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La morte di Margutte

(Cantare XIX, Ottave 145-150)

Dopo aver devastato la taverna dun povero oste, privandola dogni vivanda ed
incendiandola per evitare di pagare il conto (cantare XVIII), Morgante e Margutte si divertono
in peripezie di ogni sorta. Un giorno, giunti che sono presso una foresta, i due si fermano
allombra degli alberi. Margutte cade addormentato. Per burla, Morgante, levati gli stivali al
compare, lo sveglia di soprassalto (ottava 145). Il mezzo-gigante, accortosi dellassenza dei
propri stivali, principia a lagnarsi, dopodich si d alla loro ricerca (ottava 146). Li trova tra
le zampe duna scimmia, che se n nel frattempo impadronita, e gioca ad indossarli ed a
levarli (ottava 147). Margutte inizia a ridere a pi non posso; e ride tanto che finisce per
scoppiare, lasciandoci di conseguenza le penne (ottave 147-149). Morgante, resosi conto
della tragicommedia perpetratasi in seguito alla propria burla, addolorato, seppellisce
lamico ormai defunto in una grotta (ottava 150).

[145]
Morgante, come lo vede a giacere,
gli stivaletti di gamba gli trasse
ed appiattgli, per aver piacere,
un po discosto, quando e si destasse.
Margutte russa, e colui sta a vedere;
poi lo destava, perch e sadirasse.
Margutte si rizz, come e fu desto,
e degli usatti saccorgeva presto;
[146]
e disse: - Tu se pur, Morgante, strano:
io veggo che tu mhai tolti gli usatti,
e fusti sempre mai sconcio e villano. -
Disse Morgante: - Apponti ovio gli ho piatti:
e son qui intorno poco di lontano:
questo per mille oltraggi tu mhai fatti. -
Margutte guata, e non gli ritrovava;
e cerca pure, e seco borbottava.
[147]
Ridea Morgante sentendo e si cruccia.
Margutte pure alfin gli ha ritrovati,
e vede che gli ha presi una bertuccia,
e prima se gli ha messi e poi cavati.
Non domandar se le risa gli smuccia,
tanto che gli occhi son tutti gonfiati
e par che gli schizzassin fuor di testa;
e stava pure a veder questa festa.
[148]
A poco a poco si fu intabaccato
a questo giuoco, e le risa cresceva,
tanto che l petto avea tanto serrato
che si volea sfibbiar, ma non poteva,
per modo e gli pare essere impacciato.
Questa bertuccia se gli rimetteva:
allor le risa Margutte raddoppia,
e finalmente per la pena scoppia;
[149]
e parve che gli uscissi una bombarda,
tanto fu grande dello scoppio il tuono.
Morgante corse, e di Margutte guarda
dovegli aveva sentito quel suono,
e duolsi assai che gli ha fatto la giarda,
perch lo vide in terra in abbandono;
e poi che fu della bertuccia accorto,
vide chegli era per le risa morto.
[150]
Non pot far che non piangessi allotta,
e parvegli s sol di lui restare
chogni sua impresa gli par guasta e rotta;
e cominci col battaglio a cavare,
e sotterr Margutte in una grotta
perch le fiere nol possin mangiare;
e scrisse soprun sasso il caso appunto,
come le risa lavean quivi giunto.
Commento
Nel passo della morte di Margutte emerge con una certa chiarezza il gusto di Pulci per il paradosso; se il
mezzo-gigante muore, difatti, dalle risate (e non un modo di dire), non dissimile la sorte che attende lo
stesso Morgante, il quale perisce nel canto XX a causa del morso di un piccolo granchio. Il nesso tra i due
luttuosi eventi piuttosto evidente; entrambi accadono in virt duna motivazione tanto sciocca e minuta,
nelle proporzioni anche in riferimento ai personaggi su cui impattano quanto imprevista ed
imprevedibile. Dalla lettura del brano traspare inoltre lo studio accurato compiuto dallautore intorno alla
psicologia dei protagonisti, in questo passo assai lontani dal ruolo di macchiette; nelle ottave 145 e 146, ad
esempio, Morgante rappresentato in tutto il suo sciocco ed ingenuo infantilismo; non risulta certo cos
differente da un bambino, nel suo sottrarre di nascosto allamico un oggetto che non gli appartiene, per poi
nasconderlo, e godere della beffa perpetrata. Similmente, Margutte, apparentemente pi maturo del
compagno di mangiate, risulta infastidito dallatto compiuto dal suddetto, ma, smentendo nellottava 147
questo suo atteggiamento serioso, scoppia a ridere letteralmente - per una sciocchezza, mostrandosi, di
conseguenza, alla stregua dun adulto poco cresciuto, ed in quanto tale sempre pronto al sollazzo - pi o meno
innocente che sia fattore, questo, che denota, da parte sua, la voglia dun ritorno alle origini, e dunque al
mondo dellinfanzia. Margutte, lo si capito, ride, ride spensierato, infischiandosene di tutto e di tutti, e ride
tanto che scoppia, e ci lascia le penne. E quale morte potrebbe, daltro canto, essere pi desiderabile?
Sotto il profilo formale, evidente che la fantasiosa inventiva linguistica di Pulci giunge in questo passo
allapice: dopo un inizio tranquillo, dal sapore quasi bucolico (ottave 145 e 146), lazione giunge nel vivo, e
Margutte incomincia a ridere. Ed a questo punto che la narrazione, inizialmente di ritmo sostenuto, si dilata
temporalmente, ed in essa trovano posto termini come smuccia, schizzassin, intabaccato, sfibbiar,
infilati in un susseguirsi di minuziose descrizioni, costellate di eventi legati luno con laltro da un rapporto
di causa ed effetto dallinappuntabile rigore logico (Margutte ride; si gonfia; gli occhi sembrano schizzargli
via dalla faccia; la sua cintura sul punto di slacciarsi; Margutte ride sempre pi forte; si gonfia ancora; e
ancora; si gonfia sempre di pi; Margutte esplode). Il mezzo-gigante, naturalmente, non moderato
nemmeno nella morte, e lascia dunque evidente traccia di s, producendo un rumore degno di una
bombarda, tanto grande dello scoppio il tuono. Ed a questo punto, nellottava 150, che la commedia
pare volgere in tragedia, con Morgante costretto al pianto ed alla sepoltura dellamico; ma il tono mesto dei
primi versi della strofa subito smorzato dal battaglio che il gigante comicamente adopera per scavare, ed
infine dallepitaffio inciso sopra limprovvisata lapide di Margutte, contenente la spiegazione di come le risa
lhan quivi giunto.

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