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I21

Se

Impresa Paolo Martini Piero Provenzali

Il Business
Plan
s Pratica di redazione e applicazione
s Guida allautocontrollo aziendale
s La finanza agevolata
III Edizione

SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE

Gruppo Editoriale Esselibri - Simone


Copyright 2011 Esselibri S.p.A.
Via F. Russo, 33/D
80123 Napoli

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leditore a disposizione degli aventi diritto. Leditore provveder, altres, alle
opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione
degli interessati.

Prima edizione: marzo 2005


Terza edizione: maggio 2011
I21 - Il business plan
ISBN 978-88-513-0688-5

Ristampe
8 7 6 5 4 3 2 1 2011 2012 2013 2014

Questo volume stato stampato presso:


Litograa Enzo Celebrano
Via Campana, 234 - Pozzuoli - Napoli

Coordinamento redazionale: Ciro Iacone


Impaginazione: Antonio Nocera

Per conoscere le nostre novit editoriali


consulta il sito internet: www.sistemieditoriali.it
Premessa

Business plan unespressione entrata a far parte della comune termi-


nologia in materia di affari, anche in Italia.
Nulla impedisce, naturalmente, che la si traduca o che si tenti di farlo;
senonch, assai difcile rendere il signicato completo che assume
nella lingua anglosassone.
Piano dazienda, di impresa, Piano daffari, Piano di attivit, e altre
ancora, sono formulazioni parziali o improprie, e, comunque, insoddisfa-
centi. Si tratta allora di stabilire quale signicato attribuire alla parola
business, e, una volta che questo sia chiaro, usare il termine anglosas-
sone come fosse un codice, un espediente di comodo.
Fra i molti signicati, quello di Piano di attivit imprenditoriale, ci pare
il pi rispondente e onnicomprensivo, e useremo lespressione business
plan per designare qualsiasi piano volto a prevedere landamento di
unattivit di tipo imprenditoriale e a indicare, in concreto, o quanto pi
possibile in dettaglio, lo svolgimento futuro della stessa.
Cos denito, evidente che il business plan si rende necessario ogni
volta che unattivit imprenditoriale venga progettata e si voglia render-
ne probabile il successo; i casi in cui ci solitamente avviene sono due:
lavvio di una nuova azienda;
lintrapresa di una nuova attivit in unazienda gi operante.
Si tratta di eventi fra loro dissimili, di diverso impegno e con problema-
tiche molto differenti.
Per le nuove aziende esiste la complicazione della grande possibile variet
rispetto alla tipologia, alle dimensioni, ai settori di attivit, alle esperienze
precedenti e alle competenze di chi si impegna a farla nascere.
Per le nuove attivit di aziende gi operanti i fattori in gioco sono pre-
valentemente quelli interni, legati alla loro storia, alla disponibilit di
personale e di capitali, agli indirizzi imprenditoriali.
Inoltre, se per le nuove imprese presumibile che il business plan deb-
ba servire per ottenere un nanziamento esterno (e non soltanto), per
le aziende esistenti questo pu essere ottenuto allinterno, e il business
plan pu servire da strumento di convincimento e stimolo verso la pro-
priet.
PREMESSA

Tuttavia, come si vedr, nel lottica che il volume si prefissato, le


differenze sono molto meno importanti di quanto possa apparire,
e non si mancher di farle rimarcare, individuandone via via le
differenze in termini operativi.
Occorre, infatti, tenere presente che i principi e le regole validi per la
redazione di un business plan sono gli stessi ovunque, anche perch, in
epoca di globalizzazione, attivit, aziende, aspetti produttivi, commercia-
li e nanziari sempre pi assumono caratteristiche di internazionalit.
Ci vale anche per le imprese di dimensioni limitate: le tecniche appli-
cabili alle piccole e medie aziende non sono dissimili da quelle utilizza-
bili nelle imprese maggiori.
Il testo si propone come guida operativa fondata sullesperienza del
mondo degli affari. Le tecniche e le metodologie di pianicazione descrit-
te sono di provata efcacia, non si sono trattati a fondo gli aspetti tec-
nici, ma soltanto quelli utili per chi abbia scarsa conoscenza della mate-
ria. Le elaborazioni di tipo specialistico devono evidentemente essere
eseguite da chi abbia speciche competenze professionali in merito.
Le idee e le esemplicazioni esposte hanno lobiettivo di aiutare gli in-
teressati ad analizzare unazienda, o un progetto dimpresa, e a creare
un business plan soddisfacente.
Molti suggerimenti sono certamente utili per vericare la validit dei
propri piani ed eventualmente di quelli elaborati da altri. Inoltre, si
spiegato come ottenere laccordo per un piano, come nanziare la mes-
sa in opera di idee che appaiono seducenti, come utilizzare un piano per
realizzare un progetto.
In sintesi, il libro illustra come:
valutare la situazione generale di unazienda, vale a dire qualicazione,
risorse, prodotti, mercato e concorrenza;
denire la visione, limpegno, i valori imprenditoriali, lobiettivo di
base e quelli operativi;
elaborare una strategia e un programma di sviluppo;
fare previsioni nanziarie, prevedere la capacit di autonanziamento,
leventuale fabbisogno di capitale, e il budget di gestione;
riunire il tutto in un piano credibile;
valutare unimpresa e la redditivit di un investimento;
ottenere capitali e accordi conseguenti;
utilizzare il business plan per gestire con successo lattivit program-
mata.

4
PREMESSA

Le applicazioni in Excel completano la documentazione di tipo econo-


mico-nanziario e costituiscono una guida utile per le elaborazioni de-
scritte nel volume. Nei fogli di calcolo si considerano:
il bilancio;
la sua riclassicazione ai ni dellanalisi;
il calcolo di indici signicativi per le decisioni e le necessarie veriche.
Destinatari del libro sono sia persone che si accostano per la prima
volta alle problematiche della programmazione aziendale, sia quelle che
gi ne abbiano fatto esperienza.
Il contenuto del volume rivolto a chi deve creare, utilizzare o anche
approvare dei business plan, qualunque sia il suo livello professionale o
lambito nel quale si trova a operare. Un piano strategico, un piano di
marketing, un piano operativo per unattivit di ricerca e sviluppo, un
progetto di costruzioni, un piano nanziario: che si tratti di veri e propri
business plan globali, o anche soltanto parziali, un business plan ben
costituito e convincente costituir la strada maestra per ottenere il suc-
cesso desiderato.

Ringraziamenti
Si ringrazia il Dott. Bruno Pagamici per aver curato la stesura del Capitolo
10, relativo alla Finanza agegolata.

5
Parte I
Il piano, lazienda, la strategia
1.
Che cos un business plan

1.1 La pianicazione1
La pianicazione ormai entrata a far parte, sia pure con un certo ritardo
rispetto alle esperienze di altri Paesi industrializzati, tra le attivit di maggio-
re impegno dei responsabili delle aziende italiane. Intendiamo la pianicazio-
ne formalmente denita, che conduce, quindi, alla formulazione di un piano.
Giacch il pianicare, se inteso semplicemente come conseguenza diret-
ta del prevedere, inevitabilmente connesso allo svolgimento di qual-
siasi attivit, e, a maggior ragione, alla gestione di sistemi complessi
socio-economico-tecnici quali sono le imprese.
Ricordiamo che il valore pi importante del processo di pianicazione
il modo di pensare strategico che esso favorisce in chi lo attua.
lanalisi il punto critico di partenza del pensiero strategico.
Di fronte a problemi, tendenze, avvenimenti o situazioni che sembrano
costituire un tutto unico armonioso o che vengono presentati come un
pacchetto accettabile nel suo complesso per la mentalit corrente, lo
stratega smembra ogni elemento nelle sue componenti di base. Dopo
averne scoperto il signicato, le ricompone poi in modo tale da ottimiz-
zare il proprio vantaggio.
Negli affari, come sul campo di battaglia, lobiettivo della strategia
quello di creare le condizioni pi favorevoli possibili per il proprio obiet-
tivo, di decidere esattamente quale il momento giusto per lattacco o
la ritirata e di valutare sempre in modo corretto i limiti del compromes-
so. Ci che contraddistingue il vero stratega, a parte labitudine allana-
lisi, una elasticit intellettuale che gli permette di reagire in modo
realistico al mutare delle situazioni, senza limitarsi a discriminare con
grande precisione fra diverse sfumature di grigio.
Si pensa a termini strategici quando si tenta di comprendere a fondo
ogni elemento di una data situazione e poi si cerca di trarre il massimo
delle proprie capacit intellettuali per riaggregare tali elementi nel modo
pi vantaggioso possibile.

1 Parte delle considerazioni esposte nei paragra che seguono tratta dal capitolo 5 Pianicazione
e controllo di R. Garcia Torres e L. Ronzan in Amministrazione Finanza Controllo a cura di P.
Provenzali, Franco Angeli editore, Milano, 2000
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Per quanto difcile o inedito sia un problema, la soluzione migliore pu


nascere solo da un abbinamento dellanalisi razionale, basata sulleffet-
tiva natura delle cose, con lintelligenza e le capacit intellettuali che
ricompongono i vari elementi in modo originale dando origine a una
nuova congurazione.
questo il modo pi efcace di ideare strategie utili per gestire al meglio
sde e opportunit che vengono a crearsi sul mercato, cos come sul
campo di battaglia.
Il vero stratega non fa afdamento n sulla fortuna n sullispirazione.
Egli possiede una ricetta pi sicura per il successo: quella combinazione
di metodo analitico e di elasticit mentale che si chiama pensiero stra-
tegico.
La strategia di successo nasce da un buon equilibrio tra i due elementi.
Lattivit di pianicazione strategica rivolta, per denizione, alla scelta
della strada da percorrere nel medio e lungo termine, e costituisce im-
pegno specico del vertice dellazienda e dei suoi collaboratori di alto
livello.
Si tratta di un impegno intellettuale e operativo, e richiede una prepara-
zione e un allenamento specici.
La creativit imprenditoriale una componente indispensabile: non pu
essere improvvisata, ma deve essere supportata da un metodo che con-
senta di massimizzare i beneci derivanti dal corretto utilizzo dellimma-
ginazione, minimizzando nello stesso tempo il rischio di sprecare risorse
aziendali in inutili elucubrazioni prive di contenuto realistico.

1.2 Motivazione della pianicazione strategica


innegabile che negli anni recenti un numero sempre pi rilevante di
imprese italiane ha avvertito lesigenza di adottare e perfezionare lappli-
cazione dei principi e degli strumenti per il controllo delle strategie.
Questo fenomeno, ascrivibile in parte a un processo di maturazione del-
la professionalit manageriale, deve certo anche molto della sua attuali-
t alle mutate condizioni dellambiente in cui le imprese si trovano a
operare.
Competitivit globale, inasprimento del comportamento competitivo,
compressione dei margini, difcolt nel mantenere livelli continui di
miglioramento della produttivit, difcolt di reperimento dei mezzi -
nanziari, dinamica del costo del prodotto: queste ed altre variabili critiche
contribuiscono a rendere pi che mai difcile, per limpresa, la capacit

10
1. CHE COS UN BUSINESS PLAN

di decidere in modo tempestivo e cosciente, e di ottimizzare il proprio


livello di valore sul mercato.
Questi elementi esterni dello scenario si vedono ulteriormente compli-
cati da altri di natura endogena, derivati dalle sempre maggiori difcolt
nel governare strutture pi grandi e pi articolate.
Il quadro complessivo di riferimento per ogni azienda , quindi, comples-
so e caratterizzato da rapidi e improvvisi cambiamenti dello scenario: il
mondo diventa ogni giorno pi imprevedibile.
Lo sforzo per sviluppare la cultura della previsione a medio e lungo
termine, in tale contesto dimprevedibilit, costituisce il paradigma della
pianicazione strategica: in una situazione imprevedibile la tentazione
di non fare previsioni a lungo termine deve essere compensata dallo
sforzo di fare molte previsioni.
Tante quante sono gli scenari esterni che la creativit imprenditoriale del
vertice aziendale riesca ad immaginare.

1.3 Denizione di pianicazione strategica


La pianicazione strategica il processo di denizione degli obiettivi
di unorganizzazione, dei loro cambiamenti nei tempi futuri, delle
risorse per raggiungerli e delle politiche che devono informare lacqui-
sizione e lallocazione di tali risorse.
Per strategia intendiamo lindividuazione del processo di cui sopra, re-
lativo al medio e lungo termine. Normalmente, per le medie aziende, si
intendono come medio termine le previsioni a tre anni e come lungo
termine le previsioni a pi di tre anni, con un massimo di cinque anni.
Per piano tattico (od operativo) intendiamo il processo di pianicazione
ad un anno (budget desercizio). Ovviamente esiste fra i due approcci
una stretta interrelazione: il piano tattico costituisce il primo anno del
piano strategico, dovutamente sviluppato e reso operativamente attuabi-
le. A sua volta, laggiornamento continuo del piano tattico (rolling del
budget), fornisce elementi per la misura della validit del piano strate-
gico.
Per assicurare questo concetto di continuit dellapproccio di piani-
cazione, si pu ricorrere allo strumento dinamico chiamato rolling fore-
casting. Questa tecnica consiste nella prassi di proiettare in avanti di un
mese, alla ne dogni mese dellesercizio, le previsioni del budget. Alla
ne di un anno, questa proiezione costituisce la base del piano tattico
dellesercizio successivo.

11
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Tale approccio rolling supportato dalla parallela proiezione in avanti


di un anno nel piano strategico. Lattivit di pianicazione , quindi, un
processo continuo che trover, negli strumenti di controllo strategico
e tattico, gli ulteriori spunti per lafnamento del processo stesso.
Si tratta, per denizione, di un impegno interfunzionale che, avendo
lalta direzione come attore principale, deve trovare nelle funzioni spe-
cialistiche di pianicazione e di marketing le risorse dedicate con conti-
nuit alla predisposizione di strumenti e di scenari, necessari al vertice
per la scelta strategica degli indirizzi futuri.
Il controllo strategico pone lattenzione sul monitoraggio delle variabili
esogene del sistema di pianicazione, rivolgendo lattenzione continua
allo scenario.
Per contro, il controllo tattico porr lattenzione sulle variabili endoge-
ne, vericando nel continuo il livello di raggiungimento degli obiettivi
operativi.
Linterconnessione fra questi due approcci fornir al sistema, nella sua
globalit, gli strumenti necessari per afnare continuamente il processo
di pianicazione.
Il piano strategico denisce dove vuole arrivare lazienda nello scenario
esterno e con quali mezzi; il piano tattico denisce quali passi concreti
lazienda deve realizzare per arrivarci. Il controllo strategico denisce i
cambiamenti dello scenario, il controllo tattico verica se tali passi si
stanno realizzando.
Nei settori industriali, caratterizzati dal relativamente alto livello dinten-
sit di capitale, il problema della denizione delle risorse tecniche (ca-
pacit e processi produttivi) e del derivato fabbisogno di risorse nan-
ziarie uno dei temi fondamentali. Questo inserisce un altro paradigma
della pianicazione: ladeguamento dei mezzi ai ni.
Lazienda deve individuare dei ni che siano compatibili con i mezzi di-
sponibili; i mezzi devono essere reperiti in maniera tale che ci sia com-
patibilit con i ni pressati. La pianicazione deve, quindi, fornire gli
strumenti atti a risolvere la contrapposizione di sforzi.
A medio e lungo termine i mezzi possono essere reperiti per adeguarli ai
ni; a breve termine i ni devono essere coerenti con i mezzi disponibili.
Il piano strategico costituisce la base per denire ladeguamento dei
mezzi ai ni, attraverso il processo di denizione degli investimenti stra-
tegici; il piano tattico costituisce la base per denire gli obiettivi (ni)
raggiungibili con i mezzi (risorse) disponibili od acquisibili nel breve.

12
1. CHE COS UN BUSINESS PLAN

Lungo termine Breve termine


Adeguamento dei mezzi ai ni Adeguamento dei ni ai mezzi
Investimenti strategici Investimenti operativi
Obiettivi strategici Obiettivi tattici
Misura della performance vs. piano strategico Misura della performance vs. budget
Creazione di valore di lungo termine Creazione di valore di breve termine

Figura 1.1 - Due orizzonti a confronto

Lindividuazione dei ni, a medio e lungo termine, costituisce limpegno


della pianicazione per la denizione della missione che lazienda in-
tende svolgere nel contesto in cui opera. La proiezione in avanti di tale
missione costituisce limpegno della pianicazione nella denizione della
visione futura dellattivit dellazienda.
Naturalmente, quanto sopra detto a proposito di aziende funzionanti va
adattato al caso di imprese nuove, per le quali la pianicazione condi-
zione indispensabile per assicurare una nascita sotto i migliori auspici
di successo; daltra parte, in linea intermedia, ci vero anche per atti-
vit nuove di aziende gi operanti, o per settori diversi nei quali esse
vogliano inserirsi, o addirittura per nuovi prodotti che si propongano di
lanciare sul mercato. In denitiva, per portare avanti qualsiasi progetto
innovativo.
Come si vedr, le differenze esistenti fra i diversi casi verranno messe
in luce, ma esse sono comunque assai meno importanti, almeno sul pia-
no metodologico, di quanto, a tutta prima, possa apparire.
Quando sia articolato in modo formale, il pensiero strategico sintetizza
le intuizioni e la creativit dellimprenditore in una visione del futuro.
impossibile condurre con successo unattivit imprenditoriale senza
porsi le fondamentali domande:
chi siamo e a che punto ci troviamo;
dove vogliamo arrivare;
che cosa dovremo fare per arrivarci;
come dovremo farlo.
Questa la base della pianicazione, sia strategica che operativa; anche
quando le domande non vengono formulate in modo esplicito, e le rispo-
ste non sono del tutto esaurienti e denite, conoscere la situazione in
cui ci si trova, porsi obiettivi, tendere a raggiungerli, cercare mezzi e
strumenti per riuscirvi sono la base di ogni attivit di gestione.

13
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Ma fare un piano molto pi che prevedere e pianicare a livello te-


orico; un piano il risultato concreto di queste attivit, il passaggio da
atteggiamenti mentali, esercitazioni logiche, speranze, sogni e timori, alla
formalizzazione, in un documento che espliciti propositi, impegni, tecni-
che, mezzi, strumenti, veriche ben precisi, con i quali si conta di per-
venire a raggiungere obiettivi chiaramente individuati e dichiarati.

1.4 La pianicazione operativa


Uno dei problemi che i responsabili aziendali si trovano a dover affron-
tare quello di come rendere operative le strategie. La soluzione sta
nella attuazione di un processo che colmi il vuoto fra strategia e azione:
questo processo intermedio costituito dalla pianicazione operativa,
che si identica nellindividuazione e nella descrizione delle azioni, e
delle relative responsabilit, volte al conseguimento degli obiettivi stra-
tegici attraverso lapplicazione delle scelte precedentemente individuate.
Occorre poi considerare un secondo problema, e cio se la pianicazio-
ne debba essere di tipo creativo o di tipo routinario. La pianicazione
creativa indicata quando avvengono signicative variazioni nella stra-
tegia e negli investimenti. Un esempio quello di una unit che intenda
riconsiderare la propria posizione competitiva sul mercato. Altro esempio
lentrata in un nuovo mercato con nuovi concorrenti. Un terzo caso si
presenta quando, per la prima volta e in misura signicativa, si decide
di operare allestero.
I piani routinari sono adatti per aziende che applicano strategie routina-
rie. Ad esempio, la Mc Donalds attribuisce importanza ad alcuni fattori
chiave, quali la pulizia, il servizio al cliente, la qualit e la consistenza
degli ingredienti. Puntando su questi elementi basilari, lazienda ha la-
sciato indietro i concorrenti.
Mantenere inalterato il modello di successo uno dei segreti delleccel-
lenza. In un ambiente favorevole le necessit di pianicazione possono
essere modeste. In una azienda come la Mc Donalds, dove si impone il
mantenimento di una losoa immutabile, i piani formali tendono a es-
sere ripetitivi. Una volta appresa la pianicazione routinaria non stimola
verso iniziative nuove e audaci. Ci non signica che i piani non siano
necessari o importanti, ma sta a indicare che la pianicazione non il
fattore che maggiormente contribuisce alla realizzazione dei protti.
Lentit dei risultati, in questi casi, dipende dallattenzione agli aspetti
particolari.

14
1. CHE COS UN BUSINESS PLAN

Per le aziende che puntano al cambiamento, adatto un altro aspetto


della pianicazione, quello creativo. Aziende che diversichino al di fuo-
ri di un solo punto focale nel business alimentare come ad esempio
Barilla, Buitoni o General Mills hanno bisogno di un apporto pi com-
pleto alla pianicazione rispetto alla Mc Donalds. Nelle aziende diversi-
cate la pianicazione pu essere di tipo creativo o routinario: se la
strategia generale punta a risultati di successo in ciascuno dei suoi busi-
ness correnti, il livello di business a sostenere limpegno della piani-
cazione (ad esempio pasta, biscotti, fette biscottate, piatti pronti ecc.).

1.5 Il business plan


Un business plan un piano che riassume in s tutte le caratteristiche
suddette e, in pi, quella di convincere qualcuno della validit delle
considerazioni, della credibilit delle previsioni, del conseguimento certo
dei risultati.
Deve, il business plan, denire un metodo per gestire lazienda, o unat-
tivit specica, durante un determinato periodo futuro: lattivit speci-
ca pu fare riferimento allazienda nel suo insieme, o soltanto a una
sua divisione, un suo settore, una categoria di prodotti; pu riguardare
unoperazione commerciale o addirittura uniniziativa senza ni di lucro.
Il periodo futuro pu riguardare i mesi iniziali della vita di una nuova
impresa, o il suo andamento sul medio-lungo termine; assai frequente
che ci si concentri in dettaglio sul periodo di un anno, mentre nellam-
bito di un piano globale sui tre o cinque anni.

1.5.1 Gli obiettivi di base


In generale il business plan deve perseguire quattro obiettivi. Esso deve
costituire:
a) Lespressione formale del processo di pianicazione.
Non sar quindi unesercitazione di routine, ma dovr diventare, una
volta formalizzato, una vera e propria guida per la gestione, per co-
gliere opportunit ed evitare rischi.
b) Una richiesta di nanziamento.
Dietro ogni piano c sempre una motivazione di ordine nanziario.
Pu, quindi, servire per ottenere capitali per unintrapresa nuova, o
un aumento di capitale per una gi esistente, o semplicemente per
garantirsi una nuova linea di credito. Pu essere destinato a incorag-
giare la partecipazione a una joint venture con un concorrente o un

15
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

fornitore, oppure favorire una fusione o unacquisizione. Inne, pu


giusticare lallocazione alternativa di risorse interne (per esempio,
dividendi non distribuiti) per potenziare un settore particolare di at-
tivit, o per modicare la politica di investimenti.
c) La base di un accordo.
Ovviamente, un piano redatto in modo corretto uno strumento assai
efcace per ottenere una risposta affermativa. Un capo dazienda, un
consiglio di amministrazione, un comitato di gestione hanno bisogno di
analizzarlo a fondo per poterlo approvare, e il fatto di approvarlo co-
stituir dichiarazione di intenti positiva, quindi assegnazione di fondi.
d) Lo strumento guida per la gestione operativa.
Un piano fornisce un quadro di insieme cui uniformarsi per la condu-
zione di unimpresa, dagli indirizzi strategici alle attivit di tipo ese-
cutivo. Il livello di dettaglio varier in funzione del grado di verica
e di controllo necessario; cos laspetto economico-nanziario, che ne
stato una delle motivazioni della stesura, pu trasformarsi nel bud-
get per la gestione operativa.

1.5.2 I bersagli da colpire


Il qualcuno da convincere non necessariamente deve essere esterno
allazienda; anzi, proprio chi la dirige e chi vi lavora devono essere i
primi destinatari naturali del piano. Per renderci conto di ci, suf-
ciente esaminare quali siano gli scopi per cui il business plan viene
redatto e quali i bersagli che con esso si intende colpire. Questo ci
aiuter anche a tracciare un primo schema dei passi da muovere, delle
tappe da percorrere per metterlo a punto e per osservarne il successo.
Per esempio:
gli azionisti e gli investitori si aspettano una proposta concreta, la
prova di una buona gestione, la certezza di un soddisfacente rendi-
mento del proprio denaro;
il grande capo, che conosce capacit e limiti di chi incaricato del-
la gestione, sar interessato soprattutto allanalisi degli obiettivi e alla
possibilit di raggiungerli con un determinato programma operativo;
chi lavora in azienda vorr poter immaginare come si colloca la pro-
pria posizione personale nellambito del piano;
i banchieri approfondiranno anzitutto le analisi nanziarie;
gli esperti di marketing si interesseranno ai programmi di vendita;
i controller vorranno capire a fondo struttura e livello dei costi;

16
1. CHE COS UN BUSINESS PLAN

i contabili leggeranno soprattutto i dati numerici;


altri saranno interessati a scoprire che cosa sta dietro alle idee di
sviluppo.
Tutti, a seconda della propria qualicazione, esperienza, posizione, vor-
ranno formarsi un giudizio sulla validit di quanto viene loro presentato
e proposto.

1.5.3 Le tappe per il successo del business plan


Lo sviluppo del piano partir, evidentemente, dalla risposta alla doman-
da di base: che cosa pianicheremo, e perch? Quando avremo dato una
risposta concisa e convincente, potremo iniziare lo studio del processo
di pianicazione. Anticipiamo, quindi, lelenco delle tappe da percorrere
(gura 1.2), le macrofasi allo sviluppo delle quali sar dedicato il conte-
nuto di questo volume.

1.5.4 Limportanza della forma e gli effetti collaterali


Un accenno a due aspetti, apparentemente secondari, utile per chiari-
re, oltre al contenuto del processo, limportanza della forma in cui viene
esplicitato.
Un piano che, come si visto, destinato a convincere pi persone,
spesso di assai diversa cultura, qualicazione, esperienza, importanza,
deve essere gradevole alla lettura e facile da comprendere. Di qui lim-
portanza del come viene organizzato nella stesura, di quanto le idee e le
considerazioni espresse vengono comunicate in modo conciso ed efca-
ce. Diventano fondamentali quindi anche il modo in cui viene presenta-
ta la documentazione e sono riportate le informazioni ivi contenute.

1 Denire le attivit dellimpresa.


2 Denire la situazione dellimpresa.
3 Denire la situazione del mercato, della concorrenza e il posizionamento dellimpresa rispetto
ad essi.
4 Denire gli obiettivi di base che si intende raggiungere.
5 Mettere a punto una strategia per perseguire gli obiettivi.
6 Identicare rischi e opportunit.
7 Denire gli interventi necessari a limitare i rischi e a sfruttare le opportunit.
8 Trasformare strategie e interventi in un piano organico.
9 Prevedere costi, ricavi, margini, autonanziamento.

Figura 1.2 - Le tappe di un piano di successo

17
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Il capitolo che segue dedicato anche a questo aspetto, che, ripetiamo,


assai meno futile di quanto possa a prima vista apparire.
Il secondo aspetto da sottolineare quello che abbiamo chiamato degli
effetti collaterali del piano. Questi riguardano le persone che operano
in azienda. Anche se non sono i primi destinatari del business plan (ma
certamente alcuni di essi vi avranno apportato informazioni e dati, trat-
ti dalla loro esperienza quotidiana) dirigenti e quadri possono e devono
trovare nel piano la guida cui riferirsi per decidere e operare, e il sup-
porto per la ducia nel successo dellimpresa alla quale sono professio-
nalmente legati.
I migliori business plan vengono sempre elaborati dallintera quipe di
responsabili dei vari settori. Lapproccio ottimale una combinazione fra
quello top-down (i dirigenti stabiliscono le strategie, i subordinati creano
il piano), e quello bottom-up (i responsabili operativi deniscono il pia-
no e lo trasmettono ai superiori che formulano la pianicazione strate-
gica).
La combinazione fra i due approcci quella secondo la quale i dirigenti
deniscono la strategia, i responsabili operativi creano il piano nellam-
bito di questa, quindi lintero processo viene revisionato, corretto, e -
nalmente approvato dal vertice.
Questa metodologia assai efcace per stimolare la comprensione, la
cooperazione, limpegno reciproco e per creare i presupposti di un suc-
cesso probabile.

18
2.
Le linee generali del piano

Struttura, organizzazione e modo di presentazione del business plan sono


componenti fondamentali assolutamente da non trascurare.
Non diremo che esse siano pi importanti del contenuto di informazioni,
dati e proposte che il piano dovr trasmettere; ma proprio perch esso
destinato a essere recepito, a interessare, a convincere, deve apparire,
allo stesso tempo, razionale, chiaro, conciso e gradevole alla lettura.

2.1 Strumenti e accorgimenti redazionali


Per la redazione di un business plan ci si avvale logicamente di stru-
menti e applicazioni di tipo informatico, che devono essere visti e im-
piegati come mezzi per facilitare e rendere pi rapido il lavoro, agevo-
lare la composizione di tabelle, graci o altri documenti standardizzabi-
li, ed eliminare la necessit di eseguire calcoli lunghi e fastidiosi. Come,
del resto, siamo ormai abituati a fare per la maggior parte dei lavori
cosiddetti di ufcio. importante, per, e facilmente comprensibile,
che sia lasciato campo libero alla creativit, che non subiscano condi-
zionamenti e limitazioni la riessione e la ricerca, evitando di adeguarsi
a un modello prefabbricato che pu non corrispondere alle caratteristiche
speciche dellazienda e agli scopi particolari del business plan.
Cos pure, consigliabile valersi di accorgimenti solo in apparenza ba-
nali, sempre al ne di agevolare il lavoro di redazione e limpegno per
la consultazione, quindi le probabilit di unimpressione favorevole da
parte dei destinatari.
Si porr, quindi, attenzione ai dettagli anche minimi, al tipo di carta e di
rilegatura, alla bont di riproduzione della scrittura e delle gure, ai
caratteri di stampa, al formato e inquadramento delle pagine, alla lun-
ghezza dei vari capitoli, alla suddivisione dei paragra, alla loro titola-
zione e numerazione, ai richiami, ai sommari, agli indici.
In generale, comunque, assai conveniente uniformarsi alle norme di
qualit ISO 9000 riguardanti la documentazione aziendale, facilmente
reperibili anche nel caso in cui lazienda non abbia applicato le regole
della qualit totale e, tanto pi, qualora si tratti di uniniziativa impren-
ditoriale del tutto nuova.
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Un suggerimento ancora riguarda la terminologia da usare: non tutti i


destinatari avranno familiarit con i termini tecnici, o economici, o -
nanziari, o di marketing. Occorre, quindi, evitare acronimi, sigle, parole
di uso abituale solo per gli specialisti; oppure, se il caso, ed comun-
que sempre consigliabile, inserire un glossario di denizioni che spieghi
il signicato di termini magari usuali in determinati settori e per parti-
colari materie, ma non necessariamente a conoscenza di tutti.
Inne sar indispensabile corredare il piano di documentazione supple-
mentare, che dia conto di determinati risultati previsionali, di speciche
affermazioni, di dati derivanti da calcoli spesso complessi.
molto meglio che formule, calcoli e tabelle non si trovino nel contesto
del discorso, che deve apparire uente e consequenziale, senza interru-
zioni fastidiose e necessit di concentrarsi su elaborazioni che interrom-
pono liter logico dei ragionamenti e alle quali, invece, si pu fare ricor-
so, per vericarle, consultando gli allegati.

2.2 La sintesi introduttiva


possibile che alcuni destinatari del business plan (importanti, di soli-
to, per la posizione che occupano e per il peso delle decisioni che pren-
dono) abbiano bisogno di dare una prima rapida valutazione per render-
si conto del suo grado di interesse, o anche soltanto per mancanza di
tempo. Per questa ragione consigliabile anteporre al piano vero e pro-
prio una sintesi introduttiva, redatta con ogni cura e attenzione, quindi
non unintroduzione, ma piuttosto un piano in miniatura. Deve toc-
care, possibilmente in ununica pagina, quindi in estrema sintesi, i punti
chiave del piano nel suo insieme, in modo da tracciarne le linee fonda-
mentali e invogliare il lettore a prenderlo in considerazione. Deve, cio,
in certo modo, vendere le idee, gli obiettivi, le proposte contenuti nel
piano.
assai probabile che la redazione di questa sintesi avvenga prima di
quella dellintero documento; certamente sar utile per meglio chiarire
quali ne saranno gli obiettivi, che cosa debba esservi descritto, quale
possa essere il bilancio conclusivo. Come naturale, vi saranno doman-
de alle quali non possibile rispondere se non in seguito; ma impor-
tante che il gruppo di lavoro che sar incaricato della redazione del
piano (o che, comunque, dovr avervi una partecipazione a vario titolo)
disponga di uno schema sul quale lavorare, n dallinizio, in unottica
comune.

20
2. LE LINEE GENERALI DEL PIANO

Una volta completato il piano, si ritorner sulla sintesi introduttiva e la


si riscriver, per tenere conto di quanto sar emerso in corso dopera.
Anche se la variabilit delle situazioni rende praticamente impossibile
tracciare un modello di come debba essere redatta la sintesi, ne ripor-
tiamo in gura 2.1 un esempio, che potr servire come utile indicazione.

Introduzione concisa che Lazienda XYZ richiede un nanziamento di...euro per poter fare fron-
descrive lobiettivo del te alle ordinazioni in corso e prevedibili del proprio software origina-
piano, la richiesta di nan- le e brevettato ALFA, con la previsione di ottenere utili annuali dellor-
ziamento e leventuale ri- dine di euro nellarco di 5 anni. La presente sintesi descrive gli
torno dellinvestimento aspetti strategici, operativi e nanziari delloperazione.
La sintesi quindi descrive Lazienda
Chi Lazienda XYZ stata costituita nellanno... con un capitale di
Il fondatore ne lattuale Presidente.
Direttore tecnico ling.
Direttore commerciale il dott.
Lquipe di direzione ha formato la sua esperienza presso lAzienda
operante nel medesimo settore merceologico agendo in posizioni di
responsabilit per circa dieci anni
Che cosa Il prodotto
Il software originale ALFA volto a realizzare una sintesi estremamen-
te efcace e semplicata delle operazioni necessarie per la contabiliz-
zazione
Come La strategia dellimpresa
I risultati delle prime vendite confermano che la strategia dellazienda
avr successo. Essa consta dei seguenti punti fondamentali:
1
2
Quanto Previsioni economico-nanziarie
Lutile netto annuo dovrebbe ammontare a euro.
Il margine lordo di autonanziamento diverr positivo allincirca dopo
mesi.
Limporto del nanziamento, necessario, di euro..., dovrebbe essere a
disposizione dellazienda a partire dal

Figura 2.1 - Sintesi introduttiva

2.3 Il sommario dei contenuti


Dopo aver suscitato linteresse dei destinatari, grazie a una presentazio-
ne gradevole e a una sintesi stimolante, occorre, per non deluderli o
lasciare in sospeso le aspettative che si sono generate, approntare, sem-
pre a titolo introduttivo, un sommario degli aspetti contenutistici.

21
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Nelle prime pagine del piano si devono denire gli obiettivi nel modo
pi semplice possibile. Nellipotesi, la pi frequente, che il business plan
debba essere utilizzato per una proposta di nanziamento, lindicazione
degli scopi cui tende deve comprendere le risposte alle seguenti doman-
de:
1) Perch viene effettuata una richiesta di fondi?
2) Qual la struttura dellAzienda o, pi genericamente del business (per
esempio, impresa industriale, associazione, divisione di un gruppo
ecc.)?
3) Qual lammontare del nanziamento necessario?
4) A che cosa dovr servire?
5) Quanto render allazienda?
6) Come sar retribuito, o restituito?

Allindicazione degli scopi far seguito un sommario dei contenuti del


piano, che dovr trovare riscontro nel suo sviluppo successivo. A titolo
di esempio, riportiamo nella gura 2.2 un possibile sommario dei conte-
nuti, una specie di indice sintetico-concettuale.
Il sommario, nel quale, via via che il piano viene redatto, verr indicato
a quale pagina si trova ciascun argomento, rende agevole la consultazio-
ne dellelaborato e, nello stesso tempo, funge da guida per comporlo e
organizzarlo.

Sezione I - LAzienda
A. Descrizione dellAzienda
B. Prodotti / Servizi
C. Informazioni di marketing
D. Posizione dellAzienda sul mercato
E. Concorrenza
F. Management
G. Personale
H. Utilizzo ed effetti attesi dal nanziamento
I. Considerazioni riassuntive
Sezione II - I dati economico-nanziari
A. Fonti e impieghi dei fondi
B. Capitale investito
C. Stato patrimoniale
D. Conto economico
E. Analisi del punto di pareggio (B.e.p.)

22
2. LE LINEE GENERALI DEL PIANO

F. Proiezioni dei ricavi


1. Sintesi sui tre anni
2. Dettaglio mensile del primo anno
3. Dettaglio trimestrale degli anni successivi
4. Spiegazioni e note
G. Proiezioni del cash ow
1. Dettaglio mensile del primo anno
2. Dettaglio trimestrale degli anni successivi
3. Spiegazioni e note
Sezione III - La documentazione di supporto

Figura 2.2 - Sommario dei contenuti

2.4 Responsabilit e calendario


Ovviamente, occorre pianicare anche il tempo necessario alla redazione
del business plan.
La tappa nale di questa pianicazione consiste nel decidere chi dovr
contribuirvi, e nel ssare un calendario. Tutti i responsabili aziendali
devono esservi implicati e partecipare allelaborazione della strategia. Si
organizzeranno riunioni e si stabilir un calendario, tipo quello esempli-
cato nella gura 2.3, prevedendo riunioni supplementari per affrontare
i problemi pi impegnativi o dibattuti.
Una volta che il piano sia approvato, sono da vericare ogni tre o sei
mesi i progressi fatti rispetto agli obiettivi, o anche pi di frequente se
limpresa in fase di cambiamento.

1. Organizzare una riunione preliminare, che raggruppi tutte le persone implicate nella stesura
del piano.
2. Prevedere la prima riunione dopo aver valutato la situazione dellazienda e quella del merca-
to (vedere ai capitoli seguenti). I partecipanti potranno presentare i risultati delle loro ricerche.
3. Dopo aver lasciato ai partecipanti il tempo di riettere sulle informazioni ricevute, indire unal-
tra riunione, o una serie di riunioni, per valutare la situazione ed elaborare una strategia.
4. Comunicare quindi ai partecipanti che venuto il momento di concentrarsi sullo sviluppo del
piano di gestione, sulle previsioni e sulla valutazione dei rischi.
5. Organizzare riunioni supplementari per riconsiderare la strategia del piano, eventualmente
seguite da tavole rotonde per esaminare modiche e revisioni.

Figura 2.3 - Riunioni di pianicazione

23
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

2.5 Punti di forza e di debolezza


Non bene iniziare con lanalisi dei punti di forza, di debolezza, delle
opportunit e delle minacce. Questi aspetti verranno affrontati in segui-
to.

Da: Responsabile Pianicazione


A: Direzione generale, Responsabili di settore
Data: 1 Settembre 200
Oggetto: Esercitazione di pianicazione annuale
Responsabilit
Coordinamento Direttore Pianicazione
Analisi nanziarie Direttore Amministrativo
Organizzazione Direttore Risorse Umane
Analisi di mercato Direttore Marketing
Preparazione del piano per lanno prossimo
1. Riunione preliminare 16 settembre
2. Presentazione situazione attuale 30 settembre
3. Denizione obiettivi 2 ottobre
4. Elaborazione strategia 6 ottobre
5. Presentazione piani 27 ottobre
6. Esame dei rischi, obiettivi e strategie 4 novembre
7. Rapporto di sintesi 25 novembre
8. Presentazione al Consiglio di Amministrazione 15 dicembre
Bilanci periodici
Bilancio preliminare anno in corso e riesame del piano anno seguente 30 dicembre
Bilancio anno in corso 30 gennaio
Bilancio primo trimestre anno seguente 15 aprile
Bilancio secondo semestre 15 luglio
Bilancio terzo semestre 15 ottobre

Figura 2.4 - Memorandum

Tuttavia si possono considerare n da subito i seguenti aspetti:


i punti di forza e di debolezza sono fattori interni sui quali si pu
intervenire;
le opportunit e le minacce sono problematiche esterne che non
possibile gestire.
Nella gura 2.5 e 2.6 sono elencati dieci settori nei quali possibile in-
dividuare punti di forza, di debolezza, opportunit e minacce. Lelenco
naturalmente semplicato e generico, ma sicuramente utile per riettere

24
2. LE LINEE GENERALI DEL PIANO

sulla concreta situazione aziendale; bene tenerlo presente durante il


processo di pianicazione e modicarlo via via che se ne presenti lesi-
genza.

Settori di attivit Forze Debolezze


Procedure Elevata produttivit Lentezza e mancanza di chiarezza
Management Assunzioni appropriate Gestione del personale
Marketing e Vendite Risultati soddisfacenti Studi di mercato
Altre competenze Ricerca e sviluppo eccellente Manutenzione impianti
Esperienze Successi allestero Mercati critici
Propriet intellettuale Marche, introduzione Brevetti scaduti
Ufci Ambientazione ottima Contratto daftto non conveniente
Macchinari e impianti Adatti e specialistici Obsolescenza
Tecnologie informatiche Livello di formazione soddisfacente Eccesso di sviluppo dellautomazione
Finanza Buona capacit di autonanziamento Indebitamento oneroso

Figura 2.5 - Dieci settori nei quali indagare forze e debolezze

Settore Opportunit Minacce


Mercato In pieno sviluppo Prossimo a essere maturo
Concorrenza Frammentazione R e D dei concorrenti assai sviluppati
Associazionismo Soddisfacente rispetto delle regole Norme penalizzanti
Mercato del lavoro Manodopera disponibile localmente Scioperi
Mercati nanziari Finanziamenti a tassi sostenibili Costi di provvista eccessivi
Tassi di cambio Materie prime di importazione Prodotti della concorrenza a minori
meno costose prezzi
Difesa dellambiente Possibilit di vendere prodotti non Costo delle norme antinquinamento
inquinanti
Tendenze delleconomia Economia in espansione Riduzione della domanda per aumen-
to della disoccupazione
Interventi politici Riduzione delle imposte Sovvenzioni ad aziende concorrenti
Catastro naturali Possibilit di vendere apparecchia- Perdite di produzione o difcolt di
ture specializzate o di soccorso approvvigionamento

Figura 2.6 - Dieci settori nei quali esaminare opportunit e minacce

25
3.
Lazienda: analisi interna

3.1 Premessa
Avviata cos la stesura del piano, occorre effettuare, e inserirvi, una
chiara analisi dellazienda. Si tratta, in generale, di un compito non trop-
po impegnativo, ma utile e importante per due motivi:
1) consente di individuare al meglio le caratteristiche dellattivit che vi
si svolge e delle sue valenze competitive;
2) fornisce una base su cui fondare gli sviluppi futuri.
Laspetto pi importante riuscire a identicare le competenze chiave
dellazienda: i settori in cui ha caratteristiche di eccellenza, quali cono-
scenze ed esperienze possiede, in sintesi i suoi punti di forza.
Lanalisi riessione stimolante, se affrontata con seriet e convinzione,
e porta a evidenziare, oltre ai punti di forza, quelli di debolezza, quindi
opportunit e minacce.
Come si vedr al capitolo seguente, dedicato allanalisi dellambiente
esterno, il confronto con la concorrenza consente di denire vantaggi ed
eventuali svantaggi competitivi dellimpresa.
Si tratta, anzitutto, di tracciare una sorta di carta di identit dellazienda,
cio di raggruppare le informazioni principali che la riguardano.
Ovviamente, a seconda delle dimensioni, della destinazione interna o
esterna del piano, della maggiore o minore notoriet dellimpresa, cam-
bier il livello di dettaglio delle informazioni. Limportante che siano
chiare e concise.
Sar necessario comporre in forma sintetica due quadri dinsieme:
uno deve mostrare quali sono la consistenza, la missione, gli obiettivi,
la losoa imprenditoriale dellazienda;
laltro deve illustrare la sua organizzazione, no a tracciare unorga-
nigramma gerarchico-funzionale, con indicazione delle sedi decisiona-
li e di responsabilit.
Unelencazione che pu guidare alleffettuazione di una analisi efcace
ed esaustiva, per una buona conoscenza dellazienda, contenuta nella
gura 3.1.
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Informazioni essenziali
Non pare necessario dilungarsi sui contenuti di cui al punto 1 dellelen-
co: si tratta di informazioni certamente disponibili in azienda, utili per
chi deve essere messo al corrente delle sue caratteristiche di base.

1 Comporre la lista delle informazioni essenziali che identicano limpresa (ragione sociale,
capitale, soci, localizzazione, numero di dipendenti ecc.).
2 Accennare alle infrastrutture (locali, impianti, attrezzature ecc.).
3 Tracciare una rapida storia dellimpresa (ultimi tre anni).
4 Specicare quale lobiettivo che ci si propone, quale la missione (ci cosa si vuole ottenere
oggi); quale la visione imprenditoriale (dove si vuole arrivare); quale la losoa di gestione
(quali comportamenti si scelto di adottare e quali valori perseguire).
5 Descrivere lorganizzazione attuale.
6 Descrivere i prodotti e servizi forniti.
7 Identicare le competenze distintive.

Figura 3.1 - Guida per lesecuzione dellanalisi

Infrastrutture
Il punto 2 descriver linsieme delle infrastrutture aziendali dei loca-
li, della fabbrica, degli impianti, dei macchinari, delle attrezzature,
delle apparecchiature per elaborazioni elettroniche. Pu essere utile
riportare integralmente il quadro dellattivo immobilizzato, come ap-
parir nello Stato Patrimoniale inserendone il valore (contabile e at-
tuale).
opportuno, ai ni della credibilit, indicarne gli aspetti sia positivi che
negativi (efcienza, modernit o obsoloscenza, funzionalit, grado di
automazione ecc.), di particolare rilevanza ai ni operativi e quelli even-
tualmente carenti.
Storia dellimpresa
Per quanto riguarda il punto 3, si tratta di tracciare una sintesi delle
vicende aziendali non oltre gli ultimi tre anni, qualora, beninteso, non
si tratti di impresa di creazione recente.
In questaltro caso un breve excursus e un accenno alla sua situazione
attuale consentiranno di fornire un quadro esauriente; meglio essere
concisi, come nellesempio che segue.
Se, invece, lazienda ha gi diversi anni di vita, occorre una sua storia
dettagliata, frutto di una ricerca approfondita. Il conoscere da dove si

28
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

proviene daiuto per denire dove si sta andando e quali errori siano
eventualmente stati commessi, pur ricordando che il futuro non neces-
sariamente conseguenza del passato.
Un errore che spesso si commette quello di continuare a nanziare
una attivit perch vi si gi investito molto danaro. Nel prospettar-
si lavvenire, le opportunit che si intravedono devono essere in re-
lazione al loro effettivo valore. Non si deve continuare a sostenere
una attivit, salvo che essa dia un ritorno superiore ad altri investi-
menti.

Aldo Zurrini, consulente aziendale, ha fondato la V.F.O. nel febbraio 2009, avendo rilevato che
esiste una richiesta crescente di formazione a distanza, sia di tipo professionale che manageriale,
da parte delle imprese, per il loro personale, e anche da parte di privati. Pertanto ha stretto ac-
cordi con la Electronic Service S.p.A. e con la Telefonica Internet S.p.A. al ne di realizzare
processi di insegnamento-apprendimento che usano tecnologie hardware e software nella comuni-
cazione fra docenti e discenti senza richiedere la loro presenza sica nello stesso luogo, superan-
do quindi il gap didattico della mancanza di compresenza sica, rispetto alle metodologie di
formazione tradizionali. Limpresa stata avviata nel giugno dello stesso anno e, dopo una cam-
pagna pubblicitaria e promozionale di notevole impegno, in poche settimane ha sviluppato una
attivit di livello gi rimarchevole.
La V.F.O. ha per la necessit di crescere rapidamente per approttare dellevidente interesse
manifestato dal mercato e per mettere del tutto a punto, completandole, le apparecchiature neces-
sarie per realizzare appieno i servizi offerti.

Pertanto, nel tracciare la storia dellazienda e lo stato della sua situazio-


ne attuale, dovranno essere messe in evidenza le motivazioni che fanno
prevedere un probabile successo dovuto al progetto che ci si propone
di attuare.
Lobiettivo deve essere duplice: anzitutto capire bene ci che sta avve-
nendo in azienda, poi comunicarlo a chi legger il piano.
Sar necessario inserire una tabella da cui risultino i dati relativi ai tre
ultimi anni, riguardanti:
la cifra di affari;
il margine lordo di gestione (ricavi meno costi diretti);
i costi distinti per settore di attivit;
gli oneri nanziari sostenuti;
lutile netto prima delle imposte.
I dettagli gureranno in allegato, cos come alcune poste signicative dei
bilanci. Comunque i dati numerici vanno sempre accompagnati da un
breve commento; meglio se inseriti in graci di andamento.

29
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Se si tratta di unimpresa nuova, senza storia, le possibilit di successo


verranno valutate in funzione del suo potenziale sul mercato, spesso
dando pi importanza ai rischi prevedibili; se invece lazienda ha un
passato, verr giudicata pi per i risultati ottenuti che in relazione ai
propositi per lavvenire.
Un suggerimento: se ci si attende di ottenere nanziamenti per realizza-
re il piano, bisogna porre molta cura nella presentazione dei dati econo-
mici e nanziari, giacch verranno probabilmente considerati come
laspetto pi importante.
Chi investe vuole conoscere, di solito:
il valore reale netto delle immobilizzazioni;
la credibile solidit del business;
lafdabilit della situazione patrimoniale.
Soffermiamoci ora sui punti 4, 5, 6 e 7 della gura 3.1 di pagina 17 per
esaminarli nei dettagli.

3.2 Lobiettivo di base


molto importante rendersi conto di quale sia lobiettivo fondamentale
che lazienda persegue, al ne di esplicitarlo: in funzione di esso che
si indirizzer ogni azione gestionale.
Gli obiettivi possono essere pi di uno; avviene, per esempio, che quel-
lo dei proprietari (o azionisti) non coincida sempre con quello dei diri-
genti, e che, fra questi, non esista unit di vedute ai vari livelli e nei
diversi settori.
Agli azionisti pu interessare lottimizzazione del valore delle azioni, o
laumento dellentit dei dividendi; alla direzione la conquista di nuovi
mercati, oppure minimizzare i rischi, raggiungere posizioni dominanti; o
ancora alla propriet e alla direzione una gestione di massima prudenza
per garantire un razionale e sicuro sviluppo sul lungo termine, o anche
perseguire nalit etiche, di socialit ecc.
Al ne di specicare meglio i possibili obiettivi, elenchiamo nella gura
3.2 quelli che pi frequentemente ricorrono nei business plan delle
aziende, anche a costo di ripetere concetti gi espressi.
necessario, per, come si detto, identicare lobiettivo di base cui
riferire ogni comportamento e al quale confrontare i diversi passi dellana-
lisi.

30
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

1. Ottimizzare il valore delle azioni


2. Massimizzare gli utili
3. Aumentare i dividendi da distribuire
4. Migliorare le quote di mercato
5. Incrementare il patrimonio dellazienda
6. Ridurre al minimo i rischi di insuccesso
7. Rendere appetibile lazienda per eventuali compratori (con relativo plus-valore per i proprieta-
ri)
8. Incrementare le dimensioni dellazienda in termini di fatturato, di dipendenti, di liali, agenzie,
stabilimenti, sedi distaccate, quote di mercato ecc.
9. Conferire maggiore stabilit e sicurezza ai business gestiti
10. Assicurare una crescita equilibrata
11. Avere successo in settori particolarmente innovativi
12. Svolgere attivit a benecio della Societ (salute, ecologia, benessere, sicurezza, assistenza
ecc.)

Figura 3.2 - Alcuni degli obiettivi aziendali

3.3 Visione, missione, losoa di gestione


Si detto che per visione intenderemo qui lobiettivo cui si vuole ar-
rivare, per missione quello che ci si propone di fare nel breve termine,
per losoa di gestione il comportamento da tenere per perseguire
determinati valori.
importante riuscire a esprimere visione, missione e losoa di gestio-
ne con poche frasi chiare e facilmente comprensibili.
La visione il nostro modo di concepire lavvenire dellazienda, quindi
costituisce il vero motore del piano. Occorre essere pronti a difendere
la propria visione, se vi si crede fermamente: talvolta una visione alta
pu essere assai stimolante.
La missione deve esprimere ci che tutti (dentro e fuori dellazienda)
possono attendersi da noi: pu essere sufciente denire con precisio-
ne quello che ci si propone di fare nei tre prossimi anni (perch e
come).
Conoscere la losoa di gestione aiuter tutti coloro che sono interes-
sati al piano, e pi o meno coinvolti, a favorirne lesecuzione e il suc-
cesso, e a dare un senso comune alle diverse attivit, a ogni livello.
assai importante che risulti evidente laccordo, su questo punto, fra pro-
priet e direzione, circa i rapporti con il personale, lapproccio alla
clientela, limmagine dellazienda sul mercato ecc.

31
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

3.4 La creazione di valore


Il valore si genera nelle diverse fasi della gestione e si individua esami-
nando il usso delle attivit che trasformano una idea in un prodotto/
servizio, no allottenimento della soddisfazione del cliente.
Elencando le diverse fasi (con maggiore o minore grado di dettaglio) e
associandovi i relativi costi, se ne identica il valore e se ne crea una
scala progressiva.
Ci consente di esaminare lapporto di valore di ogni attivit, quindi di
orientare anche in senso economico il processo di pianicazione. La
costruzione della scala dei valori aiuta infatti a meglio identicare le
attivit, a individuare la pi adatta struttura organizzativa, a riconosce-
re le competenze chiave (di cui si parler in seguito), a suggerire lop-
portunit di trasferire allesterno dellazienda determinate attivit, a
misurare la competitivit, a indagare se si posseggono vantaggi concor-
renziali.
Un esempio di scala dei valori riportato nella gura 3.3 e rappresenta
le attivit e i costi relativi allintero ciclo produttivo di una apparecchia-
tura elettronica, dalla prima idea di progetto no agli incassi conseguen-
ti alla vendita del prodotto. Laltezza di ogni gradino indica in qual mi-
sura ogni attivit contribuisce al prodotto nale.
Il nome di scala dei valori deriva dalla constatazione che, partendo dal
basso, si vede chiaramente come il valore cresca gradualmente con
lavanzare del processo che porta alla fase nale.
Lesempio riporta il processo solo a grandi linee; nella pratica possibi-
le suddividere ciascuna tappa molto pi nei dettagli e creare un docu-
mento assai utile ai ni sopra elencati.
A tale proposito interessante esaminare pi da vicino una metodologia
ben nota in campo organizzativo che, nelle sue diverse applicazioni e
varianti, va sotto il nome di Analisi del Valore.

32
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Figura 3.3 - Esempi di scala dei valori

3.5 Principi e tecniche operative dellAnalisi del Valore


LAnalisi del Valore una tecnica mirante a ridurre i costi senza sacri-
care il livello di qualit delle prestazioni. Essa si basa su un unico
principio: analizzare le funzioni per rendere ottimale il rapporto fun-
zione/costo; tale rapporto prende il nome di Valore.
Occorre dire che la tecnica pu avere varianti, note come Value Engi-
neering e Value Management, che si distinguono soltanto per i settori e
i metodi di applicazione.
Per funzione si intende tutto ci che rende un prodotto o un servizio
vendibile (con protto) o utilizzabile.
Le funzioni, quindi, includono le prestazioni, lutilit, le caratteristiche tecniche,
laspetto estetico ecc., che rendono un sistema fruibile secondo determinate
richieste speciche dellutente, che pu essere esterno o interno allazienda.
Da questa denizione consegue che nellanalisi di un sistema esistono
funzioni o attributi fondamentali (base) per le quali lutente disposto
a pagare un determinato prezzo, e altre (secondarie) che, a loro volta,
possono essere necessarie, quindi accettate nel prezzo, o superue, per
le quali lutente non disposto a pagare.

33
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

I costi che possono essere ridotti sono costi di capitale, di lavoro, di


materiali, di tempo, di risorse energetiche.
Il valore , quindi, la qualit che un sistema possiede in relazione alle
esigenze dellutente, nella misura in cui egli si aspetta determinate pre-
stazioni. Il valore acquista, in questo modo, un signicato ben preciso,
ed equivalente al costo della soluzione che economicamente pi
soddisfa le funzioni primarie e quelle secondarie strettamente neces-
sarie.
Si comprende come la tecnica possa ottenere risultati di estremo inte-
resse applicata a prodotti, cicli produttivi, attivit di ufci e servizi, e,
pi in generale, a intere aziende ove si voglia perseguire razionalizzazio-
ne delle funzioni e risparmio dei costi.
LAnalisi del Valore trova poi applicazione anche per la riduzione dei
costi generali, giacch fornisce una procedura efcace per:
a) vericare le moltissime attivit che originano i costi generali;
b) identicare tutte le aree in cui si possano effettuare riduzione dei
costi;
c) dove il livello qualitativo cruciale, fornire uno schema per confron-
tare i costi e i beneci attesi.
Inoltre, attarverso lanalisi delle attivit svolte dalle unit organizzative,
possibile migliorare lefcienza dellintera struttura, giacch lanalisi
delle funzioni, quale scopo delle attivit svolte dallazienda, rende possi-
bile lidenticazione di un modello organizzativo efcace ed efciente.
Un intervento di Analisi del Valore comporta quattro momenti signica-
tivi:
1 Analisi del sistema (oggetto, o attivit, o servizio) in esame e fotogra-
a della situazione esistente.
2 Analisi funzionale e formulazione dei possibili miglioramenti. Richiede
una analisi dettagliata dei sottosistemi o, al limite, delle componenti
elementari, la loro valorizzazione in termini di costo, levidenziazione
delle loro caratteristiche e lindividuazione delle funzioni che esplica-
no. A ogni funzione corrisponder un costo, quindi se ne potr deter-
minare il valore rispondendo a semplici quesiti come:
lutente di quali determinati sistemi soddisfatto o disposto a
pagare (anche in senso gurato) tale costo?
lazienda, nellottica del mercato di quel sistema, ha interesse a
mantenere tale funzione a quel costo?

