DIRITTO DELLA COMUNIT * ALL'EUCARISTIA?

LA COMUNIT E L A CATTOLICIT DELLA CHIESA

i. Il dibattito recente sul diritto della comunit all'Eucaristia

La controversia intorno al ministero presbiterale, condotta con

grande passione nella Chiesa cattolica dalla fine del Concilio, negli
u l t i m i anni ha assunto u n lemma nuovo: si tratta ora per una par-
te importante, del tema d i r i t t o della c o m u n i t a l l ' E u c a r i s t i a . I n
questa nuova concezione del problema si p u vedere u n progresso
sotto m o l t i p u n t i d i vista. I n f a t t i , i n tal modo i n p r i m o luogoi si
riconosce,che le c o m u n i t si incentrano $ u n ' l u c a r i s t i a . j ^ i i i k d l . f l
concetto d i Chiesa d i nuovo considerato dal suo centro vero e pro-
p r i o , che quello liturgico; i n secondo luogo sembra che cos si ac-
cetti d i nuovo l ' i n s o s t i t u i b i l i t del ministero presbiterale. D o p o tut-
te le tesi sulla desacralizzazione, sulla fine del sacerdozio professio-
nale ecc., sembra che abbia d i nuovo fatto breccia, con forza ele-
mentare, la cognizione dell'insostituibilit del sacerdote che guida
la c o m u n i t a partire da u n centro eucaristico, e n o n a l t r i m e n t i .
I n m o l t i m o d i si lega alla tesi del d i r i t t o della c o m u n i t all'Eucari-
stia anche una critica dei n u o v i ministeri sostitutivi (come p o i ven-
gono considerati i n u o v i servizi dei laici quale impegno a tempo pie-
no) e delle celebrazioni domenicali senza sacerdoti: non si p u r i -
nunciare a una celebrazione eucaristica regolare anche durante u n
certo periodo d i 'siccit'.

C' da temere, dice J. Blank, che, allorch questo periodo di 'siccit'

sar superato, non ci saranno pi comunit. T u t t i coloro che hanno pro-
fondamente a cuore l'avvenire del cristianesimo e della Chiesa sono chia-
mati a fare qualcosa per questa . x

* Bisogna confessare un imbarazzo ter- meinschaft, che, oltre a questa valenza

minologico nella traduzione: Gemeinde, il
termine usato qui per comunit, la de-
signa ora in senso concreto, sul piano
religioso (cristiano), praticamente come
l'assemblea dei fedeli radunata (l'ekkl-
'<*), e corrispondentemente la Chiesa lo-
cale, la parrocchia per i cattolici, mentre
da sempre per i protestanti indica il nu-
cleo di fedeli giuridicamente affidato a un
pastore; tuttavia talvolta Ratzinger usa
per lo stesso significato il termine Ge-
semantica, ha quella di comunione, il
legame di coappartenenza intima di pi
persone, nella comunit cristiana, col Cri-
sto e tra loro. Per maggior precisione,
quando nell'originale ricorre Gemein-
schaft, lo riprodurremo dopo l'italiano
'comunit' {n.d.r.).
1
J . BLANK-P. HUNERMANN-P.M. Z U L E H -
NER, Das Recht der Gemeinde auf Eucha-
ristie, Trier 1978, p. 26. I l miglior orien-
tamento sulla tematica in K . LEHMANN,
 204 PARTE SECONDA - M I N I S T E R O
Sembra essere del t u t t o evidente che p o i si esiga, i n nome dei
beni d i primo grado, dell'Eucaristia, che costruisce la c o m u n i t e
ha bisogno del sacerdote, d i rinunciare a u n bene che n o n neces-
sario i n modo altrettanto cogente, i l celibato universale del sacer-
dote. Se si guarda p e r p i da vicino, ci si accorge certo che i l d i -
r i t t o della c o m u n i t all'Eucaristia, apparentemente formula cos i n -
telligibile ed evidente, equivoco e comporta delle implicazioni che
non sono cos ovvie come deve sembrare a p r i m a vista. I n n a n z i t u t t o
bisogna dire che i n questa formula si celano p u n t i d i vista differenti.
I l p i radicale quello d i J. Blank che, dalla sua esegesi dei dati del
N u o v o Testamento, deduce i l d i r i t t o della c o m u n i t
in riferimento immediato al comandamento d i Ges... di dare i l man-
dato della presidenza a qualcuno, preso al suo interno. La celebra-
zione dell'Eucaristia ha oggettivamente priorit sul 'ministero'. Ne deriva
chiaramente che le forme di organizzazione del ministero devono struttu-
rarsi i n tale maniera che la celebrazione eucaristica resti garantita come
centro della comunit e i n maniera permanente. I l ministero non p u
assolutizzare se stesso e fare dipendere dalla propria permanenza la pos-
sibilit della celebrazione eucaristica . 2 d i r i t t o e che p u , i n caso d i necessit, essere messo i n atto anche
Se si aggiunge che Blank definisce l'Eucaristia come m e m o r i a -
le mediante una prassi analogica e sottolinea espressamente che
3
non si deve parlare d i p a r o l e d i transustanziazione ma d i p a r o l e
di i n t e r p r e t a z i o n e , diviene evidente che q u i i n assoluto si ha una
4
concezione differente della Chiesa e dell'Eucaristia. per questo che
Schillebeeckx stesso si distanziato esplicitamente da B l a n k , an- 5 camente possibile (non posso qui giudicare t u t t i i dettagli); una possi-
che se oggettivamente io non riesco a scoprire alcuna differenza i n -
cisiva tra le idee espresse da Blank e le sue. I n ogni caso, si trova
i n Schillebeeckx i l tentativo fino ad oggi p i radicale per fondare
la tesi del d i r i t t o della c o m u n i t all'Eucaristia, partendo n o n sola-
mente da una interpretazione determinata del N u o v o Testamento,
ma anche da un'analisi d i tutta la tradizione.
Was ist eine christliche Gemeinde. Theo- stiana e i suoi ministri, in: Concilium
logische Grundstrukturen, in: Internat. n. 3/1980, 132-178. Si legge, a p. 149:
Kath. Zeitschr. 1 (1972) 481-497; I D . , Ci non implica affatto che la celebra-
Chancen und Grenzen der neuen Gre- zione dell'Eucarestia sia 'a-ministeriale'.
meindetheologie, 6 (1977) 111-127. Nella relativa nota 25 a p. 149 Schille-
2
J . BLANK, op. cit., p. 25. beeckx attribuisce questa tesi a Blank e
3
Op. cit., p. 16. ad altri, e aggiunge subito: Non si pos-
4
Op. cit., p. 14. sono per mantenere queste affermazioni
5
E . SCHILLEBEECKX, La comunit cri- sotto questa forma...
DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 205
Anche Schillebeeckx collega questa tesi a una critica d i princi-
pio della tradizione dogmatica del secondo m i l l e n n i o , quale fu for-
mulata nei concili del Medioevo e d i T r e n t o . E g l i vede una opposi-
zione fondamentale tra i l p r i m o e secondo millennio cristiano. i l
secondo millennio che, con l'idea del carattere sacramentale, ha crea-
to l'immagine ontologico-sacerdotalizzante del presbitero. I n oppo-
sizione ad essa egli vuole ora rimettere i n vigore una concezione non
sacrale, ma sacramentale del m i n i s t e r o . I l p u n t o centrale d i questo
6
concetto non sacrale del sacramento consiste nel fatto che l'ordina-
zione presa veramente come or dinatio, n e l senso letterale ed esclu-
sivo d i o r d i n a r e p e r , d i mettersi al servizio d i una c o m u n i t .
I n questo o r d i n a r e p e r , che l'intero contenuto della consacra-
z i o n e , si pone i n p r i m o luogo l'agire della c o m u n i t presa come u n
t u t t o . Certamente Schillebeeckx vuole evitare che la c o m u n i t ar-
7
r i v i cos a una completa autonomia e dichiara che l'accordo con le
altre c o m u n i t indispensabile , ma n e i f a t t i c i che domina i l
8
concetto d i carattere rigorosamente comunitario del ministero, es-
sendo questo come tale u n o r d i n a r e p e r , a c u i la c o m u n i t ha
dalla c o m u n i t stessa. D a v a n t i a una serie d i informazioni concer-
nenti diverse forme d i ministeri d i sostituzione i n t u t t o i l mondo,
egli afferma:
Come teologo devo dunque dire: la prassi alternativa che trae la
sua ispirazione da Ges come i l Cristo : 1) dogmaticamente e apostoli-
bilit d i vita legittimamente cristiana, ecclesiale, apostolica, perfino su-
scitata dal bisogno dei tempi. Parlare di 'eretici' o d i 'essersi gi posti
fuori della chiesa' (a causa di questa prassi alternativa) m i pare, ecclesial-
mente parlando, un assurdo . 9
Perfino i l Concilio Vaticano n fece fatica a determinare dove precisamen-
te si trovino i limiti dell'appartenenza alla chiesa. Da qualche parte esi-
stono naturalmente; ma chi si arroga i l diritto d i determinarli? . 10
I o t r o v o p e r u n po' curioso che, i n r a p p o r t o a t u t t o c i , Schille-
beeckx affermi:
Su tutto questo esiste oggi un consenso generale tra i teologi, anche se
gli organi al servizio del magistero ecclesiastico tendono spesso a fermarsi
6
E . SCHILLEBEECKX, art. cit., p. 165. 9
Art. cit., p. 174.
7
Art. cit., pp. 165 s. 1 0
Ibidem.
8
Art. cit., pp. 163 e 166.
206 PARTE SECONDA - M I N I S T E R O DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 207

