You are on page 1of 10

Volume 143 2015, fascicolo 1

2 01 5
L O E S C H E R E D I TO R E
TO R I N O
Note di gromatica militare*

Ac subiecta cernens Romana castra, admiratus esse dicitur et univer-


sam speciem castrorum et discripta suis quaeque partibus cum tendentium
ordine tum itinerum intervallis, et negasse barbarorum ea castra ulli vi-
deri posse1. Secondo la tradizione liviana, grande fu lo stupore di Filippo
di Macedonia nel vedere l’aspetto e l’organizzazione di un accampamento
romano, particolare dirimente, secondo Polibio, per chiarire la differenza
tra Romani e Greci nella conduzione di una campagna militare2.
L’allestimento di un accampamento rappresenta una delle pratiche di
eccellenza dei Romani. Basti citare, accanto al noto excursus polibiano3,
la descrizione di Giuseppe Flavio4 o le parole di Pirro ad Eraclea nel ve-
dere l’aspetto dell’accampamento romano5. Ciononostante, la letteratura
tecnica tràdita non sembra dedicarvi attenzione peculiare, se si eccettua
un accenno nello Strategicus di Onasandro6 e una trattazione più articolata
nella Epitoma di Vegezio7. Il primo si limita a generiche raccomandazioni
circa la scelta di luoghi salubri e l’opportunità di cambi frequenti di alloca-
zione, Vegezio riporta una serie di prescrizioni in merito a scelta del luogo,
forma, lavoro degli agrimensori, dislocazione delle truppe, turni di guardia
e, soprattutto, annovera la costruzione dell’accampamento tra le pratiche
cui addestrare le reclute, al tempo stesso deplorando la decadenza dei suoi
tempi anche in tale attività.
Scarsa attenzione hanno invece riscontrato nella storia degli studi mili-
tari gli echi della disciplina castrense all’interno della trattatistica militare
bizantina, là dove più volte si fa riferimento non solo alla forma e alla
costruzione di un accampamento, ma anche alla ripartizione interna de-
gli spazi. Il capitolo che lo Strategikon dedica all’argomento non soltanto

* Gromatica militare: lo ps. Igino. Prefazione, testo, traduzione e commento di

Antonino Grillone (Collection Latomus, 339). Bruxelles, Latomus 2012, pp. 268.
1 Liv. XXXI 34.8.
2 Plb. VI 42.1-5.
3 Plb. VI 27-42.
4 Jos. BJ III 5.77-88. Meno dettagliato rispetto a quello di Polibio, l’excursus di

Giuseppe Flavio non offre notizie approfondite di natura gromatica. Tende, piutto-
sto, ad evidenziare, attraverso alcune notazioni sulla ripartizione degli spazi interni,
aspetti come l’accuratezza nell’ordine e l’efficienza nell’organizzazione.
5 Plut. Pyr. 16.7.
6 Onas. 8-9.
7 Veg. I 21-25; III 8.

