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2008/09
1. INTRODUZIONE AL PROGETTO DI
PONTI: CONSIDERAZIONI GENERALI
Col termine ponti si intendono tutte quelle opere a servizio prevalentemente di strade e ferrovie,
realizzate per superare ostacoli quali fiumi, valli, strade esistenti ecc, che, in relazione alle loro
diverse destinazioni, vengono anche normalmente indicate con nomi particolari quali: viadotti,
sottovia o cavalcavia, sovrappassi, sottopassi, strade sopraelevate, ecc.
Spalla Sovrastruttura
(sottostruttura)
Soletta
Appoggi
Pila (sottostruttura)
Fondazioni (sottostruttura)
Figura 1.1. Componenti strutturali principali di un ponte.
Ogni ponte e costituito da una sovrastruttura e una sottostruttura.
La sovrastruttura è costituita dall’impalcato, ovvero dall'insieme delle strutture orizzontali che
realizzano il piano d'appoggio della strada o del binario ferroviario, mentre la sottostruttura
comprende le fondazioni, le pile e le spalle.
Le azioni dovute al peso proprio dell’impalcato e ai carichi mobili relativi al traffico transitante
sono generalmente trasferiti dall’impalcato alla sottostruttura attraverso specifici apparecchi di
appoggio. Sono possibili tuttavia collegamenti rigidi (di continuità) tra l’impalcato e le strutture
verticali (pile, spalle) come ad esempio nei ponti con schemi a telaio.
− Sovrastruttura
L’impalcato è fondamentalmente una struttura tridimensionale che per semplicità di
rappresentazione e di calcolo (analisi strutturale) può essere diviso in due sistemi base: uno
schema longitudinale e una struttura trasversale.
Ponti a travata
Ponti strallati
Ponti a telaio
Ponti sospesi
Gli schemi strutturali longitudinali comunemente impiegati nella realizzazione di ponti (Fig.
1.2) comprendono lo schema a trave (trave in semplice appoggio, trave Gerber, trave continua,
schema a telaio), lo schema ad arco e le soluzioni con fune o con stralli di sospensione ed
impalcato irrigidente.
Sezione a cassone
Sezione a soletta
Sezione a cassone
Sezione trave-soletta
Sezione trave-soletta
(a) (b)
Figura 1.3. Sezioni trasversali, (a) in c.a. o in c.a.p., (b) in acciaio o miste acciaio-cls.
Le sezioni trasversali (Fig. 1.3) possono invece essere costituite, per luci modeste (< 25 m), da
una semplice soletta (elemento bidimensionale) generalmente in c.a. o, per luci via via più
significative, da un sistema accoppiato trave-soletta: soletta (in c.a. o in c.a.p.) con travi
longitudinali (in c.a.p o in acciaio), o da una sezione a cassone (in c.a.p, in acciaio o mista
acciaio-cls).
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
− Sottostruttura
La sottostruttura, composta da pile, antenne, spalle e fondazioni, è solitamente realizzata in c.a
o c.a.p e solo raramente in acciaio.
Le pile costituiscono gli appoggi intermedi dei ponti a travata e possono assumere la struttura
di colonne o di muri con sezione trasversale piena o cava (Fig. 1.4a). Le pile a muro sono
economicamente più sfavorevoli rispetto alle soluzioni a colonna e vengono impiegate solo in
particolari condizioni come ad esempio quando sono presenti, nel caso di attraversamento di un
corso d’acqua, forti spinte idrauliche.
Pile a colonna
Pile a muro
(a) (b)
Figura 1.4. (a) Sezioni trasversali di pile, (b) antenne (piloni) di ponti stallati.
Nel caso di ponti strallati al posto delle pile si realizzano le antenne che possono avere diverse
configurazioni, sezioni trasversali e composizioni costruttive. Le testate delle antenne richiedono
un particolare studio per l’ancoraggio degli stralli in modo da garantire la trasmissione di elevati
sforzi di trazione dagli stralli alle antenne stesse.
Giunto di
Soletta di dilatazione
transizione
Apparecchio di
appoggio
sez. A-A
(a) (b)
Figura 1.5. (a) Spalla con contrafforti, (b) spalla aperta.
Le spalle (Fig. 1.5) rappresentano il collegamento tra il ponte e i due terrapieni di raccordo con
il terreno circostante e devono essere progettate non solo sulla base della reazione
dell’impalcato ma anche in funzione della pressione esercitata dal terreno. Quando l’altezza del
manufatto e quindi del fronte di terreno contenuto è superiore ai 6-8 m è conveniente impiegare
una soluzione con contrafforti (Fig. 1.5a).
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
1.2. Classificazione
Esistono diverse classificazioni per i ponti che solidamente vengono definite per evidenziare un
particolare aspetto legato ai vincoli o alle caratteristiche progettuali.
I ponti possono essere classificati sulla base del funzionamento statico, con riferimento alla
funzione svolta (ponti stradali, ponti ferroviari, ponte-canale, passerelle pedonali), sulla base
dell’ostacolo sovrapassato (ponti, viadotti, sovrappassi e sottopassi), con riferimento al
materiale costituente l'impalcato (ponte in muratura, in cemento armato, in legno, metallici) e
con riferimento alla posizione della via rispetto alle travi portanti (ponte a via superiore,
intermedia o inferiore).
Ponti con schema a trave continua sono comunemente impiegati su piccole (10-20 m), medie
(20-50 m) e grandi luci (superiori a 100 m).
Nell’ultimo caso le travi, generalmente in c.a.p. o in acciaio o composte acciaio-cls, presentano
talvolta una sezione longitudinale con altezza variabile per ragioni strutturali, economiche
(copertura ottimizzata dei diagrammi delle sollecitazioni) ed estetiche.
Gli schemi a trave continua necessitano di fondazioni affidabili in quanto l’andamento delle
sollecitazioni in uno schema iperstatico risente di eventuali cedimenti differenziali in
corrispondenza dei vincoli.
Lo schema a travate continue è generalmente impiegato con struttura metallica (per la facilità di
assemblaggio in opera e di collegamento tra gli elementi prefabbricati) o con travi in c.a.p.
− I ponti ad arco hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia delle strutture da ponte e
hanno rappresentato praticamente l’unico schema statico impiegabile dall’epoca romana fino al
XIX secolo (ponti ad arco in muratura), fino a quando, in seguito all’introduzione dell’acciaio
come materiale da cotruzione prima e del c.a e c.a.p poi, furono introdotti schemi statici con
elementi sollecitati da rilevanti sforzi di flessione e di trazione.
Nello schema ad arco il sistema longitudinale si presenta ad asse curvilineo e risulta soggetto
prevalentemente a sforzi assiali di compressione, la forma dell’arco viene, infatti, scelta in modo
da rendere minimi i momenti flettenti dovuti ai carichi permanenti. Attualmente i ponti ad arco,
in c.a.p. o in acciaio, possono arrivare a superare i 300 m di luce.
Come strutture principali si possono impiegare archi a tre cerniere, a spinta eliminata (“trave
Lange”) a due cerniere ed archi incastrati (Fig. 1.8). Quando l’arco costituisce un elemento
strutturale separato, l’impalcato è sostenuto da una struttura secondaria, fatta di pilastri o tiranti.
− I ponti a telaio possono essere impiegati come alternativa ai ponti a travata continua e
presentano un comportamento intermedio tra i ponti a travata ed i ponti ad arco (Fig. 1.9). I telai
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
con piedritti verticali hanno un comportamento prossimo a quello di una travata continua, mentre
i telai con piedritti inclinati si avvicinano al comportamento di un arco.
Gli schemi a telaio non richiedono specifici apparecchi di appoggio intermedi e garantiscono un
buon funzionamento strutturale nel sopportare carichi orizzontali come le azioni dovute ad un
evento sismico, inoltre lo schema a telaio trova un sempre più largo impiego nel caso di ponti in
c.a.p in quanto si adatta efficacemente alla realizzazione per prefabbricazione di conci
successivi.
Figura 1.10. Schemi di funzionamento di ponti la cui struttura principale è sollecitata prevalentemente da azioni assiali.
Pilone, antenna
Cavo principale
Nei ponti strallati la trave è invece sostenuta da un numero limitato di funi rettilinee che sono
rinviate da un’antenna e possono essere ancorate al suolo o all’impalcato stesso formando dei
sistemi bilanciati (Fig. 1.12).
I ponti stallati hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni nel campo delle luci medio-
grandi (200÷400 m) e recentemente anche nel campo delle grandi luci (Ponte Normandia 1995,
campata principale 856 m) divenendo competitivi con i ponti sospesi che fino a pochi anni fa
rappresentavano l’unico schema impiegabile per luci comprese tra 500÷1500 m.
(a) (b)
Figura 1.13. (a) Sezioni trasversali di ponti stradali (a) e ferroviari (b).
− I ponti stradali devono essere progettati per consentire un flusso di traffico, ovvero il
transito di una certa quantità di veicoli a determinate velocità. Il flusso di traffico definisce il
“calibro” della strada: numero e larghezza di corsia, tipo di piste e larghezza totale (B = 6÷30 m,
tipo ∼12 m). La velocità di progetto definisce i raggi di curvatura verticale (RV) e orizzontale
(RH) e le pendenze longitudinali (PL) e trasversali (PT). Valori tipici di questi parametri sono:
RV > 1000÷23.000 m, RH = 40÷5000 m per V = 50÷140 km/h PL<7% (10÷12% in casi
speciali), PT ≥ 5 ÷7%.
conservatori negli schemi statici e nelle tipologie strutturali. In definitiva i ponti ferroviari
risultano in genere alquanto robusti, con schemi “tradizionali” e senza una particolare cura per
l’estetica.
strade o linee o scali ferroviari, (ii) passerelle di collegamento tra edifici, (iii) ponti in ambito
extraurbano o suburbano, di scavalco di strade e ferrovie, o di corsi d’acqua o vallate.
Nel caso di ponti in ambito urbano assumono grande importanza due aspetti: l’estetica, o
comunque la caratterizzazione architettonica e l’aspetto funzionale delle scale e delle rampe
d’accesso. Il primo aspetto richiede una particolare attenzione al dettaglio strutturale-
architettonico, oltre che allo schema generale del ponte. Il secondo aspetto richiede innanzitutto
attenzione ai problemi degli utenti disabili ed il rispetto delle normative vigenti in tema di
salvaguardia del diritto alla mobilità ed alla sicurezza di tutti i cittadini.
Per quanto riguarda i vincoli progettuali, a differenza dei ponti stradali e ferroviari, i ponti
pedonali non hanno forti vincoli di tracciato né di allineamento verticale, né planimetrico. Se il
ponte prevede anche un’utenza ciclistica i vincoli si configurano in pendenze longitudinali
sostanzialmente analoghe a quelle dei ponti stradali (p < 5÷6%) e raggi di curvatura di qualche
decina di metri. La progettazione di ponti pedonali risulta pertanto “più libera” meno vincolata
da un punto di vista strutturale e consente l’ideazione di soluzioni anche complesse che
richiedono particolare attenzione nel controllo delle deformazioni e delle vibrazioni.
− Le opere di attraversamento definite ponti sono opere necessarie per superare fiumi,
canali, bacini, bracci di mare. I vincoli per l’opera sono di natura idraulica, pertanto il progetto
dovrà essere correlato da una relazione riguardante i problemi idrologici, idrografici ed idraulici
relativi alle scelte progettuali, alla costruzione ed all’esercizio del ponte.
Ks
Figura 1.19. (a) Valori Ks per diverse forme di sezione di pila, coefficienti maggiorativi Kα per sezioni rettangolari.
fenomeni di erosione e di scalzamento (Fig. 1.18) e la definizione delle azioni idrauliche agenti
sulle pile e sulle spalle interessate dalla corrente. Per la valutazione dell’azione idraulica agente
sulle pile e sulle spalle il periodo di ritorno è assunto pari a 200 anni (NTC).
Una stima dello scalzamento massimo previsto può ad esempio essere valutato con la formula
del Neill:
dl = 1.5 ⋅ y ⋅ K s 0.7 ⋅ K α
− Le opere definite viadotti sono necessarie, quando, data la morfologia del terreno, la
strada per lunghi tratti non è in grado di appoggiarsi sulla sede del terreno naturale. I vincoli
progettuali possono essere costituiti dalla presenza di edifici o infrastrutture esistenti che
condizionano la posizione degli appoggi. Nella maggior parte dei casi è compito del progettista
la definizione della luce ottimale e quindi del numero di appoggi in funzione di valutazioni
economiche ed architettoniche.
selezionato è ammesso, per motivi validi e comprovati, derogare da quanto sopra, purché
l’altezza minima non sia minore di 4 m. Eccezionalmente, ove l’esistenza di vincoli non
eliminabili imponesse di scendere al di sotto di tale valore, si potrà adottare un’altezza minima,
in ogni caso non inferiore a 3.20 m. Tale deroga è vincolata al parere favorevole dei Comandi
Militare e dei Vigili del Fuoco competenti per territorio. In genere i sostegni vengono posti a
50÷75 cm oltre la banchina.
L’evoluzione storica nella costruzione di ponti è stata sempre legata allo sviluppo della
tecnologia dei materiali, dei metodi di costruzione, della teoria delle strutture e dei mezzi di
locomozione (passaggio dalla trazione animale alla ferrovia).
La storia dei ponti può essere suddivisa in quattro periodi fondamentali: (i) il periodo
preromano, dalle origini fino al II-III secolo a.C., (ii) l’età dell'arco, dal tempo dei Romani fino
alla fine del '700, (iii) la rivoluzione industriale con i suoi grandi ponti metallici; (iv) l’epoca
moderna.
Per i primi manufatti l'uomo utilizzò materiali reperibili direttamente
in natura, quali il legno e le funi vegetali, organizzati in schemi statici
ripresi in epoca moderna: le travate ed i ponti sospesi. Purtroppo la
deperibilità di questi materiali ha impedito la conservazione di tali
opere che, peraltro, troviamo riprodotte in alcune antiche effigi o in
ponti recenti ma costruiti seguendo tradizioni millenarie (Fig. 1.21).
L'arco, pur se già noto in precedenza, e' strettamente legato ai Romani
i quali, grazie alla messa a punto di murature con malte molto
resistenti lo utilizzarono per opere grandiose tutt'ora perfettamente
conservate. (Fig. 1.22). Il ponte ad arco e' rimasto praticamente
l'unico schema adottato per circa mille anni, poiché consente
l'impiego di materiali non resistenti a trazione, come la muratura di
Fig. 1.21. Un ponte di liane pietrame o quella di mattoni.
in Gabon.
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
Pont du Gard.
Le uniche variazioni apportate nel corso dei secoli sono relative alle sovrastrutture ed alle
decorazioni: le prime (torri di guardia ed edicole sacre) introdotte nel Medio Evo; le seconde
(fregi, statue, stemmi nobiliari) nel Rinascimento (Fig. 1.23, 1.24).
(c)
(c)
Fig. 1.23. Ponti medioevali: (a) Charles Bridge (Praga, 1380), (b) Old London Bridge (1206), (c) Ponte Vecchio (1345).
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
(a) (b)
Fig. 1.24. Ponti rinascimentali: (a) Ponte di Rialto (1591), Pont Neuf (Parigi, 1607).
(a) (b)
Fig. 1.25. Ponti della Ecole de Paris: (a) Pont Royal (Gabriel – 1689), Pont de la Concorde (Perronnet 1791).
Un sensibile sviluppo nella tecnica costruttiva dei ponti ad arco si ebbe nel 1700 (Fig. 1.25)
grazie agli studi condotti presso la Ecole de Paris (la prima scuola di ingegneria) e la Ecole des
Pont De Chaussées (fondata sempre a Parigi nel 1747) sempre su schemi ad arco (analisi delle
spinte su spalle e pile).
Una svolta drammatica nell’evoluzione della costruzione di ponti in genere fu impressa dalla
rivoluzione industriale, quando furono disponibili i materiali ferrosi: ghisa, ferro puddellato,
acciaio (Fig. 1.26) nel campo delle opere civili e nacque la ferrovia.
(a) (b)
Fig. 1.27. Esempi di ponti ad arco in ghisa: (a) Coalbrookdal bridge sul Severn (1779), (b) Mythe Bridge (1826).
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
I primi ponti in ghisa furono realizzati con forma ad arco in alternativa ai ponti in muratura.
L’utilizzo del nuovo materiale portò ad una sensibile riduzione del peso strutturale, dei costi di
costruzione e dei tempi di realizzazione.
(a) (b)
(c)
Fig. 1.29. (a) The “Mississipi Bridge (St. Luis 1874), Viaduct de Garabit (1884), Salthash Railway Bridge (1859).
(a) (b)
(c) (d)
Fig. 1.30. (a) Menai Straits Bridge (1926), (b)Firth of Forth Bridge (1883), (c) Brooklyn Bridge (1883), (d) Grandfey
Viaduct (1862).
Il novecento vide lo sviluppo dei ponti in acciaio e la comparsa dei ponti in c.a. e c.a.p.
I progressi nel campo delle costruzioni dei ponti metallici nel ‘900 sono dovuti essenzialmente
agli sviluppi ottenuti: (i) nel campo della tecnologia dell’acciaio; (ii) nelle giunzioni; (iii) nello
sviluppo della teoria delle strutture e (iiii) nell'impiego della piastra ortotropa o della soletta di
calcestruzzo quali elementi collaboranti.
(a) (b)
Fig. 1.32. (a) Golden Gate Bridge (1926), (b) George Washington Bridge (1931).
Nel primo novecento, nel campo dei ponti sospesi, seguendo l’esempio del celebre ponte di
Brooklyn di 486 m di luce (John Roebling 1883), furono realizzati negli Stati Uniti altri due
ponti di luce sempre maggiore ma concettualmente simili al precedente: nel 1931 il George
Washington a New York, progettato dall'ingegnere Othmar H.Amman (1879-1965) superava per
primo la soglia dei 1000 m (1067); sei anni dopo il record passava all'altrettanto famoso Golden
Gate di S. Francisco che ha la luce centrale di 1280 m e, nel 1964, al Verrazzano di New York,
la cui luce e' di 1298 m.
Tutti questi ponti hanno la trave irrigidente di impalcato di tipo reticolare, relativamente alta
(circa 9 m nel Verrazzano) e pesante. Un tentativo di realizzare un impalcato con travi a parete
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
piena più sottili portò, nel 1940, al crollo del ponte di Tacoma (Usa) di 854 m di luce. Questo
disastro fu causato, appena dopo quattro mesi dall'inaugurazione, da un vento relativamente
modesto ed evidenziò in modo drammatico un problema fino ad allora praticamente ignorato:
l'eccitazione dinamica dovuta all'interazione del vento con la struttura.
Una risposta valida a questo problema si ebbe in Europa con l’introduzione degli impalcati a
cassone chiuso, sezioni aerodinamicamente molto efficienti che consentivano ai ponti sospesi di
superare luci significative con altezze dell’impalcato molto contenute.
(a)
(b) (c)
Fig. 1.34. (a) Störebelt (Danimarca, 1998), (b) Akashi (Giappone, 1997), (c) Tsing-Ma (Hong-Kong, 1997).
Questa stessa filosofia, tutta europea, fu ripresa nel primo ponte sul Bosforo ad Istanbul del 1973
e nel ponte sul Humber, in Inghilterra, che ha mantenuto il record del mondo della luce (1410 m)
fin quasi alla fine del secolo. Il nuovo millennio è iniziato con la supremazia dei giapponesi che
hanno completato, nei pressi di Kobe, il ponte stradale Akashi-Kaikyo, con campata centrale di
1990. E’ importante ricordare anche il ponte sospeso sullo Störebelt in Danimarca, costruito da
ditte italiane, con luce di 1624 m. Sempre in Asia, ad Hong-Kong, è operante, dal 2000, il
collegamento stradale e ferroviario di Lantau, che comprende il ponte sospeso Tsing-Ma: la sua
campata da 1377 m gli assegna il record mondiale per opere a traffico misto.
Con il rapido diffondersi del cemento armato all'inizio del ‘900, principalmente ad opera del
tedesco Emil Mörsch (1872-1950) e del francese François Hennebique (1843-1921), ha inizio la
storia dei grandi ponti in cemento armato.
L’affermazione esplicita della validità del cemento armato anche dal punto di vista formale, si
deve ad un altro grande Progettista, lo svizzero Robert Maillart (1872-1940), che negli anni venti
realizzò diversi ponti ad arco con trave collaborante lasciando il calcestruzzo in vista e
raggiungendo quella sintesi tra efficienza strutturale ed armonia delle forme propria delle grandi
opere.
Il cemento armato è stato utilizzato fino agli anni '60 principalmente per schemi ad arco,
raggiungendo luci ragguardevoli (390 m a Krk nel 1979 in Croazia) e consentendo eleganze
formali quali quelle del ponte sulla Fiumarella (Catanzaro) di Riccardo Morandi (1902-1989) del
1960.
(a) (b)
(c)
Fig. 1.37. (a) Ponte sulla Fiumanella (1960), (b,c) Ponte a KrK (1979).
L'elevato costo delle centine e' stato sempre il punto debole di queste strutture a cui si sono
preferite, a partire dal '60, le grandi travate in c.a.p. capaci anche di resistere ad elevati sforzi di
flessione e taglio.
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
costruttiva che si affermò poi su larga scala nel dopoguerra, favorita dalla carenza di acciaio per
carpenteria metallica.
Dopo le prime applicazioni farà seguito un’impressionante produzione di serie, favorita dalla
ricostruzione dei ponti distrutti dalla guerra e poi, a partire dalla fine degli anni ‘50 fino alla
meta' degli anni ‘70, dalla formazione della rete autostradale Europea.
La necessita' di costruire un elevato numero di ponti in un tempo molto limitato ha portato a
sviluppare al massimo la prefabbricazione: il ponte, salvo eccezioni, non e' più un'opera d'arte
singolare ma diviene prodotto industriale. Viene favorita la tipologia del ponte a travata, con
l'impiego di elementi spesso prefabbricati in stabilimento.
Contemporaneamente a questa produzione di serie, valida per ponti di luce medio-piccola (30-
40 m circa), si cercano nuove soluzioni per utilizzare vantaggiosamente il precompresso anche
sulle grandi luci. Ciò e' reso possibile dalla ideazione di nuove tecniche costruttive e dalla
disponibilità di attrezzature di cantiere sempre più potenti e sofisticate.
Agli inizi degli anni 50 Ulrich Finsterwalder (1899-1987) progetta e realizza sul fiume Lahn a
Balduinstein, in Germania, il primo ponte costruito a sbalzo per conci successivi gettati in
opera. Questa tecnica consente di realizzare impalcati in c.a.p. senza l'ausilio di centine
poggiate a terra, svincolandosi così da tutti gli impedimenti sottostanti e dall'altezza dal suolo.
I primi ponti a sbalzo avevano tutti i conci gettati in opera. L'idea di impiegare conci
prefabbricati si deve ai francesi che nel 1962 costruirono il ponte di Choisy-le-Roi sulla Senna,
progettato da Jean Müller, allievo di Freyssinet. In questo ponte a tre luci (37.5-55-37.5 m) i
conci furono messi in opera per mezzo di gru da pontoni che li prelevavano direttamente dal
campo di prefabbricazione. Un altro metodo di costruzione che ha avuto numerose
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
applicazioni, a partire dal ponte di Krahnenberg in Germania (1961-64), e' quello del getto in
opera per campate successive utilizzando casseforme autoportanti e autovaranti: anche in
questo caso l'obiettivo e' quello di svincolare la costruzione dell'impalcato dal terreno
sottostante. Rispetto ai conci prefabbricati si hanno tempi di costruzione più lunghi e maggiori
incertezze sulla qualità dei getti, ma, per contro, l’impalcato è monolitico.
(a) (b)
Fig. 1.41. (a) idea progettuale di Faustus Veranzius (Venezia, 1617) , (b) Theodor Heuss Bridge (1957).
I limiti per tutte le soluzioni in acciaio, c.a. e c.a.p. derivano dalle fasi costruttive che
comportano una distribuzione delle sollecitazioni dovute al peso proprio (che rappresenta
l’azione di gran lunga più importante e diversa da quella finale). Ad esempio per luci superiori
ai 200 m l’altezza delle mensole, nei ponti a sbalzo in c.a.p. raggiunge valori invalicabili sia dal
punto di vista estetico che tecnologico.
Il superamento di questi limiti si è avuto con i ponti strallati, la cui diffusione è stata tale da
farli divenire le strutture simbolo della fine del millennio appena passato.
Mentre in Germania gli stralli venivano proposti esclusivamente per gli impalcati in acciaio
(Theodor Heuss Bridge, costruito a Düsseldorf nel 1957, con luci 108+260+108m), Riccardo
Morandi intuiva per primo le grandi possibilità che questo schema offriva anche al cemento
armato. Nel 1957 inizia la progettazione delle campate da 235 m per il ponte sulla laguna di
Maracaibo, Venezuela, che verrà completato nel 1961 e che, con le sue stampelle indipendenti
collegate da travi tampone, e' il padre di tutti i ponti strallati a più luci in c.a.p.
(a)
(b)
Fig. 1.43. Skarsundet (Norvegia 1991), (b) Tatara Bridge (Giappone, 1999).
Le prime opere di questo tipo avevano un numero limitato di stralli e, di conseguenza, travate
relativamente alte. Le applicazioni più moderne, al cui sviluppo molto ha contribuito il francese
Michel Virlogeux, prevedono un numero molto elevato di funi ed impalcati estremamente sottili.
L’interasse ridotto degli stralli, 8÷12 m, facilita la costruzione a sbalzo e consente la sostituzione
di uno di essi senza bisogno di chiudere il ponte al traffico, favorendo quindi la manutenzione
dell’opera.
Un opera significativa con sovrastruttura in c.a.p è il ponte Skarsundet (Norvegia 1991) che ha
una campata di 530 m ed un impalcato di appena 2,15 m di spessore. Significativi sono ancora il
ponte Tatara (Giappone 1999) e il ponte di Normandia alla foce della Senna in Francia, le cui
luci centrali misurano rispettivamente, 890 e 856 m.
Nel complesso procedimento alla base di una corretta progettazione di strutture da ponte, dovuto
alla combinazione di analisi strutturali, valutazioni economiche e progettazioni architettoniche, è
necessario tener conto di numerosi fattori che fanno riferimento alla lunghezza delle luci
richieste, al processo costruttivo, a condizioni locali quali ad esempio la qualità della
manodopera e le caratteristiche del terreno di fondazione.
Figura 1.45 Dimensioni delle campate realizzabili con i diversi schemi statici: valori normali e luci limite.
Inoltre nell’analisi dei costi occorre effettuare non solo un’attenta valutazione del costo di
costruzione, ma anche della spesa associata al mantenimento dell’opera realizzata.
Fattore Ragioni
La posizione delle pile è spesso determinata dalla presenza di corsi
Posizione degli ostacoli da superare
d’acqua, binari ferroviari o carreggiate stradali.
La dimensione della luce massima può essere limitata da un’altezza
Altezza di costruzione
massima ammissibile per l’impalcato.
Quando l’altezza delle pile è superiore ai 15÷20 m è preferire ridurre il
Altezza dell’impalcato dal suolo
numero delle pile ed aumentare la luce dell’impalcato.
Carichi Carichi significativi indirizzano verso luci modeste.
σQ
Coefficiente di rendimento di un ponte: K st =
σQ + σG
Kst corrisponde al rapporto tra le sollecitazioni (tensioni) dovute ai carichi accidentali (Q) e
quelle dovute ai carichi totali, permanenti + accidentali (G+Q), nelle sezioni maggiormente
sollecitate. Per valori di tale rapporto troppo bassi il ponte risulta antieconomico e sarà
necessario, al crescere della luce, cambiare materiale o schema statico.
Figura 1.46. Luce economica, luce massima realizzata e luce limite teorica al variare dello schema statico .
La luce limite teorica viene raggiunta nella condizione limite Kst = 0 (il ponte è in grado di
sostenere soltanto il peso proprio). Normalmente valori Kst < 0.15÷0.20 per ponti in calcestruzzo
e valori Kst < 0.40÷0.50 per ponti di acciaio risultano antieconomici.
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Introduzione al progetto di ponti: considerazioni generali
Per gli attraversamenti più importanti ovvero per una lunghezza del ponte (viadotto) significativa
è necessario effettuare un’analisi economica approfondita considerando diverse soluzioni.
(a) (b)
Figura 1.47.(a) Diagramma dei costi al variare della luce delle campate, (b) incidenze medie dei materiali.
(b)
(a) (c)
Figura 1.47. Procedimenti costruttivi: (a) ponti strallati, (b) sollevamento, (c) varo.
Riferimenti bibliografici
• Progettazione e costruzione di Ponti con cenni di patologia e diagnostica delle opere esistenti.
M. P. Petrangeli (IV edizione, MASSON, 1997).
• ESDEP, Structural Steelwork Eurocodes: Development of a Trans-national Approach (1998).
• Manual of Bridge Engineering, Edited by M.J. Ryall, G.A.R. Parke and J.E. Harding (Thomas
Telford, 2000).
• Ponti a struttura d’acciaio. F. de Miranda (Collana tecnico-scientifica per la progettazione di
strutture in acciaio, Distribuzione CISIA – 1972).
• Innovazioni e futuro dei ponti di grande luce. M. P. Petrangeli.
• http://en.structurae.de/structures/stype/index.cfm