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INDICE
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
Domande
Domande
A. Introduzione
B. Comunione nella Chiesa cattolica e tra le diverse Chiese
C. Comunione tra Vescovi, clero e fedeli
Domande
Domande
CONCLUSIONE GENERALE:
QUALE AVVENIRE PER I CRISTIANI DEL MEDIO ORIENTE?
“NON TEMERE, PICCOLO GREGGE!”
Domande
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
5. La nostra riflessione sarà guidata dalle Sacre Scritture, che sono state
redatte nelle nostre terre, nelle nostre lingue (ebraico, aramaico o greco), in
ambiti ed espressioni culturali e letterali che sentiamo nostri. La Parola di Dio
è letta nella Chiesa. Queste Scritture ci sono pervenute attraverso le comunità
ecclesiali, sono state trasmesse e meditate nelle nostre sacre Liturgie e sono un
riferimento indispensabile per scoprire il senso della nostra presenza,
comunione e testimonianza nel contesto attuale delle nostre Nazioni.
6. Cosa dice la Parola di Dio, qui ed ora, ad ogni Chiesa in ciascuno dei nostri
Paesi? Come si manifesta la Provvidenza benevola di Dio attraverso tutti gli
avvenimenti facili o difficili della nostra vita quotidiana? Cosa ci domanda
Dio in questi giorni? Restare, per impegnarci nel corso degli avvenimenti, che
è poi quello della Provvidenza e della grazia divina? Oppure emigrare?
Domande
12. Le nostre Chiese, del resto, sono d’origine apostolica e i nostri Paesi sono
stati la culla del Cristianesimo. Come ha detto il Santo Padre Benedetto XVI il
9 giugno 2007, esse sono custodi viventi delle origini cristiane[1]. Sono terre
benedette dalla presenza di Cristo stesso e delle prime generazioni cristiane.
Sarebbe una perdita per la Chiesa universale se il Cristianesimo dovesse
sparire o affievolirsi proprio là dove è nato. Abbiamo qui una grave
responsabilità: non soltanto mantenere la fede cristiana in queste terre sante,
ma più ancora mantenere lo spirito del Vangelo in queste popolazioni cristiane
e nei loro rapporti con quelle non cristiane, e conservare la memoria delle
origini.
14. Ora, per la nostra storia e la nostra cultura, noi siamo vicini a milioni di
persone, tanto culturalmente quanto spiritualmente. Spetta a noi, perciò,
condividere con loro il messaggio d’amore del Vangelo che abbiamo ricevuto.
In questo momento in cui intere popolazioni sono disorientate e cercano un
barlume di speranza, noi possiamo dare loro la speranza che è in noi per lo
Spirito che è stato diffuso nei nostri cuori (cf. Rm 5, 5).
15. A dispetto delle loro differenze, le nostre società arabe, turche ed iraniane
hanno caratteristiche comuni. La tradizione e il modo di vita tradizionale
prevalgono, in particolare per quel che riguarda la famiglia e l’educazione. Il
confessionalismo segna i rapporti tra i cristiani come con i non cristiani e si
riflette profondamente nelle mentalità e nei comportamenti. La religione è un
elemento d’identificazione che può separare dall’altro.
16. La modernità penetra sempre più nella società: l’accesso alle reti televisive
del mondo e a Internet ha introdotto, nella società civile e tra i cristiani, nuovi
valori ma anche una perdita di valori. Come risposta, si diffondono sempre più
i gruppi fondamentalisti islamici. Il potere reagisce con l’autoritarismo, il
controllo della stampa e dei media, mentre la maggioranza aspira a una vera
democrazia.
17. Benché in Medio Oriente i cristiani siano quasi ovunque una scarsa
minoranza (ad eccezione del Libano), che va da meno dell’1% (Iran, Turchia)
al 10% (Egitto), essi tuttavia irradiano attivo dinamismo. Il pericolo sta nel
ripiegamento su di sé e nella paura dell’altro. È necessario perciò che
rafforziamo la fede e la spiritualità dei nostri fedeli e, allo stesso tempo,
rinsaldiamo il legame sociale e la solidarietà tra di loro, senza cadere in un
atteggiamento ghettizzante. L’educazione, d’altronde, è l’investimento
maggiore. Le nostre Chiese e le nostre scuole potrebbero aiutare di più i meno
fortunati.
18. I conflitti politici in corso nella regione hanno un’influenza diretta sulla
vita dei cristiani, in quanto cittadini e in quanto cristiani. L’occupazione
israeliana dei Territori Palestinesi rende difficile la vita quotidiana per la
libertà di movimento, l’economia e la vita religiosa (accesso ai Luoghi Santi
condizionato da permessi militari concessi agli uni e agli altri, per motivi di
sicurezza). Inoltre, alcune teologie cristiane fondamentaliste giustificano,
basandosi sulle Sacre Scritture, l’occupazione della Palestina da parte di
Israele, il che rende ancor più delicata la posizione dei cristiani arabi.
19. In Iraq, la guerra ha scatenato le forze del male nel Paese, nelle
confessioni religiose e nelle correnti politiche. Essa ha mietuto vittime tra tutti
gli iracheni, ma i cristiani sono stati tra le vittime principali in quanto
rappresentano la comunità irachena più esigua e debole, e la politica mondiale
non ne tiene alcun conto.
21. Questa situazione dei cristiani nei Paesi arabi è stata descritta al § 13 della
10a Lettera Pastorale dei Patriarchi cattolici (del 2009). La conclusione
stigmatizza l’atteggiamento disfattista: “Di fronte a queste diverse realtà, gli
uni restano fermi nella loro fede e nel loro impegno nella società,
condividendo tutti i sacrifici e contribuendo al progetto sociale comune. Gli
altri, al contrario, si scoraggiano e non hanno più fiducia nella società e nella
sua capacità di garantire l’uguaglianza tra tutti i cittadini. Per questo
abbandonano ogni impegno e si ritirano nella loro Chiesa e nelle sue
istituzioni, vivendo in nuclei isolati, senza interagire con il corpo sociale”[2].
22. In Oriente, libertà di religione vuol dire, di solito, libertà di culto. Non si
tratta, dunque, di libertà di coscienza, cioè della libertà di rinunciare alla
propria religione o di credere in un’altra. In Oriente, la religione è, in
generale, una scelta sociale e perfino nazionale, non individuale. Cambiare
religione è ritenuto un tradimento alla società, alla cultura e alla nazione
costruita principalmente su una tradizione religiosa.
4. L’emigrazione
25. L’emigrazione dei cristiani e dei non cristiani del Medio Oriente è iniziata
verso la fine del XIX secolo. Le due cause principali erano politica ed
economica. I rapporti religiosi non erano dei migliori, ma il sistema dei
“millet” (comunità etnico-religiose) aveva assicurato una certa protezione ai
cristiani in seno alle loro comunità, il che impediva sempre i conflitti di
carattere religioso e tribale allo stesso tempo. Questa emigrazione si è
accentuata oggi con il conflitto israelo-palestinese e l’instabilità che ha
causato in tutta la regione, per finire con la guerra dell’Iraq e la precarietà
politica del Libano.
26. Nel gioco delle politiche internazionali, poi, si ignora spesso l’esistenza
dei cristiani, ed anche questa è una delle cause principali dell’emigrazione.
Ora, nella situazione politica attuale del Medio Oriente, è difficile creare
un’economia che possa procurare un livello di vita degno per tutta la società.
Si possono prendere alcune misure per ridurre l’emigrazione, ma alla base ci
sono le realtà politiche esistenti. È qui che bisognerebbe agire, e la Chiesa è
invitata ad impegnarsi in questo senso.
30. Il comportamento dei cristiani nelle nostre Chiese e società, di fronte alle
sfide menzionate sopra, è vario e differente:
- C’è anche il cristiano “laico”, che abbiamo visto, nei nostri Paesi,
specialmente nel corso della storia contemporanea, impegnarsi a fondo nella
vita pubblica, fondare partiti politici, soprattutto di sinistra, o diventarne
membro, spesso sacrificando la sua fede.
