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Debito estero e crescita: due obiettivi per due

strumenti (ai politici)


Cari politici,

mi rivolgo a voi tutti: da quelli che sono al governo e non sanno cosa fare, a quelli che non ci sono, e
non sanno come arrivarci. Lo faccio sulla base di due presupposti: il primo è che il vosto è un lavoro
che richiede competenze specifiche e che rispetto. La retorica del "tutti a casa e poi ce mannamo
quelli onesti " per me è puro fascismo, come qualsiasi argomento fatto per parlare alla pancia delle
persone semplici. Quindi: massimo rispetto per il vostro ruolo e per il vostro sforzo. Il secondo
presupposto è che esiste il reato di alto tradimento e noi siamo in una guerra, che per ora è "solo"
economica (come se le guerre economiche non facessero morti!), ma che potrebbe trasformarsi
presto in qualcos'altro, soprattutto se continuate a far finta di non capire quale sia l'interesse del
nostro paese. Quindi: nessuna pietà per chi dovesse continuare a non far nulla per opporsi alla
distruzione del nostro paese. La distruzione di reddito che sta avendo luogo nel nostro paese non ha
precedenti al di fuori di eventi bellici ed ormai è seconda solo a quella causata dalla Seconda guerra
mondiale, al termine della quale, come ricorderete, qualcuno dovette per così dire rovesciare
bruscamente le proprie prospettive. Un esito tremendo, per scongiurare il quale ho esposto la mia
persona e la mia carriera, ma che la vostra testardaggine (perdonate la franchezza, il momento non
è quello dei convenevoli) sembra proprio voler a tutti i costi conseguire. Quando pensate che gli
italiani stiano ancora troppo bene per ribellarsi alla situazione attuale, forse valutate la loro posizione
partendo dalla vostra, che è lievemente più comoda della loro.

Sono sicuro che entrambi questi miei sentimenti (il rispetto per chi governa, e la richiesta pressante
che lo faccia nell'interesse nazionale) sono condivisi dalla maggior parte di chi mi legge. Siamo
pochi, certo, ma potremmo diventare di più, quindi io parlerò semplice, ma voi, vi prego, ascoltatemi.

Ormai ve lo hanno detto tutti che la nostra non è una crisi di debito pubblico, ma di debito
estero. Cosa vuol dire? Vuol dire che da anni l'Italia spende per importazioni più di quello che
incassa per esportazioni. Di conseguenza, il paese è costretto a indebitarsi col resto del mondo per
poter continuare ad acquisire le risorse delle quali ha bisogno. Quando i creditori esteri sono andati
in crisi (sostanzialmente, quando la Germania, che aveva investito stupidamente nel
mercato subprime, si è trovata nell'esigenza di passare all'incasso dei suoi crediti con altri paesi:
Grecia, Spagna, ecc.) è iniziato il bailamme nel quale ci troviamo. D'altra parte, se il problema non
fosse questo, perché, ascoltando gente come Tabellini, ci proporreste come soluzione la riforma del
mercato del lavoro, cioè, in sintesi, una riduzione di diritti dei lavoratori che prelude a una ulteriore
compressione dei salari? Se il problema fosse di finanza pubblica, vi converrebbe che la gente
guadagnasse di più, così pagherebbe più tasse e i conti pubblici tornerebbero in equilibrio.
Ma il problema è anche e soprattutto di conti esteri, e allora voi sperate che, pagando di
meno i lavoratori, i beni italiani diventino più convenienti, e vengano esportati, permettendoci
di acquisire le risorse finanziarie che ci consentirebbero di pagare le importazioni senza
indebitarci ulteriormente.

Questa è la semplice logica della riforma del mercato del lavoro, e l'hanno capita tutti, perfino voi, e
quasi tutti hanno capito che voi l'avete capita. Quasi tutti hanno capito, cioè, che posti di fronte a
due problemi (uno di finanza privata e uno, causato dal primo, di finanza pubblica) avete
deciso, seguendo la linea di Monti, di fare gli interessi dei creditori esteri (distruggendo
domanda e diritti interni), anziché quelli dei cittadini (ponendo fine a un sistema monetario
che non ha ragione di esistere).
In qualche modo, come vi spiegherò, questa scelta era tecnicamente obbligata, ma... occhio ai
rovesciamenti di prospettive!