34
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

3 Verica delle alternative ritenute pi valide in termini di fattibilit e


di possibili risparmi.
4 Implementazione delle proposte emerse e modiche organizzative
inerenti.
Il Valore diventa un fattore strategico, sempre tenendo conto della sua
accezione classica che sta alla base del metodo:
Prestazione
Valore =
Costo per ottenerla

Tre esempi possono meglio chiarire metodologia di applicazione e pos-


sibili risultati della tecnica.

3.5.1 Analisi del Valore di un prodotto


Il prodotto in esame la scatola di ingranaggi di un variatore di po-
tenza.
La sua funzione primaria, cio la base, quella di adattare la potenza al
livello richiesto.
Nella gura 3.4 riportato lo schema delle funzioni primarie e seconda-
rie. Nella gura 3.5 la matrice funzione-costi.
Nella gura 3.6 si riporta il risultato dellanalisi, cio le considerazioni
emerse dallo studio e i suggerimenti applicativi che ne sono derivati.

Figura 3.4

35
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Figura 3.5

36
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Analisi gruppo T-8

Riunione del

Considerazioni emerse:
1. Scatola tipo T 22
2. Riduzione diametro barra grezza albero porta corona con seeger di spallamento
3. Bronzine al posto dei cuscinetti
4. Scatola in lamiera imbutita (2 semigusci), tenuta con silicone, attacchi cufa e piedi saldati a
resistenza
5. Riduzione cuscinetto dietro la corona (passaggio sullalbero) e di conseguenza riduzione co-
perchio
6. Scatola in ghisa in due semigusci (eliminazione anime)
7. Scatola tipo LF 32, cio con ununica bocca grande alla quale attaccare la prolunga e che
serve per permettere il montaggio
8. Pignone entrata: utilizzo cuscinetto a sfere in entrata, quindi eliminazione ghiera di registra-
zione ed al suo posto mettere seeger pi spessore
9. Cuscinetti a tenuta stagna, quindi eliminazione dei paraoli
10. Sostituire il classico tappo di livello con un tappo di carico munito di astina livello (eventual-
mente studiare soluzione tappi a scatto)
11. Versione TL-8E come scatola T 22 ma nel rapporto 2,9 staccare pignone da albero
12. Scatola di alluminio lavorata (due semigusci)
13. Scatola con prolunga integrale pi corta possibile, n. 2 30208 pi ghiera di registrazionem
bocca diametro 100 lato opposto prolunga (cappellotto di chiusura) pi coperchio imbutito
diametro 155 lato opposto corona fermato con seeger pi OR (vedi LF 135)

Figura 3.6 - Servizio analisi del valore

3.5.2 LAnalisi del Valore nellorganizzazione della produzione


Il lead-time di produzione il tempo che intercorre dallemissione
dellordine di produzione alla consegna dei materiali a magazzino.
Pu essere considerato come somma dei seguenti tempi elementari:
tempi organizzativi per la programmazione dellordine (schedulazione
dei cicli, pianicazione della capacit, verica della disponibilit dei
materiali);
tempo per il prelievo dei materiali a magazzino;
attese a pi di macchina perch occupata da ordini arrivati prima o
prioritari;
tempo per eseguire le operazioni tecnologiche (tempo di set-up e
tempo di lavorazione vera e propria);
tempo di trasferimento dei materiali da un posto di lavoro a quello
successivo;

37
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

tempo per il controllo lungo il ciclo di lavorazione e per il controllo


nale.
Recenti ricerche condotte su un campione di aziende metalmeccaniche
con produzione a lotti ripetitivi e su commessa, caratterizzate quindi da
un lay-out per processo, hanno evidenziato che solo il 5 per cento del
lead time di produzione tempo impiegato sulle macchine utensili, cio
tempo di trasformazione durante il quale si ha aggiunta di valore.
Il restante 95 per cento costituito, invece, da tempi organizzativi, atte-
se a pi di macchina, movimentazioni ecc. Inoltre, del tempo speso
sulle macchine utensili, solo il 15 per cento impiegato per lasportazio-
ne del truciolo (tempo di taglio), mentre il restante tempo utilizzato
per la preparazione della macchina.
Da questi dati emerge che:
lefcienza di un sistema produttivo condizionata pi dallorganizza-
zione che dalla tecnologia;
i potenziali risparmi ottenibili da interventi organizzativi rivolti a ri-
durre i lead-time sono ben maggiori di quelli offerti da una ulteriore
riduzione dei tempi di lavorazione.
LAnalisi del Valore, come tecnica utilizzabile per individuare e quindi
eliminare ogni tipo di costo non necessario, pu essere applicata anche
allorganizzazione della produzione.
Mediante unanalisi collegiale e sistematica vengono individuati tutti i
possibili interventi che consentono di accelerare il usso dei materiali.
Le principali aree sottoponibili allAnalisi del Valore sono:
sistema di programmazione della produzione per renderlo pi efcace
e sensibile;
lay-out e cicli di lavorazione al ne di:
ridurre i percorsi e le movimentazioni dei materiali;
individuare lavorazioni o materiali da decentrare;
capacit produttiva per individuare eventuali colli di bottiglia;
sistemi di movimentazione adottati per vericarne lidoneit alle esi-
genze dellazienda;
sistemi di controllo applicati per introdurre metodologie e strumenti
che consentano di eseguire i controlli in minor tempo.
I beneci potenzialmente ottenibili dalla riduzione dei lead-time sono i
seguenti:
aumento dei volumi di vendita per effetto:
della riduzione dei tempi di consegna;
del miglioramento dellimmagine verso i clienti;

38
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

riduzione degli oneri nanziari a seguito del minor capitale circolante


immobilizzato in scorte e WIP (Work In Process);
riduzione dei costi indiretti di produzione per la riduzione della mo-
vimentazione dei materiali, dei tempi di controllo ecc.;
riduzione dei costi di struttura della programmazione della produzio-
ne sia per un miglioramento del sistema di programmazione sia per
le minori esigenze di follow-up;
minori spazi occupati dai reparti, a parit di volume di produzione,
per la riduzione dei semilavorati giacenti a pi di macchina.

3.5.3 Analisi del Valore applicato ai costi di struttura


LAnalisi del Valore delle strutture organizzative risponde a una duplice
esigenza:
adeguarle alle performances necessarie per il raggiungimento dei
vantaggi competitivi a livello strategico;
ridurre il costo di funzionamento in termini di rapporto tra prestazio-
ni fornite e onere economico corrispondente.
Riportiamo un approccio metodologico originale. Il modello di approccio
proposto schematizzato nella gura 3.7 ed orientato alle entit fon-
damentali dellanalisi del valore nella sua accezione tradizionale.
Funzione
Ununit organizzativa ha un numero denito di funzioni da soddisfare
nellambito dellazienda.
Valore
Inteso come la sommatoria dei beneci attesi dalladempimento delle
funzioni relativamente alla missione dellazienda.
Nella gura 3.7 rappresentato lo sviluppo operativo dellanalisi:
input sono la missione e il mercato presidiato dallazienda;
viene tracciato il diagramma (modello funzionale) delle funzioni
dellazienda intera o di una sua parte (area funzionale);
si individuano le unit organizzative interessate;
vengono individuate le attivit correlate alle funzioni;
le attivit sono quanticate in termini di costo facendo riferimento
allorganizzazione in atto;
le funzioni vengono valutate in termini di valore;
si analizza il rapporto valore-costo.

39
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Figura 3.7 - Schematizzazione dellapproccio metodologico

Illustriamo, con un esempio, come questo tipo di approccio possa esse-


re applicato e quali siano gli strumenti utilizzabili.
Modello funzionale di unarea aziendale
In ambito aziendale prendiamo per esempio larea del personale che,
come noto, costituita dalle funzioni che realizzano, nel loro insieme,
la gestione delle risorse umane.
Le unit organizzative che presidiano larea del personale devono garantire
il soddisfacimento di un denito numero di necessit permanenti che sono:
la gestione del personale;
lamministrazione del personale;
lassistenza al personale;
la corretta gestione delle relazioni industriali;
associabili ad altrettante funzioni base.

40
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

In gura 3.8 si elencano le funzioni base standard dellarea del persona-


le, le funzioni secondarie e le attivit individuate dallanalista di organiz-
zazione. Lelenco risultante esaustivo in relazione alla specica missione
e alla realt organizzativa contingente dellazienda presa a campione.

Funzione base Funzione secondaria Attivit


Gestire personale Costituire rapporto di lavoro ricerca
selezione
assunzione
denizione trattamento economico
Gestire organici inquadramento/mansioni
denizione skill
passaggi livelli/qualiche
norme/provvedimenti disciplinari
Sviluppare valutazione prestazioni
sentieri di carriera
pianicazione
Formare rilevazione necessit
formazione interna
formazione esterna
valutazione risultati
Risolvere rapporto di lavoro preavviso
trattamento ne rapporto
Amministrare personale Corrispondente retribuzione rilevamento presenze/assenze
calcolo retribuzioni
pagamento retribuzioni
adempimenti scali/retributivi
contabilizzazioni
calcolo costo del lavoro
Assistere personale Provvedere sicurezza antinfortunistica
infortuni/emergenze
assicurazioni
abiti di lavoro
Provvedere assistenza mensa, varie ricreative
assistenza varia
Gestire relazioni industriali Gestire contratto aziendale rapporti sindacali
trattative sindacali
Intrattenere rapporti con asso- incontri
ciazioni di categoria

Figura 3.8 - Funzioni e attivit rilevate nellarea del personale

41
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Per individuare le funzioni secondarie, pu essere utilizzato dallanalista


uno strumento estremamente utile, il FAST (Functional Analysis System
Tecnique).
Questa tecnica permette di applicare una logica di controllo delle fun-
zioni e di darne al tempo stesso una rappresentazione graca tramite
diagrammi o modelli funzionali. Sinteticamente, per tracciare il FAST si
utilizzano le seguenti regole:
ogni blocco riporta una funzione;
le funzioni subito a destra della linea di scopo sono le funzioni base;
i blocchi connessi a destra della funzione base contengono le funzio-
ni secondarie;
le funzioni connesse alla destra di unaltra funzione dettagliano le
modalit di espletazione (cio rispondono alla domanda come? rife-
rita alla funzione di sinistra);
le funzioni direttamente connesse alla sinistra di unaltra funzione ne
spiegano la nalit (cio rispondono alla domanda perch? in rife-
rimento alla funzione di destra).
In gura 3.9 di pagina seguente presentato, a titolo dimostrativo, il
diagramma FAST per una funzione base dellarea del personale e la re-
lativa matrice delle unit organizzative, individuando per ogni funzione
le responsabilit e/o i ruoli operativi.
Identicazione del costo delle funzioni
Attraverso lidenticazione delle attivit correlate a ciascuna funzione,
possibile determinare il costo di ognuna di esse individuata nel diagram-
ma funzionale FAST.
Il costo di ogni attivit viene calcolato rilevando limpegno percentuale
di ogni risorsa dedicata, impegno che viene valorizzato al suo costo
standard complessivo.
In gura 3.10 riportato un esempio di valutazione dal carico di lavoro
dellunit retribuzioni per le funzioni costituire rapporto di lavoro e
gestire organici; per semplicit si tenuto in considerazione il solo
costo standard del lavoro.
Determinazione del valore delle funzioni
La determinazione del valore delle funzioni il momento pi delicato e,
nello stesso tempo, pi importante dellintera analisi. Nel caso di unit
organizzative infatti il valore delle loro funzioni la sommatoria dei

42
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

beneci resi al sistema come vengono percepiti, anche se non misurabi-


li oggettivamente. I beneci sono sempre commisurati alla missione
dellazienda e al contesto economico nel quale essa opera. Pertanto,
denire il corretto valore delle funzioni non cosa semplice.

Figura 3.9 - Diagramma a matrice FAST

Pu risultare efcace riunire un gruppo di lavoro multidisciplinare for-


mato dai responsabili delle unit fornitrici e fruitrici dei servizi resi
dalle funzioni per analizzare criticamente le prestazioni di ognuna di esse

43
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

e determinarne cos il valore, tenendo conto delle politiche e delle stra-


tegie aziendali. Lo stesso processo di analisi pu essere condotto dal top
management dellazienda sulle funzioni base per indicare, per esempio,
indici di valore da assegnare a insiemi di funzioni secondarie. Per stabi-
lire una scala di valori pi oggettiva possibile si possono utilizzare stru-
menti che spersonalizzano la valutazione effettuata dai singoli compo-
nenti del gruppo per fornire un corretto mix mediato a livello comples-
sivo.
Tra questi strumenti da segnalare la numerical evaluation tecnique:
tutte le funzioni vengono confrontate due alla volta, pesando limportan-
za di ciascuna rispetto allaltra.

Figura 3.10 - Valutazione del costo delle funzioni

Questo processo di confronto sequenziale permette di stabilire una gra-


duatoria di merito che viene poi normalizzata a 100 (gura 3.11).

44
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Figura 3.11 - Esempio di confronto tra funzioni (numerical evaluation)

Curva del valore


Disponendo dei costi e della valorizzazione delle funzioni, possibile
tracciare la curva del valore (gura 3.12) con la quale si individua la di-
stribuzione dei costi per funzione e la correlazione valore/costo. In ordi-
nata la scala del valore (%): le funzioni sono graduate da quelle a maggior
valore a quelle a minor valore; in ascissa il costo (%) corrispondente di
ciascuna funzione; gracamente le funzioni risultano individuate da ret-
tangoli di differenti dimensioni.
Landamento della spezzata B costituita dalla diagonale dei rettangoli
assimilabile a quello di una curva con concavit verso il basso e risiede
nella parte superiore del quadrante; landamento ideale sarebbe quello di
una retta A a 45 uscente dallorigine, situazione nella quale ogni funzio-
ne utilizza quantit di risorse proporzionali al suo valore. Landamento

45
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

della spezzata potrebbe, viceversa, avere una concavit verso lalto e ri-
siedere nella parte inferiore del quadrante. Nel caso dellesempio nume-
rico presentato (concavit verso il basso) le funzioni relativamente pi
importanti (a maggior contenuto % di valore) sono espletate attraverso
attivit che richiedono meno risorse di quelle ritenute necessarie per
fornire le prestazioni ricercate. Viceversa, una concavit verso lalto indi-
cherebbe che si generata una situazione nella quale le attivit assorbo-
no risorse in misura pi che proporzionale al loro contenuto in termini
di valore percentuale. Sulla base dellanalisi effettuata, si pu decidere di
attivare appropriati interventi, operando su quelle aree funzionali che ri-
sultano maggiormente squilibrate in termini di rapporto valore/costo per
individuare azioni correttive tese a un riequilibrio di tale rapporto.

Figura 3.12 - Curva del valore

46
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Non necessariamente la scala dei valori va inserita nel business plan,


ma certamente costituisce unutile rappresentazione dei processi azien-
dali, e una signicativa dimostrazione del grado di conoscenza e di
dominio, quindi di capacit di ottimizzazione, da parte dei responsa-
bili.

3.6 Dalla scala dei valori alla struttura organizzativa


Una volta determinata la scala dei valori, opportuno metterla a con-
fronto con la struttura organizzativa aziendale e vericare se e quanto
la suddivisione dei vari settori corrisponde alle fasi signicative delle
attivit.
Non si tratta, evidentemente, di intervenire pesantemente e subito nel
caso si rilevino discordanze o incongruenze; importante, invece, appor-
tare ritocchi efcaci, per esempio, ad alcune funzioni, se si ritiene che
ci consenta di migliorare le prestazioni.
Sappiamo che possono esistere vari tipi di organizzazioni: quelle pi
segnatamente autoritarie, contrassegnate da regole rigide di dipendenza
gerarchica; quelle funzionali, ove collegamenti e dipendenze sono realiz-
zati a seconda delle funzioni da svolgere; quelle a matrice, nelle quali,
alle funzioni tipiche, si sovrappongono incarichi pro tempore, o anche
permanenti, per lintervento in progetti specici. Occorre, quindi, che la
forma organizzativa sia, anche gradatamente, trasformata nella pi adat-
ta a perseguire gli obiettivi che vengono assegnati al piano in elabora-
zione; essa deve, comunque, essere descritta, in breve, secondo il suo
stato attuale, con riserva eventuale di indicarne le modiche che si ha
in animo di operare.
La descrizione dellorganigramma attuale (punto 5 della gura 3.1) bene
contenga i nomi dei responsabili delle posizioni e delle funzioni princi-
pali, segnatamente dei componenti la direzione e di coloro che governa-
no le aree operative, per esempio: Progettazione, Produzione, Marketing,
Vendite, Amministrazione ecc. Qualora lazienda disponga di collabora-
tori (dipendenti o consulenti) di particolare competenza, o di riconosciu-
ta autorit nel proprio campo di specializzazione, sar bene farne accen-
no, perch ci conferir un plusvalore al piano.
utile, poi, evidenziare aspetti signicativi e particolarmente efcienti,
qualora esistano, di determinati settori, per esempio, nel controllo di
qualit, oppure nel sistema delle procedure amministrative, o nei pro-
grammi di formazione del personale.

47
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Bisogner, poi, assolutamente non trascurare un aspetto non sempre


abituale per le aziende, soprattutto se di limitate dimensioni, cio le
possibilit offerte dal ricorso alloutsourcing.
Questo consiste nellafdare allesterno funzioni anche assai importanti,
ma che non necessariamente occorre siano svolte da personale in orga-
nico, delegabili ad organizzazioni esterne ad esso.
Esistono, infatti, aziende specializzate nella resa di particolari servizi,
certamente in grado di svolgerli in modo del tutto soddisfacente, otte-
nendo cos il duplice risultato di non appesantire in modo permanente
lorganico (e i relativi costi) e di fruire di un apporto specialistico assai
efcace.
Gli esempi pi comuni, fra molti altri, sono:
trasporti e magazzinaggio;
manutenzione di impianti e macchinari;
esecuzione di mansioni contabili di routine;
ricerche in settori particolari e specializzati;
interventi di tipo pubblicitario e di marketing;
creazione e sviluppo di tecnologie informatiche.
Questultimo settore, che va assumendo importanza sempre maggiore,
richiede competenze e risorse difcili e onerose da reperire o creare,
data anche la sua crescente complessit e sosticazione. Esistono socie-
t che da anni si dedicano alla messa a punto di sistemi di software e
di hardware perfettamente rispondenti alle necessit di aziende di ogni
tipo, settore e dimensione.

3.6.1 I diversi modelli di struttura


La struttura organizzativa di una azienda denisce:
1) la distribuzione del potere nellorganizzazione;
2) le linee di controllo sulloperato dei membri;
3) i canali privilegiati di informazione;
4) i ruoli funzionali dei membri dellorganizzazione, cio come le perso-
ne che in essa operano si porranno in relazione luna con laltra.
Spesso nelle piccole e medie imprese, soprattutto allinizio della loro
attivit, il tema della struttura organizzativa viene sottovalutato, giacch
limprenditore generalmente restio a disegnare e/o divulgare lorgani-
gramma aziendale, ad assegnare poteri e a denire ruoli precisi per i suoi
collaboratori.

48
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

In ogni caso limpresa deve darsi una qualche forma di organizzazione


che le consenta di essere contemporaneamente:
concentrata su una strategia ben denita e conosciuta, che non di-
sperda le forze;
essibile, cio in grado di percepire i deboli segnali provenienti dal
contesto, di elaborarli, di tradurli in input strategici e organizzativi
per adeguarsi alle diverse esigenze e necessit utili al raggiungimento
degli obiettivi;
veloce nella reazione, cio addirittura proattiva anzich reattiva, capa-
ce quindi di prevenire, di prevedere ci che succeder nel contesto e
di adeguarsi velocemente;
amichevole per chi la vive, attraverso la creazione e il mantenimen-
to di un clima organizzativo motivante e stimolante.
La rappresentazione formale delle relazioni gerarchiche di una impresa
lorganigramma che, anche se non rappresenta le relazioni informali, co-
stituisce una immagine accurata della divisione del lavoro, mostrando in
modo immediato:
quali posizioni esistono nellorganizzazione;
le modalit di raggruppamento di queste posizioni in unit;
come lautorit formale uisce fra esse.
La conformazione assumibile dalla struttura formale di unimpresa ri-
ducibile ai seguenti modelli:
1) struttura gerarchico-funzionale;
2) struttura divisionale;
3) struttura a matrice.

La struttura gerarchico-funzionale
Questo tipo di struttura rappresentato nella gura 3.13. il pi cono-
sciuto e il pi utilizzato; il suo vantaggio principale risiede nellelevata
efcienza, ottenuta attraverso lutilizzo delle competenze specialistiche
e la divisione razionale dei compiti e delle risorse impegnate nelle unit
organizzative.

49
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Figura 3.13 - Struttura gerarchico-funzionale

La struttura divisionale o per prodotto/mercato


In presenza di complessit dovute a diversicazione di prodotti e di
mercati e ad aumento della competitivit, le aziende possono riscontra-
re la necessit di ovviare alla rigidit e lentezza comunicazionale spesso
caratteristiche della struttura gerarchico-funzionale. frequente, allora,
il passaggio alla struttura divisionale, il cui concetto informatore il
parziale travaso di potere dal vertice strategico alle unit organizzative,
al ne di consentire loro una maggiore incisivit operativa, riservando al
vertice la strategia generale e la possibilit di intervento solo per ecce-
zioni sulla conduzione normale. Il principio fondamentale il raggrup-
pamento delle attivit in divisioni (non pi per specializzazioni funzio-
nali) dotate di autonomia talvolta molto ampia. Questa forma di struttu-
ra rappresentata nella gura 3.14, in un esempio applicato a una indu-
stria di elettrodomestici. Il raggruppamento delle unit pu essere per
prodotto, per aree geogarche, o per entrambi; di solito alle divisioni
compete la gestione e lespansione dei prodotti o/e laumento della pe-
netrazione nei mercati, mentre la direzione generale mantiene un insieme
di funzioni critiche, quali il personale, la nanza, la pianicazione ecc.,
attraverso organi di staff.

50
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Figura 3.14 - Struttura divisionale

Pu accadere, nelle organizzazioni di non piccole dimensioni, che le


divisioni presentino, a loro volta, un insieme di unit di staff che, pur
dipendendo gerarchicamente dal responsabile della divisione, riportano
funzionalmente agli analoghi staff di direzione generale.

La struttura a matrice
In determinati tipi di imprese e in presenza di necessit di forte impegno
nella realizzazione di progetti (aziende che lavorano per commessa o che
si propongono cambiamenti organizzativi importanti), si impone la gura
dei Capi progetto.
Si tratta di persone che si distaccano temporaneamente (a tempo pieno
o parziale) dalla propria funzione istituzionale, assumendo lincarico di
pianicare, attuare e controllare le attivit connesse alla realizzazione di
un progetto specico (per esempio la costruzione di un impianto, la
messa in opera di un nuovo processo produttivo o di una procedura
organizzativa).

51
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Il capo progetto si avvale, di solito, della collaborazione di personale che


non sempre dipende gerarchicamente da lui, ma che viene distaccato
proprio per quel progetto e che, come lui, al termine del progetto, ritor-
na alla propria posizione dorigine.
Lorganigramma di tale tipo di struttura riportato nella gura 3.15.

Figura 3.15 - Struttura a matrice

La struttura a matrice o per gruppi di progetto, asicura di solito mag-


giore efcienza alla condotta di iniziative speciche e ne rende pi sicu-
ri il numero e leconomicit.

Un esempio di organizzazione per progetti


Esaminiamo, poich particolarmente signicativo, il caso di una impresa
di costruzioni edilizie civili e industriali, opere in cemento armato e
strade, di medie dimensioni. Allinizio della sua attivit il suo organigram-
ma tipicamente di tipo gerarchico (vedi Fig. 3.16).
Poich limpresa lavora su ordinazioni speciche di clienti, occorre indi-
viduare le funzioni da espletare per gestire e condurre a buon ne cia-
scuna commessa.

52
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Inoltre, necessario denire le funzioni di responsabilit per le singole com-


messe, che vengono assegnate alle persone dellorganizzazione esistente.

Figura 3.16 - Societ di costruzioni edilizie e industriali, opere in c.a., strade.


Organigramma gerarchico

Nella gura 3.17 sono riportate le funzioni da espletare e le posizioni da


individuare.
Si traccia allora un organigramma per funzioni per la gestione delle
commesse, individuando:
da quali servizi provengono le posizioni di commessa;
quali servizi o posizioni esercitano le varie funzioni.

Funzioni da espletare (con riferimento alle singole commesse)


Gestione opportunit commerciali
Gestione preventivi ed offerte
Coordinamento e gestione commessa
Conduzione cantieri
Controllo costi commessa
Progettazione e acquisti
Veriche amministrative
Gestione amministrativo-nanziaria
Gestione sistema informativo
Gestione personale
Posizioni da individuare nellambito delle singole commesse
Capo commessa
Responsabile tecnico di commessa
Responsabile di cantiere
Amministrativo di commessa
Responsabile controllo gestione commessa

Figura 3.17

53
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Un esempio di soluzione di questo problema rappresentato nella gura


3.18. Lesempio dimostra come la struttura aziendale, pur denita nella
sua congurazione abituale, debba parzialmente e temporaneamente
modicarsi per fare fronte a particolari necessit operative e per miglio-
rare le performances ottenibili.

Figura 3.18 - Organigramma per funzioni

54
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

3.6.2 Lanalisi e la valutazione delle posizioni e delle funzioni


Si detto che la descrizione dellorganigramma dovrebbe essere com-
pletata da una evidenziazione delle mansioni afdate ai responsabili,
soprattutto di quelli a pi alto livello, e delle loro conoscenze e capa-
cit.
evidente come, sia per chi deve mettere a punto il business plan,
sia per chi lo dovr esaminare, possa essere importante conoscere e
poter valutare i requisiti professionali e la competenza di coloro che
ricoprono, o sono destinati a ricoprire, i ruoli chiave nella organizza-
zione.
Lo strumento adatto ad acquisire informazioni sulle posizioni organizzative
(linsieme di responsabilit che deve essere sostenuto con successo dagli
addetti) la cosiddetta job description comprendente anche la job speci-
cation che stabilisce le caratteristiche che il titolare di una determinata po-
sizione dovrebbe possedere.
Senza entrare nel merito della metodologia di analisi che porta allutiliz-
zazione di tale strumento, riportiamo nella gura 3.19 a quali scopi esso
pu rispondere.

1) Riferimento per lassunzione, lallocazione organizzativa, la promozione delle persone.


2) Orientamento per chi va a occupare una determinata posizione organizzativa.
3) Comprensione o chiaricazione delle responsabilit attinenti ai compiti da espletare.
4) Guida alla formazione e alladdestramento.
5) Individuazione proli professionali.
6) Base per la valutazione delle prestazioni e del potenziale.
7) Base per la valutazione della posizione organizzativa.

Figura 3.19 - Scopi e utilizzi della job description

A titolo di esempio, riportiamo nella gura 3.20 la job description di una


posizione organizzativa comune a gran parte delle aziende industriali di me-
die dimensioni.

55
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Responsabile produzione
Scopo della posizione organizzativa
Coordinare i fattori di produzione al ne di raggiungere gli obiettivi negoziati con la direzione
generale, nel rispetto della normativa vigente e tramite linstaurazione di un clima organizzativo
motivante.
Principali responsabilit
Partecipare alla redazione della strategia aziendale, apportando le notizie e le informazioni di
pertinenza ed elaborando i dati a disposizione per la determinazione della strategia.
Proporre alla direzione generale e negoziare gli obiettivi quantitativi e qualitativi della posizione,
identicando le aree di miglioramento dellefcienza e la azioni atte a raggiungere i risultati atte-
si.
Pianicare la produzione annuale e rivedere mensilmente il piano alla luce delle esigenze mani-
festatesi nel mercato, mantenendo rapporti di stretta collaborazione con la funzione commerciale;
garantire le quantit schedulate al livello qualitativo programmato, nel rispetto del budget asse-
gnato.
Coordinare le risorse afdate distribuendo razionalmente i carichi di lavoro ai reparti; supportare
i subordinati nel raggiungimento degli obiettivi quantitativi e qualitativi.
Preparare i piani di avvicendamento dei macchinari proponendo alla direzione generale i piani
di investimento a medio-lungo termine, anche in considerazione della strategia aziendale stabi-
lita.
Sovraintendere allacquisizione delle materie prime e dei semilavorati necessari per la realizzazione
della produzione pianicata; garantire il miglior approvvigionamento e la riorganizzazione degli oneri
nanziari connessi.
Provvedere allo sviluppo del personale dipendente supportandone il progresso professionale.
Modicare, dintesa con le unit organizzative preposte, la struttura organizzativa della propria
unit quando la strategia o le risorse disponibili lo richiedono.

Figura 3.20 - Esempi di job description

3.6.3 Organizzazione e direzione nel business plan


Al ne di completare, nel business plan, la descrizione dellorganizzazio-
ne dellimpresa, sar bene dedicare un po di spazio per illustrare la
personalit dei componenti la direzione. Soprattutto se il piano ha come
obiettivo di ottenere nanziamenti dallesterno, opportuno citare i nomi
dei responsabili delle posizioni di direzione o, comunque, di notevole
importanza gestionale, inserendoli nelle caselle corrispondenti.
Sar bene anche scrivere una frase o due su ciascuno di loro: meglio se ripor-
tando addirittura in allegato lintera job description, come visto in gura 3.20.
Bisogna tenere conto del fatto che chi eventualmente disposto a inve-
stire capitali propri, pu essere particolarmente interessato alla qualit
e al livello professionale del gruppo dirigente.

56
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

In una azienda giovane e allinizio dellattivit, in difetto di poter portare


dimostrazioni di passate esperienze positive, i dirigenti devono cercare
di convincere che possiedono le capacit per ottenere risultati di suc-
cesso. Si potr, quindi, mettere in evidenza i punti salienti e gli aspetti
favorevoli dei loro curricula.
Altrettanto opportuno dimostrare che esistono procedure adeguate di
controllo gestionale, un servizio amministrativo e nanziario efciente,
competenze apprezzabili in campo tecnologico, legale, di gestione e di
formazione del personale ecc.
Nella gura 3.21 riprodotta, come esempio, una pagina del business
plan di una impresa, contenente la descrizione sintetica e commentata
dallorganizzazione e dalla quipe di direzione.

Commento Business plan KAPLAN Doc. 1325 pag...


Organizzazione e direzione
Iniziare con una descrizione sintetica della strut- Organizzazione e direzione
tura della direzione e dei suoi componenti Il gruppo dirigente comprende sei dirigenti esperti,
con le necessarie qualicazioni, che possiedono una
comprovata esperienza e capacit non comuni. Essi
hanno gi lavorato assieme in passato, ottenendo
ottimi risultati nella Societ.... I loro curricula detta-
gliati sono riportati nellallegato 1. A.
Lorganigramma un elemento importante

Inserire qualche breve informazione sulle persone Produzione


che occupano le posizioni chiave e sulla loro Il servizio produzione diretto da A.B. Egli
esperienza. I dettagli vanno inseriti in un allegato uno dei primi ad avere individuato i vantaggi
della specializzazione nel settore della KAPLAN
e possiede un know-how originale per la fabbri-
cazione di
Vendite
C.D. responsabile delle vendite. La sua ricono-
sciuta capacit nel rilevare i bisogni dei consu-
matori apporta un vantaggio competitivo non
trascurabile. Assieme al suo assistente di marke-
ting E.F. ha saputo dimostrare

Figura 3.21

57
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

3.7 I prodotti e servizi forniti


Circa il punto 6 della gura 3.1 occorre affrontare questo argomento
soffermandosi sui prodotti e servizi che possiedano particolari caratteri-
stiche.
La descrizione dovr essere abbastanza dettagliata se si tratta di un
piano che propone attivit nuove, o addirittura una nuova impresa, o un
insieme complesso e innovativo di prodotti e/o servizi poco noti. Sar
meno impegnativa e pi concisa se si tratta, invece, di prodotti/servizi
semplici e ben conosciuti. Comunque, la descrizione dei prodotti e dei
servizi dovr essere meglio dettagliata, come vedremo, nel corso dello
sviluppo del piano.
In linea di massima, sar bene iniziare con una sintesi, prima di entra-
re nei dettagli: pu essere utile citare materiali componenti, tipologia
e caratteristiche dei prodotti, ampiezza e composizione della gamma di
offerta, utilizzazione prevista da parte degli acquirenti, al ne di chia-
rire la natura della produzione; solo nel seguito ci si addentrer
nellesposizione dei metodi di fabbricazione, nel livello di qualit, dei
prezzi ecc.
Quasi certamente la proposta di attivit riguarder pi di un prodotto o
servizio: in effetti ci di importanza fondamentale per una nuova ini-
ziativa che si richiede di nanziare.
Chi disposto a impegnare capitali a rischio, difcilmente darebbe du-
cia a una impresa con ununica linea di prodotti, la cui domanda potreb-
be subire pericolose oscillazioni.
Comunque sappiamo che le linee di produzione possono essere imple-
mentate e modicate in varia misura e che, in ogni modo, possibile
ampliare la gamma di offerta segmentando il mercato, come si vedr al
capitolo 5.
La descrizione non deve essere dispersiva per non creare unimpressione
negativa: si traccer un elenco sintetico dei prodotti e sevizi descriven-
doli in breve e indicandone limportanza relativa, per esempio, in termi-
ni di contribuzione alla realizzazione dei margini di protto. La descri-
zione pu essere resa pi concreta allegando fotocopie, dpliant, catalo-
ghi ecc.
Come fatto al paragrafo precedente, riproduciamo nella figura 3.22
la pagina del business plan della KAPLAN srl relativa ai prodotti
dellazienda.

58
3. LAZIENDA: ANALISI INTERNA

Commento Business plan KAPLAN - Doc. 1325 - pag. I


prodotti

Descrivere gli aspetti originali della produzione Prodotti


KAPLAN, brevetti, prodotti speciali, margini ecc.
Dimostrare che i rischi connessi alle lavorazioni La descrizione dei prodotti dellazienda ripor-
vengono diminuiti tata con molto maggior dettaglio nel seguito del
piano.
Il prodotto di base il K.X. 25: un sistema di
allarme destinato a essere utilizzato negli am-
bienti ove si svolgono lavorazioni particolarmen-
te delicate e a rischio.
Il sistema comprende un apparato elettronico,
schemi di rete a frequenza radio e schede di
identicazione con emettitori integrati
Il software brevettato (brevetto n. rilasciato
nel )
Le schede di identicazione sono in versione
modicata rispetto a quelle note, prodotte da ,
con le seguenti conseguenze migliorative e di
sicurezza...

Figura 3.22

3.8 Le competenze distintive


Devono essere identicate e ben evidenziate. Probabilmente esse risulteran-
no in parte dalla descrizione fatta dallazienda, della sua struttura, del suo
organico, dei suoi prodotti. Devono riettere la somma delle esperienze e
delle capacit messe in atto a fronte di particolari difcolt o per cogliere
vantaggiose opportunit. Possono provenire da investimenti in settori spe-
cici, in impianti, macchinari, attrezzature, o derivare da know-how posse-
duti, da attivit originali di ricerca e sviluppo, da collaudate sperimentazioni
e approfondite analisi applicative.
Cos pure, competenze importanti e di spicco possono essere frutto di ricer-
che di marketing, di campagne di vendita, di processi organizzativi curati in
modo particolare, di metodologie di gestione messe a punto, eventualmente
valendosi di consulenti, di esperienze e conoscenze maturate allestero.
signicativo, quindi, indicare le caratteristiche particolari, ed eventual-
mente uniche, dei prodotti e servizi forniti o previsti, mettendone in luce
le cause determinanti e i fattori di successo.

59
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Per esempio:
spiegare i vantaggi concorrenziali in termini di qualit e funzionalit dei
prodotti;
sottolineare lesistenza o la propriet di brevetti;
indicare eventuali fornitori esclusivi di particolare rilevanza;
enfatizzare limportanza di marchi noti e affermati.
Come si detto al paragrafo 3.3, la scala dei valori di notevole aiuto
per lindicazione delle competenze distintive.
Ai ni solo esemplicativi, riportiamo nella gura 3.23 un elenco breve e
abbastanza generico dei settori nei quali si possono rilevare competenze e
talenti particolari. Probabilmente possibile, in molte aziende, identicarne
un numero maggiore: utile classicarli in ordine di importanza per inserir-
li nel piano denitivo.

1 Ricerca e Sviluppo
2 Gestione degli approvvigionamenti
3 Produzione (impianti e processi)
4 Distribuzione
5 Studi di mercato
6 Tecniche e organizzazione di vendita
7 Sistema amministrativo e controllo di gestione
8 Sistema informativo e attrezzature informatiche
9 Sistema della qualit totale
10 Esperienze sul mercato internazionale.

Figura 3.23 - Settori di eventuali competenze distintive

Per il momento ci pu essere sufciente: largomento verr ripreso nei


capitoli dedicati allanalisi dellambiente esterno e agli indirizzi strategici.

60
4.
Lambiente esterno

Dopo lanalisi dellazienda, la conoscenza dettagliata dellambiente ester-


no nel quale essa opera fondamentale per poter redigere un piano
credibile. Anzitutto occorre rendersi conto dellinuenza che esercitano
sullazienda numerosi fattori esterni, e capire in che cosa questa inuen-
za consista, come si manifesti; necessario, quindi, analizzare di quali e
quanti fattori si tratti.
Bisogna poi distinguere fra ambiente prossimo e ambiente circostante,
ovvero tra fattori che potremmo denire partner di lavoro (per esempio,
fornitori, rivenditori, clienti ecc.) ed elementi che compongono luniver-
so nel quale lazienda si trova ad agire (politici, demograci, sindacali
ecc.). chiaro che sui primi possibile eventualmente intervenire, circa
i secondi ci molto meno evidente. Iniziamo, quindi, dai fattori dellam-
biente prossimo.

4.1 Analisi del mercato, della clientela, della concorrenza


Mercato, clienti e concorrenti sono le tre componenti pi importanti
dellambiente in cui lazienda opera; necessario, allora, analizzare le in-
formazioni disponibili su di esse, e procurarsi quelle di cui si avverte la
mancanza.
Ci fatto, sar possibile vericare quali sono i vantaggi concorrenziali
che lazienda possiede, argomento cui si gi accennato nel capitolo
precedente e sul quale torneremo pi in dettaglio nel seguito.
Non sufciente, infatti, lidenticazione delle competenze distintive
(gura 3.23), giacch i concorrenti possono provenire da settori nei qua-
li lazienda non possiede tali competenze, ma nei quali essi sono deboli,
e, inversamente, in altri settori nei quali lazienda ha le competenze, essi
possono possederne in maggior misura. Si ritorna alla necessit di con-
tinuare a riconoscere, e ad aggiornare, i propri punti di forza e di debo-
lezza, le opportunit e le minacce.
Vediamo quali devono essere gli elementi signicativi della raccolta di
informazioni: in particolare, esamineremo quali possono essere le fonti
sia interne che esterne allazienda.
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

4.1.1 I clienti
Lo schedario clienti pu fornire notizie importanti sul loro comportamento,
dunque, sul rapporto che hanno con lazienda. A titolo di esempio, raggruppiamo
nella gura 4.1 una serie di domande da porsi, alle quali lesame e una analisi
accurata dello schedario clienti pu dare risposte pi o meno esaurienti.
Le interviste dirette ai clienti possono fornire anchesse informazioni
molto importanti. Nella gura 4.2 ne sono riportate alcune.

Alcune domande sono speciche nei riguardi di consumatori,


altre di aziende clienti, altre ancora valgono per entrambe le categorie
Quali sono i prodotti pi acquistati, da quanti clienti, con quale frequenza
Quali sono le principali motivazioni di acquisto
Quale il grado di accettazione dei nostri prodotti, quali le opinioni su di essi che risultano pi evidenti
Esistono richieste o bisogni che non possiamo soddisfare
A quali categorie appartengono prevalentemente i clienti (livello sociale, potenzialit economica,
posizione familiare ecc.)
Quali sono le loro caratteristiche (personali, siologiche, sociali, culturali)
A quali zone geograche o topograche appartengono
Come e da chi vengono prese le decisioni di acquisto
Lazienda fa parte di un elenco formalizzato di fornitori abituali
Quali sono le motivazioni, le preferenze e/o i pregiudizi di chi decide gli acquisti
Quale il grado di fedelt degli acquirenti (numero di acquisti in un determinato periodo, quan-
tit e composizione di ogni acquisto)

Figura 4.1

Sullazienda e sui suoi prodotti


Perch hanno acquistato un determinato prodotto dellazienda
Come la considerano, come valutano la trattativa di acquisto, leventuale assistenza post vendita,
il servizio ecc.
Perch non hanno acquistato un certo prodotto - Lhanno acquistato da altri e perch
Desiderano prodotti o prestazioni di prodotti non disponibili presso di noi, o non disponibili con
un rapporto favorevole qualit-prezzo
In quale misura i loro programmi di acquisto prevedono di rifornirsi di prodotti nuovi presso di noi
Sulla concorrenza
Quali ritengono essere i nostri concorrenti pi importanti
Che cosa acquistano (o non acquistano) da loro
Quali sono gli aspetti pi favorevoli dei concorrenti, e perch
Quali sono i loro punti di debolezza
Come giudicano le loro iniziative promozionali e il livello dei loro prezzi

Figura 4.2

62
4. LAMBIENTE ESTERNO

4.1.2 Il settore commerciale


Naturalmente parte di queste informazioni dovrebbero pervenire anche
dal personale addetto al marketing e alle vendite. In realt, anche se non
esiste in azienda una funzione specica, o addirittura un servizio marke-
ting, gli addetti al settore commerciale, per la loro specica attivit e per
i contatti che hanno costantemente con il mercato, sono certamente in
grado di raccogliere dati di prima mano. opportuno dare disposizioni
su quali informazioni siano effettivamente necessarie e per quali scopi,
con quale grado di completezza e di precisione. In particolare, il perso-
nale di vendita dovrebbe fornire rapporti sistematici contenenti, oltre che
i risultati delle vendite, anche le informazioni che in grado di reperire.

4.1.3 Il centro elaborazione dati o il servizio contabilit


Dovrebbero avere, fra gli altri, il compito istituzionale di registrare in
forma quantitativa tutti i fatti aziendali, e quindi organizzarne la raccolta
anche tenendo conto delle esigenze di analisi di cui si detto.

4.1.4 Le persone estranee, meglio se di aziende concorrenti o di fornitori,


in occasione di corsi, seminari, convegni o colloqui di assunzione
Non necessario usare tecniche particolari o di dubbia correttezza: le
persone amano discorrere e, spesso, sufciente porre domande gene-
riche e stare ad ascoltare.

4.1.5 Le fonti istituzionali di informazioni


Esistono fonti di dati e informazioni esterne allazienda:
lIstituto Centrale di Statistica;
i Ministeri;
le Associazioni di categoria;
la Camera di Commercio;
gli Istituti economici di studi e ricerche;
le banche;
le inchieste campionarie;
i giornali e le riviste economici e di categoria;
volumi e pubblicazioni tecnico-economiche;
i Comuni e le Provincie;
gli annuari, le guide, i cataloghi;
le ere, mostre ed esposizioni.

63
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

4.1.6 I siti web


Internet fornisce facilmente enormi quantit di informazioni su tutto il
mondo: vi si trovano nomi, indirizzi, opportunit di contatti, notizie sui
prodotti. Si tratta di cercare e selezionare le informazioni di reale inte-
resse.

4.1.7 Altre ricerche sul mercato


possibile effettuare ricerche nei riguardi dei consumatori, osservare il
loro comportamento nei punti vendita, esaminare le loro reazioni agli
stimoli pubblicitari e promozionali.
interessante riuscire a coinvolgere fornitori e rivenditori ponendo le
domande adatte e offrendo, se possibile, contropartite alla loro collabo-
razione (sconti, preliminari di acquisto ecc.).
Le ricerche sul mercato possono per assumere importanza particolare
nel caso si decida di svolgere delle vere e proprie ricerche di marketing.
Naturalmente dipende dalle dimensioni dellazienda, dalleventuale esi-
stenza di un servizio marketing, dallimportanza di una nuova iniziativa,
dalla potenzialit nanziaria di nuovi imprenditori, la possibilit/oppor-
tunit di eseguire direttamente, o tramite esperti esterni, ricerche strut-
turate e metodologicamente rigorose.
allora opportuno dedicare qualche paragrafo allargomento.

4.2 Le ricerche di marketing


Consistono nel processo di raccolta, classicazione ed elaborazione di
dati e informazioni riguardanti determinati problemi di interesse dellazien-
da, che si desidera affrontare con il massimo possibile di conoscenze, al
ne di decidere in base ai fatti, cio a dati concreti.
Il campo di attuazione delle ricerche potenzialmente molto esteso, e
il loro impiego divenuto ormai strumento di utilizzazione comune
anche a imprese di dimensioni modeste. Daltra parte, riconoscere la
necessit di impiegare la ricerca come metodo direzionale, non implica
che sia opportuno adottare meccanicamente le tecniche pi rafnate e
costose.
Nella gura 4.3 sono riportati alcuni tipi di ricerche relative ai prodotti/
servizi, al mercato, ai metodi di distribuzione e alla concorrenza, con le
percentuali di impiego risultate da una indagine effettuata su un campio-
ne di aziende di varie dimensioni.

64
4. LAMBIENTE ESTERNO

Percentuale dimpiego, in un gruppo di aziende, di alcuni tipi di ricerche di Marketing

Tipo di ricerca
Ricerche sui prodotti o servizi
Accettazione da parte del cliente, dei nuovi prodotti allo studi 82%
Studi comparativi dei prodotti della concorrenza 79%
Valutazione degli sviluppi dei prodotti della concorrenza 79%
Determinazione degli impieghi attuali dei prodotti esistenti 72%
Valutazione dei nuovi prodotti o servizi allo studio 70%
Mercati di prova o attivit di test-market 70%
Ricerca dei motivi di insoddisfazione della clientela 63%
Studi sulle possibilit di semplicazione del prodotto 63%
Studi sulla confezione 60%
Ricerche sui mercati
Situazione concorrenziale dei prodotti dellazienda 91%
Analisi dellampiezza del mercato 90%
Valutazione della domanda di nuovi prodotti 89%
Previsione vendite 88%
Determinazione delle caratteristiche dei mercati 87%
Analisi dei. potenziali territoriali 87%
Studio delle tendenze nelle singole zone 86%
Previsioni generali dellandamento economico 73%
Studi sul grado di redditivit relativa del mercato 73%
Studio dei fattori economici 72%
Studio delle variazioni nella composizione del mercato 70%
Studi sulle variazioni delle classi di consumatori 67%
Ricerche sui metodi e le politiche di distribuzione
Determinazione o revisione delle zone di vendita 80%
Rilevazione delle variazioni del volume di vendita per zona 78%
Valutazione dei metodi di vendita attualmente impiegati 75%
Studi sui prezzi della concorrenza 75%
Analisi delle attivit dei venditori 74%
Studio della politica dei prezzi 71%
Valutazione correlativa dei metodi di vendita proposti 71%
Valutazione dellefcienza dei venditori 70%
Studi sul costo di distribuzione 68%
Fissazione delle quote di vendita 68%
Sviluppo degli standard dei venditori 63%
Retribuzione del personale addetto alle vendite 62%
Valutazione dellefcienza delle attivit promozionali 56%
Efcacia della pubblicit 73%
Prassi pubblicitarie e di vendita della concorrenza 69%
Selezione dei mezzi pubblicitari 62%
Studi motivazionali o qualitativi 51%

Figura 4.3 - Alcuni tipi di ricerca di marketing e loro percentuali di impiego

65
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Esaminiamo ora quali sono le caratteristiche principali degli obiettivi che


si pongono alle ricerche di marketing nei diversi settori di pertinenza.

4.2.1 Il mercato
Le analisi di mercato si propongono di:
denire le effettive possibilit di vendita dei prodotti;
conoscere quanta parte del mercato coperta dallazienda e quanta
dalla concorrenza;
effettuare previsioni circa le vendite future;
ottenere i dati necessari per programmare, organizzare e controllare
opportunamente le attivit di vendita.
In base allanalisi di mercato, lazienda vuole determinare dove vende,
quanto vende e, soprattutto, se la quantit di merce venduta pu essere
aumentata. In questo ultimo caso necessario sapere se laumento delle
vendite pu avvenire a detrimento della concorrenza o per effetto dellal-
largamento del mercato.
Occorre distinguere:
il mercato effettivo, che corrisponde alla quantit totale di prodotto
attualmente venduto, sia dallazienda che dalla concorrenza;
il mercato probabile, che corrisponde a quella parte di mercato che
ha mostrato interessamento al prodotto o che ne ha gi fatto acqui-
sti;
il mercato potenziale, che dato dalla ulteriore quantit di prodotto
che potrebbe essere venduta, se tutti coloro che sentono il bisogno
che il prodotto pu soddisfare, soddisfacessero il bisogno stesso.
chiaro che conoscendo la consistenza dei tre tipi di mercato, possi-
bile programmare efcacemente le azioni di vendita, di promozione, di
pubblicit.
Nello studio del mercato in generale lazienda deve:
effettuare previsioni generali sullandamento economico, riferite al
mercato nazionale e, eventualmente, internazionale, alle singole zone
di esso, alle varie categorie di clienti che le interessano ecc.;
effettuare una analisi della situazione attuale e previsioni sulla situa-
zione futura circa lampiezza del mercato, con riferimento ai propri
prodotti.
Circa la posizione dellazienda e della concorrenza, si effettuano:
analisi e previsioni delle vendite effettuate dallazienda;
analisi e previsione delle vendite effettuate dalla concorrenza.

66
4. LAMBIENTE ESTERNO

La prima di tali attivit di ricerca viene fatta sulla base dei dati reperi-
bili in azienda e successivamente elaborati al ne di pervenire alla pre-
parazione di un quadro analitico (zona per zona e per singole categorie
di clienti) delle:
vendite attuali rapportate a mercato potenziale attuale;
vendite attuali rapportate a mercato potenziale futuro (per esempio
per lanno prossimo);
vendite attuali rapportate al mercato reale attuale;
vendite attuali rapportate a mercato reale previsto per lanno succes-
sivo.
La seconda attivit di ricerca riguarda la concorrenza e consiste nella
raccolta dei dati relativi alla situazione attuale delle vendite effettuate
dalla concorrenza e nella previsione del loro sviluppo.
I dati sono ottenibili attraverso ricerche tramite interviste, panels, indici
Nielsen, o su materiale documetaristico (giornali, riviste, libri). Nella -
gura 4.4 sono riportate le attivit di ricerca di marketing concernenti il
mercato.

Tipi di ricerca Attivit di raccolta dati e informazioni


Mercato in generale
1. Previsioni generali sullandamento economico Fonti cui attingere:
libri, giornali, riviste;
relazioni di venditori e agenti
dati forniti dal servizio amministrativo;
indagini particolari, sondaggi, panels, indici
Nielsen
2. Analisi e previsioni circa lampiezza del
mercato dei prodotti interessati

Posizione dellazienda e della concorrenza


3. Analisi e previsioni delle vendite effettuate Dati forniti da:
dallazienda per singole zone e categorie di centro meccanograco e servizio amministra-
clienti o, rispetto al mercato attuale, poten- tivo;
ziale e probabile; previsioni per il futuro analisi dei rapporti venditori;
materiale documentaristico;
4. Analisi e previsioni delle vendite effettuate sondaggi effettuati con metodo campionario
dalla concorrenza rapporti provenienti dalle varie zone di
vendita;
ricerche particolari, panel, indici Nielsen

Figura 4.4

67
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

4.2.2 Lacquirente e/o il consumatore


In un mercato concorrenziale occorre studiare e comprendere le moti-
vazioni, le esigenze, i bisogni sia che si tratti di vendita di prodotti in-
dustriali, sia di largo consumo, sia di servizi.
I temi da approfondire sono:
a) analisi dei bisogni che il prodotto/servizio deve soddisfare in sede di
acquisto e in sede di impiego;
b) analisi delle motivazioni di acquisto;
c) analisi del consumatore e dellacquirente (classicazione tipologica);
d) studio delle esigenze del consumatore e degli eventuali motivi di in-
soddisfazione.
Vediamo brevemente quale pu essere lo sviluppo dei temi:
a) Analisi dei bisogni da soddisfare Le indagini relative allimpiego
del prodotto possono essere svolte mediante inchieste presso gli ac-
quirenti, i rivenditori, i consumatori, con i normali metodi di indagine
campionaria.
I dati raccolti consentiranno di formulare politiche di vendita e pro-
grammi promozionali e pubblicitari aderenti alle necessit rese evi-
denti dalla indagine.
b) Analisi delle motivazioni di acquisto Le ricerche motivazionali
sono tecniche di indagine per conoscere il perch di un certo com-
portamento dei consumatori (molto spesso di un certo tipo determi-
nato, cio classe sociale, sesso, categoria di reddito, zona ecc.).
Occorre rilevare quali sono gli elementi di tipo psicologico da pren-
dere in considerazione, che giocano un ruolo determinante nella de-
cisione dacquisto. Inoltre, necessario mantenere aggiornate le in-
formazioni acquisite, giacch le motivazioni mutano nel tempo e
nello spazio.
In base ai risultati delle ricerche sui bisogni e sulle motivazioni si
potranno prendere decisioni di grande importanza, relative alla poli-
tica di prezzo e di credito alla clientela, alle confezioni e agli acces-
sori dei prodotti, alle campagne promozionali e pubblicitarie e ai re-
lativi media da utilizzare, alladdestramento dei venditori.
c) Analisi delle caratteristiche del consumatore e dellacquirente Sot-
to questo aspetto sono molto diverse le problematiche che si presen-
tano alla azienda che vende prodotti impiegati nellindustria rispetto
a quella che vende prodotti di largo consumo (durevoli e non) o ser-
vizi individuali.

68
4. LAMBIENTE ESTERNO

Nel primo caso si tratta di denire le categorie di clienti e di deter-


minare i bisogni e le caratteristiche; lavoro relativamente agevole a
differenza del notevole impegno necessario allorch si tratta di de-
nire la tipologia dei consumatori dei prodotti di largo consumo e
degli utenti dei servizi.
Nel secondo caso bisogner ricorrere a indagini campionarie tenden-
ti a stabilire:
il grado di istruzione;
la classe sociale;
il reddito;
let;
il sesso;
degli acquirenti e consumatori.
La migliore conoscenza del consumatore e dellacquirente, strettamen-
te collegata allo studio del mercato, si accennato in precedenza, e
allo studio del prodotto, cui si accenner in seguito, consentir di
impostare, su basi realistiche, le previsioni circa lentit e la dinamica
potenziale del prodotto o servizio considerato; per esempio, se si ri-
scontrer che esso destinato solo a una lite di persone rafnate,
sar illusorio pensare a un possibile ampliamento del mercato oltre
certi limiti. Ci si orienter, invece, verso una politica di prezzo eleva-
to e una presentazione del prodotto di alto livello: laumento del
protto sar da ricercarsi pi nella politica di prezzo e di qualit che
nellespansione delle vendite.
d) Studio delle esigenze del consumatore e ricerca di eventuali motivi
di insoddisfazione Una volta denite le categorie tipiche di consu-
matori, si tratter di studiarne le esigenze sotto diversi aspetti, in
modo da realizzare non soltanto prodotti funzionali rispetto alle esi-
genze stesse, ma anche politiche di vendita, di distribuzione, di prez-
zo e di credito che aumentino presso il consumatore attuale la pro-
pensione verso lazienda a preferenza di altre, ovvero che faccia av-
vicinare a essa nuove categorie di consumatori, sin qui rimasti allo
stato potenziale.
Apposite indagini, dirette o anche tramite il personale di vendita, do-
vrebbero rilevare notizie circa lutilizzazione del prodotto in modo
corretto, o meno; circa la facilit di seguire le istruzioni per luso, le
eventuali difcolt per linstallazione e la messa in funzione del prodot-
to; la sua reperibilit; lopportunit di acquistarlo a credito o a rate ecc.

69
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

ancora opportuno aggiungere che, nel caso di immissione sul mercato


di prodotti nuovi o notevolmente modicati, sar necessario, attraverso
speciali inchieste, test, ricerche motivazionali, denire le caratteristiche
che il consumatore richieder ai prodotti stessi.
Non pare necessario elaborare, come fatto al par. 4.2.1 relativo alle ri-
cerche concernenti il mercato, una gura analoga alla gura 4.4; i tipi di
ricerca da effettuare concernenti lacquirente e/o il consumatore, infatti,
sono stati elencati in modo esaustivo e le relative attivit di raccolta dati
e informazioni non variano sensibilmente da quelle citate a proposito del
mercato.

4.2.3 Il prodotto
Le ricerche di marketing relative al prodotto hanno per oggetto:
a) gli impieghi attuali e nuovi dei prodotti e servizi;
b) lanalisi delle caratteristiche del prodotto attualmente venduto dallazien-
da e dalla concorrenza;
c) la valutazione dei nuovi prodotti (attuali o previsti futuri) succedanei
di quello considerato;
d) lo studio della dinamica dei bisogni (o degli impieghi) e del portafoglio
prodotti.
Gli obiettivi da perseguire, da parte dellazienda, sono di tendere a man-
tenere efciente il proprio portafoglio prodotti (useremo qui la dizione
prodotto per intendere tanto un prodotto o un servizio specico, quan-
to linsieme dei prodotti e servizi offerti); di perfezionare i prodotti at-
tualmente immessi in commercio; di individuare nuovi possibili impieghi
dei prodotti attuali, di controllare la produzione effettuata dalla concor-
renza, di studiare la dinamica dei bisogni e delle caratteristiche del
prodotto.
a) Impieghi attuali e nuovi del prodotto
Lo studio degli impieghi attuali del prodotto volto a migliorarne la
qualit, gli accessori, la confezione ecc.
La ricerca dei dati e delle informazioni necessari si svolger:
presso il personale interno e presso il pubblico dei consumatori, per
individuare impieghi talvolta impensati, eventualmente da pubbliciz-
zare per aprire nuove possibilit di mercato;
presso istituzioni universitarie e scientiche per favorire studi ad hoc
sugli impieghi del prodotto;

70
4. LAMBIENTE ESTERNO

attraverso un sistema di rapporti tra venditori e azienda, che incenti-


vi la raccolta, ove possibile, di informazioni concernenti il prodotto;
con leffettuazione di apposite inchieste campionarie presso acquiren-
ti e consumatori del prodotto;
con la raccolta sistematica di notizie interessanti al riguardo da ma-
teriale documentaristico che offre sovente una notevole massa di
informazioni.
b) Analisi delle caratteristiche del prodotto attualmente venduto
dallazienda e dalla concorrenza
La nalit denire i possibili miglioramenti da apportare in tutti i suoi
aspetti; oltre al contatto con venditori, grossisti e dettaglianti, e la rac-
colta del materiale documetaristico relativo (giornali, riviste, libri, opu-
scoli pubblicati dalla concorrenza ecc.) sono indispensabili riunioni di
studio con la partecipazione di personale commerciale, di produzione,
dellufcio progettazione.
c) Valutazione dei nuovi prodotti, succedanei a quello considerato
Occorre valutare in termini di mercato le caratteristiche che sono state
denite per un nuovo prodotto. Esso pu essere un prototipo creato
internamente, oppure una novit da importare o da diffondere su un
certo mercato, oppure semplicemente un vecchio prodotto presentato in
modo originale.
Si dovr valutare il prodotto rispetto al mercato, quindi porsi le doman-
de su quale mercato potr avere successo, quali saranno le politiche di
prezzo opportune, quale il tipo di pubblicit, quale il livello di qualit da
realizzare, quale la presentazione allatto della vendita, quanto tempo
occorrer per imporne limpiego.
Le fonti delle informazioni necessarie saranno, al solito, lorganizzazione
di vendita, analisi di mercato, esperienze su mercati di prova ecc.
d) Studio della dinamica dei bisogni che i prodotti attuali soddisfano
e valutazione del portafoglio prodotti
In questa sede si raccolgono dati e informazioni, si valutano le possibi-
lit di variazione dei bisogni oggettivi cui i prodotti soddisfano e si va-
luta, correlativamente, se lazienda ha in fase di studio, o, addirittura gi
pronti, i prodotti che meglio si adatteranno a soddisfare i nuovi bisogni
dei consumatori.

71
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Le fonti di informazione saranno molteplici:


comunicazioni dallinterno dellorganizzazione di vendita;
informazioni raccolte da fonti documentali (pubblicazioni tecnico-
scientiche, opuscoli della concorrenza, studi sociologici ecc.);
ricerche apposite effettuate presso i consumatori o gli utenti.
In unepoca di rapida evoluzione tecnico-scientica e sociale, lazienda
non pu rimanere passiva nei confronti del prodotto, giacch vengono
continuamente creati prodotti nuovi che sostituiscono quelli tradizionali,
nei pi diversi campi.
Oltre ai ben noti settori della chimica e dellelettronica, il fenomeno si
estende, per esempio, alleditoria, alle applicazioni dei laminati plastici,
allimpiego di nuove apparecchiature nellindustria della radio, ai servizi
turistici innovativi per fare fronte ai nuovi gusti e alle accresciute dispo-
nibilit economiche del pubblico.

4.2.4 I canali di distribuzione e le politiche di vendita


A) I canali di distribuzione Sotto tale voce si comprende la catena
di trasferimenti di propriet del prodotto, che inizia dal produttore e
termina al consumatore nale.
Un prodotto pu effettuare questi passaggi:
1) dal produttore al consumatore;
2) dal produttore al dettagliante al consumatore;
3) dal produttore al grossista al dettagliante al consumatore;
4) dal produttore a una agenzia di zona al grossista al dettagliante
al consumatore;
5) dal produttore a una liale di vendita decentrata al dettagliante
al consumatore.
Il consumatore pu poi essere raggiunto direttamente dal produttore:
a) mediante propaganda diretta (per posta);
b) da venditori che vendono porta a porta;
c) attraverso negozi di vendita gestiti direttamente dal produttore;
d) per mezzo di distributori automatici;
e) tramite Internet.
I fattori che inuenzano la scelta dei canali di distribuzione sono:
il valore unitario dei prodotti;
la quantit media acquistata in ogni transazione;
la concentrazione degli acquirenti;
la stagionalit delle vendite;

72
4. LAMBIENTE ESTERNO

il numero di consumatori;
la localizzazione degli acquirenti;
le abitudini e le motivazioni dacquisto;
la quantit e la qualit delleventuale assistenza postvendita;
i canali utilizzati dalla concorrenza.
La tendenza imposta dal moderno sviluppo del commercio chiaramen-
te rivolta verso la massima integrazione dellazienda produttrice con i
canali di distribuzione.
In proposito vale la pena di sottolineare limportanza crescente del com-
mercio elettronico.
Con Internet nato un canale parallelo, nel quale il consumatore pu
fare praticamente quanto fa in quelli tradizionali, essenzialmente: infor-
marsi, acquistare e svolgere ogni genere di transazioni con grande co-
modit e velocit.
Internet, e le sue applicazioni, permettono una relazione many to many;
ovvero non solo limpresa a porsi come fonte di informazioni e di
messaggi per la clientela e per lutenza web in generale; ma il cliente
(o il potenziale cliente) stesso che riesce a diventare fonte di informa-
zione primaria per limpresa e per gli altri consumatori.
In prima analisi, quindi, il commercio elettronico pu essere visto e
considerato un nuovo canale di vendita e, pur essendo, per ora, limitato
ad alcuni settori specici, sempre pi far concorrenza al commercio
tradizionale, anche perch costituisce un sistema di ricevimento ed eva-
sione degli ordini che consente notevole riduzione dei costi per le tran-
sazioni commerciali e per la gestione delle scorte di magazzino, nonch
maggiore rapidit di risposta a nuove esigenze dei clienti, che possono
manifestarle sul sito web dellimpresa.
B) Le politiche di vendita Come per i canali di distribuzione, lazienda
deve scegliere fra le politiche di vendita quella che ritiene pi confacen-
te: se vende o no un determinato prodotto, a quale prezzo, in quali quan-
tit, a quali categorie di clienti ecc. Inoltre, le politiche di vendita mutano
con levolversi delle prospettive del prodotto e della sua posizione sul
mercato; per esempio, molte aziende che vendono prodotti industriali di
vario tipo, hanno interesse a fornire un bene di cui hanno lesclusiva, solo
a coloro che ne acquistano anche altri beni, complementari al primo, in
modo che si giunga ad ampliare la vendita del prodotto che si trova in
situazione di mercato concorrenziale, grazie alla presenza del prodotto
che si trova in situazione di mercato pressoch monopolistico.

73
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Come pure, in situazioni di oligopolio, il ribasso del prezzo pu indurre


i concorrenti ad abbassare il loro, e non raggiunge lo scopo di aumen-
tare la quantit venduta, che pu essere invece perseguito con una po-
litica di pubblicit e servizi aggiuntivi al ne di conquistare nuove zone
di mercato, a prezzo stabile.
Cos in situazioni di mercato saturo e di concorrenza accanita, la lotta
per la conquista del mercato pu spostarsi verso forme di nanziamento
al consumo, come la concessione di credito, la rateazione di pagamento,
lazzeramento degli interessi da addebitare al cliente.
La raccolta e la schedatura di materiale documentario, le ricerche e
adeguate comunicazioni da parte della organizzazione commerciale, con-
sentono di studiare le politiche di vendita effettuate in passato, di va-
gliarne lefcacia, di studiare nuove soluzioni possibili, di controllare il
comportamento di aziende similari e della concorrenza.

4.3 Lanalisi dellambiente circostante


una analisi meno facile e immediata, anche perch i fattori dellam-
biente circostante che possono inuenzare landamento dellazienda
mutano in continuazione. possibile prevedere le macro-tendenze e
studiare come fare fronte a eventi imprevedibili; soprattutto cercare di
individuare quelli che avrebbero conseguenze pi gravi. Esaminiamo in
breve i fattori pi importanti.

4.3.1 Gli andamenti demograci


Composizione, et media, tassi di natalit e di mortalit della popolazio-
ne sono tuttaltro che stabili nei diversi Paesi, soprattutto in presenza di
eventi di tipo politico (guerre, rivoluzioni), di tipo naturale (siccit, inon-
dazioni, catastro), di tipo economico (sviluppo industriale, reddito pro-
capite). Ci inuisce, evidentemente, sui consumi e sui modelli di acqui-
sto, quindi pu ripercuotersi in maggiore o minore misura sulla possibi-
lit di assorbimento dei prodotti dellazienda.

4.3.2 Landamento economico


Disponibilit e prezzi delle materie prime, costi della manodopera, sviluppo
dei servizi, modicano la struttura delle attivit nei diversi Paesi: ne deriva
che pu cambiare la convenienza o anche, al limite, la possibilit di pro-
durre in sedi distaccate, o di trovare partner disposti alla collaborazione.

74
4. LAMBIENTE ESTERNO

4.3.3 Gli indirizzi politici


Gli interventi governativi possono favorire o penalizzare landamento
delle imprese, quindi anche di quella di cui ci stiamo occupando. Latti-
vit politica locale, unitamente alla gestione delleconomia, alle norme,
regole e restrizioni di tipo legislativo-burocratico vanno tenute sotto
stretta attenzione, per trarne, se possibile, vantaggi per lazienda.
Sono di molti tipi i comportamenti e le decisioni del governo che pos-
sono avere effetti positivi o negativi sullattivit economica, e inuenza-
re, quindi, le previsioni aziendali di sviluppo o di recessione; baster
citare alcuni settori:
scale;
spesa pubblica;
sovvenzioni alle aziende;
politica monetaria;
disposizioni antitrust;
privatizzazioni;
legislazione del lavoro.
Tra gli aspetti afferenti alla politica, anche se impropriamente, sono poi
da ricordare:
lesistenza di gruppi di pressione (per esempio, nel campo dellecolo-
gia, della sicurezza) che possono inuenzare disposizioni relative
allattivit dellazienda;
la globalizzazione, che ha prodotto e continua a produrre la caduta
di ostacoli agli scambi e alle comunicazioni internazionali, ai movi-
menti di capitali, agli spostamenti di manodopera, pu certamente
avere inuenza sul futuro dellazienda: per esempio, essa si potreb-
be trovare improvvisamente in presenza di un nuovo concorrente
estero.

4.3.4 Lo sviluppo delle tecnologie


Segnatamente nel settore della comunicazione, ma anche in quello dellin-
formatica, della biologia, le tecnologie stanno sviluppandosi con eccezio-
nale rapidit, tanto da rendere improvvisamente obsoleti installazioni e
impianti. fondamentale rendersi conto del rischio di rimanere indietro
e, daltra parte, dellimpegno necessario per non perdere eventuali posi-
zioni acquisite sul mercato, o addirittura di guadagnarne, anticipando la
concorrenza.

75
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

4.3.5 I rapporti con fornitori, canali distributivi, intermediari


necessario riettere su quanto questi soggetti abbiano importanza per
lazienda e quindi cercare di prevederne i comportamenti a venire. Le
buone relazioni facilitano la conoscenza anche dei loro programmi, che
possono avere, in diverso modo, ripercussioni favorevoli o sfavorevoli
anche assai pesanti. Inoltre, possibile studiare quali vantaggi lazienda
potrebbe trarre da relazioni pi strette con questi partner acquisiti o da
ricercare; per esempio, ne possono derivare accordi di terzismo (afda-
mento di attivit allesterno) conoscendo a fondo le loro competenze,
qualicazioni, rapporti, possibilit nanziarie ecc. assai utile, per tale
ricerca, fare ricorso alla scala dei valori di cui si parlato al paragrafo
3.3.
Inne, sempre ai ni di migliorare conoscenze e competenze, opportu-
no intrattenere rapporti sistematici e cercare occasioni di collaborazione
con intermediari e consulenti, come le banche e gli istituti nanziari, con
gli istituti di ricerca, le agenzie di pubblicit, gli esperti di marketing, di
amministrazione, di nanza, giurisprudenza, relazioni sociali.

4.4 Mutamenti economici


Allinizio del paragrafo 4.3 si detto che le difcolt dellanalisi dellam-
biente circostante dipendono anche dal fatto che i fattori che lo deter-
minano e che possono inuenzare landamento dellazienda mutano in
continuazione. Si sono quindi presi in rapido esame i fattori pi impor-
tanti.
necessario, per, rendersi conto che una analisi corretta deve spazia-
re su un orizzonte il pi ampio possibile. Lo stratega deve essere atten-
to anche ai mutamenti economici di vasta portata, che sullonda di ampie
linee di tendenza sono ormai i protagonisti della scena del business de-
gli anni Duemila.
Accenneremo, quindi, a quattro linee di tendenza basilari in campo eco-
nomico, che rispecchiano tutte, entro certi limiti, sensibili cambiamenti
rispetto agli ultimi decenni e sono destinate ad avere importanti riessi
sulle strategie di business dei decenni a venire:
a) Basso tasso di crescita persistente
b) Maturit del mercato e stallo strategico
c) Distribuzione disomogenea delle risorse
d) Crescente complessit della scena internazionale

76
4. LAMBIENTE ESTERNO

Occorre preoccuparsi di comprendere il retroterra di ciascuno dei quat-


tro fattori elencati, le implicazioni da essi possono avere per la gestione
delle aziende, riettendo su come tenerne conto nella formulazione del-
la strategia. chiaro che le problematiche che ne emergono possono
interessare in varia misura soprattutto le aziende gi operanti, ma, evi-
dentemente, anche per una azienda nuova vitale cercare di capire in
quale mondo sta per iniziare il suo cammino.
Esaminiamo quindi ciascuno dei quattro fattori.

4.4.1 Basso tasso di crescita persistente


Forse stiamo uscendo da una fase di rallentamento della crescita, ma
tuttaltro che sicuro che essa non si riproduca anche in tempi non lon-
tani. Leffetto pi preoccupante di tale linea di tendenza forse la dra-
stica contrazione del margine di errore di giudizio che il management
pu permettersi, labbassamento della soglia al di l della quale una de-
cisione sbagliata non pu pi essere recuperata.
Nei periodi di espansione economica ovviamente importante investire,
anche se non sempre facile stabilire in che misura opportuno farlo.
Ma anche quando gli investimenti risultano eccessivi, non costituiscono
un problema perch leccedenza pu essere assorbita nel giro di uno o
due anni dalla nascita del mercato.
Ma nei periodi di recessione, le dolorose conseguenze di errori strategi-
ci vengono amplicate. Dun tratto, il mercato non perdona pi gli erro-
ri di giudizio.

4.4.2 Maturit del mercato e stallo strategico


Un principio basilare della strategia di marketing quello secondo cui,
in una situazione di mercato in espansione, una societ dovrebbe cerca-
re di incrementare la sua quota anticipando con gli investimenti la cre-
scita del mercato per aumentare il proprio volume daffari pi rapida-
mente del ritorno di crescita del mercato.
Ma quando la crescita rallenta o si ferma, in altre parole, quando un
mercato giunge a maturit, le quote tendono a stabilizzarsi e la concor-
renza giunge a una situazione di stallo. Anche le aspettative e le idee dei
clienti riguardo a particolari prodotti niscono per cristallizzarsi e diven-
ta assai difcile stimolare la domanda.
In una situazione del genere qualsiasi cambiamento risulta, di fatto,
complesso e costoso. Lesperienza ha dimostrato che ricorrere, in tal

77
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

caso, a riduzione di prezzi, a un potenziamento della pubblicit e alla


realizzazione di nuovi prodotti pu mettere in pericolo la redditivit.
Occorre allora un cambiamento di rotta radicale, vale a dire puntare alla
diversicazione, oppure a sviluppare i mercati esteri.
Un suggerimento che si pu desumere dallesperienza quello di sfor-
zarsi di imparare la tecnica che permette di uscire dalle situazioni di
stallo: ad esempio fare un elenco esauriente dei concetti dati per scon-
tati nel proprio segmento di mercato. Si cercher poi di concepire dei
modi per rovesciarli: uno dei pi semplici consiste nel chiedersi perch
una certa cosa si debba fare proprio in quel modo, e nel continuare a
chiedere perch a ogni risposta. Due esempi signicativi e assai diffe-
renti possono chiarire meglio il concetto.
Lampadine elettriche
Da molto tempo non si assiste a cambiamenti nella forma o nella sor-
gente luminosa. Perch le lampadine si debbono avvitare nel portalam-
pade? Perch non si pu studiarne un tipo che si possa spingere in
posizione con una pressione delle dita, come una cassetta di nastro ma-
gnetico? Perch la luce deve provenire da un unico punto? Perch una
lampadina deve essere cos calda, tanto da non poter essere toccata
quando si brucia e deve essere sostituita?
Carrelli elevatori
Il disegno tradizionale basato sui due denti della forcella che salgono
e scendono resta invariato. Eppure comporta una serie di inconvenienti.
Perch mai loperatore deve avere la visuale ostruita dal carico? La ri-
sposta che questo apparecchio fatto per caricare. Ma perch il cari-
co deve essere proprio in quella posizione?
Non facile uscire dalle strettoie caratteristiche di un mercato maturo.
Ma proprio riconsiderando i punti basilari e rimettendo in discussione
le ipotesi date per scontate che talvolta nasce lidea chiave che permet-
te di realizzare una svolta decisiva.

4.4.3 Distribuzione disomogenea delle risorse


Le risorse oggi pi critiche sono: i materiali e la tecnologia, la cui distri-
buzione a livello mondiale estremamente disomogenea.
Per i primi, la redistribuzione pi equa pu essere unimpresa dai costi
proibitivi, oltre ad essere molto difcile per motivi di ordine politico. Si

78
4. LAMBIENTE ESTERNO

pensi al petrolio, al gas naturale, ai metalli pi o meno preziosi, ai rot-


tami di ferro, ai settori pi toccati da tale problematica, quali le costru-
zioni, la siderurgia, la cantieristica.
Non ci dilungheremo su tale argomento perch troppo legato ad anda-
menti politici e macroeconomici, che trascendono i limiti della presente
trattazione. Invece la disarmonica distribuzione dellaltra risorsa critica,
che la tecnologia, pu essere vista da due angolazioni. Da un lato c
la situazione in cui la scelta tecnologica viene data per scontata e le
decisioni di natura tecnologica sono viste come elementi derivanti da
concetti opposti: ad esempio tecnologia di base contro tecnologia appli-
cata, sviluppo del prodotto contro tecnologia del prodotto, o sistemi di
gestione contro macchine e hardware.
Si tratta, allora, di stabilire se sia stato raggiunto il giusto equilibrio fra
questi opposti e se limportanza relativa data ad ognuno di essi sia cor-
retta.
Il modo migliore per porre rimedio a questo tipo di squilibrio di indi-
viduare, nel termine pi breve, le strettoie tecnologiche che impediscono
la crescita e la remunerativit dellazienda.
Partendo da un secondo approccio, gli squilibri tecnologici possono es-
sere esaminati non gi dal punto di vista del peso relativo dato a questa
o a quella tecnologia, ma dal punto di vista della tecnologia di privilegia-
re per favorire la crescita o la redditivit dellazienda nel suo complesso.
Le condizioni e le difcolt odierne richiedono che si effettuino scelte
di priorit e unaccorta redistribuzione delle risorse di gestione.

4.4.4 Crescente complessit della scena internazionale


Da qualche tempo si stanno vericando cambiamenti radicali che non si
possono pi spiegare in termini di rivalit tra Est e Ovest, di rapporti
Nord-Sud o di altri concetti lineari di questo tipo. Una delle conseguen-
ze di tali mutamenti che sta diventando estremamente difcile dispor-
re di informazioni esatte e afdabili su cui basare decisioni strategiche
di lungo respiro.
La losoa sottesa al modo di vedere il mondo da parte degli economi-
sti, no a una decina di anni fa, era che i conni nazionali degli
Stati Uniti, della Gran Bretagna, del Giappone ecc. erano cosa supe-
rata e che per avere successo e accumulare protti, lunico modo era
per lazienda di avere come interlocutore negli affari il mondo intero,
come se fosse un tutto unico.

79
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Oggi invece chiaro che il mondo non pu essere visto in questo modo
lineare, come se fosse unentit omogenea. Ogni Paese ha il suo sistema
tributario, il suo ordinamento giuridico, il suo patrimonio ideologico.
Il mondo degli anni Duemila frammentato, e il buon senso ci dice che
non possibile considerarlo come ununica entit per la quale una so-
ciet possa ragionevolmente formulare una strategia globale. Di fatto,
senza un attento studio di ognuna delle oltre centocinquanta nazioni
indipendenti, che compongono il mondo attuale, ben difcile attuare
una efcace penetrazione nei mercati esteri giusti.

4.5 Dalle analisi ai presupposti del successo


Come si detto ed esaminato abbastanza in dettaglio nel corso del
paragrafo 4.2, una delle componenti pi importanti del piano da ela-
borare la messa a punto di un approccio al mercato che ne renda
possibile il successo. Il mercato formato da clienti attuali e poten-
ziali: necessario, anzitutto, individuarne i bisogni e stimolarne lat-
teggiamento favorevole verso lazienda, ma prima di tutto dimensio-
narlo, avere cio ben chiaro a quanta parte di esso ci si vuole rivol-
gere, e a quali soggetti. Secondo il settore nel quale lazienda opera,
e le sue dimensioni, varier la prospettiva che da un mercato poten-
ziale, comprendente tutti i possibili acquisitori, far intravedere le
caratteristiche del mercato disponibile, quello cio che si ritiene in-
uenzabile e che possiede capacit e potere dacquisto, per arrivare a
individuare il mercato raggiungibile costituito dalla porzione di mer-
cato disponibile che lazienda ritiene alla sua portata, per limiti geo-
graci, per tipologia di consumatori, per categorie di possibili clienti.
Salvo casi di netta specializzazione dei prodotti dellazienda (forniture
militari, attrezzature sanitarie, macchinari e impianti di alta tecnologia
ecc.) e quando si producono beni di consumo, comunque destinati a
un gran numero di acquirenti, evidente la difcolt di individuare un
proprio mercato.
Il modo corretto per superare tale impasse consiste nel ricorrere alle
metodologie della segmentazione e del posizionamento.

4.5.1 La segmentazione del mercato


la suddivisione dei clienti potenziali in gruppi il pi possibile omoge-
nei. Essa pu essere fatta in vari modi e con diverso grado di appro-

80
4. LAMBIENTE ESTERNO

fondimento; limportante che i diversi segmenti (i gruppi omogenei)


siano consistenti, misurabili, accessibili e di dimensioni ragionevolmen-
te confrontabili con la potenzialit dellazienda di affrontarli.
Esaminando il prolo dei clienti attuali ci si pu gi fare unidea di
quali siano i segmenti di cui fanno parte; si dovr decidere, in base
alle possibilit, se concentrarsi sui segmenti gi toccati per intensi-
care la penetrazione in essi, o se diversicare azioni commerciali e
prodotti per introdursi in altri segmenti. Nella gura 4.5 sono riporta-
ti alcuni esempi di segmentazione del mercato, in funzione di variabi-
li che contraddistinguono i possibili clienti, siano essi consumatori o
aziende.

Variabili relative Potenziali clienti


Ai potenziali clienti Consumatori Aziende
Tipo di attivit Professione Settore di appartenenza
Importanza dimensionale Caratteristiche della famiglia Numero dipendenti, fatturato ecc.
Localizzazione Comuni, campagna, citt, Regione, nazione
hinterland
Livello economico/patrimoniale Dipendente, pensionato, ma- Utili, investimenti
nager, imprenditore
Attitudini di acquisto Impulsivo, programmato Centralizzato, decentralizzato
Fedelt Acquirente sistematico Ordinazioni ripetute
Fattori privilegiati Qualit, prezzo Sicurezza, puntualit, durata

Figura 4.5 - Esempio di segmentazione di mercato

Una volta eseguita la segmentazione del mercato accessibile allazienda,


occorre stimare la dimensione dei diversi segmenti, cio della possibile
domanda da ciascuno di essi in tempi e condizioni deniti, tenendo con-
to che essa comunque inuenzabile dallazienda interessata e dai suoi
concorrenti.
Evidentemente, lipotesi della domanda eventuale dipende dalla situazio-
ne attuale degli acquisti da parte dei componenti il (o i) segmento pre-
scelto, dalle azioni promozionali che si ritiene di mettere in atto, dal
grado di analisi cui si giunti nelloperazione di segmentazione.
Si potr cos arrivare a una valutazione credibile della domanda globale,
per passare quindi allesame delle note, o presunte, o possibili attivit
della concorrenza: in funzione di esse si trarranno deduzioni sul possi-
bile posizionamento dellazienda nei loro confronti.

81
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

4.5.2 Il posizionamento nei confronti dei concorrenti


I problemi da risolvere per mettersi in grado di valutare limportanza
della concorrenza, quindi le sue conseguenze nei riguardi dellazienda,
sono di tre tipi:
1) effettuare una signicativa classicazione dei concorrenti;
2) cercare di ottenere informazioni attendibili e aggiornate sul loro com-
portamento;
3) valutare i presumibili vantaggi concorrenziali nei loro confronti.
La classicazione dei concorrenti pu essere eseguita raggruppandoli in
categorie abbastanza omogenee: uno schema utile per individuare tali
categorie quello riportato nella gura 4.6.

1. Dimensioni
2. Tipologia di vendita
3. Segmenti di mercato nei quali agiscono
4. Orientamento al prodotto o al mercato
5. Fabbricanti o rivenditori
6. Strategie di prezzo (alto, basso)
7. Maggiore o minore diversicazione produttiva
8. Tecnologie pi o meno rafnate
9. Prodotti di marca o generici
10. Orientamento alla qualit e suoi livelli

Figura 4.6 - Schema per la classicazione dei concorrenti

Le informazioni necessarie, oltre alla conoscenza diretta, possono


essere desunte direttamente dal mercato, da pubblicazioni specialisti-
che, dai dati resi noti periodicamente dai concorrenti stessi (fatturato,
bilanci, investimenti ecc.). importante, oltre alla verica del grado
di aggiornamento di tali informazioni, cercare di prevederne levolu-
zione, in relazione alle tendenze di mercato e agli sviluppi delle tec-
nologie.
Sulla problematica della ricerca di informazioni, anche a questo riguardo,
riteniamo sufciente quanto esposto nel paragrafo 4.2, e sottoparagra
successivi.
Particolare attenzione va posta, poi, alle possibilit di apparizione di
nuovi concorrenti, che possono:
provenire da altri Paesi
trasferirsi da altri settori di mercato;

82
4. LAMBIENTE ESTERNO

o sorgere a seguito di scissioni o raggruppamenti di aziende gi ope-


ranti;
essere del tutto nuovi e pi o meno minacciosi.
I vantaggi concorrenziali possono essere desunti, come conseguenza,
confrontando lanalisi che stata effettuata dellazienda (capitolo 3) con
quella suggerita nel presente capitolo circa il mercato e i concorrenti. Il
vantaggio concorrenziale non pu che avere valore relativo: si riferir,
presumibilmente, a settori e aspetti nei quali si ritiene che esso esista,
e occorrer anche valutarne la permanenza, in relazione alle situazioni
sempre mutevoli.
La scala dei valori, pi volte citata, pu aiutare a questo proposito: se si
in grado di confrontare la propria con quella di un concorrente, per
esempio, relative a un medesimo prodotto, possibile individuare in
quali fasi di attivit, per produrlo e venderlo, si vincenti o soccomben-
ti, e trarne indicazioni per eventuali interventi.
Le fonti del vantaggio concorrenziale possono essere molteplici, e abba-
stanza facilmente immaginabili, se si possiede una conoscenza approfon-
dita (quindi le informazioni analitiche di cui si detto) sia di se stessi,
sia dei concorrenti. A titolo di guida, riportiamo nella gura 4.7 alcune
possibili fonti che generalmente si riscontrano.

1. Elevate capacit di ricerca e sviluppo


2. Possesso di brevetti, marchi, conoscenze tecnologiche avanzate
3. Diritti esclusivi di vendita o distribuzione
4. Disponibilit di impianti e attrezzature particolarmente efcienti
5. Accesso a fornitori di particolare convenienza
6. Qualit molto apprezzata
7. Costi contenuti
8. Qualicazione elevata su mercati specialistici
9. Servizio ai clienti particolarmente apprezzato
10. Grandi possibilit nanziarie
11. Esistenza di barriere allentrata sul mercato dellazienda
12. Stile di gestione dinamico e orientato allinnovazione.

Figura 4.7 - Possibili fonti di vantaggi concorrenziali

83
5.
Gli indirizzi strategici

Senza addentrarci in un discorso teorico che sarebbe fuori luogo in una


trattazione a carattere eminentemente operativo e che si propone come
strumento di attuazione pratica, pensiamo sia utile denire che cosa si
debba intendere per strategia, riferita alla gestione delle imprese. Inter-
pretando le opinioni degli esperti, la strategia la denizione di azioni
orientate ad assicurare un vantaggio competitivo e congruente con le
nalit dellazienda (Mc Kinsey), o anche la denizione delle direttrici
di sviluppo dellattivit aziendale sulla quale concentrare le forze e le
risorse disponibili (Roland Berger).
Si tratta, come si vede, di denizioni abbastanza astratte; per scendere
pi a contatto con la realt, possiamo considerare, pi semplicisticamen-
te, la strategia come una sorta di guida stradale che aiuta a stabilire
dove si vuole andare, e come ci si pu arrivare, senza per indicare le
azioni da svolgere e come fronteggiare i problemi che occorrer risolve-
re durante il percorso. Questo secondo aspetto far parte del piano ope-
rativo, indispensabile per attuare la strategia e raggiungere gli obiettivi.
Prima di scendere in dettaglio, tuttavia, importante ricordare cosa si
intende per strategia di business.
Il perno della strategia di business ci che la distingue dagli altri tipi
di pianicazione il vantaggio competitivo. Senza la concorrenza non
ci sarebbe bisogno di alcuna strategia, essendo lunico scopo della pia-
nicazione strategica quello di permettere a una societ di conquistarsi,
nel modo pi efcace possibile, un vantaggio durevole nei confronti
della concorrenza.
ovvio che unimpresa pu migliorare il proprio stato di salute in asso-
luto, senza riferimento ad altre imprese. Ad esempio, pu cercare di ri-
durre i costi dei suoi prodotti ricorrendo allanalisi di progetto o pu
cercare di migliorare il suo usso di cassa accorciando i termini di pa-
gamento dei clienti. A vantaggio della chiarezza, per opportuno riser-
vare il termine strategia ad azioni tendenti a modicare la posizione
dellimpresa nei confronti della concorrenza. Queste azioni devono esse-
re distinte da quelle tendenti a conseguire miglioramenti operativi quali
una maggiore redditivit, unorganizzazione pi snella, procedure di ge-
stione pi efcienti, una migliore formazione del personale.
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Il motivo principale che induce a fare una distinzione fra i due tipi di in-
tervento che una strategia tesa a raggiungere o mantenere una posizione
di relativa superiorit rispetto alla concorrenza, richiede un diverso modo
di pensare rispetto a quello che si instaura quando lobiettivo realizzare
miglioramenti interni facendo riferimento a un modello assoluto.
Nella realt di mercato non ci vogliono strategie perfette. Quello che
conta non sono i risultati in termini assoluti, ma i risultati conseguiti
rispetto alla concorrenza.
Il compito dello stratega allora quello di riuscire a realizzare lobiettivo
di far guadagnare terreno alla societ, rispetto alla concorrenza, a un
costo accettabile.
Esistono sostanzialmente quattro metodi per realizzare questo obiettivo
(vedi gura 5.1):
1. Lazienda pu modicare la destinazione delle risorse di cui dispone
con lobiettivo di rafforzare determinate capacit e migliorare posizio-
ne concorrenziale e redditivit. Questo metodo consiste nellindividua-
re i fattori chiave di successo (FCS) nel business interessato e iniet-
tare quindi un concentrato di risorse in una particolare area in cui si
intravveda la possibilit di ottenere vantaggi competitivi.
Deniamo questo metodo come strategia basata sui fattori chiave
di successo.
2. Se fra societ che competono allinterno dello stesso business non
esistono vantaggi iniziali per nessuna di esse, ugualmente possibile
conseguire un vantaggio relativo sfruttando eventuali differenze di
condizioni competitive. In questo caso la strategia ha due possibilit:
a) sfruttare la tecnologia, la rete di vendita, la redditivit ecc. di quei
prodotti che non sono in diretta concorrenza con le altre aziende;
b) sfruttare eventuali altre differenze fra la struttura patrimoniale
dellimpresa e quella dei suoi concorrenti.
Chiameremo questo metodo strategia basata sulla superiorit relativa.
3. Se la concorrenza ben posizionata in un settore stagnante a basso
tasso di crescita, difcilmente la sua posizione potr essere intaccata.
Lunica possibilit consiste in una strategia tendente a capovolgere i
fattori chiave di successo sui quali la concorrenza ha costruito il suo
vantaggio competitivo.
necessario, quindi, rimettere in discussione tutti i presupposti scon-
tati che regolano lattivit nellambito del business o del settore in
questione allo scopo di appurare se sia possibile cambiare le regole

86
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

del gioco, capovolgere lo status quo e conquistare in tal modo un


nuovo vantaggio competitivo.
Questo approccio potrebbe essere denito come strategia basata su
iniziative aggressive.
4. Anche nei casi in cui la concorrenza sia molto aspra nellambito di un
settore o business, possibile avere successo facendo largo uso di
innovazioni legate allapproccio al mercato o allo sviluppo di nuovi
prodotti. indispensabile sfruttare il mercato operando energicamen-
te in aree lasciate libere dalla concorrenza.
Il metodo si pu denire come strategia basata sui gradi di libert
strategica.
Business/Prodotto offerto
Vecchio/Esistente Nuovo/Creativo

FCS Iniziative aggressive

Competere
(con precauzione)
Intensicare Chiedersi
la differenziazione il perch
funzionale dei perch

Superiorit relativa Gradi di libert strategica

Evitare
la competizione frontale

Sfruttare le debolezze Massimizzare i beneci


degli avversari per gli utilizzatori

Figura 5.1 - Quattro strategie di base

87
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Lo scopo dei quattro metodi descritti quello di ottenere una situazione


competitiva e mettersi in grado di acquisire un vantaggio e via via man-
tenerlo od incrementarlo.
Limpostazione della strategia e la sua attuazione costituiscono il rea-
le oggetto del piano di cui ci stiamo occupando, che altro non se
non il risultato del processo di pianicazione dellattivit imprendito-
riale che si posto, n dallIntroduzione del presente volume, quale
fondamento della buona gestione delle imprese. Riprendendo ora, in
sintesi, quanto esposto nei capitoli che precedono, dovrebbero essere
chiari ed espliciti, per lazienda, sia pure a titolo di abbozzo provviso-
rio:
lobiettivo di base che si posto;
la visione e la missione che si propone;
le competenze distintive che possiede;
i vantaggi concorrenziali di cui gode;
i suoi punti di forza e di debolezza;
opportunit e minacce che si trova ad affrontare.
Riconsiderando questi punti fondamentali, si pu cominciare a imposta-
re le linee direttrici della strategia da seguire, individuandone ed elen-
cando, anzitutto, i fattori essenziali per il successo, le attivit, cio, che,
negli sviluppi operativi, dovranno assolutamente essere correttamente
gestite.
Per dare un esempio concreto di impostazione di una strategia operativa,
riportiamo in gura 5.2 le indicazioni alle quali si attenuta una societ
specializzata nel nanziamento di attivit di tipo artigianale, per lelabo-
razione del suo piano strategico.
Come si pu vedere, lo schema comprende in sintesi tutti gli aspetti
attinenti al piano, ivi compresi quelli di tipo informativo, di cui si par-
lato nei capitoli che precedono, sia quelli di tipo economico-nanziario,
di cui ai capitoli che seguono.

88
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

Indicazioni per il trattamento dei temi


I Aspetti informativi/valutativi
1. Generalit sulla Societ e sui risultati conseguiti negli esercizi precedenti lelaborazione del
piano strategico.
In sintesi: generalit sulla Societ, settori di attivit e/o linee di servizi, confronto risultati ot-
tenuti per un certo numero di esercizi precedenti: fatturato, utile operativo, utile di bilancio,
rapporto utile operativo/fatturato netto e utile di bilancio/fatturato netto, ROI ecc.
2. Descrizione dellambiente esterno (con particolare riferimento alla situazione economica).
Previsioni a breve e medio termine circa alcuni indici macroeconomici prescelti per rafgurare
lambiente esterno, come: PNL, tasso di inazione, investimenti ssi lordi, costo del lavoro ecc.,
a livello internazionale, nazionale e per i Paesi di preminente interesse per la Societ.
Spiegare le motivazioni di scelta dei vari indici.
3. Descrizione del mercato dei prodotti.
Descrivere i mercati/obiettivo (mercati applicabili) per ogni settore e/o linea di servizi a livel-
lo di:
struttura, dimensione e trend della domanda
concorrenza
livello dei prezzi
sviluppi tecnologici
fonti di approvvigionamento e tendenza dei prezzi sui mercati di acquisto
disponibilit e condizioni di acquisizione di impiegati e quadri
mercato dei capitali a breve e medio termine.
4. Valutazione dellattuale rapporto servizi/segmenti di mercato.
Per ogni settore, individuare la situazione dei principali servizi (o famiglie di servizi) in termini
di: contribuzioni al fatturato totale azienda, margine lordo di contribuzione, quota di mercato,
concorrenza, posizione nel ciclo di vita, cash ow, posizione nel portafoglio servizi.
Valutare, di conseguenza, il rapporto servizi/mercati individuando i punti focali per orga-
nizzare il processo di pianicazione con riferimento a ogni settore.
5. Valutazione delle minacce e delle opportunit dellambiente esterno.
Dallanalisi dellambiente esterno e del mercato, in funzione di una analisi critica dellattuale
rapporto servizi/segmenti di mercato, derivare un quadro sintetico delle forze esterne che in-
uenzano sia in senso positivo che negativo, le possibilit di sopravvivenza e sviluppo della
Societ in un futuro a medio, lungo termine.
6. Inventario delle risorse della Societ.
Valutazione quantitativa e qualitativa a livello di:
management e personale
risorse nanziarie
know-how
installazioni: ufci, locali
distribuzione: rete ufci e servizi
organizzazione e sistema informativo.
7. Valutazione dei punti di forza e debolezza.
Dallinventario delle risorse interne e in funzione delle minacce e opportunit dellambiente
esterno, derivare un quadro sintetico dei P.F. e P.D. della Societ.

89
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

II Aspetti decisionali
8. Finalit generale (missione) della Societ (ed eventualmente di ogni settore).
Attraverso una riessione critica sullorigine e la storia della Societ e sulla possibilit di co-
gliere determinate opportunit di mercato con le risorse disponibili, dedurre dettagliandolo, lo
scopo ottimale aziendale.
9. Obiettivi quantitativi e qualitativi del piano.
Partendo dalla valutazione dellattuale rapporto servizi/segmenti di mercato, nel quadro de-
nito dalla nalit generale aziendale, descrivere il processo di formulazione degli obiettivi
(generali, per linea di servizi, per area territoriale e per ogni esercizio) a livello di:
volume, tasso di espansione, quota di mercato e redditivit (margini di contribuzione,
utile operativo, cash ow, ROI ecc.)
eventuali obiettivi qualitativi connessi.
10. Strategie.
Con riferimento a ciascun obiettivo stabilito, formulare le strategie, sottolineandone il signica-
to orientativo ai ni dei programmi operativi e dei progetti di sviluppo.
Le strategie possono riguardare sia il rapporto con il mercato (strategie servizi/mercato) che
altri aspetti aziendali (strategie nanziarie, organizzative, della raccolta, dellerogazione ecc.).
11. Investimenti.
Descrivere il processo di quanticazione degli investimenti in funzione degli obiettivi da
conseguire, a livello di:
aggiornamento e/o sostituzione locali, ufci, mezzi
ampliamento capacit raccolta/erogazione: strategie di make or buy
marketing
ricerca e sviluppo
organizzazione
sistema informativo
risorse umane: formazione.
12. Preventivazione Economico-Finanziaria.
Descrivere i procedimenti di preventivazione seguiti con particolare riguardo a:
elaborazione di una misura del volume di attivit in termini di erogato e utile operativo,
in ipotesi inerziale e in ipotesi innovative
elaborazione di una misura dellandamento del conto economico, tenuto conto del fattore
inazionistico, sempre nelle due ipotesi descritte
valutazione del fabbisogno nanziario dellazienda nelle due ipotesi a valori reali
valutazione del cash ow e dellutile di gestione
valutazione dellevoluzione dello stato patrimoniale.
13. Condizioni per la realizzazione del piano.
Evidenziare le ipotesi critiche (interne ed esterne) sulle quali poggia la realizzabilit del Piano
stesso e le alternative eventuali, in funzione dei diversi scenari ipotizzati.

Figura 5.2 - Schema di piano strategico

90
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

5.1 Strategia nella diversicazione


abbastanza comune che aziende anche di non grandi dimensioni ope-
rino in pi settori di attivit, e che in ogni settore sviluppino svariati
prodotti/servizi. Occorrer, quindi, studiare assai da vicino ogni settore,
e i relativi prodotti/servizi, per denire le priorit che dovranno far par-
te dellimpostazione e dellintervento strategici.
Le macrofasi dellanalisi necessaria sono:
1) Considerare limportanza dei diversi settori classicandoli in relazione
alle occasioni offerte dal mercato e alla posizione concorrenziale
dellazienda nel loro ambito.
2) Ricercare elementi di compensazione fra settori e prodotti, in termini
di rischio, rendimento sugli investimenti, necessit e disponibilit -
nanziarie.
3) Indagare su possibili sinergie fra i settori, al ne di massimizzare
competenze distintive e vantaggi strategici.
Per quanto riguarda le prime due macrofasi, lincrocio fra occasioni of-
ferte dal mercato e posizione concorrenziale, d luogo a una matrice che
pu essere assai signicativa e fertile di considerazioni gestionali.
Nella gura 5.3 riprodotto un graco, dove, in ascissa, riportata la
posizione concorrenziale, in ordinata lattrattivit del mercato. Localiz-
zando sul graco la posizione dei settori di attivit aziendale o delle sue
linee di prodotto servizio, si possono trarre indirizzi assai utili per de-
nire politiche di settore o di prodotto.
A titolo di esempio si sono rappresentate le posizioni ipotetiche dei
prodotti (A-B-C-D-E): risulta evidente come quelli ad alto rendimento
possano compensare rischi di altri, e come alcune posizioni suggerisca-
no azioni di sostegno, altre di protezione, altre inne di sfruttamento.
Per il prodotto A, infatti, in un mercato assai attraente, fa riscontro una
posizione dellazienda molto debole: occorrer allora rinforzare tale po-
sizione, anche a costo di sacrici nanziari. Per il prodotto B, in posi-
zione intermedia sia rispetto al mercato che alla posizione su di esso, si
potr continuare la politica attuale, senza investire in maniera eccessiva.
Il prodotto C un peso morto: sembrerebbe logico abbandonarlo.
Il prodotto D, al contrario, da proteggere e sostenere a tutti i costi. Il
prodotto E una vera vacca da mungere: occorre soltanto mantenerlo
in vita, perch pu essere fonte di mezzi nanziari per rinforzare A o
sostenere D.

91
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Figura 5.3 - Matrice di posizionamento dei prodotti

Circa la terza macrofase, la ricerca di sinergie fra settori o fra prodotti/


servizi, nella gura 5.4 sono esemplicate alcune possibili strategie rag-
giungibili facendo incontrare o incrociando pi attivit.

Campi di realizzazione Tipo di sinergie


1. Gestione delle vendite Sfruttamento di punti vendita per pi categorie di prodotti
2. Progettazione Impiego di competenze e talenti particolari per ricerca e sviluppo
in vari settori
3. Marchi Utilizzazione di marchi affermati per varie linee di prodotti
4. Integrazione verticale Economie di scala

Figura 5.4 - Esempi di sinergie

5.2 Strategie di mercato


Le possibili strategie di mercato sono assai numerose, e, anche se non
tutte esclusivamente dirette ad aggredirlo, in denitiva puntano a otte-
nere vantaggi e a raggiungere obiettivi che consentano di migliorare, o
rinsaldare, la posizione concorrenziale dellazienda. Non sembra neces-
sario elencarle tutte in dettaglio, anche perch la loro quantit, oltre che

92
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

essere legata agli scopi che si propongono, viene moltiplicata da fattori


dipendenti dalla variet dei settori nei quali le aziende operano, dalle
loro dimensioni, dalle situazioni speciche.
In linea generale, si possono distinguere:
strategie di integrazione (con fornitori, concorrenti, canali di distri-
buzione);
strategie di mercato vere e proprie (intensit di penetrazione, svilup-
po del mercato, sviluppo delle linee di prodotto);
strategie di diversicazione (prodotti afni ad altri gi affermati,
prodotti nuovi per clienti gi acquisiti, prodotti nuovi in assoluto per
nuove categorie di clienti);
strategie di modica strutturale (joint venture, dismissioni, acquisi-
zioni, fusioni).
A proposito delle strategie di mercato e di diversicazione, assai utile
costruire una matrice del tipo rappresentato nella gura 5.5, sulla base
della quale ipotizzare possibili interventi di successo, partendo dalla si-
tuazione attuale.
Poniamo che lazienda venda i prodotti A, B, C, D nei suoi mercati at-
tuali.

Figura 5.5 - Matrice per ipotesi di intervento su prodotti e mercati

93
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Le possibili ipotesi di sviluppo, quindi le scelte strategiche che ne deri-


vano possono essere:
intensicare la penetrazione dei prodotti attuali sul mercato e verso
clienti attuali;
vendere un prodotto attuale in un mercato nuovo per lazienda;
vendere un prodotto attuale in un mercato nuovo sia per lazienda
che per la concorrenza;
vendere un prodotto nuovo per lazienda sul mercato gi attualmente
toccato;
vendere un prodotto nuovo per lazienda in un mercato nuovo per
lazienda;
vendere un prodotto nuovo per lazienda in un mercato nuovo sia per
lazienda che per la concorrenza;
vendere un prodotto nuovo sia per lazienda che per la concorrenza
sul mercato attualmente toccato;
vendere un prodotto nuovo per tutti (cio innovativo in assoluto) in
un mercato nuovo per lazienda;
vendere un prodotto nuovo per tutti in un mercato altrettanto nuovo,
cio non toccato n dallazienda n dalla concorrenza.
evidente come, in funzione delle diverse scelte, possono essere altret-
tanto diverse le decisioni di comportamento.
Nella gura 5.6. sono riportate schematicamente e a titolo di esempio non esau-
stivo, le azioni prevalenti da compiere in relazione alle diverse possibili scelte.

Tipi di scelte
Tipologie di intervento
strategiche
0 Prodotto prezzo forza vendita miglioramento del servizio
1 Marketing operativo
2 Marketing strategico
3 Ricerca e sviluppo forza vendita
4 Ricerca e sviluppo marketing operativo
5 Ricerca e sviluppo marketing strategico
6 Ricerca e sviluppo marketing operativo forza vendita
7 Ricerca e sviluppo marketing operativo
8 Ricerca e sviluppo marketing strategico

Figura 5.6 - Azioni prevalenti in relazione alle diverse possibili scelte

Si tratta, quindi, di denire una vera e propria strategia dimpresa, cui


dedichiamo il paragrafo 5.3 e relativi sottoparagra.

94
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

5.3 Strategie dimpresa


In relazione alla struttura dellazienda, quindi alla sua composizione in
settori, ufci, servizi, possono essere denite strategie di intervento
organizzative per migliorare rendimenti, razionalizzare funzionamenti,
risparmiare costi, sfruttare meglio determinati investimenti, utilizzare al
massimo installazioni e impianti ecc. Lanalisi di dettaglio delle possibi-
lit di tali tipi di intervento, se coordinata in una strategia globale, pu
fare intravedere vantaggi assai cospicui; nello stesso tempo, nei diversi
settori il coinvolgimento dei singoli responsabili e la delega ad attuare
le strategie organizzative condivise, render pi efciente il funziona-
mento aziendale teso al raggiungimento degli obiettivi del piano.
Lelaborazione delle strategie dimpresa pu comportare interventi spe-
cici, alcuni dei quali utile evidenziare, per sottolinearne importanza
ed efcacia.

5.3.1 Strategie di prodotto


Comportano un riesame sistematico delle diverse linee di prodotto sotto
vari punti di vista, per arrivare a denire la direzione nella quale procede-
re. La strategia di prodotto , in certo modo, il collegamento naturale fra
la strategia globale delle imprese e quelle relative ai settori che le com-
pongono. Essa, infatti, consente e stimola interventi su ricerca e sviluppo,
produzione e marketing, in modo da renderne pi efcace lintegrazione.
Due sono le fasi di una strategia di prodotto:
a) La prima consiste in un esame dei possibili approcci, per scegliere
quello che promette pi vantaggi competitivi. Si tratta, quindi, di ri-
considerare i punti forti sui quali sia possibile far leva. Alcuni posso-
no dipendere dalla diversicazione della gamma, per esempio:
ampiezza e completezza delle diverse linee di prodotti;
livello di qualit, durata, afdabilit;
possibilit di sostituzioni e miglioramenti;
rispondenza ai bisogni degli acquirenti;
importanza e riconoscibilit della marca.
Altri, invece, dalla capacit di mantenere bassi i costi, per esempio:
semplicazione produttiva;
economie di scala;
livello di automazione e di produttivit;
sinergie con altre linee di prodotto;
integrazione verticale.

95
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

b) La seconda fase, conseguenza diretta dei risultati della prima, porta


a focalizzare lambito specico nel quale lazienda dovr concentrare
i propri sforzi. Tale ambito pu riguardare:
concorrenti diretti e minacciosi;
prodotti di nicchia;
segmenti di mercato con possibilit di sfruttamento;
fasce di consumatori con particolari bisogni, esigenze, possibilit
economiche, localizzazione abitativa ecc.
Per esemplicare in modo concreto una modalit di procedere nella im-
postazione della strategia di prodotto, riproduciamo nella gura 5.7 alcune
schede utilizzate da una azienda produttrice di una vasta gamma di pic-
coli elettrodomestici. Le schede si riferiscono a tre linee ben distinte di
prodotti, che presentano, come si vede, problematiche assai diverse fra di
loro; la fase di impostazione del piano di azione richieder lindicazione
dei responsabili, degli eventi che si dovranno vericare, e in quale data.
Asciugacapelli

Punti di forza Punti di debolezza


Leader in Italia Concorrenza Cina
Concorrenti produttori Europa senza grande Cultura industriale
strategia Struttura produttiva
Differenziale Gestione costi
Mercato Struttura export
Innovazione Strategia Italia
Flessibilit Strategia di internazionalizzazione su questi pro-
Strategia design dotti, anche in funzione del differenziale (denizio-
ne contratto esclusiva differenziale da Wimmer)

Piano dazione

Responsabile Attivit Eventi Data prevista


Breve termine:
denizione strategia Italia per lancio gamma
prodotti differenziale
denizione gamma differenziale/normale
Medio termine:
denizione strategia Europa per asciugaca-
pelli normali/differenziale
struttura produttiva industriale con attenzio-
ne al costo prodotto
migliorare essibilit

Figura 5.7

96
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

Cottura

Punti di forza Punti di debolezza


Quota di mercato signicativa: non esiste una Mancanza di strategia
marca leader Poco concorrenziali come prezzi (prodotti com-
mercializzati)
Solo Italia
Fornitori poco afdabili
Mancanza di design

Piano dazione

Responsabile Attivit Eventi Data prevista


Breve termine:
miglioramento e completamento di gamma
attraverso lintroduzione di nuovi prodotti dal
punto di vista di design, colori, materiali
nuovi canali di vendita per Italia (per esem-
pio casalinghi) con differenziazione gamma
Medio termine:
denizione strategia posizionamento della
gamma
denizione strategia produttiva
denizione prodotti da export in Europa
design (nuovi materiali, colori, ...)

Figura 5.7 (segue)

97
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Riscaldamento convenzionale

Punti di forza Punti di debolezza


Buona quota di mercato Prezzi di prodotti alti
Buona gamma Mercato solo italiano
Diseconomie produttive
Bassa penetrazione al Trade
Tecnologia banale

Piano dazione

Responsabile Attivit Eventi Data prevista


Breve termine:
strategia distributiva Italia e estero
completamento della gamma con contenu-
ti di design
Medio termine:
industrializzazione processo produttivo -
nalizzato allottimizzazione design/com-
ponentistica

Figura 5.7 (segue)

Sono queste le precisazioni indispensabili per assicurare il successo


della strategia e raggiungere i risultati attesi.
Un altro esempio, molto semplice, quello citato da M.J. Kami, noto con-
sulente e docente di pianicazione strategica1. Kami sostiene che il pen-
siero piramidale sia un potente strumento di decisione manageriale.
la maniera ideale per mettere in pratica il procedimento deduttivo da
macro a micro, prendere una decisione e avviare subito i primi interventi.
Il vertice della piramide riservato ai concetti fondamentali, ai generici
fattori chiave o agli obiettivi prioritari. Procedendo per deduzione no
alla base della piramide si identicano gli specici interventi necessari
ad avviare lattuazione.
Nella gura 5.8 riportato lesempio citato da Kami, relativo a una azien-
da USA di limitate dimensioni. Kami commenta che lesecuzione del
progetto (nanziamento, produzione, distribuzione, marketing, pubblicit,
franchising), pur essendo ovviamente importantissimo, rientra nella ca-
tegoria degli affari di ordinaria amministrazione.

1 M.J. Kami: Limperativo strategico: cogliere il cambiamento, Ipsoa, Milano, 1989.

98
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

La parte creativa la sequenza da macro a micro, da una generica


categoria di mercato ai requisiti di eleganza e comfort di un nuovo pro-
dotto e alle soluzioni per soddisfare tali requisiti.

Azienda produttrice di scarpe

Concetto al vertice
Diversicazione
della piramide
Prima deduzione Deve essere effettuata da una posizione di forza: quindi deve essere
correlata alle calzature
Seconda deduzione Le calzature sono una categoria troppo generica. Specializzarsi; tro-
vare una nicchia
Terza deduzione Concentrarsi sui grossi cambiamenti sociali per scoprire esigenze e
mercati di nicchia. Laumento del numero di donne che lavorano un
grosso cambiamento sociale
Quarta deduzione Che tipo di scarpe desidera e richiede una donna che lavora? Vuole
che siano comode, ma eleganti
Quinta deduzione Come si soddisfano questi due requisiti?
a. Lo stile pu essere fornito da un designer italiano;
b. il comfort da una nuova tecnologia calzaturiera
Sesta deduzione Primi interventi:
a. andare in Italia, rubare il miglior stilista;
b. iniziare la ricerca di brevetto e licenza per una nuova tecnologia
podologica. (Risultato della ricerca: piccole bolle di plastica piene
daria e di liquido, inserite nella suola e nel tacco della nuova
calzatura per ridurre la fatica).

Figura 5.8 - Esempio di applicazione del pensiero piramidale

5.3.2 Strategia di ricerca e sviluppo


Deve essere conseguenza della strategia di prodotto: si tratta, infatti, di
orientarla coerentemente verso il miglioramento dei prodotti, piuttosto
che verso la creazione di nuovi, e verso la loro composizione, se non
invece verso i processi produttivi.
Sul piano generale, e in relazione a una serie di fattori specici delle
varie aziende, come tecnologia, tendenza allinnovazione, brevetti, licen-
ze esclusive ecc., lapproccio alla ricerca e sviluppo pu essere di vario
tipo, e comportare:
investimenti pi o meno cospicui;
organizzazione interna o afdata allesterno;
ricerche originali o sfruttamento di gi esistenti;
ricerca pura o applicata.

99
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

5.3.3 Strategie di produzione


A sua volta, la strategia di produzione deriva in buona parte dalle stra-
tegie di impresa e di prodotto, e infatti, a costo di apparire ripetitivi,
ricordiamo alcuni obiettivi e aspetti di esse che si riferiscono anche alla
produzione vera e propria:
produrre a bassi costi;
puntare alla qualit dei prodotti;
produrre allinterno o far produrre da terzi;
perseguire, o meno, una integrazione verticale;
scegliere il grado di utilizzazione della capacit produttiva.
Comunque, le componenti essenziali di una strategia di produzione,
quindi gli elementi da tenere in considerazione, sono:
i processi, quindi tecniche e metodi, macchinari, impianti e attrezza-
ture, logistica e ussi;
la capacit produttiva, i diversi livelli di saturazione, la stagionalit,
lutilizzazione ottimale;
la qualit, il suo livello, il controllo, ladeguamento alle norme;
la produttivit del personale, la sua specializzazione e formazione, il
turnover, lorganizzazione dei posti di lavoro, le misure di rendimento;
lorganizzazione in termini di programmazione, durata delle operazio-
ni e dei cicli, ritmo dei lanci di produzione, puntualit delle consegne,
gestione degli stock.

5.3.4 Strategia di marketing


Nel corso della trattazione che precede abbiamo delineato gli aspetti che
si riferiscono e conuiscono in una strategia generale del settore com-
merciale; cos , infatti, per quanto riguarda le strategie di mercato (pa-
ragrafo 5.2) e quelle di prodotto (paragrafo 5.3.1).
Occorre, quindi, delineare in dettaglio, come logica conseguenza, indiriz-
zi e comportamenti riferiti al marketing e alle vendite.
In linea generale, lobiettivo di questi settori sar quello di creare, o in-
centivare, o rafforzare la domanda dei prodotti e dei servizi dellazienda.
Giacch diamo per gi affrontato il problema della segmentazione del
mercato, gli strumenti a disposizione sono essenzialmente:
il prezzo;
la marca;
la pubblicit;
la promozione;

100
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

i canali distributivi;
la qualit del servizio.
Le possibili strategie commerciali, fra le quali occorrer scegliere la (o
le) pi favorevole e attuabile, sono allora:
affrontare la concorrenza sui medesimi segmenti di mercato, ove essa
pi debole, e i nostri prodotti pi forti;
offrire gamme di prodotti pi complete, diversicate e interessanti;
concentrarsi su un limitato numero di prodotti ritenuti particolarmen-
te appetibili, o su segmenti di mercato specialistici poco frequentati
dalla concorrenza;
cercare validi e impegnativi accordi di collaborazione con soggetti
commerciali affermati.
Un discorso a parte da fare per i prezzi: la loro dinamica inuisce
direttamente sul volume della domanda, in diversa misura secondo che
essa sia pi o meno rigida o relativamente elastica.
Per esempio, per prodotti ritenuti indispensabili dai consumatori, il ri-
sultato delle variazioni di prezzo avr scarso effetto sul volume della
domanda, ma conseguenze dirette sul fatturato, mentre per prodotti fa-
cilmente sostituibili, o non essenziali, il volume della domanda potr
aumentare per diminuzioni di prezzo, ma non necessariamente sar se-
guito da aumenti della cifra daffari. quindi di grande importanza arri-
vare a conoscere il grado di elasticit della domanda nel mercato e per
i prodotti con i quali si opera.

5.3.5 Strategie per altre funzioni aziendali


Si tratta di ipotizzare interventi di tipo strategico con diretto impatto su
fattori organizzativi e comportamentali. I pi importanti riguardano:
il sistema informativo, la sua efcacia, il suo grado di integrazione, la
sua afdabilit;
la gestione delle risorse umane, quindi le politiche di selezione, di
formazione, di incentivazione, di retribuzione;
la gestione nanziaria, in tutti i suoi aspetti legati agli incassi, ai pa-
gamenti, al ricorso al credito, al piazzamento dei surplus;
i criteri di manutenzione di locali e impianti, in termini di previsione
dei rischi, di intervento efcace, di sicurezza;
il sistema di controllo economico della gestione, la sua tempestivit, esat-
tezza, chiarezza di comunicazione dei dati, semplicit di interpretazione,
la sua capacit di suggerire interventi correttivi e di vericarne i risultati.

101
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Si ritorna, cos, a quanto detto allinizio del paragrafo 5.3, a proposito


delle strategie dimpresa: dal dettaglio degli interventi nei diversi set-
tori e sulle varie funzioni aziendali si passer a un consolidamento
globale, alla composizione di un puzzle/mosaico in cui le diverse com-
ponenti dovranno avere, quanto a forma e contenuto, il necessario
incastro armonico, per comporre il quadro generale della strategia/
guida in base alla quale dovr essere attuato il piano che si sta elabo-
rando.

5.3.6 Riepilogo/glossario delle possibili scelte strategiche


Tipologia
Strategie a lungo termine

Strategia a lungo termine Strategie operative


1. dimpresa 1. di prodotto
2. di crescita 1. di prezzo
3. di attivit 1. di distribuzione
4. di fabbricazione 1. di cominicazione
5. concorrenziali

1) Strategie dimpresa
Strategia di specializzazione Fabbricare un solo tipo di prodotto
Concentrare lattivit su ununica capacit specialistica
utilizzando competenze ed esperienze

Strategia di diversicazione Multispecializzazione


Produzione diversicata con elevata specializzazione spe-
cica

Strategia di internazionalizzazione Gestione dellimpresa sul piano internazionale


Attitudine ambiziosa di ampio respiro

2) Strategia di crescita
Strategia di crescita interna Creazione di nuove capacit utilizzando capitali propri
Autonanziamento

Strategia di crescita esterna Raggruppamento di due o pi imprese


Presupposti di sviluppo rapido

102
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

3) Strategie di attivit
Strategia settoriale Posizionamento in un mercato che consenta di realizzare
rapidamente una cifra daffari considerevole

Strategia di nicchia Pu evolversi sia in nicchia sia in un mercato aperto,


concorrenziale
Sforzo di dedicarsi a un unico micromercato
Tendenza a diventare leader su tale mercato, poco o per
nulla concorrenziale

Strategia di focalizzazione Attitudine a concentrare gli sforzi su uno o su pochi seg-


menti di mercato

4) Strategie di fabbricazione
Strategia di esternalizzazione Scelta di rivolgersi a partner o subappaltatori

Strategia di integrazione Integrazione dellattivit di base con competenze tecniche,


tecnologiche, commerciali o nanziarie
Tendenza a ricercare sinergie per ottenere maggiore produttivit

5) Strategie concorrenziali
Strategia dattacco Ricerca di successo attraverso la conquista di nuove quote
di mercato
Sforzo di dominare il mercato attraverso la riduzione dei costi

Strategia difensiva Tentativo di mantenere la posizione raggiunta modicando


e innovando i prodotti
Sforzo di differenziarsi dalla concorrenza

Strategie operative
1) Strategie di prodotto
Strategia di adattamento Modica di determinate caratteristiche dei prodotti per rispon-
dere meglio alle attese dei consumatori o alla concorrenza

Strategia di posizionamento Tentativo di conferire a un prodotto o a una marca una


posizione particolare sul mercato

Strategia di imitazione Lancio di prodotti imitando la concorrenza di successo

Strategia di innovazione Ricerca di successo (o di eventuale monopolio temporaneo)


attraverso la creazione di prodotti innovativi

103
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

2) Strategie di prezzo
a. Allatto del lancio di un prodotto
Strategia di scrematura Prezzo pi elevato di quello della concorrenza

Strategia di allineamento Prezzo allineato a quello del concorrente pi importante

Strategia di penetrazione Prezzo inferiore a quello della concorrenza

Strategia differenziata Prezzo differenziato in relazione al segmento di clientela


servito allatto della vendita

b. Durante il ciclo di vita del prodotto (modulazione)


Strategia di ribasso Diminuzione del prezzo

Strategia di allineamento Allineamento del prezzo a quello della concorrenza

Strategia di aumento Aumento del prezzo

3) Strategie di distribuzione
Strategia intensiva Distribuzione di un prodotto nel maggior numero possibile
di punti di vendita

Strategia selettiva Selezione dei punti vendita di un prodotto secondo criteri


di:
posizione geograca
tipologia di servizio
supercie del punto vendita
immagine di marca

4) Strategie di comunicazione
Strategia pull Atteggiamento volto ad attirare il consumatore verso il
prodotto o la marca

Strategia push Azioni per spingere il prodotto verso il consumatore: atti-


vazione di venditori e distributori, politica di promozione
sul punto vendita

104
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

5.4 Dagli indirizzi strategici al piano operativo


Anche in fase di impostazione avrebbe scarso signicato limitarsi alla
denizione di una strategia senza intravedere e dimostrare in quale modo
si prevede di passare dal piano concettuale alla messa in atto operativa.
Per fare ci occorre ancora compiere due passi molto importanti, senza
i quali lintera costruzione rischia di rimanere una elaborazione, magari
assai pregevole dal punto di vista teorico, ma con scarse probabilit di
successo:
1) individuare quali siano le risorse necessarie per la riuscita;
2) denire inequivocabilmente quali siano gli obiettivi specici della
strategia.
Per quanto riguarda le risorse, di seguito si riportano le principali:
fondi necessari per gli investimenti e per il capitale circolante (quindi
relative politiche di acquisizione e gestione);
collaboratori ai diversi livelli di gestione e operativit (con particola-
re riguardo alle modalit di assunzione e alla tipologia di collabora-
zione);
locali, impianti, macchinari, attrezzature ecc.;
materie prime, componenti, accessori, prodotti semilavorati e niti;
eventuali esperti e consulenti esterni.
Lanalisi interna effettuata (capitolo 3) dovrebbe essere di guida esau-
riente per denire anche eventuali risorse supplementari necessarie, e
bisogner essere certi di possederle o potersele procurare in tempo uti-
le: in caso contrario sar il caso di riconsiderare la strategia negli aspet-
ti che appaiono critici.
Gli obiettivi fondamentali della strategia dovrebbero derivare con rela-
tiva facilit dal lavoro nora eseguito. Vediamo quali sono i requisiti
necessari, rappresentati nella gura 5.9.
A questo punto lazienda in grado di denire nel suo complesso quale
debba essere il processo di pianicazione e controllo da seguire.
Alcune fasi di esso sono gi state impostate, e sar sufciente revisio-
narle, via via che il processo prender forma concreta; altre sono da
concepire e programmare in dettaglio, proprio per raggiungere i risulta-
ti che si desiderano.

105
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

Requisiti Esemplicazione
Coordinati e omogenei Quantit da vendere, da produrre, da mettere a
scorta, espresse nella medesima unit di misura

Riferiti allinsieme delle attivit Produzioni da eseguire in ogni reparto, acquisti


da effettuare, giacenze da prevedere

Raggiungibili con sforzo, ma con possibilit re- Estendere la quota di mercato di un prodotto
alistiche dall1% all1,5%
Accettati con motivata ducia dai diversi livelli Prezzi concordati fra Direzione Commerciale,
gerarchici Product Manager, Capi Vendita, Venditori, Agen-
ti

Espressi in termini numerici Interventi di manutenzione preventiva:


N. x ore nel Reparto A
N. y ore nel Reparto B
ecc.

Contenere gi espressi i criteri di controllo Fabbisogno di materie prime per 1.000 prezzi
del prodotto K:
kg 100 di M.P. 01 a L. 100/kg
kg 70 di M.P. 02 a L. 150/kg
ecc.

Fonte: P. Provenzali, Il budget e il controllo dei costi, Maggioli Editore, Rimini, 2000

Figura 5.9 - Requisiti fondamentali degli obiettivi di budget.

La figura 5.10 riporta, in estrema sintesi, le caratteristiche di base


del processo di pianificazione e controllo. La prima macrofase (Pia-
nificazione e controllo strategico) fa parte del lavoro gi eseguito, le
altre due richiedono un breve esame cui dedichiamo il paragrafo che
segue.

106
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

Fasi Scopi Contenuti


Pianicazione e controllo Denire gli obiettivi di lungo ter- Denizione del prolo dellambien-
strategico mine e le strategie per raggiunger- te esterno
li Denizione del prolo dellambien-
te interno e dei fattori chiave
Denizione dellambiente esterno
futuro, delle sde e minacce chia-
ve
Analisi delle capacit dellimpresa
in relazione agli scenari possibili
Denizione dei fattori chiave di
successo
Stima delle situazioni dellimpresa
in relazione ai possibili scenari
futuri
Scelta e denizione degli obiettivi
Denizione delle strategie
Controllo di fattibilit degli obiet-
tivi

Pianicazione operativa Trasformare gli indirizzi strategici Ipotesi multiple di programmi


in politiche di gestione e linee dazione
dazione Selezione e scelta del programma
ottimale
Progettazione delle operazioni

Programmazione, budget Denire gli obiettivi di breve ter- Segmentazione degli obiettivi e dei
e verica dei risultati mine, le operazioni da compiere programmi con riferimento al
e il fabbisogno di risorse breve termine (esercizio)
Quotare obiettivi e risorse in ter- Articolazione di obiettivi e pro-
mini monetari grammi per centri di responsabili-
Vericare efcacia ed efcienza t
nelluso delle risorse Denizione delle risorse necessarie
Conversione dei programmi di
attivit e del fabbisogno di risorse
in termini di costi e ricavi
Rilevazioni dei dati a consuntivo
Determinazione e analisi degli
scostamenti

Figura 5.10 - Sintesi del processo di pianicazione e controllo

107
PARTE I - IL PIANO, LAZIENDA, LA STRATEGIA

5.5 Lo sviluppo della strategia: il piano operativo


Il piano operativo deriva direttamente come applicazione della strategia;
in realt si tratta di impostare due tipi di piano:
quello per lazienda nel suo complesso;
quello relativo ai vari settori che lo compongono.
Ovviamente fra loro strettamente collegati e interagenti.
La seconda e la terza macrofase del processo illustrato nella gura 5.10
mostrano come si passi dallimpostazione di programmi generali a quel-
li specici, e dalla progettazione delle operazioni al loro controllo in
termini di risultato anche di tipo economico.
Occorre soltanto sottolineare che il controllo dellavanzamento e dei
risultati, quindi le rilevazioni a consuntivo e lanalisi degli scostamenti,
comportano lesistenza di una funzione imformativa-amministrativa di
particolare efcienza e operante con criteri non soltanto legati alle nor-
mative contabili tradizionali. Si tratta, daltra parte, di un aspetto irri-
nunciabile per lattuazione del processo di pianicazione e controllo,
che basa la sua efcacia sulle decisioni provocate dalle informazioni e
dai dati che vengono forniti con la massima possibile tempestivit, a
titolo consuntivo e, al limite, concomitante al vericarsi degli eventi
operativi.
Alcuni aspetti tipici della gestione dei progetti sono applicabili, sia pure
adattandoli alluso particolare, e inserendoli nellambito di una preventi-
vazione per ora inevitabilmente di tipo non troppo analitico. A piano
approvato, le tecniche troveranno una loro applicazione operativa e
consentiranno di realizzare puntualmente e con un controllo costante
dellavanzamento i risultati previsti.
A titolo di esempio, da trasferire naturalmente in modo logico alle esi-
genze particolari di ogni azienda, riportiamo liter del processo di piani-
cazione e controllo dei progetti di dimensioni considerevoli e di grande
impegno, quali sono quelli legati alle realizzazioni in campo edilizio e
impiantistico.

5.5.1 La metodologia di conduzione dei progetti


Consta dei seguenti passi.
1. Nella fase preventiva:
ssare lobiettivo, cio il risultato da raggiungere in un determina-
to periodo di tempo;

108
5. GLI INDIRIZZI STRATEGICI

determinare il programma di massima, cio costruire il modello di


svolgimento delle operazioni;
denire le attivit da svolgere, quindi precisare, per ognuna di esse,
i dati che la caratterizzano (traguardo da raggiungere, risorse ne-
cessarie, durata ecc.);
schedulare, cio prevedere quando le attivit individuali o di grup-
po devono essere iniziate e/o completate, elaborando un calendario
di lavoro;
impostare il budget dei costi e delle spese, previsti per raggiunge-
re lobiettivo;
organizzare, cio denire le posizioni di responsabilit del perso-
nale che partecipa al progetto;
scegliere le procedure da seguire;
assicurare il coordinamento generale.
Lorganizzazione del progetto richiede lutilizzo della tecnica WBS
(Work Breakdown Structure), fondata sulla suddivisione del lavoro
nelle sue diverse componenti e sulla costruzione della matrice delle
responsabilit, che collega le componenti principali della WBS alle
persone che sono incaricate della conduzione di ciascuna di esse.
2. Nella fase di gestione:
rilevare lavanzamento, cio quanto stato prodotto in un dato
periodo e come (tempo speso, risorse impiegate, costi sostenuti);
controllare lavanzamento: calcolare lo scostamento di quanto rile-
vato da quello che il modello prevedeva, analizzarne le cause e
decidere gli interventi correttivi;
riprogrammare, vale a dire modicare il programma di svolgimen-
to delle attivit ancora da eseguire, in base allandamento rilevato
e agli interventi correttivi decisi.

109
Parte II
Gli aspetti economici e nanziari
6.
Le elaborazioni contabili e la previsione
dei risultati economici

Nei capitoli precedenti si visto come mettere a punto quello che po-
tremmo chiamare il cuore del business plan; senza dubbio si tratta
della parte pi impegnativa da svolgere per portare a compimento lin-
tero lavoro. Occorre ora quotare il piano in termini di costi e ricavi, per
arrivare alle previsioni di risultato, per dare forma a un vero e proprio
budget, per trarne valutazioni di tipo economico e nanziario, quindi di
reale fattibilit sotto ogni prolo.
Si tratta di eseguire una serie di elaborazioni di tipo contabile, dando al
termine il signicato allargato di rilevazioni amministrative, di vario ge-
nere e a diversi livelli.
Non ci proponiamo di trattare largomento in modo teorico: le inevitabi-
li considerazioni di carattere generale sono destinate soltanto a conferi-
re la massima chiarezza a quanto si andr via via a esporre, con la na-
lit, pi volte espressa, di fornire uno strumento operativo di pratica
applicazione. Si partir, quindi, dalla convinzione che le nozioni conta-
bili-amministrative siano conosciute da chi deve elaborare il piano, o
che, comunque, egli possa valersi di esperti della materia.
Per quotare in cifre, a titolo preventivo e consuntivo, i risultati delle
operazioni di gestione, rilevazioni e conseguenti elaborazioni rese relati-
vamente agevoli dallimpiego degli strumenti elettronici in azienda si
eseguono rilevazioni quantitative, ossia basate su dati numerici. Ci
vale, naturalmente, per le imprese esistenti e funzionanti; poich per il
business plan, in casi assai frequenti, deve essere approntato da aziende
allo stato nascente, con la nalit di ottenerne lapprovazione e, se del
caso, i nanziamenti necessari, occorrer che, comunque, ci si metta in
grado di disporre della capacit e possibilit di eseguire tali elaborazio-
ni.
Nel caso pi generale necessario dar conto dei dati riferiti al passato
(se esiste) e di quelli previsionali.
Nella sostanza si dovr:
determinare un risultato lordo, basato sulle previsioni di ricavi e
costi diretti;
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

prevedere investimenti e spese correnti, per calcolare un risultato


netto;
riprendere i dati emersi da tali elaborazioni per arrivare a un bilancio
vero e proprio.
Una successiva serie di elaborazioni, di cui tratteremo nel capitolo se-
guente, sar dedicata alle problematiche della gestione nanziaria.
Quindi si potr disporre di una completa documentazione di tipo ammi-
nistrativo, che completer il piano, evidenziando stato patrimoniale,
conto economico, situazione di tesoreria, tutti, naturalmente, a titolo
previsionale.
Lo stato patrimoniale una fotograa, a una certa data, della situazio-
ne patrimoniale-nanziaria dellazienda.
Il conto economico fornisce la situazione dinamica, in un dato pe-
riodo di tempo delimitato fra due stati patrimoniali successivi, del-
lattivit svolta, dei risultati economici conseguiti, e come si sono
realizzati.
La situazione di tesoreria registra i ussi nanziari che si sono prodot-
ti e fotografa lo stato nanziario che ne derivato a una certa data. Di
essa parleremo, in dettaglio, nel corso del capitolo 7. I legami esistenti
fra dati di partenza, documenti da elaborare e periodi a cui si riferisco-
no, sono sintetizzati nella gura 6.1.

Figura 6.1 - Relazioni di base

114
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

Prima di passare allesame di come debbano essere redatti, ricordiamo


che esistono principi contabili consolidati e linee guida legislative che
prescrivono modalit e criteri di redazione e composizione dei primi due
documenti, quelli cio che formano il vero e proprio bilancio desercizio.
Si tratta di norme dettate per la documentazione ufciale, quella che
deve valere ai ni civilistici e scali. Non il nostro caso, ma poich
presumibilmente lazienda dovr, prima o poi, presentare tale rendiconto
del suo funzionamento, non male se, gi n dalla fase di pianicazione,
esso sia il pi possibile simile, quanto a struttura e criteri di elaborazio-
ne, anche, se non soprattutto, ai ni dei confronti che dovranno essere
eseguiti.
Vediamo allora rapidamente quali sono gli aspetti pi qualicanti dei
documenti fondamentali componenti il bilancio desercizio, secondo
quanto previsto dallart. 2423 c.c.
La struttura dello stato patrimoniale riportata nella gura 6.2, quella
del conto economico appare nella gura 6.3. Lesame delle voci riportate
nei due elaborati permette di comprenderne sommariamente caratteristi-
che e contenuti.

A) Crediti verso soci per versamenti ancora A) Patrimonio netto


dovuti I Capitale
B) Immobilizzazioni: II Riserva da sovrapprezzo delle azioni
I Immobilizzazioni immateriali III Riserva di rivalutazione
II Immobilizzazioni materiali IV Riserva legale
III Immobilizzazioni nanziarie, con sepa- V Riserva per azioni proprie in portafoglio
rata indicazione per ciascuna voce dei VI Riserve statutarie
crediti, degli importi esigibili entro leser- VII Altre riserve
cizio successivo VIII Utili (perdite) portati a nuovo
Totale immobilizzazioni IX Utile (perdita) dellesercizio
C) Attivo circolante Totale
I Rimanenze B) Fondi per rischi e oneri
II Crediti, con separata indicazione, per C) Trattamento di ne rapporto di lavoro subor-
ciascuna voce, degli importi esigibili dinato
oltre lesercizio successivo D) Debiti, con separata indicazione, per ciascu-
III Attivit nanziarie che non costituiscono na voce, degli importi esigibili oltre leserci-
immobilizzazioni zio successivo
IV Disponibilit liquide Totale
Totale attivo circolante E) Ratei e risconti
D) Ratei e risconti

Figura 6.2 - Schema di sintesi dello stato patrimoniale

115
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

A) Valore della produzione


B) Costi della produzione

Differenza tra valore e costi della produzione

C) Proventi e altri oneri nanziari


D) Rettiche di valore di attivit nanziarie
E) Proventi e oneri straordinari

Risultato prima delle imposte

Imposte sul reddito



Utile (perdita) dellesercizio

Figura 6.3 - Schema di sintesi dello conto economico

Per dare maggiore concretezza alla trattazione, sia pur sintetica, di que-
sto argomento, riportiamo il bilancio reale di una media azienda indu-
striale, redatto secondo le norme CEE, che prevedono, fra laltro, il
confronto fra il rendiconto dellanno e quello dellanno precedente.
Il bilancio ufciale possiede per dei limiti e presenta difcolt di inter-
pretazione cui si va incontro, poich una lettura pi signicativa delle
potenzialit dellimpresa possibile qualora si disponga di bilanci com-
pilati per scopi informativi interni, alle cui valutazioni si perviene senza
vincoli di natura civilistica e scale.
abituale, allora, ricorrere a una riclassicazione dei due documenti ai
ni informativi, per ottenere limmagine pi realistica possibile del-
landamento aziendale. appunto questa la forma di riclassicazione cui
si pu fare ricorso per corredare il business plan di elaborati che con-
sentano analisi approfondite e confronti assai eloquenti.
Per quanto riguarda lo stato patrimoniale, la logica di lettura e di anali-
si sintetizzata nello schema della gura 6.4.
Anche il conto economico pu essere riclassicato per una pi signi-
cativa separazione delle sue componenti di protto e di costo; oppor-
tuno, infatti, ricostruire il costo del venduto anzich soffermarsi sul
costo della produzione, come previsto dal codice civile.

116
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

Bilancio al 31/12/2010
Attivo 12/09 12/10
(A) (Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
(B) (Immobilizzazioni
I Immobilizzazioni immateriali
3 Dir. di brevetti ind. e di ut. op. ingegno 8.573
7 Altre immobilizzazioni immateriali 17.100 29.129
** Totale immobilizzazioni immateriali (I) 17.100 37.702
II Immobilizzazioni materiali
2 Impianti e macchinario 123.001
3 Attrezzature industriali e commerciali 749.957 8.710
4 Altri beni 91.738 867.508
** Totale immobilizzazioni materiali (II) 841.696 999.220
III Immobilizzazioni nanziarie
1 Partecipazioni
b) Partecipazioni in imprese collegate 32.298
Totale partecipazioni (1) 32.298
2 Crediti
3 Altri titoli 4.900
** Totale immobilizzazioni fnanziarie (III) 37.198
*** Totale immobilizzazioni (B) 858.796 1.074.121
(C) Attivo circolante
I Rimanenze
4 Prodotti niti e merci 1.111.145 1.699.690
*** Totale rimanenze (I) 1.111.145 1.699.690
II Crediti
1 Crediti esig. entro es. succ. v/clienti 2.036.887 2.942.505
5 Crediti esig. entro es. successivo v/altri 835.827 860.669
** Totale crediti esig. entro les. successivo 2.872.714 3.803.174
Totale crediti (II) 2.872.714 3.803.174
III Attivit nanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
IV Disponibilit liquide
1 Depositi bancari 354.200 555.847
3 Danaro e valori in cassa 47.578 2.556
** Totale disponibilit liquide (IV) 401.779 558.404
*** Totale attivo circolante (C) 4.385.639 6.061.269
(D) Ratei e risconti attivi
Ratei attivi 81.304
*** Totale ratei e risconti attivi (D) 81.304
Totale attivo (A * B + C + D) 5.244.436 7.216.695

117
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Passivo 12/09 12/10


(A) Patrimonio netto
I capitale 600.000 600.000
IV Riserva legale 4.347 26.563
VII altre riserve 83.101 424.202
IX utile (erdita) dellesercizio 444.316 521.013
*** Patrimonio netto complessivo (A) 1.131.766 1.571.779
(B) Fondi per rischi e oneri
2 Fondo per imposte 5.156
3 Altri fondi oneri e rischi futuri 700.000
*** Totale fondi per rischi ed oneri (B) 5.156 700.000
*** Totale fondi t.f.r. per lav. subordinato (C) 74.038 92.292
(D) Debiti
3 Debiti esig. entro i 12 m. v/banche 628.592 974.373
4 Debiti esig. entro es. succ. v/altri nanz. 10.768
5 Acconti esig. entro i 12 m. 26.934
6 Debiti esig. entro i 12 m. v/ fornitori 2.307.284 2.437.016
7 Deb. rap. da tit. di cred. esig. entro i 12 m. 500.000
11 Debiti tributari esig. entro i 12 m. 19.275 102.295
12 D.v/ist. prev. e sic. soc. esig. entro i 12 m. 27.860 33.291
13 Alltri debiti esigibili entro i 12 m. 22.451 23.218
*** Totale debiti esig. entro les. successivo 3.016.231 4.097.129
3. Debiti esig. oltre i 12 m. v/banche 1.000.000 750.000
*** Totale debiti esig. oltre les. successivo 1.000.000 750.000
Totale debiti (D) 4.016.231 4.847.129
(E) Ratei e risconti passivi
Ratei passivi 17.244 5.493
*** Totale ratei e risconti passivi (E) 17.244 5.493
Totale passivo (A + B + C + D + E) 5.244.436 7.216.695

118
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

Conto economico 12/09 12/10


(A) Valore della produzione
1 Ricavi delle vendite e delle prestazioni 9.312.708 12.969.886
2 Var. rim. prod. in corso di lav., semilav., n. 252.088 588.544
5. Altri ricavi e proventi 19.489 128.553
(A) valore della produzione 9.584.286 13.686.984
(B) Costi della produzione
6 Acquisti mat. prime, suss.,di consumo e merci 5.803.277 8.533.798
7 Spese per prestazioni di servizi 1.779.776 1.780.670
8 Spese per godimento di beni di terzi 179.846 186.779
9 Costi del personale
a) Salari, stipendi 368.772 457.198
b) Oneri sociali 138.58 177.720
e) Accantonamento al t.f.r. 26.285 32.179
e) Altri costi del personale 7.951
Totale costi per il personale (9) 541.068 667.098
10 Ammortamenti e svalutazioni
a) Ammortamento attivit immateriali 21.912 11.952
b) Ammortamento delle immobilizzaz. materiali 338.680 423.600
d) Svalutaz. cred. del circol. e delle disp. liq. 14.651
Totale ammortamenti e svalutazioni (10) 360.593 450.203
13 Altri accantonamenti 700.000
14 Oneri diversi di gestione 25.307 253.418
Totale costo della produzione (B) 8.689.870 12.571.968
Differenza fra val. e costo della prod. (A-B) 894.415 1.115.016
(C) Proventi e oneri nanziari
16 Altri proventi nanziari
d... Proventi diversi dai preced. (Altre impr.) 37.635
Totale altri proventi nanziari (16) 37.635
17... Interessi e altri oneri nanz. v/altri 151.790 483.312
Totale interessi e altri oneri nanziari (17) 151.790 483.312
(C) saldo proventi e oneri nanz. (15+16-17) - 151.790 - 445.677
(D) Rettiche di valore di attivit nanziarie
18 Rivalutazioni
19 Svalutazioni
(E) Proventi e oneri straordinari
20 Proventi straordinari 17.254 9.379
20. Plusvalenze da alienazioni patrimoniali 6.715
Totale proventi straordinari (20) 23.970 9.379
21 Minusvalenze da alienazioni patrimoniali 283.465 56.533
21... Oneri straordinari 3.901 67.928
Totale oneri straordinari (21) 287.366 124.461
(E) saldo delle partite straordinarie (20-21) - 263.396 - 115.081
Risultato prima delle imposte (A-B+C+D+E) 479.229 554.257
22 Imposte sul reddito dellesercizio 34.913 33.244
26 Utile (perdita) dellesercizio 444.316 521.013

119
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Impieghi Fonti
(attivit) (passivit)
D A P E
i t a s
t s
s i s
i
p Liquidit v i g
o i v i
n t i b
i t i
b Debiti a l
c breve termine
i o c
i
l r o t
i r r
Liquidit differite
t e r
e realizzabili
n e
t n
i t
i

Debiti a medio - lungo termine


Immobili netti
(capitale sso)
Capitale netto

Figura 6.4 - Forma dello stato patrimoniale riclassicato

Un esempio di conto economico a costo del venduto riportato nella


gura 6.5. Si tratta di unesemplicazione assai dettagliata, alla quale
faremo riferimento pi volte nel corso della trattazione che segue. Nel-
la pratica, non necessariamente tutte le voci qui elencate vengono di-
stinte fra di loro; in particolare, molto spesso Manodopera indiretta,
Ammortamenti industriali (separati da quelli inclusi nei costi diretti)
e Altri costi industriali ssi (anchessi indiretti), vengono raggruppati
sotto ununica voce Costi industriali indiretti e portati a debito del
Margine di contribuzione per ricavare il Margine lordo della produzione
venduta.

120
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

Vendite lorde
Deduzioni
= Vendite nette
Rimanenze iniziali di materie prime
+ Acquisti netti
Rimanenze nali di materie prime
= Consumi
Costi di mano dopera diretta
+ Altri costi industriali diretti
= Costo di trasformazione
Consumi
+ Costo di trasformazione
+ Rimanenze iniziali semilavorati
Rimanenze nali semilavorati
= Costo dei prodotti niti
+ Rimanenze iniziali prodotti niti
Rimanenze nali prodotti niti
= Costo industriale diretto del venduto
+ Spese di vendita dirette
= Costo totale diretto del venduto
Margine di contribuzione
Mano dopera indiretta
Ammortamenti industriali
Altri costi industriali ssi
= Margine lordo della produzione venduta
Spese generali amministrative e di vendita
Ammortamenti generali
= Risultato operativo
Oneri nanziari
= Utile lordo di gestione
+ Oneri (e proventi) extragestione
= Risultato desercizio ante imposte
Imposte e tasse
= Risultato netto desercizio
Distribuzione a terzi
= Autonanziamento netto (utilizzo di riserve)

Figura 6.5 - Conto economico a costo del venduto

Sono opportuni ora alcuni suggerimenti:


lintervallo temporale sul quale si estende il piano bene non oltre-
passi i tre, massimo cinque anni: assai arduo, infatti, accordare
credibilit a previsioni al di l di tale limite;

121
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

si usa generalmente inserire nel business plan dati mensili per il


primo anno, trimestrali o annuali per i successivi, che sono poi le
scadenze abituali utilizzate per i budget di gestione;
i dati storici sono desumibili dalla documentazione aziendale; occorre
soltanto porre attenzione e approfondire se decisioni di politica o
gestione contabile non ne abbiano mutato il senso interpretativo ri-
spetto allattuale;
i dati futuri vengono generalmente desunti da quelli dellanno in cor-
so; si tratta di effettuare la stima del presente, al massimo grado di
precisione possibile;
le previsioni nascono dallesecuzione dei seguenti passi:
previsione dei ricavi, dei costi diretti e del risultato lordo;
previsione dei costi generali di gestione;
previsione degli investimenti e dei relativi ammortamenti;
denizione del risultato desercizio;
denizione dello stato patrimoniale;
verica del fabbisogno nanziario.
Poich gli ultimi tre passi sono conseguenze quasi automatiche dei primi
tre, qualora i risultati che ne emergono non siano soddisfacenti, occor-
rer riconsiderare gli aspetti strategici o operativi presi in esame, cio
effettuare una o pi simulazioni.
A questo proposito, per destreggiarsi facilmente con i dati numerici,
indispensabile utilizzare strumenti di elaborazione elettronica, cio soft-
ware costruiti ad hoc, quali per esempio, quello allegato al volume.

6.1 La previsione del risultato lordo


Come sappiamo, il risultato lordo, chiamato anche margine lordo, co-
stituito dalla differenza fra i ricavi e i costi diretti: quello, cio, che ap-
pare nella gura 6.5 come Margine lordo della produzione venduta.
Il costo diretto di questa costituito dal valore dei consumi di mate-
riali, dai costi di manodopera e altri costi industriali diretti, dalle spe-
se di vendita dirette, pi la porzione di manodopera indiretta ma attri-
buibile ai prodotti, gli ammortamenti specici e gli altri costi industria-
li ssi, il tutto tenendo conto delle variazioni delle eventuali rimanenze.
In altre parole, il margine lordo costituisce una entit economica posi-
tiva che contribuisce a coprire, o a pagare quelli che si chiamano
normalmente costi generali di azienda, per arrivare al risultato di eser-
cizio. Il risultato (o margine) lordo, per una azienda multiprodotto,

122
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

costituito dalla somma di quelli relativi ai singoli prodotti/servizi ven-


duti.
Il problema, quindi, anzitutto quello di calcolare, cio di stimare ricavi
e costi futuri: naturalmente tipologia e conformazione dellimpresa inu-
iscono pesantemente a rendere tali previsioni pi o meno difcili e
complesse; una impresa commerciale che venda un unico prodotto
assai diversa da una azienda industriale che produca varie linee di pro-
dotti e di servizi. Per non complicare inutilmente la nostra trattazione,
considereremo che si produca e si venda un solo prodotto o servizio;
ovviamente in caso di molteplicit, lesercizio di previsione dovr essere
ripetuto per ognuno di essi.

6.1.1 La previsione dei ricavi di vendita


Non rientra nei limiti di questo volume lapprofondimento e neppure
lelenco completo delle tecniche specialistiche utilizzabili per effettuare
le previsioni di vendita, anzi di fatturato; usiamo tale espressione per
identicare subito le vendite con le consegne, quindi con la creazione
dei ricavi; ne nasce quindi il concetto della necessit di coordinamento
con i fabbisogni di produzione e di scorte di prodotti niti.
Lesattezza delle previsioni dipende da vari fattori interni ed esterni, di
importanza variabile da azienda ad azienda, dai sistemi utilizzati per
effettuarle, e come si ripetuto in precedenza, a seconda se il piano
viene effettuato per imprese funzionanti, che possono far riferimento a
dati storici, o per imprese nuove.
Nella gura 6.6 sono indicati i fattori principali, nella gura 6.7 i sistemi
pi frequentemente usati e i metodi che li caratterizzano.

1. Chiarezza degli obiettivi e volont di raggiungerli


2. Signicativit dei dati informativi disponibili
3. Esperienza e abilit nel vagliare le fonti di informazione
4. Grado di conoscenza della concorrenza e del mercato
5. Stadio di sviluppo tecnologico del settore di attivit
6. Congiuntura economica generale e specica
7. Programmi innovativi e promozionali dellazienda
8. Livello organizzativo dellorganizzazione commerciale

Figura 6.6 - Fattori principali da cui dipende lesattezza delle previsioni di vendita

123
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Sistemi Metodi
Ricerche di e sul mercato Analisi di tendenza
Rilevamento dei bisogni
Verica condizioni economiche generali
Prospettive di sviluppo potenziale
Previsioni sulla concorrenza
Altri rilevamenti oggettivi

Sistemi statistico-matematici Calcolo di vari tipi di medie sui dati statistici


Analisi di dispersione
Misure di correlazione
Calcolo di trend previsionali
Analisi delle uttuazioni cicliche e irregolari
Altre elaborazioni e interpolazioni

Stime del personale di vendita Raccolta di informazioni dalle varie aree


Elaborazione delle stime da parte di ispettori e capi area
Analisi delle stime e confronto con dati e rilevazioni interne

Figura 6.7 - Sistemi e metodi per la previsione delle vendite

In entrambe le gure si fa riferimento allorganizzazione commerciale e


alle stime raccoglibili dal personale di vendita: ovviamente per le impre-
se nuove ci varr in misura assai limitata rispetto a quelle esistenti da
tempo.
La programmazione dei ricavi comporta, evidentemente, previsioni di
quantit e previsioni di prezzo; il ricorso alle tecniche cui si fatto cen-
no e lapporto determinante di esperti commerciali consentono di elabo-
rare ipotesi credibili iniziali che vengono via via rafnate. Oltre alle gi
citate possibilit di consegna, sono rilevanti:
le condizioni di pagamento concedibili ai clienti;
i programmi di ricerca e sviluppo dei prodotti/servizi;
le politiche di gestione e incentivazione del personale di vendita;
le possibilit di investimento in strutture commerciali;
gli interventi per assicurare la qualit;
altre azioni e iniziative interne ed esterne tendenti a ottenere laccet-
tazione dei prodotti dellazienda da parte del mercato.

6.1.2 La previsione dei costi diretti


utile ribadire la denizione di costi diretti: sono quelli attribuibili ai
prodotti, cio loro pertinenti, secondo criteri validi da un punto di vista

124
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

tecnico derivati dallinterpretazione economica di aspetti del funziona-


mento aziendale (cause) e delle loro conseguenze in termini di costo
(effetti). Gli altri costi, per i quali non sono riconoscibili relazioni di tale
tipo, sono da ritenersi costi generali di azienda. Sono quelli indicati nel-
la gura 6.5 dopo il margine di contribuzione; ne tratteremo in dettaglio
nel paragrafo 6.2.1.
I costi diretti dei prodotti, nel caso di una impresa manifatturiera di
produzione industriale, sono dunque quelli che derivano dalle voci di
costo direttamente attribuibili sulla scorta di una documentazione pi o
meno dettagliata di tipo tecnico, costituita in linea di massima dalle di-
stinte basi (o formule, o ricette ecc.) e dai cicli di lavorazione. Tali do-
cumenti sono il supporto di base per le determinazioni quantitative di
risorse necessarie: materiali diretti (detti anche materie prime), mano-
dopera diretta, tempi di macchine o impianti, attrezzature speciche,
energia, materiali accessori, supervisione, prestazioni di servizio (per
esempio, trasporti interni) ecc., mentre il costo di tali risorse proverr
da rilevamenti ed elaborazioni di tipo contabile, cos come le spese di-
rette di vendita e altri costi industriali diretti (qualora esistano).
Sullargomento dei costi diretti opportuno fare una digressione, perch
esso troppo importante sia ai ni di una corretta valutazione dei risul-
tati della gestione, sia di una previsione che il pi possibile ne rietta
lentit, sia inne per una presa di decisioni ragionevolmente motivata.
Lorientamento ormai prevalente al riguardo quello che tende a deter-
minare un modello economico dellazienda attraverso lelaborazione di
un direct costing evoluto. In altre parole, si tratta di associare ai costi
diretti variabili anche una quota di costi indiretti sicuramente attribuibi-
li ai prodotti.
Per ciascuno di essi, se si in grado di individuare costi ssi diretti,
questi verranno detratti dal margine sui costi variabili, per ottenere la
contribuzione del prodotto ai risultati.
Quindi avremo:
Contribuzione = margine sui costi variabili costi ssi diretti
In tali condizioni, il risultato globale sar:
Risultato globale = - contribuzioni costi ssi indiretti
Lanalisi del risultato sar di conseguenza da modicare, ai ni di fare
emergere, in successione, i margini sui costi variabili, le contribuzioni e
il risultato globale.

125
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Per spiegare in modo concreto lapplicazione del concetto di direct casting


evoluto, e per evidenziarne limportanza ai ni delle decisioni, riportiamo
un caso aziendale tratto dallesperienza applicativa.

Il biscotticio Biscodal
Lazienda, produce due tipiche specialit regionali: schiacciatine e gallette.
Nel reparto di preparazione, le materie prime (farina, burro ecc.) vengo-
no mescolate per formare gli impasti cui vengono quindi date le forme
valute.
La produzione passa quindi nel reparto cottura, in un forno a scorrimen-
to continuo. Al fondo della catena, i biscotti vengono confezionati e
imballati nel reparto addetto e passano quindi al servizio commerciale.
Lorganizzazione contabile individua anche un centro di costo ammini-
strativo.
Nel mese n, i costi diretti variabili, costituiti dai consumi di farina, di
burro e dalle altre materie prime, sono rispettivamente, in euro:
per la produzione delle schiacciatine: 110.000, 230.000, 160.382,50;
per la produzione delle gallette: 150.000, 250.000, 140.093,50.
I costi ssi diretti sono di 310.000 per le schiacciatine e 225.000 per le
gallette.
I costi indiretti, ssi e variabili, sono quelli riportati nella tabella che
segue.

Tabella di ripartizione dei costi indiretti (in euro)

Ammi-
Condiziona- Servizio
nistra- Preparazione Cottura
Voci Totale mento commerciale
zione
F F V F V F V F V
Mate- 35.704 2.100 1.700 22.400 6.304 3.200
riali di
consumo
Servizi 133.024 23.500 3.100 2.750 3.804 12.300 87.680
esterni
Costi di 394.000 82.000 15.000 32.000 15.000 35.000 47.000 96.000 72.000
perso-
nale
Attrez- 29.951 7.175 3.500 7.000 4.000 8.280
zature

126
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

La produzione del periodo stata di 90.000 confezioni di schiacciatine e di 74.000


confezioni di gallette. Tutta la produzione stata venduta. I prezzi di vendita
netti sono stati rispettivamente di 10 e 15 euro per ciascuna confezione. Il repar-
to preparazione ha lavorato 38 impasti per le schiacciatine e 42 per le gallette.
Il forno del reparto cottura ha funzionato per 140 ore, delle quali 65 per
le schiacciatine e le altre per le gallette. La catena di condizionamento ha
funzionato per 120 ore, delle quali 50 per le schiacciatine, il resto per le
gallette. I costi indiretti del servizio commerciale e dellamministrazione
possono venire imputati ai costi dei prodotti in proporzione al fatturato.
Lazienda si proposta i seguenti problemi:
1. utilizzando il modello del direct costing evoluto analizzare il risultato di
periodo;
2. supponendo che i due prodotti vengano sempre venduti pressapoco nelle
stesse proporzioni, e ragionando sul fatturato globale ricavare la soglia di
redditivit, ossia il livello di attivit i cui costi pareggiano i ricavi (vedi
paragrafo 8.1.3);
3. si prevede di lanciare una campagna pubblicitaria di 200.000 euro per
la promozione delle gallette, che pu provocare un aumento del volume
di vendita di questo prodotto del 20%. Quali considerazioni ne derivano?

SVOLGIMENTO DELLE ANALISI


1. Analisi del risultato
a) Calcolo del costo variabile delle unit dopera

Ammi-
Condiziona- Servizio
nistra- Preparazione Cottura
Voci Totale mento commerciale
zione
F F V F V F V F V
Mate- 35.704 2.100 1.700 22.400 6.304 3.200
riali di
consumo
Servizi 133.024 23.500 3.100 2.710 3.804 12.300 87.610
esterni
Costi di 394.000 82.000 15.000 32.000 15.000 35.000 47.000 96.000 72.000
perso-
nale
Attrez- 29.951 7.171 3.500 7.000 4.000 8.280
zature
Totali 592.679 114.771 21.600 33.700 24.710 22.400 42.804 53.304 116.580 162.810

127
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

N. di 100
Tipo di Quan- N. di
ore di euro
unit tit di ore di
funzio- di ven-
dopera impasti cottura
namento dita
Quan- 80 140 120 20.100
tit di
unit
dopera
Costo 421,25 160 100 8,1%
varia-
bile di
ogni
unit
dopera

b) Tabella di analisi dei margini e del risultato


Voci Totale Schiacciatine Gallette
Vendite 2.010.000 90.000 = 10 = 900.000 74.000 = 15 = 1.110.000
Costi diretti variabili
farina 260.000 110.000 150.000
burro 480.000 230.000 150.000
altre materie 300.476 160.382,50 140.093,50
Costi indiretti variabili
preparazione
cottura 33.700 38=421,25= 16.007,50 42=421,25= 17.692,50
condizionamento 22.400 65=160= 10.400 75=160= 12.000
servizio commerciale 53.304 50=444,20= 22.210 70=444,20= 31.094
162.810 900.000=0,081= 72.900 1.110.000=0,081= 89.910
Totale costi variabili 1.312.690 621.900 690.790
Mangime sui costi varia- 697.310 278.100 419.210
bili
Costi ssi diretti 535.000 310.000 225.000
Contribuzioni 162.310 () 31.900 (+) 194.210
Costi ssi indiretti 320.465
Risultato ()
158.155

c) Considerazioni
La tabella consente di fare lanalisi seguente:
Risultato globale = Totale contribuzioni Costi ssi indiretti () 158.155
= () 31.900 + 194.210 320.465.

128
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

I due prodotti hanno un margine positivo sui costi variabili: la loro ge-
stione redditizia. Il prodotto schiacciatine non copre i suoi costi
ssi specici.
I costi di struttura non sono coperti: non si raggiunge, pertanto, la
soglia di redditivit.

2. Soglia di redditivit
278.100 + 419.210
Tasso di margine = = 0,34692
2.010.000

Soglia di redditivit = Costi fissi



Tasso di margine

= 535.000
320.465 
0,34692
= 2.465.883

3. Opportunit di una campagna pubblicitaria


Lattuazione del progetto comporterebbe una variazione del risultato
pari a:
6R = 6 Margine 6 Costi ssi = (419.210 = 0,2) 200.000 = () 116.158
Il progetto non appare pertanto interessante.
Riprendiamo ora la trattazione generale circa la determinazione dei costi
diretti.
Gli elementi necessari sono da determinare attraverso quattro fasi logiche:
1) determinazione dei fabbisogni quantitativi di materie prime e acces-
sori;
2) determinazione dei tempi di fabbricazione;
3) calcolo dei costi previsti per i materiali;
4) calcolo dei costi previsti per la manodopera.
Si dovrebbe cercare di denire dati e valori medio-normali, stimati ba-
sandosi su condizioni di impresa e di mercato presumibilmente raggiun-
gibili senza ladozione di particolari misure o interventi.
Nelle gure 6.8, 6.9, 6.10 e 6.11 si sono sintetizzate avvertenze e attivit
relative a ogni fase.

129
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Avvertenze Attivit
Materiali deniti in termini di requisiti quali- Previsione di eventuali necessit di sostituzione
quantitativi. dei materiali prescritti, con altri di pari funzio-
nalit ed efcienza.
Se riferiti a produzioni gi effettuate in passato. Denizione di fabbisogni uguali a quelli utilizza-
ti anteriormente, corretti degli scostamenti rilevati.
Se relativi a nuove produzioni. Studio dei fabbisogni tenendo conto delle condi-
zioni di fabbricazione previste.
Fabbisogni comprensivi di scarti, sfridi, eventua- Ricorso a statistiche e/o rilevazioni speciche.
li ricuperi.

Figura 6.8 - Determinazione dei fabbisogni quantitativi di materie prime e accessori (fase 1)

Avvertenze Attivit
Ricorso a rilevamenti e calcoli da parte di Abbinamento ai dati rilevati e calcolati di corre-
esperti. zioni derivanti da previsione di utilizzazione e
di rendimento della manodopera e dei macchi-
nari.
Denizione di tempi produttivi normali. Determinazione del tempo necessario e sufcien-
te per lesecuzione corretta delle operazioni
produttive, nel quadro di condizioni precedente-
mente determinate.

Figura 6.9 - Determinazione dei tempi medio-normali di fabbricazione (fase 2)

Avvertenze Attivit
Prezzi unitari comprensivi di prezzi di acquisto Calcolazione: fabbisogni quantitativi per prezzi
e di tutti gli oneri e le spese accessorie. unitari prevedibili.
Eventuale valorizzazione con vari metodi (prezzo Determinazione di standard di riferimento per
medio, valore di mercato, valutazione delle ri- rilevare gli scostamenti.
manenze).

Figura 6.10 - Calcolo dei costi di materiali (fase 3)

Avvertenze Attivit
Costo di manodopera per unit di tempo com- Rilevamento statistico e previsione delle condizio-
prensivo di ogni spesa o onere diretto e indi- ni esterne e interne.
retto.
Calcolazione delle quantit medio-normali per
costo unitario previsto.

Figura 6.11 - Calcolo dei costi di manodopea (fase 4)

130
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

6.1.3 La previsione delle variazioni delle rimanenze


Sempre con riferimento alla gura 6.5, rileviamo come, per arrivare a
determinare il costo totale diretto del venduto, occorra tenere conto
delle variazioni delle rimanenze di magazzino (o stocks), qui suddivise
fra materie prime, semilavorati e prodotti niti. Tale aspetto assume
importanza diversa nelle varie aziende, a seconda della tipologia di
materiali e prodotti trattati, del mercato di acquisto e di vendita nel
quale operano: ovviamente non si pone, o quasi, nelle aziende di ser-
vizi.
La gestione degli stocks molto importante, sia sotto il prolo nanzia-
rio, giacch costituiscono capitale immobilizzato, sia sotto quello econo-
mico, giacch materiali e prodotti giacenti in magazzino possono diveni-
re obsoleti, quindi inutilizzabili, sia inne sotto quello produttivo, giacch
un livello di stocks insufciente pu creare intoppi nella produzione,
perdita di ordini o ritardi di consegna. Senza addentrarci qui nella trat-
tazione della metodologia di gestione, della quale parleremo nel Capito-
lo 8, accenniamo soltanto che esistono comunque due criteri da tenere
ben presenti, in sede di previsione:
conviene mantenere gli stocks al livello pi basso possibile;
occorre comunque preoccuparsi di tenere in magazzino materiali e
prodotti in quantit sufcienti per fare fronte a eventuali mutamenti
inattesi della domanda e delle possibilit di approvvigionamento.
La valutazione delle rimanenze e delle loro variazioni comporta la pre-
visione delle quantit moltiplicate per il valore unitario dei vari materia-
li e prodotti a magazzino. Tale valore unitario dipende, logicamente, da
quello attribuito allatto del loro carico e del loro scarico a e da magaz-
zino.
Il problema di quale valore scegliere delicato e importante, giacch
incide direttamente sulla determinazione del risultato: sottovalutazioni e
plusvalutazioni lo diminuiscono o lo aumentano e possono modicare in
pi o in meno i costi di esercizio, a favore o a carico dei ricavi che si
prevede di realizzare negli esercizi susseguenti con la vendita delle mer-
ci in rimanenza.
Al di l delle disposizioni civilistiche e scali, che non ci interessano in
questa sede, accenniamo ai criteri che possono essere adottati dal pun-
to di vista gestionale, che derivano dallattribuzione corretta di un valo-
re ai movimenti quantitativi di carico e scarico, quindi alle rimanenze
che ne derivano.

131
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

a) La valorizzazione dei carichi


Occorre distinguere merci e materiali acquistati dai semilavorati e dai
prodotti fabbricati dallazienda.
Per gli acquisti il carico avviene al prezzo di fattura aumentato delle
spese accessorie.
Per semilavorati e prodotti fabbricati, il carico avviene al costo: fra le
varie congurazioni di questo consigliabile scegliere il costo industria-
le diretto (vedi gura 6.5) che spesso il criterio adottato anche per la
redazione del bilancio.
b) La valorizzazione dei prelievi
Si supponga, come in realt avviene in generale, che esistano a magaz-
zino materiali e prodotti entrati in epoche e a costi diversi.
Gli scarichi avvengono al costo che deve essere scelto fra alcuni criteri
differenti:
il costo storico, teoricamente perfetto, che per presuppone di po-
ter identicare esattamente loggetto del prelievo, il che non
possibile, per esempio, se si tratta di materiali indistinguibili fra
loro;
il costo medio ponderato, molto valido quando venga conteggiato
progressivamente su base storica;
il costo FIFO (primo entrato, primo uscito), che simula di prelevare
le quantit pi anziane in magazzino, e porta quindi a valutare le ri-
manenze ai costi pi recenti;
il costo LIFO (ultimo entrato, primo uscito), che conduce a risultati
opposti al precedente.
La scelta fra i diversi metodi di valutazione non pu che dipendere da
criteri legati alla realt della gestione e dai risultati economici a cui si
punta.

6.2 La previsione del risultato di esercizio


Sempre ricorrendo alla gura 6.5, si rileva come per arrivare al Risul-
tato desercizio ante imposte occorra detrarre dal margine lordo della
produzione venduta una serie di voci delle quali esamineremo le princi-
pali.

132
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

6.2.1 I costi generali di gestione


Sono quelli indicati nella gura 6.5 come Spese generali amministrative
e di vendita, meglio denite, con signicato pi lato, Costi generali di
gestione. Comprendono tutte quelle spese che non possibile attribuire
in modo logico e razionale alla produzione venduta.
Il problema della separazione fra costi direttamente attribuibili e costi
da considerare generali non di semplice soluzione, soprattutto non
si presta a una soluzione univoca, poich frutto di apprezzamenti in
parte soggettivi e di inevitabili approssimazioni; esso forma argomen-
to assai dibattuto nellelaborazione di quella che viene comunemente
chiamata Contabilit Industriale o Analitica. Questo perch, anzitutto,
ogni azienda ha caratteristiche peculiari, poi perch fra quelli che
vengono considerati costi generali, dopo un esame analitico si giunge
a fare delle distinzioni fra quelli che sono veramente tali, e quelli che,
con opportuni approfondimenti, possono essere attribuiti a una o a
unaltra fase di gestione, a uno o a un altro processo di produzione, a
una o a unaltra attivit: quindi non sono in realt comuni allintera
azienda.
Il metodo della Contabilit Analitica che consente di effettuare in modo
soddisfacente tali distinzioni quello dei centri di costo, che consiste
nel considerare lintera struttura dellazienda come suddivisa in gruppi
di attivit omogenee, per lo pi rappresentate, in modo variamente det-
tagliato, da unorganigramma funzionale.
Per ognuno di questi gruppi di attivit, allora possibile individuare i
costi di funzionamento; se si tratta di attivit di produzione, di servizio
o di vendita, i loro costi di funzionamento andranno a far parte del costo
diretto del venduto, se si tratta di attivit cosiddette funzionali, i loro
costi saranno da considerare generali di azienda.
Le attivit funzionali, in generale coinvolgono, oltre a spese per il per-
sonale:
spese di direzione (retribuzioni, onorari, rappresentanza, gratiche,
regalie ecc.);
spese di marketing e di vendita non dirette (pubblicit, propaganda,
ere, pubbliche relazioni, convegni ecc.);
spese amministrative e dufcio (mobili, attrezzature, cancelleria e
stampati, libri, abbonamenti, posta, consulenze legali, contabili, nan-
ziarie ecc.);

133
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

spese strutturali (aftti, riscaldamento e climatizzazione, acqua, luce,


telefoni, sicurezza, manutenzione di fabbricati, pulizie, sorveglianza,
aree comuni ecc.);
spese per informatica (apparecchi, attrezzature, software, programma-
zione, manutenzione ecc.);
spese per viaggi, trasferte e trasporti (automezzi, manutenzioni e ac-
cessori, viaggi, alberghi, ristoranti ecc.);
altre spese e costi (assicurazioni, spese bancarie, perdite su crediti,
informazioni ecc.).
La previsione di queste spese non sempre agevole: per facilitarla
esistono alcuni accorgimenti. Ricordiamo anzitutto che anche se si
tratta di spese di tipo generale, possibile attribuirle a carico di centri
di costo che abbiamo chiamato funzionali, con notevole maggiore faci-
lit di previsione. In proposito si veda lesempio riportato nella gura
6.12.
Come ovvio, per aziende gi funzionanti, il problema meno arduo,
poich, sulla base delle registrazioni storiche si tratta di valutare even-
tuali differenze dovute a fattori conosciuti, come variazioni nelle tariffe,
inazione, modiche della struttura aziendale ecc.; per le aziende in fase
di avvio, si dovr fare riferimento a realt analoghe e a informazioni
normalmente reperibili.
Gli accorgimenti pi utilizzati sono:
fare previsioni su base annuale, eventualmente suddividendole nei
mesi o nei trimestri;
alcune spese sono rapportabili a parametri di riferimento (per m2 o
per m3, per numero di dipendenti ecc.);
la stagionalit pu inuire in senso positivo o negativo sulle attivit,
quindi su determinati costi, per esempio, di viaggio, di trasferte, per
trasporti ecc.;
le variazioni di cifra daffari incidono su costi a essa collegati, anche
se in modo non proporzionale (assicurazioni sul magazzino, spese
bancarie, perdite su crediti, gratiche ecc.).

134
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

Servizio Codice
Commerciale Centro Mese
Centro: Ufcio Vendite Italia
Organico
Dirigenti Quadri Impiegati
N. N. Livello 7 6 5S 5 4 3 2 1
N.
Costo di funzionamento
Codice Voce di spesa Importo
Personale
Ammortamenti
Manutenzioni e riparazioni
Utenze
Spese telefoniche e postali
Fiere ed Esposizioni
Viaggi e trasferte
Informazioni
Spese condominiali
Pulizia
Consulenze
Totale costi a imputazione diretta
Addebiti da altri centri
Totale costi

6.2.2 Immobilizzazioni e costi di ammortamento


Le immobilizzazioni sono elementi del capitale aziendale (materiali e
immateriali) a lento ciclo di utilizzo; sono esempi di immobilizzazioni gli
impianti, i macchinari, le attrezzature, i veicoli, gli elaboratori, oltre che
i brevetti, gli oneri pluriennali ecc. Vedasi, in proposito, il loro posizio-
namento nello stato patrimoniale nelle gure 6.2 e 6.4.
Si tratta, quindi, di beni durevoli che non esauriscono la loro utilit in
un unico atto produttivo e la mantengono nel tempo per pi esercizi;
essi non possono, pertanto, essere totalmente imputati allesercizio nel
quale sono stati acquisiti, ma il loro costo deve essere ripartito pro quo-
ta per tutti gli esercizi durante i quali concorreranno alla produzione del
reddito dimpresa.

135
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Data la rilevanza che questi beni hanno sul risultato economico, la legge
stabilisce precise norme per la loro valutazione e per il calcolo delle
quote di costo che devono essere contabilizzate a carico dellesercizio;
vale a dire la durata del periodo del loro ammortamento.
In sede di valutazione gestionale, quindi ai nostri ni, possono essere
adottati criteri pi soggettivi, tendenti ad attribuire ai vari esercizi quote
realistiche di assorbimento del costo degli immobilizzi impiegati nel
corso di essi.
Nel business plan dovr essere inserito un elenco degli investimenti
previsti, la data di acquisizione di ciascuno, una indicazione del loro
valore e un cenno ai criteri di ammortamento. Per quanto riguarda il
valore, il costo di acquisizione deve comprendere tutte le spese neces-
sarie a mettere il bene in condizioni di funzionare; per esempio, per un
elaboratore elettronico, il valore da contabilizzare comprender: il costo
di acquisto, quello dei programmi necessari per usarlo, il trasporto, le
spese per linstallazione, il cablaggio ecc.
Circa i criteri di ammortamento, necessario denire la durata del pe-
riodo in cui verr effettuato e le modalit relative.
Il periodo di ammortamento dovrebbe corrispondere alla durata del-
limpiego del bene. Essa non certamente facile da prevedere; possono
essere indicative le tabelle ufciali valide per la redazione dei bilanci.
Nella gura 6.13 ne riprodotto un esempio.

Settore: Produzione di biscotti e pasticceria


Cespiti Coefcienti %
Fabbricati destinati allindustria 3
Costruzioni leggere 10
Macchinari operatori e impianti 9
Forni e loro pertinenze 14
Attrezzatura varia e minuta 25
Mobili e macchine ordinarie dufcio 12
Macchine dufcio elettroniche 20
Automezzi 25

Figura 6.13 - Coefcienti di ammortamento

Pi concretamente si pu ricorrere alla prevedibile durata della vita


utile di ciascun tipo di immobilizzazione, sia essa materiale o immateria-
le, risultante da statistiche ed esperienze di aziende funzionanti.

136
6. LE ELABORAZIONI CONTABILI E LA PREVISIONE DEI RISULTATI ECONOMICI

Ne elenchiamo alcuni usuali:


Beni materiali
Terreni e fabbricati: da trenta a cinquantanni.
Macchinari e attrezzature: tre anni per gli elaboratori elettronici, cin-
que anni per mobili dufcio e veicoli, dieci anni per macchinari di
produzione.
Beni immateriali
Brevetti, licenze, marchi: durata del contratto di acquisizione o, in
mancanza, cinque anni.
Spese di avviamento dellattivit aziendale: dieci anni.
Per i costi di avviamento valgono considerazioni analoghe a quelle del
paragrafo 6.2.1 circa i costi generali di gestione. Vale a dire che anche
in questo caso occorre separare quelli direttamente attribuibili da quelli
da considerare generali. E anche qui pu essere di grande aiuto il meto-
do dei centri di costo brevemente illustrato in quella sede.
In denitiva, anche i costi di ammortamento sono costi di funzionamen-
to (sia pure non corrispondenti a esborso di denaro): se si riferiscono
ad attivit di produzione, di servizio, di vendita, sono costi che vanno a
far parte del costo totale diretto del venduto, altrimenti rientrano negli
Ammortamenti generali, cio costituiscono una delle voci che occorre
detrarre dal margine lordo della produzione venduta per arrivare al Ri-
sultato operativo.
Questo livello di risultato importante in quanto rappresenta la capaci-
t dellimpresa di generare reddito, mediante lo svolgimento della propria
gestione economica caratteristica, indipendentemente o quasi, dai coin-
volgimenti derivanti dalla salute nanziaria o da eventi di natura extra-
gestionale.
La detrazione degli oneri nanziari (interessi passivi verso banche, scon-
ti cambiari ecc.) ottiene la misura dellutile lordo di gestione; lulteriore
detrazione o addizione degli oneri o dei ricavi extragestione, rappresen-
tati dalle sopravvenienze passive e attive, oltre che la detrazione delle
imposte dirette, determina il Risultato netto di esercizio.

137
7.
Le problematiche e gli interventi
nanziari1

La previsione del risultato netto, pur costituendo una tappa importante


dellelaborazione del piano, non pu essere sufciente. Nulla assicura
infatti che, pur a fronte di previsioni economiche anche assai positive,
la situazione nanziaria che si delinea lo sia altrettanto; anzi, accade
talvolta che questultima presenti aspetti critici, che, se non vengono
previsti, possono causare gravi inconvenienti e rischi nella gestione. Le
aziende non falliscono per difetto di utili, ma per carenza di disponibili-
t di denaro.
, quindi, necessario prevedere quali saranno le esigenze nanziarie del-
limpresa, come avverranno lapprovvigionamento e limpiego della risor-
sa denaro, quali i costi di nanziamento.
Si dovr elaborare un bilancio e un quadro di tesoreria previsionali per
conoscere, quanto meno, limportanza di eventuali carenze o eccedenze
nanziarie.
Per fare ci, partiamo dalla riclassicazione dello stato patrimoniale
rappresentata nella gura 6.4. In tal modo, esso pu essere visto come
un insieme di voci riconducibili a forme di impiego (attivit) e di fonti
di nanziamento (passivit e capitale proprio).
Questo tipo di approccio, di tipo nanziario, provoca, quale conseguenza
pratica, la strutturazione delle voci dello stato patrimoniale in gruppi
aventi diversi gradi di liquidit nel tempo.
Per le attivit (impieghi) la struttura dei gruppi viene organizzata secon-
do il criterio della disponibilit crescente nel tempo; anzitutto si deter-
minano le cosiddette attivit correnti, rappresentate da:
liquidit, ovvero le voci cassa, c/c bancario con saldo attivo, deposito
postale ecc.;
liquidit differite, ovvero le voci crediti commerciali, effetti in porta-
foglio o allo sconto, crediti diversi;
liquidit realizzabili, ovvero le voci relative alle rimanenze di prodot-
ti niti, materie prime, semilavorati ecc.

1 Alcuni dei concetti e delle gure esposti nel presente capitolo sono tratti dal volume Ammini-
strazione Finanza Controllo a cura di P. Provenzali (F. Angeli Editore, 2000).
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Sono, invece, immobilizzi netti:


le immobilizzazioni tecniche, ovvero terreni, fabbricati, macchinari,
impianti ecc.;
le immobilizzazioni immateriali, ovvero brevetti, licenze ecc.;
le immobilizzazioni nanziarie, ovvero partecipazioni, crediti a lungo
termine per nanziamenti concessi ecc.
Per le passivit (fonti) la struttura dei gruppi viene organizzata secondo
il criterio dellesigibilit, cio del livello di vincolo esistente con il fun-
zionamento dellimpresa. Si determinano anzitutto le passivit correnti,
rappresentate da:
debiti a breve termine;
c/c bancari con saldo passivo;
fornitori;
debiti diversi con scadenza entro i dodici mesi;
eventuali utili da distribuire.
opportuno precisare che, detraendo dallimporto delle attivit corren-
ti quello delle passivit correnti, si ottiene il cosiddetto capitale di fun-
zionamento o circolante, che uno degli elementi pi importanti per
lanalisi nanziaria.
Per i debiti a medio-lungo termine sono da considerare le voci:
debiti obbligazionari;
mutui;
nanziamenti durevoli.
Per il capitale vengono considerate le voci:
capitale sociale;
riserve;
risultati di esercizi precedenti;
utile netto dellesercizio.
Oltre alla denizione di capitale circolante, cui si accennato, importante
anche quella di capitale investito, che corrisponde allimporto globale dei
nanziamenti a medio-lungo termine; esso costituisce il capitolo necessario
a nanziare durevolmente limpresa, ed rappresentato nella gura 7.1.

Impiego dei fondi Fonti di nanziamento


Immobilizzi netti (capitale sso) Finanziamenti di terzi (debiti)
Capitale di funzionamento (circolante) Finanziamenti dei soci (capitale netto)
Capitale investito Capitale acquisito

Figura 7.1 - Determinazione del capitale investito

140
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

importante osservare come le immobilizzazioni, proprio in conse-


guenza dello stabile legame con limpresa, siano finanziate nella
maggior misura con il capitale netto, che la fonte di finanziamen-
to pi stabile; finanziare il capitale fisso con debiti a breve termine
significherebbe esporre limpresa a improvvise necessit di cassa
qualora venissero a mancare i presunti finanziamenti a breve termi-
ne.
Ai ni di ulteriore chiarezza riportiamo nella gura 7.2 un esempio di
stato patrimoniale riclassicato secondo lottica nanziaria.

Stato patrimoniale nanziario al 31 dicembre 201X


Impieghi Fonti
Capitale sso Capitale proprio
Terreni e fabbricati 600 Capitale sociale 1.150
Macchinari 1.610 Riserve 221
Mobili 43 Utile netto desercizio 123
Totale (A) 1.494
2.253
Fondo ammortamento 718
Totale (A) 1.535 Debiti a medio-lungo termine
Fondo trattamento ne rapporto 345
Capitale circolante Totale (B) 345
Cassa e banche c/attivo 30
Clienti 1.200 Debiti a breve termine
Crediti diversi 133 Fornitori 500
Rimanenze nali magazzino 940 Banche c/passivo 1.400
2.303 Debiti diversi 34
Fondo svalutazione crediti 50 Fondo imposte 15
Totale (B) 2.253 Totale (C) 1.949
Capitale investito (A + B) 3.788 Capitale acquisito (A + B + C) 3.788

Figura 7.2 - Esempio di stato patrimoniale riclassicato secondo lottica nanziaria


(importi in milioni di euro)

141
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

7.1 La previsione dei movimenti nanziari


Ricordiamo che la voce cassa che appare in bilancio non sinonimo
della voce utili del rendiconto economico; si detto che unazienda pu
realizzare utili e trovarsi in difcolt per mancanza di liquidit. Le cause
delle differenze fra utili, movimenti nanziari e cassa sono varie: paga-
menti e incassi di denaro non vengono effettuati contemporaneamente
alle vendite e agli acquisti.
I fondi ottenuti dagli utili possono venire usati per incrementare il ma-
gazzino, acquisire immobilizzazioni e concedere crediti ai clienti.
Nonostante si tenti di compensare simultaneamente i costi con le entrate
nanziarie, la situazione dellutile si evolve in modo differente dalla situazio-
ne di cassa.
opportuno, a questo punto, chiarire il signicato del termine cash ow.
Poich lammortamento non unuscita di denaro, il cash ow costi-
tuito dallutile netto pi gli ammortamenti, o anche, con signicato pi
ampio, dal differenziale netto degli incassi e degli esborsi di denaro du-
rante lesercizio. Data limportanza della cassa per il buon andamento di
unazienda, opportuno predisporre previsioni nanziarie che indicano
il saldo di cassa per un periodo futuro: i decit di cassa mostrano la
necessit di trovare nuove fonti di nanziamento a breve termine, men-
tre le eccedenze dimostrano lesistenza di fondi disponibili per investi-
menti.
Le previsioni, o budget, dei movimenti nanziari pi comuni sono:
il bilancio previsionale;
il budget di cassa;
il budget delle fonti e impieghi.

7.1.1 Il bilancio previsionale


Il bilancio previsionale trasforma le previsioni di risultato economico,
quelle di nanziamento esterno e di investimento in bilancio futuro: esso
riette, quindi, le previsioni in materia di attivit e di come esse saranno
nanziate dai debiti e dal capitale netto.
La preparazione del bilancio previsionale passa attraverso alcune fasi
che sono esemplicate nella gura 7.3.

142
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

Fasi principali Fasi secondarie


1 Budget degli incassi di vendita Previsione suddivisione portafoglio di sconto effetti
Previsione andamento insoluti
Previsione incasso insoluti
Previsione andamento castelletto commerciale
2 Previsione incassi netti Somma algebrica risultati previsioni precedenti
3 Budget delle uscite nanziarie Rilevamento conto economico (ipotesi senza
oneri nanziari)
Previsione esborsi per:
acquisto materie prime
pagamento retribuzioni
altri costi (provvigioni, trasporti ecc.)
investimenti tecnici e in capitale circolante
Previsione sbilanci nanziari da registri IVA
4 Sintesi budget nanziario delle uscite Riepilogo previsioni precedenti
5 Budget nanziario dei movimenti (mensilizzato) Somma algebrica dei risultati delle fasi 2 e 4
6 Budget nanziario di cassa Conteggio degli oneri e proventi nanziari
7 Budget economico-nanziario nale Conto economico iniziale (ipotesi senza oneri nanzia-
ri, di cui alla fase 3) completato degli oneri nanziari

Riportiamo a titolo di esempio, un approccio molto semplicato di de-


terminazione del bilancio previsionale.

Previsione di esercizio
Fatturato 520,0
Costo merci vendute 356,0

Utile lordo 164,0
Spese di esercizio 89,0

Utile di esercizio 75,0
Spese straordinarie 4,0

Utile ante imposte 71,0
Tasse 35,5

Utile netto 35,5

Si sono utilizzate le seguenti ipotesi semplicate:


Fatturato: stima del responsabile vendite
Costo merci vendute: 68,5% del fatturato (dati storici)
Spese di esercizio: stima del responsabile amministrativo
Spese straordinarie: stima del responsabile amministrativo
Tasse: 50% dellutile ante imposte

143
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Attivo
Cassa 0,0
Crediti verso clienti 90,0
Magazzino 75,0
Attivo immobilizzato 152,0

Totale 317,0 = debiti + capitale netto

Passivo
(debiti + capitale netto)
Debiti a breve termine 98,0
Debiti a lungo termine 8,0
Capitale sociale 100,0
Utili cumulativi 111,0

Totale 317,0 = Attivo

Bilancio previsionale
Il bilancio previsionale basato sulle seguenti ipotesi semplicate:
Crediti verso clienti: 17,3% del fatturato
Magazzino: 21,1% del costo merci vendute
Attivo immobilizzato: 165 + 10 nuovi immobilizzi 23 ammortamenti
Debiti a breve termine: 27,5% del costo merci vendute
Debiti a lungo termine: stima del responsabile nanziario
Capitale sociale: invariato
Utili cumulativi: riserve + utile netto dividendi

7.1.2 Il budget di cassa


Il budget di cassa contiene le previsioni relative alle entrate e alle usci-
te per un periodo futuro; a scadenza trimestrale o mensile, molto
utile per prevedere eventuali decit o eccedenze.
La differenza fra la liquidit disponibile e le necessit di denaro indica
il fabbisogno di nanziamento o, in caso contrario, leccedenza di dena-
ro suscettibile di essere investita.
Nella figura 7.4 riportato un esempio di budget di cassa semplifi-
cato.

144
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

Secondo Terzo Quarto


Gennaio Febbraio Marzo
trimestre trimestre trimestre
Saldo di cassa allinizio 86,0 19,0 13,0 16,0 41,0 62,0
Pi entrate 163,0 226,0 201,0 236,0 247,0 244,0
Meno uscite 230,0 232,0 223,0 211,0 226,0 221,0
Eccedenza / (decit) di cassa 19,0 13,0 (9,0) 41,0 62,0 85,0
Prestiti bancari / (rimborsi) 25,0 (25)
Saldo di cassa di chiusura 19,0 13,0 16,0 41,0 62,0 60,0
Da trattenere per spese di esercizio 19,0 13,0 16,0 20,0 20,0 20,0
Disponibili per investimenti 0 0 0 21,0 42,0 40,0

Figura 7.4 - Budget di cassa (semplicato)

Uno schema tipo di budget di cassa , invece, quello di gura 7.5: il


maggiore o minore grado di analiticit dipende dalle esigenze speciche.
Mesi
Descrizione
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
ENTRATE
Incassi da clienti


Altre entrate


Totale ENTRATE
USCITE
Fornitori
Cambiali passive
Paghe, stipendi
Contributi
Rate, tributi
Altre uscite

Totale USCITE
STATO DI LIQUIDIT
Saldo inizio mese
Cassa e banche
Entrate
Uscite
Saldo ne mese
Cassa e banche
Disponibilit
Decit

Figura 7.5 - Budget di cassa - Anno

145
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

7.1.3 Il budget delle fonti e impieghi


La compatibilit nanziaria di un piano aziendale costituisce un proble-
ma cruciale; , quindi, fondamentale la predisposizione di uno schema
di lavoro che consenta di accertare se le ipotesi e le previsioni contenu-
te nel programma economico non urtino contro la situazione patrimo-
niale attuale, gli impegni nanziari gi presi o sorgenti dalle attivit
previste, le possibilit e lonerosit di ottenere capitali dallesterno. Meglio,
in caso di incertezza, ridimensionare il piano, piuttosto che rischiare
crisi o insolvenza.
A titolo di esempio, riproduciamo nella gura 7.6 il prospetto trienna-
le preventivo fondi e impieghi di unindustria di dimensioni medio-
piccole.

Descrizione 2008 2009 2010


Fonti
Utile netto 110 170 190
Ammortamenti 150 180 190
Aumento debito per imposte 70 100 130
Aumento debito per indennit di anzianit 40 50 60
Aumento netto debito verso fornitori, cambiali passive, debiti diversi 30 40 50
Totale Fonti 400 540 620
Impieghi
Distribuzione dellutile 60 70 100
Investimenti in immobilizzazioni 200 150 100
Pagamento imposte 40 70 100
Pagamento indennit anzianit 45 50 55
Aumento netto crediti verso clienti e div. 80 100 150
Aumento scorte 100 100 120
Rimborso obbligazioni e debiti a medio e lungo termine 80 80 80
Totale Impieghi 605 620 705
Cassa e Banche allinizio dellanno 123 328 408
Variazioni nanziarie dellanno 205 80 85
Cassa e Banche alla ne dellanno 328 408 493
Circolazione cambiaria 100 100 100
N.B.: dopo la stesura del preventivo, si deve procedere alla scelta delle fonti di nanziamento per la copertu-
ra del decit previsto.

Figura 7.6 - Preventivo fondi e impieghi di fondi per gli anni 2008/2009/2010
(in migliaia di euro)

146
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

Conclusioni
Come sintesi delle elaborazioni esposte nel presente capitolo, che do-
vranno gurare nel business plan, pare utile riportare alcuni punti signi-
cativi da ricordare ai ni di una previsione nanziaria afdabile:
a) Per preparare un valido budget nanziario, occorre esaminare le pre-
visioni economiche di esercizio, i mezzi nanziari disponibili (bilancio
alla data) e il modo in cui le fonti nanziarie vengono utilizzate (im-
mobilizzazioni e movimenti di denaro).
b) Un budget nanziario completo composto, normalmente, dal bilan-
cio previsionale, dalle previsioni dei movimenti di cassa e da unana-
lisi delle fonti e impieghi futuri.
c) Un aumento dellattivo indica un impiego di denaro; un aumento dei
debiti, o del capitale netto, costituisce una fonte di denaro. Il capita-
le netto aumentato dagli utili desercizio e diminuito dalla distribu-
zione di dividendi.
d) Le quote di ammortamento si ripercuotono sugli utili e dunque sulle
imposte. Per contro, essi non inuiscono sulla liquidit (cassa): la mag-
gior parte degli investimenti (soggetti ad ammortamento) infatti sono
stati pagati molto tempo prima di essere totalmente ammortizzati.
e) Cash ow (o usso monetario) pu avere due signicati:
movimento nanziario proveniente dalle operazioni, che lutile
netto dopo le tasse, aumentato degli ammortamenti;
movimento nanziario (o di liquidit) totale, che uguale al pre-
cedente, aumentato delle altre fonti (debiti o nanziamenti addi-
zionali) e diminuito degli impieghi (aumento delle voci di attivo,
tranne la cassa).
Il secondo signicato indica la differenza di cassa fra due bilanci
consecutivi.
f) Esistono tre tipologie di indicatori di natura nanziaria previsionale:
lindicatore per misurare la liquidit a breve termine (nellordine
dei mesi) la cassa disponibile per effettuare i pagamenti;
lindicatore per misurare la liquidit a medio termine (oltre un anno)
il capitale circolante per nanziare le operazioni correnti. Il ca-
pitale circolante rappresenta la differenza fra le attivit correnti e
i debiti a breve termine;
i migliori indicatori per misurare la liquidit a lungo termine (nor-
malmente dai tre ai cinque anni) sono la redditivit e il capitale
netto in rapporto alla percentuale di debiti.

147
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Sono queste le misure chiave dellindipendenza nanziaria, che evi-


denziano la possibilit che ha lazienda di generare o di ottenere da
terzi il denaro necessario per far fronte ai bisogni a lungo termine.
g) Espansione e sviluppo necessitano di un potenziale nanziario difci-
le da costituire se i margini di utile sono minimi.

7.1.4 Politica nanziaria e politica scale


opportuno, a questo punto, inserire alcune considerazioni sulla inuen-
za che politica nanziaria e politica scale possono avere su:
1. Utile netto di esercizio
2. Cash-ow di esercizio
3. Rapporto utile netto/capitale netto
4. Rapporto cash-ow/capitale netto
5. Rapporto cash-ow/utile netto
6. Politica dei dividendi
7. Nuovi fabbisogni nanziari per lo sviluppo futuro.
Partendo dalla situazione teorica di aziende diverse che presentano i
seguenti dati, si possono formulare ipotesi differenti, riassunte nella ta-
bella che segue.

Dati patrimoniali:
Attivit Passivit
1 2

Attivo corrente 500 Finanziamenti 1.000


Inventari 500 Capitale netto 2.000 1.000
Attivo sso 1.000 Totale 2.000 2.000
Totale 2.000
Dati economici:
Giro daffari 2.000
Utile 25% (prima di ammortamen- 500
to, interessi ed imposte)
Ammortamento:
Tecnico (10 anni)
Fiscale 10%
Anticipato 10%
Interessi 10%
Imposte 50%

148
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

1 2 3 4 5 6
Utile prima di ammortamenti, 500 500 500 500 500 500
interessi ed imposte
Ammortamenti:
ordinari (10%) 100 100 100 100
anticipati (10%) 100 100
Utile dopo ammortamenti 500 400 300 500 400 300
Interessi su nanziamenti (10%) 100 100 100
Utile prima imposte 500 400 300 400 300 200
Imposte (50%) 250 200 150 200 150 100
Utile netto dopo imposte 250 200 150 200 150 100
Cash-ow (utile netto + ammortamenti 250 300 350 200 250 300
Capitale netto 2.000 2.000 2.000 1.000 1.000 1.000
Utile netto su capitale netto 12,50% 10% 7,50% 20% 15% 10%
Cash-ow su capitale netto 12,50% 15% 17,50% 20% 25% 30%
Cash-ow su utile netto (%) 100 150 233 100 166 300

Lapplicazione di differenti politiche scali (per gli ammortamenti) e -


nanziarie (per luso di differenti fonti di nanziamento, capitale e/o ca-
pitale + debiti) porta ai seguenti risultati:
1) lutile netto (dopo imposte) pu variare da 250 a 100;
2) il cash-ow pu variare da 350 a 200;
3) il rapporto utile netto/capitale netto pu variare dal 20% al 7,50%;
4) il rapporto cash-ow /capitale netto pu variare dal 30% al 12,50%;
5) il rapporto cash-ow /utile netto pu variare da 300 a 100, evidenzian-
do una correlazione inversa tra i due fattori: ad un alto utile netto,
corrisponde un basso cash-ow e viceversa.
Dallesame degli indici sopra riportati appare evidente limportanza della
duplice valutazione dei risultati di esercizio, sia in termini di utile netto
sia in termini di cash-ow.
Una appropriata e completa valutazione dei risultati di gestione permet-
ter di offrire validi suggerimenti per determinare, da un lato, la politica
dei dividendi e, dallaltro, lentit del fabbisogno nanziario necessario
per sostenere lo sviluppo dellazienda.
Richiamandoci ancora alle ipotesi sopra riportate, vediamo di esaminare
le varie altenative in funzione:
della politica dei dividendi;
dello sviluppo della societ.

149
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

La tabella che segue evidenzia lutilizzo del cash-ow per:


ricostituire gli impianti consumati (ammortamento dellanno);
pagare il dividendo;
nanziare lulteriore sviluppo dellazienda.

Capitale netto 2.000 2.000 2.000 1.000 1.000 1.000


Cash-ow di gestione 250 300 350 200 250 300
Investimenti (ricostituzione impianti) 100 100 100 100 100 100
Residuo a disposizione 150 200 250 100 150 200
Dividendo (7,50%) 150 150 150 75 75 75
Residuo a disposizione 0 50 100 25 75 125
Nuovi nanziamenti 25 75 125
Totale mezzi disponibili 0 50 100 50 150 250
Totale attivo investito 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000
Possibile tasso di sviluppo (%) 0 2,50 5 2,50 7,50 12,50
Utile netto su capitale netto (%) 12,50 10 7,50 20 15 10
Cash-ow su capitale netto (%) 12,50 15 17,50 20 25 30
Dividendo massimo (%) 7,50 10 12,50 10 15 20

Nelle sei alternative considerate il cash-ow risulta essere sufciente a


coprire i fabbisogni per ricostituire gli impianti, e per pagare un dividen-
do minimo del 7,50, mentre il residuo cassa a disposizione per lo svilup-
po dellazienda, pu variare da 0 a 125.
Lutilizzo di nanziamenti esterni (nel rapporto di 1/1 con i capitali pro-
pri) fa variare i mezzi a disposizione per lo sviluppo da 0 a 250.
Rapportando tali mezzi agli investimenti ed al giro daffari precedenti
(2.000), si pu avere un tasso teorico di sviluppo variabile da 0 a 12,50%.
Unosservazione nale di una certa rilevanza: la possibilit (nanziaria)
di distribuire un dividendo risulta essere pi una funzione dellentit del
cash-ow che dellentit dellutile netto di esercizio.

7.2 I fabbisogni di capitale


Le aziende possono presentare strutture nanziarie profondamente di-
verse fra loro; differenti possono essere la consistenza patrimoniale,
lindebitamento, i criteri di ammortamento dellattivo sso, la composi-
zione del capitale circolante. La crescita degli impieghi deve essere
supportata da una corretta copertura delle fonti; prima di porre latten-
zione sulle possibilit di nanziare tali fabbisogni di capitale, importante
rendersi conto di come e in che misura essi si generano.

150
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

7.2.1 Lesposizione nanziaria


I beni che contribuiscono al nanziamento dellazienda, siano essi sotto
forma di merci in magazzino, di impianti e macchinari, di crediti da in-
cassare o di altre attivit, costituiscono impieghi di capitale. Tali impie-
ghi devono trovare copertura nanziaria nelle diverse forme di nanzia-
mento: mezzi propri (capitale netto e nanziamenti di soci) o di terzi
(debiti verso fornitori e verso banche, TFR, e altro).
Si detto che la previsione della struttura nanziaria deve integrarsi con
quella basata sui ussi nanziari, cio sul susseguirsi delle entrate e delle
uscite nel tempo, e il conseguente andamento della liquidit/indebitamento.
Unaltra previsione interessante e utile quella del ciclo monetario. Essa
consiste nel calcolo dei giorni che mediamente possono occorrere a una
somma impiegata nel ciclo produttivo, per venire incassata come credi-
to (ciclo monetario dei magazzini e crediti). Dallaltro lato, si calcola il
numero medio di giorni che intercorrono fra gli acquisti e il pagamento
ai fornitori. La differenza fra i due cicli monetari segnala uno sbilancio
che pu essere positivo, quando il ciclo fornitori maggiore del ciclo
magazzino + clienti, negativo in caso contrario.

7.2.2 Le fonti interne di nanziamento


1) Autonanziamento (cash-ow)
Dovrebbe essere la fonte principale di nanziamento, in unimpresa sana:
presuppone una gestione economica in grado di generare margini positivi.
Lautonanziamento la parte di reddito generata e rimasta in azienda;
si visto che la denizione comune di autonanziamento, o cash-ow
positivo, lo considera come somma dellutile netto e degli ammortamen-
ti. Altre denizioni prendono in considerazione anche forme diverse di
accantonamento. Nella gura 7.7 riportato uno schema di determina-
zione dellautonanziamento.
2) Apporto della propriet
Deve essere considerato fonte di natura straordinaria cui si ricorre in
caso di perdite consistenti (che riducano il capitale netto), o di grossi
investimenti.
Talvolta questo nanziamento viene strutturato sotto forma di prestito
obbligazionario interamente sottoscritto dalla propriet; esso comporta
vantaggi scali sia per lazienda che per i nanziatori.

151
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

Voci Anno 2009 Anno 2010


(+) Utile / (-) Perdita di esercizio 101.608 238.039
(+) Accantonamenti a ni tributari
(+) Rettiche di valore a ni tributari 690.420 489.784
(-) Rettiche di valore di attivit nanziarie 25.334
(+) Svalutazioni e accantonamenti 463.091 232.913
(+) Ammortamenti immobilizzi immateriali 7.234 24.433
(+) Ammortamenti immobilizzi materiali 1.624.388 1.220.323
(+) Accantonamento trattamento di Fine Rapporto 476.847 515.239
Autonanziamento della gestione corrente 3.363.588 2.746.065

Figura 7.7 - Schema di determinazione dellautonanziamento

7.2.3 Le fonti esterne di nanziamento


1) Accesso diretto ai mercati dei capitali
Le aziende possono accedere direttamente al mercato per reperire capi-
tali: se si tratta di societ per azioni, esse possono decidere di nanziar-
si sul mercato collocando una parte del capitale sociale in un mercato,
regolamentato o meno.
Lo strumento tecnico-giuridico atto a garantire linvestitore lazione,
che pu essere ordinaria, privilegiata o di risparmio. Poich non esiste
obbligo di remunerazione in termini di dividendi, se non nel caso di
azioni di risparmio, le emissioni azionarie rappresentano raccolta di ca-
pitali a basso costo e senza esigenza di programmare il rimborso.
In alternativa allofferta di azioni possibile emettere obbligazioni. Poi-
ch in questo caso si vende semplicemente un credito verso la societ,
fondamentale la conoscenza e la valutazione del rischio da parte del
mercato. In pratica, pu essere facile reperire fondi sul mercato obbli-
gazionario per unazienda conosciuta; unazienda non conosciuta dovreb-
be pagare un prezzo eccessivamente alto (in termini di tasso dinteresse)
per rendersi appetibile. Per tale ragione nelle imprese medio-piccole
solitamente la propriet a sottoscrivere un prestito obbligazionario, come
si accennato al paragrafo precedente.
2) Finanziamenti bancari a breve termine
Le operazioni di nanziamento descritte richiedono una programmazione
e predeterminazione del fabbisogno e presuppongono una durata a me-
dio-lungo termine.

152
7. LE PROBLEMATICHE E GLI INTERVENTI FINANZIARI

Per le esigenze di operativit a breve e per i bisogni momentanei di


cassa, le aziende possono dotarsi di facilitazioni creditizie cui fare ricor-
so quando occorre.
I vari istituti di credito erogano prestiti secondo le esigenze della clien-
tela, in termini di durata, di utilizzo, di tipologia di tassi e di operazione.
Per valutare il rischio, quindi la solidit economico-nanziaria dellimpresa,
nonch la sua probabile evoluzione, mettono in atto unistruttoria di do,
raccogliendo informazioni dal settore di attivit, dal mercato, dal bilancio,
dalle previsioni e da altre fonti. Dato il carattere cautelativo di tali valu-
tazioni, da tenere presente un grosso controsenso del sistema: i di o
i nanziamenti non vanno mai richiesti da unazienda quando ne ha
bisogno.
Esistono comunque varie forme di concessione di credito da parte delle
banche:
il do per cassa, che consiste nella possibilit per limpresa di andare
a debito sul conto corrente, entro i limiti concessi; il tasso dinteres-
se per questo tipo di indebitamento a breve pi caro rispetto ad
altri;
il do di portafoglio commerciale, basato sulle forme di smobilizzo/
incasso dei crediti dellimpresa (ricevute bancarie, effetti, anticipi su
fatture o su contratti);
il nanziamento export, che consiste in un anticipo su future espor-
tazioni in un determinato Paese;
il nanziamento import, che consiste in un anticipo su bonici da
eseguire a fronte di importazioni;
il forfaiting, con il quale si scontano crediti esteri a medio-lungo
termine, trasformandoli in contanti, tramite il pagamento di uno scon-
to;
il factoring, che una forma di smobilizzo dei crediti, offerta da so-
ciet specializzate che provvedono allincasso dei crediti ceduti dal-
lazienda interessata.
3) Finanziamenti a medio termine
Per coprire gli impieghi in investimenti a medio-lungo termine e mante-
nere un adeguato equilibrio nanziario, sarebbe opportuno coprire le
attivit immobilizzate con indebitamento a medio/lungo termine e mezzi
propri. Con un nanziamento sul medio termine lazienda acquisisce un
maggiore respiro che le permette di pianicare e coprire gli investi-

153
PARTE II - GLI ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI

menti con un orizzonte temporale di pi anni. Ovviamente, il semplice


fatto di non avere tutto il debito nanziario soggetto a possibile rientro
positivo per lazienda, rendendola pi solida e stabile di fronte a pos-
sibili problemi temporanei. Una classica operazione di questo genere
lacquisto di un immobile accendendo un mutuo ipotecario a n anni.
Per lacquisto di impianti e macchinari possibile ottenere diversi tipi
di nanziamento a medio/lungo termine; esaminiamone alcuni:
crediti agevolati erogati da istituti del credito speciale;
nanziamenti su leggi dello Stato (per esempio, legge Sabatini per
acquisto di macchinari o impianti, legge per Innovazione Tecnologica,
Bei ecc.);
leasing, tramite societ specializzate, che acquistano il bene strumen-
tale e lo cedono in locazione nanziaria allazienda utilizzatrice, che,
alla scadenza dellultimo canone, pagher un canone di riscatto di
esiguo valore per acquisire la propriet del bene.

154
Parte III
Le valutazioni nali
e la redazione del business plan

Avere elaborato una strategia, previsti i suoi risultati economici e deter-


minato il fabbisogno di risorse nanziarie per realizzarli, signica avere
completato il business plan nella sua struttura fondamentale e nei suoi
risvolti di previsioni operative.
Occorre per ancora tenere conto di due elementi di importanza crucia-
le, che possono giocare in modo determinante sul successo del piano:
la necessit di una revisione nale, per valutare se possano esistere
rischi che mettano in forse previsioni e risultati;
lesigenza di procedere alla redazione di un elaborato che persegua
lobiettivo da cui si partiti, cio quello di essere approvato da colo-
ro ai quali diretto, quindi convincente nei contenuti, chiaro nellespo-
sizione e gradevole da esaminare.
Nel prossimo capitolo tratteremo del primo aspetto, nel successivo del
secondo.
8.
Tecniche per la verica dei rischi
e per eventuali interventi correttivi

Nel corso delle analisi dellazienda e dellambiente esterno (capitoli 3 e


4) e poi nellelaborazione della strategia (capitolo 5), sono state formula-
te ipotesi che, partendo dal riconoscimento dei punti di forza e di debo-
lezza dellazienda, consentissero di individuare obiettivi raggiungibili.
Cos come, nel denire dati, calcolare risultati previsionali e ricavare
fabbisogno di risorse, si cercato di attenersi a livelli di probabilit at-
tendibili. Non v dubbio, per, che ipotesi, previsioni e livello di proba-
bilit abbiano lasciato margini di incertezza, com naturale trattandosi
di previsioni per il futuro.
Si tratta allora di identicare quali rischi derivino da tali margini di in-
certezza, di mettere a punto tecniche per vericarne limportanza, di
denire interventi correttivi per neutralizzarli, anche a costo di modi-
care in modo sensibile determinati indirizzi strategici.
Il citare, sia pure in modo non approfondito, tecniche e strumenti utiliz-
zabili, garantir un pi elevato livello di credibilit al piano e alle capa-
cit di gestirlo.

8.1 Tecniche e strumenti statistico-matematici

8.1.1 Il concetto di valore medio


Dati e informazioni che vengono utilizzati per determinate previsioni sono
spesso assai numerosi; qualche esempio in campo aziendale: quantit ven-
dibili, numero di scarti di produzione, difettosit dei prodotti, consumi di
energia, costo orario di manodopera. quindi spesso necessario conden-
sare le informazioni derivanti da molti numeri in un numero signicativo
detto valore medio. Il concetto di valore medio , quindi, molto semplice
e noto soprattutto nella sua espressione analitica, che si esplica sommando
i valori di una serie di dati e dividendo il totale per il numero dei termini.
Lo scopo del calcolo di una media quello di rendere semplice lapprez-
zamento di un fenomeno, espresso da numerose quantit numeriche,
sostituendo a esse un unico dato che le sintetizzi, pur mantenendo vali-
da la visione globale del fenomeno.
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Una media , quindi, la rappresentazione concisa di una serie omogenea


di dati, che ha il vantaggio di rendere immediato il confronto fra due o
pi serie di valori, nonch quello, ovvio, di semplicare molti calcoli; per
questo motivo viene abitualmente utilizzato nelle previsioni.
Riportando su un graco una serie di dati, derivanti da determinate os-
servazioni (o previsioni) di un fenomeno inuenzato da molte variabili
indipendenti, si ottiene una curva detta curva normale (vedi gura 8.1).

Figura 8.1 - Curva dello scarto-tipo

In determinate situazioni i valori osservati o prevedibili non sono distribui-


ti in modo cos simmetrico. Per esempio, la curva relativa ai valori annuali
delle retribuzioni del personale sarebbe assimmetrica, con una gobba a si-
nistra, giacch il personale particolarmente ben retribuito poco numeroso.
Ogni gruppo di dati pu essere descritto in virt di tre criteri statistici:
la media (valore medio o pi frequente);
lo scarto (differenza fra i valori minimo e massimo);
la forma della distribuzione dei dati (normale, obliqua).
Quando si disponga di questi tre valori caratteristici per un gruppo di
dati, possibile disegnare la curva e formulare le previsioni in funzio-
ne di questa. Si tratta, quindi, di misurare la dispersione, ossia il cam-

158
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

po di variazioni della serie di dati rispetto alla media e lo scarto, pi


o meno regolare, che esiste fra i dati stessi. La misura dello scarto
eseguibile con un procedimento noto come calcolo dello scarto-tipo.
Non ci dilungheremo su questo argomento, che fa parte delle tecniche
statistiche ed facilmente reperibile in qualsiasi trattato di statistica.
Comunque, una volta individuato lo scarto-tipo, si sa che per tutta una
serie di dati a distribuzione normale:
il 68,3% dei valori situato a una distanza dalla media inferiore a uno
scarto-tipo;
il 95,4% dei valori situato a una distanza dalla media inferiore a due
scarti-tipo;
il 99,7% dei valori situato a una distanza dalla media inferiore a tre
scarti-tipo.
Il metodo assai utile. Per fare un esempio signicativo e molto sem-
plice, poniamo che laltezza media degli alberi di un bosco sia di 10
metri, e che lo scarto-tipo delle altezze sia di 1 metro:
un po pi dei due terzi degli alberi hanno unaltezza di 10 1 metro,
cio fra 9 e 11 metri;
il 95% ha unaltezza di 10 2 metri, cio fra 8 e 12 metri;
quasi tutti gli alberi (il 99,7%) hanno unaltezza di 10 3 metri, cio
fra 7 e 13 metri.
Esistono, per, casi nei quali la media aritmetica non utilizzabile, per-
ch i termini della serie hanno diversa frequenza o diversa importanza.
Occorre allora calcolare una media ponderata, che tenga conto dei pesi
degli elementi della serie.
Vediamo un esempio: calcolo del prezzo medio pagato per lacquisto di
una materia prima da fornitori diversi.
Secondo i dati della gura 8.2, il prezzo medio di acquisto risulta:
10.000 = 1.000
9.000 = 2.000
10.500 = 500
9.500 = 1.500
 9.500 kg
1.000
2.000
500
150

Fornitore Prezzo di acquisto/kg Quantit acquistata kg


X 10.000 1.000
Y 9.000 2.000
Z 10.500 500
K 9.500 1.500
Tot. 5.000
Figura 8.2

159
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Sarebbe stato evidentemente errato calcolare la media aritmetica fra il


totale dei prezzi dei diversi fornitori (39.000) e il numero di acquisti
fatti (4): tale media sarebbe risultata 39.000/4 = 9.750/kg, ma non avreb-
be tenuto conto delle varie quantit acquistate.
Esistono altri tipi di valore medio, ottenibili con metodologie di calcolo
pi o meno complesse; ci limiteremo a elencarli, in quanto la loro appli-
cazione piuttosto rara nelle problematiche aziendali correnti; anchessi,
comunque sono reperibili nei trattati di statistica:
la media geometrica, semplice e ponderata (radice ennesima del
prodotto di n termini);
la media armonica (reciproco della media aritmetica dei reciproci di
n termini);
la mediana (valore centrale di una serie);
la moda (valore pi frequente della serie).
Aggiungiamo soltanto, a chiarimento di quanto sopra, che la mediana
rappresenta un valore tale che il 50 per cento dei casi lo eguagliano, o
stanno al di sotto di esso, e il 50 per cento restante lo eguagliano o si
trovano al di sopra di esso.

8.1.2 La correlazione
Fra due fenomeni esiste correlazione quando il valore di uno dei due
connesso al valore dellaltro. Perch si possa parlare di correlazione
occorre per che fra le variazioni subite dal primo e quelle subite dal
secondo esista una relazione di dipendenza, che presuppone un legame
di causa-effetto.
Venendo, in concreto, allargomento dei costi, nota lesistenza di tipo-
logie di essi, il cui comportamento diverso da quello dei costi variabi-
li e dei costi ssi, pur essendo valida la loro correlazione (quindi la re-
lazione di causa-effetto) con lattivit cui si riferiscono.
Al ne di approfondire la conoscenza delle problematiche economiche,
per mettersi in grado di formulare previsioni, indispensabile misurare
la correlazione fra costi e attivit, e distinguere in modo netto la parte
variabile e la parte ssa di determinate voci di costo di particolare com-
plessit.
Nelle applicazioni pratiche, necessario mettere in relazione una serie
di importi di una voce di costo con i corrispondenti volumi di attivit.
Per esempio, i costi complessivi di manodopera, di manutenzione, di
trasporto, in relazione a corrispondenti volumi di produzione.

160
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

Nella tabella di gura 8.3 sono riportati i dati relativi al costo mensile di
energia elettrica di un reparto di produzione, in correlazione alla quan-
tit fabbricata. Si vede come landamento del costo non sia n propor-
zionale n sso, rispetto al volume di attivit cui si riferisce.

Mesi Costo mensile per consumo di energia Quantit fabbricata n.


1 240.000 2.000
2 250.000 2.200
3 260.000 2.200
4 300.000 2.600
5 280.000 2.400
6 300.000 2.500

Figura 8.3 - Andamento di un costo misto

I motivi sono noti:


diversi regimi di funzionamento delle macchine nel tempo;
parte di energia consumata per illuminazione, trasporti e altri impieghi
non di produzione;
quota ssa per canoni non legati al consumo, ma alla potenza instal-
lata;
e altri.
La separazione delle componenti variabile e ssa si pu effettuare, in
prima battuta, applicando lanalisi delle variazioni nel modo seguente:
si considera sso il livello di costo minimo (240.000);
la variazione di costo fra questo e il livello massimo (300.000) di
60.000;
la variazione massima delle quantit fabbricate pari a 2.600 2.000
= 600;
lincidenza unitaria del costo variabile quindi 60.000: 600 = 100.
Pertanto il costo unitario per energia elettrica da considerarsi scisso
in due parti distinte:
costo sso globale = 240.000 per qualsiasi livello di produzione;
costo variabile unitario (proporzionale alle quantit fabbricate) = 100.
evidente come si possono effettuare facilmente previsioni di costo a
livelli intermedi o anche maggiori di produzione.

161
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

8.1.3 Il punto di pareggio


Il punto di pareggio (detto anche punto di equilibrio, punto morto o
soglia di redditivit) rappresenta il livello di attivit in cui i costi pareggia-
no i ricavi; al di sopra di tale livello, lattivit comincia a essere redditizia,
cio a produrre margini positivi. Il concetto di punto di pareggio sta alla
base di ogni previsione riguardante landamento di costi e ricavi, e quindi,
di margini: di quelle che vengono chiamate analisi costi-volumi-risultati.
Il punto di pareggio pu essere calcolato per qualsiasi tipo di attivit legata
alla produzione, alle vendite, al funzionamento di centri di costo e riguar-
dano, quindi, prodotti/servizi, o aree commerciali, o anche lazienda nel suo
complesso, purch sia possibile riferire allattivit in esame costi e ricavi
direttamente attribuibili a essa, con esclusione dei costi generali. Il livello
di attivit pu essere misurato in volumi di produzione, grado di utilizzo
della capacit produttiva (%), unit monetarie reali (fatturato) o gurative.
Trattandosi di unelaborazione previsionale, il grado di precisione delle pro-
iezioni, quindi dei dati futuri, legato sia allafdabilit degli strumenti di
calcolo dei costi di cui si dispone, sia alle capacit predittive di chi opera.
Lo strumento prezioso soprattutto per rendersi conto, con ragionevole
grado di approssimazione, di che cosa potr succedere manovrando le
leve gestionali relative al caso in esame.
Il punto di pareggio pu essere ricavato sia con metodo graco, sia con
un calcolo analitico; il primo di pi rapida e semplice utilizzazione e
di chiara evidenza, ma, logicamente, meno preciso e essibile.
Un esempio: la rappresentazione graca
Supponiamo di considerare un unico prodotto, le cui caratteristiche
economiche siano le seguenti:
produzione e vendita in quantit coincidenti (per semplicit);
quantit misurabili in numero di pezzi;
quantit massima producibile e vendibile (per saturazione delle capa-
cit: n. 1 milione di pezzi);
costi ssi propri pari a 30 milioni per tutta lestensione dellattivit;
costi variabili (proporzionali);
prezzo di vendita: 80/pezzo.
In un sistema di assi cartesiani si riportano in ascissa i volumi di attivi-
t, in ordinata i costi e i ricavi.
Si traccia la linea dei costi ssi CF, parallela allasse delle ascisse, giac-
ch i costi non variano in funzione del volume di attivit.

162
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

Si traccia la linea rappresentativa dei costi variabili CV, a incidenza costan-


te, quindi con importi proporzionali al numero di pezzi prodotti e venduti.
Si traccia la linea dei costi totali CT, sommando i valori dei due tipi di costo.
Si traccia la linea dei ricavi R, da attivit zero ad attivit 100%.
Il punto di intersezione tra la linea dei ricavi e quella dei costi totali
il punto di pareggio (BEP).
Dalla costruzione graca si rileva che il punto di pareggio si pone circa a
un livello di 60 milioni (di ricavi e di costi) corrispondente a un volume di
attivit (produzione e vendita) di circa n. 750.000 pezzi (attivit di pareggio).
Larea alla destra del BEP corrisponde a livelli di attivit superiori a quella
di pareggio; in tale area il prodotto genera margini positivi (nella gura 8.4
si vede come, a unattivit di 900.000 pezzi, corrisponda un margine di + 6).

Figura 8.4 - Graco del punto di pareggio (BEP)

163
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Larea alla sinistra del BEP, relativa ad attivit inferiori a quella di pareg-
gio, comporta margini negativi (i costi sono superiori ai ricavi); nella
gura, a unattivit di 300.000 pezzi, corrisponde un margine di 18. Il
massimo margine positivo, per attivit 100%, + 10; il massimo margine
negativo, per attivit zero, 30 (limporto dei costi ssi).
evidente come sia possibile la ricerca immediata dei punti di pareggio
corrispondenti a diversi livelli di attivit, e altres come, variando i pa-
rametri economici (costi ssi, costi variabili, ricavi) si generino nuovi
BEP, nuove congurazioni di margine.
La costruzione graca non per pratica per eseguire unampia serie di
simulazioni e ricerche alternative; in realt, in azienda si usa normalmen-
te lespressione analitica del BEP.
Il calcolo analitico
Riprendendo lesempio, esprimiamo con una formula il punto di pareggio
Rp:

Rp = CF + CV da cui
Rp = 30 + 50% R (infatti i costi variabili non sono esprimibili con un importo;
scegliamo di quotarne lincidenza unitaria (40), rispetto al prezzo
unitario (80)
Rp = R da cui
Rp = 30 + 0,5 R che pu essere trasformata in
Rp 0,5 Rp = 30 quindi
0,5 Rp = 30 e
Rp = 30: 0,5 = 60 = BEP

Abbiamo, evidentemente, trovato lo stesso risultato della rappresentazio-


ne graca, ma ora senza approssimazione.
Il punto di pareggio, qui espresso in termini di ricavo, pu essere tra-
sformato in termini di volume di attivit, dividendolo per il prezzo uni-
tario (60.000.000 : 8 = 750.000).

8.1.4 La gestione degli stock e degli approvvigionamenti


Al paragrafo 6.1.3 si accennato a due criteri da tenere presenti in sede
di previsione della gestione degli stock, che qui riportiamo:
conviene mantenere gli stock al livello pi basso possibile;
occorre comunque preoccuparsi di tenere in magazzino materiali e
prodotti in quantit sufcienti per fare fronte a eventuali mutamenti
inattesi della domanda e delle possibilit di approvvigionamento.

164
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

Prendendo in considerazione i materiali in genere, evidente come sia


necessario disporre delloccorrente per lesecuzione delle operazioni
previste. Rendere disponibili i materiali necessari al momento opportuno
sarebbe facilitato dalla possibilit di disporre di ampie scelte di magaz-
zino, prescindendo da problemi di immobilizzo di capitale per giacenze.
Viceversa, il problema di ridurre al minimo tali immobilizzi ha un peso
determinante sui risultati della gestione, dal punto di vista nanziario;
come vedremo, anche dal punto di vista economico esso ha grande rile-
vanza, soprattutto per gli aspetti che si riettono sulle politiche di ap-
provvigionamento. La gestione degli approvvigionamenti assume, infatti,
un carattere di peculiare importanza per la ricerca di un equilibrio fra
due esigenze:
ridurre il pi possibile le giacenze per minimizzare i costi per capita-
li immobilizzati;
ottimizzare il livello di servizio, ossia far s che al momento opportu-
no i materiali necessari siano effettivamente disponibili.
Per semplicit ci limiteremo a trattare dellapprovvigionamento di:
materie prime;
prodotti niti o seminiti acquistati dal commercio;
materiali lavorati dallesterno dellazienda su ordinazione.
I problemi sono analoghi agli effetti dei criteri di approvvigionamento,
salvo differenze di carattere tecnico per la determinazione di certi parame-
tri che inuiscono sul dimensionamento dei lotti di approvvigionamento.
I parametri fondamentali
a) Il costo di ogni materiale da acquistare
Sar determinato dai prezzi quotati dai fornitori, tenuto conto che spes-
so esistono offerte a prezzi scalari in relazione ai quantitativi di acquisto;
ci importante, come si vedr, al ne del calcolo dei lotti economici.
I costi vanno sempre maggiorati delle spese di trasporto e di eventuali
oneri che incidono sullacquisto.
b) Il costo dellordine di approvvigionamento
dato dalla somma di tutte le spese che devono essere sostenute per
emettere lordine stesso e per ricevere la merce acquistata. Esso si com-
pone dei costi elementari per le operazioni relative a:
gli accordi con i fornitori;
lemissione dellordine;

165
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

la ricezione del materiale;


i controlli di quantit e di qualit;
i controlli e le operazioni amministrative.
Questi costi diminuiscono con laumentare del volume di ogni ordine
(lotto di ordinazione) grazie alle economie di scala.
c) Il costo del capitale
Pu essere determinato in base al tasso medio di interesse che lazienda
paga alle banche, oppure al tasso di redditivit che potrebbe essere ot-
tenuto impiegando il denaro disponibile in altre attivit.
d) Il costo di manutenzione dei materiali a magazzino
Deriva dai seguenti costi parziali:
costi per interessi (di cui si appena detto);
costo delle operazioni di immagazzinaggio (manodopera, energia elet-
trica, servomezzi, ammortamento di attrezzature);
costo del deperimento dei materiali (per invecchiamento);
costo di obsolescenza dei materiali (non pi utilizzabili per motivi
tecnologici o commerciali);
costi per assicurazioni, tasse e varie.
Questi costi normalmente aumentano in funzione dei volumi in giacenza.
Nella gura 8.5 sono rappresentati gli andamenti dei costi suddetti se-
parati e combinati fra loro. Si ricava cos il livello di stock ottimale, che
quello a cui i costi delle ordinazioni e i costi di mantenimento a ma-
gazzino si minimizzano, cio quando sono uguali fra loro. In altri termi-
ni, il lotto economico di acquisto dato dalla quantit in virt della
quale si ha:
costo totale delle ordinazioni = Costo totale di mantenimento
ovvero
Numero di ordinazioni = costo di ogni ordine =
stock medio = costo unitario di mantenimento
Il calcolo del lotto economico di approvvigionamento abbastanza fa-
cilmente eseguibile attribuendo il valore prevedibile (da statistiche o da
calcoli specici) alle singole voci di costo elencate.

166
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

Figura 8.5 - Livello di stock ottimale

8.1.5 La valutazione dei progetti di investimento


Un investimento lacquisizione a titolo oneroso di beni la cui utilizza-
zione prevista in periodi futuri, in particolare nel corso di pi esercizi.
Scopo di tale impiego di mezzi nanziari solitamente quello di deter-
minare, mantenere o incrementare la capacit di reddito dellimpresa.
Un investimento pu essere, in linea generale, di tre tipi:
investimento per immobilizzazioni tecniche (macchinari, impianti,
attrezzature, mezzi di trasporto);
investimento per immobilizzazioni immateriali (studi, ricerche, reti di
distribuzione, campagne promozionali, formazione del personale ecc.);
investimento in materie prime o materiali vari da mettere a stock di ma-
gazzino.
Il terzo tipo attiene alla problematica di gestione delle scorte e, ovvia-
mente, dei capitali in esse immobilizzati. Dellargomento si parlato nel
corso del paragrafo 8.1.4; da notare, fra laltro, che gli effetti di questo
tipo di investimenti possono essere modicati anche nel breve termine.

167
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Il primo e il secondo tipo di investimenti comportano, invece, conside-


razioni in gran parte analoghe per entrambi: fra queste, la pi importan-
te che nelle decisioni di investire insito il rischio legato agli effetti
nanziari ed economici che linvestimento genera. Nel formulare le pre-
visioni che saranno inserite nel piano, occorrer quindi tenere conto che
rischio e redditivit sono componenti essenziali delle decisioni di inve-
stimento.
Poich, poi, tali decisioni impegnano lavvenire per periodi assai lunghi
e, come tali, hanno un ruolo essenziale sullandamento e sulla vita stes-
sa dellazienda, nasce la necessit di inquadrarle in una visione globale,
e di valersi di metodi di scelta basati sui calcoli di redditivit.
Necessit di un programma globale
La necessit di un programma globale dipende da due considerazioni
fondamentali:
a) gli investimenti impegnano lazienda per tutta la durata del-
lammortamento; devono essere quindi inseriti nella politica a lungo
termine, necessariamente di tipo globale;
b) le risorse monetarie che possono essere dedicate agli investimenti
sono limitate, sia per la loro disponibilit (capitali propri, possibilit
di indebitamento, mutamento sullequilibrio nanziario), sia per il loro
costo.
Il problema pi impegnativo, che rende difcile la denizione di una
politica di investimenti, deriva dal grande numero di variabili da prende-
re in considerazione, per la determinazione del piano ottimale.
Poich non tutte le variabili sono quotabili con dati numerici, e poich
difcilmente si hanno a disposizione strumenti di analisi sufcientemen-
te rafnati, si tratta di procedere per gradi, e cio:
1) partire prima da un punto di vista aziendale, cio prendendo in con-
siderazione gli effetti degli investimenti sullandamento della gestione
(motivazioni, scopi, risultati);
2) affrontare poi il punto di vista nanziario (tipo di capitali, loro costo
e loro remunerazione);
3) esaminare le variabili proprie ai diversi progetti di investimento che
non hanno attinenza con la loro redditivit;
4) eseguire, inne, opportuni calcoli e confronti di redditivit fra i pro-
getti rimasti sul tappeto, dopo le eliminazioni conseguenti allesame
effettuato ai punti 1), 2), 3).

168
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

Per quanto riguarda il punto 1), cio le motivazioni che stanno alla base
delle decisioni di effettuare le immobilizzazioni, gli investimenti si pos-
sono classicare in varie categorie, riportate nella gura 8.6. La suddivi-
sione utile da tenere in considerazione, perch induce a riettere sugli
scopi che si perseguono, e sulla rispondenza, o meno, a essi dei vari
progetti dinvestimento.