'alla lettera' delle definizioni precedenti e a sottovalutarne la dimensione
storica ed ermeneutica . 11
I o non penso che questa maniera d i produrre consenso squalifi-
cando coloro che pensano diversamente, possa essere benefica per la
discussione teologica.
Fermiamoci u n istante su questo punto. D i fatto avviene che la
tesi inizialmente evidente del d i r i t t o della c o m u n i t alla Eucaristia,
definita p o i insieme come il d i r i t t o della c o m u n i t ad avere u n sa-
c e r d o t e , tendeva per lo meno a rivendicare u n d i r i t t o e al tempo
stesso a modificare i l concetto d i Eucaristia e quello del sacerdo-
zio . Quando l'Eucaristia reclamata come u n d i r i t t o della comu-
12
n i t , si deduce rapidamente che la c o m u n i t p u fondamentalmente
darsela da s , e che essa allora non ha bisogno d i u n sacerdozio, n o n
accordabile se non con la consacrazione nella successione apostolica,
q u i n d i attingendo all'elemento cattolico, alla Chiesa universale e
al suo potere sacramentale.
Dev'esserci quindi un problema nel rapporto tra i concetti d i
d i r i t t o e d i c o m u n i t , che richiede d'essere illuminato p i da
vicino. Effettivamente la struttura fondamentale della Chiesa che
qui messa in causa, la questione i n quale misura la cattolicit sia
essenziale alla Chiesa dall'interno, nell'intimo della sua v i t a . Per
arrivare a tale questione centrale bisogna trovare l'approccio attra-
verso l'analisi dei concetti d i d i r i t t o e d i c o m u n i t . I l concetto
decisivo q u i quello della c o m u n i t , esso d al concetto d i d i r i t t o
la sua q u a l i t speciale: t u t t o dipende dalla chiarificazione d i questo
concetto. Esprimiamo tuttavia qualche osservazione previa sulla que-
stione d i d i r i t t o . N e l Codice d i d i r i t t o canonico - i l l i b r o d i d i -
r i t t o ancora in vigore nella Chiesa latina - si trova una norma ana-
loga al postulato del d i r i t t o della c o m u n i t all'Eucaristia. N e l ca-
none 682 si parla del d i r i t t o dei .laici alla recezione dei beni spiri-
11
Art. cit., p. 135. [Per altro, la ver- equilibrio fra presentazione storica e po-
sione tedesca, come riportata da Ratzin- stulati sistematici. La prefazione del qua-
ger, suona un po' diversamente, e pu derno (pp. 13-16) ancora pi accentua-
essere tradotta cos: La mia opinione ta.
qui non l'opinione arrischiata di un sin- 12
Questo non dev'essere necessaria-
golo, ma l'opinione consenziente degli mente il caso come mostrano i contribu-
odierni teologi - chi non consente, sem-
tuali e, specialmente, ai soccorsi necessari per l a . s a l v e z z a L a Chiesa
riconosce dunque espressamente che i cristiani hanno, nei suoi con-
f r o n t i , d i r i t t o ai sacramenti i n quanto essi le sono stati dati per
g l i u o m i n i . M a due differenze tra le norme del Codice e i l nostro
tema m i sembrano degne d i essere segnalate: i l Codice n o n parla
d i d i r i t t o delle c o m u n i t , ma d i d i r i t t o dei laici, dunque dei battez-
zati. I n secondo luogo esso lega questo d i r i t t o alla, norma. ecclesia-
sticae disciplinae, all'ordinamento d d k Chiesa universale. Questi
due p u n t i m i sembrano importanti. La Chiesa universale i n gioco
ma, i n senso contrario, messo i n rilievo l'individuo, quando si
tratta della via della salvezza.
Proprio queste due differenze tra i l Codice e la tesi moderna c i
riportano cos d i nuovo alla questione sulla c o m u n i t , che appare
qui come i l soggetto vero e proprio dei d i r i t t o , portando i n s an-
che i l d i r i t t o d i stabilire essa stessa i l sacramento e i l ministero.
i l . Chiarimento dei concetti
1. I l linguaggio del Concilio Vaticano l i
A l l o r a quali sono i d i r i t t i della c o m u n i t ? C h i o che cosa
essa i n assoluto? La teologia cattolica fino al Concilio Vaticano l i
non conosce i l concetto d i c o m u n i t . Nella seconda edizione del
Lexikon fur Theologie und Kirche, a cura d i K a r l Rahner, nell'ar-
ticolo Gemeinde si rimanda anzitutto alla maniera biblica d i inten-
dere la Chiesa e p o i viene trattato i l termine ' c o m u n i t ' come con-
cetto protestante. I l Concilio stesso non conosce tale concetto.
I tre gradi del concetto d i Chiesa che esso presenta sono: ec-
clesa universalis (Chiesa universale), cio l'intera Chiesa cattoli-
ca, comprese le diverse famiglie d i r i t i . Essa quindi passa attra-
verso l'Oriente e l'Occidente, suscettibile d i ulteriori r i t i , i n una
parola la Chiesa cattolica i n quanto tale. Ecclesia localis (Chiesa
locale) cio i l p a t r i a r c a t o o le specifiche c o m u n i t {Gemeinschaften)
d i tradizione e d i r i t o .
Ecclesia particularis (Chiesa p a r t i c o l a r e ) , cio la c o m u n i t {Ge-
meinschaft) d i fedeli r i f e r i t i a u n vescovo: la diocesi . I n questa
13