- C’è poi il cristiano che ha una fede tradizionale, fatta di devozioni e pratiche
esteriori, che non ha influenza sulla sua vita concreta o sulla scala dei valori.
Egli condivide invece i criteri e i valori pragmatici della sua società, a volte
anche in contraddizione con il Vangelo. Adotta gli atteggiamenti di lotta della
società e si differenzia dagli altri soltanto per le sue pratiche religiose
esteriori, le sue feste o il suo nome di cristiano.
32. Ciò richiede una conversione personale dei cristiani, ad iniziare dai
Pastori, mediante un ritorno allo spirito del Vangelo, affinché la nostra vita
divenga una testimonianza dell’amore di Dio, che si esprime nell’amore
concreto verso tutti e ciascuno. Essere testimone di Cristo risorto: (“Con
grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del
Signore Gesù …” [At 4, 33]), per superare il nostro egoismo, le nostre rivalità
e le nostre debolezze personali.
33. Nei nostri Paesi la vita consacrata è presente a vari livelli. Là dove manca
la dimensione contemplativa, sarebbe auspicabile sollecitarla. La prima
missione dei monaci e delle monache è la preghiera e l’intercessione per la
società: per più giustizia nella politica e nell’economia, più solidarietà e
rispetto nei rapporti familiari, più coraggio per denunciare le ingiustizie, più
onestà per non lasciarsi trascinare nelle dispute della civitas o nella ricerca
degli interessi personali. Così è l’etica che pastori, monaci, monache, religiosi,
educatori, devono proporre nelle nostre istituzioni (scuole, università, centri
sociali, ospedali, ecc.), affinché i nostri fedeli siano anch’essi testimoni
autentici della Resurrezione nella società.
35. A questo scopo, deve essere fatto uno sforzo particolare per scoprire e
formare i “quadri” necessari, sacerdoti, religiosi, religiose, laici – uomini e
donne –, affinché siano, nella nostra società, veri testimoni di Dio Padre e di
Gesù Risorto, e dello Spirito Santo che Egli ha inviato alla sua Chiesa, per
confortare i loro fratelli e sorelle in questi tempi difficili e contribuire
all’edificazione della civitas.
Domande
3. Che fanno le nostre Chiese per suscitare e incoraggiare le vocazioni alla
vita religiosa e contemplativa?
A. Introduzione
36. La comunione cristiana ha per fondamento il modello della vita divina nel
mistero della Santissima Trinità. Dio è amore (cf. 1 Gv 4, 8), e i rapporti tra le
persone divine sono rapporti d’amore. Così la comunione nella Chiesa tra tutte
le membra del Corpo di Cristo è fondata su rapporti d’amore: “Come tu,
Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21). È
necessario che, in seno a ciascuna Chiesa, viviamo tra di noi la comunione
stessa della Santissima Trinità. La vita della Chiesa e delle Chiese d’Oriente
deve essere comunione di vita nell’amore, sul modello dell’unione del Figlio
con il Padre e lo Spirito.
39. A livello dei fedeli, le nostre scuole e gli istituti d’istruzione superiore, ma
anche le istituzioni caritative quali ospedali, orfanotrofi e case di riposo,
accolgono tutti i cristiani indistintamente. Nelle città, i fedeli cattolici di
Chiese diverse praticano spesso nella chiesa più vicina, pur restando fedeli
alla propria comunità confessionale, nella quale ricevono i Sacramenti
(battesimo, confermazione, matrimonio ...).
40. La comunione, nella stessa Chiesa o Patriarcato, tra i vari membri avviene
sul modello della comunione con la Chiesa universale e con il Successore di
Pietro, il Vescovo di Roma. A livello della Chiesa Patriarcale, la comunione si
esprime mediante il sinodo che riunisce i Vescovi di tutta una comunità
attorno al Patriarca, Padre e capo della sua Chiesa. Al livello dell’eparchia, è
attorno al Vescovo che avviene la comunione del clero, dei religiosi e delle
religiose, come pure dei laici. La preghiera, la presenza eucaristica e l’ascolto
della Parola di Dio, sono i momenti che unificano la Chiesa e la riconducono
all’essenziale, al Vangelo. Spetta al Vescovo preoccuparsi di armonizzare il
tutto, nonostante i momenti di debolezza.
41. Questa grazia dal Vescovo viene comunicata ad ogni pastore di una
parrocchia o assemblea di credenti, nella quale ci saranno membri forti ed altri
meno forti. Malgrado i loro limiti, essi restano strumenti tra le mani di Dio il
quale ha affidato loro un tesoro contenuto in vasi d’argilla (cf. 2 Cor 4, 7).
Egli fa di loro lo strumento della sua grazia. “Quando sono debole, è allora
che sono forte”(2 Cor 12, 10).
42. Ma ciò significa che le membra del Corpo di Cristo e coloro che cercano
di seguirlo più da vicino, hanno una grave responsabilità nella comunità, non
soltanto per gestire la Chiesa di Dio a livello locale[6], ma più ancora sul
piano spirituale e morale: essi sono modello ed esempio per gli altri. La
comunità attende da loro che vivano concretamente, e in maniera esemplare, i
valori del Vangelo. Non ci si stupirà del fatto che i fedeli attendano da
Vescovi, sacerdoti, monaci e religiose una maggiore semplicità di vita, un
reale distacco in rapporto al denaro e alle comodità del mondo, una pratica
edificante della castità e una purezza di costumi trasparente. Non sempre è
così e ciò scandalizza profondamente i fedeli.
43. Inoltre, lo spirito dei due apostoli Giacomo e Giovanni, che chiedevano a
Gesù di concedere loro il primo posto alla Sua destra e alla Sua sinistra[7],
persiste ancora e provoca turbamenti tra i fedeli. Invece di ritrovarci assieme
per far fronte alle difficoltà, ci disputiamo a volte tra di noi e contiamo il
numero dei nostri fedeli, come per sapere quale è il più grande. Lo spirito di
rivalità ci distrugge; l’emulazione spirituale e pastorale, al contrario, può
stimolare la nostra creatività al servizio di tutti. È questa emulazione, per
servire, che bisogna incoraggiare e, come tutte le Chiese del mondo, le nostre
Chiese devono continuamente purificarsi. Questo Sinodo desidera aiutare a
compiere un esame di coscienza sincera per scoprire i punti forti, allo scopo di
promuoverli e svilupparli, e i punti deboli, per avere il coraggio di correggerli.
Domande
14. Come possono migliorare i rapporti tra le varie Chiese negli ambiti
dell’azione religiosa, caritativa e culturale?
46. La fede vissuta porta frutti abbondanti: una fede senza opere è una fede
morta (cf. Gc 2, 17). Le nostre Chiese sono attive: numerosi sono i progetti,
molti i movimenti di giovani, molte le istituzioni educative e caritative, ecc. A
volte queste attività sono professionalmente efficaci, ma non sempre sono una
testimonianza d’amore disinteressato che invita a conoscerne la fonte
evangelica.
48. Nei nostri Paesi, più ancora che in altre parti nel mondo, le Sacre Scritture
devono occupare il posto principale, ed è importante saperne a memoria molti
passaggi. È essenziale, altresì, conoscere bene la propria tradizione ecclesiale
così come è importante conoscere, lungi da ogni pregiudizio negativo, coloro
con cui viviamo, musulmani o ebrei, e sapere quali sono le obiezioni rivolte al
Cristianesimo, al fine di essere capaci di presentare meglio la fede cristiana.
49. È essenziale che su tutti gli argomenti che preoccupano la società civile, il
punto di vista cristiano sia chiaramente, solidamente e intelligentemente
esposto. Occorre formare i giovani e i fedeli al lavoro in équipe, alla
solidarietà con i più poveri e all’amore sincero verso tutti, cristiani e non,
formarli ad operare per il bene comune di tutta la società.