Categoria Motivazione Redditivit


Capacit Aumentare la capacit di produzione e di vendita Calcolabile
di prodotti o servizi esistenti
Innovazione Produrre o vendere prodotti o servizi nuovi gi Calcolabile con incognite lega-
identicati te a nuovi prodotti o servizi
Produttivit Ridurre i costi di produzione Calcolabile
Salvaguardia Evitare possibili perdite future (manutenzioni stra- Calcolabile
ordinarie o sostituzioni)
Vari Obblighi di legge (sicurezza, antinquinamento ecc.) Non calcolabile
Scopi sociali (miglioramento del clima e dei rap-
porti aziendali)
Prestigio
Strategici Inuire sullo sviluppo dellazienda a lungo termine Non calcolabile

Figura 8.6 - Classicazione degli investimenti

Circa il punto 2), si tratta di problemi di ordine nanziario, che sono


stati affrontati nel corso del capitolo 7.
Le variabili di cui al punto 3), connesse ai diversi progetti dinvestimen-
to, senza riferimento alla loro redditivit, sono:
a) omogeneit e inuenza reciproca;
b) periodo di rimborso (celerit di ammortamento);
c) rischio dellinvestimento;
d) dimensioni dellinvestimento;
e) durata dellinvestimento;
f) alea delle previsioni sullevolversi delle situazioni interne ed esterne
allazienda;
g) mix ottimale delle diverse categorie di investimento da effettuare.
Al punto 4), cio alle metodologie di calcolo della redditivit dei proget-
ti sono dedicati i paragra che seguono. Obiettivo fondamentale dellanalisi
economico-nanziaria delle proposte di investimento quello di fornire
i parametri di valutazione e di raffronto; essa rappresenta, quindi, un

169
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

importante strumento di pianicazione e di ottimizzazione dellimpiego


delle risorse nanziarie.
I criteri di valutazione1
I criteri di valutazione degli investimenti, che si fondano sulle previsioni
dei ussi di cassa, sono i seguenti:
a) Valore attuale netto;
b) Tempo di recupero;
c) Indice di redditivit;
d) Tasso interno di rendimento.
Ognuno di questi criteri prende a misura della redditivit degli investi-
menti un dato che consente di confrontare varie alternative sul piano
economico-nanziario.
a) Valore attuale netto (VAN). il valore attuale dei ussi di cassa ge-
nerati dallinvestimento, al netto dellinvestimento stesso. Se il VAN
positivo signica che linvestimento produce un reddito, in termini
attuali, pari al VAN stesso, dopo aver rimunerato il capitale investito
al tasso considerato, ossia il tasso di attualizzazione. Il calcolo di
attualizzazione di un reddito futuro consiste nel determinare il valore
attuale di quel reddito; valore attuale che investito per il periodo
considerato a un determinato tasso di attualizzazione d il reddito
previsto.
b) Tempo di ricupero. Con questo criterio si valutano investimenti alter-
nativi con riferimento al periodo di tempo entro il quale si recupera
il capitale iniziale. Non si tiene conto del cash ow generato nel pe-
riodo successivo al momento di recupero del capitale investito.
c) Indice di redditivit. Si tratta di calcolare il tasso di redditivit del
capitale investito, dividendo il valore attuale lordo del cash ow (al
lordo cio del capitale iniziale) per il capitale iniziale. Il rapporto
indica in termini attuali il reddito lordo apportato da ogni unit di
capitale e consente il confronto di redditivit fra progetti con diffe-
renti capitali investiti.
d) Tasso interno di rendimento. il tasso che rende nullo il VAN, che
eguaglia cio il valore attuale del cash ow al capitale iniziale inve-
stito. Ipotizzato il cash ow, si determina con questo metodo il tasso
necessario per ottenere un VAN uguale a zero.

1 Alcune considerazioni contenute in questo paragrafo sono tratte dal volume Valutare limpresa
di G. Boffelli, Maggioli Editore, 1999.

170
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

A chiarimento di quanto sopra, opportuno specicare che il cash ow


qui inteso come espressione nanziaria del reddito conseguibile nel
tempo per effetto dellinvestimento.
Lanalisi economica: determinazione dei costi e dei beneci
Lanalisi, cos come ogni altro studio di tipo quantitativo, richiede la
determinazione di alcuni dati di partenza; nel caso di progetti di investi-
mento, i dati base occorrenti sono, molto sinteticamente, i seguenti:
lammontare dellinvestimento;
i beneci che lo stesso dovrebbe apportare.
chiaro, comunque, come sia inevitabile, in sede di previsione degli
investimenti da effettuare, che sia la determinazione dei costi, sia quella
dei beneci siano largamente basate su ipotesi e su stime. La loro atten-
dibilit condiziona, quindi, in modo sostanziale la validit di ogni succes-
siva analisi.
Per determinare in sede preventiva il costo di un investimento indi-
spensabile seguire una regola: denire esattamente i termini del proble-
ma avendo ben presente lobiettivo nale.
Ci signica, per esempio, che se unazienda esamina lopportunit di
acquisire unapparecchiatura, occorre tenga presente che lobiettivo
nale limpiego di essa, non il suo acquisto, senza trascurare, quin-
di, i fattori che entrano in gioco per portare il nuovo mezzo a funzio-
nare a regime e che concorrono a determinare il reale costo del-
linvestimento.
Altrettanto delicata la determinazione dei beneci da attribuire al-
linvestimento, evitando di dare un valore a quelli che, in realt, o non
sono praticamente quantificabili, oppure non sono solo frutto del-
linvestimento proposto.
Per tradurre in termini concreti quanto qui esposto in forma concettua-
le, esaminiamo un semplice esempio.
Supponiamo che unazienda distributrice di gas ipotizzi lacquisto di un
nuovo impianto per produrre maggiori quantit a costi inferiori. Lam-
montare dellinvestimento sia quello riportato nella gura 8.7.

171
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Costi e recuperi
Acquisto nuovo impianto 1.000
Opere edili 30
Trasporto e installazione 25
Modiche impianti 45
Modica attrezzature 60
Addestramento personale 20
Avviamento produzione 30
Vari e imprevisti 20
Investimento lordo 1.230
Ricavo alienazione vecchio impianto 150
Valore residuo da ammortizzare (80)
Spese disinstallazione (20)
Recupero netto 50
Investimento netto 1.180

Figura 8.7 - Calcolo del costo dellinvestimento

La valutazione dei beneci comporta la seguente considerazione: i bene-


ci saranno rappresentati dalla differenza di risultato (in termini di utile
lordo sulle vendite) che si avrebbe utilizzando il nuovo impianto, anzich
continuare a utilizzare quello attuale.
I dati relativi al vecchio impianto sono riportati nella gura 8.8.

Complessivo Unitario
Materia prima 864 60
Manodopera diretta 720 50
Manodopera indiretta 288 20
Spese variabili di fabbricazione 144 10
Spese sse di fabbricazione 576 40
Manutenzione 45 3
Ammortamenti specici 60 4
Totale 2.697 187
Maggiorazione 5% (incidenza perdite) 9,35
Costo unitario per mc distribuito 196,35

Figura 8.8 - Dati di costo del gas distribuito con il vecchio impianto

Tali costi si riferiscono allattuale volume di produzione, ossia 13.680.000 mc,


distribuiti allanno; la capacit produttiva dellimpianto di 3.000 mc/ora.

172
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

La durata dellimpianto attuale ipotizzabile in cinque anni; il ricavo di


vendita di 200/mc. Pertanto, il ricavo complessivo nei cinque anni pari
a Mil. 13.680; il costo complessivo risulta di Mil. 13.237, da cui un mar-
gine lordo sulle vendite, nei cinque anni, di Mil. 443.
Il nuovo impianto, di caratteristiche tecnologicamente pi avanzate, per-
metterebbe di distribuire nei cinque anni 94.080.000 mc, che al ricavo
unitario di 200/mc danno un ricavo complessivo di Mil. 18.816.
Il costo prevedibile della produzione riportato nella gura 8.9.

Complessivo Unitario
Materia prima 1.152 60
Manodopera diretta 720 37,5
Manodopera indiretta 288 15
Spese variabili di fabbricazione 192 10
Spese sse di fabbricazione 576 30
Manutenzione 22,5 1,2
Ammortamenti specici 200 10,4
3.150,5 164,1
Maggiorazione per incidenza perdite 3,3
Totale 167,4

Figura 8.9 - Calcolo del costo di produzione del gas con il nuovo impianto

Pertanto il costo complessivo della produzione distribuita nel periodo


considerato risulta di Mil. 15.785 e il margine lordo sulle vendite di Mil.
3.031.
Ponendo a confronto i due risultati ottenuti, in termini di margine lordo
sulle vendite, avremo il valore del benecio che dovrebbe produrre lin-
vestimento previsto, vale a dire:
3.031 443 = 2.588 milioni in 5 anni

8.1.6 Lanalisi della vulnerabilit


Nessuna impresa destinata a operare in un contesto isolato, ma di
economia aperta pi o meno al mercato, nel quale gioca tutta una serie
di forze contrastanti.
Occorre, pertanto, tenere conto di tali forze, in gran parte esterne al-
lazienda; esse, di natura politica, economica, sociale, tecnologica ecc.,
costituiscono lo scenario sul quale limpresa deve svolgere il suo ruolo.

173
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Per poter stabilire le scelte di priorit bisogna ipotizzare le possibili si-


tuazioni future; i passi logici sono allora:
1) ridenizione degli obiettivi economici;
2) individuazione dei fattori chiave fondamentali;
3) individuazione delle forze esterne condizionanti;
4) analisi del loro comportamento possibile;
5) denizione delle logiche delle situazioni future.
Occorre poi individuare le conseguenze per lazienda, e per identicare
gli eventi che presumibilmente potranno condizionarne lattivit, fon-
damentale saper distinguere quali sono i suoi principali punti di forza, i
pilastri sui quali destinata a poggiare. Bisogna poi chiedersi se si
intravedono minacce che ne possono compromettere il futuro, cio in-
dividuare il grado di vulnerabilit dellimpresa, quindi quali minacce
possono pregiudicarne gravemente la sopravvivenza.
Esiste una difcolt obiettiva di stabilire quali siano gli effettivi pilastri
fondamentali di unazienda esistente o in via di costituzione.
Pu essere di aiuto il prospetto riportato nella gura 8.10.
Lanalisi pu essere eseguita attraverso la compilazione di un questiona-
rio: meglio se svolta da pi persone coinvolte nella redazione del business
plan, ai ni di confronto.
Il questionario chieder:
Minacce: descrivere la natura di eventuali minacce ai diversi fattori chia-
ve (pilastri).
Rispondere scegliendo fra le seguenti alternative:
0 25%
25 70%
50 75%
75 100%
secondo come giudica che la possibilit possa vericarsi.
Impatto: giudicare le conseguenze del vericarsi delle minacce.
Rispondere scegliendo fra le seguenti alternative di gravit:
nulla
leggera
consistente
grave
catastroca
Obiettivo di questo capitolo quello di aiutare a riettere sui possibili
rischi: pu succedere, in funzione della loro presa di conoscenza, di

174
8. TECNICHE PER LA VERIFICA DEI RISCHI E PER EVENTUALI INTERVENTI CORRETTIVI

dover modicare la strategia e i programmi operativi. Sta appunto in ci


il principio chiave del processo di pianicazione: individuare il cammino
migliore per il futuro, ottimizzando la strategia, controllando e minimiz-
zandone i rischi.
assai opportuno che le considerazioni emergenti vengano inserite nel
piano: saranno utili per dimostrare la padronanza di ogni aspetto e per
anticipare eventuali preoccupazioni e obiezioni di chi deve prenderlo in
considerazione.

Fattori Minacce
Oggetto sociale (realizzabilit) Viene veramente soddisfatto?
Si pu soddisfare in altro modo?
Pu cambiare improvvisamente?
Risorse (persone, capitali, materie prime, impian- Grado di indispensabilit
ti, servizi ecc.) Sostituibilit
Confronto dei costi rispetto alla concorrenza Struttura dei costi aziendali
Identicazione della concorrenza effettiva e po-
tenziale
Clientela di base Troppo limitata?
Troppo concentrata?
Sostituibile?
Tecnologie Allineamento con i concorrenti
Quali innovazioni in altri settori
Capacit speciali Esistono?
Chi le possiede?
Se si perdono si possono integrare a monte, a
valle?
Approccio concorrenziale Esistono barriere?
Rimarranno valide?
Valori interni della societ e del mercato Esistono mutamenti nella scala dei valori?
Chi decide lacquisto dei nostri prodotti?
Altri eventuali

Figura 8.10 - Lista di fattori chiave/minacce

175
9.
Redazione e presentazione
del business plan

Nel corso del volume si visto come dare una valutazione alla situazio-
ne attuale e come esaminare lazienda al suo interno e in rapporto al-
lambiente esterno.
A seguito di ci si dovrebbe aver prospettato una strategia, poi trasfor-
mata in piano, averne calcolati gli aspetti economici, no a giungere al
risultato nale in termini di utile, di valore patrimoniale, di capacit di
autonanziamento e di fabbisogno di capitali. Tutto ci fatto, si dispone
quindi di un piano operativo di ottimo livello e di notevole validit, non-
ch di un budget.
Si tratta, quindi, di assemblare il tutto in modo ordinato, razionale e di
facile lettura, afnch appaia convincente per coloro ai quali il piano
destinato, siano essi componenti della Direzione, o membri della Pro-
priet (per utilizzo allinterno dellazienda) oppure soggetti esterni (allo
scopo di ottenere mezzi di nanziamento).

9.1 I destinatari
assai utile porre lattenzione sulle caratteristiche speciche delle per-
sone alle quali il piano dovr essere presentato, in quanto ci sar cer-
tamente daiuto nel suggerire di trattare pi o meno a fondo determina-
ti contenuti e anche di valorizzare in modi diversi aspetti apparentemen-
te solo di tipo formale.
Nella gura 9.1 riportato un elenco di possibili destinatari e delle pi
probabili domande che potranno porsi allatto di esaminare il business
plan.
Ammesso di conoscere i destinatari del piano, occorre anzitutto essere
certi che questo verr letto interamente e con interesse.
Per tale motivo la presentazione e la sintesi introduttiva, delle quali si
parlato nel capitolo 2, devono essere curate con grande attenzione, ad-
dirittura con pignoleria.
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Destinatari Domande
Consiglio di Amministra- Sono stati identicati correttamente gli obiettivi della Direzione ed
zione elaborata un strategia vincente?
Il prestigio del Consiglio ne trarr vantaggio?
Direzione Generale La strategia valida e il piano operativo realizzabile?
Sono in accordo con lo stile di direzione denito?
Enti governativi Il piano risponde ai loro obiettivi (per esempio, sviluppare la forma-
zione, creare posti di lavoro, valorizzare zone e territori, aumentare
le esportazioni)?
bene indicare tutto ci in modo chiaro.
Banche Lazienda appare sufcientemente solida e avr la capacit di auto-
nanziamento necessaria per rimborsare i prestiti?
Il piano minimizza i rischi legati agli investimenti?
Eventuali partner Le qualicazioni e le risorse dellazienda si completano con le loro?
Quale aumento di valore subiscono le loro imprese?
Sono dimostrate inequivocabilmente afdabilit e seriet del piano?
Finanziatori amici Potranno ricuperare il loro denaro?
Societ di investimenti Che cosa rende interessante lazienda?
Come si svilupper il business?
Investitori istituzionali La Direzione allaltezza?
Limpresa solida?
Sar capace di affermarsi sul mercato a lungo termine?
Esperti nanziari Esistono le condizioni e i presupposti per eventuali aumenti di capita-
le e allargamento della base azionaria?

Figura 9.1

9.2 I possibili errori


Soprattutto quando lo scopo ottenere nanziamenti, occorre evitare
errori che possano determinare un insuccesso immediato, ancor prima
di unattenta lettura. Alcuni di tali errori possono essere:
una presentazione disordinata, o troppo accurata, che in entrambi i
casi ingenera difdenza;
un testo troppo lungo, con molte generalizzazioni e argomenti inutili;
un testo troppo breve, redatto in modo vago;
scarsit di argomentazioni concrete e di dettagli;
errori nei dati (molto grave);
omissioni che denunciano carenza di qualicazione, di conoscenze o
di risorse;
insufcienza di analisi dei rischi, delle opportunit e delle minacce;

178
9. REDAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BUSINESS PLAN

previsioni economico-nanziarie troppo ottimistiche, sviluppo e cash


ow ad andamento dubbio;
troppo evidente ricerca di mezzi nanziari, piuttosto che prospettive
di successo dellazienda;
elaborazione del piano da parte di consulenti che pone in dubbio le
capacit e la qualicazione del management interno.
Comunque occorre tener sempre presente che il fattore chiave per il
successo del piano riuscire a trasmettere la visione globale del business
che viene prospettato e dellintuizione imprenditoriale.

9.3 Suggerimenti per ottenere lapprovazione del business plan


Occorre sottolineare quanto gi accennato a proposito dei destinatari cui il
business plan verr presentato (par. 9.1). chiaro che esistono alcune diffe-
renze a seconda che il piano sia destinato allinterno o allesterno dellazienda.

9.3.1 Piani destinati a essere utilizzati allinterno


Sicuramente desteranno la necessaria attenzione, anche se non verranno
letti interamente di primo acchito: al pi, gli interessati ne avranno ap-
profondito alcuni aspetti nel corso della prima riunione di presentazione.
Prima dellesame denitivo, probabilmente nel corso di unaltra o di pi
riunioni, sar bene rendersi conto delle diverse tipologie di personaggi
che possono inuire sullaccettazione, o meno, del piano.
A titolo di esempio descriviamo nella gura 9.2 i possibili proli di co-
loro che saranno coinvolti nella decisione nale.

1 Colui che deve prendere la decisione (Amministratore delegato, o Direttore generale, o even-
tuale suo consulente).
2 Il braccio destro del Capo: occorre assicurarsi la sua benevolenza.
3 Eventuali detentori del diritto di veto. Tipica, in molti casi, la posizione del direttore ammi-
nistrativo-nanziario, che pu facilmente contestare o voler discutere i dati presentati.
4 Dirigenti tendenzialmente favorevoli, che devono conoscere bene, e condividere, obiettivi e
strategie.
5 Possibili oppositori, che possono essere mossi da interesse personale, invidia o timore di per-
dere potere.
6 I fautori del piano: o perch ritengono di trarne protto in qualche modo, o perch vedono
con piacere il successo dei cambiamenti in esso previsti.

Figura 9.2 - Proli dei presenti allesame nale

179
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Sulla scorta di queste osservazioni, in parte banali, raccomandabile


una revisione, prima della presentazione nale, per tentare di individua-
re gli aspetti sui quali possono far leva eventuali oppositori. Pu essere
il caso di attenuare alcuni punti deboli e sottolineare meglio alcune
opportunit.

9.3.2 I nanziamenti esterni


I business plan destinati allesterno dellazienda hanno meno probabilit
di essere letti per intero, giacch i destinatari sono, di solito, a causa
della loro stessa professione o qualicazione (investitori istituzionali,
funzionari di banca ecc.) impegnati a prenderne in considerazione una
quantit notevole, e devono, quindi, comunque scegliere con una certa
rapidit e senza eccessivi approfondimenti. Si gi visto al paragrafo 9.2
quali siano i principali errori da evitare; necessario, per, anche con-
siderare bene quali siano le domande che i potenziali nanziatori si
porranno alla lettura del piano.
Tali domande sono elencate nella gura 9.3; comunque occorre tenere
presente che si cercher di valutare:
la qualit dellidea conduttrice del piano;
la qualit dei responsabili dellimpresa;
la fattibilit commerciale del piano;
limporto necessario per il nanziamento;
le motivazioni della richiesta;
come si conta di rimborsare limporto nanziato.
di importanza vitale che le risposte a queste domande appaiano evi-
denti dalla consultazione del piano e soprattutto, beninteso, che esse
siano soddisfacenti per chi le vuole conoscere.

Tutti
1 I responsabili hanno saputo comunicare in modo corretto le loro idee?
2 Nel caso si tratti di impresa gi operante, come stata gestita no a ora?
3 Quali sono le caratteristiche positive del management:
capisce a fondo lessenza del business?
ha una chiara consapevolezza dei fattori essenziali per il successo, quali i costi diret-
ti e indiretti, la soglia di redditivit, il potenziale dei singoli prodotti?
conosce il mercato, chi saranno i clienti, e perch?
conosce i concorrenti, quali sono i pi importanti, quali quote di mercato presidiano?
4 Quale il piano operativo, come la teoria si trasformer in azioni concrete?

180
9. REDAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Gli investitori esigenti


Il nanziamento
5 Quale lammontare necessario?
6 Come verr utilizzato?
7 Su che cosa si investe, in termini di immobilizzazioni, di propriet intellettuale, di speran-
ze e propositi?
La storia
8 Quale capitale gi stato impiegato?
9 Quanto da parte degli attuali proprietari?
10 Da quale altra fonte proveniva?
11 Come stato utilizzato?
12 Con quali risultati?
Le prospettive
13 Come potrebbe essere nanziata una eventuale futura espansione?
14 A quale ritmo potr aumentare lentit dellinvestimento?
Il business
15 Quale la partecipazione offerta?
16 Come gli investitori potranno recuperare il loro investimento?
17 Quale potr esserne la redditivit?
18 Quali i rischi di insuccesso?
Le banche facili da soddisfare
19 Il rapporto fra debiti e capitali propri sufcientemente limitato da poter essere aumenta-
to senza rischi?
20 Limpresa generer un cash-ow sufciente a pagare gli interessi e a rimborsare lammon-
tare del nanziamento?

Figura 9.3 - Che cosa vogliono venire a conoscere i lettori del piano

9.4 Alcuni indicatori signicativi


Sempre al ne di agevolare la lettura, la comprensione e laccettazione
del piano, occorre tenere presente che i destinatari saranno particolar-
mente interessati a tutti quegli elementi che facilitino confronti e giudizi
obiettivi, soprattutto per quanto riguarda gli elaborati di tipo nanziario,
economico e patrimoniale. A tal ne si possono utilizzare indicatori sin-
tetici e signicativi, che fanno parte del bagaglio conoscitivo di chi ha
interesse ad analizzare e interpretare bilanci, conti economici e ussi
nanziari. Daltra parte, anche chi elabora il piano deve effettuare, a

181
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

priori, veriche e controlli di tipo sintetico di normale impiego, e che


quindi sar bene vengano addirittura inseriti nellambito della trattazione.
Non certamente necessario calcolare e riportare tutti i possibili indici
che fanno parte delle tecniche speciche di analisi e valutazione dei
bilanci, ma attenersi ai principali e ai pi signicativi per gli scopi che
ci si propone.
Una breve trattazione dellargomento pu essere utile, soprattutto per
chi non particolarmente esperto in materia.
Chi legge un bilancio legge numeri rappresentativi di varie voci (sulle
quali non ha la certezza assoluta dellesatto contenuto) che portano a un
determinato patrimonio e a un determinato risultato desercizio.
Ben raramente, per, si accontenta di conoscere a quanto ammonta a
ne esercizio il patrimonio o quanto abbia guadagnato lazienda, giacch
le cifre assolute hanno, di per s, unimportanza modesta, se non poste
a raffronto fra loro, o con altre realt. Dire che il patrimonio elevato
o che la redditivit soddisfacente vuol dire, quanto meno, fare un con-
fronto, almeno mentale, fra le cifre lette e altre relative ad altre societ
con cui si effettuano paragoni. Inoltre, per esempio, un risultato positivo
pu essere elevato in cifra assoluta, ma denunciare essioni nel corso
degli anni, e un utile apparentemente modesto pu, in realt, essere
eccezionalmente elevato se conseguito con modesto fatturato.
Ci per dire che, anche per quanto riguarda i bilanci, esiste una sorta di
legge di relativit, per cui le cifre assolute contano poco.
quindi assai importante il raffronto delle cifre di bilancio con altre
cifre del bilancio stesso, per giudicarne la congruit e poter esprimere
fondati giudizi di solidit e redditivit.
Tuttavia non bisogna eccedere nella quantit di indici che si calcolano e
si espongono: troppi numeri possono confondere le idee invece di chia-
rirle.
bene, quindi, costruire uno schema di indici fondamentali, dai quali,
eventualmente, derivarne altri per approfondire determinati aspetti.
1) Gli indici di composizione
Prendono in considerazione, separatamente, la parte attiva e quella pas-
siva dello stato patrimoniale, mettendone a confronto alcune componen-
ti.
In pratica, si tende a individuare da una parte la composizione degli im-
pieghi del capitale (attivo dello stato patrimoniale) e dallaltra la compo-
sizione delle fonti di nanziamento (passivo dello stato patrimoniale).

182
9. REDAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Il raffronto tra le due composizioni consente valutazioni attendibili sul


grado di equilibrio nanziario complessivo dellazienda, attraverso un
giudizio sulla correttezza del ricorso a certe fonti in funzione della com-
posizione degli investimenti effettuati.
Raggruppando impieghi e fonti in grandi categorie, possiamo distinguere:
A. Impieghi
Attivo sso = A F (immobilizzazioni tecniche, immobilizzazioni
immateriali, partecipazioni ecc.);
Attivo circolante = A C (crediti a breve termine, magazzino, ratei,
anticipi a fornitori ecc.).
B. Fonti
Mezzi propri = M P (capitale sociale, riserve patrimoniali di vario
tipo ecc.);
Passivit consolidate = P C (debiti a medio-lungo termine, fondo
indennit di ne rapporto del personale ecc.);
Passivit immediate = P I (debiti a breve termine).
Mettendo in raffronto i vari gruppi con il capitale investito = C I (totale dello
stato patrimoniale) si possono costruire i primi indici di composizione, e cio:
Peso degli impieghi, dato dal rapporto tra ciascun impiego e il
capitale investito:
AF/CI
AC/CI
Peso delle fonti, dato dal rapporto tra ciascuna fonte e il capitale
investito:
MP/CI
PC/CI
PI/CI
A. La composizione degli impieghi
Lanalisi del peso degli impieghi consente di esprimere un giudizio del
grado di elasticit del capitale investito, intendendo per elasticit la ca-
pacit di potersi rapidamente adattare a eventuali mutazioni ambientali.
elastica una gestione in grado di poter rapidamente (ed economica-
mente) sostituire fattori della produzione con altri pi efcaci o econo-
mici, in grado di apportare maggiori utili.
Un bilancio con una preponderante presenza di impianti, stabilimenti,
immobili presenta un grado di rigidit maggiore di un altro in cui il peso
maggiore sia rappresentato da magazzino o crediti.

183
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Consideriamo, per esempio, due bilanci cos strutturati:

Azienda X Azienda Y
Impieghi Inc. % Descrizione Impieghi Inc. %
8.000.000 80,00% Attivo sso = (A F) 4.000.000 40,00%
2.000.000 20,00% Attivo circolante = (A C) 6.000.000 60,00%
10.000.000 100,00% Capitale investito = (C I) 10.000.000 100,00%

Il totale del bilancio identico, ma balza allocchio la diversa composi-


zione dellattivo, in quanto lazienda X molto pi rigida dellazienda Y,
avendo ben l80% dellattivo impiegato in attivit sse (contro il 40% del-
lazienda Y).
Approfondendo lanalisi, si possono scomporre le grandi categorie in
sottocategorie aventi un elevato grado di omogeneit, per effettuare
raffronti che scendono a un livello di interpretazione pi rafnato.
Possiamo cos scomporre lattivo sso (A F) in:
Immobilizzazioni tecniche materiali (impianti, stabilimenti, macchi-
nari ecc.);
Immobilizzazioni tecniche immateriali (avviamento, brevetti, studi
ecc.);
Immobilizzazioni nanziarie (partecipazioni ecc.);
e lattivo circolante (A C) in:
Magazzino (prodotti niti, semilavorati, materie prime);
Liquidit immediate (crediti a breve scadenza);
Liquidit differite (crediti a lunga scadenza).

Azienda X Azienda Y

Impieghi Impieghi

6.000.000 Immobilizzazioni tecniche materiali 1.000.000


1.000.000 Immobilizzazioni tecniche immateriali 1.000.000
1.000.000 Immobilizzazioni nanziarie 2.000.000
8.000.000 Attivo sso = (A F) 4.000.000
1.000.000 Magazzino 2.000.000
500.000 Liquidit immediate (L I) 2.500.000
500.000 Liquidit differite (L D) 1.500.000
2.000.000 Attivo circolante = (A C) 6.000.000
10.000.000 Capitale investito = (C I) 10.000.000

184
9. REDAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BUSINESS PLAN

In tal modo si possono calcolare alcuni indici analitici di composizione


dellattivo.
Riprendiamo lesempio delle due societ, scomponendone lattivo.

Indice di elasticit degli impieghi = (E i)


AC
Ei 
CI
2.000.000 6.000.000
Societ X   20% Societ Y   60%
10.000.000 10.000.000

Indice di disponibilit di magazzino = (D m)


M
Dm 
CI
1.000.000 2.000.000
Societ X   10% Societ Y   20%
10.000.000 10.000.000

Indice di liquidit totale = (L t)


LI
LD
Lt 
CI
1.000.000 4.000.000
Societ X   10% Societ Y   40%
10.000.000 10.000.000

Indice di liquidit immediata = (L i)


LI
Li 
CI
500.000 2.500.000
Societ X   5% Societ Y   25%
10.000.000 10.000.000

B. La composizione delle fonti


Lanalisi della composizione delle fonti di nanziamento consente di ve-
ricare lorigine dei capitali a disposizione dellazienda per far fronte alle
proprie necessit di investimento.
In linea di massima, lanalisi nalizzata a determinare il grado di in-
debitamento complessivo della societ e, allinterno di tale dato, il gra-
do di rigidit nanziaria dellindebitamento in funzione della sua sca-
denza.

185
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Consideriamo, a titolo di esempio, due bilanci cos strutturati:

Azienda Z Azienda K

Fonti Fonti

2.000.000 Mezzi propri (M P) 6.000.000


8.000.000 Passivit 4.000.000
10.000.000 Capitale nanziario 10.000.000

Come nellesempio precedente, evidente la diversa situazione azienda-


le: lazienda Z ha un forte peso dellindebitamento, e dispone quindi di
una minore autonomia nanziaria rispetto allazienda K.
Anche in questo caso, dopo la prima indagine generale, bene procede-
re a un approfondimento, scomponendo le voci in categorie pi analitiche,
che possono meglio mettere in luce leffettiva situazione nanziaria
aziendale.
Le passivit, infatti, comprendono:
Passivit correnti (caratterizzate da una scadenza nel breve termine,
massimo entro un anno)
Passivit differite (caratterizzate da una scadenza nel medio-lungo
termine, oltre un anno)
I due bilanci sopra sintetizzati, siano ora, in dettaglio i seguenti:

Azienda Z Azienda K

Fonti Fonti

2.000.000 Mezzi propri (M P) 6.000.000


7.000.000 Passivit differite (P D) 1.000.000
1.000.000 Passivit correnti (P C) 3.000.000
10.000.000 Capitale nanziario (C F) 10.000.000

Come si vede, il giudizio sul grado di autonomia nanziaria cambia, al-


meno parzialmente.
Lazienda Z, infatti, ha concentrato le proprie passivit nel medio-lungo
periodo, mentre lazienda K ha una forte esposizione a breve termine,
sicuramente pi scomoda da gestire.

186
9. REDAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BUSINESS PLAN

2) Gli indici di struttura


Una volta esaminata la composizione dellattivo e del passivo del bilancio,
ci si pu gi fare una prima idea su certe situazioni, ma non si possono
ancora formulare giudizi denitivi; occorre allora mettere a raffronto
parti dellattivo e del passivo, al ne di vericare che esistano rapporti
armoniosi fra impieghi e fonti.
Analizziamo, quindi, alcuni indici di struttura, costituiti attraverso il rap-
porto fra voci attive e passive dello stato patrimoniale:
A) Indice di disponibilit: costituito dal rapporto tra le attivit circo-
lanti e le passivit a breve. Indica se e in che misura lazienda sar
in grado di far fronte ai debiti ricorrendo alle poste attive immedia-
tamente e rapidamente liquidabili.
In linea di massima, il valore dellindice considerato ottimale intor-
no a 2.
B) Indice di liquidit: il rapporto fra le attivit immediatamente liqui-
de (quindi con esclusione del magazzino) e le passivit a breve ter-
mine. Il valore dellindice considerato ottimale pari a 1, il che signi-
ca che, in caso di necessit, lazienda pu estinguere tutti i debiti a
breve, liquidando le poste disponibili (banche, titoli, crediti).
C) Indice di rispondenza patrimoniale: costituito dal rapporto fra le
passivit e i mezzi propri; lindice tradizionalmente privilegiato dal-
le banche, giacch pi basso il valore dellindice, maggiori sono le
garanzie per i creditori.
3) Gli indici economici
Sono rapporti fra voci del conto economico, e fra queste e voci dello
stato patrimoniale:
A) Indice di redditivit delle vendite (ROS): costituito dal rapporto
fra utile operativo e fatturato.
B) Indice di redditivit del capitale proprio (ROE): costituito dal
rapporto fra utile di esercizio e mezzi propri, e indica la misura in cui
lazienda riesce a rimunerare i capitali investiti da parte dei soci.
C) Indice di redditivit del capitale investito (ROI): costituito dal
rapporto fra lutile operativo e il capitale complessivamente investito,
e indica la redditivit globale di tutti i capitali immessi in azienda, che
comprendono, oltre ai capitali propri, i mutui o altre forme di capita-
li presi a prestito. Il ROI rappresenta quindi la vera redditivit
aziendale.

187
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

4) Altri indici
Possono avere interesse, anche se secondario, ma signicativo in alcuni
casi:
A) Tasso di rotazione delle scorte di magazzino: il rapporto fra il
costo del venduto e il valore del magazzino. Misura quante volte, nel
corso di un esercizio, il magazzino viene rinnovato, quindi quale la
velocit di rigiro del capitale immobilizzato in scorte, e a quale livel-
lo si pongono gli oneri connessi a tale immobilizzo.
B) Tasso di rotazione dei crediti commerciali: costituito dal rapporto
fra il fatturato e la consistenza dei crediti verso clienti. Misura la di-
lazione media dei crediti concessi alla clientela, e quale, a sua volta
lentit dellimmobilizzo dei capitali nei crediti.
C) Tasso di rotazione dei debiti: il rapporto fra gli acquisti e i debiti
verso fornitori; misura la capacit dellazienda di ottenere credito dai
fornitori.
In denitiva, lanalisi eseguita attraverso indici consente la valutazione
dei presupposti di partenza delle previsioni programmatiche e delle ri-
sultanze dei bilanci previsionali che sono esposti nel piano.
Nelle gure 9.4 e 9.5 riportato lesempio di un elaborato sintetico pre-
sentato da unazienda di medie dimensioni. Esso contiene i dati relativi
allandamento passato (anni 2003-2004) e alle prospettive per gli anni
2005-2006.

1 Redditivit dei mezzi propri (ROE) = Reddito netto/media mezzi propri = (capitale e
riserve + risultato esercizio)
2 Redditivit del capitale investito (ROI) = Reddito operativo/media capitale investito
3 Costo dei mezzi di terzi = Oneri nanziari/media mezzi di terzi
4 Tasso di indebitamento = Media mezzi di terzi/media mezzi propri
5 Punto di equilibrio (BEP) = Costi ssi/ricavi e proventi diversi costi variabili
6 Ricavi di equilibrio in euro/1000 = Costi ssi/ricavi e proventi diversi costi variabili
7 Indice efcente produzione = Ricavi e proventi diversi/ricavi di equilibrio
8 Rotazione magazzino in giorni = Anno/ricavi delle vendite
9 Rotazione magazzino in volte = Giorni anno/giorni rotazione
10 Durata media credito in giorni = Anno/crediti clienti/ricavi delle vendite
11 Durata media debito in giorni = Anno/debiti fornitori/acquisti per produzione

Figura 9.4 - Formule degli indici

188
9. REDAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Descrizione indici 2007 2008 2009 2010


1 Redditivit dei mezzi propri (ROE) 0,37% 10,76% 46,38% 68,76%
2 Redditivit del capitale investito (ROI) 6,79% 11,90% 18,44% 22,77%
3 Costo dei mezzi di terzi 5,49% 4,12% 3,79% 6,63%
4 Tasso di indebitamento 4,68% 4,84% 4,18% 2,90%
5 Punto di equilibrio (BEP) 0,92% 0,79% 0,66% 0,56%
6 Ricavi di equilibrio in euro/1000 0 5.360 6.161 6.069
7 Indice efcente produzione 1,08% 1,27% 1,51% 1,79%
8 Rotazione magazzino in giorni 71 46 44 49
9 Rotazione magazzino in volte 5,14 7,93 8,30 6,20
10 Durata media credito in giorni 83 70 73 88
11 Durata media debito in giorni 163 150 150 129

Figura 9.5 - Indici di bilancio

189
10.
La nanza agevolata
a cura di Bruno Pagamici

Per nanza agevolata sintende un complesso di strumenti nanziari molto


differenziati tra loro, erogati da un soggetto pubblico (Stato, Regione, Co-
munit europea ecc.), prevalentemente a sostegno dellattivit dimpresa.

10.1 I fondamentali della nanza agevolata


Prima di entrare nel merito dei meccanismi operativi che governano la
concessione delle agevolazioni nanziarie a favore delle imprese, si ritiene
utile fornire alcune denizioni propedeutiche per lapproccio alla materia.

10.1.1 Tipologie di agevolazioni


Le forme di sostegno e di aiuto si distinguono in:
1. contributo a fondo perduto;
2. contributo in conto interessi;
3. contributo in conto canoni;
4. nanziamento agevolato;
5. intervento in conto garanzia;
6. capitale di rischio.

1) Contributo a fondo perduto: forma di agevolazione nanziaria che


prevede lerogazione di una somma di denaro a titolo di liberalit e a
fronte della quale non richiesta alcuna restituzione.
Dal punto di vista contabile possibile suddividere questa agevolazione in:
contributo in conto capitale: un contributo a fondo perduto eroga-
to a fronte di programmi di investimento in immobilizzazioni materia-
li e immateriali (ad es: macchinari, impianti, capannoni industriali,
marchi, brevetti ecc.) necessari allavvio, allampliamento o alla ricon-
versione di unattivit imprenditoriale. Tale agevolazione destinata
ad arricchire e consolidare il patrimonio dellimpresa;
contributo in conto impianti: un contributo a fondo perduto ero-
gato al ne di ridurre i costi di acquisto dimmobilizzazioni materiali
(impianti, macchinari, attrezzature, terreni ed immobili). Il contributo
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

diminuisce cos il valore dei cespiti, che vengono ammortizzati per la


differenza tra il costo degli impianti e lentit del contributo;
contributo in conto esercizio: un contributo a fondo perduto ero-
gato a fronte di costi classicati nel conto economico (ad es: materie
prime, utenze, canoni di locazione ecc.), al ne di coprire le esigenze
della gestione corrente dellimpresa;
bonus scale: si tratta di una forma di contributo in conto capitale
che pu essere monetizzata dal beneciario in sede di pagamento di
imposte e contributi effettuati mediante F24;
credito dimposta: unagevolazione simile a un contributo a fondo
perduto. Viene indicato e monetizzato nella dichiarazione dei redditi,
solo leventuale rimanenza pu essere utilizzata in compensazione sul
modello F24.
Lart. 72 della Legge Finanziaria 2003 (L. 289/2002) ha introdotto lobbligo
di restituire il 50% del contributo erogato sulla base di un piano plurien-
nale (normalmente decennale) di rimborso con pagamento sulle somme
rimborsate a un tasso dinteresse non inferiore allo 0,5% (nella sostanza,
il 50% del contributo trasformato in un nanziamento a tasso agevolato).
Le disposizioni previste dallart. 72 non si applicano ai crediti dimposta,
ai contributi in conto interessi e agli incentivi per la ricerca industriale
di cui al d.lgs. 297/1999.
2) Contributo in conto interessi: si tratta di un contributo concesso
a fronte della stipula di un nanziamento per labbattimento degli inte-
ressi pagati sullo stesso. La stipula del nanziamento e la richiesta di
agevolazione, presentata dallistituto di credito nanziatore per conto
dellimpresa, avvengono in due momenti separati. Il contributo, determi-
nato applicando la percentuale di abbattimento del tasso di riferimento
(normalmente il tasso di riferimento comunitario) su di un piano di am-
mortamento standard della durata pari a nanziamento oggetto di age-
volazione, pu essere erogato in tranche, in corrispondenza delle sca-
denze del nanziamento, o in ununica soluzione attualizzata.
3) Contributo in conto canone (leasing agevolato): contributo con-
cesso a fronte della stipula di un contratto di locazione nanziaria per
labbattimento degli interessi pagati sullo stesso. Presenta le stesse ca-
ratteristiche del contributo in conto interessi.
4) Finanziamento a tasso agevolato: credito concesso ad un tasso infe-
riore alle condizioni applicate sul mercato dei capitali per operazioni similari.

192
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Si distinguono due tipologie; la prima (normalmente denominata Fondo


rotativo) consiste in un nanziamento avente normalmente due compo-
nenti:
quella bancaria, a tasso di convenzione (tasso di mercato, ma di
particolare favore);
quella a tasso agevolato.
In alcuni casi, lintervento pu concretizzarsi solo con fondi agevolati
(senza la presenza della componente bancaria). Il tasso nale concesso
allimpresa risulta dalla media dei tassi.
La seconda tipologia viene percepita dallimpresa come nanziamento a
tasso agevolato ma in realt si tratta di un contributo in conto interes-
si. La fattispecie prevede che il nanziamento sia erogato solo con
fondi bancari (non vi la componente agevolata pubblica fondo rota-
tivo) ma a tasso agevolato, in questo caso il contributo viene erogato in
favore della banca a compensazione del minor costo del denaro messo
a disposizione dellimpresa.
5) Intervento in conto garanzia: consiste, generalmente, nel porre a
carico dello Stato, o di un altro organismo, gli oneri relativi alle garanzie
che il soggetto tenuto a prestare per ottenere un nanziamento dal
sistema creditizio ordinario. Lagevolazione pu consistere sia nella ridu-
zione degli oneri (es. costo di una dejussione), sia nel fornire diretta-
mente la garanzia stessa allintermediario.
6) Capitale di rischio: in base alla denizione della Commissione Euro-
pea, per capitale di rischio si intende il nanziamento azionario ad unim-
presa nelle sue fasi di avviamento e sviluppo. Si parla di venture capital
quando il capitale di rischio fornito da fondi dinvestimento, composti
unicamente da fondi di capitale di rischio, appositamente costituiti.

10.1.2 Fondi strutturali


Rappresentano uno degli strumenti nanziari con cui lUnione Europea
persegue la coesione e lo sviluppo economico e sociale in tutte le sue re-
gioni. Lobiettivo congiunto di questo sistema di azioni di ridurre il divario
tra gli Stati (o regioni di Stati) in ritardo di sviluppo e quelli pi avanzati.
Nel periodo di programmazione 2007-2013, i Fondi strutturali incentre-
ranno gli interventi su 3 obiettivi/priorit:
Obiettivo Convergenza. Questa priorit mira ad accelerare la conver-
genza economica delle regioni meno avanzate. Lobiettivo riguarder

193
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

le regioni europee con un prodotto interno lordo pro capite (PIL/


abitante) inferiore al 75% della media dellUe allargata (a 25 paesi
membri). In pratica, rientrano in questo obiettivo gli Stati membri e
le regioni meno sviluppate (in Italia: le regioni Campania, Puglia, Ca-
labria e Sicilia). Al ne di consolidare i progressi compiuti nellambi-
to dei precedenti programmi, no al 2013 previsto un sostegno
transitorio specico per le regioni (c.d. regioni in phasing out) che
superano la soglia del 75% del PIL dellUE a 25 Stati membri ma con
un PIL pro capite inferiore al 75% dellUE a 15 Stati, c.d. effetto sta-
tistico dellallargamento (in Italia: la regione Basilicata). Questa prio-
rit volta a:
creare condizioni pi propizie alla crescita e alloccupazione, favo-
rendo investimenti nelle persone e nelle risorse siche;
incentivare innovazione e societ della conoscenza;
favorire ladattabilit ai cambiamenti economici e sociali;
promuovere la tutela dellambiente;
promuovere lefcienza amministrativa.
Obiettivo Competitivit regionale e occupazione. Priorit che ri-
guarda tutti gli altri territori comunitari non rientranti nellobiettivo
Convergenza. Gli interventi saranno indirizzati allincremento delladat-
tabilit dei lavoratori e delle imprese, allincremento dei tassi di oc-
cupazione, alla promozione delloccupabilit di tutti i lavoratori e in
particolare di quelli maggiormente a rischio di esclusione. LObiettivo
Competitivit svolger un ruolo essenziale per evitare linsorgere dei
nuovi squilibri a svantaggio di regioni che, altrimenti, sarebbero pe-
nalizzate da fattori socioeconomici sfavorevoli senza poter contare su
sufcienti aiuti pubblici.
Obiettivo Cooperazione territoriale europea. Nellambito di questo
obiettivo, la sda consiste nellintensicare la cooperazione a tre li-
velli:
cooperazione transfrontaliera, mediante programmi congiunti;
cooperazione a livello delle zone transnazionali;
reti di cooperazione e di scambio di esperienze sullintero territorio
dellUnione.
LObiettivo Cooperazione favorir uno sviluppo equilibrato, armonico e
sostenibile del territorio europeo. La cooperazione transfrontaliera inte-
resser le regioni situate lungo i conni terrestri interni e talune frontie-
re terrestri esterne, nonch alcune regioni ai conni marittimi.

194
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Per il periodo di programmazione 2007-2013, i Fondi strutturali sono 3:


il FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale). Sostiene programmi
in materia di sviluppo regionale, di cambiamento economico, di po-
tenziamento della competitivit e di cooperazione territoriale su tutto
il territorio dellUE. Tra le priorit di nanziamento vi sono la ricerca,
linnovamento, la protezione dellambiente e la prevenzione dei rischi,
mentre anche linvestimento infrastrutturale mantiene un ruolo impor-
tante soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo;
il FSE (Fondo sociale europeo). attuato in linea con la strategia
europea per loccupazione (SEO) e si concentra su quattro ambiti chia-
ve: accrescere ladattabilit dei lavoratori e delle imprese, migliorare
laccesso alloccupazione e alla partecipazione al mercato del lavoro,
rafforzare linclusione sociale combattendo la discriminazione e agevo-
lando laccesso dei disabili al mercato del lavoro nonch promuovere
partenariati per la riforma nel campo delloccupazione e dellinclusione;
il Fondo di coesione. Contribuisce agli interventi nel settore dellam-
biente e delle reti transeuropee. Esso destinato agli Stati membri
con un reddito nazionale lordo (RNL) inferiore al 90% della media
comunitaria.

Obiettivi Fondi
Convergenza FESR; FSE e Fondo di Coesione
Competitivit regionale e occupazione FESR e FSE
Cooperazione territoriale europea FESR

10.1.3 Fondi per lo sviluppo rurale (non annoverati tra i Fondi strutturali)
Dal 1 gennaio 2007, il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
(FEASR) rappresenta, insieme al FEAOG (Fondo europeo agricolo di
orientamento e di garanzia), uno dei due strumenti di nanziamento della
politica agricola comune (PAC) istituiti dal regolamento (CE) n. 1290/2005.
Il Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Regionale (FEASR) si attua at-
traverso il Programma di Sviluppo Rurale (PSR).
Ogni PSR strutturato in quattro assi strategici dintervento (ciascu-
no dei quali articolati in misure):
Asse 1 - Miglioramento della competitivit del settore agricolo e fo-
restale;
Asse 2 - Miglioramento dellambiente e dello spazio rurale;

195
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Asse 3 - Qualit della vita nelle zone rurali e diversicazione delleco-


nomia rurale;
Asse 4 - LEADER (asse orizzontale), che svolge la funzione di me-
todo e consiste nella messa a punto e attuazione di progetti altamen-
te specici da parte di parternariati locali al ne di rispondere a
particolari problemi locali.

10.1.4 I Fondi per la Pesca (non annoverati tra i Fondi strutturali)


Il Fondo Europeo per la Pesca (FEP) lo strumento nanziario di so-
stegno al settore della pesca per il periodo 2007/2013. Questo strumento
viene attuato dagli Stati membri attraverso i Programmi operativi nazio-
nali.
I nanziamenti del FEP sono destinati a cinque settori (assi) prioritari
(i quali, a loro volta, si articolano in singole Misure):
Asse 1 Misure a favore delladeguamento della otta peschereccia
comunitaria;
Asse 2 Acquacoltura, pesca nelle acque interne, trasformazione e
commercializzazione dei prodotti della pesca e dellacquacoltura;
Asse 3 Misure di interesse comune;
Asse 4 Sviluppo sostenibile delle zone costiere di pesca;
Asse 5 Assistenza tecnica.

10.1.5 Equivalente Sovvenzione Lorda e Netta (misurano lintensit effettiva


delle agevolazioni concesse).
LEquivalente Sovvenzione Lorda (ESL) il rapporto tra il valore
attualizzato dellagevolazione al lordo dellimposizione scale e il valore
attualizzato dellinvestimento (ossia le spese sostenute per il progetto).
Tenendo conto di tale metodologia di calcolo, lESL esprime la percen-
tuale sulle spese che laiuto rappresenterebbe se le spese fossero soste-
nute e le agevolazioni fossero ricevute nello stesso momento.
LEquivalente Sovvenzione Netta (ESN) tiene conto, oltre che degli
scostamenti temporali, anche dellincidenza del carico scale che grava
sulle agevolazioni ottenute. Per fare questi calcoli, si utilizza laliquota
massima di imposta senza considerare la situazione specica del sogget-
to beneciario.
LESN esprime leffettivo benecio di cui limpresa gode a prescindere
dal sistema tributario dei diversi paesi.

196
10. LA FINANZA AGEVOLATA

10.1.6 Denizione di PMI


A seguito della Raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione
europea del 6 maggio 2003 (GUCE n. L. 124 del 20 maggio 2003), rece-
pita dal decreto del Ministero delle Attivit Produttive del 18 aprile 2005,
si deve considerare:
1) media impresa, limpresa che risponde contemporaneamente ai se-
guenti due requisiti:
numero complessivo di occupati (espresso in ULA) inferiore a 250
unit;
fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un to-
tale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;
2) piccola impresa, soddisfa contemporaneamente i seguenti due requi-
siti:
numero complessivo di occupati (espresso in ULA) inferiore a 50
unit;
fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore
a 10 milioni di euro;
3) microimpresa, soddisfa contemporaneamente i seguenti due requisiti:
numero complessivo di occupati (espresso in ULA) inferiore a 10
unit;
fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori
a 2milioni di euro;
La categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie
imprese complessivamente denita PMI.
Per occupati si intendono:
i dipendenti a tempo determinato o indeterminato, iscritti nel libro
matricola e legati allimpresa da forme contrattuali che prevedono il
vincolo di dipendenza;
i proprietari gestori;
i soci che svolgono unattivit regolare nellimpresa e che percepisco-
no un compenso per lattivit svolta diverso da quello di partecipazio-
ne agli organi amministrativi della societ.
Non devono essere conteggiati gli apprendisti con contratto di appren-
distato e le persone con contratto di formazione o con contratto dinse-
rimento, i dipendenti in cassa integrazione straordinaria, la durata dei
congedi di maternit o parentali.
Per fatturato, corrispondente alla voce A.1 del conto economico redatto
secondo le vigenti norme del codice civile, sintende limporto netto del

197
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

volume daffari che comprende gli importi provenienti dalla vendita di


prodotti e dalla prestazione di servizi dedotti gli sconti concessi sulle ven-
dite, lIVA e le altre imposte direttamente connesse con il volume daffari.
Per totale di bilancio si intende il totale dellattivo di stato patrimoniale.
Il fatturato annuo e il totale di bilancio sono quelli dellultimo esercizio
contabile chiuso ed approvato precedentemente la data di sottoscrizione
della domanda di agevolazione.
Il numero degli occupati corrisponde al numero di unit-lavorative-anno
(ULA). Il periodo da prendere in considerazione lo stesso preso in
considerazione per il fatturato e il totale di bilancio.
La nuova denizione comunitaria classica le imprese in associate, col-
legate o autonome, secondo la rilevanza delle relazioni instaurate con
altre imprese alla data di sottoscrizione della domanda di agevolazione.
Sono considerate associate le imprese tra le quali esiste la seguente rela-
zione: unimpresa detiene, da sola o insieme a una o pi imprese collegate,
il 25% o pi del capitale o di diritti di voto di unaltra impresa. Detta soglia
pu essere raggiunta o superata, e limpresa essere comunque considerata
autonoma, qualora siano presenti le seguenti categorie di investitori: so-
ciet pubbliche di partecipazione, societ di capitale di rischio, business
angels (persone siche o gruppi di persone siche esercitanti regolare at-
tivit di investimento in capitale di rischio, il cui capitale investito in una
stessa impresa non superi la somma di 1,250 milioni di euro), universit o
centri di ricerca pubblici e privati senza scopo di lucro, investitori istituzio-
nali (compresi i fondi di sviluppo regionali), enti pubblici locali (aventi un
bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro e meno di 5.000 abitanti).
Sono considerate collegate le imprese fra le quali esiste una delle se-
guenti relazioni:
unimpresa detiene la maggioranza (almeno il 51%) dei diritti di voto
di unaltra impresa;
unimpresa dispone di voti sufcienti per esercitare uninuenza do-
minante nellassemblea ordinaria di unaltra impresa;
unimpresa esercita uninuenza dominante su unaltra impresa in
virt di un contratto o di una clausola dello statuto;
unimpresa controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto di
unaltra impresa in virt di accordi stipulati con gli altri soci.
Per il calcolo dei parametri si procede nel modo seguente:
per le imprese associate, si aggregano i dati dellimpresa in esame
con quelli delle imprese associate situate immediatamente a monte o

198
10. LA FINANZA AGEVOLATA

a valle della stessa. Laggregazione effettuata in proporzione alla


percentuale di partecipazione al capitale o alla percentuale di diritti
di voto detenuti;
per le collegate i dati si desumono dal bilancio consolidato; in assen-
za di questo, si sommano (al 100%) i dati dellimpresa in esame con
quelli delle imprese ad essa collegate.
Sono considerate autonome le imprese che non possono essere denite
associate o collegate.
Unimpresa considerata sempre di grande dimensione se il 25% o pi del
suo capitale o dei suoi diritti di voto sono detenuti direttamente o indiretta-
mente da un ente pubblico oppure congiuntamente da pi enti pubblici.

10.1.7 Il regime de minimis


Lart. 108 (ex art. 88), paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comuni-
t europea contempla lobbligo di noticare gli aiuti di Stato alla Com-
missione europea al ne di stabilirne la compatibilit con il mercato
comune sulla base dei criteri dellart. 107 (ex art. 87), paragrafo 1.
Fanno eccezione oltre ad alcune categorie di aiuti esentati dalla noti-
ca sulla base di specici regolamenti di esenzione gli aiuti di picco-
la entit, deniti dalla UE de minimis, che si presume non incidano
sulla concorrenza in modo signicativo. Le pubbliche autorit possono,
quindi, erogare aiuti alle imprese di qualsiasi dimensione, in regime de
minimis, senza obbligo di notica, nel rispetto delle condizioni di cui,
attualmente, al regolamento (CE) della Commissione n. 1998/2006 del 15
dicembre 2006 (GUCE n. L 379/5 del 28/12/2006), in vigore il 1 gennaio
2007 e no al 31 dicembre 2013 (con una possibile proroga di 6 mesi).
Secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) n. 1998/2006 limporto
complessivo degli aiuti concessi a una medesima impresa a titolo di de
minimis, non pu superare la somma di 200.000 euro nellarco di tre
esercizi nanziari (quello della concessione e i due esercizi nanziari pre-
cedenti). Per le imprese attive nel settore del trasporto (persone e merci)
su strada tale importo non deve superare i 100.000 euro. Tale massimale,
che si applica indipendentemente dalla forma degli aiuti e dallobiettivo
perseguito, espresso in termini di sovvenzione diretta in denaro e tutti
i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta diretta. Quando un
aiuto concesso in forma diversa da una sovvenzione diretta in denaro,
limporto dellaiuto calcolato in equivalente sovvenzione lordo. Nel caso
dei nanziamenti a tasso agevolato, limporto da prendere in considerazio-

199
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

ne il risparmio di interessi calcolato come differenziale tra il piano di


ammortamento relativo al nanziamento concesso e un analogo piano di
ammortamento sviluppato per al tasso di riferimento comunitario.
A ni di trasparenza, di parit di trattamento e di controllo efcace, il
nuovo regolamento si applica solo agli aiuti trasparenti, ossia a quelli
per i quali possibile calcolare con precisione lequivalente sovvenzione
lordo ex ante senza che sia necessario effettuare unanalisi del rischio:
non sono considerati trasparenti gli aiuti concessi sotto forma di confe-
rimenti di capitale o di misure a favore del capitale di rischio, a meno
che lapporto di capitali non superi la soglia de minimis per ogni im-
presa destinataria.
La regola de minimis non si applica agli aiuti:
a) concessi a imprese attive nel settore della pesca e dellacquacoltura;
b) concessi a imprese attive nel settore della produzione primaria dei
prodotti agricoli di cui allallegato I del trattato;
c) concessi a imprese attive nella trasformazione e commercializzazione
di prodotti agricoli elencati nellallegato I del trattato nei casi seguenti:
quando limporto dellaiuto ssato in base al prezzo o al quanti-
tativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi
sul mercato dalle imprese interessate;
quando laiuto subordinato al fatto di venire parzialmente o inte-
ramente trasferito a produttori primari;
d) ad attivit connesse allesportazione verso paesi terzi o Stati membri,
ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costitu-
zione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese corren-
ti connesse con lattivit di esportazione;
e) condizionati allimpiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai
prodotti dimportazione;
f) ad imprese attive nel settore carboniero;
g) destinati allacquisto di veicoli per il trasporto di merci su strada da
parte di imprese che effettuano trasporto di merci su strada per con-
to terzi;
h) a imprese in difcolt. Secondo la comunicazione pubblicata sulla
G.U. C 244 del 1/10/2004, si ritiene che unimpresa sia in difcolt
quando non in grado, con le proprie risorse o con le risorse che pu
ottenere dai proprietari/azionisti o dai creditori, di contenere perdite
che, in assenza di un intervento esterno delle autorit pubbliche, la
condurrebbero quasi certamente al collasso economico, nel breve o

200
10. LA FINANZA AGEVOLATA

nel medio periodo. In particolare, , in linea di principio, considerata


in difcolt:
nel caso di societ a responsabilit limitata, qualora abbia perso
pi della met del capitale sociale e la perdita di pi di un quarto
di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;
nel caso di societ in cui almeno alcuni soci abbiano la responsa-
bilit illimitata per i debiti della societ, qualora abbia perso pi
della met dei fondi propri, quali indicati nei conti della societ, e
la perdita di pi di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso
degli ultimi dodici mesi;
per tutte le forme di societ, qualora ricorrano le condizioni pre-
viste dal diritto nazionale per lapertura nei loro confronti di una
procedura concorsuale per insolvenza.
Anche in assenza delle predette condizioni, unimpresa pu comunque es-
sere considerata in difcolt quando siano presenti i sintomi caratteristici
di unimpresa in difcolt, quali il livello crescente delle perdite, la diminu-
zione del fatturato, laumento delle scorte, la sovracapacit, la diminuzione
del usso di cassa, laumento dellindebitamento e degli oneri per interessi,
nonch la riduzione o lazzeramento del valore netto delle attivit.
Per i settori della produzione agricola e della pesca sono stati adottati
due specici regimi de minimis:
Regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione, del 20 dicembre
2007, relativo allapplicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli
aiuti de minimis nel settore della produzione dei prodotti agricoli.
Limporto totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da una
impresa non pu superare, nellarco di tre anni, i 7.500 euro;
Regolamento (CE) n. 875/2007 del 24 luglio 2007, relativo allapplica-
zione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti de minimis nel
settore della pesca. Limporto totale massimo degli aiuti di questo tipo
ottenuti da una impresa non pu superare, nellarco di tre anni, i
30.000 euro.