RFIC, 143, 2015, 193-201


194 immacolaTA eramo

reca informazioni e raccomandazioni di ordine generale – scelta del luogo,


presenza di corsi d’acqua, approvvigionamento, organizzazione della vita
quotidiana del campo –, ma fornisce anche precise indicazioni in merito
ad allocazioni e misure: appena dietro la linea dei carri, che circondano il
perimetro con funzione di difesa, si devono disporre le tende della fanteria
leggera, dietro ancora gli altri alloggiamenti, ad una distanza dalle prime di
300 o 400 piedi. Il campo deve, poi, essere percorso da due ampie strade,
tra loro perpendicolari, ai lati delle quali devono essere sistemate in ordine
le tende dei fanti, con una piccola distanza intermedia tra l’una e l’altra;
l’alloggio del comandante deve essere sistemato non al centro, bensì in
posizione defilata, in modo tale che egli non sia importunato dal frequente
passaggio delle truppe. L’autore ammette la possibilità di diverse forme,
che, a suo dire, «gli antichi» hanno tramandato, ma ritiene utile e ben ordi-
nata la forma quadrangolare allungata8.
Tra le truppe specializzate, l’esercito bizantino contempla al suo inter-
no i μήνσορες o μίνσωρες o μινσωράτωρες, spesso in associazione con
le squadre di acquartieramento, con il compito di precedere in avanscoper-
ta l’esercito – anche ad un giorno di distanza nel caso di luoghi sconosciuti
– e, con le opportune precauzioni e la sufficiente protezione, tracciare il
perimetro del campo e ripartire gli spazi interni secondo le esigenze di cia-
scun reparto9. Alla castrametazione è interamente dedicato il primo e più
lungo capitolo di un manuale adespoto databile all’età di Niceforo Foca,
cui l’erudizione del passato (Meursius e Du Cange) diede il nome, pro-
prio sulla base della intitulatio del primo capitolo, di Περὶ καταστάσεως
ἀπλήκτου, De castrametatione.

Nel panorama della letteratura de re militari e greca e latina, tuttavia,


un trattato monograficamente incentrato sulla castrametazione rappresenta
un unicum. Tale è il De metatione castrorum, un manuale adespoto, ace-
falo10 e di incerta datazione, di cui Antonino Grillone ha curato una nuova
edizione, corredata di traduzione, ampio e articolato commento, appendi-
ci e tavole. Della novitas dello scritto ha consapevolezza l’autore stesso
del De metatione, quando vanta l’originalità del suo metodo (methodum
metationis a me exquisitam, ad numerum cohortium pertinentem, inten-
to ingenio elaboravi, ut… novitatem metationis ad magnitudinem tuam

8 Strat. XII B 22.


9 Strat. I 3; I 9; II 12; VII B 17; IX 3; De re strat. 26; Leo Tact. IV 24;
IX 7; XII 43; XX 174; Nic. Ph. Prae. 5.2 e Vel. 13; Nic. Our. Tact. 62.2.
10 Avrebbero dovuto completare il testo anche schemi esplicativi, cui

più volte l’autore fa riferimento (cap. 2, in modum formae subiectae…


similiter ut forma ostenditur… sicut forma subiecta est; 3, formae ratio ut
reliquae; 15, in forma subiecimus; 23, numeros compositae formae reco-
gnoscamus), ma che sono andati perduti nel corso della tradizione.
note di gromatica militare 195

primus adferam: cap. 47) e la validità dei suoi puntuali precetti, a fronte
delle informazioni e dei suggerimenti generici degli autori antecedenti (in
quantum potui… pro tirocinio meo in brevi omnes auctores sum persecu-
tus, sed quidquid circa compositionem castrorum aestivalium instituerunt,
in hoc libello, priusquam numeros instituerem, sub ratione omnia decla-
ravi. principia in omni inceptatione metationis scribenda nullus auctor in
hunc diem ostendit, propter quod spero sollicitudinem nostram digne tibi
placituram: cap. 45).
La natura ibrida dell’opuscolo, che interseca due ambiti affini ma non
congruenti come gromatica e scienza militare, ne ha condizionato le sorti:
incluso in una raccolta di scritti di natura gromatica nella tradizione ma-
noscritta, che fa capo all’Arcerianus Guelferbitanus 36.23 (VI secolo: A),
non è stato contemplato nella raccolta dei Gromatici veteres di Lachmann
(1848) o nel Corpus Agrimensorum Romanorum di Thulin (1913). Se si
eccettua, poi, l’editio princeps di Schrijver, dove è parte di una raccolta
che comprende Vegezio, Frontino e il De rebus bellicis11, lo scritto è stato
spesso sottovalutato o decisamente ignorato dagli studi militari. Eppure,
nonostante l’esclusione dai corpora tematici, il De metatione ha riscontra-
to una cospicua attenzione, a giudicare dal numero non trascurabile di edi-
zioni singole, ad onta del suo carattere spiccatamente tecnico: dalla editio
princeps Scriverius del 1607 fino alla edizione Teubner a cura dello stesso
Antonino Grillone (1977) e alla Belles Lettres di Maurice Lenoir (1979),
senza dimenticare, per citare le più importanti, quella di Schele (1660),
Lange (1848), Gemoll (1879), von Domaszewski (1887). Di questi lavori,
il saggio di G. può considerarsi il prodotto finora più complesso ed esau-
stivo, nella misura in cui riprende e discute tutta una messe di contributi e
interventi che l’Autore ha nel corso degli anni dedicato all’opera.
La ricca prefazione dà conto dei problemi legati all’autore, al titolo e
alla datazione, per poi soffermarsi diffusamente sugli usi linguistici dell’o-
puscolo e su questioni testuali, che sono, poi, variamente riprese e in appa-
rato e nel commento. Segue una sezione dedicata alla struttura dell’opera –
58 capitoli, dei quali i primi 44 sono dedicati alla metatio, i capp. 45-47 al
riepilogo dei precetti forniti e a questioni metodologiche, gli ultimi 11 alla
munitio – e al suo contenuto: scelta del luogo per l’accampamento, forma
e misure, strumentazione, personale specializzato, acquartieramento delle
coorti legionarie (praetentura, retentura, latera praetorii con tutte le sot-
topartizioni), criterio di metatio adottato, fortificazioni e tipologie difen-
sive consigliate. Alla storia del testo sono dedicate le pagine successive:

11V. Inl. Fl. Vegetii Renati comitis, aliorumque aliquot veterum De Re


Militari libri. Accedunt Frontini Strategematibus eiusdem auctoris alia
opuscula. Omnia emendatius, quaedam nunc primum edita a Petro Scri-
verio. Cum commentariis aut notis God. Stewechii et Fr. Modii, [Leiden],
ex officina Plantiniana Raphelengij, 1607.
196 immacolaTA eramo

troviamo informazioni in merito ai testimoni manoscritti (tutti apografi di


A) e alle principali edizioni, i criteri utilizzati nella constitutio textus dai
precedenti editori e gli emendamenti proposti da ciascuno di essi.
Il testo è corredato da un dettagliato apparato critico tendenzialmente
positivo, con traduzione a fronte e note di interpretazione a pie’ di pagi-
na, che spesso anticipano argomenti diffusamente esposti nel commento
finale. In questo G. illustra con dovizia di ragguagli una serie di questioni
legate non solo all’esegesi di un testo di difficile comprensione (per la sua
natura tecnica innanzitutto, oltre che per le vicende legate alla sua trasmis-
sione), ma anche alla castrametazione in generale, senza trascurare i rap-
porti tra i precetti teorici esposti e le testimonianze archeologiche dispo-
nibili12. Il commento è preceduto da un’assai utile tabula discrepantium,
in cui è possibile verificare sinotticamente gli interventi degli editori nei
luoghi più mendosi o problematici, e seguìto da appendici che chiariscono
i termini chiave afferenti alla gromatica, la matematica e la geometria,
spiegano la struttura della coorte e le diverse parti di un accampamento e
chiariscono, infine, i costrutti del sermo cotidianus che l’autore mostra di
privilegiare. Le pagine finali ospitano l’indice degli autori antichi e una
nutrita nota bibliografica, che annovera in un unico complesso sia gli studi
sul De metatione che i contributi di carattere generale.
Il volume è completato da un’appendice di tavole, che risulta un cor-
redo indispensabile per la comprensione dell’opera. Dalle figure 5 e 5a è
evidente come la divergenza nell’interpretazione di alcuni punti chiave del
testo da parte di G. rispetto all’editore Belles Lettres Lenoir corrisponda ad
una ricostruzione e mappatura lievemente diversa nella ripartizione degli
spazi. Si veda, ad esempio, il locus gromae, che nello schema Lenoir è
ubicato, per l’asse orizzontale, in corrispondenza del segmento che colle-
ga due degli stipiti opposti delle porte laterali, mentre in quello Grillone
è situato nella intersezione dei segmenti che passano al centro degli assi
conducenti all’apertura di tutte e quattro le porte. Per l’esatta collocazione
della groma, G. sembra attenersi in modo più puntuale alla lezione del
testo, là dove, nel cap. 12, si afferma che lo strumento deve essere ubicato
nel luogo di intersezione dell’asse centrale delle porte (sia la praetoria,
come esplicitamente l’autore dichiara, che la principalis, come sembra di
potersi intendere: in introitu praetorii partis mediae ~ in conspectu rigo-
ris), sì che le linee formino una stella13. In questo caso si deve, poi, anche
valutare la predilezione, in più occasioni mostrata dall’autore, per la sim-
metria (vd. infra).

