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perarchi 3/4
In questo numero: una lunga e comples- Maurizio Agamennone
sa analisi della Sequenza VIII per violino Una questione di genere
solo di Luciano Berio, la narrazione di
Candida Felici
storie di donne violiniste nella Tunisia
La «Sequenza VIII» per violino solo di Luciano Berio
contemporanea, una riflessione sulla liu-
teria di donne a Cremona, la ricostruzio- Gabriele Rossi Rognoni
per archi nasce ne dell’opera di violinai, chitarrai e liutai Liutai, chitarrai e violinai nella Firenze del Cinque-
da esperienze, curiosità nella Firenze cinque-seicentesca, un ser- Seicento
e interessi molteplici, rato dialogo con il violoncellista e com- Maurizio Pisati
convergenti positore Giovanni Sollima, la trascrizione Un precipizio di rondini
nel riferimento al mondo di un lungo “solo” del contrabbassista jazz cadenze e cadute per Viola e Percussione
degli strumenti ad arco, Richard Davis e, infine, la pubblicazione
dalla tradizione cólta di Un precipizio di rondini (cadenze e ca- Serena Facci
euro-americana alle più rivista di storia
dute per viola e percussione), opera inedi- Liutaie a Cremona
recenti modulazioni e cultura
“world”, dal grande ta di Maurizio Pisati. degli strumenti ad Alyson E. Jones
gesto paganiniano arco Violiniste professionali nella Tunisia contemporanea
ai furori coreutici anno IV numero 3/4 Giovanni Fornaro
dei lautari, dalla severità novembre 2009
delle sonate e suites
“Violoncelles, narrez!”. Appunti sulla musica di
bachiane alle vielle Giovanni Sollima
d’Asia centrale. Vincenzo Caporaletti
Un medley ellingtoniano per contrabbasso e pianoforte
libreria musicale italiana
Direttore responsabile
Maurizio Agamennone
Comitato scientifico
Maurizio Agamennone (Università di Firenze)
Vincenzo Caporaletti (Università di Macerata)
Serena Facci (Università di Roma “Tor Vergata”)
Giovanni Morelli (Università “Ca’ Foscari” di Venezia)
Direzione e redazione:
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Amministrazione
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telefono 0583/394464, fax 0583/3994469
http://www.lim.it e-mail: lim@lim.it
Registrazione al n. 884 presso il Tribunale di Lucca il 06.08.2008
rivista di storia
e cultura
degli strumenti
ad arco
anno IV numero 3/4
novembre 2009
Saggi
11 La «Sequenza VIII» per violino solo di Luciano Berio
Candida Felici
33 Liutai, chitarrai e violinai nella Firenze del Cinque-Seicento
Gabriele Rossi Rognoni
Storie di oggi
71 Liutaie a Cremona
Serena Facci
87 Violiniste professionali nella Tunisia contemporanea
Alyson E. Jones
101 “Violoncelles, narrez!”. Appunti sulla musica di Giovanni Sollima
Giovanni Fornaro
“Soli” d’autore
121 Un medley ellingtoniano per contrabbasso e pianoforte
Vincenzo Caporaletti
Introduzione
Le Sequenze per un esecutore di Luciano Berio sono pietre miliari nella musica
del Novecento; esse hanno inaugurato un nuovo genere e costituiscono oggi un
punto di riferimento imprescindibile per chi voglia cimentarsi nella composizione
di opere per strumento solo. Composte tra il 1958, la Sequenza per flauto, e il 2002,
quella per violoncello, esse attraversano e rispecchiano tutto il percorso artistico
del loro autore.1
In queste opere Berio mira ad ottenere una percezione verticale, polifonica, di
sequenze di altezze eseguite ‘melodicamente’, concependo tali successioni di suoni
come campi armonici o strutture accordali. La polifonia viene realizzata con una
pluralità di mezzi: la tradizionale scrittura a più voci, il ritorno a distanza della
stessa altezza o dello stesso gruppo di altezze, delle stesse strutture, e la transizione
rapida tra oggetti e gesti dissimili.
