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Palestinese anonimo

OMELIA ARABO-CRISTIANA
DELL’VIII SECOLO
Traduzione, introduzione e note
a cura di Maria Gallo
Postfazione di Samir Khalil Samir, S.l.

città nuova editrice


INTRODUZIONE

Incontro col testo


Come gli innumerevoli cristiani del passato, grandi
o ignoti, giunti dall'Oriente o dall’Occidente, dal nord o
dal sud del mondo, anche noi, piccola comunità religio­
sa italiana residente in Terra Santa, eravamo stati attira­
ti là prima di tutto dal desiderio di cercarvi le orme più
forti della Parola di Dio e dei misteri della divina Incar­
nazione. Ci eravamo naturalmente inseriti nella nostra
Chiesa latina; ma impegnandoci a conoscere e amare
tutto ciò che nella Terra Santa vive e soffre, con uno
sguardo al passato e uno al presente: la Chiesa e le Chie­
se, l’Ebraismo, l’Islam, gli uomini che qui vivono e che
hanno radici e storie diversissime.
Certo questa terra è la terra della Rivelazione e
dell'Incarnazione, la terra sulla quale Dio ha camm ina­
to, come dicono molti testi patristici; certo a questa
Chiesa, Una, pur nella ricchezza delle diverse confessioni
cristiane qui presenti, spetta il titolo di Madre di tutte le
Chiese, e dunque, Madre della nostra fede. Eppure nulla
è più travagliato, complesso, talora oscuro, della storia
di questa terra, fin dai tempi biblici e fino ai nostri gior­
ni; e nulla è più ricco di sedimentazioni varie e profonde,
sia per l'apporto positivo degli uomini di questa terra, o
di coloro che, nati altrove, l’hanno scelta a patria di ele­
zione, portandovi tutto il bagaglio della propria eredità
etnica, linguistica, spirituale e dottrinale; sia anche per il
residuo culturale lasciato qui, volenti o nolenti, dai tanti
che l’hanno percorsa e occupata con intenti assai meno
nobili dei primi.
8 Introduzione

Non è questa la sede per ripercorrere la storia della Pa­


lestina 1*. Solo vale la pena di ricordare che fin dal giorno
di Pentecoste 2, la Chiesa di Gerusalemme vide radunarsi
intorno al nucleo primitivo dei discepoli del Signore molti
popoli e lingue. Questa pluralità etnica, linguistica, cultu­
rale, non è mai venuta meno. Così il Santorale della Chiesa
di Gerusalemme può registrare come santi e sante della
Chiesa di Gerusalemme, a buon diritto, uomini e donne
provenienti dalle più varie regioni del mondo: latini, arme­
ni, siriani, greci, cappadoci, egiziani, russi, georgiani, ecc.
Per molti secoli la vita liturgica dei cristiani di Terra
Santa è stata caratterizzata dalla pluralità dei riti e delle
lingue, una pluralità che in buona parte perdura tu tt’og-
gi e che mi pare di segno molto positivo, quando sia ac­
compagnata, come ai nostri giorni, da intenti di carità e
pace. In passato, spesso non è stato così, o è stato pro­
prio l’opposto di così; ma anche questo è un capitolo che
esula dal nostro intento3.
In ogni caso il VII secolo e la conquista islamica
della Terra Santa segnano una svolta decisiva nella sto­
ria di questa cristianità. Gradualmente, ma risolutamen­
te e senza ritorno, la Chiesa di Gerusalemme sarà arabiz-
zata. Dapprima l’arabo si imporrà come lingua corrente,
parlata o scritta, poi, gradatamente, in tutto o in parte, si
dovrà arabizzare la lingua liturgica e rituale 4.
A partire da questa data la Chiesa di Terra Santa,
pur conservando la ricchezza delle sue molteplici tradi­
zioni, è sostanzialmente una Chiesa araba.

* Avvertenza: per le opere citate in nota, il rinvio è alla Bibliogra­


fìa pp. 37-41.
1 Abel, Histoire, cit.
2 Atti 2, 5-13.
3 Cf. Perrone, op. cit. ; Chitty, op. cit. e bibliografie annesse; Sa-
mir, La tradition arabe, cit.
4 Cf. Nasrallah, op. cit., voi. II, t. II, Preface: «All’alba dellVIII
secolo la lingua ufficiale dell’impero diviene l'arabo, conforme al de­
creto del Califfo omayyade, 'Abd-al-Malik o suo figlio al-Walid. I cri­
stiani, pur non abbandonando del tutto il greco e il siriaco, pare che
abbiano adottato l’arabo un poco più tardi, verso la metà dellVIII
secolo». Vedi anche Haddad, op. cit., pp. 14ss.
Introduzione 9

Ora, vivendo all’intemo di questa Chiesa arabo-lati-


na di Gerusalemme, a Gerusalemme, Ma in, ‘A in Arile,
non potevamo non interrogarci sulle radici arabe di que­
sta Chiesa. Fu questo il motivo che mi portò a Roma al­
cuni anni fa per seguire un seminano di letteratura ara­
bo-cristiana al PISAI (Pontificio Istituto per gli Studi
Arabi e Islamistici). Qui un noto orientalista, il padre
Samir Khalil Samir SJ, presentava proprio il testo che
ora ho tradotto e com m entato5.
Nel corso di questa prima lettura fui subito colpita
da alcuni elementi sui quali dovrò poi tornare nel com­
mento: 1) la provenienza palestinese del testo; 2) la data
di composizione, che il p. Samir ritiene di poter fissare
intorno al 750; 3) l’esposizione della fede cristiana in
confronto con l'Islam; 4) il tono di questa professione di
fede, chiara-pacata-sobria, priva di punte aspre; 5) l’ispi­
razione biblico-liturgico-patristica dell'autore; 6) l’affio­
rare di tradizioni e leggende giudaiche, spesso quelle stes­
se che si ritrovano nel Corano; e infine, 7) l’ottima cono­
scenza del Corano stesso, sempre esattamente citato.
Insomma il breve testo mi apparve subito come la
piccola perla preziosa di cui andavamo in cerca. Salvo
alcuni fram m enti6, più o meno contemporanei, il nostro
testo è il più antico documento arabo-cristiano, proviene
dalla Palestina e lascia trasparire buona parte delle mol­
teplici ricchezze che hanno fecondato /"humus di questa
terra. È un cristiano di Terra Santa che si confronta con
l’Islam dopo un secolo circa dalla conquista. Non ci po­
teva essere niente di più adatto ai fini di quella ricerca
che ci eravamo proposti, la ricerca cioè delle radici arabe
di questa Chiesa di Gerusalemme. Qui siamo proprio al­

5 Bisogna notare che in Italia è stato pubblicato pochissimo,


quasi nulla, di questa letteratura arabo-cristiana. Anzi si deve pro­
prio allo zelo del m edesimo padre Samir se questo settore della let­
teratura così importante per la storia della cultura come per quella
della Chiesa, ma ignorato dal gran pubblico e poco coltivato anche
dagli specialisti, comincia a riscuotere in misura crescente l’atten­
zione che merita.
6 Cf. Haddad, op. cit., p. 28.
10 Introduzione

le orìgini di tutto quello che ancora oggi ne configura


l’identità propria.

Storia del testo


La storia del nostro testo è alquanto avventurosa.
Giaceva dimenticato in un codice, il Sinai arabo 154,
della grande biblioteca del monastero di Santa Caterina
sul monte Sinai, quando una studiosa inglese, Miss
Margaret Dunlop Gibson, lo scoprì e lo pubblicò nel
1899 7 Una volta pubblicato, il piccolo testo non ebbe
migliore fortuna e rimase pressoché sconosciuto, finché
nel 1980, un secolo circa dopo la prima scoperta, fu no­
tato dal p. Samir in modo del tutto occasionale, mentre
era alla ricerca di un testo conveniente per il suo inse­
gnamento di letteratura araba cristiana al PISAI. Così
iniziò il nuovo corso della storia del testo. Il p. Samir
non si accontentò dell’edizione di Miss Gibson e volle ri­
salire all'originale. Quest’ultimo gli riserbò sorprese così
interessanti da fargli decidere l'intrapresa di una nuova
edizione più completa e più corretta della precedente.
Purtroppo il lavoro di p. Samir è tuttora in fieri. Possia­
mo però usufruire di alcune anticipazioni, in particolare
di due articoli maggiori: il primo è Une apologie arabe
d’epoque umayyade, in «Parole de l'Orient», 16 (1990-
1991); il secondo si intitola The earliest arab apology
for Christianity (c. 750) e si trova in Christian Arabie
Apologetics during thè Abbasid Period (750-1258), pp.
56-114, E.J. Brill, Leiden - New-York - Kòln-1994. D ’ora
in poi indicherò i due articoli come Samir I e Samir II.
Per la gentilezza del medesimo studioso ho potuto con­
sultare anche questo secondo articolo prima della sua
pubblicazione; ed ora, prima di procedere con il mio
commento, m i pare utile riassumere dall'uno e dall’al­
tro articolo quel che può essere più conveniente ai fini
del presente lavoro.

7 Studia Sinaitica, voi. VII, cit.


Introduzione 11

L’orìginale ha riservato al p. Samir alcune piacevoli


sorprese. La prìma è stata la scoperta che parti del mano-
scrìtto, illeggibili al tempo di Miss Gibson, ora sono leggi­
bili; per contro, altre parti finora illeggibili sono state lette
senza difficoltà da Miss Gibson. Per quali ragioni il codi­
ce abbia subito questi mutamenti non è affatto chiaro. In
ogni caso l’importante è che p. Samir ha potuto corregge­
re molte letture difettose e integrare molte lacune.
Per quel che riguarda il mio lavoro, io mi sono ba­
sata sull’edizione Gibson, integrando però nella mia tra­
duzione alcune porzioni di testo ivi mancanti e restituite
in Samir II. Tuttavia, ancora manca la conclusione
dell’omelia e restano qua e là lacune e difficoltà per le
quali occorre attendere la nuova edizione, tanto più che
il p. Samir non dispera di riuscire a ricostituire intera­
mente il testo originale.

Seconda sorpresa, forse ancor più interessante, è


stata la scoperta che il manoscritto contiene la data pre­
cisa della sua composizione, l'anno 746 dall’inizio della
religione cristiana. Questa data sta appunto in una por­
zione del manoscritto che Miss Gibson non aveva potuto
decifrare e che invece p. Samir ha letto senza difficoltà.
La cifra è chiara e non pone problemi di lettura; ma solo,
come vedremo, di corretta interpretazione. A suo tempo
Miss Gibson aveva notato le particolarità grafiche del
manoscritto e, dopo avere scorso tutti i manoscritti arabi
della biblioteca del Sinai, aveva concluso che il nostro
era lo specimen più antico di calligrafia araba presente
nella biblioteca 8. Dopo di lei il dottor Aziz Suryal Atiya,
che ha esaminato il medesimo materiale nella spedizione
del 1951, è giunto ad analoghe conclusioni 9. Per lui il
manoscritto è databile tra la fine dellVIII e gli inizi del
IX secolo. Infine è stata la volta del p. Samir. Uno studio
ancor più dettagliato l’ha indotto a ritenere il nostro uno
dei più antichi, forse, in assoluto, il più antico mano­

8 Studia Sinaitica, cit., pp. V.VI.


9 Cf. Aziz Suryal Atiya, cit.
12 Introduzione

scritto arabo-cristiano di contenuto teologico. Si deve


precisare di contenuto teologico, poiché si sa che altri ge­
neri letterari erano già apparsi prima di questa data 10.
Naturalmente, la scoperta della data scritta nel testo
rafforza l’interesse per le riflessioni che possono essere
suggerite dall’alta antichità del manoscritto. Rimane
però il problema di sapere qual è il sistema di datazione
seguito dall’autore; cioè, da dove parte il suo computo?
dal momento dell’Incarnazione, dall’inìzio della vita pub­
blica di Gesù, o dal compimento dei suoi misteri pasqua­
li (morte-risurrezione-ascensione-pentecoste)? Allo stato
attuale delle conoscenze non esiste una risposta sicura.
Si possono solo avanzare ipotesi attendibili.
Tra l’X I e il XIV secolo i melchiti di Palestina data­
vano l’Incarnazione otto anni prima dell’inizio dell'èra
cristiana 11 ed è probabile che così fosse anche nell’VIII
secolo. In tal caso rimangono tre ipotesi: o il computo
dell’autore inizia dal momento dell'Incarnazione, e allora
la data esatta sarebbe l’anno del Signore 738; o dall’ini­
zio del ministero pubblico di Gesù, e in tal caso si devo­
no aggiungere circa trentanni e si ottiene la data del 768;
oppure, infine, l’autore incomincia a contare dal compi­
mento dei misteri pasquali, e così si arriverebbe all’anno
771. Comunque, si tratta del più antico trattato teologico
cristiano scritto in arabo finora conosciuto 12. Se si potrà
ulteriormente provare la prima ipotesi, si dovrà conclu­
dere che il nostro testo è stato composto nell’anno del Si­
gnore 738, cioè in epoca omayyade, prima dell’installa­
zione degli Abassidi a Bagdad nel 750 13.
Finora si riteneva che la letteratura teologica araba
cristiana fosse fiorita solo dopo questa data; il nostro te­
sto invece ci riporta più indietro, più indietro anche di
quella letteratura arabo-cristiana nata anch’essa in Pale­

10 Cf. Haddad, op. cit., p. 13; Griffith, op. cit., Ili, 6.


11 Cf. Samir, L'ère de l’Incàmation, cit.
12 Cf. Samir I, p. 91 e Samir II, p. 104.
13 La data del nostro testo interessa anche lo studio del Cora­
no. Infatti il nostro è uno dei più antichi documenti contenenti cita­
zioni arabe del Corano. Cf. Griffith, op. cit., III, p. 21.
Introduzione 13

stina in ambiente melchita nel IX secolo. Molte affinità


del manoscritto con altri esemplari prodotti da ambienti
palestinesi melchiti intorno al IX secolo inducono il p.
Samir a ritenere che il nostro testo sia stato composto
appunto in uno scriptorium monastico di Palestina,
San Saba, o San Caritone, uno cioè di quei grandi mo­
nasteri melchiti fiorenti in quel tempo poco lontano da
Gerusalemme. È noto infatti che proprio in questi am­
bienti siro-palestinesi melchiti ebbe inizio l’arabizzazione
della cultura cristiana. Furono essi per primi a passare
dal greco all’arabo, precedendo di un secolo circa gli au­
tori nestoriani e giacobiti, che continuarono più a lungo
a scrivere in siriaco, malgrado la loro collocazione geo­
politica, che avrebbe dovuto portarli ad avere rapporti
più precoci e frequenti con i m usulm ani14.

Criteri della traduzione


Il testo in alcune parti si presenta scritto in sagc 15,
prosa ritmica, che un buon intenditore come il p. Samir
giudica molto bella. Purtroppo, solo un poeta teologo pe­
netrato profondamente nello spirito della lingua e del
pensiero teologico dell’autore potrebbe tentare di trasfe­
rirne il ritmo in italiano. Il mio proposito è più modesto.
Ho voluto che la mia traduzione fosse il più possibile let­
terale. È questo il criterio che ho sempre seguito in una
esperienza di traduzione più che ventennale. Tuttavia, ho
dovuto tener presente che il mio lavoro è destinato a let­
tori non arabizzanti e non porta a fronte il testo origina­
le. Pertanto ho dovuto contemperare il criterio della lette-
ralità con quello della scorrevolezza dell’italiano. Però mi
sono discostata da una resa assolutamente letterale solo
in pochissimi casi, cioè quando la fedeltà formale alla
lettera avrebbe significato di fatto infedeltà al contenuto.
Anzi preciso: mi sono discostata dalla lettera solo quelle

14 Cf. Griffith, op. cit., Ili, p. 6 epassim .


15 Questa prosa ritmica, né prosa né poesia metrica, è attestata
fin dal VI secolo. Cf. Blachère, Histoire, cit., voi. II, pp. 188ss.
14 Introduzione

rare volte nelle quali un medesimo termine arabo in con­


testi diversi assumeva un valore assolutamente diverso e
dunque esigeva una resa diversa in italiano.
Il testo abbonda di citazioni bibliche e coraniche e
di ancor più ampi squarci di parafrasi e reminiscenze bi­
bliche. Il Corano è citato esattamente dall’autore, dun­
que non ho avuto difficoltà a riferirmi sempre ad una
traduzione italiana, quale è quella ormai classica del
Bausani. Più difficile è stata la scelta relativa alle citazio­
ni o reminiscenze bibliche. Il problema delle traduzioni
arabe della Bibbia è tuttora un problema aperto 16. Allo
stato attuale della questione è difficile discernere chiara­
mente le citazioni esatte dalle parafrasi.
A quale testo si riferisce l’autore? Molto probabil­
mente, trattandosi di un melchita, si riferisce al greco dei
Settanta; ma potrebbe anche servirsi dell'una o dell'altra
versione araba. Non potendo risolvere il problema, ho
preferito abbondare nell’uso del corsivo, anche quando è
molto probabile che si tratti di una citazione a senso o
addirittura di una parafrasi del testo. Per questa via an­
che visiva mi sono prefissa di fornire uno strumento si­
curo e veloce per il reperimento delle fonti del pensiero
teologico dell’autore.
Il titolo del lavoro, le suddivisioni in capitoli e para­
grafi, con i relativi titoli e sottotitoli sono miei.
Il testo ha uno sviluppo omiletico e asistematico;
ho preferito seguirlo senza sovrapporgli uno schema più
ordinato ma estraneo e un po' forzato; perciò mi sono li­
mitata a metterne in evidenza il contenuto con suddivi­
sioni in capitoletti e paragrafi con i relativi titoli.
Le parole tra < > sono aggiunte mie destinate ad
agevolare la lettura dell’italiano.

16 Per questo problema rinvio a Hyvernat, cit.; Coquin, cit.;


Graf, GCAL, cit., I, pp. 88-185. Quando era possibile, in ogni caso,
ho seguito la traduzione italiana della Bibbia di Gerusalemme. Altre
volte, per maggiore fedeltà al testo, ho tradotto io.
Introduzione 15

Analisi del testo


Lo stile è quello di una prosa ritmica, come ho già
detto. Se si vogliono cercare possibili confronti, probabil­
mente il primo a cui si pensa è la prosa coranica
anch'essa ritmica, tanto più che spesso si incontrano ter­
mini ed espressioni coraniche, e più avanti cercheremo
di vederne il perché. Ma anche i più antichi documenti
di arabo cristiano sono di genere poetico e di contenuto
sapienziale, com e naturale in una civiltà che si è tra­
smessa a lungo per via orale 17. Tuttavia, un esame più
attento dello stile e del pensiero dell’autore ci riporta di­
rettamente alla tradizione letteraria e teologica del mona­
cheSimo melchita palestinese.
Come è noto e. come ho già accennato, nella com­
posizione della cristianità di questa terra, soprattutto
nei suoi elementi monastici, sono confluiti gli apporti
più vari, tanto che, a buon diritto mi pare, si è potuto
parlare di una vocazione cosmopolita ed ecumenica del­
la Chiesa di Gerusalemme. È noto anche che, dal cro­
giuolo di questi vari apporti, nella Chiesa di Gerusalem­
me è fiorita una ricchissima letteratura che abbraccia
quasi tutti gli ambiti della sapienza cristiana: esegesi,
teologia, ascetica, liturgia, omiletica, ecc. 18. I libri litur­
gici bizantini abbondano di composizioni che hanno
per autori monaci melchiti palestinesi del VII ο V ili se­
colo, formatisi al monastero di San Saba e talora dive­
nuti vescovi. Così Andrea di Creta 19, Sofronio di Geru­

17 Vedi per esempio Samir, La tradition arabe chrétienne, in


Tantur Papers, cit., p. 371.
18 Basti ricordare a titolo d’esempio solo qualche nome: Orige­
ne, Girolamo, Cirillo, Esichio, Doroteo, Barsanufio, Giovanni, e tan­
tissimi altri.
19 Andrea di Creta (ca. 660-740), nativo di Damasco, fu chierico
della Chiesa di Gerusalemme e poi vescovo di Gortina di Creta. È uno
dei più grandi compositori di testi liturgici bizantini, ricchi di conte­
nuto teologico e di poesia. Partecipò alla lotta contro l’eresia monoteli-
ta e alla difesa del culto delle immagini. Fu rappresentante del patriar­
ca di Gerusalemme al VI Concilio, il Costantinopolitano III (680-681).
16 Introduzione

salemme 20, Giovanni di Damasco 21, Cosma di


Maiuma 22. Questi autori hanno scritto in greco, anche
se per nessuno di loro pare che il greco fosse la lingua
madre. Il nostro scrive in arabo; non sappiamo quale
fosse la sua lingua nativa, sappiamo però che proprio in
quest’ambiente monastico melchita è iniziata l'arabizza-
zione della produzione letteraria cristiana e che qui si è
fatto sentire più forte l’influsso della poesia religiosa si­
riaca, sia nello stile che nella tematica. Quest’influsso si
riscontra dapprima sulla produzione bizantina 2Ì, poi su

20 Sofronio (ca. 550-639), patriarca di Gerusalemme. Nacque a


Damasco, fu uomo di grande cultura siriaca e greca. Molti testi li­
turgici composti da lui sono in uso ancor oggi nella liturgia bizanti­
na del Natale e dell’Epifania. Si tratta di testi poetici e teologici di
grande valore, con una certa predilezione per la rappresentazione
drammatica del mistero. Fu m onaco a San Teodosio in Palestina;
ma, a seguito delle vicende politiche e delle controversie teologiche,
ebbe molto a viaggiare. Difese strenuamente l’ortodossia calcedone-
se. Era già molto vecchio quando fu quasi obbligato dal clero e dal
popolo di Gerusalemme ad assumere l’ufficio di patriarca. Così
toccò a lui, ultraottantenne, di trattare la resa della città nelle mani
del Califfo Omar nel 638. Cf. Sophrone, cit.
21 Giovanni di Damasco (morto ca. 749) nacque in una fami­
glia di alti funzionari deH’amministrazione bizantina, passati poi al
servizio dei califfi. Anzi, pare che proprio il nonno di Giovanni,
Mansur Ibn Sargùn, abbia giocato un ruolo decisivo nella consegna
della città ai musulmani. In ogni caso Giovanni potè ricevere un’ot­
tima educazione in greco e in arabo e da giovane servì anche lui
nellam m inistrazione califfale. Ebbe rapporti familiari e cordiali con
la corte del Califfo fino al suo ingresso come monaco nel monastero
di San Saba all’età di circa quarantanni. Da questo momento inizia
la sua ricca produzione teologica, omiletica, liturgica. Per il presen­
te lavoro sono di particolare interesse due brevi scritti sull’Islam, ri-
pubblicati di recente da Le Coz. Cf. Jean Damascène, cit.
22 Cosma, vescovo di Maiuma presso Gaza in Palestina, fu
adottato come figlio dal padre di Giovanni Damasceno, con quest’ul­
timo ricevette la medesima ottima educazione e con lui abbracciò la
vita monastica a San Saba. Nel 743 fu eletto vescovo. È uno dei più
importanti autori di Canoni della Liturgia bizantina.
23 Dice Von Schònbom, op. cit., pp. 102-103: «La letteratura si­
riaca ha esercitato un’influenza considerevole sullo sviluppo della
Introduzione 17

quella araba. E infatti, temi e perfino espressioni e frasi


tolte dai testi liturgici di Sofronio o di Giovanni si ritro­
vano in arabo nel nostro. Sicché è indubbia la sua stret­
ta parentela con i santi monaci, teologi, omileti e litur-
ghi, che di poco l'hanno preceduto nel monastero di San
Saba. Lo vedremo meglio nelle note.
Certo questo è un tratto di grande interesse, non so­
lo storico, se vogliamo ritrovare il volto originale della
Chiesa araba di Gerusalemme. Col nostro testo siamo al
primo atto di quel travaso dal greco in arabo del patri­
monio bizantino, che, a sua volta, si era costituito col
contributo di autori portatori di diverse tradizioni.

A quale genere letterario si deve assegnare il testo?


L'autore lo chiama “libro", Kitàb, e non omelia, hutba
(p. 85). Tuttavia lo stile è omiletico, assai più vicino al
parlato che allo scritto. Si incontrano digressioni, paren­
tesi, ritorni, sospensioni. Talora si ha addirittura l'im­
pressione di un lavoro non rivisto, o lasciato incompiu­
to. A meno che gli accidenti capitati al testo non siano
da attribuire ad altre mani intervenute successivamente
sul lavoro dell’autore. La questione resta aperta. Ad ogni
modo, attenendomi allo stile dello scritto, mi sono per­
messa di dargli il titolo di ‘Omelia".

Per chi scrive il nostro autore? A p. 60 troviamo


u n ’indicazione chiara: «noi cristiani, voi musulmani».
Si dovrebbe supporre che il discorso sia rivolto esplicita­
mente a interlocutori musulmani, veri o fittizi. Tuttavia
una lettura più attenta suggerisce maggiore prudenza.
Non c ’è dubbio: tutto lo scritto non è altro che una pro­
fessione di fede cristiana, sobria-pacata-essenziale-mite,
fatta in vista dell'Islam. Ma a chi è indirizzata? A cristia-

retorica sacra nel mondo bizantino, influenza che si ritrova nei ser­
moni di un Basilio di Seleucia, Proclo di Costantinopoli e molti al­
tri. Quest’influenza supera l’impiego dei "dialoghi drammatici” e si
ritrova in una certa prosa ritmica, nella quale l’opera di Sofronio
raggiunge uno dei suoi vertici».
18 Introduzione

ni che ormai vivono in terra d ’IsIam, e quindi hanno bi­


sogno di essere confortati nella loro fede e di conoscere
bene quel che l’Islam propone, il suo Libro, le sue argo­
mentazioni? Oppure l’autore si rivolge ai musulmani per
un confronto sereno, ma fermo e ben documentato, tra le
due Scritture e le due fedi?
A mio parere, l’analisi del testo ci porta a concludere
che l’autore parla a cristiani e che il discorso diretto ai
musulmani è solo un accorgimento letterario destinato a
dare maggior vigore e concretezza alle sue parole. È an­
che possibile che lo stile diretto abbia lo scopo di offrirsi
a modello per quei cristiani già impegnati in conversa­
zioni e dibattiti con i loro vicini musulmani.
Che l’autore in primo luogo si rivolga a interlocutori
cristiani mi pare suggerito soprattutto da due considera­
zioni: 1) L’autore, come vedremo, è troppo colto e ben
documentato per potergli attribuire alcune grosse inge­
nuità, inspiegabili in un discorso fatto direttamente a in­
terlocutori musulmani. 2) Lo stile e il peso delle citazioni
bibliche e di quelle coraniche sono assai diversi e costi­
tuiscono un altro indice prezioso.
Il nostro autore, coltissimo, conduce il suo confron­
to islamo-cristiano prima di tutto sulla base dei testi:
Bibbia e Corano. Dalle sue pagine, però, traspare anche
una buona conoscenza della nascente problematica dot­
ta in seno all’Islam 24, come pure un'ottima conoscenza
della letteratura patristica e liturgica cristiana e anche
delle tradizioni giudaiche. Insomma il suo bagaglio cul­
turale è quello tipico della tradizione monastica palesti­
nese. Una volta placate le grandi controversie cristologi­
che dei secoli precedenti, anzi già nelle ultime fasi di que­
sti aspri scontri25, i monaci si sono attestati su una teo­
logia essenziale, aderente alle linee del Credo, fondata
sulla storia della salvezza, come è raccontata nelle Scrit­
ture e celebrata nella Liturgia, molto cauta sul ruolo del­
la ragione e delle definizioni sistematiche in materia di

24 Vedi più avanti nel testo il problema della responsabilità de­


gli atti dell'uomo, per esempio.
25 Cf. Perrone, cit., pp. 285ss.
Introduzione 19

divini misteri. Questi misteri sono oggetto di una rivela­


zione gratuita da parte di Dio all’uomo e proposti assai
più alla sua adorazione che non alla sua speculazione fi­
losofica. I temi privilegiati dalla letteratura monastica pa­
lestinese del VI, VII, V ili secolo sono quelli della vita
ascetica e della purificazione del cuore come condizioni
decisive per accedere alla conoscenza di Dio. Li ritrovere­
mo nel nostro testo, testimoni anch'essi dell'identità mo­
nastica e palestinese dell’autore. Come pure di evidente
matrice palestinese è anche la sua cultura giudaica, cioè
tutte quelle tradizioni e leggende che traspaiono dal testo
e che spesso sono le stesse che si ritrovano nel Corano, il
quale molto probabilmente le ha ricevute, a sua volta, per
la mediazione di quei giudei o giudeo-cristiani che passa­
rono all’Islam 2Ò. Era questo, appunto, lo sfondo comune
della cultura palestinese, cristiana e non cristiana, quando
in Palestina si affacciò l’Islam. E indubbiamente l’Islam
deve aver dato un forte impulso alla concentrazione della
riflessione teologica sull’essenziale, facendo passare in se­
condo piano le dispute di scuola e il contenzioso tra le di­
verse denominazioni cristiane. Possiamo trovare dei buo­
ni indizi di questa svolta negli scritti del patriarca Sofro­
nio e del Damasceno. Il primo, che già aveva vissuto la
tragedia dell’invasione persiana e poi la rivincita dell’im ­
peratore Eraclio, ora, all’approssimarsi della nuova mi­
naccia rappresentata dall’invasione islamica, si concen­
tra su un'autoaccusa angosciosa perché a causa dei no­
stri peccati i Saraceni si sono levati contro di noi in mo­
do inatteso 27. Lui stesso poi prenderà atto del fatto com­
piuto e accettando il terribile giudizio di Dio tratterà la
resa di Gerusalemme col Califfo Omar nel febbraio 63828.
Circa un secolo dopo, il Damasceno considera
l’Islam con uno sguardo più lucido e penetrante di quel
che non fosse il terrore oscuro che si legge nelle pagine di
Sofronio. I suoi scritti sull’Islam sono una consapevole e

26 Cf. Manns, L’histoire du judéo-christianisme, in Tantur Pa-


pers, cit., p. 131; Schlatter, op. cit., pp. 251-264.
27 Cf. Sinodica, PG 87, 3197D.
28 Cf. Abel, La prise de Jérusalem, cit., p. 123.
20 Introduzione

ben documentata confutazione di dottrine islamiche 29.


Anzi sembra che gli argomenti di cui tratta - creazione
finita o continua, responsabilità degli atti dell'uomo, li­
bertà o costrizione nella fede - siano oggetto di dibattito
non solo all'intemo dell’Islam ma anche tra musulmani
e cristiani. Infatti uno dei due brevi scritti dedicati
all'Islam si intitola proprio «Discussione tra un saraceno
e un cristiano» e si svolge in forma di domanda e rispo­
sta: «Se il saraceno ti dice... tu rispondi...». Quasi tutti i
temi della controversia di Giovanni Damasceno saranno
ripresi dal nostro, come farò osservare nelle note: segno
evidente dell'importanza cruciale di questi temi nel di­
battito islamo-cristiano del tempo, ma segno anche di
una continuità di pensiero tra il Damasceno e il nostro.
Inoltre nelle opere maggiori del Damasceno 30 si può co­
gliere forse ancora di più il segno della svolta epocale che
l’Islam impone alla riflessione teologica-cristiana, nel De
fide orthodoxa31, per esempio, sintesi geniale di dottrina
cristiana fondamentale, formulata a partire dalla Scrittu­
ra e dalle interpretazioni che ne hanno dato i Padri e i
Concili. Di quest'opera infatti è stato detto che costitui­
sce la prima Summa di pensiero cristiano.
Dunque nelle pagine del nostro autore ritroveremo
spesso il segno dell'uno o dell'altro di questi due grandi
maestri, sia nella scelta dei temi, che nel metodo col qua­
le sono sviluppati.
Il perno del confronto islamo-cristiano anche per il
nostro è costituito, ovviamente, dai due temi classici che
sono il fondamento della fede cristiana e che l'Islam reci­
samente nega: Trinità e Incarnazione. Per questo Miss
Gibson intitolò la sua edizione del testo «On thè Triune
nature o f God»; ma, a parte una pagina dedicata ad espor­
re quelle analogie che già erano divenute classiche nella
teologia trinitaria dei Padri 32, il grosso dell'esposizione si
fonda sulle Scritture e si confronta col Corano. Ad un cer­

29 Cf. Jean Damascène, cit.


30 Cf. PG 94.95.96; l’edizione critica di Kotter, cit.
31 Cf. PG 94, 789-1228.
32 Cf. Haddad, op. cit., pp. 115ss.
Introduzione 21

to punto sembra addirittura che l’autore metta sullo stesso


piano Bibbia e Corano, appellandosi ad entrambi come li­
bri rivelati (pp. 60; 61; 83). In realtà tutte le sue argomen­
tazioni si basano sulle Scritture e sulle tradizioni cristiane.
Qual è dunque il valore da dare a quel suo appello alle “no­
stre" e alle “vostre" Scritture? Credo che si possa rispondere
solo dopo aver esaminato il metodo col quale l'autore cita
dette Scritture, Bibbia e Corano. Le differenze sono davvero
grandi. Prima di tutto, ed è naturale in un testo cristiano, il
materiale biblico è assai più abbondante di quello corani­
co; inoltre, e questo è ancor più interessante, il materiale
biblico è talmente assimilato o, come dicono i Padri, rumi­
nato, da distinguersi a fatica dalle parole proprie dell’a uto­
re. Parafrasi, reminiscenze, citazioni, ricuciture di testi di­
versi e talora lontani, costituiscono la trama profonda, la
struttura portante del suo pensiero. Insomma la Bibbia è il
suo libro, la fonte prima della sua ispirazione. Questo libro
è tanto "suo" da poterne disporre con “spregiudicatezza”.
Evidentemente cita a memoria, qualche volta scambia un
testo per l’altro, un autore o un personaggio per l’altro. Non
si tratta certo di un metodo originale, anzi tutte le letteratu­
re patristiche, greche, o siriache, o latine, o altro, si compor­
tano con la Bibbia allo stesso modo. Il nostro autore si in­
scrive naturalmente nel solco della letteratura patristica33.
Se poi passiamo all’esame delle citazioni coraniche
dobbiamo notare, come ha già fatto il p. Samir, che il Cora­
no è citato con disinvoltura ed eleganza, da un buon cono­
scitore attento e intelligente. Ma il Corano non è il “suo”li­
bro. Se la lettera è sempre riferita in modo esatto e perti­
nente, non si potrà mai dire che il suo contenuto si impa­
sti, per così dire, con il pensiero dell’autore. Il Corano resta
un documento estraneo, da studiare con onestà e rispetto,
ma senza lasciarsene coinvolgere. Citazioni esatte e analisi
obiettiva del testo coranico sono certamente da attribuire a
merito dell’autore. Come vedremo, e in parte ho già accen­
nato, la sua cultura islamica sembra dipendere molto dagli
scritti del Damasceno, e quindi da una fonte sicura.

33 Come farà alla fine del secolo, un altro melchita, Abu Qur-
rah. Vedi Samir, Les citations bibliques..., cit.
22 Introduzione

Si capisce meno invece come mai un autore tutt’altro


che ingenuo abbia potuto tentare una lettura "cristiana"
dell’uno o dell'altro passo coranico. Si tratta infatti di un
tentativo destinato subito a fallire, subito smentito dal
contesto. Escludo che l’autore non lo sappia. Piuttosto mi
pare di ritrovare in quest’elemento un indice prezioso delle
finalità dello scritto. Sembra che l’autore voglia suggerire a
destinatari cristiani una lettura attenta del testo coranico
e l’individuazione di contraddizioni interne assai gravi. Se
questo discorso fosse fatto a musulmani sarebbe senz’al­
tro controproducente; ma è fatto a cristiani che hanno bi­
sogno di imparare a leggere il Corano e a parlarne, testo al­
la mano, senza reticenze e senza inutili polemiche. Un
esempio mi sembra particolarmente illuminante. Citando
esattamente il Corano l’autore vi legge che Gesù plasmò
un uccello d ’argilla, vi soffiò sopra e l’uccello, col permes­
so di Dio (Corano 3, 49), divenne un uccello vivo. È trop­
po chiaro che quell’inciso «col permesso di Dio» vuole
proprio negare la divinità di Gesù che il nostro instanca­
bilmente afferma nel corso di tutto lo scritto. Dunque, non
si può argomentare con un musulmano dicendogli: Il tuo
libro dice che Gesù crea, creare appartiene all’operare di
Dio, quindi anche il tuo libro dice che Gesù è Dio. La logi­
ca è ineccepibile, ma m i sembra più probabile che l’autore
si serva di questo argomento ad hominem per sollevare
un problema interno al testo coranico, una sua ambiguità
rispetto al concetto di creazione. Ci tornerò nel corso del
commento. Del resto quest’ipotesi mi sembra confermata
dal fatto che, proprio alla fine del suo scritto, l’autore ri­
prende l’espressione coranica «col permesso di Dio» (p.
125); ma questa volta per attribuirla a se stesso, a buon
diritto e con l’aria di una lieve battuta ironica.
Fa onore al nostro autore il suo parlare chiaro e
onesto, che sa sempre evitare due scogli opposti: i toni
aggressivi e talora ingiuriosi di molti apologisti cristiani
di lingua greca 34 come pure quelle disquisizioni logiche
34 Khoury, op. cit., Avertissement, p. 7, rimpiange di aver dovu­
to riferire nel suo studio le espressioni ingiuriose degli autori bizan­
tini relative all'Islam. Cf. anche Gaudeul, op. cit., passim.
Introduzione 23

e filosofiche che saranno predilette più tardi dagli apolo­


gisti arabi cristiani, una volta venuti in possesso dei
nuovi strumenti fom iti dalla filosofia greca 35. Infatti, se
una lettura cristiana del Corano non può certo persuade­
re un interlocutore musulmano, meno ancora potrà es­
sergli utile il secondo tipo di confronto, logico-filosofico,
che porta fuori strada entrambi gli interlocutori, entram­
bi credenti in una Parola rivelata.
Dunque, l’autore scrive per i cristiani che sono co­
stretti a confrontarsi con l'Islam. Il suo però non è un te­
sto didattico, ma omiletico, e per di più intercalato da
preghiere, azioni di grazie, suppliche, esclamazioni, in-
terpellazioni dirette. Sicché lo scritto assume un anda­
mento quasi liturgico, con quelle caratteristiche di azio­
ne drammatica di cui si è arricchita la liturgia bizantina
ad opera soprattutto dei suoi compositori di origine si­
riaca. Spesso infatti si possono riconoscere nel nostro
autore stile e temi delle composizioni liturgiche di Sofro­
nio di Gerusalemme36.
Il contenuto dogmatico dell'esposizione è lineare.
Prima di tutto all’autore preme la retta professione di fe­
de. È chiaro che lui, melchita, è un fedele seguace dell'or­
todossia calcedonese; ma la sua esposizione sobria ed es­
senziale è più vicina al Simbolo della fede che non alle
definizioni conciliari. Così come la Sinodica del patriar­
ca Sofronio è una professione di fede formulata secondo
l'ordine del Credo 37. Le diverse confessioni cristiane
uscite dallo scontro drammatico delle controversie cri-
stologiche potrebbero consentire con lui. Il suo problema
è un altro: fondare ogni elemento del Credo sulle Scrittu­
re, mostrare che Teologia ed Economia sono insieme
l'unico oggetto dell’A ntico e del Nuovo Testamento (pp.
54; 56). Teologia, nel suo significato originario, cioè il
mistero trinitario e la rivelazione di quella comunione li­
bera d'amore che è la vita stessa delle tre divine persone;

35 Cf. Haddad, op. cit., pp. 232ss.


36 Cf. per esempio i tropari delle Grandi Ore delle liturgie di
Natale e dell’Epifania ancor oggi in uso nella liturgia bizantina.
37 Cf. Schònborn, op. cit., p. 100.
24 Introduzione

Economia, cioè tutto il complesso delle divine disposi­


zioni relative all’incamazione di Uno della T rinità38 per
la salvezza del genere umano dalla disobbedienza-pecca-
to-morte e per il suo accesso alla vita divina. Obbedien­
za libera e amante del Figlio che cancella la sfiducia e la
ribellione dell'uomo, il suo rifiuto di obbedienza filiale al
Padre. Sono i temi classici della Patristica, riformulati
ora in vista dell’Islam, o meglio dei cristiani costretti a
confrontarsi con l’Islam.
Ora il Corano si presenta come II libro rivelato se­
condo verità a conferma delle Scritture rivelate prim a
(Corano 5, 48). Di fatto nel Corano rifluiscono vari ma­
teriali giudeo-cristiani, biblici e soprattutto apocrifi; ma
l’interpretazione del fenomeno non è affatto semplice.
Da parte cristiana non ci si riconosce più nei personaggi
e nelle storie di contenuto biblico o parabiblico contenu­
te nel Corano e da parte musulmana cristiani ed ebrei
sono accusati di avere falsificato le loro Scritture. Più
volte e in vari modi il Corano ritorna su questa accusa:
O Gente del libro! Ecco che è venuto a voi il nostro
messaggero a spiegarvi molte parti del Libro che ave­
vate nascoste e per abrogarne molte (Corano 5, 15). Il
libro di cui qui si parla è, secondo il Corano, quell’unica
scrittura, la madre del libro, che nella storia dell'uma­
nità Dio ha fatto scendere più volte e in forme diverse
sui suoi messaggeri fino all’ultimo e definitivo, Muham-
mad, al quale Dio ha affidato il Corano, una luce, un li­
bro limpido (Corano 5, 15) 39. Le Scritture rivelate pri­
ma, delle quali parla il Corano, di fatto non sono altro
che le pagine stesse del Corano dedicate a interpretare e
raccontare quelle Scritture. Perciò, alla fine, che un cri­

38 L’espressione "Uno della Trinità” ha una storia complessa


nelle vicende delle controversie cristologiche in Palestina; cf. Perro-
ne, op. cit., passim . Sofronio la riprende nella sua omelia per l’An­
nunciazione, intendendo così stabilire l’indissolubilità di Teologia ed
Economia nella proclamazione della fede cristiana. Cf. Schonbom,
op. cit., p. 122. Il medesimo sentire si ritrova nel nostro e per questo
la uso.
39 Cf. Gaudeul-Caspar, Tahrif, cit.
Introduzione 25

stiano si appelli alle proprie Scritture non ha alcun va­


lore per un interlocutore musulmano. Nel nostro autore
non c ’è traccia di questo problema. Possibile che lo
ignori? Impossibile, direi, data la sua profonda cono­
scenza del Corano. Se non ne parla, probabilmente è
perché per lui e per i cristiani che intende istruire non
esiste altro fondamento più solido della Bibbia. Questo è
conforme alla tradizione della teologia palestinese poco
incline alle speculazioni filosofiche e più aderente alle
formulazioni primitive del dogma. In ogni caso l’argo­
mento delle Scritture è l’argomento principe per il nostro
autore nel suo confronto con l’Islam. Tutte le Scritture
fin dal principio parlano della Trinità e dell’Incarna-
zione (pp. 54, 56). «Anche voi nel vostro libro trovate
che...» (pp. 60, 83). Assai di frequente sarà questa la
formula di passaggio da una esposizione di dottrina cri­
stiana a un invito a credere nel Messia, Dio perfetto-Uo-
mo perfetto, paradosso inattingibile per la ragione, non
per il cuore che si purifica per accoglierne il dono. Nelle
Scritture per il nostro autore è la vita eterna (p. 55) per­
ché in esse è la rivelazione del Dio Uno-Trino (pp. 54,
55) e la promessa del Messia (pp. 92ss.). Tutte le Scrittu­
re parlano di lui, tutti gli eventi della vita terrena del
Cristo confermano con il fatto la veridicità delle Scrittu­
re (pp. 102; 103; 108 e passim). Evento e profezia si
confermano a vicenda: la profezia che si compie nel­
l’evento dimostra la sua veracità, l’evento conforme alla
profezia esige l’adesione di fede.
L’autore non è affatto reticente sulle sue intenzioni:
il suo scopo è l’annuncio del Vangelo ai credenti del­
l’Islam.
La sua professione di fede è franca e precisa, quanto
è esatta e rispettosa la sua conoscenza dell’Islam. Si tro­
va dunque nelle condizioni migliori per rivolgere un invi­
to a credere nel Messia, Dio perfetto-JJomo perfetto, atte­
stato da tutte le Scritture antiche e nuove, nonché certifi­
cato dagli eventi della sua vita terrena. Questi inviti a
credere nel Messia si susseguono dalle prime alle ultime
pagine dello scritto: «Così gli uomini devono credere» (p.
58), cioè nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, Dio
26 Introduzione

unico, adorato dagli Angeli e rivelato dalle Scritture fin


dal principio. «Questa è la nostra fede e la nostra profes­
sione di fede» (p. 63); «Che c ’è di più chiaro e lumino­
so?» (p. 75); «Considera, o uomo!» (pp. 79; 112 e pas­
sim,); «Chi è Costui?» (p. 87); «Per la mia vita!» (p. 91 e
passim,); «Sappiano gli uomini!» (p. 128 e passim);
«Quale lavacro può togliere i peccati... se non l’immer­
sione battesimale nel nome del Messia?» (p. 132); «Non
mentite!» (p. 96);«Temete Dio e attenetevi alla Parola del
Messia senza dubitare di Lui!» (p. 98); «Obbedite ai se­
gni!» (p. 104); «Fa' attenzione... comprendi, o uomo, la
profezia dei profeti e l’opera del Messia!» (p. 108); «Beato
chi non dubita del Messia!» (p. I l i ) ; «Crediamo nel
Messia!» (p. 119); «Non dire che parliamo di due dèi!»
(p. 93). Il Messia è Uno, Uomo perfetto-Dio perfetto, una
sola persona in due nature 40.
Dunque, l’invito a credere è fatto ripercorrendo le va­
rie tappe della storia della salvezza, qual è consegnata
nell Antico e nel Nuovo Testamento, e continuamente mo­
strando la concordanza evento-profezia, profezia-evento.
Agli occhi dell’autore l’argomentazione è stringente, ma
solo relativamente. Da una parte, discorsi e parole poco
giovano alla conoscenza di Dio, senza fede, pietà, timor di
Dio e purezza di cuore. Così troviamo a p. 58. D’altra par­
te, e questo è quel che più conta, Dio non vuole costringe­
re le sue creature (p. 100) e proprio qui sta la sua gran­
dezza e la sua gloria (ibid.). Colui che regna sui cieli, sul­
la terra, e su quanto è in essi con potenza e maestà e
nessuna cosa creata può contraddire la sua volontà (p.
100), per gli uomini ha voluto un'altra via, quella di una
risposta libera e amante al suo amore misericordioso. Dio

40 Anche il Damasceno (cf. Jean Damascène, cit., p. 244) ha cu­


ra di precisare l'unità della persona del Verbo nelle due nature, in ri­
sposta alle obiezioni del musulmano. Molto probabilmente, alle dif­
ficoltà della ragione posta di fronte al mistero dell’unione ipostatica,
per i musulmani contemporanei del Damasceno e del nostro autore
si sono aggiunte anche quelle residuate dalle controversie cristologi­
che in ambiente cristiano, cioè tra monofisiti, nestoriani, calcedone-
si, monoteliti. Cf. Perrone, c i t passim.
Introduzione 27

ha parlato e la sua Parola si offre all’ascolto dell’uomo e


alla sua obbedienza (p. 100), ma libera e amante come
quella del Figlio, che proprio per mezzo della sua umilia­
zione ci ha innalzati al regno (p. 97). Il Messia, Dio da
Dio e uomo vero (p. 85), ha operato dei segni; ma questi
segni, come le sue parole, non hanno lo scopo di costrin­
gere, bensì quello di persuadere. E l'autore cita il Vangelo
secondo Giovanni: Se non credete in me, credete almeno
alle opere che compio! 41 (p. 83). Il Messia, Dio-Uomo e
mediatore tra noi e Dio, Agnello di Dio, ha comandato
agli Apostoli di disperdersi per tutto il mondo e di an­
nunciare a tutti il regno del Cielo e la conversione (p.
85). Il Messia Dio-Uomo, Mediatore, Agnello, ha mandato
i suoi Apostoli come pecore in mezzo ai lupi (p. 86). Il
Messia è disceso dal cielo per la nostra salvezza (p. 83) e
questa si compie sotto il segno dell'Agnello. Gli Apostoli si
sono sparsi per il mondo a compiere la loro missione; ma
questa fu sempre contrassegnata dal paradosso dell'estre­
ma debolezza e povertà congiunte all’energia divina dello
Spirito Santo, per mezzo del quale il Messia era con loro e
li fortificava (pp. 89, 90).
In continuità con il carattere della missione aposto­
lica, anche il nostro autore annuncia il Vangelo con
grande franchezza e libertà, senza mai fare uso di toni
violenti, aggressivi, polemici. Alcuni studiosi hanno vo­
luto spiegare la moderazione degli apologisti cristiani
arabi con le circostanze della loro vita in terra d'IsIam;
ossia la prudenza o la paura. Che ci fossero buoni motivi
per assumere atteggiamenti prudenti è indubbio. Proprio
nel 743, per fare un esempio, Pietro, vescovo di Maiuma
nei pressi di Gaza, subì il martirio da parte dei m usul­

41 Gv. 10, 38. Nella stessa linea del nostro si muovono alcuni
esegeti moderni di Giovanni. Così Brown, cit., p. 537: «Le opere di
Gesù in Giovanni... sono segni che portano alla comprensione, piut­
tosto che prove convincenti. La risposta ad esse è una risposta di fe­
de, piuttosto che di riconoscimento intellettuale». Ben altro peso nel
Corano ha l’appello ai segni che gli intelligenti non possono non ri­
conoscere. Di': Questa è la mia via, io chiamo a Dio fondandomi su
visibile prova (Corano 12, 108 e passim).
28 Introduzione

mani per aver condannato Muhammad, la sua mitogra-


fia e tutti quelli che vi credono 42; e a lui successe
nell'episcopato Cosma, fratello adottivo del Damasceno,
il quale a sua volta non ebbe remore nel dichiarare con
grande franchezza la propria fede e il proprio giudizio
sull’Islam.
In ogni caso non si può dire del nostro autore che le
sue tesi siano suggerite dalle circostanze. È evidente che
la sua mitezza non è tattica, ma attinta direttamente al
cuore del messaggio evangelico: il segno del cristiano è il
segno dell’Agnello. Io vi mando come pecore in mezzo
ai lupi (p. 86). Con la sua morte il Cristo ha vinto la
morte (p. 81).
Altrettanto essenziale nello spirito del Vangelo, oltre
al tema della mitezza, è quello della libertà del credere e
della gioia nella sequela del Messia. Di libertà e di gioia
si parlerà spesso nel nostro testo. Il Messia disceso sulla
terra è per gli uomini gioia, pace e misericordia... La
gioia di Dio ha preso dimora in mezzo agli uomini (p.
103 e passim). Dio vuole che gli uomini credano e obbe­
discano a Lui liberamente, sicché possa ricompensarli
in verità (p. 116) 4Ì. Si potrà osservare che questi temi

42 PG 94, 476.
43 Evidentemente, l’autore qui si confronta discretamente,
co m e nel suo stile, con la dottrina islamica del Kasb, acquisizione.
La radice KSB, dalla quale deriva il sostantivo Kasb, è m olto usata
nel Corano. Vedi per esem pio Corano 2, 81: Chi acquista del male ed
è irretito nel peccato sarà dannato al fuoco e vi rimarrà in eterno. La
dottrina dell’acquisizione o Kasb fu formulata più tardi dai dottori
islamici; ma il problema che si sforza di risolvere e che, com e ac­
cennavo, è già presente nel Corano, è stato dibattuto fin dagli inizi
della riflessione all'intemo dell'Islam e presumibilmente anche nel
dialogo islamo-cristiano. Il problema consiste nella difficoltà di con­
ciliare l’onnipotenza divina con la responsabilità dell'uomo e la re­
tribuzione dei suoi atti da parte di Dio, sia per il premio che per la
condanna. Se Dio è il creatore assoluto dell’uomo e dei suoi atti (Co­
rano 37, 96), come si può parlare di responsabilità dell’uomo e di re­
tribuzione divina per ciò che egli fa? La dottrina del Kasb ritiene
che Dio è sì l’unico autore dell’uomo e dei suoi atti, ma in più crea
nell’uomo la capacità di acquisire i suoi atti, sia buoni che cattivi.
Introduzione 29

non sono sufficientemente sviluppati; ma si tratta di te­


m i cari alla letteratura patrìstica in genere e a quella si-
ro-palestinese in particolare. Inoltre è noto che ai Padri,
specialmente se monaci, non preme l’originalità nella
formulazione del loro pensiero, quanto la fedeltà alla sa­
na dottrina, ricevuta e trasmessa ai credenti di genera­
zione in generazione 44 Quest’umile proposito in ogni ca­
so non impedisce al Damasceno e ad altri grandi maestri
di esprimere vigorosamente la propria personalità nella
rielaborazione del deposito tradizionale della fede. Quan­
to al nostro autore, è possibile che non si dilunghi a spie­
gare, o perché il suo testo è una specie di canovaccio da
sviluppare a voce, oppure perché suppone i suoi lettori
cristiani già ben edotti in materia, se non altro perché si
tratta di temi proposti con frequenza dalla liturgia, nel
caso quella bizantina 45.

Questa acquisizione è il fondamento della retribuzione. Per lo stu­


dio di questo problema rinvio alla voce Kasb in EI2 a cura di L. Gar-
det; Caspar, Traiti, cit., pp. 132.180.229. In ogni caso il nostro auto­
re ha cura di affermare vigorosamente che l'uomo è libero dei suoi
atti e che la ricompensa di Dio è vera e non fittizia come nel caso
del Kasb. Cf. nota 224 al testo.
44 II Damasceno per esempio dichiara espressamente che il suo
intento non è quello di dire qualcosa di suo, ma solo di esporre le
dottrine insegnate prima di lui da uomini sapienti e santi. Cf. PG
94, 533A.
45 Nei testi liturgici, soprattutto quelli dedicati alla Natività,
all’Epifania, alla Pasqua, all’Annunciazione, assai di frequente ritor­
nano i temi della libertà, della gioia, deU'umiliazione volontaria del
Verbo di Dio, che con la sua morte ha vinto la morte. Cf. per esem ­
pio dal poema del Damasceno per la liturgia di Pasqua: Volontaria­
mente, o mio Salvatore, ti sei offerto al Padre e risorgendo dalla tomba
hai fatto risorgere con te tutta la stirpe di Adamo!... Pasqua del Signo­
re, Pasqua! Dalla morte alla vita, dalla terra al cielo, Cristo Dio ci ha
fatti passare cantando l’inno di vittoria!... Godano i cieli, esulti la ter­
ra! Giubili tutto il cosmo visibile e invisibile: Cristo è risorto! Gioia
eterna! Le m edesime idee di questi e simili testi liturgici, spesso at­
tribuiti oltre che al Damasceno, a Sofronio di Gerusalemme o a Co­
sma di Maiuma, si ritrovano nelle opere extra liturgiche dei medesi­
mi autori. Del resto i motivi di libertà e di gioia che ispirano gli
30 Introduzione

Infatti se la dottrina del nostro autore è quella tradi­


zionale, già formulata dai grandi Padri e dai Concili, la
sua fonte più diretta e immediata sembra da ricercare
nelle rielaborazioni che di questa dottrina hanno dato i
teologi palestinesi. Così, reinserite nel respiro più ampio
della riflessione teologica di Sofronio e di Giovanni, le
brevi proposizioni apodittiche del nostro rivelano tutto il
loro spessore. Se la fede non può essere oggetto di costri­
zione, se Dio si compiace della libertà e della gioia del­
l’uomo, se all’uomo è proposta u n ’obbedienza necessaria
e salvifica, ma assolutamente libera, questo è perché al
cuore della rivelazione cristiana c ’è la rivelazione che Dio
è amore fi Gv 4, 8), amore che non si possiede gelosa­
mente, ma si dona nella comunione trinitaria, amore
che si dona senza subire diminuzione, amore che si rice­
ve senza per questo essere di natura inferiore, nella Tri­
nità Una e Indivisa senza confusione. Dottrina tradizio­
nale certo, ma instancabilmente ripetuta, o meglio cele­
brata, cantata, dalla liturgia. Amore vuol dire vita e li­
bertà. Questa è la trascendenza del Dio cristiano, non
quella di un essere supremo dominatore di tutto ciò che
è altro da Lui; ma la trascendenza dell’amore, il parados­
so dell’amore che donandosi suscita vita, libertà, gioia,
amore 46.
Il proprio dell’immagine di Dio nell’uomo è la li­
bertà 47 libertà del Figlio eterno del Padre che a Lui obbe­
disce non per necessità, ma volontariamente, in un libe­
ro slancio d ’amore, libertà dell’uomo che liberamente

scritti patristici sono certo attinti al Nuovo Testamento; cf. per


esempio 1 Gv. 1, 4: Vi scriviamo queste cose perché la vostra gioia sia
piena; e passim. Oltre ai libri liturgici greci, cf. Schònbom, op. cit.·,
Giovanni Damasceno, Omelie cristologiche, cit.; Sofronio di Gerusa­
lemme, Omelie, cit.
46 Ben diversa è l’idea di Dio suggerita da un testo come que­
sto: Egli <Dio> è il Soggiogatore sovrano dei suoi schiavi, il Saggio
che tutto conosce (Corano 6, 18).
47 Cf. Lampe, op. cit., voce αυτεξούσιος, lunga lista di Padri che
concordano su questo punto. Cito in particolare Sofronio, PG 87,
3229A; Giovanni Damasceno, PG 95, 165D e passim.
Introduzione 31

sceglie di rispondere con amore eguale all’amore divino


che l’ha suscitato.
È indegna di Dio ed è indegna dell’uomo la costri­
zione nella fede 48 proprio perché l’uomo è stato creato
per la libertà e per la gioia dell’amore filiale. Il dono della
libertà è paradossale e misterioso, perché inevitabilmente
include una possibilità negativa: il rifiuto dell’amore-vi-
ta-libertà-gioia. Infatti buona parte del testo è dedicata
all’anamnesi di tutta l’economia salvifica: creazione,
peccato, progressivo aggravarsi della condizione umana,
ripetuti interventi salvifici di Dio, miseria sempre più ra­
dicale dell’uomo. Infine l’autore registra quel grido che si
leva dall'umanità per appellarsi a Dio e riceverne le pro­
messe; e poi il compimento ultimo e perfetto di queste
promesse nel Messia, Uomo-Dio, salvezza e luce, guida.
Qui la storia finisce e non c ’è più posto per altre parole
(p. 98). Con questa vigorosa affermazione è evidente che
l’autore vuole negare la rivendicazione del Corano di es­
sere l’ultima e definitiva Scrittura e di Muhammad come
sigillo della profezia 49. Nel mistero pasquale tutto è com­
piuto. Il Cristo è risorto dai morti, con la sua morte
calpestando la morte e ai morti nei sepolcri donando la
vita! Così canta e instancabilmente ripete la liturgia bi­
zantina di Pasqua50. Così pure ripete il nostro, traducen­
do fedelmente in arabo il testo greco (p. 81). In tal modo
il suo discorso assume un andamento quasi liturgico.
Del resto questo genere di anamnesi di tutta l’Economia
salvifica è assai sviluppato nelle liturgie orientali, nelle
anafore bizantine di san Giovanni Crisostomo e di san
Basilio, per esem pio51.

48 Cf. Corano 2, 256: Non vi sia costrizione nella fede. Questo


passo è però contraddetto da altri, per esempio Corano 9, 29: Com­
battete coloro che non credono in Dio... combatteteli finché non pa­
ghino il tributo uno ad uno, umiliati.
49 Cf. Corano 33, 40: Muhammad... è il messaggero di Dio e il
suggello dei profeti; Corano 5, 48: A te <Muhammad> abbiamo rivela­
to il libro secondo verità a conferma delle Scritture rivelate prima.
50 Cf. Liturgia orientale della settimana santa, cit., II, 196 e passim.
51 Cf. Liturgia eucaristica bizantina, cit.
32 Introduzione

Sempre ispirandosi alla liturgia bizantina, come pure


alla tradizione sirìaca e in particolare al modello di Sofro­
nio, autore di parti rilevanti della liturgia del giorno, il no­
stro autore si diffonde a parlare del Battesimo di Gesù nel
fiume Giordano (pp. 62; 126ss.). Perla tradizione orienta­
le quest’evento è ricapitolativo di tutta la rivelazione: qui
si condensa tutta la Teologia e tutta /'Econom ia52.
Il discorso sul Battesimo di Gesù rinvia necessaria­
mente al sacramento del nostro Battesimo, mistero di ri­
nascita e illuminazione per tutti i fedeli in Cristo (pp. 129;
130; 131). Qui lo scrìtto si ferma e resta tronco, incom­
piuto o perduto. Ma, una volta ricostituito il quadro teolo­
gico e liturgico al quale appartiene, è facile supporre che
avrebbe dovuto contenere almeno una ripresa del tema pa­
squale e quindi di tutti quegli elementi di libertà, volonta­
rietà, gioia, luce, ai quali più volte l'autore ha accennato.

Concluso l’esame del testo, si resta persuasi che l’a u­


tore appartiene a pieno titolo al monacheSimo melchita
palestinese: tematiche, metodo, stile sono stati già visti in
Sofronio e Giovanni, Andrea e Cosma. Tutti e quattro so­
no nativi di Damasco, ma hanno scrìtto in greco. Non
sappiamo quale fosse la lingua madre del nostro; sappia­
mo però che è il primo del suo ambiente a scrìvere di teo­
logia cristiana in arabo. Certo in quest’ambiente è tradi­
zionale la varietà delle lingue, l’agilità, la sicurezza e l’ele­
ganza nel loro uso, data la vivacità intellettuale e il carat­
tere cosmopolita di questo monacheSimo. Quésta volta
però ci troviamo di fronte a due elementi nuovi di grandis­
simo rilievo: la lingua e la presenza dell’Islam. L’arabo or­
mai sta per assorbire tutte le altre lingue presenti nel terri­
torio, divenendo così, prima, lingua popolare, poi lingua
di cultura e infine anche, in parte, lingua di preghiera per
tutti i palestinesi. L’Islam pone l’urgenza di un confronto e
di un ripensamento delle proprie formulazioni teologiche.
Il primo interrogativo riguarda la lingua: l’arabo del
nostro testo cristiano è il medesimo arabo di un testo

52 Cf. nota 51 al testo.


Introduzione 33

musulmano? Ai nostri fini non interessa un esame delle


strutture linguistiche, grammatica o sintassi, ma del voca­
bolario 53. Riguardo al vocabolario ripeterò con il prof.
Coquin 54 che come si è parlato di un greco cristiano o di
un latino cristiano così si deve poter parlare di un arabo
cristiano. Le medesime parole, usate aa un musulmano o
da un cristiano, assumono valori diversi55. Infatti è inevi­
tabile una certa reciprocità di forma e di contenuto. Il tra­
sferimento di un universo di pensiero da una lingua all'al­
tra costituisce sempre u n ’operazione complessa e delicata.
Il contenuto preme sulla lingua e la piega ad esprimere
pensieri nuovi. Esempi illustri di questo fenomeno sono le
traduzioni antiche della Bibbia dall’ebraico al greco, al la­
tino, al siriaco, ecc. 56. Il nostro testo ci mette di fronte a
un fenomeno tipico: da una parte l’autore predilige molti
termini ed espressioni coraniche, per esempio i titoli di
Dio; dall’altra però si affretta prima o poi a svuotarli del
significato che avevano nel loro contesto coranico per tra­
sferirli nel suo universo spirituale cristiano. E u n ’opera­
zione sottile e non priva di ambiguità. Probabilmente, sot­
to la spinta di problemi che oggi diremmo pastorali, l’a u­
tore si lascia interpellare dal testo coranico e ne ricava sti­
moli positivi per un approfondimento più acuto del suo
patrimonio biblico e tradizionale. Il Corano, per esempio,
chiama Dio il Ricco, che non ha bisogno di nulla? Si
tratta di un titolo seducente, ma nel suo contesto esso
contraddice profondamente l’idea cristiana di Dio. Il no­
stro riprende questo nome coranico di Dio (p. 50); ma di­

53 Cf. Blau, op. cit.


54 Christianismes, cit., p. 37.
55 Di questo parere sono Arnaldez, op. cit., p. 173; Haddad, op.
cit., pp. 161 ss.; Gardet, L'Islam, religion et communauté, cit., p. 420;
ed altri studiosi.
56 Così recita l’ultimo documento della Pontificia Commissione
biblica, cit., p. 109: «Una traduzione è sempre qualcosa di più di
una semplice trascrizione del testo originale. Il passaggio da una
lingua a un’altra comporta necessariamente un cambiamento di
contesto culturale. I concetti non sono identici e la portata dei sim ­
boli è differente, perché mettono in rapporto con altre tradizioni di
pensiero e altri modi di vivere».
34 Introduzione

menticando del tutto il contesto dal quale lo ha estratto e


procedendo tranquillamente nella sua esposizione di dot­
trina cristiana. Nelle note il lettore troverà molti altri
esempi. Talora si tratta di punti minori, talaltra di dottri­
ne fondamentali, come quelle relative alla creazione finita
o continua, alla libertà o alla costrizione, ed altre.
Così per questa via pacata e quasi nascosta, in
realtà l'autore rivisita le più importanti dottrine islami­
che e ne prende le distanze con mite ma chiara fermezza.
Anche il Damasceno, del resto, mentre esalta i titoli
del Dio-Uno, dà a questa lista il titolo La Santa Trini­
tà 57. E così dimostra di non dimenticare mai il confron­
to con l’Islam anche quando non ne tratta direttamente.
Oltre all’Islam e prima dell’Islam c ’è un'altra grande
presenza che dovrebbe far riflettere il nostro palestinese,
quella di Israele. Come ho già accennato e come si vedrà
dalle note, le frequenti allusioni a leggende e apocrifi
dell'Antico Testamento dimostrano una buona cultura
dell’autore anche in questa materia. 0 meglio, questo
materiale apocrifo costituisce il fondo comune della cul­
tura popolare di ebrei, cristiani e musulmani; dunque, in
certa misura, è un punto di riferimento obbligato per
qualunque discorso religioso. Non pare però che l’autore
vi annetta grande importanza. Anzi, quanto è forte in lui
l’aderenza alla storia salvifica secondo le Scritture, e
quindi il rilievo dato all'ascendenza davidica del Messia
da Maria, e ad Israele, in quanto portatore delle profezie
e delle promesse messianiche, altrettanto scarsi sono gli
accenni all’Israele dopo Cristo e suo contemporaneo. Si
potrebbe osservare che non era questo il suo tema, ed è
vero. Forse però c ’è qui il sintomo di una certa insensibi­
lità, propria del resto a molta letteratura patristica, per il
dramma contemporaneo di Israele. In fondo nel nostro
troviamo pochi cenni a Israele: il Messia è il divino Pa­
store di Israele e delle genti (p. 102); ma Israele ha disob­
bedito al piano di Dio e il suo peccato è stato punito con
la distruzione del Tempio e la diaspora (pp. 117; 122). Al-

57 PG 94, 808BC.
Introduzione 35

lora Dio, come già i profeti avevano annunziato, ha dato


al Messia un altro popolo58, il popolo dei credenti in Lui,
provenienti da Israele e dalle genti. Certo, anche gli auto­
ri rabbinici vedono nella distruzione del Tempio e nella
diaspora un castigo per il peccato. Anzi, questo effetto
del peccato e della disobbedienza a Dio era stato già an­
nunciato dagli autori dell’A ntico Testamento e special­
mente dai profeti; ma da un autore cristiano ci si poteva
attendere una visione teologica più ampia, una compas­
sione più viva ed effettiva per una situazione contempo­
ranea che non doveva essere meno dura di quella dei cri­
stiani.
Con ben altro fervore il nostro parla delle genti e
della missione universale, salvifica per tutta la stirpe di
Adamo del Messia (pp. 66-68). Un testo della Genesi,
nella sua redazione greca, l'ha particolarmente colpito e
vi ritorna più volte. Il Messia è la speranza delle nazio­
ni (Gn 49, 10 LXX). Ed esse, aggiunge lui, sono il suo
tesoro (pp. 92; 117 e passim). Così in poche parole è de­
scritto mirabilmente un cerchio che abbraccia in un
unico atto di amore tutto Dio e tutto l’uomo: Dio, che è
amore e che instancabilmente si offre quale misericor­
dia, guida, salvezza, gioia a tutta la stirpe di Adamo (p.
64); l'uomo, che solo nel Messia può conoscere Dio e
trovare riposo al suo bisogno radicale di luce e di mise­
ricordia. Solo il Messia infatti è la luce di Dio apparsa
agli uom ini (pp. 64.80). È apparso sulla terra il bene­
placito di Dio per salvare la nostra stirpe, dice Sofro-
nio nell'ufficio bizantino delle Grandi Ore della vigilia di
Natale. E gli uom ini sono il tesoro del Messia perché
proprio loro sono l'oggetto del suo amore e del suo desi­
derio. C'è qui solo un abbozzo di Teologia delle genti, ma
così intenso e quanto ben fondato! Il fondamento è ad­
dirittura uno sguardo profondo sul mistero di Dio, che è
amore, e sul mistero dell'uomo che solo in quest’amore
si realizza e gode.

58 Cf. Deut. 32, 21: Mi resero gebso con ciò che non è Dio... Io li
renderò gelosi con uno che non è popolo... e passim.
36 Introduzione

In questo squarcio l’autore si rivela grande e degno


di quella vocazione universale alla quale è chiamata la
Chiesa di Gerusalemme.
Il nostro testo non propone un pensiero teologico
originale; ma sembra indicare quella che potrebbe essere
stata ed essere tuttora la vocazione della Chiesa araba di
Palestina. La sua collocazione geopolitica, come la sua
storia l’hanno posta a un crocevia di molte correnti cul­
turali, spirituali ed esistenziali. Questo è il suo dramma,
ma anche la sua ricchezza e la sua naturale predisposi­
zione a una professione di fede dommaticamente sicura
ed essenziale, attestata sulla grande Tradizione, nutrita
dalle singole tradizioni particolari, ma senza identificarsi
con alcuna di esse.
Non potrebbe esserci preparazione più idonea per
un confronto con le due grandi fedi che con lei convivo­
no nella sua stessa area geografica: l’Ebraismo e l’Islam.
Un confronto, ripeto, dommaticamente sicuro della pro­
pria fede - pronti sempre a rispondere a chiunque vi
domandi ragione della speranza che è in voi fi Pt 3,
15) - franco, senza sincretismi o confusionismi; ma in­
sieme rispettoso, intelligente delle ragioni dell’altro, di­
sponibile a lasciarsi stimolare dall’altro per scavare più a
fondo nella propria identità cristiana.
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TRASLITTERAZIONE
DELL’ALFABETO ARABO

' (hamzah)
s
à
d
i
t
ù
z
b
t
t
f
è
q
h
k
h
1
d
m
d
n
r
h
z
w
s
y
s
Palestinese anonimo
OMELIA ARABO-CRISTIANA
DELL’VIII SECOLO
APERTURA

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito San­


to, Dio U nico!1
O Dio, per la tua misericordia 2 abbiamo potuto

1 Nell’area semitica, giudeo-cristiana o islamica, nessun atto


importante, nessun documento solenne, nessuna azione liturgica,
nessuno scritto comincia altrimenti che con l’invocazione del Nome
di Dio. L'uso pare antichissimo, cf. Jomier, op. cit. In ogni caso esso
è comune ancora oggi in Medio Oriente, sia tra gli ebrei che tra gli
arabi, cristiani o musulmani. Naturalmente, le formule sono diverse
per gli uni e per gli altri conforme alla rispettiva professione di fede.
Tutte le sure, o capitoli, del Corano iniziano con la Basmala, o invo­
cazione del nome di Dio, eccetto la nona. Qui abbiamo una Basmala
cristiana. Si deve notare però che mentre tutti gli altri cristiani gre­
ci, siriaci, latini, ecc., dicono: Nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spinto Santo. Amen, i cristiani arabi, a partire dal VII secolo e fino
ad oggi, in confronto con l’Islam hanno ritenuto bene di precisare
meglio la loro professione di fede e perciò dicono: Nel nome del Pa­
dre, del Figlio e dello Spirito Santo, Dio Unico. Amen. Cf. Haddad, op.
cit., p. 252. Certamente, tutte queste formule derivano dalla grande
tradizione biblica, Antico e Nuovo Testamento, relativa alla Teolo­
gia del Nome di Dio. Cf. Von Rad, op. cit., I, pp. 21 lss.; Cothenet,
op. cit.·, Sholem, op. cit.; Carra de Vaux e Gardet, op. cit.; Urbach,
op. cit., I, cap. VII; e bibliografie annesse. Su questa stessa base si è
sviluppata la pratica dell’invocazione del nome di Gesù, alla quale ci
riferiremo più avanti.
2 Misericordia è un termine troppo importante nel vocabolario
cristiano ed anche, sia pure con connotazioni alquanto diverse, in
quello coranico per non tracciarne un breve schizzo. La radice RHM
nell’ebraico biblico e nell’aramaico indica la tenerezza dell’amore
paterno, o meglio materno, di Dio. Cf. per esempio Is. 63, 7.15; Sai.
46 Palestinese anonimo

giungere alla verità e alla retta condotta!3

78/79, 8; 118/119, 77; 144/145, 9; ecc. Il termine astratto, general­


mente tradotto con "amore” o “misericordia”, deriva dal concreto
che significa le viscere materne e dunque denota il fremito di am o­
re, tenerezza, com passione della madre. Cf. i dizionari classici, Zor-
rell, Gesenius, Jastrow. In principio tale doveva essere il significato
della radice anche in arabo. Anche per questo vedi i vocabolari clas­
sici, Kazimirski, Hans Wher, Traini. Tuttavia, aH’intem o della cultu­
ra islamica sembra che la radice abbia subito una notevole evoluzio­
ne semantica. Prima dellapparizione di Muhammad il termine ar-
Rahmàn, il Misericordioso, era usato in molte regioni dell’Arabia
per designare la divinità, specialmente in ambienti giudeo-cristiani,
ma anche in ambienti politeisti, cf. Jomier, op. cit. In ogni caso il
Corano fa grande uso della radice RHM, soprattutto in due termini:
ar-Rahmàn, ar-Rahlm, il Clemente, Misericordioso, usati com e ap­
pellativi di Dio sia insieme che separatamente. Cf. per esempio Co­
rano 1, 1.3: Nel nome di Dio, Clemente Misericordioso. Usato da solo
ar-Rahmàn, il Misericordioso, finisce col divenire un sinonimo di
Allàh, Dio. In tal caso il senso originario della radice scompare e
con ar-Rahmàn si può designare il Dio terribile dal quale i miscre­
denti devono attendersi il castigo. Cf. per esempio Corano 19, 45: O
padre, temo che non ti colga un castigo da parte del Misericordioso·,
25, 26: In quel giorno il regno vero sarà del Misericordioso e sarà un
giorno per gli iniqui tremendo! Del resto nell’opinione di molti com ­
mentatori musulmani la radice RHM applicata a Dio non significa
più tenerezza, ma piuttosto benevolenza sovrana, favore regale. Per
uno studio più approfondito della tradizione musulmana, cf. Gima-
ret, op. cit., pp. 374-382.
Certamente le precisazioni semantiche relative all'uso di questa
radice nell'area giudeo-cristiana e in quella islamica esulano del tut­
to dall’orizzonte del nostro autore. Per lui la misericordia che invo­
ca da Dio è semplicemente quella di cui parlano tanti testi biblici, li­
turgici e patristici; è ben contento inoltre di ritrovare la stessa paro­
la nel Corano. Oggi però rileggendo il suo scritto più di mille anni
dopo, mi pare d’obbligo almeno qualche cenno di riflessione com ­
parata sul contenuto specifico dei termini più importanti riletti
aH’intem o di ognuna delle due tradizioni. L’identità formale dei ter­
mini, l’origine comune da un’unica radice, non significano necessa­
riamente identità di pensiero e di contenuto teologico.
3 Cioè alla conoscenza e alla pratica del cristianesimo. Alla sua
basmala cristiana l’autore fa subito seguire un'altra qualificazione
cristiana del suo pensiero. Cf. Tit. 3, 5: Non per opere di giustizia
compiute da noi Egli ci ha salvato, ma per la sua misericordia.
Apertura 47

Lode a Dio, prim a del quale nulla esiste! Colui che


è prim a di tutte le cose e nulla è dopo di Lui! 4 Colui
che di tutte le cose è l’E red e5, ché a Lui tutte le cose ri­
tornano 6. La sua scienza contiene la scienza di tutte le
cose, e nulla, al di fuori del suo intelletto7, è capace di

4 Lode dunque all’Eterno senza principio né fine, dal quale


tutto trae origine e senza del quale nulla esiste. Questo è il dogma
fondamentale delle Scritture giudeo-cristiane (cf. per esem pio Gen.
1, 1), che riecheggia in molti testi e dossologie del Nuovo Testa­
mento, per esem pio Rom. 11, 36: Da Lui, per Lui, a Lui sono tutte le
cose. A Lui la gloria nei secoli. Amen. Questo è pure il dogma fonda-
mentale del Corano. Cf. per esem pio Corano 39, 62: Iddio è d'ogni
cosa creatore, sopra ogni cosa patrono. E ancora 6, 102; 13, 16; 40,
62; ecc. Cf. Gimaret, op. cit., pp. 163ss. e 279ss. In arabo non esiste
un termine solo per designare ciò che non ha principio e ciò che
non ha fine. Due serie di aggettivi si riferiscono al "Senza princi­
pio”, azali, o al “Senza fine”, abadi. Questo può spiegare in parte la
scelta di espressioni ridondanti anziché il ricorso a una sola parola
nel nostro autore.
5 Cf. Sai. 81/82, 8: Sorgi, Signore, giudica la terra perché tu eredi­
terai tutte le genti-, anche Sai. 2, 8; ecc. Nella visione giudeo-cristia­
na, dire al futuro che anche le genti saranno l'eredità del Signore è
un rinvio escatologico ai tempi messianici, quando per tutte le genti
si realizzerà ciò che prima di quei giorni è attribuito unicamente al
popolo eletto, possesso peculiare, eredità del Signore. Cf. Deut. 9, 29
e passim . In questa linea si esprime anche un grande esegeta rabbi­
nico del salmo succitato, cf. Hirsch, op. cit. Ben diverso è il valore
semantico di erede, warìt, nella tradizione islamica. Cf. Corano
3.180; 15, 23; 19, 40; 21, 89; 28, 58; 57, 10. In Islam Warit, Erede, è
uno dei bei nomi di Dio che Gimaret, op. cit., p. 186, classifica tra
gli attributi di eternità. Sostanzialmente Dio è chiamato l’Erede in
due sensi: a) perché Dio continuerà ad esistere anche quando la sua
creazione sarà finita; b) perché a Lui torneranno tutti i beni da Lui
elargiti agli uomini quando questi non ci saranno più. Evidente­
mente, il nostro autore fa uso di questo titolo inconsueto sotto lo
stimolo del confronto islamo-cristiano. È da notare la positività di
questo stimolo, che induce la riflessione a riscoprire e valorizzare
elementi del proprio patrimonio culturale finora rimasti un po' in
ombra.
6 Cf. Corano 2, 285: Ché tutti a te ritorniamo!
7 Intelletto, testo arabo corretto da p. Samir.
48 Palestinese anonimo

questo 8. A conoscenza di Lui giunge ogni cosa e ogni


cosa Egli conta nella sua scienza!9

8 L’onniscienza è un attributo di Dio sia nella tradizione giu­


deo-cristiana che in quella islamica. In Islam sapienza e potenza so­
no i due attributi maggiori di Dio, in qualche misura correlativi,
poiché spesso la sapienza di Dio è vista in rapporto all’impossibilità
per la creatura di sfuggire al suo giudizo. Cf. per esempio Corano 4,
108: <Gli increduli> cercano di nascondersi agli uomini ma non si
nasconderanno a Dio... Dio abbraccia tutto ciò che essi operano; op­
pure Corano 9, 78: Dio è il conoscitore degli arcani...; 9, 105: Colui
che conosce l’invisibile e il visibile·, ecc. Cf. Gimaret, op. cit., pp.
235ss. e 253ss. Al contrario nel Nuovo Testamento, per esempio Atti
1, 24 e 15, 8, Dio è detto il conoscitore dei cuori, con un termine che
sarà ripreso nella letteratura patristica e liturgica per invocare l’on­
niscienza di Dio a misericordiosissima guida e illuminazione
dell’umana debolezza e insipienza.
9 Cf. Corano 72, 28: Tutto ciò che è in loro Egli abbraccia e ogni
cosa conta a una a una.
PREGHIERA

Noi ti preghiamo, o Dio, per la tua misericordia e


la tua potenza 10, mettici tra coloro che conoscono la
tua verità e seguono ciò che a te piace e <temono> la
tua ira e danno gloria ai tuoi bei nomi u , alle tue im­
magini sublimi!
Tu sei il Clemente, il Misericordioso, il Clementis­
simo 12, l'Assiso sul Trono 13, Tu ti innalzi sulle creature

1° L’accostamento della potenza di Dio alla sua misericordia è


biblico. Cf. Sap. 11, 24.27: Tu am i tutte le cose esistenti e nulla di­
sprezzi di quanto hai creato... Tu risparmi tutte le cose perché tutte
sono tue, o Signore amante della vita! Così pure Sap. 12, 16: Il tuo
dominio universale ti rende indulgente con tutti.
11 Per il pio musulmano i bei nomi di Dio, al-Asma' al husna,
sono i novantanove nomi, o attributi di Dio che egli recita devota­
mente nel suo Rosario, o subha. Un hadit celebre afferma che Dio
ha novantanove nomi, cento meno uno, e che chiunque li serba nel­
la sua memoria entrerà in Paradiso. Cf. Gimaret, op. cit., p. 51.
L’espressione "i bei nomi" è dunque un’espressione islamica (cf. Co­
rano 7, 180; 17, 110; 20, 8; 59, 24), ma il tema della memoria e
dell’invocazione del nome di Dio è anche biblico e cristiano.
12 Aggiunta da correzione di p. Samir al testo.
13 L’espressione “trono di Dio", o "trono della sua gloria”, si in­
contra di frequente nella Bibbia. Per l’Antico Testamento, cf. per
esempio Ez. 1, 26. Nel Nuovo la menzione del trono di Dio o del Cri­
sto ricorre una cinquantina di volte specialmente nell’Apocalisse.
Per esempio Ap. 21,5: Disse l’A ssiso sul trono. Naturalmente, si trat­
ta di un’espressione figurata, usata per parlare di Dio senza pronun­
ciarne il nome per motivi di rispetto e adorazione, motivi che per­
durano fino ad oggi nell’uso sinagogale. Della stessa figura si serve
assai spesso anche il Corano. Cf. per esempio Corano 7, 54; 10, 3;
20, 5; 25, 59; ecc.
50 Palestinese anonimo

riempiendo ogni c o sa 14. Tu scegli e nulla è preferibile a


te. Tu giudichi e non sei giudicato. Tu non hai bisogno
di noi, ma noi abbiamo bisogno di te 15. Tu sei vicino a
chi si avvicina a te 16. Tu rispondi 17 a chi ti chiama e

14 Cf. Is. 6, 3: Piena è tutta la terra della sua gloria; Ger. 23, 24:
Non riempio Io il cielo e la terra?·, Sap. 1 ,7 : Lo Spirito del Signore
riempie l'universo abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce; Sai.
96/97, 9: Tu sei l'Altissimo su tutta la terra, o Signore. Espressioni e
concetti che ritornano di frequente nelle liturgie cristiane. Analo­
gamente l’appellativo di al-'all), l’Altissimo, ritorna m olto spesso
nel Corano assiem e ad espressioni analoghe derivate dalla stessa
radice.
15 È un’espressione coranica. Diciotto volte il Corano attribui­
sce a Dio il titolo di al-Ganl, il Ricco, che non ha bisogno di nulla.
Nel Corano Dio si qualifica così, quasi a sfida di coloro che rifiuta­
no di credere, ma che in ogni caso non possono danneggiarlo in
nulla poiché Lui non ha bisogno dell’adorazione delle creature. Cf.
per esempio Corano 57, 24: Se qualcuno volge le spalle, ebbene Iddio
è quei che di nulla ha bisogno, al-Ganl! Cf. Gimaret, op. cit., pp. 223-
224. Tutt’altro è il significato del termine "ricco” applicato a Dio nel
vocabolario cristiano. Cf. per esempio 2 Cor. 8, 9: Conoscete la gra­
zia del Signore nostro Gesù Cristo: per voi si è fatto povero essendo
ricco, perché voi foste arricchiti dalla sua povertà; Ef. 2, 4.5: Dio es­
sendo ricco di misericordia... ci ha fatti rivivere con Cristo; ecc.
16 Cf. Giac. 4, 8: Avvicinatevi a Dio ed Egli si avvicinerà a voi. In
alcuni versetti coranici Dio è detto il Vicino, Qarìb. È molto noto
Corano 50, 16: In verità noi creammo l’uomo e sappiamo quel che gli
sussurra l'anima dentro, e siamo a lui più vicini che la vena grande
del collo. Tuttavia nel loro contesto queste parole si riferiscono
all'impossibilità per l’uomo di sfuggire al giudizio di Dio, non si
tratta certo di una prossimità di amore. Cf. Gimaret, op. cit., pp.
273-274. Ben altro è il significato di questa prossimità di Dio all'uo­
mo nella tradizione cristiana. Non si esclude certo l’onniscienza di
Dio; ma si sottolinea soprattutto il suo amore per l’uomo, amore
trasformante, per cui san Paolo può dire: Chi si unisce al Signore è
un solo spirito con Lui (1 Cor. 6, 17). Cf. anche Deut. 4, 7: Qual è
quel popolo grande al quale Dio sia loro vicino come il Signore nostro
Dio lo è per noi ogni volta che l’invochiam o?
17 Muglb, Colui che risponde ed esaudisce, anche questo è un
nome coranico di Dio, spesso associato a il Vicino, Qarìb. Cf. Cora­
no 11, 61: In verità il mio Signore è vicino, pronto ad esaudire. Cf. Gi­
maret, op. cit., pp. 406ss.
Preghiera 51

umilmente ti implora. Tu, o Dio, sei il Signore di tutte


le cose, Dio di tutte le cose, Creatore di tutte le cose.
Apri le nostre bocche, sciogli le nostre lingue, ad­
dolcisci i nostri cuori, schiudi i nostri petti 18, perché
possiamo dare gloria al tuo nome nobile, altissimo, su­
blime, benedetto, santo! 19 Certo non c'è Dio prim a di
te e non c’è Dio dopo di te e a te è il <nostro> rito rn o 20.
Tu sei l’Onnipotente!

18 “Aprire il petto” è un'espressione coranica, cf. Corano 6, 125;


16, 106; 20, 25; 39, 22; 94, 1. (Nota Samir II).
19 Ancora una serie di appellativi, o attributi di Dio, ben atte­
stati nei testi cristiani, che si ritrovano anche nel Corano e nella tra­
dizione islamica. Per un’esame più esauriente del loro impiego in
Islam, rinvio di nuovo a Gimaret, op. cit., pp. 219-222 Karìm, nobile;
pp. 202ss. quddùs, santo; pp. 206.207 'all, altissimo, pp. 206-207.
20 Cf. Sai. 64/65, 3: A te verrà ogni carne·, Corano 2, 285: Tutti a
te ritorniamo·, 3, 28: A Dio è il grande ritom o; 22, 48: A me tutto ritor­
na·, e passim .
DIO UNO-TRINO ADORATO DAGLI ANGELI
E DAGLI UOMINI

A te la lode, o Dio, Creatore dei cieli e della terra e


di quanto è in essi con la tua Parola e con il tuo
Spirito21.
A te la lode, o Dio, che hai per tua dimora la lu­
ce 22, che crei gli angeli e lo spirito perché diano gloria
al tuo nome, il tuo nome santo, perché annuncino il
tuo nome e per la sovranità della tua potenza. Ed essi
non cessano di esaltarti e adorarti, dicendo: Santo,
Santo, Santo, il Signore Onnipotente, Tu che nempi i

21 Cf. Atti 4, 24: Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare
e quanto è in essi. Si tratta di un’espressione biblica assai frequente
che ritroveremo spessissimo nel nostro testo o come invocazione o
come affermazione, con un’aggiunta diretta a ben precisare la pro­
fessione di fede dell’autore: Con la tua Parola e con il tuo Spirito; Lo­
de a Dio nella sua Parola e nel suo Spirito·, Noi non separiamo mai Dio
dalla sua Parola e dal suo Spirito·, ecc. Il Credo dell’autore, proposto
senza traccia di polemica, è però chiaro e non tollera alcuna riduzio­
ne. Anzi, come vedremo più avanti, egli tenterà addirittura di trovare
nel Corano delle ammissioni a quanto viene esponendo. Il Damasce­
no insiste con le stesse espressioni e con gli stessi argomenti. Cf. Jean
Damascène, cit., p. 218: «Voi <musulmani> dite che il Cristo è Verbo e
Spirito di Dio, perché dunque ci ingiuriate come associatori? Il Verbo e
lo Spiritò sono indivisibili da Colui nel quale naturalmente si trovano.
Se dunque il Cristo è in Dio come Verbo di Dio, evidentemente è Dio.
Se poi è fuori di Dio, Dio, secondo voi, è senza Parola e senza Spirito.
Dunque, per evitare di associare a Dio <il suo Verbo e il suo Spririto>,
voi lo mutilate». Lo stesso pensiero ritoma ìbid., p. 238.
22 Cf. 1 Tim. 6, 16: Gesù Cristo il quale abita la luce inaccessibi­
le. Come vedremo più avanti, il nostro autore predilige il tema della
luce di Dio.
Dio Uno-Trino 53

cieli e la terra della tua gloria! 23 Ecco essi per tre volte
<ti> danno gloria e mettono il sigillo <della triplice
adorazione> sull'Unico Signore, perché gli uomini sap­
piano che gli Angeli danno gloria a Dio, alla sua Parola
e al suo Spirito, Unico Dio e Unico Signore!
Noi ti adoriamo, o nostro Signore e nostro Dio,
nella tua Parola e nel tuo Spirito.
Tu, o Dio, con la tua Parola hai creato i cieli e la
terra e quanto è in essi e con lo Spirito Santo hai vivifi­
cato le schiere degli Angeli24.
Noi ti lodiamo o Dio, ti diamo gloria, ti magnifi-
chiamo, nella tua Parola creatrice e nel tuo Spirito
Santo e vivificante25, Unico Dio, Unico Signore, Unico
Creatore.
Noi non separiamo Dio dalla sua Parola e dal suo
Spirito, né adoriamo insieme a Dio nella sua Parola e
nel suo Spirito un altro Dio 26.

23 È la citazione pressoché esatta del famoso testo di Is. 6, 3,


che ha costituito la dossologia per eccellenza nel culto sia ebraico, fi­
no ad oggi, che cristiano. Cf. anche Ap. 4, 8: I quattro viventi... gior­
no e notte non cessano di ripetere: Santo, Santo, Santo, il Signore Dio,
l'Onnipotente, Colui che era, che è, e che viene! Il nostro autore annet­
te grande importanza a questa triplice acclamazione degli Angeli e vi
ritornerà più volte nel corso del testo. L’esegesi patristica ha letto nel
testo di Isaia la professione di fede trinitaria degli Angeli e quindi un
preannuncio della rivelazione futura che sarà fatta agli uomini al
tempo del Battesimo di Gesù nel fiume Giordano. Cf. per esempio il
Damasceno: Ad Isaia fu rivelata da Dio... per mezzo dell’inno degli An­
geli l'unica trisipostatica deità, e passim, in De hymno trisagio ad Jor­
danem, PG 95, 25A. Cf. anche PG 94, 1019. Qui il Damasceno a so­
stegno della sua interpretazione cita Atanasio, Basilio, Gregorio di
Nazianzo e «tutto il coro dei Padri ispirati da Dio». Questo è pure il
pensiero del nostro autore e di molti altri autori arabi cristiani. Cf.
Haddad, op. cit., p. 112. Gli Angeli dicono tre volte "Santo” perché gli
uomini sappiano che l’Unico Dio è Trino, Dio-Parola-Spirito.
24 Cf. Sai. 32/33, 6: Dalla parola del Signore furono fatti i cieli e
dallo spirito della sua bocca ogni loro schiera.
25 Le m edesime espressioni si ritrovano nel Simbolo niceno co­
stantinopolitano .
26 Qui troviamo la prima risposta diretta agli attacchi coranici
contro la fede trinitaria. Cf. per esempio Corano 4, 1 7 1 : 0 Gente del
54 Palestinese anonimo

Rivelato dalle Scritture


Nella Torah e nei Profeti, nei Salmi e nel Vangelo
Dio ha già manifestato il suo prestabilito disegno e la
sua luce, e cioè che Dio, la sua Parola e il suo Spirito
sono un unico Dio e un unico Signore 27. Ora, se piace
a Dio, noi lo dimostreremo in queste Scritture rivela­
te 28 a chi desidera l'intelligenza e comprende le cose e

libro! Non siate stravaganti nella vostra religione e non dite di Dio al­
tro che la verità! Ché il Cristo Gesù figlio di Maria non è che il mes­
saggero di Dio, il suo verbo che Egli depose in Maria, uno spirito da
Lui esalato. Credete dunque in Dio e nei suoi messaggeri e non dite
TRE! Basta! Così pure Corano 5, 73: Sono empi quelli che dicono:
Dio è il terzo dei tre. Non c ’è altro Dio che un Dio solo; e passim . «Dio
non può essere separato dalla sua Parola e dal suo Spirito». Su que­
sto assioma fondamentale della sua professione di fede il nostro tor­
nerà più volte. La stessa insistenza con le medesime espressioni, in
greco si intende, si trova nel Damasceno. Cf. per esempio De fide
orthodoxa, PG 94, 800-829. In questa proposizione del nostro c’è an­
che una risposta all’accusa islamica di associazionismo fatta ai cri­
stiani adoratori della Trinità.
27 Tutte le Scritture, Antico e Nuovo Testamento, parlano del
mistero trinitario e della divina Incarnazione del Verbo. Il nostro ri­
pete fedelmente la dottrina tradizionale dei Padri. Prima di lui il Da­
masceno ripropone con forza lo stesso assioma. Cf. De fide ortho­
doxa, PG 94, 791.800.801.807, e passim . Anche secondo il Vangelo
arabo apocrifo (Moraldi, op. cit., p. 44), Adamo contemplava la Tri­
nità
28 Anziché "rivelate”, alla lettera dovrebbe tradursi "fatte scen­
dere", da Dio si intende. Ànzala, far scendere, è il termine tecnico in
Islam per designare l’azione di Dio che fa scendere la sua parola sul
profeta. Il libro disceso per eccellenza è il Corano, e infatti il verbo
ànzala è di uso frequentissimo nel Corano stesso; ma lo si trova ap­
plicato anche alle Scritture giudeo-cristiane. Cf. per esempio Cora­
no 3, 3: Egli t ’ha rivelato il Libro con la verità confermante ciò che fu
rivelato prima, e ha rivelato la Torah e il Vangelo; e passim . L’espres­
sione verbale corrisponde alla concezione islamica di rivelazione.
Essa è un’operazione divina in cui il destinatario umano è totalmen­
te passivo e recettivo non solo del messaggio, ma anche del suo in­
volucro linguistico, letterario, ecc. Si tratta di un punto cardine del­
la teologia islamica, che segna non soltanto l'esegesi coranica; ma è
influente su tutta la visione di Dio, del mondo, della storia, ed an-
Dio Uno-Trino 55

conosce il vero e apre il suo cuore a credere in Dio e


nelle sue Scritture.
Così, infatti, ha detto il Messia nel Vangelo: Scru­
tate le Scritture e troverete in esse la vita eterna!29 E an­
cora ha detto: Chi chiede riceve, chi cerca trova, a chi
bussa sarà aperto30.
All’inizio della Torah, che Dio rivelò al profeta Mo-
sè sul monte S in ai31, sta scritto anche: In principio Dio
creò il cielo e la terra. Poi disse: «Lo Spirito di Dio era
sulle acque». Poi disse con la sua Parolaì2: «Sia la luce»,
e la luce fu. Poi disse: «Sia il firmamento», e fu il firma­
mento, cioè il cielo di questo mondo. Poi disse: «La ter­
ra germogli verdure e ortaggi... e alberi da frutto e altri

che, naturalmente, sulla considerazione delle Scritture giudeo-cri-


stiane, che sono sì ritenute rivelate come detto sopra, ma in realtà
superate dallultim a e definitiva rivelazione, quella contenuta nel Li­
bro per eccellenza, il Corano. Il loro messaggio è recepito dall’Islam
solo nella misura, davvero ridottissima, in cui riappare nel Corano
stesso. È chiaro dunque che gli argomenti biblici non possono con­
vincere un interlocutore musulmano, possono però confortare la fe­
de di un cristiano. È cosciente di questo il nostro autore? A chi indi­
rizza il suo discorso? Cf. Introduzione. Sulla differenza tra nozione
cristiana e nozione islamica di rivelazione, cf. Gardet-Anawati, In­
troduc tion, cit., p. 26.
29 Gv. 5, 39.
30 Le. 11, 10.
31 Secondo la tradizione giudaica, recepita per molti secoli an­
che dai cristiani e presente anche nel Corano in vari luoghi, autore
della Torah, e cioè dei primi cinque libri dell’Antico Testamento, è
Mosè, che ne ha ricevuto la rivelazione sul Sinai, o addirittura, pre­
cisa il Corano, il Libro. Cf. per esempio Corano 17, 2: Noi demmo a
Mosè il Libro·, e passim . Le citazioni in corsivo che seguono, in parte
letterali, in parte meno, sono tolte dal primo capitolo della Genesi.
32 Con la sua Parola è un'aggiunta al testo biblico, sia ebraico
che greco. Si capisce quanto sia utile al fine che l'autore si propone,
sottolineare ogni possibile allusione trinitaria fin dalle prime righe
della Bibbia. Tuttavia, dato l’uso frequentissimo di espressioni simi­
li nel Targum, è possibile che il testo a sua disposizione recitasse ef­
fettivamente così. Cf. Targum Neofiti: La Parola di JHWH disse: Ci
sia della luce, e ci fu della luce secondo la decisione della sua Parola,
Gen. 1, 3 in Targum du Pentateuque, cit.
56 Palestinese anonimo

generi <di piante>. E la terra produca anime viventi di


animali selvatici, bestiame da pascolo, fiere e rettili». E
così fu.
Poi <Dio> disse: «Le acque producano ogni genere di
animali striscianti e ogni genere di volatili che volano nel
cielo, secondo le loro specie e il loro genere». E così fu.
E infine Dio disse: «Creiamo 33 l’uomo a nostra im ­
magine e somiglianza».
Così, fin dall’inizio del Libro rivelato al suo profe­
ta Mosè, Dio manifestò che:
Dio, la sua Parola e il suo Spirito sono un unico
Dio.
Dio - sia benedetto ed esaltato! - ha creato ogni
cosa e vivificato ogni cosa con la sua Parola e con il
suo Spirito.
Noi non parliamo di tre dèi, ci preservi Iddio <da
questa bestem m ia>34! Piuttosto affermiamo che Dio, la
sua Parola e il suo Spirito sono un unico Dio e un uni­
co Creatore.

Analogie trinitarie
Questo a som iglianza35 di quel che si afferma del
disco del sole che è in cielo, dei raggi che si irradiano

33 Le citazioni bibliche sono disposte sapientemente in modo


da fare emergere il passaggio brusco dal singolare al plurale nel rac­
conto della creazione dell'uomo. Naturalmente, questo brusco pas­
saggio è stato notato anche dall’esegesi rabbinica che vi ha letto una
sottolineatura solenne dell’atto creativo, plurale di maestà, o un rife­
rimento alla corte celeste, al consiglio degli Angeli. Per molti Padri
invece, com e per il nostro autore, qui c’è una chiara allusione trini­
taria. La sua opinione è condivisa anche da molti altri teologi arabi.
Cf. Haddad, op. cit., p. 110. È interessante in particolare un testo di
Sofronio: Tutto ciò che è enumerato tre volte nei santi e divini inse­
gnamenti... è detto in onore della beata Trinità, in PG 87, 3285BC.
Per le leggende rabbiniche, cf. Ginzberg, op. cit., I, 51 ; Midrash Rab-
ba, cit., 1 .1, pp. 106ss. (in francese); ecc.
34 Testo illeggibile, corretto da p. Samir.
35 Questo lungo capitolo di similitudini, o analogie trinitarie,
Dio Uno-Trino 57

dal sole e del calore, che pure proviene dal sole. L’uno
deriva dall’altro; ma non parliamo di tre soli, bensì di
un unico sole. Si tratta cioè di tre nomi, ma l’uno non
può essere disgiunto dagli altri.
Analogamente riguardo all’occhio, alla pupilla
dell’occhio e alla luce che è nell’occhio, non parliamo
di tre occhi; m a di un solo occhio con tre nomi.
Analogamente per quel che riguarda l’anima, il
corpo e lo spirito; noi non disgiungiamo l’uno dall’al­
tro, né parliamo di tre uomini; ma di un solo uomo e
di tre nomi per un’unica persona.
Analogamente per la radice dell’albero, i suoi rami
e i suoi frutti, non diciamo che sono tre alberi ma un
albero solo, poiché una parte procede dall’altra, l ’al­
bero dalla radice, i frutti dall’alberc». Non appena il
germoglio spunta alla sua stagione e l’uomo lo vede,
già sappiamo che tutte queste sue parti sono nell’albe­
ro, quando appare e prim a che appaia.
Ancora, <il mistero trinitario> è simile a una sor­
gente d’acqua: l’acqua sgorga dalla sorgente, da essa
scorre in un fiume e parte delle acque del fiume si rac­
colgono in un lago; certo, non puoi distinguere una
parte dell’acqua dall’altra. Anche se i nomi sono diver­
si, non diciamo che si tratta di tre acque, ma di un’uni­
ca acqua nella sorgente, nel fiume e nel lago.
<Così pure> l’uomo, la sua mente e la parola che
nasce dalla mente, una parte dall’altra, lo spirito che è

non è certo originale. Tutte le letterature dei primi secoli cristiani,


latine, greche, siriache, o arabe, hanno tentato per questa via di ren­
dere meno duro l'approccio al mistero trinitario. In Samir II si os­
serva che negli autori arabi la più comune di queste analogie è quel­
la sole-raggi-calore. Ancora oggi essa è usata dai catechisti e tutti i
bambini arabi cristiani la conoscono. In ogni caso queste immagini,
tutte o quasi tutte, derivano da un patrimonio patristico comune. La
fonte più probabile del nostro m i sembra il Damasceno, Trattato del­
le eresie, PG 94, 780. Sembra invece originale nella letteratura ara-
bo-cristiana la similitudine occhio-pupilla-luce ed anche l’altra boc­
ca-lingua-parola. Per tutto questo tema, cf. Haddad, op. cit., pp.
115ss.
58 Palestinese anonimo

nella mente e la parola che esce dalla mente, lu n a dal­


l’altra; noi non separiamo l’una dall’altra, poiché cia­
scuna prende inizio ed è conosciuta dall’altra.
La stessa similitudine si ritrova nella bocca, la lin­
gua che è nella bocca e la parola che procede dalla lin­
gua.
Analogo è il nostro discorso relativo al Padre, al
Figlio e allo Spirito Santo.
Nello Spirito Santo hanno profetato i profeti di­
cendo: La bocca del Signore ha parlato36.
Tutto questo è prova ch iara 37 della nostra fede nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.
Noi sappiamo che Dio è un Signore unico nella
sua Parola e nel suo Spirito, in Lui lodando e glorifi­
cando la sua Parola e il suo Spirito.
Così gli uomini devono credere in Dio.

Fede e conoscenza di Dio


Ma dobbiamo anche sapere che noi non possiamo
comprendere nulla del disegno di Dio, né della sua im­
mensità, per mezzo di discorsi, figure, o parole; ma
<solo> per mezzo della fede, della pietà, del timore di
Dio e della purità di spirito 38.

36 Cf. Is. 1, 20; 40, 5; 58, 14; Mie. 4, 4; ecc.


37 Prova chiara, bayàn. Nel linguaggio islamico questo termine
diventa un nome del Corano, il Libro chiaro per eccellenza, la cui
evidenza obbliga alla fede. Nel nostro testo invece bayàn non ha il
valore di argomento irrefutabile, ma piuttosto di chiarificazione o
illustrazione. Tuttavia, l'uso del termine rivela l’intenzione dell’auto­
re. La prova chiara che egli ritiene di poter offrire risulta da due ele­
menti: le Scritture rivelate e le analogie di ragione. Ma né le prime
né le seconde sono esaustive e obbliganti. Il mistero di Dio rimane
inafferrabile all’iniziativa dell’uomo che non sia sottomessa alla fe­
de, al timore, alla pietà, alla purezza di cuore.
38 Ecco il ridimensionamento del valore persuasivo delle argo­
mentazioni precedenti. Non si può non parlare di Dio, soprattutto a
partire dalla parola rivelata; ma solo la fede e la purezza della vita
sono una buona premessa per l’approccio al suo mistero.
Dio Uno-Trino 59

Se tra gli uomini c'è qualcuno che spera di com­


prendere qualcosa dell’immensità di Dio, costui va die­
tro a un’om bra che non potrà mai afferrare. Chiunque
pensi di poter conoscere esattamente il potere di Dio,
vuol dire che già ha potuto pesare l’acqua dell’oceano
nel cavo della sua m ano!39
Davvero Dio - sia benedetto il suo Nome, sia esal­
tata la sua memoria! - è magnifico in potere e immen­
so più di ogni altra cosa! Più grande di quel che possa­
no comprendere di Lui le intelligenze e le intuizioni!
Egli comprende e non è compreso!
Così conviene a Dio, l'Altissimo, il Magnifico 40, al­
la sua Parola e al suo Spirito!
Sì, tutto quello che riguarda Dio è meravigliosa­
mente ammirabile!
Noi non diciamo che Dio ha generato la sua Paro­
la come può generare un uomo. Ci preservi Iddio <da
questa b e ste m m ia i 41
Diciamo invece che il Padre ha generato la sua Pa­
rola come il sole genera i suoi raggi, o come la mente
genera la parola, o come il fuoco genera il calore. Né i
raggi, né la parola, né il calore sono mai esistiti prima
del sole, della mente o del fuoco.
Dio - sia benedetto il suo Nome! - non è mai stato
senza Parola e senza Spirito. Anzi dell principio Dio è
nella sua Parola e nel suo Spirito. E la sua Parola e il
suo Spirito erano presso Dio e in Dio prim a che fosse­
ro create le creature 42.

39 Cf. Is. 40, 12: Chi ha misurato con il cavo della mano le acque
del mare?
40 Testo lacunoso, corretto da p. Samir.
41 Evidentemente, l’autore vuole confutare le accuse coraniche.
Cf. per esempio Corano 4, 171: Dio è un Dio solo troppo glorioso e al­
to per avere un figlio!; Corano 6, 101: Come potrebbe Dio avere un fi­
glio se non ha una compagna e se è lui solo che ha creato tutte le co­
se?; ecc.
42 Cf. Gv. 1, 1: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
60 Palestinese anonimo

Non chiedere 43: Come è possibile questo? Infatti


tutto quello che si riferisce a Dio è immensità e poten­
za. E come nessun uomo può comprendere nulla di
Dio, così non è possibile comprendere la Parola di Dio
e il suo Spirito.

Il plurale nelle Scritture


Così Dio ha detto nella Torah: Creiamo l’uomo a no­
stra immagine e somiglianza! Dio - sia benedetto il suo
Nome! - non ha detto: Ecco, Io creo l'uomo; ma ha detto:
Creiamo l'uomo, perché sappiano gli uomini che Dio ha
creato tutte le cose con la sua Parola e con il suo Spirito
e tutte le ha vivificate. E Lui è il Creatore, l’Onnisciente!
Lo trovate anche nel Corano: In verità noi creammo
l'uomo nella miseria 44 e spalancammo le porte del cielo
a torrenziale acqua 45.
Ancora <Dio> ha detto <nel Corano>: Eccovi ve­
nuti a Noi soli, come vi abbiamo creati la prima volta 4Ó.
Ha detto pure: Credete in Dio e nella sua parola 47. E
ancora, a proposito dello Spirito Santo: D i’: Lo ha rive­
lato lo spirito di santità inviato dal tuo Signore 48 quale
misericordia e guida.
Ma, a che spiegare e chiarire con questi argomen­
ti, quando noi troviamo nella Torah, nei Profeti, nei
43 Correzione del testo fatta da p. Samir.
44 Corano 90, 4. Abbiamo già visto le considerazioni di teologia
trinitaria ispirate al nostro autore dal plurale divino nei testi biblici.
Più originale è l’applicazione dello stesso metodo al plurale divino nel
Corano. Questo ricorso al Corano per provare la fede nella Trinità,
non è frequente, ma si incontra anche in altri teologi arabi. È un ten­
tativo infelice e destinato a fallire, sia perché nulla può provare il mi­
stero, sia perché il rigido monoteismo islamico in nessun modo può
essere toccato da questi argomenti. Cf. Haddad, op. cit., pp. 114-115.
45 Corano 54, 11.
46 Corano 6, 94.
47 Probabilmente l’autore pensa a Corano 7, 158 che però dice
alquanto diversamente: Credete dunque in Dio e nel suo messaggero,
il profeta dei gentili che crede in Dio e nelle sue parole.
48 Corano 16, 102; ma lo spirito di cui qui parla il Corano è
l’angelo Gabriele.
Dio Uno-Trino 61

Salmi e nel Vangelo, e voi trovate nel Corano, che Dio,


la sua Parola e il suo Spirito sono un unico Dio e un
unico Signore? 49
Vi è stato ordinato di credere in Dio, nella sua Pa­
rola e nello Spirito Santo. Dunque, o uomini, non rim ­
proverate noi se crediamo in Dio, nella sua Parola e nel
suo Spirito, e adoriamo Dio nella sua Parola e nel suo
Spirito, Unico Dio, Unico Signore, Unico Creatore.
In tutte le Scritture50 Dio ha dichiarato che ordina
questo nella guida, nel giudizio, nel vero. Chi lo con­
traddice è completamente nell’errore!

49 Effettivamente il Corano parla di Parola e Spirito a proposito


di Gesù. Può essere seducente l’idea di una somiglianza che vada oltre
l’espressione verbale e sulla quale argomentare per persuadere un
eventuale interlocutore musulmano. È una tentazione alla quale molti
apologisti cristiani hanno ceduto. Si tratta però di un grosso equivoco.
Per i cristiani Parola e Spirito sono due Persone della Santissima Tri­
nità. Per i musulmani la Parola di Dio è il Corano, parola increata, che
trascende la storia e dunque si sottrae ad ogni critica. È vero che il Co­
rano chiama Gesù una parola che viene da Dio (Corano 3, 45 e passim)
ed anche uno spirito esalato da Dio (Corano 4, 171 e passim ); tuttavia
siamo lontanissimi dalla teologia cristiana del Verbo di Dio (es. Gv. 1,
1.14; Ap. 19, 13) o dello Spirito Santo (es. Atti 2, 4.33.38; ecc.). Nella
teologia islamica Gesù è Parola e Spirito di Dio solo perché la sua
nascita da una madre vergine è frutto della Parola creatrice di Dio
com e la vita ricevuta dal primo uomo Adamo per effetto di quella
parola e di quel soffio vitale di cui parlano i due primi capitoli della
Genesi. Cf. Amaldez, op. cit., specialmente cap. V e passim.
50 In tutte le Scritture. L'espressione, a prima vista, sembra
ambigua. Forse l’autore ritiene scrittura rivelata anche il Corano?
Evidentemente no, poiché tutte le sue tesi si fondano su testi e argo­
menti cristiani, dedotti dalla Bibbia o dalla tradizione. Ma qui egli
propone un argomento ad hominem per interlocutori musulmani e
tenta di coinvolgere così anche il Corano nell’affermazione che Dio,
la sua Parola e il suo Spirito sono un unico Dio. Si tratta di un ten­
tativo infondato, sia dal punto di vista filologico che da quello teolo­
gico, e destinato all’insuccesso. Tuttavia il nostro segue un esempio
illustre. Il Damasceno (cf. Jean Damascène, cit., pp. 242-245) segue
lo stesso metodo: Utilizziamo la tua scrittura e la mia! La tua scrittu­
ra dice... che lo Spirito di Dio e il Verbo di Dio sono discesi in Maria;
e il mio Vangelo dice: lo Spirito Santo discenderà su di te e la potenza
dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra.
62 Palestinese anonimo

Sta scritto nel Vangelo che quando il Messia fu


battezzato nel santo fiume Giordano, il Padre gli rese
testimonianza dal cielo dicendo: Questi è il Figlio mio
diletto, nel quale m i sono compiaciuto, ascoltatelo! E lo
Spirito Santo discese dal cielo e si posò su di Lui, per­
ché sappiano gli uomini che Dio, la sua Parola, e il suo
Spirito sono un unico Dio e un unico Signore nelle pri­
me Scritture come nelle ultim e51.
Noi non diciam o52 che Dio si muove dal suo luogo
o che qualche cosa di Lui è senza l'altra. Ci preservi Id­
dio <da questa b e ste m m ia i Diciamo invece che Dio,
tutto e perfetto, è in cielo, tutto e perfetto è nel Messia
e tutto e perfetto è in ogni luogo.
Forse non vedi il sole che Dio ha creato risplen­
dente 53, e la luce per la gente di questo mondo? Esso è
in cielo, sui torrenti, sui monti, sulle isole...

