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Da Les Cahiers du mois Cinma, n. 16/17, Paris 1925,trad.it. ed. Cineteca di Bologna, a cura di M.

Canosa,

Mi pare che la missione del cinematografo non sia stata esattamente compresa. L'obiettivo dell'apparecchio
di ripresa un occhio che Apollinaire avrebbe definito surreale (senza alcun rapporto con il surrealismo di
oggi), occhio dotato di propriet analitiche non umane. un occhio senza pregiudizi, senza morale, astratto
da ogni influenza; e vede nel volto e nel movimento umano tratti che noi, col nostro carico di simpatia ed
antipatie, di abitudini e di riflessioni, non sappiamo pi vedere. Per poco che ci si fermi a riflettere su questa
considerazione, qualsiasi paragone fra teatro e cinema diventa impossibile. L'essenza stessa dei due modi di
espressione diversa.
Le lenti dell'obiettivo cinematografico possiedono due principali propriet originali, da cui tutta l'arte
cinematografica dovrebbe dipendere. La prima di queste qualit e la loro forza analitica o psicanalitica [...].
Se la prima reazione davanti alla riproduzione cinematografica di noi stessi una sorta di orrore, perch,
esseri civilizzati, noi mentiamo quotidianamente coi nove decimi di noi stessi, mentiamo senza pi saperlo.
Bruscamente, questo sguardo di vetro ci ferisce con la luce dei suoi ampres. in questa forza analitica la
fonte inesauribile dell'avvenire cinematografico.
L'altro potere del Cinema il suo animismo. Un oggetto inerte, ad esempio un revolver, a teatro solo
un accessorio di scena. Il cinema ha i primi piani. La Browning che una mano estrae lentamente da un
cassetto semiaperto (non c' un film americano, ormai, nel quale un revolver non venga lentamente estratto
da un cassetto semiaperto) d improvviso si anima. Diventa il simbolo di mille possibilit. I desideri, le
disperazioni che rappresenta, lei, cosa senza vita; la quantit di circostanze che pu innescare; e, il dramma
che stringe o scioglie, la fine o l'inizio con cui coincide, tutto garantisce alla Browning una sorta di libert e
di anima, non diversa dalla nostra. Quella libert, quell'anima sono forse epifenomeni pi delle nostre?

Jean Epstein, Lo sguardo del vetro, p.19

Il gesto intenzionale aiuta la parola; al cinema, la sostituisce.


E quando dico gesto, non mi riferisco al gesto cos come possiamo vederlo a teatro, o coglierlo
camminando per strada. Il gesto cinematografico di altra specie. L'interprete teatrale gesticola,
contrappunta il suo testo di bilanciamenti di braccia, di pugni vibrati nell'aria, di contrazioni delle dita, e
tutti quei movimenti pi o meno rapidi, ovvero variabili nel tempo, rimangono, in funzione della stessa
persona dell'attore o dello spettatore, fissi in una stessa grandezza, ovvero invariabili nello spazio.
Al cinema, tutto varia all'infinito nel tempo e nello spazio.
Il salto di un uomo, L'esibizione del suo torso, l'allungarsi delle sue gambe, non solo possono essere resi
dallo schermo, attraverso procedimenti speciali, mille volte pi veloci o pi lenti che nella realt; ma anche il
rapporto tra le loro singole dimensioni e la dimensione dell'autore di quel movimento , allo stesso modo,
infinitamente variabile. Cos voi vedete la figura intera di un uomo che si alza in piedi, quindi in primo piano
il suo braccio che si tende verso un nemico invisibile, poi,in close-up, solo la sua mano che stringe un
revolver; infine, vedete il primo piano di un enorme indice che lentamente preme il grilletto della pistola.
Ecco dunque una sequenza di gesti il cui significato pu crescere non soltanto in relazione al ritmo, ma
anche in proporzione al quadrato della grandezza del piano fotografico. Si capisce bene come, favorito
dall'estensione e dalla variet di un simile vocabolario del silenzio, il cinema sappia raggiungere
un'eloquenza che non lascia indifferente un solo uomo al mondo.
Jacques Catelain , Lattore, ibidem pp.26-27

