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perarchi perarchi

perarchi 3/4
In questo numero: una lunga e comples- Maurizio Agamennone
sa analisi della Sequenza VIII per violino Una questione di genere
solo di Luciano Berio, la narrazione di
Candida Felici
storie di donne violiniste nella Tunisia
La «Sequenza VIII» per violino solo di Luciano Berio
contemporanea, una riflessione sulla liu-
teria di donne a Cremona, la ricostruzio- Gabriele Rossi Rognoni
per archi nasce ne dell’opera di violinai, chitarrai e liutai Liutai, chitarrai e violinai nella Firenze del Cinque-
da esperienze, curiosità nella Firenze cinque-seicentesca, un ser- Seicento
e interessi molteplici, rato dialogo con il violoncellista e com- Maurizio Pisati
convergenti positore Giovanni Sollima, la trascrizione Un precipizio di rondini
nel riferimento al mondo di un lungo “solo” del contrabbassista jazz cadenze e cadute per Viola e Percussione
degli strumenti ad arco, Richard Davis e, infine, la pubblicazione
dalla tradizione cólta di Un precipizio di rondini (cadenze e ca- Serena Facci
euro-americana alle più rivista di storia
dute per viola e percussione), opera inedi- Liutaie a Cremona
recenti modulazioni e cultura
“world”, dal grande ta di Maurizio Pisati. degli strumenti ad Alyson E. Jones
gesto paganiniano arco Violiniste professionali nella Tunisia contemporanea
ai furori coreutici anno IV numero 3/4 Giovanni Fornaro
dei lautari, dalla severità novembre 2009
delle sonate e suites
“Violoncelles, narrez!”. Appunti sulla musica di
bachiane alle vielle Giovanni Sollima
d’Asia centrale. Vincenzo Caporaletti
Un medley ellingtoniano per contrabbasso e pianoforte
libreria musicale italiana

€ 15,00 . libreria musicale italiana .


2

Direttore responsabile
Maurizio Agamennone

Comitato scientifico
Maurizio Agamennone (Università di Firenze)
Vincenzo Caporaletti (Università di Macerata)
Serena Facci (Università di Roma “Tor Vergata”)
Giovanni Morelli (Università “Ca’ Foscari” di Venezia)

Direzione e redazione:
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Amministrazione
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Registrazione al n. 884 presso il Tribunale di Lucca il 06.08.2008

La collaborazione alla rivista avviene su invito della direzione.

© 2009 Libreria Musicale Italiana


ISBN 978-88-7096-578-0
per archi

rivista di storia
e cultura
degli strumenti
ad arco
anno IV numero 3/4
novembre 2009

· Libreria Musicale Italiana ·


INDICE

7 Una questione di genere


Maurizio Agamennone

Saggi
11 La «Sequenza VIII» per violino solo di Luciano Berio
Candida Felici
33 Liutai, chitarrai e violinai nella Firenze del Cinque-Seicento
Gabriele Rossi Rognoni

Musiche “per archi”


49 Un precipizio di rondini
cadenze e cadute per Viola e Percussione
Maurizio Pisati

Storie di oggi
71 Liutaie a Cremona
Serena Facci
87 Violiniste professionali nella Tunisia contemporanea
Alyson E. Jones
101 “Violoncelles, narrez!”. Appunti sulla musica di Giovanni Sollima
Giovanni Fornaro

“Soli” d’autore
121 Un medley ellingtoniano per contrabbasso e pianoforte
Vincenzo Caporaletti

135 Gli Autori


La «Sequenza VIII» per violino solo di Luciano Berio
di Candida Felici

Introduzione
Le Sequenze per un esecutore di Luciano Berio sono pietre miliari nella musica
del Novecento; esse hanno inaugurato un nuovo genere e costituiscono oggi un
punto di riferimento imprescindibile per chi voglia cimentarsi nella composizione
di opere per strumento solo. Composte tra il 1958, la Sequenza per flauto, e il 2002,
quella per violoncello, esse attraversano e rispecchiano tutto il percorso artistico
del loro autore.1
In queste opere Berio mira ad ottenere una percezione verticale, polifonica, di
sequenze di altezze eseguite ‘melodicamente’, concependo tali successioni di suoni
come campi armonici o strutture accordali. La polifonia viene realizzata con una
pluralità di mezzi: la tradizionale scrittura a più voci, il ritorno a distanza della
stessa altezza o dello stesso gruppo di altezze, delle stesse strutture, e la transizione
rapida tra oggetti e gesti dissimili.
Il virtuosismo si configura come ulteriore elemento fondante delle Sequenze, ma
con un significato più vasto della normale accezione; per Berio esso è intimamente
legato al pensiero musicale:
Il virtuosismo nasce spesso da un conflitto, da una tensione fra l’idea musicale e lo
strumento, fra il materiale e la materia musicale. […] Il virtuoso di oggi è un musicista

1. Sequenza per flauto, Suvini Zerboni, Milano 1958, ESZ 5531, poi ristampata come Sequenza I,
Universal Edition (UE), Wien 1991, UE 19957; Sequenza II per arpa, 1963/1985, UE 13715; Se-
quenza III per voce femminile, 1966, UE 13723; Sequenza IV per pianoforte, 1965/1993, UE 30137;
Sequenza V per trombone, 1966, UE 13725; Sequenza VI per viola, 1967, UE 13726; Sequenza VII
per oboe, 1969, UE 13754; Sequenza VIIa per oboe, 1969/2000, UE 31263; Sequenza VIIb per saxo-
fono soprano, 1969/1993, UE 30255; Sequenza VIII per violino, 1976, UE 15990; Sequenza IXa per
clarinetto, 1980, UE 15993; Sequenza IXb per saxofono contralto, 1980/1981 UE 17447; Sequenza
IXc per clarinetto basso, 1980/1998, UE 31234; Sequenza X per tromba e risonanze amplificate del
pianoforte, 1984, UE 18200; Sequenza XI per chitarra, 1988 UE 19273; Sequenza XII per fagotto,
1997, UE 30264; Sequenza XIII (Chanson) per fisarmonica, 1995, UE 30377; Sequenza XIV per
violoncello, 2002, UE 32914; Sequenza XIVb per contrabbasso 2002/2004, UE 33071.
12 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO
capace di muoversi in un’ampia prospettiva storica e di risolvere le tensioni tra la crea-
tività di ieri e di oggi. Le mie Sequenze sono scritte, sempre, per questo tipo di inter-
prete (non ho interesse né pazienza per gli specialisti di musica contemporanea), il cui
virtuosismo è, innanzi tutto, un virtuosismo di consapevolezza.2
Infine nelle Sequenze è estremamente importante la teatralità; in Berio essa si
compone di gesti musicali, concepiti da un lato come esteriorizzazione di emo-
zioni, dall’altro come «traccia di processi già avvenuti»,3 luogo di confluenza di
esperienze e storie diverse, di passato e presente. In alcune Sequenze, come la Se-
quenza III per voce o la Sequenza V per trombone, l’intento di una teatralizzazione
del suono è più evidente, in altre esso si cela dietro le pieghe della scrittura musi-
cale. Il fatto che cinque delle Sequenze — quelle per arpa, trombone, oboe, violino e
fagotto — partano da una singola nota ripetuta, per poi espandersi gradualmente
rivelando il materiale musicale dell’opera, ha già in sé una connotazione gestuale.
Allo stesso modo nelle Sequenze per viola, tromba e chitarra lo svilupparsi del per-
corso formale a partire da un materiale ristretto, un accordo o una diade, che fun-
ziona allo stesso tempo da incipit e da asse centrale, articola un percorso che si può
a buon diritto definire narrativo.4

L’opera e l’interprete5
Berio si espresse così a proposito dei dedicatari delle Sequenze:
Chaque Sequenza est dédiée à un virtuose, qui, dans la plus part des cas, l’a créé. Je
considère que composer pour un virtuose digne de ce nom, n’est aujourd’hui valable
que pour consacrer un accord particulier entre le compositeur et l’interprète, et aussi
comme témoignage d’un rapport humain.6
Le Sequenze devono essere dunque analizzate e comprese anche alla luce della
relazione artistica e umana tra Berio e i diversi interpreti per i quali sono state
composte.
Il dedicatario della Sequenza VIII per violino è Carlo Chiarappa. Egli incontrò la
prima volta Luciano Berio nel 1975 nella cascina che il compositore, rientrato in
Italia dopo l’esperienza americana,7 aveva comprato a Radicondoli, vicino Siena.
Tramite dell’incontro fu il violoncellista Vittorio Chiarappa, fratello di Carlo e al-
l’epoca collaboratore di Berio. Chiarappa ricorda che dopo cena Berio gli chiese di
suonare la Ciaccona dalla Partita in Re minore di Bach.

2. BERIO 1981, pp. 97 e 98.


3. BERIO 2000, p. 275.
4. HALFYARD 2007b, pp. 112-113.
5. Il contenuto di questo paragrafo è frutto di una serie di conversazioni da me intrattenute tra l’au-
tunno del 2007 e la primavera del 2008 con Carlo Chiarappa, cui sono grata per i preziosi com-
menti.
6. STOIANOVA 1985, p. 392.
7. Berio era tornato in Italia nel 1972, stabilendosi prima a Roma e poi acquistando il casale di Radi-
condoli.
CANDIDA FELICI 13

Da quel primo incontro nacque un’amicizia e un’intensa frequentazione e


qualche tempo dopo Berio gli disse che avrebbe voluto scrivere un pezzo per lui;
l’occasione si presentò allorché Serena de Bellis commissionò al compositore la Se-
quenza VIII, la cui prima esecuzione era prevista per il Festival di La Rochelle nel
luglio del 1977, nell’ambito di un concerto interamente dedicato alla sua musica,
con la partecipazione, tra gli altri, di Mistlav Rostropovic, le sorelle Labèque e Gé-
rard Caussé. Ma Carlo ricorda che il pezzo, a tre settimane dalla prima, non era an-
cora compiuto e dunque Berio lo invitò nella sua casa di Roma, dove passarono in-
sieme una settimana, il compositore chiuso in una stanza a scrivere, l’interprete in
un’altra a studiare ciò che il primo man mano gli consegnava.
In seguito, all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, Chiarappa ebbe l’occa-
sione di eseguire la Sequenza nell’ambito del Festival Settembre Musica di Torino,
affiancandola alla Ciaccona di Bach e al quinto Capriccio di Paganini. Per quanto
riguarda la Ciaccona è stato Berio stesso a fare esplicito riferimento a essa: “[…]
Sequenza VIII diventa anche, inevitabilmente, un omaggio a quel culmine musicale
che è la Ciaccona della Partita in re minore di Johann Sebastian Bach in cui — sto-
ricamente — coesistono tecniche violinistiche passate, presenti e future.”8 Chia-
rappa inoltre pone in relazione il Capriccio n. 5 di Paganini con il passo di pagina 7
della Sequenza, caratterizzato da veloci quartine di biscrome da eseguirsi staccato e
pianissimo.9 Egli è convinto della funzione fecondatrice che la musica del passato
ha per la musica d’oggi e quindi della necessità di mescolarle in concerto; anzi at-
tribuisce proprio a Berio, che egli considera il suo maître à penser, il merito di
averlo spinto ad approfondire la musica antica e a ricercare la verità di un’opera.
Anche per quanto riguarda l’uso del vibrato, fu Berio a consigliargli di variarlo e
utilizzarlo con più parsimonia, come indicato all’inizio della Sequenza nell’edi-
zione: “sempre senza o poco vibrato, molto intenso e alla corda”.
Chiarappa racconta che Berio aveva in un primo momento pensato di iniziare
l’opera con il si3. La Sequenza VIII infatti è tutta basata, come vedremo più avanti,
sui due suoni la-si, che fungono da pietre portanti dell’intero arco formale e, per
usare le parole dell’autore, “come in una ciaccona, costituiscono la bussola nel per-
corso abbastanza differenziato del pezzo”.10 La scelta di iniziare con il si non era ca-
suale, poiché la Sequenza per oboe (1969), immediatamente precedente quella per
violino, inizia proprio con il si3; esso risuona in pulsazione isocrona numerose
volte all’inizio e poi funziona da pedale durante tutto il pezzo, tenuto elettronica-
mente o da uno strumento nascosto. Sembra dunque che Berio cercasse di trac-
ciare un filo conduttore tra un’opera e l’altra, caratteristica questa non limitata alle
Sequenze. Ma nella Sequenza VIII alla fine decise di iniziare con il la, poiché ciò
consentiva, grazie alla corda vuota, di avere anche tre note contemporanee all’uni-
sono, accrescendo così la possibilità di generare varietà timbrica pur nella ripeti-
zione isocrona dello stesso suono per otto volte.
8. RESTAGNO (a cura di) 1995, p. 191.
9. Le pagine da qui in poi si riferiscono alla partitura edita, UE 15990.
10. RESTAGNO (a cura di) 1995, p. 191.
14 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

Esempio 1. Sequenza VIII, p. 1, sistemi 1-5

L’idea di utilizzare la sordina pesante dopo la sordina normale nell’ultima parte


della composizione è venuta a Berio proprio dalla convivenza romana con Carlo
Chiarappa; egli infatti utilizzava la sordina da studio per non disturbare il compo-
sitore al lavoro e quest’ultimo, incuriosito dall’effetto che non conosceva, decise di
adottarla proprio per il finale, in cui la musica si ripiega su se stessa in un canto
sommesso, fino a spegnersi sulle stesse note da cui il viaggio era partito.
Grande valenza semantica riveste la stretta vicinanza con l’interprete nell’atto
stesso del comporre; la personalità di quest’ultimo, il suo modo di porsi di fronte
all’oggetto musicale non possono non riflettersi, seppur in minima parte, nell’opera
che in quel momento va prendendo corpo. È legittimo chiedersi quanto della me-
moria di quel primo incontro a Radicondoli e dell’esecuzione della Ciaccona di
Bach da parte di Chiarappa possa essersi riverberato nell’ideazione del progetto
compositivo, al di là di particolari meno rilevanti come l’uso della sordina da
studio per il finale. Si tratta certamente di un processo dialettico, che ha fatto sì che
anche il modo di avvicinarsi alla musica, da parte dello stesso Chiarappa, si sia in
qualche modo modificato grazie all’esperienza vissuta con la Sequenza VIII, opera
che lo ha accompagnato in tutta la sua carriera.
Prendiamo ora in considerazione il livello di libertà concesso all’interprete nella
partitura. La Sequenza VIII non presenta divisione in misure, ma stabilisce un va-
lore metronomico di 54 alla semiminima, che nel corso della prima parte del pezzo
subisce una progressiva accelerazione fino ad una velocità di 144 alla semiminima
CANDIDA FELICI 15

— in un contesto costituito da figurazioni di semicrome — e poi di 72 — ma in un


contesto di biscrome — che rimane costante da pagina 7 a pagina 9.
A pagina 7, al culmine di un percorso di accrescimento del materiale musicale e
della tensione emotiva, il compositore fornisce la possibilità di scegliere l’ordine di
successione di sei moduli di biscrome da ripetere in staccato e pianissimo per 60 se-
condi; chiede però all’esecutore di evitare di ripetere due volte di seguito lo stesso
modulo (Esempio 2). Si tratta qui di una sorta di alea controllata. Lo stesso si veri-
fica a pagina 8, quando Berio indica solo la prima nota di una serie di biscrome e
tralascia le successive, annotando però per ciascuna la posizione e la diteggiatura.
Chiarappa sottolinea che in entrambi i casi si tratta di una libertà solo appa-
rente; infatti quando Berio rielaborò la Sequenza VIII per farne un brano per vio-
lino solista e ensemble di due corni e archi, dal titolo evocativo di Corale11 — come
è il caso di altre Sequenze, rielaborate in composizioni per solista e ensemble o or-
chestra, intitolate significativamente Chemins — la parte del violino è pressoché
identica alla Sequenza VIII, ma il passo di pagina 7, che prevedeva la possibilità di
scelta da parte dell’interprete dell’ordine di successione dei sei moduli, qui viene
fissato nella partitura e il passo di pagina 8 viene trascritto notando per esteso tutte
le note (Chiarappa ricorda che è stato lui stesso a farlo su richiesta del composi-
tore). Invece in corrispondenza del passo di pagina 10, in cui la tensione comincia
a scemare e che reca l’indicazione “tempo molto instabile, come improvvisando”,
in Corale la libertà è lasciata inalterata tramite un accompagnamento assai scarno,
in cui l’orchestra ha la funzione di creare un alone sonoro ravvivato solo da brevi
interventi in base a specifici segnali del direttore.
Chiarappa afferma che Corale è come la Sequenza VIII vista allo specchio, in cui
gli affetti sono sottolineati ed esasperati dal gruppo strumentale. Anche per que-
st’opera gli fu affidata la prima esecuzione assoluta, che avvenne a Zurigo nel 1982
con dedica a Paul e Maya Sacher.

11. Corale (su Sequenza VIII) per violino, due corni e archi, 1981, UE 17545.
16 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

Esempio 2. Sequenza VIII, p. 7

Struttura della Sequenza VIII


Dal punto di vista formale l’opera si configura come una continua esplosione-
implosione a partire da un nucleo generatore, la3-si3, che funge da baricentro di
tutta la composizione. Attorno a questi due suoni si raggrumano i vicini cromatici
CANDIDA FELICI 17

per poi espandersi in figurazioni di arpeggio e quartine, che, dopo essersi svilup-
pate verso l’acuto e verso il grave, periodicamente si ripiegano su se stesse, configu-
rando il pezzo come una sorta di ciaccona. La diade la-si può considerarsi soggia-
cente all’intera composizione, in quanto costituisce il nucleo generatore di tutti i
passaggi e le figurazioni, pur estremamente distanti tra loro per scrittura, espres-
sione e tecnica esecutiva.
In questo suo riferirsi a un asse centrale l’opera ricorda, come ho detto, la Se-
quenza VII per oboe; ma anche in Sinfonia la diade reb-mib è tenuta per tutto il
quarto movimento e in Voci12 il la funziona da punto di riferimento costantemente
ricorrente. Nell’opera di Berio riveste grande importanza il concetto di ridondanza,
il cui livello minimo è la semplice ripetizione, ma che può raggiungere anche una
grande complessità, implicante comunque il ritorno di oggetti o strutture musicali
riconoscibili come tali dagli ascoltatori; la ridondanza è intimamente connessa alla
memoria e in definitiva alla nostra possibilità di attribuire un senso attraverso il ri-
conoscimento dell’identità.13
Il ritorno della diade la-si in valori isocroni nel corso della composizione assolve
una pluralità di funzioni, come memoria interna al pezzo, memoria dei suoi ante-
cedenti storici, ma anche segnale che marca il passaggio da una sezione all’altra.
Esso ha dunque una forte connotazione gestuale e qui vale la pena ricordare che il
gesto per Berio è sempre la sintesi creativa dell’hic et nunc con la memoria di innu-
merevoli gesti passati.14
Nella Sequenza VIII c’è tutto il vocabolario del violino, esibito con l’orgoglio
della sua storia plurisecolare; come ricorda lo stesso Berio:
Tandis que presque toutes mes Sequenza […] développent à l’extrême un choix très
restreint de l’instrument et du comportement du soliste, celle-ci présente une image
globale et plus historique de l’instrument. On peut donc écouter Sequenza VIII
comme un développement de gestes intrumentaux.15
Le principali tecniche esecutive impiegate nella Sequenza si possono così riassu-
mere :

- lo stesso suono eseguito di seguito su corde diverse;


- lo stesso suono eseguito all’unisono su corde diverse;
- molteplici dinamiche tra il fff e il ppp;
- tremoli;
- ribattuti;
- figurazioni di arpeggi velocissimi;
- cantabile;
- staccato velocissimo;

12. Voci (folk songs II) per viola e due gruppi strumentali, 1984, UE 31122.
13. BERIO 1981, p. 142.
14. BERIO 2000.
15. STOIANOVA 1985, p. 419.
18 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

- colpi d’arco;
- polifonia a due voci;
- accordi di 3 e 4 suoni.

Tuttavia forse l’elemento che presenta maggiori difficoltà esecutive è proprio la


transizione rapidissima tra caratteri diversi e contrastanti, che costituisce il noc-
ciolo di quella polifonia implicita così importante per la comprensione di tutto il
ciclo delle Sequenze, un esempio del quale è costituito proprio dal passo di pagina
7, in cui si ha la giustapposizione di accordi in fortissimo di tre o quattro suoni e
moduli di biscrome ripetuti in staccato e pianissimo.
Come ho detto, la Sequenza VIII non ha divisione in battute, ma reca diverse in-
dicazioni metronomiche alla semiminima; inoltre le figurazioni in valori brevi (bi-
scrome e terzine di semicrome) recano spesso tra parentesi quadre il valore di se-
miminima entro cui l’intera figurazione deve essere compresa. Il brano è sotto-
posto a una progressiva accelerazione che vede il suo culmine nelle pagine da 7 a 9,
dopodiché si ha un rallentamento corrispondente ad un ripiegarsi della tensione
emotiva e gestuale, cui si accompagna anche una diminuzione della dinamica, ac-
centuata dall’uso della sordina a pagina 10 e infine della sordina da studio nell’ul-
tima pagina del pezzo. La forma generale della Sequenza si potrebbe ricondurre alle
variazioni su basso ostinato del periodo rinascimentale e barocco, ove il climax
emotivo è ottenuto tramite un’intensificazione e accelerazione ritmica verso la
parte centrale del pezzo, mentre nella conclusione si ha sempre un risolversi della
tensione, cui corrisponde un rallentamento dei valori ritmici. L’impiego da parte di
Berio di questa struttura ad arco non è certo casuale e, accanto al ricorrere della
diade la-si a mo’ di ciaccona o passacaglia, costituisce quel chiaro richiamo alla
storia che caratterizza la Sequenza VIII rispetto alle altre composizioni della serie.
L’articolazione spazio-temporale dell’opera è prossima a quella che contraddi-
stingue la Sequenza VII, ove, come scrive Ivanka Stoianova, si ha “le remplissage
progressif de la dimension verticale vers une zone culminante sur le dernier son de
la série (sol3) et après la désinence formelle terminale qui diminue la densité des
sons utilisés et retrouve le fondement centralisateur”.16 Vi è però una sostanziale
differenza tra le due opere, poiché nella Sequenza per violino il culmine emotivo-
gestuale non coincide affatto con il raggiungimento del culmine delle altezze a pa-
gina 4; quest’ultimo non fa che introdurre il vero apice del pezzo, consistente nei
passi in biscrome rapidissime delle pagine 7-9, ove la fortissima spinta tensiva è de-
terminata dall’estrema densità del materiale sia in termini temporali (grande velo-
cità), sia in termini verticali (le altezze si muovono cromaticamente entro un am-
bito assai ristretto) e dalla sua giustapposizione a un elemento fortemente contra-
stante, gli accordi in fortissimo.
Per quanto riguarda la struttura, si possono individuare alcune macro-sezioni:

16. STOIANOVA 1985, p. 436; il sol3 nella citazione corrisponde al sol5 secondo la nomenclatura adottata
nel presente saggio (do centrale = do3).
CANDIDA FELICI 19

Sezione 1 (pp. 1-3). La prima pagina presenta la ripetizione di la3-si3 e dei loro
vicini cromatici prevalentemente in valori di semiminima e croma. Nella costanza
dei parametri delle altezze, del ritmo, dell’intensità (tutto è da eseguirsi in fff quasi
invariabilmente fino alla fine di pagina 1), la varietà è ottenuta soprattutto timbri-
camente tramite cambi di corda, delle arcate, e tramite gli unisoni contemporanei
anche di tre suoni (per il la3, utilizzando due corde diteggiate e la corda vuota). Du-
rante tutto il corso di pagina 1 vi è un progressivo slittamento dall’invariabile al va-
riabile, dallo statico al dinamico:
1) nelle altezze, grazie alla progressiva aggiunta di suoni contigui attorno a la-si,
ma inseriti a distanze temporali mai uguali;
2) nelle durate, con la progressiva accelerazione generata dall’introduzione di
valori più piccoli della semiminima; il rapporto tra numero di semiminime e nu-
mero di valori inferiori si modifica in modo che, se la prima croma compare solo
dopo 20 semiminime, la seconda croma compare dopo un ulteriore gruppo di 7 se-
miminime, che poi si riducono a 4 e così via (Esempio 3).