51 Cf. Mt. 3, 13-17 e parali. L’autore è un melchita palestinese.


Quindi come tutta la tradizione bizantina e siriaca, anche lui vede
nel battesimo di Gesù un evento ricchissimo di contenuto teologico
da esplicitare e commentare. Infatti nella liturgia bizantina il Batte­
simo e la Pasqua costituiscono i due poli fondamentali dell’anno li­
turgico. I temi della liturgia del Battesimo sono molti; ne sottolineo
solo i più importanti che ritroviamo nelle considerazioni del nostro
autore: a) l’estrema umiliazione del Verbo di Dio che per amore dei
peccatori si fa peccato (2 Cor. 5, 21), mescolandosi a loro; b) la rive­
lazione trinitaria: Al tuo Battesimo, o Signore, ci fu rivelata l'adora­
zione della Trinità. Infatti la voce del Padre ti rese testimonianza, chia­
mandoti Figlio diletto, mentre lo Spirito in forma di colómba confer­
mava la parola certa del Padre. O Cristo Dio, che sei apparso e hai il­
luminato il mondo, gloria a Te! (dalla liturgia bizantina della festa);
c) l'illuminazione del mondo per la pienezza della rivelazione, Tri­
nità e Incarnazione; d) e infine il nostro Battesimo, quale via di ac­
cesso alla vita divina. Oggi sei apparso al mondo e la tua luce, o Si­
gnore, è stata impressa su di noi (dalla liturgia bizantina della festa.).
Evidentemente, si tratta del sigillo battesimale. Sarà opportuno ri­
cordare che le più importanti composizioni liturgiche della festa so­
no attribuite a quegli stessi autori che abbiamo indicato come ispi­
ratori del nostro: Sofronio di Gerusalemme, Giovanni di Damasco,
Cosma di Maiuma. Per i Padri siri, cf. Bettiolo, op. cit., p. 560.
52 Testo arabo corretto da p. Samir.
53 Testo arabo corretto da p. Samir.
Dio Uno-Trino 63

Dio non si divide e non si sposta da un luogo a un


altro luogo; m a dovunque vuole e come vuole Egli è e
riempie tutte le cose con la sua grandezza e la sua si­
gnoria e nulla è più glorioso di Lui!
Così anche il profeta David ha profetato riguardo
al Battesimo del Messia, dicendo: La voce del Signore è
sopra le acque, il Dio della gloria ha tuonato, Dio sulle
acque molte! 54
Che c e di più chiaro di questa profezia? Al Batte­
simo del Messia il Padre rese testimonianza dal cielo, il
Figlio era nelle acque e lo Spirito Santo discese su di
Lui. E tutto questo, <Padre, Figlio e Spirito Santo>, è
un solo Dio e un solo Signore.
Questa è la nostra fede e la nostra professione di fe­
de 55 in Dio, nella sua Parola e nel suo Spirito. È Lui il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, un solo Dio, un solo
Signore.

54 Salmo 28/29, 3. L’esegesi del nostro è tradizionale nei Padri


e nella liturgia bizantina.
55 Professione di fede, sahàda: in Islam questo termine signifi­
ca la formula fondamentale della professione di fede islamica: Non
c'è Dio che Dio e M uhammad è il suo Profeta.
IL MESSIA NELLA STORIA DELLA SALVEZZA

Quanto al Messia, Egli ha salvato e liberato gli uo­


mini.
Se piace a Dio, spiegheremo anche questo, come
cioè Dio ha inviato agli uomini la sua Parola e la sua
L uce56 quale misericordia e guida. E per mezzo di Lui
ha beneficato gli uomini.
<Spiegheremo> anche perché Egli discese dal cie­
lo per salvare Adamo e la sua stirpe da Iblis, dalla sua
tenebra e dal suo inganno57.

56 II Messia Parola di Dio e Luce di Dio. Che nelle Scritture cri­


stiane si parli spessissim o del Cristo com e Parola e come Luce non
c’è dubbio. Cf. per esem pio Gv. 1, 1.4.5.9.14; 8, 12; 9, 5; 12, 46; 1 Gv.
1, 1; 1 Tim. 6, 16; ecc. Anche la letteratura patristica ha abbondan­
temente ripreso i due termini Parola e Luce applicati al Cristo. Cf.
per esempio le voci corrispondenti in Lampe, op. cit. Più rara invece
è l’associazione dei due termini come si trovano nel nostro testo. Cf.
per esem pio Taziano, PG 6, 804, e Clemente Alessandrino, PG 8,
247. Per quel che riguarda l’Antico Testamento e in particolare Gen.
1, 3: Dio disse: Sia la luce! E la luce fu, segnalo un interessante com ­
mento midrashico: Quale luce attende l’assemblea di Israele? La luce
del Messia, in Sete del Dio vivente, cit., p. 227.
57 Iblis è il termine più frequentemente usato nel Corano per
designare il diavolo. Probabilmente si tratta di una contrazione del
vocabolo greco diabolos, diavolo. Cf. articolo Iblis, in EI2. Ogni volta
che ne fa menzione, l’autore chiama l’operazione diabolica tenebra
e inganno.
Il Messia nella storia della salvezza 65

La creazione: i progenitori, il peccato


Ecco, per la sua grazia e la sua misericordia infi­
nita, Dio - il suo Nome sia benedetto, santificato ed
esaltato! - ha creato in sei giorni i cieli e la terra e
quanto è in e s s i58. Poi Dio creò Adamo di fango e in­
sufflò in lui un alito di vita, così Adamo divenne
un’anim a vivente. Poi <Dio> fece abitare Adamo nel
giardino <dell’Eden> e per lui creò da una sua costola
la sua sposa. Quindi comandò loro di mangiare dei
frutti di tutti gli alberi del giardino; ma quanto all’albe­
ro del bene e del male comandò loro di non m angiar­
ne. Infatti il giorno in cui ne avessero mangiato, certa­
mente sarebbero morti. Ma Iblis ebbe invidia59 di loro
due e volle privarli della gloria di Dio; andò dunque da
Èva, moglie di Adamo e le disse: Così, Dio vi ha detto
di non mangiare i frutti dell'albero della scienza? Già,
Lui sa che quando ne mangerete diverrete dèi come
Lui! Così Iblis fece balenare ai loro occhi <la divinizza-
zione> e li sedusse. Èva mangiò il frutto dell'albero e
ne fece gustare al suo sposo. Ma essi erano nudi e co­
minciarono a provare vergogna e a coprirsi con foglie

58 L’autore segue puntualmente il racconto della creazione se­


condo i primi due capitoli della Genesi, mescolandoli. Agli stessi te­
sti attinge anche il Corano, cf. per esempio Corano 2, 35; 7, 19; ecc.
Come vedremo più avanti, l’autore utilizza anche leggende giudai­
che e apocrifi, un materiale ben presente anche nel Corano.
59 L’autore segue molto da vicino il racconto della caduta se­
condo il capitolo terzo della Genesi. Cf. anche Sap. 2, 24: Per l’invi­
dia del diavolo è entrata nel mondo la morte. L'invidia del diavolo per
l’uomo è un tema classico dèlia letteratura midrashica e patristica.
Cf. Ginzberg, op. cit., I, 62.63 e passim . Anche il Vangelo arabo apo­
crifo (Moraldi, op. cit., pp. 42.44.45.56, e passim) si dilunga a par­
larne. Alcuni Padri arrivano a dire che l’essenza del diavolo è l’invi­
dia, che egli non è altro che l’invidia in persona. Così Origene, PG
13, 796D; Basilio, PG 31, 348A; Crisostomo, PG 8, 283A. Essi sono
seguiti da molti altri, compresi quelli di lingua araba. L’invidia di
Iblis e la sua ribellione a Dio è vigorosamente raffigurata dal Cora­
no, che si ispira più che alla Bibbia al Midrash. Cf. Corano 2, 34; 7,
11; 17, 61; 18, 50; 20, 116.
66 Palestinese anonimo

di fico. Dio li scacciò dal giardino <dell’Eden> ed essi


abitarono di fronte al giardino 60.
Dio fece un m uro di fuoco 61 al giardino; e Adamo
trasm ise in eredità la disobbedienza, il peccato e la
m orte <ai suoi discendenti;». E questo si perpetuò nella
stirpe di Adamo 62.

60 Cf. Ginzberg, op. cit., I, 81.90 e passim . Dalla tradizione giu­


daica m olto materiale midrashico è rifluito nella letteratura cristia­
na ed anche in quella liturgica. La Chiesa bizantina dedica tutti gli
uffici della domenica che immediatamente precede l’inizio della
Quaresima alla meditazione sul pianto di Adamo di fronte al Para­
diso ormai perduto. 11 tema è ancora attuale ai nostri giorni. Cf. per
esempio II lamento di Adamo, in Silvano del monte Athos, cit., p.
400. Anche il Corano accenna velocemente al pentimento e alla ria­
bilitazione di Adamo. Cf. Corano 2, 37; 20, 122.
61 II testo biblico non parla di questo muro di fuoco, che si ri­
trova invece nel Vangelo arabo apocrifo (Moraldi, op. cit., p. 47).
62 Adamo ha trasmesso ai suoi discendenti la vita, ma anche la
disobbedienza, il peccato e la morte. È dottrina tradizionale cristia­
na, che si fonda sulle Scritture. Se il primo uomo fu creato a imma­
gine e somiglianza di Dio (Gen. 1, 26), i suoi figli, che gli nacquero
dopo il peccato, furono generati a immagine di Adamo (Gen. 5, 3),
un’immagine ormai deturpata e avvilita dalla disobbedienza-peccato-
morte di Adamo. Il nostro autore insiste sulla solidarietà ontologica
di tutto il genere umano con il suo progenitore: il Messia viene a
salvare' Adamo e la sua stirpe. Quest’espressione in poche pagine ri­
torna sette volte. La caduta di Adamo e della sua stirpe è troppo gra­
ve perché possa essere riparata da un uomo. Anzi, la solidarietà on­
tologica di tutto il genere umano coinvolge l’intera creazione. Il
Messia Dio-Uomo con la sua morte ha messo a morte la morte e ha
fatto risplendere la risurrezione per gli uomini e per tutta la
creazione di Dio (p. 82). È lo stesso pensiero espresso nel m odo più
incisivo da san Paolo: A causa di un solo uomo il peccato è entrato
nel mondo e con il peccato la morte, così la morte si è trasmessa ad
ogni uomo perché tu tti hanno peccato (Rom. 5, 12). Ma, come tutti
muoiono in Adamo così tutti riceveranno la vita in Cristo (1 Cor. 15,
22) e la creazione stessa attende con impazienza... di essere lei pure
liberata dalla schiavitù, della corruzione per entrare nella libertà della
gloria dei figli di Dio (Rom. 8, 19); e passim . Il nostro autore insiste
ben a ragione, perché questa dottrina non ha alcun riscontro nel
pensiero islamico. Come ho già accennato, nel Corano il concetto
di creazione è profondamente diverso da quello giudeo-cristiano. Il
Il Messia nella storia della salvezza 67

Corano mette sullo stesso piano la creazione di Adamo, quella di


ogni altro uomo e la risurrezione dei morti; dunque non si da né so­
lidarietà ontologica di tutto il genere umano, né trasmissione di
un’eredità, né peccato originale, né redenzione. La creazione è con­
tinua e il creato è un insieme di atomi determinati singolarmente
dall’onnipotenza divina assolutamente libera. Il Corano offre il sup­
porto scritturistico alla teoria dell'atomismo, che sarà compiuta-
mente formulata più tardi. È Dio che ha creato i cieli e la terra e quel
che v e frammezzo... la creazione dell'uomo cominciò dal fango, poi la
progenie sua <Dio> fece nascere dal succo di spregevole liquido, poi
armoniosamente lo plasmò e gli insufflò del suo spirito... (Corano 32,
4ss/); <Dio> vi crea nel ventre delle madri vostre, creazione dopo crea­
zione (Corano 39, 6); l’uomo non fu dunque un tempo una goccia di
sperma che goccia? E poi grumo molle, e Dio lo creò, lo plasm ò... non
sarebbe dunque Egli capace di dare la vita ai morti? (Corano 75,
37ss.). Se la creazione è continua e investe tutti gli atti dell’uomo
non c e più spazio per la libertà personale né per la responsabilità
morale dell’uomo. Infatti molti passi coranici negano il libero arbi­
trio: Dio ha creato voi e quel che voi fate (Corano 37, 96); Dio fa erra­
re chi vuole e guida chi vuole (Corano 74, 31), e passim. Altri passi
però vanno in senso opposto, e infatti come potrebbe altrimenti par­
larsi di giudizio e castigo? Problemi gravi, come si vede, e subito
ampiamente dibattuti all'interno dell’Islam. Non è questa la sede per
un’analisi adeguata, rinvio a Gardet-Anawati, Introduction, cit. In
ogni caso in questi dibattiti furono certamente coinvolti anche quei
cristiani che per vari motivi si dovevano confrontare con i loro vici­
ni musulmani. Una lucida confutazione della dottrina coranica del­
la creazione continua si trova nel Damasceno (Jean Damascène, cit.,
pp. 230ss.). Il contesto è quello di un dibattito fra un musulmano e
un cristiano; ma il testo ha un notevole valore esegetico e teologico,
perché l’autore fonda la sua argomentazione sulla visione biblica
della creazione finita (Gen. 2, 2) e ne sviluppa le implicazioni in mo­
do inconsueto e certamente stimolato dal confronto con la dottrina
coranica: La Scrittura afferma che Dio non ha creato nulla dopo la
prima settimana della creazione del mondo. Infatti il Creatore ha in­
fuso nelle sue creature la vita, e cioè un’energia dinamica, capace di
crescere e moltiplicarsi, secondo l'ordine iniziale di Dio certo, ma
anche secondo quella spinta vitale autonoma conferita da Dio stesso
al suo genere e alla sua specie, all'uomo come alla pianta o al filo
d’erba. Dunque, Adamo è stato l’unico ad essere plasmato da Dio, i
suoi discendenti sono stati generati e hanno generato fino ai nostri
giorni... Cosi ogni pianta e ogni erba produce ed è riprodotta. Cf. an­
che più avanti, nota 67.
68 Palestinese anonimo

Nessun uomo, nessun profeta, nessun altro poteva


salvare la stirpe di Adamo dalla disobbedienza, dal
peccato e dalla morte 63.
Tra Adamo e Noè ci furono dieci Padri, questo si­
gnifica duemiladuecentosettanta anni 64. <In questo

63 Radicale impotenza dell’uomo e solidarietà di destino per i di­


scendenti di Adamo. Sono pensieri paolini, come ho già detto, già pre­
senti negli scritti dei profeti e ampiamente sviluppati dall’esegesi rab­
binica e cristiana. Dice san Paolo: Tutti hanno peccato e sono privi della
gloria di Dio; e sono giustificati gratis per la sua grazia, per mezzo della
redenzione che è in Cristo Gesù (Rom. 3, 23). L’uomo non può salvare,
solo Dio salva: Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi! (Is. 63, 19). E un
testo rabbinico: Quando Israele fu tratto in esilio, lontano dalla sua ter­
ra, il Santo - sia benedetto! - disse loro: «Quale volete dei vostri padri
antichi? Io lo farò risorgere dal suo sepolcro e camminerà alla vostra te­
sta. Volete forse Abramo, o Isacco, o Giacobbe, o forse Mosè, o Aronne?
Io lo farò risorgere dal suo sepolcro e camminerà alla vostra testa. Volete
forse David, o Salomone?...». Gli disse Israele: «Signore del mondo, noi
non vogliamo loro, ma te, poiché sta scritto: Sei Tu il nostro padre, Abra­
mo non ci conosce e Israele non ci riconosce, Tu, o Signore, sei il nostro
Padre, nostro redentore daU’etemità!», in Sete del Dio vivente, cit., p.
107. Cf. anche Rom. 5, 12; 6, 23; 1 Cor. 15, 22. La riflessione patristica
ha ulteriormente approfondito l’analisi di questa radicale impotenza
dell’uomo. Cf. san Basilio, PG 29, 440 AB: Nessun uomo ha il potere di
soddisfare per il peccato presso Dio, perché anch’egli è colpevole di pecca­
to. .. Non cercare dunque il fratello per il tuo riscatto, ma Colui che tra­
scende la tua natura, non cercare un puro uomo, ma l’Uomo-Dio, Gesù
Cristo, che solo può dare soddisfazione a Dio per tutti noi. Nella liturgia
copta si trovano espressioni simili a quelle del nostro testo, cf. Samir
II, p. 36: Quando Adamo cadde per aver violato il tuo santo comando se­
dotto dal Nemico, quando Tu volesti rinnovarlo e riportarlo alla sua pre­
cedente dignità Tu non affidasti l'opera della nostra salvezza né ad un
angelo né ad un arcangelo, né ad un patriarca, né ad un profeta; ma Tu
stesso senza mutamento sei divenuto uomo e ti sei incarnato. La stessa
linea di pensiero continua nella grande tradizione bizantina, cf. per
esempio Cabasilas (sec. XIV), op. cit., p. 130: Era impossibile che il ge­
nere umano fosse capace di curarsi da sé: non aveva quasi mai gustato
la libertà, e non ne aveva esperienza, perciò non poteva giungere nemme­
no al desiderio e alla volontà di possederla.
64 II computo delle generazioni che intercorrono tra l’uno e l’al­
tro patriarca si può ricavare dal capitolo quinto della Genesi. Cf.
Ginzberg, op. cit., I, 105.
Il Messia nella storia della salvezza 69

lasso di tempo> gli uomini non si ricordarono di Dio e


non lo adorarono fino al <tempo> di Noè. Chi di loro
amava Dio e gli obbediva?
Noè li metteva in guardia e li chiamava a Dio, ma
essi si facevano beffe di lui e lo contrastavano65.

Il diluvio
A llora66, al tempo di Noè, Dio fece venire il dilu­
vio sui figli di Adamo e su tutti gli animali 67. Tutta la
popolazione della terra annegò; ma Noè e la gente del­
la sua casa si salvarono. Erano otto an im e68 sulla bar­
ca che Dio aveva comandato a Noè di costruire; e inol­
tre era con lui sulla barca <un esemplare> di tutti gli
animali e di tutti gli uccelli, secondo l'ordine di Dio.
Infine, dopo un anno Dio fece uscire dalla barca
Noè e la gente della sua casa. Allora la terra fu abitata
dai suoi figli e dalla gente della sua casa. Noè offrì a
Dio un sacrificio e Dio accettò il suo sacrificio.

Da Noè ad Abramo
Poi, tra Noè e Abramo il buono, eletto da Dio per
la sua obbedienza, ci furono dieci Padri, cioè trascorse­
ro milleduecento a n n i69. <In questo lasso di te m p o gli
uomini adorarono il Satana al posto di Dio, commisero
cose abominevoli e ribelli a Dio, eccetto i santi di Dio,
che però in quel tempo erano pochi70. Questi santi am ­

65 Cf. Ginzberg, op. cit., I, pp. 153ss.


66 Cf. Gen., capp. 6-9.
67 È ancora sottolineata la solidarietà ontologica di tutto il
creato, uomini e animali, sia nel racconto biblico che nel rilievo che
le dà l’autore.
68 Cf. 1 Pt. 3, 20.
69 Cf. Ginzberg, op. cit., I, p. 185.
70 È il tema biblico del piccolo resto fedele, che Dio non manca
di riservarsi in qualunque condizione storica. Cf. Am. 3, 12: Così
70 Palestinese anonimo

monivano 71 i loro contemporanei e li chiamavano a


Dio. Alcuni di essi andarono incontro a gravi tribola­
zioni: aperta inimicizia da parte dei loro prossimi e ge­
losia da parte di altri uom ini72.

Da Abramo a Mosè
Poi tra Abramo e Mosè profeta di Dio ci furono
quattrocentotrenta a n n i73 e gli uomini divennero peg­
giori di quel che non fossero mai stati, sempre più mal­
vagi nelle loro opere e sempre più deformi nell’aspet­
to 74. Il Maligno lavorava in mezzo agli uomini, l’opera
parla il Signore: Come un pastore salva dalla gola del leone due zampe
o un pezzo d ’orecchio, così saranno salvati i figli di Israele. Il tema è
ripreso ancora da Amos, Isaia, Michea, Sofonia, Geremia, Ezechiele
ecc. Cf. Dreyfus, op. cit.
71 Anche il Corano qualifica alcuni profeti come ammonitori. Cf.
Corano 2, 113: Dio mandò i profeti araldi e ammonitori. Così Loth, Co­
rano 54, 33; Noè, Corano 7, 63 e passim. Spesso questi profeti furono
scherniti e rifiutati, cf. Corano 3, 183.184; 6, 10; 10, 13; ecc.
72 Molti testi biblici si dilungano a parlare delle tribolazioni dei
santi. Cf. per esem pio Ebr. 11. Il tema è ben conosciuto anche dalla
letteratura giudaica; cf. per esempio Ginzberg, op. cit., IV, 279 e
passim . Cf. anche voce Isaiah, in EJ, cit.: qui sono riferite le medesi­
me leggende relative al martirio di Isaia correnti nel mondo ebraico
e in quello islamico.
73 Cf. Es. 12, 40: La dimora dei figli di Israele in Egitto fu di
quattrocentotrenta anni.
74 L’aggravarsi del male all’approssimarsi dei tempi messianici
è un tema classico della letteratura rabbinica e di quella patristica.
Il Talmud insegna che l’avvento del Messia sarà preceduto da gravi
sofferenze, oscurità e dalla più bassa degenerazione morale. Un te­
sto della Pesikta Rabbati recita: Rabbi Hiya, figlio di Abba dice: Il re
Messia verrà solo in quella generazione che avrà la faccia di un cane.
Rabbi Eleazar dice: Nella generazione degna di essere annientata verrà
il re Messia. Cf. Sete del Dio vivente, cit., p. 59. Analogamente la let­
teratura patristica. Cf. per esempio Gregorio Nisseno, PG 46, 1132C:
Dal peccato di Adamo alla venuta di Cristo la tenebra del male crebbe
fino alla sua misura estrema. PG 46, 609A: un'enorme massa di male
andò accumulandosi dalla creazione del mondo fino all'economia del­
la passione del Signore; ecc.
Il Messia .nella storia della salvezza 71

del perfido Iblis si vedeva chiaramente in loro. Il popo­


lo di Sodoma 75, in mezzo al quale abitava Lot, figlio
del fratello di Abramo, faceva cose orribili, perfide,
deformi; perciò Dio li distrusse con una pioggia di fuo­
co e nafta. Nessuno di loro si salvò; ma Dio mise al si­
curo dalla distruzione Lot e le sue figlie.
Ecco, Dio è con coloro che lo temono e fanno il
bene!

L’Egitto e l’Esodo
Poi Israele entrò in Egitto 76 con i suoi figli, erano
settantacinque anime tra uomini, donne e bambini. Dio
li fece crescere e moltiplicare, finché non raggiunsero il
num ero di seicentomila e p iù 77.
Intanto era sorto a capo dell’E gitto un altro Faraone
che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli discriminò i fi­
gli di Israele, impose loro un duro lavoro e volle distrug­
gerli. Di se stesso fece un dio e ai figli di Israele impose
duri lavori di costruzione, li tormentò con aspri tormen­
ti, e uccise i loro figli.
Ma Dio salvò Mosè, e la figlia del Faraone lo fece
crescere.
I figli di Israele implorarono da Dio di essere libe­
rati dall’oppressione nella quale vivevano e dalla mano
del Faraone. E Dio li esaudì e si fece conoscere a loro
nella sua misericordia. Così Mosè uscì dall’Egitto fug­
gendo e Dio lo guidò finché non giunse al monte Sinai.
<Qui>, sul lato destro del monte, Dio gli parlò a viva
voce78 e gli disse: Ecco, è salito fino a me il lamento dei

75 Cf. Gen. 19 e Corano 7, 80-84; e passim.


76 Ora l’autore segue fedelmente il racconto degli ultimi capito­
li della Genesi, 45-50, e dei primi dell’Esodo. Anche il Corano rac­
conta la storia dei figli di Israele in Egitto e nel deserto, e la storia di
Mosè, con abbondanza di particolari spesso attinti alle leggende
giudaiche. Cf. per esempio Corano 14, 6; 20, 28; e passim.
77 Cf. Es. 12, 37.
78 Cf. Deut. 34, 10; <Mosè> che il Signore conosceva faccia a
faccia; e Corano 4, 164: Con Mosè Iddio parlò a viva voce. Di qui
72 Palestinese anonimo

figli di Israele e l’oppressione con la quale li opprimono


Faraone e il suo popolo 79.
Così Dio mandò Mosè al Faraone e lo sostenne
con segni grandiosi e stupendi, con grande potenza.
Poi Dio divise il mare per i figli di Israele e li fece
passare in mezzo al mare, mentre Faraone e il suo
esercito annegavano nel mare.
Fu terribile il Dio della vendetta80! Dio li guidava di
notte con una colonna di fuoco e di giorno li riparava
all’ombra delle n u b i81!
Li nutrì con la m anna e con le quaglie e fu genero­
so con loro per quarant’anni su una terra deserta 82.
Con tutto questo, però, disobbedirono a Dio e commise­
ro azioni abominevoli per il Signore83.
Il Satana non cessava di infuriare contro di loro fi­
no al punto di sedurli, così che essi adorarono il vitello
d’oro al posto di D io84. Mosè in quel frattempo era sul
monte Sinai presso Dio per ricevere la Torah. Allora
Dio volle distruggere i figli di Israele per le loro azioni
malvagie; m a Mosè pregò Dio e gli chiese di perdonare
loro e di risparm iarli dalla distruzione. Dio accettò l’in­
tercessione del suo servo e profeta Mosè, perdonò ai fi­
gli di Israele e li risparm iò dalla m o rte85.

È promesso il Messia
Poi Dio disse a Mosè e ai figli di Israele: Ecco, Io
farò sorgere per voi un profeta come Me. Obbeditegli

viene il titolo che la tradizione islamica attribuisce a Mosè: Kallm


Allàh, interlocutore di Dio . Lo stesso titolo è dato a Mosè dal Van­
gelo arabo apocrifo (Moraldi, op. cit., p. 58).
79 Es. 3, 9
80 Sai. 93/94, 1.
81 Sai. 77/78, 14.
82 Cf. Sai. 104/105, 40.
83 Sai. 77/78, 17 e passim.
84 Es. 32 e passim ; Corano 2, 51.54.92 e passim.
85 Cf. Es. 32, llss.; 33, 12ss. e passim.
Il Messia.nella storia della salvezza 73

in qualunque cosa vi com anderà86. Se uno non gli ob­


bedirà, Io cancellerò il suo nome e lo distruggerò di tra
i figli di Israele.
Questo profeta è il Messia, Parola di Dio e Spirito di
Dio, che Egli ha inviato dal cielo quale misericordia e
guida per la stirpe di Adamo, per la loro salvezza.
Poi Dio mostrò che Mosè era il suo profeta. La vi­
ta di Mosè fu di centoventi a n n i87. Poi i figli di Israele
tornarono al peggio, come non erano mai stati prima.
Adoravano il Satana in ogni luogo e non si ricordavano
di Dio, sacrificavano i loro figli e le loro figlie al Satana
e alle sue schiere88 e questo dopo che Dio li aveva fatti
entrare nella terra di Palestina, la Terra Santa.

Dio manda i suoi profeti ed essi sono rifiutati


Dio m andò loro i suoi profeti e i suoi messagge­
ri 89, moltiplicò i profeti in mezzo a loro. Essi li am ­

86 Deut. 18, 15: Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te,
tra i tuoi fratelli, un profeta uguale a me; a lui darete ascolto, e ss. La
letteratura rabbinica fa menzione di questo testo raramente e non lo
applica al Messia. Invece il Nuovo Testamento lo utilizza sottoli­
neando il compimento della profezia in Gesù. Così il discorso di
Pietro in Atti 3, 22; quello di Stefano in Atti 7, 37; Giovanni 1, 21;
ma soprattutto i Vangeli del Battesimo e della Trasfigurazione nei
sinottici, Mt. 3, 17ss. e 17, 5ss.: Questi è il Figlio mio diletto nel quale
m i sono compiaciuto, ascoltatelo! L’esegesi patristica ha visto in
questi due momenti della vita del Signore la realizzazione della pro­
messa contenuta nel Deuteronomio. L’intreccio di questi testi è alla
base delle celebrazioni liturgiche del Battesimo e della Trasfigura­
zione nella Chiesa bizantina. Invece Corano 3, 164 sembra applicare
a Muhammad questa profezia.
87 Sic Deut. 34, 7.
88 II tema ricorre con grande frequenza nell’Antico Testamen­
to, Pentateuco, Profeti, Salmi, Libri storici. Cf. per esempio Deut.
32, 17: Hanno sacrificato a demoni che non sono Dio; Sai. 105/106,
37.38: Immolarono i loro figli e le loro figlie agli dèi falsi. Versarono
sangue innocente, il sangue dei figli e delle figlie sacrificati agli idoli di
Canaan; la terra fu profanata dal sangue-, ecc.
89 Cf. Ebr. 1,1: Molte volte, in molti modi, Dio aveva parlato ai
Padri per mezzo dei profeti.
74 Palestinese anonimo

monivano, li chiam avano a Dio, m ostravano loro


l’opera del Satana, la sua seduzione, il suo inganno.
Ma il Satana dominava sui figli di Israele e su tutti gli
uomini; li ridusse in miseria, li tiranneggiò, ridusse
gli uom ini ad essere suoi schiavi, anziché servi di Dio,
li sedusse, li traviò in ogni opera malvagia. Gli uom ini
si sollevarono contro i profeti di Dio e contro i suoi
messaggeri. I loro cuori erano ciechi così da non
com prendere la parola dei profeti di Dio. Così alcuni
di loro li uccisero, altri li lapidarono, altri li calunnia­
rono 90.
In ogni nazione, in ogni popolo si vedeva chiara­
mente l’opera di Iblis. Si adoravano il fuoco, le steli, gli
animali, gli alberi. Si adoravano serpenti e draghi e tu t­
te le bestie della te rra 91.
Dio non era contento di questo per le sue creature,
Dio per le sue creature è il più Misericordioso dei Mise­
ricordiosi 92!
E così fu Lui a stabilire Uno che si sarebbe assun­
to l’opera della loro salvezza e del loro riscatto 93 dalla
tentazione e dall'inganno di Iblis.

I profeti invocano l’avvento del Messia


Quando i profeti di Dio videro tutto questo, e cioè
che i figli di Adamo erano già perduti, che il Satana li
tiranneggiava e che nessun uomo poteva salvare la stir­
pe di Adamo daH’errore e dalla perdizione, allora i pro­
feti e messaggeri di Dio lo pregarono e gli chiesero di
scendere verso le sue creature e suoi servi e di assu­

90 Cf. Mt. 21, 33-45, la parabola dei vignaioli omicidi.


91 In poche parole sono riassunte le caratteristiche dei culti
persiani, cananei ed egizi.
92 II più Misericordioso dei Misericordiosi è un appellativo cora­
nico di Dio. Cf. per esempio Corano 7, 151; 12, 64.92; 21, 83. Cf. so­
pra, nota 2.
93 Riscatto, Furqàn, termine siriaco entrato nella cultura isla­
mica, ove designa il Corano stesso.
Il Messia nella storia della salvezza 75

mersi l’opera della loro salvezza dal traviamento del


Satana, per la sua misericordia.
Uno di loro disse: Signore, abbassa il cielo e vieni
da noi! 94 Un altro disse: Oh, Tu che sei assiso sui Che­
rubini, mostrati a noi, risveglia la tua potenza e vieni a
salvarci!95 Un altro ancora ha detto: «Non un mediato­
re, non un re, il Signore solo verrà e ci salverà!». Un al­
tro profetò e disse: Dio ha. inviato la sua Parola e ci ha
guariti dalla nostra oppressione 96 e ci ha salvati! Un al­
tro ancora ha profetato, dicendo chiaramente: Verrà e
non tarderà 97. Anche il profeta David ha detto profeti­
camente: Benedetto Colui che viene nel nome del Signo­
re 98, e: O Dio, Signore nostro, rivelati a n o i!99 E ancora
ha detto: Dio verrà e non tacerà, davanti a Lui il fuoco
divorerà e divamperà intorno a Lui allegramente! 100

Il Messia Dio e Salvatore conforme alle profezie


Che c’è di più chiaro e luminoso di questa profezia
relativa al Messia? Dal momento che i profeti hanno
profetato e detto che il Messia è Dio e Signore e Salva­
tore. È Lui che è disceso dal cielo per salvare i suoi ser­
vi senza abbandonare il trono <della sua divinità>. In­
fatti, Dio, la sua Parola e il suo Spirito sono sul trono e
in ogni luogo, perfettamente e senza diminuzione.
I cieli e la terra, e quanto è in essi, sono pieni della
sua gloria! 101

94 Cf. Is. 63, 19: Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!·, Sai.


143/144, 5: Signore, piega il tuo cielo e scendi!
95 Sai. 79/80, 2.3.
96 Sai. 106/107, 20: Mandò la sua Parola e li guarì, li salvò dalla
distruzione.
97 Ab. 2, 3.
98 Sai. 117/118, 26.27.
99 Sai. 66/67, 2: Rivelaci il tuo volto!
100 Sai. 49/50, 3. Per l’ultima parte del versetto seguo l’interpre­
tazione di Samir II.
101 Cf. Is. 6, 3; Ab. 3, 3; Sai. 145/146, 6; Atti 4, 24; ecc.
PIETÀ PER L’UOMO
E DIVINA INCARNAZIONE

Quando Dio vide le sue creature già perdute, per­


ché il Satana si era impadronito di loro e tutti i popoli
e tutte le nazioni lo servivano 102, invece di servire Dio;
<quando vide> che i suoi profeti lo supplicavano di sal­
vare la stirpe di Adamo dalla perdizione e dall’inganno
di Iblis; e che la caduta di Adamo e della sua stirpe era
troppo grave perché un uomo potesse risanarli e gua­
rirli dalla loro ferita; allora Dio effuse abbondantem en­
te su di loro la sua misericordia, fece loro dono con li­
beralità della sua compassione.
Dio - sia benedetto e santificato il suo Nome! -
non volle che le sue creature perissero. Dopo aver crea­
to gli uomini nella sua misericordia, non volle abban­
donarli a servire il Satana invece di Lui, a sacrificare i
loro figli e le loro figlie agli idoli, a commettere azioni
proibite e peccati contro Dio.
Iblis menava vanto sulle creature di Dio perché or­
mai le aveva dominate e fatte schiave, e nessun uomo
poteva salvarle dalla sua mano. Allora Dio non volle
che un uomo si assumesse il compito di salvare il figlio
di Adamo e la sua stirpe. Nella sua misericordia Dio
stesso si assunse questo compito e li salvò dalle mani
di Iblis e dal suo inganno. Affinché Dio sia ringraziato,
adorato, lodato, per la sua grazia, la sua munificenza,
il suo favore nei confronti delle sue creature, per la sua
misericordia e la sua salvezza loro <donata>.

102 Nell’edizione di Miss Gibson si apre qui una lunga lacuna.


Da «invece di servire Dio» fino a «Dio fece conoscere questo e la lo­
ro salvezza alle sue creature» seguo l’edizione Samir II.
Pietà per l'uomo e divina incarnazione 77

Non era conveniente che alcun uomo intrapren­


desse l’opera di questa salvezza, di questa grande mise­
ricordia; Dio solo <poteva f a r lo . Così è piaciuto a Dio
nella sua misericordia, compassione e favore, di assu­
mersi la salvezza dei suoi servi e sue creature, perché
gli rendano grazie, lo servano e sappiano che Dio è il
loro Signore, il più. Misericordioso dei Misericordiosi
verso le sue creature. Questo e la loro salvezza Dio fece
conoscere alle sue creature.
Se Dio - a Lui gloria e potenza! - avesse voluto di­
struggere Iblis, l’avrebbe fatto. Dio è sul trono. Dio è
potente 103 in ogni luogo e su ogni cosa. Niente che Egli
voglia nei cieli o sulla terra gli è impossibile.
Ma Iblis già aveva umiliato Adamo, l’aveva sedot­
to, gli aveva fatto ereditare la morte e la disobbedienza,
l’aveva fatto uscire dal Giardino e si era inorgoglito
contro di lui e contro la sua stirpe. Il Maligno pensava
che non avrebbe più smesso di soggiogare e torm enta­
re la stirpe di Adamo, e che nessuno avrebbe potuto
salvare gli uomini dal suo inganno. Così piacque a Dio
di distruggerlo e annientarlo per mezzo di quell'uomo
che egli aveva sedotto e oppresso. E Dio annientò Iblis
e lo pose sotto <i piedi> dell'Uomo servendosi proprio
della sua disobbedienza contro Dio, secondo quello che
aveva visto 104.

103 Qadlr, Potente, è un altro nome di Dio ben attestato nel Co­
rano, cf. per esempio Corano 6, 37; 6, 65; ecc. Per l’analisi di questo
titolo di Dio nella tradizione islamica, cf. Gimaret, op. cit., pp. 235ss.
104 La traduzione è fedele; ma il testo è alquanto oscuro. Credo
che l’autore abbia presente un racconto midrashico (cf. Beresit Rab-
ba, V ili, 3ss.), di cui si trova traccia anche nella Lettera agli Ebrei
(1 ,6 : quando introdusse il Primogenito nell'Universo Dio disse: «Lo
adorino tutti gli Angeli di Dio»). Il Corano utilizza ampiamente il
racconto midrashico, ripetendolo più volte quasi con le medesime
parole (Corano 2, 30ss.; 7, llss.; 15, 31ss.; ecc.). Dunque, il Midrash
dice che, dopo aver creato gli Angeli, Dio creò l'uomo e allora or­
dinò agli Angeli di prostrarsi davanti ad Adamo. Tutti obbedirono
meno Iblis e i suoi seguaci, i quali, vedendo Adamo fatto di fango, si
ribellarono a Dio, gli disobbedirono e furono scacciati. Ora però,
78 Palestinese anonimo

Dio mandò dal suo trono la sua P aro la10S, che pro­
cede da Lui, e così salvò la stirpe di Adamo rivesten­
dosi 106 di quest’uomo debole e vinto nel seno di Maria
la Buona, che Dio si è scelta a preferenza di <tutte> le
donne dell’universo 107. Dio si nascose in Lei e per mez­
zo di quest’Uomo distrusse il Maligno, lo represse e lo
umiliò lasciandolo debole e miserabile. <11 M alig n o
non potè più m enar vanto sulla stirpe di Adamo per il
violento dolore provato quando Dio lo vinse per mezzo
di quest’Uomo del quale si era rivestito.
Se Dio avesse distrutto Iblis senza rivestirsi di
quest'Uomo per mezzo del quale l’ha ab b attu to 108, Iblis
non avrebbe provato dolore e rimpianto. Infatti il Mali­
gno avrebbe proprio detto: Ecco io ho umiliato l’uomo,
l’ho tentato, l'ho fatto uscire dal Giardino, quell’uomo
che Dio aveva creato con la sua mano, a sua immagine
e somiglianza, l’ho strappato a Dio e gli ho fatto eredi­
tare 109 la disobbedienza e la morte. Se mi avesse vinto

prosegue il nostro autore, dal momento che il Verbo di Dio si è fatto


uomo, Iblis è vinto e soggiogato proprio dall'Uomo, che non aveva
voluto onorare nel primo Adamo secondo l’ordine di Dio.
105 Cf. Sap. 18, 15.
106 Si rivestì, labisa, più avanti si nascose. Nella teologia araba,
sia melchita che nestoriana o giacobita, la Vergine Maria è detta il
velo, higàb, di Dio. Più avanti troveremo lo stesso termine applicato
all’umanità di Cristo: Dio velò se stesso in un uomo senza peccato.
Higàb è anche il termine arabo che designa l’iconostasi nelle Chiese
bizantine (nota da Samir II). Analoga espressione in Isacco di Nini­
ve, op. cit., p. 81: Sotto il velo delle sue membra il Cristo compiva la
sua divina economia per il riscatto della vita di tutti. Cf. Ebr. 10, 20:
Gesù... attraverso il velo della sua carne...
107 Cf. Corano 3, 42: Gli Angeli dissero a Maria: «O Maria! In
verità Dio t'ha prescelta e t'ha purificata e t'ha eletta su tutte le donne
del creato». Anche il Damasceno (Jean Damascène, cit., pp. 244.245)
utilizza questo testo coranico con il suo interlocutore musulmano.
108 Testo corretto in Samir II, anziché tabba, Icabba.
109 Nell’edizione di Miss Gibson c’è di nuovo una lacuna. A
partire da «la disobbedienza e la morte» fino a «esaltare il suo nome
sublime» la lacuna è colmata col testo Samir II. Restano tuttavia al­
cune righe lacunose.
Pietà per l'uomo e divina incarnazione 79

Dio, non ci sarebbe da meravigliarsi, Dio è potente a


fare ciò che vuole; nulla gli è impossibile di ciò che
vuole.
Perciò Dio distrusse e umiliò Iblis per mezzo di
quell'uomo di cui si era rivestito per noi, perché Iblis
non potesse più m enar vanto sulla stirpe di Adamo per
averli vinti e sedotti. Così piacque a Dio di svergognare
Iblis e renderlo debole.
E per m ostrare agli uomini che Iblis è <solo> un
servo debole e disobbediente, Dio lo scacciò dal cie­
lo 110 per la sua disobbedienza. Così gli uomini non lo
avrebbero più temuto, ma disprezzato.
Invece, per i suoi servi, per gli amici della sua
obbedienza, Dio fece sì che potessero farsi beffe di
Iblis e disprezzarlo, dopo che lui li aveva vinti e fatti
schiavi.
Considera, o uomo, che cosa ha fatto Dio per noi,
e come ci ha sospinti verso il regno del cielo! Egli ha
abbattuto Iblis, l'ha precipitato negli inferi, l’ha lascia­
to debole e gravemente avvilito, allorché vide in noi la
gloria di Dio, quella gloria con la quale Dio ci ha ono­
rato e sospinto verso il cielo, per mezzo del Messia sua
Parola e suo Spirito U1, ponendoci con i suoi Angeli a
lodare ed esaltare il suo Nome sublime.
[·..] *

110 Cf. Le. 10, 18: Vedevo il Satana come folgore cadere dal cielo-,
Gv. 12, 31; Ap. 12, 9. Il tema della cacciata del Satana dal Paradiso è
ben conosciuto dal Midrash, cf. Ginzberg, op. cit., I, pp. 62ss., e pas­
sim . Analogamente nel Corano 15, 34.35.
111 II Messia Spirito di Dio. È un’espressione singolare nel lin­
guaggio cristiano, anche se si incontra in alcuni autori dei primissi­
mi secoli, per esem pio in Teofilo di Antiochia, cit., 2, 10, 12 (il passo
mi è stato segnalato dal p. V. Poggi SJ). Invece il Corano l’applica a
Gesù proprio in un contesto che nega la sua divinità, com e ho già
segnalato sopra, Corano 4, 171.
* Tre puntini in parentesi quadre indicano una lacuna nell’ori-
ginale arabo.
80 Palestinese anonimo

Il Cristo Uomo perfetto nato da Maria


[··.]
Disse l’arcangelo Gabriele a Maria 112: «Darai alla
luce il Messia Salvatore di Israele». E Μαήα disse: «Co­
me potrò avere un figlio se nessun uomo m i ha tocca­
ta?». Le rispose Gabriele: «Lo Spirito di Dio scenderà su
di te e la potenza dell'Altissimo prenderà dimora in te.
Colui che nascerà da te sarà chiamato Santo e Figlio
dell'Altissimo; e tu sarai benedetta tra le donne!».
Quale testimonianza può essere più vera di quella
resa da Gabriele? Non è lui l’arcangelo che sta in piedi
presso il trono <dell’Altissimo> ed è mandato da Dio a
tutti i messaggeri e profeti? 113
Dunque, il Messia è nato da Maria, la pura, per
opera dello Spirito Santo, senza che uomo la toccasse,
Dio da Dio, Luce da Luce 114, sua Parola e suo Spirito,
Uomo perfetto nell’anima e nel corpo, senza peccato115.

112 II testo che segue è tolto quasi alla lettera da Le. 1, 25-45.
Anche il Corano 3, 42-48 e 19, 16-22, racconta l’annuncio fatto a Ma­
ria; però più che al Vangelo si ispira a leggende e racconti apocrifi.
113 Cf. Le. 1, 19: Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio; e
Le. 1, 26. Nell’Antico Testamento il nome dell’arcangelo Gabriele si
incontra solo in Dan. 8, 16 e 9, 21. Il Corano parla esplicitamente di
Gabriele in due passi, 2, 97.98 e 66, 4; ma vi allude, pare, altre volte
indicandolo com e lo spirito di santità. Corano 2, 97 dice che fu Ga­
briele a deporre il Corano nel cuore di Muhammad.
114 L’autore compone le parole del Vangelo con il Credo.
115 Uomo perfetto, il Cristo provato in ogni cosa come noi eccetto il
peccato (Ebr. 4, 15). L’autore ritorna più volte sulla sua professione di
fede cristologica: il Cristo è Dio perfetto-Uomo perfetto in tutto eguale
a noi eccetto il peccato. È l’ortodossia di Calcedonia (451): Il Signore
nostro Gesù Cristo perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità,
vero Dio e vero uomo (in Decisioni dei Concili, cit., p. 164). Ma già nel
433 la cosiddetta formula di unione professava il Cristo Dio perfetto-
Uomo perfetto (ibid., p. 22). In ogni caso i monaci palestinesi dopo le
controversie cristologiche si erano attestati su una professione di fede
sobria e misurata che fu detta "Calcedonesimo minimale”. E su questa
formula “il Cristo Dio perfetto-Uomo perfetto” non ci sono obiezioni.
Cf. Peirone, cit., passim. Forse è opportuno ricordare a questo punto
che in una certa tradizione islamica l’uomo perfetto è Muhammad.
Pietà per l'uomo e divina incarnazione 81

Maria, dopo averlo dato alla luce, è rim asta vergine 116.
Se il Messia non fosse Dio da Dio e Luce <da Luce>, Ma­
ria non sarebbe rimasta vergine dopo averlo generato;
ma ella aveva dato alla luce la Luce di Dio, la sua Parola,
misericordia, guida e salvezza117 per le sue creature.
Infatti il Messia ha salvato Adamo e la sua stirpe
dall'inganno di Iblis, ha risollevato Adamo dalla sua ca­
duta 118, ha curato la sua ferita, ha rinnovato la sua
consunzione, ha guarito la sua frattura, ha liberato lui
e la sua stirpe dalle mani di Iblis, ha fatto sparire la
sua tenebra e la sua tirannia, ha liberato i nostri cuori
dalla schiavitù del Satana.
Sulla croce <il C ris to ha crocifisso il peccato, con
la sua morte ha messo a morte la morte 119, che Adamo

116 Nella prospettiva cristiana la maternità verginale di Maria è


la novità assoluta, la nuova creazione, il paradosso degli opposti che
si congiungono al medesimo fine. Tutte queste espressioni si ritro­
vano nell'Inno acatisto in onore della Madre di Dio, cit., e in molte
com posizioni liturgiche, soprattutto delle Chiese d’Oriente. Maria è
prima di tutto la Tkeotokos, la Madre di Dio. Cf. Decisioni dei Conci­
li, cit., p. 21. Il termine Theotokos coniato dalla cristologia alessan­
drina fu solennemente approvato al Concilio di Efeso (431), e poi di
nuovo a Calcedonia (451). Maria, dice il nostro autore, è madre ver­
gine perché è la Madre di Dio, l’unica. Anche il Corano parla di una
nascita verginale di 'tsà, Gesù; ma questa nascita non è l’evento uni­
co nella storia deU’umanità, essa è assimilata all’apparizione di Ada­
m o sulla terra, quale prova dell’onnipotenza creatrice di Dio. Cf. per
esem pio Corano 3, 47: «O mio Signore - rispose Maria <all’Angelo> -
come avrò mai un figlio se non m i ha toccata alcun uomo?». Rispose
l’angelo: «Eppure Dio crea ciò che egli vuole. Allorché ha deciso una
cosa non ha che da dire: Sii! Ed essa è»; e passim . Il Gesù del Corano
nasce senza padre com e Adamo, è creato dall’ordine di Dio, ed è un
uomo com e tutti gli altri uomini. Cf. Arnaldez, op. cit., passim.
117 Misericordia e guida sono termini coranici mentre salvez­
za, Halàs, appartiene al vocabolario cristiano (nota da Samir II).
Non si dà in Islam nozione di salvezza.
118 Testo poco chiaro, seguo Samir II.
119 Con la sua morte ha messo a morte la morte: è un famosissi­
m o testo pasquale della liturgia bizantina. Cf. Liturgia orientale della
settimana santa, cit., II, pp. 189ss. Cf. Col. 2, 14: <11 Cristo> ha tolto
di mezzo il documento <della nostra condanna> inchiodandolo alla
82 Palestinese anonimo

con la sua disobbedienza aveva trasmesso in eredità


<al genere u m a n o . Ha fatto risplendere la risurrezio­
ne, ha ristabilito la verità, la giustizia e la guida per la
sua misericordia, e ne ha fatto dono agli uomini e alla
creazione di Dio. La sua luce fu in mezzo agli uomini e
manifestò loro la sua g loria120. La sua luce insegnò agli
uomini a servire Dio, la sua Parola e il suo Spirito, un
solo Dio, un solo Signore.

Scopo dell’Incarnazione
Sappi che il Messia non è disceso dal cielo per la
sua propria salvezza; infatti Parola e Spirito sono pres­
so Dio prim a che il tempo fosse 121, e gli Angeli davano
gloria a Dio, alla sua Parola e al suo Spirito, Unico Si­
gnore tutto s a n to 122.
In verità il Messia è disceso, misericordia e salvez­
za, per salvare Adamo e la sua stirpe da Iblis e dal suo
inganno.
Non si è separato dal trono Lui che è presso Dio,
Dio da Dio. Nel cielo ha stabilito il suo divino dise­
gno 123 e ha fatto misericordia alle sue creature, così
come ha voluto.

croce. Il demonio è stato vinto proprio per mezzo di quella morte


con la quale credeva di avere definitivamente vinto. Il tema ricorre
con grande frequenza nella letteratura patristica e liturgica. Cf. an­
cora l’omelia pasquale di san Giovanni Crisostomo in Liturgia orien­
tale della settimana santa, cit., II, pp. 212ss. Dice il Damasceno, De
fide orthodoxa, PG 94, 1129: Di tutte le creazioni di Cristo la più gran­
de e mirabile è la croce.
120 Cf. Gv. 1, 14: Abbiamo visto la sua gloria, gloria come di
Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
121 Cf. Gv. 1, 1: In pricipio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e
il Verbo era Dio.
122 Nuovo richiamo alla visione di Is. 6, lss.
123 Ha stabilito il suo divino disegno, alla lettera: Ha disposto le
cose; ma il termine arabo tadblr corrisponde al greco oikonomia con
il quale nel greco dei Padri si indica appunto il complesso disegno
delle divine disposizioni relative alla storia della salvezza.
Pietà per l'uomo e divina incarnazione 83

I segni del Cristo Dio e Giudice


Il Cristo ha operato dei segni, opere di Dio, affin­
ché gli uomini conoscano dalle sue opere che Egli è
Dio da Dio e Luce. Così ha detto il Messia ai figli di
Israele: Se non credete a me, credete almeno alle opere
che compio 124.
Infatti, il Messia ha creato, e nessuno può creare
se non Dio. V o i125 trovate nel Corano: Parlò e creò dal­
l'argilla una figura di uccello, poi vi soffiò sopra, ed ecco
era divenuto un uccello col permesso di Dio! 126
Il Messia perdonava i peccati e chi può perdonare i
peccati se non Dio? 127 II Messia saziava gli affam ati128
e nessuno può fare questo, né dare il pane, se non Dio.
Tutto questo a proposito del Messia, Voi lo trovate nel
vostro Libro.
Il Messia fece dono agli apostoli dello Spirito San­
to e dette loro potere sui demoni e su tutte le
infermità 129. Ora, solo Dio può donare lo Spirito San­
to, Dio che alitò <il suo Spirìto> su Adamo ed ecco di­
venne un uomo, dotato di anima vivente 13°.
Il Messia ascese al cielo, da dove era disceso, sulle
ali degli Angeli 131 e nessuno può fare questo se non

124 Gv. 10, 38.


125 L’autore si rivolge ai musulmani con argomenti tratti dal
loro Libro. Cf. Introduzione. I Vangeli canonici non registrano alcu­
na creazione compiuta da Gesù. Questo è necessario nell’universo
teologico delle Scritture giudeo-cristiane. Cf. sopra, nota 62. Solo gli
apocrifi si com piacciono di questo genere fabuloso che si ritrova nel
Corano a proposito del Gesù coranico. Cf. Introduzione.
126 Corano 3, 49. Un racconto analogo si trova nel Vangelo
apocrifo di Giacomo.
127 Cf. Le. 5, 21; Corano 3, 135: Chi mai potrebbe perdonare i
peccati se non Dio?
128 Cf. Mt. 14, 17ss. e parali.; cf. anche Corano 5, 113-115.
129 Cf. Gv. 20, 22; Me. 16, 15-18.
130 Cf. Gen. 2, 7.
131 Cf. Atti 1, 9-11. Il nostro autore contempla l’ascensione del
Signore secondo il m odello tradizionale dell’iconografia bizantina: il
Cristo ascende al cielo sulle ali degli Angeli, Lui che dal cielo era di-
84 Palestinese anonimo

Dio, che <prima> era disceso dal cielo sul monte Sinai
e aveva parlato a Mosè e gli aveva dato la Torah.
È in ogni luogo, Lui, l’Uomo perfetto, al quale nul­
la è nascosto 132!
Poi il Messia verrà nel giorno della risurrezione e
giudicherà gli uomini per le loro opere: i buoni eredite­
ranno il regno del cielo e la vita eterna che non ha fi­
ne 133.

sceso. Nel gioco di parole, ascese-discese, si sente l’eco di vari testi


liturgici bizantini. Essi a loro volta si ispirano a Gv. 3, 13: Nessuno è
asceso al cielo se non Colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo.
Cf. anche Ef. 4, 10. Gli autori di questi testi parlando della divina di­
scesa intendono l'Incarnazione del Verbo, il nostro invece stabilisce
un confronto tra la discesa di Dio sul Sinai per il dono della Legge
al popolo di Israele (Es. 19 e 20) e la gloriosa ascensione del Cristo
risorto. Anche in questo si ispira alla liturgia bizantina che acclama
in Gesù il Legislatore che sul Sinai ha dato la legge a Mosè. Cf. Li­
turgia orientale della settimana santa, cit., II pp. 49 e 107. Anche nel
Corano troviamo, in un versetto di difficile interpretazione, una spe­
cie di ascensione di Gesù, ma di segno opposto, al fine di negarne la
morte sulla croce. Cf. Corano 4, 157.158: Essi non lo uccisero, ma
Dio lo innalzò a sé. Qui dunque non si tratta del ritorno glorioso al
Padre del Risorto, ma della fuga dalla croce. E anche il Corano in
molti luoghi ricorda il dono della Legge e il Sinai. Cf. per esempio
Corano 2, 53.87; 3, 48.50.65.95; ecc.
132 Cf. Gv. 2, 25: Gesù conosceva quello che c'è nell’uomo. An­
che in Islam l'onniscienza è un attributo di Dio: Tu solo sei il fondo
conoscitore degli arcani (Corano 5, 16 e passim).
133 L’annuncio del Cristo giudice e della risurrezione dei morti
fa parte del nucleo primitivo e fondamentale dell’annuncio cristia­
no, cf. il Simbolo degli apostoli; Atti 10, 42; 2 Tim. 4, 1; 1 Pt. 4, 5;
Mt. 16, 27; ecc. D’altra parte il tema del giudizio finale è presentissi­
m o nel Corano, dalle sure più antiche alle ultime, come pure quello
della risurrezione dei morti. Giudizio e risurrezione dei morti sono
opere di Dio; dunque, viene a dire il nostro autore, Gesù è Dio per­
ché ha compiuto le opere di Dio, sia secondo le Scritture cristiane
che secondo il Corano.
Il Messia nella storia della salvezza 85

Il Mediatore
Il Messia è il Mediatore tra noi e Dio perché è Dio
da Dio e Uomo <vero> 134.
Gli uomini non potevano guardare Dio e restare in
vita 135. Ma Dio ha voluto per le sue creature misericor­
dia e gloria. Così il Messia sta in mezzo tra noi e Dio,
Dio da Dio e Uomo <vero>, Giudice degli uomini se­
condo le loro opere. Perciò Dio si è nascosto in un uo­
mo senza peccato! Nel Messia Dio ha usato con noi la
sua misericordia e ci ha avvicinati a Lui.

I profeti l’avevano detto


Di tutto questo hanno già parlato i profeti di Dio,
parlando del Messia prim a che si manifestasse agli uo­
mini.
Se piace a Dio spiegheremo tutto questo con le lo­
ro stesse parole, i loro scritti, il loro annuncio del Mes­
sia, secondo quello che era ispirato loro dallo Spirito
Santo, alla fine di questo nostro libro.

Ascensione e invio degli Apostoli


Cominceremo invece con un segno preso dalle pa­
role del Messia. Infatti, quando Egli ascese al cielo dal
monte degli Ulivi, parlò agli Apostoli e comandò loro
di disperdersi in tutto il mondo e di annunciare nel suo
nome il regno del cielo e la conversione 136.

134 Cf. 1 Tim. 2, 5: Uno solo è Dio e uno solo è il mediatore tra
Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù; ecc.
135 Cf. Es. 33, 20: Nessun uomo può vedermi e restare vivo, dice
il Signore; ma nella nuova economia Gesù assicura i discepoli: Chi
vede me vede il Padre (Gv. 14, 19).
136 Cf. Le. 24, 44-48.
86 Palestinese anonimo

Allora il Messia disse loro: Ecco, Io vi mando oggi


come pecore in mezzo ai lupi 137, ma voi restate netta
città santa, Gerusalemme, fino a quando non siate rive­
stiti della forza che viene dal cielo. Io vado là dove ero e
vi manderò il Paraclito, lo Spirito Santo, il Verace, che
gli uomini non possono guardare. Egli vi farà ricordare
di me e di tutto quello dì cui vi ho parlato. Sarà Lui a
parlare con le vostre bocche quando sarete trascinati da­
vanti ai re e ai signori di questo mondo. Non preoccupa­
tevi di quel che dovrete dire, perché lo Spirito che Io vi
manderò sarà Lui a parlare con le vostre bocche.

137 Mt. 10, 16. Questa citazione è importantissima. Il segno di­


stintivo dei veri discepoli sarà non la forza, ma il segno stesso del
Cristo, Agnello di Dio (Gv. 1, 35). Anche il Vangelo arabo apocrifo
(Moraldi, op. cit., p. 159) recita: Non ponete la vostra speranza sulla
forza di coloro che tengono la spada, perché Io <Gesù> non approvo
questo; Io non attirerò a voi le nazioni con l'oppressione e il dominio.
Le righe seguenti, in corsivo, sono una libera ricomposizione di bra­
ni evangelici diversi: Le. 24, 49; Gv. 14, 26; Mt. 10, 18-20 e altri.
PENTECOSTE

Ed essi restarono in Sion, la città santa, finché di­


scese su di loro lo Spirito Santo che il Messia aveva
promesso, come un vento impetuoso. Questo accadde il
giorno di Pentecoste 138, dopo l’ascensione al cielo del
Messia, circa dieci giorni dopo. Tutti gli Apostoli parla­
rono con lingue di fuoco. Ad ogni lingua corrispondeva
una nazione di questo mondo, ci furono settantadue
lingue 139.
Così il Messia m antenne la promessa che aveva
fatto agli Apostoli ascendendo al cielo e non venne me­
no alla parola data loro 140.

Il Messia è Dio
Chi è costui che può decretare in cielo e convali­
dare <in terra> il suo decreto se non Dio solo? E que­
sto per mezzo della sua Parola e del suo Spirito. Sì, il

138 L’autore segue liberamente il capitolo secondo degli Atti.


L’indicazione del tempo, dieci giorni dopo l’Ascensione, è ricavata
dal ciclo liturgico, non dal Nuovo Testamento. Anche per il Vangelo
arabo apocrifo (Moraldi, op. cit., p. 210), la Pentecoste cade in gior­
no di domenica dieci giorno dopo l'Ascensione.
139 Adamo, secondo il Midrash, inventò settantadue lingue
(Ginzberg, op. cit., I, pp. 62.120.173 epassim ). Anche dopo il diluvio
ci furono settantadue nazioni e settantadue lingue ([ibid., p. 173 e
passim). Cf. in Le. 10, 1 l'invio dei settanta o settantadue discepoli.
140 Cf. Le. 24, 49: Io manderò su di voi la promessa del Padre
mio.
88 Palestinese anonimo

Messia ha decretato in cielo e <ancora> decreta e ha


m andato agli Apostoli lo Spirito Santo, come aveva lo­
ro promesso.
Se il Messia fosse stato simile ad Adamo 141, o a
qualunque altro uomo, profeta o non profeta, non
avrebbe potuto decretare in cielo, né salire al cielo; sa­
rebbe rim asto sulla terra come vi rim asero Adamo,
Noè, Abramo, Mosè, e tutti i profeti e messaggeri 142.
Ma il Messia è Parola di Dio e Luce di Dio, Dio da Dio;
ed è disceso dal cielo per la salvezza di Adamo e della
sua stirpe da Iblis e dal suo inganno; ed è risalito al
cielo dove era <prima della sua discesa> con gloria e
maestà.
Egli ha riempito di potenza e di Spirito Santo i
cuori degli uomini che credono in Lui, perché diano
gloria a Dio, alla sua Parola e al suo Spirito Santo nei
cieli e sulla terra.

Il Padre Nostro
Il Messia ci ha insegnato a dire così: Padre nostro,
che sei nel cielo, sia santificato il tuo nome, venga il tuo
regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra,
donaci ogni giorno il pane necessario, perdonaci le no­
stre colpe come noi perdoniamo chiunque abbia peccato
contro di noi. Non farci entrare in tentazione, o Signore,
ma salvaci dal Satana; poiché tuo è il regno, la potenza e
la gloria nei secoli dei secoli. Amen 143. Così il Messia ha
fatto vedere in mezzo agli uomini la luce di Dio, e sulla

141 II Messia non è simile ad Adamo, come invece ritiene il Co­


rano che a lui l’assimila. Cf. sopra, nota 116.
142 Cf. Gv. 8, 53-58: «Abramo è morto ed anche i profeti sono
morti. Chi pretendi di essere?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità
vi dico: Prima che Àbramo fosse Io sono!».
143 Cf. Mt. 6, 9-13 e Le. 11, 2-4. Il Padre Nostro è la preghiera
cristiana per eccellenza, perciò ha un posto peculiare in tutti i for­
mulari eucaristici. Qui si trovano combinati in una versione liturgi­
ca i due brani evangelici.
Pentecoste 89

terra li ha resi simili agli Angeli di Dio. Essi hanno vin­


to i desideri di questo mondo e l’amore per esso. In essi
si compie la volontà di Dio come negli Angeli144.

Missione degli Apostoli


Poi gli Apostoli uscirono, si divisero tutto il m on­
do tra loro e annunciarono il regno del cielo e la peni­
tenza nel Nome del Messia. Ogni genere di seg n i145 fu
compiuto da loro per la potenza dello Spirito Santo:
guarirono tutte le malattie e infermità, scacciarono i
demoni dai figli di Adamo, risuscitarono i morti <con
la potenza> del Nome del Messia 146, distrussero gli
idoli e il culto di Iblis tra i figli di Adamo.
Così, in tutte le nazioni apparve la luce e la verità
di Dio, e gli Apostoli le guidarono a servire Dio e obbe­
dire a Lui.

Debolezza degli Apostoli, potenza del Vangelo


Certo, essi erano dodici uomini poveri, deboli,
stranieri in mezzo agli uomini, senza beni di fortuna,

144 Mi pare di riconoscere qui un’allusione alla vita ascetica e


monastica, molto spesso qualificata com e vita angelica nella lettera­
tura patristica. Cf. per esempio san Basilio, PG 31, 873B; Metodio
d’Olimpo, PG 18, 141 A; san Gregorio di Nazianzo, PG 36, 296A; san
Giovanni Climaco, PG 88, 148C; ecc. Qui probabilmente vi è anche
un indizio dello stato monastico dell’autore.
145 I segni e i prodigi compiuti dagli Apostoli sono massima
manifestazione della risurrezione. Così san Giovanni Crisostomo,
Omelia IV sugli Atti degli Apostoli. Il tema è ampiamente sviluppato
nella letteratura patristica. Cf. Atti 9, 36-42.
146 II nome di Gesù conferisce agli Apostoli la potenza di guari­
re e salvare (cf. Atti 3, 6; 4, 30; ecc.). Mi sono chiesta come mai nel
nostro testo non si incontra mai il nome personale di Gesù, né nella
versione islamica di 'Isà, né in quella cristiana, araba, o greca, o si­
riaca. In ogni caso le allusioni alla potenza del nome del Messia so­
no molto frequenti. Dunque, l’autore non ignora né la teologia del
90 Palestinese anonimo

senza potere in questo mondo, senza ricchezze da usa­


re quali strum enti di corruzione, senza scienza, senza
parentele di cui potersi vantare presso chiunque147. Ma
il Messia era con loro, migliore di tutto questo mondo
e più forte del potere del mondo. Egli li fortificava e
consolava per mezzo dello Spirito Santo ed effondeva
su di loro la sua luce e la sua gloria in ogni luogo e in
ogni tempo. Così essi guidarono tutte le nazioni,
dall’oriente all'occidente della terra, nel Nome del Mes­
sia e le salvarono dall’inganno e dalla seduzione di
Iblis.
Essi non combatterono contro nessuno, non for­
zarono gli uomini, fino a che la guida e la verità non
furono manifeste. Gli uomini invece li combatterono.
Da una parte li minacciavano i Giudei, dall’altra i pa­
gani 148 che adorano gli idoli. Ma proprio per mezzo di

Nome, né la pratica della preghiera del Nome o preghiera m onologi­


ca, o preghiera di Gesù. Probabilmente non ne parla in modo espli­
cito perché il suo è uno scritto dottrinale, destinato al confronto con
l’Islam, se non proprio a interlocutori musulmani. Infatti nel testo
arabo della Vita di santo Stefano Sabaita, scritta da Leonzio di Da­
masco, la preghiera di Gesù è attestata (cf. Leonzio di Damasco, op.
cit., pp. 73.79). Ora questo Stefano, secondo i sinassari greci, sareb­
be un nipote del Damasceno e dunque contemporaneo del nostro.
Anche nell’epistolario di Barsanufio e Giovanni di Gaza (VI secolo),
cit., la preghiera di Gesù è altamente raccomandata. Cf. l'Introdu­
zione e passim . È noto del resto che la fioritura cenobitica del VI se­
colo in Palestina deve m olto al magistero dei monaci egiziani qui
trapiantati. E proprio in Egitto nacque e si sviluppò la preghiera di
Gesù, o preghiera monologica, diffusasi poi in tutto l’Oriente e lar­
gamente praticata ancor oggi. Cf. Perrone, cit., p. 311; Samir, Un te­
sto della Filocalia sulla preghiera di Gesù, cit.
147 Nell’edizione Gibson c’è una grossa lacuna e il testo non è
chiaro. Da «Ma il Messia era con loro» fino a «chi voglia rifletterci e
conoscere la verità» traduco da Samir II.
148 Pagani. L’autore usa qui il plurale del siriaco hanlf. Di fatti
questo è il significato del termine in siriaco (cf. Samir II); ma il Co­
rano lo assume per designare un adoratore di Dio che non sia né
ebreo, né cristiano: Abramo non era né ebreo, né cristiano: era un
hanlf, dedito interamente a Dio e non era idolatra (Corano 3, 67).
Pentecoste 91

loro Dio manifestò la <vittoria della> luce sulle tene­


bre, della guida sull’inganno, della verità su ciò che è
vano.
Se questa religione non fosse stata davvero da Dio,
non sarebbe rim asta in piedi e ben salda dopo settecen-
toquarantasei a n n i149. Le nazioni li combattevano, ma
non erano capaci di rendere inefficace una religione
che Dio ha creato e fa stare in piedi.
Per la m ia vita, in questo fatto c’è un monito per
chi voglia rifletterci e conoscere la verità!
[..·]
Gli argomenti di Gamaliele
<Gli Apostoli> invitarono 150 il popolo al Vangelo
senza usare astuzia in mezzo a loro, né con le parole,
né con gli insegnam enti151.
Se la loro causa era da Dio, la loro religione si sa­
rebbe affermata e stabilita ad opera loro; se veniva da
altri che da Dio, Dio stesso avrebbe annientato la loro
impresa e non le avrebbe permesso di sussistere 152.
Non siate di quelli che sono nemici di Dio e combattono
la sua causa. Voi non potete far questo. Prima degli Apo­
stoli ci furono altri tra i figli di Israele che uscirono a
predicare una religione diversa; ma Dio annientò la loro
opera e la loro dottrina. A queste parole del loro fratello,
la maggior parte dei figli di Israele fu soddisfatta e la­
sciarono stare gli Apostoli e la loro dottrina.
Tutto questo è accaduto unicamente per volere di
Dio. Se la causa del Messia non fosse stata vera, se Egli
non fosse Dio da Dio, nemmeno gli Apostoli avrebbero
potuto reggersi, né la loro dottrina, né essi avrebbero

149 Ecco la data, cf. Introduzione.


150 Lo stesso verbo, da a, è usato in Islam per l’invito all’Islam,
da'ùa.
151 Traduzione congetturale.
152 Cf. Atti 5, 34-40. L'autore riprende quasi alla lettera le argo­
mentazioni di Gamaliele al Sinedrio, indirizzandole però, sembra, a
interlocutori musulmani.
92 Palestinese anonimo

potuto guidare le nazioni che non avevano mai servito


Dio. Invece il Messia rafforzò gli Apostoli con lo Spiri­
to Santo, così essi poterono operare ogni sorta di segni
e guidare i popoli alla luce di Dio e al suo servizio.
In tutto il mondo si consolidò la loro impresa, no­
nostante essi fossero stranieri e poveri; ma Dio esaltò
la loro fama 153. Gli uomini accolsero le loro parole e
per mezzo loro Dio rese vano l’inganno.
Sia lodato Dio in ogni cosa! A Lui gloria, signoria
e potenza nei cieli e sulla terra!

