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GERMANO ROSA

Modus rerum. Natura, magia e memoria


nel Canto di Circe di Giordano Bruno *

(*)Ilpresentecontributocostituiscepartediunlavoromonograficodedicatoallartememorativadi
Bruno,infasedielaborazione.
E i Sapienti dicono che cielo, terra, di e uomini sono tenuti
insieme dalla comunanza, dallamicizia, dalla temperanza e
dalla giustizia: ed proprio per tale ragione che essi chiamano
questo intero universo cosmo, ordine, e non disordine o
dissolutezza.

PLATONE, Gorgia, 507 E - 508 A


(traduzione tratta da G. Reale, Platone, Milano, 1998)

Dalla qual diversit e contrariet depende lordine, la


simmetria, la complessione, la pace, la concordia, la
composizione, la vita. Di sorte che gli mondi son composti di
contrarii; e gli uni contrarii, come le terre-acqui, vivono e
vegetano per gli altri contrarii, come gli soli-fuochi. Il che credo
intese quel sapiente che disse Dio far pace ne gli contrarii
sublimi; e quellaltro che intese il tutto essere consistente per lite
di concordi et amor di litiganti.

G. BRUNO, De linfinito, universo e mondi

Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso.

Sapienza, 11, 2o

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1. PREMESSA
Lopera intitolata Cantus Circaeus, pubblicata da Giordano Bruno a Parigi nel 1582,
richiede al lettore di farsi parte attiva nella ricerca dei collegamenti interni, dei sensi
riposti, delle cifre interpretative intorno a cui costruire una lettura compiuta e
coerente. Per il suo ricco apparato simbolico, per la dichiarata volont dellautore di
lasciare nellombra il nucleo vivo, filosofico e pregnante del suo discorso, questo lavoro
dedicato al conoscere memorativo si offre come un testo aperto e plurivoco,
suscettibile di interpretazioni molteplici. Del resto, basta ripercorrere sommariamente
le vicende della sua ricezione per rendersi conto di quali svisamenti, condanne e
perplessit il Canto di Circe abbia suscitato, al punto da rendere assai controversa la
sua collocazione: per taluni era opera dedicata alla magia ermetica, per altri una satira
irriverente del papa e della corruzione ecclesiastica, per altri ancora una prassi della
memoria di difficile applicazione.
Esteriormente lopera si presenta come una giustapposizione di due dialoghi: il
primo (che chiameremo per brevit Canto) descrive la magica metamorfosi operata da
Circe per ristabilire le leggi di natura e per rinnovare il vincolo di verit fra apparenza
ed essenza; il secondo contiene il metodo per applicare larte della memoria al Canto.
E proprio nelle battute iniziali di questo secondo dialogo, Giordano Bruno si rivolge
per via mediata al lettore, dando indicazioni su come questo libro dal carattere duplice
(di un duplex de cantu Circaeo et eius ad memoriae Artem applicatione dialogus
parla la lettera dedicatoria) possa essere inteso. Lallievo Alberico osserva infatti che la
lettura, appena conclusa, dellincantesimo circeo ha purtroppo consumato la maggior
parte del tempo assegnato allo studio dellarte memorativa; per questo motivo, egli
vorrebbe senzaltro rinunziare alla fatica dintendere i sensi allegorici celati nelle
profondit del Canto, per imprimere invece nella mente utilizzando le mirabili
strategie mnemoniche insegnate da Giordano la molteplicit di eventi che costituisce
la forma esteriore del dialogo. Il maestro Borista ben volentieri lo asseconda, propo-
nendo di leggere e commentare unesposizione applicativa dellArte, concepita per

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quegli studiosi che trovano oscuro e inaccessibile linsegnamento mnemotecnico che
Giordano ha affidato al libro Sulle ombre delle idee. Esiste, insomma, un agile manua-
le che rende accessibile a tutti la nuova ed efficacissima prassi del giudizio e della
memoria. Queste parole di Bruno-Borista ci trasmettono indicazioni che meritano
attenta valutazione. In primo luogo, testimoniano il bisogno di far fronte alle critiche
degli allievi parigini che, desiderosi di ottenere rapidamente i vantaggi promessi
dallarte della memoria, giudicano astratte e criptiche le spiegazioni filosofiche di
Bruno quegli stessi allievi che avevano alterato e imbrattato (vitiata et conspurca-
ta) le copie manoscritte del Canto fatte circolare da Bruno. In secondo luogo, le
parole del maestro Borista suggeriscono allavveduto lettore di adoperarsi per scoprire
ulteriori strutture e livelli di significato.
Il punto di partenza di questo nostro lavoro dedicato al Cantus Circaeus la convin-
zione che in questo duplice dialogo (insieme filosofico e mnemotecnico) Circe stessa
la figlia del Sole che invoca le divinit planetarie e poi innalza carmi barbari e
arcani, per arginare il chaos distruttore di ogni modus, ogni limite, ogni connexio
agisca come una icastica figura della memoria bruniana, in cui sono contratte ed esem-
plate luminose intuizioni filosofiche. In questa prospettiva, possibile leggere il
Cantus Circaeus come una composizione unitaria, in cui si intrecciano in forma di
contrappunto la voce numinosa di Circe e le voci di Borista e Alberico, i cultori di un
sapere innovativo ed effettuale, il cui esito eminente lo straordinario potenziamento
della memoria. Emergono cos profonde connessioni fra la magia ordinatrice di Circe e
la nova filosofia di Bruno, espressione di un uomo formatore e costruttore di civilt,
in lotta contro le potenze disgregatrici del tempo (il caos delle guerre di religione, la
violenza dilagante, il sapere sterile dei pedanti). Come Circe, levando il suo sguardo
allunico Sole, ristabilisce coerenza e unit nel mondo, cos il filosofo distoglie il suo
occhio dalla superficie cangiante dei fenomeni, per cogliere lunit essenziale che sta al
fondo di ogni pluralit.
Procedendo per rapidissimi cenni, ci limitiamo qui a segnalare come Bruno, per

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illustrare la sua arte memorativa, ricorra a una figura del mito ricca di significazioni e
ben nota ai suoi contemporanei (la Signora delle fiere, Circe esperta dinganni e di
pozioni, la seduttrice, la tessitrice dal canto soave), trasfigurandola e arricchendola di
profonde valenze filosofiche. Nel Canto, Circe ha il compito di rappresentare in figura
la natura intesa come grande maga, come materia che tutto genera e dissolve e a
nostro avviso come forza che tiene insieme il mondo e ne impedisce la disgregazione,
levando alta la sua voce contro il chaos.
Il cultore della memoria deve dispiegare una simile capacit ordinatrice, imparando
in primo luogo a vedere oltre lapparenza. Il Cantus Circaeus interamente costruito
sul tema dello sguardo e del suo continuo rovesciamento: dalla corteccia al midollo,
dalla superficie allessenza, dai molti allUno, dal chaos irrelato allordine implicito.
Ma per poter guardare il mondo con occhi nuovi, lartefice della memoria deve
produrre una metamorfosi nella sua stessa interiorit: dapprima riconoscendo lo stato
di torpore e passivit che affligge la sua mente, sedotta da innumerevoli impressioni
sensibili e da proteiformi immagini fantastiche; poi costruendo in s stesso un
principio egemonico e ordinatore, un Sole irraggiante che connetta tutto con tutto.
Come i compagni dUlisse vittime dellincanto circeo, lamante del vero e del bene deve
riconquistare la sua umanit.
Soltanto in anni recenti, grazie al lavoro critico ed esegetico di Michele Ciliberto e
degli studiosi che lo affiancano, le opere mnemotecniche di Bruno hanno suscitato
linteresse che meritano. In particolare, nel nostro tentativo di intendere la figura di
Circe e larte della memoria, abbiamo ricavato illuminanti suggestioni dalle ricerche di
Nicoletta Tirinnanzi, S. Bassi; dal saggio curato da M. Matteoli e R. Sturlese, Il Canto
di Circe e la magia della nuova arte della memoria del Bruno (come opportunamen-
te evidenziato nelle note bibliografiche). Rimane a nostro avviso fondamentale, per
comprendere il significato di Diana e di Circe nella filosofia nolana, lopera di I.P.
Couliano, Eros et magie la Renaissance.
Da ultimo, un accenno al latino utilizzato da Bruno. Dissentendo da quanto hanno

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affermato in passato alcuni studiosi, riteniamo che la prosa latina di Bruno sia straor-
dinariamente viva ed estrosa, davvero efficace nellevocare il prodigio circeo. Una
lingua personale e libera, ricca di dissonanze, lontana dal formalismo dei pedanti.

2. LUNO E I MOLTI
Che ne della giusta misura assegnata alle cose? e dove sta, in natura, il limite che
separa il lecito dallillecito1? Queste sono le domande che Circe, dea e figlia del Sole,
pone nel primo dei due dialoghi che compongono il Cantus Circaeus, un trattato
davvero singolare per intreccio di temi e per sviluppo pubblicato da Giordano
Bruno a Parigi nel 1582, e dedicato allillustrazione della sua arte memorativa.
Rivolgendosi al Sole, espressione visibile del principio unitario che governa limmensa
variet delle cose, Circe lamenta il disordine universale: la realt sovvertita da un
profondo dissidio, messa sottosopra da un chaos lacerante ed evidentissimo (minime
occultum chaos), al punto che nulla come dovrebbe essere e nulla si mostra per ci
che veramente . Nellet della decadenza e dell'anomia, ogni accadimento si inscrive
nella logica dellipocrisia, della dismisura. Ecco allora che ogni segno esteriore
contraddice linteriorit: persino i corpi umani sono degradati a ciechi involucri attra-
verso cui schiere di anime bestiali, che indegnamente se ne appropriano, diffondono
iniquit e menzogna. Nella folla innumerevole degli esseri dal volto umano, vi sono
oramai pochissimi veri uomini.

1 Quis quaeso rerum modus est? Ecce sub humano cortice ferinos animos. Convenit ne hominis
corpus ut caecum atque fallax habitaculum bestialem animam incolere? Ubi sunt iura rerum? ubi
fas nefasque naturae? Si repetivit Astraea caelum, cuius ne vestigium quidem terra videat: cur non
de caelo saltem apparet Astraea? Ecce subivimus minime occultum Chaos. Cur non miscentur
ignibus maria et limpida nigris terris astra: si in terris ipsis et earum gubernaculis nihil est quod
faciem demonstret suam? Ipsa ne nos mater natura decipit? Matrem dixerim an novercam? [...] Cur
ergo similem debuimus in ipsa natura ypocrisim experiri? Si perpauci hominum animi sunt effincti,
cur quaeso tot hominum sunt efformata corpora? Convertere igitur ad partes tuas o Sol, et tantum
naturae et dignitatis tuae praeiudicium vindicato. Insignito Circem tuam tu caeterique praepotentes
dii, ut eadem potentia qua ministerialibus spiritibus proximisque corporum istorum formatoribus
imperare valeat. Cantus Circaeus ad eam memoriae praxim ordinatus quam ipse iudiciariam
appellat, in Iordani Bruni Nolani, Opera latine conscripta, publicis sumptibus edita, recensebat F.
Fiorentino [F. Tocco, H. Vitelli, V. Imbriani, C.M. Tallarigo], 3 voll., in 8 parti, Neapoli [Florentiae],
1879-91 [= Op.lat.], vol. II, pars I, pp. 186-187. (Per la traduzione italiana, rinviamo al volume,
curato e annotato da N. Tirinnanzi, G. Bruno, Le ombre delle idee, Il canto di Circe, Il sigillo dei
sigilli, Milano, 1997).

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Qui il lamento di Circe fa immediatamente pensare alle guerre civili di religione, alle
sanguinose lacerazioni, alle inaudite violenze che sconvolgono lEuropa nel secondo
Cinquecento. Se la vergine Astrea ha definitivamente abbandonato la dimora degli
uomini, se non vi Giustizia n misura (modus) nel mondo e in chi lo governa, c
da chiedersi per quale motivo i mari non si mescolino ai fuochi e gli astri lucenti non
precipitino nelle terre nere. Invocando lintervento risolutore del Sole lApollo splen-
dente, il fondamento della concordia universale, locchio del mondo Circe riformula
la sua domanda: perch madre natura ci fa patire una simile ipocrisia? Se un numero
davvero esiguo di anime razionali stato plasmato, perch gli spiriti ministeriali conti-
nuano a forgiare in soprannumero corpi che hanno un sembiante umano? Unempia
ribellione, un processo di dissoluzione, una rottura dei sigilli, un indebolirsi delle leggi
che secondo giustizia (iura rerum) dovrebbero governare le cose: da tutto ci scaturi-
sce la barbarie che avvelena il consorzio umano e con esso tutto il mondo naturale.
Ebbene, prosegue Circe, il Sole stesso vendichi tali atti di lesa maest, permettendo
alla propria figlia di ricondurre il mondo nei giusti confini e di restituire un aspetto
bestiale ai corpi che nascondono anime irrazionali.
Per Circe, infatti, esiste ununica via duscita: il nesso di verit fra esteriorit e natura
profonda, fra parte e tutto, fra parola e cosa devessere riaffermato; per questo motivo
la dea terribile dalla voce umana (cos la dipinge Omero) dispiega la virt magica
con cui capace di sospendere e, alloccasione, di ristabilire le leggi di natura. 2 Questo
primo dialogo del Cantus raffigura, con la forza di immagini vivide e di parole incisive,
la prodigiosa metamorfosi operata da Circe per capovolgere lapparenza e restaurare la
connessione profonda di tutte le cose. Qui lomerica dea trecce belle esercita le sue
prerogative di figlia del Sole, agendo come una forza che trattiene il mondo nei suoi
cardini e ne impedisce lo sfaldamento, come loccolta armonica raggione che
rinsalda la trama invisibile e larmonia universali.

2 Moeri, explica membranam in qua sunt potentissimae notae, quarum mortales omnes latent
misteria. Haec sunt quibus ipsas credimus nos posse mutare naturae leges: cur non per ipsas licebit
easdem impie prophanatas instaurare? (Ivi, p. 193).

