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BENIAMINO

Romanzo
Scritto da Bassetti Angelo
Prefazione:
Questo racconto nasce dalle storie che le nonne compreso la mia bisnonna
raccontavano nelle fredde sere d’autunno nella stalla per stare al caldo mentre si
svogliava il granoturco e si mangiavano le caldarroste. I racconti chiamati anche col
termine dialettale Panzaneghe non avevano una collocazione temporale o di luogo
erano storie che si tramandavano oralmente da generazioni ed ognuno le integrava
come voleva. Nel raccontare in questo libro la storia di Padre Beniamino ho voluto
dare una collocazione temporale e di luogo alla vicenda anche se essi sono di pura
fantasia. Come in tutte le panzaghene anche se i personaggi e gli avvenimenti sono
diversi tra loro il racconto e sempre la lotta tra il bene e il male e in teoria il bene
vince sempre.
Chi è Padre Beniamino un semplice ed umile Sacerdote che indossa il Saio dei Frati
francescani un essere apparentemente insignificante ,totalmente differente dal suo
amico e compagno di studi al seminario Cardinale Alberto .Cosa spinge il Cardinale
Alberto ad affidare a Beniamino e alla sua sacra reliquia l’importante missione di
sconfiggere il Maligno che si era insediato il alcuni sperduti villaggi di montagna
con l’aiuto della Sacra reliquia in apparenza un insignificante pietra, lo scoprite nel
leggere questo breve libro.
Questo racconto va letto con lo stesso spirito di noi ragazzi di cinquant’anni fa
quando non esistevano connessioni né social.
1
Un’atmosfera cupa regnava nello studio dell'arcivescovo di Urbino posto nel
complesso dell’Arcivescovado inserito tra il palazzo Ducale e la cattedrale. Lo
studio era modesto e nel contempo elegante attorno al tavolo posto al centro erano
sedute tre persone l'arcivescovo di Urbino Alberto, il Duca Francesco e il cardinale
Camerlengo. Le porte dello studio erano chiuse e vigilate da guardie armate che
avevano l'ordine tassativo di non avvicinare nessuno allo studio. Il Duca e il
cardinale erano entrati da un passaggio segreto che collega il palazzo ducale al
palazzo vescovile visto che la loro riunione doveva restare assolutamente segreta.
Dopo i brevi convenevoli d’uso la riunione ebbe subito inizio.
«Dunque è vera la notizia che il maligno si è insediamento in alcuni dei villaggi di questo ducato.»
Chiese con aria preoccupata il Cardinale Camerlengo.
«Da informazioni ricevute da alcuni informatori che avevo inviato nei villaggi e purtroppo alcuni
non hanno fatto ritorno e lecito sospettare di attività che confermano che vi sia una strana presenza
che potremo dire con eufemismo in forte contrasto con la corretta vita religiosa.»
Disse il duca evitando accuratamente di pronunciare la parola maligno.
L'arcivescovo Alberto un uomo attorno alla quarantina piuttosto pingue e di
bassa statura che faceva maggiormente risaltare la sua pinguedine, con un viso
rubicondo, disse con una voce baritonale che contrastava con la sua
corporatura.
«Il centro di questa presenza dalle mie informazioni è il villaggio di Monte Silvano posto nel
vostro feudo dell'abbazia di monte Acuto, con una minore presenza in un paio di villaggi vicini.»
«Bene,» disse il Duca.
«Manderò subìto una compagnia di mercenari con l’ordine di radere al suolo i villaggi in questione
e ad uccidere tutti gli abitanti così risolviamo il problema alla radice.»
Il cardinale e l'arcivescovo Alberto si guardarono preoccupati in faccia, però fu
Alberto a parlare.
«Vostra signoria sarebbe la soluzione ideale se pur crudele, però sia io e sua eminenza
riteniamo che non riusciremo ad estirpare totalmente il
male in quanto la testa pensante non si trova in questi villaggi in quanto sa benissimo che la
nostra prima reazione una volta accertata la sua presenza sarebbe la distruzione dei villaggi che
riteniamo in suo possesso. La sua opzione vostra signoria dovrà essere l'ultima prima dovremmo
trovare il vero maligno che ritengo si trovi nel feudo sotto le spoglie di un innocuo ed invisibile
essere umano.»
«Creda vostra signoria che il pensiero del vescovo Alberto corrisponde a verità visto gli approfonditi
studi sull'argomento che ha condotto sull’argomento in questi anni.»
Disse il cardinale.
«Allora accidenti cosa si fa.»
Disse con un tono arrabbiato il Duca
Alberto guardò attentamente i suoi interlocutori perché il concetto che voleva
esprimere era importante e probabilmente di difficile compressione per il Duca che
era una persona intelligente e coraggiosa ma non uso ai fini ragionamenti teologici.
«Signori l'opzione illustrata dall'illustre Duca è sensata e deve essere tenuta in considerazione se
la mia proposta che ora vii illustrerò fallirà. Intendo mandare a Bosco Silvano come curato visto
che abbiamo ricevuto notizie della morte del curato in carica, un mio carissimo compagno di studi
in seminario che nel tempo ha dato prova di praticare con successo l’esorcismo. Si tratta di un
sacerdote appartenente ai frati minori dell'ordine dei Francescani padre Beniamino che
attualmente si trova per mio ordine al monastero di Monte Acuto come bibliotecario, Padre
Beniamino a vederlo sembra il più insignificante e innocuo frate del mondo e nessuno
normalmente presta poca attenzione alla sua persona.»
Qui Alberto fece una significativa pausa e in quell'istante il Duca pensò
Furbo questo quell’arcivescovo aveva già pianificato la faccenda in precedenza
purtroppo ragionano così sono i preti.
«Destineremo Padre Beniamino come curato a Monte Silvano, per fare questo occorre che vostra
signoria mi dia un ordine scritto per padre Uberto che considera come feudatario sua la nomina
dei curati nel suo feudo da aggiungere alla mia come suo Vescovo.»
Ascoltate le parole del Vescovo il Duca scrisse col suo stile militare poche
parole su un foglio di papiro e ci appose il proprio sigillo dicendo
Al Vescovo Alberto in tono semi minaccioso
«Spero eccellenza che il suo piano funzioni altrimenti saremo nei guai e particolarmente lei,
comunque per sicurezza terrò una compagnia di mercenari pronta ad intervenire al bisogno.»
«Fate bene vostra signoria la prudenza è d’obbligo.»
Rispose il cardinale camerlengo.
«Perché se il piano del caro Vescovo Alberto non funzionerà saremmo tutti in ambasce e non
basteranno certamente i suoi mercenari a fermare la potenza del maligno. Comunque Vescovo
Alberto il santo Padre le ordina di temerlo costantemente aggiornato.»
Il Duca e il cardinale considerarono finito l’incontro e salutarono il l'oro ospite
senza particolare allegria vista il momento ed uscirono dall'entrata dalla quale
erano arrivati. Alberto rimasto solo aprì le porte dello studio e chiamò monsignor
Valerio suo segretario particolare, un giovane religioso di venti cinque anni alto e
magro con un grosso naso dicendo.
«Valerio venga subito nel mio studio devo darle dei compiti da eseguire con la massima
urgenza e dia ordine alle guardie di sbarrare la porta e di non lasciare passare nessuno.»

2
Padre Beniamino si sveglio come di consueto al suono del mattutino nella
piccola ed umida cella che gli era stata assegnata nel settore esterno del convento
riservata ai religiosi con basso rango di passaggio. Madido di sudore in quei afosi
giorni antecedenti il solstizio d’estate, il tempo in quei giorni si stava mantenendo
uggioso e l'umore in generale rimaneva tetro. Vi regnava un’atmosfera cupa in quel
ricco convento di monaci Domenicani, oltre al convento vi era un castello posto a
difesa del territorio. Beniamino veniva considerato dall’abate Uberto un intruso
visto che gli era stato imposto dal Vescovo Alberto con la scusa del riordino di
alcuni testi sacri della biblioteca del convento probabilmente per spiare visto che
tra il Vescovo e l'abate non correva buon sangue.
Beniamino era di piccola statura con un aspetto esile con uno sguardo che
esprimeva serenità e fiducia per chi lo osservava, una voce dolce e musicale che
diventava potente e sicura quando diffondeva la sacra parola. Mentre su infilava il
modesto saio Francescano sulla ruvida camicia si domandava come mai il suo
amico e compagno di seminario Alberto diventato Vescovo gli aveva
improvvisamente ordinato di trasferirsi dal convento Umbro dove esercitava il suo
servizio sacerdotale in quel convento Domenicano con il compito di tradurre dal
Sanscrito alcuni sacri testi presenti nel convento. Inoltre gli aveva ordinato di
lasciare presso il vescovado la sua amata cavalcatura sorella Asina e la sacra reliquia
che possedeva da sempre, comportamento autoritario non in linea con la loro
amicizia, per Beniamino tutto ruotava per volontà Divina pertanto aveva ubbidito
senza esitazione. Dopo le abituali abluzioni Beniamino uscì per l'Eucaristia
mattutina presso la cappella del castello posto accanto al convento, Messa riservata
ai servi, agli artigianali e commercianti di basso rango del castello. Solo il castellano
e i commercianti più facoltosi avevano il privilegio di assistere alla Messa assieme ai
frati del convento.
Beniamino mentre attraversava il cortile del convento dopo essersi dissetato alla
fonte con un'acqua che aveva sempre uno strano sapore incrocio sorella Marta con
le sue tre consorelle che operavano nel ospitale posto accanto alle mura del castello.
Sorella Marta assieme alle consorelle saluto allegramente padre Beniamino, lei e le
suore erano appena tornate da un viaggio nei vicini villaggi a portare un poco di
sollievo ai malati. Dopo la Messa Beniamino si intrattenne un poco a parlare con i
pochi fedeli accettando un poco di formaggio e latte per colazione, quindi si avviò
in direzione della biblioteca del convento per assolvere al suo compito. Stava per
accedere alla biblioteca quando padre Anselmo il segretario dell'abate lo chiamò in
tono brusco dicendo.
«Frate Beniamino si presenti subito da sua eccellenza l'abate Uberto è importante.»
Come al solito padre Anselmo da buon Domenicano si rifiutava di rivolgere
ad un misero Francescano il titolo sacerdotale che gli spettava di diritto.
Padre Beniamino finse di ignorare la cosa e recandosi all'elegante entrata
principale del convento vide quattro armigeri vicino alle loro cavalcature con
le insegne del vescovo Alberto, entrando nello studio dell'Abate Uberto vide
monsignor Valerio segretario particolare di Alberto che contrariamente al
solito gli rivolse solo un gelido salutò con un cenno del capo. L'abate Uberto
un uomo di alta statura con un aspetto imponente con grande naso aquilino
caratteristico della famiglia facente parte della piccola nobiltà del ducato, nato
come secondogenito e destinato come uso alla vita religiosa.
L'abate Uberto considerava monte Acuto come un feudo personale e non
ammetteva intrusioni di terzi a parte il Duca nella gestione dello stesso soprattutto
nell'assegnazione dei curati alle parrocchie dipendenti del feudo, Poco tempo prima il
Vescovo Alberto gli aveva imposto la presenza nel convento di quel insignificante
frate Francescano Padre Beniamino con la banale scusa degli antichi manoscritti e
ora addirittura con una lettera di accompagnamento del Duca che gli ordinava di
eseguire alla lettera gli ordini del Vescovo Alberto.
Pertanto disse con tono fortemente irritato
«Monsignor Valerio esprima a sua eccellenza il vescovo Alberto la nostra forte contrarietà per la
sua decisione di nominare pro moto suo il curato di Monte Silvano nomina di mia competenza,
comunque eseguiremo gli ordini di sua eccellenza e nominiamo curato padre Beniamino.»
«La ringrazio Abate Uberto.»
Rispose monsignor Valerio.
«Riferirò a sua eccellenza le sue rimostranze, la saluto e saluto anche lei padre Beniamino.»
Dette queste parole Monsignor Valerio uscì rapidamente dallo studio, Abate Uberto
disse acido a padre Beniamino
«Padre purtroppo dobbiamo ubbidire al Vescovo Alberto e a sua signoria il Duca e le assegniamo
la chiesa e le anime di Monte Silvano. Però non le assegniamo la dote di competenza che spetta alla
nostra persona, padre Anselmo le darà la nostra lettera di presentazione al Castaldo le auguriamo
Buon viaggio Frate Beniamino.»
