinguere gli avversari,
riuscivano ancora a scorgere i segnali di posizione e gli sbuffi d’anidride carbonica. Si
aspettavano qualcosa, Lucky pensò.
Accadde improvvisamente.
Un lampo di anidride carbonica e poi un altro apparvero alla destra di Dingo, la cui traiettoria
cambiò, spingendolo verso il giovane. Lucky alzò la pistola a repulsione, pronto a sparare verso
il basso per evitare il corpo a corpo. La strategia migliore decise consisteva nel fare proprio così
e nel muoversi il più lentamente possibile, in modo da limitare lo spreco di anidride carbonica.
Ma Dingo non procedette verso di lui, anzi sparò in avanti e retrocedette. Lucky rimase a
guardare e solo quando fu troppo tardi il lampo di luce gli ferì gli occhi.
Il getto di anidride carbonica che Dingo aveva espulso veniva avanti, certo, ma la momento
dello sparo l’avversario si era girato sulla sinistra, quindi il getto fece altrettanto. I due
movimenti, combinati, fecero si che la teo-
(43)
ria di ghiaccioli convergesse verso Lucky e lo colpisse all’omero sinistro.
A Lucky sembrò di ricevere una mazzata: i cristalli erano sottili m formavano una serie di
lunghissima e viaggiavano a molti chilometri al secondo. Colpirono la tuta in quella che sembrò
una frazione di secondo e il boato della ciurma risuonò attraverso gli auricolari.
“ L’hai beccato, Dingo!”.
“ Che colpo!”
“ L’ha mandato dritto verso la porta. Guardatelo!”
“ Bello! Bello!”
“ Gira come un pupazzo!”
Ma sullo sfondo si sentivano imprecazioni meno esuberanti.
Lucky stava effettivamente ruotando o meglio, i suoi occhi avevano la sensazione che fossero il
cielo e le stelle a ruotare. Attraverso il visore del casco le stelle apparivano come strisce di luce,
quasi fossero esse stesse dei getti di anidride carbonica.
Non vedeva altro che macchie indistinte. Per un attimo fu come se il colpo l’avesse privato
della capacità di pensare.
Un urtone alla vita e un secondo alla schiena, mentre ancora ruotava, lo spinsero sempre più
lontano.
Doveva fare qualcosa, o Dingo l’avrebbe usato come un pallone di calcio e l’avrebbe spinto da
un capo all’altro del sistema solare. Innanzitutto doveva fermare la rotazione e riprendersi.
Rotolava in diagonale, con la spalla sinistra in alto rispetto all’anca destra; puntò la pistola a
repulsione in direzione contraria a quel movimento e sparò alcuni getti di anidride carbonica.
Le stelle rallentarono finche la giostra si trasformò in una marcia decorosa e tornarono a
splendere come punti fissi nel cielo. Lo spazio sembrava di nuovo familiare. Ma c’era una stella
che lampeggiava ed era di gran lunga troppo brillante. Luckly sapeva che si trattava della sua
porta. Quasi diametralmente opposta guizzava la scintilla rossa di Dingo. Lucky non poteva
spingersi oltre la porta, perché in tal caso il duello sarebbe finito e il perdente sarebbe stato lui.
Sorpassare la porta.
(44)
anche di un chilometro equivaleva a dichiararsi sconfitto: erano le regole universali del gioco.
D’altra parte non poteva permettersi di andare più vicino all’avversario.
Lukcy alzò la pistola, mise il dito sul grilletto e tenne l’arma sopra la testa. Aspettò un intero
minuto prima di alzarlo di nuovo e per sessanta secondi sentì la pressione contro la sommità del
casco mentre accelerava verso il basso.
Era una manovra disperata, perché in un minuto si sprecava la riserva di gas di mezz’ora.
Dingo, risentito gridò” Maledetto vigliacco! Fifone che non sei altro”
Anche le grida del pubblico aumentarono.
“ Guardatelo come corre!”
“ Ha superato Dingo. Dingo prendilo.”
“ Hei, Williams, ti decidi a combattere?”
Lucky vide di nuovo la macchia scarlatta dell’avversario.
Doveva continuare a muoversi, non c’era altro da fare. Dingo era un esperto e poteva colpire un
meteorite di passaggio largo due centimetri. Anche lui, pensò Lucky con rabbia, sarebbe stato
capace di colpire Cerere a un chilometro di distanza.
Adesso usava le pistole a repulsione alternativamente. Prima a sinistra, poi a destra, quindi
rapidamente a destra, a sinistra e a destra di nuovo.
Non faceva nessuna differenza: era come se, Dingo potesse prevedere i suoi movimenti, tagliare
d’angolo e avanzare inesorabilmente.
Lucky sentì il sudore imperlargli la fronte, poi di colpo si rese conto del silenzio. Non ricordava
il momento esatto in cui era cominciato, ma gli era sembrato come lo spezzarsi di un filo. Prima
c’erano state le urla e le risate dei pirati, poi all’improvviso, solo il silenzio mortale, dello
spazio dove non si può sentire alcun suono.
Si era spinto oltre il raggio delle navi? Impossibile! Le radio delle tute, anche le più semplici,
avevano una portata di migliaia di chilometri nello spazio. Lucky aprì al massimo l’interruttore
che aveva sul petto.
(45)
“ Capitano Anton!”
Ma fu la voce spietata di Dingo che gli rispose. “ Non gridare ti sento.”
Lucky disse: “ Tempo! C’è qualcosa che non va nella mia radio”.
Dingo era così vicino da apparire di nuovo come una figura completa. Un getto di cristalli e fu
ancora più vicino. Lucky si scansò ma il pirata gli rimase attaccato alle calcagna.
“ Non c’è niente che non va” disse Dingo. “ E’ solo un trucchetto. Aspettavo questo momento,
lo aspettavo. Averi potuto spingerti oltre la porta da un sacco di tempo, ma ho aspettato che la
radio non funzionasse. È solo un piccolo transistor che ho inserito prima che indossassi la tuta.
Però puoi ancora parlare con me, meglio puoi farlo per un poco...quella baracca di durerà
qualche altro chilometro”. Soddisfatto della battuta il pirata scoppiò a ridere.”
Lucky disse:” Non capisco”.
La voce di Dingo tornò a farsi sentire, aspra e crudele. “ Sulla nave mi hai sorpreso col
disintegratore nella fondina. Mi hai intrappolato e mi hai fatto fare la figura dell’idiota.
Nessuno può trattarmi così davanti al capitano e vivere per vantarsene. Non ti spingerò fino alla
porta, non ti sconfiggerò per dare a qualcun altro la gioia di ammazzarti. Lo farò io stesso! Qui!

Dingo era molto più vicino. Lucky riusciva quasi a distinguere i lineamenti del volto dietro la
spessa glassite delle visiera.
Il giovane abbandonò il tentativo di scansarsi lateralmente; non avrebbe ottenuto altro che
essere manovrato dall’avversario. Prese in considerazione un volo in linea retta, aumentando la
velocità fino a che il gas gli fosse bastato.
Ma poi? Si sarebbe accontentato di morire fuggendo?
Meglio contrattaccare. Puntò la pistola verso Dingo, ma quando la serie di cristalli passò nel
punto dove si era trovato un attimo prima, il pirata non c’era più. Lucky provò di nuovo, ma
quello sembrava un’anguilla.
(46)
Poi Lucky sentì l’impatto violento della pistola dell’altro e cominciò di nuovo a ruotare. Tentò
disperatamente di interrompere quella girandola e, prima che potesse farlo, avvertì in tutta la
sua forza lo scontro dei due corpi.
Dingo lo aveva praticamente abbracciato.
Casco contro casco. Visiera contro visiera. Lucky guardò la cicatrice bianca che spaccava il
labbro superiore di Dingo. Quando il criminale sorrise, la ferita sembrò allargarsi.
“ Salve carogna!” disse “ Piacere d’incontrarti!”.
Per un attimo sembrò che Dingo si allontanasse, mentre la stretta delle braccia si allentava. Ma
le cosce del pirata stringevano ancora fortemente le ginocchia di Lucky e lo immobilizzavano
con un forza scimmiesca. I muscoli di Lucky guizzanti come fruste, tentavano invano di
divincolarsi.
La parziale ritirata di Dingo era servita solo a liberargli le braccia. Ora il pirata impugnava la
pistola per la canna, agitando il manico. L’arma si abbatté direttamente sulla visiera e la testa di
Lucky scattò all’indietro sotto l’impatto micidiale. Il braccio del pirata ruotò di nuovo mentre
l’altro si stringeva intorno al collo del giovane.
“ Tieni ferma la testa “. Ringhiò Dingo. “ Devo finire questo lavoretto”.
Lucky lasciò entrambe le armi a repulsione, le fece pendere dai cavi di collegamento e con una
mossa sicura afferrò i cavi di quelle di Dingo. Li tese fra le dita guantate di metallo e tirò con
tutte le sue forze; i muscoli del braccio gli facevano male e il sangue gli pulsava alle tempie
mentre serrava le mascelle.
(46)
Poi Lucky sentì l’impatto violento della pistola dell’altro e cominciò di nuovo a ruotare. Tentò
disperatamente di interrompere quella girandola e, prima che potesse farlo, avvertì in tutta la
sua forza lo scontro dei due corpi.
Dingo lo aveva praticamente abbracciato.
Casco contro casco. Visiera contro visiera. Lucky guardò la cicatrice bianca che spaccava il
labbro superiore di Dingo. Quando il criminale sorrise, la ferita sembrò allargarsi.
“ Salve Carogna” disse “ Piacere d’incontrarti”.
Per un attimo sembrò che Dingo si allontanasse, mentre la stretta delle braccia si allentava. Ma
le cosce del pirata stringevano ancora fortemente le ginocchia di Lucky e lo immobilizzavano
con una forza scimmiesca. I muscoli di Lucky, guizzanti come fruste, tentavano invano di
divincolarsi.
La parziale ritirata di Dingo era servita solo a liberargli le braccia. Ora il pirata impugnava la
pistola per la canna, agitando il manico. L’arma si abbatté direttamente sulla visiera e la testa di
Lucky scattò all’indietro sotto l’impatto micidiale. Il braccio del pirata ruotò di nuovo, mentre
l’altro si stringeva intorno al collo del giovane.
“ Tieni ferma la testa” ringhiò Dingo. “ Devo finire questo lavorato”.
Lucky capì che di essere perduto a meno di non agire con la massima velocità. La glassite era
forte e resistente, ma contro un corpo contundente di metallo non lo sarebbe rimasta a lungo.
Lucky appoggiò il palmo della mano contro il casco di
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_________fascia (“cintura”?)degli asteroidi._ SOMMVOCE "nella fascia (\“cintura\”?)" \f C \l
"1" _Lucky Starr and the Asteroides (1953) è il secondo romanzo del ciclo eponimo e una delle
prime opere di Isaac Asimov ad essere state pubblicate in volume. La creazione di questa serie
avventurosa, pensata in origine per sfruttare il successo del “ serial televisivi (Tom Corbett,
Space Cadet) i infatti contemporaneamente alla stesura dei primi e più maturi romanzi
asimoviani. Le avventure di Luckhe non vanno considerate tanto come un modo per “ farsi le
ossa” (l’autore aveva debuttato nel 1939 per tutti gli anni Quaranta era stato un collaboratore
delle riviste, fornendo soprattutto racconti brevi), ma come una specie di passe-partout per la
carriera di scrittore professionista. All’inizio degli anni Cinquanta, infatti, Asimov si rende
conto che scrivere un libro frutta molto di più che non pubblicare racconti saltuari, e il fatto di
mettersi “ di punta” su n certo argomento - in questo caso l’avventura spaziale destinata a
giovani lettori - gli dà la fiducia di chi comincia a sentirsi parte di un’industria. Ma torniamo a
Lucky Starr. Ognuno di sei romanzi è ambientato in una diversa regione del sistema solare e
questa volta tocca alla fascia degli asteroidi zona che la fantascienza ha rapidamente inserito nel
suo “stock” di luoghi comuni. Andare nella fascia ( o nella cintura, secondo le traduzioni) degli
asteroidi vuol dire impegolarsi certamente in un mare di guai. Sono un po' come le sabbie
mobili del sistema, la tana dei pirati, il rifugio dei tiranni, la pista delle collisioni facili. Se il
racconto è più sofisticato diventeranno una palude morta-
(6)le, un mortorio dove il povero cercatore minerario darebbe un occhio pur di prendersi una
sbronza e fugge non dico col primo paio di gambe femminili che sbucasse oltre l’orbita, ma
addirittura con la prima marziana o venusiana sola.In astronomia le cose stanno diversamente.
Fina la 1801, tanto per cominciare nessuno aveva sentito parlare di asteroidi (cioè corpi che
sembrano stelle, ma vero, che a una distanza di 418 milioni di chilometri dal sole dovesse
esserci un pianeta (questo per via di una legge empirica della di Bode) ma non ci si aspettava di
trovare quello che poi si trovò. La notte del primo gennaio 1801 un astronomo italiano -
G.Piazzi dell’osservatorio di Palermo - scoprì il primo e il più grande degli asteroidi che
battezzò Cerere anche quelli venuti dopo hanno preso il nome di entità mitologiche femminili, e
poi nomi di donna: i nomi maschili sono riservati ai pianeti maggiori, con le significative
eccezioni di Venere e della nostra Terra.). Sappiamo che Cerere- giustamente descritto da
Asimov come la sede del principale avamposto umano: nella regione - ha un diametro di circa
922 chilometri: è dunque un pianeta molto piccolo.Ma gli astronomi che pensavano di aver
risolto i loro problemi con la scoperta di Cerere sbagliavano. Il 28 marzo 1802, infatti, W.
Olbers scoprì Pallade e nel 1804 e 1807 vennero scoperti rispettivamente Giunone e Vesta(
quest’ultimo è il più brillante della famiglia). “ Da allora” come scrive Paolo Maffei nel
suggestivo Al di là della Luna, il numero di corpi celesti di questo tipo q non erano un centinaio
nel 1879 duecento, nel 1890 trecento....Alla fine del 1974 ben 1914 rientravstenza interna ne
rallenti la velocità? Non sforzarti, te lo dico io. Ti bucherebbe la tuta come una vibrolama, e
anche il corpo”.
“ Lo dicevo che eri diventato pazzo! Parli come un maniaco”!
Dingo imprecò furiosamente, ma d’un tratto si immobilizzò e rimase fermo.
“ Vuoi vedere?” Fece Lucky. “ Muoviti, a me basta premere il grilletto. Peccato che non puoi
sentire la pressione della canna sulla tuta.”
“ Ti stai prendendo gioco di me “ ringhiò il pirata.” I miei compagni ti localizzerebbero. Hai
mezzo minuto per cambiare idea...”
i secondi passarono in silenzio e Lucky colse un movimento della mano di Dingo.
“ Addio Dingo!”
Il pirata protestò “ Aspetta, aspetta! Sto solo regolando la radio” Poi gridò:” Capitano Anton,
capitana Anton..”
Ci volle un’ora e mezzo per tornare alle navi.
L’Atlas correva nello spazio sulla scia della sua predatrice. I comandi automatici erano passati a
manuali nei settori in cui era necessario e i motori venivano seguiti da un gruppo di tre uomini.
Come prima, la lista dei passeggeri di riduceva a una sola persona: Lucky Starr.
Confinato nella sua cabina, il giovane vedeva gli uomini dell’equipaggio solo quando gli
portavano da
(50)
mangiare. Erano le razioni dell’Atlas, o almeno quel che ne restava. Gran parte del cibo e delle
attrezzature che non erano immediatamente necessarie alla guida della nave erano stati trasferiti
sul vascello pirata.
I pasti gli venivano serviti da tutti e tre gli uomini rimasti a bordo: erano individui magri e
allampanati, con la pelle abbronzata dai raggi duri del sole dello spazio.
Gli porgevano il vassoio in silenzio e ispezionavano la cabina, poi assistevano all’apertura dei
barattoli e alle operazioni di riscaldamento. Alla fine portavano via i resti.
Lucky disse: “ seduti uomini. Non dovete stare in piedi mentre mangio”.
Non risposero. Il più sottile e allampanato dei tre, un uomo dal naso rotto che ora pendeva da un
lato e il pomo d’Adamo che sporgeva vistosamente, guardò i compari come se fosse propenso
ad accettare l’invito. Non lo degnarono di un’occhiata.
Il pasto successivo fu servito dal solo tipo col naso rotto. Il pirata mise giù il vassoio, andò alla
porta e si accertò che in corridoio non fosse nessuno, poi la richiuse. “ Io sono Martin Maniu.”
Lucky sorrise “ E io Bill Williams. Gli altri due non vogliono parlarmi, eh?”
Sono amici di Dingo, io no. Forse sei un agente del governo come pensa il capitano e forse no:
per quanto mi riguarda, sei quello che ha dato il fatto suo a quel pallone gonfiato di Dingo e
tanto mi basta. È un furbo e gioca pesante; una volta quando ero un novellino, mi spinse quasi
contro un asteroide, e senza una ragione. Dopo disse che era stato un errore, ma credimi, non è
il tipo che faccia errori con la pistola a repulsione. Ti sei fatto parecchi amici, mister, riportando
quella iena per il fondo dei pantaloni..”
“ Mi fa piacere.”
“ Stai attento a lui, però: non dimenticherà. Ti consiglio di non restare solo con lui nemmeno fra
vent’anni. Non e soltanto la questione della sconfitta, è la storia che gli hai raccontato, quella
dell’anidride carbonica che perfora come burro una tuta di metallo spessa due centimetri e
(51)
mezzo! Tutta la ciurma ne ride e Dingo è furioso. Amico, spunterebbe fuoco! È la burla più
grandiosa che sia mai capitata. Spero che il Capo ti prenda fra noi, amico”
Il capo? Capitano Anton? “
“ Il capo supremo. Il numero uno. Dì in po', su questa nave c’è dell’ottimo cibo...specialmente
la carne.” Il pirata fece schioccare la lingua. “ Ti stanchi di quei pastrocchi al lievito, specie
quando, per mestiere, ti devi occupare delle vasche in cui cresce.”
Lucky stava divorando gli ultimi bocconi. “ E chi sarebbe questo tizio?”
“ Quale tizio?”
“ Il capo”.
Manui si strinse nelle spalle. “ Per lo spazio, non lo so! Non crederai che un poveraccio come
l’abbia conosciuto. È solo qualcuno di cui si parla; è ragionevole pensare che ci sia un capo
no?.”
“ E’ un’organizzazione piuttosto complicata.”
“ Amico, non puoi rendertene conto finché non ci sei dentro. Io ero un uomo finito quando
arrivai qui: non sapevo che cosa fare e mi dissi: Dai, si tratterà di attaccare qualche nave e poi
diventerai tanto ricco che potrai comprartene una tua. Allora sarà tutto finito”.
Capisci, era meglio che crepare di fame come stava succedendo a me”.
“ Però non è andata come ti aspettavi, vero?”
“ No! Non ho mai partecipato a un raid, quasi nessuno di noi l’ha fatto. Andare a depredare navi
è un onere che spetta a pochi, e fra quei pochi c’è Dingo. Fa fuori tutte le volte, la carogna;
noialtri abbiamo a malapena il permesso di catturare una donna”. Il pirata sorrise. “ Io ho
moglie ed un figlio. Non lo crederesti, vero? Abbiamo un progetto per conto nostro, diventare i
padroni delle vasche dove adesso lavoriamo. Ogni tanto mi assegnano un turno nello spazio, ma
nel complesso è vita facile. Te la caverai veni, se ti unisci a noi. Un bel ragazzo come te
potrebbe trovare moglie in un baleno e sistemarsi. Se è l’avventura che cerchi, avrai anche
l’avventura.
“ Si Bill, spero proprio che il Capo ti prenda.”
(52)
Lucky lo seguì verso la porta. “ A proposito, dove stiamo andando? A una delle basi?”
“ Soltanto su uno dei nostri sassi, il più vicino. Tu stattene buono finché non viene annunciata
la destinazione, ma di solito è come ti ho detto.”
Nel chiudere la porta aggiunse:” E non dire agli altri che ho parlato con te. D’accordo, amico?”.
“ Stai tranquillo”.
Di nuovo solo. Lucky si batté il pugno destro nel palmo sinistro. Il capo! Era solo una leggenda
un argomento di conversazione, o esisteva veramente? E che cosa pensare del resto di quello
che aveva udito?
Doveva aspettare. Per la galassia, se solo Conway e Henree avessero avuto il buon senso di non
intervenire per un po'...
Quando l’Atlas cominciò l’avvicinamento, Lucky non ebbe la possibilità di vedere l’asteroide.
Dovette aspettare il momento in cui, scortato da Martin Maniu e da un altro pirata, uscì dal
portello stagno e si ritrovò a galleggiare nello spazio, con il sasso a un centinaio di metri sotto
di loro. Era abbastanza tipico e Lucky giudicò che avesse un diametro di circa tre chilometri.
Angoloso e crivellato di gole, sembrava il cocuzzolo di una montagna scagliato nello spazio da
un gigante. Il lato esposto al sole brillava di grigio e bruno e girava visibilmente, con le ombre
che cambiavano in continuazione.
Lucky fletté le gambe contro la paratia della nave e si tuffò verso l’asteroide. Le gole
sembrarono venirgli incontro e, quando le sue mani toccarono il suolo, l’inerzia costrinse anche
il resto del corpo ad andare in basso. Rotolò ripetutamente e con lentezza prima di trovare uno
spuntone a cui aggrapparsi.
Una vola fermo, si alzo. Il sasso dava quasi l’illusione di essere un pianeta, ma oltre le più
vicine protuberanze di materia non c’era nient’altro che lo spazio. Le stelle, che si muovevano
visibilmente per effetto della rotazione del sasso, erano dure e splendenti. L’astronave, che era
stata sistemata in un’orbita di parcheggio, sembrava immobile.
(53)
Un pirata fece strada verso un’altura che non si distingueva il alcun modo dalle altre e che
distava una quindicina di metri. Lucky coprì il tragitto con due lunghe falcate e dopo una breve
attesa, una sezione di roccia scivolò di lato, rivelando un’apertura. Ne uscì un uomo in tuta
spaziale.
“ Okey, Erem” disse uno dei pirati di malagrazia. “ Eccotelo qua. È affidato a te, adesso.”
La voce che risuonò negli auricolari era garbata e piuttosto stanca. “ Quanto tempo resterà con
me, signori?”
“ Finché non verremo a riprenderlo. Non fare domande.”
I pirati voltarono le spalle e si sollevarono a gran balzi verso lo spazio. La gravità dell’asteroide
non poteva fare niente per fermarli: rimpicciolirono sempre più e a un tratto Lucky vide un
lampo di cristalli d’anidride carbonica, segno che uno degli uomini aveva corretto la traiettoria
con una pistola a repulsione. Per quello scopo veniva usato un modello più piccolo di arma che
faceva parte dell’equipaggiamento standard; la fornitura di gas si limitava a una cartuccia già
inseritavi dentro.
Dopo qualche minuto i razzi si accesero eruttando vampate rossastre, poi anche l’Atlas
rimpicciolì. Era inutile tentare di indovinare la direzione dell’astronave senza sapere
esattamente dove si trovasse lui, pensò Lucky. Quanto a questo, l’unica informazione di cui
disponeva era che si trattava di un punto nella fascia degli asteroidi.
Era così assorto nelle sue riflessioni che la voce dell’altro uomo lo fece trasalire.
“ E’ bello in superficie” disse quello, in tono pacato. “ Esco così raramente che a volte me ne
dimentico.
“ Guarda!”
Lucky si girò sulla sinistra e vide il sole, rimpicciolito, che si alzava sull’orlo dell’asteroide.
Dopo un attimo fu troppo pendente per fissarlo direttamente. Sembrava una moneta d’oro da
venti crediti. Il cielo nero rimase dello stesso colore e lo splendore delle stelle non diminuì: così
accade sui mondi senz’aria, dove
(54)
non c’è pulviscolo che diffonda la luce del sole e trasformi il cielo in una volta azzurra.
L’uomo dell’asteroide disse:” Fra venticinque minuti, più o meno tramonterà di nuovo. A volte,
quando Giove è nel punto più vicino, si vede anche lui. Sembra un pezzo di marmo, e le quattro
lune sono come scintille in formazione militare. Ma questo succede ogni tre anni e mezzo.
Adesso non è il momento.”
Lucky passò ad altro, senza riguardi.” Quegli uomini ti hanno chiamato Erem. È il tuo nome?
Sei uno di loro?”
“ Vuoi dire un pirata? No, ma ammetto che a volte do loro una mano. Non mi chiamo Erem, ma
quello è un appellativo che usano per gli eremiti ingenerale. Io sono Joseph Patrich Hansen e,
dato che dobbiamo essere compagni per un periodo indefinito, spero che saremo amici.”
Gli tese una mano guantata di metallo, che Lucky strinse.
“ Io sono Bill Williams. Hai detto di essere un eremita. Vuoi dire che vivi qui dal solo,
sempre?”
“ Esatto”.
Lucky guardò il povero sasso di granito e silicio, aggrottando la fronte. “ Non sembra molto
invitante”
“ Nondimeno farò del mio meglio per farti sentire a tuo agio.”
L’eremita toccò una sezione del masso da cui era uscito e di nuovo apparve l’apertura. Lucky
notò che i bordi erano stati molati e che qualcuno vi aveva applicato dell’eternium o un’altra
sostanza che assicurasse una chiusura a tenuta d’aria.
“ Allora, Williams, non vuoi entrare?” Lo invitò l’eremita.
Lucky lo seguì e il pannello di roccia si richiuse alle loro spalle. Immediatamente un piccolo
fluori si accese a illuminare la via. Si trovavano in una minuscola camera stagna che non poteva
contenere più di due uomini.
Un segnale rosso lampeggiò e l’eremita disse: “ Puoi alzare la visiera del casco. Abbiamo
l’aria”. Lui fece altrettanto.
(55)
Lucky si riempì i polmoni d’aria fresca e pulita. Non male, decisamente meglio di quella che si
respirava a bordo.
Ma fu quando si aprì il portello interno che Lucky rischiò di restare senza fiato. Dalla
meraviglia.
(56)
Ciò che sapeva l’eremita.