12 Vd., ad esempio, i raffronti effettuati con i campi di Novaesium e


Arentsburg (194-195) o con i castra Caecilia (201).
13 Un’indicazione sulla forma della intersezione della groma è fornita

anche da Hyg. lim. grom. 180 Lachmann, che però non ne chiarisce l’u-
bicazione.
note di gromatica militare 197

Quanto alla datazione, appare opportuna la scelta di circoscrivere il pe-


riodo di composizione del manuale tra l’inizio del III sec. d. C. e il 253-
259 (data in cui è attestato per l’ultima volta il legatus legionum), stante
la mancanza di riferimenti circostanziati a episodi noti: un dato, quest’ul-
timo, niente affatto inatteso, in considerazione del carattere atemporale
proprio di questi scritti, che si configurano come una sorta di prontuario o
vademecum nato dalla pratica sul campo ma di impianto sostanzialmente
teorico e astratto. Ne è prova l’incertezza e il fallimento cui sono votati
tutti i tentativi volti a verificare l’effettiva applicazione pratica, o anche
solo l’applicabilità, di questi precetti, avvalendosi di fonti archeologiche o
notizie di natura epigrafica o papirologica.
L’attribuzione a Igino, gromatico dell’età di Traiano, tra i cui scritti l’o-
puscolo è tramandato nell’Arcerianus, fu presto ricusata già dai primi edi-
tori, ma rimase ancora vitale in ossequio ad una consuetudo ormai invetera-
ta, tanto è vero che si legge ancora sulla copertina dell’edizione Teubner14.
Condivisibile appare la scelta di preferire il titolo De metatione castrorum a
De munitionibus castrorum. Quest’ultimo, infatti, frutto di congettura uma-
nistica (con questa inscriptio l’opuscolo compare nel Vat. lat. 3132, XVI
sec.) e accolto da Lange come genuino, in quanto erroneamente ritenuto
inscriptio di testimoni indipendenti da A, è stato per lungo tempo in uso,
ma non pare idoneo per l’argomento dell’opera, in quanto la munitio occupa
una posizione marginale e per giunta terminale dello scritto (nonostante le
precisazioni di Lange, che difende un uso estensivo di castra munire nel
senso di castra metari). Anche la proposta De castrametatione di Scriverius
risulta poco idonea, in quanto castrametari è attestato per la prima volta
nella Vulgata15. De metatione castrorum invece, titolo cui G. propende già
nella edizione Teubner del 1977 e nei contributi successivi16, ben rappresen-
ta l’argomento dell’opuscolo, nel quale più volte il termine metatio è usato
ad indicare il lavoro del gromatico militare, cui l’autore destina i suoi pre-
cetti17. Tale motivo induce pertanto G. ad accogliere il titolo già adottato dal
Pontano (quem mihi libellum Hygini de castrametatione relegendum atque
emendandum tradidisti, rivolgendosi a Schrijver), ma che tuttavia, è oppor-
tuno sottolineare, risale a Giorgio Merula, scopritore dei codici bobbiensi,
come si può desumere dalla lista allegata alla missiva con cui Merula comu-
nicò al Duca di Milano il rinvenimento di quegli esemplari, lista a noi nota
attraverso la copia di Raffaele Volterrano e Giacomo Aurelio Questenberg18.