Il virtuosismo si configura come ulteriore elemento fondante delle Sequenze, ma
con un significato più vasto della normale accezione; per Berio esso è intimamente
legato al pensiero musicale:
Il virtuosismo nasce spesso da un conflitto, da una tensione fra l’idea musicale e lo
strumento, fra il materiale e la materia musicale. […] Il virtuoso di oggi è un musicista
1. Sequenza per flauto, Suvini Zerboni, Milano 1958, ESZ 5531, poi ristampata come Sequenza I,
Universal Edition (UE), Wien 1991, UE 19957; Sequenza II per arpa, 1963/1985, UE 13715; Se-
quenza III per voce femminile, 1966, UE 13723; Sequenza IV per pianoforte, 1965/1993, UE 30137;
Sequenza V per trombone, 1966, UE 13725; Sequenza VI per viola, 1967, UE 13726; Sequenza VII
per oboe, 1969, UE 13754; Sequenza VIIa per oboe, 1969/2000, UE 31263; Sequenza VIIb per saxo-
fono soprano, 1969/1993, UE 30255; Sequenza VIII per violino, 1976, UE 15990; Sequenza IXa per
clarinetto, 1980, UE 15993; Sequenza IXb per saxofono contralto, 1980/1981 UE 17447; Sequenza
IXc per clarinetto basso, 1980/1998, UE 31234; Sequenza X per tromba e risonanze amplificate del
pianoforte, 1984, UE 18200; Sequenza XI per chitarra, 1988 UE 19273; Sequenza XII per fagotto,
1997, UE 30264; Sequenza XIII (Chanson) per fisarmonica, 1995, UE 30377; Sequenza XIV per
violoncello, 2002, UE 32914; Sequenza XIVb per contrabbasso 2002/2004, UE 33071.
12 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO
capace di muoversi in un’ampia prospettiva storica e di risolvere le tensioni tra la crea-
tività di ieri e di oggi. Le mie Sequenze sono scritte, sempre, per questo tipo di inter-
prete (non ho interesse né pazienza per gli specialisti di musica contemporanea), il cui
virtuosismo è, innanzi tutto, un virtuosismo di consapevolezza.2
Infine nelle Sequenze è estremamente importante la teatralità; in Berio essa si
compone di gesti musicali, concepiti da un lato come esteriorizzazione di emo-
zioni, dall’altro come «traccia di processi già avvenuti»,3 luogo di confluenza di
esperienze e storie diverse, di passato e presente. In alcune Sequenze, come la Se-
quenza III per voce o la Sequenza V per trombone, l’intento di una teatralizzazione
del suono è più evidente, in altre esso si cela dietro le pieghe della scrittura musi-
cale. Il fatto che cinque delle Sequenze — quelle per arpa, trombone, oboe, violino e
fagotto — partano da una singola nota ripetuta, per poi espandersi gradualmente
rivelando il materiale musicale dell’opera, ha già in sé una connotazione gestuale.
Allo stesso modo nelle Sequenze per viola, tromba e chitarra lo svilupparsi del per-
corso formale a partire da un materiale ristretto, un accordo o una diade, che fun-
ziona allo stesso tempo da incipit e da asse centrale, articola un percorso che si può
a buon diritto definire narrativo.4
L’opera e l’interprete5
Berio si espresse così a proposito dei dedicatari delle Sequenze:
Chaque Sequenza est dédiée à un virtuose, qui, dans la plus part des cas, l’a créé. Je
considère que composer pour un virtuose digne de ce nom, n’est aujourd’hui valable
que pour consacrer un accord particulier entre le compositeur et l’interprète, et aussi
comme témoignage d’un rapport humain.6
Le Sequenze devono essere dunque analizzate e comprese anche alla luce della
relazione artistica e umana tra Berio e i diversi interpreti per i quali sono state
composte.
Il dedicatario della Sequenza VIII per violino è Carlo Chiarappa. Egli incontrò la
prima volta Luciano Berio nel 1975 nella cascina che il compositore, rientrato in
Italia dopo l’esperienza americana,7 aveva comprato a Radicondoli, vicino Siena.