Lucky aveva visto poche stanze così lussuose, anche sulla Terra. Lunga più di dieci metri, larga
sette, era fiancheggiata da una specie di camminamento. In basso e in alto le pareti erano
tappezzate di librofilm e un proiettore era montato su un piedistallo. Su un altro sostegno
splendeva un modello ingioiellato della galassia. La luce era soffusa.
Appena messo piede nella stanza. Lucky sentì l’attrazione prodotta da un motore a
pseudogravità: non era regolato sullo standard terrestre, ma a metà strada fra questo e quello
marziano. C’era una deliziosa sensazione di leggerezza e un’attrazione sufficiente a permettere
il coordinamento dei muscoli.
L’eremita si era tolto la tuta e l’aveva appesa in corrispondenza di un canaletto; lì il ghiaccio
che si era formato quando erano passati dal gelo esterno alla temperatura calda e umida della
stanza avrebbe potuto sgocciolare.
Era un uomo alto e diritto, con la faccia rosa e non solcata da rughe, ma i capelli erano bianchi
così come le folte sopracciglia. Sul dorso delle mani risaltavano le vene.
“ Posso aiutarti con la tuta?” chiese educatamente il padrone di casa.
Lucky tornò in sé “ Va tutto bene grazie.” Uscì rapidamente dal costume spaziale e disse:” Posto
insolito, quello in cui abiti”.
“ Ti piace?” Hansen sorrise. “ Ci sono voluti molti anni per farlo diventare così. E la mia
piccola casa non
(57)

si limita a questo “ Sembrava che provasse una pacata forma di orgoglio.


“ Lo immagino” disse Lucky. “ Dev’esserci un impianto che fornisce luce e calore, per non
parlare del motore a pseudogravità. Dev’esserci un purificatore - sostitutore dell’aria, un
distillatore d’acqua, riserve di cibo e tutto il resto”.
“ Hai ragione”.
“ Mica brutta la vita dell’eremita”.
Il vecchio era orgoglioso e contento. “ Non deve esserlo. Siediti Williams, siediti. Vuoi bere
qualcosa?”
“ No grazie”. Lucky si accomodò in poltrona. Il sedile e lo schienale, apparentemente normali,
mascheravano un campo diamagnetico che cedeva al suo peso solo fino a un certo punto, poi
raggiungeva un equilibrio che si modellava su ogni curva del suo corpo. “ A meno che tu non
abbia una tazza di caffè”.
“ Ma certo!” Il vecchio entrò in una nicchia e pochi secondi dopo tornò con due tazze fragranti
e fumanti, una delle quali per sé.
A un tocco dell’eremita il bracciolo della poltrona si allargò e l’ospite posò la tazza in incavo.
Nel compiere quel gesto Hansen fissò il giovane.
Lucky alzò gli occhi.
“ Cosa c’è?”
Hansen scosse la tesa. “ Niente, niente”.
Si guardarono. Le luci della zona più lontana si attenuarono, finché fu visibile solo il cerchio
intorno ai due uomini.
“ Se vuoi scusare la curiosità di un vecchio” disse l’eremita “ vorrei chiederti perché sei venuto
qui.”
“ Non sono venuto, mi ci hanno portato” precisò Lucky.”
“ Vuoi dire che non sei uno dei...” Hansen fece una pausa.
“ Non sono un pirata. Almeno non ancora.”
Hansen posò la tazza e sembrò preoccupato. “ Non capisco. Forse ho detto cose che non avrei
dovuto.”
“ Non preoccuparti, diventerò preso uno di loro.”
Lucky finì il caffè e, scegliendo le parole con cura, raccontò le sue peripezie dal momento in cui
si era im
(58)
barcato sull’Atlas, sulla Luna, sino allo sbarco sull’asteroide.
Hansen ascoltava con interesse. “ E si sicuro di volerti unire ai pirati, adesso che hai visto
com’è fatta la loro vita?
“ Sicuro”.
“ Perché, per la Terra?”

“ L’hai detto, è proprio per la Terra. Per quello che mi ha fatto. Non è posto dove uno possa
vivere...e del resto , tu perché sei venuto qui?”
“E’ una lunga storia, temo. No, non preoccuparti, non ho intenzione di raccontarla. Ho
comprato quest’asteroide molto tempo fa come posto ideale per piccole vacanze annuali; poi mi
ci sono affezionato. Ho continuato ad allargare lo spazio abitabile, l’ho caricato di mobili e
librofilm venuti dalla Terra ed è andata a finire contro tutto quello che m’interessava si trovava
qui. A questo punto, perché non restarci per sempre? Me lo sono chiesto e questa è la risposta”.
“ Già perché no? Sei furbo, ormai sulla Terra ed è andata a finire che tutto quello che
m’interessava si trovava qui. A questo punto, perché non restarci per sempre? Me lo sono
chiesto e questa è la risposta.”
“ Già perché no? Sei furbo, ormai sulla Terra regna il caos. Troppa gente, troppi lavori schifosi,
quasi impossibile emigrare sui pianeti. E, ammesso che ci riesci, tutto quello che ti fanno fare è
un lavoro da romperti la schiena. Non ci sono opportunità per un uomo, a meno che non si
trasferisca sugli asteroidi. Io non ho l’età per cercarmi una sistemazione definitiva come te, ma
ai giovani questi sassi vaganti offrono vita e avventure. Si può ancora diventare un capo.”
“ I capi, come li chiami tu, non amano i ragazzi troppo ambiziosi. Anton, per esempio: lo
conosco e so che anche lui è così.”
“ Forse , ma fino a questo momento ha mantenuto la parola” disse Lucky. “ Ha detto che se
avessi sconfitto il suo scagnozzo, Dingo, avrei avuto l’opportunità di unirmi agli uomini degli
asteroidi. Sembra che voglia darmela davvero.”
“ Già, ecco perché ti ha portato qui. Ma che succederà al suo ritorno avrà le prove - o quelle che
lui chiama prove - della tua appartenenza alla polizia?”
“ Non le avrà”
“ Mettiamo che lui dica di si. Si libererà di te?”
(59)
La faccia di Lucky si rabbuiò e di nuovo il vecchio lo scrutò con interesse.
Il giovane insisté: “ Non avrà nessuna
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___________________fascia (“cintura”?)degli asteroidi._ SOMMVOCE "nella
fascia (\“cintura\”?)" \f C \l "1" _Lucky Starr and the Asteroides (1953) è il secondo
romanzo del ciclo eponimo e una delle prime opere di Isaac Asimov ad essere state
pubblicate in volume. La creazione di questa serie avventurosa, pensata in origine per
sfruttare il successo del “ serial televisivi (Tom Corbett, Space Cadet) i infatti
contemporaneamente alla stesura dei primi e più maturi romanzi asimoviani. Le
avventure di Luckhe non vanno considerate tanto come un modo per “ farsi le ossa”
(l’autore aveva debuttato nel 1939 per tutti gli anni Quaranta era stato un
collaboratore delle riviste, fornendo soprattutto racconti brevi), ma come una specie
di passe-partout per la carriera di scrittore professionista. All’inizio degli anni
Cinquanta, infatti, Asimov si rende conto che scrivere un libro frutta molto di più che
non pubblicare racconti saltuari, e il fatto di mettersi “ di punta” su n certo argomento
- in questo caso l’avventura spaziale destinata a giovani lettori - gli dà la fiducia di
chi comincia a sentirsi parte di un’industria. Ma torniamo a Lucky Starr. Ognuno di
sei romanzi è ambientato in una diversa regione del sistema solare e questa volta tocca
alla fascia degli asteroidi zona che la fantascienza ha rapidamente inserito nel suo
“stock” di luoghi comuni. Andare nella fascia ( o nella cintura, secondo le traduzioni)
degli asteroidi vuol dire impegolarsi certamente in un mare di guai. Sono un po' come
le sabbie mobili del sistema, la tana dei pirati, il rifugio dei tiranni, la pista delle
collisioni facili. Se il racconto è più sofisticato diventeranno una palude morta-
(6)le, un mortorio dove il povero cercatore minerario darebbe un occhio pur di
prendersi una sbronza e fugge non dico col primo paio di gambe femminili che
sbucasse oltre l’orbita, ma addirittura con la prima marziana o venusiana sola.In
astronomia le cose stanno diversamente. Fina la 1801, tanto per cominciare nessuno
aveva sentito parlare di asteroidi (cioè corpi che sembrano stelle, ma vero, che a una
distanza di 418 milioni di chilometri dal sole dovesse esserci un pianeta (questo per
via di una legge empirica della di Bode) ma non ci si aspettava di trovare quello che
poi si trovò. La notte del primo gennaio 1801 un astronomo italiano - G.Piazzi
dell’osservatorio di Palermo - scoprì il primo e il più grande degli asteroidi che
battezzò Cerere anche quelli venuti dopo hanno preso il nome di entità mitologiche
femminili, e poi nomi di donna: i nomi maschili sono riservati ai pianeti maggiori,
con le significative eccezioni di Venere e della nostra Terra.). Sappiamo che Cerere-
giustamente descritto da Asimov come la sede del principale avamposto umano: nella
regione - ha un diametro di circa 922 chilometri: è dunque un pianeta molto
piccolo.Ma gli astronomi che pensavano di aver risolto i loro problemi con la
scoperta di Cerere sbagliavano. Il 28 marzo 1802, infatti, W. Olbers scoprì Pallade e
nel 1804 e 1807 vennero scoperti rispettivamente Giunone e Vesta( quest’ultimo è il
più brillante della famiglia). “ Da allora” come scrive Paolo Maffei nel suggestivo Al
di là della Luna, il numero di corpi celesti di questo tipo q non erano un centinaio nel
1879 duecento, nel 1890 trecento....Alla fine del 1974 ben 1914 rientravstemò in un
contenitore a muro situato in una nicchia vicino alla dispensa. Lucky sentì un debole
rumore metallico che diminuì rapidamente.
Hansen disse: “ il tubo dei rifiuti non è soggetto al campo di pseudogravità: uno
sbuffo d’aria li spinge fuori e la spazzatura galleggia fino alla valle di cui ti ho
parlato, che in realtà è a più di un chilometro da qui.”
“ Mi sembra” disse Lucky “ che se aumentassi un poco lo sbuffo d’aria, potresti
liberarti di tutto quell’ammasso di scatolette.”
“ Infatti, e credo che molti eremiti facciano così. Forse tutti. Però a me l’idea non
piace: è uno spreco d’aria e di metallo. Un giorno o l’altro le scatole e le lattine che si
accumulano da vent’anni nella mia valletta potrebbero tornarmi utili, chi lo sa? E poi,
anche se la maggior parte dei rifiuti si perderebbero nello spazio, sono certo che
alcuni entrerebbero in orbita intorno all’asteroide come piccole lune, ed è indegno
pensare di essere accompagnati per l’eternità dai propri rifiuti. Vuoi fumare? No? Ti
dispiace se lo faccio io?”
Si accese un sigaro e con un sospiro di soddisfazione continuò:” Gli uomini degli
asteroidi non sono in grado di rifornirmi regolarmente di tabacco, così è diventato un
lusso.”
Lucky chiese:” Per il resto, ti danno tutto?”
“ Proprio così. Acqua, pezzi di ricambio dei macchinari ed energia. Abbiamo fatto un
patto.”
In cambio tu che cosa fai?”
L’eremita studiò l’estremità accesa del sigaro. “Non molto. Permetto loro di usare
questo mondo, non li denuncio. In casa mia non entrano e quello che fanno
all’esterno non mi riguarda. Non voglio nemmeno saperlo, oltre tutto è più sicuro. A
volte mi lasciano degli
(62)
ospiti come te, ma in seguito vengono a riprenderseli. Penso che il più delle volte si
fermino per fare qualche riparazione. In cambio mi portano delle provviste.”
“ Fanno così con tutti gli eremiti?”
“ Non lo so forse.”
“ Devono avere una quantità enorme di rifornimenti. Dove credi che se li procurino?”
“ Sulle navi catturate”.
“ Non basterebbero a sfamare centinaia di eremiti più tutta la popolazione pirata.
Voglio dire, ci vorrebbe un numero enorme di astronavi.”
“ No lo so”.
“ E non ti interessa? È vero, qui vivi comodo, ma forse il cibo che abbiamo appena
mangiato proviene da una nave il cui equipaggio gira intorno a un asteroide come un
mucchio di rifiuti umani congelati. Non ci pensi mai?”
L’eremita arrossì penosamente. “ Ti stai vendicando per la predica che ti ho fatto
prima. Hai ragione, ma che altro posso fare? Non ho abbandonato o tradito il governo
terrestre, sono stati loro ad abbandonare me. I miei beni, sulla Terra, rendono tasse
allo stato; perché allora non vengo protetto? Questo asteroide è regolarmente
registrato all’Ufficio mondi extraterrestri, fa parte dei domini della Terra. Ho tutto il
diritto di aspettarmi protezione contro i pirati e, se questo non avviene, se la mia
dispensa si vuota e mi comunica freddamente che dalla madrepatria non posso
aspettarmi più niente, che cosa devo fare?”
“ Mi risponderai che avrei potuto tornare sulla Terra, ma come abbandonare tutto
questo? Qui ho il mio mondo: i miei librofilm, i classici che amo. Ho persino una
copia di Shakesperare: un filmato ricavato direttamente dalle pagine di un antico libro
a stampa. Ho cibo, bevande, tranquillità: in tutto l’universo non troverei un posto più
confortevole di questo.
“ Non credere, tuttavia che sia una scelta facile. Posseggo una trasmittente subterica e
potrei comunicare con la Terra. Ho una navicella in grado di portarmi su Cerere e gli
uomini degli asteroidi lo sanno, ma si fidano di me. Sanno che non ho scelta. Come ti
ho detto
(63)

quando ci siamo conosciuti, sono soltanto un accessorio che viene usato


all’occorrenza.
“ Li ho aiutati e questo mi rende legalmente un complice: se tornassi mi
arresterebbero. Ma anche se me la cavassi, se riuscissi a dimostrare di non aver avuto
scelta, i pirati se la legherebbero al dito. Mi rintraccerebbero ovunque, a meno che
non ottenessi protezione a vita dal governo.”
“ Sembra che tu sia in una brutta posizione.”disse Lucky.”
“ Ma è proprio così?” replicò l’eremita. “ Con le dovute raccomandazioni potrei
ottenere quella protezione..”
Era il turno di Lucky. “ Non so.”
“ Credo di si”.
“ Non ti seguo”.
“ Stai a sentire, ti darò un consiglio in cambio di un favore.”
“ Non c’è niente che io possa fare. Comunque dimmi”.
“ Abbandona l’asteroide prima che tornino Anton e i suoi uomini.”
“ Nemmeno per sogno. Sono venuto per unirmi a loro, non per scappare a casa”
“ Se non te ne vai sarai costretto a restare per sempre. Già, perché ti ammazzeranno.
Non ti prenderanno mai con loro. Non hai i numeri adatti, Mister.”
Lucky fece una smorfia di rabbia. “ Per lo spazio, vecchio, di che vai parlando?”
“ Ecco quando ti arrabbi è lampante. Tu non ti chiami Bill Williams, figliolo. Somigli
incredibilmente a Lawrence Starr, il Consigliere della Scienza. Sei suo figlio?.
(64)
Verso Cerere

Lucky strinse gli occhi e sentì i muscoli del braccio destro tendersi, come alla ricerca
di una fondina che non c’era. Rimase immobile.
Controllando la voce chiese: “ Il figlio di chi? Di che cosa stai parlando?”
“ Ne sono certo.” L’eremita si sporse verso di lui, stringendogli il polso con forza. “
Conoscevo bene Lawrence Starr, era mio amico. Una volta, quando ne ho avuto
bisogno, mi ha aiutato. E tu gli somigli come una goccia d’acqua. Non posso
sbagliarmi.”
Lucky si liberò il polso. “ Sciocchezze”.
“ Ascolta figliolo. Può essere importante, per t’è, non rivelare la tua vera identità:
forse non ti fidi e io non chiedo di farlo. Dopo tutto sono un complice di pirati, l’ho
ammesso. Ma ascoltami gli uomini degli asteroidi hanno una buona organizzazione.
Forse ci vorranno delle settimane, ma se Anton sospetta di te non si fermerà finché
non avrà scoperto tutto sul tuo conto. Nessuna copertura lo ingannerà. Scoprirà la
verità e capirà chi sei, stanne certo! È come se ti fossi già tradito. Se vuoi un
consiglio, vattene; non indugiare oltre!”
Lucky ribatte: “ Se facessi quello che dici non ti metterei nei guai? Immagini che tu
voglia propormi di usare la tua nave...”
“ Infatti”
“ E che cosa farai quando i pirati torneranno?”
“ Non sarò qui. Non capisci? Voglio venire con te.”
“ E lasciare tutto, quello che possiedi?”
Il vecchio esitò” Si è dura, ma non avrò mai più
(65)
un’opportunità come questa. Tu sei un uomo che conta, è evidente. Forse sei un
membro del Consiglio della Scienza in missione segreta. Il governo ti crederà, tu mi
proteggerai. Impedirai che mi condannino e fari in modo che non debba temere i
pirati... Al consiglio converrebbe, credimi: racconterei tutto quello che so e darei tutto
l’aiuto che posso.”
Lucky disse: “ Dov’è la nave?”
“ Siamo d’accordo, allora?”
La nave era veramente piccola. I due la raggiunsero tramite uno stretto corridoio dove
camminavano in fila indiana, grottescamente impacciati dalle tute spaziali.
“ E’ possibile individuare Cerere col telescopio di bordo?” chiese Lucky.
“ Si certo.”
“ E tu sai riconoscerla senza problemi?”
“ Indubbiamente”.
“ Andiamo a bordo, allora”.
L’estremità della caverna senz’aria in cui era parcheggiata l’astronave si aprì
automaticamente appena vennero attivati i motori.
“ Radiocomandata” spiegò Hansen.
Avevano fatto il pieno di combustibile e di provviste. La nave funzionò a meraviglia,
uscendo dal suo hangar naturale e tuffandosi nello spazio con la facilità che è
possibile solo nei mondi senza gravità. Per la prima volta diede un occhiata alla valle
piena di rifiuti, dove le scatole di metallo brillarono più della roccia prima di
immergersi nell’ombra.
Hansen chiese: “ Dimmi, ora, non sei il figlio di Lawrence Starr?”
Lucky aveva individuato un disintegratore carico e una fondina. Quando rispose, se li
stava allacciando. “ Il mio nome è David Starr. Molti mi chiamano Lucky.”
Cerere è un mostro fra gli asteroidi. Ha quasi ottocento chilometri di diametro e un
uomo normale in piedi sull-
(66)
la sua superficie pesa un buon chilo. Ha una forma quasi sferica e chiunque si trovi
nelle sue vicinanze è indotto a pensare che si tratti di un pianeta rispettabilissimo.
Tuttavia se la Terra fosse cava dalle dimensioni sarebbe possibile riempirla di
quattromila pianeti come Cerere.
Bigman si trovava appunto laggiù, la figura grottescamente dilatata dalla tuta spaziale
sovraccarica di pesi e terminante in due scarpe dai tacchi altissimi. Era stata una sua
idea, ma inutile: pesava sempre meno di due chili e ogni movimento minacciava di
scagliarlo nello spazio.
Si trovava su Cerere da diversi giorni dopo il breve volo con Conway ed Henree dalla
Luna e aspettava il momento in cui Lucky Starr si fosse fatto vivo. Gus Henree e
Hector Conway erano molto preoccupati e temevano addirittura per la vita del
giovane, ma Bigman sapeva che le cose dovevano essere andate bene. Lucky era in
grado di cavarsela in qualsiasi situazione e lui l’aveva più volte ripetuto: quando il
messaggio finalmente arrivò lo ripeté una volta di più.
Nondimeno, mentre se ne stava sul suolo gelato di Cerere con nient’altro che una
scorza di roccia fra lui e le stelle, Bigman si accorse di provare una vaga sensazione
di sollievo.
Dal punto in cui si trovava poteva vedere direttamente la cupola dell’osservatorio, la
cui base affondava sotto il vicino orizzonte. Era il più grande osservatorio
dell’impero terrestre, e per una ragione molto logica.
Nella zona interna del sistema solare c’è Mercurio, ma è così vicino al sole che
l’osservatorio che sorgeva nella sua fascia crepuscolare si era specializzato in
osservazioni solari, per cui bastavano telescopi relativamente piccoli.
Il corpo celeste più grande dopo Mercurio era la Luna, ma anche lassù le circostanze
avevano imposto la specializzazione: le previsioni del tempo, ad esempio, erano
diventate una scienza accurata e venivano fatte a distanza, perché quasi
quattrocentomila chi-
(67)
metri le condizioni atmosferiche terrestri apparivano nella loro globalità.
Il terzo oggetto in ordine di grandezza era Cerere, il migliore: la gravità quasi
inesistente consentiva l’impiego di grandi specchi e grandi lenti, che si potevano
manovrare senza il pericolo di romperli. Molte imperfezioni dovute alla gravità e che
si verificavano all’atto stesso della fabbricazione venivano eliminate; i tubi dei
telescopi non dovevano essere particolarmente resistenti. Inoltre Cerere si trovava a
circa tre volte la distanza dalla Luna dal sole e la luce solare arrivava con un ottavo
dell’intensità. La rapidità della rivoluzione di Cerere consentiva alla temperatura di
mantenersi costante. In breve era il luogo ideale per lo studio delle stelle e dei pianeti
esterni.
Solo il giorno prima Bigman aveva visto Saturno attraverso il telescopio riflettente da
mille pollici, la realizzazione del cui immenso specchio aveva richiesto vent’anni di
faticoso e continuo lavoro.
“ Attraverso cosa devo guardare?” Aveva chiesto Bigman.”
Gli altri erano scoppiati a ridere. “ Non devi guardare attraverso niente!”
In tre avevano azionato i comandi del telescopio, ognuno attento a coordinare i
movimenti con quelli degli altri finché non erano stati soddisfatti. Le piccole luci
rosse brillavano fiocamente e nell’ambiente oscuro in cui si trovavano era apparsa
una chiazza di luce. Un tocco ai comandi e la chiazza si era messa a fuoco.
Bigman aveva fischiato dallo stupore: era Saturno! Saturno, con un diametro di quasi
un metro ed esattamente come l’aveva visto dallo spazio una mezza dozzina di volte.
Il triplice anello spendeva e si vedevano tre lune marmoree. Alle spalle del pianeta
c’era una spruzzata di stelle. Bigman ci camminò intorno per vedere come appariva
all’altezza della linea d’ombra, ma l’immagine non cambiò.
“ E’ solo un’immagine” gli avevano detto gli astronomi. “ Vedi sempre dalla stessa
prospettiva, non importa se ti sposti.”
(68)
Ora, dalla superficie dell’asteroide, Bigman riusciva a distinguere Saturno a occhio
nudo. Era solo un puntolino bianco, ma più brillante delle stelle. Era due volte
luminoso di come appariva dalla Terra perché era trecento milioni di chilometri più
vicino, o anche di più. Quando alla Terra, si trovava sull’altro lato di Cerere e vicino
al sole, grande come un pisello. Non era una vista impressionante, perché il sole la
faceva sembrare ancora più piccola...
Il casco di Bigman risuonò all’improvviso. Aveva lasciato la radio accesa e adesso
arrivò la chiamata. “ Ehi piccoletto, spostati. C’è una nave in arrivo.”
Bigman trasalì e il movimento lo fece saltare verso l’alto, con le gambe che
galleggiavano nel vuoto. “ Chi sarebbe il piccoletto?”girdò.
Ma l’altro era scoppiato a ridere. “ Insomma ragazzino, quanto vuoi per una lezione
di volo?”
“ Te lo faccio vedere io il ragazzino” tuonò il piccolo marziano, furibondo. Aveva
raggiunto il culmine della parabola e stava ridiscendendo dolcemente. “ Come ti
chiami sapientone?” Dimmi il tuo nome e ti spacco la testa appena mi tolgo questa
roba di dosso.”
“ Credi di potermi arrivare alla testa?” disse l’altro in risposta. Bigman sarebbe
scoppiato in tanti pezzettini se non avesse visto la sagoma di una nave che scendeva
all’orizzonte.
Fece una serie di balzi prodigiosi sulla spianata larga due chilometri che costituiva lo
spazioporto, cercando di indovinare il punto esatto in cui sarebbe atterrata.
Il contatto della nave al suolo fu leggero come quello di una piuma, e tra i razzi
fumanti emerse l’alta figura di Lucky dentro la tuta spaziale. Bigman lanciò un urlo di
gioia e dopo un ultimo balzo si ritrovarono insieme.
Il benvenuto di Conway ed Henree fu meno espansivo ma altrettanto gioioso. Tutti
toccavano la mano di Lucky come per accertarsi, attraverso il contatto della realtà
della sua presenza.
Lucky scoppiò a ridere “ Ehi, fatemi respirare! Cosa c’è non credevate che sarei
tornato?”
(69)
“ Stai a sentire,” incominciò Conway “ Sarà meglio che ci consulti prima di prendere
un’altra di queste decisioni pazzesche.”
“ No se è una decisione pazzesca non posso consultarvi. Non mi lascereste andare.”
“ Non importa! Potrei degradarti per quello che hai fatto. Potrei farti arrestare in
questo preciso momento, sospenderti, buttarti fuori dal Consiglio.” Disse Conway.
“ quale di queste cose farai prima?”
“ Nessuna, maledetto irresponsabile troppo cresciuto! Ma un giorno o l’altro ti farò
mettere giudizio.”
Lucky si volse verso Augustus Henree. “ Non glielo permetterai, vero?”
“ Anzi credo che l’aiuterò.”
“ Allora mi arrendo. Sentite, voglio presentarvi un amico.”
Fino a quel momento Hansen era rimasto in disparte, ovviamente divertito dallo
scambio di battute. Quanto ai due Consiglieri anziani, erano stati troppo occupati con
Lucky per notare la sua presenza.
“ Dottori Conway ed Henree,” cominciò Lucky “questi è il signor Joseph P. Hansen,
l’uomo che mi ha permesso di usare la sua nave e mi ha aiutato in ogni circostanza.”
Il vecchio eremita strinse la mano ai due scienziati. “ Non credo che tu possa
conoscere Conway ed Henree” disse Lucky. L’eremita scosse la testa.
“ Bè” continuò il giovane “ sono importanti membri del Consiglio della Scienza.
Quando avrai mangiato e ti sarai riposato un po', vorranno incontrarti e parlare con te,
ne sono sicuro.”
Un’ora dopo i due Consiglieri fissavano Lucky con espressione accigliata. Il dottore
Henree premette il tabacco nel fornello della pipa con un dito e ascoltò da Lucky il
resoconto delle sue peripezie.
“ Hai detto tutto questo a Bigman?” chiese alla fine. “ Ho parlato con lui per un po'”
rispose Lucky.
“ E non ti è saltato addosso per non averlo portato con tè?”
(70)
La cosa non gli ha certo fatto piacere” ammise Lucky.
Ma la mente di Conway inseguiva pensieri più siriano eh?”
“ Senza dubbio confermò Lucky. “ Se non altro, abbiamo quest’informazione.”
“ Non è una cosa per cui valesse la pena rischiare la vita.” Disse asciutto Conway. “
Sono molto più preoccupato da un’altra informazione, e cioè il fatto ormai ovvio, che
l’organizzazione di Sirio si è infiltrata nel Consiglio della Scienza!”
Henree annuì gravemente. “ Si anch’io l’ho pensato. Molto male”
“ Da che cosa lo deducete?” chiese Lucky.
“ Per la galassia è ovvio” brontolò Conway. “ Ammetto che all’Atlas hanno lavorato
molte persone e che anche che con le migliori intenzioni certe notizie possono
trapelare, ma rimane il fatto che solo i membri del Consiglio sapevano dell’esplosivo
e del modo in cui l’innesco avrebbe funzionato. Dirò di più: solo un numero limitato
di Consiglieri sapeva tutto. Qualcuno è una spia, qualcuno che fa parte di quella
ristretta cerchia. Eppure avrei giurato che fossero tutti fedeli.” Scosse la testa “
Ancora non posso crederci.”
“ Non devi farlo” disse Lucky.
“ No? E perché?”

