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Canosa,
Mi pare che la missione del cinematografo non sia stata esattamente compresa. L'obiettivo dell'apparecchio
di ripresa un occhio che Apollinaire avrebbe definito surreale (senza alcun rapporto con il surrealismo di
oggi), occhio dotato di propriet analitiche non umane. un occhio senza pregiudizi, senza morale, astratto
da ogni influenza; e vede nel volto e nel movimento umano tratti che noi, col nostro carico di simpatia ed
antipatie, di abitudini e di riflessioni, non sappiamo pi vedere. Per poco che ci si fermi a riflettere su questa
considerazione, qualsiasi paragone fra teatro e cinema diventa impossibile. L'essenza stessa dei due modi di
espressione diversa.
Le lenti dell'obiettivo cinematografico possiedono due principali propriet originali, da cui tutta l'arte
cinematografica dovrebbe dipendere. La prima di queste qualit e la loro forza analitica o psicanalitica [...].
Se la prima reazione davanti alla riproduzione cinematografica di noi stessi una sorta di orrore, perch,
esseri civilizzati, noi mentiamo quotidianamente coi nove decimi di noi stessi, mentiamo senza pi saperlo.
Bruscamente, questo sguardo di vetro ci ferisce con la luce dei suoi ampres. in questa forza analitica la
fonte inesauribile dell'avvenire cinematografico.
L'altro potere del Cinema il suo animismo. Un oggetto inerte, ad esempio un revolver, a teatro solo
un accessorio di scena. Il cinema ha i primi piani. La Browning che una mano estrae lentamente da un
cassetto semiaperto (non c' un film americano, ormai, nel quale un revolver non venga lentamente estratto
da un cassetto semiaperto) d improvviso si anima. Diventa il simbolo di mille possibilit. I desideri, le
disperazioni che rappresenta, lei, cosa senza vita; la quantit di circostanze che pu innescare; e, il dramma
che stringe o scioglie, la fine o l'inizio con cui coincide, tutto garantisce alla Browning una sorta di libert e
di anima, non diversa dalla nostra. Quella libert, quell'anima sono forse epifenomeni pi delle nostre?
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Non bisogna aspettarsi che i modi di espressione di un attore di cinema siano paragonabili a quelli di un
attore di teatro. Mentre quest'ultimo dipende soprattutto da se stesso, il primo dipende dal proprio regista
[]. L'attore uno strumento tra le mani del creatore di immagini, e ci che gli si far dire spesso non
appartiene alla sua coscienza. Appartiene alla tecnica. Invano, se gonfio del proprio talento, ascriver
diventar spesso non appartiene alla sua coscienza appartiene alla tecnica invano sei gonfio del proprio
talento, aspirer a diventare vedette. Lobiettivo della macchina da presa il solo protagonista di un film.
Comunque, per essere giusti, va detto che si riusc presto a separare cinema e teatro. L'errore successivo fu
quello di accostare l'arte delle immagini in movimento alla pittura. Non passato molto tempo da quando
venivano considerate vette dell'espressione cinematografica certe riproduzioni di quadri celebri, realizzate
peraltro con mirabile cattivo gusto e secondo un'immaginazione da due soldi. Non era certo a questi orrori
che pensava Delluc quando scriveva: "il cinema pittura in movimento. Crediamo che fosse ancora lontano
dalla verit. Lo schermo non pu essere paragonato ad un quadro. Sul rettangolo di tela bianca non
troveremo n rilievo n colore. C' da augurarsi che non li troviamo mai, perch forte sarebbe il rischio,
davanti a una copia tanto fedele della realt, di ammirare solo lesattezza della riproduzione. Che nessuno
dica mai, davanti alle immagini dello schermo: "Che bello, sembra vero!". E il popolo degli spettatori non lo
pensa nemmeno, mentre, in materia darte, quello stesso popolo apprezza solamente i ritratti somiglianti e le
cromolitografie. S, lo spettatore popolare sente che il cinema non n la pittura, n la realt. una realt
superiore alla pittura, una realt nella quale la natura, con le sue forze e i suoi misteri, gioca un ruolo pi
grande; una realt inferiore a quella che ci circonda, ne un'interpretazione diretta di cui lobiettivo
possiede il segreto.