Vi scrivo per chiarirvi coi dati che se pure noi non siamo in crisi come Grecia e Spagna, perché la
nostra situazione era meno compromessa (avendo noi un sistema bancario meno esposto verso i
creditori del Nord, famiglie e imprese meno propense a indebitarsi, e un debito pubblico che nei
primi anni dell'euro era diminuito di 10 punti di Pil), tuttavia le terapie che vengono proposte da
voi (austerità prima e repressione salariale poi), o da chi vorrebbe occupare il vostro posto
(referendum sull'austerità), sono fallaci e rischiano, per così dire, di accelerare il
rovesciamento di prospettive.

A questo scopo, permettetemi di mostrarvi trent'anni di storia dell'indebitamento estero italiano:

Le variabili sono espresse in percentuale del Pil. In nero avete l'accreditamento/indebitamento


estero (fonte: Fmi), per gli amici CA (current account, saldo delle partite correnti della bilancia dei
pagamenti); in rosso e blu due stime del credito/debito estero dell'Italia, la cosiddetta "posizione
(patrimoniale) netta sull'estero", per gli amici PNE (posizione netta sull'estero) o NIIP (net
international investment position). Uso due fonti perché quella ufficiale, l'Eurostat, fornisce i dati solo
dal 1997, quindi per gli anni precedenti mi sono servito di Lane e Milesi-Ferretti (2007), che sono gli
studiosi più autorevoli nel campo. Per gli anni nei quali sono entrambe disponibili, le due stime
largamente coincidono, quindi non c'è trucco, non c'è inganno.

Leggiamo insieme i dati, volete? Sapete, immagino quanta fretta abbiate. Ma tanti italiani stanno
studiando questi dati perché, avendo perso il lavoro, hanno tempo per farlo. Sarebbe da parte
vostra un segno di rispetto verso il loro disagio fermarsi un momento e studiare (senza
contare il fatto che forse vi eviterebbe la perdita del lavoro, e magari il rovesciamento di
prospettive).

Le variabili rappresentate sono nette, sono saldi, il che significa che se sono sopra lo zero, le cose
vanno bene, e se sono sotto, vanno male cioè siamo in rosso. Vi metto in evidenza alcune cose:
1) dal 1980 a oggi l'Italia è sempre stata debitrice netta verso l'estero: i suoi debiti hanno sempre
superato i suoi crediti, e questo lo si vede dal fatto che la linea blu prima, e quella rossa poi, sono
sempre state in territorio negativo;

2) Dal 1980 a oggi l'Italia ha conosciuto un'unica situazione nella quale, pur avendo un debito
netto, si è trovata in situazione di surplus, di accreditamento netto, e quindi ha potuto
rimborsare i propri debiti esteri, riducendoli. È successo, a spanna, dal 1993 al 1999, quando,
come vedete, la linea nera (il saldo delle partite correnti) passò rapidamente sopra lo zero, a
significare che l'Italia incassava dall'estero più di quanto pagava all'estero, e quindi le linee rossa e
blu risalirono da un debito netto di circa 12 punti di Pil (raggiunto dalla linea blu nel 1991) a un più
confortevole debito di soli 5 punti di Pil. Il debito estero quindi si ridusse di 7 punti di Pil.

3) L'episodio di cui sopra (il surplus dal 1993 al 1999), si inquadra fra due episodi di
deterioramento strutturale dei conti esteri, cioè due episodi nei quali ogni anno la linea nera
scendeva, passando da una situazione di accreditamento, a una di pareggio, a una di
indebitamento. Il primo episodio va dal 1986 (quando l'Italia era in lieve surplus) al 1992; il secondo
va dal 1996 (quando il surplus italiano raggiunse il suo picco) al 2011.

4) Entrambi gli episodi di deterioramento strutturale sono legati all'adozione da parte


dell'Italia di un cambio fisso. Quello del 1986-1992 corrisponde allo Sme credibile, cioè alla
decisione politica di non var più rivalutare il marco all'interno dello Sme, e di far entrare l'Italia in una
banda di oscillazione ristretta rispetto alla parità centrale con l'Ecu. Il secondo episodio coincide con
la brusca rivalutazione della lira rispetto all'Ecu, con successivo aggancio a quella che sarebbe poi
stata la parità irreversibile rispetto all'euro. Insomma: il primo episodio coincide con la "prova
generale" dell'euro (fallita), cioè con lo Sme credibile (saltato con la crisi del 1992); il secondo
episodio coincide con l'entrata de facto nell'euro (quella de jure si sarebbe verificata, come sapete,
tre anni dopo, nel 1999).

Attenzione, ora arriva il punto importante:

5) Entrambi gli episodi si sono risolti in modo abbastanza rapido. Come vedete, fra 1992 e
1994 il saldo delle partite correnti migliorò di 3.863 punti di Pil, mentre fra 2013 e 2011 è migliorato
di 3.832 punti di Pil. Praticamente la stessa cosa. Quindi siamo a posto?

6) No. Perché nonostante il miglioramento dei conti in termini di saldo estero (linea nera) ci sia stato,
in termini di posizione patrimoniale la nostra situazione questa volta non è affatto migliorata,
anzi! Mentre fra 1992 e 1994 il debito estero (linea blu) migliorò di due punti, per poi migliorare di
altri cinque, fra il 2011 e il 2013 il nostro debito estero (linea rossa) è sprofondato di 6 punti, e
non se ne vede la fine.

Questo il riassunto dei fatti.

Vi interessa capire perché?

Ve lo spiego subito. La differenza risiede in come è stato prodotto il miglioramento del saldo
estero (linea nera). Monti, come ha fatto, ce lo ha detto: con l'austerità ha distrutto domanda
interna, e quindi le persone, avendo meno soldi in tasca, hanno importato di meno. Il miglioramento
dei conti esteri (il rapido innalzamento della linea nera) verrà sicuramente contrabbandato da
qualcuno dei vostri sicofanti, da qualche operatore informativo, per un miglioramento della nostra
competitività dovuto alle coraggiose riforme ecc. ecc., ma i dati dicono un'altra cosa, dicono quello
che dice Monti. Il "miglioramento" è dovuto a un crollo delle importazioni:
Vedete cosa fa la sottile linea rossa nel 2011? Va a picco, e sono le importazioni. Il saldo fra export
(linea blu) e import (linea rossa) è migliorato sostanzialmente per il crollo delle importazioni. Le
esportazioni non sono nemmeno tornate al livello precrisi, e stanno tenendo botta principalmente
grazie a quella piccola e media impresa che voi a parole dite di voler aiutare, ma che nei fatti state
sterminando, facendovi strumenti passivi dell'odio ideologico di chi nella mia professione da destra e
da sinistra, senza alcuna cognizione di causa, la addita come "metastasi" dell'economia
italiana (solo perché la piccola e media impresa non può elargire le grosse consulenze che
fanno gola agli economisti di destra, e non è terreno fertile per il grosso sindacato, che a sua
volta è generoso di consulenza con gli economisti di sinistra).

Come andarono invece le cose nel 1992? Volete vedere com'è fatto un miglioramento dei conti
basato su un vero recupero di competitività? È fatto così:

Nel 1992 riallineammo il cambio all'interno dello Sme, le esportazioni decollarono, le importazioni
diminuirono per poi riprendere. Furono usati due strumenti: la politica valutaria, in senso espansivo,
e quella fiscale, in senso restrittivo. La diminuzione iniziale delle importazioni fu dovuta non solo a
un effetto di sostituzione (la gente comprava meno all'estero, perché era diventato meno
conveniente a causa dell'indebolimento della lira), ma, in parte, anche alle note manovre lacrime e
sangue. La differenza è che questa volta abbiamo avuto solo le manovre lacrime e sangue, e
non sono certo finite (e voi lo sapete, anche se negate).

Non so se riesco a farvi afferrare il punto tecnico: nel 1992 per uscire dai guai e conseguire due
obiettivi (aumento del reddito e diminuzione del debito estero) usammo due strumenti: manovra
del cambio e manovra di bilancio. Nel 2011 per uscire dai guai abbiamo usato un solo strumento:
la manovra di bilancio, l'austerità, e quindi abbiamo conseguito un solo obiettivo: un fragile
miglioramento dei conti con l'estero, al costo della recessione più prolungata nella storia italiana (in
pratica, dodici trimestri di diminuzione consecutiva del Pil con un'unica fugace eccezione).

Il 1992 è un esempio di politica economica corretta: due obiettivi (crescita e conti esteri), due
strumenti (cambio e politica fiscale), il paese ha recuperato competitività diventando più ricco, e per
questo ha potuto pagare i suoi debiti (vedi sopra al punto 2). Il 2011 è un esempio di politica
economica sbagliata: due obiettivi (crescita e conti esteri), uno strumento (politica fiscale), il
paese ha messo in equilibrio i conti esteri perché è diventato più povero, e così i suoi debiti
verso l'estero sono aumentati (vedi sopra al punto 6).

