You are on page 1of 11

Decisione N.

4845 del 05 maggio 2017

COLLEGIO DI TORINO

composto dai signori:

(TO) LUCCHINI GUASTALLA Presidente

(TO) GRAZIADEI Membro designato dalla Banca d'Italia

(TO) BATTELLI Membro designato dalla Banca d'Italia

(TO) DALMOTTO Membro designato da Associazione


rappresentativa degli intermediari

(TO) DE FRANCESCO Membro designato da Associazione


rappresentativa dei clienti

Relatore EMANUELE CESARE LUCCHINI GUASTALLA

Nella seduta del 11/04/2017 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata


- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Parte ricorrente contesta la proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche


del c/c che detiene presso l’intermediario convenuto. Chiede pertanto la restituzione di €
25,00 addebitati in data 31 dicembre 2016 a titolo di maggiorazione una tantum
dell’importo previsto dalla voce contrattuale “Spese e competenze del periodo di
liquidazione”.
Più precisamente, parte ricorrente è titolare di un conto corrente di corrispondenza
ordinario, aperto presso un intermediario poi fuso con altri a costituire l’attuale resistente.
In data 22/9/2016 gli perveniva una proposta di modifica unilaterale relativa alla voce
contrattuale “Spese per elaborazione competenze del periodo di liquidazione” che veniva
aumentata di € 25,00 alla luce dell’esborso sostenuto dalla Banca per la contribuzione al
Fondo Nazionale di Risoluzione.
Il 14/11/2016 presentava un reclamo per chiedere il ritiro della detta proposta di modifica
unilaterale, in quanto non rispettosa della normativa vigente; in particolare rilevava che:
- non si trattava di un’effettiva variazione di condizioni contrattuali in essere, ma di
“un’aggiunta di costi di natura diversa ad una condizione contrattuale preesistente e
quindi di un’impropria applicazione dell’art. 118 TUB”;

Pag. 2/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

- “se anche la si volesse considerare una variazione di condizione contrattuale ex art.


118 TUB il motivo addotto non riveste il carattere di giustificato motivo”;
Con riscontro del 6/12/2016 l’intermediario confermava la correttezza del proprio operato.
Il ricorrente presentava, quindi, ricorso all’ABF domandando la restituzione dell’importo di
€ 25,00, in considerazione del fatto che “quando codesto spettabile Arbitro deciderà in
merito al presente ricorso saranno già stati addebitati (in data 31 dicembre 2016) i 25,00
euro” che costituiscono la maggiorazione oggetto della modifica unilaterale de qua.
Le argomentazioni del Cliente sono articolate come segue:
• trattandosi di “una voce avulsa dalle spese cui è imputata” sarebbe stato
“aggirato il divieto di introdurre, con la procedura dell’art. 118 TUB, clausole
in precedenza non previste”;
• non sussisterebbe “alcun nesso causale […] tra un costo straordinario di
113,9 milioni di euro sostenuto nel 2015 e i costi 2016 per l’elaborazione
delle competenze del periodo di liquidazione, considerato anche che per gli
anni successivi al 2016 la proposta in esame riporta detti costi ai livelli
precedenti”;
• “le modifiche normative di derivazione europea hanno come obiettivo di non
far pagare ai contribuenti le crisi bancarie trasferendo l’onere alla clientela
delle banche in crisi ed al sistema bancario tutelando comunque i depositanti
sotto i 100.000,00 euro” e che pertanto la proposta dell’intermediario
sarebbe “viziata da incoerenza normativa in quanto addebitandoci i 25,00
euro ci fa direttamente contribuire alla crisi di fine 2015 delle quattro banche
pure essendo noi correntisti, di altra banca, con saldo inferiore ai 100.000,00
euro”;
È stato sottolineato come l’intermediario convenuto abbia chiuso il 2015 in utile e si sono
messi altresì in luce alcuni elementi di opacità della proposta in quanto la medesima: a)
non chiarisce se vengano recuperati solo i costi straordinari; b) non spiega perché venga
applicato ai ricorrenti l’importo massimo di € 25,00; c) non evidenzia se detti costi siano
addebitati a tutti i rapporti o solo ai conti correnti.
La parte ricorrente ha dunque domandato la restituzione di € 25,00 “per i motivi già
esposti nel reclamo e qui di seguito riportati tenendo anche conto della risposta
pervenutaci dall’intermediario”.
L’intermediario resistente ha controdedotto come segue:
- ha fatto presente come, nel caso oggetto del presente ricorso, sia stata modificata
– in modalità una tantum – una condizione economica prevista nei contratti a tempo
indeterminato;
- ha affermato che non sono state introdotte condizioni economiche nuove;
- ha precisato di aver rispettato il termine di preavviso di cui all’art. 118 TUB nell’invio
della “Proposta di modifica unilaterale del contratto”;
- ha respinto l’assunto del ricorrente secondo cui mancherebbe, nel caso di specie, il
giustificato motivo, argomentando come segue:
• la Banca d’Italia, in attuazione dell’art. 78, d.lgs. 180/2015 ha emanato il
Provvedimento n. 1226609 del 18/11/2015 con il quale ha istituito il
Fondo Nazionale di risoluzione cui le Banche sono chiamate a contribuire
nella misura determinata dalla Banca d’Italia;
• la scelta di aderire o meno al fondo non presenta carattere potestativo
per le singole Banche;
• l’istituzione del Fondo di risoluzione ed il relativo obbligo per le Banche di
alimentarlo vanno “ad aggravare in maniera inequivoca l’assetto
patrimoniale delle stesse sì da riflettersi sull’equilibrio dei singoli rapporti

Pag. 3/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

contrattuali intercorrenti con i clienti e costituire quindi il legittimo


presupposto per l’applicazione dello ius variandi”;
• è stata citata a tal proposito la Circolare del Ministero dello Sviluppo
Economico n. 5574 del 21 Febbraio 2007 nella parte in cui ricomprende
tra gli eventi che possono costituire giustificato motivo la “variazione di
condizioni economiche generali”: viene chiarito come proprio
l’inasprimento dei costi di produzione dell’impresa bancaria, dovuto
esclusivamente ad un fattore esterno, legittimi il ricorso allo strumento di
riequilibrio contrattuale di cui all’art. 118 TUB (sono altresì richiamate, a
supporto, alcune pronunce dell’Arbitro Bancario e Finanziario in tema di
ius variandi: Coll. Coord., decisioni nn. 1889 e 1891 del 26/2/2016; Coll.
Roma, decisione n. 2202 del 23/4/2013; Coll. Roma, decisione n. 3981
del 23/11/2012);
• è stato sottolineato come, nel caso in questione “il factum principis valido
e idoneo a integrare il requisito del giustificato motivo ai sensi dell’art. 118
TUB risieda nelle conseguenze per la Banca, impreviste e sopravvenute,
derivanti dal recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva
Comunitaria 2014/59/CE […] che avrebbe provocato uno squilibrio
giuridico - economico delle posizioni delle parti nel sinallagma
contrattuale;
• è evidenziato che la normativa vigente non vieta agli intermediari di
ricorrere all’esercizio dello ius variandi di cui all’art. 118 TUB in quanto
“l’obiettivo precipuo della Direttiva 2014/59/UE, recepita in Italia dal
D.Lgs. n. 180/2015 è certamente quello di tutelare i fondi e le attività dei
Clienti degli enti in crisi o in dissesto, evitando per quanto possibile che
gli Stati membri debbano procedere al salvataggio degli enti stessi
utilizzando il denaro dei “contribuenti”, e comunque riducendo al minimo i
costi per i “contribuenti”, con evidente riferimento al rapporto tra il
cittadino e lo Stato e non al rapporto Cliente – Banca” (vi è un rimando ai
considerando nn. 1, 5, 31 e 67 della Direttiva richiamata).
- ha affermato che “il testo della proposta contiene l’esatta e puntuale esplicazione
del giustificato motivo” e che l’importo dei contributi versati dalla parte resistente è
verificabile dai terzi “sia in virtù del regime di pubblicità legale cui è soggetta ogni
banca sia in virtù dell’obbligo di rendiconto (assolto mediante pubblicazione sul sito
istituzionale) che ha Banca d’Italia”;
- ha specificato di aver ripartito “l’impatto sostenuto su tutti i rapporti di conto corrente
in essere”, essendo questo il prodotto più diffuso in Banca, in modo tale da “dare
garanzia di non concentrare l’effetto solo su una parte della clientela”.
L’intermediario ha chiesto il rigetto del ricorso “in quanto privo di fondamento sia in fatto
che in diritto per tutti i motivi esposti e argomentati in narrativa”.

DIRITTO

Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti
essenziali ai fini della decisione.
Pur non risultando agli atti di questo procedimento il contratto di conto corrente in essere
tra le parti, appaiono però pacifiche sia l’astratta possibilità dell’intermediario resistente di
procedere a modifiche unilaterali del contratto in essere con il ricorrente ai sensi dell’art.
118 TUB sia l’avvenuta ricezione da parte del ricorrente della comunicazione relativa alla

Pag. 4/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

modificazione operata dall’intermediario nonché il rispetto del termine di preavviso minimo


previsto per legge.
La modifica concerne la clausola “Spese per elaborazione competenze del periodo di
liquidazione”, che viene elevata a € 31,52.
Il “motivo” indicato dall’intermediario risiede nella seguente asserzione: “Il recepimento
nell’Ordinamento Italiano della Direttiva Comunitaria 2014/59/UE, atta ad istituire un
quadro armonizzato a livello europeo in tema di risoluzione delle crisi bancarie, ha
imposto alle Banche nazionali l’obbligo di versare contributi al neo costituito Fondo
Nazionale di Risoluzione. Per [l’intermediario resistente] detto contributo per il 2015 è
stato di ***,* milioni di Euro, di cui ***,* milioni non ricorrenti e **,* milioni ricorrenti. Un
versamento di tale entità costituisce evento di comprovabile effetto sugli equilibri
economici della banca, la quale ha pertanto la necessità di mitigare il detto esborso.
Ricorrono pertanto i presupposti – ai sensi di quanto previsto dall’art. 118 TUB - per
proporre l’adeguamento delle condizioni economiche dei rapporti di conto corrente
applicando una maggiorazione […]”.
Dal contesto della comunicazione non pare evincersi in maniera chiara che si tratta di
modifica con effetti una tantum sul contratto.
Tale circostanza è invece espressa in modo esplicito dall’intermediario nella risposta al
reclamo, dove può leggersi:

Ciò chiarito e venendo all’esame della presente vertenza, giova in questa sede ricordare i
principali riferimenti (non solo della normativa primaria e secondaria) rilevanti per la
soluzione del caso che ne occupa.
Come è noto, la banca può riservarsi la facoltà di modificare unilateralmente - anche in
senso sfavorevole alla controparte - tassi, prezzi e altre condizioni per mezzo di clausole
sottoposte a specifica approvazione da parte del cliente ai sensi dell’art. 117 del D. Lgs. n.
385/1993.
A questo proposito deve ricordarsi che, secondo un orientamento ormai consolidato, lo ius
variandi riconosciuto agli intermediari – seppure la relativa comunicazione debba riportare
la dicitura “proposta di modifica unilaterale del contratto” (ai sensi dell’art. 118, comma 2,
del D. Lgs. n. 385/1993) – è, a tutti gli effetti, un diritto potestativo, che attribuisce il potere
di modificare la sfera giuridica dell’altra parte, indipendentemente dall’accettazione o del
rifiuto di quest’ultima. Gli effetti sono risolutivamente condizionati all’esercizio del recesso,
potere riconosciuto in capo al cliente che subisca la modifica, in senso a sé sfavorevole,
delle condizioni contrattuali.
Va, peraltro, altresì ricordato che il nuovo testo dell’art. 118 del D. Lgs. n. 385/1993 –
risolvendo pregresse questioni di coordinamento tra la disciplina dei contratti bancari e il
Codice del consumo – richiede espressamente l’indicazione di un “giustificato motivo” a
supporto della proposta di modifica (l’art. 118, così sostituito dall’art. 4, comma 2, D. Lgs.
13 agosto 2010, n. 141, recita testualmente: “Nei contratti a tempo indeterminato può
essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di
modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto

Pag. 5/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica
unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i
tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo.
Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata
espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula:
‘Proposta di modifica unilaterale del contratto con preavviso minimo di due mesi, in forma
scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei
rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal CICR.
La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto
entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del
rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.
[…]”).
Sull’esercizio dello ius variandi e sulla nozione di giustificato motivo che deve
accompagnarlo può costituire utile indice la Circolare del Ministero dello Sviluppo
Economico del 21/2/2007, n. 5574, che – dopo aver chiarito che “le “modifiche”
disciplinate dal nuovo art. 118 TUB, riguardando soltanto le fattispecie di variazioni
previste dal contratto, non possono comportare l’introduzione di clausole ex novo” e
individuato il giustificato motivo in “eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario” –
ha precisato che “tali eventi possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente
(ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di
credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che
possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di
interesse, inflazione ecc.)”; nella relativa comunicazione, dunque, “il cliente deve essere
informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera
sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della
variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base”.
Anche la Banca d’Italia, nel provvedimento del 29/07/2009 (Trasparenza delle operazioni
e dei servizi degli intermediari finanziari) – versione in vigore dal 1° ottobre 2015 al 31
ottobre 2016 (intervallo di tempo in cui si situa la proposta di modifica unilaterale oggetto
del presente ricorso) – ha chiarito che “Le condizioni e i limiti alla facoltà per
l’intermediario di modificare unilateralmente le condizioni del contratto sono disciplinate
dall’art. 118 del T.U.. Secondo il Ministero dello sviluppo economico le “modifiche” di cui
all’art. 118 del T.U. riguardano soltanto le fattispecie di variazioni previste dal contratto,
non possono comportare l’introduzione di nuove clausole. […]” (così la Sezione IV,
Comunicazioni alla clientela - paragrafo 2, Variazioni contrattuali).
Sempre la Banca d’Italia nella nota prot. 864529/2014 – richiamata in alcuni punti
dall’odierno ricorrente nel reclamo all’intermediario – aveva riscontrato alcune criticità
nell’applicazione della norma in questione da parte del sistema bancario, rilevando quanto
segue:
“1. Nell’ambito dei poteri di vigilanza attribuiti alla Banca d’Italia in materia di trasparenza
delle condizioni contrattuali e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela,
sono stati condotti approfondimenti e verifiche in merito all’esercizio da parte degli
intermediari del potere di modifica unilaterale delle condizioni dei contratti di durata in
essere (c.d. ius variandi). […]
2. Gli esiti dell’attività svolta hanno posto in evidenza numerose criticità che, in alcuni casi,
hanno dato luogo all’adozione di specifiche misure – anche sanzionatorie – nei confronti di
singoli operatori.
Le carenze riscontrate sono da ricondurre:
a) al non puntuale rispetto degli obblighi di comunicazione previsti dalla normativa. In
particolare sono emersi casi in cui le modifiche unilaterali sono state adottate in

