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PARTE 1

LA GENESI DEL SISTEMA DELLE TUTELE NEI CONFRONTI DELLA P.A.


CAPITOLO 1:
LA FORMAZIONE DEL SISTEMA
I
pilastri del sistema delle tutele nei confronti della p.a. sono stati posti nella
seconda metà del 19# secolo,con le leggi del 1865 e del 1889. La prima
affermava la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie con la p.a., la
seconda creava unorgano collegiale, il Consiglio di Stato, dando così luogo al
sistema binario. Su tali pilastri ancora oggi poggia tutto il sistema della giustizia
amministrativa. I presupposti, la struttura e la funzione del processo sono invece
profondamente cambiati. Sezione prima: La scelta giurisdizionale
1. L’abolizione dei Tribunali ordinari del contenzioso amministrativo
Nel 1861, con l’Unità d’Italia, il Parlamento unificò la legislazione amministrativa,
per dare maggiore tutela ai cittadini nei confronti della PA. Prima dell’Unità d’Italia
(1861) la tutela dei cittadini era affidata al CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO
(sul modello del sistema francese), non essendo ancora concepibile
che l’amministrazione potesse essere portata davanti ad un giudice da un singolo
cittadino. I tribunali del contenzioso amministrativo erano organi collegiali con
natura amministrativa, con prerogative di minima indipendenza perché sotto la
diretta direzione dell’esecutivo. Tuttavia in Europa già la Costituzione Belga del
1831 aveva proposto un modello alternativo: le controversie
con l’amministrazione erano devolute al giudice ordinario. Sulla base di un nuovo
modello che prendeva il nome di costituzionalismo liberale, si chiedeva
l’abolizione del contenzioso e l’affermazione di una giurisdizione unica.
Successivamente alla terza guerra d'indipendenza contro l’Impero austro-
ungarico, fu promulgata la L. 2248/1865 di UNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA.
Allegato D: disciplinava il Consiglio di Stato
Allegato E: si occupava del contenzioso amministrativo:
Art.1: abolizione dei tribunali ordinari del contenzioso amministrativo
Art.2: tutte le cause per le contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si facesse
questione di un diritto civile e politico, erano deferite al giudice ordinario
Nell’espressione “diritto civile e politico” erano ricompresi tutti i diritti soggetti
vantati dai cittadini nei confronti della PA
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2. I tratti essenziali della riforma del 1865


Art.4: il giudice non poteva annullare i provvedimenti amministrativi, ma
eventualmente solo disapplicarli. Vi era inoltre l’obbligo per l’amministrazione di
conformarsi alla decisione giurisdizionale (ma all’inizio non
vi era comunque alcuna sanzione in caso di inosservanza).Tuttavia tale riforma
si riferiva solo a diritti soggettivi: fuori dall’ambito di applicazione della
giurisdizione, erano rimaste dunque molto controversie.
Inoltre con l’abolizione dei tribunali del contenzioso amministrativo, tali
controversie erano risolte solo con ricorsi amministrativi o con ricorso
straordinario al re.
3. L’attuazione della riforma
Tale riforma si rivelò però insufficiente:
Il giudice ordinario non era preparato a risolvere controversie amministrative, e
per questo motivo il consiglio di Stato restrinse l’ambito giurisdizionale del gi
udice ordinario qualora la controversia riguardasse i poteri discrezionali della PA,
circa i quali non vi erano diritti soggettivi ma solo interessi legittimi, ed era esclusa
la competenza del giudice ordinario (interpretazione però errata!)
4. Il quadro teorico
La tutela dei cittadini era limitata al caso in cui la PA agiva in violazione di leggi
civili e politiche, ma non amministrative. Si riteneva infatti che se la legge
amministrativa aveva dato dei poteri alla PA,
necessariamente era esclusa l’attribuzione dei medesimi diritti ai cittadini. Se
questi non potevano vantare diritti, di conseguenza non potevano ottenere tutela
giurisdizionale.
5. Il movimento per la “giustizia dell’amministrazione”
Si fece così largo la prospettiva di una riforma, soprattutto in seguito alla caduta
del governo della destra, durato ininterrottamente dall’unità d’Italia.
L’allontanamento dal Governo portò ad una rinnovata attenzione al problema
della tutela verso la pubblica amministrazione, tanto che nei programmi politici
si determinò un movimento per la “giustizia dell’amministrazione”, che aveva il
fine di porre un freno ai favoritismi e alle parzialità, tutelando
maggiormente i cittadini davanti alla pubblica amministrazione.
Sezione seconda: La giustizia dell’amministrazione
1.La legge Crispi del 1889
Nel 1876 cadde il Governo di destra e subentrò la sinistra di Crispi. La
L.5992/1889 modificò il Consiglio di Stato, istituendo la IV sezione per la giustizia
amministrativa.A tale sezione si poteva far ricorso per imp
ugnare atti o provvedimenti per far valere dei vizi di legittimità
(incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), a tutela di interessi
individuali diversi dai diritti soggettivi.
Vi era inoltre l’obbligo per l’amministrazione di conformarsi al gi
udicato del giudice ordinario.
Si passa dunque da un sistema monistico (un solo giudice) ad uno dualistico.
2. La cognizione e i poteri della Quarta Sezione
Ciò non portò tuttavia alla pienezza della tutela, perché i mezzi di tutela non erano
cumulabili.Se si trattava di un diritto soggettivo, si effettuava un’azione di
accertamento e condanna al pagamento di una somma di
denaro, se invece era un interesse legittimo si procedeva all’azione di
annullamento.L’obiettivo della pienezza della tutela non era stato ancora
centrato.
3. Il problema della natura giuridica. Il tentativo della doppia tutela
La legge del 1889 non usa mai i termini “giurisdizione” e “sentenza”, ma
“competenza” e “decisione”: per il legislatore dell’epoca, il controllo sull’attività a
mministrativa poteva essere effettuato solo da un organo appartenente
all’amministrazione stessa.
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Per conciliare il carattere amministrativo della Quarta Sezione con quello
giurisdizionale della sua funzione, si parlò di controllo giurisdizionale dentro la
stessa PA contro l’abuso dei suoi organi (così definito dalle
Sezioni Unite della Cassazione romana).Si aprì però a questo punto un dibattito
dottrinale sulla possibilità di assicurare ai diritti soggettivi sia la
tutela risarcitoria già accordata al giudice ordinario, che quella di annullamento
affidata al giudice amministrativo, auspicando così di arrivare alla tanto
desiderata doppia tutela.
4. La legge e il regolamento del 1907
Tale giurisdizione doveva dunque avere carattere oggettivo, in quanto sol
o così poteva superarsi il binomio diritto soggettivo tutela giurisdizionale.
Veniva così alla luce l’esigenza di individuare una forma di interesse, che non
fosse mero interesse semplice (privo di rilievo giuridico), ma che non fosse
nemmeno diritto soggettivo: si iniziò a parlare dunque di interesse legittimo, in
rapporto occasionale con un diritto obiettivo.
La Quarta Sezione si spostò sempre più verso un modello di processo di diritto
oggettivo, e la dottrina iniziò ad approfondire il concetto di interesse legittimo: si
enfatizzò in questo modo il carattere davvero giurisdizionale della Quarta
Sezione, e il carattere soggettivo del processo che si svolgeva dinanzi al essa.
5. L’introduzione della giurisdizione esclusiva e altre riforme prima della Cost
ituzione
Tuttavia la nuova impostazione non si dimostrò esauriente: molti problemi ancora
non erano risolti, come quello relativo al criterio di riparto, o dell’estrema difficoltà
di ottenere tutela nel caso di inerzia della PA.
Nel 1923 si rese promiscua la competenza della Quarta e della Quinta Sezione,
si consentì al Consiglio di Stato di decidere in via incidentale anche questioni
concernenti diritti soggettivi (tranne stato e capacità), e si
creò la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.Si individuarono cioè
delle materie attribuite all’esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (come il rapporto di pubblico impiego). Si creò inoltre un secondo
criterio di riparto delle giurisdizioni, speciale, fondato sulle mat
erie, rispetto al criterio generale fondato sulle situazioni giuridiche
soggettive: con tale criterio si rinunciava al principio del 1865, secondo il quale
per la tutela dei diritti soggettivi provvedeva solo il giudice ordinario.
CAPITOLO 2
L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA
La ricerca dei mezzi di tutela dei cittadini nei confronti della p.a. è stato un
problema politico centrale fino alle leggi di Crispi. Da allora il problema è diventato
teorico-giuridico, e si è tentato di risolvere pesantezze o
lacune del sistema. L'evoluzione del sistema è dovuta quasi interamente all'opera
della giurisprudenza e della dottrina, mentre l'interesse politico per l'argomento si
è risvegliato solo in seguito all'approvazione del testo
costituzionale (che tralaltro poco affronta il problema). Nei decenni successivi il
legislatore è intervenuto con l'istituzione dei TAR e successive modifiche, fino a
giungere oggi all'approvazione del codice del processo
amministrativo.
Sezione prima: L’impatto costituzionale
1. La “costituzionalizzazione” del sistema
Con D.L. del 1948 venne istituita la VI sezione e poco dopo, con l’entrata in vigore
della Costituzione:
-Fu affermato il sistema dualistico
-Venne affermato il divieto di istituzione dei giudici speciali
-Si richiese
l’istituzione dei TAR (attuata poi negli anni ’70)
2. Le “aperture” costituzionali
Art.24: fu riconosciuta a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri
interessi legittimi e dei
diritti soggettivi.