Per fare contenti i cittadini e i creditori esteri, cioè per conseguire due obiettivi, avete bisogno di due
strumenti. Si chiama "teorema di assegnazione statica di Tinbergen" ed è una cosa di buon senso:
in economia non è sempre possibile prendere due piccioni con una fava. Viceversa, se hai un solo
martello puoi usarlo per dare una volta un colpo al cerchio, e una volta un colpo alla botte: specialità
di Grillo, ma anche di tutti voi.

Mi accingo a concludere.

Le soluzioni che vengono proposte dai Sarfatti Boys (riforma del mercato del lavoro, cioè taglio dei
salari: almeno qui, dove nessuno ci ascolta, chiamiamo le cose col loro nome) sono evidentemente
insensate. Condurrebbero a un ulteriore impoverimento del paese e a una ulteriore necessità di
rincorrere la domanda estera, dopo aver distrutto quella interna. Forse la linea blu (esportazioni) si
alzerebbe di poco, sicuramente la linea rossa (importazioni) scenderebbe di molto, ma, diventando
più povero, il paese non riuscirebbe comunque a trovare le risorse per sottrarsi alla morsa
del debito estero, che, al pari di quello pubblico, è stato portato da Monti a un valore record
(almeno nel secondo dopoguerra).

Le soluzioni che vengono proposte dai Romanina Boys (referendum contro l'austerità brutta e
cattiva) ignorano il semplice dato di fatto che una maggiore spesa si scarica in maggiori
importazioni: la linea rossa (importazioni) tornerebbe sopra quella blu (esportazioni), la linea nera
(saldo) tornerebbe sotto zero, e il debito con l'estero continuerebbe a sprofondare.

Sia i Sarfatty Boys che i Romanina Boys hanno un unico obiettivo: salvare l'euro, a qualsiasi costo, e
in particolare al costo della pelle degli altri italiani, per i quali, almeno, i Sarfatti Boys hanno il buon
gusto di non spedere ipocrite lacrimucce (il che li rende, in un certo senso, umanamente più
accettabili). Ma la storia che vi ho raccontato è che entrambi commettono un errore blu di politica
economica: quello di voler usare un solo strumento (per i Sarfatti Boys, la riforma del lavoro; per i
Romanina Boys, la spesa pubblica), per conseguire due obiettivi (crescita e competitività, cioè
equilibrio dei conti esteri), con in più l'aggravante che i Romanina Boys vogliono usarlo nella
direzione sbagliata, il loro unico strumento, ovvero nella direzione che provocherebbe un pesante
deterioramento dei conti esteri.

Perché lo fanno? Perché i Romanina Boys sono dei miei colleghi, che vogliono diventare vostri
colleghi. Non è quindi strano che vi propongano delle ricette che, se voi le applicaste, vi
metterebbero rapidamente fuori gioco, come ho spiegato qui. L'euro, si sa, lo rispettano, così si
ingraziano chi comanda. Ma naturalmente propongono una ricetta che sembra "de sinistra", così si
ingraziano chi fa finta di comandare. Se aveste mai bisogno di spremere ancora i contribuenti, o
di tagliare i salari, cosa che senza riallineamento sarà necessaria, chi mettereste
all'economia, Tabellini o Piga? Ma Piga, è chiaro! Lui dice che l'austerità è brutta, Tabellini dice
che bisogna tagliare i salari: solo un fesso metterebbe Tabellini a tagliare i salari. E questo, Gustavo,
che è indubbiamente una persona brillante, di intelligenza quasi luciferina, un angelo caduto dal
paradiso della Sapienza nelle steppe della periferia orientale romana, lo sa. Da qui la proposta,
tecnicamente risibile, ma politicamente scaltra (se rapportata ai veri obiettivi).

Quindi occhio: se vi state sedendo assicuratevi che non sia nella stanza: rischiereste di farvi sfilare
la sedia da sotto!

Sia detto nel rispetto delle ambizioni di tutti.

Bene.

Per conseguire due obiettivi (il riequilibrio dei conti con l'estero, nell'interesse dei nostri creditori, e la
crescita, nell'interesse nostro) occorrono due strumenti, e quali siano lo dicono i testi di economia e
lo dimostra l'esperienza storica: il riallineamento della valuta nazionale, e la leva fiscale. Il
riallineamento della valuta è necessario (e non solo per l'economia: vi sembra normale dover
obbedire ar Nasone, a una persona priva di qualsiasi legittimità democratica che fa un
uso piuttosto spregiudicatodegli strumenti che ha a disposizione?).

Con il modello econometrico di a/simmetrie abbiamo valutato l'impatto di un riallineamento del 20%
della valuta nazionale. I risultati dello studio, che si basa su un modello econometrico già pubblicato
su rivista scientifica, sono ancora preliminari, perché devono comunque essere sottoposti al vaglio
della comunità scientifica (ve lo dico per onestà intellettuale: non sono né un giornalista, né un
aspirante politico). Tuttavia, qui siamo fra amici, e se non ne parlate con nessuno mi arrischio a
farveli vedere:

L'anno zero, qui, è quello del riallineamento al ribasso della valuta nazionale. Attraverso il rilancio
delle esportazioni, il riallineamento avrebbe un effetto immediato sulla crescita di quasi quattro punti
(cioè passeremmo dal sottozero attuale a qualcosa sopra il tre): non è la crescita "cinese" della
quale parla, con un'iperbole che serve a farsi capire meglio, l'amico Paolo Savona, ma gli somiglia,
anche se ovviamente la performance si smorzerebbe negli anni successivi (notate che stiamo
parlando di un riallineamento "una tantum"). L'impatto sull'inflazione ci sarebbe, certo, soprattutto a
partire dal secondo anno dopo il riallineamento, anno nel quale avremmo 4.3 punti di inflazione in
più rispetto alla situazione di partenza, il che, considerando che siamo in deflazione, non sarebbe
poi un male, no? Considerando che per l'anno prossimo il Fmi prevede 0.65 (ma poi sarà di
meno), significherebbe arrivare allo 0.65+4.3 = 4.95% di inflazione, che poi è più o meno
quello che prevedo nel mio libro. Paura? Ci abbiamo vissuto per decenni. In totale, nei cinque
anni dal riallineamento avremmo venti punti di crescita nominale cumulata in più, i quali, guarda
caso, determinerebbero una riduzione di 20 punti di Pil del debito pubblico (che è del mestiere si
immagina perché). Anche qui, considerando che per il 2017 il Fmi prevede un rapporto
debito/Pil al 127%, significa che arriveremmo al 107%. Buttalo via! Il saldo pubblico
migliorerebbe, a regime di quasi due punti (altro che gli zero virgola sui quali vi state incartando),
perché la crescita ripartirebbe, e con essa il gettito fiscale. Significa, se il Fmi prevede bene, che
nel 2017 invece di un deficit di 0.4 avremo un surplus di 2. Il saldo estero peggiorerebbe,
nell'immediato, di circa 9 miliardi (certo, le importazioni costerebbero di più), ma tornerebbe positivo.
Si potrebbe poi evitare questo effetto accompagnando la manovra valutaria con altre manovre,
come fu fatto nel 1992. Quando presenteremo i risultati definitivi vi inviterò, così se vorrete potrete
approfondire l'argomento.

Tutto risolto?

Certo che no: questa è solo una condizione necessaria, non è sufficiente. Certo che ci sono le
riforme da fare, nella pubblica amministrazione, ad esempio. Certo che ci sono infrastrutture da
migliorare (ad esempio, se cortesemente voleste mettermi un'antenna migliore sopra a Bolzano, mi
cadrebbe meno spesso la linea, grazie). Certo che ci sono altre leve di politica economica da
utilizzare, una volta che il riallineamento ci desse fiato (ad esempio, una ristrutturazione del prelievo
fiscale, che è ormai non solo iniquo, ma soprattutto insostenibile). Certo. Nessuno propone soluzioni
miracolistiche, tranne i Romanina Boys col loro "basta spenne, che cce vo'".

Mettiamola così: la nave è naufragata (per colpa di Monti) e voi siete in acqua. C'è un solo
salvagente, ma purtroppo è sporco di catrame. Che fate? Affogate per non sporcarvi le mani, oppure
vi aggrappate al salvagente, e a pulirvi ci pensate dopo?

Bene: il riallineamento del cambio è il vostro salvagente. Se non lo afferrate voi, lo


afferreranno i mercati. Ora avete una scelta: o dimostrate di avere un minimo di carisma, e
prendete voi il toro per le corna, oppure farete subire al vostro paese l'ennesima umiliazione,
quella di apparire come il bimbo discolo che viene mandato in corridoio dalla maestra. Noi
italiani non meritiamo questa umiliazione. Se voi non ce la eviterete, cari amici o comunque
conoscenti, il rischio di rovesciamento di prospettiva si farebbe, per voi, non trascurabile

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