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VERITÀ
E DISSIMULAZIONE
L’INFINITO DI GIORDANO BRUNO
TRA CACCIA FILOSOFICA
E RIFORMA RELIGIOSA
a cura di
Massimiliano Traversino
Giuseppe Piccinno.
ISBN 978-88-98264-50-6
V
SOMMARIO
M. Traversino, ............................................ IX
PARTE PRIMA
Percorsi del pensiero bruniano:
cosmologia, antropologia, etica, magia, cristianesimo
a. Bönker-vallon,
sul nesso tra cosmologia e antropologia in Giordano
Bruno ............................................................................. 3
M. a. Granada, Giordano Bruno. De immenso, I, 1-3, con
................. 17
M. CaMpanini,
confronto ....................................................................... 45
M. CaMBi, Magia e lullismo nel pensiero di Giordano
Bruno ............................................................................. 63
T. leinkauf,
................................................................. 85
a. sChüTz,
.. 125
M. Traversino,
Giordano Bruno: spunti dal De docta ignorantia di
.......................................................................... 155
VI soMMario
PARTE SECONDA
Elementi della semantica bruniana della natura:
immanenza e trascendenza
PARTE TERZA
Religione, politica e diritto
nel tardo Cinquecento di Bruno e oltre
1
g. Bruno, , VIII, 10, in
[da ora in poi OL], a cura di F. Fiorentino , Morano, Na-
poli-Firenze 1879-1891, vol. I, t. 2, p. 316. Vd. la traduzione italiana in g.
Bruno, :
, a cura di C. Monti, Utet, Torino
1980, p. 806: «Sono venuti meno ormai il cielo peripatetico, principio e
termine di tutti gli esseri naturali».
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 19
( -
).
1. , I, 3: IL CONCETTO DI SISTEMA
PLANETARIO ( )
COME STRUTTURA FONDAMENTALE
NELL’UNIVERSO INFINITO
-
tolo, nella traduzione di Carlo Monti, «Disposizione dei
sistemi dei mondi nell’universo. Distinzione tra gli astri
2
cit., p. 426.
3
Vd. m. a. granada, , in e. canone - g. ernst
(edd.), , vol. II, Roma, coll. 142-
154.
20 miguel a. granada
-
ti raramente visibili”. Il titolo del capitolo ci informa su
un ulteriore punto molto importante: i due elementi che
compongono il sistema o differiscono tra loro
nella misura in cui la stella centrale brilla di luce pro-
pria, avendo l’elemento fuoco come componente predo-
4
OL, I, 1, p. 209.
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 21
nutrimento] dalle acque [i pianeti]»5, allo stesso modo in
cui i pianeti traggono dal loro sole la luce e il calore di
cui hanno bisogno. Il sistema planetario diverrà così una
struttura “perfetta”, nella misura in cui esso è la prima
-
5
cit., p. 426.
6
Vd. m. a. granada,
, 39, 469-495;
id., «Synodus ex mundis», cit.; id.,
-
, in H. HuFnagel - a. eusterscHulte (edd.),
, CEU Press,
Budapest-New York 2013, pp. 91-105.
22 miguel a. granada
7
OL, I, 1, p. 205: «in immenso aethereis spacio [...] unde tot astrorum,
mundorum inquam magnorumque animantium, et numinum uni altissimo
2. , I, 2: LA VICISSITUDINE
NELLA STORIA, LA STRUTTURA SILENICA
DELLA REALTÀ E LA VERA SAPIENZA
-
cere vere» (OL, I, 1, p. 201). Il motivo della caverna era già alla base dell’e-
logio del Nolano nel primo dialogo de ( , II, p. 47).
11
Cf. Cena, p. 47: «Il Nolano [...] ha disciolto l’animo umano e la co-
gnizione che era rinchiusa ne l’artissimo carcere de l’aria turbulento».
12
cit., p. 423.
24 miguel a. granada
13
OL, I, 1, p. 207.
14
Riteniamo che il motivo del ritorno del sole dopo la notte abbia anche
Cena,
II p. 41.
15
cit., p. 423; OL, I, 1, p. 207: «tentabunt
veterem adremeare cavernam».
16
cit., p. 423; OL, I, 1, p. 208.
17
cit., p. 424.
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 25
banchetto degli dèi olimpici presso gli etiopi. Ma penso
che sia appunto la verità del “para-dosso” eliocentrico
o copernicano (paradosso che, come sappiamo, è la via
o condizione indefettibile per la riscoperta della vera
-
cano massimamente di stabilire l’immobilità della terra
si fondano principalmente sulle apparenze. Sono preci-
samente questi argomenti i primi che crollano dopo che
anche noi rovesciamo la detta immobilità appellandoci
alle apparenze»)20 il peripatetico ossoniense Torquato
-
so l’adagio erasmiano “Anticiram navigat”21. Allo stesso
modo, Bruno dirà più avanti nel , alludendo
all’atteggiamento spregiativo di Aristotele nei -
22
, che la dottrina delle esalazioni umide dei pianeti
(quindi il sileno omerico del banchetto degli dèi olim-
20
coPernico, nostra traduzione. Cf. il testo latino in
n. koPernikus, -
,
nach den Handschriften herausgegeben, übersetzt und erläutert von Fritz
Rossmann, Darmstadt, 1948, p. 12: «Etenim quibus Physiologi stabilitatem
eius [Terrae] potissime conantur, apparentiis plerumque innituntur; quae
omnia hic in primis corruunt, cum etiam propter apparentiam versemus
eandem».
21
II, p. 213.
22
, I, 6-7; II, 2, 354b 33-34.
23
OL I, 2, pp. 229 sgg.; cit., p. 745.
24
OL I, 1, p. 381; cit., p. 563.
25
II, p. 213.
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 27
lega, Bruno denota il destino parallelo di “sapienza” e
-
dagnarsi il pane» ( ), ma «si procurano
le cose necessarie alla vita senza sottomettere a cose più
vili la maestà della verità, che deve essere coltivata per
se stessa»27. Ovviamente, Bruno fa sua quella concezio-
26
cit., p. 425; OL, I, 1, p. 208.
27
.
28 miguel a. granada
28
Vd. gli studi ormai classici di P. Hadot, -
, Einaudi, Torino 2010; , Einaudi,
Torino 2005.
29
cit., p. 425; OL I, 1, p. 209. Bruno
aveva già sostenuto questa tesi nello , sem-
pre sulla scorta di Seneca; vd. , V, pp. 239 sgg. e per il debito nei
confronti di Seneca, m. a. granada,
, Herder, Barcelona 2005, pp. 259-277.
30
L’espressione è attribuita da Cicerone a
Bias di Priene, uno dei sette sapienti (vd. , I, 1, 8).
Seneca invece la attribuisce a Stilpone di Megara; cf. , 9,
18-19 e , 5, 6-7. Bruno aveva tratto l’aneddoto dalla
lettera a Lucilio nello ; cf. , V p. 379.
31
cit., p. 425; OL I, 1, p. 209. Gli ane-
ddoti provengono, per quanto riguarda Platone, da Diogene Laerzio,
, III, 9 (Vita di Platone) e VIII, 85 (Vita di Filolao) e IV, 5 (Vita
di Spesusippo) per Aristotele. Non si dimentichi che queste rapide battute
riguardanti la vera sapienza saranno poi riprese e sviluppate in modo più
articolato nel libro conclusivo del . Cf. OL I, 2, pp. 286 sgg.
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 29
3. , I, 1: UNIVERSO INFINITO E UNO;
PERMANENZA NELL’ESSERE.
FICINO, BRUNO E SCHOPENHAUER
32
cit., p. 418; OL I, 1, p. 202: «Reddor
Dux, Lex, Lux, Vates, Pater, Author, Iterque».
30 miguel a. granada
33
OL I, 1, p. 206: «Hinc miraculum magnum a Trismegisto appella-
bitur homo, qui in Deum transeat quasi ipse sit deus, qui conatur omnia
cit., p. 422.
Cf. , § 6 e Marsilio Ficino,
, XIV, 3, vol. II, p. 256 (ed. R. Marcel, Les Belles Lettres, Paris
1964).
34
Vd. m.a. granada, -
, in id., El
-
bi”. Il tema viene sviluppato inizialmente in , I, 4. Vd. a. del
Prete,
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 31
dà ragione della capacità dell’imaginazione e dell’intel-
leto di oltrepassare ogni numero e ogni grandezza, sia
36
. Il
motivo però che viene presentato in modo più diffuso è
, in F. tinguely (ed.),
appetit semper esse quidquid aliquando est; ubique videre, quidquid alicubi
videt; [...] toto frui qui parte fruitur; [...] et consequutis non est contentum,
ubi aliquid ulterius remanserit assequendum». Cf. Ficino, -
Deus est omnia? Conatur mirum in modum. [...] Cum intellectus querat
res omnes intelligere et intelligendo formis earum penitur vestiatur, con-
affevtat bonis omnibus perfrui. Fruendo autem rebus, seipsam rebus quibus
fruitur unit (ed. Marcel, cit., vol. II, pp. 256, 258); ., XIV, 5: «Huma-
nus animus, et is quidem omnis, vitam aliquam cogitat sempiternam, quam
statim cogitatam affectat, semperque cupit esse. [...] Appetit noster animus
esse. Sed numquid naturalis est huiusmodi appetitus? Est absque dubio non
minus naturalis animo nostro quam caeteris rebus appetitus essendi. At
enim appetit esse semper. Num haec semper essendi cupiditas ita naturalis
est, sicut essendi? Est plane» ( ., pp. 262 sgg.).