Diritto alla difesa in ogni statoe grado del giudizio.
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4La tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di
impugnazione o per determinate categorie di atti (art.113).
Il testo costituzionale afferma la generalità della tutela nei confronti della p.a., e
la pienezza della tutela giurisdizionale: la costituzione del 1948, dunque, contiene
tutto il necessario affinché il sistema della giustizia amministrativa possa
raggiungere un soddisfacente grado di effettività.
3. L’opera della Corte costituzionale
Nell’ultimo periodo il panorama si era arricchito di molti giudici speciali, che però
vennero aboliti a causa della loro inadeguata composizione. Esempio tipico è
quello del contenzioso elettorale amministrativo: i ricorsi elettorali erano decisi
dai consigli comunali e provinciali. La Corte costituzionale dichiarò però
illegittime le norme che disciplinavano tale contenzioso senza che fossero
garantite l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo giudicante. Per questo il
legislatore risolse il problema, istituendo le Sezioni del
contenzioso elettorale presso i TAR (come sezioni specializzate).
Al contrario, la Corte ha invece creato i giudici parlamentari, e si è occupata della
nomina governativa di alcuni magistrati del Consiglio di Stato, nonché della
disciplinadel processo amministrativo.
4. L'istituzione dei Tribunali amministrativi regionali
L'articolo 125 Cost. venne attuato tardivamente con legge 6 dicembre 1971, n.
1034, che istituì i TAR quali organi di giustizia amministrativa di primo grado, con
circoscrizione regionale. L'istituzione di organi di
primo grado era stata resa urgente dalla dichiarazione di incostituzionalità delle
giunte provinciali amministrative, che fungevano da organi di giustizia
amministrativa di primo grado con giurisdizione limitata. I nuovi tribunali hanno
invece giurisdizione corrispondente a quella del Consiglio di Stato, ormai
diventato giudice d'appello. L'unico caso di giurisdizione in un unico grado del
Consiglio di Stato riguarda il ricorso per ottemperanza alle decisioni d
ello stesso Consiglio di Stato e alle sentenze del giudice ordinario
quando l'autorità amministrativa chiamata a conformarsi sia un ente la cui attività
non sia ristretta esclusivamente nei limiti della circoscrizione del TAR.
Inizialmente venne riservata la presidenza dei TAR ai consiglieri di Stato, e venne
creato il ruolo dei magistrati amministrativi regionali separato; successivamente
la presidenza dei tribunali è stata estesa a magistrati amministrativi regionali,
inseriti in un unico grado insieme a quelli del Consiglio di Stato. Nel 1982 è stato
istituito il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, con le medesime
funzioni che il consiglio superiore della magistratura svolge per i magistrati
ordinari. Il presidente è nominato con decreto del presidente della repubblica, su
proposta del presidente del Consiglio dei Ministri; il consiglio di presidenza ha
solo la possibilità di fornire un parere non vincolante. La legge del 1971 sui TAR,
quando possibile, ha ripetuto letteralmente le formule del testo unico sul Consiglio
di Stato, per non far percorrere agli appena istituiti TAR vie giurisprudenziali
diverse da quelle del Consiglio di Stato. Nonostante questo però i TAR hanno
fornito un contributo di innovazione rispetto alla tradizionale giurisprudenza
amministrativa.
5. Le novità della legge del 1971 e la riforma dei ricorsi amministrativi
La legge del 1971 ha provato a dettare una disciplina processuale che potesse
fornire una guida per i nuovi organi giudicanti, apportando innovazioni
effettive soprattutto sulla giurisdizione. sono state attribuite ai
giudici amministrativi le controversie in materia di operazioni elettorali relative alle
elezioni amministrative, ed è stata estesa la giurisdizione esclusiva ai ricorsi
relativi ai rapporti di concessione di beni e di servizi
pubblici. Relativamente alla giurisdizione esclusiva, nella materia relativa ai diritti,
il giudice amministrativo può condannare l'amministrazione al pagamento di
somme di cui risulta di debitrice. Altra innovazione
riguarda l'appello, in coerenza con il principio del doppio grado, l'appello è stato
disegnato secondo lo schema del gravame e non secondo quello di
impugnazione in senso stretto. Il giudice d'appello ha la stessa
cognizione del primo giudice: il gravame infatti impugnazione illimitata con effetto
devolutivo. altra grande innovazione riguarda l'impugnabilità dei provvedimenti
non definitivi, consentendo l'esercizio dell'azione
giurisdizionale a prescindere dalla previa impugnazione dei provvedimenti con ric
orso amministrativo. Nonostante le grandi innovazioni però la legge del 1971 non
ha dato luogo ad una riconsiderazione globale e sistematica dei mezzi di tutela,
né ha introdotto una disciplina processuale esauriente.
Sezione seconda: Verso il sistema attuale
1. L’opera della giurisprudenza
Il Consiglio di Stato, nel periodo in cui è stato giudice unico, ha esercitato la sua
giurisprudenza per chiarire ed integrare la lacunosa disciplina processuale.
L’entrata in scena dei TAR ha sollecitato una grande ripresa
di tale giurisprudenza, essendo il Consiglio di Stato unico giudice con funzione di
nomofilachia. Si è dunque è allargata la legittimazione ad agire e il
riconoscimento dell’impugnabilità di taluni atti, inizialmente ritenuti
non impugnabili, ed è stato ritenuto che il giudice amministrativo possa
disapplicare i regolamenti. grande evoluzione si è avuta in tema di processo
cautelare, dove si è affermato il carattere decisionale delle ordinanze sospensive
e si è consentito l'appello, nonché un metodo per garantire che tali ordinanze
fossero effettivamente eseguite dall'amministrazione; è stata estesa la tutela
cautelare contro i provvedimenti negativi
ed è stato affermato che i diritti soggettivi, anche se relativi e di natura
patrimoniale, possono ottenere piena
ed effettiva tutela giurisdizionale, anche d'urgenza, da parte dei giudici
amministrativi. È stata inoltre riscritta la disciplina del processo di ottemperanza,
sottolineando il suo carattere giurisdizionale, la struttura contenziosa, la natura
cognitoria e la funzione non semplicemente esecutiva. prima è stata negata, poi
affermata, la necessità che la sentenza da ottemperare fosse passata in
giudicato, e dopo primo atteggiamento negativo è stata riconosciuta l'appellabilità
delle sentenze di ottemperanza. Per il silenzio invece la
giurisprudenza ha continuato ad oscillare tra la sua individuazione come oggetto
del giudizio e la sua considerazione come semplice presupposto processuale.
L'azione risarcitoria invece, introdotta con una sentenza delle sezioni unite della
cassazione nel 1999, è stata poi espressamente prevista per legge, ritenendo
che fosse ammissibile solo se tempestivamente impugnato il provvedimento
illegittimo e lesivo. È stato poi chiarito che in appello è ammissibile l'integraz
ione del contraddittorio, che la rinuncia ricorso estingue
processo solo a seguito della presa d'atto da parte del giudice e che l'eccezione
di prescrizione di crediti nei confronti dell'amministrazione può essere sollevata
solo nel primo grado di giudizio
.
La giurisprudenza non ha fatto altro cioè che precisare da disciplina processuale,
puntando verso l'obiettivo dell'effettività della tutela giurisdizionale.
2. Le novità dell'ultimo trentennio del secolo ventesimo
Sul piano legislativo dal 1971 alla fine degli anni 90 si sono avuti solo interventi
episodici, anche se la dottrina ha più volte richiesto una riforma complessiva. Gli
interventi legislativi hanno aumentato le materie devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo e hanno ricercato, per le controversie
delicate, forme processuali semplificate o riti accelerati. l'allargamento della
giurisdizione esclusiva è proseguito in materia edilizia, per gli accordi
amministrativi, per la concorrenza, per i provvedimenti dell'autorità di
regolazione dei servizi di pubblica utilità e dell'autorità per le garanzie nelle
comunicazioni: in tal modo si è ampliato il riparto della giurisdizione e di
conseguenza il criterio fondato sulle materie anziché sulle situazioni giuridiche
soggettive. Nel1998 sono state devolute al giudice ordinario tutte le
controversie relative al rapporto di lavoro con gli enti pubblici, mentre le materie
dei servizi pubblici, edilizia ed urbanistica sono state devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. Nel 2000 sono state devolute alla
giurisdizione esclusiva anche le controversie relative alle procedure di
affidamento di lavori, e di servizio di forniture. Il legislatore si è anche preoccupato
di stringere i tempi processuali, ampliando il campodi azione dei riti accelerati.
Forme speciali o termini abbreviati sono stati poi applicati per il contenzioso
elettorale, per le controversie in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali,
per i provvedimenti di espulsione degli stranieri, per i
l diritto di accesso agli atti amministrativi, in tema di parità
di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali, nei confronti
del silenzio dell'amministrazione.