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Con queste ultime considerazioni, ci siamo gi incamminati nella ricerca dei significati
figurali (dei sensi allegorici) di cui parlano Borista e Alberico, gli interlocutori del
dialogo secondo del Cantus, in cui si applicano i precetti dellars memoriae. Per
ammissione dello stesso Bruno-Borista, il dialogo di Circe contiene molti significati
espliciti, impressi nella corteccia o superficie delle parole (multos in ipso verborum
cortice sensus explicitos); ma anche innumerevoli sensi riposti, occultati e incisi nel
midollo o profonda essenzialit (intentiones quoque medullitus implicitas innumeras)
e non certo facili da cogliere (nec facile intelliges3 mette in guardia Borista). Il gran-
de affresco in cui appare la statuaria figura di Circe, la signora di Aiaie, pu essere
utilizzato come un testo denso di immagini e suggestioni, congegnato sapientemente
per lapplicazione delle strategie di memoria insegnate da Bruno. Ma c molto di pi.
Bruno ci invita a leggere il Cantus sovrapponendo il primo e il secondo dialogo, intrec-
ciando, come in un contrappunto di voci, varie linee e profondit di significato. E allo -
ra la voce stentorea di Circe si sovrappone a quella del cultore o artefice della memoria
che si misura con il phantasticum chaos, con linfinito potere generativo dellimmagi-
nazione umana, con il compito di cogliere la vivente unit al di sotto della luccicante
apparenza delle cose.
Nel De umbris idearum (opera coeva al Cantus e dunque apparsa nel medesimo 1582
a Parigi, assieme alla commedia Candelaio e al De architectura et complemento artis
Lullii), Giordano Bruno individua proprio nella capacit di intravedere e contrarre
nella propria mente la connessione invisibile di tutte le cose, strutturata per gradi e
gerarchie, la pietra angolare di una superiore conoscenza:

Uno ci che tutto definisce. Unico lo splendore della bellezza in tutte le


cose. Un solo fulgore risplende nella variet delle specie. E se lo terrai a
mente, metterai un oculare cos potente fra i tuoi occhi e le cose universal-
mente visibili, che nulla ti potr sfuggire.4

3 Ivi, p. 211.
4 Ivi, pp. 47-48 [trad. nostra]. (Unum est quod omnia definit. Unus est pulchritudinis splendor in
omnibus. Unus e multitudine specierum fulgor emicat. Quod si coniicias tale inter oculos tuos et

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Locchio sensibile coglie la superficie caotica della realt, dove ogni cosa appare come
irrelata e dislogata; ma locchio della mente provvisto di un potentissimo oculare che
evidenzia sinotticamente ci che sta nel grembo stesso della realt. Riteniamo che
proprio questa visione sinottica, capace di cogliere il mondo come multicolore unit,
sia la condizione aurorale, primaria e fondativa, della gnoseologia nolana. E tale via
conoscitiva percorre una scala ascensiva che conduce da ci che imperfetto e
frammentario a ci che pi ricco dessere e di relazioni, ab imperfectis ad perfecta.
Al di sotto del chaos apparente, un unico e medesimo principio vitale informa il
mondo fisico e il pensiero umano. Anticipando quanto cercheremo di argomentare
nelle prossime pagine, sottolineiamo qui che nel Cantus la superiore capacit di
memoria appare come lesito di un nuovo metodo conoscitivo che imitando la natura
e la magia del vincolo solare di Circe crea nel mondo logico architetture e simmetrie,
governa il chaos delle percezioni sensibili e delle rappresentazioni, instancabilmente
riconduce la multiforme e frammentaria variet degli enti logici al loro principio unita-
rio. Il conoscere memorativo di Giordano Bruno si configura come un sapere architet-
tonico, cio unarte delle arti, una logica inventiva-combinatoria-ordinativa che
consente di esaminare e perfezionare i principi di tutte i saperi particolari.
Le figure, i sigilli, le statue, le architetture, i paesaggi interiori inscritti nella memoria
racchiudono in s come la Circe del nostro dialogo una struttura vivente di nessi e
di significati. Un cosmo interiore, in cui limmaginazione, la ragione che pensa per
immagini e la memoria eidetica sono il fondamento della conoscenza e dellazione
effettuali, misurate, virtuose.
La memoria ben ordinata diventa a sua volta il supporto e la discursiva architectura
in cui si innestano ulteriori conoscenze. Il supporto e i dati che in esso incessantemen-
te si imprimono si influenzano a vicenda. Ogni parte dialoga con il tutto e, come in uno
specchio vivente, illumina significati sempre nuovi. La conoscenza memorativa di

universaliter visibilia interpones oculare, ut nil sit quod te fugere possit omnino.)

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Bruno non pertanto una semplice mnemotecnica, ossia un insieme ben congegnato
di artifizi capaci di rafforzare la naturale disposizione al ricordo; per contro unarte
del giudizio e della connessione, che consente, da un lato, di smascherare le false
credenze e, dallaltro, di edificare un sapere innovativo.

3. LA CORTECCIA E IL MIDOLLO
Ma torniamo alla saga, lungimirante, preveggente Circe che col suo canto demolisce
ogni ipocrisia. Assistita dallancella Moeris, Circe invoca le sette divinit planetarie e
compie con diligenza gli atti magico-cerimoniali (carmi barbari e arcani, suffumigi e
purificazioni, vincoli e dissoluzioni, lamine incise, sigilli, note 5), affinch in lei si
contragga il potere dimperio sulle forze naturali. In conclusione, svolto un rotolo di
pergamena in cui sono impressi taluni simboli pregni di unoscura e formidabile
potenza, il cui mistero rimane ignoto ai mortali, lincanto sortisce il suo portentoso
effetto. Sotto gli occhi della Maga e della sua assistente, una massa scomposta di bestie
si muove con rapidit, per trovare rifugio nello spazio vitale che gli compete: alcuni
animali si gettano a precipizio nel mare, altri volano verso i rami robusti degli alberi
oppure si insinuano in oscure caverne; le bestie dindole pi domestica si appressano
al palazzo circeo. Pochi e sbigottiti, i veri uomini non sono toccati dallincantesimo;
mantengono inalterato il loro aspetto e corrono tremanti a cercare un nascondiglio.
Moeris si sente minacciata da quelle belve terribili, la cui capacit di offendere ora
manifestata da artigli mortiferi, da unghie, denti, aculei, corna. Ma Circe benigna la
invita a liberare lanimo da paure e indugi, perch opportuno esaminare pi dappres-
so quegli animali. La pavidit di Moeris, peraltro, frutto di poco giudizio: Circe le fa

5 Ivi, p. 186: Adesto sacris filiae tuae Circes votis. Si intento, castoque tibi adsum animo, si dignis
pro facultate ritibus me praesento. En tibi faciles aras struximus. Adsunt tua tibi redolentia thura,
sandalorumque rubentium fumus. En tertio susurravi barbara et arcana carmina. Peractae sunt
lustrationes. Septem suffituum genera pro septem mundi principibus expedivimus. Solutiones et
ligamenta de more sunt peracta. Sygillavimus omnia. Unum abest ut praecationum quae
praecurrere debuerunt, quaeque ad suos repetitae sunt numeros concupita proferamus. Moeri
inspice lineam, et vide an adhuc altum caeli sol teneat. Bruno esibisce qui una conoscenza
dettagliatissima del De occulta philosopha di Cornelio Agrippa di Nettesheim e del De Vita di
Marsilio Ficino.

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notare che, per quanto terrificanti, quegli esseri sono ora meno offensivi di quando
agivano sotto mentite sembianze umane, servendosi della lingua tagliente e
soprattutto della mano, lorgano che con versatile precisione pu valersi di qualsiasi
arma.
Avventurandosi nei territori che circondano il loro palazzo, maestra e allieva incontra-
no una grande variet di animali e ne esaminano le caratteristiche fisiche e il compor-
tamento, con lintento di risalire ai tipi umani corrispondenti. Lanimale che per primo
si offre alla loro vista il porco, facilmente riconoscibile anche quando si cela sotto un
uomo.6 E qui la maga presenta una ruota mnemonica di matrice lulliana, al cui interno
vi sono lettere dellalfabeto associate agli epiteti propri della natura porcina: A. avaro;
B. barbaro; C. coperto di fango; D. duro; E. errante; F. fetido, G. goloso ecc. Qui Circe
vuole ricordarci che il discorso gnomico e satirico ha valenze anche sul piano gnoseolo-
gico: lartista o artiere della memoria dovr allo stesso modo affinare la propria capaci-
t di giudizio, per cogliere lessenza nascosta che d senso al molteplice e lo rende
conoscibile, per connettere produttivamente lesteriorit e linteriorit (gli indizi e
lidea). Daltronde la memoria, in quanto arte, non costituita da emblemi unificanti
(le forme) che vengono inscritti negli spazi interiori ben ordinati (la materia)? Anche
la memoria come il grande affresco del Canto dominato dalla possente statua di
Circe svolge un discorso attraverso immagini unificanti, pregnanti, icastiche, evoca-
tive, allusive.
Prosegue lirridente e corrosiva indagine: In quale modo, domanda Moeris, avrei
potuto riconoscere sotto la figura umana codesta razza codarda di cani? Si tratta di
quella razza di barbari che condanna e aggredisce tutto ci che non comprende, cio
fuor di metafora gli individui che difendono ostinatamente il sapere tradizionale e
combattono aspramente ogni novit, per quanto benefica. Si avvicendano poi i muli,
ovvero i figli di una madre giumenta e di un asino, condannati a mescolare il raglio al