“ Perché la soffiata ai siriani è un episodio che non si ripeterà. L’ambasciata di Sirio


ha ottenuto quelle informazioni da me.”
(71)
l’azione passa a Bigman
“ Indirettamente, si capisce, tramite una spia che avevamo identificato” continuò
Lucky Starr, mentre i due vecchi lo guardavano nel più completo sbalordimento. “
Non ti capisco affatto” disse Henree a voce bassa. Conway era letteralmente
ammutolito.
“ Era necessario, dovevo presentarmi ai pirati senza sospetti. Se mi avessero trovato
su una nave cartografica mi avrebbero sparato all’istante, ma se mi avessero trovato
su una bomba volante il cui segreto era venuto a loro conoscenza per caso “ o almeno
così volevo che credessero) , avrei avuto buone possibilità di passare per un
clandestino. Non capite? Su una nave in missione esplorativa sarei stato solo un
membro dell’equipaggio che non era riuscito a scappare; su una bomba sarei
diventato un povero disgraziato che non si rendeva conto di essersi nascosto in una
polveriera.
“ Avrebbero potuto ucciderti lo stesso. Avrebbero potuto intuire il doppio gioco e
considerarti una spia.
“ Anzi l’hanno quasi fatto”.
“ Quasi” ammise Lucky.
Finalmente Conway esplose: “ E il piano originale? Non avevamo deciso di far
saltare una delle loro basi? Quando penso ai mesi che abbiamo sprecato nella
costruzione dell’ Atlas, ai soldi che abbiamo speso...”
“ A che sarebbe servito far esplodere una base? Noi, pensavamo a un immenso
hangar pieno di astronavi, ma queste sono solo fantasie. Un’organizzazione che
prospera negli asteroidi dev’essere necessariamente
(72)
L’azione passa a Bigman

“ Indirettamente si capisce, tramite una spia che avevamo identificato” continuò Lucky
Starr, mentre i due vecchi lo guardavano nel più completo sbalordimento. “ Non ti
capisco affatto” disse Henree a voce bassa. Conway era letteralmente ammutolito.
“ Era necessario, dovevo presentarmi ai pirati senza sospetti. Se mi avessero sparato
all’istante, ma se mi avessero trovato su una bomba volante il cui segreto era venuto a
loro conoscenza per caso ( o almeno così volevo credessero) avrei avuto buone
possibilità di passare per un clandestino. Non capite? Su una nave in missione
esplorativa sarei stato solo un membro dell’equipaggio che non era riuscito a
scappare: su una bomba sarei diventato un povero disgraziato che non si rendeva
conto di essersi nascosto in una polveriera”
“ Avrebbero potuto ucciderti lo stesso. Avrebbero potuto intuire il doppio gioco e
considerarti una spia. Anzi l’hanno quasi fatto.”
“ Quasi “ ammise Lucky.
Finalmente Conway esplose: “ E il piano originale? Non avevamo deciso di far
saltare una delle loro basi? Quando penso ai mesi che abbiamo sprecato nella
costruzione dell’Atlas, ai soldi che abbiamo speso...”
“ Anche sarebbero servito far esplodere una base? Noi pensavamo a un immenso
hangar pieno di astronavi, ma queste sono solo fantasie. Un’organizzazione che
prospera negli asteroidi dev’essere necessariamente
(72)
decentralizzata. Probabilmente i pirati non hanno più di tre o quattro astronavi per
base: non possiedono spazio sufficiente per altro. Far saltare tre o quattro navi è
niente se paragonato a quello che avrei potuto ottenere una volta entrato
nell’organizzazione.
“ Ma non ci sei riuscito” disse Conway. “ Nonostante i rischi pazzeschi che hai corso,
non ci sei riuscito.”
“ Sfortunatamente il capo pirata che ha preso l’ Atlas era troppo sospettoso o magari
troppo intelligente per noi. In futuro non li sottovaluterò. Ma non tutto è perduto: per
esempio, sappiamo con certezza che dietro i pirati c’è Sirio. E abbiamo il mio amico
eremita.”
“ Non ci sarà di nessun aiuto” ribatté Conway. “ Da quello che hai detto, vuole avere
a che fare il meno possibile coi pirati. Come possiamo servircene?”.
“ Penso che possa dirci più cose di quanto tu creda” rispose freddamente Lucky. “ Per
esempio, c’è un’informazione che può darci soltanto lui e che mi permetterà di
continuare a combattere i pirati dall’interno.”
“ Non andrai di nuovo laggiù! “ Si affrettò a dire Conway.
“ Non ne ho l’intenzione” ribatté Lucky.
Conway strinse gli occhi. “ Dov’è Bigman?”
“ Su Cerere, non preoccuparti. Anzi, ormai dovrebbe essere qui.” Un’ombra passò sul
volto di Lucky.” Il ritardo comincia a preoccuparmi.”
John Bigman Jones usò il lasciapassare speciale per entrare nella torre di controllo:
infilando di corsa i corridoi, borbottava qualcosa a fior di labbra.
La faccia dal naso a patata era un po' rossa e questo nascondeva in parte le lentiggini;
i capelli rosicchi, ritti sulla testa, sembravano i paletti di una staccionata. Lucky lo
aveva sempre canzonato dicendogli che portava una pettinatura verticale per
sembrare più alto, ma Bigman aveva negato vigorosamente.
L’ultima porta in fondo al corridoio si aprì azionata da una cellula fotoelettrica.
Bigman si fermò appena varcata la soglia e si guardò intorno.
C’erano tre uomini in servizio. Uno, con gli auricolari, era piazzato davanti alla
ricevente subterica, un
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altro era alla macchina calcolatrice e il terzo allo Schermo ricurvo del videoradar.
Bigman chiede: “ Chi di voi teste di cavolo mi ha chiamato piccoletto?.
I tre si voltarono contemporaneamente, sorpresi e con un’aria accigliata.
L’uomo con gli auricolari sai tolse quello di sinistra. “ Per lo spazio, e tu chi sei?
Come hai fatto a entrare?”
Bigman si drizzò tutto e gonfiò il minuscolo torace. “ Mi chiamo John Bigman Jones.
Gli amici mi chiamano Bigman Jones. Nessuno che mi abbia chiamato piccoletto
rimane a lungo sano. Voglio sapere chi di di voi ha commesso questo errore.”
L’uomo con gli auricolari disse: “ Io sono Lem Fisk e puoi chiamarmi come diavolo ti
pare, a patto che tu lo faccio da qualche altra parte. Esci di qui o ti prendo per una
gamba e ti sbatto fuori.”
L’uomo alla calcolatrice osservò “ Ehi, Lem, quello è il matto che passeggiava nello
spazioporto qualche ora fa. È inutile perdere tempo con lui, chiama le guardie e fallo
buttare fuori”
“ Sciocchezze” insisté Lem.” Non abbiamo bisogno delle guardie per uno come lui.”
Si tolse l’altro auricolare e regolò la subterica su SEGNALE AUTOMATICO, poi
disse: “ Bene figliolo, tu sei venuto qui e ci hai fatto una domanda con garbo. Ti darò
una risposta altrettanto a modo. Sono stato io a chiamarti piccoletto, ma un momento
non sbuffare come un toro. Ho le mie ragioni. In realtà sei uno spilungone, sei uno
che ha le tasche in paradiso e le gambe lunghe come trampoli. Per questo i miei amici
si divertono, quando ti chiamo piccoletto.”
Si frugò in tasca, estrasse un pacchetto di sigarette in plastica e fece un blando
sorriso.

“ Vieni giù “ urlò Bigman. “ Vieni giù e difendi il tuo senso dell’umorismo con un
paio di pugni!”
“ Calma, calma” disse Fisk schioccando la lingua. “ Prendi una sigaretta, ragazzo,
King,size, lunga come te. Ammetto che questo creerà un po' di confusione, perché
non sapremo se sei tu a fumare la sigaretta o la sigaretta che fuma te.”
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Gli altri risero fragorosamente.
Bigman era di un colore rosso acceso. Le parole gli uscirono a stento di bocca. “ Tu
non combatti?”
“ Preferisco fumare. Un peccato che tu non voglia approfittarne” Fisk si appoggiò
allo schienale della poltrona, prese una sigaretta e la tenne davanti a sì come
ammirandone la linea affusolata. “ Dopo tutto, non posso mettermi a combattere
contro i ragazzini.”
Sogghignò, si porto la sigaretta alle labbra e scoprì con sorpresa che non c’era niente
da aspirare.
Pollice, indice e medio erano separati di qualche millimetro ma in mezzo la sigaretta
non c’era più.
“ Attento Lem” gridò l’uomo al videoradar. “ Ha una pistola ad ago.”
“ Niente affatto” ringhiò Bigman. “ Solo un buzz”.
C’era una differenza importante: i proiettili del buzz, sebbene aghiformi erano fragili
e non esplosivi. Venivano usati per il tiro al bersaglio e per i giochi di minore
importanza. Se l’ago avesse colpito la pelle umana non avrebbe provocato nessun
danno grave, a parte un bruciore del diavolo.
Fisk perse tutta l’allegria e urlò: “ Attenzione, maledetto pazzo, con quello puoi
accecare una persona!”.
Il pugno di Bigman rimase stretto sull’arma, sollevata al livello degli occhi. La canna
sottile del buzz spuntava tra il medio e l’anulare. “ Non ho intenzione di accecarti, ma
posso spararti in un punto dove non potrai più sederti per un mese. Come vedi ho
buona mira. “ Di sopra la spalla gridò l’addetto al calcolatore: “ Se fai un’altra mossa
verso il circuito d’allarme, ti ritroverai un ago nella mano.”
Fisk chiese: “ Che cosa vuoi?”
“ Vieni qui e combatti.”“ Contro un buzz?”
“ Lo metto via” a pugni, una scazzottata leale. I tuoi amici testimonieranno.”
“ Non me la sento di copire uno più piccolo di me.”
“ Allora non dovresti inultarlo”. Bigman alzò il buzz. “ E poi non sono più piccolo di
te. Posso dare quest’imressione dall’esterno, a internamente non è
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vero. Forse sono addiritura più grande di te. Conto fino a tre.” Strinse un occhio e
prese la mira. “ Per la glassia!” gridò Fisk. “ Vengo, vengo. Amici, siatemi testimoni
che ci sono stato costreto. Cercherò di non fare troppo male al piccolo idiota.”
Scese dallo sgabello e l’omo del calcolatore presi il suo posto alla subterica.
Fisk era alto un metro e ttanta: venti centimetri più di Bigman, la cui figuretta
ricordava quella di un raazzo più che quella di un uomo fatto. Ma i muscoli di
Bigman erano come molle d’acciio sotto un controllo perfetto. Aspettò senza
espressione che l’altro si avvicinasse. Fis non si preoccupò di mettersi in guardia, ma
allungò il braccio destro come se avesse douto afferrare Bigman per la collottola e
scaraventarlo dalla porta. Bigman sgusciò soto i braccio dell’avversario e col destro e
il sinistro lo colpì al plesso solare in rapida sucessione. Poi, quasi nello stesso istante,
si portò fuori tiro.
Fisk, diventò verde e si pegò in due, tenendosi lo stomaco.
“ Alzati gigante” lo incitòBigman. “ Ti aspetto”. I colleghi di Fisk sembravano
pietrificati dalla piega cheavevano preso gli eventi. Lentamente Fisk si rimise in
piedi, livido i rabbia, e si avviciò con più cautela.
Bigman scartò di lato e inquel momento Fisk si tuffò, mancandolo di cinque
centimetri. Fisk cercò di rggiungerlo con il destro, ma la mascella di Bigman era due
centimetri più lontana.
Il piccolo marziano saltava come un’anguilla e ogni tanto le sue braccia si alzavano a
parare un colpo.
Urlando come un ossesso Fisk si buttò alla carica ma Bigman si scansò e colpì con la
mano aperta una guancia ben rasata . il manrovescio andò a segno con uno schiocco,
come una meteora che si scontri coi primi strati di aria densa nell’atmosfera. Sulla
faccia di Fisk erano ben visibili i segni delle dita.
Per un attimo l’uomo rimase immobile e imbambolato, poi, come un serpente deciso
a non dare tregua, Bigman avanzò di nuovo e il pugno saettò verso la
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mascella. Fisk si abbatté mezzo ripiegato su se stesso. In lontananza, Bigman avvertì
lo squillo insistente di un campanello d’allarme.
Senza un attimo di esitazione girò sui tacchi e arrivò alla porta. Si fece larga fra un
terzetto di guardie che erano apparse di corsa nel corridoio e scomparve.

“ E come mai” chiese Conway “ dobbiamo aspettare Bigman? “


Lucky rispose :” Ecco come vedo la situazione. Niente ci serve più urgentemente di
informazioni dall’interno. Ho cercato di ottenerle personalmente ma le cose non sono
andate come speravo. Ora sono un uomo segnato, mi conoscono: Bigman invece è
pulito, non ha legami diretti col Consiglio. La mia idea è che potremmo appioppargli
una bella condanna per qualche grave reato, tanto per aumentare il realismo, e poi
farlo scappare da Cerere sulla nave dell’eremita.”
“ Ho spazio!” esclamò Conway.
“ Statemi a sentire, invece di lamentarvi! Andrà sull’asteroide dell’eremita e se i
pirati sono lì, tanto meglio. Se non ci sono, Bigman lascerà l’astronave in vista e li
aspetterà nel rifugio. È un posto molto confortevole.”
“ E quando arriveranno, gli spareranno” disse Henree.
“ Non lo faranno, ecco perché prenderà l’astronave dell’eremita. I pirati vorranno
sapere dove è andato Hansen, per non parlare di me. Vorranno sapere da dove è
saltato fuori Bigman e come si è impossessato della nave. Per loro sarà indispensabile
scoprire tutto questo e Bigman avrà il tempo di parlare.”
“ E per spiegare come mai ha scelto proprio l’asteroide di Hansen, fra tutti quelli del
creato...dovrà spararle grosse.”
“ Non credo. L’astronave dell’eremita si trova su Cerere e io l’ho lasciata incustodita
in modo che Bigman se ne possa impadronire. Troverà le coordinate dell’asteroide di
provenienza nel libro di bordo e deciderà di andarci: per lui sarà una meta come
un’altra, un rifu
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gio in cui aspettare che su Cerere la situazione si calmi”
“ E’ un rischio” brontolò Conway.
“ Bigman lo sa e io vi dico che dobbiamo correre dei rischi di tanto in tanto. La terra
ha talmente sottovalutato la minaccia dei pirati che...”
Lucky si interruppe perché sul tele - comunicatore si era accesa una luce
lampeggiante. Conway ebbe un gesto d’impazienza, inserì l’analizzatore del segnale e
drizzò la schiena.
“ E’ sulla lunghezza d’onda del Consiglio e, per Cerere, sembra una chiamata
d’emergenza.”
Il piccolo schermo del comunicatore mostrava il caratteristico passaggio alternato di
luce e ombra.
Conway inserì un tesserino metallico che aveva preso da un gruppo contenuto nel
portafogli nell’apposita fessura che si trovava sul comunicatore. Il “ Tesserino” era un
decodificatore a cristalli e la parte attiva consisteva di un modello di sottili cristalli di
tungsteno contenuti in una matrice d’alluminio: filtrava il segnale subterico in
maniera particolare. Lentamente Conway aggiustò il decodificatore, spingendolo più
in fondo ed estraendolo di nuovo, finche la posizione dei cristalli si uniformò a quella
di un apparecchio di natura simile ma di funzioni opposte che agiva all’altro capo
della trasmissione.
Al momento dell’allineamento l’immagine dello schermo si mise a fuoco.
Lucky balzò in piedi” Bigman!” disse. “ Per lo spazio, dove sei?”
La piccola faccia di Bigman aveva un’espressione diabolica. “ Sono già nello spazio,
a centomila chilometri da Cerere. Mi trovo nella navicella dell’eremita.”
Conway sigillò furioso: “ E’ un altro dei tuoi trucchi, Lucky? Avevi detto che il tuo
compagno era su Cerere?...”
“ Lo pensavo, infatti” disse Lucky. Poi: “ Cosa è successo, Bigman?”
“ Hai detto che bisognava agire rapidamente, così ho fatto un piccolo piano da solo.
Uno dei sapientoni della torre di controllo me ne ha dato l’opportunità. Mi ave-
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va offeso, così gli ho dato il fatto suo e sono decollato.”
Il piccolo marziano scoppiò a ridere. “ Chiedilo alle guardie: ti diranno che stanno
cercando proprio me, con l’accusa di violenza e percosse ai danni di un ufficiale.”
Non hai fatto la cosa più saggia” replicò Lucky, gravemente.” Avrai le tue difficoltà a
convincere gli uomini degli asteroidi che sei il tipo capace di usare la violenza. Non
voglio feriti, ma sembri un po' mingherlino per cose del genere.”
“ Ne metterò a k.o. un paio” ribatté Bigman “ e mi crederanno. Ma non è per questo
che ho chiamato.”
“ Perché allora?”
“ Come arrivo all’asteroide di quel tizio?”.
Lucky aggrottò la fronte. “ Hai guardato sul libro di bordo?”.
“ Grande Galassia, ho guardato dappertutto! Ho alzato persino i materassi. Le
coordinate non sono da nessuna parte.”
Lucky si sentiva sempre più a disagio. “ E’ strano, anzi peggio che strano.” Poi, in
tono più rapido e incisivo:” Stammi a sentire, Bigman. Cerca di raggiungere la
velocità di Cerere, datti le tue coordinate rispetto a noi e mantienile finché non ti
richiamiamo. Sei abbastanza vicino alla base perché i pirati ti lascino in pace, ma se ti
spingi ancora avanti ti troverai in pessime acque. Mi senti?”.
“ Ricevuto, farò come dici. Adesso calcolo le coordinate.”
Lucky le trascrisse e interruppe la comunicazione, poi riprese: “ Per lo spazio, quando
imparerò a non dare le cose per scontate”.
Intervenne Henree: “ Non sarebbe più prudente dire a Bigman di rientrare? È
un’impresa disperata e, dato che non abbiamo le coordinate di quel sasso, penso che
sarebbe meglio rinunciare.”
“ Rinunciare? Scattò Lucky. “ Lasciare perdere l’unico asteroide che sappiamo essere
con certezza una base dei pirati? Ne conosci altri, un altro soltanto? Dobbiamo
trovare quell’asteroide, è il nostro unico indizio per arrivare al bandolo della
matassa.”
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“ In questo ha ragione, Gus.” Disse Conway. “ E’ una base.”
Lucky spostò una levetta sull’intercom e attese.
La voce di Hansen, assonnata ma stupita, rispose: “ Pronto, pronto!”
“ Sono Lucky Starr, Hansen. Mi dispiace disturbarti, ma devo chiederti di venire nella
stanza del dottor Conway appena possibile.”
Dopo una pausa l’eremita rispose: “ Certo, ma non conosco la strada”.
“ La sentinella che è alla porta ti accompagnerà. Le darò le istruzioni. Pensi di farcela
in un paio di minuti?.”
“ Diciamo due e mezzo” rispose il vecchio di buonumore. Sembrava più sveglio,
adesso.
“ D’accordo!”
Hansen arrivò poco dopo.
Lucky chiuse la porta. “ E’ naturale. Una persona normale non sopporterebbe l’idea di
andare alla polizia e ammettere di averle buscate da uno come Bigman. Mi metterò in
contatto con le autorità e gli farò fare rapporto per iscritto, se non altro. Hansen..”
“ Si Starr?”
“ Devo farti una domanda personale e non mi fidavo dell’intercom. Quali sono le
coordinate del tuo asteroide? Standard e temporali, naturalmente.”
Hanse sgranò gli occhi azzurri. “ Non ci crederai, ma non posso risponderti.”
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L’asteroide che non c’era

Lucky lo guardò duramente. “ E’ difficile crederlo, Hansen. Le coordinate di un


asteroide sono come l’indirizzo di casa, per uno che ci abita.”
L’eremita si guardò le scarpe e disse timidamente: “ Immagino di sì. In effetti è
proprio il mio indirizzo, eppure non lo conosco”
Intervenne Conway. “ Se quest’uomo sta deliberatamente...”
Lucky lo interruppe “ Aspetta. Cerchiamo di usare la pazienza se possiamo. Hansen
avrà certamente una spiegazione.”
Aspettarono che l’eremita parlasse.
Le coordinate dei corpi celesti sono l’essenza stessa dei viaggi spaziali ed hanno la
stessa funzione delle linee di latitudine e longitudine sulla mappa di un pianeta. Dato
che lo spazio è tridimensionale, e dato che i corpi in esso contenuti si muovono in
ogni modo possibile, le coordinate sono più complesse.
Innanzi tutto c’è la posizione zero standard: nel caso del sistema solare, ad esempio,
lo standard è rappresentato dal sole. Basandosi su questo iniziale punto di
riferimento, è necessario conoscere altri tre valori: il primo indica la distanza di un
oggetto o di una determinata posizione dell’oggetto rispetto alla linea immaginaria
che unisce il sole con il centro della galassia. Se si conoscono tre gruppi di coordinate
relativi a tre diversi e ben distanziati momenti nel tem-
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po è possibile calcolare l’orbita di un corpo in movimento e la sua posizione rispetto
al sole in qualsiasi momento.
Le astronavi sono in grado di calcolare le proprie coordinate rispetto al sole, o se è
più conveniente, rispetto al più vicino oggetto significativo. Sulla rotta lunare, dove le
navi viaggiano dalla Terra alla Luna e viceversa, la Terra rappresenta abitualmente il
punto zero. Quanto al sole, le sue coordinate si possono calcolare rispetto al centro
galattico e la primo meridiano galattico, ma questo ha importanza solo quando si
viaggia tra le stelle.
Una parte di queste considerazioni, forse, passò nella mente dell’eremita che sedeva
fra i tre Consiglieri sopportandone gli sguardi indagatori. Ma era difficile esprimerlo.
Poi Hansen cominciò: “ Si, posso spiegare”.
“ Stiamo aspettando” fece Lucky.
“ In quindici anno non ho mai avuto l’opportunità di usare quelle coordinate. Erano
due anni che non lasciavo l’asteroide, e prima i miei viaggi si riducevano a brevi
escursioni su Cerere e Vesta per fare provviste, e comunque non più di una o due
volte all’anno. Per spostamenti, così brevi usavo le coordinate locali che calcolavo di
volta in volta. Non ho mai usato le tavole perché non mi servivano.
“ Mi assentavo per un giorno o due, tre al massimo, e in quel frattempo il mio sasso
non si allontanava molto: viaggia con il mucchio, un po' più lento di Cerere e Vesta
quando è lontano dal sole e un po' più svelto quando è vicino. Quando rientravo
poteva essersi spostato di diecimila o anche centomila chilometri, ma era sempre a
portata del telescopio della nave. Dopo di che calcolavo la rotta a occhio. Non ho mai
usato le coordinate solari perché non mai dovuto farlo. E questo è tutto.”
“ Stai dicendo” sbottò Lucky “ che non sei in grado di tornare al tuo asteroide? O
prima di andarcene ha calcolato le coordinate locali?”
“ non ci ho pensato” disse tristemente l’eremita.”
“ Era passato tanto tempo dall’ultima partenza che
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non mi è venuto in mente. Sei stato tu a farmici riflettere, quando mi hai chiamato.”
Il dottor Henree disse:” Un momento, un momento”.
Aveva ricaricato la pila e sbuffava più che mai.” Mi sbaglierò signor Hansen, ma
prima lei ha detto di aver inoltrato domanda all’ufficio mondi extraterrestri per
l’assegnazione dell’asteroide. È così?”
“ Si ma si trattava soltanto di una formalità.”
“ Può darsi non è questo che m’interessa. Il punto è che l’Ufficio deve senz’altro
conoscere le coordinate.”
Hansen rifletté, poi scosse la testa. “ Ho paura di no, dottor Henree. Presero le
coordinate standard del primo gennaio di quell’anno, tanto per identificarlo in caso di
controversia. Capisce? Una specie di numero di codice. Non volevano sapere altro, e
naturalmente non è possibile calcolare un’orbita con un solo gruppo di valori.”
“ Ma lei deve possedere gli altri dati. Lucky ci ha detto che in un primo momento
intendeva usare il posto per brevi vacanze annuali. Quindi, doveva essere in grado di
rintracciare l’asteroide di anno in anno.”
“ Questo avveniva quindici anni fa. Allora conoscevo i dati, sì e a casa li ho registrati
da qualche parte., non li conosco a memoria.”
Con un lampo d’ira negli occhi castani, Lucky disse: “ Per il momento non c’è altro.
La guardia ti riporterà in camera tua, ti faremo sapere quando avremo bisogno di te.
E, Hanseen ..” aggiunse mentre l’eremita stava per uscire. “ Se ti venissero in mente
quelle coordinate, avvertici immediatamente.”
“ Te lo prometto, Starr” disse Hansen gravemente. I tre rimasero soli di nuovo. La
mano di Lucky volò al comunicatore. “ Mettetemi in trasmissione. “ disse. La voce
dell’uomo alla Centrale comunicazioni rimbalzò in risposta: “ il messaggio
precedente era per lei, signore? Non sono riuscito a decodificarlo, così ho pensato...”
“ Hai fatto bene. Trasmissione prego.”
Lucky sistemò il decodificatore e usò le coordinate di Bigman come punto zero per
l’irradiazione subterica
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“ Bigman” disse quando vide la faccia dell’amico.
“ Apri di nuovo il libro di bordo”.
“ Hai le coordinate, Lucky?.”
“ Non ancora. Hai aperto il libro di bordo?”
“Si”.
“ C’è un foglio volante, da qualche parte? Con dei calcoli?”
“ Aspetta un momento...eccolo.”
“ Mettilo davanti al trasmettitore, voglio vederlo.”
Lucky prese un pezzo di carta e copiò le cifre.
“ Va bene, Bigman ho fatto. Adesso rimani in collegamento, qualunque cosa succeda.
Ci risentiamo fra non molto.”
Si volse ai due uomini anziani.” Ho guidato quella nave dall’asteroide a qui
calcolando la rotta a occhio. Ho aggiustato il tiro tre o quattro volte, usando gli
strumenti di bordo per fare delle osservazioni e prendere le distanze. Questi sono i
miei calcoli”.
Conway annuì. “ E ora, suppongo, vuoi rovesciare il processo scoprire le coordinate
dell’asteroide.”
“ Si può fare abbastanza facilmente, specie con l’aiuto dell’osservatorio di Cerere.”
Conway si alzò a fatica.” Continuo a pensare che tu dia troppa importanza alla cosa
ma per una volta voglio seguire la tua intuizione. Andiamo all’osservatorio.”

