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MARKETING

CAP.I

La vendita non è l’unico scopo del marketing. Nel XXI sec. il marketing management serve alle imprese a
immaginare e governare delle relazioni di scambio che portino un contributo positivo a entrambi i soggetti
coinvolti. Compito del m. è quindi quello di creare valore a beneficio dei vari soggetti coinvolti nello
scambio, attraverso relazioni orientate a una logica win-win.

Per gli studiosi oggi il m. è divenuto una teoria interdisciplinare dei mercati competitivi.

Per la prassi, al m. è affidato il compito di impostar e realizzare la relazione senza la quale non ci sarebbe
attività economica. Al m. è affidato il compito di dialogare: 1) con la produzione; 2) con la finanza; 3) con il
commerciale; 4) con la clientela; 5) con gli stakeholder.

Quella che A.Smith chiamò la “naturale inclinazione dell’uomo a trafficare, barattare e scambiare una cosa
con l’altra” dà vita al fenomeno più rilevante per il m. : lo scambio. I cui elementi fondamentali sono:

1) LE PARTI COINVOLTE in linea di principio sono due: un venditore, che rappresenta il soggetto
dell’offerta, e un compratore che rappresenta la domanda. Tuttavia a seconda di chi sono i
soggetti che si interfacciano nello scambio avremo diversi situazioni di scambio possibili:
- BUSINESS-TO-BUSINESS (B2B): entrambi i sog sono imprese. In questo caso le opzioni possibili
potrebbero essere 3: un produttore che vende a un altro produttore (ex. Mercato della
componentistica auto) un produttore vende a un commerciante (ex. Mercato del largo consumo
dove i produttori vendono i loro prodotti ai diversi distributori) un commerciante vende a un
commerciante (mercato dei farmaci)
- BUSINESS-TO-CONSUMER (B2C): un’impresa si confronta con una persona fisica. Anche in
questo caso abbiamo diverse opzioni possibili: un produttore vende direttamente
all’acquirente/utilizzatore finale (artigianato, negozio monomarca) un venditore vende al
consumatore finale (è il caso di tutto il commerci intermediato = il largo consumo)
- CONSUMER-TO-CONSUMER (C2C): scambi tra persone fisiche (Ebay)
- BUSINESS-TO-GOVERNMENT detto anche mercato del compratore(B2G): forniture alla Pubblica
Amministrazione. La particolarità di scambio sono legate al fatto che ci troviamo in un mercato
dove il venditore concorre per assicurarsi la preferenza del compratore in un contesto
competitivo molto regolamentato (la gara di appalto conferisce al compratore un potere di
scambio assoluto.

2) IL RISULTATO CONSEGUITO DA CIASCUNA PARTELe modalità di determinazione del prezzo


dipendono dalla natura dell’impresa. Le organizzazioni profit-oriented perseguono l’obiettivo di
fare profitto e quindi i ricavi devono essere superiori ai costi. Le organizzazioni no-profit invece
hanno altri obiettivi e si accontentano di avere ricavi pari ai costi.
3) L’OGGETTO DI SCAMBIO Il prodotto se materiale prende il nome di bene se immateriale
quello di servizio. I prodotti viene immessi sul mercato in realtà BUDDLE (aggregati che si
compongono di diversi elementi) l’oggetto di scambio non è più solo un prodotto ma è un
“quid” che possiamo chiamare productoffering : il prodotto viene trasformato
commercialmente in productoffering aggiungendogli un brand, dandogli un prezzo, inserendolo
in un mercato di vendite etc.
4) LA CONTROPARTITA (IL PREZZO) In chiave interna il venditore sa che il prezzo dovrà
consentire almeno il recupero dei costi legati alla produzione e commercializzazione del
prodotto. In chiave competitiva sa che il prezzo imposto posizionerà inevitabilmente la
productoffering in uno spazio di offerta già affollato. In chiave comunicativa infine, il venditor è
consapevole che il prezzo esprime anche l’idea di qualità insita nel prodotto offerto.
5) L’ORIZZONTE TEMPORALE Può essere
o Immediato : lo scambio si apre e si chiude nel momento in cui si manifesta
o Di lungo termine: le parti convengono che lo scambio è solo il primo di una futura
lunga serie e quindi sono consapevoli che esso dovrà fondarsi sulla fiducia.

Le strutture di relazione rendono possibili le relazioni di scambio tra i soggetti della domanda e quelli
dell’offerta. Conta gli elementi che qualificano come e attraverso chi si snodano le relazioni di scambio
all’interno di un determinato mercato:

- Rete commerciale specifica


- Concorrenti
- Abitudini dei consumatori
- Norme che regolano l’attività commerciale

Sono tutte geograficamente definite, cambiano a seconda della tipologia del prodotto (category-specific),
sono costanti e possono essere tanto formali quanto informali.

Le strutture di valore invece ci portano a prestare attenzione ai sell-out price (prezzi finali) con i quali un
certo tipo di prodotto è commercializzato. La neo-globalizzazione ha generato fra gli altri il fenomeno della
polarizzazione ossia il definirsi, per ciascuna categoria di prodotto, due spazi di offerta ben distinti e
opposti fra loro: uno di valore basic ovvero economico e uno a valore aggiunto, caratterizzato da prodotti e
brand aspirazionali e di superiore qualità. Ciascuna fascia di mercato possiede un elevata omogeneità
interna ( productoffering poste nella stessa fascia simili tra loro) e disomogeneità esterna (productoffering
di diverse fasce assolutamente differenti tra loro)

I volumi di vendita maggiori si manifestano nei VALUE MARKET poiché avendo prezzi medio-bassi sono
accessibili a gran parte degli acquirenti. Le offerte di valore sono del tipo goodvalue for money (traducibile
come buon rapporto qualità-prezzo) Oltre una certa soglia, individuabile come prezzo-frontiera, si entra
nel mercato del PREMIUM MARKET (mercati di valore aggiunto) chi guarda a questa fascia di mercato sono
quegli acquirenti interessati a prodotti e marche con elevate prestazioni esperenziali.

CAP.II

Secondo un recente studio possiamo identificare 5 momenti chiave dell’evoluzione del m.

1) PRE-MARKETING (prima del 1900) il m. ancora non esiste. Lo scambio è un fenomeno semplice e
fortemente geolocalizzato, prevalgono le tesi empiristiche.
2) I FONDAMENTI (1900-1920)La distribuzione inizia a focalizzare su di se l’attenzione, grazie anche
alla recente industrializzazione. Sotto gli influssi degli studi di economia si inizia a guardare allo
scambio in maniera diversa. Iniziano a nascere i primi indirizzi universitari recanti marketing nel
titolo.
3) LA FORMALIZZAZIONE (1920-1950) si forma il corpo della disciplina. Negli USA nascono le prime
riviste del settore e iniziano a tenersi numerose conferenze sul tema.
4) IL CAMBIO DI PARADIGMA (1950-1980) Il boom post-bellico crea la base empirica negli USA, per
lo sviluppo della disciplina.
5) LA FRAMMENTAZIONE DEL CORPO PRINCIPALE(1980-OGGI)Il m prende diverse direzioni sotto la
spinta delle nuove trasformazioni del mercato, che si fa sempre più globale e frammentato.

Nel XXI sec assistiamo alla nascita del movimento intellettuale e tecnico-culturale che chiamiamo
management: un corpus di conoscenze codificate che servono a supportare l’imprenditore e i suoi
collaboratori a gestire quell’oramai complessa macchina organizzativa costituita dall’impresa.

Il management è uno stile di direzione aziendale che si contrappone all’empirismo per il fatto che poggia
su alcune attività intellettuali e operative che vengono poste in sequenza logico-funzionale fra di loro in un
processo definito. Lo stile direzionale empirico era invece fondato sull’accentramento delle decisioni nella
persona dell’imprenditore. Questo stile era vulnerabile a diverse perturbazioni legate soprattutto alla
naturale limitatezza delle conoscenze individuali e alla mancanza di allineamento con i collaboratori. Lo
stile manageriale parte proprio dalla constatazione di questi limiti.

A Kotler, economista statunitense, va ascritto il merito di aver messo a sistema alcune idee, metodi,
tecniche e approcci, etichettando il tutto come marketing management. La sua forza è quella di aver
saputo comporre in un sistema logico una serie di idee altrui: il paradigma delle 4P* lo si deve a McCarty,
l’espressione marketing mix a Borden, la segmentazione della domanda a Smith etc.

*sono le leve sulle quali l’impresa deve poggiare il proprio rapporto con il mercato di riferimento:
PRODUCT (sistema prodotto comprende: prodotto, brand, servizi accessori) PLACEMENT (la collocazione
dle prodotto nel punto vendita) PROMOTION (promozione commerciale fatta dai venditori e dagli
specialisti) PRICE

La continuità temporale dell’azione di mercato dell’impresa si ha quando vengono realizzate 4 condizioni


fondamentali:

- INNOVAZIONE della productoffering che sia percepita dal prosumer


- RICORDO DELLA MARCA
- REPERIBILITà DEI PRODOTTI (la mancata efficacia dell’impresa su questo punto
genera il fenomento dell’out of stock cioè l’assenza del prodotto/brand nel punto
vendita)
- RELAZIONE CON LA CLIENTELA CHE ACQUISTA (produce costumerretention e
infine fidelizzazione che a lungo periodo porta alla profittabilità = differenza tra i
ricavi generati da un determinato cliente e i costi operativi necessari all’impresa
per attrarlo e trattenerlo)

Le imprese prestano grande attenzione alla definizione del perimetro del proprio mercato, traendo da
questa operazione importanti spunti conoscitivi:

- Dimensione della domanda potenziale (= domanda aggregata* di un dato


prodotto che l’impresa si propone di acquisire)
- Caratteristiche culturali rilevanti
- Strutture e normative distributive
- Players presenti
*= quantità di beni e servizi che gli individui desiderano acquistare per ogni dato livello dei
prezzi. La domanda primaria (o globale = è la complessiva richiesta di una determinata categoria di
prodotto che gli acquirenti localizzati in una data area geografica esprimono in determinato momento o
arco temporale) porta con sé la domanda secondaria o aziendale

La stratificazione delle offerte di prodotti/brand su numerosi livelli di prezzo è un tratto caratteristico dei
mercati aggregati. La promessa di valore della fascia di primo prezzo è molto chiara: massima convenienza
economica con il prezzo più basso in assoluto (prodotti first price) Vi appartengono i prodotti whitelabel
(senza marca) e la formula distributiva hard discount. Salendo di prezzo si incontra òafascai di mercato più
importante in termini di volumi e di venduto, detta mass market o mainstream. Di nascita abbastanza
recente la premium economy: configurazione del “vorrei ma non posso”. Sorpassando il prezzo frontiera si
entra nello spazio del premium. Infine abbiamo la micro-zona dei luxury ossia del lusso vero e proprio.

CAP.III

Tutti i paesi del G7 (Usa, Canada, Giappone, Italia, Francia, Germania, UK) possono essere considerati come
società dell’informazione a motivo dell’elevata % del PIL che dipende per circa il 70% da prodotti
information-based. L’interconnessione su scala globale sta modificando il modo in cui le persone cercano,
scelgono, acquistano, percepiscono e valutano beni e servizi. È nato un nuovo approccio manageriale:l’ e-
business che comporta una più o meno radicale riconfigurazione in chiave digitale dei vari processi di
creazione di valore quali: la fornitura, la progettazione, la distribuzione etc.

Internet non è semplicemente un nuovo canale comunicativo o una nuova applicazione tecnologica, è un
nuovo habitat. in questo nuovo mercato digitale (market space) i consumatori/utenti sono realmente
identificabili e conoscibili, seppure attraverso la mediazione dell’interfaccia digitale. Dall’altra parte anche
le identità delle imprese e dei brand sono maggiormente esposte e trasparenti agli occhi dei consumatori.
Questi tendono a essere sempre più coinvolti e partecipi dei confronti delle attività di m perdendo
definitivamente il loro connotato di soggetti passivi nello scambio, per diventare veri e proprio prosumer
ossia produttori di ciò che poi acquisteranno.

Le informazioni inerenti al prodotto/brand di cui il cliente fruisce online non sono sempre brand generated
ma molto spesso usergenerated ossia create e diffuse dagli utenti/consumatori. Tali contenuti vengono
considerati molto attendibili e contribuiscono in maniera determinante alla percezione/valutazione del
prodotto/brand preso in esame.

Il m management dell’era analogica era

- Lineare
- Unidirezionale e top-down
- deterministico

Il nuovo approccio al mercato che va a sostituirsi al m management tradizionale è invece

- Reticolare
- Interattivo e decentralizzato
- Dinamico e collaborativo
Cogliere le potenzialità delle ICT significa cogliere l’opportunità di ampliare i confini della propria azione di
m e di rendere alo stesso tempo, le proprie iniziative di mercato più mirate e approfondite.

A prescindere dalla tipologia del proprio prodotto se il target di riferimento è attivo online è opportuno
promuovere la propria offerta anche attraverso un particolare media mix digitale. Ovviamente in base alla
propria productoffering e storia aziendale questo avverrà con diverse modalità:

- BRICKS AND MORTAR sono le cosidette “imprese mattoni e malta” che


generano la maggior parte del fatturato nel mercato tradizionale: negozi al
dettaglio, piccole imprese alimentari o del settore tessile. In questo caso il
marketing digitale si riduce il più delle volte alla pubblicazione di un sito web
“vetrina” con scopi esclusivamente informativi (ex. Gentilini)
- CLICK AND MORTAR sono le imprese nate per operare nel mercato dell’offline
ma cge gradualmente hanno ritenuto opportuno affiancare al proprio business
tradizionale quello online (ex. IKEA)
- CLICK ONLY/PURE PLAY/DOT COMla presenza di questa tipologia di imprese
nel mondo fisico è assente o marginale. Queste imprese sono nate online. (ex.
EBAY)

Con business model digitale (e-business model) si intende il sistema attraverso il quale l’impresa mantiene
e sviluppa il valore economico nel lungo termine, utilizzando in particolar modo le tecnologie digitali.

- ADVERTISING BASED Il sito svolge a tutti gli effetti il ruolo di “editore” essendo
remunerato dall’inserzionista per la messa disposizione si spazio “qualificato” in
base al traffico di clienti in target, attratti dai contenuti/servizi offerti. Si può
essere remunerati secondo due modalità 1) vendita di link targhettizzati 2)
vendita di spazi pubblicitari sulla base del numero delle semplici visualizzazioni
della pagina web che ospita l’elemento pubblicitario come il banner (yahoo!)
- SUBSCRIPTION BASEDl’utente sottoscrive un abbonamento per l’accesso a
contenuti e/o servizi (sole24ore)
- FEE-FOR-SERVICE BASED simile al primo ma il pagamento è legato all’effettiva
fruizione del servizio (iTunes)
- AFFILIATIONil sito ospita i link pubblicitari dell’affilante cosicchè per ogni
ordine effettuato da un visitatore proveniente dal sito affiliato quest’ultimo
riceverà una provvigione in % sul valore della vendita
- MARK-UP BASED i prodotti vengono acquistati online applicando un ricarico
- PRODUCTION BASEDl’operatore di e-commerce svolge una vera attività di
produzione,acquistando e trasformando le materie prime (Dell impresa
statunitense pionera nella vendita di PC online)
- COMMISSION BASEDil isto di commercio non vede i prodotti ma mette a
disposizione dei venditori la propria piattaforma digitale in cambio del
pagamento di una tariffa (Ebay)

CAP.IV

Come già si è accennato il m è una sequenza di attività gestionali distinte ma logicamente connesse tra
loro. Le singole attività del processo si sviluppano attraverso diverse dimensioni:
- Analitica (individuazione, raccolta e analisi delle informazioni rilevanti, la loro elaborazione e
comunicazione ai fini dei processi decisionali)
- Decisionale (assunzione razionale di scelte d’azione, al fronte di n alternative possibili e la loro
formalizzazione in piani e programmi)
- di Controllo (si verificano i risultati raggiunti dalla messa in opera delle scelte assunte)

L’aspetto chiave dell’intero processo rimane però la conoscenza del consumatore. Il marketing concept*
stabilisce infatti che questi sia il punto focale di ogni scelta strategica e operativa del management.

*(= sostiene che le probabilità di vendita di un’offerta siano molto maggiori laddove essa sia stata
progettata quanto più possibile a misura del consumatore al quale si pensa di rivolgere l’offerta medesima)

La prima macrofase del processo di m serve pensare e definire il mercato di riferimento. Tale attività è
1)creativa (nel senso che immagina qualcosa finora inesistente) 2) strutturale 3)vincolante(le scelte si m
successive saranno fatte in costante riferimento a essa) 4)incisiva (investe direttamente il business model
dell’impresa)

Non necessariamente però questa prima fase si configura come visionaria. Molto spesso infatti, la
definizione del mercato da parte di un impresa non ha carattere innovativo, ma anzi persegue condotte
orientate all’imitazione.

La seconda macrofase concerne la concretizzazione di quanto finora immaginato. Si tratta della product
offering, ovvero l’offerta di valore con la quale il produttore si propone di presidiare lo spazio di offerta
ideato, e perciò di colmare quel vuoto di offerta che egli aveva visto nel mercato.

La product offering si avvale di un insieme di elementi distinti che però trovano senso e valore per il
venditore come insieme unitario:

- Product concept
- Brand sistem
- Price point

Queste fasi rimangono però solo progetti di carta, l’effettiva messa in atto del processo inizia nel momento
in cui ci si propone di far acquisire notorietà alla product offering e si stimola la domanda.

L’impresa non è da considerarsi come un qualcosa di chiuso in se stesso ma piuttosto come un sistema
socioeconomico aperto e in costante interscambio con l’ambiente che lo circonda. Ciò che chiamiamo
ambiente è reso dinamico da una serie di fenomeni più o meno controllabili e più o meno rilevanti per
l’impresa stessa: l’ambiente esogeno rilevante ha una natura a ombrello e esercita i propri effetti sul
cosidetto ambiente competitivo. Come già accennato è possibile individuare alcune dinamiche che pur
producendosi in maniera indipendente rispetto all’impresa e al suo agire ne influenzano comunque
l’andamento. Si è soliti chiamare queste variabili con l’acronimo P(olitica)E(conomia)S(ocietà)T(ecnologia)

Porter definisce strategia competitiva come un “differenziarsi e scegliere percorsi che mettano afrutto le
differenze per generare un’esclusiva combinazione di valori” I due principali soggetti dell’azione
competitiva e quindi dell’ambiente competitivo sono: i concorrenti e i clienti intermedi e finali.