14 Hyginus. De metatione castrorum. Il frontespizio riporta, invece:

Hygini qui dicitur de metatione castrorum liber.


15 Hier. in Vulg.: vd. ThLL, s. v.
16 Vd. soprattutto Grillone 1977, spec. 794-797 e la rec. all’edizione

Belles Lettres di Lenoir (Grillone 1984, 16-17).


17 Capp. 15, 23, 40, 45, 47, 56.
18 Vd. Ferrari 1970, 140-141.
198 immacolaTA eramo

Il volume ha il pregio di corredare il testo – sostanzialmente corrispon-


dente a quello dell’edizione Teubner, ad eccezione di alcune lievi diver-
genze su cui si dirà infra – di una traduzione italiana, particolarmente utile
per un tipo di letteratura tecnica che sta riscontrando interesse anche pres-
so un pubblico di non specialisti. A questo si aggiunga il merito di aver
raccolto e discusso tutta una serie di questioni legate alla intelligenza del
testo, spesso oggetto di fraintendimento anche a causa di una opinabile
pratica che ha indotto taluni studiosi a utilizzare il testo latino Teubner di
G. ma con la traduzione francese di Lenoir, che tuttavia, come si è accen-
nato, fornisce una lezione testuale divergente in più punti.
Rispetto all’edizione Teubner, l’apparato (perfezionato ed epurato di
alcune sviste) risulta arricchito dai riferimenti agli apporti esegetici – per
la maggior parte di mano dello stesso Autore – che si sono susseguiti dal
1977 ad oggi. Le modifiche del testo riguardano soprattutto la punteggia-
tura, perfezionata anche sulla base dell’interpretazione fornita a fronte,
ma anche qualche luogo, per il quale il ripensamento ha suggerito una
versione decisamente migliore. Si veda, ad esempio, al cap. 2, nel ten-
tativo di interpretare un tabulinum nū senestramutabimus di A privo di
senso, e a fronte delle diverse proposte dei precedenti editori (es. tabulino
<erit> nec hemistrigia mutabimus di Lenoir), G. preferisce al tabulinum;
<sig>num hemistrigii mutabimus, dell’edizione del 1977: tabulinum:
nam hemistrigia mutabimus, certamente migliore e non solo sul piano
paleografico. In questo luogo, infatti, si sta contemplando l’eventualità
di disporre un numero di coorti superiore rispetto a quello delle truppe
ausiliarie; in tal caso si rende necessaria una rotazione a 90° delle emistri-
ghe, in modo tale, cioè, che le file di tende diventino da parallele perpen-
dicolari. Così, al cap. 10, a differenza del testo Teubner, nel quale, sulla
scorta di Lange, l’editore espungeva il de presente in A, qui ripristina la
lezione manoscritta, in considerazione del fatto che de + abl. con funzio-
ne strumentale è in uso nel sermo cotidianus di età tarda. Correttamente,
poi, emenda il poterunt dei capp. 2, 7 e 39, evidentemente originato da
un fraintendimento di lettura, in poterint, che è lezione manoscritta (no-
nostante la sostanziale equipollenza delle due forme di futuro, come G.
evidenzia in apparato).
Per quanto concerne il testo, in linea generale appare sensata la scelta
di mantenersi fedele, per quanto possibile, al dettato di A, a fronte di in-
terventi emendativi o inutili o talora fantasiosi, nel tentativo di restituire
un senso comunque comprensibile e scevro di cruces. Tralascio i punti
che riguardano specificamente questioni di natura gromatica, in quanto
già diffusamente oggetto di discussione sia nel volume sia nei contributi
precedenti, e mi limito ad alcuni esempi significativi:
cap. 2: nunc, quotiens latitudo duplicatur, longitudo partes minuet. La
proposta partes (anche alla stregua delle indicazioni di Gemoll, il quale,
note di gromatica militare 199

tuttavia, in A leggeva partes e non partis)19 rispetto al partis tràdito ha


il merito di restituire, con un intervento minimo (la confusione e/i non è
fenomeno raro nell’Arcerianus20), un senso più idoneo rispetto al pariter
minuetur congetturato da Lange ed accolto dagli altri editori, Lenoir com-
preso. Benché pariter possa assumere anche il significato di ‘allo stesso
modo’, o meglio, nel nostro caso, ‘con gli stessi rapporti di proporzione’
(«im gleichen Verhältniss»: von Domaszewski; «dans la même propor-
tion»: Lenoir), questo senso – illustra G. anche attraverso l’ausilio della
fig. 4a della tav. 2 – è in aperta contraddizione con i valori numerici esposti
nelle righe immediatamente precedenti. Queste non stabiliscono, infatti,
rapporti diretti di proporzione tra ciascuna lunghezza e la relativa larghez-
za, bensì coefficienti di aumento e riduzione tra lunghezze da una parte e
larghezze dall’altra.
Cap. 16: turmarum stabunt. Equos. Anche per questo luogo si può con-
dividere la tendenza dell’editore a mantenere quanto più possibile la lezio-
ne di A, restituendo con un intervento minimo un testo che alla fine sem-
bra più congruo dal punto di vista del senso. A riporta turmarum stabunt
et quos, rispetto al quale l’emendamento di G. accoglie una congettura
già del Salmasius e, comportando l’espunzione di una sola lettera, risulta
anche paleograficamente preferibile. Meno convincente appare invece il
turmarum habent. Equos di Schele e il più cospicuo intervento di Lan-
ge turmarum est. Alunt (accolto da Lenoir), giustificato unicamente dalla
convinzione che stabunt sia l’esito di un est frainteso.
Cap. 48: nunc munitionem castrorum et reliqua, quae pluribus aucto-
res scripserunt, breviter perferamus. Sensata appare la proposta pluribus
auctores, già formulata da Schele e accolta da Lange e Gemoll, per il
pluribus auctoribus di A rispetto al plures auctores che Lenoir trae dal
Pontano; innanzitutto per motivi paleografici, dal momento che è nor-
malmente la desinenza della parola precedente a influenzare quella della
successiva e raramente viceversa. Quanto al significato, più che pensare
ad autori che trattano di munitio e di questioni simili in numero maggiore
rispetto a quelli che si occupano della sola metatio – materia che già l’au-
tore presenta come peregrina al cap. 45 –, è invece più opportuno ritenere
i due argomenti strettamente correlati, nel senso che, secondo l’autore, gli
scrittori che lo hanno preceduto si sono soffermati con dovizia di partico-
lari più sulla munitio che sulla metatio, ragion per cui ritiene opportuno
trattare breviter, per sommi capi e in modo cursorio, della munitio.
Anche per quanto riguarda la comprensione del testo, la traduzione di
G. appare fedele e sorvegliata, al tempo stesso perspicua e chiara soprat-
tutto nei passaggi più complessi, nonostante una certa sovrabbondanza di

19 Gemoll 1888, 166-167.


20 Parroni 1978, 408 e 410.
200 immacolaTA eramo

integrazioni, cha paiono non sempre strettamente necessarie. Si veda, ad


esempio, il combinatus del cap. 3, tradotto da G. «schierato in disposi-
zione simmetrica», laddove l’interpretazione di Lenoir «dans l’ordre ha-
bituel» sembra fraintenderne il senso: più che alla consuetudine, l’autore
intende far riferimento alla perfetta simmetria della dislocazione delle
truppe a destra e a sinistra, funzionale ad una più agevole disposizione
tattica dell’esercito21. Per lo stesso motivo anche la resa di von Doma-
szewski «im taktischen Verbande» risulta troppo generica e non rende a
pieno il senso specifico di combino, anche in ambito militare (= κατὰ δύο
ζευγίζω: vd. ThlL, s. v.). Al cap. 45 domine frater è correttamente inteso
come vocativo indirizzato non propriamente ad un fratello (vd., invece,
von Domaszewski: «Herr Bruder»; Lenoir: «Seigneur frère»), ma ad un
amico o a un collega che l’autore ha a cuore e a cui indirizza i propri pre-
cetti, a che possa trarne beneficio per la quotidiana attività di castrameta-
zione e contemporaneamente motivo di prestigio (intento ingenio elabo-
ravi, ut… novitatem metationis ad magnitudinem tuam primus adferam,
quae tibi spero placebit, si primum cottidianam metationem tractabis:
cap. 47): con tale accezione frater è formula in uso nella corrispondenza
tra ufficiali (come ammette lo stesso Lenoir nel comm. ad loc., pp. 124-
125). Nello stesso capitolo, tirocinio meo può ben ritenersi una formula
humilitatis espressa da un funzionario che presenta una serie di precetti
frutto della propria esperienza, di certo non trascurabile a giudicare dalla
complessità della materia trattata e dall’orgogliosa rivendicazione di no-
vitas che l’autore afferma al cap. 47. Non siamo di fronte ad un inesperto
(Lenoir: «eu égard à mon inexpérience») o ad un principiante (von Do-
maszewski: «als Anfänger), bensì ad un professionista che può vantare un
tirocinium tale da renderlo in grado di elaborare precetti teorici e mettere
a punto un nuovo metodo di castrametazione.
Questi esempi tra tutti valgano ad avallare i felici esiti di un lavoro
complesso e diuturno, che ha il pregio di contemperare esaustività a chia-
rezza, rappresentando un punto di riferimento per gli studiosi dell’opusco-
lo e al tempo stesso un’attiva conquista alla sua conoscenza anche da parte
di un pubblico non specialistico di cultori della materia gromatica e milita-
re. Pregi che rendono del tutto irrilevanti e trascurabili le rarissime mende
tipografiche e tollerabile la ridondanza di talune delle informazioni.

Immacolata Eramo

21 La predilezione dell’autore per la simmetria ricorre sovente nell’opu-


scolo: vd. cap. 7 (ita fit ut et pari numero dispositi), 8 (numerus et disposi-
tio dextra laevaque praetorii cohortium a paribus esse debent), 31 (sumo
partem dimidiam, ideo quod a paribus tendant).
note di gromatica militare 201

Bibliografia

von Domaszewski 1887 = A. von Domaszewski, Hygini gromatici liber de


munitionibus castrorum, Leipzig 1887.
Ferrari 1970 = M. Ferrari, Le scoperte a Bobbio nel 1493: vicende di codi-
ci e fortuna di testi, «IMU» 13, 1970, 139-152.
Gemoll 1879 = A. Gemoll, Hygini gromatici liber de munitionibus castro-
rum, Leipzig 1879.
Gemoll 1888 = A. Gemoll, Emendationen zu der Hyginischen Lagerbe-
schreibung, «Hermes» 17, 1888, 166-168.
Grillone 1977 = A. Grillone, Sul De metatione castrorum dello pseudo-
Igino, «Latomus» 36, 1977, 794-800.
Grillone 1984 = A. Grillone, Recensione a Pseudo-Hygin, Des fortifica-
tions du camp, texte établi, trad. et comm. par M. Lenoir, Paris 1979,
«Gnomon» 56, 1984, 15-26.
Lange 1848 = C. L. Lange, Hygini gromatici liber de munitionibus castro-
rum, Gottingae 1848.
Lenoir 1979 = M. Lenoir, Pseudo-Hygin. Des fortifications du camp, texte
établi, trad. et comm. par M. Lenoir, paris 1979.
Parroni 1978 = P. Parroni, Sul testo del De metatione castrorum dello Ps.-
Igino, «RFIC» 106, 1978, 406-413.
Schele 1660 = R. H. Schele, Hygini Gromatici et Polybii Megalopolitani
de castris Romanis quae extant, Amstelodami 1660.

You might also like