Corridoi e ascensori li portarono nei pressi della superficie di Cerere, quasi un


chilometro sopra gli uffici del Consiglio della Scienza. Faceva freddo, perché
l’osservatorio cercava di mantenere una temperatura costante e il più possibile vicina
a quella di superficie ( ovviamente entro i limiti della tollerabilità umana).
Un giovane tecnico esaminò lentamente e con scrupolo i calcoli di Lucky, passandoli
al computer per il controllo delle operazioni .
il dottor Henree, che si trovava su una sedia non troppo confortevole, si rannicchiò su
se stesso e cercò di trarre dalla pipa quel po' di calore che poteva; le mani dalla
nocche sporgenti erano piegate a coppa intorno al fornello.
“ Spero che tutto questo serva a qualcosa” disse. Lucky ribatté” Deve servire”. Si
appoggiò allo schienale, gli occhi fissi sulla parete opposta.” Zio Hector, poco fa hai
parlato della mia intuizione”. Non si tratta solo di questo. La nuova generazione dei
pirati ì completamente diversa da quella di un quarto di secolo fa”
“ E’ più difficile catturare o fermare le loro navi, se è questo che vuoi dire.”
“ Già, ma non ti sembra strano che le incursioni avvengano soltanto nella fascia degli
asteroidi? È solo qui che il commercio viene danneggiato.”
“ Sono più cauti. Venticinque anni fa, quando si spingevano fino a Venere, fummo
obbligati a organizzare un’offensiva che li schiacciò. Ora si limitano agli asteroidi e il
governo esita a prendere costose contromisure.”
“ Fin qui tutto bene,” proseguì Lucky “ ma come si sostentano?” Abbiamo sempre
pensato che i pirati non attaccassero le navi per la pura e semplice gioia di farlo ma
per ottenere del cibo, acqua, altre astronavi e provviste. E questa è una necessità
vitale, ora più che mai. Capitan Anton si è vantato con me di poter contare su
centinaia di navi e migliaia di rifugi. Può essere stata una bugia per impressionarmi,
ma una cosa è certa: il duello con le pistole a repulsione ha richiesto tempo, e lui non
ha esitato a andare alla deriva nello spazio per ore, come se non temesse affatto di
essere attaccato dalle forze governative. E Hansen mi ha rivelato che i pirati
approfittano di parecchi mondi abitati dagli eremiti come basi di appoggio. Ce ne
sono centinaia: se i pirati trattano con tutti i proprietari, o anche solo con una parte,
devono avere una grande organizzazione.
“ Ora, dove prendono il cibo per mantenere una rete così vasta, dal momento che le
incursioni sono diminuite rispetto a venticinque anni fa? Un pirata che mi ha preso in
simpatia, Martin Maniu, mi ha parlato di mogli e famiglie. Ha detto di lavorare alle
vasche del lievito. Probabilmente lo producono in proprio, perché Hansen aveva in
casa cibi a base di lievito che non venivano da Venere. So riconoscere quello
venusiano....” Mettiamo insieme tutte queste informazioni. Pro.
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ducono il loro cibo in piccole fattorie disseminate fra gli asteroidi; ottengono
l’anidride carbonica direttamente dall’ardesia; l’acqua e l’ossigeno extra si trovano
sulle lune di Giove; macchine ed energia possono importarle da Sirio o depredando
una nave ogni tanto. Dalle incursioni ricavano anche nuovi adepti, maschi e femmine.
“ La conclusione che se ne ricava è che Sirio sta facendo di tutto per costituire un
governo indipendente e a noi ostile. Sta sfruttando il malcontento della popolazione
per costruire una società che ci sarà impossibile sconfiggere o riassorbire se
aspettiamo troppo a lungo. I capi, i vari capitan Anton, inseguono il potere e un
giorno saranno ben lieti di consegnare l’Impero terrestre ai siriani a patto di restare
padroni dell’altra metà.”
Conwoy scosse la testa. “E’ veramente un castello in aria, se si consideri gli scarsi
elementi da cui sei partito. Dubito che riusciremo a convincere il governo, e il
Consiglio della Scienza può agire per conto proprio solo in rare occasioni, lo sai.
Sfortunatamente non abbiamo una flotta nostra.”
“ Lo so, ed è per questo che abbiamo bisogno di maggiori informazioni. Se riusciamo
a scoprire le principali basi - pirata prima che sia troppo tardi a catturare i capi e a
dimostrare i legami con Sirio...”
“ Ebbene?”
“ E’ mia opinione che questa specie di insurrezione sarà annientata. Secondo me
l’uomo qualunque degli asteroidi non sa di essere usato come un fantoccio dai siriani.
Probabilmente è una persona che ha del risentimento verso la Terra e pensa di aver
ricevuto un trattamento ingiusto. Molti erano disoccupati, altri non riuscivano a fare
carriera o ad occupare il posto che credevano di meritare nella società. Sono stati
attratti da un modo di vita che immaginavano movimentato, avventuroso, ma questo
non vuol dire che consegnerebbero la Terra al suo peggior nemico. Quando
scopriranno che i loro capi li hanno ingannati e che volevano fargli fare proprio
questo, tutta l’organizzazione si sfascerà.”
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Lucky, benché infervorato, si interruppe perché il tecnico si stava avvicinando con il
nastro flessibile e trasparente su cui erano incisi i messaggi del computer.
“ Dica un po', è sicuro che i dati che aveva erano giusti?”
“ Certo” rispose Lucky. “ Perché?”
Il tecnico scosse la testa. “ C’è qualcosa che non va. Secondo le coordinate finali,
quell’asteroide si troverebbe all’interno delle zone proibite. E questo tenendo conto
del moto dovuto...Voglio dire, è impossibile.”
Lucky alzò le sopracciglia. Il tecnico aveva perfettamente ragione, quanto alle zone
proibite. Nessun asteroide poteva trovarsi al loro interno: in effetti rappresentavano
una porzione dello spazio in cui, se fossero esistiti dei corpi celesti, avrebbero avuto
un tempo di rivoluzione pari a una precisa frazione della rivoluzione di Giove, che
dura dodici anni; questo avrebbe implicato, ogni pochi anni, un avvicinamento
dell’eventuale asteroide a Giove nella stessa porzione dello spazio e l’attrazione
gioviana l’avrebbe lentamente deviato dalla zona. Nei due miliardi di anni che erano
trascorsi dalla formazione dei pianeti Giove aveva attirato tutti gli asteroidi al di là
della “ Zona proibita”, questo era un fatto incontrovertibile.
“ Siete sicuri che i vostri calcoli siano giusti?” Chiese Lucky.
Il tecnico si strinse nelle spalle come per dire: “ Conosco il mio mestiere”. Ma ad alta
voce disse solo: “ Possiamo controllare col telescopio. Il mille pollici è occupato e
comunque non è adatto alle osservazioni ravvicinate. Useremo uno dei più piccoli.
Volete seguirmi, per favore?”
L’osservatorio vero e proprio era come un santuario di cui i telescopi erano gli altari.
Gli uomini erano assorbiti nel lavoro e non alzarono gli occhi quando entrarono il
tecnico e i tre Consiglieri.
Il tecnico fece strada verso un angolo dell’immensa sala.
“ Charlie,” disse a un giovanotto dalla calvizie precoce” puoi mettermi Bertha in
azione?”
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“ Perché” Charlie alzò gli occhi da una serie di stampe fotografiche zeppe di stelle.
“ Voglio controllare il punto rappresentato da queste coordinate” Mostrò la pellicola
uscita dal computer. Charlie dette un’occhiata e aggrottò la fronte. “ A che serve?
Quella è una delle zone proibite.”
“ Vuoi inquadrarmela lo stesso, per piacere?” chiese il tecnico. “ E’ una faccenda che
riguarda il Consiglio della Scienza.”
“ Oh, si signore.” L’altro si era rabbonito di colpo.
“ Non ci vorrà molto.”
Mosse un interruttore e un diaframma flessibile schermò il fusto di “ Bertha”, un
telescopio da centoventi pollici usato per le osservazioni a distanza ravvicinata d’aria
e Lucky distinse il sommesso ronzio del portello di superficie che si apriva. Il grande
occhio di Bertha salì verso l’alto e fu esposto ai cieli.
“ Per lo più” spiegò Charlie “ usiamo Bertha per il lavoro fotografico. La rotazione di
Cerere è troppo rapida per fare buone osservazioni ottiche. Il punto che vi interessa si
trova sopra l’orizzonte. È una fortuna.”
Avvicinò il sedile all’oculare, manovrando il fuso del telescopio come se fosse stata
la proboscide rigida di un elefante. Il telescopio descrisse un angolo e il giovane
astronomo si sollevò con lui. Poi mise a fuoco attentamente l’immagine.
Il giovane si alzò dalla sgabello e tornò al livello del suolo usando una scala a muro.
Al tocco del suo dito una porzione della parete direttamente sotto il telescopio rientrò
su se stessa per mostrare una nicchia scura all’interno della quale una serie di lenti e
specchi mettevano a fuoco e ingrandivano l’immagine.
C’era solo il buio.
Charlie disse: “ Questa è la zona”. Per indicare si servì di un metro rigido. “ Il
puntino che vedete è Meti, un Sasso piuttosto grande con un diametro di quaranta
chilometri ma che ne dista da qui molti milioni. Qui si notano alcuni corpi nel raggio
di un milione e mezzo di chilometri dal punto a cui siete interessati, ma sono tutti da
parte, oltre la zona proibita. Abbiamo can-
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cellato le stelle con la polarizzazione per non confondere le acque.”
“ Grazie” disse Lucky sbalordito.
“ Tornate quando volete. Farò quello che posso.”

Si trovavano nell’ascensore che portava in basso e fino a quel momento Lucky non
aveva aperto bocca. Ora disse: “ Non può essere “
“ Perché no? I tuoi calcoli erano sbagliati”. Disse Henree.
“ Stai scherzando? È con quei calcoli che ho raggiunto Cerere.”
“ Forse avevi in mente un numero e ne hai scritto un altro per errore, poi hai corretto
a occhio dimenticando di trascrivere la correzione”.
Lucky scosse la testa. “ Non avrei potuto farlo. Io non... Un momento. Grande
galassia!”Guardò i due vecchi con gli occhi sbarrati.
“ Che ti prende, Lucky?”
“ Funziona! Per lo spazio, credo di aver capito! Statemi a sentire, mi sbagliavo. Non
siamo all’inizio della partita con i pirati, forse è già troppo tardi. Li ho sottovalutati di
nuovo!”. L’ascensore aveva raggiunto il livello richiesto. Le porte si aprirono e Lucky
uscì rapidamente
Conway gli corse dietro, lo afferrò per il gomito e lo fece girare su se stesso. “ Ma di
che cosa stai parlando?.”
“ Devo andare in quel punto. Non pensate nemmeno di fermarmi. E se non torno
indietro, per il bene della Terra costringete il governo a fare dei preparativi di guerra.
Altrimenti i pirati si impadroniranno di tutto il sistema solare nel giro di un anno,
forse prima.”
“ Perché?” chiese con irruenza Conway. “ Solo perché tu non sei riuscito a trovare un
asteroide?”
“ Esatto “ fu la risposta di Lucky.
(89)

L’asteroide ricomparso.

Bigman aveva portato Conway ed Henree su Cerere con la nave personale di Lucky.
La Shooting Starr. Per questo Lucky gli era grato: adesso poteva usarla lui, sentirne il
ponte sotto i piedi e i comandi tra le dita.
La Shooting Starr era una nave da crociera per due costruita l’anno precedente, dopo
le imprese di Lucky tra i coloni di Marte. Il suo aspetto era tanto ingannevole quanto
la scienza moderna poteva renderlo: la linea aggraziata la faceva somigliare a uno
yacht spaziale e in lunghezza non superava più di due volte la navetta di Hansen.
Qualsiasi viaggiatore dello spazio, imbattendosi nella Shooting Starr, avrebbe
pensato di trovarsi davanti al gingillo di un milionario, a un’unità veloce ma leggera e
impreparata a sopportare scontri violenti. Certo non sembrava il vascello adatto ad
avventurararsi nella fascia degli asteroidi.
Ma un’indagine all’interno della nave avrebbe profondamente cambiato quelle
opinioni. Gli scintillanti motori iperatomici erano identici a quelli installati su
incrociatori dieci volte più grandi, le riserve di energia erano notevolissime e la
capacità dello scudo isteretico era sufficiente a fermare qualunque proiettile sparato
da un’arma convenzionale. Da un punto di vista offensivo la sua massa limitata le
impediva di appartenere alla classe dei mezzi più micidiali, ma contro le navi di
stanza simile era imbattibile.
Non c’è da meravigliarsi che Bigman gongolasse ogni volta che entrava nella
Shooting Starr. Appena arrivato, si tolse la tuta spaziale.
(90)
“ Mi fa piacere di essermi liberato della bagnarola di Hansen. Che ne faremo?”
“ La faremo riportare alla base di una nave di Cerere”.
Cerere si trovava alle loro spalle, a poco più di centocinquantamila chilometri. Aveva
metà del diametro della Luna come appare dalla Terra.
Bigman chiese con curiosità: “ Come mai hai voluto che venissi con te, Lucky? Perché
quest’improvviso cambio dei piani? Secondo gli ultimi accordi dovevo andare da
solo, laggiù.”
“ Non avevamo le coordinate, quindi non potevi andare da nessuna parte” rispose
Lucky. “ ma cominceremo col mirare al punto dove l’asteroide dell’eremita dovrebbe
trovarsi in questo momento.”
Osservò i quadranti e aggiunse: “ Dobbiamo fare in fretta, anche”.
E intendeva davvero in fretta. L’accelerazione della Shooting Starr cresceva con
l’aumento della velocità. Bigman e Lucky erano incollati alle poltrone diamagnetiche
e la pressione si esercitava uniformemente sulla superficie dei loro corpi. La
concentrazione di ossigeno nella cabina era controllata dai purificatori d’aria sensibili
all’accelerazione e consentiva di respirare meno profondamente pur senza rischiare la
cianosi. Le tute-g che indossavano entrambi “ “g” è il simbolo scientifico
convenzionale dell’accelerazione” erano leggere e non impacciavano i movimenti, ma
sotto la tensione causata dall’aumento di velocità si irrigidivano e impedivano che lo
ossa, in particolar modo la spina dorsale, venissero danneggiate. Una panciera di
misto-nylotex proteggeva la zona addominale da eventuali colpi.
Sotto ogni punto di vista, gli accessori della cabina erano stati progettati dagli esperti
del Consiglio della Scienza per consentire alla Shooting Starr un’accelerazione
superiore del venti per cento rispetto ai veicoli più veloci della flotta.
(91)
In quella occasione, pur essendo elevata, l’accelerazione era meno della metà di
quella che la nave avrebbe potuto raggiungere.
Quando la velocità divenne costante, la Shooting Starr si trovava a otto milioni di
chilometri da Cerere e, se Lucky o Bigman avessero avuto interesse a cercarlo nello
spazio avrebbero scoperto in un semplice puntino di luce, più debole di molte stelle.
Bigman disse: “ Lucky, è un po' che pensavo di chiedertelo. Hai portato il tuo scudo
lucente?”
Lucky annuì e Bigman sembrò contrariato.
“ Ma allora brutto bestione, perché non l’avevi la prima volta che sei andato a caccia
di pirati?”
“ Ce l’avevo” rispose Lucky con calma. “ L’ho sempre portato, dal giorno che i
marziani me l’hanno dato.”
Come Lucky e Bigman ben sapevano - ma a parte loro nessun altro nella galassia - i
marziani a chi Lucky si riferiva non erano i coloni del pianeta rosso. Erano, piuttosto,
una razza di creature immateriali che discendevano direttamente dalle antiche
intelligenze che un tempo avevano abitato la superficie di Marte, quando il pianeta
non aveva ancora perso ossigeno ed acqua. Ora vivevano in confortevole isolamento
sotto la superficie, dove avevano ricavato enormi caverne disintegrando chilometri e
chilometri cubici di roccia e dove avevano convertito in energia utile la materia
distrutta. Erano completamente indipendenti e quelle enormi risorse sarebbero durate
molto a lungo nel futuro. Abbandonati i corpi materiali e trasformatisi in entità di
pura energia, riuscivano a mantenere nascosta la loro esistenza all’umanità. Solo
Lucky Starr era riuscito a penetrare nei loro recessi e, come ricordo di quel fantastico
viaggio, aveva ottenuto il dono che Bigman chiamava “ scudo lucente”.
Il fastidio di Bigman aumentò . “ Ma allora se ce l’avevi perché non l’hai usato? Che
ti ha preso?”
“ Ti sei fatto un’idea sbagliata dello scudo, Bigman, Bigman non è capace di
qualunque miracolo, e in quel momento non mi sarebbe stato di nessuna utilità. “.
(92)
Io ho visto i suoi poteri. Sono fantastici.”
“ Certo. Ad esempio può assorbire ogni tipo di energia.”
“ Compresa quella di un disintegratore. Non ci sputerai mica sopra!”
“ No, ammetto che mi rende immune ai disintegratori. Lo scudo assorbe l’energia
potenziale, a patto che la massa del corpo in questione non sia troppo grande o troppo
piccola. Per esempio, un coltello o un proiettile ordinario non possono passare
attraverso il suo campo di forza, anche se il proiettile potrebbe stordirmi. Ma un buon
martello può farcela anche se mi mancasse l’energia del suo slancio mi
schiaccerebbe. C’è di più: le molecole d’aria possono attraversare lo scudo come se
questo non esistesse perché sono troppo piccole per essere manipolate. Dico questo
per farti capire che se Dingo avesse fracassato la visiera del mio casco quando
lottavamo nello spazio, sarei morto nonostante lo scudo. L’aria contenuta nella tuta
sarebbe fuggita in una frazione di secondo.”
“ Se l’avessi usato dal primo momento, Lucky, non avresti avuto guai. Non ti ricordi
quando lo mettesti su Marte?” Bigman sorrise al pensiero delle passate avventure “ Ti
luccicava intorno un alone di fumo, solo che era luminoso e i tuo corpo poteva essere
appena intravisto. La faccia era una chiazza di luce bianca.”
“Si” disse Lucky, asciutto, “ Avrei spaventato i pirati. Mi avrebbero sparato addosso e
non sarebbero riusciti a uccidermi; come conseguenza sarebbero tornati sulla loro
nave e avrebbero bombardato l’atlas dall’alto. E io sarei esploso con lei. Non
dimenticare che lo scudo è appunto uno” scudo “; non mi dà poteri offensivi.”
Allora non Lo userai più?” Chiese Bigman.
“ Quando sarà necessario, non prima. Se lo usassi a sproposito l’effetto andrebbe
perduto e i suoi punti deboli verrebbero scoperti, trasformandomi in un bersaglio
come un altro.”
Lucky osservò gli strumenti e disse con calma: “ Pronti per la nuova accelerazione.”
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“ Ehi..” cominciò Bigman.
Poi venne spinto sul sedile, dovette lottare per riprendere fiato e non poté’ aggiungere
altro. Davanti ai suoi occhi calò un velo rosso e la pelle cominciò a tirare all’indietro,
come se volesse scollarsi dalle ossa.
Stavolta l’accelerazione della Shooting Star era al massimo.
Duro quindici minuti e, verso la fine, Bigman era quasi svenuto; poi, una volta
stabilizzatosi quella ipervelocità tutto ritornò alla normalità.
Lucky scuoteva la testa e ansimava per prendere un po' di fiato.
Bigman commentò: “ Non è stato divertente.”
“ Lo so” disse Lucky.
“ Che ti è saltato in mente? Non correvamo abbastanza?”
“ No infatti, ma adesso siamo a posto. Li abbiamo seminati.”
“ Seminati? Chi?”
“ Chiunque ci seguisse. Eravamo pedinati, Bigman, e dal momento che abbiamo
messo piede sulla nave. Guarda l’ergometro.”
Bigman diede un’occhiata fece. L’ergometro somigliava a quello dell’Atlas soltanto
nel nome: quello montato sull’ Atlas era un modello primitivo progettato per captare
le radiazioni emesse dai motori allo scopo di lanciare le scialuppe di salvataggio. Non
aveva altre funzioni. L’ergometro della Shooting Starr, invece captava la radiazione
di navi non più grandi di una normale scialuppa a una distanza di oltre tre milioni di
chilometri.
Anche ora la riga inchiostrata sul grafico tremava debolmente ma periodicamente.
“ Non è niente” sentenziò Bigman.
“ Avresti dovuto vedere poco fa. Dai un’occhiata da solo.” Lucky srotolò il cilindro di
carta che era appena passato sotto il pennino: le deviazioni erano più profonde e più
caratteristiche. “ Hai visto?”
“ Potrebbe essere una nave qualsiasi. Un cargo diretto a Cerere.”
“ No. Innanzi tutto ha cercato di seguirci e ha fatto
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un buon lavoro, segno che ha un ottimo ergometro. E poi hai mai visto un tracciato
energetico come questo?”
“ Non proprio questo, Lucky?”
“ Io si, ne trasmetteva uno uguale la nave che ha abbordato l’Atlas. Questo ergometro
fa un lavoro di gran lunga migliore nell’analisi dei modelli, ma la rassomiglianza
esiste. Il motore della nave che ci seguiva è stato fabbricato su Sirio.”
“ Vuoi dire che è la nave di Anton?”
“ La sua o una simile, ma ora non importanza. Li abbiamo seminati.”

“ Al momento” disse Lucky “ siamo più o meno dove dovrebbe trovarsi l’asteroide;
diciamo con uno scarto di centocinquanta o duecentomila chilometri”.
“ Qui non c’è niente” ribatté’ Bigman.
“ E’ giusto, i rivelatori non segnalano la massa di un asteroide nelle vicinanze. Ci
troviamo in quella che gli astronomi chiamano “ Zona proibita”.
“ Eh già” fece Bigman con un’espressione assorta. Vedo.”
Lucky sorrise. Non c’era niente da vedere, perché una zona proibita nella fascia degli
asteroidi non è diversa, a occhio nudo, dalle zone più affollate. A meno che non ci sia
un asteroide entro il raggio d’un centinaio di chilometri dall’osservatore, il panorama
è identico: stelle, o oggetti che sembrano stelle, affollano il cielo e non c’è modo di
stabilire se alcuni siano piccoli mondi, a meno di osservarli per ore e decidere quali
abbiano cambiato la posizione relativa. Naturalmente, per risparmiare fatica si può
usare il telescopio.
“ Bene, che facciamo?” chiese Bigman.
“ Ci guardiamo intorno, potrebbe volerci qualche giorno.”
La rotta della Shooting Starr si fece erratica e puntò in direzione opposta al sole,
verso la più vicina costellazione di asteroidi. Gli aghi degli indicatori di gravità
scattarono verso l’alto per la presenza di una massa lontana.
Un pianetino dopo l’altro scivolò sul video, ci restò il
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tempo necessario a vederlo ruotare e finalmente scomparve. La velocità della
Shooting Starr era diminuita notevolmente, ma i chilometri sfrecciavano all’ora
ancora a centinaia di migliaia, a milioni. Col trascorrere del tempo una decina di
asteroidi andarono e venirono dallo schermo.
“ Sarà meglio che mangi qualcosa” disse Bigman.
Ma Lucky continuò ad andare avanti a panini e sonnellini rubati mentre, a turno con
Bigman, teneva d’occhio il video, i rivelatori di massa e l’ergometro.
Poi, quando ebbero avvistato l’ennesimo asteroide, Lucky disse con voce stanca: “ Io
scenderei lì” Bigman fu colto di sorpresa. “ E’ quello il tuo Sasso?” Lo inquadrò
d’angolo. “ Lo riconosci?”
“ Penso di si, Bigman, comunque dobbiamo esaminarlo.”
Ci volle mezz’ora per guidare l’astronave all’ombra dell’asteroide.
“ Tienila qui” disse Lucky. “ Qualcuno deve restare sulla nave e sarai tu a rimanerci.
Può essere avvistata, naturalmente, ma se in ombra, con le luci e i motori al minimo,
l’impresa sarà difficile. Stando all’ergometro in questo momento non c’è una nave
nelle vicinanze, giusto?”
“ Giusto!”
“ La cosa più importante da ricordare è questa. Non venirmi dietro per nessuna
ragione. Verrò io da te. Se non sarò di ritorno fra dodici ore e non avrò chiamato,
tornerai su Cerere e consegnerai questo rapporto, avendo cura di fotografare
l’asteroide da ogni angolo.”
Bigman rispose, deciso: “ No”.
“ Ecco il rapporto” ribatté Lucky con calma, estraendo da una tasca una capsula
personale. “ Solo i dottor Conway ha la chiave, quindi è l’unico che possa aprirla e
ottenere le informazioni a parte me. È chiaro?”
“ Che cosa contiene?” chiese Bigman, senza fare nessun sforzo per prenderla.
“ Solo teorie temo. Non no ho parlato perché prima volevo raccogliere le prove, ecco
perché ci troviamo qui. Ma se non ce la faccio, le supposizioni saranno me-
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glio che niente. Conway forse ci crederà e convincerà il governo ad agire.”
“ Non farò niente di quello che hai detto. Non ti lascerò.”
“ Bigman, se non posso fidarmi di te per fare quello che è necessario a prescindere
dai nostri sentimenti personali, non mi darai molto utile neanche se uscirò vivo da
quest’avventura.”
Bigman gli tese la mano. Lucky gli consegnò la capsula personale.
“Va bene” disse il piccolo marziano.

