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DIRITTO INDUSTRIALE

PARTE PRIMA. LA CONCORRENZA SLEALE


Cap. 1. Dagli inizi alla situazione attuale.
Gli inizi. La disciplina della concorrenza tra imprenditori (cio della loro libera competizione per
lacquisizione e la conservazione della clientela) poggia le proprie basi sui principi del liberismo
economico, cio su una concezione che vede, nella libert di accesso al mercato e nel regime
della concorrenza, il miglior modo per promuovere il benessere economico generale.
Superata una prima fase di concorrenza selvaggia, caratterizzata dallassoluta mancanza di
regole, si imposta lesigenza di disciplinare i comportamenti concorrenziali, per la
consapevolezza acquisita che un regime di libera concorrenza pu dare risultati migliori solo se
ad essere premiato dal mercato sia chi vi operi realmente meglio. Presupposto perch ci
avvenga la possibilit per i consumatori di attribuire meriti e demeriti dei prodotti
allimprenditore dal quale realmente provengono.
La disciplina della concorrenza nata, perci, come sistema di protezione dei segni distintivi:
attribuendo allimprenditore il diritto di usare esclusivamente il suo segno, si voleva assicurare
la tutela della sua personalit sul mercato, evitando che altri soggetti potessero approfittare del
suo credito. In breve tempo, si pass a vietare non solo luso del segno distintivo altrui ma tutti i
comportamenti decettivi, ossia idonei a trarre in inganno il pubblico, e successivamente anche
quelli disonesti, cio contrari ai principi di buona fede, lealt e onest.
La situazione legislativa italiana fino agli anni 80. Per molto tempo, nonostante la diffusa
esigenza di impedire i comportamenti sleali nella concorrenza, manc una risposta legislativa a
tale necessit. Il vuoto normativo tuttavia, venne colmato dalla giurisprudenza che utilizz a
tale scopo le norme generali sullillecito civile extracontrattuale (o aquiliano, art. 2043 c.c.): in
sostanza la concorrenza sleale era intesa come una species del genus illecito civile, ci non
significa per che essa rientri nellipotesi del 2043, n in particolare che ad essa possa applicarsi
automaticamente questa norma quando la carenza dei requisiti soggettivi non consenta
lapplicazione dellart. 2598, come affermato dalla Cassazione ci non toglie ovviamente che
lart. 2043 possa applicarsi quando nella fattispecie concreta ricorrano i requisiti da esso
previsti.
Per ci che concerne lItalia una disciplina repressiva della concorrenza sleale fu introdotta
piuttosto tardi, nella forma dellestensione ai rapporti interni tra cittadini italiani di una norma
della Convenzione di Unione di Parigi per la tutela della propriet industriale. Questa
convenzione internazionale, stipulata a Parigi nel 1883 stata oggetto di unimportante
revisione nel 1925, nel corso del quale stato introdotto lart. 10 bis:
Art. 10 bis. I Paesi dell'Unione sono tenuti ad assicurare ai cittadini dei Paesi dell'Unione una
protezione effettiva contro la concorrenza sleale. Costituisce atto di concorrenza sleale ogni
atto di concorrenza contrario agli usi onesti in materia industriale o commerciale.
In particolare devono essere vietati:
1. tutti i fatti di natura tale da ingenerare confusione, quale che sia il mezzo adoperato,
con lo stabilimento, i prodotti o l'attivit industriale o commerciale di un concorrente;
2. le allegazioni false nell'esercizio del commercio, tali da discreditare lo stabilimento, i
prodotti o l'attivit industriale o commerciale di un concorrente;

3. le indicazioni o allegazioni il cui uso, nell'esercizio del commercio, idoneo ad indurre


in errore il pubblico sulla natura, il modo di fabbricazione, le caratteristiche,
l'attitudine all'impiego o la quantit delle merci.
In Italia questa norma ha costituito lunica disciplina della concorrenza sleale fino allentrata in
vigore del C.C. del 1942 che si occupa della materia allart. 2598 e successivi:
Art. 2598 c.c..Atti di Concorrenza Sleale. Ferme restando le disposizioni che concernono la
tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1. usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi
legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie
con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attivit di
un concorrente;
2. diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attivit di un concorrente, idonei a
determinare il discredito, o si 'appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un
concorrente;
3. si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della
correttezza pro-fessionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.
Nella convenzione vengono indicate una serie di atti tipici considerati sleali, ma dato che la
fantasia umana non ha limiti e gli atti di concorrenza sleale possono compiersi nei modi pi
svariati, stata appositamente inserita una clausola generale al secondo comma:
Costituisce un atto di concorrenza sleale ogni atto di concorrenza contrario agli usi onesti in
materia industriale o commerciale. (art.10-bis, 2 comma)
Partendo proprio da questa clausola generale di: "..contrariet agli usi onesti in materia
industriale o commerciale", possiamo confrontarla con l'ipotesi generale prevista nel nostro
codice civile all'art.2598 punto 3. (..si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo
non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda).
In questo caso il legislatore crea una definizione generale basandolo sulla "non conformit ai
principi di correttezza professionale" avvalendosi direttamente di ogni altro mezzo lesivo dei
principi della libera concorrenza.
Osservando queste due definizioni,"usi onesti"(Conv. di Parigi) e "correttezza professionale"(c.c.
1942) notiamo che a parte la differente tecnica linguistica, si riferiscono entrambi allo stesso
comportamento.

Dalla differenza delle due norme e dalla loro contemporanea vigenza potremmo pensare che la
disciplina della sleale concorrenza in Italia abbia come necessaria conseguenza il loro
coordinamento e la loro reciproca integrazione, ma non cos. Infatti n la dottrina n la
giurisprudenza si sono mai occupate dell'art. 10-bis, applicando ed interpretando per la
concorrenza sleale solo ed esclusivamente l'art. 2598 c.c. Questo perch le due discipline si
somigliano molto e nella parte in cui si differenziano la nostra normativa codicistica sempre
stata ritenuta pi severa rispetto alla Convenzione, che all'art. 10-bis realizza la tutela minima
contro la concorrenza sleale da assicurare ai cittadini dell'Unione. Quando il legislatore del '42 si
ispirato all'art.10-bis per stilare la relativa normativa italiana riguardante la concorrenza
sleale, ha inoltre realizzato una disciplina dei rimedi (azioni inibitorie e azioni di risarcimento
del danno) anche in assenza di colpa o dolo, partendo dalle norme presenti nella Convenzione
stessa.
Precisamente, il codice considera, attraverso la clausola generale contenuta del n.3 dell'art.2598
c.c. come atti di concorrenza sleale tutti gli atti contrari ai principi di correttezza professionale;

prevede la possibilit dell'azione di inibizione (art.2599) e dell'azione di risarcimento del danno


(art.2600); subordina l'esperibilit di entrambe le azioni al verificarsi non gi di un danno
attuale, ma del solo pericolo del danno, consistente nella idoneit a danneggiare l'altrui
azienda; subordina infine, l'esperibilit dell'azione di risarcimento del danno alla sussistenza del
dolo o della colpa, ma prevede anche che "accertati gli atti di concorrenza, la colpa si presume".
L evoluzione pi recente della disciplina. A partire dagli anni 80 si assistito inizialmente in
sede comunitaria e internazionale, e poi anche in sede nazionale ad una vasta produzione
legislativa che ha riguardato anche la disciplina della concorrenza sleale; si trattato in
particolar modo di una serie di Direttive comunitarie, via via attuate dal nostro paese, dei c.d.
Accordi TRIPs stipulati nellambito dell organizzazione mondiale per il commercio, pure attuati
da noi ed infine della unificazione in un codice della propriet industriale di molti istituti.

Cap. 2. I soggetti.
I presupposti soggettivi. La disciplina della concorrenza sleale si applica solo quando ricorrano
due presupposti soggettivi:
a. il rapporto in cui devono trovarsi il soggetto attivo (cio lautore dellatto di
concorrenza) ed il soggetto passivo (colui che subisce quellatto);
b. la qualit professionale di entrambi i soggetti.
Rapporto di concorrenza. Quanto al primo presupposto, tra i due soggetti deve intercorrere un
rapporto di concorrenza, ossia entrambi devono offrire, sullo stesso mercato, beni o servizi atti
a soddisfare gli stessi bisogni o bisogni simili, mirando cos alla stessa clientela.
Tale rapporto, per viene spesso interpretato in modo estensivo e cio in riferimento non solo ad
una concorrenza attuale ed effettiva, ma anche meramente potenziale, probabile in un non
lontano futuro. Si parla, quindi di rapporto di concorrenza potenziale:
-

in ambito merceologico quando, pur non essendovi identit tra prodotti e servizi offerti
alla clientela, si fa riferimento alla possibilit dellimpresa di ampliare la produzione a
prodotti analoghi o succedanei. Esempi:
a. se entrambi gli imprenditori vendono e producono bibite gassate ovviamente sono in
concorrenza
b. se uno produce bibite gassate e laltro sciroppi, poich i due prodotti sono idonei a soddisfare
in via succedanea gli stessi bisogni, possono ancora ritenersi in rapporto di concorrenza
c.

se uno produce abiti confezionati, laltro maglieria intima, lindividuazione del rapporto di
concorrenza si fa problematica. Anche se si tratta di prodotti appartenenti alla stessa
categoria merceologica, e idonei a soddisfare uno stesso bisogno in senso lato (coprirsi),
nessuno che ha bisogno di un vestito per coprirsi pensa di farlo comprando una canottiera in
lana, c per la tendenza ad applicare anche a tal casi la disciplina della concorrenza sleale
e perci ad ammettere il rapporto di concorrenza, giustificando che la disciplina si applichi
anche ove il rapporto non sia attuale ma meramente potenziale,cio probabile in un non
lontano futuro, pu infatti apparire possibile che un produttore di maglieria intima ampli la
propria produzione alla maglieria esterna, poi agli abiti a maglia e cos via. Perch ci sia
concorrenza potenziale la probabilit deve essere concreta cio desumibile dalle circostanze
del caso e da regole di esperienza.

in ambito territoriale quando, pur non essendo la coincidenza territoriale dei mercati
strettamente effettiva, si fa riferimento alla possibilit di espansione dellattivit. Il
profilo territoriale in genere assume rilievo quando si ha a che fare con imprese di
piccole dimensioni, per le quali, a differenza delle imprese di grandi dimensioni non pu
dirsi che la vendita di prodotti copra tutto il territorio nazionale. Esempi:
a. una panetteria di Roma non sar in competizione con una di Trieste, perch i loro mercati
sono territorialmente diversi.
b. Se entrambe per hanno una grande dimensione non sar cos, inoltre evidente che Barilla i
cui prodotti sono venduti su tutto il territorio nazionale dovr ritenersi in concorrenza anche
con il pi piccolo dei pastifici, inoltre potrebbe sussistere concorrenza anche per il fatto che
la sfera di notoriet di un impresa sia di diffusione nazionale, ad esempio la pellicceria
Annabella che pure produce solo a Pavia, dovr per la sua notoriet ritenersi in concorrenza
con qualsiasi altra pellicceria, dovunque sita e operante.

Il profilo territoriale pu assumere rilievo in settori specifici anche con riguardo ad


imprese di dimensioni rilevanti, ad esempio nel caso di esercizi della grande
distribuzione, legati ognuno da un proprio bacino di utenza territorialmente delimitato,
oppure nel caso di imprese che operano in regime di concessione amministrativa ed il cui
ambito territoriale di attivit delimitato dalla concessione stessa, ad es. imprese di
trasporto a cui sia affidato il servizio di certe linee oppure imprese di pompe funebri che
spesso esercitano in regime di monopolio nel territorio di un comune, tali imprese non
potranno ritenersi in concorrenza con altre che prestino gli stessi servizi in zone diverse
anche ove la dimensione e la notoriet ne siano rilevanti.

Nel caso imprenditori diversi trattino prodotti uguali o analoghi nella stessa zona ma si
collochino a livelli diversi, ad esempio il rapporto tra il produttore di un bene ed il
commerciante (distributore) di un bene identico o analogo, si potrebbe dubitare che ci
sia un rapp. di concorrenza dato che a rigore i mercati ai quali si rivolgono sarebbero
costituiti per il primo dai grossisti e rivenditori, al secondo dai consumatori finali. La
giurisprudenza ha affermato che invece sussiste concorrenza in quanto lattivit di
entrambe le imprese incide sulla stessa categoria di consumatori, sicch gli atti commessi
dalluna potrebbero distrarre la clientela che si sarebbe rivolta verso i prodotti dellaltra,
cos operando uno sviamento. La Cassazione ha tentato di rendere pi rigorosa tale
soluzione, ci che preme sottolineare che sul piano concreto si tende a dichiarare
esistente il rapporto di concorrenza ogni volta che lattivit di un soggetto possa
determinare lo storno (allontanamento,spostamento), anche indiretto della clientela di
un altro.
La qualifica di imprenditore. Come si evince da numerosi dati testuali (ad es. art.2598nn 2 e 3
c.c.) per lapplicabilit della disciplina della concorrenza sleale, sia il soggetto attivo che il
soggetto passivo dellatto di concorrenza devono essere imprenditori. Nella disciplina in esame
sono inoltre compresi:
-

La P.A. (anche enti pubblici non economici limitatamente allattivit di impresa che
svolgono), quando svolge unattivit di impresa in regime di concorrenza

Le attivit non professionali ma occasionali

Associazioni ed enti senza scopo di lucro che svolgano, mediante unorganizzazione


stabile, unattivit continuativa di natura obiettivamente economica.

Gli esercizi di impresa che, soggetti a licenze amministrative, si svolgano tuttavia in


modo irregolare, cio senza licenza.

Controverso se possa comprendersi nella disciplina in esame, direttamente o in via analogica,


lattivit dei liberi professionisti; la Cassazione ha tuttavia negato tale possibilit in una
pronuncia del 2005.
Si ritiene inoltre che anche chi stia organizzando unimpresa, che ancora non abbia iniziato la
propria attivit, possa rappresentare il soggetto attivo o passivo dellatto di concorrenza sleale;
in tal caso sar ovviamente la societ eventualmente sorta a conclusione della fase organizzativa
a rispondere degli atti in questione.
Atti di terzi. L imprenditore che in genere non svolge la propria attivit completamente da
solo, responsabile, per la disciplina della concorrenza sleale, anche di quegli atti posti in
essere (nel suo interesse a danno di altro imprenditore) dai suoi collaboratori autonomi ed
ausiliari, nonch ovviamente dai dipendenti nellesercizio delle loro mansioni (limpresa
societaria responsabile degli atti di concorrenza sleale posti in essere dalle persone che
fungono da organi dellente), trovando applicazione lart. 2049 c.c.. in mancanza di un incarico
specifico dellimprenditore, latto del terzo pu essere considerato atto di concorrenza sleale se
egli ha agito con lintenzione di procurargli un vantaggio ai danni del concorrente. A tal fine,
inoltre, necessario che i rapporti esistenti tra imprenditore e terzo siano stati tali da far
supporre che il primo fosse consapevole e consenziente degli atti compiuti dal secondo.
Per quanto riguarda la responsabilit del terzo si ritiene che:
-

Quando si tratti di dipendente dellimprenditore, la responsabilit solo di questultimo,


a meno che il dipendente non sia rivestito di mansioni che gli consentano di assumere
discrezionalmente iniziative nel campo in cui gli stessi atti di concorrenza sleale sono
stati commessi (nel qual caso potr configurarsi una sua responsabilit

Negli altri casi, il terzo, pur non rivestendo la qualifica di imprenditore, risponde a titolo
di concorrenza sleale in solido con limprenditore.

La legittimazione delle associazioni professionali. Ai sensi dellart, 2601 c.c., quando gli atti di
concorrenza sleale pregiudicano gli interessi di una categoria professionale e non di singoli
imprenditori, lazione per la repressione di questi pu essere promossa anche dalle associazioni
professionali e dagli enti che rappresentano la categoria. Lart. 2601 precisamente la norma
alla quale viene affidato il compito di risolvere il conflitto fra linteresse del singolo
imprenditore e quello della categoria di appartenenza e della corrispondente associazione.
Disciolte le associazioni professionali come organi dello stato corporativo, si pose l alternativa
tra il ritenere abrogata la norma dellart.2601 c.c. o il ritenerla tuttora in vigore, anche se nella
prospettiva di una funzione diversa da quella originaria. La dottrina e la giurisprudenza postcorporative si sono orientate nel secondo senso, distorcendo per il significato originario della
norma: le associazioni professionali di categoria, divenute mere associazioni di dir. privato, sono
state legittimate ad agire con lazione di concorrenza sleale in veste di rappresentanti o sostituti
processuali dellinteresse esclusivo dei singoli imprenditori associati che abbiano risentito
pregiudizio dellaltrui comportamento sleale.
Tuttavia, una parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene, invece, che gli enti di cui
allart. 2601c.c. possono agire non come sostituti processuali, ma iure proprio, in difesa di un
interesse di categoria diverso da quello individuali dei singoli imprenditori.
Capitolo 3. Correttezza professionale e danno concorrenziale.

Fattispecie tipiche e clausola generale nellart. 2598 c.c.. lart. 2598 costituito da due
parti: la prima contiene lindicazione di ipotesi specifiche di concorrenza sleale, la seconda
costituita da una clausola generale, che qualifica come concorrenza sleale una pluralit di
comportamenti innominati, caratterizzati dallessere non conformi ai principi della correttezza
professionale ed idonei a danneggiare laltrui azienda. Gli atti di concorrenza sleale previsti
dallart. 2598 c.c. si distinguono in tre categorie:
1. Atti di confusione, di cui al n. 1 della norma
2. Atti di appropriazione di pregi e di denigrazione, di cui al n. 2
3. Altri atti contrari alla correttezza professionale, di cui al n. 3.
La contrariet ai principi della correttezza professionale per il c.c. stata ricalcata sulla base di
quella che era la contrariet agli usi onesti in materia industriale e commerciale per la
Convenzione e in particolare lart. 10-bis: si tratta infatti di due formule molto vicine lun laltra
se non addirittura sovrapponibili.
Il primo problema che si pone in ordine a questi caratteri quello di stabilire se la loro presenza
condizioni lilliceit anche delle fattispecie nominate, cio se in presenza di una di queste
ultime spetti al giudice controllare anche la sussistenza della contrariet alla correttezza
professionale e dellidoneit a danneggiare laltrui azienda. Il tenore della norma fa pensare di
no, dato che in essa il ricorrere di questi caratteri nelle fattispecie nominate sembra dato per
scontato; tuttavia qualcuna delle fattispecie nominate dei numeri 1 e 2 dellart. 2598 pu dar
luogo ad incertezze interpretative, ed in questo caso (e solo in questo) il riferimento alla
difformit rispetto ai principi della correttezza professionale e allidoneit a danneggiare laltrui
azienda potr fornire un aiuto interpretativo. Essenzialmente in vista di ci si ritenuto
opportuno far precedere alla trattazione dei n. 1 e 2 dellart. 2598 c.c. l individuazione di
cosa debba intendersi per principi della correttezza professionale e idoneit a danneggiare
laltrui azienda.
I principi della correttezza professionale. A prima vista la legge sembrerebbe riferirsi ad un
sistema di regole esistenti al di fuori di essa, che operino sulla base di una sorta di rinvio; in
realt un simile sistema non esiste, dunque compito dellinterprete attribuire un contenuto
alla formula legislativa e non si tratta di certo di una facile operazione. La formula principi della
correttezza professionale diversamente interpretata in dottrina e giurisprudenza:
A. Un primo orientamento identifica tali principi con gli usi in senso tecnico, ossia i
comportamenti abitualmente praticati dagli operatori, con il convincimento della loro
giuridicit; tale interpretazione non sembra accettabile per diversi motivi, ad es. non
condurrebbe ad alcun risultato nei casi in cui manchino usi o la prassi sia contrastante o
conflittuale.
B. Una seconda posizione seguita prevalentemente dalla giurisprudenza, definisce la
correttezza professionale come un principio etico universalmente seguito dalla
categoria s da diventare costume; tale interpretazione per, nel tentativo di conciliare
due elementi tra loro eterogenei (lelemento oggettivo delluso con la valutazione
morale di esso da parte delle categorie interessate) ha dato luogo a risultati piuttosto
contradditori.
C. La giurisprudenza pi recente invece, spostando laccento dallelemento consuetudinario
a quello etico, risolve il concetto di principi della correttezza professionale nella
moralit imprenditoriale; anche questa formula risulta tuttavia di incerta applicazione,

in quanto il giudizio sulla correttezza dei comportamenti merceologici varia a seconda


dei settori merceologici, della dimensione dellimpresa, ecc..
D. Parte della dottrina, spinta dallesigenza di sottrarre il pi possibile le decisioni
allarbitrio del giudice, ha allora tentato di oggettivizzare il pi possibile i principi di
correttezza, identificandoli in regole di natura essenzialmente economica. Si obietta
per che tali tentativi di oggettivizzazione sono s utili ma non attendibili in quanto
anchessi di difficile applicazione. Un giudice, infatti, non di regola in grado di valutare
sufficientemente le conseguenze economiche dei comportamenti concorrenziali; daltro
canto, i criteri proposti non sono veramente oggettivi, potendo ciascuno dare ad essi un
diverso contenuto a seconda dei propri convincimenti politici. La dottrina pi recente
infine, ritiene che il giudizio di correttezza debba essere un giudizio di natura morale ma
non di morale professionale, bens di morale pubblica corrente, quale espressa dalla
collettivit dei consociati di cui il giudice interprete. Tale giudizio per, dovr essere
contemperato con le precise scelte legislative desumibili da altre norme e potr, inoltre,
essere integrato da altri elementi quali, ad esempio, quello della maggiore o minore
idoneit del comportamento denunciato a conseguire i fini della libert economica.
(merita di esser segnalato che nonostante le numerose trattazioni a riguardo, lo
strumento valutativo della conformit o difformit di determinati comportamenti ai
principi della correttezza professionale di portata pi teorica che pratica, essendo
stato utilizzato in scarsissime occasioni).
L idoneit a danneggiare laltrui azienda. L idoneit a danneggiare laltrui azienda il
secondo elemento cui lart. 2598 n.3 c.c. subordina lilliceit di un atto di concorrenza.
Quando esistono rapporti di concorrenza tra 2 o pi imprenditori, evidente che laffermazione
o il successo di uno di essi possa arrecare danno agli altri, per esempio in termini di erosione di
quote di mercato. Perch si possa parlare di atti di concorrenza sleale necessario che
lidoneit dannosa sia qualificata e cio sia maggiore rispetto a quella normale di un atto dello
stesso tipo non scorretto. Tale osservazione, per non vale per i casi in cui dellatto sleale non
sia ipotizzabile un omologo corretto (ad es. la denigrazione).
Per quanto riguarda poi il riferimento allaltrui azienda, esso va interpretato in senso ampio
(quindi non solo come nellart. 2555 c.c.): la dannosit non va limitata a quella concernente i
beni costituenti lazienda ma va estesa anche ad altri fattori, quali lorganizzazione interna
dellimpresa, il suo patrimonio tecnologico, la sua posizione sul mercato, la sua clientela.
Danno concorrenziale e potenziale. Secondo un orientamento ormai consolidato in
giurisprudenza, per integrare gli estremi dellillecito concorrenziale, non necessario che il
danno (c.d. danno concorrenziale) si sia effettivamente realizzato, ma sufficiente che esso sia
potenziale e cio che latto posto in essere sia idoneo a provocarlo, parimenti non considerato
necessario che dallatto concorrenziale derivi un guadagno o un profitto per lautore
dellillecito.
Si ha potenzialit dannosa ad esempio nel caso di attivit concorrenziale continuata che non ha
prodotto un danno quantitativamente rilevante nel caso in cui lattivit dannosa sia rimasta allo
stadio di tentativo ma sussista la probabilit che esso venga reiterato.

Capitolo 4. La concorrenza per confondibilit.

Le fattispecie confusorie dellart. 2598 n.1 c.c.. lart. 2598 al n.1 dispone che compie atti
di concorrenza sleale chiunque:

usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi
legittimamente usati da altri,

o imita servilmente i prodotti di un concorrente,

o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti o con
lattivit di un concorrente.

Il carattere comune alle fattispecie contemplate da questa norma lidoneit a produrre


confusione con i prodotti e con lattivit di un concorrente, ossia lidoneit a convincere i
consumatori che un prodotto e/o unattivit provengono da un certo imprenditore mentre in
realt sono da ricondurre ad un imprenditore diverso. Produrre confusione significa ingenerare
nei destinatari del messaggio in cui latto confusorio si traduce un falso convincimento circa i
prodotti e/o lattivit con i quali vengono a contatto, vale a dire il convincimento che si tratti
dei prodotti e/o dellattivit di un certo imprenditore mentre in realt devono ricondursi ad un
imprenditore diverso. (si parla di confusione sullorigine, perch la confusione sulla fonte di
quei prodotti e di quelle attivit, e quindi sullidentit dellimprenditore a cui essi vanno
ricondotti).
evidente che la norma da intendersi riferita ai segni distintivi nella loro accezione pi ampia
(segni denominativi, emblematici, figurativi), comprendente:
-

Sia segni tipici

Che qualsiasi altro segno atipico che possa essere adottato in unattivit di impresa (es.
sigla, emblema, ecc.)

Quali caratteri sono necessari affinch il segno distintivo sia protetto dalla norma in materia di concorrenza
sleale?
Per essere protetto dalla norma in esame, il segno distintivo imitato deve essere:
1.

Dotato di capacit distintiva, ossia idoneo a distinguersi dalle indicazioni generiche del prodotto o
dellattivit

2.

Dotato di novit, in quanto capace di differenziarsi dai segni anteriormente utilizzati da altri per prodotti
o attivit dello stesso genere

3.

Concretamente utilizzato nel mercato.

con luso infatti che si acquista il diritto soggettivo sul segno distintivo di cui la norma vieta limitazione. Senza
un impiego effettivo rivolto al mercato, del resto, il segno non avrebbe acquistato alcuna notoriet e
mancherebbe, perci di ogni potenzialit confusoria presso il pubblico nelladozione da parte di altri di un segno
uguale o simile. Di conseguenza, la tutela anticonfusoria territorialmente limitata allambito delleffettiva
notoriet del segno.

La confondibilit di un prodotto o di una attivit dimpresa va accertata in relazione alle


conseguenze che latto concorrenziale possa avere sul c.d. consumatore medio dotato di
ordinaria diligenza, tenendo conto che questi, di regola, non effettua le proprie scelte in base a
mirate e documentate valutazioni comparative fra prodotti, bens confrontando la realt con il
ricordo di precedenti esperienze attraverso una stima complessiva che prescinde da alcuni

elementi marginali di differenziazione rilevabili solo ad un esame attento. Quando latto


concorrenziale sia in grado di ingenerare confusione nel consumatore medio esso sar dunque
perseguibile. Va tuttavia precisato che il consumatore medio a cui si fa riferimento va
individuato tenendo conto anche della destinazione abituale di un prodotto con la conseguenza
che se la cerchia dei destinatari particolarmente qualificata sul piano professionale ci pu
portare ad escludere la potenzialit confusoria dellatto.
Non esistendo per i segni distintivi atipici un sistema di registrazione e quindi, una presunzione
di validit del segno, lonere di provare la presenza in esso dei requisiti di tutelabilit graver,
secondo i principi generali, su colui che ne invoca la tutela. Tuttavia, se ci non pone problemi
per luso e la notoriet, in quanto fatti positivi, altrettanto non pu dirsi per la novit, essendo
quasi impossibile dimostrare che non esistono sul mercato segni confondibili con quello di cui si
chiede tutela; sar perci la parte che nega la tutelabilit del segno a dover provare la
preesistenza di segni confondibili. La presenza di capacit distintiva (originalit) infine, non
oggetto di prova ma piuttosto di valutazione del giudice sulla base del notorio, venendo qui in
rilievo fatti appartenenti alla comune esperienza ex art. 115, 2comma c.p.c..
Come per i segni distintivi tipici anche per quelli atipici viene in rilievo il c.d. principio di
relativit o specialit della tutela. Ci significa che, ai fini dellapplicabilit dellart. 2598 c.c.
deve esserci confondibilit anche sotto il profilo merceologico o del tipo di attivit svolta. Parte
della giurisprudenza inoltre sostiene la necessit che i prodotti contrassegnati da segni
confondibili siano a loro volta in s confondibili. Tale conclusione per respinta dalla
prevalente dottrina che osserva che ci che lart. 2598 richiede la confondibilit con i prodotti
e con lattivit di un concorrente: , cos, richiamata anche lipotesi di prodotto in s non
confondibili ma che, per il fatto di essere contrassegnati da segni confondibili e per il fatto di
essere merceologicamente affini, possono spingere i consumatori a ricondurli allattivit di un
imprenditore diverso da quello al quale realmente competono.
Fattispecie confusorie e segni distintivi. Il n. 1 dellart. 2598 menziona tre specie di atti
confusori:
1. Luso di nomi o segni distintivi confondibili con quelli di altri
2. L imitazione servile di prodotti altrui
3. Una clausola generale che si riferisce a qualsiasi altro atto idoneo a creare confusione.
Tutte e tre le fattispecie, per essere considerate concorrenzialmente illecite devono produrre
confondibilit con i prodotti o lattivit di un determinato concorrente, presupposto comune
che consistano nella riproduzione pi o meno puntuale di uno o pi elementi idonei ad
individuare quei prodotti o quella attivit, vale a dire uno o pi segni distintivi di essi.
I segni distintivi dellimprenditore sono dunque tutelati contro limitazione confusoria, e ci,
considerato il rapporto tra tutela e diritto soggettivo tipico del diritto privato, pu anche
esprimersi dicendo che limprenditore ha un diritto sui propri segni distintivi; e poich la tutela
dei segni distintivi vieta a chiunque limitazione confusoria di essi, il relativo diritto sembra
configurarsi come un diritto assoluto.
Loggetto dei diritti. La legge non dice cosa specificatamente cosa possa costituire o meno un
segno distintivo; deve ritenersi che i segni possono consistere in qualsiasi entit capace di
caratterizzare un prodotto e di distinguerlo da altri analoghi di diversa provenienza provenienti
sul mercato, quindi possono costituire in parole, figure, numeri, lettere, suoni, nella forma dei
prodotti o della confezione di essi, in colori e forse anche profumi e sapori ed in qualsiasi altra
entit che possa essere immaginata.

La capacit distintiva. Perch si determini una possibilit di confusione anzitutto necessario


che il segno imitato sia dotato di capacit distintiva, vale a dire che sia in concreto idoneo a
distinguere i prodotti o lattivit di un determinato imprenditore da quelli analoghi di un altro;
ci si verifica quando il segno venga percepito dallo specifico pubblico cui i prodotti o servizi
contrassegnati sono destinati, appunto come segno distintivo, cio come segno che denota
lorigine del prodotto o servizio di un determinato imprenditore. In particolare si ritiene che la
capacit distintiva possa mancare in due ipotesi:
A. Quando il segno consista in un elemento che il pubblico di riferimento sia portato a
considerare come strutturale del prodotto, il che si verificher soprattutto quando si
tratti di segni costituiti dalla forma del prodotto stesso o dal suo colore
B. Quando il segno consista in una denominazione generica o in unindicazione descrittiva
del prodotto contrassegnato (ad es. la parola guanti per contraddistinguere proprio i
guanti, o la figura di un vitello per contraddistinguere carne in scatola, ecc.)
Essendo corrispondente alla percezione che il pubblico ha del segno, il presupposto della
capacit distintiva suscettibile di variazione nel tempo in corrispondenza con la variazione di
tale percezione. Es.:
-

Pu accadere che la dimensione delluso e della notoriet di un segno originariamente


privo di capacit distintiva gliela faccia acquistare, e cio il pubblico ad un certo
momento riconosca in esso un segno distintivo; a questo punto non ha senso negare
tutela nel caso di adozione del segno da parte di un altro imprenditore, essendosi
determinata una possibilit di confusione quanto allorigine del prodotto.

Se un segno originariamente dotato di capacit distintiva la perde, cosicch il pubblico


non lo percepisca pi come segno distintivo, non ha senso continuare a concedergli
tutela.

In riferimento alla capacit distintiva intesa come diversit del segno da denominazioni
generiche e indicazioni descrittive, va detto che a seconda la diversit sia maggiore o minore si
avr tutela pi forte o pi debole. In relazione a ci si usa parlare di:

Segni forti: ad es. pane per indicare biciclette

Segni deboli: ad es. ghiaccio-menta per indicare caramelle alla menta

La tutela sar contro ogni somiglianza per i segni forti, mentre invece sar limitata nellambito
di segni identici o che presentino differenze sostanzialmente irrilevanti nei confronti dei segni
deboli. Anche in questo caso pu assumere rilievo la dimensione temporale, es.:
-

La testata Il Giornale, inizialmente dotato di un basso livello di capacit distintiva con


il tempo si trasformato in segno forte

Espressioni come cornetto e rimmel, originariamente di fantasia e perci forti, con il


tempo parte del pubblico ha iniziato a considerarle come denominazioni generiche
rispettivamente di un tipo di gelato e di un cosmetico (si tratta di un es. solo
esemplificativo, infatti trattandosi di marchi registrati, lindebolimento o il venir meno
della loro capacit distintiva non ha rilievo in mancanza di ulteriori condizioni indicate
dalla legge)

N.B. In definitiva si pu concludere che per determinare la capacit distintiva e quindi la


tutelabilit di un segno distintivo, dovr farsi riferimento alla sua capacit distintiva al momento
in cui si verifica la supposta violazione di esso.
Uso e notoriet qualificata del segno. Da quanto detto fino ad ora emerge che il modo in cui il
pubblico percepisce il segno rappresenta la chiave di volta del sistema; ovvio che il pubblico
per avere una certa opinione in merito al segno, questo deve essergli noto, e poich trattiamo di
segni non soggetti a registrazione, la notoriet deriva dalleffettiva presenza del segno sul
mercato, e quindi dalluso dello stesso. Per tale motivo si dice che i diritti sui segni distintivi
diversi dal marchio registrato si acquistano con luso, in realt tuttavia il mero uso non basta in
quanto un uso sporadico e occasionale non avr alcun effetto e nemmeno una notoriet qualsiasi
basta perch possa parlarsi dellacquisto di un diritto sul segno. infatti necessario che il segno
sia percepito come tale dal pubblico, ossia come segno che distingue i prodotti e le attivit
provenienti da un determinato imprenditore da quelli di provenienza diversa, si pu definire
come una notoriet a cui faccia seguito la percezione della natura distintiva da parte del
pubblico, la c.d. notoriet qualificata.
Con riguardo alla cerchia di soggetti ai quali bisogner fare riferimento per stabilire se il segno
sia percepito come tale dal pubblico, sar costituita anzitutto da quella dei consumatori finali
del prodotto o degli utenti di servizio. Ci comporta che la cerchia in questione varia a seconda
della natura dei prodotti o dei servizi:
-

Per prodotti di largo consumo: il riferimento ad una cerchia pi larga

Per prodotti o servizi specialistici: il riferimento sar alla cerchia dei specifici
consumatori, cio una cerchia quantitativamente limitata.

Limiti merceologici e territoriali della tutela. La possibilit di confusione fa si che la tutela del
segno limitata da due punti di vista:
A. Merceologico: quando un medesimo segno sia adottato da due imprenditori
merceologicamente molto lontani (per esempio uno operante nel settore delle bicilette e
uno nel settore delle caramelle), sar difficile ipotizzare una confusione sullorigine. Per
questo si ritiene che la tutela si estenda anche alle ipotesi in cui un segno sia imitato da
un concorrente che ponga sul mercato prodotti o servizi affini a quelli del titolare del
segno; la tutela varia in base alla misura della capacit distintiva del segno. Quindi, un
segno di scarsa capacit distintiva sar tutelato solo in relazione ad un ambito di prodotti
o servizi identici o vicini a quelli del titolare del segno, un segno dotato di capacit
distintiva media sar tutelato in relazione ad una cerchia di prodotto o attivit pi ampia
ed un segno di forte capacit distintiva sar tutelato in un ambito merceologici ancor pi
ampio. Quindi, pi un segno forte e noto, pi potr ampliarsi lambito merceologico
della tutela di esso, viceversa quanto pi sar debole e poco noto, tanto pi limitato sar
lambito merceologico della tutela.
B. Territoriale: l'ambito territoriale della tutela dovr coincidere con quello della notoriet
qualificata raggiunta; ove infatti un segno avesse raggiunto notoriet solo in una zona del
territorio italiano, non avrebbe senso estendere al di l di questo la tutela del segno
stesso, non potendosi produrre in tal caso una possibilit di confusione. Va per detto
che laumento della mobilit e quello dei mezzi di comunicazione di massa rende sempre
meno frequenti (e comunque marginali) i casi di notoriet meramente locale. (tale limite
territoriale inoltre si sovrappone a quello di cui abbiamo trattato parlando del rapporto
di concorrenza).

Il riferimento alla possibilit concreta di confusione esclude infine che la tutela possa
estendersi ad un ambito geografico o merceologico non attualmente, ma solo
potenzialmente raggiungibile dall'impresa del titolare e non ancora raggiunto dalla sua
notoriet, come viceversa si talora affermato specie in tema di ditta, parlando di
mercato potenziale di sbocco. Per i segni non registrati, comunque, il limite resta sempre
quello dell'articolo 2598 n 1 cc, cio la confondibilit sull'origine.Al pi si potr pensare
di estendere la tutela ad una confondibilit in senso lato, vale a dire all'ipotesi di erronea
attribuzione da parte del pubblico del segno imitante non all'impresa del titolare di esso,
ma ad un'impresa ad essa collegata.

La novit del segno. La seconda caratteristica la caratteristica della novit.


Questo significa che il segno deve potersi distinguere da quelli utilizzati precedentemente da
altri imprenditori per prodotti o servizi, o attivit dello stesso genere, quindi sicuramente il
segno aeroplano sar nuovo se nessun altro produttore di scarpe, ma anche stivali piuttosto che
oggetti rientranti nella stessa categoria merceologica, non avr utilizzato lo stesso segno
distintivo.
Quindi noi abbiamo la caratteristica della novit quando il segno distintivo nuovo e quindi non
mai stato utilizzato in precedenza, da altri imprenditori per contraddistinguere prodotti o
servizi dello stesso genere.
Quindi Per godere di tutela necessario anche il requisito della novit: la tutela riservata a chi
si sia presentato sul mercato prima di colui contro il quale si chiede la tutela e per primo in
assoluto. Per i marchi registrati, nel caso di mancanza di novit, la nullit del marchio pu
essere fatta valere dai titolari di diritti anteriori. Questo ragionamento non si estende per
analogia ai marchi non registrati. Per questi, manca la presunzione di validit del segno, vale
a dire di una presenza dei requisiti di tutelabilit; dunque tutto si deve ricondurre al concetto di
notoriet qualificata, esaminando una serie di indizi idonei a darle luogo: rilevanza quantitativa
della presenza sul mercato,durata della presenza, ambito territoriale e pubblicit, relazionati
con forza/debolezza del segno; indagini demoscopiche nell'ambito delle cerchie interessate.
Concreto utilizzo. Terza caratteristica per poter ottenere tutela e quindi per poter applicare il
2598 numero 1, atti che creano confusione, il segno imitato deve essere stato concretamente
utilizzato, perch ovvio che se io registro o comunque penso di utilizzare il marchio aeroplano
per le mie scarpe ma poi non ci appongo il marchio aeroplano sulle scarpe, non posso poi
lamentare all'imprenditore che mette tale marchio sulle scarpe che pu creare confusione,
perch io non ho concretamente utilizzato quel segno!
Quindi, affinch si possa parlare di confusione, perch si possa realizzare la fattispecie del
numero 1 del 2598, il segno imitato, deve avere le caratteristiche della capacit distintiva,
come differenziazione dalla denominazione generica del prodotto, deve avere la caratteristica
della novit, cio non deve essere stato utilizzato in precedenza da altri imprenditori per lo
stesso genere di prodotti o servizi, e deve essere stato concretamente utilizzato, cio
effettivamente apposto, effettivamente divulgato tra il pubblico dei consumatori.

Confondibilit e confusione. L illecito di cui si parla allart. 2598 c.c. ritenuto "di pericolo",
cio, affinch ci siano gli estremi dellillecito , non necessario che si siano verificai dei veri e

propri episodi di confusione, bastando appunto la presenza di confondibilit, cio di un


ragionevole rischio di confusione. L assenza di quei concreti episodi non sufficiente dunque ad
escludere lillecito e per converso laccertamento di essi, pur essendo elemento che depone
fortemente a favore della sussistenza di confondibilit non elemento decisivo. Per giustificare
questultima affermazione va ricordato che in tema di marchi registrati, per il giudizio di
confondibilit deve farsi riferimento alle capacit critiche del consumatore medio.
(Non si va a valutare in base al parametro della persona anziana che magari pu avere comunque delle difficolt a
distinguere i prodotti, si va a vedere quello che il consumatore medio, cio la diligenza ordinaria del consumatore
medio.
A questo punto per bisogna fare una specificazione e un chiarimento perch ovviamente se parliamo di prodotti che
sono appunto diffusi, come i prodotti alimentari, chiaro che andr a vedere quella che la diligenza ordinaria del
consumatore medio.
Ma ci sono certi settori, ad esempio pensiamo al mercato dei pezzi di ricambio piuttosto che i pezzi che servono per
impianti di elettricit etc... ci sono certi mercati che hanno una determinata specificit, allora chiaro che la
valutazione del consumatore medio sempre comunque poi riferita al mercato in cui quel prodotto viene ad essere
pubblicizzato e venduto, perch chiaro che il consumatore medio che va a comprare il prodotto specifico di
ricambio non in grado di distinguere, mentre invece il consumatore medio di quel mercato si che in grado di
distinguere un segno da un altro e quindi individuare la provenienza del prodotto....il giudizio di confondibilit va
fatto in base a dei criteri, a dei parametri... se il prodotto diffuso nella collettivit si va a vedere quella che la
diligenza ordinaria del consumatore medio.
Se per il prodotto si rivolge ad un mercato specifico, cio c' un mercato di riferimento specifico, allora bisogna
valutare la diligenza e quindi la capacit del consumatore medio di quel mercato di riferimento...
esempio: per i prodotti di impianti elettrici verr presa la diligenza del consumatore medio elettricista, che quindi
utilizza quei prodotti per valutare se naturalmente o non quel segno confondibile con un altro utilizzato da un
altro imprenditore.
Ma come fa il giudice a valutare o meno? Certe volte il giudice si pu avvalere anche di consulenti tecnici, cio di
esperti di quel determinato ramo o settore e quindi nella causa va a nominare un consulente tecnico d'ufficio, e
quindi va a nominare questo soggetto che valuter sulla base ovviamente dell'esperienza di quel determinato
mercato, di quel determinato settore, se effettivamente quel segno pu creare confusione o meno.
Questa disciplina vale sia per i segni distintivi tipici che per quelli atipici, queste caratteristiche riguardano
sopratutto i segni distintivi tipici, ma anche i segni distintivi atipici devono avere delle caratteristiche per poter
appunto creare poi confusione, cio, quand' che l'uso di un segno distintivo atipico va a creare confusione tra i
consumatori? E qui ovviamente c' la dimostrazione da parte di chi pretende la tutela, quindi dell'imprenditore che
subisce l'atto di concorrenza sleale, a dimostrare la notoriet che quel segno distintivo atipico ha acquisito.
C' la possibilit di ottenere il diritto esclusivo all'utilizzo di un determinato segno attraverso delle procedure
amministrative, di registrazione o di brevettazione o altre che sono previste dalla legge... se ho un marchio che vado
a registrare, chiaro che sar sufficiente, per me che voglio ottenere tutela, produrre in giudizio la documentazione
attestante la registrazione del marchio per far valere i requisiti di notorit, capacit distintiva e novit, che quel
marchio ha e quindi ottenere tutela.
Quindi la prova che incombe su di me che chiedo tutela molto pi semplice, perch avendo io un'attestazione di
una registrazione ho gi soddisfatto nel momento in cui la produco, il requisito di dimostrare che quel segno aveva
appunto la capacit distintiva, aveva i requisiti richiesti dalla legge...
se invece non ho una attestazione della registrazione, vuoi perch ho un cos detto marchio irregolare, cio un
marchio che non registrato, vuoi perch non prevista la registrazione per quel determinato tipo di segno atipico,
come per esempio pu essere lo slogan o la sigla o l'emblema, chiaro che dovr io che ho subito l'atto di
concorrenza sleale e che quindi chiedo tutela, dimostrare che appunto comunque, anche se segno atipico, questo
segno ha le caratteristiche della capacit distintiva, sopratutto che l'ho utilizzato e che ovviamente questo segno si
diffuso e quindi ha acquistato una notoriet nel pubblico dei consumatori, per cui l'utilizzo di un segno simile pu
creare, idoneo a creare confusione.
Quindi dal punto di vista probatorio, anche se la tutela del 2598 una tutela ampia, prevista sia per i segni tipici che
per i segni atipici, tuttavia dal punto di vista probatorio la tutela per il segno atipico pi difficoltosa, perch devo

dimostrare che effettivamente quel segno ha acquisito notoriet, ha acquisito quindi diffusione nel pubblico dei
consumatori.)

I rapporti con i segni oggetto di specifica disciplina. La tutela prevista dallart. 2598 n.1c.c.
riguarda ogni tipo di segno, in particolare con il parlare di nomi o segni distintivi la norma usa
una formula lata, bisogna chiedersi allora se fra i segni tutelati dalla norma stessa rientrino
anche quelli che la legge gi tutela altrove, come la ditta, l insegna e il marchio
registrato(segni tipici dellimprenditore). Quindi una contraffazione di tali segni, gi prevista
come illecito e sanzionata altrove pu costituire anche atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n.
1 c.c.?la legge sembra deporre per una risposta affermativa, dato che la frase ferme le
disposizioni che concernono la tutelka dei segni distintivi che si legge nellesordio dellarticolo
2598 c.c. richiama senza dubbio le norme di protezione dei segni in questione, e lespressione
ferme fa pensare pi a un concorso che a unesclusione. Bisogna per stabilire se le due tutele
oltre che a concorrere (alternativamente) possano cumularsi: una parte di giurisprudenza in
tema di marchi registrati ha assunto al rigiuardo una posizione negativa, sostenendo linutilit di
una doppia qualificazione di illiceit (contraffazione di marchio e concorrenza sleale confusoria)
di una medesima fattispecie, dato che la tutela del segno tipico non sarebbe meno efficace di
quella contro la concorrenza sleale: si che una volta invocata la prima, la seconda nulla vi
aggiungerebbe e sarebbe appunto superflua. Cos facendo peraltro si negato soltanto il cumulo
in senso tecnico delle due azioni nel processo e non anche il fatto che la medesima fattispecie
possa esser soggetta ad entrambe le tutele, da invocarsi alternativamente. Comunque neppure
lesclusionem del cumulo nel medesimo giudizio convince, dato che sotto il profilo sanzionatorio
lazione do concorrenza sleale in realt qualcosa aggiunge a quella di contraffazione,
prevedendo la statuizione di opportuni provvedimenti affinch ne vengano eliminati gli effetti
(art. 2599 c.c.)che non prevista nel CPI e la presunzione di colpa (2600 c.c.) che non del
tutto equivalente a quella desumibile dal sistema di pubblicit legale dei marchi registrati, e
tanto meno dalla disciplina della ditta. dunque preferibile la tesi che ammette, in caso di
azione di contraffazione di marchio o di ditta che vi si possa far valere, ove ne ricorrano i
presupposti, la c.d. concorrenza sleale dipendente, cio la concorrenza sleale confusoria
consistente nella stessa contraffazione: il che tra laltro non provoca alcun inconveniente.

(Quand' che noi possiamo parlare di confondibilit??? parliamo di confondibilit quando c' il soddisfacimento, cio
quando il prodotto si rivolge allo stesso mercato, soddisfa le stesse esigenze, e quando naturalmente si guarda a
quella che la diligenza ordinaria del consumatore medio, tuttavia c' anche da valutare il settore merceologico
affine, cio non solo il settore specifico di mercato in cui quel prodotto viene diffuso, ma si guarda anche a quella
che pu essere un settore affine, perch questo tipo di comportamento, cio l'uso di segni distintivi che creano
confusione tra i consumatori pu riguardare anche prodotti affini, cio non lo stesso identico prodotto ma prodotti
affini, quindi c' sostanzialmente un'estensione del concetto di mercato ovvero sia di settore per poter valutare
appunto se l'atto confondibile oppure no....perch si va a tutelare sopratutto in questo caso anche il consumatore,
che potrebbe essere ingannato sulla provenienza di quel determinato prodotto o servizio anche nel caso in cui il
segno che crea confusione, utilizzato in un settore affine....sul discorso e sul concetto di affinit poi vero che
soccorrono le cd categorie merceologiche, per talvolta la giurisprudenza ci ha insegnato a considerare in modo
estensivo, e quindi spesso il concetto di affinit viene affermato anche al di la delle diverse categorie
merceologiche.
Tra l'altro va fatta una premessa fondamentale, il diritto industriale essendo un diritto vivo perch quotidianamente
noi abbiamo dimostrazioni di comportamenti che possono essere valutati dal punto di vista della concorrenza
piuttosto che della violazione di altre disposizioni del CPI, quindi ci si scontra sempre con quella che l'opinione e
l'elaborazione della dottrina di cui sicuramente gli autori del manuale sono tra coloro che costituiscono la dottrina
autorevole, e la giurisprudenza! il giudice che di volta in volta va a valutare quali sono le situazioni, le condizioni
particolari etc, se quindi i principi e le disposizioni trovano piena applicazione o devono essere invece contemperate
da altre disposizioni, per spesso la dottrina ritiene una determinata posizione, e la giurisprudenza magari di
opinione contraria....

la giurisprudenza certo non crea un precedente, ma ha la sua rilevanza....


quindi bisogna sempre tener conto di quelli che sono i principi e i concetti affermati in dottrina e quelle che sono le
decisione dei giudici nel caso specifico perch poi il caso specifico quello che viene sottoposto all'attenzione del
giudice, non il problema affrontato a livello teorico, il problema di capire se nel caso specifico l'atto crea
confusione o meno.... a questo punto, fatta questa precisazione, naturalmente ribadendo che quello che poi deve
essere valutato con questi parametri sempre il rischio di confondibilit, cio la potenzialit di creare confusione,
perch abbiamo visto che appunto l'illecito concorrenziale illecito di pericolo!
L'articolo 2 CPI: vi un'ulteriore conferma che vengono ad essere tutelati anche i segni atipici.

2.Costituzione ed acquisto dei diritti.-1. I diritti di propriet industriale si acquistano mediante brevettazione,
registrazione o negli altri modi previsti dal codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di
propriet industriale. Il titolo di propriet industriale, tanto vero che la distinzione tra segni cd titolati e segni
non titolati, nel senso che i segni titolati, i segni distintivi titolati sono appunto quelli per i quali c' stato un
procedimento di brevettazione o di registrazione, e i numeri 2 e 3 dell'articolo 2 del CPI vi indica quali sono le
fattispecie oggetto di brevettazione, come appunto le invenzioni, i modelli di utilit... mentre invece indica quali
sono le fattispecie oggetto di registrazione, come i marchi, disegni, modelli e via dicendo....
2. Sono oggetto di brevettazione le invenzioni, i modelli di utilit, le nuove variet vegetali.
3. Sono oggetto di registrazione i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a semiconduttori.
Poi dice anche al numero 4, e qua sta l'estensione della tutela al segno atipico, che sono protetti ricorrendone i
presupposti di legge, i segni distintivi diversi dal marchio registrato...
4. Sono protetti, ricorrendone i presupposti di legge, i segni distintivi diversi dal marchio registrato, le informazioni
aziendali riservate, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine.

La formulazione che viene utilizzata da questo numero 4 dell'articolo 2 consente di ricomprendere sia i segni tipici
appunto sia quelli atipici.
Segno distintivo atipico anche il marchio non registrato o appunto di fatto, io posso creare il mio simbolo
aeroplano, metterlo sulle scarpe che io produco senza assolutamente registrare, senza seguire quella procedura
amministrativa di registrazione che mi attribuirebbe il diritto esclusivo di utilizzo del marchio.
riconosciuta in certi limiti la tutela al marchio non registrato.
Operando questa distinzione all'articolo 2 CPI, ha fatto si che si possa parlare si cos detti diritti non titolati, cio
quei diritti che sorgono in base all'utilizzo di segni atipici che non sono stati sottoposti alla procedura di
registrazione o di brevettazione.
Quindi, riassumendo, l'articolo 2 del CPI, indica naturalmente quelli che sono i diritti che vengono ad essere oggetto
di registrazione e per quali fattispecie la registrazione viene ad essere attuata, ed indica anche quali invece sono le
fattispecie che sono oggetto di brevettazione, dopo di che per estende questa tutela anche ai segni atipici, cio a
quei segni che non trovano puntuale riferimento ma che vengono comunque utilizzati dall'imprenditore per
contraddistinguere la propria attivit, il proprio prodotto, i propri servizi.
Tra l'altro chiaro che c' da fare una analogia tra i diritti cd titolati, cio quelli che sono oggetto di registrazione o
di brevettazione con quella che la disciplina dei beni mobili registrati.
Il trasferimento, le vicende che possono interessare i cd diritti titolati, cio i diritti che sorgono in conseguenza di
una procedura di brevettazione piuttosto che di registrazione, sostanzialmente vengono ad essere registrati e quindi
vengono ad essere annotati cos come si annotano le diverse vicende che vanno ad interessare i beni mobili registrati.
Quindi, fatta la premessa che la tutela del 2598 riguarda i segni tipici e atipici, che possiamo avere una tutela
concorrente in base all'articolo 2 CPI, posto che appunto si opera questa distinzione, avremmo modo poi di verificare
in che limiti questo concorso di tutele va a operare perch ci sono alcuni autori che ritengono che (Vanzetti Di
Cataldo), che ci possa essere il concorso si, ma addirittura il cumulo delle azioni previste sia da parte del CPI, che da
parte del Codice Civile, mentre invece la giurisprudenza ritiene invece che vi sia applicazione solo della norma del

cc, quindi il 2598, quindi una alternativit: o applichi un tipo di tutela o l'altra, se esperisci l'azione ai sensi del
2598 non puoi agire sulla base delle disposizioni del CPI.
Chiarito che cosa si intende per segni tipici o atipici, diritto titolato o non titolato, un esempio concreto di quello
appena detto l'eventuale utilizzo di una ditta simile a quella di altro imprenditore, che pu destare confusione tra
i consumatori.
La ditta la denominazione commerciale, il nome commerciale dell'imprenditore.
Cos come l'insegna contraddistingue i locali in cui viene svolta l'attivit di impresa.
Normalmente appunto la ditta deve contenere per anche il nome civile dell'imprenditore, e parliamo di ditta
irregolare, se non contiene il nome civile dell'imprenditore.
Quindi segno tipico la ditta regolare, segno atipico la ditta irregolare, cio quella che non contiene il nome civile
dell'imprenditore, e comunque un segno che pu essere utilizzato legittimamente dall'imprenditore, si definisce
ditta irregolare, ma comunque utilizzabile legittimamente.
Nel momento in cui un soggetto utilizza una ditta che per le caratteristiche pu creare confusione con quella
utilizzata da altro imprenditore, noi abbiamo due disposizioni che ci aiutano a trovare tutela:

il 2598, che ci dice che atto di concorrenza sleale quindi l'uso di segni distintivi che sono idonei a creare
confusione

il 2598 ci pone dei rimedi a livello sanzionatorio, io imprenditore che mi vedo imitare la ditta e che quindi si crea
confusione nel pubblico dei consumatori, esperir un'azione inibitoria chiedendo al giudice che vieti quel
determinato comportamento, eventualmente chieder un risarcimento danni se ci saranno i presupposti e chieder
anche che vengano adottati gli opportuni provvedimenti per eliminare tutte quelle che sono le conseguenze del
comportamento di concorrenza sleale posto in essere dall'imprenditore.

Per abbiamo anche una norma del CC, il 2564, che mi dice che quando un imprenditore utilizza una ditta
simile ad altro imprenditore, pensiamo al caso di omonimia, pensiamo ad un nome di fantasia che pu
essere simile e creare confusione, ci dice semplicemente il 2564 che sufficiente che l'imprenditore che per
secondo utilizza la ditta, inserisca degli elementi di differenziazione, quindi che vada ad aggiungere a
quella ditta delle caratteristiche tali da differenziarla da quella che utilizzata dall'imprenditore
concorrente.

Art. 2564. Modificazione della ditta. .-1. Quando la ditta uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e
pu creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa esercitata, deve essere integrata o
modificata con indicazioni idonee a differenziarla.
2. Per le imprese commerciali l'obbligo dell'integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel
registro delle imprese in epoca posteriore.

Quindi in questo caso ci si posti il problema di capire se di fronte alla imitazione e quindi alla confusione
determinata dall'utilizzo di una ditta, quale sia la tutela da applicare, cio se il 2598, che ha una tutela pi ampia o
il 2564???
anche qui c' contrasto tra dottrina e giurisprudenza e tuttavia diciamo l'opinione prevalente di considerare il 2564
norma speciale rispetto al 2598, quindi norma che deve essere applicata prima di tutto quindi, non pu essere
derogata dal 2598, per cui in realt l'azione inibitoria potr si essere esperita ma nei limiti di quello che ammette la
disposizione del 2564.
questo significa che l'imprenditore potr effettivamente rivolgersi al giudice, per cercare di far vietare quel
comportamento, far vietare quel comportamento per senza ottenere quei provvedimenti che vanno ad eliminare
totalmente l'utilizzo della ditta, ma semplicemente a far vietare quel comportamento perch l'imprenditore dovr
dotarsi di elementi differenziatori che lo distinguono dalla ditta utilizzata in precedenza da altro imprenditore.
Quindi in questo caso l'opinione prevalente quella di riconoscere questo carattere di specialit al 2564, per cui
effettivamente l'azione inibitoria potr essere esperita, ma con le delimitazioni che vengono ad essere imposte dalla

norma speciale del 2564 quindi, io potr adire il giudice affinch vieti il comportamento, ovvero sia vieti l'utilizzo di
quella ditta cos com', quindi ordini all'imprenditore di inserire degli elementi che la contraddistinguono, che la
differenzino dalla ditta utilizzata da me.
Quindi chiaro che ci deve essere sempre un contemperamento e quindi una valutazione delle disposizioni che
ovviamente entrano in gioco quando parliamo di segni distintivi.
Altra ipotesi di segno atipico per esempio il marchio di fatto, cio il marchio che non registrato, anche il marchio
non registrato ha una tutela, sia pur ovviamente limitata rispetto al marchio registrato, ma in ogni caso la tutela
trover attuazione qualora appunto si crei confusione utilizzando uno stesso marchio per un prodotto identico o
affine ovvero sia per un prodotto che si rivolge allo stesso mercato.
Questa tutela limitata sia al pre uso dal punto di vista temporale, sia al pre uso dal punto di vista locale, cio io
che decido di non registrare il marchio aeroplano posso comunque reagire e chiedere tutela di fronte per esempio
che un altro imprenditore registri il marchio aeroplano per le scarpe, e posso chiedere, nei limiti del pre uso, sia dal
punto di vista temporale (da quanto tempo ho iniziato ad utilizzare quel marchio, e quindi la notoriet che quel
marchio ha acquisito) e sulla base di questo posso chiedere che il marchio, sia pur registrato, ma registrato
successivamente, non venga diffuso, cio il prodotto con quel marchio non venga diffuso nel territorio dove io ho
iniziato a produrre le scarpe con il marchio aeroplano.
Quindi sia pur in modo limitato rispetto a quella che sarebbe invece la tutela pi ampia che avrebbe se il marchio
fosse stato registrato, tuttavia per anche il marchio di fatto non registrato, cio il marchio come segno atipico che
non ha le caratteristiche previste dalla legge, riesce tuttavia ad ottenere una certa tutela... i segni atipici come
appunto potrebbe essere la ditta irregolare, cio la ditta che non contiene il nome civile dell'imprenditore o il
marchio di fatto, comunque riescono a ottenere tutela sia pur limitata, ma ad ottenerla, c' da dire che il 2598
precisa che questi segni devono essere legittimamente usati.
Cosa si intende? L'orientamento prevalente, sopratutto quello poi seguito da Vanzetti e Di Cataldo, intendere per
legittimamente usato, usati come quei segni che vengono utilizzati senza violare diritti di terzi, quindi l'uso
legittimo determinato dalla mancata violazione appunto di diritti di terzi di altre persone.
Anche questi segni atipici trovano una loro puntuale tutela.)

Limitazione dellaltrui marchio registrato. I marchi registrati rientrano fra i nomi o segni
distintivi protetti dallart. 2598 n.1 c.c., tuttavia sbagliato dire che la contraffazione di un
marchio registrato costituisca sempre e comunque anche concorrenza sleale confusoria;
questultima infatti ricorre solo quando vi sia una concreta possibilit di confusione, nonch un
rapporto di concorrenza fra i soggetti interessati, il che non si verifica per contraffazione di
marchio registrato che protetto su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalluso di esso,
dallestensione di questuso e da qualsiasi notoriet qualificata. Di conseguenza la
contraffazione di un marchio registrato non dar luogo a concorrenza sleale confusoria quando
quel marchio non sia usato e quando luso di esso sia territorialmente limitato in modo da
escludere una sovrapposizione con lambito di notoriet qualificata del segno non registrato. La
tutela del marchio registrato si estende a tutti i prodotti o servizi per i quali il segno sia stato
appunto registrato, a prescindere dalluso che il titolare ne faccia, mentre perch possa trovare
luogo anche la tutela concorrenziale sar necessario che il marchio registrato sia concretamente
usato per prodotti o servizi eguali o affini a quelli del contraffattore: e ci in coerenza con
lesigenza che possa verificarsi un concreto rischio di confusione. Va tuttavia precisato a questo
riguardo che mentre nella prospettiva della specifica tutela del marchio registrato laffinit tra
prodotti andr riscontrata prendendo in considerazione da un lato quelli per i quali il segno sia
adoperato dal contraffattore, e dallaltro lato quelli per i quali il marchio sia stato registrato, a
prescindere dalluso che il titolare ne faccia, sotto il profilo della concorrenza sleale confusoria
il raffronto andr fatto fra i prodotti per i quali i due soggetti in conflitto concretamente usino il
segno: e cio ancora in coerenza con lesigenza che possa verificarsi un concreto rischio di
confusione.

Imitazione confusoria dellaltrui ditta. La fattispecie contemplata dallart. 2564 in tema di


ditta regolare, ossia la confondibilit per loggetto dellimpresa e per il luogo in cui questa
esercitata, corrisponde con quella dellimitazione confusoria prevista dallart. 2598 n.1 c.c.. Le
due norme invece sono diverse dal punto di vista delle sanzioni.
Lart. 2564 infatti si limita ad imporre integrazioni o modifiche idonee a differenziare la ditta
del contraffattore; lart. 2599 invece in tema di concorrenza sleale, prevede linibitoria,
lemanazione di opportuni provvedimenti per rimuovere gli effetti dellatto confusorio, il
risarcimento del danno e la pubblicazione della sentenza. Se, quindi la contraffazione di ditta
anche atto di concorrenza sleale confusoria, possibile cumulare lunica sanzione prevista
dallart. 2564 c.c. con quelle contemplate nellart. 2599 c.c. (e ci anche se sia stata esperita la
sola azione di contraffazione). Lunico problema si pone per la sanzione dlelinibitoria che
sembra essere incompatibile con quella, della stessa natura ma pi limitata, dellordine di
modifica o integraizone di cui allart. 2564 c.c.. Tra le due norme, la dottrina attribuisce
prevalenza allart. 2564 c.c. in quanto norma speciale, con la conseguenza che, in caso di
concorrenza sleale per contraffazione di ditta regolare, linibitoria non potr superare i limiti di
tale articolo. Quanto detto per la ditta ha valore anche per la contraffazione della ragione o
denominazione sociale e dellinsegna.

La tutela dei segni atipici. Tra i segni aticvpici utilizzabili a fini distintivi in unattivit
imprenditoriale, i pi importanti sono:
-

La ditta irregolare

Il marchio di fatto

Si parla di ditta irregolare nel caso della ditta che in contrasto con lart. 2563 c.c. non contiene
n il nome n la sigla dellimprenditore. Si sostenuto che tale segno a causa della sua
irregolarit, non rientri tra quelli protetti dallart. 2598 n.1 c.c., i quali devono essere in base a
questa norma, legittimamente usati, nel senso che deve trattarsi di segni il cui uso non violi
diritti dei terzi, ove ricorra tale condizione, quidni, anche la ditta irregolare rientra tra i nomi o
segni distintivi protetti dallarticolo 2598 c.c.
Trova tutela in questa norma anche il marchio di fatto (ossia non registrato), la contraffazione di
tale marchio infatti, non altro che unipotesi di concorrenza sleale confusoria.
Gli altri segni suscettibili di tutela ex 2598 n.1 c.c. sono:
-

La sigla, se non corrisponde alla ditta e se non costituita dalle iniziali di parole di uso
comune nel linguaggio professionale;

Lemblema, se non costituisce loggetto di un marchio registrato

Gli slogan, qualora assumano carattere distintivo

Imitazione servile. Lart. 2598 n.1 c.c. come seconda delle tre fattispecie contempla la c.d.
imitazione servile, sancendo che compie atti di concorrenza sleale chiunque imita servilmente
prodotti di un concorrente. Tale formula, che ad una prima lettura sembrerebbe vietare

qualsiasi imitazione degli altrui prodotti, purch fedele e pedissequa, stata nel tempo oggetto
di interpretazioni sempre pi restrittive. Un primo limite concerne le part di prodotto la cui
imitazione pu definirsi illecita. Considerando infatti che limitazione servile inserita in un
contesto che tratta della concorrenza confusoria, deve ritenersi vietata dalla norma soltanto
limitazione delle parti appariscenti, esterne del prodotto in quanto solo limitazione di esse pu
appunto ingenerare confusione in chi guarda il prodotto. Limitazione rilevante ai fini della
concorrenza sleale per confondibilit, quindi, non si identifica con la riproduzione di qualsiasi
forma del prodotto altrui, ma solo con quella che cade sulle caratteristiche esteriori dotate di
efficacia individualizzante e cio idonee, proprio in virt della loro capacit distintiva, a
ricollegare il prodotto ad una determinata impresa. In tema di imitazione servile, dunque, i
segni distintivi sono costituiti dalla forma esteriore del prodotto o anche dalla confezione di esso
(segni distintivi tridimensionali).
La forma o la confezione, inoltre per essere oggetto di tutela deve possedere i seguenti
requisiti:
-

La novit

Loriginalit

La notoriet al mercato (potendo la confusione prodursi solo in quanto la forma imitata


sia gi nota al consumatore

Un secondo limite allampia portata del divieto di imitazione servile deriva dallesigenza di
coordinarlo con il sistema brevettuale. Caratteristica essenziale di tale sistema limposizione,
ad opera del legislatore, di precisi limiti temporali alla durata dei brevetti er garantire cos
lacquisizione delle innovazioni tecniche ed estetiche al patrimonio culturale collettivo.
Il divieto dell imitazione servile tutela solo linteresse a che limitatore non crei confusione con
i prodotti del concorrente, realizzando le condizioni perch il potenziale acquirente possa
equivocare sulla fonte di produzione.
Tale interesse, quando non sia in discussione la libera produzione di oggetti ( sia perch frutto di
idee non brevettate, non brevettabili o cadute in pubblico dominio per scadenza del brevetto,
sia perch non invocata la tutela della privativa), pu ritenersi soddisfatto dalla presentazione
del prodotto con contenitori differenti, recanti il marchio del produttore o comunque una
denominazione diversa, ovvero dalla presentazione del prodotto con la precisa indicazione che
lo stesso fabbricato da un diverso imprenditore. Ai fini della confondibilit, non pu quindi
attribuirsi alcun rilievo alle forme non visibili esteriormente, quali quella del contenuto di una
scatola, che non costituiscono forma individualizzante. In questa sede interessa soprattutto
considerare la registrazione di disegni e di modelli ed il brevetto per modello di utilit, in
quanto riguardano essenzialmente la forma del prodotto e cio proprio loggetto della tutela
contro limitazione servile. Orbene: la durata della registrazione per modello e disegno
industriale di 5 anni (prorogabile fino ad un massimo di 25), mentre quella del brevetto per
modello di utilit di 10 anni. Per quanto riguarda disegni e modelli, bisogna tener conto della
durata del diritto di utilizzazione economica per diritto dautore di cui allart. 44 del CPI, come
modificato dal d.l. 10/2007 conv. in l. 46/2007 secondo cui i diritti di utilizzazione economica
dei disegni e modelli industriali durano tutta la vita dellautore e sino al termine del
settantesimo anno solare dopo la sua morte dellultimo dei coautori. Superati questi limiti di
tempo, le forme dei prodotti in cui consistono le innovazioni, possono essere liberamente
imitate da chiunque, in quanto di pubblico dominio.

Alternativit delle tutele. Lart. 2598 n.1 c.c. concede contro limitazione servile una tutela potenzialmente
perpetua, chi adotta una forma distintiva per il proprio prodotto potr vietare a chiunque di imitarla senza limiti di
tempo. Considerando a questo punto che le forme distintive dei prodotti possono rivestire i caratteri propri dei
modelli di utilit e dei modelli e disegni industriali, emerge la zona di sovrapposizione tra le due discipline. Per
evitare allora una totale disapplicazione delle norme sui brevetti, si affermata la necessit di interpretare
restrittiva,ente il divieto di imitazione servile, nel senso di escludere dal suo ambito applicativo tutte le forme,
funzionali ed ornamentali, idonee a costituire oggetto di protezione brevettuale e, come tali gi tutelate nei limiti
temporali stabiliti dalla legge. In particolare si giunti a sostenere che laccoglimento della domanda di concorrenza
sleale sia subordinato allaccertamento che la forma imitata non sia suscettibile di tutela brevettuale e che le forme
suscettibili di costituire oggetto di registrazione come modello o disegno industriale o di brevettazione come
modello di utilit sono liberamente imitabili ove non siano state registrate o non lo siano pi per scadenza del
relativo brevetto. Al contrario la tutela ex 2958 n.1 c.c. contro colui che si appropri delle caratteristiche distintive
di un prodotto, imitandole in modo servile, non presuppone che il prodotto imitato abbia i connotati della novit ed
originalit necessari per la brevettabilit dello stesso e neppure esclusa, di per s dalla circostanza che il prodotto
rechi un marchio idoneo ad attribuire lorigine ad un determinato produttore, allorquando tale marchio, per le
modalit della sua utilizzazione, non adempia la sua funzione qualificante e distintiva.

A. Le forme funzionali: il principio appena visto sui rapporti fra tutela concorrenziale contro
limitazione servile e tutela brevettuale pacificamente accolto dalla giurisprudenza in
ordine alle forme utili o funzionali (forme che conferiscono una particolare funzionalit a
macchine, oggetti duso, utensili,ecc.). Si sostiene infatti che tutte le forme utili che
possono essere brevettate come modelli di utilit e non lo sono state, o il cui brevetto
scaduto, non possono essere tutelate contro limitazione servile e sono perci liberamente
imitabili. Se lecito copiare lidea funzionale altrui, non per lecito copiare anche quelle
forme la cui produzione porrebbe in essere semplicemente lindistinguibilit dei prodotti nel
mercato cos da consentire a chi copia non solo di avvantaggiarsi dellidea, ma anche
dellaltrui avviamento pur se la forma non stata brevettata, ovvero il brevetto sia scaduto.
Parte della dottrina osserva inoltre che esistono forme che sono si utili ma che non hanno
sufficiente originalit per essere brevettate. Queste allora devono ritenersi tutelabili contro
limitazione servile.
Questione molto dibattuta poi se lesclusione dal divieto di imitazione servile riguardi solo
le forme utili inderogabili, necessarie al conseguimento della funzionalit conferita al
prodotto o si estenda anche a quelle fungibili, ossia sostituibili da altre capaci di conseguire
la stessa utilit.
Secondo parte della dottrina il problema non va posto in questi termini: ci che rileva in
proposito infatti non se una forma sia o meno inderogabile, ma se una forma abbia o meno
portata innovativa; ne consegue che in assenza di brevettazione sono liberamente imitabili
anche le forme che, pur non essendo infungibili, sono caratterizzate da un proprio concetto
innovativo; invece sono tutelabili contro limitazione servile le forme utili che oltre ad
essere fungibili, appartengono ad un medesimo concetto innovativo, gi noto e non tutelato
brevettualmente. Tale tesi ha tratti spunto dal disposto normativo di cui allart 2 comma 3
del R.D: 1411 del 1940, la legge sui modelli, il cui contenuto ripreso dallart. 82.3 del CPI
prevede che gli effetti del brevetto per modelli di utilit si estendono ai modelli che
conseguono pari utilit, purch utilizzino lo stesso concetto innovativo, da tale norma
infatti si desume che oggetto della tutela brevettuale il concetto innovativo, con la
conseguenza che, in mancanza d brevettazione esso potr essere liberamente usato.

B. Le forme ornamentali: il problema del coordinamento tra la tutela brevettuale limitata nel
tempo me quella potenzialmente perpetua del divieto di imitazione servile si pone anche per
le forme ornamentali (forme destinate a migliorare lestetica dei prodotti, conferendo loro

un particolare ornamento). La giurisprudenza della Suprema Corte ebbe ad affermare, in


passato, la piena equiparazione, sotto tale profilo, delle forme ornamentali alle forme utili,
giungendo, cos a sostenere che possono essere tutelate contro limitazione servile soltanto
le forme totalmente prive di carattere ornamentale ossia le forme brutte, sgradevoli dei
prodotti. Aderire a tale tesi, tuttavia significherebbe cancellare il divieto in questione,
essendo quasi impossibile ipotizzare che un imprenditore chieda la tutela di una forma
brutta. Parte della dottrina e la giurisprudenza pi recente hanno, perci individuato uno
spazio di effettiva operativit al divieto di imitazione servile, limitando il novero delle forme
suscettibili di brevettazione come modello industriale alle sole forme che presentino una
portata innovativa che si configura quasi come momento di rottura rispetto allestetica
affermata in quel settore merceologico. Tale orientamento sembra confermato peraltro dal
CPI che agli articoli 32 e 33 subordina la registrabilit di disegni e modelli alla sussistenza dei
due requisiti della novit e del carattere individuale. In mancanza di tali requisiti si esclude
la brevettabilit della forma esetetica: forme che, pur essendo esteticamente piacevoli, non
rappresentando una novit non sono brevettabili, ma restano tutelabili in perpetuo, contro
le servili imitazioni ex art. 2598 n.1 c.c. se posseggono carattere distintivo.

Gli altri mezzi idonei a creare confusione. La terza fattispecie dellart. 2598n.1 c.c.
reprimendo gli altri mezzi con cui si compiano atti confusori, rappresenta una norma di chiusura
con la quale il legislatore intende escludere la liceit di qualsiasi atto confusorio. Poich per gli
atti confusori richiedono per compiersi, luso di segni distintivi confondibili e sono perci
riconducibili alla prima parte della norma, lapplicazione giurisprudenziale della fattispecie in
esame estremamente rara e concerne di solito ipotesi di appropriazione di segni distintivi
inusuali, quali ad esempio:
-

Luso sui furgoni per la distribuzione dei prodotti di colori identici a quelli utilizzati dal
concorrente

Limitazione delle caratteristiche esteriori degli altrui stabilimenti

Luso di fotografie di prodotti altrui nel proprio materiale pubblicitario

La copiatura di cataloghi o depliant

La seconda delle tre fattispecie individuate dall'articolo 2598 come atto confusorio l'imitazione servile.
L'imitazione servile deve essere circoscritta a quelle parti che sono appariscenti, perch chiaro ed evidente che la
confusione si crea nel consumatore, in tanto in quanto la parte appariscente del prodotto o del servizio viene
imitata, perch chiaro che la parte intrinseca non visibile all'esterno, e quindi non pu creare confusione.
Per cui c' da fare questa distinzione laddove si va a verificare una fattispecie di imitazione servile, se questa
imitazione servile del prodotto riguarda appunto la forma esteriore ovvero sia del prodotto o della confezione
anche.

Per esempio, sono sottoposti a registrazione quindi possibile acquistare un diritto esclusivo, anche i cos detti
disegni o modelli, o i cd modelli di utilit.
Per questa tipologia di creazioni, prevista la registrazione, a questo punto per, siccome i termini della
registrazione sono diversi, perch per esempio per il modello o disegno industriale, la registrazione vale 5 anni, per i

modelli di utilit vale 10 anni, vi sono anche dei termini diversi di scadenza della registrazione, bisogna quindi
coordinare queste disposizioni con la disciplina del 2598.
l'imitazione servile deve riguardare quella che la forma esteriore, ovvero sia quella che la parte appariscente, e
la giurisprudenza su questo punto direi quasi costante nel non dare rilievo ovviamente all'imitazione di quelle
forme che non sono visibili, quindi che sono intrinseche al prodotto.

(L'articolo 2598.1 cc dice che compie atti di concorrenza sleale chiunque imita servilmente i prodotti di un
concorrente. una formula assai ampia, che sembrerebbe vietare qualsiasi imitazione dei prodotti del concorrente,
con il solo limite che l'imitazione sia servile, cio che si tratti di imitazione fedele, pedissequa e forse completa.
Questa ampia formula, tuttavia, stata progressivamente oggetto di interpretazioni sempre pi restrittive.
Un primo limite concerne le parti, gli elementi del prodotto la cui imitazione pu ritenersi illecita.
Si ritiene vietata dalla norma soltanto l'imitazione delle parti appariscenti, esterne, vale a dire della forma del
prodotto, della sua confezione, perch solo l'imitazione di esse, appunto, poteva ingenerare confusione in chi
guardasse il prodotto stesso. E per conto si giunse ad escludere che potesse qualificarsi come imitazione servile
illecita quella delle parti interne e strutturali, data l'assenza di un effetto confusorio.
E l'indifferenza, sotto il profilo che qui ci interessa, delle parti appunto interne e strutturali venne ribadita con
l'affermazione che in presenza di un'imitazione delle forme esterne capace di produrre confondibilit, l'illecito non
fosse escluso dalla diversit delle parti interne.
In realt, dopo aver previsto che si compiano atti di concorrenza sleale quando si crea confusione nell'uso di segni o
nomi distintivi dell'imprenditore, quando c' l'imitazione servile, terza ipotesi che il 2598 elenca come disposizione di
chiusura: tutti gli altri mezzi con cui possono essere compiuti atti confusori, quindi atti idonei a creare appunto
confusione.
La giurisprudenza ha riempito questa clausola generale perch ovviamente essendo clausola generale prevede in
astratto tutte quelle attivit che possono dar luogo a confusione, e ad esempio stato ritenuto atto confusorio e
quindi sottoposto alla disciplina del 2598 ad esempio l'uso sul furgone di colori esattamente uguali, sistemati in
modo esattamente simile a quello dell'imprenditore concorrente...
ad esempio ci sono i furgoncini dei corrieri espressi che hanno certi colori e certe scritte, l'accoppiamento di
determinati colori in un certo modo pu essere considerata, se l'imprenditore concorrente utilizza la stessa tipologia,
potrebbe essere considerato atto confusorio.
Altra ipotesi che la giurisprudenza ha individuato l'uso, la creazione di depliant simili a quelli dell'imprenditore
concorrente, per cui io consumatore medio posso essere indotto a ritenere che quel determinato prodotto sia
proveniente da altro imprenditore.
La caratteristica, la tipologia che la confusione verta sulla provenienza di quel prodotto o servizio.Oppure l'utilizzo
di fotografie che in qualche modo possano far pensare perch riproducono magari luoghi dell'azienda,
dell'imprenditore concorrente possano far pensare che la provenienza del prodotto sia appunto di quell'imprenditore
piuttosto che di un altro. Quindi le fattispecie poi possono essere le pi varie e appunto il giudice che andr ad
accertare se l'atto o meno confusorio, sicuramente rappresenta la norma di chiusura, tutti quegli atti che possono
comunque essere idonei a creare confusione, che non rientrano tra le prime due fattispecie del numero 1 del 2598
comunque possono essere fatti rientrare come atti di concorrenza sleale ai sensi di questa clausola generale proprio
perch si dice: con qualsiasi altro mezzo che possa creare confusione.)

Cap. 5. Denigrazione e appropriazione di pregi.


Il numero 2 dellart. 2598 c.c. disciplina due diverse ipotesi di concorrenza sleale:
-

La denigrazione

Lappropriazione di pregi

Secondo la norma in esame, infatti, compie atti di concorrenza sleale chiunque diffonde notizie
ed apprezzamenti sui prodotto e sullattivit di un concorrente, idonei a determinarne il
discredito, o si appropria dei pregi dei prodotti o dellimpresa di un concorrente.
La norma disciplina quindi due fattispecie sotto il medesimo numero di articolo, ci ha indotto
alcuni a considerarle simili o quanto meno connesse, in realt invece sono fattispecie che non
hanno a che fare luna con laltra e che vanno trattate separatamente.
1. La denigrazione: consiste nella diffusione di notizie ed apprezzamenti sui prodotti e
sullattivit di un concorrente, idonei a determinare il discredito (vale a dire la perdita o la
diminuzione della fiducia di cui unimpresa ed i suoi prodotti godono sul mercato) e a
procurare cos, un danno concorrenziale dovuto ad esempio alla perdita della clientela o
addirittura dei dipendenti, a difficolt di rapporti con i fornitori, ecc.). Per diffusione di
notizie e di apprezzamenti negativi non deve intendersi solo la divulgazione di questi ad una
pluralit di soggetti, ma anche la comunicazione ad un solo soggetto o ad una cerchia
ristretta di persone, semprech ne derivi un danno concorrenziale (rileva a tal proposito
anche la perdita di un singolo affare se la conseguenza di una notizia screditante). La
cassazione, invece ha rilevato che la concorrenza sleale di cui allart. 2598 n.2 c.c.
consistente nel diffondere notizie ed apprezzamenti sullattivit altrui in modo idoneo a
determinarne il discredito, richiede uneffetiva divulgazione della notizia ad una pluralit di
persone, e non pertanto configurabile nellipotesi di esternazioni occasionalmente rivolte a
singoli interlocutori nellambito di separati e limitati colloqui (Cass. 30-5-2007 n. 12681).
Per notizie o apprezzamenti sui prodotti e sullattivit di un concorrente devono intendersi,
secondo una pi ampia interpretazione della formula, anche notizie sullo stato di dissesto o
di difficolt economiche dellimpresa concorrente (perch possono determinare per
questultima un danno concorrenziale) oppure notizie attinenti alla personale reputazione
del concorrente nel caso possano avere riflessi concorrenziali. Non invece atto di
denigrazione la diffusione di notizie strettamente personali, attinenti ad esempio a
comportamenti familiari o sociali, che sotto il profilo concorrenziale sono indifferenti..
Questione molto discussa in giurisprudenza ed in dottrina lammissibilit della c.d.
exceptio veritatis, cio la liceit delle notizie e degli apprezzamenti veritieri:
-

Secondo alcuni (Ascarelli e Minervini), la diffusione di notizie, anche se vere, che


comporti denigrazione vietata;

Secondo la dottrina dominante e gran parte della giurisprudenza, invece, la diffusione di


notizie vere, anche se comporti il discredito del concorrente, pu ritenersi lecita, sempre
che si tratti di notizie ed apprezzamenti non soltanto rigorosamente veri ma anche
esposti in modo obiettivo poich suffragano il diritto del consumatore alla formazione di
un giudizio completo.

Per quanto attiene al soggetto leso dallattivit denigratoria la dottrina ha precisato che solo
limprenditore che risulti obiettivamente identificabile come fonte dei prodotti , autore
dellattivit o titolare dellimpresa oggetto della denigrazione, sar legittimato ad agire per
concorrenza sleale. Nel caso si tratti della denigrazione di un genere di prodotti, che crei un
effetto screditante in capo a tutti i produttori di quel bene, la legittimazione ad agire per
denigrazione sar estesa a ciascuno degli imprenditori della categoria, nonch alle
associazioni di categoria, ex art. 2601 c.c..
Casi di denigrazione:

a. Comparazione e pubblicit comparativa: lart. 2598 n.2 considera come concorrenza


sleale il comportamento di chi diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e
sullattivit di un concorrente, idonei a determinarne il discredito. Secondo lopinione
comune, rientra in tale fattispecie non solo la pubblicit non avente altro fine che
quello di screditare i prodotti e lattivit dei concorrenti, ma anche la pubblicit
volta a confrontare i prodotti o servizi pubblicizzati con quelli di uno o pi
concorrenti per far risaltare la superiorit o la maggiore convenienza degli uni
rispetto agli altri (magnificazione del prodotto). In passato, pur in assenza si un
riferimento esplicito, era considerata illecita la pubblicit comparativa, consistente
nel raffronto del proprio prodotto con quello di un concorrente, con una valutazione
positiva del primo ed una conseguente valutazione negativa, anche implicita del
secondo. Pi precisamente tale forma pubblicitaria era inclusa nelle ipotesi di
denigrazione del prodotto altrui e dunque sanzionata come forma di concorrenza
sleale ex 2598 n.2 o come ipotesi di agganciamento ricondotta in alcuni casi allart.
2598 n.2 seconda parte. La pubblicit comparativa, quindi, era considerata
inammissibile indipendentemente dalla verit dei fatti affermati e dalla continenza
degli apprezzamenti. Questorientamento stato criticato da una parte della dottrina
alla fine degli anni 60, sulla base della considerazione che la pubblicit comparativa,
aumentando le informazioni a disposizione del pubblico dei consumatori e la
trasparenza del mercato, favorisce la concorrenza e la capacit di scelta dei
consumatori. Attualmente la pubblicit comparativa considerata lecita entro i limiti
imposti dallart. 4 del d.lgs. 145/2007 che ha precisato per essa ulteriori condizioni di
liceit, che si vanno a sommare a quelle specificate dal C del consumo, nonch una
pi pregnante tutela amministrativa e giurisdizionale (di competenza dellautorit
garante della concorrenza e del mercato) nei casi in cui la pubblicit comprativa
debba considerarsi ingannevole. La pubblicit comprata uva considerata lecita
quando:
-

Non si presenta ingannevole

Confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono con gli
stessi obiettivi

Confronta oggettivamente una o pi caratteristiche essenziali e verificabili di tali


beni o servizi

Non ingenera confusione sul mercato

Non causa discredito o denigrazione dei marchi, denominazioni, altri segni


distintivi, beni o servizi di un concorrente

Non trae indebitamente vantaggio dalla notoriet connessa al marchio, alla


denominazione o ad altro segno distintivo di un concorrente

Non presenta un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o


servizi prodotti da un marchio o da una denominazione depositati.

b. Diffida: una comunicazione con la quale si invita perentoriamente un certo soggetto


o una pluralit di soggetti a non tenere un determinato comportamento che
costituisca o costituirebbe violazione di un diritto del diffidante. Quando una diffida
di questo tipo indirizzata solo a chi sta attuando (o sta per attuare) un
comportamento ritenuto illegittimo, e quindi non portata a conoscenza di altri, essa

non avr alcuna efficacia screditante; ma se la diffida viene rivolta a soggetti


diversio, solitamente a mezzo stampa (ai clienti dellimprenditore, invitati con essa a
non acquistare i prodotti di un determinato concorrente a causa di quel
comportamento illegittimo, motivo della diffida stessa), potr porsi un problema di
liceit o di illiceit secondo la norma in esame: la diffida, sostanzialmente sar
considerata lecita o illecita in base alla valutazione della sua veridicit, consistente
nellaccertamento dellillecito che viene imputato al concorrente.
c. Diffusione di notizie su procedimenti e provvedimenti giudiziari: la liceit della
diffusione di notizie su procedimenti giudiziari, intrapresi da un imprenditore nei
confronti di un concorrente, dipende dallesito del giudizio dovendosi negare nel caso
in cui lattore risulti soccombente. Per quanto riguarda poi la pubblicazione di
provvedimenti giudiziari (che non sia stata disposta dallautorit giudiziaria) essa va
considerata lecita, tranne nei casi in cui sia fuorviante per i destinatari circa il vero
contenuto del provvedimento.
d. Legittima difesa: anche per la concorrenza sleale, configurata come un aspetto
dellillecito aquiliano, si parla di legittima difesa e cio si sostiene che lilliceit del
comportamento vietato pu essere esclusa se esso stesso sia stato posto in essere per
reagire al comportamento illecito del concorrente. Lagire in legittima difesa, in caso
di denigrazione, subordinato a due condizioni:
-

Le notizie diffuse devono essere vere

La difesa deve essere proporzionata allesigenza di dare notizia dellaggressione


subita ai soggetti interessati ( in genere alla clientela). La difesa deve essere cio
obiettiva, non tendenziosa e moderata.

2. L appropriazione di pregi: lart 2598 c.c. al n. 2 afferma che compie atti di concorrenza
sleale anche chi si appropria di pregi dei prodotti o dellimpresa di un concorrente. Per pregi
si intendono non delle entit materiali appartenenti allimpresa aggredita, ma delle qualit
dellimpresa stessa o dei suoi prodotti; pi precisamente, costituiscono pregi tutti i fatti
riguardanti i caratteri dellimpresa, i risultati da essa conseguiti o le qualit dei prodotti o
dei servizi che per il pubblico rappresentino o possano rappresentare motivi di
apprezzamento positivo e quindi di preferenza dellimpresa e delle sue prestazioni rispetto
alle altre imprese. Con lespressione appropriarsi di pregi, deve inoltre intendersi
lautoattribuzione di qualit e caratteristiche positive che in realt non si posseggono e che
invece sono presenti nei prodotti o nellimpresa di un concorrente. Rientra nella fattispecie
in esame, ad esempio il cado di chi si dichiari concessionario o distributore ufficiale di una
celebre marca, pur non essendolo a differenza di altri; o il caso di chi dichiari di sottoporre i
suoi prodotti al controllo di un istituto specializzato, pur non facendolo; o il caso di chi
affermi la presenza nei propri prodotti di una determinata materia prima pregiata che in
realt non impiega, a differenza di altri.
Sempre nellambito dellappropriazione di pregi, si parla di agganciamento alla notoriet
altrui, quando chi si propone al pubblico lo fa equiparandosi in modo esplicito ad un
concorrente noto o ai suoi prodotti, approfittando cos del frutto dellaltrui lavoro o
investimento (ossia della conoscenza e del credito di cui quel prodotto o quellimpresa sono
giunti a godere sul mercato stesso): si comprende bene come caratteristica principale di tale
fattispecie sia proprio la sua natura parassitaria. Esempi classici di agganciamento sono:

Limpiego sul proprio prodotto, oltre che del proprio marchio, del marchio altrui
preceduto dalla parola tipo o modello o simili (scarpe tipo Tods, automobile tipo
Fiat)

Limmissione sul mercato di un nuovo prodotto con una forma analoga a quella di
un prodotto gi noto, anche se con un marchio denominativo del tutto diverso.

Va rilevato inoltre che lagganciamento viene ritenuto illecito anche quando i prodotti agganciati
sono qualitativamente equivalenti o migliori di quelli trainanti: lilliceit non dipende quindi
dalla veridicit o meno delle affermazioni. Essa, tuttavia potr ritenersi esclusa quando luso del
segno distintivo altrui sia necessario, ad esempio per indicare le modalit dimpiego del proprio
prodotto, la sua destinazione a fungere da accessorio o pezzo di ricambio.
La giurisprudenza riconduce nellambito dellappropriazione di pregi altrui alcune ipotesi come:
-

La presentazione come realizzazione propria, di un manufatto realizzato, invece da un


concorrente (ci si verifica, ad esempio, con la pubblicazione o distribuzione di depliant
e cataloghi con fotografie di prodotti altrui presentati come propri)

Limpiego di una falsa denominazione di origine alla quale vengono ricondotte


determinate caratteristiche e pregi del prodotto

Lappropriazione di pregi come gi visto si realizza mediante una comunicazione al mercato di


un messaggio relativo allautoattribuzione di un pregio altrui. Tale comunicazione si compie in
genere attraverso lo strumento pubblicitario che ne da ampia diffusione; tuttavia non si pu
escludere lillecito nei casi in cui essa si rivolga solo ad un numero ristretto di soggetti o
addirittura ad una singola persona.
(Quella che viene definita attivit denigratoria, cio attivit che getta discredito sull'imprenditore concorrente o che
comunque comporta una appropriazione di pregi da parte di chi pone in essere il comportamento di concorrenza
sleale nei confronti di altro imprenditore, e quindi il 2598 numero 2 dice espressamente che compie atti di
concorrenza sleale chiunque diffonde notizie ed apprezzamenti sui prodotti e sull'attivit di un concorrente idonei a
gettare discredito, quindi a determinare discredito o si appropria dei pregi dei prodotti o dell'impresa di un
concorrente.
Quindi tanto l'attivit denigratoria quanto l'appropriazione di pregi altrui.
Denigrazione significa un'attivit idonea, anche qui sufficiente l'idoneit, anche qui si tratta di un illecito di
pericolo, basta che ci sia il pericolo di gettare discredito che il comportamento pu essere sanzionato, e quindi
discredito inteso come perdita di fiducia nei confronti di un determinato imprenditore o di una determinata attivit
di impresa.
Naturalmente con la conseguenza che gettando o discredito sull'imprenditore, e quindi conseguentemente sui
prodotti, ci possa essere di conseguenza un venir meno della fiducia del consumatore in quel determinato
imprenditore.
Cos come potrebbe essere invece una divulgazione di discredito relativamente al prodotto stesso, in questo caso la
fattispecie illecita si concretizza tanto quanto getto discredito nei confronti dell'imprenditore e dell'attivit di
impresa, quanto nei confronti del prodotto.
Va precisato per che gettare discredito nei confronti dell'imprenditore significa ad esempio diffondere la notizia che
l'imprenditore sta per fallire, notizie che comunque riguardano l'attivit di impresa, questioni che attengono alla
persona dell'imprenditore, come potrebbero essere ad esempio questioni familiari, non sono notizie che vengono
valutate al fine del discredito....
il discredito significa diffondere notizie relative o al prodotto o all'attivit economica svolta dall'imprenditore, ma
non alle questioni che possono attenere alla sfera personale dell'imprenditore.

Tra l'altro, anche qui c' un problema di contrasto tra dottrina e giurisprudenza, perch cosa vuol dire diffondere
notizie? La diffusione fa pensare e presupporre ad una pluralit di soggetti che recepiscono la notizia screditante,
mentre invece, e questa l'opinione della giurisprudenza, che ritiene che per poter esserci discredito ci deve essere
una diffusione ad una pluralit di soggetti.
Parte della dottrina, compresi Vanzetti e Di Cataldo, ritengono invece che sia sufficiente anche soltanto la
comunicazione ad un solo soggetto di notizie che gettano discredito sull'imprenditore perch si possa configurare un
atto di concorrenza sleale.
Il ragionamento posto alla base di questa conclusione a cui perviene la dottrina, si basa sul fatto che se vado a
gettare discredito anche ad un solo soggetto, ma quel soggetto stava per concludere un affare con l'imprenditore,
chiaro che l'imprenditore ha un danno da questa attivit di discredito, per cui, sempre valutando il caso specifico
nella sua completezza ed interezza, anche il diffondere notizie screditanti soltanto ad una persona, se questa
persona effettivamente colui che sta per concludere un contratto con l'imprenditore, potrebbe essere
effettivamente riconosciuto come comportamento di concorrenza sleale.
Naturalmente va valutato caso per caso, perch se la persona a cui invece viene diffusa la notizia screditante non sta
per concludere un affare con l'imprenditore o comunque non ha un rapporto per cui questo non potrebbe portare
delle conseguenze negative all'imprenditore, non si pu ritenere che questo comportamento rappresenti un
comportamento di concorrenza sleale.
Anche qua c' contrasto tra dottrina e giurisprudenza, tenete presente che per la giurisprudenza la diffusione
presuppone una collettivit di soggetti che recepiscono la notizia screditante.
Per esempio potrebbe essere considerato, e lo stato, come notizia screditante, il dissesto economico o le difficolt
economiche dell'imprenditore che possono arrecare un pregiudizio tra coloro che magari vorrebbero contrarre con
l'imprenditore e invece per il fatto stesso che viene diffusa questa notizia di eventuale dissesto economico o
insolvenza, porta a non concludere.... quindi la notizia screditante non solo quella relativa al prodotto ma anche
quella relativa all'attivit di impresa, e sicuramente una difficolt di tipo economico o addirittura uno stato di
insolvenza dell'imprenditore rappresentano una notizia screditante.
Dopo di che sorge un problema di coordinamento tra la notizia, che sicuramente screditante, ma che veritiera,
perch evidente che c' una opinione negativa del consumatore di fronte ad alcune notizie che possono appunto
pregiudicare l'imprenditore, per bisogna valutare anche se queste notizie magari sono anche vere.... quindi si tende
ad escludere la denigrazione quando vi un accertamento sulla veridicit di queste affermazioni.
Questa un'osservazione che appare banale, ma solo dopo che il giudice avr accertato se quella notizia diffusa, che
ha gettato discredito, veritiera o meno, si perverr ad un giudizio di liceit oppure no.
Il reato di calunnia inoltre si perfeziona quando pongo in essere un comportamento calunnioso nei confronti di altro
soggetto, quindi potrebbe accadere che l'imprenditore, il quale ritenga di aver subito un comportamento di
concorrenza sleale che ha gettato discredito nei suoi confronti agisca nei confronti dell'autore, risulta
dall'accertamento che le notizie sono veritiere, e in questo caso potrebbe essere lo stesso imprenditore a dover
sopportare le conseguenze di un'azione perpetrata nei confronti di un soggetto che tutto sommato ha detto la
verit...
cos come ci potrebbe essere l'accertamento che le notizie non sono veritiere, quindi oltre a rappresentare un illecito
civile e sanzionato dal 2598, ci potrebbe essere anche, se vi sono gli estremi, la configurazione di un reato che
appunto il reato di calunnia.
Con il D, lgs 145 del 2007, si sostanzialmente disciplinata la cd pubblicit comparativa.
Il codice del consumo ha ulteriormente individuato quelle che sono le cd pubblicit comparative lecite, cio quali
caratteristiche la pubblicit comparativa deve possedere per poter essere ritenuta lecita.
Ecco quindi che mettendo assieme una notizia comunque veritiera che magari pu essere negativa per l'imprenditore,
che comunque veritiera, si rispettano quelli che sono i criteri determinati dal d. lgs sulla pubblicit comparativa,
chiaro che non potr rappresentarsi una fattispecie di concorrenza sleale ai sensi numero 2 del 2598.
Per quanto riguarda le caratteristiche che vengono ad essere individuate sia dal d. lgs che dal codice del consumo, la
pubblicit per essere lecita non deve essere ingannevole, quindi non deve avere quelle caratteristiche tali da poter
trarre in inganno il consumatore.

Naturalmente lecita nel momento in cui si comparano, quindi si confrontano beni o servizi che soddisfano gli stessi
bisogni, o comunque che si prefiggono gli stessi obiettivi, quindi che si dirigono allo stesso pubblico e allo stesso
consumatore.
Questo confronto deve essere un confronto oggettivo, cio un confronto che tiene conto delle essenziali
caratteristiche di entrambi i prodotti o dei servizi.
Non deve assolutamente creare confusione.
Quindi la pubblicit comparativa deve essere chiara, deve essere trasparente, non deve essere uno strumento di
ulteriore confusione, non deve gettare discredito, perch la notizia deve essere oggettiva la comparazione deve
essere oggettiva e casomai dal confronto oggettivo il consumatore dedurr se quel prodotto soddisfacente o meno,
ma non deve essere denigrato il prodotto nella pubblicit, basta la comparazione oggettiva, basta dare gli elementi
per confrontare oggettivamente lo stesso prodotto o il servizio perch poi si lasci al consumatore la libert di scelta
se un prodotto piuttosto che un altro.... comunque in ogni caso non ci deve essere un discredito.
In questo tipo di pubblicit non ci deve essere un vantaggio di tipo economico ne per una parte ne per l'altra, cio
quando la comparazione, quando viene fatta una pubblicit comparativa ovviamente non ci pu essere l'attribuzione
attraverso questa comparazione, non si pu pervenire ad un vantaggio, e quindi ad una maggior pubblicit di un
prodotto piuttosto che ad un altro, cio deve essere obiettiva come pubblicit.
(SKY: Perch pagare di pi? obiettivo....)
il problema che spesso in questo tipo di pubblicit comparativa poi devono essere messi in evidenza perch sia
lecita e comparativa, tutti gli elementi, perch sopratutto nel campo della telefonia, a seconda delle fasce orarie
etc... vi sono tutta una serie di condizioni che vanno ad alterare il costo iniziale per cui deve essere chiaro che per
quel tipo di servizio, tele + offre questo e gli altri offrono quello...
oltre alle regole imposte dal d. lgs 145 del 2007 e al codice del consumo, c' anche l'autorit garante della
concorrenza e del mercato, che un'autorit amministrativa che vigila sull'applicazione delle regole di concorrenza e
che in determinati settori, come il settore delle telecomunicazioni, piuttosto che nel settore assicurativo piuttosto
che nel settore bancario vi sono delle autorit specifiche per quel determinato tipo di imprese, che operano in quel
mercato.
Per esempio l'autorit garante in materia di telecomunicazioni, quella che ovviamente va a regolare, va a
controllare quelle che sono per esempio le attribuzioni delle varie televisioni appunto, senza che si crei una sorta di
monopolio.
Nel settore della concorrenza vi sono quindi determinate autorit preposte alla verifica e al controllo di questo tipo
di attivit, quindi dobbiamo tenere presente che c' anche l'autorit garante della concorrenza e del mercato che
vigila sulla pubblicit.
Sopratutto sulla pubblicit comparativa che avviene attraverso i giornali o i messaggi televisivi.
Quindi la pubblicit comparativa lecita in tanto in quanto rispetti questi criteri e queste caratteristiche, non deve
essere mai, anche nella comparazione, gettato discredito nei confronti dell'imprenditore.
La veridicit deve essere poi, e questo in generale, deve essere poi verificata concretamente, l'obiettivit e la
veridicit deve trovare riscontro concreto e questo compito demandato al giudice, egli accerta che la notizia sia
veritiera o meno.
anche vero che pu essere configurata come comportamento screditante e quindi come atto di concorrenza sleale
la cd diffida.
La diffida in se e per se, non atto denigratorio, perch l'imprenditore che subisce l'atto di concorrenza sleale,
manda una diffida al soggetto attivo dicendo che il comportamento concretizza gli estremi di un atto di concorrenza
sleale per discredito, quindi ti diffido dal porre in essere ulteriormente questo tipo di attivit, se non cesser questo
tuo comportamento sar costretto ad agire giudizialmente....
la diffida rimane comunque un atto inter partes, non viene pubblicizzato, per cui se in realt non c' concorrenza
sleale la diffida potrebbe essere considerata screditante anche se tutto sommato questa un'attivit che rimane nel
rapporto tra i due imprenditori, se per la diffida viene ad essere pubblicata su un quotidiano (ti diffido a
continuare ad imitare o gettare discredito nei miei confronti...), ad esempio la diffida che intima la cessazione di un

comportamento di imitazione servile questa si che potrebbe essere valutata come comportamento screditante se poi
non si verifica che l'imprenditore a cui era rivolta la diffida effettivamente imitava servilmente il prodotto.
Esempio: Tizio e Caio, Tizio va a diffidare pubblicamente Caio dall'imitare servilmente i propri prodotti e quindi lo
invita a far cessare questo comportamento, quindi c' un discredito nei confronti di Caio, che si vede oggetto di una
diffida, pubblicata, laddove magari lui non ha effettivamente imitato servilmente il prodotto di Tizio.
Quindi la diffida, che uno strumento di per se lecito, e che non ha grosse conseguenze negative, anche se viene ad
essere posta in essere senza giustificazione, ma rimane nel rapporto tra imprenditori, il problema si pone nel
momento in cui questa diffida viene pubblicizzata e la diffida appunto contiene la descrizione di un comportamento
che poi non si verifica essere vero, allora a questo punto la diffida da strumento lecito passa ad essere uno
strumento con il quale si getta discredito nei confronti dell'imprenditore.
Quindi bisogna fare tanta attenzione, verificare volta per volta gli estremi, anche qui, solo a giudizio concluso noi
sapremo se quella diffida era legittima o meno, solo al termine di un giudizio che abbia accertato se l'imprenditore
imitava o meno servilmente il prodotto dell'altro imprenditore saremo in grado di dire che la diffida era lecita o
illecita e quindi gettava discredito.
Quindi anche qui bisogna fare attenzione! La diffida deve essere pubblicizzata, se rimane fra imprenditori non c' un
discredito. Se l'imprenditore riterr di aver subito un danno morale ad esempio, chieder un risarcimento danni, ma
non potr agire perch si gettati discredito nei suoi confronti.
L'altra fattispecie prevista come fattispecie di concorrenza sleale dal 2598 l'APPROPRIAZIONE DI PREGI.
Si perfeziona quando l'imprenditore va ad appropriarsi di pregi che sono caratterizzanti il prodotto di altro
imprenditore.
Quindi non che l'imprenditore si appropria dei prodotti (questo prodotto lo faccio io...) ma si appropria, simula, fa
in modo che i pregi che sono caratterizzanti il prodotto dell'imprenditore concorrente vengano da me utilizzati e
quindi sfruttati.
E ovviamente questo si realizza quando io mi auto attribuisco delle qualit o comunque delle caratteristche che in
realt sono quelle di altre imprese, di altri imprenditori e che io non ho, perch se avessi quei pregi non andrei a
realizzare la fattispecie di appropriazione di pregi altrui.
Quindi le caratteristiche devono, non appartenere al mio prodotto, che sotto altri aspetti potrebbe essere anche
migliore del prodotto del concorrente, ma non ha quelle caratteristiche!
Quindi il giudice non valuta se il prodotto migliore o peggiore o se soddisfa o meno determinati requisiti, il giudice
va a valutare se io mi sono appunto vantato, appropriato, di qualit che io non ho e che invece l'imprenditore
concorrente ha, o che il prodotto dell'imprenditore concorrente ha, e che io non posseggo, a prescindere dalla bont
o dal fatto che il mio prodotto possa essere nel complesso comunque migliore...
quindi l'appropriazione di pregi altra fattispecie che considerata come comportamento di concorrenza sleale.
E accanto all'appropriazione di pregi c' anche l'agganciamento alla notoriet altrui.
Io sfrutto la notoriet di altro imprenditore (pezzi di ricambio tipo FIAT).
Vado a pubblicizzare e a ingenerare nei consumatori l'idea che sia il pezzo di ricambio, prodotto dalla FIAT, quando
invece cos non .... tra l'altro cosa diversa invece quando vado a specificare che il mio pezzo di ricambio va anche
bene per le autovetture FIAT, allora questo un altro discorso...
esempio: quando si acquistano le catene per la neve, si trovano nella descrizione del prodotto tutta una sere di
marchi, e con le diverse tipologie di macchine, li non che le catene sono prodotte dalla audi piuttosto che dalla
mercedes, certo ci sono le catene audi che hanno impresso il marchio audi, vi sono anche le catene prodotte dalla
casa X che vanno bene per le autovetture audi, e si indicano le marche e le tipologie di macchine.
Questa un'operazione lecita, che non ha nulla a che vedere con l'appropriazione di pregi altrui, dicendo tipo FIAT,
andando ad ingenerare nel consumatore il dubbio che il prodotto provenga dalla FIAT, quindi bisogna operare questa
distinzione.)

Capitolo VI. Le fattispecie dellart. 2598 n.3 c.c., atti contrari alla correttezza professionale.

Abbiamo visto a suo tempo come il n.3 dellart. 2598 sia una clausola generale che definisce
come concorrenza sleale tutti gli atti non conformi ai principi della correttezza professionale e
idonei a danneggiare laltrui azienda. La funzione di tale clausola dovrebbe essere quella di
consentire la classificazione di fattispecie diverse da quelle previste nei n. 1 e 2 dellart. 2598,
tuttavia data la rarit di fattispecie inedite da classificare, il n. 3 dellart. 2598 come sostiene
parte della dottrina (compreso Vanzetti- Di Cataldo) funge da contenitore di fattispecie
tipizzate, gi individuate almeno in gran parte prima dellentrata in vigore del codice, che
vengono ricondotte alla norma in esame per trovare una loro collocazione. Inoltre lelasticit del
disposto normativo consente di adeguare la disciplina della concorrenza allevoluzione della vita
economica e allo sviluppo di tecniche concorrenziali sempre pi affinate.
Di queste fattispecie ve ne sono due tipi:
1. Quelle che alterano il mercato in generale cio pubblicit menzognera, e pi in generale il
mendacio concorrenziale (meglio conosciute come comunicazioni ingannevoli), appartengono
poi al primo gruppo le manovre sui prezzi ed in particolare vendita sottocosto e infine a
questo gruppo pu ricondursi la violazione di norme di diritto pubblico.
2. Il secondo gruppo di fattispecie invece possono dividersi in due sottoclassi e sono:
-

Gli atti che colpiscono limpresa concorrente nel suo patrimonio organizzativo e tecnico,
cio la sua sfera interna e qui vanno menzionati lo storno dei dipendenti, la sottrazione
di segreti aziendali e il concorso nellaltrui inadempimento di obbligazioni

Atti che colpiscono la situazione di mercato di quella impresa, cio la concorrenza


dellex dipendente, la concorrenza parassitaria, il boicottaggio e limitazione a ricalco.

Le comunicazioni ingannevoli. Tra le fattispecie di concorrenza sleale ricondotte al n. 3


dallart. 2598 c.c. il mendacio concorrenziale senza dubbio una delle pi importanti.
Nonostante se ne parli spesso con riferimento ad una sua particolare ipotesi, ovvero alla
pubblicit menzognera, lilliceit si estende a qualsiasi comunicazione, qualsiasi messaggio
rivolto ai potenziali consumatori o fruitori di determinati prodotti o servizi, che non corrisponda
a verit e che sia idoneo ad ingannare i suoi destinatari e a provocare, cos un danno
concorrenziale. La pubblicit menzognera, ancor prima di essere vietata dallart. 2598 n.3
vietata dalla Convenzione dUnione, che estende il divieto a qualsiasi messaggio rivolto a
potenziali consumatori non corrispondente a verit e idoneo ad ingannare i suoi destinatari. La
disciplina della pubblicit ingannevole, prima contenuta nel C del consumo stata poi da esso
esclusa e raccolta integralmente nel d.lgs. 145/2007 che ha vietato questa forma di pubblicit.
La finalit del decreto in esame quella di tutelare i professionisti dalla pubblicit ingannevole
e dalle sue conseguenze sleali, nonch di stabilire le condizioni di liceit della pubblicit
comparativa.
Ci su cui deve vertere linganno o la possibilit di inganno detto dettagliatamente nellart. 10
bis della Convenzione dUnione (che parla di natura, modo di fabbricazione, caratteristiche,
attitudini allimpiego o quantit dei prodotti) ed ancora pi analiticamente nel decreto
legislativo sulla pubblicit ingannevole e comparativa (che parla di caratteristiche dei beni o dei
servizi, quali la loro disponibilit, la natura, lesecuzione, la composizione, il metodo e la data
di fabbricazione o della prestazione, lidoneit allo scopo, gli usi, la quantit, la descrizione,
lorigine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere cin il loro uso, ecc.). Si
tratta di elementi in ordine ai quali un inganno pu determinare delle modifiche nel

comportamento del potenziale consumatore sul mercato, in particolare inducendolo ad acquisti


che altrimenti non avrebbe fatto: solo questo tipo di inganno, infatti, pu essere produttivo di
danno concorrenziale. All inganno su questi elementi, che si riferiscono al contenuto del
messaggio, pu assimilarsi quello che riguarda la stessa natura pubblicitaria dellinformazione,
la quale viene occultata mediante la mimetizzazione del messaggio nel contesto comunicativo
(giornale, opera cinematografica, ecc.) in cui lo stesso viene collocato. Questo tipo di pubblicit
occulta o nascosta, viene realizzata sulla carta stampata mediante la tecnica della c.d.
pubblicit redazionale (consistente in messaggi che si presentano come effettuati dalla
redazione di un giornale e che sono invece annunzi a pagamento), spesso non riconoscibile come
tale e quindi scambiata come raccomandazione di acquisto proveniente da una fonte autorevole
ed oggettiva. Nel caso di opere cinematografiche e televisive linganno vien invece attuato
generalmente mediante il c.d. product placament, cio mediante la pratica di inquadrare e
mettere in risalto in modo apparentemente casuale il prodotto pubblicizzato nelle scene di un
film o programma televisivo, in questo tipo di pubblicit non solo celato il carattere
pubblicitario del messaggio, ma anche il messaggio stesso che verr recepito inconsciamente
sfruttando a fini commerciali il complesso di suggestioni ed emozioni suscitate dallopera.
Il requisito essenziale della idoneit ad ingannare di grande importanza, le menzogne sono
considerate innocue se inadatte a indurre in errore il destinatario, sono lecite se possono essere
individuate come tali dal consumatore medio/sprovveduto. Le iperboli (palesi esagerazioni) e le
mezze verit(messaggi in cui siano omessi contenuti essenziali) sono illecite se idonee a indurre
in errore.
Per giudicare lidoneit ingannevole di un determinato messaggio, bene considerare le
modalit con le quali il messaggio stesso diffuso presso il pubblico. chiaro infatti che se il
messaggio decettivo sar diffuso mediante campagna pubblicitaria, la sua attitudine a ingannare
sar maggiore; per contro se il messaggio viene diffuso attraverso stampa qualificata destinata
ad un pubblico particolarmente esperto, il giudizio sulla sua capacit ingannevole dovr essere
pi indulgente, proprio a causa del maggiore grado di cultura di chi legger il messaggio. Infine,
sempre ai fini del giudizio sulla recettivit, una differenza va fatta in relazione al tipo di
prodotti di cui si tratta, riservando una maggiore severit di valutazione alle affermazioni
mendaci concernenti prodotti di largo consumo, allacquisto dei quali si procede di solito in
modo affrettato e senza particolare attenzione.

(Noi parliamo di pubblicit ingannevole quando non sono presenti questi elementi che legittimano la pubblicit, non
solo, ma la finalit, nel caso del d. lgs 145 del 2007, si vuole tutelare sostanzialmente i professionisti da quella che
pu essere il messaggio, la comunicazione ingannevole, cio si vuole sostanzialmente evitare che attraverso la
comunicazione, attraverso il messaggio pervengano delle informazioni che vanno ad alterare le caratteristiche del
soggetto, e quindi, o perch dico delle cose false o perch sottacio delle cose vere, in modo da determinare il
consumatore all'acquisto o meno di quel prodotto sulla base di elementi che non sono veri o oggettivi, ma che sono
falsi, che sono ingannevoli, cio che possono trarre ovviamente in inganno.
Ovviamente anche qui perch il legislatore ci dice quelli che sono i criteri e i parametri che devono essere utilizzati,
ma anche vero che poi bisogna vedere quali sono esattamente gli elementi che io devo valutare, cio su quali
elementi il falso, il messaggio ingannevole deve ricadere perch possa dire che effettivamente c' stata
un'alterazione nella determinazione del consumatore ad acquistare quel determinato prodotto?
Innanzitutto sulla natura stessa del prodotto, quindi bisogna vedere se il falso, il mendacio riguarda la caratteristica
del bene o del servizio.
Poi bisogner vedere se la comunicazione, il messaggio ingannevole riguarda per esempio il prezzo o l'idoneit di quel
bene a raggiungere un determinato scopo, una determinata finalit, e bisogner anche vedere qual' la qualifica
dell'operatore pubblicitario per capire se quel messaggio poteva essere ingannevole o meno.

Ad esempio se il messaggio stato diffuso attraverso dei mezzi che sono a diffusione nazionale come ad esempio il
giornale piuttosto che la televisione o la rete internet, che viene considerata alla stregua di un mezzo come il
giornale, di un mezzo di diffusione di notizie... chiaro che quel messaggio verr valutato in modo ancora pi severo
perch la diffusione a livello nazionale.
Se invece il messaggio avviene nel contesto di uno spettacolo di satira o nell'ambito di un film comico, chiaro che
questo tipo di messaggio non viene visto come pubblicit ingannevole, proprio perch colui che trasmette il
messaggio, l'operatore, un operatore che non abitualmente utilizzato per trasmettere messaggi pubblicitari,
quindi chiaro che il pubblico ha la capacit di distinzione e quindi capire che fatto per la comicit, e via
dicendo....
tutti questi elementi devono essere valutati dal giudice, posso dire che si tratta di pubblicit ingannevole, cio che
ha alterato, perch ha o nascosto e dato delle informazioni non veritiere per ovviamente questo tipo di
comunicazione deve riguardare un elemento essenziale, quindi pu riguardare le caratteristiche del prodotto, la
natura del prodotto, l'idoneit a raggiungere lo scopo che la pubblicit reclamizza, oppure il prezzo, perch anche
quello un elemento importantissimo nella commercializzazione di quel bene o servizio, poi bisogner guardare
anche da chi proviene effettivamente il messaggio ingannevole.
Tra l'altro, si fatta poi particolare attenzione anche alla trasparenza del messaggio pubblicitario.
La trasparenza diventato uno dei criteri, un principio che ormai viene riaffermato in pi settori, diventato
quasi un canone di comportamento, come la correttezza e la diligenza e la buona fede cos anche la trasparenza
ormai un principio che sempre pi viene affermato dal nostro legislatore in materia di propriet industriale, in
materia di pubblicit, in materia bancaria, in materia assicurativa, la trasparenza diventata ormai un canone di
comportamento, e proprio introducendo con un decreto legislativo del 2009 la trasparenza pubblicitaria, si quindi
vietato, proprio perch contrario al principio di trasparenza, la cd pubblicit subliminale, e la pubblicit di prodotti
che attengono alla salute e alla sicurezza e relativamente ai prodotti che si rivolgono ai bambini, quindi alla
pubblicit rivolta ai bambini.
C' stata una modifica delle norme in tema di pubblicit per cui oltre che al discorso dell'ingannevolezza del
mendacio e cos via, si posta poi l'attenzione sul fatto che la pubblicit deve essere trasparente, quindi viene
vietata la pubblicit subliminale.
Relativamente ai beni che sono attinenti alla sicurezza e alla salute, e ai bambini, si fatta particolare attenzione
perch si voluto evitare che talvolta i messaggi pubblicitari rivolti ai bambini sono ingannevoli e inducono i
bambini ad un comportamento che risulta essere dannoso.
Per esempio ci sono state sempre pi dimostrazioni di come si faccia attenzione alla trasparenza e alla non
ingannevolezza del messaggio pubblicitario, tanto che nella cd legge sviluppo del 2009, si previsto per esempio
che le compagnie marittime, ma anche le compagnie aeree non potessero pi indicare il prezzo del biglietto senza
indicare i costi accessori relativi a servizi che vengono offerti in relazione al trasporto, per cui il biglietto, se
pubblicizzato, il costo del biglietto deve tener conto di tutti i costi, non solo quelli del trasporto ma anche tutti i
costi accessori che poi vanno ad incidere in modo anche abbastanza notevole....
quindi imposta la trasparenza nel pubblicizzare il costo del biglietto, che deve tener conto anche di oneri
accessori.
Ovviamente ci si posti anche il problema, nel momento in cui abbiamo un cd mendacio concorrenziale, e a questo
punto siamo quindi nell'ipotesi del numero 3 del 2598, quali sono le possibilit di reazione, quindi di prevenzione di
repressione del comportamento di concorrenza sleale.
Che cosa succede quando c' un illecito concorrenziale? La sanzione prevista dal nostro codice quella dell'azione
inibitoria, cio un'azione ordinaria civile che chiede al giudice di inibire, di vietare quel determinato comportamento
e di adottare gli opportuni provvedimenti per porre fine a quel determinato comportamento che pu essere la
distruzione dei prodotti piuttosto che il divieto a quel soggetto di non tenere pi quel determinato comportamento
anti concorrenziale.
I tempi di un'azione civile ordinaria sono piuttosto lunghi....vi sono anche degli strumenti cautelari che intanto
bloccano la situazione e che vanno a tutelare l'imprenditore.
Nel mendacio concorrenziale, quando la comunicazione ingannevole diffusa ad esempio in un quotidiano a rilevante
diffusione nazionale, l'idoneit a causare il danno notevole, quindi bisogna agire in tempi abbastanza ristretti per
cercare di bloccare quel determinato comportamento.... ecco che in realt il nostro ordinamento permette a tutti,

non solo nel caso del mendacio concorrenziale, nel nostro ordinamento abbiamo uno strumento di carattere
giudiziale che ci permette di bloccare una determinata situazione in tempi abbastanza rapidi, il procedimento ex
articolo 700 cpc.
una procedura che viene riconosciuta dal nostro legislatore a chiunque, pu essere utilizzata in qualsiasi settore,
devono essere per rispettati i due requisiti fondamentali che sono quelli del periculum in mora e del fumus boni
iuris.
Significa che ci deve essere una situazione di pericolo, quindi di pregiudizio per colui che ovviamente agisce, che
mette in essere, che inizia il procedimento, quindi se la situazione continua io posso avere un pregiudizio, un
comportamento che mi lede talmente tanto che il pregiudizio elevato, il periculum, poi il fimus boni iuris, perch
in questo procedimento, avendo le caratteristiche di sommariet nella prima fase, io devo dare al giudice gli
elementi in base ai quali si fonda il mio diritto.
chiaro che questa una fase sommaria, il giudice valuta in modo sommario, emette un provvedimento e poi il
procedimento continua con la causa di merito vera e propria.
Quindi un'eventuale pubblicit ingannevole, un eventuale concorrenza menzoniera, il cd mendacio concorrenziale mi
potrebbe legittimare a procedere ex articolo 700, andando a chiedere al giudice che vieti a quel determinato
soggetto l'ulteriore diffusione di quel messaggio ingannevole.
I presupposti processuali per poter agire sono:

devo dimostrare che c' un forte pericolo ai miei diritti nel moemnto in cui questo soggetto continuasse a
diffondere questa pubblicit ingannevole, periculum in mora

poi devo anche dimostrare che quello che lui pubblicizza mendacio, perch per esempio i suoi prodotti non
hanno quelle caratteristiche, non raggiungono lo scopo, e devo dare almeno delle dimostrazioni, dei principi
di prova che il mio diritto un diritto fondato su degli elementi che hanno delle basi giuridiche, quindi che
le mie ragioni sono fondate, fumus boni iuris.

In questa fase il giudice emette un provvedimento, che pu essere o di accoglimento o di rigetto, se di


accoglimento anticipa quel provvedimento di inibizione, quindi di divieto nel continuare in quel determinato
comportamento e poi segue la fase del merito dove sostanzialmente si accerta come in un normale giudizio
ordinario, quindi non in fase sommaria ma dando anche corso a tutta l'istruttoria e via dicendo, se effettivamente il
soggetto era o meno legittimato ad agire nei confronti di quello che il mendacio concorrenziale o il comportamento
tenuto dall'imprenditore.
Quindi questa una procedura speciale che viene riconosciuta ai soggetti che hanno la necessit di ottenere un
provvedimento in termini abbastanza rapidi.
Ha una prima fase sommaria, e poi una fase a cognizione piena.
Se io ottengo in sede di 700 cpc, un provvedimento a me favorevole, ovvio che al 99 % poi il giudice ovviamente
anche nel merito mi dar ragione, se ottengo invece un provvedimento di rigetto, in sede di 700, tuttavia non mi
preclusa l'azione ordinaria.... Quindi c' la possibilit di ottenere questo primo provvedimento, di pubblicizzare
questo provvedimento a proprie spese, quindi di renderlo noto.
Ad esempio, la pubblicit menzoniera avvenuta attraverso il quotidiano nazionale, io posso chiedere al giudice che il
provvedimento, in caso di accoglimento, sia pubblicato su un quotidiano nazionale in modo di avere una sorta di
rivalsa nei confronti degli altri professionisti, dei consumatori, nel senso di pubblicizzare in modo positivo il mio
prodotto, quindi di eliminare le conseguenze negative della pubblicit menzoniera.
Quindi ovviamente posso anche chiedere che venga in qualche modo, se riesco a dimostrare il danno, posso anche
ottenere una provvisionale, cio un risarcimento in parte, perch poi sar il giudizio di merito ad accertare
esattamente le misure del danno che io ho effettivamente subito.
Quello che interessante che io posso anche ottenere, e questo me lo permette la legge sulla pubblicit, il d lgs
145 del 2007, una sanzione amministrativa nei confronti del soggetto che ha attuato la pubblicit menzoniera.
La sanzione amministrativa si ottiene se oltre ad agire con questo procedimento ex articolo 700 ed ottenendo
un'immediata inibizione del comportamento, pubblicit etc.... vado ad interessare anche l'autorit garante della
concorrenza e del mercato, in questo caso, proprio perch c' stata una violazione delle norme in tema di pubblicit,

come previsto dal d lgs 145 del 2007, io posso interessare l'autorit governativa che emette una sanzione di tipo
amministrativo nei confronti del soggetto che ha attuato una pubblicit ingannevole, una pubblicit menzoniera.
Tra l'altro, la possibilit di agire per pubblicit menzoniera, per pubblicit ingannevole, riconosciuta non solo al
singolo, anche alla categoria di imprenditori, ma anche all'autorit garante che pu agire d'ufficio, quindi l'autorit
garante potrebbe, di fronte ad un determinato messaggio pubblicitario che vi siano fondati motivi per cui quel
messaggio non sia veritiero, svolgere un'indagine e arrivare alla comminazione della sanzione amministrativa.
Interessante notare che in questo sistema sanzionatorio in cui interviene l'autorit garante a comminare la sanzione
amministrativa pecuniaria, previsto che l'imprenditore che ha posto in essere la pubblicit menzoniera pervenga
sostanzialmente, nel momento in cui l'autorit comunica di iniziare il procedimento perch ritiene che la pubblicit
non sia veritiera, quindi sia menzoniera, pu in una sorta di fase conciliativa, il soggetto che ha posto in essere
questo comportamento, dimostrare all'autorit che non intende pi perseverare in quel determinato
comportamento, che intende eliminare quelli che sono gli eventuali effetti negativi del suo agire e quindi cos
facendo c' una sorta di conciliazione ed evita che l'autorit garante vada a sanzionarlo dal punto di vista pecuniario.
Quindi ammessa questa forma di conciliazione perch si ritenuto che l'autorit valutata la fondatezza o meno di
quelle che sono gli intenti dell'imprenditore possa anche chiudere il procedimento senza arrivare alla sanzione
amministrativa pecuniaria.
Quello che sicuramente c' da evidenziare e da dire, in relazione al danno, che mentre abbiamo visto che l'illecito
concorrenziale si distingue dall'illecito civile perch la colpa presunta e perch si ha illecito concorrenziale a
prescindere dal danno, basta l'idoneit ad arrecare danno, nel caso della pubblicit menzoniera, necessario che ci
sia naturalmente il messaggio ingannevole, che ci sia il danno, che ci sia quindi il nesso di causalit tra
comportamento e danno, e che ci sia la colpa.
Esempio di pubblicit menzoniera che stata valutata ai fini del risarcimento del danno stato il caso
dell'inserimento sui pacchetti di sigarette della scritta light.
La scritta light poteva ingannare, indurre il consumatore a ritenere che la sigaretta fosse meno dannosa alla salute,
e il fatto che si inserisse la dicitura light poteva indurre in inganno effettivamente il soggetto circa la pericolosit
della sigaretta, che anche se light comunque dannosa.
In questo caso si ritenuto che fosse un'ipotesi di pubblicit menzoniera, e se qualcuno avesse ritenuto di agire per il
risarcimento del danno avrebbe dovuto dimostrare il danno, la patologia tumorale a seguito dell'uso della sigaretta,
che l'uso della sigaretta aveva potato alla patologia, che era stato tratto in inganno dalla scritta light etc...
Le caratteristiche in caso di pubblicit menzoniera i presupposti sono quelli del 2043. necessario il danno, il nesso
di causalit, la colpa, etc...
Tuttavia, il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto della pubblicit ingannevole ex 2043 c.c.
per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio,
ma tenuto a dimostrare lesistenza del danno, il nesso di causalit tra pubblicit e danno, nonch almeno la colpa
di chi ha diffuso la pubblicit, concretandosi essa nella prevedibilit che dalla diffusione di un determinato
messaggio sarebbere derivate le menzionate conseguenze dannose)

Le manovre sui prezzi: i ribassi e le vendite sottocosto. In generale non si potrebbe negare la
liceit dei ribassi di prezzo senza negare il concetto stesso di libera concorrenza; tuttavia, in
certi casi, tale manovra pu produrre effetti negativi sul mercato. Si devono considerare lecite
le violazioni di prezzi imposti dal produttore al rivenditore. Si pensi allipotesi in cui un
produttore impegna contrattualmente i rivenditori del suo prodotto ad attenersi ai prezzi da lui
imposti, e un rivenditore o un terzo che si sia procurato i prodotti da un rivenditore infedele
che li metta in vendita a prezzi inferiori. Questo tipo di ribasso pu apparire concorrenzialmente
illecito, in quanto gli altri rivenditori contrattualmente vincolati al prezzo non possono reagire
se non violando a loro volta il contratto. Tuttavia la legge italiana antitrust (287/1990) annovera
tra le intese vietate quelle che fissano direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di
vendita, quindi nega la validit dello stesso patto che impone il prezzo, eliminando cos la
possibilit di configurare al riguardo un illecito concorrenziale. Sono ritenuti leciti anche quei

casi di vendita sottocosto (vendita fatta ad un prezzo inferiore sia al costo del prodotto per
limpresa venditrice, sia al costo medio del prodotto per gli altri imprenditori), giustificata da
esigenze dellimpresa e limitata nel tempo (ad es. campagne promozionali, liquidazioni di fine
stagione, vendite volte a limitare le perdite in un periodo di crisi di mercato).
Si devono invece considerare illeciti i casi di vendita sottocosto, caratterizzati da un fine
monopolistico (volti, quindi ad eliminare dal mercato limpresa concorrente) e posti in essere
con continuit temporale. La corte di Cassazione con sentenza 1636 del 2006 ha stabilito che la
vendita sottocosto ( o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) intanto contraria
ai doveri di correttezza di cui allart. 2598 n.3 c.c., in quanto a porla in essere sia unimpresa
che muove da una posizione di dominio, e che in tal modo frapponga barriere allingresso di altri
concorrenti sul mercato o comunque indebitamente abusi di quella sua posizione non avendo
alcun interesse a praticare simili prezzi se non quello di eliminare i propri concorrenti per poi
rialzare i prezzi approfittando della situazione di monopolio venutasi cos a creare. Per quanto
riguarda il sottocosto attivato dalle imprese statali, parte della dottrina e la giurisprudenza
meno recente sostengono che esso sia illecito in quanto pone le imprese private in enormi
difficolt; ci in contrasto, per con altra tesi che lo ritiene invece ammissibile ogniqualvolta
sia giustificato da ragioni di interesse pubblico.
Le pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra professionisti e consumatori. Arriviamo poi
ad un'altra questione legata all'identificazione delle fattispecie del 2598 numero 3. le pratiche
commerciali scorrette che possono essere realizzate all'interno del mercato e vedere come
l'eventuale pratica commerciale scorretta pu configurarsi come atto di concorrenza sleale,
tenendo conto che il decreto legislativo 146 del 2007, ha in parte modificato il codice del
consumo e ha vietato le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori.
Quindi i soggetti che intervengono nel rapporto sono professionisti e consumatori.
Per pratica commerciale si intende qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione,
comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicit e la commercializzazione del prodotto,
posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un
prodotto ai consumatori.
Mentre il presupposto soggettivo della concorrenza sleale che entrambi i soggetti siano
imprenditori.
Quindi vediamo come una pratica commerciale scorretta pu, oltre che rappresentare un illecito
perch in violazione del codice del consumo, quindi in violazione dei diritti del consumatore,
pu anche essere considerato atto di concorrenza sleale.
Quindi la pratica commerciale scorretta che stata inserita successivamente, nel 2007, e che ha
modificato il codice del consumo, ovviamente tiene conto di quelle che sono le pratiche
commerciali scorrette nei rapporti tra professionista e consumatore.
Tra l'altro importante perch questa modifica introdotta da questa norma ha fatto riferimento
esplicitamente al consumatore medio, cio ha inserito appunto nell'articolo 20 del codice del
consumo il riferimento alla pratica, intesa come comportamento che non diligente, che
ovviamente idoneo a falsare appunto quelle che sono le qualit del prodotto e quindi a trarre in
inganno il consumatore, ma fa riferimento al consumatore medio.
Mentre invece nel caso della pubblicit ingannevole, il riferimento non al consumatore ma al
concorrente, quindi all'imprenditore, quindi bisogna sempre distinguere se la fattispecie deve
essere inquadrata tra quelle della pratica commerciale scorretta ai sensi del codice del consumo
articolo 20 cos come modificato dalla legge del 2007, e quindi tenendo conto al parametro di

quella che la valutazione del consumatore medio, o se invece siamo nel caso della pubblicit
ingannevole che pu anche essere vista come pratica commerciale scorretta nei confronti del
consumatore, ma che naturalmente potr essere valutata anche dall'imprenditore concorrente
proprio perch il decreto legislativo 145 del 2007 (pubblicit comparativa, pubblicit
ingannevole) fa riferimento al rapporto tra professionisti, quindi tra imprenditori!
Anche se ovviamente va detto che spesso sono coincidenti le fattispecie, cio la fattispecie che
configura un'ipotesi di pratica commerciale scorretta ai sensi del codice del consumo
sostanzialmente da luogo anche ad una pubblicit ingannevole, pubblicit menzoniera o
comunque violazione delle norme di pubblicit comparativa, prevista dal decreto legislativo 145
del 2007, che appunto disciplina i rapporti tra professionisti!
Quindi vero che bisogna distinguere, anche se poi nella pratica, se noi andiamo a leggere i
testi delle disposizioni di legge vediamo che c' una coincidenza o una sovrapposizione, poi a
seconda di chi agisce o propone l'eventuale azione, va valutato se sono consumatori, o se invece
sono imprenditore quindi professionista....
Certamente scorretta non solo quindi l'informazione ingannevole, il messaggio ingannevole
relativamente alle caratteristiche, alla natura del bene tale da indurre in errore il consumatore
e il consumatore medio, ma anche altresi scorretta il comportamento particolarmente
aggressivo dell'imprenditore ovviamente che limita la libert di scelta del consumatore medio.

Se noi ci unissimo in una class action potremmo sicuramente fare delle azioni come pratica
commerciale scorretta aggressiva nei confronti di tutte quelle aziende che ci violentano con
le telefonate a casa relativamente all'acquisto di quello o di questo....esiste il registro delle
opposizioni, se voi vi iscrivete nel registro delle opposizioni poi potete contestare nel momento
che vi arriva al telefonata di pubblicit che voi siete iscritti e avete il diritto a non essere
tormentati... ma questi continuano comunque...

Talvolta l'imprenditore per vedere il proprio prodotto segue delle tecniche, dei comportamenti
che sono particolarmente aggressivi e che limitano quindi la libert di scelta del soggetto.
Tanto vero che stata addirittura creata a livello europeo, una lista nera di quelli che sono i
comportamenti considerati pratiche commerciali scorrette proprio perch poste in essere in
violazione di queste disposizioni.
L'UE ha redatto una sorta di lista nera di tutti quelli che sono i comportamenti che possono dar
luogo ad una pratica commerciale scorretta.
Ad esempio l'utilizzazione della pubblicit esca, cio mi fanno acquistare un prodotto ad un
costo e poi voi siete comunque legati all'acquisto dei prodotti successivi quando il prodotto
successivo di gran lunga superiore nel prezzo, ad esempio assieme al giornale viene
pubblicizzato il prodotto X, spesso il primo numero costa 1 euro, e i numeri successivi costano 10
o 20....
Nel momento in cui comprate il primo bene e vi obbligate poi ad acquistare gli altri spesso
succede che se c' questa differenza di prezzo questo potrebbe essere considerata pratica
commerciale scorretta perch c' questa pubblicit esca, nella convinzione che il prezzo fosse
quello inferiore....

Questo avviene sopratutto con i servizi telefonici e cos via quando vi viene pubblicizzato un
determinato prodotto e poi magari scoprite che per l'utilizzo di altri servizi i costi sono ancora
maggiori...
Ovviamente nel momento in cui c' una coincidenza tra pratica commerciale scorretta, che
vista sotto il profilo anche dell'ingannevolezza e violazione delle norme di pubblicit lecita, cio
pubblicit comparativa, e quindi di pubblicit ingannevole, noi abbiamo un comportamento,
proprio perch riferito nei confronti di un imprenditore, abbiamo un comportamento che pu
essere valutato alla stregua del numero 3 del 2598 ovvero sia come illecito concorrenziale.
Quindi fare sempre attenzione a quale fattispecie ci troviamo e sopratutto chi il soggetto
passivo, cio chi il soggetto che viene ad essere leso, per cui se un consumatore medio
applicher le norme del codice del consumo, naturalmente tenendo presente quali sono i criteri
che devo valutare, se invece a subire la pratica scorretta, ovvero sia il messaggio ingannevole
un imprenditore concorrente ovviamente dovr ricorrere alla disciplina del decreto legislativo
145 del 2007, quindi rapporto tra professionisti, quindi eventuale ipotesi di concorrenza sleale.
Il discorso che certe volte le cose si sovrappongono, certe volte escludendo che ci sia un
comportamento commerciale scorretto, si pu per pervenire ai sensi del decreto legislativo
2007 numero 145 ad una pubblicit ingannevole e quindi lesiva dei diritti di altro imprenditore, e
quindi anche se non va a ledere il consumatore talvolta c' la lesione dell'imprenditore
concorrente e quindi la possibilit di reazione da parte sua.
Il fatto che ci siano delle disposizioni di legge che prevedono delle fattispecie che possono
essere in parte sormontate perch presentano delle stesse caratteristiche significa che ogni qual
volta ci sia un determinato comportamento il giudice dovr valutare prima di tutto alla stregua
dell'articolo 20 del codice del consumo se c' o non c' una pratica commerciale scorretta e
quindi eventualmente applicare quelle che sono le disposizioni per quanto riguarda la
repressione e la sanzione nei confronti del soggetto.
D'altro lato escluso che ci sia una pratica commerciale scorretta, non detto che magari questa
fattispecie, proprio perch il rapporto diverso, perch c' un rapporto tra professionisti che
viene tutelato dalla legge sulla pubblicit comparativa, e un rapporto invece tra professionista e
consumatore nel codice del consumo, talvolta invece ci potrebbe essere un illecito dal punti di
vista concorrenziale perch posto in essere in violazione delle norme sulla pubblicit
ingannevole.
Sono cumulabili? Dipende da chi agisce.... se io sono consumatore non agisco come
imprenditore! Quindi in realt la cumulabilit non prevista perch il soggetto che agisce
diverso! Anche se il giudice sostanzialmente per valutare prender in considerazione gli stessi
parametri, gli stessi elementi, per rispetto a soggetti diversi.
Per la pratica commerciale scorretta dal punto di vista aggressivo il giudice dovr valutare se
quella pratica commerciale scorretta perch aggressiva nei confronti del consumatore medio,
quindi non del soggetto anziano, ma del consumatore medio, ma la pratica commerciale
scorretta aggressiva normalmente non configura un ipotesi di pubblicit ingannevole, quindi
l'imprenditore concorrente non potr agire perch l'altro imprenditore utilizza un
comportamento aggressivo per accaparrarsi la clientela....
quindi, anche se elementi, criteri e parametri possono essere gli stessi bisogna fare attenzione
perch i soggetti tutelati sono diversi, consumatore e professionista.