10.2 Le principali agevolazioni attualmente operative per


le imprese

10.2.1 Regime di aiuto per investimenti produttivi innovativi


Il d.m. 23 luglio 2009 (G.U. 28 novembre 2009 n. 278) modicato dal
d.m. 28 aprile 2010 (G.U. 8 luglio 2010 n. 157) in attuazione dellart. 1,

201
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

comma 845, della legge della legge n. 296/2006 (Legge Finanziaria 2007),
ha disciplinato la concessione di agevolazioni per la realizzazione di in-
vestimenti produttivi innovativi riguardanti speciche aree tecnologiche.
Gli aiuti sono concessi per investimenti produttivi nalizzati a:
sviluppo di piccole imprese di nuova costituzione;
industrializzazione dei risultati di programmi qualicati di ricerca o di
sviluppo sperimentale;
realizzazione di programmi di investimento volti al risparmio energe-
tico e/o alla riduzione degli impatti ambientali delle unit produttive
interessate;
perseguimento di specici obiettivi di innovazione, miglioramento
competitivo e tutela ambientale.

I soggetti beneciari
Possono ottenere gli aiuti le imprese di piccola, media e grande dimen-
sione che alla data di presentazione della domanda:
siano regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle Imprese;
se si tratta di imprese di servizi, essere costituite sotto forma di so-
ciet;
si trovino nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non es-
sere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure
concorsuali;
si trovino in regime di contabilit ordinaria;
non rientrino tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente,
non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individua-
ti quali illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
si trovino in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa
edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e
della salvaguardia dellambiente ed essere in regola con gli obblighi
contributivi;
non siano state destinatarie, nei 3 anni precedenti la domanda, di
provvedimenti di revoca totale di agevolazioni concesse dal Ministero
dello sviluppo economico, ad eccezione di quelli derivanti da rinunce;
abbiano restituito agevolazioni godute per le quali stato disposto dal
Ministero dello sviluppo economico un ordine di recupero;
non si trovino in condizioni tali da risultare impresa in difcolt.

202
10. LA FINANZA AGEVOLATA

I programmi ammissibili
Sono ammissibili alle agevolazioni i programmi dinvestimento riguardan-
ti le seguenti attivit:
sezione C della classicazione delle attivit economiche ISTAT 2007
(esclusi i programmi dinvestimento riguardanti i settori della siderur-
gia, della cantieristica navale, dellindustria carboniera e delle bre
sintetiche);
produzione e distribuzione di energia elettrica e di calore di cui alla
sezione D, di cui alle classi 35.1 e 35.3, della predetta classicazione
ISTAT,;
attivit di servizi connessi alla produzione elencate nella Tavola 1;
attivit del turismo e altre attivit connesse (alberghi, villaggi turisti-
ci, ostelli della giovent, rifugi di montagna, afttacamere per brevi
soggiorni, case ed appartamenti per vacanze, bed and breakfast, resi-
dence, alloggio connesso alle aziende agricole, ristorazione con som-
ministrazione, attivit di ristorazione connesse alle aziende agricole).

Tav. 1 - Elenco delle attivit di servizi ammissibili

52 Magazzinaggio e attivit di supporto ai trasporti, con esclusione dei mezzi di trasporto


61 Telecomunicazioni, ivi inclusa la ricezione, registrazione, amplicazione, diffusione, elabora-
zione, trattamento e trasmissione di segnali e dati da e per lo spazio e la trasmissione di spetta-
coli e/o programmi radiotelevisivi da parte di soggetti diversi da quelli titolari di concessione per
la radiodiffusione sonora e/o televisiva in ambito nazionale di cui alla Legge 6/8/1990, n. 233
e S.M.I.
produzione di software, consulenza informatica e attivit con-
nesse (rif. 62.0) , ivi inclusi i servizi connessi alla realizzazio-
ne di sistemi tecnologici avanzati per la produzione e/o dif-
fusione di servizi telematici e quelli di supporto alla ricerca e
allinnovazione tecnologica in campo informatico e telematico;
elaborazione dei dati, hosting e attivit connesse, portali web
Informatica ed attivit connes-
(rif. 63.1);
se, limitatamente alle attivit a
edizione di software (rif. 58.2);
anco riportate
pubblicazione di elenchi e PDLOLQJ OLVW (rif. 58.12);
riparazione e manutenzione di altre macchine di impiego
generale (rif. 33.12.5);
riparazione e manutenzione di computer e periferiche (rif.
95.11.0);
attivit dei disegnatori graci di pagine web (rif. 74.10.21).

203
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

72 Ricerca scientica e Sviluppo, ivi inclusi i servizi di assistenza alla ricerca e allintroduzione/
adattamento di nuove tecnologie e nuovi processi produttivi e di controllo, i servizi di consulenza
per le problematiche della ricerca e sviluppo e quelli di supporto alla ricerca e allinnovazione
tecnologica in campo informatico e telematico.
ricerche di mercato (rif. 73.20), ivi inclusi i servizi connessi
alle problematiche del marketing e della penetrazione commer-
ciale e dellimport-export;
attivit di consulenza gestionale (rif. 70.2), ivi inclusa la con-
sulenza relativa alle problematiche della gestione, gli studi e
le pianicazioni, lorganizzazione amministrativo-contabile,
lassistenza ad acquisti ed appalti, le problematiche della lo-
gistica e della distribuzione e le problematiche dellufcio, con
esclusione dellattivit degli amministratori di societ ed enti;
attivit degli studi di architettura, ingegneria ed altri studi
tecnici (rif. 71.1), ivi compresi i servizi di manutenzione e si-
curezza impiantistica, i servizi connessi alla realizzazione e
gestione di sistemi tecnologici avanzati per il risparmio ener-
getico e per la tutela ambientale in relazione alle attivit
Attivit professionali, scienti- produttive, i servizi per lintroduzione di nuovi vettori energe-
che e tecniche, limitatamente tici, i servizi connessi alle problematiche dellenergia, ambien-
a quelle a anco riportate tali e della sicurezza sul lavoro, i servizi di trasferimento tec-
nologico connessi alla produzione ed alla lavorazione e trat-
tamento di materiali, anche residuali, con tecniche avanzate;
consulenza in materia di sicurezza (rif. 74.90.2);
attivit dei disegnatori tecnici (rif. 74.10.3);
collaudi e analisi tecniche (rif. 71.20) ivi compresi i servizi
connessi alle problematiche riguardanti la qualit e relativa
certicazione nellimpresa;
laboratori fotograci per lo sviluppo e la stampa (rif. 74.20.2)
e attivit di aerofotograa (rif. 74.20.12)
attivit di imballaggio e confezionamento (rif. 82.92);
design e stiling relativo a tessili, abbigliamento, calzature,
gioielleria, mobili e altri beni personali o per la casa (rif.
74.10.1 e 74.10.9);
attivit dei call center (rif. 82.20).
raccolta, trattamento e smaltimento dei riuti (rif. 38.1 e 38.2),
Fornitura di acqua; reti fogna- limitatamente a quelli di origine industriale e commerciale;
rie, attivit di gestione dei ri- raccolta e depurazione delle acque di scarico (rif. 37.00.0),
uti e risanamento, limitata- limitatamente alla diluizione, ltraggio, sedimentazione, decan-
mente alle attivit a fianco tazione con mezzi chimici, trattamento con fanghi attivati e
riportate altri processi nalizzati alla depurazione delle acque reue di
origine industriale.

204
10. LA FINANZA AGEVOLATA

I programmi agevolabili dal nuovo regione di aiuto, attinenti alle aree


tecnologiche individuate dai Progetti di Innovazione Industriale (ef-
cienza energetica, mobilit sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuo-
ve tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le
attivit culturali), devono essere nalizzati a:
sviluppo di piccole imprese di nuova costituzione (costituite non pri-
ma di 24 mesi alla data di presentazione della domanda di accesso
alle agevolazioni e autonome);
industrializzazione dei risultati di programmi qualicati di ricerca o di
sviluppo sperimentale. I programmi di ricerca e di sviluppo sperimen-
tale si considerano qualicati:
se realizzati in collaborazione con organismi di ricerca;
se agevolati sulla base di norme comunitarie, statali e regionali
nalizzate alla promozione di attivit di ricerca e sviluppo speri-
mentale, a condizione che siano completamente realizzati da non
oltre 24 mesi alla data di presentazione della domanda di accesso
alle agevolazioni di cui al citato decreto;
qualora limpresa, a seguito della realizzazione del programma,
abbia depositato un brevetto prima della data di presentazione
della domanda di accesso alle agevolazioni di cui al decreto in
esame;
realizzazione di programmi di investimento volti al risparmio energe-
tico e/o alla riduzione degli impatti ambientali delle unit produttive
interessate;
perseguimento di specici obiettivi di innovazione, miglioramento
competitivo e tutela ambientale individuati dal Ministro dello sviluppo
economico.
Risultano ammissibili gli investimenti indicati nella Tavola 2 e proposti
da:
piccole, medie e grandi imprese, qualora gli interventi siano realizza-
ti nelle aree di cui allarticolo 87.3.a) e c) del Trattato UE (e previste
dalla Carta degli aiuti a nalit regionale approvata dalla Commissio-
ne europea per il periodo 2007 2013). Per i programmi dinvestimen-
to riguardanti le attivit di trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli, le imprese di grande dimensione potranno accedere
alle agevolazioni solo qualora abbiano meno di 750 dipendenti e/o un
fatturato inferiore a 200 milioni di euro;
esclusivamente da piccole e medie imprese, qualora gli interventi

205
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

siano realizzati nelle aree diverse dal quelle di cui 87.3.a) e c) del
Trattato UE.

Tavola 2 Le tipologie di investimento agevolabili

Realizzazione di nuove unit produttive


Ampliamento di unit produttive esistenti
Diversicazione della produzione di ununit produttiva in nuovi prodotti aggiuntivi
Cambiamento fondamentale del processo di produzione complessivo di ununit produttiva esi-
stente

Non sono nanziabili gli investimenti di mera sostituzione di impianti,


macchinari e attrezzature, n quelli realizzati, in tutto o in parte, con la
modalit del cosiddetto contratto chiavi in mano.
I beneciari avranno lobbligo del mantenimento dei beni agevolati per
almeno 5 anni (3 anni nel caso di PMI) dalla data di ultimazione (ossia
la data relativa allultimo titolo di spesa ammissibile).

Le spese ammissibili
Le spese ammissibili (sostenute successivamente alla data di presenta-
zione della domanda di agevolazione) sono quelle riferite allacquisto e
alla costruzione di immobilizzazioni, riguardanti:
il suolo aziendale e sue sistemazioni. Tale voce di costo sar ammes-
sa nella misura massima del 10% dellinvestimento complessivo am-
missibile del programma;
le opere murarie e assimilate, no ad un importo non superiore al
40% del costo totale del programma di investimento;
le infrastrutture speciche aziendali;
i macchinari, gli impianti e le attrezzature varie nuovi di fabbrica, com-
presi quelli necessari allattivit amministrativa dellimpresa, ed esclusi
quelli relativi allattivit di rappresentanza; mezzi mobili strettamente
necessari al ciclo di produzione o per il trasporto in conservazione
condizionata dei prodotti, purch dimensionati alla effettiva produzione,
identicabili singolarmente ed a servizio esclusivo dellunit produttiva
oggetto delle agevolazioni; per il settore dei trasporti sono escluse le
spese relative allacquisto di mezzi e attrezzature di trasporto;
i programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestio-
nali dellimpresa, brevetti, licenze, know-how e conoscenze tecniche

206
10. LA FINANZA AGEVOLATA

non brevettate concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi


produttivi, per la parte in cui sono utilizzati per lattivit svolta nelluni-
t produttiva interessata dal programma. Per le grandi imprese, tali
spese saranno ammissibili solo nel limite del 50% dellinvestimento
complessivo ammissibile;
(per le sole PMI) le consulenze connesse al programma di spesa (no
al 3% dellimporto complessivo ammissibile per ciascun programma
dinvestimento, fermo restando che la relativa intensit dellaiuto sar
pari al 50% in equivalente sovvenzione lordo).
Tra le spese ammissibili saranno comprese anche quelle relative agli
impianti di distribuzione dellenergia elettrica, del vapore e dellacqua
calda, purch gli stessi siano di propriet dellimpresa produttrice,
siano realizzati su terreni di cui limpresa stessa abbia piena dispo-
nibilit, per la parte necessaria a raggiungere lutente della fornitura
e/o del servizio e, comunque, non oltre il territorio comunale nel
quale ubicato limpianto di produzione oggetto del programma da
agevolare.
Ai ni dellammissibilit delle spese, i relativi pagamenti dovranno esse-
re regolati esclusivamente a mezzo bonico bancario.
Il decreto non ritiene, invece, ammissibili:
le spese relative ai beni acquisiti con il sistema della locazione nan-
ziaria;
le spese relative a beni di importo inferiore a 500 euro al netto di IVA;
le spese relative a macchinari, impianti e attrezzature usati;
le spese notarili e quelle relative a imposte, tasse, scorte;
le spese relative allacquisto di beni immobili che hanno gi bene-
ciato, nei 10 anni antecedenti la data di presentazione della domanda,
di altri aiuti, fatta eccezione per quelli di natura scale (salvo il caso
in cui le amministrazioni concedenti abbiano revocato e recuperato
totalmente gli aiuti medesimi).
In merito alle spese ammissibili, il decreto in esame specica che:
le spese relative alle attrezzature la cui installazione non sia prevista
presso lunit produttiva interessata dal programma bens presso altre
unit, della stessa impresa o di altre dello stesso gruppo o di terzi,
potranno essere ammesse alle agevolazioni purch tali unit produt-
tive siano ubicate in territori ammissibili. Le relative agevolazioni
saranno calcolate applicando lintensit daiuto prevista per le suddet-
te diverse unit produttive fermo restando che, qualora per queste

207
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

ultime lintensit di aiuto sia superiore a quella stabilita per larea in


cui localizzata lunit produttiva oggetto del programma, le agevo-
lazioni saranno calcolate applicando lintensit di aiuto relativa a
questultima;
le spese relative allacquisto del suolo, di immobili o di programmi
informatici o di brevetti, di propriet di uno o pi soci dellimpresa
richiedente le agevolazioni (o, nel caso di soci persone siche, dei
relativi coniugi ovvero di parenti o afni dei soci stessi entro il terzo
grado), saranno ammissibili in proporzione alle quote di partecipa-
zione nellimpresa medesima degli altri soci. Le predette spese rela-
tive alla compravendita tra due imprese non saranno ammissibili
qualora, a partire dai 24 mesi precedenti la data di presentazione
della domanda di accesso, le imprese medesime si siano trovate nel-
le condizioni di cui allart. 2359 c.c. o siano state entrambe parteci-
pate, anche cumulativamente, per almeno il 25%, da medesimi altri
soggetti (tale ultima partecipazione rileva anche se determinata in
via indiretta);
in relazione alle spese per lacquisto del suolo aziendale e dellimmo-
bile, qualora il programma dinvestimento sia agevolato con risorse
FESR, ai ni dellammissibilit di dette spese, limpresa dovr produr-
re apposita perizia giurata, rilasciata da professionisti iscritti allalbo
degli ingegneri, o degli architetti, o dei geometri, o dei dottori agro-
nomi, o dei periti agrari, o dei periti industriali edili, attestante il
valore di mercato del suolo e/o dei fabbricati e la conformit dei
fabbricati alle vigenti normative.

Le agevolazioni
Gli aiuti saranno riconosciuti sotto forma di:
contributo in conto impianti;
contributo in conto interessi. Sar concesso in relazione a un nan-
ziamento bancario ordinario stipulato dal soggetto beneciario a
tasso di mercato e destinato alla copertura nanziaria del programma,
non superiore al 75% delle spese ammissibili, con una durata massi-
ma di 10 anni oltre un periodo di preammortamento commisurato
alla durata del programma. Il nanziamento sar deliberato dagli
istituti di credito e il contributo sar determinato in percentuale del
tasso di riferimento nella misura massima non superiore al 80% del-
lo stesso;

208
10. LA FINANZA AGEVOLATA

nanziamento agevolato. Sar erogato in misura non superiore al 75%


delle spese ammissibili, con una durata massima di 10 anni oltre un
periodo di preammortamento commisurato alla durata del programma
(il tasso agevolato pari al 20% del tasso di riferimento);
contributo in conto garanzie.
Le agevolazioni saranno concesse nei limiti dintensit massime di aiuto
ssati dal Regolamento (CE) 800/2008 e riportate nella Tavola 3 e 4.

Tavola 3 I massimali di aiuto per i settori diversi dalla trasformazione


e commercializzazione dei prodotti agricoli

Aree Massimale ESL (Equivalente Sovvenzione Lordo)


Aree 87.3.a) Grandi Medie Piccole Grandi Medie Piccole
imprese imprese imprese imprese imprese imprese
Calabria no al 31.12.2010 dal 1.1.2011 al 31.12.2013
40% 50% 60% 30% 40% 50%
Campania, Puglia, Sicilia no al 31.12.2013
30% 40% 50%
Basilicata no al 31.12.2010 dal 1.1.2011 al 31.12.2013(*)
30% 40% 50% 20% 30% 40%
(*) Qualora nel 2010 il Pil pro capite relativo a tale regione non sia sceso sotto il 75% del Pil
medio Ue 25 in base alla media triennale dei pi recenti dati Eurostat
Aree 87.3.c) Grandi Medie Piccole Grandi Medie Piccole
imprese imprese imprese imprese imprese imprese
Sardegna (alcune aree) no al 31.12.2010 dal 1.1.2011 al 31.12.2013
25% 35% 45% 15% 25% 35%
no al 31.12.2013
Regioni Centro Nord (alcune aree) 15% 25% 35%
e parte di Abruzzo e Molise
Regioni Centro Nord (alcune aree) 10% 20% 30%
Regioni Centro Nord (alcune aree) 20% 30%
e parte di Abruzzo e Molise
Provincia di Viterbo (alcune aree) 25% 35%

209
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Tavola 4 I massimali di aiuto per le attivit di trasformazione


e commercializzazione dei prodotti agricoli

Aree Massimale ESL (Equivalente Sovvenzione Lordo)


Aree 87.3.a) Grandi Medie Piccole Grandi Medie Piccole
imprese imprese imprese imprese imprese imprese
Calabria no al 31.12.2010 dal 1.1.2011 al 31.12.2013
40% 50% 60% 30% 50% 50%
Campania, Puglia, Sicilia no al 31.12.2013
30% 50% 50%
Basilicata no al 31.12.2010 dal 1.1.2011 al 31.12.2013(*)
30% 50% 50% 20% 30% 40%
(*) Qualora nel 2010 il Pil pro capite relativo a tale regione non sia sceso sotto il 75% del Pil
medio Ue 25 in base alla media triennale dei pi recenti dati Eurostat
Aree 87.3.c) Grandi Medie Piccole Grandi Medie Piccole
imprese imprese imprese imprese imprese imprese
Sardegna (alcune aree) no al 31.12.2010 dal 1.1.2011 al 31.12.2013
25% 40% 45% 15% 40% 40%
no al 31.12.2013
Regioni Centro Nord (alcune aree) 15% 40% 40%
e parte di Abruzzo e Molise
Regioni Centro Nord (alcune aree) 10% 40% 40%
Regioni Centro Nord (alcune aree) (*) 40% 40%
Provincia di Viterbo (alcune aree) (*) 40% 40%
(*) Per le grandi imprese con un numero di dipendenti inferiore a 750 e/o con un fatturato infe-
riore a 200 Ml di euro, lintensit di aiuto sar pari al 20%

I soggetti beneciari delle agevolazioni dovranno apportare un contribu-


to nanziario pari almeno al 25% del totale delle spese ammissibili ri-
guardanti le immobilizzazioni, attraverso risorse proprie o mediante -
nanziamento esterno, in una forma priva di qualsiasi tipo di sostegno
pubblico.
Presentazione domande
Con successivi decreti del Ministero dello sviluppo economico, per cia-
scuna delle tipologie di intervento, saranno stabiliti i termini, le modali-
t e le procedure per la presentazione delle domande accesso e i criteri
di selezione e valutazione dei progetti.

210
10. LA FINANZA AGEVOLATA

10.2.2 I bandi di attuazione del nuovo regime di sostegno agli investimenti


innovativi
In attuazione del d.m. 23 luglio 2009, il Ministro dello Sviluppo Economi-
co il 6 agosto 2010 ha rmato tre Decreti che stabiliscono i termini, le
modalit e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevola-
zioni in favore dei programmi di investimento rispettivamente nalizzati
al rafforzamento dellefcienza e allincremento della competitivit, allo
sviluppo delle fonti delle energie rinnovabili e al risparmio energetico
nelledilizia, allindustrializzazione dei risultati di programmi qualicati di
ricerca e sviluppo sperimentale. Specicatamente sono rivolti alle quattro
Regioni di Convergenza: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
La dotazione pi consistente (300 milioni di euro), a valere sul POI
Energie rinnovabili e risparmio energetico 2007-2013, stata stan-
ziata dal Decreto del 6 agosto 2010 (pubblicato nella G.U. n. 212 del
10 settembre 2010), teso a promuovere programmi di investimento
riguardanti la produzione di beni strumentali funzionali allo sviluppo
delle fonti di energia rinnovabili e al risparmio energetico nelledilizia.
Con un budget di 100 milioni di euro, il Dicastero punta a nanziare
programmi di innovazione, di miglioramento competitivo e di tutela
ambientale (il provvedimento che denisce le modalit di accesso alle
agevolazioni il Decreto 6 agosto 2010, in Gazzetta Ufciale del 9 set-
tembre 2010 n. 211).
Laltro stanziamento del MISE di 100 milioni di euro nalizzato a so-
stenere lindustrializzazione di programmi qualicati di ricerca e
sviluppo sperimentale (si veda il Decreto del 6 agosto 2010, pubblicato
nella Gazzetta Ufciale n. 213 dello scorso 11 settembre 2010).
Le istanze presentate dalle imprese beneficiarie saranno esaminate
dallAgenzia nazionale per lattrazione degli investimenti e lo sviluppo
delle imprese Spa (soggetto gestore), secondo lordine cronologico di
presentazione (procedura a sportello). A seguito del parere favorevole
di questultimo, il Ministero proceder successivamente ad emanare il
provvedimento di concessione delle agevolazioni.

I soggetti beneciari
I tre bandi si rivolgono alle imprese di qualsiasi dimensione, in possesso
dei seguenti requisiti:
essere regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle imprese;

211
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili, non essere
in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure con-
corsuali;
trovarsi in regime di contabilit ordinaria;
non rientrare tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente,
non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individua-
ti quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
trovarsi in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa
edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e
della salvaguardia dellambiente ed essere in regola con gli obblighi
contributivi;
non essere state destinatarie, nei 3 anni precedenti la data di presen-
tazione della domanda, di provvedimenti di revoca totale di agevola-
zioni concesse dal Ministero, ad eccezione di quelli derivanti da ri-
nunce;
aver restituito agevolazioni godute per le quali stato disposto dal
Ministero un ordine di recupero;
non trovarsi in condizioni tali da risultare impresa in difcolt ai
sensi del Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6
agosto 2008.
Sono escluse dagli aiuti le imprese appartenenti ai settori della siderurgia,
della cantieristica navale, dellindustria carboniera e delle bre sintetiche
e della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

I programmi agevolabili
Le iniziative nanziabili dal Ministero sono previste dai tre bandi sulla
base della tipologia di investimento prescelto dallimpresa: innovazione,
programmi di industrializzazione e investimenti energetici.

10.2.3 Il bando innovazione


Il Decreto 6 agosto 2010, pubblicato nella G.U. n. 211 del 9 settembre
2010, prevede la concessione di aiuti per sostenere programmi naliz-
zati al perseguimento di specici obiettivi di innovazione, miglioramento
competitivo e tutela ambientale.
Nello specico, saranno agevolati i programmi riguardanti:
il settore alimentare, limitatamente a:
produzione di prodotti da forno;

212
10. LA FINANZA AGEVOLATA

prodotti surgelati, gelati e dolci;


piatti pronti;
paste alimentari;
bevande analcoliche escluse le acque minerali;
omogeneizzati e prodotti dietetici;
alimenti per animali.
Per tale settore saranno finanziati i programmi diretti allindustrializ-
zazione di innovazioni di prodotto, istallazione di sistemi di control-
lo/tracciabilit, miglioramento dei sistemi di confezionamento/imbal-
laggio e dei sistemi di distribuzione (logistica, trasporto, catena del
freddo);
la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per
uso domestico non elettriche, limitatamente a:
fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici e di
apparecchiature per la distribuzione e il controllo dellelettricit;
fabbricazione di batterie di pile ed accumulatori elettrici;
fabbricazione di cablaggi e apparecchiature di cablaggio;
fabbricazione di apparecchiature per illuminazione;
fabbricazione di apparecchi per uso domestico;
fabbricazione di altre apparecchiature elettriche.
In tale ambito, risultano incentivabili i programmi di investimento rela-
tivi allindustrializzazione di innovazioni di prodotto nalizzate alla ri-
duzione degli impatti ambientali e/o lapplicazione di innovazioni di
processo;
la produzione di biotecnologie, limitatamente a:
processi biomedici e farmaceutici come lindividuazione di organi-
smi in grado di sintetizzare farmaci o antibiotici o sviluppo di
tecnologie di ingegneria genetica per la cura di patologie;
processi biotecnologici di interesse industriale come la costituzio-
ne di microrganismi in grado di produrre sostanze chimiche;
processi agricoli come la modicazione di organismi per renderli
in grado di crescere in determinate condizioni ambientali o nutri-
zionali a minore impatto ambientale rispetto ai processi agricoli
classici;
bioinformatica.
Saranno agevolati i programmi riguardanti lindustrializzazione di inno-
vazioni di prodotto e/o lapplicazione di innovazioni di processo.

213
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

10.2.4 Il bando investimenti energetici


Il Decreto 6 agosto 2010, pubblicato nella G.U. n. 212 del 10 settembre
2010, mira a nanziare i progetti concernenti la produzione di beni stru-
mentali funzionali allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e al
risparmio energetico nelledilizia.
Potranno essere nanziati i programmi, relativi alle attivit della sezione
C della classicazione ATECO 2007, riguardanti la produzione:
di apparecchiature o macchinari o loro componenti principali funzio-
nali alla produzione di energia da fonti rinnovabili, mediante lutilizzo
delle pi innovative tecnologie disponibili (ad esempio: aerogenerato-
ri, gassicatori di biomassa, idrolizzatori, celle e componenti princi-
pali per il fotovoltaico, sistemi per solar cooling, sistemi per il solare
termodinamico, pompe di calore e generatori di calore alimentati da
pellet e cippato ecc.);
di componenti e sistemi (rivestimenti, pavimentazioni, inssi, isolanti,
materiali per lecoedilizia, soluzioni integrate di building automation,
soluzioni integrate di domotica, sistemi per la gestione e il controllo
dei consumi, motori a basso consumo) funzionali al miglioramento
delle prestazioni energetiche degli edici, utilizzando le pi innovative
tecnologie disponibili, in termini di capacit dei componenti e di si-
stemi idonei ad incidere sulle prestazioni energetiche degli edici e
sulla vita dei componenti stessi.

10.2.5 Il bando programmi di industrializzazione


Per quanto riguarda tale tipologia di iniziative, intervenuto il Decreto
6 agosto 2010, pubblicato nella G.U. n. 213 del 11 settembre 2010, che
intende sostenere i programmi di investimento riguardanti lindustrializ-
zazione dei risultati di programmi qualicati di ricerca industriale o di
sviluppo sperimentale, che siano riferiti a uno dei seguenti ambiti:
attivit manifatturiere di cui alla sezione C della classicazione delle
attivit economiche ATECO 2007;
attivit di produzione e distribuzione di energia elettrica e di calore
di cui classi 35.1 e 35.3 della sezione D della predetta classicazione
ATECO, limitatamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili o
che concorrono allincremento dellefcienza energetica e al risparmio
energetico, con potenza non superiore a 50 MW elettrici;
attivit di servizi (per il dettaglio si veda la Tav. 1).

214
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Tav. 1 Elenco delle attivit di servizi ammissibili

52 Magazzinaggio e attivit di supporto ai trasporti, con esclusione dei mezzi di trasporto


61 Telecomunicazioni, inclusa la ricezione, registrazione, amplicazione, diffusione, elaborazione,
trattamento e trasmissione di segnali e dati da e per lo spazio e la trasmissione di spettacoli e/o
programmi radiotelevisivi da parte di soggetti diversi da quelli titolari di concessione per la radio-
diffusione sonora e/o televisiva in ambito nazionale di cui alla legge 6 agosto 1990, n. 233 e S.M.I.
Informatica e attivit connesse, limitatamente a:
produzione di software, consulenza informatica e attivit connesse (rif. 62.0), inclusi i servizi
connessi alla realizzazione di sistemi tecnologici avanzati per la produzione e/o diffusione di
servizi telematici e quelli di supporto alla ricerca e allinnovazione tecnologica in campo in-
formatico e telematico;
elaborazione dei dati, hosting e attivit connesse, portali web (rif. 63.1);
edizione di software (rif. 58.2);
pubblicazione di elenchi e mailing list (rif. 58.12);
riparazione e manutenzione di altre macchine di impiego generale (rif. 33.12.5);
riparazione e manutenzione di computer e periferiche (rif. 95.11.0);
attivit dei disegnatori graci di pagine web (rif. 74.10.21).
72 Ricerca scientica e Sviluppo, inclusi i servizi di assistenza alla ricerca e allintroduzione/
adattamento di nuove tecnologie e nuovi processi produttivi e di controllo, i servizi di consulenza
per le problematiche della ricerca e sviluppo e quelli di supporto alla ricerca e allinnovazione
tecnologica in campo informatico e telematico.
Attivit professionali, scientiche e tecniche, limitatamente a:
ricerche di mercato (rif. 73.20), inclusi i servizi connessi alle problematiche del marketing e
della penetrazione commerciale e dellimport-export;
attivit di consulenza gestionale (rif. 70.2), inclusa la consulenza relativa alle problematiche
della gestione, gli studi e le pianicazioni, lorganizzazione amministrativo-contabile, lassisten-
za ad acquisti ed appalti, le problematiche della logistica e della distribuzione e le problema-
tiche dellufcio, con esclusione dellattivit degli amministratori di societ ed enti;
attivit degli studi di architettura, ingegneria ed altri studi tecnici (rif. 71.1), compresi i servizi di
manutenzione e sicurezza impiantistica, i servizi connessi alla realizzazione e gestione di sistemi
tecnologici avanzati per il risparmio energetico e per la tutela ambientale in relazione alle attivit
produttive, i servizi per lintroduzione di nuovi vettori energetici, i servizi connessi alle problematiche
dellenergia, ambientali e della sicurezza sul lavoro, i servizi di trasferimento tecnologico connessi alla
produzione ed alla lavorazione e trattamento di materiali, anche residuali, con tecniche avanzate;
consulenza in materia di sicurezza (rif. 74.90.2);
attivit dei disegnatori tecnici (rif. 74.10.3);
collaudi e analisi tecniche (rif. 71.20), compresi i servizi connessi alle problematiche riguar-
danti la qualit e relativa certicazione nellimpresa;
laboratori fotograci per lo sviluppo e la stampa (rif. 74.20.2) e attivit di aerofotograa (rif.
74.20.12);
attivit di imballaggio e confezionamento (rif. 82.92);
design e styling relativo a tessili, abbigliamento, calzature, gioielleria, mobili e altri beni per-
sonali o per la casa (rif. 74.10.1 e 74.10.9);
attivit dei call center (rif. 82.20).

215
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Fornitura di acqua; reti fognarie, attivit di gestione dei riuti e risanamento, limitatamente a:
raccolta, trattamento e smaltimento dei riuti (rif. 38.1 e 38.2), limitatamente a quelli di ori-
gine industriale e commerciale;
raccolta e depurazione delle acque di scarico (rif. 37.00.0), limitatamente alla diluizione, l-
traggio, sedimentazione, decantazione con mezzi chimici, trattamento con fanghi attivati e
altri processi nalizzati alla depurazione delle acque reue di origine industriale.
N.B. Le singole attivit ammissibili sopra indicate fanno riferimento ai codici della Classicazione
delle attivit economiche ATECO 2007

Ai ni del bando valgono le seguenti denizioni:


ricerca industriale: ricerca pianicata o indagini critiche miranti ad
acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi
prodotti/servizi e/o processi, o permettere un notevole miglioramento
di quelli esistenti. Comprende la creazione di componenti di sistemi
complessi necessari per la ricerca industriale, in particolare per la
validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui
alla denizione di sviluppo sperimentale;
sviluppo sperimentale: attivit dirette alla concretizzazione dei risul-
tati della ricerca industriale mediante le fasi di progettazione e realiz-
zazione di progetti pilota e dimostrativi, nonch di prototipi, naliz-
zate a nuovi prodotti, processi o servizi ovvero ad apportare modiche
sostanziali a prodotti e processi produttivi purch tali interventi com-
portino sensibili miglioramenti delle tecnologie esistenti. Rientra
nello sviluppo sperimentale la realizzazione di prototipi utilizzabili per
scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecno-
logici e/o commerciali, quando il prototipo necessariamente il pro-
dotto commerciale nale e il suo costo di fabbricazione troppo
elevato per usarlo soltanto a ni di dimostrazione e di convalida.
Leventuale ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di
progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei red-
diti cos generati dai costi ammissibili. Lo sviluppo sperimentale non
comprende tuttavia le modiche di routine o le modiche periodiche
apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione,
servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modi-
che rappresentino miglioramenti;
industrializzazione dei risultati: programma volto alla realizzazione
di investimenti strettamente collegati allo sfruttamento industriale dei
risultati derivanti dal precedente programma qualicato di ricerca
industriale e di sviluppo sperimentale;

216
10. LA FINANZA AGEVOLATA

programmi di ricerca e sviluppo qualicati:


programmi realizzati in collaborazione con Organismi di ricerca,
come deniti dalla Disciplina comunitaria in materia di aiuti di
Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione n. 2006/C 323/01.
A tal riguardo, sono considerati qualicati i programmi di ricerca
e sviluppo sperimentale per i quali la collaborazione con lOrgani-
smo di ricerca si sia conclusa da non oltre 24 mesi;
programmi agevolati sulla base di norme comunitarie, statali e re-
gionali nalizzate alla promozione di attivit di ricerca industriale e
sviluppo sperimentale, completamente realizzati da non oltre 24 mesi;
programma di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, a segui-
to della realizzazione del quale, limpresa richiedente le agevolazio-
ni abbia depositato domanda di brevetto per invenzione e abbia
almeno ottenuto lemanazione da parte dellEPO del rapporto di
ricerca con esito non negativo.

Le tipologie di investimento agevolabili


I programmi relativi ai tre bandi, da realizzare nellambito di ununit
produttiva ubicata nelle regioni Convergenza (Campania, Sicilia, Puglia
e Calabria), potranno riguardare le seguenti tipologie di investimento:
realizzazione di nuove unit produttive;
ampliamento di unit produttive esistenti;
diversicazione della produzione di ununit produttiva in nuovi pro-
dotti/servizi aggiuntivi;
cambiamento fondamentale del processo di produzione complessivo
di ununit produttiva esistente.
In generale, gli investimenti dovranno essere avviati successivamente alla
presentazione della domanda ed essere realizzati nei tempi (non supe-
riori a 36 mesi) indicati nel provvedimento di concessione delle agevo-
lazioni e comunque entro il 30 giugno 2015.

Le spese ammissibili
Per tutti e tre, i bandi saranno ammesse le spese, di importo non infe-
riore a 1.500.000 euro e non superiore a 25.000.000 euro, relative allac-
quisto (anche in leasing) di:
suolo aziendale e sue sistemazioni (massimo 10% dellinvestimento
complessivo);

217
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

opere murarie e assimilate e infrastrutture speciche aziendali, no a


un importo massimo del 30% dellinvestimento complessivo;
macchinari, impianti ed attrezzature varie nuovi di fabbrica, compre-
si quelli necessari allattivit gestionale dellimpresa, ed esclusi quelli
relativi allattivit di rappresentanza; mezzi mobili, esclusi i mezzi di
trasporto targati, identicabili singolarmente ed a servizio esclusivo
dellunit produttiva oggetto delle agevolazioni;
programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestio-
nali dellimpresa, brevetti, licenze, know-how e conoscenze tecniche
non brevettate concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi
produttivi. Per le grandi imprese tali spese saranno ammissibili nel
limite del 50% dellinvestimento complessivo;
(limitatamente alle PMI) spese per consulenze esterne connesse al
programma dinvestimento, no al 3% dei costi ammissibili.

Le agevolazioni
Tutti i bandi prevedono che le agevolazioni siano concesse nella forma
di nanziamento agevolato e di contributo in conto impianti, ovvero
con riferimento alle spese per consulenza e canoni di leasing di con-
tributo alla spesa.
Relativamente alle spese per consulenza, il contributo verr assegnato
nella misura del 50% delle relative spese.
Il prestito, di durata non superiore a 8 anni, oltre un periodo di utilizzo e
preammortamento commisurato alla durata del programma, verr erogato
a un tasso di interesse del 20% del tasso di riferimento vigente alla data di
concessione delle agevolazioni. Limporto del nanziamento sar pari al:
piccole imprese: 25% del costo totale del programma;
medie imprese: 35% del costo totale del programma;
grandi imprese: 45% del costo totale del programma.
Ad integrazione del nanziamento agevolato potr essere riconosciuto
un contributo nella misura necessaria al raggiungimento delle seguenti
intensit massima previste dalla normativa comunitaria (espresse in ESL
- Equivalente Sovvenzione Lordo):
piccole imprese: 50%;
medie imprese: 40%;
grandi imprese: 30%.
Le imprese beneciarie delle agevolazioni sono obbligate ad apportare
un contributo nanziario, attraverso risorse proprie (o nanziamento

218
10. LA FINANZA AGEVOLATA

esterno), in una forma priva di qualsiasi tipo di sostegno pubblico, pari


almeno al 25% del totale delle spese ammissibili riguardanti le immobi-
lizzazioni.

La presentazione delle domande


Per accedere alle agevolazioni le istanze dovranno essere presentate,
corredate della documentazione richiesta esclusivamente per via elettro-
nica, utilizzando la procedura messa a disposizione sul sito www.svilup-
poeconomico.gov.it.
La stampa della domanda dovr essere obbligatoriamente presentata,
insieme agli allegati richiesti, entro 7 giorni dalla data di trasmissione
elettronica, a mezzo raccomandata A/R, a Invitalia (Agenzia Nazionale per
lAttrazione degli investimenti e lo Sviluppo dimpresa S.p.A.) BU Im-
presa - Funzione Valutazione, via Calabria n. 46, 00187 Roma. La data di
presentazione della domanda quella della trasmissione elettronica.
I tre decreti del 6 agosto 2010 stabiliscono che lo sportello per la pre-
sentazione delle domande sar aperto dal 90 al 210 giorno successivo
alla pubblicazione del Decreto di riferimento nella Gazzetta Ufciale.
Tuttavia, il Ministro dello Sviluppo Economico con il Decreto del 19
novembre 2010 (in G.U, n. 286 del 7 dicembre 2010) ha riprogrammato
i termini iniziali di presentazione delle domande.
Pertanto, in seguito alla suddetta modica, ecco il calendario per la tra-
smissione delle domande:
in relazione al Decreto 6 agosto 2010, su Programmi di investimento
nalizzati al perseguimento di specici obiettivi di innovazione, mi-
glioramento competitivo e tutela ambientale pubblicato sulla Gazzet-
ta ufciale n. 211 del 9 settembre 2010: dalle ore 11,00 del giorno 9
dicembre 2010 e no al 7 aprile 2011;
per il Decreto 6 agosto 2010 su Programmi di investimento riguar-
danti la produzione di beni strumentali funzionali allo sviluppo delle
fonti di energia rinnovabili e al risparmio energetico nelledilizia
pubblicato sulla Gazzetta Ufciale n. 212 del 10 settembre 2010: dalle
ore 11,00 del giorno 10 dicembre 2010 e no all8 aprile 2011;
per il Decreto 6 agosto 2010 su Programmi di investimento nalizza-
ti allindustrializzazione dei risultati di programmi qualicati di ricerca
e sviluppo sperimentale pubblicato sulla Gazzetta ufciale n. 213 del
11 settembre 2010: dalle ore 11,00 del giorno 11 dicembre 2010 e no
al 9 aprile 2011.

219
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Listruttoria delle domande, svolta dallAgenzia nazionale per lattrazione


degli investimenti e lo sviluppo delle imprese Spa Invitalia (soggetto
gestore) e preliminarmente nalizzata a vericare la regolarit formale
e la completezza della domanda di agevolazioni, sar effettuata secondo
lordine cronologico di presentazione.
Leventuale esaurimento delle risorse disponibili prima del termine na-
le sar comunicata dal Ministero dello Sviluppo Economico e comporte-
r la chiusura anticipata dello sportello.

10.3 Il Fondo per linnovazione tecnologica (FIT)


Con la direttiva 10 luglio 2008 (in G.U. n. 212 del 10 settembre 2008) il
Ministro dello sviluppo economico ha dettato la nuova disciplina in ma-
teria di aiuti di stato a favore della ricerca e sviluppo. Lattuazione degli
interventi pu essere di tipo a sportello, a bando o negoziale per pro-
grammi di rilevante interesse per lo sviluppo tecnologico del paese.

10.3.1 I soggetti beneciari


Gli interventi previsti dal Ministero sono a favore di soggetti che abbia-
no una stabile organizzazione in Italia, ed in particolare:
a) le imprese esercitanti le attivit di cui allart. 2195 c.c., numeri 1) e
3);
b) le imprese agro-industriali che svolgono prevalentemente attivit in-
dustriale;
c) le imprese artigiane di produzione di beni di cui alla legge 8 agosto
1985, n. 443;
d) centri di ricerca con personalit giuridica autonoma;
e) altri soggetti che potranno essere di volta in volta dal Ministero attra-
verso i bandi che verranno pubblicati.
Potranno beneciare degli interventi anche i consorzi e le societ
consortili costituiti dai soggetti di cui alle precedenti lettere a), b), c),
d), e), a condizione che la partecipazione dei medesimi soggetti sia
superiore al 30% dellammontare del fondo consortile (o del capitale
sociale).
I soggetti sopra individuati potranno presentare i programmi nanziabili
anche congiuntamente tra loro, purch nessuno di loro sostenga da
solo pi del 70% e meno del 10% dei costi complessivi ammissibili del
programma.

220
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Le iniziative potranno essere realizzate anche di concerto con organismi


di ricerca (come deniti nella Tavola 1), purch le attivit dei soggetti
abbiano un costo ammissibile superiore al 30% di quello nanziabile
complessivamente dal programma.

Tav. 1 Denizione di organismi di ricerca

Con tale termine la norma fa riferimento svolgere attivit di ricerca di base, di ricerca in-
ai soggetti senza scopo di lucro, quali dustriale o di sviluppo sperimentale
universit o istituti di ricerca, indipenden- diffonderne i risultati, mediante linsegnamento, la
temente dal loro status giuridico (costituiti pubblicazione o il trasferimento di tecnologie
secondo il diritto privato o pubblico) o reinvestire interamente tutti gli utili nelle attivit di
fonte di nanziamento, la cui nalit prin- ricerca, nella diffusione dei loro risultati o nellin-
cipale quella di: segnamento
N.B. Le imprese in grado di esercitare uninuenza su tali enti (ad esempio in qualit di azionisti
o membri), non possono godere di alcun accesso preferenziale alle capacit di ricerca dellente
medesimo n ai risultati prodotti

Sono invece esclusi dalle agevolazioni:


i soggetti sottoposti alle procedure concorsuali;
i soggetti che risultino morosi in relazione a precedenti operazioni
effettuate a carico del fondo di cui allart. 14 della legge n. 46/82;
le imprese in difcolt di cui alla denizione degli Orientamenti co-
munitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di
imprese in crisi;
i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o
depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o
incompatibili dalla Commissione europea;
i soggetti destinatari, nei 6 anni precedenti la data di presentazione
della domanda, di provvedimenti di revoca totale di agevolazioni,
concesse dal Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione di
quelli derivanti da rinunce da parte delle imprese;
i soggetti che non hanno restituito agevolazioni godute per le quali
stata disposta la restituzione dal Ministero dello sviluppo economico.

10.3.2 I programmi di investimento


I programmi nanziabili sono quelli che prevedono attivit di sviluppo
sperimentale con eventuali attivit connesse di ricerca industriale (se-
condo le denizioni riportate nella Tavola 2).

221
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Tav. 2 Denizione di attivit di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale

volta ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a


punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglio-
ramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. compresa la creazio-
Attivit di ricerca
ne di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca indu-
striale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad
esclusione dei prototipi.
volta alla concretizzazione dei risultati della ricerca industriale me-
diante le fasi di progettazione e realizzazione di progetti pilota e dimo-
strativi, nonch di prototipi, nalizzate a nuovi prodotti, processi o
servizi ovvero ad apportare modiche sostanziali a prodotti e processi
produttivi purch tali interventi comportino sensibili miglioramenti delle
tecnologie esistenti.
Rientra in tale ambito la realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi
commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici e/o
commerciali, quando il prototipo necessariamente il prodotto commer-
Sviluppo sperimentale
ciale nale e il suo costo di fabbricazione troppo elevato per poterlo
usare soltanto a ni di dimostrazione e di convalida. Leventuale, ulte-
riore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a
scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi, cos generati, dai
costi ammissibili.
Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modiche di routine
o le modiche periodiche apportate a prodotti, processi di fabbricazio-
ne, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali mo-
diche rappresentino miglioramenti.

Ai ni dellammissibilit i programmi devono:


avere una durata non inferiore a 18 mesi e non superiore a 36 mesi;
essere avviati successivamente alla presentazione della domanda e
comunque non oltre 6 mesi dalla stessa. Su richiesta motivata del
soggetto beneciario, il Ministero dello sviluppo economico potr
tuttavia disporre, per una sola volta, una proroga del termine di ulti-
mazione del programma non superiore a 12 mesi.
Le agevolazioni sono concedibili in relazione ai costi, di importo supe-
riore a 1 milione di euro (fatti salvi eventuali diversi limiti disposti dal
competente Ministero attraverso i futuri bandi), riguardanti:
1) il personale del soggetto proponente, o in rapporto di collaborazione
con contratto a progetto o interinale, limitatamente a tecnici, ricer-
catori ed altro personale ausiliario, adibito alle attivit di ricerca
industriale e sviluppo sperimentale oggetto del programma, con

222
10. LA FINANZA AGEVOLATA

esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e


commerciali;
2) gli strumenti e le attrezzature di nuovo acquisto, nella misura e per il
periodo in cui sono utilizzati per il programma di ricerca e sviluppo,
nel limite delle quote di ammortamento scali ordinarie;
3) i servizi di consulenza e altri servizi utilizzati per lattivit del pro-
gramma, inclusa lacquisizione dei risultati di ricerca, di brevetti e di
know-how, di diritti di licenza;
4) le spese generali imputabili allattivit del programma, da determinare
forfetariamente in misura non superiore al 30% del valore della voce
di costo di cui al punto 1);
5) i materiali utilizzati per lo svolgimento del programma.
I soggetti beneciari dovranno, inoltre, trasmettere al Ministero, per i 2
anni successivi alla ne del programma, a ni di monitoraggio, i dati
relativi allimpatto economico e occupazionale dei risultati del program-
ma anche in relazione delleventuale cessione o industrializzazione dei
medesimi.

10.3.3 Le agevolazioni
Gli aiuti sono concedibili nelle seguenti forme:
nanziamento agevolato;
contributo in conto interessi;
contributo diretto alla spesa.
Per i programmi comportanti spese ammissibili inferiori a 3 milioni
di euro, potr essere concesso un nanziamento agevolato, a valere
sulle disponibilit del Fondo, pari al 50% dei costi riconosciuti ammissi-
bili, con una durata massima di 8 anni oltre un periodo di preammorta-
mento commisurato alla durata del programma (e comunque non supe-
riore a 4 anni a decorrere dalla data di emanazione del decreto di con-
cessione). Il tasso agevolato pari al 20% del tasso di riferimento, vigen-
te alla data di concessione delle agevolazioni, ssato dalla Commissione
europea.
Per i programmi comportanti spese ammissibili pari o superiori a 3
milioni di euro, potr essere concesso un contributo in conto interessi
in relazione ad un nanziamento bancario a tasso di mercato, destinato
alla copertura nanziaria del programma agevolabile, pari al 50% dei
costi riconosciuti ammissibili, con una durata massima di 8 anni oltre
un periodo di preammortamento commisurato alla durata del programma

223
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

e comunque non superiore a 4 anni. Il prestito potr essere deliberato


anche da soggetti autorizzati allesercizio dellattivit creditizia. La misu-
ra del contributo ssata in 80 punti percentuali del tasso di riferimen-
to. Al riguardo il Ministero dello Sviluppo Economico con la circolare
del 15 dicembre 2010 (G.U. n. 296 del 20 dicembre 2010) ha fornito
chiarimenti e precisazioni in merito alle modalit di erogazione del sud-
detto contributo nonch le procedure attraverso le quali i diversi sogget-
ti interessati dovranno operare.
Oltre al nanziamento agevolato ovvero alleventuale contributo in
conto interessi la normativa di sostegno consente la concessione di un
contributo alla spesa in misura pari al 20% nominale dei costi rico-
nosciuti ammissibili. In aggiunta alle predette agevolazioni, potranno
essere concesse maggiorazioni, nella forma di contributo alla spesa, pari
al 20% nominale dei costi riconosciuti ammissibili per i programmi svol-
ti dalle piccole imprese ovvero al 10% nominale per i programmi svolti
dalle medie imprese. Per gli organismi di ricerca, la maggiorazione
riconosciuta nella misura del 20% nominale dei costi riconosciuti ammis-
sibili.
Qualora il valore complessivo delle agevolazioni superi le intensit mas-
sime previste dalla Disciplina comunitaria (si veda la Tavola 6), il Mini-
stero provveder alla riduzione del contributo alla spesa e, qualora ne-
cessario, del nanziamento agevolato ovvero della misura del contributo
in conto interessi.

Tav. 6 - I massimali di aiuto ssati dalla Commissione europea

Piccola Media Grande


Attivit svolta
impresa impresa impresa
Sviluppo sperimentale 45% 35% 25%
Sviluppo sperimentale in caso di collaborazione fra imprese
(per le grandi imprese: collaborazione transfrontaliera o con
almeno una PMI) o collaborazione fra unimpresa e un orga-
nismo di ricerca 60% 50% 40%
Ricerca industriale 70% 60% 50%
Ricerca industriale in caso di collaborazione fra imprese (per
le grandi imprese: collaborazione transfrontaliera o con alme-
no una PMI) o collaborazione fra unimpresa e un organismo
di ricerca o diffusione dei risultati 80% 75% 65%

224
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Limitatamente agli organismi di ricerca che ne facciano richiesta, lage-


volazione corrispondente al nanziamento agevolato ovvero al contri-
buto in conto interessi concedibile, potr essere accordata nella forma
del contributo diretto alla spesa, attualizzandone il valore al momento
della concessione e in base al tasso di riferimento.
Per quanto riguarda il nanziamento agevolato, gli interessi di pream-
mortamento, calcolati dalla data di erogazione, saranno corrisposti an-
nualmente a decorrere dalla data di emanazione del decreto di conces-
sione dellagevolazione. Il rimborso del nanziamento avverr in rate
annuali costanti posticipate, la prima delle quali decorrente dalla data
di conclusione del periodo di preammortamento.
Nel caso in cui lintensit complessiva delle agevolazioni, a seguito della
rideterminazione, ecceda il limite massimo indicato dalla Commissione
europea, si riduce lagevolazione concessa sotto forma di contributo alla
spesa e, qualora necessario, del nanziamento agevolato, ovvero della
misura del contributo in conto interessi.

10.3.4 Lerogazione degli aiuti

Le agevolazioni sono erogate dal gestore degli interventi (che dovr es-
sere individuato dal Ministero dello Sviluppo Economico) sulla base del
piano delle erogazioni contenuto nel decreto di concessione in non pi
di 3 soluzioni pi il saldo, sulla base dello stato avanzamento lavori. Per
le PMI la prima erogazione nel limite massimo del 25% delle agevolazio-
ni concesse pu avvenire a titolo di anticipazione previa presentazione
di deiussione bancaria o polizza assicurativa.

10.3.5 La procedura per la richiesta delle agevolazioni

Le modalit e i termini di presentazione delle istanze verranno fis-


sati con appositi decreti per le procedure a sportello o a bando, e
dopo che il Ministero avr individuato il soggetto gestore degli in-
terventi.
Listruttoria dovr valutare la validit tecnologica del programma e la
validit economico-nanziaria del soggetto richiedente e del programma
stesso, accertando in particolare:
la validit degli obiettivi intermedi e nali del programma sotto il
prolo tecnologico, con particolare riferimento allo sviluppo del set-
tore in cui opera il soggetto richiedente;

225
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

la capacit tecnico-scientica ad assicurare la corretta esecuzione


delle attivit del programma tenuto conto anche delle pregresse atti-
vit del richiedente;
il sostanziale apporto diretto del soggetto beneciario nellideazione
e nello svolgimento del programma;
la validit economico-nanziaria del programma, con specico riferi-
mento alla redditivit, alle prospettive di mercato ed al piano nan-
ziario per la copertura dei fabbisogni derivanti dalla realizzazione del
programma e dalla normale gestione ed in particolare alladeguatezza
ed alla tempestiva immissione dei mezzi propri dellimpresa, in tempi
coerenti con la realizzazione del programma, attraverso la simulazio-
ne dei bilanci e dei ussi nanziari;
la ricaduta degli effetti del programma sul mercato di riferimento
ovvero il rilevante miglioramento delle condizioni ambientali;
linteresse industriale allesecuzione del programma in relazione allim-
patto economico dei risultati perseguiti;
per le grandi imprese e per i progetti presentati da PMI che compor-
tino un aiuto superiore a 7,5 milioni di euro, il carattere di addiziona-
lit del programma rispetto alla ordinaria attivit di ricerca e sviluppo
della impresa.

10.4 Fondo di salvataggio imprese in crisi


Con il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 25 febbraio
2010 (in G.U. n. 146 del 25 giugno 2010) stata data attuazione al Fon-
do per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difcolt.
Le modalit operative di tale strumento agevolativo istituito dallart.
11, comma 3, del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modicazio-
ni, dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80 sono state denite dal CIPE con
la delibera del 18 dicembre 2008, n. 110 (in G.U. n. 69 del 24 marzo
2009).
Laiuto consiste in una garanzia statale che potr essere concessa a fron-
te di nanziamenti bancari contratti dalle imprese di medie e grandi
dimensioni, costituite in forma di societ di capitali, ai ni del salvatag-
gio o della ristrutturazione aziendale.
Gli aiuti per il salvataggio hanno natura transitoria, poich relativi a
misure strettamente necessarie a mantenere in attivit unimpresa in
difcolt per il periodo corrispondente ad elaborare un piano di ristrut-
turazione o di liquidazione.

226
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Gli aiuti per la ristrutturazione, invece, saranno concessi sulla base di


un piano industriale e nanziario, nalizzato a ripristinare la redditivit
a lungo termine dellimpresa.

10.4.1 Soggetti beneciari


Laccesso al Fondo riservato alle imprese, comprese quelle operanti
nei settori della commercializzazione e della trasformazione agroalimen-
tare, costituite nella forma di societ di capitali.
Ai ni dellammissibilit le imprese, alla data di presentazione della do-
manda, devono:
trovarsi in difcolt ai sensi del punto 2.1 degli Orientamenti comu-
nitari (per la denizione si rimanda alla Tavola 1) ma non in stato di
insolvenza;
rientrare nella denizione di media e grande impresa, ai sensi della
raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 mag-
gio 2003, ossia abbiano almeno 50 dipendenti (calcolati secondo i
criteri di cui al Decreto del Ministero delle Attivit Produttive 18
aprile 2005) e realizzino un fatturato o un totale di bilancio annuo
superiore ai 10 milioni di euro.
Non saranno ammesse agli aiuti le imprese che:
siano operanti nei settori del carbone, dellacciaio, della pesca, dellac-
quacoltura e nel settore agricolo;
abbiano avviato lattivit da meno di 3 anni dalla data di presentazio-
ne della domanda di aiuto;
facciano parte di un gruppo o siano da esso rilevate, salvo qualora si
possa dimostrare che le difcolt siano intrinseche allimpresa in
questione, che non risultino dalla ripartizione arbitraria dei costi
allinterno del gruppo e che siano troppo gravi per essere risolte dal
gruppo stesso.

227
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Tav. 1 Denizione di imprese in difcolt

Si considera in difcolt limpresa che non in grado, con proprie risorse e con le risorse che
pu ottenere dai proprietari/azionisti o dai creditori, di contenere perdite che, in assenza di un
intervento esterno delle autorit pubbliche, la condurrebbero quasi certamente al collasso econo-
mico, nel breve o nel medio periodo.
In particolare unimpresa, a prescindere dalle sue dimensioni, in linea di principio considerata
in difcolt nei seguenti casi:
nel caso di societ a responsabilit limitata, qualora abbia perso pi della met del capitale
sociale e la perdita di pi di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi
12 mesi;
nel caso di societ in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilit illimitata per i debiti
della societ, qualora abbia perso pi della met dei fondi propri, quali indicati nei conti
della societ, e la perdita di pi di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso degli ulti-
mi 12 mesi;
per tutte le forme di societ, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per
lapertura nei loro confronti di una procedura concorsuale per insolvenza;
anche qualora non ricorra alcuna delle condizioni di cui ai punti precedenti, unimpresa pu
comunque essere considerata in difcolt in particolare quando siano presenti alcuni sintomi,
quali il livello crescente delle perdite, la diminuzione del fatturato, laumento delle scorte, la
sovracapacit, la diminuzione del usso di cassa, laumento dellindebitamento e degli oneri
per interessi, nonch la riduzione o lazzeramento del valore netto delle attivit.