Lucky cadde nel vuoto verso la superficie dell’asteroide, accelerando la discesa con la
pistola a repulsione della tuta. Sapeva che le dimensioni del piccolo mondo erano
quelle giuste e la forma era più o meno quella che ricordava. Anche gli spuntoni di
roccia sembravano familiari e la parte illuminata dal sole aveva un colore particolare.
Anche così, non sarebbe stato difficile confonderlo con un altro asteroide.
Ma c’era un particolare decisivo e non era probabile che si trattasse solo di una
somiglianza.
Dalla tasca sul polso Lucky prese un piccolo strumento che sembrava una bussola: in
realtà era un radar tascabile. La sorgente di emissione proiettava onde corte di quasi
tutte le misure: alcune, riflesse dalla roccia, potevano essere trasmesse a ragionevole
distanza. In presenza di uno spesso strato di roccia la radiazione riflessa attivava un
ago sul quadrante; in presenza di un strato sottile “ come nel caso di una superficie
sotto la quale si aprisse una grotta o un’altra cavità) una parte della radiazione veniva
riflessa subito e una parte penetrava nella cavità e rimbalzava sulla parete di fondo di
quest’ultima. In tal modo si aveva una doppia riflessione, metà della quale molto più
debole dell’altra. Il risposta alla doppia riflessione l’ago rispondeva con una
caratteristica doppia oscillazione.
Lucky osservò lo strumento mentre balzava agilmente sui picchi di roccia. L’ago del
radar cominciò a vibrare, poi mostrò con chiarezza le tracce della doppia oscillazione.
Il cuore di Lucky ebbe un sussulto: l’a-
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steroide era cavo. Bastava trovare il punto in cui il movimento secondario era più
forte, perché lì la cavità era più vicina alla superficie. E lì avrebbe trovato l’ingresso
alla casa dell’eremita.
Per un po' tutte le facoltà di Lucky furono concentrate sull’ago e non si accorse del
cavo magnetico che serpeggiava verso di lui dall’orizzonte.
Non se ne accorse finche esso non scattò con le sue molteplici spire, attanagliandolo
in una morsa che prima lo scagliò lontano dalla superficie, poi lo abbattè al suolo,
dove Lucky giacque immobile.
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Faccia a faccia

Tre luci apparvero all’orizzonte e furono intraviste dall’indifeso Lucky, che


nell’oscurità dell’asteroide non riuscì a distinguere le sagome umane che le
accompagnavano.
Poi un voce risuonò attraverso gli auricolari: era quella, ben nota, del pirata Dingo.”
Non chiamare il tuo amico di sopra, ho qui un attrezzo che può intercettare le
trasmissioni. Se ci provi ti faccio scoppiare la tuta all’istante, spione!.”
L’ultima parola fu detta con particolare livore: e il termine spregiativo che i
fuorilegge usavano con tutti coloro che sospettavano di appartenere alle forze
governative.
Lucky rimase in silenzio. Appena si era accorto del laccio magnetico aveva capito di
essere in trappola. Chiamare Bigman prima di aver accertato le intenzioni degli
avversari sarebbe equivalso a mettermno in pericolo senza ragione, quindi ci aveva
rinunciato.
Dingo torreggiava su di lui a gambe divaricate, e alla luce di una lampada Lucky vide
la faccia del pirata dietro la visiera. Un paio di occhiali scuri, simili a quelli dei
sommozzatori, gli coprivano gli occhi. Lucky sapeva ceh erano lettori ad infrarossi
capaci di congertirer le radiazioni caloriche in luce visibile. Anche senza lampade, e
nella notte scurissima dell’asteroidie, erano stati in grado di individuarlo grazie
all’energia che emanava dalle unità termiche, della tuta di Lucky.
Dingo disse: “ Cosa c’è, spione, hai paura?”
Alzò una gamba fasciata di lemtallo e puntò la formi.
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dabile ginocchiera sulla visiera di Lucky. Il giovane girò improvvisamente la testa, in


modo che il ginocchio colpisse la parte metallica del casco, ma la gamba di Dingo si
fermò a metà strada. Il pirata scoppio a ridere.
“ Non te la caverai con così poco, spione!”
Poi la voce di Dingo cambiò tono e si rivolse ai due pirati che l’accompagnavano. “
Andate ad aprire il portello stagno.”
Per un attimo gli uomini esitarono e uno disse: “ Ma, Dingo il capo ha detto che eri
troppo...”
“ Fate come vi ho detto, altrimenti comincio con lui e finisco con voi!”sbraitò Dingo.
Di fornte alla minaccia i due obbedirono. Dingo si rivolse a Lucky:” Che ne dici di
essere sbattuto in quel portello?”
Impugnava ancora il calciodel laccio magnetico; premendo un pulsante tolse la
corrente e lo smagnetizzò, poi fece un passo indietro e lo ritò verso di sè. Lucky si
trascinò sul suolo roccioso dell’asteroide, fece un salto in alto e si liberò parzialmente
delle spire. Dingo sfiorò il pulsante e il laccio aderì di nuovo alla sua preda
strettamente.
A questo punto il pirata fece ruotare la frusta verso l’alto: Lucky seguì la stessa sorte,
mentre Dingo lottava per mantenere l’equilibrio. Lucky volteggiò nello spazio e l’altro
lo seguì da terra, come un bambino che temesse in mano un palloncino appeso ad un
fino.
Le lampade degli altri due tornarono a farsi vedere dopo cinque minuti: splendevano
contro una chiazza scura di contorni così regolari che era certo un portello aperto.
Dingo gridò: “ Attenti, ho un pacco da consegnare!”.
Smagnetizzò di nuovo il laccio e lo portò verso il basso, alzandosi nell’aria di sei
centimetri. Lucky ruotò rapdiamente, liberandosi dalla stretta.
Dingo fece un balzo in avanti e lo acciuffò. Con l’abilità di chi è abituato da anni
all’assenza di peso, evitò i tentativi che Lucky faceva di liberarsi e lo lanciò in
direzione del portello. Il pirata controbilanciò il rinculo con un colpo di pistola a
repulsione, poi tornò in
(100)
equilibirio per vedere Lucky che entrava dritto nel portello.
Ciò che seguì fu chiaramente visibile alla luce delle lampade. Preso dal campo di
pseudogravità che esisteva all’interno del portello, Lucky fu scagliato verso il basso
con una forza che gli tolse il respiro. La risata scomposta di Dingo gli risuonò nel
casco. La porta esterna sichisue, quella interna si aprì. Lucky si rimise in piedi,
rinfrancato dalla presenza della gravità normale.
“ Entre spione” Dingo impugnava un disintegratore. Una volta entrato nell’asteroide,
Lucky si bloccò. Gli occhi esplorarono l’ambiente da un’estremità all’altra mentre il
ghiaccio gli si incrostava agli orli della visiera. Quello che vide non fu la biblioteca
dell’eremita illuminata da luci soffuse ma un corridoio lunghissimo in cui soffitto era
sostenuto da una serie di pilastri. Non si riusciva a scorgerne l’estremità opposta, ma
c’erano uomini che correvano in un senso e nell’altro e l’aria odorava di ozono e olio
per macchine. In distanza si avvertiva il caratteristico ronzio dei motori iperatomici,
ma dovevano essere giganteschi.
Era ovvio che non si trovavano nellacella dell’eremita ma in grande complesso
insutrale all’interno dell’asteroide.
Lucky si morse il labbro inferiore e si chiese con rabbia se quello informazioni
sarebbero andate perdute con lui.
Dingo incalzò:” Sono qui, spione muoviti.”
Il pirata indicò un magazzino pieno di scaffali in cui, a parte loro, non c’erano altri
esseri umani.
“ Di un po', Dingo” fece nervosamente uno dei pirati. “ Perchè gli facciamo vedere
tutto questo? Non credo...”
“ Non parlare è meglio” Dingo scoppiò a ridere. “ Comunque non preoccuparti,
questo spione non andrà a raccontare a nessuno le cose che vedrà, te lo rarantisco.
Nel frattempo devo finire un lavoretto con lui, toglietegli la tuta.”
Così dicendo si liberò della sua. Era mostruosamente
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grosso e con una mano careezzava il dorso peloso dell’altra, assaporando ogni attimo
della sua vendetta. Lucky disse deciso: “ Il capitano Anton non ti ha mai ordinato di
uccidermi. Stai cercando di regolare un conto privato e questo ti metterà nei guai.
Sono un uomo che vale, questo il tuo capo lo sa.”
Dingo sedette su un barile che conteneva un assortimento di oggetti metallici e un
ghigno gli attraversò la faccia: “ A sentirti parlare, spione, di direbbe che tu abbia
ragione. Ma non ci hai imbrogliati nemmeno per un minuto. Quando ti abbiamo
lasciato con l’eremtita, che cosa credi che abbiamo fatto? Abbiamo guardato. Capitan
Anton non è uno scemo e mi ha mandato indietro con l’ordine di osservare quello che
succedeva sull’asteroide, poi di fare rapporto. Ho visto la barchetta dell’eremita
involarsi con voi due a bordo: avrei potuto disintegrarvi, ma l’ordine era di seguirla.
“ Sono rimasto un giorno e mezzo al largo di Cerere e ho visto la navetta ripartire. Ho
aspettato un altro po' e ho visto una nave che le andava incontro: l’uomo a bordo
della navetta si è trasferito sulla seconda astronavd e vi ho visti partire. Naturalmente
vi ho seguiti.”
Lucky non potè fare a meno di sorridere: “ Hai cercato di seguirci vuoi dire.”
La faccia di Dingo diventò una chiazza violacea. “ E va bene” disse invelenito.
“Eravate più veloci, del resto qeulli della tua razza sono buoni a correre. Ma che cosa
hai ottentuo? Non ho dovuto darti la caccia, sono venuto qui e ho aspettato. Sapevo
dover eri diretto e infatti ti ho preso.” Va bene”ammise Lucky “ ma cos’è cambiato?
Io ero disarmato, l’eremita aveva un disintegratore, ho dovuto fare come diceva lui.
Voleva tornare su Cerere e mi ha costretto a seguirlo in modo da poter dichiarare, se
l’aveste intercettato, che sono andato laggiù alla massima velocità e poi sono
tornato.”
“ In una bella e fiammante nave del governo!”
“ E allora? L’ho rubata. Significa che la vostra flotta ha un’unità in più, un ottima
unità.”
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Dingo guardò gli altri pirati.” Come indora la pillola eh?” Lucky disse: “ Ti avverto di
nuovo, il capo te la farà pagare cara, se mi succede qualche cosa.”
“No che non lo farà” ringhiò Dingo “ perchè sa chi sei e lo so anch’io mister David
Lucky Starr. Andiamo, vai al centro della stanza.”
Dingo si alzò e disse ai compagni:” Togliete di mezzo quei barili, spostateli da un
lato.” I due uomini guardarono per un attimo la sua facci congestionata e obbedirono.
Il corpo muscoloso, quasi nodoso del pirata era leggermente curvo e la testa
affondava tra le spalle massicce; le gambe grosse e un po' arcuate erano piantate
saldamente al suolo. La cicatrice sul labbro superiore era di un bianco vivido.
Dingo disse: “ Ci sono diversi modi per toglierti di mezzo, alcuni facili e altri
divertenti. Non mi piacciono gli spioni del governo e non mi piacciono gli spioni che
cercano di fregarmi in un duello a repulsione. Perciò prima di finirti ti farò a pezzi.”
Lucky che a paragone dell’altro sembrava magro e dinoccolato, disse “ Sei abbastanza
uomo per farlo da solo o ti farai aiutare dai tuoi amici?”
“ Non ho bisogno di aiuto, bel giovane.” Il pirata fece una risata feroce.” Ma se cerchi
di scappare, loro ti fermeranno, e se ti ostini a provarci ti inchioderanno con le fruste
neuroniche. E allora non ti muoverai più!” Dingo alzò la voce. “ Usatele, voi due, non
esitate.” Lucky aspettò che l’altro facesse la prima mossa. Sapeva che sarebbe stato
fatale rischiare il corpo a corpo: nella stretta di quelle braccia poderose il minimo che
poteva capitare era di rompersi le costole.
Dingo corse verso di lui col braccio destro piegato. Lucky rimase dov’era il più a
lungo possibile, poi scattò a destra, afferrò il graccio sinistro dell’avversario e lo tirò
verso di sè avvantaggioandosi dello slancio che Dingo aveva già preso. Poi gli fece lo
sgambetto. Dingo cadde pesantemente ma si rialzò in un baleno, un graffio su una
guancia e piccole luci omicide che gli danzavano negli occhi.
Si precipitò come un montono addosso a Lucky, che
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si era ritirato rapidamente verso uno dei barili allineati lungo la parete.
Lucky si puntellò alle estremità di un barile e lanciò le gambe in avanti, colpendo
Dingo in pieno petto. L’altro si fermò un momento e il giovane scattò al centro della
stanza, di nuovo libero.
Uno dei pirati gridò:” Hei!, Dingo, smettila di brancolare come uno stupido!” Dingo
ansimava:” l’ammazzo, l’ammazzo”.
Ma adesso era più cauto. Gli occhietti erano quasi sepolti nel grasso e nello sporco
della faccia; avanzò lentamente, osservando Lucky e aspettando il momento di
colpire.
Lucky lo canzonò. “Cosa c’è Dingo? Hai paura di me? Ti spaventi presto, per essere
uno che parla tanto.”
Come Lucky si aspettava, il bestione emise un suono gutturale e si precipitò
direttamente su di lui. Non fu difficile scansarlo, e col taglio della mano Lucky lo
colpì duramente al collo.
Dopo una mazzata del genere molti uomini perdono i sensi e più di una volta Lucky
ne aveva visti morire. Ma dingò barcollò soltanto e si voltò con un ringhio. Avanzò
verso il giovane con le gambe divaricate. Lucky guizzava come un’anguilla e riuscì ad
assestare un pugno sulla guancia ferita dell’altro.sprizzò il sangue, ma Dingo non fece
nessun tentativo di scansare il colpo e non battè ciglio quando lo incassò.
Lucky sgusciò da un lato e dall’altro, colpendo il pirata altre due volte. Dingo non ci
fece caso e continuò ad avanzare inesorabile.
Poi, inaspettatamente andò giù come se avesse inciampato, ma nel cadere strise le
graccia intorno alla caviglia di Lucky e lo trascinò a terra con lui.
“ Adesso ti tengo” mormorò il pirata.
Si avventò su Lucky e lo strinse alla vita. Un attimo dopo rotolavano sul pavimento.
Lucky sentì la pressione che aumentava, il dolore che esplodeva in lui come una
fiamma dilagante. Nell’orecchio Dingo gli alitava il fiato puzzolente.
La mano destra di Luckyu era libera ma la sinistra era
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bloccata dalla stretta dell’avversario intorno al petto. Con le ultime forze rimastegli
Lucky sferrò un pugno di destro che, dopo una breve traiettoria si abbattè con forza
nel punto dove il mento di Dingo si univa al collo. Ondate di dolore attraversarono il
braccio Lucky. La stretta di Dingo si allentò un poco e Lucky contorcendosi, riuscì a
liberarsi di quella stretta mortale: poi si rimise in piedi.
Dingo si alzò lentamente. Aveva lo sguardo vitreo e dalla bocca gli usciva un filo di
sangue. Con voce impastata balbettò:” la frusta! La frusta!” Improvvisamente si
avventò su uno dei pirati che seguivano la scena come spettatori pietrificati, gli tolse
la frusta e lo buttò a terra.
Lucky cercò di scansarsi, ma la frusta neuronica era accesa e guizzò nell’aria. Lo
colpì al fianco destro, stimolando i nervi in modo che gli trasmettessero un dolore
insopportabile. Il corpo di Lucky si irrigidì e andò a terra di nuovo.
Per un attimo i suoi sensi registrarono solo confusione, e con la coscienza che gli
restava capì che la morte era questione di secondi. Vagamente udì la voce di un pirata.
“Senti Dingo, il capitano vuole che sembri un incidente. È un uomo del Consiglio
della Scienza, e....”
Fu tutto ciò che Lucky riuscì a capire.
Quando riprese conoscenza gli sembrò che una miriade di aghi gli trafiggessero
contemporaneamente il fianco. Indossava di nuovo la tuta e stavano per mettergli il
casco; Dingo con le labbra gonfie e la guancia sanguinante, lo fissava malignamente.
Sulla porta c’era qualcuno che parlava: un uomo arrivato di corsa, con mole cose da
dire.
“...Per la posizione 247” gli sentì dire Lucky. “ Si sta mettendo così male che
nemmeno io riesco a tenere conto di tutti i dati. Non posso tenere l’orbita stabile in
modo da correggere le coordinate di...”
La voce tacque e Lucky vide un ometto con gli occhiali e i capelli grigi. Si trovava
appena al di qua della porta e guardava con un misto di stupore e incredulirà il
disordine del magazzino.
(105)
“Vattene” ringhiò Dingo.
“ Ma devo fare un sopraluogo dei ...”
“ Più tardi!”
L’altro uscì e i pirati infilarono il casco sulla testa di Lucky.
Gli fecero attraversare di nuovo il portello stagno e lo scortarono sulla superficie
dell’asteroide, ora illunuminata dal sole lontano. Su una lastra di roccia relativamente
piatta, aspettava una catapulta. Le sue funzioni non erano ignote a Lucky: un
congegno automatico tratteneva una grande leva metallica che veniva piegata
all’indietro con lentezza, fino a trovarsi in posizione orizzontale. Alla leva erano
assicurate alcune cinghie che gli vennero legate alla vita.
“ Non voglio agitarri” intimò Dingo. La sua voce arrivava fioca e distrubata alle
orecchie di Lucky; il giovane si rese conto che c’era qualcosa che non andava negli
auricolari” Stai solo sprecando ossigeno. Per farti sentire meglio, manderemo su un
paio di navi e disintegreremo il tuo amico sotto i tuoi occhi. Forse cercherà di
scappare, e allora vedremo quanto sa correre...”
Un attimo dopo Lucky sentì nel corpo la vibrazione della leva che veniva liberata e
scattava nella sua posizione originaria con forza tremenda. Le cinghie si aprirono e
lui fu lanciato nello spazio alla velocità di un chilometro al secondo, senza campo
gravitazionale che lo rallentasse. Ebbe una rapida visione dell’asteroide con i pirati
che seguivano la sua traiettoria, ma scnea rimpiccioliva a vista d’occhio.
Lucky ispezionò la tuta. Sapeva già che la radio del casco era stata danneggiata, e
infatti la manopola direzionale girò a vuoto. Questo significava che la sua voce
poteva diffondersi solo per pochi chilometri nello spazio. Però gli avevano lasciato la
pistola a repulsione...Lucky la provò ma non successe niente: il gas era stato tolto.
Era senza risorse. Solo le bombole d’ossigeno lo separavano da una morte lenta e
terribile.
(106)

Astronave contro astronave.

Con un senso di angoscia che gli stringeva il petto, Lucky eaminò la siutazione e
pensò di aver intuito il piano dei pirati. Da una parte volevano liberarsi di lui perchè
ormai sapeva troppo. Dall’altra volevano che venisse trovato morto in circostanze che
il Consiglio della Scineza non potesse imputare direttamente a loro colpa.
Già una volta avevano commesso l’errore di uccidere un agente del Consiglio e la
rappresaglia era stata terribile. Stavolta sarebbero stati più attenti.
Pensò” Accerchieranno la Shooting Starr dopo averla coperta con una serie di
interferenze, in modo che Bigman non possa chiedere aiuto. Poi spareranno qualche
cannonata sullo scafo: passerà pre un buona imitazione di uno scontro con le
meteoriti. E una volta distrurra la nave, manderanno i loro ingegneri sul relitto per
rendere più verosimile l’idea della collisione. Metteranno fuori uso gli schermi e così
sembrerà che un difetto nei meccanismi abbia impedito allo scudo protettivo di
funzionare.”.
Quanto al suo destino nello spazio, Lucky sapeva che erano tranquilli. Non c’era
niente che potesse fermare o modificare il suo volo rispetto alla traiettoria iniziale,
ben nota ai pirati. Più tardi, quando fosse morte, l’avrebbero recuperato e inserito in
un’orbita conveniente intorno al relitto della Shooting Starr. Quelli che si sarebbero
imbattuti nel suo cadavere e nei relitti dell’astronave - e forse una nave pirata avrebbe
mandato una segnalazione anonima - sarebbero arrivati
(107)
alla sola conclusione ovvia. Bigman ai comandi intento a pilotare fino all’ultimo era
rimasto ucciso mentre faceva il suo dovere. Lucky, invece aveva cercato di infilare la
tuta e nella fretta aveva danneggiato la radio. Non gli era stato possibile chidere aiuto.
Nel disperato tentativo di salvarsi, aveva svuotato la pistola a repulsione ed era morto
nella spazio.
Ma non avrebbe funzionato. Nè Henree avrebbero creduto per un istante che Lucky
potesse preoccuparsi di abbandonare la nave mentre Bigman restava valorosamente ai
comandi. D’altronde, il fallimento del piano avrebbe rappresentato una scarsa
soddisfazione per Lucky morto, anche perchè con lui sarebbero andate perdute tutte le
informazioni delle quali ora era riuscito ad entrare in possesso.
Per un attimo fu scosso dalla rabbia al pensiero di non aver rivelato i suoi sospetti a
Conway ed Henree prima di partire e di aver preparato la capsula personale solo a
bordo della Shooting Starr. Poi riprese il controllo di sè, perchè nessuno avrebbe
creduto alle sue ipotesi senza prove.
Era quella la ragione per cui doveva tornare.
Doveva!
Ma come? Che senso aveva parlare di “dovere” quando si era soli e impotenti nello
spazio, con poche ore di ossigeno di riserva?
Ossigeno?
Lucky pensò:” Ho il mio ossigeno. Chiunque, tranne Dingo, mi avrebbe svuotato le
bombole in modo da uccidermi rapidamente, ma se conosco quella carogna deve
avermi catapultato nello spazio con i serbatoi pieni solo per prolungarmi l’agonia”
Bene, ritorto quella crudeltà contro il pirata! E se avesse fallito la morte sarebbe
arrivata prima, alla faccia di Dingo.
Solo che non doveva fallire.
L’asteroide aveva periodicamente incrociato il suo campo visivo mentre volteggiava
nello spazio. Prima gli era apparso come un Sasso che rimpiccioliva, con i picchi
illuminati dal sole che si stagliavano contro l’oscuritàdello spazio, poi era diventato
una stella bril-
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lante e una striscia di luce. Adesso anche la luce si attenuava rapidamente, e quando
l’asteroide si tramitò in una stella fra le tante, non particolarmente luminosa, fu tutti
finito. Di lì a poco non sarebbe più riuscito a distinguerlo.
Le dita rese goffe e coperte dal metallo di Lucky stavano già armeggiando col tubo
flessibile che collegava il respiratore alle bombole. Lucky ritò con tutte le forze il
fermaglio che fissava il tuho al serbatoio. Cedette. Il giovane fece una pausa per
riempirsi d’ossigeno, il casco e la tuta; normalmente l’ossigeno filtrava dalle bombole
al ritmo della respirazione umana, quindi piuttosto lentamente. L’anidride carbonica
e l’acqua che si formavano come risultato della respirazione erano per lo più assorbiti
dai prodotti chimici centenuti in uno speciale recipiente munito di valvole che si
trovava sull’attezzatura pettorale della tuta. Come risultato, l’ossigeno veniva
mantenuto a una pressione pari a un quinto dell’atmosfera terrestre, il che è
perfettamtne giusto dato che quattro quinti dell’atmosfera terrestre sono formati da
azoto, gas inutile alla respirazione.
Ma si potevano ottenere concentrazioni anche più alte, fino a superare i normali
valori della pressione atmosferica prima che ci fosse il pericolo di effetti tossici.
Lucky fece filtrare l’ossigeno nella tuta e, fatto questo, chiuse la valvola del
respiratore e si tolse le bombole.
Queste ultime erano di per sè una specie di pistole a repulsione, anche se di tipo
insolito. Per individuo perso nello spazio usare il prexioso ossigeno come mezzo di
propulsione significave esser alla disperazione. Oppure significava tentare una mossa
quanto mai audace.
Lucky spaccò il riduttore di una bombola e fece uscire un getto d’ossigeno. Stavolta
non si formò una teoria di cristalli: l’ossigeno, a differenza dell’anidride carbonica,
congela a temperature molto basse e, prima di perdere tanto calore da ghiacciarsi, si
era diffuso nello spazio. Ma in forma di gas o in forma solida, la terza legge del moto
di Newton era sempre valida: mentre il
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gas spingeva da una parte, Lucky veniva proiettato nella direzione opposta per
reazione naturale.
La rotazione diminuì. A poco a poco Lucky vide l’asteroide tornare al centro del suo
campo visivo: solo allora smise completamente di girare su se stesso.
Si stava ancora allontanando dal Sasso, che non era più luminoso delle stelle vicine.
A quanto pareva aveva già sbagliato bersaglio, ma si impedì di rimurginare su quel
fatto.
Lucky fissò il puntino luminoso che presumeva essere l’asteroide e liberò un getto
d’ossigeno nella direzione opposta. Si chiese se la riserva di gas gli sarebbe bastata a
invertire la direzione di viaggio. Al momento era impossibile dirlo.
In ogni caso avrebbe dovuto risparmiarne un poco. Ne avrebbe avuto bisogno per
manovrare intorno all’asteroide, portarsi sul lato giusto e trovare Bigman
nell’astronave, a meno che...
A meno che la Shooting Starr non fosse stata distrutta o allontanata dai pirati.
Lucky ebbe la sensazione che la vibrazione delle sue mani, dovuta alla forza con cui
usciva l’ossigeno, si stesse attenuando. O la riserva stava per finire o la temperatura
del gas si stava abbassando. Lucky teneva la bombola a una certa distanza dalla tuta,
in modo che non assorbisse calore da questa; era proprio a contatto della tuta che
l’ossigeno contenuto nelle bombole si riscaldava al punto da rimanere gassosa. Nel
vuoto dello spazio il calore si può perdere solo per irradiazione, un processo molto
lento, ma anche così la bombola che Lucky teneva in mano aveva avuto il tempo di
raffreddarsi.
Lucky la strinse fra le braccia, se la premette sul petto e attese.
Sembrarono ore, ma passarono solo quindici minuti prima che l’asteroide diventasse
più brillante. Si stava di nuovo avvicinando al Sasso? O er la sua immaginazione?
Passarono altri quindici minuti e gli sembrò decisamente più luminoso. Lucky provò
un profondo sen-
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so di gratitudine per il caso che aveva coluto avvicinarlo al lato illuminato dal sole, in
modo che il piccolo mondo gli apparisse chiaro come un bersaglio.
Ma respirare si faceva più difficile. Non c’era il rischio di asfissia da anidride
carbonica, perchè quel gas veniva espulso appena formatosi, ma ogni volta che
respirava Lucky eliminava anche una piccola frazione del suo prezioso ossigeno.
Cercò di respirawre meno profondamente, chiuse gli occhi e riposò un poco. Dopo
tutto, non aveva niente da fare finchè non avesse raggiunto e superato l’asteroide.
Laggiù, sul lato in ombra, Bigman forse aspettava ancora.
Se fosse risucito a passargli vicino e a chiamarlo con la sua radio danneggiata prima
di superarlo, avrebbero avuto una speranza di salvarsi.