Tutte le Scritture parlano del Messia


David
... Con la sua Parola Egli ha creato tutte le cose...
e per bocca del profeta David ha detto ancora del Mes­
sia: Tu sei mio Figlio, oggi Io ti ho generato; chiedimi e ti
darò in possesso i popoli. A te assoggetterò i confini della
terra e Tu li pascerai con verga di ferro 154.
Ora rifletti, qual è quella terra, tra quante Dio ne
ha create in questo mondo, dove non sia giunto il No­
me del Messia? Dove non sia ricordata la sua signoria?
Come Dio aveva detto per bocca del profeta David,
il Messia ha già ereditato tutte le nazioni. Il suo Nome
e la sua signoria hanno già raggiunto i confini della
terra. Tutto questo è avvenuto quando la Parola di Dio
si è incarnata nel seno di Maria la Pura ed è divenuto
Dio e Uomo; è Lui la speranza delle nazioni ed esse so­
no il tesoro del M essia!155

153 Le righe seguenti fino a «nei cieli e sulla terra» mancano


nell’edizione Gibson e le ho tradotte dal testo Samir II.
154 Sai. 2, 8
155 Cf. Gen. 49, 10 LXX: È Lui la speranza (o l’attesa, prosdokìa)
delle nazioni. Cf. anche Rom. 15, 12: In Lui le nazioni spereranno, che
a sua volta cita Is. 11, 10. Bellissima questa sottolineatura di un m o­
vimento reciproco convergente, di Dio e dell’umanità intera. Il Cristo
Dio-Uomo è il desiderio e l’attesa di tutte le genti; per contro esse so­
no il suo tesoro, tutte, non più il solo popolo di Israele, possesso pe-
Pentecoste 93

David, mosso dallo Spirito Santo, ha fatto anche


un’altra profezia, dicendo del Messia: Ha detto il Signo­
re al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io non
metta i tuoi nemici sotto lo sgabello dei tuoi piedi» 156.
Ora, il Messia già è asceso al cielo, senza essersi
mai separato dal cielo, si è assiso alla destra del Padre,
e i suoi nemici, quelli che gli si sono ribellati, già sono
stati posti dal Padre sotto i suoi piedi e sotto i piedi di
coloro che hanno creduto nel M essia157.
Proprio così voi trovate nel Corano: O Gesù, Io ti
farò morire e poi ti innalzerò fino a me, e ti purificherò
dagli infedeli e porrò coloro che ti hanno seguito alti so­
pra gli infedeli fino al dì della risurrezione 158.
Non dire che noi crediamo in due dèi o che parlia­
mo di due signori. Ci preservi Iddio da questa bestem­
mia!
Certamente Dio è un Dio unico e un Signore unico
nella sua Parola e nel suo Spirito.
Tuttavia Dio stesso ha ispirato il suo servo e profe­
ta David e gli ha rivelato che il Messia è Parola di Dio e
Luce di Dio poiché è apparso agli uomini nella sua mi­
sericordia.
Sì, anche se si è rivestito di carne, Egli è Dio da
Dio. E chi obbedisce a Lui obbedisce a Dio. E chi di-

culiare (cf. Deut. 14, 2 e passim), tesoro di Dio. L’interpretazione


messianica di Gen. 49, 10 è comune nei Padri e nella liturgia; ma è
attestata anche nella letteratura rabbinica, cf. Ginzberg, op. cit., II, p.
143 e passim. Cf. Jeremias, Jesus’ Promise, cit.
156 Sai. 109/110, 1.
157 Quest’affermazione, ingenuamente trionfalista, è alquanto
sfasata rispetto alla realtà storica e alquanto contradittoria rispetto
alla linea della mitezza professata più spesso dall’autore.
158 Corano 3, 55. In verità il testo coranico, di per sé non molto
chiaro, si illumina nel contesto, cf. pure Corano 4, 157.158 e 5, 117:
il Gesù coranico non è morto sulla croce, ma è stato richiamato a
Dio. Per tutto il problema sollevato da questo versetto rinvio ancora
una volta ad Amaldez, op. cit., p. 187. In ogni caso la citazione cora­
nica anche questa volta non serve l’intendimento dell’autore; anzi i
testi coranici relativi a Gesù dicono chiaramente che il Gesù corani­
co non è il Gesù dei Vangeli.
94 Palestinese anonimo

sobbedisce a Lui, Dio lo porrà sotto i suoi piedi, perché


gli uomini sappiano che Dio e il suo Messia sono insie­
me sullo stesso trono di gloria.
Nulla è di Dio che sia una parte di Lui senza l'altra.
Così nel Vangelo trovi che il Messia interrogò i
Giudei per metterli alla prova e chiese loro: «Che pen­
sate del Messia? Di chi è figlio?». Risposero i Giudei: «E
figlio di David». «E allora - replicò loro il Messia - come
mai il profeta David ha profetato di lui in Spirito Santo,
dicendo: "Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla
mia destra, finché Io non metta i tuoi nemici sotto lo
sgabello dei tuoi piedi’’?». Se il Messia fosse stato figlio
di David come mai David l'avrebbe chiamato Signo­
re 159? Domanda difficile per i Giudei, che non gli rispo­
sero nemmeno una parola.
Se il Messia non fosse stato Dio da Dio, non avreb­
be osato farsi Signore di David; ma, per l’appunto, il
Messia è Dio da Dio. Egli si è incarnato nel seno di Ma­
ria figlia di David; e poiché Maria era della tribù di Da­
vid 160, il Messia fu chiamato <figlio di David>. Infatti
Dio aveva promesso al suo profeta David: il Messia na­
scerà dalla tua stirpe 161. Tutto quello che il profeta Da­
vid aveva detto, l’aveva detto sotto la mozione dello
Spirito Santo, che gli ispirava ogni cosa. Così Dio
onorò David nel Messia, quando questi prese carne
dalla sua stirpe.

Isaia
Anche il profeta Isaia figlio di Amos profetò a pro­
posito del Messia.
Isaia è quel profeta che ha visto i cieli aperti, e il
Signore sul trono elevato, e i Cherubini intomo al trono

159 Cf. Mt. 22, 41-46.


160 Sono i Vangeli apocrifi a parlare dell’ascendenza davidica
di Maria. Così il Vangelo arabo apocrifo (Moraldi, cit., p. 49; Moral-
di, Apocrifi, cit., I, p. 77); anche il Damasceno recepisce questa tra­
dizione. Cf. PG 94, 1155.
161 Cf. 2 Sam. 7, 1-16 e Mt. 1, 6ss.
Pentecoste 95

che gridavano l’uno all'altro: Santo, Santo, Santo il Si­


gnore Onnipotente! I cieli e la terra sono pieni della sua
lode!162
Ancora nello Spirito Santo Isaia ha detto: Verrà da
Sion il Salvatore e rimuoverà l'inganno da Giacobbe 163.
E ancora nel medesimo Spirito Santo Isaia ha det­
to: Dalla radice di lesse spunterà il principe delle nazioni,
in Lui le nazioni confideranno! 164 Ora, lesse è il padre
del profeta David, Maria la Buona è della stirpe di Da­
vid e della radice di lesse e da lei nacque il Messia, Pa­
rola di Dio e Luce di Dio. In Lui confidano le nazioni. È
Lui la loro speranza e la loro salvezza dall’inganno.
<In un altro lu o g o sempre sotto la mozione dello
Spirito Santo, Isaia ha detto: Non un re, non un media­
tore, ma il Signore verrà e ci salverà 165.

162 Ancora Is. 6, 3. Conforme alla tradizione, l’autore predilige


questo testo.
163 L’autore cita Rom. 11, 26, che a sua volta riprende Is. 59, 20.
Ma Isaia recita: Verrà per Sion-, mentre Romani ha: Verrà da Sion.
164 Cf. Is. 11, 10 e Rom. 15, 12; cf. sopra, nota 155.
165 Cf. Is. 63, 9: Non un mediatore, non un angelo, ma il Signore
stesso li ha salvati, perché li ama. In arabo la grafia di re, malik, e
angelo, malàk, è m olto simile; è dunque possibile che il nostro testo
contenga un errore di trascrizione e che si debba leggere angelo, an­
ziché re, conforme al testo biblico citato. La stessa idea, e cioè che
solo Dio può salvare, è molto frequente nella letteratura esegetica
dei Padri e della tradizione cristiana, ma si ritrova anche nei com ­
menti rabbinici, come ho notato più sopra. Cito ancora due testi,
uno giudaico, l’altro cristiano, che mi sembrano molto vicini al no­
stro anche nell’espressione verbale. Dall’Haggadah di Pasqua: E il
Signore ci fece uscire dall’Egitto (Deut. 26, 8), non per mezzo di un
angelo, né di un serafino, né di un inviato, ma il Santo - sia benedet­
to! - nella sua gloria e da se stesso, come sta scritto: «E passerò nel
paese di Egitto in quella notte e colpirò ogni primogenito nel paese
d ’Egitto, dagli uomini alle bestie, e farò giustizia di tutti gli dei d ’Egit­
to, Io il Signore» (Es. 12, 12). Cf. Pesce, op. cit., p. 102, e passim . Lo
pseudo-Ippolito interpreta in chiave cristiana il testo dell'Haggadah:
Non scaricò su un angelo o su un arcangelo l'onere della nostra sal­
vezza; ma Egli stesso, il Verbo, assunse su di sé interamente il com ­
battimento per noi, obbedendo al comando del Padre, in Cantalames-
sa, op. cit., p. 74.
96 Palestinese anonimo

Aveva ragione infatti, perché né un re, né un me­


diatore avrebbe potuto salvarci, fino a quando Dio non
ci si fece conoscere nel Messia e ci salvò.
Il Messia guida le nazioni, le governa e regna su di
loro in quanto è Dio. Fu generoso con loro nella sua
guida. È Lui il Signore che per noi viene da Sion, al­
lontana da noi l'inganno, si fa nostro salvatore e riscat­
to dal Satana.
Nessun mediatore, o re, sia pure preso di tra gli An­
geli di Dio, avrebbe potuto guidarci fuori dall'inganno.
Fino a quando il nostro Signore non è venuto da
Sion per noi, nessuno ci poteva salvare dal Satana e
dalle sue reti.
Egli è nato dalla stirpe di David, il profeta, come
Dio gli aveva promesso 166, e ci ha salvato con potenza
e maestà guidandoci alla Luce di Dio.
Egli ha compiuto la sua obbedienza 167 al Padre e
per le sue creature è stato m isericordia168.
Isaia annunciò profeticamente, mosso dallo Spirito
Santo, anche la nascita del Messia e disse: La Vergine
concepirà e darà alla luce un figlio che sarà chiamato
Emmanuele, che tradotto significa: il nostro Dio è con
n o i169. La vergine di cui parla Isaia è quella vergine del­
la stirpe di Adamo 170 che dette alla luce il Messia, l’Em-
manuele, Dio da Dio, e misericordia per le sue creature.
Non abbiamo mai sentito dire di nessun uomo, da
Adamo fino a questi nostri giorni, che sia stato chiama­
to Dio con noi, o Parola di Dio, né che sia nato da una
vergine senza che uomo la toccasse, eccetto il Messia!
Non mentite negando quel che Dio ha donato alle
sue creature nel Messia!

166 Cf. 2 Sam. 7, 12ss.


167 Cf. Fil. 2, 8: <il C r is to fattosi obbediente fino alla morte.
168 Cf. Tit. 3, 5: Non per opere di giustizia compiute da noi Egli
ci ha salvati, ma per la sua misericordia.
169 Is. 7, 14 e Mt. 1,23.
170 Questa volta dicendo la madre di Gesù figlia di Adamo, an­
ziché di David, l’autore sottolinea che questa vergine e il suo divino
Figlio appartengono a tutta l’umanità.
Pentecoste 97

Ancora Isaia, parlando sotto la mozione dello Spi­


rito Santo, ha preannunciato profeticamente la nascita
del Messia, dicendo: Un bambino ci è nato, con la sua
maestà ce l’ha donato, il suo nome sarà chiamato re del
gran consiglio, consigliere ammirabile, Dio forte, domi­
natore, prìncipe della pace, padre del secolo futuro 17
Così, per bocca del suo profeta Isaia, Dio aveva già
rivelato che quel bam bino che sarebbe nato agli uom i­
ni sarebbe stato il Messia.
A noi è apparso Dio da Dio e Misericordia.
Quando il profeta disse: Dio forte, dominatore, con­
sigliere ammirabile, padre del secolo futuro, questo si­
gnifica che è Lui il Giudice 172.
Qual mai bambino, nato fra gli uomini, dal giorno
in cui Dio creò gli uomini e il mondo fino ai giorni di
questa generazione, fu mai chiamato Dio forte, o Padre
del secolo futuro? Oppure fu detto di lui lo scettro del
potere è sulle sue spalle?
Questo fu detto di lui perché è Dio da Dio e non
c e potere al di sopra di Lui.

Nuovo invito a credere nel Messia


Dunque, non dubitare, o uomo! Non ti inganni la
sua umiliazione: per mezzo di essa ci ha innalzati al re­
gno del cielo e ha abbattuto Iblis sotto i piedi di coloro
che Lo temono.
Quale sanzione tocca a chi rifiuta di credere alla
Parola di Dio pronunciata per bocca dei suoi profeti?
Ce ne scampi Iddio! In Lui ci rifugiamo, pregandolo di
metterci tra coloro che prestano fede alla sua parola e
a quella dei suoi profeti. Questa sì è misericordia da
parte di Dio, grazia e aiuto per il bene!

171 Is. 9, 5.6.


172 Giudice, Dayyàn, nella tradizione islamica è considerato
uno dei nomi di Dio (cf. Gimaret, op. cit., p. 350). La tradizione si
fonda su Corano 1, 4 che invoca Dio com e il Padrone del dì del giu­
dizio.
98 Palestinese anonimo

Dunque temete Dio e attenetevi alla parola del


Messia, senza dubitare di Lui!

Torah e Vangelo nella profezia di Isaia


Ancora un’altra profezia fu pronunciata da Isaia in
Spirito Santo quando disse: Da Sion uscirà la Legge e la
Parola del Signore da Gerusalemme m , la verità uscirà
dalla città santa. Ora, la legge che è uscita da Sion è il
Vangelo. Il Messia l'ha portato, facendo uscire da Sion
una legge nuova che è luce e guida per gli uomini.
Questo è ben noto alla gente che sa, alla gente del
L ib ro 174, nessuno che sia bene in sé dubita di questo!
La Torah 17S, che Dio fece scendere su Mosè e sui
figli di Israele, è la prim a Legge; essa fu donata da Dio
sul monte Sinai. Ora, noi non conosciamo nessun altro
profeta che sia venuto da Sion con una nuova legge, se
non il Messia con il Vangelo, guida e misericordia, e
prova chiara per compiere l’obbedienza a Dio.

173 Is. 2, 3. Il termine arabo per legge è Sunna, un termine che


ha assunto un'enorme importanza nella tradizione Islamica. Il Co­
rano parla di Sunna in due accezioni: la Sunna degli antichi e la
Sunna di Allah. Nella tradizione invece si parla soprattutto della
Sunna di Muhammad, cioè della sua condotta pratica che costitui­
sce norma di vita per il musulmano. In Islam, Corano e Sunna fini­
rono con l'assumere pari autorità. Cf. Wensinck, op. cit. Il nostro
autore insiste nell’affermare che il Vangelo è l'ultima Sunna rivelata
da Dio agli uomini e non c’è da attenderne un’altra dopo il Vangelo.
174 L’appellativo gente del Libro, che si incontra spesso nel Co­
rano, designa in primo luogo gli ebrei e i cristiani, cioè quelle com u­
nità che possiedono una rivelazione scritta. In un secondo momento
vi furono compresi anche i seguaci di Zoroastro e i Sabei. Alla gente
del Libro, il Corano e la successiva giurisprudenza islamica hanno
riserbato uno statuto speciale. Cf. Fattal, op. cit.
175 In Islam la prima legge è il Pentateuco, la seconda il Vange­
lo, la terza e definiva quella rivelata a Muhammad. Cf. Corano 3,
3.4: Dio t'ha rivelato il Libro con la verità confermante ciò che fu rive­
lato prima e ha rivelato la Torah e il Vangelo, prima, come guida per
gli uomini, ed ha rivelato ora la salvazione. Cf. anche Corano 5, 48 e
passim.
Pentecoste 99

Il culto perfetto
La perfezione dell’opera sta nella purezza dello
spirito, nella rinuncia al mondo e nel desiderio ardente
del secolo futuro 176. È questa la perfezione della scien­
za e del culto che Dio chiede agli uomini per non esse­
re disgustato di loro. Infatti, così ha detto il Messia:
Non sono venuto a distruggere l’ideale di Mosè, ma a
compierlo·, Io pongo la mia vita come riscatto per mol­
ti 177.
Sì, davvero è Lui il nostro riscatto dalla morte, dal
peccato e dall’inganno di Iblis! Sia a Lui la lode e
l’azione di grazie per questo!

176 purezza di cuore, rinuncia, desiderio della vita eterna sono


temi cari a tutta la letteratura cristiana, specialmente ascetica e m o­
nastica. Cf. per esempio Isacco di Ninive, op. cit., passim; san Bene­
detto, Regula, cap. IV.
177 Cf. Mt. 5, 17 e 20, 2 8 .1 testi sono citati liberamente.
IL MESSIA SPERANZA DELLE NAZIONI

Per bocca del profeta David Dio ha detto: Dio re­


gna sulle nazioni, Dio registra la sovranità dei popoli,
verranno <le genti> e si prostreranno davanti a te 178.
Infatti fino alla venuta del Messia, speranza delle
nazioni, le nazioni non hanno adorato Dio e non hanno
conosciuto chi Egli è. E finché il Messia non le ha ri­
scattate, Dio non ha regnato sulle nazioni per mezzo
della loro obbedienza e del loro culto.
Ma Dio, la sua Parola e il suo Spirito, ha regnato
su di loro, le ha salvate dall’inganno e se li è fatti
a m ici179.

Dio vuole la libertà dell’uomo


Dio regna sui cieli e sulla terra e su quanto è in es­
si con potenza e maestà. Nessuna delle cose da Lui
create può contraddire la sua volontà; m a Dio - sia be­
nedetto e santificato! - ha voluto regnare sugli uomini
per mezzo dell'ascolto <della sua Parola> e dell’obbe­
dienza. E ha voluto anche che toccasse a Lui di ricom­
pensare la loro obbedienza. Davvero Dio non vuole che
alcuno lo serva per forza; è troppo potente, glorioso e
generoso per costringere qualcuna delle sue creature a
servirlo per forza 180.

178 Citazione libera di più salmi, 46/47, 9; 86/87, 6; 21/22, 28.


Cf. pure Ap. 15, 4.
179 Amici: Uall in arabo significa vicino, amico, protetto.
180 Dio chiede all’uomo un’obbedienza libera e amante. Infat-
Il Messia speranza delle nazioni 101

Il profeta Michea
Dio ha parlato anche per bocca del profeta
Michea 18*. Questo Michea è quel profeta che riprese
aspramente Acab, re dei figli di Israele, per la sua tra­
cotanza e il suo inganno, al tempo del profeta Elia. Mi-
chea poi fu fatto uccidere dal re Joram figlio del re
Acab, il tiranno figlio di un tiranno, mentre lo accom­
pagnava <per tentare di tir a r l o fuori dal suo inganno.

ti, dice san Paolo, Dio ama il donatore lieto (2 Cor. 9, 7). Questo
pensiero è m olto frequente nella letteratura patristica, specialmen­
te quella siriaca che ha avuto un forte influsso sui monasteri pale­
stinesi. Il tema della libertà è ricorrente nella letteratura siraca sin
dai tempi di sant’Efrem (IV secolo), che ha dovuto combattere il
manicheismo, e si ritrova negli apologisti arabi palestinesi di estra­
zione monastica. Cf. Griffith, op. cit., VI, pp. 87-92. Altrettanto si­
cura questa dottrina nei Cappadoci. Per Gregorio di Nissa il libero
arbitrio è simile a Dio, PG 46, 524AB. Il Damasceno, così vicino al
nostro, finisce addirittura con l’identificare cristianesimo e libertà,
Islam e determinismo. Cf. PG 94, 1590; 96, 1335.1530.1587. Il no­
stro è molto vicino all’ispirazione biblica e non spinge oltre il con­
fronto con l’Islam. Questo, a m io parere, è il suo pregio: l’afferma­
zione fervida del bene della libertà dell’uomo agli occhi di Dio, pro­
prio perché Dio è Dio. Cf. sopra. Il Corano contiene una serie di
versetti relativi alla tolleranza: Non vi sia costrizione nella fede (Co­
rano 2, 256), accanto ad altri assai più intolleranti nei confronti di
chi non accetta l’Islam: Combattete coloro che non credono in Dio e
nel giorno estremo... che non s'attengono alla religione della verità
(cioè all’Islam). Combatteteli finché non paghino il tributo uno per
uno, umiliati (Corano 9, 29). Si noti che la sura 9 è più tarda della
sura 2, e secondo alcuni studiosi sarebbe la penultima in ordine di
composizione; perciò essa ha valore abrogante rispetto alle disposi­
zioni precedenti. In ogni caso il nostro autore mi pare che si riferi­
sca prima di tutto al libero arbitrio e solo di riflesso al problema
della costrizione in materia di fede. Quest’ultima certamente è ne­
gata in una visione che afferma il libero arbitrio dell’uomo voluto e
amato da Dio. L’autore tocca anche un altro punto sul quale tor­
nerà più avanti: se l’uomo non fosse libero, Dio non potrebbe ri­
compensare in verità la sua obbedienza.
181 Cf. 1 Re 22, 8ss.; 2 Cron. 18, 7ss., e passim; 2 Re 3, 11. L’au­
tore evidentemente cita a memoria e mescola i due racconti relativi
ad Acab e al figlio Joram.
102 Palestinese anonimo

Joram infatti si opponeva all’obbedienza dovuta a Dio


e alla parola dei suoi profeti.
Dunque, Michea profetò parlando in Spirito Santo
della nascita del Messia conforme a quello che Dio gli
ispirava: E tu, Betlemme, non sei di poco conto nel prin­
cipato di Giuda, perché da te mi uscirà un principe. Egli
governerà il popolo di Israele; le sue origini sono dal
principio, dai giorni, eterni182.
Ora, ben sa la gente del Libro e tutti gli uomini
che il Messia, misericordia e guida, è nato in Betlem­
me e da essa Egli veglia su Israele, veglia su tutte le na­
zioni, le fa pascere e le guida alle nobilissime dimore
del regno del cielo. Le sue origini sono prim a dei giorni
eterni, perché Egli è Parola e Luce di Dio, ed era pres­
so Dio prim a di tutti i secoli183.

I Vangeli confermano la profezia


Quando il Messia nacque in Betlemme, Dio inviò
uno dei suoi Angeli ai pastori che stavano facendo pa­
scere il gregge presso Betlemme. E l'angelo disse ai pa­
stori: «Vi annunzio una grande gioia, che è gioia per
tutte le nazioni: Oggi Dio vi è nato, il Messia Signore,
nella città di David, cioè Betlemme. Questi sono per voi i
segni: troverete un bambino nella culla». E, mentre Van­
gelo dava loro il lieto annunzio, i pastori udirono le voci
delle moltitudini di schiere angeliche che davano gloria a
Dio e dicevano: «Gloria al Dio Altissimo e pace sulla ter­
ra! Fra gli uomini sia la gioia buona!» 184

182 Mie. 5, lss.; ma questo Michea non è lo stesso di cui si è


parlato prima, com e suppone l’autore. Il primo Michea ha vissuto
sotto il regno di Acab re di Israele (874-853 a.C.); mentre il secondo
Michea ha vissuto al tempo di Acaz, re di Giuda (736-716 a.C.).
183 Cf. Gv. 1, lss.
184 Cf. Le. 2, 8ss. La citazione è quasi letterale. È da notare
però una piccola variante m olto significativa. Il testo evangelico di­
ce: Sarà una grande gioia per tutto il popolo, si intende il popolo di
Israele; il nostro invece dice: per tutte le nazioni.
Il Messia speranza delle nazioni 103

Ora, il Messia è disceso sulla terra ed è stato per


gli uomini gioia, pace e misericordia. La gioia di Dio
ha preso dimora in mezzo agli uomini. Infatti, quando
il Messia apparve loro purificò i loro cuori, e lo Spirito
Santo vi prese dimora, li avvicinò a Dio e manifestò lo­
ro la luce e la guida 185.
Poi sorse nel cielo una stella 186 per <indicare la na-
scita> del Messia. Quando i popoli dell’Oriente la vide­
ro, e la videro i Magi... la sua luce <era splendida> più
delle stelle sublimi del cielo. ... <11 suo fulgore> li ac­
compagnava di giorno e di notte. Allora i Magi compre­
sero che essa era la stella di un grande re, il cui regno è
migliore di quelli dei re che regnano sulla gente di que­
sto mondo... E dunque quegli uomini d’Oriente credet­
tero e seguirono la luce della stella... <fino al luogo do-
ve> quel re era nato. Avevano doni con loro <per il re>:
oro, incenso, e mirra. Viaggiarono dunque, finché non
furono entrati nella Citta Santa. Allora la stella disparve
ai loro occhi ed essi si misero a interrogare la gente della
città santa, dicendo: Un grande re è nato in mezzo a voi,
abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad
adorarlo con i doni che abbiamo con noi.
La faccenda dei Magi giunse alle orecchie di Erode,
re dei figli di Israele. Egli ne fu turbato e interrogò i
som m i sacerdoti dei Giudei: «Quando il Messia verrà
dove deve nascere?». Gli risposero: «In Betlemme, come
Dio ha detto per bocca del profeta Michea: "E tu, Be­
tlemme, non sei di poco conto nel principato di Giuda,
perché da te m i uscirà un principe. Egli governerà il po­
polo di Israele, le sue origini sono dal principio, dai
giorni eterni"».

185 II tema della gioia seguente alla purificazione del cuore per
il dono dello Spirito Santo è anch’esso tipico della letteratura asceti­
ca, specialmente siriaca.
186 Ora l’autore segue Mt. 2, lss.
104 Palestinese anonimo

Nuovo invito ad obbedire ai segni


Chi è costui, o uomini, che nasce tra la gente di que­
sto mondo e la sua nascita è accompagnata da tali segni?
Ce n’è uno forse tra i re di questo mondo, o tra i
profeti di Dio? 187
Ma il Messia è nato da una Vergine, che è rim asta
vergine dopo averlo dato alla luce, senza che uomo la
toccasse. Quale segno può essere più grande o migliore
di questo? Poi una stella spuntò per lui nel cielo e la
sua luce era come la luce del sole. E poi, quando nac­
que, gli Angeli gli dettero gloria e annunciarono agli
uomini: Oggi per voi è nato il Messia Signore nella città
di David 188. Ma gli angeli danno gloria solo a Dio, alla
sua Parola e al suo Spirito.
I doni offerti al Messia furono: incenso - e l’incen­
so si offre a Dio -, oro - e l'oro si offre ai re -. Tale in­
fatti fu il Messia, Dio da Dio e re; è Lui quel re che do­
veva regnare su tutte le nazioni e guidarle fuori dall'in­
ganno <di Iblis>.
Tutte le cose che riguardano il Messia sono segni e
prodigi, dal giorno in cui nacque e nella sua misericor­
dia ci innalzò al cielo e ci sollevò alla luce e alla gloria
di Dio i».
Sia lode a Dio che nel Messia ci ha fatto salire <fi-
no a Lui>!

187 Evidentemente l’autore non conosce le leggende meravi­


gliose che accompagnano il racconto della nascita di Muhammad
secondo i primi biografi, Ibn Ishàq (704-768 d.C.) e Ibn Hisàm, che
nell’834 rielaborò l’opera del primo. Cf. Guillaume, op. cit.
>88 Le. 2, 11.
189 È un tema patristico fondamentale: Dio si è fatto uomo per­
ché l’uomo si facesse Dio (sant’Ireneo, PG 7, 1120; sant’Atanasio, PG
25, 192B; san Gregorio di Nazianzo, PG 37, 465; san Gregorio di
Nissa, PG 45, 65). Così ripetono tutti i Padri e teologi dell’Oriente
cristiano (cf. Lossky, op. cit., p. 124), sul fondamento di numerosi
testi neotestamentari, per esempio 1 Tess. 2, 12; Col. 1, 12; ecc. An­
cora una volta il nostro insiste sulla prospettiva salvifica dell’Incar­
nazione. Il Verbo si è incarnato per salvarci, per deificarci. Questa
linea di riflessione è privilegiata dalla teologia monastica.
Il Messia speranza delle nazioni 105

Altre conferme profetiche: David


Parlando in Spirito Santo, David aveva pronuncia­
to anche questa profezia: Scenderà il Signore come piog­
gia sull’erba falciata, come rugiada che irrora la terra. Ai
suoi giorni sorgerà la giustizia e abbondanza di pace fino
a che permarrà la luna. Regnerà da un mare all'altro ma­
re, e dalle sorgenti dei fium i fino ai confini della terra. Tra
le sue mani si piegherà la sapienza, i suoi nemici lecche­
ranno la polvere, tutti i re della terra si prostreranno da­
vanti a Lui e tutte le nazioni lo serviranno; perché è Lui
che ha salvato il povero dal tiranno, il misero privo di
aiuto. Il suo nome è glorioso ai loro occhi. Sia benedetto
il suo nome in eterno. Il suo nome sussiste prima del sole
e prima della luna, per i secoli dei secoli! 190
Dunque il Signore è già disceso fino a noi! Fino ai
giorni del Messia la giustizia non è sorta in mezzo a
noi u o m in i191; né ci sono state opere buone, né abbon­
danza di pace nell’obbedienza a Dio, né rinuncia al
mondo per tutta la v ita 192.
Il Signore regna sulle nazioni: dall’Oriente all’Oc­
cidente non troviamo luogo nel mondo dove il Nome
del Messia non sia adorato e glorificato 193, come aveva
detto il profeta: Il suo Nome sarà glorioso ai loro oc­

190 È questa una lunga parafrasi pressoché puntuale del Salmo


71/72, a meno che l'autore non disponga di una redazione diversa
del medesimo salmo.
191 Sai. 84/85, 12. Nella letteratura patristica è tradizionale
l’esegesi del salmo data dal nostro e la sua applicazione al mistero
dell’Incamazione. Cf. Cabasilas, op. cit., p. 86 e passim.
192 Nuova allusione alla vita monastica. Secondo il Corano es­
sa non fu istituita da Dio e non è affatto raccomandata. Anzi un det­
to attribuito al profeta recita: Non c e monacheSimo in Islam. Tutta­
via si trova nel Corano anche qualche traccia di stima per i monaci
cristiani in quanto miti e misericordiosi. Cf. Corano 5, 82; 57, 27.
193 Ai nostri occhi l’affermazione suona piuttosto ingenua, an­
che se corrisponde ad una visione del mondo notevolmente diversa.
Effettivamente in tutto il mondo allora conosciuto cerano dei cri­
stiani e spesso gli apologisti arabi posteriori faranno uso di questo
argomento.
106 Palestinese anonimo

chi, le nazioni lo serviranno, Egli è benedetto in eter­


no, Lui che ha posto sui suoi amici la benedizione 194.
Il suo Nome sussiste prim a del sole e prim a della luna
e prim a di ogni cosa <creata> per i secoli dei secoli.
Ce forse tra gli uomini un altro uomo di cui abbia­
no profetato i profeti di Dio? 195 C’è tra i re di questo
mondo qualcuno il cui nome sia benedetto tra le nazio­
ni, oppure il cui nome sussista prima del sole e prima
della luna, se non il Messia, Parola di Dio e Luce di Dio?
Se il Messia non fosse Dio da Dio, Dio disceso
presso le sue creature, pur essendo già da prim a in
mezzo a loro, Dio che si è rivelato loro misericordia e
guida, il profeta David non lo avrebbe esaltato, non
avrebbe detto di Lui simili parole. Certo non è conve­
niente dire di un uomo simili parole, o esaltarlo come
un Dio. Ma David profetava a proposito del Messia e
diceva che Dio sarebbe sceso presso le sue creature e le
avrebbe guidate fuori dall’inganno, che nei loro cuori
sarebbe sorta la giustizia e abbondanza di pace, e che i
re della terra e tutte le nazioni lo avrebbero servito.

Ancora Isaia
Ancora profetando in Spirito Santo, Isaia disse:
Ecco, il Signore assiso su una nube leggera viene in Egit­
to e crollano gli idoli d ’Egitto 196. Ora, il Messia è entrato

194 Cf. Ef. 1, 3: Benedetto il Dio e Padre del Signore nostro Gesù
Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in
Cristo.
195 In verità il Corano afferma proprio che Muhammad fu
preannunciato dalla Torah e dal Vangelo come messaggero di Dio e
profeta dei gentili. Cf. Corano 61,6: Disse Gesù figlio di Maria: «O fi­
gli di Israele! Io sono il messaggero di Dio a voi inviato a conferma di
quella Torah che fu data prim a di me e ad annuncio lieto di un mes­
saggero che verrà dopo di me e il cui nome è Ahmad!». Ahmad è un
altro nome di Muhammad, della stessa radice e di eguale significa­
to: Lodato. Cf. pure Corano 7, 157.158; 13, 43; 26, 196.197.
196 Is. 19, 1. Versetto prediletto dall’esegesi patristica e dalla li­
turgia che spesso lo applica al Cristo infante e alla Vergine Madre
Il Messia speranza delle nazioni 107

in Egitto rivestito della carne pura presa da Maria, che


Dio aveva purificato. E con questo Egli ci onorò, come
un re onora il suo servo se indossa il suo abito. E poi è
Lui che ha fatto crollare gli idoli d’Egitto, ha reso vana
in esso l’opera del Satana, ha guidato quegli uomini
fuori dall’inganno di Iblis, verso la verità di Dio e il
commercio con Lui e ha fatto sorgere la sua luce nei
loro cuori.
Fa’ attenzione, dunque! Quando l’Egitto fu salvato
dal culto degli idoli e dall’inganno di Iblis? Solo quan­
do il Messia nella sua misericordia calcò quella terra e
si manifestò a loro con la sua luce.

che sulle sue braccia lo porta in Egitto (Mt. 2, 14.15). Cf. per esem ­
pio il famoso Inno acatisto, cit.: Dio, assiso in gloria sul trono della
divinità, venne su una nube leggera... facendo risplendere in Egitto la
luce della verità, mettesti in fuga le tenebre dell’errore. Caddero gli idoli
d'Egitto, o Salvatore, non sopportando la tua potenza...
LE OPERE DEL MESSIA CORRISPONDONO
ALLE PROFEZIE

Comprendi, o uomo, la profezia dei profeti e l'ope­


ra del Messia! Considera quanto è bella la corrispon­
denza tra le opere del Messia e la profezia dei profeti!

Giobbe
Anche il giusto Giobbe ha profetato nello Spirito
Santo. Si tratta di quel Giobbe di cui Dio fece menzio­
ne e disse: Ecco, abbiamo trovato un uomo giusto e ret­
to che teme Dio ed è alieno da ogni azione cattiva 197.
Profetò dunque Giobbe e disse: E Dio che da solo di­
stende il cielo e cammina sul mare come su terra asciut­
ta 198.
Non sappiamo forse che nessun uomo ha camm i­
nato sul m are tranne il Messia? Sì, Egli ha camminato
sul mare 199 e si è rivelato agli uomini come Parola di
Dio e Luce di Dio. Per mezzo di Lui Dio ha creato i cie­
li e la terra e quanto è in essi, come aveva profetato di
Lui il giusto Giobbe, parlando sotto la mozione dello
Spirito Santo.
Allo stesso modo anche il profeta David, profetan­
do sotto la mozione del medesimo Spirito Santo, ha
detto: Dalla Parola di Dio sono stati fatti i cieli e con lo

197 Cf. Giob. 1, 8.


198 Giob. 9, 8.
199 Cf. Mt. 14, 25.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 109

Spirito della sua bocca ha dato vita a tutte le schiere de­


gli Angeli200.
Ora, se Dio - sia benedetto il suo Nome! - ha crea­
to i cieli con la sua Parola e ha dato vita agli angeli con
il suo Spirito, se il Messia è Parola di Dio e Spirito di
Dio, come voi sostenete 201, non rimproverateci di cre­
dere che il Messia è Dio da Dio!
È Lui che ha creato i cieli e la terra e per mezzo di
Lui Angeli e uomini, tutti senza eccezione, hanno rice­
vuto la vita 202.
Ancora il giusto Giobbe ha pronunciato un’altra
profezia, parlando in Spirito Santo: Lo Spinto del Si­
gnore m i ha creato, col suo nome regna su tutte le cose,
è Lui che mi insegna l’intelligenza 203.
I profeti di Dio, i suoi eletti, già avevano rivelato
che Dio, la sua Parola e il suo Spirito, hanno creato
tutte le cose e tutte le hanno vivificate. Ed ora a nessu­
no che abbia conosciuto la rivelazione fatta da Dio ai
suoi profeti è lecito rifiutarsi di adorare Dio, la sua Pa­
rola e il suo Spirito, Unico Dio.

Daniele
Fu pure data da Dio l’ispirazione al suo profeta
Daniele 204. Questo Daniele, Dio l’aveva reso sapiente e
intelligente e gli aveva rivelato la scienza del tempo.
Egli ricevette l’ispirazione per mezzo dell’arcangelo
Gabriele, il quale gli parlò del Messia, Parola di Dio e
Luce di Dio, dopo che Daniele per ventidue giorni ave­
va digiunato e invocato Dio. Gli disse dunque l’arcan­
gelo: Settanta settimane sono state fissate per il tuo po-

200 Cf. Sai. 32/33, 6.


201 Cf. Corano 3, 45; 4, 171 epassim .
202 Cf. Gv. 1,3: Senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
203 Cf. Giob. 33, 4.
204 Ora l’autore riassume la profezia di Daniele, in particolare
il capitolo 9, per m ezzo di citazioni esatte e rielaborazioni.
110 Palestinese anonimo

polo e per la tua città e per la santa dimora, il Tempio,


per mettere il sigillo ai peccati, distruggere la menzogna,
cancellare l’iniquità, perdonare le colpe. Poi Egli verrà,
porterà quella giustizia che dura in eterno, metterà il si­
gillo all’ispirazione e alla profezia 205 e ungerà il Santo
dei Santi.
Così Daniele seppe e comprese che dal giorno in
cui era uscito il decreto relativo alla ricostruzione di
Gerusalemme fino ai giorni del principe Messia 206 sa­
rebbero trascorse settanta <settimane>. E questo ac­
cadde quattrocento anni prim a <dell’aw ento del Mes-
sia>.
Ora dunque, quando fu tolto il peccato, quando fu
posto il sigillo, fu cancellata l’iniquità, furono perdona­
te le colpe, se non quando il Messia venne a portare
quella giustizia che dura in eterno?

Il Messia sigillo della profezia


Una conferma di questo si trova nel fatto che il
Messia pose il sigillo su tutta l'ispirazione e la profezia
di cui avevano goduto i figli di Israele dai giorni ...
<dell’erezione> del Santo dei Santi ... <e per tutto il
te m p o dei loro profeti 207.

205 Evidentemente, allegando la profezia di Daniele, il nostro


intende confutare il Corano che fa di Muhammad il sigillo della pro­
fezia. Muhammad è il messaggero di Dio e il suggello dei profeti (Co­
rano 33, 40), perché chiude il ciclo profetico ricapitolando in lingua
araba chiara tutti i messaggi precedenti, i quali dunque sussistono,
o sono aboliti, nella misura in cui sono stati, o non sono stati, ripre­
si dal Corano. Anche questa volta l'argomento del nostro autore non
può convincere un interlocutore musulmano. Cf. anche Gardet,
L’Islam, cit., cap. Ili, pp. 67ss.
206 Messia, o Cristo, o consacrato. Per uniformità di traduzio­
ne ho preferito conservare sempre il termine Messia, cioè unto con
l'olio della consacrazione.
207 Le righe che seguono sono troppo lacunose per permettere
una traduzione sicura. L’appellativo Santo dei Santi dato al Messia
potrebbe essere stato suggerito dalla profezia di Dan. 9, 24. In que-
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 111

Così disse il Messia ... parlò loro a viva voce ... il


Santo dei Santi ... Se non fosse stato Lui il Messia ...
Messia Santo dal ... <Santo non> avrebbe fatto cessare
il regno e la profezia ... tra i figli di Israele, quando gli
disobbedirono e non seguirono la sua parola. Allora
Dio gli diede un altro popolo, come aveva detto 208, e la
sua parola è verace.

Il nome del Messia


Nessun nome possiamo trovare, tra i re dei figli di
Israele o tra i profeti, più santo del suo N om e209. David
fu re tra i figli di Israele, altri lo furono oltre a lui. Ci
furono profeti e re, ma nessuno di loro ebbe nome
Santo dei Santi, se non il Messia che regna sulle nazio­
ni per mezzo della sua guida e della loro obbedienza, e
per mezzo dello Spirito Santo le santifica.
Beato chi non dubita del Messia ed è fedele nella
sua fede in Lui!210
Infatti nel Vangelo il Messia dice: Beato chi non
dubita di m e !211 E ancora: Io sono la Luce, la vita e la
risurrezione. Chi crede in me è già passato dalla morte
alla vita eterna 212.

sto testo l’espressione Santo dei Santi potrebbe designare l’altare, o


il tempio o il som mo sacerdote. Nell’esegesi cristiana essa è stata
applicata al Cristo. Così sant'Atanasio: È venuto il Santo dei Santi, il
Cristo, PG 25, 165A, con evidente riferimento appunto alla profezia
di Daniele.
208 Cf. Rom. 9, 25, che a sua volta cita Os. 2, 25, e Rom. 10, 19,
che a sua volta cita Deut. 32, 21: Li renderò gelosi con un non-popolo.
209 Cf. Fil. 2, 9.10: Dio gli ha dato il nome che è al di sopra di
ogni altro nome.
210 Altro indizio che i destinatari sono cristiani, forse provati
nella fede.
211 Cf. Mt. 11,6: Beato chi non si scandalizza di me!
212 Non si tratta di una citazione letterale, ma di una rielabora­
zione di più testi. Cf. Gv. 11, 25.26; 5, 24.
112 Palestinese anonimo

Compimento di un’altra profezia di Isaia


Ancora Isaia ha profetato dicendo in Spirito San­
to: Rinvigorite le braccia slogate, rinsaldate le ginocchia
vacillanti, o voi che siete deboli d'animo e di intelletto!
Siate forti e non temete! Ecco il vostro Dio! Egli darà la
ricompensa con sapienza, verrà e vi salverà. Allora gli
occhi dei ciechi si apriranno, udranno le orecchie dei
sordi, lo zoppo avanzerà saltellando come un cervo e le
lingue dei m uti parleranno distintamente 213.
Quando divennero robuste le braccia slogate e le gi­
nocchia vacillanti, se non quando venne per noi il nostro
Dio, come aveva detto il profeta, e ci salvò dalla perdi­
zione? Fu Lui a curare ogni genere di malattia e infer­
mità in mezzo agli uom ini214. Quando gli occhi dei cie­
chi recuperarono la vista e le orecchie dei sordi l’udito?
Quando i piedi degli zoppi avanzarono saltellando come
un cervo e le lingue dei muti parlarono distintamente?
Se non quando ci apparve il Messia, Parola di Dio e Lu­
ce di Dio, e fu per gli uomini misericordia e salvezza?
Il Messia ha compiuto ogni sorta di segni tra i figli
di Israele e fuori di loro 215. Egli ricompensa gli uomini
con sapienza e giustizia. Per chi crede in Lui la ricom­
pensa è la vita eterna e il regno del cielo; invece per
l’infedele, che non crede in Lui, essa è vergogna e am a­
ro castigo 216.

Tutto questo è scritto nel Vangelo


Considera ora come tutto questo ben corrisponde
alla forza delle opere e dei segni compiuti dal Messia,
quali sono scritti nel Vangelo.

213 Cf. Is. 35, 3-6; Mt. 11, 5ss. e parali.


214 Cf. Atti 10, 38: Gesù di Nazareth passò beneficando e risa­
nando tu tti...
215 Cf. per esempio Mt. 8, 5ss.; 15, 21ss.; ecc.
216 Cf. Gv. 3, 36: Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; ma chi
non crede nel Figlio non vedrà la vita·, e passim.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 113

Il paralitico risanato
Un giorno il Messia passò accanto a un paralitico.
Costui era steso sul suo letto da trentotto anni, senza
potersi muovere, a meno che altri non lo rivoltasse sul
suo letto. Il Messia ebbe pietà di lui e gli disse: «Vuoi
guarire?». Gli rispose il paralitico: «Sì, o Signore; ma io
muoio, perché non ho nessuno <che m i aiuti>». E il
Messia gli replicò: «Alzati, prendi il tuo letto e toma a ca­
sa tua!». E così il paralitico all’ordine del Messia si alzò,
prese il suo letto e tornò a casa s u a 217.

I peccati rimessi
Poi il Messia entrò in una casa e si radunarono in­
torno a Lui i capi dei Giudei e i figli di Israele, sicché la
casa ne fu piena e nessuno vi poteva entrare per la trop­
pa folla. Allora gli fu portato un altro paralitico sul suo
letto. I suoi portatori volevano entrare e arrivare davanti
al Messia, ma non potevano per la troppa gente; allora lo
presero e lo fecero salire sul tetto della casa, poi scoper­
chiarono il tetto e lo calarono giù sul suo letto, fino a de­
porlo davanti al Messia, il quale era circondato dai capi
dei Giudei e dalla gente. Gli disse il Messia: «I tuoi pecca­
ti ti sono perdonati». Ma i capi e la gente che gli stava in­
torno mormorarono: «Chi può rimettere i peccati, se non
Dio solo?». E il Messia replicò loro: «O compagnia di ca­
pi, delle due, che mi è più facile dire: “Ti sono perdonati i
tuoi peccati", oppure: “Suvvia, paralitico, alzati, prendi il
tuo letto e va' a casa tua"?». E il paralitico si alzò davanti
ai loro occhi, prese il suo letto e se ne andò dai suoi come
gli aveva ordinato il Messia. Così nessuno dei presenti
potè rispondergli una sola parola218.

217 Cf. Gv. 5, 5ss. Questa volta il nostro sottolinea che la guari­
gione avviene per ordine di Gesù, Gesù agisce con la sua propria au­
torità, non col permesso di Dio.
218 Tutto il brano segue fedelmente, quasi alla lettera, Le. 5,
17-26.
114 Palestinese anonimo

Infatti con i segni operati sul paralitico il Messia


aveva dimostrato loro di avere il potere di perdonare i
peccati; ma nessuno può perdonare i peccati se non è
Dio!
Davvero le opere del Messia furono tutte compiute
con autorità e potenza 219!

Il cieco nato
E ancora, un’altra volta il Messia era in cammino e
con Lui c’erano gli Apostoli e una folla di figli di Israele,
quand’ecco sulla via incontrarono un uomo nato cieco
che chiedeva l'elemosina. Gli Apostoli chiesero al Mes­
sia: «Signore, chi ha peccato, lui o i suoi genitori perché
costui nascesse cieco?». E il Messia rispose loro: «Né lui
né i suoi genitori hanno peccato; ma <questo accade>
perché si manifestino in lui le opere di Dio». E il Messia
lo chiamò, sputò in terra, fece del fango, lo spalmò sugli
occhi del cieco e gli disse: «Va' alla sorgente di Siloe, lì la­
vati ed ecco ricupererai la vista». Il cieco andò, si lavò al­
la sorgente di Siloe e ritornò vedente. Allora dissero i Giu­
dei: «Noi non abbiamo mai sentito dire, da che mondo è
mondo," che un cieco recuperi la vista, prima di que­
sto» 22°. E molti dei figli di Israele credettero in Lui.

Il sordomuto
Poi il Messia incontrò un uomo sordo e muto, gli
mise il dito nell’orecchio, gli sputò sulla lingua e scacciò
questo demonio <sordo e muto>, che uscì da quell’uo­
mo, il quale guarì per ordine del Messia, udì con le sue
orecchie e parlò con la sua lingua221.

219 Cf. Mt. 7, 29: Gesù infatti insegnava loro come uno che ha
autorità e non come i loro scribi.
220 Cf. Gv. 9, lss.
221 Cf. Me. 7, 32ss. Anche questa volta il miracolo avviene per
ordine del Messia.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 115

Il lebbroso
Poi il Messia incontrò anche un lebbroso, il quale
gli disse: «Signore, se vuoi, Tu puoi mondarmi dalla mia
lebbra». «Lo voglio», gli rispose il Messia, e subito, sul
posto fu mondato come aveva detto il Messia 222.

Nessun uomo grande è paragonabile al Messia


In mezzo agli uomini, tra i profeti di Dio, tra i
suoi eletti, chi ha avuto il potere di fare quello che ha
potuto fare il Messia? Ha compiuto segni, ha guarito
ogni genere di infermità e malattie con potenza e auto­
rità, ha creato ciò che ha voluto, ha perdonato i pecca­
ti. Tutte queste non sono forse opere di Dio? Nessuno
tra gli uomini è capace di cose simili a queste.
Per la mia vita! Non troviamo nessuno tra gli uo­
mini, siano profeti di Dio o altro, che abbia compiuto i
suoi segni con autorità; m a solo per mezzo dell’invoca­
zione, nella m isura della sua capacità, con l’umiltà e la
preghiera. Inoltre, alcuni di loro furono esauditi, altri
non furono mai esauditi.

Il Messia e il sabato
Poi un'altra volta il Messia entrò in una sinagoga
dei Giudei in giorno di sabato. I figli di Israele si riuniro­
no intorno a Lui ed Egli cominciò a giudicarli e istruirli,
quand'ecco vide nella sinagoga un uomo dalla mano ari­
da 223. Disse loro il Messia: «Che cosa conviene fare in
giorno di sabato, fare il bene o fare il male? Far vivere
una creatura o farla perire?». Gli risposero: «Certamente
di sabato faremo il bene, <vogliamo> che una creatura

222 Cf. Me. 1, 40ss.


223 Cf. Le. 6, 6ss. La citazione è quasi letterale; ma gli interlo­
cutori di Gesù nel Vangelo non credono.
116 Palestinese anonimo

viva». Allora il Messia disse: «Avete detto bene». E poi


all’uomo dalla mano arida disse: «A te dico, stendi la tua
mano». Quello la stese, ed ecco era eguale all'altra mano
sana. Si meravigliarono quelli tra i figli di Israele che vi­
dero il miracolo, riconobbero che nessun uomo può
compiere le opere del Messia e molti credettero in Lui.

Dio vuole un’obbedienza libera


Questa è la fede che Dio vuole dagli uomini. Egli
non vuole che si creda in Lui per forza. Infatti non c’è
ricompensa nella costrizione. Dio vuole invece che gli
uomini credano in Lui per un'obbedienza libera, sicché
a Dio tocchi di ricompensarli in verità 224.
Degnissimo di lode è Dio che ci ha fatto giungere
la parola dei suoi profeti pienamente confermata dalle
opere e dai segni compiuti dal Messia. Così Egli ha ri­
velato agli uomini che il Messia è Dio da Dio, Colui che
ci libera e ci salva dall’inganno e dalla perdizione, Co­
lui che guarisce tutte le infermità e tutte le malattie e ci
guida alla sua luce e alla sua gloria.

224 L’autore ribadisce che Dio non vuole costringere l’uomo al­
la fede; ma cerca un’obbedienza libera e amante. Più sopra ha detto:
Dio ha voluto che toccasse a Lui di ricompensare l’obbedienza
dell’uomo. Ora si precisa che questa divina ricompensa deve essere
vera, cioè meritata dall’uomo, libero di scegliere tra obbedire o non
obbedire. È un'allusione discreta, mi pare, al dibattito in corso tra i
teologi musulmani. Come si concilia la libertà dell’uomo e la retri­
buzione dei suoi atti da parte di Dio con l’affermazione dell’onnipo­
tenza assoluta di Dio che fa errare chi vuole e guida chi vuole (Cora­
no 74, 31)? Fu questo uno dei primissimi problemi che dovettero af­
frontare i pensatori musulmani divisi assai presto in due correnti:
gli uni (Qadariti) partigiani del libero arbitrio, gli altri (Gabariti)
convinti che l’onnipotenza di Dio esclude la libertà dell’uomo. I cri­
stiani parteciparono in vario modo al dibattito, come risulta dalle
opere apologetiche destinate all’Islam. Così il Damasceno apre la
sua controversia con un musulmano proprio affrontando il tema "li­
bero arbitrio o predestinazione". Cf. Jean Damascène, cit., pp. 229ss.
Per tutto il problema, cf. Gardet, l'Islam, cit., cap. III. Cf. anche nota
43 all'introduzione.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 117

Profezia di Giacobbe
Profetò dunque Giacobbe, o Israele, quando si av­
vicinò l’ora della sua morte. Chiamò a sé i suoi figli e
pronunciò su di loro le sue profezie. Di Ruben suo pri­
mogenito disse quel che Dio gli ispirava, così di Simeo­
ne e di Levi. Poi chiamò a sé Giuda, il quarto dei suoi
figli, profetò e disse: Un leoncello, figlio di leone è Giu­
da! Non sarà tolto alla tua gloria né profeta, né patrono,
né capo, fino a quando non venga Colui che è atteso: è
Lui la speranza delle nazioni225.

Il Messia è la speranza delle nazioni ed esse sono il suo


tesoro
Ora, abbiamo già visto che tutti i profeti e re sono
finiti tra i figli di Israele dal momento in cui è venuto il
Messia, speranza delle nazioni. Inoltre dalla tribù di
Giuda sono usciti profeti e re di Israele; ma Dio regna
sulle nazioni 226, perché sono esse il tesoro del Messia.
Infatti i figli di Israele sono fuggiti nelle regioni orien­
tali e occidentali della terra, il fuoco è divampato nel
loro tempio e nella loro città a motivo della loro scelta
relativa a Dio e al suo Messia, come aveva profetato
David dicendo: I re della terra e i suoi dominatorì si so­
no radunati, tutti insieme hanno cospirato contro il Si­
gnore e contro il suo Messia; ma Colui che dimora nel
cielo ne ride, il Signore si fa beffe di loro, poi parla loro
nel suo sdegno e li fa tremare con la sua ira 227. Proprio
così Dio ha fatto con loro perché hanno disobbedito al
Messia.

225 Cf. Gen. 49, 9.10; anche Le. 2, 32. L’autore sottolinea spesso
l’universalità della missione salvifica del Messia. In quanto figlio di
David il Messia è re di Israele; ma in quanto Dio Egli regna sulle na­
zioni, sono esse il suo tesoro.
226 Sai. 46/47, 9.
227 Sai. 2, 2ss.
118 Palestinese anonimo

Profezia di Geremia
Ha profetato anche il profeta Geremia, al quale
Dio ha reso testimonianza, dicendogli: Prima di averti
visto ti ho conosciuto, prima che tu uscissi dal seno di
tua madre ti ho santificato228. Mosso dallo Spirito San­
to Geremia profetò e disse: Questi è il nostro Dio, non
adoreremo altro Dio che Lui. Egli ha conosciuto tutte le
vie della scienza e ne ha fatto dono a Giacobbe suo ser­
vo, a Israele suo eletto. Dopo di che è apparso sulla terra
e si è mischiato agli u o m in i229.
Non abbiamo mai saputo che Dio sia apparso sul­
la terra e si sia mischiato con gli uomini, se non quan­
do si è rivelato a noi nel Messia, sua Parola e suo Spiri­
to. Si è celato nella carne 230 Lui che non è dei nostri.
Così gli uomini lo videro e si mischiò con loro e fu Dio
e Uomo, ma uomo senza peccato. È Lui che conosce le
vie del bene, della scienza e della sapienza, e le insegna
e le fa sorgere in chi segue i suoi comandi e la sua pa­
rola.
Infatti la Parola del Messia è Parola di Luce e di
Vita, come gli dissero gli Apostoli: la tua Parola è paro­
la di Luce per chi si rivolge a te e ti prega231.
Chiediamo dunque a Dio per la sua misericordia
che ci m etta tra coloro che seguono i comandi del Mes­

228 Ger. 1,5.


229 Non Geremia, ma il suo discepolo Baruch 3, 36-38.
230 Cf. san Giovanni Crisostomo: Nascose l’amo delle sua divi­
nità nell'anima del suo santo corpo, PG 48, 1087. Queste espressioni
relative al nascondersi, velarsi della divinità nella santissima uma­
nità del Verbo sono frequenti nella letteratura patristica e si ritrova­
no nel cosiddetto Tomus Leonis, lettera del papa Leone all’imperato­
re Flaviano, acclamata al Concilio di Calcedonia come vera e auten­
tica dottrina ortodossa: Salva la proprietà di ciascuna delle due natu­
re che concorsero a formare una sola persona, <il Verbo Incamato>,
la maestà si rivestì di umiltà, la forza di debolezza, l'eternità di ciò che
è mortale. Cf. Decisioni dei Concili, cit., p. 154. Anche Cirillo di Ge­
rusalemme (f387), Catechesi XII, parla della santa carne del Verbo
com e velo della sua divinità. Cf. nota 106.
231 Cf. Gv. 6, 68.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 119

sia. E crediamo in Lui, così come i profeti hanno pro­


fetato di Lui e lo hanno annunziato.
I profeti avevano detto: Ecco il vostro Dio vi si ri­
velerà, verrà per voi con la salvezza, la guida e la mise­
ricordia. È Lui il vostro Signore, il più Misericordioso
dei Misericordiosi 232!

Profezia di Abacuc
Dio ha parlato anche per bocca del profeta Aba­
cuc. Si tratta di quell’Abacuc 233 che l'angelo incontrò
mentre portava il cibo ai suoi mietitori. L’angelo gli dis­
se: «Porta questo tuo cibo al profeta Daniele in terra di
Babilonia». Gli rispose Abacuc: «<Non conosco> la via,
e Babilonia è lontana da me». Allora l'angelo lo afferrò
per il ciuffo dei capelli in un attimo e subito lo depose
presso la fossa dove i Persiani avevano gettato Daniele in
mezzo ai leoni. Il profeta Abacuc disse a Daniele: «Alzati
e mangia del cibo che Dio ti ha mandato». Così presero
cibo insieme, poi l’angelo riportò Abacuc alla sua terra,
cioè in Palestina.
Dunque Abacuc profetò mosso dallo Spirito Santo
e disse: Dio viene da Teman, il Santo è coperto dall’om ­
bra del monte frondoso 234. Questa profezia è chiara ed
esauriente dal momento che Dio ha rivelato per bocca
dei suoi profeti da quale luogo sarebbe venuto il Mes­
sia e da chi sarebbe nato, quando fosse apparsa agli
uomini la sua Parola e la sua Luce. Ecco, Teman è Be­
tlemme, a destra della città santa, e il monte ombroso
e frondoso è Maria, la Santa, che lo Spirito Santo Dio

232 Cf. Corano 7, 151; Jomier, op. cit., passim.


233 L’episodio è raccontato in Dan. 14, 33ss.
234 Ab. 3, 3 LXX. Questo versetto appartiene al cosiddetto can­
tico di Abacuc, di grande impiego nella liturgia bizantina nell’ufficio
del mattino. La rubrica che lo introduce recita: Parlaci, o Abacuc,
della kenosi del Verbo! Anche l'applicazione dell’immagine del monte
alla Vergine Madre è tradizionale. Cf. san Giovanni Damasceno, PG
94, 1353C.
120 Palestinese anonimo

coprì della sua om bra e la Potenza di Dio prese dimora


in Lei, come le era stato detto dall'arcangelo Gabriele,
quando Maria gli chiese: «Come potrò avere un figlio,
dal momento che nessun uomo mi ha toccata?». Le ri­
spose Gabriele: «Lo Spirito di Dio scenderà su di te, la
Potenza di Dio stabilirà in te la sua dimora».

Accordo profezia-evento
Dio ha predisposto l'accordo delle parole del suo
profeta con quelle del suo angelo Gabriele, quando essi
parlavano del Messia; e le loro parole sono veraci. En­
tram bi rivelarono agli uomini il luogo da cui sarebbe
venuto il Messia e da chi sarebbe nato. Ecco, Dio viene
per la salvezza e la guida delle sue creature!
Lode a Dio che ci ha creati! Accogliamo con fede
la parola dei suoi angeli e dei suoi profeti a proposito
del M essia!235

Profezia di Daniele
Così infatti Dio aveva rivelato al profeta Daniele
per mezzo dell’arcangelo Gabriele, quando <il re di Ba-
bilonia> vide una pietra staccarsi dal monte, ma non per
mano d'uomo, e colpire i piedi della statua, mandando
in frantumi l'argilla, il ferro, il rame, l'argento, e l'oro. E
tutto divenne come polvere dispersa tra le messi, quan­
do su di esse si abbatte un vento violento, e non restò
più traccia di loro. La pietra che aveva colpito la statua
divenne un'alta montagna e riempi tutta la terra. L'ange­
lo Gabriele spiegò a Daniele la visione: La statua dalla te­
sta d'oro con il petto, le braccia, il ventre e le cosce di ra­
me, le gambe e i piedi in ferro e argilla, rappresenta i re

235 Anche il Corano invita a credere a tutti i profeti senza di­


stinzione, cf. Corano 4, 150.152. Inutile ripetere che l'intenzione di
questo invito nel Corano è del tutto diversa da quella del nostro,
poiché ha per oggetto Muhammad.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 121

della terra, che regnano su questo mondo. Quanto alla


pietra che è stata tagliata dal monte, ma non da mano
d ’uomo, essa significa la parola e la sovranità di Dio, che
domina sui regni di questo mondo e regna per sempre, in
eterno. La sua signoria riempie tutta la terra e domina
sulle nazioni per mezzo della loro obbedienza e della
sua guida. Il monte poi è Maria, dalla quale è nato il
Messia senza che nessun uomo si accostasse a L ei236.
Il Messia ha umiliato il potere di Iblis e il suo in­
ganno e ha guidato gli uomini alla giustizia, alla pietà e
alla conoscenza della verità di Dio.

Profezia di Zaccaria e compimento


Profetò anche il profeta Zaccaria nello Spirito San­
to e disse: Esulta grandemente, figlia di Sion, grida di
gioia, figlia di Gerusalemme! Ecco, il tuo re viene a te ca­
valcando u n ’asina col suo puledro! Infatti il Messia en­
trò nella città santa cavalcando un'asina il giorno delle
Palme 237. 1 figli di Israele lo accolsero con rami di olivo e
di palma, assieme alle loro mogli e ai loro figli, mentre i
piccoli e i lattanti gli davano gloria, cantando l’Osanna al
Figlio di David: «Benedetto Colui che viene, il re di Israe­
le!». I capi dei Giudei dissero al Messia: «Non senti cosa
dicono costoro? Non ti esaltano eccessivamente le loro
parole, dato che danno gloria a te come si glorifica
Dio?». Rispose loro il Messia: «Non avete letto nel libro
dei Salmi del profeta David? 238 Ecco, mosso dallo Spiri­

236 Cf. Dan. 2, 26ss.; 8, 15ss.; 9, 20ss. L’interpretazione messia­


nica e mariana della profezia di Daniele è tradizionale nella lettera­
tura patristica e nella liturgia. Cf. per esempio san Giovanni Dama­
sceno, PG 96, 853A; PG 94, 1353C. Molti altri esempi si trovano alla
voce Oros, in Lampe, op. cit.
237 Cf. Zac. 9, 9; Mt. 21, lss.
238 Cf. Mt. 21, 16. Il nostro cita esattamente i Vangeli, proba­
bilmente con l’intenzione di confutare le affermazioni del Gesù co­
ranico: Quando Dio disse: «O Gesù figlio di Maria! Sei tu che hai det­
to agli uomini: prendete me e mia madre come dèi oltre a Dio?». Gesù
122 Palestinese anonimo

to Santo egli disse: “Sulla bocca dei piccoli e dei lattanti


ti sei preparata la lode!". Questo si legge nel Salmo otta­
vo. Il profeta David profetò e disse: “Signore, Signore
nostro, com e degno di lode il tuo Nome su tutta la terra,
ecco hai forgiato la tua lode al di sopra del cielo e sulla
bocca dei bambini e degli adolescenti hai reso perfetto il
canto della tua lode"».

Il Messia, Dio-Uomo glorificato dai piccoli rifiutato dai Giudei


Che c’è di più chiaro di questa profezia relativa al
Messia? Egli era Dio da Dio e Uomo perfetto quando
entrò nella città santa cavalcando un’asina, come aveva
profetato di lui il profeta David 239, e i fanciulli e i lat­
tanti gli dettero gloria.
Quei piccoli non sapevano parlare, né intendere;
ma Dio aprì la loro bocca ed essi dettero lode al Mes­
sia, come aveva profetato di Lui David, dicendo che
Egli è benedetto e re di Israele.
I Giudei però rifiutarono di credere, rifiutarono di
obbedire al Messia e alla sua Parola, non credettero al­
la profezia che il profeta David aveva fatto relativa­
mente al Messia. David aveva detto che il Messia è Si­
gnore, che la sua lode si innalza al di sopra del cielo e
che dalla bocca dei bam bini e dei lattanti riceve lode
perfetta 240.

rispose: «Gloria a te! Come mai potrei dire ciò che non ho il diritto di
dire?» (Corano 5, 116). Secondo gli specialisti la sura V è l’ultima in
ordine cronologico. Qui dunque è definitivamente fissata la nega­
zione islamica della natura divina di Gesù. Inutile dire che la pre­
sunta trinità cristiana che il testo coranico intende combattere - e
cioè: Dio Padre-Maria-Gesù - non ha niente a che fare con la fede
trinitaria professata dai cristiani.
239 In realtà si tratta della profezia di Zaccaria già citata e
composta con il racconto evangelico e con il Salmo 8.
240 Secondo la lettura messianica di Sai. 109/110, 1 che ne fa
Mt. 22, 44: Ha detto il Signore al mio Signore... Nella sua omelia per
la domenica delle Palme, Epifanio di Cipro (IV secolo) sviluppa gli
stessi temi. Cf. PG 43, 428ss.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 123

Per la mia vita! David davvero ha dato un esempio


di fede a coloro che temono Dio e danno il loro assenso
alla verità. Quando ascoltate la lettura del Libro di Dio
e vi trovate che bambini e lattanti hanno dato gloria al
Messia, chiedetevi: Chi poteva far sì che i lattanti pro­
nunciassero la lode, se non Dio che li ha creati e ha da­
to loro la parola [...] e la sua luce ed essi la fanno scen­
dere da Dio, dalla sua dimora?
Ecco dunque, la Parola di Dio è da Dio e Dio è il
Padre della Parola.

Il Messia misericordia e compassione


Sia gloria a Dio! Come grande la profezia pronun­
ciata dai profeti a proposito del Messia! Voglio spiega­
re le parole che hanno detto di Lui, e cioè che Egli è
Dio da Dio e Luce di Dio. Infatti Egli è apparso agli uo­
mini come misericordia e compassione, e si è fatto uo­
mo senza peccato 241. Ma non si è mai visto in questo
mondo un uomo senza peccato, da Adamo fino a que­

241 Uomo senza peccato. Cf. Gv. 8, 46; Ebr. 4, 15; e passim.
L’insistenza dell’autore sull’innocenza del Messia e sulla potenza
della sua operazione salvifica è certamente un dato tradizionale del­
la professione di fede cristiana. Tu solo sei il Santo! proclama la li­
turgia nel Gloria, applicando al Cristo Dio quell’acclamazione che
l’Apocalisse (15, 4) indirizza a Dio. Tuttavia è possibile che l’autore
intenda anche confrontare queste prerogative del Cristo con la figu­
ra di Muhammad quale è descritta nel Corano. Il Corano chiama
Muhammad sigillo dei profeti (Corano 33, 40); ma semplice profeta,
assolutamente uomo, fallibile e peccabile com e tutti gli altri uomini.
Cf. per esem pio Corano 38, 65: Io non sono che un ammonitore. An­
zi il Corano precisa: Nessun messaggero o profeta inviammo prima di
te, cui Satana non gettasse qualcosa nel desiderio, allorché concepì de­
siderio (Corano 22, 52). Quest’ultimo testo allude non solo alla pec­
cabilità di Muhammad, affermata in molti passi coranici (per esem ­
pio 7, 200; 10, 94; 17, 73-75; 34, 50; ecc.), ma anche alla possibilità
che l’errore suggerito dal Satana si insinui nel contenuto stesso del­
la rivelazione. E questo appunto il caso dei famosi "versetti satanici”
(Corano 53, 19ss.).
124 Palestinese anonimo

sti nostri giorni, eccetto il Messia, nostra salvezza, né


un profeta né un altro che non fosse profeta.
Solo Lui, il Messia, ci ha guidati, ci ha liberati dai
peccati, ci ha ottenuto la remissione delle colpe per
mezzo della nostra fede in Lui.
In passato Dio aveva rivelato per bocca dei suoi
profeti ispirati dallo Spirito Santo l’avvento del Messia.
Lo Spirito Santo aveva fatto conoscere loro di dove sa­
rebbe venuto il Messia, da chi sarebbe nato al tempo
della sua manifestazione a noi, i segni che avrebbe
compiuto e con i quali fece conoscere di essere il Mes­
sia, di essere Dio da Dio, come avevano preannunciato
di Lui i profeti. Essi infatti avevano detto che il Messia
avrebbe rimesso le colpe, avrebbe creato col suo co­
mando 242 ciò che avesse voluto, avrebbe rivelato l’invi­
sibile, li avrebbe preavvertiti di ciò che dovevano ricor­
dare, avrebbe camminato sul mare come su terra
asciutta in quanto Dio, avrebbe saziato gli affamati e
curato ogni genere di malattia e infermità con autorità
e potenza.
Tutto questo i profeti l’avevano già detto del Mes­
sia 243. Avevano detto cioè che Egli avrebbe compiuto
tali segni per gli uomini.
Perciò noi riteniam o verace il Messia, crediamo in
Lui e lo seguiamo. Sappiamo infatti che nessuno può
compiere le opere del Messia se non Dio solo.

242 Col suo comando, non col permesso di Dio. L’autore insiste
nel sottolineare che il Gesù del Vangelo ordina con autorità propria,
certamente in confronto col Gesù coranico (3, 49) che promette ai
figli di Israele di compiere vari prodigi col permesso di Dio.
243 Effettivamente, quando i discepoli di Giovanni interrogano
Gesù sulla sua identità (Mt. 11, 2-6 e parali.), Gesù risponde invitan­
doli a vedere in Lui il compimento della profezia di Isaia: I ciechi re­
cuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i
morti risorgono... (cf. Is. 29, 18; 35, 5ss.; 42, 18.7; 26, 19; 61, 1).
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 125

Lode, professione di fede e supplica


Lode a Dio che ci ha aiutati in questo e ci ha mes­
si tra gli amici 244 del Messia, salvandoci dall'inganno e
dalla schiavitù del Satana per introdurci nella sua luce,
nella sua misericordia, nella sua grazia immensa con
la quale ci ha gratificati245.
Questa è una parte di quel che hanno detto del
Messia, Parola e Luce di Dio, i suoi profeti.
Quando Egli apparve agli uomini nella sua miseri­
cordia, li liberò dall'inganno di Iblis e donò loro la luce
e la guida.
Questa dunque è una parte della loro profezia,
perché tutto quello che i profeti hanno detto del Mes­
sia è troppo vasto per poter essere detto o compreso da
qualunque uomo.
Tuttavia abbiam o voluto proporci questa intenzio­
ne e l’intenzione in ogni cosa è quanto vi è di migliore
e più bello246.
Se volessimo invitarti a ricavare tutte le deduzioni
possibili dalle parole dei profeti relative alla nascita del
Messia, col permesso di Dio 247 potremmo fare ciò che
vogliamo <scrutando> le parole dei profeti. E questa
sarà la nostra difesa davanti a Dio nel giorno della ri­
surrezione, alla presenza degli Angeli e dei profeti, dei
primi e degli ultim i248.

244 Cf. Gv. 15, 14.15: Non vi chiamo più servi ma amici.
245 Cf. Col. 1, 12: Ringraziando con gioia il Padre che ci ha mes­
si in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È Lui infatti
che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del
suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remis­
sione dei peccati.
246 Cf. Corano 2, 173: Chi sarà per necessità costretto contro sua
voglia e senza intenzione a trasgredire la legge, non farà peccato.
247 Questa volta l’espressione col permesso di Dio si applica a
buon diritto all’autore del testo, forse con una lieve ironia!
248 Questa dizione profeti primi, o anteriori e profeti ultimi, o
posteriori, corrisponde alla classificazione del canone ebraico della
Bibbia fissato in Palestina agli inizi dell’èra cristiana. I profeti primi
126 Palestinese anonimo

Ecco, noi crediamo in te, nella tua Parola e nel tuo


Spirito Santo, Dio Unico, Signore Unico, come hai ri­
velato e manifestato agli uomini nei tuoi Libri!
Salvaci dunque dal castigo della Gheena e, per la
tua misericordia, facci entrare nel numero dei tuoi an­
geli, dei tuoi profeti e dei tuoi eletti, o Dio!

Battesimo di Cristo e manifestazione trinitaria


Sono queste le parole dei profeti di Dio a proposi­
to dell’immersione del Messia nel Battesimo 249. Dio ha
comandato il Battesimo e l'ha costituito per la remis­
sione delle nostre colpe, dopo averlo già fatto conosce­
re per bocca dei suoi profeti. Il Messia poi ha confer­
mato il Battesimo e ce l’ha ordinato dicendo: In verità,
in verità, Io vi dico che non entrerà nel regno del cielo se
non chi è nato dall’acqua e dallo Spirito 250.
Abbiamo già ricordato la profezia del profeta Da­
vid, profeta e re, all’inizio di questo nostro libro, quan­
do egli annunciò profeticamente il Battesimo del Mes­
sia e disse: La voce del Signore è sulle acque, il Dio della
gloria ha tuonato, Dio sulle molte acque.
Questo infatti si verificò quando il Messia fu bat­
tezzato e il Padre gli rese testim onianza dal cielo, di­
cendo: «Questi è il Figlio mio diletto, nel quale mi sono

sono: Giosuè, Giudici, Samuele e Re. I profeti ultimi sono: Isaia, Ge­
remia, Ezechiele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum,
Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia.
249 Ripresa del tema del Battesimo. Si tratta di un errore di tra­
scrizione del testo originale o di una ripetizione? Cf. sopra. È da no­
tare che il Vangelo arabo apocrifo (Moraldi, op. cit., pp. lló s s.) in­
terpreta allo stesso modo l’evento del battesimo di Gesù, spesso alle­
gando le medesime citazioni bibliche. Secondo l’editore questo Van­
gelo arabo apocrifo è stato tradotto dal siriaco a metà dell'VIII seco­
lo. Dunque sarebbe testimone di una medesima lettura teologica del
battesimo di Gesù in ambiente siriaco e in ambiente greco nell’epo­
ca stessa del nostro autore.
250 Gv. 3, 5.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 127

compiaciuto, obbeditegli!». E lo Spirito Santo discese dal


cielo e stabilì la sua dimora sul Messia25
In quel giorno Dio rivelò ai figli di Israele che Dio,
la sua Parola e il suo Spirito sono un unico Dio in cie­
lo, sulla terra e in ogni luogo.
Così l’evento del Battesimo di Gesù fu la prova
chiara 252 di quello che avevano detto di Lui i profeti di
Dio nei tempi antichi.
Davvero chi non crede in Dio, nella sua Parola e
nel suo Spirito, Unico Dio, la sua fede in Dio non è au­
tentica e non ha ricevuto effettivamente la parola dei
profeti di Dio 253. Infatti parlando di tutto ciò che è sta­
to loro rivelato essi affermano che la Parola di Dio è
forza di Dio e sapienza di Dio e che vita di ogni cosa è
lo Spirito Santo.

Il Cristo e il Battista nel Vangelo e nel Corano


Il Messia rese testim onianza a Giovanni, figlio di
Zaccaria, il profeta figlio del profeta, dicendo ai figli
di Israele: Amen Amen, Io vi dico che tra i nati di don­
na nessuno è più grande di Giovanni figlio di Zaccaria,
il Battezzatore 254. Disse così perché Giovanni battezzò
il Messia e udì la voce del Padre dal cielo, che attesta­
va e diceva: «Questi è il Figlio mio diletto nel quale mi
sono compiaciuto». E vide lo Spirito Santo discendere
dal cielo e posarsi sul Messia. Eppure il Messia disse
che il più piccolo nel regno del cielo è più grande di
Giovanni. E questo perché chi è il più piccolo nel re­

251 Conforme alla tradizione patristica e liturgica l’autore com ­


bina il racconto evangelico del Battesimo con quello della Trasfigu­
razione (Mt. 3, 13ss. e parali, con Mt. 17, 5ss. e parali.).
252 L’autore annette il valore di conferma sicura e definitiva al
compimento delle profezie messianiche negli eventi della vita del
Cristo. È una prova chiara, bayàn. Cf. sopra.
253 Qui probabilmente l’autore si rivolge anche agli ebrei che
non hanno accolto il Cristo.
254 Cf. Mt. 11, 11 e parali.
128 Palestinese anonimo

gno del cielo è più grande di chi è grande tra la gente


della terra.
Sappiano dunque gli uomini che chi è di poco
conto tra la gente del cielo è più grande di chi è grande
tra la gente della terra; e così gli uomini desiderino ar­
dentemente il regno del cielo e rinuncino alla terra e a
ciò che è in essa255.
Anche nel Corano è scritto il ricordo di Giovanni,
figlio di Zaccaria: Là Zaccaria pregò il suo Signore di­
cendo: «O Signore, concedimi dal tuo cielo una buona
progenie, ché tu esaudisci le preci». Allora gli angeli lo
chiamarono, mentre stava ritto in preghiera nel Santua­
rio e gli dissero: «Dio ti dà la buona novella della nascita
di Giovanni, che confermerà una Parola venuta da Dio e
sarà onorevole e casto e profeta tra i buoni» 256.
Ora, Giovanni rese testimonianza al Messia e
parlò di Lui quando gli fu data la missione nel deserto
di battezzare i figli di Israele e annunciare loro il Mes­
sia. Allora i capi dei Giudei e i figli di Israele accorsero
da ogni luogo; e, quando i figli di Israele lo videro, gli
chiesero 257: «Sei tu il Messia che aspettiamo?». Rispose
loro: «Non sono io il Messia». Gli replicarono: «Sei tu il
profeta che Dio ha promesso a Mosè sul monte Sinai?».
Infatti Mosè aveva detto: «Dio vi farà sorgere un profeta
come me, obbedirete a Lui» 258. Ma Giovanni rispose lo­
ro: «Non sono il profeta». «E allora - gli dissero - chi
sei?». Rispose: «Io sono una voce che grida nel deserto:
Raddrizzate la via del Signore, appianate il suo cammi­
no!».
Così infatti aveva detto Dio per bocca del profeta
Isaia a proposito del Messia e di Giovanni, figlio di Zac­
caria: Ecco, Io mando un mio messaggero davanti a te
per prepararti il cammino 259. Ed ecco io, Giovanni, sono
venuto davanti al Messia per preparare il suo cammino

255 Nuovo elogio della vita ascetica, cf. sopra.


256 Corano 3, 38-39.
257 Cf. Gv. 1, 19-23; Is. 40, 3.
258 Cf. Deut. 18, 18.
259 In verità si tratta di Mal. 3, 1.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 129

e annunziarlo agli uomini. Io vi battezzo con un battesi­


mo creato; ma in mezzo a voi sta Uno che voi non vedete,
Egli è colui che viene sulle mie orme, di cui non sono de­
gno di siogliere il laccio dei calzari, Egli vi battezzerà nel­
lo Spirito Santo e nel fuoco 260. Quando fu l’indomani,
ecco apparve il Messia. Allora Giovanni disse:

L’Agnello di Dio
È questo l'Agnello di Dio che toglie i peccati del
mondo! Questi è Colui del quale vi dissi che sarebbe ve­
nuto sulle mie orme. Eccolo davanti a me, perché Egli è
prima di me ed io non lo conoscevo; ma Colui che mi ha
mandato a battezzare mi ha detto: «Colui sul quale ve­
drai scendere lo Spirito e posarsi su di Lui, è Lui il Mes­
sia, Figlio di Dio, è Lui che battezzerà nello Spirito Santo
e toglierà i peccati degli uomini e li purificherà dalle loro
colpe».
Dunque Giovanni figlio di Zaccaria ha reso testi­
monianza al Messia, dicendo di Lui che era da prim a
di lui, Dio da Dio, e che avrebbe cancellato i peccati
degli uomini, e purificato i loro cuori, e battezzato chi
crede in Lui in Spirito Santo e fuoco.
Infatti il Messia purifica, santifica e illumina le
anime per mezzo dello Spirito Santo. Egli brucia i pec­
cati e li mette a morte per mezzo del perdono, come il
fuoco brucia i rovi e li distrugge e non se ne vede più
traccia. Ecco, i peccati e le colpe assomigliano ai rovi.
Dice il Messia nel Vangelo: Amen, Amen, Io vi dico: Chi
non nasce dall'acqua e dallo Spirito non entrerà nel re­
gno del cielo 261!

260 Cf. Mt. 3, 11; Gv. 1, 29ss. In queste righe e in quelle che se­
guono l'autore ricompone personalmente più testi evangelici, citan­
doli però quasi alla lettera.
261 Gv. 3, 5.
130 Palestinese anonimo

La rinascita battesimale
Quanto a colui che è nato dall’acqua e dallo Spiri­
to, questi è colui che è stato battezzato nel Nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, un solo Dio, un
solo Signore.
Non esitare quando ascolti il Padre, il Figlio e lo
Spinto Santo. Sì, il Padre è Dio, il Figlio è la Parola che
è da Dio e lo Spirito Santo è lo Spirito di Dio, che per
mezzo di Lui santifica ogni cosa.
Come l'acqua m onda l'im purità della carne, così lo
Spirito Santo monda l’im purità delle anime e degli spi­
riti e li purifica dai peccati e dalle colpe. In tal modo
colui che riceve il Battesimo con fede diviene più puro
di quando nacque dal seno di sua madre: in lui non c’è
più peccato, né colpa. Per questo Giovanni figlio di
Zaccaria disse: Ecco, il Messia vi battezzerà in fuoco e
Spinto. E per questo il Messia ha detto: Chi non
<rì>nasce dall'acqua e dallo Spinto non entrerà nel re­
gno del cielo. Del perdono dei peccati, <che si ottiene
mediante il B attesim o , Dio ha fatto una seconda na­
scita 262.

Profezie del Battesimo: David


David ancora una volta ha profetato nello Spirito
Santo, annunciando il Battesimo del Messia e la rovina
di Iblis e delle sue schiere quando disse: Tu hai spezza­
to le teste dei draghi nell’acqua, Tu hai frantumato la te­
sta del Drago 263. Qui si parla di Iblis e delle sue schiere,
quando il Messia le annientò immergendosi nelle ac­
que del Battesimo.-Allora spezzò... dagli uomini, che

262 Seconda nascita, rinascita, illuminazione sono alcuni dei


nomi dati al sacramento del Battesimo nella letteratura patristica e
liturgica. Cf. Cabasilas, op. cit., p. 112; Ysebaert, op. cit., passim.
263 Sai. 73/74, 13.14. La liturgia bizantina utilizza questo testo
nella celebrazione del battesimo del Signore e del sacramento del
Battesimo. Questa esegesi del salmo è tradizionale nei Padri.
Le opere del Messia corrispondono alle profezie 131

<Iblis> aveva soggiogato con il suo inganno e li aveva


sed o tti...264

Nel Battesimo è annunciato per tutti gli uomini il perdono


dei peccati
Il Messia ha aperto agli uomini la porta della peni­
tenza e del perdono dei peccati, come Egli stesso disse
agli Apostoli nel Vangelo: Andate per tutto il mondo e
annunziate il regno del cielo fra le nazioni e la penitenza
nel mio Nome, e battezzateli nel nome del Padre, del Fi­
glio e dello Spirito Santo. Chi crederà e sarà battezzato
sarà salvo e libero, e i suoi peccati gli saranno perdona­
ti. Per chi non crede, invece, e non è battezzato, per lui
è già sicura la vergogna e il rimorso 265.
Lode a Dio che ci ha liberati dal Drago 266 e dal
suo inganno e ci ha salvati dai nostri peccati e dalle no­
stre colpe per mezzo dell'immersione battesimale e del­
la nostra fede nel Messia, Parola di Dio e Luce di Dio!

Profezia di Ezechiele
Dio ha parlato anche per bocca del profeta Eze­
chiele, uno dei maggiori profeti, il quale esercitò il suo
ministero profetico per i figli di Israele in terra di Babi­
lonia 267. Dunque <per bocca di Ezechiele Dio> ha det­

264 Testo lacunoso, lettura e traduzione incerta.


265 Cf. Mt. 28, 19; Me. 16, 15.16 e passim . L’autore cita, ma in­
durisce alquanto il contenuto del testo.
266 Sull’onda della citazione di Sai. 73/74 il nome di Iblis è dive­
nuto Drago, come in Ap. 12, 3 e passim. In conclusione l’autore ricon­
ferma la sua dottrina relativa al Battesimo e al rapporto Battesimo-fe-
de. Cf. anche più avanti l’insistenza sui temi inscindibilmente connes­
si di confessione dei peccati, conversione a Dio, Battesimo e fede. Il
testo non sviluppa questi temi, ma lascia chiaramente intendere che
nella visione dell’autore essi costituiscono un tutto inseparabile.
267 Ez. 1, 1 e passim.
132 Palestinese anonimo

to: Io verserò su di voi acqua pura e voi sarete purificati


dal culto degli idoli e dai vostrì peccati 268.
Non conosciamo altra acqua che Dio abbia versa­
to sugli uomini per purificarli dai loro peccati e dal
culto degli idoli, se non l'acqua dell’immersione batte­
simale. In essa infatti chi crede nel Messia ed è battez­
zato e obbedisce ai profeti di Dio, Dio lo purifica.
Né gli uomini furono mai salvati dal culto degli
idoli se non quando sorse per noi la Luce di Dio 269, il
Messia, e ci ammise al Battesimo.

Profezia di Isaia
Per bocca del profeta Isaia Dio aveva detto: Lava­
tevi, purificatevi, togliete i vostri peccati dalla presenza
del Signore! 270 Ora, quale bagno o lavacro può togliere
i peccati dell’uomo dalla presenza del Signore, se non
la confessione dei peccati, la conversione a Dio e l’im­
mersione battesimale nel nome del Messia? 271 [...].

268 Ez. 36, 25.


269 Si sente l’eco di celebri testi liturgici bizantini, questo per
esempio, preso dalla liturgia del Natale: La tua nascita, o Cristo Dio
nostro, fece sorgere sul mondo la luce della conoscenza di Dio. A que­
sta luce gli adoratori degli astri furono istruiti da una stella e guidati
ad adorare te sole di giustizia, e a riconoscere in te l’Oriente dall’alto.
O Signore, gloria a te!
270 Is. 1, 16.
271 Qui purtroppo il testo si interrompe bruscamente e non ci
resta che sperare nella nuova edizione promessa dal p. Samir.
POSTFAZIONE

Cristiani arabi? Più di un lettore sarà stupito di ve­


dere nella «Collana di Testi Patristici» un testo arabo tra­
dotto in italiano.
Eppure il cristianesimo penetra tra gli Arabi fin
dal giorno di Pentecoste (Atti 2, 11). Prima dell’Islam
molte tribù arabe si erano convertite al cristianesi­
mo. Anzi, gli unici tre regni arabi conosciuti sono cri­
stiani.
La comunità cristiana di Palestina è essenzialmente
melchita, cioè bizantina di lingua siriaca.
Nel febbraio del 638 Gerusalemme passa in mano
agli Arabi. Da quel momento arabizzazione e islamizza-
zione della popolazione procedono sistematicamente.
Tuttavia, solo verso la metà delW HI secolo l’arabo di­
venterà la lingua abituale dei cristiani di Palestina, men­
tre, d ’altra parte, la Chiesa di Gerusalemme resterà se­
gnata per sempre dagli ultimi autori di lingua greca: Ci­
rillo ai Scitopoli (f 558), Sofronio di Gerusalemme
(f 638) e Giovanni di Damasco (f dopo il 750). Due mo­
nasteri in particolare saranno centri importanti di cultu­
ra cristiana: San Saba (Mar Sàba) e San Caritone, en­
trambi legati al famoso monastero di Santa Caterina sul
monte Sinai. Questi tre monasteri sono abitati da com u­
nità di diversa cultura, specialmente greca, siriaca e ara­
ba; ad esse più tardi, nel IX secolo, si aggiungeranno i
Georgiani.
134 Postfazione

II
In questo ambiente ortodosso poliglotta nascerà la
teologia arabo-cristiana, di cui la nostra omelia è il testi­
mone completo più antico.
A nostra conoscenza solo alcuni frammenti di papi­
ro conservati a Heidelberg 1 o a Vienna 2 o i frammenti
su pergamena conservati a Monaco 3, potrebbero essere
paragonati al nostro testo datato intorno all’anno 750.
Di qui l'importanza capitale di questa omelia, primo do­
cumento teologico completo in lingua araba.
Inoltre il testo è importante non solo per la sua anti­
chità, ma anche per il suo contenuto, come ben fa notare
la curatrice. Si tratta di una presentazione della fede cri­
stiana, di tutto il Credo, fatta ai musulmani. A questo
scopo l’autore utilizza ampiamente le Scritture, Antico e
Nuovo Testamento. Quel che a lui preme è di stabilire
che da sempre Dio si è rivelato all’uomo come Padre, Fi­
glio e Spirito Santo e fin dal principio gli ha fatto cono­
scere il suo disegno relativo aU’Incamazione del Verbo.
Fin dal principio le Scritture parlano della Trinità e
dell’Incarnazione. Trinità e Incarnazione non sono «in­
novazioni cristiane», come sostengono i musulmani.
Anzi, poiché lo scopo dell’autore è l’annuncio del mes­
saggio cristiano ai musulmani, egli non esita ad utilizza­
re anche il Corano, con discrezione certo, per sostenere le
sue affermazioni.
Colpisce in questa omelia il suo carattere ecumeni­
co in tutti i sensi. L’autore non presenta mai la sua fede
in modo tale che un altro cristiano non possa ricono-
scervisi. La sua esposizione si concentra sull'essenziale,
su ciò che ottiene il consenso di tutti i cristiani.

1 Si tratta del papiro Schott-Reinhardt, n. 438 deH’inventario,


edito e tradotto da Georg Graf nelle Veroffentlichungen aus der badi-
schen Papyrus Sammlung, Heft 5 (Heidelberg 1934), pp. 1-24 (+ pi 1).
2 È il papiro dell’Arciduca Rainer, n. 10.000 dell’inventario dei
Papiri arabi, edito e tradotto da Georg Graf, ibid., pp. 24-31 (+ pi 2).
3 È il Munich arabo 1071, fol l r - 3V. Su questi 3 frammenti ve­
dere GCAL II (1947) 26-27.
Postfazione 135

Inoltre, rivolgendosi ai musulmani, lo fa sempre


con molto rispetto e delicatezza, non per prudenza o pau­
ra, ma perché è l’unico atteggiamento compatibile con lo
spirito del Vangelo: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri
cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi doman­
di ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia
fatto con dolcezza e rispetto» (1 Pt. 3, 15). È questa la te­
stimonianza che offrono i cristiani arabi: l'annuncio del
Vangelo ai musulmani, nell’esattezza del suo contenuto,
ma in forma di dialogo. Infatti il nostro testo ignora sia i
toni polemici (tipici, per esempio, degli autori bizantini),
che gli argomenti dialettico-filosofici degli autori arabi
posteriori (IX-XI secolo). Esso invece si riallaccia alla
tradizione patristica, fortemente radicata nella Santa
Scrittura. Proprio qui sta il suo grande interesse. Direi
anzi che il nostro è un testo «patristico» e non «medieva­
le», più «patristico», a mio parere, di un Giovanni Da­
masceno.

Ili
È a questo livello che la traduzione qui proposta
sarà di grande utilità.
Infatti suor Maria Gallo, per la sua preparazione
precedente, era particolarmente ben attrezzata per mette­
re in rilievo la dimensione biblico-patristica della nostra
omelia. La cosa non è ovvia. Anzi, proprio perché l'auto­
re ha perfettamente assimilato le sue fonti, non è facile
ritrovarle, non è facile distinguerle dal suo discorso pro­
prio. Era necessaria tutta la familiarità della traduttrice
con i Padri della Chiesa, come con la Bibbia, per ricono­
scere tutte le citazioni o reminiscenze di altri testi. Ciò
spiega l'abbondanza delle note e dei riferimenti biblici,
giudaici, patristici e coranici.
È questa senza dubbio la caratteristica principale
della teologia arabo-cristiana: radicata nella Scrittura e
nella tradizione ebraica, fondata sul pensiero dei Padri,
rivolta al cristiano arabizzato e, attraverso di lui, al m u­
sulmano. L'inculturazione della teologia nel mondo ara­
136 Postfazione

bo-musulmano non ha atteso il Vaticano II; ma l'ha pre­


ceduto dv più di dodici secoli attraverso una tradizione
ininterrotta.
La traduzione che ci offre suor Maria Gallo è esem­
plare: è riuscita a conciliare due esigenze opposte e diffi­
cili da conciliare. Ci presenta un testo fedele all'originale
fin nei m inim i dettagli e, nello stesso tempo, di lettura
facile e gradevole anche in italiano. Si tenga presente che
questo doppio risultato è reso più difficile dal fatto che il
testo originale è scritto in arabo, cioè in una lingua dalla
struttura linguistica totalmente diversa dall'italiano e
dalle altre lingue indo-europee. Si deve alla sua lunga
esperienza nell'ambito delle traduzioni di testi classici
(dal greco, dall’ebraico e dal siriaco) il felice risultato ot­
tenuto da suor Maria Gallo.

IV
Lo scopo di questo piccolo libro è di far conoscere
un esemplare tra le centinaia di opuscoli che appartengo­
no al patrimonio arabo-cristiano, si tratta di sollevare un
angolo del velo e rendere partecipe l'Occidente di una ric­
chezza troppo trascurata e sconosciuta, quella dei cristia­
ni arabi, eredi delle diverse tradizioni dell'Oriente cristia­
no, melchita, siriaco, siro-orientale, copto, maronita, ecc.
Questo lavoro si inscrive nel quadro di un progetto
più vasto, quello di una «Biblioteca arabo-cristiana» in
corso di pubblicazione presso la Jaca Book di Milano. Il
progetto è stato messo a punto dal «Gruppo di ricerca sul­
la letteratura arabo-cristiana» di cui fa parte la traduttrice.
In questo secolo di ecumenismo e di apertura, men­
tre si riscoprono le fonti cristiane in tutta la loro varietà
e ricchezza, il patrimonio arabo-cristiano merita u n ’at­
tenzione particolare, essendo senza dubbio il meno cono­
sciuto tra le fonti cristiane. Dunque siamo grati a suor
Maria Gallo di averci così riccamente e profondamente
introdotti alla scoperta di questo mondo arabo-cristiano.
P. Samir Khalil Samir, S.I.
Pontificio Istituto Orientale. Roma
INDICE SCRITTURISTICO
Le citazioni seguite dal segno * si riferiscono al testo, le
altre all'introduzione e alle note.

Antico D eu tero n o m io G iobbe


Testamento
4, 7: 50 1, 8*: 108
18, 15*: 73 9, 8*: 108
G enesi 18, 18*: 128 33, 4*: 109
26, 8: 95
1,1 ss*: 55 32, 17*: 73
32, 21: 35, 111 S alm i
1, 3: 64
1, 2, 3*: 65ss 34, 7*: 73
34, 10: 71 2, 2ss*: 117
2, 2: 67
2, 8*: 92
2, 7*: 83
8 *: 122
5, 3: 66 21/22, 28*: 100
6-9*: 69ss 2 S am u ele
28/29, 3*: 63, 126
12ss*: 69ss 32/33, 6: 53
19*: 71 7, 1-16*: 94
7, 12ss*: 96 32/33, 6* 109
46ss*: 71 46/47, 9* 100, 117
49, 9.10: 35, 92*, '49/50, 3* 75
117* 1 Re 64/65, 3: 51
66/67, 2*: 75
22, 8ss*: 101 71/72*: 105
E so d o 73/74, 13.14*: 130
77/78, 14*: 72
lss*: 71 2 Re 77/78, 17*: 72
3, 9*: 72 79/80, 2.3*: 75
12, 12: 95 3, 11*: 101 81/82, 8: 47
12, 37*: 71 84/85, 12*: 105
12, 40*: 70 86/87, 6*: 100
32*: 72 2 C ronache 93/94, 1*: 72
33, 12*: 72 96/97, 9: 50
33, 20: 85 18, 7ss*: 101 104/105, 40*: 72
138 Indice scritturistico

105/106, 37.38: 73 Ezechiele Matteo


106/107, 20*: 75
109/110, 1*: 93, 1,1:131 1, 6ss*: 94
122 36, 25*: 132 I,23*: 96
117/118, 26.27*: 75 2, lss*: 103
143/144, 5: 75 2, 14.15*: 107
Daniele 3, 11*: 129.130
3, 13ss*: 127
Sapienza 2, 26ss*: 121 3, 13-17*: 62
8, 15ss*: 121 3, 17ss: 73
1, 7: 50 9*: 109ss. 5, 17*: 99
2, 24: 65 9, 20ss*: 121 6, 9-13*: 88
11,24.27: 49 9, 24*: 110 7, 29: 114
12, 16: 49 14, 33ss*: 119 10, 16*: 28, 86
18, 15: 78 II, 2-6: 124
Amos 11, 5ss*: 112
Isaia 11, 6 : 111
3, 12: 69 11, 11*: 127
1, 16*: 132 14, 25*: 108
1, 20*: 58 17, 5ss*: 73, 127
2, 3*: 98 Michea 20, 28*: 99
6, 3*: 50, 53, 75, 21, lss*: 121
95 1, 5ss*: 102 22, 40*: 122
7, 14*: 96 22, 41-46*: 94
9, 5.6*: 97 28, 19*: 131
Abacuc
11, 10*: 95
19, 1*: 106 2, 3*: 75
35, 3-6*: 112 Marco
• 3,3*: 119
40, 3*: 128
40, 12: 59 1, 40ss*: 115
63, 9*: 95 Zaccaria 7, 32ss*: 114
63, 19*: 68, 75 16, 15-16*: 131
9, 9*: 121, 122 16, 15-18*: 83
Geremia
Malachia Luca
1,5*: 118
3, 1*: 128 1, 19: 80
1,25-45*: 80
Baruch 1, 34ss*: 120
Nuovo 2, 8ss*: 102
3, 36-38*: 118 Testamento 2, 11*: 104
Indice scritturistico 139

2, 32*: 117 4, 24*: 52 1 Timoteo


5, 17-26*: 113 5, 34-40*: 91
5,21*: 83 10, 38*: 112 2, 5: 85
6, 6ss*: 115 6, 16: 52
10, 18: 79
11,2-4*: 88 R om ani
11, 10*: 55 T ito
24, 44-48*: 85 3, 23: 68
24, 49: 87 5, 112:66 3, 5: 46, 96
8, 19: 66
11, 26*: 95
G io va n n i E brei
11,36: 47
15, 12: 92
1, 1: 59, 82 1, 1:73
1, lss*: 102 1,6: 77
1, 3: 109 1 C orìnti
4, 15*: 80, 123
1, 14: 82 10, 20: 78
1, 19-23*: 128 6, 17: 50 11: 70
1, 29ss*: 129 15, 22: 66
1, 35: 86
2, 25: 84 G ia co m o
3, 5*: 126, 129, 130 2 C orinti
3, 13: 84 · 4, 8: 50
3, 36*: 112
8, 9: 50
5, 5ss*: 113
9, 7: 101 1 Pietro
5, 24*: 111
5, 39*: 55
6, 68*: 118 3, 15: 36
E fesin i 3, 20*: 69
8, 46*: 123
8, 53-58: 88
1, 3: 106
9, lss: 114
2,45: 50 1 G iovan n i
10, 38*: 27, 83
11, 25.26*: 111
14, 19: 85 1,4: 30
F ilippesi 4, 8: 30
15, 14.15: 125
20, 22*: 83
2, 8: 96
Apocalisse
A tti
C olossesi 4, 8: 53
1, 9-11: 83 15,4*: 100
1 ,24:4 8 1, 12: 125 21, 5:49
2*: 87 2, 14:81 21, 15*: 49
INDICE CORANICO
Le citazioni seguite dal segno * si riferiscono al testo, le
altre all'introduzione e alle note.

1, 1.3:46 4, 157.158: 84 12, 108: 27


1, 4: 97 4, 164: 71 16, 102*: 60
2, 51.54.92: 72 4, 171*: 53, 59,61, 17, 2: 55
2,81:28 79, 109 19, 45: 46
2, 97: 80 5, 15:24 22, 48: 51
2, 113: 70 5, 16: 84 22, 52: 123
2, 173: 125 5, 48: 24, 31 25, 26: 46
2, 256: 31, 101 5, 73: 54 32, 4ss: 67
2, 285:47, 51 5, 113-115: 83 33,40:31, 110
3, 3: 54 5, 116: 122 37, 96: 28, 67
3, 3.4: 98 6, 18: 30 38, 65: 123
3, 28:51 6, 94*: 60 39, 6: 67
3, 38-39*: 128 6, 101: 59 39, 62: 47
3, 42: 78 6, 125*: 51 50, 16: 50
3, 45*: 61, 109 7, 11:74 54, 11*: 60
3, 47: 81 7, 151*: 119 57, 24*: 33, 50
3, 49: 22, 83 7, 158: 60 61, 6: 106
3, 55*: 93 9, 29: 31, 101 72, 28: 48
3, 67: 90 9, 78: 48 74,31:67, 116
3, 135*: 83 9, 105: 48 75, 37: 67
4, 108: 48 11,61:50 90, 4*: 60
INDICE PATRISTICO

Abu Qurrah: 21 Giovanni di Gaza: 15, 90


Andrea di Creta: 15, 32 Girolamo: 15
Atanasio: 53, 104, 111 Gregorio di Nazianzo: 53, 89,
104
Barsanufio: 15, 90 Gregorio di Nissa: 70,101,104
Basilio: 31, 53, 65, 68, 89
Basilio di Seleucia: 17 In n o acatisto·. 107
Benedetto: 99 Ippolito (pseudo Ip.): 95
Ireneo di Lione: 104
Cabasilas: 68, 105, 130 Isacco di Ninive: 78, 99
Cirillo di Gerusalemme: 118
Clemente Alessandrino: 64 Leonzio di Damasco: 90
Cosma di Maiuma: 16, 28,
29, 32, 62 Metodio d’Olimpo: 89

Doroteo di Gaza: 15 Origene: 15, 65

Efrem: 101 Proclo di Costantinopoli: 17


Epifanio di Cipro: 122
Sofronio di Gerusalemme:
Giovanni Climaco: 89 15, 19, 23, 24, 29, 30, 32,
Giovanni Crisostomo: 31, 65, 35, 56, 62
82, 89, 118 Stefano Sabaita: 90
Giovanni Damasceno: 16, 19,
20, 26, 29, 30, 32, 34, 52, Taziano: 64
53, 54, 57, 61, 62, 67, 78, Teofilo di Antiochia: 79
82, 94, 101, 116, 119, 121 Tomus Leonis: 118
INDICE TEMATICO

Angeli: adorano la Trinità: è finita) e nel Corano


52, 53, 95; annunciano: (creazione continua): 20,
80, 102; il Messia ha reso 22, 66, 67
gli uomini simili agli an­
geli: 89 Dio Uno-Trino: 52, 75, 93,
Arabo cristiano: lingua: ter­ 127; confutazione della
mini coranici svuotati del negazione coranica della
loro senso originario e Trinità: 53, 54; la Trinità
riempiti di contenuto cri­ adorata dagli Angeli: 52,
stiano: 35, 50 53; e rivelata in tutte le
Scritture: 56; la luce di
Battesimo di Gesù e Trinità: Cristo guida all’adorazio­
Gesù rivelazione piena del ne della Trinità: 82; Dio
mistero trinitario: 32, 62, Uno-Trino regna sulle na­
73, 126ss zioni, le salva e le rende
Battesimo sacramento: rina­ suoi amici nel Messia:
scita e illuminazione per 100; Dio Creatore: 52; Dio
tutti i fedeli in Cristo: 32, Erede: 47, 51; Dio Onni­
129, 130, 131; è stato an­ potente: 51; Dio Onni­
nunciato dai Profeti: 130 sciente: 47ss; Dio il Ricco:
e passim 50; Dio il Vicino: 50
Condizioni per credere: fede, Iblis: diavolo: 64 e passim·,
pietà, timore di Dio, pu­ Iblis invidia l’uomo: 65,
rezza di cuore: 26, 58, 99 77; tiranneggia tutti i figli
Corano: ambiguità di una di Adamo: 76; è vinto
lettura cristiana del Cora­ dall’Uomo-Dio: 78ss, 107,
no: 22, 60, 61, 83, 109 125
Creazione: concetto di crea­ Israele: 34; ascendenza davi­
zione nelle Scritture giu­ dica del Messia: 94, 95;
deo-cristiane (la creazione Israele portatore delle prò-
Indice tematico 143

fezie e delle promesse e Spirito di Dio: 88; il


messianiche: 72ss.; il Mes­ Messia speranza delle na­
sia è il Pastore d’Israele e zioni: 92 e passim -, media­
delle genti: 102; Israele ha tore tra Dio e gli uomini:
rifiutato il Messia: 122; al­ 95; è venuto da Sion se­
lora Dio si è preso un nuo­ condo le Scritture, in ob­
vo popolo, tratto da Israele bedienza al Padre suo e
e dalle genti: 117, 122 quale misericordia per le
sue creature: 96; gioia per
Libertà dell'uomo: Dio vuole tutti gli uomini: 102, 103;
la libertà dell’uomo: 26, gloria per l’uomo redento:
30, lOOss; l'uomo è vera­ 79; Egli è Dio rivestito
mente libero e responsabi­ della carne presa da Ma­
le dei suoi atti, perciò il ria: 107; angeli e uomini
premio o il castigo gli ap­ hanno ricevuto da Lui la
partengono in verità, non vita: 109; è Lui (non
gli sono attribuiti in modo Muhammad) il sigillo del­
fittizio: 20, 28, 30, 31, 66, la profezia: 110; opera
67, 101, 116; Dio vuole che con autorità propria: 113,
l’uomo creda liberamente 124; hanno parlato di lui
e non costretto: 20, 67 gli Angeli e i Profeti: 120;
Libro: gente del Libro: 98 ed anche i bambini: 123;
la fede in Lui ottiene la vi­
Maria: Vergine Madre ta eterna: 112
dell’Uomo-Dio: 81; diver­ Misericordia: differenza tra
so significato della vergi­ concetto cristiano e con­
nità di Maria secondo il cetto islamico di miseri­
Vangelo e secondo il Co­ cordia: 45, 49 e passim -, il
rano: 81; Maria è figlia di Messia è la misericordia
David: 94, 95; Maria è fi­ di Dio per gli uomini: 64;
glia di Adamo: 96 nell’Esodo: 71; nell'Incar­
Il Messia: ha salvato e libe­ nazione: 76ss; è Lui il più
rato gli uomini: 64 è p a s ­ misericordioso dei miseri­
sim ) mai gli uomini avreb­ cordiosi: 77
bero potuto salvarsi senza Temi Monastici: 99, 103; in
di Lui: 68, 70, 77; Dio pro­ Islam non c’è monacheSi­
mette il Messia: 72; i pro­ mo: 105, 128
feti Lo invocano: 74ss;
Egli è Dio da Dio, Luce da Nazioni: il Messia è la spe­
Luce, nato da Maria, Uo­ ranza delle nazioni e le
m o perfetto-Dio perfetto: nazioni sono il tesoro del
80; il Messia Parola di Dio Messia: 92, 95, 100; il
144 Indice tematico

Messia gioia delle nazio­ gni offerti dal Messia invi­


ni: 102 tano a credere, non co­
Nome di Dio: invocazione stringono: 27, 58, 83; per
del Nome nella pietà cri­ il Corano invece il segno è
stiana e in Islam: 45, 49; il obbligante: 27
Nome di Gesù conferisce Solidarietà ontologica di tut­
agli apostoli il potere di to il genere umano e di
guarire, salvare, far risor­ tutto il creato: 66, 69, 76,
gere: 89ss 81 e p a ssim ; il Messia sal­
va tutta la stirpe’di Ada­
Rivelazione: concetto islami­ mo: 35, 64, 81, 92, 117
co di rivelazione: 54; dopo Spirito Santo: ispira i profe­
Cristo non si dà altra rive­ ti: 93, 108, 121 e p a ssim ;
lazione: 31 conforta la debolezza de­
gli Apostoli: 90; è inviato
Scrittura: nelle Scritture è la dal Messia: 88; è vivifican­
vita eterna: 25, 55; le te: 109; è purificante: 130
Scritture giudeo-cristiane
sono reinterpretate dal Teologia: i primi scritti teo­
Corano: 24, 25; tutte le logici composti in Palesti­
Scritture parlano della na: 12, 13, 16
Trinità e dell'Incamazio-
ne: 25, 54, 56, 92ss, 109 Vangelo: è la Legge nuova
Segno: il segno del cristiano che è venuta da Sion e
è il Segno dell’Agnello: 28, che non può essere segui­
81, 85, 86, 89, 90, 91; il ta da alcun’altra: 98; l’an­
Cristo ha vinto la morte nuncio del Vangelo è lo
con la sua morte: 81; il scopo dell’autore: 25, 58,
Cristo ha inviato gli apo­ 63, 79, 91, 93, 96, 98, 104,
stoli come pecore in m ez­ 108, 111, 119, 128, 132; la
zo ai lupi: 85; è Lui predicazione del Vangelo
l’Agnello di Dio: 129; i se­ è confermata da Dio: 91
INDICE GENERALE

I n tr o d u z io n e ........................................................pag. 7
Incontro col t e s t o .......................................... » 7
Storia del t e s t o .............................................. » 10
Criteri della t r a d u z i o n e ............................. » 13
Analisi del te s t o .............................................. » 15
Indice delle opere c i t a t e ............................. » 37
Traslitterazione dell’alfabeto arabo . . . » 42
OMELIA ARABO-CRISTIANA DELLVIII SECOLO
A p e r tu r a ............................................................... » 45
P re g h ie ra ............................................................... » 49
Dio Uno-Trino adorato dagli Angeli e dagli uo­
mini ........................................................................ » 52
Rivelato dalle S c rittu re ................................. » 54
Analogie trin ita rie .......................................... » 56
Fede e conoscenza di D io ............................. » 58
Il plurale nelle S c r i t t u r e ............................. » 60
Il Messia nella storia della salvezza . . . . » 64
La creazione: i progenitori, il peccato . . » 65
Il diluvio ....................................................... » 69
Da Noè ad A b r a m o ...................................... » 69
Da Abramo a M o s è ...................................... » 70
L’Egitto e l’E s o d o .......................................... » 71
È promesso il M e s s i a ................................. » 72
Dio manda i suoi profeti ed essi sono rifiutati » 73
I profeti invocano l’avvento del Messia . » 74
II Messia Dio e Salvatore conform e alle
p ro f e z ie ........................................................... » 75
146 Indice generale

Pietà per l'uomo e divina Incarnazione . . . pag. 76


Il Cristo Uomo perfetto nato da M aria . » 80
Scopo dell’I n c a r n a z io n e .......................... » 82
I segni del Cristo Dio e Giudice . . . . » 83
II M e d ia to r e ............................................... » 85
I profeti l’avevano d e t t o ......................... » 85
Ascensione e invio degli Apostoli . . . . » 85
P e n te c o s te ....................................................... » 87
II Messia è D i o .......................................... » 87
Il Padre N o s t r o .......................................... » 88
Missione degli A postoli.............................. » 89
Debolezza degli Apostoli, potenza del Van­
gelo ................................................................ » 89
Gli argomenti di G a m a lie le ..................... » 91
Tutte le Scritture parlano del Messia . . » 92
D a v id ....................................................... » 92
I s a i a ....................................................... » 94
Nuovo invito a credere nel Messia . . . » 97
Torah e Vangelo nella profezia di Isaia . » 98
Il culto p e rfe tto .......................................... » 99
Il Messia speranza delle n a z i o n i ................. » 100
Dio vuole la libertà dell’u o m o ................. » 100
Il profeta M i c h e a ...................................... » 101
I Vangeli confermano la profezia . . . . » 102
Nuovo invito ad obbedire ai segni . . . » 104
Altre conferme profetiche: David . . . . » 105
Ancora I s a i a ............................................... » 106
Le opere del Messia corrispondono alle pro­
fezie .................................................................... » 108
G i o b b e ....................................................... » 108
D a n i e le ....................................................... » 109
II Messia sigillo della p ro f e z ia ................. » 110
Il nome del M e s s i a .................................. » 111
Compimento di un'altra profezia di Isaia » 112
Tutto questo è scritto nel Vangelo . . . » 112
Il paralitico r is a n a to .................................. » 113
I peccati r i m e s s i ...................................... » 113
Indice generale 147

Il cieco n a t o ...................................................pag. 114


Il s o rd o m u to ............................................... » 114
Il le b b ro s o ................................................... » 115
Nessun uomo grande è paragonabile al
M e s s i a ....................................................... » 115
Il Messia e il s a b a t o .................................. » 115
Dio vuole un’obbedienza libera . . . . » 116
Profezia di G iacobbe.................................. » 117
Il Messia è la speranza delle nazioni ed es­
se sono il suo te s o r o .................................. » 117
Profezia di G e re m ia .................................. » 118
Profezia di A b a c u c .................................. » 119
Accordo p ro fe z ia -e v e n to ......................... » 120
Profezia di D a n i e l e .................................. » 120
Profezia di Zaccaria e compimento . . . » 121
Il Messia, Dio-Uomo glorificato dai picco­
li rifiutato dai G i u d e i .............................. » 122
Il Messia misericordia e compassione . . » 123
Lode, professione di fede e supplica . . » 125
Battesimo di Cristo e manifestazione tri­
nitaria ....................................................... » 126
Il Cristo e il Battista nel Vangelo e nel Co­
rano ........................................................... » 127
L’Agnello di D io .......................................... » 129
La rinascita b a tte s im a le ......................... » 130
Profezie del Battesimo: D a v id ................. » 130
Nel Battesim o è annunciato per tutti gli
uomini il perdono dei p e c c a t i ................. » 131
Profezia di E z e c h i e l e .............................. » 131
Profezia di I s a i a ...................................... » 132
Postfazione (di p. Sam ir Khalil Samir, S.I.) . » 133
Indice scritturistico » 137
Indice c o r a n i c o ............................................... » 140
Indice p a tr is tic o ............................................... » 141
Indice t e m a t i c o ............................................... » 142

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