6 Una delle denunzie presentate dal Mocenigo allInquisizione di Venezia chiama in causa il Cantus
Circaeus, insinuando che Bruno aveva havuto intentione di parlare di tutte le dignit
ecclesiastiche, e che per la figura del porco haveva voluto intendere il Pontefice. Cfr. L. Firpo, Il
processo di G. Bruno, Roma, 1993, p. 71.

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nitrito: i falsi filosofi, i vaniloquenti, i millantatori. E poi ancora: capri, scimmie, iene,
cervi, elefanti e molti altri animali. Degni dinteresse i cammelli, che non traggono
alcun diletto dalle cose pure e perci si abbeverano solo dopo aver calpestato e intorbi-
dato con gli zoccoli il fondo della sorgente; cos sono gli uomini che inquinano le pure
fonti del conoscere (sapientum monimenta) con sordidi commenti e glosse puerili. E
noi possiamo immaginare che in groppa al cammello siedano i pedanti. Per Bruno, la
pedanteria latteggiamento di chi nega la filosofia e ogni autentico progresso umano.
A questa schiera appartengono di diritto gli esangui commentatori di Aristotele; i
professori insipienti e servili arroccati nelle universit; i grammatici presuntuosi; e
non da ultimo quei teologi che, del tutto incapaci di prestare orecchio allo spirito
vivente, si affaticano sulla lettera dei sacri testi, fornendo argomentazioni alle dispute,
agli scismi e ai conflitti armati.
Nella visione di Bruno, la pedantaria unespressione emblematica di unet di
vecchiaia e corruzione universali in cui le parole sono private del loro potenziale di
verit, al punto che si attribuisce il nome di filosofia al vano strologare o alle dispute
terminologiche. Insomma, i pedanti, prigionieri di una cultura votata allautoritarismo
e allirrigidimento dogmatico, sono i pi fieri avversari della vita filosofica, che in
essenza un cammino di libert.
A tutto ci Bruno contrappone una prassi filosofica radicalmente alternativa: in quan-
to imitatrice della natura, la musa nolana genera senza posa nuove forme linguisti-
che e concettuali; tende alla differenziazione, alla crescente complessit, alla sovver-
sione di alto e basso; celebra luniversale vicissitudine; abbatte le gerarchie; dissolve le
illusioni dellantropocentrismo. La matrice di questa nova filosofia la Natura
per Bruno una grande maga, arte vivente, dedalea (cio ingegnosa e ricca di
risorse), artefice del vincolo che annoda in trame invisibili linfinit variet degli
elementi, agisce in virt di una sapienza che dimora nel suo grembo (per insitam sibi
sapientiam agens)7 insomma, una Natura che rassomiglia alla nostra Circe, alla

7 Natura est sempiterna et individua essentia [] per insitam sibi sapientiam agens. Ipsa est ars
vivens et quaedam intellectualis animae potestas, non alienam sed propriam, non extrinsecus sed

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divina tessitrice che incanta e governa gli elementi. Se Natura fonte e sostanza delle
arti, cio di ogni forma di produttivit, la nolana filosofia la asseconda, rivelandosi
perci massimamente vitale e feconda.
E, in questo quadro, qual il compito delluomo? Dobbiamo in primo luogo notare che
quella medesima sapienza che, discendendo dal principio fontale, eterno e immutabile
sirradia e rifrange nel mondo delle cose sensibili, si esprime nelluomo come impulso
generativo capace di creare manufatti, scienze, istituzioni e civilt. Nel De umbris
idearum, infatti, il Nolano descrive la sua arte (intesa a generare, a ordinare e a
memorizzare le conoscenze) come unattitudine dellanima raziocinante in cui si espri-
me un principio sovrabbondante di vita che si effonde in ogni parte delluniverso; un
sole irraggiante che nelluomo si esplica come mano, intelletto, memoria, tensione
eroica verso linfinito.
proprio nello spazio umbratile della natura, nel luogo della mescolanza di luce e
oscurit, che luomo pu cogliere gli indizi dellUno. Persino nella pi vile minuzza-
ria, in una pulce come nella pi minuta parte delluniverso, possibile intravedere
una traccia del meraviglioso ordine implicato che fa delluniverso un unico grande
animale.

In questa prospettiva, votarsi alla pedanteria significa separarsi dalla natura; significa
rinunciare a ci che propriamente umano. Ora si comprende meglio il motivo per cui
Bruno, academico di nulla academia, contrappone la sua condizione di libert alla
condizione servile dei suoi detrattori, negatori della scienza e morti alla vita:

son libero in suggezione, contento in pena, ricco ne la necessitade e vivo ne


la morte; [...] non invidio a quei che son servi nella libert, han pena nei
piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita, perch nel corpo han la
catena che le stringe, nel spirto l'inferno che le deprime, ne l'alma l'errore
che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide; non essendo magnani-

intrinsecus, non electione tali, sed essentia tali, materiam perpetuo figurans: utpote non sicut
statuarius externe, cum discursu et instrumento operatur, sed perinde ut Geometra, dum
vehementer quodam affectu figuras imaginatur, spiritum eius intimum imaginatione movet atque
figurat. Acrotismus Camoeracensis, in Op.lat., vol. I, pars. I, p. 80.

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mit che le delibere, non longanimit che le inalze, non splendor che le
illustre, non scienza che le avvive.8

Abbiamo dedicato ampio spazio a un tema, quello della pedanteria, che in unopera
desordio e strettamente dedicata allarte della memoria, quale il Cantus Circaeus,
non trattato esplicitamente: esso agisce tuttavia come ispirazione e presupposto
polemico. Circe e Moeris, nellesaminare i vari animali, smascherano le corrispondenti
forme di corruzione morale e di pedanteria. Il pedante, che Bruno sbeffeggia gi nel
Candelaio9, lesuberante commedia coeva al Cantus, del resto una figura ricorrente
nella letteratura rinascimentale; una figura che tuttavia assumer nella concezione
bruniana connotazioni assai originali, in quanto connessa allidea di vecchiezza e
consunzione del mondo. La sensazione di vivere nel tempo del decadimento estremo
sembra agire come sfondo e presupposto della sua ansia di renovatio, di necessario
ringiovanimento del mondo10.

Altri spunti illuminanti si possono ricavare dallincanto circeo: fra questi, merita atten-
ta considerazione il motivo genuinamente socratico del silenismo. I Sileni di
Alcibiade sono descritti da Platone nel Simposio e riproposti da Erasmo negli Adagia.
Nel tessere lelogio di Socrate11, Alcibiade, che si presenta gi ubriaco al simposio in
casa di Agatone, lo paragona ai Sileni messi in mostra nelle botteghe degli scultori,
ossia a quelle statuette lignee che presentano allesterno la figura di un comico e
sgraziato Sileno, ma, una volta aperte, rivelano allinterno immagini degli dei. Il
Socrate esteriore, con i suoi occhi sporgenti, il naso camuso, le labbra grosse, rassomi-
glia aggiunge Alcibiade anche al satiro Marsia. Ma questa lapparenza, dietro cui
8 G. Bruno, Epistola proemiale, premessa a De linfinito, universo e mondi, in Opere italiane, con
testi critici di G. Aquilecchia, coordinamento di N. Ordine, Torino, Utet, 2002 [dora in avanti
Op.it.], vol. II, pp. 9-10; Anche nella Cena de le ceneri, Bruno biasima quanti vissero morti [] ne
gli anni proprii (Op.it., vol. I, p. 460).
9 Le complesse vicende e le comiche oscenit in cui sono coinvolti i tre protagonisti del Candelaio (il
pedante Mamfurio, il vecchio Bonifacio, lalchimista Bartolomeo) adombrano i temi del chaos, della
stoltezza del mondo, della vanitas, del dissidio insanabile fra essere e apparire.
10 Sui temi della crisi universale e della pedanteria, cfr. M. Ciliberto, L'occhio di Atteone: nuovi studi
su G. Bruno, Roma, 2002, in part. pp. 26-27.
11 Platone, Simposio, 215 A-B; 216 D.

14
si nasconde la sua anima. Allo stesso modo, i discorsi di Socrate sono simili ai Sileni
che si aprono; appaiono esteriormente ridicoli e plebei come le parole e le frasi di cui si
rivestono: ci parlano infatti di asini da soma, fabbri, calzolai, conciapelli. Insomma,
par che dicano sempre le solite quattro cose. Ma chi per caso li veda aperti e ne scorga
le profondit, trover che essi soli hanno una mente e contenuti divini e fini
nobilissimi.
Ebbene, questo tema del capovolgimento, della natura ancipite (letteralmente: a due
teste) della verit filosofica un tratto essenziale della concezione nolana. Cos si
esprime Bruno, nello Spaccio de la bestia trionfante, pubblicato a londra nel 1584:

Coss dumque lasciaremo la moltitudine ridersi, scherzare, burlare e


vagheggiarsi su la superficie de mimici, comici et istrionici Sileni, sotto gli
quali sta ricoperto, ascoso e sicuro il tesoro della bontade e veritade; come
per il contrario, si trovano pi che molti che, sotto il severo ciglio, volto
sommesso, prolissa barba e toga maestrale e grave, studiosamente a danno
universale conchiudeno lignoranza non men vile che boriosa, e non manco
perniciosa che celebrata ribaldaria.12

Una tematica, questa, che Bruno riprende con accenti originali dai Sileni Alcibiadis di
Erasmo da Rotterdam e che certo si riverbera in modo assai articolato nel Cantus
Circaeus. Erasmo, dopo aver definito Cristo stesso un meraviglioso Sileno, introduce
limmagine dei praeposteri Sileni, i Sileni alla rovescia, cio quegli individui che sotto
apparenze degne (i titoli di grandezza, il potere, la ricchezza, la devozione religiosa, la
pedantesca ostentazione del sapere) nascondono un animo spregevole. Aprendo questi
Sileni, si scopre che una metamorfosi degradante e singolare avvenuta nel loro inti-
mo: non vi traccia di coscienza n dignit umane. Non era arrivata a tanto la venefica
Circe che, secondo quanto tramandano i poeti, degradava e trasformava gli uomini
nella loro natura esteriore, ma non poteva togliere loro la ragione (mens):

Si silenum explicaveris intus suem aut leonem aut ursum aut asinum
fortassis invenies. Ac diversum quiddam eveniet ei, quod de Circes
veneficiis poetarum fabulis est proditum. Apud hanc enim ferarum figuram
12 G. Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, in Op.it., vol. II, pp. 173-174.

15
habebant, mentem hominis; isti sub humana specie plus quam belvam
tegunt.13

Dischiudere-velare, aprire-occultare sono i due movimenti che contraddistinguono il


lavoro filosofico di Bruno: lo sguardo silenico rende perspicua la verit che si cela nella
sostanza delle cose14; lironia silenica riconsegna quella stessa verit al nascondimento,
avvolgendola nelle pieghe delle allusioni o della parodia burlesca. Lironia protegge
una conoscenza che, come tale, non pu essere spiegata o rivelata a tutti. Al contrario
di quel che pensano i pedanti di ogni latitudine, la caccia della verit presuppone
uninteriore trasformazione: la si conquista per via iniziatica, morendo a s stessi e
facendosi uno con loggetto del proprio amore. E questo sar messo a tema negli
Eroici Furori, pubblicati a Londra nel 1585.

4. NATURA DEDALEA
Per quali motivi Bruno affida proprio a Circe il compito di porre rimedio alla discordia,
allinimicizia, alla sconnessura del mondo? Per tentare una risposta, dobbiamo
sommariamente ricordare come Circe rappresenti un luogo dellimmaginario assai
frequentato dagli autori occidentali, dallantichit greca sino alla nostra contempora-
neit (basti qui pensare a dAnnunzio e a Joyce). Il mito della maga esperta derbe e di
inganni, che trasforma in porci i compagni di Odisseo, sembra racchiudere i s
contratto ed esemplato un plesso di significati che attraversa le epoche e si rivela
strutturalmente aperto alle riletture e alle variazioni. Un intreccio di temi che pu
essere colto solo per immagini e in figura: il femminile e la seduzione; la commistione
di elementi solari e lunari; linganno esercitato dal mondo sensibile; la duplice natura
delluomo, che pu farsi bestia o rendersi simile a un dio; lo stato di torpore, di oblio di
s, di stupore in cui vive luomo comune.
13 Erasmo da Rotterdam, Adagi, con testo latino a fronte, a cura di E. Lelli, Milano, 2013, p. 1742-43.
(Apri il Sileno e troverai un maiale, un leone, un orso o forse un asino. Ne risulta uno spettacolo
assai diverso da quello che i poeti attribuiscono aglincantesimi di Circe. I suoi avevano un aspetto di
bestie ma nella mente erano uomini; qui sotto laspetto umano si nascondono delle bestie.)
14 [Aristotele] studioso pi della fede del volgo e sciocca moltitudine, che viene pi incaminata e gui -
data con sofismi et apparenze che si trovano nella superficie delle cose, che della verit, che occolta
nella sustanza di quelle et la sustanza medesima loro. Eroici Furori, in Op.it., vol. II, p. 686.

16
Tutto trae origine dal racconto omerico, ove Circe Ea rappresentata come dea e
sovrana luminosa, figlia di Helios e delloceanina Perse, signora delle fiere, tessitrice
dal canto soave, ingannatrice e incantatrice, amante e poi consigliera di Odisseo. Le
sue istruzioni consentiranno a Odisseo di affrontare le prove decisive (le sirene, Scilla,
la discesa nellAde).15 Una divinit femminile che ha caratteristiche chiaroscurali:
certamente rappresenta un pericolo formidabile e tuttavia d un apporto decisivo alla
soluzione della vicenda, poich accetta il suo fato e non impedisce il ritorno a Odisseo;
si rivela infine generosa verso quegli uomini che aveva mutato in bestie.
A questa aurorale e originaria ambivalenza di significati (che pone la Signora degli
animali e della metamorfosi a met strada fra il mondo olimpio e il mondo ctonio, fra
la luce e la notte) si sovrappongono le interpretazioni allegoriche di matrice neoplato-
nica, che vedono nel suo potere seduttivo e trasformativo una personificazione delle
forze naturali che incantano le anime, imprigionandole nel mondo sensibile e nel ciclo
di morte-rinascita. Successivamente, la qualificazione divina e solare di Circe ben
presente in Omero si affievolisce e poi soffusca del tutto: Circe indossa le vesti di
maga oscura e strega vendicativa, che irretisce gli uomini in uno stato di viziosa
animalit. Andando per rapidi scorci storici, possiamo rievocare la cupa atmosfera che
avvolge Circe nel poema virgiliano 16, i gemiti delle belve e infine lintervento del dio
Nettuno, che impedisce a Enea lapprodo al Promontorio Circeo. E nelle Metamorfosi
di Ovidio, Circe utilizza le arti magiche e il potere di alterare i corpi per vendicare le
sue passioni ferite (episodi di Glauco e di Pico). Per tutto il Medioevo e sino alla secon-
da met del Quattrocento, il testo omerico non fu accessibile agli autori dellEuropa
occidentale.17 Furono dunque le descrizioni degli autori latini, le citazioni indirette e le
interpretazioni cristiano-medioevali a cristallizzare limmagine di Circe.
Venendo al punto della nostra discussione, dobbiamo sottolineare il rinnovato e
amplissimo interesse tributato a Circe da letterati, artisti e pittori di epoca rinascimen-

15 Odissea, libro X, vv. 133 e sgg.; cfr. anche libro XII.


16 Aen. 7, 10-24.
17 Cfr. I. Berti, Le metamorfosi di Circe: dea, maga e femme fatale, Status Quaestionis. Rivista di
Studi Letterari, Linguistici e Interdisciplinari, vol. VIII, anno 2015, pp. 122-123.

17
tale, un interesse spesso collegato alla discussione sulla natura dellanima e sulla
contrapposizione in interiore homine fra bestialit, umanit e divinit (feritas,
humanitas, divinitas). Alcune opere letterarie ripercorrono questo mito in chiave del
tutto originale: fra queste spiccano lAsino, lincompiuto poema satirico di Machiavelli;
la Circe, del filosofo e calzaiolo per professione Giovan Battista Gelli (qui i compagni
dUlisse scelgono di rimanere animali); il Cantus Circaeus di Bruno18. Insomma,
quando Bruno scrive, Circe era un personaggio molto noto, anche in quella Corte
francese che egli aveva vivamente impressionato con la sua arte della memoria, otte-
nendo la protezione di Enrico III e un prestigioso incarico dinsegnamento 19.
Nel 1581, in occasione delle nozze del duca di Joyeuse, si rappresenta nella Corte di
Francia il Ballet comique de la Reine, uno spettacolo che unisce musica, danza, canto e
teatro, per inscenare lo scontro tra i principi del bene e del male (impersonato,
questultimo, da Circe). un dramma mitologico, in cui le divinit olimpiche agiscono
per riportare ordine e concordia nel mondo, per sciogliere gli incantesimi maligni delle
guerre di religione che abbrutiscono gli uomini. Circe sconfitta; la sua bacchetta
(simbolo del potere di vincere la natura) viene consegnata a Enrico III, il monarca
solare. Lemblema di Circe si arricchisce, in questo milieu culturale, di ulteriori conno-
tazioni legate alla monarchia francese, ai suoi simboli, alla sua capacit di far fronte
alle forze disgregatrici dellordine sociale. Con grande successo di pubblico, il Ballet si
rappresenta per alcuni mesi e poi il testo viene mandato alle stampe nel 1582. Bruno,
con la redazione del suo Cantus Circaeus, si inserisce in questo dibattito politico e
culturale, ed esprime il proprio punto di vista sul bisogno di rigenerazione morale,
politica e religiosa.

18 Cfr. E. Hatzantonis, Il potere metamorfico di Circe quale motivo satirico in Machiavelli, Gelli e
Bruno, Italica, vol. 37, num. 4 (dic. 1960), pp. 257-267.
19 Cos Bruno riassume la vicenda dinanzi agli Inquisitori veneti: acquistai nome tale che il re
Henrico terzo mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che havevo et che professava
era naturale o pur per arte magica. Al qual diedi sodisfattione; et con quello che li dissi et feci
provare a lui medesmo, conobbe che non era per arte magica ma per scientia. Et doppo questo feci
stampar un libro de memoria, sotto titolo De umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maest; et con
questa occasione mi fece lettor straordinario et provisionato. G. Bruno. Unautobiografia, a cura di
M. Ciliberto, Napoli, 1994, p. 49.

18
Limmaginazione nolana assimila e riorienta una secolare tradizione, trasformando
una figura del mito in un emblema mnemonico che racchiude una densa
concettualizzazione filosofica. Ora, come se ci ponessimo dinanzi a unelaborata opera
artistica che al tempo stesso ci attrae e ci inquieta, rivolgiamo lo sguardo alla Circe
figurata dal Bruno, ben consapevoli del fatto che le prospettive dosservazione sono
plurime e che ognuna di esse illumina soltanto un ambito specifico di significati.
Impossibile mettere a fuoco, in una visione dinsieme, la totalit delle prospettive:
perch le pitture, le statue, i sigilli, i geroglifici, le geometrie interiori del Bruno hanno
la capacit di adombrare intuizioni noetiche e architetture concettuali che si
approfondiscono ad ogni sguardo.
A questi geroglifici Bruno si affida per ricondurre ad unit (ordinare, disporre, raccor-
dare, richiamare ordinatamente alla coscienza) la massa sterminata di nozioni che egli
ha affidato al libro interiore della memoria. La memoria una galleria sterminata di
immagini che possibile osservare e decifrare in virt di un pensiero anamnestico (che
platonicamente20 ricorda da sopra, ossia nella prospettiva unificante dellessenza).
Non c reminiscenza senza il potentissimo oculare che svela le connessioni
profonde. Ancora: imitando Circe, lartifex della memoria opera una peculiare
reductio ad unum, in quanto riconduce la disgregata molteplicit delle cose irrelate al
loro principio di unit e verit; emulando Circe, lartista della memoria opera lincanto
della magia solare, annodando tutto con tutto, svelando la trama fittissima che
organizza il molteplice.
Ordine implicato, mente e misura trasformano linanimato chaos di Anassagora in un
cosmo vivente (Bruno accoglie lidea, espressa fra gli altri da Tommaso e poi dal
Cusano, per cui il termine mente viene dal misurare 21). Nel De umbris idearum,

20 Per il concetto platonico di anamnesis, cfr. Fedro, 265 D-E e 249 B-D.
21 Il nesso etimologico mente-misura viene esplicitamente richiamato da Bruno nel Sigillus
sigillorum: mens, a qua denominatur apud nos mensura (Op.lat., Vol. II, pars II, p. 215). La
correlazione fra mente, numero e misura espressa con mirabile efficacia nel poema filosofico
francofortese De triplici minimo et mensura: Mens super omnia Deus est. Mens insita omnibus
natura. Mens omnia pervadens ratio. Deus dictat et ordinat. Natura exequitur atque facit. Ratio

19
Bruno si richiama proprio al filosofo greco Anassagora per contrapporre il chaos (una
molteplicit priva di mente e di organizzazione) alluniverso vivente, inteso come
pluralit ordinata:

Il vero chaos di Anassagora una variet priva di ordine. Cos dunque nella
stessa variet delle cose possiamo individuare un ordine mirabile, il quale,
stabilendo la connessione dei supremi con gli infimi e degli infimi con i
supremi, fa cospirare tutte le parti delluniverso nella bellissima figura di un
unico grande animale (quale il mondo); poich una diversit tanto grande
richiede un ordine altrettanto grande; e un ordine tanto grande richiede una
diversit altrettanto grande. Nessun ordine si ritrova infatti dove non esiste
alcuna diversit. 22

La logica memorativa di Bruno consente alluomo di proseguire attivamente lopera di


Circe-Natura, ordinando il proprio mondo interiore, rendendo conoscibile e memora-
bile ci che inizialmente si presenta come un chaos ingovernabile. Nella sua condizio-
ne naturale, luomo subisce passivamente le impressioni dei sensi e il fluire della
fantasia; di qui la necessit di costruire in s stessi un principio egemonico e ordinato-
re. Si mostra qui con maggiore chiarezza il nesso fra la magia circea, la memoria e la
conoscenza. Nella concezione bruniana, la magia una forma privilegiata di
conoscenza proprio perch riconosce quel principio di comunicazione universale (la
vivente analogia degli enti, la scala naturale, la simmetria) che anima la stessa madre
Natura. La magia dunque un approccio conoscitivo che si traduce in capacit operati-
va e permette alluomo di intervenire nella trama di relazioni che sorregge i fenomeni.
Richiamandosi allarte solare di Circe (il cui potere deriva dal Sole-Apollo che
lespressione visibile dellIntelletto universale, del divino Architetto, dellUno in
quanto armonia dei distinti), Bruno differenzia il proprio sapere effettuale, fecondo e
riformatore da ogni pedanteria. Bruno ritiene di avere finalmente perfezionato un

contemplatur et discurrit. Deus est monas omnium numerorum fons, simplicitas omnis
magnitudinis et compositionis substantia, et excellentia super omne momentum, innumerabile,
immensum. Natura est numerus numerabilis, magnitudo mensurabilis, momentum attingibile.
Ratio est numerus numerans, magnitudo mensurans, momentum aestimans. (Op.lat., vol. I, pars
III, p. 136).
22 Traduzione italiana desunta da N. Tirinnanzi (a c. di), G. Bruno, Le ombre cit., pag. 70 (vedi Op.lat.,
vol. II, pars I, pag. 27). Per lidea del mondo come grande animale, cfr. Platone, Timeo, 30d-31c.

20
metodo che ottiene con facilit quanto viene cercato per via teorica attraverso la logi-
ca, la metafisica, la cabala, la magia naturale, le arti magne e brevi. 23 C qui il riferi-
mento al progetto grandioso di una lingua filosofica, di un sistema per intendere e
combinare i concetti di ogni sapere particolare che in et rinascimentale aveva
accomunato i cultori del lullismo, del neoplatonismo, dellermetismo, della letteratura
cabalistica.24

Risulta evidente come la musa nolana ci suggerisca visioni che solo in modo congettu-
rale e frammentario possono essere trasferite in un discorso logico-razionale. Di qui la
necessit per chi voglia commentare le opere di Bruno di tornare ricorsivamente
sugli stessi temi, ricercando una ridondanza di significati da cui sia possibile ricavare
lidea esplicativa. Fatte queste precisazioni, rinnoviamo ora il proposito di osservare
Circe come unimmagine mnemonica che Bruno lascia agire nel Cantus, per dare
corpo a intuizioni noetiche che si ramificano in ordini concettuali apparentemente
separati: chaos e cosmo, variet e unit, apparenza ed essenza, oblio e memoria, inde-
terminazione e forma. Si tratta infatti di nodi concettuali complessi e fecondi, in cui i
contrari si rovesciano luno nellaltro.
Negli Eroici Furori, Bruno d esplicite indicazione al lettore: Circe che insieme
illumina e accieca significa la omniparente materia, et detta figlia del Sole, perch
da quel padre delle forme ha leredit e possesso di tutte quelle le quali con laspersion
de laqui, cio con latto della generazione, per forza dincanto, cio doccolta armonica
raggione, cangia il tutto25. Circe la materia che con moto inesausto genera e dissolve

23 Il titolo dellopera da cui ricaviamo la citazione merita di essere considerato nella sua interezza:
Esposizione dei trenta sigilli, per linvenzione, la disposizione e la memoria di ogni scienza e
disciplina. Ai quali aggiunto il Sigillo dei sigilli, che porta con successo a organizzare tutte le
operazioni dellanimo e a trattenerne i significati. E non a torto si definisce arte delle arti: qui infatti
troverai con facilit quanto viene cercato per via teorica attraverso la logica, la metafisica, la cabala,
la magia naturale, le arti magne e brevi. Per la traduzione italiana, facciamo qui riferimento a G.
Bruno, Esposizione dei trenta sigilli, in Opere mnemotecniche, a cura di M. Matteoli, R. Sturlese, N.
Tirinnanzi, edizione diretta da M. Ciliberto, tomo II, Milano, 2009.
24 Cfr. P. Rossi, Studi sul lullismo e sullarte della memoria nel Rinascimento: i teatri del mondo e il
lullismo di Giordano Bruno, Rivista Critica di Storia della Filosofia, vol. 14, num. 1, anno 1959,
pp. 28-59; U. Eco, La ricerca della lingua perfetta, Roma-Bari, 1993, pp. 129 e segg.
25 Op.it., vol. II, pp. 515-516.

21
le cose di questo mondo, volendo dare esistenza a tutto lessere possibile. perci una
forza numinosa, al tempo stesso terribile e benigna. Nei limiti del mondo fisico, che
una mescidanza di luce e di tenebra, la generazione si esprime come un avvicenda-
mento dei contrari: la ruota della vicissitudine, che scandisce lalternanza di giorno e
notte, di sopra e sotto, appare certamente vana e insensata, se considerata nella chiusa
prospettiva del singolo ente; ma si appalesa come suprema giustizia nellorizzonte del
Tutto. Lungi dallessere una semplice attitudine a ricevere dallesterno lanima e la
misura (cos come la cera riceve limpronta del sigillo), la materia vita infinita ed
lespressione, sul piano della produttivit fisica, dellinesauribile Artefice cosmico.
E che ne delluomo, in quanto partecipe sia del mondo fisico sia del mondo soprafisi-
co? Come inebriato da le tazze di Circe va cespitando e urtando or in questo, or in
quell'altro fosso, or a questo or a quell'altro scoglio; o come un Proteo vago or in
questa, or in quell'altra faccia cangiandosi, giamai ritrova loco, modo, n materia di
fermarsi e stabilirsi26. Latto della generazione (il circeo incantesimo) fa smemora-
re lanima e la irretisce nella fantasmagoria del mondo sensibile, che una sorta di
recinto in cui prevalgono la lotta e la sopraffazione. Luomo sopraffatto dalla bellezza
del mondo sensibile, ne attratto al punto da dimenticare la sua patria celeste. Ma
persino in questa condizione di smemoratezza offerta una possibilit di illuminazio-
ne: contemplando le ombre sensibili, luomo egli stesso umbra profunda pu
riconoscere nel fondo della propria anima i riflessi, i barlumi, gli indizi delle idee
divine. La condizione umbratile in cui confinata ogni esperienza umana segna un
limite invalicabile; eppure per chi sappia educare il proprio occhio lombra anche
una soglia e un passaggio (limen) verso un nuovo stato. Lombra una zona liminale in
cui inizio e fine coincidono. Attraverso il graduale riconoscimento della consonante
analogia di tutte le cose (harmonica consonanteque collatione), lanima intraprende
il suo ascensus verso la luce ideale. Il furioso, posseduto dal nobile amore per il divino,
guadagna a tratti il punto di vista della totalit e perci comprende e infine celebra

26 Ivi, pp. 557-558..

22
lincanto circeo come esplicazione sul piano fisico della mensmensura che regge
luniverso.
Circe non altro che la forza, tutta interna alla stessa natura, che secondo lordine del
tempo rinnova e ringiovanisce il mondo: Oh se piacesse al cielo si legge nei Furori
che a questi tempi ne si fesse presente, come fu in altri secoli pi felici, qualche
saga Circe che con le piante, minerali, venefici et incanti era potente di mettere come il
freno alla natura27. La figlia del Sole lincantatrice somma, in quanto artefice di una
magia dei contrari che imbriglia la potenza generativa del chaos (la sovrabbondanza di
vita, la dismisura, la disgregazione prodotta dal tempo), imponendo ad essa la forma
luminosa della Mente universale, che tutta si effonde in ogni luogo. Nessuno meglio
della divina Tessitrice poteva rappresentare iconicamente una tale capacit di
sciogliere e annodare.