Per Bigman le ore erano passate lente e angosciose. Voleva scendere sull’asteroide
ma non osava. Rimurginava tra sè che, se il nemico esisteva, a quell’ora si sarebbe già
mostrato, ma com’è ovvio era in grado di immaginare anche altre ipotesi e arrivò
all’amare conclusione che proprio il silenzio e l’immobilità dello spazio nascodevano
una trappola, e che Lucky ci era caduto dentro.
Esaminò la capsula personale che aveva ricevuto dall’amico e si domandò che cosa
contenesse. Se avesse potuto aprirla, se avesse potuto leggere il rotolino di mocrofilm
che qausi certamente nascondeva...Se fosse stato in grado di farlo, avrebbe potuto
chiamare Cerere, comunicare le notizie e sentirsi libero di sbvarcare sull’asteroide.
Avrebbe disintegrato i maledetti pirati a frotte e tolto Lucky dal pasticcio in cui si
trovava.
Ma no, non avrebbe mai osato servirsi della subterica. È vero che i pirati non
sarebbero riusciti a decifrare il codice, ma avrebbero scoperto il segnale e lui aveva
avuto l’ordine di non tradire la posizione della nave.
E poi, a che serviva supporre la posizione della nave? E poi, a che serviva supporre di
poter aprire una capsula personale? Una fornace solare avrebbe potuto fonderla e
distruggerla, un’esplosione atomica l’avvrebbe disintegrata, ma niente era in grado di
aprirla e lasciare il messaggio intatto a parte il tocco vivente della
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persoan per cui era stata “ personalizzata”. Non c’era niente da fare.
Era trascorso più di metà del periodo stabilito di dodici ore quando i rivelatori di
massa diedero il loro allarme particolare.
Bigman si riprese dalle sue fantasticherie e con sorpresa scrutò l’ergometro. Le
pulsazioi che corrispondevano a numerose astronavi si mescolavano sul grafico in
maniera confusa, dando luogo a curve complicate che sembravano serpenti e si
univano in modo inestricabile.
Lo scudo della Shooting Starr, tenuto al minimo della potenza per deflettere “detriti”
casuali ( termine con cui si indicavano i meteoriti da due centimetri di diametro in
giù) passò, ora al massimo. Bigman sentì il morbido frescio dell’energia che
improvvisamente diventava stridente. A uno ad uno, i video a corto raggio si
illuminarono e Bigman li esaminò fila dopo fila.
Il cervello gli turbinava. Le astronavi venivano dall’asteroide perchè nessuna era stata
localizzata nello spazio aperto. Questo significava che avevano preso Lucky e
probabilmente lo avevano ucciso, ma Bigman non ne aveva paura perchè le avrebbe
annientate una dopo l’altra.
Si fece più serio: uno degli schermi rifletteva un barbagliio di sole. Il piccolo
marziano azionò il reticolo di mira e inquadrò. Poi schiacciò un oggetto che
somigliava a un tasto di pianoforte e, avviluppata da un invisibile scoppio di energia,
la nave pirata brillò.
Il bagliore non era dovuto all’azione di qualche sostanza sullo scafo dell’astronave,
ma all’assorbimento d’energia da parte dello scudo nemico. Grillò intensamente,
sempre più intensamente, poi si fece più fioco mentre il nemico girava la coda e
metteva una certa distanza fra loro.
Una seconda nave e una terza apparvero sugli schermi. Un missile si dirigeva verso la
Shooting Starr. Nel vuoto dello spazio non c’erano lampi, non c’era suono, ma il sole
lo illuminò e il proiettile brillò come una lucciola. Disegnò un piccolo cerchio sullo
schermo, poi uno più largo, finchè uscì dal campo visivo.
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Bigman avrebbe potuto scansarsi e portare la nave fuori pericolo, ma pensò: “ Che mi
colpiscano pure. Voglio che si accorgano con che cosa stanno giocando.” La nave
poteva sembrare il gingillo di un milionario, ma non l’avrebbe messa fuori
combattimento con un semplice siluro.
Il proiettile colpì lo scudo isteretico della Shooting Starr che, Bigman lo sapeva,
doveva aver mandato un lampo. La nave si mosse dolcemente, assorbendo l’energia
cinetica che era filtrata attraverso lo scudo.
“ Adesso glielo restituiamo” borbottò Bigman. La Shooting Starr non aveva proiettili
esplosivi o d’altro genere, ma il rifornimento dei suoi proiettori d’energia era vario e
vasto.
Allungò la mano su uno dei pulsanti e sullo schermo apparve qualcosa che lo fece
trasalire, qualcosa che somigliava a un uomo in tuta spaziale.
Era strano che l’astronave fosse più vulnerabile a un uomo in tuta che alle migliori
armi di una nave nemica. Una nave la si poteva identificare alla distanza di chilometri
con i rivelatori di massa e di migliaia di chlilometri con i rivelatori di massa e di
migliaia di chilometri con l’ergometro; un singolo uomo poteva essere identificato
dai rivelatori solo a qualche centinaio di metri e dall’ergometro per nulla.
Inoltre, lo scudo isteretico funzionava tanto più efficacemente quanto più era alta la
velocità del proiettile. Grandi masse di metallo lanciate a molti chilometri al secondo
potevano essere fermate efficacemente, ma un uomo che andasse alla deriva a
quindici chilometri all’ora non si sarebbe neppure accorto dell’esistenza dello scudo e
ci sarebbe passato attraverso registrando soltanto un lieve surriscaldamento della
propria tuta.
Se una squadra di dieci uomini si fosse avvicinata in quel modo all’astronave, ci
sarebbe voluta una grande abilità per respingerli. Se in due o tre fossero penetrati
nello scafo e fossero riusciti a far saltare la chiusura del portello stagno con le armi
manuali, l’astronave attaccata si sarebbe trovata in grave pericolo.
Ora Bigman aveva sotto gli occhi la figuretta che poteva rappresentare l’avanguardia
di una squadra
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suicida. Attivò uno dei reticoli secondari ed era pronto a sparare quando la radio
gracciò.
Per un attimo Bigman non seppe che pensare. I pirati avevano attaccao senza
preavviso e senza cercare di comunicare, chiedere la resaa o offrire condizioni. Che
cosa avevano da dirgli, ora?
Esitò e le scariche si trasformarono in una parola ripetuta più volte: “ Bigman...
Bigman .... Bigman “ Bigman saltò sulla seida, ignorando l’uomo in tuta spaziale, la
battaglia, tutto “ Lucky! Sei tu?”
“Sono vicino alla nave... In tuta spaziale...L’aria è quasi finita..”
“ Grande Galassia!” Bigman, bianco in faccia, manovrò la Shooting Starr verso la
figurette che volteggiava nello spazio e che poco non aveva disintegrato.

Bigman non aveva occhi che per Lucky, il quale, toltosi il casco repirava a pieni
polmoni. “ Sarà meglio che ti riposi un poco, Lucky.”
“ Più tardi” rispose il giovane, togliendosi la tuta. “ Hanno già attaccato?”
Bigman annuì “ Ma non ha importanza, stanno solo sbattendo il muso contro il
vecchio scudo.”
“ Hanno grugni più forti di quello che immagini “ disse Lucky. “Dobbiamo
andarcene, e in fretta: arriveranno con le navi pesanti e le nostre riserve di energial
non sono eterne.”
“ Dove le prendono le navi pesanti?”
“ C’è unaa grande base laggiù. Forse la più grnade della fascia degli asteroidi.”
“ Vuoi dire che quello non è il Sasso dell’eremita?”
“Voglio dire che dobbiamo andarcene.”
Prese i comandi, ancora pallido per le prove che aveva dovuto superare e per la prima
volta l’asteroide si mosse sugli schermi. Anche durante l’attacco Bigman si era
attenuto scrupolosamente alle istruzioni di Lucky e non aveva mosso l’astronave.
Il Sasso divenne più grande.
Bigman protestò: “ Se dobbiamo andarcene, perchè vuoi atterrare?”
“Non atterreremo.” Lucky guardò intensamente gli
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schermi mentrre con una mano predisponeva i comandi del proiettore d’energia più
potente. Deliberatamente allargò il campo di tiro e diminuì il fuoco dell’irradiazione
in modo che coprisse una vasta area, ma con intensità ridotta a poco più che un
normale raggio calorico.
Attese, per ragioni che lo stupito Bigman non riuscì a indovinare, poi sparò. Sulla
superficie dell’asteroide guizzò un bagliore accecante che a poco a poco si ridusse a
un alone rossastro: in capo a un minuto era scomparso anche quello.
“Adesso possiamo andare” disse Lucky, accelerando, mentre dalla base pirata si
alzavano in volo altre astronavi.
Mezz’ora dopo, con l’asteroide scomparso e gli eventuali inseguitori seminati, Lucky
dissi: “Chiamami Cerere, voglio parlare con Conway”.
“Ockey, Lucky. Ho le coordinate dell’asteroide, devo trasmetterle? Possiamo
mandare una flotta e...”
“Non servirà a niente” lo interruppe Lucky Starr. “Non è più necessario.”
Bigman sbarrò gli occhi. “Vuoi dire che hai distrutto il Sasso con raggio?”
“Naturalmente no. Non l’ho quasi sfiorato. Cerere è in linea?”
“Ho qualche problema” rispose Bigman, rassegnato. Sapeva che Lucky era piombato
in uno dei suoi momenti di scarsa comunicativa e che non avrebbe detto altro.
“Aspetta ce l’ho. Ma un momento...stanno diffondendo l’allarme generale!”
Non c’era bisogno di dirlo. Il segnale era stridulo e non in codice. “A tutte le unità
oltre l’orbita di Marte...” Bigman esclamò: “Grande Galassia!”
Lucky disse a labbra strette: “Qualunque cosa facciamo sono sempre un passo avanti
a noi! Dobbiamo correre a Cerere, svelto!”
(115)

L’attacco.

Le astronavi sciarono dallo spazio in perfetto coordinamento. Un gruppo si concentrò


sull’osservatorio e, in risposta, le navi di Cerere si diressero inevitabilmente in quel
punto.
Non era un attacco in piena regola: una nave dopo l’altra si tuffavano verso la
superficie scagliando raggi d’energia contro lo scudo ovviamnete inespugnabile che
copriva l’osservatorio, ma nessuna correva il rischio di bombardare gli impianti
sottorranei che fornivano l’energia, e di cui probabilmente conoscevano la posizione.
Le navi del governo decollarono e le batterie di terra aprirono il fuoco. Alla fine due
navi pirata vennero distrutte; gli scudi cedettero e le unità furono disintegrate.
Un’altra, le cui riserve di energia si erano paurosamente assotigliate, fu quasi
catturata dagli inseguitori ma all’ultimo momento esplose, forse per mano
dell’equipaggio.
Durante l’attacco all’osservatorio alcuni difensori pensarono che fosse una
diversione, e in seguito, scoprirono che era proprio così. Mentre quel lato di Cerere
era sotto bombardamento, tre astronavi atterravano a centocinquanta chilometri di
distanza. I pirati sbarcarono con armi manuali e cannoni portatili attaccarono i portelli
stagni degli alloggi.
I portelli saltarono e i pirati in tua spaziale si avventarono nei corridoi da cui l’aria
veniva risucchiata a velocità spaventosa. Ai livelli superiori c’erano fabbriche e
uffici i cui diepndenti erano fuggiti al primo allarme; al loro posto si erano insediati
gli uomini della
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milizia con le tute pressurizzate. I difensori di Cerere combatterono eroicamente, ma


non potevano reggere il paragone con i professionisti della flotta pirata e furono
sopraffatti.
Ai livelli inferiori, nei confortevoli appartamenti di Cerere, arrivarono soltanto i
rumori della battaglia: gli occupanti mandarono richieste d’aiuto, ma all’improvviso -
veloci com’erano venuti - i pirati si ritirarono. Quando se ne furono andati gli uomini
della base contarono le perdite: quindici cereani erano morti e molti altri erano stati
feriti. Solo cinque pirati erano rimasti a terra e i danni erano ingentissimi.
Finalmente Lucky arrivò e Conway lo accolse fuorisamente: “Quell’uomo è
scomparso! Eppure avevamo tenuto il suo nome fuori dalla lista dei residenti e dai
comunicati stampa”.

Ora che l’attacco era finito, Lucky trovò dappertutto i segni di un’attività quasi
frenetica. Era la prima volta da oltre vent’anni che un’importante base terrestre
veniva attaccata da forze ostili. Lucky stesso si era dovuto sottoporre a tre
identificazioni prima di ricevere il permesso di atterrare.
Ora sedeva nella sala del Consiglio con Conway ed Henree e disse amaramente: “
Così Hansen se n’è andato! Ecco a che cosa serviva tutto questo parapiglia”.
“Dirò questo, a favore del vecchio eremita” commentò Henree. “Ha avuto fegato.
Quando i pirati sono penetrati negli alloggi ha insistito per indossare una tuta,
prendere un disintegratore e unirsi agli uomini della milizia.” “Non eravamo a corto
di uomini” osservò Lucky. “Se fosse rimasto ci avrebbe reso un servizio più
importante. Come mai non lo avete fermato? Date le circostanze, vi sembrava il caso
di fargli fare una pazzia simile?” La voce di Lucky Starr, solitamente pacata, fremeva
di rabbia repressa.
Comway disse pazientemente: “Non eramvamo con lui. L’uomo che lo sorvegliava ha
dovuto unirsi alla milizia e, quando Hansen ha inistito per seguirlo ha pensato di
poter assolvere contemporaneamente due compiti: combattere i pirati e tenere
d’occhio l’eremita.”
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“Ma in uno dei due non è riuscito”
“Date le circostanze non possiamo biasimarlo. L’ultima volta che il nostro uomo l’ha
visto. Hansens stava lanciandosi contro un nemico. Poi è scomparso e i pirati hanno
cominciato a ritirarsi. Morto o vivo, adesso è in mano loro.”
“Lo credo anch’io” osservò Lucky. “Permettete che vi dica che è stato un terribile
errore. Secondo me, l’attacco contro Cerere serviva soltanto a catturare Hansen.”
Henree prese la pipa. “Sai Hector,” disse a Conway “sonto tentato di dichiararmi
d’accordo con lui. Il bombardamento dell’osservatorio, tanto per dirne una, è stato
cohndotto con criteri assurdi e non è servito che ad attirare le nostre difese in quella
zona. Prendere hansen è l’unica cosa che sono riusciti a fare.”
Conway sbuffò. “Il rischio che ci raccontasse qualcosa non valeva la pena di un
attacco con trenta navi.” “È questo il punto” intervenne Lucky con veemenza.
“Dobbiamo trarne una lezione. Vi ho detto che l’asteroide su cui sono sbarcato
contiene un grosso centro di produzione..Bene, immaginiamo che il vecchio
conoscesse la data dell’attacco e l’esatta strategia che sarebbe applicata...”
“In tal caso perchè non ce le ha dette?” Chiese Conway.
“Forse “ suggerì Henree “aspettava di usarle come merce di scambio per guadagnarsi
l’immunità. Non abbiamo mai avuto l’opportunità di discutere le questioni con lui.
Devi ammettere, Hector, che se possedeva informazioni del genere qualsiasi numero
di navi sarebbe valso il rischio: e devi ammettere che Lucky ha ragione sul fatto che
sono pronti al gran colpo.”
Il giovane guardò prima uno e poi l’altro, con occhi taglienti.” Perchè dici questo, zio
Gus? Che altro è successo?”
“Diglielo Hector” suggerì Henree.
“A che prò? Sono stanto della crociata che Lucky sta combattendo da solo... a questo
punto vorrà andare su Ganimede”.
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“Che cosa c’è su Ganimede?” chiese freddamente Lucky Starr. A quanto ne sapeva,
era un posto sperduto con poco o niente che potesse interessare chiccessia. Era la più
grande luna di Giove, ma la vicinanza con il pianeta gigante rendeva difficili le
manovre con le astronavi e il traffico era scarso.
“Diglielo” insitettè Henree.
“Stai a sentire” cominciò Conway. “Sapevamo che Hansen era importante; la ragione
per cui non l’abbiamo messo sotto stretta sorveglianza e per cui Gus e io non
eravamo con lui è che due ore prima dell’attacco pirata abbiamo ricevuto una
comunicazione del Consiglio in cui si dà per certo che forse di Sirio siano sbarcate su
Ganimede.”
“Quali prove ci sono?”
“Abbiamo captato fasci compatti di segnali subererici. È una lunga storia, ma il
nocciolo è che, più per caso che altro, una parte dei codici è stata decifrata. Gli esperti
dicono che è un codice siriano e che su Ganimede non c’è nessuna apparecchiatura
terrestre capace di trasmettere un fascio così compatto. Gus e io stavamo per
prelevarfe Hansen e tornare sulla Terra quando i pirati hanno attaccato, questo è tutto.
Torneremo lo stesso: con l’intervento di Sirio può scoppiare la guerra da un momento
all’altro.”
Lucky disse: “capisco. Bene prima di tornare sulla Terra vorrei controllare una cosa.
Abbiamo un filmato dell’attacco? Suppongo che le difese di Cerere non fossero così
sguarnite da non aver provveduto a registrarne uno.”
“Lo abbiamo, ma che cosa vuoi scoprire?”
“Ve lo dirò quando l’avrò visto”.

Uomini in uniforme della Marina e con i gradi più alti proittarono le immagini di
quello che sarebbe passato alla storia come “il raide di Cerere”.
“L’osservatorio” è stato attaccato da ventisette navi, giusto?” chiese Lucky.
“Giusto rispose un comandante. “Non una di più.”
“Bene, vediamo se ci si riesce di chiarire il resto della faccenda. Due navi sono state
abbattute durante il
(119)
combattimento e una nell’inseguimento. Le ventiquattro che restavano sono andate
via: avete una o due inquadrature di ognuna durante la ritirata.”
Il comandante sorrise. “Se pensa che una o più di quelle nqvi siano atterrate su Cerere
e si tengano nascoste, si sbaglia.”
“Per quanto riguarda quelle ventisette, forse è così. Ma c’erano altre tre navi. Sono
atterrate e hanno attaccato il Portello Massey. Dove sono le immagini?”
“Sfortunatamente non ne abbiamo molte” ammise il comandante, a disagio. “Siamo
stati colti di sorpresa e le sole immagini di cui disponiamo si riferiscono alla partenza,
quando si sono allontanate. Lei le ha viste.”
“Si, ma c’erano soltanto due navi. I testimoni riferiscono che sono arrivati in tre.”
Il comandante si irrigidì. “E in tre si sono ritirate. Ci sono testimoni anche per
questo.”
“Ma nelle immagini se ne vedono due.”
“Bè si...”
“Grazie.”

Tornati in ufficio, Conway chiese: “Vuoi spiegarci che cosa intendevi dire, Lucky?”
“Ho pensato che la nave del capitano Anton potesse essere in un posto interessante, e
il film dimostra che è così”.
“Che posto?”
“Il cosidetto Nessuno Luogo...Hmmm, molto istruttivo. La sua è l’unica nave della
flotta pirata che potrei riconoscere, eppure non si vede nelle immagini dell’attacco.
Strano perchè Anton deve aver partecipato...è uno dei loro uomini migliori, o non
l’avrebbero mandato all’inseguimento dell’ Atlas. Ma non sappiamo con certezza che
trenta astronavi hanno attaccato Cerere, benchè i filmanti ne mostrino ventinove. La
trentesima, quella mancante, era la nave di Anton!”
“Possibile” ammise Conway. “E allora?”
Lucky rispose: “l’attacco all’osservatorio è stato un Trucco ormai lo ammettono
anche i difensori. La missione importante la svolgevano le tre navi che sono scese
davanti al portello stagno, e quelle le comandava
(120)

Anton! Due di esse si sono unite al resto dello squadrone in ritirata, una finzione nella
finzione; la terza, cioè la vera e propria nave di Anton, ha continuato a fare il suo
lavoro e noi l’abbiamo vista. Ha lasciato Cerere su una rotta completamente diversa: i
testimoni l’hanno vista decollare ma poi ha virato così bruscamente che le nostre
navi, preoccupate di dare la caccia al grosso della squadra, non l’hanno nemmeno
filmata.”
Conway osservò a disagio: “E adesso stai per dire che si è diretta a Ganimede.”
“Non vi sembra la logica conseguenza? I pirati per quanto ben organizzati, non
possono attaccare la Terra e i suoi possedimenti con le loro forze ma sono in grado di
attirare buona parte delle nostre navi nella fascia degli asteroidi per un’azione
diversiva, mentre la flotta si Sirio attacca il grosso. I siriani, dal canto loro, non
possono reggere una guerra a otto anni luce, da proprio mondo a meno di non avere
un valido alleato nel sistema. Otto anni luce corrispondono a settanta trilioni di
chilometri, mica uno scherzo...La nave di Anton sta correndo verso Ganimede per
assicurare gli alleati che l’appoggio esiste e che si possono cominciare i
combattimenti. Senza dichiarazione di guerra, questo è ovvio.”
Conway borbottò: “Se solo avessimo scoperto in tempo la base di Ganimede...”
“Anche se l’avessimo fatto” intervenne Henree “non ci saremmo resi conto della
gravità della situazione. A renderlo possibile sono stati i viaggi di Lucky negli
asteroidi.”
“Lo so. Le mie scuse, Lucky. Ora abbiamo poco tempo per agire: dobbiamo colpirli al
cuore immediatamente, mandare uno squadrone sull’asteroide-chiave che Lucky ci ha
indicato...”
“No” disse Lucky “non è un buon piano”.
“Perchè?”
“Noi non vogliamo avventurarci in una guerra anche se vittoriosa: quelli non
aspettano altro. Zio Hector, il pirata Dingo avrebbe potuto incenerirmi sull’asteroide e
invece aveva l’ordine di catapultarmi nello
(121)
spazio. Per un po' ho pensato che fosse per far sembrare la mia morte un incidente;
adesso, invece credo che si trattasse di una provocazione nei confronti del Consiglio.
Si sarebbero vantati di aver ucciso un Consigliere, non avrebbero tentato di
nasconderlo...e tutto per attirarci in uno scontro prematuro. Una delle ragioni del raid
di Cerere è senz’altro aumentare la nostra rabbia.”
“Ma se la guerra cominciasse con una nostra vittoria?”
“Da questa parte del sole? Per lasciare la Terra, dalla parte opposta, priva delle unità
più importanti della flotta? Anche Ganimede si trova dall’altro lato del sole: i nostri
sarebbero in balia delle navi siriane e al massimo otterremmo una vittoria di Pirro.
No, la cosa migliore è evitare la guerra, non cominciarne una.”
“E in che modo?”
“Non succederà niente finchè la nave di Anton non raggiungerà Ganimede.
Supponiamo di intercettarlo prima...”
“E’ un rischio” disse Conway, dubbioso.
“Non se ci vado io. La Shooting Starr è la nave più veloce della flotta e ha i migliori
ergometri.”
“Vuoi andarci tu?” gridò Conway.
“Non sarebbe prudente mandare le unità della flotta. I siriani di Ganimede non
possono essere sicuri che non li attaccheremo: avranno preso delle contromisure e
questo potrebbe significare guerra, la guerra che stiamo cercando di evitare. La
Shooting Starr, invece, non li allarmerà, e poi è una nave sola. Staranno buoni.”
Henree osservò: “ Ma Lucky: Anton ha dodici ore di vantaggio, nemmeno la
Shooting Starr può raggiungerlo”.
“Ti sbagli, posso farcela. E una volta che li avrò presi, zio Gus, credo di poter
costringere gli asteroidi alla resa. Senza di loro Sirio non attaccherà e non ci sarà la
guerra.”
I due vecchi lo guardarono sbalorditi.
Lucky aggiunse: “Sono già tornato indietro due volte.”
“Quasi per miracolo” brontolò Conway.
(122)
“Le altre volte non sapevo con che cosa avevo a che fare, dovevo procedere a tentoni.
Adesso so tutto. Statemi a sentire, preparo la nave e faccio i calcoli con l’osservatorio
di Cerere; voi mettetevi in contatto con la Terra via sub-etere. Dite al coordinatore
di...” Conway lo interruppe. “Di questo mi occupo io, figliolo. Sono nella politica da
prima che tu nascessi. E, Lucky ...abbi cura di te.”
“Non lo faccio sempre zio Hector? Zio Gus?.”
Si diedero la mano calorosamente e Lucky Starr uscì come una freccia.

