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Il sistema delle coordinate cartesiane è uno dei possibili sistemi per individuare la posizione di un
punto del piano, relativamente ad un punto fisso O, mediante una coppia ordinata di numeri. Un altro
sistema è quello delle coordinate polari. Un riferimento polare è individuato da:
Ad ogni coppia (ordinata) di numeri ( ρ ,θ ) corrisponde uno ed un solo punto P del piano. Il ,
viceversa non è vero.
Viceversa un punto P può venire descritto come (ρ ,θ + 2kπ ) dove k è un intero positivo qualsiasi,
incluso lo zero.
In particolare le coordinate polari del polo possono essere date come (0,θ ) con θ arbitrario. Il
numero ρ strettamente positivo è detto raggio vettore di P, mentre l'angolo θ , che è
determinato a meno di multipli di 2π, è detto anomalia di P.
Il punto P (− ρ ,θ ) appartiene alla semiretta opposta alla semiretta di anomalia θ ovvero (− ρ ,θ ) e
(ρ ,θ + π ) sono le coordinate dello stesso punto. Pertanto un punto P può essere descritto come
(ρ ,θ ± 2kπ ) o (− ρ ,θ ± (2k + 1)π ) vedi esempio successivo.
Osservazioni
1. Tutti i punti del piano si ottengono prendendo il valore principale dell'anomalia, cioè facendo
variare ϑ da zero incluso a 2π escluso. Però la limitazione 0 ≤ ϑ ≤ 2π conduce a discontinuità
per i punti dell'asse polare: se un punto P si muove su un arco di curva che attraversi l'asse
polare in un punto M, la sua anomalia tenderebbe a zero ovvero a 2π a seconda che P si
avvicini ad M da una parte o dall'altra. Per questo si preferisce definire l'anomalia a meno di
multipli di 2π .
2. Il luogo dei punti che hanno un dato raggio vettore: ρ = a , è la circonferenza di centro O e
raggio a .
3. Il luogo dei punti che hanno una data anomalia (ϑ = ϑ0 ) è la semiretta per O che forma
l'angolo ϑ0 con l'asse polare, mentre la semiretta opposta è il luogo dei punti la cui
anomalia è ϑ0 + π .
Esempio
π
Il punto P 1, ha le seguenti rappresentazioni:
4
π 7
P 1, P 1,− π
4 4
5 3
P − 1, π P − 1,− π
4 4
5 3
1, π 1,− π
4 4
π 5
1, ± 2kπ − 1, ± 2kπ k = 0, 1, 2…
4 4
Cambiamento di variabile
Un riferimento cartesiano ortogonale ed un riferimento polare si dicono associati se:
Nelle condizioni precedenti ogni punto P del piano, distinto da O, ha due coordinate polari (ρ ,0) e
due coordinate cartesiane ( x, y ) . Le formule di passaggio dalle coordinate polari a quelle cartesiane
sono date da
x = ρ cos θ e y = ρ sin θ
Le formule inverse,che esprimono le coordinate polari in funzione delle coordinate cartesiane, sono
date da
ρ = x2 + y2
x y y
cos θ = sin θ = tan θ =
x2 + y2 x2 + y2 x
2. Le equazioni
ρ 2 = a 2 cos 2ϑ , ρ 2 = −a 2 cos 2ϑ
ρ 2 = a 2 sin 2ϑ , ρ 2 = −a 2 sin 2ϑ
3. Le equazioni
ρ = aϑ a ≥ 0 , ρ = aϑ a ≤ 0
rappresentano spirali, note come spirali di Archimede, che si avvolgono intorno all'origine,
rispettivamente nel verso antiorario (ϑ ≥ 0 ) e nel verso orario (ϑ ≤ 0 )
Osservazioni
x = f (ϑ ) cos ϑ , y = f (ϑ )sin ϑ .
x = ϑ cos ϑ , y = ϑ sin ϑ .
ii. Per tracciare il grafico di una curva f = f (ϑ ) data in coordinate polari è opportuno calcolare
il valore di ρ per alcuni valori ϑ ;
trovare i punti in cui ρ e f ′(ϑ ) sono uguali a zero;
studiare il segno di f ′(ϑ ) ;
individuare le eventuali simmetrie.
a
ρ cos θ = a ovvero ρ =
cos θ
y=b
b
ρ sin θ = b ovvero ρ =
sin θ
y = mx
θ0
arctan m m≥0
θ= ovvero θ = θ 0 θ0
arctan m + π m<0
Dove θ 0 è l’angolo che la retta per l’origine forma con l’asse polare.
n
ρ sin θ = ρ m cosθ + n ovvero ρ =
sin θ − m cos θ
5. Sostituendo x = ρ cos θ e y = ρ sin θ nelle equazioni delle seguenti circonferenze:
i ) x 2 + y 2 = 2ax a>0
ii ) x 2 + y 2 = −2ax “
iii ) x 2 + y 2 = 2ay “
iv ) x 2 + y 2 = −2ay “
i) ρ = 2a cos θ a>0
ii ) ρ = −2a cos θ “
iii ) ρ = 2a sin θ “
iv ) ρ = −2a sin θ “
ρ =a a>0
Osservazione
x = f (θ ) cos θ y = f (θ )sin θ
x = θ cos θ y = θ sin θ
Numeri complessi
z= x+ j y
(detta forma algebrica del numero complesso z) dove x e y sono numeri reali chiamati
rispettivamente parte reale e parte immaginaria del numero complesso e si indicano con:
x = Re{z} , y = Im {z}
( j )2 = 1
Il numero complesso
z =x- jy
è il coniugato di
z =x + jy
z1 = x1 + j y1 e z 2 = x 2 + j y 2
1
Un numero complesso z = x + j y è rappresentato nel piano XOY da un punto P di
coordinate (x,y) o da un vettore la cui origine si trova nel punto O(0,0), il cui estremo nel
punto P(x,y).
La lunghezza ρ del vettore (P-0) è chiamata modulo del numero complesso e si indica
con z :
ρ = z = x2 + y2
Da cui
Re{z} = x ≤ z ; Im{z} = y ≤ z .
L’angolo θ che il vettore (P-0) forma con la direzione positiva dell’asse X è chiamato
argomento del numero complesso e si indica con θ = Arg z ; l’argomento di un numero
complesso è determinato in modo non univoco, cioè a meno di multipli interi di 2π :
− π < arg z ≤ π
tali che:
y
arctan se x > 0
x
y
π + arctan se x < 0, y ≥ 0
x
y
arg z = − π + arctan se x < 0, y < 0
x
π
se x = 0, y > 0
2
π
− se x = 0, y < 0
2
2
valgono le sguenti condizioni
y y y x x
tan(Arg z) = , sin(Arg z) = = , cos(Arg z) = =
x z x 2 + y2 z x 2 + y2
z1 + z 2 = (x1 + x 2 ) + j (y1 + y 2 );
z1 − z 2 = (x1 - x 2 ) + j (y1 − y 2 );
z1 z 2 = (x1x 2 - y1 y 2 ) + j (x1 y 2 + x 2 y1 );
da cui
2
z z = x2 + y2 = z = z
2
3
Si dice quoziente della divisione del numero complesso z1 per un numero complesso
z2 ≠ 0 un numero complesso z tale che l’equazione z1 = z1z sia soddisfatta; vale la
formula
z1 z1 z 2 z z2
= = 1 2
z2 z2 z 2 z2
In particolare è
1 z z
= = 2
z zz z
La parte reale Re{z} e quella immaginaria Im{z} del numero complesso z si esprimono
mediante i numeri complessi coniugati nel modo seguente:
z1 z1
z1 + z 2 = z1 + z 2 , z1 z 2 = z1 z 2 , =
z 2 z2
Dimostriamo che z1 z 2 = z1 z 2
Infatti è
2
= ( z1 z 2 )( z1 z 2 ) = ( z1 z 2 )( z1 z 2 ) = ( z1 z1 )( z 2 z 2 ) = z1
2 2
z1 z 2 z2
Poiché i moduli sono non negativi, il risultato segue prendendo le radici quadrate di ambo i
membri.
4
Dimostriamo ora la disuguaglianza triangolare:
z1 + z 2 ≤ z1 + z 2
Abbiamo
z1 + z 2 = ( z1 + z 2 )( z1 + z 2 ) = ( z1 + z 2 )( z1 + z 2 ) = z1 z1 + z 2 z 2 + ( z1 z 2 + z1 z 2 ) =
2
+ z2 + ( z1 z 2 + z1 z 2 ) = z1 + z2 + 2 Re{z1 z 2 } ≤ z1 + z2 + 2 z1 z 2 =
2 2 2 2 2 2
z1
+ z2 + 2 z1 z 2 = ( z1 + z 2 )
2 2 2
z1
Il risultato precedente può essere esteso, per induzione, per dimostrare che
z1 + ... + z n ≤ z1 + ... + z n
z1 ≤ z1 − z 2 + z 2
da cui z1 − z 2 ≥ z1 − z 2
Allora
5
Cioè moltiplicando due numeri complessi i loro moduli si moltiplicano e gli argomenti si
sommano:
z1 ρ1
ii) = [cos( θ1 − θ 2 ) + j sin(θ1 − θ 2 )]
z2 ρ2
da cui
z1 z z
= 1 , Arg 1 = Arg z1 - Arg z 2
z2 z2 z2
z = ρ (cos θ + jsin θ )
Cioè
da cui
6
Se definiamo e jθ come segue
e jθ = cos θ + jsin θ
da quanto precede si deduce che ogni numero complesso z ≠ 0 può essere scritto in forma
esponenziale
z = ρe jθ dove ρ = z e θ = Arg z
7
Radici n-esime
z = ρe jθ dove ρ = z e θ = Arg z
wn = z
w = re jα dove r = w e α = Arg w
r n e jnα = ρ e jθ
da cui
θ + 2kπ
r=n ρ e α= k = 0, ± 1, ± 2,...
n
Dove si è tenuto presente che due numeri complessi sono uguali se e solo se i loro moduli
sono uguali (r n = ρ ) e i loro argomenti differiscono per multipli interi di 2π
(nα − θ = 2kπ k = 0, ± 1, ± 2,...).
8
Quindi tutte le radici n-esime di z = ρe jθ sono date da
θ + 2 kπ
j
wk = n ρe n
k = 0, ± 1, ± 2,...
9
funzioni di una variabile complessa
Limiti e continuità
Indicata con z = x + jy una variabile complessa, abbiamo visto che i suoi valori si
rappresentano con i punti P(x,y) in un piano dove sia stato fissato un sistema di assi
cartesiani ortogonali x,y (piano complesso). Sia dato su tale piano un aperto Ω (limitato o
meno) ed esiste una legge, che faccia corrispondere ad ogni punto z di Ω un numero
complesso w . Diremo allora che w è una funzione dalla variabile complessa z definita su
Ω e scriveremo
w = f (z ) z ∈Ω
Resta inteso che, almeno per ora, ad ogni z ∈ Ω corrisponde uno ed un solo valore w,
cioè che la funzione sia ad un sol valore o, come anche si dice, monodroma.
Successivamente parleremo anche di funzioni a più valori o polidrome.
È evidente che una funzione w = f ( z ) equivale ad una funzione complessa delle due
variabili reali x e y ; perciò in luogo di w = f ( z ) scriveremo anche w = f ( x, y ) .
u=u(x,y) ; v=v(x,y)
dove u(x,y) = Re f(z) e v(x,y) = Im f(z).
Il concetto di limite per una funzione w = f ( z ) discende immediatamente dal considerare
w come una funzione delle due variabili reali x e y. Pertanto se z0 è un punto di
accumulazione di Ω diremo che:
lim f ( z ) = L = A + jB
z → z0
f ( z) − L < ε .
Per quanto riguarda il concetto di continuità, f ( z ) è continua nel punto z0 di Ω quindi si ha:
lim f ( z ) = f ( z 0 );
z → z0
10
dire che f (z ) è continua in Ω significa che lo è in ogni punto di Ω.
per ogni numero ε > 0 si può trovare un numero δ = δ (ε , z 0 ) > 0 tale che per tutti i punti z
f ( z) − f ( z0 ) < ε .
f ( z ) = u ( x, y ) + j v ( x, y ) z ∈Ω
risulta
lim [ f ( z ) ± g ( z )] = A ± B
z → z0
lim f ( z ) g ( z ) = AB
z → z0
f ( z) A
lim = B≠0
z → z0 g ( z) B
11
Il piano complesso dotato di punto all'infinito (sfera complessa)
12
corrispondenti immagini sulla sfera complessa.
13
1 Funzione Esponenziale
La funzione esponenziale complessa è definita dall’equazione
w = e z = e x + jy = e x e jy = e x (cos y + j sin y)
da cui tenuto presente che:
segue che:
e z = e z + 2 kπ j
così che la funzione esponenziale e z è periodica ed ha periodo 2πj; in altre parole ogni
valore che la funzione e z può assumere è assunto nella striscia infinita -π < y ≤ π o in
qualsiasi altra striscia ottenibile da questa per traslazione parallela.
ez =1 e z = −1
2 Funzioni trigonometriche
Le definizioni di seno e coseno sono estese al piano complesso nel modo seguente:
e jz − e − jz e jz + e − jz
sin z = cos z =
2j 2
Essendo
1 jx− y
sin z = (e − e − jx+ y ) = cosh y sin x + j sinh y cos x
2j
segue che:
14
Dalla relazione precedente si evince che la funzione sin z non è limitata a meno che z non
sia reale. Analogamente si deduce che cos z non è limitata. Non è difficile dimostrare le
identità fondamentali:
Si osservi che:
sin z = 0 ⇔ e 2 jz = 1 ⇔ 2 jz = 2kπj ⇔ z = kπ
π
cos z = 0 ⇔ e 2 jz = −1 ⇔ 2 jz = (2k + 1)πj ⇔ z = (2k + 1)
2
15
3 Funzioni iperboliche
Le funzioni iperboliche di una variabile complessa sono definite allo stesso modo come
per le variabili reali:
e z + e−z e z − e−z
cosh z = sinh z =
2 2
cosh 2 z − sinh 2 z = 1
In particolare è:
cosh 2 z − 1 cosh 2 z + 1
sinh 2 z = cosh 2 z =
2 2
Si osservi che:
π π
cosh z = 0 ⇔ cos jz = 0 ⇔ jz = (2k + 1) ⇔ z = − (2k + 1) j
2 2
sinh z = 0 ⇔ sin jz = 0 ⇔ jz = kπ ⇔ z = − kπ j
z = e w = e u + jv ⇔ re jϑ = e u e jv ⇔ r = e u e v = ϑ + 2kπ k = 0,±1,±2,...
z = e w ⇔ w = ln | z | + j (ϑ + 2kπ ) k = 0,±1,±2,...
Pertanto la funzione
Dopo aver compiuto nel verso positivo (antiorario) un giro completo intorno all’origine,
ritornando in z risulta | z |=r e ϑ=arg z +2π per cui
Ln z = ln | z | + j (arg z + 2π ).
Ln z = ln | z | + j (arg z + 2kπ ).
17
Poiché gli infiniti valori di ln z si ottengono compiendo giri successivi intorno all’origine si
dice che z = 0 è un punto di diramazione e che ognuna delle infinite funzioni (ad un solo
valore)
è un ramo di w = Ln .z
Ln z = ln z = ln | z | + jϑ ϑ = arg z ∈ (−π , π ]
Esempio.
π π
Ln j = ln | j | + j ( + 2kπ ) = j ( + 2kπ ) k = 0,±1,±2,...
2 2
π π
ln j = ln | j | + j =j
2 2
ln(−1) = ln 1 + j (π + 2kπ ) = j (π + 2kπ )
ln(−1) = jπ
z1
Ln ( z1 z 2 ) = Ln z1 + Ln z 2 e Ln ( ) = Ln z1 − Ln z 2
z2
5 Funzione Potenza
Se z e w sono due numeri complessi qualsiasi con w≠0, chiamiamo valore principale delle
potenze w z , il numero univocamente determinato dall’equazione:
w z = e z ln w
18
dove ln w è il valore principale di Ln w . Scegliendo altri valori di Ln w si ottengono altri
valori della potenza, che sono tutti contenuti nella formula
w z = e z (ln w+ 2 kπj ) = e z Ln w
π π
j( j + 2 kπj ) −( + 2 kπ )
j (ln j + 2 kπj )
j =e
j
=e 2
=e 2
π
-
la cui parte principale è e 2
6 Funzione w = k z
Se a partire dal punto z si compie un giro completo in senso antiorario attorno all’origine
alla fine del giro si ottiene
(ϑ + 2 π )
(ϑ2 +π ) j ϑ2
w1 = r e = re = − re ≠w
j 2
j
Se si compie un giro completo in senso antiorario attorno all’origine una seconda volta,
alla fine del secondo giro otteniamo i valore iniziale
(ϑ + 4 π )
(ϑ2 + 2π ) j ϑ2
w2 = r e = re = − re = w.
j 2
j
19
j ϑ2
w = re 0 ≤ ϑ < 2π
che corrisponde al ramo principale e
ϑ
j ( ϑ2 + π ) j
w = re 0 ≤ ϑ < 2π oppure w=− r e 2
2π ≤ ϑ < 4π .
20
Derivazione Complessa
Sia w = f (z ) una funzione ad un sol valore della variabile complessa z , definita in un
dominio D (aperto connesso) del piano complesso. Per definire il concetto di derivata di
una tale funzione utilizzeremo la stessa definizione che si dà per le funzioni reali di una
variabile reale, definite in intervalli.
Sia z un punto fissato in D e ∆z = ∆x + j∆y un incremento di z tale che z + ∆z stia
ancora in D . Consideriamo il rapporto incrementale:
f ( z + ∆z ) − f ( z ) u (x + ∆x, y + ∆y ) − u ( x, y ) + j (v (x + ∆x, y + ∆y ) − v ( x, y ))
=
∆z ∆ x + j ∆y
f ( z 0 + ∆z ) − f ( z 0 ) f ( z) − f ( z0 )
f ' ( z 0 ) = lim = lim .
∆z →0 ∆z z → z 0 z − z0
Osserviamo subito che ogni funzione derivabile in un punto z è ivi continua. Infatti da
f ( z + ∆z ) − f ( z )
f ( z + ∆z ) − f ( z ) = ∆z
∆z
segue che
lim f ( z + ∆z ) − f ( z ) = f ' ( z ) ⋅ 0 = 0
∆z → 0
Supponiamo che f sia derivabile in D (cioè in tutti i punti di D ); allora ad ogni z ∈ D resta
associato il valore della derivata f ' ( z ) e questa è ovviamente una nuova funzione (ad un
sol valore) definita in D .
Per la derivata sono usate anche le notazioni:
df
Df (z ) , , f ' ( z)
dz
21
Le derivate di ordine superiore si definiscono ovviamente nello stesso modo, per esempio
è
f ' ( z + ∆z ) − f ' ( z )
f ' ' ( z ) = lim .
∆z → 0 ∆z
f ( z + ∆z ) − f ( z )
lim
∆z → 0 ∆z
f ( z + ∆z ) − f ( z ) f ( z + ∆z ) − f ( z )
lim ≠ lim
∆x = 0
∆y → 0
∆z ∆ x →
∆y = 0
0 ∆z
Esempi.
f ' ( z ) = nz n −1 ∀ z∈C .
Infatti risulta
f ( z ) − f (a ) z n − a n
= = z n −1 + az n − 2 + a 2 z n −3 + ...... + a n − 2 z + a n −1
z−a z−a
da cui, passando al limite per z → a , si ottiene
f ' (a ) = na n−1 ∀a ∈ C/ .
Sia f ( z ) = z = x 2 + y 2 e z 0 = x0 + jy 0 . Essendo
f ( z) − f ( z0 ) x 2 + y 2 − x02 + y 02
= [( x − x0 ) − j ( y − y 0 )]
z − z0 ( x − x0 ) 2 + ( y − y 0 ) 2
segue che
22
f ( z) − f ( z 0 ) y0
lim =−j z0 ≠ 0
x = x0
y → y0
z − z0 x 02 + y 02
f ( z) − f ( z0 ) x0
lim = z0 ≠ 0
y = y0
x → x0
z − z0 x 02 + y 02
Poiché i limiti precedenti sono diversi, per quanto osservato in precedenza, si evince che
la funzione f ( z ) = z non è derivabile in C/ − {0}.
f ( z) x
lim = lim
y =0 z x →0 x
x →0
′
f f ' g − fg '
c) =
g g2
d d d z
sin z = cos z ; cos z = − senz ; e = ez
dz dz dz
e così via.
23
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTA’ di INGEGNERIA
DERIVATE PARZIALI
1. DEFINIZIONE
Le derivate parziali prime di una funzione f ( x, y ) rispetto alle variabili x e y sono le funzioni
D1 f ( x, y ) e D2 f ( x, y) date da
f ( x + h, y ) − f ( x, y )
D1 f ( x, y ) = lim
h →0 h
f ( x , y + k ) − f ( x, y )
D2 f ( x, y) = lim
k →0 k
Gli indici “1” e “2” usati per la notazione delle derivate parziali specificano la “prima” variabile e la
“seconda” variabile di f.
La derivata parziale D1 f (a, b) misura la rapidità di variazione di f ( x, y ) rispetto a x nel punto (a,b),
mentre y è mantenuto fisso uguale a b. In termini grafici la superficie z = f ( x, y ) interseca il piano
verticale y = b lungo una curva. Se prendiamo come assi coordinati del piano y = b la retta
orizzontale e la retta verticale passanti per il punto (0, b, 0), allora l’equazione della curva è z =
f ( x, b) e la sua pendenza in x = a è D1 f (a, b) . (vedi figura 1)
Analogamente D2 f (a, b) rappresenta la rapidità di variazione di f rispetto a y in y = b nel punto
(a,b) mentre x è mantenuto costante uguale ad a. La superficie z = f ( x, y ) interseca il piano
verticale x = a lungo una curva z = f ( a, y ) la cui pendenza in y = b è D2 f (a, b) . (vedi figura 1)
Figura 1
1
Università Politecnica delle Marche – Facoltà Ingegneria – Dipartimento Scienze Matematiche
∂z ∂
= f ( x, y ) = fx (x, y) = D1 f ( x, y )
∂x ∂x
∂z ∂
= f ( x, y ) = fy (x, y) = D2 f ( x, y)
∂y ∂y
I valori delle derivate parziali in un punto particolare (a, b) sono indicati in modo simile:
∂z ⎛∂ ⎞
=⎜ f ( x, y ) ⎟ = fx (a, b) = D1 f (a, b)
∂x ( a ,b ) ⎝ ∂x ⎠ ( a ,b )
∂z ⎛∂ ⎞
= ⎜⎜ f ( x, y ) ⎟⎟ = fy (a, b) = D2 f (a, b)
∂y ( a ,b ) ⎝ ∂y ⎠ ( a ,b )
Tutte le regole standard di derivazione delle somme, prodotti, reciproci e quozienti di funzioni di
una variabile continuano a valere per le derivate parziali.
Esempio 1.1
Se:
z = x 3 y 2 + ln( x 2 + y 2 ) + x 2 sin y
Allora :
∂z 2x
= 3x 2 y 2 + 2 + 2 x sin y
∂x x + y2
∂z 2y
= 2x3 y + 2 + x 2 cos y
∂y x + y2
2
Università Politecnica delle Marche – Facoltà Ingegneria – Dipartimento Scienze Matematiche
Esempio 1.2
Determinare ∂z/∂x e ∂z/∂y dove z = x 4 sin( xy 3 ) .
Svolgimento:
∂z ∂ 4 ∂ ∂
= [ x sin( xy 3 )] = x 4 [sin( xy 3 )] + sin( xy 3 ) ( x 4 ) = x 4 y 3 cos( xy 3 ) + 4 x 3 sin( xy 3 );
∂x ∂x ∂x ∂x
∂z ∂ 4 ∂ ∂
= [ x sin( xy 3 )] = x 4 [sin( xy 3 )] + sin( xy 3 ) ( x 4 ) =
∂y ∂y ∂y ∂y
x 4 3 xy 2 cos( xy 3 ) + sin( xy 3 ) ⋅ 0 = 3x 5 y 2 cos( xy 3 ).
Esempio 1.3
Supponiamo che un punto Q si muova lungo l’intersezione della sfera x 2 + y 2 + z 2 = 9 con il
piano x = 2. A che velocità sta variando z rispetto a y quando il punto si trova nella posizione
P(2,1,2)?
Figura 2
Svolgimento:
Dato che la coordinata z del punto P(2,1,2) è positiva, questo punto giace sulla semisfera superiore:
z = 1− x 2 − y2 ,
e dunque per ogni valore fissato di x, la rapidità di variazione di z rispetto a y sulla semisfera
superiore è:
∂z ∂ y
= [(9 − x 2 − y 2 )1 / 2 ] = − .
∂y ∂y 9 − x 2 − y2
In particolare, se x = 2 (vedi figura 2), allora dall’equazione appena trovata segue che la rapidità di
variazione di z rispetto a y nel punto P è:
∂z
= −1 / 2.
∂y ( 2,1)
Il successivo esempio mostra che l’esistenza delle derivate parziali non implica la continuità.
3
Università Politecnica delle Marche – Facoltà Ingegneria – Dipartimento Scienze Matematiche
Esempio 1.4
La funzione
⎧ xy
⎪ 2 (x, y ) ≠ (0,0)
⎪x + y
2
f ( x, y ) = ⎨
⎪
⎪0 (x, y ) = (0,0)
⎩
4
Università Politecnica delle Marche – Facoltà Ingegneria – Dipartimento Scienze Matematiche
Dal momento che le derivate parziali ∂f ∂ x e ∂f ∂ y sono funzioni delle variabili x e y, ognuna di
esse può avere derivate parziali. Ciò dà origine a quattro possibili derivate parziali seconde di f ,
che sono così definite:
∂ 2 z ∂ ∂z
= = f xx ( x, y ) = D11 f ( x, y );
∂x 2 ∂x ∂x
∂ 2 z ∂ ∂z
= = f yy ( x, y ) = D22 f ( x, y );
∂y 2 ∂y ∂y
∂2z ∂ ∂z
= = f yx ( x, y ) = D21 f ( x, y );
∂x∂y ∂x ∂y
∂2z ∂ ∂z
= = f xy ( x, y ) = D12 f ( x, y );
∂x∂y ∂y ∂x
Si osservi che f yx = D21 f indica che si deve derivare prima rispetto ad y oppure rispetto alla
seconda variabile e dopo rispetto a x oppure rispetto alla prima variabile. f xy = D12 f indica l’ordine
di derivazione opposto.
Analogamente, se w = f ( x, y , z ) , allora:
∂3w ∂ ∂ ∂w
= = f yyx ( x, y, z ) = D 221 f ( x, y, z )
∂x∂y 2
∂x ∂y ∂y
Esempio 2.1
Tenuto conto dell’esempio 1.1 si ha:
∂2z 4 xy
= f xy = 6 x 2 y − 2 + 2 x cos y;
∂y∂x (x + y 2 )2
∂2z 4 xy
= f yx = 6 x 2 y − 2 + 2 x cos y;
∂x∂y (x + y 2 )2
Nell’esempio precedente si constata che le due derivate parziali miste rispetto alle stesse variabili,
ma in ordine diverso, sono uguali. Questo risultato non è fortuito, ma si verifica tutte le volte che le
derivate parziali implicate sono continue. Il teorema seguente enuncia in modo preciso questa
importante proprietà, più precisamente fornisce una condizione sufficiente per l’uguaglianza delle
derivate parziali miste.
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TEOREMA 2.1
L’esempio che segue mostra che se una funzione f (x, y ) a valori reali ha le due derivate parziali
miste
∂ ∂f ∂ ∂f
D12 f = e D21 f =
∂x ∂y ∂y ∂x
queste non sono necessariamente uguali.
Esempio 2.2
Per la funzione
x2 − y2
f ( x, y ) = xy (x, y ) ≠ (0,0) e f (0,0) = 0
x2 + y2
risulta D21 f (0,0) = 1 e D12 f (0,0) = −1 . Infatti è
D2 f (h,0) − D2 f (0,0)
D21 f (0,0) = lim
h →0 h
essendo
D2 f (h,0) = h e D2 f (0,0) = 0
Si osservi che:
x2 − y2 4 xy 2
D1 f ( x, y ) = y + xy ( x, y ) ≠ (0,0)
x2 + y2 (x 2 + y 2 )2
D1 f (0,0) = 0 ( x, y ) = (0,0)
y2 − x2 4 yx 2
D 2 f ( x, y ) = − ( x + xy )
x2 + y2 (x2 + y 2 )2
x2 − y2 4 yx 2
D 2 f ( x, y ) = x − xy ) ( x, y ) ≠ (0,0)
x2 + y2 (x 2 + y 2 )2
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D2 f (0,0) = 0 ( x, y ) = (0,0)
D1 f (0, k ) − D1 f (0,0) k
D12 f (0,0)= lim = lim − = −1
h →0 k k
h →0
D2 f (h,0) − D2 f (0,0) h
D21 f (0,0)= lim = lim =1
h →0 k h
h→0
Per derivazioni successive, possiamo ottenere derivate parziali terze oppure derivate parziali di
ordine superiore. Alcune possibilità sono:
∂3 f ∂ ⎛ ∂2 f ⎞ ∂3 f ∂ ⎛ ∂2 f ⎞
= ⎜ ⎟⎟, = ⎜ ⎟;
∂x 3 ∂x ⎜⎝ ∂x 2 ⎠ ∂y 2 ∂x ∂y ⎜⎝ ∂y∂x ⎟⎠
∂3 f ∂ ⎛ ∂2 f ⎞ ∂4 f ∂ ⎛ ∂3 f ⎞
= ⎜ ⎟⎟, = ⎜ ⎟⎟.
∂y∂x 2 ∂y ⎜⎝ ∂x 2 ⎠ ∂y 2 ∂x 2 ∂y ⎜⎝ ∂y∂x 2 ⎠
Derivate parziali di ordine superiore al primo possono essere denotate in modo più compatto tramite
la notazione con pedice. Ad esempio:
∂2 f ∂ ⎛ ∂f ⎞ ∂
= ⎜ ⎟ = ( f x ) = ( f x )y .
∂y∂x ∂y ⎝ ∂x ⎠ ∂y
∂2 f
= f xy .
∂y∂x
Notare che nella notazione “∂” la sequenza delle differenziazioni è ottenuta leggendo da destra
verso sinistra, mentre nella notazione con pedice essa è da sinistra verso destra. Ulteriori esempi
sono:
∂2 f ∂3 f ∂4 f
f xx = , f yyx = , f xxyy = .
∂x 2 ∂x∂y 2 ∂y 2 ∂x 2
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Per una funzione f (x, y, z ) di tre variabili, ci sono tre derivate parziali:
f x ( x, y, z ), f y ( x, y, z ), f z (x, y, z ).
∂w ∂w ∂w
, ,........, , dove ∂w ∂ ν i si ottiene considerando fisse tutte le variabili eccetto ν i e
∂ν1 ∂ν 2 ∂ν n
differenziando rispetto a ν i .
Esempio 3.1
∂ ⎡
x1 + x 2 + ...... + x n ⎤, con i= 1,2,…,n.
2 2 2
Determinare
∂xi ⎢
⎣ ⎥⎦
Svolgimento:
∂ ⎡
⎢
∂xi ⎣
x1 + x 2 + ...... + x n ⎤ =
2 2 2
⎥
1
⋅
∂
⎦ 2 x 2 + x 2 + ...... + x 2 ∂xi
2 2
[
2
x1 + x 2 + ...... + x n = ]
1 2 n
1 xi
=
2 2 2
[2 xi ] = 2 2 2
.
2 x1 + x 2 + ...... + x n x1 + x 2 + ...... + x n
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4. DEFINIZIONE
In ogni punto ( x, y ) dove le derivate parziali prime della funzione f ( x, y ) esistono, il vettore
gradiente ∇f ( x, y ) è definito mediante la relazione
∇f ( x, y ) = grad f ( x, y ) = f1 ( x, y ) i + f 2 ( x, y ) j
Ricordiamo che i e j indicano i vettori unitari della base standard che collegano l’origine
rispettivamente con i punti (1,0) e (0,1). Il simbolo ∇ chiamato del o nabla, è un operatore
differenziale vettoriale:
∂ ∂
∇ =i +j
∂x ∂y
Possiamo applicare questo operatore a una funzione f ( x, y ) scrivendo l’operatore alla sinistra della
funzione. Il risultato è il gradiente della funzione
⎛ ∂ ∂ ⎞
∇f ( x, y ) = ⎜⎜ i + j ⎟⎟ f ( x, y ) = f1 ( x, y ) i + f 2 ( x, y ) j
⎝ ∂x ∂y ⎠
1) ∇(d1 f1 + d 2 f 2 ) = α 1∇f1 + α 2 ∇f 2
2) ∇( fg ) = f ∇ g + g ∇ f
3) ∇( f ) n = n( f ) n −1 ∇ f
f g∇ f −f ∇ g
4) ∇( ) = g≠0
g g2
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Ricordiamo che una funzione f di una variabile è detta differenziabile i x 0 se esiste la sua derivata
in x 0 o, in altre parole, se il limite
f ( x0 + Δx ) − f ( x0 )
f ' ( x0 ) = lim (1)
Δx
esiste. Una funzione f che è differenziabile in un punto x 0 gode di due importanti proprietà:
i) f ( x ) è continua in x 0 ;
ii) la curva y = f ( x ) ha una retta tangente non verticale in x 0 .
Sarebbe ragionevole supporre che una funzione f di due variabili dovrebbe poter essere
differenziabile in (x0 , y 0 ) se è ivi continua e se le due derivate parziali f x ( x0 , y 0 ) e f y (x 0 , y 0 )
esistono. Sfortunatamente, queste condizioni non sono sufficienti per la differenziabilità, in quanto
ci sono funzioni che in un dato punto sono continue e che hanno derivate parziali ma non sono
differenziabili.
Per pervenire ad una definizione appropriata di differenziabilità per funzioni di due variabili, sarà di
aiuto riesaminare il concetto di differenziabilità per funzioni di una variabile. Assumendo, per il
momento, che f sia una funzione di una variabile differenziabile in x = x0 , la (1) può essere riscritta
come:
Δf
f ' (x 0 ) = lim
Δx → 0 Δ x
(2)
o, ugualmente, come:
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⎡ Δf ⎤
lim ⎢ − f ' ( x 0 )⎥ = 0
Δx → 0 Δx
⎣ ⎦
(3)
dove
Δf = f ( x0 + Δx ) − f ( x0 )
Δf
ε= − f ' (x0 )
Δx
(4)
allora da questa formula segue che
lim ε = 0
Δx → 0
(6)
Le formule (5) e (6) conducono alla seguente definizione alternativa di differenziabilità per funzioni
di una variabile.
DEFINIZIONE 1.1
Una funzione f di una variabile è detta differenziabile in x 0 se esiste un numero f ' (x0 ) tale che Δy
ovvero Δf possa essere scritto nella forma
Figura 3
11
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Δ f = f ( x 0 + Δx, y 0 + Δy ) − f ( x 0 , y 0 )
(8)
(vedi figura 3). Se si usa una variabile dipendente z = f ( x, y ) , allora potremo scrivere Δ z piuttosto
che Δ f.
Figura 4
Con riferimento alla definizione 1.1, possiamo adesso definire la differenziabilità per funzioni in
due variabili.
DEFINIZIONE 1.2
Una funzione è detta differenziabile su una regione R del piano xy se è differenziabile in ogni
punto di R. Una funzione che è differenziabile sull’intero piano xy è detta ovunque differenziabile
o semplicemente differenziabile. Non è difficile verificare che la definizione precedente è
equivalente alla seguente:
12
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DEFINIZIONE 1.3
f ( a + h, b + k ) − f ( a , b ) − h ⋅ f x ( a , b ) − k ⋅ f y ( a , b )
lim =0 (9’)
( h , k )→( 0 , 0 )
h2 + k 2
f ( a + h, b + k ) − f ( a , b ) − h ⋅ f x ( a , b ) − k ⋅ f y ( a , b )
= w(h, k )
h2 + k 2
dove w(h, k ) h 2 + k 2 = o ⋅ (h 2
+ k2 ) per ( h, k ) → (0,0) ;
⎛ h ⎞ ⎛ k ⎞
w(h, k ) h 2 + k 2 = ⎜⎜ w(h, k ) ⎟ h + ⎜ w(h, k ) ⎟ k = ε 1h + ε 2 k
⎟ ⎜ ⎟
⎝ h + k2
2
⎠ ⎝ h + k2
2
⎠
dove
h k
ε 1 = w(h, k ) e ε 2 = w(h, k )
h2 + k 2 h2 + k 2
OSSERVAZIONE.
Prima di procedere oltre, è bene notare che per funzioni di una variabile i termini “è differenziabile”
e “ha una derivata” sono sinonimi. Tuttavia, per funzioni in due variabili, la differenziabilità
richiede più della semplice esistenza delle derivate parziali e della continuità. Per esempio la
funzione f ( x, y ) = xy nel punto (0,0) è continua, ha derivate parziali f x (0,0 ) = f y (0,0 ) = 0 ,
tuttavia non è differenziabile in (0,0). Infatti è
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e il
hk
lim
( h ,k )→( 0, 0 ) h2 + k 2
non esiste.
TEOREMA 2.1
Dimostrazione.
Dobbiamo dimostrare che
lim f ( x, y ) = f ( x 0 , y 0 )
( x , y ) →( x0 , y0 )
lim f ( x0 + Δx, y 0 + Δy ) = f ( x0 , y 0 )
( Δx , Δy ) →( 0 , 0 )
ovvero a
da cui l’asserto.
Il prossimo teorema, la cui dimostrazione è omessa, fornisce delle semplici condizioni sotto cui una
funzione in due variabili è differenziabile in un punto.
14
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TEOREMA 2.2
Se f ha derivate parziali prime in ogni punto di una regione circolare centrata in (x0 , y 0 ) , e se
queste derivate parziali sono continue in (x0 , y 0 ) , allora f è differenziabile in (x0 , y 0 ) .
dy dy dx
= .
dt dx dt
z = f ( x, y )
(10)
e supponiamo che x ed y siano rispettivamente funzioni di una sola variabile t:
x = x(t ) , y = y (t ) .
z = f ( x(t ), y (t ))
che esprime z come una funzione della sola variabile t. Sussiste il seguente
dz ∂z dx ∂z dy
= + .
dt ∂x dt ∂y dt
(11)
Nel caso particolare in cui z = F ( x, y ) ed y è una funzione derivabile della variabile x, la formula
(11) conduce al risultato:
dz ∂F dx ∂F dy ∂F ∂F dy
= + = +
dx ∂x dx ∂y dx ∂x ∂y dx
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dz dx dy
= fx + fy ;
dt dt dt
df ∂f dx ∂f dy
= + ;
dt ∂x dt ∂y dt
df
= f x x' (t ) + f y y ' (t ).
dt
Nel teorema 3.1 le variabili x e y sono ognuna funzione di singola variabile t. Adesso consideriamo
il caso in cui x e y sono funzioni di due variabili. Poniamo
z = f ( x, y )
(12)
e supponiamo che x ed y siano funzioni di u e v, diciamo
x = x(u,v ), y = y(u, v ).
z = f (x(u, v ), y(u, v ))
che esprime z come una funzione delle due variabili u e v. In questo caso sussiste il
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4. DIFFERENZIALI TOTALI
Ricordiamo che C è una curva parametrica liscia nello spazio tridimensionale allora la retta tangente
a C nel punto P0 è la retta che attraversa P0 lungo il vettore unitario tangente a C in P0 (figura 4).
Il concetto di piano tangente è basato su questa definizione. Il seguente teorema stabilisce le
condizioni che assicurano l’esistenza di un piano tangente e fornisce il metodo per trovare le sue
equazioni.
Figura 5
TEOREMA 4.1.1
f x ( x 0 , y 0 )( x − x 0 ) + f y ( x 0 , y 0 )( y − y 0 ) − ( z − z 0 ) = 0 (13)
Dimostrazione.
Per provare l’esistenza del piano tangente in P0 , dobbiamo dimostrare che tutte la curve lisce sulla
superficie z = f ( x, y ) che passano per P0 hanno rette tangenti giacenti sullo stesso piano.
Lo faremo mostrando che curve hanno un vettore tangente unitario in P0 normale al vettore
n = f x ( x 0 , y 0 ), f y ( x0 , y 0 ),−1 (14)
Queste rette saranno sicuramente tutte tangenti in P0 alle suddette curve e giacenti sul piano che
passa per P0 e ad n normale. Inoltre, dalla (14) segue che l’equazione normale al punto di questo
piano è la (13). Premesso ciò, completiamo la dimostrazione. Sia C una curva liscia giacente sulla
superficie z = f ( x, y ) passante per P0 ( x0 , y 0 , z 0 ) . Si assuma, inoltre, che C abbia equazioni
parametriche
x = x (s ) ; y = y(s ) ; z = z (s ) ;
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per ogni s.
Se deriviamo entrambi i membri di questa equazione e applichiamo il teorema derivazione funzioni
composte con s al posto di t, otteniamo
dz ∂f dx ∂f dy
= + ;
ds ∂x ds ∂y ds
oppure
∂f dx ∂f dy dz
+ − =0
∂x ds ∂y ds ds
La parte sinistra di questa equazione può essere riscritta come un prodotto scalare:
∂f ∂f dx dy dz
, ,−1 ⋅ , , =0
∂x ∂y ds ds ds
oppure
In particolare, se s = s0 abbiamo
Ma il secondo vettore nel prodotto è il vettore unitario tangente a C nel punto P0 ( x0 , y 0 , z 0 ) , quindi
dalla (15) il vettore unitario tangente a C in P0 è perpendicolare al vettore
n = f x ( x 0 , y 0 ), f y ( x0 , y 0 ),−1
n = f x ( x 0 , y 0 ), f y ( x0 , y 0 ),−1 (16)
18
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x = x0 + f x ( x0 , y 0 );
y = y 0 + f y ( x0 , y 0 );
z = z 0 − t;
Figura 6
Esempio 4.1.1
Trovare l’equazione del piano tangente e della retta normale alla superficie z = x 2 y nel punto
(2,1,4) .
Soluzione.
f x ( x, y ) = 2 xy e f y ( x, y ) = x 2 .
Quindi per x = 2 e y = 1 ,
f x (2,1) = 4 e f y (2,1) = 4
n = f x (2,1) i + f y (2,1) j – k = 4i + 4j – k
4( x − 2) + 4( y − 1) − (z − 4) = 0 o 4x + 4 y − z = 8
x = 2 + 4t , y = 1 + 4t , z = 4−t.
19
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ATTENZIONE.
Nel paragrafo precedente abbiamo posto due condizioni per la definizione di differenziabilità di una
funzione f (x, y ) di due variabili nel punto ( x0 , y 0 ) − f deve essere continua in (x 0 , y 0 ) e la
superficie z = f ( x, y ) non deve avere tangenti verticali in (x 0 , y 0 ) . Il teorema 2.1 afferma che la
differenziabilità implica la continuità e ora il teorema 4.1.1 mostra che la differenziabilità implica
l’esistenza di un piano tangente non verticale. Il piano tangente dato dalla (13) è non verticale
perché la terza componente del vettore normale n nella (14) è diversa da 0.
5. DIFFERENZIALI
dy = f ' ( x0 )dx
Δy = f ( x0 + Δx ) − f ( x0 )
Δz = f ( x 0 + Δx, y 0 + Δy ) − f ( x0 , y 0 )
f x ( x 0 , y 0 )( x − x 0 ) + f y ( x 0 , y 0 )( y − y 0 ) − ( z − z 0 ) = 0
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dz = f x ( x 0 , y 0 )dx + f y ( x 0 , y 0 )dy
Di solito, in questa formula, dx e dy sono viste come variabili e x e y come costanti. La (19) può
essere anche scritta usando df al posto di dz. Se z = f ( x, y ) è differenziabile nel punto (x, y ) , allora
l’incremento Δz può essere scritto come
dove ε1 → 0 , ε 2 → 0 , per (Δx, Δy ) → (0,0) . Nel caso in cui Δx = dx e Δy = dy , dalla (19) e dalla
(20) segue che
Δz = dz + ε1 Δx + ε 2 Δy .
Esempio 5.1
Sia z = 4 x 3 y 2 . Trovare dz.
Soluzione.
f x ( x, y ) = 12 x 2 y 2 e f y ( x, y ) = 8 x 3 y
quindi
dz = 12 x 2 y 2 dx + 8 x 3 ydy
Esempio 5.2
Sia f ( x, y ) = x 2 + y 2 .
Usa un differenziale totale per approssimare la variazione di f (x, y ) per (x, y ) che varia dal
punto (3,4) al punto (3.04,3.98) .
Soluzione.
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x y
df = f x (x, y )dx + f y ( x, y )dy = dx + dy
x +y
2 2
x + y2
2
3 4
Δf ≈ df = (0.04) + (− 0.02)
9 + 16 9 + 16
3
= (0.04) − 4 (0.02) = 0.008
5 5
Si osservi (usare una calcolatrice) che il vero valore di Δf con cinque cifre decimali dopo la
virgola è
Esempio 5.3
Il raggio di cilindro circolare è misurato con un errore del 2% circa, e l’altezza è misurata con
un errore del 4% circa. Approssimare la massima percentuale di errore possibile nel volume
V calcolato da queste misurazioni.
Soluzione.
Siano r, h, V il raggio, l’altezza e il volume del cilindro e siano Δr , Δh , ΔV gli errori di queste
quantità. Dai dati forniti risulta che
Δr Δh
≤ 0.02 e ≤ 0.04
r h
ΔV
Vogliamo trovare il massimo valore possibile di . Siccome il volume del cilindro è
V
V = π ⋅ r 2 ⋅ h segue dalla (19) che
∂V ∂V
dV = dr + dh = 2 ⋅ π ⋅ r ⋅ h ⋅ dr + π ⋅ r 2 ⋅ dh
∂r ∂h
ΔV dV
ΔV ≈ dV e ≈
V V
ma
ΔV 2 ⋅ π ⋅ h ⋅ r ⋅ dr + π ⋅ r 2 ⋅ dh dr dh
= =2 +
V π⋅r ⋅h2
r h
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dV dr dh dr dh
= 2 + ≤2 + ≤ 2(0.02 ) + (0.04 ) = 0.08
V r h r h
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5. DERIVATE DIREZIONALI
DEFINIZIONE 5.1
(a, b) nella direzione di u è la rapidità di variazione di f ( x, y ) rispetto alla distanza misurata nel
punto (a, b) lungo una retta di direzione u nel piano xy. Questa derivata direzionale è data da
f (a + hu1 , b + hu 2 ) − f (a, b)
Du f (a, b) = lim
h →o + h
Il vettore unitario u determina una retta L passante per (a, b) nel dominio di f. Il piano verticale
contenente L interseca il grafico di f lungo una curva C la cui tangente T in ( a, b, f ( a, b)) ha la
pendenza Du f (a, b) .
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Si osservi che le derivate direzionali in direzioni parallele agli assi coordinati sono date direttamente
dalle derivate parziali prime:
Di f (a, b) = f x (a, b) , Dj f ( a, b) = f y ( a, b)
Il teorema seguente mostra come il gradiente di una funzione differenziabile permetta di calcolare
qualunque derivata direzionale.
Du f (a, b) = u ⋅ ∇f (a, b )
Dimostrazione.
Per la regola di derivazione delle funzioni composte si ha
Du f ( x, y ) = f x ( x, y )u1 + f y (x, y )u 2
Du f (x, y ) = ( f x ( x, y ) i + f y ( x, y ) j) ⋅ (u1 i + u 2 j)
dove il primo vettore nel prodotto è il gradiente di f mentre il secondo è u. Pertanto la formula
precedente per la derivata direzionale può essere riscritta nella seguente forma compatta.
Du f ( x, y ) = ∇f ( x, y ) ⋅ u
In altre parole, se f è una funzione differenziabile il prodotto scalare tra il gradiente di f e un vettore
unitario u fornisce la derivata direzionale, nella direzione di u.
Già sappiamo che l’esistenza delle derivate parziali di una funzione in un punto non implica che
essa sia continua nel punto e ancora meno che sia differenziabile. La stessa cosa può dirsi riguardo
alle derivate direzionali. L’esempio che segue mostra che una funzione può avere derivata
direzionale in ogni direzione in un punto dato e ugualmente non essere continua in quel punto.