Esempio 3. Sequenza VIII, p. 1, successione dei valori ritmici

È come se l’ossessiva ripetizione delle semiminime in fff subisse il ‘disturbo’ dei


valori minori che progressivamente s’insinuano nell’enunciato fino a scardinarne
la monoliticità; tuttavia la semiminima, fungendo da vero e proprio tactus, rimane
implicito comune denominatore di tutte le floride figurazioni successive, che si
espandono verso l’acuto e verso il grave rispetto al la-si centrale e che iniziano
sempre con un la3, si3 o do3 accentati. La lievitazione del materiale sonoro coincide
con il progressivo appropriarsi di tutte le altezze del totale cromatico, completato
con il mi solo a pagina 2 della partitura (ultimo rigo). A metà di pagina 2 e a metà
di pagina 3 vi è il ritorno alla ripetizione ostinata di la e si, seguiti entrambi da
nuove figurazioni di arpeggio.
20 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

Sezione 2 (pp. 3-6). Alla fine di pagina 3, in corrispondenza del passaggio al me-
tronomo di 104 alla semiminima, la scrittura si modifica e tutto il passo si caratte-
rizza per la polifonia a due voci e i salti. Il ritorno dell’ostinato nel penultimo si-
stema di pagina 4 prelude a una nuova sezione in veloci quartine di semicrome e
terzine, che producono un effetto di accumulazione sonora: le figurazioni ricondu-
cibili all’arpeggio e il nutrito uso della polifonia reale a due voci creano agglomerati
armonici che determinano una percezione verticale dell’enunciato.
Tutta questa sezione è caratterizzata dall’insistenza sul mi4 (già iniziata alla fine
della sezione 1) e sui suoni a esso contigui, e dall’esplorazione del registro acuto
dello strumento, fino alla nota più acuta del brano, sol 6, raggiunto a pagina 4, si-
stema 6.

Sezione 3 (pp. 7-9). L’intensificazione sonora e armonica sfocia nel climax del
pezzo, a pagina 7, ove sei moduli di quartine di biscrome velocissime sono da ese-
guirsi staccato e pianissimo nell’ordine preferito dall’interprete per una durata
complessiva di 60 secondi. Dopodiché il violinista deve continuare l’esecuzione di
queste figurazioni in ordine libero, ma sovrapponendovi accordi di tre o quattro
suoni in fortissimo sempre più ravvicinati tra loro. Questa sezione di grande ten-
sione sfocia a pagina 8 in un passaggio di biscrome velocissime, stavolta legate, e
termina con un ritorno all’ostinato iniziale.

Sezione 4 (pp. 10-11) Da pagina 10 la tensione comincia a scemare e Berio pre-


scrive la sordina. La scrittura si fa cantabile, in pianissimo e con un “tempo molto
instabile, quasi improvvisando”. La sezione è punteggiata da accordi già ascoltati a
pagina 7 ed esclude quasi del tutto il suono mi. A pagina 11 infine si prescrive l’uso
della sordina pesante, gli accordi si ripiegano un po’ alla volta su se stessi sempre in
modo simmetrico attorno alle note perno e il pezzo termina sui suoni la3-si3 da cui
era partito.

Cerchiamo ora di esaminare più nel dettaglio alcuni elementi. Nella prima se-
zione la progressiva, impercettibile variazione a livello delle altezze porta il fulcro a
spostarsi dal la3, ripetuto ossessivamente ben otto volte all’inizio, al si 3, che, dap-
prima apparso sporadicamente, si rivela l’altro elemento centrale del brano a par-
tire dal quarto sistema. La centralità della diade è comunque sottolineata da due se-
gnali: il primo è proprio la comparsa del bicordo la-si dopo otto semiminime di la,
configurandosi così come battere di un’immaginaria terza misura di 4/4, allusione
sottolineata dalla regolare alternanza di arcate al tallone e alla punta; il secondo se-
gnale è costituito dalla comparsa del bicordo la-si immediatamente dopo le prime
due crome del pezzo, rispettivamente nel terzo e quarto sistema, ancora una volta a
sottolinearne la funzione tetica.
Dalla prima pagina compaiono due elementi ritmici ricorrenti (Esempio 4); li
ritroviamo associati a pagina 2 (sistemi 2 e 3), poi il primo elemento ritorna spesso
CANDIDA FELICI 21

con il periodico riemergere dell’ostinato iniziale, mentre il secondo caratterizza la


sezione conclusiva del brano.

Esempio 4. Ritmi caratteristici

Sin dall’inizio l’espansione progressiva delle altezze a partire dalla diade-perno


avviene in modo simmetrico, abbracciando solo una quarta nei primi sei sistemi
(Esempio 5), per poi comprendere una sesta minore inferiore e una sesta minore
superiore attorno al nucleo la-si, alla fine di pagina 1 (Esempio 6).

Esempio 5. Sequenza VIII, p. 1, sistemi 1-6 (altezze e loro successione)

Esempio 6. Sequenza VIII, p. 1, sistemi 1-8 (altezze)

Più avanti le figurazioni di arpeggio, la polifonia a due voci, gli accordi ubbidi-
scono tutti alla stessa volontà di simmetria: si vedano gli accordi di 3-4 suoni a pa-
gina 7 e, nella conclusione (pagina 11, sistemi 5-6), il progressivo ripiegarsi su se
stessi degli accordi che diminuiscono la loro ampiezza come in un moto pendolare
che va spegnendosi (Esempio 7).

Esempio 7. Sequenza VIII, p. 11, sistemi 6-8


22 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

Tornando all’Esempio 6, si può notare che la sequenza di altezze utilizzata nella


prima parte del brano è una serie difettiva di undici suoni, mancante del mi, che,
come ho detto, compare solo nell’ultimo sistema di pagina 2; questa altezza ricopre
però un ruolo sempre più centrale già a partire dal secondo sistema di pagina 3,
configurandosi come un elemento portante nella sezione 2 e nella sezione 3, in cui i
sei moduli di biscrome sono tutti compresi nell’intervallo la 3-mi4. Poi nella sezione
finale di nuovo il mi si eclissa, cedendo il campo alle sonorità iniziali ma in tut-
t’altro clima emotivo ed espressivo.
Dall’inizio vi è un progressivo appropriarsi di tutti i suoni dell’ambito del vio-
lino con un’ascesa che culmina con il sol6, toccato un’unica volta nel corso del
brano a pagina 4: qui si hanno quattro ascese della linea verso l’acuto, di cui le
prime tre culminano nel fa#5, raggiunto per salto, l’ultima nel sol6, raggiunto con
un salto di quinta diminuita (do#-sol). Esse imprimono alla scrittura una forte
spinta direzionale; inoltre, il raggiungimento dei limiti acuti sempre per salto e mai
per grado congiunto, e il ridiscendere ex abrupto alla nota perno si e all’ostinato
iniziale subito dopo avere toccato il sol6 accrescono nell’ascoltatore la coscienza
dello spazio sonoro complessivo e hanno una forte connotazione gestuale e tea-
trale.
Se poi prendiamo in considerazione la nota più grave di tutta la Sequenza VIII,
il sol2, esso è toccato solo due volte — a pagina 5, sistema 3 — anche in questo caso
raggiunto per salto, a sottolinearne la funzione di limite e confine.
Alcune altezze posseggono un alto grado di mobilità nelle diverse ottave, altre
invece appaiono per lo più polarizzate in una sola ottava. Dal sol 2 al sol6 troviamo
rappresentato quasi tutto il totale cromatico, con le sole eccezioni di la2 e si2; pro-
prio il costante ritorno dell’asse centralizzatore conduce Berio a evitare con cura di
toccare i suoni corrispettivi un’ottava sotto, mentre non ne limita il proliferare
nelle ottave superiori. Lo stesso vale per il mi, che, configurandosi come punto di
riferimento secondario del brano, come vedremo più nel dettaglio, compare quasi
sempre polarizzato come mi4.
Infatti, alla fine del quarto sistema di pagina 3 questa altezza si rivela parte di un
elemento che presenta l’oscillazione re#-re (Esempio 8, il motivo è indicato come
elemento y) e che trae origine da una melodia popolare, raccolta da Alberto Favara
e poi pubblicata postuma nel suo Corpus di musiche popolari siciliane17 con il titolo
Nota di Monte Erice (Esempio 9); questa melodia era tanto cara a Berio, che egli la
riutilizzò qualche anno più tardi in Voci, opera in cui il violista intona appunto una
serie di melodie popolari siciliane.18

17. FAVARA 1957: la melodia in questione, Nota di Monte Erice, è il n. 6 della raccolta; cfr. pure FELICI
2006, pp. 42-43.
18. In Voci la Nota di Monte Erice è l’ultima melodia siciliana intonata dal solista, pp. 101-105.
CANDIDA FELICI 23

Esempio 8. Sequenza VIII, p. 3, sistema 4

Esempio 9. Nota di Monte Erice (FAVARA 1957: n. 6)

Nella Sequenza VIII tutta la sezione 2 risente in qualche modo di questa remini-
scenza, soprattutto nell’insistenza del breve motivo mi-re#-mi-re (si veda pagina 4,
sistemi 1-2); tale elemento è prima affiancato, poi sovrapposto (Esempio 10) alla
cellula fa-la-fa#, che presenta l’alternanza di terza maggiore e terza minore (nell’E-
sempio 8 contrassegnato come elemento x): la presenza del fa3 per la prima volta
nel corso del brano accentua la rilevanza di questo elemento nell’economia dell’o-
pera.

Esempio 10. Sequenza VIII, p. 4, sistemi 1-2


24 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

Alla fine di pagina 4 e all’inizio di pagina 5 — dopo l’ascesa al sol6 e il ritorno


dell’ostinato — lo stesso procedimento di giustapposizione/sovrapposizione col-
lega l’elemento y ad una cellula di tre suoni (sol#-la#-si): si tratta in questo caso di
un’esplicita citazione della sezione XIX di Coro, per voci e strumenti,19 composto
tra il 1975 e il 1977. Quest’opera, tra le più significative di Berio, presenta l’alter-
nanza di sezioni corali e sezioni solistiche e si avvale di tecniche compositive in
parte mutuate da diverse tradizioni musicali, folkloriche e di interesse etnologico,
pur escludendo quasi del tutto la citazione diretta; la sezione XIX è un duetto di so-
prano e violino primo con rari interventi del pianoforte, al termine del quale il so-
prano intona il testo “it’s nice” sulle note sol#-la#-si, mentre il violino esegue una
figurazione che costituisce un’elaborazione dell’elemento y di matrice folklorica
(Esempio 12).

Esempio 11. Sequenza VIII, p. 4, sistema 8, e p. 5, sistema 1

Esempio 12. Coro, Sezione XIX, estratto

Si possono dunque sottolineare due elementi: il primo è la polifonia intesa come


interazione di oggetti dissimili, con un effetto di straniamento (la Verfremdung di
brechtiana memoria), che porta a una nuova creazione di senso; il secondo è l’uso
fecondante della citazione, in questo caso una sorta di citazione al quadrato, di me-
tacitazione, il cui nucleo originario anche per il passo di Coro può essere ricon-
dotto alla fascinazione esercitata su Berio dalla melodia popolare siciliana. Il le-
game tra Coro e la Sequenza per violino non si limita all’auto-citazione, poiché la
linea del violino della sezione XIX si sviluppa attorno alla nota perno si, che viene

19. Coro per voci e strumenti, 1977, UE 15044.


CANDIDA FELICI 25

ripetuta ossessivamente; inoltre, le figurazioni di polifonia a due voci che vi com-


paiono sono echeggiate e sviluppate a pagina 5 della Sequenza, sottoponendole ad
un processo di ripetizione-accumulazione, funzionale alla crescita di tensione che
sfocia nel climax di pagina 7.
Possiamo concludere che la Sequenza VIII, grazie alla chiarezza formale e all’e-
conomia dei materiali fondanti utilizzati, riesce a conservare una grande unitarietà
pur nella molteplicità dei gesti e tecniche strumentali, dei riferimenti storici e degli
intrecci con altre opere dello stesso Berio.
Corale
Nel capitolo intitolato Tradurre la musica, del volume Un ricordo al futuro,
Berio descrive così la sua idea di trascrizione:
Immaginiamo, per esempio, situazioni concertanti dove un solista coesiste con la sua
stessa immagine riflessa e trascritta in un gruppo strumentale che diventa, a tratti, una
sorta di specchio deformante e amplificatore (si tratta di un’interazione che offre svi-
luppi interessanti con le tecnologie informatiche). Queste forme concertanti possono
far emergere, trascrivere e amplificare funzioni contenute in una pre-esistente e auto-
noma parte solistica. Si tratta allora di rendere esplicite le virtualità contenute nel di-
segno originale come se fosse un dato naturale dal quale bisogna estrarre forme, di-
segni e funzioni che gli sono inerenti.20
Berio compose una serie di brani dal titolo Chemins, trasformando alcune Se-
quenze in nuovi lavori, in cui il solista dialoga con un gruppo strumentale o orche-
stra. Ripercorriamo brevemente la storia di queste composizioni, che si potrebbero
definire come una sorta di ipertesto o analisi delle Sequenze stesse.21 La prima
opera con questo titolo, Chemins I (su Sequenza II) per arpa e orchestra del 1965,22
fu pensata in concomitanza con la composizione per arpa sola ed è caratterizzata
dall’aggiunta di brevi commenti strumentali inseriti nel percorso dell’arpa, o so-
vrapposti quando questa ripete figurazioni rapide.
Chemins II, IIb, IIc e III sono invece tutti legati alla Sequenza VI per viola.23 A
differenza di Chemins I, Chemins II conserva pressappoco la stessa durata della Se-
quenza VI, presentando l’inserzione di sole sette misure rispetto al materiale di
partenza. Il gruppo strumentale aggiunge nuovi strati alla scrittura, già di per sé
densa, della parte solistica, con rapide ripetizioni, tremoli, cellule motiviche ripe-
tute, dissolvendo così in un’aura armonica la dimensione orizzontale della musica.
Chemins IV per oboe e undici archi24 è del 1975, quindi prossimo alla Sequenza
per violino; come e ancor più che nella Sequenza VII per oboe, la nota si funziona

20. BERIO 2006, pp. 35-36.


21. BERIO 1981, p. 120.
22. Chemins I (su Sequenza II) per arpa e orchestra, 1965, UE 13720.
23. Chemins II (su Sequenza VI) per viola e nove strumenti, 1967, UE 13740; Chemins IIb (su Sequen-
za VI) per orchestra, 1970, UE 14948; Chemins IIc (su Sequenza VI) per clarinetto basso e orche-
stra, 1972, UE 14948; Chemins III (su Chemins II) per viola e orchestra, 1968/73.
24. Chemins IV (su Sequenza VII) per oboe e undici archi, 1975, UE 31268.
26 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

da pedale che penetra tutta la struttura del pezzo; inoltre, gli archi hanno anche
funzione di ritornello, inserendosi nelle pause dell’oboe come in Chemins I.
Corale (su Sequenza VIII) occupa una posizione centrale nella serie di composi-
zioni scritte a partire dalle Sequenze. Con quest’opera Berio abbandona provviso-
riamente il termine Chemins, ma che Corale appartenga alla stessa tipologia di
brani è evidente dal riferimento esplicito alla Sequenza VIII. Egli ha definito Corale
“quasi una passacaglia”,25 esaltando e sottolineando il richiamo alla forma delle va-
riazioni su basso ostinato già emerso a proposito dell’opera per violino solo.
In Corale la diade la-si è quasi sempre affidata ai due corni e la tecnica del com-
mento si attua sia a livello dell’arricchimento armonico e timbrico, sia con l’inserto
di episodi orchestrali.
Il gruppo strumentale svolge una pluralità di ruoli:

- riverberazione della scrittura del solista;


- anticipazione ed eco dei materiali esposti dal solista;
- saturazione-cromatizzazione dei campi armonici;
- dialogo-contrapposizione con il violino secondo la tipologia coro-solista;
- amplificazione della gestualità del solista negli episodi orchestrali.

Nella prima sezione di Corale il gruppo strumentale svolge il ruolo di attualiz-


zare il campo armonico sotteso alla scrittura del violino solista. Gli strumenti en-
trano uno alla volta in pianissimo: prima il secondo corno con suono stoppato, poi
il primo corno con sordina, la prima viola sola, il primo violoncello sul ponticello,
il primo dei violini secondi, il primo violino e infine il primo contrabbasso, tutti
con sordina, riverberando come in una risonanza artificiale i suoni esposti dal so-
lista in fff (Esempio 12).

25. BERIO 1990.


CANDIDA FELICI 27

Esempio 13. Corale, inizio

Solo a pagina 3 di Corale gli strumenti si discostano dalla funzione di moltipli-


care le risonanze, unendosi in un andamento omoritmico in contrattempo con il
solista e anticipando i due moduli ritmici di cui ho parlato a proposito della Se-
quenza (Esempio 4). Infatti, è essenziale in Corale la proliferazione nelle parti or-
28 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

chestrali di anticipazioni ed echi del materiale esposto dal solista. Si veda a tale
proposito l’anticipazione del motivo fa-la-fa# (che ho precedentemente indicato
come elemento x) già alla misura 48, mentre compare nel solista solo a misura 52;
forse ancora più significativa è l’anticipazione già alla misura 16 del suono mi, la
cui assenza nella prima parte della Sequenza riveste, come abbiamo visto, un ruolo
strutturale essenziale; subito dopo l’ascesa del solista al sol6, in Corale è inserito un
intervento orchestrale di due misure, nel quale si anticipa l’auto-citazione da Coro;
quando lo stesso materiale è esposto dal solista, esso viene percepito come una
sorta di risposta-ricapitolazione; infine, a pagina 32 i violini primi anticipano le al-
tezze esposte due misure dopo dal solista, generando un vero e proprio processo
imitativo.
Le anticipazioni (o pre-echi) non hanno solo la funzione di giocare con la perce-
zione e la memoria dell’ascoltatore: esse, introducendo episodi e campi armonici
che nella Sequenza sono distanziati sull’asse temporale, generano sovrapposizioni
che alterano in modo sostanziale il senso dell’enunciato. A tal riguardo sono chia-
rificatrici le parole di Berio a proposito di Chemins IV per oboe e undici strumenti:
Le articolazioni della parte solistica sono alternativamente estese, preparate o antici-
pate inaspettatamente dal gruppo strumentale, creando un dialogo di mobilità e im-
mobilità, di prima e dopo, di ricordo e oblio, che guardano in avanti o indietro e natu-
ralmente guardano sempre l’un l’altro. [...] È possibile sviluppare situazioni concer-
tanti in cui lo strumento solista diventa generatore di funzioni che vengono affidate al
gruppo strumentale, il quale, a sua volta, genera la parte solistica. Genera qualcosa che
già esisteva, in tale maniera che la parte solistica non è più un generatore ma un risul-
tato.26
Dunque, nelle parti strumentali, il materiale della Sequenza è sottoposto a una
diversa articolazione del flusso temporale, tramite rarefazioni e addensamenti che
producono a tratti una sorta di corto circuito con il fluire diacronico dell’enunciato
del solista. Inoltre il commento strumentale mutua attitudini proprie della musica
elettroacustica, come quando gli archi interrompono in successione i trilli, prima i
violini primi, poi i violini secondi, quindi le viole, i violoncelli e infine i contrab-
bassi, in una grande discesa verso il grave realizzata come un delay spazializzato
(pagine 12-13, pagina 32).
Un repentino cambiamento nella condotta degli strumenti si verifica a pagina 4
ove i violoncelli seguiti dai contrabbassi introducono un elemento del tutto nuovo
(Esempio 14), in cui gli intervalli iniziali sembrano evocare una ninna nanna sici-
liana, anch’essa tramandata da Alberto Favara27 (Esempio 15); esposto in pianis-
simo e legato, tale elemento ‘altro’ viene immediatamente colto all’ascolto in un
contesto caratterizzato da accordi degli archi e ripetizione della diade la-si nei
corni. Che sia frutto di scelta consapevole o reminiscenza involontaria, esso non ri-

26. BERIO 1981, pp. 37-38.


27. FAVARA 1957, n. 525 [Alavò (Carini)], pubblicato anche in una versione armonizzata in FAVARA
1959, n. 7.
CANDIDA FELICI 29

torna più nel corso dell’opera, ma sembra riverberarsi nell’altro motivo (già indi-
cato con y) di matrice folklorica, esposto molto più tardi dal solista; i due motivi
sono apparentati non solo dalla comune origine siciliana, ma anche dall’avere una
successione in parte speculare degli intervalli: semitono, tono, terza minore nel
motivo esposto dai violoncelli (sol3-fa#3-mi3-do#3), terza minore, tono, semitono
nella chiusa del motivo y (fa4-re4-do4-si3).

Esempio 14. Corale, misure 16-17, estratto

Esempio 15. Alavò (Carini) [FAVARA 1957: n. 525, prima parte]

Interessante è il modo sempre diverso in cui il gruppo strumentale si contrap-


pone al solista quando questi espone l’ostinato: in contrattempo a pagina 3 e pa-
gina 9; con trilli e una rapida figurazione a pagina 13; con registri aperti e vuoti
contrapposti alla scrittura densa e contratta dell’inizio (pagina 17); in veloci figura-
zioni che cromatizzano il campo armonico negli archi, mentre i corni espongono
ancora una volta il motivo x; con figurazioni di biscrome e un accordo in fortis-
simo in contrattempo a pagina 59; ancora in contrattempo a pagina 62. In generale,
comunque, pur nella ricerca di varietà, in corrispondenza dell’ostinato nel violino
prevale negli strumenti una scrittura omoritmica, come un coro che risponde al so-
lista.
La parte che nella Sequenza ho contrassegnato come sezione 2 presenta in Co-
rale un incremento dell’elemento concertante, con interventi significativi degli
archi e dei corni. Il processo di accumulazione presente nelle pagine 5-6 della Se-
quenza è notevolmente accentuato dagli interventi del gruppo strumentale, che di-
varicano momenti di sospensione nella scrittura del solista e si configurano come
veri e propri ‘tutti’ contrapposti agli episodi solistici; si veda pagina 28, ove un in-
30 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO

tervento orchestrale di 18 misure presenta un grosso crescendo anche dei corni che
per la prima volta arrivano al fortissimo, o pagina 35, ove un altro intervento del
gruppo strumentale vede i corni partecipare ancora più attivamente al climax asso-
ciandosi alla scrittura per semicrome degli archi — che saturano il campo armo-
nico — con un elemento discendente che contiene le note iniziali del pezzo (si-sib-
la-sol).
Il parossismo generale si placa in corrispondenza delle pagine 7-8 della Se-
quenza; qui si assiste a un eclissarsi quasi totale degli strumenti per lasciare spazio
a quella che si configura come una lunga ‘cadenza’ del violino solista, con un
chiaro riferimento alla forma del concerto.
Un ultimo intervento dell’ensemble avviene a pagina 48 della partitura: nella Se-
quenza gli accordi compaiono sempre più a distanza ravvicinata, fino a soppiantare
del tutto i moduli di biscrome (pagina 8, sistema 2, vedi l’Esempio 2); quando il so-
lista esegue l’ultima e la più lunga successione di accordi, in Corale il gruppo or-
chestrale irrompe moltiplicando e amplificando l’effetto con tremoli di accordi in
fff, mentre i corni suonano anch’essi fortissimo.
Nella sezione finale l’accompagnamento orchestrale, scarno e in sordina, torna a
fondersi con la scrittura solistica; l’unica eccezione è nella conclusione dove,
mentre il solista sosta sul la e gli archi eseguono trilli, il violino primo s’inerpica
verso l’acuto, su un pedale dei contrabbassi che eseguono un mi tenuto per conclu-
dere su mib e infine re, forse un richiamo alla tonalità della Ciaccona dalla Partita
II di Bach.
In definitiva la forma ad arco della Sequenza è confermata in Corale da un alto
grado di identificazione tra solista e ensemble nella prima parte e nella sezione fi-
nale, mentre nelle sezioni centrali dell’opera si assiste a un’intensificazione cinetica,
dinamica e soprattutto ad una moltiplicazione delle spinte centrifughe e dell’oppo-
sizione solista-gruppo. Proprio l’alternanza di episodi solistici e orchestrali nella
sezione centrale e la trasformazione dell’episodio delle pagine 7 e 8 della Sequenza
in una grande cadenza solistica mostrano chiaramente che, nella pluralità di gesti,
citazioni, trasformazioni, moltiplicazioni, amplificazioni cui l’opera per strumento
solo è sottoposta in Corale, il richiamo alla forma del concerto riveste un ruolo non
secondario:
Qualsiasi ‘lavoro finito’ è un commento a un qualche esito precedente e anche a
qualche cosa che seguirà: come una domanda che provochi non solo una risposta, ma
anche un commento, e un’altra domanda e un’altra risposta.28

28. BERIO 1990.


CANDIDA FELICI 31
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