Il discorso che si fa professionista imprenditore relativo.... perch nel codice del consumo
anche l'imprenditore, qualora agisca al di fuori della propria attivit di impresa ed agisca come
consumatore tutelato.
Io che sono imprenditore, faccio il rivenditore, il commerciante del bene o del servizio e vado a
stipulare una polizza assicurativa con l'impresa di assicurazione contro per esempio il furto dei
miei beni etc io agisco come consumatore, non come professionista, non come imprenditore, a
me si applicheranno tutte quelle norme che appunto prevedono una determinata trasparenza,
una determinata informazione che l'assicuratore mi deve fornire per rispettare quelli che sono i
dettami della trasparenza e della correttezza nella conclusione del contratto.

Violazione di norme di diritto pubblico. Gli imprenditori, nello svolgimento della loro attivit,
sono tenuti a rispettare talune norme di diritto pubblico (tutela del lavoro, limiti degli orari di
apertura e di chiusura di vendita, rilascio di autorizzazione o licenza, ecc.) la cui violazione va
ad integrare la fattispecie della concorrenza sleale solo se consiste in un atto di concorrenza e
sia in contrasto con i principi della correttezza professionale (salvo ipotesi eccezionali, la
violazione di leggi dello Stato sempre in contrasto con i principi di correttezza). Si possono
distinguere tre tipi di norme pubbliche riguardanti lattivit imprenditoriale:
-

norme che impongono limiti allesercizio dellattivit, la cui violazione consiste


propriamente in un atto di concorrenza. Poich tale atto viene compiuto anche in
violazione di una norma pubblica, pu ritenersi atto di concorrenza sleale;

norme che impongono costi, la cui violazione non consiste in s in un atto d concorrenza
fonte di un danno concorrenziale: questo il caso in cui il risparmio dei costi (dovuti al
mancato pagamento dellIVA, al mancato rilascio delle ricevute fiscali e degli scontrini di
cassa, al lavoro nero, ecc.) viene sfruttato concretamente, ad esempio per sostenere un
ribasso dei prezzi cui i concorrenti, che non violano la legge e perci hanno costi
superiori, non possono far fronte. La violazione diventa cos fonte di un danno
concorrenziale e pu dar luogo ad una fattispecie di concorrenza sleale

norme che impongono oneri (in particolare che subordinano lesercizio di determinate
attivit imprenditoriali allottenimento di licenze o di autorizzazioni, sempre che
ovviamente, la loro violazione non si accompagni a quella di condizioni che comportino
dei costi), la cui violazione non solo non consiste in s in un atto di concorrenza, ma
neppure pone lautore nei confronti dei suoi concorrenti in una situazione di vantaggio,
che costituisca il presupposto di un atto di concorrenza e dei conseguenti danni
concorrenziali.

(Unattenzione particolare va rivolta a quelle norme sulla corruzione o su reati analoghi: chi si
procura, a scapito dei concorrenti, commesse ed appalti pubblici, con il versamento di tangenti,
responsabile anche di concorrenza sleale nei confronti di chi non ricorre a questi mezzi).
La violazione di norme di diritto pubblico configura anche altri illeciti, penali, amministrativo,
come ad esempio la revoca di autorizzazioni etc, se per io sono un imprenditore a te
concorrente, a te che ha posto in essere questa violazione posso anche rivalermi nei tuoi
confronti per una concorrenza sleale e quindi eventualmente chiedere un risarcimento danni se
dimostro che oltre a far inibire il perpetrarsi del comportamento, possono anche chiedere il
risarcimento danni perch colui che subisce il comportamento di concorrenza sleale ha due
interessi, il primo quello di veder cessato il comportamento, il secondo quello di veder
ripristinata la situazione, che pu essere ripristinata se c' stato un danno materiale con un
risarcimento del danno, se invece non c' stato un danno materiale ma semplicemente una

potenzialit di danno sufficiente che il comportamento cessi.... quindi bisogna sempre vedere
chi il soggetto che agisce e che cosa pu far valere, in questo caso oltre a quelli che sono gli
altri illeciti che nascono dalla violazione delle norme di diritto pubblico, l'imprenditore che
svolge attivit concorrente, che soddisfa gli stessi bisogni, le stesse esigenze in quel determinato
settore pu chiedere al soggetto che ha posto in essere quel determinato comportamento un
risarcimento per illecito concorrenziale.
Costituisce comportamento valutato come illecito concorrenziale l'eventuale aggiudicazione di
appalti che avvenga in modo irregolare, voi sapete benissimo che quando le PA decidono di
appaltare determinati tipi di lavoro fanno dei concorsi, l'eventuale alterazione di questi concorsi
e quindi l'eventuale illecita aggiudicazione pu rappresentare, proprio perch violazione di
norme di diritto pubblico, oltre che ai vari altri illeciti penali e civili, pu anche rappresentare
da parte delle altre imprese che partecipano alla gara d'appalto pu essere visto come atto di
concorrenza sleale e quindi si pu agire nei confronti di chi ha alterato, falsificato l'eventuale
aggiudicazione....
Quindi i comportamenti che volevano essere posti in essere in violazione di norme di diritto
pubblico hanno una notevole rilevanza anche sotto l'aspetto della concorrenza sleale, e possono
essere valutati e sanzionati ai sensi del numero 3 del 2598, della clausola generale di contrariet
alla correttezza professionale idonea a produrre danno all'altrui azienda.

Lo storno dei dipendenti. Consiste nel sottrarre i dipendenti ad un concorrente, di solito


istingandoli a dimettersi per poi assumerli. Si tratta di una pratica considerata prima
assolutamente scorretta, oggi viene accettata anche dalla giurisprudenza, in quanto un suo
divieto assoluto interferirebbe in modo consistente sul funzionamento del mercato e sulla libert
dei dipendenti. Lo storno di dipendenti l'ipotesi nella quale sostanzialmente l'imprenditore va
a sottrarre il dipendente o la manodopera, quindi possiamo parlare di diverse qualifiche, si
estende anche agli ausiliari dell'imprenditore, naturalmente il soggetto attivo va a portar via i
dipendenti per utilizzare le loro capacit professionali e quindi il loro know how, le loro
qualifiche e qualit di cui si sono arricchiti lavorando presso l'imprenditore concorrente.
Ma se il dipendente di fronte alla paga pi alta va a svolgere le stesse mansioni ovvio ed
evidente che un diritto del dipendente andare a lavorare alle dipendenze di chi lo paga di pi,
ecco perch la fattispecie dello storno dei dipendenti una fattispecie che per essere accertata
necessita di un onere probatorio, di un istruttoria piuttosto approfondita, perch la dottrina e la
giurisprudenza ha ritenuto che l'illecito si configura se si riesce a dimostrare l'animus nocendi
dell'imprenditore che ha sottratto il dipendente al concorrente, cio io te lo porto via al fine
specifico di danneggiarti proprio perch ti porto via un particolare elemento qualificante e anzi
sfrutto le sue qualit e tutto quello che lui ha imparato, che tu gli hai insegnato a mio
vantaggio...
Naturalmente l'animus nocendi, essendo una prova difficile, perch riguarda la sfera interiore
dell'imprenditore, si voluto affiancarlo a degli elementi che siano pi oggettivi, pi facilmente
accertabili, perch l'animus nocendi di per se non pu essere l'unico elemento su cui si basa
questa fattispecie, quindi il contemperamento che la giurisprudenza, prendendo spunto dai
suggerimenti della dottrina, la giurisprudenza ha ritenuto che storno di dipendenti, e quindi atto
di concorrenza sleale si ha quando la sottrazione ha un certo grado di pericolosit e quindi
effettivamente di pregiudizio nei confronti dell'imprenditore che subisce lo storno, cio quando
il dipendente che io ti ho sottratto era uno degli elementi qualificanti, degli elementi portanti
della tua azienda, e sopratutto quando anche oltre ad averti portato via il dipendente
estremamente qualificato ho violato un principio di correttezza professionale e quindi lo storno

dei dipendenti effettivamente tiene conto anche di quelli che sono i principi che abbiamo visto
all'inizio parlando dell'atto contrario alla correttezza professionale, e quindi a quella sorta di
moralit e valutazione di tipo etico che la collettivit fa di quel determinato comportamento,
quindi non semplicemente tra imprenditori.
E per lo pi poi normalmente lo storno dei dipendenti si evidenzia perch quasi sempre
accompagnato da altri atti di concorrenza sleale, tipico esempio l'atto di denigrazione per cui
io inizio a dire al dipendente qualificato che il suo dl in crisi finanziaria etc...
Questo tipo di attivit certamente atto di concorrenza sleale sotto il profilo dello storno del
dipendente che come atto di denigrazione nei confronti dell'imprenditore concorrente.
Quindi la fattispecie di storno dei dipendenti individuabile perch viene accompagnata da altri
atti di concorrenza sleale.
Anche la Corte di Cassazione pervenuta ad affermare che lo storno dei dipendenti si configura
non tanto e non solo dimostrando l'animus nocendi, ma dimostrando anche quel comportamento
di contrariet a quei principi della correttezza professionale intesa come valutazione etica,
sociale della collettivit rispetto a determinati comportamenti e quindi in questo caso si pu
affermare che effettivamente ci sia stato quello che il numero 3 del 2598 indica come
ulteriore fattispecie tipizzata di comportamento di concorrenza sleale, lo storno di dipendenti,
cio il fatto che io sottraggo all'imprenditore concorrente dei dipendenti che sono
particolarmente qualificanti per la sua attivit.
Lo storno dei dipendenti, che vuol dire sottrazione del dipendente, elencato nel numero 3 del
2598 come ipotesi di concorrenza sleale, chiaro che questa fattispecie illecita contrasta un po'
con quella che la libert del dl di assumere chi vuole, ma sopratutto del lavoratore di vedere
tutelato il proprio lavoro e magari rivolgersi ad un imprenditore piuttosto che ad un altro,
indipendentemente magari dalla maggior retribuzione, per le condizioni pi favorevoli, tutta una
serie di situazioni che sono a vantaggio del lavoratore.
Ecco perch la fattispecie stata sempre pi definita dalla giurisprudenza proprio per cercare di
evitare che il riconoscimento magari di una fattispecie illecita andasse a contrastare con quelli
che sono i principi della libert del lavoratore e quindi tutela del lavoro.
Si enucleato questo concetto di animus nocendi, cio quando la sottrazione del dipendente
fatta proprio al fine di danneggiare, quindi di creare un pregiudizio all'altrui azienda.
Questo significa che ovviamente pi qualificato sar il soggetto che viene sottratto
all'imprenditore concorrente maggiore pu essere il grado di pericolosit di questa attivit e di
conseguenza pi facilmente si riconoscer l'illecito.
Anche se la dimostrazione, cio l'imprenditore che agisce per atto di concorrenza sleale e quindi
per storno dei dipendenti dovr dimostrare che c'era una finalit nociva nei confronti della
propria azienda, finalit nociva che va al di la di quella che la libera concorrenza, la necessit
determinata dal fatto che si deve dimostrare appunto proprio la preordinazione finalizzata a
ledere l'altrui azienda, io portandoti via quel dipendente so che ti danneggio e lo faccio al fine
di danneggiarti, questo il concetto di animus nocendi.
altres vero che questi atti di concorrenza sleale, ovvero sia lo storno di dipendenti si
accompagnano sempre ad altre attivit che configurano sempre un illecito concorrenziale,
perch ovviamente in violazione dei principi della correttezza professionale, quale pu essere
anche la denigrazione attuata dall'imprenditore al fine di indurre il dipendente a licenziarsi e
passare dall'altra parte, e comunque sia il comportamento posto in essere dall'imprenditore nel

momento in cui sottrae il dipendente deve essere sempre valutato comunque alla luce della
correttezza professionale, quindi di quel giudizio etico che la collettivit esprime di fronte a
determinati comportamenti.
Questa valutazione viene fatta sempre tenendo presente sempre quella che la tutela anche del
lavoratore, cio del soggetto che libero di scegliere un dl piuttosto che un altro.
C' da dire che comunque questo tipo di orientamento della giurisprudenza che tiene conto della
finalit di ledere l'imprenditore concorrente sottraendogli le persone di cui lui si avvale si
applica anche a coloro che non sono strettamente dipendenti.
Il lavoratore subordinato ha determinate caratteristiche, nel caso del diritto industriale lo storno
di dipendenti si intende anche in un concetto pi ampio quindi anche gli agenti o comunque
coloro che non hanno uno stretto rapporto di dipendenza ma che sono comunque legati da un
rapporto di collaborazione, di svolgimento dell'attivit lavorativa in un certo rapporto con
l'imprenditore nei cui confronti ovviamente si pone in essere l'atto di concorrenza sleale.
Quindi certamente il concetto di dipendente ai fini di valutare l'illecito concorrenziale di cui
stiamo parlando deve essere inteso in senso ampio, quindi non solo coloro che hanno un vero e
proprio rapporto di lavoro subordinato, ma anche ausiliari, ci sono vari soggetti che possono
intervenire ad aiutare l'imprenditore nello svolgimento della propria attivit senza essere dei
veri e propri dipendenti dell'imprenditore, in questo caso eventuali attivit finalizzate a portar
via questi soggetti, naturalmente con appunto l'obiettivo di danneggiare l'altrui azienda possono
essere considerate attivit di concorrenza sleale ai sensi del 2598 n 3.

Sottrazione di segreti aziendali. Naturalmente questo discorso dello storno dei dipendenti si
collega ed strettamente connesso ad un altro problema che nel campo sopratutto dello
svolgimento di determinate attivit imprenditoriali, come potrebbe essere il settore
farmaceutico o chimico legato, mi riferisco alla sottrazione di segreti aziendali.
Senza arrivare allo spionaggio industriale vero e proprio tuttavia vi sono tutta una serie di
cognizioni o comunque di conoscenze che fanno parte dello sviluppo dell'attivit di un
determinato soggetto e che possono essere ovviamente portate a conoscenza di terzi.
Definire il segreto aziendale molto difficile, cos' segreto? L'apprendimento che il soggetto
acquisisce durante la propria attivit lavorativa non pu essere definito segreto aziendale...
quindi nel tempo la giurisprudenza andata via via ad individuare che cosa si potesse intendere
per segreto aziendale e quindi quando c' una violazione di questo segreto.
Tenete conto che il 2105 parla dell'obbligo di fedelt del dipendente nei confronti del proprio dl,
quindi c' un dovere in ogni caso di correttezza e di comportamento che non deve andare a
ledere il dl, il quale naturalmente ha riposto della fiducia nei confronti del lavoratore.
Art. 2105. Obbligo di fedelt.-1. Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto
proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, n divulgare notizie attinenti
all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad
essa pregiudizio.
E quindi a poco a poco la dottrina aveva gi cercato di indicare quali potessero essere gli
elementi necessari per poter parlare di segreto aziendale, ma siamo arrivati agli articoli 98 e 99
del CPI che hanno individuato i criteri in base ai quali si pu dire che un'informazione sia
segreta.

Sezione VII. Informazioni segrete


Art. 98. Oggetto della tutela.- 1. Costituiscono oggetto di tutela le informazioni aziendali e le
esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del
detentore, ove tali informazioni:
a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e
combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli
operatori del settore;
b) abbiano valore economico in quanto segrete;
c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da
ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.
2. Costituiscono altresi' oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui
elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata
l'autorizzazione dell'immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli
implicanti l'uso di nuove sostanze chimiche.
Art. 99.Tutela .- 1. Ferma la disciplina della concorrenza sleale, il legittimo detentore delle
informazioni e delle esperienze aziendali di cui all'articolo 98, ha il diritto di vietare ai terzi,
salvo proprio consenso, di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali
informazioni ed esperienze, salvo il caso in cui esse siano state conseguite in modo
indipendente dal terzo.

Il primo concetto che viene espresso dagli articoli che ovviamente le informazioni, che
ovviamente devono essere legate a quella che l'esperienza tecnico-industriale, non devono
essere generalmente note a terzi, cio io posso parlare di segreto quando quell'informazione,
quel determinato tipo di comunicazione non accessibile, non nota alla generalit perch non
accessibile a coloro che si definiscono esperti del settore.
Non posso ritenere che c' stata violazione del segreto aziendale relativamente magari ad un
passaggio del procedimento quando questo passaggio magari noto a chi esperto del settore.
La segretezza riguarda quegli elementi che non possono essere conosciuti e che non sono
facilmente accessibili da parte degli operatori del settore.
Ovviamente questa informazione cos definita deve avere un determinato valore economico in
quanto segreta, cio per il fatto che non accessibile a tutti deve avere ovviamente questa
caratteristica e deve ovviamente, anche qui si cercato di dare un ulteriore elemento per poter
individuare con oggettivit l'informazione segreta, quando naturalmente c' una persona che
preposta al controllo di questa segretezza, cio quando sostanzialmente in base a delle misure
ragionevolmente adeguate a mantenere segreto quella determinata informazione io ho preposto
una persona che controlli che vi sia questo segreto, quindi cerco di non portare all'esterno, di
stabilire dei paletti per far si che non ci sia un'accessibilit da parte dei terzi a queste
informazioni.
Nel momento in cui io ho predisposto questo tipo di organizzazione, c' naturalmente anche un
valore economico in quanto segreto dell'informazione, questa informazione non rientra tra
quelle che sono accessibili da parte degli esperti, se ho tutti questi tre elementi l'eventuale fuga
di notizie, l'eventuale attivit del dipendente che porta all'esterno questo tipo di informazione
segreta costituisce appunto violazione del segreto aziendale.

Il d lgs 131 del 2010 intervenuto, sopratutto sulla disposizione dell'articolo 99 CPI per adeguare
il contenuto di questo articolo a quello che l'articolo 39 di un accordo che si definisce
ACCORDO TRIPS, sono quegli accordi che intervengono fra diversi Paesi per regolamentare la
materia industriale, e oggi l'articolo 99 alla luce della modifica introdotta dal d lgs 131 del 2010
stabilisce che ferma la disciplina della concorrenza sleale, quindi da ampio spazio a quella che
la disposizione del 2598 numero 3, il legittimo detentore delle informazioni e delle esperienze
aziendali di cui all'articolo 98, che definisce quali sono le esperienze e informazioni aziendali, ha
diritto di vietare ai terzi, salvo naturalmente il proprio consenso, perch poi c' sempre la
possibilit di acconsentire a questo di acquisire o rivelare a terzi, utilizzare in modo abusivo tali
informazioni ed esperienze, quindi, c' proprio una specifica norma che individua il
comportamento che deve essere tenuto e che se non viene osservato da luogo appunto alla
violazione in questo caso anche del CPI, quindi non solo abbiamo la tutela del codice civile come
atto di concorrenza sleale perch contrario alla correttezza professionale ai sensi del 2598 n 3,
ma abbiamo anche violazione dell'articolo 99, cos come modificato dal d lgs 131 del 2010, del
CPI.
Da un lato noi abbiamo le azioni e le sanzioni stabilite dal codice civile che ai sensi del 2599 e
2600 sono l'azione inibitoria, la possibilit di reagire a questo tipo di comportamento, dall'altro
lato il CPI nelle varie ipotesi specifiche indica anch'esso quali sono i rimedi, quindi noi possiamo
avere una tutela sostanzialmente concorrente e star al soggetto vedere quale delle due
azionare.
Quindi tenete presente che nel momento in cui io vado a verificare se sono di fronte ad
un'ipotesi di illecito ovviamente devo rappresentarmi se un illecito dal punto di vista di
violazione del 2598 numero 3, quindi quali sono i presupposto, oppure se sono di fronte ad una
violazione del CPI, perch la differenza sostanzialmente pi rilevante che le tutele predisposte
dal CPI riguardano sopratutto specifiche attivit in relazione a quello che l'oggetto del diritto
della propriet industriale, quindi non sempre questo coincide con quelli che magari possono
essere altre materie che magari invece possono rientrare nella concorrenza sleale.
Oltre che al dipendente che quindi svolge questo tipo di attivit illecita andando a spifferare
quelli che sono le conoscenze e le informazioni segrete e cos via... c' anche il problema dell'ex
dipendente, cio fino a che punto l'ex dipendente, che magari senza che ci sia stato nessun
storno di dipendenti, ma ad un certo punto il dipendente si licenzia perch stufo e poi decide
di farsi assumere da un altro dl che sempre operante nello stesso settore, perch chiaro che
le conoscenze che io ho acquisito presso quell'imprenditore mi potranno servire in quel
determinato settore, ad esempio il settore farmaceutico o chimico...
in questo caso io sono ex dipendente, quindi potrei in ipotesi, e normalmente si ammette che
questo sia possibile, se il dl vuole tutelarsi deve avere l'accortezza e la diligenza di inserire nel
contratto del rapporto di lavoro che a cessazione del rapporto per qualsiasi motivo l'ex
dipendente non pu per un determinato periodo di tempo, magari svolgere lo stesso tipo di
attivit...
ovviamente questo vale sia quando l'ex dipendente si licenzia, quindi cessa il rapporto di lavoro
e magari si mette in proprio, spesso succede che un soggetto giovane inizia a lavorare presso una
determinata azienda, poi cresce professionalmente e ad un certo punto decide di mettere su
un'attivit in proprio, in questo caso se c' una clausola di questo tipo per un certo periodo di
tempo, che limitato, lui non pu svolgere lo stesso tipo di attivit o quanto meno anche se
svolge lo stesso tipo di attivit non pu utilizzare determinate informazioni, determinate
cognizioni che gli sono derivate dall'esperienza lavorativa che ha cessato.

Talvolta per esempio nella fattispecie dello storno dei dipendenti succede che se tu mi hai
sottratto un dipendente che aveva determinate conoscenze tecniche, non riesco a dimostrare
che c' la violazione dell'obbligo di fedelt e di segreto aziendale o anche magari riesco a farlo,
qual potrebbe essere la sanzione che io vado ad applicare? Se c' stato un comportamento
negligente solo da parte dell'imprenditore concorrente, li interverr l'eventuale risarcimento del
danno, ma non obbligano colui che ha stornato il dipendente a licenziarlo nuovamente....
perch poi si va a pregiudicare il lavoratore....
d'altra parte anche chi ha violato un obbligo di segretezza delle informazioni non che lo si
mette alla gogna, quindi lo si licenzia o non lo si fa lavorare.... semplicemente il giudice in
questi casi accertata la responsabilit o coresponsabilit, pone un divieto di utilizzare quel
determinato lavoratore per quella specifica mansione che svolgeva nell'impresa da cui stato
sottratto e per la quale ha acquisito determinate cognizioni, quindi impone all'imprenditore di
comunque utilizzarlo, non pu licenziarlo ma non pu nemmeno adibirlo a quella stessa
mansione che svolgeva prima.
Quindi, nelle ipotesi in cui si verifica sia da parte dell'imprenditore un comportamento illecito
ma anche da parte del lavoratore la sanzione potrebbe essere quella, oltre ai rimedi previsti,
quindi se c' stato danno anche risarcimento del danno, per oltre a questo la sanzione quella
di mantenere comunque il rapporto di lavoro con il dipendente ma semplicemente di non poterlo
utilizzare per un determinato periodo di tempo nello svolgimento di quel tipo di mansione o
attivit lavorativa.

Altre fattispecie:

A. Concorrenza dellex dipendente: per la giurisprudenza in assenza di un valido patto di


non concorrenza, lex dipendente o collaboratore in linea di principio libero di fare
concorrenza e di rivolgersi alla medesima clientela dellimpresa di provenienza, nonch
di utilizzare le cognizioni tecniche acquisite nel precedente lavoro; ma il suo
comportamento ritenuto sleale se si avvale di notizie riservate o addirittura di segreti
industriali, anche se non si pu nascondere la difficolt nel distinguere ci che pu dirsi
entrato nella sua cultura tecnica da ci che destinato a rimanere segreto. C' poi il
discorso dell'ex dipendente che se ne va e si porta via gran parte del pacco clienti dell'ex
dl,qui i9ntervenuta la Cassazione; l'ex dipendente che decide di sciogliere il rapporto di
lavoro e di svolgere in proprio l'attivit e che naturalmente si porta via o comunque
sfrutta la clientela del dl, anche qui molto difficile riuscire a dimostrare che il soggetto
ha agito in modo illecito, perch nella naturalit delle cose che uno che inizia una
determinata attivit si fa pubblicit e quindi ovviamente cerca di comunicare ai
consumatori che inizier a lavorare e quindi se poi particolarmente capace, chiaro
che avr successo, magari anche la clientela sar formata anche da quelle persone che
hanno avuto modo di conoscere queste capacit del soggetto... parlando dell'applicabilit
del 2598, cio quali sono i presupposti uno dei primi presupposti era proprio la qualifica
imprenditoriale, quindi la qualifica di imprenditore commerciale del soggetto, di
conseguenza si potrebbe anche dire, ma quando io ex dipendente sciolgo il rapporto di
lavoro, non ho ancora iniziato a svolgere l'attivit commerciale, quindi non sono ancora
diventato imprenditore commerciale vero e proprio ma semplicemente mi sto preparando

per svolgere un'attivit, sto appena organizzando la mia attivit per andarla a svolgere, il
problema : sono gi imprenditore e quindi posso essere sottoposto alla disciplina del
2598 o no? La giurisprudenza tende a rispondere in senso positivo e quindi ad ampliare il
concetto giuridico di imprenditore, quindi il dipendente che non ha ancora iniziato ma
che si sta organizzando per diventare imprenditore commerciale e con il suo
comportamento va a cercare di portar via i clienti all'ex dl e quindi svolge un'attivit
concorrenziale illecita, pu essere considerato gi in questa fase imprenditore quindi nei
suoi confronti gi si pu applicare la regola del 2598. molto difficile riuscire a
distinguere quella che pu essere una normale attivit di comunicazione pubblicitaria
della propria attivit rispetto ovviamente ad un vero e proprio comportamento come
illecito concorrenziale....
B. Concorrenza parassitaria: consiste nellimitazione sistematica delle iniziative
imprenditoriali altrui. Essa, per lassenza della confondibilit, non pu essere ricondotta
al n.1 dellart. 2598 c.c. ma, in quanto mezzo per lo sfruttamento sistematico del lavoro
e della creativit altrui, viene considerata in contrasto con i principi di correttezza
professionale e ritenuta illecita ai sensi n.3 dellart. 2598 c.c.. il parassita colui che
sostanzialmente, imprenditore, non investe e non ha una capacit di far sviluppare il
proprio prodotto e quindi anche tutto quello che vuol dire far conoscere il proprio
prodotto all'esterno, chiaro quindi che nel momento in cui io inizio a svolgere una
determinata attivit devo anche ovviamente non solo investire nei macchinari, nella
tecnologia o a seconda del diverso ramo in quello che lo sviluppo del settore ma devo
anche investire nella pubblicit del mio prodotto, la pubblicit essenziale.Nel caso
della concorrenza parassitaria succede che l'imprenditore imita qualsiasi tipo di
iniziativa, qualsiasi tipo di attivit che viene ad essere svolta da un suo concorrente.
Badate bene che questa ipotesi deve essere tenuta distinta da quella che magari la cd
imitazione servile che noi abbiamo anche gi analizzato, ai fini di quella attivit cd
confusoria, che mi legittima naturalmente un comportamento di reazione a questo
illecito.
Quindi nella concorrenza parassitaria manca quella confondibilit tra prodotti,
semplicemente io mi avvalgo, sia pur distinguendo, quindi senza creare confusione, ma
mi avvalgo delle stesse iniziative, delle stesse attivit, quindi vado a sfruttare
sostanzialmente la creativit dell'imprenditore, voi sapete benissimo che per fare del
marketing bisogna investire denaro...
io non investo, non mi avvalgo di nessuna consulenza ma semplicemente sfrutto quello
che fa l'imprenditore concorrente, faccio gli stessi gadget, promozioni, cerco di utilizzare
le stesse trovate pubblicitarie, quindi sostanzialmente in modo parassitario vado a
imitare, a copiare quelle che sono le iniziative del mio concorrente, e ovviamente questo
tipo di concorrenza vantata ai fini del numero 3 perch appunto manca l'elemento
confusorio, quindi non imitazione servile, quindi atto confusorio ai sensi del numero 2,
ma quando vado a svolgere questo tipo di attivit chiaro che il giudice per valutare se
c' stata o meno concorrenza parassitaria dovr anche prendere in considerazione un
periodo di tempo in modo tale da vedere se questo comportamento reiterato nel
tempo, magari a breve distanza, quindi quando sostanzialmente noi abbiamo una
sequenza di imitazioni, cio una sequenza di attivit che tende ad imitare in tutto e per
tutto l'attivit del concorrente.
Se l'iniziativa del gadget avviene oggi e l'imprenditore concorrente lo fa tra 2 anni non
posso dire che ci sia stata una concorrenza parassitaria, se invece iniziamo con il gadget,
io decido di pubblicizzare il mio prodotto con quel tipo di gadget e il mio concorrente lo
fa tra 1 mese, poi inizio a fare pubblicit in un certo e modo e dopo 3 mesi l'altro lo fa....
allora questa reiterazione in tempi abbastanza ristretti valutata come attivit illecita.
Quindi non sempre e non tutte le imitazioni delle iniziative possono dar luogo a
concorrenza parassitaria, quelle che hanno determinate caratteristiche e che sopratutto
per valutare se rientriamo o meno nella fattispecie va considerato anche l'elemento
tempo: tempo, durata e reiterazione del tempo di un certo comportamento.

C. Induzione allinadempimento: si tratta di un comportamento professionalmente


scorretto che vede limprenditore indurre il terzo, legato al concorrente da un impegno
contrattuale a violarlo o comunque cooperare con il terzo in questa violazione.
D. Boicottaggio: il comportamento di chi, attraverso il rifiuto proprio o di altri soggetti di
stipulare ed intrattenere rapporti con un determinato terzo, impedisca a questultimo di
accedere o di permanere sul mercato. Si distingue in:
-

Boicottaggio primario: quando uno o pi soggetti decidono di non contrattare con il


terrzo

Boicottaggio secondario: Quando uno o pi soggetti (promotori), esercitando pressioni


economiche o di altro tipo, obbligano altri soggetti (esecutori) a non intrattenere
rapporti con un concorrente dei primi (boicottato).

Il boicottaggio sempre un'attivit che viene ad essere svolta, se si tratta di boicottaggio


primario direttamente l'imprenditore che va a tenere un comportamento tale da
pregiudicare o da precludere l'attivit di altri imprenditori.
Per esempio io che sono il fornitore decido ad un certo punto di non contrarre
assolutamente con un determinato soggetto, sono fornitore di una particolare materia
specifica, difficile da reperire sul mercato, ad un certo punto non contraggo pi con un
determinato soggetto e svolgo un'attivit di boicottaggio nei suoi confronti per lo
svolgimento della sua attivit.
Oppure c' il cd boicottaggio secondario, cio quando non io direttamente, ma attraverso
una attivit che vado a svolgere cerco di costringere altri soggetti a non concludere con
quel determinato soggetto.Questo significa che io non sono il produttore ma sono un altro
imprenditore che va a costringere o per lo meno a forzare o ad incentivare il produttore a
non fornire pi quel determinato prodotto al mio concorrente.
Naturalmente questo tipo di concorrenza sleale, il boicottaggio, per lungo tempo era
stato disciplinato semplicemente come ipotesi di concorrenza sleale ai sensi del 2598 n 3,
quindi come atto contrario alla correttezza professionale fintanto che non intervenuta
la cd legge antitrust, la legge numero 287 del 1999 che ha esplicitato vietato le intese o
le pratiche concordate tali da creare un pregiudizio e quindi tali da escludere
l'imprenditore.
Questo naturalmente quando il soggetto non solo in posizione di monopolio e
addirittura c' una precisa norma che impone quando siamo in regime di monopolio al
soggetto monopolista impone un obbligo a contrarre, quindi nel caso in cui non lo fa pi
viola questa norma quindi sottoposto alle sanzioni, ma quando il soggetto si trova in
una situazione di posizione dominante all'interno del mercato, quindi nell'esempio di
prima, se io sono l'unico fornitore italiano, sono in regime di monopolio, quindi se non
vado a contrarre con l'imprenditore ovviamente violo l'obbligo a contrarre, se invece io
non sono l'unico ma sicuramente ho una prevalenza all'interno del mercato, c' quindi una
dominanza all'interno del mercato, pensiamo al fatto che in Italia ci possono essere vari
fornitori ma io sono il fornitore di tutto il nord Italia, per cui gli altri fornitori si trovano
nell'Italia del sud, quindi molto pi difficile per le imprese che si trovano al nord
riuscire ad avere questo prodotto, cero lo possono acquistare anche da un altro fornitore,
ma devono sostenere i costi di un trasporto, quindi questo va poi ad aggravare anche dal

punto di vista oneroso l'imprenditore che non pu pi vendere a quel determinato prezzo
ma deve caricare di ulteriori oneri quel prodotto.
Se mi trovo in una situazione di questo tipo in realt non mi serve la disciplina del 2598
perch ho la legge speciale anti trust che naturalmente mi impone di non tenere questo
tipo di comportamento, quindi intervento dell'autorit garante della concorrenza e del
mercato e via dicendo.

E. La concorrenza via internet: la concorrenza sleale pu essere attuata anche attraverso


la rete internet. La giurisprudenza ha ritenuto che il sistema di rete internet equivale al
sistema di informazione dei quotidiani, quindi se io pubblicizzo il mio prodotto in rete in
modo tale da arrecare confusione o in modo da essere considerato atto denigratorio o
comunque posso individuare in quel messaggio trasmesso via internet un comportamento
scorretto che va a ledere quelli che sono i principi della correttezza professionale allora
potr dire che anche se il mezzo con cui questo comportamento stato attuato la rete
internet vi comunque un comportamento di concorrenza sleale.
Quindi ovviamente l'attuazione di questo tipo di comportamento h avuto riconoscimento
solo in tempi piuttosto recenti, giammai il legislatore del 1942 poteva immaginare che il
2598 potesse essere applicato anche a comportamenti che si manifestano attraverso la
rete internet per la giurisprudenza poco a poco arrivata a considerare, a individuare
nella rete internet un sistema di comunicazione alla stregua di qualsiasi quotidiano.
All'inizio quando per esempio c'era il discorso dei nomi a dominio dei siti le prime
sentenze, nel 1990 pi o meno, le prime sentenze avevano considerato l'inserimento del
nome a dominio come l'inserimento in un elenco telefonico dove se due si chiamano allo
stesso modo non c' nessun problema....Mentre invece poi ovviamente si ritenuto che il
nome a dominio fosse invece da valutare e da considerare alla stessa stregua e quindi
tutelato dalla disciplina sul marchio perch in realt un segno distintivo
dell'imprenditore quindi devono essere rispettati gli stessi caratteri.
Quindi non deve sorprendere se all'inizio non si sapeva come affrontare questo problema,
e invece adesso grazie alle elaborazioni dottrinali e gli orientamenti giurisprudenziali, si
ritiene che un eventuale comportamento che viene manifestato attraverso la rete
internet se ha quelle determinate caratteristiche che possono far si che questo
costituisca un atto di concorrenza sleale viene valutato alla stregua di atto di
concorrenza sleale.

Capitolo 7. Le azioni e le sanzioni.


Rapporti con la disciplina del CPI. La disciplina del CPI si sovrappone ad una parte di quella
della concorrenza sleale. In particolare, si tratta della concorrenza sleale confusoria, quella per
sottrazione di segreti, quella delle denominazioni dorigine. In questi casi ci si trova di fronte ad
unidentica fattispecie, configurata rispettivamente come violazione di diritti di propriet
industriale (nel CPI) e come violazione di diritti di propriet industriale (nel c.c.). a seconda che
queste fattispecie vengano qualificate soltanto come atti di concorrenza sleale o come
violazione di diritti di propriet industriale, si dar luogo a due diversi sistemi sanzionatori e
cautelari. La giurisdizione nelle azioni di concorrenza sleale spetta in gran parte alle Sezioni

specializzate istituite presso un certo numero di tribunali ed una parte residua al giudice
ordinario. Questa bipartizione contenuta nellart. 134 CPI che prevede la devoluzione alle
Sezioni specializzate di tutte le controversie in materia di concorrenza sleale, con esclusione di
quelle che non abbiano a che fare, nemmeno indirettamente, con lesercizio dei diritti di
propriet industriale (e quindi dei marchi e degli altri segni distintivi, delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni di origine, dei disegni e modelli, delle invenzioni, dei modelli
di utilit, delle informazioni aziendali riservate, ecc.).
Al giudice ordinario quindi spetter la giurisdizione nelle azioni di concorrenza sleale fondate
sullart. 2598 n.2 e 3, ove non connesse in alcun modo con lesercizio dei diritti di propriet
industriale.

Le misure cautelari. La lunga durata del giudizio di concorrenza sleale e la gravit dei danni,
che nel frattempo limprenditore pu subire, legittimano il ricorso alle misure cautelari ed in
particolare a quelle di cui allart. 700 c.p.c..
In forza di tale norma il richiedente pu ottenere:
-

Linibitoria provvisoria del comportamento scorretto altrui;

Il sequestro dei beni prodotti e/o commercializzati in modo illecito.

I requisiti di cui occorre fornire una prova sommaria, per ottenere la tutela cautelare sono:
-

La bont della pretesa (fumus bonis iuris)

Il pericolo che deriverebbe dalla non concessione della misura (c.d. periculum in mora)

Lart. 700 c.p.c. si riferisce al pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile:


-

Quanto allimminenza, essa presuppone che il comportamento illecito sia in corso o se


terminato, ne sia probabile la ripetizione

Quanto allirreparabilit, la giurisprudenza sostiene che, in materia di concorrenza sleale,


essa in re ipsa, in quanto il pregiudizio derivante da tale illecito, ossia la perdita di
clientela, non mai completamente eliminabile.

Le sanzioni. Con la sentenza che accerta il compimento di uno o pi atti di concorrenza sleale,
il giudice pu applicare, su richiesta di parte, le sanzioni previste dagli articoli 2599 e 2600 c.c.
che sono:
a. Inibitoria: consiste nel divieto di continuare lattivit o di ripetere latto dichiarato
illecito. La pronuncia di inibitoria prescinde dallaccertamento dello stato soggettivo
dellautore dellatto e dallesistenza di un danno effettivo; invece, necessario
laccertamento che lillecito sia in corso o, se cessato, che ne sia probabile la
ripetizione. Si discute se possa aversi lesecuzione forzata dellinibitoria, ove questa non
venga spontaneamente rispettata. La violazione dellinibitoria comunque pu essere
soppressa ex art. 388 c.p.c. che punisce la mancata esecuzione di un provvedimento del
giudice.
b. Emanazione di opportuni provvedimenti per la rimozione degli effetti dellatto illecito:
tali provvedimenti sono volti alleliminazione delle cose materiali per mezzo delle quali

si attuato lillecito. Rilevano a tal proposito, lordine di distruzione o di ritiro dal


commercio dei beni realizzati con lattivit illecita; si ammette, per che il giudice possa
emettere anche condanne a comportamenti positivi.
c. Pubblicazione della sentenza: tale sanzione, che il giudice pu ordinare su domanda di
parte, nellesercizio di un potere discrezionale (art. 2600 comma 2) particolarmente
ambita dagli imprenditori, risolvendosi in una pubblicit commerciale a spese del
concorrente.
d. Il risarcimento del danno: per lirrogazione della condanna al risarcimento del danno,
lart. 2600 c..c richiama i presupposti generali dellart. 2043 c.c., occorrono perci:
-

Il dolo o la colpa del convenuto, inoltre essendo la colpa coperta da una presunzione
relativa ( art. 2600 comma 3) spetter al convenuto fornire la difficile prova
liberatoria.

La prova del danno effettivamente sofferto; in questo caso si richiede un danno


effettivo e non la mera idoneit dannosa, che invece, elemento costitutivo dellatto
di concorrenza sleale.

PARTE SECONDA. I SEGNI DISTINTIVI.


Cap. 1. Il marchio: nozione e funzione.
(Un'economia liberista, un libero mercato, ha bisogno di segni distintivi. Anzitutto per rendervi possibile
l'individuazione, il riconoscimento reciproco di coloro che vi operano a vari livelli e con varia funzioni, e fra i quali
intercorrono complessi rapporti che appunto senza la reciproca individuabilit non sarebbero neppure pensabili.
Presupposto della stessa possibilit che la concorrenza si svolga fruttuosamente, il fatto che il consumatore possa
attribuire i meriti ed i demeriti dei prodotti e dei servizi che gli sono offerti, all'imprenditore dal quale realmente
provengono. E ci appunto possibile solo per il tramite dei segni distintivi.
Esiste la ditta, come segno che contraddistingue l'impresa in se, cio il nome commerciale dell'imprenditore.
L'insegna contraddistingue invece i locali in cui si svolge l'attivit di impresa.
Il marchio invece contraddistingue il prodotto o il servizio dell'imprenditore.

Il marchio un segno distintivo, e come tale deve essere idoneo a consentire al pubblico dei consumatori di
distinguere i prodotti o servizi di un imprenditore da quelli simili di un altro imprenditore.
Il diritto sul marchio, come ogni diritto su segno distintivo, diritto di esclusiva.
Si ha violazione del diritto al marchio quando esso venga usato da terzi senza l'autorizzazione del titolare.
chiaro che questi segni distintivi di cui ovviamente il pi importante il marchio, questi segni distintivi proprio
perch la legge tutela e riconosce all'imprenditore l'utilizzo e l'uso di questi segni distintivi, il diritto che viene
attribuito un diritto di esclusivit dell'uso di quel determinato segno.
Naturalmente questo diritto di esclusiva limitato al settore merceologico, cio al mercato in cui il prodotto viene
diffuso.
La disciplina del marchio ancora oggi contenuta sia nel CC che nel CPI, per lo pi la tutela dei segni distintivi
comunque una tutela a che ovviamente non ci sia quel rischio di confusione o del prodotto o dei locali o dell'impresa.
Viene sempre e comunque tutelato per lo pi sotto l'aspetto della confusione, per cui noi parleremo sopratutto di
segni distintivi dell'imprenditore che riguardano prodotti identici o affini, perch ovviamente solo in relazione a
questa tipologia di prodotti, cio ad un prodotto uguale o affine si pu creare quel rischio confusione... se sono
prodotti del tutto diversi chiaro che io non posso confondere il marchio aeroplano per le scarpe con il marchio
aeroplano per le penne, perch chiaro che il prodotto essendo diverso non crea confusione nel consumatore quindi
non va a d incidere sulla sua determinazione all'acquisto il fatto che ci sia lo stesso marchio su prodotti
completamente diversi, perch quel che interessa al legislatore tutelare quell'imprenditore che vende quel
prodotto, che si rivolge a quel mercato, quindi che soddisfa quella determinata esigenza e non vuole che questo
prodotto sia confuso, perch c' un marchio, c' un'insegna, c' una ditta simile, confuso con un prodotto identico o
affine.
Quindi rimane anche nella disciplina dei segni distintivi e del marchio questa tutela comunque avverso il rischio della
confusione tra prodotti.
C' anche da dire che poi ovviamente ci si posti il problema pi che altro a livello teorico perch poi nella pratica
la giurisprudenza stessa che ha dato tutela o meno a determinate situazioni, quindi pi che altro nella teoria ci si
posti il problema di come questo diritto che viene riconosciuto al titolare di un segno distintivo, quindi
all'imprenditore possa essere declinato.
Se si pu configurare un vero e proprio diritto sui segni distintivi, oppure se invece questo diritto non ha una sua
autonomia, una sua individualit.
Il discorso viene fatto sempre a livello teorico, relativamente al fatto che il segno distintivo possa essere inquadrato
o meno tra i cd beni immateriali, e quindi individuare qual' la natura del diritto che sorge su questi beni.
Di Cataldo ha sostenuto che la tutela che viene apprestata ai segni distintivi in realt non configura un vero e
proprio diritto sul segno distintivo, perch il segno distintivo viene ad essere tutelata in tanto in quanto tutelata
esclusivamente la funzione distintiva, quindi identificatrice dell'impresa, della provenienza, quindi non ha una sua
autonomia ma avendo una funzione identificatrice dell'imprenditore, quindi dell'impresa da cui provengono, avendo
una funzione sopratutto distintiva, in tanto in quanto svolge questa funzione distintiva il diritto tutelato, quindi
hanno escluso Di Cataldo e altri, che si possa configurare un vero e proprio diritto autonomo sui segni distintivi.
Altri hanno sostenuto il contrario, cio che si possa parlare si dei segni distintivi come di un bene immateriale, ma
che in realt, essendo indici rivelatori della provenienza del prodotto, il diritto che sorge sui segni distintivi un
vero e proprio diritto autonomo.
Se diritto autonomo, quindi se di vero e proprio diritto si parla, ci si posti poi il problema se questo possa essere
inquadrato tra i diritti della personalit, e a questa teoria stato obiettato che non pu essere fatto ricomprendere
tra i diritti della personalit, perch i diritti della personalit sono inalienabili, mentre i diritti che nascono sui segni
distintivi sono diritti che possono essere alienati, quindi non soddisfa l'inquadramento nella categoria dei diritti della
personalit.
Dall'altro lato si configurato il diritto sul segno distintivo come diritto sulla propriet, quindi come esiste il diritto
sulla propriet, cos esiste il diritto sul segno distintivo.

Anche qui ci sono state delle critiche, perch si detto che non paragonabile, non possibile fare un paragone fra
questi due diritti perch mentre il diritto di propriet tutelato in modo assoluto, il diritto sul segno distintivo
comunque un diritto strumentale alla sua funzione distintiva.
Tanto vero che vedremo quando il segno distintivo perde questa funzione distintiva, decade il diritto di esclusiva,
quindi non un diritto assoluto, ma comunque un diritto che sempre in funzione della capacit distintiva di quel
determinato segno distintivo.
Poi da ultimo la giurisprudenza ha cos delineato un proprio orientamento dicendo che si potrebbe configurare il
diritto sul segno distintivo come un diritto di propriet che viene ad essere ovviamente limitato e viene ad essere
comunque tutelato sempre in funzione della sua capacit distintiva.
Quindi la giurisprudenza ha in sostanza trovato una soluzione che sta a met tra il diritto sul segno distintivo
considerato come diritto di propriet e la teoria che considera il diritto sul segno distintivo come diritto che si attua
in tanto in quanto ci sia una capacit distintiva del segno distintivo.
Nella concretezza poi si va a verificare se il diritto in capo all'imprenditore era un diritto tutelato perch c'era stata
una procedura di registrazione del marchio o meno, e vedremo poi in che modo si atteggiano tutte le varie ipotesi,
nelle ipotesi di marchio registrato, marchio non registrato... la disciplina del marchio la pi rilevante tra i segni
distintivi.
Il marchio di fatto, cio che non registrato pu avere tutela e in certi limiti...
quindi nella pratica si va a vedere qual' la reale disciplina e qual' la fattispecie concreta per vedere quali sono le
norme che si applicano.)

Un libero mercato ha bisogno di segni distintivi per rendere possibile lindividuazione ed il


riconoscimento reciproco di coloro che vi operano a vari livelli e con varie funzioni.
Presupposto della stessa possibilit che la concorrenza si svolga fruttuosamente il fatto che il
consumatore possa attribuire i meriti e i demeriti dei prodotti e dei servizi che gli sono offerti,
allimprenditore dal quale realmente provengono.
E ci appunto possibile solo tramite i segni distintivi dei prodotti e dei servizi, cio
innanzitutto dei marchi che proprio per questo assumono sul mercato un ruolo di fondamentale
importanza.
In relazione a tale importanza il legislatore ha dettato per questi segni una speciale disciplina
basata sul procedimento amministrativo della registrazione. Di qui il termine marchio registrato
che evoca appunto la speciale disciplina cui questo soggetto.
Fonti legislative. Il marchio, ossia il segno che si appone sul prodotto o sulla confezione di esso,
il pi importante fra i segni distintivi; ad esso il legislatore ha dedicato una dettagliata
regolamentazione contenuta in alcuni articoli del c.c. ed in una legge speciale, il r.d. n.
929/1942.
Questa legislazione rimasta integra fino ad una profonda revisione realizzata con il dlgs. N.
480/92 in attuazione della direttiva CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri
in materia di marchi.
Ulteriori modifiche sono state introdotte con il d.lgs. n.198/96 che ha adeguato la nostra
legislazione agli accordi internazionali cosiddetti TRIPs e con il d.lgs n.447/99 che ha attuato
unaltra convenzione internazionale.
Infine la materia stata inserita nel codice CPI entrato in vigore il 19 marzo del 2005 e
successivamente ha subito numerose modifiche (2006, 2009, 2010, 2011).
(Abbiamo una disciplina contenuta nel CC, dove si fa riferimento ai segni distintivi, tra cui il marchio come segno che
contraddistingue il prodotto o il servizio dell'imprenditore.
Nel 1942 abbiamo anche avuto, oltre che alla disciplina del CC, un regio decreto che la cd legge marchi, che la
legge n 929 del 1942.

questo regio decreto ha disciplinato per lungo tempo il marchio e lo ha fatto perch mancava un aggiornamento poi
della legge speciale relativamente a quella che era l'evoluzione sopratutto a livello comunitario, quindi successo
che la legge marchi, ovvero sia il regio decreto del 1942 per lungo tempo stato applicato fintantoche non sono
intervenuti dei decreti legislativi che alla luce di direttive comunitarie, e come legge di recepimento delle direttive
comunitarie hanno a poco a poco modificato la disciplina, mi riferisco al decreto legislativo 480 del 1992, che
importante perch, sempre come legge di recepimento della direttiva comunitaria, ha per la prima volta ammesso
che il marchio potesse essere trasferito indipendentemente dal trasferimento dell'azienda.
Per quanto riguarda il trasferimento dell'azienda, devo trasferire sempre quel minimo di beni necessari per lo
svolgimento dell'attivit di impresa altrimenti non trasferisco l'azienda.
Nel trasferire l'azienda io posso trasferire o meno anche l'insegna, ma non posso trasferire l'insegna senza trasferire
l'azienda.
Questo vuol dire che io imprenditore posso effettivamente cedere i miei beni aziendali e per libera scelta, con patto
che viene inserito nell'atto di trasferimento, io decido di non trasferire anche l'insegna, cio il nome commerciale,
quindi trasferisco l'azienda che assumer un altro nominativo.
Come invece per libera scelta e volont io posso trasferire si l'azienda e appunto trasferire anche l'insegna, questo
sia per atto tra vivi sia per atto mortis causa.
Se non vi sono disposizioni testamentarie che vanno ad escludere il trasferimento anche del nome e dell'insegna,
allora l'insegna si trasferisce automaticamente, per io per volont testamentaria posso eventualmente escludere il
trasferimento.
Quindi l'insegna pu, in caso di trasferimento d'azienda essere ceduta o meno, non possibile il contrario, non
possibile che io trasferisca solo l'insegna ma non trasferisca anche l'azienda e questo era sostanzialmente un principio
che valeva sino al 1992 anche per il marchio.
Il marchio che aveva la funzione di contraddistinguere il prodotto dell'imprenditore, doveva essere trasferito assieme
all'azienda, poteva eventualmente non essere trasferito, ma non era possibile trasferire il marchio senza l'azienda.
Con la direttiva comunitaria che era stata emanata sempre allo scopo di creare un mercato unico, omogeneo, quindi
sulla base di quello che accadeva anche negli altri Paesi UE, si emanata la direttiva e quindi di seguito il decreto
legislativo del 1992 che in recepimento della direttiva comunitaria ha invece stabilito che il marchio pu essere
ceduto e pu anche essere dato in licenza indipendentemente dal trasferimento dell'azienda.
Questo il cd contratto di mercandising, altro non che la licenza di marchio, concedere in uso il marchio per
prodotti del tutto diversi da quello che l'imprenditore produce e che per hanno ovviamente, portano anche il
marchio di un altro imprenditore, di un altro soggetto.
Questo avviene quando il marchio acquista una certa rinomanza, per cui il fatto di produrre delle piastrelle con il
marchio Chanel o degli accessori o cose per la casa, tutto quello che riguarda l'arredamento della casa che porta un
grande marchio riconosciuto a livello internazionale di raffinatezza etc ovviamente da valore aggiunto a quel
prodotto, anche perch siccome il marchio oggi pi che mai non deve essere ingannevole, quindi deve non suscitare
inganno nel consumatore, devono essere rispettati appunto perch il marchio possa dirsi non ingannevole, devono
essere rispettati determinati criteri e canoni...
la casa produttrice Chanel non fa le piastrelle ma pu concedere l'uso del marchio, questo per vuol dire anche che si
garantisce al consumatore una certa qualit, una certa raffinatezza, il fatto che ci sia stata una scelta tra vari
prodotti delle piastrelle, quelle che pi si conformano allo stile di quel determinato stilista...
Quindi sicuramente stato questo decreto legislativo del 1992, successivamente sempre intervenuto come decreto
di modifica alla legge marchi, cio alla legge del 1942 un altro decreto legislativo del 1996, numero 198, che ha
armonizzato la disciplina dei marchi in relazione agli accordi internazionali.
Quindi non solo tra Paesi UE ma anche altri Paesi...
poi c' stato anche il decreto legislativo 447 del 1999, sempre in recepimento a direttive comunitarie che ha
ulteriormente modificato e poi siamo arrivati al decreto legislativo del 2005, cio a quello che viene chiamato CPI,
che ovviamente ha dagli articoli 7 a 28, disciplinato il marchio.
Poi nel CPI vi sono ulteriori richiami nelle diverse norme al marchio ma sostanzialmente il CPI andato a abrogare e
a sostituirsi a quella che era la legge marchi cos come modificata dai vari decreti legislativi indicati.
Naturalmente abbiamo ad oggi anche il decreto legislativo 131 del 2010, che ha ulteriormente modificato il CPI
andando a inserire alcune disposizioni o comunque andando a modificare, ad integrare la disciplina.
Quindi il quadro che ne esce di una normativa che era rimasta ferma per un determinato periodo di tempo alle
disposizioni del CC e alla legge marchi e che dal 1992 in poi stata ovviamente a mano a mano modificata ed
integrata da decreti legislativi di recepimento di direttive comunitarie fino ad arrivare al CPI che ha sostituito, ha
abrogato quelle che erano le norme relativamente alla disciplina della legge marchi.
Perch noi oggi quando parliamo di marchio dobbiamo tener presente la disciplina del CC e del CPI.)

Funzione distintiva e diritto di esclusiva. La nozione legislativa del marchio desumibile da


una serie di norme:

Lart 2569 parla della registrazione di un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o
servizi.
- Lart 7 c.p.i. stabilisce che possono essere registrati come marchio certi segni a
condizione che siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di unimpresa da quelli di
altre imprese
- Lart 13 c.p.i. parla del carattere distintivo del segno come elemento essenziale di esso.
Il marchio innanzitutto un segno distintivo che come tale deve essere idoneo a consentire al
pubblico dei consumatori di distinguere i prodotti o i servizi di un imprenditore da quelli di un
altro.
Il che si pu esprimere dicendo che il legislatore attribuisce al marchio funzione distintiva.
A questa funzione corrisponde daltra parte la struttura del diritto sul marchio che come ogni
diritto su segno distintivo diritto di esclusiva; la natura esclusiva del diritto essenziale in
ordine ai segni distintivi che nel caso in cui potessero essere adoperati da una pluralit di
soggetti non sarebbero pi distintivi.
A ci si collega che si ha violazione del diritto sul marchio quando esso venga usato da terzi
senza lautorizzazione del titolare, cosicch quando si parla di tutela del marchio ci si riferisce
al sistema di prevenzione e di sanzioni che la legge dispone per impedire questuso.
La funzione distintiva poi ulteriormente confermata dal fatto che la tutela del marchio opera
principalmente quando ladozione di esso da parte di un terzo possa provocare un rischio di
confusione per il pubblico, cio solo quando la sua funzione distintiva venga pregiudicata.
-

Funzioni distintiva e funzione di indicazione di origine o di provenienza. I segni distintivi


comunicano a chi li percepisce un messaggio inerente alle caratteristiche dellente
contrassegnato cos consentendo di distinguerlo dagli altri dello stesso genere.
Lo stesso accade per il marchio che viene usato con riferimento a determinati prodotti e che
consente al pubblico dei consumatori di identificare quei prodotti dagli altri dello stesso genere
collegandoli a delle caratteristiche che sono loro proprie.
Bisogna per prima cosa chiedersi quali siano le caratteristiche differenziatrici del prodotto che il
marchio evoca, ossia quale sia il messaggio distintivo che il marchio comunica, in realt questo
messaggio varia a seconda del tipo di marchio di cui si tratti, ad esempio le automobili recano
una pluralit di marchi e cos la fiat punto reca almeno i marchi fiat e punto, ciascuno dei quali
comunica un messaggio diverso.
Il marchio fiat dice che si tratta di vettura prodotta dalla celebre casa torinese ed il marchio
punto dice che si tratta di una vettura che presenta determinate caratteristiche tecniche,
funzionali ed estetiche.
I marchi del primo tipo sono detti marchi generali e quelli del secondo marchi speciali e questa
distinzione ha notevole importanza dato che la differenza del messaggio che gli uni e gli altri
comunicano al pubblico fa si che la rispettiva disciplina sia talora diversa.
I marchi generali comunicano essenzialmente un messaggio sullorigine del prodotto.
Il messaggio deve essere veritiero, cio tutti i prodotti recanti il marchio in questione devono
realmente e sempre provenire da quella impresa e la legge deve garantirlo altrimenti la funzione
distintiva del segno sarebbe vanificata.
Quindi in relazione a tutto ci si sostiene che la funzione distintiva di esso si specifica in una
funzione di indicazione di provenienza o di origine del prodotto contraddistinto da una
determinata impresa..
Per contro, il messaggio trasmesso dai marchi speciali attiene anche alle specifiche
caratteristiche del singolo prodotto. Cosicch si potrebbe pensare che la funzione distintiva di
essi si specifichi in una funzione di garanzia di identit nel tempo, di costanza qualitativa e
strutturale o merceologica dei singoli prodotti contrassegnati.

Ed abbiamo detto anche perch la funzione dorigine propria anche dei marchi speciali,
almeno ogniqualvolta essi vengano usati senza accompagnarli con un marchio generale (come ad
esempio nelle ipotesi di aziende monoprodotto).
Funzione di indicazione di provenienza nella legge vigente. Fino alla prima riforma della legge
speciale n.929/42 questa era dunque la tesi elaborata e affermata.
Nella legge attuale, al contrario,bench vi siano elementi coerenti con la funzione di indicazione
di provenienza, e bench nei considerando che introducono la direttiva CEE si dica
esplicitamente che la tutela accordata al marchio mira in particolare a garantirne la funzione di
origine, non sembra pi che la tesi in questione possa condividersi.
Una funzione giuridica di indicazione di provenienza attribuibile al marchio soprattutto nel
contesto di una legge che lo veda legato per il corso della sua vita sempre ad una ed alla stessa
impresa.
Ci si verificava nella legge speciale del 1942 soprattutto perch essa prevedeva che il marchio
non potesse essere trasferito senza lazienda.
Nella legge attuale questo vincolo non c pi e di conseguenza pu accadere che nel tempo un
marchio sia pertinente a due o pi imprese completamente diverse luna dallaltra.
Quindi in questa nuova situazione attribuire al marchio esclusivamente una funzione di
indicazione di provenienza diventa difficile.
Divieti di uso ingannevole del marchio. Il venire meno della connessione inscindibile del
marchio ad una determinata impresa rischiava di diminuire le garanzie che le aspettative del
pubblico dei consumatori in relazione ad un prodotto non fossero deluse, ed in sostanza rischiava
di aprire la via alla possibilit che il marchio diventasse strumento dinganno.
A questa possibilit dinganno si pu ritenere che il legislatore abbia ovviato inserendo nella
legge dei divieti di uso ingannevole del marchio, che si accentuano nellipotesi di trasferimento
di esso.
Divieti che in parte erano dettati anche nella legge speciale del 1942, ma che in quella attuale
sono pi organici e soprattutto muniti di una sanzione che induce a valorizzarli.
Cos le norme che vietano luso ingannevole del marchio, assieme a quelle che sanciscono la
nullit del marchio ingannevole e che vietano che dalla cessione o dalla licenza del marchio
possa derivare inganno del pubblico,diventano norme centrali del sistema, dando luogo ad un
compatto statuto di non recettivit che consente ancora di parlare di funzione distintiva
dellistituto.
In forza di questo statuto la legge garantisce al pubblico la veridicit di ciascuno di quei
messaggi e fa assurgere a funzione giuridicamente tutelata la funzione distintiva.
Il marchio cos garantir al pubblico la costante provenienza del prodotto quando si tratti di
segni che comunicano appunto questo messaggio e ci accade con la maggior parte dei marchi.
Ove poi si tratti di marchi che comunicano messaggi diversi come un marchio costituito dal nome
di un grande stilista, ad esempio Armani, apposto su un orologio che non assicura agli occhi del
pubblico la provenienza del prodotto da Armani, ma gli assicura che armani abbia disegnato
quellorologio o almeno ne abbia scelto il modello, ancora la legge garantir la veridicit di
questo messaggio, vale a dire che Armani abbia realmente in qualche modo partecipato
allelaborazione o alla scelta del prodotto.
Il sistema che risulta un sistema complesso nel quale la funzione di indicazione di provenienza
del marchio risulta ancora prevalente,ma ove trova spazio specie nei marchi speciali, anche una
funzione di garanzia di costanza e omogeneit qualitativa.
Funzione distintiva e tutela contro la confondibilit. Il principio di relativit. Il marchio
essenzialmente un segno distintivo.

Ci comporterebbe che in linea di massima il marchio fosse considerato come unentit priva di
valore in se e tutelata solo in funzione del suo accreditamento sul mercato, derivante
dallapprezzamento del pubblico per le caratteristiche dei prodotti o dei servizi contrassegnati.
A ci dovrebbe corrispondere una tutela contro la possibilit di confusione per gli acquirenti e/o
utilizzatori,ossia una tutela essenzialmente volta ad impedire un uso del marchio su prodotti
proveniente da un imprenditore diverso dal titolare di esso, che sia tuttavia tale da far ritenere
al pubblico che si tratti degli stessi ed una tutela volta soltanto ad escludere un uso del marchio
idoneo a trarre il pubblico in errore.
A questa impostazione coerente il cd. Principio di relativit o specialit della tutela del
marchio che consiste da un lato nel fatto che il marchio viene registrato in relazione a
determinati prodotti o servizi e dallaltro lato nel fatto che la tutela di esso limitata alle
ipotesi di adozione di un marchio eguale o simile da parte di terzi per quegli stessi prodotti o
servizi.
E chiaro che il tipo di tutela, ossia una tutela solo contro la confondibilit e limitata alla
funzione distintiva non considera e non comprende il valore che sotto un diverso profilo il
marchio pu in concreto presentare.
Si tratta del valore di attrazione che alcuni marchi possiedono in se e che (dovuto alla grande
notoriet di cui godono al loro legame con personalit di grande spicco o al richiamo ad
avvenimenti di grande rilievo), si traduce in una capacit di vendita del prodotto contrassegnato
che prescinde dai dati di qualit e di prezzo del prodotto e dalla sua stessa provenienza. Luso di
simili marchi da parte di terzi pu avvantaggiare questi ultimi e pregiudicare il titolare,a
prescindere da qualsiasi rischio di confusione per il pubblico.
La tutela dei valori del marchio in se. Ogni tutela di questo tipo di valori sembrava esclusa
nella legge speciale del 1942.
Il legislatore della riforma del 1992 ha deciso di prenderne atto con lattribuire in parte tutela
anche a questo tipo di valori concedendo la tutela dellesclusiva a chi in qualche modo di quei
valori sia autore.
Questa impostazione stata poi condivisa e ampliata in dottrina e in giurisprudenza.
Si mantenuto fermo il principio che la tutela del marchio si applichi solo quando si verifichi un
rischio di confusione per il pubblico.
Ma nello stesso tempo si sostiene che lesistenza di questo rischio di confusione debba essere
valutato in astratto e possa mancare in concreto, come accade quando i prodotti di marche
prestigiose venga venduti sui marciapiedi ed a prezzi bassi, cosicch ogni reale confusione del
pubblico circa la loro origine e qualit sia esclusa. E evidente che in questo caso, dietro alla
definizione della confondibilit in astratto sta una tutela che con la confondibilit reale non ha
nulla a che fare e che invece una tutela contro le operazioni parassitarie e non confusorie.
Una cosa analoga pu capitare nella tutela dei segni dotati di grande rinomanza.
Ad esempio il marchio coca cola registrato per bevande per la sua notoriet pu costituire un
valore anche per chi voglia adottarlo per prodotti di abbigliamento giovanile o sportivo.
Prima della riforma del 1992 qualsiasi imprenditore avrebbe potuto impossessarsene a questo
scopo, mentre la legge vigente ne riserva la disponibilit a chi della notoriet di esso ha il
merito,ossia il produttore della bevanda anche per settori merceologici diversi.
Quindi anche qui da un lato si evitano fenomeni di parassitismo e dallaltro si attribuisce a certi
marchi una tutela che nulla ha a che vedere con la loro funzione distintiva e con rischi di
confusione.
La tutela del marchio finisce con lestendersi ad ogni ipotesi in cui il valore di esso viene in
qualche modo sottratto al suo titolare perche un terzo se ne impossessa, ricavandone un
vantaggio o pregiudicando il titolare stesso: consiste infatti in un comportamento parassitario
realizzato attraverso ladozione di un marchio uguale o simile. Quindi alla tradizionale funzione
di indicazione dorigine si affianca quella tutela contro ogni forma di parassitismo.

Importante: riassunto lezione. La funzione principale e la caratteristica principale di questo


segno distintivo proprio il fatto di distinguere, e quindi di avere una funzione distintiva
rispetto ad altri prodotti.
Io consumatore, per poter liberamente scegliere e quindi per poter comparare i diversi prodotti,
parliamo di prodotti identici o affini, devo poter individuare, devo poter distinguere quel
prodotto proviene da quel determinato imprenditore, l'altro prodotto proviene da un altro
imprenditore, siccome a me da pi fiducia, ritengo che utilizzi materiali pi naturali
quell'imprenditore piuttosto che un altro, acquisto il suo prodotto che contraddistinto da quel
determinato segno, da quel determinato marchio.
Ed appunto questa capacit distintiva, questa funzione distintiva richiamata, espressa, sia
dalla norma del CC 2569, sia anche ovviamente dall'articolo 7 in poi del CPI.
Il diritto che viene riconosciuto al marchio che realizza questa funzione, che ha questa capacit
distintiva ovviamente un diritto di utilizzo esclusivo, e quindi la tutela apprestata per lo pi
una tutela che viene attuata contro la confondibilit.
Per cui noi parleremo di segni distintivi per prodotti identici o affini.
Proprio perch li che ci pu essere confusione!
per lo pi... perch l'articolo 12 del CPI, cos come modificato dal decreto legislativo 131 del
2010, ha inserito appunto alla lettera C anche un'ipotesi di tutela che non tutela contro la
confondibilit, ma tutela in se e per se del segno distintivo.
L'articolo 12 CPI, che relativo alla novit per fa riferimento anche alla capacit distitniva, la
disposizione di apre dicendo che non possono essere segni oggetto di registrazione, perch
naturalmente c' una forte differenza tra marchio registrato e marchio non registrato... quando
parliamo di diritto di esclusiva parliamo di un diritto che sorge in capo a chi provvede alla
registrazione del marchio, quindi poi l'articolo 12 mi dice: quei segni che non possono essere
registrati, e tra i segni che non possono essere registrati, fa tutta un'elencazione dove risulta
che il problema proprio in relazione alla confondibilit o meno, ma poi alla lettera C non fa
riferimento alla confondibilit, al requisito della confusione perch parla di segni identici ad un
marchio registrato per prodotti indentici.
Quindi sostanzialmente l'articolo 12 inizia dicendo: non possono essere oggetto di registrazione
quei segni: fa tutta un'elencazione e alla lettera C) quei segni identici ad un marchio gi
registrato nel territorio dello Stato italiano che stato registrato in forza di un diritto di
priorit, quindi chi per prima registra, per prodotti identici.
Il principio che per tanto colui che provvede alla registrazione del proprio marchio per primo,
quindi basato sul principio della priorit, a questo punto ha diritto ad un uso esclusivo di quel
marchio, e quindi potr eventualmente vietare o comunque opporsi alla registrazione fatta da
un altro imprenditore, dello stesso marchio per prodotti identici.
Art. 1 CPI. Novit.-1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i
segni che alla data del deposito della domanda:
.......
c) siano identici ad un marchio gi da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato in
seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di

un diritto di priorit o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi


identici;
......

A prescindere dalla confondibilit o meno, io potr vietare la registrazione del marchio Mulino
Bianco per un prodotto identico a quello che produce la Mulino Bianco, perch naturalmente la
Mulino Bianco per prima ha provveduto alla registrazione del marchio.
Quindi, tornando a monte, se vero che la funzione principale del marchio quello di
distinguere il prodotto, di avere la capacit distintiva e quindi di far individuare al consumatore
la provenienza di quel determinato prodotto e se vero che sia la disciplina del CC, sia anche la
disciplina del CPI, tutelano questo diritto esclusivo all'utilizzo del marchio ovviamente da parte
dell'imprenditore che abbia provveduto alla registrazione del marchio e lo tutelano sotto
l'aspetto della confondibilit, quindi tutela in tanto in quanto non ci sia confusione, non ci sia
confondibilit, e sotto questo aspetto vengono presi in considerazione i prodotti identici o affini,
tuttavia abbiamo una disposizione del CPI, l'articolo 12 lettera C, cos come modificato dal
decreto legislativo 131 del 2010 che sostanzialmente riconosce tutela al marchio
indipendentemente dalla confondibilit o meno, tutela contro un segno simile, che venisse
apposto per su un prodotto identico quando chi subisce questo comportamento, questa attivit
svolta da altro imprenditore, ha provveduto per primo a registrare il marchio.
Pensate alle contraffazioni, all'utilizzo di un marchio fatto in misura uguale, pensate al Mulino
Bianco, lo stemma del mulino, che viene ad essere apposto sullo stesso prodotto.
Sulla confezioni di biscotti mulino bianco ci sono pi marchi in realt, il marchio barilla che il
marchio generale, perch il marchio apposto dal produttore, da colui che fa i biscotti, poi
abbiamo il marchio mulino bianco che specifica che la barilla per fare i biscotti utilizza il
marchio mulino bianco, poi avete un ulteriore marchio: flauti, macine etc...
prendiamo il marchio barilla, se il marchio barilla venisse apposto senza il marchio mulino
bianco e macine, ma se il marchio barilla venisse apposto su una scatola di biscotti che nella
forma esteriore possono assomigliare al biscotto mulino bianco o comunque ad una scatola di
biscotti perch il prodotto identico, a questo punto a prescindere dal fatto che magari essendo
il biscotto totalmente diverso possa creare confodnibilit o meno, nel consumatore io
imprenditore barilla posso ottenere tutela e quindi agire nei tuoi confronti perch tu hai
utilizzato un marchio uguale o simile al mio per un prodotto identico.
Quindi a questo punto posso intervenire indipendentemente dal dimostrare la confondibilit o
meno, perch voi dovete sempre pensare che la disciplina del marchio e quindi le
caratteristiche, i requisiti di validit e cos via hanno importanza e rilevanza poi ai fini della
tutela e quando io vado a chiedere tutela devo anche dimostrare che effetivamente il marchio
crea confusione.
Parlando della concorrenza sleale, gli atti di confusione, io la devo, per poter aver tutela,
dimostrare che si pu creare confusione nel consumatore, e qui anche.
Quando io dico che la tutela finalizzata a combattere la confusione che pu creare un marchio
identico o simile apposto su prodotti identici o simili naturalmente devo, se io imprenditore
voglio ottenere tutela, devo dimostrare che effettivamente nel consumatore c' una
confondibilit, ci si pu confondere, mentre invece nell'ipotesi in cui, e qui ovviamente il
legislatore ha fatto un passo avanti, ha concesso un arma in pi, ha tutelato di pi il diritto di

esclusiva dell'imprenditore all'utilizzo del marchio registrato, perch mi dice che basta che io
per primo registri il mio marchio (facciamo finta che Barilla non sia famoso), e che registri per
primo il suo marchio per i biscotti, a questo punto un altro imprenditore che utilizzi un marchio
simile, identico al marchio barilla per prodotto identico, non occorre neanche che io dimostri la
confondibilit o meno, ma questo sufficiente perch viola la disposizione della lettera C
dell'articolo 12 cpi e quindi non poteva quel marchio essere registrato.
Tenete presente un'altra cosa, vi sono i requisiti di validit del marchio, ma quando io vado a
registrare il marchio, presso l'ufficio italiano brevetti e marchi e cos via, questo ufficio non
che va a fare un'istruttoria e va a valutare se quel marchio ha tutti i requisiti di validit, i
requisiti di validit sono la capacit distintiva, novit liceit... l'ufficio italiano brevetti e marchi
valuta solo la liceit perch ovviamente vietata la registrazione di segni che possono offendere
la pubblica moralit, il pubblico decoro e cos via, quindi valuta sotto questo aspetto il marchio,
ma a questo punto poi procede alla registrazione del marchio, chiaro che poi questi requisiti di
validit saranno fatti valere e quindi saranno oggetto di un giudizio e quindi oggetto di una
contestazione da parte dell'imprenditore che si vede leso nel suo diritto di utilizzo esclusivo del
marchio nei confronti dell'altro imprenditore che ha registrato il marchio, quindi a questo punto
voi capite che diventa importante che la legge mi dica quali sono i criteri quali sono i parametri
in base ai quali io posso chiedere tutela.
Se mi dice che possono chiedere tutela certamente se il marchio identico o simile, per
prodotti identici o affini, quando naturalmente questo crea confusione mi ha poi riconosciuto un
qualcosa in pi nel momento in cui mi dice che se invece il segno identico e il prodotto
identico, quindi siamo in un caso di contraffazione palese e il prodotto identico, allora io non
occorre che dimostri la confondibilit, perch
(per esempio la mulino bianco utilizza anche una determinata confezione, ammettiamo che la
confezione sia diversa ma il marchio barilla sia lo stesso e il prodotto biscotti sia quello)
Questo tipo di situazione mi permette di dire: marchio identico su prodotto identico, a
prescindere dalla confondibilit o meno perch il consumatore anche medio poteva avere un
sospetto e dire che non il solito pacco giallo, ma a prescindere dalla dimostrazione della
confondibilit o meno posso ottenere tutela, perch il riconoscimento del diritto nasce in forza,
come dice l'articolo 12 lettera C, nasce in forza di una registrazione prioritaria, se io per primo
ho registrato ho il diritto di utilizzare quel marchio!
Quindi il fatto stesso che tu hai apposto lo stesso marchio sullo stesso prodotto, anche se per
ipotesi lo hai registrato anche tu, comunque in ogni caso io l'ho registrato per primo quindi ho
diritto a che tu non utilizzi pi quel marchio per quel determinato prodotto.
Quindi funzione del marchio, tutela del marchio come tutela per lo pi contro la confusione,
tenendo presente che con la modifica del d lgs 131 del 2010 all'articolo 12 lettera C del CPI si
prevede anche un'ipotesi in cui vi tutela del marchio a prescindere dalla confondibilit o meno
se il prodotto identico e il segno identico.
Noi parliamo di un marchio che ovviamente non ha una particolare rinomanza, il marchio cd
famoso, ovvero sia il marchio che gode di rinomanza ha proprio perch c' questa diffusa
conoscenza tra il pubblico, ha una tutela maggiore rispetto al marchio cd ordinario, cio al
marchio normale perch viene addirittura tutelato non solo nei confronti di chi utilizza lo stesso
marchio per prodotti identici o affini, ma anche per prodotti diversi.
Il marchio essendo considerato collettore di clientela, essendo considerato un elemento che ha
capacit attrattiva dell'attenzione del consumatore, quando assume una certa rinomanza,

diventa celebre, potrebbe appunto far indurre in errore il consumatore anche se viene utilizzato
per un prodotto del tutto diverso.
Il marchio Cartier, che un marchio di una casa produttrice di orologi e gioielli, se apposto ad
esempio su tutt'altro prodotto che potrebbe essere ad esempio una macchina, potrebbe far
ritenere che la Cartier produca anche automobili... ovviamente sfruttando da parte
dell'imprenditore che appone sulle macchine il marchio Cartier, sfruttando la notoriet e la
rinomanza del marchio Cartier.
Ecco perch al marchio famoso, cio al marchio che gode di rinomanza si attribuisce addirittura
una ulteriore tutela rispetto al marchio ordinario.
Per quanto riguarda i diversi marchi che possono essere apposti sul prodotto, abbiamo fatto
l'esempio della Mulino bianco che oltre al marchio Barilla, marchio del produttore, ha il marchio
Mulino bianco che va ad identificare una determinata tipologia di prodotti come ad esempio i
biscotti o le merendine rispetto alla pasta, poi abbiamo il marchio flauti che individua una
determinata tipologia di merendine con determinate caratteristiche, con determinate qualit, la
stessa cosa potremo dire per il marchio Ferrero, per la nutella, cos come per i cioccolatini o le
merendine per bambini.
Si parla di marchio generale e di marchio specifico, proprio perch ci sono pi indicazioni, non
solo quello relativo alla provenienza, del produttore, ma anche alla tipologia di prodotto.
A questo punto, il messaggio, che sia il marchio generale che il cd marchio speciale o specifico
deve contenere sicuramente un messaggio di verit.
Il segno deve essere veritiero, cio io non posso apporre il marchio flauti sulle merendine che
non sono flauti. Quindi chiaro che c' questa funzione del marchio relativamente anche alla
indicazione di provenienza e di origine ma anche alla specifica caratteristica del prodotto,
quindi il marchio Barilla realizza la funzione della provenienza del prodotto, quindi deve essere
veritiero e provenire dalla Barilla, il marchio specifico flauti rappresenta il marchio che va ad
indicare le caratteristiche specifiche di quel determinato prodotto.
Se tutto questo poteva essere, in relazione alla provenienza del prodotto, poteva essere vero fin
tanto che c'era la disciplina della legge marchi, dal 1992, ovvero sia da quel decreto legislativo
che ha modificato la disciplina della legge marchi, che in recepimento di direttiva comunitaria
ha ammesso che ovviamente che il marchio fosse cedibile, sia come utilizzo, sia nell'uso, sia
proprio come trasferimento del marchio stesso, indipendentemente dall'azienda, quindi
indipendentemente dalla cessione di tutti quelli che sono i macchinari che producono
effettivamente quel prodotto, si detto sulla funzione di provenienza di origine, effettivamente
il marchio viene meno, perch potrebbe accadere che la Barilla, ceda, dia in mercandising il
marchio Mulino bianco, per cui a questo punto i biscotti, pur portando il marchio Mulino bianco
non provengono dall'azienda Barilla ma provengono da un altro imprenditore.
Quindi su questa funzione principale del marchio come funzione di individuazione della
provenienza di origine, si un attimo riflettuto e si detto non possiamo pi affermare questo
come caratteristica principale ed in questo intervenuto poi il legislatore con successive norme,
ma sopratutto con il CPI, andando a inserire delle norme contro l'inganno per cui il marchio
come messaggio relativamente alla provenienza deve essere sempre e comunque veritiero e non
deve trarre in inganno.
Su questo specifico punto, vi sono delle disposizioni del CPI, l'articolo 14, lettera A) e lettera B),
che individuano un vero e proprio divieto dell'uso ingannevole del marchio.

Addirittura il divieto dell'uso ingannevole del marchio posto dall'articolo 21 comma 2 del CPI,
gli articolo 14 e 15 prevedono addirittura la decadenza e la nullit dell'eventuale marchio che
trae in inganno e poi addirittura abbiamo anche l'articolo 23 comma 4 del CPI, che prevede il
divieto di cessione del marchio se l'uso di questa cessione potrebbe dar luogo ad una situazione
di inganno nei confronti del consumatore.
Quindi, se prima dell'introduzione nel nostro ordinamento della possibilit di cedere il marchio,
il segno veniva tutelato contro, ovviamente, la confusione ed in relazione alla capacit distintiva
del prodotto, e quindi alla sua funzione di individuare l'imprenditore d'origine, ora che
possibile ed ammesso dalla legge che l'imprenditore possa anche cedere il marchio a
prescindere dalla propria azienda, o se non cede da comunque in uso il marchio ad un altro
soggetto, ad un altro imprenditore, bisognava in qualche modo contemperare la tutela,
bisognava prendere atto che non si pu pi considerare solo la provenienza, cio la capacit
distintiva come capacit di risalire a chi effettivamente produce il prodotto.
Quindi si inserito nel CPI una normativa che tenesse conto anche dell'uso ingannevole del
marchio, per cui fatto divieto all'imprenditore di utilizzare il marchio in modo da arrecare
ingannevolezza nei confronti del consumatore, e non solo ma addirittura prevista anche la
decadenza e la nullit se il marchio cos utilizzato crea inganno nel consumatore, e anche la
cessione pu essere valutata alla stregua dell'uso ingannevole o meno per essere poi vietata
ovviamente qualora si reputi che la cessione del marchio arrechi inganno al consumatore.
Quindi sostanzialmente, andando a vietare che il marchio possa costituire un elemento di
ingannevolezza nei confronti del consumatore, si vuole garantire al pubblico che comunque le
caratteristiche, le qualit di quel determinato prodotto sono effettivamente quelle, cio sono
veritiere, per cui se io metto il marchio flauti o se concedo il marchio flauti ad un altro
imprenditore, concedo in licenza, quindi permetto l'uso del marchio flauti devo anche
assicurarmi che effettivamente il prodotto che porter quel marchio sia il flauto, quella
merendina con quelle determinate caratteristiche di qualit, specificit e cos via...
Quindi con il requisito dell'uso non ingannevole, la legge ha contemperato a livello di tutela
quella evoluzione che si era creata nella pratica quando si ammesso che l'imprenditore potesse
cedere il proprio marchio indipendentemente dall'azienda.
Quindi l'uso non ingannevole, diventa un elemento importante perch il pubblico viene ad essere
garantito proprio da queste norme sul fatto che c' comunque il rispetto di determinate
caratteristiche di quello specifico prodotto, anche se il marchio pu essere ceduto!Ovviamente
se io imprenditore vado a cedere il mio marchio, devo quindi, siccome il marchio deve essere
comunque sempre visto come segno e come indicatore di un messaggio veritiero, devo garantire
la costanza, l'omogeneit le caratteristiche di quel prodotto e sar io imprenditore che ho
ceduto in licenza il marchio a dover controllare che questo venga rispettato, perch
ovviamente, nel contratto di licenza di marchio, il contratto stesso prevede che, da una parte
colui che utilizza il marchio deve rispettare determinati standard qualitativi, determinate
caratteristiche, ma anche colui che cede il marchio deve controllare che questi standard
qualitativi, queste caratteristiche siano rispettate.
Cap.2 . Il marchio come segno e i requisiti di validit
Quali sono i segni che sono suscettibili, che possono essere oggetto di una valida registrazione
del marchio, l articolo 7 CPI va ad indicare quali segni possono essere oggetto di registrazione.

Art. 7. Oggetto della registrazione. Possono costituire oggetto di registrazione come marchio
d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le
parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto
o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalita' cromatiche, purche' siano atti a
distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese.
Per poter espletare la propria funzione di segno distintivo, il marchio deve consistere in un'entit
idonea a caratterizzare un prodotto e a distinguerlo dagli altri.
Trattandosi qui di segni la cui tutela correlata ad un procedimento amministrativo, che deve
gi all'origine basarsi su elementi certi e disponibili, facilmente percepibili e facilmente
conoscibili, il legislatore ha ritenuto, prima di darne un elenco esemplificativo, di doverne
subordinare la registrabilit alla possibilit di una loro rappresentazione grafica.
In realt la norma abbastanza ampia, perch dice: tutti segni suscettibili di essere
rappresentati graficamente in particolare le parole, e quindi qualsiasi tipo di parole (marchi
denominativi), figure (marchi figurativi), compresi anche i nomi di persona, disegni, lettere,
cifre, tanto vero che noi parliamo addirittura di marchi di impresa di simboli che sono
tridimensionali, quindi qualsiasi segno che pu avere una rilevanza e che pu appunto contare di
quei requisiti che vedremo deve dotarsi il marchio per poter essere un marchio validamente
registrabile, tra questi ovviamente abbiamo anche la forma tridimensionale! Il marchio pu
essere rappresentato non solo da un disegno o da un simbolo ma anche da una forma
tridimensionale.
Addirittura i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, pensate alla bottiglia della
coca cola, la bottiglia stessa un marchio registrato!
Le combinazioni o le tonalit cromatiche per esempio l'arcobaleno potrebbe essere considerato
come un marchio per pubblicizzare un determinato prodotto, purch naturalmente, e qui sta il
richiamo alla capacit distintiva, purch ovviamente siano atti a distinguere i prodotti o i servizi
di un'impresa da quelli di altre imprese.
Dobbiamo sempre tener presente che l'imprenditore pu produrre beni, quindi prodotto, ma pu
anche offrire servizi, pensiamo ai servizi di telecomunicazione piuttosto che di trasporto,
piuttosto che ai famosi corrieri etc... l'attivit della banca un'attivit di servizio, non di
produzione di un determinato bene, anche le assicurazioni.
Quindi noi parliamo di segni distintivi del prodotto o del servizio che l'imprenditore offre al
mercato, e quindi l'articolo 7 che il primo degli articoli che inizia a parlare del marchio,
individua sopratutto, oltre ad aver elencato quelli che sono gli oggetti che possono essere
registrati come valido marchio, individua appunto sopratutto la funzione distintiva che deve
possedere il marchio rispetto appunto all'individuazione di prodotti di altro imprenditore.
Infatti l'articolo 7 dice: possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa tutti
i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, i nomi di
persona, forma del prodotto, combinazioni, tonalit cromatiche, purch siano atti a distinguere
i prodotti o i servizi di un'impresa rispetto a quelli di altro imprenditore.
Quindi la possibilit di essere utilizzato come marchio naturalmente, oltre all'elencazione,
sopratutto finalizzata ad individuare la caratteristica principale, quella della capacit distintiva,
capacit distintiva che vuol dire anche capacit di attrarre l'attenzione del consumatore e quindi
di rappresentare sostanzialmente un collettore di clientela, tanto vero che pi il marchio
una creazione della fantasia, qualcosa che ha delle caratteristiche peculiari maggiore la sua
capacit di attrazione, quindi maggiore la sa capacit distintiva.

Tanto vero che addirittura arriveremo a dire che quando il marchio perde questa funzione
distintiva, la cd decettivit del marchio, in realt si ha decadenza del marchio.
Ad esempio il marchio Bic che era apposto sulle penne, che si distinguevano dalle stilografiche,
cio sulle penne a sfera, le prime sono state le penne Bic.
Bic un nome di pura fantasia, un marchio che all'epoca aveva una forte capacit distintiva,
era un disegno di fantasia, quindi una parola, quindi non rappresentava all'epoca un problema, a
mano a mano che diventato poi talmente famoso, con la dicitura Bic, si va ad individuare non
la specifica penna fatta in quel determinato modo ma qualsiasi tipo di penna a sfera, ecco che il
marchio diventato decettivo, proprio perch ha perso questa sua capacit distintiva ed
diventato di uso comune, per individuare non uno specifico prodotto, ma in genere tutela le
penne a sfera.
Altro marchio che inizialmente aveva la capacit distintiva era l'aspirina. L'aspirina della Bayer
nasceva come prodotto che conteneva l'acidoacetilsalicitico e il marchio aspirina veniva posto
come marchio specifico per individuare quel determinato prodotto, con il diffondersi del
farmaco alla fine noi oggi utilizziamo il termine aspirina per indicare qualsiasi tipo di sostanza
chimica che contiene l'acido acetilsalicitico, quindi non andiamo ad individuare solo il farmaco
prodotto dalla Bayer, individuiamo tutti quei farmaci che all'interno sono composti da questa
sostanza dell'acido acetilsalicitico.
Quindi marchi che nascono con capacit distintiva e che poi perdono la capacit distintiva e che
non possono pi essere utilizzati perch viene meno uno dei requisiti di validit del marchio.
Altro esempio era il celofan, quando stato creato il celofan, la prima azienda che aveva
prodotto questo materiale lo aveva appunto denominato come celofan, quindi andava ad
individuare un determinato prodotto fatto di un determinato materiale, prodotto da uno
specifico imprenditore, a questo punto il celofan generalmente viene utilizzato per indicare
tutti i prodotti che sono fatti di quel materiale.
Inizialmente c'era una capacit distintiva che poi venuta meno per l'uso, per la decettivit che
quel simbolo diventato.
Tra l'altro esiste anche il procedimento inverso, un marchio che viene registrato e che
inizialmente non ha una particolare capacit distintiva e che poi invece con l'uso, con la
diffusione di quel prodotto acquista rinomanza, ecco che a questo punto, sempre che individui
quel singolo specifico prodotto che proviene da quel particolare imprenditore, ecco che un
segno che inizialmente era stato registrato, che forse poteva mancare di quel requisito di
validit della capacit distintiva, ma che poi ha assunto nel corso del tempo ecco che non pu
essere pi dichiarato nullo perch mancante di uno dei requisiti di validit.
Il legislatore ci da delle disposizioni di carattere sostanziale, cio ci dice quali sono i requisiti,
quali sono le caratteristiche, dopo di che ci dice anche che per poter esercitare il diritto di
esclusiva devo registrare il marchio, a questo punto in sede di registrazione nessuno va a
valutare se esattamente quel marchio possiede tutti i requisiti di validit o meno, e ammettiamo
che quel determinato segno inizialmente non avesse una forte capacit distintiva, quindi poteva
in ipotesi, se qualche imprenditore agisce per far dichiarare la nullit del marchio perch non ha
capacit distintiva, probabilmente nella fase iniziale riesce a vincere la causa che intenta contro
quell'imprenditore.
Per se passando il tempo questo marchio assume invece una rinomanza tale da diventare
fortemente indicativo di quel prodotto che proviene da quell'imprenditore, ecco che la capacit
distintiva che inizialmente quel marchio non possedeva, stata successivamente acquistata e

quindi se dopo un paio di anni l'imprenditore concorrente dice che quel marchio non aveva la
capacit distintiva, quindi non poteva essere validamente utilizzato, perch quando manca uno
dei requisiti di validit quel marchio nullo... quindi la causa che venisse intentata in un
momento successivo, laddove il marchio ha invece acquistato rinomanza e ha rafforzato quindi
la sua capacit distintiva una causa destinata a chiudersi con il rigetto della domanda proprio
perch anche se inizialmente non c' una capacit distintiva del marchio questa stata acquisita
successivamente.
Procedimento inverso, magari inizialmente il marchio ha capacit distintiva, ma
successivamente la perde, viene meno uno dei requisiti, quindi pu essere dichiarato decaduto e
non si pu pi utilizzare validamente il marchio.
Naturalmente l'articolo 7 va ad indicare tutta una serie di elementi che possono essere
considerati segni, e quindi c' poi anche la distinzione che si fa tra marchi denominativi, cio
quando contengono la denominazione, quando contengono una determinata denominazione o
marchi figurativi se il marchio rappresentato da una figura, oppure marchi emblematici se c'
un disegno...
ed chiaro anche che i segni di uso comune e le parole di uso comune non possono essere
utilizzate come marchio, per poter contraddistinguere il prodotto che composto di quel
materiale o di quella sostanza.
Il termine latte, quindi la denominazione latte pu essere utilizzata come marchio per
contraddistinguere la produzione di magliette per neonati, ma non pu essere utilizzato per
contraddistinguere il latte.
Io produttore di latte non posso utilizzare come marchio la denominazione stessa del prodotto
perch andrei ad avvantaggiarmi rispetto agli altri imprenditori.
Quindi l'uso comune delle parole pu essere utilizzato come marchio, in tanto in quando non
vada ad identificare quel tipo di bene.
La stessa cosa vale per le cifre etc... a meno che io non vada o a formulare una combinazione,
per esempio io potrei chiamare 10 e lode la marca di un determinato accessorio, mentre
naturalmente non posso utilizzare i numeri per contraddistinguere prodotti che magari
potrebbero essere confusi con la numerazione stessa, 1 non potrebbe essere considerato il
marchio per un singolo prodotto... perch non ha quella capacit distintiva rispetto ai prodotti
degli altri imprenditori.
Relativamente al cd marchio di forma, c' il problema delle forme che possono essere registrate
o meno come marchio, siamo negli articoli 9 CPI.
Qui bisogna distinguere perch, se vero che esiste il marchio tridimensionale, cio possibile
registrare come marchio anche un simbolo tridimensionale, tuttavia l'articolo 9 va a
puntualizzare che non possono essere registrati come marchi quelle forme che sono imposte
dalla natura stessa del prodotto, ovvero quelle che si definiscono le forme necessarie, cos come
non possono essere registrate come marchio le forme necessarie per ottenere un risultato
tecnico, la forma funzionale.
Ed anche le forme che danno un valore sostanziale al prodotto, le cd forme ornamentali.
Abbiamo fatto l'esempio della bottiglia della coca cola, la bottiglia della coca cola in realt ha
una forma che differisce dalla forma normale di una bottiglia, ma la bottiglia in se e per se
considerata lineare, come oggetto che noi tutti conosciamo non potr mai costituire un marchio

di forma perch non va a contraddistinguere, manca della capacit distintiva, non solo, ma
perch poi vado ad impedire a tutti coloro che vogliono produrre prodotti che devono essere
contenuti nella bottiglia a non utilizzare la bottiglia!
Quindi bisogna fare una distinzione per quanto riguarda la forma necessaria, tanto che la
forma necessaria, per contenere il prodotto non pu essere considerata valida come segno che
pu essere registrato come marchio.
Per quanto riguarda invece le forme funzionali o forme ornamentali, queste possono essere
tutelate, sotto per un altro aspetto, non come registrazione del marchio ma come o
brevettazione di disegni o modelli ornamentali o comunque modelli industriali.
Pensiamo ad un determinato macchinario, che quindi la forma del macchinario funzionale alla
sua utilit, ovviamente non pu essere registrato come marchio di forma, ma trover tutela se e
come sussistono i presupposti per il modello industriale, come appunto brevettazione di un
modello industriale, cio la tutela viene apprestata con altri strumenti, se ovviamente ricorrono
i presupposti stabiliti dal CPI.
Ovviamente si parla delle forme che possono essere oggetto di forme ornamentali, cio uno
specifico ornamento, dopo di che, per quanto riguarda i disegni, anche qui bisogna vedere se
possono essere considerati disegni di utilit....
c' una variet di elementi che possono essere appunto brevettati nell'uno o nell'altro settore,
quindi o dei modelli industriali o dei modelli ornamentali e via dicendo...
dopo di che dice che anche le combinazioni cromatiche, cio i colori, i suoni, addirittura pu
essere registrato come marchio un profumo, un determinato sentore, che deve essere il frutto di
una ricerca, di qualcosa di specifico che va a caratterizzare quel determinato prodotto
naturalmente rispetto agli altri prodotti.
Quindi chiaro che il semplice profumo che noi troviamo in natura, ad esempio il limone non
potrebbe essere considerato un segno che pu costituire valido marchio.
Ma magari la combinazione del limone con altre sostanze, che magari danno una particolare
profumazione, un qualcosa di specifico e ricercato potrebbe essere utilizzato come marchio per
contraddistinguere un determinato profumo piuttosto che un'altra determinata sostanza.
Naturalmente poi avete, relativamente alla capacit distintiva e alla confondibilit che deve
essere sempre guardata in concreto, quindi la capacit distintiva deve essere valutata alla
stregua della realt, e appunto l'articolo 20 CPI, prevede che i segni in conflitto siano identici,
quindi sia marchio che prodotti siano identici, e quindi possono essere anche per il solo fatto
dell'identit, quindi a prescindere dalla confondibilit, possono essere comunque considerati in
contrasto e quindi non valido.
Poi parla della notoriet, ovvero sia quanto pu influire il tempo sulla capacit distintiva,
marchio registrato con capacit distintiva che poi diventa decettivo o inizialmente mancante
della capacit distintiva e successivamente acquista invece rinomanza e di conseguenza maggior
capacit distintiva.
Poi vi una distinzione fra le diverse tipologie di marchi: marchio speciale e marchio generale,
poi possiamo avere il marchio del produttore (marchio che viene apposto da chi effettivamente
produce) ma c' anche la possibilit per il commerciante di apporre il proprio marchio accanto a
quello del produttore, per fatto divieto al commerciante di occultare il marchio del
produttore.

Il marchio del commerciante pu essere apposto al rivenditore ma accanto a quello del


produttore, non ci pu essere l'eliminazione del marchio del produttore.
Quindi:

marchio di fabbrica,

marchio del commerciante

marchio che contraddistingue il servizio

marchio generale

marchio speciale

marchio individuale (del singolo imprenditore)

marchio collettivo (per esempio il marchio del formaggio parmigiano reggiano che
utilizzato come marchio collettivo da tutti i produttori di quel determinato tipo di
formaggio)

Sono tutte distinzioni che nascono dal prendere in considerazione diverse caratteristiche del
marchio.
Quindi vi sono tutte queste serie di distinzioni che si fanno all'interno della grande categoria dei
marchi, proprio sulla base degli elementi che in quel momento si prendono in considerazione,
figurativo piuttosto che emblematico, collettivo piuttosto che individuale.
una suddivisione puramente teorica.

Requisiti di validit del marchio. Per costituire oggetto di tutela come marchio, il segno deve
presentare certi requisiti che sono detti requisiti di validit del marchio, in quanto la loro
mancanza determina la nullit dello stesso. Essi sono: la capacit distintiva, la novit, la verit e
la liceit. La mancanza di questi requisiti pu essere definita, in alcuni casi, con riferimento al
momento della registrazione, secondo la terminologia adottata dalla direttiva 89/104 CEE che
parla di impedimenti alla registrazione o motivi di nullit.

1. CAPACITA DISTINTIVA: disciplinata allart. 13 CPI: disciplinata nell'articolo 13 CPI:


Art. 13. Capacit distintiva.-1. Non possono costituire oggetto di registrazione come
marchio d'impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare:
a) quelli che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio
corrente o negli usi costanti del commercio;
b) quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da
indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono
servire a designare la specie, la qualit, la quantit, la destinazione, il valore, la
provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del
servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio.

2. In deroga al comma 1 possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa


i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto,
abbiano acquistato carattere distintivo.
3. Il marchio non pu essere dichiarato o considerato nullo se prima della proposizione della
domanda o dell'eccezione di nullit, il segno che ne forma oggetto, a seguito dell'uso che ne
stato fatto, ha acquistato carattere distintivo.
4. Il marchio decade se, per il fatto dell'attivit o dell'inattivit del suo titolare, sia
divenuto nel commercio denominazione generica del prodotto o servizio o abbia comunque
perduto la sua capacit distintiva.
Ovviamente la disposizione tiene conto di quella caratteristica, tiene conto dal fatto che si
distingue il prodotto come prodotto che proviene esattamente da quel determinato
imprenditore.
Quindi capacit distintiva come capacit di contraddistinguere il prodotto caratterizzandolo
per appunto la sua provenienza da quel determinato imprenditore, quindi da quel
determinato soggetto che ovviamente utilizza i beni che fanno parte naturalmente
dell'azienda, per produrre quel bene o servizio.
Il fatto di individuare il prodotto come proveniente da un determinato imprenditore
piuttosto che da un altro anche garanzia di qualit o comunque di quegli standard che
vengono seguiti da quell'imprenditore piuttosto che da un altro imprenditore.
Non possono avere questa caratteristica, ed infatti vengono sempre considerati in senso
negativo, perch dovete considerare che sia l'articolo 13 che parla della capacit distintiva,
sia l'articolo 12 che parlano della novit, vanno a definire questi due concetti in negativo,
non hanno capacit distintiva, non sono considerati nuovi quei segni che...
quindi noi abbiamo una definizione in negativo, per cui non possono avere capacit distintiva
quei segni o quelle parole di uso corrente, che naturalmente vengono utilizzate per qualsiasi
tipo di prodotto: iper, super, extra, che naturalmente non possono costituire di per se segno
distintivo, proprio perch mancano della capacit distintiva.
Il nome comune del prodotto, ad esempio il termine latte non pu essere utilizzato come
marchio del prodotto latte, perch andrebbe a confondersi con il prodotto stesso quindi
mancherebbe della capacit distintiva, io posso utilizzare invece la parola latte come
marchio di prodotto del tutto diverso come magliette o scarpe.
Quindi sia i segni di uso comune extra, iper etc, sia le denominazioni generiche del prodotto
ovviamente non possono avere capacit distintiva (e nemmeno le indicazioni descrittive del
prodotto/servizio o delle sue qualit, cio quelle espressioni che alludono ai caratteri
essenziali e alle prestazioni del prodotto o del servizio, ad es. l'espressione brillo per
contrassegnare prodotti luccicanti; inoltre l'art. 13 comma 1 equipara alle indicazioni
propriamente descrittive le indicazioni sulla provenienza georgrafica del prodotto, la
denominazioni geografica infatti, tranne se adottata in termini di pura fantasia, ha
significato descrittivo delle qualit del prodotto) , ovviamente capacit distintiva maggiore,
c' l'ha il puro nome di fantasia, perch chiaro che nell'esempio delle scarpe aeroplano,
il nome non richiama il prodotto scarpa, quindi un segno di pura fantasia, quindi un
marchio con forte capacit distintiva.
Altre volte invece abbiamo il cd marchio debole, che ovviamente si intende il marchio che ha
una capacit distintiva, per appunto inferiore nel senso una capacit distintiva che non gli
permette di avere tutela piena, tutela assoluta.
Esempio: il marchio bergasol che contraddistingue i prodotti per l'esposizione al sole a
base di bergamotto, appunto contenendo gi nel proprio segno l'indicazione del prodotto ha
una capacit distintiva minore, c' l'ha quindi non nullo, non come il discorso latte per
il latte ma ha una capacit distintiva debole, quindi un marchio debole, questo significa
che se c' un'altra azienda che vuole pubblicizzare il proprio prodotto a base di bergamotto,
tipico esempio il bergamon che sempre un prodotto a base di bergamotto, non potr
l'imprenditore chiedere tutela per appunto evitare la confondibilit, perch in realt
stato utilizzato nel proprio segno come marchio il riferimento alla sostanza di cui fatto
quel determinato prodotto, quindi essendo l'altro bene comunque fatto anche a base di

bergamotto chiaro che il fatto che si chiami bergamon e che quindi faccia riferimento al
bergamotto, non pu essere considerato come segno che pu destare confusione proprio
perch si richiamano le sostanze del prodotto stesso.
Mentre invece quando il marchio forte, per es. nel caso delle merendine buond motta il
fatto che fosse stato registrato come marchio della merendina il nome buondi questo ha
permesso all'azienda di poi agire nei confronti di un altra azienda che aveva dato il nome
sempre alle merendine, anche se con caratteristiche diverse, ma il nome della merendina
era bonjour, che comunque richiamassero qualcosa che poteva essere confuso con questo
nome che in realt aveva invece una forte capacit distintiva, perch totalmente di fantasia.
Quindi la capacit distintiva noi la possiamo sostanzialmente graduare, avr capacit
distintiva debole, e quindi sar considerato marchio debole un segno che utilizza magari al
proprio interno il riferimento alle sostanze di cui composto il prodotto, marchio debole
significa ottenere minor tutela nei confronti di altri imprenditori che volessero utilizzare lo
stesso marchio, proprio perch c' questo riferimento alle sostanze del prodotto, mentre
invece il marchio sar forte quando ovviamente avr una capacit distintiva alta e sar di
totale fantasia e questo si, avr maggior tutela anche nei confronti di imprenditori che
volessero utilizzare un nome identico o simile per pubblicizzare il proprio prodotto, quindi
per apporre come marchio sul proprio prodotto un marchio molto simile.
Mentre originariamente il marchio potrebbe anche non avere capacit distintiva, poi
successivamente nell'uso che se ne fa e quindi il fatto che il prodotto da una poca capacit
distintiva diviene a mano a mano proprio con la diffusione un marchio quindi che
contraddistingue, che ha invece capacit distintiva e sostanzialmente avviene che da un
concetto cos generico che individua un determinato prodotto va proprio a diventare
specifico nel senso che va ad individuare quel prodotto che proviene da quell'imprenditore.
Questo tipo di fenomeno, cio quando da marchio che inizialmente ha poca capacit
distintiva, o addirittura non ha capacit distintiva perch molto generico, si passa per l'uso e
la diffusione che i beni, il messaggio pubblicitario ha e via dicendo, si passa ad un marchio
specifico, che acquista capacit distintiva, si parla di SECONDARY MEANING.
Quel secondo significato per cui se inizialmente il prodotto non aveva una forte capacit
distintiva, successivamente essendo diventato segno che contraddistingue in modo specifico
il prodotto che proviene dall'imprenditore diviene appunto con capacit distintiva.
Ovviamente in fase di registrazione del marchio non c' una valutazione in modo
approfondito da parte dell'ufficio italiano brevetti e marchi se il marchio ha capacit
distintiva o meno, per cui tanti marchi che all'inizio non hanno capacit distintiva e
potrebbero essere dichiarati nulli, successivamente alla registrazione con questo processo
del secondary meaning acquistano capacit distintiva e possono sicuramente
contraddistinguere il prodotto dell'imprenditore.
Queste tipologie di casi emergono dalla giurisprudenza perch poi nella fase patologica,
ovvero sia nella fase in cui io voglio far valere il mio diritto che vado a verificare se
effettivamente quel determinato marchio o non valido, e quindi succede che nel
momento in cui anche se all'inizio il marchio non aveva la capacit distintiva ma attraverso il
procedimento del secondary meaning l'ha acquisita e il concorrente agisce nei confronti
dell'imprenditore in un momento in cui il marchio ha gi acquisito la capacit distintiva
chiaro che quell'azione destinata ad essere rigettata perch il marchio ha capacit
distintiva.
Se invece l'imprenditore concorrente, nel momento in cui viene immesso nel mercato quel
determinato prodotto, ha interesse a far valere la mancanza della capacit distintiva del
marchio e il giudice rileva che in quel momento quel determinato marchio non ha capacit
distintiva ecco che viene dichiarata la nullit del marchio.
Tra l'altro c' anche da dire che, oltre che su azione del terzo imprenditore concorrente che
ha l'interesse a far valere la mancanza di capacit distintiva o meno, se siamo in presenza di
un procedimento attraverso il quale, da generico il marchio diventato specifico e quindi il
marchio ha capacit distintiva possibile anche da parte dello stesso imprenditore attuare
una sorta di sanatoria, proprio perch inizialmente quel segno non aveva capacit distintiva
e io ne ero cosciente, poi successivamente mi rendo conto e posso eventualmente sanare

durante il procedimento di registrazione, questa iniziale mancanza di uno dei requisiti di


validit del marchio.
Questo discorso della riabilitazione, cio della sanatoria del marchio che inizialmente manca
di capacit distintiva si ritrova all'articolo 13. 2 CPI, laddove si fa riferimento che in deroga a
quanto ovviamente stabilito nei commi precedenti, laddove si parla di quali sono i segni che
possono essere registrati e quali no perch mancanti della capacit distintiva, dice che
possono essere registrati come marchio di impresa i segni che prima della domanda di
registrazione abbiano acquistato carattere distintivo.
C' il momento del deposito della domanda, poi c' una sorta di istruttoria, passa del tempo
prima che vi sia l'attestazione della registrazione del marchio, quindi anche se la cd capacit
distintiva viene acquistata tra il momento del deposito e il momento effettivo della
registrazione o magari ancora prima del deposito comunque in ogni caso la registrazione
valida ed efficacie.
Quindi, abbiamo una disciplina abbastanza elastica di fronte alle possibili varianti che si
possono effettivamente realizzare nella realt, nella pratica, e quindi anche se inizialmente
il marchio non ha una forte capacit distintiva poi per possibile che questa sia sanata.
La volgarizzazione del marchio, si ha quando da iniziale, forte capacit distintiva, per uso
comune e diffuso del termine, del marchio che va ad individuare non pi il prodotto ma il
genere (bic, celofan etc..). Quando siamo di fronte alla volgarizzazione del marchio,
fenomeno inverso a quello del secondary meaning, naturalmente questo tipo di
procedimento fa venire meno la capacit distintiva e quindi ovviamente il marchio non
valido ovvero sia decade la registrazione del marchio decade e quindi altri possono
utilizzarlo senza che l'imprenditore possa agire a tutela del suo diritto di esclusiva.
2. NOVITA: il secondo requisito di validit del marchio la c.d. novit (o novit estrinseca); per
assolvere appieno alla sua funzione distintiva, infatti, il marchio deve essere diverso dai
marchi sui quali un terzo abbia acquistato un diritto anteriore al deposito della domanda di
registrazione del marchio di cui si tratta; non deve, cio essere gi noto al mercato.
stabilito sempre in negativo, noi ricaviamo dall'articolo 12 CPI, in negativo qual' il requisito
della novit, novit ovviamente che deve essere una novit estrinseca, che si percepisce
all'esterno, che viene ovviamente percepita dal consumatore, novit intesa come diversit,
quindi come qualcosa di diverso che deve avere il marchio rispetto al marchio di altri
imprenditori.
Art. 12. Novit -1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i
segni che alla data del deposito della domanda:
a) siano identici o simili ad un segno gi noto come marchio o segno distintivo di prodotti o
servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o
affini, se a causa dell'identit o somiglianza tra i segni e dell'identit o affinit fra i
prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che pu
consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. Si considera altres noto il
marchio che ai sensi dell'articolo 6-bis della Convenzione di Parigi per la protezione della
propriet industriale, testo di Stoccolma 14 luglio 1967, ratificato con legge 28 aprile 1976,
n. 424, sia notoriamente conosciuto presso il pubblico interessato, anche in forza della
notoriet acquisita nello Stato attraverso la promozione del marchio. L'uso precedente del
segno, quando non importi notoriet di esso, o importi notoriet puramente locale, non
toglie la novit, ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell'uso del marchio, anche ai
fini della pubblicit, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del
marchio stesso.
L'uso precedente del segno da parte del richiedente o del suo dante causa non di ostacolo
alla registrazione;
b) siano identici o simili a un segno gi noto come ditta, denominazione o ragione sociale,
insegna e nome a dominio usato nell'attivit economica, o altro segno distintivo adottato da
altri, se a causa della identit o somiglianza fra i segni e dell'identit o affinit fra l'attivit
d'impresa da questi esercitata ed i prodotti o servizi per i quali il marchio registrato possa

determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che pu consistere anche in un rischio


di associazione fra i due segni. L'uso precedente del segno, quando non importi notoriet di
esso, o importi notoriet puramente locale, non toglie la novit. L'uso precedente del segno
da parte del richiedente o del suo dante causa non di ostacolo alla registrazione;
c) siano identici ad un marchio gi da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato
in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in
forza di un diritto di priorit o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o
servizi identici;
d) siano identici o simili ad un marchio gi da altri registrato nello Stato o con efficacia
nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data
anteriore in forza di un diritto di priorit o di una valida rivendicazione di preesistenza per
prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identit o somiglianza fra i segni e
dell'identit o affinit fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione
per il pubblico, che pu consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni;
e) siano identici o simili ad un marchio gi da altri registrato nello Stato o con efficacia
nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data
anteriore in forza di un diritto di priorit o di una valida rivendicazione di preesistenza per
prodotti o servizi anche non affini, quando il marchio anteriore goda nella Comunit, se
comunitario, o nello Stato, di rinomanza e quando l'uso di quello successivo senza giusto
motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del
segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi;
f) siano identici o simili ad un marchio gi notoriamente conosciuto ai sensi dell'articolo 6bis della Convenzione di Parigi per la protezione della propriet industriale, per prodotti o
servizi anche non affini, quando ricorrono le condizioni di cui alla lettera e).
2. Nei casi di cui alle lettere c), d) ed e), non toglie la novit il marchio anteriore che sia
scaduto da oltre due anni ovvero tre se si tratta di un marchio collettivo o possa
considerarsi decaduto per non uso ai sensi dell'articolo 24 al momento della proposizione
della domanda o dell'eccezione di nullit.
3. Ai fini previsti al comma 1, lettere c), d) ed e), le domande anteriori sono assimilate ai
marchi anteriori registrati, sotto riserva della conseguente registrazione
Il requisito della novit spesso viene confuso con la capacit distintiva, ma la novit come
elemento e come anche lo deduciamo dall'articolo 12 CPI un qualcosa di diverso perch il
marchio nuovo se appunto si distingue, diverso da altri marchi che naturalmente vengono
apposti sui prodotti identici o simili o affini a quelli su cui stato apposto per primo, quindi
in ipotesi il marchio potrebbe effettivamente avere il requisito della capacit distintiva
perch contraddistingue in modo chiaro il prodotto, per potrebbe mancare del requisito
della novit se precedentemente un altro imprenditore abbia apposto lo stesso marchio o un
marchio simile su un prodotto identico o affine.
Quindi sono due concetti diversi, che vengono disciplinati in due norme diverse, l'articolo 12
e 13.
L'articolo 12 stato poi modificato dal d lgs 131 del 2010.
Nella nuova formulazione dell'articolo viene ricompresa come ipotesi nelle quali manca il
requisito della novit, il fatto che non necessario che si crei confondibilit nel pubblico dei
consumatori, perch sufficiente che ci sia un marchio identico su un prodotto identico che
gi questo, indipendentemente dal fatto che si crei confusione o meno, anche perch il
legislatore ha presunto che ci sia gi confondibilit, ma basta solo questo, ai fini dell'onere
probatorio sufficiente che io dica che c' un marchio identico sulla stessa tipologia di
prodotto, quindi viola il disposto dell'articolo 12 CPI, quindi non un marchio nuovo, quindi
posso ottenere tutela nei confronti dell'imprenditore che abbia utilizzato questo marchio.
Mentre invece nelle altre ipotesi direi che certamente la fattispecie si ricollega alla
fattispecie degli atti confusori.
L'articolo 12 pur andando ad individuare le ipotesi nelle quali non c' il requisito della novit
fa riferimento esplicito alla confusione.

Analizzando la disposizione, vediamo che c' questa indicazione su cosa deve essere inteso
come marchio nuovo, e mentre sia la lettera A) dell'articolo 12 e le successive fanno
riferimento al carattere della confondibilit, invece con l'introduzione del d lgs, si parla
anche di un'ipotesi di mancanza di novit che sussiste anche qualora non vi sia una vera e
propria confusione ma semplicemente marchio identico su prodotto identico.
interessante notare che appunto la LETTERA A) fa riferimento al fatto che ci sia anche un
uso del marchio in precedenza alla registrazione, da parte di un altro soggetto, e quindi va a
disciplinare questa ipotesi.
Facciamo l'ipotesi pi semplice, io registro il marchio oggi per il mio prodotto, tra 1 anno c'
un altro imprenditore che registra un marchio identico o simile per un prodotto identico o
affine, io naturalmente che ho registrato per primo posso ottenere tutela piena, perch
faccio un'azione nei suoi confronti e gli dico che il marchio che sta utilizzando per il suo
prodotto pu essere confuso con il mio, dimostro che io ho diritto di utilizzarlo per primo
perch ho registrato per primo e quindi il certificato di registrazione vale come prova del
fatto che io per primo ho registrato e quindi inevitabilmente chi ha registrato per secondo ha
registrato un marchio che manca del requisito della novit.
Ci potrebbe per essere anche l'ipotesi in cui io vado a registrare il marchio e ottengo
tranquillamente l'attestazione, il certificato della registrazione, poi per si accorge
l'imprenditore che utilizzava lo stesso marchio senza registrarlo, quindi in questo caso
abbiamo un concorso tra marchio di fatto e marchio registrato, laddove per il marchio di
fatto, cio il marchio che viene utilizzato senza registrazione, stato utilizzato in
precedenza, quindi c' una priorit nell'uso ma non nella registrazione, quindi stato
utilizzato in precedenza in una determinata zona, in una determinata localit, regione,
provincia, etc... oppure addirittura io potrei aver utilizzato questo marchio sempre non
registrato, quindi marchio di fatto, a livello nazionale, quindi aver acquisito a livello
nazionale una notoriet tale che il marchio che pure stato registrato per secondo viene a
mancare del requisito della novit.
Bisogna fare una distinzione se il marchio utilizzato in precedenza alla registrazione ha
acquisito e quindi il marchio che non stato registrato ha acquisito o meno notoriet, e in
che limiti e in che limite anche geografico ha acquisito notoriet.
Di questo si occupa sempre la lettera A) dell'articolo 12 del CPI.
Dice: si considera altres noto, quindi che ha il requisito della novit, il marchio che ai sensi
dell'articolo 5 della Convenzione di Parigi... sia notoriamente conosciuto presso il pubblico
interessato anche in forza della notoriet acquistata nello Stato attraverso la promozione del
marchio.
Quindi il fatto che io o perch si tratta di marchio utilizzato in un altro Paese ma comunque
diffuso e quindi divenuto noto, come marchio in un Paese dell'UE, in questo caso il fatto che
ci sia un marchio anche non registrato ma che abbia questo requisito, che sia notoriamente
riconosciuto fa si che quel marchio abbia comunque il requisito della novit.
Dopo di che la norma continua dicendo che l'uso precedente del segno, quando non importi
notoriet di esso, quindi distingue le ipotesi in cui ci sia la notoriet e la non notoriet, o
importi notoriet puramente locale, quindi novit limitata ad una determinata regione
individuata geograficamente o comunque ad una determinata zona, che pu essere
provincia, e via dicendo... non toglie la novit, quindi comunque ha il requisito della novit,
ma il terzo pre utente, ha diritto di continuare all'uso del marchio anche ai fini della
pubblicit nei limiti della diffusione locale nonostante la registrazione del marchio stesso.
L'uso precedente del segno da parte del richiedente o del suo dante causa, non di ostacolo
alla registrazione.
Quindi questo significa che se io non ho registrato il mio marchio, ho un marchio di fatto,
che per o ha assunto notoriet perch per la diffusione che ha avuto, per l'utilizzo che ha
avuto diventato noto, o diventato noto nei limiti di una determinata zona
geograficamente individuata, io che vengo definito pre utente, cio che ho utilizzato ma non
ho registrato, ho diritto a continuare ad utilizzare il marchio per il mio prodotto.

Naturalmente si pone il problema di che cosa pu fare invece l'imprenditore che ha


regolarmente registrato, perch c' il problema di dire, una volta che riconosciamo che nel
marchio utilizzato prima sussiste il requisito della novit, la domanda : quello che
regolarmente registra che cosa pu fare? Viene ad essere limitata o meno l'attivit svolta
dall'imprenditore che intende registrare?
Qui in realt la legge semplicemente dice che il pre utente pu utilizzare, ma non mi va a
dire che cosa pu fare colui che registra il marchio.
Quindi si posto un problema di interpretazione...
Ammettiamo l'ipotesi che il pre utente, cio colui che utilizza il marchio non registrato abbia
una notoriet locale, allora io che sono l'imprenditore che registra per secondo a livello
nazionale invece potrei anche dire: bene, tu utilizzi il marchio solo limitatamente alla zona e
risolviamo cos il discorso... cio io posso pubblicizzare a livello nazionale tu invece puoi
pubblicizzare e vendere il tuo prodotto solo a livello locale.
Per questo tipo di soluzione va in realt in qualche misura a ledere i diritti dell'imprenditore
che registra e siccome il sistema impregnato su un'incentivazione alla registrazione, cio
chi registra maggiormente tutelato, si andrebbe a creare un pregiudizio all'imprenditore
che pure ha registrato, perch non potrebbe utilizzare quel marchio in quella determinata
zona!
Ecco che allora anche se su questo punto non c' univocit di soluzioni, la soluzione proposta
da Vanzetti e Di Cataldo dice che ci potrebbe essere una convivenza dei due marchi anche a
livello locale, facendo ovviamente attenzione a che comunque non si crei confusione, perch
questo un principio di ordine generale e quindi in qualche modo, dovendo differenziare o
comunque dovendo far capire al consumatore che si tratta di prodotti diversi, quindi non si
arriva alla soluzione radicale di dire che se il marchio di fatto ha acquisito notoriet in una
determinata zona il marchio registrato per quel prodotto non pu essere pubblicizzato e non
pu essere apposto sui prodotti venduti su quella zona, ma semplicemente si dice, soluzione
intermedia, potr essere comunque apposto sui prodotti, ci potr essere pubblicizzazione e
vendita di prodotti con quel marchio, ma che sia evidente al consumatore che si tratta di un
prodotto diverso.
Ma anche vera un'altra cosa, quando noi parliamo di notoriet, quando noi parliamo di
marchio che contraddistingue il prodotto, che deve per poter essere anche se non registrato,
avere una certa tutela, devo averlo usato in una determinata zona anche se non diventato
notorio ma semplicemente l'uso stato effettivamente attuato, devo valutare sempre nel
giudizio di comparazione, per quanto tempo stato utilizzato e in che limiti, quindi questo
che io vi ho detto del marchio di fatto che viene utilizzato prima da parte di un determinato
imprenditore e quindi l'eventuale successiva registrazione da parte di altro imprenditore di
marchio identico o simile per prodotto identico o affine, va valutato in concreto, facendo un
esame, una valutazione del tempo che l'imprenditore titolare del marchio di fatto ha
utilizzato quel marchio e anche della diffusione effettivamente del prodotto in quella
determinata zona.
Se io da 2 mesi, da 6 mesi, da 1 anno che ho apposto il mio marchio aeroplano sulle scarpe
non l'ho registrato e poi un altro imprenditore registra il marchio aeroplano per le scarpe, io
posso far valere i miei diritti ai sensi dell'articolo 12 lettera A e quindi far valere il mio pre
uso solo se dimostro che l'uso stato effettivo, costante nel tempo e comunque per un
determinato periodo di tempo, che poi viene valutato dal giudice, ma chiaro ed evidente
che vi deve essere stato un uso costante.
Purtroppo spesso succede nella realt, che vengono registrati tantissimi marchi ma poi il
marchio non viene concretamente utilizzato, quindi anche se c' la registrazione di fatto poi
non si utilizza quel marchio, tanto vero che esiste anche una causa di decadenza per non
uso del marchio, perch io si registro, per una volta che ho registrato e che quindi vado a
limitare il diritto che altri soggetti possono avere su quel segno, perch ho un diritto
assoluto, o lo appongo concretamente sul mio prodotto oppure anche giusto che io decada
dal marchio e che permetta ad altri di utilizzare quel segno.
Quindi quando noi parliamo della novit dobbiamo fare attenzione anche che, sempre
considerando ai fini della sussistenza o meno del requisito e se ricorre o meno l'ipotesi della
lettera A dell'articolo 12 del CPI, bisogna comunque anche tener presente se effettivamente,

concretamente stato utilizzato il marchio, perch spesso ci sono dei marchi che vengono
registrati e che poi non vengono utilizzati quindi bisogna effettivamente analizzare se oltre
alla registrazione vi stato anche il concreto utilizzo.
Il titolare del marchio di fatto potrebbe avere interesse a dire, si tu hai registrato il tuo
marchio, ma non ha concretamente utilizzato il marchio, non lo hai apposto sui tuoi beni per
un periodo superiore ai 2 anni, quindi a questo punto sei decaduto e quindi io ho tutela
piena, anche se non ho magari registrato io il marchio per posso far valere questo tipo di
diritto.
Quindi vi sono anche queste incongruenze del sistema, per cui sembra assurdo che uno vada
a spendere parecchi soldi per la registrazione del marchio, e che poi magari uno non lo
utilizzi, d'altra parte siccome centinaia sono le variabili che possono intervenire poi nella
vita dell'imprenditore, potrebbe essere che anche se registrato, non inizi nel tempo previsto
la propria attivit, e di conseguenza decada dall'utilizzo.
Quindi il marchio di fatto, come marchio non registrato, ha una tutela limitata al pre uso,
che l'imprenditore ne abbia effettivamente fatto, sia dal punto di vista temporale sia dal
punto di vista geografico, nella zona in cui ha utilizzato il marchio.
Alla LETTERA B vi anche il riferimento ad un segno distintivo di cui solo negli ultimi tempi
si iniziato a parlare, cio del nome a dominio.
Il nome a dominio un segno distintivo atipico a livello di CC, ma oggi il CPI all'articolo 1
indica tutti quelli che possono essere i segni distintivi ed un riferimento puntuale al nome a
dominio si ritrova all'articolo 12 lettera B, ovviamente sempre in negativo: non possono
costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni che mancano del
requisito della novit, quelli che siano identici o simili ad un segno gi noto, come ditta,
denominazione o ragione sociale, insegna o nome a dominio usato nell'attivit economica o
altro segno distintivo adottato da altri se naturalmente a causa dell'identit o somiglianza tra
i segni o dell'affinit, o identit tra l'attivit di impresa da questi esercitata ed i prodotti o
servizi per il quale il marchio registrato, possa determinarsi un rischio di confusione per il
pubblico.
Anche qui sempre riferimento all'attivit confusoria...
Esplicitamente il CPI fa riferimento al nome a dominio!
Tra l'altro il nome a dominio viene riferito alla attivit economica, tenete anche presente
che, prima del decreto legislativo 131 del 2010, si faceva riferimento al nome a dominio
usato nell'attivit aziendale, quindi era pi ristretto l'utilizzo del nome a dominio, perch
dire che il nome a dominio usato nell'attivit economica, vuol dire un qualcosa di pi ampio,
cio, oltre che nell'attivit aziendale, anche nell'attivit economica, quindi non strettamente
legata alla produzione del bene, cio quindi all'azienda, ma all'attivit economica in genere
che ne faccia l'imprenditore, quindi anche magari per essere promotore di un'iniziativa al di
fuori dell'attivit strettamente aziendale, ad esempio pensate ad un'iniziativa benefica,
un'iniziativa che magari vuole dare risalto e quindi dare un contributo anche all'arte piuttosto
che ad altri eventi che possono essere eventi di tipo benefico e via dicendo, quindi
l'eventuale nome a dominio utilizzato dall'imprenditore anche in attivit che non sono
strettamente aziendali ma che possono essere ricomprese nel concetto di attivit economica
tutelato proprio dalla lettera B dell'articolo 12 CPI che appunto lo tutela se un altro
imprenditore utilizza un segno identico o simile per prodotto identico o affine.
Sempre che ci sia questa ipotetica confondibilit, quindi sempre nel presupposto che la
tutela avvenga in tanto in quanto io agisco contro la confusione che si pu generare nel
pubblico.
Quindi anche qui, altra importante novit rispetto alla disciplina pre vigente, anche rispetto
alla disciplina della legge marchi cos come la aveva concepita il RD, ma anche rispetto allo
stesso impianto originario del CPI perch sono intervenuto delle modifiche che hanno dato al
nome a dominio il giusto inquadramento come segno distintivo dell'imprenditore e quindi
anche come segno che pu essere tutelato.
Dall'articolo 12, ma sopratutto dall'articolo 22 CPI. Noi possiamo dedurre quello che stato
definito il principio di unitariet dei segni distintivi, proprio perch c' una disciplina univoca
per tutti quelli che possono essere considerati segni distintivi dell'attivit di impresa.

Art. 22. Unitariet dei segni distintivi- 1. E' vietato adottare come ditta, denominazione o
ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell'attivit economica o altro
segno distintivo (1) un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identit o
dell'affinit tra l'attivit di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i
quali il marchio adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che
pu consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
2. Il divieto di cui al comma 1 si estende all'adozione come ditta, denominazione o ragione
sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell'attivit economica o altro segno
distintivo di un segno uguale o simile ad un marchio registrato per prodotti o servizi anche
non affini, che goda nello Stato di rinomanza se l'uso del segno senza giusto motivo consente
di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o
reca pregiudizio agli stessi.
L'articolo 22 ci dice che vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale,
insegna o nome a dominio di un sito utilizzato dall'attivit economica o altro segno distintivo,
un segno uguale o simile all'altrui marchio, se a causa dell'identit o dell'affinit tra attivit
di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio stato
adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che pu consistere
anche in un rischio di associazione tra due segni.
Quindi il fatto che si faccia riferimento ad identit o affinit tra l'attivit di impresa,
significa che il rischio di confusione non sul simbolo prodotto, proprio sull'attivit di
impresa considerata nel suo insieme.
Per cui tutto viene valutato, cio tutti i segni che si elencano, cio: ditta, insegna, marchio,
denominazione, ragione sociale, nome a dominio e via dicendo, vengono ad essere tutelati,
sempre in riferimento ad un'ipotetica attivit di confusione che si viene a generare nel
pubblico, ma il riferimento tra i due imprenditori, quello dell'attivit di impresa, quindi
non solo del singolo bene o prodotto o servizio, ma proprio dell'attivit di impresa, e quindi
tutti i segni che possono in qualche modo contraddistinguere l'attivit di impresa di un
imprenditore vengono ad essere tutelati con appunto la disciplina del CPI, appunto contro
l'eventuale utilizzo che un altro soggetto imprenditore che appunto pu svolgere un'attivit
di impresa identica o affine a quella dell'imprenditore e quindi creare confusione tra il
pubblico.
Costituisce una DEROGA a questo sistema, la notoriet del marchio, perch quando il
marchio noto, celebre, la tutela non limitata alla affinit, identit o affinit
dell'attivit di impresa per marchio identico o simile ma si estende anche la tutela all'attivit
che viene ad essere svolta in modo totalmente diverso, quindi anche per prodotti o servizi
del tutto diversi da quelli per cui era registrato il marchio noto.
Se io registro un marchio io posso ottenere tutela nei confronti di altri soggetti che vogliono
utilizzare quel marchio identico o simile solo se ovviamente il marchio identico o simile
viene apposto su prodotti identici o affini.
Oggi l'articolo 12 mi dice: marchio identico, prodotto identico, non occorre neanche che
dimostri la confondibilit che posso ottenere tutela immediatamente.
Mentre invece se il marchio celebre, se il marchio noto, ha acquistato una notoriet a
livello internazionale, io la tutela la possono ottenere nei confronti di chiunque, cio nei
confronti di qualsiasi altro imprenditore che anche se svolge attivit totalmente diversa,
anche se appone il marchio su prodotti del tutto diversi io posso ottenere tutela.
Questo significa che la Ferrari una volta che vede il proprio marchio apposto su delle penne,
pu automaticamente intentare una azione nei confronti di quel soggetto proprio perch
anche se il prodotto totalmente diverso, potrebbe creare confusione sulla provenienza di
quel prodotto come dalla casa famosa costruttrice di automobili.
Ci potrebbe essere anche il fenomeno del merchandising, la licenza di marchio, dove il
soggetto titolare del diritto acconsente all'uso per prodotti totalmente diversi, ma in quel
caso il titolare che con il proprio consenso acconsente ad un terzo di utilizzare il marchio

su prodotti completamente diversi, una fattispecie ben diversa da quella in cui un altro
imprenditore utilizza lo stesso marchio o anche un marchio simili, anche un'imitazione
abbastanza grezza, ma se questa imitazione abbastanza grezza del cavallino della ferrari
viene apposta come marchio sulle penne, il titolare della ferrari pu agire perch il marchio
famoso, celebre, quindi la tutela nei confronti di tutti.
Quindi questo costituisce una deroga la principio che ammette si tutela al marchio
registrato, ma naturalmente per prodotti o servizi identici o affini, ma non del tutto diversi,
invece se il marchio noto, celebre, a questo punto la tutela molto pi ampia e quindi
anche per prodotti totalmente diversi.
chiaro che la rinomanza del marchio va dimostrata dall'imprenditore che agisce, se
parliamo del marchio Ferrari o di marchi che hanno gi sul mercato una certa rinomanza
evidente che ormai risaputa, conosciuta, notoriet di quel determinato simbolo, pensiamo
a marchi che magari stanno acquistando una certa notoriet e che quindi hanno tutto
l'interesse ad acquistare sempre pi notoriet e quindi ad evitare che altri soggetti utilizzino
lo stesso marchio chiaro che dovr essere data una dimostrazione della propria notoriet.
Questo discorso vale anche per i marchi che hanno acquistato notoriet in campi magari
anche specifici, quindi al consumatore medio pu sfuggire che nel settore aeronautico ci sia
un marchio celebre, un marchio che ha acquisito una determinata notoriet magari per la
fornitura dei pezzi di ricambio o dei sedili, quindi chiaro che va sempre valutato il caso
concreto e quindi va comunque sempre valutata la notoriet nel settore in cui quel
determinato soggetto svolge la propria attivit di impresa e quindi produce il proprio bene o
servizio.
3. LICEITA: Il terzo requisito di validit dei marchi definito come il requisito della liceit.
Sono da considerare privi del requisito della liceit i segni:
-

Segni contrari alla legge, allordine pubblico ed al buon costume: lart 14 comma 1 a)
esclude che possano essere validamente registrati come marchi i segni contrari alla
legge, allordine pubblico o al buon costume.
Esempio i marchi come il fascio littorio o la stella a cinque punte delle brigate rosse o
qualsiasi segno o parola contrastante con il senso del pudore.
Pur trattandosi di un requisito che deve sussistere allatto del deposito della domanda
perch possa darsi luogo ad una valida registrazione il legislatore lo ha ritenuto cos
importante da pretendere che continui a sussistere nel corso di tutta la vigenza del
marchio.
Lart 14 co 2 infatti prevede che il marchio decada quando sia divenuto contrario alla
legge, allordine pubblico o al buon costume.
(Quindi contrariet alla legge o all'ordine pubblico o al buon costume, quindi si parla
della LICEITA DEL MARCHIO. Se volessimo creare una distinzione tra ordine pubblico e
buon costume, mentre il buon costume l'insieme dei principi, delle norme imperative
che guardano al comportamento del cittadino rispetto ai principi della moralit ed
onest collettiva pubblica. Se volessimo dare una definizione di ordine pubblico,
dovremo fare riferimento a quel complesso di norme che sono fondamentali per il
nostro ordinamento, quindi che non sono strettamente legate alla moralit e all'onest
dei cittadini ma che comunque sono regole fondamentali su cui si basa il nostro
ordinamento. Quindi nel momento in cui il segno sia in violazione di questo tipo di
disposizioni ovviamente un segno illecito che non pu essere validamente registrato.)

Gli stemmi e gli altri segni considerati nelle convenzioni internazionali e quelli che
rivestono un interesse pubblico (stemmi, bandiere, emblemi): secondo lart 10 comma 1
non possono costituire oggetto di valido marchio gli stemmi e gli altri segni considerati

nelle convenzioni internazionali nei casi ed alle condizioni menzionate nelle convenzioni
stesse.
Questa norma rinvia allart 6 ter della convenzione dellunione.
La stessa norma vieta anche lappropriazione come marchio degli stemmi, delle bandiere
ed altri emblemi, sigle o denominazioni delle organizzazioni internazionali governative di
cui uno o pi paesi dellunione siano membri.
La seconda parte dellart 10 comma 1 vieta lappropriazione come marchi dei segni
contenenti simboli, emblemi e stemmi che rivestano un interesse pubblico a meno che
lautorit competente non ne abbia autorizzato la registrazione.
-

I segni decettivi o ingannevoli: secondo lart 14 comma 1 b) non possono costituire


oggetto di valido marchio i segni idonei ad ingannare il pubblico in particolare sulla
provenienza geografica sulla natura o sulla qualit dei prodotti o servizi.
Il divieto posto da questa norma potrebbe considerarsi la base del requisito della
cosiddetta verit o veridicit del marchio.
E meglio definire quel requisito come il requisito della non decettivit, della non
ingannevolezza del marchio.
Per poter essere idoneo ad ingannare il pubblico il marchio deve essere in s capace di
trasmettere un messaggio al consumatore, cio deve essere in qualche misura almeno un
marchio espressivo, che fornisca direttamente o evochi delle informazioni inerenti al
prodotto e non corrispondenti al vero.
Ci significa che un marchio di mera fantasia cio che non comunica alcuna informazione
inerente al prodotto non pu essere un marchio decettivo.
La norma si riferisce in prima cosa alla provenienza geografica dei prodotti.
Lart 13 comma 1 esclude la validit dei marchi costituiti dal nome geografico indicante
la vera provenienza del prodotto ma non quella dei nomi geografici assunti in funzione
fantastica.
La norma sancisce linvalidit dei marchi costituiti da indicazioni geografiche che da un
lato non corrispondano alla reale provenienza del prodotto e dallaltro non si presentino
come fantastiche ma facciano invece credere di corrispondervi.
Dovr trattarsi di nomi di luoghi che influenzano la qualit del prodotto perch altrimenti
linganno non sarebbe rilevante e ricadrebbe nellipotesi di marchio geografico assunto in
funzione di fantasia.
In realt sbagliato porsi il problema del marchio ingannevole in termini di recettivit
del marchio in s.
E corretto invece vedere la questione in termini di rapporto tra il marchio ed i prodotti e
constatare la decettivit del marchio stesso relativamente ai prodotti che non
corrispondono a ci che il marchio significa.

4. VERITA: alcuni autori considerano la non recettivit come requisito a se stante, c.d.
requisito della verit, altri invece la considerano nellambito della liceit, comunque sia il
requisito della verit del segno quello espresso dallart. 14 lettera b) del CPI, ai sensi del
quale non possono costituire valido marchio i segni idonei a ingannare il pubblico, in
particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualit dei prodotti o servizi.
Quindi, io non posso registrare come marchio dei limoni la denominazione Sicilia, perch
genererei nel pubblico che i limoni provengono dalla Sicilia, se i limoni vengono dalla Spagna
io ho un marchio che potrebbe creare inganno, che non veritiero, se per io utilizzo come
marchio per gli sci il termini Sicilia, chiaro che nessuno mai penserebbe che gli sci sono
fatti in Sicilia, quindi a questo punto non vado a generare inganno o confusione nei confronti
dei consumatori e quindi io posso anche utilizzare questo marchio senza violare il principio
della verit stabilito dall'articolo 14 lettera C. La lettera C dell'articolo 14 in realt prevede

che i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto d'autore o di propriet
industriale o di altro diritto esclusivo dei terzi.. chiaro che qualora il segno utilizzato come
marchio violi un altro diritto, qui ricomprende le ipotesi che sono gi analizzate nei numeri
precedenti, un rafforzamento di quelli che sono i principi gi esposti....

Capitolo 3. Acquisto del diritto.


Soggetti legittimati a registrare un marchio. La norma fondamentale l'articolo 19 CPI il quale
sancisce che pu ottenere una registrazione per marchio di impresa, chi lo utilizzi o si proponga
di utilizzarlo, nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di servizi della
propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso.
Art. 19. Diritto alla registrazione- 1. Pu ottenere una registrazione per marchio d'impresa chi
lo utilizzi o si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella
prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne
facciano uso con il suo consenso.
2. Non pu ottenere una registrazione per marchio di impresa chi abbia fatto la domanda in
mala fede.
3. Anche le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni possono
ottenere registrazioni di marchio, anche aventi ad oggetto elementi grafici distintivi tratti dal
patrimonio culturale, storico, architettonico o ambientale del relativo territorio; in
quest'ultimo caso, i proventi derivanti dallo sfruttamento del marchio a fini commerciali,
compreso quello effettuato mediante la concessione di licenze e per attivit di merchandising,
dovranno essere destinati al finanziamento delle attivit istituzionali o alla copertura degli
eventuali disavanzi pregressi dell'ente.

interessante notare che la disposizione parla di soggetti che abbiano intenzione di utilizzare il
marchio o che si propongano di utilizzarlo, ma anche sopratutto i soggetti che possono avere il
controllo su imprese che intendano utilizzare il marchio ma poi fa riferimento anche nell'ultima
parte della norma, laddove si dice o che ne facciano uso con il suo consenso, questo vuol dire
che a chiedere la registrazione del marchio pu anche essere un soggetto che non sia
imprenditore e che non abbia intenzione di utilizzarlo su propri prodotti ma che ovviamente lo
destini all'utilizzo da parte di terzi, tuttavia per ovviamente ci deve essere il consenso di colui
che provvede alla registrazione per poi concedere a terzi l'utilizzo.
La norma ci dice innanzitutto che legittimato alla registrazione del marchio di impresa da
apporre sui propri prodotti o servizi l'imprenditore che lo utilizza o che magari intende
utilizzarlo (quindi siamo in una fase in cui io inizio ad organizzare i beni che poi mi serviranno
per l'esercizio di impresa), ma addirittura c' un ulteriore estensione al diritto di registrazione,
che riconosciuta ad un soggetto che non abbia la finalit di utilizzare quel marchio su propri
prodotti o servizi, ma che intende cedere a terzi l'utilizzo di quel marchio.
Quindi l'utilizzazione avverr con il suo consenso! Ovvio ed evidente, che la registrazione del
marchio, non seguita da un uso effettivo comporta decadenza dal marchio.
Posso anche non aver ancora iniziato, oppure pensare di cedere il marchio ad un soggetto, fatto
si che comunque in ogni caso io dal momento della registrazione, devo poi effettivamente o
acconsentire che il marchio venga utilizzato, e quindi effettivamente sia utilizzato o in prima

persona lo utilizzo, perch altrimenti potrei essere dichiarato decaduto dall'utilizzazione del
marchio.
La registrazione del marchio che inizialmente valida ed efficacie decade poi per mancato uso
del marchio stesso.
Quindi, anche se l'articolo 19 CPI, estende il diritto di registrazione a soggetti che non sono
imprenditori e comunque decidono di registrare quel determinato segno come marchio di un
determinato prodotto, tuttavia questo diritto verr dichiarato decaduto se poi una volta
registrato il marchio non ci sar l'utilizzo effettivo.
Ripeto, o in proprio o da parte di terzi.
Per quanto riguarda le altre ipotesi di chi pu procedere alla registrazione, si fa riferimento alle
imprese di cui il soggetto che provvede alla registrazione abbia controllo, quindi spesso succede
che sia la holding, la societ capogruppo, la societ controllante, dove noi abbiamo una societ
che viene chiamata holding, controllante, madre etc... la quale non ha effettivamente una
propria attivit di impresa, quindi potrebbe anche non essere un imprenditore, la sua attivit
consiste nel controllare le altre societ, ma nonostante questo la societ capogruppo potrebbe
registrare il marchio e poi naturalmente farlo utilizzare dalle societ foglie o dalle societ
controllate o dalle societ del gruppo, quindi il fatto che ci sia il riferimento al controllo,
permette di considerare legittimata alla registrazione del marchio anche la societ capogruppo,
anche la societ holding che normalmente non svolge in prima persona l'attivit d'impresa, non
operativa.
Talvolta noi parliamo di marchio di gruppo, per pur essendo denominato marchio di gruppo in
realt chi provvede alla registrazione la capogruppo, non tutte le societ del gruppo ma
semplicemente la societ madre.
Cosa interessante che stata introdotta con il d lgs 131 del 2010, anche gli enti pubblici
territoriali possono provvedere alla registrazione di marchi che hanno ad oggetto elementi
grafici che possono essere tratti dalla patrimonio culturale, storico e via dicendo di quel
determinato ente...
Quindi per ipotesi il comune di Trieste potrebbe registrare il marchio che rappresenta per
esempio il castello di Miramare come marchio, per utilizzarlo, da apporre magari su servizi che
vengono offerti dal comune stesso o la promozione di determinati eventi.
Quindi anche a strutture di natura pubblica come gli enti pubblici territoriali, possono
provvedere alla registrazione del marchio.
La finalit quella magari di finanziare delle attivit, pubblicizzare determinati servizi offerti,
magari c' un utile cospicuo, quindi decido di finanziare una certa attivit e posso apporre
questo marchio.
Marchio che deve per essere relativo ad alcuni segni, disegni etc che appartengono ovviamente
all'ente, quindi quelli che possono essere dei simboli del territorio, culturale, storico, geografico
dell'ente.
L'articolo 19 abbastanza ampio, riconosce a diversi soggetti la possibilit di chiedere la
registrazione, di presentare la domanda di registrazione del marchio, ci sono poi anche, e
ovviamente posta la regola generale che vede il principio secondo cui chiunque pu chiedere la
registrazione del marchio purch successivamente lo utilizzi o acconsenta all'utilizzo, l'utilizzo
concreto sempre presupposto necessario.

Vi sono dei limiti che possono essere imposti per determinati tipi di marchio, ad esempio
l'utilizzo del ritratto altrui come marchio di impresa.
Cos come l'utilizzo di nomi altrui come marchio di impresa...
per quanto riguarda l'uso come marchio di ritratti altrui, ovviamente necessaria
l'autorizzazione del soggetto del cui ritratto si tratta, se il soggetto non pi vivente,
ovviamente si dovr avere l'autorizzazione da parte dei parenti prossimi congiunti, si
considerano fino al quarto grado.
Se parliamo di personaggi che sono gi deceduti da tempo sar difficile reperire la persona che
dia l'autorizzazione, cos come anche nel caso del nome altrui, occorre comunque la
autorizzazione del soggetto.

Ad esempio, un imprenditore vuole mettere il proprio nome, che per si tratta di un omonimia
con altri soggetti, dovr comunque chiedere l'autorizzazione, o quanto meno distinguere quel
determinato nome in modo da non creare confusione, ovviamente sempre che nell'ipotesi di
Mario Rossi, anche Mario Rossi faccia l'imprenditore e possa quindi venirsi a creare confusione.
Al di fuori di queste ipotesi se io voglio utilizzare il nome di un altro soggetto devo avere la sua
autorizzazione, se il soggetto non pi in vita, l'autorizzazione dei suoi parenti fino al quarto
grado.
In pi, devo utilizzare il nome o immagine, per prodotti che non possano andare a ledere il
decoro e la reputazione di quel determinato nome, quindi bisogner sempre avere una certa
cura nel vedere per quale tipo di prodotto quel nome verr utilizzato, e questo aspetto formale
talvolta uno dei pochi aspetti che viene ad essere preso in considerazione dall'ufficio italiano
brevetti e marchi al momento della registrazione.
La ratio di queste norme sostanzialmente quella di evitare che un soggetto, in totale buona
fede, utilizzi il nome o il ritratto di un altro soggetto, quindi se intendo utilizzare un nome o un
ritratto mi devo fare carico di essere diligente, andare a verificare se questa persona in vita, e
produrre anche la sua autorizzazione o in mancanza del soggetto, devo chiedere l'autorizzazione
ai parenti entro il quarto grado, questo ovviamente per evitare che poi ci siano delle
contestazioni.
Anche perch, tenete conto di una cosa, ovvio ed evidente che la mancanza di autorizzazione
di un soggetto vivente comporterebbe la nullit del marchio perch in violazione della
disposizione del CPI.
Tuttavia potrebbe accadere che se io utilizzo come marchio il ritratto di un determinato
soggetto, e questo soggetto lascia passare del tempo nel caso specifico 5 anni, eppur essendo a
conoscenza, quindi io riesco a dimostrare che questo era a conoscenza che il suo ritratto
costituiva il mio marchio, questo soggetto non potr al sesto anno rivendicare il diritto e quindi
far dichiarare la nullit perch non c'era l'autorizzazione all'utilizzo del suo ritratto perch il
fatto di aver tollerato va a sostanzialmente impedire che la registrazione venga dichiarata nulla.
Questo pu succedere in quali casi? Per esempio, io sono un imprenditore giovane che decido di
utilizzare il ritratto di un determinato soggetto come marchio dei miei prodotti, e faccio la
registrazione, in sede di registrazione non vi (perch l'esame un esame soltanto formale,
quindi potrebbe anche sfuggire all'ufficio italiano brevetti e marchi che manca la specifica
autorizzazione, perch magari chi fa l'esame non realizza che il soggetto un soggetto vivente,

perch la creazione di un volto per esempio di una donna, pu essere un disegno di pura
fantasia...) il rilievo in fase di registrazione del marchio, il marchio viene registrato ed inizia ad
essere utilizzato.
La persona che si riconosce nel ritratto inizialmente ritiene di non dover intervenire,
ammettiamo che l'imprenditore abbia un gran successo, il marchio diviene un marchio che
assume una certa rilevanza, a questo punto chiaro che la persona che si era riconosciuta
potrebbe avere tutto l'interesse di tipo economico a far dichiarare la nullit del marchio! Di tipo
economico perch io inizio l'azione nei tuoi confronti per ottenere la dichiarazione di nullit del
marchio perch quando hai provveduto alla registrazione non avevi la mia autorizzazione,
naturalmente le cause si iniziano ma anche spesso e volentieri si cerca poi di arrivare ad una
transazione.
Quindi il soggetto rinuncia all'azione per far dichiarare la nullit del marchio, come contro
partita l'imprenditore offre un compenso...quindi vado a monetizzare l'eventuale mia rinuncia.
La norma per tutela sostanzialmente l'imprenditore che ha provveduto alla registrazione, posto
che il sistema incentrato sul favor nei confronti dell'imprenditore che registra il proprio
marchio, c' un'incentivazione alla registrazione, tutta la struttura della tutela predisposta
sopratutto nei confronti di chi provvede alla registrazione, quindi anche questa norma posta a
tutela dell'imprenditore che ha registrato e se in causa comunque si riesce a dimostrare,
ovviamente spetter all'imprenditore che ha registrato il marchio, dimostrare che l'altro
soggetto sapeva, era a conoscenza del fatto che si utilizzava il suo ritratto come immagine del
mio marchio, lo ha tollerato per 5 anni, decorsi i 5 anni non pu pi intervenire per far
dichiarare la nullit del marchio.

Quando il ritratto o il nome o comunque il genere, il segno che io voglio registrare come
marchio, apparitene alla categoria dei segni notori, cio dei segni che hanno acquistato una
certa notoriet, una certa conoscibilit da parte del pubblico, questo tipo di segno notorio, cos
come oggi prevede l'articolo 8 CPI, modificato dal d lgs 131 del 2010, il segno notorio pu essere
registrato come marchio, soltanto da colui che considerato l'avente diritto, oppure con il
consenso di questi.
Quindi se io vado a registrare le due C di Chanel, che un segno notorio, io o sono l'impresa che
produce quei beni, oppure ho il consenso, o altrimenti io non posso registrare quel segno
notorio.
Questo perch vado a sfruttare quel valore di suggestione che quel determinato segno ha nel
pubblico proprio perch gode gi di una rinomanza, gode gi di una notoriet. Tanto vero che,
addirittura, le aziende che intendono sviluppare i propri prodotti a livello nazionale o
internazionale, all'inizio o subito dopo quando vedono che c' un certo successo dei loro
prodotti, registrano il marchio che poi utilizzano effettivamente sui propri prodotti, e poi anche
vanno a registrare tutta una rosa di marchi molto simili che potrebbero costituire delle
alterazioni abbastanza prevedibili del marchio che hanno deciso di utilizzare sul proprio
prodotto proprio per andarsi a tutelare di fronte ad eventuali copiature di quel marchio senza
poi dover appunto andare a fare delle azioni nei confronti dei soggetti che registrassero
successivamente un marchio simile.
come se all'epoca Coco Chanel avesse registrato non solo come marchio le due C ma tutte le
possibili varianti di quelle C, con altri caratteri, stilizzate... quindi certe volte c' questa
registrazione di marchi molto simili che leggermente sono diversi rispetto al marchio principale

che va a registrarsi per quel prodotto proprio per evitare che altri possano utilizzare quel
determinato marchio.
Per questi marchi c' una deroga al principio dell'utilizzo concreto del marchio, perch chiaro
che questi marchi che vengono registrati come marchi molto simili a quello registrato per il
proprio prodotto non vengono poi concretamente utilizzati nel mercato ma servono solo per
tutelare, per garantire che altri imprenditori non sfruttino quel determinato disegno.
Quindi, per i segni notori, chiaro che se il segno notorio, c' una maggior tutela, proprio
perch si vuole evitare quello che si definisce un approfittamento commerciale del fatto che
quel determinato segno ha gi acquistato notoriet.
Questa precisa disciplina, questa normativa si ritrova all'articolo 8.3 CPI cos come modificato
dal d lgs 131 del 2010.
Determinati simboli, determinati segni, come pu essere i cerchi delle olimpiadi piuttosto che
determinati segni che nella vita comune hanno acquisito un determinato significato, una
determinata notoriet ovviamente non possono essere registrati come marchi.
Ad esempio alcuni emblemi come quello della croce rossa o altre organizzazioni internazionali,
quando il segno notorio non possibile procedere alla registrazione.
Cosa accade se la registrazione avviene da parte di chi non l'avente diritto? Cio da parte di
chi appunto non ha diritto di registrare il marchio?
L'articolo 118 CPI, prevede nell'ipotesi in cui la registrazione sia richiesta dal non avente diritto
la cd azione di rivendica.
Viene ad essere proposta da colui che invece aveva diritto alla registrazione, una vera e propria
rivendica del diritto.

Art. 118. Rivendica- 1. Chiunque ne abbia diritto ai sensi del presente codice pu presentare
una domanda di registrazione oppure una domanda di brevetto.
2. Qualora con sentenza passata in giudicato si accerti che il diritto alla registrazione oppure al
brevetto spetta ad un soggetto diverso da chi abbia depositato la domanda, questi pu, se il
titolo di propriet industriale non stato ancora rilasciato ed entro tre mesi dal passaggio in
giudicato della sentenza:
a) assumere a proprio nome la domanda di brevetto o la domanda di registrazione, rivestendo a
tutti gli effetti la qualit di richiedente;
b) depositare una nuova domanda di brevetto oppure di registrazione la cui decorrenza, nei
limiti in cui il contenuto di essa non ecceda quello della prima domanda o si riferisca ad un
oggetto sostanzialmente identico a quello della prima domanda, risale alla data di deposito o di
priorita' della domanda iniziale, la quale cessa comunque di avere effetti; depositare, nel caso
del marchio, una nuova domanda di registrazione la cui decorrenza, nei limiti in cui il marchio
contenuto in essa sia sostanzialmente identico a quello della prima domanda, risale alla data di
deposito o di priorita' della domanda iniziale, la quale cessa comunque di avere effetti;
c) ottenere il rigetto della domanda.
3. Se il brevetto stato rilasciato oppure la registrazione stata effettuata a nome di persona
diversa dall'avente diritto, questi pu in alternativa:

a) ottenere con sentenza il trasferimento a suo nome del brevetto oppure dell'attestato di
registrazione a far data dal momento del deposito;
b) far valere la nullit del brevetto o della registrazione concessi a nome di chi non ne aveva
diritto.
4. Decorso il termine di due anni dalla data di pubblicazione della concessione del brevetto per
invenzione, per modello di utilit, per una nuova variet vegetale, oppure dalla pubblicazione
della concessione della registrazione della topografia dei prodotti a semiconduttori, senza che
l'avente diritto si sia valso di una delle facolt di cui al comma 3, la nullit pu essere fatta
valere da chiunque ne abbia interesse.
5. La norma del comma 4 non si applica alle registrazioni di marchio e di disegni e modelli.
6. Salvo l'applicazione di ogni altra tutela, la registrazione di nome a dominio aziendale
concessa in violazione dell'articolo 22 o richiesta in mala fede, pu essere, su domanda
dell'avente diritto, revocata oppure a lui trasferita da parte dell'autorit di registrazione.

Naturalmente bisogna distinguere due distinte fasi, per capire esattamente la portata e l'effetto
e le conseguenze dell'azione di rivendica.
In una prima fase, noi consideriamo che la registrazione gi stata effettuata da chi non aveva
diritto di effettuarla.
In questo caso l'azione di rivendica dell'avente diritto si sostanzier in una vera e propria azione
giudiziale in cui chieder al giudice che dichiari che quel segno non poteva essere registrato
come marchio da quel soggetto perch non era l'avente diritto quindi sostanzialmente l'effetto e
quindi la conseguenza della proposizione dell'azione di rivendica una sentenza emessa dal
giudice che accerter che il soggetto non aveva diritto quindi con efficacia retroattiva, perch
naturalmente il soggetto se si accerta che non era lui che poteva registrare perder quindi il
diritto all'utilizzo del marchio, e quindi con sentenza che avr efficacia retroattiva vi sar un
trasferimento del marchio all'avente diritto.
Quindi sostanzialmente succede che la registrazione del marchio avvenuta da parte di un
soggetto che non aveva diritto, che quindi non poteva essere considerato come soggetto
legittimato a chiedere la registrazione, abbia ottenuto nonostante questo vizio, l'attestato di
registrazione del marchio, successivamente colui che ritiene di essere il vero titolare, il vero
avente diritto fa un'azione di rivendica, chieder al giudice che dichiari la nullit e che quindi
accertata la nullit della registrazione perch avvenuta da parte di chi non aveva diritto
trasferisca quel diritto al soggetto che risulta essere il vero titolare.
Perch c' questa efficacia retroattiva?
Che viene ad essere stabilita dalla legge, e perch in realt io chiedo il trasferimento a mio
nome della registrazione? Perch ovviamente cos posso sfruttare, posso far decorrere gli effetti
di questa sentenza dal momento della presentazione della domanda di registrazione e quindi
naturalmente posso godere dell'efficacia della registrazione del marchio.
La domanda di registrazione del marchio viene presentata oggi, a questo punto c' un periodo
che viene chiamato di istruttoria, e al termine di questo c' un attestato di registrazione, da
oggi all'emissione dell'attestato di registrazione da parte dell'ufficio italiano brevetti e marchi
passer del tempo, anche parecchi mesi, per fondamentalmente la registrazione avr efficacia
dalla data di presentazione della domanda, quindi da oggi. La registrazione per ha validit

decennale, chiaro ed evidente che se siamo allo scadere dei 10 anni, se io mi accorgo che io
che sono il vero titolare di quel segno quindi ero l'unico soggetto che poteva chiedere
legittimamente la registrazione del marchio per miei prodotti mi accorgo dopo 1 anno che
invece un altro soggetto ha utilizzato pur non avendone il diritto ha provveduto alla
registrazione allora si che io ho tutto l'interesse ad esercitare la rivendica, ottenere una
sentenza dal giudice che accerti questa situazione e trasferire a mio nome la registrazione del
marchio perch cos posso utilizzare, posso sfruttare i successivi 9 anni per utilizzare quel
determinato marchio per i prodotti.
Quindi, il legislatore prevede come strumento di tutela nei confronti dell'avente diritto alla
registrazione del marchio, contro eventuali registrazioni effettuate da chi invece il diritto non
c' l'ha questa azione di rivendica che si concretizza in un giudizio davanti al giudice il quale
emette una sentenza che avr effetto retroattivo e che trasferir a nome dell'avente diritto la
registrazione del marchio.
Questa una possibilit, oppure semplicemente io non voglio utilizzare il marchio, ma non
voglio nemmeno che il marchio sia utilizzato da un altro, ed esercito l'azione di rivendica, ma
solo al fine di far dichiarare la nullit della registrazione del marchio perch effettuata da parte
del non avente diritto.
Questo ovviamente se la registrazione, se l'ufficio italiano brevetti e marchi ha gi emesso
l'attestato di registrazione, una volta, prima della riforma del 1992 si diceva con termine
atecnico, brevetto, quindi brevettazione del marchio, in realt una attestazione della
registrazione, proprio per distinguere dal brevetto vero e proprio che si ottiene per le invenzioni
industriali.
Quindi se la registrazione gi stata effettuata da colui che non ne aveva in diritto, l'avente
diritto pu agire nei suoi confronti con un'azione di rivendica, o per ottenere una sentenza con
efficacia retroattiva che trasferisca a nome dell'avente diritto la registrazione del marchio
oppure per far dichiarare semplicemente la nullit della registrazione.
Se invece la registrazione non stata ancora effettuata, ma semplicemente stata presentata
la domanda di registrazione, io potr ovviamente andando a sollecitare colui che ha presentato
la domanda il quale magari anche in buona fede ha presentato la domanda di registrazione, non
sapendo che non era il titolare del diritto, io che sono l'avente diritto posso fare propria la
domanda di registrazione, quindi prima che l'ufficio italiano brevetti e marchi emetta
l'attestazione, vado a far propria la domanda a nome mio e quindi l'attestazione
automaticamente verr emessa nei miei confronti.
Oppure, vado a fare delle osservazioni all'ufficio italiano brevetti e marchi su questa domanda
che stata presentata dal non avente diritto, vedremo che l'ufficio italiano brevetti e marchi se
ritiene fondate le osservazioni, va a sostanzialmente chiedere spiegazione ed integrazione a
colui che ha presentato la domanda, ammettiamo che l'ufficio italiano brevetti e marchi
comunque si convinca della validit delle osservazioni, chiaro che l'avente diritto nelle proprie
osservazioni chieder il rigetto della domanda e di conseguenza se l'ufficio ritiene fondate
queste rivendicazioni rigetter la domanda di registrazione.
Quindi, nella fase prodromica al rilascio dell'attestato di registrazione colui che l'avente diritto
pu fare due cose:

o assume a proprio nome la domanda, naturalmente ci deve essere un consenso, una


collaborazione da parte di chi ha presentato la domanda

o chiede che venga rigettata la domanda

Molto dipende da quello che vuol fare l'avente diritto del segno e vi saranno delle valutazioni di
tipo economico, anche di spese che va ad incontrarsi per questo tipo di procedura perch
ovviamente tutto questo ha dei costi, la stessa procedura di registrazione ha dei costi
ovviamente notevoli...

oppure potr sempre naturalmente d'accordo con colui che ha presentato la domanda pur non
avendo diritto, quindi che fosse in buona fede, il vero avente diritto, colui che effettivamente
era registrato a chiedere la registrazione, pu presentare una domanda lui personalmente di
registrazione andando a chiedere che gli effetti dell'eventuale attestazione siano fatti risalire
alla presentazione della domanda presentata da chi non aveva diritto, cio vi una situazione in
parte simile a quella di chi fa propria la domanda presentata dal non avente diritto, e chi invece
sostanzialmente presenta una nuova domanda, magari perch l'arricchisce di altri particolari ma
chiede che gli effetti appunto retroagiscano alla data di presentazione della domanda
presentata dal non avente diritto.
Questo potrebbe essere una alternativa, laddove naturalmente la domanda presentata dal non
avente diritto non ha pi seguito, ma comunque l'avente diritto che ha presentato una nuova
domanda pu in ogni caso utilizzare il termine di deposito di quella determinata domanda per la
registrazione di quel marchio.
La priorit nella registrazione del marchio, che viene fatta risalire alla data di presentazione
della domanda, non alla data di rilascio della attestazione di registrazione molto importante
anche in diverse fattispecie.
Pensate al requisito della novit, se io poi un domani voglio far valere la nullit di un marchio
identico o simile al mio per prodotto identico o affine al mio, baster che produca l'attestato di
registrazione da quale si evince anche qual' stata la data si presentazione della domanda dalla
quale si fa retroagire la registrazione.
Quindi avere la possibilit di utilizzare date anteriori ovviamente un vantaggio per
l'imprenditore che voglia registrare validamente il proprio segno.
A questo punto, nella disciplina della registrazione del marchio da parte di chi non l'avente
diritto ci sono alcune considerazioni su chi provvede alla registrazione in mala fede.
Il presupposto che il soggetto abbia presentato la domanda o abbia registrato in buona fede,
ma quand' che io posso dire che il non avente diritto era in mala fede?
Ovvio ed evidente che sono in mala fede se io conoscevo che quel determinato segno poteva
essere registrato da parte di un altro soggetto, allora in questo caso sono nell'ipotesi di un segno
che evidentemente ha acquisito una certa notoriet, che quindi diventato famoso e quindi
rientro in un'altra fattispecie, rientro nella fattispecie di registrazione di un segno notorio.
Le ipotesi in cui rileva la buona fede o mala fede in questa fase di presentazione della domanda
riguarda sopratutto quelle fattispecie in cui magari vi siano dei rapporti di fiducia, dei rapporti
di collaborazione tra diversi soggetti e poi ad un certo punto uno di questi per primo procede
alla registrazione del marchio pur magari sapendo di non essere il vero titolare, quindi, quando
noi parliamo di registrazione del non avente diritto, e andiamo a individuare l'eventuale
soggetto che in mala fede presenta la domanda di registrazione o anche ottiene la domanda di
registrazione, non dobbiamo pensare tanto all'ipotesi di colui che registra un segno notorio
perch li non occorre che ci sia la disposizione del CPI che mi disciplina la fattispecie, perch

sufficiente risalire al divieto che per altro anche prevista dalla Convenzione dell'Unione di
Parigi che non possibile chiedere la registrazione di segni notori.
Quando mi accingo a pensare ad ipotesi di registrazione del non avente diritto pi semplice
che faccia riferimento a quelle ipotesi in cui sostanzialmente i soggetti avente diritto e non
avente diritto abbiano avuto un rapporto di collaborazione o anche siano legati da un rapporto di
fiducia per cui io so perfettamente per il tipo di lavoro che faccio, di collaborazione che ho
stretto con l'imprenditore, so perfettamente che ad avere diritto alla registrazione del marchio
non sono io ma lui, ci nonostante vado a presentare la domanda di registrazione del marchio.
Quindi queste sono le ipotesi a cui ci riferiamo quando parliamo di presentazione della domanda
effettuata in mala fede.

Il procedimento di registrazione e lesame dellUfficio. Alla registrazione di un marchio si


procede depositando la domanda rivolta allufficio italiano brevetti e marchi che una direzione
del ministero dello sviluppo economico, gi ministero delle attivit produttive.
La domanda pu essere depositata anche presso le camere di commercio, industria e artigianato
e presso gli uffici e gli enti pubblici determinati con decreto del ministro delle attivit
produttive che provvedono ad inoltrarla allufficio.
La domanda dovr contenere: lidentificazione del richiedente e qualora vi sia anche quella del
mandatario,leventuale rivendicazione della priorit,la riproduzione del marchio, e lelenco dei
prodotti o dei servizi che il marchio destinato a contraddistinguere raggruppati secondo le
classi della classificazione prevista dallaccordo di Nizza.
Il codice ha inoltre previsto allart 158 co 3 la possibilit di dividere in pi domande parziali la
domanda di registrazione avente ad oggetto pi prodotti e servizi.
Ricevuta la domanda lufficio italiano brevetti e marchi procede ad un esame della regolarit di
essa.
Una volta riconosciuta questa regolarit lufficio effettua un esame sullesistenza di
impedimenti assoluti alla registrazione che corrispondono in gran parte alle cause di nullit
assoluta del marchio.
In particolare questo esame mira ad accertare se il segno che costituisce oggetto della domanda
di registrazione rientri fra quelli previsti dallart 7 c.p.i. , ad accertare che il segno non rientri
tra quelli diventati di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio,
che non si tratti di segno contrario alla legge,allordine pubblico o al buon costume, che non si
tratti di una delle forme indicate dallart 9 c.p.i., che si tratti o meno del nome di una persona
diversa dal richiedente, che si tratti di un segno notorio o che si tratti dio un ritratto.
Al termine di questo esame lufficio provvede alla pubblicazione della domanda nel bollettino
ufficiale dei marchi dimpresa.
Nel corso del procedimento, dopo la riforma del 1999 qualunque interessato pu indirizzare
allufficio osservazioni scritte specificando i motivi per i quali il marchio dovrebbe essere escluso
dalla registrazione.
Se ritiene queste osservazioni rilevanti lufficio le comunica al richiedente che pu depositare le
proprie deduzioni.
Inoltre prevista la possibilit di presentare entro il termine perentorio di 3 mesi dalle date di
pubblicazione una opposizione scritta motivata e documentata alla registrazione del marchio.
Questa opposizione si fonder sulla presenza di impedimenti relativi.
Potranno presentare lopposizione i titolari di un marchio anteriore registrato, chi ha depositato
domanda di registrazione in data anteriore, il licenziatario esclusivo del marchio anteriore ed
infine le persone, gli enti e le associazioni.
Il codice p.i. ha introdotto uno spatium conciliandi nel procedimento di opposizione.

Lart 178 comma 1 prevede infatti che lufficio italiano brevetti e marchi dopo averne verificato
lammissibilit comunica lopposizione al soggetto che ha chiesto la registrazione del marchio
con lavviso anche allopponente della facolt di raggiungere un accordo di conciliazione entro 2
mesi dalla data di comunicazione, prorogabile su istanza delle parti.
La mancanza di un accordo determina linizio della fase contenziosa del procedimento.
Il soggetto che ha chiesto la registrazione del marchio potr presentare per iscritto le proprie
difese.
Lufficio pu anche dar luogo ad un breve contraddittorio scritto tra lopponente ed il
richiedente.
Se a seguito del suo esame lufficio italiano brevetti e marchi riscontri la presenza di un
impedimento assoluto o abbia accolto unopposizione basata su di un impedimento relativo esso
respinge la domanda di registrazione.
In questo caso il richiedente ha la possibilit di impugnare il provvedimento entro 60 giorni
dalla data in cui gli stato comunicato davanti alla commissione dei ricorsi che collegio
giudicante avente con funzioni che riguardano sia i marchi sia i brevetti per invenzione e per
modelli industriali.
La commissione costituita da alti magistrati e da professori universitari decide sui ricorsi con
sentenza.
Tale sentenza suscettibile di ricorso per cassazione.
Qualora sia stata proposta opposizione e questa sia stata respinta dallufficio, lopponente ha a
sua volta diritto di ricorrere alla commissione dei ricorsi.
Se al termine dellesame della domanda di registrazione questa sia accolta o sia intervenuta una
sentenza nel senso dellaccoglimento da parte della commissione dei ricorsi lufficio procede
alla registrazione del marchio e alla pubblicazione della stessa nel bollettino ufficiale dei marchi
dimpresa.
(La registrazione del marchio attribuisce a colui che ha chiesto la registrazione un diritto di utilizzo esclusivo di quel
determinato segno, quindi il procedimento di registrazione porta al riconoscimento di un diritto di esclusiva.
Quindi un sistema incentrato sull'incentivazione e tutela della registrazione.
Quindi si fa attenzione alle varie fasi, anche, di questo procedimento.
Il deposito della domanda della registrazione, che dar luogo alla immissione di un attestato di registrazione, deve
essere presentato presso l'ufficio italiano brevetti e marchi che ha sede a Roma.
Con le varie modifiche legislative e da ultimo con il decreto di attuazione del CPI, stato previsto che la domanda
possa essere presentata alla camera di commercio del luogo in cui ha sede l'impresa, l'azienda, l'imprenditore, quindi
io sono imprenditore triestino, vado alla camera di commercio, c' uno sportello apposito dove io vado a depositare
la domanda di registrazione.
A questo punto l'ufficio della camere di commercio ha 10 giorni di tempo per trasmettere questa domanda di
registrazione all'ufficio italiano brevetti e marchi con sede in Roma.
Questa trasmissione pu avvenire per via telematica.
Il contenuto della domanda di registrazione deve avere alcuni elementi che sono previsti e predisposti dalle norme di
legge. Ovviamente deve essere identificato chi il richiedente, quindi ci deve essere sicuramente il riferimento a
colui che il soggetto che richiede la registrazione.
Spesso la richiesta viene materialmente depositata da un soggetto che procuratore di un determinato soggetto,
spesso succede che un avvocato o comunque un consulente, una persona esperta di procedure di registrazione o
brevettazione, per cui se l'avvocato o a maggior ragione se sono soggetti che si qualificano come consulenti, sono
quindi semplicemente procuratori, vi dovr essere un mandato specifico dove si individua chi il mandante.

Quindi quando noi diciamo che uno dei presupposti principali della domanda l'identificazione del richiedente
ovviamente se siamo in una fattispecie nella quale c' un mandato ovviamente io dovr individuare correttamente
chi il mandante e quindi chi sostanzialmente colui che richiede la registrazione.
Ovviamente se siamo nelle ipotesi che abbiamo identificato prima, per esempio di una domanda nuova che viene ad
essere presentata chiedendo che gli effetti retroagiscano alla presentazione della domanda effettuata dal non
avente diritto, ci sar anche quella che si chiama una richiesta di priorit, cio andando a richiedere che appunto gli
effetti retroagiscano alla data di presentazione di quella domanda.
Dopo di che ci sar la riproduzione di quel marchio, del segno che si vuole utilizzare.
Qua bisogner vedere se il marchio rappresentativo, figurativo, verbale, a seconda della tipologia ci sar la
allegazione relativa alla configurazione del marchio stesso, e ovviamente poi dovr essere indicato il prodotto o il
servizio per il quale si chiede la registrazione.
In una domanda ci sar la richiesta di registrazione di un marchio per una tipologia di prodotti! Io non posso chiedere
la registrazione del marchio per prodotti che sono del tutto diversi... se cos voglio devo presentare tante domande
quante sono i prodotti...
oltre tutto devo anche fare riferimento al fatto che esiste una classificazione internazionale che risale ad uno dei
tanti accordi internazionali che sono venuti a disciplinare la materia, l'accordo di Nizza, sulla base di quella
classificazione io devo provvedere alla individuazione del prodotto.
Tra l'altro l'accordo di Nizza, stato trasfuso in una legge del nostro ordinamento nel 1982, la 243, quindi sulla base
di quella legge, sulla base della classificazione dei prodotti che ritroviamo in quella legge io vado ad individuare il
prodotto per il quale chiedo la registrazione.
Ovviamente questo quello che noi ritroviamo nella legge, ma c' anche da aggiungere che anche il regolamento di
attuazione del CPI, ha inserito ed ha aggiunto altri elementi che ovviamente devono essere presenti, per esempio
non devo solo individuare il richiedente, ma devo specificare, e questa una specificazione di quella che la
disposizione gi contenuta nel CPI, devo indicare esattamente le generalit del soggetto richiedente, se si tratta di
ente, di societ, devo indicare quella che la denominazione, la sede, quindi devo fornire tutti quegli elementi che
sono necessari a individuare esattamente la persona fisica o la persona giuridica che richiede la registrazione.
Ovviamente questa necessit di individuare correttamente il richiedente stata anche determinata dalla
introduzione appunto della possibilit di far chiedere la registrazione anche agli enti pubblici territoriali o
comunque anche a soggetti che non intendono utilizzare ma che intendono invece far utilizzare a terzi, quindi in
questo caso si ritenuta l'esigenza di inserire come ulteriore requisito la prescrizione di tutti quegli elementi,
generalit, denominazione che vanno ad individuare la persona fisica o giuridica che richiede.
In relazione anche all'evoluzione che si avuta in questo campo noi oggi abbiamo anche la possibilit di registrare
dei marchi che sono sonori, quindi quando noi diciamo che deve essere riprodotto il marchio, che deve essere
individuato il segno, il regolamento ha ulteriormente previsto che debba essere indicato esattamente il tipo di
marchio: sonoro, di colore, tridimensionale, figurativo etc...
questi ulteriori requisiti non sono altro che specificazioni ed elementi che sono stati inseriti perch con l'evolversi di
ci che pu essere registrato come marchio si rendeva necessario individuare esattamente ci che si voleva registrare
come marchio per il prodotto.
Ovviamente quindi tutti questi elementi devono essere presentati in modo chiaro da poter permettere comunque un
primo esame.
L'esame che viene effettuato dall'ufficio brevetti e marchi non un esame di tipo sostanziale, un esame di tipo
formale, che valuta in prima battuta sostanzialmente sopratutto la liceit o alcuni elementi che possono essere
analizzati immediatamente anche perch in altri ordinamenti, l'esame che viene ad essere attuato dall'ufficio che si
occupa della registrazione del marchio un esame vero e proprio, sostanziale, che va a verificare il requisito della
novit, se ci sono altri marchi identici o simili per prodotti identici o affini, se sono gi stati registrati o meno.
Questo non avviene nel nostro sistema, perch il legislatore ha voluto scegliere quest'altra tipologia di esame,
tuttavia con il CPI si sono inseriti alcuni contemperamenti a questo esame sommario e rapido limitato alla forma.
Sicuramente quello che viene valutato dall'ufficio sono quelli che vengono definiti impedimenti assoluti come quelli
che portano alla nullit radicale del marchio, per esempio se ci fossero dei segni contrari all'ordine pubblico o al

buon costume, come se si utilizzasse il nome del Papa, laddove ovviamente chiaro che anche in questa fase
sommaria si evidenzia la violazione, la contrariet alle norme di validit del marchio.
Al termine di questo esame, che comunque un esame sommario si provvede alla PUBBLICAZIONE DELLA domanda di
registrazione sul bollettino ufficiale dei marchi.
Il bollettino ufficiale dei marchi, si trova presso le camere di commercio, ha uscita mensile.
Quindi se voi state per presentare una domanda di registrazione consigliabile consultare il bollettino, perch voi da
li vedete che c' stata la presentazione di una domanda di registrazione di un marchio, da parte di un determinato
soggetto, quindi potete eventualmente intervenire per bloccare la domanda con l'azione di rivendicazione di cui
parlavamo prima...
Siamo nell'ipotesi in cui la domanda non ancora accolta, quindi non c' stata ancora la registrazione,

quindi io posso intervenire chiedendo o che la domanda venga rigettata

o che la domanda sia assunta a nome mio e quindi divento io il titolare della domanda,

oppure domanda nuova che fa presente che stata gi presentata una domanda di registrazione da parte
del non avente diritto quindi si chiede solo di ottenere la retrodatazione a quella data.

I terzi interessati, coloro che hanno interesse ad intervenire in questa fase possono farlo con vari sistemi a seconda
del risultato che vogliono raggiungere.
Ci possono essere delle osservazioni scritte fatte da parte del terzo interessato, presentate all'ufficio brevetti e
marchi, dove si vanno ad indicare in modo approfondito e compiuto quelle che sono le motivazioni che spingono il
terzo a redigere queste osservazioni.
A questo punto l'ufficio se ritiene che ci sia un fondamento a questo tipo di osservazioni manda al richiedente le
osservazioni affinch il richiedente si esterni e quindi sostanzialmente gli si riconosce la possibilit di controbattere
a queste osservazioni.
A questo punto quindi, succede che per tanto cos come previsto dall'articolo 175 CPI, a fronte delle osservazioni il
richiedente pu presentare le proprio deduzioni, quindi va a controbattere, entro 30 giorni dalla comunicazione delle
osservazioni.
A questo punto entro comunque 90 giorni dalla pubblicazione della domanda sul bollettino ufficiale dei marchi, si
pu da parte di colui che ritiene avere invece diritto alla registrazione, fare una vera e propria opposizione alla
registrazione del marchio.
Quindi la legge ammette due possibilit:

una pi soft dove ti riconosco il diritto di fare delle osservazioni, a fronte di queste osservazioni l'ufficio
trasmette le osservazioni al richiedente, che pu fare le proprie deduzioni e quindi pu eventualmente
controbattere e li finisce questa fase che poi lascia appunto libero l'ufficio di decidere se accogliere o meno
la domanda di registrazione

mente invece riconosciuta una vera e propria fase di contestazione, sempre dal punto di vista
amministrativo che pu eventualmente essere concorrente ad un'azione giudiziale appunto di rivendica, ma
questa procedura amministrativa l'opposizione alla registrazione che pu essere presentata entro 90 giorni
dalla pubblicazione sul bollettino ufficiale dei marchi di impresa, della domanda.

Chi sono i soggetti interessati all'opposizione?


Mentre quando noi parliamo delle osservazioni facciamo riferimento a terzi che possono essere interessati ma che
non necessariamente sono i veri legittimati nel caso invece della opposizione questa pu essere promossa soltanto da
chi il titolare di un marchio anteriormente registrato.

Io ho registrato un marchio, so che l'ufficio italiano brevetti e marchi non cos attento a verificare il requisito della
novit, voglio cercare di impedire di bloccare, di guardare quelli che sono i bollettini ufficiali dei marchi di impresa,
quindi se scopro che stata presentata una domanda intervengo in questa fase proprio per bloccare l'eventuale
registrazione proprio perch nella mia opposizione dico che ho registrato gi il mio marchio identico o simile per
prodotti identici o affini quindi sono legittimato a proporre opposizione, oppure per esempio, sono licenziatario di
un marchio, si parla di licenza di marchio quando il titolare del marchio concede l'uso ad altri soggetti, quindi il
licenziatario colui che ha ottenuto l'uso esclusivo del marchio, oppure ad esempio nel caso del segno notorio coloro
che sono i titolari, le persone, gli enti e le associazioni che possono far valere la tutela di nomi o segni notori.
A questo punto, quindi, c' una valutazione delle motivazioni che hanno determinato l'opposizione, e questa
opposizione, uno strumento di tipo amministrativo che pu affiancare o sostituire quello che anche il
procedimento ordinario giurisdizionale che andrebbe svolto davanti al giudice ordinario, anche perch a decidere
sulla opposizione alla registrazione un comitato di tipo amministrativo all'interno dell'ufficio italiano brevetti e
marchi.
Tanto vero che, questo comitato a cui viene demandato la decisione sull'opposizione pu anche sollecitare e far
pervenire le parti ad una transazioni, ad un accordo conciliativo andando sostanzialmente a tutelare gli interessi
degli imprenditori da un lato registrante e dall'altro colui che si opposto.
Certo che entro 24 mesi dalla data di deposito della domanda il procedimento deve essere concluso, quindi che vi
siano osservazioni, o opposizioni, entro 24 mesi deve concludersi il procedimento.
Il diritto di utilizzare i segni cos come viene sancito dall'articolo 7 CPI pu subire delle limitazioni (nome, immagine
altrui etc...)
Ci sono varie fasi durante le quali possono intervenire vari soggetti, cio possono essere proposte osservazioni da
parte di terzi che possono avere un interesse, queste osservazioni vengono ad essere inviate all'ufficio italiano
brevetti e marchi una volta che c' stata la pubblicazione della domanda di registrazione del marchio sul bollettino
ufficiale dei marchi di impresa che ha una cadenza mensile, quindi abbastanza frequente.
A questo punto pertanto chi ha un interesse pu far valere le proprie osservazioni, a questo proposito poi l'ufficio
manda al richiedente che si esterni sulle osservazioni eventualmente avanzate da un terzo, e questa fase si conclude
ovviamente con o la continuazione del procedimento per la registrazione, o eventualmente sempre nel proseguo
della procedura porter al rigetto, per in questa fase vengono fatte semplicemente delle osservazioni ed il
richiedente pu solo controbattere a queste osservazioni, ma non c' una vera e propria contestazione.
Mentre invece si ha opposizione alla registrazione e qui si che il termine un termine perentorio che deve essere
osservato, entro i 90 giorni dalla pubblicazione nel bollettino ufficiale dei marchi di impresa della domanda di
registrazione del marchio.
Ovviamente chi si oppone alla registrazione dovr indicare quali sono le motivazioni per cui si oppone, e a questo
punto ci sar un vero e proprio contenzioso, che svolto in via amministrativa, che dar la possibilit al richiedente
di controbattere quelle che sono le ragioni, le motivazioni per cui il soggetto si oppone alla registrazione e tra l'altro
siccome il nostro legislatore ci ha abituati sempre pi a queste forme di conciliazione alternativa, c' anche la
possibilit ovviamente, novit introdotta dal d lgs 131 del 2010 di proporre un accordo concliativo, cio lo stesso
ufficio che valutate le diverse motivazioni, propone alle parti di conciliarsi.
Ed questa fase della conciliazione, da la possibilit alle parti di risolvere in modo transativo la vertenza, senza
supportare eventuali ulteriori costi.
Ovviamente bisogna vedere se l'interesse delle parti tale da poter pervenire ad una transazione, ad una
concliazione, altrimenti se la fase dell'opposizione si chiude, se non c' la conciliazione, si apre poi la fase della
decisione, dove l'ufficio decide se accogliere o rigettare la domanda di registrazione, e a questo punto ovviamente
emette un provvedimento che comunque pu essere impugnato entro 30 giorni alla commissione ricorsi, che sempre
collocata all'interno dell'ufficio italiano brevetti e marchi.
Quindi c' la possibilit di ricorrere alla commissione ricorsi.
La commissione ricorsi, anche qui c' un termine abbastanza breve, entro 30 giorni dal momento della notificazione
del provvedimento, dell'ufficio italiano con il quale si rigetta la domanda di registrazione, il termine abbastanza
breve per poter fare ricorso alla commissione ricorsi.

La commissione ricorsi emetter un provvedimento che riguardando diritti soggettivi come il diritto della propriet
industriale sar ricorribile ai sensi del 111 Costituzione in Cassazione.
Comunque c' la possibilit di pervenire alla decisione della Corte di Cassazione soltanto nel caso in cui sia la lesione
di diritti soggettivi.
E quindi la procedura per la registrazione ha queste varie fasi, in caso di rigetto c' la possibilit di ricorrere a
questo organo amministrativo sempre all'interno dell'ufficio brevetti, la COMMISSIONE RICORSI, successivamente
l'eventuale provvedimento negativo ricorribile in CASSAZIONE.
Quali sono gli effetti della registrazione? Una volta che noi abbiamo ottenuto l'attestato di registrazione, una volta si
parlava di brevetto, oggi il termine brevetto lasciato solo alla brevettazione delle invenzioni industriali, mentre
invece quando parliamo di marchio parliamo di attestato di registrazione.
Questa procedura della opposizione alla registrazione che questa procedura amministrativa, che si articola poi
nella fase eventualmente del rigetto, della commissione ricorso, del ricorso in Cassazione, affiancata a quella che
potrebbe essere la normale procedura, il normale giudizio ordinario che eventualmente la parte che ha interesse,
quindi la parte che si ritiene lesa dalla domanda di registrazione, pu sempre adire il giudice ordinario, adducendo la
nullit della registrazione per mancanza di uno dei requisiti fondamentali, come potrebbe essere per esempio la
mancanza di novit e agire per via ordinaria.
Quali saranno le valutazioni che verranno fatte da parte del soggetto? Innanzitutto i costi, perch il procedimento
giudiziario ha dei costi notevoli, e non solo i costi dei legali, dei consulenti, ma proprio costi vivi del procedimento,
cosa che invece l'opposizione fatta all'interno della procedura di registrazione ha dei costi inferiori, quindi
sicuramente un risparmio, un risparmio anche di tempo, perch si confida che l'opposizione che avvenga in sede
amministrativa possa in qualche modo avere dei tempi o per lo meno dovrebbe avere dei tempi pi rapidi che non il
giudizio ordinario, certo che a questo punto noi ci rivolgiamo, e quindi sottoponiamo la valutazione di un'eventuale
opposizione non a dei magistrati, ma a dei tecnici, li bisogna fare delle valutazioni se c' un interesse o meno del
soggetto a scegliere una strada pi costosa, pi lunga ma portare alla valutazione di un magistrato quelli che sono
appunto le sue motivazioni in relazione alle quali decide di opporsi alla registrazione, quindi sono strade alternative,
e semplicemente andranno fatte delle valutazioni di ordine concreto se conviene una piuttosto che l'altra....
per altro, una volta che registrate il marchio, voi naturalmente pagate dei diritti, delle imposte, delle tasse, sempre
rapportato al valore, nel senso per quali tipologie di prodotti, qual' in realt la tipologia di marchio che voi andate
a registrare e via dicendo, per avete gi dei costi notevoli in fase di registrazione, quindi c' anche da valutare il
fatto che voi rischiate di pagare parecchio per la registrazione e subito dopo vedervi instaurare un'azione per nullit
della registrazione, mancanza di novit, quindi un intesse di entrambe le parti risolvere prima della registrazione
l'eventuale vertenza, l'eventuale discussione, proprio perch ci sono interessi e costi anche in gioco molto alti.
Purtroppo certe volte succede che la parte non particolarmente diligente, non che sta li a guardare il bollettino
ufficiale quindi a vedere se altri imprenditori intendano registrare lo stesso marchio o un marchio simile per prodotti
identici o affini, e quindi poi abbiamo successivamente un'azione giudiziaria...
nella fase prodromica al rilascio dell'attestazione della registrazione del marchio, c' questa fase amministrativa che
in ipotesi, a seconda della valutazione degli interessi e cos via, le parti possono bypassare e ricorrere sempre al
giudice ordinario.)

Effetti della registrazione. Lesame dellufficio italiano brevetti e marchi non verte sul requisito
della novit.
In caso di opposizione lesame potr vertere anche sullesistenza di registrazioni anteriori o
aventi effetto da data anteriore.
Non potr invece mai vertere sullesistenza di un preuso del segno .
Accade infatti che vengano registrati marchi carenti di un requisito di validit.
Questa carenza non sanata dalla registrazione, nonostante la quale chiunque pu far valere la
carenza stessa chiedendo allautorit giudiziaria ordinaria la declaratoria di nullit del marchio.
Il diritto di esclusiva sul marchio conferito dalla registrazione.
Gli effetti di questa tuttavia decorrono dalla data di deposito della domanda.

I diritti medesimi durano 10 anni a decorrere dalla stessa data ma la registrazione pu essere
rinnovata alla scadenza anche pi volte dallo stesso titolare o dal suo avente causa.
I diritti di esclusiva riguardano soltanto i prodotti o servizi indicati nella registrazione.
Questo limite superato nel caso di marchi che godano di rinomanza.
(Quali sono gli effetti della registrazione?
Perch tutto questo finalizzato ad ottenere quel diritto di utilizzo esclusivo del marchio che conseguente alla
registrazione dello stesso.
Da quando decorre, non dal momento in cui viene rilasciato l'attestato, ma dalla data di deposito della domanda di
registrazione del marchio, ha una efficacia di 10 anni.
Quindi per 10 anni io ho il diritto di utilizzo esclusivo del marchio, e per altro un diritto che pu essere anche
rinnovato, ovviamente sempre a fronte di un versamento cospicuo di imposte e tasse, e quindi a questo punto, in
ipotesi il mio diritto potrebbe essere rinnovato all'infinito, ovvero sia fin tanto che io abbia voglia di rinnovare
questo diritto di esclusiva.
Tra l'altro su questo argomento sono intervenute delle modifiche rispetto a quella che era la vecchia legge marchi,
mentre una volta si permetteva al titolare del marchio, quindi a colui che aveva ottenuto una valida registrazione, in
sede di rinnovazione del marchio, si riconosceva la possibilit di ampliare o apportare le modifiche, anche ampliare i
prodotti su cui il marchio poteva essere apposto, ora invece stata abrogata questa disposizione e a questo punto la
rinnovazione pu avvenire solo per il prodotto per cui era stato richiesto inizialmente la registrazione del marchio.
Quindi non c' la possibilit di avere delle modifiche in sede di rinnovazione, cosa che era ammessa in precedenza e
che invece oggi come oggi non pi possibile, io posso rinnovare lo stesso segno per lo stesso prodotto ma non posso
apportare modifiche.
Tra l'altro c' da considerare un'altra cosa in relazione agli effetti dell'attestato di registrazione, che contrariamente
a quello che si potrebbe pensare, la registrazione non va a sanare eventuali vizi che dovessero inficiare il marchio.
L'esame che viene ad essere effettuato dall'ufficio italiano brevetti e marchi un esame che guarda pi che altro a
degli aspetti formali, non va certamente a valutare, ad analizzare uno dei requisiti fondamentali per la validit del
marchio e che tra l'altro costituisce la maggior parte delle ipotesi di invalidit di questo cio la novit, il requisito
della novit, per cui io posso registrare tranquillamente il mio marchio e dopo di che vedermi iniziare una causa da
parte di un altro imprenditore che vanta lo stesso marchio per un prodotto identico o affine e che mi dice: il tuo
marchio manca del requisito della novit, invalido perch io l'ho registrato per primo ed ovviamente a questo
punto si valuta semplicemente la priorit nella registrazione, quindi si valuter la priorit della data di
presentazione della domanda, e a questo punto il giudice valuter quale dei due marchi stato registrato per prima
e quindi quale dei due manca del requisito della novit.
Effettivamente questa una disfunzione del sistema... io spendo dei soldi, pago delle imposte piuttosto salate per
ottenere un diritto di esclusiva per circa 10 anni e poi mi accorgo, anche in totale buona fede, che il marchio gi
stato registrato e il mio marchio non valido.... questo vuol dire innanzitutto che chi provvede alla registrazione del
marchio deve di suo cercare di approfondire e sondare se ci sono altri marchi che gi contraddistinguono magari
determinati prodotti con quel determinato segno.
Ovviamente questo esame pi approfondito maggiori sicurezze da, tenendo presente che per non c' una certezza
a livello assoluto sul fatto che magari non ci siano altri marchi.
Ovviamente il diritto di esclusiva del marchio un diritto che spetta in capo a colui che ha presentato ed ottenuto la
registrazione dello stesso, e solo con il suo consenso, questo diritto pu essere eventualmente trasferito o concesso
ad altri o ceduto ad altri.
E il diritto di esclusiva un diritto all'uso esclusivo del marchio, ha natura REALE, indipendente da qualsiasi
atteggiamento o connotazione di tipo psicologico se in buona fede o mala fede, non rileva tanto l'intento del
soggetto quanto appunto il fatto che il marchio sia registrato o meno.
In ipotesi potremo anche avere una situazione nella quale io in totale mala fede registro il marchio pur sapendo che
magari un altro imprenditore lo utilizza per gli stessi prodotti o per prodotti affini, ma so anche che questo

soggetto, o comunque rischio e questo imprenditore non agisce nei miei confronti e di conseguenza posso anche
tranquillamente non aver nessun tipo di azione che fa dichiarare la nullit del mio marchio.
Quindi per questo dico che ha natura reale, non rileva la buona fede o la mala fede del soggetto, semplicemente il
dato oggettivo, il dato obiettivo che mi attribuisce il diritto di esclusiva la registrazione, ho ottenuto la
registrazione, se l'ho fatto in mala fede perch c' un soggetto che ha gi registrato, saranno a mio carico le spese, le
eventuali conseguenze negative ed un'eventuale azione di nullit del marchio per mancanza del requisito di validit.)

Capitolo 4. Uso del marchio.


Concetto di uso del segno come marchio. I marchi di servizio. Lesatta individuazione delluso
di un marchio rilevante sotto un duplice profilo: in primo luogo in relazione allonere duso che
grava sul titolare a pena di decadenza dal diritto e in secondo luogo perch si avr violazione
di quel diritto quando un terzo usi il segno di cui si tratta come marchio ossia in funzione
distintiva.
La legge menziona due categorie di marchi e precisamente i marchi di prodotto da un lato e i
marchi di servizio dallaltro.
Queste due categorie si differenziano per quanto riguarda luso del segno.
Per i marchi di prodotto luso pi ovvio consiste nellapposizione del marchio sul prodotto o sulla
confezione di esso, e nella successiva immissione sul mercato del prodotto medesimo recante il
segno.
Tuttavia non ogni apposizione di un marchio altrui su un prodotto costituisce uso del segno come
marchio e infatti ci si desume dallart 21 co 1 a) b ) e c) che elenca alcune utilizzazioni del
marchio altrui in funzione descrittiva.
I marchi di servizio invece, se si prescinde dai cd. Marchi di trattamento (la cui inclusione fra i
marchi di servizio opinabile) che possono venir apposti al prodotto oggetto del trattamento,
non hanno il supporto di un prodotto o di una confezione, ed il loro uso sar quindi un uso nella
pubblicit, o sugli abiti delle persone che svolgono il servizio o sugli strumenti adoperati per
prestarlo o sulle cose che costituiscono oggetto del servizio.
Inoltre il marchio di servizio frequentemente usato come ditta o accanto alla medesima e
anche come insegna cosicch in esso la funzione distintiva di provenienza del servizio da una
determinata impresa particolarmente evidente.
Ai marchi di servizio sono stati anche avvicinati i cd. Marchi di raccomandazione o di selezione
ossia i marchi appartenenti a soggetti che li utilizzano per comunicare che determinati di terzi
sono stati da loro selezionati e vengono quindi raccomandati al pubblico.
Gli usi vietati al titolare. Non ogni uso del marchio consentito dalla legge.
Oltre al caso di uso del marchio stesso da parte di un terzo non autorizzato dal titolare che
costituisce violazione del diritto di questi ed atto illecito, lart 21 c. 2 vieta allo stesso titolare
determinate modalit di uso del marchio.
Questa norma infatti non consente di usare il marchio in modo contrario alla legge n in modo
da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di
imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico , in particolare
circa la natura, qualit o provenienza dei prodotti o servizi a causa del modo e del contesto in
cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto di autore, di propriet industriale o si altro
diritto esclusivo di terzi.
La norma citata appare abbastanza singolare in quanto alcuni dei divieti che essa pone sono gi
impliciti in altre norme.
Potrebbe quindi sembrare che la norma sia parzialmente superflua.
Tuttavia essa vale a configurare i comportamenti vietati come fattispecie contro le quali i terzi
possano agire per ottenere la cessazione con unazione di concorrenza sleale.

Inoltre vale per dar luogo a sanzioni ulteriori rispetto a quelle gi previste per i comportamenti
in questione ed in particolare per dar luogo alla sanzione del risarcimento del danno.
Infine va sottolineata limportanza del divieto contenuto nellart 21 co 2 di usare il marchio in
modo da indurre comunque in inganno il pubblico in particolare circa la natura, qualit o
provenienza dei prodotti o servizi a causa del modo o del contesto in cui viene utilizzato.
Un divieto che integrandosi con altre norme da luogo a quello statuto di non decettivit del
marchio.
Marchi di fabbrica e di commercio,generali e speciali.
A seconda che il titolare del marchio ne faccia uso per contraddistinguere prodotti che egli
stesso ha fabbricato o prodotti fabbricati da terzi, ci troveremo di fronte ad un marchio di
fabbrica o a un marchio di commercio.
La distinzione non ha in realt un grande rilievo dato che ad essa si riferisce soltanto lart 20 co
3 che consente al commerciante di apporre il proprio marchio sulle merci che mette in vendita
ma gli vieta di sopprimere quelli degli imprenditori dai quali ha acquistato la merce.
Un ulteriore distinzione tra marchi che si deriva dalle modalit
Duso di essi, quella fra marchi speciali e marchi generali.
Il marchio speciale quello usato dal titolare per contraddistinguere uno specifico prodotto
(cornetto o magnum) e il marchio generale quello usato , di solito accanto allo speciale, per
una pluralit, spesso per tutti i prodotti anche eterogenei del titolare (algida).
Capitolo 5. Violazione e tutela del diritto.
Lezione. (Io ho il diritto di esclusiva di utilizzare quel segno appunto per quei determinati
prodotti per i quali io ho chiesto la registrazione del marchio al fine di evitare che ci sia
confusione in relazione all'origine, alla provenienza del prodotto o del servizio.
Quindi, si va al di la di quella che considerata la mera confondibilit, cio il mero requisito
della confusione, il giudice dovr valutare appunto se ci pu essere confusione in relazione
all'origine del prodotto, cio in relazione alla provenienza del prodotto.
Naturalmente questa valutazione in relazione alla eventuale confusione sulla provenienza del
prodotto fa si che ovviamente debba essere valutata l'identit o la somiglianza dei segni, quindi
per valutare se il mio diritto di esclusiva stato leso da un marchio simile ci dovr essere una
valutazione sulla identit o somiglianza dei segni, e poi l'altro aspetto di cui abbiamo sempre
accennato, l'identit o l'affinit del prodotto o del servizio su cui questi segni vengono apposti.
L'articolo 20 CPI cos come modificato dal d lgs 131 del 2010 ha poi inserito una fattispecie
specifica che quella della identit del segno e del prodotto che automaticamente prescinde
dalla valutazione dell'eventuale confondibilit o confusione, per meglio dire, e se si tratta di
segni identici su prodotti identici automaticamente il giudizio non potr che essere di
accoglimento della domanda e di accertamento della nullit del marchio perch mancante del
requisito della novit.
Ma la di fuori di questa ipotesi di segno identico e prodotto identico dobbiamo valutare quali
sono effettivamente le fattispecie le quali si realizza il rischio confusione sulla provenienza del
prodotto o del servizio.
Innanzitutto, per quanto riguarda proprio il segno e quindi l'identit o la somiglianza tra i segni,
noi dobbiamo tenere presente una cosa, se chiaro che poi va in concreto valutato di volta in
volta, caso per caso specifico e questo lo far il giudice.

Per ci sono dei parametri, dei criteri che possono essere tenuti sempre presenti proprio per
operare questo confronto tra segni identici o simili, innanzitutto bisogna vedere quello che il
mercato, quindi chi sono i consumatori ai quali il prodotto si rivolge, perch ovviamente a
seconda della tipologia del consumatore a cui destinato quel determinato prodotti ci potranno
essere dei giudizi diversi.
Se il prodotto ha determinate caratteristiche specifiche e magari un prodotto particolarmente
costoso destinato a consumatori qualificati, chiaro che siccome questi consumatori sono
consumatori qualificati che hanno una certa esperienza, proprio perch si trovano in un mercato
particolare, ovvio ed evidente che si andr a verificare con maggior rigore se il segno identico
o no, perch si presuppone che il consumatore qualificato abbia ben presente quali sono i segni
che vanno a comporre il marchio di cui si discute se sia stato imitato o meno, quindi se siamo di
fronte ad un mercato specifico dove il prodotto particolarmente costoso, dove il consumatore
cui destinato il prodotto particolarmente qualificato, interessato, la valutazione verr fatta
con metodo pi rigoroso e quindi bisogner effettivamente valutare quali sono gli estremi dei
segni che vengono considerati identici o meno.
Se invece siamo di fronte ad un prodotto che destinato al consumatore medio, cio a quello
che sostanzialmente il mercato normale di qualsiasi tipo di prodotto chiaro che li dobbiamo
fare un altro tipo di valutazione perch ovviamente il consumatore sar tratto in inganno in
relazione sempre alla provenienza del prodotto basandosi su un'immagine del marchio che ha nel
proprio ricordo....
Quando io vado a fare un'azione, io che sono l'imprenditore che ho ovviamente registrato per
primo il marchio, facciamo il marchio della Mulino Bianco, che un marchio (ammettiamo non
sia famoso...), vado a registrare il mio marchio per quel determinato tipo di prodotto, a questo
punto, io potr agire nei confronti di un altro imprenditore che registri lo stesso segno, quindi
segno identico o simile, ma nel giudizio che dovr essere effettuato dal giudice, si dovr tener
conto che il consumatore medio in realt aveva il ricordo del Mulino, quindi anche se il secondo
marchio non effettivamente identico, perch se messi a confronto l'uno con l'altro ci sono delle
differenze, tuttavia potr essere comunque dichiarato invalido perch mancante del requisito
della novit proprio perch il ricordo che il consumatore medio aveva non era esattamente il
mulino cos come disegnato sulle confezioni ma aveva il ricordo di un mulino, quindi che ci sia la
pala pi grande o la ruota pi piccola, o l'alberello o la casetta o il paesaggio piuttosto che
soltanto il mulino a questo punto non rileva, perch il confronto viene fatto tra quello che pu
essere il ricordo nella memoria del consumatore medio rispetto al simbolo, al segno che viene
apposto sul prodotto da parte dell'imprenditore che per secondo utilizza lo stesso marchio.
Bisogna verificare di volta in volta in che fattispecie siamo, ovvero sia se il segno apposto su
un determinato tipo di prodotto con un determinato mercato dove ovviamente essendo il
prodotto costoso, abbiamo un consumatore particolarmente qualificato, chiaro che il giudizio
di identit deve essere molto rigoroso, perch ci rivolgiamo a persone che hanno una certa
capacit, proprio perch conoscono il prodotto, hanno una certa capacit per non essere tratti
in inganno sulla provenienza del prodotto.
Se invece siamo di fronte a marchi che vengono apposti su prodotti normali, di diffusione
ordinaria, un mercato che non ha particolari caratteristiche chiaro che la valutazione viene
fatta sulla base del consumatore medio e nello specifico poi non vado a confrontare esattamente
i due segni, perch devo tener presente che il segno di cui io chiedo tutela, viene rappresentato
nel consumatore nel proprio ricordo, e quindi avr naturalmente una valutazione pi ampia di
quelli che sono gli eventuali indici di identit o di somiglianza dei due segni.

Poi ovviamente devo anche valutare, sempre nel giudizio se i segni sono identici o simili, dovr
anche valutare che tipo di marchio io ho di fronte, quindi se dal punto di vista grafico, dal
punto di vista fonetico, cio devo valutare tutti quelli che sono i vari elementi che vanno a
comporre il marchio.
E tra l'altro quando noi parliamo di imitazione del marchio, cio del segno, noi sostanzialmente
ci riferiamo all'ipotesi della contraffazione, nel senso che se io vado a creare un marchio
identico, o simile, chiaro che appunto il giudizio che verr operato dal giudice porter alla
dichiarazione se il marchio stato contaffatto o meno, ovvio ed evidente che potrebbe esserci
anche l'ipotesi, anche se molto particolare, di colui che e questo accade sopratutto per i marchi
di fantasia (aeroplano per le scarpe).
Ammettiamo che fatto il simbolo dell'aeroplano con la scritta aeroplano, magari l'aeroplano di
quelli vecchio modello, di conseguenza un segno abbastanza di fantasia, che difficilmente
potr essere imitato, in buona fede, cio difficilmente un altro soggetto avr la mia stessa idea,
far disegnare l'aeroplano vecchia maniera per contraddistinguere il prodotto scarpe, di
conseguenza, proprio perch si va a vedere i segni nel loro complesso che compongono il
marchio, a questo punto chiaro che nel caso specifico ci sar stata una contraffazione, cio
una imitazione del marchio e li ovviamente vado a valutare quelli che sono i degni identici o
simili al marchio che io ho registrato.
Quindi, prima cosa, quando un marchio identico o simile ad un altro marchio ovviamente
manca del requisito della novit, e quindi un marchio nullo perch manca di uno dei requisiti
essenziali per la registrazione.
Ma al di la di questa ipotesi, ci sono le ipotesi nelle quali invece l'identit o la somiglianza del
marchio determinata dalla volont del soggetto, del secondo imprenditore, e quindi parliamo
di contraffazione, ovvero sia di quell'ipotesi nella quale io ho pi o meno banalmente imitato
quel determinato marchio, quel determinato segno.
Nella valutazione di comparazione per accertare se il marchio stato contraffatto oppure no
devo valutare ovviamente il marchio nell'insieme, non che vado a fare l'analisi, vado a
verificare esattamente l'ala dell'aeroplano piuttosto che l'elica e via dicendo... valuter il
marchio nel suo insieme e cercher di trarre quelli che sono gli elementi che maggiormente
vengono recepiti dal pubblico, vado quindi a valutare quelli che sono gli aspetti pi rilevanti e
che vengono pi facilmente percepiti dall'esterno.
Nell'ipotesi del Mulino bianco non che vado a valutare magari le dimensioni della casetta o di
quello che sta vicino alla casetta ma vado a valutare nel suo insieme se c' una identit o
somiglianza con il marchio che ho registrato.
Ovviamente pi il marchio ha capacit distintiva, maggior fantasia c' stata nell'elaborazione del
segno registrato come marchio, pi naturalmente possibilit di tutela avr, perch ovviamente
mi sar facile dimostrare che quel marchio che aveva quella forte capacit distintiva e quindi
stato imitato in alcune sue parti tanto da poter ingenerare confusione nel consumatore circa la
provenienza del prodotto.
Talvolta proprio per evitare che poi, se io immagino che il marchio che vado a registrare avr un
successo perch ho l'obiettivo e la prospettiva che il mio prodotto abbia particolare successo e
che quindi anche il marchio che io ho apposto abbia particolare successo, proprio per evitare di
trovarmi a dover contrastare ed iniziare magari delle azioni nei confronti di altri soggetti che
imitano il mio stesso marchio, posso chiedere anche la registrazione dei cd marchi protettivi,
cio di quei segni che possono appunto costituire una evoluzione, una stigmatizzazione del
disegno che io vado a registrare come marchio...

I marchi protettivi sono semplicemente quelle evoluzione del disegno, del marchio che io vado a
registrare, quelle stigmatizzazioni del marchio che potrebbero facilmente essere oggetto di altri
marchi e quindi per evitare di dover io fare delle azioni nei confronti di questi imprenditori che
eventualmente utilizzassero questi marchi, mi garantisco andando a registrare questi marchi
protettivi.
Marchi protettivi che vanno a derogare a quel principio di decadenza del marchio per non uso.
Tra le cause di decadenza dal diritto di esclusiva del marchio c' anche il non uso del marchio,
quindi in questo caso c' una apposita deroga in base all'articolo 24.4 CPI, che riconosce la
validit di questi marchi anche se appunto non vengono utilizzati.
Il marchio protettivo per, sottoposto per alla condizione che il titolare usi effettivamente il
marchio principale per cui si sono poi creati i cd marchi protettivi.
Esempio: io ho registrato il mio marchio aeroplano per le scarpe ho poi registrato dei marchi
protettivi in cui il disegno dell'aeroplano ha subito delle variazioni, per tutelarmi, non occorre
che io utilizzi questi marchi, perch non decado, ma io devo comunque, di fronte alle varie
azioni, di aver continuato sempre ad utilizzare il marchio aeroplano sul prodotto per cui lo
avevo registrato.Quindi i marchi protettivi non necessitano di un uso concreto, sempre che il
titolare utilizzi il marchio principale appunto da cui sono nati poi i marchi protettivi.
Parliamo di marchio protettivo, quindi di segni che vanno a tutelare il marchio in se e per se.
Noi parliamo sempre di segni identici o simili, che devono essere apposti su prodotti identici o
affini, quindi, se adesso abbiamo trattato della identit o somiglianza del segno, prendiamo in
considerazione l'altro requisito, l'identita' o l'affinita del prodotto o del servizio.
Perch chiaro ed evidente a tutti che se il marchio aeroplano che io registro, chiedo la
registrazione per il prodotto scarpe, e quindi un marchio che non diventa notorio questo
marchio, parliamo di marchi ordinari, non notori, se questo marchio che io ho registrato per le
scarpe viene poi utilizzato, anche se simile nel disegno, ma viene utilizzato per gli occhiali, per
contraddistinguere il prodotto occhiali, nessuno mai si penserebbe di dire che c' una confusione
in relazione alla provenienza del prodotto, perch sono due settori diversi.
Ammettiamo che io il marchio aeroplano lo abbia utilizzato per le scarpe e il marchio aeroplano
venga utilizzato ad esempio per lenti per telescopi o cose di questo tipo, nessuno mai
penserebbe ad una provenienza comune di questi due prodotti, quindi certamente l'identit o
l'affinit del prodotto un altro elemento fondamentale per capire se c' o meno confusione e
se quindi siamo nell'eventuale ipotesi di contraffazione o della mancanza del requisito della
novit.
Sull'identita' del prodotto non ci sono problemi, i prodotti o sono identici o non lo sono... i
problemi maggiori li abbiamo sul concetto di affinita', perch io vi ho accennato al fatto che
esiste un accordo internazionale che ha sostanzialmente individuato delle classi merceologiche,
una suddivisione dei prodotti in classi merceologiche, ma c' ovviamente da dire che questa
suddivisione in tipologie e classi merceologiche ha una rilevanza dal punto di vista
amministrativo e sopratutto dal punto di vista fiscale.
Si avuta la necessit di suddividere appunto i prodotti in classe perch a seconda della
tipologia vi sono delle diverse imposte doganali, e quindi i prodotti vengono trattati in modo
diverso, se poi si tratta di prodotti che vengono utilizzati in modo generale piuttosto che
prodotti particolari e via dicendo...

Quindi questa suddivisione pu aiutare ma non assolutamente sufficiente perch la finalit per
cui stata creata questa suddivisione diversa.
Inoltre non possiamo pensare di inquadrare tutti i vari possibili prodotti o servizi in 46 tipologie
di beni merceologici, anche perch con la continua evoluzione di tutto quello che viene
prodotto, pensate solo dal punto di vista tecnologico, chiaro che non possiamo limitare a 46
categorie...
Ecco che allora si trattava di trovare dei criteri, dei principi per valutare questo concetto di
affinit, quindi quando due prodotti potevano essere considerati identici.
Su questo si dibattuta a lungo la giurisprudenza e anche la dottrina.
Si cercato da tutta quella che stata l'evoluzione giurisprudenziale si arrivati a considerare
l'affinit come quel principio che trova realizzazione quando noi abbiamo prodotti che per loro
intrinseca natura, per il fatto di essere destinati alla stessa clientela, quindi agli stessi
consumatori, e perch soddisfano gli stessi bisogni, sono appunto ricollegabili al prodotto per cui
stato rappresentato, per cui stato registrato per primo il marchio.
Quindi, con questa definizione del concetto di affinit, noi possiamo avere sia un'interpretazione
estremamente restrittiva, ma possiamo dare alle varie fattispecie anche un'interpretazione
estremamente ampia, cio non vado a, e questa stata la critica all'orientamento della
giurisprudenza, non vado a delimitare in modo preciso, in modo oggettivo, perch se io devo
valutare l'intrinseca natura e sopratutto il soddisfacimento degli stessi bisogni e la valutazione
dello stesso mercato che vado ad interessare, non ho ancora degli elementi oggettivi che mi
permettono di dire che questo prodotto affine e questo non affine.
Ecco perch ovviamente la dottrina pi attenta ha cercato di individuare altri criteri che oltre
ovviamente a questi che abbiamo indicato potessero per essere d'aiuto per dire se un prodotto
affine o meno.
Naturalmente la dottrina pi attenta, Vanzetti e Di cataldo, che costituiscono la dottrina
autorevole, e sono spesso portatori di principi innovatori che poi sono stati seguiti anche dalla
giurisprudenza.
La dottrina quindi ha cercato di studiare ed andare ad indicare altri elementi che si
affiancassero a questi, quindi non che hanno negato la validit dei principi in tema di affinit
enunciati dalla giurisprudenza, ma semplicemente hanno detto che questi non sono sufficienti e
ci vogliono altri elementi.
L'altro elemento fondamentale quello che deve essere valutata la funzione di indicazione di
origine del marchio, e se questo il principio costante che deve essere tenuto presente io dovr
valutare appunto se ragionevolmente il marchio che ritengo possa essere apposto su prodotto
affine o meno fa pensare al consumatore che anche quel bene proviene dallo stesso
imprenditore.
E questo ci porta a concludere che anche se prodotti possono appartenere a categorie
merceologiche diverse, tuttavia possono essere considerati affini, cos come prodotti che
appartengono alla stessa categoria merceologica cos come ci deriva dall'accordo internazionale,
pur appartenendo alla stessa categoria non sono prodotti affini.
Proprio perch oltre al discorso della natura intrinseca, dello soddisfacimento degli stessi
bisogni, dello stesso mercato, bisogna tenere presente anche l'altro elemento fondamentale che

caratterizza il marchio, cio la sua funzione di provenienza, di origine di quel prodotto da quel
determinato imprenditore.

Esempio: settore dell'abbigliamento, e i gioielli. I gioielli in se per se, l'oreficeria, una


categoria merceologica ben diversa dal settore abbigliamento, tuttavia, proprio perch nella
valutazione della funzione dell'origine di quel prodotto il consumatore potrebbe essere portato
a pensare che un determinato gioiello se ha un marchio simile o identico, al marchio che
contraddistingue un determinato prodotto abbigliamento, ad esempio vestiti da donna, chiaro
che potrebbe ingenerarsi questa confusione in relazione alla provenienza e far pensare che lo
stesso imprenditore fa anche i gioielli.(lascia stare il marchio notorio, ha un disciplina diversa)
Per capire il concetto di affinit, appunto va valutato quindi non tanto l'appartenenza alla
categoria merceologica, ma il fatto che la funzione del marchio quella di individuare l'origine,
di individuare la provenienza di quel prodotto da quell'imprenditore e che quindi nella
valutazione che si deve fare, oltre agli elementi di cui abbiamo gi detto e che sono i criteri
utilizzati dalla giurisprudenza si pu considerare anche quella che potrebbe essere la
valutazione, ragionevolmente ritenere che il consumatore possa effettivamente pensare che
quel determinato prodotto provenga dall'imprenditore che ha contraddistinto con il proprio
marchio anche del tutto diverso come potrebbe essere il settore gioielli o abbigliamento, oppure
ad esempio nel campo della ristorazione, voi sapete che c' tutta una gamma di soluzioni
proposte nel settore della ristorazione, c' dal locale in cui vengono offerti prodotti take away,
alla tavola calda, al ristorante classico come noi tutti lo intendiamo, oppure alla pizzeria o a
determinate tipologie di luoghi dove si fanno solo le crepes, o anche l'enoteca dove oltre alla
degustazione del vino abbiamo magari anche la possibilit di mangiare qualcosa.... quindi in
tutte queste varianti, ad esempio se il ristorante inteso ristorante classico, ha un determinato
marchio, che va a costituire anche l'insegna, quindi a contraddistinguere i locali, e nel ristorante
classico io ho semplicemente la preparazione, quindi la confezione nel senso di cucinare ed
offrire il pasto al cliente.
Cosa ben diversa anche a livello amministrativo di licenze e via dicendo, se io vendo degli
alimenti che possono essere poi mangiati.
Quindi queste due tipologie di attivit, certamente diverse, appartenenti anche a categorie
merceologiche diverse, tuttavia possono essere considerati affini, perch se io trovo fuori dal
ristorante un determinato simbolo, e poi fuori dal negozio che vende prodotti confezionati per
essere portati via trovo un marchio simile o identico, effettivamente mi pu venire il sospetto
che magari il ristorante abbia confezionato quei prodotti...
A volte capita, ma li palese, spesso c' il negozio che produce un determinato prodotto e che
fa anche consumare, per esempio le macellerie o le pescherie, dove il prodotto viene venduto
ma se uno lo desidera lo pu consumare nello stesso luogo...
Oppure il ristorante famoso che con il proprio marchio e la propria etichetta contraddistingue
determinati prodotti. chiaro che li non siamo in questa ipotesi!
Per se invece non c' questo palese messaggio al pubblico dove tu stai consumando il prodotto
che io anche vendo, ma come vi dicevo sono due locali diversi, due attivit diverse, ovviamente
il fatto che vi sia un marchio simile o identico che contraddistingue questi due prodotti,
potrebbe appunto ragionevolmente far pensare e quindi creare confusione sulla provenienza di
quel determinato prodotto, ecco quindi che entrano in gioco le norme a tutela ovviamente
dell'imprenditore che per primo ha registrato il marchio e che quindi pu agire a tutela del

proprio segno perch l'attivit affine alla propria e quindi si pu generare confusione nei
consumatori.
Anche per quanto riguarda l'affinit del prodotto, ci sono delle cd liste di protezione, cio noi
da un lato abbiamo visto che ci sono i marchi protettivi, io vado a registrare dei segni simili al
segno che ho registrato, che utilizzer come marchio principale, proprio perch voglio avere
maggiori garanzie, non voglio avere problemi.
Le liste di protezione semplicemente vanno a registrare lo stesso marchio per attivit affini,
quindi siamo sull'altro lato.... per purtroppo, e questa una carenza, ovvero una volont del
legislatore che evidentemente ha valutato in modo diverso gli interessi, mentre il marchio
protettivo tutelato e quindi pu essere validamente registrato anche se non viene
concretamente utilizzato, per quanto riguarda invece le liste di difesa o di protezione relative ai
prodotti o servizi diversi, quindi affini, questi non sono tutelati e l'articolo 27 CPI, afferma la
decadenza parziale del diritto di marchio in relazione a quei prodotti o servizi per i quali stato
registrato ma non stato utilizzato.
L'articolo 27 CPI dichiara la decadenza parziale del marchio per quei prodotti che sono stati
considerati affini e che rientravano nella cd lista di protezione o di difesa, perch appunto non
stato utilizzato il marchio per quel prodotto, quindi rimane ovviamente valido ed efficacie per il
prodotto per cui stato registrato ma non per i prodotti affini.

Identit o affinit dei prodotti o servizi. importante la fattispecie della affinit, proprio
perch si tratta del discorso delle categorie merceologiche, che in realt non soddisfano, proprio
perch sono state create solo per quanto riguarda il discorso amministrativo fiscale, ed invece si
cercato di enucleare questo concetto di affinit, la giurisprudenza ha proposto una
determinata tesi, ovvero sia quando effettivamente il prodotto o il servizio ha un'identit
intrinseca, quando ovviamente c' il soddisfacimento degli stessi bisogni e ci si rivolge alla stessa
clientela. Abbiamo anche visto che la dottrina pi attenta, danno rilievo alla funzione di
provenienza del marchio e quindi ritengono si sufficienti e comunque elementi validi quelli
indicati dalla giurisprudenza, aggiungendo per, proprio perch si tratta di individuare la fonte
di provenienza, bisogna porsi nell'ottica di considerare quello che ragionevolmente il
consumatore potrebbe ritenere circa la provenienza di quel prodotto, ed ecco che se accettiamo
questo concetto di affinit, ovviamente estendiamo il campo, perch prodotti che appartengono
a categorie merceologiche diverse, potrebbero comunque essere ritenuti affini proprio perch
ragionevolmente il consumatore potrebbe ritenere che provengano dallo stesso imprenditore.
Esempio: gioielli e prodotti di abbigliamento, che pur appartenendo a categorie merceologiche
diverse tuttavia possono ragionevolmente far pensare il consumatore, se il segno identico o
simile, apposto su questi prodotti affini, pu far ritenere che provengano da quel determinato
imprenditore.
Quindi abbiamo concluso focalizzando quello che il concetto di affinit.
Le liste di protezione dei prodotti, non dei segni, ma dei prodotti, che hanno una tutela
inferiore rispetto alla tutela del marchio in se, cio del segno in se.
Abbiamo detto, il marchio come segno si pu anche registrare per proteggere il vero marchio,
ovvero sia una alterazione una schematizzazione del marchio pu costituire a sua volta oggetto
di registrazione e proprio per tutelare il marchio principale, senza che questo comporti
decadenza, perch il principio che il marchio valido sempre che una volta registrato io usi
concretamente il marchio.

Il marchio di protezione, quindi il segno alterato rispetto al marchio principale, che viene
registrato solo ai fini di una protezione del marchio principale, mantiene la sua validit anche se
non viene utilizzato concretamente, purche l'imprenditore titolare del marchio usi
effettivamente il marchio principale sui propri prodotti, e questa la tutela del segno, del
marchio.
Poi c' invece la tutela del prodotto, sempre marchio apposto sui prodotti, non posso in questo
caso depositare quelle che vengono definite le liste di protezione, perch in questo caso io
andrei a registrare un marchio per dei prodotti che concretamente poi non commercializzerei e
quindi in questo caso si ritiene che le liste di protezione, per quanto riguarda sopratutto
l'aspetto dell'affinit, non sono considerate valide e in questo caso si decade se appunto non si
utilizza esattamente quel marchio per quel prodotto.

marchio che gode di rinomanza. Tutto quello che abbiamo visto per i marchi ordinari: identit
del segno o somiglianza del segno si prodotto identico o prodotto affine viene ad essere derogato
quando si tratta di marchio che gode di rinomanza.
Mentre pu essere abbastanza semplice individuare il cd marchio celebre, il marchio famoso,
perch noi tutti conosciamo determinati marchi, tuttavia questa tutela che deroga alle regole
generali viene riconosciuta anche al cd marchio che gode di rinomanza, quindi prima di tutto si
tratta di vedere quand' che un marchio dotato di rinomanza.
Siccome difficile in concreto andare a dare una definizione di rinomanza, la giurisprudenza ha
cercato di considerare marchi noti, il titolare del marchio che gode rinomanza pu ottenere una
tutela assoluta e maggiore se riesce a dimostrare il vantaggio che il concorrente, cio l'altro
imprenditore ha, utilizzando una marchio simile o identico al proprio per prodotti affini.
La tutela riconosciuta al marchio che gode di rinomanza una tutela maggiore, una tutela
quasi assoluta, tanto vero che il diritto di esclusiva del marchio che gode di rinomanza si attua
anche nei confronti di imprenditori che hanno utilizzato quel marchio simile o identico per
prodotti anche totalmente diversi, cio addirittura non si fa pi riferimento ne all'identit ne al
concetto di affinit, ma anche un prodotto totalmente diverso da quello per cui il marchio che
gode di rinomanza stato registrato, permette al titolare del marchio che per primo ha
effettuato la registrazione, di ottenere tutela.
Esempio: il marchio aeroplano per le scarpe e per le lenti di telescopio... dove ovviamente
trattandosi di prodotti totalmente diversi non si pu neanche fare un discorso di affinit, non vi
sarebbe alcun dubbio! Tuttavia se il marchio aeroplano si dimostra avere una certa rinomanza,
e per rinomanza si intende il vantaggio che l'utilizzo di quel marchio apporta a chi lo applica ai
propri prodotti, a questo punto il titolare pu agire nei confronti dell'altro imprenditore, anche
se non stiamo discutendo di affinit di prodotto ma se il prodotto totalmente diverso.
Se il marchio Chanel lo metto anche su un determinato prodotto totalmente diverso dal
profumo, ad esempio, le lenti da telescopio, si potrebbe far ritenere che la Chanel le produca...
La deroga giustificata dal fatto che si riconosce al marchio che gode di rinomanza una certa
qualit, una certa garanzia di qualit del prodotto, quindi si potrebbe ritenere che la Chanel si
specializzata nel fare lenti e che quindi il prodotto altamente qualificato.
Ovviamente, siccome quando parliamo di marchi noti facile, quando parliamo di marchi che
godono di rinomanza pu essere pi difficile individuarli, tuttavia, se si riesce a dimostrare che
il proprio marchio un marchio che gode di rinomanza, e l'onere della prova si concretizza nel

dimostrare, da parte del titolare del marchio che certamente c' stato un vantaggio a favore
dell'imprenditore che ha utilizzato quel marchio anche per prodotti totalmente diversi, e la
prova pu essere ulteriormente avvalorata anche dal pregiudizio che lo stesso imprenditore ha
subito a seguito del fatto che un altro imprenditore abbia utilizzato il proprio marchio o un
marchio simile per un prodotto anche totalmente diverso.
Quindi se la legislazione ordinaria si limita a tutelare il marchio registrato, anzi, incentiva la
registrazione del marchio perch attribuisce al suo titolare un diritto esclusivo di utilizzo e per
ovviamente limita la tutela alla identit o somiglianza del marchio per prodotto identico o
affine, quando si tratta di marchio invece che via via nel tempo gode di rinomanza, quindi ha
assunto una certa notoriet, allora a questo punto la tutela completa e quindi il titolare del
marchio che gode di rinomanza pu agire anche nei confronti dell'imprenditore che ha utilizzato
un marchio identico o simile per un prodotto totalmente diverso e potr porre in essere non solo
l'azione giudiziaria ma anche dei procedimenti cautelari che ovviamente vanno a tutelare la sua
posizione.
Quindi c' sempre la possibilit per l'imprenditore di dimostrare, anche se non sono famosissimo
come Chanel, che il marchio che ho registrato ha assunto una certa notoriet, anche attraverso
quello che pu essere il pregiudizio (di tipo economico) che vado a subire, oppure il vantaggio, e
quindi il particolare sviluppo che quel prodotto ha, se riesco a dimostrare che ha sfruttato il mio
marchio, il mio segno.
Sfruttato dal punto di vista della pubblicit della rinomanza.
Una volta che iniziate a confrontarvi con il contenuto del diritto di esclusiva all'uso del marchio,
dovete prendere come fonte principale sopratutto l'articolo 20 CPI, il quale appunto ci dice
quando il titolare del marchio pu vietare a terzi, l'utilizzo di quel determinato segno.
Ci da anche, sempre l'articolo 20, la definizione di quello che in genere il testo legislativo indica
come uso del marchio, ma che poi va a specificare cosa si intende per uso del marchio.
Uso del marchio si intende sia l'immissione sul mercato di prodotti che portano quel determinato
marchio:
Art. 20. Diritti conferiti dalla registrazione 1. I diritti del titolare del marchio d'impresa
registrato consistono nella facolta' di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di
vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attivit economica:
a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso stato
registrato;
b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a
causa dell'identita' o somiglianza fra i segni e dell'identita' o affinita' fra i prodotti o servizi,
possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un
rischio di associazione fra i due segni;
c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il
marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo
consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del
marchio o reca pregiudizio agli stessi.
2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio pu in particolare vietare ai terzi di
apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in
commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal

segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno
nella corrispondenza commerciale e nella pubblicit.
3. Il commerciante pu apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non pu
sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le
merci.

Anche solo il semplice fatto di offrire considerato uso del marchio, l'importazione e
l'esportazione del prodotto stesso, e naturalmente l'utilizzazione del segno ai fini della
pubblicit.
Quindi voi nell'articolo 20 CPI trovate la nozione di uso del marchio, cosa si intende per uso del
marchio.
Tra l'altro, questo discorso vale sia per il prodotto che per il servizio. Il prodotto lo consideriamo
come l'oggetto che viene ad essere creato, il frutto dell'attivit dell'imprenditore, dell'impresa ci
da il prodotto vero e proprio, mentre quando parliamo di servizi ovviamente ci riferiamo ad
un'attivit che non pu essere estrinsecata in un determinato oggetto, quindi un servizio.
Tipico il servizio assicurativo, piuttosto che il servizio bancario, piuttosto che il servizio delle
telecomunicazioni, piuttosto che il servizio ferroviario e via dicendo.
Tutti questi sono dei servizi che possono essere contraddistinti da un determinato segno,
indicando quindi la provenienza di quella determinata azienda che fornisce quel determinato
servizio e ovviamente, hanno pi che altro nel caso dei servizi, il marchio ha pi che altro una
funzione di pubblicit, perch quando noi vediamo il simbolo delle ferrovie, di trenitalia,
chiaro che facciamo riferimento ad un'azienda ma sopratutto al fatto che viene pubblicizzato
quel servizio proveniente da un insieme di persone che operano per produrre quel determinato
servizio.
Mentre invece quando noi parliamo di un prodotto di un determinato oggetto concreto, noi
sappiamo che il punto di riferimento l'azienda da cui viene elaborato quel determinato tipo di
prodotto e quindi nel marchio apposto sul prodotto, sul bene, chiaro che forse maggiore la
funzione del marchio come capacit distintiva, come provenienza del marchio da quella
determinata impresa rispetto al marchio di servizio che ha una funzione di pubblicit, anche se
viene considerato sempre come marchio, quindi segno che contraddistingue il servizio fornito da
quella determinata impresa e ha esattamente la stessa tutela del marchio apposto sul prodotto.
Quando io dico importazione o esportazione dei prodotti stessi, io che ho registrato il marchio
posso importare o esportare i prodotti stessi, se poi io titolare del marchio vengo a conoscenza
che vi un altro imprenditore che ha importato nel Paese dove io ho registrato (la registrazione
ha efficacia su tutto il territorio nazionale), parliamo sempre di marchio ordinario, lasciamo
stare il marchio comunitario... nel momento in cui un altro soggetto importa nel mio Paese un
prodotto identico o affine con un marchio identico o simile posso automaticamente reagire nei
confronti di questo soggetto perch effettivamente egli sta utilizzando il marchio ai sensi
dell'articolo 20.2 CPI in modo illegittimo dal momento che io sola avevo il diritto, avendo
registrato, di utilizzare in via esclusiva il simbolo, il marchio.
Tuttavia per ci sono anche i cd usi atipici del marchio. Ovvero sia, la finalit posta dal divieto
di utilizzare il marchio identico o simile per prodotti identici o affini, quella di evitare che
possa esserci confusione circa la funzione distintiva, quindi circa la provenienza di quel
determinato prodotto, quando per il segno identico o simile viene utilizzato non con questa

finalit di funzione distintiva, quindi si fa un uso atipico del marchio, allora il nostro legislatore
ci dice che questo uso atipico da parte di terzi pu essere lecito.
Quand' che questo uso del marchio altrui pu essere lecito?
Ad esempio l'articolo 21 CPI, parla dell'utilizzo del marchio altrui in funzione descrittiva.
Io posso effettivamente utilizzare un segno, un marchio che registrato come marchio altrui, se
l'utilizzo che io faccio di quel segno ha una finalit descrittiva.
Ovviamente dovete pensare a due ipotesi, che sono diverse e che vi spiegano anche la ratio di
questa disposizione, se noi abbiamo un segno distintivo, un marchio, che consta di una parola
che effettivamente descrive il prodotto, ad esempio latte un marchio descrittivo, marchio
debole perch va ad identificarsi con il prodotto.
Nel momento in cui io vado a registrare un marchio latte sole, chiaro che io ho un marchio
che composto da un termine che descrive il prodotto e da un altro nome che invece di
fantasia.
Quindi in questo caso ho un nome, ho quello che si chiama un marchio complesso.
Se il marchio complesso, a questo punto l'utilizzo di quella parte del marchio che ha funzione
descrittiva, ovvero sia il termine latte, potr essere utilizzato anche da un altro imprenditore se
semplicemente vuole dare a quel prodotto con quell'indicazione, semplicemente una funzione
descrittiva.
Ci metto latte Granarolo... in questo caso anche se il segno, la parola che descrive il prodotto
stata utilizzata da altro imprenditore posso utilizzarla anche io senza che questo comporti
nessun tipo di violazione delle norme.
Il problema si pone quando in realt non abbiamo un marchio complesso, ma abbiamo un
marchio che costituito dalla descrizione del prodotto, ecco che allora li si che ci possono
essere dei problemi perch ovviamente se in ipotesi si potesse utilizzare solo il marchio latte,
andrei a creare della confusione nei consumatori.
Quindi, quando si tratta del marchio descrittivo, singolo, non complesso, in questo caso vale la
disposizione dell'articolo 13 CPI ed ovviamente ci deve essere una differenziazione in modo da
non creare confusione nei consumatori.
La disposizione dell'articolo 21 de CPI quindi fa riferimento all'ipotesi in cui il marchio sia
complesso e contenga anche all'interno della propria simbologia un termine che abbia una
funzione di descrizione.
L'altro utilizzo atipico che si fa del marchio utilizzare il proprio nome e indirizzo quando il
nome e l'indirizzo magari consistono in un marchio registrato da un altro imprenditore.
Se io ho utilizzato il nome rossi come parola per contraddistinguere il mio marchio, chiaro che
poi il signor Rossi potr utilizzare legittimamente il proprio nome o indirizzo, senza che questo
comporti nessuna contraffazione di marchio o via dicendo, anche se ovviamente posso creare
una certa confondibilit, perch viene il sospetto che Rossi sia la persona che effettivamente il
titolare del marchio Rossi e cos via... ma ovviamente, siccome io ho il diritto all'uso del mio
nome, cognome e indirizzo, anche se questo pu creare dei problemi, mi viene riconosciuto
come diritto e non ci potr essere un eventuale azione nei miei confronti da parte di colui che
ha registrato il marchio come Rossi.

C' un altro uso atipico del marchio, quando il prodotto che si commercializza un accessorio,
rientra nella categoria degli accessori di un determinato prodotto principale e si fa riferimento
al prodotto principale e al marchio del prodotto principale.
Ad esempio: le catene da neve, o i pneumatici da neve, hanno spesso il proprio marchio in
relazione alla provenienza, ma poi vanno ad indicare tutte quelle che sono le autovetture su cui
possono essere montati rispettivamente pneumatici o catene, dove, quando dico FIAT metto il
marchio FIAT, dove metto il marchio OPEL metto il marchio OPEL, chiaro che in queste ipotesi
non ho una concorrenza sleale per agganciamento alla notoriet.
Non che il consumatore pu pensare che le catene sono fatte dalla FIAT... noi abbiamo
semplicemente un richiamo, un utilizzo del marchio altrui in modo atipico, perch
semplicemente io voglio, indicando il determinato marchio altrui, segnalare che il mio prodotto
pu andar bene su questa tipologia di prodotto e indicando i prodotti per i quali l'accessorio va
bene, indico anche gli eventuali marchi.
Quindi questa la differenza che c' tra l'apporre sul proprio accessorio :tipo Fiat, ed invece
indicare che quel determinato accessorio va bene anche per le autovetture Fiat!
Ovviamente quindi il CPI da un lato mi dice quando io che sono il titolare del marchio registrato
ho diritto di utilizzare ed ovviamente quando posso legittimamente oppormi all'utilizzo che altri
imprenditori facciano del mio marchio, e poi mi indica anche quali possono essere invece gli usi
cd atipici del marchio che sono invece riconosciuti leciti.
Tra l'altro anche qui se vogliamo, bisogna guardare all'utilizzo sempre in senso atipico, di un
marchio che gode di rinomanza, di un marchio famoso... potrei in ipotesi utilizzare il marchio
che gode di rinomanza a fini ornamentali.
Lo appongo ad esempio su una maglietta dove indico il simbolo Chanel sulla maglietta, ma sulla
maglietta anche c' una provenienza da cui chiaramente si capisce che la maglietta fruit of the
loom, dove chiaro a colui che acquista che la maglietta ha semplicemente quel marchio
celebre ai soli fini ornamentali.
Per esempio anni fa si usavano le magliette con determinate scritte che ironizzano su
determinati marchi celebri, in questo caso il marchio viene utilizzato, anche se famoso, viene
utilizzato in modo atipico, perch a nessuno verrebbe mai di pensare che quello di
provenienza della famosa casa di abbigliamento...quindi in queste ipotesi lecito l'utilizzo,
anche se comunque permane in capo al titolare del marchio, la possibilit di inibire
naturalmente questo utilizzo se questo potrebbe arrecare per esempio un danno all'immagine
del titolare del marchio o comunque l'utilizzo viene fatto in modo da ledere sostanzialmente il
marchio celebre.
Per cui, il marchio celebre utilizzato come ornamento, in modo atipico per ironizzare sul
marchio celebre, pu essere lecito, tuttavia si deve sempre per guardare a che questo non
arrechi un pregiudizio o appunto non leda l'immagine del titolare del marchio.
Dopo di che, l'utilizzo del marchio su internet, abbiamo parlato del nome a dominio.
stata la giurisprudenza a riconoscere al nome a dominio la dignit di segno distintivo e quindi
ad ammettere la tutela di questo segno alla stregua della tutela del marchio.
Inizialmente il nome a dominio era considerato alla stregua del nome inserito nell'elenco
telefonico, per cui non si riteneva che il soggetto dovesse differenziare, anche se vi erano delle
ipotesi di omonimia, mentre invece poi, vedendo lo sviluppo e sopratutto anche una determinata

pratica illecita, che era quella di registrare il nome a dominio magari con un nome famoso, per
poi andare a vendere al titolare di quel marchio il sito.
Era stato il caso della MC Donald's, nel momento in cui si iniziava ad aprire i vari siti sulla rete
internet c'era stato chi aveva registrato un nome a dominio come MC Donald's e quindi a questo
punto si era rivolto alla MC Donald's andando a vendere il sito che aveva registrato, ovviamente
questa un'attivit illecita, stata riconosciuta come attivit illecita, perch sfruttava la
notoriet per poi ovviamente avere un vantaggio di tipo economico, e quindi a parte queste
ipotesi che si sono per lo pi sviluppate al di fuori del nostro Paese, tuttavia si ritenuto poi a
poco a poco di dare una legislazione e una disciplina anche da noi, e quindi dapprima con il CPI
che comunque considerava tra i segni distintivi anche il nome a dominio, sempre poi con le
successive modifiche intervenute al CPI, da ultimo il d lgs 131 del 2010 si sostanzialmente
considerato e tutelato alla stregua del marchio anche il nome a dominio.
Per cui chiaro che questo deve essere il riferimento, qualora noi volessimo trovare una norma
da cui possiamo dedurre l'applicazione della tutela del marchio anche al nome a dominio
dovremo guardare l'articolo 22 CPI, dove ovviamente elenca il nome a dominio come il segno che
pu essere tutelato nei confronti di chi lo utilizzi in violazione delle norme che stiamo vedendo.
Che cosa vuol dire riconoscere tutela o comunque ritenere che il nome a dominio sia tutelato
come un segno distintivo? Ovviamente ammettere che il titolare del nome a dominio possa agire,
quindi possa eventualmente ottenere un provvedimento del giudice che vieti, che inibisca
l'utilizzo da parte di terzi, e questo riconosciuto dal 133 CPI, il quale riconosce la possibilit di
proporre l'azione inibitoria anche se si tratta di nome a dominio.
Quindi l'inibitoria, un'azione che si propone davanti al giudice ordinario con la quale si chiede
che si faccia cessare quel determinato comportamento, e sopratutto quindi io posso ottenere
anche per il nome a dominio dal giudice un provvedimento che faccia cessare il titolare del
nome a dominio dall'utilizzo di quel nome a dominio se uguale al mio.
Tra l'altro nel caso proprio del nome a dominio, c' anche la possibilit di ottenere, sempre
attraverso la proposizione dell'azione inibitoria, quindi di ottenere dal giudice anche un
provvedimento di trasferimento, sostanzialmente, provvisorio, siccome siamo in questa fase
cautelare, poi bisogna vedere se nel merito il giudice mi dar ragione o meno... mentre io posso
ottenere un sequestro, cio posso ottenere un vincolo sui beni per cui i beni non possono essere
ceduti, quando io ho la necessit di bloccare l'imprenditore concorrente che ha imitato
servilmente il mio marchio, quindi a questo punto posso ovviamente chiedere il sequestro dei
beni, quindi viene impresso un vincolo a quei beni che non possono essere ne venduti ne ceduti a
terzi, e fintanto che non si decide se quei beni verranno distrutti perch ho ragione, o
eventualmente quale sar la sorte di quei determinati beni.
Nel caso del nome a dominio, non posso sequestrare il nome a dominio... la tutela non avrebbe
attuazione concreta! E allora nel caso del nome a dominio, siccome parliamo sempre di rete
internet, posso ottenere il trasferimento provvisorio del nome a dominio del sito a mio favore.
Se io sono il titolare di quel determinato segno che stato utilizzato come nome a dominio da
parte di un altro soggetto, per ottenere la tutela, posto che ho iniziato l'azione inibitoria, quindi
un'azione cautelare che intanto blocchi il perpetrarsi del comportamento dell'imprenditore, ma
ho bisogno anche di avere una tutela immediata, quindi posso eventualmente chiedere il
trasferimento provvisorio.
Poi, una volta che ci sar il provvedimento cautelare da parte del giudice, seguir il giudizio di
merito e si vedr se il sito mi viene trasferito o se viene cancellato e via dicendo... per il fatto

di aver riconosciuto gli stessi strumenti di tutela anche nel caso di nome a dominio certamente
stato un vantaggio per gli imprenditori.

Azioni giudiziarie. Innanzitutto quando noi parliamo di marchio, ovvero sia di segno distintivo
del prodotto o del servizio, l'azione che noi andiamo a proporre di fronte al giudice, nei
confronti di altro imprenditore che abbia utilizzato l'identico segno, l'identico marchio o marchio
simile per prodotto identico o affine, sar un'azione di contraffazione.
Si ritiene che nel momento in cui io ho registrato il marchio e quindi ho acquistato il diritto
esclusivo all'uso di quel marchio, quando un altro imprenditore utilizzi segno identico o simile
per prodotto identico o affine posso agire nei suoi confronti con un'azione di contraffazione.
Quando abbiamo parlato del procedimento di registrazione abbiamo visto che ci sono varie fasi
che intervengono prima della concreta registrazione, dove il terzo pu intervenire con una
procedura sostanzialmente di tipo amministrativo, vi erano le osservazioni o la vera e propria
opposizione alla registrazione.
Questo tipo di tutela che apre una procedura di tipi amministrativo concorrente alla tutela
giudiziaria che il titolare pu ottenere attraverso la proposizione dell'azione di
contraffazione,l'unica precisazione da fare che l'azione di contraffazione pu essere anche
proposta davanti al giudice ordinario durante la procedura di registrazione, ma siccome la
registrazione, cio l'attestato un presupposto fondamentale per l'azione di contraffazione,
prima dell'emissione della sentenza, quindi prima che il procedimento di primo grado
naturalmente si concluda, dovr intervenire la registrazione.
Io immediatamente vado a registrare il mio marchio, ad un certo punto mi accorgo, perch viene
pubblicato sul bollettino ufficiale dei marchi di impresa che c' un altro soggetto che ha chiesto
la registrazione di un marchio identico, a questo punto io posso fare varie cose, posso
semplicemente fare delle osservazioni e poi disinteressarmi e vedere se questo continua o meno.
Oppure posso fare una vera e propria opposizione all'interno della procedura di registrazione e
quindi interessare l'ufficio di questa questione, tenendo presente che un organo di tipo
amministrativo, oppure posso anche, perch nessuno me lo vieta, fare davanti al giudice
ordinario, un'azione di contraffazione, stando attenta che ovviamente siccome il presupposto
dell'azione stessa che ci sia stata la registrazione, io posso intanto, conoscendo i tempi dei
giudizi posso effettivamente iniziarlo perch tanto so che ora che arriviamo a sentenza ci sar
sicuramente la registrazione, e quindi non avr problemi, per devo semplicemente stare
attento perch l'attestato di registrazione del marchio un presupposto essenziale perch il
giudizio da me promosso come azione di contraffazione abbia poi un esito positivo.
Si lascia comunque la possibilit di iniziare il giudizio, anche se la registrazione ancora non c'
ma c' solo una domanda di registrazione, l'importante che la registrazione ci sia nel momento
in cui si arriva a sentenza, certo, ovvio ed evidente che nelle valutazioni del titolare del
marchio, ci sar cosa faccio, qual' il rischio che corro, ed ovviamente ci sar anche una
valutazione dei costi, perch io rischio di fare un giudizio, di arrivare al termine di questo
giudizio e magari la registrazione ancora non c' perch l'ufficio ha avuto dei problemi... per
altresi vero che posso fare delle valutazioni del tipo: io preferisco anziche avere una decisione
dell'ufficio italiano brevetti e marchi, magari dover appena ricorrere alla commissione, magari
dover andare in cassazione, preferisco, compatibilmente ai tempi della giustizia italiana, avere
un provvedimento del giudice, quindi preferisco sottoporre alla sua cognizione.

Quindi potrei anche, facendo una valutazione del tipo: preferisco avere il giudizio di un
giudice.... vado davanti al giudice, tuttavia, mi riconosciuta questa possibilit anche nella fase
della procedura che precede la registrazione vera e propria, quindi da quando ho presentato la
domanda, anche perch teniamo conto di un'altra cosa... siccome la registrazione retroagisce
alla presentazione della domanda, una volta che io ho la registrazione, questa ha efficacia dal
momento della presentazione della domanda, quindi anche dal punto di vista processuale io non
ho problemi.
Oltre al fatto che io non precluso nessun tipo di tutela al titolare del diritto, il quale pu
decidere di agire dinnanzi al giudice ordinario o di far presente le proprie istanze davanti
all'ufficio italiano brevetti e marchi, quindi posso scegliere... Se invece la domanda gi stata
accolta, c' gi stata la registrazione, chiaro che l'azione di contraffazione sar la strada che io
posso percorrere, e quindi vado a presentare l'azione di contraffazione, davanti a chi? Davanti a
quelle sezioni specializzate di diritto industriale che hanno la competenza a conoscere di questo
tipo di azioni, oggi le sezioni specializzate formalmente non esistono pi perch dovrebbero
essere inglobate nel tribunale delle imprese e per altro non operano pi secondo quelle che
erano le norme del diritto processuale societario, a questo punto ci sar comunque un ordinario
giudizio che accerter se il marchio stato contraffatto o meno.
Tra l'altro, qui si pone il problema anche, posto che l'uso del marchio pu anche avvenire anche
da parte di chi importa, ad esempio da un Paese extra UE, il problema della competenza per
territorio, quella del foro del domicilio del convenuto, se per non si conosce il foro del
domicilio del convenuto il procedimento si fa davanti al tribunale di Roma, o se il domicilio del
convenuto non in Italia il giudizio si propone davanti al Tribunale di Roma.

Come faccio a fornire la prova della contraffazione??? Io quando inizio un'azione di


contraffazione devo ovviamente provare due cose: la prima di essere il titolare dell'uso esclusivo
del marchio, e questo lo faccio producendo l'attestato di registrazione dove ci sar la data e si
risalir alla priorit.
Dall'altro lato ovviamente devo dare tutta una serie di indizi al giudice da cui dedurre quali sono
gli elementi in base ai quali io ritengo che il mio marchio sia stato contraffatto.
In questo caso certamente utile la consulenza tecnica preventiva.
La consulenza tecnica preventiva un accertamento che viene fatto dai periti nominati dalle
parti, ma anche da un perito nominato dal tribunale il quale ha il compito di accertare in quel
determinato momento la situazione che poi potrebbe essere pregiudicata dal passare del tempo.
Significa che se io ritengo che sia stato contraffatto il mio marchio perch penso che su quei
determinati mobili stato apposto un marchio simile o identico al mio, che produco mobili, io
ho tutto l'interesse a che in quel momento venga accertato, i mobili che magari vengono
prodotti da un determinato soggetto, vengono venduti in un determinato negozio, e io posso
avere l'interesse di bloccare ovviamente la vendita di questi mobili dal momento che mi
arrecherebbe pregiudizio perch potrebbero pensare che i mobili sono quelli che produco io e
quindi avere io un danno.
Per intanto che io propongo l'azione, posso utilizzare anche questo sistema dell'accertamento
tecnico preventivo, laddove vado a chiedere con un ricorso specifico al giudice che nomini un
consulente tecnico d'ufficio, che questo vada ad accertare su quali beni c' o meno quel
determinato marchio e vada a rendere un giudizio circa l'eventuale identit o somiglianza del
marchio.

chiaro che poi questo accertamento pu essere utile a vari fini...


il procedimento termina con la relazione del consulente tecnico che sentir i consulenti di parte
e via dicendo...
una volta che si esaurisce l'accertamento con la relazione del consulente tecnico d'ufficio
nominato dal tribunale, io che sono la parte che ha sollecitato il procedimento posso rivolgermi
alla controparte con la relazione a me favorevole dove chiaramente detto che il marchio che
tu hai apposto sui tuoi beni identico al mio, a questo punto cerchiamo di chiuderla qua senza
andare a spendere ulteriori soldi per fare un giudizio vero e proprio di contraffazione e cos
via...
oppure questa relazione non riesce a fare estrema chiarezza o comunque la controparte non
vuole addivenire ad una transazione chiaro ed evidente che io faccio un'azione di
contraffazione con cui mi avvarr della consulenza tecnica preventiva che si esperita.
Ovvio ed evidente che nel frattempo io mi sono garantito e premunito che magari non ci siano
alterazioni del marchio e che quindi magari alcuni beni, perch il pericolo che di fronte ad
un'eventuale azione da parte del titolare del marchio il secondo imprenditore cambi e
diversifichi il marchio sui beni futuri... questa potrebbe essere la strada che l'imprenditore
potrebbe decidere di percorrere nel caso in cui abbia sentore che qualcuno stia per esercitare
l'azione di contraffazione.
Mentre con la consulenza tecnica preventiva io ho cristallizzato la situazione!
O addiveniamo ad un accordo o procedo con un'azione di contraffazione dove utilizzer la
consulenza tecnica preventiva per dimostrare che su quei beni c'era un marchio simile al mio...
tuttavia la consulenza tecnica preventiva non l'unico sistema che io ho per bloccare e
fotografare e quindi precostituirmi la prova, perch io posso anche agire in via cautelare con
un'azione inibitoria, anche qui l'inibitoria ha un effetto cautelare e posso precedere questa
azione inibitoria con due procedimenti che sono anche considerati come procedimenti cautelari
tipici:

procedimento per descrizione, che tipico nel caso di contraffazione del marchio

procedimento di sequestro.

Il procedimento per descrizione viene ad essere previsto dal decreto legislativo 131 del 2010,
che ha modificato l'articolo 129 CPI, la descrizione una procedura con la quale si chiede al
giudice di riconoscere il potere all'ufficiale giudiziario il quale si reca nel posto indicato per
rilevare tutti quelli che sono, e descriverli, i beni che hanno il simbolo contraffatto.
Esempio: il venditore ambulante con le borse con i simboli falsi di Gucci... in questo caso io
posso chiedere al giudice che autorizzi l'ufficiale giudiziario ad andare sul posto e a verificare
che effettivamente quel determinato soggetto, per poter rilevare e descrivere anche con un
sistema tecnico, quindi con l'utilizzo di strumenti fotografici, per esempio, che effettivamente
il mio marchio stato contraffatto, stato utilizzato ed stato impresso su prodotti identici o
simili.
Quindi la procedura di descrizione prevede l'intervento dell'ufficiale giudiziario, io faccio una
richiesta al giudice che autorizzi l'ufficiale giudiziario a che vada a verificare sul posto, quindi
indico quelli che sono i luoghi in cui deve recarsi, per poter descrivere anche con l'ausilio di
materiale tecnico, quindi con l'utilizzo di filmati, registrazioni, fotografie, che altro
imprenditore sta utilizzando il marchio simile o identico la mio su prodotti identici o affini.

Quindi posso fare la consulenza tecnica preventiva, oppure posso chiedere di accedere alla
procedura di descrizione, oppure posso chiedere anche il sequestro vero e proprio, cio chiedo
al giudice che autorizzi l'ufficiale giudiziario ad apporre un vincolo su quel determinati beni e
quindi bloccare quei determinati beni che saranno poi oggetto magari di una consulenza tecnica.
Tante volte, e questo sempre ammesso dal d lgs 131 del 2010, tante volte io posso chiedere
l'autorizzazione a che possa accedere alla descrizione e all'esito della descrizione ottenere il
sequestro.
Anche perch queste due tipologie di procedimenti cautelari, normalmente vengono concessi in
contraddittorio con l'altra parte, quando io chiedo al giudice questi fissa un termine entro il
quale io devo notificare all'altra parte che intendo fare etc.... e quindi si da la possibilit anche
all'altra parte di partecipare alla procedura, di fronte a determinate situazioni di urgenza,
laddove naturalmente ci sarebbe un pregiudizio se si aspettasse di notiziare l'altra parte e quindi
aspettare che la controparte intervenga nella procedura, si dice che il provvedimento pu essere
concesso inaudita altera parte, il provvedimento viene concesso indipendentemente dalla
partecipazione o meno della controparte.
Questo pu essere concesso, normalmente esiste la possibilit, riconosciuta dal CPC, che nelle
situazioni di particolare urgenza, laddove appunto ci sarebbe un pregiudizio a carico della parte
determinato dal trascorrere del tempo per cui non c' tempo perch si notizi l'altra parte e
sopratutto perch l'altra parte potrebbe in qualche modo alterare la prova o potrebbe
nascondere, potrebbe sottrarre i beni oggetto del sequestro, sopratutto spesso succede che se io
notifico all'altra parte che sto per eseguire un sequestro, poi l'ufficiale giudiziario va li e non
trova nulla perch nel frattempo il soggetto ha pensato di ripulire tutto, e quindi, qualora c'
un'urgenza determinata da una situazione particolare dove il tempo potrebbe essere un
elemento pregiudizievole per i diritti della parte, dove c' il pericolo che l'altro soggetto possa
compiere delle azioni che sostanzialmente annullino l'effetto del sequestro, ecco che il
provvedimento pu essere concesso inaudita altera parte, e quindi la controparte viene a
conoscenza nel momento in cui si fa l'accesso per sequestrare i beni.
Quindi queste sono sostanzialmente le alternative alla consulenza tecnica preventiva, nel caso di
azione di contraffazione del marchio, io decido si di iniziare il giudizio ordinario, sapendo che i
tempi sono lunghi, chieder in prima battuta l'inibitoria, chieder al giudice che valutato il
periculum in mora e il fumus boni iuris valuti se comunque ordinare di far cessare al soggetto
quel determinato comportamento, posso per ancora prima precostituirmi la prova attraverso la
consulenza tecnica preventiva o comunque accedere alla procedura di descrizione o addirittura
al sequestro o all'esito della descrizione ottenere il sequestro in modo da bloccare qualsiasi tipo
di reazione da parte del soggetto passivo (colui che subisce l'azione di contraffazione).
Quindi si pu agire sia in via cautelare, attraverso il procedimento della descrizione,
dell'eventuale sequestro, ovviamente ricorrendo i presupposti dei procedimenti cautelari, sia poi
iniziare l'azione di merito che l'azione inibitoria che ha come obiettivo quello di far cessare al
contraffattore il comportamento e quindi far eventualmente risarcire o meno il titolare del
marchio registrato a seconda dei danni e se ovviamente c' la dimostrazione del dolo o della
colpa.
A questo proposito, voi avete nel CPI, l'articolo 144 che stato modificato e sostituito dal d lgs
131 del 2010 relativamente agli atti di pirateria, perch mentre nella contraffazione abbiamo
visto che in realt non viene valutato l'elemento psicologico del dolo o della colpa, tuttavia
quando invece presente l'elemento psicologico del dolo o della colpa grave, noi possiamo
configurare l'atto di PIRATERIA.

E testualmente si dice: agli effetti delle norme contenute nella presente sezione, sono atti di
pirateria le contraffazioni evidenti, dei marchi, disegni e modelli registrati e di violazione di
altrui diritti di propriet industriale, realizzate dolosamente in modo sistematico!
Art. 144. Atti di pirateria -1. Agli effetti delle norme contenute nella presente sezione sono
atti di pirateria le contraffazioni evidenti dei marchi, disegni e modelli registrati e le violazioni
di altrui diritti di propriet industriale realizzate dolosamente in modo sistematico.
Quindi, se nella contraffazione in generale non si prende in considerazione l'elemento
psicologico, perch quello che si va a vedere la confondibilit, cio il pericolo di confusione
che si pu avere nel pubblico dei consumatori in relazione alla provenienza, quando invece
abbiamo una evidente contraffazione e naturalmente di un marchio o di un altro disegno o
modello e via dicendo... e questa evidente contraffazione stata perpetrata dolosamente,
quindi con la coscienza e volont di ledere l'altrui diritto e in modo sistematico, allora siamo
nell'ipotesi appunto della pirateria, a prescindere quindi da quella che pu essere l'accertamento
dell'eventuale confondibilit o meno, proprio perch si da rilievo a quella che l'evidente
contraffazione, e sopratutto l'elemento psicologico del dolo e la sistematicit, cio la
reiterazione del comportamento da parte dell'agente.
Quindi, se siamo di fronte ad atti di pirateria, laddove il 144 CPI ci indica come atti che si
concretano in contraffazioni evidenti dei marchi o degli altri segni, colo dolo e sistematicamente
reiterati, appunto abbiamo una reazione da parte dell'ordinamento che tutela a prescindere
dalla confondibilit, e quindi permette l'azione inibitoria e tra l'altro di pari passo all'articolo 144
stato anche inserito nel CP, la contraffazione e quindi l'articolo 474 del CP sanziona anche dal
punto di vista penale l'eventuale contraffazione, ed chiaro che se magari per i presupposti
dell'applicazione della sanzione penale io devo dimostrare l'elemento psicologico del soggetto
agente, di fronte ad un eventuale atto di pirateria mi sar pi facile dimostrare che, vuoi perch
c' stata al contraffazione evidente, vuoi perch c' stata la reiterazione, il dolo sar pi facile
da dimostrare, si avr sia una sanzione civile che penale.
Art. 474. Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. -Fuori dei casi di
concorso nei reati previsti dallart. 473, chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di
trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri,
contraffatti o alterati punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro
3.500 a euro 35.000.
Fuori dei cassi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello
Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al
fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma punito con la reclusione fino a due
anni e con la multa fin a euro 20.000.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate
le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla
tutela della propriet intellettuale o industriale.
L'azione penale mi permetter di ottenere l'inibitoria e far cessare quel comportamento ed
eventualmente ottenere il risarcimento del danno, dal punto di vista penalistico per posso
anche ottenere la sanzione che ovviamente prevede la confisca amministrativa dei beni
contraffatti, l'applicazione anche di pene pecuniarie, di varie circostanze aggravanti, e tra l'altro
ci sono anche oltre che all'articolo 474, importante anche l'articolo 517 quater CP, il quale
prevede che sono sanzionati penalmente coloro che ingannano i consumatori operando
contraffazioni di indicazioni geografiche o di denominazioni di prodotti agro alimentari (il
famoso lardo di colonnata che in realt non esiste pi... e che continuate a trovare nei
supermercati perch c' una contraffazione dal punto di vista della indicazioni geografica).

Art. 517-quater. Contraffazione di indicazioni geografiche denominazioni di origine dei prodotti


agroalimentari. -Chiunque contraff o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni
di origine di prodotti agroalimentari punito con la reclusione fino a due anni e con la multa
fino a euro 20.000.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine, di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato,
detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in
circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474 bis, 474 ter, secondo comma, e 517 bis,
secondo comma.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate
le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in
materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti
agroalimentari.
Il 517 ter, quando c' una fabbricazione ed importazione da parte di terzi, di beni che sono
sottoposti alla propriet industriale, quindi di beni che sono ovviamente registrati regolarmente
in Italia.

Art. 517-ter. Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di propriet


industriale.-Salva lapplicazione degli articoli 473 e 474 chiunque, potendo conoscere
dellesistenza del titolo di propriet industriale, fabbrica o adopera industrialmente oggetti o
altri beni realizzati usurpando un titolo di propriet industriale o in violazione dello stesso
punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a
euro 20.000.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato,
detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in
circolazione i beni di cui al primo comma.
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474 bis, 474 ter, secondo comma, e 517 bis,
secondo comma.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili sempre che siano state osservate le
norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla
tutela della propriet intellettuale o industriale.
Per cui la tutela civile, che stata ampliata con l'introduzione, con la modifica dell'articolo 144
CPI, trova anche il suo contrapposto nella tutela penale che ha visto l'introduzione nel CP di
nuovi articoli.
Quindi l'applicazione di sanzioni penali anche nel caso appunto di contraffazione di marchi
registrati.

Azione inibitoria. (gi vista per violazione 2598...) La tutela inibitoria, e quindi l'azione
inibitoria un'azione che viene promossa davanti al tribunale ordinario, in questo caso le sezioni
specializzate, oggi assorbite dai tribunali delle imprese e porta a prescindere dai provvedimenti
cautelari che eventualmente sono stati emessi in precedenza, avete un giudizio ordinario di
cognizione dove si dimostrer quali sono i beni che portano il marchio contraffatto, se questo
marchio effettivamente pu destare per la sua somiglianza o meno, confusione, anche li si va poi
a verificare su quelli beni, prodotto identico o affine stato posto e via dicendo... dal punto di
vista giuridico quindi io poi otterr una sentenza con la quale il giudice, accertata la
contraffazione, vieter al soggetto di continuare quel tipo di comportamento, potr ordinare

anche la distruzione dei beni che eventualmente sono stati contrassegnati dal marchio
contraffatto e a questo punto eventualmente ci potr essere anche se si ritiene utile al
procedimento, la pubblicazione, a carico e a spese del contraffattore sui quotidiano di maggiore
diffusione nazionale della sentenza con la quale il contraffattore stato condannato, oltre che
ovviamente all'eventuale risarcimento del danno patito dal titolare del marchio, sempre
valutando quale pu essere la determinazione di questo danno, perch ovviamente voi sapete
che parliamo di lucro cessante, ma anche viene spesso preso in considerazione quello che il
vantaggio dal punto di vista economico del contraffattore, quindi l'utile che il contraffattore ha
ottenuto grazie alla contraffazione del marchio.
Quindi tutti questi elementi vengono presi in considerazione dal giudice nel provvedimento
definitivo, nella sentenza con la quale si conclude il procedimento inibitorio, quindi l'azione
inibitoria, che un'azione ordinaria.
Ovviamente se ci sono stati prima dei provvedimenti di tipo cautelare, bisogna ovviamente
vedere la tipologia di questi e il loro eventuale mantenimento o meno.
Per esempio nel caso del sequestro pu essere che i beni sequestrati vengano poi ad essere
oggetto di un provvedimento di distruzione...
quindi varie sono le situazioni che poi si rappresentano nella realt, fatto si che con l'azione
inibitoria, e quindi la chiusura del procedimento e la sentenza abbiamo la definizione del
procedimento per cui il titolare del marchio pu effettivamente, se non altro, almeno avere un
ristoro di fronte a questo tipo di violazione delle norme del CPI.
Azione inibitoria che pu sempre essere proposta in alternativa alla procedura invece
amministrativa, che abbiamo visto nella fase della domanda di registrazione del marchio.
A questo punto, c' solo una piccola precisazione da fare, che pi interessante dal punto di
vista pratico che non dal punto di vista giuridico, perch molto si scritto e ci si battuti per la
tutela del made in Italy.
Il legislatore aveva cercato di soddisfare questa esigenza, si sentiva la necessit di aumentare le
difese a favore del marchio made in Italy, posto che su questo la contraffazione era molto
frequente, tanto vero che l'articolo 517 CP, che ha subito nel tempo delle modificazioni, non
ultima la legge sviluppo 99 del 2009, ha vietato la vendita di prodotti industriali con appunto
marchi o comunque nomi o segni distintivi che possono indurre il consumatore in inganno circa le
origini del prodotto, e appunto il riferimento all'articolo 517 quater di cui si parlava prima, una
conseguenza logica...
mentre il 517 CP tutela a livello generale l'inganno a cui pu essere indotto il consumatore circa
l'origine del prodotto, viene poi ad essere specificato nel 517 quater laddove si parla di prodotti
di denominazioni agro alimentari o di denominazioni geografiche.

Art. 517. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci. -Chiunque pone in vendita o mette
altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni
distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o
qualit dell'opera o del prodotto, punito, se il fatto non preveduto come reato da altra
disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro
Tornando sul problema, la giurisprudenza poi, dopo anche l'introduzione della modifica del 517
CP era abbastanza concorde nell'indicare che sicuramente illegittimo e quindi illecito, la

contraffazione del marchio che indichi proveniente da una determinata impresa o da un


determinato luogo geografico, quando questo poi non corrisponde alla realt.
La giurisprudenza riteneva che poteva anche non sussistere un dovere di indicazione della
provenienza o della fabbricazione, ma laddove si indicava un qualcosa di falso veniva punito,
cio la regola che il codice penale stabilisce, che quello appunto del divieto di ingannare il
consumatore circa la provenienza non impone al produttore di apporre necessariamente il
marchio di provenienza, quindi, se non c' un marchio di provenienza, tu imprenditore che
produci questo bene non sei in una situazione di illegalit, poni in essere un illecito nel
momento in cui indichi una provenienza non veritiera, non reale, che possa trarre in inganno.
Inizialmente questo era l'orientamento....

dopo di che una legge, sempre del 2009, aveva imposto che il marchio made in Italy fosse
apposto solo ed esclusivamente su quei beni che fossero progettati, che fossero realizzati e che
quindi tutto il loro processo di progettazione e costruzione e quindi, bene finito, si svolgesse in
Italia, andando a restringere notevolmente...
Perch gran parte delle industrie italiane si avvalgono di lavorazioni che provengono dall'estero,
parti della lavorazione avvengono fuori di Italia per poi ritornare in Italia, quindi ci si posti il
problema dopo ovviamente l'introduzione di questa legge che invece prevedeva che solo quando
il prodotto fosse progettato, costruito e quindi immesso sul mercato e tutte queste fasi
avvenivano nello Stato italiano, solo in questa ipotesi potesse apporsi il marchio made in Italy.

Questo per aveva portato comunque a delle problematiche, perch vi erano molte industrie,
sopratutto per quanto riguardava la pelletteria, calzaturificio e anche i prodotti tessili, aveva
portato dei problemi, perch allora pochi erano i prodotti che potevano dirsi:

progettati

costruiti

immessi nel mercato in Italia.

Allora si cercato di modificare la legge andando sostanzialmente a permettere di inserire il


marchio made in Italy magari riferito solo a determinate fasi...
Quindi poteva innanzitutto essere facoltativa l'apposizione del marchio made in Italy, quindi non
necessariamente il produttore deve metterlo, quindi quando non soddisfa interamente pu
anche non mettere il marchio, ma certamente se tutte le fasi si realizzano in Italia pu apporlo,
quindi facoltativit sul marchio, e per quanto riguarda invece determinati settori, soltanto a
prodotto finito, si pu mettere il marchio made in Italy se il prodotto pur essendo la lavorazione
fatta in parte in altri Paesi viene per confezionato e finito, ed immesso nel mercato in Italia.
Quindi noi possiamo avere il prodotto che viene lavorato in vari Paesi al di fuori dell'Italia ma se
poi il prodotto finito viene assemblato, cio, i vari pezzi sono lavorati fuori ma poi c'
l'assemblaggio e l'immissione in Italia, si pu apporre il made in Italy.
E comunque, si data anche sempre per questo settore tessile, della pelletteria e dei
calzaturifici si permesso che alcune parti della lavorazione fossero effettivamente sviluppate

ed effettuate anche al di fuori dell'Italia, ma che comunque in ogni caso, almeno la maggior
parte della lavorazione, quindi non solo l'assemblaggio e il prodotto finito, ma anche altre parti
della lavorazioni avvenissero in Italia.
Quindi sostanzialmente c' un contemperamento rispetto alla norma che mi richiedeva per poter
apporre il marchio made in Italy che tutta la progettazione, lavorazione, finitura del prodotto ed
immissione nel mercato si sviluppasse in Italia.
Oggi abbiamo la possibilit che alcune parti della lavorazione, alcune fasi della lavorazione siano
effettuate anche al di fuori dell'Italia.
L'importante che l'assemblaggio e la definizione del prodotto avvenga in Italia e che comunque
almeno la maggior parte delle fasi della lavorazione avvenga in Italia, dopo di che se alcune sono
svolte al di fuori pu essere apposto il marchio del made in Italy.
La legge del 1999, legge sviluppo n 99 del 2009, ha anche introdotto il cd consiglio nazionale
anti contraffazione, un'autorit di diritto pubblico, la quale presieduta dal Ministero dello
sviluppo economico, quindi ha delle funzioni programmatiche, ha gli strumenti per analizzare,
valutare il mercato e quindi dare degli indirizzi e anche degli impulsi per quanto riguarda la
politica di anti contraffazione.
Quindi valuta quelle che sono le migliori strategie per poter evitare la contraffazione, sopratutto
analizzando il mercato vede magari quali sono i marchi pi contraffatti, cio qual' il settore
dove si sviluppa maggiormente la contraffazione, quindi si cerca di intervenire coordinando poi
anche le azioni a tutela del titolare del marchio.
Gli attribuito il potere di elaborare ogni anno una sorta di piano dove, tenendo conto delle
valutazioni, dei risultati degli esami effettuati nel mercato, da gli indirizzi su quello che deve
essere l'attivit volta a combattere la contraffazione, e quindi un organo prettamente di
diritto pubblico, che ha delle funzioni di indirizzo ma che utile per poter sondare quali sono gli
sviluppi di questo mercato che molto florido.

I danni a livello economico della contraffazione in tutti i campi! Dalla contraffazione non solo
di prodotti alimentari, di prodotti di vestiario, di cd e via dicendo... cio effettivamente la
contraffazione una grossa piaga perch effettivamente costituisce veramente un punto nero
nello sviluppo di qualsiasi tipo di mercato tra l'altro, perch poi si sviluppa in qualsiasi
settore...
addirittura alcuni pezzi di macchinari che servono per apparecchiature mediche! Che vanno
quindi ad avere dei riflessi poi direttamente sui consumatori! Avevano contraffatto alcune parti
nella costruzione delle navicelle della NASA, oppure alcune contraffazioni dell'aviazione
americana, quindi ormai arrivano su tutto, oltre ovviamente al discorso dei farmaci, perch
anche i farmaci sono contraffatti...

(Libro.
Il consenso del titolare. La legge specifica che i diritti conferiti al titolare del marchio dalla registrazione
consistono nella facolt di far uso esclusivo del marchio.
Si tratta di unesclusiva in termini negativi ossia come possibilit di vietare ai terzi determinati comportamenti.
La legge che dichiara che il diritto di vietarli a terzi riconosciuto al titolare subordinato allassenza di un suo
consenso a che i comportamenti medesimi vengano posti in essere.

Il rischio di confusione. I comportamenti dei terzi che il titolare del marchio ha il diritto di vietare consistono
nelluso di un marchio identico per prodotti identici.
Questuso vietato a prescindere da qualsiasi rischio di confusione, e perci anche nel caso in cui un simile rischio
possa escludersi.
Anche se di solito la confondibilit sar in questo caso un ipotesi presente.
Quando invece potr escludersi, la tutela non concerner pi valori distintivi ma sar volta a reprimere operazioni
di agganciamento parassitario.
Nelle altre ipotesi luso da parte di terzi di un marchio uguale o simile a quello del titolare vietato quando, a
causa dellidentit o somiglianza fra i due segni, nonch a causa dellidentit o affinit fra i prodotti contrassegnati,
pu determinarsi un rischio di confusione tra il pubblico che pu consistere anche in un rischio di associazione fra i
due segni.
Il rischio di confusione di cui si tratta concerne lorigine dei prodotti o servizi e non consiste in una mera
confondibilit fra segni o fra prodotti.
Ci coerente con la funzione del marchio che ancora prevalentemente funzione dindicazione dorigine.
Confondibilit in concreto e in astratto. Il rischio di confusione va valutato anche in astratto ossia con riferimento
ai due marchi in contestazione, in s considerati, a prescindere dalluso che del segno venga fatto in concreto da
parte del presunto contraffattore, che potrebbe in concreto non essere confusorio per laggiunta per laggiunta al
marchio di elementi di differenziazione o per altre caratteristiche di quelluso.
Pretende una possibilit di confusione in concreto legittimerebbe non solo le copiature delle grandi marche poste in
essere dai falsari e smerciate per le strade ma anche ogni ipotesi in cui lacquirente sia consapevole di non comprare
un prodotto originale per ragioni di prezzo,di qualit, di canali di distribuzione
Se poi si pensa ai marchi di forma la contraffazione dovrebbe escludersi ogni volta che la forma distintiva sia
accompagnata da un marchio denominativo o figurativo diverso da quello usato dal titolare e cio praticamente
sempre.
Il giudizio sul rischio di confusione per il pubblico andr condotto dal giudice anche immaginando una situazione
diversa da quella reale ricostruendo la percezione del pubblico stesso anche in relazione ad un raffronto tra i due
segni che prescinde dal modo e dal contesto in cui il secondo sia di fatto usato.
Con ladozione del criterio della confondibilit in astratto si viene in realt ad ampliare la tutela del marchio al di
l della sua funzione distintiva tipica estendendola ad ipotesi che con una effettiva confondibilit nulla hanno a che
fare e che consistono in buona sostanza in operazioni parassitarie non confusorie.
Ci si pu chiedere quindi se il rischio di confusione rilevante sia solo quello che si verifica per il consumatore nel
momento in cui procede allacquisto del bene oppure anche quello che si determina in capo a terzi che vedano il
bene recante il marchio dopo lacquisto.
Parte della dottrina e della giurisprudenza afferma che anche a ipotesi di questo tipo debba applicarsi lart 20 co 1
b).
Il rischio di associazione. Il legislatore afferma che il rischio di confusione pu consistere anche in un rischio di
associazione tra i due segni.
Questultima espressione va intesa nel senso di ampliare il concetto di rischio di confusione fino a comprendere oltre
allipotesi che il pubblico sia indotto a ritenere che i prodotti del contraffattore provengano in realt dallimpresa
del titolare del segno anche quella che esso possa pensare che provengano da unimpresa in qualche modo legata a
quella del titolare da rapporti di gruppo o contrattuali.
Una simile interpretazione viene rifiutata perch la legge parla pur sempre del rischio di associazione come di una
ipotesi del rischio di confusione per il pubblico.
Il giudizio di confondibilit. Quando il marchio usato dal terzo dia identico a quello del titolare non c problema.
Lesigenza di criteri di valutazione sorge invece quando il marchio adottato dal terzo sia soltanto simile a quello del
titolare.
I criteri generali da adottarsi per stabilire se fra due segni sussista confondibilit sono consolidati in giurisprudenza.
Si dice che ai fine dellaccertamento della confondibilit si deve procedere allesame comparativo tra i marchi in
conflitto non in via analitica attraverso una particolareggiata disamina ed una separata valutazione di ogni singolo
elemento, ma in via unitaria mediante un apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi salienti.
Alla fase per cos dire intuitiva della valutazione dovr accompagnarsene una di controllo che non potr prescindere
da un esame pi analitico delle somiglianze e delle diversit anche solo per accertare quali elementi debbano
ritenersi salienti e quali invece di minor rilievo.
Su questa base il giudizio finale di impressione avr pi solido fondamento.
Si sostiene poi che la valutazione vada condotta avendo riguardo allattenzione ed alla cultura del pubblico al quale i
prodotti contraddistinti sono destinati.
Ci comporta che il giudizio sar pi o meno severo a seconda del tipo di prodotti di cui si tratti, nel senso che in
caso di prodotti di consumo pi corrente e di prezzo poco elevato, nellacquisto dei quali si ritiene meno coinvolta
lattenzione dellacquirente si affermer la confondibilit anche in caso di relativa distanza fra i due segni, mentre

nel caso di prodotti di alto prezzo magari destinati soltanto ad un pubblico altamente qualificato sotto il profilo
tecnico la confondibilit potr negarsi anche in ipotesi di notevole vicinanza ritenendosi che lattenzione
dellacquirente sar tale da escludere la possibilit che egli realmente si confonda.
I marchi si distinguono in denominativi, figurativi e misti.
Per i marchi denominativi si ritiene che nel giudizio di confondibilit si debba aver riguardo oltre che allelemento
grafico anche a quello fonetico, nel senso che la confondibilit non potr essere esclusa se le due parole messe a
raffronto graficamente si differenziano ma foneticamente siano vicine o viceversa.
Criteri particolari sono affermati in tema di marchi complessi, cio di marchi costituiti da una pluralit di elementi
denominativi e figurativi.
Si dice di solito che questi marchi sono tutelati in ciascuno dei loro elementi purch si tratti di elementi nuovi e
dotati di capacit distintiva.
Di conseguenza si dovr affermare la confondibilit e la violazione del diritto del titolare anche in caso di
appropriazione di uno solo di questi elementi.
Sempre a proposito di marchi costituiti da una pluralit di elementi , se questi siano in s ciascuno privo di capacit
distintiva, si dice che la tutela pu riguardare la peculiare e nuova combinazione di essi.
Nel caso in cui un soggetto sia titolare di marchi in serie ossia di marchi che contengono tutti uno stesso elemento e
che solitamente vengono utilizzati per contraddistinguere prodotti diversi ma appartenenti a una medesima linea, si
deve tenere conto nel valutare la confondibilit della possibilit che linserimento dellelemento comune nel
marchio di un terzo induca il consumatore a pensare che questo marchio faccia parte della serie e quindi a ricondurlo
a titolare di essa.
I marchi deboli. Lintensit della tutela di un marchio varia soprattutto in funzione del maggiore o minor grado di
originalit di cui sia dotato.
Per quanto riguarda il marchio espressivo, ossia il marchio descrittivo del prodotto o del servizio, delle sue qualit o
delle sue funzioni, la validit di tale marchio dipender dal fatto che lelemento descrittivo sia accompagnato da
elementi di differenziazione costituiti da aggiunte di prefissi o suffissi, da distorsioni della parola, da particolari
combinazioni.
Sotto il profilo della tutela un simile marchio viene definito marchio debole perch la protezione di esso si limita ad
impedire limitazione da parte di terzi di quei suoi elementi che operando sul suo contenuto descrittivo, o
aggiungendosi ad esso ne fanno un marchio valido anzich nullo.
In relazione ai marchi deboli si dice dunque cha bastano lievi varianti per escluderne la violazione.
Fra i marchi deboli sono abitualmente menzionati i marchi dei prodotti farmaceutici come benagol e fluimucil per la
frequenza con cui in questo campo si trovano marchi appunto descrittivi.
Per i marchi farmaceutici non sono necessariamente espressivi e di fatto sono spesso di fantasia come aulin e
valium.
Vi possono essere marchi deboli anche fra i marchi figurativi data la loro potenzialit descrittiva.
Si pensi ad esempio al marchio costituito dallimmagine di un vitello per carni in scatola.
Quando la raffigurazione descrittiva sar caratterizzata da particolari sterilizzazioni ed elaborazioni, essa potr dar
luogo ad un marchio valido ma appunto debole in quanto proteggibile solo con riferimento a queste stilizzazioni ed
elaborazioni, non al tipo delloggetto raffigurato.
I marchi forti. Ai marchi deboli si contrappongono i marchi forti ossia i marchi carenti di qualsiasi nesso significativo
con i prodotti o servizi contraddistinti.
Potr trattarsi sia di segni dotati di un proprio valore semantico che nulla abbiano a che fare con il prodotto o
servizio contraddistinto, sia di segni di pura fantasia privi di significato ossia di parole inventate o di raffigurazioni
astratte.
Questi marchi sono detti forti in quanto la loro tutela particolarmente intensa e si dice che questa tutela si
estende al tipo, al nucleo ideologico, al concetto che il marchio esprime cosicch costituisce illecito ladozione di
varianti e modificazioni anche notevoli del marchio forte.
Si ritenuto forte il marchio per indumenti costituito da unimmagine di labbra femminili semiaperte compagnata
dalla parola lips e di conseguenza si ritenuto che fosse con esso confondibile il segno costituito sempre da labbra
femminili tra le quali era inserita una sigaretta.
Quando invece ci si trovi di fronte a marchi di pura fantasia o a marchi costituiti da patronimici che non abbiano
alcun significato in s ci si trover ugualmente di fronte a marchi forti ma da essi non si potr enucleare un tipo al
quale estendere la tutela .
La loro forza si esprimer soltanto con il far considerare confondibili anche segni che presentino con essi somiglianze
non particolarmente strette (guiccini G e gucci)
Un marchio originariamente debole pu a seguito di un intenso uso e di una vasta pubblicit acquistare forza.
Nutella uno dei marchi pi forti.
La affinit tra prodotti o servizi. Si pone dunque il problema di stabilire quando un prodotto o servizio possa dirsi
affine ad un altro.