Pag. 6/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

mancanza di un congruo preavviso alla clientela interessata; ulteriori criticità hanno


riguardato le motivazioni delle variazioni proposte, esposte alla clientela in termini
generici e scarsamente intellegibili; sono stati altresì rilevati profili di incoerenza fra
le modifiche contrattuali proposte alla clientela e le relative motivazioni; […]
3. Agli intermediari è richiesto di esercitare le proprie prerogative in materia di modifica
unilaterale dei rapporti in essere, adottando tutte le cautele necessarie e di predisporre, a
tal fine, adeguati presidi di natura organizzativa e procedurale, idonei a contenere i rischi
legali e di reputazione connessi con l’esercizio dello ius variandi.
Essi devono assicurare che la preventiva informativa ai clienti – da rendere mediante
documentazione che evidenzi la formula “Proposta di modifica unilaterale del contratto” –
sia chiara nelle finalità e nelle motivazioni, sintetica e completa, verificabile e coerente con
la programmata variazione contrattuale, nonché attenta al livello di alfabetizzazione
finanziaria che è ragionevole attendersi dai destinatari. […]
Nel caso di modifiche riguardanti la generalità degli utenti o specifiche classi di clienti –
specie se relative a operazioni di provvista – è infine opportuno che l’adozione della
manovra massiva sia preceduta da un’accurata ponderazione dei possibili effetti sulla
stabilità delle relazioni con la clientela e sulla reputazione dell’operatore. […]”.
Del resto, l’esigenza di una maggiore attenzione da parte degli operatori risulta
confermata dall’esame delle numerose controversie sottoposte all’ABF negli ultimi anni;
molte sono le decisioni che riguardano ipotesi in cui lo ius variandi è stato esercitato per
inserire in contratto clausole in precedenza non previste.
Da ultimo, ancora la Banca d’Italia ha trasmesso agli intermediari, unitamente alla nota di
cui supra, la recentissima nota 412631, approvata dal Direttorio in data 28/3/2017 in tema
di ius variandi.
Questo documento, che appare estremamente rilevante per la soluzione della presente
controversia, in quanto declina i casi in cui le modifiche unilaterali si manifestano come
incoerenti rispetto al sistema di principi dato in materia di ius variandi, prevede
testualmente quanto segue:
“La normativa di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti regola
l’esercizio da parte degli intermediari bancari e finanziari del potere di modifica unilaterale
delle condizioni dei contratti di durata in essere. La disciplina dell’art. 118 del Testo unico
delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, TUB) prevede
dei vincoli all’esercizio della facoltà da parte degli intermediari, con l’obiettivo di tutelare la
clientela. In particolare:
- le modifiche sono consentite solo se previste da un’apposita clausola contrattuale
specificamente sottoscritta dal cliente;
- le variazioni devono essere rette da un giustificato motivo e rese note alla clientela
con anticipo, così da consentire al destinatario di verificarne la congruità rispetto
alle sottostanti motivazioni e di valutare se mantenere il rapporto;
- in alcune circostanze l’esercizio dello jus variandi risulta precluso (nei contratti che
hanno durata determinata (ad esempio, mutui) se il cliente è un consumatore o una
micro-impresa non è consentita la modifica dei tassi d’interesse; se il cliente non è
un consumatore né una microimpresa, la modifica dei tassi d’interesse è consentita
solo a fronte di specifici eventi previsti dal contratto approvato dal cliente). Secondo
il Ministero dello sviluppo economico, le modifiche unilaterali di cui all’art. 118 del
TUB non possono comportare l’introduzione di clausole nuove (cfr. la nota del 21
febbraio 2007 del Ministero dello sviluppo economico).
Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni dell’art. 118
TUB sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente; possono dar luogo a contenziosi innanzi
all’Autorità giudiziaria e a ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario. Variazioni unilaterali

Pag. 7/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

percepite dai destinatari come inique incidono sul rapporto di fiducia con la clientela e
sulla reputazione degli intermediari che le pongono in essere.
Nel 2014 la Banca d’Italia ha illustrato – con un comunicato pubblicato sul proprio sito
internet– gli obblighi cui sono tenuti gli intermediari che intendono esercitare lo jus variandi
e i diritti dei clienti destinatari delle proposte di modifica unilaterale.
Alle banche e agli altri intermediari vigilati è stato richiesto di adottare tutte le cautele
necessarie a preservare le ragioni dei clienti, con presidi organizzativi e procedurali
adeguati. Nel richiamare il contenuto delle indicazioni fornite nel 2014, si ribadisce
l’esigenza di adottare particolare cautela nell’esercizio del potere di modifica unilaterale
dei contratti, con condotte trasparenti e corrette che consentano al cliente di conoscere i
presupposti della variazione proposta e di assumere scelte consapevoli, valutando le
possibili alternative: prosecuzione del rapporto sulla base delle nuove condizioni
contrattuali ovvero recesso dal contratto a suo tempo stipulato.
Non appaiono coerenti con i richiamati principi le modifiche unilaterali che:
- sono prive di specifica correlazione tra le tipologie di contratti e le tariffe interessati
dalle variazioni, da un lato, e l’incremento dei costi posto a base della modifica,
dall’altro lato;
- realizzano interventi sulle tariffe, anche una tantum, a fronte di costi allo stesso
tempo già sostenuti, non ricorrenti e che hanno già esaurito i loro effetti, in quanto
in questi casi non si pone un problema di riequilibrio pro futuro e in via continuativa
dei reciproci impegni delle parti rispetto a quanto originariamente convenuto.
Inoltre, interventi una tantum si traducono di fatto in prelievi occasionali che, dal
punto di vista del cliente, riducono l’incentivo a valutare l’opportunità del recesso,
anche nei casi in cui sarebbe conveniente. Inoltre ripetute manovre una tantum
possono dare luogo ad un effetto di lock in della clientela che contrasta con le
finalità della disciplina in tema di jus variandi;
- non sono giustificate da costi sopravvenuti alla stipula dei contratti interessati e non
riguardano la sola parte incrementale;
- fanno riferimento a una pluralità di motivazioni (soluzione comunque da
circoscrivere a casi limitati in quanto incide sulla chiarezza della rappresentazione
alla clientela), senza illustrare il legame fra i singoli presupposti delle modifiche e gli
interventi su prezzi e condizioni;
- esentano alcune tipologie di clienti facendo aumentare l’impatto della manovra sui
clienti restanti, attraverso il recupero su di essi di una quota di costo
supplementare.
Infine, qualora le policy interne rimettano la decisione di modificare il contenuto dei
contratti in corso a strutture delegate, deve essere sempre garantita un’adeguata
informativa agli organi di vertice, cui sono riferibili le responsabilità ultime di gestione e
controllo dell’intermediario.
In considerazione di quanto precede, gli intermediari sono invitati a riesaminare
analiticamente, nell’ambito di un’apposita riunione congiunta degli organi di gestione e
controllo e con il coinvolgimento della Funzione di Compliance, la coerenza delle manovre
unilaterali decise a partire da gennaio 2016 con il complessivo quadro di riferimento in
materia di modifiche unilaterali. Nel caso vengano riscontrate incoerenze, andranno
adottate le opportune iniziative correttive, inclusa se del caso la restituzione delle somme
già percepite.
Le eventuali iniziative di rimedio formeranno oggetto di comunicazione alla Banca d’Italia,
da inviare entro il 31 maggio 2017 all’indirizzo di posta elettronica certificata
tca@pec.bancaditalia.it; si rammenta che le modifiche unilaterali adottate ai sensi dell’art
118 del TUB sono soggette ai controlli previsti dall’art. 128 del medesimo Testo unico.”

Pag. 8/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

Per quanto concerne il divieto di introdurre clausole nuove in contratto attraverso l’utilizzo
dello strumento di cui all’art 118 TUB, l’orientamento dell’ABF è conforme alla normativa
secondaria sopra riportata.
Come stabilito dal Collegio territoriale di Napoli nella decisione n. 300/2010, “Il potere di
modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 TUB, in quanto
eccezione alla regola generale della immodificabilità del contratto senza il consenso di
entrambe le parti, deve intendersi limitato alla possibilità di modificare clausole e
condizioni - sia di carattere economico che di natura normativa - già esistenti, e non può
spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da incidere in
maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la
natura” (conf.: Coll. Napoli, n. 192/2010, n. 460/2010, n. 618/2010, n. 980/2010, n.
1298/2010).
Più recentemente, il Collegio territoriale di Milano, nella decisione n. 3724/2015, ha
osservato che l’istituto dello ius variandi “non può essere utilizzato per introdurre nel
regolamento negoziale previsioni nuove, ma solo per modificare pattuizioni già esistenti in
modo da garantire la permanenza dell’equilibrio sinallagmatico del contratto” (v. già Coll.
Milano, n. 249/2010, nonché, in merito all’introduzione di clausole in sostituzione delle
precedenti divenute invalide, Coll. Milano, n. 4529/2015).
Nello stesso senso, il Collegio di coordinamento, con decisione n. 1889/2016, ha rilevato
che la finalità dello ius variandi è quella di “conservare l'equilibrio (sinallagmatico) tra le
singole prestazioni contrattuali, passando attraverso il mantenimento dell'equilibrio
sinallagmatico dell'intero complesso delle prestazioni contrattuali, tipologicamente simili,
effettuate dall'imprenditore nei confronti di un numero indefinito di controparti” (cfr. ad es.,
Collegio di Roma, decisione n. 2202 del 23.04.2013)”.
Stante il divieto di introduzione di clausole nuove, nei casi in cui l’intermediario invochi
l’esercizio dello ius variandi ex art. 118 TUB e formalmente dichiari di avere solo
modificato una clausola preesistente, viene in rilievo la verifica dell’elemento di “novità” in
relazione alla modifica apportata.
A questo proposito, pare corretto ritenere che non sia semplice modifica l’introduzione ex
novo di un onere, un obbligo, una controprestazione o qualsivoglia altro termine o
condizione (economica o normativa) nel contratto, che non sia già previsto nell’assetto
originario determinato dalle parti.
Dal complesso normativo e dal ricordato orientamento costante dell’ABF si ricava che lo
ius variandi è finalizzato a garantire la permanenza dell’equilibrio sinallagmatico, per cui,
come evidenziato nella già citata nota 412631 approvata dal Direttorio della Banca d’Italia
in data 28/3/2017, devono considerarsi inammissibili le variazioni che non presentano
correlazione tra le tipologie di contratti e le tariffe interessati dalle variazioni, da un lato, e
l’incremento dei costi posto a base della modifica.
Infatti, tali variazioni si traducono nell’aggiunta di nuovi costi, in quanto non si pongono
come mera modifica di oneri già previsti nel contratto e realizzano, così, un’alterazione del
sinallagma negoziale in senso sfavorevole al cliente.
Nel caso di specie, si può notare che l’istituzione del Fondo Nazionale di risoluzione ad
opera del Provvedimento della Banca d’Italia n. 1226609 del 18/11/2015 determina costi a
carico dell’intermediario, i quali non sono però correlati alla variazione apportata
unilateralmente mediante l’incremento della voce “Spese e competenze del periodo di
liquidazione”.
L’intermediario stesso ha specificato di aver ripartito “l’impatto sostenuto su tutti i rapporti
di conto corrente in essere”, essendo questo il prodotto più diffuso in Banca, in modo tale
da “dare garanzia di non concentrare l’effetto solo su una parte della clientela”. Ciò implica
che la scelta gestionale compiuta dall’intermediario è svincolata dalla tipologia contrattuale

Pag. 9/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

interessata dalla variazione (tipologia individuata soltanto sulla base del fatto di essere il
prodotto più diffuso), nonché scollegata dagli oneri previsti originariamente per tali
contratti.
L’intermediario ha richiamato, tra le varie giustificazioni, il fatto che si tratterebbe di
prelievo una tantum, ma nella nota 412631 del Direttorio si rileva correttamente che
“interventi una tantum si traducono di fatto in prelievi occasionali che, dal punto di vista del
cliente, riducono l’incentivo a valutare l’opportunità del recesso, anche nei casi in cui
sarebbe conveniente”.
Le osservazioni di cui sopra risulterebbero già dirimenti per la soluzione del caso
concreto, ma sembra opportuno cogliere l’occasione per sottolineare alcuni ulteriori aspetti
relativi all’esercizio dello ius variandi.
In merito alla sussistenza di un giustificato motivo, va ribadito, in linea con le decisioni (ex
multis) Coll. Milano n. 249/2010 e Coll. Coord. n. 1889/2016, che la modifica introdotta a
mezzo dello ius variandi deve essere congrua rispetto alla motivazione addotta nell’atto di
esercizio.
Nel caso in esame, l’intermediario ha indicato, quale giustificato motivo, le conseguenze
per la Banca, impreviste e sopravvenute, derivanti dal recepimento nell’ordinamento
italiano della Direttiva Comunitaria 2014/59/CE. In una tale prospettiva, il giustificato
motivo si caratterizzerebbe per una sopravvenienza, cioè un accadimento successivo
rispetto al tempo della conclusione del contratto e che presenta caratteri di imprevedibilità
e straordinarietà.
Sul punto, pare calzante l’osservazione del Collegio territoriale di Roma nella decisione n.
1722/2015, secondo cui non sussiste giustificato motivo in presenza di scelte di politica
commerciale o comunque gestionale che non pongano tanto l’esigenza di mantenere
l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni contrattuali delle parti contraenti, quanto
piuttosto siano rivolte a salvaguardare il margine di profitto della stessa banca.
Occorre infatti sottolineare che un intervento normativo quale l’istituzione del Fondo
Nazionale di risoluzione non può, di per sé, rappresentare un evento idoneo a costituire
un giustificato motivo oggettivo. La dottrina non ha mancato di rilevare che, in ipotesi di
interventi normativi, resta sempre da considerare il carattere dell’imprevedibilità, la quale
sarebbe ravvisabile solo nei provvedimenti necessari e urgenti (come i decreti-legge) e
non anche in quelli che sono attuazione di normativa comunitaria o seguono l’iter lungo - e
spesso anche pubblicizzato - della regolamentazione delegata. Del resto, non si potrebbe
nemmeno individuare un giustificato motivo nella necessità di adeguamento alla nuova
norma, qualora quest’ultima non imponesse all’intermediario un determinato
comportamento, ma si limitasse a fissare obiettivi, per il cui raggiungimento l’intermediario
può operare nel modo più opportuno, nell’ambito della propria sfera organizzativa.
Con specifico riferimento alla Direttiva 2014/59/CE si rileva che il D. Lgs. 180/2015 - il
quale ha dato attuazione alla direttiva medesima - al comma 2 dell’art. 82 (Contributi
ordinari) recita: “La Banca d’Italia può prevedere che una quota dei contributi ordinari, da
essa stabilita, sia costituita da impegni di pagamento irrevocabili integralmente garantiti da
attività a basso rischio non gravate da diritti di terzi”. In merito, l’art. 3, comma 2, del
Provvedimento istitutivo del Fondo Nazionale di Risoluzione n. 1226609/15, ribadisce che
“In conformità con l’articolo 82, comma 2, del D.lgs. 16 novembre 2015, n. 180, la Banca
d’Italia può prevedere che una quota non superiore al 30% dell’ammontare complessivo
dei contributi dovuti ai sensi del presente articolo sia costituita da impegni irrevocabili di
pagamento, integralmente garantiti da attività a basso rischio non gravate da diritti di
terzi”.
Inoltre, l’art. 83 (Contributi straordinari) D. Lgs. 180/2015 stabilisce, al comma 2, primo
periodo, che “La Banca d’Italia può rinviare, in tutto o in parte, il pagamento dei contributi

Pag. 10/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

straordinari quando esso metterebbe a repentaglio la liquidità o solvibilità del soggetto


tenuto ad effettuarlo, in presenza delle circostanze e subordinatamente alle condizioni
specificate dalla Commissione Europea ai sensi dell’articolo 104, paragrafo 4 della
direttiva 2014/59/UE”. L’art. 4, comma 3, del Provvedimento istitutivo del Fondo Nazionale
di Risoluzione n. 1226609/15 prevede, poi, che “Resta fermo il potere della Banca d’Italia
di rinviare, in tutto o in parte, il pagamento dei contributi straordinari, ai sensi dell’articolo
83, comma 2, del D. Lgs. 16 novembre 2015, n. 180”.
Al di là del fatto che le regole sopra riportate non sembrano presentare il carattere
dell’imprevedibilità, costituendo il recepimento della normativa comunitaria, si evince che il
pagamento dei contributi attiene alla sfera gestionale dell’attività dell’intermediario e può
essere variamente modulato dalla Banca d’Italia in considerazione delle condizioni
dell’intermediario stesso.
Da ultimo, va ricordato che la comunicazione dell’intermediario deve contenere, in
conformità alle Disposizioni di Trasparenza, l’espressa indicazione del giustificato motivo,
in modo da consentire al Cliente di operare la valutazione di congruità.
Nel caso di specie, per tutte le ragioni già esposte, si può prescindere dall’indagine circa
l’adeguatezza della comunicazione da parte dell’intermediario, ma si deve comunque
ribadire quanto sottolineato dal Collegio di Coordinamento nella decisione n. 1889/2016
(confermata da Coll. Coord., nn. 1891/2016, 1892/2016, 1893/2016, 1896/2016): “è
determinante “l'esatta e puntuale esplicazione del giustificato motivo” ai fini della verifica
della sussistenza della (unica) condizione dettata dal legislatore affinché possa essere
modificato unilateralmente un negozio giuridico in regolare svolgimento. II giustificato
motivo non può, dunque, essere generico, ma deve riguardare eventi di comprovabile
effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche.
La comunicazione della modifica unilaterale deve avere contenuto tale da consentire al
cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a
giustificazione della stessa” (Collegio di Roma, dec. n. 3981/2012). Se, in linea di
principio, vi è consenso sulla necessità che il “giustificato motivo” non sia individuato in
termini eccessivamente generici, non altrettanto definito appare, invece, per converso, il
livello di analiticità richiesto dalla normativa per la sua delimitazione. Da un lato, sulla base
delle premesse sopra richiamate e considerato che la specificità della motivazione
consente, come chiarito, di verificare la congruità della modifica, non si è ritenuto a tal fine
adeguato (e, quindi, inidoneo a soddisfare i requisiti di determinatezza e verificabilità
impliciti nella previsione di cui all’art. 118 TUB) il riferimento: i) all’“andamento del mercato
dei tassi” (Collegio di Roma, dec. n. 2202/2013; Collegio di Roma, dec. n. 1837/2011); ii)
agli “effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria” (Collegio di Milano dec.
2419/2011; Collegio di Milano, dec. n. 5972/2014); iii) al “peggioramento del contesto
economico globale avvenuto negli ultimi mesi nonché della forte riduzione della forbice dei
tassi, a seguito di una riduzione del costo della raccolta non proporzionale a quanto
avvenuto per i prestiti concessi, che ha determinato la perdita di sostenibilità economica
della operazione di finanziamento” (Collegio di Milano, dec. n. 798/2010); iv)
all’“incremento del rischio creditizio correlato al deteriorarsi dello scenario
macroeconomico” (Collegio di Milano, dec. n. 249/2010); v) alla “variazione delle
condizioni di mercato” (Collegio di Milano, dec. n. 2434/2014); vi) “peggioramento delle
condizioni generali di mercato con conseguente incremento dei costi sostenuti dalla banca
per la messa a disposizione dei fondi utilizzati a fronte di finanziamenti concessi” (Collegio
di Milano, dec. n. 1719/2014). Più in particolare ribadita l’insufficienza di un generico
richiamo alla “diminuzione dei principali tassi di riferimento”, si è ritenuto necessario “che
si fossero indicati e provati almeno: la misura dei principali tassi di riferimento per il
mercato bancario al tempo della conclusione del contratto, la misura dei tassi delle

Pag. 11/12
Decisione N. 4845 del 05 maggio 2017

operazioni di raccolta, sì da poter apprezzare che rapporto vi fosse tra queste due serie di
tassi e il tasso previsto per il contratto de quo, nonché la misura in cui quei principali tassi
di riferimento sono venuti a diminuire nel corso del 2009” (Collegio di Milano, dec. n.
1705/2011). Dall’altro lato, in decisioni per la verità più risalenti, si è ritenuto conforme alle
previsioni di cui all’art. 118 TUB il riferimento “alle variazioni dei tassi di mercato e, più
specificamente, del tasso Euribor a 3 mesi” (Collegio Milano, dec. n. 177/2010) e
all’“andamento del mercato” (Collegio Milano, dec. n. 98/2010); indicazioni sicuramente
sintetiche, “ma non tal[i]da non consentire al cliente, con un minimo sforzo di
approfondimento, di valutare la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne
è alla base” (Collegio Milano, decc. n. 98/2010 e n. 177/2010).
Consapevole che, in relazione al contenuto minimo delle informazioni che il cliente deve
ricevere al fine di integrare la nozione di “giustificato motivo”, non vi è perfetta uniformità
nelle decisioni dei collegi ABF (mentre le fonti legali e sublegali forniscono indicazioni
preziose, ma non dettagliate) il Collegio ritiene, comunque, di ribadire l’orientamento già
espresso in base al quale “la comunicazione della modifica unilaterale deve infatti avere
contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto
alla ragione posta a giustificazione della stessa” (Collegio Milano, 1719/2014)”.
Dalle argomentazioni che precedono discende chiaramente la piena fondatezza della
pretesa di parte ricorrente di vedersi restituita la somma di € 25,00 addebitata in data 31
dicembre 2016 a titolo di maggiorazione una tantum dell’importo previsto dalla voce
contrattuale “Spese e competenze del periodo di liquidazione”.

P.Q.M.

Il Collegio accoglie il ricorso e dispone che l’intermediario restituisca a parte


ricorrente la somma di € 25,00.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario
corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese
della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma
versata alla presentazione del ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

Pag. 12/12

You might also like