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Analisi della domanda.

Teoria e tecnica dellintervento in


psicologia clinica
Ci sono due modi pi diffusi di rappresentare lo psicologo:
1. Psicoterapista che cura i disturbi mentali, confondendosi con lo psichiatra e
facendo riferimento al modello medico, pur non possedendone i presupposti
di base;
2. Psicologo che applica il proprio strumentario su richiesta di qualcuno che dai
dati tratti da quella applicazione pensa di ottenere un vantaggio.
La teoria della tecnica si pone come alternativa a queste due modalit. Le persone
si rivolgono allo psicologo perch lo psicologo esiste. Questo significa che la
psicologia non ancora una professione fondata su una tradizione tale da
consentire una domanda coerente con la competenza che lo psicologo pu offrire.
La competenza dello psicologo infatti, si applica ai criteri, alle motivazioni che
portano a cercare la sua consulenza.
Lanalisi della domanda comporta lidea che con la domanda si comunicano
dimensioni non ovvie, si comunicano aspetti di s e della propria relazione con il
contesto che hanno a che fare con le emozioni. Lo psicologo lavora nellambito
della vita emozionale, la dinamica emozionale la componente pi rilevante entro
la realt psicologica delle persone e delle organizzazioni.

Per ANALISI DELLA DOMANDA si intende lesplorazione delle simbolizzazioni


affettive, agite da chi pone una domanda dintervento allo psicologo. Si tratta di
uno psicologo che lavora con persone, gruppi o organizzazioni che propongono dei
problemi da affrontare con la competenza psicologica, al fine dello sviluppo della
persona. C' una grossa differenza tra chi applica una tecnica predefinita e chi si
occupa del problema che la persona porta con la sua domanda: nel primo caso
possibile che lo psicologo non analizzi la domanda di intervento, pensando che il
problema sia soltanto il pretesto per lapplicazione della tecnica di cui capace;
nel secondo caso serve una teoria della tecnica che sia in grado di trattare la
domanda a partire dal problema proposto.
La teoria della tecnica che sta alla base dellanalisi della domanda fondata su
alcune premesse teoriche:
o EMOZIONI: vissuto che risulta dalla simbolizzazione affettiva degli oggetti
nel contesto. C' un parallelo tra percezione ed emozione: la percezione
organizza il contesto dal punto di vista cognitivo, lemozione lo organizza dal
punto di vista emozionale. Percezione ed emozione sono le due modalit che
fondano la relazione tra individuo e contesto.
o COLLUSIONE: processo di socializzazione delle emozioni, che proviene dalla
condivisione emozionale di situazioni contestuali. In altre parole colludere
significa condividere emozionalmente le stesse simbolizzazioni affettive
entro un contesto vissuto in comune. il tramite emozionale che fonda ed
organizza la costruzione delle relazioni sociali, grazie alle emozioni
condivise. Ogni relazione sociale fondata sulla collusione. Secondo Freud la
simbolizzazione affettiva il modo pi importante delluomo per mettersi in
rapporto con la realt e per conoscerla. Nellanalisi della domanda il
problema non colludere con specifiche simbolizzazioni affettive della
relazione con lo psicologo, proposte da chi pone la domanda.
o INCONSCIO: modo specifico dessere della mente.
o RELAZIONE INDIVIDUO-CONTESTO: lo psicologo non ha a che fare con
singole persone, ma con relazioni e il problema che viene portato allo
psicologo e che oggetto di analisi della domanda, un problema che
concerne la relazione tra individui e contesto.

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o CONVIVENZA: area entro la quale si situa lintervento psicologico.
Convivenza come relazione tra sistemi di appartenenza ed estraneo, fondata
su regole del gioco convenute.
o RELAZIONE SISTEMA DAPPARTENENZA ED ESTRANEO: il luogo dello
sviluppo della convivenza. I sistemi dappartenenza sono relazioni fondate
sulla dinamica emozionale e su quella del potere (es. famiglia). Assolvono
esigenze primarie della persona, garantendo relazioni con il contesto e
possono essere integrati con lestraneit o contrapposti ad essa. Lestraneit
data da quegli aspetti della realt che il sistema di appartenenza pu
valorizzare ed individuare al di fuori di s, per realizzare relazioni di scambio.
o REGOLE DEL GIOCO: sistema di convenzioni, regolate emozionalmente, che
consente la relazione con lestraneit.
o DINAMICA POSSESSO-SCAMBIO: nellambito della relazione sociale, le due
dimensioni entro le quali si organizza il rapporto sono quelle del possedere
laltro o dello scambiare con laltro. Il possesso esaurisce la simbolizzazione
emozionale dellaltro, negandone lestraneit. Lo scambio reso possibile
dalla relazione fondata sul riconoscimento destraneit. Consente la
realizzazione, insieme allestraneo, del prodotto che emerge dalla reciproca
competenza.
o DALLA POLISEMIA ALLO SCAMBIO PRODUTTIVO: la convivenza retta da
dimensioni emozionali che si declinano lungo due polarit. La polarit pi
primitiva comporta simbolizzazioni del contesto fondate su un massimo di
simmetria polisemica e un massimo di acontestualit. La relazione con il
contesto e la percezione delle risposte consentono una progressiva riduzione
della polisemia, grazie a dinamiche simboliche che tengano in maggior
conto linterazione e la reciprocit con il contesto. La seconda tappa data
dalle neoemozioni, copioni emozionali in grado di organizzare rapporti entro
un relativo ignoramento del contesto. La terza tappa data dalle culture
locali, sistemi collusivi contestualizzati e storicizzati, caratteristici di alcuni
contesti.
o SVILUPPO: obiettivo dellintervento psicologico. Sviluppo della relazione tra
individuo e contesto, quindi delle capacit produttive e di scambio da parte
di chi chiede lintervento.
o PSICOLOGIA QUALE SCIENZA DELLINTERVENTO: con lanalisi della domanda
si intende dare un contributo alla psicologia intesa come scienza che fonda
lintervento psicologico. Si pu pensare alla psicologia non solo come un
intervento che tratta la domanda come un richiesta di cura, ma al contrario
la si pu pensare come una scienza che consente di intervenire nella
relazione tra individuo e contesto, quindi entro i problemi di convivenza.
o CLIENTE: il cliente va considerato come un modello di rapporto tra individuo
e contesto, lestraneo dal quale dipende lo sviluppo. Il cliente a sua volta,
ha un cliente da sviluppare, ovvero il cliente configura sempre un altro
cliente, che portatore di una domanda di sviluppo.
o COMMITTENZA E/O MANDATO SOCIALE: unimportante componente del
mandato sociale data dalla rappresentazione della professione data dai
mass media, vanno considerati inoltre i contributi dellordine professionale. Il
mandato sociale tutela le dimensioni conformiste (conformi alla norma) della
professione. La committenza invece non ha a che fare con norme e valori
prestabiliti. Comporta il consenso tra interlocutori che traduca in dimensioni
operative, storiche e contingenti, le grandi finalit del mandato sociale,
entro la specificit di quella committenza.

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Lanalisi della domanda pu rappresentare un modello unitario di lettura e
trattamento di problemi apparentemente diversi, sia nella loro formulazione come
nel contesto entro il quale si pongono. In sintesi lanalisi della domanda propone
allintervento psicologico alcune coordinate di base:
o OBIETTIVO: prospettiva di sviluppo metodologico. Lobiettivo che si persegue
entro il costrutto in analisi fondato sulla dinamica devoluzione delle
simbolizzazioni emozionali del contesto e sulla sostituzione dellagito
emozionale con il pensare le simbolizzazioni stesse. Ci consente di fondare
la relazione con lestraneo e di rendere possibile lo scambio produttivo.
o METODOLOGIA: fondata sulla sospensione dellagito collusivo nei confronti
delle simbolizzazioni emozionali proposte da chi pone la domanda, e
sullistituzione di un pensiero sulle emozioni stesse.

TEORIA DELLA TECNICA


Processo istituente.
Tradizionalmente, la psicologia clinica pu essere definita utilizzando diversi criteri:
in funzione del contesto, degli obiettivi, del modello teorico, della metodologia e
della tecnica psicologica. In tutti i casi, lintervento psicologico clinico viene
considerato come dato, viene istituito grazie al solo mandato sociale, ignorando
la costruzione della committenza (o fase istituente). Questo modo di procedere si
fonda sullapplicazione di tecniche, senza analisi della domanda o senza fase
istituente. Ma non costruire lintervento sulla base di unanalisi della domanda e
della fase istituente, significa agire la collusione tra fantasie del committente e
quelle dello psicologo, a scapito dellutente designato e stigmatizzato
dallintervento stesso.
Per la psicologia, la distinzione tra committenza ed utenza, la costruzione del
processo che istituisce la domanda dintervento, sono momenti fondamentali.
Costruire committenza vuol dire recuperare il contesto, la specificit delle
questioni che lo caratterizzano. Questo significa due cose: ricondurre la
acontestualit neoemozionale al suo rapporto con una cultura locale, quindi agli
obiettivi di sviluppo che caratterizzano il contesto di chi pone la domanda;
integrare mandato sociale e committenza. Non colludere significa sconfermare il
ruolo neoemozionale proposto nella domanda, per recuperare la funzione
competente di supporto allo sviluppo, cui quel ruolo rimanda. Costruzione della
committenza non vuol dire soltanto non colludere con chi vorrebbe lo psicologo
dedito al paziente designato, ma significa anche far assumere, a chi pone la
domanda, una committenza sul pensiero. Si tratta di un processo difficile: da un
lato, viene vissuto dallo psicologo come mettere a rischio la committenza, e quindi
il proprio lavoro; dallaltro si tratta di invitare il committente a guardare
criticamente ai motivi che sostengono la sua domanda.
Costruire una committenza significa spostare il fuoco del pensiero dalla questione,
cos come stata posta e raccontata, alla relazione.

Lo psicologo tra committente e utente.

Collusione Committente

psicolo Conflitto

Intervento Ortopedico Utente


La funzione di committenza viene esercitata da chi ha pi potere entro la relazione
che motiva la domanda dintervento. Lattenzione dello psicologo, di contro, pu
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rivolgersi anche alla relazione tra le due persone, individuando quel fallimento
collusivo che permette di ipotizzare sviluppo nel rapporto.

Nellanalisi della domanda si pongono tre elementi fondamentali:


1. Fallimento della collusione: pu essere causato da cambiamenti culturali o
strutturali, legati a nuovi assetti organizzativi, nuove richieste produttive,
nuovi modi di relazione tra individuo e contesto o tra gruppi entro il contesto
condiviso.
2. Riproduzione, nella relazione di domanda, di una situazione fantasmatica-
emozionale che ripropone gli elementi della collusione fallita.
3. Individuazione di linee di sviluppo.
Lintervento psicologico si fonda sempre sul potere conferito allo psicologo
dallesistenza di una domanda nei suoi confronti. Quando chi pone la domanda
anche il cliente dellintervento, il potere dello psicologo deriva dalla domanda
stessa. Se il destinatario dellintervento non chi pone la domanda e c una
resistenza, un rifiuto da parte di chi ad esso dovrebbe partecipare, possibile
attuarlo solo se il mandato sociale forte e conferisce quel potere coercitivo
necessario a renderlo possibile (es. Tso). Se il potere coercitivo, derivante dal
mandato sociale non c, lintervento si dovrebbe fondare sulla capacit dello
psicologo di convincere il cliente, in nome del potere del mandante ed in funzione
della collusione che lo psicologo ha istituito con lui.

Il triangolo Iso (individuo, setting, organizzazione).


Organizzazio
Narrazion ne
e
L ed
Individuo Interazione qui
Chi pone la
domanda ed l
ora ed allora
Vissuto
qui ed
ora Setting
Psicologo

Quando una persona parla con lo psicologo per chiedere un intervento, propone
due fuochi di attenzione:
1. Il racconto del problema: concerne eventi che si svolgono nel l ed allora,
entro le relazioni che la persona intrattiene nellambito dei vari contesti
dappartenenza
2. La dinamica affettiva della relazione con lo psicologo, che si dispiega nel qui
ed ora del rapporto.
Se lo psicologo presta attenzione unicamente al rapporto I-O, presta attenzione
unicamente al racconto del problema, colludendo con le simbolizzazioni emozionali
agite nel rapporto con lui da chi pone la domanda e non pu che prendere alla
lettera la segnalazione del problema proposto.
Se invece presta attenzione unicamente al rapporto I-S , interviene soltanto entro
la relazione affettiva del qui ed ora, definita dal rapporto tra psicologo e persona.
In questultimo caso si rivolge esclusivamente al mondo interno del paziente

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(psicoanalisi), senza considerare quale oggetto danalisi ci che il paziente
racconta di s nellambito della sua esperienza, al di fuori della stanza analitica.
Lanalisi della domanda integra le due dimensioni, del qui ed ora e del l ed allora.

Dalla polisemia allo stabilire relazioni.


Collusione: simbolizzazione affettiva del contesto, condivisa emozionalmente da
chi a quel contesto partecipa. Simbolizzare affettivamente significa dare senso
emozionale agli oggetti con i quali le persone entrano in relazione, quindi al
contesto. Noi esistiamo perch siamo in grado di simbolizzare affettivamente il
contesto, condividendo questa simbolizzazione affettiva con altri, entro le relazioni
sociali. La collusione la base della relazione tra individuo e contesto, ma non
esaurisce la relazione stessa. Ad essa va affiancata la percezione, quale modo di
organizzare e costruire la realt in relazioni definite e descrivibili, entro le quali
possibile intervenire con azioni appropriate. Percezione e collusione inoltre,
definiscono la dimensione sociale del rapporto con la realt.
La pi primitiva dinamica collusiva organizza il contesto entro categorie emozionali
amplissime, ad elevato contenuto polisemico. Tuttavia, la collusione, pur
configurando categorie altamente polisemiche, serve, sin dalla sua prima
manifestazione, a ridurre la polisemia.
Polisemia: indica la facolt di una parola di avere significati diversi ma si riferisce
anche alla caratteristica che una parola, un oggetto, un evento assumono se
considerati entro la dinamica simbolica emozionale, se visti con la logica del modo
dessere inconscio della mente. Freud a questo proposito parlava di
sovradeterminazione, che strettamente correlata con la caratteristica inconscia
della condensazione: ununica rappresentazione, che riunisce varie catene
associative di cui costituisce il punto di intersezione. La condensazione messa in
evidenza soprattutto nel sogno, ma non la narrazione di questo: ogni elemento
manifesto del sogno determinato da pi significati latenti, e ciascuno di questi
significati pu ritrovarsi in pi elementi.
Parole dense: parole che vengono simbolizzate emozionalmente e che si prestano
alla sovradeterminazione affettiva.
La collusione conosce un incremento di competenza definibile come articolazione
emozionale. I due poli di questo aumento di competenza sono definibili dalla
polisemia ad un estremo, e dallo stabilire relazioni tra oggetti allaltro. La
polisemia confonde e generalizza; lo stabilire relazioni tra oggetti consente la
differenziazione e la distinzione tra differenti elementi della realt, permette inoltre
di definire la modalit della differenziazione.
La dinamica simbolica che fonda la collusione pu progredire da simbolizzazioni
altamente polisemiche (categorie amico-nemico, alto-basso..) a categorizzazioni
della realt pi organizzate e differenziate, come le neoemozioni, quindi le culture
locali, culture collusive specifiche di determinati contesti. Colludere significa in
questo senso, trasformare la polisemia emozionale di base in emozioni
differenziate, capaci di esprimere primitive o pi evolute relazioni tra oggetti della
realt. La collusione ha sempre una funzione di adattamento alla realt.
In sintesi, la progressiva riduzione della polisemia, entro le simbolizzazioni
collusive, e la conseguente differenziazione degli elementi di realt in rapporto al
processo produttivo, caratterizzano levoluzione delle relazioni entro il contesto
sociale. tuttavia possibile che si abbiamo delle regressioni, quando specifiche
situazioni del contesto lo richiedono.

Il fallimento della collusione.


Il fallimento della collusione origina da una discrepanza tra struttura e cultura
allinterno di

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unorganizzazione; non possibile realizzare cambiamenti strutturali senza prima
aver avviato il cambio culturale che sostiene il funzionamento strutturale.La
collusione, con la sua dinamica simbolico-affettiva, contribuisce in modo rilevante
al funzionamento organizzativo, a condizioni date. Quando, tuttavia, nuove
condizioni ambientali, contestuali richiedono nuove simbolizzazioni
dellorganizzazione, si produce un fallimento della collusione, che allorigine di
tensioni, incomprensioni e conflitti.
Il fallimento della collusione motiva la domanda allo psicologo, che sostenuta
dalla speranza che lintervento possa ripristinare la modalit collusiva precedente.
La competenza ad analizzare la domanda comporta non solo la conoscenza dei
processi simbolico-emozionali che sostanziano la collusione, ma anche la
conoscenza approfondita del sistema organizzativo, del suo funzionamento e dei
modelli culturali che lo caratterizzano. La relazione tra cultura (data dai modelli
collusivi) e struttura (data dal sistema di funzionamento produttivo) una
relazione importante ai fini dellanalisi della domanda. Ci che caratterizza lanalisi
della domanda lintento di mettere in rapporto due dimensioni: problema e
relazione con lo psicologo. Questo intento pu essere perseguito grazie al modello
collusione-fallimento della collusione, il quale mette in relazione la narrazione del
problema con la dinamica del rapporto di domanda.
Nuove condizioni di contesto motivano il fallimento collusivo (il sentimento di
anomia); questultimo il vissuto del problema nella persona che pone la
domanda. Nella domanda, insieme a tale vissuto, sono riportati eventi che
implicano un potenziale sviluppo per la persona/organizzazione; ma questi eventi
non sono sostenuti da un investimento collusivo atto a promuovere la loro
realizzazione.
Il rifiuto di accettare il fallimento collusivo terreno fertile per lascesa di poteri
incompetenti.
Analizzare la domanda serve, quindi, a comprendere le dimensioni difensive della
relazione con lo psicologo, ed al contempo, serve a trovare, assieme, una
riorganizzazione della relazione collusiva, che tenga conto del cambiamento
contestuale e sia adattiva a tale cambiamento. Lanalisi della
domanda, quindi, un modello che persegue sviluppo nel sistema entro cui
insorto il problema.

Analisi della domanda quale intervento che promuove sviluppo.


Quando lo psicologo interviene con la singola persona o con i gruppi ha un
obiettivo. Ci sono due tipologie di obiettivi:
Obiettivi ortopedici, volti a riportare il sistema, entro quale si interviene, ad
un modello definito nelle sue componenti, considerato come utile e
desiderabile. Un modello che consente di considerare lo stato problematico
entro cui si interviene quale scarto dal modello. Questi obiettivi possono
assumere diverse forme, innanzitutto la cura. Quando lintervento
psicologico assimilato alla terapia, la guarigione pu assumere diverse
connotazioni: riconduzione ad uno stato di normalit, recessione del
sintomo, modificazione del comportamento verso modelli pi adeguati alla
realt, perseguimento di uno stato terminale considerato ottimale. Quando
uno psicologo si propone di ridurre lo scarto e di ricondurre persone,
organizzazioni, strutture sociali al modello desiderato, si ha sempre una
collusione tra fantasie dello psicologo e fantasie di un potere forte, che si
pone quale committente. Il potere forte pu essere una specifica persona o
una struttura in grado di conferire un forte mandato sociale. Il mandato
sociale serve a legittimare lintervento, ma al contempo, se assunto come
unico riferimento, senza costruzione di committenza, ne limita e ne

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condiziona la funzione. Quando lo psicologo opera entro un forte mandato
sociale, questo che definisce il suo obiettivo: modificare i comportamenti.
Ci che caratterizza gli interventi fondati sul perseguimento di un modello o
sulla riduzione dello scarto dal modello, sta nella definizione del fine che si
intende raggiungere. Lo psicologo sembra diventare il custode e lo
strumento per il perseguimento dei valori pi desiderati e privilegiati, entro
specifiche culture. I valori hanno due caratteristiche: si propongono come a-
storici, fondati sulla pretesa di universalit, e a-critici nei confronti del
sistema sociale entro il quale vengono perseguiti; si differenziano dagli
obiettivi della persona o dellorganizzazione che partecipa allintervento
psicologico, tanto che il loro perseguimento pu porsi come sostitutivo dello
sviluppo degli obiettivi stessi. Gli obiettivi invece, non si possono conoscere
se non comunicando, tra psicologo e committente, valutando le risorse del
contesto in cui avviene lintervento, eventi critici e quanto la cultura locale
collusiva presente sia funzionale a sviluppare ci che si intende. Quando d
prescrizioni fondate su valori il committente sicuro di ci che dice, quando
invece si passa a considerare i suoi obiettivi non lo affatto. Lo psicologo a
questo proposito pu mettersi al lavoro con il committente, perch questo
cominci a capire meglio il suo rapporto con il mandato sociale e
lintegrazione di questo con obiettivi e risorse di contesto.
Obiettivi di sviluppo: nellanalisi della domanda si vuol facilitare il
perseguimento di questi obiettivi. Non si rincorre ladeguamento a modelli
precostituiti, in base al mandato sociale, ma si procede a valutare gli
obiettivi, non dandoli come gi scontati. Committente colui che vuole
discutere con lo psicologo i propri obiettivi, e in questo si mette in gioco. Lo
sviluppo di una persona o di un sistema sociale si fonda sulla competenza a
trattare con lestraneo, ad istituire una relazione di scambio con laltro. Al
centro degli obiettivi di sviluppo ci sono due dimensioni psicologiche
fondanti: il distacco dalle relazioni familistiche (la dinamica familistica
volta alla negazione dellestraneit!) e il perseguimento della solitudine,
quale punto di partenza per la relazione con lestraneo. Il passaggio dalla
collusione familistica alla solitudine e alla simbolizzazione affettiva dellaltro
al fine di istituire una relazione di scambio, un lavoro lungo ed importante.
Per istituire un rapporto di conoscenza dellestraneo necessario passare
dalla solitudine: questa aiuta a riconoscere che dellaltro non so nulla, non
conosco le sue esigenze ne le sue aspettative.
La solitudine lobiettivo metodologico dello sviluppo personale, condizione
necessaria per linterazione produttiva e per lo scambio. La solitudine data dal
superamento della confusione emozionale che deriva nel mettere gli altri le proprie
fantasie, seguendo la sostituzione del mondo esterno con il mondo interno quale
modo di funzionamento del sistema inconscio. Ha quindi a che fare con il
riappropriarsi delle proprie emozioni, con il limite della confusione tra s ed altro.
Attraverso essa si pu riorganizzare il proprio sistema emozionale, costruendo
nuove dinamiche collusive, fondate sulla ricerca e sulla verifica delle
simbolizzazioni estranee dellaltro, pi che sulla sostituzione, reciprocamente
attuata, della realt esterna con le proprie fantasie. La solitudine configura quindi
una nuova modalit collusiva, risultato di un pensiero emozionato sulla propria
simbolizzazione affettiva del contesto, come su quella dellestraneo. La solitudine,
data dal superamento della confusione tra mondo interno ed esterno, un
obiettivo metodologico e insieme una competenza, che si mette in atto nello
specifico setting che la rende possibile.

Lestraneo.

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colui del quale non si pu dire di conoscere cosa pensa o come vive il rapporto
con noi, ma anche come vede le cose che si condividono, quali sono le sue
intenzioni, quale il contributo che pu
dare alla relazione ed al prodotto che la relazione si pone quale obiettivo.
Lestraneit comporta la comunicazione e lo scambio dinformazioni quale
condizione necessaria per la conoscenza. Lestraneo lamico ignoto. Si parlato
di amico-nemico quale categoria primitiva ad elevata polisemia, caratterizzante
una prima e fondamentale dicotomia categoriale con cui simbolizzare
affettivamente il contesto. Lindividuazione del nemico e ladozione di
comportamenti adeguati (attacco-fuga) sono centrali per la sopravvivenza.
Lamico ci che resta, una volta escluso che sia nemico. In situazioni di
simbolizzazione primitiva, ove tutto ci che esula dalla cure parentali pu avere
connotazioni nemiche, ci che resta come amico il gruppo familiare. Questa
dimensione scontatamente buona dei legami familiari crea il familismo. Chi d per
scontata lamicalit dellamico noto non esce dalle relazioni familistiche e teme
tutti quei rapporti dove non definita a priori lamicalit dellaltro. Barthes
definisce noantrit il bisogno di fondare la socialit sul familismo, quindi il fatto di
avere continue prove dellamicalit dellamico noto.
In sintesi, si possono individuare due fasi dello schema amico-nemico:
1. Individuazione del nemico. Funziona con una strategia decisionale del tipo:
laltro nemico a meno che non dimostri di essere amico. Ci che rimane,
dopo lindividuazione del nemico, lamicalit scontata del sistema
familistico, lamico noto. Ma il sistema familistico amico solo per il fatto
di non essere nemico.
2. Utilizzazione della relazione con lamico ignoto. un uso volto allo scambio,
dove la connotazione amica dellaltro considerata condizione necessaria
per la relazione produttiva. Lindividuazione del nemico viene fortemente
ridotta come necessit, in quanto i sistemi sociali hanno regolato e normato
linterazione tra i loro membri, impedendo o rendendo meno probabile la
configurazione nemica reciproca. La configurazione emozionale amica
dellaltro il punto di partenza per la funzione di scambio.
Laltro estraneo perch amico: solo lestraneit emancipa dallamicalit
obbligata quale
rifugio dal nemico, luogo ove sentirsi al sicuro, entro relazioni puramente ed
esclusivamente affettive,
senza prodotto.

Scissione tra famiglia e contesti produttivi nellintervento.


Nellintervento psicologico, si sono differenziati gli interventi entro la famiglia e
quelli entro le organizzazioni produttive. La scuola viene spesso rappresentata
dagli psicologi come situazione transizionale tra famiglia e societ produttiva.
Questa scissione tra famiglia e organizzazione produttiva non trova motivazioni
teoriche apprezzabili a causa della duplice connotazione della dimensione amica:
lamico noto, scontato, e lamico ignoto, da conquistare.
Gli psicologi che intervengono in contesti familiari pensano di poter lavorare entro
una relazione definitoriamente amica, evitando di affrontare lestraneit dellaltro.
questo il modello di relazione che sostiene la tecnicalit. Ma lo psicologo non
lamico noto, il suo obiettivo facilitare la comprensione dei vissuti che
caratterizzano la relazione.

Stereotipo individualista nellintervento.


Se lo psicologo pensa che i problemi, entro i quali pu intervenire, riguardano
lindividuo e le sue caratteristiche intrapsichiche e comportamentali, allora dovr

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individuare la persona problematica con la quale iniziare lintervento. Quando si
adottano prospettive rivolte allindividuo e alle sue caratteristiche si finisce per
adottare una prospettiva di cambiamento legata allindividuo, in rapporto a criteri
di normalit. Un esempio di classificazione dei disturbi riferiti al singolo individuo
dato dal DSM.
Il ricorso allo psicologo, con riferimento al pregiudizio individualista, si pu
suddividere in due grandi categorie:
1. Domande che hanno una committenza sociale, esterna allindividuo
portatore del problema
2. Situazioni in cui chi ha il problema anche chi chiede consulenza
Nel caso della committenza sociale, la domanda quella di proteggere uno
specifico sistema dai comportamenti della persona disturbata. Nel caso della
committenza personale, la stessa persona che funge da committente di un
intervento che concerne se stesso, in aspetti che creano sofferenza o disagio.
Questa distinzione importante per definire, se si resta nellottica dellintervento
individualista, il grado di collaborazione dellutente designato: sar una
collaborazione bassa, ostacolata da conflitti e resistenze nel caso della
committenza sociale; sar una collaborazione elevata nel caso della committenza
personale.
Lottica individualista porta ad interventi che possono modificare il comportamento
della persona problematica o facilitare una conoscenza pi approfondita delle
dinamiche emozionali interne alla persona stessa. Ci che caratterizza questi due
ordini dintervento lastoricit e lacontestualit delle prospettive di
cambiamento perseguite. Modificazione del comportamento o implementazione
della conoscenza di s sono obiettivi molto diversi che per hanno in comune una
profonda scissione tra processi di pensiero e dazione. Allinizio della vicenda
psicoterapeutica (inizio 900) la conoscenza era lobiettivo principale di chi
intraprendeva lavventura psicoanalitica; oggi invece la modificazione del
comportamento lobiettivo di chi si rivolge allo psicoterapista, mentre la domanda
di conoscenza del proprio mondo interno in declino.
Oltre alla concezione psicoanalitica, anche quella comportamentista
strettamente collegata allindividuo: ha come oggetto dintervento la singola
persona.
Dagli anni 70 si cercato di sconfermare limpostazione individualista
dellintervento psicologico, la quale fa perdere dimportanza ed efficacia alla
funzione psicologica entro il sistema sociale.

Le regole del gioco.


La convivenza segnata da due modalit di relazione: la modalit fondata sul
potere delle regole e quella fondata sulla competenza. Ci significa che la
convivenza organizzata attorno a due dimensioni relazionali: adempimento e
attesa di un prodotto competente. Queste due dimensioni sono strettamente
connesse: la realizzazione del prodotto dipende anche dallosservanza delle regole
del gioco che ne consentono la costruzione. Le regole del gioco e il prodotto sono
due modi di simbolizzazione emozionale dellaltro. Nel caso del prodotto, laltro
simbolizzato come estraneo, con il quale istituire una relazione di scambio. La
regola del gioco un mediatore che permette la convivenza di due o pi
estraneit, senza che questo comporti una conoscenza reciproca delle estraneit
stesse. In altri termini, la regola del gioco si pone come dimensione intermedia tra
la fusionalit che nega lestraneit e lo scambio, che prevede tale estraneit
reciproca come condizione necessaria. La regola del gioco il primo passo che si
compie verso lemancipazione dalla fusionalit.

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Si pensi alla caratteristica del sistema inconscio che Freud chiama sostituzione
esterna con la realt interna. Si tratta di un processo che utilizza gli stimoli che
provengono dal mondo esterno, in particolare gli stimoli che derivano dalla
relazioni oggettuali. Questi oggetti esterni vengono permeati tramite le emozioni
che la persona vive al suo interno. Si ha quindi una sostituzione di un dato di
realt, loggetto esterno, con unemozionalit che utilizza tale oggetto per
manifestarsi. Quando la sostituzione della realt esterna con quella interna
massiccia e violenta, si hanno situazioni in cui le relazioni sono intenzionate solo
emozionalmente, senza regole del gioco che aiutino a mediare la violenza. La
regola del gioco pone quindi un limite condiviso, allemozionalit dilagante nel
rapporto con la realt esterna. La regola del gioco meno differenziata data da
codici normativi, ad esempio dalle buone maniere. La regola del gioco delle buona
maniere costringe a vedere come esterna e regolata da attese socialmente
condivise, quella realt che, emozionalmente, saremmo portati a confondere con
la nostra fantasia, interna, bisognosa di esternazione agita. La regola del gioco
vincola i contraenti a modi di rapporto atti ad arginare lemozionalit agita, a
ritualizzarla in forme di cortesia e rispetto reciproco, a vincolarla entro confini oltre
i quali non si pu andare.
Le buone maniere si pongono sul polo normativo delle regole del gioco; sullaltro
polo troviamo le regole del gioco dello scambio e della produttivit (regole
contestualizzate, legate a una specifica situazione o rapporto).
Le regole del gioco definiscono le risorse del contesto entro cui sono adottate, ne
segnano i limiti e ne consentono la fruizione condivisa, con unevoluzione che va
dalla regolazione normativa della fruizione di risorse alla loro produzione.
Con la regola del gioco si pone una differenza tra ci che si prova emozionalmente
e ci che si agisce entro la relazione ancorata alla realt. Questa differenza
importante nella nascita del processo di socializzazione.
Le regole del gioco sono, in sintesi, la condizione che consente di passare
dallagito emozionale alla simbolizzazione emozionale dei vari aspetti della realt.
La funzione dello psicologo clinico quella di facilitare una relazione ove sia
possibile sostituire lazione emozionata con il pensiero sulle emozioni che
sostengono lazione. La domanda del committente pi orientata ad indicare il
che cosa si intende affrontare, che il come affrontare il problema. Il
committente parla dei suoi problemi utilizzando le sue categorie; lo psicologo per
intervenire su quei problemi deve, in contemporanea, intervenire anche sulle
categorie. Ci sono due differenti livelli di analisi della realt problematica: il
committente situa il problema fuori di s, nella pretesa che caratterizzi una
specifica realt esterna; lo psicologo riconduce il problema alla relazione tra
committenza e realt, quindi alle categorie interne del committente.
Con lanalisi della domanda si costruisce la committenza dellintervento
psicologico, capace di individuare risorse che, nel portare il problema, non erano
viste. Per costruire committenza, lo psicologo ha bisogno di una specifica regola
del gioco, la sospensione dellagito emozionale che caratterizza la domanda.

Differenziare e confondere nella narrazione.


La relazione di domanda pu essere vista come integrazione di due momenti: il l
ed allora della narrazione della storia o del problema; il qui ed ora della relazione
affettiva tra chi pone la domanda e lo psicologo. La relazione tra questi due
momenti il tema centrale dellanalisi della domanda.
Il narrare comporta la produzione di un racconto che la narratologia privilegia nel
suo insieme, piuttosto che nelle sue singole parti. Ci perch il narrato, il racconto,
hanno la funzione di trasmettere una costruzione di senso, di coerenza tra le parti.

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Ci significa che il testo di una narrazione va visto come relazione delle parti che
compongono il discorso narrato.
Il linguaggio narrativo strutturato per modi di relazione tra oggetti, eventi, ben
iscritti nel tempo e nello spazio. La narrazione ha una connotazione bilogica:
appartiene al pensiero dividente ed eterogenico, come al mondo emozionale
inconscio. Se si guarda alla narrazione dal punto di vista narratologico, se ne vede
la sola componente fondata sul pensiero dividente. Si pu confrontare la storia
narrata con i parametri pi diversi, al fine di valutarne il livello di corrispondenza al
modello che, chi guarda alla narrazione, pensa di possedere. Anche con la
narrazione si ritorna a funzionamenti del tipo: modello/scarto del modello. Se si
guarda alla narrazione, per coglierne il senso emozionale, si d alla narrazione un
primario obiettivo di comunicazione ad un altro, della storia. In questo caso quindi
la narrazione assume una connotazione ben precisa: esprime neoemozioni. Le
neoemozioni non possono esprimersi se non tramite delle storie, perch hanno
bisogno di una retorica che motivi laltro ad agire collusivamente con il narratore.
La componente narrativa dellanalisi della domanda quindi, riferita al l ed allora
della situazione organizzativa di chi pone la domanda, mentre assume una valenza
emozionale che va ricondotta al qui ed ora della relazione con lo psicologo.
Alla base della domanda che singoli, gruppi o organizzazioni rivolgono allo
psicologo, vi sempre una situazione che possiamo definire vissuto dimpotenza.

Impotenza e pretesa.
Entro la domanda vengono agite le neoemozioni, alla cui base c la fantasia di
possedere, quale emozione che regge la relazione con gli oggetti, l dove non si
riconosce lestraneo, quindi non si pensa di poter produrre. Possedere e scambiare
sono le due modalit con cui si pu strutturare la relazione con la realt: realt
confusa con le proprie fantasie nel possedere; riconosciuta come estraneo, nello
scambio produttivo. Chi confuso con le proprie fantasie, vive la relazione sociale
con la finalit di condizionare laltro oppure di essere condizionato. Si tratta del
potere delluno sullaltro, uno esercita il potere e laltro lo subisce. Questa
relazione di potere tuttavia si scontra con limpossibilit di realizzare la fantasia:
non si pu esercitare o subire il potere delluno sullaltro, in quanto il potere
pretende di annullare laltro o se stessi entro la relazione ma questo impossibile!
Da qui il sentimento di impotenza, altra faccia della fantasia di potere. Senza
lestraneo, la sostituzione del mondo esterno con quello interno, lagito confusivo
delle proprie fantasie conduce inevitabilmente allimpotenza.
Il vissuto dimpotenza e la relazione ad esso, sono il leitmotiv dellesistenza
quando si vive entro lillusione di esaurire la propria esperienza entro la dinamica
del potere incompetente. La relazione allimpotenza spesso comporta il tentativo
di porvi rimedio conquistando sempre pi potere. Limpotenza pu essere descritta
come assenza di un pensiero che dia senso alla situazione relazionale. Questo
significa che nel processo di adattamento sociale siamo sempre confrontati con
condizioni, eventi, situazioni, che limitano le potenzialit despressione del potere
competente. Questi limiti, se pensati, consentono il ripristino della relazione di
estraneit; se non pensati portano a uno stato emozionale di impotenza. La
dinamica dei rapporti in bilico tra relazioni fondate sul potere e relazioni
simmetriche, capaci di riconoscere lestraneo.
Quando la convivenza fondata sul potere, le relazioni si trasformavo in rapporti
deliranti dove laltro rappresenta il limite, la minaccia alla pretesa di non trovare
ostacoli alla manifestazione del proprio potere, viene visto come un nemico da
combattere, in una lotta senza fine, scontatamente persa, contro il sentimento di
impotenza. La componente delirante data dalla fluttuazione continua dei
sentimenti di onnipotenza e di impotenza. C un modo per difendersi

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dallimpotenza: dare senso alla situazione. Quindi evitare la collusione e stabilire
relazioni tra gli eventi che si stanno vivendo.
Alla base della convivenza violenta c sempre la neoemozione della pretesa.
Pretendere significa trasformare una relazione di convivenza simmetrica in una
asimmetrica, ove una qualsiasi ragione o pretesto funge da motore per creare
rapporti di potere. La pretesa fondata su una specifica costruzione simbolico-
emozionale che organizza e d senso alla pretesa, che la legittima socialmente e
ne fa un delirio condiviso. La pretesa segnala un delirio di possesso, capace di
distruggere loggetto che si vuol possedere e in grado di distruggere anche il
soggetto della pretesa. La pretesa per definzione destinata a fallire, ma questo
stesso fallimento che pu nutrire emozionalmente, in modo profondo quanto
delirante, lattore della pretesa. Il fallimento della pretesa pu indurre un
sentimento di impotenza in chi si pone in un atteggiamento di aiuto.
C una distinzione tra le dinamiche fondanti la domanda: distinguere tra chi
disponibile ad una alleanza, per pensare alle emozioni agite con la domanda, e chi
pretende di agire le proprie emozioni giustificandole quale unica dimensione di
relazione possibile. In questultimo caso lo psicologo non pu che attendere
levolversi della situazione che si presenta quale delirio agito.
Quando manca unintenzionalit di scambio, di produzione fondata sul reciproco
riconoscimento di estraneit, sono possibili due dinamiche emozionali: la
dipendenza e la pretesa. La prima pu essere funzionale allesercizio di molte
professioni (medico, avvocato, etc); la seconda si propone come un atteggiamento
opposto alla prima: con la pretesa si imbriglia la prestazione professionale entro la
fantasia di chi, della prestazione stessa, il fruitore. La dipendenza si trasforma in
pretesa, tutte le volte in cui non chiara la finalit che la prestazione professionale
intende perseguire.
Nel caso della professione psicologica, la finalit dellintervento professionale non
chiara. Di qui la trasformazione della dipendenza in pretesa: pretendere significa
anticipare lobiettivo dellintervento, tramite lagito delle fantasie del cliente entro
la relazione con lo psicologo. Lanalisi della pretesa la condizione centrale per
porre le premesse dellintervento psicologico. Se si mette in atto lintervento senza
analizzare la pretesa si realizza una sorta di messa in scena. Rispondere alla
pretesa con unaltra pretesa sarebbe per lo psicologo il fallimento del suo
intervento, anche se la domanda fondata su di esse pu risultare analizzabile. Non
tutte le domande consentono lintervento psicologico

QUATTRO PASSI DENTRO LA PSICOLOGIA GENERALE


Lo sperimentatore, il tecnico, il consulente.
Lo sperimentatore osserva le reazioni del soggetto sperimentale, sottoposto a
stimoli. Questo avviene in laboratorio, in cui le variabili sono considerate sotto
controllo. In questa relazione le dimensioni emozionali sono ritenute ininfluenti,
sono scisse, ignorate.
Il tecnico applica le sue procedure al problema posto dal profano, entro una
relazione nella quale le dimensioni emozionali si risolvono nella dipendenza,
vengono ritualizzate. Chi dipenda da chi una questione irrisolta. Lo
sperimentatore non ha intenzioni dintervento, il tecnico invece s. Essi sono in
stretta relazione: il tecnico applica al caso particolare procedure derivate da
principi generali, che lo sperimentatore gli ha fornito.
Il consulente riassume entrambe le funzioni: fare ricerca ed intervenire. Per lui le
dimensioni emozionali sono fonte di conoscenza.
In questo lavoro viene proposto un modello dintervento che affronti il problema
lasciato dalla separazione tra laboratorio e applicazione: il rapporto con il mandato
sociale e la committenza.

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Lanalisi della domanda si propone come una metodologia che permetta, alla
relazione, di non risolversi in agiti collusivi ed essere invece fonte di conoscenza.

Conformismo o sviluppo.
possibile che la direzione assunta nellintervento sia il riportare ad ortos, alla
normalit. Si presuppone che ci sia un processo normale che funziona, e ci si
impegna perch continui a funzionare per il maggior numero di persone possibile.
Si parla in questo caso di conformismo. Unalternativa al conformismo lo
sviluppo: in questo caso non si cerca di riportare gli eventi immaturi o devianti
verso un processo funzionante, ma vengono privilegiate le potenzialit in stato
critico. Non c molto che funzioni, a meno che non ci si impegni perch ci
avvenga. Insieme alla successione di queste fasi, conformista e di sviluppo,
bisogna contemplare la complementarit e la contemporaneit. Entrambe sono
presenti nel campo dellintervento psicologico, tuttavia lottica conformista viene
privilegiata in letteratura e nei programmi di insegnamento di psicologia clinica;
noi facciamo riferimento allo sviluppo.
Vantaggio del conformismo: se assumo ci sia una normalit e le mie azioni vanno
verso di essa, si pu verificare abbastanza semplicemente se portano in quella
direzione. Questo perch definisco i miei scopi attraverso il senso comune: tutti mi
capiscono. Quando tutti mi capiscono non vuol dire che sto parlando un linguaggio
chiaro per coerenza e limpidezza, vuol dire che sto parlando un linguaggio
legittimato, che espressione di una norma, di una normalit. In questo caso si ha
chiarezza su quale sia lobiettivo.
Se invece assumo come criterio lo sviluppo capire quale sia il parametro che
orienta la mia azione sembra pi complicato. Infatti una caratteristica dello
sviluppo il fatto che non possibile prevederne, a priori, la direzione; il suo
percorso va definito a partire dallindividuazione di risorse e dallassunzione di
scelte. In questo caso limportante non raggiungere lesito finale previsto, ma
acquisire una competenza a direzionare un processo.
Nel caso del conformismo si tratta di un processo di cambiamento lineare, in cui il
contesto, definibile come normalit, fa al tempo stesso da cornice e da sistema di
attese sullesito. Nel caso dello sviluppo, il contesto non funziona da parametro
dato e normativo. Il processo attivato dallintervento psicologico consiste nel fare
ipotesi nei confronti di un contesto che non dato per scontato. Il risultato atteso
una maggiore competenza a mettersi in relazione con il proprio mondo interno e
insieme con il contesto, di cui si imparano ad esplorare i limiti e a conoscere le
funzioni.
Ci sono due modi di verificare dove si sta andando a parare con lintervento. Se ho
unipotesi di normalit, posso controllare, a fine percorso, se la normalit stata
perseguita. Se ho unipotesi di sviluppo, verifico, durante il percorso, che
opportunit mi sta dando il percorso stesso. Lattenzione si sposta dallesito al
processo. Nel primo caso non ho bisogno di fare ipotesi sulla definizione del punto
di partenza e quello di arrivo perch sono gi dettati dal contesto. Nel secondo
caso, fare ipotesi fondamentale: innanzitutto va individuato quale sia il
problema, poi si verifica quanto, quellipotesi, permetta di trovare linee di sviluppo
per il cliente. Nel primo caso laccordo tra psicologo e cliente determinato dal
contesto: si parla di mandato sociale. Nel secondo caso laccordo tra psicologo e
cliente viene costruito sulla base di ipotesi che i due fanno a partire dalla
domanda: si parla di committenza. La relazione tra psicologo e cliente avr una
funzione diversa a seconda che sintenda raggiungere un risultato (ottica
conformista) o acquisire una competenza (ottica di sviluppo). Nel primo caso la
relazione la cornice dellintervento; nel secondo ne lo strumento.

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Conformismo e sviluppo sono due modi differenti di trattare il contesto. Nellottica
conformista, lattenzione per la reazione agli stimoli centrale, sia in laboratorio
ma anche nella vita di tutti i giorni.

Alla ricerca di caratteristiche individuali stabili.


Una teoria adeguata allottica risposta a stimoli, ovvero che concerna la reazione
individuale al contesto dato, prevede lesistenza di caratteristiche personali
sufficientemente stabili. Inizieremo a vedere come lavora lo sperimentatore che
studia le caratteristiche stabili e il tecnico, che applica i principi generali fornitegli
dallo sperimentatore. Lintervento ha quale oggetto le caratteristiche
relativamente stabili, nelleventualit che esse provochino reazioni o
comportamenti ritenuti poco adeguati.
Teoria dei tratti: i tratti nascono da un linguaggio comune, che tende ad inventare
dimensioni di personalit, salienti e frequenti. Viene assunto che la maggior parte
delle differenze individuali sia gi codificata nel linguaggio quotidiano e da questo
si trae un campione rappresentativo dei termini descrittivi di personalit.
Nascendo da questa matrice, i tratti sono impregnati di una dimensione
conformista. Lottica dei tratti accompagnata dalla convinzione che la
descrizione e linvestigazione di oggetti sia condizione necessaria per la
scientificit. Quindi la comunicazione con un soggetto, richiede un discorso extra-
scientifico. In sintesi, la teoria dei tratti non offre copertura scientifica
allintervento; essa differenzia da un lato la parte scientifica (descrizione e
investigazione), dallaltro la comunicazione, non scientifica.

Psicologia sperimentale e psicologia dellintervento.


Quando si pensa alla psicologia si fa riferimento a due modi di intendere questa
scienza e questa teoria della tecnica. Una prima modalit fondata sulla
formulazione di leggi generali ed basata su esigenze di scientificit; una seconda
modalit considera la psicologia quale scienza dellintervento, volta a perseguire
cambiamenti negli individui, considerati in relazione al contesto in cui vivono o
lavorano.
La sperimentazione psicologica formula ipotesi circa il comportamento umano e
cerca di dimostrarle sperimentalmente. La sperimentazione in psicologia clinica
funziona in questo modo: vengono scelti alcuni individui, che rappresentano la
popolazione oggetto di ipotesi, in base a criteri predefiniti. A questo gruppo di
persona vengono somministrati stimoli, scelti in funzione dellipotesi che si intende
dimostrare. Le risposte agli stimoli vengono poi registrate e classificate, e in base a
queste risposte si considera dimostrata o meno lipotesi. La psicologia
sperimentale ha consentito di definire tratti specifici di personalit, ha consentito
di caratterizzare gli individui nelle pi varie maniere, di differenziare le singole
persone entro differenti aree del comportamento, ma si fermata a questa
funzione descrittiva, fortemente ancorata al modello della singola persona. Non ha
individuato leggi generali del comportamento umano. Tuttavia la psicologia
sperimentale ha fornito dimensioni stabili, caratterizzanti lindividuo. Lo stereotipo
individualista alla base della scarsa rilevanza della ricerca empirica in psicologia.
In base a questo stereotipo si guarda al comportamento della singola persona, al
suo sistema di credenze, alla sua emozionalit, come se esistesse la singola
persona, caratterizzata da queste variabili, indipendentemente dal contesto in cui
vive. La ricerca empirica in psicologia ha sempre guardato a campioni
rappresentativi. Questo ha consentito di assommare individui, indipendentemente
dal rapporto che poteva esserci tra di loro, sono stati fatti campioni di individualit,
rappresentativi di popolazioni intese anchesse come costituite di individui, scissi

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luno dallaltro. Quando la sperimentazione ristretta al singolo individuo, viene
meno il rapporto tra individuo e contesto.
Nella psicologia dellintervento, invece, lobiettivo dello psicologo quello di
intervenire entro la relazione tra individuo e contesto. La separazione tra
psicologia sperimentale e psicologia dellintervento ha fatto s che la prima non
finalizzasse la sua ricerca allintervento, e che la seconda non basasse la sua
metodologia su dati emersi dalla sperimentazione psicologica.
Dalla psicologia sperimentale ha avuto origine la psicoterapia, il cui oggetto
lindividuo inteso quale singolarit scissa dal contesto. lindividuo malato,
portatore di un disturbo, di un disagio, di una sofferenza. Il disturbo mentale viene
pensato come indipendente dal contesto e dalla storia della persona che viene
stigmatizzata con la diagnosi psichiatrica.
La psicologia dintervento un tempo veniva chiamata psicologia applicata. Si
pensava che lo psicologo applicativo potesse applicare quanto i colleghi
sperimentalisti trovavano nelle loro ricerche empiriche, alle esigenze di un qualche
cliente.
La teoria della tecnica che ha fondato lanalisi della domanda, elaborata tra gli
anni 80 e 90, si propone come contributo entro larea dellintervento psicologico,
in particolare di quello clinico, differenziandosi dalla psicologia empirico-
sperimentale da un lato, dalla psicoterapia dallaltro.

La capacit di trattare la variabilit.


Le teorie dei tratti hanno subito delle revisioni e delle critiche. Cervone e Williams
sottolineano che lassunzione di caratteristiche stabili mette sullo sfondo il
contesto e che si parla sistematicamente di individui: le relazioni deriveranno
dallindividuo, con le sue caratteristiche stabili e saranno funzione dellindividualit
cos definita. Secondo loro i tratti sono tendenze ad agire in un certo modo, a
prescindere dal contesto e a prescindere dai motivi del comportamento. La
dimensione di obiettivo estranea a questa concezione, perch lobiettivo
contestualizzato. Essi dicono che queste teorie prescindono dal contesto, non
guardano a quali sono i motivi del comportamento e sono ancorate al linguaggio
naturale e allosservazione. Spostano la loro attenzione sulla relazione persona-
contesto e ci dicono che nei contesti sorganizzano scopi e si assumono compiti. La
loro quindi una posizione teorica non conformista, perch se una persona ha
scopi, lattenzione si sposta dai disturbi agli scopi. Pongono attenzione agli scopi e
ai compiti, a ci che le persone si propongono di fare, si pongono il problema del
cambiamento, che un evento che non sappiamo spiegare. Con questi autori
siamo passati dai tratti agli obiettivi, questi ultimi per, secondo loro, sono
relativamente durevoli e diventano organizzatori quasi stabili della personalit. Ci
allontaniamo di nuovo dalla relazione con il contesto. necessaria una teoria
dellinconscio, ovvero una teoria che ci faccia capire qualcosa sulle emozioni. Ci
che si intende, quando si dichiara un obiettivo, non tutto, non si pensa secondo il
principio del terzo escluso! Siamo daccordo con Cervone e Williams sullattenzione
agli stati mentali sperimentati soggettivamente, quindi sulla centralit dei processi
di simbolizzazione che permettono non solo adattamento ma previsione; ma
dobbiamo lasciarli per lassenza della dimensione emozionale, inconscia. Senza
questa dimensione viene a mancare quella fonte di variabilit interna che
permetta di capire linterazione tra mondo interno e variabilit ambientale.
quindi possibile che io voglia fare qualcosa, ma anche che non lo voglia.

Il pensiero emozionato.
Lesclusione della simbolizzazione emozionale pu essere praticata non solo nella
normalit della vita quotidiana, ma anche in ambito psicologico. Nel laboratorio, ad

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esempio, lidea che tutte le variabili siano sotto controllo pu nascere
dallignoramento della simbolizzazione emozionale. E dal fare ipotesi su cosa sia
razionale e cosa no, su cosa sia immaginario e cosa sia reale. Questo comporta la
riduzione dei gradi di libert del pensiero e diminuisce la possibilit di esplorare
non solo cosa accade nella mente, ma anche ci che accade nel mondo esterno.
La psicologia cognitiva pone al centro del suo interesse la capacit di immaginare i
contenuti della mente degli altri, senza avere a che fare con loro. Se poniamo al
centro della nostra attenzione la capacit di immaginare che gli altri abbiano
qualcosa in mente, capire cosa hanno in mente dipender dal tipo di relazione che
si instaurer: potremo saperne qualcosa solo coinvolgendoci in un rapporto volto
alla conoscenza, in una relazione che rispetti lestraneit. Il mistero per il quale ad
un certo punto dellevoluzione possibile immaginare ci che avviene nella mente
di un altro fondato su un processo emozionale: linteresse per lestraneo. Il
compito pi interessante, entro un intento di conoscenza, non immaginare cosa
stia pensando laltro; quello di scambiare i reciproci vissuti al fine di conoscere,
entro la relazione, ci che si sta pensando, ci che nelle nostre menti e che viene
evocato dalla relazione stessa.
Lindividuo costruisce contesti mediante la relazione e la simbolizzazione
emozionata e ne , a sua volta, costruito: la sua storia sorganizza in funzione della
posizione che assume, di volta in volta, entro i diversi contesti di riferimento.

Quale costruttivismo.
In psicologia tradizionale il dibattito tra chi sostiene la ricerca di oggettivit, per
meritarsi un posto tra le scienze; e chi rivolge lattenzione al ruolo che i significati
rivestono nellesperienza umana. Si tratta del confronto tra ottica nomotetica e
idiografica. Ci che fa la differenza la funzione della relazione; se essa
considerata, o meno, quale agente che interviene nella costruzione di senso,
quindi quale strumento dellintervento. Se la relazione non il principale fattore
nella costruzione di senso, avremo un confronto tra un tecnico e un profano; se
invece la relazione strumento che costruisce significato, avremo lintervento
propriamente detto.
Il costruttivismo pu essere considerato il fondamento epistemologico della
narrazione. Secondo lorientamento costruttivista lattenzione incentrata sulla
costruzione di significato. Ma se la costruzione personale e individuale, che
prevalente nellottica narrativa, finisce con loccupare il campo, viene reintrodotto
il pregiudizio individualista.
La psicologia culturale un nostro interlocutore. Bruner sviluppa un discorso
interessante sul linguaggio, mettendolo in relazione con luso che se ne fa. Prima
delle parole, secondo lui, vengono le azioni. Si sofferma sugli aspetti prelinguistici
che fonderebbero il linguaggio; aspetti umani, ma non esclusivamente umani, che
sarebbero in relazione con unesigenza propria dei primati superiori, di organizzare
le relazioni di gruppo. In questo senso, la funzione del linguaggio culturale.
Questo un modello sulla relazione individuo-contesto, che mette in discussione
lipotesi individualista e che propone listituzione della relazione quale esigenza
primaria. Per il nostro studio sul discorso, come espressione della simbolizzazione
emozionale, ci interessa che i presupposti del linguaggio siano visti non nei loro
aspetti sintattici, linguistici, ma in quelli funzionali alla relazione. Quando Bruner
passa dal discorso sui presupposti funzionali del linguaggio, a parlare di
narrazione, finisce con il privilegiare la dimensione ripetitiva, di assimilazione sulla
funzione esplorativa e costruttiva, di significato. Rende non essenziale la relazione,
se vista come strumento di conoscenza. Secondo Bruner se io, da solo, so ci che
voglio, ho i miei obiettivi, la relazione non mi serve per chiarire ci che desidero e
per costruire obiettivi, anzi bisogna aggirarla per ottenere ci che si desidera. Ma a

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nostro avviso, questo che rende la relazione necessaria e interessante! Bruner
banalizza il desiderio e quindi le emozioni, perdendo lopportunit che il pensiero
cosciente disponga della ricca confusivit dellinconscio. Banalizza anche la
relazione: secondo lui la dipendenza affettiva del bambino dalla famiglia
acontestuale, come se fosse nella natura delle cose. Nella nostra ottica, non c un
bambino dipendente dalla famiglia, quanto un contesto famigliare entro il quale le
relazioni, anche quelle di dipendenza, hanno una specifica funzionalit volta alla
stabilit o allo sviluppo del contesto: dipende dalluso del processo collusivo. In
Bruner manca il prodotto, la relazione che risponde alla domanda si realt. come
se la realt psichica, il comportamento, si esaurissero nella dinamica collusiva.
In sintesi, la psicologia culturale nostro interlocutore, a patto che si riconosca la
funzione dellinconscio, integrato con la domanda di realt; venga quindi
riconosciuta la possibilit di scambiare, e non solo di colludere.

Quale inconscio.
Nella prima topica freudiana linconscio era un modo delaborazione emozionale
della realt, caratterizzato da una sua logica rivoluzionaria, definita dalle cinque
caratteristiche del sistema inconscio. Si tratta di unemozione che ha a che fare
con la relazione oggettuale, la nostra prima risposta agli stimoli del contesto.
Propone poi una seconda topica, ove ipotizza che la mente umana sia la risultante
dellinterazione di tre istanze: es, io e super io. Linconscio viene identificato con
les, linsieme delle pulsioni sessuali e disruttive, ostacolate dallio, che risponde a
istanze di realt, e dal super io, che rappresenta istanze morali o di controllo.
Linconscio, quindi, in questa seconda topica, viene ridotto al conflitto tra istanze
psichiche. Freud sulla base di questa evoluzione della sua proposta teorica,
propone unipotesi sulla genesi della nevrosi intesa quale compromesso nella lotta
tra fantasie ed istanze repressive. Nel secondo caso inconscio vuol dire non
cosciente, perch rimosso; nel primo caso vuol dire non pensabile, non pu
essere portato alla coscienza.
Le implicazioni dei due modelli freudiani molto diversa. Nella seconda topica si
costretti entro una specifica ed irriducibile opzione individualistica, ove le pulsioni
e le fantasie inconsce sono proprie del singolo e possono trovare una
manifestazione collettiva solo nella folla, entro contesti sociali ove hanno una
scarsa influenza i freni inibitori. I freni inibitori, dati dalle istanze di realt e dalle
norme interiorizzate, sarebbero gli unici fattori volti a contrapporre lespressione
delle fantasie inconsce. Nella prima topica, linconscio inteso quale elaborazione
emozionale della realt contestuale e sociale, condiviso entro un processo che
chiamiamo collusione. il costruttore della produttivit delluomo, entro le sue
relazioni sociali.
Secondo cognitivismo e costruttivismo, i processi di elaborazione dellinformazione
non sono consapevoli. Si suppone quindi, che non siamo in grado di conoscere le
regole mediante le quali elaboriamo le informazioni in entrata nel nostro sistema
conoscitivo. Gran parte dei processi cognitivi sono inconsci.

Un disagio superiore alla media.


Lesclusione della simbolizzazione emozionale dallintervento pu essere compresa
attraverso la lettura di un libro scritto da due psicoanalisti, Dumont e Corsini. Nel
testo non c ombra di una possibile rilevanza conferita alla dimensione simbolica,
la cui assenza a fondamento delle speranze di successo. Punti chiave: esclusione
della simbolizzazione emozionale, quindi della relazione; irrilevanza della
contrattazione locale sugli scopi della terapia; esclusione della committenza e
riferimento al solo mandato sociale. Le agenzie preposte al mandato diventano gli
interlocutori privilegiati, con i quali la comunicazione non passa alla relazione. In

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questo testo si ritrova linconscio nuovo modello, una dimensione nata dal
cognitivismo, tutta diversa dal vecchio inconscio psicoanalitico. Oggi il cliente
non pi costretto a confessare quelle paure, convinzioni, credenze, desideri e
idee di cui inconsapevole, ma che il terapeuta sospetta che abbia. Grazie al
ritorno delle teorie costruttiviste, si potuto capire che il paziente sa, di s, pi di
chiunque altro. La ricchezza della vita psichica e del comportamento umano non
pu esser costretta entro i limiti di ununica teoria ma bisogna fare riferimento a
diversi approcci. Quanto alla relazione, il terreno che consente alle tecniche di
attecchire: lo psicoterapista deve adottare uno stile adeguato al caso, deve creare
il clima giusto. Il cliente, entro un buon clima emozionale, potr risolvere i suoi
problemi nel modo a lui pi congeniale. Quanto ai metodi, si tende a preferire che
siano supportati da prove sperimentali.
Il libro propone una sintesi di posizione dalle quali intendiamo differenziarci, ma
che comunque sono interessanti. La questione centrale del libro la funzione
della relazione nellintervento, che secondo gli autori il terreno fertile che
permette alle tecniche di attecchire.

Lintervento nella pratica clinica.


Lintervento non prevede di costruire una competenza che non c, sviluppa una
competenza presente o potenziale. Abbiamo proposto il concetto di funzioni
integrative, opposte a quelle sostitutive. Le competenze sostitutive offrono prodotti
finiti, dei quali garantiscono la qualit, fino alla consegna al cliente; luso che
questi ne far non rientra nel prodotto e nella sua valutazione. una competenza
propria della tecnicalit. Nella competenza integrativa invece, per perseguire un
prodotto necessario il concorso attivo e liniziativa del committente-fruitore della
prestazione professionale. Il fruitore ha degli obiettivi, e il consulente ha criteri e
metodi per sostenerne la capacit di perseguimento nel cliente. Fare riferimento al
solo mandato sociale, significa subire passivamente le conseguenze di una politica
scarsamente promozionale della professione.
Ci sono due culture della professione. C una cultura del tecnico, che si attrezza
assumendo le specifiche competenze della sua tecnica. Il tecnico cos inteso, si
attende domande precise: laltro deve sapere ci che vuole e scegliere bene sul
mercato dei tecnici, quello che fa per lui. Se la domanda confusa, rivolta alla
persona sbagliata, il tecnico corretto e competente informer dellerrore lo
sprovveduto cliente.
Entro la relazione tecnico-profano, le dimensioni emozionali sono risolte nella
dipendenza; ma il decidere chi dipende da chi questione aperta e oggetto di
conflitto. Il tecnico sattende la dipendenza dal profano, in nome del sapere
tecnico. E il profano? Se il profano utente del tecnico in nome del mandato, o del
fatto che dipende gerarchicamente dal cliente che interpellato il tecnico perch
intervenga su di lui, ci sta. Se invece il profano chi ha il potere di dare lincarico
al tecnico, questultimo che spesso ci sta, offrendo la sua prestazione senza
mettere in discussione gli obiettivi per i quali laltro la chiede, lasciandogli
completamente il potere di deciderne luso, come se il potere duso sia altra cosa
dalla prestazione tecnica. Il cliente dotato del potere di dare lincarico, lo
conferisce al tecnico, che in nome di quellincarico, e non solo della sua
competenza tecnica, chiede la dipendenza dellutente finale. Oppure il tecnico, in
nome di un mandato sociale, e non solo della competenza tecnica, chiede la
dipendenza dellutente. Tra tecnico e profano c sempre il potere di un terzo,
assente dalla relazione, mandato sociale o cliente. il potere di questo terzo che
legittima lazione del tecnico.
La dinamica del potere che sostanzia la tecnicalit ritualizzata: c rispetto degli
ambiti diversi del potere che appartiene al tecnico e di quello proprio del gestore di

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decisioni. Ciascuno si preoccupa e vuole fare il bene dellutente debole. Spesso
traspaiono conflitto e aggressivit reciproca: il tecnico vissuto come un narcisista
incomprensibile, il gestore di decisioni come chi pensa solo al potere, gli utenti
come piantagrane sempre scontenti. Lo sperimentatore pensa di non avere a che
fare con queste lotte, ma queste relazioni di potere lo riguardano, sia perch in
coppia con il tecnico, sia perch se salvo da committenze, non pi di certo
esserlo dal mandato sociale.
Oggi si sta facendo strada lipotesi di competenze fondate su modalit assai
diverse dalla tecnicalit. Una cultura concettualmente opposta quella
dellorientamento al cliente. In questo caso, lo psicologo deve chiedersi quale sia
la cultura locale che caratterizza le relazioni in quel determinato contesto, quanto
favorisce e quanto ostacola le sue finalit, deve cercarne le linee di sviluppo.
utile che lo psicologo lavori sulla cultura della tecnicalit, che impari a conoscerla a
fondo, non soltanto perch quella cultura lo concerne direttamente. Offrire
consulenza ad un cliente non significa stare in una relazione grazie ad un ruolo
acquisito a monte, in base alla competenza tecnica.

La mancata costruzione della committenza.


Gli obiettivi dellintervento nascono entro lindividuazione e la costruzione della
domanda; ab initio, la domanda non c. Il primo prodotto dellintervento
costruire la domanda, e con la domanda, la committenza. Lo psicologo che
interviene, non risponde alla domanda ma la costruisce. Nel corso di un intervento
psicologico, ogni problema che si manifesta sempre pertinente al contesto in cui
appare.

Mandato sociale e committenza.


Tra mandato sociale e committenza non c contrapposizione, devono utilmente
integrarsi. Quando c una prestazione professionale, il mandato sociale c
sempre, la committenza solo a volte. La committenza infatti una condizione
possibile, ma non necessaria, dellintervento professionale; viene costruita insieme
alla domanda.
Il mandato sociale il processo di legittimazione che sta a monte di una prassi.
Una prassi fondata sul mandato sociale, anche se esiste grazie a contingenze
storiche precise, possibile sia vissuta come fatto ovvio e scontato. il mandato
sociale definisce finalit, non obiettivi. La sua realizzazione affidata alle
specifiche circostanze e persone che lo attuano, nella loro prassi quotidiana. Prassi
che pu far riferimento al solo mandato, con la realizzazione delle finalit affidata
ad azioni senza metodo, oppure basata sulla competenza a tradurre le finalit in
obiettivi. Il passaggio dal mandato sociale alla committenza non facile.

LE NEOEMOZIONI
L'interesse degli psicologi si per lungo tempo accentrato sulle emozioni
cosiddette "primarie", considerate come universali, per le quali si ipotizza una
trasmissione genetica. Argyle, ad esempio, ne individua sette: FELICITA',
SORPRESA, PAURA, TRISTEZZA, COLLERA, DISGUSTO, INTERESSE.
Emozioni "primarie" sono anche quelle che si incontrano nei lavori di psicoanalisi: il
pianto-rabbia del bambino all'assenza della madre, l'amore e l'odio nelle relazioni
familiari, l'ambivalenza nelle sue infinite accezioni ed utilizzazioni, a proposito
come a sproposito.
In psicoanalisi sembra che le emozioni utilizzate, ruotino, tutte, attorno
all'accettazione o al rifiuto dell'oggetto, spesso inteso quale oggetto parziale,
costruito nello spazio che sta tra mondo interno e mondo esterno (inteso come
dimensione di realt). Le emozioni di cui si parla appartengono al vissuto

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dell'individuo, del singolo individuo. Sono risposte a stimolazioni della realt,
adeguate come non adeguate ed evocano specifici comportamenti o implicano
complesse dinamiche, con riflessi e conseguenze sulla strutturazione della sua
personalit.
Le emozioni si possono considerare quali risposte primitive, o se si vuole
"primarie", agli stimoli del contesto: si vedranno allora, la paura, la rabbia, il
disgusto ecc. Si possono considerare emozioni, di contro, anche quale elaborazione
della simbolizzazione emozionale degli eventi, che quotidianamente incontriamo,
costruiamo e subiamo nella nostra esistenza. In questo caso le emozioni si
propongono come le componenti principali della relazione umana con il contesto;
servono per costruire la relazione, per dare alla relazione stessa un senso ed uno
scopo.
Nel caso dell'emozione quale risposta a specifici stimoli, lo studio dell'emozione
pu seguire la logica che fonda la ricerca deduttiva-induttiva: quella logica che
risponde all'assioma < se... allora>.
<Se succede questo, allora avremo come conseguenza quest'altro>. <Questo> e
<quest'altro>, ovviamente sono dimensioni, eventi, in qualche modo misurabili.
Eventi che rispondono a dimensioni del tipo <seallora> escludono limplicazione
emozionale del ricercatore e prevedono la ripetibilit della situazione sperimentale
e dei suoi risultati.

La psicologia che non affronta la relazione come oggetto di conoscenza scientifica:


se la scientificit psicologica fosse vincolata all'esclusione dell'implicazione
emozionale dello psicologo, l'implicazione emozionale, e la relazione che da essa
viene organizzata, non potrebbero essere modellizzate in leggi generali. Con
l'esclusione dell'implicazione emozionale, lo psicologo <scientifico>, cio in grado
di uscire dall'implicito e dalle dimensioni valoriali, sarebbe soltanto il ricercatore.
Un ricercatore che sarebbe costretto ad affidare al tecnico l'intervento; intervento
per definizione senza teoria, se si restasse dell'idea che appena entra in gioco la
relazione, la scientificit scompare di scena. Lo psicologo che studia leggi generali,
non affrontando i temi psicologici posti dalla relazione, non affronta nemmeno
quelli intrinseci al rapporto tra psicologo e chi, ad esso, pone una domanda
dintervento.
La psicologia come scienza dell'intervento, si fonda sul fallimento della psicologia
empirica. E' utile sottolineare che il fallimento, in cui si pu incorrere o incorsa la
psicologia nell'individuare leggi generali escludenti la relazione, non significa
fallimento, tout court, della psicologia. Significa, di contro, forte contrapposizione
tra chi vuol fare della psicologia una scienza senza relazione che sembra non aver
proposto dati e regolarit di una qualche rilevanza entro il tema della convivenza,
e chi si impegna per una psicologia quale scienza dell'intervento.

L'evento fondato sulla relazione il Leitmotiv del nostro lavoro pu essere


studiato ed elaborato quale oggetto di intervento in due prospettive: la prima
quella che guarda alla relazione come organizzatore dell'adattamento, il quale ha
bisogno che venga promossa una dinamica di sviluppo; la seconda trasforma
l'evento emozionale nella dicotomia normale/patologico, e fonda l'intervento sulla
riconduzione della patologia alla normalit. Nel primo caso - lo sviluppo la
dimensione storica e contestuale, quindi unica, cardinale. Nel secondo, in cui il
parametro la normalit, per definizione prevedibile e ripetibile, l'unicit affidata
alla devianza.
IL METODO DELL'ANALISI DELLA DOMANDA si fonda su una relazione entro la quale
si fanno ipotesi di sviluppo. In questa accezione la psicologia un metodo

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dindagine degli eventi che riguardano luomo e i suoi artefatti, seguendo una
specifica ottica danalisi degli eventi stessi.
Di fronte alla domanda di intervento, lo psicologo ha due strade, diverse e
reciprocamente escludentisi, davanti a s: ricondurre quel caso ad una specifica
classificazione, ad esempio psicopatologica; oppure analizzare la domanda nella
sua dinamica emozionale, affermando che la relazione di domanda riproduce il
problema che la persona racconta nel l e allora. Nel secondo caso, stiamo
proponendo unipotesi metodologica delloperare psicologico clinico. Con le
proposte metodologiche, si forniscono criteri per la costruzione di ipotesi, che
andranno poi confrontate entro la relazione che fonda l'intervento, diventando la
base su cui sviluppare il lavoro dell'intervento stesso. Con la ricerca empirica
invece, si dimostrano ipotesi e si individuano leggi generali del funzionamento
psichico.

LE NEOEMOZIONI:
Costrutto che stato oggetto di maggiore sviluppo concettuale
Sostengono la parte pi immediata, nella relazione con lo psicologo, della
domanda
Sono la strategia emozionale specificatamente rivolta allo psicologo da chi
pone la domanda.
Le neoemozioni rappresentano un aspetto assai rilevante della domanda stessa;
tanto da poter assumere una funzione catturante per lo psicologo, che pu restare
invischiato in reazioni ad esse.
La neoemozione componente sostanziale della domanda, ma la sua
interpretazione richiede un setting che includa la considerazione di altre
componenti della domanda stessa, che la proposta neoemozionale rivolta allo
psicologo non mette in evidenza.
Aspetti costruttivi del processo istituente la domanda, insieme con le neoemozioni:
L'evento critico. Il problema posto dalla domanda visto nell'ottica di
sviluppo, diviene l'evento critico emblematico del fallimento collusivo in
atto. Sintomatico di un assetto emozionale in crisi, e segnale di possibili
linee di sviluppo.
La cultura locale. La proposta neoemozionale presente nella domanda, pi
levento critico, pi altre informazioni che la domanda esprime, permettono
di fare ipotesi sullassetto emozionale che caratterizza i contesti propri di chi
pone la domanda.
Gli obiettivi di sviluppo. Senza questa componente mancano strumenti
per mettere in discussione sia la proposta neoemozionale sia la cultura
locale. E' l'adeguatezza degli assetti a possibili obiettivi da parte di chi pone
la domanda, che ne rende utile e condivisibile l'analisi. Gli obiettivi di
sviluppo, nel caso di domande rivolte da organizzazioni, sono iscritti, nella
mission dell'organizzazione stessa. Nel caso della domanda individuale, il
problema si pone in modo diverso e si apre un'alternativa: sono possibili
domanda che vogliono ripristinare una sola competenza neoemozionale e
domande che si aprono a obiettivi di sviluppo. Questa alternativa attraversa
tutto il percorso dell'analisi della domanda. L'ipotesi dello sviluppo, ancor
prima di essere una scelta da effettuare, un organizzatore del setting.
Attraverso le neoemozioni , proponiamo dei modelli per l'intervento. Con la parola
modello, intendiamo riferirci a codici emozionali formalizzati, adottati dallo
psicologo come strumento di intervento. Tali modelli interpretano e formalizzano
codici collusivi, per proporli a chi pone la domanda come strumento interpretativo;
al tempo stesso organizzano la relazione di intervento. In questo senso le

21
neoemozioni sono modelli. Anche la stessa analisi della domanda un modello,
volto ad organizzare la relazione tra psicologo e cliente.
L'interazione tra i due livelli ci che viene agito e quanto viene spiegato e
commentato da chi porta la domanda da un lato, le ipotesi che lo psicologo fa,
interpretando e al tempo stesso costruendo la relazione di intervento dall'altro
costituisce il processo dell'intervento stesso. Se il centro dell'attenzione
sull'interazione individuo-contesto, essenziale avere modelli, ovvero strumenti
concettuali che permettano di leggere ed organizzare le relazioni. Lottica assunta
attraverso un modello di relazione, per definizione strategica: definisce la propria
e le altrui posizioni, entro un contesto; inoltre, limitata e relativa. Infine pu
essere verificabile e discutibile.
Il modello formalizzato una ricostruzione intellegibile di una specifica realt
singolare, della quale non si propone una descrizione oggettiva, ma di cui raccoglie
gli aspetti ritenuti essenziali tali da costituire un tutto intellegibile. La pertinenza
del modello misurata dalla sua congruenza (dalla intelligibilit delle relazioni che
connettono gli elementi del tutto); dal modo in cui esso permette, in confronto alle
realt singole (cui per definizione non corrisponde mai integralmente), di
acquisirne una comprensione; dalla sua utilit nel costruire una relazione che
persegua sviluppo, nel senso definito dalla nostra proposta, e verificarla.
Costruire un modello di un evento, non il fine dell'analisi, bens lo strumento di
intervento; analisi ed intervento che verranno effettuati su specifici eventi presi
nella loro singolarit, quali altrettante specificazioni del modello stesso. Il modello
non pretende di esaurire i singoli eventi e nemmeno di essere sempre rinvenibile,
nella sua integrit, in ognuno di essi. Ad un livello superiore di verifica, il modello
fornisce elementi di riscontro sulla teoria di riferimento adottata.

Le emozioni che fondano la relazione sociale.


Nel modello che stiamo proponendo, si considerano due modi d'organizzazione
emozionale della relazione sociale: il modo fondato sulla solitudine e sul rapporto
con l'estraneit, condizioni per lo scambio produttivo; il modo fondato sul possesso
dell'altro e sulla dinamica neoemozionale.
La modalit relazionale che si fonda sulla solitudine il punto di partenza per
riconoscere lestraneit dellaltro; tra persone sole possibile realizzare lo
scambio, fondato sullestraneit quale risorsa. Lo scambio presiede alla funzione
produttiva della relazione, che consente lo sviluppo del sistema di relazione, quindi
anche delle singole persone che ad esso partecipano.
Interessante la modalit di relazione che nega lestraneit e che sostanzia la
relazione con la fantasia del possesso. Scambiare e possedere sono le due uniche
modalit di relazione emozionale possibili.
Il possesso per certi versi , l'unico scambio praticabile, entro una relazione che
non riconosce l'altro come estraneo. La fantasia di possesso fondata su una
relazione asimmetrica. Contrariamente a quanto succede nello scambio, nel
possesso c' una persona che cerca di possedere ed una che viene posseduta o
che si tenta di possedere. Il possesso rimanda, quindi alle dinamiche emozionali
primitive, ove la differenziazione del contesto avviene per dicotomie riguardanti il
corpo: alto-basso; dentro-fuori; davanti-dietro, quali articolazioni della relazione
amico-nemico.
Se la simbolizzazione del contesto nemica, le conseguenze sono relativamente
chiare: dal nemico si fugge; il nemico lo si attacca (flight-fight). Simbolizzare il
contesto quale amico non consente di inferire conseguenze importanti per la
relazione. La simbolizzazione amica del contesto ha senso solo in quanto non
nemica, ma cosa significhi simbolizzare amichevolmente il contesto, non cos
semplice.

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Le cose si complicano, se si tiene conto che la situazione di cura prolungata da
parte dei genitori, nel piccolo della specie umana, comporta l'assenza di una
relazione precoce con il contesto <nemico>.
Ci comporta per il piccolo della specie umana, una drastica riduzione
dell'esperienza del <nemico>, limitata alla sola situazione definibile quale
<assenza dell'amico>. La figura amica, d'altro canto, assume nello sviluppo
dell'uomo differenti configurazioni. L'amico oggetto della fantasia predatoria;
l'amico oggetto di infinite articolazione della relazione ambivalente; l'amico pu
essere trasformato in nemico quale oggetto di rabbia e di attacchi che possono
essere contenuti <depressivamente> dalla figura parentale, solo grazie alla non
reale pericolosit del bambino, nella relazione fantasmatica, agita con il genitore
stesso. Lamico pu assumere infinite configurazioni simbolico-affettive, dal
nemico nei cui confronti non si pericolosi, allestraneo con cui fondare una
relazione di scambio. Questo per il fatto che la condizione di amico non , come
quella di nemico, capace di condizionare una specifica modalit di rapporto. La
condizione amica il punto di partenza per molteplici modalit di rapporto,
comunque sintetizzabili entro la dicotomia: possesso-scambio.

POSSEDERE: specifico orientamento che si assume verso la realt, quando non


possibile il riconoscimento dellaltro quale estraneo. La fantasia di possesso
fondata sulla valorizzazione idealizzata di ci che sta fuori di s, da cui ci si sente
esclusi e che, per questo, si vuole portare dentro di s. Gli oggetti investiti
emozionalmente vengono vissuti come esistenti indipendentemente
dall'investimento e dal processo di costruzione di senso, indispensabili per un
rapporto di scambio con l'oggetto stesso. Se loggetto idealizzato esiste al di fuori
ed indipendentemente da chi desidera possederlo, questultimo non pu che
sentirsi escluso e vuoto.
Ci sono due facce emozionali della spinta a possedere: da un lato la valorizzazione,
spinta sino all'idealizzazione, dell'oggetto che si vuol possedere; dall'altro la
tragicit della dinamica in questione, che comporta l'impossibilit di possedere
alcunch, e che vota allo smacco ogni tentativo in tal senso. lequilibrio tra i due
aspetti del possedere che rende cos importante la dinamica in analisi.
Con il possesso, lesperienza di relazione con laltro si esaurisce entro la dinamica
emozionale; unesperienza ricca e coinvolgente. Il potere delluno sullaltro un
luogo privilegiato per la spinta al possesso. Possedere pu essere una modalit
dellesistenza a cui ci si abitua come ad una droga, con quei fenomeni di astinenza
che il mancato possesso comporta. Di qui le iniziative per raggiungere e
mantenere il possesso dellaltro. Ci che esiste e che non si possiede, viene vissuto
quale sfida che non si pu tollerare. Possedere una finalit irraggiungibile: pi ci
si impegna in questa avventura, pi ci si sente lontani da una qualche
soddisfazione. Non si pu possedere nulla, se la finalit del nostro rapporto con le
cose il loro possesso.
Possedere anche una modalit, sia pur primitiva ed incompleta, per aver accesso
alle cose della vita. La spinta a possedere presiede allequilibrio sociale. Possedere
implica infatti, asimmetria della relazione, ma al contempo unemozione alla
quale tutti hanno accesso. Il possedere rappresenta quindi un elemento regolatore
della relazione sociale, quando la relazione stessa non organizzata ai fini della
produttivit e dello scambio.
Parallela alla fantasia del possedere c' quella dell'escludere. Ogni razzismo
fondato sulla fantasia delirante di poter possedere la purezza della razza, grazie
allesclusione di altri, della diversit di chi, escluso dallappartenenza, conferisce
valore allappartenenza stessa. Esempio del possesso e dellesclusione: donna e il
suo inserimento entro specifiche organizzazioni sociali, come le accademie militari.

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Possesso ed esclusione entro le organizzazioni non sono, mai, segnali di fenomeni
collegabili con il funzionamento organizzativo; sono soltanto fantasie. Segnali di
rifiuto dun riconoscimento dellestraneit che fonda la competenza a scambiare.
La domanda che viene rivolta allo psicologo pu essere, spesso, fondata sul
vissuto di impotenza a possedere o ad escludere, sul fallimento delle fantasie di
possesso. La fantasia di possesso destinata a fallire in ogni caso. Alcuni riescono
ad andare oltre la fantasia di possesso, entrando nell'area dello scambio e del
rapporto con l'estraneo. Altri invece, rimangono intrappolati nel delirio di possesso,
e quindi si trovano a fronteggiare sistematiche burrasche emozionali, collegabili a
tali fantasie deliranti. Per queste persone, la relazione sociale vissuta come
unoccasione terribile di sfida al possesso. Di qui lorganizzazione di fantasie volte
a legittimare il bisogno di possedere laltro.

Chiamiamo neoemozioni le modalit di rapporto volte a perseguire il


possesso dell'altro, o l'essere oggetto del possesso dell'altro. Lespressione
diretta ed esplicita dellemozione fondata sul possedere, comporta frustrazioni
ripetute, un sentimento di vuoto, di sterilit ed esclusione delloggetto idealizzato
ed irraggiungibile. Le neoemozioni sono un organizzatore della fantasia di
possesso, quindi non comportano tutto ci, ma rendono pi stabile e funzionale la
relazione emozionale. Le neoemozioni consentono una condivisione delle proprie
fantasie di possesso entro la relazione sociale. Sono un potente strumento di
stabilit delle relazioni sociali, organizzano rapporti tra persone e tra gruppi come
se non si fosse entro un contesto, ma come se si fosse allinterno di rapporti
caratterizzati solo emozionalmente.
Vediamo ora alcune specificit della relazione neoemozionale:
Si presuppone che non vi siano obiettivi produttivi per la relazione stessa, e
che la relazione sia al servizio della sola gratificazione delle fantasie
emozionali che la sostengono. Non viene riconosciuta lalterit estranea
dellaltro; nelle neoemozioni la dinamica affettiva tra le persone di tipo
familistico.
Si tratta di organizzazioni emozionali della relazione che non richiedono, alle
persone implicate, di essere consapevoli del contesto in cui stanno vivendo
quella specifica esperienza. In tal senso, le neoemozioni sono espressioni
familiste: azzerano ogni diversit contestuale.
Le neoemozioni, in quanto acontestuali, presiedono il passaggio da un
contesto all'altro. Conferiscono identit, l dove questultima non costruita
da funzioni e da rapporti produttivi.
Le neoemozioni sono il superamento del vuoto a cui condanna la dinamica
del desiderio di possesso. Entro la dinamica neoemozionale si pu avere
lillusione di possedere.
La differenza tra le varie neoemozioni concerne le varie modalit relazionali
utilizzate, atte a rendere possibile la fantasia di possesso. Il possesso si precisa
sempre pi, entro le dimensioni concernenti ruoli, regole, modi di strutturare la
relazione. La prima neoemozione per noi il pretendere: un modo fondato sul
ruolo che riveste la persona che pretende. La neoemozione della pretesa utilizza il
ruolo quale dimensione unicamente simbolico-emozionale. Di contro il provocare
prevede la costruzione d'una specifica ed idiosincratica regola del gioco.

Le neoemozioni si possono distinguere e classificare entro uno specifico criterio: il


loro progressivo specializzarsi e differenziarsi entro i contesti di convivenza.
Possiamo individuare tre passi nella differenziazione delle neoemozioni:
1. Al polo meno differenziato e specializzato sta il pretendere: neoemozione
che consente di dare potere alla propria identit fondata sul ruolo. Chi fonda
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la sua identit potente sulla pretesa, non savventura entro contesti ove il
ruolo non efficace. La produttivit totalmente sostituita dal potere che
fonda il pretendere.
2. In un gradino intermedio si situano le neoemozioni del controllare e del
diffidare: rappresentano modalit emozionali per stare nei contesti
produttivi, senza confrontarsi con la competenza propria e degli altri.
3. Le neoemozioni pi specializzate sono quelle del provocare ed obbligare
da un lato, del lamentare e del preoccuparsi dallaltro. Queste
neoemozioni aggrediscono specifici aspetti della cultura che presiede alla
produttivit, entro i diversi contesti culturali. Con la provocazione vengono
attaccate le regole del gioco. L'obbligo sostituisce il perseguimento di
obiettivi, con la dinamica dell'adempimento. Ricordiamo come
l'adempimento sia in grado di distruggere interi contesti culturali produttivi,
svuotando di senso il contributo che la competenza pu dare al processo di
produttivit. Lamentarsi e preoccuparsi, a loro volta, implicano la chiamata
in causa di un terzo, nella relazione neoemozionale, con questo, l'agito
neoemozionale tenta di costruire una relazione culturalmente definita,
sostitutiva della cultura originaria, tramite una relazione fondata sulla triade
neoemozionale. Es. Preoccupante-preoccupato-terzo, quest'ultimo delegato
del potere d'intervento collusivo sul preoccupante.

PRETENDERE: il possesso attraverso il ruolo sociale


La pretesa fondata sul ruolo parentale la pi scontata. Mi devi amare: sono tua
madre!; Mi devi ubbidire: sono tuo padre!. La pretesa si propone quale forma
specifica di possesso dell'altro. Il ruolo definito dalla posizione e dalla funzione
che ciascuno riveste entro lorganizzazione: essere madre nella famiglia, studente
alluniversit, etc. Nel caso della pretesa ci che interessa la sua simbolizzazione
emozionale: ci che significa collusivamente lessere madre, studente, etc.
Parliamo di quel ruolo emozionale in nome del quale si pensa di poter rivendicare
diritti; pretendere appunto.
C un legame indissolubile tra pretesa e potere senza competenza. Quando il
potere senza competenza si propone come la componente principale di un ruolo
sociale, allora il pretendere sar la forma di possesso che, chi riveste quel ruolo, si
sentir legittimato a perseguire. Pretendere comporta la fantasia di ottenere
dipendenza dallaltro, senza n proporre, n chiedere.
I ruoli che fondano la pretesa non sono soltanto dati, sono anche costruiti, entro le
relazioni sociali.
La pretesa, quale forma di possesso, concerne a tutto campo il comportamento, le
emozioni, le relazioni dellaltro dal quale si pretende. una neoemozione estesa. Il
pretendere non ha limiti: si pu pretendere amore, fedelt, dipendenza, fiducia,
ammirazione, obbedienza, dedizione, sacrificio, etc. La persona da cui si pretende,
dovr accettare passivamente o attivarsi in modo intraprendente, secondo i casi e
le circostanze.
Chi pretende non sa cosa vuole. La pretesa non concerne mai dimensioni puntuali
e definite. Pretendere un modo di stabilire relazioni, senza confini e definizioni
precise. La pretesa gode di una solida legittimazione sociale; per questo motivo il
pretendere consente listituirsi di stabili e ripetitive relazioni emozionali, entro le
strutture sociali. Il pretendere pu investire anche culture e credenze sociali.

Pretesa nellanalisi della domanda. Pensiamo allo psicologo che simbolizza la


sua professione quale professione di aiuto, che ritiene di avere a che fare con il
disagio e la sofferenza mentale. Questo psicologo pretende di conferire un ruolo
specifico al suo cliente: il cliente colui che ha bisogno daiuto, che soffre, che si

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trova in una situazione di disagio. Di fronte alla pretesa, non possibile istituire
una relazione professionale fondata sulla competenza. Di fronte a chi pretende si
possono soltanto istituire reazioni di difesa o di attacco alla pretesa stessa. Vi sono
due possibili soluzioni per lo psicologo, di fronte alla pretesa: istituire un pensiero
sul pretendere, grazie allassunzione di una posizione meta, invece di agire una
relazione fondata sui ruoli; oppure avventurarsi entro un agito perverso con chi
mette in atto la pretesa. La prima soluzione possibile solo se, con chi pretende, ci
si pone in un atteggiamento di comprensione dellagito emozionale. Se lo
psicologo motiva il suo cliente alla pretesa, per poter poi agire una relazione
perversa con il cliente stesso.
Sottolineiamo come la pretesa sia una componente fondamentale nella domanda,
perch la neoemozione permette alla domanda di esprimersi. Ma si tratta di una
componente che va analizzata, per poter uscire dalla relazione che impedisce lo
scambio.
Lo psicologo tratta con una relazione, non con una malattia che caratterizza il
paziente. E'
all'interno della relazione, quindi entro un rapporto tra persone <intere> e
caratterizzate dalla loro posizione nella relazione, che lo psicologo pu intervenire.
Non bisogna separare il male altro e il bene proprio del paziente e della sua
persona come avviene con il modello medico. Questa la realt dell'intervento
psicologico clinico.
Far riferimento all'aiuto, al disagio, alla sofferenza psichica per lo psicologo una
trappola molto problematica. Significa promuovere l'atteggiamento della pretesa in
chi si rivolge alla professione psicologica, senza poi saper trovare una via d'uscita
da un problema che si contribuito a creare. Questo il motivo per cui abbiamo
individuato nello sviluppo della persona, entro il proprio contesto, l'obiettivo
dell'intervento psicologico clinico.
Pretendere significa negare lestraneit dellinterlocutore e trasformare la relazione
con lui in un luogo dattesa perentoria. Chi pretende identificato con un ruolo che
giustifica la pretesa
Il cliente deve affrontare due problemi: accettare l'ignoto del rapporto che sta
instaurando con lo psicologo; spostare il baricentro della sua vita emozionale
dall'agito entro un rapporto, al proprio mondo interno. La pretesa un modo molto
diffuso di comunicare la propria domanda dintervento allo psicologo. Trattare la
domanda di pretesa molto difficile. Ci che la caratterizza, infatti, l'adesione
acritica della persona, o dell'organizzazione, alla fantasia del pretendere: sin che
dura la pretesa, non si costruisce uno spazio di riflessione, di pensiero sul
pretendere. Di fronte a una domanda di pretesa bisogna aspettare; istituire una
relazione che non risponda collusivamente; organizzare una modalit di rapporto
volta a mettere in discussione l'investimento simbolico del ruolo che fonda la
pretesa.
Ad esempio, se si pensa alla madre che pretende, nel nome dell'essere madre,
utile mettere in discussione questa interpretazione intrusiva del suo ruolo,
vedendone aspetti critici, dimensioni problematiche per la crescita autonoma dei
figli. Rievocando e ricostruendo, insieme alla madre, la possibile funzione di
sviluppo che pu derivare dal suo ruolo. Quando si dice di <non colludere con la
madre che pretende> non si afferma, soltanto di <non colludere>. E' impossibile
<non colludere> entro una relazione, anche entro la relazione di analisi della
domanda. Si tratta di evitare una risposta collusiva con la pretesa. Si pu di contro,
aiutare la madre a guardare ironicamente al suo pretendere, e questo implica una
collusione tra psicologo e persona che porta la domanda; una collusione sulla
possibilit di guardare sorridendo a se stessi, di cogliere il senso difensivo del
proprio impegno emozionale nella vicenda che porta a formulare la domanda

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d'intervento. possibile trasformare la domanda in una domanda diversa. Rimane
per lostacolo rappresentato dallidentificazione con le proprie fantasie di pretesa.
Quando ci accade si confrontati con una vera e propria situazione delirante.
Nell'ambito dei modelli che stiamo utilizzando, delirare significa proporre una
relazione organizzata attorno alla simbolizzazione emozionale agita, senza
prevedere alcuno spazio di riflessione su quanto agito entro la relazione stessa.
In psicologia clinica, quindi, possiamo parlare di delirio quando chi agisce le proprie
fantasie entro la relazione, aderisce totalmente allagito emozionale, senza che
alcun pensiero, suo o dello psicologo, sullagito sia accettato o possibile. Di solito
quando si pretende si va incontro a frustrazioni notevoli; la frustrazione aumenta la
spinta ad agire la pretesa, accompagnata da proteste e dichiarazioni di delusione
nei confronti di chi non risponde in modo coerente, cosa che impossibile. Si crea
cos un circolo vizioso, dove chi pretende costretto, dal suo stesso agito, ad
aumentare la pressione emozionale del suo pretendere, allinfinito. La pretesa
proprio perch non pu essere assolta e gratificata, costringe chi oggetto della
pretesa ad un <abbraccio mortale> entro la relazione di pretesa, vale a dire entro
un rapporto dal quale, difficilmente, ci si emancipa. Se si vuole, questo il vero
obiettivo emozionale di chi pretende: non essere gratificato, dimostrarsi
amareggiato e deluso, accentuare la pretesa, costringendo l'altro entro una
relazione vincolante, dalla quale difficilissimo emanciparsi. La frustrazione quindi
non un fallimento, perch consente di restare in una relazione delirante. Anche
non colludere con la domanda di pretesa pu diventare a sua volta una fantasia
agita, una pretesa, che intrappola lo psicologo clinico entro una relazione dalla
quale potr difficilmente uscire; ci accade quando si assume il ruolo
neoemozionale di chi fa lanalisi della domanda. importante mettere in
discussione il ruolo emozionalmente simbolizzato, che sostiene la legittimazione
sociale alla pretesa. L'analisi critica del ruolo pu fornire utili e preziosi indizi per
cogliere quale sia il fallimento della collusione che organizza emozionalmente la
domanda di pretesa.
Nell'analisi della domanda, la funzione dello psicologo sempre orientata a
proporre un pensiero sugli eventi che avvengono nel rapporto, mai ad agire entro il
rapporto stesso.
Se lo psicologo non riesce ad analizzare la domanda di pretesa, il cliente
abbandoner presto la relazione con lo psicologo.

CONTROLLARE: possedere lamico di cui non si mai sicuri


Il controllo rappresenta il tentativo di provare l'amicizia dell'amico. La relazione
viene usata solamente per regolare la propria confusione emozionale. Chi controlla
si sente continuamente minacciato dalla propria confusione sul sentimento che
prova per laltro; tradotta nel timore del possibile venir meno dellamicizia, del
tradimento di chi si dichiara amico. Chi ha bisogno di controllare, vive
nell'emozione di una potenziale, incombente, minaccia da parte dell'amico, e vuole
avere conferma che questo non ; vuole rassicurazioni continue sulla sua fedelt,
credibilit, affidabilit. Il controllo, in quanto determinato dalla confusione
emozionale nei confronti di s stesso e dellaltro, comporta una regressione nelle
regole del gioco. La regola del gioco consente di automatizzare il controllo del
nemico noto, di vivere la relazione con la sicurezza che non ci sar violenza fisica
(assenza), a meno che avvenga il contrario (assenza di assenza); consente inoltre
di produrre criteri convenuti di verifica del nemico ignoto (rappresentato da tutto
ci che si frappone alla realizzazione convenuta di un prodotto condiviso).
Con le regole del gioco si funziona sulle assenze; se la violenza compare in un
rapporto dove non prevista, non un segnale, ma un'assenza di quell'assenza di
segnale che la regola del gioco garantisce. Con il controllo scompaiono le assenze

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regolate del segnale, ed il sistema regredisce ad un funzionamento volto alla
ricerca di presenza del segnale. In altri termini, si cercheranno prove circa la
presenza di violenza.
Esistono due modi di controllare un sistema: il primo, finch c' assenza di segnale
il sistema funziona, il secondo, si ha un controllo sulla presenza del segnale,
quando il segnale spento il sistema non funziona. Nel primo caso quindi, il
sistema di controllo funziona entro la logica <va tutto bene a meno che non si
dimostri il contrario>. Nel secondo caso, di contro, la logica <pu esserci un
problema, a meno che non si dimostri, di momento in momento che va tutto
bene>. Nel primo caso c economia di controllo, il controllo viene automatizzato;
nel secondo caso il controllo assorbe lintera attenzione e tutte le risorse di chi
adibito al controllo stesso. Chi controlla non pu far altro che quello, altrimenti si
ha una distrazione che pu essere fatale per lintegrit del sistema che si vuole
proteggere. Nel primo caso il nemico non davvero nemico, perch noto; nel
secondo caso, il sistema va controllato in vista di un pericolo non conosciuto, che
tuttavia va previsto e prevenuto. Qui il nemico davvero nemico, perch ignoto.
Proponiamo ora la differenza tra controllare e verificare. Possiamo propriamente
parlare di controllo, come individuazione non equivoca del nemico; quando il
nemico noto. E' pi corretto parlare di verifica l dove avere criteri di allarme e
individuazione del nemico, in s ignoto, comporta un lavoro di differenziazione tra
stimoli del mondo esterno e fantasie del proprio mondo interno.
Entro le relazioni tendiamo a scegliere o costruire contesti amici, nei quali sia
possibile promuovere convivenza o sviluppare unattivit produttiva. I contesti
amici possono essere dati o costruiti. Nel primo caso si fa come se il nemico fosse
noto e scontati i criteri per una sua individuazione; nel secondo caso, si
condividono criteri comuni di individuazione, entro unestraneit che si esplora, del
nemico ignoto, e si verifica continuamente lefficienza di tali criteri, ovvero si
costruiscono e si condividono regole del gioco che permettano di entrare in
rapporto con lestraneo amico. In questo secondo caso, la conoscenza della
simbolizzazione emozionale del contesto da parte di chi verifica, una
competenza necessaria. Vi sono situazioni ove il controllo prende il posto della
verifica, anche quando il nemico ignoto.
In sintesi la neoemozione del controllo consiste in una restrizione del campo
d'applicazione del pretendere: chi controlla pretende, a partire dal ruolo di amico,
che l'altro dimostri di essere amico.

La dinamica del controllo pu essere riassunta nei seguenti punti:


La relazione definitoriamente amica viene messa in discussione, sulla base
di una confusione emozionale nei confronti dell'amico stesso, entro specifici
contesti.
Si esce, cos, dalla relazione produttiva, possibile soltanto se la
configurazione amica reciproca solida e condivisa.
Si pone una relazione causale, circolare, tra confusione emozionale che
rende impossibile la produttivit, e rinuncia alla produttivit che accentua la
confusione emozionale;
Viene deteriorata, a tale scopo, la regola del gioco che usualmente
automatizza le sconferme violente alla relazione amica, trasformandole in
assenze scontate;
La relazione amica diviene, in tal modo, incerta e va controllata
continuamente;

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Questo controllo dell'amico comporta un'emozionalit confusa, che rafforza
la confusione emozionale dalla quale si partiti, e che si dimostra molto
coinvolgente;
Si rinuncia cos alla verifica, processo che fonda la relazione produttiva tra
amici.
Quando si controlla si usano in modo distorto le informazioni che si riesce ad
ottenere. pi importante controllare che sapere. Ogni conoscenza ottenuta non
sar mai sufficientemente a sedare i sospetti, le paure e le fantasie che lo hanno
motivato. Controllare una modalit ben precisa e definita di rapporto sociale,
fortemente contagiosa, in grado di permeare di s lintero contesto ove viene
praticata. Il controllo sempre fine a se stesso, protettivo della confusione
emozionale delle persone implicate, sostenuto da fantasie non suffragate dalla
realt, ma che hanno la capacit di imporsi quali profezie che si autoavverano. Un
sistema di relazioni fondato sul controllo, induce a mettere in atto quei
comportamenti che si teme possano avverarsi e che si vorrebbe tenere sotto
controllo.
Vi sono situazioni sociali ove il controllo istituito, e si propone quale esplicito
sostituto della produzione.

Il controllo nega lestraneit nella relazione, quindi limprevedibilit del


comportamento, nega la stessa esistenza creativa di s e dellaltro. Con il controllo
s'esalta la prevedibilit e la ripetitivit, quindi la mortificazione della creativit e
del pensiero divergente, e si tenta anche di rendere prevedibili e ripetitive le
emozioni, sia in chi controlla sia in chi oggetto del controllo.
Il controllo pu essere definito quale desiderio di possesso attraverso una pretesa
di conoscere. Ci che si vuol conoscere con il controllo non la realt delle cose,
ma la sconferma dei propri sospetti.
Se verifica linconsistenza dei suoi timori, prova una sorta di frustrazione per lo
svuotamento dellimpalcatura emozionale che con il sospetto aveva costruito. Da
qui la sequenza di controlli senza fine. Il controllo si basa sullassunzione di una
propensione alla trasgressione, l dove il controllo non sia esercitato. Il controllo si
fonda sul vissuto di una catastrofe imminente, vissuto che comporta una
gratificazione emozionale immediata. Questa immediata autoriferita gratificazione
emozionale sostituisce quella, mediata da un pensiero e da uno scambio, propria
della relazione produttiva. Limmediatezza dellappagamento emozionale e
lincompetenza con la quale possibile perseguirla, costituiscono la gratificazione
alla quale il cliente dello psicologo pu avere difficolt a rinunciare.
Il controllo la diretta conseguenza della frustrazione di una pretesa. La persona
che si vuol controllare gi segnata: si sa che la si persa, che non si pu avere
con lei la relazione sognata. La frustrazione della pretesa quella di essere l'unica
fonte di emozioni e d'interesse per l'altro; l'altro che si controlla, quando questa
pretesa fallisce.
Il controllo l'espressione dell'invidia verso la produttivit. Il controllo appartiene
alle relazioni dei singoli individui, ma pu anche caratterizzare sistemi sociali,
organizzativi, o intere aree della convivenza. Quando si controlla si totalmente
centrati su di s e sulle proprie fantasie. Ci significa che difficile, se non
impossibile, comunicare entro la relazione basata su questa neoemozione. Si ha a
che fare con persone volte, soltanto, a giustificare il loro sospettare e controllare.
Quando si controlla, si pensa di stare in un mondo ove tutti sono dediti a tramare
complotti, a competere entro la logica del potere, ad agire nell'ombra, a mettere in
atto doppiezze, sotterfugi, imbrogli. Per chi controlla ovvio pensare che ci sia una
doppia vita nelle persone e nei sistemi sociali, ove ci che appare solo
l'apparenza, appunto, di una realt ben diversa. Quando si controlla si vive il

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desiderio tramite la sua attribuzione allaltro, che poi controller. Laltro diviene
oggetto della propria fantasia di scoprire ci che nascosto, segreto e che si
teme/desidera di trovare tra le pieghe di ci che si sta controllando. Il controllo,
quindi, sostituisce il desiderio con l'emozione che deriva dall'agire il controllo
stesso.

Il controllo nellanalisi della domanda. In questo ambito ci sono due direzioni


del controllo: la prima concerne il controllo che il cliente esercita nei confronti dello
psicologo; la seconda concerne i tentativi di coinvolgere lo psicologo entro processi
di controllo che il cliente sta mettendo in atto nei confronti di una terza persona o
di un sistema sociale al quale appartiene.
Il controllo nei confronti dello psicologo, entro il rapporto di domanda, pu trovare
le espressioni pi curiose e fantasiose: dal pedinamento, allintrusione nei luoghi
che si suppone frequenti, alla raccolta dinformazioni presso conoscenti o clienti
del passato. Il controllo sembra garantire una sorta di possesso dello psicologo;
sembra esorcizzare labbandono passivo e dipendente che la relazione con lui
necessariamente comporta, nella fantasia di chi controlla. Controllare, di fatto,
implica un'attivit da parte di chi pone la domanda, che pu assorbire la sua intera
emozionalit, relegando la relazione di lavoro con lo psicologo a semplice pretesto
per esercitare il controllo stesso. Il controllo noioso, ripetitivo, invadente e
difficile da sopportare per chi controllato. Il controllo pu trovare una
giustificazione razionale nella necessit dinformarsi sul professionista al quale si
deciso di rivolgere la propria domanda, nella correttezza insita nel difendere i
propri interessi, che giustifica lintusione che sintende porre in atto nei suoi
confronti.
Passiamo ora alla domanda che si propone di coinvolgere lo psicologo in una
dinamica collusiva ove questi si presti a sostenere, diventar complice, prendere le
veci di chi pone la domanda, entro il controllo su qualcun altro. Genitori che si
rivolgono allo psicologo per coinvolgerlo in un processo di controllo dei figli, l
dove sembra fallito il controllo diretto, rappresentano una parte molto importante
della domanda rivolta allo psicologo. Molto frequente anche la domanda di
insegnanti che grazie allo psicologo, intendono ripristinare il controllo su allievi
poco disciplinati. Sempre , nelle domande alle quali facciamo riferimento, si chiede
d'intervenire per ripristinare il controllo della gerarchia, entro un sistema che
sembra voler sfuggire al controllo stesso. E' implicito, nella domanda in questione,
l'assunto che lo psicologo condivida la necessit del controllo, da parte di chi
riveste un ruolo di potere entro la relazione. L'obiettivo dell'intervento psicologico
pu essere solo quello della restaurazione del potere antico, ed ogni trasgressione
a questa richiesta comporta il controllo sullo psicologo, da parte di chi vede deluse
l'attesa di ripristino della situazione perduta.
Nella domanda di ripristino del controllo contenuta la distruttivit che si vuole
implicitamente agire: la madre che vuol controllare il figlio o la figlia, sa che la
partita ormai persa, che dovr rassegnarsi ad una relazione differente con chi ha
una sua autonomia e non intende riprodurre modalit di dipendenza ormai
obsolete.
Se lo psicologo collude, di fatto abdica alla sua funzione di comprensione della
domanda e d'elaborazione della situazione critica che l'ha motivata, per divenire la
longa manus di un potere che non si rassegna. Interessante notare che la
domanda di controllo si propone, sempre, con l'appello ai valori che reggono la
relazione di potere minacciata da un conflitto.

DIFFIDARE: essere rassicurati dallamico di cui non si mai sicuri

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E' la versione passiva della neoemozione di controllo. Chi controlla, mette in atto
specifiche iniziative. Chi diffida, vive l'emozionalit, evocata dalla relazione ove
l'amico pu continuamente trasformarsi in nemico, come cruccio interno, come
una sorta di sofferenza trattenuta entro la propria fantasia, senza lasciar spazio ad
iniziative. La persona diffidente vive in uno stato di perenne allarme, legge in tutto
quello che gli capita attorno, segnali di pericolo, d'ostilit, di disistima, di critica, di
disapprovazione. Se ne difende con la convinzione che non ci si pu fidare; con la
certezza che lo stato d'allerta deve essere abituale nelle relazioni sociali, specie
con gli amici, nei confronti dei quali, pu venir meno la fiducia. Anche nella
diffidenza, prevale la confusione emozionale nei confronti dellaltro amico. Qui,
peraltro, non viene aggredita la regola del gioco che automatizza il nemico noto; la
confusione aggredisce la sola rappresentazione fantasmatica dellaltro. Ci si
comporta come se la fiducia negli altri non fosse venuta meno. Lemozione, di
contro, investe confusivamente ogni aspetto della realt: chi diffida non mai
certo della ragione che sostiene la sua diffidenza. Non si certi del diffidare, si
certi che non va bene aver fiducia.
La diffidenza pu essere uno stile di vita, un modo per organizzare la relazione con
gli altri, per avere sempre chiaro come regolarsi con chi si conosce, con chi non si
conosce. Ha quale oggetto privilegiato la novit: chi diffida si guarda bene
dall'esplorare cose nuove, nell'attesa di trovare spiacevoli sorprese. Anche la
diffidenza quindi allontana dalla relazione produttiva.
Diffidare un modo per delirare. Non si sa mai il motto del diffidente. Esprime
l'incertezza, il dubbio entro i quali relegato chi ha perso la fiducia nella realt dei
rapporti amicali, senza poter far nulla per fronteggiare questo stato d'incertezza,
se non arrovellarsi entro pensieri contorti, deformati, deterioranti la
rappresentazione dell'altro e della sua credibilit. Si deteriora l'immagine dell'altro,
ma al contempo non si ha la forza di rovesciarla entro un immagine nemica.
E' questo dubbio, questa vaghezza, che condanna il diffidente ad una perenne
incertezza, impedendogli di entrare in una relazione definita con l'altro, magari per
combatterlo, controllarlo, limitarne l'azione pericolosa. La diffidenza non concerne
il nemico; quando si diffida si rivolge la propria attenzione emozionale all'amico. Si
viene guidati da teorie problematiche; prima, tra tutte, quella per cui <ognuno
pensa solo agli affari suoi>, non essendoci possibilit d'altruismo nelle relazioni
sociali. Nella diffidenza non c rapporto con la realt, non si cercano riscontri nelle
cose, negli eventi; si pensa che debba essere laltro, di sua iniziativa, a rassicurare
la persona che diffida, entro un rapporto impossibile.
Se il controllo fondato sul sospetto la neoemozione che caratterizza chi ha o
vuole conquistare il potere entro l'organizzazione, la diffidenza la neoemozione di
chi dipende, di chi subordinato, se si vuole di chi deve subire il controllo altrui.
La differenza tra il sospetto e la diffidenza di grande importanza. Il sospetto
induce all'azione, in primis il controllo. Chi sospetta pensa di dover intervenire, per
fugare o confermare il sospetto. Quando si diffida, di contro, non si cerca di
confermare o sconfermare la diffidenza. Quando si diffida si invita, implicitamente,
laltro ad un rifiuto, ad un allontanamento, allinterruzione della relazione. questa
la finalit del diffidare: rimanere progressivamente sempre pi soli, sempre pi
isolati, trovando in questo una ragione in pi per dar corpo alla diffidenza, per
giustificare la giustezza del proprio diffidare. Nella diffidenza c la negazione
dogni possibile obiettivo produttivo della relazione sociale. Chi diffida non vede la
funzione strumentale della fiducia, intesa quale condizione preliminare per lo
scambio e la produzione.
Le relazioni familiari sono il luogo privilegiato della diffidenza. La diffidenza non
caratterizza soltanto singole relazioni, pu prendere intere culture. Es: chiusura nei
confronti dellestraneo tipica di alcune culture.

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La diffidenza nellanalisi della domanda. Chi diffida, va dallo psicologo,
investendolo della propria diffidenza, e proponendogli quale problema quella
stessa diffidenza da cui si sente tormentato. Si pu ben dire che la diffidenza sia
l'atteggiamento pi comune, in chi si rivolge allo psicologo. Ci si aspetta aiuto da
lui, ma al contempo si pensa ai rischi che si corrono nel fidarsi di lui e si perplessi
sulla sua reale competenza ad affrontare e risolvere i propri problemi.
Lo psicologo viene scelto entro un contesto, quello degli psicologi, di cui non ci si
fida, perch non si conosce e si ritiente poco credibile. Ci porta all'idealizzazione
dello psicologo che si scelto, e sappiamo che tale processo viene messo in atto
per tenere a bada l'aggressivit, della quale sarebbe oggetto la figura idealizzata
se non fosse, appunto, al riparo dell'idealizzazione. Lo psicologo quindi oggetto di
emozioni ambivalenti molto forti. La diffidenza si propone quando la
simbolizzazione ambivalente delloggetto amico cos forte da impedire ogni
riscontro di realt, atto a dirimere lambivalenza, lasciando il diffidente in balia
delle sue emozioni contraddittorie. Chi diffida, per certi versi, chiede alloggetto
della sua diffidenza di risolvere la sua incertezza, la sua propensione a non avere
fiducia. Ogni tentativo, da parte di chi oggetto della diffidenza, di convincere chi
diffida a smetterla con la sua emozione perturbante, otterr l'effetto opposto;
esattamente come otterr leffetto di confermare la diffidenza chi non facesse
nulla per convincere il diffidente a desistere dalla sua emozione scostante.
La persona diffidente pur non perdendo occasione per dimostrare la sua
perplessit sulla competenza dello psicologo, il suo bisogno d'essere rassicurato
sulla bont di quanto si sta facendo con lui, il suo scetticismo sui risultati, il suo
sentimento d'inutilit degli sforzi fatti, i dubbi sulla reale scientificit di quanto
viene messo in pratica, si dimostra una persona fedele, costante negli incontri,
puntale, molto accurata nel rispondere a quanto lo psicologo chiede, capace di
stabilire una relazione affettivamente profonda ed affettuosamente legata a lui.
La persona diffidente sembra chiedere d'essere accettata con la sua diffidenza, di
poter agire quest'emozione senza venir rifiutata, senza essere isolata e punita per
l'atteggiamento che ne consegue, presentato come consustanziale al suo modo di
vivere i rapporti. La domanda di chi diffida di essere accettato con la sua
diffidenza. Lo psicologo accogliendo l'essere oggetto della diffidenza altrui si pone
in modo del tutto diverso da quello cui abituato chi diffida: pu rompere quel
circolo vizioso che alimenta la diffidenza.
Con chi diffida naturalmente, va rispettato il setting; nel rispetto delle regole del
gioco che sono state concordate, all'inizio dell'analisi della domanda, sta tutta la
credibilit dello psicologo. Ci particolarmente importante nel caso della
domanda diffidente, perch consentir alla persona che diffida di mettere in
discussione, sia pure in tempi lunghi, la fondatezza del suo diffidare.
E' difficile distinguere, per la domanda di diffidenza, l'emozione vissuta nei
confronti dello psicologo da quella vissuta verso terze persone. Chi diffida, non
pone la sua diffidenza a fondamento della sua domanda di intervento: solitamente
chiede che lo psicologo si occupi di altre persone, o chiede consigli su come
comportarsi con le persone delle quali diffida.
La diversit evoca diffidenza, al pari d'ogni cambiamento che costringe a
modificare il proprio atteggiamento verso la realt contestuale. Lo psicologo che
sconferma la diffidenza, che mette in dubbio le credenze, fantasie volte a dar
motivo alla diffidenza, diviene, egli pure, oggetto della neoemozione. La diffidenza
prende il posto, come le altre neoemozioni, di unaccettazione curiosa
dellestraneit, quindi dello scambio. Se lo psicologo avesse posizioni ideologiche
contrarie all'innovazione, all'accettazione della diversit quale risorsa, se non
condannasse ogni forma di discriminazione entro i processi di convivenza, se non

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fosse critico nei confronti del potere senza competenza e del suo imporsi entro i
sistemi sociali, lo psicologo potrebbe giustificare l'atteggiamento di diffidenza nei
suoi confronti.
Accettare la diffidenza nella domanda, non reagire collusivamente ad essa,
guardare ironicamente alle provocazioni che evoca nellinterlocutore, aiutarlo ad
un pensiero sullemozione e sugli agiti che la diffidenza induce entro la relazione di
domanda, possibile sole se lo psicologo non viene coinvolto nella relazione.

LO SVILUPPO DEL CONTROLLO: PROVOCARE


Abbiamo iniziato con il pretendere, la neoemozione meno differenziata nel suo
riferimento oggettuale; sufficiente rivestire un ruolo, per poter pretendere in
tutte le relazioni ove quel ruolo sia proponibile. Abbiamo visto che la pretesa pu
precisarsi nei confronti dell'oggetto e del contesto, nelle sue versioni attiva, il
controllare, e passiva, il diffidare. Queste ultime due dimensioni emozionali si
fondano sulla confusione emozionale nei confronti dellamico.
Vediamo ora l'evolversi ed il precisarsi del controllo. Si declina in due modi:
provocare ed obbligare. La trasformazione del controllo in provocazione o in
obbligo, possibile grazie ad una precisazione sempre pi evidente e puntuale
delloggetto a cui si rivolge la dinamica neoemozionale.
La provocazione prelude ad un'aggressione agita. Per certi versi, prende il posto
dellaggressione, con uguale efficacia dellazione violenta.
Chi provoca vuol rovesciare le regole del gioco esistenti, e sostituirle con continue
eccezioni alla regola, fondate sul potere del pi forte. In questa dinamica di potere,
il provocatore pu proporsi come chi viene schiacciato dal potere del provocato,
oppure come chi schiaccer il provocato. Entro il rovesciamento delle regole, il
provocatore diventa colui che provocato e reagisce, costretto, alla provocazione.
Il provocatore, quindi, un grande corruttore. Corrompe regole e i valori.
Scusarsi e ricordare la regola, una provocazione. Il provocatore stabilisce nuove
regole del gioco, unilateralmente e con violenza, spesso smascherata e quindi
difficile da trattare.
Il provocatore vuol sostituire un sistema di convivenza fondato su regole
condivise, esplicitate e verificabili, con un sistema di relazioni fondato su un
conflitto istituito, cio senza prodotto. Perch il conflitto assuma una funzione di
cambiamento sociale, necessario che si ponga finalit produttive; a quel punto
non potr che cercare nuove forme di consenso che organizzino lattivit
produttiva stessa e ne garantiscano la legittimazione.
Nella provocazione, la disattesa delle regole vuole istituire l'illusione che le risorse
non abbiano limiti, e che l'unico vincolo sia dato dall'esercizio del potere. Il
problema dato dalla scissione tra risorse ed esigenze; se si perde il senso del
rapporto tra esigenze e risorse, se le prime sono presentate come indipendenti
dalle seconde, perch dire di no? Ma presentare esigenze scisse dalla valutazione
condivisa delle risorse, il nucleo del processo provocatorio.
Lo scopo emozionale della provocazione, evitare di stare ai limiti, e sostituirli con
l'esercizio di un potere incompetente. Ma anche di stabilire i rapporti. Il limite
lazzeramento dellestraneit; il vantaggio, il perseguire il massimo deconomia
lungo due importanti direttrici: levitare di pensare e di dare senso alle proprie
emozioni, e il rifuggire dal trovare un fattore comune, emozionale, con laltro. La
provocazione serve per utilizzare la competenza dellaltro, o del contesto, al fine di
contenere la provocazione stessa.
La provocazione ha una componente esibizionista. Chi provoca, manifesta la paura
di non essere visto, considerato , accettato emozionalmente, inserito entro i
sistemi di appartenenza. Dichiara il suo sentimento di impotenza nellipotizzare e
utilizzare altri strumenti, al di fuori dello stesso provocare.

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Si potrebbe anche dire che, chi provoca, preferisce l'aggressivit dell'altro, o la sua
cattura, o la sua tolleranza quale segno di sopportazione e quindi d'accettazione
affettiva o tutto questo insieme al posto dell'affetto di chi sa evocare emozioni
accettanti.
La provocazione attenta continuamente alla regola della distanza di rispetto nella
relazione con l'amico. infatti un agito aggressivo che confonde lamico ed il
nemico.
La provocazione sempre alla ricerca di un provocato, e se la presenza manca, il
lavoro della fantasia sulle assenze supplisce egregiamente.
La provocazione offre un buon supporto emozionale ai sistemi di potere
incompetente.
Chi provoca si propone quale bambino impotente ed al contempo capace di
provocare. Nella provocazione spesso implicita la simbolizzazione del provocato
come di una persona o di un gruppo dotati di maggior potere, se confrontati con
chi provoca. Ed il maggior potere, nell'ottica di chi provoca, deve essere usato per
tollerare la provocazione, per sopportarla ed accettarla senza reazioni che abbiano
conseguenze sconfermanti su chi ha provocato. La provocazione, spesso, nasce
dalla dipendenza, sentita come non tollerabile, del provocatore nei confronti di chi
provocato. Questo perch alla base c lincompetenza ad istituire rapporti che
includano la relazione con lestraneo; senza questa competenza, la dipendenza
insopportabile. Con il provocare si tenta di rovesciare la dinamica della
dipendenza, di negarla e di istituire un rapporto ove chi provocato possa
dipendere, in modo sofferente ed arrabbiato, da chi provoca. Al contempo, chi
provoca conta sullo stato di figura dipendente, per mettersi al riparo dalle
ritorsioni, possibili, nei confronti del suo gesto. Si tratta di un malcelato senso di
inferiorit del provocatore, che egli pensa di poter momentaneamente compensare
con la sottomissione del provocato.

La provocazione nellanalisi della domanda. La relazione tra tecnico e


profano, entro la cultura della tecnicalit, caratterizzata dalla dipendenza di chi
ricorre alla competenza del professionista, nei suoi confronti. Il tecnico, per
esercitare la sua competenza, fa riferimento a specifiche regole del gioco.
Cliente e professionista, sono impegnati in una relazione che prevede un
contenitore emozionale, fondato sulla cortesia e il rispetto reciproco. Senza questa
convenzione che chiameremo, appunto, delle buone maniere, ogni transazione tra
tecnico e profano impossibile. La diffidenza, il sospetto, ma anche un'accresciuta
competenza a porre il problema, prendono sempre pi spesso il posto della
dipendenza. Il diritto a protestare, ad evidenziare le cose che non vanno, la
pretesa, il controllo dell'altro, sono all'ordine del giorno nella relazione tra tecnico e
profano. Compare di meno la provocazione, perch difficile sia per il profano che
per il tecnico, imporre regole del gioco ispirate alla propria fantasia. Nella
domanda rivolta allo psicologo le cose non funzionano cos.
La relazione con lo psicologo, nella domanda d'intervento, fondata sulla
simbolizzazione emozionale della relazione nel qui ed ora, in rapporto alla
narrazione degli eventi propri del l e allora. Ebbene, nella relazione qui ed ora,
che pu comparire la neoemozione della provocazione, attraverso attentati al
setting. In un lavoro di analisi della domanda individuale, inoltre, la costruzione del
setting l'unico contatto con limiti e risorse di contesto, per la coppia psicologo-
cliente. Disattenderlo, rispondere alla provocazione assumendo una posizione di
potere arbitrario su ci che possibile fare, da parte dello psicologo, nega i limiti di
realt, conducendo a sicuro fallimento. Ogni intervento volto a cambiare le
condizioni di lavoro da parte di chi pone la domanda, sconfermando le condizioni
concordate consensualmente, porterebbe lo psicologo ad affrontare un

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indecifrabile linguaggio comunicativo fatto di rimandi, richieste di sostituzione
degli orari, assenze per le quali si avvisa allultimo minuto, etc. In altri termini,
sarebbe preso dentro una comunicazione inverificabile, perch chiusa entro il
circolo vizioso delle fantasie neoemozionali. Alla proposta di pagare anche gli
incontri mancati, lo psicologo pu essere sottoposto a veri e propri attacchi
provocatori. La variegatura delle provocazioni infinita: le proteste si susseguono
ai lamenti, le richieste perentorie alle suppliche. Sembra, in qualche caso, che
l'accettazione di una regola sia impossibile, e che l'offesa per una tal proposta
possa far abbandonare l'impresa del rapporto con quello psicologo.
Un'altra modalit provocatoria concerne l'abitudine di parlare di ci che succede
nella vita <reale>, raccontare pettegolezzi sulle persone, soffermarsi per lungo
tempo su eventi lontani dalla propria emozionalit, dal proprio coinvolgimento
nelle vicende. Tutto questo pu essere visto come difesa, quale fuga dalla propria
realt emozionale; ma fuga e difesa sono concetti che si riferiscono a modelli
intrapsichici, come se tutto succedesse nel mondo interno di chi pone la domanda;
di fatto, se si coglie la componente la componente provocatoria di queste fughe o
difese, si pu cogliere anche quale significato relazionale venga affidato ad esse.
Come se si reificasse la fantasia che si va dallo psicologo per fare con lui una
chiacchierata, senza troppo impegno, per parlare del pi e del meno, per passare
un'oretta in buona compagnia. In questo caso evidente che il cliente vuole
svuotare di senso, attraverso la banalizzazione della competenza dello psicologo-
dama di compagnia, la competenza che lui stesso dovrebbe acquisire quale
prodotto della relazione.
Una tipica provocazione data dall'affermazione che il rapporto con lo psicologo,
che si prolunga gi da alcune settimane (o da lungo tempo), non serve a nulla.
Altre volte si dettano le condizioni del lavoro. Interessante notare che lo psicologo,
in molte situazioni che evocano proteste del genere, parla molto, dice spesso delle
cose, interviene lungamente. Ma parla, sempre, in una dimensione <altra>,
rispetto a quello che si vuol sentir dire l'interlocutore.
La provocazione pu assumere, a volte ed in situazione di difficile gestione,
l'aspetto di veri e propri attacchi nei confronti dello psicologo: alla sua persona,
alla sua famiglia, o alla sua situazione affettiva, alla sua competenza, alla sua
dirittura morale o alla troppa rigidit. Sembrano situazioni paradossali e
contraddittorie, che ben rappresentano la confusione mentale di chi, al contempo,
chiede una consulenza a chi sta attaccando violentemente.
Tutte le neoemozioni si presentano, nella relazione di domanda, quali emozioni
agite, quindi non interpretabili direttamente da parte dello psicologo. Allora, il
problema, per lo psicologo, quello di attendere che, chi pone la domanda, veda
la contraddizione insita nell'agire un'emozione entro, e spesso contro la relazione
ed al contempo aspettarsi, sperare che la relazione stessa porti a qualche
comprensione dei problemi che hanno motivato la domanda.
Lo psicologo, in questi casi, pu rileggere il problema portato, nell'integrazione del
qui ed ora con la narrazione del l e allora, nei termini di evento critico; pu
proporre ipotesi sulla cultura locale di contesti di riferimento del cliente; pu
iniziare a porre interrogativi su quali siano o possano essere i suoi obiettivi di
sviluppo.
LO SVILUPPO DEL CONTROLLO: OBBLIGARE
L'obbligo imposto a se stessi e agli altri, una buona misura difensiva contro il
rischio rappresentato dal chiedersi cosa si desidera e dall'impegnarsi a perseguirlo,
investendo a tal fine sull'estraneo. Riempirsi di obblighi e doverosit, comporta
sempre un appello pressante ad altri, con i quali si in rapporto, affinch si
facciano carico degli stessi obblighi, sino ad occupare tutto lo spazio sociale,

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familiare, amicale, lavorativo, con gli obblighi degli uni verso gli altri e con la
minacciosa cultura che ne fonda lefficacia.
Quando si vuol istituire una relazione fondata sull'obbligo, si deve stare attenti: la
strategia funziona solo se l'altro accetta la dipendenza fondata sulla
colpevolizzazione, che l'obbligo mette in atto. Se, di contro, laltro propone il
perseguimento dei suoi intenti, allora chi vuole obbligare si trova a colludere,
senza volerlo, con laltro.
Il sacrificio di chi obbliga ha senso solo se viene reciprocato, se contenuto nella
colpa dellaltro. Nel caso opposto, diviene un sacrificio non voluto, ove lipocrisia
viene apertamente smascherata. Lobbligo e lavidit sono due facce della stessa
medaglia; lobbligo tiene a bada lavidit, lavidit prospera in un contesto
obbligante.
L'obbligo ha l'obiettivo di colpevolizzare l'altro, imbrigliandolo in norme
mortificanti, volte alla negazione del desiderio, alla demonizzazione del desiderio
stesso. <Non si pu fare sempre quello che si vuole!>; <Pensa, se io facessi
sempre come te, che fai solo quello che ti pare!>; vi sono persone che organizzano
la propria vita sulla base d'affermazioni del tipo:<Io saprei benissimo cosa voglio.
Ma non posso farlo, perch sono vincolato a questo, a quello...> e vengono allora
enumerati gli obblighi nei confronti di altri, quegli altri che debbono espiare la
colpa di rappresentare, per la persona in questione, il vincolo obbligante,
insormontabile.
Fare i compiti un'altra versione dell'obbligo, che sostituisce la realt del costruire
e del produrre con la fantasia dell'impossessarsi. Fare i compiti, in altri termini,
quale scelta obbligata, di fronte all'uso che si potrebbe fare di un'esperienza
conoscitiva arricchente e aperta a nuove visioni della realt.
Pensiamo a quel paziente che, dopo aver preso la faticosa, impegnativa decisione
di intraprendere un percorso psicoterapeutico, sembra dimenticare di botto tutto
l'impegno della scelta, e inizia a presentarsi alle sedute con la diligenza, o la
svogliatezza, di un allievo obbligato.
Nella formazione fondata sullobbligo, si dispiega la fantasia che ci sia un sapere di
cui ci si pu impossessare; questa fantasia sostituisce la realt di una competenza
costruita dai propri progetti e dalla propria esperienza pensata. Viene alla mente,
per gli psicologi, quale motivazione all'apprendimento obbligato, il desiderio di
impadronirsi, impossessarsi, di tecniche che danno, a chi le possiede, un forte
potere sul profano; tutto ci, come sostitutivo dell'acquisizione di competenze, in
grado di rispondere alla domanda del cliente.
Una variante dellobbligo loblativit squadernata, sacrificale, vissuta in nome
dellaltro e dellamore che si porta nei suoi confronti. Se lo faccio, lo faccio per
te!. L'oblativit caratterizza colui che si obbliga per obbligare.

Lobbligo nellanalisi della domanda. Lobbligo nella relazione con lo psicologo,


si pone quale alternativa al pensare le emozioni. Per molte persone, l'idea stessa
che le emozioni possano essere oggetto di un lavoro di comprensione, appare
rivoltante ed inconcepibile. Si tratta di emozioni di possesso che esprimono
voracit per laltro, annullandone lautonomia e la stessa esistenza.
La relazione con lo psicologo vista quale luogo per agire fantasie di possesso, o
per vincolare questo agito tramite fantasie d'obbligo. Nelluno come nellaltro caso
viene negata la professionalit psicologica e insieme, lobiettivo della relazione
professionale. Si tratta di persone che nella loro esperienza emozionale, hanno
conosciuto solo lespressione agita, diretta, catastrofica, delle fantasie di possesso;
o hanno sperimentato la loro inibizione sulla base di obblighi atti a impossessarsi
dellaltro attraverso la sacrificalit colpevolizzante. La relazione vista, in questi
casi, quale occasione di agiti emozionali.

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In alcuni casi, l'obbligo l'atteggiamento prevalente, nella vita del cliente. Qui la
domanda concerne il desiderio di veder condannato chi non ha colto la propria
sacrificalit, e stigmatizzata questa trascuratezza, questo misconoscimento.
Incomprensione e trascuratezza che possono aver condotto sino alla rottura del
vincolo, familiare o di lavoro, che esiste tra chi vive l'esperienza sacrificale e chi ne
l'oggetto. Analizzare le domande fondate sull'obbligo e la loro implicita
sacrificalit, significa analizzare quella forte spinta al possesso, che l'obbligo
maschera con la formazione reattiva che lo caratterizza.
Quando si riesce a dare senso allemozione costretta entro la dinamica
dellobbligatoriet, si scopre una profonda fantasia di possesso.

LO SVILUPPO DELLA DIFFIDENZA: LAMENTARSI


Si visto lo sviluppo attivo della pretesa: il controllo, prima; poi i suoi derivati,
rappresentati dal provocare e dallobbligare. Vediamo ora ci che discende dalla
parte passiva del pretendere, dopo la diffidenza: parleremo del lamentarsi e del
preoccuparsi. Ci che caratterizza queste due modalit neoemozionali la
triangolazione del rapporto, particolarmente pressante. Tutte le neoemozioni
hanno competenza sociale, ma nel caso del preoccuparsi e del lamentarsi, il terzo
chiamato direttamente in gioco. Quando ci si lamenta o ci si preoccupa, ci si
rivolge a qualcuno, una persona terza chiamata in causa quale testimone, alleato,
complice, occasione di sfogo nei confronti di un altro, l'oggetto del lamentarsi o del
preoccuparsi.
Il lamentarsi consiste nel chiamare in causa un terzo, al fine di ripristinare la
relazione fantasmatica con la persona di cui ci si lamenta. Ci dovrebbe succedere
grazie allintervento di questa terza figura, cui il lamentarsi rivolto. Chi si
lamenta ha perso ogni controllo diretto del terzo, ha il sentimento di non riuscire
pi a possederlo.
Ci sono persone che passano la vita a lamentarsi, per guadagnarsi complicit
aggressive nei confronti della figura amica che non riescono ad amare facendosi, a
loro volta, amare.
Chi si lamenta comunica il proprio disappunto, l'amara delusione che l'altro esista
con una sua identit. Il lamento esprime un lutto inaccettabile per la perdita di una
parte di s, identificata con l'altro e sentita come distrutta dal fatto che l'altro non
vi corrisponda.
Il lamentarsi la componente passiva d'una pretesa fondata su attese che si era
abituati a vedere corrisposte, oggi deluse. Esprime il desiderio di possedere laltro,
senza accettare alcuna precisazione su ci che si vorrebbe avere; soprattutto,
senza poter accettare che laltro esista. Chi si lamenta non sa cosa vuole, non
riesce a deflinire le proprie attese, perch la fantasia di possesso totale. Nel
lamentarsi, si presi entro una relazione d'onnipotenza e d'impotenza al
contempo, nei confronti dell'oggetto. Chi si lamenta vorrebbe che fosse laltro ad
intuire, costruire, proporre, realizzare ci che non si riesce a precisare del proprio
desiderio, in una sorta dattesa passiva che il miracolo si compia. Dovrebbe
bastare il segnale del lamento, perch laltro si attivi e risolva, di sua iniziativa, le
ragioni del lamento stesso. Quest'attesa di impossibile gratificazione: la non
definitezza concerne una confusione emozionale interna, che non pu risolversi
con una risposta di altri, ai pretesti del lamentarsi. Chi trasforma il desiderio in
lamento, lascia indefinito e quindi irrealizzabile il desiderio stesso. Il possesso, alla
base del lamentarsi come di ogni neoemozione, annulla il desiderio insieme alle
opportunit di realizzarlo. Parlando ad un terzo, non si corre il rischio di un
confronto con l'oggetto del proprio desiderio, non ci si avventura in una possibile
contrattazione, ove le ragioni di entrambi possono essere confrontate e discusse,
per arrivare ad un rapporto gratificante.

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Il lamentarsi un atto di denuncia unilaterale, che immerge chi lo fa entro
emozioni di rabbia, abbandono, persecutoriet, ingiustizia, emarginazione,
presenti a dismisura nel vissuto di chi si lamenta, sino ad assurgere a dimensioni
infinite, assolute. Di conseguenza, pu assumere le connotazioni di una vera e
propria invasione emozionale allagante, insopportabile per il terzo coinvolto. Tra
ingordigia e lamento c' una relazione molto stretta. E' ingordigia, la bulimia,
l'avidit sfrenata e senza limiti che confonde il desiderio, ne rende difficile la
gratificazione perch manca un oggetto, una sua precisazione di realt, una meta,
uno scopo, una direzione, quel limite di realt necessario perch il desiderio,
integrato nella sua realizzazione, possa esistere.
Nel lamentarsi, quindi, si vive il limite al proprio potere. Questo il motivo d'invidia
pi diffuso nei confronti dei <potenti>: chi ha il potere non ha motivo di
lamentarsi. Il potere, una cui reificazione il denaro, d l'illusione che tutto possa
essere raggiunto; consente di non confrontare il desiderio con la realt; evitando il
lavoro competente di fruire delle occasioni, delle opportunit che l'esperienza
offre, del costruire su di loro il piacere dell'esperienza. La costruzione del desiderio,
nella relazione con la realt, comporta la competenza a stare nelle cose, a
valorizzarle, a interpretarne i limiti, quindi a conoscere le risorse che possono
essere fruite.

Il lamentarsi nellanalisi della domanda. Spesso, chi ricorre allo psicologo, lo


fa per lamentarsi con lui di qualcosa che non va nelle sue relazioni familiari,
amicali, lavorative. La domanda, in questi casi, d'essere accettati nel proprio
lamento. Sottolineiamo, ancora, che chi si lamenta non vuol vedere risolta la
ragione del lamentarsi; non esiste una soluzione possibile al desiderio di possesso
totale dell'altro.
Conferire un senso alla relazione con lo psicologo, pu aiutare chi pone la
domanda fondata sul lamentarsi. Per giungere a questo, importante che lo
psicologo sia in grado di sopportare, di prendere dentro di s senza farsene
distruggere, l'emozionalit intensa e sconvolgente che viene veicolata su di lui,
dentro di lui. Quando, chi pone la domanda, sapr che lo psicologo disponibile ad
accogliere il suo lamentarsi, allora potr iniziare ad accettare alcuni interrogativi
sul senso di quanto sta facendo.
Interessante guardare alla funzione terza dello psicologo, per differenziarla da
quella usualmente assunta da coloro che vengono scelti da chi si lamenta, per il
proprio sfogo. La vicina di casa, lamica, il parente, tendono ad ascoltare chi si
lamenta e a mostrare una qualche solidariet di fronte allinvestimento emotivo
del quale sono fatti oggetto. Questo il modo pi rapido per liberarsi dalla presa
tormentosa di chi si lamenta. una solidariet collusiva che rende difficile, per il
lamentoso, una comprensione delle ragioni e della dinamica del lamentarsi. Lo
psicologo invece non collude con l'emozionalit abbandonica, persecutoria,
problematica del lamentoso; accetta di contenerne il lamento, ma propone nuove
collusioni, ad esempio sul senso della relazione con lui.
Lo psicologo propone nuove aree collusive, prima fondate sull'ascolto, non
complice, del lamentarsi; poi sull'accettazione della paura di una relazione, in chi si
lamenta; poi, ancora, sul senso di tale paura. Sar proponendo nuovi assetti
collusivi ed un pensiero su tali simbolizzazioni emozionali, che lo psicologo potr
sviluppare il processo istituente il lavoro di analisi della domanda.

LO SVILUPPO DELLA DIFFIDENZA: PREOCCUPARSI


Siamo ancora confrontati con una triangolazione della relazione, dovuta
allimpotenza vissuta, da chi si preoccupa, nella relazione con laltro. Anche in
questo caso la chiamata in causa del terzo, da parte del preoccupato, diretta.

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Questa chiamata in causa ha la caratteristica di prestarsi alluso di mass media,
manifesti e pubblicazioni.
Chi si preoccupa sempre in difesa, proclama la sua impotenza nei confronti di
quanto stanno facendo altri, e insinua il dubbio su come andranno le cose. Ci sono
persone che passano la vita a preoccuparsi, ed a chiamare in causa gli altri entro
la propria preoccupazione. Chi si preoccupa solitamente, non ama l'iniziativa,
l'azione, la costruzione di situazioni volte a soddisfare la speranza ed il desiderio. Il
preoccupato si preoccupa di quanto fa laltro, del suo comportamento e di quanto
tale comportamento possa veicolare un desiderio. Ci si sente tagliati fuori
dallazione dellaltro, in unassenza di progetti e prospettive, da contrapporre a
quanto laltro fa, da sviluppare in interazione o in competizione con lui.
Il preoccupato tenta di incentivare la coesione difensiva di un gruppo o di
un'organizzazione, sulla base del sospetto e del dubbio, sollecitando quindi
risposte passive e propensione alla critica nei confronti di chi si adopera per il
gruppo o per l'organizzazione stessa. Il preoccupato ama lo status quo, vede con
forte sospetto ogni possibile cambiamento nell'assetto sociale. Il preoccupato
rappresenta, in modo chiaro, la risposta difensiva al fallimento della collusione.
Quando avvengono cambiamenti di rilievo entro le relazioni sociali, l si mobilitano
e si fanno avanti i preoccupati.
Sulla base della preoccupazione si mettono in moto altre neoemozioni: il controllo,
ad esempio, o la provocazione, la diffidenza. Il preoccuparsi un modo per
costruire un sistema fondato sulle neoemozioni. Il terzo, che accetta
l'interlocuzione con il preoccupato, entra nella sfera del sospetto, del timore o della
pessimistica previsione.
Il preoccuparsi, rappresenta una semplificazione della relazione con il reale; esime
dal capire quanto ci succede, dal trattare quale informazione lemozionalit che ci
viene evocata da quanto sta accadendo. Con il preoccuparsi, tutto viene risolto nel
suggerire dubbi a un terzo, nellimplicarlo entro la vicenda e renderlo responsabile
di quanto accadr.
Preoccupandosi, si declina la propria impotenza di fronte al nuovo. Impotenza a
capire, a dare risposte coerenti con le informazioni che l'imprevisto offre, a
cambiare e adattarsi a quanto si presenta nell'orizzonte della realt con cui si ha a
che fare. Il preoccupato conferisce potere al terzo, solo a patto che il potere venga
usato nella direzione che la preoccupazione indica con precisione: ricondurre la
situazione in cambiamento ad un ideale status quo ante.
La preoccupazione , spesso, l'alternativa legittimata dell'invidia. I preoccupati
possono scoraggiare linnovazione o limitarla; possono fondare nuovi equilibri
entro le relazioni attirando nella rete neoemozionale sia loggetto della
preoccupazione che il terzo, chiamato in causa.
Quando un sistema sociale s'organizza interamente attorno alla neoemozione del
preoccuparsi, si ha uno stallo nella relazione tra sistema stesso e contesto, una
sorta di ripiegamento su di s, una perdita della sua funzione sociale, della sua
missione produttiva o di creazione di servizi.

Il preoccuparsi nellanalisi della domanda. I preoccupati spesso scelgono lo


psicologo come terzo su cui riversare lemozionalit preoccupata. Obiettivo dello
psicologo di focalizzare l'analisi sul processo del preoccuparsi. Ci pu incontrare
resistenze, rifiuti, ritrosie, tentativi di spiegare meglio le ragioni dell'essere
preoccupati, di convincere lo psicologo della giustezza insita nella proposta
emozionale. Mentre lo psicologo pone in crisi la posizione terza nella quale lo vuol
mettere il preoccupato, per affrontare direttamente la relazione con lui. Solo con
l'analisi della preoccupazione si pu cogliere l'emozionalit che la regge; l'invidia
per chi oggetto della preoccupazione, o l'impotenza che suscita, la rabbia per

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l'impotenza stessa. Analizzare la dinamica della preoccupazione, d'altro canto,
serve a ridare iniziativa a chi s'era rifugiato nella passivit, a consentirgli di
intervenire direttamente nella situazione preoccupante, di stabilire quei rapporti
diretti che la preoccupazione vorrebbe spostare sulla persona terza.
Lo stesso psicologo pu essere oggetto di preoccupazione da parte di chi si rivolge
a lui. Con l'agito della preoccupazione nei confronti dello psicologo, chi pone la
domanda pretende di vivere e di far vivere allo psicologo la teoria per cui le
emozioni non debbono essere capite ma sono a fondamento della realt.
Lo psicologo pu invitare l'interlocutore a capire con lui le ragioni, il senso della
preoccupazione proposta. Se quello accetta lo spostamento di fuoco dellanalisi si
potr fare un buon lavoro danalisi. Se, di contro, chi pone la domanda pretende di
vedere lo psicologo schierato al suo fianco nellaccettare la preoccupazione le cose
si complicano.

I COPIONI NEOEMOZIONALI
Le neoemozioni si propongono come organizzatori della relazione, alternativi alla
competenza delle persone a esplorare la realt del contesto in cui sono. Nella
realt delle relazioni sociali si alternano e si mescolano entro le sequenze degli
eventi. Accenniamo ora al caso in cui si propongono come repertori o, come
linsieme di componimenti drammatici o lirici che una compagnia teatrale ha pronti
per la recitazione. Il repertorio fatto di copioni che possono fondare una stabile
immagine di s di una persona.
Dedichiamo qualche riga al copione del Morto di fame. Si tratta di chi svaluta tutto
ci che possiede, in nome di tutto ci che non ha. Rifiuta l'impegno emozionale
dell'apprezzare l'oggetto, e vuole possedere non ci che lui potrebbe apprezzare,
ma ci che pensa che gli altri apprezzino: successo, importanza sociale, popolarit.
Poco attraente, anzi nemico, chi competente o stimato; perch la competenza
sta nella realt, e ci che insegue il morto di fame deve restare irraggiungibile e
falso. Se riesce ad avere una relazione con ci che ricerca assiduamente, subentra
la diffidenza: dubita che ci che riuscito a possedere, non possa essere cos
importante; di qui la ricerca di nuovi traguardi. Fa cose colte, alla moda, che si
devono fare. E' costantemente volto a sollecitare invidia negli altri, specchio
della sua invidia. Non pu tollerare che qualcosa si sottragga al suo controllo e
deve prescrivere disprezzo o ignoramento perci che sfugge alla sua presa. Si pu
parlare di un doppio circuito dell'invidia. Da un lato egli invidia chi, nella sua
visione del mondo, ha raggiunto vertici di agiatezza, ricchezza, notoriet.
Dall'altro, egli cerca di suscitare negli altri la stessa emozione invidiosa. Di qui il
timore, costante, d'essere imbrogliati, che caratterizza questo copione emozionale,
rappresentato da persone diffidenti, all'erta nel tentativo di evitare situazioni non
all'altezza dell'aspettativa. Il Morto di fame porr una domanda allo psicologo, nel
caso che si senta incapace di entrare nel <giro che conta> e perso entro il
sentimento di vuoto che fonda la sua dinamica emozionale.
Un secondo copione quello della Vittima, sostenuto dalla fantasia di aver fallito
nella pretesa di possesso di un altro. Si istituisce la fantasia di essere soli perch
abbandonati, traditi, aggrediti dallassenza dellaltro, alla cui presenza si aveva
diritto. La Vittima, del resto, non cerca un'alternativa al rapporto perduto: l'assenza
e la recriminazione che questa le permette sembra nutrirla emozionalemente
molto pi di quanto non porterebbe una presenza con cui impegnarsi in un
rapporto. La Vittima chi evoca il possesso attraverso la sua perdita. In altri
termini, la Vittima si nutre della fantasia che l'altro si possa possedere, attraverso
il sentimento di esserne stata derubata, defraudata; la Vittima infatti non fa
investimenti di sorta per produrre e creare il suo bene, nulla la vede tanto
all'opposizione come questa ipotesi.

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CONCLUSIONI
Quattro sono i modi di vedere la realt.
1. Singoli eventi: il singolo evento, l'evento problematico, viene scisso dal
contesto. Il contesto partecipa alla dinamica del problema solo in forma di
occasione, causale o contingente, che permette al problema di rivelarsi. Si
pensa alla realt attraverso le sue disfunzioni, viste nella loro evenienza
entro un contesto dato. Il contesto considerato come unorganizzazione
data. Non vengono presi in considerazione gli accordi, definenti il contesto in
questione; viene ignorata la relazione tra questi accordi e il problema.
2. Reazione a stimoli: un modo di teorizzare l'evento problematico come
dipendente da caratteristiche, relativamenbte stabili, della persona; tali
caratteristiche individuali consentono una spiegazione causale del singolo
evento portato allo psicologo quale problema.
3. Contesto: il singolo evento viene visto in interazione con il contesto.
Situandolo entro un insieme di circostanze, caratterizzazioni, modalit di
rapporto, che consentono di riferire l'evento stesso a specifiche finalit,
obiettivi e funzioni del contesto entro il quale l'evento si dispiega. In tal caso,
il contesto entro il quale l'evento problematico si manifesta, viene inteso
quale organizzazione costruita. Vengono presi in considerazione gli accordi,
tanto collusivi che rispondenti a una domanda di realt e funzionali alla
realizzazione di un prodotto, definenti il contesto in questione; viene
analizzata la relazione tra questi accordi e il problema.
4. Simbolizzazione emozionale: si guarda all'evento problematico quale
espressione di un pensiero emozionato, fondato sull'intenzionalit simbolica
degli oggetti.
La definizione di queste 4 polarit aiuta, nella comprensione delle 4 aree risultanti
dal loro incontro, indicanti diverse modalit, o fasi dellintervento. Le aree A e C,
sono proprie della tecnicalit; le aree B e D sono specifiche dellanalisi della
domanda.
1. Area A: la domanda spesso concerne singoli individui e la loro reazione a
stimoli. Non c alcuna costruzione di una committenza e tutto si risolve
nellapplicazione di una tecnicalit. La risposta fondata sulla tecnicalit, che
prende alla lettera la domanda, collude con la neoemozione che fonda la
domanda stessa. Lestraneit, rappresentata dallo psicologo pu essere
negata.
2. Area B: qui lo psicologo deve porre attenzione allestraneit di chi fa la
domanda per cogliere elementi che, nellarea precedente, erano agiti entro
la collusione neoemozionale. Attraverso il riferimento alla simbolizzazione
emozionale, inizia il lavoro di riconduzione dellevento singolo al contesto. Il
problema pu essere visto come indizio di qualcosaltro e diviene evento
critico, sintomatico del fallimento collusivo in atto. Per uscire dalla relazione
con individui occorre procedere adottando altri modelli, e collocando il
problema che si intende con lintervento, entro un contesto; il contesto si
contrappone ai singoli eventi.
3. Area C: larea della cultura locale. Levento critico viene iscritto entro la
realt contestuale. Lo psicologo, si trova cos confrontato non pi con
caratteristiche stabili dellindividuo, ma con culture locali, fondate sulle
dinamiche collusive che caratterizzano quello specifico contesto. La
dinamica neoemozionale viene ricollocata entro la cultura locale. Questa,
insieme ad A, larea della tecnicalit: la tecnicalit collude con la
neoemozione in A; e supporta la cultura degli adempimenti in C.

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4. Area D: larea della competenza organizzativa. La dinamica simbolica
espressa dalla domanda viene integrata con le finalit produttive, che
caratterizzano il contesto organizzativo nel quale il problema stesso si
dispiega. Questarea implica da parte dello psicologo una conoscenza
approfondita e specifica dei differenti contesti entro i quali pu intervenire.

In conclusione, nella valutazione dei differenti, successivi passi proposti per


l'analisi della domanda, ci si pu chiedere, fase dopo fase, se la domanda sia
finalizzata ad acquisire competenza collusiva, quindi una competenza a stabilire
relazioni a prescindere dal contesto; e allora vedremo il cliente arrestarsi di fronte
alla proposta di acquisire competenza organizzativa, pur avendo conquistato una
certa comprensione delle sue dinamiche collusive. Oppure, procedere, se la
domanda finalizzata ad una competenza relazionale volta a trasformare il
contesto, ad utilizzarne le risorse in prospettiva di uno sviluppo.
Tappe dellanalisi della domanda:
L'agito neoemozionale nega l'estraneit dello psicologo, come ogni altra
estraneit nella relazione. La neoemozione, ricordiamolo, emerge dalla
negazione dell'estraneit dell'altro, nella relazione sociale. Sempre, in ogni
caso, da parte dello psicologo, si tratta di proporre una relazione collusiva
che riformuli l'emozionalit agita. Si tratta in altri termini, di interpretare
l'agito emozionale, aiutando chi lo mette in atto a comprenderne le ragioni,
a dare un senso all'agito stesso, a ricondurlo entro un pensiero emozionato
che aiuti a capirne le finalit e le cause. In molti casi, l dove ci possibile,
l'istituzione collusiva di un pensiero ironico sull'agito neoemozionale che
aiuta in questo compito. L'interpretazione serve a ripristinare quella
estraneit nella relazione, che consentir lo scambio produttivo di
conoscenza e che potr mettere in rapporto a ci che viene agito con lo
psicologo e ci che viene riferito, narrato quale problema nel l e allora
dell'apparenza contestuale.
L'agito neoemozionale esprime una fantasia di possesso. In quanto
espressiva d'una fantasia di possesso , la neoemozione racconta della
difficolt dell'incapacit della persona di mettere in relazione il proprio
desiderare con l'oggetto del desiderio stesso, quindi con la realt. La
neoemozione rappresenta, sempre, un tentativo di dare oggetti non reali al
desiderio; quindi di relegare la dinamica del desiderio entro l'agito
fantasmatico. Laltro diviene il pretesto per la vicenda fantasmatica del
desiderio, Importante sottolineare che possesso e scambio sono le fdue
grandi strade che il desiderio pu percorrere nella vicenda esistenziale di
ciascuno di noi. Quando si vuol possedere, si fallisce nella relazione di
estraneit e di scambio. Il possesso , quindi, esprime l'insoddisfazione
istituita del desiderio. In tal senso le neoemozioni che, tutte, hanno a che
fare con la fantasia di possesso, dicono ella difficolt di relazione con la
realt dell'estraneo. Rapporto con l'estraneo e rapporto con la realt, se visti
entro l'ottica della simbolizzazione emozionale dell'oggetto, sono
equivalenti, coincidono.
L'agito neoemozionale anche competenza relazionale con cui il cliente si
mette in rapporto con lo psicologo. Abbiamo detto, infatti, che le
neoemozioni sono un regolatore della propria appartenenza a pi contesti,
cos come sono funzionali all'ingresso o alla separazione dai contesti stessi.
Permettono anche lingresso nel setting. Non colludere con il cliente non
sconfermarlo; di contro, il rilancio della collusione entro un'altra modalit
emozionale che tenga conto del punto da cui si parte. Per capire di cosa
stiamo parlando, si tenga presente che la proposta di una nuova modalit
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collusiva non possibile se non si ripercorre puntualmente il cammino
collusivo che caratterizza l'esordio della domanda, riutilizzandone non solo le
simbolizzazioni emozionali, ma anche le specifiche parole, il gergo utilizzato.
Possiamo, in sintesi, sottolineare come, per lo psicologo, sia importante, anzi
necessaria, la competenza a colludere; con l'obiettivo di promuovere
un'alternativa emozionale al rapporto collusivo proposto dal cliente; grazie
a questa alternativa emozionale che lo psicologo potr condurre un lavoro
basato sul pensare, emozionalmente, le emozioni caratterizzanti la relazione
di domanda. Il pensare le emozioni, infatti, un evento possibile solo entro
una dinamica collusiva; un buon esempio dato dall'ironia. D'altro canto, il
proporre un'alternativa collusiva alla collusione del cliente, mediata anche
da parole e da un punto di vista differente da quello, fisso, della collusione
proposta, ha pure la funzione di liberare la mente da reificazioni, fondanti la
pretesa del dire come stanno le cose; si promuove di contro, nel cliente, la
competenza a fare ipotesi sulla dinamica che si vuol capire, alla quale si vuol
dare un senso. La persona arriva con la pretesa di raccontare dei fatti; con
l'analisi della domanda gli si dice che il suo un pensiero emozionato sui
fatti, e che pu vedere i fatti stessi a partire da ipotesi e categorie di lettura
differenti.
L'agito neoemozionale indica le linee difensive seguite, da chi pone la
domanda, dopo il fallimento d'una relazione collusiva. Qui la differenziazione
tra le varie neoemozioni importante, perch offre informazioni sul livello
della risposta difensiva al fallimento della collusione: il pretendere la difesa
pi primitiva e generalizzata, alla quale seguono le difese del controllare o
del diffidare, su su, sino alle neoemozioni pi puntuali e segmentate, entro la
relazione sociale e quella con lo psicologo. E' il fallimento della collusione
che funge da giuntura tra il rapporto con lo psicologo nell'hic et nunc della
relazione di domanda, ed il l ed allora della narrazione che sta all'origine
del problema, e che ha portato la persona stessa dallo psicologo. Ricordiamo
che con il termine fallimento della collusione, intendiamo un processo
complesso ed emozionalmente implicante, ove coesistono spinte a
ripristinare la collusione fallita e motivazioni a trovare modi e livelli diversi di
riadattamento alla relazione entro il contesto. E' all'interno di questa
domanda che lo psicologo pu individuare le motivazioni ad un
riassestamento emozionale che comporti lo sviluppo.
Per trattare la domanda, lo psicologo si propone quale estraneo amico.
L'estraneit consente di non farsi coinvolgere nell'emozionalit allagante
dell'agito neoemozionale, ed al contempo aiuta lo psicologo ad assumere un
atteggiamento ironico sull'intera vicenda neoemozionale. Per ironia
intendiamo la competenza a guardare se stessi senza prendersi troppo sul
serio, pronti a sorridere delle proprie emozioni, cos come sarebbero
sollecitate dal calarsi in modo acritico e coinvolto, entro la relazione
provocata dall'agito neoemozionale. Ironia quale autoironia, dunque;
competenza che pu rapidamente essere appresa da chi pone la domanda,
perch delude le attese di una collusione coerente con i propri agiti,
proponendo una nuova area collusiva, quella del guardare sorridendo, quindi
capaci di un <pensiero emozionato su>, alle proprie emozioni, ai propri
vissuti, ai propri modi di simbolizzare gli oggetti della realt.
A questo punto, possono essere condivise regole del gioco. L'ironia, in
particolare, fa uscire dalla dimensione esclusiva, ridotta ai soli protagonisti
dell'agito neoemozionale, per segnalare altre dimensioni della realt, per
mostrare altri aspetti della relazione, che possono essere valorizzati. Quando
allo psicologo che pratica l'ironia, si affianca anche l'altro, capace d'ironia,
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allora si giunti ad una relazione fondata sull'estraneit. Si pu allora
guardare alle regole del gioco. Si ripercorre la relazione di domanda, sino a
quel momento vissuta, per dare senso e convenire sulle regole del giocvo
che lo psicologo ha proposto, nella sua relazione con l'altro. Dare un senso a
queste regole, ritrovare il loro valore di convenzioni che rendono possibile la
relazione, difendendola dagli attacchi dell'agito neoemozionale; vederne il
valore di strumento per la relazione, demistificandone ogni idealizzazione,
ogni valore sovradeterminato; sottolinearne la rilevanza consensuale: tutto
questo pu aiutare, chi pone la domanda, ad un confronto realistico con le
regole del gioco, pu renderlo competente ad una loro pratica, anche nel suo
contesto di appartenenza. I due elementi fondanti la competenza sociale, la
competenza a trattare con l'altro quale estraneo e la competenza a
costruire, concordare e rispettare le regole del gioco della convivenza, sono
gli obiettivi intermedi dell'analisi della domanda, quando si riusciti a
mettere in discussione l'agito neoemozionale.
L'interpretazione dell'agito emozionale, l dove possibile, comporta
l'individuazione di un progetto di sviluppo per chi pone la domanda. Progetto
che va costruito, nella relazione tra chi chiede e psicologo, e che va
accompagnato, nella sua realizzazione, sia entro la relazione di domanda
che nel contesto <storico> di chi pone la domanda stessa. Siamo giunti cos
al momento in cui possibile mettere le basi per un progetto di sviluppo, e
verificarne, passo passo, la sua realizzazione. Ricordiamo, qui, che l'analisi
della domanda serve a costruire le condizioni emozionali perch, chi si
rivolto allo psicologo, possa porsi in un atteggiamento progettuale sul suo
futuro. Abbiamo visto che sviluppo e prodotto sono strettamente collegati;
avere a che fare con un prodotto del proprio sviluppo, significa avere
elementi concreti per la sua verifica. Avere progetti di sviluppo, in altri
termini, significa guardare alla propria esperienza di vita senza le remore, i
blocchi emozionale, l'allagamento affettivo che la dinamica neoemozionale
comporta. Pensiamo che la progettualit, fondata sulla competenza a
scambiare, consenta alle persone di utilizzare in modo ottimale le proprie
risorse, emozionali ed intellettive, per raggiungere gli obiettivi che si
prefiggono; ma consenta anche di darsi degli obiettivi, costruttivi di
innovazione, stimolanti alla ricerca ed alla sperimentazione del nuovo, aperti
alla diversit ed alla conoscenza. Non dir poco. L'analisi della domanda
presidia gli strumenti <metodologici> per la realizzazione del progetto, non
ne indica il progresso e le tappe. La dimensione metodologica che rende
possibile lo sviluppo la competenza a trattare con l'estraneo entro le
regole del gioco, e la competenza a scambiare.
La dinamica del possesso ripetitiva; lo scambio, aperto ed imprevedibile, dalle
mille variegature, continuamente in cambiamento, modificato dalla sua stessa
realizzazione: scambiare muta le condizioni che lo hanno reso possibile,
arricchendole e preparandole al desiderio di nuovi scambi e nuove conoscenze.
Quando parliamo di scambio, di accettazione dell'alterit estranea, di competenza
a fondare le regole del gioco, non stiamo indicando una dimensione stabile di vita,
n di una sorta di Sanghri-la, terra della felicit eterna. No. Pensiamo alla funzione
adattiva delle neoemozioni, alla loro economia. Pensiamo alla fatica che la
relazione di estraneit comporta.
E' stato pensando al percordo di vita come segnato da potenzialit in stato
perennemente critico, che abbiamo ipotizzato lo sviluppo e lo scambio come criteri
orientanti. Il percorso d'analisi della domanda consente di avere, quale risorsa, una
maggior conoscenza di s e del contesto, di poter far conto su una competenza a
pensare le emozioni. Consente di non ricadere pi, acriticamente e senza difese,

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nella fantasia del possesso disperante ed impotente. Permette, nell'accezione che
abbiamo dato alla parola, di divertirci.

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