Differenziarsi dalle offerte di chi occupa la medesima area geografica di mercato è un imperativo
categorico se si vuole orientare l’impresa al profitto.
L’impresa moderna può essere definita come:

- Un’insieme di persone organizzate intorno a un progetto imprenditoriale e tese al raggiungimento


di un medesimo obiettivo;
- Un’insieme di processi sequenziali che combinano tra loro le risorse dell’impresa in un unicum
finalizzato ad acquisire vantaggio competitivo sui concorrenti;
- Un’organizzazione socioeconomica la cui funzione fondamentale è quella di organizzarsi per
produrre e poi cedere questa produzione a dei compratori che ne hanno bisogno e desiderio

Il suo operato si configura attraverso due diversi ma perfettamente integrabili approcci:

- Funzionale identifica le competenze organizzative dell’impresa in base alle sue principali aree
funzionali ovvero a raggruppamenti omogenei di attività nelle quali le persone sono collocate
- Catena di valore le attività dell’impresa sono identificate seguendo una linea sequenziale e
mettendo in evidenzia i processi di trasformazione e vendita. Si distinguono attività primarie da
attività di supporto.

L’impresa è immersa in ambiente socioeconomico e per questo motivo il produttore non può limitare la
proprio attività imprenditoriale alla sola gestione dei processi interni, ma deve allargare la propria sfera di
interesse anche all’esterno, interessandosi

- Alle istante degli stakeholders (= portatori di interesse) termine coniato negli anni ’80 a opera di
Freeman. Sono coloro i quali detengono interesse nella sopravvivenza e sviluppo di una
determinata organizzazione. Si distinguono in 1)primari (hanno formali relazioni e obblighi
contrattuali con l’impresa ex. Investitori) 2) secondari (soggetti che possono influenzare l’impresa in
diversi modi ex. Istituzioni, opinion leader etc)
- ricercando e selezionando Partners esterni che intervengano nei processi aziendali. Si distinguono
1)partner di conoscenza (supportano il manager dei compiti di governo strategico dell’impresa) 2)
partner tecnici (il loro sapere specifico interessa la risoluzione di precisi problemi di formulazione
dell’offerta) 3)partner di relazione (danno il loro contributo attivando concretamente la relazione
tra produttori e clienti)

CAP. V

Attività di principale importanza per l’impostazione delle strategie e politiche del m è l’analisi di mercato. Il
mercato è costituito essenzialmente dall’offerta e dalla domanda. Considerando contemporaneamente
entrambe è possibile capire come si struttura il processo concorrenziale e come sia possibile orientare la
strategia competitiva dell’impresa.

L’offerta di mercato è rappresentata dalle product offering che le imprese mettono a disposizione della
clientela. In quanto componenti dell’offerta, le imprese in questione sono in concorrenza tra loro
nell’accaparrarsi la scelta del cliente.

Esistono diverse tipologie di concorrenza. Una prima distinzione da fare è tra

- CONCORRENZA DIRETTA  le imprese concorrono per conquistare la scelta del compratore in


condizioni di elevata omogeneità di offerta. Contano le differenze percepite fare le varie product
offering (prodotti simili funzioni simili)
- CONCORRENZA INDIRETTA  le imprese competono per accaparrasi la scelta del compratore in
condizioni di elevata disomogeneità dell’offerta (prodotti diversi per funzioni diverse / prodotti
diversi per funzioni simili)

La concorrenza può essere ulteriormente distinta tra

- CONCORRENZA ORIZZONTALE può essere definita come la rivalità che si instaura tra imprese che
competono per fornire beni/servizi a un medesimo gruppo di clienti, di cui mirano a soddisfare il
medesimo bisogno. Si fanno concorrenza orizzontale le imprese che per ampliare la propria quota
di mercato (%di fatturato sul totale del settore) solo a scapito di altre imprese che operano nel
medesimo mercato. Si esprime nell’ambito del settore industriale ovvero di un insieme di imprese
accomunate dal fatto di produrre non solo la medesima categoria di prodotto ma caratterizzato da
altri fattori: 1) omogeneità tecnologica (medesimo standard tecnologico applicato) 2) omogeneità
del bisogno soddisfatto (soluzioni-prodotto diverse possono comunque soddisfare il medesimo
bisogno o bisogni simili) 3) omogeneità commerciali (le imprese di uno stesso settore sono
accomunate dal fatto di usare i medesimi canali distributivi) 4) omogeneità nei materiali usati nella
produzione.
Casi particolari: CARTELLO alcune imprese decidono di non competere tra loro ma di formare un
cartello contro le altre imprese presenti sul mercato. Si tratta tuttavia di comportamenti vietati
dalla normativa antitrust* in quasi tutti i paesi industrializzati

*antitrust = Autorità garante della con concorrenza sul mercato, istituita nel1990. Nel 2007 è stato
affidato a questa istituzione indipendente anche il compito di tutelare i consumatori dalle pratiche
di pubblicità ingannevole e altre tipologie scorrette di pratiche commerciali

- CONCORRENZA VERTICALE quando nello scambio si contrappongono interessi contrastanti dei


due soggetti interessati: il venditore esige un prezzo superiore a quanto il compratore intende
invece pagare o viceversa, un compratore esige uno sconto dal venditore.
Esistono condizioni particolari in cui le due parti decidono di non con competere e in generale ciò
corrisponde a un accordo fra di loro che permette di aumentare la competitività delle due imprese
considerate però assieme. Si tratta delle situazioni win-win in cui i due agenti economici possono
ottenere benefici senza sacrifici dell’uno a scapito o vantaggio dell’altro.
- CONCORRENZA ALLARGATA (Porter 1982) stretta interazione tra dimensioni orizzontali e verticali
della concorrenza. La pressione competitiva sull’impresa sarebbe indotta non solo dalle imprese
che operano sullo stesso mercato, ma anche dalle minacce portate da imprese che operano su
mercati diversi le quali realizzano prodotti potenzialmente sostitutivi dei prodotti dell’impresa.
(Concorrenza interna+prodotti sostituti+minacce di entrata+clienti+fornitori= allargata)
- CONVERGENZA fenomeno per cui la condivisione del medesimo standard tecnologico comporta
la possibile compresenza di più entità distinte in una sola (smartphone realizza convergenza di
telefono, camera fotografica, pc etc)
- IPERCOMPETIZIONE (D’Aveni 1995) non si verifica in tutti i settori ed è strettamente legata
all’innovazione del prodotto. Quando un innovazione di prodotto è rilevante crea un nuovo
mercato. Allo stadio iniziale del suddetto mercato i produttori che vi si configurano sono pochissimi.
I player sanno bene che in queste condizioni affermare da subito il proprio brand come leader pone
una seria ipoteca sulla leadership futura. Secondo questa prospettiva le imprese si scontrano con
estrema aggressività competitiva con l’obiettivo di eliminare i concorrenti.
(ITALIA la struttura industriale italiana è tradizionalmente articolata in quattro grandi aggregati
storicamente individuabili:
1) PRIMO CAPITALISMO: corrisponde alle prime grandi imprese sorte ai primi del XX sec. dalle
grandi famiglie capitaliste (Fiat e Pirelli)
2) SECONDO CAPITALISMO: si ha nel momento in cui entra in gioco lo Stato in maniera più o meno
diretta in aiuto delle imprese private in via di fallimento. In questo periodo a cavallo della II
guerra mondiale molte imprese passano sotto il controllo pubblico (Alitalia Alfa Romeo)
3) TERZO CAPITALISMO anni 60/70 crescita massiccia delle piccole e medie imprese a seguito
del cosidetto “miracolo italiano”. È in questo periodo che molti artigiani decidono di mettersi in
proprio
4) QUARTO CAPITALISMO esistenza di imprese di medie dimensioni che non sono tali
semplicemente per via transitoria dello sviluppo industriale ma lo sono in forma stabile
Particolarità dell’Italia non è l’esistenza di un elevato numero di medie e piccole imprese bensì
l’esistenza di un gran numero di DISTRETTI INDUSTRIALI*
*= aggregazione di imprese di piccole o medie dimensioni localizzate in un territorio circoscritto
con specifiche tradizioni industriali e culturali, specializzate in uno o più momenti specifici della
filiera produttiva e collegate da una complessa rete di relazioni economiche e sociali. Per
definire aggregazioni industriali simili ai nostri distretti la letteratura internazionale usa il
termine cluster che tuttavia possiede una dimensione aggiuntiva: poter coinvolgere imprese che
appartengono a settori diversi.

CAP VI

L’analisi di mercato si occupa anche della domanda, che si sostanzia nel numero degli acquirenti e
nella qualità (ossia la tipologia del prodotto richiesto) e quantità (= ammontare fisico in volumi o
economico in valori dei prodotti richiesti) dei beni/servizi da questi richiesti.
La domanda di una certa tipologia di prodotto riflette la composizione della clientela. L’analisi della
domanda costituisce pertanto la premessa per la strategia di segmentazione* del mercato che
l’impresa è chiamata a definire nell’ambito del marketing strategico.

*= suddivisione di un mercato in comparti/segmenti più circoscritti, all’interno dei quali sono offerti
prodotti/servizi progettati in funzione dei bisogni/esigenze dei clienti in essi contenuti

Il marketing concept consiste in una vera e propria filosofia di gestione dell’impresa basata sulla
centralità del cliente, dei suoi bisogni e desideri. Il m avrebbe proprio il compito di analizzare,
conoscere e poi proporre al consumatore product offering competitive e adatte a rispondere ai loro
bisogni, monitorando continuamente le relazioni tra la clientela e le proposte commerciali,
stimolando la fedeltà della domanda.

Ricognizione del bisogno In linea generale il cliente inizia a pensare all’acquisto nel momento in
cui si rende conto che uno dei suoi bisogni non è soddisfatto o non lo è in modo adeguato. Ciò vale
tanto per gli shoper (acquirenti/consumatori responsabili dell’acquisto nei mercato BC) tanto per i
buyer (acquirenti di professione, che si occupano degli approvvigionamenti di beni/servizi nelle
organizzazioni)
- Ricerca delle alternative fase in cui il cliente cerca le info relative alle product offering dotate
delle caratteristiche adatte a soddisfare il suo bisogno.
Consideration set = insieme di marche recuperate dalla memoria o identificate nel mercato tra cui il
cliente sceglie
- Valutazione delle alternative confronto tra le diverse product offering prese in considerazione
- Acquisto momento in cui il cliente sceglie effettivamente la product offering che ha considerato
migliore nella fase precedente. Tuttavia esistono molteplici condizioni in cui ciò non avviene e il
cliente si orienta su altre scelte finora magari nemmeno prese in considerazione. Fattori scatenanti
sono: il prezzo, rottura di stock (= il prodotto che volevano non è presente nel punto vendita) etc
Proprio per questo motivo che l’attenzione delle imprese è fortemente orientata verso questa fase
poichè è nel momento dell’acquisto che si compie effettivamente la scelta e si effettua la vendita, e
quindi l’effettiva concorrenza tra i diversi prodotti disponibili.
- Valutazione post-acquistofase in cui il cliente appropriatosi della product offering comincia a
utilizzarla e a godere a pieno delle sue performance. È in questa fase che si creano l ebasi er lo
sviluppo di un rapporto di fedeltà con la marca. La costumer satisfaction sta alla base del marketing
concept. A far aumentare la soddisfazione dell’acquisto sono in particolar modo i servizi accessori
del prodotto primi fra tutti i servizi post-vendita (assistenza, garanzia etc)
Service recovery paradox = in date condizioni un utente che ha ricevuto un disservizio può maturare
un atteggiamento positivo all’acquisto se l’impresa si dimostra attenta nel risolvere il problema.

Tuttavia il comportamento degli utenti può cambiare a seconda che si parli di consumatori finali
(beni di consumo) di imprese (beni industriali) o di servizi (alla persona o alle imprese)
Le tipologie di acquisto dei BENI DI CONSUMO li distinguono in:
- Convenience goods prodotti di acquisto frequente e di modesto valore unitario, sono accomunati
dal fatto che il consumatore non è disposto a spendere tempo e denaro per la loro ricerca. Sono i
beni di largo consumo o Fast Moving Consumer Goods
- Shopping beni per i quali il consumatore è disposto a investire tempo e denaro per la scelta
(abbigliamento, accessori, piccoli elettrodomestici etc)
- Specility prodotti acquistati di rado sia per caratteristiche intrinseche che per la loro relativa
esclusività (auto, orologio di prestigio, abito da sposa..)
I BENI INDUSTRIALI si dividono in:
- Materie prime entrano nel processo produttivo cosi come sono
- Componentiprodotti che entrano nel prodotto finito come parti del sistema
- Beni capitali impianti, utensili etc che contribuiscono allo svolgimento dell’attività di
produzione/trasformazione

Gli acquisti di beni industriali avvengono in ambito B2B e presentano alcune peculiarità rispetto al
modello generale d’acquisto dei prodotti di beni di consumo che avvengono in mercati B2C.
- Nei sistemi di scambio B2B si manifesta una domanda derivata in quanto la domanda dei beni
industriali dipende a sua volta dalla domanda di beni finali a cui si riferisce proprio per questo
motivo alcune aziende come Saratoga pur fornendo beni/servizi per l’edilizia fanno ampio ricorso
alla pubblicità sui mercati “a valle”, per aumentare la propria brand awarness presso i consumatori
da utilizzare come argomento di vendita sul proprio mercato B2B.
- Vi è una concentrazione del portafoglio clienti. Ciò può significare che gli acquisti effettuati dal
singolo cliente possono assumere maggior rilievo di quanto non accade nei mercati B2C
- Il processo di acquisto è più articolato poiché è caratterizzato dalla partecipazione di diversi
soggetti:
1) Iniziatore: il soggetto che da inizio al processo d’acquisto può essere tanto un manager quanto
un dipendente che utilizza una macchina
2) Utente: viene interpellato per definire quali caratteristiche specifiche debba avere il prodotto
3) Soggetti influenzatori: consulenti o membri dello staff tecnico dell’impresa che indirizzano la
scelta su date marche, modelli, fornitori etc
4) Decisori: prendono in rassegna le alternative e definiscono le caratteristiche che deve avere il
prodotto
5) Acquirente: ha l’ultima parola sulla scelta è il responsabile degli acquisti
6) Gatekeeper: qualsiasi soggetto che assume un ruolo seppur marginale nel processo
d’identificazione e scelta del bene/servizio che potrebbe esprimere preferenze

Le product offering che si usa definire “servizi” possono essere indirizzate alla persona e alla
famiglia o alle imprese e la domanda presenta ulteriori peculiarità dovute alla tipologia stessa della
product offering offerta. Le fasi del processo decisionale non possono far riferimento a particolarità
fisiche osservabili e tangibili a meno che le imprese stesse non riescano a tradurre le proprietà
intangibili dell’offerta in modo appropriato: è il caso delle stelle degli alberghi o dei ristoranti. I
servizi sono eterogenei: utenti diversi richiedono prestazioni diverse, anche nel medesimo settore.
In queste condizioni le caratteristiche della domanda dipendono strettamente dal modo in cui il
fornitore interagisce con i propri clienti e li guida verso le proprie esigenze.

Gli intermediari commerciali possono o meno collaborare con le imprese aiutandole a sviluppare
prodotti più adeguati alle esigenze della domanda finale oppure, possono porsi in contrapposizione
con i fornitori, mettendoli in concorrenza tra loro o chiedendo sconti per farli accedere ai propri
servizi di vendita.

La domanda di una determinata categoria di prodotto può essere distinta in:

- DOMANDA POTENZIALE quantità di domandata da coloro che potrebbero essere interessati al


prodotto all’interno di un certo mercato, geograficamente definito. Si presuppone che sia sempre
costante. E non si può misurare in senso stretto ma solo stimare, in quanto si tratta di un concetto
virtuale che non corrisponde a comportamenti effettivi.
DOMANDA POTENZIALE = N x I I x O x Q

- DOMANDA PRIMARIAdomanda effettivamente espressa per la categoria prodotto e si rivolge a


tutti i produttori che operano su quel mercato. Corrisponde in altre parole, a coloro che realmente
chiedono e sono disposti a acquistare il bene/servizio in questione. Consiste nell’aggregato delle
vendite delle imprese presenti nel settore e la sua misurazione si effettua sulla base dei dati
disponibili presso istituzioni pubbliche o associative (Confindustria) o società di ricerca di mercato
(Iri, Nielsen etc)
- DOMANDA SECONDARIAparte della domanda primaria che si rivolge all’impresa e che si traduce
in vendite. Quanto più la domanda secondaria si avvicina a quella primaria tanto maggiore sarà la
quota di mercato dell’impresa. Consiste nel fatturato dell’impresa in quella specifica catena di
pordotto.
Il gap tra domanda secondaria e primaria potrebbe essere dato dal fatto che un numero notevole di
potenziali user in realtà non usano ne useranno mai il prodotto oppure perché non tutti usano il
prodotto in tutte le occasioni possibili.

I mercati possiedono una propria dimensione culturale, nel senso che in essi si possono incontrare
persone appartenenti a culture diverse: ciò richiede un approccio segmentato, in cui gruppi
culturali diversi hanno bisogno di programmi di marketing diversi.
Cosi come i mercati anche il consumo infatti possiede un’importante dimensione culturale.
Mangiare e vestirsi sono considerati modi per esprimersi e interagire con gli altri e denotano una
forte connotazione culturale. Beni servizi e marche contribuiscono a costruire la personalità di
ognuno di noi, creano una vera e propria cultura di consumo in quanto coloro che consumano lo
stesso prodotto/servizio tendono a sentirsi legati tra loro.

CAP VII MANCA

CAP VIII

Per competere efficacemente in un ambiente economico-competitivo complesso e dinamico, le imprese


oggi devono avere delle strategie flessibili che aiutino l’impresa a ragionare in una prospettiva di lungo
termine partendo dall’essere a conoscenza delle proprie debolezze e punti di forza. La strategia d’impresa
prevede lo sviluppo di:

- STRATEGIA CORPORATE si occupa di definire i valori dell’impresa, gli obiettivi nel lungo periodo,
l’ambito delle attività…
- STRATEGIA DI BUSINESSconcerne le modalità attraverso le quali l’impresa intende affermarsi in
un dato mercato
Le imprese diversificate che operano in più mercati, generalmente creano al loro interno le
STRATEGIE BUSINESS UNIT (SBU) unità organizzative autonome. All’interno delle quali la strategia
viene declinata a livello delle singole aree funzionali mantenendo comunque una coerenza a livello
generale.