Bigman si scrollò la polvere di Cerere di dosso, sconsolato. “Avevo già la tutta


addosso. Ero pronto...”
“Mi dispiace, non puoi venire” disse Lucky.
“Perchè?”
“Perchè prenderò una scorciatoia, per arrivare a Ganimede.”
“E allora? Quale scorciatoia?”
Lucky sorrise a denti stretti. “Passerò attraverso il sole.”
Si incamminò verso la Shooting Starr lascianso Bigman a bocca aperta.
(123)

Verso Ganimede passando per il sole.

Una mappa tridimensionale del sistema solare avrebba l’aspetto di un piatto poco
profondo con al centro il sole, menbro principale della famiglia. Ed è veramente il
principale, visto che contiene il 99,8% di tutta la materia del sistema. In altre parole,
esso pesa cinquecento volte più deova dall’altra parte del sole.E probabilmente era
quello che Anton pensava di fare. Si sarebbe alzato dal “piatto” del sistema
descrivendo un lungo arco, un ponte al di sopra del sole; poi sarebbe sceso dall’altra
parte in possimità di Ganimede. Era partito senz’altro in quella direzione: solo così si
spiegava il fatto che i difensori di Cerere non avevano immagini dell’astronave. Per
gli uomini era un fatto ormai del tutto naturale eseguire le osservazioni
spazionautiche innanzi tutto sul piano dell’eclittica. Quando svevano deciso di
cercare altrove, lui era già scomparso.Ma, pensò Lucky, c’erano buone probabilità
che Anton
(124)non lasciasse il piano dell’eclittica in modo definitivo: aveva cominciato come
se volesse farlo, ma poi sarebbe tornato sui suoi passi. I vantaggio di questa mossa
erano molteplici: la fascia degli asteroidi si stende completamente intorno al sole, nel
senso che suoi pianetini sono distribuiti uniformemente lungo il grande cerchio.
Mantenendosi nella fascia, Anton avrebbe potttica. Quando svevano deciso di cercare
altrove, lui era già scomparso.
Ma, pensò Lucky, c’erano buone probabilità che Anton
(124)
non lasciasse il piano dell’eclittica in modo definitivo: aveva cominciato come se
volesse farlo, ma poi sarebbe tornato sui suoi passi. I vantaggio di questa mossa erano
molteplici: la fascia degli asteroidi si stende completamente intorno al sole, nel senso
che suoi pianetini sono distribuiti uniformemente lungo il grande cerchio.
Mantenendosi nella fascia, Anton avrebbe potuto restare fra gli asteroidi fino a un
centinaio di milioni di chilometri da Ganimede, o poco più. Questo significava fare il
viaggio in condizioni di massima sicurezza. Il governo terrestre aveva praticamente
rinunciato alla sua autorità sugli asteroidi e tranne per le rotte dei quattro maggiori, le
astronavi governative, non penetravano nella zona. Ma, se anche l’avessero fatto,
Anton avrebbe chiamato rinforzi da una base vicina.
Si, pensò Lucky, il pirata sarebbe rimasto nella fascia. In parte per questo motivo e in
parte perchè aveva un suo piano, Lucky alzò la Shooting Satrr di un modesto arci
rispetto all’eclittica.
La chiave di tutto il sistema è il sole. È una specie di blocco stradale, un segnale di
svolta obbligata per ogni astronave costruita dall’uomo. Per andare da un capo
all’altro del sistema le astronavi devono fare una grande diversione per evitarlo:
nessuna unità con uomini a bordo si avventura a meno di cento chilometri dal sole,
che corrisponde alla distanza da Venere. E anche così al largo, i sistemi di
raffreddamento sono indispensabili per la sicurezza dei passeggeri.
Esistono astronavi tecniche progettate per arrivare fino a Mercurio, la cui distanza dal
sole varia da settantamilioni di chilometri, vari metalli fondono.
Astronavi ancora più specializzate vengono costruite per osservazioni ravvicinate del
sole. Gli scafi sono permeati da un forte e speciale campo elettrico che induce a un
fenomeno noto come “pseudo-liquefazione” nel rivestimento molecalore esterno. La
riflessione termica a opera del rivestimento è quasi totale e così solo
(125)
una piccola frazione del calore arriva nella nave. Dall’esterno un’unità del genere
sembrerebbe uno speccio. Ma nemmeno accorgimenti del genere possono impedire
che, a una distanza inferiore agli otto milioni di chilometri dal sole, la temperatura
interna delle navi si alzi fino a raggiungere il punto di ebollizione dell’acqua. Ed è il
punto massimo a cui si è potuti avvicinare. Anche se un essere umano potesse
sopravvivere a queste temperature, non potrebbe salvarsi dalle radiazioni a onde
corte che inonderebbero la nave. Qualunque organismo viviente morirebbe nel giro di
pochi secondi.
La svantaggiosa posizione del sole, almeno per quanto riguarda i viaggi spaziali, era
particolarmente evidente in quell’occasione: Cerere si trovava al di qua della stella, la
Terra e Giove quasi diametralmente opposti sull’altro versante. Per un viaggiatore che
si fosse trovato nella fascia degli asteroidi, il passaggio da Cerere a Ganimede
avrebbe richiesto ben un miliardo e mezzo di chilometri. Potendo ignorare il sole,
attraversandolo come se non esistesse, la distanza si sarebbe ridotta a meno di
novecento milioni di chilometri, con un risparmio del quaranta per cento del tragitto.
Ed era appunto ciò che Lucky pensava di fare, almeno fin dove era possibile.
Spinse al massimo la Shooting Starr, rassegnandosi a vivere nell’imbracatura che lo
proteggeva dall’accelerazione anche quando era ora di dormire o di mangiare.
Nonostante ciò, la pressione era continua e lui si concedeva quindici minuti di respiro
all’ora.
Passò sulle orbite di Marte e della Terra, ma non c’era niente da vedere nemmeono
con il telescopio della nave. La Terra si trovava dall’altra parte del Sole e Marte quasi
ad angolo retto con la Shooting Starr.
Il sole aveva già acquistato le proporzioni che vedono sulla Terra e Lucky poteva
guardarlo solo con i più potenti filtri polarizzati. Ancora un poco e avrebbe dovuto
usare lo stroboscopio.
I misuratori di radioattività cominiciarono a ticchettare. Entro l’orbita della Terra la
densità di radiazioni a onde corte salì a valaori rispettabili. All’interno dell-
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l’orbita di Venere bisognava prendere speiciali precauizioni, come l’uso di tute


spaziali al piombo.
“Mi ci vorrà ben altro, pensò Lucky. Alla distanza dal sole che intendeva raggiungere
-minima, per un essere umano-il piombo non sarebbe servito a niente. Nessuna
sostanza materiale sarebbe servita.
Per la prima volta dopo l’avventura su Marte dell’anno precedente, Lucky aprì la
piccola sacca che teneva incollata alla vita e prese l’oggetto incosinstente,
semitrasparente, che aveva ottenuto dagli essieri di energia di Marte.
Aveva abbandonato da tempo ogni tentativo di capire il principio in base al quale
funzionava. Era il frutto di una scienza che si era sviluppata per oltre un milione di
anni lungo sentieri ignoti. Era incomprensibile a lui come un’astronave lo sarebbe
stata a un uomo delle caverne, e impossibile da duplicare. Ma funzionava, questo era
l’importante!
Se lo infilò e l’oggetto gli si modellò alla testa come se avesse una vita propria, poi
brillò su tutto il corpo. A Lucky sembrava di avere le membra ricoperte da un milione
di lucciole: per questo Bigman lo chiamava “scudo lucente”. Sulla testa e sul volto
formava un alone quasi solido che nascondeva i suoi lineamenti ma che non impediva
alla luce di arrivare ai suoi occhi.
Era uno scudo di energia progettato dai marziani per i bisogni di Lucky. Era
impermeabile a tutte le forme di energia tranne a quelle necessarie alla vita, come una
certa quantità di luce visibile e di calore. I gas penetravano liberamente e Lucky
poteva respirare: i gas surriscaldati venivano privati del calore e filtrati ad una
temperatura accettabile.
Dopo che la Shooting Starr ebbe oltrepassato l’orbita di venere, continuando a
dirigersi versol il sole, Lucky indossò lo scudo in modo permanente. Quando lo
portava non poteva mangiare e bere, ma il digiuno forzato non superava mai -
secondo il computo esterno del tempo - le ventiquattr’ore.
0ra viaggiava a una velocità terribile, molto più elevata di quelle che aveva
esperimentato in passato. Oltre alla spinta dei motori iperatomici, la nave subiva l’i-
(127)

nimmaginabile attrazione del sole. Si parlava di milioni di chilometri all’ora.


Lucky attivò il campo elettrico che rendeva la superficie esterna dell’astronave
pseudo-liquida e, nel farlo, fu contento di aver insistito perchè gli costruissero quel
“giocattolo”. La termocopia che aveva cominciato a registrare temperature superiori
ai cinquanta gradi cominciò a scendere. I video si scurirono e gli scudi di metallo che
proteggevano la glassite calarono su essi per evitare danni e deformazioni causate dal
calore.
Quando raggiunsero l’orbita di Mercurio i misuratori di radiazioni erano impazziti e
tichettavano continuamente. Lucky mise una mano lucente su uno dei quadranti e il
ticchettio cessò. Perfino i più duri raggi gamma venivano bloccati dall’aura
inconsistente che gli circondava il corpo; la nave, invece, ne era piena.
La temperatura che si era assestata sui quarantacinque gradi, saliva di nuovo
nonostante l’effetto riflettente dello scafo. Arrivò a cinquanta, poi a sessanta e
continuò a salire. I rivelatori di massa indicavano che il sole distava soltanto quindici
milioni di chilometri. Una scodella d’acqua che Lucky aveva messo sul tavolo, e che
fumanva da un’ora cominciò a bollire. La termocopia segnava infatti cento gradi
centigradi, punto di ebolizzione dell’acqua.
La Shooting Starr continuò a sfrecciare verso il sole, da cui distava ora otto milioni di
chilometri. Non si sarebbe avvicinata di più e in effetti si trovava già ai confini della
parte più esterna e rarefatta dell’atmosfera solare, la corona. Dato che il sole è
gassoso (sebbene la gran parte i gas che la compongono non possono esistere sulla
Terra nemmeno sotto le più estreme condizioni di laboratorio) non ha una vera e
propria superficie e l’atmosfera fa parte del corpo stesso dell’astro. Attraversando la
corona, quindi, Lucky in un certo senso attraversava il sole, come aveva detto
Bigman che avrebbe fatto.
Era pieno di curiosità: nessuno fino a quel momento si era avvicinato così tanto al
sole e forse nessun uomo l’avrebbe fatto più. Comunque, se anche uno spe-
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ricolato ci avesse provato, non avrebbe potuto guardare la massa infuocata senza
proteggersi gli occhi. Anche una brevissima occhiata alla tremenda radiazione del
sole, a quella distanza, significava la morte.
Ma Lucky indossava lo scudo di energia marziano. Era in grado di sopportare quel
bombardamento di radiazioni a otto milioni di chilometri di distanza? Lucky sentì che
non avrebbe dovoto correre il rischio eppure l’impolso lo spingeva diperatamente in
avanti. Il video principale della nave era munito di una griglia stroboscopica che
lasciava esposte, una alla volta, una serie di sessantaquattro porzioni di sole, cisacuna
per un milionesimo di secodo ogni quattro secondi. All’occhio umano, o a una
cinepresa, sarebbe parso che l’esposizione fosse continua, ma in realtà ogni porzione
dell’oblò avrebbe assorbito solo i quattro milionesimi della radiazione emessa dal
sole. E anche cos’ c’era bisogno di lenti quasi opache, studiate apposta.
Le dita di Lucky sfrecciarono senza esitazioe e quasi senza consapevolezza sui
comandi. Non sopportava l’idea di perdere quella occasione. Regolò la direzione del
video verso il sole, usando come indicatori i gravimetri.
Poi girò la testa e tuffò la nave verso il bersaglio. Passò un secondo, poi un altro.
Lucky immaginò di percepire un aumento di calore sul collo; si aspettava di essere in
qualche mdo incenerito dalle radiazioni, ma non accadde nulla.
Si voltò lentamente.
Quello che vide sarebbe rimasto impresso nella sua memoria per tutta la vita. Una
superficie splendente, attraversata da grinze e a tratti picchiettata, riempiva il video.
Era una porzione del sole, Lucky sapeva di non poterlo vedere per intero perchè, a
quella distanza, l’astro era venti volte più grande di come appariva dalla Terra e
copriva una porzione delcielo quattrocento volte maggiore.
Si notavano chiaramente due macchie solari, nere contro tutto quel bagliore.
Filamenti d’un bianco acceccante si arricciarono davanti ai suoi occhi e scomparvero.
Erano zone di attività che si spostavano visibil-
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mente attraverso il video, fenomeno che non era dovuto alla rotazione del sole - che,
anche all’equatore non superava i deumila e cinquecento chilometri all’ora - ma
piuttosto alla tremenda velocità della Shooting Starr.
Mentre Lucky guardava, spruzzi di gas rosso fiammeggiante salirono verso di lui,
poco visibili contro lo sfondo abbagliante e pronti a trasformarsi in nerofumo man
mano che si allontanavano dal sole e si raffreddavano.
Lucky spostò ancora il video, inquadrando una porzione dell’orlo; ora i gas
fiammeggianti ( che costituivano le cosidette “prominenze” consistenti in giganteschi
sbuffi d’idrogeno) si innalzavano contro il nero del cielo come pennacchi scarlatti.
Sembrava che galleggiassero nello spazio al rallentatore, assotigliandosi e assumendo
forme fantastiche. Lucky sapeva che ogni prominenza poteva inghiottire una decina
di pianeti grandi come la Terra e che la Terra poteva essere tuffata nella macchia che
vedeva senza nemmeno provocare un eccessivo turbamento.
Lucky disattivò il video stroboscopico con un movimento improvviso. Anche se era
fisicamente al sicuro, nessun uomo poteva guardare il sole a quella distanza senza
essere oppresso da un senso di futilità per la Terra e tutte le cose terrene.

La Shooting starra aveva compiuto metà del suo giro intorno al sole e stava
superando rapidamente le orbite di Mercurio e Venere, con la prua rivolta in direzione
opposta a quella di volo. Decelerava, e i potenti motori principali li facevano da
freno.
Una volta superata l’orbitsa di Venere, Lucky si tolse lo scudo marziano e lo ripose. Il
sistema di raffreddamento della nave faticava a ridurre l’eccesso di calore. L ‘acqua
potabile era ancora spiacevolmente calda e le scatole di cibo erano ricoperte di
bitorzoli dove il liquido interno si era trasformato in bolle di gas.
Il sole rimpiccioliva e Lucky gli diede un’occhiata. Adesso apparive come una sfera
brillante, regolare. Le macchie e le eruzioni non si distinguevano più. Solo la
(130)
corona che nello spazio è sempre visibile mentre sulla Terra si può ammirare soltanto
durante le eclissi, si spingeva in ogni direzione per milioni di chilometri. Al pensiero
di esserci passato attraverso, Lucky rabbrividì involontariamente.
La Shooting Starr passò a venticinque milioni di chilometri dalla Terra e, attraverso il
telescopio, Lucky vide la sagoma familiare ddei continenti che si affacciavano fra i
cumuli di nuvole bianche. Provò una fitta di nostalgia e si sentì sempre più deciso a
tenere la guerra lontana dai miliardi di esseri umani che abitavano il pianeta, poichè
quella era la culla dell’umanità e il punto di partenza dei coloni che ora occupavano i
più remoti sistemi della galassia.
Poi anche la Terra rimpicciolì.
Superato Marte e tuffatosi di nuovo nella fascia degli asteroidi, Lucky si diresse verso
il sistema gioviano, che si può quasi definire un sistema solare in miniatura
all’interno del più grande. Al centro di esso si trova Giove, più grande di Mercurio e
quasi grossa quanto Marte. Inoltre c’erano decine di lune minori, da alcune centinaia
di chilometri di diametro e dimensioni di sassi insignificanti.
Nel telescopio della nave Giove era un glovo giallo sempre più imponente e
attraversato da strisce color arancio, una delle quali si spingeva verso quella che un
tempo era nota come la “Grande macchia rossa”. Tre delle lune pirncipali, compresa
Ganimede, si trovavano da un lato e la quarta dall’altro.
Lucky era in contatto con gli ufficiali del Consiglio sulla Luna da quasi un giorno. Gli
ergometri sondavano lo spazio come dita che si allungassero all’infinito. Aveva
individuato parecchie navi, ma l’unica che gli interessasse era quella con il motore
siriano che avrebbe riconosciuto immediatamente.
Non si sbagliava. Alla distanza di trentacinque mi-
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lioni di chilometri, le prime irregolarità sul tracciato destarono i suoi sospetti. Virò
nella direzione indicata dai segnali e le caratteristiche curve disegnate dall’ergometro
si fecero più pronunciate.
A centocinquantamila chilometri, il telescopio gli mostro un puntino remoto. A
quindicimila chilometri aveva una forma ede era l’astronave di Anton.
A poco più di mille chilometri (con Ganimede ancora lontana ottanta milioni di
chilometri da entrambe le navi) Lucky inviò il primo messaggio, una richiesta per la
quale Anton doveva invertire la rotta verso la Terra. A soli centocinquanta chilometri
Lucky ebbe la sua risposta: uno scoppio d’energia che fece gemere i generatori della
Shooting Starr e la scosse come se si fosse scontrata con un’altra nave.
La faccia di Lucky era stanca e segnata.
La nave di Anton era meglio equipaggiata di quanto pensasse.
(132)
Una parte della risposta

Per un’ora le manovre di entrambe le astronabi furono incerte. Lucky aveva l’unità
miglire e più veloce ma capitan Anton aveva un equipaggio. Questo voleva dire che
ognuno degli uomini poteva dedicarsi ad un compito particolare: uno al mirino, uno
al grilletto e il terzo ai motori, mentre antono dirigeva le operazioni.
Lucky che cercava di fare tutto da solo, doveva affidarsi soprattutto alla propria
loquacia. “Non puoi arrivare su Ganimede, Anton, e i tuoi amici non rischieranno di
sporcarsi le mani prima di sapere che cosa sta succedendo. Sei finito, conosciamo i
tuoi piani. È inutile cercare di mandare un messaggio su Ganimede: stiamo
disturbando le trasmissioni da qui fino a Giove. Non può passare niente...Stanno
arrivando le navi del governo, non ti resta che contare i minuti. Non te ne restano
molti, a meno di arrenderti. Rinuncia Anton, consegnati.”
Tutto questo mentre la Shooting Starr era costretta a scansare il fuoco più pesante che
Lucky avesse mai visto. Non era facile evitare tutti i colpi e le riserve di energia della
nave stavano per esaurirsi. A Lucky sarebbe piaciuto credere che Anton fosse
ugualmente nei pasticci, ma lui poteva permettersi di sparare pochi colpi e quasi
nessuno raggiungeva l’astronave avversaria.
Lucky non osava togliere gli ochhi dallo schermo. Le navi terrestri, per quanto si
affrettassero, non sarebbero arrivate prima di alcune ore. In quel frattempo, se Anton
avesse spinto al massimo la velocità e la Shoo-
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ting Starr si fosse limitata a inseguirlo zoppicante...Se una flotta pirata fosse apparsa
improvvisamente sullo schermo...
Lucky non osava completare qui pensieri. Forse era stato un errore non affidare
l’insegluimento alle navi del governo. No, si disse, solo la Shooting Starr era in grado
di raggiungere Ganimede. Solo a certe velocità l’impresa era possibile. E cosa più
importante, solo con gli ergometri con i quli era equipaggiata la sua nave. Ma ormai
era opportuno chiedere l’intervento della flotta governativa. E se si fossero avvicinati
ancora a Ganimede, azioni ufficiali sarebbero diventate pericolose.
La ricevente di Lucky, aperta già da parecchio tempo, entrò in funzione. La faccia di
Anton riempì lo schermo video, spensierata e sorridente.
“Sei riuscito a sfuggire a Dingo un’altra volta, vedo.” Lucky ribattè: “Un’altra volta?
Allora ammetti che durante il duello a repulsione eseguiva i tuoi ordini!” Un fascio
d’energia mandato verso la Shooting Starr si tramutò in un raggio di forza
dirompente. Lucky scansò la bordata al massimo della velocità e fu schiacciato
dall’accelerazione.
Anton scoppiò a ridere. “Non guardarmi troppo da vicino, ti abbiamo quasi centrato
con una Lulù. Certo che Dingo obbediva agli ordini, sapevamo quello che facevamo.
Dingo ha ignorato per parecchio tempo la tua identità, ma io la conoscevo fin
dall’inizio.”
“Peccato che non ti sia servito. Ti farà piacere sapere che l’abbiamo per così dire,
giustiziato. Non porta bene fare errori, ma questa conversazione ormai non ha più
senso. Volevo farti sapere che mi sono divertito, ma adesso me ne vado.”
“Non puoi andare da nessuna parte.”
“Che ne dici di Ganimede?”
“Ti fermeremo.”
“Con le navi del governo? Non le vedo, e comunque non sono abbastanza svelte.”
“Io lo sono.”
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“E va bene, tu mi hai raggiunto. A che ti è servito? Da come combatti, devi essere
l’unico uomo a bordo. Se l’avessi saputo all’inizio, non l’avrei tirata tanto per le
lunghe. Non puoi contrastare un intero equipaggio”.
A voce basse e intensa, Lucky minacciò: “Vi speronerò. Vi ridurrò in briciole.”
“Farai una brutta fine anche tu ricordalo.”
“Non ha importanza”.
Ti prego, adesso sembri un boy-scout spaziale. La prossima volta reciterai il
giuramento della Pattuglia.”
Lucky alzò la voce:”Uomini della ciurma, ascoltatemi! Se il vostro capo cerca di
squagliarsela in direzione di Ganimede, io speronerò la nave! È la morte certa per
tutti, a meno che non vi arrendiate. Se collaborerete, vi garantisco un processo
regolare e la massima clemenza. Non permettete ad Anton di sacrificare le vostre vite
per i suoi amici siriani.”
“Parla pure, ragazzo, parla pure” disse Anton. “Lascerò che i miei uomini ti ascoltino
tanto sanno benissimo che tipo di processo possono aspettarsi e che genere di
clemenza; un’iniezione di enzimi velenosi.” Le sue dita mimarono il gesto di chi
infila un ago nella pelle di qualcuno. “Ecco cosa otterranno. Non ti temono, ragazzo,
e adesso addio.”
I rivelatori di massa di Lucky oscillarono verso il basso: l’astronave di Anton
acquistava velocità e si allontanava. Lucky guardò il video; dov’erano le navi del
governo? Per lo spazio, dove si erano cacciate?
Accelerò di nuovo e gli aghi dei rivelatori salirono. I chilometri che separavano le
due navi vennero divorati. Quella di Anton fu spinta al massimo e la Shooting Starr
fece altrettanto, ma le prestazioni dell’astronave di Lucky erano superiori.
Il sorriso sul volto di Anton non cambiò.” Siamo ad ottanta chilometri di distanza”
commentò. Poi: “Settanta.” Un’altra pausa. “Sessanta. Hai recitato le preghiere,
giovane difensore della giustizia?”
Lucky non rispose. Per lui non c’era altra scelta che speronare l’avversario. Piuttosto
che lascialro scappare
(135)
piuttosto che permettere lo scatenarsi della guerra, avrebbe fermato il nemico col
suicidio, se non c’era altra scelta. Le navi piegarono una verso l’altra secondo una
lenta tangente.
“Quaranta” disse Anton stancamente. “Non spaventi nessuno, sei uno stupido.
Cambia rotta e vai a casa, Starr.”
“Trenta” ribattè Lucky con decisione. “Hai quindici minuti per arrenderti o morire.”
Anche lui, riflettè, aveva quindici minuti per vincere o morire.
Apparve una figura alle spalle di Anton e si portò l’indice alle labbra pallide, serrate.
Lucky stava per sbattere gli occhi dalla sorpresa, ma per evitare di tradirsi guardò
altrove.
Tutte e due le navi erano al massimo dell’accelerazione.
“Cosa c’è, Starr?” chiese Anton. “Hai paura? Il cuore ti batte forte?” Gli occhi del
pirata guizzavano instancabili sullo schermo e le sue labbra erano leggermente
schiuse.
Lucky ebbe l’improvvisa certezza che Anton si divertisse, che giudicasse la
situazione un gioco eccitante e un mezzo per dimostrare il suo potere. In quel
momento seppe, che non si sarebbe mai arreso, che avrebbe preferito farsi speronare
anzichè ritirarsi. Lucky capì che non c’era scampo.
“Quindici chilometri” annunciò il giovane.
La faccia dietro quella di Anton apparteneva all’eremita. E in mano teneva qualcosa.
“Sei minuti. Ti speronerò, accidenti, ti speronerò.”
Era un fulminatore! Hanse impugnava un fulminatore.
Lucky trattenne il fiato. Se Anton si fosse girato....
Ma il pirata, se possibile, non voleva perdere nemmeno per un solo secondo
l’espressione di Lucky. Godeva dello spettacolo del terrore altrui, e il giovano se ne
rendeva conto. Niente l’avrebbe distolto dal suo divertimento...niente, tranne un
colpo alla schiena. E così accadde.
La morte lo colse così alla sprovvista che il sorriso non fece in tempo a scomparirgli
dalla faccia, e l’espressione
(136)
di crudele soddisfazione gli rimase stampata in volto anche dopo che la vita l’aveva
abbandonato. Anton caddde riverso sullo schermo e la sua faccia campeggiò in
primissimo piano, più grande che al naturale e con gli occhi fissi su Lucky. Il vecchio
Hansen gridò: “indietro, voialtri, volete morire? Ci arrenderemo. Vieni a prenderci,
Starr!”.
Lucky spostò la rotta di deu gradi, quanto bastava a mancarli.
L’ergometro segnalava l’avvicinarsi di navi governative: erano arrivate alla
buon’ora!”
Gli oblò dell’astronave di Anton si illuminarono di luci biance, in segno di resa.