ti, degni di riflessione, di P . HUNERMANN

plicemente organo di servizio del ma-
gistero ecclesiastico]. Nel complesso E .
Schillebeeckx in questo lavoro presenta
un materiale degno di attenzione e dei
punti di vista importanti, ma non vi
e P . M . ZULEHNER nel volumetto citato
alla nota 1. Ma che questa tematica ten-
da per logica interna ad arrivare l, l'ha
dimostrato il corso del dibattito finora
svoltosi.
13
Cfr. l'analisi dettagliata dei dati ri- verselle, Paris 1971 (tr. it. Pluralismo di
sultanti dal Concilio in: H . DE LUBAC, Chiese o unit della Chiesa, Morcelliana,
Les glises particulires dans l'glise uni- Brescia 1973).
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terminologia, che n o n pienamente unitaria, ma che osservata i n m i -
sura prevalente, notevole che l'espressione Chiesa locale possie-
da una estensione p i grande della espressione Chiesa p a r t i c o l a r e ,
cio delle diverse c o m u n i t {Gemeinschaften) d i r i t o ; notevole an-
che che i l livello inferiore, q u i definito ancora a s e q u i n d i valu-
tato teologicamente come realizzazione specifica della Chiesa, rap-
presentato dalla Chiesa episcopale - che n o i chiamiamo oggi dioce-
si. Questa terminologia non abbandonata nel celebre testo del ter-
zo capitolo della Costituzione ecclesiale Lumen Gentium n . 26, che
viene spesso addotto come prova del contrario:
Questa Chiesa d i Cristo veramente presente nelle legittime comunit
locali d i fedeli le quali, i n quanto aderenti ai loro pastori, sono anche esse
chiamate chiese nel Nuovo Testamento [ . . . ] . I n ogni comunit che par-
tecipa all'altare, sotto la sacra presidenza [sacro ministerio] del vescovo,
viene offerto [exhibetur] i l simbolo di quella carit e unit del corpo
mistico, senza la quale non v i p u essere salvezza'.
I n questo testo due cose sono importanti per i l nostro problema:
a) sicuro che si mette i n evidenza i n primo luogo la celebrazione
eucaristica locale, ma con la piccola parola l e g i t t i m a , l'assemblea
locale collegata con i l contesto della successione apostolica e cos
con la Chiesa universale. Se questa cattolicit intrinseca manca alla
assemblea, essa non una assemblea l e g i t t i m a , cio non si attua
come c o m u n i t {Gemeinschaft) eucaristica vera e, dunque, come co-
m u n i t nel senso q u i affermato.
Ci anche sottolineato un'altra volta del riferimento all'unione
coi pastori.
b) Nella seconda frase citata, la c o m u n i t {Gemeinschaft) attorno
all'altare definita dalla comunione {Gemeinschaft) col vescovo; essa
non tale se non per questa comunione che supera i l i m i t i locali e
quindi questo testo si inserisce i n maniera molto chiara nell'ottica ge-
nerale del Concilio . 14
Si p u concedere che l'accento sulle assemblee locali p i mar-
cato q u i che negli altri testi del Concilio. Bisogner forse anche notare
che i l linguaggio arcaicizzante sembra presupporre la situazione del
1 4
Cfr. G . P H I L I P S , L'glise et son my- redattore principale della Lumen Gen-
stre au i l Concile du Vatican, Descle, tium dovrebbe essere sempre consultato
Paris 1967, pp. 337-343 (tr. it. La Chiesa anche nell'esegesi dell'art. 26. Cfr. anche
e il suo mistero nel Concilio Vaticano K . LEHMANN, Was ist eine christliche Ge-
I I , Jaca Book, Milano 1969, voi. i , pp.
meinde?, cit. (v. nota 1), pp. 497 e 487 s.
294-299). Questo commento autentico del
DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 209
N u o v o Testamento e dei p r i m i Padri, quando l'assemblea locale e la
Chiesa episcopale si presentano i n larga misura identiche. Per questo
riguardo i l testo offre dei p u n t i d i partenza per l'elaborazione d i u n
concetto d i c o m u n i t . Tuttavia rimane chiaro che l'ottica d i insieme
del Concilio sopra citata non assolutamente abbandonata. C i che
costitutivo della Chiesa locale, della c o m u n i t anche q u i i n misura
minore i l luogo, elemento geografico, che la comunione {Gemein-
schaft) col vescovo, elemento teologico; tale elemento teologico a sua
volta considerato nel contesto della realt della successione aposto-
lica, d i cui i l vescovo garante.
I n alcuni dei testi successivi del Concilio si vede apparire i l con-
cetto della communitas Christiana che potrebbe essere tradotto sem-
plicemente con c o m u n i t cristiana; si p u vedervi u n ulteriore pun-
to d i partenza per lo sviluppo d i u n concetto delle c o m u n i t . Certis-
simamente, vero, non p i che u n punto d i partenza. Se si parago-
nano i differenti testi, appare che questa parola non ancora giunta
ad u n significato unitario; per esempio nel Decreto sulle missioni,
essa designa la c o m u n i t {Gemeinschaft) d i cristiani nei paesi d i mis-
sione, cio la Chiesa l i n formazione. N o n si p u dunque parlare d i
una terminologia stabile, ancor meno d i u n concetto d i c o m u n i t
nel senso attuale.
2. Le radici del concetto moderno d i c o m u n i t
Nella conclusione d i questo studio dovremo ritornare sulla que-
stione del senso che p u avere, nella discussione attuale sul concetto
d i c o m u n i t , l'articolazione terminologica e teologica del concetto d i
Chiesa nel linguaggio e nel pensiero del Concilio Vaticano n . Che i l
Concilio non abbia creato esso stesso questo concetto, che esso n o n
parli d i c o m u n i t nel senso che ci preoccupa, nonostante qualche
allusione o qualche accenno, non significa invero che tale concetto sia
i n assoluto inaccettabile. M a questa struttura d i fondo g l i assegner
certo i l suo posto e pertanto i l silenzio stesso del Concilio pone se-
gnali d i rilievo essenziale per i l nuovo discorso. Bisogna p e r doman-
darsi: quali sono p o i le radici del concetto d i c o m u n i t , dal momento
che non proviene dalla concezione cattolica? Q u a l i sono le sue ca-
ratterizzazioni d i contenuto? Come p u essere accolto, come p u
anche essere purificato qualora fosse necessario? Per l'essenziale io
percepisco una triplice origine del concetto:
a) la radice decisiva da ricercare nella Riforma del x v i secolo.
210 PARTE SECONDA - M I N I S T E R O DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 211