- MARKETING OPERATIVO è invece un processo al breve-medio termine, riferito al business


esistente, orientato all’azione, finalizzato alla definizione e attuazione del PIANO DI
MARKETINGl’insieme di politiche e azioni che esprimono la presenza sul mercato dell’impresa.
- MARKETING STRATEGICO è un processo orientato al lungo termine, finalizzato a identificare le
migliori opportunità di mercato per l’impresa. Questo è composto da più fasi:
- DEFINIZIONE DEGLI ELEMENTI DI BARICENTRO STRATEGICO
= insieme di fattori che nel lungo periodo ne devono ispirare e guidare la dinamiche
evolutive e l’approccio al mercato. È influenzato in primis dalla storia dell’azienda, è poi
costituito dalla 1)MISSIONE delinea il contesto all’interno del quale le strategie devono
essere formulate. In modo amplio si riferisce alle finalità generali e ai valori
dell’organizzazione. 2) VALORI DELL’ORGANIZZAZIONE sono il riferimento fondamentale del
modo di essere e di agire dell’impresa e delle persone che ne fanno parte. 3) OBIETTIVI A
LUNGO TEMRINE DELL’ORGANIZZAZIONE macro-obiettivi che l’intera organizzazione
presegue in via prioritaria.
- ANALISI DELL’AMBIENTE E DELLE RISORSE
L’analisi dell’ambiente viene fatta a due livelli distinti: 1) AMBIENTE ESOGENO uno degli
strumenti utilizzati maggiormente per questo tipo di rilevazioni è il modello PEST (acronimo
che si rivolge ai vari contesti ambientali specifici che qualificano l’ambiente generale:
POLITICO / ECONOMICO / SOCIOCULTURALE / TECNOLOGICO. A essi, secondo recenti studi
se ne affiancano altri due: AMBIENTE LEGALE / AMBIENTE ECOLOGICO) L’analisi
dell’ambiente esterno prosegue poi con l’ambiente competitivo: struttura dei trend di
mercato, eventuali bisogni non soddisfatti o soddisfatti non adeguatamente etc
- ANALISI DEL PORTAFOGLIO
È finalizzata alla valutazione della struttura di un gruppo di aree di business e del
posizionamento competitivo di ognuna di esse. Tra i modelli maggiormente utilizzati
ricordiamo la matrice GE-McKinsey (anni 60) il modello si basa su una matrice
multifattoriale che pone in relazione l’attrattività del mercato con la posizione competitiva
dell’impresa. A ciascuna variabile viene attribuito un peso nell’indicatore complessivo e una
valutazione in chiave di performance. In linea di massima nei quadranti in alto a sx
caratterizzati da attrattività e competitività alte e medie la strategia deve essere di investire
e puntare allo sviluppo, mentre in quelle dei quadranti in basso a dx caratterizzati da
attrattività e competitività medie e basse la strategia è di mietere o disinvestire al più
presto.
- DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA COMPETITIVA E DELLA PROPOSIZIONE DI VALORE PER
CIASCUN BUSINESS EVIDENZIATO
- IMPLEMENTAZIONE E CONTROLLO

L’analisi di mercato ci porta a individuare i mercati/segmenti che presentano una maggiore atrattività per
l’impresa e a comprendere le dinamiche di tali mercati. Gli elementi da indagare sono molteplici e
comprendono:

- Articolazione in sub-mercati e relative valutazioni


- Dimensione attuale e potenziale del mercato
- Prospettive di crescita
- Redditività
- Assetto dei canali distributivi

L’analisi dei clienti/consumatori ci offre a altresì indicazioni indispensabili per la scelta del business e pre la
definizione di strategie competitive:

- Analisi della motivazione del cliente


- Definizione dei segmenti di mercato
- Analisi della clientela
- Identificazione di eventuali bisogni non soddisfatti

L’analisi dell’ambiente competitivo si completa con l’analisi dell’offerta e della concorrenza. A questo
livello l’analisi deve essere indirizzata in particolare a individuare due particolari tipologie di risorse:

- Competenza strategicaattività che l’impresa è in grado di svolgere in maniera eccellente e


che in uno specifico business assume un’importanza strategica. Un’impresa può sviluppare
le proprie competenze strategiche in due direzioni: 1) sviluppare competenza in termini di
efficienza e produttività 2) concentrarsi sull’efficacia dell’azione strategica e dell’approccio
al mercato (potenziano ricerca e sviluppo, branding, comunicazione)
- Asset strategico  risorsa posseduta dall’impresa avente un rilievo particolare e perciò in
grado di sostenere lo sviluppo di posizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti

Fase successiva del processo di marketing strategico a livello corporate è definito dalla scelta di business
che deve essere fatta in piena coerenza con il baricentro strategico e alla luce delle risultanze dell’analisi
interna, esterna e della valutazione dell’attrattività dei potenziali business nonché del grando di
competitività degli stessi. Per ciascun prodotto/mercato l’impresa deve definire i propri obiettivi di
marketing strategico. Le opzioni alternative sono:

1) CRESCITA sviluppo dei prodotti/mercati, diversificazione del portafoglio etc.


2) MANTENIMENTO difesa della posizione favorevole nei confronti di possibili attacchi dei concorrenti
o di nuovi entranti
3) NICCHIA focalizzazione su una porzione o segmento di mercato particolare e circoscritto
4) MIETITURA riduzione degli investimenti. Strategia usata soprattutto in condizioni di maturità o
declino del mercato.
5) DISINVETSIMENTO eliminazione di un business dal portafoglio. Avviene quando il mercato è
contratto e l’impresa genera perdite. Avviene quando la porzione di mercato detenuta è modesta,
in caso di mercati che presentano opportunità di ripresa l’impresa può tentare un turnaround (=
stategia che si sviluppa in due fasi: recupero dei fondamentali e rilancio) e eventualmente cedere le
attività solo a fronte di un insuccesso della fase di ricostruzione.

Le imprese nella loro dinamica evolutiva possono perseguire una strategia di sviluppo basata su:

- CONCENTRAZIONE NEL PRODOTTO/MERCATO D’ORIGINE o PENETRAZIONE DEL MERCATO


Cercare quindi di migliorare la propria posizione nei prodotti-mercati in cui si è
correttamente impegnati. Questa strategia può essere perseguita in diversi modi:
1) Ampliamento della domanda (puntare a raggiungere chi ancora non usa il prodotto o
sollecitare che già lo usa a usarlo di più e in diverse modalità)
2) Incremento della quota di mercato a discapito dei concorrenti (occorre quindi lavorare
sulla product offering migliorando il prodotto, rivitalizzando la marca, rafforzando la rete
distributiva, modificare i prezzi…)
3) Acquisizione di mercato acquisizione di imprese concorrenti con l’ottenimento della
relativa quota di mercato o sottoscrivere alleanze)
- AMPLIAMENTO DEL MERCATO
Incrementare il volume d’affari proponendo gli stessi prodotti su mercati nuovi attraverso
1) Espansione geografica
2) Entrata in nuovi segmenti
- AMPLIAMENTO DEL PRODOTTO
1) Rinnovo del prodotto sui mercati attuali
2) Lancio di nuovi prodotti sui mercati attuali
- DIVERSIFICAZIONE
Ingresso in nuovi mercati con nuovi prodotti
1) Diversificazione correlata (prevede l’ingresso in prodotti-mercati caratterizzati da una
complementarietà tecnlogica/commerciale con il business originario)
2) Diversificazione pura ( entrare in business che non hanno nessun collegamento con le
attività originarie) si tratta di una strategia altamente rischiosa e imprevedibile.
Per attuare la stategia di diversificazione vi sono diverse modalità: acquisizione, join
venture*, licensing**, venture capital***, crescita per vie interne etc.

*join venture = società a capitale misto. Costituita da due o più imprese. Finalizzata a
cogliere nuove opportunità di business attraverso la comunione delle risorse
** Licensing = il soggetto licenziante mette a disposizione del licenziatario il diritto di
utilizzare e sfruttare economicamente elementi quali il marchio, le tecnologie e/o altre
conoscenza
Venture capital = apporto di capitale a rischio da parte di un investitore per finanziare
l’avvio o la crescita di un’attività in settori di potenziale sviluppo

- INTEGRAZIONE VERTICALE
Assunzione del governo di un’attività posta a monte dell’attività dell’impresa sul mercato
fornitura o a valle sul mercato distributivo.
1) Attività a monte l’impresa può favorire una maggiore integrazione dei processi,
contrarre i tempi di approvvigionamento etc rischio: limitazione della flessibilità
strategica ( = possibilità di modificare le scelte di business riallocando gli investimenti in
aree caratterizzate da maggiore attrattività)
2) Attività a valle l’impresa si assicura uno sbocco sul mercato e controlla la diffusione della
propria product offering rischio: controindicazioni in termini di costo-opportunità (
assegnazione di risorse scarse a un determinato progetto a discapito di latri potenziali
impieghi)

Una particolare tipologia di innovazione di rottura è quella definita INNOVAZIONE DI VALORE . Essa non è
legata a nessun salto tecnologico, bensì a una profonda riconfigurazione del sistema d’offerta, tale da
creare nuovo business (ex. Cirque du Soleil)

- Prima fase: DEFINIZIONE DEL QUADRO STRATEGICO


Selezionare gli elementi caratterizzanti del sistema d’offerta e rilevare le modalità con la
quale essi vengono interpretati dalle imprese sul mercato
- Seconda fase: CREAZIONE DELLA NUOVA CURVA DI VALORE
A partire dall’analisi dei consumatori con l’attenzione ai bisogni non soddisfatti,. L’impresa
deve riformulare l’offerta di valore, operando in quattro direzioni:
1) ELIMINAZIONE degli elementi che non forniscono valore al cliente
2) RIDUZIONE degli investimenti sugli elementi che possono essere ridotti al di sotto degli
standard senza influenzare la soddisfazione dei consumatori
3) AUMENTO degli investimenti sugli elementi che hanno un’importanza significativa per il
target
4) CREAZIONE di nuovi fattori rilevanti per la creazione di valore e per la qualificazione dle
nuovo business

Secondo Chan Kim e Mauborgne le imprese devono smettere di concentrarsi sugli oceani rossi e cercare di
creare spazi negli oceani blu. Negli oceani rossi i confini del settore sono definiti con il passare del tempo la
domanda si è stabilizzata e le innumerevoli imprese per accaparrarsi una quota di domanda effettuano una
competizione aggressiva che tinge gli oceani di rosso. Negli oceani blu invece, lo spazio è inedito e
incontestato, non vi sono concorrenti e le regole sono tutte da definire.

CAP IX

L’individuo acquirente che sia impresa o persona, si muove in un ambiente di consumo*, all’interno del
quale esprime un processo d’acquisto** influenzato da innumerevoli variabili. L’interazione che si attiva tra
queste variabili e fenomeni determina il comportamento di acquisto***

*AMBIENTE DI CONSUMO = insieme di condizioni, definite nello spazio e nel tempo, nelle quali il
compratore viene a contatto con l’offerta accessibile ed esprime una propria azione decisionale

**PROCESSO D’ACQUISTO = insieme delle attività, ordinate in sequenza, mediante le quali il compratore
mira a soddisfare un’esigenza di partenza. È influenzato dalle condizioni in cui l’ambiente d’acquisto stesso
è organizzato

***COMPORTAMENTO D’ACQUISTO = agire del compratore sotto l’influenza integrata di variabili d’offerta
(ex esposizione dei prodotti sugli scaffali) e individuali (ex preferenze personali)

L’ambiente d’acquisto entro il quale il soggetto si ritrova a dover compiere la propria scelta condiziona i
gradi di libertà con cui lo shopper compie i propri acquisti. Il condizionamento espresso dal punto vendita
sulla scelta può essere

- Di prodotto (posso acquistare biologico solo se presente nell’assortimento)


- Di marca (la scelta di marca sarà solo tra quelle presenti sullo scaffale)
- Di prezzo (acquisto offerte di primo prezzo solo se il supermercato persegue strategie di
offerta che le prevede)
- Di servizio (acquisto prodotti al banco servito)

Il compratore può esercitare un processo di scelta molto vario, in quanto l’ambiente di consumo dipende
dal suo personale stile di vita e poiché ogni persona sviluppa un comportamento che ne riflette il proprio
particolare modo d’essere. Tutto ciò avviene all’interno dell’ambiente di consumo in condizioni di elevata
concorrenza, il soggetto a quindi la sensazione di essere sottoposto a bombardamento di stimoli. Primo
formidabile protagonisti dell’ambiente di consumo è il PUNTO VENDITA luogo in cui lo shopper è abituato a
andare a cercare una determinata categoria di prodotto. altro grande protagonista è lo SPAZIO
COMUNICATIVO ossia il contesto ideale all’interno del quale il soggetto è fatto bersaglio dei messaggi
commerciali più disparati. La vita dinamica e il fenomeno della digitalizzazione che caratterizza l’uomo del
XXI secolo modifica l’ambiente di consumo in profondità:

- Dilata il perimetro dell’ambiente comunicativo


- Modifica la direzione del contatto tra stimoli e consumatore (fine del mondo one-way
dell’inserzione classica)
- Apre il punto vendita e ne potenzia le capacità di stimolo integrando forme d’acquisto
online e offline

Il processo d’acquisto mette in evidenzia l’esistenza di due stadi

- Genericità è lo stato di percezione del bisogno


- Specificazionestato prodromico all’insorgere del desiderio. Attrazione esercitata da una
determinata product offering in merito al bisogno
Il produttore è consapevole di dover intervenire nell’interstizio tra genericità e specificazione, affinchè a
valle dell’insorgere de bisogno la propria offerta sia riconosciuta come oggetto del desiderio e acquistata.
L’intero marketing management esiste per riuscire a determinare positivamente questo processo che
richiede continuità d’azione nello spazio e nel tempo

- ACCESSIBILITY reale disponibilità della product offering nei punti vendita. Il rischio da
evitare è la rottura di stock
- AWARNESS conoscenza e ricordo del prodotto. Rischio da evitare affievolirsi del ricordo di
marca nel tempo

Il comportamento del consumatore come già detto, è influenzato da tantissime variabili. Ogni individuo è
diverso dall’altro e ciascuno segue proprie logiche e percorsi d’acquisto diversi. Ciò ha smantellato l’dea
positivista di homo economicus perfettamente razionale e guidato nelle proprie scelte da ragionati calcoli
di convenienza. In particolare il modello EKB (dal’acronimo dei cognomi degli autori) evidenzia i seguenti
elementi che guidano il comportamento d’acquisto:

- Sistema percettivo (l’insieme delle informazioni interagisce con le conoscenza, i valori e gli
atteggiamenti individuali e ne determina e orienta le preferenze)
- Sistema motivante (ciò che spinge il soggetto a muoversi informazioni ambientali +
informazioni proprie)
- Sistema valutativo
- Processo decisionale

Il comportamento di acquisto viene poi distinto in questo modello in base che si parli di primo acquisto o
acquisti ripetuti.

L’incrocio tra spinte alla personalizzazione del prodotto richieste dal lato della domanda e quelle di
standardizzazione volute dall’offerta configurano quattro possibili approcci strategici:

1) MASS MARKET o MARKETING INDIFFERENZIATO si ha quando il produttore decide di offrore alla


domanda una product offering sostanzialmente uguale per tutti. Non offrendo alcun particolare
aggiunto am garantendo esclusivamente la prestazione core della categoria prodotto a un prezzo
basso e accessibile
2) ONE-TO-ONE MARKET o MARKETING PERSONALIZZATOil produttore punta a esaltare l’unicità e
l’individualità del consumatore, offrendo una product offering disegnata sulla persona e quindi
differenziata poiché nessuno è uguale all’altro.
3) SEGMENT TARGET o MARKETING DIFFERENZIATOvia di mezzo tra i primi due. Il produttore cerca
di aggregare i consumatori in grandi cluster riconoscendone l’omogeneità sotto qualche punto di
vista e offrendo una product offering tarata su quelle caratteristiche
4) COST-LEADERSHIP STRATEGY si tratta di una circostanza emergente soprattutto nei mercati B2B
dove molte multinazionali dei paesi in via di sviluppo possono godere di vantaggi di una forza lavoro
altamente specializzata e abbondante e del possesso di tecnologie molto avanzate. Nei mercati di
consumo questa strada sembra tuttavia ancora molto lontana

Questione di fondo che l’impresa deve risolvere una volta che individuato un mercato è decidere se
raccogliere o meno la sfida della differenziazione della product offering lanciata dall’intrinseca
eterogeneità della domanda.
L’operazione di SEGMENTAZIONE DELLA DOMANDA può essere vista in due modi equivalenti:

- Raggruppare gli individui che compongono la domanda potenziale in insiemi omogenei


In questo caso gli individui si raggruppano in cluster popolati da soggetti simili tra loro
- Frammentare la domanda potenziale in sottoinsiemi distinti
In questo caso invece si parte dalla domanda e se ne individuano gli aspetti di eterogeneità
rilevante nei quali collocare gli individui della medesima domanda

Non è possibile stabilire quale sia un numero ideale di segmenti, l’operazione di segmentazione è
estremamente soggettiva. Tuttavia è possibile individuare alcuni criteri da seguire:

- MASSIMA SIMILITUDINE INTERNA


- MASSIMA ETEROGENEITà ESTERNA
- RILEVANZA ECONOMICA (il segmento dovrebbe essere abbastanza grande da consentire a
fronte di uno specifico programma di marketing, la generazione di un volume di reddito
soddisfacente con gli obiettivi dell’impresa)
- MISURABILITà (le grandezze rilevanti per descrivere il segmento e definirne le dimensioni
dovrebbero essere oggettivamente misurabili, così da poter predisporre adeguati piani di
business. Un segmento non misurabili ma solo definito concettualmente non è un buon
segmento)
- SOSTENIBILITà (un buon segmento dovrebbe fondarsi su caratteristiche significative tali da
giustificare un adattamento della product offering e/o dell’intero programma di marketing)
- OPERATIVITà

Il TARGET rappresenta il segmento cui ci si intende rivolgere, intorno al quale di decide di costruire la
product offering. La scelta di target possono porre l’impresa in una di queste condizioni:

- MASS MARKET l’impresa decide che la segmentazione operata non è significabile perciò
decide di azzerare il proprio punto di vista sulla disomogeneità e rivolgersi a tutta la
domanda
- SEGMENTERl’impresa decide di eleggere uno o più segmemti a proprio target.
Focalizzandosi sulle specificità di ciascuno di essi e mettere a punto uno specifico
programma di marketing per ciascun segmento
- COMBINERl’impresa verificata l’esistenza di alcuni segmenti decide di operare una
strategia di offerta che ne elegga a proprio target una loro combinazione (ex Fructis
shampoo 2 in 1 è tanto per le persone che lavano i capelli con molta frequenza che per chi
ha problemi specifici)

Nei fatti come vengono definiti i segmenti? Quali sono le variabili predominanti?