Tramite dell’incontro fu il violoncellista Vittorio Chiarappa, fratello di Carlo e al-
l’epoca collaboratore di Berio. Chiarappa ricorda che dopo cena Berio gli chiese di
suonare la Ciaccona dalla Partita in Re minore di Bach.
11. Corale (su Sequenza VIII) per violino, due corni e archi, 1981, UE 17545.
16 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO
per poi espandersi in figurazioni di arpeggio e quartine, che, dopo essersi svilup-
pate verso l’acuto e verso il grave, periodicamente si ripiegano su se stesse, configu-
rando il pezzo come una sorta di ciaccona. La diade la-si può considerarsi soggia-
cente all’intera composizione, in quanto costituisce il nucleo generatore di tutti i
passaggi e le figurazioni, pur estremamente distanti tra loro per scrittura, espres-
sione e tecnica esecutiva.
In questo suo riferirsi a un asse centrale l’opera ricorda, come ho detto, la Se-
quenza VII per oboe; ma anche in Sinfonia la diade reb-mib è tenuta per tutto il
quarto movimento e in Voci12 il la funziona da punto di riferimento costantemente
ricorrente. Nell’opera di Berio riveste grande importanza il concetto di ridondanza,
il cui livello minimo è la semplice ripetizione, ma che può raggiungere anche una
grande complessità, implicante comunque il ritorno di oggetti o strutture musicali
riconoscibili come tali dagli ascoltatori; la ridondanza è intimamente connessa alla
memoria e in definitiva alla nostra possibilità di attribuire un senso attraverso il ri-
conoscimento dell’identità.13
Il ritorno della diade la-si in valori isocroni nel corso della composizione assolve
una pluralità di funzioni, come memoria interna al pezzo, memoria dei suoi ante-
cedenti storici, ma anche segnale che marca il passaggio da una sezione all’altra.
Esso ha dunque una forte connotazione gestuale e qui vale la pena ricordare che il
gesto per Berio è sempre la sintesi creativa dell’hic et nunc con la memoria di innu-
merevoli gesti passati.14
Nella Sequenza VIII c’è tutto il vocabolario del violino, esibito con l’orgoglio
della sua storia plurisecolare; come ricorda lo stesso Berio:
Tandis que presque toutes mes Sequenza […] développent à l’extrême un choix très
restreint de l’instrument et du comportement du soliste, celle-ci présente une image
globale et plus historique de l’instrument. On peut donc écouter Sequenza VIII
comme un développement de gestes intrumentaux.15
Le principali tecniche esecutive impiegate nella Sequenza si possono così riassu-
mere :
12. Voci (folk songs II) per viola e due gruppi strumentali, 1984, UE 31122.
13. BERIO 1981, p. 142.
14. BERIO 2000.
15. STOIANOVA 1985, p. 419.
18 LA «SEQUENZA VIII» PER VIOLINO SOLO DI LUCIANO BERIO
- colpi d’arco;
- polifonia a due voci;
- accordi di 3 e 4 suoni.
16. STOIANOVA 1985, p. 436; il sol3 nella citazione corrisponde al sol5 secondo la nomenclatura adottata
nel presente saggio (do centrale = do3).
CANDIDA FELICI 19
Sezione 1 (pp. 1-3). La prima pagina presenta la ripetizione di la3-si3 e dei loro
vicini cromatici prevalentemente in valori di semiminima e croma. Nella costanza
dei parametri delle altezze, del ritmo, dell’intensità (tutto è da eseguirsi in fff quasi
invariabilmente fino alla fine di pagina 1), la varietà è ottenuta soprattutto timbri-
camente tramite cambi di corda, delle arcate, e tramite gli unisoni contemporanei
anche di tre suoni (per il la3, utilizzando due corde diteggiate e la corda vuota). Du-
rante tutto il corso di pagina 1 vi è un progressivo slittamento dall’invariabile al va-
riabile, dallo statico al dinamico:
1) nelle altezze, grazie alla progressiva aggiunta di suoni contigui attorno a la-si,
ma inseriti a distanze temporali mai uguali;
2) nelle durate, con la progressiva accelerazione generata dall’introduzione di
valori più piccoli della semiminima; il rapporto tra numero di semiminime e nu-
mero di valori inferiori si modifica in modo che, se la prima croma compare solo
dopo 20 semiminime, la seconda croma compare dopo un ulteriore gruppo di 7 se-
miminime, che poi si riducono a 4 e così via (Esempio 3).