52. D’altra parte, l’azione della Chiesa si manifesta con un gran numero di
opere sociali: cliniche, ospedali, orfanotrofi, case per anziani e per disabili,
ecc. Anche qui i laici giocano un ruolo essenziale e non subalterno. Il pericolo
è che queste opere sociali si possano trasformare in rivalità confessionale. È
assolutamente necessario, allora, un coordinamento tra le Chiese per evitare
ripetizioni non necessarie in certi settori e dei vuoti in altri.
- sul piano individuale o tra Chiese, o tra Vescovi, parroci o fedeli laici, in
segno d’amicizia o di collaborazione;
L’altra difficoltà, d’ordine storico, riguarda la Terra Santa ove lo statuto dei
Luoghi Santi è sottoposto al regime dello statu quo. I rapporti sono a volte
difficili[9] nei due grandi santuari della cristianità, cioè il Santo Sepolcro e la
Basilica della Natività.
55. Il dialogo ecumenico viene condotto nel quadro del Consiglio delle Chiese
del Medio Oriente, (commissione “fede e unità”), che raggruppa tutte le
Chiese in quattro famiglie: la famiglia greco ortodossa, la famiglia ortodossa
orientale (le Chiese copta, siriaca ed armena), la famiglia cattolica con le sei
Chiese patriarcali e la Chiesa latina, e la famiglia protestante (anglicani,
luterani, presbiteriani e altre denominazioni). Questo Consiglio rappresenta
praticamente tutti i cristiani del mondo arabo e, con le sue molteplici
commissioni (fede, istituti teologici e seminari, giustizia e pace, gioventù,
ecc.), compie un lavoro ecumenico che apporta alle Chiese un soffio nuovo e
una capacità di frequentare e rispettare gli altri.
58. Non mancano, poi, progetti pastorali comuni elaborati nel Consiglio dei
Patriarchi Cattolici riuniti con i Patriarchi Ortodossi di Libano e Siria. Essi
riguardano quattro punti: i matrimoni misti tra diverse confessioni cristiane, la
prima comunione, un catechismo comune e una data comune per il Natale e la
Pasqua. Sono stati raggiunti degli accordi per quanto riguarda i primi tre
argomenti. Il catechismo comune è arrivato al 6° libro per la 6aelementare. La
questione dell’unificazione della data del Natale e della Pasqua, trattata dal
Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, incontra difficoltà insormontabili
(di disciplina, tradizione, ecc.). È tuttavia grande desiderio dei fedeli in tutti i
Paesi del Medio Oriente, poter celebrare un giorno queste due feste insieme.
60. C’è un ambito che meriterebbe una collaborazione su base regolare tra
cattolici ed ortodossi: è quello della liturgia. Sarebbe auspicabile uno sforzo di
rinnovamento, radicato nella tradizione e che tenga conto della sensibilità
moderna e dei bisogni spirituali e pastorali attuali. Tale lavoro dovrebbe
essere realizzato, per quanto possibile, congiuntamente.
Sul piano umano, ogni persona umana è creatura di Dio. A questo livello di
incontro, ognuno di noi vede il volto di Dio nell’altro, ne riconosce la dignità
e lo rispetta qualunque sia la sua religione o nazionalità.
63. Sul piano politico, questa relazione è ancora segnata da una situazione
d’ostilità tra Palestinesi e mondo arabo da un lato, e Stato d’Israele dall’altro
[aggravata da concezioni religiose]. Causa di questa ostilità è l’occupazione
da parte d’Israele dei Territori Palestinesi e di qualche territorio libanese e
siriano”[11]. A questo livello, spetta ai capi politici coinvolti, con l’aiuto della
comunità internazionale, prendere le decisioni necessarie in accordo con le
risoluzioni delle Nazioni Unite.
65. Spetta a noi, come cristiani, incoraggiare ogni pacifico mezzo che possa
condurre alla pace attraverso la giustizia. Rientra altresì nella nostra missione
rammentare sempre la distinzione tra piano religioso e piano politico. E, come
ricordava il compianto Giovanni Paolo II, “non c’è pace senza giustizia, non
c’è giustizia senza perdono”[14]. Dobbiamo imparare a perdonare, pur non
accettando mai l’ingiustizia.
66. Adoperarsi per creare gruppi d’amicizia e di riflessione in vista della pace
tra ebrei, musulmani e cristiani, è compito essenzialmente ed eminentemente
cristiano. Come Cristo ha distrutto il muro che separava Ebrei e Greci,
assumendo il male su di sé, sulla propria carne (cf. Ef 2, 13-14), così noi
dovremo far cadere il muro di paura, diffidenza e odio, con la nostra amicizia
con ebrei e musulmani, israeliti e palestinesi.
70. Tocca a noi, perciò, lavorare, con spirito d’amore e lealtà, per creare
un’uguaglianza totale tra i cittadini a tutti i livelli: politico, economico,
sociale, culturale e religioso, e questo conformemente alla maggioranza delle
Costituzioni dei nostri Paesi. Con questa lealtà alla patria, e in questo spirito
cristiano, noi facciamo fronte alla realtà vissuta, che potrebbe essere irta di
difficoltà quotidiane, cioè di dichiarazioni e minacce da parte di certi
movimenti. Constatiamo, in molti Paesi, la crescita del fondamentalismo, ma
anche la disponibilità di un gran numero di musulmani a lottare contro questo
estremismo religioso crescente.
75. Le sfide che oggi i nostri Paesi devono affrontare riguardano tutti:
cristiani, ebrei e musulmani, contemporaneamente. Di fronte ai conflitti e alle
ingerenze militari, le sfide della pace e della violenza hanno una grande
rilevanza. Parlare di pace e operare per la pace, mentre la guerra e la violenza
ci sono praticamente imposte, è una sfida. La soluzione dei conflitti è nelle
mani del Paese forte che occupa un Paese o gli impone la guerra. La violenza
è nelle mani del forte ma anche del debole, che, per liberarsi, può ugualmente
ricorrere alla violenza a portata di mano. Diversi nostri Paesi (Palestina, Iraq)
vivono la guerra e tutta la regione ne soffre direttamente, da generazioni.
Questa situazione è sfruttata dal terrorismo mondiale più radicale.
79. La modernità è anche un rischio per i cristiani. Le nostre società sono allo
stesso modo minacciate dall’assenza di Dio, dall’ateismo e dal materialismo, e
più ancora dal relativismo e dall’indifferentismo. È necessario che ricordiamo
il posto di Dio nella vita civile e in quella personale, e che diventiamo sempre
più uomini di preghiera, testimoni dello Spirito, che edifica e unisce. Tali
rischi, al pari dell’estremismo, possono facilmente distruggere le nostre
famiglie, società e Chiese. Da questo punto di vista, musulmani e cristiani
devono percorrere una strada comune.
81. Così facendo, seguiamo le tracce delle generazioni dei cristiani che ci
hanno preceduto: il loro apporto alla società è stato immenso, al livello
dell’educazione, della cultura e delle opere sociali, e ciò da numerose
generazioni. Essi hanno svolto un ruolo essenziale nella vita culturale,
economica e politica dei loro Paesi. Sono stati i pionieri della rinascita della
nazione araba.
82. Oggi la loro presenza nella politica, a parte il Libano, è più limitata,
soprattutto a motivo del loro numero ridotto. Pur tuttavia, il loro ruolo è
riconosciuto nella società. La Chiesa è presente nella società grazie alle
numerose istituzioni tenute dalle Chiese e dalle Congregazioni religiose, e
questa presenza è generalmente apprezzata. È auspicabile che i laici cristiani
si impegnino sempre più nella società.
3. Rapporti Stato-Chiesa
84. Alcuni Paesi sono Stati islamici, ove la charia è applicata non soltanto
nella vita privata, ma anche in quella sociale, anche per i non musulmani. Ciò
è sempre discriminatorio e, pertanto, contrario ai diritti dell’uomo.