Il chaos inestinguibile e sempre risorge, in ogni ambito del mundus triplex. Come
sappiamo, Bruno suddivide il grande mare dellessere in tre ambiti: il mondo
metafisico, il mondo fisico e il mondo logico (la mente delluomo, in cui si proiettano le
ombre degli enti fisici, che a loro volta sono tracce e vestigi delle idee metafisiche).
Ebbene, questi tre mondi sono pervasi in vario grado dalla luce divina che proporzio-
ne, bellezza, integrit, simmetria, ordine:

Ordine chaos physicum in pulchrum mundi spectaculum est digestum;


ordine chaos intelligibile discussum metaphysicum mundum ab aeterno
distrinxit, distinctumque praebuit; ordine chaos imaginabile in
mundum tertium, utriusque mundi praecedentis simulacrum,
promovemus. Hic est contra casum temeritatemque continuus
reclamator.28

27 Ivi, p. 739.
28 Sigillus sigillorum, in Op.lat., Vol. II, pars II, p. 216. Sottolineatura nostra. (Con lordine il chaos
fisico viene composto nel bello spettacolo del mondo; con lordine il disperso chaos intelligibile
dalleternit delimit in s il mondo intelligibile, e lo present come distinto; con lordine
indirizziamo il chaos immaginabile a formare un terzo mondo, simulacro di entrambi i precedenti.
questo ordine che continuamente grida smentendo il caso e la fatalit.) La traduzione italiana
desunta da N. Tirinnanzi (a c. di), G. Bruno, Le ombre cit., pag. 304.

23
Qui Bruno ci dice che, nel mondo intelligibile, il chaos imbrigliato ab aeterno. Ma
negli altri piani dellessere, dove la creativit vitale si esprime come vicissitudine,
pluralit e opposizione, la forza dirompente del chaos devessere costantemente argi-
nata. Ci che trasforma il chaos in un mondo la voce possente del principio ordinato-
re (Ordo) che continuamente si leva contro il caso e la fatalit. La voce ordinante
separa, distingue, indirizza; e cos facendo pone argine alla tracotanza e alla disaggre-
gazione, che fatalmente crescono laddove gli enti si fanno pi opachi e insensibili alla
luce divina.
In apertura del Canto, una voce maestosa quella di Circe reclama contro la forza
lacerante e inestinguibile del chaos nel mondo naturale. Si rivolge al Sole per doman-
dare quale sia il modus29 (limite, misura, regola) delle cose: Quis quaeso rerum
modus est?. Ma questo il punto Circe stessa intimamente connessa al chaos.
La dea terribile dalla voce umana (dein thes audessa; Od. X, 136) ha le
caratteristiche di una divinit arcaica e preolimpica: ha imparato a modulare il suo
canto con voce umana, ma nelle sue armonie si avverte leco dei suoni primordiali che
squassavano il mondo prima dell'intervento ordinatore di Zeus. Circe agisce come una
forza ordinante perch dimora nel punto mediano fra chaos e ordine, fra oscurit e
luce. Una forza che pu sospendere e ristabilire le leggi naturali, che pu addirittura
snodare il legame che congiunge lanima al corpo: nel miscuglio (kyken) fatto di miele
verde, vino di Pramno, cacio e farina dorzo, ella scioglie farmachi rovinosi
29 Non possiamo qui approfondire le articolate significazioni teologiche e filosofiche del termine
modus. Ci limitiamo a suggerire alcuni spunti. Nel diritto romano modus indica la misura, in
quanto limite imposto allesercizio di un diritto. Per Agostino (De beata vita, 4, 34), Dio padre il
summus Modus, ossia la Misura somma; mentre il Figlio la Sapienza che si genera nel Modus
e lo rende conoscibile. Le concezioni agostiniane rivelano profonde assonanze con la dottrina
platonica secondo cui Dio per noi la misura [metron] suprema di tutte le cose (Leggi, IV 716 C).
Il dio platonico include in s il Bene e il Bello, ossia un principio dordine e di proporzione. E il
filosofo, armonizzando le parti della sua anima, ha il compito di riprodurre in s stesso proporzione
e misura (Rep., IV 443 C-E). In ambito cristiano, la concezione pitagorico-platonica di misura nel
senso ontologico di principio di unit e forma (si pensi anche al Timeo, che il Medioevo conosceva)
sembrava trovare fondamento nel testo biblico di Sap, 11, 20: Sed omnia in mensura et numero et
pondere disposuisti (Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso). La concezione della
struttura matematica del cosmo era ampiamente illustrata nei testi di Agostino e Boezio dedicati alla
musica. Infine, mette conto ricordare che la triade sapienziale mensura, numerus, pondus
strettamente connessa nella riflessione teologica medievale a una seconda triade: modus,
species (bellezza in quanto armonia delle parti) e ordo. Su questi temi, cfr. U. Eco, Scritti sul
pensiero medievale, Milano 2012, in part. cap. 3.1 (La visione estetica delluniverso); T.
Manferdini, Comunicazione ed estetica in Agostino, Bologna, 1995, pp. 213-214; L.F. Pizzolato, Il
modus nel primo Agostino, in La langue latine, langue de la philosophie. Actes du colloque de
Rome (17-19 mai 1990), cole Franaise de Rome, Rome 1992, pp. 245-261.

24
(pharmaka lygra) che rendono gli uomini di Ulisse immemori di Itaca e del ritorno;
dapprima infonde loblio nelle loro menti e subito dopo, percuotendoli con la verga
(rhabdos), li rinchiude nei porcili. La lunga permanenza di Ulisse nellisola Ea ci parla
anche di oblio e di memoria, di abisso e di salvezza.

25
Incipit del Dialogus II, applicatorius ad artem memoriae, tratto da PHILOTHEI IORDANI
BRUNI NOLANI, Cantus Circaeus ad eam memoriae praxim ordinatus quem ipse Iudiciariam
appellat. Ad altissimum principem Henricum dAngoulesme, magnum Galliarum Priorem, in
Provincia Regis locumtenentem et c., Parisiis, apud Aegidium Gillium, via S. Ioannis
Lateranensis, sub trium coronarum signo, MDLXXXII, c.15 r.

26
LORENZO LIPPI, Allegoria della Simulazione (o dell'imitazione artistica), ca 1640-45, Musee
des Beaux-Arts, Angers. Possiamo avvalerci di questa immagine per figurare nella nostra
mente alcune qualit fondamentali di Circe. La maschera richiama linganno e la seduzione; la
melagrana evoca lunit del molteplice.

27
Immagine mnemonica, annessa alla Ars alia brevis certior et expeditior ad verborum
memoriam, in Cantus Circaues, Parisiis, MDLXXXII cit., carta numerata e iiij.

28
Bibliografia

Opere di Bruno

Operalatineconscripta,publicissumptibusedita,recensebatF.Fiorentino,typis
successorumLeMonnier,NeapoliFlorentiae,18791891.

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Dialoghiitaliani,acuradiG.Aquilecchia,Firenze,1958.

Operelatine,acuradiC.Monti,Torino,1980.

OpereMnemotecniche,edizionedirettadaM.Ciliberto,acuradiN.Tirinnanzi,M.
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