3. La legge n. 205/2000
L’intervento legislativo più recente e più importante è dato con legge 21 luglio
2000, n. 205, risultato di un'elaborazione parlamentare incompleta a causa della
fretta determinata dalla sentenza della corte costituzionale 17 luglio 2000, n. 292,
che ha dichiarato illegittimo per eccesso di delega l'articolo 33 del
decreto legislativo n. 80/1998. La fretta si evince dal disordine delle disposizioni,
dalle inutili ripetizioni e dalla frequente non coordinazione. Per il processo sono
state dettate delle norme di razionalizzazione, come quella che pres
crive di raccogliere insieme i motivi aggiunti. È stato introdotto un rapido processo
avverso il silenzio, per quanto riguarda i riti speciali, e sono state introdotte più
discipline processuali speciali, caratterizzate dalla riduzione della durata del pro
cesso. Per quanto riguarda la giurisdizione esclusiva sono
state allargati i poteri istruttori e decisori del giudice e si è reso uniforme un
modello processuale prima assai variegato. Sono stati integrati anche i poteri del
giudice amministrativo, che ora in sede di legittimità e in sede di giurisdizione
esclusiva, può conoscere anche dell'azione risarcitoria.
sicuramente però, nonostante le critiche, con la L.25/2000 il processo
amministrativo è stato molto velocizzato e reso efficace.
4. Il processo amministrativo prima del Codice
Se si rivaluta complessivamente l'evoluzione, si nota che i vizi presenti all'origine
nel sistema non sono stati risolti: le leggi fondamentali in tale ambito sono tra loro
diverse e non riescono ad armonizzarsi. Il legislatore
non ha avuto la volontà di intervenire sulla disciplina in modo organico e
sistematico, o di colmare le numerose gravi lacune. la dottrina ha sempre
auspicato l'adozione di un testo completo ed esauriente, in linea
con le disposizioni costituzionali, ancora non del tutto attuate. Sono stati effettuati
dei tentativi per porre rimedio a tale situazione, ma nessuna di queste è andata
a buon fine. La disciplina è rimasta quindi non organica e incompleta.
5. Il dibattito teorico sulla giurisdizione amministrativa
Negli ultimi tempi, anche a seguito dei lavori della commissione bicamerale, è
stato riavviato il dibattito sul principio della unitarietà della giurisdizione e
sull'architettura stessa della magistratura, ancora non chiara e soddisfacente.
Secondo l'interpretazione più comune della Costituzione, la magistratura si
articola in ordine giudiziario ed in altri corpi che svolgono anch'essi funzioni
giurisdizionali: i giudici speciali. In dottrina spesso ritorna l'aspirazione alla
ricomposizione unitaria delsistema giudiziale, fortemente sostenuto in
assemblea costituente dal Calamandrei. Comunque interpretato, il
sistemaappare però difettoso: il controllo sulla giurisdizione dei singoli giudici è
affidato ad uno di essi, e manca un organo giudiziario con funzione generale di
nomofilachia. L'architettura difettosa è emersa anche ultimamente con le
dichiarazioni di incostituzionalità della composizione dei tribunali regionali delle
acque. Il dibattito attuale verte anche sul riparto della giurisdizione tra gi
udice ordinario e giudice amministrativo. Il criterio originario fondato sulle
situazioni soggettive è stato pian piano soppiantato da altri criteri, primo tra tutti
quello per materia. Altro tema di forte attualità attiene alla misura della
sindacabilità delle scelte di discrezionalità tecnica effettuate
dall'amministrazione: c'è chi ritiene che nel processo amministrativo possa
essere sindacata ogni scelta tecnica, e c'è chi punta verso un sindacato più
limitato. Il problema di fondo rimane comunque legat
o alla mancanza di una disciplina dei processi nei confronti dell'amministrazione.
L'iniziativa legislativa è ripresa nel 2009, con l'introduzione di una speciale azione
per reagire contro le p.a. e i concessionari di servizi pubblici che si discostino dag
li standards qualitativi ed economici prefissati (ricorso
per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici). Non
sembra però che tale azione sia di grande rilievo, in quanto sfocia in una
sentenza che ordina alla p.a. o al concessionario di porre
un rimedio entro breve termine, nei limiti delle sue risorse.
6. Il nuovo codice del processo amministrativo
con l'art.44 della legge 18 giugno 2009, num.69 è stata conferita delega al
Governo per il riassetto della disciplina del pro
cesso amministrativo. Tra i principi e i criteri fondamentali:riordinare le norme
vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo
riordinare i casi di giurisdizione estesa al merito
disciplinare i termini di decadenza e prescrizione e la tipología
dei provvedimenti del giudice prevedere le pronunce dichiarative, costitutive e di
condanna idonee a soddisfare la parte vittoriosa (e ciò consente di raggiungere
la pienezza della tutela nei confronti della p.a.).Il Governo per l'attuazione della
delega si è avvalso del consiglio di stato, ed il testo elaborato è stato poi
rivisto in sede governativa (e sono stati purtroppo eliminati i tratti più innovativi
della riforma). La delega è stata attuata con d.lgs 2 giugno 2010, num.104
(Codice del processo amministrativo). Dopo 120 anni si creaun'opera organica
del processo amministrativo, anche se la disciplina non è comunque totalmente
soddisfacente; nel complesso tuttavia il giudizio è positivo. Sono attuati i principi
del giusto processo, è chiarito il riparto di giurisdizione, è ampliato il ventaglio
delle azioni proponibili (introdotta l'atipicità delle
azioni!), è rielaborata la disciplina dell'istruttoria, sono riordinate le impugnazioni,
è rivisto il processo di ottemperanza.I difetti del Codice potranno essere corretti
nei prossimi 2 anni, secondo espressa previsione della legge delega
CAPITOLO 3
L’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
1.Il riparto di giurisdizione
Con la riforma si era presentato il problema di fissare il criterio di
riparto.Si deve considerare il petitum (che si fonda sulla pronuncia r
ichiesta, possibile il doppio grado di tutela) o la
causa petendi (che si fonda sulla natura della posizione giuridica lesa,
senza doppia tutela)?Dal 1930 venne adottato il criterio della causa
petendi, ma furono comunque necessari ulteriori criteri per individuare
il riparto:
a) Teoria della degradazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi:
I diritti soggettivi, se colpiti da un potere amministrativo, degradano in
interessi legittimi, sotto la giurisdizione del giudice amministrativo. Ma
come può un diritto soggettivo, se limitato o estinto,
“trasformarsi” in interesse? E quando si è comunque in presenza di
poteri amministrativi, ma il diritto soggettivo non è degradabile (es.
perché protetto in Cost.)?
b) Teoria basata sulla distinzione tra cattivo uso del potere e carenza
di potereCattivo uso del potere:
Si tratta di interesse legittimo, di competenza del giudice
amministrativo. Esistendo una norma di legge che
da alla PA il potere di emanare un atto, ci sarò solo un interesse
affinché tale atto sia emanato in modo corretto.
Carenza del potere:
Si tratta di diritto soggettivo, tutelato dal giudice ordinario. Non c’è una
norma che da alla PA il potere di emanare l’atto. Non si tratta solo di
carenza in astratto (es. perché non vi è la norma), ma anche in
concreto (es. per forma, procedimento, termine perentorio,
presupposti).
c) Teoria che si fonda sulla distinzione tra norme di azione e norme di
relazione
Le norme di azione regolano l’esercizio dei poteri della PA, e si
riferiscono all’interesse legittimo. Quelle di relazione regolano invece i
rapporti tra i cittadini e la PA (e attengono dunque ai diritti soggettivi).
Ma dopo aver chiarito a che tipo di norme appartengono diritto
soggettivi e interessi legittimi, come si stabilisce quando una nor
ma è di azione, e quando invece di relazione?
d) Teoria si basa sulla differenza tra attività discrezionale e vincolata
La prima, comprendente interessi legittimi di cognizione del giudice
amministrativo, la seconda diritti soggettivi da tutelarsi tramite
giudice ordinario.
2. Le situazioni giuridiche soggettive del privato
Le situazioni giuridiche soggettive sono il diritto soggettivo e l'interesse
legittimo, come ricavato dagli artt. 113,24 e 103 della costituzione,
nonché da fonti di livello legislativo anteriori alla stessa come la legge
abolitiva del contenzioso amministrativo e la legge istitutiva della IV
sezione del Consiglio di Stato.il primo dei due articoli stabilisce che
sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per
contravvenzione e tutte le cause nelle quali si faccia questione di un
diritto civile o politico comunque vi possa essere interessata la
pubblica amministrazione (dove per diritto politico civile è da intendersi
qualsiasi diritto soggettivo). Il secondo stabilisce che spetta al
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decidere sui ricorsi per
incompetenza, eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e
provvedimenti di un'autorità amministrativa, che abbiano per oggetto
un interesse di individui o di enti morali e giuridici (interesse che verrà
poi definito interesse legittimo).si è posta dunque la questione di
definire le caratteristiche dell'interesse legittimo, di individuarne
l'oggetto e le forme e modi di protezione. Si è posta inoltre la questione
di capire quando il privato possa vantare nei confronti della pubblica
amministrazione un diritto soggettivo o un interesse legittimo, e definire
il criterio in base al quale individuare il giudice competente. Soprattutto
nella dottrina meno recente si è talvolta negata all'interesse legittimo
natura di situazione giuridica soggettiva, soprattutto perché alla fine
dell'800 l'unica situazione giuridica soggettiva ammissibile era il diritto
soggettivo, e ciò comportava che l'interesse legittimo venisse
considerato un mero potere di reazione nei confronti del
provvedimento illegittimo idoneo a legittimare la proposizione del
ricorso giurisdizionale da parte del privato. Tale impostazione non è
però seguita dalla dottrina più recente, soprattutto perché la costituz
ione colloca l'interesse legittimo a fianco del diritto soggettivo.
3. L’interesse legittimo quale situazione correlata alla potestà
Esistono in dottrina vari orientamenti circa la definizione di interesse
legittimo:
1) Situazione giuridica soggettiva utilizzabile a fini di tutela nei confronti
dell’esercizio delle potestà della PA. La potestà della PA può portare a
2 effetti, limitativi o ampliativi. Gli interessi legittimi possono essere
sacrificati, invece se ci sono diritti soggettivi questi non posson
o essere potestà della PA.
2) Può essere oppositivo (la potestà della PA è sacrificativa) o
pretensivo (la potestà è ampliativa).In questo caso è una situazione
giuridica soggettiva attiva che fronteggia un’altra situazione soggettiva
attiva costituita dalla potestà amministrativa
3) Come pretesa alla legittimità del provvedimento amministrativo.
L’interesse è una situazione soggettiva di vantaggio riconosciuta al
privato avente carattere strumentale (perché comporta l’eventuale ed
indiretta tutela dell’interesse finale)
4) La legittimità dell’azione amministrativa rappresenta il limite della
protezione che l’ordinamento giuridico riconosce all’interesse legittimo
(ma il limite alla protezione non può trasformarsi nell’oggetto della
protezione.)
5) Posizione di vantaggio data ad un soggetto dell’ordinamento in
ordine ad un interesse ad un bene della vita oggetto di potere
amministrativo. La differenza tra diritti soggettivi ed interessi legittimi
starebbe solo nel grado della tutela.
6) Interesse consistentnella possibilità di conservare o di acquisire un
bene della vita. Il bene della vita è diverso dall’interesse finale, è infatti
una semplice chance.
4. L’interesse legittimo ed il suo oggetto: orientamenti recenti
Se lo spazio entro cui si colloca l'interesse legittimo è quello
rappresentato dai limiti posti normativamente all'esercizio delle potestà
amministrative, se i limiti non sono violati tali potestà sono esercitate in
modo legittimo, e legittimo è l'eventuale sacrificio degli interessi finali
del privato; se però tali limiti risultano violati, le potestà amministrative
risultano esercitati in modo illegittimo e dunque non era tollerabile
l'eventuale sacrificio.L'interesse legittimo è dunque la pretesa alla
legittimità del provvedimento amministrativo, dunque una
situazione giuridica soggettiva di vantaggio riconosciuta al privato che
ha carattere strumentale in quanto comporta l'eventuale ed indiretta
tutela dell'interesse finale.
5. Considerazioni sugli orientamenti esaminati
Non vi è ancora oggi accordo in dottrina sulla definizione dell'interesse
legittimo, e soprattutto sull'oggetto e sull'interesse tutelato: in ogni caso
deve esistere un rapporto di reciproca corrispondenza tra lesione
dell'oggetto e bisogno di tutela: nella teoria che identi
fica l'oggetto dell'interesse legittimo con la pretesa al
corretto esercizio del potere amministrativo, tale rapporto non è poi di
piena corrispondenza. Se in dottrina vi sono divergenze sulla
definizione dell'interesse legittimo, vi è invece consenso per
i poteri che sono propri di tale situazione giuridica soggettiva, e che
possono essere esercitati dal titolare a fini di tutela: poteri di
partecipazione al procedimento amministrativo, potere di esperire i
ricorsi amministrativi, potere di proporre ricorso in sede giurisdizionale.
è invece dibattuto il problema del modo di individuazione dell'interesse
legittimo, ossia di capire quali tra i tanti interessi che l'esercizio delle
potestà amministrative può toccare, assuma tale qualità: innanzitutto si
può individuare un interesse legittimo quando vi è una base normativa,
ma tale operazione non è sempre agevole.
6. Il problema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione
dell’interesse legittimo sino alla sentenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione n.500/1999 Per lungo tempo i danni derivanti
dalla lesione di interessi legittimi non erano considerati risarcibili.
Cassazione sent.500/1999: pronuncia in sede di regolamento di
giurisdizione. La Corte recepisce l’orientamento della dottrina ci
rca l’art.2043 c.c. E’ data una diversa lettura di “danno ingiusto”, ora
pregiudizio non giustificato recato ad un interesse giuridicamente
rilevante (indipendentemente da quale, mentre prima si riteneva
rilevante solo quello derivante da diritto soggettivo). Un ulteriore
problema era dato dall'impossibilità di trovare un giudice competente a
risolvere la controversia relativa ai danni, in quanto non poteva
conoscervi né il giudice ordinario (perché giudice dei diritto
soggettivi lesi dalla p.a.) né il giudice amministrativo, perché allora
privo dei poteri di pronunciare nei confronti della p.a. una sentenza di
condanna al pagamento di una somma di denaro (era consentita solo
l'adozione di sentenze di annullamento del provvedimento illegittimo).
Tali ragioniprovocavano una sorta di immunità della p.a. nei confronti
dei danni arrecati al privato nello svolgimento illegittimo della propria
funzione. L'esistenza di una così vasta area nella quale la p.a. veniva
garantita di una sostanziale irresponsabilità nei confronti dei danni
arrecati, non era tollerabile, in quanto non garantita da alcuna norma
costituzionale (che anzi fornisce indicazioni di
segno opposto). Si deve inoltre ricordare come già a partire dagli anni
60 la cassazione avesse iniziato a risarcire danni derivanti dalla
lesione di interessi non qualificabili come veri e propri diritti soggettivi
(es. lesione di legittime aspettative di natura patrimoniale nei rapporti
familiari anche di fatto, o in tema di risarcimento per la perdita di
chance). La cassazione aveva già dunque cambiato la propria
interpretazione dell'art.2043 c.c., considerando l'illecito non più tipico
bensì atipico (e dunque danno ingiusto non è più solo
quello derivante dalla lesione di un diritto soggettivo, ma dalla lesione
di unqualunque interesse meritevole di considerazione e tutela). Da ciò
però una conseguenza paradossale: mentre nei rapporti tra privati
vengono risarciti illeciti tipici e atipici, nei rapporti tra privati e p.a. i
danni derivanti dalla lesione di un interesse legittimo non erano tali da
integrare il requisito dell'ingiustizia. Fattore che ha messo in crisi tale
impostazione è stato sicuramente l'ordinamento comunitario, per il
quale vige il principio in base al quale la Comunità deve risarcire i
danni arrecati dalle sue istituzioni nell'esercizio delle sue funzioni. Altro
fattore di crisi del tradizionale sistema è stato inoltre il d.lgs 80/1998
che ha ampliato le materie di giurisdizione esclusiva e ha previsto la
possibilità per il giudice amministrativo di
condannare in sede di giurisdizione esclusiva l'amministrazione, anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica, al risarcimento del
danno ingiusto. La sent.500 ha offerto soluzioni alle questioni sia di
ordine processuale che sostanziale. Per quanto riguarda quelle
processuali, il giudice competente per risolvere le controversie in tema
di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo
era il giudice ordinario (tranne per le controversie rientranti nella
giurisdizione esclusiva), e il rapporto tra azione di annullamento del
provvedimento illegittimo e azione risarcitoria era risolto nel senso di
escludere che quest'ultima fosse subordinata alla prima. Per le
questioni sostanziali, invece, la cassazione riconosce che non vi è
alcun argomento ex art.2043 che lasci desumere l'applicabilità della
disciplina solo ai danni da lesione di diritti soggettivi, e inoltre la
locuzione "danno ingiusto" non va correlata a una situazione tipizzata,
ma deve essere interpretata come clausola generale che offre
protezione a tutti i tipi di interessi meritevoli di tutela. L'illecito ex
art.2043 non è dunque tipico, ma atipico in quanto offre protezione non
solo nei confronti di danni derivanti dalla lesione di diritti soggettivi, ma
anche di interessi non aventi consistenza di diritto soggettivo, purchè
degni di protezione. L'art.2043 non è dunque norma secondaria (che
protegge situazioni giuridiche soggettive) ma è essa stessa norma
primaria, in quanto tutela anche interessi non tipizzati in alt
re norme. La cassazione inoltre da una propria teoria dell'interesse
legittimo, considerandone l'oggetto nell'interesse al bene della vita;
questo, sia pure fatto oggetto di esercizio del potere amministrativo,
proprio perché bene della vita, può configurare un danno risarcibile
purchè si dimostri l'effettiva spettanza in capo al privato dell'interesse
al bene medesimo. Tale circostanza è acclarata ed automatica in caso
di illegittimità del provvedimento in caso di interessi legittimi oppositivi
(in quanto si oppongono a una potestà amministrativa che pretende di
limitare l'interesse al bene della vita), mentre non può dirsi altrettanto
di quelli pretensivi, poiché l'illegittimità del provvedimento di diniego
all'adozione di un provvedimento non equivale adaccertarne la
spettanza. Per quanto riguarda l'elemento soggettivo ex art.2043 c.c.,
la cassazione ha affermato che non è sufficiente l'illegittimità dell'atto,
ma è necessario anche l'elemento della colpa (non del funzionario
agente, ma della p.a. come apparato, ossia quando essa abbia violato
le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione).Le
Sezioni Unite della Cassazione, con la sent. 500, lasciavano però
aperti molti dubbi, la cui soluzione è affidata a legislatore e
giurisprudenza.