Era proverbiale: la Marina non gongolava quando il Consiglio della Scineza


inteferiva in competenze mlitari, specialmente se “l’ingerenza” era coronata da uno
strepitoso successo. Lucky Starr lo sapeva ed era pronto a sostenere la malcelata
disapprovazione dell’ammiraglio.
L’alto ufficiale disse: “Il dottor Conway ci ha spiegato la situazione con sufficiente
chiarezza. Starr, e apprezziamo la sua azione. Tuttavia la Marina era al corrente del
pericolo siriano già da qualche tempo e aveva sudiato un proprio piano che le
disinvolte iniziative del Consiglio della Scienza hanno vanificato. Questo lo riferisca
al dottor Conway. Il coordinatore mi ha chiesto di collaborare con il Consiglio nelle
prossime azioni della lotta contro i pirati “ma” e qui assunse un’espressione risoluta
“non posso essere d’accordo con la sua proposta di ritardare l’attacco a Ganimede.
Penso che la Marina sia capacissima di prendere da sola le proprie decisioini, quando
si tratta di guerra e vittoria.”
L’ammiraglio era sulla cinquantina e non era abituato a trattare da pari a pari con
nessuno, tanto meno con uno come Lucky, che aveva la metà dei suoi anni. Glilo si
leggeva sulla faccia dura dai baffi brizzolati.
Lucky era stanco. Ora Anton era stato tolto di mezzo e l’equipaggio preso in
consegna, una certa
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spossatezza e un certo rilassamento si erano impadroniti di lui. Riuscì tuttavia, a
conservare un’espressione rispettosa e disse: “Credo che, se daremo una ripulita agli
asteroidi il problema siriano cesserà di esistere”. “Buon Dio, e come intende fare?
Sono venticinque anni che ci proviamo senza successo. Ripulire gli asteroidi è come
cercare un ago nel pagliaio, mentre la base siriana sappiamo dov’è e siamo in grado
di valutarne la forza.” Fece un rapido sorriso. “Oh, immagino che per il Consiglio sia
un fatto sorprendente, ma anche la Marina sta in guardia e fa il suo lavoro. Forse
anche meglio. Per esempio, so che le forze sotto il comando sono sufficienti a
sconfiggere la resistenza di Ganimede. Siamo pronti per la battaglia.”
“Non ne dubito, come non dubito che possiate sconfiggere l’avanguardia di Sirio. Ma
quelli sbarcati su Ganimede non sono che un’avanguardia: siete pronti ad affrontare
una guerra lunga e sanguinosa?”
L’ammiraglio diventò paonazza. “Mi è stato chiesto di collaborare con lei, ma non lo
farò a rischi della sicurezza della Terra. In nessun caso mi presterò a un piano che
consiste nel disperdere le nostre forze tra gli asteroidi mentre una testa di ponte
siriana si trova all’interno del sistema solare.”
“Mi concede un’ora di tempo?” Chiese Lucky. “Un’ora che sfrutteremo per parlare
con Hansen, il prigioniero di Cerere che ho trasferito sulla mia nave poco prima del
suo arrivo, signore.”
“A che servirà?”
“Se mi concede un’ora di tempo glielo mostrerò.”
L’ammiraglio strinse le labbra. “Un’ora può essere decisiva, addirittura senza
prezzo...Va bene, proceda, ma in fretta. Vediamo come va.”
“Hansen!” gridò Lucky senza distogliere lo sguardo dall’ammiraglio.
L’eremita emerse dalla cambusa. Aveva un’aria stanca ma riuscì a sorridere a Lucky.
A quanto pareva il soggiorno sull’astronave pirata non aveva piegato il suo morale.
Disse: “Stavo ammirando la tua nave, Starr. È un vero gioiello delle tecnica.”
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“guardi da questa parte” disse l’ammiraglio”e non perda tempo. Deve muoversi,
Starr! Non mi importa un fico secco della sua nave.”
“La situazione è questa, Hansen. Abbiamo fermato Anton grazie al tuo inestimabile
aiuto, di cui ti ringrazio. In questa maniera abbiamo rinviato l’inizio delle ostilità con
Sirio, ma ci serve qualcosa di più che un rinvio. Dobbiamo eliminare completamente
il pericolo e, come l’ammiraglio ti dirà, abbiamo a disposizione pochissimo tempo.”
“Come posso aiutarvi?” chiese Hansen.”
“Rispondende alle mie domande”.
“Con piacere, ma ti ho già detto tutto quello che so. Midispiace di poter essere così
poco utile.”
“Eppure i pirati credevano che fossi un uomo pericoloso. Hanno rischiato molto per
riaverti nelle loro mani.”
“Non riesco a spiegarmelo”.
“Forse sai qualcosa senza esserne cosciente...Qualcosa che potrebbe risultare
pericolossisimo, per loro.”
“Non vedo in che modo”.
“Bè si fidavano di te. Secondo le informazioni che mi hai dato, sei un uomo ricco
grazie agli ottimi investimenti che hai fatto sulla Terra. Certo te la passavi molto
meglio dell’eremita medio e i pirati ti trattavano bene, o almeno non ti maltrattavano.
Non hanno tentato di saccheggiare la tua tana, anzi, hanno rispettato i tuoi beni.”
“Ricordati, Starr, che in cambio li aiutavo”.
“Non molto. Hai detto che davi loro il permesso di atterrare sull’asteroide e accettavi
di tenere in custodia un prigioniero di tanto in tanto; questo è tutto. Se ti avessero
semplicemente sparato, d’altronde, avrebbero avuto l’asteroide a loro disposizione
senza correre il rischio che tu diventassi un informatore. Perchè alla fine, come sai, lo
sei diventato.”
Hansen abbassò gli occhi. “Eppure è andata proprio così, ti ho detto la verità.”
“Si quello che hai detto è vero, ma non è tutto. Secondo me i pirati dovevano avere
un’ottima ragione
(139)
per fidarsii così ciecamente di te. Dovevano sapere che, se ti fossi presentato alle
autorità terrestri, per te sarebbe stata la fine”.
“Io stesso l’ho ammesso” gli ricordò timidamente Hansen.
“Mi hai detto che, aiutando i pirati, ti eri reso loro complice, ma loro si sono fidati di
te fin dalla prima volta che sono arrivati, quindi prima che tu cominciassi ad aiutarli.
Altrimenti ti avrebbero ammazzato allora. Adesso, facciamo qualche ipotesi. Direi
che una volta prima di trasformarti in eremita, eri anche tu un pirata e Anton e quelli
come lui lo sapevano. Che cosa rispondi?”
Hansen sbiancò . Lucky insistè: “Che cosa rispondi, Hansen?”
La voce di Hansen si era ridotta a un sussurro. “Hai ragione, Starr. Una volta ho fatto
parte di una ciurma pirata. È stato molti anni fa e ho cercato di dimenticare. Mi sono
ritirato su quel piccolo asteroide e ho fatto del mio meglio per scomparire agli occhi
del mondo. Quando una nuova fazione di pirati si affermò nel sistema e mi costrinse a
collaborare, non ebbi altra scelta che aiutarli.
“Quando tu sei arrivato, ho capito che per la prima volta avevo la possibilità di
uscirne fuori: la possibilità di di correre il rischio, di affrontare la legge. Dopo tutto
sono passati venticinque anni e ho pensato che aver salvato la vita a un membro del
Consiglio della Scienza mi avrebbe riscattato. Ecco perchè ero così ansioso di
affrontare gli invasori della base di Cerere; volevo segnare un altro punto a mio
favore. Alla fine ho ucciso Anton, salvandoti la vita per la seconda volta e dando alla
Terra la possibiltià di volgere a suo vantaggio la lotta contro i siriani. Tu stesso me
l’hai detto. Forse, in questo modo una guerra verrà evitata. Sono stato un pirata,
Lucky Starr, ma ormai quei tempi sono finiti e credo di aver pareggiato i conti.”
“Bene” disse Lucky “almeno per quanto mi riguarda. Adesso hai qualche
informazione che non ci hai fornito prima?”
Hansen scosse la testa.
(140)
Lucky osservò: “Eppure non ci avevi detto di essere stato un pirata”.
“Era irrilevante e del resto l’hai scoperto da solo. Non ho cercato di negarlo.”
“Va bene, vediamo di capire se c’è qualcos’altro che non proverari a negare. Vedi,
ancora non hai detto tutta la verità.
Hansen parve sorpreso. “Che altro resta?”
“Il fatto che non hai smesso di essere un pirata. Che sei la persona di cui una sola
volta gli uomini di Anton hanno fatto menzione in mia presenza, dopo il duello con
Dingo. Il cosidetto Capo. Tu, hansen, sei il cervello dei pirati, degli asteroidi!”
(141)

La risposta definitiva

Hansen balzò dalla sedia e rimaase in piedi, respirando a fatica.


L’ammiraglio, non meno sbalordito, gridò: “Grande galassia, Starr, che stai dicendo?
Parla sul serio?.”
Per tutta risposta Lucky Starr continuò: “Mettiti giù, Hansen, cerchiamo di ricostruire
la storia e di vedere come suona. Se mi sbaglio, da qualche parte salterà fuori una
contraddizione. Tutto cominicia con l’arrivo di antono sull’Atlas; Anton era un uomo
intelligente e capace, anche se aveva una mente distorta. Non si fidò di me e non
credette alla mia storia, anzi mi scattò una foto tridimensionale - e cosa non difficile
anche se non poteva permettersi il lusso di farsi scoprire - e la mandò al Capo in
attesa di istruzioni. Il capo credette di riconoscermi: se eri tu, Hansen, il conto torna
perchè quando ci siamo incontrati mi hai riconosciuto effettivamente. “Il misterioso
cervello dell’organizzazione inviò l’ordine di uccidermi e Anton ebbe il piacere di
eseguire la sentenza simulando un regolare duello con Dingo. In realtà Dingo
ricevette istruzioni precise, Anton lo ha ammesso nella nostra ultimaconversazione:
doveva eliminarmi nello spazio. Ma io tornai vivo e vegeto, e antono aveva dato la
sua parola che, in caso di vittoria, mi avrebbe permesso di unirmi all’organizzazione.
A questo punto nemmeno tu potevi farfe più niente; per questo ordinasti di portarmi
sul tuo asteroide”.
Hansen scattò: “Ma è pazzesco! Non ti ho fatto nessun male, anzi ti ho salvato. Ti ho
dato la possibilità di raggiungere Cerere.”
(142)
“Infatti ma sei venuto con me. Orai. Il mio piano consisteva nell’infiltrarmi
nell’organizzazione e raccogliere le informazioni dall’interno; tu hai avuto la stessa
idea alla rovescia, applicandola con più successo. Mi hai portato su Cerere e mi sei
venuto dietro: lì hai scoperto come eravamo impreparati e quanto sottovalutassimo
l’organizzazione pirata. Significava che potevate attuare il vostro piano con la
massima velocità.

“A questo punto l’attacco a Cerere acquista il suo pieno significato. Penso che in
qualche modo tu sia riuscito a comunicare con Anton, cosa non impossibile con una
trasmittente tascabile e con l’uso di un codice appropriato. Ti sei precipitato nei
corridoi della base non per combattere i pirati ma per unirti a loro. Infatti non ti
hanno ucciso ma solo “catturato”: molto strano, perchè se la tua storia fosse vera
saresti stato un pericoloso informatore ai loro occhi e ti avrebbero disintegrato nel
momento stesso in cui fossi capitato a tiro. Inveco non ti hanno fatto del male, anzi ti
hanno caricato sull’ammiraglia di Anton e portato con loro verso Ganimede. Non eri
nemmeno legato, nemmeno sotto sorveglianza. Hai potuto strisciare indisturbato alle
spalle di Anton e ammazzarlo a tradimento.”
Hansen gridò: “Quello che conta è che l’ho ammazzato! Perchè l’avrei fatto, in nome
della Terra, se fossi quello che dici?”.
“Perchè lui era pazzo. Era pronto a farsi speronare piuttosto che arrendersi e perdere
la faccia. Tu avevi piani più grandiosi e non avevi intenzione di morire per fargli
piacere. Sapevi che, anche se avessimo impedito ad Anton di arrivare su Ganimede,
non sarebbe successo niente di grave a parte un ritardo. Attaccando Ganimede di lì a
poco, avremmo provocato comunque la guerra; quanto a te, avresti continuato a fare
la parte dell’eremita fino a che si fosse presentata l’opportunità di scappare. Poi
avresti ripreso la tua vera identità. Che cos’erano la vita di Anton e la perdita di una
nave in confronto di tutto questo?”
hanse replicò: “Che prove hai? Si tratta di ipotesi e nient’altro!”
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L’ammiraglio, che aveva seguito la conversazione spostando gli occhi da uno
all’altro, si scosse. “Starr, quest’uomo è mio. Ci faremo rivelare tutto quello che sa,
non ne dubiti.”
“Non c’è fretta, ammiraglio, non ho ancora finito...
“Ipotesi”, hai detto? Continuiamo. Quando ho cercato di tornore al tuo asteroide, hai
detto che non ricordvai le coordinate. Un fatto molto strano, nonostante le tue
affannose spiegazioni. Io le ho ricalcolate in base alla traettoria inversa, quella che
avevamo seguito per andare dall’asteroide, a Cerere e ho scoperto che la loro
indicazione era per lo meno ambigua: stando ai dati che avevo, infatti, l’asteroide
veniva a trovarsi in una delle zone proibite, dove, secondo il corso naturale degli
eventi, non potrebbe esssercene nessuno. Poichè ero sicuro che i miei calcoli erano
esatti, sapevo che quel dannato Sasso doveva trovarsi lì contro ogni legge naturale”.

“He? Cosa?”Fece l’ammiraglio.


“Voglio dire che un asteroide, se è abbastanza piccolo, non deve necessariamente
viaggiare nella sua orbita. Può essere equipaggiato con motori iperatomici e uscire
dall’orbita come se fosse un’astronave. Hansen, puoi spiegare in un altro modo la sua
presenza nella zona proibita?”
Hansen andò su tutte le furie. “Dire una cosa non è certo dimostrarla. Non so perchè
mi stai facendo questo, Starr. È un Trucco? Un modo per mettermi alla prova?”
“Nessun Trucco, Hansen” disse Lucky. “Sono tornato e ho trovato l’asteroide dove
mi aspettavo che fosse. Non pensavo che lo avresti spinto troppo lontanto. Un
asteroide mobile ha certi vantaggi: anche se viene scoperto e la sua orbita viene
calocolata, osservatori e inseguitori possono sempre essere ingannati da un
improvviso spostamento. Tuttavia ci sono dei rischi. Un astronomo che l’osservi al
telescopio può chiedersi come mai un asteroide esca dall’eclittica o si spinga
addirittura nella zona proibita. E se fosse abbastanza vicino, potrebbe domandarsi
cheh cosa siano i bagliori di luce che corrispondono ai razzi.
(144)
“Già una volta immagino, ti eri mosso per venire incontro alla nave di Anton e
facilitare la mia consegna nelle tue mani. Ero certo che dopo quella bravata non ti
saresti allontanato eccessivamente, forse il minimo indispensabile a nasconderti nel
più vicino ammasso di pianetini. Così sono tornato e ho cercato quello che
corrispondeva alle dimensioni e alla forma del tuo. L’ho trovato e ho scoperto che in
realtà era una base, una fabbrica e un magazzino contemporaneamente, e una volta
atterrato ho sentito l’inconfondibile ronzio dei motori iperatomici. Importazone
siriana, credo.”
Hansen esclamò: “Qeulle era il mio asteroide”. “No? Ho trovato Dingo che mi
aspettava e lui si è vantato che non aveva avuto bisogno di seguirmi: sapeva dov’ero
diretto. Questo significa una sola cosa: sapeva che intendevo tornare al tuo asteroide.
D a ciò concludo che sullo stesso Sasso si trovavano la tua casa a un’estremità e la
base pirata all’altra.”
“No, no” girdò Hansen. “Lascio giudicare all’ammiraglio. Ci sono migliaia di
asteroidi della forma e dimensione del mio e non sono responsabile delle
affermazioni fatte da un pirata”.
“C’è una prova che forse ti sembrerà più convincente” disse Lucky. “Vicino alla base
pirata c’era una valle racchiusa da due spuntoni di roccia: una valle piena di scotelette
di viveri usate.”
“Scatolette?” gridò l’ammiraglio. “Per la galassia, Starr, questo che c’entra?”
“Hansen buttava le scatole vuote in una valletta come quella che ho descritto. Mi ha
detto anche che l’idea di essere accompagnato in orbita dai suoi rifiuti non gli andava.
Il credo che ci fosse un’altra ragione per cui questa prospettiva non gli piaceva: e cioè
che non voleva farsi troppa pubblicità. La prima volta che abbiamo lasciato
l’asteroide insieme, ho visto quella specie di deposito, e quando sono stato condotto
alla base pirata l’ho visto un’altra volta. Per questo sono certo che i due asteroidi
siano in realtà uno solo. Guradi quest’uomo, ammiraglio, e mi dica se può dubitare
del fatto che io abbia ragione.”
(145)
La faccia di Hansen era contorta dall’ira. Non sembrava più lo stesso uomo e ogni
traccia di benevolenza in lui era scomparsa. “Va bene e con questo? Che cosa
vorresti?”
“Voglio che chiami Ganimede, sono certo che tu abbbia preso accordi precisi con
quella gente. Ti conoscono, quindi dirai loro che gli asteroidi si arrendono alla Terra e
che, se necessario, si uniranno a noi nella lotta contro Sirio”
Hansen scoppio a ridere. “Perchè dovrei? Hai preso me, non gli asteroidi. Non
riuscirete mai a ripulirli.”
“Ci riusciremo a patto di catturare la tua base. Immagino che li troveremo tutte le
informazioni sugli altri nascondigli.”
“Provaci” ribattè Hansen, furente. “Prova a localizzarla in mezzo a mille altre
pietruzze dello spazio.” L’hai detto tu stesso che può muoversi.”
“Non sarà difficile” disse Lucky. “C’è il tuo famoso deposito di scatolette.”
“Fai pure. Controlla ogni asteroide fino a che non l’avrai trovato. Ci vorrà un milione
di anni.”
“No solo un giorno o due. Quando ho lasciato la base pirata, mi sono fermato il
tempo necessario a incenerire le tue famose scatolette con un raggio termico. Ma non
dovrei usare questo verbo, perchè in realtà le ho fuse e le ho lasciate raffredddare fino
a quando si sono trasformate in una massa di metallo scintillante e bitorzoluto. Poichè
un c’è atomosfera che possa corroderla, la superficie brillerà come quella delle porte
che si usano nei duelli a repulsione: il riflesso del sole splende in raggi compatti.
All’osservatorio di Cerere basterà scrutare il cielo in cerca di un asteroide dieci volte
più brillante del normale rispetto alle sue dimensioni. La ricerca è cominciata ancora
prima che partissi per intercettare Anton.”
“È una bugia”.
“Davvero? Molto prima di raggiungere il sole ho ricevuto un messaggio subterico e
una fotografia. Eccola.” Lucky la estrasse da sotto un tampone. “Il puntino luminoso
con la freccia che lo indica è il tuo asteroide.”
Pensi di farmi paura?”
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“Così dovrebbe essere. Le navi del Consiglio sono già atterrate lassù.”
“Cosa?” ruggì l’ammiraglio.
“Non c’era tempo da perdere, signore” disse Lucky. “Abbiamo trovato l’alloggio di
Hansen all’estremità opposta rispetto alla base pirata e abbiamo scoperto le gallerie
tramite le quali è collegato ad essa. Ho qui alcuni documenti inviati via sub-etere che
contengono le coordinate di tutte le base sussidiarie di questi malfattaroi. Abbiamo
persino delle fotografie. Che ne dici, Hansen?.”
Hansen, impotente, si guardò le mani.
Con un miscuglio di stupore e di invidia, l’ammiraglio chiese: “Il Consiglio ha
ripulito gli asteroidi? Ha fatto il lavoro senza nemmeno consultare la Marina?”.
Lucky insistè: “La tua risposta, Hansen”.
Hansen disse: “che differenza fà? Li chiamerò.”

Conway, Henree e Bigman erano allo spazioporto per accogliere Lucky di riotorno
sulla Terr. Pranzarono insieme nella nella Sale di Vetro in cima al Planet Restaurant,
le cui pareti di cristallo ricurvo mostravano lo spettacolo della città sottostante. Mille
luci ammiccavano molto più in basso.
Henree disse: “E’ una fortuna che gli uomini del Consiglio siano riusciti a penetrare
nelle basi pirata prima della Marina. L’azione militare non avrebbe risolto il
problema.”
Conway annuì. “Hai ragione, avrebbero ottenuto solo di liberare gli asteroidi per la
prossima generazione di pirati. La maggior parte di quegli avventurieri non era
conscia del fatto che stava combattendo una guerra segreta a favore di Sirio. Si
trattava per lo più di gente normale alla ricerca di una vita migliore. Penso che riu
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sciremo a convincere il governo a proclamare un’ammistia generale e assolvere tutti


coloro che non abbiano partecipato attivamente ad azioni sanguinose.”
“In realtà,” disse Lucky “aiutandoli a continuare lo sfruttamento degli asteroidi e
finanziando l’espansione delle colture di lievito con la fornitura di acqua, aria ed
energia, costruiremo una difesa per il futoro. La miglior protezione contro il crimine
sugli asteroidi è una comunità pacifica e prospera. Solo così si può ottenere la pace.”
Bigman intervenne con foga: “Non illuderti. Avremo la pace solo finchè Sirio non
deciderà di riprovarci.” Lucky mise una mano sulla testa dell’amico e gli scompigliò i
capelli. “Bigman, credo che tu sia l’unico a rimpiangere di non aver potuto fare una
bella guerra. Cos’hai? Non ti va un po' di ripso?.”
Conway disse: “Sai Lucky, avresti dovoto dirci di più quando era il momento.”
“Mi sarebbe piaciuto,” risposeil giovane “ma per me era indispensabile avere a che
fare con Hansen da solo. Era una questione personale e molto importante.”
Quando ha sospettato di lui per la prima volta. Lucky? Che cosa lo ha tradito?.”
Domandò Conway. “ il fatto che l’asteroide fosse scivolato nella zona proibita?”
“Quello è stato l’ultimo indizio,” ammise Lucky” ma un’ora dopo averlo incontrato
sapevo già che non era un semplice eremita e ho capito che per me era la persona più
imporante della galassia.”
“Che vuoi dire?” Conway affondò la forchetta nell’ultimo pezzo di bistecca e lo
mangiò con soddisfazone.
“Hansen mi riconobbe come il figlio di Lawrence Starr e mi disse che aveva
incontrato mio padre solo una volta, cosa che poteva avere un’unica spiegazione.
Dopo tutto i membri del Consiglio della Scienza non si fanno molta pubblicità, e per
avermi riconsciuti era indispensabile che Hansen avesse incontrato personalmente
mio padre.
“Ma c’erano due fatti strani. Il vecchio disse che la
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somiglianza si accentuava quando mi arrabbiavo: eppure da quanto di avete detto voi,
zio Hector e zio Gus, papà si arrabbiava raramente. Parlando di lui l’aggettivo che
usavate più spesso era “allegro”. Poi quando Hansen è arrivato su Cerere, non ha
riconosciuto nessuno di voi, e i vostri nomi non gli hanno detto niente.”
“Che c’è di male in questo?” Chiese Henree.
“Papà e voi eravate inseparabili, vero? Com’è possibile che Hansen avesse
conosciuto lui e non voi? Un incontro, per di più avvenuto in un momento in cui mio
padre era arrabbiato e in circostanze tali che hanno fissato per sempre la sua ira nella
memoria di Hansen, al punto da permettergli di riconoscermi dopo venticinque anni...
“C’è solo una spiegazione. Mio padre si separò da voi solo in occasione del viaggio a
Venere, suo ultimo viaggio, Hansen quindi deve aver partecipato al massacro e non
come semplice membro della ciurma. Gli uomini che fanno della manovalanza
crimilane non diventano tanto ricchi da costruirsi un asteroide di lusso e non passano
venticinque anni, in barba alle rappresaglie della polizia, a organizzare da zero una
nuova e più pericolosa associazione a delinquere. Credo quindi che fosse il capo degli
assalitori. A quell’epoca doveva avere trent’anni: un’età sufficiente per comandare
una nave.”
“Per lo spazio!” Esclamò Conway.
Bigman urlò indignato:”E non l’hai ammazzato?.”
“Avevo affari più urgenti e più importanti che sistemare una faida personale.
Quell’uomo ha ucciso mio padre e mia madre, è vero, ma dovevo usare i guanti
bianchi con lui, almeno per un po'”.
Lucky si portò la tazza di caffè alle labbra e ammirò lo spettacolo della città.
“Hansen passerà il resto della vita in una prigione su Mercurio, che è una punizione
più efficace di una morte indolore. Quanto ai siriani, hanno lasciato Ganimede, e
questo vuol dire che si sarà la pace. Per mè è un piacere dieci volte superiore alla
morte del mio nemico e un omaggio migliore alla memoria dei miei genitori.”

fine

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