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Nel cuore del mistero

Il filo rosso della sofferenza


tra spiritualit slava e psicologia moderna

Questa lezione si immerge nel cuore di un mistero infinito, pienamente umano, con cui tutte le
culture, le religioni, le storie e le societ si sono scontrate: il mistero della sofferenza. Tanti,
veramente tanti sarebbero gli spunti non solo negativi, ma anche positivi. Nel quinto capitolo del
testo ho preso il via proprio dalla storia medievale dei popoli slavi, per confrontarmi con questo
tema, cos difficile e attuale, che lega come un filo rosso la storia di ogni uomo. Questi popoli
dellOriente sono abituati purtroppo alla sofferenza molto pi di noi. La storia, la loro storia, ne
piena. Invasioni, carestie, povert, dittature, lotte e divisioni si sono susseguite in maniera
impressionante. Ed oggi questi stessi popoli si avvicinano al nostro occidente europeo edonista ed
incapace ormai troppo spesso di pronunciare parole come malattia, dolore, morte, ma anche fede,
speranza e vita eterna. Solo da pochi anni si un po risvegliata la coscienza di molti, attraverso la
solidariet, il volontariato sociale, la protezione civile, le adozioni a distanza ecc. C quindi,
fortunatamente, un ritorno ad affrontare questo tema, da cui nessuno di noi pu sfuggire, ed al quale
ciascuno chiamato a dare una risposta.

Alcune esperienze nel mondo spirituale slavo

Nel testo potrete trovare alcune dirette testimonianze del senso della sofferenza dato dai credenti
slavi. In effetti per gli stessi motivi per cui noi occidentali abbiamo fatto rivoluzioni e guerre, i
popoli orientali hanno invece sopportato e sofferto in silenzio. La storica arretratezza economica di
questi popoli ha radici lontane. Pensate che il Medio evo, per quanto riguarda la Russia, si conclude
solo con lavvento dello zar Pietro il Grande ( inizi del 1700), ben duecento anni dopo il nostro.
Questi popoli, per indole, sono legati alla grande tradizione bizantina, sia perch lImpero Romano
dOriente fu il primo ad avvicinarsi a quel mondo culturale, sia perch la storica missione dei santi
fratelli Cirillo e Metodio ha legato per sempre gran parte di questi popoli al mondo bizantino,
cristianizzandoli secondo i riti, le leggi e la lingua dellImpero.
Ma quello che ci sorprende di pi questa quasi infinita capacit di soffrire, sublimata nella fede
ortodossa, che vede il popolo slavo come ultimo depositario della purezza della fede cristiana, e
Mosca come terza Roma, ultimo baluardo della cristianit, destinata a diventare il centro
messianico degli ultimi tempi (escaton). Solo cos possono avere senso figure come i strastoterpcy (
coloro che soffrono i patimenti di Cristo) che si danno al martirio (Boris e Gleb), o gli yurodivni, i
folli in Cristo (come S. Basilio, quello della cattedrale nella Piazza Rossa), o come i Vecchi
Credenti, legati alla tradizione liturgica bizantina fino al martirio, contro le riforme
occidentalizzanti dello zar ( e siamo nella seconda met del 1600). Per esempio a S. Boris
attribuita questa bella preghiera: Signore Ges Cristo, tu che ti degnasti di comparire sulla terra in
questa forma umana e ti lasciasti volontariamente inchiodare sulla croce; tu che accettasti la
passione a cagione dei nostri peccati, concedimi di accettare la mia. La ricevo non gi dai nemici,
ma da mio fratello. Signore non imputarla a suo peccato... Degnati o Signore, di farmi imitare i
santi martiri...!
Ero diventato come folle, non mi curavo di nulla e nulla mi preoccupava, ogni vanit mi era
estranea; desideravo solo restare nella solitudine; mi possedeva un solo desiderio, quello di
immergermi costantemente nella preghiera e quando ci riuscivo, la mia anima era colma di
allegria... La preghiera del cuore mi inondava di letizia, a tal punto da non credere che potesse
esistere sulla terra qualcuno pi beato di me e mi chiedevo in che modo le delizie del regno dei cieli
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potessero essere pi grandi. Non era soltanto una felicit dellanima, anche se tutto il mondo
esteriore mi appariva meraviglioso e ogni cosa mi portava allamore e alla lode del Signore:
uomini, alberi, piante, animali, tutto era per me come una famiglia e in tutto vedevo il segno del
nome di Cristo Ges. A volte mi sentivo cos leggero che mi sembrava di non avere pi corpo e di
librarmi gioiosamente in aria, anzich camminare sulla terra... altre volte sentivo una felicit cos
grande come se fossi stato fatto zar e, in mezzo a tutte queste consolazioni, desideravo che Dio mi
concedesse di morire al pi presto per poter effondere la mia riconoscenza ai piedi del suo trono,
nel mondo degli spiriti (Otkrovennye rasskazy strannika Duchovnomu svoemu otcu [Racconti
sinceri di un pellegrino al suo padre spirituale], Paris 1973, pp. 31, 107-108. [Trad. italiane:
Anonimo, Racconti di un pellegrino russo, Milano, Vita e Pensiero, 1955; Anonimo russo, La via di
un pellegrino, Milano, Adelphi,1972). L eco di questi folli, jurodivyi in russo, si ritrova anche nella
figura de Lidiota, di Dostoevskji :