25
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Esempio 5.1
Trovare il gradiente di f (x, y ) = 3x 2 y nel punto (1,2) e usarlo per calcolare la derivata
direzionale di f nel medesimo punto nella direzione del vettore v = 3 i + 4 j .
Svolgimento.
Da
∇f ( x, y ) = f x ( x, y ) i + f y (x, y ) j = 6 xy i + 3x 2 j
∇f (1,2) = 12 i + 3 j
v 1 3 4
u= = (3 i + 4 j) = i + j
v 5 5 5
segue che
48
Du f (1,2 ) = ∇f (1,2 ) ⋅ u =
5
Esempio 5.2
Siano
⎧0 ( x, y ) = (0,0)
⎪
f ( x, y ) = ⎨ x 2 y e uˆ = u1i + u 2 j
⎪ x4 + y2 ( x, y ) ≠ (0,0)
⎩
Allora
2 2
f (hu1 , hu 2 ) − f (0,0) 1 h 3u1 u 2 u
= lim = 1 u2 ≠ 0
Du f (0,0) = lim
h →0 + h h →0 + h h h u
2 2
( 4
1 + u2
2
u2)
Se u 2 = 0 allora uˆ = i e
Di f (0,0) = ∂ f (0,0) = 0
∂x
Quindi la funzione data ha nel punto (0,0) derivata direzionale in ogni direzione ma (come già
visto) non è continua in (0,0). Si osservi che in questo caso è ∇f (0,0) = 0 e quindi risulta
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∇f (0,0) ⋅ u ≠ Du f(0,0).
6. PROPRIETA’ DEL GRADIENTE
TEOREMA 6.1
Dimostrazione.
a) se ∇f ( x0 , y 0 ) = 0 , allora per ogni scelta di u abbiamo
Du f (x0 , y 0 ) = ∇f ( x0 , y 0 ) ⋅ u = 0 ⋅ u = 0 ;
Du f ( x 0 , y 0 ) = ∇f ( x0 , y 0 ) ⋅ u = ∇f ( x0 , y 0 ) u cos θ
da cui se u = 1
Du f ( x0 , y 0 ) = ∇f ( x0 , y 0 ) cos θ
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Esempio 6.1
Per la funzione f ( x, y ) = x 2 e y , trovare il minimo valore della derivata direzionale in (− 2,0) , e
fornire un vettore unitario nella direzione in cui si ha il massimo valore.
Soluzione.
Siccome
∇f ( x0 , y 0 ) = f x ( x, y ) i + f y ( x, y ) j = 2 xe y i + x 2 e y j
Il gradiente di f in (− 2,0) è
∇f (− 2,0) = −4 i + 4 j
∇f (− 2,0) = (− 4)2 + 4 2 = 32 = 4 2
∇f (− 2,0 ) 1
= (− 4 i + 4 j) = − 1 i + 1 j
∇f (− 2,0 ) 4 2 2 2
Supponiamo che un osservatore si stia muovendo sul piano xy e che in ogni punto ( x, y ) del piano il
valore della temperatura sia dato da T ( x, y ) . Inoltre supponiamo che nell’istante in cui l’osservatore
passa per (x0 , y 0 ) si stia muovendo nella direzione del vettore w con velocità v di modulo k.
Se poniamo
w
û = e v = kuˆ
w
allora
⎡ unità di T ⎤
i) Dû T ( x0 , y 0 ) = ∇T ( x0 , y 0 ) ⋅ û ⎢ ⎥
⎣ unità di distanza ⎦
28
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ii)
⎡ unità di distanza ⎤ ⎡ unità di T ⎤ ⎡ unità di T ⎤
DvT ( x0 , y 0 ) = ∇T ( x0 , y 0 ) ⋅ v = k∇T ( x0 , y 0 ) ⋅ û ⎢ ⎥⎢ ⎥=⎢ ⎥
⎣ unità di tempo ⎦ ⎣ unità di distanza ⎦ ⎣ unità di tempo ⎦
Osservazione
Dû (Dû f ) = f xx u 1 + 2u 1 u 2 f xy + u 2 f yy .
2 2
Sia z = f (x, y,) un campo scalare differenziabile in un aperto Ω del piano xy. Indichiamo con C la
curva di livello f (x, y,) = c. Sia Po ≡ ( xo , y o ) un punto di C e supponiamo che C sia descritta
parametricamente dall’equazione vettoriale di classe C(1) :
r = r (t ) = x(t ) i + y (t ) j t∈ [a, b]
e che r (t 0 ) = P0 dove a< to < b. Procedendo come nel caso delle funzioni di tre variabili (vedi
parag. 8) si evince che:
in ogni punto di una curva di livello C il vettore ∇f è normale a C; in particolare in t = to , risulta
∇f [r (t 0 )]⋅ r ' (t 0 ) = 0 .
la curva di livello che passa per P0 ha in P0 vettore tangente perpendicolare al vettore ∇f (P0 ) . Sia
C una curva liscia di equazioni r = r (t ) . Se T̂(t ) denota il vettore unitario tangente a C in r (t ) allora
il prodotto scalare ∇f [r (t )] ⋅ Tˆ è per definizione la derivata direzionale di f nella direzione di C e
∂f
spesso si indica con . Il valore di
∂s
∂f
= ∇f ⋅ T̂
∂s
dipende dalla rappresentazione parametrica scelta per C. Infatti il verso di percorrenza e quindi il
verso di T̂ dipende dalla scelta della rappresentazione parametrica. Se C è una curva di livello
allora la derivata di f lungo C è nulla ed è massima lungo la direzione normale a C.
29
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Dimostrazione.
Incominciamo ad osservare che le equazioni parametriche
x = a + th y = b + th t ∈ [0,1]
Da cui, per il teorema del valor medio per le funzioni di una variabile, si ottiene
ovvero
Essendo
segue che
f (a + h, b + k ) = f (a, b ) + h ∂ 1 f (a + θ h, b + θ k ) + k ∂ 2 f (a + θ h, b + θ k )
Ovvero l’asserto.
COROLLARIO
TEOREMA 6.3
30
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∇f = ∇g se solo se f-g=k
Da quanto precede:
se ∇f = 0 in un disco D di centro (a, b ) e raggio r allora f è costante in D.
Infatti, se scegliamo h e k tali che h 2 + k 2 < r 2 allora il punto (a + h, b + k ) denota un punto (x, y )
del disco D e poiché le derivate parziali sono uguali a zero in D e quindi sul segmento di estremi
(a, b) e (x, y ) si evince che:
f (x, y ) = f (a, b ) ∀( x, y ) ∈ D
Se f (x, y ) è di classe C ( 2 ) in un intorno di un punto (a, b ) allora esiste un numero θ con 0 < θ < 1
tale che, per h e k sufficientemente piccoli in valore assoluto, risulta
g ' ' (θ )
g (t ) = g (0 ) + g ' (θ ) t + dove 0 < θ < 1.
2!
si evince l’asserto.
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In questo paragrafo estenderemo i concetti espressi nei precedenti paragrafi a funzioni di tre
variabili. La principale differenza tra funzioni di 2 e 3 variabili è geometrica: il grafico di
z = f ( x, y ) rappresenta una superficie nello spazio tridimensionale, mentre w = f (x, y, z ) non ha
una analoga interpretazione.
8.1 DIFFERENZIABILITA’
DEFINIZIONE 8.1.1
Se f ammette derivate parziali prime in ogni punto di una certa regione sferica centrata in
(x0 , y 0 , z 0 ) , e se la derivate parziali sono continue in (x0 , y 0 , z 0 ) , allora f è differenziabile in
(x0 , y 0 , z 0 ) .
TEOREMA 8.1.2 (regola derivazione funzioni composte)
32
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Quindi, come per le funzioni di una e due variabili, una funzione di tre variabili è continua in un
punto se è differenziabile in quel punto.
Esempio 8.1.1
Supporre che
w = x3 y 2 z , x = t2 , y = t3, z = t4
Soluzione.
dw ∂w dx ∂w dy ∂w dz
= + + =
dt ∂x dt ∂y dt ∂z dt
NOTA BENE.
La differenza più significativa tra funzioni di 2 e di 3 variabili è geometrica. Per una funzione di 2
variabili l’equazione z = f ( x, y ) può essere rappresentata come una superficie in uno spazio
tridimensionale. Sebbene, per funzioni di tre variabili, rappresentate con un grafico w = f ( x, y, z ) è
impossibile, perché sono richieste 4 dimensioni (una per ogni variabile), questo non è un problema,
significa semplicemente che dobbiamo fare affidamento più sulla formula analitica che sulla
geometrica.
9. DERIVATE DIREZIONALI
Per definire una derivata direzionale in un punto (x0 , y 0 , z 0 ) per una funzione f di tre variabili,
useremo un vettore unitario u = u1 , u 2 ,u 3 per designare le direzioni, e sia l la retta passante per
(x0 , y 0 , z 0 ) e parallela ad u. Questa retta può essere parametrizzata come
x = x0 + su1 , y = y 0 + su 2 , z = z 0 + su 3 ,
33
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DEFINIZIONE 9.1
Du f ( x 0 , y 0 , z 0 ) = f x ( x 0 , y 0 , z 0 )u1 + f y ( x 0 , y 0 , z 0 )u 2 + f z (x 0 , y 0 , z 0 )u 3
(1)
La definizione di gradiente di una funzione di tre variabili è
∇f ( x, y, z ) = f x ( x 0 , y 0 , z 0 )u1 + f y ( x 0 , y 0 , z 0 )u 2 + f z ( x 0 , y 0 , z 0 )u 3
(2)
che è identica alla definizione precedente eccetto per il terzo addendo. Segue dalla (1) e dalla (2)
che
Du f ( x, y, z ) = ∇f ( x, y, z ) ⋅ u
analoga alla definizione già vista. Considerando ciò si dimostra la seguente estensione del teorema
6.1.
TEOREMA 9.2
Esempio 9.1
Trovare la derivata direzionale di f ( x, y, z ) = x 2 y − yz 3 + z nel punto P(1,−2,0) nella direzione
del vettore v = 2 i + j − 2 k , e trovare il massimo tasso di incremento di f in P.
Soluzione.
Siccome
f x ( x, y, z ) = 2 xy , f y ( x, y, z ) = x 2 − z 3 , f z ( x, y , z ) = 1 − 3 z 2 y
segue che
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( ) (
∇f ( x, y, z ) = 2 xy i + x 2 − z 3 j + − 3 yz 2 + 1 k )
∇f (1,−2,0) = −4i + j + k
v 1
u= = (2 i + j − 2 k ) = 2 i + 1 j − 2 k
v 9 3 3 3
da cui
Du f (1,−2,0 ) = ∇f (1,−2,0 ) ⋅ u = -3
∇f (1,−2,0) = (− 4)2 + 12 + 12 =3 2.
Esempio 9.2
Sia f(x,y,z) = ln r dove r = xi + yj + zk . Allora r = x 2 + y 2 + z 2 e
ln (x 2 + y 2 + z 2 ) .
1
f(x,y,z) =
2
Essendo
∂f x ∂f ∂f
= 2 = 2
y
= 2
z
∂x x + y2 + z2 ∂y x + y 2 + z 2 ∂z x + y 2 + z 2
segue che
∇( ln r )= xi + y j+ z k = r
x +y +z
2 2 2
r
Il nostro nuovo obiettivo è quello di stabilire una relazione geometrica tra le superfici di livello e
il gradiente di una funzione f di tre variabili.
A questo proposito sia u = f (x, y, z) un campo scalare differenziabile in un aperto Ω dello spazio
tridimensionale. Indichiamo con S la superficie di livello f (x, y, z) = c. Sia Po ( xo , y o , z o ) un punto
di S e C una curva regolare che sta su S e che passa per Po. Supponiamo che C sia decritta
parametricamente dalla equazione vettoriale
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Se poniamo
g(t) = f [r(t )] t∈ [a, b]
Poichè g è costante su [a, b], abbiamo g ' (t ) = 0 su [a, b]. In particolare per t = to , risulta
∇f [r (t 0 )]⋅ r ' (t 0 ) = 0
In altre parole il vettore ∇f in P0 è perpendicolare al vettore r ' (t 0 ) . Quindi le curve che stanno sulla
superficie S e passano per P0 hanno in P0 vettore tangente perpendicolare al vettore ∇f (P0 ) . Questi
vettori tangenti determinano un piano e ∇f (P0 ) è normale a questo piano. Questo piano è detto
piano tangente in P0 alla superficie di livello S e consiste di tutti i punti P dello spazio soddisfacenti
l’equazione
(P − P0 )⋅ ∇f (P0 ) = 0
Ovvero
Esempio 9.3
Trovare l’equazione del piano tangente all’ellissoide x 2 + 4 y 2 + z 2 = 18 nel punto (1,2,−1) .
Soluzione.
∂F ∂F ∂F
∇ F ( x, y , z ) = i+ j+ k = 2x i + 8 y j + 2z k
∂x ∂y ∂z
∇F (1,2,−1) = 2 i + 16 j − 2 k
Usando questa normale e il punto (1,2,−1) , otteniamo l’equazione del piano tangente
2( x − 1) + 16( y − 2) − 2( z + 1) = 0
x + 8 y − z = 18 .
36
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Δw = f ( x + Δw, y + Δy, z + Δz ) − f ( x, y, z )
dx = Δx , dy = Δy , dz = Δz
Δw = dw + ε1 Δx + ε 2 Δy + ε 3 Δz
(3)
Δw ≅ dw
Esempio 10.1
La lunghezza, la larghezza e l’altezza di un parallelepipedo sono state misurate con un errore
del 5% circa. Trovare un limite superiore della percentuale massima di errore possibile che
risulta se queste quantità sono usate per calcolare la diagonale del parallelepipedo.
Soluzione.
Δx Δy Δz
≤ 0.05 , ≤ 0.05 , ≤ 0.05
x y z
Δd
Vogliamo stimare . Siccome la diagonale D è collegata alla lunghezza, larghezza e altezza da
d
D= x2 + y2 + z2
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segue che
∂D ∂D ∂D
dD = dx + dy + dz =
∂x ∂y ∂z
x y z
= dx + dy + dz
x2 + y2 + z2 x2 + y2 + z2 x2 + y2 + z2
dD x y z
= 2 dx + 2 dy + 2 dz
D x +y +z
2 2
x +y +z
2 2
x + y2 + z2
dD x2 dx y2 dy z2 dz
= 2 + +
D x +y +z x x +y +z y x +y +z z
2 2 2 2 2 2 2 2
Quindi,
dD x2 dx y2 dy z2 dz
= 2 + +
D x +y +z x x +y +z y x +y +z z
2 2 2 2 2 2 2 2
x2 dx y2 dy z2 dz
≤ 2 + 2 + 2
x +y +z x
2 2
x +y +z y
2 2
x +y +z z
2 2
x2 y2 z2
≤ (0 . 05 ) + (0 . 05 ) + (0.05) =
x2 + y2 + z2 x2 + y2 + z2 x2 + y2 + z2
= 0.05
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∂f F ∂f Fy
=− x, =−
∂x Fz ∂y Fz
Dimostrazione.
Per fissare le idee supponiamo Fz (P0 ) > 0 , pertanto, per il teorema della permanenza del segno
esiste un intorno R di P0 :
z → F ( x, y , z ) z ∈ V = [z 0 − h, z 0 + h]
z → F (x0 , y 0 , z ) = g (z ) z ∈ V = [z 0 − h, z 0 + h].
F ( x, y , z 0 − h ) < 0 e F ( x, y , z 0 + h ) > 0 .
39
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ϕ ( z 0 − h ) = F ( x, y , z 0 − h ) < 0 e ϕ ( z 0 + h ) = F ( x, y , z 0 + h ) > 0
pertanto per il teorema di Bolzano
In altre parole l’insieme degli zeri della restrizione di F all’intorno U × V è il grafico di una funzione
z = f ( x, y ) .
Per dimostrare che la funzione f (x, y ) , precedentemente definita, è continua in U, si osservi che
(x, y ) ∈ U e (x1 , y1 ) ∈ U ⇒ F (x, y, f (x, y )) = F (x1 , y1 , f (x1 , y1 )) = 0.
Tenuto presente che per il teorema del valor medio esiste P* = (ζ ,η , f (ζ ,η )) interno al segmento di
estremi P = ( x, y, f ( x, y )) e P1 = ( x1 , y1 , f ( x1 , y1 )) tale che
( )
F (P ) − F (P1 ) = 〈∇ F P* , P − P1 〉
si deduce che
( ) ( ) ( )
Fx P* ( x − x1 ) + Fy P* ( y − y1 ) + Fz P* ( f ( x, y ) − f ( x1 , y1 )) = 0 .
Max Fx Max Fy
f ( x, y ) − f (x1 , y1 ) ≤ x − x1 + y − y1
Min Fz Min Fz
f ( x, y1 ) − f ( x1 , y1 ) F (P* )
x − x1
=− x
F z (P* )
da cui osservato che
x → x1 ⇒ P → P1 ⇒ P* → P1
e che le funzioni Fx e Fz sono continue,si evince che
f ( x, y1 ) − f ( x1 , y1 ) F (P )
lim =− x 1
x → x1 x − x1 Fz (P1 )
ovvero
∂f
(x1 , y1 ) = − Fx (P1 ) .
∂x Fz
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∂f F
(x1 , y1 ) = − y (P1 ) .
∂y Fz
Si osservi che le derivate parziali di f, ammessa l’esistenza, si deducono applicando il teorema di
derivazione composta all’equazione F ( x, y, f ( x, y )) = 0 , ovvero dalle relazioni
∂f ∂f
Fx + Fz =0 e Fy + Fz =0.
∂x ∂y
∂f ∂f
Fx + Fy =0 e Fz + Fy =0
∂x ∂z
∂f ∂f
Fy + Fx =0 e Fz + Fx = 0.
∂y ∂z
∂2 f
∂x 2
=−
1
(Fz )3
[
(Fx )2 Fzz − 2 Fxz Fx Fz + (Fz )2 Fxx ]
∂2 f
∂y 2
=−
1
(Fz )3
[
(Fy )2 Fzz − 2 Fyz Fy Fz + (Fz )2 Fyy . ]
Analogamente si dimostra il seguente
41
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Fx (P ) + Fy (P ) f ′( x ) = 0 .
Fx (P ) f ′( y ) + Fy (P ) = 0 .
Un’applicazione importante del teorema di Dini per le funzioni implicite, è quella relativa alla
ricerca di condizioni sufficienti affinché un sistema di equazioni qualsiasi definisca (in un intorno di
un punto che lo soddisfa) alcune incognite che in esso compaiono in funzione delle altre. Per fissare
le idee consideriamo il caso più semplice cioè quello di un sistema della forma
⎧ F ( x, y , z ) = 0
⎨
⎩G (x, y, z ) = 0
TEOREMA 11.3
F (P0 ) = 0 , G (P0 ) = 0
e
⎛ ∂ ( F , G ) ∂ (F , G ) ∂ (F , G ) ⎞
∇F (P ) ∧ ∇G (P ) = ⎜⎜ , , ⎟⎟ ≠ 0
⎝ ∂ ( y , z ) ∂ ( z , x ) ∂ ( x, y ) ⎠
Allora esiste un intorno di P0 nel quale l’insieme degli zeri comuni di F e G è la traiettoria
descritta da una curva regolare. In particolare se la condizione ∇F (P0 ) ∧ ∇F (P0 ) ≠ 0 implica
42
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F ( x, y( x ), z (x )) = 0 e G (x, y( x ), z ( x )) = 0 .
Dimostrazione.
Osservato che
(F G
y z − Fz G y )(P0 ) ≠ 0 ⇒ Fz (P0 ) ≠ 0 oppure G z (P0 ) ≠ 0 ,
è lecito supporre Fz (P0 ) ≠ 0 .
Essendo F (P0 ) = 0 e Fz (P0 ) ≠ 0 , per il teorema di Dini, esiste un intorno di P0
U × V ⊂ A dove U = [x0 − δ , x 0 + δ ]× [ y 0 − δ , y 0 + δ ] e V = [z 0 − h, z 0 + h]
tali che
g y (x0 , y 0 ) = −
1
(Fy G z − Fz G y )(P0 ) ≠ 0
Fz (P0 )
segue che la funzione g ( x, y ) soddisfa le ipotesi del teorema di Dini, pertanto esiste un intorno U’
di (x0 , y 0 ) : U’ = [x0 − δ ' , x 0 + δ ']× [ y 0 − k , y 0 + k ] ⊂ U tale che per ogni x ∈ [x0 − δ ' , x0 + δ '] esiste
un unico valore di y = y (x ) ∈ [ y 0 − k , y 0 + k ] per il quale, posto z ( x ) = f ( x, y( x )) , risulta
g ( x, y( x )) = G( x, y( x ), z (x )) = 0 .
α (x ) = ( x, y ( x ), z ( x )) x ∈ [x0 − k , x0 + k ]
risulta
F ( x, y( x ), z (x )) = 0 e G (x, y( x ), z ( x )) = 0 .
Ovviamente il vettore
43
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⎛ ∂ ( F , G ) ∂ (F , G ) ∂ ( F , G ) ⎞
∇F (P ) ∧ ∇G (P ) = ⎜⎜ , , ⎟⎟
⎝ ∂ ( y , z ) ∂ ( z , x ) ∂ ( x, y ) ⎠
è tangente ad α ( x ) in P = ( x, y ( x ), z (x )). Pertanto
x − x0 y − y0 z − z0
= =
∂ (F , G ) ∂ (F , G ) ∂ ( F , G )
∂ ( y, x ) ∂(z, x ) ∂ ( x, y )
∂ (F , G )
( x − x 0 ) + ∂ (F , G ) ( y − y 0 ) + ∂ (F , G ) ( z − z 0 ) = 0
∂ ( y, z ) ∂(z, x ) ∂ ( x, y )
F ( x, y( x ), z (x )) = 0 e G (x, y( x ), z ( x )) = 0
Fx + F y y ′ + Fz z ′ = 0
G x + F y y ′ + G z z ′ = 0.
∂ (F , G )
= (Fz G x − Fx G z ) ≠ 0
∂(z, x )
F ( x( y ), y, z ( y )) = 0 e G( x( y ), y, z ( y )) = 0.
∂ (F , G )
= (Fx G y − Fy G x ) ≠ 0
∂ ( x, y )
F ( x( z ), y ( z ), z ) = 0 e G( x(z ), y( z ), z ) = 0.
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⎧ F ( x, y , u , v ) = 0
⎨ (1)
⎩G ( x, y, u, v) = 0
Dove le funzioni F e G sono definite in un aperto Ω CIR4 che include il punto ( x0 , y 0 , u 0 , v0 ) per il
quale
F ( x0 , y 0 , u 0 , v0 ) = 0 e G ( x0 , y 0 , u 0 , v0 ) = 0.
∂( F , G )
≠0 (2)
∂ ( x, y )
allora nel suddetto intorno esiste un intorno di ( x0 , y 0 , u 0 , v0 ) nel quale il sistema (1) può essere
risolto rispetto ad x e y.
Le funzioni x = x (u , v ) e y = y (u , v) soluzioni del sistema (1), in un opportuno intorno di
(u 0 , v0 ) sono di classe C(1) e risulta (vedi osservazione seguente)
∂( F , G) ∂( F , G)
∂x ∂ (u, y ) ∂y ∂ ( x, u )
=− =−
∂u ∂ (F , G) ∂u ∂ (F , G)
∂ ( x, y ) ∂ ( x, y )
(3)
∂( F , G) ∂( F , G)
∂x ∂ ( v, y ) ∂y ∂ ( x, v )
=− =−
∂v ∂( F , G) ∂v ∂( F , G)
∂ ( x, y ) ∂ ( x, y )
Osservazione
Nelle espressioni precedenti il denominatore è lo jacobiano di F e G rispetto alle variabili
dipendenti x e y; il numeratore è lo jacobiano che si ottiene da quello del denominatore sostituendo
la variabile indipendente che si deriva con la variabile rispetto alla quale si sta derivando.
∂ ( F , G ) ∂ ( F , G ) ∂ ( x, y ) ∂ ( x, y ) ∂ ( F , G ) ∂( F , G)
= da cui = (4)
∂ (u, v) ∂ ( x, y ) ∂ (u, v) ∂ (u, v) ∂ (u, v) ∂ ( x, y )
45
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∂ (u, v) ∂ ( F , G ) ∂( F , G)
= . (*)
∂ ( x, y ) ∂ ( x , y ) ∂ (u, v)
In particolare se il sistema
⎧ x = x(u, v) ⎧ F ( x, y, u, v) = x − x(u, v) = 0
⎨ ovvero ⎨
⎩ y = y (u, v) ⎩G ( x, y, u, v) = y − y (u, v) = 0
∂( F , G) 1 0 ∂ ( F , G ) ∂ ( x, y )
= =1 e =
∂ ( x, y ) 0 1 ∂ (u , v) ∂ (u, v)
∂ (u , v) 1 ∂ (u, v) ∂ ( x, y )
= quindi =1
∂ ( x, y ) ∂ ( x, y ) ∂ ( x, y ) ∂ (u, v)
∂ (u , v)
Osservazione
Derivando il sistema (1) rispetto ad u e v (variabili indipendenti) si ha:
⎧ ∂F ∂x ∂F ∂y ∂F ⎛ ∂F ∂F ⎞ ⎛ ∂x ⎞ ⎛ ∂F ⎞
⎪ ∂x ∂u + ∂y ∂u = − ∂u ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜− ⎟
⎪⎪ ⎜ ∂x ∂y ⎟ ⎜ ∂u ⎟ ⎜ ∂u ⎟
⎨ ⇒ ⎜
⎜ ∂G
⎟ ⎜ ⎟=⎜
⎟
⎟
⎪ ∂G ∂x ∂G ∂y ∂G ⎜
∂G ⎟ ∂y ⎟ ⎜ ∂G ⎟
⎪ + =− ⎜⎜ ⎜ ⎟ ⎜ − ⎟
⎪⎩ ∂x ∂u ∂y ∂u ∂u ⎝ ∂x ∂y ⎟⎠ ⎝ ∂u ⎠ ⎝ ∂u ⎠
⎧ ∂F ∂x ∂F ∂y ∂F ⎛ ∂F ∂F ⎞ ⎛ ∂x ⎞ ⎛ ∂F ⎞
⎪ ∂x ∂v + ∂y ∂v = − ∂v ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜− ⎟
⎪⎪ ⎜ ∂x ∂y ⎟ ⎜ ∂v ⎟ ⎜ ∂v ⎟
⎨ ⇒ ⎜
⎜ ∂G
⎟ ⎜ ⎟=⎜
⎟
⎟
⎪ ∂G ∂x ∂G ∂y ∂G ⎜⎜
⎜
∂G ⎟ ∂y ⎟ ⎜ ∂G ⎟
⎪ + =− ⎜ ⎟ ⎜ − ⎟
⎩⎪ ∂x ∂v ∂y ∂v ∂v ⎝ ∂x ∂y ⎟⎠ ⎝ ∂v ⎠ ⎝ ∂v ⎠
da cui
⎛ ∂F ∂F ⎞ ⎛ ∂x ∂y ⎞ ⎛ ∂F ∂F ⎞
⎜ ⎟⎜ ⎟ ⎜ ⎟
⎜ ∂x ∂y ⎟ ⎜ ∂u ∂u ⎟ ⎜ ∂u ∂v ⎟
⎜ ⎟⎜ ⎟ = − ⎜ ⎟
⎜ ∂G ∂G ⎟⎟ ⎜ ∂x ∂y ⎟ ⎜ ∂G ∂G ⎟
⎜⎜ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟
⎝ ∂x ∂y ⎟⎠ ⎝ ∂v ∂v ⎠ ⎝ ∂u ∂v ⎠
46
Università Politecnica delle Marche – Facoltà Ingegneria – Dipartimento Scienze Matematiche
Si osservi che le (3) si ottengono risolvendo i sistemi precedenti con la regola di Kramer.
⎧⎪ z1 = g1 ( y1 , y 2 ) ⎧⎪ y1 = f1 ( x1 , x 2 )
⎨ e ⎨ .
⎪⎩ z 2 = g 2 ( y1 , y 2 ) ⎪⎩ y 2 = f 2 ( x1 , x 2 )
Supponiamo che (x1, x2 ) ∈ DomF ⇒( y1 , y2 ) ∈ DomG e che F e G siano di classe C (1) . Allora
z = G[F ( x )] ovvero
⎧⎪ z1 = g1 [ f1 ( x1 , x 2 ), f 2 ( x1 , x 2 )]
⎨
⎪⎩ z 2 = g 2 [ f1 ( x1 , x 2 ), f 2 (x1 , x 2 )]
∂z 2 ∂g 2 ∂y1 ∂g 2 ∂y 2 ∂z 2 ∂g 2 ∂y1 ∂g 2 ∂y 2
= + ; = + .
∂x1 ∂y1 ∂x1 ∂y 2 ∂x1 ∂x 2 ∂y1 ∂x 2 ∂y 2 ∂x 2
∂ (z1 , z 2 ) ∂(z1 , z 2 ) ∂ ( y1 , y 2 )
= .
∂ ( x1 , x 2 ) ∂ ( y1 , y 2 ) ∂ ( x1 , x 2 )
⎧⎪ z1 = x1
⎨
⎪⎩ z 2 = x 2
47
Università Politecnica delle Marche – Facoltà Ingegneria – Dipartimento Scienze Matematiche
allora
⎛ ∂z1 ∂z1 ⎞
⎜ ⎟
⎜ ∂x1 ∂x 2 ⎟ = ⎛⎜ 1 0 ⎞⎟ ∂ ( z1 , z 2 )
e =1
⎜ ∂z 2 ∂z 2 ⎟ ⎜⎝ 0 1 ⎟⎠ ∂ ( x1 , x 2 )
⎜ ∂x ∂x 2 ⎟
⎝ 1 ⎠
∂ ( z1 , z 2 ) ∂ ( y1 , y 2 ) ∂ ( x1 , x 2 ) ∂ ( y1 , y 2 )
1= =
∂ ( y1 , y 2 ) ∂ (x1 , x 2 ) ∂ ( y1 , y 2 ) ∂( x1 , x 2 )
da cui
∂ ( x1 , x 2 ) 1
= .
∂ ( y1 , y 2 ) ∂ ( y1 , y 2 )
∂( x1 , x 2 )
∂ ( y1 , y2 )
∂ ( x1 , x2 )
⎧⎪ y1 = f1 (x1 , x 2 )
⎨
⎪⎩ y 2 = f 2 (x1 , x 2 )
48
Integrali doppi e tripli
Supponiamo che la funzione f ( x, y ) sia definita in un dominio D chiuso e limitato del piano xOy.
Suddividiamo il dominio D,in maniera arbitraria, in n sottodomini, rispettivamente di area
∆σ 1 , ∆σ 2 ,..., ∆σ n e diametro d 1 , d 2 ,..., d n (il diametro di un dominio è la più grande distanza tra
due punti all’interno dello stesso dominio). Scegliamo un punto arbitrario Pk (ξ k ,η k ) in ciascun
sottodominio e moltiplichiamo il valore della funzione nel punto Pk con l’area del sottodominio.
La somma integrale della funzione f ( x, y ) sul dominio D si definisce con la sommatoria:
∑ f (ξ
k =1
k ,η k )∆σ k = f (ξ1 ,η1 )∆σ 1 + f (ξ 2 ,η 2 )∆σ 2 + ... + f (ξ n ,η n )∆σ n
L’integrale doppio della funzione f ( x, y ) sul dominio D è il limite della somma integrale, per il
maggiore dei diametri dei sottodomini che tende a zero:
∫∫ f ( x, y )dσ = lim
max d k → 0
∑ f (ξ
k =1
k ,η k )∆σ k
D
limitato in alto dalla superficie z = f (x, y ) , lateralmente dalla superficie con generatrici parallele
all’asse z, e sotto dal dominio D del piano xOy.
1
REGOLE PER CALCOLARE GLI INTEGRALI DOPPI
1. Il dominio di integrazione D è limitato sulla sinistra e sulla destra da due linee rette x = a e
x = b (a < b ) , e sotto e sopra da curve continue y = ϕ1 (x ) e y = ϕ 2 ( x ) [ϕ1 ( x ) ≤ ϕ 2 ( x )] , ciascuna
delle quali è intersecata da una linea retta verticale solo in un punto (fig. 1).
Per tale dominio, l’integrale doppio può essere calcolato con la formula:
b ϕ2 ( x )
∫∫
D
f ( x, y )dxdy = ∫ dx
a
∫ f (x, y )dy .
ϕ1 ( x )
ϕ2 ( x )
In questo caso, la prima cosa da fare è calcolare l’integrale ∫ f (x, y )dy , nel quale x è considerata
ϕ1 ( x )
come costante.
2. Il dominio di integrazione D è limitato sotto e sopra dalle linee rette y = c e y = d (c < d), e
sulla sinistra e sulla destra da curve continue x = ψ 1 ( y ) e x = ψ 2 ( y ) (ψ 1 ( y ) ≤ ψ 2 ( y )) , ciascuna
delle quali è intersecata da una linea retta orizzontale in un solo punto (fig. 2).
Per un tale dominio, l’integrale doppio è calcolato con la formula:
d ψ 2 (y)
∫∫
D
f ( x, y )dxdy = ∫ dy
c
∫ f (x, y )dx
ψ1 ( y )
ψ 2 (y)
Viene calcolato per prima l’integrale ∫ f (x, y )dx
ψ1 ( y )
nel quale y è considerata come costante.
Le espressioni nel membro di destra delle formula precedenti sono chiamate integrali iterati.
In un caso più generale, il dominio di integrazione può essere ridotto ai casi più generali in base alla
scelta della suddivisione del dominio.
2
ESEMPIO 1
Soluzione
4
x2
4 e
∫∫D ∫0 ∫1 ⋅ [ y ln y − y ]1 = 8 ⋅ (e − e + 1) = 8.
e
x ln ydxdy = xdx ln ydy =
2 0
ESEMPIO 2
∫∫ (cos )
2
Calcolare x + sin 2 y dxdy , se il dominio D è il quadrato 0 ≤ x ≤ π 4 , 0 ≤ y ≤ π 4 .
D
Soluzione
π 4 π 4 π 4 π 4
y 1
∫∫ (cos ) ∫ dx ∫ (cos ) ∫
2 2 2 2 2
x + sin y dxdy = x + sin y dy = y cos x + 2 − 4 sin 2 y dx =
D 0 0 0 0
π 4 π 4
π π 1 π 1 π 1 π π 1 π 1π π 2
∫
2
= cos x + − dx = x + sin 2 x + − x = + + − = .
0 4 8 4 8 2 8 4 0 8 4 2 8 4 4 16
ESEMPIO 3
2 x2
Calcolare I = ∫ dx ∫ (2 x − y )dy
1 x
Soluzione
2 x2 2 2
1 1 1 1 1 1
I = ∫ 2 xy − y 2 dx = ∫ 2 x 3 − x 4 − 2 x 2 + x 2 dx = x 4 − x 5 − x 3 = 0.9.
1
2 x 1
2 2 2 10 2 1
3
ESEMPIO 4
Soluzione
Costruiamo il dominio D. La prima curva è una parabola, con vertice nel punto (0;2), simmetrica
rispetto all’asse y. La seconda curva è una linea retta. Risolvendo parallelamente le equazioni
y = 2 − x 2 e y = 2 x − 1 , troviamo le coordinate dei punti d’intersezione: A (-3; -7), B (1, 1) (fig. 3).
Il dominio di integrazione è del primo tipo:
∫∫ (x − y )dxdy =
D
1 2− x 2 1 2− x 2 1
1 1 1
= ∫ dx ∫ ( x − y )dy = ∫ xy − y 2 dx = ∫ 2 x − x 3 − 2 + 2 x 2 − x 4 − 2 x 2 + x + 2 x 2 − 2 x + dx =
−3
−3 2 x −1
2 2 x −1 − 3
2 2
1 1
1 3 1 1 2 1 3 4
= ∫ − x 4 − x 3 + 2 x 2 + x − dx = − x 5 − x 4 + x 3 + x 2 − x = 4 ⋅
− 3
2 2 10 4 3 2 2 −3 15
ESEMPIO 5
Soluzione
3 2x 3 3 3 3
4 19
[
∫∫( x + 2 y)dxdy = ∫ dx ∫ (x + 2 y)dy = ∫ xy + y
2
]
2x
x dx = ∫ (2x 2 + 4x 2 − x 2 − x 2 )dx = 4∫ x 2 dx = x 3 = ⋅ 4
3 2 3
D 2 x 2 2 2
4
ESEMPIO 6
1 1− x 2
Cambiare l’ordine di integrazione nell’integrale ∫ dx ∫ f (x, y )dy
−1 − 1− x 2
Soluzione
1 1− x 2 1 1− y 0 1− y 2
∫ dx ∫
−1
f ( x, y )dy = ∫ dy ∫ f ( x, y)dx + ∫ dy ∫ f ( x, y)dx .
−1
− 1− x 2 0 − 1− y − 1− y 2
∫∫ F ( ρ ,ϑ ) ρdρdϑ = ∫ dϑ
D α
∫ F ( ρ ,ϑ ) ρdρ
ρ1 (ϑ )
,
ρ 2 (ϑ )
dove F ( ρ , ϑ ) = f ( ρ cos ϑ , ρ sin ϑ ) , l’integrale ∫
ρ ϑ
F ( ρ ,ϑ ) ρdρ nel quale ϑ è considerata costante
1( )
∂x ∂x
J = ∂u ∂v ≠ 0
∂y ∂y
∂u ∂v
u = u(x, y)
v = v(x, y)
è biunivoca tra i punti del dominio D del piano xOy e i punti del dominio D’ del piano uO′v (fig. 5).
y v fig. 5
(x;y) (u;v)
D D'
K
O x O' u
∂x ∂x
∂ρ ∂ϑ cos ϑ − ρ sin ϑ
J= = =ρ.
∂y ∂y sin ϑ ρ cos ϑ
∂ρ ∂ϑ
Una trasformazione biunivoca può essere impiegata per trasformare l’integrale doppio
∫∫ f (x, y )dA
D
x = x(u,v) y = y(u,v)
definiscono una curva parametrica (con v come parametro) nel piano xy. Questa curva è chiamata
u-curva corrispondente al valore u = c. Analogamente per v fissato le equazioni definiscono una
curva parametrica (con parametro u) chiamata v-curva. Consideriamo l’elemento d’aria infinitesimo
delimitato dalle u-curve corrispondenti ai valori vicini u e u + du e dalle v-curve corrispondenti ai
valori vicini v e v + dv.
Si dimostra che una regione rettangolare di area dudv nel piano uv è trasformata in un
parallelogramma curvilineo la cui area è approssimativamente zero.
∂ ( x, y ) R
dA = dxdy = dudv (1)
∂ (u , v )
dA
v + dv
P
u
Q
v
u + du
Esercizio
Utilizzare un cambiamento di variabili appropriato per determinare l’area del disco ellittico E dato
da
x2 y2
+ ≤1
a2 b2
Soluzione
A seguito della trasformazione x = au, t = bv, il disco ellittico E è l’immagine del disco circolare D
dato da u 2 + v 2 ≤ 1 . Supponendo a>0 e b>0, abbiamo
7
∂ ( x, y ) a 0
dxdy = dudv = dudv = abdudv
∂(u , v ) 0 b
Negli esempi che seguono è data la frontiera del dominio D e l’integrale doppio
I = ∫∫ f ( x, y )dxdy
D
ESEMPIO 7
y
2π a
0 0
ESEMPIO 8
2π b
∫
I = dϑ
0
∫ f ( ρ cosϑ , ρ sin ϑ ) ρdρ
a a b x
8
y
ESEMPIO 9
ESEMPIO 10
I= ∫ dϑ
−π
∫ f ( ρ cosϑ , ρ sin ϑ ) ρdρ
0
4
− π 3π
La condizione che l’angolo ϑ ε , deriva x
4 4
dal fatto che la retta di equazione y = -x è tangente al
ESEMPIO 11
y
rispettivamente di equazioni:
γ 1 : x 2 + y 2 = r 2 e γ 2 : x 2 + y 2 = 2rx
r 2r x
r r r r
comuni alle due circonferenze: , 3 e ,− 3
2 2 2 2
π π
da cui si evince che − ≤ϑ ≤ pertanto:
3 3
π
3 2 r cos ϑ
9
ESEMPIO 12
D è l’area del dominio situato nel primo quadrante limitato dalla retta e dalla circonferenza
y
2 2 2
Rispettivamente di equazioni: x + y = a e x + y = a a f0
a
π
2 a
I= ∫ dϑ a
∫ f ( ρ cosϑ , ρ sin ϑ ) ρdρ a x
0
(sin ϑ + cos ϑ )
ESEMPIO 13
I = I 1 +I 2 +I 3 y
π
4 g (ϑ )
3π 1
4 sin ϑ
I2 =
π
∫ dϑ ∫ f ( ρ cosϑ , ρ sin ϑ ) ρdρ
0
x
4
π g (ϑ )
tan ϑ
I3 =
3
∫ dϑ ∫ f ( ρ cosϑ , ρ sin ϑ ) ρdρ
π 0
con g (ϑ ) =
cos ϑ
= tan ϑ sec ϑ
4
ESEMPIO 14
circonferenza, allora il nostro scopo è quello di calcolare il nostro integrale come differenza di due
integrali:
10
I= ∫∫ f ( x, y )dxdy = ∫∫ - ∫∫
D D1 D2
Per calcolare l’integrale esteso al dominio D 1 relativo all’ellisse, operiamo prima la seguente
sostituzione: x = au , y = bv da cui dxdy = ab dudv
con questa l’ellisse si trasforma in un cerchio di raggio 1 con equazione:
u2 + v2 = 1 con v ≥ 0
Pertanto :
π 1 π b
ESEMPIO 15
Soluzione
∫∫
D
x 2 + y 2 dxdy =
π 2 a π 2 π 2
1 a a3 πa 3
= ∫∫ ρ 2 cos 2 ϑ + ρ 2 sin 2 ϑ ρdρdϑ = ∫ dϑ ∫ ρ 2 dρ = ∫ ρ 3 0 dϑ = ∫ dϑ = .
D 0 0
3 0
3 0
6
ESEMPIO 16
∫∫ ln( x
2
Calcolare + y 2 )dxdy , se il dominio D è il disco tra le circonferenze x 2 + y 2 = e 2 e
D
x2 + y2 = e4 .
Soluzione
11
Passando alle coordinate polari:
2π e2
D D D 0 e
2π e2
1 1
2 ∫ ρ 2 ln ρ − ρ 2 dϑ = πe 2 (3e 2 − 1)
0
2 4 e
ESEMPIO 17
∫∫ ( x + y)
3
Calcolare ( x − y ) 2 dxdy , se il dominio D è il quadrato limitato dalle linee rette x + y = 1 ,
D
x − y = 1, x + y = 3, x − y = −1 (fig. 6).
Soluzione
1
Poniamo x + y = u , x − y = v , da cui si ha x = (u + v ) , y = 1 (u − v) . Pertanto il Jacobiano della
2 2
trasformazione è:
∂x ∂x 1 1
J = ∂u ∂v = 2 2 = −1,
∂y ∂y 1 1 2
−
∂u ∂v 2 2
1 1
quindi J = . Di conseguenza, ∫∫ ( x + y ) 3 ( x − y ) 2 dxdy = ∫∫ u 3 v 2 dudv . Poiché il dominio D ′ è
2 D
2 D′
anche un quadrato (fig. 7), abbiamo:
3 1 3 1 3 3
1 3 1 1 1 1 20
∫∫ ( x + y) ( x − y) dxdy = ∫ u du ∫ v 2 dv = ∫ u 3 ⋅ v 3 du = ∫ u 3 (1 + 1)du = u 4 = .
3 2
D
21 −1
21 3 −1 61 12 1 3
12
CALCOLO DI AREE DI FIGURE PIANE
L’area di una figura piana limitata dal dominio D può essere trovata con la formula:
S = ∫∫ dxdy .
D
b ϕ2 ( x)
S = ∫ dx ∫ dy.
a ϕ1 ( x )
S = ∫∫ ρdρdϑ = ∫ dϑ ∫ ρ dρ .
D α ϕ (ϑ )
ESEMPIO 18
Soluzione
3 4 y− y2 3 3 3
4 y− y2 1 3 5 2 1
S = ∫∫ dxdy = ∫ dy ∫6− ydx = ∫2 x 6− y dy = ∫2 (− y + 5 y − 6)dy = − 3 y + 2 y − 6 y 2 = 6 (unità di superficie)
2
D 2
ESEMPIO 19
Calcolare l’area della figura limitata dalle circonferenze ρ = 1 , ρ = ( 2 3 ) cos ϑ (al di fuori della
circonferenza ρ = 1 ) (fig. 8).
Soluzione
13
π 6 (2 3 ) cosϑ π 2 (2 3 ) cosϑ π 6 π 6
1 4 2 2
S = ∫∫ ρdρdϑ = 2 ∫ dϑ ∫ ρdρ = 2 ∫ ρ 2 dϑ = ∫
2
cos ϑ − 1dϑ = ∫ 3 + 3 cos 2ϑ − 1dϑ =
D 0 1 2 0 1 0 3 0
π 6
1 1 1 π π 1
∫ (2 cos 2ϑ − 1)dϑ = 3 [sin 2ϑ − ϑ ]
π 6
= 0 = sin − = (3 3 − π ) (unità di superficie).
3 0
3 3 6 18
ESEMPIO 20
Soluzione
ESEMPIO 21
Trovare l’area della figura limitata dalle curve x 3 + y 3 = axy (l’area della curva)(fig. 9).
Soluzione
Trasformiamo l’equazione data in coordinate polari: ρ 3 (sin 3 ϑ + cos 3 ϑ ) = aρ 2 sin ϑ cosϑ , cioè
ρ = a sin ϑ cosϑ (sin 3 ϑ + cos 3 ϑ ). L’asse di simmetria della curva è il raggio ϑ = π 4 , pertanto:
π 4 π 4 π 4
a2 3 tan 2 ϑd (tan ϑ ) a 2 d (1 + tan 3 ϑ ) a2 a2
=
3 ∫
0
(1 + tan 3 ϑ ) 2
=
3 ∫0
= −
(1 + tan 3 ϑ ) 2 3(1 + tan 3 ϑ ) 0
=
6
.
14
CALCOLO DEL VOLUME DI UN CORPO
Il volume di un corpo cilindrico limitato sopra da una superficie continua z = f ( x, y ), sotto dal
piano z=0 e di lato da una superficie cilindrica retta incidente un dominio D del piano xOy , può
essere calcolato tramite la formula
V = ∫∫ f ( x, y )dxdy.
D
ESEMPIO 22
Soluzione
Il corpo è limitato in alto dal piano z = 3 x , lateralmente dal cilindro parabolico y = 1 + x 2 e dal
piano y = 5 . Pertanto è un corpo cilindrico. Il dominio D è limitato dalla parabola y = 1 + x 2 e dalle
linee rette y = 5 e x = 0 . Così si ha:
2 5 2 2 2
1
V = ∫∫ 3xdxdy = 3∫ xdx ∫ dy = 3∫ x ⋅ [ y ] dx = 3∫ (4 x − x )dx = 3 2 x 2 − x 4 = 12 (unità di volume).
5 3
1+ x 2
D 0 1+ x 2 0 0 4 0
ESEMPIO 23
Soluzione
V = ∫∫ (1 − x 2 − y 2 )dxdy
D
15
possono essere determinati dalle equazioni delle linee rette: k1 = tan ϑ1 = 1 , cioè ϑ1 = π 4 ;
k 2 = tan ϑ2 = 3 , cioè ϑ2 = π 3 . Così abbiamo:
π 3 1 π 3 1 π 3
1 2 1 4 1 π
V = ∫∫ (1 − ρ 2 ) ρdρdϑ = ∫ dϑ ∫ ( ρ − ρ 3 )dρ = ∫π 4 2 ρ − 4 ρ 0 dϑ = 4 π∫4 dϑ = 48 (unità di volume).
D π 4 0
ESEMPIO 24
Soluzione
a a 2 − x2
1
V = ∫∫ a 2 − x 2 dxdy = ∫ a 2 − x 2 dx ∫ dy =
8 D 0 0
a a
1 2
= ∫ (a 2 − x 2 )dx = a 2 x − x 3 = a 3
0 3 0 3
Quindi, V = 16 a 3 3 .