7. La risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse
legittimo nell’attuale quadro normativo e giurisprudenzialela cognizione
delle questioni risarcitorie è oggi attribuita espressamente al giudice
amministrativo dal
Codice, ex art.7 comma 4, che stabilisce che sono attribuite alla
giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le
controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni della p.a.,
comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di
interessi legittimi e altri diritti patrimoniali conseguenziali.
lOMoAR cPSD| 684111

L'art.30 comma 6 ribadisce che di ogni domanda di condanna al


risarcimento del danno conosce esclusivamente il giudice
amministrativo. Da tale art. emerge che:non esiste pregiudizialità tra
l'azione di annullamento del provvedimento e l'azione di condanna al
risarcimento del danno derivantetale ultima azione può essere
proposta autonomamente entro 120 giorni dal giorno in cui si è
verificato il fatto, o dalla conoscenza del provvedimentose l'azione d
i annullamento è stata proposta, la domanda risarcitoria può essere
formulata nel corso del giudizio o comunque fino a 120 giorni dal
passaggio in giudicato della sentenza ove vi siano i presupposti ex
art.2058 c.c. il danneggiato può chiedere il risarcimento in forma
specificanella determinazione del risarcimento il giudice valuta le
circostanze e il comportamento delle parti, ed esclude il risarcimento
dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza
per il risarcimento del danno prodottosi a seguito dell'inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (danno
da ritardo) il termine per la proposizione della domanda non decorre
finchè continua l'inadempimento; il termine inizia a decorrere però
trascorso un anno dalla scadenza del
termine per provvedere.Si conclude così il lungo dibattito sulla
pregiudizialità tra azione di annullamento e risarcitoria, che aveva
visto il giudice amministrativo schierarsi a favore della tesi della
pregiudizialità dell'azione risarcitoria su
quella di annullamento. Tale posizione non era però condivisa dalla
Cassazione, secondo cui la richiesta di tutela risarcitoria non poteva
essere preclusa dalla mancata impugnazione nei termini, in quanto ciò
avrebbe rappresentato una menomazione della tutela giurisdizionale
del cittadino nei confronti della p.a.Come detto, con l'introduzione del
Codice la questione è oggi risolta.
8. La giurisdizione esclusiva e il riparto per materie: cenni e rinvio
In presenza della giurisdizione esclusiva il nostro sistema di giustizia
amministrativa, da dualista torna ad essere monista: infatti in sede di
giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo è competente a
giudicare sia della lesione dell'interesse legittimo sia della lesione del
diritto soggettivo. Al criterio della causa petendi si sostituisce quello
basato sulle materie (ex art.103 Cost.).La giurisdizione esclusiva pone
due ordini di problemi: la costituzione parla di particolari materie e si è
posta il problema se esista un limite quantitativo
all'espansione di tale giurisdizione; inoltre vi è il problema dei criteri
sulla cui base andare a scegliere le materie indicate dalle legislatore.
Per prima cosa non sarebbe legittimo eliminare del tutto ogni
competenza del giudice ordinario rispetto alla tutela di diritti soggettivi,
e ci si rende conto di come sia un'operazione difficile delimitare con
esattezza le materie. Entrambe le questioni sono state affrontate dalla
corte costituzionale nel 2004, la quale ha chiarito che l'art. 103 Cost.
non ha conferito al legislatore ordinario un'assoluta ed incondizionata
discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie
devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma ha conferito un potere
che deve considerare la natura delle situazioni
soggettive coinvolte e non fondarsi esclusivamente sul dato oggettivo
delle materie. Tale situazione ha trovato sostanziale conferma
all'interno del Codice.
CAPITOLO 4
LE FORME DELLA GIURISDIZIONE
1. Premessa
La giurisdizione del giudice
amministrativo può essere:
-Di legittimità
-Esclusiva
-Di merito
2. La giurisdizione generale di legittimità
-È limitata quanto ai poteri di cognizione, all’accertamento dei soli 3
vizi di incompetenza, eccesso di potere
e violazione di legge.
Non si mirava a verificare la lesione della situazione giuridica
soggettiva, ma oggetto dell’accertamento era
l’atto amministrativo e la sua eventuale illegittimità. Lo scopo è
l’annullamento dell’atto (la situazione giuridica è tutelata solo in via
indiretta).La cognizione non poteva estendersi né alle valutazioni di
opportunità della PA, né su quelle tecniche.
lOMoAR cPSD| 684111

Era precluso inoltre il giudizio sul fatto: si doveva sì accertare


l’esistenza di questo, ma poi il giudice non
poteva sindacare su quest’ultimo. Le val
utazioni riconducibili alla sfera della discrezionalità amministrativa
erano insindacabili.
-E’ limitata quanto ai poteri istruttori:
Inizialmente vi era un limitatissimo numero di mezzi di prova (solo le
prove documentali) poi ampliati (dal
2000 anche laconsulenza tecnica), ma in ogni caso rimangono esclusi
la prova per i testimoni, il giuramento
e la confessione.
-Limitata quanto al potere di decisione:
anche se in contrasto con la normativa comunitaria, che pretende la
pienezza della tutela, il giudice
amministrativo può solo annullare l’atto illegittimo, ma non riformarlo o
sostituirlo (come invece accade nella giurisdizione di merito). Non può
inoltre pronunciare sentenze dichiarative o di condanna (come invece
accade nella giurisdizione esclusiva), anche se ciò è stato in parte
superato nel 2000 (e soprattutto nel Codice) con la possibilità da parte
del giudice amministrativo di risarcire i danni da lesione di interessi
legittimi. Se infatti, come nel caso del risarcimento di danni, il giudice
non è più chiamato solo ad annullare un atto ma è investito anche del
potere di disporre il risarcimento, l'accertamento non può più avere ad
oggetto solo la legittimità di un atto, ma anche la verifica di tutti gli altri
presupposti necessari a fondare la pretesa risarcitoria: non dovrà
dunque più essere limitato, ma pieno, per consentire il giudizio di
spettanza del ricorrente alla pretesa risarcitoria.
3. La giurisdizione di merito
Storicamente si tratta della prima forma di giustizia amministrativa.
Con la legge abolitiva del contenzioso amministrativo, alcune funzioni
a questo appartenenti erano state “salvate” e affidate alla giurisdizione
propria del Consiglio di Stato (qui vera e propria giurisdizione di
merito), a differenza della giurisdizione ritenuta
del Sovrano dove il Consiglio di Stato partecipava solo come organo
consultivo (giurisdizione solo di legittimità).
Caratteri (
-Eccezionale:
Ammessa in deroga al principio del solo sindacato di legittimità
-Tassativa:
Attuabile solo nei casi previsti da
lla legge
-Aggiuntiva:
Non esclude, ma si aggiunge alla giurisdizione di legittimità (il giudice
amministrativo pronuncia anche sul
merito)
Al giudice sono demandati maggiori poteri, sia istruttori che decisori
(ampliamento della cognizione)
-Istruttori:
Tutti i poteri del giudice civile, purché compatibili con il tipo di giudizio
-Decisori:
Il giudice può:
-annullare l’atto per motivi di legittimità
-riformarlo in tutto o in parte
-sostituirlo con un atto da esso stesso formulato
-condannare la PA s
occombente al pagamento delle spese di giudizio.
Ad eccezione del giudizio di ottemperanza, oggi la giurisdizione di
merito è quasi dimenticata, a favore della
giurisdizione di legittimità (forse per il principio “psicologico” della
separazione dei poteri?). C'è da sottolineare, comunque, come due
recenti e significativi interventi legislativi sembrino andare in direzione
opposta, lasciando aperture per un orizzonte diverso della
giurisdizione di merito: le norme che hanno
introdotto la class action pubblica, e quelle che il Codice dedica al
processo in materia di appalti pubblici.
4. La giurisdizione esclusiva (nel suo assetto tradizionale)
Non si tratta di una terza specie di giurisdizione rispetto a quella di
legittimità e di merito. Qui il giudice infatti pronuncia ora come giudice
di merito, ora come giudice di legittimità. Non si tratta nemmeno di un
tertium genus rispetto al giudice amministrativo o al giudice ordinario.
L’istituzione della giurisdizione esclusiva è da ricercare in quelle situazi
oni in cui i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono così legato tra
loro da non riuscire a distinguerli. E si rischierebbe quindi che il
privato si rivolga al giudice amministrativo e al giudice ordinario
insieme per ottenere una tutela completa. Ma poi vi sarebbe il rischio
di ottenere pronunce discordanti, con un elevato dispendio di energie.
Ci si rivolge al giudice amministrativo con la giurisdizione esclusiva in
modo da avere un giudice tecnicamente preparato.
Ma, essendo nel giudizio amministrativo preferita la giurisdizione di
legittimità, si finisce con il privare i diritti soggettivi della tutela della
cognizione piena, propria della giurisdizione di merito. La Corte Cost
ha tentato di risolvere il problema ampliando i poteri cautelari e
probatori, ma in ogni caso la disparità di trattamento permane.
5. (Segue): le materie originariamente devolute alla giurisdizione
esclusivaL'ambito della giurisdizione esclusiva si è determinato per
successive stratificazioni legislative: il nocciolo originario vedeva la
coincidenza della giurisdizione di merito con quella esclusiva, con
l'unica eccezione dei ricorsi relativi alla rapporto di pubblico impiego.
Tuttavia anche tale materia di giurisdizione esclusiva è
venuta a perdere gran parte della sua importanza in seguito alla
privatizzazione dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni,
in base alle quali le controversie sono state restituite alla giurisdizione
del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro. Rimangono le
sole controversie relative ad alcune categorie di pubblici dipendenti:
magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori
dello Stato, personale diplomatico e docenti universitari. Del nucleo
originario delle attribuzioni della giurisdizione esclusiva rimane ben
poco, ma a quel corpo si sono aggiunte numerose materie e rapporti,
come quelle per le controversie relative alle concessioni di beni e
servizi, relativa ai servizi pubblici o relativi all'applicazione di una
clausola contrattuale. Note vole importanza rivestono i ricorsi contro
provvedimenti emanati dall'autorità garante della con urgenza e del
mercato, le controversie in materia di contratti di beni e
servizi stipulati dalle amministrazioni pubbliche, i ricorsi contro le
sanzioni dell'autorità della vigilanza sui lavori pubblici, i ricorsi contro
gli atti delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, i ricorsi
contro gli atti dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni e le
controversie aventi ad oggetto atti del comitato olimpico nazionale
italiano o delle federazioni sportive. Accanto a tali materia
espressamente indicate dal legislatore si aggiungono poi altre come i
ricorsi contro il rilascio o il diniego di autorizzazioni
per il commercio, delle controversie relative all'autorizzazione alla
vendita dei beni delle imprese sottoposte ad amministrazione
straordinaria.
6. (Segue): il d.lgs. n. 80/1998 e la recente giurisprudenza
costituzionalevi è stato da sempre un vivace dibattito sulla portata
concreta degli ambiti propri della giurisdizione
esclusiva, in quanto nozioni come pubblico impiego e uso del territorio
hanno dato luogo a numerosi conflitti di giurisdizione, soprattutto tra le
posizioni assunte dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della
cassazione. Per cercare di calmare contrasti il legislatore ha precisato
che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutte le controversie relative procedure di affidamento
dei lavori servizi e forniture indipendentemente dalla mater
ia dei servizi pubblici. Le stesse difficoltà sono nate relativamente
alla materia urbanistica ed edilizia. Tali difficoltà sono state
recentemente esaminate dalla corte costituzionale che ha ridisegnato
e ridotto l'ambito della giurisdizione esclusiva, precisando che la
particolarità delle materie devolute a tale giurisdizione implica che tali
materie devono partecipare della stessa natura e quelle devolute alla
giurisdizione generale di legittimità. Tale soluzione è stata accolta
indottrina con molte critiche, soprattutto a causa dell'intervento
manipolativo della corte.
7. (Segue): gi attuali confini della giurisdizione esclusiva
il legislatore del 2010 non ha introdotto novità di rilievo, ma ha recepito
i principi fondamentali affermati dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale e ha cercato di sistemare in maniera organica le ipotesi
di giurisdizione esclusiva previste nel nostro ordinamento. L'art.7
comma 1 del Codice sancisce che sono devolute alla giurisdizione
amministrativa le controversie su interessi legittimi, e su diritti
soggettivi limitatamente a quelle particolari materie previste dalla
legge. Nelle materie di giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo
conosce, anche a fini risarcitori, delle controversie su diritti soggettivi. Il
principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti
al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi
e, in particolari materie previste dalla legge, dei diritti soggettivi. Le
materie attualmente devolute
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono 27,
disciplinate all'art.133 del Codice (elenco non tassativo); le più
importanti sono:diritto di accesso ai documenti amministrativi
pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi
(tranne quelle concernenti indennità, canoni, provvedimenti adottati da
p.a. in un procedimento amministrativo, relative all'affidamento di un
pubblico servizio e alla vigilanza e al controllo nei confronti del
gestore...)procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture,
svolti da soggetti tenuti al rispetto dellanormativa comunitaria o dei
procedimenti di evidenza pubblica statale o regionale
atti e provvedimenti delle p.a. in materia urbanistica e edilizia, ferme
restando le giurisdizioni del tribunale delle acque pubbliche, e del
giudice ordinario per le espropriazioniatti, provvedimenti, accordi e
comportamenti riconducibili all'esercizio di un pubblico potere, ferma
restando la giurisdizione del giudice ordinario per le espropriazioni
rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico
si tratta di materie rilevanti e sempre più numerose: sembra ormai
questa la più importante tra le forme di giurisdizione rimesse al giudice
amministrativo.
8. I poteri di piena giurisdizione del giudice esclusivo
Grazie al consistente ampliamento dei poteri istruttori del giudice
amministrativo sono stati ammessi tutti i mezzi di prova previsti dal
codice di procedura civile, nonché dalla consulenza tecnica, esclusi
l'interrogatorio formale ed il giuramento. Il giudice così fornito di
strumenti idonei ad assicurare un effettivo sindacato sul fatto. Anche il
Consiglio di Stato riconosce la sussistenza di un nesso di strumentalità
necessaria all'ampliamento dei mezzi di prova nella pienezza della
cognizione del fatto, e questo ampliamento della cognizione del
giudice è strumentale alla funzione propria del giudizio di giurisdizione
piena la cui funzione è quella di assicurare la reintegrazione, anche in
forma specifica, delle situazioni giuridiche soggettive di cui il ricorrente
assume la lesione. Si sono inoltre superati i limiti posti ai poteri di
decisione del giudice amministrativo, consentendo al giudice di
disporre una condanna alla reintegrazione anche in forma specifica e
quindi una condannal'amministrazione ad un dare, facere e praestare
specifico: non ci si limita più all'eliminazione dell'atto illegittimo, ma si
estende la decisione alla reintegrazione delle conseguenze dannose
dell'atto, in quanto comprensiva del potere di disporre il ri
sarcimento del danno ingiusto.
8.La legge n. 205/2000 e le prospettive di unificazione delle diverse
"giurisdizioni" nell'unico modello processuale della giurisdizione piena
Le trasformazioni apportate da tale legge alla tradizionale giurisdizione
generale di legittimità lasciano intravedere prospettive di unificazione
delle diverse giurisdizioni. Secondo la prospettiva della giurisdizione
piena il giudice della giurisdizione piena non può non conoscere in via
principale dell'atto dei pubblici poteri da cui origina la lesione: anche
nell'esaminare un provvedimento amministrativo dovrà essere il
giudice della rapporto che dovrà valutare la legittimità dell'atto non in
astratto ma con specifico riferimento alla pretesa sostanziale fatta
valere in giudizio dalla ricorrente e alla sua fondatezza. In possibilità di
configurare un'azione di annullamento autonoma distinta dalla tutela
risarcitoria offerta dalla ricorso di piena giurisdizione costituisce il
principale e persistente tratto di discriminazione più netta tra la tutela
offerta in sede di giurisdizione esclusiva e quella che invece azionabile
davanti alla giurisdizione generale. Tale tratto differenziale si fonda più
su limiti derivanti da un'interpretazione letterale delle norme che non su
una corretta interpretazione della ratio che ha ispirato il legislatore: per
questo si ritiene che tale tratto differenziale verrà prima o poi fatto
cadere.
10. Il Codice del processo amministrativo: il modello unico processuale
della giurisdizione piena realizzato soltanto in parte il nuovo Codice ha
realizzato solo in parte il tanto auspicato modello unico processuale di
giurisdizione piena. Le novità più importanti non riguardano la
giurisdizione esclusiva. Ma quella generale di legittimità:
l'art.7 del Codice mantiene ferma la devoluzione a questa delle
controversie relative al risarcimento del danno, anche in forma
specifica. E anche se il Codice non prevede espressamente un'azione
di accertamento autonomamente attivabile davanti al giudice
amministrativo, questa sembra essere comunque implicitamente
ammessa attraverso il combinato disposto degli artt. 7 (comma 1 e 4),
31 e 34 (comma 1, lett. c).Il giudice inoltre nell'ambito della
giurisdizione generale di legittimità, può disporre di tutti i mezzi di
prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi solo l'interrogatorio
formale e il giuramento (ma compresa la testimonianza, seppure nella
sola forma scritta). Tali disposizioni sembrano configurare anche la
giurisdizione generale di legittimità come una giurisdizione piena e di
carattere soggettivo, anche se poi all'interno dello stesso Codice molte
altre disposizioni sembrano continuarsi ad ispirare al modello
tradizionale della giurisdizione generale di legittimità. Anche la
questione della pregiudizialità amministrativa è stata risolta con una
soluzione di compromesso per nulla condivisibile (sembra un ritorno al
passato!): se anche infatti l'art.7 permetto l'azione in via autonoma per
il risarcimento, sono poi richiesti termini brevissimi (120 giorni),
cosa che sembra tradire una concezione della giurisdizione generale di
legittimità ancora di carattere prettamente oggettivo, volta cioè più a
verificare la mera legittimità del provvedimento impugnato che ad
offrire effettiva tutela alle situazioni giuridiche soggettive
PARTE 3
CARATTERI GENERALI DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
CAPITOLO 1
IL MODELLO PROCESSUALE
Sezione prima: Profili funzionali
1. Nozioni preliminari
Con il termine processo si indica l'iter sequenziale nel quale si svolge
l'operazione logica del giudizio; con il termine giudizio si indica
l'operazione logica consistente nella soluzione della controversia. Il
processo può avere struttura e funzioni diverse ma è sempre una
sequenza di atti disciplinati in modo più o meno rigoroso nelle forme
nei termini. Si possono ricostruire diversi modelli di processo, il nostro
è tratteggiato dall'art.111 Cost, che garantisce equità ed efficienza alla
tutela giurisdizionale. Qui interessa solo il processo amministrativo,
che si svolge dinanzi al TAR in primo grado, e dinanzi
alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato in grado di appello.
2. Profili funzionali
ogni processo serve a rendere giustizia, ma per arrivare a questo si
possono seguire due strade: costruire il processo come semplice
applicazione della legge (processo di diritto oggettivo, come il
processo penale) o dare tutela alle situazioni giuridiche soggettive
coinvolte (processo di diritto soggettivo, come il processo
civile).il processo amministrativo segue il secondo tipo, poiché è
finalizzato a tutelare le situazioni soggettive che il cittadino vanta nei
confronti della pubblica amministrazione. è un processo di parti, in cui
queste, e non il giudice, hanno il potere di dare inizio, farlo proseguire
ed eventualmente terminare senza che la controversia sia decisa:
hanno dunque la piena disponibilità del processo essendo questo un
processo dispositivo (anche se con qualche eccezione, ad es. il
metodo acquisitivo).
3. Posizione e poteri delle parti
Il processo amministrativo è caratterizzato da vari principi:
-Della domanda
Iniziativa di parte. Il giudice non può procedere d’ufficio e oltre i limiti
della domanda. Può solo integrare il ricorso con i motivi aggiunti.
-Dell’impulso di parte
Solo le parti con le loro richieste fanno andare avanti il processo. Solo
per l’istruzione probatoria il giudice ha potere autonomo (carattere
acquisitivo del processo amministrativo).
-Della disponibilitàdel proceso
Il processo amministrativo non termina necessariamente con una
sentenza.La parte ricorrente può rinunciare al giudizio in ogni stato e
grado. Diversamente che dal processo civile, qui
basta notificare la rinuncia, non dovendola le altre part
i accettare.
-della non contestazione:
il giudice è tenuto a prendere l'esame e decidere solo le questioni
effettivamente controverse, ossia quelle in cui alle affermazioni di una
parte si contrappongono affermazioni contrarie delle altre parti.
Corollario di tale principio è il dovere de giudice di ritenere non
bisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati. Il
principio comporta dunque l'onere di contestazione.
4. Posizione e poteri del giudice
Il giudice ha il compito di formulare il giudizio, e di dirigere il processo
(su istanza di parte).Può condurre anche d’ufficio l’istruzione,
l’integrazione del contraddittorio, i decreti di presa d’atto di
rinuncia, l’estinzione, la sospensione e l’interruzione.
Principi
-Di collegialità:
Non vi è la figura del giudice istruttore (anche se tale principio di sta
ammorbidendo)
-Acquisitivo:
Il giudice anche d’ufficio può acquisire e valutare le prove (è stato
modificato il principio dell’onere della prova: le parti devono solo
allegare i fatti e fornire un principio di prova (onere del principio di
prova).Il giudice in ogni caso non può andare a vantaggio di una sola
parte (sarebbe violata l’imparzialità del
giudice), bensì ciò si giustifica solo quando la prova non è nella
disponibilità della parte.
Sezione seconda: Profili oggettivi e strutturali
1. L’oggetto del processo in generale
Il processo nasce come giudizio di impugnazione di atti amministrativi.
Risponde ad un tipo di tutela reattiva, che presuppone che
l'amministrazione abbia posto in essere certi comportamenti che chi si
rivolge al giudice ritiene lesivi delle sue situazioni giuridiche soggettive.
Essendo giudizio di impugnazione, il processo amministrativo può di
solito essere instaurato solo dopo che un
provvedimento sia stato adottato: quest'ultimo riveste dunque il ruolo il
presupposto processuale, di oggetto della cognizione del giudice e di
oggetto della decisione. Non si può non dire dunque che l'atto sia
l'oggetto del processo, anche se la stessa nozione di oggetto del
processo è assai controversa. Oggetto del processo è
l'operazione logica del giudizio, oggetto del giudizio è la controversia,
oggetto della controversia e una più questioni di diritto sostanziale.
Tale situazione sostanziale è la questione dedotta in giudizio, su
cui il giudice deve pronunciarsi. La materia del contendere può
assumere dimensioni assai vaste dovendo articolarsi in
questioni pregiudiziali di rito, questioni preliminari di merito e questione
principale di merito.
2. L’oggetto del processo amministrativo
Oggetto è l’atto (perché presupposto dello stesso processo) o la
questione che concerne la sua legittimità?La dottrina propende più per
la prima soluzione, ma poi non si spiegherebbe il contenuto
conformativo della sentenza, che traccia la via che la
PA deve seguire per adottare gli altri provvedimenti necessari a
colmare la lacuna giurisdizionale. Questo si spiega solo se l’oggetto si
espande fino a comprendere le questioni attenenti la tutela delle
situazioni giuridiche soggettive.Oggetto sono quest
ioni attinenti la tutela quando si tratta non più di processo su atti, ma su
comportamenti (es. silenzio, accesso).Oggetto è quindi il potere
amministrativo, ossia la legittimità degli atti che costituiscono
l’esercizio del potere amministrativo, in funzione della tutela
dell’interesse dei privati.
3. Caratteri del processo
Caratteri principali sono la concentrazione, l’oralità e la pubblicità.
Manca la fase istruttoria. Si passa dalla fase introduttiva alla decisione,
in una sola udienza di discussione orale.
Oltre al rito ordinario:
a) Rito immediato:
Il giudizio è definito nel merito in sede di decisione della domanda
cautelare, se la materia del contendere è
di facile soluzione
b) Rito abbreviato:
Riduzione della metà di tutti i termini tranne che
per la proposizione della domanda e dell’appello, previsti
necessariamente in alcuni casi
c) Rito accelerato:
Nei casi in cui si applica il rito abbreviato, vi può far ricorso il giudice se
vi è illegittimità dell’atto impugnato o la sussistenza di pregiu
dizio grave e irreparabile.Comunque in tutti i casi vi è cognizione
piena, e si tratta di riti ordinari.Riti speciali infatti sono: quello avverso il
silenzio, quello per l’accesso e il processo elettorale.La riforma del
2000, seguita del Codice, ha esaltato la rilevanza della connessione di
cause, stabilendo che quando pende un processo, i successivi
provvedimenti connessi all'oggetto del giudizio devono essere
impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti: così si ampia
l'oggetto del giudizio e sirealizza un'ipotesi di simultaneus processus.
4. Spunti di riflessione
Il processo amministrativo, concepito originariamente come processo
di impugnazione di atti e di verifica del
modo di esercizio del potere, non ha mai perso tale carattere; tuttavian
el tempo si è adattato alle esigenze di effettiva tutela delle situazioni
giuridiche soggettive. Infatti il processo di impugnazione non può
assicurare
nessuna tutela quando non esista alcun atto, come ad esempio nel
caso del silenzio. Con l'avvento della giurisdizione esclusiva il
processo di impugnazione è risultato troppo stretto per assicurare da
solo piena tutela dei diritti soggettivi. Non ha però avuto modifiche
profonde sostanziali, ritenendo il legislatore di
elaborare diversi modelli processuali. Solo dal 2000 si può ritenere che
sia iniziata una diversa fase evolutiva, ma i suoi frutti sul piano della
struttura processuale sono maturati solo con il Codice del 2010;
questo ha da un lato allargato il ventaglio delle azioni proponibili,
dall'altro haunificato la disciplina processuale per le 3 forme di
giurisdizione. Con il Codice il processo amministrativo ha ottenuto una
disciplina abbastanza soddisfacente, tale da consentire la tutela piena
ed effettiva nei confronti dell'azione e dell'inerzia della PA..
CAPITOLO 2
I PRINCIPI DEL GIUSTO PROCESSO
Sezione prima: I principi strutturali o di equità
1. Il giusto processo
Nel 1999 si è avuta la modifica dell’art.111 Cost., al quale venne
aggiunta l’espressione “giusto processo”,
rendendo espliciti i principi già attuati nella pratica.
1 comma:
“la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla
legge”È sancita la riserva assoluta qualificata di legge: la disciplina
processuale deve essere stabilita da leggi statali
e si deve modellare secondo i principi del giusto processo (tuttavia nel
diritto amministrativo tale riserva di legge non è del tutto rispettata,
perché la disciplina è contenuta in un regolamento)
2 comma:
“ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condiz
ioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed
imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.
"Giusto processo" è una nozione riassuntiva, sintetica, che comprende
le garanzie di equità e efficienza prescritte per l'esercizio della funzione
giurisdizionale. I principi possono dividersi in strutturali (attinenti al
processo in quanto tale) e funzionali (relativi al processo come
strumento di tutela giurisdizionale). L'insieme delle garanzie costituisce
il limite minimo perché un processo possaqualificarsi come "giusto".