Tutti lo ritenevano un ingenuo in questo mondo di uomini egoisti, avidi, orgogliosi, mentitori e
sensuali, ma lui, lui li attraversava in profondit, li dominava.
.

Gli intellettuali slavi si sono sempre soffermati ad indagare sul vero senso del dolore, delle
violenze sofferte..La sofferenza una grande forza, perch santifica non soltanto gli innocenti, ma
anche coloro che hanno peccato, che hanno sbagliato indirizzo di vita, ma che lo sanno anche
ammettere e che accettano che il "castigo" sana il "delitto". Delitto e castigo il titolo appunto del
romanzo di Dostoevskij, che si occupa proprio di questo problema. In esso leggiamo queste parole:
La sofferenza una buona cosa... tramite essa tutto espiato.
Tutte le religioni - scrive N.Berdiaev - sin dalle credenze dei selvaggi primitivi, si fondano
sull' tteggiamento
a verso la morte. Il fatto della morte e della sofferenza uno dei primi fatti che
risvegliano una riflessione metafisico- religiosa, anzi potremmo dire che essa ne lo stimolo
fondamentale. L' intensit con la qualesi sente la sofferenza pu essere considerata come un indice
della profondit dell' uomo. Soffro, quindi sono. Questo il senso pi esatto e pi profondo del
cogito di Descartes. La sofferenza legata all' esistenza stessa della persona e della coscienza
personale(...). Dostoevskij vedeva nella sofferenza la sola causa della nascita della coscienza. Ci
corrisponde al Martirologio romano che indica il giorno del martirio dei santi con il termine natalis,
nascita alla vera vita.
Io vi invito a leggere libri come lautobiografia di Avvakum, o il libro di Francis Conte Gli Slavi,
o il Racconto dei tempi passati o Cronaca di Nestore, con la narrazione delle lotte nella nascente
Russia. Solo cos penso che si possano capire lo spirito di sopportazione da parte dei popoli slavi
dellautocrazia dei vari zar, o del giogo ottomano nei Balcani ( quasi 500 anni !) o delle dittature
atee comuniste. In effetti in Occidente i dittatori hanno avuto sempre vita molto pi breve. Ma il
senso della sofferenza e del dolore pone oggi domande inquietanti anche al nostro Occidente
industrializzato, proprio per landamento generale della societ, pi superficiale e materiale,
edonista, che cerca in tutti i modi di emarginare il dolore e la sofferenza. E paradossalmente si ha
invece un aumento generale di stress, aggressivit, disagio e malattie psichiche. La massima
possibilit materiale, la massima libert intellettuale, la massima capacit tecnologica corrisponde
misteriosamente ad un regredire del valore e del gusto della vita.

Alcuni esempi di sofferenze psicologiche nella societ contemporanea

C da fare prima di tutto una distinzione, tra algos e pathos, distinzione gi posta dai Greci. Il
primo termine ci porta ad una concezione fisica e percettiva del dolore, che anche un meccanismo