Lappartenenza di due prodotti ad una stessa classe non significher che si tratta di prodotti affini.
Dovrebbero considerarsi affini tra loro quei prodotti o servizi che per la loro intrinseca natura, per la loro
destinazione alla stessa clientela e alla soddisfazione degli stessi bisogni sono ricollegabili al prodotto o servizio
protetto dal marchio.
Questa formula stata criticata rilevando come essa sia sostanzialmente ambigua.
I tre criteri ai quali essa si riferisce infatti se considerati in s e per s appaiono ambigui e fuorvianti.
Intendendo in senso pi generico quegli indici si potrebbe giungere a considerare affini dei prodotti in realt
lontanissimi come ad esempio da un lato lacqua minerale e dallaltro dei fagioli in scatola perch quanto
allintrinseca natura sono entrambi prodotti alimentari, quanto al soddisfacimento di uno stesso bisogno servono
entrambi a nutrire lorganismo e quanto alla destinazione alla stessa clientela sono offerti entrambi a quella delle
massaie.
Si dunque pensato che la nozione di affinit tra prodotti andasse ricostruita in coerenza con la funzione di
indicazione di origine del marchio e perci con una concezione della tutela del marchio come tutela contro la
possibilit di confusione circa la fonte di provenienza del prodotto.
In questa prospettiva si affermato che vanno considerati tra loro affini i prodotti che quando portino lo stesso
marchio o marchi simili possano ragionevolmente far pensare al consumatore di provenire dalla stessa impresa.
In questa prospettiva i 3 indici sui quali si basa la teoria precedente continuano ad assumere rilievo ma soltanto
come indici di una possibilit di confusione circa lorigine dei prodotti e perci non pi come elementi esclusivi sui
quali fondare il giudizio di affinit.
Il fenomeno molto evidente in relazione a certi particolari marchi cio quelli che sono stati detti i marchi dei
creatori del gusto e della moda.
In applicazione della seconda delle teorie in esame la giurisprudenza giunta a ritenere affini tra loro prodotti
come labbigliamento da un lato e i gioielli dallaltro che certo tali non sono merceologicamente ma che, nellambito
dei produttori di moda, il pubblico abituato a veder contrassegnati da uno stesso marchio ed attribuiti ad uno
stesso stilista.
La seconda tesi, daltra parte, sembra essere quella pi coerente alla legge la quale estende la tutela del marchio ad
ogni ipotesi di possibilit di confusione.
Quindi da un concetto dellaffinit in s ambiguo e che lasciava ampio spazio allarbitrariet e che inoltre era stato
adottato senza alcun riferimento normativo, si passati ad un concetto che valorizza la ratio dellestensione della
tutela del marchio ai prodotti affini ossia che attribuisce allespressione un significato coerente alla funzione di
indicazione dorigine del marchio stesso.
Le liste di protezione. Il marchio pu essere depositato per uno o pi prodotti o servizi.
Cos accade spesso per ampliare la sfera di protezione di un marchio destinato a contraddistinguere un determinato
prodotto o servizio, il titolare pagando tasse pi alte lo depositi per una pluralit di prodotti e o sevizi anche
compresi in classi diverse e magari per tutti i prodotti e servizi di tutte le classi.
Si parlato riguardo a ci di liste di difesa o di protezione.
Una simile ampliata registrazione del marchio sicuramente legittima dato che la legge non vincola la registrazione
stessa ad un attuale uso del marchio per i prodotti o servizi che essa rivendica ed anzi la consente prevedendo per
essa il pagamento di tasse superiori.
Il problema che si pone a riguardo dunque soltanto quello di stabilire se il mancato uso del marchio per una parte
dei prodotti o servizi per i quali stato registrato ne determini o meno la parziale decadenza per non uso oppure no.
Lorientamento prevalente in senso affermativo nel senso cio che in questa ipotesi si avr una decadenza parziale
cosicch leffettiva protezione che queste liste possono dare limitata nel tempo.
Il marchio che gode di rinomanza. Vi una categoria di marchi per i qual la legge opera un espresso e rilevante
sfondamento di tale principio concedendo loro una tutela che esorbita il limite della identit o affinit tra prodotti
o servizi.
Si tratta di marchi registrati che godano nello stato di rinomanza.
Cosa debba intendersi per marchio che goda di rinomanza non detto espressamente dalla legge.
Si potrebbe perci pensare che la rinomanza sia un dato da accertare di volta in volta ad esempio mediante indagini
demoscopiche dirette a stabilire quale percentuale del pubblico conosce un determinato marchio.
La legge attribuisce la tutela ampliata del marchio che gode di rinomanza allipotesi in cui luso del segno consente
di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli
stessi.
La tutela ampliata di cui si tratta sembrerebbe applicabile ogni volta che lappropriazione di un marchio altrui possa
determinare alternativamente o un indebito vantaggio per lusurpatore o un pregiudizio per il titolare del marchio.
Il che potr verificarsi anche nel caso in cui non si tratti di marchi realmente celebri.
Quindi lespressione marchio che gode di rinomanza pare tale da abbracciare sia lipotesi di marchi celebri sia quella
di marchi semplicemente noti.
Il limite sar segnato dal fatto che luso del terzo possa apportargli un vantaggio o possa arrecare un pregiudizio al
titolare.

L vantaggio del terzo potr consistere nei risparmi per laffermazione del so prodotto che deriva comunque
dalladozione di un marchio che gi nellorecchio del pubblico, sia nei favorevoli effetti derivanti
dallagganciamento parassitario alla fama del titolare.
Al contrario il pregiudizio di questultimo potr derivare sia dalloffuscamento dellimmagine del suo marchio per
ladozione di esso da parte del terzo per prodotti di qualit scadente sia dallindebolimento del carattere distintivo
del marchio del titolare a causa del venir meno della sua unicit sul mercato.
In considerazione di ci si potrebbe pensare che non vi sia reale differenza tra la categoria dei marchi normali e
quella dei marchi che godono di rinomanza specie aderendo alla tesi che il rischio di associazione richiesto per la
tutela dei marchi normali possa riferirsi anche a unassociazione anche non confusoria.
Si potrebbe dunque sostenere che le due formule del rischio di associazione da un lato e del vantaggio e del
pregiudizio dallaltro siano sostanzialmente equivalenti dato che certamente vantaggio e pregiudizio presuppongono
unassociazione.
Per gi si detto di come la tesi di un associazione non confusoria venga di solito disattesa.
E daltra parte sta di fatto che il legislatore ha voluto distinguere nettamente fra quelle due ipotesi parlando solo
per i marchi rinomati di tutela estesa ai prodotti non affini e contrapponendoli cos ai marchi normali.
La contraffazione del marchio.La violazione dellaltrui diritto di marchio si verifica con ladozione, per
contrassegnare prodotti dello stesso genere o di genere affine di un marchio uguale o simile.
Vi chi distingue tra usurpazione e contraffazione del marchio altrui riservando alladozione di un marchio identico
la prima parola e quella di un marchio simile la seconda.
Il termine pi usato quello di contraffazione.
Luso del marchio consiste nella apposizione di esso sul prodotto o sulla sua confezione, e nella successiva immissione
sul mercato del prodotto recante il marchio.
E uso del marchio anche lutilizzazione del segno nella pubblicit.
Allart 20 co 2 il legislatore tuttavia fornendo unampia elencazione di ci che il titolare pu vietare ai terzi
manifesta una nozione assai ampia di uso del marchio,e quindi di contraffazione che abbraccia oltre alle ipotesi
tipiche anche una serie di fattispecie ulteriori.
Sono cos considerate uso del marchio la mera apposizione del segno sui prodotti o sulle loro confezioni a prescindere
dalla loro messa in commercio nel territorio dello stato.
Luso del marchio altrui a fini descrittivi. Lart 21 co 1 consente un uso del segno altrui in funzione descrittiva.
Cos in particolare potr essere lecito che un terzo usi il proprio nome ed indirizzo anche se questi possano in
qualche modo risultare confondibili con marchi registrati altrui.
Del pari chiunque avr il diritto di usare indicazioni relative alla specie, alla qualit, alla quantit, alla
destinazione, al valore, alla provenienza geografica o ad altre caratteristiche di esso anche ove per qualche verso
coincidano con un marchio altrui.
Infine sar lecito riferirsi al marchio altrui per indicare la destinazione di un prodotto o servizio.
Le ipotesi ora elencate rappresentano casi di uso del segno che rispondono ad unesigenza descrittiva di dati reali.
Leccezione al divieto di uso da parte del terzo del marchio altrui andr commisurata alleffettivit dellesigenza
descrittiva facendo in modo di escludere che essa si possa tradurre in un ingiusto approfittamento.
Le diverse esigenze di identificazione. La totale coincidenza dellart 21 co 1 b) con il testo della seconda parte
dellart 13 co 1 che vieta che le stesse indicazioni descrittive contemplate dalla norma possano costituire oggetto di
valido marchio pone il problema di stabilire che utilit essa possa avere.
E probabile che lart 21 co 1 si riferisca allipotesi di marchi complessi contenenti le indicazioni descrittive in
questione.
Infatti lart 13 co 1 stabilisce che non possono costituire oggetto di valido marchio solo i segni costituiti
esclusivamente da quelle indicazioni descrittive cosicch in base ad esso nulla vieta che vi siano marchi complessi
che comprendano anche simili indicazioni.
In tale caso la norma in esame chiarisce che il loro inserimento in un valido marchio non le rende tutelabili.
Quanto alla terza eccezione quella che sancisce la liceit del marchio altrui quando sia necessario per indicare la
destinazione di un prodotto o servizio si potrebbe ritenere che con essa si voglia in generale stabilire la liceit
delluso del marchio altrui in funzione di descrizione del prodotto proprio o che si voglia limitare questa liceit
allipotesi di un esigenza descrittiva della destinazione del prodotto o servizio.
In particolare poi la norma menziona come lecito luso del marchio altrui per indicare che il prodotto costituisce un
accessorio o un pezzo di ricambio per il prodotto del titolare del marchio.
Gli usi atipici del marchio altrui. Gli usi consentiti del marchio altrui possono definirsi usi atipici del marchio,
essendo luso tipico quello in funzione distintiva e non descrittiva.
Tuttavia la liceit degli usi atipici subordinata alla loro conformit ai principi della correttezza professionale.
Ci significa che se taluno usi del marchio altrui in funzione descrittiva ma anche in modo da valorizzare il proprio
prodotto ed in modo che non essendo tuttavia confusorio , luso medesimo sar illecito.

Possono infine ipotizzarsi ulteriori casi di uso atipico del marchio altrui che consistono essenzialmente nei cosiddetti
casi di pubblicit per agganciamento.
Ambito temporale e spaziale dellesclusiva. Il diritto di esclusiva derivante dalla registrazione dura 10 anni a
partire dalla data di deposito della domanda.
L registrazione pu essere rinnovata una o pi volte ciascuna per 10 anni che decorrono dalla scadenza della
registrazione precedente.
Il diritto di esclusiva si estende a tutto il territorio nazionale.
Esaurimento dellesclusiva- Dal momento in cui il prodotto recante il marchio viene messo in commercio dal
titolare o con il suo consenso il diritto di esclusiva in ordine a quel prodotto viene meno o si esaurisce.
Ci significa che il titolare non ha pi alcun potere in relazione alla ulteriore circolazione del prodotto.)

Capitolo 6. Vicende del diritto.


Lezione. Quali sono i diritti che sorgono in capo al titolare del marchio relativamente alla sua
circolazione.
Il marchio pu essere ceduto in modo definitivo, quindi con un trasferimento totale, definitivo,
e pu essere ceduto in modo parziale ma pu anche essere semplicemente dato in uso o in
godimento ad un altro soggetto e relativamente a quest'ultima ipotesi noi parliamo della licenza
di marchio.
C' da dire che la legge marchi del 1992, cos come anche il nostro codice civile nel vecchio
testo dell'articolo 2573 CC, prevedeva, cos come per l'insegna e la ditta, che il marchio non
potesse essere ceduto se non veniva ceduta anche l'azienda.
Quindi il marchio doveva essere trasferito assieme al complesso aziendale.
Tuttavia questa legge stata modificata, gi era intervenuta la modifica alla legge marchi grazie
ad un d lgs che aveva recepito una direttiva comunitaria, la quale invece prevedeva la possibilit
di trasferimento del marchio a prescindere dal trasferimento dell'azienda.
Questa legge nasce come legge di recepimento di una direttiva comunitaria, la direttiva
prendeva spunto dal fatto che gi in altri Paesi Ue vi era la possibilit di trasferimento del
marchio e sopratutto di dare in uso e godimento il marchio a prescindere dal trasferimento
dell'azienda e quindi questa direttiva che aveva lo scopo di uniformare il mercato stata
recepita anche in Italia, quindi anche prima del CPI, stata introdotta la possibilit di cessione
del marchio senza trasferimento d'azienda e di uso e godimento del marchio che prende appunto
il nome di licenza del marchio.
Quando noi parliamo del principio della cedibilita del marchio ci riferiamo naturalmente sia
anche alla cessione parziale, cio al fatto che se io ho registrato il mio marchio per un
determinato tipo di prodotti, io posso cedere il marchio soltanto magari per una parte dei
prodotti per cui era stato registrato e mantengo il marchio per l'altra parte, quindi posso
frazionare questa ipotesi, la cessione parziale
Tra l'altro ci si posti, sopratutto in dottrina, un problema in relazione all'articolo 23 del CPI,
che appunto legittima la cessione parziale perch ci si era posti il problema se i prodotti per cui
il marchio veniva ceduto, potevano essere affini o meno a quelli per cui il marchio era stato
inizialmente registrato.

Art. 23.Trasferimento del marchio-1. Il marchio pu essere trasferito per la totalit o per una
parte dei prodotti o servizi per i quali e' stato registrato.
2. Il marchio pu essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalita' o per parte dei
prodotti o dei servizi per i quali e' stato registrato e per la totalita' o per parte del territorio
dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi
espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli
corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal
titolare o da altri licenziatari.
3. Il titolare del marchio d'impresa pu far valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso
contro il licenziatario che violi le disposizioni del contratto di licenza relativamente alla
durata; al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi per i quali la
licenza e' concessa, al territorio in cui il marchio pu essere usato o alla qualita' dei prodotti
fabbricati e dei servizi prestati dal licenziatario.
4. In ogni caso, dal trasferimento e dalla licenza del marchio non deve derivare inganno in quei
caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico.

Esempio: io registro il mio marchio per tutta una tipologia di prodotti che possono essere diversi
fra loro ma possono avere anche una certa affinit. Ci si posti il problema se il marchio potesse
essere ceduto solo per i prodotti affini e non per i prodotti per i quali era stato inizialmente
registrato.
Vanzetti e Di Cataldo ritengono che questo sia possibile, che la cessione parziale del marchio sia
lecita anche quando quella parte che viene ceduta riguarda prodotti affini, altri autori invece
ritengono che invece il trasferimento parziale, cio la cessione parziale ammissibile solo se i
prodotti non sono affini, su questo punto, che la giurisprudenza tende ad attestarsi, pi su una
verifica in concreto circa il divieto di inganno per il pubblico, quindi il divieto di inganno per il
pubblico diventa il limite per la cessione parziale del marchio.
Si prende in considerazione sostanzialmente se la cessione parziale, ovvero sia il marchio ceduto
solo per parte dei prodotti, possa trarre in inganno in relazione alla provenienza del prodotto e
allora quello il limite per cui la cessione parziale non pi legittima, ma altrimenti anche se il
prodotto affine ma non c' questo inganno, quindi questa confondibilit per il pubblico, la
cessione legittima.
Naturalmente avremo la figura del cedente, che il titolare del marchio e del cessionario, che
colui che acquista il marchio, parliamo di cessione parziale proprio perch rimane in capo al
cedente la titolarit sui diritti di utilizzo del marchio, cos come possibile la cessione totale,
cio io trasferisco totalmente il marchio che io ho registrato per tutti i prodotti e lo trasferisco
in capo ad un altro soggetto.
Quindi di fronte al trasferimento, quindi alla cessione, io posso avere la cessione totale o la
cessione parziale.
La registrazione pu essere fatta anche da colui che poi non immetter il prodotto nel mercato
con quel determinato marchio.... quindi noi possiamo anche avere una fattispecie nella quale io
registro un determinato marchio, per determinati prodotti, non costruisco, non immetto nel
mercato quei prodotti ma poi vado a trasferite ad un altro soggetto il marchio e questo
soggetto, imprenditore a tutti gli effetti, va a produrre quei beni con quel determinato marchio.

Quindi vi possono essere anche interessi di questo tipo, perch vari sono gli aspetti economici
che sottostanno a questo tipo di rapporti.

Licenza di marchio. Se invece parliamo della licenza del marchio, che forse l'aspetto pi
interessante perch molto anche in uso e praticato nel nostro mercato, parliamo di contratti
dove il titolare del marchio che assume il nome di licenziante, pur mantenendo la titolarit del
marchio, attribuisce l'uso o il godimento a terzi che prendono il nome di licenziatari.
Naturalmente questo tipo di fattispecie, questo contratto, pu prevedere che ci sia un'esclusiva
o meno in capo ad uno o all'altro dei due soggetti, che la licenza possa essere totale o parziale,
cio anche qui possa essere concesso in uso o godimento il marchio soltanto per alcuni prodotti o
per tutti i prodotti e pu essere riferita all'interno Stato italiano o solo ad una parte di esso.
Le varianti sono diverse! Io potrei concedere l'uso del mio marchio soltanto in FVG, e non invece
su tutto il territorio, in FVG potrei concedere l'utilizzo del mio marchio per soltanto per alcuni
prodotti per i quali io ho registrato il marchio, perch ritengo che in FVG certi altri prodotti non
abbiano particolare fortuna, quindi posso decidere di costituire un contratto di licenza di
marchio parziale, cos come posso in questa struttura contrattuale e concedere o meno
l'esclusiva al terzo.
Ovviamente va poi valutato nel concreto quelle che sono naturalmente le questioni pi
importanti.
Se noi parliamo di licenza esclusiva, io attribuisco all'imprenditore la facolt di usare
ovviamente il marchio per u determinato tipo di beni e a questo punto il titolare del marchio
rinuncia totalmente ad usarlo lui, il fatto che come voi potete ben comprendere questo tipo di
contratti di licenza di marchio ha un corrispettivo, quindi vengono tecnicamente chiamate royal
teese, ha un corrispettivo molto alto, pi io limito i diritti del titolare del marchio, maggiore
ovviamente sar il corrispettivo.
Se invece non concedo la licenza in esclusiva, ci sono state varie problematiche perch a questo
punto due soggetti mantengono l'uso del marchio, per gli stessi prodotti o comunque per
prodotti che possono essere anche affini.
Quindi, posso avere ovviamente una pluralit di soggetti che hanno lo stesso marchio in
relazione agli stessi prodotti, come posso avere pluralit di soggetti, ovviamente tra licenziante
e licenziatario che hanno ovviamente l'uso del marchio, magari facendo una distinzione
all'interno della categoria dei prodotti per quali prodotti ha l'uso del marchio il licenziatario e
per quali invece mantiene il licenziante, ma comunque c' una concorrenza, anche se vado a
delimitare all'interno della categoria dei prodotti quelli per i quali si mantiene la titolarit in
capo al licenziante e quelli per i quali viene concesso l'uso del marchio al licenziatario chiaro
che comunque posso creare una situazione di confusione.
Ecco perch l'articolo 23.3 CPI, subordina la liceit delle licenze non esclusive, alla condizione
che il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti
o servizi uguali a quelli corrispondenti messi in commercio con lo stesso marchio dal titolare o da
altri licenziatari.
3. Il titolare del marchio d'impresa pu far valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso
contro il licenziatario che violi le disposizioni del contratto di licenza relativamente alla
durata; al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi per i quali la

licenza e' concessa, al territorio in cui il marchio pu essere usato o alla qualita' dei prodotti
fabbricati e dei servizi prestati dal licenziatario
Il problema poi che cosa si intende per uguaglianza? Prodotti che devono avere le stesse
caratteristiche sostanziali, non uguaglianza solo dal punto di vista esteriore, dal punto di vista
esterno, vi deve essere una totale uniformit di prodotto.
Esempio; il marchio mulino bianco per i biscotti, se io concedo in licenza l'uso del marchio
mulino bianco per i biscotti, e non concedo con esclusiva, concedo in licenza senza concedere
l'esclusiva al licenziatario, chiaro che voi avrete sul mercato biscotti mulino bianco prodotti da
me che sono il licenziante e biscotti mulino bianco prodotti dal licenziatario, con lo stesso
marchio per, ma provengono da aziende diverse.
Per garantire i terzi e quindi i consumatori, in questo tipo di contratti dove si concede in licenza
il marchio, in modo parziale, quindi non si concede l'esclusiva dell'utilizzo del marchio, e questo
contratto valido ed efficace e legittimo se per i prodotti sono uguali, si stipula
sostanzialmente tra le parti un contratto in cui vengono indicati tutti quelli che sono i requisiti
essenziali, fondamentali del prodotto e il licenziatario deve rispettare, deve osservare tutte
queste prescrizioni.
Nel caso dei biscotti ci dovranno essere l'esatta indicazione dei materiali, delle materie prime
che vengono utilizzate, in che proporzione devono usarsi le materie prime, il procedimento di
lavorazione, in modo che il prodotto sia effettivamente uguale nelle sue caratteristiche
principali, sostanziali, fondamentali, a quello prodotto dal licenziante.
Quindi, abbiamo poi come naturale conseguenza di questo obbligo che il licenziante, pu agire
nei confronti del licenziatario qualora questi si renda inadempiente rispetto al contratto di
licenza, cio rispetto a quelle che erano le condizioni alle quali il licenziatario doveva produrre
quel determinato bene.
Se ad esempio metto il burro invece che lo strutto, o dosi diverse, il licenziante che ha inoltre
l'obbligo di controllare il prodotto del licenziatario, qualora appunto si rendesse conto che il
prodotto non lo stesso, potrebbe agire nei suoi confronti, non solo con l'azione ordinaria per
inadempimento contrattuale, ma proprio per violazione dell'obbligo del licenziatario che ha nei
confronti del licenziante di immettere sul mercato un prodotto uguale, cio negli aspetti
sostanziali e fondamentali un prodotto identico a quello del licenziante.
chiaro che c' una maggiore tutela, che cosa succede nel momento in cui io riconosco al
licenziante la possibilit di agire anche per violazione del contratto di licenza? Quindi per
violazione degli obblighi del licenziatario? Che posso ovviamente oltre che ad esperire l'azione
ordinaria di inadempimento contrattuale anche agire attraverso l'azione inibitoria, quindi vado
immediatamente a bloccare il comportamento, vado a chiedere eventualmente anche l'azione di
rimozione, cio quell'azione che ha la finalit di rimuovere gli effetti negativi del
comportamento posto in essere dal licenziatario, quindi la licenza, cio l'uso e il godimento del
marchio, pu essere concesso anche in modo parziale, pu essere concesso anche senza il diritto
di esclusiva, tuttavia bisogna appunto tutelare a parte i terzi, ma anche il licenziante, perch
poi ovviamente ci sarebbe un danno all'immagine se il prodotto immesso nel mercato con quel
marchio, prodotto identico, non dovesse soddisfare i requisiti che ha sempre soddisfatto...
quindi ovvio ed evidente che c' tutto un interesse anche del licenziante a mantenere alto lo
standard qualitativo, quindi gli si impone tutta una serie di indicazioni nel contratto stesso
relativamente alla lavorazione del prodotto, a quelli che devono essere i criteri sostanziali che
riguardano quel determinato bene perch il bene abbia quelle determinate caratteristiche,
queste vengono indicate nel contratto come obblighi del licenziatario, il licenziatario deve

attenersi strettamente a questi obblighi, qualora violi questi obblighi il licenziante avr non solo
la possibilit di agire nei suoi confronti con una normale azione di inadempimento contrattuale
ma potr inoltre agire anche con un'azione inibitoria, con un'azione di rimozione, volta a
bloccare prima ed annullare poi gli effetti del comportamento posti in essere dal licenziatario in
violazione degli obblighi imposti, questa possibilit gli viene riconosciuta in forza del CPI
all'articolo 23.3 che quello che va a prevedere che il titolare del marchio di impresa pu far
valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso contro il licenziatario quando ci sia la
violazione degli obblighi del licenziatario, quindi sostanzialmente mi riprendo il mio marchio,
ovvero sia mi riprendo il mio diritto esclusivo di utilizzare il marchio, se tu violi quelli che sono
gli obblighi del contratto.
Naturalmente a prescindere dal discorso della licenza senza esclusiva, in ogni caso nel momento
in cui io vado a stipulare un contratto di licenza di marchio laddove sostanzialmente ho un
distacco dalla azienda, cio dai beni che producono rispetto al bene che viene prodotto, quando
io concedo in uso o in godimento il marchio, vado a separare nettamente l'azienda, ovvero sia il
complesso aziendale dei beni da quel determinato bene, posto che verr prodotto con tutti altri
beni, da un altro imprenditore, quindi devo sempre, in ogni caso tener presente, anche qualora
ci sia la licenza in esclusiva che comunque e in ogni caso il bene deve soddisfare quegli standard
qualitativi che sono stati raggiunti dal titolare del marchio licenziante.
Non vi deve essere un inganno in relazione all'apprezzamento da parte del pubblico, Versace che
fa gli accessori per la casa, dalle piastrelle al tovagliato e via dicendo, chiaro ed evidente che
non l'azienda Armani che fa questo tipo di beni, ma ha concesso in licenza il proprio marchio
per questo tipo di prodotti, quindi il tovagliato piuttosto che le piastrelle vengono
sostanzialmente prodotti da altre imprese, ma hanno poi il marchio Armani perch ovviamente
sono titolari di una licenza di marchio.
Tuttavia, anche se c' una licenza in esclusiva per prodotti totalmente diversi, come pu essere
Armani nei confronti del licenziatario che produce piastrelle, bisogna comunque tener presente
che si deve non trarre in inganno il consumatore relativamente alla qualit del prodotto e quindi
all'apprezzamento che il pubblico ha nei confronti di un determinato marchio per lo standard
qualitativo che il prodotto contraddistinto da quel marchio ha.
Se effettivamente a me piace l'abbigliamento di Armani, anche queste caratteristiche che hanno
contribuito a far si che il marchio venisse apprezzato tra il pubblico devono esser rispettate e
mantenute dal licenziatario di un prodotto totalmente diverso da quello per il quale il marchio
stato reso famoso, quindi anche la piastrella, dovr essere fatta con materiale qualificato, con
materiale pregiato, dovr essere una piastrella di qualit e anche i disegni, le decorazioni etc
dovranno mantenere un determinato stile.
Quindi, si cerca sempre con la licenza di marchio, le norme del CPI dall'articolo 23 ss tendono
sempre a comunque far mantenere nelle ipotesi di licenza di marchio, quella continuit
qualitativa del prodotto che magari un bene totalmente diverso da quello per il quale
inizialmente il marchio stato registrato.
Ovviamente chiaro che anche qui ci deve essere un contratto che specifichi esattamente quelli
che sono gli standard qualitativi, e quindi quelle che sono le caratteristiche rilevanti per quel
determinato tipo di prodotto.
Naturalmente si vuole impedire l'inganno del pubblico dei consumatori e ovviamente ci sar
comunque il rispetto di questo principio, ovvero sia dell'obbligo di rispettare quelli che sono le
condizioni inserite nel contratto, anche quando magari ci saranno dei miglioramenti.

Se la licenza viene concessa per lo stesso prodotto, quindi parliamo di licenza parziale, senza
diritto di esclusiva, io ho un obbligo che inserito nel contratto di licenza di totale rispetto dei
requisiti, e quindi il prodotto deve essere uguale in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue
caratteristiche.
Se invece parliamo di licenza per prodotti diversi, quindi non abbiamo un problema di identit o
affinit, ma prodotti totalmente diversi, come nell'esempio della piastrella con il marchio
registrato per il settore abbigliamento, in questi casi anche qui nel contratto vi l'indicazione
dei requisiti da rispettare nella lavorazione per garantire una determinata qualit del prodotto,
ma non occorre seguirli in modo totalmente identico, perch eventuali miglioramenti di quel
prodotto, cio se io la piastrella la faccio ancora pi sofisticata etc, non mi si potr dire che io
ho violato le norme in tema di obblighi del licenziatario, proprio perch io anzi mantenuto a far
si che si accresca ancora di pi l'apprezzamento del pubblico nei confronti di quel marchio in
quel determinato settore, quindi le norme che voi trovate nel CPI sono proprio volte a cercare di
non solo mantenere ma addirittura sollecitare ed incentivare anche una miglior qualit del
prodotto per cui viene concesso in licenza il marchio.
Ovviamente di fronte ad eventuali violazioni, quindi anche se il terzo imprenditore che produce
la piastrella, non rispetta e anzich accrescere va a deteriorare l'immagine del marchio nel
settore della piastrella piuttosto che dell'accessorio e via dicendo, chiaro ed evidente che il
titolare del marchio avr la possibilit di agire nei suoi confronti con l'azione ordinaria di
inadempimento contrattuale ma anche ovviamente con quella della inibitoria, azione di
rimozione, volta appunto ad eliminare gli effetti negativi della violazione degli obblighi del
licenziatario da parte di questi.
In questi casi, si guarda sopratutto quello che pu essere anche l'aspetto ingannevole nei
confronti del consumatore, si guarda a quello che l'inganno che pu ingenerarsi nel pubblico
quando non ci sia un corretto rispetto degli obblighi e quindi sostanzialmente il consumatore
pensa di avere un prodotto altamente qualificato ed invece ci non avviene.
ovvio ed evidente che in queste ipotesi ammessa una certa variabilit, nel senso, il contratto
di licenza prevede determinati obblighi, io che sono il licenziatario posso effettivamente nella
programmazione ma anche nella produzione, posso o addirittura andare oltre, migliorare il
prodotto o magari leggermente essere al di sotto dello standard qualitativo, per questa forbice
che mi porta al di sotto dello standard qualitativo deve sempre mantenere un certo livello,
perch senno io andrei a trarre in inganno il pubblico che confida in un determinato prodotto
contraddistinto da quel marchio quando invece quel prodotto contraddistinto da quel marchio
non soddisfa gli standard qualitativi che il marchio aveva.
Se nell'ipotesi di prima, quando cio la la licenza viene concessa in modo parziale per lo stesso
tipo di prodotti, il prodotto deve essere identico e li la valutazione, il giudizio molto rigida.
Qui che viene concesso per prodotti diversi si pi elastici nel valutare il rispetto degli obblighi
del licenziatario, ovviamente sono ammessi e anzi ben visti i miglioramenti, ma anche il
deterioramento pu in qualche modo essere preso in considerazione senza portare
necessariamente alla violazione degli obblighi del licenziatario.
Quindi, sicuramente la licenza di marchio costituisce forse una delle parti pi rilevanti, per
quanto riguarda la circolazione del marchio, proprio perch il contratto di licenza molto
utilizzato, spesso anche perch magari l'imprenditore, cio il titolare del marchio vuole sondare
determinati settori, preferisce quindi avvalersi di persone esperte in quel mercato, concede in
licenza per un determinato periodo il marchio, e poi magari una volta che il contratto viene a

scadenza e quindi egli riacquista l'uso esclusivo del marchio, magari pu produrre a sua volta i
beni e quindi sa che quel mercato pu essere un buon mercato.
Quindi, sicuramente maggiori sono i contratti di licenza che non di trasferimento totale del
marchio, cio trasferimento della titolarit del marchio.

Contratto di merchandising e contratto di franchising. Nel contratto di merchandising il


titolare di un marchio in questo caso notorio, perch chiaro che il presupposto il fatto che
c' un marchio che gode di rinomanza, concede a certi soggetti, quindi ad altri imprenditori la
facolt di usare il marchio per prodotti notevolmente diversi dai propri.
L'esempio delle piastrelle era un contratto di merchandising, perch era un marchio notorio, ma
quello che vale per il marchio notorio vale anche per i marchi ordinari.
chiaro che il contratto di merchandising poi viene disciplinato oltre che dalle norme generali
sul contratto anche sullo specifico da quelle che sono le statuizioni delle parti. Sono le parti che
vanno concretamente a rendere il contenuto del contratto perch al di la dell'utilizzo del
marchio notorio star poi al licenziante andare ad indicare tutte quelle che sono le prescrizioni,
gli obblighi che devono essere rispettati.
Nel caso del merchandising viene concesso l'uso del marchio che contraddistingue il prodotto per
prodotti totalmente diversi.
Il contratto di franchising, abbiamo una collaborazione continuativa tra i due imprenditori
perch l'affiliante concede all'affiliato tutta una serie di strutture, organizzazioni, Know how e
cos via in modo da sostanzialmente permettergli di sviluppare quel determinato prodotto.
Il franchising potremo inquadrarlo forse pi nel contratto di licenza senza esclusiva, quindi un
soggetto mette a disposizione di un altro imprenditore o pi altri imprenditori tutte quelle che
sono le conoscenze, le strutture, la propria formula commerciale, che viene ad essere utilizzata
dall'affiliato, cio da colui che conclude con me il contratto di franchising, quindi la tipologia
del prodotto identica, anzi gli metto a disposizione tutta una serie di elementi utili per la
produzione di quel determinato bene.
Anche qui naturalmente vado ad indicare esattamente tutti quelli che sono i requisiti che
devono essere assolutamente rispettati dall'affiliato, cio da colui che decide con un contratto
di franchising di produrre quel determinato bene.
Quindi merchandising e franchising sono due tipologie contrattuali che sono una specie concreta
di licenza di marchio, cio di concessione di uso e godimento di marchio. Nel caso di
merchandising concessione di uso e godimento del marchio per prodotti totalmente diversi, nel
caso del franchising concessione di uso del marchio e di collaborazione continua perch ti metto
a disposizione tutti quelli che sono, a livello organizzativo, anche strutturale e strumentale, i
mezzi attraverso i quali tu puoi produrre quel determinato bene.
Abbiamo parlato del trasferimento del marchio, della cessione del marchio, ma anche della
licenza del marcio, cio la concessione in uso o in godimento del marchio, poi abbiamo fatto un
discorso sul fatto che in ogni caso quello che si va a vedere, sopratutto nel caso di licenza di
marchio, quando ovviamente non c' l'esclusiva, quindi quando il titolare continua ad usare del
marchio, si fa riferimento come criterio per essere tranquilli e sicuri che non ci sia confusione, a
quella che pu essere la percezione del pubblico in relazione all'eventuale concessione in licenza
del marchio, ovvero sia non deve mai creare appunto questo rischio di confusione nel pubblico

dei consumatori, il fatto che io abbia concesso in licenza il mio marchio perch se da un lato la
legge mi consente di cedere in licenza il marchio, dall'altro naturalmente tutela anche il
consumatore, lo puoi fare ma questo non deve, nell'opinione generale del consumatore creare
inganno circa la provenienza del prodotto.
Si fa una distinzione anche tra marchio generale e marchio speciale. Il marchio generale il
marchio che viene impresso dal produttore (marchio Barilla), mentre il marchio speciale
Mulino Bianco.
Se io vado ad apporre su determinati prodotti, se io concedo in licenza il marchio generale,
chiaro che posso ingenerare nei consumatori una confusione circa la provenienza, ma
veramente Barilla o chi che produce questo prodotto, dato che parliamo di marchio generale,
che viene impresso proprio da chi materialmente fa il prodotto.
Mentre sul marchio specifico diciamo che la provenienza, l'origine del prodotto meno
rilevante, perch il marchio generale che indica l'origine, l'originalit del prodotto, il marchio
specifico il marchio che viene apposto da chi vende, quindi non necessariamente il marchio
speciale da una garanzia sulla provenienza, sulla originalit del prodotto.
A questo punto quindi, si ritiene che normalmente quando io concedo in licenza per una parte
dei prodotti il marchio generale devo a questo punto adempiere a quella sorta di obbligazione
che comporta il trasferimento al licenziatario di tutte quelle conoscenze, cio proprio degli
strumenti per poter produrre lo stesso bene, addirittura si arriva a dire, o c' una cessione
addirittura di parte dell'azienda, di un ramo dell'azienda che produce quel determinato bene..
Io imprenditore do in licenza il mio marchio generale, ma perch ho trasferito l'azienda, quel
ramo d'azienda, che produce quel determinato bene, quindi cedo, nel senso che do in uso, do in
godimento, anche il marchio generale, perch corretto che se ho ceduto parte dell'azienda, un
ramo d'azienda che proprio quello che va a produrre quel determinato bene, anche corretto
che io magari conceda (non posso trasferire completamente il marchio ma posso darlo in uso, in
godimento a chi ha acquistato l'azienda, che diventa il licenziatario nel contratto di licenza di
marchio).
Oppure non cedo il ramo d'azienda per gli fornisco tutti quegli elementi in modo tale da
garantire quella continuit qualitativa, da mettere il licenziatario nelle condizioni di produrre
sempre quel bene ma con le stesse caratteristiche, con le stesse qualit di cui gode il prodotto
su cui viene impresso il marchio generale, quello di cui titolare l'imprenditore e che viene poi
concesso in licenza.
Sostanzialmente questo quello che ci dice il CPI, all'articolo 23.4, che appunto non deve dalla
licenza del marchio, derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali
nell'apprezzamento del pubblico, quindi che sono fondamentali per far apprezzare quel prodotto
al pubblico, e quindi parliamo di continuit qualitativa da garantire anche attraverso il contratto
di licenza di marchio.

Art. 23. Trasferimento del marchio-1. Il marchio pu essere trasferito per la totalit o per una
parte dei prodotti o servizi per i quali e' stato registrato.
2. Il marchio pu essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalita' o per parte dei
prodotti o dei servizi per i quali e' stato registrato e per la totalita' o per parte del territorio
dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi
espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli

corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal
titolare o da altri licenziatari.
3. Il titolare del marchio d'impresa pu far valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso
contro il licenziatario che violi le disposizioni del contratto di licenza relativamente alla
durata; al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi per i quali la
licenza e' concessa, al territorio in cui il marchio pu essere usato o alla qualita' dei prodotti
fabbricati e dei servizi prestati dal licenziatario.
4. In ogni caso, dal trasferimento e dalla licenza del marchio non deve derivare inganno in quei
caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico.

Accanto a questa tipologia di contratti, cos come accanto alla tipologia del contratto di
merchandising o di franchising, oltre a questi contratti di licenza, quindi merchandising e
franchising esistono anche tutta una serie di accordi privati, di contratti tra le parti, che sono
stati definiti CONTRATTI DI COESISTENZA, ovvero sia contratti che hanno la finalit di regolare
tra le parti l'eventuale coesistenza di segni distintivi che sono uguali, identici o simili.
Siccome l'azione giudiziale per l'eventuale inibitoria o eventuale azione di contraffazione ha dei
costi notevoli, certe volte quando tutto sommato c' la possibilit di risolvere il problema in
modo non contenzioso, si va regolare questo rapporto attraverso questi contratti di coesistenza i
quali hanno la finalit non solo di delimitare l'uso magari di un segno distintivo nei confronti di
un altro segno distintivo, tra imprenditori.
Certe volte noi arriviamo a questo obiettivo attraverso delle transazioni, qualsiasi controversia,
sia che sta per sorgere, sia gi nella fase contenziosa pu trovare uno sbocco transativo,
attraverso la stipula di un contratto di transazione, che un contratto con il quale le parti,
rinunciando reciprocamente ai propri diritti, decidono di regolamentare i propri rapporti.
Quindi noi abbiamo nel caso specifico, o contratti o transazioni che vanno a regolare la
coesistenza di segni distintivi, quindi voi potere anche ritrovare delle fattispecie nelle quali ci
sono magari dei marchi simili per prodotti identici, senza che nessuno agisca nei confronti
dell'altro, proprio perch prima di arrivare al contenzioso c' stato un accordo, un contratto di
coesistenza o una transazione.
La possibilit che questi contratti siano validi e che quindi questi contratti vengono stipulati la
deduciamo dall'articolo 20.1 CPI laddove dice che il titolare del marchio ha la facolt di
consentire l'uso di un segno distintivo interferente con il proprio, e quindi laddove l'articolo 20,1
CPI ammette che vi sia un consenso del titolare all'uso del marchio, chiaro che ovviamente si
legittima questo tipo di contratti.

Art. 20. Diritti conferiti dalla registrazione-1. I diritti del titolare del marchio d'impresa
registrato consistono nella facolta' di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di
vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attivit economica:
a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso stato
registrato;
b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a
causa dell'identita' o somiglianza fra i segni e dell'identita' o affinita' fra i prodotti o servizi,

possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un
rischio di associazione fra i due segni;
c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il
marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo
consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del
marchio o reca pregiudizio agli stessi.
2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio pu in particolare vietare ai terzi di
apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in
commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal
segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno
nella corrispondenza commerciale e nella pubblicit.
3. Il commerciante pu apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non pu
sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le
merci.

E poi fa tutta l'elencazione delle ipotesi in cui il titolare del marchio pu vietare l'uso,
illegittimo, da parte di un terzo...
Ma l'inciso : salvo consenso, vuol dire che un eventuale uso nell'attivit economica di un segno
distintivo identico o simile pu essere oggetto di un consenso, di un accordo che interviene tra
le parti e che quindi legittima l'uso e l'utilizzo di quel segno.
Altra cosa di cui dobbiamo tenere conto, questo per esempio, succede, questi accordi
coesistenza, pensate ad esempio alla classica famiglia patriarcale, il padre imprenditore che ha
registrato il marchio, varie sono le fattispecie (famiglia Coin, in realt alla morte
dell'imprenditore c' stata, come sempre succede, una contestazione tra eredi, per certi hanno
mantenuto il marchio, questo succede quando appunto assurdo fare una licenza di marchio...),
ci si accorda fra i coeredi che una parte utilizzava il marchio per mantenere i grandi magazzini,
un'altra l'ha utilizzato per svolgere altre attivit creando altri negozi etc...
Quindi questi accordi trovano normalmente riscontro in fattispecie di questo tipo dove, da
un'iniziale registrazione del marchio da parte del titolare, poi per questioni di diversa natura c'
una suddivisione.
Pensate anche alla realt dei gruppi di societ, dove c' la holding e le varie societ figlie,
quindi a quel punto potrebbe essere necessario, o anche nel caso di scissione fra societ, senza
andare a regolamentare con un contratto di licenza che comunque ha dei costi anche di
registrazione e via dicendo, ovviamente con questi accordi di transazione.
Quindi nella legge laddove si dice, salvo il proprio consenso, si intenda che il titolare pu sempre
acconsentire e quindi c' il rispetto della libert dell'autonomia delle parti.
Anche per i marchi, il codice della propriet industriale ha previsto un sistema di trascrizione.
Gli articoli 138 e 139 hanno istituito un registro, che viene sempre tenuto dall'ufficio italiano
brevetti e marchi, ha semplicemente una sua individualit rispetto a dove vengono annotati i
vari marchi, e li sostanzialmente vengono trascritte tutte quelle che sono le vicende relative a
quel determinato marchio:

quando io cedo il marchio, cessione della titolarit, l'acquirente avr diritto a trascrivere
il proprio nominativo come nuovo titolare del marchio

nel caso di licenza del marchio, evento che comunque riguarda il marchio, ci sar la
trascrizione del contratto

eventuali azioni cautelari che venissero ad essere esperite nei confronti del titolare del
marchio,

Per esempio facciamo l'ipotesi del marchio che stato concesso in licenza, quindi ha un
corrispettivo che proviene dalla licenza del marchio, io posso sottoporre a pignoramento il
marchio per avere diritto ad ottenere il pagamento del corrispettivo della licenza.
Oppure ritengo che quel marchio sia invalido, lo devo sequestrare perch non venga utilizzato
fintantoche non vi sia la decisione che seguir poi all'eventuale azione di contraffazione, e io
vado a trascrivere... quindi utilizzo questo registro, proprio perch previsto che la trascrizione
del marchio registrato avvenga e che ogni evento che riguardi quel marchio registrato sia
trascritto, permette quindi di avere la stessa valenza dei registri su cui voi trascrivete la
domanda giudiziale piuttosto che altri atti di altra natura e ha la stessa efficacia e la stessa
finalit, nel senso, quella di rendere pubblico, di rendere opponibile ai terzi, quelli che sono gli
atti trascritti.
Naturalmente l'atto in se e per se, se non viene trascritto, ovvero sia, il contratto di licenza di
marchio che non trascritto, comunque valido ed efficacie indipendentemente dalla
trascrizione, la trascrizione ha solo un'efficacia di opponibilit e nei confronti dei terzi.
Tra l'altro per esempio se, come succede nella pratica, se il marchio viene ceduto, se ne viene
trasferita la titolarit a pi soggetti, chi per primo trascrive l'atto di cessione ha diritto ad
essere considerato colui che ha acquistato il diritto.

Nel regime della registrazione dei marchi anche un sistema di trascrizione a maggior tutela dei
terzi, e quindi gli effetti sono quelli della trascrizione cos come prevista dal CC, e quindi di
opponibilit, o di determinazione della priorit, chi per primo trascrive ha acquistato il diritto.
Quindi c' la possibilit di dare, di concedere maggiori garanzie.
Prima del CPI questo sistema di trascrizione non era previsto.

La buona fede?? le regole sono le stesse... per anche vero che tu che hai acquistato avrai
tutto l'interesse e sar tuo onere trascrivere per primo, cos come chi acquista un determinato
bene, ha tutto l'interesse a effettuare ovviamente per primo la trascrizione, in modo da evitare
che ci siano altri soggetti.... a parte l'efficacia della determinazione della priorit la
trascrizione importante anche perch cos io posso verificare tutti quelli che sono gli
accadimenti, gli eventi relativi al marchio, ad esempio se c' una contestazione in atto, io sto
acquistando, sto acquisendo una determinata azienda o un ramo d'azienda, sono intenzionato ad
acquistare anche il marchio, ovviamente, per voglio essere sicuro che ovviamente non ci sia
magari pendente una controversia sull'eventuale contraffazione o originalit del marchio
perch altrimenti andrei a pagare qualcosa che poi nullo... perch una volta accertato che il
marchio contraffatto viene dichiarato nullo, quindi avrei acquistato qualcosa che poi mi viene

dichiarato nullo.... certo ho sempre poi la possibilit di rivalermi nei confronti di chi ha
ceduto, per meglio evitare di dover correre dietro a colui che mi ha venduto il marchio pur
sapendo del procedimento in atto, magari gi con l'accertamento che il marchio era
contraffatto, quindi posso tutelarmi attraverso la trascrizione.
(Libro. Trasferimento e licenza. Poich per gran parte dei marchi soprattutto generali il messaggio in questione
un messaggio di costante provenienza del prodotto o servizio contrassegnato dalla medesima impresa ne deriva che
leventualit che il marchio stesso si stacchi dallimpresa originaria per inserirsi in unimpresa diversa da luogo ad
una situazione critica nella quale il rischio dinganno del pubblico si rende particolarmente attuale.
E questa la ragione per cui fino al 1992 la legge prevedeva che il marchio non potesse essere trasferito se non con
lazienda o con il ramo particolare di essa rilevante ai fini della qualificazione del prodotto contraddistinto.
Ora questo limite al trasferimento del marchio caduto ed il nostro ordinamento prevede che quel trasferimento
possa concernere anche il marchio isolatamente considerato.
Tuttavia la situazione di rischio di inganno che con il trasferimento stesso si determina ha indotto il legislatore a
circondarlo di particolari cautele a salvaguardia dellinteresse del consumatore.
Il marchio a norma degli artt. 2573 c.c. e 23 c.p.i. pu essere liberamente trasferito.
Le norme appena citate aggiungono che il marchio pu anche essere concesso in licenza ossia pu venire concesso dal
titolare in godimento a terzi.
Lipotesi della licenza che ne attribuisce luso al licenziatario e perci determina a sua volta un distacco tra il
marchio e limpresa cui era prima pertinente.
Ci giustifica che pure per la licenza il legislatore abbia previsto particolari cautele a tutela dellinteresse del
consumatore.
Sia nel caso di trasferimento sia nel caso di licenza si verifica un distacco tra il marchio e limpresa cui
originariamente era pertinente.
Ci tuttavia vero soltanto quando si tratti di marchio che era gi usato prima della stipulazione del negozio
traslativo della titolarit o costituito del diritto di godimento.
Se trasferimento o licenza hanno per oggetto un marchio non ancora usato le cautele non hanno ragione dessere.
Il trasferimento del marchio pu essere effetto di un atto fra vivi o mortis causa.
La cessione parziale. Se si tratta di un marchio registrato per una pluralit di prodotti o servizi esso potr essere
trasferito per la totalit o per parte di essi.
Nel secondo caso si parler di un trasferimento parziale del marchio e la titolarit di esso si sdoppier rimanendo in
capo al cedente quella parte del marchio che concerne i prodotti per i quali non stato ceduto.
Qualora la cessione parziale concerna prodotti assolutamente eterogenei rispetto a quelli per i quali il marchio
rimane in capo al cedente non si porr alcun problema.
Un problema si pone invece quando si tratti di prodotti fra loro in qualche misura vicini.
Se dunque la cessione parziale avr per oggetto il marchio con riferimento a prodotti affini a quelli per i quali il
cedente ne conserva la titolarit si determiner una situazione analoga a quella di una contitolarit di uno stesso
marchio da parte di imprenditori diversi.
Sia il cedente sia il cessionario infatti godranno della medesima tutela.
Conseguentemente si sarebbe portati a concludere che la cessione parziale del marchio sia ammissibile soltanto
quando verta su prodotti non affini a quelli per i quali il cedente mantenga la titolarit.
La licenza non esclusiva. Quanto alla licenza la legge prevede che anche essa possa riguardare la totalit o una
parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio registrato.
La legge prevede poi che il marchio possa essere oggetto anche di licenza non esclusiva e possa riguardare anche
soltanto una parte del territorio dello stato.
A questo riguardo va sottolineata la differenza fra la licenza parziale e la licenza non esclusiva.
La licenza parziale infatti una licenza esclusiva in relazione ai prodotti ai quali riferita, ed una pluralit di
licenze parziali rappresenta perci una pluralit di licenze ciascuna tuttavia esclusiva per certi prodotti.
La licenza non esclusiva si avr soltanto quando sia concessa ad una pluralit di soggetti una licenza di marchio in
relazione agli stessi prodotti, oppure quando il concedente dia licenza del marchio ad un terzo per determinati
prodotti e conservi per se il diritto di adoperarlo per gli stessi prodotti.
In relazione a questa situazione si porr il problema di evitare che il pubblico trovi sullo stesso mercato prodotti
allapparenza identici e per contro qualitativamente difformi con conseguente inganno.
E questa la ragione per la quale il legislatore ha ritenuto necessario subordinare la liceit delle licenze non esclusive
alla condizione che il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o
servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello stato con lo stesso marchio
dal titolare o da altri licenziatari.

Lobbligo del licenziatario non esclusivo di uniformare la propria produzione a quella degli altri licenziatari o del
titolare previsto dalla legge come un obbligo contrattuale e non si parla invece di un dovere del titolare del
marchio di far rispettare questo obbligo.
Ci potrebbe rendere dubbia lefficacia della norma in quanto basterebbe la tolleranza del titolare rispetto alle
differenze qualitative del prodotto del licenziatario per consentire linganno del pubblico.
Ci tuttavia pare escluso dalla previsione della decadenza del marchio per uso ingannevole di esso e che esporrebbe
il titolare al rischio di incorrere in quella decadenza.
Reazioni del titolare dellinadempimento del licenziatario. Lart 23 co 3 enumera una serie di possibili violazioni
del contratto di licenza da parte del licenziatario e prevede che di fronte a simili violazioni il titolare del marchio di
impresa pu far valere il diritto alluso esclusivo del marchio stesso contro il licenziatario.
Questa norma potrebbe suscitare qualche perplessit.
Infatti essa contiene un elenco di possibili violazioni del contratto di licenza che nellambito della teoria del
contratto dovrebbero configurarsi come causa di risoluzione del contratto stesso per inadempimento ed una volta
risolto il contratto va da s che il concedente possa far valere il proprio marchio contro il licenziatario cos come
contro qualsiasi terzo.
Se la norma in esame volesse dir questo evidente che non vorrebbe dire in realt nulla.
Bisogna infatti ritenere che la norma stessa consenta al titolare nelle ipotesi di inadempimento di agire contro il
licenziatario come se il titolo contrattuale non esistesse e perci non sulla base di unazione di risoluzione del
contratto per inadempimento ma con lazione di contraffazione.
In questo caso il licenziatario potr difendersi su base contrattuale eccependo linesistenza di un proprio
inadempimento con una sorta di sovrapposizione fra azione contrattuale ed extracontrattuale.
Il divieto di inganno del pubblico. Il trasferimento e la licenza del marchio nel dar luogo ad un distacco del segno
dallimpresa cui esso faceva capo determinano un momento di particolare rischio di lesione degli interessi del
consumatore.
Ad evitare questo rischio volta la disposizione contenuta sia nellart 2573 cc sia nellart 23 co 4 secondo la quale in
ogni caso dal trasferimento e dalla licenza del marchio non deve deriva inganno in quei caratteri dei prodotti o
servizi che sono essenziali nellapprezzamento del pubblico.
Questa norma quando sia riferita al trasferimento di un marchio speciale pone dei vincoli a capo del cessionario o del
licenziatario del marchio inerenti alla qualit del prodotto o del servizio.
Il legislatore impone dunque al nuovo utilizzatore del marchio speciale di non utilizzarlo in modo da ingannare il
pubblico su elementi del prodotto o servizio contrassegnati che siano determinanti nel formare la sua scelta. Ci
parrebbe voler dire che il cessionario ed il licenziatario sono tenuti a produrre e prestare prodotti o servizi della
stessa identica qualit di quelli contrassegnati col medesimo marchio dal loro dante causa. Ma non questo
lobbiettivo che il legislatore si propone in quanto quello di impedire linganno del pubblico. Ci significa che la
norma sar rispettata non soltanto quando vi sia una piena costanza qualitativa ma anche quando si determinino dei
miglioramenti qualitativi dato che in questo caso la differenza non fonte dinganno, o anche dei deterioramenti di
scarso rilievo vale a dire non tali da risultare determinanti nella scelta del prodotto o anche deterioramenti rilevanti
quando il pubblico sia avvertito con adeguate comunicazioni. Ci che la norma in esame vieta sono soltanto dei
deterioramenti rilevanti e celati del prodotto o del servizio che sono i soli idonei a provocare un inganno del
pubblico.
Diverso il discorso da farsi quando si tratti del trasferimento di un marchio generale.
In questo caso parlare di mantenimento della qualit del prodotto o del servizio non ha evidentemente pi senso
dato che per questo tipo di marchio non vi un singolo prodotto per cos dire originale di riferimento.
Bisogner dunque in questo caso prendere in considerazione il tipo di messaggio che il marchio generale
normalmente comunica e chiedersi se il divieto di inganno del pubblico possa essere riferito anche al contenuto di
questo messaggio.
I marchi generali comunicano normalmente un messaggio sullorigine del prodotto che elemento sostanziale di
coerenza dei prodotti fra loro diversi che recano il marchio generale.
Si tratta dunque di stabilire se linganno del pubblico sullorigine possa farsi rientrare tra quelli vietati dallart 23.
Se si considera questa norma nel contesto delle altre con le quali concorre a costituire quello statuto di non
decettivit e se si considera che la funzione dorigine continua ad essere considerata fondamentale nellistituto del
marchio la risposta sembra dover essere positiva.
Deve comunque ritenersi che la cessione e la licenza di un marchio generale sia legittima solo se ogni inganno del
pubblico circa la costante origine imprenditoriale del prodotto sia escluso.
E ci potr ottenersi non solo quando il marchio venga ceduto con lazienda come un tempo era prescritto ma anche
quando il pubblico venga avvertito dellavvenuta cessione del marchio stesso.
La presunzione di trasferimento dellazienda. Va considerato il disposto dellart 2573 co 2 c.c. ai sensi del quale
quando il marchio costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata si
presume che il diritto alluso esclusivo di esso sia trasferito insieme con lazienda.

La presunzione posta da questa norma una presunzione iuris tantum e dalla stessa si desume che a contrariis che in
caso di trasferimento dazienda il contemporaneo trasferimento del marchio costituito dalla ditta originaria
subordinato allespresso consenso dellalienante.
La trascrizione. Le vicende attinenti al marchio registrato sono sottoposte ad un regime di trascrizione vicino a
quello che la legge prevede per i beni mobili registrati.
In particolare lart 138 c.p.i. dispone che debbano essere trascritti presso lufficio italiano brevetti e marchi:

gli atti fra vivi che trasferiscano in tutto o in parte i diritti sui marchi registrati

gli atti fra vivi che costituiscano modifichino o trasferiscano diritti personali o reali di godimento, privilegi
speciali o diritti di garanzia sui marchi registrati

gli atti di divisione, di societ, di transazione, di rinuncia relativi ai diritti prima menzionati

le sentenze che dichiarino lesistenza di quegli atti quando essi non siano stati precedentemente trascritti

le domande giudiziali dirette ad ottenere le sentenze di cui abbiamo appena detto

i verbali di pignoramento, di aggiudicazione in seguito a vendita forzata, di sospensione della vendita di


parte dei marchi pignorati per essere restituiti al debitore e i decreti di espropriazione di pubblica utilit

i testamenti e gli atti che provano lavvenuta successione sui marchi e le sentenze relative

le sentenze di rivendicazione e le relative domande giudiziali

le sentenze che dispongono la conversione del marchio nullo e le relative domande

le sentenze che pronunciano la nullit, lannullamento, la risoluzione, la revocazione di un atto trascritto


devono essere annotate in margine alla trascrizione dellatto al quale si riferiscono
La trascrizione ha gli effetti tipici di questistituto.
Essa non condiziona la validit degli atti da trascrivere ma si limita a condizionare lopponibilit a terzi aventi
diritto sul marchio degli atti da trascrivere.)

Capitolo 7. Nullit e estinzione del diritto.


Cause di estinzione, decadenza O nullit del marchio
Cause di estinzione. Innanzitutto abbiamo la scadenza del termine decennale. La registrazione
ha un'efficacia decennale, pu essere rinnovato, anche all'infinito, ma nel momento in cui io non
avessi pi l'interesse a farlo, e alla scadenza del decimo anno non rinnovo la mia registrazione,
la mancata rinnovazione della registrazione comporta estinzione del marchio.
Ovviamente, come sempre accade, l'estinzione pu avvenire anche per rinuncia del diritto da
parte del titolare, non sono pi in grado di pagare, chiudo tutto, a questo punto rinuncio al mio
diritto.Altre cause di estinzione, c' anche ovviamente il contrasto con determinate norme che
comportano la dichiarazione di nullita del marchio.
Oppure al verificarsi di alcune cause che comportano la decadenza dal marchio.
Tra queste ad esempio il mancato uso che comporta, se avviene nei primi 5 anni, decadenza e
quindi estinzione del marchio.

Cause di nullit. C' da fare una premessa... il fatto che il marchio sia stato registrato, la
registrazione non va a sanare l'eventuale vizio di nullit di cui affetto il marchio, perch la
registrazione del marchio, avviene senza un esame profondo di quelle che sono la sussistenza dei
requisiti di validit, sopratutto in relazione alla novit, quindi se manca il requisito della novit
perch c' gi chi ha registrato chiaro che chi ha registrato per secondo, ha registrato
validamente, tuttavia da un accertamento successivo il marchio viene accertato nullo, quindi
viene dichiarata la nullit del marchio.
Questo stato esplicitato dall'articolo 117 CPI, che andato un po' a dirimere varie querelle che
si erano sviluppate in precedenza sul discorso che la registrazione in qualche modo sanava la
mancanza dei requisiti di validit.

Art. 117. Validita' ed appartenenza 1. La registrazione e la brevettazione non pregiudicano


l'esercizio delle azioni circa la validit e l'appartenenza dei diritti di propriet industriale.
Quali sono le ipotesi di nullit, cause di nullit che sono indicate dall'articolo 25 CPI, che fa
riferimento a varie ipotesi, tra le quali la mancanza del requisito della novit, quindi violazione
dell'articolo 12, o se non rientra in uno dei segni che sono indicati all'articolo 7 CPI, o illiceit
per contrariet alle norme imperativo o al buon costume, oppure la domanda di registrazione
stata presentata in mala fede, cio ero perfettamente consapevole, sapevo che c'era il mio
concorrente che aveva registrato per primo il marchio, io ho comunque fatto la domanda di
registrazione, ho comunque messo in circolazione beni con quel determinato marchio, oppure il
marchio stato registrato da chi non ne aveva diritto o violando quelli che sono (nome altrui,
immagine altrui e via dicendo...)
se io contravvengo a queste disposizioni, in realt il mio marchio pu essere dichiarato nullo.

Art. 25. Nullit-1. Il marchio nullo:


a) se manca di uno dei requisiti previsti nell'articolo 7 o se sussista uno degli impedimenti
previsti dall'articolo 12;
b) se in contrasto con il disposto degli articoli 9, 10, 13, 14, comma 1, e 19, comma 2;
c) se in contrasto con il disposto dell'articolo 8;
d) nel caso dell'articolo 118, comma 3, lettera b).

Ovviamente chiaro che la nullit consegue ad un giudizio che viene promosso da chi ha
interesse.
Quindi anche qui varr il discorso che chiunque ha interesse pu far valere la nullit del
marchio.
anche ammessa la nullit parziale del marchio.
Quando io vado a registrare un marchio per pi prodotti, magari per alcuni manca del requisito
della nullit quindi solo per quelli viene dichiarato nullo, quindi si dice che possibile anche una
nullit parziale.
Devo avere la fattispecie in cui ho registrato il mio marchio per pi prodotti, se registro il
marchio per un unico prodotto ovviamente no, ma se registro per pi prodotti e risulta che
alcuni, decisamente diversi tra loro, e risulta che per alcuni di questi prodotti c'era gi un
marchio identico o simile, quindi il mio marchio manca del requisito della novit ecco che la
nullit interviene solo parzialmente, quindi non per tutti i prodotti.
E poi c' una fattispecie che viene sempre considerata a livello di nullit, ma che pi di nullit,
bisognerebbe parlare di annullabilit, che la mancanza del requisito della capacit distintiva.
Sostanzialmente la capacit distintiva quella caratteristica che fa si che il marchio
contraddistingua quel determinato prodotto e il consumatore possa fari riferimento a quel

marchio per quel prodotto e maggiore la capacit distintiva data dal segno di fantasia, maggior
tutela io potr ottenere.
Pi il marchio si confonde con quelle che sono le caratteristiche del bene, minore sar la tutela
che io potr ottenere, tuttavia, avevamo detto, marchi che inizialmente possono anche mancare
della capacit distintiva e quindi essere nulli poi nel corso del tempo possono invece
acquistare una certa notoriet e quindi acquistare anche una capacit distintiva.
In questi casi noi abbiamo un marchio che in teoria inizialmente nullo, ma siccome la nullit
un vizio che colpisce radicalmente la registrazione, e quindi il marchio, pi che di nullit
sarebbe corretto parlare di annullabilit, perch pu accadere che se non corso del tempo, per
far valere la nullit, il marchio acquisisce la capacit distintiva il marchio non pu pi essere
dichiarato nullo, quindi pi che di una causa di nullit, la mancanza di capacit distintiva
sarebbe pi corretto inquadrarla come causa di annullabilit del marchio, perch bisogna vedere
quando questo vizio, e quindi quando la mancanza di questo requisito ad un certo punto non
sussiste pi, quindi abbiamo un marchio che valido.
Se io imprenditore concorrente promuovo l'azione, mi potr essere dimostrato che invece quel
marchio ha acquistato capacit distintiva, per cui appunto, il codice non fa una distinzione tra
nullit ed annullabilit, ma da un punto di vista tecnico per la mancanza di capacit distintiva
sarebbe pi corretto parlare di annullabilit.

Cause di decadenza. Abbiamo l'articolo 24 CPI che indica quelle che sono le ipotesi di
decadenza. La decadenza , se volessimo definirla, la cessazione di efficacia della registrazione
di un marchio in realt valido. Quindi noi abbiamo acquistato un diritto validamente, in forza di
una registrazione valida, ma poi per certe cause, questo diritto venuto meno.
Art. 24. Uso del marchio-1. A pena di decadenza il marchio deve formare oggetto di uso
effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali stato
registrato, entro cinque anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un
periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo
legittimo.
1-bis. Nel caso di un marchio internazionale designante l'Italia e registrato ai sensi dell'accordo
di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi, testo di Stoccolma del 14 luglio 1967,
ratificato con legge 28 aprile 1976, n. 424, o del relativo protocollo del 27 giugno 1989,
ratificato con legge 12 marzo 1996, n. 169, il termine indicato al comma 1 decorre dalla data in
cui scade il termine per l'Ufficio italiano brevetti e marchi per formulare il rifiuto provvisorio
di cui all'articolo 171 o, qualora la registrazione sia stata oggetto di rifiuto provvisorio, dalla
data in cui l'Ufficio italiano brevetti e marchi conferma la tutela in Italia della registrazione
internazionale in modo definitivo.
2. Ai fini di cui al presente articolo sono equiparati all'uso del marchio l'uso dello stesso in
forma modificata che non ne alteri il carattere distintivo, nonch l'apposizione nello Stato del
marchio sui prodotti o sulle loro confezioni ai fini dell'esportazione di essi.
3. Salvo il caso di diritti acquistati sul marchio da terzi con il deposito o con l'uso, la decadenza
non pu essere fatta valere qualora fra la scadenza del quinquennio di non uso e la proposizione
della domanda o dell'eccezione di decadenza sia iniziato o ripreso l'uso effettivo del marchio.
Tuttavia se il titolare effettua i preparativi per l'inizio o per la ripresa dell'uso del marchio solo
dopo aver saputo che sta per essere proposta la domanda o eccezione di decadenza, tale inizio
o ripresa non vengono presi in considerazione se non effettuati almeno tre mesi prima della

proposizione della domanda o eccezione di decadenza; tale periodo assume peraltro rilievo solo
se decorso successivamente alla scadenza del quinquennio di mancato uso.
4. Inoltre, neppure avr luogo la decadenza per non uso se il titolare del marchio non utilizzato
sia titolare, in pari tempo, di altro o altri marchi simili tuttora in vigore di almeno uno dei
quali faccia effettiva utilizzazione per contraddistinguere gli stessi prodotti o servizi.