Sezione 2 (pp. 3-6). Alla fine di pagina 3, in corrispondenza del passaggio al me-
tronomo di 104 alla semiminima, la scrittura si modifica e tutto il passo si caratte-
rizza per la polifonia a due voci e i salti. Il ritorno dell’ostinato nel penultimo si-
stema di pagina 4 prelude a una nuova sezione in veloci quartine di semicrome e
terzine, che producono un effetto di accumulazione sonora: le figurazioni ricondu-
cibili all’arpeggio e il nutrito uso della polifonia reale a due voci creano agglomerati
armonici che determinano una percezione verticale dell’enunciato.
Tutta questa sezione è caratterizzata dall’insistenza sul mi4 (già iniziata alla fine
della sezione 1) e sui suoni a esso contigui, e dall’esplorazione del registro acuto
dello strumento, fino alla nota più acuta del brano, sol 6, raggiunto a pagina 4, si-
stema 6.
Sezione 3 (pp. 7-9). L’intensificazione sonora e armonica sfocia nel climax del
pezzo, a pagina 7, ove sei moduli di quartine di biscrome velocissime sono da ese-
guirsi staccato e pianissimo nell’ordine preferito dall’interprete per una durata
complessiva di 60 secondi. Dopodiché il violinista deve continuare l’esecuzione di
queste figurazioni in ordine libero, ma sovrapponendovi accordi di tre o quattro
suoni in fortissimo sempre più ravvicinati tra loro. Questa sezione di grande ten-
sione sfocia a pagina 8 in un passaggio di biscrome velocissime, stavolta legate, e
termina con un ritorno all’ostinato iniziale.
Cerchiamo ora di esaminare più nel dettaglio alcuni elementi. Nella prima se-
zione la progressiva, impercettibile variazione a livello delle altezze porta il fulcro a
spostarsi dal la3, ripetuto ossessivamente ben otto volte all’inizio, al si 3, che, dap-
prima apparso sporadicamente, si rivela l’altro elemento centrale del brano a par-
tire dal quarto sistema. La centralità della diade è comunque sottolineata da due se-
gnali: il primo è proprio la comparsa del bicordo la-si dopo otto semiminime di la,
configurandosi così come battere di un’immaginaria terza misura di 4/4, allusione
sottolineata dalla regolare alternanza di arcate al tallone e alla punta; il secondo se-
gnale è costituito dalla comparsa del bicordo la-si immediatamente dopo le prime
due crome del pezzo, rispettivamente nel terzo e quarto sistema, ancora una volta a
sottolinearne la funzione tetica.
Dalla prima pagina compaiono due elementi ritmici ricorrenti (Esempio 4); li
ritroviamo associati a pagina 2 (sistemi 2 e 3), poi il primo elemento ritorna spesso
CANDIDA FELICI 21
Più avanti le figurazioni di arpeggio, la polifonia a due voci, gli accordi ubbidi-
scono tutti alla stessa volontà di simmetria: si vedano gli accordi di 3-4 suoni a pa-
gina 7 e, nella conclusione (pagina 11, sistemi 5-6), il progressivo ripiegarsi su se
stessi degli accordi che diminuiscono la loro ampiezza come in un moto pendolare
che va spegnendosi (Esempio 7).
17. FAVARA 1957: la melodia in questione, Nota di Monte Erice, è il n. 6 della raccolta; cfr. pure FELICI
2006, pp. 42-43.
18. In Voci la Nota di Monte Erice è l’ultima melodia siciliana intonata dal solista, pp. 101-105.
CANDIDA FELICI 23
Nella Sequenza VIII tutta la sezione 2 risente in qualche modo di questa remini-
scenza, soprattutto nell’insistenza del breve motivo mi-re#-mi-re (si veda pagina 4,
sistemi 1-2); tale elemento è prima affiancato, poi sovrapposto (Esempio 10) alla
cellula fa-la-fa#, che presenta l’alternanza di terza maggiore e terza minore (nell’E-
sempio 8 contrassegnato come elemento x): la presenza del fa3 per la prima volta
nel corso del brano accentua la rilevanza di questo elemento nell’economia dell’o-
pera.
da pedale che penetra tutta la struttura del pezzo; inoltre, gli archi hanno anche
funzione di ritornello, inserendosi nelle pause dell’oboe come in Chemins I.
Corale (su Sequenza VIII) occupa una posizione centrale nella serie di composi-
zioni scritte a partire dalle Sequenze. Con quest’opera Berio abbandona provviso-
riamente il termine Chemins, ma che Corale appartenga alla stessa tipologia di
brani è evidente dal riferimento esplicito alla Sequenza VIII. Egli ha definito Corale
“quasi una passacaglia”,25 esaltando e sottolineando il richiamo alla forma delle va-
riazioni su basso ostinato già emerso a proposito dell’opera per violino solo.
In Corale la diade la-si è quasi sempre affidata ai due corni e la tecnica del com-
mento si attua sia a livello dell’arricchimento armonico e timbrico, sia con l’inserto
di episodi orchestrali.
Il gruppo strumentale svolge una pluralità di ruoli:
chestrali di anticipazioni ed echi del materiale esposto dal solista. Si veda a tale
proposito l’anticipazione del motivo fa-la-fa# (che ho precedentemente indicato
come elemento x) già alla misura 48, mentre compare nel solista solo a misura 52;
forse ancora più significativa è l’anticipazione già alla misura 16 del suono mi, la
cui assenza nella prima parte della Sequenza riveste, come abbiamo visto, un ruolo
strutturale essenziale; subito dopo l’ascesa del solista al sol6, in Corale è inserito un
intervento orchestrale di due misure, nel quale si anticipa l’auto-citazione da Coro;
quando lo stesso materiale è esposto dal solista, esso viene percepito come una
sorta di risposta-ricapitolazione; infine, a pagina 32 i violini primi anticipano le al-
tezze esposte due misure dopo dal solista, generando un vero e proprio processo
imitativo.
Le anticipazioni (o pre-echi) non hanno solo la funzione di giocare con la perce-
zione e la memoria dell’ascoltatore: esse, introducendo episodi e campi armonici
che nella Sequenza sono distanziati sull’asse temporale, generano sovrapposizioni
che alterano in modo sostanziale il senso dell’enunciato. A tal riguardo sono chia-
rificatrici le parole di Berio a proposito di Chemins IV per oboe e undici strumenti:
Le articolazioni della parte solistica sono alternativamente estese, preparate o antici-
pate inaspettatamente dal gruppo strumentale, creando un dialogo di mobilità e im-
mobilità, di prima e dopo, di ricordo e oblio, che guardano in avanti o indietro e natu-
ralmente guardano sempre l’un l’altro. [...] È possibile sviluppare situazioni concer-
tanti in cui lo strumento solista diventa generatore di funzioni che vengono affidate al
gruppo strumentale, il quale, a sua volta, genera la parte solistica. Genera qualcosa che
già esisteva, in tale maniera che la parte solistica non è più un generatore ma un risul-
tato.26
Dunque, nelle parti strumentali, il materiale della Sequenza è sottoposto a una
diversa articolazione del flusso temporale, tramite rarefazioni e addensamenti che
producono a tratti una sorta di corto circuito con il fluire diacronico dell’enunciato
del solista. Inoltre il commento strumentale mutua attitudini proprie della musica
elettroacustica, come quando gli archi interrompono in successione i trilli, prima i
violini primi, poi i violini secondi, quindi le viole, i violoncelli e infine i contrab-
bassi, in una grande discesa verso il grave realizzata come un delay spazializzato
(pagine 12-13, pagina 32).