Attengono al primo gruppo i principi di: precostituzione, indipendenza,
terzietà ed imparzialità del giudice, contraddittorio
paritario, necessaria motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Appartengono al secondo gruppo iprincipi: della generalità della tutela
giurisdizionale, dell'inviolabilità del diritto di difesa, della tempestività
della tutela, della tendenziale massima accessibilità alla tutela nel
merito.Lo stesso modello di giusto processo è disegnato dagli artt
. 6 e 13 della CEDU, nonché agli artt. 10 e 11 della Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché nel
Patto internazionale sui diritti civili e politici.
2. I principi riguardanti il giudice
-Principio del giudice naturale
-Principio di indipendenza
-Imparzialità (principio della domanda)
-Terzietà (ricusazione ed astensione)
-Il giudice ha inoltre il dovere di motivare tutti i provvedimenti
giurisdizionali.
3. Sui principi di terzietà ed imparzialità
I principidi terzietà ed imparzialità riguardano il giudice come persona:
gli si richiede di essere terzo, ossia
equidistante rispetto alle parti, ed imparziale nella decisione della
controversia, ossia equidistante anche rispetto agli interessi coinvolti.
Tali principi sono per la corte costituzionale elemento essenziale della
stessa natura della giurisdizione. Dovendo i magistrati amministrativi,
come ogni altro cittadino, rivolgersi spesso
alle amministrazioni pubbliche, è auspicabile che venga stabilito un
limite di durata della permanenza dei magistrati amministrativi nella
stessa sede e con le stesse funzioni. È necessario poi distinguere tra
poteri di direzione del processo e poteri di giudizio: mentre è meglio
lasciare larga discrezionalità al giudice circa i
primi, per i secondi è necessario che sia la legge a disciplinarli in modo
per quanto più possibile incisivo. Al principio di terzietà può essere
rapportato anche il principio della domanda, che si fonda sulla
distinzione tra chi propone e illustra la con
troversia e chi la decide.
4. La forza della prevenzione
In relazione al principio di imparzialità è stato più volte affrontato il
problema della forza della prevenzione: un giudice persona fisica che
si sia occupato una volta di una controversia non può occuparsene
una seconda volta, in altro grado o fase dello stesso processo. La
soluzione dell'astensione e della ricusazione, adottate nel
processo civile, possono essere accolte anche per quello
amministrativo. La forza della prevenzione può avere peso ef
fettivo quando lo stesso magistrato si deve pronunciare esattamente
sullo stesso oggetto, e ciò non si verifica né tra processo cautelare e
processo di merito, né tra processo ingiuntivo e processo di merito
su opposizione al decreto, né tra processo ordinario e processo di
ottemperanza. Sussiste forza di prevenzione invece tra primo secondo
grado, tra processo ordinario e processo di revocazione e tra processo
ordinario e opposizione di terzo. A differenza del giudizio civile, prima
del Codice in presenza
di un'istanza di ricusazione il giudizio principale non veniva sospeso, e
il giudice ricusato poteva partecipare al collegio che decideva sulla sua
ricusazione (disciplina non conforme al principio di imparzialità). Tale
prassi è stata dunque superata con l'art.18 del Codice, secondo il
quale sull'istanza di ricusazione decide il Collegio previa
sostituzione del magistrato ricusato. L'imparzialità rappresenta infatti
un connotato intrinseco dell'attività del giudice e dove dovesse
mancare, le regole e le garanzie processuali si svuoterebbero di
significato. Il principio di imparzialità è infatti canone essenziale del
giusto processo riferibile al giudice: l'indipendenza e
la terzietà sono suoi corollari. Il giudice deve anche motivare tutti
provvedimenti giurisdizionali, regola a lungo inosservata dal giudice
amministrativo per quanto riguarda le ordinanze cautelari, ma ormai
tale prassi è superata. Anche le sentenze in forma semplificata devono
contenere la motivazione che può consistere in un sintetico rife
rimento al punto di fatto di diritto ritenuto risolutivo o ad un precedente
conforme.
5. Principi riguardanti le parti
Per quanto riguarda il principio del contraddittorio e della parità delle
armi, tra la PA e i privati vi è notevole squilibrio di base,
che non può riflettersi sul processo.Si parla di metodo acquisitivo in
relazione al principio della parità effettiva tra le parti nel caso in cui le
prove si trovino nella disponibilità della sola parte pubblica.
6. Completezza e continuità del contraddittorio
Il contraddittorio deve essere completo (deve esserci per tutti i soggetti
interessati) e continuo (in ogni fase
del giudizio).
-Completo:
Si ha la completezza anche se il ricorrente ha notificato ad una sola
parte (il contraddittorio ver
rà poi integrato). Nel giudizio di ottemperanza non sono invece
avvertite le controparti (contrasto con l’art.111
Cost.)
-Continuo:
Anche nella fase cautelare (purché non vi sia estrema gravità ed
urgenza).
Nessuna decisione del giudice (istruttoria o decisoria) può aversi in
mancanza di contraddittorio.
7. Il contraddittorio nell’istruzione e nella decisione
Sul piano istruttorio, dato che il giudice amministrativo a grazie al
metodo acquisitivo il potere di acquisire le prove, è necessario che
l'ordinanza di acquisizione sia preceduta dal dibattito sulla rilevanza
delle prove d'acquisire. Anche per quanto riguarda le questioni
rilevabili d'ufficio, tale rilevabilità d'ufficio non significa
che tale questione possa essere decisa d'ufficio senza essere
sottoposta contraddittorio delle parti. Per la
stessa ragione il giudice non può decidere la controversia assumendo
una soluzione diversa da quelle prospettate dalle parti (cd. terza via) e
sulle quali si è svolto il confronto dialettico. Se il giudi
ce ritiene di scegliere la terza via deve sottoporla preventivamente al
contraddittorio. Lo stesso se il giudice voglia utilizzare il suo sapere
privato, o fatti notori o presunzioni. Il pieno rispetto del contraddittorio
può certo appesantire il processo ma è l'unico modo per giungere ad
una più convincente decisione.
Sezione seconda: Principi funzionali o di efficienza
1. Sulla generalità della tutela
Scopo del processo è sicuramente fornire tutela giusta alle situazioni
giuridiche soggettive: questa per essere giusta deve essere generale,
piena e tempestiva. La generalità è sancita dall'articolo 24 della
costituzione e, con riferimento specifico alle controversie nei confronti
dell'amministrazione pubblica, dall'articolo 113 il
quale sancisce che controgli atti della medesima è sempre ammessa
la tutela giurisdizionale dei diritti degli interessi legittimi davanti agli
organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Oltre al diritto di
azione, è sancito dalla costituzione anche il diritto di difesa i
n ogni stato e grado del procedimento che è qualificato
come diritto inviolabile: comportando il processo dei costi economici, la
costituzione assicura ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per
agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione (an
che se finora si sono rilevati completamente inadeguati alle esigenze).
2. Sulla pienezza della tutela
Il processo deve assicurare ogni possibile forma di tutela, senza
limitazioni: la stessa costituzione prescrive
che la tutela non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di
impugnazione. Tuttavia la disciplina del
processo amministrativo non consentiva tutte le forme di tutela
possibili: tale situazione era in chiaro contrasto con i principi del giusto
processo e si spiegava solo con nell'inerzi
a del legislatore. Il Codice ha superato le ristrettezze della disciplina
precedente, stabilendo che le parti possono avvalersi, e il giudice
amministrativo può disporre, di tutti i mezzi di prova previsti dal codice
di procedura civile, con esclusione dell'interrogatorio formale e del
giuramento. Il Codice non ha invece ridisegnato in senso riduttivo le
innumerevoli cause di inammissibilità, irricevibilità ed improcedibilità
che impediscono che i processo possa chiudersi con la soluzione della
questioni dimerito.
3. Sulla ragionevole durata del processo
Ovviamente la tutela giurisdizionale per essere effettiva deve essere
tempestiva: già Bentham scriveva
“justice dalayed is justice denied” (la giustizia ritardata è giustizia
negata).La stessa corte costituzionale, prima della modifica dell'articolo
111, aveva sancito che il diritto di azione implica una ragionevole
durata del processo affinché la tutela giurisdizionale assicuri l'efficace
protezione dei diritti e della realizzazione della giustizia. La CED
U configura come vero e proprio diritto che la controversia sia decisa in
un tempo ragionevole, secondo parametri ormai consolidati che
tengono conto della peculiarità dei procedimenti, della complessità
della controversia e del comportamento delle parti nonché degli organi
pubblici. L'articolo 111 demanda invece alla legge dello Stato il
compito di assicurare che il processo abbia una durata ragionevole,
prevedendo anche riti semplificati, abbreviati o accelerati per
soddisfare tutte le esigenze di rapida soluzione.
Ciò che manca è però un adeguato numero di magistrati e di
personale di segreteria. Per porre un freno alle
ricorrenti condanne della corte di Strasburgo per l'eccessiva durata dei
processi, in Italia è stata emanata una legge del 2001 che ha istituito
uno speciale processo di competenza della corte d'appello per coloro
che abbiano subito un danno, anche patrimoniale, per l'eccessiva
durata del processo. La nuova legge trasforma quello che secondo la
convenzione è un diritto all'indennizzo in un diritto al risarcimento del
danno, il che comporta che non si debba provare in giudizio solo la
durata irragionevole del processo ma anche l'esistenza
di un danno e il nesso di causalità tra la durata del processo e il dann

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