Professional Documents
Culture Documents
CULTURA
CONVERGENTE
J3
Prefazione di Wu Ming
HENRY JENKINS
CULTURA
CONVERGENTE
Cultura Convergente è un saggio
rivoluzionario per molte ragioni. La prima
è un marchio di fabbrica anglo-sassone:
Tessere comprensibile, appassionante,
farcito di prove ed esempi. ... Come per
magia, nelle pagine di questo libro ogni
oscurità concettuale si fa cristallina.
La tecnologia non è Il secondo merito è che il professor Jenkins
la conoscenza profonda si immerge nella cultura popolare
della natura ma la relazione del nostro tempo, fotografa in che modo
fra la natura e Tuomo. le nuove tecnologie la stanno cambiando,
poi torna in superficie e ci mostra
-W alter Benjamin un reportage che in realtà non è sui mezzi
di comunicazione ma su coloro che li usano
per comunicare. Nelle sue foto ci siamo noi.
Henry Jenkins è direttore ... La terza benedizione di questo libro
del Comparative Media Studies
è che va alla radice di molti equivoci
Program del MIT.
e li estirpa, sposta il cuore dei problemi,
da un groviglio inestricabile di banalità
a una nuova prospettiva, un modo
di affrontare le questioni che spiazza
e ridisegna ogni barricata.
000000000211423
FORMULARIO DELLE SUCCESSIONI C
www.apogeonline.com
Cultura convergente
ΑΡΦΕΟ
Cultura convergente
Titolo originale:
Convergence culture
Autore:
Henry Jenkins
ISBN 978-88-503-2629-7
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali.
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o
altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di cia
scun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4,
della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dell’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA,
CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOM M ERCIO, CONFESERCENTI il 18
dicembre 2000.
Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di
pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizza
zione rilasciata da AIDRO, c.so di Porta Romana, n.108, 20122 Milano,
telefono 02 89280804, telefax 02 892864, e-mail aidro@iol.it.
Ringraziamenti xvii
di Wu Ming
1) Innovativo
2) Convergente
Una delle tesi di questo libro è che la collisione tra diversi me
dia, vecchi e nuovi, sia più un bisogno culturale che una scelta tec
nologica. Com puter e cellulari hanno accorpato molteplici funzio
ni e si sono trasform ati in telefono, televisione, stereo, fotocamera,
X P r e f a z io n e
3) Quotidiano
4) Interattivo
5) Partecipativo
nua sempre il dubbio che aprire un sito e attivare una rete di con
tatti sia troppo facile. Come dire che i circoli neonazisti esistono
perché purtroppo, in Italia, incontrarsi e costituire un’associazione
è un gioco da ragazzi. Così la diffusione libera e trasversale di con
tenuti diventa di per sé un fenomeno da contenere, ridurre, gestire.
Salvo poi lamentarsi, alla prima occasione, del consumismo passivo
di certi adolescenti.
6) Globale
7) Generazionale
8) Ineguale
testo per ragionare sulla direzione intrapresa dai media e sul loro
impatto nella vita pubblica.
Le prime idee per questo libro sono passate attraverso due agen
ti letterari, Elyse Cheney e Carol M ann, che speravano di trasfor
marmi in uno scrittore commerciale. Sono state abbastanza franche
e scoraggianti da convincermi a deviare verso il m ondo della stam
pa universitaria ma, in compenso, ho appreso da loro dei trucchetti
che - spero - hanno reso questo libro più leggibile. M agari un gior
n o...
Sono grato a molte persone che hanno accettato di farsi intervi
stare per il libro o che mi hanno aiutato a mettermi in contatto con
i miei intervistati: Sweeney Agonistes, Chris Albrecht, M arcia Al
ias, M ike Alessi, Danny Bilson, Kurt Busiek, ChillOne, Louise Cra-
ven, M ary Dana, Dennis Dauter, B. K. DeLong, David Ernst, Joh-
naton Fanton, Keith Ferrazzi, Claire Field, Chris Finan, Flourish,
Cari G oodm an, Denis H aack, Hugh Hancock, Bennett Haselton,
J. Kristopher Huddy, Stacey Lynn Koerner, Ralph Koster, David
Kung, Garrett Laporto, M ario Lanza, Heather Lawver, Paul Levi-
tz, John Love, M egan M orrison, Diane Nelson, Shawn N elson,
Dennis O ’ Neil, Chris Pike, David Raines, Rick Rowley, Eduardo
Sanchez, Sande Scoredos, Warren Spector, Patrick Stein, Linda
Stone, Heidi Tandy, Joe Trippi, Steve W ax, Nancy Willard, Will
Wright, N eil Young e Zsenya.
Ringrazio inoltre la moltitudine di amici e colleghi intellettuali
che mi hanno offerto aiuti puntuali e incoraggiamenti: Harvey Ar-
dman, Hai Abelson, Robert C. Allen, T odd Allen, Reid Ashe, W.
Jam es Au, Rebecca Black, Andrew Blau, Gerry Bloustein, David
Bordwell, danah boyd, Amy Bruckman, Will Brooker, David
Buckingham, Scott Bukatman, John Campbell, Justine Cassell, Ed
ward Castranova, Josh Cohen, Ian Condry, Ron Crane, Jo n Crop-
per, Sharon Cumberland, M arc Davis, Thom as DeFrantz, M ark
Dery, M ark Deuze, Kimberly DeVries, Julian Dibbell, Peter D onal
dson, Tracy Fullerton, Simson L. Garfinkel, Jam es Gee, Lisa Gitel-
man, Wendy G ordon, N ick Hahn, M ary Beth Haralovich, John
Hartley, Heather H endershott, M att Hills, M imi Ito, M ark Janco-
vich, Steven Johnson, Sara Gwenllian Jones, Gerard Jones, Louise
Kennedy, Christina Klein, Eric Klopfer, Robert Kozinets, Ellen Ku-
shner, Christopher Ireland, Jessica Irish, Kurt Lancaster, Brenda
Laurel, Chap Lawson, Geoffrey Long, Peter Ludlow, Davis Ma-
ston, Frans M ayra, Robert M etcalfe, Scott M cCloud, Grant Me-
XX R in g r a z ia m e n t i
Visura 1.1 II collage digitale di Dino Ignacio: Bert di Sesame Street e Osama
Bin Laden
XXIV In t r o d u z i o n e
Dibattito convergente
consumo dei media. Inoltre, nel mio ruolo di direttore del C om pa
rative M edia Studies Program del M IT, ho partecipato attivamente
alle discussioni tra imprenditori e politici; sono stato consulente di
alcune delle imprese di cui tratto nel libro; i miei primi scritti sulle
comunità di fan e sulla cultura partecipativa sono stati adottati nel
le business school e cominciano ad avere qualche influenza sugli at
teggiamenti con cui i media si pongono nei confronti dei loro con
sum atori; molti degli artisti creativi e dei dirigenti dei media che ho
intervistato sono persone che considero miei amici. In un tem po in
cui i ruoli di consumatore e produttore si confondono, il mio lavo
ro mi permette di spaziare tra diversi punti di vista. Spero che i let
tori traggano beneficio dalle mie avventure in ambiti che solo po
chi umanisti avevano visitato prim a di me. Allo stesso tempo essi
dovrebbero tenere a mente che lo stesso impegno che dedico a fan
e produttori influenza ciò che scrivo. Il mio obiettivo è quello di
m ostrare, più che criticare, prospettive confliggenti sul cambia
mento mediatico. N on penso che possiam o valutare in m odo signi
ficativo la convergenza fin quando non l’avremo com presa appie
no; se il pubblico non inizierà a capire qualcosa del dibattito in cor
so, avrà scarsa influenza nelle decisioni che cambieranno in m odo
drammatico il suo rapporto con i media.
I guastafeste di Survivor
Anatomia di una comunità del sapere
Si sarebbe appreso più tardi che ChillOne era andato a Rio per
festeggiare il Capodanno in compagnia di amici, ma poi aveva volu
to visitare il Brasile più a fondo, si era recato in Amazzonia e lì era
venuto a sapere che l’Ariau Amazon Towers era stato il quartier ge
nerale dello staff della produzione di Survivor. Da fan della serie,
gli venne la curiosità di conoscere la location di persona. Non era
uno spoiler, più che altro faceva domande al personale dell’albergo
per capire quali potessero essere i siti più significativi per un giro
delPAmazzonia “a tema Survivor”. Laddove la maggior parte dei
visitatori erano eco-turisti che volevano immergersi nella natura
incontaminata, lui era un tele-turista che desiderava visitare una lo
cation divenuta famosa perché trasmessa in tv.
Il suo primo post si concentrava sul luogo delle riprese: “Prima
di tutto, la mappa postata da Wezzie è molto accurata. Vorrei però
colmare qualche lacuna”. E stata una mossa d’apertura coraggiosa,
poiché Wezzie è uno dei membri più rispettati della comunità di
spoiler di Survivor. Lei e il suo compagno, Dan Bollinger, sono spe
cializzati nello spoiling della location. Nella vita offline, Wezzie è
una supplente, docente di botanica, agente di viaggi part-time e
scrittrice free-lance. Dan è un progettista industriale che ha una
fabbrica di magneti per frigoriferi. I due vivono a mezzo continente
di distanza l’uno dall’altra ma lavorano come una squadra nell’im
presa di identificare e documentare la prossima location di Survi
vor - ciò che Mark Burnett definisce “il diciassettesimo concorren
te”. Come una squadra, Wezzie e Dan sono stati capaci di indicare
e descrivere dettagliatamente il sito geografico della serie. Il pro
cesso può iniziare con un commento buttato lì da Mark Burnett o
una frase del tipo: “Qualcuno che conosce qualcuno che conosce
qualcuno che lavora alla CBS, oppure in un’agenzia turistica”9.
Wezzie e Dan hanno costruito una rete di contatti con agenzie di
viaggi, funzionari governativi, imprese televisive e animatori turi
stici. Come nota Dan: “Il passaparola nel settore turistico è molto
veloce quando si tratta di un grande progetto che porterà milioni
di dollari americani”.
Da qui, iniziano a restringere il campo tenendo conto delle esi
genze della produzione. Wezzie descrive il processo: “Noi guardia
mo la latitudine, il clima, la stabilità politica, la densità di popola
zione, il sistema stradale, i porti, le attrazioni culturali, la religione
10 C a p it o l o 1
a. Per una conoscenza più completa della fan community in rete di Twin Peaks, vedi
H. Jenkins, "Do You Enjoy Making thè Rest of Us Stupid?: alt.tv.twinpeaks, thè
Trickster Author, and Viewer Mastery", in Fans, Gamers, and Bloggers: Exploring
Participatory Culture, New York University Press, New York, 2006.
I GUASTAFESTE DI SURVIVOR 11
girata alle Pearl Islands, vicino a Panama. In ogni caso, non erano
totalmente in errore - avevano scovato la location di un altro rea-
lity show.
La comunità dei fan ha imparato a fidarsi di Wezzie e Dan per
il loro impegno e l’accuratezza dei loro post. I due hanno anche fa
ma di osservatori neutrali che parlano al di fuori della mischia. Da
un lato ChillOne è stato impertinente nel correggere la mappa fin
dal suo primo post, schernendo così la loro autorevolezza all’inter
no della comunità di spoiler. Dall’altro, è stato intelligente, poiché
l’informazione geografica era la più facile da verificare. Egli postò
qualche foto nel suo primo messaggio e Wezzie e Dan furono in
grado di autenticarle sulla base delle condizioni climatiche, dei li
velli di marea e di altri dettagli geografici. Più e più volte, la gente
ha dichiarato che non avrebbe creduto a ChillOne se non fosse sta
to in grado di provare, al di là di ogni possibile dubbio, di avere re
almente visitato il luogo di produzione.
Con l’esperienza, i Sucksters sviluppano un’intuizione sulla ve
ridicità di presunte anticipazioni. Shawn, spoiler di vecchia data,
ha spiegato:
Se è la prima volta che scrive un post è normale che si dica che non è
del tutto credibile. Non ci si fida mai la prima volta, ci si chiede perché
proprio ORA si metta a postare con tutte le volte che avrebbe potuto
farlo prima. Se la persona interessata ha già postato o partecipato allo
spoiling in precedenza, questo accresce la sua credibilità... nessuno
gruppi di discussione più attivi e più seguiti nella giovane era di Inter
net e fu capace di attrarre circa 25.000 lettori (ma il numero di quanti
vi scrivevano attivamente era molto più basso). Il gruppo coinvolgeva
i partecipanti in vari modi. I fan lavoravano insieme per compilare dei
grafici illustrativi di tutti gli eventi della serie e dei frammenti di dia
logo, condividevano materiale pubblicato sui giornali locali, usavano
la rete per passarsi cassette videoregistrate e rintracciavano la griglia
complessa di riferimenti a altri film, serie tv, romanzi e altri testi po
polari, e cercavano di tener testa a quello che vedevano come un au
tore burlone che cercava sempre di mandarli fuori strada.
Più di ogni altra cosa, la lista fungeva da spazio dove scambiarsi aiuti
e azzardare ipotesi sul nodo narrativo centrale: chi ha ucciso Laura
Palmer? La pressione sul gruppo salì all'approssimarsi della dramma
tica rivelazione: "Svela il codice, risolvi il crimine. Abbiamo solo
12 C a p it o l o 1
Per ciò che riguarda i concorrenti... sì, ho informazioni. Ciò che posso
svelarvi è che vedremo, per la prima volta nell’edizione Sé, un parte
cipante disabile... si tratta di una donna non udente. Condividerò con
voi altre informazioni sui concorrenti nei mesi prossimi. Vi dico che
non conosco il cast intero. Non so i loro cognomi. Conosco solo i no
mi di una manciata di concorrenti e poche notizie su alcuni altri.
^ é h ii ì
tenere loro testa. Questo avrebbe dovuto essere il primo segnale che
ci sarebbe stata tensione, da allora in poi, tra i produttori e i consu
matori mediatici. Come un fon deluso lamentava: "Dopo tutti gli sfor
zi, tutte le analisi, tutte le attese e le tracce false, non c'è finale che
potrebbe soddisfare a pieno le aspettative che si sono create. Se
l'enigma W KLP [Who killed Laura Palmer, Chi ha ucciso Laura Pal
mer] si risolverà definitivamente nell'episodio del 10 novembre, noi
resteremo molto delusi. Anche coloro che avranno indovinato festeg
geranno e gongoleranno per un po' e poi resteranno con un senso di
vuoto".
La televisione doveva diventare più sofisticata per riuscire a reggere il
confronto con i suoi spettatori più impegnati.
I GUASTAFESTE DI SURVIVOR 15
Anche quando gli spoiler fanno centro, c’è una linea sottilissima
tra l’investigare su persone che hanno scelto le luci pubbliche della
ribalta e il perseguitarli a casa loro o al lavoro. Per esempio, una
fan ambiziosa scoprì il posto dove si tenevano le prime selezioni
per Survivor: Pearl Island; prenotò una stanza in quell’hotel prima
ancora della CBS e rifiutò di andarsene quando la produzione offrì
di pagarla per avere tutto l’hotel a disposizione nel fine settimana.
Riuscì a fotografare tutti i protagonisti del provino, usando un te
leobiettivo, e le sue immagini servirono a verificare ogni nome che
affiorava. La comunità passa molto tempo a dibattere su dove esat
tamente si trova questa sottile linea di demarcazione.
Può capitare, a volte, di vincere un terno al lotto durante questa
fase. Quartzeye andò da un rivenditore di auto usate dove Brian
(Survivor: Thailand) lavorava; finse di essere un cliente, e lo foto
grafò al fianco di una macchina. Quando il gruppo confrontò le sue
fotografie con quelle ufficiali del programma, vide che aveva perso
molto peso e apparve chiaro che era stato nella foresta più a lungo
degli altri. Qualcuno cercò Mike Skupin nel sito web della sua
azienda e trovò una sua foto mentre posava, accanto a un socio
d’affari, con il braccio ingessato. Ciò fece dedurre al gruppo che si
sarebbe assistito a un incidente. Qualche esperto locale di Photo
shop, però, non si convinse, esibendo vari modi in cui l’immagine
poteva essere stata ritoccata. Come poi si scoprì, Mike fu coinvolto
in un incendio e dovette uscire dal gioco per essere curato.
Col passare delle stagioni, Mark Burnett, CBS, e il team della
produzione hanno rafforzato le misure di sicurezza, hanno tappato
le possibili falle, hanno prevenuto le mosse degli hacker e hanno
reso più difficile lo spoiling. Per la sesta edizione, la comunità ha la
vorato duro nel provare a scoprire i nomi dei partecipanti, ma si è
ritrovata quasi a mani vuote. Avevano pochi soggetti accreditati -
Heidi, l’insegnante di ginnastica, era il più certo - e alcuni tra quel
li proposti più tardi furono smentiti. (La comunità si attiene a cri
teri molto rigidi per confermare o meno i nomi. Solo una volta è
capitato che abbia suggerito la presenza di un soggetto che poi non
era nel gioco, e solo raramente il gruppo cestina il nome di qualcu
no che poi sarà realmente un concorrente. Durante questa fase pre
liminare, però, molti nomi vengono passati al vaglio.) Così, quan
do ChillOne sostenne di sapere almeno parte dei nomi e che sareb
be stato in grado di confermare alcuni di quelli che erano in circo
lazione, il gruppo entrò in agitazione. Finalmente, ecco la svolta
16 C a p it o l o 1
“Se non vedi l’ora di condividere ciò che sai, ma non ti va di far
lo davanti a tutti, ti consiglio di contattare qualcuno di noi in pri
vato.” Così suggerisce un primo post: delegare gli esperti per assol
vere la missione. Le informazioni personali più delicate sui concor
renti non vengono pubblicate su Survivor Sucks, dove chiunque ab
bia un accesso a Internet potrebbe leggerle.
Lo spoilingè solo una delle varie attività che impegnano i fan di Sur
vivor. Come gli amanti di molte altre serie, anche loro scrivono e po
stano storie originali dei loro personaggi preferiti. Un fan dall'impro-
babile nome di Mario Lanza fu ispirato dal dibattito su un incontro dei
migliori di Survivor per la scrittura di episodi immaginari di almeno
tre intere stagioni (A ll Star: Greece, A ll Star: Alaska e A ll Star: Hawaii),
in cui raccontava le imprese immaginarie di questi concorrenti reali.
Ogni puntata è lunga dalle quaranta alle settanta pagine. Gli episodi
si svolgono, settimana per settimana, durante il fuori-stagione. Le sto
rie seguono la stessa struttura drammatica del programma, ma sono
più concentrate sulle motivazioni e sulle interazioni dei personaggi.
Lanza paragona il processo di conoscenza dei personaggi a quello
usato dalla polizia per tracciare i profili: "Ho provato con forza a en
trare nella testa di queste persone. Mi sono quindi chiesto: se dovessi
I GUASTAFESTE DI SURVIVOR 17
parola. Corre voce che molti brain trust abbiano fonti segrete,
spesso all’interno della casa di produzione.
ChillOne postò tutto ciò che sapeva nella lista di discussione più
ampiamente accessibile e lasciò che il controllo delle sue informa
zioni avvenisse in modo pubblico. I brain trust stavano lavorando a
porte chiuse per vedere fin dove potevano seguire le informazioni
che aveva raccolto, ma ChillOne voleva agire allo scoperto. Qual
cuno dei brain trust tentava di screditarlo, esortando i Sucksters a
non dargli troppo credito, senza aggiungere però motivazioni. Al
cuni credettero a questi avvertimenti perché i brain trust erano
molto ben informati; altri sospettarono che il loro fosse solo un
tentativo di mettere fuori gioco un rivale.
Il secondo giorno, ChillOne non aveva ancora rivelato i nomi
dei concorrenti e il gruppo faceva il conto alla rovescia prima che
questi fossero resi pubblici. Come se non fosse già abbastanza scoc
ciante, ChillOne chiuse il suo post con una bomba: “Qui c’è una
piccola provocazione... una ragazza non udente di 22 anni. Non so
il suo nome, ma sarà tra gli ultimi quattro finalisti”. Per la prima
volta ChillOne lasciò intuire che forse conosceva il vincitore.
Alla fine del secondo giorno, ChillOne iniziò a distribuire il ful
cro delle sue informazioni e ad accennare a come le aveva ottenute.
Voleva proteggere le sue fonti, disse, perciò non si spingeva troppo
,i. C. Wright, "Poaching Reality: The Reality Fictions of Online Survivor Fans", mate
riale didattico inedito, Georgetown University, 7 febbraio 2004.
20 C a p it o l o 1
^ ■ lll
poter barare, da scrittore". Iniziò così a scrivere le sfide e a tirare a da
di per scegliere quale squadra o giocatore avrebbe vinto, e in base a
ciò scrivere la scena corrispondente. Un solo tiro di dado poteva de
terminare la trama di intere settimane, più che in tv; di conseguenza
le storie sono piene di sorprese e di imprevisti che catturano il pubbli
co.
Una delle serie si concludeva con quattro donne che arrivavano in fi
nale, evento mai accaduto in tv. Come spiega Lanza: "È solo così che
sono andate le cose".