Jean Tedesco, Cinema-espressione, ibidem, p.29
In
Al principio la vita continua. Non si ha spettacolo. Lo sguardo simmerge sulla scena fino in fondo. Abolito
il sipario. Tutta la sala un immenso palcoscenico dove, per una volta, lo spettatore assister allo svolgersi di
una prova. Prova di che cosa? Non c' testo. Il dramma si produrr davanti ai nostri occhi. Ognuno intento
alle sue piccole occupazioni. A poco a poco, per, gli attori si riuniscono. Ed ecco che dall'ascensore della
Comdie des Champs Elyses sbarca una famiglia in lutto, dai volti pallidissimi, e come non del tutto usciti
da un sogno.
Sono i Sei personaggi in cerca d'autore. Ora questi Sei personaggi chiedono di vivere. Vogliono essere
immessi in un dramma. Sono pi reali di lei, direttore di teatro, di voi guitti immondi. Sono reali e lo
dimostrano. Perch in che cosa consiste la vostra realt, di voi vivi, personaggio in carne ed ossa, e non
personaggi in spirito, che avete una madre, un padre, che avete uno stato civile. Ad eccezione di questa realt
incerta delle vostre membra, che cosa siete in confronto a voi stessi, direttore di teatro, guitti?
Un'immagine, tutt'al pi l'immagine dei vostri desideri passati, l'illusione abolita del futuro che volevate
costruire, ora cenere nel presente,o vivi. Ma noi, idea certa, contorni precisi, noi siamo ci che siamo, sempre
quali ci hanno sognati, e la nostra realt ricomincia in interrottamente con i suoi abbozzi ripresi di continuo.
Generati dallo spirito, la nostra legge di vivere senza fine, ma ancora incompiuti. Perci, scioglieteci,
direttore.
Cos, per successivi slittamenti la realt e lo spirito si compenetrano cos bene che non sappiamo pi, noi
spettatori, dove l'uno comincia e dove l'altro finisce. Che cosa vengono a fare questi fantasmi nel nostro
mondo, su questo palcoscenico dove vanno e vengono i macchinisti, e gli attori con le loro beghe. Cos la
messa in scena esalta il lavoro e favorisce l'illusione. Questo cielo che un cielo di teatro, questi alberi che
sono di stoffa, non ingannano nessuno, n gli attori che provano, n noi, n queste larve in cerca di uno
stampo in cui prendere forma. Allora dov' il teatro? ESSI, essi vivono, affermano di essere reali. Ce lhanno
fatto credere. Allora noi, che cosa siamo? Eppure questi Sei personaggi, sono ancora degli attori ad
incarnarli! Si pone in questo modo tutto il problema del teatro. Ed come un gioco di specchi in cui
l'immagine iniziale si assorbe e rimbalza ininterrottamente, cosicch ogni immagine riflessa pi reale della
prima e il problema non cessa di porsi. E l'ultima immagine porta via con s tutte le altre e sopprime tutti gli
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specchi. Si vedono cos i Sei personaggi dai volti spettrali, in fila come mummie, andarsene con l'ascensore
sparire nelle centine reali fino al prossimo spettacolo. Si sentito lodare l'uno o l'altro; ma il protagonista del
lavoro ancora Georges Pitoff che da al personaggio centrale maschera e gesti di visione. Una cosa, una
sola cosa andava detta su di lui, ed proprio questa. Ludmilla Pitoff e la Kalff, bellissime ma ancora
rimaste umane, voglio dire di carne ed ossa, in una parola attrici. Luna ingenua e l'altra madre, e molto
concreta; ma era vita, non spirito. E lascio tutto il resto in pasto alla critica idiota, il direttore e i granchi,
perch se ne sazi.
Antonin Artaud
1923
Luigi Pirandello. Saggi e Interventi, Milano , Mondadori, 2006
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andr in America con lui, sicuro di combinare con altri. E le dico che se Murnau ci mette mano, Sei
personaggi ci guadagneranno in evidenza, direi quasi in originalit.