10.4.2 Interventi ammissibili


Il fondo, in conformit agli Orientamenti europei sugli aiuti di Stato, ri-
guarda interventi:
per il salvataggio;
per la ristrutturazione.

Gli aiuti per il salvataggio


Consistono in un sostegno nanziario temporaneo e reversibile,
della durata massima di 6 mesi, nalizzato a mantenere in attivit lim-
presa per il tempo necessario a elaborare un piano di ristrutturazione o
di liquidazione.
Limporto dellaiuto concesso dovr pertanto basarsi sul fabbisogno di
liquidit dellimpresa imputabile alle perdite e non potr essere superio-
re a 5 milioni di euro. Laiuto potr essere utilizzato per i soli fabbisogni
gestionali, senza pagamento di passivit strutturali.
Le imprese dovranno presentare, entro 4 mesi dallerogazione del presti-
to, un piano di ristrutturazione o un piano di liquidazione, oppure, in

228
10. LA FINANZA AGEVOLATA

mancanza di tale adempimento, confermare limpegno contrattuale di


restituire il prestito garantito alla scadenza.

Gli aiuti alla ristrutturazione


Sono concedibili a fronte della presentazione di un piano industriale
(della durata massima di 36 mesi) nalizzato a ripristinare entro lo stes-
so termine la redditivit a lungo termine dellimpresa, sulla base di ipo-
tesi realistiche circa le condizioni operative future.
Il piano di ristrutturazione potr riguardare le seguenti tipologie di inter-
vento:
la riorganizzazione e la razionalizzazione delle attivit aziendali su una
base di maggiore efcacia, che implica, in genere, labbandono delle
attivit non pi redditizie;
la ristrutturazione delle attivit che possono essere riportate a livelli
competitivi;
la diversicazione verso nuove attivit redditizie.
Il piano dovr essere corredato di tutte le informazioni utili, tra le quali
lanalisi del mercato di riferimento dellimpresa in difcolt. Il miglio-
ramento della redditivit dovr essere, soprattutto, il risultato delle mi-
sure di risanamento interne ma potranno essere considerati anche fatto-
ri esterni, quali la variazione dei prezzi e della domanda, sui quali lim-
presa non pu esercitare uninuenza di rilievo (solo se si tratti di pre-
visioni di mercato generalmente accettate). Il piano dovr, inoltre, pre-
vedere labbandono delle attivit che, anche dopo la ristrutturazione,
resterebbero strutturalmente decitarie.
La ristrutturazione industriale dovr essere accompagnata necessaria-
mente da una ristrutturazione nanziaria (apporto di capitali, riduzione
dellindebitamento) che preveda, comunque, il contributo delle imprese
beneciarie in misura di almeno il 40% del costo totale della ristruttura-
zione nel caso di medie imprese e di almeno il 50% nel caso di grandi
imprese. Qualora il contributo che limpresa richiedente intende appor-
tare al piano di ristrutturazione consista, in tutto o in parte, nella vendi-
ta di beni dellattivo aziendale (non indispensabili per la sopravvivenza
dellimpresa), dovr essere fornita una valutazione di tali beni, suppor-
tata da perizia giurata.

229
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

10.4.3 Le agevolazioni concedibili


Gli aiuti per il salvataggio e per la ristrutturazione a valere sul Fondo
sono concessi esclusivamente sotto forma di garanzia di natura solidale
(ai sensi dellart. 1944 c.c.), su nanziamenti bancari contratti dallimpre-
sa. La garanzia assiste il credito maturato a favore della banca che ha
accordato il nanziamento in termini di capitale, interessi e ogni altro
costo e onere connesso con loperazione garantita.
Il tasso di interesse sui prestiti dovr essere:
almeno equivalente ai tassi praticati sui prestiti concessi ad imprese
sane;
non superiore a quello previsto per i mutui con oneri a carico dello
Stato.
Gli aiuti, se destinati alle medie imprese saranno concessi nei limiti del-
la decisione della Commissione europea n. C (2009) 4152 del 25 maggio
2009 di autorizzazione del regime di aiuto. Nel caso, invece, di grandi
imprese, lintervento sar soggetto a notica individuale alla Commissio-
ne europea.
La garanzia diverr operante senza obbligo di preventiva escussione del
debitore, ma su semplice comunicazione dellinadempimento dellobbli-
gazione da parte della banca. Listituto dovr dichiarare, sotto la propria
responsabilit, di aver gi richiesto infruttuosamente il pagamento al
debitore e indicare limporto del credito vantato. Latto di escussione
della garanzia dovr essere inviato per conoscenza agli amministratori
dellimpresa debitrice, che dovranno trasmettere immediatamente al Mi-
nistero dello Sviluppo Economico eventuali osservazioni. Entro 30 gior-
ni dal ricevimento dellatto di escussione della garanzia il Ministero
dello Sviluppo Economico effettua il pagamento dovuto alla banca a
valere sulle risorse del Fondo, surrogandosi nei diritti della banca credi-
trice (ai sensi dellart. 1203, comma 1, punto 3, c.c. ).
Sulla somma pagata dal Ministero maturano gli interessi al tasso legale
vigente a decorrere dalla data di pagamento alla banca e no alla data
di rimborso da parte dellimpresa debitrice.

10.4.4 La presentazione delle domande


Le domande di accesso al fondo, con allegata la documentazione ri-
chiesta, dovranno essere inviate a Invitalia spa (ex Sviluppo Italia) BU
impresa funzione valutazione, Via Calabria 46, 00187 Roma, che

230
10. LA FINANZA AGEVOLATA

provveder a darne tempestivo avviso al Ministero dello sviluppo eco-


nomico.
La presentazione delle domande potr avvenire no a esaurimento delle
risorse del Fondo.

10.4.5 La valutazione e selezione delle richieste di aiuto


Le domande pervenute saranno esaminate, in base allordine cronologico
di ricevimento, da Invitalia spa, che vericher:
la completezza della documentazione presentata a corredo della do-
manda. Nel caso di domanda incompleta, Invitalia entro 10 giorni
lavorativi dal ricevimento, lo comunicher allimpresa richiedente, che
dovr provvedere alle relative integrazioni entro i 5 giorni lavorativi.
Le domande non intergrate entro tale termine saranno considerate
irricevibili e restituite allimpresa;
il rispetto delle condizioni di ammissibilit della domanda;
leventuale sussistenza dei seguenti requisiti di priorit:
imprese aventi no a 250 dipendenti;
imprese che, alla data di presentazione dellistanza utilizzino
CIGS ovvero ne abbiano presentato richiesta da non oltre 12
mesi;
imprese la cui crisi non sia di tipo strutturale (es. Mol positivo in
almeno uno dei bilanci degli ultimi due esercizi antecedenti);
imprese il cui stato di crisi determini un rilevante impatto sociale
ed economico sul territorio (in base al rapporto tra numero di
dipendenti dellimpresa e numero di occupati nel settore industria-
le nella provincia);
imprese subfornitrici che abbiano prodotto almeno il 50% del fat-
turato nei confronti di imprese che dal 1 luglio 2008 siano in
amministrazione straordinaria.
Le proposte istruite positivamente saranno trasmesse allesame del Co-
mitato di valutazione tecnica (costituito presso il Ministero dello Svilup-
po Economico), che esprime il proprio parere ai ni della successiva
concessione dellaiuto di Stato o della notica dello stesso alla Commis-
sione europea.
In caso di valutazione positiva, il Ministero, acquisita qualora necessaria
lautorizzazione allaiuto da parte della Commissione europea, emana il
decreto di concessione della garanzia statale, dandone comunicazione
allimpresa beneciaria.

231
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

10.5 I nuovi strumenti per sostenere lexport delle imprese


italiane
I nuovi interventi agevolativi diretti a favorire linternazionalizzazione
delle imprese italiane nei Paesi extra UE sono previsti dallart. 6 del D.L.
25 giugno 2008 n. 112 (convertito con modicazioni dalla Legge 6 agosto
2008, n. 133).
Le modalit attuative sono state ssate dalle Delibere CIPE n. 112 e n.
113 del 6 novembre 2009 (rispettivamente in G.U. n. 67 del 22 marzo
2010 e in G.U. n. 56 del 9 marzo 2010).
I criteri di ammissibilit delle spese nonch la loro tipologia e misura,
le modalit di presentazione della domanda di intervento e tutti gli aspet-
ti operativi connessi alla gestione degli interventi, compresi gli aspetti
relativi allerogazione del nanziamento agevolato, sono stati deniti dal
Comitato di Agevolazioni istituito presso la SIMEST con le circolari n.
2, 3 e 4 del 13 aprile 2010.

10.6 Finanziamenti agevolati per programmi di inserimento


sui mercati esteri
Questo strumento istituito dallart. 6, comma 2, lettera a) del D.L. 25 giu-
gno 2008, n. 112 sostiene gli investimenti nalizzati al lancio e alla diffu-
sione di nuovi prodotti e servizi oppure allacquisizione di nuovi mercati per
prodotti e servizi gi esistenti. I programmi dovranno essere rivolti a Paesi
diversi da quelli dellUnione Europea e realizzati attraverso lapertura di
strutture (ufci, show-room, magazzini, punti vendita o negozi) volte ad
assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento. Tali
strutture potranno essere gestite direttamente dallimpresa italiana o trami-
te un soggetto terzo locale (partecipato o meno dal richiedente).
Il programma potr riguardare la diffusione di beni e servizi prodotti in
Italia o anche in altri Paesi, purch distribuiti con il marchio di imprese
italiane.
Come specicato nella Circolare Simest n. 2 del 13 aprile 2010, saranno
ritenute ammissibili le seguenti tipologie di spese (dettagliate nella Ta-
vola 1):
spese di struttura;
spese per azioni promozionali;
spese per interventi vari.
Le spese nanziabili dovranno risultare sostenute a partire dalla data di
presentazione della domanda alla Simest e non oltre 24 mesi successivi

232
10. LA FINANZA AGEVOLATA

alla data di stipula del contratto di nanziamento (termine di realizza-


zione del programma).
Lagevolazione si concretizza in un nanziamento agevolato, no all85%
dellimporto delle spese ammissibili e comunque di importo non supe-
riore a quello consentito dallapplicazione del Regolamento comunitario
de minimis (ossia pari a 3.371.760 euro).
Il tasso agevolato sar pari al 15% del tasso di riferimento di cui alla
normativa comunitaria, vigente alla data della delibera di concessione
delle agevolazioni, e comunque non inferiore allo 0,50% annuo.
Le garanzie richieste allimpresa che dovranno coprire lintero importo del
nanziamento erogato, interessi ed altri oneri accessori potranno essere
costituite da deiussione bancaria e/o assicurativa e/o di condi convenzio-
ni con la Simest e/o pegno su titoli. Per le PMI ritenute particolarmente
afdabili, previsto uno scoperto no al 50% del nanziamento stesso.
Sul nanziamento, previa richiesta dellimpresa da presentare entro 3
mesi dalla data di stipula del contratto, potr essere erogato un anticipo,
no a un massimo del 30% dellimporto deliberato.
Le ulteriori richieste di erogazione potranno essere presentate una volta
completata la documentazione di spesa relativa allanticipo.
Lultima richiesta di erogazione e relativa documentazione dovranno
essere presentate alla Simest entro il mese successivo al compimento
del biennio (24 mesi) dalla stipula del contratto di nanziamento.
Il nanziamento non potr avere una durata superiore a 7 anni (di cui
2 di preammortamento, durante il quale sono pagati solo gli interessi,
corrisposti provvisoriamente al tasso agevolato). Il relativo rimborso
potr avvenire nei 5 anni successivi al termine del periodo di realizza-
zione dellinvestimento, mediante rate semestrali posticipate ed a quote
costanti di capitale, pi gli interessi sul debito residuo.
In caso di realizzazione parziale del programma per cause non imputa-
bili al beneciario, la parte del nanziamento non idoneamente docu-
mentata dovr essere restituita, in unica soluzione entro 3 mesi dalla
relativa comunicazione, con gli interessi a tasso di riferimento calcolati
dalla data delle singole erogazioni.
Nellipotesi, invece, di non realizzazione del programma o di realizzazio-
ne parziale per cause imputabili al beneciario, il rimborso dellintero
importo erogato dovr avvenire in unica soluzione entro 3 mesi dalla
relativa richiesta al beneciario, con gli interessi a tasso di riferimento
calcolati dalla data delle singolo erogazioni.

233
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Tav. 1 Le spese ammissibili per programmi di inserimento sui mercati esteri

Spese di leasing, aftto o acquisto


(*) di locali (a titolo esemplicativo:
Locali
uffici, show-room, magazzini,
punti vendita, un solo negozio).
Spese per arredamento, ristruttura-
zione, installazione impianti (riscal-
Rappresentanza damento, aria condizionata, elet-
Allestimento locali
stabile tricit, acqua, gas, impianti per
dimostrazioni, ecc,), attrezzature
sse.
Spese di leasing, aftto o acquisto
di automezzi (autovetture, furgoni,
Automezzi
camion, officine mobili, veicoli
speciali ecc.).
Spese per canoni (fax, telefono,
telex, elettricit, acqua, gas ecc.),
corrispondenza, taxi, corrieri, ri-
Gestione scaldamento, condominio, manu-
tenzione, pulizie, vigilanza, assicu-
Spese di struttura razione sugli immobili e sugli au-
tomezzi.
Spese per cancelleria, abbonamen-
ti (riviste, pubblicazioni, giornali
Materiali
ecc.), carburanti, materiali e attrez-
zature ecc.
Funzionamento
Spese per retribuzioni, oneri socia-
della rappresen-
li, previdenziali e assicurativi e per
tanza permanente
consulenze continuative, relative al
Personale allestero
personale adibito al programma
operante in via esclusiva allestero
(**).
Spese di viaggio e di missione
(soggiorni, trasferte ecc.) del per-
Viaggi
sonale estero adibito al program-
ma.
Spese per omologazione e regi-
Omologazione e regi-
strazione prodotti nel paese di
strazione prodotti
realizzazione dei programma.

234
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Spese per la formazione e laggiornamento di personale


Formazione
estero adibito al programma, documentabile con fattura.
Spese per consulenze specialistiche, no ad un importo
Consulenze
massimo del 10% del costi totale del programma agevolato.
Spese per studi di mercato (studi, analisi, indagini di
mercato in relazione al prodotto e/o alla possibilit di
Studi di mercato
acquisire quote di mercato), nonch relativi viaggi e mis-
sioni effettuati da soggetti esterni allimpresa richiedente.
Spese per la partecipazione a mostre e/o ere nei paesi
Spese per azioni
Mostre e/o ere di destinazione del programma (aftto stand, allestimenti,
promozionali
interpreti, personale, buffet ecc.).
Spese per lorganizzazione di incontri, convegni, seminari,
Incontri promozio-
simposi, slate ecc. (aftto locali, allestimenti, interpreti,
nali
personale, buffet, indossatori ecc.).
Spese di pubblicit attraverso mass-media (giornali, riviste,
Mass-media e
televisione, cinema ecc.) e sponsorizzazione di avvenimen-
sponsorizzazioni
ti sportivi, culturali, artistici, ecc.
Materiale pubbli- Spese di pubblicit attraverso dpliants, manifesti, listini
citario prezzi, omaggistica, mailing list, ecc.
Spese a forfait nella misura del 25% della somma delle spese indicate prece-
Spese per inter- dentemente, intese a coprire tutte quelle spese del programma non documen-
venti vari tabili con fattura (quali, a titolo esemplicativo, le spese relative al personale
in Italia, al campionario ecc.)
(1) Le spese di acquisto saranno ammissibili entro il limite del 50% del valore dellimmobile
(2) Non saranno ammesse spese relative a provvigioni

La domanda di intervento agevolativo, corredata della documentazione indi-


cata nella Tavola 2, dovr essere presentata dallimpresa alla Simest, che la
registra in ordine cronologico, secondo la data di arrivo. Entro i successivi
10 giorni lavorativi, al richiedente verranno comunicati la data di ricevimen-
to, il numero di posizione e il nominativo del responsabile del procedimento,
fornendo ogni ulteriore informazione prevista dalla normativa vigente per
lavvio del procedimento. Copia della domanda sar trasmessa dalla Simest
al Ministero dello Sviluppo Economico per le valutazioni di competenza.
La Simest esaminer le richieste secondo lordine cronologico di ricezio-
ne e le valuter sulla base dei seguenti elementi:
validit tecnica, nanziaria ed economica del programma, in relazione alla
consistenza patrimoniale nanziaria ed organizzativa del richiedente, con
particolare attenzione alla valutazione delle risorse nanziarie e aziendali utili
a garantire il regolare rimborso del nanziamento, nonch alle garanzia offerte;

235
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

congruenza del nanziamento richiesto con i ricavi medi degli ultimi


3 esercizi, con un tetto massimo del 25%;
risultati dellanalisi effettuata dal Ministero dello Sviluppo Economico;
risultati di eventuali controlli svolti dalla Simest presso il richiedente.

Tav. 2 Documentazione richiesta per i nanziamenti per linserimento sui mercati esteri

Relazione sullattivit dellimpresa richiedente.


Relazione illustrativa dellinvestimento sui mercati esteri, che dovr fornire
precise indicazioni su:
presenza dellimpresa nei paesi di realizzazione del programma, con
particolare riguardo al fatturato degli ultimi 3 esercizi, ai principali pro-
dotti o gruppi di prodotti venduti, alle strutture utilizzate, alle spese di
inserimento sui mercati esteri sostenute negli ultimi 3 esercizi, tra cui quel-
le per la costituzione di eventuali strutture permanenti;
origine dei beni e servizi commercializzati nel paese di realizzazione del pro-
gramma. In particolare, la relazione dovr evidenziare se il programma presen-
tato ricade nellipotesi standard di commercializzazione di beni e servizi prodot-
ti in Italia, oppure se il programma prevede la commercializzazione di beni e
servizi prodotti in altri paesi, ma distribuiti con il marchio italiano. Qualora il
programma preveda la commercializzazione di beni e servizi prodotti da impre-
se italiane diverse dalla richiedente, dovr essere fornito lelenco di tali imprese;
data di avvio del programma da realizzare;
modalit di attuazione del programma;
Per tutti i richie- motivazioni e obiettivi del programma anche in relazione alle potenzialit
denti del singolo paese e alla situazione concorrenziale del rispettivo mercato,
con lindicazione dei principali prodotti o gruppi di prodotti da commer-
cializzare, delle modalit di commercializzazione (marchio, canali di di-
stribuzione, caratteristiche dei potenziali clienti ecc.), nonch del fatturato
previsto nei prossimi 2 esercizi;
indicazioni sulla redditivit attesa dellinvestimento.
Scheda programma completa relativa ad ogni paese di destinazione.
Relazione esplicativa delle spese sostenute.
Certicato di vigenza aggiornato, rilasciato dallUfcio del Registro presso la
CCIAA competente, completo di dicitura antimaa.
Copia del certicato di qualit, qualora limpresa ne sia in possesso.
Bilanci completi ed approvati riferiti agli ultimi 3 esercizi, comprensivi delleventua-
le relazione degli amministratori sulla gestione, della relazione del collegio sinda-
cale e della relazione di certicazione rilasciata da parte di societ di revisione.
Inoltre, per le imprese capogruppo richiedenti il nanziamento, copia dei bilanci
consolidati riferiti agli ultimi 3 esercizi. Tale documentazione dovr essere accom-
pagnata dalla prova dellavvenuta presentazione dei bilanci alla competente CCIAA.

236
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Per i richiedenti il
cui bilancio rien-
Bilancio consolidato dellultimo esercizio.
tra in un bilancio
consolidato
Dichiarazioni dei redditi dellimpresa (modello unico) riferite agli ultimi 3 eser-
cizi con attestazione di avvenuta presentazione o comunicazione di avvenuto
ricevimento da parte dellAgenzia delle entrate (in caso di servizio telematico
Per i richiedenti di presentazione delle dichiarazioni). A tale documentazione dovr essere al-
che siano societ legata copia del modello di pagamento unicato.
di persone o im- Situazioni economico-nanziarie relative agli ultimi 3 esercizi, accompagna-
prese individuali te da una dichiarazione a rma del titolare dellimpresa con cui lo stesso
dichiari che i dati contabili utilizzati per lelaborazione di tali situazioni sono
gli stessi utilizzati per la presentazione delle suddette dichiarazioni dei red-
diti.

10.6.1 Finanziamenti agevolati per studi di prefattibilit, fattibilit e


programmi di assistenza tecnica
Questo intervento introdotto dallart. 6, comma 2, lettera b) del D.L.
25 giugno 2008, n. 112 agevola gli studi di prefattibilit e di fattibilit
collegati ad investimenti italiani allestero (da realizzarsi in Paesi non
membri dellUnione europea) nonch i programmi di assistenza tecnica
collegati a tali investimenti. Con la Circolare Simest n. 3 del 13 aprile
2010 stato approvato il regolamento attuativo del presente strumento
agevolativo.
Le iniziative dovranno riguardare il settore di attivit del richiedente, che
dovr essere lo stesso soggetto che intende realizzare e/o partecipare
allinvestimento (commerciale o industriale).
Le spese ammissibili, da sostenersi nel Paese di destinazione dellinizia-
tiva per almeno il 50% del totale preventivato, potranno riguardare spese
di personale interno ed esterno alla richiedente (comprese le consulenze)
e spese per viaggi e soggiorni.
I costi relativi allo studio di prefattibilit e fattibilit saranno ammissibi-
li se sostenuti dalla data di presentazione della domanda no ai 6 mesi
successivi la data della stipula del contratto di nanziamento e se la
relativa fattura sar emessa entro 2 mesi da tale termine.
I programmi di assistenza tecnica dovranno riguardare investimenti
effettuati non pi di 6 mesi prima della data di presentazione della
domanda di intervento agevolativo. Le relative spese saranno ritenute
ammissibili se sostenute dalla data di presentazione della domanda

237
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

no ai 12 mesi successivi la data della stipula del contratto di nan-


ziamento, e se la relativa fattura verr emessa entro 2 mesi da tale
termine.
Lintervento agevolativo concesso sotto forma di nanziamento a tas-
so agevolato, pari al 15% del tasso di riferimento di cui alla normativa
comunitaria vigente alla data della delibera di concessione, e comunque
non inferiore allo 0,50% annuo. Lintervento agevolativo potr coprire
no al 100% delle spese preventivate e ritenute ammissibili, con un
massimo di:
100.000 euro per studi collegati ad investimenti commerciali;
200.000 euro per studi collegati ad investimenti produttivi;
300.000 euro per assistenza tecnica.
Il nanziamento dovr essere rimborsato in un periodo di 3 anni, a par-
tire dal termine del preammortamento (di durata non superiore a 24 mesi
dalla data di stipula del contratto), mediante rate semestrali posticipate
costanti in linea capitale.
I beneciari dovranno prestare, a fronte dei singoli importi da erogare,
una o pi delle seguenti garanzie: deiussione bancaria; deiussione
assicurativa, deiussione di condi convenzionati con Simest e pegno su
titoli di Stato.
Alle PMI beneciarie potr essere accordata una riduzione delle garanzie
da prestare no al 50% del nanziamento, in relazione al loro grado di
afdabilit, con particolare riguardo alla loro capacit di rimborsare il
nanziamento.
Entro 3 mesi dalla data di stipula del contratto di nanziamento, lim-
presa potr richiedere una prima erogazione, pari al 70% del nanzia-
mento concesso, previa presentazione:
di certicato della CCIAA competente emesso in data successiva a
quelle di stipula del contratto che attesti in particolare:
che limpresa regolarmente iscritta nel registro delle imprese;
che limpresa gode del pieno e libero esercizio dei propri diritti, non
essendo pendenti nel suoi confronti procedure di fallimento, di
amministrazione controllala o di concordato preventivo;
la composizione degli organi sociali;
delle garanzie richieste.
Per i programmi di assistenza tecnica, i documenti da presentare sono:
copia conforme del contratto denitivo da cui risultino le attivit di
assistenza da prestare. Qualora lassistenza tecnica non sia effettuata

238
10. LA FINANZA AGEVOLATA

direttamente dalla richiedente, copia conforme del contratto denitivo


tra limpresa richiedente e il soggetto locale che fornir assistenza alla
clientela nale a titolo gratuito in nome e per conto dello richiedente
stessa;
documentazione comprovante che linvestimento stato avviato.
La quota a saldo del nanziamento (no al 30%) sar erogata a condizio-
ne che le spese sostenute superino il 70% di quelle preventivate e a se-
guito della delibera di consolidamento del nanziamento. Ai sensi della
Circolare Simest 3/2010, si ha consolidamento quando confermato il
rimborso dellimporto erogato a tasso agevolato e secondo i tempi di
ammortamento stabiliti. Il consolidamento sar riconosciuto se lo studio/
programma stato realizzato secondo le modalit ed i termini approva-
ti.
Le imprese interessate dovranno presentare domanda per laccesso allin-
tervento agevolativo, completa dalla documentazione elencata nella Ta-
vola 3, alla Simest, che provveder ad inoltrarla al Ministro dello Svilup-
po Economico per le valutazioni di competenza.
La Simest effettuer listruttoria sulla base:
della validit tecnica, nanziaria ed economica del progetto, in rela-
zione alla consistenza patrimoniale nanziaria e organizzativa del ri-
chiedente, con particolare attenzione alla valutazione delle risorse
nanziarie e aziendali utili a garantire il regolare rimborso del nan-
ziamento, nonch alle garanzia offerte;
della congruenza del nanziamento richiesto con i ricavi medi degli
ultimi tre esercizi, con un tetto massimo del 12,5%;
dei risultati dellanalisi effettuata dal Ministero dello Sviluppo Econo-
mico;
dei risultati di eventuali controlli svolti presso il richiedente.
Per completare listruttoria, la Simest potr richiedere allimpresa docu-
mentazione integrativa ed eventuali chiarimenti, che dovranno essere
forniti entro 45 giorni dalla data della richiesta.

239
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

7DY   'RFXPHQWD]LRQH SHU L QDQ]LDPHQWL SHU JOL VWXGL GL SUHIDWWLELOLWj


IDWWLELOLWj H SURJUDPPL GL DVVLVWHQ]D WHFQLFD

Sintetica relazione sul prolo della richiedente (attivit, esperienza e lavori


allestero ecc.), che dovr altres contenere le seguenti informazioni:
le attivit correnti di ricerca e sviluppo e il piano delle stesse nei 3 anni
successivi a quello della domanda dintervento;
lubicazione organizzativa e le caratteristiche della direzione commerciale
dellimpresa e il piano di sviluppo della stessa nei 3 anni di cui sopra;
lo stato delle attivit produttive svolte dallimpresa al momento della pre-
sentazione della domanda, con particolare riguardo agli addetti e alla
produzione (tipologia di beni e/o servizi, quantit e valori) e il piano di
sviluppo delle stesse nei 3 anni successivi.
Relazione illustrativa dello studio da effettuare o delle attivit che saranno
svolte per fornire il servizio di assistenza tecnica previsto.
In particolare:
per studi di prefattibilit/fattibilit, la relazione dovr, oltre ad illustrare in
modo dettagliato lo studio da effettuare articolandolo in fasi che rilevino
e analizzino i vari aspetti da trattare, descrivere compiutamente lopera-
zione di investimento sottostante indicandone in particolare il valore pre-
ventivato;
per programmi di assistenza tecnica allestero, la relazione dovr, oltre ad
Per tutti i richie- illustrare le attivit di assistenza tecnica tra cui caratteristiche e termini
denti del contratto con la controparte estera descrivere compiutamente linve-
stimento in relazione al quale previsto il programma di assistenza tecni-
ca.
Qualora, al momento della presentazione della domanda di nanziamento,
laccordo/contratto di assistenza tecnica con la controparte estera sia gi
stato stipulato, alla relazione dovr essere allegata la copia (tale contratto
dovr essere comunque presentato antecedentemente alla stipula del contratto
di nanziamento).
Per gli studi e i programmi di assistenza tecnica realizzati con ricorso a per-
sonale esterno allimpresa richiedente (consulenti/esperti, in forma sia di sin-
goli professionisti che di imprese/societ di consulenza e assistenza):
contratto con i consulenti/esperti (con relativa accettazione) da cui risultino
le attivit previste (qualora i documenti denitivi non siano ancora dispo-
nibili, bozza degli stessi o accordi preliminari);
copia conforme alloriginale di documentazione attestante labilitazione e/o
liscrizione allalbo professionale del relativo campo di competenza.
Per i programmi di assistenza tecnica, contratto tra le parti, da cui risultino le
attivit di assistenza da prestare (qualora i documenti denitivi non siano
ancora disponibili, accordi preliminari).
Scheda preventivo delle spese da sostenere.

240
10. LA FINANZA AGEVOLATA

Certicato di vigenza aggiornato, rilasciato dallUfcio del Registro presso la


CCIAA competente.
Copia del certicato di qualit, qualora limpresa ne sia in possesso.
Bilanci completi ed approvati riferiti agli ultimi 3 esercizi, comprensivi delleven-
tuale relazione degli amministratori sulla gestione, della relazione del collegio
sindacale e della relazione di certicazione rilasciata da parte di societ di
revisione. Inoltre, per le imprese capogruppo richiedenti il nanziamento, copia
dei bilanci consolidati riferiti agli ultimi 3 esercizi. Tale documentazione dovr
essere accompagnata dalla prova dellavvenuta presentazione dei bilanci alla
competente CCIAA.
Per i richiedenti il
cui bilancio rientra
Bilancio consolidato dellultimo esercizio
in un bilancio con-
solidato
Dichiarazioni dei redditi dellimpresa (modello unico) riferite agli ultimi 3 eser-
cizi con attestazione di avvenuta presentazione o comunicazione di avvenuto
ricevimento da parte dellAgenzia delle entrate (in caso di servizio telematico
Per i richiedenti di presentazione delle dichiarazioni). A tale documentazione dovr essere al-
che siano societ legata copia del modello di pagamento unicato
di persone o im-
prese individuali Situazioni economico-nanziarie relative agli ultimi 3 esercizi, accompagnate
da una dichiarazione a rma del titolare dellimpresa con cui lo stesso dichia-
ri che i dati contabili utilizzati per lelaborazione di tali situazioni sono gli
stessi utilizzati per la presentazione delle suddette dichiarazioni dei redditi

10.6.2 Finanziamenti agevolati per la patrimonializzazione delle PMI


esportatrici
Questo intervento agevolativo, istituito dalla Delibera Cipe n. 112 del 6
novembre 2009 ai sensi dellart. 6, comma 2, lett. c) del D.L. 112/2008,
diretto a stimolare, salvaguardare e migliorare la patrimonializzazione
delle imprese esportatrici al ne di accrescerne la competitivit sui mer-
cati esteri. Le disposizione regolamentari sono state dettate dal Comita-
to di Agevolazione della Simest con la Circolare n. 4 del 13 aprile 2010.
Il presente strumento nanziario riservato alle PMI costituite in forma
di societ per azioni (o che si trasformeranno in s.p.a. prima delleroga-
zione del nanziamento), che abbiano realizzato nei 3 esercizi preceden-
ti a quello di presentazione della domanda un fatturato estero pari, in
media, ad almeno il 20% del fatturato aziendale totale.
Lagevolazione consiste in un nanziamento concesso no al 25% del
patrimonio netto dellimpresa richiedente (risultante dallultimo bilancio
approvato) e comunque per un importo non superiore a 500.000 euro.

241
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

Scopo dellintervento nanziario di migliorare lindice di copertura


delle immobilizzazioni (rapporto tra patrimonio netto e attivit immobi-
lizzate nette). A tal ne, al momento della presentazione delle domande
sar confrontato il valore di tale indice risultante dallultimo bilancio
approvato (livello di ingresso) con il livello soglia, posto uguale a 0,65.
Se il livello di ingresso inferiore al livello soglia, lobiettivo quello di
raggiungerlo o superarlo; mentre se uguale o superiore, lobiettivo di
mantenerlo o incrementarlo.
Il nanziamento sar concesso in due fasi:
fase di erogazione e di preammortamento (prima fase);
fase di rimborso (seconda fase).
Nella prima fase, che inizia alla data di erogazione del nanziamento e
termina alla ne del secondo esercizio dopo la data di decorrenza, il -
nanziamento sar erogato al tasso di riferimento comunitario vigente.
Le imprese che avranno un livello dingresso inferiore a 0,65 per garantire
il rimborso del 100% del capitale, dei relativi interessi e degli altri oneri
accessori, dovranno prestare deiussione bancaria o assicurativa, irrevo-
cabili, incondizionate e escutibili a prima richiesta. Nessuna garanzia, in-
vece, sar richiesta in caso di indice superiore, purch limpresa rilasci
alla Simest limpegno a non ridurre il proprio livello di solidit patrimo-
niale al di sotto del livello risultante dallultimo bilancio approvato.
Nella seconda fase (che inizia alla ne del secondo esercizio successivo
alla data dellerogazione del nanziamento), la Simest vericher il livello
di solidit patrimoniale raggiunto dallimpresa rispetto al livello di ingresso.
Secondo lesito della verica, il nanziamento sar rimborsato con mo-
dalit differenziate.
Se al termine della fase di erogazione limpresa avr raggiunto il livello
soglia o avr mantenuto/superato il livello di ingresso (se gi uguale o
superiore al livello soglia), il rimborso del nanziamento avverr in 5
anni. Le rate in linea capitale saranno costanti, semestrali e posticipate,
decorrenti dalla ne del secondo esercizio della fase di erogazione, a un
tasso agevolato pari al 15% del tasso di riferimento (purch non inferio-
re allo 0,50% annuo).
Diversa la situazione nel caso in cui limpresa, al termine della fase di
erogazione, non raggiunga il livello soglia o registri una essione del li-
vello di solidit patrimoniale dingresso, pur rispettando il livello soglia.
Se le PMI registreranno una essione dellindice dingresso superiore al
5%, dovranno rimborsare il nanziamento al tasso di riferimento di cui

242
10. LA FINANZA AGEVOLATA

alla normativa comunitaria, entro 3 mesi dallapprovazione del bilancio


del secondo esercizio della prima fase.
Se, invece, la essione sar nei limiti del 5%, e purch sia rispettato il
livello soglia di 0,65, le PMI potranno prorogare di un ulteriore esercizio
la prima fase, previa presentazione di deiussione bancaria o equivalen-
te, al ne di raggiungere nuovamente il livello di ingresso sulla base
delle risultanze del bilancio approvato riferito allesercizio aggiunto.
La domanda di intervento, corredata della documentazione indicata nel-
la Tavola 4, dovr essere presentata alla Simest, che la registra in ordine
cronologico secondo la data di arrivo, e comunica al richiedente, entro
10 giorni lavorativi, la data di ricevimento, il numero di posizione ed il
nominativo del responsabile del procedimento.
Listruttoria delle istanze presentate sar svolta dalla Simest, seguendo
lordine cronologico di ricezione, sulla base:
della consistenza patrimoniale, nanziaria ed organizzativa del richie-
dente, in un contesto di crescita aziendale, con particolare attenzione
alla valutazione delle risorse nanziarie e aziendali utili a garantire il
regolare rimborso del nanziamento, nonch alle garanzie offerte,
quando richieste;
della congruenza del nanziamento richiesto con il patrimonio netto
dellimpresa richiedente nei limiti previsti;
della quota di fatturato estero realizzata, in media, nel corso dellulti-
mo triennio, risultante dai bilanci degli ultimi tre esercizi precedenti
a quello di presentazione della domanda di nanziamento;
dei risultati di eventuali controlli effettuati presso il richiedente.
7DY   'RFXPHQWD]LRQH SHU L QDQ]LDPHQWL SHU OD SDWULPRQLDOL]]D]LRQH
GHOOH 30, HVSRUWDWULFL

Relazione sullattivit dellimpresa richiedente


Copia conforme alloriginale della delibera degli organi collegiali competenti sulla trasformazione
in societ per azioni (se gi assunta)
Certicato di vigenza aggiornato rilasciato dallUfcio dei registro presso la CCIAA competente
Copia del certicato di qualit, qualora la societ ne sia in possesso
Bilanci completi ed approvati riferiti agli ultimi 3 esercizi, comprensivi delleventuale relazione
degli amministratori sulla gestione, della relazione del collegio sindacale e della relazione di cer-
ticazione rilasciato da parte di societ di revisione. Per le imprese capogruppo richiedenti il -
nanziamento, copia dei bilanci consolidati riferiti agli ultimi 3 esercizi (*)
(*) Tale documentazione dovr essere accompagnata dalla prova dellavvenuta presentazione dei bilanci alla
competente CCIAA

243
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

10.7 Fondo di garanzia: 162 milioni per ricerca, sviluppo


e energie rinnovabili
Dal 2 agosto 2010, sono attive due nuove riserve speciali del Fondo di
garanzia PMI a favore delle imprese del Sud che mettono in campo in-
vestimenti in ricerca e sviluppo e nel settore delle energie rinnovabili.
Le risorse, messe a disposizione dal PON Ricerca e competitivit
2007/2013 e dal POI Energie Rinnovabili e risparmio energetico
2007/2013, ammontano a 162 milioni di euro.
Il Fondo gestito da Unicredit MedioCredito Centrale (MCC) fornisce
una garanzia statale che facilita le piccole e medie imprese nellotteni-
mento di nanziamenti bancari. La garanzia pu essere diretta se presta-
ta direttamente a favore dei soggetti nanziatori (banche, intermediari
nanziari e societ di leasing) ovvero indiretta se prestata a favore dei
Condi.

10.7.1 I soggetti beneciari


Le riserve PON e POI sono destinate alle PMI con sede operativa in una
delle Regioni Convergenza (ossia Sicilia, Calabria, Puglia e Campania).
Per essere ammessi alle agevolazioni, i soggetti richiedenti dovranno:
non rientrare tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente,
non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individua-
ti quali illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
non trovarsi in condizioni tali da risultare impresa in difcolt cos
come individuata nel Regolamento (CE) n. 800/2008 del 6 agosto 2008
pubblicato nella Gazzetta Ufciale dellUnione Europea L 214 del 9
agosto 2008;
trovarsi in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa
edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e
della salvaguardia dellambiente ed essere in regola con gli obblighi
contributivi;
non essere stati destinatari, nei 3 anni precedenti la domanda, di
provvedimenti di revoca totale di agevolazioni concesse dal Ministero
dello Sviluppo Economico, ad eccezione di quelli derivanti da rinunce;
aver restituito agevolazioni godute per le quali stato disposto dal
Ministero dello Sviluppo Economico un ordine di recupero.
Limitatamente alla riserva POI, le imprese dovranno, oltre a quanto sopra
indicato, trovarsi in regime di contabilit ordinaria.

244
10. LA FINANZA AGEVOLATA

In merito ai settori di attivit, le imprese richiedenti:


con riferimento alla riserva PON FESR: potranno appartenere a qual-
siasi settore ad eccezione di quelli esclusi dalla UE: trasporti (eccetto
le attivit di trasporto merci su strada per conto terzi), cantieristica
navale, industria automobilistica ecc.;
con riferimento alla riserva POI: dovranno essere attive nei settori di
cui alla sezione C della classicazione delle attivit economiche ATE-
CO 2007. Esclusivamente per gli interventi indicati nei successivi
punti 1) e 3), saranno ammesse anche le imprese operanti nelle atti-
vit di produzione e distribuzione di energia elettrica e di calore
(sezione D - classi 35.1 e 35.3 - della classicazione delle attivit eco-
nomiche ATECO 2007).

10.7.2 Gli investimenti agevolabili


A valere sulla riserva PON, pari a 100 milioni di euro, saranno ammissi-
bili i nanziamenti concessi a fronte di investimenti nalizzati alla ricer-
ca e alla promozione della competitivit.
La riserva POI, pari a 62 milioni di euro, consentir di sostenere gli in-
vestimenti realizzati nei diversi comparti delle energie rinnovabili, con
particolare attenzione alla promozione di uno sviluppo sostenibile del
territorio. Specicatamente, risultano agevolabili le seguenti tipologie di
interventi:
1) investimenti nalizzati alla realizzazione degli impianti di seguito in-
dicati di potenza superiore a 1 MW:
impianti a biomassa allinterno di distretti produttivi;
impianti che utilizzano per scopi energetici la biomassa provenien-
te da messa a coltura di terreni incolti da almeno 5 anni;
impianti che utilizzano per scopi energetici i prodotti legnosi delle
manutenzioni boschive;
impianti a biomassa con impiego del calore cogenerato per la dis-
salazione dellacqua da destinare a scopi irrigui, industriali o pota-
bili;
impianti di trasformazione in biocarburanti della materia prima
agricola proveniente dai suoli agricoli riconvertiti a coltivazioni
bioenergetiche;
impianti a servizio di un sistema di teleriscaldamento/teleraffresca-
mento, alimentati da biomasse provenienti dalla manutenzione di
terreni;

245
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

impianti di trasformazione degli scarti delle lavorazioni agricole ed


agroalimentari e/o dei reui zootecnici e/o della frazione organica
della raccolta differenziata in biogas mediante fermentazione ana-
erobica;
2) investimenti nalizzati alla realizzazione di apparecchiature o mac-
chinari o loro componenti principali strettamente nalizzati alla
produzione di energia da fonti rinnovabili (aerogeneratori, gassica-
tori di biomassa, idrolizzatori, celle e componenti principali per il
fotovoltaico, sistemi per solar cooling, sistemi per il solare termodi-
namico);
3) realizzazione di impianti di prospezione, estrazione ed utilizzo del
calore derivante da fonte geotermica;
4) produzione di componenti e sistemi (quali rivestimenti, pavimentazio-
ni, inssi, isolanti, materiali per lecoedilizia, soluzioni integrate di
building automation, soluzioni integrate di domotica, sistemi per la
gestione e il controllo dei consumi, motori a basso consumo) funzio-
nali al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edici.
inoltre il caso di precisare che:
con riferimento agli interventi di cui al punto 1):
non sono ammissibili i programmi riguardanti interventi, anche a
titolo di ampliamento e/o ammodernamento, su impianti di produ-
zione di energia gi esistenti;
per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, riu-
ti e residui provenienti dallagricoltura, comprendente sostanze
vegetali e animali, e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse
nonch la parte biodegradabile dei riuti industriali e urbani;
con riferimento agli interventi di cui ai punti 2) e 4): sono ammissi-
bili i programmi riguardanti una delle seguenti tipologie:
realizzazione di nuove unit produttive;
ampliamento di unit produttive esistenti;
diversicazione della produzione di ununit produttiva in nuovi
prodotti/servizi aggiuntivi;
cambiamento fondamentale del processo di produzione complessi-
vo di ununit produttiva esistente;
con riferimento agli interventi di cui al punto 3):
per fonte geotermica si intende lenergia termica contenuta nel
sottosuolo entro profondit accessibili di 5 km, ed utilizzabile sia
mediante scambio diretto che mediante circolazione naturale o

246
10. LA FINANZA AGEVOLATA

indotta di acqua nel sottosuolo, per la produzione di energia ter-


mica o elettrica;
per impianti di prospezione si intendono apparati che permetta-
no di individuare le caratteristiche chimico-siche del sottosuolo,
tramite le quali possano essere riconosciuti i parametri della fonte
geotermica e tutte le informazioni necessarie a pianicare gli im-
pianti di estrazione ed utilizzo. Di questi fanno parte tutti gli stru-
menti utilizzati per lesplorazione geotermica utilizzando metodo-
logie geologiche, idrogeologiche, geosiche, geochimiche, con mi-
sure al suolo, telerilevate (aero-elitrasportate o da satellite) e nel
sottosuolo (log in pozzo);
per impianti di estrazione si intende linsieme di apparati che
deniscono il sistema di captazione del calore. Essi sono costitui-
ti da pozzi e tutti gli strumenti necessari per effettuare la perfora-
zione e mantenere efcienti i pozzi durante la produzione. Sono
inoltre comprese in questa categoria le pompe idrauliche necessa-
rie a trasportare il uido dal pozzo alla supercie;
per impianti di utilizzo si intende linsieme di apparati atti a
produrre energia termica o elettrica da fonte geotermica. Essi
comprendono i sistemi di produzione quali pompe di calore e im-
pianti per la trasformazione di energia termica in energia mecca-
nica e quindi elettrica mediante turbina (binari, a separazione, ash,
doppio ash), i sistemi di accumulo e quelli di distribuzione del
calore. Sono comprese in questa categoria gli impianti necessari
ad assicurare laccettabilit e la sostenibilit della fonte energetica,
quali impianti di iniezione e reiniezione di uido nel sottosuolo,
impianti di abbattimento di elementi inquinanti, interventi architet-
tonici atti a rendere gli impianti ingegneristici funzionali ma nel
rispetto del paesaggio e del comune senso estetico.

10.7.3 Le agevolazioni
Il Fondo di garanzia interviene con garanzie dirette e indirette destinate
a garantire le operazioni nanziarie perfezionate da banche, interme-
diari nanziari e SFIS (societ nanziarie per linnovazione e lo sviluppo)
nalizzate alla realizzazione dei programmi di investimento preceden-
temente indicati.
La garanzia diretta, concessa a favore delle banche e agli intermediari
nanziari (art. 107, D.Lgs. 385/93), a prima richiesta, esplicita, incon-

247
PARTE III - LE VALUTAZIONI FINALI E LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN

dizionata e irrevocabile e copre, con riferimento alle riserve PON POI,


no all80% dellammontare del nanziamento. Per la riserva PON, le
operazioni di garanzia diretta sono consentite solo a fronte di investi-
menti realizzati da pool di imprese (ossia da un insieme di imprese
appartenenti al medesimo distretto produttivo e/o aderenti al contratto
di rete) aventi caratteristiche e nalit comuni.
La controgaranzia concessa su garanzie prestate da Condi ovvero da
altri fondi di garanzia (gestiti da banche e intermediari artt. 106-107 D.Lgs.
385/93) in misura non superiore al 90% dellimporto da essi garantito
(non inferiore, per le riserve PON POI, al 80% dellammontare dellope-
razione).

10.7.4 La presentazione delle domande


La domanda di accesso al Fondo di garanzia dovr essere trasmessa
dalla banca (nel caso di garanzia diretta) o dal Condi (nel caso di con-
trogaranzia).

248
Indice generale
Premessa............................................................................................... Pag. 3

Parte I
Il piano, lazienda, la strategia

1.
Che cos un business plan

1.1 La pianicazione ...................................................................... 9


1.2 Motivazione della pianicazione strategica ......................... 10
1.3 Denizione di pianicazione strategica ................................ 11
1.4 La pianicazione operativa .................................................... 14
1.5 Il business plan ........................................................................ 15
1.5.1 Gli obiettivi di base ................................................................. 15
1.5.2 I bersagli da colpire................................................................. 16
1.5.3 Le tappe per il successo del business plan .......................... 17
1.5.4 Limportanza della forma e gli effetti collaterali.................. 17

2.
Le linee generali del piano

2.1 Strumenti e accorgimenti redazionali................................... 19


2.2 La sintesi introduttiva ............................................................. 20
2.3 Il sommario dei contenuti ...................................................... 21
2.4 Responsabilit e calendario ................................................... 23
2.5 Punti di forza e di debolezza .................................................. 24

3.
Lazienda: analisi interna

3.1 Premessa .................................................................................. 27


3.2 Lobiettivo di base.................................................................... 30
3.3 Visione, missione, losoa di gestione ................................. 31
3.4 La creazione di valore ............................................................. 32
INDICE GENERALE

3.5 Principi e tecniche operative dellAnalisi del Valore .......... Pag. 33


3.5.1 Analisi del Valore di un prodotto........................................... 35
3.5.2 LAnalisi del Valore nellorganizzazione della produzione . 37
3.5.3 Analisi del Valore applicato ai costi di struttura ................. 39
3.6 Dalla scala dei valori alla struttura organizzativa ............... 47
3.6.1 I diversi modelli di struttura .................................................. 48
3.6.2 Lanalisi e la valutazione delle posizioni e delle funzioni ... 55
3.6.3 Organizzazione e direzione nel business plan ..................... 56
3.7 I prodotti e servizi forniti ....................................................... 58
3.8 Le competenze distintive........................................................ 59

4.
Lambiente esterno

4.1 Analisi del mercato, della clientela, della concorrenza ...... 61


4.1.1 I clienti ...................................................................................... 62
4.1.2 Il settore commerciale ............................................................ 63
4.1.3 Il centro elaborazione dati o il servizio contabilit............. 63
4.1.4 Le persone estranee, meglio se di aziende concor-
renti o di fornitori, in occasione di corsi, seminari,
convegni o colloqui di assunzione ........................................ 63
4.1.5 Le fonti istituzionali di informazioni ..................................... 63
4.1.6 I siti web ................................................................................... 64
4.1.7 Altre ricerche sul mercato ..................................................... 64
4.2 Le ricerche di marketing ........................................................ 64
4.2.1 Il mercato ................................................................................. 66
4.2.2 Lacquirente e/o il consumatore............................................. 68
4.2.3 Il prodotto ................................................................................ 70
4.2.4 I canali di distribuzione e le politiche di vendita ................ 72
4.3 Lanalisi dellambiente circostante ........................................ 74
4.3.1 Gli andamenti demograci ..................................................... 74
4.3.2 Landamento economico......................................................... 74
4.3.3 Gli indirizzi politici .................................................................. 75
4.3.4 Lo sviluppo delle tecnologie .................................................. 75
4.3.5 I rapporti con fornitori, canali distributivi, intermediari ... 76
4.4 Mutamenti economici ............................................................. 76
4.4.1 Basso tasso di crescita persistente ....................................... 77
4.4.2 Maturit del mercato e stallo strategico............................... 77

252
INDICE GENERALE

4.4.3 Distribuzione disomogenea delle risorse ............................. Pag. 78


4.4.4 Crescente complessit della scena internazionale ............. 79
4.5 Dalle analisi ai presupposti del successo ............................. 80
4.5.1 La segmentazione del mercato .............................................. 80
4.5.2 Il posizionamento nei confronti dei concorrenti................. 82

5.
Gli indirizzi strategici

5.1 Strategia nella diversicazione .............................................. 91


5.2 Strategie di mercato ................................................................ 92
5.3 Strategie dimpresa ................................................................. 95
5.3.1 Strategie di prodotto ............................................................... 95
5.3.2 Strategia di ricerca e sviluppo ............................................... 99
5.3.3 Strategie di produzione .......................................................... 100
5.3.4 Strategia di marketing ............................................................ 100
5.3.5 Strategie per altre funzioni aziendali .................................... 101
5.3.6 Riepilogo/glossario delle possibili scelte strategiche ......... 102
5.4 Dagli indirizzi strategici al piano operativo ......................... 105
5.5 Lo sviluppo della strategia: il piano operativo..................... 108
5.5.1 La metodologia di conduzione dei progetti ......................... 108

Parte II
Gli aspetti economici e nanziari

6.
Le elaborazioni contabili e la previsione dei risultati eco-
nomici

6.1 La previsione del risultato lordo ........................................... 122


6.1.1 La previsione dei ricavi di vendita ........................................ 123
6.1.2 La previsione dei costi diretti ................................................ 124
6.1.3 La previsione delle variazioni delle rimanenze ................... 131
6.2 La previsione del risultato di esercizio ................................. 132
6.2.1 I costi generali di gestione ..................................................... 133
6.2.2 Immobilizzazioni e costi di ammortamento ......................... 135

253
INDICE GENERALE

7.
Le problematiche e gli interventi nanziari

7.1 La previsione dei movimenti nanziari ................................ Pag. 142


7.1.1 Il bilancio previsionale ........................................................... 142
7.1.2 Il budget di cassa ..................................................................... 144
7.1.3 Il budget delle fonti e impieghi .............................................. 146
7.1.4 Politica nanziaria e politica scale ..................................... 148
7.2 I fabbisogni di capitale ........................................................... 150
7.2.1 Lesposizione nanziaria ......................................................... 151
7.2.2 Le fonti interne di nanziamento .......................................... 151
7.2.3 Le fonti esterne di nanziamento .......................................... 152

Parte III
Le valutazioni nali e la redazione del busines plan

8.
Tecniche per la verica dei rischi e per eventuali interven-
ti correttivi

8.1 Tecniche e strumenti statistico-matematici ......................... 157


8.1.1 Il concetto di valore medio .................................................... 157
8.1.2 La correlazione ........................................................................ 160
8.1.3 Il punto di pareggio ................................................................. 162
8.1.4 La gestione degli stock e degli approvvigionamenti ........... 164
8.1.5 La valutazione dei progetti di investimento ......................... 167
8.1.6 Lanalisi della vulnerabilit ..................................................... 173

9.
Redazione e presentazione del business plan

9.1 I destinatari .............................................................................. 177


9.2 I possibili errori ....................................................................... 178
9.3 Suggerimenti per ottenere lapprovazione del business plan 179
9.3.1 Piani destinati a essere utilizzati allinterno ........................ 179
9.3.2 I nanziamenti esterni ............................................................ 180
9.4 Alcuni indicatori signicativi ................................................. 181

254
INDICE GENERALE

10.
La nanza agevolata

10.1 I fondamentali della nanza agevolata .............................. Pag. 191


10.1.1 Tipologie di agevolazioni ........................................................ 191
10.1.2 Fondi strutturali ...................................................................... 193
10.1.3 Fondi per lo sviluppo rurale (non annoverati tra i Fondi
strutturali) ................................................................................ 195
10.1.4 I Fondi per la Pesca (non annoverati tra i Fondi strutturali) 196
10.1.5 Equivalente Sovvenzione Lorda e Netta (misurano linten-
sit effettiva delle agevolazioni concesse). .......................... 196
10.1.6 Denizione di PMI ................................................................... 197
10.1.7 Il regime de minimis ............................................................... 199
10.2 Le principali agevolazioni attualmente operative per le
imprese ..................................................................................... 201
10.2.1 Regime di aiuto per investimenti produttivi innovativi ...... 201
10.2.2 I bandi di attuazione del nuovo regime di sostegno agli
investimenti innovativi ........................................................... 211
10.2.3 Il bando innovazione ............................................................... 212
10.2.4 Il bando investimenti energetici ............................................ 214
10.2.5 Il bando programmi di industrializzazione .......................... 214
10.3 Il Fondo per linnovazione tecnologica (FIT) ...................... 220
10.3.1 I soggetti beneciari................................................................ 220
10.3.2 I programmi di investimento ................................................. 221
10.3.3 Le agevolazioni ........................................................................ 223
10.3.4 Lerogazione degli aiuti ........................................................... 225
10.3.5 La procedura per la richiesta delle agevolazioni ................. 225
10.4 Fondo di salvataggio imprese in crisi ................................... 226
10.4.1 Soggetti beneciari ................................................................. 227
10.4.2 Interventi ammissibili ............................................................. 228
10.4.3 Le agevolazioni concedibili .................................................... 230
10.4.4 La presentazione delle domande ........................................... 230
10.4.5 La valutazione e selezione delle richieste di aiuto .............. 231
10.5 I nuovi strumenti per sostenere lexport delle imprese
italiane ...................................................................................... 232
10.6 Finanziamenti agevolati per programmi di inserimento sui
mercati esteri ........................................................................... 232
10.6.1 Finanziamenti agevolati per studi di prefattibilit, fattibi-
lit e programmi di assistenza tecnica ................................. 237

255
INDICE GENERALE

10.6.2 Finanziamenti agevolati per la patrimonializzazione delle


PMI esportatrici ....................................................................... Pag. 241
10.7 Fondo di garanzia: 162 milioni per ricerca, sviluppo e
energie rinnovabili .................................................................. 244
10.7.1 I soggetti beneciari................................................................ 244
10.7.2 Gli investimenti agevolabili.................................................... 245
10.7.3 Le agevolazioni ........................................................................ 247
10.7.4 La presentazione delle domande ........................................... 248

256
Se Impresa
Valutare unimpresa e la redditivit di un investimento, gli obiettivi di base e quelli operativi,
elaborare una strategia e un programma di sviluppo, sono alcune delle funzioni di un
business plan: nella sostanza, lo studio di fattibilit di unidea imprenditoriale.
Anticipare i risultati che limprenditore attende dalle sue azioni importante sia nella fase
di gestazione di unazienda, sia in corso dopera; nel primo caso, per stimare ex ante la
validit del progetto, nel secondo per misurare la bont della gestione. rilevante, perci,
che il business plan sia un documento chiaro, esauriente, elastico e, soprattutto, credibile.
Giunto alla III edizione, il volume guida il lettore nella stesura di questo essenziale strumento,
con lillustrazione di tecniche e metodologie di pianificazione di provata efficacia e che
prescindono dalla dimensione aziendale. Loperativit assicurata dallintuitivo software
contenuto nel cd-rom allegato, che consente di predisporre un bilancio, di riclassificarlo
ai fini dellanalisi e di trarne gli indici significativi per le decisioni e le necessarie verifiche.

Paolo Martini, avvocato, Dottore Commercialista e Revisore Contabile in Carrara, Professore a Contratto di Bilancio
Corso Progredito presso la facolt di Economia dellUniversit di Pisa.

Piero Provenzali, laureato in Ingegneria, ha svolto attivit manageriale presso aziende di vari settori. Consulente di
direzione dal 1957, si occupa, in particolare, di sistemi organizzativi, di controllo di gestione e di panificazione strategica.
autore di volumi e pubblicazioni in materia di contabilit generale, contabilit dei costi, budget e controllo di gestione.

Volumi collegati :

35 - Compendio di Diritto Bancario


38 - Tecnica Bancaria
239/3 - Elementi e Legislazione Bancaria

SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE

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