Forse a causa del suo rapporto diretto con i concorrenti, Lanza è di
ventato un critico pungente dello spoiling, che ritiene essere troppo
invadente, e spiega: "La gente prende il tutto troppo seriamente. È so
lo uno show televisivo". Poco dopo, aggiunge: "Lasciatemi parlare di
Survivor e non smetterò mai più". Come si dice, Survivor cattura.
I GUASTAFESTE DI SURVIVOR 21
Informazione contestata
Non che la storia passata conti “molto”, ma quante volte abbiamo ri
cevuto informazioni corrette sui concorrenti, come queste, da parte di
qualcuno che si è trovato per caso sul luogo delle riprese? Penso ci sia
una prima volta per tutto.
I GUASTAFESTE DI SURVIVOR 23
l’idea... N.d.R.] giocando sulla sigla EP (che sta anche per Executi
ve Producer). La CBS ha pubblicamente ammesso di monitorare,
come anche altre case di produzione, le liste di discussione allo sco
po di conoscere il proprio pubblico. Chris Ender, portavoce della
CBS, ha dichiarato: “Nella prima stagione, era un territorio molto
interessante. Iniziammo a monitorare i message board per capire
che cosa funzionasse nel nostro marketing. Era la migliore ricerca
che potessimo fare”12. I fan avevano tutte le ragioni di sospettare
che qualcuno, dallo studio di Burnett, li stesse ascoltando mentre
parlavano - e avevano anche qualche motivo di pensare che venis
sero propinate loro delle menzogne, almeno qualche volta, nel
consapevole tentativo di pilotare il modo in cui veniva accolta la
trasmissione. Ecco come Jeff Probst descrive il suo ruolo nel pro
cesso: “Mettiamo in giro così tante menzogne e così tante informa
zioni fuorviami che c’è sempre una via d’uscita; c’è sempre un mo
do di riprendersi dall’errore. Potrei dirvi adesso chi è il vincitore e
voi non sapreste se credermi o no”13.
I fan della prima edizione cominciarono a esaminare i titoli di
testa della serie per ricavarne eventuali indizi e scorsero un’imma
gine di nove concorrenti durante quello che sembrava un consiglio
tribale14. Usarono quella foto per restringere il campo sull’ordine
degli espulsi - anche se, in qualche caso, rimanevano questioni ir
risolte, dal momento che era possibile che una persona stesse vo
tando mentre la foto veniva scattata e qualcuna delle persone ripre
se era un po’ in ombra, per cui si poteva mettere in dubbio la sua
vera identità. L’immagine risultò essere fuorviarne, se vista fuori
dal contesto. Nessuno era sicuro che il produttore non volesse in
filarli in una caccia ai fantasmi. Più tardi nel corso della prima se
rie, le macchinazioni dietro le quinte dei produttori arrivarono sul
le pagine dei giornali nazionali, con il caso di “Gervase X ”. Gli
spoiler scoprirono l’URL della directory principale del sito ufficiale
della CBS legato al programma, scavarono quindi attorno ai detta
gli delle scene, scoprendo quindici immagini non collegate in cui
comparivano tutti i concorrenti meno uno, Gervase, con una X ,
come cancellati. I fan si convinsero che l’allenatore afro-americano
fosse l’unico che non sarebbe mai stato cacciato via, fino al mo
mento in cui Gervase invece fu scelto per lasciare l’isola. Mark Bur
nett e Ghen Maynard, responsabile dei reality show della CBS,
hanno pubblicamente ammesso di aver seminato di proposito que
gli indizi ingannevoli. Da quel momento in poi, le regole del gioco
I GUASTAFESTE DI SURVIVOR 27
Una delle teorie più estreme era quella secondo cui ChillOne
tosse Rob, che era stato un postatore molto attivo prima di venire
scelto come concorrente del programma. La comunità dei fan ve
deva Rob come uno dei suoi, mandato lì per animare la sesta serie
con i suoi commenti arguti e i suoi giochetti sporchi. Egli sembra
va, in effetti, più interessato a creare spettacolo per i fan che a vin
cere la gara. E se avesse portato questo gioco ancora oltre, manipo
lando le liste di discussione come manipolava gli altri giocatori?
Rob era certamente al corrente delle voci che giravano sul suo con
to e si raccontò che avrebbe voluto indossare per scherzo una ma
glietta con la scritta “I am ChillOne” a un meeting per la trasmis
sione Survivor.
C’è una lunga tradizione di interazione tra i fan e i concorrenti
di Survivor, molti dei quali, dopo l’eliminazione dal gioco, sono di
ventati partecipanti attivi del forum, alcuni usando i loro veri no
mi, altri nascondendo la propria identità dietro nomi fittizi. I con
correnti leggevano i forum per conoscere che cosa i fan pensassero
di loro. Questi ultimi bombardarono di domande i vecchi concor
renti per avere conferma delle informazioni fornite da ChillOne,
chiedendo spiegazioni su come si svolgesse il lavoro della produ
zione.
Deena, una dei concorrenti di Survivor: Amazon, ammise poi di
aver seguito con molto interesse il dibattito su ChillOne e di aver
dato il suo contributo alla discussione: “Ottime indiscrezioni, a pa
rer mio, ed era un po’ fastidioso, perché io ero vincolata per con
tratto a non aprir bocca e lì c’efa qualcuno che invece l’apriva, ec
come. Credo che, in generale, questa lista di discussione avrebbe
apprezzato molto di più questa stagione di Survivor se non ci fosse
stato ChillOne. Per quel che riguarda il misterioso barcaiolo... mai
visto nessuno simile a quella descrizione. I membri della produzio
ne, quelli che in genere hanno contatti con noi, sono sempre gli
stessi e sono superdiscreti”. Altri, meno romantici nelle loro teorie,
continuavano a sospettare di parlare con un banale imbroglione:
“Quando imparerete? Quante volte ci siamo ritrovati tra i postato-
ri degli spoiler inaspettati? Questi ‘super spoiler’ sono sempre dei
grandi fan molto informati ed esperti sulle edizioni precedenti, ma
non si disturbano a postare neanche una volta fin quando non gli
cadono in grembo queste meravigliose indiscrezioni”. Il riferimen
to più frequente era allo “zio cameraman” di qualche stagione ad
ii ietro. Un giovane postatore aveva sostenuto di essere nipote di un
30 C a p it o l o 1
renti che improvvisavano non ancora plagiati, gli eventi erano se
guiti con molta attenzione dagli spettatori in Internet, e il set di
Hollywood era ancora relativamente poco protetto3.
1998) e delle serie drammatiche (come Six Feet Under, 2001), op
ponendoli alle repliche in onda sui network broadcast. I telespetta
tori tendono a rimanere fedeli alle emittenti via cavo anche per la
stagione successiva, perciò ora le reti broadcast cercano di contrat
taccare offrendo durante i mesi estivi più programmi originali, e i
reality show meno dispendiosi sono la loro arma migliore. Quando
hanno successo, i reality generano un interesse almeno pari, se non
superiore, rispetto ai programmi via cavo con cui competono, ral
lentando la fuga dei telespettatori.
Anche se la popolarità degli esordi di Survivor e di American
Idol costituisce un’eccezione, gli ascolti dei reality non sono mai
bassi quanto quelli delle repliche delle serie tv. A ciò si contrappo
ne il fatto che i reality show hanno una breve durata e una vita li
mitata dopo la syndication, benché rendano bene se venduti diret
tamente ai consumatori su DVD.
Ciò rende i conglomerati mediatici ancora più entusiasti, visto
che American Idol, fin dall’inizio, non fu semplicemente un pro
gramma televisivo ma un franchise transmediale. La vincitrice della
prima edizione, Kelly Clarkson, ebbe un contratto dalla RCA Re
cords e il suo singolo, “A Moment Like This”, salì rapidamente al
primo posto della classifica di BillBoard Hot 100 e fu il più vendu
to negli Stati Uniti per il 2 0 0 2 .1 primi singoli di Kelly Clarkson fu
rono trasmessi dalle radio più di 80.000 volte nel 2002. Il libro di
American Idol divenne un best seller10 e i concorrenti ottennero il
tutto esaurito alle tournée dei loro concerti. La produzione cavalcò
Tonda immettendo sul mercato un film, From Justin to Kelly
(2003), che però non ebbe un grosso successo al botteghino.
Non tutti, in ogni caso, furono stregati dal successo di American
Idol. Come molti detrattori della reality tv, sul San Diego Union-
Tribune Karla Peterson sentenziò:
“ Impressionami”
del tempo in cui compaiono degli spot19. Ciò non significa che il
5 9% degli spettatori salta gli spot, ma che il consumatore medio
guarda circa il 41% degli spot che vengono trasmessi. Scott Dona-
ton, giornalista di Advertising Age, spiega: “Man mano che i pub
blicitari perdono la capacità di invadere le case e le menti dei con
sumatori, sono sempre più costretti ad attendere un invito. Ciò
vuol dire che devono imparare a individuare i contenuti pubblici-
tari che i clienti sono disposti ad accettare e ricevere”20.
Rishad Tobaccowala, presidente del gruppo Starcom Media-
Vest, diffuse il panico durante un’assemblea tra dirigenti televisivi,
facendo una previsione che più tardi si rivelò affrettata, secondo
cui gli spot di trenta secondi sarebbero scomparsi entro il 2005. Il
presidente di FO X Television, Sandy Grushow, ammise l’imprepa
razione dei network rispetto a un avvenimento del genere: “Non
solo verremo tutti infradiciati, ma verremo colpiti anche da un ful
mine prima di riuscire a compiere dei progressi”21. Mentre i diri
genti televisivi cercano di procurarsi un ombrello, la pubblicità oc
culta è l’alternativa più spesso discussa e messa in moto per ovviare
al problema, anche se nessuno è realmente convinto che essa possa
rimpiazzare gli 8 millioni di dollari spesi ogni anno in spot com
merciali. Affinché ciò avvenga, sostiene Lee Gabler, co-presidente
e partner della Creative Artists Agency, “Il più grande ostacolo da
superare... è l’integrazione tra reti, studio, agenzie pubblicitarie,
inserzionisti e chiunque altro sia coinvolto in questo settore. Dob
biamo essere capaci di sederci intorno a un tavolo e cooperare per
individuare una soluzione. Per adesso, le agenzie pubblicitarie sono
terrorizzate all’idea che qualcuno invada i loro spazi, i network so
no ancora in una fase di negazione delle evidenze e gli inserzionisti
non hanno risposte”22.
In questo contesto, il pubblico statunitense è sempre più diffici
le da “impressionare”. L’industria televisiva si sta concentrando a
conoscere i consumatori che hanno relazioni prolungate e modalità
di fruizione attive rispetto ai contenuti, coloro che si mostrano
quindi disposti a seguirne le tracce attraversando tutte le piattafor
me mediatiche. Tali utenti rappresentano, per l’industria televisiva,
la migliore speranza per il futuro. Questi studi sul pubblico dell’ul
tima generazione si concentrano sugli usi che i consumatori fanno
dei contenuti mediatici una volta che li hanno fruiti. Ogni intera
zione successiva ha un valore, giacché rafforza il legame del pubbli
co con i programmi e quindi, potenzialmente, anche con i loro
In v e s t ir e in A m e r ic a n I d o l 51
a. Ted Nadger, 'The End of TV 101 : Reality Programs, Formats, and thè New Business
of Television", in Susan Murray, Laurie Ouellette (ed.), Reality Television Culture,
New York University Press, New York, 2004.
b. W ade Paulsen, "N BC 's The Restaurant Funded Solely by Product Placement", Re
ality TV World, 18 luglio 2003, http://www.realitytvworld.com/omdex/articles/
stor.php?s=1429.
In v e s t ir e in A m e r ic a n Id o l 53
<i. M. McCarthy, "Also Starring (Your Product Name Here), USA Today; 12/8/ 2004.
54 C a p it o l o 2
a. "Sponsors Buy Into Reality TV", Product Placement News, ITVX, 6/12/2004, http//
:w w w .itvx.com/PageCount, 2,ppnws.asp.
In v e s t ir e in A m e r ic a n I d o l 55
10. Brand come giuria: alla fine della seconda edizione, Trump chia
mò altri imprenditori, da Unilever HPC, PepsiCo., Bear Stearns e
New England Patriots, ad affiancarlo nella scelta dei finalisti.
Tutti questi esempi spiegano solo in parte i vari ruoli giocati dal brand
nel programma (e non illustrano i modi in cui NBC sta usando TheAp-
prentice per rinnovare il suo stesso marchio). Il tentativo avanzato da
molti esperti di media di relegare The Apprentice a niente più che una
grande piattaforma di pubblicità occulta, non fornisce una spiegazio
ne adeguata della sua popolarità. The Apprentice è famoso perché è
un programma ben fatto, e il legame con il brand si mette in moto per
ché è dotato di una forte matrice emotiva. Ci interessiamo ai marchi
perché hanno un ruolo centrale nella gara o perché determinano la
nostra identificazione con i personaggi. In generale, i reaiity più segui
ti sono stati quelli con format più originali e coinvolgenti.
58 C a p it o l o 2
Gli esperti spesso usano distinguere gli utenti tra zapper, occa
sionali e fedeli, cercando di fondere in una sola classificazione le
considerazioni su modalità, motivazioni e scelte di visione dei con
sumatori. Gli zapper sono coloro che svolazzano costantemente tra
i contenuti, guardando distrattamente frammenti di programmi
anziché fermarsi e dedicarsi a lungo a uno. I “fedeli”, in realtà,
In v e s t ir e in A m e r ic a n I d o l 59
America's Army
a. Salvo ove altrimenti indicato, mi baso in questa discussione su Zhan Li, "The Po
tential of America's Army: The Video Game as CiviIian-MiIitary Publich Sphere",
tesi di Master, Comparative Media Studies, MIT, estate 2003.
In v e s t ir e in Am e r ic a n I d o l 61
a. Tutte le citazioni del paragrafo sono tratte da National Research Council, Commit-
te on Modeling and Simulation, "Modeling and Simulation: Linking Entertainment
and Defense", Washington, D.C., 1997, http://www.nap.edu/html/modeling.
62 C a p it o l o 2
^ .,1
«i. E. Casey Wardynski, "Informing Populär Culture: The America's Army Game Con
cept" in Margaret Davis (ed.), America's Army PC Game: Vision and Realization,
Yerba Buena Art Center, San Francisco, 2004, pp. 6-8.
64 C a p it o l o 2
a. Wagner James Au, "John Kerry: The Video Game", Salon, 13/4/2004, http://
www.salon.com/tech/feature/2004/04/1 3/battlefield_vietnam/.
In v e s t ir e in A m e r ic a n Id o l 65
game si sono battuti, con successo, per l'indebolim ento di molte re
gole m ilitari che limitano l'espressione di idee avverse, e hanno avvia
to un forum che chiamano "Virtual Community of Interests in Soldie-
ring". In questo spazio, civili e soldati possono dibattere apertamente
dei valori m ilitari ed entrare nei meriti dei conflitti in corso. Il sito del
forum inizialmente offriva link a fonti di informazione a lterna tive-tra
cui l'emittente araba Al Jazeera - e ad altri forum che erano divenuti
centri per il dibattito politico sulla presenza militare Usa in Iraq. Dopo
una ri progettazione nel sito nel 2004 non è più così: lo spazio per link
di questo tipo è stato tagliato o in buona parte ridotto.
Tutti i veterani e i soldati in servizio che si uniscono al gioco vengono
trattati come delle star e considerati degli ambasciatori delle forze ar
mate. Godono di un tale prestigio all'interno della comunità che spes
so altri giocatori si fingono veterani solo per conquistare un po' del ri
spetto a essi accordato. I m ilitari si divertono a smascherarli, ponendo
loro domande a cui solo chi ha servito l'esercito potrebbe saper ri-
In v e s t ir e in A m e r ic a n Id o l 67
In una famiglia, per esempio, i due ragazzi più piccoli (la bam
bina di 9 anni e il maschietto di 7) erano sempre i primi a entrare
nel soggiorno per attendere l’inizio del programma; generalmente
guardavano gli ultimi minuti di Lizzie McGuire (Disney, 2001) pri
ma di sintonizzare la tv su FO X. Appena iniziava il programma, al
zavano la voce per annunciare agli altri: “Sta iniziando!”. Ai primi
segmenti, richiamavano le performance della settimana precedente
e facevano commenti sull’abbigliamento e sulle capigliature dei
membri della giuria. Alla fine della prima fase, la madre general
mente era appoggiata alla porta, in piedi. Come sempre, avrebbe
fatto avanti e indietro dalla cucina o su e giù dalle scale per i primi
trenta minuti di trasmissione. Una visione così distratta è abbastan
za comune per le donne, costrette a dedicare le prime ore serali ad
altre esigenze domestiche40. Il padre arrivava con calma e la figlia
più grande, seguendo lo show solo ogni tanto, si faceva aggiornare
dagli altri sugli eventi. L’attenzione del figlio calava durante l’inter
ruzione pubblicitaria, quando di solito iniziava a fare zapping per
dendo l’inizio del successivo blocco, a meno che la figlia o la madre
non lo avessero richiamato a tornare in tempo su FO X. Alla fine,
tutta la famiglia si sedeva davanti alla tv per il riassunto degli ultimi
cinque minuti. In quel momento il nucleo domestico si accordava
sulla scelta di un concorrente prima che la madre chiamasse per te-
levotare. La conversazione non finiva mai in disaccordo, anche se
Davvero pensate che il pubblico americano creda che Ruben abbia po
tuto ricevere voti così bassi? Ruben non ha mai avuto un com m ento
negativo e si è sempre esibito in modo eccellente. Non ha mai stona
to ... è davvero crudele ingannare questi giovani facendo loro credere
che sarete onesti e imparziali. Questo è uno spettacolo di talenti, giu
sto? Lo dice la parola TALEN T S H O W ... perciò, fate la cosa giusta e
verificate che chi conta i voti sappia contare davvero. Se state manipo
lando la gara, probabilmente brucerete alPinferno per la vostra stupi
dità. (Un americano vero e onesto.)
Contestare il voto
dei fan per i loro partecipanti preferiti; che il sistema di voto via
sms di A T& T divenga la modalità preferita dal pubblico.
Gli spettatori sono più disposti ad accettare la pubblicità occulta
aU’interno dei reality che in altri generi (nei drammi, nei program
mi di informazione e in quelli per l’infanzia). Alcuni utenti si allon
tanano dagli show televisivi quando vi vedono un’eccessiva com
mercializzazione, mentre per altri identificare gli interventi del
marketing fa parte del “gioco”: “Io mi diverto a cercare i prodotti
piazzati qua e là nei programmi e quando li trovo gioisco”. Anche
coloro che dichiarano di non guardare gli spot sono trainati dalle
pubblicità seriali: “Sapete cosa faccio durante i break pubblicitari?
Riempio la mia zuppiera di pop corn, vado in bagno, inforno un
dolce, canto, ballo. Mi rifiuto di restare seduto davanti a quello
schifo! A dire il vero, però, mi piace molto lo spot di Simon/Vanilla
Coke”. Anche coloro che si sono rifiutati di seguire il programma
perché lo ritenevano eccessivamente commercializzato, risultano
in grado di citare accuratamente i suoi sponsor. In qualche caso essi
hanno migliorato la percezione pubblica del loro marchio, laddove
altri potenzialmente ne sono usciti danneggiati. Come uno spetta
tore abituale disse ai nostri ricercatori: “Ora so per certo che Coca
Cola, Ford e A T& T si fanno pubblicità con il programma; ma ciò
sta iniziando a diventare scocciante, e non voglio avere più a che
fare con questi marchi”. Altri invece non erano in grado di tenere
separate le loro scelte di consumo dal loro attaccamento al pro
gramma: “Sigh, sì, ho comprato una felpa Old Navy perché Aiken
la indossava nello studio di registrazione di ‘God bless thè USA’.
Normalmente odio quel tipo di abbigliamento e detesto Old Na
vy”. Possiamo quindi stabilire, come regola generale, che più si è
spettatori impegnati di American Idol e più ci si lascia coinvolgere
dai suoi sponsor.
Una così forte integrazione tra pubblicità e contenuti comporta
tuttavia qualche rischio, poiché la credibilità degli sponsor è colle
gata strettamente a quella del programma. Kozinets avverte che la
partecipazione a una comunità accresce il livello di consapevolezza
sul consumo e sui processi di marketing e rafforza eventuali risen
timenti nel caso in cui l’azienda speculi sulla relazione. La voce col
lettiva è più alta e più influente di quella dei membri individuali. Le
sue espressioni giungono alPorecchio non solo delle imprese con
testate ma anche dei media tradizionali. Le reazioni negative dei
consumatori vengono trattate come “scandali” e ciò mette sotto
76 C a p it o l o 2
M olti sms-voto, secondo quando riportato nei post, nei siti web affi
liati alle compagnie telefoniche interessate e negli articoli di news,
giungono a destinazione e quindi funzionano. D’altra parte i votanti
pagano qualcosa per inviare un sms - e pagare per il voto ti dà un mi
nimo di potere. L’anno scorso, quando Ruben Studdard ha vinto, al
cuni fan di American Idol raccontarono su un message board che alcu
ni dei messaggi che avevano inviato non erano andati a buon fine. D o
po qualche ora dall’invio in molti hanno ricevuto un messaggio di er
rore dal loro fornitore telefonico. Fino a quel momento si diceva in
vece che le operazioni di voto via sms stessero funzionando al 1 0 0 per
47
cento.