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di difesa primario, mentre il secondo allarga il suo significato alla sofferenza emotiva e psichica. In
tal senso richiama un esperienza non solo individuale, ma anche collettiva, e quindi non si fa
definire facilmente, in quanto tipicamente soggettiva. Gli studi di anestesiologia e terapia del
dolore hanno ormai evidenziato come sia importante anche lapporto psicologico, quello
sociologico ( la condivisione del dolore) e quello spirituale ( la preghiera). Questi tre fattori
terapeutici, tra loro coadiuvati, permettono molto spesso un pi rapido miglioramento delle
condizioni di salute del paziente, o ad un innalzamento della cosiddetta soglia algica.
Il problema della sofferenza quindi complesso, perch riguarda luo mo nelle sue strutture di
base, sia fisiche (nervi, corteccia celebrale, cervello ecc.), sia psicologiche ( le emozioni), sia
sociologiche (le regole sociali e le strutture assistenziali che riguardano il dolore), sia spirituali (il
senso del dolore ed il suo superamento filosofico religioso). Luomo nel suo complesso, quindi,
tutto luomo. Ma oggi c qualcosa in pi, che preoccupa e che pone interrogativi, ed laumento
delle sofferenze e delle malattie psichiche, che portano disagio, e dal disagio alla sofferenza, dalla
sofferenza alla chiusura sempre pi drammatica, fino a soluzioni a volte estreme. I disturbi psichici
hanno una classificazione oggi pi precisa. Una volta si parlava genericamente di esaurimento
nervoso, oggi si distinguono nelladulto circa 9 aree di disturbi. Per questi rimando al link
http://cepad.unicatt.it/formazione/fabio/unita3/sld001.htm . Naturalmente non dobbiamo pensare che ogni
parola o atteggiamento, o gesto quotidiano sia per noi un segnale patologico. Il link fornito per
avere un quadro dapproccio, nella cornice di una ricerca come la nostra che e rimane di storia.

Debolezze psicologiche e societ della competizione

Quello che manca oggi, rispetto alle esperienze che abbiamo sopra letto, o che riporto nel testo,
non la possibilit di combattere e risolvere il dolore, la sofferenza, il disagio. Quello che forse
manca il senso psicologico e spirituale del dolore. Infatti una grande difficolt che oggi abbiamo
di sentirsi appartenenti ad una societ, ad una grande unione di persone, che invece era pi presente
per i medievali. In parte questo dovuto alla grande massa di informazioni disponibili, per cui
ognuno pensa di poter acquisire conoscenze in modo autonomo, senza confronto con gli altri. Il
confronto reso difficile anche dal pluralismo di opinioni e idee. La nostra una societ dalle molte
verit. Poi si pensa che lo sviluppo della genetica, delle scienze mediche, ci porter verso
limmortalit.
La sofferenza e la paura che ci prendono in questo inizio di millennio non tanto o solo quella
della morte, che speriamo allontanabile con la scienza, ma la paura di vivere, di perdere lidentit,
di essere in un anonimato, in una vita normale, senza pubblicit, luci o vetrine. Non si vuole
accettare che la prospettiva di un progetto solo orizzontale avr prima o poi una fine: la paura della
morte diventata uguale alla paura della vita. Che senso ha quindi una vita di sofferenza, la morte
del martire, quella delleroe che d la vita per gli altri? Ormai siamo di fronte ad una nevrosi
collettiva, ad una sindrome schizoide che oppone in una lotta la vita fisica eterna e limpossibilit di
raggiungerla. Allora si mette in piedi una sorta di anestesia generale sociale della sofferenza,
facendo finta che non esiste, che appartiene solo a soggetti psicologicamente o geneticamente
deboli, e si rifiuta linsufficienza, linabilit, il limite invalicabile. E la grande illusione
dellOcci dente, di fronte al quale quelle testimonianze spirituali che abbiamo letto suscitano solo
una penosa ilarit. Sono quelli i pazzi, noi siamo normali, razionali, senza problemi e senza limiti.
Si viaggia quindi con la paura, armati fino ai denti dei nostri meccanismi di difesa, per proteggere la
nostra stima, e cos ci danneggiamo, perch ci impediamo, con maschere e ruoli di essere noi stessi.
Si ha paura della verit sui noi stessi, del proprio male interiore, in una societ dove tutto devessere
perfetto. Unaltra illusione linfallibilit. Io non devo sbagliare, non posso avere limiti, devo
essere il pi competitivo, il pi affascinante, il pi convincente, il pi intelligente: se capita
qualcosa un tormento di scrupoli ed un abbattimento nellansia, nella depressione, nel buio pi

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nero. Anche perch tutti seguono questa mentalit, tutti girano sulla medesima giostra, e chi salta
via non trova condivisione o compassione, ma solo pregiudizio ed aggressione.

Senso di inadeguatezza, senso di colpa, senso del peccato: la spiritualit come


via di superamento

I grandi mezzi di comunicazione quindi propongono modelli di perfezione della bellezza e del
potere, per una massificazione molto simile a quella dei beni di consumo presenti in un
supermercato qualsiasi: tutti uguali, tutti perfetti, tutti al top. I modelli dellantica Grecia ( kals ka
agaths bello uguale a buono) sembrano improvvisamente tornati. Il boom della chirurgia
estetica in tal senso molto significativo. Laumento delle malattie di carattere depressivo perci
un segno, il segno di un senso dinadeguatezza che prende soprattutto le fasce sociali pi deboli, i
giovanissimi e gli anziani. Bisogna dire che il senso di inadeguatezza certo un limite positivo che
inconsciamente ognuno ha, come un istinto che spinge a non fare gesti che possono avere
conseguenze nefaste verso noi stessi. E quindi prima di tutto sano realismo. Ma linadeguatezza ha
oggi una accezione negativa proprio per i modelli estetici ed economici altamente competitivi che ci
si propongono continuamente. Modelli che aumentano il disagio di chi, non avendo punti di
riferimento che se stesso, si vede debole, incapace di poter competere. Oltre a questo, come gi
sottolineato da Freud, quel principio di piacere che egli giustamente attribu alla primissima fase
della crescita del bambino, sembra ormai essersi trasferito a tutta la vita delluomo ed alla stessa
societ. E l edonismo, cio la ricerca di piacere egoistico e narcisistico proprio dellassenza di
valori universali di riferimento, e che oggi molto presente, soprattutto come modello.
Freud, nel Disagio della civilt, che abbiamo pi volte citato, dice che il bambino si muove
secondo questo principio, pensando che tutto gli dovuto, senza limiti n regole. Egli per impara
presto, rapportandosi con la madre e soprattutto con il padre, che la sua ricerca di piacere (inconscia
ed istintiva) si scontra con le esigenze degli altri: della famiglia, degli amici, della scuola, della
societ. Queste regole sono viste come un limite al proprio egoistico principio di piacere. Valicarle
o cercare di farlo provoca quindi un senso di colpa inconscio, che viene superato se egli accetta il
suo essere relazionale, oppure non viene superato, e si elabora allora in senso di inadeguatezza o in
nevrosi ossessiva, nella peggiore delle ipotesi. Nella sua ricerca filosofica e sociologica Freud, per,
dice che il senso del peccato non altro che la sublimazione religiosa del limite legale imposto dal
Super-Io, rappresentato dalla figura di Dio. Dio una proiezione religiosa collettiva del limite di
legge imposto dal padre, o dalla societ. Se leggiamo Il processo di Kafka, possiamo capire molto
bene la proiezione psicologica che il protagonista fa sulla legge statale del suo conflitto con la
figura paterna. Dio Padre, Dio giudice. Questa presenza ossessiva ed oppressiva molto presente
(purtroppo) anche nel sentimento di tanti credenti. Daltra parte la Bibbia sembra in tal senso
inequivocabile. Eppure non esattamente cos.
Il senso di colpa infatti un sentimento puramente negativo, senza sbocchi, che guarda
esclusivamente se stessi: mi sento in colpa perch non sono stato adeguato in quella situazione, non
sono stato capace, non sono stato vincente. E il Super Io, che diventa coscienza legale rispetto ad
un proprio narcisismo di fondo, rispetto ad una nevrosi che cerca una perfezione ossessiva, tutta
concentrata in se stessi. Invece il senso del peccato, per lo meno quello che ci ha rivelato Dio in
Ges Cristo e che pervade le esperienze di santi e mistici cristiani, dice soprattutto relazione.
Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te. Ecco la vera coscienza morale. Sono consapevole
che tu mi ami, che tu mi vuoi bene, e io non ho pensato che a me stesso: mi rendo conto che non ti
ho amato. Altro che legge, altro che senso di colpa, altro che Super Io! Linadeguatezza, lindegnit
misurata di fronte allamore gratuito di una persona che ci ama cos come siamo, come siamo ci
sopporta e ci perdona. Il senso del peccato quindi, se quello vero, non chiude la porta, ma la apre
alla speranza, alla fiducia, alla fede in un Dio che non pi il giudice di Kafka, ma che capace
damare fino al supremo sacrificio di s, e che ci chiama ad amare allo stesso modo. Un Dio che ci

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accoglie sempre di nuovo tra le sue braccia, le braccia del Crocifisso. Diceva S. Agostino: Ama e
fai quello che vuoi: il senso di colpa derivato dalla legge ormai distrutto, ci che rimane solo
amore, amore ed ancora amore, di fronte al quale non esiste limite di legge, non esiste
inadeguatezza o colpa, ma solo pace e gioia nello Spirito.

La spiritualit vuol dare un senso alla sofferenza

Esiste comunque un problema, un grande problema, quello della sofferenza, che ci colpisce,
con una malattia, con una situazione, con una separazione, con la morte dei propri cari o dei propri
amici, insomma una realt negativa che va al di l di ogni volont. E non si riesce ad eliminarla,
quindi bisogna per forza fare i conti con essa. Esistono in tal senso persone che giustamente si
rivolgono ad un terapista quando hanno dovuto subire traumi di questo genere, in quanto non
riescono da soli a rielaborare un lutto, o una separazione, o una malattia, o un dolore. In tal senso
questa una giusta via di superamento o di ricerca di senso della sofferenza. Oppure si dedicano o
si aggregano ad altre persone che hanno vissuto o vivono lo stesso dramma, ed anche questa pu
essere una via buona: la solidariet fra persone che si capiscono una grande forza. Ma anche la
spiritualit vuol dare un senso alla sofferenza. Infatti questi santi ortodossi, ingiustamente
perseguitati, mentre subiscono la persecuzione, le orrende torture o le morti pi atroci, danno
proprio l un senso alla loro sofferenza: come dice ad esempio Boris, alla vigilia del suo sacrificio
per mano del fratello, che si vuole appropriare del potere.
E preferibile che io solo muoia piuttosto che una moltitudine di anime. Non mi permetter di
resistere al mio fratello maggiore per cercare di sottrarmi al giudizio di Dio...Io ti rendo grazie,
Sovrano Signore, mio Dio, perch mi hai accordato, pur se indegno, di essere partecipe della
passione del Figlio tuo, il nostro Signore Ges Cristo. Tu lo inviasti nel mondo mai concepito, e gli
scellerati lo misero alla morte.
Ed anche Gleb supplica i servitori di non difenderlo:
Se se stava in silenzio san Gleb, come un agnello senza malizia, il cuore rivolto a Dio, e levando
gli occhi al cielo preg : Mio Signore Ges Cristo, ascoltami in questora e d ammettimi nel
numero dei tuoi santi. Ecco, mio Sovrano, come un d Zaccaria fu immolato sul tuo altare (si
riferisce al profeta Zaccaria), oggi io vengo sacrificato a te, mio Signore. In questora, mio S ignore,
non ricordare le mie colpe, le antiche trasgressioni, ma salva lanima mia...
Cos anche Avvakum, in cella in attesa del rogo, scrive:
Sono ammirevoli le opere del Signore e ineffabili le vie dellAltissimo! Permette il supplizio, ma
poi guarisce e fa grazia. Ma perch dire tanto? Dio un vecchio taumaturgo, dal non essere porta
allessere. Nellultimo giorno resusciter in un batter docchio tutta la carne umana. Chi pu
ragionare di questo? Egli Dio: crea il nuovo e rinnova il vecchio. Gloria a Lui in tutto. (brani
ripresi dal libro di testo).
Queste testimonianze ci lasciano perplessi ed interdetti, e sembrano lontanissime, soprattutto da
noi che vorremmo avere tutto, subito, senza fatica e con tanta comprensione. Sono lontane da noi,
abituati a tante comodit, a tante cose superflue, che sembrano essenziali ed invece coprono
semplicemente un vuoto, o tentano di farlo senza riuscirci. Ma se ci pensiamo un attimo, possiamo
vedere come una buona met di ci che abbiamo non utile in realt, ma serve a coprire il disagio
di una societ e di una mentalit troppo spesso semplicemente materialista, ma che non sa dare
senso, anzi nasconde le inevitabili sofferenze di ciascuno.

Il ruolo della sofferenza nella riflessione medievale cristiana slava

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Lillusione di un eterno presente che le scienze mediche o biologiche ci danno quindi molto
distante da quello che fu il senso della sofferenza dato dai medievali, e soprattutto da quelli del
Medio evo orientale europeo. C in primo luogo una differenza di indole: i popoli slavi sono stati
capaci di sopportare arretratezza economica, culturale, dittature di ogni genere per secoli, molto pi
di noi occidentali, che in tal senso ci siamo avvantaggiati. Oggi per essi ci indicano quello spirito
di sopportazione che noi abbiamo completamente perso, e che emerge ad esempio in libri come
Arcipelago Gulag, narrazione della vita e delle sofferenze nei campi di lavoro siberiani, ai tempi
della dittatura comunista sovietica. Rileggendo quelle, ed altre testimonianze della storia medievale
e moderna dellOriente europeo, si pu facilmente vedere questa grande diversit. La sofferenza,
per gli slavi, non solo un espiazione della colpa (Delitto e castigo) o la conformazione alla
sofferenza di Cristo, ma risponde al misterioso disegno divino che ha portato il centro della vera
fede cristiana (ortodossia) da Roma a Costantinopoli, e da Costantinopoli a Mosca. Roma, chiusa
nelleresia, fu distrutta dai barbari di Alarico; Costantinopoli, che ha tradito la purezza della fede,
dai pagani Turchi (1453). Perci Mosca la Terza Roma, lultimo baluardo della fede contro gli
attacchi diabolici, e le steppe eurasiatiche diventano larena di questa lotta escatologica. Ci
corrisponde anche al mito della predicazione di SantAndrea apostolo nelle terre slave, riporta to dal
Racconto dei tempi passati, e, dal punto di vista politico, al matrimonio tra il primo czar Ivan III il
Grande e Zoe, ultima principessa bizantina. Dal punto di vista teologico politico lidea di
derivazione bizantina che lo czar sia anche capo dellecumene ortodossa formulata da Filoteo
(1514). Perci le lotte e le sofferenze degli slavi sono dovute anche al ruolo di difesa
dellortodossia, che corrisponde ad un mist erioso (quanto fantomatico) disegno di Dio. A tal
proposito un libro molto interessante Il pensiero politico bizantino, di Pertusi, in cui ritroviamo
questa mentalit molto presente. Il filo rosso della sofferenza, nella mentalit slava, lega quindi
indissolubilmente il popolo e la chiesa ortodossa al proprio sovrano, e la motivazione della
sofferenza sempre assieme religiosa e politica.

Per una nuova consapevolezza psicologica e spirituale di fronte alla sofferenza.

Ma per concludere questo discorso cos difficile anche necessario trovare una sintesi positiva, di
fronte alla sofferenza, anche se non facile, anche se non sembra avere senso. Noi, quando
soffriamo dal punto di vista morale o psicologico, siamo per natura portati a fissare quel momento,
a concentrarci sul dolore che quel fatto o quella situazione ci provoca, ed a riassumere nella
situazione negativa tutta la nostra vita, oppure facciamo finta di nulla, come se niente fosse
successo. Invece la sofferenza ha bisogno di consapevolezza, cio di senso, psicologico e spirituale.
Ora la psicologia e la spiritualit dovrebbero in questo campo collaborare, perch la persona colpita
dalla sofferenza, possa in qualche maniera trovare in quel momento un momento di crescita. Infatti,
dal punto di vista psicologico oggi non si d pi alla sofferenza lidea negativa di una pu lsione
frenata o di un tab, ma si dice che essa un segnale: il nostro inconscio o il nostro corpo ci dicono
che c una parte di noi che vuole emergere e che noi tentiamo di imbavagliare. La concezione della
persona come soggetto in perenne evoluzione, in perenne crescita del S spiega quindi la sofferenza
come un legame che noi stessi ci imponiamo e come unenergia del nostro essere che non trova
sbocchi. Ma questa concezione sembra alquanto limitata, perch pare che ogni persona possa
trovare in se stessa lenergia per superare la sofferenza, invece non sempre cos. Di fronte al
mistero della malattia, della morte, della persecuzione inflitta da altri uomini per vari motivi, ed alla
sofferenza senza motivi, alla violenza gratuita , quale senso dare a tutto questo? Una risposta
spirituale ci pu venire, oltre che dalle brevi riflessioni presenti nel libro di testo, da un piccolo
brano, che riprendo proprio da quella spiritualit slava di cui abbiamo trattato in questa lezione. Nel
romanzo Dottor Zivago Boris Pasternak descrive gli anni perduti e le privazioni di tutto il popolo
nel tempo del terrore comunista. Si pone quindi la domanda: a che cosa tutto questo serviva? La

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risposta si trova nelle ultime righe del libro, in una poesia: L' anima triste ino
f alla morte...
Eppure il libro della vita giunto alla pagina pi preziosa di ogni cosa sacra. Ora deve compiersi
ci che fu scritto, lascia dunque che si compia. Amen

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