Se una lamina occupa il dominio D del piano xOy e ha una superficie di densità variabile
γ = γ ( x, y ) , allora la massa M della lamina è espressa dall’integrale doppio
M = ∫∫ γ ( x, y ) dxdy.
D
Il momenti statici della lamina rispetto agli assi Ox e Oy possono essere trovati tramite le formule
M x = ∫∫ yγ ( x, y )dxdy, M y = ∫∫ xγ ( x, y )dxdy.
D D
My Mx
x= , y= ,
M M
16
dove M è la massa della lamina e M x , M y sono i suoi momenti statici rispetto agli assi coordinati.
Nel caso di omogeneità della lamina, le formule assumono la forma
∫∫ xdxdy
D
∫∫ ydxdy
D
x= , y= ,
S S
I x = ∫∫ y 2γ ( x, y ) dxdy, I y = ∫∫ x 2γ ( x, y ) dxdy ,
D D
I 0 = ∫∫ ( x 2 + y 2 )γ ( x, y ) dxdy = I x + I y .
D
ESEMPIO 25
Trovare le coordinate del centro di gravità della figura limitata dalle curve y 2 = 4 x + 4 ,
y 2 = −2 x + 4 (fig. 14).
Soluzione
( 4− y 2 ) 2
2 2
4 − y2 y2 − 4
S = ∫∫ dxdy = 2 ∫ dy ∫ dx = 2 ∫0 2 − 4 dy =
2
D 0 ( y −4 ) 4
17
2
2
3y 2 1
= 2 ∫ 3 − dy = 6 y − y 3 = 8 .
0
4 12 0
Segue che:
2 ( 4− y 2 ) 2 2 2
1 1 1 1 1 1 3 3
x = ∫∫ xdxdy = ⋅ 2∫ dy ∫ xdx = ∫ (4 − y 2 ) 2 − ( y 2 − 4) 2 dy = ∫ 3 − y 2 + y 4 dy =
8D 8 0 ( y 2 −4) 4 8 0 4 16 8 0 2 16
2
1 y3 3y5 2
= 3 y − + = .
8 2 80 0 5
ESEMPIO 26
x2 y2
Trovare le coordinate del centro di gravità della figura limitata dall’ellisse + = 1 e da una sua
25 9
x y
corda + =1.
5 3
Soluzione
5 ( 3 5 ) 25− x 2 5
3 3 15
S = ∫∫ dxdy = ∫ dx ∫ dy = ∫ 25 − x 2 − 3 + x dx = (π − 2).
0
D 0 3(1− x 5 )
5 5 4
Abbiamo poi:
( 3 5 ) 25− x 2
3 x
5 5
1 4 4
x = ∫∫ xdxdy =
15(π − 2) ∫0 ∫ ∫
xdx dy = x 25 − x 2 − 3 x1 − dx =
S D 3 (1− x 5 )
15(π − 2) 0 5 5
5
4 3 1 2 2 32 3x 2 x 3 4 75 10
= − ⋅ ⋅ ( 25 − x ) − + = 25 − + 25 = ;
15(π − 2) 5 2 3 2 5 0 15(π − 2) 2 3(π − 2)
1 9 x
5 ( 3 5) 25− x 2 5 2
1 4 4
y = ∫∫ ydxdy =
15(π − 2) ∫0 ∫
dx ydy = ⋅ ∫ (25 − x 2 ) − 91 − dx =
S D 3(1− x 5)
15(π − 2) 2 0 25 5
5
2⋅9⋅ 2
5
12 5x 2 1 3 12 125 125 2
∫
2
= (5 x − x ) dx = = − x = − = .
15(π − 2) ⋅ 25 0 125(π − 2) 2 3 0 125(π − 2) 2 3 π −2
18
ESEMPIO 27
x y
Calcolare il momento di inerzia rispetto all’origine della figura limitata dalle curve + = 1,
a b
x =0, y =0.
Soluzione
( b a )( a − x ) ( b a )( a − x )
a
a
1
a
b 1 b3
I 0 = ∫∫ ( x 2 + y 2 )dxdy = ∫ dx ∫ ( x 2 + y 2 )dy = ∫ x 2 y + y 3 dx = ∫ x 2 (a − x) + 3 (a − x)3 dx =
0
D 0 0
3 0 0
a 3a
a
1 3 b 4 1 b 1 3
4 ab( a 2 + b 2 )
bx − x − ⋅ ⋅ ( a − x ) = .
3 4a 3 a3 4 0 12
ESEMPIO 28
Calcolare il momento d’inerzia della figura limitata dalla cardioide ρ = a(1 + cosϑ ) ,
rispetto all’asse x.
Soluzione
2π a (1+ cos ϑ ) 2π
1
I x = ∫∫ ρ 2 sin 2 ϑρdρdϑ = ∫ sin 2 ϑdϑ ∫ ρ 3 dρ = ∫ sin 2 ϑ ρ 4 |0a (1+cosϑ ) dϑ =
D 0 0 0
4
2π 2π
1 4 1 21
= a ∫ sin 2 ϑ (1 + cosϑ ) 4 dϑ = a 4 ∫ sin 2 ϑ (1 + 4 cosϑ + 6 cos 2 ϑ + 4 cos 3 ϑ + cos 4 ϑ )dϑ = πa 4 .
4 0 4 0 32
ESEMPIO 29 y
Sia
1
T= {( ρ , ϑ ) : ≤ ρ ≤1; 0≤ ϑ ≤π/2}
sin ϑ + cosϑ
θ
x
Calcolare :
1) ∫∫ xdxdy
A
Soluzione
19
π π
2 1
1 2 1
∫∫ xdxdy = ∫∫ ρ cos ρdρdθϑ = ∫ cosϑdϑ ∫1 ρ dρ 2
= ∫ cos ϑ 1 − dϑ =
3
A T 0
3 0 (sin ϑ + cos ϑ )
sin ϑ + cos ϑ
1 1 1
π π
2 2
cos ϑ
= 1 −
1 1
3 ∫0 (sin ϑ + cosϑ )3 =
dϑ
3
1− ∫0 cos 2 ϑ 1 + tan 2 ϑ 3 = 6
(
d ϑ
)
∫∫ y dxdy
2
2)
A
Soluzione
π π
1 2 2
2 1
1 dϑ =
∫∫ y dxdy = ∫∫ ρ sin ϑρdρdϑ = ∫ sin ϑdϑ ∫1 ∫
2 2 2 2 3
ρ d ρ = sin ϑ 1 −
A T 0
4 0 (
sin ϑ + cos 2 ϑ )
4
sin ϑ + cos ϑ
π π π
1 21 − cos 2ϑ 1 2 1 1 π 1 1 1 2 π 1
= ∫ dϑ − ∫ 2 d ϑ = +
− = −
3
4 0 2 4 0 sin ϑ (1 + cot gϑ )4
16 4 3 (1 + cot gϑ ) 0 16 12
∫∫ x dxdy
2
3)
A
Soluzione
π 1
∫∫ x dxdy = 16 − 12
2
ESEMPIO 30
y2
Calcolare : ∫∫
A
x
dxdy
x
Soluzione
20
π π π
4 cos ϑ
y2 sin 2 ϑ
2
1 2 sin 2 ϑ 56 2 2
∫∫ ∫0 cosϑ 2 cos∫ ϑ ∫ ( ) ∫
2 3
dxdy = d ϑ ρ dρ = 64 − 8 cos ϑd ϑ = sin ϑ cos 2 ϑdϑ =
T
x 3 0 cos ϑ 3 0
π π
56 2 2 56 21 − cos 4ϑ 14 π 7
= ∫
12 0
sin 2ϑdϑ = ∫
12 0 2
dϑ = = π
6 2 6
ESEMPIO 31
Calcolare : ∫∫ xdxdy
A
2 A
Soluzione x
π
π π 2
4 sin ϑ
2
1 2 64 sin 4 ϑ 16
∫∫ xdxdy = ∫∫ cos ϑρ
2
dρ dϑ = ∫ cosϑ ∫ (
ρ 2 dρ = ∫ cos ϑ 64 sin 3 ϑ dϑ =
30
) =
A T 0 0 3 4 0 3
y
ESEMPIO 32
1
dxdy
Calcolare ∫∫
A x2 + y2 A
1 x
dove:
1 π
A = {( x, y ) : x + y ≥ 1, x 2 + y 2 ≤ 1 } ≤ ρ ≤1 0 ≤θ ≤
sin θ + cosθ 2
π π
dxdy 1 2
π 2
1
∫∫
A
2
x +y 2
= ∫∫ d ρ d θ = ∫ 1 −
T 0
dθ = −
sin θ + cos θ 2 ∫ sin θ + cos θ dθ
0
Vediamo che:
1 1 1 1
= =− ⋅
sin θ + cosθ θ θ θ θ θ θ θ
2 sin cos + cos 2 − sin 2 cos 2 tan 2 − 2 tan −1
2 2 2 2 2 2 2
21
Quindi sostituendo:
π
2 1
dxdy 1 π
1 1 π dt π 1 2 −1
∫∫
A
2
x +y 2
= +2∫ ⋅
2 0
⋅
2 cos2 θ tan 2 θ − 2 tan θ − 1
dθ = + 2∫ 2
2 0
= +
t − 2t − 1 2 2
ln
2 +1
2 2 2
1 1
dt dt 1 1 t −1− 2 1 1 1+ 2
∫0 t 2 − 2t − 1 = ∫ (t − 1)
0
2
−2
= ⋅
2 2
⋅ ln
t −1 + 2 0
= ⋅ − ln
2 2
2 − 1
ESEMPIO 33 y
y 1
Calcolare ∫∫ x dxdy
D
2 4 x
dove:
1
D= {(x, y ) x 2 + 4 y 2 − 4 x ≤ 0, y ≥
2
x }
π
4 cos θ /4
y υ 1 1 4
∫∫D x dxdy = ∫∫S 2µ 2 dµ d υ =
4 π∫
tan θ dθ ∫ ρ dρ = *
2
0 1
π π
2 2
1 1 1
∫ ∫
2
= tan θ ⋅ ⋅ 16 cos θ dθ = 2 sin θ cosθ dθ =
4π 2 π 2
4
4
* µ = ρ cosθ e υ = ρ sin θ
ESEMPIO 34
Calcolare ∫∫ ydx dy
A
22
y
dove 2
x2 y 2
A = ( x, y ): + ≤ 1; x 2 + y 2 ≥ 4; y ≥ 0 2 3 x
9 4
dove:
x2 y2 y
B 1 = ( x, y ) :
y
+ ≤ 1; x ≥ 0; y ≥ 0
9 4 2
2
{
B2 = ( x, y ) : x 2 + y 2 ≤ 4; x ≥ 0; y ≥ 0 } B1
B2
3 x 2 x
∂ ( x, y )
∫∫ ydx dy = ∫∫ 2υ ∂(x, y ) dµ dυ = 12∫∫υ dυ dµ =
B1 T1 T1
π
2 1
π µ
= 12 ∫ sin θ dθ ∫ ρ d ρ = 4(− cosθ )0 2 = 4
2
0 0
π
2 2
8
(− cosθ )0 2 = 8
π
∫∫ ydx dy = ∫ sin θ dθ ∫ρ
2
dρ =
B2 0 0
3 3
Quindi:
16 8
∫∫ ydx dy = 8 −
A
=
3 3
23
ESEMPIO 35
π 2
7 7 7
8∫∫ u dudv − ∫∫ x dxdy = 7 ∫∫ x dxdy =
2 2 2
∫ cos
2
ϑdϑ = π ⇒ ∫∫ x 2 dxdy = π
T1 C1 C1
4 0 16 A 4
π 2 36 ⋅ 6
sin ϑ − 8 dϑ =
1
∫∫A1 ydxdy = T∫1ρ sin ϑdρdϑ = 3 ∫
2
0
2
( 2
4 cos ϑ + ρ sin ϑ )
3
2
π 2 π 2
1 sin ϑ 8 sin ϑ 8
= ∫ 36 ⋅ 6 dϑ − = 72 ∫ dϑ − =
3 0 9 − 5 cos 2 ϑ ( )
32
3 2
0 9 − 5 cos ϑ ( )
3
2 3
π 2 1
sin ϑ dt
= 72 ∫ (9 − 5 cos ϑ ) dϑ = 72 ∫
0
2 32
0 (9 − 5t ) 2
3
2
cos π 2 = 0
e ponendo t = cos π 2 = 0 ⇒
cosϑ = 1
3
Essendo 5 t = 3 sin ϑ
dt 3 cosϑ ϑ
∫ = ∫ 27 cos 3 ϑ dϑ =
(9 − 5t ) 2
3
2 5
9 − 5t 2 = 3 cosϑ
1 1 5 3 t
= tan ϑ = t =
9 5 9 5 3 9 − 5t 2
9 9 − 5t 2
segue che
π 2
sin ϑ t 1
72 ∫ dϑ = 8 = 4
0 (9 − 5 cos ϑ ) 2 32
9 − 5t 2 0
Quindi
8 8
∫∫ ydxdy
A
= 2 ∫∫ ydxdy
A1
= 24 − =
3 3
24
ESEMPIO 36
x2
∫∫ x dxdy
2
Calcolare A = ( x, y ) : x 2 + y 2 ≥ 1; + y 2 ≤ 1
A 4
1 1
1 2 C1 A1 E1
1 2 2
∫∫ x dxdy ∫∫ x dxdy
2 2
= 4 dove A1 è la restrizione di A al primo quadrante
A A1
π 2 ρ (ϑ )
4
∫∫ x dxdy ∫ cos ∫ρ
2 2 3
= ϑ dρdϑ = ρ 2 (ϑ ) = =
A1 0 1 cos ϑ + sin 2 ϑ
2
π 2 π 2
1 1 16 cos 2 ϑ π
∫ cos ϑ (ρ (ϑ ) − 1)dϑ = ∫ (cos
2
= 4
− =
ϑ + 4 sin 2 ϑ )
2
4 0 4 0
2 16
π 2
2 1 π
= 2 ∫ cos ϑ (1 + 4 tan ϑ )
0
2 2 2
dϑ −
16
= e ponendo 2 tan ϑ = t
+∞
dt π
= 2 ∫ (1 + t )
0
2 2
−
16
Dal seguente
1 t t 2t t t 2 +1−1
∫ 1 + t 2 = 1 + t 2 + ∫ (1 + t 2 )2 = 1 + t 2 ∫ 1 + t 2 2 dt =
dt + 2
( )
t 1 1
= + 2∫ dt − 2 ∫ dt
1+ t 2
1+ t 2
1+ t 2 ( )2
segue che
+∞ +∞
dt 1 t 1 π
∫ (1 + t )
0
2 2
=
2 1+ t 2
+ arctan t
2 0
=
4
25
Quindi
π π 7
∫∫ x dxdy
2
4 = 4 − = π
A1 2 16 4
Mostrare che
+∞
∫ e dx
2
−x
= π
−∞
SOLUZIONE:
L’integrale improprio converge e il suo valore (ovviamente) non dipende da quale simbolo si usa
per la variabile d’integrazione. Pertanto possiamo esprimere il quadrato dell’integrale come
prodotto di due integrali identici, ma con le loro variabili d’integrazione indicate in modo diverso.
Possiamo poi interpretare questo prodotto come un integrale doppio e integrarlo in coordinate
polari:
2
+∞ − x 2 +∞ +∞
( )
∫ e dx ∫ e dx ∫ e dy = ∫∫ e
2
−x −y 2
− x 2 + y 2 dA
= =
−∞ −∞ −∞ ℜ2
2π R
1 −ρ 2 R
∫ dϑ ∫ e ρdρ = π
2
−ρ
= lim = 2π lim − e
R →∞ 0 0 R →∞ 2 0
Dove si è tenuto presente che in coordinate polari, tutti i punti del piano si ottengono prendendo il
valore principale dell’anomalia, cioè facendo variare ϑ da 0 ( oppure - π ) incluso, a 2 π
(oppure π ) escluso, e facendo variare ρ tra 0 e + ∞ .
26
INTEGRALI TRIPLI
Supponiamo che la funzione f ( x, y , z ) sia definita nel dominio T chiuso e limitato. Suddividiamo il
dominio T arbitrariamente in n sottodomini T1,T2 ,...Tn con diametri d1 , d 2 ,...d n e volumi
∆V1 , ∆V2 ,.., ∆Vn . Prendiamo arbitrariamente un punto Pk (ξ k ,η k , ζ k ) in ciascun sottodominio e
moltiplichiamo il valore della funzione nel punto Pk con il volume del sottodominio.
La somma integrale per la funzione f ( x, y , z ) sul dominio T è la somma della forma
∑ f (ξ
k =1
k ,η k , ζ k ) ∆Vk .
L’integrale triplo della funzione f ( x, y , z ) sul dominio T è il limite della somma integrale sotto la
condizione che il più grande diametro dei sottodomini tende a zero:
Per una funzione continua in un dominio T questo limite esiste e non dipende dal modo in cui è
suddiviso il dominio T nei sottodomini o sulla scelta dei punti Pk (teorema dell’esistenza di un
integrale triplo).
Le principali proprietà degli integrali tripli sono simili a quelle degli integrali doppi.
In coordinate cartesiane l’integrale triplo è usualmente scritto come
∫∫∫ f ( x, y, z )dxdydz .
T
27
Integrali tripli in coordinate cartesiane
Come gli integrali doppi, anche gli integrali tripli si riducono ad integrali ordinari mediante formule
di riduzione. Per gli integrali tripli in coordinate cartesiane esistono una formula d’integrazione per
strati e una per fili.
∫∫∫ f ( x, y, z ) dx dy dz = ∫∫ dx dy
C D
∫ f ( x, y, z ) dz
α (x, y )
Nei casi non si può applicare né l’una né l’altra si spezza opportunamente il campo C.
ESEMPIO 37
Calcolare il momento d’interzia relativo all’asse z del cono rotondo di raggio di base a e altezza h
Supponiamo che il vertice del cono coincida con l’origine degli assi.
Ricaviamoci l’equazione della superficie conica:
siccome è una superficie di rotazione, ricaviamo prima l’equazione del meridiano (in questo caso
una retta sul piano xz):
28
h
z= x
a
Avvalendoci di un artificio noto dalla Geometria, al posti di x sostituiamo x 2 + y 2 e quadriamo.
Si ottiene:
h2
z2 = 2 ( x2 + y2 ) equazione del cono.
a
(
M = ∫∫∫ x 2 + y 2 dx dy dz )
Calcoliamo per fili:
h
h
(
M = ∫∫ x 2 + y 2 dx dy) ∫ dz = ∫∫ ( x
2
)
+ y2 h − x 2 + y 2 dx dy
C h
x2 + y 2 C a
a
Il campo C è una circonferenza di raggio a . Passiamo ora alle coordinate polari:
x = ρ cos ϕ
y = ρ senϕ
Si ha allora:
2π a
h h 1
M = ∫∫ ρ 2 h − ρ ρ dρ dϕ = ∫ dϕ ∫ ρ 3 h − ρ dρ = π a 4 h .
C a 0 0 a 10
ESEMPIO 38
x2 + y2
Calcolare l’integrale triplo dove f = 2
ed il solido è individuato da z 2 = x 2 + y 2 ;
z +1
(
z2 = 4 x2 + y2 ;) 0≤ z≤h.
h h 2π z
dz dz
I =∫ ∫∫ ρ dθ dρ = ∫
3
∫ dθ ∫ ρ dρ
3
0
1+ z 2 CZ 0
1+ z2 0 1
z
2
1
z=ρ , ρ 2 = z2
4
29
Fatta questa considerazione l’integrale diventa:
h
15 z4
I = π∫ dz
32 0 1 + z 2
quindi la soluzione è:
15 1 3
I= π h − h + arctg h .
32 3
ESEMPIO 39
x ≥ 0
x 2 + y 2 + z 2 = r 2
2 y ≥ 0
x + y 2 − r y = 0 z ≥ 0
r 2 −x2 − y2
V = ∫∫∫ dx dy dz = ∫∫ dx dy ∫ dz = ∫∫ r 2 − x 2 − y 2 dx dy
C 0 C
Il dominio C è il semicerchio base del cilindro (v. figura). Passando in coordinate polari:
x = ρ cosθ
y = ρ senθ
si avrà:ù
π
r sin ϕ
2
r3 π r3 r3 π 2
V = ∫∫ r 2 − ρ 2 ρ dρ dθ = ∫ dϕ ∫ ρ r 2 − ρ 2 dρ = − 1 + = − .
C 0 0
3 2 9 3 2 3
30
ESEMPIO 40
Calcolare:
0 ≤ x ≤ a
C ≡ 0 ≤ y ≤ b
0 ≤ z ≤ c
c a b
I = ∫∫∫ log(1 + 2 x + 3 y + 4 z ) dx dy dz = ∫ dz ∫ dx ∫ log(1 + 2 x + 3 y + 4 z ) dy
C 0 0 0
c a 1+ 2 x + 3b + 4 z c a
1 1 1 + 2 x + 3b + 4 z
I = ∫ dz ∫ dx ∫ logt dt = ∫ dz ∫ 3 b log dx
0 0
3 1+ 2 x + 4 z
30 0 1+ 2x + 4z
3 3
x= (u − 1) b − 1 − 4 z ; dx = b du
2 2
l’integrale diventa:
1 + 2a +3b+ 4 z
c 1+2a + 4 z c
3 3 2 − 6ab 1+ 4z + 2a + 8az +12bz + 3b +16z 2
b ∫ dz ∫ logu b du = b ∫ log dz
0 1 +3b+ 4 z 2 2 0 1+ 2a + 8z + 8az +16z 2 1+ 2a + 8z + 3b + 6ab +12bz + 8az +16z 2
1+ 4 z
31
Per il resto non ci dovrebbe essere nessuna difficoltà nel proseguire alla risoluzione dell’integrale.
ESEMPIO 41
Calcolare l’integrale:
∫∫∫ y
2
I= dx dy dz
C
h
I = ∫ dz ∫∫ y 2 dx dy
0 C
∫∫ y
2
L’integrale dx dy si può calcolare in coordinate polari spezzando opportunamente il dominio.
C
Si ha:
3 4 8π − 3 3 4
∫∫
C
y 2 dx dy = ∫∫ ρ 3 sen 2θ dρ dθ =
C
32
r +
48
r
1 3 4
I = − r h
6 32
ESEMPIO 42
Calcolare ∫∫∫ x dx dy dz esteso al primo ottante e delimitato dai piano z = 0 e z = 2 e dalle superfici
D
cilindriche:
x2 + y2 = 1
2 2
x + y − 2 y = 0
32
La superficie cilindrica x 2 + y 2 − 2 y = 0 si proietta sul piano xy nella circonferenza di centro
C (0,1) e raggio 1, mentre la x 2 + y 2 = 1 si proietta nella circonferenza con centro nell’origine e
raggio unitario.
2
I = ∫∫∫ x dx dy dz = ∫∫ x dx dy ∫ dz
D C 0
dove C è la sezione del cilindroide con il piano xy. Sviluppando i calcoli si ottiene:
5
I= .
12
ESEMPIO 43
Calcolare ∫∫∫ x dx dy dz esteso ad una regione D del primo ottante definita dalle equazioni:
D
y = x2
2 2
0≤ z ≤ x + y
y ≤1
Conviene eseguire l’integrazione “per fili”. Si pensi di inscrivere il solido in un cilindroide avente
generatrici parallele all’asse z e limitato superiormente dalla z = x 2 + y 2 e inferiormente dalla
z = 0.
Cioè:
Fig. a)
33
x2 + y2
I = ∫∫∫ x dx dy dz = ∫∫ x dx dy = ∫ dz
D C 0
dove C è la sezione normale del cilindroide, come si può vedere nella fig. b).
Fig. b)
Sviluppando i calcoli:
2
x 2+ y
5
I = ∫∫ x dx dy ∫ dz = ∫∫ x (x )
+ y 2 dx dy = ∫∫ x 3 dx dy + ∫∫ y 2 x dx dy =
2
.
C 0 C C C
24
ESEMPIO 44
Determinare le coordinate del baricentro del segmento sferico ad una base di altezza h = 5 , limitato
dalla superficie sferica x 2 + y 2 + z 2 = 64 e avente come asse di simmetria l’asse z.
L’integrale doppio ∫∫ dx dy rappresenta l’area di una sezione generica della sfera con un piano
z = cost, e cioè:
∫∫ dx dy = π ( r − z 2 ) = π ( 64 − z 2 )
2
Quindi:
8
3025
(
I1 = π ∫ 64 − z 2 z dz = ) 4
π
3
34
I 1 3025 3 363
zG = = π⋅ = .
I2 4 475π 76
ESEMPIO 45
Calcolare il momento d’inerzia rispetto all’asse di un tronco di cono avente le seguenti dimensioni:
altezza h = 2 cm
raggio maggiore a = 3 cm
raggio minore b = 2 cm
∫z dz ∫ dx dy
2
(2)
0 CZ
La seconda parte della (2) non è che l’area del cerchio C Z . Supponiamo di tagliare il cono con un
piano passante per z ottenendo un trapezio OCBG in cui GB = b, OC = a, FE = ρ (raggio di C Z ).
Abbassiamo per B la perpendicolare a OC: avremo due triangoli rettangoli simili BDE e BAC dai
quali si ricava:
DE = ρ − b
BD = h − z
DE AC
= ; ma è
BD AB AC = a − b
AB = h
quindi:
ρ −b a−b
=
h−z h
da cui ricaviamo:
a−b
ρ = a− z
h
2
a −b
CZ = π a − z
h
e, sostituendo nella (2) otterremo:
35
h 2
a −b π 1 1
I = π ∫ a − z ⋅ z 2 dz = a 2 h 3 − π a (a − b ) h 3 + π (a − b ) h 3 .
2
0
h 3 2 5
I = 44,35 .
ESEMPIO 46
Fig. 1
Ι = ∫∫∫ x 2 dx dy dz
V
a
Ι = ∫∫∫ x 2 dx dy dz = ∫ dz ∫∫ x 2 dx dy
V 0 C(z )
36
x = ρ cosϑ
y = senϑ
Fig. 2
Sostituendo si ha:
π
ϑ=
2 ρ =a
I = ∫∫ x 2 dx dy = ∫∫ ρ 2 cos 2 ϑ ρ dρ dϑ = ∫∫ ρ 3 cos 2 ϑ dρ dϑ = ∫ dϑ ∫ρ
3
cos 2 ϑ dρ =
C C C ϑ =0 a
ρ=
senϑ + cos ϑ
π π
ϑ= ϑ=
4 2
a cos ϑ2 2
a 4 cos 2 ϑ
= ∫ dϑ − ∫ dϑ .
ϑ =0
4 ϑ =0 4 ( sen ϑ + cos ϑ )4
Ricordando che:
cos 2ϑ − 1
cos 2 ϑ =
2
π π
ϑ= ϑ=
4 2 4 2
a cos 2ϑ − 1 a cos 2ϑ − 1
I2 = ∫ (
2 ⋅ 4 ϑ = 0 sen ϑ + cos ϑ + 2senϑ cosϑ
2 2 2
dϑ =
8 ) ϑ
∫
=0
1 + sen 2 2ϑ + 2sen 2ϑ
dϑ
Ricordando che:
2 tgϑ 1 − tg 2ϑ
sen 2ϑ = , cos 2ϑ =
1 + tg 2ϑ 1 + tg 2ϑ
sostituendo si ottiene:
π 1 − tg 2ϑ π
ϑ= −1 ϑ=
a4 2
1 + tg 2ϑ a4 2
− 2 tg 4ϑ − 2 tg 2ϑ
I2 =
8 ϑ =0
∫ 2 tg ϑ
2
2 tg ϑ
dϑ =
8 ∫
ϑ =0 tg 4ϑ + 4 tg 3ϑ + 6 tg 2ϑ + 4 tg ϑ + 1
dϑ .
1 + 2
+2
1 + tg ϑ 1 + tg 2ϑ
37
Poniamo:
tgϑ = t .
Sarà di conseguenza:
1
ϑ = arctg t , dϑ = dt .
1+ t 2
Sostituendo si ottiene:
∞ ∞
a4 − 2 t4 − 2 t2 a4 −2 t2
I2 =
8 ∫(
0
)(
t 4 + 4 t 3 + 6 t 2 + 4 t +1 ⋅ 1+ t 2)dt =
8 ∫
0
t 4 + 4 t 3 + 6 t 2 + 4 t +1
dt .
t 4 + 4 t 3 + 6 t 2 + 4 t + 1 = ( t + 1)
4
∞
a4 − 2 t2
I2 =
8 ∫0 ( t + 1)4 dt .
a4
Consideriamo solo l’integrale a meno di :
8
− 2 t2 A t2 + B t + C
I2 '= ∫ dt = + D lg( t + 1)
( t + 1)4 ( t + 1)3
Derivando ambo i membri:
− 2t 2 2 A t 2 + 2 A t + B t + B − 3 A t 2 − 3B t − 3 C D
= + .
( t + 1)4
( t + 1)4
t +1
− 2t 2 = − A t 2 + t ( 2 A + B − 3B ) + B − 3C + D ( t + 1) = D t 3 + t 2 ( 3D − A) + t ( 2 A − 2 B + 3D ) + ( B − 3C + D )
3
D = 0
3D − A = −2
2 A − 2 B + 3 D = 0
B − 3C + D = 0
38
Risolvendo il sistema si ottiene :
A = 2
B = 2
2
C = 3
D = 0
2
2t 2 + 2t +
I2 '= 3
( t + 1)3
Ricordiamo che :
∞
a4 − 2t 2
I2 =
8 ∫0 ( t + 1)4 dt
k
a4 − 2t 2 a4 2 a4
I 2 = lim
k →∞ 8 ∫0 ( t + 1)4 dt = −
8 3
= −
12
a 4π a4
I1 = ; I2 = −
16 12
I = ∫∫ x 2 dx dy .
C
Possiamo quindi concludere che :
a 4π a 4
I = ∫∫ x 2 dx dy = −
C
16 12
a
Ι = ∫∫∫ x 2 dx dy dz = ∫ dz ∫∫ x 2 dx dy .
V 0 C
39
a
a 4π a 4 a 5π a 5 3a 5π − 4a 5
Ι = ∫∫∫ x 2 dx dy dz = ∫ − dz = − =
V 0
16 12 16 12 48
a 5 ( 3π − 4 )
Ι= .
48
40
Integrali tripli in coordinate cilindriche
Si dimostra che nel passaggio da integrali tripli in coordinate cartesiane a coordinate curvilinee in
genere sussiste la relazione:
∂ ( x, y, z )
∫ ∫ ∫ f ( x, y , z ) dx
T
dy dz = ∫ ∫ ∫ f (u , v , w )
T
∂ (u , v , w )
du dv dw
∂x ∂y ∂z
∂u ∂u ∂u
∂ ( x, y , z ) ∂x ∂y ∂z
=
∂ (u , v, w) ∂v ∂v ∂v
∂x ∂y ∂z
∂w ∂w ∂w
x = ρ cos ϑ
y = ρsenϑ
z = z
cos ϑ senϑ 0
∂ ( x, y , z )
= − ϑsenϑ cos ϑ 0 = ϑ
∂ ( ρ ,ϑ , z )
0 0 1
∫ ∫ ∫ f ( x , y , z ) dx dy dz = ∫ ∫ ∫ f ( ρ , ϑ , z )ρ d ρ d ϑ dz
T T
In coordinate cilindriche si opera come in coordinate cartesiane osservando che il solido deve essere
normale rispetto al riferimento cilindrico. Anche in coordinate cilindriche sussistono formule
analoghe a quella per strati e per fili delle coordinate cartesiane:
B ( ρ ,ϑ )
∫∫∫ f ( ρ , ϑ , z )d ρ d ϑ dz = ∫∫ D
dρ d ϑ ∫α ( ρ ,ϑ )
f ( ρ ,ϑ , z )
T
41
ESEMPIO 47
Calcolare l’integrale:
I = ∫∫∫ xyz dx dy dz
T
x z
Dove T è il volume compreso tra il cilindro di equazione y2+z2-2cz = 0 e il piano + = 1 con
h 2c
x≥0.
x = x
y = ρ cos θ
z = ρsenθ
I = ∫∫ ρ cos θ senθ dρ dθ
3
∫ x dx
D 0
Dove D è la proiezione del solido sul piano y,z descritta da 0≤θ≤π ,0 ≤ρ≤2csenθ.
Procedendo,si ha:
42
ESEMPIO 48
Calcolare l’integrale:
z
I = ∫∫∫ dx dy dz
T
x + y2
2
Conviene spezzare il campo in due parti e integrare per fili. Passando in coordinate cilindriche si
ottiene:
a a
2 ρ 2 + y2 2 ρ 2 + y2
2π 5 2π 2
25 2 − 12 5
I = ∫∫∫ dρ dθ dz = ∫ dθ ∫ dρ ∫ z dz + ∫ dθ ∫ dρ ∫ z dz = πa 3
T 0 0
ρ2 + y2
0 a
ρ 2 + y2 75
5
ESEMPIO 49
Calcolare l’integrale:
I = ∫∫∫ yz senx dx dy dz
T
43
Con il cambiamento seguente:
x = x
y = ρ cos θ
z = ρsenθ
si ottiene:
π
Dove D è la proiezione del solido sul piano z,y che viene descritta con 0 ≤ θ ≤ , 0 ≤ ρ ≤ h.
2
Procedendo,si ha:
π
2 h h
1 h4
I = ∫ senθ cos θ dθ ∫ρ
3
dρ ∫ senx dx = − cosh + h 3 senh + 3h 2 cosh − 6h senh − 6 cosh + 6
0 0 ρ 2 4
ESEMPIO 50
Calcolare l’integrale:
I = ∫∫∫ ( x 2 + y 2 )dx dy dz
T
dove T è il volume compreso tra il paraboloide z = 1 – (x2 + y2) e il cono (z – 1)2 = x2 + y2 , con
h≥z≥0.
44
Passando in coordinate cilindriche si ha:
I = ∫ ρ 3 dρ dθ dz
h 2π 1− z 1
(1 − z ) 2 ( z − 1) 4 14
I = ∫ dz ∫ dθ ∫ ρ 3 dρ = 2π ∫ − dz = − π .
0 0 z −1 0
4 4 15
ESEMPIO 51
In una sfera di centro C(0;0;0) e raggio R viene scavato un foro cilindrico rotondo di asse x e
raggio a.
Trovare il volume della parte di sfera rimanente.
45
Si può trovare il volume V del cilindro più il volume delle due calottine integrando per fili e
facendo il seguente cambiamento di variabili:
x = x
y = ρ cosθ
z = ρsenθ
Quindi si ha:
2π ( R2 − ρ 2 )
a
4
V = ∫∫∫ ρ dρ dθ dx = ∫ dθ ∫ ρ dρ ∫ dx = π ( R 2 − a 2 ) 3 .
T 0 0
− ( R2 −ρ 2 ) 3
ESEMPIO 52
Calcolare l’integrale:
dz
I = ∫∫∫
T z+2
dz h
dz 2π 2 a senθ
h
I = ∫∫∫ =∫ ∫ dθ ∫ ρ dρ = 2πa 2 log .
T z+2 0 z + 2 0 0 2
ESEMPIO 53
Calcolare l’integrale:
yz
I = ∫∫∫ dx dy dz
T x
46
Passando in coordinate cilindriche e integrando per fili si ha:
ρ 2 +2
1
I = ∫∫ ρ dρ dθ ∫
2 ∫∫D
tgθ z dz = ρ ( ρ 2 + 2) 2 tgθ dρ dθ
D 0
dove D è la proiezione del solido sul piano x , y , che viene descritta con
π
0 ≤θ ≤ , 0≤ ρ ≤ 2.
4
Quindi:
1 4 2
104 2
I = ∫ tgθ dθ ∫ ( ρ 2 + 2) 2 ρ dρ = log .
2 0 0 3 2
ESEMPIO 54
Calcolare l’integrale:
I = ∫∫∫ ( x + z ) dx dy dz
T
y = y
Col seguente cambiamento di variabili: x = ρ cos θ
z = ρsenθ
47
avremo:
I = ∫∫ ρ 2 (cos θ + senθ ) dρ dθ ∫ dy
D ρ
dove D è la proiezione del solido sul piano x , z che viene descritta con 0 ≤ θ ≤ π 6 , 0 ≤ ρ ≤ 2° .
procedendo nei calcoli:
π
2 2a
64 4
I = 4a ∫ (cos θ + senθ )dθ ∫ ρ 2 dρ = a .
o 0 3
ESEMPIO 55
Calcolare l’integrale:
I = ∫∫∫ z dx dy dz
T
I = ∫∫∫ zρ dρ dθ dz
T
2π 4a2 −z2
a
7
I = ∫ z dz ∫ dθ ∫ ρ dρ = πa 4 .
0 0 0 4
48
ESEMPIO 56
Mediante l’uso degli integrali tripli calcolare il volume del solido compreso tra il cilindro di
equazione x2 + y2 = 4 tra i piani z = 0 e z = 3 e il cono di equazione 4 z2 = 9(x2 + y2) .
VS = ∫ dz ∫∫ dx dy
0 cz
VS = ∫ dz ∫ ∫ ρ dρ = 8π
0 0 2
z
3
VS = Vcilindro – Vcono = 12 π – 4 π = 8 π .
49
Integrali tripli in coordinate polari
Le formule di passaggio dalle coordinate cartesiane alle coordinate polari nello spazio sono:
x = ρsenϑ cos ϕ
y = ρsenϑ senϕ
z = ρ cos ϑ
Il determinante Jacobiano è:
cos cos
( , , )
ϕ ρϑρ ϑ ϕ ρ ϑ cos ϕ 0
( , , )
ρ cos ϑ cos ϕ ρ cos ϑ ϕ ρ ϑ
cosϑ ( ρ 2 ϑ cos ϑ 2
ϕ ρ2 ϑ cos ϑ cos 2 ϕ ) ρ ϑ(ρ 2
ϑ cos 2 ϕ ρ 2
ϑ 2
ϕ)
ρ 2 cos 2 ϑ ϑ ρ2 3
ϑ ρ2 ϑ.
∫∫∫ T
f ( x, y, z ) dx dy dz = ∫∫∫ F ( ρ , ϕ ,ϑ ) ϑ 2 senϑ dρ dϕ dϑ .
T
50
ESEMPIO 57
Trovare le coordinate del baricentro del solido limitato dal cono rotondo di semiapertura π 6 e dalla
calotta sferica con centro nel vertice del cono e raggio 2.
Siccome l’asse z è asse di simmetria è: xG=0,yG=0,mentre:
∫∫∫ ρ senθ dρ
2
dϕ dθ
T
π
2π 6 2
π
2π 6 2
16 8 3
2°∫∫∫ ρ 2 senθ dρ dϕ dθ = ∫ dϕ ∫ senθ dθ ∫ ρ 2 dρ = π ( − ).
T 0 0 0 3 3
3
zG = .
16 − 8 3
51
ESEMPIO 58
Calcolare l’integrale:
∫∫∫ y dx dy dz
T
π
2 α a
a 4π
I = ∫∫∫ ρ sen θ senϕ dθ dρ dϕ = ∫ sen θ dθ
3 2 2
∫ senϕ dϕ ∫ ρ dρ = −
3
(cos α + 1) .
T 0 0 0 16
ESEMPIO 59
Calcolare l’integrale:
I = ∫∫∫ ( x 2 + y 2 ) dx dy dz
T
52
Passando in coordinate polari, l’integrale I diventa:
π
2π 2 2a
ESEMPIO 60
Integrare la funzione:
f = x2 + y2 + z2
nel campo delimitato dalla sfera di centro nell’origine e raggio ρ = 2 , dal piano yz e dal piano xy.
x = ρ cos ϕ sin θ
y = ρ sin ϕ sin θ
z = ρ cos θ
J = ρ 2 sin θ
16 2
∫∫∫ ( x + y 2 + z 2 )dxdydz = ∫∫∫ ( ρ 2 sin 2 θ cos 2 ϕ + ρ 2 sin 2 θ sin 2 ϕ + ρ 2 cos 2 θ ) ρ 2 sin θdρdϕdθ =
2
π
T T 5
53
ESEMPIO 61
In una sfera di raggio R viene ricavata una cavità avente forma di cono rotondo di vertice O, asse
z e semiapertura t.
Trovare il volume della parte di sfera rimanente.
Conviene rappresentare uno spaccato del solido con il piano yz.
Essendo il solido in questione a simmetria sferica,conviene introdurre le coordinate polari nello
spazio:
x = ρ cos ϕ sin θ
y = ρ sin ϕ sin θ
z = ρ cosθ
2π π −t R
4
V = ∫∫∫ dx dy dz = ∫∫∫ ρ 2 sin θ dρ dϕ dθ = ∫ dϕ ∫ sin θ dθ ∫ ρ 2 dρ = πR 3 cos t.
T T 0 t 0 3
ESEMPIO 62
x2 y2 z 4
+ + =1
a 2 b2 c 4
Con un opportuno artificio si possono rendere le cose molto facili.Basta effettuare un cambio di
variabili:
x = au
abc
y = bv , J=
2 w
z = c w
u2 + v2 + w2 = 1
abc du dv dw
∫∫∫ dx dy
T
dz =
2 ∫∫∫T w
.
54
Passando alle coordinate polari dello spazio:
u = ρ sin θ cos ϕ
v = ρ sin θ sin ϕ
w = ρ cos θ
si ha:
2π
abc du dv dw abc π
sin θ 1
8
V =
2 ∫∫∫T w
=
2 0∫ dϕ ∫0 cos θ
dθ ∫0
ρ ρ dρ = πabc
5
Nella sostituzione z = w non si tiene conto che z può anche assumere valori negativi,per cui
π
sin θ
l’integrale ∫
0 cos θ
dθ assumerebbe valori immaginari per θ=π.
π
Per ovviare a questo inconveniente basterà calcolare l’integrale fra 0 e e moltiplicare per 2 il
2
risultato ottenuto. Avremo:
π
π
sin θ 2
sin θ
∫0 cos θ
dθ = 2 ∫
0 cos θ
dθ .
ESEMPIO 63
2 1 2 2
z = 3 ( x + y )
2 2 2
z = 3( x + y )
x2 + y 2 + z 2 = r 2
z ≥ 0
Il solido è racchiuso tra 2 coni aventi vertice nell’origine degli assi e da una sfera con centro
nell’origine;sarà meglio dare una sezione della figura col piano yz.
55
Conviene passare alle coordinate polari dello spazio:
x = ρ sin θ cos ϕ
y = ρ sin θ sin ϕ
z = ρ cos θ
Si ottiene quindi:
π
2π
3 r
1
V = ∫∫∫ dx dy dz = ∫∫∫ ρ 2 sin θ dρ dϕ dθ = ∫ dϕ ∫ sin θ dθ ∫ ρ 2 dρ = πr 3 ( 3 − 1)
T T 0 π 0 3
6
ESEMPIO 64
z = x2 + y2 y = x 2
,
z = 0 x = y 2
Si tratta dell’intersezione tra due cilindri parabolici con le generatrici parallele all’asse z ,
limitata dal piano z = 0 e dal paraboloide rotondo z = x 2 + y 2 .
Questo solido si proietta sul piano xy nella regione limitata dalle due parabole y = x 2 e x = y 2
(vedi figura).Calcoliamo l’ integrale triplo per “fili” :
2
x 2+ y
V = ∫∫∫ dx dy dz = ∫∫ dx dy ∫ dz =
T 0
1 x 1
1 1 6
V = ∫ dx ∫ (x + y 2 ) dy = ∫ x 2 x + x x − x 4 − x 6 dx =
2
0 x2 0 3 3 35
56
ESEMPIO 65
x2 y2 z 2
+ + =1
a 2 b2 c 2
xG =
∫∫∫ x dx dy dz
∫∫∫ dx dy dz
4
L’ integrale a denominatore è immediato. Il volume dell’ intero ellissoide vale π abc ,e quindi
3
π abc
Il volume dell’ ottava parte vale V = .
6
Calcoliamo l’ integrale a numeratore, facendo un cambio di variabile:
x = au
y = bv , J = abc
z = cw
∫∫∫ x dx dy dz = a 2 bc ∫∫∫ u du dv dw
u = ρ sin θ cos ϕ
v = ρ sin θ sin ϕ
w = ρ cos θ
π π
1
2 2
πa 2 bc
a 2 bc ∫∫∫ ududvdw = a 2 bc ∫∫∫ ρ sin θ cos ϕρ 2 sin θdρdϕdθ = a 2 bc ∫ cos ϕdϕ ∫ sin 2θdθ ∫ ρ 3 dρ =
0 0 0
16
57
ESEMPIO 66
Calcolare l’ integrale:
∫∫∫ (x )
2
+ y 2 dx dy dz
T
x 2 + y 2 + z 2 = 4a 2
y = a
x = ρ sin θ cos ϕ
y = ρ sin θ sin ϕ
z = ρ cos θ
27
∫∫∫ (x + y 2 ) dx dy dz = ∫∫∫ ρ 2 cos 2ϕ ρ 2 sin θ dρ dϕ dθ =
2
T T 35a 5
ESEMPIO 67
Calcolare il volume del solido compreso nel primo ottante fra i cilindri:
z = 1 − y 2
2
x + y 2 = 1
Il volume richiesto è:
58
1− y 2
V = ∫∫ dx dy dz = ∫∫ dx dy ∫ (
dz = ∫∫ 1 − y 2 dx dy )
0
3
V = ∫∫ (1 − y 2 ) dx dy = ∫∫ (1 − ρ 2 sin 2 θ ) ρ dρ dθ = π
16
ESEMPIO 68
Trovare il momento d’ inerzia, rispetto all’asse z, del solido compreso tra le sfere di raggi a e b
(a < b), con centro nell’ origine, considerando la parte al di sopra del piano xy.
Il momento d’ inerzia è dato da:
(
I = ∫∫∫ x 2 + y 2 dx dy dz
T
)
Trattandosi di un solido delimitato da superficie sferiche, ci conviene operare in coordinate polari,
ponendo:
x = ρ cos ϕ sin θ
Y = ρ sin ϕ cos θ , J = ρ 2 sin θ dρ dϕ dθ
z = ρ cos θ
e, quindi:
8π
L = ∫∫∫ ρ 4 sin 3 θ dρ dϕ dθ =
T 15
x2 y2 ( x ) z2 ( x , y )
59
Se, nel calcolo di un integrale triplo, è necessario passare dalle variabili x,y,z alle nuove variabili
u,v,w connesse con x,y,z dalle relazioni x = x(u , v, w) , y = y (u , v, w), z = z (u , v, w) , dove le funzioni
x = x(u , v, w) , y = y (u , v, w), z = z (u , v, w) , continue insieme alle loro derivate prime parziali,
stabiliscono una corrispondenza biunivoca, continua in entrambe le direzioni, tra i punti del
dominio T dello spazio Oxyz e i punti dello stesso dominio T ′ dello spazio Ouvw , e il Jacobiano J
del dominio T non si annulla
∂x ∂x ∂x
∂u ∂v ∂w
∂y ∂y ∂y
J= ≠ 0,
∂u ∂v ∂w
∂z ∂z ∂z
∂u ∂v ∂w
allora si usa la formula ∫∫∫ f ( x, y, z )dxdydz = ∫∫∫ f [x(u, v, w), y(u, v, w), z (u, v, w)]⋅ J dudvdw.
T T
In particolare, passando dalle coordinate cartesiane x,y,z alle coordinate cilindriche ρ ,ϕ , z
(Fig.15), connesse con x,y,z dalle relazioni
Passando dalle coordinate cartesiane x,y,z alle coordinate sferiche ρ ,ϕ ,ϑ (Fig.16), connesse con
x,y,z dalle relazioni
60
ESEMPIO 69
0 ≤ x ≤ 1 2, x ≤ y ≤ 2 x,0 ≤ z ≤ 1 − x 2 − y 2 .