“Wow! È fantastico!”
“È il più bel film che abbia mai visto!”
“Vuoi dire che sei stato a grattarti il capo per tutto il tem po?”
Figura 3.1 Peter Bagge dà un’idea della perplessità che Matrix ha suscitato in
alcuni spettatori.
82 C a p it o l o 3
Narrazione sinergica
Dan Myrick, uno degli autori/registi del film , indicò ciò che il gruppo
ha chiamato la loro "prima direttiva": "Abbiam o provato a creare una
falsa leggenda, completa di molti punti di vista, scetticismi e misteri
insondabili. Niente della leggenda narrata potrebbe essere verificato
e, al tempo stesso, doveva sembrare che tutto potesse avere una spie
gazione logica (dalla quale lo spettatore doveva essere allontanato il
più rapidamente possibile)"3.
Ed Sanchez, l'altro autore, ha spiegato: "Ogni scelta si basava sulla
decisione iniziale di rendere tutto nel modo più realistico possibile...
Continuiamo con la prima direttiva: l'idea che questo sia quindi un si-
a. FT Interviews, 'The Blair Witch Producer-Director Dan Myrick and Production De
signer Ben Rock", Fortean Times, novembre 1999, http://www.foreteantimes.com/
articles/128_haxanint.shtml.
A l l ’in s e g u im e n t o d e l l ’ u n ic o r n o o r ig a m i 93
«i. E. Sanchez, intervista con l'autore, giugno 2003. Tutte le affermazioni di Sanchez
sono tratte da quest'intervista.
94 C a p it o l o 3
marranno per sempre tuoi fan, e ti daranno un'energia che non potrai
acquistare da nessuna pubblicità...Questa rete di informazione è or
ganizzata in un modo tale da stimolare la gente all'interesse e a ll'im
pegno. E la gente dà quindi al prodotto automaticamente un maggiore
valore emozionale".
Sanchez ammette onestamente che la produzione ha affrontato il sito
e i vari derivati come occasioni di marketing. In seguito invece sono
divenute parti integranti del contenuto: "È stato il genere di marketing
da cui avrei voluto essere catturato come consumatore...Abbiamo fi
nito con lo sfruttare il Web come nessuno aveva fatto prima per una
produzione cinematografica".
Al l ’ in s e g u im e n t o d e l l ’u n ic o r n o o r ig a m i 95
Attraverso il Mangaverse
a. S. Kapur, "The Asians Are Corning", The Guardian (U.K.), 23/8/2002, reperibile su
http://www.shekharkapur.com/guardian.htm. Per un utile approfondimento sulle
tendenze in atto nella produzioni mediatiche asiatica e statunitense, vedi C. Klein,
"Martial Arts and thè Globalization of US and Asian Film Industries", Comparative
American Studies 2, n. 3, settembre 2004, pp. 360-384.
A l l ’ in s e g u im e n t o d e l l ’ u n ic o r n o o r ig a m i 99
Scrittura collaborativa
^ || I
cinema giapponese, fino a Vanilla Sky(200'\), remake di un lungome
traggio spagnolo di fantascienza. M olti dei cartoni animati in onda
nella televisione americana vengono dall'Asia (soprattutto dalla Co
rea), spesso con una supervisione molto limitata da parte delle impre
se statunitensi. Gran parte dei bambini occidentali di oggia hanno una
a. Per una visione d'insieme sull'impatto asiatico nella cultura popolare americana,
vedi A. Allison, M illennial Monsters: Japanese Toys and The Global Immagination
(in corso di scrittura); H. Jenkins, "Pop Cosmopolitanism: Mapping Cultural Flows
in an Age of Media Convergence", in M.M. Suarez-Orozco, D.B.Qin-Hiliard (eds),
Globalization: Culture and Education in thè New Millennium, University of Cali
fornia Press, Berkeley, 2004; J. Tobin, Pikachu's Global Adventure: The Rise and
Fall o f Pokémon, Duke University Press, Durham, N. C., 2004; M. Ito, "Technolo
gies of thè Childhood Imagination: Yugioh, Media Mixes and Everyday Cultural
Production", in J. Karaganis, N. Jeremijenko (eds), Network/Netplay: Structures of
Participation in Digital Culture, Duke University Press, Durham, N. C., 2005.
A l l ìn s e g u i m e n t o d e l l ’ u n ic o r n o o r ig a m i 101
ei. R.A. Guzman, "Manga Revises Marvel Herpes", San Antonio Express-News, 23/1/
2002 .
b. "Tsunami Splash", Wizard, marzo 2003, p.100.
104 C a p it o l o 3
rovine di uno dei consueti paesaggi di The Matrix. Fra tutti i fumet
tisti, Chadwick è quello più interessato a Zion e ai suoi rituali cul
turali, aiutandoci a interpretare la spiritualità che emerge dagli abi
tanti del sottosuolo31. Pur basandosi su elementi e scenari del film,
Chadwick non mette da parte il suo stile e il suo lavoro. Così fanno
più o meno tutti gli altri animatori e fumettisti, e ciò determina
l’espandersi di significati potenziali e di connessioni intertestuali
all’interno del franchise.
^■Hl I
sonaggi di giochi già editi di SquareSoft3. Quella nipponica non è
l'unica cultura asiatica a esercitare una notevole influenza sulla pro
duzione dei media statunitensi. DC Comics ha creato Batman: Hong
Kong (2003), un racconto illustrato in una lussuosa edizione cartona
ta. Il suo scopo era introdurre i lettori americani allo stile originale del
disegnatore cinese Tony Wong e alla tradizione manhuab. Marvel ha
pubblicato la serie Spider M an: India in corrispondenza con l'uscita
di Spider Man 2 nel continente indiano, adattandolo ai gusti del pub
blico del Sud Asiac. Peter Parker diventa così Pavitr Prabhakar e Gre-
a. Per una visione d'insieme sulla letteratura dell'ibridità, vedi J.N. Pieterse, "Globa-
lization as Hybridization", in M. Featherstone (ed.), Global Modemities, Sage,
New York, 1995; N.G. Canclini, Consumers and Citizens: Globalization and Mul-
ticultural Conflicts, University of Minnesota Press, Minneapolis, 2001.
A l l ’ in s e g u im e n t o d e l l ’ u n ic o r n o o r ig a m i 107
Nella prima parte, vediamo gli umani trattare i robot come oggetti,
mentre nella seconda la loro relazione cambia. Sono gli uomini, in
questa fase, a cominciare a essere studiati dalle macchine. Mi sono di
vertito a esaminare l’inversione dei ruoli... Volevo mostrare la globa
lità del sociale, e come i robot fossero una parte tale dello sfondo della
vita da essere trattati come puri oggetti da parte degli esseri um ani...
Esplorando la storia di The Matrix, la mia intenzione era mostrare al
pubblico quanto fossero trattati male i robot. Le immagini che vedia
mo sugli abusi da essi subiti sono sepolte negli Archivi. Ci sono molti
esempi di crudeltà degli uomini nel passato.^7
a. T.C. Van Veen, "Matrix Multitudes in Japan: Reality Bleed or Corporate Performan
ce?", Hallucinations and Antics, 27/6/2003, http://www.quadrantcrossing.org/
blog/Cl 692035385/E1656161427/.
110 C a p it o l o 3
Figura 3.2 Fan giapponesi a Osaka ricreano scene di The Matrix Reloaded.
A l l ’i n s e g u im e n t o d e l l ’ u n ic o r n o o r ig a m i 111
Il desktop di D aw son
φΗ,Ι
sit-com si basano molto sulla famigliarità del pubblico con la storia
del programma, e serie come 24 (2001 ) danno per scontato che il loro
pubblico sia in grado di ricordare eventi che in televisione sono ap
parsi settimane prima, ma sono trascorsi solo da poche ore nel tempo
della narrazione.
La serie Dawson's Creek non rappresentava uno scostamento radicale
dalla norma delle reti televisive, ma quel che ha fatto sul Web è stato
molto più innovativo. L'idea del desktop permetteva ai produttori di
portare gli spettatori più a fondo nella testa dei personaggi, di vedere
altre dimensioni delle loro interazioni sociali.
il gruppo che lavorava per il Web si coordinava con gli autori della
serie, e perciò poteva fornire le informazioni di sfondo per gli eventi
che stavano per succedere. Come spiega Pike: "Se la zia Jenny manda
un'e-mail all'im provviso, un motivo ci sarà, e sarà bene che ci prestia
te attenzione, perché fra tre o quattro o cinque episodi, quando la zia
Jenny arriva, saprete già tutto, che è cresciuta negli anni Sessanta e
AU .'INSEGUIMENTO DELL’UNICORNO ORIGAMI 117
I piedi [che battono] sul terreno significano che Zion è sulla Terra.
Chiaro e semplice. Questo collima con la scena dell’Architetto ed è in
grado di spiegare molte cose. Noi siamo fuori dalla “perfezione” del
Paradiso e viviamo nel M ondo Reale. Simbolicamente, M atrix è il Pa
radiso. Cypher lo dice nel primo film. Il M ondo Reale è duro, sporco
e scomodo. M atrix, invece, è il paradiso. Il punto è chiarito ancora
che beve troppo. Sapete già la storia passata del personaggio, così
quando questo arriva sullo schermo, sapete perfettamente chi è e la
vostra relazione con la serie si è arricchita. Noi abbiamo fatto il nostro
lavoro."
Sin dall'inizio, il gruppo di Dawson's Desktop ha collaborato con i
fan più attivi del programma. I suoi produttori hanno detto di aver tro
vato l'ispirazione ad ampliare la storia nel leggere tutta la fan fiction
che era fiorita intorno ai loro personaggi. Hanno tenuto sotto osserva
zione i circa cinquecento siti di appassionati di Dawson's Creek e
hanno creato un gruppo di consulenti, formato da venticinque crea
tori che stimavano avessero sviluppato i m igliori contenuti amatoriali.
Come ha spiegato Andrew Schneider3, che era a capo del progetto:
a. Darren Crosciale, Dawson's Creek: The Officiai Companion, Ebury, London, 1999,
pp. 145-157.
118 C a p it o l o 3
una volta nel prim o film dall’agente Smith, che chiama M a trix “ il
mondo umano perfetto” [sto parafrasando]. Ricordiamo che la scena
dell’Architetto si svolge nella perfezione bianca e pulita. Il riferimento
biblico è piuttosto chiaro. Neo, Trinity, Morpheus e il resto di Z ion
hanno rifiutato il Giardino dell’Eden dove tu tti i bisogni sono soddi
sfatti per scegliere un’esistenza dura e cattiva ma dove, tuttavia, essi
possono ancora godere del libero arbitrio.47
Comprensione additiva
a. C. Herold, "Game Theory: Tracking an Elusive Film Game Online", New York Ti
mes, 3/5/2001 ; K. Boswell, "Artificial Intelligence - Virai Marketing and thè Web7',
Marketleap Report, 16/4/2001, http://www.marketleap.com/report/ml_report_05.
htm; P. Parker, "W ho Killed Evan Chan? The Intelligence behind an Al Marketing
Effort", Ad Insight, 8/5/2001, http://channelseven.com/adinsight/commentary/
2001 comm/comm20010508.shtml.
120 C a p it o l o 3
il film è stato più importante o più interessante del gioco che ha ge
nerato. Così un Puppermaster, Sean Stewart, descrive l'idea iniziale:
L'ingresso (o ciò che gli ideatori chiamano "la tana del coniglio") nel
vasto universo di siti web interconnessi era costituito dal mistero in-
a. D. Sieberg, "Reality Blurs, Hype BuiIds with Web A.l. Game", http://
www.cnn.com/SPECIALS/2001/coming.attractions/stories/aibuzz.html.
122 C a p it o l o 3
figura secondaria nel film, avendo al suo interno solo una manciata
di battute, ma la sua apparizione sullo schermo è il premio per co
loro che si sono impegnati nella scoperta del gioco. Qualche critico
si è lamentato perché il personaggio di Niobe ruba il posto centrale
a Morpheus in The Matrix Révolutions, come se un personaggio se
condario cacciasse dalla scena un protagonista ben stabilito. Ciò
che proviamo per Niobe, però, dipenderà dal fatto se abbiamo gio
cato o meno a Enter thè Matrix: in caso affermativo, avremo passa
to, forse, centinaia di ore a controllare il suo personaggio contro
un tempo inferiore alle quattro ore di visione di Morpheus; lottare
per mantenere in vita il personaggio e condurlo a compiere la sua
missione avrà prodotto un intenso legame che certo non possono
sentire quegli spettatori che l’hanno vista sullo schermo solo in po
che scene.
Probabilmente, l’esempio più spettacolare di “comprensione
additiva” ha riguardato il franchise a chiusura già avvenuta della
trilogia filmica. Senza nessun annuncio importante, il 26 maggio
2 0 0 5 , Morpheus, il mentore di Neo, rimase ucciso in The Matrix
Online, mentre cercava di recuperare il corpo di Neo che era stato
portato via dalle macchine alla fine di Révolutions. Come ha spie
gato Chadwick: “Volevano un incipit significativo, intenso e scioc
cante, e questo poteva esserlo”50. Un importante punto di svolta
nel franchise è accaduto non sullo schermo per un pubblico di mas
una storia per coprire la falla. Erano solo un poco più avanti dei gio
catori"3. Scrivere il gioco non fu una sfida da meno. Stewart spiegò:
"Al nostro meglio - come i giocatori - eravamo spaventosamente at
tenti e veloci...Era teatro di strada, beffa e torneo allo stesso tem po"b.
The Beast era una nuova forma di intrattenimento immersivo, una
narrazione enciclopedica che si dispiegava a cavallo tra autori e con
sumatori. Jane McGonigal, che ha lavorato con alcuni dei Puppetma-
sters allo sviluppo del game successivo ilovebees, ha coniato l'espres
sione "alternative reality game" (ARG), giochi di realtà alternativa.
Definisce gli ARG "un dramma interattivo recitato online e nel mondo
reale nell'arco di molte settimane o mesi, nel quale decine, centinaia,
migliaia di partecipanti si riuniscono in rete, formando n etw o rksocia-
4·),!
li collaborativi e lavorando insieme alla soluzione di un enigma o di
un problema che sarebbero irrisolvibili in modo individuale"a. In ac
cordo con la logica dell'economia affettiva, 4orty2wo Entertainment,
l'azienda che Steward e altri hanno creato per fare progredire lo svi
luppo degli ARG, spiega che questo tipo di attività genera legami verso
il prodotto e il marchio: "Il nostro obiettivo è scolpire il mondo del
cliente all'interno di un paesaggio culturale attuale, in modo da farlo
diventare una destinazione elettiva per l'immaginario americano, come
nel caso della Terra di Mezzo o della scuola di magia di Hogwarts...
Creiamo comunità di appassionati, disposti a investire non solo i loro
a. J. McGonigal, "A Reai Little Game: The Performance of Belief in Pervasive Play", http//avan-
tgame.com/MCGONIGAL%20%A%Reak%20Kuttke%20Game%20DIGRA%202003.pdf.
b. J. McGonigal, "This Js Not a Game: Immersive Aesthetics and Collective Play", ht-
tp;//www. seanstewart.org/beast/mcgonigal/notagame/paper.pdf.
All.'INSEGUIMENTO DELL’UNICORNO ORIGAMI 127
che punto la fan fiction sia proteta dalla legge dell’uso equo (fair
use).
I tentativi di chiudere le fan community si muovono in contro
tendenza rispetto a ciò che abbiamo appreso fin qui a proposito dei
nuovi tipi di relazioni affettive che i pubblicitari e le aziende media-
tiche vogliono instaurare con i loro consumatori. Da molti decen
ni, le aziende hanno cercato di vendere prodotti marchiati, perché
gli stessi consumatori diventassero i loro testimonial pubblicitari. Il
marketing ha trasformato i nostri bambini in pubblicità ambulanti
e parlanti che indossano loghi aziendali sulle loro magliette, cucio
no scritte sui loro zaini, tappezzano di adesivi i loro armadietti e
riempiono di poster le loro stanze; è tuttavia proibito loro, secon
do la legge, pubblicare quei loghi sulle loro home page. Per qualche
strana ragione, se un consumatore sceglie quando e dove esporre
quelle immagini, la sua partecipazione attiva alla circolazione del
brand improvvisamente si trasforma in oltraggio morale e minaccia
il benessere economico dell’azienda.
I giovani di oggi - la cosiddetta “Napster generation” - non so
no gli unici confusi sui confini tra lecito e illecito; il mondo dei me
dia sta dando segnali contrastanti, perché davvero non riesce a de
cidere che tipo di relazione instaurare con questo nuovo tipo di
consumatori. Ci viene chiesto quindi, in qualche modo, di guarda
re ma non toccare, comprare ma non usare i contenuti mediatici.
Questa contraddizione è avvertita forse più acutamente quando ri
guarda i contenuti cult. Un prodotto cult di successo si costruisce
corteggiando i fan e i mercati di nicchia; un successo generale è vi
sto, dai produttori, come derivante dal tenere a distanza il pubbli
co. Il sistema si regge su accordi taciti tra produttori e consumatori.
Il lavoro che svolgono i fan nel far crescere il valore di una proprie
tà intellettuale non potrà mai essere riconosciuto pubblicamente se
gli studios di Hollywood pensano di essere l’unica fonte del valore
di quella proprietà. Internet, comunque, li ha smascherati, dal mo
mento che i siti dei fan oggi sono visibili a chiunque sappia utiliz
zare Google.
Alcune figure che appartengono al mondo delle aziende dei me
dia - per esempio Chris Albrecht, che gestisce il concorso ufficiale
Star Wars di AtomFilm, o Ralph Koster, ex giocatore di MUD che
ha contribuito alla realizzazione del gioco Star Wars Galaxies
(2002) - provengono da queste comunità grassroots e nutrono per
esse un profondo rispetto. Essi vedono i fan come una forza rige
140 C a p it o l o 4
Evan M ather ha trascorso buona parte della sua infanzia girando il sud
della Lousiana con una camera muta 8 millimetri, riprendendo scene
di autostop e di varia um anità... Come architetto del paesaggio, Mr.
M ather passa i suoi giorni a progettare ambienti urbani e naturali
nell’area di Seattle. Di notte, Mr. M ather esplora il regno del cinema
digitale ed è il celebre autore di corti che fondono il disegno a mano
tradizionale e le tecniche di animazione stop-motion con la flessibilità
e la resa realistica di effetti speciali realizzati al computer.
142 C a p ito lo 4
Figura 4.1 Les Pantless Menace del regista fan Evan Mather crea una com
media anarchica con l’uso creativo delle riproduzioni giocattolo di
personaggi di Star Wars. (Riprodotto per concessione dell3artista.)
corrono diverse ore per scaricare dei film digitali di lunghezza me
dia mentre i trailer, più brevi e a bassa risoluzione, permettono agli
utenti di saggiare più velocemente i contenuti.
Tutta la pubblicità intorno alle parodie di Star Wars serve da
promemoria per la qualità più caratteristica di questi film amato
riali: Tessere così pubblici. L’idea che i produttori dilettanti possa
no avere un seguito globale è in conflitto con la marginalizzazione
storica della produzione mediatica grassroots. Nel suo libro Reel
Family: A Social History of Amateur Film (1995), la storica del ci
nema Patricia R. Zimmerman offre un resoconto convincente della
produzione cinematografica non professionale negli Stati Uniti,
analizzando l’incontro tra questa e il sistema di intrattenimento di
Hollywood. Mentre l’arte filmica amatoriale è sempre esistita, fin
dall’avvento del cinema, e mentre i critici l’hanno spesso promossa
come alternativa grassroots rispetto al complesso produttivo com
merciale, i suoi prodotti sono rimasti, essenzialmente, “filmini do
mestici”, e in molti sensi del termine: 1) venivano proiettati soprat
tutto in privato (e più spesso, in casa), mancando ogni possibile ca
nale di distribuzione pubblica; 2) erano molto spesso documentari
di vita familiare e domestica; 3) venivano percepiti come tecnica-
mente imperfetti e di interesse marginale oltre Pambito ristretto
della loro “produzione”. I critici sottolineavano la mancanza di ar
te e la spontaneità del film amatoriale in contrasto con la raffina
tezza tecnica e la sofisticatezza estetica dei film commerciali. Zim
merman conclude: “Il film amatoriale si era gradualmente infilato
nelle abitudini della famiglia. Gli standard tecnici, le norme esteti
che, le pressioni sociali e gli obiettivi politici relegano il suo appor
to culturale a un hobby privato e quasi stupido”12. Scrivendo nei
primi anni Novanta, Zimmerman non aveva motivo per pensare
che la videocamera e il VCR potessero determinare un cambiamen
to significativo della situazione. Le limitazioni tecniche del me
dium rendevano difficile l’editing amatoriale dei film, e gli unici
mezzi di pubblicazione erano controllati da produttori di media di
tipo commerciale (è il caso di programmi come America’s Funniest
Fìome Videos, 1990).