32 miguel a. granada
-
quando est; ubique videre, quidquid alicubi videt; [...] toto
frui qui parte fruitur; [...] et consequutis non est contentum,
ubi aliquid ulterius remanserit assequendum.
-
to Diana dove si rispecchia l’inaccessibile Apollo, per
usare la terminologia del dialogo 38
. In
38
VII, dialoghi II, 2 e 3.
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 33
questo modo, l’unione con Dio può attuarsi in questa vita
attraverso la contemplazione intellettuale dell’universo
-
pitolo, riprendendo i motivi dell’epistola proemiale al De
, «divinitatis naturaeque splendorem, fusionem
et communicationem [...] perquirimus [...] in augusta
omnipotentis regia, in immenso aetheris spacio, in in-
potentia»39.
-
no non sia realizzabile. Si tratta del desiderio naturale,
secondo Ficino, di immortalità dell’anima individuale.
Nelle parole di Ficino,
39
OL I, 1, p. 205; cit., pp. 421 sgg.:
«ricerchiamo lo splendore, l’effondersi e la partecipazione della divinità
[...] nell’augusta regia dell’onnipotente, nell’immenso spazio dell’etere,
.
, IV, pp. 37-47; VII, pp.
417-423.
40
, XIV, 5, ed. Marcel, vol. II, pp. 262-265 (corsivo
nostro).
34 miguel a. granada
41
, in g. Bruno, , edizione diretta
da M. Ciliberto, a cura di S. Bassi, E. Scapparone, N. Tirinnanzi, Adelphi,
Milano 2000, par. 43, pp. 468-469: «Ratio prima, qua -
servari
philautia in genere» (corsivo nostro).
42
, ed. ., par. 48, pp. 230-233:
«universa in praesenti esse consistere cupiunt, quandoquidem -
; ideo generale quoddam
vinculum est amoris, reciproce animae ad proprium corpus et — modo suo
— proprii corporis ad animam» (corsivo nostro).
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 35
Neque nos ab istius lucis apprehensione [la necessità dell’u-
-
tae (sicut omnia particularia in praesenti forma perpeturari
desiderant) defraudatur: inde enim istud evenit, quod, cum
materia particularis universos simul actus comprehendere ne-
queat, successive comprehendit atque sigillatim43, ita, quod
praesens est tantum cognoscit atque desiderat: Per naturae
ergo dictamen , (quae est a con-
tractione formae ad hanc materiam, et limitatione materiae ab
hac forma) ; nescit
enim aliud unde venit et quo vadat.44
43
La materia non può ricevere simultaneamente tutte le forme. Per que-
(che deriva dal contrarsi della forma nella materia, e dalla con-
seguente limitazione che la materia subisce da quella forma); non conosce,
infatti, donde viene e dove va» (corsivo nostro).
36 miguel a. granada
detto chiaramente il 45
. L’ignoranza della
differenza tra essere e essere individuale (tra la vera so-
45
, IV, p. 275: «
-
nità e onniformità (possesso di tutte le forme) della so-
stanza quale Uno non soltanto ci libera dalla confusione
in cui era caduto Ficino, vale a dire dall’aspirazione ir-
-
nito, semplice modo della sostanza universale49. Si tratta
47
, III, pp. 279-281 aveva attribuito questa sapien-
za a Pitagora: «Non è mutazione che cerca altro essere, ma altro modo di
essere. E questa è la differenza tra l’universo e le cose de l’universo: perché
quello comprende tutto l’essere e tutti modi di essere; di queste ciascuna ha
tutto l’essere, ma non tutti i modi di essere. [...] ogni produzzione di qual-
sivoglia sorte che la sia è una alterazione; rimanendo la sustanza sempre
medesima, perché non è che una, uno ente divino, immortale. Questo lo
ha possuto intendere Pitagora, che non teme la morte ma aspetta la muta-
zione. [...] Ecco come non doviamo travagliarci il spirto, ecco come cosa
non è per cui sgomentar ne doviamo: perché questa unità è sola e stabile,
e sempre rimane: questo uno è eterno; ogni volto, ogni faccia, ogn’altra
,
«Bruniana & Campanelliana» 5 (1999), pp. 305-331.