1) L’adozione di variabili geografiche o demografiche o ancora la segmentazione per reddito o


professione rappresentano una forma naturale di segmentazione facilmente individuabili sebbene
molto superficiali sono al tempo stesso molto significative in quanto nella vita reale certe categorie
di prodotto appaiono molto sensibili ai differenziali demografici delle persone. Questo tipo di
variabili vengono usate sempre in due modi:
- Come VARIABILI DISCRIMINANTI (in base alle quali gli individui vengono aggregati)
- Come VARIABILI DESCRITTIVE ( nel senso di disegnare ex post il profilo demografico del
segmento emerso dopo l’uso di altre variabili)
2) Verso la meta del 900 negli USA venne maturato il concetto di stile di vita espressione delle
caratteristiche e dei comportamenti dell’individuo capace di cogliere a un tempo si i suoi aspetti
interiori sia quelli relazionali e socialmente visibili. Le principali variabili osservate sono
- Attività
- Interessi
- Opinioni
3) La segmentazione comportamentale raggruppa gli individui focalizzandosi sulle modalità di utilizzo
del prodotto:
- Intensità dell’uso (heavy user / medium user /light user)
- Status verso il prodotto ( non-user / user / ex-user / user potenziali / nuovi user / user
abituli)
- Situazione d’uso del prodotto che può differire sul tempo / luogo / occasione
- Fedeltà del consumatore (fedelissimi / parzialmente fedeli / temporaneamente fedeli /
infedeli)
4) Benefici ricercati. Dove per beneficio si intende il vantaggio di cui una persona gode in una
determinata condizione e può avere diversa natura.
- Area benefici funzionali di prodotto (vantaggi pratici)
- Area benefici simbolici di prodotto (vantaggi edonistici o emozionali)

Ognuno di noi di fronte alla medesima product offering esprimerà comunque interesse per certi suoi
aspetti che saranno probabilmente differenti da individuo a individuo.

Per quanto riguarda gli elementi che caratterizzano l’ambiente di consumo, il processo e il comportamento
di acquisto dei compratori business abbiamo

- AMBIENTE DI CONSUMO = gli stimoli d’acquisto provengono da esigenze di base legate al


funzionamento dell’organizzazione e alla sua capacità di soddisfare a propria volta i bisogni
dei clienti
- PROCESSO DI ACQUISTO = le scelte di acquisto non di rado vengono assunte da un gruppo di
persone più che da un solo inidviduo
- COMPORTAMENTO D’ACQUISTO = il compratore business è normalmente meno influenzato
da fattori emozionali o esperenziali “bada al sodo” e non si sofferma sulle suggestini
intagibili della product offering

Gli acquisti che un’organizzazione effettua possono avere triplice natura:

- Acquisto completamente nuovo


- Acquisto costante
- Acquisto modificato (stadio di mezzo tra i primi due)

Anche per la domanda professionale valgono i medesimi principi di segmentazione della domanda visti nei
mercati di consumo:

- Profilo anagrafico dell’impresa


- Variabili operative (tecnologia usata, intensità dell’uso del prodotto..)
- Variabili organizzative
- Fattori contigenti (urgenza, applicazioni specifiche etc)
- Caratteristiche personali ( fedeltà, analogia acquirente-venditire…)
CAP X

Stabilito il portafoglio di business nel quale l’impresa intende operare, in ciascuno di essi occorre definire
una specifica STRATEGIA COMEPETITIVA o STRATEGIA DI BUSINESS stabilire cioè le modalità attraverso
le quali concorrere con successo nella specifica arena competitiva.

Anche la strategia di business prevede due fasi

- Fase analitica
Si procede all’analisi dell’ambiente esterno e delle risorse interne, mettendo in luce le
opportunità e le minacce nonché i punti di forza e debolezza dell’impresa (ANALISI SWOT*)
- Fase decisionale
Occorre adesso individuare 1)competenze e asset strategici 2) specificare i prodotti-mercati di
riferimento e i relativi target 3)esplicitare la propria value proposition (= insieme degli elementi
tangibili e intangibili che caratterizzano il sistema dell’offerta) 4) definire i piani specifici
funzionali

Per delineare il quadro strategico entro il quale si definisce la strategia di business viene utilizzato il
modello SWOT che consente di analizzare in modo analitico e strutturato l’ambiente di marketing esterno
e interno. Le aree oggetto di indagine sono:

- STRENGHS (punti di forza)


- WEAKNESSES (punti di debolezza) ANALISI INTERNA
- OPPORTUNITIES (opportunità)
- THREATS (minacce) ANALISI ESTERNA

L’approccio si struttura nelle seguenti fasi:

- Esame delle opportunità (=Motivi-tendenza ambientali che se sfruttate adeguatamente possono


favorire un miglioramento della performance dell’impresa) / minacce dell’ambiente (=motivi-
tendenze che se non adeguatamente fronteggiare possono mettere a repentaglio i risultati
dell’impresa
- Rilevazione dei punti di forza (= punti distintivi sui quali far leva) / debolezza (=carenze da colmare)
- Assegnazione dell’importanza ai fattori individuati
L’analisi non si esaurisce nella mera elencazione dei fattori interni e esterni. Le forze/debolezze
vengono quantificate in termini di rilevanza e prestazione e le opportunità/minacce sono invece
valutate in termini di attrattività e gravità, in relazione alla loro probabilità di verificarsi
- Confronto del posizionamento sui fattori interni e esterni
- Individuazione delle linee d’azione strategica

Unico limite del modello è la staticità: esso infatti fotografa una situazione nel momento in cui viene
applicato, mentre i fenomeni su cui si indaga sono per definizione dinamici. Occorre pertanto, che tale
analisi sia ripetuta periodicamente, così da offrire un nel tempo un quadro di riflessione sempre attuale.

Cuore della strategia di business è il VANTAGGIO COMPETITIVO posizione di superiorità rispetto ai


concorrenti riconosciuta all’impresa-prodotto dagli acquirenti/consumatori e sostenibile nel tempo.

Le strategie finalizzate a perseguire vantaggio competitivo vengono definite STRATEGIE GENERICHE


Secondo Porter, autore del concetto di valore competitivo, questo può basarsi su tre fattori fondamentali:

1) VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO o INTERNO


Fondato sulla superiorità dell’impresa nella gestione dei costi e nell’efficienza operativa.
2) VANTAGGIO COMPETITIVO DI DIFFERENZIAZIONE o ESTERNO o DI QUALITà
Superiorità dell’impresa nel definire una product offering avente caratteristiche uniche, irripetibili e
distintive e capace di rinnovarle sempre.
3) VANTAGGIO COMPETITIVO DI FOCALIZZAZIONE
Fondato sulla disponibilità in via esclusiva di competenze chiave, specifiche di un determinato
propdotto/mercato
4) VANTAGGIO COMPETITIVO COST-EFFECTIVE DIFFERENTATION
Strategia accostata alle altre più tradizionali da poco. Consiste nel costruire il proprio vantaggio
competitivo su una combinazione originale di attributi di costo e differenziazione, nell’ambito di
una product offering basata su un’innovazione di valore attraverso un sistema d’offerta value for
money (=max efficienza e efficacia con la convenienza del prezzo)

POSIZIONAMENTO = processo di concezione di una marca, dei suoi benefici e della sua immagine e
costruzione nella mente del consumatore, di una posizione favorevole e distinta da quella delle altre
marche concorrenti.

Il processo di definizione del posizionamento strategico si sviluppa in fasi:

- QUALIFICAZIONE DELL’AMBIENTE COMPETITIVO DI RIFERIMENTO


Identificare i concorrenti.
- IDENTIFICAZIONE DEI PUNTI DISTINTIVI DELLA CONCORRENZA
Identificare nello specifico 1) i punti di differenziazione con la concorrenza (benefici/attributi in
relazione ai quali i consumatori concepiscono una determinata marca superiore alle altre) 2) punti
di parità con la concorrenza (elementi della product offering ritenuti fondamentali dai consumatori
e sui quali le performance dell’impresa non possono scendere al di sotto di un dato standard)
Solo se i punti di parità sono soddisfatti, il brand può ambire a posizionarsi in modo distintivo sui
punti di differenziazione.
- DEFINIZIONE DEL POSIZIONAMENTO
L’impresa decide su quali elementi costruire il posizionamento. Possono essere elementi tangibili
(performance del prodotto, prezzo, benefici ricercati…) o intangibili (forte riconoscimento del
testimonial/opinion leader, paese d’origine, immagine di marca…)
Il criterio prescelto deve comunque essere tale da garantire una differenziazione unica facilmente
riconoscibile dal consumatore duratura e non facilmente imitabile.
- COMUNICAZIONE DEL POSIZIONAMENTO
Ultima fase del processo. Consiste nel la comunicazione del posizionamento e nella collocazione
della marca nella mente del consumatore, rispetto ai concorrenti. Punto di partenza è la definizione
del mantra della marca ovvero una locuzione sintetica correlata al concetto di promessa della
marca (principale beneficio offerto del prodotto)

La strategia di business è fortemente influenzata dalla posizione competitiva dell’impresa nel mercato di
riferimento e dalle strategie dei concorrenti. È indispensabili quindi definire correttamente la propria arena
competitiva. La posizione competitiva dei concorrenti è fondamentale e è determinata dalla quota di
mercato detenuta. In base a questo elemento vengono identificate quattro tipologie di strategie
competitive:

- LEADER
Impresa/marca che detiene la quota di mercato più alta e che assume quindi una posizione
dominante nel mercato di riferimento. Il leader può adottare diverse strategie 1) attaccare il
mercato (raggiungendo nuovi clienti, stimolare un utilizzo maggiore del prodotto etc) cercando di
sottrarre quota ai concorrenti 2) difendere la posizione dagli attacchi dei concorrenti in maniera
proattiva (innovazione, differenziazione) o in maniera difensiva (ribasso dei prezzi, maggior
distribuzione etc)
- SFIDANTE
Impresa/marca che aspira a migliorare la propria posizione di mercato, aumentando la propria
quota di mercato fino a soppiantare il leader. Adotta perciò strategie competitive molto aggressive
1) attacca frontale (su tutti gli elementi della product offering) 2) laterale (su aspetti specifici ove si
presume ci siano elementi di debolezza)
- FOLLOWER
Impresa/marca che occupa una posizione rilevante ma preferisce un comportamento adattivo,
seguendo il leader piuttosto che sfidarlo. Non fa leva sull’innovazione ma sull’imitazione. Strategie
più comuni: 1)adattamento (creazione di prodotti specifici aventi una matrice di ispirazione nel
prodotto dell’impresa leader ma con la modifica di alcuni aspetti per potersi meglio adattare a uno
specifico target) 2) imitazione (creazione di prodotti simili a quelli del leader con l’unica differenza
del prezzo, canali distributivi etc) 3) clonazione (imitazione spinta di tutti gli elementi del prodotto,
realizzata dai copycat o look-alike products  prodotti che copiano il leader in particolare nelle
forme esteriori della product offering al fine di appropriarsi delle associazioni positive d’immagine
detenute dal leader)
- SPECIALISTA
Impresa/marca che decide di rivolgersi a piccoli segmenti di mercato. Sui quali generalmente le
grandi imprese non vogliono impegnarsi, con l’obiettivo di occupare una posizione preminente in
un contesto più circoscritto.

CAP XI

Il marketing è un processo manageriale integrato nella gestione complessiva dell’impresa che prevede:

- Una definizione degli obiettivi di mercato dell’impresa (PIANIFICAZIONE)


- Una predisposizione delle risorse finanziarie, tecniche, umane e di conoscenza necessarie per
perseguire gli obiettivi (ORGANIZZAZIONE)
- Un’adeguata excution (GESTIONE)
- Misurazione della performance e del grado di raggiungimento degli obiettivi (VALUTAZIONE)

Tuttavia alcuni hanno ancora difficoltà nel comprendere l’effettivo valore generato dalla funzione
marketing e il contributo che questo da al perseguimento degli obiettivi aziendali, rilegando il marketing
verso la base della piramide aziendale e percependo le attività di questo settore come costi piuttosto come
investimenti. È importante dunque capire come gli operatori di marketing possano riaffermare e
legittimare il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione. A tal fine risulta essere fondamentale dotarsi di
ACCOUNTABILITY ovvero della capacità di rilevare gli effetti delle decisioni e azioni aziendali e tradurli in
informazioni e dati chiari e comprensibili.
Nel 2007 il Chief Marketing Officier Council ha esplicitato per la prima volta la priorità per il vertice
aziendale di misurare il valore degli investimenti di marketing. La configurazione di un adeguato sistema di
pianificazione e controllo di marketing appare come la più efficace soluzione per orientare in modo
organico e finalizzato gli investimenti del marketing, per valutarne l’efficacia e l’efficienza e infine per
verificare l’effettivo contributo che essi recano alla profittabilità dell’impresa.

Il processo si svolge secondo quattro modalità con differenti articolazioni temporali:

- EX ANTE
- CONCOMITANTE quindi durante l’esercizio
- A CONSUNTIVO a termine del periodo trimestrale/quadrimestrale etc
- STRATEGICO

La MARKETING SCORECARD è lo strumento di pianificazione e di controllo che comprende variabili-misura


relative alla gestione di mercato che l’impresa ritiene più rilevanti al fine di indirizzare e monitorare la sua
azione commerciali di marketing.

Le misure risultato che fanno parte della DIMESIONE DI MERCATO concernono le percezioni, valutazioni e i
comportamenti posti in essere dai consumatori sia prima che dopo l’acquisto del prodotto-marca.

Le variabili intermedie principali sono:

- AWARNESS
= notorietà della marca (brand awarness) è definibile come la capacità di un consumatore di
conoscere e riconoscere un prodotto e di associarvi l’appartenenza a una specifica categoria di
prodotto. l’awarness può assumere tre configurazioni: 1) awarness spontanea (rileva il grado con
cui un individuo spontaneamente nomina una marca senza l’ausilio di alcun supporto. Sulla base di
questo tipo di awarness si individua la marca top of mind ossia la prima marca che un individuo
ricorda spontaneamente) 2) awarness aiutata (indica il grado con cui un individuo riconosce una
specifica marca come appartenente a una certa categoria di prodotto/settore nel momento in cui il
nome della marca viene inclusa in una lista di marche)
- IMMAGINE PERCEPITA
= insieme delle rappresentazioni mentali, cognitive e affettive, che i consumatori hanno della
marca. Generalmente viene posta in contrapposizione all’immagine voluta, ovvero il modo in cui
l’impresa vorrebbe che la marca fosse percepita.
- VALORE PERCEPITO
= deriva dalla valutazione comparata tra qualità e prezzo

Le variabili di risultato principalmente utilizzate sono:

- COSTUMER SATISFATION
= capacità dell’impresa di offrire prodotti e servizi in linea con le aspettative della domanda. Viene
perciò misurata come la differenza tra il livello delle percezioni post-acquisto dei clienti e il livello
delle aspettative che i clienti avevano formato circa il prodotto-marca prima dell’acquisto. Questa
differenza può essere 1)maggiore di 0 Qualora il cliente sviluppi percezioni post-acquisto in linea o
superiori a quelle delle proprie aspettative e verrà definito come cliente soddisfatto 2) minore di 0
situazione contraria della prima. In questo caso il cliente è insoddisfatto 3) uguale a 0
Per misurare la costumer satisfation ci sono una pluralità di modalità, alcune grezze (variazione dei
volumi di vendita, frequenza e variazione dei reclami..) altre più avanzate che prevedono indagini
ad hoc (Costumer satisfation super indagini di tipo quantitativo volte a creare degli indicatori
numerici di soddisfazione della clientela confrontabili nel tempo, su un determinato parco clienti.
Possiamo individuare diverse tipologie: 1) overall satisfation = misura la % di clienti che si
dichiarano soddisfatti o molto soddisfatti di uno specifico prodotto-marca-impresa 2) gap costume
satisfation = è una super che si basa sui gap di valore. Essa misura la soddisfazione attesa su
differenti attributi del prodotto-marca . il gap viene misurato come la differenza tra le valutazioni
attese e le valutazioni post-acquisto)
- LOYALTY
= la brand loyalty è la fedeltà del consumatore a una specifica marca che può essere definita
secondo una triplice prospettiva 1) prospettiva comportamentale che definisce la fedeltà come
semplice riacquisto del prodotto-marca nel tempo 2) prospettiva di atteggiamento che indica
quanto il consumatore percepisca la marca come unica e quale sia il grado con cui egli si identifichi
con essa 3) prospettiva di scelta che enfatizza le ragioni dell’acquisto ovvero indaga le variabili
motivazionali che spingono un consumatore a optare costantemente per la medesima marca
A livello di mercato la fedeltà dei clienti a una marca nonostante il fatto che magari una marca
concorrente effettui cambi di prezzo, viene misurata attraverso alcuni indici 1) tasso di
fidelizzazione (rapporto tra la numerosità dei clienti dell’impresa a inizio esercizio e quella a fine
esercizio) 2) churn rate (% di utenti di un servizio che abbandona la sottoscrizione dello stesso in un
arco temporale) 3) share of wallet (% di spesa che un consumatore fa presso un’impresa in un dato
periodo nell’ambito delle categorie merceologiche prese in considerazione) 4) costumer life time
value (valore prospettico del cliente che deriva da: i ricavi generati, la frequenza o il numero di volte
ch eil cliente ha effettuato l’acquisto)
- BRAND EQUITY
= capitale di marca. Ossia l’insieme di attività e passività legate a una marca che aggiunge valore o
sottrae valore a un prodotto/servizio di un’impresa e ai suoi clienti. Può essere definita e misurata
secondo una triplice prospettiva:1) prospettiva finanziaria definisce il capitale di marca come un
asset(elemento attivo) che può essere venduto separatamente o incluso in una voce distinta del
bilancio dell’impresa 2) prospettiva manageriale enfatizza la forza di una marca, intesa come
differenziale di prezzo che i consumatori sarebbero disposti a spendere per un prodotto branded
rispetto a un prodotto unbranded 3) prospettiva costumer-based associa il capitale di marca alle
percezioni cognitive e affettive dei clienti.

Le metriche del marketing relative alla performance competitiva dell’impresa riguardano la misurazione
del VANTAGGIO COMPETITIVOeventuale superiorità dell’impresa rispetto ai concorrenti.

Le principali variabili intermedie che l’impresa monitora sono

- PRICE POSITION
Nella propria strategia di marketing l’impresa definisce e persegue l’appartenenza a una fascia di
valore nonché un determinato posizionamento di prezzo rispetto ai brand concorrenti. La price
position si configura quindi come un obiettivo da monitorare in modo particolare quando esso è di
tipo premium o di convenienza
- CONSIDERATION
= inclusione della marca nel set di marche che i consumatori conoscono e considerano nel
momento dell’acquisto. Un ulteriore step conoscitivo è costituito dal passaggio tra consideration e
share of mind (quota di mente) nel momento in cui la marca passa dall’essere una delle tante a
essere la prima scelta dei consumatori
- SHARE OF MIND
= quota di mercato potenziale dell’impresa in quanto il prodotto-marca rappresenta la prima scelta
all’interno del mercato di riferimento. Qualora la share of min fosse maggiore della quota di
mercato il potenziale della marca risulterebbe sottoutilizzato al contrario, qualora la share of mind
risultasse minore della quota di mercato è probabile che latri fattori legati alla marca in esame
incidano positivamente sulle vendite.

Le metriche di risultato finale che l’impresa monitora sono costituite da

- QUOTA DI MERCATO
= uno dei principali indicatori della performance competitiva dell’impresa. Si definisce quota di
mercato assoluta il rapporto tra l’ammontare delle vendite dell’impresa e le vendite complessive
rilevate nel mercato di riferimento. I termini del rapporto sono generalmente espressi o in valore
(unità di misura monetaria) o in volumi (unità, chilogrammi, litri etc) Se la QM in volume è maggiore
di quella in valori l’impresa pratica dei prezzi inferiori rispetto alla media di mercato. Viceversa se la
QM in volume è minore di quella in valore l’impresa pratica prezzi superiore rispetto alla media di
mercato. Infine se l’allineamento tra QM in volumi e QM in valori avviene per tutte le imprese che
occupano il mercato allora vi è una tendenziale omogeneità di prezzo e la competizione avverrà su
basi diverse da quelle del prezzo.
Quota di mercato relativa rispetto al leader dominante = ammontare delle vendite dell’impresa in
rapporto alle vendite dell’impresa leader del mercato in considerazione
Quota di mercato relativa rispetto al leader = ammontare delle vendite dellimpresa in rapporto alle
vendite die primi due o tre concorrenti principali
- GRADO DI COPERTURA ponderata
= rapporto fra gli acquisti totali della categoria di prodotto effettuati dai clienti dell’impresa N e le
vendite totali della categoria di prodotti nel mercato di riferimento
- GRADO DI PENETRAZIONE
= esprime le vendite della marca N in rapporto alle quantità totali della categoria di prodotto
acquistate dai clienti dell’impresa N. rappresenta la quota di mercato* dell’impresa

*la quota di mercato come indicatore della performance dell’impresa-prodoto-marca permette di valutare
se l’impresa sta acquisendo o perdendo potere rispetto alla concorrenza e può essere calcolata in modo
abbastanza facile e in tempi rapidi grazie alle rilevazioni degli istituti di ricerca (Eurisko, Nielsen etc) o dei
distributori

Gli indicatori circa la dimensione economico-finanziaria forniscono invece informazioni circa l’efficacia e
l’efficienza delle decisioni e delle attività di marketing dell’impresa.

Gli indicatori della dimensione economico-finanziaria possono essere distinti intermedi

- PREZZI DI VENDITA
- COSTI COMMERCIALI E DI MARKETING
= sono gli oneri che l’impresa deve sostenere per definire e attuare le proprie strategie politiche
commerciali e di mercato. Si distinguono in 1) costi fissi 2) costi variabili

Nell’area economico-finanziaria l’inidcatore di performance dell’impresa per antonomasia è costituito dalle


vendite. Il volume delle vendite riveste una particolare importanza in quanto deriva 1) dal raggiungimento
del punto di pareggio (= break-even point al cui raggiungimento i ricavi coprono i costi e a partire dal quale
ogni vendita aggiunta genera un margine di profitto per l’impresa) 2) quota di mercato detenuta 3) ritorno
degli investimenti commerciali e di marketing etc.

E indicatori di risultato finale

- RICAVI
- MARGINI
= indicatori di redditività che esprimono la differenza tra gli elementi positivi del conto economico e
i costi a diversi livelli. 1) valore lordo delle vendite (Gross Sales Value / GSV)  calcolato
moltiplicando il prezzo di listino lordo di ogni singolo prodotto venduto per i volumi di vendita del
prodotto stesso nel periodo di riferimento 2) fatturato netto (Net Sales / NS) rappresenta il primo
margine rilevante per l’impresa dal fatturato lordo vengono dedotti gli sconti/buoni commerciali
corrisposti ai clienti/consumatori per massimizzare le quantità vendute (tali sconti possono essere
1) contrattuali stabiliti in % sul venduto, specifici per ogni singolo cliente e invariati per tutto il
periodo di tempo contrattuale 2) promozionali riferiti cioè a uno specifico
prodotto/brand/categoria, a uno specifico cliente e a uno specifico periodo di tempo) Partendo dal
NS vengono dedotti il costo del venduto (= tutti i costi di produzione del prodotto) e i costi di
logistica (= tutti i costi che servono per rendere disponibili il prodotto ai consumatori)
Il Profit Befor Indiret / PBI è l’ultimo margine che si può calcolare in modo diretto sul singolo
oggetto di controllo: categorai, brand, prodotto, canale. L’ultimo margine su cui il product manager,
il brand manager e il marketing manager hanno un’accountability in larga parte diretta. Da qui in
avanti i costi hanno natura indiretta e possono essere attribuiti al singolo soggetto di controllo solo
attraverso parametri di allocazione con possibili effetti di distorsione
- INDICI DI RENDIMEMENTO ???

La marketing score card non riesce però a risolvere appieno le difficoltà di stabilire in maniera oggettiva la
relazione di causa-effetto tra le specifiche azioni di marketing e i relativi risultati. Tale difficoltà ha origine
da tre problematiche

- Concomitanza di fattori di contesto


= richiama la difficoltà di discriminare quanto i miglioramento di outcome aziendale derivi da
operazioni di marketing poste in essere dall’azienda piuttosto che da fattori di contesto favorevoli
- Concomitanza di molteplici attività di marketing
= richiama la difficoltà di stimare il contributo specifico di ciascuna attività sui risultati aziendali
- Dilatazione nel tempo degli effetti derivanti da azionid imarketing e la conseguente difficoltà di
misurare la relazione causa-effetto tra risorse investite e ricavi ottenuti.
Effetto lag = differimento temporale tra il momento in cui l’attività di marketing viene posta in
essere e il momento in cui si verificano i risultati ottenuti
Effetto carry over = attività di marketing pregresse che ancora manifestano i propri effetti nel
tempo
CAP XVI

L’economia digitale nasce e si sviluppa con la diffusione delle Information and Communication Tecnologies
(ICT) le quali offrono alle organizzazioni e agli individui capacità di elaborazione e di comunicazione delle
informazioni sempre maggiori e a costi discreti. Cambiando radicalmente le modalità attraverso le quali le
imprese fanno business. L’approccio al business e al marketing digitale può essere concepito attraverso
diversi livelli;

- CORE  quando coincide con la strategia di marketing complessiva


- STRATEGICO  quando l’impiego delle ICT consente di innovare profondamente la product offering
- TATTICO  integrando operativamente alcune funzionalità di carattere informativo offerte dalle
ICT

Nell’ ambito del processo di creazione di valore per l’acquirente online la prima cosa da fare è quella del
posizionamento online, che determina il collocamento della product offering digitale negli schemi cognitivi
degli utenti. Il posizionamento online avviene su due livelli tra loro gerarchici (per accedere alle offerte
occorre prima accedere al sito web/app) coerenti e reciprocamente autonomi sebbene in un disegno
integrato:

1) ONLINE POSITION ING(a livello di sito web/mobile/app/social)


2) E-COM POSITIONING (a livello di prodotto/servizio)

Il posizionamento online è generato dal mix delle 3C che caratterizzano il profilo dell’offerta online

- CONTENUTO
= insieme delle informazioni e dei servizi forniti all’interno del sito web/app/social
- COMMERCE
= la parte legata alla transazione online
- COMMUNITY
= la parte di presenza online dedicata all’interazione sociale che permette ai navigatori di chattare,
usufruire di blog etc creando dibattiti, circolazione di idee, opinioni, pareri onli (BUZZ) grazie al cui
monitoraggio le imprese possono cogliere spunti utili all’accrescimento del valore delle proprie
product offering. Esistono diverse tipologie di community:
1) COMUNITA VIRTUALI DI CONSUMO
Individui accomunati dai medesimi interessi sono orientati a condividere le rispettive esperienze
di acquisto/consumo.
Si divide a sua volta in:
- COMUNITA DI SUPPORTO DEI PROCESSI DI TRANSAZIONE
Agevolando le operazioni di commercio elettronico, ovvero facilitando le attività di acquisto e
vendita dei prodotti e servizi così come lo scambio di informazioni
- COMUNITA DI INTERESSE
Aggregazioni di individui volti a approfondire tematiche comuni, scambiarsi informazioni su
argomenti specifici, mantenersi aggiornati
- COMUNITA DI FANTASIA
Gravitano nell’area dell’entertainment
- COMUNITA DI RELAZIONE
Volte a creare un tessuto d’interazioni con gli altri utenti della rete attraverso la condivisione di
esperienze e la creazione di forti legami sociali
2) IMPRESE COME COMUNITA
Basate su reti internet volte a favorire lo scambio di conoscenze per ottimizzare i processi
3) COMUNITA PREFESSIONALI ONLINE
Volte a accogliere individui con competenze specifiche nell’ambito di un determinato settore
4) COMUNITA VERTICALI SETTORIALI
Distretti industriali volti a consentire più efficienti modalità di comunicazione tra aziende
appartenenti al medesimo settore

Le 3C richiedono lo sviluppo di alcune competenze critiche:

- Editoriali per il contenuto


- Di marketing, logistiche e tecnologiche per il commerce
- Di entertrainment e custode relantiship management per la community

Con lo sviluppo delle ICT emergono nel consumatore una serie di nuovi benefici desiderati che si affiancano
a quelli tradizionalmente legati al prodotto, come: difesa della propria privacy, sicurezza nelle transazioni,
velocità nei download, efficienza nella navigazione web etc  la strategia di contenuto online, attraverso
la quale l’impresa comunica il posizionamento che intende perseguire, deve perciò considerare
attentamente questi bisogni degli utenti.

Il product concept può anche essere rappresentato come un insieme di ATTRIBUTI (= proprietà di un
prodotto) dal cui complesso derivano PRESTAZIONI e dunque valore del prodotto. L’acquirente ricerca nel
prodotto una varietà di attributi che ne determina l’utilità complessiva. I BENEFICI rappresentano invece
tutto ciò che gli attributi fanno per risolvere i problemi o incontrare uno specifico bisogno dell’utente. In
altri termini i benefici sono ciò che gli attributi producono a vantaggio dello user. Le tecnologie digitali
amplificano i benefici offerti al consumatore in innumerevoli modi, rivoluzionando così le strategie di
marketing.

La MARCA svolge anche e soprattutto nell’online, una funzione di garanzia del prodotto.

BRANDING ONLINE = sviluppo della brand reputation sulla rete, operato attraverso tutta la strumentazione
digitale.

Se un passaparola positivo può rilevarsi una forma di comunicazione/pubblicità gratuita per un’azienda, la
diffusione di opinioni negative può rappresentare un serio rischio per l’immagine stessa del brand. Per
questo motivo è fondamentale che le aziende svolgano costantemente un monitoraggio delle discussioni
online. Svolgendo quest’attività in maniera costante nel tempo è possibile

- Costruire indicatori della reputazione online dell’azienda


- Conoscere il livello di soddisfazione della clientela
- Aumentare la competitività del brand
- Pianificare strategia per aumentare la notorietà del brand
- Reagire in maniera tempestiva ai feedback negativi

La rivoluzione digitale porta al superamento delle asimmetrie informative tra produttore e consumatore,
consentendo a quest’ultimo un potere sempre più crescente. Questo progressivo spostamento di potere
(costumer empowerment) rappresenta senza dubbio una tra le più grandi innovazioni con la quale il
marketing dovrà sempre più fare i conti  il collaborative marketing si basa sulla partecipazione del cliente
alla progettazione del prodotto, permettendogli di diventare un vero co-produttore. L’approccio one-to-
one in generale limitato alla produzione artigianale, trova così possibilità di applicazione estensiva.

Il commercio elettronico (E-commerce) si riferisce all’insieme delle transizioni per la commercializzazione


di beni tra produttore e consumatore realizzate tramite internet. L’ E-commerce rappresenta la seconda C
della formula con cui la rivoluzione digitale contribuisce alla creazione di valore della product offering.
Questo avviene attraverso:

- GLI INFOINTERMEDIARI
= operatori che affiancano i tradizionali intermediari e gestiscono l’informazione alla base del
processo d’acquisto del prodotto/servizio agevolando lo scambio e aumentando il reach (= numero
massimo di contatta raggiungibili) e la profondità e ricchezza dell’informazione nelle product
offering (richness) nonché la relazione con i clienti.
Gli infointermediari dell’economia digitale possono essere classificati in:
1) SERVICE PROVIDER
Porte di accesso tecnologico al mondo virtuale. Svolgono la funzione di connessione della
tecnologia locale del consumatore con quella della rete
2) PORTALI ORIZZONTALI
Sono le porte d’accesso informativo e detengono le informazioni per dirigere gli utenti su
specifici indirizzi
3) PORTALI VERTICALI
Il loro vantaggi ocompetitivo è rappresentato della profondità dei contenuti e dal
consolidamento delle relazioni nel tempo per poter successivamente ampliare l’offerta dei
servizi.
4) VISUAL MARKETPLACE
Mercati virtuali che consentono l’incontro tra la domanda e l’offerta. Svolgono un’operazione di
aggregazione degli operatori
5) E-TAILER
Retailer del mondo online
6) AUCTIONER
= aste. Sono volte a mettere in competizione tra loro più clienti e/o fornitori
7) COMUNITA VIRTUALI
Aggregazioni sociali che emergono nel cyberspazio quando un gruppo di persone sviluppa
discussioni pubbliche su tematiche di interesse, creando reti di relazioni personali

- SITI/APP CHE CONSENTONO L’ACQUISTO ONLINE

L’e-commerce modifica anche l’ambiente di consumo accrescendo il numero dei punti vendita a
disposizione e perciò ampliando le possibilità di accessibility e approfondendo le possibilità di scelta
effettiva d’acquisto ampliando le fonti di appeal della product offering.

Una prima distinzione dei modelli di e-business riguarda se il modello è esclusivamente online(pure-play
model) o se rappresenta un estensione del canale offline (click-and-mortar model) Distinguiamo poi diversi
tipi di commercio elettronico a seconda della modalità di transizione:

- BUSINESS TO BUSINESS
- CONSUMER TO BUSINESS
- CONSUMER TO CONSUMER
- BUSINESS-TO-EMPLOYEE (B2E)
= creazioni di una rete extra-buisness che permette alle aziende di fornire prodotti e/o servizi ai
propri dipendenti
- G2X-X2G
= riguarda le transizioni in cui partecipa il governo e le sue istituzioni. Questa categoria si declina in:
B2G, C2G, G2C, G2G, G2E, G2B

Evoluzione dell’ e-commerce tradizionale è rappresentata dal mobile commerce (M-COMMERCE= si avvale
di dispositivi mobile per lo svolgimento di transazioni, acquisto e pagamento)

La C di commerce trova nella variabile PREZZO un fondamentale strumento di supporto. Il venditore grazie
alla tracciabilità e riconoscibilità del cliente, ha la possibilità di operare scelte di discriminazione di prezzo,
adeguandoli al profilo e/o al comportamento previsto del cliente.

- STRATEGIA FIXED PRICING = il venditore definisce in modo omogeneo il prezzo per ogni acquirente
1) PRICE LEADERSHIP
Il price leader è il prezzo più basso d’ingresso in una particolare categoria sia online che offline.
2) PROMOTIONAL PRICING
Molti retailer online definiscono prezzi promozionali per incoraggiare il primo acquisto, o la
ripetizione di acquisto o chiudere i saldi

- STRATEGIA DYNAMIC PRICING = definizione dei prezzi in base al consumatore, quindi avremo prezzi
differenziati in base alle circostanze nelle quali il prodotto viene acquistato e un rapido
aggiornamento dei prezzi al variare delle condizioni di produzione
1) SEGMENTAZIONE DI PREZZO
La segmentazione del prezzo a livello individuale è molto più facile nel mercato online, grazie a
software sofisticati le imprese sono capaci di definire le regole e effettuare cambiamenti di
prezzo veloci. Utilizzando poi i cookie files i venditori online riconoscono l’utente e sono in
grado di personalizzare offerte e prezzi. Questa strategia è efficace quando il mercato è
facilmente segmentabile e i diversi tipi di prezzo evidenziano reali differenze e percezioni del
valore del prodotto da parte di uno specifico segmento
2) NEGOZZIAZIONE DEI PREZZI E AUCTION
Il prezzo è definito in più fasi successive, caratterizzate da conseguenti trattazioni.

CAP XVII

La COMUNICAZIONE D’IMPRESA comprende un insieme di attività che nutrono le azioni biunivoche tra
l’impresa e i suoi pubblici interni e esterni, con l’obiettivo di attivare contratti, gestire i rapporti, creare e
mantenere la fiducia etc. tutto ciò che consente all’impresa di vivere interagendo con il suo ambiente
partendo dalla diffusione del valore intrinseco oggettivo dell’impresa o della product offering. La
comunicazione d’impresa si articola in quattro macroaree:

- COMUNICAZIONE DI MARKETING
Rivolta ai clienti (attuali/potenziali/intermedi/finali) con l’obiettivo di strutturare e potenziare le
relazioni con il mercato e diffondere il valore dell’offerta aziendale evidenziando la sua capacità di
soddisfare i bisogni dei target prescelti. 1) sul piano cognitivo opera fondamentalmente sul grado di
notorietà del brand system e sulla conoscenza delle caratteristiche dell’offerta. 2) sul piano
affettivo determina l’insorgere di atteggiamenti e/o preferenze promuovendo la consideration
(=quando una marca viene considerata all’interno di un set di opzioni d’acquisto) 3)dal punto di
vista comportamentale gli esiti della comunicazione di marketing si spostano sul piano dell’azione,
assumono finalità di stampo persuasivo e riguardano anzitutto l’influenza sulla decisione d’acquisto
e sul comportamento post-acquisto
- COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE o CORPORATE COMMUNICATION
È indirizzata a tutti i pubblici/stakeholders dell’impresa al fine di tenere alta la reputazione
dell’impresa e di ottenere atteggiamenti favorevoli e consenso da parte dei suoi interlocutori
economici, sociali e istituzionali. ha l’obiettivo di trasferire agli stakeholder gli elementi qualificanti
della corporate identity (= insieme degli aspetti sulla base dei quali l’impresa vuole essere
riconosciuta e che devono qualificarne le scelte) andando a determinare la corporate image
(=percezione che gli interlocutori dell’impresa maturano riguardo all’essenza dell’impresa stessa)
- COMUNICAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
Diretta ai portatori di risorse finanziarie (azionisti, soci etc) con lo scopo di esplicitare l’affidabilità
dell’impresa e la sua capacità di operatore economico capace di generare valore
- COMUNICAZIONE ORGANIZZATIVA-GESTIONALE
Riferita ai soggetti che sono coinvolti direttamente (personale) o indirettamente (fornitori,
distributori etc) nella gestione dell’impresa, con l’obiettivo di consolidare e diffondere i valori guida
e la cultura aziendale.

L’agire comunicativo delle imprese può scaturire da una pianificazione od hoc (comunicazione dleiberata*)
o da processi di varia natura (comunicazione non deliberata)

* COMUNICAZIONE DELIBERATA = iniziative pianificate rivolte a un target definito, con un obiettivo


specifico, realizzate attraverso strumenti, mezzi e/o veicoli tipici della comunicazione d’impresa (sito
ufficiale, comunicato stampa, campagna pubblicitaria etc)

Accanto poi all’agire comunicativo dell’impresa si collocano flussi informativi provenienti da fonti esterne
ma riferiti all’impresa (comunicazione SULL’ impresa). Compito del management è proprio quello di
realizzare processi comunicazionali efficenti e efficaci garantendo la coerenza tra comunicazione deliberata
e non deliberata.

[ I processi comunicazionali possono suddividersi in 3 modelli: MODELLO LINEARE modello base della
comunicazione ideato negli anni 50 per spiegare il fenomeno degli strumenti di comunicazione a distanza.
Prevede 2 fasi: il processo viene attivato da una fonte emittente che ha un obiettivo di comunicazione nei
confronti di uno specifico target, costituito da uno o più riceventi. La fonde codifica un messaggio e sceglie
il canale attraverso il quale farlo pervenire al destinatario. Questi una volta ricevuto il messaggio lo elabora
decodificandolo e dandogli un determinato significato. Poi genera una risposta. Alla fine la fonte emittente
cercherà di misurare la risposta del destinatario ottenendo il feedback dell’azione comunicativa attivata. Si
tratta di una comunicazione one-to-may impersonale, unidirezionale e standard. MODELLO A DUE
IMPUT tiene in considerazione l’influenza che determinate categorie di persone possono avere sul
processo comunicativo (opinion leader con alta reputazione sulla tematica considerata ,opinion former
coinvolte professionalmente nella stessa) MODELLO INTERATTIVO i ruoli di emittente e ricevente si
confondono, in un flusso comunicativo bidirezionale che prevede un’interazione circolare ]

I processi comunicazionali dell’impresa vengono declinati attraverso il MARKETING COMMUNICATION MIX


caratterizzato da due elementi costitutivi fondamentali: gli strumenti e i mezzi.
Gli strumenti costituiscono le modalità attraverso le quali l’impresa raggiunge il proprio target di
comunicazione, veicolando i messaggi attraverso un mezzo, gli strumenti di marketing sono:

- PUBBLICITA
- PUBBLICHE RELAZIONI
Le pubbliche relazioni (PR) riguardano la gestione delle relazioni tra l’impresa e i suoi stakeholder
allo scopo di sviluppare la sua credibilità nell’ambiente di riferimento (corporate public relations)
Dunque sono lo strumento principe delle corporate communication. Accanto a questo ruolo
primario svolgono anche una funzione di supporto al marketing mix poiché partecipano alla
promozione di marche e prodotti verso specifici pubblicii di riferimento come stampa, opinion
leader, istituzioni etc
- PROMOZIONI
- DIRECT MARKETING
È uno strumento di comunicazione volto a interagire con il target definito in modo diretto
interattivo e personalizzato, ottenendo risposte misurabili. Avvalendosi di un’ opportuno database
commerciale (= archivio digitale dove vengono archiviate e organizzate tutte le informazioni sui
clienti e sui prospect= clienti potenziali) il DM consente di importare campagne pubblicitarie di tipo
narrowcasting ovvero caratterizzate da un elevato livello di personalizzazione fino a arrivare al one-
to-one marketing. Il DM si prospetta come un eccellente approccio per attuare le seguenti
strategie:
- Acquisizione di nuovi clienti
- Venidta di prodotti di maggior valore (upp selling)
- Vendita di prodotti/servizi complementari (cross selling)
- Mantenimento del cliente

Viene applicato attraverso diversi mezzi (anticipatamente si procede alla richiesta preventiva al
destinatario del permesso per attivare la relazione)

- Direct mail (invio postale di corrispondenza commerciale)


- Email marketing
- Telemarketing (contatto attraverso mezzo telefonico)
- Tv digitale
- Mobile marketing
- Word Wide Web

- VENDITA PERSONALE
- ALTRI (punto vendita, packaging, comunicazione non convenzionale etc)

Date le loro caratteristiche distinte ma complementari, una campagna di comunicazione efficace prevederà
necessariamente l’utilizzo congiunto di un mix di strumenti.

La COMUNICAZIONE DI MARKETING ha conosciuto negli ultimi anni profonde trasformazioni, dovute


all’evoluzione tecnologica di internet in particolare che apre l’impresa verso opportunità inedite per
quanto riguarda sia i mezzi a disposizione sia il rapporto con il consumatore.
- La communication mix viene sempre più indirizzata verso la gestione della relazione con il
consumatore, in un’ottica partecipativa
- Gli investimenti pubblicitari mostrano crescenti problemi di efficacia, in funzione al
sovraffollamento dei mass media. Si osserva pertanto lo spostamento degli investimenti verso
strumenti e mezzi maggiormente capaci di raggiungere i target specifici come il direct marketing o il
one-to-one marketing (passaggio dal broadcasting =comunicazione rivolta a un pubblico ampio e
indistinto al narrowcasting)
- Il consumatore partecipa in modo attivo al processo comunicativo generando propri contenuti fino
a costruire direttamente le caratteristiche del prodotto (consumatoreprosumer)
- Si da sempre più rilevanza ai driver emozionali del consumo, l’offerta diviene un’esperienza
d’acquisto costruita su diverse dimensioni: sense (percezione sensoriale) feel (emozionalità) etc
- In ambiente social i contenuti della comunicazione vengono sviluppati dagli utenti stessi in maniera
diretta e molto spesso fuggono dal controllo delle imprese (user generated content= contenuti
generati dagli utenti) le conversazioni orizzontali tra utenti si sovrappongono a quelle pianificate
dall’impresa occorre ascoltare, analizzare e partecipare cercando di amministrare al meglio i flussi
comunicazionali a proprio favore

Si assiste a una vera MEDIA REVOLUTION dove i media tradizionali pur mantenendo un ruolo
fondamentale, sono affiancati da innumerevoli nuovi mezzi dalle caratteristiche sempre più attraenti che
vantaggiose tanto per l’impresa quanto per gli utenti

- PAID MEDIA
Comprendono le forme di pubblicità classica above-the-line (tv, radio, stampa) le forme della
pubblicità online (banner, interstitials etc) e il product placement.
- OWNED MEDIA
Mezzi di proprietà dell’impresa da essa quindi gestiti in piena autonomia (sito aziendale, pagina
aziendale sui social, canale youTube, newsletter, mailing etc)
- SOLD MEDIA
Sono parte degli owned media che eventualmente l’impresa può vendere a terze parti. Un mezzo
proprietario caratterizzato da un ampio traffico e rivolto a un target specifico può risultare
d’interesse per un impresa inserzionista che pertanto potrà acquistare degli spazi al suo interno.
- EARNED MEDIA
Ambienti di comunicazione many-to-many all’interno dei quali l’impresa o la marca viene citata e
commentata dagli utenti (social network, blog, community )

CAP XVIII

La pubblicità è una forma di comunicazione non personale nella quale un inserzionista ben identificato
acquista uno spazio per trasmettere un messaggio a un pubblico definito attraverso uno o più media. È lo
strumento più importante del marketing communication mix e tutt’oggi assorbe la maggior parte degli
investimenti in comunicazione delle imprese. Si possono distinguere:

- PUBBLICITA INFORMATIVA
Ha lo scopo di generare interesse, desiderio, notorietà in moda da stimolare l’acquisto. I contenuti
si concentrano sui benefici distintivi del bene/servizio sull’eccellenza e sulle sue specifiche
funzionalità. È opportuna nel caso di lancio di un prodotto fortemente innovativo o complesso
- PUBBLICITA D’IMMAGINE
È concentrata sulla marca sia a livello corporate che di prodotto. i contenuti di questo tipo di
pubblicità saranno ricondotti ai valori chiave e simbolici del brand
- PUBBLICITA PROMOZIONALE
Obiettivo è quello di stimolare una risposta comportamentale da parte del destinatario: l’acquisto,
l’adesione a iniziative, eventi ect è capace di stimolare in un arco di tempo ristretto la cosidetta call
to action

Pubblicità comparativamodalità attraverso la quale un impresa promuove i suoi prodotti mettendoli a


confronto con quelli dei concorrenti che possono essere citati in maniera esplicita o meno. In Italia questo
tipo di pubblicità è ritenuta lecita solo se non è ingannevole ma nella prassi viene usata raramente in
quanto può implicare ripercussioni negativa sia di ordine strategico che di ordine giudiziario. Nei paesi
anglossassoni e negli USA essa tuttavia registra una discreta diffusione esempio più noto COCA-COLA e
PEPSI sono da anni che combattono a colpi di creatività comparativa.

La CAMPAGNA PUBBLICITARIA si colloca all’interno di un piano di marketing e di un piano di


comunicazione più generale. Si sviluppa in più fasi e prevede il coinvolgimento di più professionisti:
anzitutto, l’impresa inserzionista deve definire gli obiettivi di marketing e di comunicazione della
campagna, qualificarne il target (ossia i destinatari) attraverso quali mezzi e a quli costi. L’impresa
formalizza tutti questi elementi strategici in un documento BRIEF che ha lo scopo di indirizzare l’agenzia
pubblicitaria. Sulla base del brief l’agenzia pubblicitaria sviluppa una strategia creativa attraverso le figure
del art director (che si occupa della parte grafica) e del copy writer (che si occupa della parte
testuale/verbale) la strategia creativa può far leva su argomentazioni di carattere logico-razionale (qui si
colloca lacopy strategy secondo la quale devono essere identificati la reason why del prodotto,il tone e la
supportino evidence attraverso l’affermazione della USP unique selling pro position ossia sull’affermazione
di un elemento di unicità o di superiorità della marca che può essere supportato e argomentato
formalmente) oppure se leve di carattere simbolico e emozinale in questo caso ci sarà la unique emoziona
pro position UEP un elemento di unicità dell’offerta basato su elementi evocativi e simbolici. Una volta
definita la strategia creativa occorre procedere all’effettiva realizzazione dei messaggi nelle forme
prestabilite. Contestualmente alla strategia creative viene messa a punto una STRATEGIA MEDIA*. Il
processo si conclude con un’attività di controllo operativo sulla corretta attuazione della campagna e con
un controllo dei risultati raggiunti, per verificare la loro conformità o meno agli obiettivi previsti.

 La scelta dei media e dei veicoli da utilizzare è un’attività fondamentale per l’attuazione di una
campagna pubblicitaria di successo. I messi scelti devono avere:

- La capacità di raggiungere il target in modo efficiente


- Essere in grado di veicolare il messaggio in modo efficace
- Avere dei costi adeguati al budget aziendale

Molto spesso l’azienda inserzionista fa ricorso alle competenze di un centro media (=agenzia specializzata
che detiene il know how sul panorama dei mezzi e veicoli disponibili sulle loro caratteristiche etc) che
definisce il media mix . I mezzi della pubblicità sono i classici mass media (televisione mezzo principe
della pubblicià capace di raggiungere a poco prezzo e in tempi rapidi un audience ampia lato negativo: non
permette una puntuale selezione del target; radioelevata penetrazione e frequenza di contatto;
stampa è il mezzo che sta subendo più pressioni competitive. Ha un’elevata autorevolezza, velocità di
penetrazione e flessibilità dal punto di vista geografico ma ha un elevato costo e una rapida “usura”; aou of
home riassume al suo interno diverse forme di affissione: affissione esterne = quelle stradali vengono
fatte attraverso cartelloni di varia grandezza, affissioni dinamiche= realizzate su mezzi di trasporto pubblici,
formati speciali= cartelloni fuori misura, allestimenti a edifici o mezzi di trasposto etc; cinema proiezioni
di spot pubblicitari all’interno delle sale cinematografiche elevati costi e bassa copertura

Le promozioni comprendono un insieme di stimoli che vengono impiegati per influenzare il


comportamento d’acquisto del consumatore. Le motivazione base di questa tendenza sono molteplici:
minor reddito disponibile per i consumatori, maggior attenzione al prezzo, incremento dei livelli
concorrenziali etc.

- PROMOZIONI DI PREZZO  stimolano l’acquisto proponendo al consumatore il vantaggio


immediato del risparmio sul prezzo.
1) APPROCCIO HI-LOW
Al prezzo normale (HI) periodicamente si sostituisce il prezzo promozionale (LOW) per una
durata limitata e predefinita
2) APPROCCIO EVERY DAY LOW PRICE
Riposizionamento strutturale e permanente verso il basso dei prezzi in vendita, senza ricorso a
promozioni.

Principali modalità operative:

- OFFERTA SPECIALE
Temporanee riduzioni di prezzo espresse in forma percentuale (-30%)
- BUONI SCONTO
Erogazione di buoni per la riduzione del prezzo per un acquisto futuro del medesimo prodotto o di
prodotti diversi
- NxM
Prevedono l’acquisto di N unità di prodotto al prezzo di M
- FORMATI SPECIALI
Confezioni che contengono più prodotto al medesimo prezzo della confezione standard
- VENDITE STRAORDINARIE / SALDI
Riduzioni generalizzate dei prezzi di un’impresa commerciali realizzate in particolari periodi
dell’anno o per eventi speciali (chiusura o ristrutturazione)

- PROMOZIONI DI VALORE propongono vantaggi di varia natura relativi all’offerta del prodotto,
vengono realizzate per perseguire differenti obiettivi: stimolo alla prova, fidelizzazione etc.

Principali modalità operative:

- PREMI
Di fronte a un comportamento del consumatore questi riceve un premio costituito da un prodotto o
servizio o sconto aggiuntivo (si collocano in questa tipologia i LOYALTY PROGRAM = raccolte punti)
- CONCORSI
- OMAGGI
- Obiettivo: stimolo alla prova
- CHARITY
Iniziative promozionali che di fronte all’acquisto di un determinato prodotto prevedono il
conferimento di un contributo a causa benefica
Nel periodo antecedente alla promozione il trend normale delle vendite è definito. In prossimità
dell’avvicinarsi del periodo promozionale, se questo sia noto al mercato, è lecita una riduzione delle
vendite (EFFETTO ANTICIPAZIONE) Nel periodo promozionale si verificherà con ogni probabilità un
incremento del volume delle vendite, un certo quantitativo potrebbe scaturire dalla CANNIBALIZZAZIONE
di un prodotto della stessa impresa, che nel periodo viene venduto a prezzo pieno; l’effetto ricercato è
quello di indurre alla prova del prodotto nuovi consumatori o sottrarre consumatori alle marche
concorrenti. Al termine del periodo promozionale si attende una temporanea flessione delle vendite
dovuta al sovra stoccaggio realizzato dai consumatori nel periodo promozionale (EFFETTO DEPRESSIONE)
Subito dopo si potrà misurare la nuova tendenza delle vendite.

Di fronte alla moltiplicazione degli stimoli comunicazionali veicolati al pubblico e all’affollamento dei
media, la sfida fondamentale per l’impresa è riuscire a superare la soglia percettiva dei destinatari,
catturarne l’attenzione e stimolarli all’acquisto. Gli strumenti tradizionali manifestano in tal senso del limiti
sicchè le imprese fanno sempre più ricorso alle opzioni di marketing non convenzionale:

- VIRAL MARKETING
Reinterpreta in forma moderna una delle più antiche forme di comunicazione: il passaparola.
Quando il messaggio è efficace la diffusione dello stesso avviene automaticamente.
- GUERRILLA MARKETING
Strategia di comunicazione non convenzionale che grazie alla forza di un’idea creativa originale
sorprendente e veicolata in maniera sensazionale ha l’obiettivo di superare le barriere percettive
dei destinatari e di ottenere un’elevata visibilità con mezzi contenuti
- MARKETING TRIBALE
Azioni realizzate dall’impresa per supportare la costruzione e lo sviluppo di gruppi di persone (tribu)
non necessariamente omogenee per caratteristiche socio demografiche ma accomunate tra di loro
dalla condivisione di una forte passione per un prodotto, una marca etc
- MARKETING ESPERENZIALE
Fonda l’approccio al mercato dell’impresa sulla centralità dell’esperienza di consumo.

Le imprese oggi devono essere capaci a gestire la comunicazione di marketing integrando i mezzi tipici del
communication mix offline con i cosidetti media digitali. Con il termine di comunicazione di marketing
digitale si vuole intendere la comunicazione che nel perseguimento dei classici obiettivi cognitivi affettivi e
comportamentali utilizza i media digitali. La digitalizzazione rappresenta la causa fondamentale del radicale
cambiamento del tradizionale paradigma della comunicazione di massa. Si tratta di una vera e propria
evoluzione che introduce non solo nuovi elementi significativi ma anche opportunità rilevanti in termini di
maggiore reach (= ampiezza) richeness (=profondità) e engagement (=coinvolgimento)

I principali strumenti di comunicazione digitale che oggi vengono utilizzati nel perseguimento degli obiettivi
di marketing sono:

- SEARCH MARKETING
In senso ampio è da intendersi come l’insieme delle attività tecniche e pubblicitarie che consentono
al brand di ottenere la massima visibilità in rete attraverso l’utilizzo dei motori di ricerca
SEO= search engine optimization  grazie al SEO i contenuti digitali inerenti alla marca (testi del
sito web, video su youtube etc) vengono ottimizzati ossia costruiti in modo che i motori di ricerca
ne riconoscano la rilevanza e li presentino di conseguenza come primi risultati
SEM= serac engine marketing fa riferimento alla pubblicità veicolata tramite i motori di ricerca
che tipicamente prende forma negli annunci commerciali pertinenti alla query effettuata
dall’utente e che vengono visualizzati a destra della pagina risultato.
- ONLINE PR
Le attività di PR online comprendono sia l’ascolto, il monitoraggio e laddove necessario la
partecipazione alle conversazioni che si svolgono in rete e che hanno come oggetto il brand, sia lo
sviluppo id piattaforme (brand fanpage o corpotate blog) dove attrarre stakeholder sia ancora il
coinvolgimento digitale degl iinfluencer (blogger etc)
- MOBILE ADVERTISING
Pubblicità sui dispositivi mobili. Può assumere diverse forme:
- MOBILE BANNER e DISPLAY
Elementi grafici pubblicitari cliccabili e collegati a specifiche offerte o a pagine di marca
- MOBILE PAY-PER-CLIK
Simili annunci a pagamento come i mobile banner
- SOCIAL MEDIA MARKETING
Processo che consente agli individui/brand di promuovere i propri siti/prodotti/servizi attraverso
canali sociali e di raggiungere community più ampie di quella che raggiungerebbe tramite i
tradizionali canali pubblicitari. Ne sono un esempio i social network, i forum, i blog, i mondi virtuali
etc.

Il set degli strumenti del communication mix si completa con ulteriori elementi:

- PUNTO VENDITA
Da considerarsi in tutto e per tutto uno strumento di comunicazione essendo il luogo dove avviene
l’incontro tra domanda e offerta
- PACKAGING
=confezione del prodotto. ha un duplice valore: da una parte svolge a funzione tecnico-funzionale
in quanto consente di proteggere conservare e movimentare il prodotto, dall’altra svolge un
complesso ruolo comunicazionale poiché è parte integrante del prodotto lo presente al
consumatore esaltandone le qualità
- FIERE
=spazi economici collettivi sia B2B che B2C dove le imprese perseguono finalità di tipo commerciale
e comunicazionale
- PRODUCT PLACEMENT
=è una forma di comunicazione in cui i prodotti, packaging, brand name etc sono intenzionalmente
posizionati in contesti narrativi (film,telefilm..) in cambio di un corrispettivo monetario

CAP XIX

Il processo di modernizzazione e di concentrazione tecnica del sistema distributivo (=riduzione del numero
complessivo di esercizi dovuta all’apertura di punti vendita di grandi dimensioni) viene definito come
RIVOLUZIONE COMMERCIALE e prende forma con modalità e tempi differenti in base alle tipologie di beni
e ai mercati di riferimento. Innanzitutto la rivoluzione commerciale si manifesta nel settore dei beni di
largo consumo e di acquisto ripetuto, si estende poi ai settori dei beni durevoli con la diffusione di format
distributivi innovativi come le GSS (grandi superfici specializzate) o le category killer (=grande superficie al
dettaglio specializzata in una o in un gruppo di categorie funzionali ex. Trony o Decatlhon)
Sebbene le condizioni macroeconomiche per lo sviluppo del sistema distributivo si erano create già a
partire dagli anni ’60 in Italia le prospettive di crescita sono state frenate da una regolamentazione di tipo
restrittivo che nell’intento di conseguire obiettivi di tipo macroeconomico e sociale ha sacrificato
l’efficienza settoriale inibendo per lungo tempo il funzionamento dei meccanismi concorrenziali. La
rivoluzione commerciale non si esaurisce nel fenomeno di modernizzazione e concentrazione tecnica ma
implica anche la tendenza alla concentrazione economica (=concerne la distribuzione della quota di
mercato tra i diversi players)

Il processo evolutivo si è sviluppato in tre fasi fondamentali focalizzate su treparole chiave:

- EFFICIENZA ( I FASE)
Il sistema distributivo è soggetto a una trasformazione di tipo strutturale, con la competizione che
si sviluppa tra le diverse formule distributive e in particolar modo tra il canale tradizionale e quello
moderno (competizione intertype=si sviluppa tra formule distributive differenti come ipermercato
e supermercato) le innovazioni sono abbastanza basic in questa fase riferendosi soprattutto a
variabili come la convenienza, l’assortimento o il risparmi di tempo per il consumatore
- RELAZIONI ( II FASE)
Prende avvio quando il sistema distributivo raggiunge una certa maturità. A questo punto la
concorrenza tra insegne che gestiscono formule distributive del medesimo tipo è molto intensa w il
processo di innovazione si rivolge soprattutto ai processi relazionali con i diversi segmenti di
clientela. Le strategie si spostano verso l’ipersegmentazione del mercato e la differenziazione
dell’insegna commerciale. Le imprese della grande distribuzione organizzata (GDO)  micro
marketing= sviluppo di azioni di marketing a elevata focalizzazione, category management=
approccio gestionale focalizzato gestione interfunzionale della categoria. Le piccole e medie
imprese (PMI) cercano di perseguire recuperi di competitività attraverso un’interpretazione
innovativa delle variabili che tipicamente ne caratterizzano il modello di business
- CONVERGENZA (III FASE)
Di fronte alla maturità dei consumi e alla difficoltà di crescere nel business originario, si osserva
un’importante tendenza a innovare l’offerta commerciale estendendola a attività complementari
che diventano convergenti rispetto a quella di origine. Convergenza settoriale consiste proprio nel
processo attraverso il quale i confini tra settori mercati e esperienze dei consumatori tendono
progressivamente a dissolversi. Il fenomeno della convergenza ha natura competitiva e custode
based. Facendo leva sulla store loyalty e realizzando alleanze e accordi di collaborazione i retailer
posson perseguire strategie di sviluppo anche nell’ambito di business diversi da quello originario,
sottraendo clienti di altri settori attraverso una strategia one-stop shopping (= vuole massimizzare il
risultato del contatto con il potenziale acquirente nel punto vendita offrendogli un assortimento
ampio)

Accanto al fenomeno della modernizzazione si pone un altro fenomeno di grande rilevanza:


l’internazionalizzazione. Nonostante possibili limitazioni (ex diversità del quadro normativo e culturale dei
paesi) nel tempo il processo di internazionalizzazione della distribuzione sta assumendo sempre più rilievo
di fronte a situazioni di saturazione dei mercati o vincoli protezionistici alla crescita del mercato interno.

Il rapporto tra produttore e distributore all’interno di una configurazione di canale indiretto (= che
prevede più intermediari tra il produttore e il consumatore finale) può assumere caratteri diversi a seconda
che prevalgano condizioni di natura negoziale, collaborativa o conflittuale
- CANALI CONVENZIONALI
Costituiti da soggetti che operano nelle diverse fasi in modo separato e autonomo, mirando a
ottenere i massimi benefici dalle condizioni contrattuali di scambio.
- CANALI VERTICALI DI MARKETING
Sono composti da soggetti che operano in modo coordinato. I membri del canale si costituiscono a
sistema con l’obiettivo di gestire in modo sinergico il processo di generazione del valore per il
cliente finale
- CANALI CONTESI
Sono quelli dove i soggetti ch interagiscono nel canale di marketing esprimono un contrasto sulle
reciproche aree di influenza e sull’appropriazione del valore aggiunto

Il potere di un membro del canale è rappresentato dalla sua capacità di controllare le variabili su cui si
fondano le scelte strategiche e operative dell’altro soggetto, e di determinare le condizioni di scambio. Di
fronte a uno squilibrio di potere di mercato, il rapporto assume le vesti di collaborazione a senso unico,
una collaborazione imposta dal partner più forte.

[ ITALIA – SVILUPPO DEL CANALE GROCERY  I fase: anni 50. La leadership era detenuta dal grossista che
garantiva il coordinamento di tutte le attività realizzate all’interno del canale. I rapporti tra industria e
distribuzione erano regolati secondo un criterio di divisione del lavoro. II fase: crescono i consumi e si
sviluppa la produzione di massa. I produttori acquisiscono il governo dell’intero processo commerciale. III
fase: con la rivoluzione commerciale negli anni 80 si entra progressivamente in una fase dove il potere di
mercato acquisito dai distributori accostato alla loro crescita culturale e organizzativa determina un
mutamento di specie dei rapporti di canal, che si fanno sempre più conflittuali. A seguito dei cambiamenti
dovuti alla rivoluzione commerciale, la distribuzione è soggetta a una forte concorrenza orizzontale e
esprime proprie strategia sulla differenziazione dell’insegna, con l’obiettivo di conquistare la preferenza dei
consumatori a discapito dei concorrenti. I produttori non vedono più i loro prodotti tramite la distribuzione
ma alla distribuzione. Emerge l’esigenza per le imprese di affrontare due tipi di concorrenza: sul mercato
intermedio della distribuzione e sul mercato finale del consumo. (store loyalty vs brand loyalty) Con
l’affermarsi della globalizzazione, la crescente internazionalizzazione del trade e la crisi economica i
distributori acquisiscono una cultura e delle competenze manageriali e di marketing sempre più avanzate.
Si cerca di andare oltre le logiche competitive allo scopo di massimizzare il valore aggiunto generato dal
sistema.]

Il coordinamento tra i diversi componenti del canale si sviluppa secondo tre direttrici:

- Integrazione dei processi logistici e amministrativi


- Efficacia di mercato e la generazione della domanda
- I rapporti contrattuali-negoziali

1) STRATEGIA PUSH
= allocazione prioritaria degli investimenti di marketing al trade. Per questa via il produttore si
assicura la collaborazione dei distributori.
2) STRATEGIA PULL
= privilegia gli investimenti di marketing rivolti ai consumatori finali finalizzati prevalentemente a
rafforzare l’immagine di marca e a generare un atteggiamento di brand loyalty. In questo modo il
produttore ottiene la collaborazione con il distributore a seguito dell’esplicita richiesta del
consumatore.

Gruppi strategici clusterizzazione delle imprese della distribuzione commerciale in

- DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA (DO)  composta dai gruppo associativi delle piccole e medie
imprese

- UNIONI VOLONTARIE
= accordi promossi da uno o più grossisti nei confronti di commercianti al dettaglio o/e pubblici
esercizi che nascono con l’obiettivo di innovare e riconvertire l’attività di ingrosso tradizionale
attraverso una forma associativa di integrazione verticale a valle
- GRUPPI D’ACQUISTO
= associazioni tra dettaglianti volte a ottenere delle sinergie in taluni ambiti gestionali grazie
all’azione congiunta dei soggetti aderenti. Le funzioni svolte dai gruppi d’acquisto si sono evolute
nel tempo: in un primo momento con l’industria in una posizione dominante nel canale e dotata di
potere contrattuale maggioritario nei confronti dei distributori i gruppi d’acquisto si occupavano
prevalentemente di fare massa critica negli acquisti allo scopo di ottenere condizioni più
vantaggiose per i fornitori. Nella fase successiva l’azione si estende alla realizzazione di soluzioni
manageriali che consentano di migliorare l’efficienza e l’efficacia dei processi di gestione. Nella
terza fase nel contesto di un elevanta competitività orizzontalle tra insegne i gruppi d’acquisto
concentrano l’attenzione sulle relazioni con il mercato facendosi promotori di una politica d’insegna
comune per gli associati
- COOPERATIVE DI CONSUMO
Ambito dell’associazionismo commerciale. Come le cooperative di dettaglianti si caratterizzano per
le specificità di goverance del modello cooperativo (una cooperativa è un’insieme di persone che si
associa volontariamente per soddisfare i propri bisogni economici, sociali e culturali attraverso la
creazione di una società di proprietà comune e gestita secondo principi partecipativi  COOP
cooperativa di consumatori leader nella distribuzione commerciale in Italia con 1444 punti vendita
ipermercati (Ipercoop) supermercati (Coop) discount (Dico) CONAD cooperativa di dettaglianti 2938
imprese associate gestiscono supermercati (Conad) superette (Margherita) discount (Todis)

- GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA (GDO)

- GRANDE DISTRUZIONE NAZIONALE/INTERNAZIONALE (GD)


Composta dalle grandi imprese operanti su scala nazionale o internazionale dotate di
un’organizzazione succursali sta e multicanale (= un’organizzazione commerciale si dice
succorsalista quando la sua rete di vendita è composta da punti vendita di proprietà ossia
succursali)

- INDIPENDENTI
Imprese succursaliste di interesse regionale caratterizzate da un posizionamento rilevante nel
contesto geografico di riferimento.
CAP XX

L’obiettivo dell’attività di vendita è quello di costruire una relazione. Compito del sales manager è quello di
pianificare, dirigere e controllare l’attività di vendita nonché fare previsioni delle vendite, allocare le
risorse, gestire il budget, analizzare il comportamento dei clienti etc.

Il processo di vendita conta di più fasi

- PROSPECTING
Identificazione dei potenziali clienti e la loro classificazione secondo il livello di attrattività per il
fornitore
- PREPARAZIONE
Che conta una fase di pianificazione della visita (raccolta di informazioni sui clienti, definizione degli
obiettivi della visita, sviluppo di una strategia, fissazione di un appuntamento) e la fase del contatto
con il cliente
- PRESENTAZIONE
Momento in cui il venditore offre il prodotto/servizio. Enfasi attribuita a questa fase dipende dal
fatto che in genere questa parte della vendita è la più personale e dipende dalle abilità personali
del venditore
- FOLLOW-UP
La relazione con il cliente non finisce nel momento dell’acquisto anzi inizia in quel momento.
L’azione post-vendita possono migliorare l’uso del prodotto e quindi la soddisfazione.

L’ attività del sales manager è fondata su due pilastri:

1) La funzione di raccolta dei dati e informazioni esercitata dal venditore


2) La dotazione di adeguati supporti tecnologici (databese, software etc)

Così come il cliente può fare riferimento a fonti disponibili in qualunque momento dove rilevare tutte le
informazioni sull’azienda fornitrice, sui prodotti etc così anche il venditore può raccogliere in rete notizie
riguardanti l’azienda potenziale del cliente. Le tecnologie rendono sempre più stretta la relazione cliente-
fornitore ma fanno sorgere alcune minacce all’orizzonte come la possibilità dell’avvio di un processo di
DISINTERMEDIAZIONE dove si riducono le funzioni del venditore non solo nella distribuzione ma anche nel
processo di vendita.

VENDITORI = dipendenti diretti dell’azienda ai quali vengono affidati compiti di relazione con il cliente

AGENTI o RAPPRESENTANTI = professionisti indipendenti o organizzati in società che hanno una relazione
contrattuale con l’impresa la quale concede loro la rappresentanza dei propri prodotti nei mercati definiti
dal contratto stesso. Essi possono essere monomandatari ( operare cioè per conto di una sola impresa) o
plurimandatari (gestire quindi la vendita di più marche e prodotti appartenenti a più imprese)

La scelta tra le due soluzioni disponibili per la propria struttura vendita può basarsi su più criteri:

- Economici
I venditori diretti hanno una retribuzione fissa stipendiata nel caso dell’agente invece anche quando
gli si riconosca una quota fissa essa sarà sempre legata alla provvigione percentuale sulle vendite.
L’impresa quindi dovrebbe preferire la soluzione dei venditori interni quando preveda di
raggiungere un volume di vendite superiore al punto di equilibrio e dovrebbe scegliere gli agenti
esterni in caso di un fatturato previsto inferiore a tale punto critico
- Di andamento
Riguarda la possibilità di variare la dimensione della struttura di vendita in relazione alle dinamiche
di mercato
- Strategici
Si basano sulle caratteristiche dei prodotti e dei clienti e conseguentemente sulle funzioni
prioritariamente svolte dalla forza vendita
- Composizione dell’assortimento di vendita
Occorre valutare secondo questo criterio la capacità che l’impresa ha di offrire un assortimento di
prodotti o di vendite sufficiente a coprire i costi di un venditore diretto

KEY ACCOUNT MANAGER figura professionale inserita nella direzione vendite di un’impresa industriale
che ha l’obiettivo di gestire la relazione commerciale e le relative leve di trade marketing con uno o più
clienti commerciali.