La produzione digitale altera molte delle condizioni che aveva
no reso marginale il ruolo della precedente produzione amatoriale:
il Web le fornisce un canale di visibilità che la libera da uno spazio
privato ristretto; l’editing digitale è molto più semplice di quello
Super-8 o video, e consente un intervento più diretto da parte
144 C a p ito lo 4
tion di The Empire Strikes Back, e pochi altri da A New Hope. Jedi
è stato quasi inutile, dato che i duelli con le spade nel film erano
quasi sempre accompagnati da sottofondi musicali. I rumori dei
colpi sono tratti dal film Predatori delVarca perduta, e c’è un suono
- quello della corsa sulla sabbia - che abbiamo estrapolato da
Lawrence d'Arabia. La musica viene a sua volta dalla colonna sono
ra di The Phantom Menace”17. La reperibilità dei numerosi prodot
ti complementari ha stimolato questi produttori, fin dalla loro in
fanzia, a giocare con la fantasia nell’universo di Star Wars. Un os
servatore della cultura fan ha spiegato: “È molto probabile che tut
ti coloro che sono stati bambini negli anni Settanta abbiano discus
so nel cortile della scuola su chi avrebbe interpretato il ruolo di
Han, abbiano perso una action figure di Wookie nel giardino die
tro casa e fantasticato di sparare quell’ultimo colpo alla Death Star.
M olto probabilmente, i sogni ad occhi aperti e i discorsi di quei
bambini non si concentravano su William Wallace, Robin Hood o
Ulisse, ma su duelli con le spade laser, uomini congelati e padri di
menticati. In altre parole, parlavamo della nostra leggenda”18. Le
action figure furono, per quella generazione, dei precursori degli
avatar, che hanno permesso loro di impersonare un cavaliere Jedi
o un cacciatore di taglie intergalattico. Manipolando fisicamente i
personaggi, i bambini potevano ricreare le loro storie.
P ixelvision e M a c h in im a
I fan si sentono rassicurati dal fatto che Lucas e i suoi soci - al
meno ogni tanto - buttino un occhio sul loro lavoro e diano la loro
benedizione. Infatti, parte della seduzione che stimola a partecipa
re al concorso ufficiale del fan cinema di Star Wars, si deve al ruolo
personale di Lucas, che seleziona il vincitore tra i finalisti, identifi
cati da Chris Albrecht di AtomFilm ed esaminati dallo staff di Lu-
casArts. Non c’è dubbio che a Lucas piacciano alcune forme di cre
atività dei fan. Come spiega Albrecht: “Un applauso a Lucas perché
se n’è reso conto e dà al pubblico la possibilità di partecipare a un
Allo stesso tempo, settori diversi della stessa azienda hanno svi
luppato approcci distinti nel dialogo con i fan: il settore game ha
adottato una linea coerente con quella delle altre imprese di giochi
(ed è probabilmente il più permissivo tra tutti), mentre quello film
si è mostrato un po’ meno favorevole alla partecipazione dei fan.
Non voglio con questo sostenere che LucasArts tratti male i fan -
in molti casi l’azienda è stata molto più lungimirante e disponibile
di qualsiasi altra impresa di Hollywood - ma solo illustrare i modi
con cui l’industria mediatica sta tentando di capire come risponde
re alla loro creatività.
All’inizio, Lucasfilm incoraggiava apertamente la fan fiction,
tanto da aver creato un ufficio interno, nel 1977, che rivedeva il
materiale prodotto dagli utenti offrendo consigli per evitare l’infra
zione del copyright22. Dai primi anni Ottanta, l’iniziativa si inter
ruppe, forse perché lo stesso Lucas inciampò in qualche esempio di
produzioni fan erotiche rimanendone scioccato. A partire dal
1981, Lucasfilm ha iniziato a emettere avvisi contro quelle fanzine
che pubblicavano storie con contenuti sessuali espliciti. Ciò forniva
tuttavia, in maniera implicita, il permesso di pubblicare storie non
erotiche fin quando non fossero a fini di lucro: “Poiché tutta la sa
ga di Star Wars è pensata per una visione universale, devono esserlo
anche le storie pubblicate dai produttori indipendenti. Lucasfilm
non produce nessun episodio di Star Wars che sia sottoposto a limi
ti di visione, perciò perché dovremmo essere messi in cattiva lu
ce?”23. Questa linea d’azione servì a scoraggiare in buona parte le
produzioni erotiche, che continuarono comunque a circolare in
formalmente. La questione è riemersa negli anni Novanta, quando
la fan fiction di tutti i tipi iniziò a prosperare lungo la “frontiera
elettronica”. Un sito web, per esempio, aggiornava continuamente
i link a siti di fan e di fan fiction, arrivando fino a più di 153 tra li
bri, film e programmi televisivi, da AirWolf (1984) a Zorro
(1975)24. Gli editori della zine di Star Wars posero attenzione al fe
nomeno, tentando con cautela di sondarne le acque. Jeanne Cole,
una portavoce di Lucasfilm, spiegò: “Cosa si può fare? Come si
può mantenere il controllo? Noi apprezziamo i fan, che cosa fa
remmo senza di loro? Perciò, che motivo c’è di farli arrabbiare?”25.
Lo studioso dei media Will Brooker cita una nota aziendale del
1996: “Poiché Internet sta crescendo molto in fretta, noi stiamo
sviluppando delle direttive per stabilire come possiamo rafforzare
la capacità dei fan di Star Wars di comunicare tra loro senza violare
copyright e marchi registrati”26. Le fasi anarchiche dell’origine di
Internet cedevano così il passo a un periodo di attenta sorveglianza
e stretto controllo da parte della corporation. Anche in un tempo
di “luna di miele”, alcuni fan percepirono che Lucasfilm si stava
Nel 2000, LucasFilm offrì ai fan di Star Wars uno spazio web
gratuito (www.starwars.com) e contenuti esclusivi per i loro siti,
ma solo a condizione che qualunque loro creazione diventasse pro
prietà intellettuale dello studio. Così spiegò la nota ufficiale che
lanciava questa nuova prospettiva: “Per incoraggiare la continua
zione di interesse, creatività e interazione della comunità online dei
nostri fan appassionati di Star Wars, LucasOnline (http://www.lu-
casfilm.com/divisions/online/) ha il piacere di presentarvi per la
prima volta un sito ufficiale dove i fan possono celebrare nel Web
il loro amore per la saga”29. La storia ha dimostrato più volte che
la fan fiction può essere una porta d’ingresso alla pubblicazione
commerciale, almeno per gli amatori più abili nel vendere i loro
racconti alle collane editoriali professionali sui vari franchise. Se
Lucasfilm Ltd. rivendicava il possesso di quei diritti d’autore, pote
va pubblicare i prodotti dei fan senza compensarli, e poteva rimuo
verli senza chiedere l’autorizzazione o darne avviso.
Elizabeth Durack è stata una delle più attive promotrici di una
campagna per spingere gli altri fan di Star Wars a boicottare queste
nuove iniziative: “Questa è la genialità di Lucasfilm nell’offrire ai
fan uno spazio web: cercano di sembrare incredibilmente generosi
e al tempo stesso sono più inclini a controllarli... Lucasfilm non
odia né i fan né i loro siti, e si rende conto dei benefici che può trar
4· | | |
le. In modo simile a ciò che accade per la trasmissione radiofonica di
un'opera lirica, qualcuno si alza in piedi a ll'in izio e racconta la storia,
spesso attingendo al ricordo di quello che qualcun altro ha raccontato
prima di un'altra proiezione. I distributori giapponesi hanno strizzato
l'occhio a queste forme di visione. Pur non avendo il permesso delle
loro compagnie madri di far pagare i fan o di fornire loro materiale,
volevano vedere che interesse potessero suscitare quegli spettacoli.
Gli ultim i anni Ottanta e i primi Novanta videro l'emergere del “ fan-
subbing", ovvero la pratica amatoriale di tradurre e sottotitolare gli
anime giapponesi. I sistemi di sincronizzazione VHS e S-VHS, in effet
ti, supportavano il doppiaggio dei nastri e permettevano un allinea
mento accurato di testo e immagine. Come spiega il presidente del
MIT Anime Club, Sean Leonard: "Il fansubbingè stato decisivo per la
crescita delle comunità di appassionati di anime in Occidente. Se non
fosse stato per il loro impegno nella diffusione di contenuti leggeri, tra
la fine degli anni Settanta e i primi anni Novanta, oggi non ci sarebbe
alcun interesse nei riguardi dell'anim azione giapponese intelligente,
St a r W ars di Q u e n t in Ta r a n t in o ? 161
nella sala del consiglio; Anakin Dinamite, dove un giovane Jedi de
ve confrontarsi con degli idioti come la sua controparte nel cult
Napoleon Dinamite (2004); oppure Intergalactic Idol (2003), dove
il pubblico deve decidere quale concorrente possieda realmente la
forza. Per contrasto, Come What May (2001) di Diane Williams,
un tipico video musicale, usa immagini tratte da The Phantom Me
nace per esplorare il rapporto tra Obi-Wan Kenobi e il suo mento
re, Qui-Gon Jinn. Le immagini mostrano l’amicizia appassionata
tra i due uomini; il testo culmina quindi nella scena ripetuta di Obi-
Wan che culla il corpo sbriciolato del suo compagno, rimasto ucci
so nello scontro con Darth Maul. Le immagini sono accompagnate
dalla canzone “Come What May”, presa dalla colonna sonora di
Moulin Rouge! (2001) del regista Baz Luhrmann, e interpretata
dall’attore Ewan McGregor, che recitò anche la parte di Qui-Gon
Jinn nel film The Phantom Menace.
Che Atomfilms classifichi un’opera del genere come una paro
dia è materia sindacabile: piacevole a tratti, essa manca degli ele
menti della commedia che caratterizzano la grande parte della pro
duzione maschile dei film di Star Wars; sviluppa una maggiore
identificazione con i personaggi e accenna ad alcuni aspetti delle
loro relazioni che non sono stati esplicitamente resi visibili sullo
schermo. Come What May potrebbe essere visto da molti fan come
una caduta nel sottogenere slash, vista la sua messa in scena di re
lazioni erotiche tra personaggi dello stesso sesso, e potrebbe altresì
essere interpretata più come opera melodrammatica che satirica.
Di certo, da un punto di vista legale, Come What May può rappre
sentare una parodia, la quale non richiede necessariamente che il
lavoro sia comico ma semplicemente che ci si appropri dell’opera
originale e la si trasformi al fine di renderne un commento critico.
Sarebbe difficile, in effetti, sostenere che un video che ritrae Obi-
Wan e Qui-Gon come amanti non trasformi l’originale in modo da
ampliarne i significati potenziali. Più verosimilmente, questo e altri
video sonori creati da donne potrebbero essere considerati come
fan fiction; Come What May entra anche in conflitto con le regole
di Atomfilm sull’appropriazione di contenuti da film e da altre pro
prietà dei media.
Queste regole generano un doppio sistema: alcuni lavori posso
no rendersi più pubblici perché sono conformi a ciò che i titolari
del diritto d’autore ammettono come appropriazione accettabile
della loro proprietà intellettuale, mentre altri, contravvenendo a
tali limiti, rimarranno nell’ombra (o quanto meno saranno distri
buiti mediante canali meno ufficiali). In questo caso, tali opere so
no talmente tenute a distanza dalla pubblica visibilità che, quando
ho chiesto ai registi digitali di Star Wars il perché dell’occultamento
^11,I
con il trattamento analogo riservato alle loro comunità di fan nei loro
mercati locali.
Come fa notare Salii K. Mehra, professore della Tempie Univesity
School of Law, il mercato sotterraneo dei manga creati dagli appassio
nati, spesso fortemente debitori ai prodotti commerciali, procede su
larga scala in Giappone, con alcune fiere di fumetti che attirano
150.000 visitatori al giorno; iniziative del genere hanno luogo quasi
ogni settimana in alcune parti del paese3. I produttori commerciali,
che non intraprendono quasi mai azioni legali, spesso addirittura
sponsorizzano questi eventi, utilizzandoli per pubblicizzare le loro
distribuzioni, reclutare nuovi potenziali talenti e monitorare i cambia
menti nei gusti del pubblico.
a. S. K. Mehra, "Copyright and Comics in Japan: Does Law Explain Why All theCar-
toons My Kid Watches Are Japanese Imports?", Rutgers Law Review, disponibile
su: http://papers.ssrn.com/sol3/papers/cfm?abstract_id=347620.
St a r W ars di Q u e n t in Ta r a n t in o ? 165
D'altra parte, essi temono Pira dei loro clienti qualora agissero contro
una pratica culturale così radicata. La legge giapponese, tra l'altro, se
dovessero adire le vie legali, prevede sanzioni molto lievi.
Più in generale, come sottolinea Yuichi Washida, un direttore della ri
cerca della Hakuhodo - la seconda azienda in Giappone di pubblici
tà e marketing - le corporation giapponesi hanno cercato la collabo-
razione con i fan club, le sottoculture e le comunità di consumatori,
vedendoli come importanti alleati nella possibilità di sviluppare nuo
vi contenuti e allargare i mercati3. Nel corteggiamento dei fan le
aziende hanno contribuito a costruire una "economia morale" che al
linea i loro interessi nella ricerca di un mercato con il desiderio dei
fan americani di avere sempre nuovi contenuti cui poter accedere.
differenza, non solo per ciò che riguarda la loro esperienza perso-
naie, ma anche per quella degli altri giocatori.
A proposito dei problemi incontrati nel cercare di soddisfare le
aspettative della comunità di Ultima Online, Koster ha spiegato:
“Loro vogliono plasmare il loro spazio e lasciare un segno duratu
ro. Noi dobbiamo fornire loro i mezzi per farlo”38. Richard Bartle,
un altro creatore e teorico dei giochi, concorda: “L’espressione
personale è un altro modo di promuovere l’immersione. Dando ai
giocatori la piena libertà di comunicare se stessi, i progettisti pos
sono attirarli più profondamente in quel mondo - loro sentono di
farne parte”39.
Koster è un sostenitore dell’idea di dare ai giocatori la possibili
tà di esprimere se stessi all’interno del mondo del gioco:
Per fare bene ogni sorta di cosa è necessario dedicarvi un lungo eser
cizio. E molto raro che, in qualsiasi medium, l’ingenuità conduca a ri
sultati sorprendenti o popolari. In linea di massima, questi ultimi sono
ottenuti da persone che hanno imparato l’arte e agiscono con com pe
tenza. Sono assolutamente favorevole a dare alla gente la possibilità di
impegnarsi in questi atti creativi, non solo per far venire fuori talenti
ma anche per le economie di scala. Se si riesce a raggiungere un cam
pione abbastanza elevato, si può ottenere qualcosa di buono.
Star Wars è un universo adorato da molti. Penso che molti di voi siano
come me. Vorreste essere lì. Vorreste vedere com ’è. Prima ancora di
pensare ad alberi della saggezza e alPavanzare degli Jedi, prima ancora
di considerare le possibilità date da un’arma, la distanza da M os Eisley
e dove bisogna andare per raccattare dei convertitori di energia, quel
lo che vorrem o è soltanto essere lì; respirare l’aria pungente del deser
to; guardare qualche jawa azzuffarsi per un androide; sentire il sole
che scalda un corpo che non è il tuo in un mondo che ti è estraneo.
Non vuoi sapere nulla delle teniche di costruzione della scena in quei
primi momenti. Vuoi sentirti come se avessi un passaporto per un uni
verso senza limiti di possibilità... il mio lavoro è cercare di catturare
quella magia per voi, per farvi vivere questa magica esperienza.40
a. R. Muzyka, "The Audience Takes Change: Game Engines as Creative Tools", En
tertainment in thè Interactive Age conférence, University of Southern California,
29-30 gennaio 2001, accessibile online su http://www.annenberg.edu/interactive-
age/assets/transcripts/atc.html.
170 C a p it o l o 4
mature, case, armi) creati dai giocatori con prezzi da essi stabiliti, at
traverso aste e negozi autogestiti. Città e paesi sarebbero stati proget
tati dai giocatori, e i sindaci e i capi dei consigli avrebbero escogitato
le missioni e le imprese per altri giocatori. La Guerra Civile Galattica
(la lotta tra i ribelli e i rappresentanti dell’impero) avrebbe fatto da
cornice al gioco, ma i giocatori avrebbero creato le loro missioni m et
tendo in scena la saga di Star Wars. In breve, il sistema è stato pensato
per essere “guidato” dall’interazione con il pubblico, con il mondo
virtuale meno prodotto dagli autori e più creato dai giocatori stessi.41
pelle blu e dai capelli a tentacoli agitano le loro scarpette; alieni si
mili a lucertole con indosso un berretto da Babbo Natale suonano
il sax; dei tipi con le branchie danzano come una boy band mentre
attorno a loro scendono fiocchi di neve (Figura 4.3). Immaginate
cosa sarebbe sembrato Star Wars se fosse stato diretto da Lawrence
Welk!
Può darsi benissimo che ci sia molto da dire sotto il profilo este
tico, comunque bisogna ammirare la perizia tecnica e il gioco di
squadra richiesti nella produzione di tali contenuti filmici. Quando
fornisci alle persone comuni degli strumenti creativi, non si può
mai dire che cosa possano farci - e questo costituisce una buona
parte del divertimento.
Dove arriveremo ì
Oggi ce ne sono invece migliaia. W right stima che, alla fine, più del
60% del contenuto di The Sims è stato sviluppato dai suoi fan. Questi
hanno disegnato vestiti, costruito case e arredamenti, programmato
comportamenti e scritto le proprie storie, ampiamente illustrate con
schermate del gioco. Nota poi con modestia: "A noi probabilmente va
il merito del primo milione di unità vendute, ma è stata la comunità a
far compiere il salto di qualità all'operazione".
Per distribuire tutto questo contenuto, i fan hanno creato una grande
varietà di siti online. Forse il più complesso e conosciuto tra questi è
"The Mall of The Sims". I visitatori possono dare un'occhiata a più di
cinquanta negozi diversi che offrono qualsiasi articolo, dall'elettroni
ca più aggiornata all'antiquariato, dagli arazzi medievali ad abiti per
taglie strane - e skin che riproducono l'aspetto di Britney Spears o di
Sarah M ichelle Gellar, o di personaggi presi da Star Wars. The Mail ha
il suo quotidiano locale e la sua stazione tv. Attualmente, la comunità
vanta più di 10.000 iscritti. Wright nota che il successo del franchise
ha quasi provocato l'estinzione della comunità dei fan, perché i siti
176 C a p it o l o 4
che si apre e che corteggia i suoi fan ce ne sono altri che inviano let
tere di diffida. Di fronte alPintersezione tra la convergenza grass
roots e quella corporate, non dobbiamo sorprenderci del fatto che
né i produttori, né i consumatori sappiano ancora quali siano le re
gole che dovrebbero governare le loro interazioni. Entrambi i sog
getti sono tuttavia costantemente spinti a vedere la controparte co
me responsabile delle proprie scelte e azioni. La differenza è che la
comunità dei fan si trova a dover negoziare da una posizione rela
tivamente priva di potere, facendo leva solo sull’autorità morale
collettiva, mentre le grandi aziende, per il momento, si comporta
no come se avessero la forza della legge dalla loro parte.
Tirando le somme, la posizione proibizionista non risulta esse
re, tranne che per situazioni locali, molto efficace, a meno che le
media company non riescano a conquistare il consenso popolare.
Dovunque abbiano intenzione di tracciare i confini, dovranno ri
spettare il clima d’opinione sempre più diffuso intorno a ciò che
costituisce un uso equo del contenuto mediatico, permettendo
quindi al pubblico di incidere significativamente sull’elaborazione
delle proprie forme culturali.
Per raggiungere questo equilibrio, gli studios dovranno accetta
re (e promuovere attivamente) alcune distinzioni basilari: tra la
concorrenza commerciale e l’appropriazione amatoriale; la logica
più popolari dovevano pagare bollette salate per la banda che consu
mavano. La situazione si è risolta quando l'azienda ha rinegoziato i
termini degli accordi di licenza, in modo che i fan potessero chiedere
un piccolo contributo di iscrizione per coprire i costi di gestione dei
centri di distribuzione. Tutti gli articoli in vendita nei negozi virtuali
sono prodotti da altri giocatori, e una volta pagata l'iscrizione è pos
sibile scaricare qualsiasi cosa gratuitamente.