Lutero vedeva espresso nella parola Chiesa ci che voleva eliminare -
la Catholica della tradizione. Per questo non ha mai usato la parola
Chiesa i n senso positivo per esprimere ci che n o i chiamiamo Chie-
sa, ma impiega invece al posto d'essa, coerentemente, la parola Ge-
meinde, c o m u n i t . Nella sua traduzione dell'Antico Testamento la
parola Chiesa designa quasi sempre i luoghi sacri p a g a n i . G . Gloege
p u dire, a buon d i r i t t o , che bisogna considerare
Solo questa c o m u n i t sarebbe propriamente la C h i e s a , nel vero
senso della parola (cio luogo d e l T E v a n g e l o ) , i l resto, la grande
Chiesa, invece, n o n che apparato, organizzazione senza significato
propriamente spirituale. Questa idea si impone oggi al cristiano medio
quasi i n modo ovvio e manifesta i l suo influsso, p i o meno coscien-
15
temente, anche nell'ambito cattolico. Essa si offre pure con l'etichet-
ta e c u m e n i s m o in loco anche come soluzione al problema ecume-
nico .19

la comunit come la chiave di volta delle confessioni di fede e delle strut-

ture d i pensiero principali della Riforma . 16
Effettivamente l o spostamento terminologico dalla Chiesa alla
c o m u n i t mostra p i convincentemente forse che i n qualsiasi altro
campo i l processo interno della trasposizione della struttura della fede
b) Presso L u t e r o i l concetto d i c o m u n i t compreso i n larga m i -
sura a partire dalla Parola, cio a partire dal Vangelo. cos che C.
Gloege ha potuto dire, secondo u n buon linguaggio luterano, che
due elementi essenziali fondano i l concetto d i c o m u n i t : l'appello d i
D i o a r i u n i r s i e la risposta che realizza questo a p p e l l o . Questa pre-
20

nella Riforma.
La Chiesa si riduce a c o m u n i t . D e t t o i n altre parole, la Chiesa
come successione, come u n i t d i tradizione vincolante, sotto una for-
ma strutturata i n modo sacramentale e personale, perde per Lutero
i l suo contenuto teologico. N e l migliore dei casi, essa diviene appa-
rato e organizzazione, nel peggiore dei casi, essa diviene anti-Cristo,
ostacolo organizzato e rivestito da livree sacre contro l ' E v a n g e l o
(termine questo che non designa semplicemente i quattro Vangeli o
la Bibbia, ma i l messaggio della giustificazione come punto centrale
della S c r i t t u r a ) . Teologicamente non assume valore i n c o n f o r m i t
17
dominanza della Parola oggi non esiste da n o i i n generale; invece la
formula ' d i r i t t o della c o m u n i t alla Eucaristia' presenta una accentua-
zione sacramentale ed eucaristica p i forte e dunque una nota speci-
ficamente cattolica che si congiunta col punto d i partenza della
Riforma. Q u i n d i n o i incontriamo q u i una seconda radice, p i com-
plessa, del concetto odierno d i c o m u n i t : d a t i previ della tradizione
riformata, processi d i pensiero dell'esegesi moderna e idee prove-
nienti dalla Chiesa orientale, che vengono a contatto con g l i u n i e g l i
a l t r i , q u i si congiungono reciprocamente. I n p r i m o luogo la p i

recente teologia ortodossa dell'esilio, nella fusione d i tradizioni della

d e l l ' E v a n g e l o se non la c o m u n i t che d i volta i n volta si riunisce,
che si pone sotto la Parola. A partire da ci Gloege, con E . Brunner,
chiama la c o m u n i t la krisis della Chiesa come i s t i t u z i o n e . Per
questo K . Barth si muove interamente nella linea delle origini della
Riforma quando intende coscientemente la comunit- i n senso attua-
listico, cos come Brunner l'ha intesa i n maniera rigorosamente perso-
nalistica e quindi antiistituzionale . 18
Chiesa orientale e d i influssi occidentali ha apportato dei n u o v i p u n t i
d i vista (soprattutto passando attraverso la teologia francese.) I o
penso a teologi come Afanasiev e altri, i quali i n relazione al giuri-
dicismo che segna i l concetto d i Chiesa e l'idea d i u n i t presso g l i
occidentali, hanno sviluppato con forza una ecclesiologia eucaristica,
che allo stesso tempo una ecclesiologia della Chiesa locale, della co-

m u n i t ; la Chiesa sarebbe costruita dall'Eucaristia. Dove c' l'Eu-

1 5
G . GLOEGE, Gemende, in: R G G n,
1328.
w R G G u , 1329.
1 7
Bisognerebbe notare qui che il con-
cetto di Evangelo nella letteratura cat-
tolica recente diventato poco chiaro co-
me quello di comunit. Quando si im-
piega con fini di critica della Chiesa, vi
appare certo qualcosa della sua impronta
nella Riforma protestante, il cui contenuto
realmente chiaro (nel senso della dottri-
na luterana della giustificazione) rimane
poi per spesso davvero disatteso. Al^ po-
sto della grande seriet che nella critica
alla Chiesa da parte di Lutero si presen-
ta proprio in derivazione dalla sua dot-
trina della giustificazione, intervengono poi
spesso impostazioni molto vaghe, che con-
cepiscono l'Evangelo a partire da un
concetto troppo banale del lieto (della
buona novella). Cfr. in questo volume
il contributo Vede come fiducia e gioia-
Evangelo, pp. 69 ss.
R G G l i , 1328 s.
caristia, cio dove una c o m u n i t celebra l'Eucaristia i n u n dato luogo,
l sono dati allo stesso tempo, con i l mistero totale d i questo sacra-
mento, i l Signore intero e quindi anche la Chiesa intera. A una co-
m u n i t che celebra l'Eucaristia non manca nulla: essa ha i l Signore
totalmente, cos nel sacramento ha la Chiesa totale ed la Chiesa to-
tale. L a Chiesa l nella c o m u n i t {Gemeinschaft) eucaristica, dunque
i n ogni assemblea locale e, quindi, la Chiesa universale non p u
1 Cfr. J . RATZINGER, kumene am Ori,
9
pp. 314-327.
in: ID., Tbeologische Prinzipienlehre, cit., 2 0
R G G n, 1325.
212 PARTE SECONDA - M I N I S T E R O DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 213

aggiungervi nulla di pi: non esiste nulla di p i della comunit (Ge- Chiesa, ma che diviene Chiesa solo ricevendo se stesso come Chiesa
meinschaft) eucaristica. L'unit della Chiesa universale, in tale con- dalla grande Chiesa. Ci significa pure che la Chiesa non p u organiz-
cezione, un potenziamento pleromatico, ma non un completamen- zare se stessa a suo piacimento, ma che essa non p u divenire se me-
to o un aumento della ecclesialit . 21

desima che attraverso i doni dello Spirito Santo, ottenuti dalla

Sul piano della terminologia si parla meno di comunit che di preghiera nel nome di G e s Cristo, vale a dire mediante i l sacra-
Chiesa locale; i motivi sono differenti, ma sono in contatto. I l punto mento . 22

di partenza della Chiesa orientale da una parte sta nel pensiero di
carattere sacramentale e dall'altra nell'orientamento contro la rivendi-
cazione romana dell'unit. Ma proprio in tal modo ora questa teologia
deborda decisamente, per quanto riguarda i l contenuto, dalla tradi-
zione ortodossa. I n un primo momento sembra irrecusabile l'af-
fermazione che con l'Eucaristia ci sia tutto, cio che sia i l Signore
stesso a riunire gli uomini nella Chiesa e di conseguenza non ci sia
nulla da aggiungere. L a seconda parte per della enunciazione presup-
pone gi una problematica errata. Certamente niente p u essere ag-
giunto al mistero eucaristico, ma la questione si pone sulle condizioni
e sul modo in cui esso si attua. L a comunit invero non p u darselo
da sola. I l Signore non sorge, per cos dire, da ci che l'assemblea
d'essa ha di proprio. Egli non p u 'venirle "che,..'<<3alT5erno^.,..CQme
colui che si dona. Questo Signore sempre soltanto uno, non diviso,
non solo in questo lungo, ma nell'universo intero. Riceverlo significa
quindi entrare in unit con gli altri e dove ci non avviene, questo
equivale a chiudere la porta. C i significa per che Punita con tutte le
"altre comunit non qualche cosa che si aggiunga in via secondaria
all'Eucaristia o che possa anche mancare, ma che essa al contrario
un elemento costitutivo intrinseco della celebrazione eucaristica. L'es-
I l rapporto di ogni celebrazione eucaristica con uno dei portatori
di questa successione costituisce la relazione necessaria al sacramento
dell'unit (all'unit e al sacramento), autotrascendimento della comu-
nit che non p u essere Chiesa che con la totalit e nella totalit della
Chiesa. D a l momento che questo vincolo al ministero della Euca-
ristia non costituisce un formalismo del ministero, esso semplice-
mente l'espressione intrinseca necessaria del fatto che i l Signore
uno e che di conseguenza non v ' che nell'unit; espressione del
fatto che la Chiesa, incapace di disporre del dono dello Spirito da se
stessa, non p u riceverlo e dunque divenire Eucaristia ed essere Chie-
sa che attraverso l'implorazione, sicura d'essere esaudita, di tale
dono, cio attraverso i l sacramento. Sta qui la ragione pi profonda
per cui i l Concilio parte sempre dal carattere episcopale dell'Eucari-
stia e dalla Chiesa locale; i l Concilio Vaticano n cos pienamente
d'accordo con l'autentica tradizione della Chiesa orientale.
Tutto ci significa: la cattolicit non semplicemente un'esube-
ranza pleromatica, ancora meno un apparato esteriore per l'organizza-
zione della totalit [ecclesiale], essa un dimensione centrale intrin-
seca del mistero eucaristico stesso. E non bisogna separarla dalla
apostolicit . L a condizione della apostolicit la cattolicit; i l con-
23

sere una cosa sola con gli altri i l fondamento intrinseco della E u -
tenuto della cattolicit la apostolicit. A considerare questa relazio-
caristia, senza i l quale questa non potrebbe realizzarsi. Celebrare la
ne non c' da stupirsi che la nozione di Eucaristia si modifichi regolar-
Eucaristia significa entrare nell'unit della Chiesa universale, cio
mente quando la dimensione della cattolicit separata dal concetto
nell'unit del Signore uno e nel suo corpo uno. per questo che la
Eucaristia comporta non soltanto l'anamnesi della storia sacra nel suo
insieme, ma anche quella della comunit universale dei santi, di coloro
22
Cfr. in argomento in questo volume sempre saputo che non c' nessuna co-
l'art. Il sacramento dell'Ordine come munit cristiana che per se stessa e in se
che sono morti e di tutti i credenti che vivono oggi sulla terra. Esiste espressione sacramentale del principio d stessa sia la fonte ultima della competen-
un segno esteriore della sottrazione dell'Eucaristia al nostro disporne tradizione, pp. 147 ss.; sono importanti za e della autorit di coloro che esercita-
e del suo carattere relativo alla Chiesa universale: la successione le tesi della COMMISSIONE TEOLOGICA IN- no il ministero. Sfortunatamente non si
TERNAZIONALE sul tema della 'successio': pu dire che queste vedute caratterizzino
apostolica. Essa significa che nessun gruppo p u fare di se stesso L'apostolicit de l'glise et la succession coerentemente l'articolo di Schillebeeckx;
apostolique, in Enchiridion Vaticanum, altrimenti non potrebbe scrivere a p. 172:
voi. v, EDB, Bologna 1979, nn. 434-478. Questa struttura per implica il diritto
2 1
Cfr. per es. il volume N . AFANASIEFF, ortodossa; in O. CULLMANN e altri, II 2 3
Cfr. anche E . SCHILLEBEECKX, art. della comunit a poter fare e ad essere
M. SCHMMANN e a., La primaut de Pier- primato di Pietro, I l Mulino, Bologna cit., p. 144: Nessuna chiesa locale ha abilitata a fare tutto quanto veramen-
re dans lglise orthodoxe, Neuchtel 1960 1965, pp. 485-655). il monopolio del Vangelo o della aposto- te necessario affinch essa sia una 'comu-
(tr. it. Il primato di Pietro nella Chiesa licit; p. 163: In secondo luogo si nit' di Ges.
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di Chiesa o subisce una riduzione. Se non si ritiene impossibile dispor-
re della Eucaristia come si vuole, e si abbandona l'idea dell'unit, l'es-
senziale e autentico della sacramentalit cade allo stesso tempo.
L'Eucaristia diviene allora un pasto della comunit, l'autoattuazio-
ne di essa, che v i trova il simbolo della interazione tra i suoi membri.
I l punto di riferimento ideologico ora ricercato sar costituito di pre-
ferenza dai pasti di G e s con i peccatori. E s s i tuttavia perdono la
loro grande funzione di segni: quella di esprimere il potere di G e s
Cristo di rimettere i peccati e annunciare il Regno che viene . L a sa- 24
cralit stessa, con la sacramentalit, appare subito urtante e si vede
delinearsi di fatto al posto di servizi sacramentali l'organizzazione,
che decide essa stessa, e che non p u proporre altro se non le fun-
zioni, e non p i vere vocazioni. I l pericolo di vedere la comunit
mutarsi infine in una pura isola del tempo libero diventa minacciosa-
mente reale.
c) Infine entrano in gioco pure concezioni moderne di democrazia
di base, di opposizione fra vertice e base, di costruzione della nuova
societ da parte della base. Non di rado sono poi gravate dalle utopie
della critica moderna alla societ: esse affermano che bisogna che la
comunit sia i l luogo del la pi alta umanit e di una radicale ugua-
glianza di sentire, dove infine riesce l'abolizione di tutte le differen-
ze, e si deve realizzare una societ liberata da ogni autorit, che potr
servire di modello e di fermento rivoluzionario per una nuova societ
universale . 25
3. Conclusioni
Segue da tutto ci che i l nuovo concetto di comunit, se da una
parte trasmette temi di molte sorta e degni di considerazione, dal-
l'altra implica motivi e rappresentazioni che necessariamente defor-
mano il concetto di Chiesa; questa deformazione sopravviene appun-
to quando dal dono divino della Eucaristia si distilla, per cos dire,
un diritto di gruppo che riduce alla fine l'Eucaristia a essere piuttosto
2 4
Cfr. in proposito J . RATZINGER, Das da tale visione utopica del concetto di
Fest des Glaubens. Versuche zu einer comunit, H.R. Schiette arrivato alla te-
Theologie des Gottesdienstes, cit. (tr. it. si: Non c' una comunit cristiana. Ri-
La festa della fede, cit.). tiene Schiette che non se ne possa parlare
2 5
Cfr. in materia K . LEHMANN, op. cit. se non all'ottativo o al congiuntivo, cos
(v. nota 1: Was ist eine christliche Ge- per es.: La comunit cristiana, se ce n'
meinde?), p. 4 8 2 e pp. 494 s. K . L E H - una, sarebbe una zona dell'umanit [nel
MANN dimostra a p. 4 8 3 che, partendo senso umanistico-umanitario, n.d.r.\
DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 215
un mezzo per i l gruppo di attuare se stesso e di mantersi che non di
spargersi nell'ampiezza della grande comunit {Gemeinschaft) di tutti
i credenti. Ne risulta almeno un'esigenza: il concetto di comunit
,^^Jl?J^fi P essere veramente utilizzabile nella teologia
c a t o e r
cattolica. Questa concezione positiva si presenta finora solo per spun-
ti . Non c' qui nemmeno motivo di svilupparla completamente. Noi
26
dobbiamo solamente cercare di accostarla nella misura in cui si p u
rispondere al problema che si nasconde nello slogan diritto della co-
munit all'Eucaristia. Per arrivare a questo concetto positivo della