Strano pensò Beniamino che come padre Anselmo L’Abate Uberto non usava nei
suoi confronti il suo titolo sacerdotale e usava il plurale majstatis.
Lasciando lo studio padre Beniamino era in cuor suo contento di lasciare il convento
anche se una parrocchia tutta sua da amministrare lo spaventava un pochino ma con
l'aiuto di Dio tutto si sarebbe risolto. Beniamino si recò nella sua cella per prendere
le poche cose che gli appartenevano che stavano tutte in un tascapane, una vecchia
bibbia, un vangelo, il breviario, un piccolo otre e un logoro saio di scorta. Mentre si
avviava in direzione del monastero Beniamino incontrò un novizio con i documenti
inerenti la sua nomina, pertanto senza salutare nessuno si diresse all'uscita del
convento ove vide sorella Marta con Paolo il Beccaio intenti a una conversione,
sorella Marta chiese a beniamino dove fosse diretto.
Beniamino disse a loro che era stato destinato a curare le anime degli abitanti di
Monte Silvano e stava partendo per raggiungere la chiesa che gli era stata assegnata.
Vide negli occhi di sorella Marta uno sguardo preoccupato e gli disse.
«Padre Beniamino vi hanno assegnato ad una ben strana parrocchia, sono stata in quel villaggio un
quarto di luna scorso con le mie sorelle per il mio solito giro per curare i malati, quando sono
arrivata con le mie consorelle a Monte Silvano non ci hanno lasciate entrare e volevano cacciarci via
a malo modo. Vi era un'atmosfera molto brutta direi cupa e sono solo riuscita a fare due parole con
il castaldo Druso, padre Beniamino guardatevi le spalle in quel luogo.»
Beniamino vide sorella Marta veramente preoccupata e disse.
«Sarà la volontà di Dio a decidere la sorte e il viaggio tra i fedeli che mi ha destinato io sono solo un
suo strumento.»
Dette queste parole Beniamino incominciò ad avviarsi Paolo il beccaio lo chiamò e
gli diede una pagnotta e un pezzo di cacio come augurio di buon viaggio.
Beniamino ringrazio e li benedisse quindi si mise in strada ad iniziarne il suo viaggio.

3
Il convento stava lentamente sparendo alle spalle di Beniamino che camminava di
buona lena lungo la strada deserta, intanto rifletteva sugli ultimi avvenimenti, lo
strano comportamento del vescovo Alberto, monsignor Valerio che lo aveva trattato
con freddezza inusuale per lui sempre gentile e allegro nei suoi confronti, aveva
mantenuto quella mattina un atteggiamento molto freddo e formale, non
preoccuparti Beniamino disse fra sé e se tutto quello che accade è opera di Dio.
Beniamino aveva lasciato il sentiero che attraversava i campi del convento ed era
entrato in un sentiero che attraversava un fitto bosco di Carpino e il sole nonostante
che in quel momento fosse allo zenit faceva fatica a filtrare. Improvvisamente dal
fitto del bosco uscì un uomo d’armi non portava nessuna insegna e aveva al fianco
solo una sottile spada da Cavallo si rivolse a Beniamino con un tono gentile dicendo.
«Padre monsignor Valerio le porge i suoi saluti e la prega di seguirmi.»
Si inoltrarono su un violatolo nel fitto del bosco quando Beniamino sentì un allegro
tagliare e si precipitò di corsa urlando.
«Sorella asina, sorella asina.»
Andando ad abbracciare una piccola asina dal manto grigio chiaro che scodinzolava
felice era come vedere due cari amici che si ritrovavano dopo tanto tempo,
voltandosi vide monsignor Valerio assieme ai quattro uomini d'armi che lo
scortavano. Non indossavano le insegne del vescovo ma comuni vesti da viaggio e
monsignor Valerio non indossava la veste talare ma sembrava un ricco mercante in
viaggio, quando vide Beniamino gli rivolse un ampio sorriso e lo abbracciò dicendo.
«Sono contento di rivederla caro padre Beniamino le mando i saluti di sua eccellenza il vescovo
Alberto che la prega di scusarla del suo atteggiamento e le manda questa missiva che le spiegherà
tutto con l'ordine tassativo di distruggerla dopo averla letta, inoltre le manda alcune monete come
dote e questo cofanetto e piccola scatola contenente il santissimo.»
Beniamino vide il cofanetto che contenente la sacra reliquia e il Santissimo
inginocchiò davanti e recitò una muta preghiera, prese la lettera era scritta in antico
Aramaico lingua che ambedue avevano studiato quando frequentavano assieme il
seminario, lingua arcaica pressoché sconosciuta ai più. Nella lettera ci era scritto.
«Caro fratello per prima cosa scusami del mio strano comportamento di questi ultimi tempi ora
cercherò in queste poche righe di spiegarmi.
Come certamente sai dai nostri comuni studi che il maligno si insinua molto lentamente nel nostro
mondo e si rafforza col tempo, agendo nel modo più subdolo e cercando di non farsi scoprire. Credo
che parte del corpo sia a Monte Silvano ma la testa credo che si trovi nella zona di monte Acuto
ecco perché ti ho tolto la sacra reliquia in modo che chi sai non si insospettisce e ti possa considerare
un piccolo fraticello innocuo. Ora sai quello che ti attende un grande scontro tra la santa chiesa e il
maligno, dovrai impegnarti con tutte tue forze e se fallisci le conseguenze saranno terribili per tutta
la cristianità.
Ora segui attentamente le istruzioni che ti dirà Valerio, mi dispiace di averti coinvolto mio caro
amico ti auguro buona fortuna e il cielo ti assista.»
Beniamino getto con uno sguardo cupo al messaggio nel fuoco era stato acceso
all’interno del gruppo, Valerio guardò preoccupato padre Beniamino non lo aveva
mai visto così preoccupato e teso in viso ma aveva un compito da eseguire e disse.
«Padre Beniamino sua eccellenza Il Vescovo Alberto mi incarica di dirle che due di questi uomini
con un fiacco color rosso saranno presenti alla locanda del Montone rosso posta a poche leghe dal
villaggio di Monte Silvano e le eventuali comunicazioni tra voi e sua Eccellenza devono passare da
loro ed essere scritte nella lingua della lettera che vi ha scritto.»
Beniamino rispose.
«Monsignor Valerio ho capito perfettamente le istruzioni di sua eccellenza e cercherò di portare a
termine l’arduo compito affidatomi.»
Beniamino lasciò che Valerio e la sua scorta si avviò e in seguito si inginocchiò e
rivolse al cielo una muta preghiera al Signore suo Dio cercando conforto rialzandosi
e riprendendo il suo solito umore allegro disse come era solito fare a sorella asina.
«Andiamo mia cara il compito che ci attende è improbo ma con l'aiuto di Dio e della sacra
Reliquia cercheremo di portare a termine l'arduo compito che il destino e il cielo ci hanno assegnato.»
Il viaggio in sella a sorella asina proseguì tranquillamente per circa due giorni, al
tramonto del secondo giorno Beniamino arrivò in vista della locanda del montone
Rosso posta prima di un colle e crocevia di più strade. Era una locanda un poco
malmessa con il tetto in paglia e un fienile aperto coperto da una tettoia e con una
piccola radura che la isolava dal fitto bosco. sotto la tettoia vi era un grosso carro per
il trasporto merci con accanto una coppia di buoi e due cavalli sellati. Beniamino
decise di passare la notte alla locanda anche se gli dispiaceva in cuor suo spendere
qualche moneta. All'interno vide seduti in un angolo accanto al fuoco quattro uomini
miseramente vestiti, e su un tavolo al centro della sala due uomini con un fiacco
rosso apparentemente intenti a bere erano gli uomini di Valerio. Beniamino gli
ignorò e chiese al locandiere un tipo grassoccio e sporco con una ispida barba e uno
sguardo e atteggiamento untuoso ed infido.
«Cosa desiderate frate.»
Disse con un tono poco cordiale l'oste sapendo che molti religiosi specie frati di
passaggio chiedevano un pasto gratis.
Beniamino abituato a questi atteggiamenti disse tranquillante.
«Solo una minestra calda e un posto sotto la tettoia per me e la mia cavalcatura, e un poco di cibo
per il proseguire del viaggio.»
Dette queste posò sul bancone un paio di monete par rafforzare il peso delle sue
parole.
Il taverniere divenne subito cordiale e con tono discorsivo disse.
«Dove siete diretto Reverendo.»
«Sono diretto a Monte Silvano per assumere la cura delle loro anime.»
Rispose Beniamino.
Il taverniere si rabbuio in viso e disse a bassa voce.
«Padre brutto posto quel villaggio alcune voci dicono che ci sia il diavolo in quel villaggio e si tengono
dei sabba, se volete un modesto consigliò girate i tacchi e andatevene.»
Beniamino lo guardò in viso e disse.
«Guai al sacerdote che arretra davanti al male e non si sacrifica per i suoi fedeli.»
«La pelle è vostra Reverendo.»
Rispose con una scrollata di spalle il locandiere.
Beniamino cenò con un buon piatto di zuppa di legumi pane nero accompagnata da
un paio di uova sode, passando una tranquilla nottata accanto a sorella asina sotto la
tettoia. Si sveglio all'alba e il cielo era plumbeo e minacciava pioggia, l'umore
all'interno della locanda era tetro, dopo colazione Beniamino stava per partire ma
un’ispirazione gli disse che era meglio lasciare sorella asina per sicurezza in quella
taverna per qualche giorno e disse al taverniere.
«Taverniere dietro compenso di qualche moneta mi terrestre la mia asina per qualche giorno.»
«Certamente la tettoia ha molto spazio.»
Rispose cordialmente il locandiere.
Beniamino saluto con dolci parole sorella asina e si avvio di buon passo in direzione
della sua meta. Il locandiere lo vide partire e disse ad alta voce.
«Quel fraticello non lo vedremo più comunque la sua asina fornirà carne per i miei clienti.»
Andando in cucina si sentì serrare alle spalle e uno dei due viaggiatori gli puntò un
sottile stiletto alla gola dicendogli in un tono apparentemente cordiale.
«Tocca quel asina e ti troverai la gola tagliata capito furfante.»
Il locandiere bianco in volto annuì.

4
Beniamino si era messo in marcia di buona lena e in breve aveva passato il colle e
ora oltre il bosco si intravveda la pianura ove vi era il villaggio dove secondo il suo
amico Alberto risedeva il maligno. Nel primo pomeriggio ebbe una visione più
dettagliata dell’abitato era il tipico villaggio di contadini dell’Appennino, abitato
prevalentemente da contadini a mezzadria con il feudatario che veniva rappresentato
dal Castaldo e vi risedeva qualche artigiano. Stranamente il villaggio come altri suoi
simili non si ergeva in cima ad una elevazione ma a mezza costa al riparo di una
ripida parete di roccia, era circondato da una fragile palizzata in legno che serviva
soprattutto a proteggere il villaggio dalle fiere che dagli esseri umani malintenzionati.
La porta di ingresso anche essa fatta di tronchi era attaccata alla casa del Castaldo
che aveva le pareti spesse con inferiate alle finestre, la Chiesa e il Camposanto erano
come uso fuori dal villaggio senza nessuna protezione si riteneva che la Chiesa era
protetta da Dio. Beniamino vedeva gli uomini e le donne al lavoro ma la scena non
era usuale come ci si aspettava di vedere, i contadini non alzavano lo sguardo per
vedere passare un estraneo soprattutto un religioso se lo facevano avevano sguardi di
paura o di astio. Il tempo si manteneva nuvoloso e uggioso e l’afa la faceva da
padrona. Davanti alla porta vi era una guardia che indossava un giustacuore in pelle
era armata di una corta picca arrugginita e di un corto pugnale in testa aveva un elmo
in cuoio poco adatto ad uno scontro.
Beniamino quando si trovò davanti alla guardia si trovò inaspettatamente la picca
puntata contro il petto e la guardia disse con parole astiose.
«Dove credi di andare frate.»
«Sono il nuovo curato di questo villaggio designato dal feudatario sono qua per prendere in consegna
le vostre anime.»
La guardia diede un’alzata di spalle e disse.
«Non abbiamo bisogno di nessun prete che ci guardi le anime ma se avete le credenziali devo
accompagnarla dal castaldo Druso sarà lui a vedere se devo cacciarvi via pedate o se potete
rimanere.»
La casa del castaldo era una costruzione a due piani il primo era costituito da un
grande locale ove un grande camino la faceva da padrone all’interno in di un
ambiente in parziale oscurità, seduto su una sedia accanto al camino vi era il castaldo
Druso un uomo sulla quarantina di aspetto massiccio, vestito con una casacca grigia
con accanto un bicchiere di vino.
«Castaldo questo frate dice di essere il nuovo curato ed avere i documenti di nomina.»
«Me li dia Padre e tu torna a fare la guardia.»
Disse il castaldo con voce atona.
Dopo avere dato un’occhiata superficiale ai documenti disse.
«I documenti sono in ordine vi sono i sigilli dell’abate Uberto e di sua signoria il Duca e del vescovo
Alberto ma se volete un consiglio e se ci tenete alla vita andatevene frate questo non è un villaggio
per voi e non abbiamo bisogno di preti.»
Beniamino osservò attentamente il castaldo sembrava sincero nelle sue parole,
Beniamino gli rispose con cortesia e fermezza.
«Castaldo il mio dovere e di assolvere il compito al quale i miei superiori mi hanno destinato è con
l’aiuto di Dio vedrò di portarlo a compimento e riportare le pecorelle smarrite di questo villaggio
all’ovile del signore.»
Il Castaldo fece una scrollata di spalle e disse amaro.
«La pelle e vostra Padre, buona fortuna potete raggiungere la vostra Chiesa, ma non sperate nel mio
soccorso in caso di pericolo.»
Beniamino visto chiuso il discorso, salutò il Castaldo e si avviò lungo la stretta via
principale del villaggio, le case erano tutte addossate una con l’altra in modo da
difendersi dalla neve in inverno e dal caldo in estate. Arrivato nella piccola piazza del
villaggio ove vi erano le poche e scarne botteghe di artigiani e commercianti,
Beniamino notò che la gente non gli era particolarmente ostile ma solo indifferente,
solo il maniscalco un uomo robusto e alto con una voce possente gridò a Beniamino.
«Vattene Prete qua non ti vogliamo.»
Beniamino notò che a quelle grida la gente impaurita era scappata dalla via,
proseguendo raggiunge il limite del villaggio e lo spiazzo ove sorgeva la chiesa del
villaggio. Beniamino alzò lo sguardo e vide da vicino quello che aveva visto da
lontano, in cima alla rupe che dominava il villaggio vi era un monolito con una strana
forma certamente non creato dalla natura, Beniamino che ben ne conosceva la
natura ebbe uno strano brivido di paura ma si riscosse subito.
Entrò nella piccola Chiesa, all’interno il misero arredamento comune di quelle Chiese
di campagna solo qualche panca L’Altare spoglio, Beniamino inginocchiandosi
davanti al santissimo pronunciò una muta Preghiera ed aprì il santissimo o
tabernacolo non chiuso con la chiave e come temeva mancava il calice con le ostie
consacrate. Dal tascapane Beniamino prese il calice con le ostie che attraverso
monsignor Valerio il Vescovo Alberto gli aveva consegnato e lo pose nel tabernacolo
dicendo tra sé che ora la chiesa era consacrata.
Stava ancora pregando quando senti una voce di donna alle sue spalle che gli disse
con voce ironica e sprezzante.
«Dunque era vera la voce che circolava in paese sei il nuovo Prete.»
Beniamino si voltò e vide dietro di sé una donna con un’età di circa trent’anni alta e
magra quasi spettrale, capelli nero corvini scarmigliati e un naso lungo con due occhi
neri come la brace, vicino a lei una bambina di circa cinque, sei anni con una grossa
piaga di bruciatura sulla guancia destra.
Beniamino le si avvicino e le disse dolcemente.
«Salute a te donna come ti chiami.»
La donna abbastanza colpita dalle parole di quello strano Frate.
«Il mio nome è Anna ma tutti mi chiamano tutti Lucertola per la mia pelle, sono una femmina
perduta ho avuto questa figlia al di fuori del matrimonio pertanto sono stata posta a margine della
comunità che pur negli ultimi tempi aver perso l’amore verso Dio continua in queste cose ad essere
puritana. Ultimamente in cambio di un poco di cibo per me e per la bambina tenevo in ordine la
chiesa e soddisfavo i bisogni del curato a letto.»
Beniamino guardò con dolcezza quella donna diede una tenera carezza alla bimba e
disse con voce dolce e nel contempo decisa.
«Anna mi sarai molto utile per curare la chiesa come perpetua e quel poco che avremo da mangiare
sarà equamente diviso tra noi, per quanto riguarda i bisogni che il precedente Curato riceveva,
quando ho ricevuto gli ordini ho fatto voto di castità e ho sempre mantenuto fermamente fede a quel
voto e continuerò a mantenerlo.»
Beniamino prese dal tascapane un poco di viveri e una moneta dicendo.
«Anna prendete questi viveri e con la moneta comprate un poco di latte, pane e lardo vostra figlia ha
bisogno urgentemente di cibo.»
Lucertola guardò Beniamino in modo strano è pensò strano prete in un posto
normale sarebbe stato forse un buon curato ma in questo villaggio certamente non
potrà fare nulla, il vantaggio era che quella sera lei e la figlia avrebbero mangiato
decentemente. Dopo cena Beniamino uscì sul sagrato della chiesa per respirare visto
che la cappa di afa e umidita era opprimente, ormai il buio vinceva sulla luce e sopra
lo sperone di roccia che dominava il villaggio ardeva un falò come nato dal nulla ed
illuminava la strana monolito. Anna era uscita anche lei e vedendo il curato osservare
lo strano falò disse.
«Padre vedete quel falò e non ne conoscete certamente il significato ve lo dico io domani sera in quel
luogo vi sarà la cerimonia pertanto statevene chiuso in canonica.»
Beniamino che conosceva bene per averla studiata la cerimonia del sacrificio non lo
fece capire alla Lucertola e disse solo.
«Quale cerimonia.»
Anna diede uno sguardo tenero all’ingenuo per lei curato e disse.
«Caro padre meno ne sapete meglio è per voi datemi retta domani sera statevene bene tappato in
canonica.»
Beniamino rispose con calma.
«Anna ricordati che la fede in Dio è prevalente su ogni altra forma di stregoneria o altro pertanto
non ho paura perché la mia vita è consacrata a Dio ed è per un religioso sacrificarla in suo nome a
volte è un dovere, buonanotte e se ne avete voglia Anna pregate per la vostra anima ed anche per
me.»
Quando la mattina seguente Anna si recò in canonica per vedere se il curato aveva
bisogno di qualcosa la trovò deserta, si recò in chiesa anch’essa deserta il curato
sembrava sparito, poco dopo lo vide arrivare dal villaggio con lo sguardo serio e
preoccupato. Senza una parola si recò in chiesa ed inginocchiandosi davanti all’altare
si immerse in una muta preghiera.
Beniamino aveva quasi finito di pregare quando un ragazzo alto e di bell’aspetto
irruppe come un demonio nella chiesa gridando.
«Padre dovete Salvarla per l’amor di Dio dovete aiutarci.»
Beniamino si voltò e disse con voce seria.
«Calmati se puoi ragazzo dimmi come posso aiutarti.»
Il giovane che si era un pochino calmato disse.
«Sono Federico il figlio del bottaio che ha il negozio in piazza e sono promesso fin da bambino ad
Isabella figlia del mezzadro Nicola, Isabella ha avuto in questi giorni il primo sangue e come sapete
la Chiesa ne permette il fidanzamento e in seguito le nozze. Un sogno che ieri è stato infranto da
quel maledetto maniscalco che ieri ha comunicato al padre di Isabella che domani sera Isabella verrà
sacrificata al signore delle tenebre e nessuno fino al quel momento deve toccarla pena la vita.»
Il ragazzo mentre finiva di parlare incominciava a singhiozzare sommessamente in
seguito in un pianto dirotto e disperato come un sogno cullato da tempo gli venisse
tolto.
Beniamino prese il ragazzo tra le braccia e disse con forza.
«Federico il male va abbattuto con la preghiera e con la fede ora vai a casa e prega che Dio e questo
povero e modesto curato possano riuscire a salvare la tua Isabella.»
Federico che aveva calmato il pianto si trasformò in rabbia disse quasi urlando.
«Non saranno certamente le preghiere di un misero curato come voi a salvare la mia Isabella, mi
armerò di una picca ed ucciderò quel dannato maniscalco.»
Beniamino afferrò il ragazzo per le braccia con una presa che sembrava di acciaio e
disse.
«Ragazzo uccidere il maniscalco non serve a nulla sarà un altro ha portare a nome del signore delle
tenebre Isabella alla pietra Sacrificale devi solo pregare e aver fiducia in questo misero frate.»
Federico che riuscì a fatica a liberarsi dalla stretta di Beniamino scappo via gridando
con voce rabbiosa.
«Nessuno può fare niente per la mia povera Isabella è perduta per sempre.»
La Lucertola che era rimasta in silenzio ad ascoltare disse tra sé che quel frate ne
sapesse di più di quello che dava a vedere e voleva vedere se quella sera al sacrificio
sarebbe intervenuto pertanto disse.
«Padre avete usato parole forti di speranza con il povero Federico ma sapete certamente in cuor
vostro che non potete fare niente per quella povera creatura.»
Beniamino guardò Anna in modo severo e disse con voce ferma e dura.
«Voi in questo villaggio avete perso la fede e la paura ha avuto il sopravento nelle vostre anime
ritornate alla fede altrimenti chi vi domina annienterà le vostre coscienze per sempre.»
Dette queste parole Beniamino ritornò davanti all’altare inginocchiandosi a terra e
chiudendosi in muta preghiera.

5
La giornata nel villaggio era passata in modo di apparente tranquillità il tempo si era
mantenuto uggioso e una piccola pioggia aveva bagnato i pochi che si erano
avventurati nei campi mentre gli altri erano rimasti tappati in casa. Lucertola aveva
visto che padre Beniamino era rimasto in preghiera tutto il giorno. Ora la poca luce
stava abbandonando il villaggio e il falò stava illuminando il monolito, nella piccola
piazza del villaggio si stava formando una piccola processione alla luce di alcune
torce. In testa vi stava il maniscalco e sua moglie ed apparivano entrambi giganteschi,
indossavano delle grandi tuniche con strani arabeschi e figure di draghi alati, dietro a
loro stava una giovane con gli occhi lucidi indossava una lunga tunica bianca ed era
tenuta ferma da una delle guardie del villaggio, dietro a lei un uomo e una donna con
lo sguardo pieno di pianto probabilmente i genitori della giovane e il rimanente degli
abitanti tra i quali Federico trattenuto a fatica dal padre. La processione si avviò
lentamente in direzione della rupe passando accanto alla Chiesa, Lucertola che la
stava aspettando con la bambina vide che la chiesa era deserta però vi erano accese
alcune candele poste in posizione circolare ai lati della Chiesa Lucertola pensò tra sé
che come il suo predecessore Padre Beniamino era scappato a rintanarsi in qualche
nascondiglio.
La processione saliva lentamente lo stretto sentiero intagliato nella roccia mentre il
maniscalco e la moglie salmodiavano una strana cantilena.
Arrivati davanti al falò e al monolito la processione si fermò e la guardia con mano
ferma condusse il giovine accanto al monolito e la lego al monolito in modo che
rimanesse con le gambe aperte, con uno strappo le tolse la veste bianca lasciandola
nuda alla luce del falò.
Il maniscalco si tolse la veste rimando pure lui nudo alla luce del falò aveva un corpo
villoso e potente e un p…. gigantesco in quel momento in erezione e guardando il
giovine disse con voce possente e stentorea.
«Giovane Isabella questa notte avrai il privilegio di essere posseduta dal signore delle
tenebre e di dare il tuo sangue in suo onore. Ora io ti possiedo e avrò l’onore di dare
il seme al signore delle tenebre. Poi mia moglie ti penetrerà con la lama e il tuo
sangue bagnerà la pietra sacra e noi tutti canteremo le lodi del signore delle tenebre.»
Mentre il maniscalco finiva di parlare la moglie si spogliava della veste rivelando un
corpo flaccido con enormi seni mollicci, legata al ventre come un p…… una sottile
lama che avrebbe dovuto uccidere la giovane.
In quell’atmosfera irreale la gente stava muta e terrorizzata, il maniscalco si
avvicinava al giovine quando dal buio apparve accanto alla luce del falò la figura di
un piccolo frate che reggeva uno strano oggetto di pietra tra le mani, il frate si pose
tra la giovane e il maniscalco dicendo a voce alta.
«Vade retro, vade retro, vade retro.»
Il maniscalco si fermò attonito e perplesso solo per un attimo poi cercò di proseguire
urlando.
«Mio signore delle tenebre avrà prima del sacrificio la vita di un piccolo ed insignificante Frate.»
Beniamino non si mosse di un millimetro reggendo in alto quel piccolo oggetto che
ora sembrava risplendere di luce propria, Pronunciava parole in una lingua
sconosciuta che sembrava venire dall’origine dell’umanità. Il maniscalco fece per
slanciarsi su Beniamino ma sembrava che una forza immensa gli impedisse di
proseguire, incominciò a tremare su tutto il corpo e delle convulsioni si
impossessarono della sua massiccia persona. Improvvisamente crollò per terra come
un ciocco, mentre le convulsioni diminuivano di intensità e le sue membra si
stiravano come in una danza di morte. Beniamino si avvicinò al gigante a terra
sempre tenendo tra le mani il misterioso oggetto di pietra, l’uomo ebbe un ultimo
tremore e una lingua di fuoco usci dalla sua bocca, ebbe un ultimo sussulto di vita e
la stessa vita lo lasciò. La moglie come in uno stato di trance si avvento su
Beniamino urlando frasi senza senso, Beniamino si alzò velocemente in piedi e puntò
in direzione della donna l’oggetto che teneva in mano la donna si fermò
immediatamente come colpita da un macigno si voltò e incominciò a correre in
direzione del precipizio urlando e sparendo nel buio della notte con urlo spaventoso.
Beniamino benedisse il corpo senza vita del maniscalco e gli chiuse gli occhi, mentre
metteva al sicuro l’oggetto che teneva in mano disse con voce ferma agli abitanti che
avevano fissato attoniti e increduli lo svolgersi degli avvenimenti mentre ora se ne
stavano fermi e impauriti.
«Gente questa specie di orribile rito è finito tu.»
Rivolgendosi alla guardia.
«Libera subito quella povera giovine e tu Federico coprila subito e riportala dai suoi genitori.»
Mentre la guardia e Federico si precipitavano a liberare la giovane che singhiozzava
a tutto spiano, Beniamino si volse in direzione degli astanti e disse.
«Vedete miei cari fedeli a volte la fede vince sul male ma bisogna credere e pregare e combattere e a
volte sacrificarsi. Per stanotte la lotta non è ancora finita chi comanda il maligno in questo villaggio
e ancora presente e per ora non ne conosco l’identità. Ora ci recheremo in chiesa e aspetteremo la sua
venuta in preghiera.»
Lentamente senza reagire la gente seguì padre Beniamino in direzione della Chiesa,
arrivati alla Chiesa Beniamino chiese agli abitanti di mettersi all’interno del circolo
delle candele e incominciare a recitare con fede il rosario. Beniamino si pose in
ginocchio appena fuori dal cerchio delle candele inginocchiandosi e tenendo in mano
il misterioso oggetto di pietra, il tempo passava quando una folata di vento annunciò
il suo arrivo. Una sottile lunga lingua di fuoco fece capolino dalla porta della Chiesa,
non si proiettò immediatamente su Beniamino ma girò attorno cercando un varco tra
il cerchio di candele in seguito con un ruggito la fiamma restò avvolta su sé stessa
come studiare il punto esatto per lanciare l’attacco, dopo un’esitazione lanciò
l’attacco frontale a Beniamino attacco senza successo l’oggetto che Beniamino
reggeva in mano respinse l’attacco e la lingua di fuoco si spense.
Beniamino che appariva stanco e affaticato disse ai presenti.
«Il pericolo per stanotte è cessato ma non è finita probabilmente domani notte il demone perché cosi
dobbiamo chiamarlo tornerà all’assalto e noi dovremo resistere. Tenete presente che la nostra forza e
la fede e ad essa dobbiamo affidarci perché solo chi crede ed è puro può vincere il male, pertanto
domani sera al tramonto dovete trovarvi in Chiesa per affrontare il male chi resterà fuori potrebbe
incorrere nella tremenda vendetta del demone.»
Beniamino avvertì negli abitanti una sorta di timore ed incertezza e mentre stava
cercando dentro di sé le giuste parole Lucertola uscì dal gruppo e con voce rabbiosa
disse ai presenti.
«Gente quando questo curato è arrivato tra noi lo abbiamo considerato tutti una nullità ma questa
sera ha sconfitto il signore delle tenebre ed ha salvato la vita della piccola Isabella, mentre noi per
paura o viltà ci dannavamo l’anima. Il curato ci ha detto che la lotta sarà dura ma se saremo uniti
con lui forse potremo vincere e finiremo di vivere schiavi del male senza lottare.»
Federico vicino ad Isabella e ai suoi genitori che si era in apparenza ripresa rivelando
i tratti di una fanciulla di rara Bellezza disse.
«Amici io ho ancora vicino a me la mia amata Isabella che per merito di padre Beniamino non è
stata sacrificata al signore delle tenebre è ciò mi rende immensamente felice. Ora sappiamo il male
che abbiamo fatto e stavamo facendo soprattutto a noi stessi, ora dobbiamo pentirci, lottare e
sostenere il nostro curato che stasera ha dimostrato di saper lottare.»
Un mormorio di approvazione venne dagli abitanti del villaggio emozionati e stanchi
della lunga notte e Beniamino ne approfittò per dire.
«Gente ora dirò Messa e poi tornate alle vostre abitazioni e riposate perché la prossima notte sarà
decisiva se la sacra reliquia che posseggo avrà la forza insieme alla nostra fede e alle nostre preghiere
di vincerlo il villaggio sarà libero.»
Dopo Messa visto che ormai la luce vinceva sulle tenebre la gente del villaggio
incominciava a tornarsene a casa anche vinta dalla stanchezza. Nella piccola e
modesta canonica, Lucertola stava preparando la colazione per sé e per Padre
Beniamino e la figlia che gli dormiva accanto intanto domandò a Beniamino.
«Curato mi scusi ma cosa è la sacra reliquia che teneva alzata stanotte.»
Beniamino ebbe un sorriso stanco e rispose a bassa voce per non svegliare la bimba.
«Mia Cara Anna la sacra reliquia è un semplicemente un pezzo di roccia molto, molto antico del
quale non si conoscono le origini in realtà e la fede che lo rende potente più forte e forte la fede più la
pietra è forte.»
Beniamino aveva raccontato una verità parziale perché voleva porre l’accento sulla
fede.
Lucertola sempre più incuriosita domandò.
«Padre si può vedere questa misteriosa pietra.»
Beniamino guardò divertito la donna e si disse curiosa come tutte le donne e rispose.
«Mia cara anche se la sua potenza e la fede in realtà e un oggetto molto, molto potente e va usato da
persone che ne conoscano la reale potenza, figliola dopo la colazione vorrei riposare un poco senza
essere disturbato visto che questa notte ho perso molte forze e me ne occorreranno molte stanotte.»

6
Beniamino si era accorto con preoccupazione di aver dormito troppo, Lucertola
nonostante le sue disposizioni non lo aveva svegliato ora purtroppo doveva
muoversi in fretta. Uscì all’aperto dirigendosi in direzione della casa del Castaldo,
mentre camminava si accorgeva che la poca gente che incontrava era sì impaurita ma
non astiosa, arrivato alla casa del Castaldo vide che la porta era aperta. Dopo aver
bussato Beniamino entrò nel buio locale e vide il castaldo seduto al tavolo accanto ad
un boccale di vino posto vicino ad una brocca semivuota, aveva un aspetto
trasandato e stanco Beniamino gli disse.
«Buon giorno Castaldo sono venuto a riferirle come mio dovere di quello accaduto questa notte visto
che tu sei l’autorità di giustizia di questo paese, visto che vi sono state due morti dovete stendere il
rapporto al feudatario io vi allegherò la mia parte.»
L’uomo alzò stancamente lo sguardo e con voce impastata rispose.
«Padre la guardia mi ha già riferito per sommi capi quello che è accaduto questa notte alla rupe e la
morte del maniscalco e sua moglie dovuta a una forza misteriosa e il salvataggio della giovane
Isabella. Quando avrò tempo scriverò un rapporto su quel che è accaduto tenga presente che però
scriverò in volgare, mi faccia la sua relazione se può anche lei in una lingua che capisco.»
Beniamino rispose.
«Farò come dici tu Castaldo a proposito non ti ho visto ieri sera sulla rupe e in chiesa.»
Il Castaldo alzò lentamente e pesantemente lo sguardò in direzione di Beniamino e
disse con voce stanca e impastata.
«Padre io non credevo alle strane credenze che si erano impossessate del villaggio però non avevo la
forza che probabilmente e non capisco come avete avuto voi Padre pertanto mi sono limitato ad
osservare e colpevolmente a lasciar fare.»
«Castaldo un giorno sarete giudicato per quello che non avete fatto ma non spetta a alla mia
modesta persona io posso darvi solo il perdono di Dio quando me lo chiederete. A proposito
Castaldo sarete in chiesa stasera.»
Il Castaldo guardò Beniamino con uno stanco sorriso e disse.
«Padre non credo che verrò e per il vostro perdono forse in futuro ve lo chiederò arrivederci.»
Beniamino che aveva considerato terminato il colloquio uscì rapidamente all’aperto
accorgendosi che la luce stava lentamente scemando pertanto aumentando il passo si
recò rapidamente in Chiesa ignorando il richiamo di Lucertula per la cena. Entrando
in Chiesa Beniamino accese le candele in Chiesa come aveva fatto la sera precedente
in un cerchio, prese dal tabernacolo lo scrigno contente la sacra reliquia e ne prese il
contenuto recitando una muta preghiera inginocchiandosi accanto all’altare. Intanto
la Chiesa si stava lentamente riempiendo degli abitanti del Villaggio e la luce del
giorno era quasi completamente scomparsa. Quando la piccola chiesa fu gremita
Beniamino chiese se erano tutti presenti, il padre di Federico rispose che erano tutti
presenti meno il Castaldo e il vecchio Giovanni un mezzadro che testardamente
aveva voluto rimanere a casa sua dicendo di essere troppo vecchio per aver paura del
Diavolo.
Beniamino pensò che ormai era troppo tardi per andare a prenderlo se lo avessero
detto prima.
Beniamino recitò assieme ai fedeli alcune preghiere come il Padre Nostro e L’Ave
Maria e in seguito raccomandando ai presenti di non uscire assolutamente dal
cerchio delle candele e disse a loro di pregare intensamente. Prese tra le mani la sacra
reliquia e restò in attesa di quello che doveva accadere. Un uomo del villaggio
vedendo il portone della chiesa aperto chiese a Beniamino.
«Padre perché non chiudete la Chiesa così lasciamo fuori il Maligno.»
Beniamino ebbe un triste sorriso e gli rispose.
«Figliolo non è con una porta chiusa fermeremo il Maligno a fermarlo saranno le nostre preghiere
pertanto preghiamo tutti con tutte le nostre forze vedrete che Dio ci verrà in aiuto.»
Poco dopo un sordo rumore percorse le strade del villaggio sembrava un vento
impetuoso ma vi era un sottofondo come di un incendio, tutti in Chiesa tremavano
meno Beniamino. Improvvisamente una lunga fiammata apparve all’ingresso della
Chiesa, si raggomitolò su sé stessa come prendere slancio ma non scattò in avanti
rimase ad osservare come per prendere una decisione sulla strategia da seguire. In
seguito assunse una forma vagamente somigliante ad un serpente e si scaglio come
un fulmine contro Beniamino tentando di strappagli la sacra reliquia dalle mani,
Beniamino cadde per terra ma non mollò la presa e pronunciando parole in una
lingua sconosciuta riuscì a respingere l’attacco. La fiamma visto il tentativo non
riuscito dell’attacco diretto cercava di trovare il pertugio nel cerchio delle candele per
entrare e colpire i fedeli all’interno del cerchio, Beniamino lo seguiva con lo sguardo
e con il corpo in modo che la sacra reliquia fosse sempre in direzione della fiamma.
Visto Fallito anche questo attacco la fiamma si ritrasse e lentamente usci dalla chiesa,
i fedeli mormoravano frasi di gioia dicendo che era finita, Beniamino si rivolse a loro
con un tono secco per lui inusuale dicendo di non muoversi che la fiamma sarebbe
tornata.
Infatti poco dopo la fiamma entrò con un fragore di un tuono nella Chiesa andando
ad urtare con forza Beniamino sollevandolo da terra ma Beniamino sempre
pronunciando le sue frasi riuscì a respingere l’attacco ma si accorse che le forze
incominciavano ad abbandonarlo e rivolgendosi ai fedeli disse.
«Pregate, pregate Iddio con tutte le vostre forze ed egli verrà in vostro aiuto.»
Beniamino Rivolse all’onnipotente una muta preghiera chiedendogli aiuto per questo
ultimo sforzo. La fiamma aveva capito che Beniamino era allo stremo delle Forze ,
anche la fiamma aveva consumato in quello scontro una buona parte delle sue forze
pertanto tentò il tutto per tutto e si scagliò con tutta la sua violenza su Beniamino
scagliandola a terra e incominciava ad avvolgere il povero Beniamino pregustando
la vittoria, improvvisamente la pietra si illuminò di luce propria e la fiamma ebbe un
violento sussulto e lanciò quello che ai presenti un urlo di disperazione e infine la
fiamma si spense. Beniamino era a terra tutto tremante e reggeva con le sue ultime
forze la piccola pietra, Gli abitanti del villaggio erano indecisi sul da farsi, uscire dal
cerchio ed aiutare il loro curato o restare nel cerchio delle candele e aspettare
l’accadere degli avvenimenti. Ad un certo momento Lucertola e Federico presero il
coraggio e si avvicinarono a Padre Beniamino che era semi incosciente sdraiato sul
nudo pavimento della Chiesa, Beniamino con un filo di voce disse.
«Figlioli è finito tutto il Maligno è stato sconfitto.»
Lucertola alzò lo sguardo in direzione degli astanti e disse quasi urlando.
«Il Curato dice che è finita è il Diavolo è stato sconfitto.»
Quasi per confermare queste parole dal portone della Chiesa una fresca brezza entrò
spazzando via il caldo umidiccio che aveva regnato fino ad allora. Il padre di Isabella
disse a Lucertola di portare del latte e miele per Padre Beniamino che era molto
pallido e presentava piccole bruciature alle mani e al viso ed in certi punti il saio era
bruciacchiato.
Dopo aver Bevuto un poco di latte e miele Padre Beniamino cercò faticosamente di
Alzarsi assicurando con dei gesti gli abitanti del villaggio di essersi ripreso. Disse a
loro che il pericolo per il villaggio era finito ed ora gli abitanti dopo aver celebrato
una Messa di ringraziamento potevano ritornare alle loro case.

7
Quando uscirono dalla Chiesa gli abitanti del villaggio videro un cielo stellato che
non vedevano da molto tempo e si rallegrano tra di loro, Beniamino se pur molto
stanco disse al giovane Federico che voleva affidagli un incarico molto delicato
pertanto di recarsi presso la propria casa e di fare un abbondante colazione e in
seguito tornare da lui. Quando dopo poco tempo Federico tornò in Canonica
Beniamino gli consegnò un plico e gli disse.
«Federico prendi questo Plico e recati a passo veloce alla Locanda del Montone Rosso, li troverai
due uomini d’armi che indossano un fiacco rosso consegna a loro e solo a loro questo plico e di a loro
di farti consegnare dal locandiere sorella asina e ritorna al villaggio con lei, ora vai sta sorgendo il
sole.»
Partito Federico Beniamino disse a Lucertola di aspettare di preparare la colazione
perché ci sarebbero state altre visite, infatti dopo poco tempo arrivò la guardia del
villaggio gridando che il Castaldo stava molto male e aveva chiesto che il curato
andasse subito da lui. Beniamino prese le cose necessarie e si avviò velocemente in
direzione della casa del Castaldo, arrivati trovarono il Castaldo Druso steso sul
giaciglio era ansimante e pallido e la vita gli stava sfuggendo. Il Castaldo fece segno
alla guardia di lasciarlo solo facendo capire che voleva confessarsi, rimasti soli il
Castaldo cercò invano di sollevarsi e disse con voce fioca.
«Padre la vita mi sta abbandonando però sono contento che mi abbiate liberato dalla creatura che
albergava nel mio corpo e nella mia mente, si era impossessata del mio corpo e della mia mente e in
seguito del maniscalco e vi giuro che ho cercato di resistere alla sua potenza con tutte le mie forze ma
inutilmente e alla fine sono stato costretto ad assoggettarmi alla sua mostruosa volontà. Ora il
villaggio è libero della sua presenza però la creatura non accetterà la sconfitta e ritornerà all’attacco
credo che troverà in voi Padre un degno avversario, credo che però dovete conoscerne l’identità.»
Beniamino gli pose delicatamente la mano sulle labbra e disse sottovoce.
«La conosco già e so che verrà.»
Pronunciando sottovoce un nome e il castaldo annuì e con filo di voce disse.
«Se potete perdonatemi Padre.»
«Iddio nella sua immensa bontà perdona sempre chi si pente dei suoi peccati anche se gravi.»
Dette queste parole Beniamino indossò la stola e assolse dà i suoi peccati il Castaldo
e gli diede l’estrema unzione e i sacramenti, alla fine vide il corpo dell’uomo rilassarsi
e con un sorriso e la vita lo lasciò. Beniamino gli chiuse gli occhi, pensando che
finalmente era in pace. Stava uscendo quando la guardia l’avvisò che il vecchio
Giovanni era stato trovato morto nella sua abitazione, Beniamino disse alla guardia.
«Dopo andrò a somministragli i sacramenti, anche il Castaldo Druso e morto in
grazia di Dio, ora seguimi che ti devo dare delle istruzioni.»
Entro insieme alla guardia nella casa del Castaldo cercando invano un foglio per
scrivere, non ne trovò probabilmente perché il Castaldo era analfabeta. Beniamino
fece segno alla guardia di seguirlo incamminandosi in direzione della Chiesa,
passando per il villaggio la gente gli chiedeva notizie e Beniamino disse a loro.
«Amici purtroppo due morti hanno funestato questa giornata di gioia sono il Castaldo Druso e il
vecchio Giovanni. Queste morti non centrano con gli avvenimenti della scorsa notte, credetemi il
pericolo è passato ed è una bella giornata e il sole splende, l’aria è fresca godetevela. Stasera al vespro
celebreremo i funerali dei morti di questi giorni, Il castaldo Druso e Giovanni in chiesa e in seguito
sepolti in terra consacrata, il maniscalco e sua moglie non in terra consacrata ma darò la
benedizione per la salvezza delle loro anime. Ora vado da Giovanni per somministragli i sacramenti
e in seguito manderò la guardia qui presente al santuario di Monte Acuto con un messaggio per
l’Abate Uberto avvisandolo degli accadimenti e della morte del Castaldo.»
Dopo aver somministrato i sacramenti a Giovanni e scritto un breve messaggio
destinato all’Abate Uberto e consegnandolo alla guardia calcolando che procedendo
a piedi avrebbe impiegato circa cinque giorni a raggiungere Monte Acuto, il Tempo
che gli occorreva. Beniamino spossato si addormentò di un sonno profondo sul suo
giaciglio in canonica. Fu svegliato energicamente da Lucertola che gli disse che il
sole stava calando ed ero ora della celebrazione dei funerali dei morti. Dopo i
funerali vide in lontana comparire la famigliare figura di sorella Asina con in Sella il
giovane Federico, gli andò incontro chiedendo subito a Federico un resoconto della
sua missione, Federico smontò da sorella asina parve raccogliere le idee e disse.
«Padre quando sono arrivato alla locanda il sole aveva appena appena passato lo zenit e trovai i
due uomini vestiti con il fiacco rosso intenti a bere sotto il pergolato della locanda, li notai subito per
il loro aspetto di uomini d’armi. Dissi a loro che mi avete mandato con una missiva destinata al
vescovo Alberto e di portare l’asina al villaggio. Uno di loro diede una rapida occhiata al contenuto
della vostra missiva diede un grido al suo compagno e disse all’oste di darmi l’asina che aveva sotto
la tettoia, successivamente montarono in sella ai loro cavalli già sellati e sparire dalla mia vista come
il vento.
L’oste nel consegnarmi sorella Asina chiese se ero ancora vivo e gli risposi che eravate vivo e vegeto e
mi avviai lungo la via del ritorno lasciandolo di stucco. In principio sorella Asina non voleva farsi
montare, successivamente visto che probabilmente voleva andare al trotto si lasciò montare così potei
arrivare al villaggio prima di notte, questo è tutto.»
Beniamino ringraziò Federico dicendogli che se voleva unirsi in matrimonio con la
sua Isabella doveva presentarsi con i rispettivi genitori in Chiesa per la promessa di
matrimonio il più presto possibile in modo da far dimenticare ad Isabella la brutta
avventura subita.
Dopo la frugale cena Beniamino uscì a respirare l’aria fresca, il cielo era limpida e le
stelle splendevano terse nel cielo, Lucertola uscita anche essa a prendere un poco
d’aria dopo aver messo a dormire la figlia vide Beniamino intento e assorto ad
osservare il cielo. Voleva lasciarlo solo con i suoi pensieri, però la voglia di sapere
cosa stava pensando in quel momento l’ebbe vinta e avvicinandosi disse a bassa
voce.
«Padre era tanto tempo che al villaggio non si vedeva una notte con le stelle così vive è una notte
magica.»
Beniamino un poco sorpreso di trovarsi accanto Lucertola con un leggero sorriso
rispose.
«Figliola il cielo e terso e le stelle sono vive perché la luce di Dio è tornata a illuminare il nostro
villaggio visto che la nostra fede ha allontanato il Maligno, ora si deve solo continuare ad aver fede e
certamente vedrai altre notti come questa.»
Lucertola ringraziò della parola Padre Beniamino e andò a coricarsi, Beniamino
rimasto solo pensava che la battaglia con il Maligno non era ancora finita anzi la
prova più dura doveva ancora venire e non sapeva se sarebbe riuscito a vincerla, solo
Dio e la sacra pietra lo sapevano a lui non restava che pregare e inginocchiandosi
sotto la celeste volta incominciò a pregare.

8
l folto gruppo di uomini a cavallo percorreva la stretta strada che da Urbino portava
a Monte Silvano, davanti cavalcava il duca di Montefeltro signore di Urbino al suo
fianco cavalcava il cardinale di fresca nomina Alberto. Il Duca indossava sopra le
vesti una leggera cotta di maglia, mentre Alberto portava una veste da viaggio leggera
niente armi e l’ordine cardinalizio era solo rappresentato dal cappello color porpora e
dai guanti. Dietro le loro cavalcava Monsignor Valerio seguivano le insegne Ducali
e Cardinalizie, dietro circa centocinquanta uomini d’armi equipaggiati secondo
l’ordine del Duca del quale erano al servizio con spada e balestra ed avevano
indossato come il Duca una leggera cotta di maglia. Gli ordini erano di respingere
degli abitanti di alcuni villaggi, tutti contadini armati al massimo di forche e accette. Il
Duca si era anche riservato di dare l’ordine ai mercenari di radere al suolo i villaggi e
di massacrare tutti gli abitanti. Al capitano Furio di Valona e ai suoi mercenari non
importava nulla di massacrare popolazioni inermi l’avevano già fatto in precedenza
basta che la paga fosse buona e il Duca era un buon mecenate. Insieme ai mercenari
cavalcavano alcuni soldati della Chiesa e la scorta Personale del Duca. In coda
viaggiavano sempre a cavallo il personale di servizio del Duca e del Cardinale
Alberto con i cavalli che portavano le masserizie. Il Cardinale Alberto quando aveva
ricevuto il messaggio di Beniamino aveva insistito con il Duca di partire subito e
viaggiare Veloci dovevano arrivare prima di una certa persona. Il Duca un poco
stizzito ma abituato alle stranezze del prelato che riteneva una persona acuta ed
estremamente nonostante le apparenze intelligente, capì l’importanza della cosa e
diede l’ordine di partenza immediata.
Mentre cavalcavano il Duca che si rodeva dalla curiosità chiese ad Alberto.
«Eminenza i miei auguri per la vostra berretta Cardinalizia, da quello che mi avete riferito dalla
lettera di Padre Beniamino il maligno nel villaggio di Monte Silvano è stato sconfitto e francamente
non capisco quest’urgenza di organizzare questo viaggio e di portare appresso una compagnia di
mercenari.»
Alberto ebbe un leggero sorriso e rispose in tono cordiale e pacato.
«Vostra signoria la lettera si mi comunicava che nel villaggio il Maligno dopo una dura lotta è stato
sconfitto però mi riferiva che nel villaggio vi erano solo delle creature comandate da un’entità esterna
al villaggio probabilmente risiede a Monte Acuto. Padre Beniamino non mi ha comunicato il nome
e questo mi preoccupa parecchio, per questo le ho sollecitato una partenza urgente. Per i soldati come
ben sa gli altri due villaggi dove il maligno è presente è giunta in vescovado si stanno organizzando
per dare l’assalto al villaggio di Monte Silvano e uccidere Padre Beniamino e restaurare il potere
del malvagio. I soldati servono per tenere a bada gli abitanti dei due villaggi e come ipotesi estrema
distruggere i tre villaggi e massacrarne la popolazione e sto pregando che questo non avvenga.»
Il Duca perplesso disse.
«Eminenza è certo che al villaggio troveremo la fonte del male.»
Alberto cercò di ponderare la risposta e disse con calma.
«Vostra Signoria attualmente non so darle una risposta ma credo fermamente che attualmente sia
in viaggio in direzione del villaggio e aver sollevato le popolazioni dei due villaggi e un modo di
rafforzare ulteriormente la sua posizione.»
Il Duca non ci aveva capito molto ma lasciò intendere che aveva capito, se la
faccenda finiva male poteva sempre far intervenire i suoi mercenari e dare la colpa di
tutto al Cardinale Alberto. Ad un certo momento uno delle guardie della chiesa
arrivò al galoppo e bisbigliò qualcosa all’orecchio del Cardinale il quale ebbe un
mezzo sorriso, il Duca guardo il Cardinale Alberto incuriosito il quale si affrettò a
dargli una spiegazione.
«Vostra signoria sta accadendo quello che mi aspettavo il male si sta dirigendo in direzione di Commentato [ab1]:
Monte Silvano e provengono da Monte Acuto con una leggera scorta di uomini d’arme
probabilmente della guarnigione del castello il gruppo e capeggiato dall’Abate Uberto.»
«Bene,» replicò il Duca deciso.
«Attacchiamoli e sterminiamoli cosi avremmo spazzato via la cosa.»
Alberto ebbe un mezzo sorriso per la semplicità mentale e l’educazione militare del
Duca è replicò pacatamente.
«Vostra Signoria credo anche io che questa è la soluzione più semplice ma poco attuabile per tre
principali ragioni. La prima che non siamo certi che chi cerchiamo sia nel gruppo io e Padre
Beniamino ne abbiamo forti sospetti ma non certezze. La seconda e anche la creatura vistosi
minacciata si traferisca in una qualsiasi persona del nostro gruppo e continuare con noi il suo
viaggio. La terza forse è la più terribile noi non ne conosciamo la forza di questa creatura maligna
ma le assicuro Vostra Signoria che è molto potente e in caso di scontro potremmo finire sconfitti e
subire pesanti perdite.»
Il Cardinale Alberto fece una pausa molto breve per non dar tempo al Duca di
replicare disse.
«Vostra signoria propongo alla sua attenzione un piano di azione, sia il nostro e loro percorso
portano ad un punto di incontro che è la locanda del Montone Rosso distante circa cinque leghe. Noi
visto che siamo in vantaggio li aspetteremo e li costringeremo ad unirsi a noi per l’ultima parte del
villaggio, in fondo l’Abate Uberto è un vostro vassallo e vi deve obbedienza. Un'altra cosa vi chiedo
umilmente di dare ordine alla compagnia di mercenari di staccarsi dalla colonna e dirigersi
velocemente ad interporsi tra il villaggio di Monte Silvano ed eventualmente gli assalitori provenienti
dai due villaggi vicini, credo che le nostre scorte siano più che sufficienti a garantirci la nostra
sicurezza personale.»
Furbo il Cardinale pensò il Duca aveva già un piano di azione preordinato e non del
tutto stupido. Fece un cenno al Capitano Furio di Valona di avvicinarsi e gli diede
l’ordine di lasciare la colonna e di raggiungere un punto intermedio tra i villaggi in
questione e di respingere anche con maniere forti gli attaccanti. Sottovoce gli disse.
«Quando ti chiamo Vieni subito e ammazza senza pietà.»
Furio fece cenno col capo di Aver capito è con la colonna dei mercenari dopo poco
tempo prese una strada laterale e sparì dalla vista del gruppo. Alberto fece segno a
Monsignor Valerio di prendere un uomo della sua scorta e sorvegliare discretamente
i gruppi proveniente da Monte Acuto e di informarlo immediatamente se vi fossero
variazioni nel loro percorso. Rivolgendosi al Duca Alberto disse.
«Vostra Signoria come certamente sa la prudenza non è mai troppa e ho mandato il mio assistente
Monsignor Valerio ha tenerli d’occhio ed ora rechiamoci al Montone Rosso tutto questo cavalcare
incide sulle mie stanche ossa.»
«La capisco Eminenza alla nostra età il lungo cavalcare stanca ed un poco di riposo è d’uopo.»
Rispose divertito il Duca.

9
L’ oste Del Montone Rosso restò per un attimo sbigottito dall’importanza e dal
numero del gruppo di persone che si stava fermando quel pomeriggio alla sua
locanda, però si riprese quasi subito e facendo un profondo inchino e sfornando il
suo più untuoso sorriso disse.
«Signorie vostre questa persona è estremamente onorata di avere come ospiti nella sua modesta
locanda le vostre eccellentissime signorie e la loro scorta ed è al vostro completo servizio.»
Il comandante della scorta disse burberamente all’oste.
«Meno ciance marrano di un oste sua Signoria il Duca di Montefeltro e signore di Urbino e il
Cardinale Alberto Vescovo di Urbino con la loro scorta passeranno la notte nella tua Misera
taverna e vedi di fare del tuo meglio per rendere agevole la loro permanenza.»
L’oste borbottò qualcosa e inchinandosi sparì all’interno della locanda
Mentre i servi Montavano le tende per il Duca e per il Cardinale che certamente non
avrebbero dormito in quella fetida locanda. Poco dopo arrivò Monsignor Valerio
annunciando l’imminente arrivo dell’Abate Uberto e del suo seguito, il Duca ordinò
a quattro armigeri della sua scorta di sbarrare la strada. Quando il gruppo
proveniente dal Santuario di Monte Acuto arrivò in vista del passo con vicino la
locanda ,il gruppo era composto dall’Abate Uberto, Padre Anselmo, Sorella Marta
con due consorelle che montavano delle mule il gruppo era scortato da un caporale e
quattro armigeri della guarnigione del locale castello di Monte Acuto vide il folto
gruppo di armigeri e le insegne dei Montefeltro e del vescovado cercò di tirare
dritto però gli armigeri posti a guardia del passo lo bloccarono .L’Abate Uberto
sapeva bene che gli armigeri che lo scortavano non avrebbero attaccato le guardie del
loro signore pertanto fece buon viso alla situazione che si era creata, mentre
scendeva da cavallo apparvero come dal nulla il Cardinale Alberto e il Duca che con
leggero sorriso e un tono apparentemente severo disse.
«Mio caro Abate Volevate proseguire senza fermarsi a rendere omaggio al signore del quale siete
vassello non è rispettoso nei miei confronti e del mio ospite il Cardinale Alberto vostro Vescovo.»
«Scusatemi Vostra Signoria non era mia intenzione recarvi offesa sia a voi e a sua Eminenza non
mi ero accorto dalla vostra presenza credevo solo la presenza di un reparto militare che operava un
posto di blocco, dato che mi stavo recando a Monte Silvano per nominare un nuovo Castaldo e per
risolvere con urgenza un caso increscioso riguardante il curato di quel villaggio.»
Il Duca guardò con uno sguardo severo l’Abate Uberto era evidente che stava
recitando una scusa non troppo credibile e gli rispose con tono deciso e severo.
«Abate la nomina di un Curato e del Castaldo nel feudo che vi ho gentilmente assegnato è di vostra
competenza ma devo anche adeguarmi alle esigenze della chiesa e anche lei Abate. Però non se ne
preoccupi anche noi e sua eccellenza il Cardinale Alberto domani ci recheremo a Monte Silvano nel
nostro giro nel nostro feudo, pertanto farete il viaggio in nostra compagnia e giunti in loco
prenderemo assieme le giuste decisioni. Ed ora Abate venite ci farete compagnia a Cena e cercheremo
una sistemazione adeguate al vostro seguito.»
All’Abate Uberto non restò altro che far buon viso a cattivo gioco e scendendo da
cavallo dicendo.
«Ne saremo onorati vostra signoria.»
Durante la cena la conversazione toccò vari argomenti sia il Duca sia il Cardinale
Alberto furono abili ad evitare qualunque discorso su la questione di Monte Silvano.
La notte la trascorse in modo agitato e tutti dormirono male, un’alba grigia e
plumbeo accolse il gruppo al loro risveglio il Cardinale Alberto era di umore cupo e
desideroso di partire subito come preso da una strana ansia il Duca lo capì e si diede
immediatamente da fare per organizzare la partenza e dopo poco tempo la colonna
era in movimento e il Duca disse ad Alberto.
«Vostra Eminenza non abbia timore saremo a Monte Silvano poco dopo l’ora della colazione di
metà giornata.»
Padre Beniamino guardava preoccupato il cielo fino al giorno prima il tempo volta
era stato bellissimo ora il grigiore tipicamente autunnale in contrasto con l’attuale
stagione estiva preannunciava per Beniamino l’arrivo dell’essere maligno ,ora
l’attendeva la prova finale alla quale si era preparato durante la settimana pregando
intensamente , anche svolgendo i suoi compiti di Curato celebrando il matrimonio
tra Isabella e Federico il giorno precedente ed era stato un momento di gioia in tutto
il villaggio anche se guastato dalle notizie poco assicuranti che giungevano dai
villaggi vicini.
Lucertola vedendo Padre Beniamino preoccupato e teso gli si avvicinò chiedendo
cosa lo preoccupato. Beniamino gli rivolse un’occhiata preoccupata e gli rispose.
«Figliola vedi il cielo è diventato tetro significa che l’entità maligna che ha comandato gli
avvenimenti nel nostro villaggio sta arrivando per ricostruire il suo potere e sarà un duro scontro.»
Lucertola d’istinto rispose.
«Padre avete già vinto una volta perché non dovrete vincere anche questa volta magari con forse più
impegno.»
Beniamino scosse la testa e con voce calma per non tradire la sua emozione rispose.
«Figliola questa volta non sarà così semplice se verro sconfitto le conseguenze saranno immaginabili
non solo per il villaggio ma in seguito per la civiltà cristiana che noi conosciamo.»
Beniamino evitò di dire a Lucertola che se il maligno avesse vinto se le cose
andavano come dovevano nessuno del villaggio sarebbe sopravvissuto, sperava solo
che Alberto sarebbe giunto in tempo. Federico giunse di corsa dicendo che stavano
arrivando dalla pianura numerosi uomini a cavallo in direzione del villaggio.
Beniamino sperava con tutto il cuore fosse Alberto e disse a lucertola suona le
campane della chiesa per radunare l gente del villaggio.
Quando la colonna del Duca arrivò alle porte del Villaggio Padre Beniamino seguito
dagli abitanti del Villaggio si reco a rendere omaggio alle loro signorie che
smontarono da Cavallo, il Cardinale Alberto andò subito incontro a Padre
Beniamino abbracciandolo fraternamente. Beniamino in seguito si inginocchiò e
baciando l’anello cardinalizio disse.
«Ben arrivato eminenza mi congratulo con voi per la vostra nomina e per aver portato con voi la
persona che aspettavamo.»
Il Cardinale Alberto che non si aspettava una comunicazione così rapida e diretta
restò un attimo perplesso ma si riprese subito come suo costume e dopo aver
scambiato un’occhiata significativa con il Duca disse sottovoce a Beniamino
«Fratello dunque è per oggi la prova.»
Beniamino rispose anche lui sottovoce.
«Si fratello confidando con l’aiuto di Dio.»
Padre Beniamino si rivolse al Duca con un leggero inchino salutandolo
cortesemente.
«Benvenuto in questo piccolo villaggio vostra signoria.»
Il Duca sapeva dalle parole del Cardinale Alberto che Padre Beniamino era un essere
minuto dall’apparenza innocua, ma vedendosi davanti questo religioso piccolo quasi
scheletrico con una tonaca Francescana ebbe nel suo intimo qualche dubbio. In
seguito si accorse che lo sguardo di quel piccolo prete era intenso e suoi occhi
emanavano una forte determinazione è capi che quel essere minuto doveva avere
una forza interiori e volontà enormi e disse a bassa voce a Padre Beniamino.
«Ho sentito da sua Eminenza le vostre ultime vicissitudini e ci complimentiamo con voi, ora credo
che vi attenda l’ultima prova è per questo avrete il nostro sostegno, naturalmente sapete quello che
attende gli abitanti del villaggio se voi fallite.»
Padre Beniamino restò un attimo senza parole dalla risposta crudele e diretta del
Duca e rispose a bassa voce.
«Vostra signoria più del vostro sostegno ho bisogno delle vostre preghiere, se falliamo credo che
sterminando gli abitanti servirà a poco perché il suo intento non è solo di riconquistare il villaggio
ma di impossessarsi della sacra reliquia e cadesse nelle sue mani non solo questo villaggio sarà in
pericolo ma l’intera cristianità.»
Il Duca fortemente preoccupato dalle parole di Beniamino seppe solo dire.
«Padre noi desideriamo fortemente che lei vinca in nome di Dio e del bene.»
Quindi Beniamino rivolse un breve cenno di saluto a sorella Marta e alle sue
consorelle in seguito stava dando un saluto di Benvenuto all’Abate Uberto e a padre
Anselmo, però l’abate Uberto lo prevenne dicendo in modo brusco.
«Padre ne ha combinati di guai nel periodo che le ho assegnato questa parrocchia il rapporto che mi
ha inviato contiene falsità e la guardia che ha portato il suo messaggio mi ha riferito di strane
cerimonie avvenute in questo villaggio compresa la morte del Castaldo. Pertanto noi la rimoviamo da
questa parrocchia e la sostituiamo provvisoriamente con padre Anselmo che sarà più degno di lei
nella cura delle anime di questo villaggio pertanto ritorni immediatamente al suo convento.»
Il Cardinale Alberto che aveva ascoltato le parole dell’Abate Uberto disse con un
tono deciso.
«Abate Uberto non vorrei usurpare una vostra decisione ma visto che noi passeremo la notte in
questo villaggio chiederei di aspettare che io e padre Beniamino concelebriamo assieme la Messa e
in seguito prenderemo assieme le giuste decisioni.»
Visto che i servi stavano montando le tende all’Abate Uberto non restò altro di fare
buon viso alla situazione a lui sfavorevole che si era creata.
10
La Messa solenne alla quale avevano concelebrato assieme Il Cardinale Alberto e
Padre Beniamino era appena terminata e tutti tranne L’Abate Uberto e i suoi
compagni aspettavano con interesse misto a paura quello che successivamente
sarebbe accaduto. Prima che L’Abate Uberto potesse aprire bocca il Cardinale prese
la Parola dicendo.
«Miei cari Fedeli come certamente avete capito la nostra visita in questo villaggio non è certamente
Casuale, gli avvenimenti drammatici avvenuti nei giorni scorsi con la dura lotta sostenuta dal vostro
Curato al quale va il mio ringraziamento congiunto a quello di sua signoria, ha dovuto sostenere
con il male che si era insediato nella vostra comunità.»
Dette queste parole il Cardinale Alberto fece una pausa piena di effetto guardando
L’Abate Uberto con uno sguardo che gli fece intendere che la sua pretesa di
sostituire Padre Beniamino cadeva momentaneamente nel vuoto. In seguito
proseguì.
«Purtroppo la battaglia che avete appena sostenuto non è terminata è Padre Beniamino ora vi
spiegherà con chiarezza quello che è accaduto è quello che accadrà dopo le mie parole.»
Il Cardinale Alberto dopo aver parlato fece un gesto in direzione di Padre Beniamino
di continuare l’illustrazione degli avvenimenti. Beniamino fece un gesto di assenso in
direzione del Cardinale Alberto e prese la parola rivolgendosi soprattutto ai nobili
convenuti e non agli abitanti del villaggio.
«Vostra Signoria eccellenza Cardinale Alberto, Monsignor Valerio, Abate Uberto, Padre
Anselmo, Sorella Marta e consorelle, noi tutti anime del villaggio. Come gli abitanti del villaggio
hanno vissuto in prima persona è avvenuta una battaglia esorcistica che ha coinvolto alcuni abitanti
del nostro villaggio nel quale il maligno si era introdotto nei loro corpi costringendo gli abitanti del
villaggio ha seguire la strada del male, dopo una lunga battaglia con il maligno e purtroppo la
perdita della vita dei posseduti il male è stato estirpato dal villaggio. Non credete che sia finita no
queste persone erano solo degli emissari del maligno che le comandava da un luogo esterno al
villaggio ,ho pensato e mi sono domandato quale ,alla fine mi sono convinto che il maligno si trovasse
presso il Convento di Monte Acuto in un corpo che avesse autorità su questo villaggio come aveva
con acume previsto anche sua Eccellenza il Cardinale Alberto il quale con una scusa mi ha inviato
al convento di Monte Acuto ove si avevo percepito qualcosa di strano però non avevo capito la
presenza del Maligno e in seguito vi spiegherò il perché. Ora cerchiamo di identificare la persona nel
quale si nasconde il Maligno, in principio scusatemi ho pensato a voi Abate Uberto ma siete troppo
vanaglorioso e superbo per portare per portare dentro di voi il maligno il quale però ha cercato di
condizionare alcune vostre decisioni come quella di venire subito a sostituirmi e continuare il suo
dominio sul villaggio con una creatura che già dominava come il caporale del castello di Monte
Acuto che dovrebbe essere il nuovo Castaldo.»
Ad un cenno del duca tre armigeri bloccarono il caporale e lo portarono via, L’Abate
Uberto fece per protestare ma un brusco gesto e lo sguardo severo del Duca gli
fecero capire di desistere.
Cosi Padre Beniamino continuò il suo parlare.
«Quando ha saputo della perdita dell’autorità su questo villaggio la creatura ha capito che il Curato
di questo Villaggio non era la persona insignificante che credeva di conoscere. Il problema che gli si
presentava era di riconquistare subito il potere sul villaggio, due erano le strade che poteva seguire, la
prima di convincere il debole Abate di Monte Acuto di sostituire immediatamente questo Curato
con uno più manovrabile e mi scusi Padre Anselmo lei era adatto allo scopo. La seconda strada
ideata anche per forzare la mano era di inviare una spedizione punitiva formata dagli abitanti dei
due villaggi vicini nei quali il suo controllo è in costante crescita con il compito principale non solo di
uccidervi ma sopra tutto eliminare la mia persona.»
Dagli abitanti del villaggio si alzò un brusio di paura, il Duca disse a loro con la sua
voce tonante.
«Non abbiate paura gente sua Eminenza il Cardinale Alberto mi ha avvertito per tempo del
problema e ho mandato una compagnia di mercenari al mio servizio con l’ordine di fermarli.»
Beniamino vide con lo sguardo che Lucertola seguendo i suoi ordini aveva formato il
cerchio di candele accese all’interno della Chiesa.
Così poté continuare le sue esposizione.
«Ora sa che per ora ha fallito, però non è sua intenzione desistere. Chi potrebbe essere vi
domandate è la domanda che mi sono posto anche io, Pensando bene la soluzione era semplice era
una persona che per il suo servizio continuava a far la spola tra i vari Villaggi vero sorella Marta.»
La Suora che fino a quel momento si era tenuta in disparte fu oggetto degli sguardi
di tutte le persone presenti in quel luogo, disse con voce ferma in forte contrasto con
il suo aspetto fragile.
«Padre Beniamino voi siete fuori di senno noi siamo semplici Suore ospedaliere è nostro dovere girare
per i villaggi del feudo di Monte Acuto per soccorrere i bisogni e gli ammalati e non abbiamo niente
ha vedere con le vostre assurde accuse.»
Padre Beniamino ebbe un mezzo sorriso e disse evitando di chiamarla sorella.
«Marta voi stessa ingenuamente vi siete accusata quando mi avete detto alla mia partenza che in
questo villaggio regnava una cupa atmosfera e avete potuto solo voi entrare non le vostre consorelle
per parlare con il Castaldo Druso che era diciamo la vostra presenza al villaggio.»
Ora tutti gli sguardi erano puntati su quella piccola suora che manteneva una calma
molto apparente e rispose alle parole di padre Beniamino con un atteggiamento di
Sfida.
«Padre avete delle belle parole però nessuna prova a suffragare le vostre accuse.»
Padre Beniamino resto quasi indifferente alle parole di sorella Marta e guardandola
dritta in viso disse.
«Volete delle prove bene le avrete.»
Fece segno al Cardinale Alberto che gli consegnò una piccola cofanetto di legno,
Beniamino lo Aprì e tolse una piccola pietra di forma rettangolare e di colore nero, la
prese delicatamente in mano e disse.
«Questa piccola pietra è un antico reliquia la sua origine si perde nella notte dei tempi, Quale è il
suo potere riconoscere e combattere il male specialmente in presenza del Maligno. Sua è stata la
forza che mi ha permesso di combattere il Maligno in questo villaggio, ora se non avete dentro di voi
il maligno quando la bacerete rendendole omaggio essa resterà una pietra inerte, però se il maligno vi
possiede essa reagirà e darà alle persone qua convenute un segnale. Ora o la bacerò per primo e
successivamente toccherà alle vostre persone.»
Dette queste parole Beniamino baciò la pietra con riverenza e la pietra rimase inerte,
la mise davanti ad il Cardinale Alberto che anche lui la bacio e non successe nulla.
Tocco con lo stesso esito al Duca, Monsignor Valerio e a padre Anselmo. L’Abate
Uberto esitò ha compiere il gesto ma lo sguardo perentorio del Duca lo indusse a
farlo e quando lo fece un leggero tremito percorse il suo corpo, ad un cenno del
Cardinale due guardie lo trascinarono via e Padre Beniamino disse.
«Vedete il maligno si è in parte insinuato nella sua mente per controllarlo ma non suo corpo,
quando sconfiggeremo il maligno anche la sua mente sarà libera.»
Beniamino aveva accuratamente evitato di dire che se il maligno vinceva le guardie
avrebbero trafitto senza indugio il povero Abate. Beniamino avvicinò la pietra a una
delle consorelle di Sorella Marta che la baciò tranquillamente e così fece l’altra,
mancava solo Sorella Marta che non vista cercava cautamente di allontanarsi, però
aveva la via bloccata dalle guardie.
«Dove credete di andare Marta ora dovete baciare questa sacra reliquia come hanno fatto tutti i
presenti per dimostrare la vostra innocenza.»
Disse Beniamino avvicinandosi lentamente alla figura di Marta mentre i presenti
cautamente si allontanavano dai due entrando nel cerchio delle candele accese in
precedenza da Lucertola. L’esile figura di Marta sembrò diventare ancora più esile e il
viso si contorse in un ghigno crudele e la voce diventò rauca e cavernosa dicendo.
«Maledetto, maledetto Prete maledetti tutti voi mi avete scoperto, vi pentirete di averlo fatto. Ora
ucciderò questo misero Frate e mi imposero della pietra e con essa il mio potere sarà molto più forte e
mi impossero delle vostre anime e dei vostri corpi se non vi riuscirò vi ucciderò senza pieta.»