Per determinare il numero ottimale dei venditori vi sono diversi metodi:

- Metodo A ESAURIMENTO
Si definisce un venditore medio come unità di vendita assumendo che ogni persona abbia lo stesso
potenziale produttivo
- Metodo DEL CARICO DI LAVORO
- Si fonda sulla valutazione dell’impregno in termini di tempo dedicato dal venditore per
l’ottenimento dei risultati di vendita
- Metodo del POTENZIALE DELLE VENDITE
Richiede una stima potenziale di vendita dell’impresa, basato sulle dimensioni del mercato di
riferimento sugli obiettivi aziendali e sulla quota di mercato desiderata

Un ulteriore aspetto relativo all’organizzazione della forza vendita riguarda il criterio secondo il quale essa
viene articolata:

- Organizzazione per aree geografiche


Soluzione più diffusa. Consente al venditore di acquisire una migliore conoscenza dell’ambiente, del
territorio e della clientela.
- Organizzazione basata sui tipi di clientela
Focalizzata sulle diverse richieste di adattamento alle necessità dei clienti che emergono dal
mercato
- Organizzazione per tipologia di prodotto
- Organizzazione per mercato
Si basa sulla considerazione che esistano diversità nelle attese e ne comportamenti dei diversi
mercati

La motivazione della forza vendita rappresenta un punto di potenziale fragilità di tutta la gestione
dell’attività di vendita. La motivazione dei lavoratori dipende da diversi fattori: soddisfazione nel lavoro,
sviluppo di carriera, retribuzione, riconoscimenti sociali etc. la struttura degli incentivi deve essere
correlata non solo alle vendite ma anche alla gestione della relazione con il cliente o all’acquisizione di
nuovi clienti. Ma cos’è che costituisce una retribuzione?
- Stipendio (forma retributiva fondamentale stabilita su base fissa indipendentemente dai risultati di
vendita)
- Commissioni (retribuzione variabile ancorata a risultati misurabili come le vendite)
- Premi/incentivi (pagamenti di somme una tantum come ricompensa o impegno straordinario)
- Gare/concorsi (ricompense in denaro o di altra natura legati a programmi per incentivare il
raggiungimento di risultati nel breve termine)
- Frige benefit (beni/servizi che servono per accrescere il senso di appartenenza)
- Rimborsi spese

Il piano di vendita si pone all’interno di un più ampio piano di marketing, focalizza la sua attenzione sulla
parte commerciale e è articolato in più fasi:

1) ANALISI DELLA SITUAZIONE


Raccolta delle informazioni si all’interno che all’esterno dell’impresa. Tre oggetti assumono
maggiore valenza: diverse caratteristiche sei clienti, classi di valore di appartenenza, costi di vendita
2) PREVISIONE DELLE VENDITE
Previsioni top down: realizzate dalla direzione commerciale dell’impresa
Previsioni bottom up: scaturiscono da valutazioni realizzate dalla forza vendita/distributori
3) DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI VENDITA
= i traguardi posti dall’organizzazione e forniscono ai venditori motivazione e orientamento per le
loro azioni di mercato, ovviamente gli obiettivi devono essere coerenti con la mission aziendale.
Quota di vendita = parte proporzionale di un totale di mercato che deve essere ottenuita in una
specifica ripartizione territoriale o di persone. Una buona quota deve avere tre requisiti: essere
raggiungibile con uno sforzo sfidante, facile da comprendere e completa. Le quote più utilizzate
sono:
Il fatturato (rappresenta l’obiettivo base dell’attività del venditore)
Quote di risultati economici (margine di contribuzione generato)
Quote clienti (raggiungimento degli obiettivi riguardanti il mantenimento dei clienti attuali o Quote
Quote di acquisizione di nuovi clienti)
I punteggi
Quote di attività (funzioni che il venditore dovrebbe compiere)
4) FORMULAZIONE DELLE STRATEGIE DI VENDITA
Strategia di costruzione: pone come obiettivo lo sviluppo del mercato
Strategia di mantenimento: prevede la consolidazione della propria posizione di mercato
Strategia di raccolta: prevede la riduzione dei costi di vendita e può essere dovuta dall’esigenza di
raccogliere risorse da ri-investire in altre aree
Strategia di disinvestimento: prevede l’abbandono del mercato
5) REDAZIONE DEL BUDGET
6) VALUTAZIONE E CONTROLLO DEI RISULTATI

CAP XX

Fino agli anni 90 le attività di marketing management erano indirizzate tutte verso la crescita della qota di
mercato e l’acquisizione di sempre più nuovi clienti. Negli ultimi tempi si è sentita l’esigenza di spostare il
fulcro delle attività dalla massimizzazione delle singole transizioni nel breve periodo e dalle pratiche del
marketing di conquista alla costruzione di un rapporto a lungo termine con i clienti in un ottica di
marketing relazionale nuova filosofia aziendale che pone i clienti al centro della gestione dei processi e
che attribuisce alla cusumer loyalty un ruolo preminente nelle strategie di marketing.

La situazione di massima praticabilità di un marketing fortemente orientato alla gestione di relazioni


personalizzate è quella che si presenta nelle imprese di servizi che gestiscono un numero di clienti poco
numeroso e che competono in mercati in fase di maturità o declino nel ciclo di sviluppo. (ecco perché i
maggiori programmi di fedeltà si hanno nelle compagnie aeree o in quelle alberghiere o ancora nel settore
delle catene distributive di carburanti)

Già a partire dagli anni 90 si è dimostrato analizzando il reddito medio per cliente, che la redditività
complessiva dell’impresa aumentava quasi esponenzialmente con l’aumentare della durata delle relazioni
che intratteneva con la propria clientela. In realtà non è da escludere che la fedeltà presenti “trappole” e
falsi miti da sfatare: non sempre i clienti più longevi generano minori costi rispetto a quelli più recenti così
come non è sempre vero che i clienti fedeli sono disponibili a acquistare pacchetti di prodotti (buddle) a
prezzi elevati o a generare buzz positivo etc

Se si è disposti a mappare i clienti in base alle variabili di redditività e di durata della relazione avremo
quattro diversi cluster su cui orientare diversi approcci:

- FARFALLE (elevata redditività ma breve durata relazionale) si andrà a consolidare il rapporto nel
tempo
- AMICI VERI (elevata redditività e lunga durata relazionale) sui quali si focalizzerà maggiormente
- ESTRANEI (scarsa redditività e breve durata relazione)
- SANGUISUGHE (scarsa redditività ma lunga durata relazionale)

Con il marketing relazionale un numero sempre più crescente di imprese è passato da una raccolta
sporadica delle informazioni a una orientata alla rilevazione e archiviazione sistematica dei dati in tutte le
fasi del ciclo di acquisto, utilizzando appositi strumenti gestionali denominati CUSTOMER DATABASE o
COSTUMER INFORMATION FILE. L’eterogeneità dei dati rappresenta però sia un vantaggio che un possibile
ostacolo per l’impresa per poter aggregare in maniera funzionale i propri clienti e le informazioni su di essi.
Proprio per risolvere questo problema è frequente che le imprese attuino processi avanzati di DATA
WAREHOUSING = integrazione omogeneizzazione dei dati elementari interni e esterni inerenti ai singoli
clienti. In particolare i DW devono essere focalizzati (ossia includere i dati relativi a un unico soggetto
anche se raggruppati in aree o temi ritenuti di interesse) in più deve essere integrato (garantire cioè che i
dati si presentino come omogenei in termini di codifica e formato) deve variare nel tempo (idoneo a non
includere solo i dati correnti ma flessibile a quelli futuri) e non volatile (in grado di archiviare i dati in
maniera stabile e non alterabile)

In base alle informazioni sulla clientela si vuole poter disporre di informazioni sul comportamento attuale e
atteso dei singoli clienti e stimare le probabilità che il cliente resti fedele nel tempo accrescendo il valore
complessivo generato. L’analisi dei clienti nel loro complesso è denominata ANALISI DEL PORTAFOGLIO
CLIENTI e può avvenire in diverse modalità che prevedono livelli di calcolo crescenti e partono dall’utilizzo
di sistemi di analisi piuttosto semplificati (a una variabile) fino a arrivare a sistemi più complessi.

- ANALISI ABC  prevede come output finale l’identificazione all’interno di una sorta di piramide
della clientela, al cui vertice ricadono in genere i clienti più redditizi (principio di Pareto: 20% della
clientela genera l’80% del fatturato totale)
L’analisi ABC può essere integrata affiancando al fatturato anche altre informazioni, in tal modo si
va a costruire le cosidette matrici portafoglio clienti basate su due variabili, e perciò più complesse.

È possibile raggruppare le matrici di analisi della clientela in tre macrocategorie:

1) MATRICI DI ANALISI DELLA PROFONDITA DEI CLIENTI


Individuazione dei clienti che contribuiscono maggiormente a accrescere il valore economico
dell’azienda
2) MATRICI DI ANALISI DELLA SITUAZIONE COMPETITIVA DEI CLIENTI
3) MATRICI DI ANALISI DELLA RELAZIONE CON I CLIENTI
Esprime il potenziale comportamento dei clienti

Tra le matrici che nel tempo si sono maggiormente consolidate c’è sicuramente quella basata sul livello di
soddisfazione/fedeltà che classifica secondo queste due variabili i clienti in:

- APOSTOLI
Coloro che sono completamente soddisfatti del prodotto e manifestano un’assoluta fedeltà nei
confronti dell’impresa
- OSTAGGI
Clienti insoddisfatti ma che per ragioni economiche o di mercato (assenza di competitors)
continuano la relazione con l’impresa
- MERCENARI
Coloro che pur manifestando un buon livello di soddisfazione nella product offering sono
fortemente attratti anche da altre offerte
- TERRORISTI
Clienti profondamente insoddisfatti che avendo alternative di acquisto abbandonano l’impresa e
attivano al tempo stesso un intenso processo di buzz negativo

Un’altra matrice efficace suddivide i clienti basandosi sulle variabili di

- Size of wallet (dimensione del portafoglio)


= ammontare delle risorse che il cliente destina all’acquisto di un determinato bene/servizio
- Share of wallet (quota di portafoglio)
= parte delle spese relative a un bene/servizio destinate specificatamente all’impresa fornitrice che
effettua l’analisi. Si avrà uno quota portafoglio ridotta quando l’impresa che effettua l’analisi
fornisce una quantità marginale se confrontata con quella delle altre imprese concorrenti, al
contrario si parlerà di una quota elevata se il cliente si rivolge esclusivamente o quasi all’impresa
che effettua l’analisi che diventa l’unica fornitrice di quel dato bene/servizio

Un altro modo per individuare i clienti più strategici è il cosidetto FRM

- FREQUENCY (= si riferisce alla frequenza di acquisto imputabile a uno specifico prodotto nel tempo.
Unità di misura il numero di volte)
- RECENCY (= è legata all’ultimo acquisto effettuato. Unità la data di acquisto)
- MONETARY (= riguarda l’ammontare monetario degli acquisti nello stesso periodo di tempo. Unità
la valuta)

In aggiunta a un analisi statica della clientela e alla costruzione delle relativi matrici, l’impresa può
eseguire anche un’analisi dinamica e in tal modo verificare gli spostamenti (= migrazioni) che ogni
singolo cliente potrebbe aver effettuato tra un periodo e l’altro. È possibile individuare cinque diversi
flussi di migrazione

1) CLIENTI STATICI
Restano nella loro classe di appartenenza
2) CLIENTI IN CRESCITA
Migrano verso classi superiori
3) CLIENTI IN CALO
Migrano verso classi inferiori
4) TASSO DI DEFENZIONE
= clienti che abbandonano definitivamente l’impresa
5) TASSO DI ACQUISIZIONE
= nuovi clienti acquisiti nel periodo

La complessità dei fenomeni di acquisto e consumo da tenere sotto osservazione, l’aumentare delle
pressioni concorrenziali hanno stimolato le imprese a individuare nuove e più approfondite modalità di
misurazione della fedeltà della clientela e in generale del valore dei singoli clienti. Gli indicatori più
frequentemente usati sono

- COSTUMER RETENTION RATE


= esprime il numero di clienti rimasto fedele a fine periodo rispetto a quelli che esistevano a inizio
periodo e ai nuovi clienti acquisiti
- ANZIANITA MEDIA DELLA CLIENTELA
= si identifica la durata media in anni della relazione (1-CRR)
- CHURN RATE
= stima il tasso di abbandono della clientela a favore di uno specifico concorrente
- POROBABILITA DI RIACQISTO
= probabilità attiva/P active probabilità che un cliente resti attivo nei mesi successivio

_ INTERPURCHASE TIME (IT) = tempo che intercorre tra un acquisto e quello successivo

_ ogni cliente rappresenta una fonte di generazione di valore per l’impresa che può essere stimata
attraverso il calcolo del CUSTOMER LIFE TIME VALUE = valore medio acquisto unitario x frequenza di
acquisto nel periodo x durata media della relazione

_ KEY ACCOUNT MANAGER = è piuttosto frequente che nelle imprese si dia spazio a uffici appositamente
nati con il compito di gestire i clienti più strategici per quanto attiene i servizi post-vendita. a differenza del
tradizionale ufficio vendite il KAM persegue l’obiettivo di massimizzare innanzitutto lo share of wallet
(=quota di portafoglio) contestualmente a un incremento del size of wallet (dimensione del portafoglio)

La consapevolezza dell’importanza di gestire efficacemente le relazioni con i clienti e di controllare la


crescente mobilità dei clienti nei mercati più competitivi ha spinto le diverse imprese a individuare e creare
nuove azioni di fidelizzazione. Gli strumenti usati possono suddividersi in due macrocategorie iniziali:

- Strumenti che offrono benefici di natura economica


- Strumenti che offrono benefici immateriali

Questi possono poi essere suddivisi in base al momento in cui viene erogato il beneficio:
- Strumenti che forniscono un vantaggio immediato al cliente
- Strumenti che richiedono un periodo più ampio prima che il cliente possa beneficiare del vantaggio

Ulteriore classificazione basata sugli obiettivi:

- Strumenti finalizzati all’allungamento della durata della relazione


- Strumenti finalizzati a estendere l’ampiezza della relazione
= vale a dire l’acquisto da parte del cliente di prodotti/servizi aziendali differenti da quelli utilizzati
- Strumenti finalizzati a estendere la profondità della relazione
= cioè a favorire una frequenza di uso e di acquisto più intensa

CAP XXII

Il PIANO DI MARKETING è quel documento che formalizza le analisi e le conseguenti decisione di marketing
che i marketer assumono come valide per un determinato prodotto-mercato in un certo periodo di tempo,
per conseguire gli obiettivi prefissati.

Per pianificazione si intende quel processo attraverso il quale l’impresa determina fissa e formula le
proprie intenzioni d’intervento sul mercato, in un definito arco spaziale e temporale di riferimento.

L’attività di pianificazione può declinarsi su tre livelli:

- LIVELLO CORPORATE
Si guarda all’impresa nel suo insieme e si perviene alla definizione delle varie aree di business nelle
quali competere
- LIVELLO DI BUSINESS
Il piano concerne la definizione delle leve competitive da utilizzare in uno specifico spazio di
mercato predeterminato
- LIVELLO OPERATIVO/TATTICO
Prevede il dettaglio degli aspetti più operativi necessari per l’esecuzione della strategia di business

1) Assenza di pianificazione situazione tipica delle imprese di nuova costituzione o di piccole e


medie dimensioni, nelle quali l’attenzione è più sulla quotidianità piuttosto che sulla
programmazione. Siamo nell’ambito dell’empirismo dove l’orientamento e la personalità
dell’imprenditore influenzano notevolmente la rotta seguita dall’impresa
2) Budget finanziarioquando si supera la fase di star-up si aumenta il volume delle attività,
l’imprenditore anche quello più empirico, si renderà conto della necessità di dare sistematicità
almeno al reperimento e all’utilizzo delle risorse finanziarie
3) Piano annualela crescente complessità del business rende necessario formalizzare le attività da
compiere nell’anno e si da vita a un documento di sintesi che termina con il budget
4) Piano a lungo termine dai dati di pianificazione annuale possono essere tratte informazioni utili
per gli anni successivi, in una prospettiva che spazia dai 3/5 anni. Si passa cosi alla pianificazione a
medio-lungo termine
5) Piano strategico a seguito dell’individuazione delle opportunità e delle minacce dell’ambiente di
riferimento e delle forze e debolezze del’impresa il management potrà avere consapevolezza degli
obiettivi e delle migliori condotte da adottare per conseguirli. È con il piano strategico che prende
concretezza l’orientamento al marketing
Il PIANO DI MARKETING è un documento che formalizza le analisi e le conseguenti decisioni di
marketing che il marketr considerano valide per un determinato arco temporale e spaziale. Ogni
impresa tende a definirlo in maniera più o meno articolata in ragione della propria cultura e attitudine
gestionale. Tuttavia è possibile individuare un composizione-tipo che comprende:

- Analisi dei punti di forza e debolezza dell’impresa


- Determinazione degli obiettivi di marketing
- Individuazione delle linee strategiche
- Definizione dei programmi operativi
- Redazione del budget previsionale

Ovviamente il piano avrà un impatto rilevante con le diverse funzioni aziendali (R&S, Produzione,
Risorse Umane etc) partecipano alla redazione del piano anche i responsabili della comunicazione,
delle vendite etc fornendo informazioni utilissime per l’analisi e l’assunzione di decisioni. In quest’ottica
il piano di marketing rappresenta un importante strumento di soluzione alle seguenti questioni:

- Riflessione per il management


- Negoziazione (assunzione di decisione di investi memento, che devono avvenire in base ai vincoli
stabiliti dal budget disponibile)
- Motivazione e responsabilizzazione
- Comunicazione e allineamento

Il piano marketing riguarda decisioni a medio-lungo termine in alcuni settori più stabili però (ex al settore
del mobile, dell’arredo o degli alimenti) tale orizzonte temporale può arrivare anche ai 5 anni mentre nelle
industry più dinamiche la pianificazione strategica può riguardare lassi temporali più brevi, tuttavia mai
inferiori all’anno.

PIANO STRATEGICO  piano per l’impresa nel suo complesso, piano che coinvolge una particolare
divisione dell’impresa, piano di lancio di un nuovo prodotto o di un prodotto in un mercato nuovo etc

PIANO OPERATIVO piano commerciale per la vendita di un dato prodotto/servizio in un dato mercato,
piano di comunicazione per il lancio di un nuovo prodotto/servizio etc

PIANO TATTICO piano promozionale di coupon sconto per la prova di un prodotto/servizio, piano di
offerte commerciali per rivenditori che sviluppano i maggiori volumi di venduto etc

PIANIFICAZIONE - MISSION
- OBIETTIVI AZIENDALI
CORPORATE

- AUDIT MARKETING
PIANIFICAZIONE A LIVELLO - ANALISI SWOT
DI MARKETING STRATEGICO - POSIZIONAMENTO OBIETTIVO
- OBIETTIVI E STRATEGIE DI
MARKETING
- MARKETING MIX
PIANIFICAZIONE A LIVELLO
- BUDGET
DI MARKETING
- PIANI OPERATIVI E TATTICI
OPERATIVO/TATTICO

Il BUDGET è uno strumento tecnico della massima rilevanza in quanto consente di esprimer secondo il
linguaggi naturale dell’imrpesa, ovvero quello dei numeri, le scelte operate nel piano. Si può dire che il
budget traduce tutto in numeri seguendo uno schema

- Formale
Il budget è una tabella costruita su righe e colonne
- Didascalico
Le righe accolgono le grandezze operative rilevanti per il piano
- Temporale
Le colonne esprimono i valori assunti dalle grandezze sopraindicate nell’arco temporale entro il
quale il piano prende esecuzione

Il tempo è un’entità rilevantissima per qualsiasi attività di business, ma non è uguale per tutti. Ogni
impresa può decidere di rappresentare le proprie azioni secondo uno schema temporale differente,
suddividendo il tempo-anno in diverse partizioni (semestri, quadrimestri, trimestri…)

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