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Dipartimento di Civilt e Forme del Sapere

Corso di Laurea in Storia

TESI DI LAUREA

Il principe sfortunato.
Sulla morte di Germanico Cesare e sul processo che segu

RELATORE
Prof.ssa Sandra Gozzoli

CANDIDATO
Alessio Pimpinelli

A.A. 2014/2015
A mamma e babbo
Indice

Introduzione 4

Capitolo I: 10/10/19 d.C. 5


I.1: Una morte misteriosa 5
I.2: I funerali e gli onori 9
Capitolo II: Un odio costruito? 15
II.1: La gloria delle guerre germaniche 15
II.2: Nella terra dei faraoni 19
II.3: Il ruolo di Agrippina 23
Capitolo III: Il processo del secolo 28
III.1: Un passo indietro: perch Pisone? 28
III.2: I precedenti del legato 29
III.3: Accuse, difesa, verdetto 31
III.4: Un delitto al femminile? 36
Capitolo IV: Il peso della memoria 40

Conclusione 51

Bibliografia 52

Ringraziamenti 55
Introduzione
Vi starete forse chiedendo perch mai, fra tutti gli epiteti che si possono attribuire ad un princi-
pe, io abbia scelto proprio quello di sfortunato. Germanico ebbe, a prima vista, tutto quello che un
uomo romano, al tempo, potesse desiderare: bellezza, forza, virt, cultura, una moglie che lo amava
profondamente, una prole numerosa, antenati fra i pi illustri che Roma avesse mai avuto e la pro-
spettiva del potere imperiale. Tutto questo fino a quando la dea bendata, che aveva sempre tenuto
gli occhi puntati su di lui, decise di volgere lo sguardo da un'altra parte.
Germanico mor improvvisamente nell'anno 19 d.C., a soli 33 anni, lasciando l'intero mondo ro-
mano esterrefatto e con il fiato sospeso. Da subito, infatti, si levarono voci sussurranti all'omicidio,
all'avvelenamento; e, cosa ancora pi insolita e preoccupante, iniziarono a circolare strane dicerie su
uno zio e una nonna che, per timore o paura, avevano ordinato di far togliere di mezzo il beneamato
nipote.
Scopo di questo breve saggio quello di verificare, per quanto la frammentariet e, talora, l'am-
biguit delle fonti ce lo possano permettere, se effettivamente questo principe fu eliminato da mano
altrui oppure se fu, semplicemente, troppo sfortunato. Ripercorreremo alcune delle tappe fondamen-
tali della vita del giovane, fino al momento della sua morte; vedremo poi lo svolgimento delle ese-
quie e gli onori tributategli, nonch il processo che segu contro i sospettati esecutori dell'assassinio.
Un'ultima parte sar infine dedicata ad un Germanico dopo Germanico, vale a dire al modo in cui
il ricordo del giovane venne strumentalizzato, assunto alla stregua di un' insegna dalla moglie e dai
figli al fine di ricercare consensi fra il popolo e gli eserciti.
Nel testo sono inoltre disseminati alcuni brevi riquadri narrativi, che ho volutamente inserito
per dare un po' pi di colorito alla narrazione, per cercare di coinvolgere maggiormente il lettore in
fatti che talvolta potrebbero apparire sterili e monotoni. Per redigerli mi sono avvalso anzitutto della
mia immaginazione, senza tuttavia intaccare la veridicit storica delle vicende; trattasi, insomma,
solamente di qualcosa in pi.

4
I. 10/10/19 d.C.

I.1: Una morte misteriosa


Gli amici attendevano trepidanti nell'anticamera. I figli erano stati consegnati alla nutrice, per-
ch li portasse in un'area del palazzo lontana da quell'atmosfera opprimente. Da fuori, dai portoni
spalancati e dalle finestre aperte, proveniva il rumoreggiare della folla, assiepata in ogni dove, in at-
tesa di avere notizie. D'un tratto la maniglia della porta si abbass lentamente. Una figura esile fuo-
riusc dalla penombra in cui la stanza era avvolta. Tutto si ferm; ogni cosa ammutol. Si poteva av-
vertire la tensione salire alle stelle, quasi uno sciame di zanzare avesse fatto improvvisamente irru-
zione nella sala affollata. Agrippina avanz di un passo, il sole autunnale le illuminava l'esile volto
smunto, provato da tutte quelle settimane di agonia. Per la prima volta la nipote di Augusto era a te-
sta bassa, lo sguardo a terra, nascosto alla vista dei presenti. Una solitaria lacrima scintill, scenden-
dole lentamente sulla guancia. Un attimo dopo, l'intera Antiochia esplose in un grido di dolore.

Questa pi o meno dovette essere l'atmosfera regnante nella capitale siriana quel fatidico sesto
giorno prima delle idi di ottobre, anno in cui consoli in carica erano M. Silano e L. Norbato, per noi
moderni il 10 ottobre 19 d.C.1 La storiografia pervenutaci concorde sull'impatto che la morte di
Germanico ebbe sugli animi della gente: Svetonio dedica due interi capitoli della sua Vita di Cali-
gola2 a rimarcare quanto la scomparsa del giovane abbia provocato un'enorme costernazione non
solo a Roma (e, ovviamente, in tutto l'impero), ma anche fra i barbari, i quali, velut in domestico
communique maerore consensisse ad indutias []; regum etiam regem et exercitatione venandi et
convictu megistanum abstinuisse [].3 Simile Tacito, il quale parla di come [Germanicus] exstin-
guitur, ingenti luctu provinciae et <cir>cumiacentium populorum. Indoluere exterae nationes rege-
sque [].4 Pi conciso, ma non per questo meno importante, Dione: []
5. Insomma, potremmo definirlo a ragione un lutto di portata ecumenica ; o
per lo meno tale l'impressione che le fonti letterarie ci vogliono trasmettere. Lorenzo Braccesi in-
quadra questo dolore universale all'interno della cornice eroica della imitatio Alexandri, in cui la fi-
gura e le gesta di Germanico (sulla scia di altri generali romani prima di lui) vengono assimilate a

1 Nel calendario marmoreo di Anzio si parla di infer(iae) Germanic(i): vedi I.It.XIII 2, p. 209. I nomi dei consoli li
ritroviamo anche in TAC. Ann. II, 59, 1.
2 SVET., Cal., 5-6: tamen longe maiora et firmiora de eo iudicia in morte ac post mortem extiterunt (tuttavia i
giudizi su di lui si dimostrarono di gran lunga pi grandi e pi forti al momento della morte e dopo di essa).
3 Ibid. : stabilirono una tregua come per un cordoglio domestico e comune []; e anche il Re dei Re si astenne dalla
caccia e dall'invitare a convito i potenti (del regno).
4 TAC., Ann., II, 72, 2: spir nel profondo lutto della provincia e dei popoli circostanti. Se ne dolsero i popoli e i re
stranieri [].
5 DIONE, 57, 18, 6: [...] mentre tutti gli altri cittadini ne furono terribilmente afflitti.

5
quelle del grande macedone.6 Anche la prematura scomparsa del conquistatore dell'Asia aveva infat-
ti suscitato una grandissima costernazione fra i contemporanei; ci troviamo qui di fronte solamente
al primo di tutta una serie di accostamenti fra i due personaggi creati per esaltare l'immagine del
giovane condottiero romano.
Ma torniamo al nostro protagonista. Perch da questa morte improvvisa
scatur un dolore cos grande e profondo? Le fonti storiografiche sono co-
stellate di elogi per Germanico, una figura ammantata da un velo di virt e
qualit positive per le quali fu adorato dal popolo e dagli eserciti e che lo
resero una delle figure pi amate del suo tempo. Tacito ci parla di comitas
in socios, mansuetudo in hostes, di visuque et auditu iuxta venerabilis7; di
non minore enfasi Svetonio: Si constata di come a Germanico siano toc-
cate in sorte tutte le qualit del corpo e dell'animo (omnes corporis animi-
que virtutes) pi di chiunque altro; di aspetto e valore egregi (formam et
Fig. 1: Busto di Germanico
fortitudinem egregiam), eccellente in entrambe le lingue per eloquenza e in marmo. Parigi, Museo
del Louvre.
per cultura, si conciliava l'amore degli uomini per la sua singolare benevo-
lenza (benivolentiam singularem) e per l'arte insuperabile di attirarsi gli affetti. []. Affabile (civi-
lis) in privato e in pubblico []. (Fu) clemente e innocuo (lenis et innoxius) anche nei confronti dei
propri detrattori, quali che fossero e per quanto grave fosse l'offesa in cui si era imbattuto [].8
Germanico, uomo dal bellissimo fisico ( ) e di ottime qualit morali , si distingue-
va allo stesso tempo per la sua cultura () e per il suo vigore () , e sebbene fosse corag-
gioso () contro il nemico, si comportava in modo molto mite () con i con-
cittadini. Nonostante avesse, in quanto Cesare, un grandissimo potere, manteneva (le sue ambizioni)
allo stesso livello della gente umile; non si comport mai crudelmente con i suoi sottoposti, non in-
vidi Druso n (ebbe) un comportamento biasimevole nei confronti di Tiberio: in una parola fu uno
di quei pochi uomini a non aver mai commesso un errore nei riguardi della sorte che gli era capitata
e a non essere mai stato travolto da essa: questo il commento di Dione9. Possiamo dunque ben
comprendere quanto grande fu lo sgomento che si diffuse in tutto l'impero alla notizia della scom-

6 Vedi BRACCESI, Agrippina, la sposa di un mito, 2015, pp. 146 sgg.; ma vedi anche YAVETZ, Tiberio. Dalla
finzione alla pazzia , 1999, pp. 28-29, il quale parla di una imitatio Alexandri a cui erano state aggiunte delle altre
virt positive peculiari dello stesso Germanico, quali la clemenza e la moderazione, giusto per citarne due. Siamo
dunque in presenza di un novello Alessandro senza, per, i difetti di quello originale; un Alessandro positivo.
Interessante, a mio avviso, il tentativo di Yavetz di ridimensionare le doti di condottiero di Germanico,
evidenziando tutta una serie di spunti tratti da Tacito da cui traspira un senso di mediocrit riguardo le sue qualit
di stratega (per lo meno non certo paragonabili a quelle del grande macedone).
7 TAC., Ann., II, 72, 2: l'umanit verso gli alleati, la mitezza nei riguardi dei nemici; parimenti il rispetto (che
incuteva) nel vederlo e nel sentirlo.
8 SVET., Cal., 3.
9 DIONE, 57, 18, 6-8.

6
parsa di un siffatto uomo. Un uomo che, per di pi, era destinato con ogni buona probabilit ad as-
sumere la porpora imperiale dopo la dipartita dello zio Tiberio, essendo stato insignito della tribuni-
cia potestas nell'anno 18 d.C. in occasione della sua partenza per l'Oriente, e secondo la volont del
vecchio patriarca Augusto, il quale aveva imposto al figlio appena adottato di adottare a sua volte il
nipote Germanico, nonostante nella casa di Tiberio vi fosse gi un figlio giovinetto10. Ma la pre-
senza di Druso non si rivel mai un problema per Germanico, n viceversa: testimoni sono le stesse
fonti, le quali sottolineano i buoni rapporti che intercorsero fra i due a dispetto di tutto il resto11. Co-
munque sia, il problema di un'ipotetica spartizione del potere fra i giovani, se anche si pose, mai si
realizz; alla scomparsa di Germanico nel 19 segu quella di Druso nel 23.
Per adesso soffermiamoci sulla prima: una morte senza alcun dubbio misteriosa, che stata
molte volte oggetto di congetture fra gli antichi come fra i moderni per l'aura di ambiguit da cui
avvolta. Qualcuno parl di una morte naturale, ma molti sospettarono l'avvelenamento. E come
dare torto a questi ultimi: tante erano le coincidenze e i contrasti non solo esterni, ma anche in seno
alla stessa domus imperiale, per poter credere che fosse stato un semplice morbo a portarsi via uno
dei pi grandi condottieri che Roma avesse mai avuto, l'eroe delle guerre germaniche, il vendicatore
di Teutoburgo, l'erede di Augusto e Antonio, un novello Alessandro! E in effetti, a ben rivedere, il
solo comportamento di Pisone e Plancina alla notizia della malattia e, poi, della morte di Germanico
danno un che da pensare; per non parlare poi dell'atteggiamento mantenuto da Tiberio e Livia all'in-
domani delle esequie in Roma. Ma, come vedremo meglio, i diversi fatti si prestano a diversa inter-
pretazione a seconda del punto di vista da cui li si guardi. Vi furono comunque voci che addirittura
indicarono nell'imperatore regnante il committente dell'esecrato omicidio, messo in atto nel concre-
to dal suo vicario Pisone.12
10 Per tali fatti vedi SVET., Tib., 15: coactus [] Germanicum fratris sui filium adoptare (costretto ad adottare
Germanico, figlio di suo fratello); TAC., Ann., I, 3, 5: [Augusto] comand che quegli [Germanico] fosse adottato
da Tiberio (per adoptionem a Tiberio iussit). Per il figlio giovinetto: trattasi di Druso Minore (come poi si evince
pi avanti), unico figlio naturale di Tiberio avuto dalla prima consorte Vipsania Agrippina, figlia del grande generale
Agrippa.
11 Basti qui prendere in considerazione il solo Tacito: Ma i fratelli andavano perfettamente d'accordo (egregie
concordes), imperturbabili di fronte alle dispute dei parenti (Ann., II, 43, 6). Prima di recarsi in Oriente, Germanico
si rec a visitare il fratello Druso, allora nell'Illirico (Ibid., 53,1); sappiamo, inoltre, che fu il solo Druso, assieme a
Claudio, fratello naturale di Germanico, ad andare incontro alle ceneri del defunto a Terracina per scortare il corteo
funebre (Ibid., III, 2,3), secondo un modello che a sua volta il padre Tiberio aveva seguito alla notizia della morte
del fratello Druso Maggiore nel 9 a.C. Infine, per la benevolenza e la protezione che Druso esercit nei confronti dei
figli di Germanico vedi Ibid., IV, 4,1: nam Drusus quamquam ardum sit eodem loci potentiam et concordiam esse
aequus adulescentibus aut certe non adversus habebatur (infatti Druso, per quanto sia arduo che potenza e
concordia siano presenti nel medesimo luogo, sembrava avesse mantenuto un comportamento favorevole nei
confronti dei ragazzi, o per lo meno non avverso).
12 DIONE, 57, 18, 9: Mor ad Antiochia, vittima di una congiura di Pisone e Plancina (
). SVET., Tib., 52: etiam causa mortis fuisse ei per CN. Pisonem legatum Syriae
creditur (si crede anche che la causa della sua morte sia stato lui [Tiberio] per mano di Pisone, legato della Siria);
FLAV. GIUS. Bell. Iud., 18, 54: [Germanico] fu ucciso col veleno. Inoltre, sia Dione che Svetonio parlano di
evidenti segni sul corpo del giovane che provavano il fatto che fosse stato avvelenato. Qui di seguito i passi relativi:
DIONE, cit. supr.: Che fosse stato portato alla rovina dal veleno (), lo rivel il suo corpo, che venne

7
Per ci che concerne l'accusa di veneficio, da tenere in considerazione sono due rilevanti passi
di Tacito, i quali si discostano dalla fonte di Svetonio e Dione13, e che mettono in luce tutto lo scetti-
cismo che lo stesso storico (a malincuore) confessa di avere sul reale svolgimento degli eventi: nel
primo, Tacito sostiene che non fu ben stabilito se [il corpo] mostrasse segni di avvelenamento, a
differenza invece della sicurezza con cui Dione afferma tale fatto14. In un secondo passo lo storico
fa poi esplicito riferimento alla convinzione che lo stesso Germanico aveva nell'essere stato avvele-
nato da Pisone, a causa dell'inasprimento del male e degli strani comportamenti del legato15. Una
sua idea, dunque, ma non per questo necessariamente corrispondente alla realt, gi che nel delirio
della malattia si possono dire cose che poi realmente non si pensano. Questo per capire come gi fra
gli antichi, come sopra accennato, la versione dei fatti differisse a seconda che si tendesse per la
misericordia nei confronti di Germanico e il presunto sospetto, oppure in favore di Pisone16.

Fig. 2: Poussin, La morte di Germanico, ca. 1628. Minneapolis, Institute of Arts.

Quest'ultima frase fondamentale nell'aiutarci a comprendere come negli Annales siano conflui-
te due tradizioni parallele e opposte, rispettivamente una germaniciana e una pisoniana17. Am-

condotto nel Foro e mostrato ai presenti; SVET., Cal., 1: Mor [] dopo una lunga malattia, non senza sospetto di
avvelenamento (non sine veneni suspicione). Infatti oltre alle macchie (livores), presenti su tutto il corpo, e alla bava
(spumas) che fluiva dalla bocca, il cuore fu trovato intatto (incorruptum repertum est) fra le ossa dopo essere stato
cremato; e si ritiene che sia la sua natura, non poter essere distrutto dal fuoco se pieno di veleno. Per la stessa
tradizione, vedi FLAV. GIUS., Ant. Iud., 54 e PLIN., Nat. Hist., XI, 187.
13 Cfr. nota 12; per le differenti tradizioni che seguono le fonti a noi pervenute vedi BRACCESI, op. cit., pp. 148 sgg.
14 TAC., Ann., II, 73, 4: praetuleritne veneficii signa, parum constitit; cfr. anche nota 12.
15 Ibid., 69, 3: saevam vim morbi augebat persuasio veneni a Pisone accepti (la persuasione di aver ricevuto del
veleno da Pisone aumentava la violenta forza del male).
16 Ibid., 73, 6: nam ut quis misericordia in Germanicum et praesumpta suspicione, aut favore in Pisonem pronior,
diversi interpretabantur.
17 Vedi PANI, La missione di Germanico in Oriente, in Germanico. La persona, la personalit, il personaggio,

8
bedue furono elaborate dalle cerchie di amici dei due personaggi in questione, ma con fini che anda-
vano ben oltre la ricerca della verit nella morte del principe; la factio germaniciana riprendeva una
concezione del principato fatta propria gi dalla figlia di Augusto, Giulia Maggiore, e dal suo entou-
rage (e che vedeva fra i suoi precedenti personalit quali Antonio e Giulio Cesare), cio una monar-
chia assoluta ed ereditaria di stampo orientale; questa visione mal si conciliava con il conservatori-
smo e il rispetto del mos maiorum e delle vecchie istituzioni repubblicane propugnato dall'ala pi
tradizionalista del Senato, di cui facevano parte gli individui tendenti al favore per Pisone.
Alla narrazione alquanto scettica di Tacito si sono rifatti alcuni studiosi moderni18, consci, fra
l'altro, che ad una soluzione definitiva forse mai si arriver. Prevale fra questi l'idea che Germanico
sia in effetti morto per cause naturali; sarebbe stata opera della moglie Agrippina, coadiuvata dalla
cerchia di collaboratori del principe defunto, la creazione dell'accusa di avvelenamento per gettare
cos un'ombra, indirettamente, sullo stesso Tiberio, preso in causa per quegli occulta mandata che si
diceva avesse affidato a Pisone prima che questi partisse per la Siria al seguito di Germanico19.
Come tenter di mostrare in questo breve saggio (di cui poi lo scopo), sono pi propenso ad
allinearmi con questa seconda linea di pensiero, la quale vede appunto nella malattia la causa del
decesso di Germanico, esponendo, per, allo stesso tempo, un'ulteriore teoria che, data l'oscurit in
cui l'evento calato, pu essere annoverata fra le altre proposte possibili.
Ma che cosa port molti a ritenere fondata l'accusa di veneficio? E perch mai Tiberio avrebbe
voluto eliminare il proprio figlio adottivo, nonch nipote di sangue? Cercheremo di dare una
risposta alla seconda domanda nel capitolo seguente; per rispondere alla prima, invece, dobbiamo
innanzitutto vedere in che modo si svolsero i funerali del giovane principe.

I.2: I funerali e gli onori


Il corpo di Germanico venne cremato ad Antiochia, le sue ceneri raccolte in un'urna che la
moglie Agrippina port con s strette al petto per tutta la durata del viaggio di ritorno verso Roma;
pittoresco il riquadro che Tacito ci dona dello sbarco a Brindisi della vedova20. Fra i pi solenni
onori tributatigli dalle citt al suo passaggio, i resti del giovane giunsero a Terracina, dove si
unirono al corteo Druso Minore, Claudio (il futuro imperatore), i figli del defunto rimasti nell'Urbe,
il Senato, i consoli del nuovo anno (il 20) e una magna pars populi21. Da qui, il fiume umano ripart
Bonamente G. - Segoloni M.P. (a cura di), Atti del Convegno Macerata-Perugia, 1987, pp. 16 ss.; GALLOTTA, op.
cit., pp. 168 ss., il quale menziona anche una terza tradizione, scaturita da un avvicinamento fra la nobilitas
repubblicana e i seguaci di Agrippina coalizzati in un unico fronte ostile alla famiglia imperiale (una corrente
esauritasi poco dopo la morte di Germanico, o, al limite, dopo quella di Druso).
18 Vedi GALLOTTA, Germanico, 1987, pp. 195-200.
19 TAC., Ann., II, 43,4.
20 Ibid., II, 75, 1.
21 Ibid., III, 2, 3.

9
alla volta della capitale.
Il sole riscaldava con i suoi raggi luminosi quella tiepida giornata invernale. I marmi dei templi
e delle basiliche scintillavano tutt'attorno, quasi a conferire sacralit all'evento, come se gli astri
avessero deciso di scendere fin sulla terra a reclamare per s quel giovane straordinario. La plebe
trepidava impaziente; oramai non doveva mancare molto. Ad un certo punto si sent un vociare
crescente provenire dalla parte meridionale del Foro, i lamenti crescere di intensit; ed ecco il
corteo apparire improvvisamente sulla via Sacra, da dietro il Tempio del Divo Giulio. I pi fortunati
nelle prime file potevano vedere l'urna d'oro brillare radiosa fra le mani di Agrippina, quasi a
prendersi gioco della sua portatrice, visibilmente stanca e affranta. Seguivano poi i figli della
vedova; giovani promesse dell'Impero, su di loro si sarebbe ben presto riversato l'amore che la folla
aveva tributato al padre; ma non era quello il giorno per inneggiare alle loro virt e ai loro futuri
successi. Ed ecco poi Druso assieme a Claudio, seguiti dai consoli e dai senatori...ma, un momento:
dove era Tiberio Cesare? E Augusta? E Antonia? Come poteva una madre non essere presente in
una tale circostanza? Ma c'era ben altro di cui essere perplessi: dov'era la pompa che si conveniva a
un tale personaggio? Dove le effigi degli antenati? E perch il corteo non si fermava l, nel Foro,
affinch fosse pronunciata la laudatio? Poco pi in l un bisbiglio, un sussurro nel vento:
l'imperatore non si era presentato poich troppo occupato a festeggiare e rallegrarsi all'interno della
sua domus.
Tacito ci informa che Tiberius atque Augusta publico abstinuere, inferius maiestate sua rati, si
palam lamentarentur, an ne omnium oculis vultum eorum scrutantibus falsi intelleg<er>entur; nota,
inoltre, l'assenza di Antonia, la quale a suo parere fu trattenuta da Tiberio e Livia qui domo non
excedebant, [] ut par maeror et matris exemplo avia quoque et patruus attineri viderentur22. Per
scagionare l'imperatore vorrei innanzitutto accennare ai rapporti cordiali che quest'ultimo sempre
intrattenne con la cognata23; fu inoltre Antonia a convincere Tiberio della pericolosit di Seiano e a
svelargli le sue trame per impossessarsi del potere nell'anno 31. La reazione di Tiberio, provocante
l'immediata eliminazione del prefetto del pretorio, indicativa di quanto l'anziano princeps abbia
tenuto in considerazione l'opinione della donna e della fiducia che doveva senz'altro riporre nelle
sue parole. Se fiducia fra i due vi era ancora nel 31, dopo le sfortunate vicende di Agrippina e dei
suoi primogeniti, altamente improbabile che nel 20 Tiberio abbia costretto la cognata a non
presenziare alle esequie del figlio; pi verosimile che Antonia abbia deciso di propria spontanea
volont di non mostrarsi in pubblico, per rimanere in linea con il comportamento degli altri due
22 Ibid., 3: Tiberio e Augusta si astennero (dal comparire) in pubblico, ritenendo il lamentarsi apertamente non
consono alla loro dignit, o forse perch gli occhi di tutti, scrutanti il loro volto, non ne notassero l'inganno; []
(Antonia fu trattenuta da Tiberio e Augusta) i quali non volevano uscire dal palazzo, affinch si vedesse che la nonna
e il padre mantenevano eguale cordoglio sull'esempio della madre.
23 Vedi GALLOTTA, op. cit., p. 202; BRACCESI, Agrippina , op. cit., p.189.

10
membri anziani della domus imperiale (interessante come la figura di Antonia emerga solo dopo
la morte della matriarca Livia nel 29, riprendendone il ruolo di prima matrona dell'impero).
La freddezza imputata dalle fonti a Tiberio fa parte della sua visione conservatrice della cosa
pubblica, per la quale le vicende private (di qualunque genere fossero) non dovevano in alcun modo
interferire con il regolare governo dello Stato. Cos, ad esempio, sappiamo che Tiberius per omnes
valitudinis eius (Drusi) dies, nullo metu an ut firmitudinem animi ostentaret, etiam defuncto
necdum sepulto,curiam ingressus est24. Quando mor Livia, quod supremis in matrem officiis
defuisset, nihil mutata amoenitate vitae, magnitudinem negotiorum per litteras excusavit25; ma
anche in occasione delle nozze delle nipoti Drusilla e Livilla (figlie di Germanico) Tiberio fu
assente, 26. A fronte di tutto questo,
pi facile comprendere come anche l'assenza ai funerali di Germanico fu probabilmente dovuta ad
un senso di decoro proprio del tradizionalismo dell'imperatore, imperniato su valori aristocratici e
veterorepubblicani (non dimentichiamoci che Tiberio era di sangue Claudio, una delle pi illustri
famiglie della vecchia repubblica).
Augusto Fraschetti ci spiega poi il motivo per cui queste esequie si svolsero sine imagine et
pompa27: essendo il corpo stato cremato altrove, non potevano essere adottate tutte quelle misure
che, ad esempio, Augusto aveva riservato a Druso Maggiore , la cui salma era stata ricondotta a
Roma dallo stesso Tiberio28. Si tratta di osservanze rituali e di rispetto dei veterum instituta che si
accordano perfettamente alla visione conservatrice del princeps a cui abbiamo accennato sopra. A
Roma - dice Fraschetti si provvide solo ed esclusivamente all'ultima parte del funus, quella che

24 TAC., Ann., IV, 8, 2: Tiberio, per tutti i giorni della sua malattia (del figlio Druso), [] and in Senato, e anche
dopo che era morto ma non ancora sepolto. Cfr. DIONE, 57, 22, 3: ,
, . (La
colpa ricadde per su Tiberio, perch non rinunci mai alle sue abitudini n durante la malattia di Druso n alla sua
morte, e inoltre anche perch non concesse a nessun altro di abbandonare il proprio stile di vita). Molto interessante
anche il passo seguente: ,
(Tale era il comportamento che teneva regolarmente (in ogni circostanza), ed inoltre era
affezionato al figlio, poich era l'unico legittimo (che aveva)). Per un simile atteggiamento vedi anche 57, 14, 6, in
occasione della morte di uno dei due nipoti gemelli figli di Druso: ,
, ,
(Mor allora suo nipote, quello che aveva avuto da Druso, ma non
interruppe alcuna delle regolari attivit, poich non riteneva giusto in ogni caso che chi governasse sugli altri si
astenesse dalla cura degli affari pubblici per interessi privati). Vedi anche STORONI MAZZOLANI, Tiberio o la
spirale del potere, Milano, 1981, p. 212.
25 TAC., Ann., V, 2, 1: poich non aveva partecipato agli estremi onori (resi) alla madre, non avendo mutato nulla
della sua vita piacevole, si scus per mezzo di una lettera (additando come causa) la grande quantit degli impegni
di governo. Cfr. DIONE, 58, 2, 2: []
([...] nonostante i senatori avessero approvato Tiberio poich neppure in quella circostanza si era astenuto
dalla gestione degli affari pubblici).
26 DIONE, 58, 21, 1-2: [...] e tra le altre (abituali attivit) anche il Senato continu a riunirsi e a condurre processi.
27 Vedi FRASCHETTI, La Tabula Hebana e la Tabula Siarensis e il iustitium per la morte di Germanico, in
Mlanges de l'Ecole franaise de Rome. Antiquit, tome 100, n2, 1988, pp. 888-889.
28 Il paragone fra i funerali lo ritroviamo in TAC., Ann., III, 5, il quale mette a confronto i due eventi per poter mettere
in cattiva luce Tiberio un'ennesima volta.

11
consiste nella deposizione rituale delle ossa.
Tacito cerca, inoltre, di denigrare Tiberio nel passo in cui fa menzione di un editto che
l'imperatore eman per porre fine al iustitium, cio al lutto pubblico, esortando i cittadini a tornare
alla quotidianit e ai divertimenti29. Sempre Fraschetti ritiene che negli Annali la citazione di un
prolungamento del lutto fino a marzo30 sia dovuta ad un disguido dello storico, il quale assimila il
iustitium vero e proprio, di carattere ufficiale, al prolungarsi spontaneo e parossistico delle
attitudini di lutto31, mentre considera veritiera la testimonianza di Svetonio , secondo il quale il
lutto continu etiam per festos Dicembris mensis dies32 (tenendo conto che la notizia della morte
doveva essere giunta nella capitale all'inizio dello stesso mese33). L'editto di cui Tacito parla avrebbe
perci avuto l'unico effetto di regolarizzare nuovamente la vita pubblica cittadina, essendo oramai
passati dei mesi dalla tumulazione delle ceneri nel Mausoleo d'Augusto, momento decisivo in
quanto determinante la fine stessa del iustitium.
Negli Annali troviamo infine enumerati gli onori tributati dal Senato per il giovane defunto:
Onori furono proposti e decretati per Germanico da chiunque avesse ingegno valido
e amore per lui: fu deciso che il suo nome fosse cantato nei carmi Saliari; che vi
fossero (per lui) le sedie curuli nei luoghi dei sacerdoti Augustali e che sopra di esse fo-
sero poste corone di quercia; che la sua immagine di avorio precedesse il corteo nei ludi
circensi; che non fosse istituito un flamine o un augure al posto di Germanico se non
(appartenente) alla gens Iulia. Furono inoltre decretati un arco a Roma, uno presso la riva
del Reno e uno in Siria sul monte Amano, con un'iscrizione narrante le sue gesta e la sua
morte, incontrata per lo Stato; (si decret) un tumulo ad Antiochia, dove fu cremato,
un cenotafio ad Epidafne, dove aveva concluso la sua vita. Non sarebbe certo facile
enumerare le statue e i luoghi in cui fu venerato. Poich fu proposto (di decretargli)
uno scudo d'oro di notevole grandezza (per porlo) fra i grandi oratori, Tiberio dichiar
che ne avrebbe dedicato uno comune e uguale agli altri; poich non dalla fortuna (qui
nel senso di sorte, condizione privilegiata) si doveva giudicare l'eloquenza, e (sarebbe
stato per lui) gi abbastanza glorioso l'apparire fra i grandi scrittori. L'ordine equestre
denomin Germanico un settore (del teatro) detto dei giovani, e stabil che alle idi di
Luglio le torme seguissero (nel corteo) le immagini di lui. La maggior parte (di queste
onoranze) perdur; alcune vennero subito tralasciate oppure decaddero con il tempo. 34

29 TAC., Ann., III, 6; cfr. SVET., Cal., 6.


30 TAC., Ann., III, 6, 3: ci si deduce dalla menzione della vicinanza delle feste di Cibele (et qua ludorum Megalesium
spectaculum suberat).
31 FRASCHETTI, art. cit., p. 885.
32 SVET., Cal., 6: anche per le feste di Dicembre.
33 Infatti i Fasti Ostienses indicano l'8 Dicembre (VI idus Dec.) come giorno del iustitium per Germanico; vedi I.It.
XIII 1, p. 185, in cui si legge iustitium ob excessum G[er]manici.
34 TAC., Ann., II, 83.

12
La trattazione tacitiana trova un riscontro nei testi (frammentari) della Tabula Hebana e della
Tabula Siarensis, copie provinciali (rinvenute a Siviglia come nel caso del Senatus consultum de
Cn. Pisone patre di cui avremo occasione di riparlare) di un editto degli inizi del 20 d.C. con cui il
Senato sanc per l'appunto l'entrata in vigore di questi onori; una vera e propria legge (Lex de
honoribus Germanici Caesaris) il cui contenuto era basato su due senatoconsulti tenutisi nel
dicembre precedente, pi precisamente uno il giorno 16 e l'altro in una data non meglio identificata
fra il 16 e il 3135. Tali iscrizioni testimoniano non solo il clima di sospetto e di paura che doveva
pervadere le province, ma anche la preoccupazione di Tiberio, il quale si premur di far attuare
ordinanze funebri grandiose nelle varie regioni dell'impero per far mostra del proprio rispetto e
affetto nei confronti del defunto nipote. La diffusione del provvedimento preso contro Pisone a
fianco degli editti in onore di Germanico va inoltre ricondotto alla volont dell'imperatore di
calmare eventuali torbidi creatisi nelle province a seguito della morte del giovane indicando ai
cittadini che il presunto colpevole era stato riconosciuto e adeguatamente punito.

Fig. 3: Tabula Siarensis, frammenti I e II. Siviglia, Museo Archeologico.

Fig. 4: Tabula Hebana. Grosseto, Museo


archeologico e d'arte della Maremma.

35 Per i riferimenti alle datazioni dei senatoconsulti vedi FRASCHETTI, art. cit., pp. 879-884; LEBEK, Intenzione e
composizione della Rogatio Valeria Aurelia, in Zeitschrift fr Papyrologie und Epigraphik 98, 1993, p. 77.

13
Interessante la distinzione che Wolfgang Lebek attua fra memoria e lutto analizzando gli
onori descritti nella Tabula Hebana36; nella prima rientrano quelli aventi la funzione di mantenere
in vita il defunto, facendolo partecipare alle attivit pubbliche, come la creazione di 5 nuove
centuriae Germanici Caesaris (che vanno ad aggiungersi a quelle gi tributate da Augusto ai nipoti
Gaio e Lucio con la Lex Valeria Cornelia del 5 d.C.) oppure l'assegnazione del suo nome ad un
settore del teatro. Nel lutto, invece, sono inclusi quei paragrafi in cui viene riconosciuta l'effettiva
scomparsa del giovane, accompagnata dalla tristezza di chi ancora in vita.

36 LEBEK, art. cit., pp. 91 ss.

14
II. Un odio costruito?
Prima ci siamo chiesti quale possa essere il motivo per cui Tiberio giunse (a detta dei rumores) a
far addirittura eliminare il proprio nipote; doveva senz'altro trattarsi di un personaggio alquanto sco-
modo, se l'imperatore os tanto. Ma questa ostilit di Tiberio per Germanico, questa gelosia dei suoi
successi e della sua popolarit, questo suo timore smodato di essere detronizzato da un momento al-
l'altro, furono reali? Oppure si pu parlare di una costruzione (se non quando ad una vera e pro-
pria creazione) di questo rapporto da parte delle fonti storiografiche, volte principalmente a deni-
grare la figura del princeps, tacciandolo di dispotismo e tirannia?

II.1: La gloria delle guerre germaniche


La prima menzione di attrito fra zio e nipote la registriamo in Germania, lungo il corso del
Reno, poco dopo la morte di Augusto, nel settembre del 14. Germanico si trovava allora al comando
delle 8 legioni di frontiera ivi stanziate per volere del defunto patriarca, il quale gli aveva anche
conferito l'amministrazione delle Gallie1. Alla notizia della successione di Tiberio, le 4 legioni sotto
il comando di Aulo Cecina (quelle acquartierate sul basso corso del Reno) si ribellarono sull'esem-
pio delle legioni pannoniche, con la differenza che acclamarono Germanico imperatore. Germani-
ciani quidem etiam principem detractabant non a se datum summaque vi Germanicum, qui tum iis
pracerat, ad capessendam rem p. urgebant, quamquam obfirmitate resistentem2;
,
,
3. Tacito afferma infine che le legioni
magna spe fore ut Germanicus Caesar imperium alterius pati nequiret4. Utilizzando molto probabil-
mente la stessa fonte, che alcuni studiosi individuano in Servilio Noniano5, al tempo luogotenente di
Germanico, i nostri tre autori tracciano un quadro abbastanza omogeneo dello svolgimento delle vi-

1 TAC., Ann., I, 3, 5: at hercule Germanicum, Druso ortum, octo apud Rhenum legionibus imposuit ([Augusto]
d'altra parte prepose Germanico, figlio di Druso, ad otto legioni di stanza presso il Reno); 31,3. Le 8 legioni erano:
I Germanica, V Alaudae, XX Valeria Victrix e XXI Rapax nella Germania inferiore; II Augusta, XIII Gemina, XIV
Martia Victrix e XVI Gallica nella Germania superiore.
2 SVET., Tib., 25: I soldati di Germania non riconoscevano per di pi un principe (che non si erano) date da s e
sollecitavano con grande ardore Germanico, il quale al momento li comandava, ad impossessarsi dello Stato, bench
egli si opponesse risoluto.
3 DIONE, 57, 5, 1: Invece quelli (stanziati) in Germania, dove ve (ne erano) molti radunati per via della guerra,
poich vedevano che Germanico era (un) Cesare e che era in realt pi forte di Tiberio, non solo non si
controllavano, ma anzi, seguendo gli altri (i legionari di Pannonia) iniziarono a diffamare Tiberio e acclamarono
Germanico imperatore.
4 TAC., Ann., I, 31, 1: aventi (i legionari) la grande speranza che Germanico Cesare non potesse tollerare l'impero di
un altro.
5 Cfr. SYME, Tacitus, I, Oxford 1958, pp. 364-366; SORDI, La morte di Agrippa Postumo e la rivolta di Germania
del 14 d.C., Studi in onore di B. Riposati, Rieti 1979, p. 493.

15
cende: Germanico rimase fedele allo zio, mentre quest'ultimo temeva per la propria posizione, in-
certo sull'atteggiamento del nipote e geloso della sua popolarit.
Ad una pi attenta analisi, per, questo timor di Tiberio mal si conci-
lia con le sue azioni: Tacito ci informa che l'imperatore Germanico Cae-
sari proconsulare imperium petivit5; questo potere permetteva al giovane
non solo di amministrare liberamente i territori a lui assegnati (in questo
caso le Gallie e la Germania), ma anche di controllare le legioni che vi
erano stanziate. Ora, se Tiberio non si fosse fidato del proprio figlio adot-
tivo, di certo non gli avrebbe lasciato campo libero cos inconsciamente; e
difatti Germanico si dimostr puntualmente leale6.
Abbiamo poi accennato all'invidia di Tiberio nei riguardi del favore di
Fig. 5: Busto di Tiberio, del
cui il nipote godeva presso il popolo e gli eserciti7; alcuni passi, per, ci tipo detto dell'adozione.
spingono ad interrogarci sulla reale natura di questo tanto decantato amo- Londra, British Museum.

re che i soggetti sopracitati nutrivano per il giovane generale. Riprendiamo Tacito ancora una volta:
mentre Germanico stava arringando i rivoltosi dalla tribuna del campo invitandoli a desistere, questi
continuarono a proporgli il potere e il loro sostegno; il comandante prov ad andarsene, ma i soldati
opposuerunt abenti arma, minitantes, ni regrederetur; Germanico allora minacci a sua volta di sui-
cidarsi ed ecco che i legionari feriret hortabantur; et miles nomine Calusidius strictum obtulit gla-
dium, addito acutiorem esse8. In un'altra occasione, dopo l'arrivo della legazione senatoria inviata al
giovane generale per conferirgli l'imperium proconsulare, i rivoltosi nocte concubia vexillum in
domo Germanici situm flagitare occipiunt, concursuque ad ianuam moliuntur fores, extractum cu-
bili Caesarem tradere vexillum intento mortis metu subigunt9. Per non parlare di quando i soldati
cercarono di impedire ad Agrippina e al figlioletto Gaio di lasciare l'accampamento; il principe, re-
cens dolore et ira, venne allora criticato da tutti eo in metu (in quel momento di paura) poich
non ag con prontezza10; e infine, dopo che i sediziosi erano stati trucidati dai loro stessi commilito-
ni, Germanicus non medicinam illud plurimis cum lacrimis, sed cladem appellans11.

5 Ibid., 14, 3.
6 Vedi SVET., Tib., 25; TAC., Ann., I, 35, 4; 42-43; DIONE, 57, 6, 2.
7 Vedi TAC., Ann., I, 7, 6: [...] dalla paura (formidine) che Germanico, nelle cui mani erano tante legioni, nonch un
immenso numero di ausiliari alleati, favorito enormemente dal popolo (mirus apud populum favor), preferisse
prendere (subito) il potere invece di aspettare. Cfr. DIONE, 57, 3, 1; 4,1; 6,2.
8 TAC., Ann., I, 35, 4-5: [...] lo esortavano a ferirsi; e un soldato di nome Calusidio, brandito il gladio, (glielo) offr,
aggiungendo che era pi acuminato. Cfr. DIONE, 57, 5, 2. Vedi anche YAVETZ, Tiberio, op. cit., pp. 18-19;
GALLOTTA, Germanico, op. cit., pp. 78 ss.
9 TAC., Ann., I, 39, 3: in piena notte cominciarono a richiedere il vessillo posto nella casa di Germanico e,
abbattendo le porte urtando contro l'ingresso, strappato Cesare dal letto, lo costrinsero a consegnare l'insegna sotto
minaccia di morte.
10 Ibid., 40-41; cfr. DIONE, 57, 5, 6-7.
11 Ibid., 49, 2: Germanico, con molte lacrime, non denomin quella (scena) un rimedio, ma una sciagura.

16
Dopo aver narrato questi eventi12 risulta difficile considerare amato un comandate trattato in tal
maniera dai propri sottoposti; ma allora perch i legionari in rivolta volevano come imperatore un
uomo che nemmeno rispettavano? E' semplice: al centro di tutto dobbiamo porre l'immancabile dio-
denaro. Le legioni si erano infatti ribellate subito dopo la morte di Augusto, in un momento estre-
mamente delicato per la nuova istituzione ancora in via di consolidamento. Ben consci del loro po-
tere (un fatto che riemerse costantemente nella storia successiva dell'impero, come dimostrano le
guerre civili del 68-69 oppure la cosiddetta anarchia militare del III secolo), i soldati tentarono di
approfittare della precariet della situazione per poter trarre maggiori benefici economici di quelli
che le disposizioni di Augusto lasciavano loro. Ecco perch Germanico venne acclamato imperatore
con tanta insistenza: se fosse divenuto il nuovo princeps, i legionari che lo avevano elevato al potere
avrebbero potuto ben sperare in un miglioramento delle proprie condizioni come segno del suo rico-
noscimento; ma il giovane li deluse, ribadendo fermamente la sua lealt al padre adottivo13. Ecco
come da eroe divenne quasi ostaggio dei suoi stessi sottoposti, tanto che fu costretto a far scrivere
una lettera a nome di Tiberio dove si accettavano le richieste avanzate dai rivoltosi14, un segno, que-
sto, che ci permette di comprendere quanto reale sia stato il pericolo che egli corse. Da rimarcare il
fatto che, al momento della distribuzione dei donativi accordati ai soldati, Germanico attinse alle
proprie casse personali, sebbene la lettera fosse formalmente a nome dell'imperatore (il quale, peral-
tro, ratific le disposizioni prese dal nipote). Una volta sedata la rivolta, truces etiam tum animos
cupido involat eundi in hostem, piaculum furoris; nec aliter posse placari commilitonum manes
[...]15; il comandante assecond il volere dei soldati, organizzando un raid nel territorio dei Marsi al
di l del Reno, con cui, oltre a saziare la sete di espiazione dei soldati, fu distrutto un luogo sacro ai
barbari, il santuario di Tanfana, colpendo cos i nemici nel loro animo pi profondo. Tacito eviden-
zia allora il fatto che Tiberio gaudebat oppressam seditionem [], bellica quoque Germanici gloria
angebatur16; una gloria destinata ad accrescersi ancora di pi l'anno seguente.
Durante la campagna dell'anno 15, preparata summa ope, fu ritrovata casualmente una delle 3
aquile perdute da Varo (la seconda fu rinvenuta nel 16)17. Il principe, inoltre, cupido [] invadit
solvendi suprema militibus ducique18; qui i costruttori della imitatio Alexandri di Germanico tro-

12 Cfr. SEAGER, Tiberius, London 1972, pp. 64 ss.


13 TAC., Ann., I, 42-43: La moglie e il figlio non mi sono pi cari del padre e dello Stato [...].
14 Ibid., 36, 3; cfr. DIONE, 57, 5, 3.
15 Ibid., 49, 3: La bramosia di scagliarsi contro i nemici invase quegli animi feroci come (mezzo di) espiazione di
quella pazzia; non altrimenti avrebbero potuto placare i mani dei commilitoni [...].
16 Ibid., 52, 1: [Tiberio] si rallegrava che la sedizione fosse stata repressa [], ma era anche angustiato dalla gloria
militare di Germanico.
17 Ibid., 60, 3: [] et praedam repperit undevicesimae legionis aquilam cum Varo amissam. Cfr. DIONE, 57, 18, 1:
([...] ed infine recuper le insegne militari). Per la seconda aquila vedi TAC.,
II, 25, 1-2.
18 TAC., Ann., I, 61, 1: fu invaso dal desiderio di tributare gli estremi onori ai soldati e al (loro) comandante.

17
varono nuovo materiale a cui attingere, presentandolo come il vendicatore della disfatta di Teuto-
burgo19. In questo luogo il giovane condottiero volle erigere un tumulo ai soldati caduti nel 9 d.C.;
Tiberio non approv ed molto probabile che Tacito sia nel giusto quando afferma che il princeps
neque imperatorem auguratu et vetustissimis caerimoniis praeditum adtrectare feralia debuisse20
(ricordiamoci ancora una volta del profondo rispetto dell'imperatore per la tradizione).

Fig. 6: Dupondio (MB). Roma, 37-41 d.C., 17, 00 g. D/: GERMANICUS


CAESAR - Germanico su quadriga trionfale a dx. con in mano uno scettro. R/:
SIGNIS RECEPT(IS) DEVICTIS GERM(ANIS) - Germanico con corazza
salutante verso dx. Con questa emissione Caligola commemora la ripresa delle
aquile perdute di Varo da parte del padre Germanico, ovviamente allo scopo di
ricercare legittimazione e consenso.

Secondo le fonti questi furono i principali motivi (a cui sono da aggiungere l'invidia e il timore
di Tiberio per la popolarit del nipote) per cui il princeps decise di richiamare Germanico a Roma,
facendogli decretare il Trionfo e adducendo come scusa altri incarichi. Ma, nonostante ci, la cam-
pagna si prolung per un ulteriore anno. Dobbiamo dunque pensare che il nostro giovane si sia ri-
bellato alle disposizioni dello zio?
In realt, la questione un po' pi complessa. Bruno Gallotta ci spiega come il Trionfo (nella
sua accezione giuridica) sancisca la cessazione dell'imperium proconsulare e della autonomia au-
spicale di Germanico21; non avendo ottenuto risultati soddisfacenti, Tiberio revoc a s l'onere di
prendere decisioni, forse per poter mettere in pratica una migliore strategia; ci non significa co-
munque che il princeps abbia avuto intenzione di porre fine alla guerra, e la campagna dell'anno 16
ne fu la riprova. Non bisogna trascurare la menzione di Spagna e Italia fra le province fornenti ar-
mamenti alle legioni; Germanico aveva controllo solamente sulle Gallie, perci ogni aiuto prove-

19 Vedi BRACCESI, Germanico e l'imitatio Alexandri in Occidente, in Germanico, op. cit., Bonamente- Segoloni (a
cura di), pp. 57-58; in particolare, egli accosta alcuni passi di Tacito a spezzoni di altri autori narranti le gesta del
Macedone.
20 TAC., Ann., I, 62, 2: riteneva che il comandante, essendo un augure e ornato delle pi antiche cariche sacerdotali,
non avrebbe dovuto por mano alle cerimonie funebri. Cfr. SVET., Cal., 3; DIONE, 57, 18, 1.
21 GALLOTTA, op. cit., pp. 123 ss. A conferma della sua ipotesi, Gallotta propone di vedere l'acclamazione
imperatoria di Germanico durante la campagna del 15 come ad un metodo per rafforzare il consenso nei suoi
confronti; da qui si pu dedurre il totale sostegno del princeps. Nel 16 poi, essendo le operazioni militari tornate
sotto gli auspicia di Tiberio, lui ad essere acclamato imperator dalle truppe, e non pi il nipote.

18
niente da altre regioni dell'impero non poteva avvenire se non con il consenso dell'imperatore. Inol-
tre, non fu un caso che Germanico, al momento di elevare il trofeo a seguito della grande vittoria di
Idistaviso contro Arminio nel 16, vi fece apporre un'iscrizione su cui si poteva leggere exercitum Ti-
berii Caesaris, senza alcuna menzione del proprio nome22.
Non va poi dimenticato che lo stesso Tiberio aveva prestato servizio al fronte renano sotto Au-
gusto, l'ultima volta negli anni 10-12/13 d.C., poco prima di salire al trono. Egli aveva sicuramente
avuto l'occasione, quindi, di studiare il nemico da vicino e di capire quale fosse la migliore strategia
da attuare (essendo oltretutto un abile generale). Tutti gli sforzi compiuti dal fratello Druso nel ten-
tativo di assoggettare al dominio di Roma la regione fra il Reno e l'Elba erano stati vanificati nel 9
d.C. dalla disfatta di Teutoburgo; le selve germaniche rimanevano un territorio inospitale, pieno di
insidie e molto difficile da controllare. Tiberio concesse al nipote un ultimo tentativo per provare a
vendicare le sfortunate legioni di Varo, un obiettivo raggiunto con la battaglia di Idistaviso, con cui
la gloria di Roma poteva dirsi recuperata. Essendo poi scoppiati altrove problemi ben pi gravi ri-
chiedenti un intervento immediato23, il princeps richiam Germanico, ritenendolo la persona pi
adatta (per rango ed esperienza) a risolvere tali disordini (immettendosi sulla scia della politica au-
gustea del far conoscere il proprio successore in tutto l'impero, come era avvenuto per Gaio e Lucio
Cesari, il primo inviato in Oriente, il secondo nelle province occidentali).
La frontiera renana era stata resa sicura; alla guerra diretta dovevano adesso subentrare le misu-
re diplomatiche24, con il preciso obiettivo di infiacchire le trib germaniche, facendole guerreggiare
fra di loro, in attesa di una futura conquista (vanno forse interpretate in tale ottica le parole con cui
Tiberio giustific il richiamo di Germanico, cio per relinqueret materiem Drusi fratris gloriae25).
Se vi fu una divergenza fra i due, essa riguard differenti modi di condurre la guerra; un disac-
cordo tattico in un quadro d'accordo strategico per dirla con le parole di Gallotta26. Non gelosia o
timore, quindi, ma accorta politica; questo il motivo del ritorno a Roma di Germanico.

II.2: Nella terra dei faraoni


Egitto: al solo pensiero veniamo avvolti da un turbinio di sensazioni risveglianti in noi il fascino
dell'arcano, del misterioso, dell'esotico. Duemila anni fa le emozioni suscitate da questa magica ter-
22 TAC., Ann., II, 22, 1. Questo il testo dell'iscrizione: debellatis inter Rhenum Albimque nationibus exercitum Tiberii
Caesaris ea monimenta Marti et Iovi et Augusto sacravisse (Debellate le genti fra Reno ed Elba, l'esercito di
Tiberio Cesare consacr questi ricordi a Marte, a Giove e ad Augusto).
23 Per i disordini in Oriente di quegli anni vedi TAC., Ann., II, 1-4.
24 Un esempio di tal politica sono le vicende di Maroboduo e delle guerre intestine fra Suebi e Cherusci; vedi TAC.,
Ann., II, 26, 2; 44-46; SVET., Tib., 37.
25 TAC., Ann., II, 26, 4: per lasciare un'occasione di gloria al fratello Druso.
26 GALLOTTA, op. cit., p. 133. L'eventuale contrasto fra zio e nipote meglio spiegato alle pagine 110-11: mentre per
Tiberio la campagna poteva dirsi conclusa con la vendetta ad Idistaviso, per Germanico la vittoria non era da
considerarsi tale se non dopo la resa dei Cherusci e di Arminio.

19
ra nel cuore degli uomini non dovevano essere molto differenti; Alessandro Magno, Giulio Cesare,
Marco Antonio, caddero uno dopo l'altro nelle spire ammalianti del regno dei faraoni, incapaci di
resistere alla sua cultura millenaria. La stessa sorte tocc probabilmente anche al nostro Germanico,
un uomo molto sensibile e colto, attratto dai misteri del cielo e dell'antichit27 .
A detta delle fonti, per, l'ingresso in Egitto del giovane principe da considerarsi la rottura de-
finitiva fra quest'ultimo e lo zio. Sembra che Tiberio [Germanicum] acerrime increpuit, quod con-
tra instituta Augusti non sponte principis Alexandriam introisset28; in Svetonio leggiamo che quod
vero Alexandream propter immensam et repentinam famen inconsulto se adisset, questus est in se-
natu29. Sappiamo che Augusto aveva stabilito che l'Egitto rimanesse interdetto ai senatori a meno
che questi non avessero ricevuto il suo permesso per entrarvi; di fatti la terra dei faraoni era consi-
derata come un possesso personale dell'imperatore, la cui gestione era affidata a un praefectus Ae-
gypti di classe equestre alle dirette dipendenze del princeps30. Parrebbe dunque che Germanico ab-
bia violato questa norma, provocando cos il risentimento dello zio; ma occorre far prima un passo
indietro, per cercare di comprendere meglio questa situazione. Al momento della partenza per l'O-
riente, Tiberio aveva concesso al nipote l'imperium maius, il quale gli conferiva un'autorit suprema
(subordinata solamente a quella dell'imperatore31) su tutte le province quae mari dividuntur32. Su
tale tema gli studiosi dibattono ancora oggi: l'Egitto rientrava o no fra queste famigerate province
divise dal mare33?
27 Per l'interesse di Germanico verso gli astri vedi MONTANARI CALDINI, Aspetti dell'astrologia in Germanico, in
Germanico, op. cit., Bonamente-Segoloni (a cura di), pp. 153-171. Alcune tappe del viaggio in Egitto sono
menzionate in TAC., Ann., II, 60-61. In particolare, sappiamo che a sedurlo furono le rovine dell'antica Tebe, dove
manebant structis molibus litterae Aegyptiae, priorem opulentiam complexae (dove iscrizioni geroglifiche
persistevano sulle gigantesche costruzioni, racchiudenti [in s la voce] dell'antica grandezza); visit poi i Colossi di
Memnone, ubi radiis solis ictae sunt, vocalem sonum reddentes (emettenti un suono vocale quando sono colpiti dai
raggi del sole), le piramidi testimonianti la rivalit e le grandi gesta dei re (eductae [] certamine et opibus
regum), l'oasi del Fayum (lacus effossa humo), fino a giungere ad Elefantina, confine ultimo dell'impero (claustra
olim Romani imperii). Furono tali miraculi a rapire l'animum del giovane principe (61,1). Allo stesso modo devono
probabilmente essere letti la visita ad Azio, cum recordatione maiorum suorum adiit (53,2), la sosta ad Ilio e quella
all'oracolo di Apollo Claro a Colofone (54,2). Germanico avrebbe voluto fermarsi anche a Samotracia sacra visere
(per osservare i misteri), ma ne fu impedito dai venti contrari.
28 TAC., Ann., II, 59, 2: rimprover aspramente[Germanico], poich era entrato in Alessandria contro le disposizioni
di Augusto e non per volont dell'imperatore.
29 SVET., Tib., 52: si lament in Senato poich, senza consultarlo, [Germanico] si era recato ad Alessandria in
occasione di un'enorme e improvvisa carestia.
30 Per la questione giuridica dell'Egitto come provincia dell'impero vedi GALLOTTA, op. cit., pp. 187-188. L'Egitto
aveva un'importanza strategica fondamentale in quanto costituiva il granaio di Roma; chiunque ne era a capo,
poteva controllare gli approvvigionamenti di grano che rifornivano costantemente la capitale.
31 La gerarchia di potere in vigore al tempo illustrata alle linee 32-37 del Senatus consultum de Cn. Pisone patre:
Pisone, come tutti gli altri governatori delle province soggette all'autorit di Germanico, doveva sottostare
all'imperium del giovane principe; questi, a sua volta, era subordinato al potere decisionale di Tiberio.
32 TAC., Ann., II, 43, 1: che sono divise dal mare.
33 A tal proposito sono paragonate alla missione di Germanico quelle precedenti di Agrippa e di Gaio Cesare durante il
principato di Augusto; per quanto riguarda il primo, Flavio Giuseppe dichiara che dovevano essere ritenute province
transmarine tutte quelle che si trovavano al di l del Mar Ionio (Ant. Iud., XV, 350-351). Per Gaio Cesare, invece, i
pareri sono contrastanti: alcuni affermano che il principe si rec in Egitto con il consenso di Augusto, mentre altri
ritengono che egli vi entr senza permesso non suscitando alcun scalpore.

20
Alcuni elementi ci permettono di ipotizzare come, per Germanico, la risposta sia forse stata af-
fermativa: in un papiro34 contenente un suo discorso ai cittadini di Alessandria, Germanico si quali-
fica come inviato di Tiberio. Non dobbiamo poi dimenticare il motivo concreto per cui il giovane
si era recato in terra egiziana: nonostante Tacito adduca come fine l'antiquitatis cognoscere, subito
dopo scrive che cura provinciae praetendebatur per via della carestia.
Forse Germanico, essendo figlio del princeps, pens di non aver bisogno di un'autorizzazione
formale da parte di Tiberio, credendo di poter provvedere ai problemi in Oriente come pi gli confa-
ceva (sempre, ovviamente, nel rispetto dell'autorit dello zio e del Senato) in virt del suo impe-
rium; oppure, essendosi questa carestia diffusa in modo cos repentino, ritenne pi giusto agire subi-
to per evitare che le conseguenze di tale evento si ripercuotessero negativamente anche su Roma (a
causa del mancato arrivo dei rifornimenti di grano).
Vi , per, un dato interessante su cui vale la pena soffer-
marsi: nelle nostre fonti Tiberio si lamenta del fatto che il nipo-
te sia entrato in Alessandria, senza per altro mai menzionare la
parola Egitto. Che cosa aveva l'imperatore da temere da questa
citt? Nel Papiro di Ossirinco Germanico rifiuta gli onori divi-
ni che gli alessandrini volevano tributare a lui e alla moglie,
declamando che questi dovevano semmai essere conferiti
esclusivamente allo zio e alla nonna. Forse per la prima volta
siamo in presenza di una testimonianza diretta della visione
politica del principe: una concezione senza dubbio di matrice
orientale, se esortava la plebe di Alessandria ad acclamare Ti-
berio e Livia di viventi; un quadro, perci, in netto contrasto
con la politica filosenatoria e di stampo augusteo perseguita
Fig. 7: Papyrus Oxyrhyncus XXV 2435. dall'imperatore. Come suggerisce Gallotta35, per, pu darsi
Oxford, Sackler Library.
che Tiberio temesse in realt non il nipote in s, quanto l'in-
fluenza che la moglie Agrippina avrebbe potuto esercitare su di lui a lungo termine. La nuora sareb-
be stata in grado, inoltre, di trovare molti sostenitori in una citt come Alessandria; ma sul suo ruolo
ritorneremo pi tardi.
Comunque le cose siano effettivamente andate, se Germanico fosse realmente entrato nel paese
illegalmente, ci avrebbe sicuramente provocato la reazione di Tiberio, trattandosi di una grave
insubordinazione. Seager, inoltre, nota che nelle fonti non vi alcun accenno ad un'eventuale oppo-

34 Trattasi del Papyrus Oxyrhyncus XXV 2435.


35 GALLOTTA., Germanico, op. cit., p. 159.

21
sizione del prefetto d'Egitto36; ci avvalora la tesi che tutto si sia svolto nei termini della legalit. Ti-
berio poi non scrisse alcuna lettera al nipote, ma si limit a lamentarsi in Senato perch inconsulto
sulla visita ad Alessandria37. Se Germanico avesse compiuto qualche passo falso, l'imperatore sareb-
be sempre stato in tempo a provvedere, cos come fece in Germania alla fine della campagna del-
l'anno 15 quando aveva revocato al giovane l'imperium proconsulare e gli auspicia; ma su tutto
questo i nostri autori tacciono. Troviamo infine in Svetonio un paragone interessante con Tito, la-
sciato dal padre Vespasiano in Giudea a terminare la repressione della rivolta ivi scoppiata nel 66
mentre questi si recava a Roma per essere insignito formalmente del potere imperiale. Leggiamo
che i soldati in gratulatione imperatorem eum consalutaverint; il sospetto che volesse spodestare il
padre aument quando Alexandriam petens in consecrando apud Memphim bove Apide diadema
gestavit, de more quidem rituque priscae religionis; sed non deerant qui sequius interpretarentur38.
Per non mancarono coloro che interpretarono la cosa in altro modo; se dubbi vi furono per Tito,
perch non dovrebbero esservene stati per Germanico? Questa frase svela indirettamente la presen-
za di pi opinioni riguardo al solito evento, letto in diversi modi a seconda dei vari punti di vista.
Da queste opinioni sono poi derivate le tradizioni scritte, che a loro volta sono state riprese da autori
successivi che hanno dato, a loro volta, la loro interpretazione. Ecco come i fatti possono talvolta
venire distorti, anche per perseguire dei fini secondari; e ritengo che la questione di Germanico in
Egitto debba essere analizzata in tale ottica.
Da Tacito sappiamo poi che il princeps cultu habituque eius lenibus verbis perstricto39; anche in
precedenti occasioni Germanico aveva mantenuto simili comportamenti, come nel caso della visita
ad Atene (dove uno lictore uteretur40) oppure in occasione del banchetto indetto in suo onore dal re
dei Nabatei, in cui coronae aureae magno pondere Caesari et Agrippinae [...] offerrentur41. Dobbia-
mo credere che il giovane principe abbia improvvisamente dimenticato il decoro tipico di un vero
Romano? Sempre Gallotta ci dona uno spunto rilevante, per cui Germanico assume determinati at-
teggiamenti in rapporto alle diverse realt locali [] allo scopo di voler compiacere le popolazioni
regolandosi secondo le circostanze42; se cos fosse, si tratterebbe di un ben studiato espediente po-
litico. E sembra proprio che il nostro generale vi sia riuscito: risolse brillantemente il problema del-

36 SEAGER, Tiberius, op. cit., p. 104.


37 SVET., Tib., 52; cfr. nota 29.
38 Ibid., Div. Tit., 5: congratulandosi con lui, lo salutarono imperatore; [] recatosi ad Alessandria, consacr a Menfi
il bue Api, mettendosi in testa, in occasione della cerimonia, un diadema, secondo quegli usi e costumi.
39 TAC., Ann., II, 59, 2: [Tiberio] aveva disapprovato il suo modo di comportarsi e di vestirsi con parole moderate.
40 Ibid., 53, 3: si valse di un solo littore.
41 Ibid., 57, 4: furono offerte a Cesare e ad Agrippina corone dorate di grande peso.
42 GALLOTTA, op. cit., p. 162. L'autore mette a confronto la visita ad Atene, dove Germanico mostr simpatia verso
la citt, con la sosta ad Ilio, dove invece fece mostra di sentimenti frigi ed antiellenistici. Ad Alessandria, poi, egli
afferma di perseguire gli scopi del fondatore della citt, Alessandro.

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l'Armenia incoronando re Zenone43, sistem la neo-acquisita provincia di Cappadocia ponendola
sotto l'autorit di un governatore, si guadagn l'amicizia del re dei Parti Artabano ed estese l'influen-
za romana per la prima volta alla citt di Palmira44. Se Germanico si fosse comportato con l'arrogan-
za e lo spregio di Pisone, in linea con il conservatorismo romano, molto probabilmente non avrebbe
incontrato il favore delle popolazioni autoctone, abituate oramai a un certo sistema di governo e di
manifestazione del potere; ricordiamoci di quanto l'impero sia stata una realt eterogenea e vario-
pinta, per cui la capacit di adattarsi ai singoli contesti (senza, per, rinnegare i propri valori), pro-
muovendone l'integrazione con il sistema di governo romano, era di importanza fondamentale per
un buon governante. Lo stesso Tiberio aveva tenuto un simile atteggiamento negli anni del suo esi-
lio volontario a Rodi45; molto probabile, perci, che l'imperatore non abbia disapprovato tali atteg-
giamenti, quelli non eccessivi per lo meno. E' pi facile credere, invece, che il princeps abbia temu-
to la nuora Agrippina: una donna piena d'amore per lo sposo quanto impregnata d'odio e disprezzo
per il suocero.

II.3: Agrippina, una nuora ingombrante


L'ultima Giulia: a ragione potremmo chiamare cos l'unica discendente diretta di Augusto ad
essere rimasta viva e in libert dopo la morte del patriarca. I fratelli Gaio e Lucio erano morti men-
tre ancora il nonno regnava; la madre Giulia e il fratello Agrippa Postumo erano spirati in esilio nel
15, subito dopo la successione di Tiberio, in circostanze non chiare; la sorella Giulia Minore era in-
fine stata relegata anch'essa su un'isola, nell'arcipelago delle Tremiti, dove rimase fino alla morte
avvenuta nel 28 d.C. Troppi dolori per un unico cuore; dolori che presto si tramutarono in puro ri-
sentimento per coloro che la giovane donna riteneva essere la causa delle sventure dei propri fami-
liari: la nonna Livia e il suocero/zio Tiberio. Tacito accenna ad un astio intercorrente fra la matriarca
e la nipote46 fin dall'inizio della sua opera, segno che fra le due donne non doveva essere mai corso
buon sangue. Ci forse riconducibile al disprezzo che a sua volta Livia aveva provato (e continua-

43 TAC., Ann., II, 56.


44 Ci testimoniato da un'iscrizione rinvenuta nel tempio locale di Baal, posta nel basamento di un gruppo statuario
comprendente le effigi di Tiberio, Germanico e Druso (un altro dato, questo, confermante l'unione che vi era fra
questi personaggi. A tale proposito, vedi anche l'erezione, da parte dell'imperatore, di due archi monumentali identici
nel Foro di Augusto nel 19, in occasione dei brillanti successi ottenuti da Druso sul Danubio e da Germanico in
Oriente, su esempio di ci che Augusto aveva fatto a suo tempo per i nipoti Gaio e Lucio; un segno tangibile che fra
i giovani non vi era alcuna preferenza, n distinzione). Per il testo dell'iscrizione vedi Ann. Epigr. 1933, 204.
45 SVET., Tib., 11: Qui (a Rodi), accontentandosi di una casa modesta [] adott un modo di vivere da privato
cittadino (genus vitae civile admodum instituit) andando qualche volta a passeggio per il ginnasio senza littore o
annunciatore (sine lictore aut viatore) e praticando reciproci servizi con Greci di umile condizione. 13: Rinunci
anche ai soliti esercizi equestri e (a quelli) con le armi, e lasciato l'abito patrio (deposito patrio habitu), indoss
mantello e sandali (pallium et crepidas).
46 TAC., Ann., I, 33, 3. L'autore parla di muliebres offensiones di Livia nei confronti di Agrippina (ma ricordiamoci che
Tacito ama demonizzare continuamente la figura di Livia).

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va a provare per i suoi discendenti) per Giulia Maggiore, unica figlia di Augusto e madre di Agrip-
pina; questa donna aveva raccolto attorno a s un circolo di intellettuali e aristocratici in aperta con-
traddizione al sistema politico augusteo, caldeggiando per una monarchia assoluta di stampo elleni-
stico-orientale sulla scia di Marco Antonio (non a caso il principale collaboratore-amante di Giulia
fu Iullo Antonio, figlio del triumviro). Questa vera e propria fazione politica, definita antoniana,
aveva addirittura organizzato una congiura ai danni del princeps; scoperta, Augusto aveva decretato
la morte per l'erede di Antonio e il confino per la propria figlia a Ventotene, una piccola isola di
fronte la costa campana (velando il misfatto tacciandola di adulterio)46. Ma la factio antoniana non
si esaur qui; l'entourage di Giulia (o, per lo meno, quello che ne rimaneva) si coagul attorno alla
sua omonima figlia e al di lei marito Emilio Lepido, il quale a sua volta tent di danneggiare Augu-
sto47. Fallita anche tale manovra, Agrippina rimase l'unica erede vivente di Giulia (il fratello Agrip-
pa Postumo era stato esiliato in concomitanza della congiura di Emilio Lepido) a raccogliere attorno
a s i superstiti del vecchio partito. Essendo, per, una donna (nonostante non le mancasse l'ardore),
non poteva ella stessa proporsi quale alternativa diretta a Tiberio, succeduto nel frattempo al defun-
to nonno; la scelta ricadde dunque sul marito Germanico, degno erede della gens Iulia nonch di-
scendente di Antonio, un nodo di congiunzione perfetto fra le due famiglie tramite il quale superare
l'antica rivalit. Ma Agrippina si dimentic un particolare: da parte di padre Germanico era anche
un Claudio, e per di pi gi destinato alla successione dal vecchio Augusto. Di fatti Germanico ri-
mase leale allo zio e fu probabilmente abbastanza intelligente da comprendere come tali idee asso-
lutistiche avrebbero provocato un attrito con la visione filo-senatoria e conservatrice del padre adot-
tivo. Alla luce di tutto questo plausibile ipotizzare che le concezioni politiche che le fonti normal-
mente attribuiscono a Germanico sono invece probabilmente frutto di Agrippina e dell'entourage del
principe (costituito dai vecchi membri della factio antoniana gi gravitanti attorno la nipote di Au-
gusto), i quali si premunirono di costruire un'immagine del giovane in linea con la loro ideologia e
in contrasto con la politica di Tiberio. Ma riprendiamo ci che il nostro principe disse alla consorte
poco prima di spirare: [] oravit, exueret ferociam, saevienti fortunae summitteret animum, neu re-
gressa in urbem aemulatione potentiae validiores inritaret48; tale passo un ulteriore riprova del
cattivo sangue che scorreva fra Agrippina e i membri anziani della domus imperiale. Ma cerchiamo
di ripercorrere con ordine lo sviluppo di questo rapporto.
Al momento dello scoppio della rivolta delle legioni renane, Agrippina si trovava assieme al
marito. Abbiamo gi analizzato come il giovane principe fu trattato dai legionari; non si pu dire
46 Lorenzo Braccesi affronta lo spinoso problema di Giulia nel suo libro Giulia, la figlia di Augusto, Bari 2014. La
questione della presunta congiura ai danni del padre commentata in particolare alle pp. 111-154.
47 Per tali fatti vedi SVET., Div. Aug., 19; 65; DIONE, 55, 10-13.
48 TAC., Ann., II, 72, 1: (la) preg di mettere da parte l'ardore, di sottomettere l'animo alla crudelt della sorte e,
tornata a Roma, di non irritare i pi potenti con la sua ambizione di salire pi in alto.

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che questi riserbarono lo stesso alla moglie. Quando Germanico decise di allontanare Agrippina per
metterla al sicuro, gli stessi soldati che avevano incitato il generale a pugnalarsi scongiurarono la
donna a rimanere: pudor inde et miseratio et patris Agrippae, Augusti avi memoria; socer Drusus,
ipsa insigni fecunditate, praeclara pudicitia49. Nessun accenno a Germanico o Tiberio. Che la figlia
di Giulia abbia avuto un grande ascendente sulle truppe lo dimostra un altro passo di Tacito, relativo
alla campagna del 15: se Agrippina non avesse impedito di tagliare il ponte sul Reno, vi sarebbero
stati alcuni che avrebbero osato compiere quest'azione infamante per paura. Ma quella donna di ani-
mo straordinario assunse per quei giorni le funzioni di comandante e distribu ai soldati, privi di
mezzi o feriti, vesti e bende. C. Plinio, scrittore delle guerre germaniche, narra che [Agrippina] ri-
mase in piedi alla testa del ponte, tributando lodi e ringraziamenti alle legioni che ritornavano. [...]
Ormai Agrippina aveva presso l'esercito pi potere dei legati e dei comandanti; da una donna era
stata soffocata la rivolta, contro la quale non riusc ad opporsi il nome del principe. Tutto ci port
naturalmente l'imperatore a pensare che non enim simplices eas curas, nec adversus externos mili-
tum <mentes> quaeri50; ed in effetti Tiberio faceva bene a temere la propria nuora.
In quegli stessi anni ebbero luogo la presunta congiura di Scribonio Libone e il tentativo di li-
berare Agrippa Postumo dal suo esilio a Pianosa per condurlo ad exercitos Germanicos; entrambi
gli avvenimenti potrebbero essere in qualche modo riconducibili a un piano di Agrippina51.
Libone era nipote di Scribonia, madre di Giulia Maggiore e nonna di Agrippina, la quale aveva
accompagnato la figlia in esilio. Sappiamo che defertur moliri res novas, in quanto era stato indotto
dal senatore Firmio Cato ad Chaldaeorum promissa, magorum sacra, somniorum etiam interpre-
tes52, i quali gli avevano rammentato l'importanza della sua parentela. Che Agrippina abbia in qual-
che modo convinto il proprio parente a sbarazzarsi di Tiberio? E' probabile che questo iuvens im-
providus et facilis manibus non avesse alcuna reale cattiva intenzione; ma il fatto che il Senato, a
seguito di tale episodio, decret che de mathematicis magisque Italia pellendis53, denota una certa
preoccupazione (dell'imperatore) per ci che profezie e responsi del genere potevano suscitare negli
animi della folla; non dimentichiamoci che Germanico (oltre ad essere molto amato dalla plebe) era
un appassionato di astrologia e che la factio antoniana aveva come base concezioni orientali della
regalit, usufruenti della scienza degli astri.

49 Ibid., I, 41, 2: Presi dunque da vergogna e da piet, ripensarono a suo padre Agrippa e a suo nonno Augusto; al
suocero Druso, a lei stessa insigne per fecondit e per illustre virt. Cfr. SVET., Cal., 9, per il quale fu la vista di
Caligola a far tornare alla ragione i soldati in rivolta.
50 Per i passi citati vedi Ibid., I, 69; tuttavia quelle non (potevano essere) semplici premure, e che non solo verso
nemici esterni si sollecitava gli animi delle legioni.
51 Cfr. BRACCESI, Agrippina, op. cit., pp. 54 ss. Per la narrazione degli eventi vedi anche STORONI MAZZOLANI,
Tiberio o la spirale del potere, op. cit., p. 147; GALLOTTA, op. cit., pp. 57-64; SEAGER., op. cit., pp. 89-93.
52 TAC., Ann., II, 27: fu accusato di ordire qualcosa contro lo Stato []. (Fu indotto) alle promesse dei Caldei, ai riti
dei magi, e anche alle interpretazioni dei sogni. Per la vicenda di Libone cfr. SVET., Tib., 25; DIONE, 57, 15, 4-6.
53 Ibid., 32, 3: [...] che gli astrologi e i magi fossero cacciati dall'Italia.

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In concomitanza della messa in accusa e, poi, del suicidio di Libone, un'altra calamit ebbe a
turbare l'animo di Tiberio: la rivolta dello schiavo Clemente. Prima di vedere pi nel dettaglio que-
sto evento, per, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, all'incirca di un paio d'anni. Abbiamo
accennato al tentativo di portare via Agrippa Postumo da Pianosa; Clemente, l'incaricato di tale ope-
razione, non riusc per ad arrivare prima del sicario e Tacito non esita ad attribuire la morte del
giovane alla mano di Tiberio e Livia54. Poco dopo la madre Giulia, post interfectum Postumum
Agrippam omnis spei egenam55, si lasci morire di fame. Qualche anno prima, mentre era sempre
vivo Augusto, due oscuri personaggi, Audasio ed Epicado, avevano gi provato a rapere madre e fi-
glio ad exercitus56. Poste tali premesse, torniamo al sopracitato Clemente; dopo la morte del padro-
ne, il giovane ignotis locis sese abdit, donec crinem barbamque promit-
teret; nam aetate et forma haud dissimili in dominum erat57. Facendo
spargere la voce che Agrippa era vivo, egli inizi a raccogliere attorno a
s parecchi seguaci58, fino a che Tiberio, con un inganno, riusc a farlo
eliminare. Significativa , a questo punto, la frase con cui Tacito con-
clude la narrazione della vicenda: et quamquam multi e domo principis
equitesque ac senatores sustentasse opibus, iuvisse consiliis dicerentur,
haud quesitum59. E' quel e domo principis che deve farci riflettere; diffi-
cilmente, infatti, un unico schiavo avrebbe potuto avere anche solo i
mezzi per poter fare ci che fece, e lo stesso vale sicuramente per Au-
dasio ed Epicado, che sappiamo essere uomini di bassa estrazione so-
ciale; ci implica che doveva esservi una mente pi grande dietro tutto Fig. 8: Busto di Agrippina in
marmo. Roma, Musei Capitolini,
questo, che aveva potuto organizzare e poi coordinare (i tentativi di li- Palazzo Nuovo.
berare Giulia e Agrippa Postumo erano infatti stati attuati in contemporanea) il tutto nei minimi det-
tagli. Infine, il silenzio che Tiberio volle far calare sull'accaduto ben indicativo dell'imbarazzo che
forse lo stesso princeps prov alla scoperta di chi si celava dietro questi fatti; e i comportamenti che

54 Ibid., I, 6. Non sicuro se ad uccidere Agrippa Postumo sia in effetti stato il neo-imperatore e/o la madre; qualche
studioso asserisce che a dare l'ordine sia stato lo stesso Augusto poco prima di morire. Con l'inserzione di questo
evento all'inizio del suo racconto, Tacito vuol comunque mettere fin da subito in cattiva luce la figura di Tiberio,
presentandolo come un tiranno che inaugura nel sangue il proprio principato.
55 Ibid., 53, 2: priva di ogni speranza dopo l'assassinio di Agrippa Postumo.
56 SVET., Div. Aug., 19: Audasius atque Epicadus Iuliam filiam et Agrippam nepotem ex insulis, quibus continebantur,
rapere ad exercitus (Audasio ed Epicado volevano rapire la figlia Giulia e il nipote Agrippa dalle isole dove erano
confinati (per condurli) agli eserciti).
57 TAC., Ann,, II, 39, 2-3: si nascose in luoghi ignoti per farsi crescere capelli e barba; per et e per aspetto non era
infatti molto dissimile dal (suo) padrone.
58 Cfr. DIONE, 57, 16, 3-4, secondo il quale Clemente addirittura
(avanz verso Roma con il fine di riprendersi il dominio del nonno).
59 TAC., Ann., II, 40, 3: [...] e per quanto si dicesse che molti della casa del principe, dei cavalieri e dei senatori (lo)
avessero supportato con denaro e aiutato con consigli, non si fece alcuna inchiesta.

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quest'ultimo tenne in seguito nei confronti di Agrippina ci lasciano ben intendere su chi questa per-
sona abbia potuto essere.
A seguito di tali vicende verosimile che, al momento di inviare Germanico in Oriente, Tiberio
e Livia si siano premuniti di far sorvegliare la giovane donna onde evitare che nuovi disordini scop-
piassero per causa sua; sono forse da vedere in quest'ottica i presunti occulta mandata e la scelta
del tradizionalista Pisone. La linea politica di quest'ultimo, infatti, cozzava apertamente con quella
di Agrippina e del suo partito, la quale poteva trovare nei paesi orientali terreno fertile per i propri
scopi e le proprie idee; non dimentichiamoci di quanto le popolazioni del Levante fossero pi incli-
ni a forme di governo autocratiche che non ad una concezione del potere quale quella ideata da Au-
gusto. L'Oriente era la terra dei re, dei sovrani-di60, un mondo in cui l'immagine di Germanico ben
si prestava ad essere accostata a quella del nonno Antonio o del grande Alessandro. Forse fu proprio
per tale motivo che Tiberio si lament dell'entrata in Alessandria del nipote;: qui Agrippina avrebbe
potuto ottenere pi facilmente sostegno e consenso per attuare i propri fini, se solo Germanico aves-
se acconsentito. Cos per non fu e, appena rientrato in Siria, il giovane principe si ammal e poco
dopo mor. Ma le ambizioni di Agrippina non finirono nella tomba assieme alle ceneri del consorte;
tornata a Roma, la giovane vedova dimostr ancora una volta all'ombroso imperatore quanta forza
vi fosse nel sangue di Augusto.

60 Cfr. a tal proposito il contenuto del Papyrus Oxyrhyncus XXV 2435 sopra citato, in cui Germanico rifiuta gli onori
divini che gli Alessandrini volevano conferire a lui e alla moglie. Che l'idea di discendenza divina, e dunque di
divinit in terra, sia probabilmente da ricondurre ad Agrippina avvallato da TAC., Ann., IV, 52, 2, in cui la vedova
rammenta a Tiberio che non in effigies mutas divinum spiritum transfusum: se imaginem veram, caelesti sanguine
ortam (non nelle mute statue lo spirito divino [di Augusto] si era trasfuso: lei stessa (ne) era l'immagine vera, figlia
di sangue celeste).

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III. Il processo del secolo
III.1: Un passo indietro: perch Pisone?
Non possiamo analizzare gli eventi seguenti la morte di Germanico senza prima esserci soffer-
mati sul protagonista di quelle vicende e sul che cosa port a credere che fosse stato lui l'artefice
dell'avvelenamento del giovane principe. Gneo Calpurnio Pisone proveniva dall'ala pi conservatri-
ce del Senato romano; ingenio violentum et obsequi ignarum, insita ferocia a patre Pisone. Un
uomo cos fiero della propria nobilt e altezzoso che vix Tiberio concedere, liberos eius ut multum
infra despectare2.

Gi dopo questa breve presentazione sorge spontanea una domanda: perch mai Tiberio scelse
come governatore di Siria (una delle province pi ricche e potenti dell'impero) un uomo che lo di-
sprezzava in tal modo? Per rispondere, dobbiamo anzitutto ripensare a ci che abbiamo detto sulla
linea politica tenuta dall'imperatore: una visione del principato nel solco della tradizione augustea,
ma con una maggiore attenzione e cura nei riguardi del Senato e del suo potere decisionale. L'istitu-
zione creata da Augusto muoveva allora i suoi primi passi, e il potere del princeps al tempo non era
ancora ben saldo e formalmente definito. Mario Pani scrive che nel primo principato la forza eredi-
tata dalle singole famiglie le faceva restare stabili nella posizione di prestigio conseguita, e quindi
nel loro ruolo aristocratico rispetto al principe3; sarebbe dunque dovuta a questo l'arroganza mo-
strata da Pisone nei confronti di Germanico durante tutta la sua permanenza in Oriente. Sempre Pani
sostiene, inoltre, che la scelta del burbero senatore sarebbe da ricollegare alla gi citata accorta poli-
tica di Tiberio: alle simpatie orientalizzanti di Germanico (e/o del suo circolo di amici) avrebbe
fatto da contrappeso un esponente degli ambienti vetero-repubblicani, appartenente a quella parte
dell'aristocrazia pi slegata dal princeps4. Lo stesso imperatore, alla vigilia del processo contro il le-
gato, ricord ai Padri riuniti in assemblea nel portico del tempio di Apollo Palatino che Pisonem
[] adiutorem Germanico datum a se auctore senatu5; un ulteriore prova che scagiona il vecchio
imperatore da qualunque oscuro complotto ordito ai danni del nipote. A conferma di ci, vi un
passo di Svetonio, in cui leggiamo che Pisone, sub idem tempus Syriae praepositus, nec dissimu-
lans offendendum sibi aut patrem aut filium6.

2 TAC., Ann., II, 43, 2-3: (un uomo) di natura violenta e ignaro dell'ossequio, (dotato) di un orgoglio ereditato dal
padre Pisone. [] a stento cedeva (il passo) a Tiberio, e guardava dall'alto i figli di lui, (ritenendoli) di molto
inferiori.
3 PANI, La corte dei Cesari fra Augusto e Nerone, Bari, 2003, p. 43. Cfr. GALLOTTA, Germanico, op. cit., p. 152.
4 Ibid., La missione di Germanico in Oriente, in Germanico, Bonamente-Segoloni (a cura di), op. cit., p. 2. Cfr.
BRACCESI, Agrippina, op. cit., pp. 91-92.
5 TAC., Ann., III, 12, 1: [...] che egli (Tiberio) l'aveva dato a Germanico come collaboratore su proposta del Senato.
6 SVET., Cal., 2: in quel tempo preposto (al governo) della Siria, non si nascondeva nel dispiacere al padre o al
figlio.

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Assieme a Pisone troviamo la moglie Plancina, donna proveniente da una famiglia ricca e nobi-
le, e amica di Livia Augusta. Di questa figura ci occuperemo pi dettagliatamente in un secondo
momento, andando a vedere che cosa ella potrebbe aver fatto, forse per compiacere l'illustre compa-
gna; per adesso ripercorreremo invece le tappe del viaggio dei due coniugi a fianco dell'altra pi
giovane insigne coppia, esaminando tutta una serie di loro comportamenti che, a prima vista, indu-
cono a credere che i due siano stati gli effettivi assassini di Germanico. Ma fu veramente cos?

III.2: I precedenti del legato

Nel racconto tacitiano l'arroganza e la spavalderia di Pisone sono continuamente contrapposte


alla mansuetudo e alla pazienza di Germanico: nonostante ad Atene il neo-legato avesse attaccato i
cittadini atterriti dal suo arrivo furibondo oratione saeva ed avesse accusato con velate parole il
comportamento ivi tenuto dal nipote dell'imperatore, Germanico miserit triremis a salvare il senato-
re quando la sua nave stava per essere sbattuta sugli scogli nei pressi di Rodi a causa di una tempe-
sta. Neque tamen mitigatus Piso, il quale lasci l'isola il
giorno seguente per recarsi speditamente presso le legioni si-
riane, fra le quali allent la disciplina e favor desidiam in
castris, licentiam in urbibus e corruptionem7. Tutto questo
venne ben presto riferito al giovane generale, il quale, per,
per il momento, lasci correre.

Un primo vero e proprio incidente diplomatico si regi-


str allorch Germanico ordin a Pisone di partem legionum
ipse aut per filium in Armeniam ducere (dove lui stesso si
trovava); ma il legato non obbed. I due si incontrarono allo-
ra a Cirro, dove ebbero un breve colloquio alla fine del quale
discesserunt apertis odiis. Da allora Pisone atrox ac dissen-
tire manifestus; e al banchetto dei Nabatei il vecchio gover-
natore esclam sdegnato che principis Romani, non Parthi
Fig. 9: Statua bronzea di Germanico. Amelia,
Museo Civico. Notare come l'iconografia della regis filio eas epulas dari; anche questa volta, Germanico
figura ricalchi quella della statua di Augusto
di Prima Porta. sopport in silenzio8.

7 Per la narrazione dei fatti vedi TAC., Ann., II, 55.


8 Ibid., 57: [...] di condurre una parte delle legioni in Armenia personalmente o per tramite del figlio. [] (A Cirro)
si lasciarono con manifesta ostilit. [] (Da allora Pisone appariva sempre) truce e in aperto dissenso. [] (Dai
Nabatei esclam che) quel banchetto era servito per il figlio di un principe romano, e non per quello del re dei
Parti.

29
Siamo dunque in presenza di un'insolenza certamente fuor di misura, giunta addirittura alle so-
glie della negligenza nel caso del mancato invio dei rinforzi in Armenia; ma che cosa poteva far cre-
dere a Pisone di rimanere impunito a seguito di tanta sfacciataggine? Il legato si sentiva forse forte
dell'appoggio di un largo settore del Senato, piuttosto che del sostegno di Tiberio, ipotizza Gallotta9.
Lo stesso Tacito ritiene comunque che gli stessi amici di Germanico (quel famoso entourage di cui
abbiamo parlato in precedenza) accendendis offensionibus callidi intendere vera, adgerere falsa10;
perci plausibile che questi stessi fatti cos travisati siano stati la fonte degli autori a noi oggi perve-
nuti, i quali ci presentano per l'appunto Pisone in una maniera totalmente negativa. A conferma di
tale supposizione sta forse la pressoch totale mancanza di qualsiasi riferimento agli epidosi sopra
narrati fra le accuse imputate all'anziano legato nel senatoconsulto emesso a chiusura del processo
del 20 d.C.

Un ulteriore motivo di attrito fra il giovane e il suo adiutor fu poi l'allontanamento (voluto da
Germanico) da Antiochia del principe parto Vonone. Costui, cresciuto a Roma, era stato insediato
sul trono di Ctesifonte qualche anno prima, in conseguenza della morte del padre Fraate e della
guerra civile che era seguita. Essendo, per, alieno ai costumi del suo paese natio, i grandi del regno
lo avevano cacciato, chiamando a sostituirlo il fratello Artabano. Dopo un breve soggiorno in Arme-
nia, dove era stato accolto come nuovo re a causa della vacanza di potere, Vonone fu chiamato in
Siria dal governatore Cretico Silano (il predecessore di Pisone), il quale lo arrest e lo tenne in cu-
stodia, conservandogli il fasto e il nome di re, onde evitare che le minacce di Artabano di muovere
guerra all'impero si tramutassero in realt11. Vonone prov pi volte a sottrarsi a questo ludibrium,
tentando di accaparrarsi il favore di Pisone e Plancina, nuovi governatori, ob plurima officia et
dona. Germanico, per, confin il principe a Pompeiopoli, in Cilicia, al fine di mantenere in tal ma-
niera dei buoni rapporti con il re Artabano, il quale aveva chiesto al giovane generale ne Vonones in
Syria haberetur neu proceres gentium propinquis nuntiis ad discordias traheret12. Germanico era
stato inviato in Oriente per risolvere problemi, non di certo per crearne di nuovi; dobbiamo perci
credere che lo stesso Tiberio abbia tacitamente concordato da Roma con il figlio nell'allontanare il
principe partico dalla capitale siriana, nel solco di quella accorta politica che abbiamo pi volte cita-
to. Non in onta a Pisone fu quindi messa in atto tale risoluzione, ma in vista di cause ben pi
grandi e concrete13.
9 GALLOTTA, op. cit., p 157.
10 TAC., Ann., II, 57, 2: intenti ad accendere gli odi, esagerando la verit, ingrandendo le falsit.
11 Per le questioni partiche vedi Ibid., II, 2-4.
12 Ibid., 58, 1: [...] che Vonone non rimanesse in Siria, affinch non suscitasse con intimazioni la discordia fra i vicini
aristocratici di quei popoli.
13 Lo stesso senatoconsulto del 20 (vedi ECK-CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum de Cn. Pisone
patre, Monaco, 1996) dichiara, alla linea 44, che Germanicus Caesar, ex voluntate patris sui senatusq(ue) ei genti
regem dedisset (Germanico Cesare aveva dato un re a quel popolo (gli Armeni) secondo la volont di suo padre e

30
Rimane infine da vedere i fatti intercorsi fra il ritorno di Germanico dall'Egitto e la sua morte.
Tacito ci dice che, appena tornato in Siria, il giovane si rese conto che cuncta, quae apud legiones
aut urbes iusserat, abolita vel in contrarium versa; Pisone decise allora di abbandonare la provin-
cia, ma desistette alla notizia della malattia del principe. Seguirono poi alcuni eventi anch'essi deri-
vanti, probabilmente, dalla tradizione ostile al legato: Pisone avrebbe infatti impedito al popolo di
Antiochia di festeggiare la guarigione dell'amato comandante e, quando quest'ultimo cadde nuova-
mente malato, missi a Pisone incusabantur ut valitudinis adversa rimantes14. Germanico allora,
convinto di essere stato avvelenato dal rivale, gli invi una lettera in cui amicitiam ei renuntiabat;
addunt plerique iussum provincia decedere; poco tempo dopo Pisone salp, moderabaturque cur-
sui, <ut> qui propius regrederetur, si mors Germanici Suriam aperuisset15.
Dopo aver narrato queste vicende, appare abbastanza evidente ormai come l'imperatore Tiberio
non debba essere ritenuto coinvolto nella morte del nipote; non vi erano, infatti, validi motivi per
cui l'anziano princeps avrebbe dovuto farlo eliminare. Vedremo adesso se la stessa cosa vale per Pi-
sone e la consorte.

III.3: Accuse, difesa, verdetto


All'ora quarta, le rive del Tevere erano ormai gremite di ogni genere di persone. L'odore ine-
briante delle spezie esposte in grandi cesti si mescolava con quello dei delicati profumi appena arri-
vati dal lontano Oriente. Le urla dei venditori di schiavi si confondevano con le pi soavi voci dei
mercanti di seta e con le imprecazioni dei marinai per le solite anfore troppo pesanti da scaricare.
Fra le varie navi attendenti un approdo, si fece d'un tratto largo una bireme con vele sgargianti, da
cui provenivano chiassose risa. L'imbarcazione si arrest poco pi in l del Mausoleo di Augusto, la
cui sommit svettava trionfante sulle costruzioni del molo. Dalla passerella appena calata a terra,
Gneo Calpurnio Pisone sorrideva gioviale alla turba di clienti l assiepatasi per accoglierlo con tutti
gli onori dovuti al suo rango; dopo di lui, ecco Plancina, rivestita di una ricca stola verde mela, con
perle fra i boccoli dell'elaborata acconciatura. I presenti pi prossimi alla scena ammutolirono; i
loro sguardi correvano frenetici dai nuovi arrivati alla silenziosa mole del vicino sepolcro, ben me-
mori ancora di colui che vi era stato da non molto deposto all'interno. I due pomposi aristocratici
sembrarono, per, non curarsene affatto; attorniata da un corposo seguito, la coppia si incammin
allegramente verso la propria domus, fatta predisporre a festa in occasione del loro ritorno, senza

del senato).
14 TAC., Ann., II, 69: [...] che gli ordini che aveva prescritto per le legioni e le citt (erano stati) aboliti o (eseguiti) nel
modo contrario. [] I messi di Pisone erano accusati di spiare l'aggravarsi della malattia.
15 Ibid., 70, 2: [...] in cui rinunciava alla (sua) amicizia; molti aggiungono che (gli avesse) ordinato di uscire dalla
provincia. [] moderando la navigazione per poter tornare indietro pi velocemente, quando la morte di Germanico
(gli) avesse lasciato libera la Siria.

31
degnare nemmeno di uno sguardo la tomba del loro antico rivale. Lo stupore iniziale dei cittadini si-
tramut allora in aperte grida di sdegno e vendetta; molto presto il gaudio e la sicurezza sarebbero
scomparsi dai volti di quei due scellerati.

Il giorno dopo Pisone fu denunciato ai consoli dal delatore Fulcinio Trione, il quale richiese an-
che che lo stesso imperatore assumesse la direzione del processo. Ma a Tiberio haud fallebat []
moles cognitionis quaque ipse fama distraheretur; pertanto integram causam ad senatum remittit16.
Il discorso che l'imperatore tenne all'indomani della convocazione del Senato rivela ancora una vol-
ta i tratti del suo carattere: con meditato temperamento, il princeps ramment ai senatori la loro
stessa proposta di inviare Pisone in Oriente come adiutor di Germanico. Si sarebbe dovuto ora giu-
dicare con animo libero da preconcetti: siamo qui di fronte ad un ammonimento di Tiberio agli ap-
partenenti delle due factiones di cui abbiamo parlato nel primo capitolo e ad un conseguente invito
all'imparzialit, a cui lui stesso si sarebbe rifatto. A sostegno di questo un passo di poco successivo
concernente le accuse avanzate contro il legato: [] an falsa haec in maius vulgaverint accusato-
res, quorum ego nimiis studiis iure suscenseo17. In effetti, gi poco dopo la morte di Germanico i
suoi amici (i quali, occorre sottolineare, sono gli stessi membri di quell'entourage di cui abbiamo
tanto parlato nel capitolo II.3) si erano premuniti, oltre a far denudare il corpo del defunto in pubbli-
co facendo correre la voce che fosse stato avvelenato (senza peraltro sapere se ci fosse la verit o
meno, rimarca Tiberio), di crimina et accusationem tamquam adversus receptos iam reos instruere;
al riguardo menzionato per la prima volta il nome di Martina, infamen veneficiis ea in provincia
(la Siria) et Plancinae percaram18. Sul mistero della presunta avvelenatrice ritorneremo fra poco;
per il momento occorre domandarsi perch Tiberio sia stato cos irritato da quei nimiis studiis: ave-
va forse qualcosa da nascondere? A ragione possiamo ipotizzare che il nostro imperatore abbia te-
muto che quella fosse tutta una farsa organizzata dalla factio antoniana-iulia al fine di rovesciarlo e
prendere cos il potere: se Pisone fosse infatti stato ritenuto colpevole dell'assassinio e di essere sta-
to incaricato dell'opera direttamente dal princeps (non dimentichiamoci gli occulta mandata), la fol-
la e gli eserciti, per amore e ricordo del defunto, avrebbero compiuto il resto, e Agrippina avrebbe
cos potuto vedere finalmente coronato il proprio sogno.

16 TAC., Ann., III, 10, 3: non sfuggiva la difficolt dell'inchiesta, n (gli era ignota) la fama di cui godeva [...] rimise
integra la causa al Senato. La versione tacitiana dell'intero processo confermata nella sostanza dal senatoconsulto
redatto alla fine dei lavori, datato il 10 dicembre 20 (a(nte) d(iem) IV eid(us) Dec(embres)). Per il testo dell'editto mi
sono rifatto alla versione e traduzione contenuta in ECK-CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum de
Cn. Pisone patre, op. cit. Per la rimessa del giudizio al Senato da parte di Tiberio cfr. in particolare le linee 5-6
dell'iscrizione (Tiberius [] ad Senatum rettulit qualis causa Cn. Pisonis patris visa esset).
17 Per il discorso di Tiberio vedi Ibid., III, 12; [...] o se queste (siano) menzogne diffuse ed esagerate dagli accusatori,
del cui troppo zelo sono giustamente sdegnato.
18 Ibid., II, 74, 2: mettere assieme elementi di crimine e accusa come se (si dovesse) gi agire contro i colpevoli. []
(Martina), famosa in quella provincia per i (suoi) veleni e molto cara a Plancina.

32
Accadde, per, un imprevisto: si disse [] che Martina, famosa per i (suoi) veleni, fosse im-
provvisamente morta a Brindisi e che del veleno era nascosto nelle sue trecce, mentre nessun segno
di suicidio era stato trovato sul suo corpo19. Come spiegare questa misteriosa scomparsa? Forse
ella si uccise veramente da sola; forse fu intercettata da un sicario del partito pisoniano affinch non
potesse rivelare nulla; ma pu anche darsi (non avendo a disposizione alcun dato certo e concreto)
che siano stati gli stessi uomini che avevano richiesto il suo invio a Roma (Vitellio e Veranio in pri-
mis, presenti, fra l'altro, al processo tra gli accusatori di Pisone) a farla eliminare, facendo credere di
rimando che in realt fosse stata tolta di mezzo per ordine di qualcuno tendente al favore di Piso-
ne; inutile ripetere che si sarebbe trattato di un ulteriore attacco velato all'imperatore. Lo stesso Ti-
berio parve rendersi conto di ci quando sollecit i Padri a non Drusi lacrimas, maestitiam meam
spectare, nec si qua in nos adversa finguntur20. Allo stesso modo deve forse essere interpretato il
passo seguente: ** scripsissent expostulantes, quod haud minus Tiberius quam Piso abnuere21. Con-
getture a parte, l'accusa di veneficio fu l'unica fra le tante avanzate ad essere confutata, quod ne ac-
cusatores quidem satis firmabant22; i denuncianti affermavano, infatti, che Pisone aveva versato del
veleno sul cibo di Germanico durante un banchetto, riuscendo a fare ci in quanto sdraiato in un po-
sto pi elevato di quello del giovane principe. Dubito fortemente che un uomo come Pisone, cos le-
gato alle vecchie tradizioni e cos fiero della propria nobilt, cos romano, si sia abbassato ad uti-
lizzare un'arma tanto ignobile quanto il veleno, al tempo considerato lo strumento per eccellenza
della perfidia femminile. D'altronde lo stesso Senato numquam satis credito sine fraude Germani-
cum interisse23; lo scetticismo dei Padri trova conferma nello stesso senatoconsulto, per il quale la
singolare moderazione e la pazienza di Germanico Cesare sono state sopraffatte dalla brutalit del
comportamento (feritate morum) di Gneo Pisone padre e che per questo, morente, Germanico Cesa-
re [] afferm personalmente che la sua morte era stata causata da Gneo Pisone padre (quoius
mortis fuisse caussam Cn. Pisonem patrem ipse testatus sit)24. Nonostante ci, Pisone non pot
certo dirsi sollevato: difatti, le altre accuse a lui mosse dai collaboratori di Germanico (l'aver corrot-
to i soldati e l'aver assalito con le armi una provincia dell'impero25) non riuscirono ad essere contro-
battute; lo stesso Tiberio era inlatum ob bello provinciae26.
19 Ibid., III, 7, 2.
20 Ibid., 12, 7: a non badare alle lacrime di Druso o al mio dolore, neppure se si inventano delle calunnie contro di
noi.
21 Ibid., 14, 3: (Per quanto lo) richiedessero gli accusatori, tanto Tiberio quanto Pisone rifiutarono (di presentare le
lettere).
22 Ibid., 14, 1: poich neanche gli accusatori la provarono a sufficienza.
23 Ibid., 14, 3: non aveva mai seriamente creduto che Germanico fosse morto mediante un inganno.
24 ECK-CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum de Cn. Pisone patre, op. cit., ll. 26-28.
25 Vedi ibid., ll. 52-57; cfr. TAC., Ann., III, 13, 2.
26 TAC., Ann., III, 14, 2: (era) inesorabile per la guerra (provocata) nella provincia. Cfr. ECK-CABALLOS-
FERNANDEZ, Das senatus consultum, op. cit., ll. 45-48: bellum etiam civile excitare conatus sit [] repetendo
provinciam Syriam post mortem Germanici Caesaris (cerc anche di provocare una guerra civile [] col fine di

33
Dopo la morte del principe, infatti, Pisone, convinto dalle parole dell'amico Domizio Celere,
aveva tentato di riprendersi la Siria con la forza, al comando della quale era stato intanto posto
Gneo Senzio. Dovremmo forse - diceva Domizio Celere - affrettarci a sbarcare assieme alle ceneri
di Germanico cos che il pianto di Agrippina e il volgo ignaro trascinino via con la forza te, inascol-
tato e indifeso, al (sorgere delle) prime voci?27. Diverso parere aveva invece Marco, figlio del lega-
to, per il quale il padre sarebbe dovuto tornare a Roma il pi in fretta possibile; nihil adhuc inexpia-
bile admissum, neque suspiciones imbecillas aut inania famae pertinescenda. L'avversione nei ri-
guardi di Germanico poteva forse arrecare delle ostilit, non una pena28. Da questi due passi si
evince indirettamente come l'accusa di veneficio fosse gi stata messa in circolo subito dopo la mor-
te del principe; la celerit della diffusione della notizia, senza peraltro che si avessero gi in mano
delle prove concrete, unita al dubbio sul da farsi attanagliante Pisone e la sua cerchia in quei giorni,
avvalora ulteriormente l'ipotesi dello sfruttamento della tragedia da parte dell'entourage di Agrippi-
na per secondi fini. Pisone, per, comp un passo falso: decidendo di non affidarsi immediatamente

Fig 10: Tavola bronzea con l'iscrizione del senatoconsulto del 20. Siviglia, Museo Archeologico.

alla giustizia e all'autorit di Tiberio, dopo essere stato prevenuto da Senzio dal corrompere i soldati
della VI legione di stanza a Laodicea, l'irriducibile senatore si asserragli nella fortezza di Calende-
ri, in Cilicia; tale reazione contribu forse non poco ad avvalorare l'ipotesi della sua colpa.
Dal suo rifugio l'ex legato dichiarava che lui, legato di Cesare, era tenuto lontano dalla provin-
cia che egli stesso gli aveva conferito, e non dalle legioni [], ma da Senzio, il quale nascondeva
l'odio privato sotto false accuse (privatum odium falsis criminibus tegente)29. Probabilmente le
cose andarono proprio cos, con l'unica differenza che non era solo Senzio a covare tale rancore; ma

rientrare nella provincia di Siria dopo la morte di Germanico Cesare).


27 TAC., Ann., II, 37, 3.
28 Ibid., 76, 2: nulla di irreparabile era avvenuto fino ad allora e non era il caso di temere sospetti inconsistenti e vane
dicerie.
29 Ibid., 80, 2.

34
il tentativo di Pisone di resistere con le armi non fece che aggravare la sua gi precaria situazione.
La sua presa di posizione, inoltre, si concilia perfettamente con il suo carattere altezzoso e testardo:
se addirittura faceva fatica a cedere il passo a Tiberio e teneva in disprezzo i figli di lui30, come
possiamo credere che si sarebbe arreso ai suoi avversari tanto facilmente? Il problema fu, , per, che
siffatta reazione non fece altro che inasprire ancor di pi l'animo stesso dell'imperatore31.
Per (quanto riguardava tutte) le altre (accuse), la difesa vacill; non si poteva infatti negare n
l'aver suscitato intrighi fra i soldati (ambitionem militarem) n (l'aver lasciato) la provincia soggetta
ai peggiori elementi (provinciam pessimo cui<que> obnoxiam), e neppure gli oltraggi contro il co-
mandante (contumelias [] adversum imperatorem)32. Dopo il fallimento della difesa, Pisone tor-
n in Senato un'ultima volta, spinto dalle esortazioni dei figli, dove per fu accolto redintegratam-
que accusationem, infensas patrum voces. [] Nullo magis exterritus est quam quod Tiberium sine
miseratione, sine ira, obstinatum clausumque vidit33.
Era la fine: tornato a casa, conscio forse di aver perduto l'appoggio del princeps, non senza pri-
ma aver redatto una lettera indirizzata a quest'ultimo, Pisone si suicid: multam post noctem []
operiri fores iussit; et coepta luce perfosso iugulo, iacente humi gladio, repertus est34.
Le ultime parole del senatore imploravano Tiberio di risparmiare i propri figli, in particolar
modo il maggiore, Marco, del cui tentativo di distogliere il padre dal tornare in Siria abbiamo gi
detto; l'imperatore acconsent di buon grado, essendo anche mosso da un senso di piet (miseratus)
verso quella nobile stirpe per quella grave morte35.

30 Cfr. nota 1.
31 Tanto che, al momento di tornare a Roma, Pisone si fece precedere dal figlio datis mandatis per quae principem
molliret (TAC., Ann., III, 8, 1: dopo avergli fornito delle istruzioni mediante le quali placare il princeps). Se
Tiberio e il suo legato fossero stati realmente in combutta fra loro, quest'ultimo non avrebbe avuto alcun motivo di
temere la reazione del suo superiore, soprattutto premunendosi in tal maniera.
32 TAC., Ann., III, 14, 1.
33 Ibid., 15, 2: (fu accolto) da una rinnovata accusa e dalle irate voci dei senatori. [] Nulla per lo atterr tanto
quanto ci che vide, (il volto) di Tiberio senza (alcuna espressione di) piet, senza ira, tenacemente inespressivo.
34 Ibid., 15, 3: nel pieno della notte [] ordin di chiudere le porte; all'alba fu ritrovato con la gola trapassata, la
spada giacente al suolo. Secondo Braccesi, Pisone non si suicid (vedi Agrippina, op. cit., pp. 167-168); la sua tesi
si basa sul seguente passo di Tacito (16, 1), in cui lo storico afferma, seppur dichiarando di non essere sicuro della
veridicit di tale notizia, che il legato era stato ucciso da un sicario dopo che si era deciso a mostrare al Senato una
lettera di Tiberio contenente gli ordini impartiti ai danni di Germanico. Braccesi ipotizza che Seiano, il quale aveva
tenuto a bada Pisone con vane promesse, si sia fatto esecutore della volont del princeps, eliminando lo sfortunato
senatore; l'autore nota, infatti, come Pisone non si sia trafitto al petto, ma si sia squarciato la gola, e per di pi non
con un pugnale, ben pi maneggevole, ma con un gladio, un'arma di tipica pertinenza militare. A mio parere tutto ci
da ricondurre ancora una volta alla volont di insabbiare e denigrare l'imperatore mediante vicende che ben si
prestavano a essere modificate per raggiungere altri scopi. Non dimentichiamoci, comunque, che Pisone si riteneva
interprete di quella parte di aristocrazia pi legata al vecchio mos maiorum, per il quale era di certo pi onorevole un
suicidio che non una condanna a morte. La tesi del suicidio accolta anche da Cassio Dione (57, 18, 10), il quale,
peraltro, riassume la vicenda dell'intero processo in poche righe. Per Svetonio, invece, Pisone fu semplicemente
condannato a morte dal Senato (Cal., 2); cfr. ECK-CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum, op. cit.,
l. 73: itaque iis poenis, quas a semet ipso exegisset, adicere [] (pertanto a quelle pene, che egli si inflitto da
solo, (il senato) aggiunge [...]).
35 TAC., Ann., III, 17, 1.

35
Riguardo le disposizioni prese dal Senato contro il defunto, sappiamo che multa ex ea sententia
mitigata sunt a principe36: come testimonia anche il senatoconsulto, i beni di Pisone furono equa-
mente divisi fra i due figli, mentre quattro milioni di sesterzi a titolo di peculio andarono alla fi-
glia Calpurnia. Dall'atto senatorio si evince anche che le statue e le raffigurazioni del legato vennero
rimosse, che ai suoi ritratti fu interdetto di comparire fra quelli della gens Calpurnia durante le ceri-
monie funebri dei membri della famiglia, che le donne furono esentate dall'assumere il lutto pubbli-
co per la sua morte e che il suo nome venne radiato da un'epigrafe posta su una statua di Germanico
situata in Campo Marzio, presso l'altare della Provvidenza37.

III.4: Un delitto al femminile?


Rimane adesso da analizzare l'altra figura protagonista di questa vicenda assieme a Pisone, ov-
vero la moglie Plancina. Ho deciso di separare le loro storie non solo perch, ad un certo punto, i
destini dei due coniugi presero strade diverse, ma anche per poter cos meglio esporre una seconda
teoria riguardo la morte di Germanico (ci tengo a ricordare che l'idea di questa versione a tinte
rosa mi permessa dall'ambiguit e dal mistero di cui la faccenda avvolta).
Per far ci, dobbiamo ritornare al momento della partenza del nostro giovane principe per l'O-
riente. Tacito molto esplicito al riguardo: Plancinam haud dubie Augusta monuit aemulatione mu-
liebri Agrippinam insectandi38. Gi qui possiamo trovare il perno principale su cui l'autore innesta
tutti i successivi eventi: Plancina non sarebbe stata altro che uno strumento nelle mani di Livia da
aizzare contro l'ambiziosa nipote ( del loro reciproco astio abbiamo gi parlato nella sezione II.3).
Nel racconto tacitiano, per, la figura di Livia viene continuamente screditata dallo storico, il quale
gli attribuisce (seppur spesso tramite allusioni o riferimenti indiretti) azioni turpi ed inganni, una ir-
refrenabile sete di potere unita alla mania continua di voler metter bocca negli affari di governo39.
Agli antipodi troviamo, invece, Agrippina, dipinta (specialmente dopo la morte del consorte) quasi
come una martire della tirannia della nonna e del suocero. E' chiaro che Tacito deve aver molto pro-
babilmente attinto a una qualche fonte ostile alla coppia imperiale, tendente, perci, a valorizzare
(di rimando) in positivo tutte le personalit che vi erano in contrasto.
Qualunque sia la verit, questa avversione fra nonna e nipote, questo scontro tra titane, fa da
sfondo a tutte le vicende particolari di cui ora parleremo.

36 Ibid., 18, 1: molti (punti) di questa sentenza furono mitigati dal principe.
37 Per le decisioni finali del Senato cfr. ECK-CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum, op. cit., ll. 71-108.
38 TAC., Ann., II, 43, 5: senza dubbio Augusta spinse Plancina a perseguitare Agrippina con la gelosia femminile.
39 Un'interessante apologia della prima imperatrice di Roma il saggio di Matthew Dennison, Empress of Rome: The
Life of Livia, 2010, Quercus Editions Ltd (UK), in cui l'autore cerca di ripulire la figura della moglie di Augusto da
tutte le turpitudini assegnatele dalla tradizione ostile.

36
Una volta in Oriente, Plancina prese alla lettera i presunti ordini di Livia; non solo inizi ad
atteggiarsi come la rivale (presso le truppe e gli accampamenti, ad esempio), ma non tenendosi en-
tro i limiti (voluti) dal decoro di una donna, in Agrippinam, in Germanicum contumelias iacere40.
Ci contribu non poco a far credere al giovane condottiero morente di essere stato tolto di mezzo
scelere Pisonis et Plancinae; in particolare, da tenere presente il momento in cui il principe ester-
n agli amici tutta l'amarezza che aveva in corpo per via della propria sorte: [...] s che io, un tem-
po splendente, superstite di tante guerre, cadessi per l'inganno di una donna ( muliebri fraude ceci-
disse )41. A chi si stava riferendo il nostro giovane eroe? A Plancina oppure alla nonna Livia? Ab-
biamo gi visto che tipo di rapporto intercorreva fra Germanico e lo zio Tiberio (al di l delle maldi-
cenze); fra nipote e nonna le cose non dovevano essere molto diverse, anche perch Germanico era
figlio di quel Druso per cui Livia si era tanto disperata quando improvvisamente era venuto a man-
care42. Di chiunque stesse parlando, il principe mor poco dopo e i suoi amici si adoperarono da su-
bito a spargere la voce del veneficio e ad inviare a Roma la gi menzionata Martina, Plancinae per-
caram. Nella capitale, intanto, gi si diceva che hoc egisse secretos Augustae cum Plancina sermo-
nes43; ad esse veniva contrapposta Agrippina, femina nobilitate princeps pulcherrimo modo matri-
monio inter venerantes gratantisque aspici solita44; era lei il vero modello di virt femminile, decus
patriae, solum Augusti sanguinem, unicus antiquitatis specimen45.
Vale la pena ribadire come questi passi siano stati quasi certamente
soggetti a deformazione (con ogni probabilit da parte del circolo
di Germanico-Agrippina) con l'intento preciso di diffamare la re-
putazione della matriarca Livia.
Una volta rientrata nell'Urbe, Plancina fu messa in stato di ac-
cusa al pari del marito, ma il suo processo ebbe un finale ben di-
verso da quello dello sfortunato consorte. Tacito preannuncia che
costei era maggiormente favorita; ut secretis Augustae precibus
veniam obtinuit, paulatim segregari a marito, dividere defensio-
nem coepit46; anche nel senatoconsulto leggiamo che Tiberio preg
Fig.11: Busto di Livia. Copenaghen,
il Senato pro Plancina rogatu matris suae47. Pisone, compreso Ny Carlsberg Glyptotek.

40 TAC., Ann., II, 55, 6: (inizi) a lanciare insulti contro Agrippina e Germanico.
41 Ibid., 71, 1-2.
42 Vedi VALERIO MASSIMO, Dictorum factorumque memorabilium libri, 5, 3.
43 TAC., Ann., II, 82, 2: questo era l'effetto delle segrete conversazioni di Augusta con Plancina.
44 Ibid., 75, 1: donna di nobilt principesca per il cospicuo matrimonio, abituata ad essere considerata con reverenza e
con segni di riconoscenza.
45 Ibid., III, 4, 2: decoro della patria, sola discendente di Augusto, unico esempio dell'antica (virt).
46 Ibid., 15, 1: quando ottenne il perdono per le segrete preghiere di Augusta, allontanandosi a poco a poco dal marito,
inizi a separare la (sua) difesa (da quella di lui).
47 ECK-CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum, op. cit., l. 114: a favore di Plancina su richiesta della

37
come le cose si stessero mettendo per lui, scrisse allora la lettera e si suicid. Nell'epistola interes-
sante notare che de Plancina nihil addidit48; gli stessi figli, chiamati dall'imperatore a difendere la
madre, si rifiutarono di farlo. Che cosa aveva fatto Plancina per meritarsi un simile trattamento? Ci
era dovuto al suo egoismo oppure dobbiamo presupporre che vi fosse dell'altro? Abbiamo gi detto
che Germanico si era lamentato di star morendo per l'inganno di una donna; il veleno, arma per
eccellenza della figura femminile, era considerato lo strumento pi subdolo che si potesse utilizzare
per eliminare una persona, in quanto delle volte il suo effetto poteva facilmente essere confuso con
quello di una malattia; un bell'inganno, dunque. E se Plancina avesse davvero eliminato il nostro
eroe? Avrebbe potuto farlo per spregio della rivale, procurandole un dolore tanto profondo quanto
grande era l'amore che ella aveva per il marito49. Se cos fosse, le cose si metterebbero male per Li-
via, la quale esort tenacemente il figlio a salvare l'amica, tanto che Tiberio pro Plancina cum pu-
dore et flagitio disseruit50 (una riprova, questa, della sua totale estraneit alla faccenda). Per quanto
riguarda l'abbandono da parte dei propri familiari, le cose potrebbero spiegarsi come segue: Planci-
na, dopo aver commesso il delitto, si confid con il consorte, il quale decise di condividere il peso
della rivelazione della moglie e le eventuali conseguenze che avrebbero potuto derivarne. Una volta
venuta a sapere della possibilit di salvezza offertale da Livia, Plancina avrebbe abbandonato il ma-
rito al proprio destino, di modo che fosse lui ad essere considerato il vero colpevole dell'omicidio,
mentre lei avrebbe potuto continuare a vivere indisturbata. Ci comport naturalmente il risenti-
mento di Pisone e dei figli, i quali, di fronte a tanto egoismo, non vollero pi avere niente a che fare
con lei.
Occorre, per, notare che non era la prima volta che Livia si intrometteva in questioni giudizia-
rie a causa dell'amicizia che la legava all'accusata51; ella, dunque, potrebbe semplicemente aver agi-
to in buona fede (per quanto ci sia discutibile), non credendo che Plancina fosse realmente colpe-
vole ed utilizzando, pertanto, tutta l'autorit in suo possesso per trovarle una via d'uscita.
Dopo che Tiberio ebbe parlato in suo favore, seppur con riluttanza, tutte le persone oneste ini-
ziarono a temere che la donna, lasciata libera, venena et artes tam feliciter expertas verteret in
Agrippinam, in liberos eius, egregiamque aviam ac patruum sanguine miserrimae domus exsatia-

madre.
48 TAC., Ann., III, 16, 4: nulla aggiunse su Plancina.
49 Braccesi (Agrippina, op. cit.) sottolinea pi volte come, morto Germanico, qualcuno abbia creduto che i sogni di
gloria di Agrippina sarebbero sfumati con lui, essendole venuto a mancare lo strumento per giungere al potere. In
realt, come ben dimostrano i fatti successivi, l'ambizione della donna non si spense con la dipartita del consorte.
50 TAC., Ann., III, 17, 1: discorse a favore di Plancina con vergogna e infamia. Per la richiesta di Livia cfr. ECK-
CABALLOS-FERNANDEZ, Das senatus consultum, op. cit., ll. 115-120.
51 Vedi Ibid., II, 34, 2-4: Urgulania, amica di Livia, era stata citata in giudizio dal senatore Lucio Pisone; ella, per,
non obbed e si rifugi presso la domus imperiale. Livia allora, lamentandosi di essere lei stessa offesa e diminuita
nella sua autorit, intercesse presso il figlio affinch la faccenda venisse sistemata.

38
ret52; anche questo passo probabilmente da ricondurre alla corrente ostile all'imperatore e alla ma-
dre. Se anche Plancina avesse eliminato Germanico, difficile pensare che Livia abbia ordinato ci
solo per fare uno spregio alla propria nipote; l'affetto e la fiducia per Germanico, nonch la sua im-
portanza per lo Stato, dovevano andare ben oltre l'avversione nei confronti di sua moglie.
Comunque stiano le cose, a Plancina fu concessa l'immunit, un fatto di cui Tiberio si vergogn
cos tanto che, per rimediare, apparve anche pi indulgente verso gli altri (accusati)53.
I timori delle persone oneste, se anche veritieri, non si tramutarono, per, in realt; dopo l'asso-
luzione, di Plancina si perde ogni traccia nelle fonti, salvo la menzione della sua morte. Per uno
scherzo del destino, la donna si suicid lo stesso anno in cui spir la sua acerrima nemica Agrippina
(33 d.C.). Questo l'epitaffio di Tacito: ut odium et gratia desiere,ius valuit; petitaque criminibus
haud ignotis sua manu sera magis quam immerita supplicia persolvit54.

52 Ibid., III, 17, 2: rivolgesse i suoi veleni e le sue arti, tanto felicemente sperimentate, contro Agrippina e i suoi figli e
saziasse l'egregia ava e il padre col sangue di quella infelicissima famiglia.
53 Ibid., 18, 1.
54 Ibid., VI, 26, 3: Abbandonata dall'odio e dal favore, ebbe contro la giustizia; accusata di crimini affatto sconosciuti,
pag di propria mano una pena molto pi tarda che immeritata. La morte di Plancina menzionata anche in Dione,
58, 22, 5, secondo il quale Tiberio l'aveva lasciata vivere per non dare ad Agrippina la soddisfazione di gioire per la
sua morte.

39
IV. Il peso della memoria
Dopo la morte, la figura di Germanico si tramut in una sorta di vessillo da impugnare per gua-
dagnarsi il consenso della plebe, facendo leva sull'amore che la sua persona aveva sempre suscitato
negli animi della gente. Di tale espediente si serv per prima la vedova del giovane principe, nella
lotta che la vide contrapporsi, assieme ai suoi due primogeniti, al vecchio imperatore e alla sua fi-
data mano destra, il prefetto del pretorio Lucio Elio Seiano. A fatti compiuti, possiamo dire, per,
che questo scudo dietro cui celarsi si rivel essere pi una condanna che un aiuto.
Per comprendere meglio gli avvenimenti svoltisi dopo il 19, non possiamo prescindere dall'esa-
minare pi attentamente due fattori incisivi. Il primo riguarda l'incredibile ascesa di Seiano, le mo-
dalit con cui questo eques di oscuri natali scal tutte le tappe della carriera politica, giungendo al
vertice della piramide quale maggiore collaboratore del princeps, per poi rimanere subito dopo vitti-
ma dei suoi stessi intrighi. In secondo luogo dobbiamo invece considerare il cambiamento interno
alla figura di Tiberio: tutte le fonti pi autorevoli, bench ostili, sono concordi nello stabilire che il
comportamento dell'anziano sovrano degener progressivamente, fino al punto che, dopo la caduta
di Seiano nel 31, in scelera [] ac dedecora prorupit, postquam remoto pudore et metu suo tantum
ingenio utebatur55. Per quanto i nostri autori possano tavolta aver calcato la mano, una trasforma-
zione nell'animo di Tiberio indubbia; vedremo a tal proposito quali furono i motivi (certi o proba-
bili) per cui il suo carattere si inaspr sempre pi.
La prima di queste cause fu senz'altro la morte del figlio Druso nel 23 d.C. Dopo Germanico,
Druso divenne il nuovo candidato alla successione56, un fattore che, a detta di Tacito, indusse il po-
polo a temere che ci avrebbe comportato la messa in secondo piano della famiglia del fratello57.
Ci ovviamente senza fondamento e lo conferma lo stesso trattamento che Tiberio riserb alla
prole del figlio adottivo: a Nerone e Druso Cesari furono infatti conferiti onori ricalcanti quelli che
il vecchio Augusto aveva a suo tempo fatto tributare ai nipoti Gaio e Lucio, presentandoli di fatto
come i propri successori58. Bruno Gallotta del parere che questo modo di procedere concordi per-
fettamente con gli schemi politici di Tiberio, i quali, a loro volta, avevano per modello quelli del-

55 TAC., Ann., VI, 51, 3: proruppe in delitti e ignominie, giacch, rimosso (ogni) pudore ed (ogni) paura, dette prova
soltanto della sua natura.
56 Vedi per questo il conferimento della tribunicia potestas nel 22 d.C., con cui l'ascesa politica del giovane figlio di
Tiberio veniva a concludersi. Cfr. TAC., Ann., III, 56, 1; 4: Non era adesso con premura che egli (Tiberio)
chiamava Druso ad intraprendere questo dovere, dopo otto anni di prova (per octo annos capto experimento), (dopo)
rivolte represse (compressis seditionibus), guerre concluse (compositis bellis), il trionfo e il secondo consolato
(triumphalem et bis consulem). Si pu ben vedere come Druso non sia stato, quindi, inesperto, n tantomeno uno
sprovveduto.
57 Vedi ibid., II, 84, 2 per la nascita dei gemelli di Druso e il timore della plebe.
58 Tali privilegi consistevano nell'esenzione dall'ufficio del vigintivirato e nell'assunzione della questura cinque anni
prima dell'et stabilita dalla legge.

40
l'anziano patriarca59: l'idea era di creare una coppia imperiale, affinch il governo dell'impero ri-
sultasse pi agevole e semplificato; vediamo cos succedersi Gaio e Lucio Cesari, Tiberio e Agrippa
Postumo, Germanico e Druso Minore, per arrivare poi nuovamente a Tiberio e al figlio Druso assie-
me, quali tutori anticipanti la successione di Nerone e Druso Cesari. In tale ottica potrebbe essere
vista anche la figura di Seiano, assunto come collega dell'imperatore dopo la morte del figlio per
essere cos in grado di continuare tale sistema.
In effetti, pi credibile ritenere che le mire del prefetto del pre-
torio fossero rivolte pi a un esercizio di tutela che non al ruolo di
monarca vero e proprio60; le sue origini e l'avversione che la folla
aveva nei suoi confronti (senza contare il probabile mancato appog-
gio da parte degli eserciti) gli avrebbero reso difficile conservare il
potere a lungo, qualora lo avesse preso.Vi , per, un'incongruenza
di fondo: invece di provare a farsi tutore dei figli di Germanico,
Seiano punt sugli infanti dell'appena defunto Druso. Questo fu for-
se conseguenza dell'ostilit e della mai sopita ambizione di Agrippi-
na: ora che il cognato era uscito di scena, i suoi sogni ambiziosi
avrebbero potuto divenire nuovamente realt, tramite la successione
anticipata dei propri figli al vecchio prozio. Seiano prefer puntare Fig.12: Busto di Druso Minore.
Parigi, Muse du Louvre.
allora su Livilla, giovane vedova di Druso e madre dei due piccoli
gemelli. Sappiamo da Tacito che il prefetto chiese a Tiberio di poterne sposare la nuora, flagitante
Livia (da non confondere con la madre dell'imperatore, che negli Annales chiamata Augusta);
satis aestimare firmari domum adversum iniquas Agrippinae offensiones, idque liberorum causa61.
Il princeps rispose che posse ipsam Livia statuere, nubendum post Drusum an in penatibus isdem
tolerandum haberet62; il fatto che Livilla, che le fonti vogliono essere amante di Seiano e cospiratri-
ce assieme a lui dell'assassinio del marito con la speranza del matrimonio e del regno63, seppur
dotata di tale libert, non si spos, fa riflettere sulla veridicit stessa della prima notizia. A gettare
un barlume di luce sulla faccenda Tiberio medesimo quando, sempre in risposta a Seiano, cos gli
parl: falleris enim, Seiane, si [] putas Liviam, quae C. Caesari, mox Druso nupta fuerit, ea men-
te acturam, ut cum equite Romano senescat64; [...] ceterum neque tuis neque Liviae destinatis ad-

59 GALLOTTA, Germanico, op. cit., pp. 200-201.


60 Cfr. SEAGER, Tiberius, op. cit., pp. 180-181.
61 TAC., Ann., IV, 39, 4: su sollecitazione della (stessa) Livilla; le bastava che la casa (dell'imperatore) fosse
rafforzata contro le inique offese di Agrippina, e ci per i propri figli.
62 Ibid., 40, 2: che solamente Livilla era in grado di valutare se, dopo Druso, dovesse risposarsi oppure rimanere nella
sua casa attuale.
63 Ibid., 3, 3.
64 Ibid., 40, 4: Tuttavia ti inganni, o Seiano, se credi che Livilla, che fu moglie prima di Gaio Cesare, poi di Druso,

41
versabor65. Queste frasi sono pi significative di quanto possa inizialmente apparire: se infatti Livil-
la decise di non rimaritarsi (in quanto non troviamo menzione alcuna di un matrimonio), ci rende
difficile pensare che ella sia stata complice di un uomo che la istigava all'omicidio per speranza di
un connubio; inoltre, essendo Druso destinato a diventare imperatore dopo la dipartita del padre,
ancor meno plausibile il fatto che la donna si sia fatta tentare dall'idea del potere. Ergo, probabile
che Druso sia realmente morto a causa di una malattia e non per avvelenamento come le fonti rac-
contano66. D'altronde, la teoria del veneficio fu presa in considerazione solo otto anni dopo la morte
del giovane, quando la ex-moglie di Seiano, Apicata, scrisse, poco prima di suicidarsi, una lettera al
princeps, con cui lo mise a conoscenza del presunto delitto. Dione, per, afferma che la donna fece
ci , 67;
possibile, perci, che Apicata abbia voluto in tal modo vendicarsi di Livilla (per averle portato via il
marito?), la quale mor a sua volta poco tempo dopo68.
Sempre nella risposta al proprio prefetto del pretorio riguardo la richiesta di matrimonio, l'anzia-
no imperatore aggiunse al suo diniego un'ulteriore motivazione: le nuove nozze avrebbero compor-
tato di rimando inimicitias Agrippinae, quas longe acrius arsuras, si matrimonium Liviae velut in
partes domum Caesarum distraxisset. Sic quoque erumpere aemulationem feminarum, eaque di-
scordia nepotes suos convelli69. Livilla avrebbe dunque potuto cercare l'appoggio di Seiano soltanto
per tutela dei propri figli; Agrippina, al contrario, faceva leva ancora sul ricordo del marito deceduto
in circostanze misteriose per guadagnare consensi. Per quanto riguarda Tiberio, invece, suo unico
interesse era quello di tutelare lo Stato mediante la protezione dei propri eredi, facendo in modo che
le ostilit fra le donne non danneggiassero i propri nipoti e, di conseguenza, la cosa pubblica. In un
primo momento, dunque, Tiberio punt veramente sui figli di Germanico, come testimonia il mo-
mento in cui, in Senato, chiese ut Germanici liberi, unica praesentium malorum levamenta, induce-
rentur; e, appellandosi ai Padri affinch se ne prendessero cura, cos si rivolse ai nipoti: 'Nero et
Druse [], ita nati estis, ut bona malaque vestra ad rem publicam pertineant'70.

muter il suo pensiero, s da (tollerare di) invecchiare con un cavaliere romano.


65 Ibid., 7: non ostacoler tuttavia i disegni tuoi, n quelli di Livilla.
66 Vedi SVET., Tib., 62; TAC., Ann., IV, 8, 1; DIONE, 57, 22, 1-2.
67 DIONE, 58, 11, 6: venuta a sapere che i propri figli erano morti e visti i loro corpi (gettati) sulle scale (Gemonie).
68 Vedi ibid., 11, 7; secondo Dione, la donna fu messa a morte da Tiberio. Un'altra versione afferma, invece, che fu la
madre Antonia a farla morire d'inedia. In Tacito, a causa della grande lacuna del V libro contenente parte dell'anno
29, l'anno 30 e la quasi totalit dell'anno 31, si pu solamente leggere che si presero crudeli disposizioni contro le
sue effigi e la sua memoria (Ann., VI, 2, 1). Sembra comunque difficilmente credibile che ella sia stata messa a
morte senza che prima venisse svolta alcuna indagine o processo (cfr. SEAGER, op. cit., pp. 184-185).
69 TAC., Ann., IV, 40, 3: [...] le ostilit di Agrippina, che sarebbero divenute di gran lunga pi aspre se il matrimonio
di Livilla avesse lacerato la casa di Cesare come in (due) fazioni. Gi cos prorompeva la rivalit fra le (due) donne e
da tale discordia erano scossi i suoi nipoti. Cfr. SEAGER, op. cit., p. 201.
70 Per i passi vedi ibid., IV, 8, 4-5: (chiese) che fossero introdotti i figli di Germanico, unico sollievo dei presenti
mali. [] 'O Nerone e Druso, siete nati in tale condizione, che le vostre fortune o le vostre sciagure riguardano lo
Stato. Cfr. SVET., Tib., 54.

42
Fig. 13: Grand Came de France. Parigi, Cabinet des mdailles. Onice, 31 x 26,5 cm. Varie sono le interpretazioni
sul riconoscimento dei personaggi raffigurati. La pi accreditata vede Tiberio seduto al centro in vesti giovie, con a
fianco la madre Livia, anch'essa seduta in trono. Di fronte a Tiberio sta Nerone Cesare, primogenito di Germanico, in
vesti militari, con la moglie Giulia Livilla (figlia di Druso Minore). Dietro di lui si vedono Claudia Livilla (moglie di
Druso Minore) e il piccolo Gaio Cesare, futuro Caligola. Dietro Livia sono invece Druso Cesare e la madre
Agrippina, che volgono lo sguardo verso il proprio avo. Sul registro superiore vediamo infatti alcuni dei membri
defunti della famiglia: da sinistra vediamo Druso Minore, Augusto al centro sorretto da Iulo/Ascanio, progenitore
della gens Iulia e infine Germanico, cavalcante Pegaso. Nel registro inferiore sono rappresentati dei barbari
prigionieri.

43
L'ascesa di Seiano fu parallela al declino e, poi, alla caduta definitiva di Agrippina, dei suoi pri-
mogeniti e della loro cerchia ristretta di collaboratori. Negli anni 23-31 assistiamo infatti a tutta una
serie di processi volti a colpire (mediante accuse futili o pretestuose) alcuni dei membri pi in vista
della vecchia factio antoniana-iulia, non ancora esauritasi completamente: vediamo cos morire
Caio Silio e Tizio Sabino, ai quali amicitia Germanici perniciosa71, e la moglie del primo Sosia Gal-
la, caritate Agrippinae invisa principi72. Fu poi la volta di Vibio Sereno, gi esiliato in precedenza73,
di P. Suillio, quaestorem quondam Germanici74, e di Claudia Pulcra, cugina della stessa Agrippina75.
A fronte di tutti questi nomi possiamo ben notare come sia stata messa in atto una vera e propria fai-
da volta all'annientamento del vecchio partito della vedova, il quale ancora si celava dietro al ricor-
do dello sfortunato Germanico. Nello stesso periodo infatti, mentre il numero dei suoi membri anda-
va assottigliandosi sempre pi, il circolo di Agrippina tentava di resistere aggrappandosi all'effetto
che ancora la memoria di Germanico suscitava negli animi della folla, e proiettando la sua figura su
quella del figlio Nerone Cesare (non a caso sappiamo che, quando i senatori riuniti nella Curia
ascoltarono un suo discorso, si commossero, poich recenti memoria Germanici illum aspici, illum
audiri76); il giovane, inoltre, era tanto pi amato quanto maggiore era il pericolo che correva per la
ben nota ostilit di Seiano nei suoi confronti.
Un cambiamento era avvenuto, nel frattempo, anche nel cuore di Agrippina; nonostante non ab-
bia perso il suo indomito ardore e la sua sfrontatezza, troviamo adesso una donna scossa, malfidata,
insicura, talmente affranta dalla perdita del marito che Braccesi ipotizza che sia stata colpita da una
vera e propria crisi depressiva77. Tacito stesso scrive che morbo corporis implicata [], profusis
diu ac per silentium lacrimis, mox invidiam et preces orditur78. Gi da questo breve passo traspare
tutta l'instabilit insinuatasi nel carattere della fiera matrona; ci fu sicuramente dovuto anche alle
continue persecuzioni e condanne ai danni dei propri amici e sostenitori da parte di Seiano e dei
suoi delatori. Che poi Tiberio mal tollerasse la nuora, lo sappiamo bene, e con il tempo i rapporti
non andarono di certo migliorando; anzi, da una serie di fatti contenuti negli Annales appare chiaro
come la rottura fra i due divenne con gli anni sempre pi aperta ed evidente, fino a quando Seiano
non ne approfitt per realizzare i propri piani.

71 TAC., Ann., IV, 18, 1: (fu) dannosa l'amicizia di Germanico. Per la vicenda di Tizio Sabino vedi ibid., 68; cfr.
anche DIONE, 58, 1,1; 1, 3.
72 TAC., Ann., IV, 19, 1: invisa a Tiberio a causa dell'affetto di Agrippina (per lei).
73 Ibid., IV, 28-29.
74 Ibid., 31, 3: una volta questore di Germanico.
75 Ibid., 52, 1.
76 Ibid., 15, 3: il recente ricordo di Germanico dava l'illusione di vederlo e di sentirlo ancora in lui.
77 Cfr. BRACCESI, Agrippina, op. cit., p. 176.
78 TAC., Ann., IV, 53, 1: colpita da una malattia [], dopo aver pianto a lungo e silenziosamente, cominci (ad
alternare) l'invidia alle preghiere.

44
Nel 24 l'imperatore si irrit moltissimo alla notizia che il collegio dei pontefici (e, seguendo il
suo esempio, anche tutte le altre congreghe sacerdotali) cum pro incolumitate principis vota susci-
perent, Neronem quoque et Drusum isdem dis commendavere, non tam caritate iuvenum quam adu-
latione; il princeps, allora, in un discorso rivolto al Senato, monuit in posterum, ne quis mobiles
adulescentium animos praematuris honoribus ad superbiam extolleret79. Forse l'imperatore temeva
che la nuora creasse nuovamente scompiglio all'interno della domus imperiale, cercando di traviare
i figli solamente per saziare la propria sete di potere (mentre
l'obiettivo di Tiberio era quello di educare i futuri imperatori
ad un rifiuto delle onoranze caratteristico del suo governo filo-
senatorio80). L'azione di Seiano contro l'entourage della vedova
avrebbe dunque avuto il solo fine di evitare che la discordia
aumentasse ancora di pi, con il rischio che da essa derivasse
una vera e propria guerra civile. Qualche tempo dopo Agrippi-
na, semper atrox, tum et periculo propinquae (Claudia Pulcra)
accensa, ingiunse al suocero di smettere di perseguitare i di-
scendenti del divino Augusto; l'imperatore, con un insolito
grido (segno emblematico, vista la sua proverbiale calma e
moderazione), afferratala per mano, admonuit non ideo laedi,
quia non regnaret81. Quando poi la nuora, fra le lacrime e la
Fig. 14: Testa di Nerone Cesare,
primogenito di Germanico. Notare la rabbia, gli chiese di trovarle un nuovo marito, Tiberio, non
caratteristica barba, che sar poi ripresa ignarum quantum ex re publica peteretur, [] sine responso
dal suo omonimo nipote, l'imperatore
Nerone, per i propri ritratti ufficiali [] reliquit82. La tensione giunse infine al culmine durante un
dell'ultimo periodo. Tarragona, Museo
archeologico nazionale. banchetto: Agrippina, maerentem et improvidam, era stata in-

79 Ibid., IV, 17, 1-3: [...] nell'innalzare voti per l'incolumit del principe, raccomandarono agli dei, assieme al suo
(nome), quelli di Nerone e Druso, non tanto per affetto verso quei giovani quanto per servilismo. [] (Tiberio
allora) ammon che nessuno, in futuro, avrebbe dovuto eccitare ad orgoglio l'animo volubile dei giovani con onori
prematuri. Cfr. SVET., Tib., 53.
80 Cfr. a tal proposito Dione, 58, 23, 1, in cui Tiberio, riguardo al nipote Gaio Cesare, chiese al Senato di non esaltarlo
con molti e inopportuni onori, affinch, in un modo o nell'altro, non si lasciasse trasportare dalla situazione.
81 TAC., Ann., IV, 52, 1-3: (Agrippina) sempre irritabile, e ancor pi infiammata dal pericolo di (quella) parente [].
(Tiberio) l'ammon che non per tale ragione ella si era offesa, ma perch non era lei a regnare. Cfr. SVET., Tib., 53.
82 Ibid., 53, 2: non ignaro di quanto ci fosse importante per lo Stato, [] (la) lasci senza risposta. Secondo
Braccesi (Agrippina, op. cit., p. 187) Agrippina era stata oggetto di avances da parte di Seiano, dopo che a questi
erano state negate le nozze con Livilla; ci spiegherebbe il motivo per cui Agrippina preg in lacrime il suocero di
trovarle un altro marito, per potersi cos liberare dell'invadente prefetto del pretorio. Seiano si sarebbe poi vendicato
a suo tempo di tal rifiuto, una volta che la donna fu confinata in esilio: per Braccesi la crudelt con cui la matrona
venne trattata fu la conseguenza del suo diniego alla proposta di Seiano. Se Tiberio non aveva permesso, per, che
Seiano sposasse Livilla, difficilmente gli avrebbe concesso di fare altrettanto con Agrippina; inoltre, il passo su cui
tutta questa tesi si basa, contenuto in SVET., Tib., 53 (in cui sono narrati i maltrattamenti subiti dalla vedova di
Germanico), probabilmente da ascriversi fra quei rumores nati in ambienti anti-tiberiani e poi diffusi con la precisa
intenzione di diffamare l'imperatore, accusandolo di tirannia ed enorme crudelt.

45
formata da spie di Seiano (che le si fingevano amiche) che l'imperatore stava progettando di avvele-
narla. Durante il convivio ella non tocc cibo e quando Tiberio le offerse una mela (non avendo al-
cuna minima intenzione di eliminarla), rifiut categoricamente di prenderla83.
Poco dopo questo episodio il princeps lasci definitivamente l'Urbe, ritirandosi a Capri. A diffe-
renza di quanto Tacito sostiene, e cio che il ritiro fu voluto dall'imperatore per poter cos nasconde-
re meglio i propri vizi e crudelt84, sono pi propenso a credere che Tiberio si sia stancato di Roma,
rimanendo amareggiato da tutte le maldicenze che circolavano sul suo conto. Avendo gi un animo
introverso e tendente alla solitudine e alla ricerca della tranquillit85, il vecchio princeps non solo
aveva dovuto tollerare le accuse mossegli da una parte dei senatori (assieme al servilismo di altri),
ma anche quelle provenienti dall'interno della sua stessa casa; i suoi figli erano morti precocemente,
i nipoti ancora troppo piccoli ed inesperti per prendere in mano le redini del potere, le nuore si odia-
vano l'un l'altra, preoccupantesi solamente del futuro e della tutela della propria prole. Senza conta-
re, poi, la continua sfida di Agrippina alla sua pazienza e l'ingombrante presenza della madre Livia
Augusta, divenuta forse anch'essa, con il passare del tempo, un peso per il gi stressato imperatore,
il quale doveva allo stesso tempo occuparsi della cosa pi importante di tutte: il governo dello Stato.
Allontanarsi dalla citt significava dunque allontanarsi da tutte le ostilit e angherie; se anche le
voci su ci che egli faceva a Capri fossero state deformate o addirittura inventate, poco importava;
il popolo avrebbe sempre avuto da ridire o criticare su qualcosa, ma almeno lui avrebbe potuto go-
dersi una vecchiaia un po' pi in pace e serenit. La partenza di Tiberio comport, fra l'altro, campo
libero per Seiano: con il princeps lontano, egli fu in grado di perpetrare pi facilmente la rovina del-
la famiglia di Germanico. Rimane comunque da chiedersi se Tiberio sia stato pi o meno accondi-
scendente ai piani del suo pi fidato collaboratore, se abbia realmente saputo la verit su ci che
Seiano aveva in mente oppure se non sia stato in qualche modo traviato dal proprio prefetto, il quale
sicuramente rappresent il suo principale (e unico?) canale di comunicazione con la capitale dopo la
sua partenza.
Comunque stiano le cose, una volta andatosene Tiberio, il prefetto del pretorio inizi a persegui-
tare Nerone Cesare, il pi vicino alla successione. Prima di analizzare i fatti nel dettaglio, per, dob-
biamo evidenziare un particolare non indifferente: fino a che la vecchia matriarca Livia rimase in
vita, Seiano non pass mai all'azione. Quella, infatti, era la sua progenie, il sangue di Augusto, e sa-

83 TAC., Ann., IV, 54; cfr. SVET., Tib., 53.


84 Ibid., IV, 57, 1.
85 Non va dimenticato che Tiberio si era gi volutamente ritirato una prima volta a Rodi, quando erano sempre vivi
Gaio e Lucio Cesari, per non sembrare, con la sua presenza in Roma, di atteggiarsi a loro (dei nipoti di Augusto)
concorrente (SVET., Tib., 10). Questa fu la versione che egli diede in seguito; al momento della partenza, accenn
come motivo del suo ritiro la saziet di onori e la volont di riposarsi. Anche durante questo primo esilio, inoltre,
l'allora giovane Tiberio rifugg dalle folle e da coloro che venivano a fargli visita per appartarsi in luoghi remoti e
tranquilli, lontano dalla vita pubblica e dalle malelingue.

46
rebbe stato alquanto difficile agire a danno di un qualsiasi membro della famiglia mentre ella vigila-
va sulla propria casa, incutendo timore con la sua sola presenza. Prima della sua morte, avvenuta
nel 29 d.C., Seiano si ridusse quindi a preparare il terreno, a far circolare spie e voci in attesa di in-
traprendere l'atto finale. Dalle parole di Tacito trapela chiaramente l'inesperienza dell'incauto primo-
genito di Germanico: Nerone, quamquam modesta iuventa, plerumque tamen quid in praesentiarum
conduce<re>t oblitum86. Il giovane, per, non era interessato a prendere il potere, non subito per lo
meno; la sua unica colpa risiedeva in espressioni superbe e avventate (voces contumaces et incon-
sultae), che apposite spie riferivano esagerate (auctas), senza che a Nerone fosse dato di
difendersi87. Vediamo dunque un povero giovane attorniato solamente da maschere malevole; la
stessa moglie, figlia di Druso Minore e Livilla, rivelava alla madre tutte le ansie e i tormenti pi
profondi che lo sprovveduto consorte ingenuamente le confidava. Seiano riusc addirittura a mettere
contro Nerone il fratello Druso, spe obiecta principis loci, e facendo leva sull'invidia del secondo-
genito, quod mater Agrippina promptior Neroni erat88. A tal riguardo possiamo solo avanzare delle
ipotesi: plausibile che la madre abbia favorito il primo figlio perch avente un carattere pi debo-
le, pi simile a quello del defunto marito, pi facilmente influenzabile e controllabile. Druso, inve-
ce, che la tradizione ci presenta come un giovane ambizioso e di atrox ingenium, sembra per questo
somigliare molto di pi alla madre ed semplice comprendere come egli non le avrebbe permesso
di interferire nei suoi affari in alcun modo, se mai avesse preso il potere.
Dopo la morte di Livia, Seiano entr in azione. Tutte le fonti a nostra disposizione concordano
sul fatto che Tiberio gioc un ruolo di primo piano nella conduzione della vicenda, tanto che fu lui
stesso ad accusare, mediante una lettera inviata al Senato, il nipote di amores iuvenum et impudici-
tiam e la nuora di adrogantiam oris et contumacem animum. Gli stessi senatori rimasero allibiti da
una cos esplicita invettiva, tanto pi che l'imperatore aveva, al suo solito, utilizzato un linguaggio
ambiguo89. Per quale motivo Tiberio attacc s apertamente il proprio nipote, per di pi con accuse
tanto pretestuose? Forse la madre era nuovamente in procinto di mettere in moto qualcosa di pi
grosso, servendosi della figura del figlio (che ha tutta l'aria di essere una vittima) quale vessillo per
tutti coloro aventi invisi Tiberio e Seiano. Una notizia riportata da Svetonio potrebbe, in effetti, av-
valorare tale sospetto: l'imperatore accus infatti la nuora di ad statuam Augusti, [] ad exercitus
confugere velle90; Agrippina avrebbe dunque cercato (per l'ultima volta) di sovvertire l'ordine e spo-

86 TAC., Ann., IV, 59, 3: sebbene (fosse) un giovane moderato, il pi delle volte, tuttavia, si dimenticava di cosa era
opportuno (fare) nell'immediato.
87 Ibid., 60, 1.
88 Ibid., 60, 2: con la speranza dell'impero. [] poich la madre Agrippina era pi ben disposta nei confronti di
Nerone.
89 Ibid., V, 3, 2-3: (il nipote) di amori con giovani e scostumatezza; (la madre) di linguaggio arrogante e animo
superbo.
90 SVET., Tib., 53: di voler rifugiarsi presso la statua di Augusto o presso le legioni.

47
destare il suocero, appellandosi alla sua discendenza divina e, sicuramente, alla memoria del de-
funto marito. Ci spiegherebbe anche il motivo per cui Tiberio, dopo la caduta di Seiano nel 31,
continu a tenere la donna relegata (fino alla sua morte) sull'isola di Pandataria; solo cos ella
avrebbe definitivamente smesso di creare disordini insidianti la base stessa dello Stato. Come avreb-
be potuto, per, dare problemi una donna affranta, non pi padrona di s, quasi certamente consu-
mata dalla depressione? Anche se Agrippina non era pi quella di un tempo, di sicuro conservava
dentro di s abbastanza rancore, ardore e spirito materno da tentare un ultimo colpo di mano contro
il suocero, ma, soprattutto, contro il suo braccio destro, il quale stava oramai chiaramente mirando
all'annientamento della sua famiglia. Ci tengo comunque a precisare che trattasi solo di supposizio-
ni, a causa della scarsit della documentazione unita all'ambiguit di quelle poche notizie che ci
sono rimaste sulla questione.
Dalle ultime parole di Tacito, prima che la sua narrazione si interrompa, traspare bene l'aria di
rivolta che regnava a Roma in quei giorni: il popolo, portante le statue di Agrippina e Nerone, cir-
cond la Curia e, con voci augurali per Cesare, gridava che la lettera era falsa (falsas litteras) e che
contro il volere del principe (principe invito) si mirava alla distru-
zione della sua casa (exitium domui eius). [] Che cosa rimaneva
(a quelli) se non prendere in mano le armi (ut caperent ferrum) e
scegliersi come generali e comandanti (coloro) le cui immagini
essi avevano seguito come vessilli?91.
Sappiamo poi che Seiano ,
92. La potenza del prefetto del pretorio raggunse
allora il suo apice: Nerone e Druso Cesari furono dichiarati hostes
publices93 e mandati in esilio, il primo sull'isola di Ponza, il se-
condo nei sotterranei del Palatino. Poco tempo dopo il maggiore
dei due mor, a detta di Svetonio, suicida, cum ei carnifex quasi
ex senatus auctoritate missus laqueos et uncos ostentaret94. L'idea
che tutto questo sia la conseguenza di un'azione di Agrippina (e
non solo della crudelt di Tiberio) potrebbe trovare riscontro in
un apparente paradosso: mentre la vedova di Germanico e i suoi Fig. 15: Statua di Druso Cesare (?),
primogeniti vennero mandati alla rovina, l'imperatore chiam a s secondogenito di Germanico e
Agrippina. Grosseto, Museo
(e, in seguito, favor) il terzo figlio della donna, Gaio Cesare, il archeologico e d'arte della Maremma.

91 TAC., Ann., V, 4, 2-4.


92 DIONE, 58, 3, 8: calunni Druso con l'aiuto della moglie di lui.
93 SVET., Tib., 54; Cal., 7.
94 Ibid., Tib., 54: dopo che il suo carnefice gli ebbe ostentato lacci e uncini, come se fosse stato mandato l per ordine
del Senato.

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futuro Caligola. Per Dione tale fatto fu il risultato della volont del princeps di contrapporre all'or-
mai incontrollata potenza di Seiano (con il quale era avvenuta, nel frattempo, una rottura nei rappor-
ti) il giovane nipote, adorato dal popolo 95. An-
cora Germanico; almeno questa volta, per, il nome del padre fu di aiuto alla sorte di uno dei suoi
figli.
Non questa la sede per indagare i motivi che portarono Tiberio a togliere di mezzo il suo prin-
cipale aiutante; ci che a noi qui interessa sottolineare, invece, che, anche dopo la sua morte, il de-
stino delle illustri vittime di Seiano non cambi. L'indomita Agrippina mor (forse di propria mano,
come suggeriscono Tacito e Svetonio96) due anni dopo (nel 33 d.C.) sull'isola in cui era stata confi-
nata nel 29; qualche tempo prima Druso Cesare aveva esalato l'ultimo respiro fra gli stenti delle
cantine del Palatium, dopo che, per sopravvivere, aveva tentato di nutrirsi con l'imbottitura del ma-
terasso97. Riguardo quest'ultimo importante citare un episodio che lo vide protagonista, seppur in
modo indiretto: in quegli anni le province di Asia e Acaia exterritae sunt da un giovane che facevasi
passare per il secondogenito di Germanico. Ai fini della nostra ricerca ci interessa solamente evi-
denziare come il ricordo del principe defunto nel 19 fungeva ancora da icona mediante la quale gua-
dagnarsi il favore e l'appoggio delle genti locali fra cui egli aveva vissuto; da Dione e Tacito sappia-
mo, infatti, che il falso Druso incontr grande simpatia e so-
stegno nelle citt in cui si rec e che aveva intenzione di recarsi
successivamente in Siria ad paternos exercitus, certo sicuramen-
te che quelle legioni gli avrebbero dato manforte in memoria di
Germanico98.
Del nome del padre fece infine largo uso l'ultimo figlio ma-
schio, Gaio Cesare, destinato alla successione assieme al cugino
Tiberio Gemello (il figlio superstite di Druso Minore) dopo la
morte di Seiano e l'uscita di scena dei fratelli. Caligola fece ci
essenzialmente per guadagnare ancora una
volta l'amore della folla, oltre ad ottenere la fiducia degli
eserciti per il ricordo di quel giovane e amato generale. Ce ne da
Fig. 16: Busto di Gaio Cesare Caligola.
Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. uno spaccato Svetonio: (Caligola) colm i voti del popolo ro-

95 DIONE, 58, 8, 1-2: per il ricordo di suo padre Germanico.


96 SVET., Tib., 53; TAC., Ann., VI, 25, 1, secondo il quale Agrippina si era lasciata morire dopo essere venuta a
conoscenza della morte di Druso, ricalcando peraltro un copione che abbiamo gi visto, quando la madre Giulia
Maggiore aveva deciso di non toccare pi cibo dopo l'assassinio del figlio Agrippa Postumo.
97 TAC., Ann., VI, 23, 2; SVET., Tib., 54.
98 Per la vicenda del falso Druso vedi TAC., Ann., V, 10; DIONE, 58, 25, 1. Da notare la differente collocazione
temporale dei fatti nelle due narrazioni: mentre Tacito data l'evento al 31 (quando Druso Cesare era ancora in vita,
seppur segregato), Dione lo colloca fra gli avvenimenti dell'anno 34.

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mano, anzi, (quelli) dell'intero genere umano, poich era il principe bramatissimo dalla maggior
parte dei provinciali e dei soldati, molti (dei quali) lo avevano conosciuto bambino, e dall'intera ple-
be urbana, commossa dal ricordo del padre Germanico e di tutta la sua famiglia rovinata (ob memo-
riam Germanici patris miserationemque propre afflictae domus)99. La stessa ricerca delle ossa del-
la madre e dei fratelli (una volta salito al trono), che Tiberio aveva fatto seppellire anonimamente, e
la loro deposizione all'interno del Mausoleo di famiglia100 simboleggia, tramite la piet filiale, la vo-
lont di legittimare la propria ascesa al potere richiamandosi alla sfortuna della propria casa (il viag-
gio ricorda, peraltro, quello che Agrippina aveva compiuto nel 19 con le ceneri del marito strette al
petto). Dalla madre Gaio eredit la concezione del potere, inaugurando un principato di importanza
fondamentale per la successiva storia di Roma, in quanto segnante l'abbandono definitivo del com-
promesso augusteo-tiberiano mediante l'instaurazione di una monarchia di stampo orientale, con la
quale, tramite la sorella Agrippina Minore e il di lei figlio Nerone, si concluse l'esperienza della fa-
miglia giulio-claudia.

99 SVET., Cal., 13. Cfr. TAC., Ann., VI, 46, 1.


100 DIONE, 59, 3, 5; SVET., Cal., 15.

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Conclusione
Paradossalmente, non abbiamo ancora dato una risposta definitiva al quesito centrale di tutto
questo breve lavoro: di che cosa mor Germanico? A fronte di tutto quello che abbiamo visto, mi
sento di rispondere: quasi certamente a causa di una malattia. Pu darsi anche che sia stata Plancina
ad ucciderlo con il veleno, in un accesso d'ira provocatole dall'odiosa rivale, ma i membri della fa-
miglia imperiale, che le fonti tanto amano coinvolgere in questa storia, di sicuro ne rimasero fuori.
D'altronde, persino Tacito ammette che la morte di Germanico divenne argomento di varie dicerie
non solo per gli uomini del tempo, ma anche per i posteri101.
L'ideologia del potere del giovane principe (desumibile, qua e l, dai vari racconti) sembra rien-
trare, infatti, negli schemi della politica tiberiana, caratterizzata s da qualche vena orientalizzante,
ma senza che ci compromettesse il delicato sistema ideato da Augusto e portato avanti dal suo suc-
cessore. Ergo, Tiberio non avrebbe avuto alcun motivo valido di temere, n tanto meno di eliminare
il nipote, il quale dimostr pi volte di essergli leale. Neanche l'ipotesi che l'imperatore abbia com-
missionato il delitto per favorire il proprio figlio naturale trova solide fondamenta su cui poggiare:
abbiamo visto come fra Druso e Germanico non era fatta alcuna distinzione (ragguardevoli, a tale
proposito, sono le poche testimonianze archeologiche di cui disponiamo, le quali presentano sempre
i due giovani in condizione di parit) e come gli stessi fratelli andassero anzi perfettamente d'accor-
do, nonostante i vari rumores.
Vorrei, infine, concludere riportando le parole con cui lo stesso Tacito pone fine alla narrazione
di tutte le vicende di cui abbiamo parlato: c' sempre molta ambiguit anche nei (fatti) di maggiore
importanza, poich vi sono alcuni che ritengono cosa certa ci che hanno udito solamente per caso,
mentre altri mutano aspetto alla verit, cosicch entrambe (le notizie) si diffondono (deformate) con
il passare del tempo102.

101 TAC., Ann., III, 19, 2.


102 Ibid.

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Ringraziamenti
Vorrei innanzitutto ringraziare i miei genitori che, oltre ad avermi permesso di poter affrontare
questo percorso oggi conclusosi con questo lavoro, mi hanno sempre appoggiato in ogni mia scelta
e spronato a seguire i miei sogni e le mie passioni. Un altro ringraziamento va alla mia speciale
tata Roby, prima ispiratrice e maestra della mia vocazione per la storia e l'archeologia, nonch
fida compagna di avventure. Un dovuto ringraziamento va alla mia relatrice, la professoressa San-
dra Gozzoli, che con pazienza ha seguito lo svolgersi di questa mia piccola ricerca fino alle battute
finali. Un grazie speciale anche alla mia insegnante di italiano e latino del liceo Paola Bennati per
aver dedicato un po' del suo tempo al frutto delle mie fatiche. Infine, ringrazio tutti coloro che han-
no sempre creduto in me.

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