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Sul Nolano
ATTEONE: DA OVIDIO
A GIORDANO BRUNO
«Il gran cacciator divenne caccia»
Ogni cosa muta, nulla si distrugge.
di GUIDO DEL GIUDICE
Lo spirito vaga dall’uno all’altro e viceversa,
Ormai ho compiuto un’opera che né l’ira di impossessandosi del corpo
Giove, né il fuoco che capita, e dagli animali passa in corpi umani,
o il ferro, né il tempo che tutto consuma, da noi negli animali, senza mai deperire nel
potranno distruggere. tempo.
Versi densi di orgoglio questi che chiudono le Ascoltando queste parole si può ben capire
Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone. La fortuna perché le Metamorfosi ovidiane costituiscano una
del poeta di Sulmona, come egli si augurava, andrà fonte primaria anche per Giordano Bruno, che vi
ben oltre i confini spaziali e temporali dell’Impero ritrova la sua concezione della materia animata, e
romano, perdurando ancor oggi, a duemila anni di la conseguente fede nella metempsicosi. Talmen-
distanza dalla sua mutazione, avvenuta nel 17 o 18 te ampie e precise sono le corrispondenze, secon-
d.C. Mutazione, e non morte, perché: de per quantità soltanto a quelle col De rerum na-
tura di Lucrezio, da suggerire che il poema faces-
se parte dell’immenso patrimonio mnemonico
Nella pagina accanto: Marcantonio Franceschini (1648- del filosofo. In particolare il XV e ultimo libro, in
1729), Diana e Atteone (1692-1698 ca.), Vienna Collezione cui Pitagora la fa da padrone, costituisce un suo
Liechtenstein riferimento costante: