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Obbligazioni solidali e parziarie

L’obbligazione è quel vincolo giuridico, in forza del quale un


soggetto, detto debitore, è tenuto ad una determinata
prestazione, suscettibile di valutazione economica, in favore di
un altro soggetto, detto creditore.
Quando il rapporto obbligatorio è caratterizzato dalla presenza
di più debitori e/o più creditori l’obbligazione è detta
soggettivamente complessa, nell’ambito di tale categoria è poi
possibile distinguere tra obbligazioni parziarie ed obbligazioni
solidali.
L’obbligazione è parziaria quando ciascun creditore può
esigere ovvero ciascun debitore può essere chiamato ad
adempiere, solo la parte dell’intera prestazione che gli
compete pro quota. L’obbligazione è solidale, invece, quando
ciascuno dei creditori può pretendere o ciascuno dei debitori
può essere chiamato ad adempiere l’intera prestazione, con
effetto estintivo sull’obbligazione. Più precisamente, nella
solidarietà passiva, cioè, tra debitori, il creditore potrà
rivolgersi ad uno qualsiasi dei debitori e l’adempimento da
questi effettuato libera anche gli altri debitori; nella solidarietà
attiva, cioè, tra creditori, il debitore potrà eseguire
l’adempimento nei confronti di uno qualsiasi dei creditori e
questo lo libera anche verso gli altri creditori.
Con specifico riferimento alle obbligazioni soggettivamente
complesse dal lato passivo, l’art. 1294 c.c. prevede una
presunzione di solidarietà, stabilendo che i condebitori sono
tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta
diversamente.

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Si tratta di una novità rispetto al previgente Codice Civile del
1865, il quale, conformandosi alla tradizione romanistica, si
ispirava al principio del favor debitoris, in forza del quale, la
regola era quella della parziarietà delle obbligazioni. Il
mutamento di prospettiva si colloca nel più ampio fenomeno
della c.d. commercializzazione del diritto civile, infatti, il
legislatore del 1942, nell’attribuire all’attività d’impresa un
ruolo centrale nel nuovo impianto codicistico, ha recepito la
presunzione di solidarietà già contenuta nel Codice di
Commercio del 1882, la cui ratio si rinviene nell’esigenza di
rafforzare la posizione del creditore che può, in tal modo,
procedere ad una sola esecuzione nei confronti del patrimonio
del debitore che ritiene maggiormente solvibile.
Viceversa, nel caso di obbligazioni soggettivamente complesse
dal lato attivo, non opera alcuna presunzione di solidarietà, per
cui essa dovrà risultare necessariamente dal titolo negoziale o
da una specifica previsione di legge.
Particolarmente discussa è stata in giurisprudenza la natura,
parziaria o solidale, delle obbligazioni assunte nell’interesse
del condominio: secondo l’orientamento tradizionale, la
responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte
nell’interesse del condominio, verso i terzi, ha natura solidale.
Alla base di tale orientamento viene posta proprio la
presunzione prevista dall’art. 1294 c.c. in base alla quale i
condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non
risulta diversamente, regola che si ritiene non derogata
dall’art. 1123 c.c. il quale si limita a ripartire le spese per la
conservazione ed il godimento delle parti comuni tra i

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condomini e, dunque, ha una rilevanza meramente interna.
Inoltre, dal punto di vista sistematico, la solidarietà
risulterebbe confermata dall’art. 1115 c.c. che, in materia di
comunione, qualifica espressamente come solidali le
obbligazioni contratte in relazione alla cosa comune, nonché,
dalla natura stessa del condominio quale ente di gestione,
sfornito di personalità giuridica, che opera in rappresentanza e
nell’interesse dei condomini per gestione e conservazione dei
beni comuni.
La giurisprudenza più recente ha, tuttavia, abbandonato tale
impostazione, facendo proprio l’orientamento, a lungo
minoritario, in base al quale la responsabilità dei singoli
condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso i
terzi ha natura parziaria. Secondo tale orientamento, infatti,
affinché possa operare la presunzione di solidarietà passiva di
cui all’art. 1294 c.c. è necessario che sussistano tutti gli
elementi strutturali dell’obbligazione solidale, vale a dire: la
pluralità di debitori, l’unicità della causa del rapporto, nel
senso che l’obbligazione deve sorgere dal medesimo fatto
giuridico e l’unicità della prestazione. Ebbene, nel caso delle
obbligazioni condominiali difetterebbe il requisito dell’unicità
della prestazione, il quale, con riferimento alla solidarietà dal
lato passivo, deve essere interpretato non solo nel senso che
tutti i debitori debbono essere obbligati per la medesima
prestazione, ma anche nel senso che tale prestazione deve
essere oggettivamente indivisibile. Viceversa, ove la
prestazione abbia natura intrinsecamente divisibile, la
solidarietà può operare solo in presenza di specifica

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disposizione di legge (o di specifica pattuizione), in mancanza,
la struttura parziaria dell’obbligazione prevale e ciascuno dei
debitori sarà tenuto a pagare il debito esclusivamente per la
sua parte.
Nelle obbligazioni assunte nell’interesse del condominio, verso
terzi, da un lato, la prestazione appare naturalisticamente
divisibile, consistendo nell’obbligo di pagare una somma di
denaro, dall’altro, non è dato rinvenire alcuna disposizione di
legge che disponga espressamente la solidarietà tra i
condomini. Questa, infatti, non può certamente essere desunta
dall’art. 1123 c.c. che nel suo dato letterale non distingue tra
profilo interno ed esterno, sicché, deve ritenersi che la
ripartizione pro quota, prevista dalla norma, valga anche per il
profilo esterno, cioè, per le obbligazioni assunte dal
condominio nei confronti dei terzi. Né può desumersi la
solidarietà dall’art. 1115 c.c. che non può trovare applicazione
per il condominio, regolando l’ipotesi specifica della divisione
della cosa comune, inoltre, anche a voler forzare il dato
normativo, la disposizione non stabilisce che le obbligazioni
contratte dai comproprietari hanno natura solidale, ma si
limita a disciplinare le obbligazioni che concretamente sono
contratte in solido.
Secondo questa nuova impostazione giurisprudenziale, inoltre,
la parziarietà delle obbligazioni condominiali troverebbe
conferma negli artt. 752, 754 e 1295 c.c. che prevedono la
parziarietà delle obbligazioni dei coeredi, tali disposizioni,
infatti, sarebbero espressione di un principio generale in forza
del quale, ogni qual volta la fonte dell’obbligazione comune è

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intimamente collegata con la titolarità di un diritto su una res,
cioè, si tratti di obbligazioni propter rem, la solidarietà viene
meno e ciascun compartecipe risponde soltanto per la parte
dell’obbligazione corrispondente alla sua quota dei beni.
Ebbene le obbligazioni condominiali sono certamente
obbligazioni propter rem, in quanto nascono come
conseguenza dell’appartenenza comune delle cose, degli
impianti e dei servizi condominiali, per cui a tali obbligazioni
devono essere applicati criteri consimili a quelli dettati dagli
articoli 752, 754 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie,
esse, cioè, sono obbligazioni parziarie.
Con il nuovo orientamento viene abbandonata anche la
configurazione del condominio come ente di gestione, che
opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei
condomini, tale configurazione, infatti, presuppone
strutturalmente un’autonomia patrimoniale, che secondo la
nuova impostazione, nel condominio, invece, non sussiste. In
tale prospettiva, si è osservato che l’amministratore e
l’assemblea gestiscono le parti comuni per conto dei
condomini, per cui il condominio non è titolare di un
patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni, che,
invece, fanno sempre capo ai singoli condomini. Dunque,
l’amministratore del condominio costituisce un ufficio di diritto
privato assimilabile al mandato con rappresentanza, sebbene
nei limiti delle materie di cui all’art. 1130 c.c., ne deriva, che
questi non può impegnare i singoli condomini, se non nei limiti
della rispettiva quota.

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Il principio della parziarietà delle obbligazioni pecuniarie
soggettivamente complesse, dal lato passivo, elaborato dalla
giurisprudenza in relazione alle obbligazioni condominiali,
appare suscettibile di applicazione generale, ne deriva che
tutte le obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di una
somma di denaro, in quanto intrinsecamente divisibili, hanno
natura parziaria, salvo che la solidarietà non risulti
espressamente prevista dalla legge ovvero non sia stata
pattuita dalla parti, sempreché, in quest’ultimo caso, si tratti di
disposizioni derogabili dall’autonomia privata.
Il nuovo orientamento consente, altresì, di delimitare i rapporti
esistenti tra obbligazioni solidali e parziarie, da un lato, ed
obbligazioni divisibili ed indivisibili, dall’altro. Più
precisamente, le obbligazioni divisibili sono di regola parziarie,
salvo che la legge o le parti non ne prevedano espressamente
la solidarietà. Le obbligazioni indivisibili, invece, in presenza
del requisito della plurisoggettività sono solidali, in quanto
l’indivisibilità della prestazione non è compatibile con
l’attuazione parziaria. Le due categorie, tuttavia, rimangono
ontologicamente distinte, come è desumibile, del resto, dalla
specifica collocazione codicistica, dalle specifiche regole
previste per le obbligazioni indivisibili dagli articoli 1318, 1319
e 1320 c.c. e dal richiamo ex art. 1317 c.c. della disciplina delle
obbligazioni solidali solo “in quanto applicabile”. E’ fuor di
dubbio, infatti, che nel nostro ordinamento esistano anche
obbligazioni plurisoggettive indivisibili ad esecuzione non
solidale, si tratta, in particolare, delle obbligazioni indivisibili
ad attuazione congiunta, che si caratterizzano non solo perché

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oggetto della prestazione è una cosa non è suscettibile di
divisione per sua natura o per il modo in cui è stato
considerato dalle parti contraenti, ma anche perché la
prestazione deve necessariamente essere eseguita attraverso
un’attività congiunta di tutti gli obbligati e non di uno solo (si
pensi ad esempio all’obbligazione di un complesso musicale).
Non sono mancate, tuttavia, posizioni critiche, rispetto alla
nuova impostazione elaborata in materia di obbligazioni
condominiali, in particolare, si è sostenuto che il requisito
strutturale dell’unicità della prestazione non implica
necessariamente l’indivisibilità della stessa, secondo tale
impostazione, rimasta legata la vecchio orientamento, ciò che
contraddistingue l’obbligazione solidale dal lato passivo,
rispetto all’obbligazione parziaria non è l’indivisibilità della
prestazione, ma semplicemente il fatto che il debitore può
essere costretto a pagare l’intero debito. Infatti, mentre
l’indivisibilità attiene alla natura della prestazione, la
solidarietà attiene agli effetti dell’obbligazione, per cui
l’obbligazione solidale può essere indifferentemente sia
indivisibile che divisibile e in quest’ultimo caso, il criterio per
stabilire se sussiste o meno solidarietà è quello previsto
dall’art. 1294 c.c. per cui l’obbligazione di presume solidale
salvo che risulti diversamente dalla legge o dal titolo.
E’ stata criticata anche l’idea che gli articoli 752, 754 e 1295
c.c. esprimano un principio generale in base al quale le
obbligazioni propter rem hanno natura parziaria. In tale
prospettiva, si è osservato che gli articoli 752 e 754 c.c.
costituirebbero, in realtà, un’eccezione all’opposto principio

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generale della solidarietà, giustificato dalla sopravvenuta
complessità soggettiva dell’obbligazione, a causa della morte
del soggetto originariamente tenuto all’adempimento; mentre
l’art. 1295 c.c. non farebbe altro che estendere tale regola
speciale, anche alle obbligazioni già solidali del de cuius, al
fine specifico di esonerare gli eredi dalla solidarietà altrimenti
applicabile nei loro confronti. Secondo tale impostazione,
dunque, poiché nelle obbligazioni condominiali non si
assisteste ad alcun fatto sopravvenuto che modifica la struttura
soggettiva dell’obbligazione, tali disposizioni non sono
applicabili e l’obbligazione dei condomini conserva l’originaria
natura solidale.
Al vivace dibattito dottrinale potrebbe adesso porre fine il
legislatore, più precisamente, l’occasione potrebbe essere
rappresentata dal Disegno di Legge n. 4041, attualmente
all’esame del Parlamento ed avente ad oggetto modifiche alla
disciplina del condominio. Allo stato attuale, infatti, tale
provvedimento prevede, da un lato, l’obbligo per
l’amministratore di agire, in tempi celeri, nei confronti dei
condomini morosi per il recupero coattivo delle somme dovute,
dall’altro stabilisce che il creditori del condominio non possono
agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se
non dopo l’escussione degli altri condomini. Se tale impianto
venisse confermato nel testo definitivo, dunque, le obbligazioni
del condominio verso i terzi tornerebbero ad essere regolate
dal criterio della solidarietà, seppur con l’attenuazione
derivante del beneficio di preventiva escussione.

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In materia extracontrattuale la solidarietà dell’obbligazione
risarcitoria è disciplinata dall’art. 2055 c.c. in base al quale,
nelle ipotesi in cui il fatto dannoso è imputabile a più persone,
tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.
Tale forma di solidarietà presenta caratteri peculiari, poiché si
prescinde dal requisito generale dell’unicità della causa
dell’obbligazione. E’, infatti, opinione ormai pacifica in
giurisprudenza che l’unicità del fatto dannoso richiesta
dall’art. 2055 c.c., per l’applicazione della solidarietà tra gli
autori dell’illecito, deve essere intesa non in senso assoluto, ma
con riferimento al danneggiato, per cui la responsabilità
solidale ricorre anche se il fatto dannoso sia derivato da più
azioni od omissioni costituenti fatti illeciti distinti, a condizione
che esse risultino legate da vincolo di interdipendenza ed
abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione
dell’unico danno.
In altri termini, per la configurabilità della responsabilità
solidale dei danneggianti è sufficiente che il fatto dannoso sia
imputabile a più soggetti, ancorché le condotte lesive siano tra
loro autonome e diversi siano i titoli di responsabilità di
ciascuno.
Ne deriva, che la persona danneggiata da un fatto illecito
imputabile a più persone, può pretendere l’intero risarcimento
anche da uno solo dei coobbligati, poiché la diversa gravità
delle rispettive colpe e l’eventuale diversa efficienza causale
delle diverse condotte, può assumere rilevanza solo nei
rapporti interni.

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Particolari problemi si sono posti, in giurisprudenza, in
relazione all’ipotesi in cui sia già intervenuta sentenza
definitiva nei confronti di uno solo dei corresponsabili, che
abbia accertato la concorrente responsabilità del danneggiante
e del danneggiato nella produzione dell’evento.
In particolare, ci si è chiesti se il danneggiato dopo aver
ottenuto il risarcimento da parte del soggetto chiamato nel
primo giudizio, possa convenire in un separato giudizio
un’altro soggetto, addebitandogli la parte residua di
responsabilità a lui ascritta nel primo giudizio ovvero se il
soggetto convenuto nel secondo giudizio possa opporre la
sentenza passata in giudicato pronunciata nei confronti
dell’altro corresponsabile.
Il dato normativo di riferimento in materia è certamente
costituito dell’art. 1306 c.c., tale disposizione, applicando alle
obbligazioni solidali il principio generale della relatività del
giudicato sancito dall’art. 2909 c.c. stabilisce, in primo luogo,
che la sentenza pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori
in solido ovvero tra il debitore ed uno dei creditori in solido
non produce nei confronti degli altri. Il secondo comma,
tuttavia, in deroga a questa regola generale, consente agli altri
compartecipi di avvalersi della sentenza ad essi favorevole,
salvo che si fondi su ragioni personali al condebitore. Anche in
tal caso, però, la sentenza non produce alcun effetto diretto ed
il giudice non può rilevare d’ufficio l’estensione del giudicato,
occorrendo, invece, che la sentenza favorevole sia invocata
espressamente dall’avente diritto.

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Il problema diviene, dunque, quello di stabilire se possa
considerarsi favorevole la sentenza con la quale nel primo
giudizio è stata riconosciuta la concorrente responsabilità del
danneggiante e del danneggiato nella produzione dell’evento e
se, pertanto, essa possa essere invocata dal secondo chiamato.
Ribadito che ai fini della responsabilità solidale è art. 2055 c.c.
è sufficiente che il fatto dannoso sia imputabile a più soggetti,
ancorché le condotte lesive siano tra loro autonome e diversi
siano i titoli di responsabilità di ciascuno, si deve ritenere che
il danneggiato non è tenuto a far valere tale responsabilità in
un unico processo, ma può farlo anche con giudizi separati.
Ebbene, in tali ipotesi, proprio in ragione della diversità delle
circostanze costituenti il fatto imputato a ciascun
corresponsabile, non può essere consentito a quello chiamato
in un giudizio successivo, di opporre la prima sentenza, poiché,
questa non ha in alcun modo preso in considerazione la sua
condotta. Nel primo giudizio, cioè, nessun giudicato si è
formato sulla condotta degli altri eventuali corresponsabili, per
cui il danneggiato può sempre instaurare autonomo giudizio
nei confronti di questi al fine di ottenere il residuo risarcimento
del danno.
In conclusione può, dunque, affermarsi che non può
considerarsi favorevole al corresponsabile solidale ai fini del
1306 comma II c.c. la sentenza che abbia affermato la
concorrente responsabilità del danneggiante e del danneggiato
nella produzione dell’evento, nella misura in cui il danneggiato
stesso, nel successivo giudizio, intenda imputare al terzo

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chiamato la responsabilità proprio di quell’apporto causale che
la prima sentenza gli aveva attribuito.
Diversamente opinando verrebbe frustrata la stessa ratio della
solidarietà di cui all’art. 2055 c.c. posta a tutela del
danneggiato e non del debitore non convenuto
immediatamente.

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