48
OL, I, 1, p. 205. cit., p. 421: «Perciò,
se l’anima, a cui sono preparati gli strumenti del corpo equino, sapesse che
le aspettano successivamente gli strumenti del corpo umano e tutti gli altri,
magari in un ordine confuso, e che la morte degli strumenti presenti non
concerne affatto la vita futura (secondo innumerabili specie) non avrebbe
motivo per rattristarsi. , anzi, talvolta,
spontaneamente ad essa tende, a lei spontaneamente va incontro. Ad ogni
sostanza aspetta l’eternità per quanto concerne la durata, l’immensità per
quanto concerne il luogo, la totalità delle forme per quanto concerne l’atto»
(traduzione con mie correzioni).
49
Nel ( , III, p. 207) Bruno aveva già affermato
-
che e negli astri. A questo livello l’universo «è tutto quel che può essere»
( ). Al livello però degli individui particolari, l’universo «non è già
38 miguel a. granada
tutto quel che può essere» ( ), perché resta ancora l’attualizarsi degli
innumerevoli individui che possono essere e necessariamente saranno nel
,
IV, pp. 265-269) deve “rigettare” le forme individuali per dare esistenza
(sempre fugace) a sempre nuovi particolari. Non c’è dubbio che Bruno fa-
-
parire (cf. Lucrezio, , III, 870-977). È quanto si evince,
dopo la domanda irrazionale del pedante («Non credete che se la materia
si contentasse con la forma presente, nulla alterazione o passione arrebe
domìno sopra di noi, non moriremmo, sarrebemo incorrottibili et eterni»,
, IV, p. 229), dalla risposta di Gervasio: «E se la si fosse
contentata di quella forma che avea cinquanta anni addietro, che direste?
Sareste tu Polihimnio? [...] Come dumque ti piace che le altre forme abbia-
no ceduto a questa, cossì è in volontà de la natura che ordina l’universo,
che tutte le forme cedano a tutte. Lascio che è maggior dignità di questa
nostra sostanza, di farsi ogni cosa ricevendo tutte le forme, che ritenendone
una sola, et essere parziale. Cossì al suo possibile ha la similitudine di chi è
tutto in tutto» ( ., pp. 229-231). Si noti che qui la nostra sostanza viene
giordano Bruno. De immenso, i, 1-3 39
tà personale50 e il timore davanti alla morte. È infatti nel
supplemento numero 41 alla seconda edizione del -
, intitolato «Über den Tod und die Unzerstörbarkeit
unseres Wesens an sich» (
)51, che Scho-
penhauer, come già Bruno in precedenza, cerca di scon-
giurare il timore nei confronti della morte, con un discor-
so, dove non rinveniamo certamente riferimenti espliciti
a Bruno, ma che Bruno avrebbe potuto perfettamente
-
zione della sostanza universale con la Volontà:
Se dunque considerazioni di questa specie sono certo appro-
priate a suscitare la convinzione che c’è in noi qualcosa che
la morte non può distruggere; ciò accade comunque se ci in-
nalziamo a un punto di vista, guardando dal quale la nasci-
ta non è l’inizio della nostra esistenza. Ma da ciò segue che
ciò che viene provato come indistruttibile dalla morte, non è
propriamente l’individuo, che [...] come tale però può essere
50
Anche Schopenhauer distingue, in modo simile a Bruno (cf. nota 49),
le specie, per lui le prime oggettivazioni della Volontà, collegate alle idee
platoniche («Nel secondo libro ho spiegato che l’oggettità adeguata del-
la volontà come cosa in sé, in ognuno dei suoi gradi è l’idea platonica»,
53
., p. 507.
54
., pp. 523 sgg.
55
., p. 525.
56
.
42 miguel a. granada
-
-
ma drammatica. Si immagini il delicato, spirituale, pensoso essere, quale
ci viene incontro da questo suo scritto, tra le mani di rozzi preti infuriati
63
, cit., p. 525.
64
., p. 527.
65
; vd. , nota 50. Ci ha colpito fortemente non aver trovato
nessun accenno alla vicinanza concettuale tra Bruno e Schopenhauer, per
quanto riguarda i temi pressi in considerazione, nell’opera postuma di i.
VeccHiotti, , Urbino 2000.
Ci pare tanto più sorprendente per quanto Vecchiotti fu uno dei più grandi
conoscitori di Schopenhauer e del pensiero indiano. Non ci è stato possibile
-
mente la questione.