Lei sa che io prendo parte al lavoro in qualit di attore cio da autore quale io insomma sono. Ci che
detto o sottinteso nel lavoro, nel film si vedr realmente e successivamente svolgersi. Lei rammenta il punto
di partenza di Sei personaggi: io ho concepito un'azione teatrale, ma poi le difficolt incontrate nel tradurla
in opera d'arte mi fanno rinunciare ad ogni tentativo ulteriore di realizzazione. Ci nonostante i personaggi di
quell'azione, da me rifiutati, non cessano dassillare il mio cervello al punto che mi diventano quasi un
incubo.
Tutto questo si vedr. Cio si vedr come io mi imbatta nello spunto che poi mi dovrai invogliare a dare al
fatto bruto forma d'arte.
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su due piani, ossia nasceva dal contrasto di questi personaggi fantastici creati dalla fantasia dellautore con
quelli tutti falsi e di maniera creati dagli attori. Qui invece, accanto a questi due elementi, i fantasmi del
genio creativo e la finzione scenica di maniera e convenzionale, ne sorto un terzo, quello reale.
Cio?
Tutta lazione viene qui svolta quasi contemporaneamente su tre piani differenti: quello della vita, della
fantasia creativa, della falsa imitazione dellattore. La vicenda cos viene ad acquistare un senso umano non
indifferente. Cos io, autore, ho un giorno veramente incontrato nella vita questi personaggi, li ho seguiti, mi
sono interessato delle loro intime vicende; poi la mia fantasia creativa ha intuito, preveduto quello che
inconsapevolmente sarebbe loro capitato. La mia fantasia ha provocato poi o almeno ha efficacemente
collaborato a far s che questi avvenimenti si effettuassero.
La Stampa,21 aprile 1934, intervista di GIM. Radio, teatro, cinematografo e lopera Nazionale
dopolavoro
[] Ho chiesto a Luigi Pirandello, fra un atto e laltro di quando si qualcuno, il suo parere sui rapporti che
corrono tra il teatro e la radio, tra il cinematografo e la radio e tra il teatro e il cinematografo.
Il teatro, la radio e il cinematografo ha risposto il Maestro sono tre generi di spettacolo assai diversi luno
dallaltro, tre generi di spettacolo che dovrebbero vivere indipendentemente. Praticamente ci non avviene.
La radio e il cinematografo attingono invece ogni loro alimento dal teatro. Vivono da parassiti del teatro,
fanno del cattivo teatro nuocendo oltre che a s al teatro stesso. []
Si parla di rinascita della cinematografia italiana e in virt di queste magiche parole, in ogni angolo dItalia,
sorgono dilettanti, speculatori, registi, pronti a raggranellare piccoli capitali e a tentare lavventura, col
risultato evidente di costringere e mantenere la cinematografia italiana in unatmosfera di mediocrit
avvilente e produrre film assolutamente inutili ai fini della famosa rinascita. La cinematografia italiana, per
affermarsi, ha bisogno, per ora, di soli pochi film, ma buoni. Tutto il resto, la zavorra che si spaccia in suo
nome, nociva e tende a produrre leffetto contrario. Il filmino borghese, la commediola e il
drammuccio non sono certo contributi attivi alla nostra cinematografia che deve risorgere nel clima di
oggi, dove ogni mediocrit deve essere combattuta e dove ogni impresa deve avere dinanzi a s, come
esempio di volont tenace, le opere colossali che il mondo ci invidia, realizzate in pochi mesi con passione e
ardimento degni dellItalia fascista.
Non si deve dimenticare che il cinematografo deve essere, per il nostro Paese, unindustria redditizia e non
un organismo male in arnese fatto per dilapidare dei capitali.
Il cinematografo, a part e crearsi e le sue finalit artistiche, pu dare lavoro a migliaia di persone. Ma per
raggiungere questo scopo deve affermarsi e per affermarsi ha bisogno di essere inteso seriamente, e non
dilettantisticamente. Deve insomma scrollarsi di dosso gli esseri inutili e crearsi una vita indipendente;
anzitutto perfezionare la tecnica: registi, operatori, direttori, prima di intraprendere unimpresa, devono
dimostrarsi edotti delle difficolt che stanno per affrontare e conoscere bene, in ogni piccolo dettaglio, il
mestiere. Soltanto conoscendo il mestiere si pu fare dellarte, perch nego che arte si possa fare
soltanto con un cumulo di belle idee accoppiato alla sola buona volont.
Film: