Professional Documents
Culture Documents
1
o CONVIVENZA: area entro la quale si situa lintervento psicologico.
Convivenza come relazione tra sistemi di appartenenza ed estraneo, fondata
su regole del gioco convenute.
o RELAZIONE SISTEMA DAPPARTENENZA ED ESTRANEO: il luogo dello
sviluppo della convivenza. I sistemi dappartenenza sono relazioni fondate
sulla dinamica emozionale e su quella del potere (es. famiglia). Assolvono
esigenze primarie della persona, garantendo relazioni con il contesto e
possono essere integrati con lestraneit o contrapposti ad essa. Lestraneit
data da quegli aspetti della realt che il sistema di appartenenza pu
valorizzare ed individuare al di fuori di s, per realizzare relazioni di scambio.
o REGOLE DEL GIOCO: sistema di convenzioni, regolate emozionalmente, che
consente la relazione con lestraneit.
o DINAMICA POSSESSO-SCAMBIO: nellambito della relazione sociale, le due
dimensioni entro le quali si organizza il rapporto sono quelle del possedere
laltro o dello scambiare con laltro. Il possesso esaurisce la simbolizzazione
emozionale dellaltro, negandone lestraneit. Lo scambio reso possibile
dalla relazione fondata sul riconoscimento destraneit. Consente la
realizzazione, insieme allestraneo, del prodotto che emerge dalla reciproca
competenza.
o DALLA POLISEMIA ALLO SCAMBIO PRODUTTIVO: la convivenza retta da
dimensioni emozionali che si declinano lungo due polarit. La polarit pi
primitiva comporta simbolizzazioni del contesto fondate su un massimo di
simmetria polisemica e un massimo di acontestualit. La relazione con il
contesto e la percezione delle risposte consentono una progressiva riduzione
della polisemia, grazie a dinamiche simboliche che tengano in maggior
conto linterazione e la reciprocit con il contesto. La seconda tappa data
dalle neoemozioni, copioni emozionali in grado di organizzare rapporti entro
un relativo ignoramento del contesto. La terza tappa data dalle culture
locali, sistemi collusivi contestualizzati e storicizzati, caratteristici di alcuni
contesti.
o SVILUPPO: obiettivo dellintervento psicologico. Sviluppo della relazione tra
individuo e contesto, quindi delle capacit produttive e di scambio da parte
di chi chiede lintervento.
o PSICOLOGIA QUALE SCIENZA DELLINTERVENTO: con lanalisi della domanda
si intende dare un contributo alla psicologia intesa come scienza che fonda
lintervento psicologico. Si pu pensare alla psicologia non solo come un
intervento che tratta la domanda come un richiesta di cura, ma al contrario
la si pu pensare come una scienza che consente di intervenire nella
relazione tra individuo e contesto, quindi entro i problemi di convivenza.
o CLIENTE: il cliente va considerato come un modello di rapporto tra individuo
e contesto, lestraneo dal quale dipende lo sviluppo. Il cliente a sua volta,
ha un cliente da sviluppare, ovvero il cliente configura sempre un altro
cliente, che portatore di una domanda di sviluppo.
o COMMITTENZA E/O MANDATO SOCIALE: unimportante componente del
mandato sociale data dalla rappresentazione della professione data dai
mass media, vanno considerati inoltre i contributi dellordine professionale. Il
mandato sociale tutela le dimensioni conformiste (conformi alla norma) della
professione. La committenza invece non ha a che fare con norme e valori
prestabiliti. Comporta il consenso tra interlocutori che traduca in dimensioni
operative, storiche e contingenti, le grandi finalit del mandato sociale,
entro la specificit di quella committenza.
2
Lanalisi della domanda pu rappresentare un modello unitario di lettura e
trattamento di problemi apparentemente diversi, sia nella loro formulazione come
nel contesto entro il quale si pongono. In sintesi lanalisi della domanda propone
allintervento psicologico alcune coordinate di base:
o OBIETTIVO: prospettiva di sviluppo metodologico. Lobiettivo che si persegue
entro il costrutto in analisi fondato sulla dinamica devoluzione delle
simbolizzazioni emozionali del contesto e sulla sostituzione dellagito
emozionale con il pensare le simbolizzazioni stesse. Ci consente di fondare
la relazione con lestraneo e di rendere possibile lo scambio produttivo.
o METODOLOGIA: fondata sulla sospensione dellagito collusivo nei confronti
delle simbolizzazioni emozionali proposte da chi pone la domanda, e
sullistituzione di un pensiero sulle emozioni stesse.
Collusione Committente
psicolo Conflitto
Quando una persona parla con lo psicologo per chiedere un intervento, propone
due fuochi di attenzione:
1. Il racconto del problema: concerne eventi che si svolgono nel l ed allora,
entro le relazioni che la persona intrattiene nellambito dei vari contesti
dappartenenza
2. La dinamica affettiva della relazione con lo psicologo, che si dispiega nel qui
ed ora del rapporto.
Se lo psicologo presta attenzione unicamente al rapporto I-O, presta attenzione
unicamente al racconto del problema, colludendo con le simbolizzazioni emozionali
agite nel rapporto con lui da chi pone la domanda e non pu che prendere alla
lettera la segnalazione del problema proposto.
Se invece presta attenzione unicamente al rapporto I-S , interviene soltanto entro
la relazione affettiva del qui ed ora, definita dal rapporto tra psicologo e persona.
In questultimo caso si rivolge esclusivamente al mondo interno del paziente
4
(psicoanalisi), senza considerare quale oggetto danalisi ci che il paziente
racconta di s nellambito della sua esperienza, al di fuori della stanza analitica.
Lanalisi della domanda integra le due dimensioni, del qui ed ora e del l ed allora.
5
unorganizzazione; non possibile realizzare cambiamenti strutturali senza prima
aver avviato il cambio culturale che sostiene il funzionamento strutturale.La
collusione, con la sua dinamica simbolico-affettiva, contribuisce in modo rilevante
al funzionamento organizzativo, a condizioni date. Quando, tuttavia, nuove
condizioni ambientali, contestuali richiedono nuove simbolizzazioni
dellorganizzazione, si produce un fallimento della collusione, che allorigine di
tensioni, incomprensioni e conflitti.
Il fallimento della collusione motiva la domanda allo psicologo, che sostenuta
dalla speranza che lintervento possa ripristinare la modalit collusiva precedente.
La competenza ad analizzare la domanda comporta non solo la conoscenza dei
processi simbolico-emozionali che sostanziano la collusione, ma anche la
conoscenza approfondita del sistema organizzativo, del suo funzionamento e dei
modelli culturali che lo caratterizzano. La relazione tra cultura (data dai modelli
collusivi) e struttura (data dal sistema di funzionamento produttivo) una
relazione importante ai fini dellanalisi della domanda. Ci che caratterizza lanalisi
della domanda lintento di mettere in rapporto due dimensioni: problema e
relazione con lo psicologo. Questo intento pu essere perseguito grazie al modello
collusione-fallimento della collusione, il quale mette in relazione la narrazione del
problema con la dinamica del rapporto di domanda.
Nuove condizioni di contesto motivano il fallimento collusivo (il sentimento di
anomia); questultimo il vissuto del problema nella persona che pone la
domanda. Nella domanda, insieme a tale vissuto, sono riportati eventi che
implicano un potenziale sviluppo per la persona/organizzazione; ma questi eventi
non sono sostenuti da un investimento collusivo atto a promuovere la loro
realizzazione.
Il rifiuto di accettare il fallimento collusivo terreno fertile per lascesa di poteri
incompetenti.
Analizzare la domanda serve, quindi, a comprendere le dimensioni difensive della
relazione con lo psicologo, ed al contempo, serve a trovare, assieme, una
riorganizzazione della relazione collusiva, che tenga conto del cambiamento
contestuale e sia adattiva a tale cambiamento. Lanalisi della
domanda, quindi, un modello che persegue sviluppo nel sistema entro cui
insorto il problema.
6
condiziona la funzione. Quando lo psicologo opera entro un forte mandato
sociale, questo che definisce il suo obiettivo: modificare i comportamenti.
Ci che caratterizza gli interventi fondati sul perseguimento di un modello o
sulla riduzione dello scarto dal modello, sta nella definizione del fine che si
intende raggiungere. Lo psicologo sembra diventare il custode e lo
strumento per il perseguimento dei valori pi desiderati e privilegiati, entro
specifiche culture. I valori hanno due caratteristiche: si propongono come a-
storici, fondati sulla pretesa di universalit, e a-critici nei confronti del
sistema sociale entro il quale vengono perseguiti; si differenziano dagli
obiettivi della persona o dellorganizzazione che partecipa allintervento
psicologico, tanto che il loro perseguimento pu porsi come sostitutivo dello
sviluppo degli obiettivi stessi. Gli obiettivi invece, non si possono conoscere
se non comunicando, tra psicologo e committente, valutando le risorse del
contesto in cui avviene lintervento, eventi critici e quanto la cultura locale
collusiva presente sia funzionale a sviluppare ci che si intende. Quando d
prescrizioni fondate su valori il committente sicuro di ci che dice, quando
invece si passa a considerare i suoi obiettivi non lo affatto. Lo psicologo a
questo proposito pu mettersi al lavoro con il committente, perch questo
cominci a capire meglio il suo rapporto con il mandato sociale e
lintegrazione di questo con obiettivi e risorse di contesto.
Obiettivi di sviluppo: nellanalisi della domanda si vuol facilitare il
perseguimento di questi obiettivi. Non si rincorre ladeguamento a modelli
precostituiti, in base al mandato sociale, ma si procede a valutare gli
obiettivi, non dandoli come gi scontati. Committente colui che vuole
discutere con lo psicologo i propri obiettivi, e in questo si mette in gioco. Lo
sviluppo di una persona o di un sistema sociale si fonda sulla competenza a
trattare con lestraneo, ad istituire una relazione di scambio con laltro. Al
centro degli obiettivi di sviluppo ci sono due dimensioni psicologiche
fondanti: il distacco dalle relazioni familistiche (la dinamica familistica
volta alla negazione dellestraneit!) e il perseguimento della solitudine,
quale punto di partenza per la relazione con lestraneo. Il passaggio dalla
collusione familistica alla solitudine e alla simbolizzazione affettiva dellaltro
al fine di istituire una relazione di scambio, un lavoro lungo ed importante.
Per istituire un rapporto di conoscenza dellestraneo necessario passare
dalla solitudine: questa aiuta a riconoscere che dellaltro non so nulla, non
conosco le sue esigenze ne le sue aspettative.
La solitudine lobiettivo metodologico dello sviluppo personale, condizione
necessaria per linterazione produttiva e per lo scambio. La solitudine data dal
superamento della confusione emozionale che deriva nel mettere gli altri le proprie
fantasie, seguendo la sostituzione del mondo esterno con il mondo interno quale
modo di funzionamento del sistema inconscio. Ha quindi a che fare con il
riappropriarsi delle proprie emozioni, con il limite della confusione tra s ed altro.
Attraverso essa si pu riorganizzare il proprio sistema emozionale, costruendo
nuove dinamiche collusive, fondate sulla ricerca e sulla verifica delle
simbolizzazioni estranee dellaltro, pi che sulla sostituzione, reciprocamente
attuata, della realt esterna con le proprie fantasie. La solitudine configura quindi
una nuova modalit collusiva, risultato di un pensiero emozionato sulla propria
simbolizzazione affettiva del contesto, come su quella dellestraneo. La solitudine,
data dal superamento della confusione tra mondo interno ed esterno, un
obiettivo metodologico e insieme una competenza, che si mette in atto nello
specifico setting che la rende possibile.
Lestraneo.
7
colui del quale non si pu dire di conoscere cosa pensa o come vive il rapporto
con noi, ma anche come vede le cose che si condividono, quali sono le sue
intenzioni, quale il contributo che pu
dare alla relazione ed al prodotto che la relazione si pone quale obiettivo.
Lestraneit comporta la comunicazione e lo scambio dinformazioni quale
condizione necessaria per la conoscenza. Lestraneo lamico ignoto. Si parlato
di amico-nemico quale categoria primitiva ad elevata polisemia, caratterizzante
una prima e fondamentale dicotomia categoriale con cui simbolizzare
affettivamente il contesto. Lindividuazione del nemico e ladozione di
comportamenti adeguati (attacco-fuga) sono centrali per la sopravvivenza.
Lamico ci che resta, una volta escluso che sia nemico. In situazioni di
simbolizzazione primitiva, ove tutto ci che esula dalla cure parentali pu avere
connotazioni nemiche, ci che resta come amico il gruppo familiare. Questa
dimensione scontatamente buona dei legami familiari crea il familismo. Chi d per
scontata lamicalit dellamico noto non esce dalle relazioni familistiche e teme
tutti quei rapporti dove non definita a priori lamicalit dellaltro. Barthes
definisce noantrit il bisogno di fondare la socialit sul familismo, quindi il fatto di
avere continue prove dellamicalit dellamico noto.
In sintesi, si possono individuare due fasi dello schema amico-nemico:
1. Individuazione del nemico. Funziona con una strategia decisionale del tipo:
laltro nemico a meno che non dimostri di essere amico. Ci che rimane,
dopo lindividuazione del nemico, lamicalit scontata del sistema
familistico, lamico noto. Ma il sistema familistico amico solo per il fatto
di non essere nemico.
2. Utilizzazione della relazione con lamico ignoto. un uso volto allo scambio,
dove la connotazione amica dellaltro considerata condizione necessaria
per la relazione produttiva. Lindividuazione del nemico viene fortemente
ridotta come necessit, in quanto i sistemi sociali hanno regolato e normato
linterazione tra i loro membri, impedendo o rendendo meno probabile la
configurazione nemica reciproca. La configurazione emozionale amica
dellaltro il punto di partenza per la funzione di scambio.
Laltro estraneo perch amico: solo lestraneit emancipa dallamicalit
obbligata quale
rifugio dal nemico, luogo ove sentirsi al sicuro, entro relazioni puramente ed
esclusivamente affettive,
senza prodotto.
8
individuare la persona problematica con la quale iniziare lintervento. Quando si
adottano prospettive rivolte allindividuo e alle sue caratteristiche si finisce per
adottare una prospettiva di cambiamento legata allindividuo, in rapporto a criteri
di normalit. Un esempio di classificazione dei disturbi riferiti al singolo individuo
dato dal DSM.
Il ricorso allo psicologo, con riferimento al pregiudizio individualista, si pu
suddividere in due grandi categorie:
1. Domande che hanno una committenza sociale, esterna allindividuo
portatore del problema
2. Situazioni in cui chi ha il problema anche chi chiede consulenza
Nel caso della committenza sociale, la domanda quella di proteggere uno
specifico sistema dai comportamenti della persona disturbata. Nel caso della
committenza personale, la stessa persona che funge da committente di un
intervento che concerne se stesso, in aspetti che creano sofferenza o disagio.
Questa distinzione importante per definire, se si resta nellottica dellintervento
individualista, il grado di collaborazione dellutente designato: sar una
collaborazione bassa, ostacolata da conflitti e resistenze nel caso della
committenza sociale; sar una collaborazione elevata nel caso della committenza
personale.
Lottica individualista porta ad interventi che possono modificare il comportamento
della persona problematica o facilitare una conoscenza pi approfondita delle
dinamiche emozionali interne alla persona stessa. Ci che caratterizza questi due
ordini dintervento lastoricit e lacontestualit delle prospettive di
cambiamento perseguite. Modificazione del comportamento o implementazione
della conoscenza di s sono obiettivi molto diversi che per hanno in comune una
profonda scissione tra processi di pensiero e dazione. Allinizio della vicenda
psicoterapeutica (inizio 900) la conoscenza era lobiettivo principale di chi
intraprendeva lavventura psicoanalitica; oggi invece la modificazione del
comportamento lobiettivo di chi si rivolge allo psicoterapista, mentre la domanda
di conoscenza del proprio mondo interno in declino.
Oltre alla concezione psicoanalitica, anche quella comportamentista
strettamente collegata allindividuo: ha come oggetto dintervento la singola
persona.
Dagli anni 70 si cercato di sconfermare limpostazione individualista
dellintervento psicologico, la quale fa perdere dimportanza ed efficacia alla
funzione psicologica entro il sistema sociale.
9
Si pensi alla caratteristica del sistema inconscio che Freud chiama sostituzione
esterna con la realt interna. Si tratta di un processo che utilizza gli stimoli che
provengono dal mondo esterno, in particolare gli stimoli che derivano dalla
relazioni oggettuali. Questi oggetti esterni vengono permeati tramite le emozioni
che la persona vive al suo interno. Si ha quindi una sostituzione di un dato di
realt, loggetto esterno, con unemozionalit che utilizza tale oggetto per
manifestarsi. Quando la sostituzione della realt esterna con quella interna
massiccia e violenta, si hanno situazioni in cui le relazioni sono intenzionate solo
emozionalmente, senza regole del gioco che aiutino a mediare la violenza. La
regola del gioco pone quindi un limite condiviso, allemozionalit dilagante nel
rapporto con la realt esterna. La regola del gioco meno differenziata data da
codici normativi, ad esempio dalle buone maniere. La regola del gioco delle buona
maniere costringe a vedere come esterna e regolata da attese socialmente
condivise, quella realt che, emozionalmente, saremmo portati a confondere con
la nostra fantasia, interna, bisognosa di esternazione agita. La regola del gioco
vincola i contraenti a modi di rapporto atti ad arginare lemozionalit agita, a
ritualizzarla in forme di cortesia e rispetto reciproco, a vincolarla entro confini oltre
i quali non si pu andare.
Le buone maniere si pongono sul polo normativo delle regole del gioco; sullaltro
polo troviamo le regole del gioco dello scambio e della produttivit (regole
contestualizzate, legate a una specifica situazione o rapporto).
Le regole del gioco definiscono le risorse del contesto entro cui sono adottate, ne
segnano i limiti e ne consentono la fruizione condivisa, con unevoluzione che va
dalla regolazione normativa della fruizione di risorse alla loro produzione.
Con la regola del gioco si pone una differenza tra ci che si prova emozionalmente
e ci che si agisce entro la relazione ancorata alla realt. Questa differenza
importante nella nascita del processo di socializzazione.
Le regole del gioco sono, in sintesi, la condizione che consente di passare
dallagito emozionale alla simbolizzazione emozionale dei vari aspetti della realt.
La funzione dello psicologo clinico quella di facilitare una relazione ove sia
possibile sostituire lazione emozionata con il pensiero sulle emozioni che
sostengono lazione. La domanda del committente pi orientata ad indicare il
che cosa si intende affrontare, che il come affrontare il problema. Il
committente parla dei suoi problemi utilizzando le sue categorie; lo psicologo per
intervenire su quei problemi deve, in contemporanea, intervenire anche sulle
categorie. Ci sono due differenti livelli di analisi della realt problematica: il
committente situa il problema fuori di s, nella pretesa che caratterizzi una
specifica realt esterna; lo psicologo riconduce il problema alla relazione tra
committenza e realt, quindi alle categorie interne del committente.
Con lanalisi della domanda si costruisce la committenza dellintervento
psicologico, capace di individuare risorse che, nel portare il problema, non erano
viste. Per costruire committenza, lo psicologo ha bisogno di una specifica regola
del gioco, la sospensione dellagito emozionale che caratterizza la domanda.
10
Ci significa che il testo di una narrazione va visto come relazione delle parti che
compongono il discorso narrato.
Il linguaggio narrativo strutturato per modi di relazione tra oggetti, eventi, ben
iscritti nel tempo e nello spazio. La narrazione ha una connotazione bilogica:
appartiene al pensiero dividente ed eterogenico, come al mondo emozionale
inconscio. Se si guarda alla narrazione dal punto di vista narratologico, se ne vede
la sola componente fondata sul pensiero dividente. Si pu confrontare la storia
narrata con i parametri pi diversi, al fine di valutarne il livello di corrispondenza al
modello che, chi guarda alla narrazione, pensa di possedere. Anche con la
narrazione si ritorna a funzionamenti del tipo: modello/scarto del modello. Se si
guarda alla narrazione, per coglierne il senso emozionale, si d alla narrazione un
primario obiettivo di comunicazione ad un altro, della storia. In questo caso quindi
la narrazione assume una connotazione ben precisa: esprime neoemozioni. Le
neoemozioni non possono esprimersi se non tramite delle storie, perch hanno
bisogno di una retorica che motivi laltro ad agire collusivamente con il narratore.
La componente narrativa dellanalisi della domanda quindi, riferita al l ed allora
della situazione organizzativa di chi pone la domanda, mentre assume una valenza
emozionale che va ricondotta al qui ed ora della relazione con lo psicologo.
Alla base della domanda che singoli, gruppi o organizzazioni rivolgono allo
psicologo, vi sempre una situazione che possiamo definire vissuto dimpotenza.
Impotenza e pretesa.
Entro la domanda vengono agite le neoemozioni, alla cui base c la fantasia di
possedere, quale emozione che regge la relazione con gli oggetti, l dove non si
riconosce lestraneo, quindi non si pensa di poter produrre. Possedere e scambiare
sono le due modalit con cui si pu strutturare la relazione con la realt: realt
confusa con le proprie fantasie nel possedere; riconosciuta come estraneo, nello
scambio produttivo. Chi confuso con le proprie fantasie, vive la relazione sociale
con la finalit di condizionare laltro oppure di essere condizionato. Si tratta del
potere delluno sullaltro, uno esercita il potere e laltro lo subisce. Questa
relazione di potere tuttavia si scontra con limpossibilit di realizzare la fantasia:
non si pu esercitare o subire il potere delluno sullaltro, in quanto il potere
pretende di annullare laltro o se stessi entro la relazione ma questo impossibile!
Da qui il sentimento di impotenza, altra faccia della fantasia di potere. Senza
lestraneo, la sostituzione del mondo esterno con quello interno, lagito confusivo
delle proprie fantasie conduce inevitabilmente allimpotenza.
Il vissuto dimpotenza e la relazione ad esso, sono il leitmotiv dellesistenza
quando si vive entro lillusione di esaurire la propria esperienza entro la dinamica
del potere incompetente. La relazione allimpotenza spesso comporta il tentativo
di porvi rimedio conquistando sempre pi potere. Limpotenza pu essere descritta
come assenza di un pensiero che dia senso alla situazione relazionale. Questo
significa che nel processo di adattamento sociale siamo sempre confrontati con
condizioni, eventi, situazioni, che limitano le potenzialit despressione del potere
competente. Questi limiti, se pensati, consentono il ripristino della relazione di
estraneit; se non pensati portano a uno stato emozionale di impotenza. La
dinamica dei rapporti in bilico tra relazioni fondate sul potere e relazioni
simmetriche, capaci di riconoscere lestraneo.
Quando la convivenza fondata sul potere, le relazioni si trasformavo in rapporti
deliranti dove laltro rappresenta il limite, la minaccia alla pretesa di non trovare
ostacoli alla manifestazione del proprio potere, viene visto come un nemico da
combattere, in una lotta senza fine, scontatamente persa, contro il sentimento di
impotenza. La componente delirante data dalla fluttuazione continua dei
sentimenti di onnipotenza e di impotenza. C un modo per difendersi
11
dallimpotenza: dare senso alla situazione. Quindi evitare la collusione e stabilire
relazioni tra gli eventi che si stanno vivendo.
Alla base della convivenza violenta c sempre la neoemozione della pretesa.
Pretendere significa trasformare una relazione di convivenza simmetrica in una
asimmetrica, ove una qualsiasi ragione o pretesto funge da motore per creare
rapporti di potere. La pretesa fondata su una specifica costruzione simbolico-
emozionale che organizza e d senso alla pretesa, che la legittima socialmente e
ne fa un delirio condiviso. La pretesa segnala un delirio di possesso, capace di
distruggere loggetto che si vuol possedere e in grado di distruggere anche il
soggetto della pretesa. La pretesa per definzione destinata a fallire, ma questo
stesso fallimento che pu nutrire emozionalmente, in modo profondo quanto
delirante, lattore della pretesa. Il fallimento della pretesa pu indurre un
sentimento di impotenza in chi si pone in un atteggiamento di aiuto.
C una distinzione tra le dinamiche fondanti la domanda: distinguere tra chi
disponibile ad una alleanza, per pensare alle emozioni agite con la domanda, e chi
pretende di agire le proprie emozioni giustificandole quale unica dimensione di
relazione possibile. In questultimo caso lo psicologo non pu che attendere
levolversi della situazione che si presenta quale delirio agito.
Quando manca unintenzionalit di scambio, di produzione fondata sul reciproco
riconoscimento di estraneit, sono possibili due dinamiche emozionali: la
dipendenza e la pretesa. La prima pu essere funzionale allesercizio di molte
professioni (medico, avvocato, etc); la seconda si propone come un atteggiamento
opposto alla prima: con la pretesa si imbriglia la prestazione professionale entro la
fantasia di chi, della prestazione stessa, il fruitore. La dipendenza si trasforma in
pretesa, tutte le volte in cui non chiara la finalit che la prestazione professionale
intende perseguire.
Nel caso della professione psicologica, la finalit dellintervento professionale non
chiara. Di qui la trasformazione della dipendenza in pretesa: pretendere significa
anticipare lobiettivo dellintervento, tramite lagito delle fantasie del cliente entro
la relazione con lo psicologo. Lanalisi della pretesa la condizione centrale per
porre le premesse dellintervento psicologico. Se si mette in atto lintervento senza
analizzare la pretesa si realizza una sorta di messa in scena. Rispondere alla
pretesa con unaltra pretesa sarebbe per lo psicologo il fallimento del suo
intervento, anche se la domanda fondata su di esse pu risultare analizzabile. Non
tutte le domande consentono lintervento psicologico
12
Lanalisi della domanda si propone come una metodologia che permetta, alla
relazione, di non risolversi in agiti collusivi ed essere invece fonte di conoscenza.
Conformismo o sviluppo.
possibile che la direzione assunta nellintervento sia il riportare ad ortos, alla
normalit. Si presuppone che ci sia un processo normale che funziona, e ci si
impegna perch continui a funzionare per il maggior numero di persone possibile.
Si parla in questo caso di conformismo. Unalternativa al conformismo lo
sviluppo: in questo caso non si cerca di riportare gli eventi immaturi o devianti
verso un processo funzionante, ma vengono privilegiate le potenzialit in stato
critico. Non c molto che funzioni, a meno che non ci si impegni perch ci
avvenga. Insieme alla successione di queste fasi, conformista e di sviluppo,
bisogna contemplare la complementarit e la contemporaneit. Entrambe sono
presenti nel campo dellintervento psicologico, tuttavia lottica conformista viene
privilegiata in letteratura e nei programmi di insegnamento di psicologia clinica;
noi facciamo riferimento allo sviluppo.
Vantaggio del conformismo: se assumo ci sia una normalit e le mie azioni vanno
verso di essa, si pu verificare abbastanza semplicemente se portano in quella
direzione. Questo perch definisco i miei scopi attraverso il senso comune: tutti mi
capiscono. Quando tutti mi capiscono non vuol dire che sto parlando un linguaggio
chiaro per coerenza e limpidezza, vuol dire che sto parlando un linguaggio
legittimato, che espressione di una norma, di una normalit. In questo caso si ha
chiarezza su quale sia lobiettivo.
Se invece assumo come criterio lo sviluppo capire quale sia il parametro che
orienta la mia azione sembra pi complicato. Infatti una caratteristica dello
sviluppo il fatto che non possibile prevederne, a priori, la direzione; il suo
percorso va definito a partire dallindividuazione di risorse e dallassunzione di
scelte. In questo caso limportante non raggiungere lesito finale previsto, ma
acquisire una competenza a direzionare un processo.
Nel caso del conformismo si tratta di un processo di cambiamento lineare, in cui il
contesto, definibile come normalit, fa al tempo stesso da cornice e da sistema di
attese sullesito. Nel caso dello sviluppo, il contesto non funziona da parametro
dato e normativo. Il processo attivato dallintervento psicologico consiste nel fare
ipotesi nei confronti di un contesto che non dato per scontato. Il risultato atteso
una maggiore competenza a mettersi in relazione con il proprio mondo interno e
insieme con il contesto, di cui si imparano ad esplorare i limiti e a conoscere le
funzioni.
Ci sono due modi di verificare dove si sta andando a parare con lintervento. Se ho
unipotesi di normalit, posso controllare, a fine percorso, se la normalit stata
perseguita. Se ho unipotesi di sviluppo, verifico, durante il percorso, che
opportunit mi sta dando il percorso stesso. Lattenzione si sposta dallesito al
processo. Nel primo caso non ho bisogno di fare ipotesi sulla definizione del punto
di partenza e quello di arrivo perch sono gi dettati dal contesto. Nel secondo
caso, fare ipotesi fondamentale: innanzitutto va individuato quale sia il
problema, poi si verifica quanto, quellipotesi, permetta di trovare linee di sviluppo
per il cliente. Nel primo caso laccordo tra psicologo e cliente determinato dal
contesto: si parla di mandato sociale. Nel secondo caso laccordo tra psicologo e
cliente viene costruito sulla base di ipotesi che i due fanno a partire dalla
domanda: si parla di committenza. La relazione tra psicologo e cliente avr una
funzione diversa a seconda che sintenda raggiungere un risultato (ottica
conformista) o acquisire una competenza (ottica di sviluppo). Nel primo caso la
relazione la cornice dellintervento; nel secondo ne lo strumento.
13
Conformismo e sviluppo sono due modi differenti di trattare il contesto. Nellottica
conformista, lattenzione per la reazione agli stimoli centrale, sia in laboratorio
ma anche nella vita di tutti i giorni.
14
luno dallaltro. Quando la sperimentazione ristretta al singolo individuo, viene
meno il rapporto tra individuo e contesto.
Nella psicologia dellintervento, invece, lobiettivo dello psicologo quello di
intervenire entro la relazione tra individuo e contesto. La separazione tra
psicologia sperimentale e psicologia dellintervento ha fatto s che la prima non
finalizzasse la sua ricerca allintervento, e che la seconda non basasse la sua
metodologia su dati emersi dalla sperimentazione psicologica.
Dalla psicologia sperimentale ha avuto origine la psicoterapia, il cui oggetto
lindividuo inteso quale singolarit scissa dal contesto. lindividuo malato,
portatore di un disturbo, di un disagio, di una sofferenza. Il disturbo mentale viene
pensato come indipendente dal contesto e dalla storia della persona che viene
stigmatizzata con la diagnosi psichiatrica.
La psicologia dintervento un tempo veniva chiamata psicologia applicata. Si
pensava che lo psicologo applicativo potesse applicare quanto i colleghi
sperimentalisti trovavano nelle loro ricerche empiriche, alle esigenze di un qualche
cliente.
La teoria della tecnica che ha fondato lanalisi della domanda, elaborata tra gli
anni 80 e 90, si propone come contributo entro larea dellintervento psicologico,
in particolare di quello clinico, differenziandosi dalla psicologia empirico-
sperimentale da un lato, dalla psicoterapia dallaltro.
Il pensiero emozionato.
Lesclusione della simbolizzazione emozionale pu essere praticata non solo nella
normalit della vita quotidiana, ma anche in ambito psicologico. Nel laboratorio, ad
15
esempio, lidea che tutte le variabili siano sotto controllo pu nascere
dallignoramento della simbolizzazione emozionale. E dal fare ipotesi su cosa sia
razionale e cosa no, su cosa sia immaginario e cosa sia reale. Questo comporta la
riduzione dei gradi di libert del pensiero e diminuisce la possibilit di esplorare
non solo cosa accade nella mente, ma anche ci che accade nel mondo esterno.
La psicologia cognitiva pone al centro del suo interesse la capacit di immaginare i
contenuti della mente degli altri, senza avere a che fare con loro. Se poniamo al
centro della nostra attenzione la capacit di immaginare che gli altri abbiano
qualcosa in mente, capire cosa hanno in mente dipender dal tipo di relazione che
si instaurer: potremo saperne qualcosa solo coinvolgendoci in un rapporto volto
alla conoscenza, in una relazione che rispetti lestraneit. Il mistero per il quale ad
un certo punto dellevoluzione possibile immaginare ci che avviene nella mente
di un altro fondato su un processo emozionale: linteresse per lestraneo. Il
compito pi interessante, entro un intento di conoscenza, non immaginare cosa
stia pensando laltro; quello di scambiare i reciproci vissuti al fine di conoscere,
entro la relazione, ci che si sta pensando, ci che nelle nostre menti e che viene
evocato dalla relazione stessa.
Lindividuo costruisce contesti mediante la relazione e la simbolizzazione
emozionata e ne , a sua volta, costruito: la sua storia sorganizza in funzione della
posizione che assume, di volta in volta, entro i diversi contesti di riferimento.
Quale costruttivismo.
In psicologia tradizionale il dibattito tra chi sostiene la ricerca di oggettivit, per
meritarsi un posto tra le scienze; e chi rivolge lattenzione al ruolo che i significati
rivestono nellesperienza umana. Si tratta del confronto tra ottica nomotetica e
idiografica. Ci che fa la differenza la funzione della relazione; se essa
considerata, o meno, quale agente che interviene nella costruzione di senso,
quindi quale strumento dellintervento. Se la relazione non il principale fattore
nella costruzione di senso, avremo un confronto tra un tecnico e un profano; se
invece la relazione strumento che costruisce significato, avremo lintervento
propriamente detto.
Il costruttivismo pu essere considerato il fondamento epistemologico della
narrazione. Secondo lorientamento costruttivista lattenzione incentrata sulla
costruzione di significato. Ma se la costruzione personale e individuale, che
prevalente nellottica narrativa, finisce con loccupare il campo, viene reintrodotto
il pregiudizio individualista.
La psicologia culturale un nostro interlocutore. Bruner sviluppa un discorso
interessante sul linguaggio, mettendolo in relazione con luso che se ne fa. Prima
delle parole, secondo lui, vengono le azioni. Si sofferma sugli aspetti prelinguistici
che fonderebbero il linguaggio; aspetti umani, ma non esclusivamente umani, che
sarebbero in relazione con unesigenza propria dei primati superiori, di organizzare
le relazioni di gruppo. In questo senso, la funzione del linguaggio culturale.
Questo un modello sulla relazione individuo-contesto, che mette in discussione
lipotesi individualista e che propone listituzione della relazione quale esigenza
primaria. Per il nostro studio sul discorso, come espressione della simbolizzazione
emozionale, ci interessa che i presupposti del linguaggio siano visti non nei loro
aspetti sintattici, linguistici, ma in quelli funzionali alla relazione. Quando Bruner
passa dal discorso sui presupposti funzionali del linguaggio, a parlare di
narrazione, finisce con il privilegiare la dimensione ripetitiva, di assimilazione sulla
funzione esplorativa e costruttiva, di significato. Rende non essenziale la relazione,
se vista come strumento di conoscenza. Secondo Bruner se io, da solo, so ci che
voglio, ho i miei obiettivi, la relazione non mi serve per chiarire ci che desidero e
per costruire obiettivi, anzi bisogna aggirarla per ottenere ci che si desidera. Ma a
16
nostro avviso, questo che rende la relazione necessaria e interessante! Bruner
banalizza il desiderio e quindi le emozioni, perdendo lopportunit che il pensiero
cosciente disponga della ricca confusivit dellinconscio. Banalizza anche la
relazione: secondo lui la dipendenza affettiva del bambino dalla famiglia
acontestuale, come se fosse nella natura delle cose. Nella nostra ottica, non c un
bambino dipendente dalla famiglia, quanto un contesto famigliare entro il quale le
relazioni, anche quelle di dipendenza, hanno una specifica funzionalit volta alla
stabilit o allo sviluppo del contesto: dipende dalluso del processo collusivo. In
Bruner manca il prodotto, la relazione che risponde alla domanda si realt. come
se la realt psichica, il comportamento, si esaurissero nella dinamica collusiva.
In sintesi, la psicologia culturale nostro interlocutore, a patto che si riconosca la
funzione dellinconscio, integrato con la domanda di realt; venga quindi
riconosciuta la possibilit di scambiare, e non solo di colludere.
Quale inconscio.
Nella prima topica freudiana linconscio era un modo delaborazione emozionale
della realt, caratterizzato da una sua logica rivoluzionaria, definita dalle cinque
caratteristiche del sistema inconscio. Si tratta di unemozione che ha a che fare
con la relazione oggettuale, la nostra prima risposta agli stimoli del contesto.
Propone poi una seconda topica, ove ipotizza che la mente umana sia la risultante
dellinterazione di tre istanze: es, io e super io. Linconscio viene identificato con
les, linsieme delle pulsioni sessuali e disruttive, ostacolate dallio, che risponde a
istanze di realt, e dal super io, che rappresenta istanze morali o di controllo.
Linconscio, quindi, in questa seconda topica, viene ridotto al conflitto tra istanze
psichiche. Freud sulla base di questa evoluzione della sua proposta teorica,
propone unipotesi sulla genesi della nevrosi intesa quale compromesso nella lotta
tra fantasie ed istanze repressive. Nel secondo caso inconscio vuol dire non
cosciente, perch rimosso; nel primo caso vuol dire non pensabile, non pu
essere portato alla coscienza.
Le implicazioni dei due modelli freudiani molto diversa. Nella seconda topica si
costretti entro una specifica ed irriducibile opzione individualistica, ove le pulsioni
e le fantasie inconsce sono proprie del singolo e possono trovare una
manifestazione collettiva solo nella folla, entro contesti sociali ove hanno una
scarsa influenza i freni inibitori. I freni inibitori, dati dalle istanze di realt e dalle
norme interiorizzate, sarebbero gli unici fattori volti a contrapporre lespressione
delle fantasie inconsce. Nella prima topica, linconscio inteso quale elaborazione
emozionale della realt contestuale e sociale, condiviso entro un processo che
chiamiamo collusione. il costruttore della produttivit delluomo, entro le sue
relazioni sociali.
Secondo cognitivismo e costruttivismo, i processi di elaborazione dellinformazione
non sono consapevoli. Si suppone quindi, che non siamo in grado di conoscere le
regole mediante le quali elaboriamo le informazioni in entrata nel nostro sistema
conoscitivo. Gran parte dei processi cognitivi sono inconsci.
17
questo testo si ritrova linconscio nuovo modello, una dimensione nata dal
cognitivismo, tutta diversa dal vecchio inconscio psicoanalitico. Oggi il cliente
non pi costretto a confessare quelle paure, convinzioni, credenze, desideri e
idee di cui inconsapevole, ma che il terapeuta sospetta che abbia. Grazie al
ritorno delle teorie costruttiviste, si potuto capire che il paziente sa, di s, pi di
chiunque altro. La ricchezza della vita psichica e del comportamento umano non
pu esser costretta entro i limiti di ununica teoria ma bisogna fare riferimento a
diversi approcci. Quanto alla relazione, il terreno che consente alle tecniche di
attecchire: lo psicoterapista deve adottare uno stile adeguato al caso, deve creare
il clima giusto. Il cliente, entro un buon clima emozionale, potr risolvere i suoi
problemi nel modo a lui pi congeniale. Quanto ai metodi, si tende a preferire che
siano supportati da prove sperimentali.
Il libro propone una sintesi di posizione dalle quali intendiamo differenziarci, ma
che comunque sono interessanti. La questione centrale del libro la funzione
della relazione nellintervento, che secondo gli autori il terreno fertile che
permette alle tecniche di attecchire.
18
decisioni. Ciascuno si preoccupa e vuole fare il bene dellutente debole. Spesso
traspaiono conflitto e aggressivit reciproca: il tecnico vissuto come un narcisista
incomprensibile, il gestore di decisioni come chi pensa solo al potere, gli utenti
come piantagrane sempre scontenti. Lo sperimentatore pensa di non avere a che
fare con queste lotte, ma queste relazioni di potere lo riguardano, sia perch in
coppia con il tecnico, sia perch se salvo da committenze, non pi di certo
esserlo dal mandato sociale.
Oggi si sta facendo strada lipotesi di competenze fondate su modalit assai
diverse dalla tecnicalit. Una cultura concettualmente opposta quella
dellorientamento al cliente. In questo caso, lo psicologo deve chiedersi quale sia
la cultura locale che caratterizza le relazioni in quel determinato contesto, quanto
favorisce e quanto ostacola le sue finalit, deve cercarne le linee di sviluppo.
utile che lo psicologo lavori sulla cultura della tecnicalit, che impari a conoscerla a
fondo, non soltanto perch quella cultura lo concerne direttamente. Offrire
consulenza ad un cliente non significa stare in una relazione grazie ad un ruolo
acquisito a monte, in base alla competenza tecnica.
LE NEOEMOZIONI
L'interesse degli psicologi si per lungo tempo accentrato sulle emozioni
cosiddette "primarie", considerate come universali, per le quali si ipotizza una
trasmissione genetica. Argyle, ad esempio, ne individua sette: FELICITA',
SORPRESA, PAURA, TRISTEZZA, COLLERA, DISGUSTO, INTERESSE.
Emozioni "primarie" sono anche quelle che si incontrano nei lavori di psicoanalisi: il
pianto-rabbia del bambino all'assenza della madre, l'amore e l'odio nelle relazioni
familiari, l'ambivalenza nelle sue infinite accezioni ed utilizzazioni, a proposito
come a sproposito.
In psicoanalisi sembra che le emozioni utilizzate, ruotino, tutte, attorno
all'accettazione o al rifiuto dell'oggetto, spesso inteso quale oggetto parziale,
costruito nello spazio che sta tra mondo interno e mondo esterno (inteso come
dimensione di realt). Le emozioni di cui si parla appartengono al vissuto
19
dell'individuo, del singolo individuo. Sono risposte a stimolazioni della realt,
adeguate come non adeguate ed evocano specifici comportamenti o implicano
complesse dinamiche, con riflessi e conseguenze sulla strutturazione della sua
personalit.
Le emozioni si possono considerare quali risposte primitive, o se si vuole
"primarie", agli stimoli del contesto: si vedranno allora, la paura, la rabbia, il
disgusto ecc. Si possono considerare emozioni, di contro, anche quale elaborazione
della simbolizzazione emozionale degli eventi, che quotidianamente incontriamo,
costruiamo e subiamo nella nostra esistenza. In questo caso le emozioni si
propongono come le componenti principali della relazione umana con il contesto;
servono per costruire la relazione, per dare alla relazione stessa un senso ed uno
scopo.
Nel caso dell'emozione quale risposta a specifici stimoli, lo studio dell'emozione
pu seguire la logica che fonda la ricerca deduttiva-induttiva: quella logica che
risponde all'assioma < se... allora>.
<Se succede questo, allora avremo come conseguenza quest'altro>. <Questo> e
<quest'altro>, ovviamente sono dimensioni, eventi, in qualche modo misurabili.
Eventi che rispondono a dimensioni del tipo <seallora> escludono limplicazione
emozionale del ricercatore e prevedono la ripetibilit della situazione sperimentale
e dei suoi risultati.
20
dindagine degli eventi che riguardano luomo e i suoi artefatti, seguendo una
specifica ottica danalisi degli eventi stessi.
Di fronte alla domanda di intervento, lo psicologo ha due strade, diverse e
reciprocamente escludentisi, davanti a s: ricondurre quel caso ad una specifica
classificazione, ad esempio psicopatologica; oppure analizzare la domanda nella
sua dinamica emozionale, affermando che la relazione di domanda riproduce il
problema che la persona racconta nel l e allora. Nel secondo caso, stiamo
proponendo unipotesi metodologica delloperare psicologico clinico. Con le
proposte metodologiche, si forniscono criteri per la costruzione di ipotesi, che
andranno poi confrontate entro la relazione che fonda l'intervento, diventando la
base su cui sviluppare il lavoro dell'intervento stesso. Con la ricerca empirica
invece, si dimostrano ipotesi e si individuano leggi generali del funzionamento
psichico.
LE NEOEMOZIONI:
Costrutto che stato oggetto di maggiore sviluppo concettuale
Sostengono la parte pi immediata, nella relazione con lo psicologo, della
domanda
Sono la strategia emozionale specificatamente rivolta allo psicologo da chi
pone la domanda.
Le neoemozioni rappresentano un aspetto assai rilevante della domanda stessa;
tanto da poter assumere una funzione catturante per lo psicologo, che pu restare
invischiato in reazioni ad esse.
La neoemozione componente sostanziale della domanda, ma la sua
interpretazione richiede un setting che includa la considerazione di altre
componenti della domanda stessa, che la proposta neoemozionale rivolta allo
psicologo non mette in evidenza.
Aspetti costruttivi del processo istituente la domanda, insieme con le neoemozioni:
L'evento critico. Il problema posto dalla domanda visto nell'ottica di
sviluppo, diviene l'evento critico emblematico del fallimento collusivo in
atto. Sintomatico di un assetto emozionale in crisi, e segnale di possibili
linee di sviluppo.
La cultura locale. La proposta neoemozionale presente nella domanda, pi
levento critico, pi altre informazioni che la domanda esprime, permettono
di fare ipotesi sullassetto emozionale che caratterizza i contesti propri di chi
pone la domanda.
Gli obiettivi di sviluppo. Senza questa componente mancano strumenti
per mettere in discussione sia la proposta neoemozionale sia la cultura
locale. E' l'adeguatezza degli assetti a possibili obiettivi da parte di chi pone
la domanda, che ne rende utile e condivisibile l'analisi. Gli obiettivi di
sviluppo, nel caso di domande rivolte da organizzazioni, sono iscritti, nella
mission dell'organizzazione stessa. Nel caso della domanda individuale, il
problema si pone in modo diverso e si apre un'alternativa: sono possibili
domanda che vogliono ripristinare una sola competenza neoemozionale e
domande che si aprono a obiettivi di sviluppo. Questa alternativa attraversa
tutto il percorso dell'analisi della domanda. L'ipotesi dello sviluppo, ancor
prima di essere una scelta da effettuare, un organizzatore del setting.
Attraverso le neoemozioni , proponiamo dei modelli per l'intervento. Con la parola
modello, intendiamo riferirci a codici emozionali formalizzati, adottati dallo
psicologo come strumento di intervento. Tali modelli interpretano e formalizzano
codici collusivi, per proporli a chi pone la domanda come strumento interpretativo;
al tempo stesso organizzano la relazione di intervento. In questo senso le
21
neoemozioni sono modelli. Anche la stessa analisi della domanda un modello,
volto ad organizzare la relazione tra psicologo e cliente.
L'interazione tra i due livelli ci che viene agito e quanto viene spiegato e
commentato da chi porta la domanda da un lato, le ipotesi che lo psicologo fa,
interpretando e al tempo stesso costruendo la relazione di intervento dall'altro
costituisce il processo dell'intervento stesso. Se il centro dell'attenzione
sull'interazione individuo-contesto, essenziale avere modelli, ovvero strumenti
concettuali che permettano di leggere ed organizzare le relazioni. Lottica assunta
attraverso un modello di relazione, per definizione strategica: definisce la propria
e le altrui posizioni, entro un contesto; inoltre, limitata e relativa. Infine pu
essere verificabile e discutibile.
Il modello formalizzato una ricostruzione intellegibile di una specifica realt
singolare, della quale non si propone una descrizione oggettiva, ma di cui raccoglie
gli aspetti ritenuti essenziali tali da costituire un tutto intellegibile. La pertinenza
del modello misurata dalla sua congruenza (dalla intelligibilit delle relazioni che
connettono gli elementi del tutto); dal modo in cui esso permette, in confronto alle
realt singole (cui per definizione non corrisponde mai integralmente), di
acquisirne una comprensione; dalla sua utilit nel costruire una relazione che
persegua sviluppo, nel senso definito dalla nostra proposta, e verificarla.
Costruire un modello di un evento, non il fine dell'analisi, bens lo strumento di
intervento; analisi ed intervento che verranno effettuati su specifici eventi presi
nella loro singolarit, quali altrettante specificazioni del modello stesso. Il modello
non pretende di esaurire i singoli eventi e nemmeno di essere sempre rinvenibile,
nella sua integrit, in ognuno di essi. Ad un livello superiore di verifica, il modello
fornisce elementi di riscontro sulla teoria di riferimento adottata.
22
Le cose si complicano, se si tiene conto che la situazione di cura prolungata da
parte dei genitori, nel piccolo della specie umana, comporta l'assenza di una
relazione precoce con il contesto <nemico>.
Ci comporta per il piccolo della specie umana, una drastica riduzione
dell'esperienza del <nemico>, limitata alla sola situazione definibile quale
<assenza dell'amico>. La figura amica, d'altro canto, assume nello sviluppo
dell'uomo differenti configurazioni. L'amico oggetto della fantasia predatoria;
l'amico oggetto di infinite articolazione della relazione ambivalente; l'amico pu
essere trasformato in nemico quale oggetto di rabbia e di attacchi che possono
essere contenuti <depressivamente> dalla figura parentale, solo grazie alla non
reale pericolosit del bambino, nella relazione fantasmatica, agita con il genitore
stesso. Lamico pu assumere infinite configurazioni simbolico-affettive, dal
nemico nei cui confronti non si pericolosi, allestraneo con cui fondare una
relazione di scambio. Questo per il fatto che la condizione di amico non , come
quella di nemico, capace di condizionare una specifica modalit di rapporto. La
condizione amica il punto di partenza per molteplici modalit di rapporto,
comunque sintetizzabili entro la dicotomia: possesso-scambio.
23
Possesso ed esclusione entro le organizzazioni non sono, mai, segnali di fenomeni
collegabili con il funzionamento organizzativo; sono soltanto fantasie. Segnali di
rifiuto dun riconoscimento dellestraneit che fonda la competenza a scambiare.
La domanda che viene rivolta allo psicologo pu essere, spesso, fondata sul
vissuto di impotenza a possedere o ad escludere, sul fallimento delle fantasie di
possesso. La fantasia di possesso destinata a fallire in ogni caso. Alcuni riescono
ad andare oltre la fantasia di possesso, entrando nell'area dello scambio e del
rapporto con l'estraneo. Altri invece, rimangono intrappolati nel delirio di possesso,
e quindi si trovano a fronteggiare sistematiche burrasche emozionali, collegabili a
tali fantasie deliranti. Per queste persone, la relazione sociale vissuta come
unoccasione terribile di sfida al possesso. Di qui lorganizzazione di fantasie volte
a legittimare il bisogno di possedere laltro.
25
trova in una situazione di disagio. Di fronte alla pretesa, non possibile istituire
una relazione professionale fondata sulla competenza. Di fronte a chi pretende si
possono soltanto istituire reazioni di difesa o di attacco alla pretesa stessa. Vi sono
due possibili soluzioni per lo psicologo, di fronte alla pretesa: istituire un pensiero
sul pretendere, grazie allassunzione di una posizione meta, invece di agire una
relazione fondata sui ruoli; oppure avventurarsi entro un agito perverso con chi
mette in atto la pretesa. La prima soluzione possibile solo se, con chi pretende, ci
si pone in un atteggiamento di comprensione dellagito emozionale. Se lo
psicologo motiva il suo cliente alla pretesa, per poter poi agire una relazione
perversa con il cliente stesso.
Sottolineiamo come la pretesa sia una componente fondamentale nella domanda,
perch la neoemozione permette alla domanda di esprimersi. Ma si tratta di una
componente che va analizzata, per poter uscire dalla relazione che impedisce lo
scambio.
Lo psicologo tratta con una relazione, non con una malattia che caratterizza il
paziente. E'
all'interno della relazione, quindi entro un rapporto tra persone <intere> e
caratterizzate dalla loro posizione nella relazione, che lo psicologo pu intervenire.
Non bisogna separare il male altro e il bene proprio del paziente e della sua
persona come avviene con il modello medico. Questa la realt dell'intervento
psicologico clinico.
Far riferimento all'aiuto, al disagio, alla sofferenza psichica per lo psicologo una
trappola molto problematica. Significa promuovere l'atteggiamento della pretesa in
chi si rivolge alla professione psicologica, senza poi saper trovare una via d'uscita
da un problema che si contribuito a creare. Questo il motivo per cui abbiamo
individuato nello sviluppo della persona, entro il proprio contesto, l'obiettivo
dell'intervento psicologico clinico.
Pretendere significa negare lestraneit dellinterlocutore e trasformare la relazione
con lui in un luogo dattesa perentoria. Chi pretende identificato con un ruolo che
giustifica la pretesa
Il cliente deve affrontare due problemi: accettare l'ignoto del rapporto che sta
instaurando con lo psicologo; spostare il baricentro della sua vita emozionale
dall'agito entro un rapporto, al proprio mondo interno. La pretesa un modo molto
diffuso di comunicare la propria domanda dintervento allo psicologo. Trattare la
domanda di pretesa molto difficile. Ci che la caratterizza, infatti, l'adesione
acritica della persona, o dell'organizzazione, alla fantasia del pretendere: sin che
dura la pretesa, non si costruisce uno spazio di riflessione, di pensiero sul
pretendere. Di fronte a una domanda di pretesa bisogna aspettare; istituire una
relazione che non risponda collusivamente; organizzare una modalit di rapporto
volta a mettere in discussione l'investimento simbolico del ruolo che fonda la
pretesa.
Ad esempio, se si pensa alla madre che pretende, nel nome dell'essere madre,
utile mettere in discussione questa interpretazione intrusiva del suo ruolo,
vedendone aspetti critici, dimensioni problematiche per la crescita autonoma dei
figli. Rievocando e ricostruendo, insieme alla madre, la possibile funzione di
sviluppo che pu derivare dal suo ruolo. Quando si dice di <non colludere con la
madre che pretende> non si afferma, soltanto di <non colludere>. E' impossibile
<non colludere> entro una relazione, anche entro la relazione di analisi della
domanda. Si tratta di evitare una risposta collusiva con la pretesa. Si pu di contro,
aiutare la madre a guardare ironicamente al suo pretendere, e questo implica una
collusione tra psicologo e persona che porta la domanda; una collusione sulla
possibilit di guardare sorridendo a se stessi, di cogliere il senso difensivo del
proprio impegno emozionale nella vicenda che porta a formulare la domanda
26
d'intervento. possibile trasformare la domanda in una domanda diversa. Rimane
per lostacolo rappresentato dallidentificazione con le proprie fantasie di pretesa.
Quando ci accade si confrontati con una vera e propria situazione delirante.
Nell'ambito dei modelli che stiamo utilizzando, delirare significa proporre una
relazione organizzata attorno alla simbolizzazione emozionale agita, senza
prevedere alcuno spazio di riflessione su quanto agito entro la relazione stessa.
In psicologia clinica, quindi, possiamo parlare di delirio quando chi agisce le proprie
fantasie entro la relazione, aderisce totalmente allagito emozionale, senza che
alcun pensiero, suo o dello psicologo, sullagito sia accettato o possibile. Di solito
quando si pretende si va incontro a frustrazioni notevoli; la frustrazione aumenta la
spinta ad agire la pretesa, accompagnata da proteste e dichiarazioni di delusione
nei confronti di chi non risponde in modo coerente, cosa che impossibile. Si crea
cos un circolo vizioso, dove chi pretende costretto, dal suo stesso agito, ad
aumentare la pressione emozionale del suo pretendere, allinfinito. La pretesa
proprio perch non pu essere assolta e gratificata, costringe chi oggetto della
pretesa ad un <abbraccio mortale> entro la relazione di pretesa, vale a dire entro
un rapporto dal quale, difficilmente, ci si emancipa. Se si vuole, questo il vero
obiettivo emozionale di chi pretende: non essere gratificato, dimostrarsi
amareggiato e deluso, accentuare la pretesa, costringendo l'altro entro una
relazione vincolante, dalla quale difficilissimo emanciparsi. La frustrazione quindi
non un fallimento, perch consente di restare in una relazione delirante. Anche
non colludere con la domanda di pretesa pu diventare a sua volta una fantasia
agita, una pretesa, che intrappola lo psicologo clinico entro una relazione dalla
quale potr difficilmente uscire; ci accade quando si assume il ruolo
neoemozionale di chi fa lanalisi della domanda. importante mettere in
discussione il ruolo emozionalmente simbolizzato, che sostiene la legittimazione
sociale alla pretesa. L'analisi critica del ruolo pu fornire utili e preziosi indizi per
cogliere quale sia il fallimento della collusione che organizza emozionalmente la
domanda di pretesa.
Nell'analisi della domanda, la funzione dello psicologo sempre orientata a
proporre un pensiero sugli eventi che avvengono nel rapporto, mai ad agire entro il
rapporto stesso.
Se lo psicologo non riesce ad analizzare la domanda di pretesa, il cliente
abbandoner presto la relazione con lo psicologo.
27
regolate del segnale, ed il sistema regredisce ad un funzionamento volto alla
ricerca di presenza del segnale. In altri termini, si cercheranno prove circa la
presenza di violenza.
Esistono due modi di controllare un sistema: il primo, finch c' assenza di segnale
il sistema funziona, il secondo, si ha un controllo sulla presenza del segnale,
quando il segnale spento il sistema non funziona. Nel primo caso quindi, il
sistema di controllo funziona entro la logica <va tutto bene a meno che non si
dimostri il contrario>. Nel secondo caso, di contro, la logica <pu esserci un
problema, a meno che non si dimostri, di momento in momento che va tutto
bene>. Nel primo caso c economia di controllo, il controllo viene automatizzato;
nel secondo caso il controllo assorbe lintera attenzione e tutte le risorse di chi
adibito al controllo stesso. Chi controlla non pu far altro che quello, altrimenti si
ha una distrazione che pu essere fatale per lintegrit del sistema che si vuole
proteggere. Nel primo caso il nemico non davvero nemico, perch noto; nel
secondo caso, il sistema va controllato in vista di un pericolo non conosciuto, che
tuttavia va previsto e prevenuto. Qui il nemico davvero nemico, perch ignoto.
Proponiamo ora la differenza tra controllare e verificare. Possiamo propriamente
parlare di controllo, come individuazione non equivoca del nemico; quando il
nemico noto. E' pi corretto parlare di verifica l dove avere criteri di allarme e
individuazione del nemico, in s ignoto, comporta un lavoro di differenziazione tra
stimoli del mondo esterno e fantasie del proprio mondo interno.
Entro le relazioni tendiamo a scegliere o costruire contesti amici, nei quali sia
possibile promuovere convivenza o sviluppare unattivit produttiva. I contesti
amici possono essere dati o costruiti. Nel primo caso si fa come se il nemico fosse
noto e scontati i criteri per una sua individuazione; nel secondo caso, si
condividono criteri comuni di individuazione, entro unestraneit che si esplora, del
nemico ignoto, e si verifica continuamente lefficienza di tali criteri, ovvero si
costruiscono e si condividono regole del gioco che permettano di entrare in
rapporto con lestraneo amico. In questo secondo caso, la conoscenza della
simbolizzazione emozionale del contesto da parte di chi verifica, una
competenza necessaria. Vi sono situazioni ove il controllo prende il posto della
verifica, anche quando il nemico ignoto.
In sintesi la neoemozione del controllo consiste in una restrizione del campo
d'applicazione del pretendere: chi controlla pretende, a partire dal ruolo di amico,
che l'altro dimostri di essere amico.
28
Questo controllo dell'amico comporta un'emozionalit confusa, che rafforza
la confusione emozionale dalla quale si partiti, e che si dimostra molto
coinvolgente;
Si rinuncia cos alla verifica, processo che fonda la relazione produttiva tra
amici.
Quando si controlla si usano in modo distorto le informazioni che si riesce ad
ottenere. pi importante controllare che sapere. Ogni conoscenza ottenuta non
sar mai sufficientemente a sedare i sospetti, le paure e le fantasie che lo hanno
motivato. Controllare una modalit ben precisa e definita di rapporto sociale,
fortemente contagiosa, in grado di permeare di s lintero contesto ove viene
praticata. Il controllo sempre fine a se stesso, protettivo della confusione
emozionale delle persone implicate, sostenuto da fantasie non suffragate dalla
realt, ma che hanno la capacit di imporsi quali profezie che si autoavverano. Un
sistema di relazioni fondato sul controllo, induce a mettere in atto quei
comportamenti che si teme possano avverarsi e che si vorrebbe tenere sotto
controllo.
Vi sono situazioni sociali ove il controllo istituito, e si propone quale esplicito
sostituto della produzione.
29
desiderio tramite la sua attribuzione allaltro, che poi controller. Laltro diviene
oggetto della propria fantasia di scoprire ci che nascosto, segreto e che si
teme/desidera di trovare tra le pieghe di ci che si sta controllando. Il controllo,
quindi, sostituisce il desiderio con l'emozione che deriva dall'agire il controllo
stesso.
30
E' la versione passiva della neoemozione di controllo. Chi controlla, mette in atto
specifiche iniziative. Chi diffida, vive l'emozionalit, evocata dalla relazione ove
l'amico pu continuamente trasformarsi in nemico, come cruccio interno, come
una sorta di sofferenza trattenuta entro la propria fantasia, senza lasciar spazio ad
iniziative. La persona diffidente vive in uno stato di perenne allarme, legge in tutto
quello che gli capita attorno, segnali di pericolo, d'ostilit, di disistima, di critica, di
disapprovazione. Se ne difende con la convinzione che non ci si pu fidare; con la
certezza che lo stato d'allerta deve essere abituale nelle relazioni sociali, specie
con gli amici, nei confronti dei quali, pu venir meno la fiducia. Anche nella
diffidenza, prevale la confusione emozionale nei confronti dellaltro amico. Qui,
peraltro, non viene aggredita la regola del gioco che automatizza il nemico noto; la
confusione aggredisce la sola rappresentazione fantasmatica dellaltro. Ci si
comporta come se la fiducia negli altri non fosse venuta meno. Lemozione, di
contro, investe confusivamente ogni aspetto della realt: chi diffida non mai
certo della ragione che sostiene la sua diffidenza. Non si certi del diffidare, si
certi che non va bene aver fiducia.
La diffidenza pu essere uno stile di vita, un modo per organizzare la relazione con
gli altri, per avere sempre chiaro come regolarsi con chi si conosce, con chi non si
conosce. Ha quale oggetto privilegiato la novit: chi diffida si guarda bene
dall'esplorare cose nuove, nell'attesa di trovare spiacevoli sorprese. Anche la
diffidenza quindi allontana dalla relazione produttiva.
Diffidare un modo per delirare. Non si sa mai il motto del diffidente. Esprime
l'incertezza, il dubbio entro i quali relegato chi ha perso la fiducia nella realt dei
rapporti amicali, senza poter far nulla per fronteggiare questo stato d'incertezza,
se non arrovellarsi entro pensieri contorti, deformati, deterioranti la
rappresentazione dell'altro e della sua credibilit. Si deteriora l'immagine dell'altro,
ma al contempo non si ha la forza di rovesciarla entro un immagine nemica.
E' questo dubbio, questa vaghezza, che condanna il diffidente ad una perenne
incertezza, impedendogli di entrare in una relazione definita con l'altro, magari per
combatterlo, controllarlo, limitarne l'azione pericolosa. La diffidenza non concerne
il nemico; quando si diffida si rivolge la propria attenzione emozionale all'amico. Si
viene guidati da teorie problematiche; prima, tra tutte, quella per cui <ognuno
pensa solo agli affari suoi>, non essendoci possibilit d'altruismo nelle relazioni
sociali. Nella diffidenza non c rapporto con la realt, non si cercano riscontri nelle
cose, negli eventi; si pensa che debba essere laltro, di sua iniziativa, a rassicurare
la persona che diffida, entro un rapporto impossibile.
Se il controllo fondato sul sospetto la neoemozione che caratterizza chi ha o
vuole conquistare il potere entro l'organizzazione, la diffidenza la neoemozione di
chi dipende, di chi subordinato, se si vuole di chi deve subire il controllo altrui.
La differenza tra il sospetto e la diffidenza di grande importanza. Il sospetto
induce all'azione, in primis il controllo. Chi sospetta pensa di dover intervenire, per
fugare o confermare il sospetto. Quando si diffida, di contro, non si cerca di
confermare o sconfermare la diffidenza. Quando si diffida si invita, implicitamente,
laltro ad un rifiuto, ad un allontanamento, allinterruzione della relazione. questa
la finalit del diffidare: rimanere progressivamente sempre pi soli, sempre pi
isolati, trovando in questo una ragione in pi per dar corpo alla diffidenza, per
giustificare la giustezza del proprio diffidare. Nella diffidenza c la negazione
dogni possibile obiettivo produttivo della relazione sociale. Chi diffida non vede la
funzione strumentale della fiducia, intesa quale condizione preliminare per lo
scambio e la produzione.
Le relazioni familiari sono il luogo privilegiato della diffidenza. La diffidenza non
caratterizza soltanto singole relazioni, pu prendere intere culture. Es: chiusura nei
confronti dellestraneo tipica di alcune culture.
31
La diffidenza nellanalisi della domanda. Chi diffida, va dallo psicologo,
investendolo della propria diffidenza, e proponendogli quale problema quella
stessa diffidenza da cui si sente tormentato. Si pu ben dire che la diffidenza sia
l'atteggiamento pi comune, in chi si rivolge allo psicologo. Ci si aspetta aiuto da
lui, ma al contempo si pensa ai rischi che si corrono nel fidarsi di lui e si perplessi
sulla sua reale competenza ad affrontare e risolvere i propri problemi.
Lo psicologo viene scelto entro un contesto, quello degli psicologi, di cui non ci si
fida, perch non si conosce e si ritiente poco credibile. Ci porta all'idealizzazione
dello psicologo che si scelto, e sappiamo che tale processo viene messo in atto
per tenere a bada l'aggressivit, della quale sarebbe oggetto la figura idealizzata
se non fosse, appunto, al riparo dell'idealizzazione. Lo psicologo quindi oggetto di
emozioni ambivalenti molto forti. La diffidenza si propone quando la
simbolizzazione ambivalente delloggetto amico cos forte da impedire ogni
riscontro di realt, atto a dirimere lambivalenza, lasciando il diffidente in balia
delle sue emozioni contraddittorie. Chi diffida, per certi versi, chiede alloggetto
della sua diffidenza di risolvere la sua incertezza, la sua propensione a non avere
fiducia. Ogni tentativo, da parte di chi oggetto della diffidenza, di convincere chi
diffida a smetterla con la sua emozione perturbante, otterr l'effetto opposto;
esattamente come otterr leffetto di confermare la diffidenza chi non facesse
nulla per convincere il diffidente a desistere dalla sua emozione scostante.
La persona diffidente pur non perdendo occasione per dimostrare la sua
perplessit sulla competenza dello psicologo, il suo bisogno d'essere rassicurato
sulla bont di quanto si sta facendo con lui, il suo scetticismo sui risultati, il suo
sentimento d'inutilit degli sforzi fatti, i dubbi sulla reale scientificit di quanto
viene messo in pratica, si dimostra una persona fedele, costante negli incontri,
puntale, molto accurata nel rispondere a quanto lo psicologo chiede, capace di
stabilire una relazione affettivamente profonda ed affettuosamente legata a lui.
La persona diffidente sembra chiedere d'essere accettata con la sua diffidenza, di
poter agire quest'emozione senza venir rifiutata, senza essere isolata e punita per
l'atteggiamento che ne consegue, presentato come consustanziale al suo modo di
vivere i rapporti. La domanda di chi diffida di essere accettato con la sua
diffidenza. Lo psicologo accogliendo l'essere oggetto della diffidenza altrui si pone
in modo del tutto diverso da quello cui abituato chi diffida: pu rompere quel
circolo vizioso che alimenta la diffidenza.
Con chi diffida naturalmente, va rispettato il setting; nel rispetto delle regole del
gioco che sono state concordate, all'inizio dell'analisi della domanda, sta tutta la
credibilit dello psicologo. Ci particolarmente importante nel caso della
domanda diffidente, perch consentir alla persona che diffida di mettere in
discussione, sia pure in tempi lunghi, la fondatezza del suo diffidare.
E' difficile distinguere, per la domanda di diffidenza, l'emozione vissuta nei
confronti dello psicologo da quella vissuta verso terze persone. Chi diffida, non
pone la sua diffidenza a fondamento della sua domanda di intervento: solitamente
chiede che lo psicologo si occupi di altre persone, o chiede consigli su come
comportarsi con le persone delle quali diffida.
La diversit evoca diffidenza, al pari d'ogni cambiamento che costringe a
modificare il proprio atteggiamento verso la realt contestuale. Lo psicologo che
sconferma la diffidenza, che mette in dubbio le credenze, fantasie volte a dar
motivo alla diffidenza, diviene, egli pure, oggetto della neoemozione. La diffidenza
prende il posto, come le altre neoemozioni, di unaccettazione curiosa
dellestraneit, quindi dello scambio. Se lo psicologo avesse posizioni ideologiche
contrarie all'innovazione, all'accettazione della diversit quale risorsa, se non
condannasse ogni forma di discriminazione entro i processi di convivenza, se non
32
fosse critico nei confronti del potere senza competenza e del suo imporsi entro i
sistemi sociali, lo psicologo potrebbe giustificare l'atteggiamento di diffidenza nei
suoi confronti.
Accettare la diffidenza nella domanda, non reagire collusivamente ad essa,
guardare ironicamente alle provocazioni che evoca nellinterlocutore, aiutarlo ad
un pensiero sullemozione e sugli agiti che la diffidenza induce entro la relazione di
domanda, possibile sole se lo psicologo non viene coinvolto nella relazione.
33
Si potrebbe anche dire che, chi provoca, preferisce l'aggressivit dell'altro, o la sua
cattura, o la sua tolleranza quale segno di sopportazione e quindi d'accettazione
affettiva o tutto questo insieme al posto dell'affetto di chi sa evocare emozioni
accettanti.
La provocazione attenta continuamente alla regola della distanza di rispetto nella
relazione con l'amico. infatti un agito aggressivo che confonde lamico ed il
nemico.
La provocazione sempre alla ricerca di un provocato, e se la presenza manca, il
lavoro della fantasia sulle assenze supplisce egregiamente.
La provocazione offre un buon supporto emozionale ai sistemi di potere
incompetente.
Chi provoca si propone quale bambino impotente ed al contempo capace di
provocare. Nella provocazione spesso implicita la simbolizzazione del provocato
come di una persona o di un gruppo dotati di maggior potere, se confrontati con
chi provoca. Ed il maggior potere, nell'ottica di chi provoca, deve essere usato per
tollerare la provocazione, per sopportarla ed accettarla senza reazioni che abbiano
conseguenze sconfermanti su chi ha provocato. La provocazione, spesso, nasce
dalla dipendenza, sentita come non tollerabile, del provocatore nei confronti di chi
provocato. Questo perch alla base c lincompetenza ad istituire rapporti che
includano la relazione con lestraneo; senza questa competenza, la dipendenza
insopportabile. Con il provocare si tenta di rovesciare la dinamica della
dipendenza, di negarla e di istituire un rapporto ove chi provocato possa
dipendere, in modo sofferente ed arrabbiato, da chi provoca. Al contempo, chi
provoca conta sullo stato di figura dipendente, per mettersi al riparo dalle
ritorsioni, possibili, nei confronti del suo gesto. Si tratta di un malcelato senso di
inferiorit del provocatore, che egli pensa di poter momentaneamente compensare
con la sottomissione del provocato.
34
indecifrabile linguaggio comunicativo fatto di rimandi, richieste di sostituzione
degli orari, assenze per le quali si avvisa allultimo minuto, etc. In altri termini,
sarebbe preso dentro una comunicazione inverificabile, perch chiusa entro il
circolo vizioso delle fantasie neoemozionali. Alla proposta di pagare anche gli
incontri mancati, lo psicologo pu essere sottoposto a veri e propri attacchi
provocatori. La variegatura delle provocazioni infinita: le proteste si susseguono
ai lamenti, le richieste perentorie alle suppliche. Sembra, in qualche caso, che
l'accettazione di una regola sia impossibile, e che l'offesa per una tal proposta
possa far abbandonare l'impresa del rapporto con quello psicologo.
Un'altra modalit provocatoria concerne l'abitudine di parlare di ci che succede
nella vita <reale>, raccontare pettegolezzi sulle persone, soffermarsi per lungo
tempo su eventi lontani dalla propria emozionalit, dal proprio coinvolgimento
nelle vicende. Tutto questo pu essere visto come difesa, quale fuga dalla propria
realt emozionale; ma fuga e difesa sono concetti che si riferiscono a modelli
intrapsichici, come se tutto succedesse nel mondo interno di chi pone la domanda;
di fatto, se si coglie la componente la componente provocatoria di queste fughe o
difese, si pu cogliere anche quale significato relazionale venga affidato ad esse.
Come se si reificasse la fantasia che si va dallo psicologo per fare con lui una
chiacchierata, senza troppo impegno, per parlare del pi e del meno, per passare
un'oretta in buona compagnia. In questo caso evidente che il cliente vuole
svuotare di senso, attraverso la banalizzazione della competenza dello psicologo-
dama di compagnia, la competenza che lui stesso dovrebbe acquisire quale
prodotto della relazione.
Una tipica provocazione data dall'affermazione che il rapporto con lo psicologo,
che si prolunga gi da alcune settimane (o da lungo tempo), non serve a nulla.
Altre volte si dettano le condizioni del lavoro. Interessante notare che lo psicologo,
in molte situazioni che evocano proteste del genere, parla molto, dice spesso delle
cose, interviene lungamente. Ma parla, sempre, in una dimensione <altra>,
rispetto a quello che si vuol sentir dire l'interlocutore.
La provocazione pu assumere, a volte ed in situazione di difficile gestione,
l'aspetto di veri e propri attacchi nei confronti dello psicologo: alla sua persona,
alla sua famiglia, o alla sua situazione affettiva, alla sua competenza, alla sua
dirittura morale o alla troppa rigidit. Sembrano situazioni paradossali e
contraddittorie, che ben rappresentano la confusione mentale di chi, al contempo,
chiede una consulenza a chi sta attaccando violentemente.
Tutte le neoemozioni si presentano, nella relazione di domanda, quali emozioni
agite, quindi non interpretabili direttamente da parte dello psicologo. Allora, il
problema, per lo psicologo, quello di attendere che, chi pone la domanda, veda
la contraddizione insita nell'agire un'emozione entro, e spesso contro la relazione
ed al contempo aspettarsi, sperare che la relazione stessa porti a qualche
comprensione dei problemi che hanno motivato la domanda.
Lo psicologo, in questi casi, pu rileggere il problema portato, nell'integrazione del
qui ed ora con la narrazione del l e allora, nei termini di evento critico; pu
proporre ipotesi sulla cultura locale di contesti di riferimento del cliente; pu
iniziare a porre interrogativi su quali siano o possano essere i suoi obiettivi di
sviluppo.
LO SVILUPPO DEL CONTROLLO: OBBLIGARE
L'obbligo imposto a se stessi e agli altri, una buona misura difensiva contro il
rischio rappresentato dal chiedersi cosa si desidera e dall'impegnarsi a perseguirlo,
investendo a tal fine sull'estraneo. Riempirsi di obblighi e doverosit, comporta
sempre un appello pressante ad altri, con i quali si in rapporto, affinch si
facciano carico degli stessi obblighi, sino ad occupare tutto lo spazio sociale,
35
familiare, amicale, lavorativo, con gli obblighi degli uni verso gli altri e con la
minacciosa cultura che ne fonda lefficacia.
Quando si vuol istituire una relazione fondata sull'obbligo, si deve stare attenti: la
strategia funziona solo se l'altro accetta la dipendenza fondata sulla
colpevolizzazione, che l'obbligo mette in atto. Se, di contro, laltro propone il
perseguimento dei suoi intenti, allora chi vuole obbligare si trova a colludere,
senza volerlo, con laltro.
Il sacrificio di chi obbliga ha senso solo se viene reciprocato, se contenuto nella
colpa dellaltro. Nel caso opposto, diviene un sacrificio non voluto, ove lipocrisia
viene apertamente smascherata. Lobbligo e lavidit sono due facce della stessa
medaglia; lobbligo tiene a bada lavidit, lavidit prospera in un contesto
obbligante.
L'obbligo ha l'obiettivo di colpevolizzare l'altro, imbrigliandolo in norme
mortificanti, volte alla negazione del desiderio, alla demonizzazione del desiderio
stesso. <Non si pu fare sempre quello che si vuole!>; <Pensa, se io facessi
sempre come te, che fai solo quello che ti pare!>; vi sono persone che organizzano
la propria vita sulla base d'affermazioni del tipo:<Io saprei benissimo cosa voglio.
Ma non posso farlo, perch sono vincolato a questo, a quello...> e vengono allora
enumerati gli obblighi nei confronti di altri, quegli altri che debbono espiare la
colpa di rappresentare, per la persona in questione, il vincolo obbligante,
insormontabile.
Fare i compiti un'altra versione dell'obbligo, che sostituisce la realt del costruire
e del produrre con la fantasia dell'impossessarsi. Fare i compiti, in altri termini,
quale scelta obbligata, di fronte all'uso che si potrebbe fare di un'esperienza
conoscitiva arricchente e aperta a nuove visioni della realt.
Pensiamo a quel paziente che, dopo aver preso la faticosa, impegnativa decisione
di intraprendere un percorso psicoterapeutico, sembra dimenticare di botto tutto
l'impegno della scelta, e inizia a presentarsi alle sedute con la diligenza, o la
svogliatezza, di un allievo obbligato.
Nella formazione fondata sullobbligo, si dispiega la fantasia che ci sia un sapere di
cui ci si pu impossessare; questa fantasia sostituisce la realt di una competenza
costruita dai propri progetti e dalla propria esperienza pensata. Viene alla mente,
per gli psicologi, quale motivazione all'apprendimento obbligato, il desiderio di
impadronirsi, impossessarsi, di tecniche che danno, a chi le possiede, un forte
potere sul profano; tutto ci, come sostitutivo dell'acquisizione di competenze, in
grado di rispondere alla domanda del cliente.
Una variante dellobbligo loblativit squadernata, sacrificale, vissuta in nome
dellaltro e dellamore che si porta nei suoi confronti. Se lo faccio, lo faccio per
te!. L'oblativit caratterizza colui che si obbliga per obbligare.
36
In alcuni casi, l'obbligo l'atteggiamento prevalente, nella vita del cliente. Qui la
domanda concerne il desiderio di veder condannato chi non ha colto la propria
sacrificalit, e stigmatizzata questa trascuratezza, questo misconoscimento.
Incomprensione e trascuratezza che possono aver condotto sino alla rottura del
vincolo, familiare o di lavoro, che esiste tra chi vive l'esperienza sacrificale e chi ne
l'oggetto. Analizzare le domande fondate sull'obbligo e la loro implicita
sacrificalit, significa analizzare quella forte spinta al possesso, che l'obbligo
maschera con la formazione reattiva che lo caratterizza.
Quando si riesce a dare senso allemozione costretta entro la dinamica
dellobbligatoriet, si scopre una profonda fantasia di possesso.
37
Il lamentarsi un atto di denuncia unilaterale, che immerge chi lo fa entro
emozioni di rabbia, abbandono, persecutoriet, ingiustizia, emarginazione,
presenti a dismisura nel vissuto di chi si lamenta, sino ad assurgere a dimensioni
infinite, assolute. Di conseguenza, pu assumere le connotazioni di una vera e
propria invasione emozionale allagante, insopportabile per il terzo coinvolto. Tra
ingordigia e lamento c' una relazione molto stretta. E' ingordigia, la bulimia,
l'avidit sfrenata e senza limiti che confonde il desiderio, ne rende difficile la
gratificazione perch manca un oggetto, una sua precisazione di realt, una meta,
uno scopo, una direzione, quel limite di realt necessario perch il desiderio,
integrato nella sua realizzazione, possa esistere.
Nel lamentarsi, quindi, si vive il limite al proprio potere. Questo il motivo d'invidia
pi diffuso nei confronti dei <potenti>: chi ha il potere non ha motivo di
lamentarsi. Il potere, una cui reificazione il denaro, d l'illusione che tutto possa
essere raggiunto; consente di non confrontare il desiderio con la realt; evitando il
lavoro competente di fruire delle occasioni, delle opportunit che l'esperienza
offre, del costruire su di loro il piacere dell'esperienza. La costruzione del desiderio,
nella relazione con la realt, comporta la competenza a stare nelle cose, a
valorizzarle, a interpretarne i limiti, quindi a conoscere le risorse che possono
essere fruite.
38
Questa chiamata in causa ha la caratteristica di prestarsi alluso di mass media,
manifesti e pubblicazioni.
Chi si preoccupa sempre in difesa, proclama la sua impotenza nei confronti di
quanto stanno facendo altri, e insinua il dubbio su come andranno le cose. Ci sono
persone che passano la vita a preoccuparsi, ed a chiamare in causa gli altri entro
la propria preoccupazione. Chi si preoccupa solitamente, non ama l'iniziativa,
l'azione, la costruzione di situazioni volte a soddisfare la speranza ed il desiderio. Il
preoccupato si preoccupa di quanto fa laltro, del suo comportamento e di quanto
tale comportamento possa veicolare un desiderio. Ci si sente tagliati fuori
dallazione dellaltro, in unassenza di progetti e prospettive, da contrapporre a
quanto laltro fa, da sviluppare in interazione o in competizione con lui.
Il preoccupato tenta di incentivare la coesione difensiva di un gruppo o di
un'organizzazione, sulla base del sospetto e del dubbio, sollecitando quindi
risposte passive e propensione alla critica nei confronti di chi si adopera per il
gruppo o per l'organizzazione stessa. Il preoccupato ama lo status quo, vede con
forte sospetto ogni possibile cambiamento nell'assetto sociale. Il preoccupato
rappresenta, in modo chiaro, la risposta difensiva al fallimento della collusione.
Quando avvengono cambiamenti di rilievo entro le relazioni sociali, l si mobilitano
e si fanno avanti i preoccupati.
Sulla base della preoccupazione si mettono in moto altre neoemozioni: il controllo,
ad esempio, o la provocazione, la diffidenza. Il preoccuparsi un modo per
costruire un sistema fondato sulle neoemozioni. Il terzo, che accetta
l'interlocuzione con il preoccupato, entra nella sfera del sospetto, del timore o della
pessimistica previsione.
Il preoccuparsi, rappresenta una semplificazione della relazione con il reale; esime
dal capire quanto ci succede, dal trattare quale informazione lemozionalit che ci
viene evocata da quanto sta accadendo. Con il preoccuparsi, tutto viene risolto nel
suggerire dubbi a un terzo, nellimplicarlo entro la vicenda e renderlo responsabile
di quanto accadr.
Preoccupandosi, si declina la propria impotenza di fronte al nuovo. Impotenza a
capire, a dare risposte coerenti con le informazioni che l'imprevisto offre, a
cambiare e adattarsi a quanto si presenta nell'orizzonte della realt con cui si ha a
che fare. Il preoccupato conferisce potere al terzo, solo a patto che il potere venga
usato nella direzione che la preoccupazione indica con precisione: ricondurre la
situazione in cambiamento ad un ideale status quo ante.
La preoccupazione , spesso, l'alternativa legittimata dell'invidia. I preoccupati
possono scoraggiare linnovazione o limitarla; possono fondare nuovi equilibri
entro le relazioni attirando nella rete neoemozionale sia loggetto della
preoccupazione che il terzo, chiamato in causa.
Quando un sistema sociale s'organizza interamente attorno alla neoemozione del
preoccuparsi, si ha uno stallo nella relazione tra sistema stesso e contesto, una
sorta di ripiegamento su di s, una perdita della sua funzione sociale, della sua
missione produttiva o di creazione di servizi.
39
l'impotenza stessa. Analizzare la dinamica della preoccupazione, d'altro canto,
serve a ridare iniziativa a chi s'era rifugiato nella passivit, a consentirgli di
intervenire direttamente nella situazione preoccupante, di stabilire quei rapporti
diretti che la preoccupazione vorrebbe spostare sulla persona terza.
Lo stesso psicologo pu essere oggetto di preoccupazione da parte di chi si rivolge
a lui. Con l'agito della preoccupazione nei confronti dello psicologo, chi pone la
domanda pretende di vivere e di far vivere allo psicologo la teoria per cui le
emozioni non debbono essere capite ma sono a fondamento della realt.
Lo psicologo pu invitare l'interlocutore a capire con lui le ragioni, il senso della
preoccupazione proposta. Se quello accetta lo spostamento di fuoco dellanalisi si
potr fare un buon lavoro danalisi. Se, di contro, chi pone la domanda pretende di
vedere lo psicologo schierato al suo fianco nellaccettare la preoccupazione le cose
si complicano.
I COPIONI NEOEMOZIONALI
Le neoemozioni si propongono come organizzatori della relazione, alternativi alla
competenza delle persone a esplorare la realt del contesto in cui sono. Nella
realt delle relazioni sociali si alternano e si mescolano entro le sequenze degli
eventi. Accenniamo ora al caso in cui si propongono come repertori o, come
linsieme di componimenti drammatici o lirici che una compagnia teatrale ha pronti
per la recitazione. Il repertorio fatto di copioni che possono fondare una stabile
immagine di s di una persona.
Dedichiamo qualche riga al copione del Morto di fame. Si tratta di chi svaluta tutto
ci che possiede, in nome di tutto ci che non ha. Rifiuta l'impegno emozionale
dell'apprezzare l'oggetto, e vuole possedere non ci che lui potrebbe apprezzare,
ma ci che pensa che gli altri apprezzino: successo, importanza sociale, popolarit.
Poco attraente, anzi nemico, chi competente o stimato; perch la competenza
sta nella realt, e ci che insegue il morto di fame deve restare irraggiungibile e
falso. Se riesce ad avere una relazione con ci che ricerca assiduamente, subentra
la diffidenza: dubita che ci che riuscito a possedere, non possa essere cos
importante; di qui la ricerca di nuovi traguardi. Fa cose colte, alla moda, che si
devono fare. E' costantemente volto a sollecitare invidia negli altri, specchio
della sua invidia. Non pu tollerare che qualcosa si sottragga al suo controllo e
deve prescrivere disprezzo o ignoramento perci che sfugge alla sua presa. Si pu
parlare di un doppio circuito dell'invidia. Da un lato egli invidia chi, nella sua
visione del mondo, ha raggiunto vertici di agiatezza, ricchezza, notoriet.
Dall'altro, egli cerca di suscitare negli altri la stessa emozione invidiosa. Di qui il
timore, costante, d'essere imbrogliati, che caratterizza questo copione emozionale,
rappresentato da persone diffidenti, all'erta nel tentativo di evitare situazioni non
all'altezza dell'aspettativa. Il Morto di fame porr una domanda allo psicologo, nel
caso che si senta incapace di entrare nel <giro che conta> e perso entro il
sentimento di vuoto che fonda la sua dinamica emozionale.
Un secondo copione quello della Vittima, sostenuto dalla fantasia di aver fallito
nella pretesa di possesso di un altro. Si istituisce la fantasia di essere soli perch
abbandonati, traditi, aggrediti dallassenza dellaltro, alla cui presenza si aveva
diritto. La Vittima, del resto, non cerca un'alternativa al rapporto perduto: l'assenza
e la recriminazione che questa le permette sembra nutrirla emozionalemente
molto pi di quanto non porterebbe una presenza con cui impegnarsi in un
rapporto. La Vittima chi evoca il possesso attraverso la sua perdita. In altri
termini, la Vittima si nutre della fantasia che l'altro si possa possedere, attraverso
il sentimento di esserne stata derubata, defraudata; la Vittima infatti non fa
investimenti di sorta per produrre e creare il suo bene, nulla la vede tanto
all'opposizione come questa ipotesi.
40
CONCLUSIONI
Quattro sono i modi di vedere la realt.
1. Singoli eventi: il singolo evento, l'evento problematico, viene scisso dal
contesto. Il contesto partecipa alla dinamica del problema solo in forma di
occasione, causale o contingente, che permette al problema di rivelarsi. Si
pensa alla realt attraverso le sue disfunzioni, viste nella loro evenienza
entro un contesto dato. Il contesto considerato come unorganizzazione
data. Non vengono presi in considerazione gli accordi, definenti il contesto in
questione; viene ignorata la relazione tra questi accordi e il problema.
2. Reazione a stimoli: un modo di teorizzare l'evento problematico come
dipendente da caratteristiche, relativamenbte stabili, della persona; tali
caratteristiche individuali consentono una spiegazione causale del singolo
evento portato allo psicologo quale problema.
3. Contesto: il singolo evento viene visto in interazione con il contesto.
Situandolo entro un insieme di circostanze, caratterizzazioni, modalit di
rapporto, che consentono di riferire l'evento stesso a specifiche finalit,
obiettivi e funzioni del contesto entro il quale l'evento si dispiega. In tal caso,
il contesto entro il quale l'evento problematico si manifesta, viene inteso
quale organizzazione costruita. Vengono presi in considerazione gli accordi,
tanto collusivi che rispondenti a una domanda di realt e funzionali alla
realizzazione di un prodotto, definenti il contesto in questione; viene
analizzata la relazione tra questi accordi e il problema.
4. Simbolizzazione emozionale: si guarda all'evento problematico quale
espressione di un pensiero emozionato, fondato sull'intenzionalit simbolica
degli oggetti.
La definizione di queste 4 polarit aiuta, nella comprensione delle 4 aree risultanti
dal loro incontro, indicanti diverse modalit, o fasi dellintervento. Le aree A e C,
sono proprie della tecnicalit; le aree B e D sono specifiche dellanalisi della
domanda.
1. Area A: la domanda spesso concerne singoli individui e la loro reazione a
stimoli. Non c alcuna costruzione di una committenza e tutto si risolve
nellapplicazione di una tecnicalit. La risposta fondata sulla tecnicalit, che
prende alla lettera la domanda, collude con la neoemozione che fonda la
domanda stessa. Lestraneit, rappresentata dallo psicologo pu essere
negata.
2. Area B: qui lo psicologo deve porre attenzione allestraneit di chi fa la
domanda per cogliere elementi che, nellarea precedente, erano agiti entro
la collusione neoemozionale. Attraverso il riferimento alla simbolizzazione
emozionale, inizia il lavoro di riconduzione dellevento singolo al contesto. Il
problema pu essere visto come indizio di qualcosaltro e diviene evento
critico, sintomatico del fallimento collusivo in atto. Per uscire dalla relazione
con individui occorre procedere adottando altri modelli, e collocando il
problema che si intende con lintervento, entro un contesto; il contesto si
contrappone ai singoli eventi.
3. Area C: larea della cultura locale. Levento critico viene iscritto entro la
realt contestuale. Lo psicologo, si trova cos confrontato non pi con
caratteristiche stabili dellindividuo, ma con culture locali, fondate sulle
dinamiche collusive che caratterizzano quello specifico contesto. La
dinamica neoemozionale viene ricollocata entro la cultura locale. Questa,
insieme ad A, larea della tecnicalit: la tecnicalit collude con la
neoemozione in A; e supporta la cultura degli adempimenti in C.
41
4. Area D: larea della competenza organizzativa. La dinamica simbolica
espressa dalla domanda viene integrata con le finalit produttive, che
caratterizzano il contesto organizzativo nel quale il problema stesso si
dispiega. Questarea implica da parte dello psicologo una conoscenza
approfondita e specifica dei differenti contesti entro i quali pu intervenire.
44
nella fantasia del possesso disperante ed impotente. Permette, nell'accezione che
abbiamo dato alla parola, di divertirci.
45