Soluzione
12 2x 1− x 2 − y 2 12 2x 12 2x 12 2x
1 1− x 2 − y 2 1 1 1
I = ∫ dx ∫ dy ∫ zdz = ∫ dx ∫ z 2 dy = ∫ dx ∫ (1 − x 2 − y 2 )dy = ∫ y − yx 2 − y 3 dx =
0 x 0
20 x 0 20 x 2 0 3 x
12 12 12
1 8 1 1 10 1 1 5 11 5 1 7
=
20∫ (2 x − 2 x 3 − x 3 − x + x 3 + x 3 )dx = ∫ x − x 3 dx = x 2 − x 4 = − ⋅ =
3 3 2 0 3 2 2 6 0 2 8 6 16 192
.
ESEMPIO 70
Soluzione
Passiamo alle coordinate sferiche. Nel dominio T le coordinate ρ ,ϕ ,ϑ varia come segue:
0 ≤ ρ ≤ R,0 ≤ ϕ ≤ 2π ,0 ≤ ϑ ≤ π . Di conseguenza,
π 2π R π 2π
R5 1
I = ∫∫∫ ρ sin ϑ cos ϕdρdϕdϑ = ∫ sin ϑdϑ ∫ cos ϕdϕ ∫ ρ dρ =
4 3 2
∫
3 2
sin 3 ϑdϑ ϕ + sin 2ϕ = 4
T 0 0 0
5⋅2 0 2 0
πR 5 π 4πR 5
∫ (cos ϑ − 1)d (cosϑ ) =
2
= .
5 0
15
ESEMPIO 71
Calcolare ∫∫∫ z
T
x 2 + y 2 dxdydz, se il dominio T è limitato dal cilindro x 2 + y 2 = 2 x e dai piani
y = 0, z = 0, z = a .
Soluzione
Passiamo alle coordinate cilindriche. In queste coordinate l’equazione del cilindro assume la forma
ρ 2 cos 2 ϕ + ρ 2 sin 2 ϕ = 2 ρ cos ϕ , o ρ 2 (cos 2 ϕ + sin 2 ϕ ) = 2 ρ cos ϕ , cioè ρ = 2 cos ϕ .
π 2 π 2
4 4 1 8
= a2 ∫ (1 − sin ϕ ) ⋅ d (sin ϕ ) = a 2 sin ϕ − sin 3 ϕ = a 2 .
2
3 0
3 3 0 9
ESEMPIO 72
∫∫∫ ( x
2
Calcolare + y 2 )dxdydz, se il dominio T è la metà superiore della sfera x 2 + y 2 + z 2 ≤ r 2 .
T
Soluzione
r π 2 2π r π 2
∫∫∫( x + y )dxdydz = ∫∫∫ ρ sin ϑdρdϕdϑ = ∫ ρ dρ ∫ sin 3 ϑdϑ ∫ dϕ = 2π ∫ ρ 4 dρ ∫ (cos 2 ϑ − 1)d (cosϑ ) =
2 2 4 3 4
T T 0 0 0 0 0
r π 2
1 4
= 2π ∫ ρ 4 dρ cos 3 ϑ − cosϑ = πr 5 .
0 3 0 15
V = ∫∫∫ dxdydz.
T
Se la densità del corpo è una quantità variabile, cioè γ = γ ( x, y, z ), allora la massa del corpo,
occupante il dominio T, è determinata dalla formula
M = ∫∫∫γ ( x, y, z )dxdydz.
T
Le coordinate del centro di gravità del corpo sono specificate dalle formule
1 1 1
x=
M ∫∫∫γxdxdydz, y = M ∫∫∫γydxdydz, z = M ∫∫∫γzdxdydz.
T T T
Per γ = 1 , abbiamo
62
1 1 1
x=
V ∫∫∫ xdxdydz, y = V ∫∫∫ ydxdydz, z = V ∫∫∫ zdxdydz
T T T
I momenti di inerzia (geometrici) rispetto agli assi coordinati sono uguali, rispettivamente, a
ESEMPIO 73
Soluzione
Il corpo dato è limitato sotto dal paraboloide z = ( x 2 + y 2 ) h, e sopra dal piano z = h , e si proietta
sul cerchio x 2 + y 2 ≤ h 2 del piano xOy .
Usiamo le coordinate cilindriche tramite le quali l’equazione del paraboloide assume la forma
z = ρ 2 h . Il volume del corpo è uguale a
2π 2π 2π h
h h h
ρ2 hρ 2 ρ 4
V = ∫∫∫ dxdydz = ∫∫∫ ρdρdϕdz = ∫ dϕ ∫ ρdρ ∫2 dz = ∫0 ∫0 h
dϕ h − ρdρ = ∫0 2 − 4h dϕ =
T T 0 0 ρ h 0
h 3 h 3 2π πh 3
= − ∫ dϕ = .
2 4 0 2
ESEMPIO 74
Trovare le coordinate del centro di gravità del corpo prismatico limitato dai piani
x = 0, z = 0, y = 1, y = 3, x + 2 z = 3.
Soluzione
63
3 3 ( 3− x ) 2 3 3 3 3
3− x 1 9
V = ∫∫∫ dxdydz = ∫ dx ∫ dy ∫ dz = ∫ dx ∫ dy = ∫ (3 − x)dx = 3 x − x 2 = .
T 0 1 0 0 1
2 0 2 0 2
Allora abbiamo:
3 3 ( 3− x ) 2 3 3 3 3
2 2 2 3− x 2 2 3 2 1 3
x = ∫∫∫ xdxdydz = ∫ xdx ∫ dy ∫0 dz = 9 ∫0 xdx ∫1 2 dy = 9 ∫0 x(3 − x)dx = 9 2 x − 3 x 0 = 1;
9 T 90 1
( 3− x ) 2 3
4 x2
3 3 3 3 3
2 2 1 4
y = ∫∫∫ ydxdydz = ∫ dx ∫ ydy ∫0 9 ∫0 ∫1 9 ∫0
dz = dx y (3 − x ) dy = (3 − x ) dx = 3 x − = 2;
9 T 90 1 9 2 0
( 3− x ) 2 3
1 − (3 − x) 3
3 3 3 3
2 2 2 (3 − x) 2 1
z = ∫∫∫ zdxdydz = ∫ dx ∫ dy ∫ zdz = ∫ dx ∫ dy = = .
9 T 90 0 0
90 8 1
18 3 0 2
64
Funzioni a valori vettoriali
f (t ) = ( f1 (t ), f 2 (t ),..., f n (t )) .
Così ogni funzione F a valori vettoriali dà origine a n funzioni f1, f 2 ,..., f n a valori reali i cui
valori
nel punto t sono le componenti di F (t ) .
Nel seguito il dominio di F sarà un intervallo che può essere anche infinito.
Definizione 2. Sia F una funzione a valori vettoriali definita su un intervallo I. Si dice che F è
continua in a ∈ I e si scrive
Pertanto
Si dice che F è continua in I quando F è continua in ogni punto di I. Da quanto precede: una
funzione a valori vettoriali è continua se e solo se è continua ogni sua componente.
Analogamente: una funzione a valori vettoriali F è derivabile o integrabile su un intervallo I se ogni
componente di F ha la corrispondente proprietà sullo stesso intervallo.
1
Se F è derivabile per t = a allora
F (t ) − F (a ) F (t ) − F (a )
F ′(a ) = lim se e solo se lim − F ′(a ) = 0
t →a t−a t →a t−a
F (t ) − F (a ) f (t ) − f (a )
lim − F ′(a ) = 0 se e solo se lim i = f i′(a ) i = 1,2,..., n
t →a t−a t →a t−a
Ovviamente
F (t ) − F (a ) F (a + h ) − F (a )
lim = F ′(a ) = lim
t →a t−a h → 0 h
L’immagine di una curva è detta sostegno di F oppure la traiettoria descritta da F da F(a) a F(b); le
equazioni
x1 = f1 (t ) , x 2 = f 2 (t ) , x n = f n (t ) t ∈ [a, b]
Ovviamente lungo una curva γ sono possibili due orientazioni. L’equazione della curva F = F (t )
determina una delle due possibili orientazioni: quella corrispondente alla direzione lungo la quale il
parametro è crescente.
In altre parole l’equazione F = F (t ) t ∈ [a, b] induce sulla curva l’orientazione dal punto F (a ) al
punto F (b ) .
Se F ha derivata F ′ continua in (a, b ) e se F (t ) ≠ 0 in (a, b ) allora la curva è detta liscia o
'
regolare.
Una curva F si dice regolare a tratti se esiste una suddivisione finita di [a,b]:
2
Curve piane. Una funzione F a valori vettoriali, definita e continua su un intervallo [a, b] il cui
condominio è un insieme di ℜ 2 è per definizione una curva piana. Se
F (t ) = ( f 1 (t ), f 2 (t )) t ∈ [a, b]
allora le equazioni
x = f 1 (t ) , y = f 2 (t ) t ∈ [a, b]
sono dette equazioni parametriche della curva e la variabile t è detta parametro della curva.
Generalmente le equazioni parametriche di una curva piana vengono indicate con
x = x(t ) , y = y (t ) t ∈ [a, b]
∆r (t ) r (t + ∆t ) − r
=
∆(t ) ∆t
è la sua velocità media. Se quando ∆t → 0 la velocità media ammette limite allora si dice che r (t )
è differenziabile e tale limite è detto velocità (istantanea) della particella al tempo t. Il vettore
velocità è indicato con v (t ) . La direzione di questo vettore velocità è tangente alla curva γ nel
punto r (t ) e punta nella direzione del moto. Il modulo (la norma euclidea) del vettore velocità:
v(t ) = v(t ) , è chiamato velocità scalare. Il vettore che si ottiene derivando il vettore velocità è
detto vettore accelerazione e si indica con a(t ) :
dv (t )
a(t ) =
dt
3
Esempi
1. Moto circolare
2π
x = a cos ωt y = a sin ωt t ∈ 0, , a > 0
ω
2π
è una curva chiusa, in quanto F (0 ) = F = (a,0 ) . Osservato che
ω
π
x 2 + y 2 = a 2 , F (0 ) = F (a,0) , F = (0, a )
2ω
specifica la posizione, ( all’istante t ), di una particella che si muove su una circonferenza nel verso
antiorario.
Essendo
v (t ) =
dr
= −ωa sin ωti + ωa cos ωtj
dt
e quindi v(t ) = v(t ) = aω ≠ 0 per ogni t, segue che la curva è liscia. Inoltre la curva è semplice
2π
dato che le funzioni seno e coseno sono iniettive in 0, . La curva non è né chiusa né semplice
ω
per t ≥ 0.
a(t ) = = −ω 2 r (t )
dv
dt
la quale mostra che il vettore accelerazione è sempre opposto al vettore posizione. Pertanto se lo si
pensa applicato alla posizione istantanea della particella che si muove lungo la circonferenza, il
vettore accelerazione è sempre diretto verso il centro del cerchio. Per questo motivo la suddetta
accelerazione è detta centripeta.
Osservazione
4
Se t = t (x) è la funzione inversa della funzione x = x(t ) , nel suddetto intorno risulta
y = y[t ( x)] = f ( x)
dy dy dt dy 1 y'
= = =
dx dt dx dt dx / dt x'
In altre parole, la traiettoria descritta dalla curva α, (nel suddetto intorno di c), è il grafico di una
1
funzione di classe C .
2
Se poi la curva è di classe C risulta
2. Cicloide
y = y ( t ) = y [ t ( x )] = a (1 − cos t ( x ) x ∈ [ 0 , 2π a ]
la cui derivata è
dy dy dt y′(t ) sin t
= = = x ∈(0, 2π a )
dx dt dx x′(t ) 1 − cos t
5
Agli estremi dell’intervallo [0, 2π a ] risulta
dy sin t
lim+ = lim+ = +∞ t → 2π − ⇒ sin(t ) → 0 −
x → 0 dx x →0 1 − cos t
dy sin t t2
lim = lim− = −∞ t → 2π − ⇒ 1 − cos(t ) ≅ → 0−
x → 2π a dx x → 2π 1 − cos t 2
in (0, 2π a ) .
πa 2πa
6
2. Asteroide
π
Essendo ϕ (0 ) = ϕ (2π ) = (a, 0) la curva è chiusa; essendo ϕ = (0, a ) segue che φ descrive la
2
corrispondente traiettoria nel verso antiorario.
Da
π
ϕ ′(t ) = 3a sin t cos t = 0
3
t = 0, , π, π , 2π
2 2
π π 3 3
0, , , π , π , π , π , 2π
2 2 2 2
.
Osservato che
π
x ′(t ) = −3a sin t cos 2 t < 0 in 0,
2
π
segue che la funzione x = a cos t è invertibile in 0, .
3
2
π
è la funzione il cui grafico coincide con la traiettoria descritta da ϕ quando t varia da 0 a .
2
7
dy dy dt y ′ π
Essendo = = = − tan t t ∈ 0,
dx dt dx x ′ 2
Infine da
lim y ′( x ) = lim− − tan t = −∞
x→ 0 + π
t→
2
π
si evince che il grafico della funzione y ( x ) in [0, a ] ovvero della curva ϕ (t ) in 0, è quello in
2
figura
1 1
x 3 y 3
= cos t = sin t
a a
Segue
x2 3
+ y2 3
= a2 3
da cui si evince che la curva è simmetrica rispetto agli cartesiani. Pertanto il suo grafico è
8
Curve sghembe. Una funzione F a valori vettoriali, definita e continua su un intervallo [a, b] il cui
codominio è un insieme dello spazio tridimensionale ℜ 3 è per definizione una curva sghemba. Se
F (t ) = ( f 1 (t ), f 2 (t ), f 3 (t )) t ∈ [a, b ]
allora le equazioni
x = f1 (t ) , y = f 2 (t ) , z = f 3 (t ) t ∈ [a, b ]
sono dette equazioni parametriche della curva e la variabile t è detta parametro della curva.
x = x(t ) , y = y (t ) , z = z (t ) t ∈ [a, b]
r = r (t ) = x(t )i + y (t ) j + z (t )k t ∈ [a, b]
F = F (t ) t ∈ [a, b ] .
Sia t = u (r) una funzione a valori reali definita su un intervallo [c, d ] con derivata u ′ sempre
diversa da zero e tale che il codominio di u sia [a, b] . In altre parole:
∀ t ∈ [a , b ] ∃ ! τ ∈ [c , d ] : t = u (τ )
Allora la funzione vettoriale definita dall’equazione
G (τ ) = F [u (τ )] τ ∈ [c, d ]
ha lo stesso grafico di F. Due funzioni vettoriali F e G che si trovano tra loro in questa relazione si
dicono equivalenti. Si dice altresì che la funzione t = u (τ ) definisce un cambiamento di parametro.
Si osservi che:
9
In altre parole il cambiamento di parametro t = u (τ ) conserva l’orientamento nel primo caso
(u′(τ ) > 0) , e lo inverte nel secondo caso (u′(τ ) < 0) .
Poiché lungo una curva sono possibili due orientazioni ne consegue che qualunque
parametrizzazione di una curva determina una delle due possibili orientazioni:quella corrispondente
alla direzione lungo la quale il parametro è crescente.
b−a
t =b− (τ − c ) τ ∈ [c, d ]
d −c
r = r (t ) = x(t )i + y (t )j + z (t )k t ∈ [a, b]
Se r (t ) ha derivata v(t ) continua e non nulla in [a, b] , ovvero se la curva γ è liscia ( regolare )
allora la lunghezza della curva γ è data da
b b
L[γ ] = ∫ v(t ) dt = ∫ v(t ) dt
a a
ovvero
b
L(γ ) = ∫ (x& )2 + ( y& )2 + (z& )2 dt
a
In particolare la lunghezza di una curva piana di equazione y = f ( x ) dove f è una funzione di classe
C 1 ([a, b]) , è data da
b
∫ 1 + [ f ′( x )] dx
2
a
Infatti usando x come parametro, risulta
r ( x ) = xi + f ( x )j x ∈ [a, b]
Se s (t ) indica la lunghezza di quella parte di γ che corrisponde ai valori del parametro in [a, t ] ,
dove a ≤ t ≤ b , allora la funzione
t
s (t ) = ∫ v(τ ) dτ detta lunghezza d’arco o ascissa curvilinea, è derivabile e
a
10
Ne consegue che:
L[γ ] = ∫ ds
γ
Osservazione
una partizione di [a, b] tale che la restrizione di F su [ti −1 , ti ] i = 1,..., n , sia un arco di curva
regolare. Indichiamo con γ la traiettoria descritta da α su [a, b] e con γ i quella corrispondente
all’intervallo [ti −1 , ti ] i = 1,..., n .
Allora
∫ ds = ∑ ∫ ds
γ i =1 γ i
∫γ ds i = 1,2,..., n
i
è indipendente dalla rappresentazione parametrica che descrive γ i ne consegue che per il calcolo
degli integrali precedenti possiamo considerare per ogni γ i la rappresentazione parametrica più
conveniente.
Un modo naturale di parametrizzare una curva liscia γ è quello di considerare come parametro la
lunghezza d’arco s misurata da qualche punto particolare di γ detto punto iniziale. Più
precisamente: supponiamo che una curva regolare sia specificata in funzione di un parametro
arbitrario t dall’equazione r = r (t ) t ∈ [a, b]. Supponiamo inoltre che la lunghezza d’arco abbia
come punto iniziale P0 = r (t0 ) t0 ∈ [a, b ] . Allora se la lunghezza misurata lungo la curva γ da P0 al
punto generico P = r (τ ) , data da
t t
s = s (t ) = ∫ dτ = ∫ v(τ ) dτ
dr
t0
dτ t0
r * = r [ t (s ) ] = r * (s )
11
Più precisamente s ∈ [L1 , L2 ] dove
t0 t
L1 = ∫ v(τ ) dτ L2 = ∫ v(τ ) dτ
a t0
In particolare se il punto iniziale coincide con il primo estremo dell’intervallo in cui varia t cioè se è
t0 = a allora s ∈ [0, L ] . Da
t
s = s (t ) = ∫ v(τ )dτ
t0
= v(t )
ds
dt
In altre parole:
una curva r* = r * (s ) = r[t (s )] parametrizzata in funzione della lunghezza d'arco s è percorsa con
velocità unitaria. Infatti
dr * dr dt dr 1 dr * dr 1
= = ⇒ = =1
ds dt ds dt v(t ) ds dt v(t )
Esempi.
1. arco di circonferenza:
x = a cos(t ), y = a sin (t ) 0 ≤ t ≤ϑ
2. arco di cicloide:
x = a(t − sin (t )), y = a(1 − cos(t )) 0 ≤ t ≤ 2π
x = a cos(t ), y = a sin (t ), z = bt 0 ≤ t ≤ 2π
4. dell'asteroide
x = a cos3 (t ), y = a sin 3 (t ), 0 ≤ t ≤ 2π
12
Abbiamo
i)
ϑ
L = ∫ a dϑ = a ϑ
0
ii )
2π 2π
t t
L = ∫ 2a sin dt = 2a ∫ sin dt = 8a
0 2 0 2
t
dove si è tenuto conto del fatto che 0 ≤ ≤ π quando 0 ≤ t ≤ 2π .
2
iii )
2π
L= ∫ a 2 + b 2 dt = 2π a 2 + b 2
0
iv ) essendo
(ds )2 = (x′)2 + ( y′)2 = (3 sin (t )cos 2 (t ))2 + (3a cos(t )sin 2 (t ))2 =
= 9a 2 sin 2 (t )cos 2 (t )(cos 2 (t ) + sin 2 (t ))
segue
π 2
3a
L= ∫ 3a sin (t )cos(t )dt = 4 2 = 6a
0
x = ρ (ϑ )cos(ϑ ) y = ρ (ϑ )sin (ϑ ) ϑ1 ≤ ϑ ≤ ϑ2
da cui
2 2
dx dy
+ = ρ + (ρ ′)
2 2
dove ρ = ρ (ϑ ) e ρ ′ = ρ ′(ϑ )
dϑ dϑ
13
Quindi
2π
L= ∫ ρ 2 + (ρ ′) dϑ .
2
Esempio
2π π 2
L = a ∫ 2 + 2 sin ϑ dϑ = 2 2a ∫ 1 + sin ϑ dϑ
0 − π 2
da cui, essendo
π 2 π 2
∫ 2 + 2 sin ϑ dϑ = 2 2a ∫ 1 + sin ϑ dϑ
−π 2 −π 2
Esempio
14
Osservato che 0 ≤ t ≤ 2π implica 0 ≤ t 2 ≤ π , abbiamo
s s
t = 2ar cos1 − ovviamente 0 ≤ ar cos1 − ≤ π
4a 4a
s
Si osservi che da 0 ≤ s ≤ 8a segue che − 1 ≤ 1 − ≤ 1.
4a
Essendo
1 − cos t
2
t s
= cos 2 = 1 −
2 2 4a
da quando precede, si evince
t s
i ) cos t = 2 cos 2 − 1 = 2 1 − − 1 .
2 4a
12
t t t
12
t s
2
s
ii ) sin t = 2 sin cos = 2 1 − cos 2 cos = 2 1 − 1 − 1 −
2 2 2 2 4a 4a
quindi
12
s s
2
s
x = 2a ar cos1 − − 2a 1 − 1 − 1 −
4a 4a 4a
s
2
s
2
y = a 1 − 21 − + 1 = 2a 1 − 1 − 0 ≤ s ≤ 8a
4a 4a
Oppure da:
s
t = t (s ) = 2ar cos1 −
4a
segue che
s s s
sin t = sin 2ar cos1 − = 2 sin ar cos1 − cos ar cos1 − =
4a 4a 4a
2
s s s s
= 2 1 − cos ar cos1 − 1 −
2
= 2 1 − 1 − 1 −
4 a 4a 4a 4a
s s s
cos t = cos 2ar cos 1 − = cos 2 ar cos1 − − sin 2 ar cos1 − =
4a 4a 4a
s s
2 2 2
s
= 1 − − 1 − 1 − = 21 − − 1
4a 4a 4a
15
Quindi
12
s s
2
s
x = 2a ar cos1 − − 2a 1 − 1 − 1 −
4a 4a 4a
s
2
s
2
y = a 1 − 2 1 − + 1 = 2a 1 − 1 − 0 ≤ s ≤ 8a
4a 4a
16
Integrali curvilinei per campi scalari
Sia F = F (t ) una curva regolare definita in [a, b] e sia f un campo scalare definito e limitato in un
aperto Ω dello spazio tridimensionale che contiene il grafico γ di F.
L’integrale curvilineo di f lungo γ è definito dalla uguaglianza
∫γ f ds = ∫ f [F (t )] (F ′(t ))dt
a
ogni qualvolta che l’integrale indicato a destra esiste, per esempio se f è continua su γ .
Sia G = G (τ ) τ ∈ [c, d ] una curva equivalente ad F , allora
d b
Allora
b u −1 ( b )
Osservazione
una partizione di [a, b] tale che la restrizione di F su [ti −1 , ti ] i = 1,..., n , sia un arco di curva
regolare.
17
Indichiamo con γ la traiettoria descritta da F su [a, b] e con γ i quella corrispondente all’intervallo
[ti −1, ti ] . Allora
n
∫γ f ds = ∑ ∫ f ds
i =1 γ i
poiché
∫ f ds
γi
i = 1,2,..., n
è indipendente dalla rappresentazione parametrica che descrive γ i ne consegue che per il calcolo
degli integrali precedenti possiamo considerare per ogni γ i la rappresentazione parametrica più
conveniente.
1. Calcolare ∫ ( x − y )ds , dove γ è un tratto di linea tra A(0, 0) e B(4, 3) .
γ
Il baricentro del filo è definito come il punto le cui coordinate ( x, y , z ) sono definite
dalle equazioni
M x = ∫ x f ( x, y , z ) ds; M y = ∫ y f ( x, y, z ) ds; M z = ∫ z f ( x, y, z ) ds
γ γ γ
I γ = ∫ d 2 ( p, r ) f ( x, y, z ) ds
γ
( )
I x = ∫ y 2 + z 2 f ( x, y, z ) ds; ( )
I y = ∫ x 2 + z 2 f ( x, y, z ) ds; ( )
I z = ∫ x 2 + y 2 f ( x, y, z ) ds .
γ γ γ
18
Un filo di densità costante è detto omogeneo, in questo caso il baricentro si dice anche centroide;
in questo caso risulta
1 1
L ∫γ
y = ∫ y dx;
L ∫γ
x= x dx; z= z dx dove L = ∫ dx .
γ γ
1 1 2
1 1 3 1
= ∫ t 1 + t + t dt = ∫ t 2 + + d t 2 +
2 4
0
20 2 4 2
1
da cui ponendo t 2 + = v si ottiene
2
1 32
1 3
∫0 t 1 + t + t dt = 2 1∫2 v + b dv dove b = 4
2 4 2 2 2
b b
∫ v 2 + b 2 du = ∫ dϑ =
cosϑ cos 2 ϑ
v2 + b2
b2 1 1
= cosϑ tan ϑ + ln cos ϑ + tan ϑ = v = b tan ϑ
2
ϑ
b2 v2 + b2 v v 2 + b2 + v
= + ln b = v 2 + b 2 cos ϑ
2 b b b
segue che
32
1 b2 v2 + b2 v
v 2 + b2 + v 3 2
( )
2 3 + 3
1
∫0 t 1 + t +2
t dt4
= + ln = 3 3 − 1 + ln
2 2 2 b 2 1 2 16 3 3
19
3. Trovare le coordinate del centro di gravità dell’arco del cicloide
Svolgimento. Le coordinate del centro di gravità dell’arco omogeneo della curva γ possono
essere calcolate con la formula
1 1
x=
sγ∫ x ds , y = ∫ y ds
sγ
Poi
π π
1
x ds = ∫ (t − sin t ) 2 sin dt = ∫ t sin − sin sin t dt =
1 1 t t t
x=
4γ∫ 40 2 2 0 2 2
π
1 t t 4 t 1 4 8
= − 2t cos + 4 sin + sin 3 = 4 + =
2 2 2 3 2 0 2 3 3
π π
1
y ds = ∫ ( 1 − cos t )2 sin dt = ∫ sin − sin cos t
1 1 t t t
y=
4γ∫ 40 2 2 0 2 2
dt =
π
1 t 1 t t 4
= − 2 cos + cos 3 − cos =
2 2 3 2 2 0 3
( )
4 . Trovare le coordinate x, y del baricentro dell’arco della circonferenza x 2 + y 2 = a 2 posto
nel primo quadrante, cioè della curva λ di equazioni parametriche
π
x = a cos t , y = a sin t 0≤t ≤
2
20
Essendo
ds = x 2 + y 2 dt = a dt
π
2
π
L = ∫ ds = ∫ a dt = a
γ 0
2
π
2
∫γ x ds = ∫ a cos t dt = a 2
2
segue che
2
y=x= a
π
2π 2π
a3
Ix = ∫ y ds = ∫ a sin t a dt =
2 2 2
2π = π a 3
0 0
2
( )
6. Trovare le coordinate x, y del baricentro di un arco di circonferenza di raggio a e angolo
al centro 2θ .
Svolgimento. Fissiamo il riferimento in modo che l’asse x coincida con l’asse di simmetria
dell’arco della circonferenza considerata. Allora y = 0 e
θ θ
L x = ∫ x ds = ∫ a cos t a dt = 2a 2
∫ cos t dt = 2a
2
sin θ
γ −θ 0
x = 2a 2 sin θ a sin θ
=
2 aθ θ
a sin θ
Cosi il baricentro si trova sull’asse di simmetria, alla distanza dal centro della
θ
circonferenza.
21
7. Calcolare il baricentro dell'arco (asteroide)
π
x = a cos3 t , y = a sin 3 t 0≤t ≤
2
Svolgimento. Risulta x = y e
π π
2
1 12 2
x = ∫ x ds = ∫ a cos3 t 3 a sin t cos t dt = a
L0 L0 5
Infatti
π 2 π 2
1 3
e L = ∫ ds = ∫ 3a sin t cos t dt = 3a sin 2 t = a
γ 0
2 0 2
Calcolare i ) L[γ ] ; ii ) z .
Svolgimento.
Essendo x& = cos t t sin t , y& = sin t + t cos t , z& = 1
t0
t0 t 2 + t2 2 + t2 t
i ) L[γ ] = ∫ 2 + t 2 dt = − ln +
0 2 2 2 2
0
2
2 + t2 t = 2 tan θ dt dθ
θ cos 2 θ
2 = 2 + t02 cos θ
[( ]
t0
ii ) zL = ∫ t 2 + t 2 dt =
1
3
2 + t02 )
32
−2 2 .
0
22
9. Un filo omogeneo è disposto lungo l’arco di cicloide
2π
I x = ∫ y 2 ds = ∫ a 2 (1 − cos t ) x 2 + y 2 dt
2
i.
γ 0
con t ∈ [ 0, 2π ] , si ha
t t t
Essendo x 2 + y 2 = 4a 2 sin 2 e tenuto conto che sin = sin
2 2 2
2π 2π 2
t
I x = 2a 3 ∫ ( 1 − cos t ) sin dt = 8a 3 ∫ sin 2 sin dt =
2 t t
0
0
2 2 2
2π 2
t t a 3 256 3
= 8a ∫ 1 − cos 2 sin dt = 16 2
3
= a
0
2 2 15 15
ii. E' x = π a ;
2π 2π
L y = ∫ y ds = ∫ a ( 1 − cos t ) 2 a sin dt = 4a 2 ∫ sin 2 sin dt =
t t t
γ 0
2 0
2 2
2π 2π
t t t 2 t 4 4
= 4a 2 ∫ 1 − cos 2 sin dt = 4a 2 − 2 cos + cos3 = 8a 3 = 8a a
0
2 2 2 3 2 0 3 3
4 4
da cui y = a . Quindi G π a, a .
3 3
( )
10. Calcolare la massa m, le coordinate x, y, z del baricentro G, i momenti d'inerzia rispetto
agli assi coordinati di un singolo anello di una molla avente la forma di un'elica di equazione
23
Svolgimento.
E'
( )
2π
(2π )3
m = ∫ x 2 + y 2 + z 2 ds = ∫ (a + b2 t 2 ) a 2 + b 2 dt = a 2 + b 2 2πa 2 + b 2
2
γ 0 3
2π
x=
1
mγ∫ ( a
x x 2 + y 2 + z 2 ds = ∫ cos t a 2 + b 2 t 2
m 0
) ( ) a 2 + b 2 dt =
2π
a a2 + b2
∫( )
6ab 2
= a cos t + b t cos t dt = 2
2 2 2
m 0
3a + 4π 2b 2
2π
a a2 + b2
1
y = ∫ y x 2 + y 2 + z 2 ds =
mγ
( m
) ∫(a
2
)
sin t + b 2t 2 sin t dt = − x π
0
T T 2
N.B. Se f ( x + T ) = f ( x ) ⇒ ∫ = ∫ .
0 −T 2
3b( π a + 2π b )
2π
b a 2 + b2
( ) ∫ (a t + b t )dt = 3a + 4π b
2 3 2
1
m ∫γ
z= z x 2
+ y 2
+ z 2
ds = 2 2 3
2 2 2
m 0
2π
I x = ∫ y2 + z2 ( )( x 2
)
+ y 2 + z 2 ds = a 2 + b 2 ∫ (a
2
)( )
sin t + b 2t 2 a 2 + b 2t 2 dt =
γ 0
2π
= a 2b 2 ∫ (a sin 2 t + a 2b 2t 2 sin 2 t + a 2b 2t 2 + b 4t 4 dt )
4
2π 2π
4 π
∫ sin
2
t dt = π ∫t
2
sin 2 t dt = −
0 0
3 2
2π 2π
(2π )5 = 32π
5
∫ t dt =
2 1
(2π )3 = 8 π ∫ t dt =
4 1
0
3 3 0
5 5
π 32
I x = a 2 + b 2 π a 4 + a 2b 2 4π 3 − + b 4π 5
2 5
π 32
I y = a 2 + b 2 π a 4 + a 2b 2 4π 3 + + b 4π 5
2 5
2π
(
Iz = ∫ x + y 2 2
)(x 2
+ y + z ds = a
2 2
) 2
a +b
2 2
∫ (a
2
) 8
+ b 2t 2 dt = ma 2 = a 2 a 2 + b 2 2π a 2 + π 3b 2
γ 0 3
24
11. Un filo disposto lungo la circonferenza x 2 + y 2 = a 2 . Se la densità lineare nel punto ( x, y )
è x + y , determinare la massa M e il momento d'inerzia rispetto ad un diametro.
Svolgimento. Essendo le equazioni parametriche della circonferenza C
x = a cos t , y = a sin t t ∈ [0, 2π ]
si ha
2π 2π
i ) M = ∫ ( x + y )ds = ∫ ( a cos t + a sin t ) x + y dt = a
2 2 2
∫ cos t + sin t dt =
γ 0 0
π 2 π 3π 2 2π
=a ∫ ( cos t + sin t )dt + a ∫ ( − cos t + sin t )dt − a ∫ ( cos t + sin t )dt + a ∫ ( cos t − sin t )dt
2 2 22
0 π 2 π 3π 2
Da cui M = 8a 2 .
ii ) L’equazione di un generico diametro è y − mx = 0 . Pertanto se P è un punto di γ :
P( a cos t , a sin t ) e denota il diametro si ha
2
a sin t − ma cos t
d (P, r ) =
2
=
a2
+ 2
sin 2
(
t + m 2
cos 2
t − 2 m sin t cos t =
a2
+ 2
H (t ) )
1 + m2 1 m 1 m
(
Posto H (t ) = sin 2 t + m 2 cos 2 t − 2m sin t cos t )
segue che
2π
I r = ∫ d 2 (P, r )( x + y )ds = ∫ H (t )a( sin t + cos t )a dt =
a2
γ
1 + m2 0
π 2
a4
2π
( ) ( ) ( )( )
1 + m 2 ∫0 ∫
= H t sin t + cos t dt = ... = H t − sin t + cos t dt
3π 2
cos3 t cos 3 t 2m 3
∫ H (t )sin t dt = − cos t + 3
− m2
3
−
3
sin t = A(t )
segue che
Ir =
a4
1+ m 2
{
[ A(t ) + B(t ) ]π0 2 + [ A(t ) − B(t ) ]π0 2 − [ A(t ) + B(t ) ]π3π 2 + [ A(t ) + B(t ) ]32ππ 2 = }
=
a4
1 + m2
(
4 1 + m2 = 4 a 2 )
Quindi il momento richiesto non dipende dal diametro.
25
Integrale di linea
Supponiamo che le funzioni P(x, y) e Q(x, y) siano continue sui punti dell’arco AB della curva liscia
C specificata dall'equazione y = ϕ ( x ) a ≤ x ≤ b .
Consideriamo la somma integrale
∑ [P( ξ ,η )∆x
k =1
k k k + Q(ξ k ,η k )∆yk ]
1° Un integrale di linea del secondo tipo cambia segno cambiando la direzione d’integrazione:
BA
∫ P dx + Q dy = − ∫ P dx + Q dy
AB
2° ∫ P dx + Q dy = ∫ P dx + ∫ Q dy
AB AB AB
Un integrale di linea del secondo tipo può essere calcolato con la formula
26
Una formula analoga è vera anche per il calcolo di un integrale di linea del secondo tipo lungo C: se
la curva è specificata dalle equazioni x = x(t ) , y = y (t ), z = z (t ) dove a ≤ t ≤ b, allora
r = r ( s ) = r[ t ( s )]
1
dt ds 1
si evince poiché t = t(s) è l'inversa di s = s(t) , segue che = = (t )
ds dt ν
dr dr dt dr 1 r (t )
= = =
ds ds ds dt ν (t ) r (t )
da cui il vettore tangente della curva r = r (s ) è un vettore unitario che si indica con T
ˆ (s) :
ˆ ( s ) = dr (2)
T
ds
Il lavoro W fatto dalla forza F durante lo spostamento di un corpo lungo C, nella direzione del
moto, è dato da
W = ∫ F ⋅ Tˆ ds = ∫ F ⋅ dr
C C
Si osservi che F ⋅ T
ˆ dipende dall’orientazione di T̂ e quindi dalla parametrizzazione di C.
27
Essendo
dr = dx ˆi + dy ˆj + dz kˆ
segue
Questo integrale (che è un integrale di linea della componente tangente di F lungo C) dipende
dell’orientazione di C, nel senso che se r = r (t ) e s = s(τ ) descrivono C nel verso opposto, allora
∫ F ⋅ dr = − ∫ F ⋅ ds
C C
Se C è una curva chiusa, l’integrale di linea della componente tangente F lungo C è chiamato
circuitazione di F lungo C. Il fatto che la curva sia chiusa è indicato spesso da un piccolo cerchio
scritto sopra il segno d’integrale: l’espressione
∫ F ⋅ ds
C
Per il calcolo di questi integrali, per indagare che la curva chiusa è percorsa nel senso antiorario
scriveremo ∫ .
C+
b
dz
= ∫ F1[x(t ) , y (t ) , z (t )] + F2 [x(t ) , y (t ) , z (t )] + F3 [x(t ) , y (t ) , z (t )] dt
dx dy
a
dt dt dt
Se C è una curva liscia a pezzi: C = C1 ∪ ..... ∪ C n l’integrale precedente è la somma degli integrali
di linea sui vari archi lisci C i i = 1,......, n che costituiscono C:
n
∫ = ∑∫
C i =1 Ci
28
1. Calcolare ∫x
2
y dy − y 2 xdx se x = cos t , y = sin t 0 ≤ t ≤ π / 2
C
sin t cos t
Svolgimento. Essendo dx = − dt , dy = dt
2 cos t 2 sin t
π /2
abbiamo ∫ x y dy − y x dx = cos t sin t cos t + sin t cos t sin t dt = π
∫
2 2
2 sin t 2 cos t 4
c 0
Domini Connessi
Definizione 1. Un dominio D è connesso se per ogni coppia di punti A e B di tale dominio D, esiste
una curva regolare a tratti, avente come estremi i punti A e B, interamente contenuta in D.
Nel piano, un dominio semplice connesso D non può avere buchi, nemmeno buchi costituiti da un
1
solo punto. Ad esempio, il dominio della funzione 2 non è semplicemente connesso poiché
x + y2
l’origine non gli appartiene. (L’origine è un”buco”di quel dominio.) Nello spazio tridimensionale,
un dominio semplicemente connesso può avere dei buchi. L’insieme di tutti i punti di ℜ 3 esclusa
l’origine è semplicemente connesso, come pure lo è l’esterno di una palla. Ma l’insieme di tutti i
punti di ℜ3 soddisfacenti x 2 + y 2 f 0 non è semplicemente connesso. E neppure lo è l’interno di
una ciambella chiamato in geometria toro.
29
Funzione Potenziale e Campi Conservativi
Sia
F = F( x, y, z ) = F1 ( x, y, z )ˆi + F2 ( x, y, z )ˆj + F3 ( x, y, z )kˆ
un campo vettoriale di classe C (1) (Ω) dove Ω denota un aperto connesso (dominio).
i ) ∇[Φ + c] = ∇Φ
ii ) ∇[Φ ( x, y, z ) − Ψ ( x, y, z )] = 0 per ogni ( x, y, z ) ∈ Ω (aperto connesso) implica
Φ( x, y, z ) − Ψ ( x, y, z ) = c su Ω ;
se F = ∇Φ allora ∇ × F = rot F = 0
30
implica le tre equazioni scalari
∂Φ ∂Φ ∂Φ
= F1 ; = F2 ; = F3
∂x ∂y ∂z
da cui, dovendo essere uguali le derivate parziali miste di Φ in quanto F è di classe C (1) , si ottiene
∂F3 ∂F2 ∂ 2 Φ ∂ 2 Φ
− = − =0
∂y ∂z ∂y∂z ∂z∂y
∂F1 ∂F3 ∂ 2 Φ ∂ 2 Φ
− = − =0
∂z ∂x ∂z∂x ∂x∂z
∂F2 ∂F1 ∂ 2 Φ ∂ 2 Φ
− = − =0
∂x ∂y ∂x∂y ∂y∂x
In seguito dimostreremo che la condizione precedente è anche sufficiente nel caso in cui F è
definito in un aperto semplicemente connesso.
dove
u = x0 + t ( x − x0 ),ν = y 0 + t ( y − y 0 ), w + ( z − z 0 )
da cui le equazioni parametriche del segmento i cui estremi sono l'origine e P(x,y,z) sono
u = tx, v = ty, w = tz t ∈ [0,1] (2)
31
Teorema. Se F è un campo conservativo irrotazionale liscio in un dominio Ω stellato rispetto
ad un punto P0 ∈ Ω allora F = ∇Φ per qualche funzione potenziale Φ definita in Ω , ovvero F
è conservativo.
Dimostrazione.
Senza perdere di generalità possiamo supporre che P0 sia l'origine.
Consideriamo la funzione Φ = ( x, y, z ) definita dall'uguaglianza seguente
dr
Φ = ( x, y , z ) = ∫ F ⋅ ( ) ( x, y , z ) ∈ Ω
C
dt
dove C è il segmento di estremi l'origine e P, le cui equazioni parametriche sono date dalla (2).
Pertanto
1
Φ( x, y, z ) = ∫ [xF1 (u, v, w) + yF2 (u, v, w) + zF3 (u, v, w)]dt (3)
0
Dimostriamo che
∂Φ ∂Φ ∂Φ
= F1 ( x, y, z ), = F2 ( x, y, z ), = F3 ( x, y, z ), (4)
∂x ∂y ∂z
∂Φ ∂F ∂F ∂F
1
= ∫ ( F1 + 1 + x + 2 + y + 3 + z )dt =
∂x 0 ∂u ∂u ∂u
∂F1 ∂F ∂F
1
= ∫ [ F1 + t ( x + 2 y + 3 z )]dt =
0
∂u ∂u ∂u
1
[tF1 (u , v, z )]dt = tF1 (tx, ty, tz ) = F1 ( x, y, z )
d 1
=∫
0
dt 0
Analogamente si ha
∂Φ ∂Φ
= F2 ( x, y, z ) e = F3 ( x, y, z )
∂y ∂z
il che completa la dimostrazione.
32
Esempi:
1. Il campo vettoriale
2x ˆ 2y ˆ
F ( x, y ) = i+ 2 j ( x, y ) ≠ (0,0)
x +y
2 2
x + y2
(definito in un aperto connesso) è irrotazionale in quanto
∂ 2y ∂ 2x
=
∂x x + y
2 2
∂y x + y 2
2
∂Φ 2x ∂Φ 2y
i) = 2 ; ii ) = 2 .
∂x x + y 2 ∂y x + y 2
Φ( x, y ) = ln( x 2 + y 2 ) + c( y ).
Si osservi che la costante di integrazione è una costante rispetto a x ovvero è una funzione della sola
variabile y, che abbiamo indicato con c(y). Se deriviamo ambo i membri dell’equazione precedente
rispetto a y otteniamo
∂Φ
+ c ′( y )
2y
= 2
∂y x + y2
Φ( x, y ) = ln( x 2 + y 2 )
33
2. Il campo vettoriale
y ˆ x ˆ
F ( x, y ) = − i+ 2 j ( x, y ) ≠ (0,0)
x +y
2 2
x + y2
∂ x ∂ y
=− .
∂x x + y
2 2
∂y x + y 2
2
Se esiste una funzione potenziale Φ che genera il campo, deve necessariamente essere
∂Φ y ∂Φ x
i) =− 2 ; ii ) = 2 .
∂x x +y 2
∂y x + y 2
x
Φ( x, y ) = −arctan + c( y ) y≠0
y
∂Φ x
= 2 + c ′( y )
∂y x + y 2
non è una funzione potenziale di F in quanto il suo dominio non coincide con quello del campo.
Il campo vettoriale considerato è conservativo nel semipiano y > 0 e nel semipiano y < 0.
34
3. Sia
(
F( x, y, z ) = 3 x 2 y sin z ˆi + x 3 sin z ˆj + x 3 y cos z + 1 kˆ)
Essendo
rot F = ∇ × F = 0
e dato che il dominio di F è tutto lo spazio tridimensionale che è semplicemente connesso, ne
consegue che F è conservativo.
Se Φ è una funzione potenziale per F, deve necessariamente essere
∂Fi ∂Φ ∂Φ
i) = 3 x 2 y sin z ; ii ) = x 3 sin z ; iii ) = x 3 y cos z + 1 .
∂x ∂y ∂z
Se poniamo c( y, z ) = g ( z )
b ) Φ( x, y, z ) = x 3 y sin z + g ( z )
Infine, derivando la b ) rispetto a z e per confronto con la iii ) , si ottiene g ′( z ) = 1 e quindi (a meno
di una costante additiva) è
Φ( x, y, z ) = x 3 y sin z + z.
4. Sia a > 0 e
35
Integrando la iii ) rispetto a z otteniamo
a ) Φ( x, y, z ) = ya z + c( x, y )
Derivando la a ) rispetto a y e per confronto con la ii ) si ha
∂c
az + = a z + x 2 + 2 y cos( x + y 2 )
∂y
da cui
c( x, y ) = yx 2 + sin( x + y 2 ) + g ( x).
( )
b ) Φ( x, y, z ) = ya z + yx 2 + sin x + y 2 + g ( x).
Infine, derivando la b ) rispetto ad x e per confronto con la i ) otteniamo g(x)-k (costante) e quindi,
a meno di una costante additiva,
(
Φ( x, y, z ) = ya z + yx 2 + sin x + y 2 . )
5. Il campo vettoriale
2x 2y
F ( x, y ) = ˆi + ˆj x2 + y2 −1 ≠ 0
x + y −1 x + y −1
2 2 2 2
è conservativo in quanto
F ( x, y ) = ∇Φ ( x, y ) dove Φ( x, y ) = ln x 2 + y 2 + 1 x2 + y2 +1 ≠ 0
più precisamente è
ln( x 2 + y 2 − 1) + c1 x2 + y2 > 1
Φ ( x, y ) =
ln(− x − y + 1) + c 2 x2 + y2 < 1
2 2
36
6. Stabilire se il campo vettoriale
1
F ( x, y , z ) = ˆi + z sin 2 y ˆj + sin 2 y kˆ
2 + cos x
x x x x x
2 + cos x = 2 + cos 2 = 2 cos 2 + sin 2 + cos 2 − sin 2 .
2 2 2 2 2
ovvero
x x x x
2 + cos x = 3 cos 2 + sin 2 = cos 2 3 + tan 2
2 2 2 2
x
Allora, sostituendo tan = t , si ottiene
2
1 1 1
∫ 2 + cos x dx = ∫ x x
dx = 2 ∫
3 + t2
dt =
cos 3 + tan
2 2
2 2
2 t t 2 1 x
= arctan = = arctan tan + c
3 3 3 3 3 2
37
Quindi, a meno di una costante additiva, è
1 x
Φ ( x, y , z ) =
2
arctan tan + z sin 2 y
3 3 2
Teorema. Sia Φ un campo scalare di classe C (1) (Ω ) dove Ω è un aperto connesso dello spazio
tridimensionale. Per ogni coppia di punti A e B connessi da una curva γ contenuta in Ω, regolare a
b b
I k = [tk −1 , tk ] k = 1,2,..., n t0 = a ; t n = b
38
in ognuno dei quali γ k ( la restrizione di γ a I k ) sia regolare. Se applichiamo il risultato appena
∫ ∇Φ ⋅ dr = ∑ ∫ ∇Φ ⋅ dr = ∑ [ g (tk ) − g (tk −1 ) ] =
γ k =1 γ k k =1
∫ F ⋅ dr = 0
C
per qualunque curva chiusa C liscia e continua a pezzi contenuta in D.
Pertanto se l’integrale curvilineo di F lungo una sola curva chiusa è diverso da zero, certamente F
non è un gradiente.