Ancora più importante, tutto avviene con l'approvazione di W ill W ri
ght e Maxis, l'azienda per cui lavora. Non è stato lui a costruire The
M ail, non vigila sul copyright né pretende la proprietà sulle creazioni
dei fan. W right lascia che tutto vada per la sua strada. Come spiega:
tura relativamente ai grandi miti della cultura - cioè una lotta per
l’alfabetismo. In questo contesto, alfabetismo non riguarda solo
quello che possiamo fare con il materiale stampato, ma più in ge
nerale quello che possiamo fare con i media. Proprio come non ab
biamo mai considerato “alfabeta” qualcuno che sappia leggere ma
non scrivere, allo stesso modo non possiamo concepire che qualcu
no sia, per così dire, medialfabeta se può solo consumare ma non
ha alcuna possibilità di espressione. Nella storia, le limitazioni
all’alfabetizzazione derivano da tentativi di controllare segmenti
diversi della popolazione - alcune società hanno abbracciato l’idea
di un’alfabetizzazione universale, altre ne hanno ristretto la possi
bilità a specifiche classi sociali oppure in base alla razza o al genere.
Possiamo anche leggere l’attuale battaglia sull’alfabetismo in fun
zione dei suoi esiti: decideranno chi ha il diritto di stabilire chi può
partecipare alla nostra cultura e in quali termini. Harry Potter è un
caso piuttosto emblematico per l’analisi dei limiti attualmente posti
all’alfabetismo, perché il libro stesso tratta esplicitamente i temi
dell’educazione (spesso prestando la sua voce all’espressione dei di
ritti dei ragazzi rispetto ai vincoli delle istituzioni) e anche perché è
stato molto apprezzato dalla critica per avere sollecitato i giovani a
sviluppare le proprie capacità di alfabetizzazione.
Tuttavia, i libri sono anche stati al centro di vari tentativi di limi
tare le possibilità di scrittura e lettura dei ragazzi. La mia attenzione
è rivolta alle guerre di Harry Potter come scontro tra nozioni oppo
ste di medialfabetizzazione e sul modo in cui questa dovrebbe essere
insegnata: la pedagogia informale che è emersa all’interno della co
munità di fan di Harry Potter, ai tentativi di intercettare l’interesse
verso il libro da parte dei bambini nelle classi scolastiche e nelle bi
blioteche; agli sforzi dei media corporate di impartirci una lezione
su un trattamento responsabile della loro proprietà intellettuale; al
le ansie sulla secolarizzazione dell’istruzione espresse dai conserva-
tori cristiani; alla concezione profondamente diversa di pedagogia
condivisa dai difensori cristiani dei racconti di Harry Potter all’in
terno del “movimento del discernimento”. Tutte le parti in causa
reclamano una quota partecipativa alla formazione dei ragazzi, poi
ché la loro istruzione è spesso vista come il cantiere della nostra cul
tura futura1. Analizzando più da vicino le varie posizioni in tema di
educazione, possiamo individuare alcune delle aspettative contrad
dittorie che stanno dando forma alla cultura convergente. Lungo la
strada, prenderò in considerazione cosa accade quando il concetto
182 C a p it o l o 5
Tutti a Hogwarts
un posto speciale per se stessi nella storia. Nel suo libro Writing Su-
perberoes (1997), Anne Haas Dyson usa la metafora del “biglietto
d’ingresso” al fine di descrivere come i ruoli forniti dai prodotti
mediatici per bambini vengano interpretati dagli stessi nell’ambito
di una dimensione scolastica, per stabilire a chi è permesso parteci
pare e quali ruoli può impersonare6. Alcuni bambini si sentono a
loro agio nei ruoli disponibili; altri si sentono esclusi e devono la
vorare duramente per proiettarsi nel mondo fantastico. Dyson
pensava soprattutto alle divisioni di genere e razziali ma, data la
natura globale di The Daily Prophet, anche la nazionalità era alme
no potenzialmente in questione. Nei libri successivi della saga,
Rowling dice chiaramente che Hogwarts interagisce con scuole di
tutto il mondo, il che ha dato agli studenti di molti paesi un “lascia
passare” per quel mondo immaginario: “Sirius è nato in India da
Ariel e Derek Koshen. Derek lavorava in quel paese come amba
sciatore del Ministero della Magia. Sirius crebbe a Bombay e parla
correntemente la lingua Hindi. Quando si trovava lì, salvò un Ip-
pogrifo rimasto ferito dal pericolo di diventare una giacca, rinsal
dando così il suo lungo amore per le creature magiche. Frequentò
la Scuola di Magia e Stregoneria di Gahdal, in Thailandia.” Qui è
d’aiuto il fatto che la comunità si sforzi di essere inclusiva e di ac
cettare anche fantasie che magari non vanno del tutto d’accordo
con il mondo descritto nei romanzi.
Una conseguenza sorprendente dell’importanza assegnata
all’educazione nei libri di Harry Potter, è che quasi tutti i parteci
panti del The Daily Prophet si immaginano come studenti dotati. I
bambini che leggono per puro piacere sono una piccola parte
dell’intera popolazione scolastica, perciò è più che comprensibile
che molti di loro siano i prediletti degli insegnanti. Il personaggio
di Hermione ha rappresentato un modello di comportamento par
ticolarmente influente per le ragazzine studiose che costituivano le
collaboratrici di spicco di The Daily Prophet. Alcune critiche fem
ministe sostengono che il personaggio cade nello stereotipo femmi
nile della dipendenza e del sostegno7. Sarà anche vero, ma il perso
naggio offre alcuni spunti di identificazione per le lettrici in un li
bro che sarebbe, altrimenti, molto centrato sui ragazzi. Ecco come
una giovane scrittrice formula il suo rapporto con il personaggio:
In molti casi, gli adulti prestano attenzione ai membri più giovani (in
teoria, tutti gli iscritti al nostro forum devono avere almeno 13 anni).
È come se il sito divenisse una sorta di mamma chioccia. Penso sia un
modo davvero stupendo di com unicare... L’assenza di relazioni faccia-
a-faccia ci mette tutti su uno stesso piano, e dà ai partecipanti più gio
vani la possibilità di parlare con gli adulti senza sentirsi intimiditi co
me spesso succede. Dall’altra parte, credo che ciò possa aiutare gli
adulti a ricordarsi com ’è avere una certa età o trovarsi in una certa fase
della vita.12
Un buon beta-lettore:
• Informa lo scrittore dei suoi punti di forza e di debolezza, dicendo
per esempio: “Io sono un buon beta-lettore di trame ma non di or
tografia!” Chiunque si offra di correggere l’ortografia, la gramma
tica e la punteggiatura di qualcun altro, deve essere degno di un vo
to ottim o, o perlomeno buono, in lingua inglese.
• Legge criticamente per analizzare problemi di stile, coerenza, lacu
ne nella trama, ambiguità, scorrevolezza dell’azione, lessico (scelta
delle parole), realismo, appropriatezza dei dialoghi e così via. Il te
sto si impantana in descrizioni e retrostorie inutili? I personaggi
“suonano bene” come dovrebbero? La trama procede in modo lo
gico e i protagonisti hanno dei motivi per quello che fanno?
• Suggerisce, non fa modifiche. In molti casi, un beta-lettore non do
vrebbe riscrivere o semplicemente correggere i difetti. Richiamare
192 C a p it o l o 5
Questa descrizione fonda una relazione tra chi guida e chi ap
prende, che è molto diversa da quella tipica dell’insegnamento sco
lastico della scrittura, a cominciare da quell’invito iniziale ai redat
tori, di riconoscere i propri punti forti e deboli, per continuare con
la priorità accordata al suggerimento più che alla direttiva, come
mezzo con il quale indurre gli studenti a riflettere sulle implicazio
ni del loro processo di scrittura.
Come nota Rebecca Black, ricercatrice di pedagogia, la comuni
tà dei fan spesso è più tollerante sugli errori linguistici rispetto agli
insegnanti di scuola tradizionali, ed è più efficace nell’aiutare chi
apprende a individuare le proprie intenzioni comunicative, giacché
lettore e autore agiscono all’interno della stessa cornice di riferi
mento, legati come sono da un profondo investimento emotivo
verso il contenuto che esplorano17. La comunità dei fan promuove
una maggiore varietà di forme letterarie - non solo la fan fiction
ma anche varie modalità di commento - rispetto a quelle accessibili
agli studenti in classe. Spesso poi possono proporre, a chi è sulla
strada dell’apprendimento, modelli realistici per il “passo successi
vo” da compiere, anziché mostrare solo esempi di scrittura profes
sionale, di gran lunga troppo lontani da qualsiasi cosa la maggior
parte degli studenti sia in grado di produrre.
Oltre alla beta-lettura, The Sugar Quill fornisce vari altri riferi
menti importanti agli scrittori fan, alcuni concernenti la grammati
ca e lo stile, altri che riguardano aspetti specifici dell’universo di
Harry Potter. Tutti, in ogni caso, sono finalizzati ad aiutare gli aspi
ranti autori a migliorare le loro storie e a spingersi in nuove dire
Pe r c h é H e a t h e r pu ò s c r iv e r e 193
N on scrivo fan fiction per “aggiustare” le cose, scrivo per esplorare gli
angoli in cui [Harry Potter] non ha potuto sbirciare o per ragionare su
che cosa potrebbe aver portato a qualcos’altro o su che cosa potrebbe
risultare da qualche altra. Una storia che lascia questi angolini mera
vigliosi non ha bisogno di aggiustamenti, ma invita all’esplorazione,
come quelle deliziose stradine alberate che non succede mai di percor
rere quando si è sull’autobus, che ci porta al lavoro lungo i viali prin
cipali. Ciò non vuol dire che ci sia qualcosa che non va nell’autobus,
nei viali principali o nel recarsi al lavoro - ma soltanto che in giro ci
sono molte più cose a cui vai la pena di dare uno sguardo.18
Immagino che J. K. Rowling tratterà quel mondo dalla parte degli stu
denti man mano che Harry prosegue negli studi. Il problema della cre
azione di mondi è che vi è così tanta retrostoria su cui fantasticare. Io
amo riempire i buchi... Vedere se si può elaborare un modo plausibile
di spiegare, restando nei canoni del racconto, perchè Snape ha abban
donato Lord Voldemort schierandosi con Dumbledore. Ci sono tante
spiegazioni possibili di questa scelta, ma ancora non sappiamo nulla
per certo. Così quando lo scopriremo, se lo scopriremo, ci saranno
tante persone che andranno a leggere le storie e, se qualcuno ci ha az
zeccato, verrà fuori, sì, io ci ho visto giusto.
essere lette più esplicitamente come critiche alla fonte, sono anche
meno soggette alle restrizioni imposte dal copyright rispetto ai la
vori che accolgono l’idea alla base della creazione originale limi
tandosi a cercare di estenderla in altre direzioni. Una storia in cui
si narra che Harry e gli altri studenti si ribellano al paternalismo di
Dumbledore è idonea a essere giudicata come discorso politico e
parodia, mentre una che immagina Ron ed Hermione che si danno
un appuntamento è così vicina all’originale che la distanza critica è
meno chiara, e perciò l’opera che ne risulta può essere letta come
un’infrazione.
A breve termine, è più verosimile che ci sia un cambiamento
nell’atteggiamento delle imprese mediatiche rispetto alle comunità
di fan, e non una riforma normativa. E questo perché gli approcci
collaborativi che abbiamo visto nei due capitoli precedenti possono
essere passi avanti importanti nella ridefinizione dello spazio parte
cipativo degli amatori. Nelson ha dichiarato che la controversia su
Harry Potter ha fatto nascere una conversazione interna alla casa
cinematografica, tra uomini del commerciale, delle pubbliche rela
zioni, creativi e membri del’ufficio legale, sui principi-guida del lo
ro rapporto con fan e sostenitori: “Stiamo cercando di pesare le
esigenze di altri stakeholder creativi, quelle dei fan e i nostri obbli
ghi legali, all’interno di un’arena nuova e in evoluzione. Non ab
biamo dei precedenti chiari per l’interpretazione degli eventi o sul
modo in cui si dovrebbe agire qualora i casi fossero portati al giu
dizio di una corte.”
Nel corso dell’intervista, Nelson ha descritto i fan come “azio
nisti di punta” di un bene specifico, come “linfa vitale” del franchi
se. La casa cinematografica doveva trovare i modi per rispettare la
“creatività e l’energia” che i suoi fan avevano portato al franchise,
anche se avevano bisogno di proteggerlo dai possibili attacchi di
gruppi che volevano trarne profitti, così come di rispondere velo
cemente alle informazioni errate oppure, nel caso di prodotti desti
nati a un mercato giovane, di proteggere i bambini dall’accesso ai
contenuti per adulti. Per quel che riguarda la fan fiction:
diritti dei fan. M olto dipende anche dal modo in cui questi ultimi pen
sano di pubblicare i loro lavori e se vogliono ricavarne benefici econo
mici. Nel caso in cui si tratti semplicemente dell’espressione di conte
nuti che altri possano leggere e apprezzare, ritengo che l’atteggiamen
to delle case proprietarie dei diritti, nonché degli autori, possa essere
tollerante. In linea generale, più i fan vogliono diffondere la fan fic
tion per trarne guadagni, promozione e pubblicità, meno le case e gli
autori saranno pazienti.
gettato un secolo fa. Venne abbozzato dalle Nazioni Unite alla fine
degli anni Quaranta ed è stato insegnato e alimentato attraverso lo
sviluppo di un sistema educativo globale durante gli ultimi sessanta
anni”42. Mentre una generazione fa questi gruppi avrebbero preso
di mira l’umanesimo secolare, ora vedono una nuova fase della glo
balizzazione nella quale le imprese multinazionali e le organizza
zioni sovranazionali si attivano nella cancellazione delle differenze
culturali. Per raggiungere un mercato globale, sostengono questi
critici cristiani, il capitalismo statunitense deve spogliarsi delle ulti
me vestigia della tradizione giudaico-cristiana e per promuovere il
consumismo deve erodere ogni resistenza alla tentazione. Alcuni
aspetti delle fedi orientali e pagane stanno entrando nelle aule sco
lastiche in una forma secolarizzata - l’adorazione della terra sotto
forma di ecologia, la proiezione astrale negli esercizi di visualizza
zione - mentre la cristianità viene chiusa fuori dai paladini della se
parazione tra chiesa e stato. I libri di Harry Potter produrranno, di
conseguenza, effetti molto diversi da quelli generati da II Mago di
Oz (1900), che fu letto dai bambini all’interno di una cultura pro
fondamente cristiana. Invece, ammoniscono i fondamentalisti, i
bambini americani di oggi sono suscettibili alle influenze pagane di
questi testi perché li consumano accanto a spettacoli televisivi co
me Pokémon (1998) o li leggono in un contesto scolastico già seco
larizzato e globale.
Se qualche adulto, come Paula Ware, era semplicemente “trop
po occupato” per difendere Harry Potter dagli aspiranti censori,
molti insegnanti hanno invece rischiato il loro posto di lavoro per
sostenere i diritti di questa favola. Mary Dana, della scuola media
di Zeeland, Michigan, è stata fra gli insegnanti che si sono ritrovati
coinvolti nella disputa43. Dana era approdata all’insegnamento do
po aver gestito per più di dieci anni la propria libreria. Era reduce
da una serie di controversie che l’avevano coinvolta per via di alcu
ni libri che aveva introdotto nella sua comunità. Nel 2000 essa en
trò nelle pagine della cronaca quando un sovrintendente locale de
cise di vietare la lettura pubblica dei libri di Harry Potter, rimuo
vendo questi ultimi dagli scaffali aperti delle biblioteche, vietando
ne l’acquisto in futuro e rendendoli accessibili agli studenti solo
dietro il permesso dei genitori. Dana spiega: “Non mi piacciono le
discussioni e non amo parlare in pubblico. In realtà sono una per
sona timida. Dai tempi in cui possedevo una libreria, sono divenuta
esperta in materia di sfide al Primo Emendamento. Ero già stata at
Pe r c h é H e a t h e r pu ò s c r iv e r e 209
a. H. Hendershot, Shaking thè World for Jesus: Media and Conservative Evangelical
Culture, Chicago, University of Chicago Press, 2004.
Pe r c h é H e a t h e r pu ò s c r iv e r e 215
Siamo stati isolati troppo a lungo! Ci sono molti di noi fan che si sen
tono diversi perché siamo come siamo. Alcuni ci definiscono freak.
weirdo, geek, nerd e in tanti altri modi ancora. FFC è per voi un’occa
sione per parlare con i vostri fratelli e sorelle che sono cristiani e che
condividono la vostra stravaganza... siete i benvenuti qui, anche se sie
te freak o geek . .. FFC è qui per mostrare che il nostro stile di vita come
fan è perfettamente compatibile con la fede per Gesù. Speriamo di aiu
tare i membri FC C a essere in grado di spiegare agli altri che la Bibbia
non ci condanna per ciò che facciamo, che sappiamo che la fiction è
finzione, e che Dio ci ha fatti differenti e ciò è meraviglioso.52
Il sito fornisce una lista di chiese “amiche dei fan”, che rispetta
no quindi le loro scelte di vita e valutano i loro punti di vista solo
in materia spirituale. In cambio, i membri promettono di condivi
dere il loro amore per Cristo con gli altri fan, di organizzare incon-
b. G. Langer, "Poll: Most Americans Say They're Christian", ABC News, 18/7/2002,
http://abcnews.go.com/sections/us/DailyNews/beliefnet_poll_-1 -718.html.
216 C a p it o l o 5
hanno in questo caso saputo trascinare le folle nei cinema. Per esem
pio, Gibson, per promuovere il suo film , si rivolse a Faith Highway, un
gruppo che in passato aveva offerto un servizio pubblico di messag
geria mediante il quale le chiese locali potevano farsi pubblicità sulle
tv via cavo, in modo da conferire alle loro voci un tono più professio
nale. Faith Highway domandò aiuto alle comunità ecclesiastiche per
finanziare la pubblicità del film, così come per favorire la circolazio
ne tramite i loro servizi di messaggeria locale. Molte chiese hanno ca
ricato i loro pulmini di fedeli per condurli alle proiezioni del film , e
quando e uscito il Dvd ne hanno ordinato grandi quantità per far ar
rivare il film nelle mani dei loro fedeli. Alcuni leader religiosi hanno
ammesso di aver promosso attivamente il film nella speranza di ga
rantirgli un successo commerciale che avrebbe richiamato su di loro
l'attenzione di Hollywood. L'amministratore delegato di Faith H i
ghway, Dennis Dautel, ha spiegato: "I leader della chiesa stanno fa
cendo di tutto per trovare dei media che possano essere utili alla dif
fusione del proprio messaggio. Hollywood non li produce...Le con
gregazioni lo hanno sostenuto perché erano interessate a che la gente
vedesse il film . Vi era quindi un forte desiderio, nella comunità cristia-
218 C a p it o l o 5
I
na, che quel film fosse un grande successo. Questa era, in fondo, la
'nostra' Passione"c.
La disputa su Harry Potter è stata alimentata proprio da questi canali
mediatici alternativi.
Mentre molti dei predicatori radiofonici e televisivi, come Charles
Colson e James Dobson, hanno accolto pacificamente l'universo di
Rowling, supportandolo apertamente o invitando i genitori a proce
dere con cautela0, le più vivaci voci anti-Potter venivano più spesso
da nuovi ministri che si erano ritagliati un proprio spazio su Internet.
Essi hanno usato il dibattito per colpire quello che vedevano come un
establishment teologico. Uno di questi siti, Trumpet Ministries, si spin
se fino a definire Colson e Dobson come dei "Giuda Iscariota dei gior
ni nostri", dato il loro rifiuto di unirsi alla campagna contro i libri sotto
f- D. Smith, "Harry Potter Inspires a Christian Alternative", New York Times, 24/7/
2004, A 15.
Pe r c h é H e a t h e r pu ò s c r iv e r e 2 21
Nel suo famoso saggio su L'opera d'arte nell'epoca della sua ri
producibilità tecnica, Walter Benjamin sostenne che la possibilità
di produzione e circolazione di massa delle immagini avrebbe avu
to un impatto profondamente democratico sulla società28. La sua
più nota affermazione era che la riproduzione meccanica erode
l’“aura” che circonda le opere artistiche sminuendone l’autorità
culturale. Sostenne anche che una nuova forma di conoscenza po
polare sarebbe emersa - la gente si sarebbe sentita più autorizzata a
esprimere pareri sulle squadre sportive o sui film di Hollywood
piuttosto che sui capolavori rinchiusi nei musei. Fare della politica
una forma di cultura popolare permette ai consumatori di applica
re la conoscenza acquisita come fan alla responsabilità civile? I no
tiziari parodistici come The Daily Show (1996) forse ci stanno in
segnando proprio questo.
All’inizio del 20 0 4 , la Pew Foundation pubblicò alcuni dati sta
tistici interessanti. Nel 2 0 0 0 , il 39% degli intervistati assumeva re
golarmente notizie sulla campagna elettorale dai telegiornali. Nel
2004, il numero era sceso al 23% . Durante lo stesso periodo, la
percentuale di persone sotto i trenta anni che avevano acquisito
buona parte dell’informazione sulla campagna dai comedy show
come Saturday Night Live (1975) o The Daily Show era aumentata
dal 9 al 21 per cento29. In questo contesto, il programma This
Week with George Stephanopoulos aggiunse una vetrina con brani
salienti dei monologhi settimanali di David Letterman, Jay Leno e
Jon Stewart.
Già nel 1994, Jon Katz aveva dichiarato su Rolling Stone che
una percentuale crescente di giovani trovava che i media di intrat
tenimento, più dell’informazione tradizionale, rispecchiassero i lo
ro punti di vista sui temi di attualità30. Katz sosteneva che i giovani
apprendono buona parte dell’informazione sul mondo da video
244 C a p it o l o 6
Gli spettatori di The Daily Show sono più coinvolti nella campagna
presidenziale, più istruiti, giovani e liberali rispetto airam ericano me
d io... Tuttavia, questi fattori non bastano a spiegare la differenza tra
il livello di informazione sulla campagna tra chi guarda The Daily
Show e chi non lo segue. Infatti, gli spettatori abituali sono più infor
mati sulla campagna di quanti guardano i telegiornali delle reti nazio-
Ph o t o s h o p p e r la d e m o c r a z ia 245
Vota nudo
Qui Jenkins fa riferim eno al reality show statunitense The Apprentice: alla fine della
stagione, il vincitore guadagna l’ingresso nel grande m ondo dei media di Donald
Trum p, che segue la trasmissione (è lui “The D onald”) e la com m en ta con un blog
dal sito relativo. Basta dunque un cenno della sua m ano per determ inare la caduta
di un con corren te. [N.d.R .]
256 C a p it o l o 6
Più o meno come ha predetto Pool, c’è chi, sulla scia delle ele
zioni del 2 0 04, sostiene che sia giunto il momento di uscire fuori
dalle enclavi digitali e di comunicare oltrepassando le differenze.
Scrivendo all’indomani della sconfitta elettorale di John Kerry,
l’editorialista di tecnologia Andrew Leonard, su Salon, domandò se
la blogosfera fosse diventata una “sala da eco”:
Ph o t o s h o p p e r la d e m o c r a z ia 259
Democratizzare la televisione?
La politica della partecipazione
Ciò che amo della fandom è la libertà che qui è concessa di creare e
ricreare i personaggi più e più volte. La fan fiction resta raramente im
mobile. Come un organismo vivente e in evoluzione, è dotata di vita
propria, una storia ne ispira un’altra, le idee rimbalzano da uno scrit
tore a un altro e addirittura si fondono insieme fino a dare alla luce
una nuova creazione... Trovo che la fandom può essere estremamente
creativa, perché siamo capaci di cambiare i nostri personaggi e trasfor
marli in continuazione. Possiamo ucciderli e resuscitarli ogni qual vol
ta lo desideriamo. Possiamo cambiare le loro personalità e i loro modi
di reagire alle varie situazioni. Siamo in grado di prendere un perso
naggio e di renderlo dolce e attraente oppure crudele e spietato. Pos
siamo dare loro una vita infinita e sempre in evoluzione invece di quel
la singola vita dell’opera originale.26
Estendere la conversazione
libro. Indico l’indirizzo dei post originali, per chi volesse approfon
dire questi temi (e altri che vi sono collegati).
In qualche caso, il blog aggiorna specificamente la riflessione su
qualcuno dei franchise di cui si parla nel libro. Ecco, per esempio,
qualcuna delle mie riflessioni su quel che è successo a Star Wars
Galaxies, il gioco multiplayer di cui si discute nel Capitolo 4.
* ìv *
lywood facesse film che non hanno senso dal punto di vista econo
mico. I franchise vengono visti come abominii estetici e i critici non
mostrano molto interesse a esplorare quali tipi di nuove esperienze
siano resi possibili dalla serialità. E così i critici rispondono ai se-
quel con atteggiamento straordinariamente conservatore, dando
per scontato che tutto quello che i film possono fare sia riprodurre
al meglio possibile i piaceri offerti dal primo della serie, invece di
immaginare il quadro più ampio che diventa possibile consentendo
alle persone di lavorare nell’ambito delle attese generiche create
dalle opere precedenti, eppure al contempo di trasformarle.
Per essere giusti, una percentuale elevata dei film di franchise
sono costruiti su formule che hanno poca o nessuna motivazione
estetica. Ma questo non vale per tutti i sequel e non dice nulla della
funzione che hanno i sequel nel paesaggio dei nuovi media. Per es
sere giusti, la maggior parte dei sequel si appoggiano più sulla ri
sposta del passaparola che non alle recensioni in sé, perché la mag
gior parte degli appassionati dell’intrattenimento popolare hanno
imparato a non fidarsi dei critici su questi argomenti.
Tutto questo mi viene in mente mentre rifletto sulla valanga di
critiche negative che si è abbattuta sul nuovo film della serie dei Pi
rati, Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo. Andate a vedere il sito
web Rotten Tomatoes, che ha i collegamenti a decine di recensioni
online del film, quasi tutte negative, quasi tutte sintonizzate sullo
stesso tema:
1. Il film è troppo complicato e chiede troppo ai suoi consumato
ri. Vogliamo che i film dell’estate siano grandi, rumorosi e stu
pidi.
2. Il film non offre abbastanza spazio a Jack Sparrow, il personag
gio di Johnny Depp, che sembra essere l’unica ragione per cui
gli spettatori dovrebbero essere interessati a un film di questo
genere.
3. Il film non ha un intreccio con una traiettoria semplice e diret
ta, ma continua a spostarsi lungo una serie di scene e di digres
sioni, che in prevalenza portano in scena personaggi secondari
(cioè qualunque personaggio non sia Jack Sparrow).
Questo riassunto per sommi capi cattura la sostanza, anche se
non il tono di queste recensioni, che sembra quello di una critica a
ciò che autori come Jason Mittell e Steven Johnson hanno descritto
292 P o s t il l a a l l ’ e d iz io n e it a lia n a
Con così tanti fili da tirare, Ai confini del mondo è così pazzescamente
pesante nell’intreccio da richiedere scena dopo scena di esposizione, e
tutto va semplicemente a fondo sotto il peso della storia... Fatta ec
cezione per qualche momento di grandi effetti speciali, Ai confini del
mondo è praticamente TU TTO esposizione, e i fan finiranno per stan
carsi della storia, complicata senza necessità, poiché non c ’è abbastan
za azione da intrattenerli per quasi tre ore.
- Brian Tallerico, UnderGround Online
giunto quel suo grande fascino - che è una cosa strana da dire di un
personaggio effeminato, eccentrico ed egocentrico come questo. E
sì, sono d’accordo, non c’è abbastanza Depp nel terzo film - cosa
strana da dire visto che ci ci sono parecchie sequenze in cui Depp
recita tutte le parti. Ma, sin dagli inizi, i film dei Pirati hanno avuto
successo grazie a un cast straordinario, di cui fanno parte alcuni de
gli attori migliori o più interessanti del cinema contemporaneo
(Geoffrey Rush, Orlando Bloom, Keira Knightley, Bill Nighy, Stel-
lan Skarsgard, Naomie Harris) e, per il terzo film, possiamo ag
giungere le performance, brevi ma memorabili, di Yun-Fat Chow e
Keith Richards e una serie molto più ampia di caratteristi, ciascuno
dei quali ha il suo momento sotto i riflettori. Abbiamo incontrato
questi personaggi nel tempo, introdotti un po’ alla volta nei primi
due film, e ora i registi sono in grado di metterli insieme, di metter
li uno contro l’altro, in una serie di alleanze e conflitti variabili.
Tutto questo tiene il film costantemente in movimento e ci dà un
“aggancio” emozionale per quasi ogni singola scena.
Poi, considerate tutte le gag che vedono in causa i vari pirati (e
i loro animali) a bordo della Perla nera e pensate come l’uso di in
crostazioni molto caratteristiche ma riconoscibili, sui vari membri
dell’equipaggio dell’Olandese volante, ci permettano di riconosce
re e ricordare tutti quei personaggi secondari ogni volta che com
paiono sullo schermo.
E poi pensate a come il dispositivo del Consiglio dei Pirati per
metta al film di alludere a una schiera di culture dei pirati differenti
e globali - pirati cinesi, pirati dell’Asia meridionale, pirati dell’est
europeo, pirati spagnoli, pirati francesi ecc. - che possono essere
evocati rapidamente, inquadratura per inquadratura, mentre si ve
de il film. Sono rimasto intrigato all’idea che i pirati, che viaggiano
in mare aperto invece di stare sotto costa e di seguire le vie com
merciali, stabiliscono un diverso insieme di zone di contatto delle
nazioni a cui appartengono, e dagli indizi della composizione mul
ticulturale degli equipaggi dei pirati (anche tenendo conto degli
impulsi polìtically correct di rappresentazione e inclusione che
hanno informato questa particolare rappresentazione del proces
so).
Oppure pensate alla ricchezza dell’atmosfera della Singapore
nel diciannovesimo secolo ricostruita nel film, che dipende da tutta
una serie di dettagli, che molti spettatori potranno registrare co
scientemente o meno, ma che suggeriscono un contesto culturale e
E stend ere la c o n v e r s a z io n e 295
storico specifico molto più ampio delle azioni del film. Alle figure
principali sono dati archi narrativi che legano fra loro fili dell’in-
treccio che arrivano dai film precedenti e a ciascuno è assegnato al
meno un momento (o più di uno) di transizione e disvelamento. I
personaggi secondari si basano pesantemente su quella che il mio
ex studente Geoffrey Long definisce “capacità negativa” - sono ab
bastanza ben definiti perché possiamo immaginare chi sono, che
cosa vogliono e perché fanno quello che fanno, ma per il pubblico
rimane molto da cavare dalla propria immaginazione. Il Consiglio
dei Pirati, in particolare, ci invita a mettere insieme quello che sap
piamo da altre fonti, e ci fa capire che il mondo di questo franchise
è molto più ampio e differenziato di quello che potevamo aver so
spettato fino a questo punto. Qui viene comunicato così tanto, at
traverso i particolari del trucco, del disegno dei costumi e della re
gia, da evocare una cultura complessa dietro personaggi che po
trebbero non avere mai un nome e che potrebbero comparire solo
in qualche inquadratura o in qualche scena.
Il film, in altre parole, ci lancia un sacco di cose e si aspetta che
riusciamo ad afferrarle. I critici hanno lasciato cadere la palla, ma
il film gioca onestamente - c’è un motivo, una ragione, una spiega
zione dietro ogni elemento, e le parti si sommano in un tutto sod
disfacente, se colleghiamo fra loro tutti i pezzi. Per qualcuno vera
mente impegnato nel guardare il film, il risultato è l’epistemofilia,
una folle ondata di informazioni che vengono veicolate insieme e si
infilano con un clic nella categoria mentale giusta. Ho avuto questa
esperienza anche se avevo visto La maledizione del forziere fanta
sma quasi un anno prima. Posso solo immagiinare i piaceri che ci
aspettano quando potremo vedere tutti e tre i film uno dopo l’altro
in una maratona di Dvd o tutti i dettagli significativi che riuscirò a
cogliere alla seconda o alla terza visione - e questo è parte di quel
che volevo dire. I modi in cui consumiamo questi film sono cam
biati. La maggior parte dei film non meritano una prima visione,
tanto meno una seconda, ma per quelli che ci soddisfano e ci intri
gano, una percentuale molto più alta di spettatori è coinvolta in
quelle che un tempo sarebbero state considerate pratiche da visio
ne cult. Una volta che troviamo un franchise che ci prende, ci di
sponiamo a una relazione di lungo periodo e vogliamo esplorare
tutti gli angoli e i punti più nascosti. Vogliamo sapere tutto quello
che si possa sapere di questo mondo e i film dei franchise contem
poranei sono pensati proprio per soddisfare i nostri interessi.
296 P o s t il l a a l l ’ e d i z i o n e it a lia n a
***
* * *
* ì'c *
* * *
E st en d er e la c o n v e r s a z io n e 311
E stato esposto per così tanto tempo alle pubblicità pensata per un
pubblico passivo che ormai il suo orecchio non ci faceva neppure più
caso, ma quello che arrivava dal programma registrato nella cantina
dell’edificio aveva colpito la sua attenzione. Non era semplicemente
che i marchi gli fossero quasi del tutto ignoti; era una differenza nello
schema generale.
ton. Ci hanno presi, tutti noi, voi e me e venti o trenta mila altre per
sone - sotto il loro controllo. Forse ci ipnotizzano e forse è qualche al
tra cosa; ma di qualsiasi cosa si tratti, quello che succede è che ci fanno
vivere un giorno alla volta. Ci riversano addosso pubblicità per tutta
la dannata giornata. E alla fine della giornata guardano quello che è
successo - e poi ci lavan via tutto dalla mente e ricominciano di nuovo
il giorno dopo con pubblicità diverse... M ettono sotto test ogni mini
mo dettaglio prima di spendere un nichelino in pubblicità!
della cultura che già abitiamo necessariamente, non ultimo con il no
stro corpo fisico, sia più pressante e assai più degno di essere difeso di
qualunque supposta capacità di “progettare e abitare i nostri mondi e
costruire la nostra cultura”. Questa mi sembra nel migliore dei casi
una autorizzazione al solipsismo di massa e nel peggiore qualcosa co
me il tipo di pensiero che sta alla base di molti totalitarismi, e anche
un’evasione dalle nostre responsabilità verso il mondo che troviamo.
Una fantasia del genere sembra in gioco sia nella “mai interrotta co
struzione e asserzione dell’identità”, una spinta che va in direzione op
posta a una giusta solidarietà sociale e quindi dà man forte a quanti di
fendono lo status quo, sia nella fantasia a cui indulge il governo Bush,
per cui il M edio Oriente si può riprogettare come se si fosse in un vi
deogioco.
A parte tutto, la cultura non è qualcosa che si può semplicemente co
struire. E qualcosa in cui siamo gettati e con cui possiamo solo, nel mi
gliore dei casi, cercare di negoziare la nostra relazione. La cultura
coinvolge necessariamente altre persone e strutture preesistenti.
Jenkins ha pensato che cosa vorrebbe dire, se tutti si sentissero liberi
di “costruire la loro cultura” ? Anche se una cosa simile fosse possibile,
certamente non sarebbe desiderabile, specialmente se vogliamo avere
qualche speranza di produrre una cultura veramente partecipativa.
Francamente, per quanto mi riguarda, SL è davvero solo un tipo di
pornografia culturale e sta alla cultura vera così come la masturbazio
ne sta al sesso con un’altra persona. Mi piace la masturbazione come
a qualunque altro uom o, o a qualunque donna, ma non com m etto l’er
rore di scambiarla per qualcosa che non è. A parte ogni altra cosa,
manca proprio di quell’elemento che il sesso invece ha, il coinvolgi
mento di una vera, incarnata responsabilità nei confronti di qualcun
altro e delle potenziali conseguenze dell’atto stesso.
* * *
Allo stesso tempo, ora possiamo portare i nostri media con noi
ovunque andiamo. Stiamo ancora cercando di cogliere tutte le con
seguenze di quest’ultimo cambiamento nelle modalità di accesso ai
media. Ancora una volta, questa tecnologia può essere usata per se
pararci dal nostro ambiente e isolarci dalle persone che ci stanno
intorno - come dice la pubblicità dell’iPod, possiamo crearci una
colonna sonora per la nostra vita. In qualche caso, la disponibilità
di questi media aggiunnge un senso di provvisorietà alle nostre in
terazioni nel mondo reale, che possono essere interrotte in qualsi
asi momento da richieste che arrivano da altrove. E quella che la
sociologa Linda Stone chiama “attenzione parziale continua” , che
si sposta dagli input mediati a quelli faccia a faccia, a seconda del
sopraggiungere di esigenze diverse. Possiamo anche usare queste
tecnologie per annotare il nostro ambiente - ci danno accesso alle
informazioni quando ne abbiamo bisogno e così aumentano la no
stra consapevolezza del mondo intorno a noi. Come ha descritto
Mizuko Ito, possiamo usare queste tecnologie per mantenere un
contatto attivo e costante con le persone che per noi contano di
più. Come ha mostrato Howard Rheigold, possiamo usare queste
tecnologie per mobilitarci rapidamente in risposta a urgenze che ri
chiamano prepotentemente la nostra attenzione.
Introduzione
1. Josh Grossberg, “The Bert-Bin Laden Connections?” , E Online, 10/10/
2001, http://www.eonline.com/News/Items/0,l,8950,00.html. Per una diversa
prospettiva su Bert e Bin Laden, vedi Roy Rosenzweig, “ Scarcity or Abundance?
Preserving thè Past in a Digital Era”, American History Review, giugno 2003.
2. “ RSTRL to Premier on Celi Phone”, IndiaFM News Bureau,6/12/2004,
http://www.indiafm.com/scoop/04/dec/0612rstrlcell/index.shtml.
3. Nicholas Negroponte, Being Digital, Alfred A. Knopf, New York, 1995 [tr.
it. Essere digitali, Sperling & Kupfer, Milano, 1995].
4. Ivi, pp. 57-58.
5. George Gilder, “Afterword: The Computer Juggernaut: Life After Life Af
ter Television”, aggiunto nell’edizione del 1994 di Life After Television: The Co
ming Transformation of Media and American Life, W.W. Norton, New York,
1995, p. 189. Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1990.
6. Ithiel De Sola Pool Technologies of Freedom: On Free Speech in an Electro
nic Age, Harward University Press, Cambridge, Mass., 1983, p. 23.
7. Ibid.
8. Ivi, p. 5.
9. Negroponte, op. cit.
10. Pool, op. cit., pp. 53-54.
11. Per un approfondimento del concetto di media in transizione, vedi David
Thornburn e Henry Jenkins, “ Towards an Aesthetic of transitino”, in David Thor-
nburn, Henry Jenkins (eds), Rethinking Media Change: The Aesthetics of Transi
tion:, M IT Press, Cambridge, M ass., 2003.
12. Bruce Sterling, “The Dead Media Project: A Modest Proposai and a Public
Appeal” , http://www.deadmedia.org/modest-proposal.html.
13. Ibid.
14. Lisa Gitelman, “Introduction: Media as Historical Subjects”, in Always
Already New: Media, History and thè Data of Culture, in corso di pubblicazione.
15. Per un riferimento utile al concetto ricorrente secondo cui i vecchi media
uccidono i vecchi, vedi Priscilla Coit Murphy, “Books Are Dead, Long Live Boo-
ks”, in David Thorburn, Henry Jenkins (eds.), Rethinking Media Change, cit.
16. Gitelman, op. cit.
326 N ote
17. Cheskin Research, “ Designing Digital Expérience for Youth” , Market Insi-
gbts Series, autunno 2002, pp. 8-9.
18. Mizuko Ito, “Mobile Phones, Japanese Youth and thè Re-placement of thè
Social Contract” , in Rich Ling, Pet Petersen (eds.), Mobile Communications: Re-
Negotiation of thè Social Sphere (di prossima pubblicazione), http://www.ito-
fisher.com/mito/archives/mobileyouth.pdf.
19. Per un utile riferimento sull’argomento, vedi Henry Jenkins, “ Love Onli
ne”, in Henry Jenkins (ed.), Fans, Gamers, and Bloggers, New York University
Press, New York, 2005.
Capitolo 1
I. J. Pearlstein, “ The Finale as Rerun When Trumping ‘Survivor’” , New York
Times, 27/3/2003.
2 ChillOne ha la sua versione dei fatti, e ha pubblicato in proprio un reso
conto degli eventi qui descritti. Vedi ChillOne, The Spoiler: Revealing thè Secrets
o f Survivor, IUniverse, New York, 2003.
3. P. Lévy, Collective Intelligence: Mankind’s Emerging World in Cyberspace,
Perseus Books, Cambridge, Mass., 1997, p. 20 [tr. it. V intelligenza collettiva, Fel
trinelli UE, Milano, 2002, p. 34.
4. Ivi, p. 237 [tr. it. p. 229].
5. Ivi, p. 217 [tr. it. pp. 211-212].
6. Ivi, pp. 214-215. [tr. it. p. 209].
7. M.B. Haralovich, M.W. Trosset, “ ‘Expect thè Unexpected’ : Narrative Ple-
asure and Uncertainty Due to Chance in Survivor” , in S. Murray, L. Ouillette
(eds.), Reality TV: Remaking Television Culture, New York University Press, New
York, 2004, pp. 83-84.
8. Se non riportato diversamente, queste e altre citazioni di Sucksters sono
tratte da “ ChillOne’s Amazon Vacation Spoilers”, disponibile su http//www.
p085.ezboard.com/fsurvivorsucksfrm 12.showM essageRange?topicID=204.topic
& sta rt= l& sto p = 2 0 . Eccetto i partecipanti principali, ho omesso i nomi dei posta-
tori per proteggere la loro privacy. Essi compaiono solo dietro loro esplicita auto
rizzazione.
9. Le frasi di Wezzie e Dan sono tratte da un’intervista personale all’autore,
condotta via e-mail, nel giugno del 2003.