comunit si p u ben prendere il punto di partenza nel pensiero di
Lutero secondo il quale la comunit costituita dall'appello della
parola di Dio. Bisogna allora aggiungere che la parola di Dio non
sussiste come entit che fluttui liberamente, attualistica, evento ogni
volta nuovo senza continuit constatabile con ci che la precede. E s -
sa esiste invece come qualche cosa che ci vincola e quindi ci collega,
cio esiste in un modo sia personale sia storico e comunitario e ci in-
troduce in una storia che ci obbliga, poich essa stata presa in mano
dal Signore stesso. L a Parola riceve la sua forma sacramentale nella
successione, che il modo personale e sacramentale della tradizione.
E nella successione apostolica stessa la Parola sacramento dell'uni-
t e, inversamente, i l sacramento presenta le caratteristiche della Pa-
rola. I l suo senso l'essere la garanzia della presenza comunitaria {ge-
meinschaftliche) dell'unica Parola:
Pertanto sia io che loro, cos predichiamo e cos avete creduto (1 Cor
15,11)
Essere invitati a entrare nella Parola significa sempre anche:
essere invitati a entrare nel contesto della storia della vita, che ci
vincola ed vincolante, della comunit {Gemeinschaft) realizzata, dal-
la Parola: nel contesto cattolico. Q u i diviene ancora manifesto
ci che abbiamo constatato pi sopra: il ministero gerarchico non
una aggiunta organizzativa tardiva alla Parola, ma appartiene al ca-
rattere essenziale, cattolico e sacramentale, dell'unica Parola la quale
rimane identica nel corso della storia.
Se mettiamo queste considerazioni in rapporto con ci che abbia-
mo detto pi sopra sulla struttura della Parola e la struttura cat-
tolica dell'Eucaristia, si vede come le due strutture siano contempo-
2 6
il caso soprattutto dell'opera ci- Kirche, Freiburg 1980, pp. 170-200; 225-
tata di Lehmann. 240.
2 7
Cfr. H . SCHXIER, Der Geist und die
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rancamente l'unica struttura cattolica, senza la quale non si p u es-
sere Chiesa n comunit in senso teologico. Si comprende allora la
concezione fondamentale del Concilio, secondo cui la comunit non
si costituisce in una antitesi al ministero (per darsi poi essa stessa
dei ministri o esprimere delle esigenze su questo argomento). L'Eccle-
sia a tutti i suoi livelli non reale invece se non strutturata sacra-
mentalmente, quindi intrecciata nella rete della successione apostolica.
L o slogan: diritto all'Eucaristia implica dunque una opposizio-
ne fra una comunit che si eleva di fronte al ministero e questo mini-
stero stesso e l'Eucaristia, opposizione che anche espressione di una
prospettiva errata, poich i credenti non divengono comunit, se essi
non sono collegati al ministero della successione, per quanto ampio
possa essere a prima vista l'arco di questo collegamento sul piano lo-
cale o sul piano della persona.
i n . La giusta problematica e il vero compito
A questo punto i nostri problemi si concretizzano. Fino a che
punto questo collegamento deve essere allentato? Per veder chiaro in
questa questione, bisogna ritornare ancora una volta ai dati conciliari
a cui ci eravamo attenuti pi sopra; abbiamo detto che in questi testi
la Chiesa episcopale costituiva l'unit pi bassa che fosse chiara-
mente delineata dai punti di vista terminologico e teologico. L a cer-
chia di persone e di luoghi che sono subordinati al vescovo determi-
nata dall'idea di unit del presbyterium, all'opera in questi differenti
luoghi. Situando il concetto di Chiesa locale a livello episcopale, si
mantiene risolutamente il carattere di cattolicit e di successio-
ne (riferentesi alla successione sacramentale degli apostoli) di ogni
comunit cristiana. L a questione dell'articolazione locale nell'am-
bito di questo quadro ultimo, quello della comunit (Gemeinschaft)
episcopale, resta con ci molto ampio, capace di adattamento; essa
non sovraccarica sul piano teologico e canonico. Ciascun luogo, cia-
scun gruppo di volta in volta ricorrente non identificato con Chie-
sa locale e cos teologizzato; le diverse formazioni comunitarie locali
o personali non sono designate come sede, parte e cellula che in
relazione col vescovo. L a maniera in cui i singoli luoghi e persone
sono intesi e mantenuti nella comunit (Gemeinschaft) vivente di fe-
de, resta un problema da determinare secondo le possibilit offerte
in ciascun caso.
Ora, si potr dare certo una accentuazione teologica ancor pi
DIRITTO DELLA COMUNIT ALL'EUCARISTIA? 217
marcata alla assemblea locale, alla comunit (Gemeinschaft) che si
formata crescendo e d sostegno a persone, in singoli luoghi o deri-
vata da determinati gruppi e poter foggiare qui un concetto di comu-
nit fecondo tanto dal punto di vista pastorale che teologico. L a mia
proposta sarebbe dunque di definire la comunit come la forma con-
creta attraverso cui la fede trova un suo ambiente, di caso in caso, nel
luogo di cui si tratti. Nel caso favorevole essa coinciderebbe con la
parrocchia, ma non necessariamente cos e anche purtroppo spesso
non lo sar. Essa dovrebbe quindi essere considerata non come un
concetto direttamente teologico, ma piuttosto come una entit antro-
pologica, che possiede certo la validit e la necessit per la teologia,
spettanti all'antropologia all'interno della teologia stessa.
Cos noi ci avviciniamo ora al punto dove ci sar possibile di cor-
reggere la problematica errata implicata nella parola diritto della
comunit all'Eucaristia e di sostituirla con la questione esatta, che
si pone realmente. Bisogna quindi riprendere certo ancora una delle
considerazioni fatte all'inizio. Noi abbiamo visto che il Codice di di-
ritto canonico parla del diritto dei fedeli ai sacramenti. I n certa ma-
niera ci potrebbe esprimere una visione troppo individualistica del
sacramento, ma d'altra parte costituisce un richiamo importante del
valore che possiede davanti a Dio ogni credente in quanto persona.
L a questione della salvezza una questione personale. Certo, l'Euca-
ristia costruisce comunit (Gemeinschaft), essa unisce l'individuo a
Cristo e quindi a tutti coloro che ricevono lo stesso corpo di Cristo
per divenire in tal modo corpo di Cristo. Ma essa costruisce comunit
(Gemeinschaft) proprio perch si insedia nella profondit personale
del singolo, vi cala. L a comunit reale non p u formarsi che riven-
dicando per s nella misura estrema la persona. Si incontrano talvolta
anche romanticismi del pensiero comunitario, che vogliono passar so-
pra questo punto e attendono praticamente dalla comunit la libera-
2one del fardello dell'io. Certo, una vera comunit p u effettiva-
mente divenire di fatto terreno portante della persona, che vi trova
il tu e il n o i di cui ha bisogno. Ma essa non p u compierlo se la
persona non viene resa capace di donarsi essa stessa e cos nel donare
non impara anche a ricevere se stessa in modo nuovo. Dopo tutto,
noi possiamo ora formulare in maniera positiva la problematica di
cui si tratta. Essa potrebbe esprimersi a un dipresso cos: che cosa
deve fare la Chiesa - ministri e fedeli insieme, ciascuno a suo modo -
per rispondere alla rivendicazione di ciascuno al suo titolo alla Pa-
rola e ai segni della salvezza e affinch il singolo in tal modo possa
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esperimentare anche in termini di realt la grande comunit (Ge- caratterizzate dal riferimento centrale al dojpjgioi comandamento del-
meinschaft) della Chiesa quale comunit che lo sostiene realmente l'amore di Dio e "del prossimo e allo stesso tempo da una cultura
come la patria del suo cuore? Si potrebbe rispondere in primo luogo della preghiera e della diaconia cristiana, la Chiesa p u crescere di
sui doveri della gerarchia; la risposta sarebbe che la autorit deve nuovo e possono maturare anche di nuovo vocazioni, in cui si adempia
organizzare ed equipaggiare le comunit (Gemeinschaften) episcopali, la fecondit indefettibile della parola di Dio. I n esse si potr scoprire
ecclesiae (particulares) in modo tale che esse siano nella condizione poi che i l principio cattolico non significa n sclerosi n scomparsa
di costruire la vita di fede della Chiesa nel loro territorio nella varia- nell'anonimato di una grande organizzazione ma, che esso, al contra-
bilit e apertura necessarie, di creare delle comunit {Gemeinschaften) rio, suscita vita. U n tale cammino, chiaramente, pi esigente che
di fede e di rispondere al diritto del singolo a ricevere la parola e i accordare semplicemente alle comunit esistenti la capacit di
sacramenti. provvedere esse stesse ai bisogni spirituali. Ma il cammino verso la
Ci per non che la prima met della risposta. Una pura solu- gioia dell'Evangelo e i grandi frutti che esso porta passano ormai
zione dall'alto non p u affatto essere sufficiente, gi per nulla se, esclusivamente attraverso la conversione. L a grandezza del dono ri-
per raggiungere il suo fine, essa avesse bisogno di passare attraverso cevuto corrisponde sempre a que^la_del^dqnp_.di
una riduzione ancora della fede eucaristica e del patrimonio sacramen-
tale della Chiesa e dunque attraverso una estenuazione della Parola
divina. L a fecondit spirituale non qualche cosa che si fabbrichi. Ma
quando la Chiesa non genera sufficienti sacerdoti e non capace di
entusiasmare abbastanza persone per un servizio indiviso al regno
di Dio, anche unito al celibato, si p u dubitare anche della sua capa-
cit di donare l'Eucaristia. Bisogna aggiungere che c' una corrispon-
denza parallela tra la capacit del matrimonio sacramentale, confor-
me all'Evangelo, e lallispombilit alla verginit. Quando quest'ultima
si disperde, bisogna dubitare della prima: cio si manifesta uno stato
di emergenza spirituale la cui sfida non si p u superare con riduzioni
o manipolazioni pi o meno esteriori. I n questa prospettiva il celiba-
to sacerdotale per la Chiesa una maniera, sviluppatasi nel corso
della storia, ma ancorata nell'Evangelo, di mantenere presente a se
stessa il fatto di non poter disporre della vocazione sacerdotale e,
di legarsi in maniera tale che le diviene impossibile nascondere l'indi-
genza spirituale con una manipolazione organizzativa che dia l'impres-
sione illusoria di averla vinta mentre diverrebbe ancor'_^i^difficne_da v

superare .fio credetene nella situazione presente la Chiesa dell'America

i Latina possa darci un buon esempio con una parte considerevole delle
sue cosiddette comunit di base; essa, che ha conosciuto durante
secoli una mancanza di sacerdoti, dovute essenzialmente a una inca-
pacit interiore di consistenza autonoma e alla iniziativa, ora ha preso
la strada di un nuovo inizio. necessario, in questa situazione, creare
cellule viventi che, con cognizione di causa, si sottraggano alla pressio-
ne del mondo moderno e vivano insieme l'alternativa dell'Evange-
lo in modo che nasca un ambiente di fede. I n queste cellule che sono
2 8
Gr. su questa concreta prospettiva
le riflessioni accuratamente ponderate e
ricche di materiale raccolte da K . L E H -
MANNJ Chancen una Grenzen der neuen
Gemetndetheologie (v. nota 1). Da una
parte vi si trover una analisi approfon-
dita degli ordinamenti irrinundabili della
Chiesa storicamente sviluppatisi, ma, dal-
l'altra parte, vi si aprono nuove prospet-
tive con sguardo realistico.