Se il campo vettoriale F è conservativo in un aperto connesso D, se C è una curva regolare a tratti
contenuta in D i cui estremi sono un punto A (a,b,c) fissato in D e un punto arbitrario P (x,y,z),
allora il valore dell'integrale di linea ∫ F ⋅ dr non dipende dalla curva C ⊂ D ma dal punto P e si
C
Φ ( x , y , z ) = ∫ F ⋅ dr
C
39
spezzata costituita dai segmenti i cui estremi sono
A( a, b, c ) ; A′( x, b, c ) ; A′( x, y, c ) ; P ( x, y , z )
dove:
i) Il segmento AA' è parallelo all'asse x e può essere specificato dall’equazione
r (u ) = uˆi + bˆj + ckˆ u ∈ [ a, x ]
ii) Il segmento A'A'' è parallelo all'asse y e può essere specificato dall’equazione
r (v ) = xˆi + vˆj + ckˆ v ∈ [ b, y ]
iii) Il segmento A''P è parallelo all'asse z e può essere specificato dall'equazione
r (w) = xˆi + yˆj + wkˆ w ∈ [ c, z ]
In altre parole è
x y z
Φ ( x, y, z ) = ∫ F1 ( u , b, c )du + ∫ F2 ( x, v, c )dv + ∫ F3 ( x, y, w)dw =
a b c
x y z
= ∫ F1 (t , b, c )dt + ∫ F2 ( x, t , c )dt + ∫ F3 ( x, y, t )dt
a b c
40
Invarianza di un integrale di linea rispetto la deformazione della traiettoria
Siano P e Q due funzioni di classe C (2 ) in un aperto connesso Ω del piano x - y. Supponiamo che
∂P ∂Q
ovunque in Ω sia =
∂y ∂x
Siano C 1 e C 2 curve semplici, chiuse e regolari a tratti, contenute in Ω, che soddisfano le seguenti
condizioni:
i ) C 2 sta nell’interno di C 1 ;
ii ) i punti che sono interni a C 1 ed esterni a C 2 stanno in Ω.
Allora si ha
∫ P dx + Q dy = ∫ P dx + Q dy
C1 C2
Ω C1
C2
41
Forme differenziali
∂Φ ∂Φ ∂Φ
F( x) = , , = grad Φ ( x) x = ( x1 , x2 , x3 ) ∈ A
∂x1 ∂x2 ∂x3
le seguenti proposizioni sono equivalenti:
∂ Fi ∂ F j
Se per ogni x ∈ A risulta: F di classe C (1) ( A) e =
∂ x j ∂ xi
i , j = 1,2 ,3
42
Esempi vari
x z +1 ln x 1 ˆ
F( x, y, z ) = x z cos y ˆi − sin y ˆj + x z +1 cos y − k
2
z +1 z + 1 ( z + 1)
Essendo
∂F ∂F ∂F ∂F ∂F ∂F
∇ × F = 3 − 2 ˆi + 1 − 3 ˆj + 2 − 1 kˆ = 0
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
osservazioni:
∂F2 ln x( z + 1) − 1 ln x 1
= − sin y x z +1 = − x z +1 sin y −
2
∂z ( z + 1)2
z + 1 ( z + 1)
∂F3 ln x 1 x z +1 1
= ( z + 1)x 2 sin y − 2 +
cos y =
∂x z + 1 ( z + 1) z + 1 x
1 1
cos y x z ln x − + = cos y x ln x
z
z + 1 z + 1
z +1
∂Φ ∂c
= x z cos y ⇒ Φ( x, y, y ) = sin y + 1 ⇒ c1 ( y, z ) = c2 ( y, z )
x
∂x z +1 ∂y
ln x 1 ln x 1
− x z +1 cos y − = − x ( z +1) cos y
2
− + c2′ ( z ) ⇒ c2 ( z ) = c
2
z + 1 ( z + 1) z + 1 ( z + 1)
Pertanto
x z +1
Φ = ( x, y , z ) = cos y + c
z +1
( )
12.(6.4) Calcolare il lavoro del campo di forza F = y 2 cos x + z 3 ˆi + (2 y sin x − 4 )ˆj + 3 xz 2 + 2 kˆ ( )
quando una particella si muove lungo la curva x = arctan t ; y = 1 − 2t ; z = 3t − 1 t ∈ [0,1] .
[
] [
]
1
i) I = ∫ (1 − 2t ) cos(arcsin t ) + (3t + 1) + [2(1 − 2t )t − 4](− 2 ) + 3(3t − 1) arcsin t + 2 3dt
2 3 1 2
0 1− t 2
Essendo
1 ϑ t = sin ϑ
43
1
1 2
∫ (1 + 2t )cos (arcsin t )3 8 1
dt = 1 + 4 − = 3 − =
144244 2 3 3 3
0 =1
1 1
Segue che
1 1 2
+ − − 2 (− 4 ) + 4π + 6 = − 2 + + 8 + 4π + 6 = 15 + 4π .
1 8
I=
3 2 3 3 3
ii ) F = ∇Φ Φ( x, y, z ) = y 2 sin x + z 3 x − 4 y + 2 z
π
L = Φ , − 1, 2 − Φ (0,1, − 1) = 9 + 4π − (− 6 ) = 15 + 4π
2
13.(6.4)
∫ {[2t sin(π t ) − (1 + t )] + [π t ] }
1
2
cos(π t ) − 3(1 + t ) − t dt =
0
1 1 1 1
= ∫ 2t sin (π t )dt − ∫ (4 + 5t )dt + t 2 sin (π t ) − 2 ∫ t sin (π t )dt =
0 0 0 0
5 13
= −4 − =−
2 2
z
y
1
x
-1 A
44
i ) lungo una spezzata AO ∪ OB
Essendo, lungo AO, z = − x segue che
x = −t e z = t −1 ≤ t ≤ 0
è una parametrizzazione che percorre il segmento AO da A all'origine.
0
L1 = ∫ [t + t ]dt = −1
−1
3
Essendo, lungo OB, z = − y , segue che
2
2
x = 0, y = − t, z = t 0≤t ≤3
3
è una parametrizzazione che percorre il segmento OB dall'origine a B.
3
2 5 7 9 21
L2 = ∫ t + t dt = =
0
3 3 32 2
21 19
L= −1 =
2 2
B
3
-2 y
ii ) ∫ F ⋅ dr = ∫ F ⋅ dr + ∫ F ⋅ dr + ∫ F ⋅ dr
C C1 C2 C3
0 1 3
3 19
⇒ ∫ F ⋅ dr = 12 − 4 + 2 =
C
2
9. Sia
F( x, y ) =
1
x + y2
2
(
− yˆi + xˆj ) ⇒ rot F = ∇ × F = 0
45
Calcolare
− y dx + x dy
∫ F ⋅ dr = ∫
C C
x2 + y2
dove
i) C : x2 + y2 = r 2 percorsa nel verso antiorario una sola volta.
ii ) C è un rettangolo di vertici (− 1,1), (1,1), (− 1, − 1), (1, − 1) .
iii ) C è il rettangolo di vertici (− a, b ), (− a, 2b ), (a, b ), (a, 2b ) con a e b positivi.
Svolgimento.
i ) Una rappresentazione parametrica di C è: x = a cos t , y = a sin t con t ∈ [0, 2π ] .
Allora
− y dx + x dy
ii ) ∫ F ⋅ dr = ∫
C C
x2 + y2
=∫ +∫ +∫ +∫ =
C1 C2 C3 C4
− dt − dt
1 1 1 1 1
dt dt dt
= ∫−11 + t 2 + −∫11 + t 2 + −∫11 + t 2 + −∫11 + t 2 = 8 −∫11 + t 2 = 2π
C3
1 C1 : x = t , y = −1 − 1 ≤ t ≤ 1
C C2 C2 : y = t , x = 1 −1 ≤ t ≤ 1
4
-1 -1 1 − C3 : x = t , y = 1 −1 ≤ t ≤ 1
C4 − C4 : y = t , x = −1 − 1 ≤ t ≤ 1
46
iii)
C1 : x = t , y=b −a≤t ≤a
2b C3
C2 : y = t , x=a b ≤ t ≤ 2b
C2
C4 − C3 : x = t , y = 2b −a≤t ≤a
b C1 − C4 : y = t , x = −a b ≤ t ≤ 2b
-a a
− b dt − 2b dt − a dt − b dt
a 2b a 2b a 2b a
a dt a dt b dt
∫
−a
t 2 + b2
+ ∫
b
2 2
−∫ 2
t + a − a t + 4b 2
− ∫
b
t +a
2 2
= 2∫ 2
0
t +a 2
+2∫ 2
b
t +a 2
+ 4∫ 2
0
t + 4b 2
=
a 2b a a
= 2 arctan + 2 arctan − arctan + 2 arctan =
b a b 2b
a b 2b a π π
= −2 arctan + arctan + 2 arctan + arctan = −2 + 2 = 0
b a a 2b 2 2
y
α = arctan
x
β x
y = x tan α β = arctan
α y
x = y tan β
−1 π π
− y dx + x dy
a 2
iii ) ∫− a x 2 + y 2 ⇒ −2
∫ 0 dt − ∫ dt + ∫ 0 dt + ∫ dt = 0
0 1 0
Confrontare con F=
2
x + y2
2
xˆi + yˆj ( ) ⇒ rot F = 0
∫ F ⋅ dr = 0
C : x | y 2 =a 2
2
47
10. F = (axy + z )ˆi + x 2 ˆj + (bx + 2 z )kˆ
è conservativo se e solo se rot F = ∇ × F = 0 ovvero se e solo se b = 1 e a = 2.
Infatti
∂ 3 F1 − ∂1F3 = 0 se b = 1
∂1F2 − ∂ 2 F1 = 0 se a = 2.
Pertanto è
F = (2 xy + z )ˆi + x 2 ˆj + ( x + 2 z )kˆ = ∇ Φ
se
∂Φ
i) = x2
∂y
∂Φ ∂Φ ∂c
ii ) = 2 xy + z ⇒ Φ ( x , y , z ) = x 2 y + c ( x, z ) ⇒ = 2 xy +
∂x ∂Φ ∂x
∂Φ
iii ) = x + 2z
∂z
∂c
2 xy + z = 2 xy + ⇒ c( x, z ) = zx + c(z )
∂x
pertanto
Φ( x, y, z ) = x 2 y + xz + c1 ( z )
∂ c1 ( z ) ∂ c2 ( z )
x + 2z = x + ⇒ = 2 z ⇒ c1 ( z ) = z 2 + k
∂z ∂z
Φ( x, y, z ) = x 2 y + xz + z 2 + k
Φ(0, 0, 3) − Φ(1,1, 0) = 9 − 1 = 8
11. Calcolare
( 2;3 )
I= ∫ (x + 3 y )dx + ( y + 3x )dy .
( )
1;1
48
∂P ∂
= (x + 3 y ) = 3 ; ∂ Q = ∂ ( y + 3 x ) = 3
∂y ∂y ∂x ∂x
∂ P ∂Q
e quindi = ( sull’intero piano XY).
∂y ∂x
Come percorso di integrazione scegliamo la linea poligonale nella quale i segmenti sono paralleli
agli assi coordinati. Sul primo segmento abbiamo y = 1, dy = 0 1 ≤ x ≤ 2 , sul secondo
x = 2, dx = 0 1 ≤ y ≤ 3
Conseguentemente,
2 2
x2 y2
I = ∫ ( x + 3)dx + ∫ ( y + 6)dy = + 3 x + + 6 y = 2 + 6 − − 3 + + 18 − − 6 = 20 .
1 9 1 1
1 1 2 2 2 2 2 2
Fig. 1
( )
x y
U ( x, y ) = ∫ ln( x + 1)dx + ∫ x + 1 − e y dy =
0 0
[ ]
= [x ln ( x + 1) − x + ln ( x + 1)] + xy + y − e y = ( x + 1)ln ( x + 1) − x + xy + y − e y + 1 + C
49
13. F( x, y, z ) = 3 x 2 y sin z ˆi + x 3 sin z ˆj + (x 3 y cos z + 1)kˆ
Svolgimento. Essendo
∇ ⋅ F = ∇ × F = 0 in ℜ3 ⇒ ∃Φ tale che F = ∇ ⋅ Φ
∂Φ
i) = 3 x 2 y sin z ⇒ Φ = x 3 y sin z + c( y, z )
∂x
∂c
ii ) x 3 y sin z = x 3 y sin z + ⇒ c( y, z ) = c(z )
∂y
Da i ) e ii ) ⇒ Φ = x y sin z + c( z )
3
Quindi
Φ( x, y, z ) = x 3 y sin z + z
Oppure se P0 (0,0,0 ) allora
x y z
Φ( x, y, z ) = ∫ F1 (u ,0,0)du + ∫ F2 ( x, v,0)dv + ∫ F3 ( x, y, w)dw
0 0 0
( ) ( )
z
Φ( x, y, z ) = ∫ x 3 y cos w + 1 dw = x 3 y sin w + w
z
= x 3 y sin z + z
0 0
[ ] [
14. F( x, y, z ) = 2 xy + cos( x + y 2 ) ˆi + a z + x 2 + 2 y cos x + y 2 ˆj + ya z ln akˆ ; ( )] a>0
Svolgimento.
Da ∇⋅F = ∇×F = 0 in ℜ 3 ⇒ ∃Φ tale che F = ∇ ⋅ Φ, dove
x y z
Φ( x, y, z ) = ∫ F1 (u,0,0)du + ∫ F2 ( x, v,0)dv + ∫ F3 ( x, y, w)dw =
0 0 0
( ( ))
x y z
= ∫ cos u du + ∫ 1 + x 2 + 2v cos x + y 2 dv + ∫ y a w ln(a)dw =
0 0 0
(
= sin x + y + x 2 y + sin( x + y 2 ) − sin x + y a z − 1 = x 2 y + ya z + sin x + y 2) ( )
50
Alcune proprietà della divergenza
Esempi
Infatti
∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Φ ˆ ∂Φ ˆ ∂Φ ˆ
∇ ⋅ (Φ∇Ψ − Ψ∇Φ ) = ∇ ⋅ Φ i+ j+ k − Ψ i+ j+ k =
∂x ∂y ∂z ∂x ∂y ∂z
∂ ∂Ψ ∂Φ ∂ ∂Ψ ∂Φ ∂ ∂Ψ ∂Φ
= Φ −Ψ + Φ −Ψ + Φ −Ψ =
∂x ∂x ∂x ∂y ∂y ∂y ∂z ∂z ∂z
∂ 2Ψ ∂ 2Φ ∂ 2 Ψ ∂ 2Φ ∂ 2 Ψ ∂ 2Φ
= Φ 2 − Ψ 2 + Φ 2 − Ψ 2 + Φ 2 − Ψ 2 = Φ∇ψ − Ψ∇Φ = 0
∂x ∂x ∂y ∂y ∂z ∂z
Oppure da ∇ ⋅ ΦF = ∇Φ ⋅ F + ∇Φ ⋅ F ⇒ ∇ ⋅ (Φ∇Ψ ) = ∇Φ ⋅ ∇Ψ + Φ∇ ⋅ ∇Ψ
∇ ⋅ (Ψ∇Φ ) = ∇Ψ ⋅ ∇Φ + Ψ∇ ⋅ ∇Φ
Pertanto
( ) (
∇ ⋅ (Φ∇Ψ − Ψ∇Φ ) = ∇Φ ⋅ ∇Ψ + Φ∇ 2 Ψ − ∇Ψ∇Φ + Ψ∇ 2Φ = 0 )
ii) Se F e G sono conservativi (F = ∇Φ e G = ∇Ψ ) allora F × G sono solenoidali.
Infatti
∇ ⋅ (F × G ) = (∇ × F ) ⋅ G − F (∇ × G ) = (∇ × ∇Φ ) ⋅ G − F(∇ × ∇Ψ ) = 0
1424 43 4 14243
=0 =0
51
Esempi
∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ
1. ∇ × (Φ∇Ψ ) = ∇ × Φ i+ j+ k = ∇ × Φ i+Φ j+ Φ k
∂x ∂y ∂z ∂x ∂y ∂z
ˆi ˆj kˆ
∂ ∂ ∂
∂x ∂y ∂z
∂Ψ ∂Ψ ∂Ψ
Φ Φ Φ
∂x ∂y ∂z
∂ ∂Ψ ∂ ∂Ψ ˆ ∂ ∂Ψ ∂ ∂Ψ ˆ ∂ ∂Ψ ∂ ∂Ψ ˆ
Φ − Φ i + Φ − Φ j + Φ − Φ k
∂y ∂z ∂z ∂y ∂z ∂x ∂x ∂z ∂x ∂y ∂y ∂x
∂Φ ∂Ψ ∂ Ψ ∂Φ ∂Ψ
2
∂ Ψ ˆ
2
+Φ − −Φ i +
∂y ∂z 12 ∂y∂z ∂z ∂y ∂y∂z
3 123
=0 =0
∂Φ ∂Ψ ∂ 2 Ψ ∂Φ ∂Ψ ∂ 2 Ψ ˆ
+ +Φ − −Φ j +
∂z ∂x 12 ∂x3 ∂z ∂x ∂z 12 ∂z3 ∂x
=0 =0
∂Φ ∂Ψ ∂ 2 Ψ ∂Φ ∂Ψ ∂ 2Ψ ˆ
+ +Φ − −Φ k
∂x ∂y 12 ∂x∂y ∂y ∂x ∂y∂x
3 123
=0 =0
∂Φ ∂Ψ ∂Φ ∂Ψ ˆ ∂Φ ∂Ψ ∂Φ ∂Ψ ˆ ∂Φ ∂Ψ ∂Φ ∂Ψ ˆ
− i + − j + − k = ∇Φ × ∇Ψ
∂y ∂z ∂z ∂y ∂z ∂x ∂x ∂z ∂x ∂y ∂y ∂x
∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ ∂Ψ ˆ
2. ∇ ⋅ (Φ∇Ψ ) = ∇ ⋅ Φ i+Φ j+ Φ k =
∂x ∂y ∂z
52
∂ ∂Ψ ∂ ∂Ψ ∂ ∂Ψ
= Φ + Φ + Φ = ∇Φ ⋅ ∇Ψ + Φ∇ Ψ
2
∂x ∂x ∂y ∂y ∂z ∂z
[ ]
3. ∇ ⋅ (F × G) = ∇ ⋅ (F2G3 − F3G2 )ˆi + (F3G1 − F1G3 )ˆj + (F1G2 − F2G1 )kˆ =
∂F2 ∂G ∂F ∂G
= G3 + F2 3 − 3 G2 − F3 2 +
∂x ∂x ∂x ∂x
∂F ∂G ∂F ∂G
+ 3 G1 + F3 1 − 1 G3 − F1 3 +
∂y ∂y ∂y ∂y
∂F ∂G ∂F ∂G
+ 1 G2 + F1 2 − 2 G1 − F2 1 =
∂z ∂z ∂z ∂z
∂G ∂G ∂G ∂G ∂G ∂G
= − F1 3 − 2 − F2 1 − 3 − F3 2 − 1 +
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
∂F ∂F ∂F ∂F ∂F ∂F
− G1 3 − 2 − G2 1 − 3 − G3 2 − 1 = G ⋅ (∇ × F ) − F(∇ × G )
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
53
SUPERFICI
Definizione.
Sia T la chiusura di un aperto connesso limitato A ⊂ R 2 la cui frontiera ∂A è una curva semplice,
chiusa, regolare a tratti. Una applicazione vettoriale:
1- r è continua su T
2- r è iniettiva in A
∂r ∂x ∂y ∂z
ru = = i+ j+ k
∂u ∂u ∂u ∂u
∂r ∂x ∂y ∂z
rv = = i+ j+ k
∂v ∂v ∂v ∂v
∂ ( y, z ) ∂ ( z, x) ∂ ( x, y )
ru × rv = i+ j+ k≠0
∂ (u , v) ∂ (u , v) ∂ (u , v)
liscia allora per ogni punto (u0 , vo ) ∈ A le curve r (u 0 , v) e r (u , v0 ) su S sono curve regolari e nel
∂r
loro punto di intersezione P0 ( x0 , y0 , z0 ) = r (u 0 , v0 ) ∈ S i rispettivi vettori tangenti (u 0 , v ) e non
∂v
∂r
∂v
(u , v0 ) sono paralleli. Il vettore
∂r
n= (u0 , v 0 ) × ∂r (u0 , v 0 )
∂v ∂u
1
(P − P0 ) ⋅ ( ru × rv )(u 0 , v0 ) = 0
dove
(P − P0 ) = ( x − x0 ) i + ( y − y 0 ) j + ( x − z0 ) k
un tratto rv dv
2
dS = ru × rv du dv
L’area a(S ) di tutta la superficie S è la somma di tutti gli elementi d’area dS:
a ( S ) = ∫∫ dS = ∫∫ ru × rv du dv = ∫∫ n du dv
S T T
Esempio 1
Le equazioni
x = a sin v cos u , y = a sin v sin u , z = a cos v (1)
dove i punti (u,v) variano nel rettangolo R = [0,2π ]× [0, π ] forniscono una rappresentazione
parametrica di una superficie sferica con centro nell’origine e di raggio a, non è difficile verificare
che x 2 + y 2 + z 2 = a 2 .
I parametri u e v denotano rispettivamente le coordinate ϑ e Φ sulla sfera (vedi figura) .
3
La parametrizzazione considerata è iniettiva nel rettangolo aperto 0 < u < 2π , 0 < v < π , ma non
sul rettangolo chiuso. Infatti i lati v = 0 e v = π sono trasformati rispettivamente nei punti (0,0,a) e
(0,0,-a) detti rispettivamente polo nord e polo sud; inoltre i lati u = 0 e u = 2π sono trasformati
negli stessi punti, precisamente nei punti (a sin v, 0, a cos v ) con 0 ≤ v ≤ π .
Essendo
∂x ∂y ∂z
= a cos v cos u = a cos v sin u = −a sin v
∂v ∂v ∂v
∂x ∂y ∂z
= − a sin v sin u = a sin v cos u =0
∂u ∂u ∂u
ru × rv = a sin v r (u , v )
dS = ru × rv dv du = a 2 sin v dv du = a 2 sin φ dφ dθ
Quindi
2π π
A( S ) = ∫∫ a 2 sin v dv du = a 2 ∫ du ∫ sin v dv = 4π a 2
T 0 0
4
Esempio 2
π
OP = v, OP ' = v sin α , r = a sin α , h = a cos α , 0 <α <
2
Pertanto le equazioni parametriche di un cono circolare retto con angolo al centro 2α e di apotema
a sono:
Essendo
e quindi
ru × rv = v sin α ≠ 0
x 2 + y 2 = v 2 sin 2 α z 2 = v 2 cos 2 α
5
r
da cui, essendo tan α = , si ottiene:
h
r2 2 r
x +y = 2 z
2 2
dove = arctan α . (2)
h h
La (2) è l’equazione cartesiana del cono circolare retto di altezza h e raggio base r il cui angolo al
r
centro è 2α dove α = arctan .
h
Riassumendo quanto precede b 2 z 2 = x 2 + y 2 è l’equazione di un cono circolare retto con vertice in
0 e di angolo al centro 2α con α = arctan b .
h 2 h 2
z= x + y2 e z=− x + y2
r r
In altre parole l’equazione (2) è l’equazione cartesiana di due coni simmetrici rispetto al piano xy , i
cui vertici coincidono con l’origine del riferimento cartesiano.
Infine
a 2π
a( S ) = ∫ v dv ∫ sin α du = π a (a sin α ) = π a r
0 0
Esempio 3
r(u,v)= u i + v j + f(u,v) k , (u , v) ∈ T
rappresenta sempre una superficie parametrica regolare il cui dominio T è la proiezione biunivoca
della superficie sul piano xy. Infatti essendo
∂r ∂f ∂r ∂f
=i+ k = j+ k
∂u ∂u ∂v ∂v
6
risulta
i j k
∂f ∂f ∂f
ru × rv = 1 0 =− i− j+k
∂u ∂u ∂v
∂f
0 1
∂v
Poiché la terza componente del vettore ru × rv è 1, il suo modulo non è mai nullo.
Quindi il grafico di una funzione z = f ( x, y ) che risulta di classe C (1) nei punti interni al suo
dominio T è sempre una superficie regolare. In questo caso l’equazione del piano tangente nel
punto ( xo , y0 , z 0 ) dove z 0 = f ( x0 , y0 ) è
z = f ( x0 , y0 ) + f x ( x0 , y0 )( x − x0 ) + f y ( x0 , y0 )( y − y0 ) ;
∂f 2 ∂f 2
a( S ) = ∫∫ | ru × rv | du dv = ∫∫ 1 + + dx dy
∂x ∂y
T T
In particolare se z = a 2 − x 2 − y 2 allora
a (S ) = ∫∫
a
dx dy = 2π a 2 dove T : x2 + y2 ≤ a2 .
T a −x −y
2 2 2
Se la superficie S giace su un piano parallelo al piano xy (cioè sul piano z = costante) allora:
a (S ) = ∫∫ dx dy = a (T )
T
Se la superficie S di equazione z = f ( x, y ) è una superficie piana che giace su un piano che forma
un angolo γ con il piano xy , allora l’angolo che il vettore n normale alla superficie forma con il
versore k è uguale a γ , pertanto è:
n ⋅ k = 1 e n⋅ k = n cos γ
7
da cui
1
i) n =
cos y
1 n
ii ) =
cos y n ⋅ k
a (S ) = ∫∫ ∫∫ dx dy = cos γ a (T )
1 1 1
dx dy =
T
cos γ cos γ T
ovvero
a (T ) = a ( S ) cos γ .
La i) e la ii) sono valide anche nel caso in cui S è una superficie regolare che ha una proiezione
biunivoca T sul piano xy. In questo caso l’angolo γ , che il vettore n normale alla superficie,forma
con il versore k ,varia da punto a punto. Utilizzando ii) risulta
n
a (S ) = ∫∫ dx dy
T
n⋅k
Ovviamente
n n
a(S ) = ∫∫ dy dz a (S ) = ∫∫ dx dz
T
n⋅i T
n⋅ j
sono valide nel caso in cui una superficie regolare S ha una proiezione biunivoca T rispettivamente
sul piano yz e sul piano xz.
Da quanto precede, segue che se una equazione del tipo F ( x, y, z ) = 0 definisce implicitamente z in
funzione di (x,y), ovvero una superficie regolare S che si proietta biunivocamente in una regione T
del piano xy, allora :
∇F
a( S ) = ∫∫ dx dy
T
Fz
8
Osservazioni
1. La relazione precedente può essere dedotta anche nel modo seguente. Nelle ipotesi suddette
risulta per il teorema delle funzioni implicite:
∂z F ∂z Fy
=− x =−
∂x Fz ∂y Fz
pertanto
∂z 2 ∂z 2
1 + + dx dy =
F
1 + x
2
Fy
2
dx dy = (Fz )2 + (Fx )2 + (Fy )2
dS = + dx dy
∂x ∂y Fz Fz (Fz )2
e quindi
∇F
a(S ) = ∫∫ dx dy
T
Fz
2. Nel caso in cui la superficie S è specificata dall’equazione z = f ( x, y ) per calcolare l’area si può
utilizzare la forma implicita in quanto z = f ( x, y ) può essere scritta come F ( x, y, z ) = z − f ( x, y ) = 0
RIASSUMENDO
- Forma parametrica:
Se r = r (u, v ) allora a( S ) = ∫∫ ru × rv du dv (u , v) ∈ T
T
- Forma cartesiana
Se z = f ( x, y ) allora a ( S ) = ∫∫ (1 + ( f x ) 2 + ( f y ) 2 dx dy ( x, y ) ∈ T
T
- Forma implicita
∇F
Se F ( x, y, z ) = 0 allora a( S ) = ∫∫ dx dy ( x, y ) ∈ T
T
Fz
valida nel caso in cui la proiezione della superficie sul piano xy sia biunivoca.
9
Esempio 4
y
a
T
Svolgimento
a
2
a 2
T = ( x, y ) | x ≥ 0, y ≥ 0, x + y − ≤ .
2
2 4
Si deve calcolare:
2
∂z ∂z
2
a ( S ) = 4 ⋅ ∫∫ 1 + + dx dy dove z = a 2 − x 2 − y 2 .
T ∂x ∂y
π
a sin θ
2
ρ
dρ = 2a 2 (π − 2 )
dx dy
a ( S ) = 4 a ∫∫ = 4 a ∫ dθ ∫
T a −x −y
2 2 2
0 0 a −ρ
2 2
F ( x, y , z ) = x 2 + y 2 + z 2 − a 2 = 0
∇F x2 + y2 + z2 a
a ( S ) = 4 ⋅ ∫∫ dx dy = 4 ⋅ ∫∫ = 4 ⋅ ∫∫ dx dy = 2a 2 (π − 2)
T
Fz T
z T a −x −y
2 2 2
10
Esempio 5
3/2
S
-3 1 x
Svolgimento
La frontiera del dominio T sul quale si proietta la superficie S della quale si vuole calcolare
l’area è data dall’ intersezione della superficie conica con quella del piano:
z 2 = x 2 + y 2 2 (3 − x) 2
x + y 2
=
4 ( x + 1) 2 y 2
+ =1
2 z + x = 3 z = − x 4 3
2
-1
Se poniamo F ( x, y, z ) = x 2 + y 2 − z 2 = 0 allora ∇F = 2 x i + 2 y j − 2 z k .
Quindi
∇F 2 x2 + y2 + z2
a ( S ) = ∫∫ dx dy = ∫∫ dx dy
T
F2 T
2z
a( S ) = 2 ∫∫ dx dy = 2 (2 3π ) = 2 6 π
T
11
Esempio 6
Svolgimento
Un ottavo dell’area richiesta si proietta sul piano xy nella parte T dell’ ellisse che sta nel primo
quadrante del piano xy.
Pertanto
2
∂z ∂z
2
a ( S ) = 8 ∫∫ 1 + + dx dy dove z = a2 − x2 − y2 .
T ∂x ∂y
a2 − y2
Posto b( y ) = si ha
2
a b( y)
dx dy dx
a ( S ) = 8a ∫∫ = 8a ∫ dy ∫ =
T a −x −y
2 2 2
0 0 a − x2 − y2
2
b( y )
a
x π
= 8a ∫ arcsin dy = 8a 2 = 2πa 2
0 a −y
2 2
0
4
Esempio 7
Svolgimento
Un quarto dell’area richiesta si proietta sul piano xy nella parte T della lemniscata corrispondente a
π
cos 2θ = b(θ ) .
a
0 ≤θ ≤ e 0 ≤ ρ ≤
4 4
Usando le coordinate polari si ha
2
∂z ∂z
2
a (S ) = 4 ∫∫
a
1 + + dx dy = ∫∫ ( )
4 x 2 + y 2 + a 2 dx dy =
T ∂x ∂y 4 T
∫ [ (4ρ ]
π /4 b (θ ) π /4 b (θ )
=
4
a ∫ dθ ∫ ρ 4 ρ + a dρ =2 1
30
2 2
+ a2 )
3/ 2
0 dθ =
0 0 0
π /4
a2 πa 2
a2 5 π
= ∫ (1 + cos 2θ ) dθ − 12 = −
3/ 2
3 0
3 3 4
12
Esempio 8
Calcolare l’area della superficie sferica x 2 + y 2 + z 2 = 4 che sta sopra la cardioide ρ = 1− cosθ .
Svolgimento
L’area richiesta è due volte l’area della parte della superficie z = 4 − x 2 − y 2 la cui proiezione sul
piano xy è il dominio T delimitato da ρ = 1− cosθ con 0 ≤ θ ≤ π .
Pertanto:
2
∂z ∂z
2
dx dy
a( S ) = 2∫∫ 1 + + dx dy = 4∫∫
T ∂x ∂y T 4 − x2 − y2
π 1 − cos θ π π
ρ 4 θ
θ θ
a( S ) = 4 ∫ dθ ∫ dρ = 8 π − ∫ 1 − sin
dθ = 8 π − ∫ 1 + sin 2 cos dθ
0 0 4− ρ2 0
2 0
2 2
Ponendo
θ
Sostituendo sen = u si ottiene
2
( )
π
θ θ 1
∫ 1 + sin 2 cos dθ = 2 ∫ 1 + u 2 du = 2 + ln 2 + 1
0
2 2 0
Quindi
a ( S ) = 8 [π − 2 − ln( 2 + 1)] .
13
Elemento d’area di una superficie cilindrica
r = r (ϑ ) 0 ≤ ϑ ≤ ϑ1
x = r (ϑ ) cos ϑ y = r (ϑ ) sin ϑ 0 ≤ ϑ ≤ ϑ1
in altre parole è
e quindi ds = r 2 + r& 2 dθ dove r& = r ′(ϑ )
0 ≤ z ≤ z (ϑ ) = f (r (ϑ ) cos(ϑ ), r (ϑ ) sin(ϑ ))
quindi
θ1 z (ϑ ) ϑ1
a( S ) = ∫ r 2 + r& 2 dϑ ∫ dz = ∫ z(ϑ ) r 2 + r& 2 dϑ
0 0 0
14
Esempio 9
Svolgimento
i) Ovviamente un quarto dell’area richiesta S si trova nel primo ottante. Pertanto osservato che
l’equazione del cilindro in coordinate cilindriche è
ρ = 2a sin ϑ 0 ≤ϑ ≤π ,
z = 4a 2 − ρ 2 = 2a | cos ϑ | 0 ≤ϑ ≤π
e quindi
π 2 π 2
a( S ) = 4 ∫ 2a cos ϑ ρ 2 + ρ& 2 dϑ = 16a 2 ∫ cos ϑdϑ = 16a
2
0 0
ii) Come in i) osservato che il coperchio superiore giace sulla superficie z = x 2 + y 2 segue che
z (ϑ ) = ρ = 2a sin ϑ 0 ≤ϑ ≤π
da cui
π /2
a( S ) = 4 ∫ 2a sin ϑ ⋅ 2a dϑ = 16a 2
0
15
Esempio 10
Svolgimento
dS = adϑdy
y = a 2 − z 2 = a 2 − a 2 sin 2 ϑ = a | cos ϑ |= y (ϑ )
e che un ottavo dell’area richiesta si trova nel primo ottante, si evince che
π /2 a cos ϑ π /2
a( S ) = 8 ∫ a dϑ ∫ dy = 8a 2
∫ cos ϑ dϑ = 8a
2
.
0 0 0
Esempio 11
θ
Calcolare l’area del cilindro verticale di equazione ρ = 1 − cos θ = 2 sin 2 interna alla sfera
2
x2 + y2 + z 2 = 4 .
Svolgimento
16
L’area richiesta è quattro volte l’area della superficie cilindrica che sta nel primo e nel terzo ottante
il cui coperchio è la superficie: z = 4 − x 2 − y 2
Pertanto
π
a( S ) = 4∫ z (θ ) ρ 2 + ρ& 2 dθ
0
dove
θ
ρ 2 + ρ& 2 = (1 − cosθ )2 + sin 2 θ = 2(1 − cos θ ) = 4 sin 2
2
θ θ θ
z (θ ) = 4 − ρ 2 = 4 − 4 sin 4 = 2 cos 1 + sin 2 .
2 2 2
Quindi
( )
π
θ θ θ 32
a( S ) = 16∫ sin cos 1 + sin 2 dθ = 2 2 −1
0
2 2 2 3
Osservazione
17
L’emisfero superiore può essere parametrizzata nel modo seguente:
x = u , y = v , z = a2 − u2 − v2 (u , v) ∈ T
dove T è il disco u 2 + v 2 ≤ a 2 .
Si osservi che per questa rappresentazione ogni punto sull’equatore è un punto singolare. Se un
numero finito di superfici lisce sono unite, a coppie, lungo una parte o la totalità del loro contorno,
la superficie così ottenuta è detta superficie liscia a pezzi.
Esempi di superficie lisce a pezzi sono i parallelepipedi. Un parallelepipedo è una superficie chiusa,
in quanto non esistono due lati non uniti fra loro che costituiscono un contorno.
Siano
r : A → ℜ3 (u , v) → r (u , v)
R : B → ℜ3 ( s, t ) → R ( s, t )
In altre parole
R ( s, t ) è l’equazione parametrica della superficie che si ottiene dall’equazione parametrica
r = r (u, v ) mediante il combinamento di parametri
u = U ( s, t ) ( s, t ) ∈ B e U ∈ C 1 ( B )
v = V ( s, t ) ( s, t ) ∈ B e V ∈ C 1 ( B ) .
Allora
∂ (U , V )
R s ∧ R t = ( ru ∧ rv ) ∂(U ,V ) e R s ∧ R t = ru ∧ rv
∂ (s, t ) ∂ (s, t )
Inoltre
Se ∃ ∫ f dS ⇒ ∃ ∫ F dS e ∫ F dS = ∫ f dS
r ( A) r( B) r ( A) r ( B)
dove F [ R ( s, t )] = f [r (U ( s, t ), V ( s, t )] .
18
INTEGRALI DI SUPERFICIE DI CAMPI VETTORIALI:
FLUSSO
Superfici Orientate
Una superficie liscia S è orientabile se in ogni P ∈ S esiste un campo vettoriale unitario n̂ (P)
continuo e normale a S. Una superficie S orientabile deve avere due lati. Il lato al di fuori del quale
punta N è detto lato positivo.
Una superficie orientata S induce una orientazione su ogni curva C ∈ ∂S. Il verso positivo di C è
quello lungo il quale un osservatore, in piedi sul lato positivo della superficie, percorrendo C vede S
alla sua sinistra.
Osservazione
Il concetto di orientabilità si può applicare solo alle superfici lisce. Tuttavia non sempre le superfici
lisce sono orientabili. Inoltre spesso le superfici non sono lisce ma possono essere l’unione di più
superfici lisce orientabili.
Flusso
In fisica, il significato originario di flusso è quello di quantità di un fluido che passa, nell’unità di
tempo, attraverso una superficie. Tale definizione è legittimata dal fatto che se una superficie è
attraversata da un fluido di densità unitaria, allora sapendo che la densità è la massa per unità di
volume, segue che la massa del fluido che, nell’unità di tempo, passa attraverso la superficie è
numericamente uguale al volume del fluido che passa attraverso la superficie nell’unità di tempo.
Supponiamo che σ sia una superficie orientata con un versore normale n̂ e che un fluido di
densità unitaria fluisca attraverso σ nella direzione di n̂ .
Inoltre supponiamo che il fluido sia stazionario, ovvero: in ogni istante la velocità della particella
del fluido che occupa la posizione (x,y,z) rimane la stessa.
La velocità del fluido che supponiamo funzione della posizione e non del tempo sia descritta dal
campo (di velocità):
Per determinare la massa Φ del fluido che passa attraverso una superficie orientata σ nella
direzione dell’orientazione n̂ suddividiamo σ in n parti σ 1 , σ 2 ,...., σ n con aree rispettivamente
∆S1 , ∆S 2 ,..., ∆S n .
F ( x k* , y k* , z k* ) ⋅ n̂ ( x k* , y k* , z k* ) (1)
19
rappresenta la distanza percorsa, nell’unità di tempo, dalla sezione del flusso inizialmente su σ k . In
altre parole la sezione del flusso che inizialmente si trova su σ k , nell’unità di tempo si muoverà
spaziando un cilindro di area base ∆S k e di altezza (1).
Pertanto
( ) ( )
F x k* , y k* , z k* ⋅ nˆ x k* , y k* , z k* ∆S k (2)
Se aumentiamo n in modo tale che le parti della superficie tendono a zero, è plausibile che gli errori
nelle approssimazioni tendono a zero e il volume di Φ è:
( ) ( )
n
Φ = lim ∑ F x k* , y k* , z k* ⋅ nˆ x k* , y k* , z k* ∆S k
n →∞ k =1
Φ = ∫∫ F ( x, y, z ) ⋅ nˆ ( x, y, z ) dS (3)
Osservazione
Quando si deve calcolare il flusso di un campo vettoriale F attraverso una superficie liscia σ è
opportuno tenere presente quanto segue:
− fx i − fy j − k
nˆ = ± e dS = ( f x )2 + ( f y )2 + 1 dx dy
( fx ) + (fy ) +1
2 2
da cui
nˆ dS = ± (− f x i − f y j − k ) dx dy . (4)
20
oppure
nˆ dS = ± ( i − h y j − hz k ) dz dy
ii) Per una superficie definita implicitamente da un’equazione della forma F (x, y, z ) = 0 e con una
proiezione biunivoca su una regione T del piano xy, è
∇F ∇F
n̂ = ± e dS = ± dx dy
∇F F
da cui
∇F
n̂ dS = ± dx dy . (5)
Fz
Naturalmente valgono formule simili alle precedenti per le superfici che hanno una proiezione
biunivoca T sui piani coordinati yz e xz; non è difficile verificare che allora risulta
rispettivamente
∇F ∇F
n̂ dS = ± dy dz e n̂ dS = ± dx dz .
Fx Fy
ru × rv
nˆ = ± e nˆ = ± ru × rv du dv
ru × rv
da cui
nˆ dS = ± ( ru × rv ) du dv . (6)
Ovviamente, comunque venga assegnata la superficie, in (4), (5) e (6), il segno deve essere scelto in
modo da assegnare a σ l’orientazione desiderato.
21
Esempio 1
r
F=m 3
r= x i + y j + z k
r
Svolgimento
Dobbiamo calcolare
∫∫σ F ⋅ n̂ dS
r
n̂ = .
r
dove 0 ≤ Φ ≤ π , 0 ≤ θ ≤ 2π;
m 1
F= r (θ,Φ) e n̂ = r (θ,Φ) .
a3 a
dS = rθ × rΦ dθ dΦ = a² sinΦ dθ dΦ
si evince che
2π π
r r m m
F ⋅ n̂ = m 3
= 2
= .
r r r a2
22
Esempio 2
Svolgimento
σ 1 : z = -h x² + y² ≤ a², σ 2 : z = h x² + y² ≤ a²
Il flusso totale di F uscente dalla superficie σ è la somma del flusso di F uscente dalla base σ 1 , dal
coperchio σ 2 e dalla superficie laterale σ L del cilindro.
È opportuno usare le coordinate cilindriche.
∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS = ∫∫
σ
-z dS
1 1
∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS = h ∫∫ dS = hπa².
σ1
1
∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS = ∫∫
σ
z dS = h ∫∫ dS = hπa².
σ2
2 2
n̂ = cosθ i + sinθ j .
Inoltre su σ L è
F = a cosθ i + a sinθ j + z k
Pertanto su σ L è F ⋅ n̂ =a. Infine osservato che l’elemento d’area della superficie laterale del
cilindro è
dS= dz ds = a dθ dz
23
2π h
∫∫ F ⋅ n̂ dS = a² ∫ dθ ∫ dz = 4πa²h.
σ L 0 −h
Quindi
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = 6πa²h.
(*) Osservazione
Esempio 3
F = F ( x, y, z ) = xy 2 i + y 3 j + x 2 zk
x2 y2
+ =1 0 ≤ z ≤1
a2 b2
Svolgimento
Il flusso richiesto è la soma del flusso uscente dalla superficie laterale S L del cilindro, dalla base B
sul piano xy e dal coperchio sul piano z = 1 . Calcoliamo il flusso uscente da S L , le cui equazioni
parametriche sono
x = a cos θ , y = b sin θ , z = z
dove 0 ≤ θ ≤ 2π e 0 ≤ z ≤ 1 . Essendo su S L
rθ × rz b cos θ i + a sin θ j
nˆ = =
rθ × rz b 2 cos 2 θ + a 2 sin 2 θ
oppure
T×k
nˆ = dove T = − a sin θ i + b cos j ;
T×k
24
dS = ds dz = a 2 sin 2 θ + b 2 cos θ dθ dz
si ha
2π 1
∫∫ F ⋅ nˆ dS = ab ∫ sin θ dθ ∫ dz = ab π
2 3
.
SL 0 0
∫∫ F ⋅ k dS = ∫∫ x z dx dy = ∫∫ x 2 dx dy
2
C C T
x2 y2
T = ( x, y ) 2
+ 2 ≤ 1.
a b
2π 1
π
∫∫ x z dx dy = a b ∫∫ u du dv = ba ∫ cos θ dθ ∫ ρ dρ = ba
2 3 2 3 2 3 3
T D 0 0
4
dove D è il disco u 2 + v 2 ≤ 1 .
Infine osservato che sulla base è nˆ = −k e z = 0 si evince che il flusso uscente da B è zero. Quindi
il flusso totale uscente sa S è
2 a2
∫∫S F ⋅ ˆ
n dS = π ab b + .
4
25
Esempio 4
Calcolare il flusso del campo vettoriale di F = y i + z k uscente dalla frontiera σ del cono
0 ≤ z ≤ 1- x 2 + y 2
Svolgimento
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS + ∫∫
T
F ⋅ n̂ dS
L
dove
x y
n̂ = i + j + k su σ L n̂ = - k su T.
x2 + y2 x2 + y2
Essendo su σ L
F = y i + 1 − x 2 + y 2 k
xy
x 2 + y 2 dx dy -
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫ x2 + y2
+ 1−
∫∫ z dx dy .
T T
xy
∫∫
T x + y2
2
dx dy = 0
2π
1 − x 2 + y 2 dx dy =
1
π
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫ ∫ dθ ∫ (1 − ρ ) ρ dρ = .
T 0 0
3
26
Teorema della Divergenza (di Gauss)
Sia D un dominio tridimensionale regolare, la cui frontiera ∂D è una superficie chiusa S orientata
con campo normale unitario n̂ uscente da D.
Se
F(x,y,z) = F1 (x,y,z) i + F2 (x,y,z) j + F3 (x,y,z) k
∫∫∫
D
∇ ⋅ F dV = ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
Dimostrazione
F = F3 (x,y,z) k
parallelo all’ asse z uscente da una superficie orientabile chiusa S liscia a pezzi che è il contorno di
un dominio D z-semplice .
Poiché D è z-semplice , tale dominio è compreso tra i grafici di due funzioni z = f ( x , y ) e
z = g ( x , y ) definite su una regione connessa e limitata R del piano xy. Se supponiamo
f ( x, y ) ≤ g ( x, y ) allora
Supposto f e g di classe C 1 ( R ) , la superficie S consiste di una parte inferiore S1, di una parte
superiore S2 definite rispettivamente dalle equazioni z = f ( x , y ) e z = g ( x , y ) ed
27
eventualmente da una parte S3 del cilindro verticale che passa per la frontiera di R .
Calcoliamo
∫∫ F ⋅ nˆ dS S
∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
= ∫∫ F ⋅ n̂ dS
S2
+ ∫∫ F ⋅ n̂ dS
S1
Poiché su S2 è :
∂f ∂f
k ⋅ n̂ dS = k ⋅ − i− j + k dx dy = dx dy
∂x ∂y
mentre su S1 è :
∂f ∂f
k ⋅ n̂ dS = k ⋅ i+ j − k dx dy = − dx dy
∂x ∂y
risulta :
∫∫ F ⋅ nˆ dS = ∫∫ F ( x, y, z) k ⋅ nˆ dS = ∫∫ [F ( x, y, g ( x, y ))] dx dy − ∫∫ [F ( x, y, f ( x, y))] dx dy =
S S
3
R
3
R
3
g ( x , y ) ∂F3 ∂F3
= ∫∫ ∫ dx dy = ∫∫∫ dx dy dz
R f ( x, y )
∂z
D
∂z
E’ evidente ora che se D è x-semplice possiamo usare lo stesso tipo di ragionamento per dimostrare
l’identità
∂F1
∫∫S F1 i ⋅ nˆ dS = ∫∫∫
D
∂x
dx dy dz
∂F2
∫∫
S
F2 j ⋅ nˆ dS = ∫∫∫
D
∂y
dx dy dz
Pertanto se D è un solido x-y-z semplice, la cui frontiera S è una superficie chiusa, orientabile e
liscia a pezzi e se
FFFF
( x, y, z ) = F1 ( x, y, z ) i + F2 ( x, y, z ) j + F3 ( x, y, z ) k
28
∂F1 ∂F2 ∂F3
∫∫∫
D
∂x
+
∂y
+ dx dy dz =
∂z ∫∫
S
( F1 i + F2 j + F3 k ) ⋅ nˆ dS
ovvero
∫∫∫
D
div F dV = ∫∫
S
F ⋅ n̂ dS
Ora supponiamo che D sia l’unione di due domini D1 e D2 x-y-z semplici che non si sovrappongono
e che la frontiera S viene divisa in S1 e S2 dalle superficie S* che taglia D in D1 e D2 . Ovviamente S*
è parte del contorno sia di D1 che di D2 . Poiché il teorema vale per entrambi i domini D1 e D2
abbiamo:
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = ∫∫ F ⋅ n̂1 dS
D1 S1 ∪ S ∗
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = ∫∫ F ⋅ nˆ 2 dS
D2 S2 ∪S *
da cui
∫∫∫
D
∇ ⋅ F dV = ∫∫∫ ∇ ⋅ F dV + ∫∫∫ ∇ ⋅ F dV =
D1 D2
= ∫∫ F ⋅ nˆ 1 dS + ∫∫ F ⋅ nˆ 1 dS + ∫∫ F ⋅ nˆ 2 dS + ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S1 S* S2 S*
Poiché le normali esterne n̂ 2 e n̂1 , rispettivamente dei domini D1 e D2 puntano in direzioni opposte
sui due lati di S*, i contributi provenienti da S* si elidono, pertanto risulta
∫∫∫
D
∇ ⋅ F dV = ∫∫ F ⋅ nˆ 1 dS + ∫∫ F ⋅ nˆ 2 dS = ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S1 S2 S
29
Vale il seguente
Teorema. Siano: B (r ) una sfera solida di raggio r e con centro in P0 ; S la frontiera di B(r ) ; n̂ la
normale unitaria esterna di S; B(r ) il volume di B(r ) . Allora
1
lim
r →0 B(r ) ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
= ( grad F) ( P0 ) .