Dette queste parole il corpo di Marta si afflosciò e ne emerse una creatura che
lentamente prese una forma mostruosa, aveva la testa di sciacallo un corpo deforme
piedi come le capre e una lunga coda, la figura che sembrava avvolta dalle fiamme
ora sembrava alta più di tre metri. Tutti istintivamente si allontanarono da quella
mostruosa creatura, solo Padre Beniamino rimase imperterrito fermo su posto.
La diabolica figura con il braccio lanciò una fiammata contro padre Beniamino che
alzò in difesa la nera pietra sopra le proprie mani, dalla pietra emerse un fascio
bianco di luce che colpì la fiamma parando in parte il colpo, Beniamino fu
scaraventato all’indietro e alcune fiamme presero la sua tonaca ma si spensero subito.
Come pregustando la vittoria la diabolica figura lanciò un'altra fiammata però la
pietra aveva allargato il suo fascio di luce e parò il colpo riducendo al minimo i suoi
effetti su Padre Beniamino, capi che non avrebbe avuto una facile vittoria su quel
insignificante essere umano. La pietra nelle mani di Padre Beniamino cominciò ad
aumentare la sua potenza e un fascio di luce accecante colpi l’essere mostruoso,
dall’attacco passo alla difensiva, lanciava sempre fiammate ma la loro potenza
diventava sempre più debole nei confronti della luce della pietra. La creatura
cominciò ad arretrare in direzione della rupe e gli spuntarono un paio di informi ali
per muoversi più agilmente ed attaccare in punti diversi, però la pietra guidata da
Beniamino non si faceva ingannare e rispondeva colpo su colpo nonostante piccole
bruciature che apparivano sul saio e sul corpo di Beniamino sembrava in apparenza
non risentirne. A distanza di sicurezza il Duca e il Cardinale seguivano con tremore e
trepidazione il titanico scontro che andava ben oltre alla loro immaginazione mentre
le prime ombre della sera si allungavano sul villaggio. Beniamino non si rendeva
conto di quanto tempo era passato era spossato dallo scontro però l’antica reliquia
continuava a trasmettergli forza per combattere, la creatura cominciava a capire che
difficilmente avrebbe vinto e istintivamente incominciò a ritirarsi in direzione del
pianoro in cima alla rupe. Lo scontro continuava ormai sulla scalinata e i presenti nel
buio vedevano sul fianco della montagna le fiammate emesse dalla diabolica creatura
sempre più deboli e la bianca luce sempre più forte e dominante. Ormai erano sul
pianoro in cima alla rupe e la diabolica creatura stava lanciando l’ultimo attacco a
Beniamino raccogliendo le energie residue ma non serviva a nulla la bianca luce
parava tutti i colpi e diventava ad ogni attacco sempre più forte e la costringeva ad
arretrare in direzione della stele. Durante lo scontro non avevano mai comunicato tra
loro, in quel momento la creatura vide attraverso la luce un’immagine riflessa nel
corpo di Beniamino e balbettando disse.
«Anche tu maledetto hai preso le sembianze di un essere umano.»
Una voce quasi musicale all’interno della luce che ormai sovrastava tutto il pianoro
disse.
«Credevi che ti avremmo lasciato mano libera no! e ora torna da dove sei venuto.»
La luce bianca improvvisamente diventò azzurrina ed accecante e colpendo con
estrema violenza la creatura e la lanciò all’interno della stele che esplose lanciando in
direzione del cielo un altissimo Fiammata e con un’esplosione che fece tremare la
terra gettando a terra tutti i presenti che pur erano a debita distanza poi fu buio e
silenzio.

11
Il Cardinale Alberto e i presenti dopo un attimo di sbigottimento accesero le torce
e con molta cautela si inerpicarono in direzione della rupe, arrivati in cima alla rupe
videro steso a terra apparentemente privo di vita Beniamino, i resti della stele
giacevano sbriciolati sul terreno. Alberto vide che Beniamino stringeva ancora tra le
mani la nera pietra e disse al Duca e alle persone presenti.
«Miei cari Padre Beniamino ha vinto una grande battaglia contro il maligno ora vediamo se esiste
in lui ancora la vita.»
Monsignore Valerio insieme a Lucertola si chinarono su Padre Beniamino e
sentirono che pur debolmente respirava, il corpo e la tonaca presentavano numerose
bruciature. Il Duca con la sua presenza di spirito ordinò hai suoi armigeri di
preparare una barella per trasportare il corpo di Padre Beniamino nella tenda del
Cardinale Alberto e di chiamare il cerusico. Mentre scendevano in direzione del
villaggio il Cardinale Alberto fece notare al Duca e a Monsignor Valerio che il cielo
era tornato stellato e spirava un leggero e fresco venticello segno della definitiva
scomparsa del maligno in quei luoghi. Beniamino nella comoda tenda del Cardinale
Alberto era stato ripulito dalle bruciature e il cerusico aveva applicato degli impacchi
lenitivi, Cambiato il Saio bruciacchiato veniva amorevolmente assistito da Lucertola e
dal Cardinale Alberto. All’alba un limpido cielo riscaldava il villaggio e il Duca si
preparava a Partire per ritornare ad Urbino il capitano dei mercenari aveva riferito
che nella notte gli abitanti dei villaggi che volevano attaccare Monte Silvano dopo
qualche infruttuoso tentativo di sfondare nel pomeriggio nella notte erano
tranquillamente tornati alle loro case. Si recò nella tenda del Cardinale Alberto per
prendere commiato ed avere notizie di Padre Beniamino.
Il Cardinale Alberto disse.
«Vostra Signoria Padre Beniamino non si è ancora svegliato ma il suo respiro sta piano, piano
ritornando alla normalità e le bruciature grazie al cerusico si stanno riassorbendo e sono convinto che
in pochi giorni si riprenderà completamente, comunque resterò qui a vegliarlo personalmente.
Manderò insieme a vostra signoria ad Urbino Monsignor Valerio per seguire gli affari del
Vescovado.»
Erano passati sette giorni da quella notte Padre Beniamino si era prontamente
ripreso e ora stava camminando nei campi vicino alla Chiesa insieme al Cardinale
Alberto che vestiva una comune veste talare di un semplice sacerdote. Alberto aveva
vissuto quei giorni di vicinanza al suo amico e fratello come una purificazione
dell’anima e dello spirito e a volte non riusciva a capire come la vicinanza di
Beniamino gli facesse quell’effetto. Attorno a loro la gente lavorava allegramente nei
campi al primo sole del mattino richiamandosi allegramente tra di loro come era
cambiato l’atteggiamento degli abitanti del villaggio dal suo arrivo pensava
Beniamino. Dentro Alberto un costante pensiero occupava la sua mente e il suo
cuore e alla fine si decise a porre la fatidica domanda al suo amico.
«Beniamino caro fratello in Dio posso porti una domanda che alberga da tempo nel mio cuore e
nella mia mente, chi sei veramente. Ho assunto discretamente notizie sul tuo passato, sei stato
accolto presso il convento di Norcia come un orfano cencioso dato che la tua famiglia di mezzadri
insieme agli abitanti del piccolo villaggio dove abitavi era stata distrutta da una delle tante razzie
dei mercenari al servizio di qualche nobile. I monaci di quel convento hanno subito notato in te una
grande intelligenza e il fatto che sapevi leggere il latino cosa inusuale in un povero, dato che
l’insegnamento del Latino era ed è riservato solo ad i religiosi e hai rampolli di nobile schiatta come
me. Quando decisero di mandarti in seminario ed io feci la tua conoscenza notai subito in te una
forte forza di carattere ed una grande capacita di apprendere probabilmente superiore alla mia.
Differentemente da me non avevi ambizione di carriera e volevi al termine degli studi Sacerdotali
tornare al tuo convento. Un'altra cosa la piccola pietra nera che era già con te quando sei arrivato
fanciullo al convento e non hai mai abbandonato tranne il breve periodo che te il sequestrato perché
credo che abbia dei poteri magici o forse taumaturgici. Da quello che ho visto la sera dove hai
sconfitto il maligno deve avere grandi poteri magici o altro, che cosa è e da dove proviene.»
Beniamino guardò con affetto Alberto aveva intuito che quelle domande
albergavano da tempo nel cuore del suo amico e fratello pertanto cercò di formulare
una risposta il più coerente possibile e disse.
«Fratello Alberto tu hai posto delle giuste domande e vedrò per quanto mi è possibile risponderti
sinceramente. Effettivamente ero solo figlio di poveri contadini e non sapevo leggere e scrivere in
nessun modo, quando quei mercenari attaccarono il nostro villaggio la mia famiglia venne
completamente distrutta io rimasi colpito gravemente al capo. Credevo di morire quando una luce
colpì il mio viso ed un intenso calore penetrò nel mio corpo come una fiamma. Una voce mi disse vivi
Beniamino e percorri la strada che ti sarà indicata dalla tua mente e dal tuo cuore e dalla piccola
pietra che ti ho posto accanto viene da un tempo lontano e recava le leggi di Dio, essa seguirà solo
le mie e la tua volontà e sarà inerme per le altre persone, colpirà spietatamente chi vorrà adoperarla
per fare il male o istallare il male nel genere umano.»
Mentre Beniamino fece una piccola pausa nel suo racconto Alberto pensava che
quando aveva avuto in suo possesso la pietra che Beniamino chiamava la sacra
reliquia gli aveva procurato uno strano brivido.
Dopo questa breve pausa Beniamino continuò dicendo.
«Durante gli studi al Seminario fratello ti impegnavi negli studi mentre io apprendevo con
naturalezza e senza fatica le cose più difficili come ci fosse un’intelligenza superiore dentro la mia
mente. Una volta ordinati io avevo paura di quello che mi attendeva ed ho scelto ancora la via
dell’umile servizio nel convento che mi aveva accolto. Quando mi assegnasti questa missione capii lo
scopo della mia vita di più non posso e non so dirti fratello.»
Alberto resto un attimo perplesso sapeva che Beniamino gli aveva risposto il
sinceramente fin dove poteva arrivare. Dopo un attimo gli chiese anche se
intimamente conosceva già la risposta.
«Fratello come sai io oggi parto per Roma per un importante incarico presso il soglio pontificio vuoi
accompagnarmi come fidato consigliere.»
Beniamino disse con un sorriso.
«Mio caro fratello è mio desiderio rimanere per il resto della mia vita ha curare le anime degli
abitanti di questo povero Villaggio. So che quando la pietra mi abbandonerà anche la mia vita
terrena sarà finita.»
Alberto abbracciandolo affettuosamente disse.
«Addio fratello forse le nostre anime si rivedranno in cielo.»
Erano passati circa otto anni e il Cardinale Aberto importante porporato presso il
soglio pontificio stava partecipando con il Santo Padre ed altri cardinale ad un
importante incontro per deliberare sull’epidemia di peste che incominciava ad
invadere l’urbe, quando un messo gli consegnò un importante messaggio da parte del
Vescovo di Urbino Valerio il suo contenuto diceva.
«Eminenza mi duole comunicarle la morte di Padre Beniamino avvenuta alcuni giorno orsono. Mi
trovavo casualmente vicino al villaggio di Monte Silvano quando mi comunicarono la notizia del suo
decesso. Tenni la funzione delle sue esequie e seppi dei suoi ultimi giorni parlando con la sua fedele
perpetua chiamata Salamandra. Una mattina padre Beniamino gli disse che la sacra reliquia se ne
era andata è con essa se ne sarebbe andato anche lui. Si reco nel vicino villaggio per confessarsi e
ricevere i sacramenti dal locale Curato, tornato disse Messa e dopo essersi coricato spirò serenamente
nel sonno Valerio.»
Il Cardinale Alberto si ritirò con una scusa nel suo appartamento e inocchiandosi in
preghiera e vedendo delle piccole pustule nere sulla pelle disse.
«Ci vedremo tra poco in paradiso fratello prega per me.»

FINE
I luoghi e personaggi che compaiono in questo racconto sono di pura fantasia e non
hanno nessun rapporto con la realtà.

Dello stesso autore


Il Cavaliere del Sole
Beniamino
Ud il castello della vergogna
Carlo il ritorno
Della serie Donelli
Donelli l’anello di pietra
Di prossima pubblicazione
Donelli la vendetta

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