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sei sicuro che "l'apparire e scomparire" dei singoli momenti di cui parli, e che contrapponi al concetto di

divenire, non sia un fenomeno che necessiti a sua volta del concetto di divenire per essere descritto?

Sì, in quanto non c'è alcun apparire che smetta di apparire. L'apparire di ogni ente continua ad
apparire nella dimensione trascendentale anche quando non appare più nella prospettiva finita
dell'individuo

Ma dal punto di vista del singolo individuo, quindi dal punto di vista empirico, c'è un apparire che smette di
apparire (tu stesso dici "smette di apparire"). Questo apparire che smette di apparire come si spiega, se
non nel senso di dire che ciò che smette di apparire si trasforma in ciò che comincia a farlo?

In che modo si dice che le percezioni sensibili sono l'apparire e lo scomparire di fotogrammi? Abbiamo
anche le percezioni dell'apparire e dello scomparire? Se si, allora anche le percezioni dell'apparire dello
scomparire dei fotogrammi a loro volta sono apparizione e sparizione di fotogrammi, e così via
indefinitamente. Non è una critica, solo per capire.

Osservazione più che lecita la tua…In quale modo si dice dell'apparire e scomparire dei
"fotogrammi"? nel modo dell’autoriflessività dell’apparire.Si deve premettere, per evitare equivoci,
che l'apparire e scomparire di qualcosa è un qualsiasi contenuto che si presenta e poi si assenta, nel
modo che gli è proprio, all'atto del pensiero.Percepisco questa tastiera su cui batto le dita in questo
momento, ma non percepisco il ricordo del caffè che ho bevuto ieri nello stesso modo di questa
tastiera su cui sto battendo le dita. Il caffè di ieri e la tastiera che ora tocco sono, tuttavia, entrambi
dei pensati, sono cioè due contenuti che appaiono (e poi scompaiono). Alla considerazione del
progressus ad infinitum dell’apparire dell’apparire, Severino dedica una risposta determinata in
Destino della Necessità (che ti invito a leggere soltanto dopo “Essenza del Nichilismo”, testo che, a
mio avviso, dovrebbe essere letto per primo da chi si vuole avvicinare al pensiero del filosofo
Bresciano). Sinteticamente si può dire così; ciò che prima non appariva e poi appare è sempre un
contenuto e l’apparire di quel contenuto appare insieme al contenuto che appare. Esempio: appare il
semaforo verde dopo che si è spento il semaforo rosso; il verde che appare è il contenuto che appare
(o meglio che incomincia ad apparire). Fuori (relativamente fuori) dal vocabolario Severiniano si
direbbe; un contenuto non soltanto è quel che è (cioè è identico a se stesso e diverso dall’altro da sé
= verde non è non verde) ma è anche il suo stesso essere presente (=il suo stesso apparire). In altri
termini; verde è presente (quando è presente) ed è presente insieme al suo essere presente. Il
contenuto non appare separato dal suo apparire, perché un contenuto che appaia senza il suo
apparire non può apparire. Al di fuori del vocabolario Severiniano si direbbe; un contenuto, in
quanto tale, cioè per essere quel contenuto che è (questo verde), non può essere presente come quel
contenuto (“primo” apparire) senza il suo stesso essere presente (“secondo” apparire). Se l’essere
presente del contenuto non fosse presente, l’essere presente non sarebbe presente; ma ciò è
l’impossibile assurdo ( è un cerchio che non è cerchio, ad esempio che è quadrato). Il “primo”
apparire è il “secondo” apparire nel senso che non si danno separati “uno dall’altro”. Sono
distinguibili, ma non separabili.In altri termini; l’essere presente di questo verde è presente con
questo verde che è presente e, inevitabilmente insieme, appaiono e scompaiono. E’ tolta dunque la
base da cui prende il via il progressus ad infinitum, perché è tolto quel “terzo” apparire che si
costituisce astrattamente come altro dal “primo” e dal “secondo”. Il progressus è invece la
conclusione (astrattamente inevitabile) a cui perviene il pensiero isolante che separa, o astrae
appunto, l’apparire di un qualcosa da quel qualcosa che appare. Dopo questa separazione, cioè
trattando l’inseparato come un separato, costituisce un terzo apparire e quindi un quarto, un
quinto… e così indefinitamente. Spero di essere stato abbastanza chiaro, anche se, mi rendo conto,
che questi temi implicano una certa difficoltà a chi non conosce “nei dettagli” il discorso filosofico
di un vero gigante del pensiero.

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