Dimostrazione.
ϕ (P0 ) −
1
∫∫ F ⋅ nˆ dS <ε per ogni 0 < r < δ .
B(r ) S
ε
ϕ (P ) − ϕ (P0 ) < per ogni P ∈ B ( P0 ; δ ) .
2
Se scriviamo
ϕ (P0 ) = ϕ (P ) − [ ϕ (P ) − ϕ (P0 ) ]
ϕ (P0 ) B (r ) = ∫∫∫ ∇ ⋅ F (P ) dV −
B (r)
∫∫∫ [ ϕ (P ) − ϕ (P ) ] dV .
B (r )
0
Da cui se applichiamo il teorema della divergenza al primo integrale del secondo membro,
otteniamo
1 ε
ϕ (P0 ) −
1
∫∫ F ⋅ nˆ dS ≤ B (r ) < ε per ogni 0 < r < δ .
B(r ) S
B(r ) 2
∇ ⋅ F (P ) = lim
1
r →0 B (r ) ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
in precedenza in alcuni testi di analisi vettoriale è presa come definizione di divergenza e fornisce la
seguente interpretazione fisica della divergenza.
30
Supponiamo che F rappresenti il vettore densità di flusso di una corrente stazionaria. Allora come
già visto, l’integrale superficiale
∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
misura la massa totale di fluido che scorre attraverso S nell’unità di tempo nella direzione di n̂ ;
il rapporto
1
B(r ) ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
misura la massa per unità di volume che scorre attraverso δ nell’unità di tempo e nella direzione di
n̂ . Poiché il limite per r → 0 del rapporto precedente è la divergenza di F in P, segue che:
la divergenza di F in un punto P può essere interpretata come la rapidità di variazione della massa
per unità di volume e per unità di tempo in P.
Osservazioni importanti
∫∫
S
(∇ × F ) ⋅ nˆ dS = ∫∫∫
D
∇ ⋅ ∇ × F dS = 0
Ovvero
∫∫
S
rot F ⋅ nˆ dS = 0
i) ∫∫∫ ∇ × F dV
D
= − ∫∫ F × nˆ dS
S
ii) ∫∫∫ ∇φ dV
D
= − ∫∫ φ nˆ dS .
S
31
Osservazione
Formalmente la i) si ottiene da
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV
D
= − ∫∫ F ⋅ nˆ dS
S
∫∫∫ ∇ × ( F x c ) dV = − ∫∫ [( ∇ × F )⋅ c − (∇ × c )⋅ F ] dV = c ⋅ ∫∫∫ ( ∇ × F ) dV
D S D
∫∫ ( F x c ) ⋅ nˆ dV
S
= − ∫∫
S
( c × F ) ⋅ nˆ dS =− ∫∫ c ⋅ ( F × nˆ ) dS = − c ⋅ ∫∫∫ ( F × nˆ ) dS
S D
segue che
∫∫∫ ( ∇ × F ) dV + ∫∫ ( F × nˆ ) dS ⋅ c = 0
D S
∫∫∫ ( ∇ × F ) dV
D
=− ∫∫ ( F × nˆ ) dS
S
.
Esempio 1
Verificare il teorema di Gauss nel caso in cui D è il dominio la cui frontiera σ è il tetraedro
delimitato dai piani coordinati e dal piano
x y z
+ + =1 a > 0, b > 0, c > 0;
a b c
e
Svolgimento
32
dove n̂ denota la normale unitaria esterna a σ . Ovviamente σ è costituita da σ 1 , σ 2 , σ 3 , σ 4 dove:
σ 1 è quella parte del piano di equazione
x y
z = c(1- − ) (x,y) ∈ T
a b
σ 1
b T
a a b 6
Analogamente
b 2c
∫∫ F ⋅ ( i ) dS = −
σ2
∫∫
σ
y dy dz = −
6
2
a 2c
∫∫ F ⋅ ( j ) dS = −
σ3
∫∫
σ
x dx dz = −
6
3
∫∫
σ
F ⋅ ( − k ) dS = ∫∫ 0 dS = 0
σ
4 4
Quindi
∫∫σ F ⋅ nˆ dS =
c
6
[ (a + b) 2
]
− a 2 − b2 =
abc
3
.
Infine abbiamo
1 ab abc
∫∫∫
D
∇ ⋅ F dV = ∫∫∫ 2 dV = 2(volume del tetraedro) = 2 3
D
2
c=
3
x y ab ab ab abc
∫∫∫ dV = c ∫∫ 1 − + dx dy = c − − = .
T b 2 6
D a 6 6
33
Esempio 2
F = ( y + xz ) i + ( y + yz ) j - ( 2x + z² ) k ,
D ={(x,y,z) : x² + y² + z² ≤ a² , x ≥ 0, y ≥ 0, z ≥ 0}.
Svolgimento
∫∫∫
D
∇ ⋅ F dV = ∫∫σ F ⋅ n̂ dS
dove σ è la frontiera del dominio D e n̂ denota la normale unitaria esterna alla superficie σ. La
superficie σ consta di quattro parti:
σ 1 = {(x,y,z) : x² + y² + z² = a² , x ≥ 0, y ≥ 0 e z ≥ 0 };
σ 2 = {(x,y) : x² + y² ≤ a² , x ≥ 0, y ≥ 0 }
σ 3 = {(y,z) : y² + z² ≤ a² , y ≥ 0, z ≥ 0 }
σ 4 = {(x,z) : x² + z² ≤ a² , x ≥ 0, z ≥ 0 }.
Su σ 1 è z = a2 − x2 − y2 (x,y) ∈ T = σ 2 , pertanto
∂z ∂z x y
n̂ dS = − i− j + k dx dy = i + j + k dx dy
∂x ∂y z z
e
xy + y 2
∫∫ F ⋅ n̂ dS = ∫∫T a2 − x2 − y2
+ 2 ( x² + y² ) - 2 x -a² dx dy .
σ 1
π 2
1 − cos 2θ a
ρ
∫∫ F ⋅ n̂ dS = ∫ sin θ cos θ + ∫ ρ2 dρ +
σ1 0 2 0 a − ρ2
2
π 2 π 2
π
( )
a a
a
3
+ ∫ dθ ∫ 2 ρ − a ρ dρ − 2
3 2
∫ cos θ dθ ∫ ρ 2 dρ = −1
0 0 0 0 2 3
Su σ 2 è z = 0 e n̂ = - k , pertanto abbiamo
34
∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS = 2 ∫∫ x dx dy.
σ2
2
π 2 a
2a 3
∫∫ F ⋅ n̂ dS = 2 ∫ cos θ dθ ∫ ρ 2 dρ =
σ 2 0 0
3
a3
∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS = - ∫∫
σ
y dz dy = -
3
3 3
Su σ 4 è y = 0 e n̂ = - j , pertanto
∫∫
σ
F ⋅ n̂ dS = ∫∫
σ
0 dS = 0.
4 4
Quindi
π a π a3
3
2 a3
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = − 1
2 3
+ a3 −
3 3
=
2 3
.
Infine
1 1 4 π a3
∫∫∫
D
∇ ⋅ F dV = ∫∫∫
D
dV =
8
(volume della sfera) =
8 3
πa³ =
2 3
π 2 π 2 a
π a3 π a3
∫∫∫
D
dV = ∫
0
dθ ∫ sin Φ dθ
0
∫ 0
ρ 2 dρ =
2
1
3
=
2 3
.
35
Esempio 3
D= {( x, y , z ) : x 2
+ y2 + z2 ≤ a2 }
i) F = F ( x, y, z ) = x i − 2 y j + 4 z k
(
ii) F = F ( x, y, z ) = x 3 i + 3 yz 2 j + 3 y 2 z + x 2 k )
Svolgimento
dove 0 ≤ ϑ ≤ 2π , 0 ≤ φ ≤ π, 0≤ρ ≤a .
Sul contorno σ del dominio D, ovvero sulla sfera di raggio a con centro nell’origine, vale:
r r
ρ = a, dS = a 2 sin φ dϑ dφ , nˆ = = r=xi +y j+z k
r a
dV = ρ 2 sin φ dφ dϑ dρ
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = ∫∫ F ⋅ n̂ dS
D σ
i) Risulta
4
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = 3∫∫∫ dV = 3 ⋅ π a 3
D D
3
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫ F⋅
r
a
dS = ∫∫
1 2
a
(
x − 2 y 2 + 4z 2 ) dS =
σ σ
36
2π π
=a 3
∫ (
dϑ ∫ sin 2 φ cos 2 ϑ − 2 sin 2 φ sin 2 ϑ + 4 cos 2 φ sin φ dφ = )
0 0
π π
4 16
= −a π 3
∫ (1 − cos φ ) sin φ dφ + 8π a
2 3
∫ cos 2 φ sin φ dφ = a 3 π − + = 4π a 3
0 0 3 3
ii) Risulta
2π π
( )
a
12 5
∫∫∫ ∇ ⋅ F = 3∫∫∫ x 2 + y 2 + z 2 dV = 3 ∫ dϑ ∫ sin φ dφ ∫ ρ 4 dρ = aπ
D D 0 0 0
5
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫ F ⋅
r
a
1
(
dS = ∫∫ x 4 + 6 y 2 z 2 + x 2 z dS
aσ
)
σ
Osservato che il terzo degli integrali superficiali precedenti è nullo in virtù della simmetria, segue
che
2π π
∫∫ (x + 6 y 2 z 2 ) dS = a 5 ∫ cos 4 ϑ dϑ
1
∫∫σ F ⋅ nˆ dS = 4
∫ sin
4
φ sin φ dφ +
a σ 0 0
2π π
12 5
+ 6a 5
∫ sin ϑ dϑ2
∫ sin 2 φ cos 2φ sin φ dφ = a π
0 o
5
Infatti risulta
2π π 2π
1 + cos 2ϑ 1 + cos 4ϑ
2
1 3
∫ cos ϑ dϑ = ∫
4
dϑ = ∫ 1 + 2 cos 2ϑ + dϑ = π
0 0 2 4 0 2 4
π π
∫ (
sin 4 φ sin φ dφ = ∫ 1 − 2 cos 2 φ + cos 4 φ sin φ dφ = ) 16
15
0 0
π π
2π
∫ sin 2 ϑ dϑ = π
0
37
Esempio 4
F = ( x + yz ) i + ( y − xz ) j + ( z − e sin y ) k
x
D = ( x, y, z ) : x 2 + y 2 + z 2 ≤ 4a 2 x2 + y2 ≤ a2
x 2 + y 2 + z 2 = 4a 2
2a
3a
x2 + y2 = a2
O
x y
Svolgimento
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = ∫∫ F ⋅ n̂ dS
D σ
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫ F ⋅ nˆ dS1 + ∫∫ F ⋅ nˆ dS 2
1111
2222
σ1 σ1
x2 + y2 = a2 z ≤a 3 ;
38
n̂ 2 è la normale unitaria esterna alla sfera
x 2 + y 2 + z 2 = 4a 2 .
F ⋅ n̂1 = F ⋅ − cos ϑ i + sin ϑ j =
= − a cos ϑ + za sin ϑ cos ϑ + a sin ϑ + za cosϑ sin ϑ = − a
Quindi
∫∫ F ⋅ nˆ 1 dS1 = − a ∫∫ dS1 = − 4π a 3 3
σ1 σ1
dove
π π
0 ≤ ϑ ≤ 2π ≤φ ≤ π,
6 6
pertanto
5
π
2π 6
1
∫∫ F ⋅ r dS 2 = 2a ∫ dϑ ∫ 4a 2 sin φ dφ = 16a 3 3π
2a ∫∫
F ⋅ nˆ dS 2 =
2222
σ 1 σ2 0 π
6
39
Quindi
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = 12a 3π 3
dV = ρ 2 sin φ dφ dϑ dρ
Abbiamo
π
2π 2 2a
Osservazione
a
a
da cui ρ=
sin φ
a 2a
40
Esempio 5
Un dominio conico D con vertice in (0,0,b) e asse lungo l’asse z ha come base un disco T di raggio
a sul piano xy. Determinare il flusso di:
F= x+ y ( 2
) i + (3x 2
)
y + y 3 − x 3 j + ( z + 1) k
che attraversa la frontiera σ della parte conica del dominio D ovvero la superficie σ di equazione:
b
z =b− x2 + y2 b>0
a
Soluzione
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ∫∫∫ D
∇ ⋅ F dV − ∫∫
T
F ⋅ n̂ dS
D D D
Essendo:
∫∫∫ (x ) (x )
b 2
2
+ y 2 dV = ∫∫ 2
+ y2 b − x + y 2 dx dy
D T a
2π
ρ πba 4
∫∫∫ (x ) dV = b ∫ dϑ ∫
a
2
+y 2
ρ 1 − ρ dρ =
2
D 0 0 a 10
41
a2
x + y ≤ 2 (b − z ) 0≤ z≤b
2 2
2
Si ha:
a
(b − z )
2π
πba 4
∫∫∫ ( x ) dV = ∫ (x ) dx dy =∫
b b b
2
+y 2
dz ∫∫ 2
+y 2
dz ∫ dϑ ∫ ρ dρ =
3
D 0 c( z) 0 0 0
10
Pertanto:
2 2 3
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = ba π + ba 4π .
D
3 10
∫∫ F ⋅ n̂ dS = ∫∫ F ⋅ (− k ) dS = − ∫∫ ( z + 1) dx dy = − ∫∫ dx dy = − π a 2
T T T T
Quindi:
2 2 3
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = ba π + b a 4π + π a 2
3 10
METODO DIRETTO
Su σ abbiamo:
( ) (
F = x + y i + 3 x y + y − x j + 1 + b −
2 2 3 3
) b
x2 + y2 k
a
e
∂z ∂z
n̂ dS = − i − j + k dx dy
∂x ∂y
Pertanto:
42
b x 2 + xy 2 3 x 2 y 2 + y 4 − x 3 y b 2
F ⋅ n̂ dS ∫∫
= + + + − + 2
dx dy.
∫∫σ
1 b x y
x +y x +y
a 2 2 2 2 a
T
xy 2 x3 y
∫∫ T x2 + y2
dx dy = ∫∫
T x2 + y2
dx dy = 0
Segue che:
x 2 + 3x 2 y 2 + y 4 3x 2 y 2 + y 4 − y 2
b 2
( ) π
b
∫∫σ a ∫∫ ∫∫
F ⋅ n̂ dS = − x 2
+ y dx dy + 1 + b a 2
= dx dy
T
x +y
2 2 a x +y
2 2
T
2π a 2π
3x 2 y 2 3 a5 3 a5
∫∫ dx dy = 3 ∫ cos ϑ sin ϑ dϑ ∫ 2 2
ρ dρ =
2
∫ sin 2ϑ dϑ =
2
π
T x2 + y2 0 0
4 5 0
4 5
2π 2π
1 + cos 4ϑ a 5π 3
a
y 4 dxdy 1 a5
∫∫ = ∫ sin ϑ dϑ ∫
4
ρ dρ =
4
∫ 1 − 2 cos 2ϑ + dϑ =
T x2 + y2 0 0
4 5 0 2 5 4
2π a
y2 a3
∫∫ dx dy = ∫ sin ϑ dϑ ∫
2
ρ dρ = π
2
T x2 + y2 0 0
3
Quindi
b 3 5 a3
+ (1 + b )π a 2 = ba 4π + ba 2π .
3 2
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = a π − π
a 10 3 10 3
43
Esempio 6
Sia σ quella parte della superficie cilindrica di equazione y + z = 1 che si trova nel 1 ° ottante
2 2
F = 3 xz i − x j − y k
2
uscente da σ
Svolgimento
π
y = cos ϑ , z = sin ϑ 0 ≤ϑ ≤
2
pertanto risulta dS = dϑ . Essendo sulla superficie laterale del cilindro
Segue che su σ è
quindi
π
2 1
Oppure
se indichiamo con D il solido così definito:
D = ( x, y , z ) : y 2 + z 2 ≤ 1, y ≥ 0, z ≥ 0, 0 ≤ x ≤ 1
44
Essendo
1 1
F ⋅ (−k) dS1 = ∫∫ y dx dy = ∫ dx ∫ y dy =
1
∫∫
σ σ1 0 0
2
1
∫∫ F ⋅ (−i) dS 2 = ∫∫ − 3 xz 2 dx dz = 0 su σ 2 è z = 0
σ2 σ2
1 1
F ⋅ (− j) dS 3 = ∫∫ x dx dz = ∫ dz ∫ x dx =
1
∫∫
σ σ3 0 0
2
3
()
2 1
3
∫∫ F ⋅ î dS 4 = ∫∫ 3 z dx dz =3 ∫ sin 2 ϑ dϑ ∫ ρ 3 dρ =
2
π
σ4 σ4 0 0
16
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = 3∫∫∫ z dV = 3 ∫ dx ∫∫ z 2 dz dy
2
D D 0 C (x)
pertanto
π
1 2 1
3
∫∫∫ ∇ ⋅ F dV = 3 ∫ dx ∫ sin ϑ dϑ ∫ ρ 3 dρ =
2
π
D 0 0 0
16
quindi
3 1 1 3
∫∫σ F ⋅ n̂ dS = π − − − π = −1
16 2 2 16
45
Esempio 7
D= { ( x, y , z ) x 2
+ y 2 + ( z − a ) ≤ 4a 2 , z ≥ 0
2
}
( ) (
F = F( x, y, z ) = x 2 + y + 2 + z 2 i + e x + y 2 j + (3 + x ) k .
2
)
Svolgimento
La frontiera del dominio D è costituita da quella parte S della superficie sferica che sta sul piano
x y:
x 2 + y 2 + ( z − a ) = 4a 2 z≥0
2
∫∫∫ ∇ ⋅ F dv = ∫∫ F ⋅ (− k ) dA + ∫∫ F ⋅ N dS
D T S
∫∫∫ ∇ ⋅ F dv = ∫∫∫ (2 x + 2 y ) dx dy dz = 0
D D
∫∫ F ⋅ N dS
S
x = x, y = y z = a + u
x 2 + y 2 + u 2 = 4a 2 u ≥ −a
46
Ovvero che sta sul piano u = −a (vedi figura).
u z
3a
a
α y
−a
y
Per il calcolo di
∧
G ⋅ ( x i + y j + u k ) dS =
1 3
∫∫ F ⋅ N dS =
S
∫∫
2a S 2a ∫∫ dS
S
Dove si è tenuto conto delle simmetrie gia menzionate, usiamo le coordinate sferiche. A tale
scopo, tenuto presente che
3 π
cos α = ⇒ α=
2 6
π π 2
Si evince che 0≤φ ≤ + = π.
2 6 3
Quindi
2
π
∧ 2π 3
∫∫ F ⋅ N dS = 3 ∫ dϑ ∫ 4a sin φ cos φ dφ = 9π a 2
2
S 0 0
47
TEOREMA DI GREEN
Le formule
∂f
∫∫ ∂x dx dy = ∫ f ( x, y ) dy
D C
[1]
∂f
− ∫∫
D
∂y
dx dy = ∫ f ( x, y ) dx
C
[2]
note come formule di Green sono due relazioni semplici ma molto importanti fra gli integrali estesi
ad un dominio piano e gli integrali estesi alla frontiera del medesimo.
Nelle suddette formule f è di classe C ( ) ( D ) ; C è il contorno orientato del dominio D considerato
1
come una superficie con orientazione data da n$ = k . Pertanto C è orientato positivamente se quando
si percorre C secondo il suo orientamento il dominio D si trova alla sua sinistra.
Per dimostrare la validità delle formule [1] e [2] supponiamo che in un primo momento che il do-
minio D sia y-semplice ovvero che sia delimitato dalle due rette verticali x = a , y = b e dai grafici
C1 e C2 delle funzioni rispettivamente di equazioni
y = ϕ1 ( x ) e y = ϕ2 ( x ) con a ≤ x ≤ b e ϕ1 ( x ) ≤ ϕ 2 ( x ) .
Si ottiene
∂f ϕ2 ( x )
f x ( x, y ) dy =
b
1) ∫∫ ∂x dx dy = ∫
D
a
dx ∫
ϕ1 ( x )
b d ϕ2 ( x )
=∫ ∫ f ( x, y ) dy − f x, ϕ2 ( x ) ϕ2' ( x ) + f x, ϕ1 ( x ) ϕ1' ( x ) dx =
a dx ϕ1 ( x )
ϕ2 ( b ) ϕ2 ( a )
f ( b, y ) dy − ∫ f ( a, y ) dy + ∫ f ( x, ϕ1 ( x ) ) ϕ1' ( x ) dx − ∫ f ( x, ϕ2 ( x ) ) ϕ2' ( x ) dx =
b b
=∫
ϕ1 ( b ) ϕ1 ( a ) a a
= ∫ f ( x, y ) dy + ∫ f ( x, y ) dy + ∫ f ( x, y ) dx + ∫ f ( x, y ) dx = ∫ f ( x, y ) dy
C3 C4 C1 C2 C
Negli integrali curvilinei precedenti C3 e C4 denotano i segmenti delle rette x = b e x = a che ap-
partengono alla frontiera C del dominio D
∂f
( f x,ϕ ( x ) − f x, ϕ1 ( x ) ) dx = ∫ f ( x, y ) dx
ϕ2 ( x )
f y ( x, y ) dy = ∫
b b
2) ∫∫ ∂y dx dy = ∫
D
a
dx ∫
ϕ1 ( x ) a
2
C
Nel caso in cui il dominio D è x-semplice si hanno forme analoghe, e la dimostrazione (con le op-
portune modifiche) è la stessa.
2
Passiamo ora la caso generale:
Sia D un dominio con frontiere C regolare a tratti e che possiede la proprietà seguente: la sua chiu-
sura può essere suddivisa, da rette parallele agli assi coordinati x e y in numero finito di sottodomini
Dk ciascuno dei quali è un dominio y-semplice, x-semplice o entrambi (i domini rettangolari).
∂f ∂f
∫∫ ∂x dx dy = ∑ ∫∫ ∂x dx dy = ∑ ∫ f ( x, y ) dy
D k Dk k Ck
La frontiera generale per tutti i domini Dk è composta da C e da un numero finito di segmenti, cia-
scuno dei quali appartiene a D ed è comune a due domini vicini. Pertanto ogni segmento è percorso
due volte in direzioni opposte, perciò gli integrali curvilinei corrispondenti a questi percorsi si com-
pensano mutuamente e resta solo l’integrale esteso C. Pertanto
∑ ∫ f ( x, y ) dy = ∫ f ( x, y ) dy
k Ck C
e la dimostrazione è completa.
Dalle formule di Green segue il Teorema di Green.
Teorema di Green
Siano C, C1, …, Cn n curve semplici, chiuse, lisce a pezzi con le seguenti proprietà:
1) Le curve non hanno punti comuni;
2) Le curve C1, …, Cn stanno all’interno di C;
3) La curva Ci sta nell’esterno della curva Cj, ∀ i ≠ j dove i = 1, 2,..., n , j = 1, 2,..., n .
Sia R la regione costituita dall’unione di C con quella parte dell’interno di C che non è interna a C1,
C2, …, Cn. Sia F = F1 ( x, y ) i + F2 ( x, y ) j un campo vettoriale liscio in un aperto Ω contenente R,
allora
∂F ∂F n
Fig. 1
3
∂F2 ∂F1
∫∫ ∂x
R
−
∂y
dx dy = ∫ F ( x, y ) dx + F ( x, y ) dy
C
1 2
In questa formula si deve considerare R come una superficie orientata con normale k.
Se R è una regione connessa chiusa e limitata del piano xy il suo contorno C è costituito da più cur-
ve chiuse semplici, lisce a pezzi, e che sono orientate positivamente. In particolare se R è un domi-
nio semplicemente connesso, allora C sarà orientata nel verso orario; se R ha dei buchi in tal caso il
contorno dei buchi sarà orientato nel verso orario. (vedi figura)
Comunque se indichiamo con Tˆ la tangente unitaria a C e con N̂ la normale unitaria a C che punta
all’esterno di R, a causa dell’orientamento di C questi settori devono soddisfare l’equazione
vettoriale Nˆ = Tˆ × kˆ .
Pertanto se C è parametrizzata per mezzo della lunghezza d’arco, allora
iˆ ˆj kˆ
r
dr ˆ dx ˆ dy ˆ dx dy dy ˆ dx ˆ
=T = i + j N =T ×k =
ˆ ˆ ˆ 0 = i− j
ds ds ds ds ds ds ds
0 0 1
e risulta
( )
r dx
+ (− F1 ) − = F2 iˆ − F1 ˆj ⋅ Nˆ
dx dy dy
F ⋅ Tˆ = F1 + F2 = F2
ds ds ds ds
( )
r
Se C è orientata positivamente (1)
∫∫ ∇ × F ⋅ kˆdA
r r R
∫ F ⋅ dr =
C
∫∫
( )( )
∇ × Fr ⋅ − kˆ dA
Se C è orientata negativamente (2)
R
4
(1) (2)
Esempio N°1
Con l’ausilio delle formule di Green, calcolare
I = ∫∫ ye x
D
( 2
+ y 2 −1
+ y 3e x
2
+ y 2 −1
) dx dy
dove D è quella parte del disco x 2 + y 2 ≤ 1 che sta nel 1° quadrante.
Svolgimento
Osservato che
ye x
2
+ y 2 −1
+ y 3e x
2
+ y 2 −1
=
1
2
(
2 ye x + y −1 + y 2 2 ye x + y −1 =
2 2 2 2 1 ∂ 2 x2 + y 2 −1
2 dy
ye )
Utilizziamo la formula
∂f
∫∫ ∂y dx dy = − ∫ f ( x, y ) dx .
D C
Allora
1 ∂f 1
∫ f ( x, y ) dx f ( x, y ) = y 2 e x + y 2 −1
I= ∫∫ dx dy = −
2
2 D ∂y 2 C
π
C2 : x = cos t , y = sin t 0≤t ≤
2
C3 : x = 0, y = t 0 ≤ t ≤1
(1 − cos t ) sin t dt = − 23
π 2 π 2
∫ f ( x, y ) dx = ∫ f ( x, y ) dx = − ∫ sin 2 t sin t dt = − ∫ 2
0 0
C C2
5
quindi I = 1 3 . Per verificare l’esattezza del risultato ottenuto calcoliamo l’integrale doppio. Risulta
( )
1− x 2 ∂ 1 1 1
I=
1 1
2 ∫0
dx ∫0 ∂y
y 2 x 2 + y 2 −1
e dy =
1 1
2 ∫0
(1 − x 2 ) dx = 1 − =
2 3 3
∂Q ∂P
a ( R) = ∫∫ dxdy = ∫∫ ( − )dxdy
R R
∂x ∂y
Per esempio se nella formula che specifica il teorema di Green prendiamo F=xj abbiamo:
∫∫ dxdy = ∫ xdy
R C
∫∫ dxdy = −∫ ydx
R C
1
2 C∫
a( R) = − ydx + xdy .
6
Esempio N°2
Applicare il teorema di Green per calcolare l’integrale
I= ∫y dx + x dy
2
Svolgimento
Per il teorema di Green è
I= ∫y
2
dx + x dy = ∫∫ (1 − 2 y ) dx dy = ∫∫ dx dy
C D D
∫∫ y dx dy = 0 .
D
Risulta
2 2 sin 3 t 2
∫∫ dx dy = 4∫ dx ∫
D
0 0
dy = 4 2 ∫ sin 3 t dx
0
sin 4 t (1 − sin 2 t ) dt .
π 2
∫∫ dx dy = 24∫
D
0
Oppure
sin 2 2t
sin 2 t ( sin 2 t cos 2 t ) dt = ∫
π 2 π 2 π 2
∫
0
sin 4 t cos 2 t dt = ∫
0 0
sin 2 t
4
dt =
1 π 1 π 2 1 − cos 4t π
(1 − cos 2t ) sin 2 2t dt = ∫0
2
8 ∫0
= dt =
8 2 32
7
TEOREMA DI STOKES
Il teorema di Stokes costituisce una generalizzazione del teorema di Green relativa a superfici dello
spazio tridimensionale non necessariamente piane.
Sia S una superficie orientata dello spazio tridimensionale, liscia a pezzi, avente campo normale
unitario n$ il cui contorno C consiste di una o più curve chiuse, continue a pezzi con orientazione
ereditata da S. Se F è un campo vettoriale liscio, definito su un insieme aperto contenente S, allora:
∫∫ ∇ ×F ⋅ n$ dS = ∫ F ⋅ dr
S C
Stabiliremo la validità della formula per una superficie liscia S che abbia una proiezione normale
biunivoca sul piano xy e che il campo della sua normale unitaria punti verso l’alto. Pertanto su S, z è
una funzione di classe C1 , definita per (x,y) appartenente a una regione R del piano xy : z = f
(x,y).
I contorni C di S e C* di R sono entrambi orientati in senso antiorario, guardando dall’alto lungo
l’asse z.In questo caso è:
∂f ∂f
n$ dS = − i - j + k dx dy
∂x ∂y
Pertanto:
∂z ∂z
dz = dx + dy .
∂x ∂y
∂z ∂z
Quindi: ∫ F ⋅ dr = ∫ F ( x, y, z ) dx + F ( x, y, z ) dy + F ( x, y, z ) ∂x dx + ∂y dy =
1 2 3
C C∗
∂z ∂z
∫ F ( x, y, z ) + F ( x, y, z ) ∂x dx + F ( x, y, z ) + F ( x, y, z ) ∂y dy .
1 3 2 3
C∗
8
Applicando ora il teorema di Green nel piano xy e ricordando che z è funzione di x e y otteniamo:
∂ ∂z ∂ ∂z
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∂x F ( x, y, z) + F ( x, y, z) ∂y − ∂y F ( x, y, z) + F ( x, y, z) ∂x dA =
S R
2 3 1 3
∂F ∂F ∂z ∂F ∂F ∂z ∂F ∂F
= ∫∫ 3 − 2 − + 1 − 3 − + 2 − 1 dA =
R
∂y ∂z ∂x ∂z ∂x ∂y ∂x ∂y
= ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS
S
OSSERVAZIONE Se ∇ × F = 0 in un dominio D dotato della proprietà che ogni curva chiusa sem-
plice e liscia a pezzi contenuta in D, allora il teorema di Stokes assicura che ∫ F ⋅ dr = 0 per qualun-
S
que curva C di questo tipo, per cui F deve essere conservativo. Un dominio semplicemente connes-
so D ha effettivamente la proprietà appena specificata: una curva chiusa C di un dominio semplice-
mente connesso D è la frontiera di una superficie di D.
Come per il teorema della divergenza, l’importanza maggiore del teorema di Stokes risiede
nell’essere uno strumento teorico. Tuttavia esso permette di semplificare il calcolo di integrali di
circuitazione come illustrato dai seguenti esempi.
ESEMPIO N° 1
e del piano 2 x + 2 y + z = 3 , orientata in modo da avere una proiezione con orientamento antiorario
sul piano xy .
Svolgimento
C è il contorno orientato di un disco ellittico D che si trova nel piano 2x + 2y + z = 3 e che ha il di-
sco circolare R: x2 + y2 ≤ 1 come proiezione sul piano xy. Su S abbiamo
n$ dS = ( 2 i + 2 j + k ) dx dy ,
9
inoltre
∇ × F = 3( x2 + y2 ) k
3π
1
∫C F ⋅ dr = ∫∫S ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫∫R 3( x + y ) dx dy = 2π ∫0 3ρ ρ d ρ = 2
2 2 2
ESEMPIO N° 2
Calcolare ∫ F ⋅ dr , dove:
C
F = ye x i + ( x + e x ) j + z 2 k
Svolgimento
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ ds
C S
y = 1 + sin t t ∈ [ 0, rπ ] .
Pertanto essendo
n$ dS = ( i + j + k ) dx dy e ∇ × F = k
Si evince che
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ ds = ∫∫ dx dy = π
C S T
10
2π
∫ F ⋅ dr = ∫ F ⋅ dr + ∫ x dy = ∫ (1 + cos t ) cos t dt = π
C C
1
C 0
∫ F ⋅ dr = ∫ ye dx + ( x + e x ) dy + z 2 dz
x
iii)
C C
2π
∫ {−e (1 + sin t ) e sin t + (1 + cos t + eecos t ) cos t + [1 − (sin t − cos t )] (sin t − cos t ) dt = }
cos t 2
2π 2π
2π
eecos t | − e ∫ ecos t sin 2 t dt + π + e ∫ ecos t cos t dt = π
0
0 0
In quanto
2π 2π 2π
2π
∫ e cos t dt = sin t e | + ∫ e sin t dt = ∫e
cos t cos t cos t 2 cos t
sin t dt
0
0 0 0
2π
ESEMPIO N° 3
∫ F ⋅ dr
C
dove F = ye 2 x i + x3e y j
Svolgimento
Da x = sin t e y = sin 2t = 2 sin t cos t segue x = sin t , y / 2 x = cos t . Da cui x 2 + y 2 / 4 x 2 = 1
Ovvero y = −2 x 1 − x 2 y = 2x 1 − x2
⇒ R1 R2
-1 1 -1 1
11
Dunque C è la frontiera di una regione R unione di due regioni R1 e R2 . Osservato che
π 1 π 3 1
t = 0 → ( 0, 0 ) , t= → ,1 , t= → (1, 0 ) t = π → , −1 ,
4 2 2 4 2
5 1 3
t = π → ( 0, 0 ) , t = π → − ,1 , t = π → ( −1, 0 ) , t = 2π → ( 0, 0 )
4 2 2
Si evince che la frontiera di R1 è percorsa a partire da (0,0) nel verso positivo (antiorario), le fron-
Allora su R1 è n$ = k , su R2 è n$ = −k
(
rot F = ∇ × F = 3x 2 e y − e x k
2
)
è pari in x, abbiamo
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = −∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS
R1 R2
Quindi
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n dS = ∫∫ + ∫∫
C R R1 R2
=0
ESEMPIO N° 4
∫ F ⋅ dr
C
dove: a) F = x 2 j ; b) F = xy j ; c) F = y 2 i + 3 xy j .
Svolgimento
Per il teorema di Stokes (essendo R una regione piana) ho
∂F2 ∂F1
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∂x
C R
−
∂y
dA
Allora
a) ∫ F ⋅ dr = ∫∫ 2 x dA = 2 Ax
C R
b) ∫ F ⋅ dr = ∫∫ − x dA = − Ax
C R
12
c) ∫ F ⋅ dr = ∫∫ ( 3 y − 2 y ) dA = Ay
C R
ESEMPIO N° 5
Calcolare
∫ ( xy dx + yz dy + zx dz)
C
lungo il contorno del triangolo con vertici (1,0,0), (0,1,0), (0,0,1), orientato in senso orario guardan-
dolo dal punto(1,1,1).
Svolgimento
C giace sul piano z = 1 − x − y ed è il contorno di quella parte S del piano la cui proiezione sul piano
xy è il dominio limitato T che ha come frontiera il triangolo con vertici (1,0), (0,1) e (0,0). Ovvia-
mente
∫ xy dx + yz dy + zx dz = ∫ F ⋅ dr
C C
dove F = xy i + yz j + zx k .
∫ F ⋅ dr =∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS
C S
Essendo
1
∇×F = y i − z j− x k , n$ = − ( i + j + k ) e dS = 3 dx dy e tenuto presente che su S è
3
x + y + z = 1 , si ha
1 1
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫∫ ( x + y + z ) dS = ∫∫ dx dy =
S S 3 T
2
Quindi
1
∫ xy dx + yz dy + zx dz = 2
C
ESEMPIO N° 6
Calcolare
∫ ( y dx − x dy + z
2
dz )
C
13
Lungo la curva C d’intersezione delle superfici cilindriche z = y 2 e x 2 + y 2 = 4 ; la curva è orientata
in senso antiorario vista dall’alto lungo l’asse z.
Svolgimento
La curva C è il contorno di quella parte S della superficie cilindrica z = y 2 la cui proiezione T sul
∫ y dx − x dy + z dz = ∫ F ⋅ dr F = y i − x j + z2 k
2
dove
C C
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS
C S
essendo
1
∇ × F = −2 k , n$ = ( −2 y j + k ) e dS = 5 dx dy
5
risulta
−2
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫∫ dS = −2 ∫∫ dx dy = −2 ( 4π ) :
C S S 5 T
quindi
∫ y dx − x dy + z
2
dz = −8π .
C
ESEMPIO N° 7
Calcolare
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS
S
F = 3 y i − 2 xz j + ( x 2 − y 2 ) k
Svolgimento
Il contorno C di S ovvero la circonferenza x 2 + y 2 = a 2 e anche il contorno del disco
T : x 2 + y 2 ≤ a 2 e z = 0 . Allora
14
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫ F ⋅ dr =∫∫ ∇ × F ⋅ k dA
T C T
∫∫ ∇ × F ⋅ k dA = ∫∫ dx dy = −3π a
2
.
T T
ESEMPIO 8
Calcolare
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS
S
S, e
F = ( xz − y 3 cos z ) i + x 3e z j + xyz e x + y2 + z2
2
k
Svolgimento
Il contorno C di S ovvero x 2 + y 2 = 4 è anche il contorno del disco T : x 2 + y 2 ≤ 4 e z = 0 .
Allora
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ k dA
S C S
Essendo
∇ × F ⋅ k = 3 x 2 e z + 3 y 2 cos z e z = 0 su T segue che
∫∫ ∇ × F ⋅ k dA = 3∫∫ ( x + y 2 ) dx dy
2
S T
∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = 3 ∫ dσ ∫ ρ d ρ = 24π
3
S 0 0
ESEMPIO N° 9
Sia C la curva
( x − 1)2 + 4 y 2 = 16
2 x + y + z = 3
orientata in senso antiorario quando guardata dall’alto dall’asse z. Sia
15
F = ( z 2 + y 2 + sin x 2 ) i + ( 2 xy + z ) j + ( xz + 2 yz ) k .
calcolare
∫ F ⋅ dr
C
Svolgimento
C è la frontiera, orientata nel verso antiorario, del disco ellittico S che sta sul piano 2 x + y + z = 3 ,
ovvero sul piano z = −2 x − y + 3 . S ha normale unitaria
1
n$ = (2 i + j + k )
6
Essendo
∇ × F = ( 2 z − 1) i + z j
Si ha
( 5 z − 2 ) dS F
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫∫
C S S 6
( x − 1)
2
y2
Osservato che S ha una proiezione biunivoca su T: + ≤ 1 la cui area è 4 ⋅ 2 ⋅ π = 8π
16 4
segue che
1
∫ F ⋅ dr = ∫∫ 5 ( 3 − 2 x − y ) − 2 6 dx dy = ∫∫ (13 − 10 x − 5 y ) dx dy
C T 6 T
∫∫ y dx dy = 0
T
∫∫ x dx dy = 1
T
16
quindi
ESEMPIO N° 10
∫ y dx + z dy + x dz = 3π a 2
C
x 2 + y 2 + z 2 = a 2 e x + y + z = 0.
Svolgimento
Il cerchio C, intersezione della sfera x 2 + y 2 + z 2 = a 2 con il piano x + y + z = 0 , è la frontiera del
disco D che sta sul piano x + y + z = 0 .
Osservando che
∫ y dx + z dy + x dz = ∫ ( y i + z j + x k ) ⋅ dr = ∫ F ⋅ dr
C C C
∫ F ⋅ dr = ∫∫ ∇ × F ⋅ n$ dS = ∫∫ ( −i + j + k ) ⋅ n$ dS
C D D
∫ F ⋅ dr = 3 ∫∫ dS = 3π a 2
C D
17
Si è tenuto conto del fatto che l’integrale al secondo membro è l’area del disco D. Ignorando ciò si
può procedere come segue. Poiché
x2 + y2 + z 2 = a 2 2 x 2 + 2 y 2 + 2 z 2 = a
⇒
x + y + z = 0 z = − ( x + y )
Segue che il disco D si proietta sul piano xy nel dominio T la cui frontiera è la conica di equazione
2 x 2 + 2 y 2 + 2 xy = a 2 (3)
Ricordando (vedi rotazione di assi coordinati) che un’ equazione del tipo
in un sistema di coordinate u,v ottenuto rotando (intorno all’origine) gli assi x,y di un angolo θ tale
che
A-B
cotg 2θ =
B
assume la forma
au 2 + cv 2 + du + ev + f = 0
ottenuta sostituendo le equazioni della rotazione degli assi:
x = u cos θ − v sin θ
y = u sin θ + v cos θ
1
x = 2
(u − v)
y = 1
(u + v)
2
u2 v2
+ =1
(a 3 )
2
a2
18
a
ovvero in una ellisse di area aπ .
3
Quindi
a2
3 ∫∫ dS = ∫∫ dxdy = 3 π = 3πa 2
T T 3
v y u
P
y
θ
u
v
θ
x x
19
1
TRASFORMATA DI LAPLACE
1. Introduzione.
lim + F( x) = F( xi + ) e lim − F( x) = F( xi − )
x → xi x → xi
allora F è integrabile su [a , b] e
TEOREMA 1.1.
Sia F una funzione continua su [a , b] e derivabile in (a , b). Se F' è continua in (a, b) e
integrabile su [a , b] allora:
b
∫ a
F' (t)dt = F(b) - F(a) .
Dimostrazione.
Sia
∀ x ∈[a, b] .
x
f (x) = ∫ F' (t)dt
a
Essendo f continua su [a , b], derivabile in (a , b) con f ' = F' , segue che la funzione f − F
continua su [a , b] è costante su (a , b) e quindi, per continuità, su [a, b].
In particolare è
b
F(b) - F(a) = f (a) = ∫ a
F' (t)dt .
TEOREMA 1.2.
Sia F una funzione continua e regolare a tratti su [a , b], allora
b
∫ a
F' (t)dt = F(b) - F(a)
Dimostrazione.
Supponiamo che F non sia derivabile nei punti
xi
∫ x i −1
F' (t) dt = F( x i ) - F( x i-1 )
si evince che
n -1
F' (t) dt = ∑ [ F( x i ) − F( x i-1 ) ] = F(b) - F(a).
b
∫ a
i =1
3
TEOREMA 1.3.
Se F e G sono due funzioni continue e regolari a tratti in [a , b] allora vale la formula di
integrazione per parti
b b
∫ - ∫ F' (t) G(t) dt
b
F(t) G' (t) dt = F(t) G' (t) a
a a
Dimostrazione.
Ovviamente la funzione FG è continua e regolare a tratti in [a , b], pertanto ad eccezione di
un numero finito di punti è
da cui, tenuto presente, il teorema precedente e che la funzione FG' e F'G sono
integrabili, si evince l’asserto.
In questo contesto saremo interessati a funzioni continue a tratti su ogni intervallo finito
[0 , b] per ogni b > 0, per brevità diremo che tali funzioni sono continue a tratti su [0 , +∞).
Saremo interessati anche a funzioni continue e regolari a tratti cioè con derivata continua a
tratti su [0 , +∞).
TEOREMA 1.4.
t
∫e
− s0 t
v(t) = F (u )du
0
è limitata su [0,+ ∞ ).
Dimostrazione.
Per ipotesi esiste finito il limite di v(t) per t → + ∞ . Sia
+∞
lim v(t ) = ∫ e − s0u F (u )du = f ( s0 ) .
t →+∞ 0
v(t) ≤ k ∀t ∈[ 0, t0 ] .
4
DEFINIZIONE 2.1.
F(t) ≤ C eα t ∀t≥0
F(t) ≤ C eα t ≤ C ∀t ≥ 0 .
Osservazioni.
segue che
F(t) ≤ k e a t ∀t ≥ 0
F(t)
lim =0
t → + ∞ eα t
3. Se
F(t)
lim =∞ ∀α ∈ℜ
t → + ∞ eα t
t
G(t) = ∫ F(u) du
0
G(t) ≤ ∫
t
0
F(u) du ≤ C ∫
0
t
eα u du =
C
α
(e αt
)
−1 <
C
α
eα t .
5. Sia F una funzione continua e regolare a tratti in [0 , +∞) la cui derivata F' è di ordine
esponenziale:
F' (t) ≤ C eα t
lim e -s t F(t) = 0
t →+∞
definitivamente rispetto ad s.
Definizione 3.1.
Sia f una funzione definita su [0,+∞) e consideriamo l’ integrale improprio dipendente dal
parametro s ∈ ℜ
+∞
e − s t f (t ) dt = lim ∫ e − s t f (t ) dt
b
∫ 0 def b →∞ 0
+∞ 1
L {1} = ∫ 0
e - s t dt =
s
s>0
+∞ 1
L {t } = ∫ 0
t e - s t dt =
s2
s>0
+∞ n!
L {tn} = ∫ 0
e - s t t n dt =
s n +1
n = 1,2,... s>0
+∞ ω
L {sen ωt} = ∫ e - s t sin ω t dt =
0 s +ω2
2
+∞ s
L { cos ωt } = ∫ e - s t cos ω t dt =
0 s +ω2
2
+∞ 1
L {eat} = ∫ e - s t e a t dt = s>a
0 s-a
Teorema 3.1
Dimostrazione.
Da
b b
∫ 0
e − st f (t )dt = ∫ e −( s − s0 ) t e −s0t f (t )dt
0
+∞
∫ 0
e −( s− s0 )t v(t )dt
segue che
b +∞
lim
b → +∞ ∫ 0
e − st f (t ) dt = ( s − s0 ) ∫
0
e −( s − s0 ) t v (t ) dt ∀s > s0
cioè l’asserto.
Possiamo dire che se una funzione f(t) continua a tratti è L-trasformabile (cioè esiste
L {f(t)} ) la corrispondente trasformata di Laplace risulta definita in un intervallo del tipo
(h,+∞) dove h, eventualmente uguale a − ∞ , è completamente determinato dalla funzione
f(t).
Tale numero h è detto ascissa di convergenza se:
+∞ ⎧diverge∀s < h
∫ e − st f (t )dt ⎨
0
⎩converge∀s > h
Il seguente teorema fornisce una condizione sufficiente per l’esistenza della trasformata di
Laplace.
8
TEOREMA 3.2.
Se F è una funzione continua a tratti di ordine esponenziale, esiste un a ∈ ℜ tale che:
+∞
∫ 0
e - s t f(t) dt
converge per ogni s > a in altre parole esiste L [f(t)]=F(s); inoltre risulta
lim F(s) = 0 .
s→ + ∞
Dimostrazione.
Per ipotesi esistono due costanti C > 0 e α > 0 , tali che
f(t) ≤ C eα t
pertanto è
e -s t f(t) ≤ C e -(s-α )t .
+∞ 1
∫ e -(s-α )t dt = ∀s >α
0 s −α
si evince l’asserto.
Si osservi che l’insieme delle funzioni che ammettono la trasformata di Laplace è più
grande dell’insieme delle funzioni continue a tratti di ordine esponenziale su [0 , +∞).
1
Infatti la funzione ammette trasformata di Laplace anche se non è di ordine
t
esponenziale:
⎧1⎫ )2 d s x = π
-s t
2
e -(
+∞ e +∞
L ⎨ ⎬ = ∫0 dt = ∫
sx
s>0 .
⎩ t⎭ t s 0 s
9
I seguenti teoremi mostrano che per il calcolo della trasformata di Laplace di una data
funzione esistono metodi più facili di quello suggerito dalla definizione.
Teorema 4.1.
Se esiste la trasformata di Laplace delle funzioni f e g allora per ogni a e b ∈ ℜ esiste la
trasformata di Laplace della funzione a f+b g e risulta:
L [af + bg ]= aL [f ] + bL [g ] .
Esempi.
1
1. L [cos (t + a)] = L [ cos(t) cos(a) - sin(t) sin(a)] = (s cos(a) - sin(a))
1 + s2
⎡3 1 ⎤ 3
2. [ ]
L sin 3 t = L ⎢ sin(t) - sin(3t) ⎥ =
⎣4 4
1
-
1 9
⎦ 4 s +1 4 s + 9
2 2
⎡3 1 ⎤ 3
3. [ ]
L cos3 t = L ⎢ cos( t) +
⎣4 4
cos(3t) ⎥ =
1
+
1 s
⎦ 4 s +1 4 s + 9
2 2
.
⎡ e at − e − at ⎤ 1 ⎛ 1 1 ⎞ a
4. L [sinh at]= L ⎢ ⎥= ⎜ − ⎟= 2
⎦ 2⎝ s−a s+a⎠ s −a
2
⎣ 2
⎡ e at + e − at ⎤ 1 ⎛ 1 1 ⎞ a
5. . L [cosh at]= L ⎢ ⎥ = ⎜ − ⎟= 2
⎦ 2⎝ s−a s+a⎠ s +a
2
⎣ 2
Si osservi che è
Teorema 4.2.
[ ]
L e a t F(t) = f (s - a ) .
10
Dimostrazione.
[ ]
L e at f ( t ) = ∫
0
+∞
e − st e at f ( t )dt = ∫
+∞
0
e − ( s − a ) t f ( t ) dt = F ( s − a ) .
Il risultato espresso dalla (3-1) è noto come “il primo teorema del ritardo”, e può essere
scritto in termini di trasformata inversa come
[F(s − a )] = e as f ( t )
-1
L
[F(s)] .
-1
Dove ovviamente è f(t)= L
Esempi :
1
1. Dato che L [1] = , si ha
s
1 1
L [ eat ] = ; L [ e-at ] =
s−a s+a
n!
2. Dato che L [ tn ] = , si ha
s n+1
n! n!
L [ eat tn] = n +1
; L [e-at tn] =
( s − a) ( s + a ) n+1
ω s
3. Dato che L [ sin ωt] = e L [ cos ωt ] = , si ha
s +ω 2
2
s +ω 2
2
ω ω
L [ eat sin ωt] = ; L [ e-at sin ωt] =
( s − a) + ω 2 2
( s + a) 2 + ω 2
s−a s+a
L [ eat cos ωt] = ; L [ e-at cos ωt] =
( s − a) 2 + ω 2 (s + a) 2 + ω 2
⎧ 0 t≤a
u(t - a) = ⎨
⎩ 1 t>a
dove, per il nostro scopo, supporremo a > 0. Questa funzione ci permette di scrivere la
funzione
11
⎧ 0 t≤a
g(t) = ⎨
⎩ f(t-a) t >a
Dimostrazione.
L [u (t − a ) f (t − a )] = ∫ e − st u (t − a ) f (t − a )dt = ∫ e − st f (t − a )dt
+∞ +∞
0 a
+∞ +∞
= ∫ e−s(t+a) f (t )dt = e−as ∫ e−st f (t )dt = e−as L [ f ] = e − as F ( s )
0 0
In particolare è
1
L [u(t - a)] = e - a s .
s
Il fattore e - a s nelle precedenti formule, per ragioni fisiche, è detto fattore di ritardo.
Esempi :
1
L [u(t - a)] = e - a s
s
12
L [g (t )] = (
k −as
s
e − e −bs )
3. Funzione f(t) in figura:
Essendo
risulta
∞ − ns
L [ f (t )] = ∑ (−1) n (2n + 1) e
n=0 s
13
4. f (t ) = et u (t − a)
[ ]
Da f (t ) = e a et − a u (t − a) segue che
[
L et u (t − a ) = e a] e − as
s −1
=
e − a ( s−1)
s −1
5. f (t ) = t u (t − a)
Da f (t ) = (t − a ) u (t − a) + a u (t − a) segue che
1 −as a −sa
L [t u (t − a )] = e + e
s2 s
Esempi :
Nota F ( s ) = L [ f (t )] determinare f (t ) = L -1
[F ( s)]
e −3s
1. F ( s ) = ; f (t ) = u (t − 3) (t − 3)
s2
e − ds 1
2. F ( s ) = ; f (t ) = u (t − d ) sin w (t − d )
s 2 + w2 w
s e − ds s ⎛ 3 2 ⎞
3. F ( s ) = = e − ds = e − ds ⎜ − ⎟;
s + 5s + 6
2
( s + 3) ( s + 2) ⎝ s +3 s + 2⎠
f (t ) = u (t − d ) (3 e −3( t − d ) − 2 e −2 ( t − d )
e − ds e − ds
4. F ( s ) = = ; f (t ) = u (t − d )
s 2 − 4s + 8 ( s − 2) 2 + 4
1
f (t ) = u (t − d ) e 2 ( t − d ) sin 2(t − d )
2
Teorema 4.4
Sia f continua su (0, ∞ ) e supponiamo che f ’ sia una funzione continua a tratti e di ordine
esponenziale su [0, ∞ ) . Allora
Dimostrazione.
[ f ' (t )] = ∫0
+∞ +∞
e − st f ' (t )dt = e − st f (t )
+∞
L 0
+ s ∫ e − st f (t )dt.
0
Per completare la dimostrazione dobbiamo dimostrare che
e − st f (t ) 0 = − f (0 + ) .
+∞
e − st f (t ) → 0 quando t → +∞
ogni volta che s è sufficientemente grande. Pertanto
e − st f (t )
+∞
0
= lim[−e − st f (t )] = − f (0 + )
t →0
dove si è tenuto conto del fatto che f in t=0 deve avere un salto qualora non fosse ivi
continua.
Teorema 4.5.
1
L ⎡ ∫ f (u) du ⎤ = L [ f ] = 1 F (s) .
t
i)
⎢⎣ 0 ⎥⎦ s s
1 1
L ⎡ ∫ ∫ f (v) dv du ⎤ = 2 L [f ]=
t u
ii) F (s) .
⎢⎣ 0 0 ⎥⎦ s s2
15
Esempio :
Essendo
L [e2 t sin (3t)] = ( s − 23) 2 + 9
segue che
⎡ t
⎤
1 3
L ⎢⎢ ∫ e 2u
sin (3u) du⎥⎥ =
0 s (s - 2) 2 + 9
⎢⎣ ⎥⎦
⎡ t u
⎤
1 3
L ⎢⎢ ∫ ∫ e 2v
sin (3v) dv⎥⎥ = 2 .
0 0 s (s - 2) 2 + 9
⎢⎣ ⎥⎦
Dimostrazione.
Poniamo
t
h(t) = ∫ f (u)du
0
1 1 + ∞ − st
L ⎡ ∫ f (u )du ⎤ = ∫ e − st h(t )dt = − e − st h(t )
t +∞ +∞
s ∫0
+ e f (t )dt
⎢⎣ 0 ⎥⎦ 0 s 0
⎡ 1 ⎤ 1
= lim ⎢− e − st h(t )⎥ + L [ f (t)]
t → +∞
⎣ s ⎦ s
Poiché h(t) è di ordine esponenziale, il limite precedente tende a zero ammesso che s sia
sufficientemente grande, quindi la i).
Analogamente si dimostra che
1 1 a
L ⎡ ∫ f (u)du ⎤ = L [ f (t)] − ∫ f (t)dt.
t
⎢⎣ a ⎥⎦ s s 0
-1 ⎡ 1 ⎤ t
[F(s)]
-1
L ⎢⎣ s F ( s )⎥⎦ = ∫0 f (u )du dove f (u)= L
16
Per calcolare
-1 ⎡ 1 ⎤
L ⎢⎣ s 2 F ( s )⎥⎦
Prima si calcola
-1
L [F(s)] = f(t) ;
Successivamente si calcola:
-1 ⎡ 1 ⎤ t
L ⎢⎣ s F ( s ) ⎥⎦ = ∫0 f (u )du = g(t) ;
infine si calcola
-1 ⎡ 1 ⎤ -1 ⎡ 1 ⎛1 ⎞⎤
⎢ s ⎜ s F ( s ) ⎟⎥ =
t
L ⎢⎣ s 2 F ( s )⎥⎦ = L
⎣ ⎝ ⎠⎦ ∫ g (u )du .
0
-1 ⎡ 1 ⎤
L ⎢⎣ s n F ( s )⎥⎦
Esempio:
Calcolare
-1 ⎡ 1 1 ⎤
L ⎢⎣ s 2 s + 2 ⎥⎦
essendo
-1 ⎡ 1 ⎤ −2 t
L ⎢⎣ s + 2 ⎥⎦ = e
segue che
17
-1 ⎡ 1 1 ⎤
L ⎢⎣ s s + 2 ⎥⎦ = ∫e
0
t
−2u
du =
1
2
(
1 − e −2t )
quindi
-1 ⎡ 1 1 ⎤ -1 ⎡ 1 ⎛ 1 1 ⎞⎤ 1 t
L ⎢⎣ s 2 s + 2 ⎥⎦ = L ⎢s
⎣
⎜
⎝ s s + 2 ⎠⎦ 2 0
1
⎢
2⎣ 2
1
( ⎥⎦)
⎟⎥ = ∫ 1 − e −2u du = ⎡t + e −2t − 1 ⎤ . ( )
Teorema : 4.6
i) L [t f(t)] = − d
ds
F (s) ; ii) L [t n
]
f(t) = (−1) n
dn
ds n
F (s) .
Dimostrazione.
h = inf { β ∈ ℜ : f(t) ≤ Ce β t ∀t ≥ 0 . }
Sia k ∈ (h , α), allora essendo α-k ≤ s-k per ogni s > k .
si evince che
e − s t F(t) ≤ M e − (s− k) t ≤ M e − (α − k) t ∀t ≥ 0
da cui
+∞ +∞
∫ b
t e −s t f(t) dt ≤ M ∫
0
t e −(α −k) t dt .
Essendo
+∞ ⎛ 1 b ⎞
∫ b
t e − (α − k) t dt = e-(α - k) b ⎜ + ⎟
⎝ (α - k) 2 (α - k) ⎠
segue che
18
∂ −st
−∫
0
+∞
∂s
[e f(t)] dt = ∫ e -s t t f(t) dt = L [t f(t)]
+∞
0 u
+∞ ∂
d +∞ - s t
∫
ds 0
e f(t) dt = ∫
0 ∂ s
e −s t f(t) dt [ ]
Esempi :
i) Osservato che
d ⎛1 1 ⎞
F (s) = − ⎜ ⎟ = L [t g (t )]
ds ⎝ 2 s + w2 ⎠
2
dove
-1 ⎡1 1 ⎤ 1
g (t ) = L ⎢⎣ 2 s 2 + w2 ⎥⎦ = 2w sin wt
si evince
f (t ) = L -1
[F ( s)] = t
sin wt0
2w
ii) Risulta
4s 4s 4s 1 1
− F ' (s) = = = 2 = 2 − 2 =
s +44 2
s + 2 − 4s
2 2
( )
s + 2 − 2s s + 2 + 2s
2
( )(
s − 2s + 2 s + 2s + 2 )
1 1
= −
(s − 1) +1 (s + 1) + 1
2
19
quindi
2
L -1
[F (s)] = f (t ) = sin t sinh t
t
Teorema 4.7.
[f ]= ∫
e − st f (t )dt 1
L 0
− sT
= L [ f (t ) (u (t ) − u (t − T ) )]
1− e 1 − e − sT
in quanto
T
1
L [ f (t )] = ∫ e − sT f (t ) dt
1 − e − sT 0
dove
T +∞
∫ e − sT
f (t ) dt = ∫e
− sT
f (t ) [u (t ) − u (t − T )]dt
0 0
ovvero
∫ e − sT f (t ) dt = L [ f (t ) [u (t ) − u (t − T )] ]
0
RESTRIZIONE DI f(t) su [0,T]
Dimostrazione.
b b−a
∫a
g ( t )dt =
0 ∫
g( t + a )dt
segue che
20
2T − st T T
∫T e f ( t )dt = e − s( t + T ) f ( t + T)dt = e − sT e − st f ( t )dt
∫ ∫
0 0
3T − st T − s ( t + 2T ) T
∫ e f ( t )dt = e ∫ f ( t + 2T)dt = e − 2sT e − st f ( t )dt ∫
2T 0 0
.....................................
quindi
+∞
[ f ] = (1 + e− sT + e − 2 sT + ....) ∫0 e− st f (t )dt = 1
e − sT [ f (t ) (u (t ) − u (t − T ) )]dt
T
L
1 − e − sT ∫
0
ovvero l’asserto.
Esempi :
1. Onda quadra
(T = 2)
Sia f(t) la funzione in figura, sia
f 0 (t ) = f (t ) [u (t ) − u (t − T )] = u (t ) − u (t − 1) − u (t − 1) + u (t − 2)
allora
−s
e −2 s 1
[ f 0 (t )] = 1 − 2 e = (1 − e − s )
2
L +
s s s s
quindi
1 1 − e− s 1
L [ f (t )] = 1
1− e −2s
1
s
(
1 − e− s )2
=
s 1+ e −s
= th
s
s
2
21
(T = 1)
Sia f(t) la funzione in figura, sia
f 0 (t ) = t [u (t ) − u (t − 1)] = t u (t ) − (t − 1) u (t − 1) − u (t − 1)
da cui
e− s
L [ f0 (t )] = 1
−
1 −s 1 −s 1
s2 s2
e −
s
e =
s2
1 − e −s
−
s
( )
quindi
⎡1 e− s ⎤ e− s
L [ f (t )] = 1
(
1 − e − s ⎢⎣ s 2
1 − e −s
−) s ⎥⎦
=
1
−
s 2 s (1 − e − s )
3. Onda triangolare
(T = 2)
f 0 (t ) = t [u (t ) − u (t − 1)] − (t − 2) [u (t − 1) − u (t − 2)] =
= t u (t ) − (t − 1) u (t − 1) − u (t − 1) − (t − 1) u (t − 1) + u (t − 1) + (t − 2) u (t − 2)
allora
1 2 − s e −2 s 1 − 2e − s + e −2 s
L [ f 0 (t )] = 2 − 2 e + 2 = =
1 − e− s ( ) 2
s s s s2 s2
quindi
L [ f (t )] =
1 (1 − e ) −s 2
=
1 1 − e− s 1
= 2 th
s
1 − e− 2 s s2 s 1+ e
2 −s
s 2
22
5. Convoluzione.
t
(f ∗ g) (t) = ∫ f(t - u) g(u) du .
0
i) f ∗g = g ∗f ; ii) f ∗ (g + H) = f ∗ g + f ∗ H
iii) (f ∗ g) ∗ H = f ∗ (g ∗ H) .
infatti è
(f ∗ g) ∗ H(t) = ∫ (f ∗ g )(t - u ) H(u ) du = ∫ H(u ) ∫ f (t - u - v ) g(v ) dvdu
t t t -u
0 0 0
e
f ∗ (g ∗ H)(t) = ∫ f (t - v )(g ∗ H )(v ) dv =
t
0 u
t −u
= ∫ H(u ) ∫
t
f(t - v - u) g(v) dv du = (f ∗ g) ∗ H(t) .
0 0
Le proprietà i), ii) ed iii) giustificano la terminologia secondo la quale f ∗g è detto prodotto
di convoluzione. Vale il seguente
Teorema di convoluzione :
Siano f e g due funzioni continue a tratti di ordine esponenziale su [0 ,+∞). Allora
L [f ∗ g ] L [f ] = L [g ]
ovvero
∫ [f(t − u) g(u) du ] = f(s) g(s).
t
L
0
23
Dimostrazione.
Per definizione è
L [f ∗ g ] = ∫
+∞ t
e - s t ∫ f(t - u) g(u) dudt = ∫∫ e - s t f(t - u) g(u) dudt
0 0
A
[f ∗ g ] = ∫ 0
+∞ ∞ +∞ +∞
L g(u) du ∫ e- s t f(t - u) dt = ∫ g(u) du ∫ e - s (t + u) f(t) dt =
0 0 0
+∞ +∞
=∫ e - s u g(u) du ∫ e - s t f(t) dt = g(s) f(s) =
0 0
[f ∗ g] = ∫ 0
+∞ ∞ +∞ +∞
L g(u) du ∫ e- s t f(t - u) dt = ∫ g(u) du ∫ e- s (t + u) f(t) dt =
0 0 0
+∞ +∞
=∫ e- s u g(u) du ∫ e- s t f(t) dt = g(s) f(s) = L [f]L [g]
0 0
Da cui
L −1
[f(s)g(s)] = f(t) ∗ g(t)
Si osservi che
t2
t t
1*1 = ∫
0
1 ⋅ 1du = t ; 1*1*1 = (1*1)*1 = ∫ u du =
0
2
;
u2 t3
t
1*1*1*1 = (1*1*1)*1 = ∫0 2 du =
3!
;
tn
1*1* … *1 =
n!
n+1 volte.
24
Esempi
1 s s2
i) f (s) = ii) f (s) = iii) f (s) =
(s + 4) 2
2
(s + 1) 2
2
(s2 + 1) 2
I) Essendo
−1 ⎡ 1 ⎤ 1
L ⎢⎣ s 2 + 4 ⎥⎦ = 2 sin2t
−1 ⎡ 1 ⎤ −1 ⎡ 1 1 ⎤ −1 ⎡ 1 ⎤ −1 ⎡ 1 ⎤
F(t) = L ⎢ (s 2 + 4) 2 ⎥ = L ⎢ (s 2 + 4) ⋅ (s 2 + 4) ⎥ = L ⎢ (s 2 + 4) ⎥ ∗ L ⎢ (s 2 + 4) ⎥
⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦
cioè
1 t
F(t) =
4 0 ∫
sin 2(t - u)sin 2u du
da cui
1 t sin 2t - 2tcos 2t
F(t) = ∫
8 0
[cos 2(t - 2u) - cos 2t]du =
16
ii) Essendo
−1 ⎡ s ⎤ −1 ⎡ 1 ⎤
L ⎢⎣ s 2 + 1⎥⎦ = cos t e L ⎢⎣ s 2 + 1⎥⎦ = sint
−1 ⎡ s ⎤ −1 ⎡ s 1 ⎤ −1 ⎡ s ⎤ −1 ⎡ 1 ⎤
F(t) = L ⎢ (s 2 + 1) 2 ⎥ = L ⎢ (s 2 + 1) ⋅ (s 2 + 1) ⎥ = L ⎢ (s 2 + 1) ⎥ ∗ L ⎢ (s 2 + 1) ⎥
⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦
cioè
t
F(t) = ∫ cos(t - u) sin u du
0
da cui
t
1 1
F(t) = ∫ [sint + sin(2u - t)]du = t sin t
2 0 2
25
iii) Da
s2 1 1
2 = 2 − 2
(s + 1)
2
s + 1 (s + 1) 2
+∞ b b +∞
∫ ∫
0 0
= ∫ ∫
0 0
−1 ⎡ 1 ⎤ −1 ⎡ 1 1 ⎤ −1 ⎡ 1 ⎤ −1 ⎡ 1 ⎤
L ⎢ (s 2 + 1) 2 ⎥ = L ⎢ (s 2 + 1) ⋅ (s 2 + 1) ⎥ = L ⎢ (s 2 + 1) ⎥ ∗ L ⎢ (s 2 + 1) ⎥
⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦
si evince che
t
sin t + t cos t
F(t) = sin t - ∫ sin(t - u) sin u du =
0
2
⎧
⎪ 0 t<0 e t>0
⎪
δ h (t ) = ⎨
⎪ 1
⎪ 0<t <h
⎩ h
il cui grafico è
26
Essa rappresenta una quantità che agisce nell’intervallo (0,h) dove il suo valore è costante
1/h; il suo effetto totale è uguale a
+∞ h
1
∫δ
−∞
h (t ) dt = ∫
0
h
dt = 1
δ (t ) = lim δ h (t )
h →0
⎧ 0 t ≠0
⎪
δ (t ) = ⎨
⎪ +∞ t =0
⎩
+∞ +∞
∫
−∞
δ (t ) dt = lim
h→0
−∞
∫δ h (t ) dt = 1
1
δ h (t ) = [ u (t ) − u (t − h)]
h
ovvero
L [δ (t )] = lim L [δ h (t )]
h →0
segue che
L [δ (t )] = 1
La relazione precedente può essere dedotta anche nel modo seguente. Poniamo
27
⎧ 1
⎪ ht t ∈ [0, h]
t
⎪
uh (t ) = ∫ δ h (t ) dt = ⎨
0 ⎪ 1 t>h
⎪
⎩
uh (t )
∫ δ (t ) dt = u (t )
0
Allora δ (t ) = u ' (t ) e
L [δ (t )] = L [ u ' (t )] = s L [ u (t )] − u (0) = s ⋅ 1 = 1
s
Qui è
u (0) = lim uh (0) = 0
h→0
Sia f (t ) una funzione continua su [0,+∞ ) , allora per il teorema della media abbiamo
+∞
∫ f (t ) δ (t ) dt =
0
f (0)
+∞
L [δ (t )] = ∫e
− st
δ (t ) dt = 1
0
L [δ (t − a)] = e − as
28
+∞
∫ f (t ) δ (t − a) dt =
0
f (a )
⎧ 0 t≠a
⎪
δ (t − a) = ⎨
⎪ +∞ t =a
⎩
il cui grafico è
⎧ 1
⎪ 0<t <h
h2
⎪
⎪ 1
δ h (1) (t ) = ⎨ − 2 h < t < 2h
⎪ h
⎪ 0 altrove
⎪
⎩
allora il suo “limite” per h → 0 è per definizione la funzione impulso di ordine uno:
lim δ h (t ) = δ1 (t )
(1)
h →0
h →0
[
L [δ1 (t )] = lim L δ h (t ) = lim
(1)
] h →0
1
sh 2
(
1 − e − hs )
2
da cui
L [δ1 (t )] = s
29
Sia f una funzione che abbia derivata di ordine n+1 generalmente continua e di ordine
esponenziale che soddisfa alle condizioni iniziali f ( k ) (0) = (0) k = 0,1…n+1. Allora
L [f ( n)
]
(t ) = s n L [ f (t )]
Poiché la trasformata di Laplace della funzione δ (t ) è 1 : L [δ (t )] = 1 , per quanto
precede, “è lecito” supporre
[ ]
s n = s n L [δ (t )] = L δ ( n ) (t ) = L [δ n (t )]
in altre parole è lecito definire sn come la trasformata di Laplace della funzione impulso di
ordine n, ovvero della derivata di ordine n+1 della funzione u (t ) di Heaviside.
Applicazioni:
1. Dimostriamo che:
t
∫J
0
0 (u ) J 0 (t − u )du = sen t (1)
t
h(t ) = ∫ J 0 (u ) J 0 (t − u )du = sen t
0
h(t ) = J 0 (t ) ∗ J 0 (t )
Da cui essendo
1
L [J 0 (t )] =
s +1
2
Segue che
1
L [h(t )] =
s +1
2
2. Funzione Beta
n −1
β (m, n ) = ∫ u m−1 (1 − u ) du
1
m > 0, n > 0
0
Se poniamo
n −1
h(t ) = ∫ u m−1 (t − u ) du
1
h(t ) = (t m −1 )∗ (t n −1 )
[ ]
L [h(t )] =L t m−1 · L t n−1 [ ]
Ovvero
Γ(m ) Γ(n )
L [h(t )] = ⋅ n
sm s
In particolare è:
[h(1)] = Γ(m)Γ(n )
Γ(m + n )
quindi
n −1
Γ(m )Γ(n )
∫0 (1 − u ) u m −1du = β (m, n ) =
1
Γ(m + n )
31
Si dice equazione integrale un’equazione che contiene la funzione incognita sotto il segno
di integrale. Se la funzione incognita y(t) entra nell’equazione in modo lineare, l’equazione
integrale è detta lineare.
Un equazione integrale del tipo
y (t ) = f (t ) + ∫ k (t , x )y ( x )dx
t
a
è detta equazione integrale lineare di Volterra di seconda specie.
Se la funzione incognita y(t)figura solo sotto il segno di integrale, ovvero un’equazione del
tipo:
∫ k (t , x )y(x )dx = f (t )
t
a
è detta equazione integrale lineare di Volterra di prima specie .Nelle equazioni precedenti
le funzioni K(t,x) e f(t) sono assegnate; la funzione K(t,x) si chiama nucleo dell’equazione .
Le equazioni del tipo
y (t ) = f (t ) + ∫ k (t − x )y ( x )dx
t
(1)
a
y (t ) = f (t ) + k (t ) ∗ y (t )
L [ y (t )] = L [ f (t )] + L [k (t )] L [ y(t )]
Ovvero
Y (s ) = F (s ) + K (s )Y (s )
da cui
F (s )
Y (s ) =
1 − K (s )
Esempi:
y (t ) = t + ∫ y (t )J1 (t − u )du
t
y (t ) = t + y (t ) ∗ J1 (t )
1 ⎛ s ⎞
Y (s ) = 2
+ Y (s )⎜⎜1 − ⎟
⎟
s ⎝ s +1 ⎠
2
s2 +1 − s
L [J1 (t )] =
s
= 1−
s +1
2
s +12
1 s2 +1
Y (s ) = s 2
+ 1 =
s3 s3 s 2 + 1
ovvero
1 1 1 1
Y (s ) = + 3
s s2 +1 s s2 +1
y (t ) = ∫ J 0 (u )du + ∫
t (t − u)
2
t t2 t
J 0 (u )du = ∫ J 0 (u )du + ∫ J 0 (u )du − t ∫ u ⋅ J 0 (u )du + ∫
t t t u
2
J 0 (u )du
0 0 2! 0 0 2 0 0 2
da cui, essendo u ⋅ J 0 (u ) =
d
[u ⋅ J1 (u )], segue che
du
∫ u ⋅ J (u )du = ∫ du [u ⋅ J (u )]du = t ⋅ J (t )
t d t
0 1 1
0 0
33
′
= t 2 ⋅ J1 (t ) + ∫ u ⋅ J 0 (u )du = t 2 J1 (t ) + t ⋅ J 0 (t ) − ∫ J 0 (u )du
t t
0 0
quindi
y (t ) =
2
(
1 2 t
0
) t2
t + 1 ∫ J 0 (u )du − J1 (t ) + J 0 (t )
2
t
2
1 1 1
− Y ′(s )
s
= = − 2
s + 1 (s + 1)
2 2
(s + 1) s + 1
2
da cui
s2 +1 1 1 1 1
− Y ′(s ) =
s
− = + −
s(s + 1) s (s + 1) s (s + 1) s
2 2 2
ovvero
1 1 1 1 1
− Y ′(s ) =
− + −
s + 1 (s + 1) s (s + 1) s
2 2
t ⋅ y (t ) = e −t − t ⋅ e −t + ∫ u ⋅ e −u du − 1 = −2t ⋅ e −t
t
da cui
y (t ) = −2e − t
34
Esempi
−1 ⎡ 7-s 1 ⎛ 6 1 1 ⎞⎤
y =L ⎢ s 2 - s - 6 + s 2 - s - 6 ⎜ s 3 + s 2 − s ⎟⎥
⎣ ⎝ ⎠⎦
−1
Infine dalla linearità di L e da
−1 ⎡ 7-s ⎤ −1 ⎡ 4 1 9 1 ⎤ 4 3t 9 − 2 t
L ⎢⎣ s 2 - s - 6 ⎥⎦ = L ⎢⎣ 5 s - 3 − 5 s + 2 ⎥⎦ = 5 e − 5 e
⎡1 ⎛ 1 1 ⎞ ⎤ 1 3t
L −1 ⎡ 1 ⎤
⎢⎣ s 2 - s - 6 ⎥⎦ = L
−1
(
⎢ 5 ⎜ s - 3 − s + 2 ⎟⎥ = 5 e − e
− 2t
)
⎣ ⎝ ⎠⎦
1 ⎛ e3t e −2t 5 ⎞
L −1 ⎡1 1 ⎤
=
t1
⎢⎣ s s 2 - s - 6 ⎥⎦ ∫0 5
⋅ (e 3u
− e − 2u
)du = ⎜
5 ⎜⎝ 3
+
2
− ⎟⎟
6⎠
35
⎡1 1 ⎤ 1 t ⎛ e3u e −2u 5 ⎞ 1 ⎛ e 3 t e −2 t 5 5 ⎞
⎢⎣ s 2 s 2 - s - 6 ⎥⎦ 5 ∫0 ⎜ 3
⎜ ⎟ ⎜⎜ − t + ⎟⎟
−1
L = + − ⎟ du = +
⎝ 2 6⎠ 5⎝ 9 4 6 36 ⎠
si evince che
1 3t 1
y=
5
( 4e − 9e − 2 t ) − t 2
2
2.
y' '+4y'+4y = t 2 e −2 t y(0) = 0 , y'(0) = 0
2
s L [y'(t)] - y'(0) + 4s L [y(t)] - 4y(0) + 4 L [y(t)] =
(s + 2)3
2
s 2 L [y(t)] - sy(0)
{-{ y' (0) + 4s L [y(t)] - 4y(0) + 4 L [y(t)] =
0 0
123
0
(s + 2)3
2
(s 2 + 4s + 4) L [y(t)] =
(s + 2)3
2 2 4!
L [y(t)] = =
(s + 2) 4! (s + 2)5
5
1 4 − 2t
y(t) = t e
12
3.
y' '+4y = sin2t y(0) = 10 , y'(0) = 0
2
s L [y'(t)] + 4 L [y(t)] =
s +4
2
2
s 2 L [y(t)] - 10s + 4[y(t)] =
s +4
2
36
10s 2 1
L [y(t)] = + 2 ⋅ 2
s +4 s +4 s +4
2
1 t 1 t
y(t) = 10cos2t + ∫
2 0
sin2(t - u)sin2u du = 10cos2t + ∫ [cos2(t - 2u) - cos2t]du =
4 0
1
= 10cos2t + (sin2t − 2tcos2t)
8
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTA’ DI INGEGNERIA
Serie di Fourier
1
Introduzione
4. x− y ≥ x − y in particolare x − y ≥ x − y .
lim xn − x = 0 ⇒ lim xn = x
n →∞ n →∞
L’inverso, in generale, non è vero; esistono spazi lineari normati in cui si possono trovare
successioni di elementi che soddisfano la condizione di Cauchy, ma non convergono a nessun
elemento di E.
Uno spazio lineare normato E, per definizione, si dice completo se ogni successione di elementi
x n ∈ E e soddisfacente la condizione di Cauchy converge ad un elemento x ∈ E .
Uno spazio lineare completo si dice anche spazio di Banach.
L’insieme dei numeri reali è uno spazio di Banach con x = x .
2
1. Indicheremo con C (a, b) lo spazio lineare normato delle funzioni continue sull’intervallo
chiuso [a, b] con norma
f C ( a ,b )
= max f ( x) (1)
a ≤ x ≤b
C* è lo spazio lineare normato delle funzioni continue sull’asse reale, periodiche di periodo 2π
ed aventi norma
f L
= ∫ f ( x) dx (3)
Ω
f L
= ∫ f ( x) dx = ∫ u 2 ( x) + v 2 ( x) dx
Ω Ω
∫ θ ( x) dx = 0
Ω
Pertanto in L '(L) due funzioni f e g che non sono identicamente uguali in Ω vengono
considerate equivalenti se differiscono di θ ( x) .
3
Tenuto presente ciò, non è difficile verificare che la (3) soddisfa le proprietà caratteristiche di
una norma:
i) f L
≥ 0; f L
= 0 implica f = θ ;
ii) α ⋅ f L
=α⋅ f L
per ogni numero α ;
f +g L
≤ f L
+ g L
Se f , f1 , f 2 ,K ∈ L '(L) allora
f n − f = ∫ f ( x) − f n ( x) dx (4)
Ω
3. Con L '2 = L '2 (Ω) indichiamo l’insieme delle funzioni f reali o complesse definite su Ω tali
che:
2
∫
Ω
f ( x) dx < ∞
Se Ω è limitato allora f ∈ L '2 (Ω) se il suo integrale ∫ f ( x) dx esiste nel senso di Riemann o se
Ω
ha un numero finito di singolarità, allora il quadrato del suo modulo è integrabile in senso
improprio.
Lo spazio L '2 (L 2 ) è uno spazio normato con
1
2
= ∫ f ( x) dx
2
f L2
Ω
1
2
fn − f = ∫ f n ( x) − f ( x) dx
2
L2
Ω
4
La successione di funzione f n ∈ L '2 (L 2 ) converge a f , in Ω , nel senso della media quadratica
se l’integrale a secondo membro tende a zero.
Osservazioni
1
1 2
∫ f ( x) dx ≤ Ω 2 ∫ f ( x) dx
2
Ω Ω
1 1 1
α
∈ L '(Ω) se α < 1 ; α ∈ L '2 (Ω) se α < ⇒ 2α < 1
x x 2
1 1 1
Se ≤ α < 1 allora 1 ≤ 2α e quindi α ∉ L '2 (Ω) mentre α ∈ L '(Ω) .
2 x x
1 1 1
Se α > allora α ∈ L '2 (1, +∞ ) mentre α ∈ L '(1, +∞) solo se α > 1 :
2 x x
1 1
34
∈ L '2 (1, +∞ ) ; 3 4 ∉ L '(1, +∞ )
x x
5
Serie di Fourier
Questo capitolo è dedicato allo studio dello sviluppo in serie di Fourier, l'esposizione della teoria
sarà concisa ma sufficiente per le applicazioni a molti problemi della fisica matematica.
La ragione per cui la teoria di Fourier relativa allo sviluppo in serie di funzioni trigonometriche è
molto importante nella pratica è che certi tipi di funzioni discontinue che non possono essere
sviluppate in serie di potenze possono essere sviluppate in serie di Fourier.
Inoltre tale serie è divenuta uno strumento indispensabile per l’analisi di una vasta classe di
problemi (fisici ed ingegneristici) relativi a fenomeni vibratori e periodici.
T T
x(t ) − <t<
2 2
x0 (t ) =
T T
0 t<− , x(t ) >
2 2
T T
x0 (t ) = − x(t ) u t + − u t − = χ (-T/2, T/2) (t )
2 2
Un segnale periodico x(t), di periodo T si può esprimere come somma di traslate del
“segnale base” :
+∞
x(t ) = ∑ x0 (t − nT ) .
−∞
Se T è il periodo di x(t ) , sono periodici di x(t ) anche i multipli interi di T : 2T, 3T, … , nT, … .
Il più piccolo numero positivo T per cui x(t ) = x(t − T ) è detto periodo fondamentale o lunghezza
d’onda.
1
Se T indica il periodo fondamentale, = f è detta frequenza fondamentale
T
2π
( misurata in periodi ( cicli ) = Hz ) ω = = 2π f è la frequenza angolare
T
rad
( pulsazioni al sec.) .
sec
6
La serie di FOURIER per x(t ) E’ DEFINITA DALLA RELAZIONE
a0 ∞
kπt kπt
x(t ) ≈ + ∑ ak cos + bk sin
2 k =1 l l
dove
l
1
l −∫l
a0 = x(t )dt ;
kπt
l
1
ak = ∫
l −l
x(t ) cos
l
dt ;
kπt
l
1
bk = ∫ x(t ) sin dt .
l −l l
kπ t 2π 2π
= k t = kωt ω=
l T T
Pertanto
∞
+ ∑ (ak cos kωt + bk sin kωt )
a0
x(t ) ≈
2 k =1
T 2 T 2
2 2
x(t ) cos kωtdt ; x(t ) sin kωtdt
T −T∫ 2 T −T∫ 2
ak = bk =
oppure
T T
2 2
x(t ) cos kωtdt ; x(t ) sin kωtdt
T ∫0 T ∫0
ak = bk =
7
La forma complessa della serie di Fourier è data da
+∞
a0 ak − jbk 2π
x(t ) ≈ ∑ ck e jkωt , c0 = , ck = , ω= = 2πf
−∞ 2 2 T
ovviamente
1 2 1 T2
T 2
Se T = 2π è ω = 1 , quindi
+π
+∞
a0 ak − jbk 1
x(t ) ≈ ∑ ck e jkt , c0 = , ck = = ∫π x(t )e
− jkt
dt
−∞ 2 2 2π −
RIASSUMENDO
Un generico segnale periodico x(t ) , reale e complesso, è uguale alla somma di infiniti segnali
esponenziali complessi xk (t ) con
xk (t ) = ck e jkωt k = 0, ± 1, ± 2, ...
2π 1 2π 1 1 1
Sono periodiche di periodo = = T =
kω k ω k k f
ck = ck e − jϕ k
1 2 bk bk
ck = ak + bk2 tan ϕ k = − ϕ k = arctan ±π
2 ak ak
8
− bk
Se ak = 0 si ha sin ϕ k = da cui
bk
ϕk = π 2 se bk < 0
ϕk = − π 2 se bk > 0
Quindi
+∞
x(t ) ≈ ∑ ck e j ( kωt −ϕ k )
−∞
da cui
Infatti si ha
ak bk
xk (t ) = ak2 + bk2 cos kωt + sin kωt = Ak cos(kωt − ϕ k )
a 2 + b2 ak2 + bk2
k k
dove
ak bk
Ak = ak2 + bk2 , cosϕ k = , sinϕ k =
a +b
2
k
2
k a + bk2
2
k
da cui
bk bk
tan ϕ k = e quindi ϕ k = arctan ±π
ak ak
Se si pone
ak bk
sinϕ k = , cosϕ k =
ak2 + bk2 ak2 + bk2
9
si ottiene
Infine si osservi che la posizione precedente relativa a sinϕ k e cosϕ k sono suggerite dal fatto che
2 2
ak bk
+ = 1.
a + b2
2 a + b2
2
k k k k
come un vettore che ruota intorno all’origine nel piano complesso, con velocità angolare costante:
. rad
ϑ = 2πf = ω
sec
ϕ è detta fase iniziale, rappresenta l’angolo che il vettore forma con l’asse reale al tempo t = 0.
10
Le espressioni
T T
1
x(t ) = ∫ x(t ) dt P = ∫ x(t ) dt
2 2
e
0
T0
Sono rispettivamente dette energia e potenza del segnale x(t ) calcolate sul periodo T.
Nel caso di un’armonica elementare espressa in forma complessa si ha
T T
jkωt 2 jkωt 2
= ck e = ∫ cke dt = ∫ c k dt = T c k
2 2 2
x(t )
0 0
da cui P = c k
2
si ha
( )
T
1
= ∫ ak cos kωt + bk sin kωt dt = ak + bk T
2 2 2 2
x(t )
0
2
e P=
1
2
(
ak + bk
2 2
).
11
Cominceremo il nostro studio con i concetti di base relativi alle definizioni di alcune proprietà delle
funzioni a valori reali.
Definiamo il limite sinistro di una funzione ad una sola variabile f ( x) in x0 come il limite finito di
−
f ( x) se esiste, per x che tende a x0 da sinistra, ed è denotato da f ( x0 ) :
f ( x0 − ) = f ( x0 + ) = f ( x0 )
x 0 ≤ x <1
f ( x) = 2 1
x − 2 1< x ≤ 2
1
ha il limite sinistro f (1− ) = 1 e ha il limite destro f (1+ ) =
.
2
L’ampiezza del salto (discontinuità di prima specie) che accade in x = 1 è:
f (1− ) − f (1+ ) =
1
2
12
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Una funzione di una sola variabile f ( x) è detta continua a tratti (piecewise continuous ) in un
intervallo [a, b] se esiste un numero finito di punti a = x1 < x2 < ... < xn = b tale che la f ( x) sia
13
continua nel intervallo x j < x < x j +1 e i limiti unilaterali f ( x j + ) e f ( x j +1− ) esistono per ogni
j = 1, 2,3,K , n − 1 .
Una funzione continua a tratti è mostrata nella Fig. 3.
Le funzioni come 1 x e sin (1 x) non sono continue a tratti nell'intervallo chiuso [0,1] perché il
limite unilaterale f (0+ ) non esiste in ambo i casi.
Se f è continua a tratti in un intervallo [a, b] , allora è necessariamente limitata ed integrabile su
[ a, b] .
È facile verificare che il prodotto di due funzioni continue a tratti è una funzione continua a tratti
sull’intervallo comune.
Definiamo la derivata sinistra della funzione f ( x) in x0 come:
− f ( x0 − ) − f ( x0 − h)
f '( x0 ) = lim (1.3)
h →0 h
f ( x0 + h) − f ( x0 + )
f '( x0 + ) = lim (1.4)
h →0 h
x x≤0
f ( x) =
cos x x ≥ 0
possiede la derivata sinistra e destra in x = 0 , i cui valori sono rispettivamente 1 e 0, anche se f '(0)
non esiste.
Se f è continua a tratti in un intervallo [a, b] e se in più, la derivata prima f ' è continua in ognuno
degli intervalli x j < x < x j +1 , ed i limiti f '( x j + ) e f '( x j − ) esistono, allora f è detta liscia a tratti
(piecewise smooth); se, in più, la derivata seconda f '' è continua in ognuno degli intervalli
x j < x < x j +1 , ed i limiti f ''( x j + ) e f ''( x j − ) esistono, allora f è detta molto liscia a tratti.
f (− x) = f ( x) (2.1)
14
È detta dispari (odd) se, per ogni x ,
f ( − x ) = − f ( x) (2.2)
In altre parole, una funzione pari ha il grafico simmetrico rispetto all’asse y, una funzione dispari ha
il grafico simmetrico rispetto all'origine (Fig. 4).
Fig. 4
Per esempio, x 2 e cos x sono funzioni pari mentre x e sin x sono funzioni dispari.
Comunque, qualunque funzione può essere scritta come la somma di una funzione pari e dispari:
1 1
f ( x) = [ f ( x) + f (− x) ] + [ f ( x) − f (− x)] = f e ( x) + f 0 ( x) (2.3)
2 2
e x + e− x e x − e − x
ex = + = cosh x + sinh x
2 2
Un’applicazione dove la proprietà di simmetria delle funzioni pari e dispari è importante è quella
relativa al calcolo degli integrali.
Se f ( x) è una funzione integrabile su [− a, a ] allora:
a a
∫
−a
f ( x) dx = 2∫ f ( x) dx
0
quando f ( x) è pari (2.4)
15
a
∫
−a
f ( x) dx = 0 quando f ( x) è dispari (2.5)
Graficamente, come mostrato in fig. 5 l’integrale rappresenta l’area sotto la curva e così per la
funzione pari l’intera area è 2 volte l’area sotto la curva che va da 0 ad a , mentre nel caso di
funzione dispari l’area negativa sotto la curva da −a a 0 si annulla con l’area sotto la curva da 0 ad
a cosicché l’intera area è 0.
Fig. 5
3. Funzioni periodiche
Una funzione continua a tratti f ( x) in ogni intervallo [a, b] è detta periodica, se esiste un numero
positivo p tale che
f ( x + p) = f ( x) (3.1)
per ogni x .
p è chiamato periodo di f , ed il più piccolo valore di p è chiamato periodo fondamentale.
16
Fig. 6
f ( x + p ) = f ( x)
f ( x + 2 p) = f ( x + p + p) = f ( x + p)
f ( x + 3 p) = f ( x + 2 p + p) = f ( x + 2 p)
M
f ( x + np ) = f ( x + (n − 1) p + p ) = f ( x + (n − 1) p ) = f ( x)
f ( x + np ) = f ( x) (3.2)
Si può facilmente dimostrare che se f1 , f 2 ,K , f k hanno il periodo p e ck sono delle costanti, allora
f = c1 f1 + c2 f 2 + ... + ck f k (3.3)
ha periodo p .
Noti esempi di funzioni periodiche sono le funzioni seno e coseno.
Come caso particolare: una funzione costante è una funzione periodica con periodo arbitrario p .
17
p
∫ f ( x) dx
0
a+ p p
∫
a
f ( x) dx = ∫ f ( x) dx
0
Ovviamente si ha
a+ p p a+ p p a+ p
∫
a
f ( x) dx = ∫ f ( x) dx +
a
∫ p
f ( x) dx = ∫ f ( x) dx +
a
∫
p
f ( x − p ) dx =
p a p
= ∫ f ( x) dx + ∫ f ( x) dx = ∫ f ( x) dx
a 0 0
p p
ii) ∫ f (t − x) dt = ∫ f (t ) dt
0 0
p − x+ p p
∫ f (t − x) dt = ∫
0 −x
f (t ) dt = ∫ f (t ) dt
0
4. Ortogonalità
Una successione di funzioni {φn ( x)} è detta ortogonale rispetto alla funzione peso
q ( x) sull'intervallo [a, b] se
∫φ
a
m ( x)φn ( x)q ( x) dx = 0 m≠n (4.1)
Se poi m = n , abbiamo
1
b 2
|| φn ( x) ||= ∫ φn2 q dx (4.2)
a
18
Un sistema ortonormale φ1 , φ2 ,K , φn dove n può essere finito o infinito, che soddisfi la relazione
b
0 se m ≠ n
∫ φm ( x)φn ( x)q( x) dx =
a 1 se m = n
= Sm,n (4.3)
Esempio 4.2.
La successione di funzioni
π
0 se m ≠ n
∫π sin mx sin nx dx = π
−
se m = n
∫ sin mx cos nx dx = 0
−π
∀ m, n (4.4)
π
0 se m ≠ n
∫π cos mx cos nx dx = π
−
se m = n
5. Serie di Fourier
a0 ∞
f ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx) (5.1)
2 k =1
a0 ∞
sn ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx) (5.2)
2 k =1
π
I (a0 , ak , bk ) = ∫π [ f ( x) − s ( x)] dx
2
n (5.3)
−
π
∂I a n
= − ∫ 0 − ∑ (a j cos jx + b j sin jx) dx (5.4)
∂a0 −π
2 j =1
π
∂I a n
= −2 ∫ f ( x) − 0 − ∑ (a j cos jx + b j sin jx) cos kx dx (5.5)
∂ak −π
2 j =1
π
∂I a n
= −2 ∫ f ( x) − 0 − ∑ (a j cos jx + b j sin jx) sin kx dx (5.6)
∂bk −π
2 j =1
π π
∫ cos mx dx = ∫π sin mx dx = 0
−π −
(5.7)
dove m e n sono numeri interi positivi, le equazioni (5.4), (5.5) e (5.6) diventano
20
π
∂I
= π a0 − ∫ f ( x) dx (5.8)
∂a0 −π
π
∂I
= 2π ak − 2 ∫ f ( x) cos kx dx (5.9)
∂ak −π
π
∂I
= 2π bk − 2 ∫ f ( x) sin kx dx (5.10)
∂bk −π
Poiché questi si devono annullare per avere un valore di estremo, si evince che deve essere
π
1
a0 =
π ∫
−π
f ( x) dx (5.11)
π
1
ak =
π −π
∫ f ( x) cos kx dx (5.12)
π
1
bk =
π ∫
−π
f ( x) sin kx dx (5.13)
∂2 I
=π (5.14)
∂a02
∂2 I ∂2 I
= = 2π (5.15)
∂ak2 ∂bk2
Da cui le derivate miste del secondo ordine e tutte le derivate di ordine superiore si annullano.
Consideriamo la matrice Hessiana associata al funzionale I (a0 , ak , bk ) :
π 0 0
H ( I ) = 0 2π 0 (5.16)
0 0 2π
Essendo gli autovalori della matrice H ( I ) positivi (λ1 = π , λ2 = λ3 = 2π ) si evince che la matrice
H ( I ) è definita positiva, quindi il funzionale I (a0 , ak , bk ) assume un valore minimo quando i
coefficienti a0 , ak e bk vengono dati rispettivamente dalle equazioni 5.11-5.13.
Questi sono chiamati coefficienti di Fourier di f ( x) e la serie in (5.1) è detta serie di Fourier di
f ( x) .
Si osservi che la possibilità di rappresentare una data funzione f ( x) in serie di Fourier non implica
che la serie converga a f ( x) .
Le funzioni
a0
, a1 cos x + b1 sin x, a2 cos 2 x + b2 sin 2 x,K
2
21
Che figurano al secondo membro della formula (5.1) e verificano le condizioni (5.11)-(5.13) si
dicono termini della serie di Fourier per la funzioni f (armoniche di f ).
L’insieme dei coefficienti di Fourier di una funzione f si chiama spettro.
Osservazione 1
I coefficienti di Fourier (5.11), (5.12) e (5.13) possono essere ottenuti in un modo diverso.
Supponiamo che la funzione f ( x) di periodo 2π sia sviluppabile in serie di Fourier
a0 ∞
f ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx) (5.17)
2 k =1
Se supponiamo che la serie sia integrabile termine a termine (per fissare le idee supponiamo che la
convergenza della serie sia uniforme), allora
π π
a0 n
∫
−π
f ( x) dx = ∫−π 2 + ∑
k =1
(ak cos kx + bk sin kx) dx = π a0
da cui
π
a0 = ∫
−π
f ( x) dx (5.18)
π π
a0 n
∫
−π
f ( x) cos nx dx = ∫−π 2 + ∑
k =1
(ak cos kx + bk sin kx) cos nx dx = π ak
ovvero
π
1
ak =
π ∫π f ( x) cos kx dx
−
(5.19)
π
1
bk =
π ∫
−π
f ( x) sin kx dx (5.20)
I coefficienti a0 , ak e bk che sono stati trovati sono precisamente gli stessi ottenuti prima.
22
Osservazione 2
Numerosi processi vibratori in fisica e in discipline tecniche sono descritti mediante funzioni
periodiche, di periodo (fondamentale) T ; allora t è il tempo, y = f (t ) è l’ordinata di un punto
oscillante.
Se f è un polinomio trigonometrico, si dice che: il processo vibratorio y = f (t ) si scinde in
processi elementari, ossia in oscillazioni armoniche:
a0 n a n
f (t ) = + ∑ (ak cos kωt + bk sin kωt ) = 0 + ∑ Ak cos(kωt − ϕk )
2 k =1 2 k =1
bk = sin ϕk , ak = cos ϕk 0 ≤ ϕk ≤ 2π
2π
Il parametro ω = viene detto pulsazione e si misura in radianti al secondo; la frequenza
T
ω 1
f = = si misura in periodi (cicli) al secondo o Hertz (Hz).
2π T
L’armonica
Ak cos(kωt − ϕ k )
1
ha ampiezza Ak , fase iniziale ϕk e frequenza k volte la frequenza fondamentale .
T
∫π [ f ( x) − s ( x)] dx ≥ 0
2
n (6.1)
−
dove
a0 n
sn ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx)
2 k =1
23
Sviluppando il quadrato si ottiene
π π π π
Ma, dalle definizioni dei coefficienti di Fourier (5.11), (5.12) e (5.13) e le relazioni di ortogonalità
(4.4) relative alle successione trigonometrica dell’esempio (4.2) si evince
π π
πa02
a0 n
( )
n
∫ f ( x) sn ( x)dx = ∫−π 2 ∑
f ( x ) + (a k cos kx + bk sin kx )dx = + π ∑ ak2 + bk2 (6.2)
−π k =1 2 k =1
π π
π a02
2
a0 n n
∫−π = ∫−π 2 ∑
+ + = + π ∑ (ak2 + bk2 )
2
s (
n x ) dx ( a k cos kx bk sin kx ) dx
k =1 2 k =1
(6.3)
di conseguenza
π π
π a2 n
∫ [ f ( x) − sn ( x)] dx = ∫ f 2 ( x) dx − 0 + π ∑ (ak2 + bk2 ) ≥ 0
2
−π −π 2 k =1 (6.4)
π
a02 n 2 1
+ ∑ (ak + bk2 ) ≤ ∫ f 2 ( x) dx (6.5)
2 k =1 π −π
π
a02 ∞ 2 1
+ ∑ (ak + bk2 ) ≤ ∫ f 2 ( x) dx (6.6)
2 k =1 π −π
a02 ∞ 2
+ ∑ (ak + bk2 ) (6.7)
2 k =1
24
Si dimostra che la serie di Fourier converga in media quadratica a f ( x) , cioè
π 2
a n
lim ∫ f ( x) − 0 + ∑ (ak cos kx + bk sin kx ) dx = 0 (6.9)
n →∞
−π 2 k =1
Poichè la serie di Fourier converge in media quadratica a f ( x) , dalla (6.4) segue che
π
a02 n 2
2 k =1
(
+ ∑ ak + bk2 =
1
π
) ∫π f
2
( x)dx (6.10)
−
π π
1 2
ak =
π ∫
−π
f ( x) cos kx dx =
π ∫ f ( x) cos kx dx
0
k = 0,1, 2,....
π
(7.1)
1
bk =
π ∫
−π
f ( x) sin kx dx = 0 k = 0,1, 2,....
Allora la serie di Fourier di una funzione pari può essere scritta come
a0 ∞
f ( x) = + ∑ ak cos kx (7.2)
2 k =1
25
π
1
ak =
π ∫
−π
f ( x) cos kx dx = 0 k = 0,1, 2,K
π π
(7.3)
1 2
bk =
π ∫
−π
f ( x) sin kx dx =
π ∫ f ( x) sin kx dx
-π
k = 0,1, 2,K
Perciò, la serie di Fourier di una funzione dispari può essere scritta come
n
f ( x) = ∑ bk sin kx (7.4)
k =1
8. Esempi
Esempio 8.1.
Trovare lo sviluppo in serie di Fourier per la funzione periodica mostrata in figura 7.
f ( x) = x + x 2 −π ≤ x ≤ π
Fig. 7
In questo caso è
π π
1 1 2π 2
a0 = ∫ f ( x) dx = ∫ ( x + x ) dx =
2
π −π
π −π
3
π π
1 1 4
ak = ∫π f ( x) cos kx dx = π ∫π ( x + x ) cos kx dx = k (−1) k
2
π − −
2
26
π π
1 1 2
bk = ∫π f ( x) sin kx dx = π ∫π ( x + x ) sin kx dx = − k (−1)
2 k
π − −
π2 ∞
4 2 π2
f ( x) = +∑ 2
( −1) k
cos kx − ( − 1) k
sin kx = − 4 cos x + 2sin x + cos 2 x − sin 2 x − K
3 k =1 k k 3
π2
s1 = − 4 cos x + 2 sin x
3
π2
s2 = − 4 cos x + 2 sin x + cos 2 x − sin 2 x
3
Fig. 8
Si vede che i primi termini forniscono già una buona approssimazione di f nell’intervallo
−π ≤ x ≤ π .
L’approssimazione migliora con il numero dei termini presi per una x fissata in −π ≤ x ≤ π , ma
non per x = ± π .
I comportamenti delle approssimazioni nei punti di discontinuità saranno discussi successivamente.
Esempio 8.2.
Consideriamo la funzione periodica mostrata in figura 9.
27
−π se −π < x < 0
f ( x) =
x se 0< x <π
Fig. 9
π π
1 1
0
π
a0 = ∫ f ( x) dx = ∫ −π dx + ∫ x dx = −
π −π
π −π 0 2
π π
1
0
1 1 1
ak = ∫ f ( x) cos kx dx = ∫ −π cos kx dx + ∫ x cos kx dx = 2 (cos kπ − 1) = 2 (−1) k − 1
π −π
π −π 0 kπ kπ
π π
1 1
0
1 1
bk = ∫ f ( x) sin kx dx = ∫ −π sin kx dx + ∫ x sin kx dx = (1 − 2 cos kπ ) = 1 − 2(−1) k
π −π
π −π 0 k k
π ∞
1 1
f ( x) = − +∑ (−1)k − 1 cos kx + 1 − 2(−1)k sin kx
k =1 k π
2
4 k
28
Esempio 8.3.
Consideriamo la funzione f ( x) = x nell’intervallo −π ≤ x ≤ π , in figura 10.
Fig. 10
In questo caso è
π π
1 1
a0 =
π −π
∫ f ( x)dx =
π ∫ xdx = 0
−π
π π
1 1
ak =
π −
∫π f ( x) cos kx dx =
π −
∫π x cos kx dx = 0 con k = 1, 2,3,K
π π
1 1 2 k +1
bk =
π ∫π f ( x) sin kx dx = π ∫π x sin kx dx = k (−1)
− −
con k = 1, 2,3,K
Allora
∞
sin kx
f ( x) = 2∑ (−1) k +1
k =1 k
Esempio 8.4.
Calcoliamo la serie di Fourier della funzione, detta onda quadra, mostrata in figura 11.
−1 se −π < x < 0
f ( x) =
+1 se 0< x <π
29
Fig. 11
In questo caso f è una funzione dispari così che ak = 0 per k = 0,1, 2,3,K e
π π
2 2 2
π∫ π∫
bk = f ( x) sin kx dx = sin kx dx = 1 − (−1) k
con k = 1, 2,3,K
0 0
kπ
4 ∞
sin(2k − 1) x
f ( x) =
π
∑ k =1 (2k − 1)
Esempio 8.5
Sviluppiamo sin x in serie di Fourier. Visto che sin x è una funzione pari come mostrato in figura
12, bk = 0 per k = 1, 2,K e
Fig. 12
30
π π
2 2
ak =
π ∫ f ( x) cos kx dx = π ∫ sin x cos kx dx =
0 0
1
π 2 1 + (−1) k
=
π ∫ [sin(1 + k ) x + sin(1 − k ) x ] dx =
0
π (1 − k 2 )
per k = 0, 2,3,K
π
2
Per k = 1 , a1 =
π ∫ sin x cos x dx = 0 .
0
∞
2 4 cos 2kx
f ( x) =
π
+
π
∑ (1 − 4k
k =1
2
)
Fig. 13
f ( x) se 0< x <π
Fe ( x) =
f (− x) se −π < x < 0
31
Fig. 14
f ( x) se 0< x <π
Fo ( x) =
− f (− x) se −π < x < 0
Fig. 15
Visto che Fe ( x) e F0 ( x) sono rispettivamente funzioni pari e dispari con periodo 2π , gli sviluppi
in serie di Fourier di Fe ( x) e F0 ( x) sono
∞ π
a 2
Fe ( x) = 0 + ∑ (ak cos kx) dove ak = ∫ f ( x) cos kx dx
2 k =1 π 0
∞ π
2
F0 ( x) = ∑ (bk sin kx) dove bk = ∫ f ( x) sin kx dx
k =1 π 0
32
9. Serie di Fourier complessa
a0 ∞
f ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx)
2 k =1
le formule
e jx − e − jx e jx + e − jx
sin x = e cos x =
2j 2
Si ottiene
( )
∞
= c0 + ∑ ck e jkx + c− k e − jkx
k =1
dove
π
a 1
c0 = 0 =
2 2π ∫
−π
f ( x) dx
π π
ak − jbk 1 1
∫ [ f ( x)(cos kx − j sin kx)] dx =
− jkx
ck =
2
=
2π −π
2π ∫π f ( x)e
−
dx
π π
a + jbk 1 1
c− k = k = ∫−π [ f ( x)(cos kx + j sin kx)] dx = 2π ∫π f ( x)e
jkx
dx
2 2π −
∞
f ( x) = ∑ce
k =−∞
k
jkx
−π < x < π (9.1)
dove
π
1 − jkx
ck =
2π ∫π f ( x)e
−
dx (9.2)
33
È importante notare che se f è una funzione reale, allora ak e bk sono anch’essi reali e i numeri
ck e c− k benché siano in generale complessi sono reciprocamente coniugati:
c− k = ck
a0 ∞
sn ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx)
2 k =1
n
sn ( x) = ∑ce
k =− n
k
jkx
n
lim
n →∞
∑ce
k =− n
k
jkx
n
lim
n , m →∞
∑ce
k =− m
k
jkx
si dice che la serie converge (in questo caso m e n crescono indefinitamente l’uno
indipendentemente dall’altro).
Le funzioni complesse
1
e jkx k = 0, ±1, ±2,K (9.3)
2π
2π
1 1 − jhx 1 se k = h
∫0 2π e
jkx
e dx = δ =
2π 0 se k ≠ h
34
Poiché le funzioni cos kx e sin kx (k = 0,1, 2,K) formano un sistema completo in C* e quindi in
L 2 * , della stessa proprietà gode anche il sistema e jkx (k = 0, ±1, ±2,K) in quanto
I numeri ck definiti dalla (9.2) sono i coefficienti di Fourier relativi alle funzioni e jkx .
In virtù della completezza del sistema (9.3) in L 2 * , per ogni funzione f ∈ L 2 * si verifica
l’uguaglianza di Parseval:
2π ∞
1
∫ f ( x) dx = ∑
2 2
ck
2π 0 k =−∞
Esempio 9.1.
Determiniamo lo sviluppo in serie di Fourier per f ( x) in forma complessa con
f ( x) = e x −π < x < π
Abbiamo
π π
1 1 (1 + jk )(−1)k
ck = ∫ f ( x )e − jkx
dx = ∫ee
x − jkx
dx = sinh π
2π −π
2π −π
π (1 + k 2 )
∞
(1 + jk )(−1) k
f ( x) = ∑
k =−∞ π (1 + k 2
)
sinh π e jkx
Esempio 9.2
Determinare lo sviluppo in serie di Fourier per l’onda quadra in forma complessa.
I coefficienti della serie di Fourier in forma complessa (vedi esempio 8.4) sono:
c 0 = a0 = 0 c k = (ak − jbk ) = − j
1 (− 1) − 1 [ k
]
2 kπ
f ( x) = ∑ j
+∞
(− 1)k − 1e jkx k≠0
−∞ kπ
35
10. Cambio di intervallo
(b + a ) (b − a )
x= + t (10.1)
2 2π
(b + a ) (b − a )
f + t ≡ F (t )
2 2π
ovviamente ha periodo 2π .
Sviluppando questa funzione in serie di Fourier, otteniamo
a0 ∞
F (t ) = + ∑ (ak cos kt + bk sin kt ) (10.2)
2 k =1
dove
π
1
ak =
π ∫ F (t ) cos kt dt
−π
k = 0, 2,3,K
π
1
bk =
π ∫ F (t ) sin kt dt
−π
k = 1, 2,3,K
a0 ∞ kπ (2 x − b − a ) kπ (2 x − b − a )
f ( x) = + ∑ ak cos + bk sin (10.3)
2 k =1 (b − a ) (b − a )
dove
2 kπ (2 x − b − a)
b
ak = ∫
b−a a
f ( x) cos
(b − a ) dx
(10.4)
kπ (2 x − b − a )
b
2
bk = ∫
b−a a
f ( x) sin
(b − a) dx
(10.5)
per ogni k .
36
Qualche volta è conveniente prendere l’intervallo nel quale la funzione f è definita come [−l , l ] .
Segue dal risultato appena ottenuto che ponendo a = −l e b = l , lo sviluppo per f in [−l , l ] ,
prende la forma
a0 ∞ kπ x kπ x
f ( x) = + ∑ ak cos + bk sin (10.6)
2 k =1 l l
dove
kπ x
l
1
ak = ∫ f ( x) cos dx (10.7)
l −l l
kπ x
l
1
bk = ∫ f ( x) sin dx (10.8)
l −l l
per ogni k
Se f è una funzione pari di periodo 2l , dall’equazione 10.6 possiamo facilmente determinare che
a0 ∞ kπ x
f ( x) = + ∑ ak cos (10.9)
2 k =1 l
dove
kπ x
l
2
ak = ∫
l 0
f ( x ) cos
l
dx (10.10)
per ogni k .
Se f è una funzione dispari di periodo 2l , dall’equazione 10.6 lo sviluppo per f è
∞
kπ x
f ( x) = ∑ bk sin (10.11)
k =1 l
dove
kπ x
l
2
bk = ∫
l 0 f ( x) sin
l
dx (10.12)
37
Esempio 10.1.
Consideriamo la funzione periodica dispari f
f ( x) = x −2 < x < 2
Fig. 16
Qui l = 2 .
Visto che f è dispari, ak = 0 , e
kπ x kπ x
l 2
2 2 4
bk = ∫
l 0 f ( x) sin
l dx = ∫ x sin
20 2 dx = −
kπ
(−1) k per k = 1, 2,3,K
∞
4 kπ x
f ( x) = ∑ (−1) k +1 sin
k =1 kπ 2
38
Esempio 10.2.
È data la funzione
1
1 se 0<x<
2
f ( x) =
0 1
se < x <1
2
Fig. 17
l 1
2 2
a0 = ∫ f ( x) dx = ∫ f ( x) dx = 1
l 0 10
kπ x kπ
l 1
2 2 2
ak = ∫ f ( x) cos dx = ∫ [ f ( x) cos kπ x ] dx = sin
l 0 l 10 kπ 2
Quindi
1 ∞ 2
f ( x) = +∑ π
(−1) k −1 cos(2k − 1)π x
2 k =1 (2k − 1)
La funzione data (così come quella dell’esempio 8.4) è detta onda quadra.
39
11. Convergenza puntuale della serie di Fourier
a0 ∞
f ( x) ~ + ∑ (ak cos kx + bk sin kx)
2 k =1
dove
π
1
ak =
π ∫π f ( x) cos kx dx
−
π
1
bk =
π ∫
−π
f ( x)sin kx dx
per ogni k.
Sia sn ( x) la somma parziale n-esima della serie di Fourier della f ( x) ,
a0 n
sn ( x) = + ∑ (ak cos kx + bk sin kx)
2 k =1
Sostituendo ak e bk in sn ( x) , otteniamo
π
1 1 n π π
sn ( x ) =
2π ∫ f (t ) dt + ∑ ∫
π k =1 −π
f (t ) cos kt dt cos kx + ∫ f (t ) sin kt dt sin kx
−π −π
π
1 1 n
= ∫π f (t ) + ∑ cos kt cos kx + sin kt sin kx dt (11.1)
π − 2 k =1
π
1 1 n
= ∫ f (t ) + ∑ cos k (t − x) dt
π −π 2 k =1
40
Sommando l'identità trigonometrica
α 1 1
2 sin cos ka = sin k + α − sin k + a
2 2 2
da k = 1 a k = n , otteniamo
α 1 n
α 3α α 1 1
2 sin + ∑
2 2 k =1
cos ka = sin + sin
2 2
− sin + K + sin n + α − sin n − α
2 2 2
(11.2)
1
= sin n + α
2
1
π sin(n + 1/ 2)(t − x)
sn ( x) = ∫ f (t ) dt
π −π t−x (11.3)
2 sin
2
1
π −x sin(n + 1/ 2) s
π −π∫− x
sn ( x ) = f ( s + x ) ds
s (11.4)
2 sin
2
Ora, se f ( x) è continua a tratti e periodica con periodo 2π , allora anche sn ( x) è periodica con
periodo 2π .
Così
1
π sin(n + 1/ 2) s
sn ( x) = ∫ f ( s + x) ds
π −π s (11.5)
2sin
2
41
Il nucleo
sin(n + 1/ 2) s
(11.6)
s
2sin
2
1
π sin(n + 1/ 2) s 1
π
1 n
∫
π −π s
ds =
π ∫−π 2 + ∑ cos kx ds = 1
(11.7)
2sin k =1
2
b
lim ∫ g ( x) sin λ x dx = 0 (11.8)
λ →∞
a
a0 ∞ 1
+ ∑ (ak cos kx + bk sin kx) = f ( x + ) + f ( x − ) (11.9)
2 k =1 2
dove
π
1
ak =
π ∫
−π
f ( x) cos kx dx
π
1
bk =
π ∫π f ( x)sin kx dx
−
per k = 0, 1, 2, …
42
APPENDICE
αϕ + βψ ∈ H ∀ α , β ∈C e ∀ ϕ ,ψ ∈ H ,
1) ϕ ,ψ = ϕ ,ψ ;
2) α1ϕ1 + α 2ϕ 2 ,ψ = α1 ϕ1 ,ψ + α 2 ϕ 2 ,ψ ;
3) ϕ ,ψ ≥ 0 , ϕ ,ψ = 0 se e solo se ϕ = ϑ
i) αϕ ,ψ = α ϕ ,ψ ii) ϕ , βψ = β ϕ ,ψ
ϕ
→ ϕ , ϕ
1 1
ϕ ,ψ ≤ ϕ , ϕ 2
ψ ,ψ 2
ovvero
ϕ ,ψ ≤ ϕ ψ
43
Esempio 1.
Indichiamo con C[a,b] l’insieme lineare delle funzioni continue
b
x(t ), y (t ) = ∫ x(t ) y (t )dt
a
b b
x(t ), x (t ) = ∫ x(t ) x(t )dt = ∫ x(t ) dt = x(t )
2 2
i)
a a
1 1
b 2
b 2
x(t ), y (t ) ≤ ∫ x(t ) dt ∫ y (t ) 2 dt .
2
ii )
0 0
ϕ1 , ϕ 2 , .... , ϕ k , ..... ϕk ∈ H
ϕk ,ϕh = 0
ϕk = ϕk ,ϕk = 1 k = 1, 2, ....
Si ha la seguente definizione:
Definizione 1. Un insieme (finito o infinito)
ϕ1 , ϕ 2 , ....
1 h=k
ϕ k , ϕ h = δ hk =
0 h≠k
44
Ovviamente se un insieme
ϕ1 , ϕ 2 , ....
ϕ1 ϕ2
, , .....
ϕ1 ϕ2
è ortonormale.
Esempio 2.
Gli insiemi
1 cos kt sin kt
, , k = 1, 2, ...
2π π π
Esempio 3.
π π π
ψ k ,ψ h = ∫ e jkt e − jkt dt = ∫ e j ( k −h )t dt = 2∫ cos k (k − h)t dt
−π −π 0
da cui
0 k≠h
ψ k ,ψ h =
2π k=h
1
ovviamente l’insieme ϕ k = e jkt con k = 0, ± 1, ± 2, ... è ortonormale.
2π
45
Conveniamo che: una serie di elementi di H
u1 + u 2 + .... + uk + ...
sn = u1 + u 2 + .... + u n n = 1, 2, ...
si verifica la relazione
lim f − sn = 0
n →∞
In questo caso si dice che f è la somma di una serie convergente a f nella metrica di H e si scrive
∑u
k =1
k = f in H.
Lemma. Se
∑u
k =1
k ,ϕ = f ,ϕ ∀ϕ ∈ H.
n n n
∑
1
uk ,ϕ − f ,ϕ = ∑ uk − f , ϕ ≤
k =1
∑u
k =1
k −f ⋅ϕ
∞
i ) se ∑α ϕ
1
k k =f in H, allora α k = f , ϕk .
ii ) se
∞
∑
k =1
f ,ϕk ϕk = f in H
allora
∑k =1
f ,ϕk ϕk ,ϕ = f ,ϕ ∀ϕ ∈ H
46
In particolare, se ϕ = f si ha
∑
k =1
f ,ϕk f ,ϕk = f , f
ovvero
∑
2
f ,ϕk = f
2
k =1
ϕ ,ψ = ∫ ϕ ( x)ψ ( x)dx
Ω
dove l’integrale è inteso nel senso di Riemann, integrale improprio assolutamente convergente, è un
prodotto scalare su L' 2 (Ω ) .
Definizione. Se
1
= [ fn − f , fn − f ]
2
1
fn − f = ∫ f n ( x) − f ( x) dx
→ 0
2
2
L'2
Ω
47
Se f ∈ H è un elemento qualsiasi, la serie
∑
k =1
f ,ϕk ϕk ≈ f
ak = f , ϕ k
∞
1 1
f ≈∑ f ,ϕk ϕk ak = f ,ϕk
ϕk ϕk
2 2
k =1
N
F(α1 , α 2 , ..., α N ) = f − ∑ α kϕ k
k =1
sia minimo.
N
f − ∑ α kϕ k
k =1
N N
f − ∑ f , ϕ k ϕ k ≤ f − ∑ α kϕ k
k =1 k =1
48
per ogni N-pla di numeri (α1 , α 2 , ..., α N ) . Infatti si ha
N 2 N N N N N N
f − ∑ α iϕi = f − ∑ α iϕi , f − ∑ α iϕi = f , f − f , ∑ α iϕi − ∑ α iϕi , f + ∑ α iϕi , ∑ α iϕi =
1 1 1 1 1 1 1
[ ]
N
= f − ∑ α i f , ϕi + α i ϕi , f − α i α i
2
Pertanto
[ ]
N 2 N
f − ∑ α iϕi = f − ∑ α i f , ϕi + α i ϕi , f − α i α i − f , ϕi f , ϕi + f , ϕi f , ϕi =
2
1 1
[
− ∑ α i ( f , ϕi − α i ) + f , ϕi (α i − f , ϕ i )]− ∑
N N
2
= f f , ϕi =
2
1 1
− ∑ (α i − f , ϕi )( f ,ϕ )
N N
− α i − ∑ f , ϕi
2
= f =
2
i
1 1
N N N
+ ∑ α i − f , ϕi − ∑ f , ϕi − ∑ f , ϕi
2 2 2
= f ≥ f
2 2
1 1 1
RIASSUMENDO, risulta
N 2 N
f − ∑ α iϕi − ∑ f , ϕi
2
≥ f
2
1 1
inoltre è
1
N N
2
0 ≤ min f − ∑ α iϕi = f − ∑ f , ϕi
2 2
αi
1 1
∑
2
f , ϕi ≤ f
2
da cui:
49
la serie composta dai quadrati dei moduli dei coefficienti di Fourier dell’elemento f ∈ H è
convergente e verifica la seguente disuguaglianza
∑ ( f ,ϕ ) ≤ f =(f, f )
2 2
k
k =1
ffff
HHHH
nota come disuguaglianza di Parseval per ∈ .
N
f − ∑ α kϕ k < ε
1
∞
= ∑ f ,ϕk
2
f, f = f
2
.
k =1
∞
= ∑ f ,ϕk
2 2
f
k =1
50
Teorema. Se H è uno spazio lineare completo con prodotto scalare, ossia è uno spazio di Hilbert,
allora dalla chiusura del sistema ortonormale α1 , α 2 , .... ne segue la completezza.
In altre parole:
In uno spazio di Hilbert un sistema ortonormale è chiuso se e solo se è completo.
51
Proprietà della trasformata di Fourier
f (t ) ℑ
→ F (ω ) oppure ℑ[ f ] = F (ω ) .
2. Se F (ω ) è la trasformata di Fourier di una data funzione f (t ) assolutamente integrabile su tutto
lim F (ω ) = 0 ;
ω →∞
iii) F (ω ) è limitata:
F (ω ) ≤ M , − ∞ < ω < +∞ .
Dimostrazione
1) che
+∞
∫e
− jω t
f (t ) dt = F (ω ) ω ∈ [a, b]
u
−∞
su ogni intervallo chiuso [a, b] , si evince che F (ω ) è continua su ogni intervallo chiuso dell’asse
+∞
∫ f (t )
−∞
dt < +∞
segue che fissato arbitrariamente ε > 0, possiamo fissare A > 0 tale che
52
−A +∞
ε
∫ f (t ) dt + ∫ f (t ) dt
−∞ A
<
3
+∞ +A
ε
∫e
− jω t
f (t ) dt ≤ ∫e
− jω t
f (t ) dt + .
−∞ −A
3
+A
f (t ) dt
− jω t 2
∫e < ε definitiva mente rispetto a ω
−A
3
esempio
M = sup{ f (t ); t ∈ (t k −1 , t k )} k = 1,2,..., n
f T (t ) = k
0 t = tk k = 0,1,..., n
soddisfa la disuguaglianza
A
ε
0≤ ∫ [ f (t ) − f (t )] dt < 3
−A
T
A n tk n
2
∫e
− jω t
f T (t ) dt = ∑M ∫e
k =1
k
− jω t
dt ≤ ∑
k =1
Mk
ω
−A t k −1
si evince che
A A
ε n
∫ e [ f (t ) − fT (t ) + fT (t ) ] dt ≤
2 2
∫e
− jω t
f (t ) dt = − jω t
3
+
ω
∑M
k =1
k <
3
ε
−A −A
se
53
n
6
ω >
ε
∑M
k =1
k .
+∞
F (ω ) ≤ ∫ f (t ) dt = M -∞ < ω < +∞
−∞
[ ]
ℑ f ( k ) = ( jω ) ℑ [ f ]
k
k = 1,2, K , m
η η η
∫ e f ' (t ) dt = e f (t )
− jω t − jω t
+ jω ∫ e − jω t f (t ) dt
−η −η −η
si evince che
ℑ[ f '] = ( jω ) ℑ[ f ] .
Da cui
[ ] [ ]
ℑ f ( k ) = ( jω ) ℑ f (k −1) = ........... = ( jω ) k ℑ[ f ]
Osservazione 3. In virtù della ii) della proprietà 2, la trasformata di Fourier di f (k ) tende a zero per
F (ω )
lim ω F (ω ) = lim =0
k
−k
ω → +∞ ω → +∞
ω
54
ovvero
−k
F (ω ) = o( ω ) ω → +∞ .
Quindi se
+∞
∫
−∞
f ( k ) (t ) dt < +∞ k = 0,1,2, K , m
e
lim f ( k ) (t ) = 0 k = 0,1,2, K , m − 1
t → +∞
F (ω ) ω F (ω ) ω
1
k −h
= k
→ 0 per ω → +∞ e con h = 0 ,1, K , k ,
ω
h
da cui
F (ω ) (1 + ω ) k
→0 per ω → +∞ .
F (ω ) (1 + ω ) k
<1 per ω > a .
F (ω ) (1 + ω ) k
<M per ω ≤ a .
Se c = min(1, M ) si ha
F (ω ) (1 + ω ) k
<c − ∞ < ω < +∞
ovvero
55
F (ω ) <
c
− ∞ < ω < +∞
(1 + ω ) k
+∞
∫ (1 + t ) f (t ) dt < + ∞
m
(1)
−∞
+∞
F (ω ) = ∫ e − jω t f (t ) dt
−∞
+∞ +∞
dk − jω t ∂k − jω t
F (k )
(ω ) = ∫e f (t ) dt = ∫−∞ ∂ω k (e f (t )) dt (2)
dω k −∞
ovvero
+∞
F ( k ) (ω ) = (− j ) k ∫ e − jω t t k f (t ) dt = (− j ) k ℑ t k f (t ) [ ] (3)
−∞
con k = 1,2,…,m
In particolare:
Se t k f (t ) ∈ L1 (−∞,+∞) ∀k ∈ N allora ℑ[ f ]∈ C ∞ (ℜ )
∂ k − jω t
∂ω k
e( f (t ) ) ≤ t k
f (t )
(vera per ogni k) e dalla (1) segue, per il criterio di Weierstrass, che l’integrale a destra
nella (2) converge uniformemente rispetto ad ω ∈ [a, b] (per ogni intervallo chiuso [a, b] ).
In virtù del teorema di derivazione sotto il segno, si evince la veridicità della (2) ovvero della (3).
[ ]
ℑ t k f (t ) = j k ℑ(k ) [ f (t )] k = 1,2, K , m
56
Nell’osservazione 3 è stato evidenziato che l’uguaglianza
[ ]
ℑ f ( k ) = ( jω ) ℑ [ f ]
k
implica
ℑ[ f ]
−k
[ ]
= ℑ f (k ) → 0 ω → +∞ .
ω
Da quanto precede si evince che quando si passa da una funzione f alla corrispondente trasformata
scambiano.
+∞
∫ f (k ) (t ) dt < + ∞ k = 0,1,2
−∞
lim f ( k ) (t ) = 0 k = 0,1
t → +∞
+∞ +∞
1
f (t ) g ∗ (t ) dt = ∫ F (ω ) G (ω ) dω
∗
∫
−∞
2π −∞
(4)
di g (t ) e G (ω ) .
57
+∞ +∞
1
∫ f (t ) dt = ∫ F (ω ) dω
2 2
(5)
−∞
2π −∞
+∞
1 jω t
f (t ) = ∫e F (ω ) dω
2π −∞
− λ e + λ si ottiene
λ λ
1 +∞ jω t
∫ f (t ) g ∗ (t ) dt = ∫−λ ∫ e F (ω ) dω dt =
∗
g (t )
−λ
2π −∞
+∞
λ jω t ∗
=
1
∫−∞ F (ω ) ∫ e g (t ) dt dω =
2π −λ
∗
1
+∞
λ − jω t
= ∫−∞ F (ω ) ∫e g (t ) dt dω ( 6)
2π −λ
+∞
jω t
∫e F (ω ) dω
−∞
Infatti in virtù delle ipotesi fatte su f , f 'e f '' (vedi osservazione 3) risulta
F (ω ) ≤ c ( 1 + ω ) −2
-∞ < ω <+∞
+∞ +∞
1 dω
∫ (1 + ω ) dω = 2 ∫ = 2.
0 (1 + ω )
2 2
−∞
58
∗
λ − jω +∞
F (ω ) ∫ e g (t ) dt ≤ ( 1 + ω ) ∫
−2
g (t ) dt
−λ −∞
l’integrale alla destra della (6) converge, per il criterio di Weierstrass, uniformemente rispetto a
λ ∈ (− ∞,+∞ ) , pertanto
∗ ∗
+∞
λ +∞ +∞
+∞
lim ∫ ∫ e − jω t g (t ) dt F (ω ) dω = ∫ ∫ e − jω t g (t ) dt F (ω ) dω = ∫ G ∗ (ω ) F (ω ) dω
λ →∞
−∞ −λ −∞ −∞ −∞
ℑ[ f (t − t o )] = e − jω t0 ℑ[ f (t )] .
ii) Sia
π π
x0 (t ) = I π t − − I π t +
2 2
allora
− jω π π
π 2 π
ℑ[I π (t )]= − 2 j sin ω sin ω
jω
X 0 (ω ) = e 2 − e 2 ω ≠0
2 ω 2
da cui
π
X 0 (ω ) = − j
4
sin 2 ω ω ≠0
ω 2
X 0 (0 ) = lim X 0 (ω ) = 0
ω →0
iii) Sia
x0 (t ) = t I 2 (t − 1) = (t − 1) I 2 (t − 1) + I 2 (t − 1)
59
allora
iv) Sia
π 2 π 2 π π 1 π
x0 (t ) =
2
t I π t − − t I π t + = t − I π t − + I π t −
π 2 4 π 2 4 π 4 2 4 2 2 4
2 π π 1 π
− t + I π t + + I π t +
π 4 2 4 2 2 4
allora
π π
π π jω − jω
2 − jω jω d e 4 +e 4
X 0 (ω ) = e 4 − e 4 j ℑ I π (t ) + ℑ I π (t )
π dω 2 2 2
4 π d 2 π π2 π
= sin ω sin ω + cos ω sin ω
π 4 dω ω 4 4 ω 4
2 π π 1
= ω sin ω − 41 − cos ω ω ≠0
π 2 2 πω 2
π
X 0 (0 ) = lim X 0 (ω ) = .
ω →0 2
[ ]
ℑ e jω0 t f (t ) = F (ω − ω0 ) .
Esempi
i) [ ]
ℑ e j t I T (t ) =
2
ω −1
sin (ω − 1)
T
2
ii) [ ]
ℑ e − j t I T (t ) =
2
ω +1
sin (ω + 1)
T
2
60
e j t − e− j t 1 1
iii) ℑ[I T (t ) sin t ] = ℑ sin (ω − 1) −
T 1 T
I T (t ) = sin (ω + 1) .
2j j ω − 1 2 ω +1 2
In particolare per T = 2π :
1 sin π (ω − 1) sin π (ω + 1)
ℑ[I 2π (t ) sin t ] = − .
j ω − 1 ω + 1
Se la trasformata di Fourier è pensata come la risposta in frequenza del segnale x(t ) , le proprietà di
una traslazione nei tempi comporta una moltiplicazione per un’esponenziale complesso nelle
frequenze:
ℑ[x(t − t 0 )] = e − j 2π f t0 X ( f ) .
ℑ−1 [ X ( f − f 0 )] = x(t ) e j 2π f0 t .
8. Scalatura: L’operazione di scalatura consiste nel moltiplicare la variabile t per un numero reale
Se risulta a < 0 il segnale oltre a essere dilatato è anche ribaltato nel tempo.
Inoltre la contrazione dell’asse dei tempi corrisponde a una dilatazione dell’asse delle frequenze e
viceversa, in quanto
1 f
ℑ[x(at )] = X
a a
In particolare è
ℑ[x(− t )] = X (− f ) .
+∞ −∞ τ +∞
dτ
f
− j 2π f − j 2π τ 1 f
ℑ[x(at )] = ∫ e − j 2π f t x(at ) dt = x(τ ) x(τ ) dτ =
1
−∞
∫e
+∞
a
a
=
a ∫e
−∞
a
X
a a
61
Nel caso in cui a > 0 si ha
+∞
dτ
f
− j 2π τ 1 f 1 f
ℑ[x(at )] = ∫ e a
x(τ ) = X = X
−∞
a a a a a
Esempio
t2
x(t ) = exp −
2
σ >0
2σ
noto come segnale gaussiano. A tale scopo riscriviamo il segnale nel modo seguente
t2
x(t ) = exp − π
1
= e −π ( at )
2
2
con a 2 =
2πσ 2πσ 2
[ ]
2
f
1 −π
ℑ e −π (at )
2
= e a
a
quindi
− t 2
2
ℑ e 2σ = σ 2π e −2π σ f .
2 2 2
9. Dualità. Dal fatto che le definizioni di trasformata e antitrasformata di Fourier differiscono per
oppure
ℑ[ f (t )] = F (ω ) ⇒ ℑ[F (t )] = 2π f (− ω ) .
62
+∞
f (t ) = F (ω ) dω
1 jω t
2π ∫e
−∞
si ottiene
+∞
f (ω ) = F (t ) dt
1 jω t
2π −∞
∫e
da cui
+∞
f (− ω ) = F (t ) dt = ℑ[F (t )]
1 − jω t 1
2π ∫e
−∞
2π
ovvero l’asserto.
Esempio.
i) Essendo
1 sin ω
ℑ I 2 (t ) =
2 ω
segue che
sin t
I 2 (− ω ) = π I 2 (ω ) = π [u (ω + 1) − u (ω − 1)] .
1
ℑ = 2π
t 2
sin π t
x(t ) = .
πt
Ricordando che
sin (π f T )
= X ( f ) = ℑ[I T (t )]
π f
e quindi
sin (π f ) = ℑ[I (t )]
π f
1
sin π t 1 1
ℑ = I1 (− f ) = I1 ( f ) = u f + − u f − .
πt 2 2
63
sin π t
In altre parole la trasformata di Fourier del segnale x(t ) = è l’impulso rettangolare unitario
πt
1 1
nell’intervallo di frequenza che va da f = − a f = .
2 2
10. convoluzione
ϕ 1 (t ) = f (t ) e − jω t e ϕ 2 (t ) = g (t ) e − jω t .
In virtù del fatto che la convoluzione di queste funzioni vale
+∞ +∞
ϕ 1 (t ) *ϕ 2 (t ) = ∫ f (u ) e − jω u g (t − u ) e − jω (t −u ) du = e − jω t ∫ f (u ) g (t − u ) du = e
− jω t
f (t )* g (t )
−∞ −∞
l’uguaglianza
+∞ +∞ +∞
∫ ϕ 1 (t ) ∗ ϕ 2 (t ) dt = ∫ ϕ 1 (t ) dt ∫ ϕ 2 (t ) dt
−∞ −∞ −∞
fornisce
+∞ +∞ +∞
∫e
− jω t
( f (t ) * g (t )) dt = ∫ e − jω t
f (t ) dt ∫e
− jω t
g (t ) dt
−∞ −∞ −∞
ovvero
ℑ[ f (t ) ∗ g (t )] = ℑ[ f (t )] ℑ[g (t )] .
trasformate di Fourier.
ℑ[ f (t ) g (t )] = F (ω ) ∗ G (ω )
1
2π
ovvero
+∞
ℑ[ f (t ) g (t )] = ∫ F (ω − u ) G(u ) du
1
2π −∞
64
Da cui, applicando la proprietà di dualità, si ottiene
[ ]
ℑ 4π 2 f (t ) g (t ) = 2π F (ω ) ∗ G (ω )
da cui l’asserto.
Osservazione
Quando un segnale x(t ) viene moltiplicato per un altro segnale y (t ) si dice che uno dei due segnali
X ( f ) = ℑ[x(t )] e Y ( f ) = ℑ[ y(t )]
+∞
ℑ[x(t ) y (t )] = X ( f ) * Y ( f ) = ∫ X ( f − η ) Y (η ) dη
−∞
a parole: La trasformata del prodotto di due segnali è data dalla convoluzione delle loro trasformate
Questa proprietà viene spesso indicata come proprietà di modulazione della trasformata di
Fourier.
+∞ +∞
Z( f ) = ∫ e − j 2π f t
z (t ) dt e Z( f ) = ∫ X ( f − η ) Y (η ) dη
−∞ −∞
si ottiene
+∞ +∞
∫ x(t ) y(t ) dt = ∫ X (− η ) Y (η ) dη
−∞ −∞
ℑ[ y * (t )] = Y * (− f )
si ottiene
+∞ +∞
∫ x(t ) y * (t ) dt = ∫ X (η )Y * (η ) dη
−∞ −∞
in particolare se x(t ) = y (t ) si ha
65
+∞ +∞
∫ x(t ) dt = ∫ X(f )
2 2
df
−∞ −∞
La relazione precedente, ovvero l’ identità di Parseval ci dice che:
L’energia del segnale x(t ) può essere calcolata integrando, indifferentemente, l’energia per unità
Per questo motivo X ( f ) viene detto densità spettrale di energia del segnale x(t ) .
2
+∞
∫ f (t ) − f (t ) dt → 0
−∞
n n→∞
Fn (ω ) = ℑ[ f n (t )]
Fn (ω )
→
u
F (ω ) − ∞ < ω < +∞ .
+∞
Fn (ω ) − F (ω ) ≤ ∫ f (t ) − f (t ) dt .
n
−∞
Altri esempi
4. Sia k > 0 e
e−k t t >0
f (t ) = 0 t =0
− e k t t<0
allora
2ω
ℑ[ f (t )] = − j → 0
k + ω 2 ω →−∞
2
66
Inoltre risulta
+∞
e−k t +∞
t >0
2ω 2 ω sin ω t
f (t ) =
1
∫ e jω t − j 2 2
dω = ∫ 2 dω = 0 t =0
2π −∞ k +ω π 0 k +ω 2
− e − k t
t<0
+∞
ω2 1 π
∫ (ω dω = .
0
2
+k )
2 2 k 4
Infatti è
+∞ +∞
f (t ) dt = 2 ∫ e −2 k t dt =
1
∫
2
−∞ 0
k
quindi
+∞ +∞
ω2
F (ω ) dω =
1 4 1
∫ ∫ (ω dω =
2
2π −∞
π 0
2
+k 2
) k
.
Si osservi che
+∞
ω2
2π j Re s F ( jk ) = 4 j
2 2 1 1
∫ (ω dω = =
π −∞
2
+k )
2 2 π 4 jk k
Dove
d ω2 ω2
Re s F ( jk ) = lim ( ) d 1
ω − = =
ω → j k dω
ω2 + k2
( j k lim
)
ω → j k dω 2
ω + k2 ( ) 2
4 jk
.
5. Sia f (t ) = e
−k t
k >0.
Allora
ℑe [ ] = k 2+kω
−k t
2 2
.
Infatti
[ ]= ∫ e
+∞ +∞
−k t − jω t −k t 2k
ℑe e dt = 2 ∫ e −k t cos ω t dt = .
−∞ 0
k + ω2
2
Inoltre risulta
+∞ +∞
−k t 1 jω t 2k 2 k
e = ∫e dω = ∫k cos ω t dω
2π −∞
k +ω
2 2
π 0
2
+ ω2
67
da cui
+∞
cos ω t π −k
∫k dω = t ∈ (− ∞,+∞ ) e k > 0 .
t
e
0
2
+ω 2
2k
Segue che
+∞
dω π
∫ (k
0
2
+ω 2
= 3
4k ) k > 0.
Si osservi che
+∞
dω π
∫ (k = 2π j Re s F ( j k ) =
−∞
2
+ω 2 2
) 2k 3
Re s ( j k ) = lim
d 1 2
=+
ω → j k dω (ω + j k )2
8 jk3
6. Sia
1 − t 2 t <1
f (t ) =
0 t >1
allora
+∞
2 sin ω t
( ) ( )
1 1
ℑ[ f (t )] = F (ω ) = ∫ e f ( t ) dt = 2∫ 1 − t cos ω t dt = 2 1 − t
− jω t 2
2
+ ∫ t sin ω t dt =
−∞ 0 ω ω0
4 cos ω t 1 sin ω t 4
1 1
= − t + = 3 (sin ω − ω cos ω ) .
ω ω 0
ω ω ω
0
Inoltre da
+∞ +∞
cos ω t
f (t ) = ∫ e F (ω ) dω = (sin ω − ω cos ω ) dω
1 jω t 4
2π −∞
π ∫
0
ω3
segue che
+∞
sin ω − cos ω ω π 3 3
∫ cos dω = = π
0
ω 3
2 44 16
1
(
2∫ 1 − t 2
) dt = π 8
2∫
(ω cos ω − sin ω ) 2
+∞
dω
0 0
6
ω
68
da cui
+∞
(ω cos ω − sin ω ) 2 dω = π
∫
0
6
ω 15
.
xn = x(nT ) = e j 2π f nT
la risposta (l’uscita) yn del sistema è data dalla somma di convoluzione tra il segnale
+∞
f T (n− k )
y n = x n ∗ hu = ∑h
k = −∞
k e j 2π
da cui
+∞
yn = y (nT ) = e j 2π f n T ∑h k e − j 2π fTk
k = −∞
a parole: La risposta del sistema è data dal prodotto del segnale d’ingresso per il numero
complesso
+∞
H(f )= ∑h k e − j 2π fTk
k = −∞
Da cui: L’uscita è un esponenziale complesso con la stessa frequenza f dell’ingresso ma con fase
y n = x n A e j ϕ = A e j ( 2π f Tn + ϕ )
+∞
H(f )= ∑h n e − j 2π fTn
n = −∞
che caratterizza il sistema nel dominio delle frequenze prende il nome di trasformata di Fourier
della sequenza h n .
69
In generale
+∞
X(f )= ∑x n e − j 2π fTn
n = −∞
in f . Inoltre ha la stessa forma dello sviluppo in serie di Fourier del segnale continuo X ( f )
periodico e di periodo 1 T in f . Pertanto i campioni xn della sequenza non sono altro che i
1 2T
∫ X(f ) e
j 2π f T n
xn = T df
−1 2 T
Proprietà
1. Valore nell’origine.
+∞
X (0 ) = ∑x n
n = −∞
ii) Il valore del campione in n = 0 , cioè x0 è dato dal prodotto di T per l’integrale della trasformata
calcolata su un periodo :
1 2T
x0 = T ∫ X ( f ) df
−1 2 T
2. Traslazione.
[ ]
i) ℑ xn−n0 = e − j 2π f T n0
X(f )
[
ii) ℑ e j 2π f0 T n
]
x(n ) = X ( f − f 0 )
70
i) Una traslazione nei tempi comporta una moltiplicazione per un esponenziale complesso nelle
frequenze.
ii) Una traslazione nelle frequenze comporta una moltiplicazione per un esponenziale complesso
nei tempi.
3. Modulazione.
1 2T
Z( f ) = T ∫ X (ϕ ) Y ( f − ϕ ) dϕ
−1 2 T
Infatti, si ha
+∞
+∞ +∞ 1 2T 1 2T
X (ϕ ) ∑ yn e − j 2π ( f −ϕ ) T n dϕ =
ℑ[xn yn ] = ∑x n yn e − j 2π fTn
= ∑ T ∫ X (ϕ ) e j 2π ϕ T n
dϕ yn e − j 2π fTn
=T ∫ n = −∞
n = −∞ n = −∞ −1 2 T −1 2 T
1 2T
=T ∫ X (ϕ ) Y ( f − ϕ ) dϕ
−1 2 T
L’espressione
1 2T
Z( f ) = T ∫ X (ϕ ) Y ( f − ϕ ) dϕ
−1 2 T
Z ( f ) = X ( f ) ⊗ Y ( f ).
Se X ( f ) = ℑ[xn ] allora l’energia della sequenza xn si può calcolare sia sommando i quadrati dei
moduli dei campioni della sequenza sia moltiplicando per T l’integrale del quadrato del modulo
+∞ 1 2T
∑ =T ∫ X ( f ) df .
2 2
xn
n = −∞ −1 2 T
71
+∞
i) Z ( f ) = ℑ[z n ] = ∑x n yn e − j 2π fTn
n = −∞
1 2T
ii) Z ( f ) = ℑ[xn yn ] = T ∫ X (ϕ )Y ( f − ϕ ) dϕ
−1 2 T
+∞ 1 2T
[ ]
Tenuto presente che ℑ yn = Y * (− f ) , la relazione precedente assume la forma
*
+∞ 1 2T
∑ xn y n = T ∫ X ( f )Y ( f ) df
* *
n = −∞ −1 2 T
72