Un repentino cambiamento nella condotta degli strumenti si verifica a pagina 4
ove i violoncelli seguiti dai contrabbassi introducono un elemento del tutto nuovo
(Esempio 14), in cui gli intervalli iniziali sembrano evocare una ninna nanna sici-
liana, anch’essa tramandata da Alberto Favara27 (Esempio 15); esposto in pianis-
simo e legato, tale elemento ‘altro’ viene immediatamente colto all’ascolto in un
contesto caratterizzato da accordi degli archi e ripetizione della diade la-si nei
corni. Che sia frutto di scelta consapevole o reminiscenza involontaria, esso non ri-
torna più nel corso dell’opera, ma sembra riverberarsi nell’altro motivo (già indi-
cato con y) di matrice folklorica, esposto molto più tardi dal solista; i due motivi
sono apparentati non solo dalla comune origine siciliana, ma anche dall’avere una
successione in parte speculare degli intervalli: semitono, tono, terza minore nel
motivo esposto dai violoncelli (sol3-fa#3-mi3-do#3), terza minore, tono, semitono
nella chiusa del motivo y (fa4-re4-do4-si3).
tervento orchestrale di 18 misure presenta un grosso crescendo anche dei corni che
per la prima volta arrivano al fortissimo, o pagina 35, ove un altro intervento del
gruppo strumentale vede i corni partecipare ancora più attivamente al climax asso-
ciandosi alla scrittura per semicrome degli archi — che saturano il campo armo-
nico — con un elemento discendente che contiene le note iniziali del pezzo (si-sib-
la-sol).
Il parossismo generale si placa in corrispondenza delle pagine 7-8 della Se-
quenza; qui si assiste a un eclissarsi quasi totale degli strumenti per lasciare spazio
a quella che si configura come una lunga ‘cadenza’ del violino solista, con un
chiaro riferimento alla forma del concerto.
Un ultimo intervento dell’ensemble avviene a pagina 48 della partitura: nella Se-
quenza gli accordi compaiono sempre più a distanza ravvicinata, fino a soppiantare
del tutto i moduli di biscrome (pagina 8, sistema 2, vedi l’Esempio 2); quando il so-
lista esegue l’ultima e la più lunga successione di accordi, in Corale il gruppo or-
chestrale irrompe moltiplicando e amplificando l’effetto con tremoli di accordi in
fff, mentre i corni suonano anch’essi fortissimo.
Nella sezione finale l’accompagnamento orchestrale, scarno e in sordina, torna a
fondersi con la scrittura solistica; l’unica eccezione è nella conclusione dove,
mentre il solista sosta sul la e gli archi eseguono trilli, il violino primo s’inerpica
verso l’acuto, su un pedale dei contrabbassi che eseguono un mi tenuto per conclu-
dere su mib e infine re, forse un richiamo alla tonalità della Ciaccona dalla Partita
II di Bach.
In definitiva la forma ad arco della Sequenza è confermata in Corale da un alto
grado di identificazione tra solista e ensemble nella prima parte e nella sezione fi-
nale, mentre nelle sezioni centrali dell’opera si assiste a un’intensificazione cinetica,
dinamica e soprattutto ad una moltiplicazione delle spinte centrifughe e dell’oppo-
sizione solista-gruppo. Proprio l’alternanza di episodi solistici e orchestrali nella
sezione centrale e la trasformazione dell’episodio delle pagine 7 e 8 della Sequenza
in una grande cadenza solistica mostrano chiaramente che, nella pluralità di gesti,
citazioni, trasformazioni, moltiplicazioni, amplificazioni cui l’opera per strumento
solo è sottoposta in Corale, il richiamo alla forma del concerto riveste un ruolo non
secondario:
Qualsiasi ‘lavoro finito’ è un commento a un qualche esito precedente e anche a
qualche cosa che seguirà: come una domanda che provochi non solo una risposta, ma
anche un commento, e un’altra domanda e un’altra risposta.28
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