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Non bisogna aspettarsi che i modi di espressione di un attore di cinema siano paragonabili a quelli di un
attore di teatro. Mentre quest'ultimo dipende soprattutto da se stesso, il primo dipende dal proprio regista
[]. L'attore uno strumento tra le mani del creatore di immagini, e ci che gli si far dire spesso non
appartiene alla sua coscienza. Appartiene alla tecnica. Invano, se gonfio del proprio talento, ascriver
diventar spesso non appartiene alla sua coscienza appartiene alla tecnica invano sei gonfio del proprio
talento, aspirer a diventare vedette. Lobiettivo della macchina da presa il solo protagonista di un film.
Comunque, per essere giusti, va detto che si riusc presto a separare cinema e teatro. L'errore successivo fu
quello di accostare l'arte delle immagini in movimento alla pittura. Non passato molto tempo da quando
venivano considerate vette dell'espressione cinematografica certe riproduzioni di quadri celebri, realizzate
peraltro con mirabile cattivo gusto e secondo un'immaginazione da due soldi. Non era certo a questi orrori
che pensava Delluc quando scriveva: "il cinema pittura in movimento. Crediamo che fosse ancora lontano
dalla verit. Lo schermo non pu essere paragonato ad un quadro. Sul rettangolo di tela bianca non
troveremo n rilievo n colore. C' da augurarsi che non li troviamo mai, perch forte sarebbe il rischio,
davanti a una copia tanto fedele della realt, di ammirare solo lesattezza della riproduzione. Che nessuno
dica mai, davanti alle immagini dello schermo: "Che bello, sembra vero!". E il popolo degli spettatori non lo
pensa nemmeno, mentre, in materia darte, quello stesso popolo apprezza solamente i ritratti somiglianti e le
cromolitografie. S, lo spettatore popolare sente che il cinema non n la pittura, n la realt. una realt
superiore alla pittura, una realt nella quale la natura, con le sue forze e i suoi misteri, gioca un ruolo pi
grande; una realt inferiore a quella che ci circonda, ne un'interpretazione diretta di cui lobiettivo
possiede il segreto.
Jean Tedesco, Cinema-espressione, ibidem, p.29

In

Sei personaggi in cerca dautore alla Comdie des Champs Elyses.

Al principio la vita continua. Non si ha spettacolo. Lo sguardo simmerge sulla scena fino in fondo. Abolito
il sipario. Tutta la sala un immenso palcoscenico dove, per una volta, lo spettatore assister allo svolgersi di
una prova. Prova di che cosa? Non c' testo. Il dramma si produrr davanti ai nostri occhi. Ognuno intento
alle sue piccole occupazioni. A poco a poco, per, gli attori si riuniscono. Ed ecco che dall'ascensore della
Comdie des Champs Elyses sbarca una famiglia in lutto, dai volti pallidissimi, e come non del tutto usciti
da un sogno.
Sono i Sei personaggi in cerca d'autore. Ora questi Sei personaggi chiedono di vivere. Vogliono essere
immessi in un dramma. Sono pi reali di lei, direttore di teatro, di voi guitti immondi. Sono reali e lo
dimostrano. Perch in che cosa consiste la vostra realt, di voi vivi, personaggio in carne ed ossa, e non
personaggi in spirito, che avete una madre, un padre, che avete uno stato civile. Ad eccezione di questa realt
incerta delle vostre membra, che cosa siete in confronto a voi stessi, direttore di teatro, guitti?
Un'immagine, tutt'al pi l'immagine dei vostri desideri passati, l'illusione abolita del futuro che volevate
costruire, ora cenere nel presente,o vivi. Ma noi, idea certa, contorni precisi, noi siamo ci che siamo, sempre
quali ci hanno sognati, e la nostra realt ricomincia in interrottamente con i suoi abbozzi ripresi di continuo.
Generati dallo spirito, la nostra legge di vivere senza fine, ma ancora incompiuti. Perci, scioglieteci,
direttore.
Cos, per successivi slittamenti la realt e lo spirito si compenetrano cos bene che non sappiamo pi, noi
spettatori, dove l'uno comincia e dove l'altro finisce. Che cosa vengono a fare questi fantasmi nel nostro
mondo, su questo palcoscenico dove vanno e vengono i macchinisti, e gli attori con le loro beghe. Cos la
messa in scena esalta il lavoro e favorisce l'illusione. Questo cielo che un cielo di teatro, questi alberi che
sono di stoffa, non ingannano nessuno, n gli attori che provano, n noi, n queste larve in cerca di uno
stampo in cui prendere forma. Allora dov' il teatro? ESSI, essi vivono, affermano di essere reali. Ce lhanno
fatto credere. Allora noi, che cosa siamo? Eppure questi Sei personaggi, sono ancora degli attori ad
incarnarli! Si pone in questo modo tutto il problema del teatro. Ed come un gioco di specchi in cui
l'immagine iniziale si assorbe e rimbalza ininterrottamente, cosicch ogni immagine riflessa pi reale della
prima e il problema non cessa di porsi. E l'ultima immagine porta via con s tutte le altre e sopprime tutti gli

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specchi. Si vedono cos i Sei personaggi dai volti spettrali, in fila come mummie, andarsene con l'ascensore
sparire nelle centine reali fino al prossimo spettacolo. Si sentito lodare l'uno o l'altro; ma il protagonista del
lavoro ancora Georges Pitoff che da al personaggio centrale maschera e gesti di visione. Una cosa, una
sola cosa andava detta su di lui, ed proprio questa. Ludmilla Pitoff e la Kalff, bellissime ma ancora
rimaste umane, voglio dire di carne ed ossa, in una parola attrici. Luna ingenua e l'altra madre, e molto
concreta; ma era vita, non spirito. E lascio tutto il resto in pasto alla critica idiota, il direttore e i granchi,
perch se ne sazi.
Antonin Artaud
1923
Luigi Pirandello. Saggi e Interventi, Milano , Mondadori, 2006

Intervista di Luigi Bottazzi su Il Corriere della sera 17 ottobre 1923


[]Che cosa il Pirandellos Theatre di Nuova York?
Non esiste. Hanno scritto cos invece di scrivere Pirandellos Season e lerrore rimasto. Questa
stagionesi svolger in due teatri, uno piccolo, dove non c posto per pi di tre o quattrocento
persone e uno grande. Il primo servir per le prove a cui assisteranno i critici e un pubblico limitato
di invitati. Se la mia prima opera piacer sar rappresentata nel teatro grande, mentre nellaltro si
continueranno a provare altre opere. Le rappresentazioni saranno date, naturalmente in inglese.
Cominceremo con Cos (se vi pare) che il signor Livingstone ha tradotto cos: Right you are (if
you think so). Poi verranno Enrico IV, Il piacere delonest, Come prima, meglio di prima e tutte le
altre mie opere, compresi i Sei personaggi in cerca dautore che lanno scorso furono rappresentati
a New Yor, dallottobre fino a febbraio, e contemporaneamente in altre citt degli Stati Uniti:
Chicago, Boston, Baltimora, Filadelfia. I Sei personaggi hanno aperto la via a tutte le altre mie
opere. Furono tradotti e rappresentati, allora, anche in lingua judish in vari teatri ebraici. Questa
volta il mio repertorio sar anche rappresentato al cinematografo.
Traduzione in lingua muta.
Gi. In America non si fanno contratti per lavori teatrali senza un annesso e conseguente contratto
per la riduzione cinematografica.

Intervista di Enrico Rocca su il Popolo dItalia, 4 ottobre 1928


[]Gli domando subito se sia la prima volta che dai suoi lavori si trae soggetto per un film.
No. Mosjoukine ha ridotto Il fu Mattia Pascal per lAlbatros Cingraphic e Marcel LHerbier mise
in iscena lEnrico IV con Conrad Veidt per la Nigro Film Tuttavia, malgrado la chiara fama degli
interpreti e la natura degli argomenti, pieni di risorse, a mio avviso, per una traduzione
cinematografica non potrei dire che i risultati mabbiano precisamente persuaso
[]
E tra tutti qual il film da cui artisticamente lei si ripromette di pi?
Credo (e lei forse converr con me)che, insomma, se lei si guarda intorno e vede il pullulare di
argomenti insipidi, gi il dare ai quattro films nuovi largomento di un mito o di una commedia o di
una novella mia, cio cose comunque pensate, sia meglio del solito nulla. Ma se lei mi chiede da
quale di codesti films io spero di veder saltar fuori, non dico il nuovo assoluto (sul nuovo, su ci
che dovrebbe essere, ho le mie idee, ho molte idee che non voglio ancora dire), ma qualche cosa che
non sia il piatto, il comune, il quotidiano, io le dico senzaltro: da Sei personaggi in cerca
dautore.
"Ed ella, maestro, crede davvero che il cinematografo potr tradurre tutta la superba, addensata mobilitazione
di pensieri che in quel suo lavoro si libera via via a scoppi di imprevisto per mezzo dell'umana parola? Non
pensa che dalla traduzione per immagini abbia a perdere di molto quella che, secondo il mio avviso modesto,
una tra le pi luminose e originali cose sue?"
"Perdere? Anzi. Ho una fiducia grandissima in Murnau. Solo lui potr capirmi, solo con lui io potrei
accingermi a comporre e a girare il lavoro. Tanto che, se non ottengo dalla casa tedesca la cooperazione,

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andr in America con lui, sicuro di combinare con altri. E le dico che se Murnau ci mette mano, Sei
personaggi ci guadagneranno in evidenza, direi quasi in originalit.
Lei sa che io prendo parte al lavoro in qualit di attore cio da autore quale io insomma sono. Ci che
detto o sottinteso nel lavoro, nel film si vedr realmente e successivamente svolgersi. Lei rammenta il punto
di partenza di Sei personaggi: io ho concepito un'azione teatrale, ma poi le difficolt incontrate nel tradurla
in opera d'arte mi fanno rinunciare ad ogni tentativo ulteriore di realizzazione. Ci nonostante i personaggi di
quell'azione, da me rifiutati, non cessano dassillare il mio cervello al punto che mi diventano quasi un
incubo.
Tutto questo si vedr. Cio si vedr come io mi imbatta nello spunto che poi mi dovrai invogliare a dare al
fatto bruto forma d'arte.

Comoedia, 15 gennaio 1929 intervista di Enrico Roma


[]"E per quale ragione, Maestro, non avete cercato di realizzare in Italia il vostro programma
cinematografico?"
A questo punto Pirandello abbozz uno di quei suoi sorrisi in cui si mescolano ironia e stupore.
Mah! Anche a me sembrava la cosa pi logica. Volendo, come dicono, far rinascere la nostra
cinematografia, mi pareva che non si potesse dare occasione migliore di questa. Esposi sul Popolo d'Italia,
attraverso un'intervista chiestami da Enrico Rocca -l'avete letta? - le mie idee, i miei propositi filmistici.
Nessuno ha mostrato, non dico di appassionarsi ad essi ma perlomeno di incuriosirsene. Salvo Mussolini, il
quale vede tutto, sa tutto e che, nell'udienza accordatami, ha voluto che io gli illustrassi le miei idee, le mie
trovate e tecniche per la traduzione cinegrafica delle mie visioni d'arte. Ho ragione di credere che la
realizzazione, in Italia con capitali e attori italiani, di un mio primo film, veramente mio, che avr la sua
importanza con commerciale artistica, avrebbe aperto la strada ad altri, di altri. Viceversa non appena
conosciute le mie intenzioni, industriali tedeschi americani si sono affrettati a farmi offerte lusinghiere. "

Corriere della Sera, 28 ottobre 1930, intervista di Eligio Possenti


[]In nome del suo amore per l'Europa, Pirandello paventa il pericolo che essa diventi la cattiva copia
dell'America. L' Europa possiede il suo teatro e ha da conservarlo. Perch ricorrere ai modelli dell'America?
Perch non usare di quella facolt di scelta che noi Europei abbiamo raggiunto attraverso secoli di
sofferenza, di tormenti e di esperienze , secoli che l'America ha ancora da percorrere? Cos per il
cinematografo l'Europa non deve cadere nello stesso errore dell'America. La sonorit e la voce sono una
grande conquista, ma sbagliano gli americani quando vogliono fare del film la copia del teatro. La voce ha da
servire come elemento suggestivo e musicale. Non si resiste ad una recitazione con toni nasali e gutturali di
dialoghi che ritardano l'azione. Il dialogo cinematografico deve essere tutto diverso da quello teatrale. Una
parola ha da condensarne cento. Botte e risposte devono essere sintetiche, quasi spari di voce, altrimenti si
sar sempre dinanzi a ombre che parlano con voce di metallo. In Europa si sarebbe dovuto subito avvertire
l'equivoco in cui sono caduti gli americani e non considerare, com'essi, la voce un elemento realistico e il
cinematografo uno strumento d'arte uguale al teatro.

La Stampa, 20 giugno 1933, intervista di Gastone Bosio


[]A proposito dellAmerica, dopo lottimo successo delle riduzioni cinematografiche di Come tu mi
vuoi
La stessa casa, la Metro Goldwin Mayer, mi ha gi proposto di ridurre per lo schermo un altro mio
lavoro:Sei personaggi in cerca dautore. Irving Thalberg, direttore generale della Metro, che attualmente si
riposa sulla riviera francese, mi ha parlato giorni fa a lungo della riduzione per lo schermo dei Sei personaggi
ed stato molto soddisfatto della sceneggiatura che io stesso ho preparato per rendere questo mio lavoro il
pi possibile cinematografico. Il parlato ridotto al minimo. La partecipazione dellautore, ossia di
Pirandello, alla stessa azione.
Cos lei
cos io, naturalmente, poserei in scena sotto le vesti dellautore, di Pirandello, di me stesso.
E reciter in inglese?
No. Pirandello, pur conoscendo linglese, non pu parlare, per giustificate ragioni logiche, che in italiano.
Mi servir cos, per esprimermi con una certa chiarezza per il pubblico americano, di un segretario che man
mano tradurr le mie frasi italiane in inglese. Solo che il lavoro in questa mia sceneggiatura cinematografica
ha subito qualche essenziale mutamento. Nella mia opera teatrale originale lazione, diremo cos, si svolgeva

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su due piani, ossia nasceva dal contrasto di questi personaggi fantastici creati dalla fantasia dellautore con
quelli tutti falsi e di maniera creati dagli attori. Qui invece, accanto a questi due elementi, i fantasmi del
genio creativo e la finzione scenica di maniera e convenzionale, ne sorto un terzo, quello reale.
Cio?
Tutta lazione viene qui svolta quasi contemporaneamente su tre piani differenti: quello della vita, della
fantasia creativa, della falsa imitazione dellattore. La vicenda cos viene ad acquistare un senso umano non
indifferente. Cos io, autore, ho un giorno veramente incontrato nella vita questi personaggi, li ho seguiti, mi
sono interessato delle loro intime vicende; poi la mia fantasia creativa ha intuito, preveduto quello che
inconsapevolmente sarebbe loro capitato. La mia fantasia ha provocato poi o almeno ha efficacemente
collaborato a far s che questi avvenimenti si effettuassero.

La Stampa,21 aprile 1934, intervista di GIM. Radio, teatro, cinematografo e lopera Nazionale
dopolavoro
[] Ho chiesto a Luigi Pirandello, fra un atto e laltro di quando si qualcuno, il suo parere sui rapporti che
corrono tra il teatro e la radio, tra il cinematografo e la radio e tra il teatro e il cinematografo.
Il teatro, la radio e il cinematografo ha risposto il Maestro sono tre generi di spettacolo assai diversi luno
dallaltro, tre generi di spettacolo che dovrebbero vivere indipendentemente. Praticamente ci non avviene.
La radio e il cinematografo attingono invece ogni loro alimento dal teatro. Vivono da parassiti del teatro,
fanno del cattivo teatro nuocendo oltre che a s al teatro stesso. []
Si parla di rinascita della cinematografia italiana e in virt di queste magiche parole, in ogni angolo dItalia,
sorgono dilettanti, speculatori, registi, pronti a raggranellare piccoli capitali e a tentare lavventura, col
risultato evidente di costringere e mantenere la cinematografia italiana in unatmosfera di mediocrit
avvilente e produrre film assolutamente inutili ai fini della famosa rinascita. La cinematografia italiana, per
affermarsi, ha bisogno, per ora, di soli pochi film, ma buoni. Tutto il resto, la zavorra che si spaccia in suo
nome, nociva e tende a produrre leffetto contrario. Il filmino borghese, la commediola e il
drammuccio non sono certo contributi attivi alla nostra cinematografia che deve risorgere nel clima di
oggi, dove ogni mediocrit deve essere combattuta e dove ogni impresa deve avere dinanzi a s, come
esempio di volont tenace, le opere colossali che il mondo ci invidia, realizzate in pochi mesi con passione e
ardimento degni dellItalia fascista.
Non si deve dimenticare che il cinematografo deve essere, per il nostro Paese, unindustria redditizia e non
un organismo male in arnese fatto per dilapidare dei capitali.
Il cinematografo, a part e crearsi e le sue finalit artistiche, pu dare lavoro a migliaia di persone. Ma per
raggiungere questo scopo deve affermarsi e per affermarsi ha bisogno di essere inteso seriamente, e non
dilettantisticamente. Deve insomma scrollarsi di dosso gli esseri inutili e crearsi una vita indipendente;
anzitutto perfezionare la tecnica: registi, operatori, direttori, prima di intraprendere unimpresa, devono
dimostrarsi edotti delle difficolt che stanno per affrontare e conoscere bene, in ogni piccolo dettaglio, il
mestiere. Soltanto conoscendo il mestiere si pu fare dellarte, perch nego che arte si possa fare
soltanto con un cumulo di belle idee accoppiato alla sola buona volont.

Film:

- Man Ray, L'toile de Mer, 1928

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