10. P. Lévy, op. cit., p. 61 [tr. it. p. 74].
I I . La frase “in America” , qui, è evocativa della natura globale di questa comu
nità di fan. Mentre i programmi di reality vengono prodotti per specifici mercati
locali con i format, ma non i contenuti venduti in tutto il mondo, i fan dei reality
traggono vantaggio da Internet per monitorare le serie in onda negli altri paesi e
collegarsi con altri fan dall’estero.
12. M. Sella, “The Remote Controllers” , New York Times, 20/10/2002.
13. D. R. Epstein, “ Interview: Jeff Probst of Survivor” , Underground Online,
disponibile su http://www.ugo.com/channels/filmtv/features/jeffprobst/.
14. Sullo spoling di Survivor, vedi “ Fear and Spoiling at Survivor Sucks”, http:/
/p085.ezboard.com/fsurvivorsucksfrm32.showMessageRange?start= l& sto p + 20
toopicID = 74.topic.
15. Intervista personale con l’autore, maggio 2003.
N ote 327
Capitolo 2
1. J. Graham, “ Idol Voting Strained Nerves, Nation’s Telephone Systems”,
USA Today, 27/5/2003, http://www.usatoday.com/life/television/news/2003-05-
26-idol_x.thm.
2. J. Smith, “ Getting thè Mssg: U.S. Wireless Carriers Mining thè Airwaves
for Ways to Profit from Text M essaging”, Rocky Mountain News, 19/5/2003.
3. Ibid.
4. “A T & T Wireless Text Messaging Takes Center Stage with Unprecedented
Performance on Fox’s American Idol” , PR Newswire, 16/4/2003.
5. S. Collins, M.E. Fernandez, “ Unwanted Wrinkles for Idol” , Los Angeles Ti
mes, 25/5/2004, p. 1.
6. S. Elliott, “The Media Business: Some Sponsors Are Backing Off to Fine-
Tune thè Art of Blending Their Products into Television Shows”, New York Times,
22/1/2003.
7. J. Pendleton, “ Idol a Standard for Integration”, Advertising Age, 24/3/
2003.
8. P. Patsuris, “The Most Profitable Reality Sériés” , Forbes, 7/9/2004, http://
www.forbes.com/home_europe/business/2004/09/07/cx_pp_0907reality.html.
9. G. Levin, “N o Summer Vacation on TV: Networks Aggressively Chase Au
diences with Reality, Original Sériés” , USA Today, 3/6/2004, p. 1D.
10. C. Hay, “ Idol Ups Stakes for TV Talent” , Billboard, 26/4/2003.
1 1 .K . Peterson, “ False Idols: How to Face Down a Media Monster So We No
Longer Worship Moments Like This” , San Diego Union-Tribune, 16/12/2002.
12. V. Packard, The Hidden Fersuaders, Bantam, New York, 1957 [tr. it. Iper-
suasori occulti, Einaudi, Torino].
13. Applebox Productions, Inc., cartolina di marketing, circa 2000.
14. Corrispondenza personale con l’autore, 31/12/2004.
15. A. Bianco, “The Vanishing M ass Market” , Businessweek, 12/7/2004, p. 62.
16. Ivi, p. 64.
17. Ivi, p. 62.
18. S. Whiting, discorso redatto per il MIT Communications Forum, 17 aprile
2003. Lo streaming audio della sessione è reperibile su http://web.mit.edu/comm-
forum/forums/nielsen.html#audiocast.
328 N o te
Capitolo 3
1. P. Bagge, “ Get It?” , http://whatisthematrix.wrnerbros.com, ripubblicato in
A. e L. Wachowsky (eds.), The Matrix Comics, Burlyman Entertainment, New
York, 2003.
2. Sul successo commerciale dei film, vedi “The Matrix Reloaded” , Enter
tainment Weekly, 10/5/2001.
3. P. Lévy, op. cit. [tr.. it. p. 129].
4. F. Lidz, “ Rage against the Machines” , TV Guide, 25/10/2003, http://
www.reevesdrive.com/newsarchive/2003/tvgl 025 03.htm.
5. D. Gordon, “The Matrix M akers” , Newsweek, 6/1/2001, disponibile on li
ne su http://msnbc.msn.com/id/3067730.
6. U. Eco, “ Casablanca: Cult Movies and Intertextual Collage” , in Travels in
Hyperreality, Harcourt Brace, New York, 1986, p. 198.
7. Ibid.
8. Ibid.
9. Ivi, p. 200.
10. Ibid.
11. Ivi., p. 210.
12. B. Sterling, “Every Other Movie Is the Blue Pili” , in Karen Haber (ed.),
Exploring the Matrix: Visions of the Cyber Present, St. Martin’s Press, New York,
2003, pp. 23-24.
13. Questa e le successive affermazioni sono tratte da Matrix Virtual Theater,
Wachowsky Brothers Transcript, 6 novembre 1999, disponibile on line su http://
warnervideo.com/matrixevents/wachowski.html.
14. “Matrix Explained: What Is the M atrix?” , http://www.matrix-explai-
ned.com/about_matrix.htm.
330 NOTE
15. J. Silver, citato in “ Scrolls to Screen: A Brief History of Anime” , The Ani-
matrix DVD.
1 6 .1. Askwith, “A Matrix in Every M edium”, Salon , 12/5/2003, online su
http://archive.salon.com/tech/feature/2003/05/12/matrix_universe/index_np.html.
17. Per un utile riferimento, vedi K. Thompson, Storytelling in thè New Hol
lywood: Understanding Classical Narrative Technique, Harvard University, Cam
bridge, Mass, 1999.
18. F. Morrow, “Matrix: The ‘trix of thè Trade”, London Indipendente 28/3/
2003.
19. M. Antonucci, “ Matrix Story Spans Sequel Films, Video Game, Anime
DVD”, San Jose Mercury, 5/5/2003.
20. J. Netherby, “The Neo-Classical Period at Warner:Matrix Marketing M a
nia for Films, DVDs, Anime, Videogame”, Looksmart, 31/1/2003.
21. D. Bilson, intervista con l’autore, maggio 2003. Tutte le successive affer
mazioni delPautore sono tratte dall’intervista.
22. Vedi W. Brooker, Using thè Force: Creativity, Community, and Star Wars
Fans, Continuum, New York, 2002.
23. N. Young, intervista con l’autore, maggio 2003. Tutte le successive affer
mazioni di Young sono tratte dall’intervista.
24. J. Gaudiosi, “ The Matrix Video Game Serves as a Parallel Story to Two Se-
quels on Screen” , Daily Yomiuri, 29/4/2002.
25. “Three Minute Epics: A Look at Star Wars: Clone W ars” , 20/2/2003,
www.starwars.com/feature/20040220.
26. Intervista, Yoshiaki Kawajiri, http://www.intothematrix.com/rl_cmp/
rl_interview_kawajiri.html.
27. Per una visione d ’insieme, vedi W. Jon Williams, “Yuen Woo-Ping and thè
Art of Flying”, in K. Haber (ed.), Exploring thè Matrix: Visions of thè Cyber Pre
senti, St.Martin’s Press, New York, 2003, pp. 122-125.
28. M. Ito, “ Technologies of thè Childhood Imagination: Yugioh, Media
M ixes and Everyday Cultural Production” , in J. Karaganis, N. Jeremijenko (eds.),
Network/Netplay: Structure of Participation in Digital Culture, Duke University
Press, Durham, N. C., 2005.
29. P. Chadwick, “ The Miller’s Tale”, “ Déjà vu” , “Let It Fall Down” , http://
whatisthematrix.warnerbros.com/rl_cmp/rl_middles3_paultframe.html. “The M il
ler’s Tale” è ripubblicato in A. e L. Wachowski (eds.), The Matrix Comics, Burly-
man Entertainment, New York, 2003.
30. P. Chadwick, Concrete: Think Like a Mountain, Dark Horse Comics, Mi-
lwaukie, Or., 1997.
31. Questa visione condivisa può spiegare la ragione per cui a Chadwick venne
chiesto di sviluppare la sceneggiature del gioco multiplayer online di The Matrix.
Per sapere di più sul ruolo svolto da Chadwick, vedi “The Matrix Online: Inter
view with Paul Chadwick”, Gamespot, disponibile on line su http://www.game-
spot.com/pc(rpg/matrixonthelinetentatvetitle/preview_6108016.html.
32. Per un dibattito utile sulle continuità e discontinuità di un media franchise,
vedi W. Uricchio, R. E. Pearson, “ I’m Not Fooled by That Chip Disguise”, in R. E.
Pearson, W. Uricchio (eds.), The Many Lives ofthe Batman: Criticai Approaches to
a Superhero and His Media, Routledge, New York, 1991.
N ote 331
33. Il contributo del pubblico nella crescita di Boba Fett è un riferimento fre
quente in W. Broker, Using thè Force: Creativity, Community and Star Wars Fans,
Continuum, New York, 2002.
34. J. Murray, Hamlet on thè Holodeck: The Future of Narrative in Cyberspa
ce, M IT Press, Cambridge, Mass, 2002.
35. Ibid.
36. Ibid.
37. “Mahiro M aeda” , intervista, disponibile on line su http://www.intothema-
trix.com/rl_cmp/rl_interview_maeda2.html.
38. G. Darrow, “ Bits and Pieces of Information” , disponibile on line su http://
whatisthematrix.warnerbros.com, ripubblicato in A. e L. Wachowski (eds.), The
Matrix Comics, Burlyman Entertainment, New York, 2003.
39. G. Gordinier, “ 1999: The Year That Changed thè Movies” , Entertainment
Weekly, 10/10/2004, http://www.we.eom/ew/report/0.6115.271806_7_0_00.html.
40. J. Murray, op. cit., p. 257.
41. M. Maeda, intervista.
42. B. S. Flowers, Joseph CampbelVs The Power of Myth with Bill Moyers,
Doubleday, New York, 1988.
43. Vedi, per esempio, M.M. Goldstein, “ The Hero’s Journey in Seven Se-
quences: A Screenplay Structure” , NEFilms, settembre 1998, http://newengland-
film.com/news/archives/98september/sevensteps.htm; Troy Dunniway, “ Using thè
Hero’s Journey in Games”, Gamasutra.com, http://www.gamasutra.com/features/
2000127/dunniway_pfv.htm.
44. R. Ebert, “The Matrix Révolutions”, Chicago Sun Times, 5/11/2003.
45. D. Edelstein, “Neo Con”, Siate, 14/5/2003, http://slate.msn.com/id/
2082928.
4 6 . 1 fan non sono gli unici a ricercare significati in The Matrix. Vedi anche W.
Irwin, The Matrix and Philosophy: Welcome to thè Desert ofthe Reai, Open Court,
Chicago, 2002.
47. B. Takle, “The Matrix Explained” , 20/5/2003, http://webpages.char-
ter.net/btakle/matrix_reloaded.html.
48. Ebert, “ Matrix Révolutions”, cit.
49. J. Gaudiosi, “Matrix Vid Game Captures Film Feel”, Hollywood Reporter,
6/2/2003, disponibile on line su http://www.thelastfreecity.com/docs/7965.htm
50. S. Totilo, “Matrix Saga Continues On Line - Without Morpheus” ,
MTV.com, 26/5/2005, http://www.mtv.com/games/video_games/news/story.jht-
m l?id= 1502973-
51. R. Corliss, “ Populär Metaphysic” , Time, 19/4/1999.
52. Vedi, per esempio, Suz, “The Matrix Concordance” , disponibile on line su
http://members.lycos.co.uk/needanexit/concor.html.
53. D. Buckingham, J. Sefton-Green, “Structure, Agency, and Pedagogy in
Children’s Media Culture” , in J. Tobin (ed.), Pikachus Global Adventure: The Rise
and Fall of Pokémon, Duke University Press, Durham, N.C., 2004, p. 12.
54. Ivi, p. 22.
55. M. Kinder individuò simili tendenze fin dal 1991, sostenendo che i media
per bambini potevano essere visti come luoghi per la sperimentazione delle strate
gie corporate e posti dove i nuovi consumatori apprendono i requisiti per quella
che definisco come cultura convergente. Le serie di cartoni animati come Teenage
332 N ote
Mutant Ninja Turtles e i giochi come Super Mario Bros, insegnavano a quei bambi
ni come inseguire i personaggi attraverso le piattaforme mediatiche, conformarsi
alla fluidità di un ambiente mediale in evoluzione e combinare modalità di fruizio
ne attive e passive. M. Kinder, Playing with Power in Movies, Television and Video
Games: Front Muppet Babies to Teenage Mutant Ninja Turtles, University of Cali
fornia Press, Berkeley, 1991.
56. M. Castells, The Internet Galaxy: Reflections on thè Internet, Business, and
Society, Oxford University Press, Oxford, 2001, pp. 202-203 [tr. it. Galassia Inter
net, Feltrinelli UE, Milano, 2006, p. 190.]
Capitolo 4
1. Atomfilms, “Internet Users are M akin’W ookiee!” , comunicato stampa, 23
aprile 1999.
2. Chris Albrecht, intervista con l’autore, luglio 2005.
3. Per un approfondimento su fan e nuovi media, vedi H. Jenkins, “ The Poa-
chers and The Stormtroopers: Cultural Convergence in thè Digital Age” , in P. Le
Guern, Les cultes médiatiques: Culture fan et oeuvres cultes, Presses Universitaires
de Rennes, Rennes, 2002.
4. P. Clinton, “ Filmakers Score with Lucas in Love” , CN N , 24/6/1999, http:/
/wwww.cnn.com/SHOWBIZ/Movies/9906/24/movies.lucas.love.
5. J. Wolk, “ Tr.oop Dreams” , Entertainment Weekly, 20/3/1998, pp. 8-9.
6. M. Castells, a pagina 201 di The Internet Galaxy: Reflections on the Inter
net, Business, and Society, Oxford University Press, Oxford, 2003, ha definito “ in
terattività” la capacità dell’utente di manipolare e modificare la sua esperienza me
diale direttamente e di comunicare con gli altri attraverso i media. Io preferisco te
nere separate le due componenti della definizione, cosicché, a mio avviso, “ interat
tività” si riferisce alla diretta manipolazione dei media come tecnologie, mentre
“ partecipazione” indica le interazioni sociali e culturali che si attuano attorno ai
media.
7. G. McCracken, “ The Disney TM Danger” , Plenitude, pubblicato in pro
prio, 1998, p. 5.
8. L. Lessig, “ Keynote from O SCO N 200 2 ” , accessibile su http://www.oreil-
lynet.com/pub/a/policy/2002/08/15/lessig.html.
9. P. Clinton, “ Filmakers Score with Lucas in Love” , cit.
10. http://evanmather.com. In questo passaggio si parla del sito come se fosse
già stato attivo nel 2000, quando fu scritto il saggio. Dal 2004 in poi, Mather ha
portato avanti la sua produzione e il sito ha ospitato più di quarantotto film digi
tali. I suoi lavori più recenti lo hanno tenuto lontano da Star Wars, a dimostrazione
del fatto che i suoi primi fan film gli hanno spianato la strada per una carriera ben
più varia.
11. R. Mannion, D. Hawley, “When Senators Attack IV” , http://theforce.net/
theater/animation/wsa4/index.shtml.
12. P.R. Zimmermann, Reel Families: A Social History of Amateur Film, India
na University Press, Bloomington, 1995, p. 157.
13. P. Clinton, “ Filmmakers Score with Lucas in Love” , cit.
14. “A World from Shane Felux”, The Force.Net, http://www.theforce.net/
fanfilms/comingsoon/revelations/director.asp; C. Thompson, “ May the Force Be
N o te 33 3
with You, and You, and Y ou...: Why Fans Make Better Star Wars Movies than Ge
orge Lucas” , Siate, 29/4/2005, http://slate.msn.com/id/2117760/.
15. K. Kelly, P. Parisi, “ George Lucas Interview” , accessibile su http://www.de-
lanohighschool.org/BillBaugher/stories/storyReader$1624.
16. C. Kronke, Director’s Note, The New World, http://theforce.net/theater/
shortfilms/newworld/index.shtml.
17. M. Thomas, D. Macomber, Duel, non più accessibile in rete.
18. M. Magee, “ Every Generation Has a Legend” , Shift.com, http://
www.shift.com/content/web/25 9/1 .html.
19. Probot Production, non più accessibile in rete.
20. C. Albrecht, intervista con l’autore, luglio 2005.
21. A. Harmon, “Star Wars’ Fan Films Come Tumbling Back to Earth” , New
York Times, 28/4/2002.
22. W. Brooker, Using The Force: Creativity, Community and Star Wars Fans,
Continuum, New York, 2002, pp. 30-32.
23. Per un approfondimento, vedi H. Jenkins, Textual Poachers: Television
Fans and Participatory Culture, Routledge, New York, 1992, pp. 164-171.
24. Fan Fiction on thè Net, http://members.aol.com:8O/ksnicholas/fanfic/in
dex.html.
25. J. Brown, “ Fan Fiction on thè Line”, Wired.com, 11/8/1997, http://
www.wired.com/news/topstories/0,1287,5934,00. html.
26. W. Brooker, Using thè Force, cit., p. 167.
27. D.R. Philips, “The 500-Pound Wookie” , Echo Station, 1/8/1999, http://
www.echostation.com/features/lfl_wookie.htm.
28. R. Jinman, “ Star Wars”, Australian Magazine, 17/6/1995, pp. 30-39.
29. Nota ufficiale dal sito di Star Wars, citata in Elizabeth Durack, “ fan-
starwars.con” , Echo Station, 12/3/200, http://www.echostation.com/confans.html.
30. E. Durack, “ fans.starwars.con” , Echo Station, 12/3/2000, http://
www.echostation.com/editorials/confans.htm.
31. Atom Films, “The Officiai Star Wars Fan Film Awards” , http://atomfil-
ms.shockwave.com/af/spotlight/coHections/starwars/submit.html.
32. McCracken, Plenitude, p. 84.
33. Ivi, p. 85.
34. Per avere un saggio interessante che mette a confronto il corteggiamento
che Peter Jackson riserva ai fan di Lord of thè Rings con l’approccio più orientato
al mercato che viene adottato con la fandom di Star Wars, vedi E. Shefrin, “Lord
of thè Rings, Star Wars and Participatory Fandom: Mapping New Congruencies
between thè Internet and Media Entertainment Culture” , Criticai Studies in Media
Communication, settembre 2004, pp. 261-281.
35. R. Koster, “The Rules of Online World Design” , http://www.legend-
mud.org/raph/gaming/gdc.htm.
36. Se non indicato diversamente, tutte le citazioni di Ralph Koster sono tratte
da un’intervista personale con l’autore risalente a ottobre 2004.
37. K. Squire, “Interview with Ralph Koster” , Joystick 101, http://www.legen-
dmud,org/raph/gaming/joystickl 01 .html.
38. R. Koster, “The Rules of Online World Design” , cit.
39. R. A. Bartle, Designing Virtual Worlds, New Riders, Indianapolis, 2004, p.
244.
334 N o te
Capitolo 5
1. Questi aspetti fondamentali sull’argomento sono trattati più a fondo in H.
Jenkins, “ Childhood Innocence and Other Myths”, in H. Jenkins (ed.), The Chil
dren s Culture Reader, New York University Press, New York, 1998.
2. Se non indicato diversamente, tutte le citazioni di Heather Lawyer sono
tratte da un’intervista con l’autore dell’agosto 2003.
3. H. Lawyer, “To the Adults” , http://www.dprophet.com/hq/openletter.ht-
ml.
4. Ibid.
5. Per entrare più nel dettaglio, i ragazzi più giovani usano i racconti per rie
laborare le loro storie di vita reale; vedi H. Jenkins, “ Going Bonkers! Children,
Play, and Pee Wee”, in C. Penley, S. Willis (eds.), Male Trouble, University of Min
nesota Press, Minnesota, 1993.
6. A. Haas Dyson, Writing Superheroes: Contemporary Childhood, Populär
Culture, and Classroom Literacy, Teacher’s College Press, New York, 1997.
7. Vedi, per esempio, C. Schoefer, “ Harry Potter Girl’s Trouble”, Salon , 13/
1/2000, http://dir.salon.com/books/feature/2000/01/13/potter/index.html?sid=
566202. Per una posizione diversa, vedi C. Gregory, “ Hands Off Harry Potter!
Have Critics of J. K. Rowling’s Books Even read ThemP” , Salon, 1/3/2000, http://
www.salon.com/books/feature/2000/03/01/harrypotter.
8. E. Seiter, Sold Separately: Children and Parents in Consumer Culture, Rut-
gers University Press, New Brunwick, N .J, 1993.
9. J. Gee, Language, Learning, and Gaming: A Critique of Traditional Schoo-
ling, Routledge, New York 2005.
10. Flourish, intervista con l’autore, agosto 2003.
11. Vedi, per esempio, S.A. Wolf, S. Brice Heath, Braid of Literature: Chil-
dren’s World of Reading, Harvard University Press, Cambridge, Mass, 1992.
12. Zsenya, corrispondenza e-mail con l’autore, luglio 2005.
13. Flourish, intervista con l’autore, agosto 2003.
14. S. Quill, http://www.sugarquill.net.
15. Sweeney Agonistes, intervista con l’autore, agosto 2003.
N ote 335
Capitolo 6
1. Vedi http://www.trumpfiresbush.com
2. http://www.truemajority.org.