86. In Medio Oriente esistono diversi conflitti nati a partire dal focolaio
principale che è il conflitto israelo-palestinese. Il cristiano ha un contributo
speciale da apportare nell’ambito della giustizia e della pace. È nostro dovere,
pertanto, denunciare con coraggio la violenza da qualunque parte essa
provenga, e suggerire un soluzione, che non può passare che per il dialogo.
Inoltre, mentre, da una parte, si esige giustizia per l’oppresso, è necessario,
dall’altra, introdurre il messaggio della riconciliazione basata sul perdono
reciproco. La forza dello Spirito Santo ci rende capaci di perdonare e chiedere
perdono. Solo questo atteggiamento può creare un’umanità nuova. I poteri
pubblici hanno bisogno di questa apertura spirituale che può procurare loro un
apporto cristiano umile e disinteressato. Permettere allo Spirito di penetrare i
cuori degli uomini e delle donne che soffrono nella nostra regione situazioni
conflittuali, ecco un contributo specifico del cristiano e il servizio migliore
che egli può rendere alla sua società.
Domande
24. Come testimoniare la fede cristiana nei nostri Paesi del Medio
Oriente?
27. Quali sono gli ambiti in cui può avvenire la collaborazione con i
musulmani?
CONCLUSIONE GENERALE:
QUALE AVVENIRE PER I CRISTIANI NEL MEDIO ORIENTE?
“NON TEMERE, PICCOLO GREGGE!”
B. La speranza
92. Questi sono i credenti di cui abbiamo bisogno, tanto al livello dei nostri
capi e padri, quanto a quello dei nostri fedeli. Ci aiuti la Vergine Maria,
presente con gli Apostoli nella Pentecoste, ad essere uomini e donne pronti a
ricevere lo Spirito e ad agire con la Sua forza.
Domande
[1] Cf. Benedetto XVI, Discorso di Benedetto XVI in occasione della visita
alla Congregazione per le Chiese Orientali: L’Osservatore
Romano (10.6.2007), p. 6.
[2] Conseil des Patriarches Catholiques d’Orient, 10e Lettre Pastorale sur le
chrétien arabe face aux défis contemporains « ‘L’amour de Dieu a été
répandu dans nos coeurs par l’Esprit Saint qui nous’ (Rm 5, 5)», Édition du
Secrétariat Général, Bkerké 2009, § 13 f.
[3] Ibid., § 7.
[4] Cf. Conseil des Patriarches Catholiques d’Orient, 4e Lettre Pastorale sur le
mystère de l’Église «Je suis la vigne, vous, les sarments (Jn 15,5) » Édition du
Secrétariat Général, Bkerké 1996, § 5-16.
[5] Cf. Conseil des Patriarches Catholiques d’Orient, 10e Lettre Pastorale sur
le chrétien arabe face aux défis contemporains « ‘L’amour de Dieu a été
répandu dans nos coeurs par l’Esprit Saint qui nous’ (Rm 5,5)», Édition du
Secrétariat Général, Bkerké 2009, § 11.
[6] San Paolo parla due volte de “la Chiesa di Dio che è in Corinto” (cf. 1
Cor 1,1 e 2 Cor1,2).
[7] Cf. Mc 10, 35-37. In Mt 20, 20-21 è la loro madre che rivolge la domanda
a Gesù.
[9] Nei due Luoghi Santi, uno statu quo regola i rapporti tra le tre confessioni
che custodiscono i luoghi: Latini (rappresentati dalla Custodia di Terra Santa,
cioè i padri francescani), Armeni e Greci. Si verificano a volte opposizioni o
scandali, immediatamente esacerbati dai mass media, a grande discapito della
Chiesa.
[11] Conseil des Patriarches Catholiques d’Orient, 10e Lettre Pastorale sur le
chrétien arabe face aux défis contemporains « ‘L’amour de Dieu a été
répandu dans nos coeurs par l’Esprit Saint qui nous’ (Rm 5,5)», Édition du
Secrétariat Général, Bkerké 2009, § 27.
[14] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Non
c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza
perdono” (08.12.2001): AAS 94 (2002) 132.
***
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