3. G. LoPorto, intervista con l’autore, ottobre 2004.
4. J. Trippi, “ The Perfect Storm” , JoeTrippi.com/book/view/23.
5. Per sapere di più sull’uso di Internet nella campagna di Dean, vedi Henry
Jenkins, “ Enter thè Cybercandidates”, Technology Review, 8/10/2003.
6. J. Trippi, The Revolution Will Not Be Televised: Democracy, thè Internet,
and thè Overthrow of Everything, HarperCollins, New York, 2004.
7. H. Magnus Enzenberger, “ Constituents of a Theory of thè Media” , in Paul
Marris, Sue Thornham (eds.), Media Studies: A Reader, New York University Press,
New York, 2000.
8. J. Trippi, The Revolution Will Not Be Televised, cit., p. 4.
N o te 337
9. Ivi, p. 107.
10. Ivi, p. 225.
11. N. Gibbs, “ Blue Truth, Red Truth” , Time, 27/9/2004, pp. 24-34.
12. J. Walker, “ Old Media and New Media: Like It or Not, They’re Partners”,
15/9/2004, http://www.reason.com/links/links091504.shtml.
13. M. Dery, “ Culture Jamming: Hacking, Slashing and Sniping in the Empire
of Signs” , Open Magazine Pamphlet Series, 1993, http://web.nwe.ufi.edu/-mlafey/
cultjaml.html.
14. P. Lévy, op . cit., p. 171 [tr. it. p. 171].
15. Per avere un database sulla copertura informativa dei blogger sulla guerra
in Iraq,vedi http://www.back-to-iraq.com/archives/00464.php.
16. F. Manjoo, “ Horror Show”, Salon, 12/5/2004, http://www.salon.com/te-
ch/feature/2004/05/12/beheading_video/index_np.html.
17. “Blogs Blamed for Exit Poli Fiasco” , Wired, 3/11/2004, http://
www.wired.com/news/politics/0,1283,655 89,00.html?tw+wn_tophead_6; Eric
Engberg, “ Blogging as Typing, Not Journalism”, CBSnews.com, 8/11/2004, http:/
/www.cbsnews.com/stories/2004/1 l/08/opinion/main654285.shtml; Mark Glaser,
“Exit Polls Bring Traffic Deluge, Scrutiny to Blogs, Siate” , USC Annenberg Online
Journalism Review, 5 novembre, http://ojr.org/ojr/glaser/109961933.php.
18. Nicholas Confessore, “ Bush’s Secret Stash: Why the GOP War Chest Is
Ever Bigger than You Think”, Washington Monthly, maggio 2004,www.washin-
gtonmonthly.com/features/2004/0405.confessore.html.
19. C. Lydon, “ The Master of Meet Up: Scott Heiferman” , Christopher Lydon
Interviews, http://blogs.law.harward.edu/lydon/2003/10/21.
20. J. Trippi, The Revolution Will Not Be Televised, cit., p. 91.
21. Vedi http://www.bushin30seconds.org.
22. C. Pikul, “The Photoshopping of the President” , Salon, 1/7/2004, http://
archive, salon, com/ent/feature/2004/07/01/photoshop/.
23. Sull’uso di Photoshop dopo P II settembre, vedi D. Pettam, “ Howthe Web
Became a Tool for Populär Propaganda after S I I ” , Cricket.com, au, 3/2/2002,
http://www.krikey.com.au/media/2002/02/02-Jihadfordummies.html.
24. L. Berlant, The Queen of America Goes to Washington City: Essays on Sex
and Citizenship, Duke University Press, Durham, N.C, 1997.
25. Per un’utile discussione in tema di cittadinanza e consumo, vedi Sarah Ba-
net-Weiser, “We Pledge Allegiance to Kid’s: Nickelodeon and Citizenship”, in H.
Hendershot (ed.), Nickelodeon Nation: The History, Politics, and Economics of
America’s Only TV Channel for Kids, New York University Press, New York, 2004.
26. http://www.ew.com/ew/report/0,6115,446852_4_0_00.html.
27. The Center for Information and Research on Civic Learning and Engage
ment, “ Turnout of Under-25 Voters Up Sharply” , 9/11/2004, http://www.civi-
cyouth.org/PopUps/Release_1824final.pdf.
28. W. Benjamin, “ The Wotk of Art in an Age of Mechanical Reproduction” ,
accessibile online su http://bid.berkeley.edu/bidclass/readings/benjamin.html [tr. it.
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino].
29. Pew Research Center for the People and the Press, “ Cable and Internet
Loom Large in Fragmented Politicai News Universe”, 11/1/2004, http://people-
press.org/reports/display.php3?ReportID = 200.
338 N o te
30. J. Katz, “ The Media War on Kids: From thè Beatles to Beavis and But-
thead”, Rolling Stone, febbraio 1994, pp. 31-33, 97.
31. D. Glodthwaite Young, “ Daily Show Viewers Knowledgeable about Presi-
dential Campaign, National Annenberg Election Survey Shows” , 21/9/2004, http:
//www.annenbergpublicpolicycenter.org/naes/2004_03_late-night-knowledge-2_9
-21_pr.pdf. Vedi anche B. Long, “ Daily Show Viewers Ace Politicai Quiz” , C N N ;
29/9/2004, http://www.cnn.com/2004/SHOWBIZ/TV/09/28/comedy.politics/.
32. Le citazioni sono tratte dalla trascrizione ufficiale della trasmissione, acces
sibile online su http://transcript.cnn.com/TRANSCRIPT/0410/15/cf.01.html.
33. M. Schudson, “ Click Here for Democracy: A History and Critique of an
Information-Based M odel of Citizenship”, in H. Jenkins, D. Thornburn (eds.), De
mocracy and New Media, M IT Press, Cambridge, Mass, 2003.
34. M. Schudson, “ Changing Concepts of Democracy”, MIT Communication
Forum, http://web.mit.edu/comm-forum/papers/schudson.html.
35. Ibid.
36. Ibid.
37. Vedi, per esempio, R. J. Bain, “ Rethinking thè Informed Citizen in an Age
of Hybrid Media Genres: Tanner ’88, K-Street, and thè Fictionalization of thè
News” , Tesi di master, Comparative Media Studies, MIT, 2004. Vedi anche C.
Garcia, “A Framework for Politicai Entertainment” , dossier presentato al Media in
Transition 3 Conference, M IT, Cambridge, M ass., maggio 2003.
38. J. Hartley, “ Regimes of Truth and thè Politics of Reading: A Blivit”, in Te-
le-Ology: Studies in Television, Routledge, New York, 1992.
39. D. Buckingham, The Making of Citizens: Young People, News and Politics,
Routledge, London, 2000.
40. W. Wright, intervista personale con l’autore, giugno 2003.
41. P. Ludlow, “ My View of thè Alphaville Elections” , Alphaville Herald , 20/
4/2004, http://www.alphavilleherald.com/archives/000191.html.
42. Queste e le successive citazioni presenti nel paragrafo sono tratte da Jane
McGonigal, “ ’This Is Not a Gam E: Immersive Aesthetics and Collettive Play” ,
http://www.seanstewart.org/beast/mcgonogal/notagame/paper.pdf.
43. http://cdd.stanford.edu.
44. H.E. Brady, J.S. Fishkin, R.C. Luskin, “ Informed Public Opinion about Fo
reign Policy: The Uses of Delberative Polling” , Brookings Review, estate 2003,
http://cdd.stanford.edu/research/papers/2003/informed.pdf.
45. D. Thornburn, “ Television M elodrama” , in Horace Newcomb (ed.), Tele
vision: The Criticai View, Oxford University Press, Oxford, 1994.
46. I. De Sola Pool, Technologies without Boundaries: On Télécommunica
tions in a Global Age, Harvard University Press, Cambridge, M ass., 1990, pp. 261-
262.
47. A. Leonard, Trapped in the Echo Chamber” , Salon, 3/11/2004, http://
www.salon.com/tech/col/leon/2004/1 l/03/echo_chamber.
48. C. Sustein, “ The Daily We”, Boston Review, estate 2001, http://www.bo-
stonreview.net/BR26.3/Sustein.html.
49. Gibbs, “Blue Truth, Red Truth” .
50. S. Waxman, R. Kennedy, “ The Gurus of What’s In Wonder If They’re out
of Touch”, New York Times, 6/11/2004, p.A12.
N ote 339
Conclusione
1. Ari Berman, “Al Gets Down” , The Nation , 28/4/2005, http://www.thena-
tion.com/doc.mhtmlPi = 2005 0516& c = 1 & s=berm an.
2. Vedi Anita J. Chan (2002), “ Distributed Editing, Collective Action, and
thè Construction of Online News on Slashdot.org” , tesi di master, Comparative
Media Studies Program, MIT, Cambridge, Mass. Per un approfondimento sul gior
nalismo partecipativo, vedi Dan Gilmor, We The Media: Grassroots Journalism By
The People, For The People, O ’Reilly, New York, 2004; Pablo J. Boczkowski, Di-
gitilizing thè News: Innovation in Online Newspapers, M IT Press, Cambridge,
Mass., 2005.
3. Berman, “Al Gets Down” . Per avere maggiori dettagli su Current, vedi
Niall McCay, “The Vee Pee’s New Tee Vee” , Wired News, 6/4/2005, http://www.
wired.com/news/digiwood/0,1412,67143,00.html; Farhad Manjoo, “The Televi
sion Will Be Revolutionized” , Salon, 7/7/2005, http://www.salon.com/news/featu-
re/2005/07/ll/goretv/print.htm l; Tamara Straus, “ I Want My Al Tv” , San Franci
sco Magazine, luglio 2005, http://www.sanfran.com/home/view_story/625/PPHP-
SE SSID =d(efl4a995fed84316b461491dl6f667.
4. F. Manjoo, “The Television” , cit.
5. Berman, “Al Gets Down” , cit.
6. Ashley Highfield, “TV’s Tipping Point: Why the Digital Revolution Is
Only Just Beginning”, Paidcontent.org, 7/10/2003, http://paidcontent.org/stories/
ashleyrts.shtml.
7. “ BBC OPens TV Listings For Remix”, BBC Online, 23/7/2005, http://
news.bbc.co.uk/l/hi/technology/4707187.stm.
8. W. Russell Neuman, The Future of thè Mass Audience, Cambridge Univer
sity Press, Cambridge, U.K., 1991, p. 54.
9. Ivi, pp. 8-9.
10. Betsy Frank, “ Changing Media, Changing Audiences” , M IT Communica
tions Forum, 1/4/2004, http://web.mit.edu/comm-forum/forums/changing_ au-
diences.html.
11. George Glider, Life after Television: The Coming Transformation of Media
and American Life, W. W. Norton, New York, 1994, p. 66.
12. Ivi, p. 68.
13. Marshall Sella, “The Remote Controllers” , New York Times, 20/10/2002.
14. Henry Jenkins, Textual Poachers: Television Fans and Participatory Cultu
re, Routledge, New York, 1991.
15. Marcia Allas, intervista e-mail con l’autore, autunno 2003.
16. Kimberly M. De Vries, “A Tart Point of View: Building a Community of
Resistance Online” , dossier presentato al Media in Transition 2: Globalization and
Convergence, MIT, Cambridge, M ass., 10-12 maggio 2002.
17. Le citazioni presenti nel paragrafo sono tratte da Warren Ellis, “ Global
Frequency: An Introduction”, http://www.warrenellis.com/gf.html.
18. Howard Rheingold, Smart Mobs: The Next Social Revolution, Basic Boo-
ks, New York, 2002, p. xii [tr. it. Smart Mobs, Raffaello Cortina, Milano, 2003, p.
6].
19. Cory Doctorow (2003), Down and Out in the Magic Kingdom, Tor, New
York.
340 N ote
20. Tutte le notizie e le citazioni presenti nel paragrafo sono tratte da Michael
Gebb (2005), “ Rejected TV Pilot Thrives on P2P”, Wired News, 27/6/2005, http:/
/www.wired.com/news/digiwood/0,1412,6798 6,00.html.
21. Chris Anderson, “The Long Tail” , Wired, ottobre 2004, http://
www.wired.com/ archive/12.10/tail .html ? pg= 3 to o p ic = tail&topic_set.
22. Ivan Askwith, “ TV You’ll Want To Pay For: How $2 Downloads Can Re
vive Network Television” , Siate , 1/11/2005, http://www.slateuk.com/id/2129003/.
23. Andy Bowers, “ Reincarnating The West Wing:Could thè Canceled NBC
DramaBe Reborn on iTunes?” , Siate , 24/1/2006, http://www.slateuk.com/id/
2134803/.
24. L’informazione è stata tratta dalla voce Wikipedia, su http://en.wikipe-
dia.org/wiki/Wikipedia.
25. “Neutral Point of View” , Wikipedia, http://www.infowrangler.com/
phpwiki/wiki.phtml?title=Wikipedia:Neutral_point_of_view.
26. Shoshanna Green, Cynthia Jenkins, Henry Jenkins, “The Normal Female
Interest in Men Bonking”, in Cheryl Harris, Alison Alexander (eds.), Theorizing
Fandom , Hampton, New York, 1998.
G l o s s a r io
Modeling: Secondo Cristel Russell, “il grado in cui gli individui tendo
no a relazionare la propria vita con quella dei personaggi di uno
show”.
Modder: Programmatori amatoriali di giochi; più spesso sono coloro
che modificano i giochi commerciali già esistenti.
Mod: Modifiche amatoriali ai giochi commerciali.
Monitoral citizen (Cittadino monitorante): Secondo Michael Schud-
son, l’idea per cui i cittadini possono tenere sotto osservazione si
tuazioni in fase di sviluppo, concentrando una maggiore attenzione
sui singoli problemi e accedendo alla conoscenza tramite basi di sa
pere ad hoc o legate a precisi bisogni.
Monoculture (Monocultura): Termine usato da molti critici dei media
per denunciare ciò che essi avvertono come la mancanza di plura
lismo culturale nei contenuti dell’informazione e dell’intratteni
mento generati dai conglomerati dei media.
Monomyth (Monomito): Secondo Joseph Campbell, una struttura
concettuale riassunta dall’analisi cross-culturale delle grandi reli
gioni del mondo. Il monomito di Campbell è stato adottato nei ma
nuali di consigli per sceneggiatori e programmatori di giochi, di
ventando ciò che oggi si chiama “il viaggio dell’eroe”. Tale dispo
sitivo consente alla moderna cultura popolare di servirsi della
struttura del mito antico.
MUDs, Multiple User Domains: Uno dei primi prototipi di comunità
online che permetteva a molti utenti di interagire principalmente
via testo.
Muggles (Babbani): Termine inventato da J. K. Rowling per definire
le persone che non possiedono poteri magici.
Multiplatform entertainment (Intrattenimento multipiattaforma): Se
condo Danny Bilson, una modalità di narrazione che si dispiega at
traverso canali multipli. Esso è più o meno un sinonimo di ciò che
in questo libro si definisce “narrazione transmediale” .
Mundanes: Espressione slang dei fan per indicare i non-fan\ tramite
essa i primi denotano una vita immaginaria molto povera dei se
condi.
Opposition research (Ricerche sull’opposizione): Studi di indagine
condotti su avversari politici, con l’obiettivo di individuarne dei
punti di vulnerabilità - scandali, dichiarazioni contraddittorie o
estremiste - oppure altri fattori che li rendano meno attraenti per
gli elettori.
Organic convergence (Convergenza organica): Espressione aziendale
che indica i tipi di connessione mentale che i consumatori formano
354 G l o s s a r io
Pull media (Media pull): Media dai quali i consumatori devono estrar
re informazione, come nel caso di Internet.
Puppetmasters: Persone che progettano e fungono da facilitatori di un
gioco di realtà alternativa.
Push media (Media pusb): Media dai quali il contenuto viene inviato
al consumatore, come nel caso del broadcasting.
Rabbit holes (Tane di coniglio): Sono chiamate così le porte di ingres
so a un gioco di realtà alternativa.
Recaps (Ricapitolazioni): Riassunti, pubblicati su Internet e spesso
pungenti nei toni, dei programmi televisivi.
Regimes of truth (Statuti di verità): Secondo John Hartley, le norme e
le pratiche che influenzano il modo in cui i media rappresentano il
mondo reale, così come le maniere in cui il pubblico valuta il valore
informativo di tali rappresentazioni.
Saved (Salvati): Secondo i cristiani fondamentalisti, coloro che hanno
accolto Cristo come proprio salvatore.
Searchers (Cercatori di fede): Secondo i cristiani fondamentalisti, co
loro che non hanno ancora accettato Cristo nella propria vita.
Serious fun (Divertimento serio): Espressione coniata da True Majori
ty in relazione alla fusione tra attivismo politico e cultura popolare.
Shared Knowledge (Conoscenza condivisa): Secondo Pierre Lévy, l’in
formazione ritenuta attendibile e posseduta in comune da tutti i
membri di una comunità del sapere.
Shipper (Spedizionieri): Termine del linguaggio dei fan per definire
lettori e scrittori impegnati in un rapporto particolare con i perso
naggi di un programma.
Skin: Maschera o persona digitale programmata per essere inserita
nell’ambientazione di un gioco. E uno dei metodi più semplici e
diffusi nell’ambito della modificazione amatoriale dei giochi com
merciali.
Slash: Un genere di fan fiction - o più genericamente di produzione
culturale dei fan - che immagina una relazione omoerotica tra i
personaggi estrapolati dai testi di mass media.
Smart mob: Espressione coniata da Howard Rheingold in riferimento
all’abilità delle persone di usare dispositivi di comunicazione di re
te e mobili per organizzare una mobilitazione rispetto a situazioni
problematiche in corso di sviluppo.
Sock puppet (Burattino): Un’identità secondaria o uno pseudonimo
usati da un postatore abituale di una lista di discussione spesso allo
scopo di diffondere notizie o esprimere commenti che potrebbero
compromettere la sua reputazione.
356 G l o s s a r io
nate nel corso del libro risultano per noi intraducibili. È stato quin
di delicato da una parte sfumare l’oralità di Jenkins e dall’altra ar
ricchire - o meglio integrare tramite alcune spiegazioni - alcuni
passaggi semplici per un lettor e/utente di nuovi media americano,
viceversa ben più complessi anche per uno studente di mediologia
italiano.
Ciò che contribuisce a creare un dislivello nei confronti delle
abitudini del pubblico italiano di questo tipo di saggistica, è da una
parte la competenza/passione dell’autore nei confronti del tema
trattato - tanto che egli rivela apertamente di essere prima di tutto
un “ fan” -, dall’altra la sua estraneità rispetto alle tradizioni di sa
pere che nel nostro paese, e più in generale in Europa, servono da
griglie interpretative per analizzare l’avvento dei nuovi media e
della loro cultura. Questo rappresenta da una parte un enorme
vantaggio e dall’altra un limite nel tentativo di rendere più esausti
va possibile la comprensione del fenomeno in questione. Se è vero
che la gran parte degli intellettuali europei più accreditati della
chance di descrivere la dimensione socio-simbolica dei nuovi media
dimostra di non conoscerne abbastanza le grammatiche e le piatta
forme espressive, quantomeno non con la stessa precisione e pro
fondità messe in luce nelle pagine di questo volume, è altrettanto
pertinente sottolineare che vi sono, nelle superfici e nel fondo di
questo brulichio culturale, radici che precedono di molto l’inven
zione del digitale e la retificazione dei rapporti sociali, e che in al
cuni casi ciò che sembra e appare come nuovo non è che la ripro
posizione, la riattualizzazione se non la continuazione di processi
che affondono le loro radici almeno nella metà dell’800, allorché
la metropoli si è costituita come dispositivo comunicativo (Abruz
zese, 1995). Per questo motivo la lettura di questo testo risulta an
cora più stimolante e esauriente se accompagnata dal quadro di
pensiero dei grandi classici del pensiero europeo sulla cultura di
massa - da Walter Benjamin ad Edgar Morin, da Alberto Abruzzese
a Jean Baudrillard, da Manuel Castells a Michel Maffesoli passan
do per Derrick de Kerckhove e Pierre Lévy. A “ funzionare” da trait
d ’union tra questi ultimi e Jenkins compare la figura unica e insu
perabile di un intellettuale ai limiti tra l’accademia e la piazza come
Marshall McLuhan, il quale ha saputo congiungere la sapienza e la
profondità filosofica europea con il pragmatismo e l’empatia pro
vata nei confronti dei nuovi media del ricercatore nord-americano.
Grazie a questo va-e-vieni McLuhan ha saputo cogliere - e finan
La r i c r e a z i o n e DELLA s o c i e t à d e l l o s p e t t a c o l o 363
Vincenzo Susca
Centre d’étude sur l’actuel et le quotidien, Sorbonne, Paris
McLuhan Program in Culture and Technology,
University of Toronto
Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, Milano
La r i c r e a z i o n e d e lla s o c ie tà d e llo s p e tta c o lo 367
Riferimenti bibliografici