Tra le prime cause di decadenza dal diritto esclusivo all'uso del marchio c' il non uso, cio il
mancato uso del marchio nei 5 anni successivi alla registrazione.
Questo noi lo deduciamo perch comunque la legge, oltre a dircelo, quando parla dell'uso del
marchio, fa riferimento all'uso effettivo del marchio, quindi vi deve essere un uso concreto del
marchio.
A questo proposito avevamo accennato al discorso dei marchi difensivi, cio i marchi simili che
vengono ad essere registrati onde evitare che poi ci sia qualche soggetto che utilizzi il marchio
simile e quindi evitare di proporre eventuali azioni giudiziarie, quindi di conseguenza c' una
deroga a questo principio di uso effettivo, e quindi di mancato concreto uso del marchio, e si
prevede che il marchio difensivo mantenga la sua validit, anche se non viene utilizzato
concretamente purch per il titolare del marchio abbia usato concretamente il marchio
originale per cui era stata chiesta la registrazione per quel prodotto e da cui deriva poi la
registrazione dei marchi difensivi.
Quindi c' una deroga al principio della decadenza per mancato uso, per deve essere comunque
dimostrato che quantomeno il marchio principale stato comunque utilizzato.
Anche qui la decadenza pu essere parziale, quindi io posso sempre, nella fattispecie in cui vado
a registrare il mio marchio per pi prodotto e soltanto per alcuni non utilizzo quel marchio,
anche in questo caso la decadenza parziale.
E comunque c', siccome la ratio del sistema quello di incentivare e di tutelare il marchio
registrato, si fa molta attenzione a che il marchio sopravviva e non vi sia la dichiarazione di
decadenza, quindi si ammette che se io anche allo scadere del quinto anno, inizio ad usarlo, non
che automaticamente non ho pi il diritto di utilizzare quel determinato marchio.
Naturalmente la fattispecie il caso in cui il mio concorrente aspetti lo scadere del quinto anno
per immediatamente fari la causa, dirmi che sono decaduto e a questo punto registra lui il
marchio...
naturalmente previsto che l'utilizzo possa avvenire anche in prossimit della scadenza o anche
subito dopo la scadenza del quinquennio, quando naturalmente non si sia utilizzato il marchio al
solo fine di evitare un'azione giudiziaria, e anche li previsto che se io, 3 mesi prima della
proposizione giudiziaria da parte dell'imprenditore concorrente, utilizzo concretamente il
marchio sul prodotto, se questo mio uso effettivo avviene 3 mesi prima della presentazione della
domanda giudiziale da parte del concorrente io ho sostanzialmente sanato la decadenza dal
marchio, proprio perch ho concretamente utilizzato.
Quindi c' un favor nei confronti di chi ha effettivamente provveduto alla registrazione, poi per
un motivo X non abbia effettivamente utilizzato...
dall'altro lato per non si vuole protrarre all'infinito questa situazione e quindi chiaro che se
passati abbondantemente i 5 anni, l'imprenditore concorrente vuole far dichiarare la decadenza

ed utilizzare lui il marchio esperir l'azione, il marchio verr dichiarato estinto e si provveder
alla nuova registrazione.
Altra causa di decadenza la cd volgarizzazione del marchio.
Qualora il marchio non abbia pi la sua funzione di contraddistinguere il prodotto ma venga
utilizzato come denominazione generica del prodotto ovvio ed evidente che a questo punto il
soggetto decada.
Per l'uso del simbolo, del marchio cos come stato diffuso, il marchio non serve pi a
contraddistinguere il prodotto ma diventa un termine che va ad indicare genericamente tutte le
tipologie di prodotto.

Esempio: aspirina della Bayer, aveva inizialmente registrato il marchio aspirina per indicare
quel farmaco ma poi il termine aspirina diventato di uso comune per indicare tutti i
medicinali che contengono l'acido acetilsalecidico anche quelli non prodotti dalla Bayer.
necessario per fare attenzione perch l'articolo 26.1 a) CPI, considera si la volgarizzazione
del marchio come causa di decadenza, ma quando la volgarizzazione avvenuta per un
comportamento particolare, quindi perch il titolare ha tenuto un comportamento particolare, e
questo comportamento particolare pu anche essere inteso come non reazione nei confronti di
magari altri imprenditori che hanno utilizzato lo stesso marchio, lo stesso segno distintivo,
quindi si deduce dalla disciplina dell'articolo 26 CPI, che semplicemente la volgarizzazione deve
avvenire o perch io stesso, titolare del marchio ho comunicato in modo non corretto e quindi a
poco a poco, il marchio stato percepito come denominazione generica, oppure, quando io
titolare del marchio non ho reagito con delle azioni giudiziarie nei confronti di altri imprenditori
che pubblicizzavano quel determinato prodotto con lo stesso segno, con lo stesso simbolo, con lo
stesso marchio.
Quindi nel caso della Bayer, la mancata reazione e quindi l'inattivit da parte dell'imprenditore
pu appunto portare alla volgarizzazione.
Se ci sono degli eventi per cui la volgarizzazione avviene indipendentemente dal comportamento
attivo o passivo dell'imprenditore allora non c' decadenza, cio la decadenza subordinata al
requisito necessario che deve essere una conseguenza del comportamento dell'imprenditore,
quindi comportamento attivo o passivo che deve essere tenuto dal titolare del marchio.

Art. 26. Decadenza-1. Il marchio decade:


a) per volgarizzazione ai sensi dell'articolo 13, comma 4;
b) per illiceita' sopravvenuta ai sensi dell'articolo 14, comma 2;
c) per non uso ai sensi dell'articolo 24.

Oppure altra ipotesi che viene sempre ad essere disciplinata dal CPI, naturalmente nelle cause
di decadenza, l'articolo 26, avete poi il riferimento alle varie norme, perch vi dice: per
volgarizzazione del marchio ai sensi dell'articolo 13, per non uso e via dicendo... quindi le
fattispecie le trovate indicate con riferimento alle varie norme che indicano quelli che sono i
requisiti di validit del marchio.

Pu intervenire anche per illiceita sopravvenuta, cio, mutano le norme relative al buon
costume, o la legge stessa, o all'ordine pubblico, quindi il marchio che inizialmente era ritenuto
valido, perch appunto non contrario alle norme di legge imperative, al buon costume o
all'ordine pubblico, dopo che modificata una di queste normative pu diventare anche il
marchio ovviamente illecito perch in violazione di nuove norme sopravvenute.
Quindi l'illiceit che non sussisteva al momento della registrazione invece intervenuta in un
momento successivo e in quel caso appunto abbiamo la decadenza.
Oppure altra causa di decadenza la cd decettivit.
Significa, quando sostanzialmente il marchio inidoneo a contraddistinguere per natura e
qualit quel determinato prodotto, quindi induce in inganno il pubblico relativamente alla
natura, qualit o provenienza del prodotto o del servizio.
Questa decettivit frutto del comportamento, anche qui, del titolare, per il modo o nel
contesto in cui il marchio stato utilizzato.
Quindi, marchio che inizialmente era valido ed efficace, perch aveva tutte le caratteristiche
per contraddistinguere quel determinato prodotto, poi invece per l'uso che lo stesso titolare ne
ha fatto o anche perch il contesto in cui stato utilizzato diverso rispetto a quello iniziale
quando era stato registrato, tale che questo utilizzo pu trarre in inganno circa la natura,
qualit o provenienza, chiaro che si parla di decettivit e quindi di decadenza.
Quindi sostanzialmente un' ingannevolezza sopravvenuta, inizialmente il marchio non aveva
questa caratteristica, successivamente, per motivi che sempre attengono al comportamento del
titolare o ad una modifica del mercato stesso, del contesto in cui il marchio stato utilizzato
pu diventare decettivo e quindi essere dichiarato decaduto.
Questi vizi possono essere fatti valere, tanto quello della nullit, tanto quello della decadenza
da chiunque vi abbia interesse. Tuttavia c' stata una discussione se colui che agisce per far
dichiarare la nullit o la decadenza del marchio debba rivestire la qualit anch'esso di
imprenditore, cio se anche chi non imprenditore pu far valere la nullit o la decadenza del
marchio...
la giurisprudenza era abbastanza contraria, quindi restringeva le ipotesi a soltanto chi fosse
imprenditore, tuttavia, se ammettiamo che per pu essere titolare di un marchio anche chi non
effettivamente imprenditore a questo punto possiamo anche riconoscere che ad avere
interesse a far dichiarare la nullit e decadenza pu essere anche un soggetto che non
imprenditore, sul punto per il discorso ancora aperto... anche perch sostanzialmente, non
essendoci una norma di legge che ha risolto il problema, la giurisprudenza che si orienta in un
modo o nell'altro...

Procedimento per dichiarare la nullita o la decadenza. Inizialmente si riconosceva la


legittimazione ad agire anche al PM, anzi, addirittura era previsto anche se sostanzialmente non
risulta che il PM si sia mai avvalso di questo potere...
ed invece l'articolo 70 cpc prevedeva l'intervento obbligatorio del PM in queste controversie
perch si riteneva vi fosse la necessit di titolare un interesse pubblico.
Successivamente il CPI che il d lgs 131 del 2010, ha eliminato l'obbligatoriet della presenza del
PM e quindi la presenza del PM semplicemente facoltativa.

La facoltativit comporta che comunque la Cancelleria, e quindi il magistrato che titolare di


un eventuale giudizio in cui stata richiesta la dichiarazione di nullit o decadenza di un
marchio deve notiziare il PM, il PM non interviene mai essendo facoltativa la sua presenza, le
uniche ipotesi in cui potrebbe avere un interesse ad intervenire, se per esempio c' un inchiesta
magari sulla contraffazione, sulla pirateria e allora li si che potrebbe acquisire ulteriori
informazioni da poter utilizzare ai fini del procedimento penale, per sostanzialmente, essendo
sempre pubblico ufficiale, potrebbe ravvisare la sussistenza di eventuali reati, ma al di fuori di
queste ipotesi sicuramente non interviene... quindi a parte la presenza del PM, a subire
l'eventuale azione di nullit o di decadenza il titolare del marchio ma non solo, saranno anche
legittimati passivi e quindi avremo un ipotesi di litisconsorzio necessario, perch ovviamente
saranno litisconsorti necessari tutti coloro che sono per esempio indicati nell'elenco degli atti
che sono stati trascritti.
Se io ho trascritto la registrazione del marchio, poi stato trascritto il pignoramento, poi il
sequestro, e quindi tutti coloro che hanno un interesse sostanzialmente alla validit del
marchio, sono chiamati nel giudizio, sono legittimati passivi nel giudizio di nullit o decadenza,
perch avranno tutto un interesse a resistere in questo giudizio e quindi a far valere invece la
validit del marchio.
A questo punto chiaro che ovviamente la competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria, e
naturalmente l'onere della prova graver su chi chiede la dichiarazione di nullit o di decadenza,
quindi permane il principio che chi vuol far valere in giudizio un proprio diritto deve anche farsi
carico di dimostrare, quindi sar colui che ritiene di far valere la nullit o la decadenza a dover
dimostrare che effettivamente il marchio mancava dei requisiti essenziali o intervenuta una
causa di decadenza.
Tra l'altro, siccome nel caso della decadenza per non uso, un po' difficile dimostrare qualcosa
che non si verificato, li potr essere adottato qualsiasi mezzo di prova, e quindi anche la
presunzione semplice pu essere utilizzata come strumento di prova per dimostrare che il
marchio deve essere dichiarato decaduto per non uso, posto che devo dimostrare qualcosa di
negativo, quindi su questo la legge non va ad aggravare la parte di una prova troppo gravosa...
permette che possa essere dedotta con ogni mezzo, quindi anche attraverso le presunzioni
semplici.
Ed chiaro ed evidente che una volta che avr ottenuto la sentenza che dichiara la nullit o la
decadenza, questa avr efficacia erga omnes, quindi sar efficacie e valevole nei confronti di
tutti, quindi non soltanto di chi ha promosso l'azione di nullit o di decadenza, e naturalmente
verr ad essere trascritta e l'efficacia per altro della sentenza sar retroattiva, ex tunc, dal
momento in cui stata presentata la domanda di registrazione del marchio, per il caso di
nullit, mentre invece nel caso di decadenza la sentenza ovviamente retroagisce sino alla data
di verificazione dell'evento che ha fatto scaturire la decadenza, per cui ovvio ed evidente che
nel caso della nullit, essendo quindi dichiarato nullo il marchio, la nullit retroagir alla data di
presentazione della domanda di registrazione, nel caso invece della decadenza, essendo il
marchio valido ed efficace ma la sua validit ha cessato, a seguito di un'intervenuta causa, tra
quelle previste dalla legge come causa di decadenza, la sentenza retroagir al verificarsi
dell'evento che ha provocato la decadenza.
Facciamo l'ipotesi in cui io stia cedendo, stia trasferendo il mio marchio, e viene promossa
un'azione per far dichiarare la nullit, e io consapevole anche l'acquirente, l'acquirente decida di
acquistare lo stesso il marchio, a questo punto una volta che il marchio stato dichiarato nullo
un eventuale uso del marchio diventa un uso illecito!
Quindi la nullit, proprio perch innanzitutto retroagisce sino alla data di presentazione della
domanda di registrazione ha come conseguenza che una volta intervenuta la dichiarazione di

nullit, ogni uso che si fa di quel marchio un uso illecito, quindi si andr incontro anche ad
eventuali sanzioni per un uso illegittimo del marchio.

(La nullit del marchio


Quando allufficio italiano brevetti e marchi venga sottoposta una domanda di registrazione del marchio pu
accadere che le valutazioni dellufficio non siano esatte.
E dunque possibile che un marchio venga registrato pur non rientrando tra i segni idonei ad esserlo o pur mancando
di uno o pi requisiti di validit.
E in vista di questa possibilit che lart 117 stabilisce che la registrazione non pregiudica lesercizio delle azioni
giudiziarie circa la validit e lappartenenza del marchio.
Bench registrato il marchio potr essere dichiarato nullo dallautorit giudiziaria.
Le cause di nullit sono enumerate nellart 25 c.p.i. secondo il quale il marchio nullo se non corrisponde al tipo di
segno indicato nellart 7 c.p.i. se non nuovo ai sensi dellart 12 c.p.i., se in contrasto con gli artt. 9, 10, 13, 14 e
19 co 2, se in contrasto con lart 8 ed infine se la registrazione stata effettuata a nome di chi non ne aveva
diritto.
I criteri per stabilire se un marchio sia nuovo o meno sono i medesimi che abbiamo illustrato parlando della
contraffazione del marchio.
La nullit potr riguardare, in caso di marchio registrato una pluralit di podrotti o servizi, soltanto una parte di
questi.
Ad esempio ci potr avvenire
quando il marchio risulti descrittivo rispetto a taluni dei prodotti o servizi e non
rispetto ad altri.
In questo caso lart 27 prevede che la declaratoria di nullit riguardi soltanto la parte dei prodotti o servizi investita
dalla nullit stessa, cosicch per il resto il marchio potr sopravvivere.
Le nullit si distinguono in assolute ed in relative.
La decadenza per non uso. La legge prevedere anche una serie di casi di decadenza del marchio.
La pi importante delle ipotesi di decadenza quella della cosiddetta decadenza per non uso.
Ad essa dedicato lart 24 co 1 che sancisce la decadenza nel caso in cui il marchio non venga utilizzato entro 5 anni
dalla registrazione o nel caso in cui luso ne venga sospeso per un periodo ininterrotto di 5 anni.
La ragione di ci sta proprio nellesigenza di sgombrare il registro dei marchi, sempre pi affollato, dai segni che lo
ingombrano senza scopo dato che il titolare delle rispettive registrazioni non dimostra nei loro confronti alcun
interesse reale.
Listituto si ricollega anche alla funzione distintiva del marchio che viene meno quando esso non sia pi sul mercato e
nella percezione dei consumatori collegato ad alcun prodotto o servizio.
La legge chiarisce che per evitare la decadenza, luso del marchio deve essere effettivo e ci significa che non deve
trattarsi di un uso meramente simbolico, o per quantitativi di prodotto irrilevanti o sporadico.
La norma specifica poi che luso , per evitare la decadenza, deve essere fatto dal titolare del marchio o con il suo
consenso.
Lespressione con il suo consenso sembra qui riferibile ad un consenso di natura contrattuale e perci
prevalentemente allipotesi di licenza.
Si pu dunque dire che ai fini delladempimento dellonere di utilizzazione, quella attuata dal licenziatario debba
equipararsi a quella del titolare ma a condizione che si tratti di un uso che rispetti le regole dellart 23 c.p.i.
Deve considerarsi uso del marchio idoneo ad evitarne la decadenza anche quello esclusivamente pubblicitario.
La legge poi equipara alluso del marchio luso dello stesso in una forma che non ne alteri il carattere distintivo ossia
luso di un marchio simile i cui caratteri originali corrispondano a quelli del marchio di cui si tratta.
Lart 24 co 2 nella seconda parte dice esplicitamente un simile uso ossia lapposizione nello stato del marchio sui
prodotti o sulle loro confezioni anche ai fini dellesportazione di essi, evita decadenza.
Casi di esclusione della decadenza per non uso. La decadenza non si produce quando il mancato uso sia giustificato
da un motivo legittimo.
Di motivi legittimi potr sicuramente parlarsi quando ci si trovi di fronto ad un non uso dovuto a cause indipendenti
dalla volont del titolare, quale la necessit di unautorizzazione amministrativa alla messa in commercio del
prodotto.
Ma motivi legittimi potranno anche considerarsi certe scelte volontarie purch possano considersi come legittime.
Comunque va tenuto presente che la corte di giustizia CE ha ritenuto che sussistano motivi legittimi solo in presenza
di circostanze tali da rendere luso del marchio impossibile o irragionevole e che siano cmq indipendenti dalla
volont del titolare del marchio stesso.
Si ritiene di solito che non possano considerarsi motivi legittimi la mancanza di mezzi finanziari ed il fallimento.

Lonere della prova della legittimit dei motivi che lo hanno indotto a non usare il marchio incomber sul titolare di
esso.
Lart 24 co 3 prevede che la decadenza non possa essere fatta valere qualora fra la scadenza del quinquennio di non
uso e la proposizione della domanda o eccezione di decadenza sia iniziato o ripreso luso effettivo del marchio.
La norma tuttavia aggiunge che se il titolare effettui i preparativi per linizio o per la ripresa delluso del marchio
solo dopo aver saputo che sta per essere proposta la domanda di decadenza, tali inizio o ripresa non vengono presi
in considerazione se non effettuati almeno 3 mesi prima della proposizione della domanda stessa.
Qui il legislatore ha voluto evidentemente evitare che della sanatoria il titolare possa approfittare mediante una
redenzione solo apparente, provocata dalla consapevolezza del titolare stesso dellimmanenza di unazione di
decadenza.
E quindi conclusa la possibilit di riabilitazione quando terzi si siano inseriti nel periodo intercorrente tra la
scadenza del quinquennio di non uso e linizio o la ripresa delluso.
Lart 12 co 1 h) prevede che non tolga novit il marchio anteriore che possa considerarsi decaduto per non uso nel
momento della proposizione di questa domanda.
Decadenza parziale. Rideposito. Anche la decadenza come la nullit pu essere parziale.
Quando perci un marchio sia stato depositato per una pluralit di prodotti o servizi il non uso di esso per alcuni di
tali prodotti o servizi ne comporta la decadenza parziale ossia la decadenza relativa soltanto a quei prodotti.
Se tuttavia il marchio sia registrato per una pluralit di prodotti o servizi ma questi siano tra loro affini ci si pu
chiedere se luso del marchio per alcuni soltanto dei prodotti o servizi sia sufficiente ad evitarne la decadenza per
tutti.
Questi inconvenienti sarebbero comunque evitati adottando la tesi che luso non evita la decadenza per i prodotti
affini a quelli per i quali il marchio effettivamente usato.
La ratio di questa ipotesi di decadenza quella di non consentire una mera occupazione di segni che solo
teoricamente sono infiniti e quindi di rimettere in circolazione quelli che non vengono usati.
Deve conseguentemente ritenersi che un marchio decaduto per non uso possa essere validamente ridepositato da
qualsiasi terzo o dallo stesso ex titolare di esso.
Il rideposito effettuato dal terzo dar luogo ad un valido marchio ove possa ritenersi presente il requisito della
novit.
E ci si verificher quando il marchio non sia mai stato usato dalloriginario titolare o quando lo sia stato se abbia
ormai al momento del rideposito riacquistato novit nel senso che si sia perso nel pubblico il ricordo delluso di esso
da parte delloriginario titolare.
Il che di solito dovrebbe essersi verificato col decorso di 5 anni.
La legge sottrae la categoria dei marchi difensivi alla decadenza per non uso.
La volgarizzazione. Unaltra ipotesi di decadenza si ha nel caso in cui il marchio sia divenuto nel commercio, per il
fatto dellattivit o inattivit del suo titolare, denominazione generica del prodotto o del servizio.
E questo il caso della cosiddetta volgarizzazione del marchio che un fenomeno che si verifica abbastanza
frequentemente soprattutto quando un prodotto per qualche verso nuovo e quindi privo di una propria
denominazione generica riscuote un ampio successo di mercato sotto il marchio scelto dal produttore di esso per
contraddistinguerlo.
Quel marchio infatti tende a divenire la denominazione del nuovo tipo di prodotto perdendo la caratteristica
originaria di denominazione specifica del prodotto proveniente da un determinato imprenditore , vale a dire di
marchio.
Un caso di accertata volgarizzazione si avuta in relazione al termine cellophane che originariamente era un
marchio.
Si tratta dunque sostanzialmente della perdita di capacit distintiva da parte di un segno che possiamo chiamare
generalizzazione, della quale il legislatore prende atto disponendone la decadenza come marchio.
Perci la decadenza medesima non stata ricollegata al mero verificarsi del fenomeno di linguaggio ma stata
condizionata al fatto che quel fenomeno sia stato provocato dallattivit o inattivit del titolare del marchio.
Stabilire quando possa dirsi che un marchio si volgarizzato a causa dellinattivit del suo titolare non difficile in
quanto la trasformazione del segno in denominazione generica del prodotto agevolata dal fatto che dei terzi
comincino ad utilizzare il segno per indicare i propri prodotti analoghi a quelli del titolare.
Se il titolare non reagisce anche giudizialmente si potr dire che la trasformazione del segno dipende dalla sua
inattivit.
Pi difficile stabilire quando la generalizzazione possa attribuirsi allattivit del titolare.
In linea di massima si pu dire che ci si verificher nelle ipotesi in cui il titolare usi egli stesso il proprio marchio
come denominazione generica del prodotto.
Ci per non baster a dar luogo ad una generalizzazione del segno.
Ritenere che possa parlarsi dellattivit del titolare come causa del processo medesimo significherebbe affermare la
presenza del requisito del comportamento attivo del titolare in quasi tutte le ipotesi di generalizzazione.

La decadenza per recettivit. Altra ipotesi di decadenza quella prevista allart 14 co 2 a) che stabilisce che il
marchio decada se sia divenuto idoneo ad indurre in inganno il pubblico in particolare circa la natura, qualit o
provenienza dei prodotti o servizi a causa de modo o del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo
consenso per i prodotti o servizi per i quali registrato.
E chiaro che qui il messaggio viene preso in considerazione dal legislatore in quanto messaggio rivolto
dallimprenditore al pubblico.
Sar perci anche qui necessario distinguere tra marchi speciali e marchi generali per la diversit dei messaggi che
rispettivamente contengono.
Quanto ai marchi speciali il cui messaggio essenzialmente inerente alla qualit del prodotto si pu ritenere che la
norma in esame dica che il marchio non deve mai comunicare al pubblico qualcosa che gli faccia pensare che il
prodotto o il servizio contrassegnati hanno una qualit diversa e in particolare migliore di quella che in realt hanno.
Poich infatti ci che la norma vuole impedire linganno del pubblico risulta chiaro che dinganno non si potr
parlare in caso di mutamento del prodotto in senso migliorativo e che neppure se ne potr parlare in caso di
mutamento che n migliori n peggiori il prodotto, che neppure dinganno si potr parlare quando vi sia un
deterioramento irrilevante o quando un deterioramento rilevante vi sia ma il consumatore ne venga in qualche modo
avvertito nel contesto in cui il marchio usato.
A provocare la decadenza rimarr solo lipotesi di un deterioramento del prodotto non evidenziato o addirittura
celato o negato dal titolare.
Ci coincide pienamente con lart 23 co 4.
Quanto ai marchi generali il cui messaggio essenzialmente un messaggio di continuit dorigine la sanzione della
decadenza di cui allart 14 co 2 a) non pu dunque che concernere un ingannevolezza sopravvenuta in ordine
allorigine e perci allipotesi di uso del marchio da parte di un soggetto diverso dal titolare quando il pubblico non
sia stato avvertito del mutamento.
Ci potr verificarsi nei casi di cessione, di licenza o di consenso del titolare rimasti ignoti al pubblico stesso.
Unaltra ipotesi in cui potrebbe operare la decadenza quella di una modifica del modo di usare il marchio, che in
qualche maniera attribuisca al prodotto nuove qualit che in realt esso non ha n aveva allinizio.
Si potrebbe a questo riguardo pensare ad una campagna pubblicitaria decettiva che carichi il marchio di nuovi
significati decettivi.
La decadenza per decettivit di cui allart 14 co 2 a) si coordina sia con lart 23 co 4 della cui violazione viene a
costituire la sanzione, sia con lipotesi di nullit per decettivit originaria di cui allart 14 co 1 b).
Quanto al coordinamento di essa con il divieto di uso ingannevole del marchio di cui allart 21 co 2 dove sono usate
parole identiche cosicch la decadenza viene senzaltro a configurarsi come una sanzione per la violazione di quel
divieto.
Quanto al coordinamento dellart 14 co 2 a) con lart 21 co 2 essendo un simile divieto gi implicito nella previsione
della decadenza potrebbe ritenersi che quello dellart 21 co 2 sia in realt superfluo.
Ma cos probabilmente non dato che in caso di azione contro un uso ingannevole del marchio potranno chiedersi,
oltre alla decadenza del marchio anche le sanzioni della pubblicazione della sentenza e del risarcimento del danno
sulla base della violazione dellart 21 co 2.
E stato tuttavia sostenuto che fra la fattispecie dellart 21 co 2 e quella dellart 14 co 2 a) vi sia una radicale
differenza nel senso che la prima riguarderebbe un uso ingannevole del marchio che non determina la
trasformazione di esso in marchio in s ingannevole mentre la seconda riguarderebbe lipotesi in cui un uso
ingannevole abbia in qualche modo definitivamente ed irreversibilmente reso decettivo il marchio.
Tuttavia alla tesi stessa pu obbiettarsi che la sola ipotesi di marchio in s decettivo sembra quella della decettivit
originaria di cui allart 14 co 1 b) che consiste in una contraddizione fra il contenuto espressivo del segno e i
prodotti per i quali esso stato registrato.
Non si riesce infatti ad immaginare come un uso decettivo del marchio possa determinare una definitiva
trasformazione di esso in marchio in s decettivo posto che sar in ogni momento possibile al titolare cessare luso
ingannevole.
Altre cause di decadenza. Ulteriore ipotesi di decadenza quella prevista dallart 14 co 2 b) secondo il quale il
marchio decade ove sia divenuto contrario alla legge, allordine pubblico o al buon costume.
Per completezza va infine menzionata fra le cause estintive del diritto di marchio la rinunzia del titolare di cui
tratta lart 15 co 5
Legittimazione allazione di nullit e di decadenza. Lart 122 prevede che lazione diretta ad ottenere la
dichiarazione di decadenza o di nullit di un titolo di propriet industriale pu essere esercitata da chiunque vi
abbia interesse e promossa dufficio dal p.m.
Il secondo comma dellart 122 prevede in materia di marchi un eccezione limitando la legittimazione ad ottenere la
dichiarazione di nullit di un marchio per la sussistenza di diritti anteriori oppure perch luso del marchio
costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di propriet industriale o di altro diritto esclusivo di terzi
oppure perch il marchio costituisce violazione del diritto al nome oppure al ritratto oppure perch la registrazione

del marchio stata effettuata a nome del non avente diritto ai titolari dei diritti anteriori, ai loro aventi causa o
aventi diritto.
Le nullit da ultimo menzionate sono dette nullit relative mentre tutte le altre sono nullit assolute.
I casi di nullit relativa sono accomunati dal fatto che la causa della nullit costituita dalla preesistenza di un
diritto altrui.
Quanto alle ipotesi di nullit assoluta, legittimato ad agire per la declaratoria di nullit o di decadenza del marchio
chiunque vi abbia interesse e perci in particolare secondo una formula giurisprudenziale consolidata, ogni
concorrente che trovi nella presenza del marchio un ostacolo allesercizio della propria attivit.
Le azioni in questione possono poi essere promosse dufficio dal publico ministero.
In deroga a quanto disposto dallart 70 c.p.c. lart 122 co 1 stabilisce che in tutte le cause di nullit o di decadenza
del marchio lintervento del p.m. non obbligatorio.
Legittimato passivamente alle azioni di nullit e decadenza innanzitutto il titolare del marchio.
A questi la legge affianca quali litisconsorti necessari tutti coloro che risultino annotati nellattestato originale di
registrazione quali aventi diritto sul marchio.
Questultima norma sembra riferirsi, oltre che al titolare o eventualmente ai contitolari, a chi attualmente abbia
dei diritti inerenti al marchio in base ad un titolo trascritto quale ad esempio un licenziatario.
Il divieto duso del marchio dichiarato nullo. Alla sentenza che pronuncia la nullit di un marchio consegue il
divieto rivolto a chiunque di farne uso quando la causa di nullit comporta la illiceit delluso del marchio.
Questo divieto varr quindi in considerazione quando il marchio sia dichiarato nullo per contrariet alla legge,
allordine pubblico o al buon costume, o per la decettivit di cui allart 14 co 1 b) o per violazione dellart 10 e
dellart 14 co 1 c).)

Capitolo 9. Le convenzioni internazionali e lordinamento comunitario.


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Capitolo 10. Il marchio comunitario.


Marchio comunitario e marchio internazionale. C' una distinzione da fare, una cosa parlare
del marchio internazionale, che prende spunto da alcune convenzioni e alcuni accordi che gi da
tempo, parliamo del 1883, avevano trovato attuazione, per appunto regolamentare il problema
della diffusione del marchio all'interno di un mercato che si estendeva al di la dei singoli
territori dello Stato, e quindi abbiamo quello che si definisce il marchio internazionale.
Dall'altro lato abbiamo il marchio comunitario, che fa riferimento a quel segno distintivo che
utilizzato all'interno del mercato dell'UE, cio solamente nei Paesi che fanno parte dell'UE.
Noi abbiamo visto che c' un principio di territorialit, quando io registro il mio marchio, i diritti
che ne conseguono hanno efficacia e validit all'interno del territorio dello Stato presso il quale
io ho registrato, quindi registro in Italia, ho naturalmente una tutela nel territorio italiano e
sostanzialmente, per poter utilizzare il marchio anche in altri Paesi si procedeva alla
registrazione di quel marchio presso quel Paese in cui si aveva intenzione di commercializzare il
proprio prodotto.
Quindi sostanzialmente il sistema era quello di depositi plurimi presso i vari uffici brevetti e
marchi dei vari Stati in cui sostanzialmente si voleva commercializzare il prodotto.
A questo punto, noi abbiamo la Convenzione dell'Unione di Parigi del 1883, che nasce per la
protezione della propriet industriale e che ha lo scopo di semplificare sostanzialmente questa
procedura di deposito plurimo, tra l'altro la Convenzione dell'unione di Parigi del 1883, stata
ratificata in momenti diversi da vari Stati.

L'Italia ha ratificato la Convenzione dell'Unione di Parigi nel 1976,!


la Convenzione prevede, e quindi oggi anche in Italia prevede la legge di ratifica, ha stabilito
quello che si suole definire il principio di assimilazione.
Questo vuol dire che sostanzialmente tutti i cittadini degli Stati che aderiranno alla Convenzione
saranno assimilati ai cittadini dello Stato in cui il soggetto richiede di poter registrare il proprio
marchio.
Quindi dal 1976, io che sono cittadino italiano, nel momento in cui vado a richiedere
depositando la registrazione anche in altri Paesi che aderiscono, si chiamano Paesi unionisti, che
aderiscono alla Convenzione dell'unione di Parigi, vengo considerato alla stessa stregua dei
cittadini dello stato in cui io vado a chiedere la registrazione.
E tra l'altro, sempre nella Convenzione e anche poi nella legge del 1976 con la quale stata
ratificata la Convenzione, si poi introdotto un'altra agevolazione per questi depositi plurimi,
perch voi dovete pensare che io registro in Italia e poi sostanzialmente l'idea che vado a
depositare presso i vari uffici dei vari Stati che aderiscono all'Unione, naturalmente ho delle
date diverse di registrazione, perch oggi registro in Italia, poi passa del tempo prima che io
registri in Francia piuttosto che in Canada e via dicendo...
Aquesto punto invece, sempre la Convenzione dell'unione di Parigi e la legge del 1976 mi dice,
per agevolare questo deposito plurimo che una volta che il Paese in cui io deposito, acconsente
alla registrazione, fa retrodatare l'efficacia della registrazione alla registrazione avvenuta nel
Paese di origine.
Quindi, sono italiano, registro in Italia e quindi sostanzialmente si applica quella cd priorit
unionista per cui le successive registrazioni del marchio nei Paesi che aderiscono all'unione di
Parigi, avranno la data della prima domanda di registrazione.
Il marchio internazionale tutt'ora regolamentato, nel tempo per, da provvedimenti diversi.
Prima c'era l'accordo di Madrid, poi intervenuto un Protocollo di Madrid, per un certo periodo
di tempo questi due provvedimenti coesistevano, poi a partire dal 1 Settembre 2008, in realt le
cose sono cambiate perch a quale dei due regolamenti si data prevalenza?
Sostanzialmente l'accordo di Madrid, prevede che chi titolare di una domanda di marchio o di
una registrazione di marchio, quindi sia che io abbia gi provveduto alla registrazione, sia che io
stia iniziando la procedura, quindi non abbia ancora ottenuto la registrazione e quindi abbia
presentato la domanda presso un ufficio brevetti nazionale, del Paese a cui io appartengo,
chieda a questo ufficio brevetti nazionale, nel caso specifico dell'Italia l'ufficio brevetti e
marchi, di trasmettere o la registrazione, quindi gi l'attestato di registrazione, o la domanda di
registrazione ad un ufficio che ha sede a Ginevra e che l'ufficio internazionale per la
protezione della propriet industriale, chiedendo a questo ufficio a cui viene trasmesso o la
domanda o il marchio gi registrato che la domanda o il marchio abbia effetto nei Paesi aderenti
alla Convenzione dell'unione di Parigi e indicati ovviamente da parte del soggetto richiedente.
Quindi se io sono titolare di una domanda di registrazione, e ho intenzione di chiedere anche il
marchio internazionale, dovr, nella domanda stessa, indicare i Paesi presso i quali io intendo
registrare il mio marchio, quindi non solo a livello nazionale cio in Italia ma anche i Paesi che
aderiscono alla Convenzione dell'unione di Parigi presso i quali io intendo registrare il mio
marchio, se invece ho gi registrato il marchio la domanda naturalmente, di trasmissione della
mia registrazione indicher i Paesi dove io intendo registrare e lo faccio dall'ufficio nazionale, lo
trasmetto all'ufficio internazionale di Ginevra.

Prima avevano l'accordo di Madrid, poi c' stato il Protocollo di Madrid e la differenza tra
accordo e protocollo, e quindi c' stato un periodo nel quale bisognava capire se c'era una
regolamentazione solo dell'accordo o solo del protocollo, e fin la non c'era problema, ma c'era
anche la problematica di avere delle situazioni in cui sia accordo che protocollo intervenivano.
Per la trasmissione, la richiesta viene sempre presentata all'ufficio brevetti nazionale che poi
deve trasmettere all'ufficio internazionale per la protezione della propriet industriale.
E quindi sostanzialmente io cos vado a proporre una domanda di registrazione internazionale,
per cui ovviamente sempre indicando i Paesi per i quali io voglio che la registrazione avvenga.
L'ufficio internazionale trasmette poi ai vari uffici, nazionali e questi hanno sostanzialmente un
periodo di tempo, che va dai 12 ai 18 mesi, per poter accordare o meno la registrazione.
Quindi ho questo fascio di domande di registrazione, che in realt viaggiano cumulativamente
ma sempre per divise sono, e che poi vengono regolamentate appunto sia dall'accordo che dal
protocollo.
In questo, il marchio internazionale si distingue molto dal marchio comunitario, perch il
marchio comunitario un marchio unico e sopratutto regolamentato dal regolamento del
marchio comunitario, non ha una disciplina frazionata per cui si applica la disciplina dei vari
Stati in cui va ad essere utilizzato, ma ha una disciplina unitaria.
L'Accordo di Madrid viene stipulato nel 1891, in Italia ratificato nel 1967, e prevede che, e qui
c' una modifica rispetto a quello che io vi ho appena detto, perch nell'accordo si prevede che
il marchio sia gi registrato, quindi, la registrazione internazionale pu essere concessa in tanto
in quanto il marchio sia gi registrato nel Paese di origine del titolare.
E tra l'altro secondo l'accordo di Madrid, c' un'altra importante disposizione, che collega la
validit del marchio internazionale alla registrazione del marchio di origine per i primi 5 anni.
Secondo l'accordo di Madrid, in realt la domanda per il marchio internazionale, per la
registrazione del marchio internazionale pu avvenire solo se il marchio gi registrato presso
un Paese d'origine, a questo punto, non solo quindi questa precisazione, ma se nei primi 5 anni il
marchio nel Paese di origine per qualsiasi motivo viene dichiarato nullo, anche il marchio
internazionale verr dichiarato nullo.
Mentre invece superati i 5 anni, la validit del marchio internazionale autonoma e
indipendente rispetto alle vicende che possono colpire il marchio registrato nel Paese di origine.
Altra cosa che stata vista in modo negativo e da qui poi il protocollo di Madrid, che la lingua
ufficiale in cui stato redatto l'accordo e quindi tutte le domande e tutto quello che riguarda la
registrazione internazionale la lingua francese, per cui tutti gli atti devono essere prodotti in
lingua francese.
Pensate ai costi che tutto questo ha... quando io gi registro in Italia il mio marchio ho
naturalmente, sostengo dei costi elevati, la volta che io vado a registrare, a chiedere una
registrazione internazionale ovviamente sosterr ulteriori costi, perch a livello di imposte, di
tasse etc chiaro che l'onere sar elevato ma in pi devo anche mettere in conto di magari
tradurre tutti gli atti relativi alla domanda di registrazione del marchio, quindi tutto quello che
la domanda di registrazione del marchio etc che hanno una loro incidenza se noi diciamo che
la lingua ufficiale la lingua francese.

Ecco che l'accordo di Madrid che risaliva al 1981 anche se in Italia stato ratificato nel 1967
stato integrato dal Protocollo di Madrid adottato, sempre naturalmente successivamente, nel
1989, e attuato nel nostro ordinamento con decreto legislativo 447 del 1999.
Sostanzialmente l'accordo stato anche stipulato per far fronte a diverse esigenze, innanzitutto
per anche venire incontro, aiutare coloro che non volevano, i Paesi che non volevano aderire
all'accordo di Madrid, quindi per cercare di comunque incentivare un marchio internazionale,
andando quindi ad integrare con nuove regole e quindi la novit che appunto il frutto di quello
detto prima, che nel protocollo di Madrid, si prevede che il marchio sia registrato cos come
prevedeva gi l'accordo, ma che possa essere anche semplicemente presentata la domanda di
registrazione!
Quindi sufficiente che sia stata depositata la domanda di registrazione per poter accedere alla
registrazione internazionale.
E tra l'altro, la lingua non era pi soltanto il francese, ma si prevedeva anche l'inglese e lo
spagnolo.
Il protocollo appunto, quindi prevede che ci sia innanzitutto il mero deposito, che sufficiente il
mero deposito della domanda, non occorre la registrazione e quindi ovviamente sempre
seguendo quello che l'iter, cio del deposito presso il proprio ufficio nazionale brevetti e poi la
trasmissione all'ufficio internazionale per la protezione della propriet industriale.
A questo punto per ci si era resi conto che si aveva una situazione per la quale alcuni Paesi
avevano ratificato solo l'accordo di Madrid, altri avevano ratificato solo il protocollo o come
successo all'Italia, questa aveva ratificato sia l'accordo che il protocollo, quindi c'era una
coesistenza di normativa.
A questo punto, per cercare di dare una certa regolamentazione, il protocollo di Madrid, quindi
il protocollo del 1989, prevedeva all'articolo 9 sexies, la cd clausola di salvaguardia, che
sostanzialmente prevedeva che fino al 1 Settembre 2008, per gli Stati che avevano aderito al
protocollo e all'accordo, la normativa applicabile doveva essere quella dell'accordo, quindi
prevaleva la disciplina dell'accordo sul protocollo.
Nel protocollo di Madrid c' un articolo, il 9 sexies che contiene la clausola di salvaguardia, che
prevede che fino al 1 Settembre 2008, in caso di coesistenza delle due normative, cio per gli
Stati che avevano aderito sia all'accordo che al protocollo, la clausola prevedeva che fino al 1
Settembre 2008 nell'ipotesi in cui ci fosse una coesistenza di normativa, cio quella nascente
dall'adesione all'accordo e da quella nascente dal protocollo, prevalesse quella dell'accordo,
quindi in caso di ipotetica contestazione fosse da considerare prevalente la disciplina
dell'accordo, quindi se abbiamo detto che la differenza sostanziale che a noi interessa di pi
che mentre l'accordo prevede soltanto che la domanda di registrazione di marchio internazionale
avvenga solo a registrazione gi avvenuta nel Paese di origine, mentre il protocollo prevede che
sufficiente anche solo il deposito della domanda, chiaro che fino al 1 Settembre 2008 la
prevalenza era di riconoscere valido soltanto quando il marchio era gi registrato, quindi si dava
prevalenza all'accordo.
Dal 1 Settembre 2008 c' la abrogazione della clausola di salvaguardia e quindi prevalgono le
norme naturalmente del protocollo, in quale a questo punto, ovviamente prevarranno come
disciplina.
Attenzione perch l'unico caso in cui ancora oggi, dopo il 1 Settembre 2008 si applicano le norme
dell'accordo, delimitato alle ipotesi in cui lo Stato abbia aderito solo all'accordo, ovvio!

Per i Paesi che hanno aderito solo all'accordo di Madrid continua a valere la disciplina
dell'accordo di Madrid e basta.
Per chi ha aderito all'accordo e al protocollo, dopo il 1 Settembre 2008, ovviamente prevalgono
le norme in tema di protocollo.
E quindi, sostanzialmente, noi abbiamo, sulla base del protocollo un sistema pi agile di
registrazione, perch sufficiente appunto la presentazione della domanda del marchio di base
per poter ottenere la registrazione internazionale, il sistema trilingue: inglese, francese e
spagnolo e poi possibile quello che viene definito come istituto della trasformazione, che
qualora la registrazione sia fatta per pi Paesi e in uno di questi venga rifiutata perch c' gi un
altro marchio identico o simile, questa possa essere trasformata nella registrazione in un altro
Paese, cio non viene caducato completamente l'effetto, ma pu essere in qualche modo
recuperata la domanda di registrazione per un altro Paese, sempre naturalmente aderente al
protocollo.
Marchio comunitario, disciplina. Il principio del fatto che ci sia l'attribuzione dell'efficacia del
marchio soltanto nel Paese per cui il titolare chiede la registrazione a livello internazionale,
un principio che contrasta con il concetto di mercato unico UE.
Cos come enunciato nel TFUE, articolo 26 e altri... quindi c' stata una incentivazione alla
affermazione del concetto di marchio comunitario come marchio che invece valesse all'interno
del mercato dell'UE, quindi all'interno dei Paesi dell'UE, e che avesse una sua autonoma
regolamentazione, e cos sostanzialmente si arrivati tra l'altro all'affermazione del marchio
comunitario e al regolamento, che lo disciplina, si arrivati dopo una anche lunga esperienza
della CG...
oggi noi parliamo del marchio comunitario ma in realt c' stata una lunga evoluzione della
giurisprudenza CG, per affermare sempre di pi la necessit della sussistenza di un marchio che
valesse come marchio unico all'interno del mercato unico europeo.
Comunque sostanzialmente noi oggi abbiamo una disciplina che dettata da un regolamento
emesso nel 2009, numero 2007.
Questo regolamento va a disciplinare il marchio comunitario, innanzitutto fondamentale il
principio di unitariet, su questo principio basata la normativa, perch nel momento in cui io
registro a livello comunitario il mio marchio posso farlo valere su tutto il territorio dell'UE,
quindi come se lo registrassi nel Paese di origine, cio quando io lo registro nel Paese di origine
ho un'efficacia su tutto il territorio nazionale, se lo registro invece a livello comunitario
l'efficacia estesa a tutto il territorio dell'UE.
Principio di autonomia, perch effettivamente la disciplina che applicata al marchio
comunitario solo ed esclusivamente quella del regolamento emesso dall'UE sul marchio
comunitario, quindi non c', come per il marchio internazionale un problema di eventuale
coesistenza o di disciplina diversa dall'accordo piuttosto che dal protocollo... ma c' un'unica
normativa, che quella del regolamento europeo sul marchio comunitario.
la registrazione tra l'altro si effettua anche qua ovviamente presso il proprio ufficio nazionale
brevetti, chiedendo che venga trasmesso all'ufficio per l'armonizzazione del mercato interno con
sede in Spagna (Alicante), che venga trasmessa la richiesta di registrazione del marchio, il quale
naturalmente, una volta che il marchio registrato, il titolare acquisisce il diritto esclusivo di
utilizzo del marchio su tutto il territorio nazionale.

Per quanto riguarda quella che la disciplina sostanziale data dal regolamento, noi vediamo che
molto simile a quella che oggi noi troviamo nel codice della propriet industriale, quindi anche
il marchio comunitario deve naturalmente essere costituito da un determinato segno, cos come
viene ovviamente previsto dal nostro ordinamento, dall'articolo 7 CPI, mentre invece troviamo
norma analoga nel regolamento comunitario.
E poi, anche per quanto riguarda gli altri requisiti, quello della liceit, della capacit distintiva e
della novit, sicuramente sostanzialmente sono analoghi a quelli che abbiamo studiato e visto
per il marchio italiano, e quindi disciplina del CPI.
L'unica cosa che ha delle diversit rispetto alla nostra disciplina interna questo: anzich
indicare quelle che sono le cause di nullit e decadenza nel regolamento si indicano gli
impedimenti assoluti i gli impedimenti relativi alla registrazione.
Quindi impedimenti assoluti, cio che possono essere essere fatti valere affinche il marchio non
venga registrato a livello comunitario, e naturalmente possono essere fatti valere da chiunque vi
abbia interesse, sono quelli relativi alla mancanza di carattere distintivo, liceit, contrariet
alla legge e via dicendo... gli impedimenti relativi, cio che possono essere fatti valere
ovviamente soltanto da parte di alcuni soggetti, sono quelli relativi alla mancanza della
sussistenza del requisito della novit.
Quindi spetter a colui che titolare di un segno simile o identico a quello per cui si chiede la
registrazione a livello comunitario, far valere come impedimento appunto relativo, l'eventuale
non registrazione del marchio a livello comunitario.
Ovviamente non poi cos semplice, perch una volta che ci sia la trasmissione da parte
dell'ufficio brevetti nazionale, all'ufficio per l'armonizzazione del mercato interno, e quindi la
richiesta della registrazione del marchio comunitario, chiaro che il requisito della novit un
requisito che viene si preso in considerazione ai fini della registrazione del marchio comunitario,
ma siccome voi sapete che non tutti i Paesi hanno adottato un sistema (Italia e Francia) di esame
circa il requisito della novit, chiaro che ci pu essere sempre un successivo momento in cui il
marchio, pur essendo registrato, viene poi appunto dichiarato non valido perch non ha il
requisito della novit e quindi evidentemente qualcuno prima lo ha gi registrato.
Effettivamente la registrazione ha effetto decennale, come nel nostro ordinamento, ovviamente
pu essere anche qui richiesta la rinnovazione della registrazione, quindi andiamo di 10 anni in
10 anni.
Talvolta attraverso questo sistema, si arriva a magari avere all'interno del mercato europeo
anche dei marchi tra loro simili, proprio perch sul requisito della novit effettivamente non si
ha un controllo cos penetrante, da poter escludere che il marchio comunitario non sia gi stato,
o perch simile ad un altro marchio.... quindi comunque anche per il marchio comunitario vale il
principio che il rischio di confusione comunque tutelato da parte della disciplina, e tra l'altro il
rischio di confusione viene preso in considerazione dalla giurisprudenza comunitaria in misura
forse pi ampia rispetto al nostro ordinamento, perch sufficiente che il pubblico dei
consumatori deve avere la consapevolezza che i prodotti provengono da imprenditori diversi e
quindi la consapevolezza un qualcosa di pi che deve essere ovviamente dimostrata, per poter
escludere il rischio di confusione tra i prodotti che magari hanno marchi identici o simili.
Quindi, una valutazione pi ampia, effettivamente il rischio confusione, che viene comunque
ad essere tutelato, un rischio che viene ad essere valutato dalla CG, dal punto di vista della
consapevolezza, della dimostrazione che quel prodotto, pur avendo un marchio identico o
simile, non solo non crea confusione ma fa si che ci sia consapevolezza nei consumatori che il
prodotto proviene da un altro imprenditore.

Tra l'altro, in relazione all'eventuale nullit o decadenza del marchio comunitario, ovviamente ci
sono i ricorsi che vanno presentati all'ufficio dei marchi comunitari, e poi la decisione viene poi
resa dai tribunali dei marchi comunitari.
I tribunali dei marchi comunitari sono in realt dei tribunali, gli Stati hanno un dovere di
comunicare quali sono i tribunali designati all'interno naturalmente del Paese, ad avere la
funzione di tribunali dei marchi comunitari.
In Italia, la designazione dei tribunali dei marchi comunitari, corrisponde alle Sezioni
specializzate di diritto industriale.
Non tutti i tribunali hanno le sezioni specializzate di diritti industriale, normalmente sono i
capoluoghi di regione che le hanno, quindi in Italia, essendo state istituite le sezioni
specializzate di diritti industriale si attribuita questa funzione di tribunale del marchio
comunitario...
per esempio in Francia la funzione di tribunale del marchio comunitario affidata ad una
sezione speciale della Corte d'appello di Parigi, quindi non necessariamente c' stata una
parcellizzazione della funzione giurisdizionale.
Sono gli Stati che devono comunicare quali autorit giurisdizionali, quali tribunali sono designati
a svolgere anche questa funzione di tribunale dei marchi comunitari.
E ovvio che cos come il marchio pu essere trasferito o ceduto in licenza anche il marchio
comunitario pu ovviamente essere concesso in licenza o trasferito completamente, e
naturalmente la licenza pu essere anche parziale o totale, cio se riguarda tutti i prodotti o
una parte, se riguarda tutti i Paesi UE o solo alcuni, sempre poi con il discorso del diritto di
esclusiva o meno che pu permanere in capo al titolare del marchio registrato.
Per la registrazione del marchio comunitario noi ritroviamo nel regolamento gli stessi termini di
efficacia della registrazione, quindi decadenza e nullit, abbiamo visto prima, vi ho parlato degli
impedimenti assoluti o relativi, chiaro che si decade dal marchio comunitario se naturalmente
non lo si utilizza sui prodotti per un periodo di tempo pari a 5 anni, quindi anche per il marchio
comunitario vale la stessa regola vista per il marchio nazionale.
Cos come ci pu essere una volgarizzazione del marchio.
La decadenza pu essere anche parziale, in alcuni Paesi magari il marchio diviene non pi
indicatore di un bene come proveniente da quell'imprenditore, ma diviene indicativo di un
genere, quindi in quel Paese dell'UE decadr, mentre invece l'eventuale decadenza o nullit
parziale non va ad inficiare la validit negli altri Paesi.
E quindi ritroviamo sostanzialmente le stesse cause di decadenza, come ad esempio la
decettivit, le ritroviamo anche per il marchio comunitario.
Pu essere facilmente comprensibile che molto pi agevole, e da maggiori sicurezze, la
registrazione del marchio a livello comunitario che non a livello internazionale, nel senso che a
livello internazionale poi devo andare appena a verificare quale disciplina si applica invece nel
marchio comunitario ho invece, per il principio dell'unitariet, un unico segno che vale su tutto
il territorio UE e disciplinato dal regolamento, per cui io posso anche venire a conoscenza in
modo abbastanza rapido delle disposizioni che regolano il marchio comunitario.

(Il marchio comunitario. Requisiti. A differenza del marchio internazionale che consiste in realt in una sorta di
fascio di marchi nazionali ciascuno dei quali protetto nel paese cui appartiene in base alla disciplina nazionale
vigente in quel paese, il marchio comunitario istituito con il regolamento 40/94 del consiglio CE poi sostituito dal
regolamento n. 207/2009 del consiglio CE ha carattere unitario nel senso che produce i medesimi effetti in tutta
lunione europea.
Si tratta di un marchio registrato il cui carattere unitario si riflette nel fatto che esso pu essere registrato,
trasferito, rinunciato, dichiarato nullo o decaduto ed il suo uso pu essere vietato soltanto per la totalit della
comunit.
La tenuta del registro affidata allufficio per larmonizzazione del mercato interno con sede ad alicante.
Sono atti a costituire un marchio comunitario gli stessi segni descritti dallart 7 c.p.i. e quanto ai requisiti di validit
anche per il marchio comunitario ci si trova di fronte a quelli della liceit, della capacit distintiva e della novit.
Nel regolamento i requisiti in questione vengono espressi sia come impedimenti alla registrazione sia come ipotesi di
nullit e inoltre sono distinti in impedimenti e nullit assoluti da un lato e impedimenti e nullit relativi dallaltro.
Gli impedimenti assoluti alla registrazione e le cause di nullit assoluta corrispondono allelencazione contenuta
neigli artt. 14co 1 a) e b), 13 co 1, 9, 10 e 19 co 2.
Nei modi e nelle forme chiunque legittimato a far valere questi vizi.
Gli impedimenti relativi corrispondono sostanzialmente allelencazione dellart 12 lett. B) c) d) e) f) e g) e
consistono nella mancanza di novit del segno dovuta alla preesistenza di segni anteriori eguali o simili relativi a
prodotti o servizi eguali o affini e qui lefficacia impeditiva subordinata al rischio di confusione che pu consistere
nel rischio di associazione.
Anche qui la mancanza di novit suscettibile di sanatoria attraverso listituto della convalida.
La registrazione del marchio comunitario. Possono registrare un marchio comunitario tutte le persone fisiche o
giuridiche compresi gli enti di diritto pubblico.
La domanda viene depositata alternativamente presso lUAMI in alicante o presso lufficio nazionale di uno stato
membro il quale provvede ad inoltrarla allUAMI.
Questultimo procede oltre che ad un esame delle regolarit formali della domanda anche a quello sulla sussistenza
di impedimenti assoluti alla registrazione.
LUAMI inoltre svolge una ricerca sui marchi e sulle domande di marchi comunitari anteriori.
LUAMI trasmette poi senza indugio al richiedente del marchio comunitario la propria relazione di ricerca.
Successivamente la domanda di marchio comunitario viene pubblicata e lUAMI informa di questa pubblicazione i
titolari di marchi comunitari o di domande di marchio comunitario anteriori emersi nella ricerca.
Entro tre mesi dalla pubblicazione i titolari di marchi anteriori, depositati o registrati a livello nazionale o
comunitario e in taluni casi i titolari di ditte o segni di fatto, possono presentare opposizione alla registrazione
qualora il marchio su cui basata lopposizione sia stato registrato da pi
Di 5 anni, il richiedente pu chiedere allopponente di provare che il marchio anteriore stato seriamente utilizzato
per i prodotti o servizi per i quali esso registrato e in mancanza di questa prova lUAMI considera il marchio del
richiedente decaduto per non uso e rigetta dufficio lopposizione senza entrare nel merito.
Sullopposizione decide lufficio di alicante e contro questa decisione e contro i rifiuti di registrazione data una
prima possibilit di ricorso avanti alle commissioni di ricorso istituite presso lufficio stesso.
Le decisioni della commissione di ricorso sono suscettibili di due ulteriori istanze di ricorso, la prima davanti al
tribunale comunitario di prima istanza e la seconda avanti alla corte di giustizia delle comunit.
Una volta che sia dato luogo alla registrazione il marchio comunitario gode di una forte presunzione di validit
Contro di esso sar comunque possibile agire davanti allUAMI o con domanda riconvenzionale in unazione per
contraffazione davanti ai tribunali dei marchi comunitari da parte di chiunque nei casi di nullit assoluta e da parte
dei soli titolari di diritti anteriori nel caso di nullit relativa.
Contenuto del diritto sul marchio comunitario. La registrazione del marchio comunitario conferisce al titolare di
esso un diritto di esclusiva sostanzialmente equivalente a quello offerto dalla registrazione di un marchio italiano.
Anche qui la posizione del titolare espressa in termini negativi vale a dire come diritto di vietare ai terzi
determinati comportamenti.
Anche qui questo diritto di vietare ai terzi viene meno in caso di consenso del titolare.
Nel regolamento sono contenute norme di limitazione del diritto di esclusiva del titolare.
Come accade nel nostro ordinamento la tutela per cos dire assoluta quando ci si trovi di fronte alluso di un segno
identico al marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso stato registrato mentre nel caso
di segni identici o simili adottati per prodotti o servizi identici o analoghi la tutela subordinata alla sussistenza di
un rischio di confusione per il pubblico.
In linea di principio la tutela del marchio comunitario limitata alluso di esso per i prodotti o servizi per i quali
stato registrato o per prodotti o servizi affini.
Ma anche qui nel caso di marchio comunitario che goda di rinomanza nella comunit la tutela pu estendersi anche ai
prodotti o servizi non affini.
La durata della registrazione del marchio comunitario di 10 anni a decorrere dalla data di deposito della domanda.

La registrazione rinnovabile per periodi di 10 anni.


Nullit e decadenza del marchio comunitario. Vicende del diritto. Le cause di decadenza sono analoghe a quelle
previste nella nostra legge per il marchio italiano, vale a dire il non uso effettivo nella comunit del marchio per un
periodo ininterrotto di 5 anni, la volgarizzazione del marchio per lattivit o linattivit del suo titolare e la
sopravvenuta decettivit del marchio.
Sia la nullit sia la decadenza possono sussistere per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio
registrato.
Il marchio comunitario pu essere trasferito indipendentemente dal trasferimento dellimpresa per la totalit o
parte dei prodotti o dei servizi.
Tuttavia il trasferimento della totalit dellimpresa comporta il trasferimento del marchio.
A richiesta di una delle parti il trasferimento iscritto nel registro dei marchi comunitari e pubblicato.
Il regolamento contiene una norma in qualche modo analoga allart 23 co 4 della nostra legge.
Vi si dice infatti che se dagli atti relativi al trasferimento risulta manifestatamente che in conseguenza di
questultimo il marchio comunitario sar tale da poter indurre in errore il pubblico sulla natura, qualit o
provenienza geografica dei prodotti o dei servizi per i quali registrato lufficio rifiuta di registrare il trasferimento
a meno che lavente causa accetti di limitare la registrazione del marchio comunitario a quei prodotti o servizi per i
quali il marchio non sar ingannevole.
Il marchio comunitario pu anche essere oggetto di licenza per la totalit o parte dei prodotti.)

Capitolo 11. Il marchio non registrato (o marchio di fatto).


Marchio di fatto o marchio non registrato. in realt sia nel CC, sia nel CPI, non c' una
disciplina a se stante, completa del marchio non registrato. Il marchio non registrato viene preso
in considerazione solo nel momento in cui c' una interferenza con un marchio registrato,
quindi, tanto l'articolo 2571 CC, che si intitola marchio non registrato, e che parla del marchio
non registrato...
Art. 2571. Preuso. -1. Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facolt di continuare
ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne
valso.
E l'articolo 12.1 B) CPI, tratta del marchio non registrato, in relazione sempre ad un eventuale
interferenza che il marchio non registrato ha invece con un marchio che viene successivamente
registrato.
Art. 12. Novit 1-. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i
segni che alla data del deposito della domanda:
b) siano identici o simili a un segno gi noto come ditta, denominazione o ragione sociale,
insegna e nome a dominio usato nell'attivit economica, o altro segno distintivo adottato da
altri, se a causa della identit o somiglianza fra i segni e dell'identit o affinit fra l'attivit
d'impresa da questi esercitata ed i prodotti o servizi per i quali il marchio registrato possa
determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che pu consistere anche in un rischio di
associazione fra i due segni. L'uso precedente del segno, quando non importi notoriet di esso,
o importi notoriet puramente locale, non toglie la novit. L'uso precedente del segno da parte
del richiedente o del suo dante causa non di ostacolo alla registrazione;

C' per da dire che ovviamente il discorso del preuso, il diritto del pre utente, di colui che non
ha registrato il marchio, limitato alla diffusione locale e ovviamente delimitato
geograficamente appunto dal territorio in cui questo marchio stato utilizzato, in cui i beni con
quel marchio sono stati commercializzati, e naturalmente dipende anche da quanto tempo in
realt il pre utente ha utilizzato quel marchio.

Se il pre utente riesce a dimostrare appunto il pre uso sia dal punto di vista geografico, quindi
dello sviluppo di quel prodotto con quel marchio in una determinata zona geografica, sia per un
determinato periodo di tempo, colui che registra poi successivamente lo stesso marchio o un
marchio simile per prodotti identici o affini, non perde il requisito della novit, perch il
problema naturalmente si pone, non solo di regolamentare i rapporti tra i due imprenditori, ma
sopratutto che colui che registra il marchio utilizzato prima di fatto da altro imprenditore non si
ritrovi poi con un'eventuale azione di nullit del marchio per mancanza della nullit.
Quindi si ammette in questo caso che colui che ha successivamente registrato il marchio abbia
registrato un marchio valido che non difetta del requisito della novit.
Colui che registra il marchio, e quindi ha un diritto esclusivo su tutto il territorio nazionale, a
questo punto come coesiste con il marchio utilizzato di fatto dal preutente? Certa dottrina,
come Vanzetti e Di Cataldo, ritiene che ci possa essere la coesistenza anche nella zona di
utilizzo del titolare del marchio di fatto, del marchio registrato, purch ci sia una opportuna
differenziazione.
Quindi in quella determinata zona potranno coesistere sia il marchio registrato successivamente,
sia il marchio di fatto, basta che ci sia una differenziazione in modo da non creare confusione
nel pubblico dei consumatori, cio deve essere sempre rispettato il requisito della non
confondibilit.
Altri autori invece ritengono che non possano coesistere e che c' un diritto di priorit,
chiamiamolo atecnicamente... in chi ha preusato di fatto il marchio in quella determinata zona,
quindi prevale sostanzialmente secondo questo secondo orientamento, la circostanza che chi per
primo ha utilizzato il marchio e dimostra appunto, onere della prova che grava naturalmente sul
preutente, dimostra di aver utilizzato per un determinato periodo di tempo, in quella
determinata zona, lo stesso marchio o marchio simile per prodotto identico o affine, ha diritto
di utilizzarlo in modo esclusivo, quindi l'altro imprenditore, pur avendo il marchio registrato,
potr utilizzarlo in tutto il resto del territorio ma non in quella determinata zona.
Ci si innanzitutto posti il problema che oggi come oggi, dati i mezzi di telecomunicazione e
data l'estrema facilit con cui si pu pubblicizzare e gli strumenti attraverso i quali si pu far
giungere la comunicazione pubblicitaria dappertutto sar sempre pi difficile avere un marchio
di fatto che sia limitato solo ad una zona ristretta geograficamente.
Ecco che quindi il problema che io vi ho appena sottoposto, questo della coesistenza si fa
sempre pi concreto e reale posto che addirittura non parliamo pi solo di un marchio di fatto
che ha una limitata diffusione, parliamo di marchi di fatto che certe volte hanno diffusione su
tutto il territorio e quindi poi la giurisprudenza che di volta in volta, a seconda della notoriet
che il marchio di fatto ha assunto, che va ad interpretare e quindi a dirimere gli eventuali
conflitti tra preutente del marchio di fatto e titolare del marchio registrato.
C' per una cosa da mettere in evidenza, che quando noi parliamo di marchio celebre, cio,
bisogna fare una distinzione tra il concetto di notorio e marchio celebre... la notoriet che noi
andiamo ad analizzare al fine della sussistenza dell'effettivo uso del marchio di fatto, pu essere
ovviamente provata con la diffusione del marchio e del prodotto,
mentre invece parliamo di marchio celebre quando il marchio ha assunto una rinomanza tale da
essere conosciuto e quindi da avere una ripercussione sul mercato notevole.
Ecco che qualora il marchio di fatto abbia assunto proprio celebrit, sia diventato un marchio
che ha una notoriet generale e che quindi ci sia la celebrit. data dal fatto che c' questa
diffusione generale...

pi riesco a dimostrare la rinomanza che il mio marchio ha acquisito, e che quindi diventato
celebre, a questo punto io che sono il preutente di un marchio di fatto, quindi non registrato ma
celebre, posso impedire e quindi agire nei confronti anche di colui che successivamente registra
un marchio simile o identico al mio, per mancanza del requisito della novit.
Quindi, il marchio cd celebre, anche quando si tratta di marchio di fatto, quindi non registrato,
ha una tutela maggiore e quindi permette a colui che titolare di un marchio di fatto celebre,
di ottenere tutela nei confronti dell'eventuale terzo che poi decide di registrare il marchio
identico o simile a quello ormai diventato celebre.
Quindi pi io riesco a dimostrare la celebrit, cio il fatto che quel marchio ha assunto
ovviamente rinomanza all'interno del mercato, per contraddistintinguere i miei prodotti, pi io
otterr tutela e quindi potr impedire che un altro imprenditore registri lo stesso marchio o un
marchio simile.
Lo far ovviamente, attraverso un'azione inibitoria, o comunque di contraffazione del marchio
che accerti la mancanza del requisito della novit nel marchio, sia pur registrato, ma registrato
in un momento successivo al mio uso effettivo attuato di fatto perch non avevo provveduto alla
registrazione.
ovvio che la tutela che io posso ottenere invece al di fuori dell'ipotesi in cui sia titolare di un
marchio di fatto celebre, quindi quando io sono titolare di un marchio di fatto non celebre, la
tutela che io posso ottenere soltanto quella limitata dalla disciplina della concorrenza sleale,
2598 cc, che vieta a chiunque di usare nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i
segni o i nomi utilizzati da altro imprenditore per i propri prodotti.
Quindi, diciamo che nel caso del marchio di fatto non celebre, le azioni che io potr esperire
sono quelle che nascono, come abbiamo visto, dalla disciplina della concorrenza sleale ex
articolo 2598 cc e ss, quindi soltanto nel momento in cui c' confusione, nel momento in cui
l'utilizzo da parte di altro imprenditore del mio stesso marchio o marchio simile, sia pur
registrato, possa creare confondibilit, possa creare confusione nel pubblico dei consumatori.
Ovviamente anche per il marchio di fatto valgono le stesse regole che valgono per il marchio
registrato, cio il fatto che comunque debbano essere rispettati i requisiti sostanziali previsti
per il marchio da registrare alla luce del CPI, quindi comunque per poter parlare di un marchio
di fatto dovr parlare di un qualcosa, di un segno che deve distinguersi dal prodotto stesso.
Anche qui, anche nel caso del marchio di fatto posso eventualmente avere un marchio di forma,
sempre che appunto la forma non deve coincidere con la forma sostanziale del prodotto.
Quindi valgono anche per il marchio di fatto le stesse regole che abbiamo visto per il marchio
registrato. Ovviamente ci dovr essere anche nel marchio di fatto la sussistenza del requisito
della capacit distintiva, della novit, quindi a maggior ragione se succede l'inverso, quindi se il
marchio registrato precedente all'uso del marchio di fatto che io eventualmente faccia,
chiaro ed evidente che il mio marchio di fatto comunque mancher del requisito della novit.
Mentre, se io per primo utilizzo un marchio, non lo registro, marchio di fatto, posso poi
successivamente, nei limiti del preuso intenso come tempo e come limitazione geografica, far
valere un eventuale requisito di validit del mio marchio e quindi impedire o quantomeno
imporre che colui che ha registrato successivamente lo utilizzi nella stessa zona, sempre
appunto a parte la deroga del marchio di fatto celebre, nel caso inverso, cio quando chi
registra il marchio il primo che lo fa, cio l'imprenditore lo fa per primo, se poi io non so
perch non mi sono data da fare a verificare o meno, utilizzo di fatto un marchio in una zona

limitata, ovviamente questo mio marchio di fatto, mancher del requisito della novit, non
posso pretendere una eventuale coesistenza.
Perch il marchio che io utilizzo successivamente alla registrazione fatta da altri, manca del
requisito della novit.
Cos come abbastanza comprensibile che anche il marchio di fatto deve rispettare i requisiti
della non contrariet alla legge, ordine pubblico e liceit... non posso utilizzare un marchio che
sia illecito!
Quindi, per quanto riguarda i requisiti di validit, sia marchio di fatto che marchio registrato
sostanzialmente hanno la stessa disciplina, e cos anche per quanto riguarda sia la fattispecie
costitutiva, sia la fattispecie estintiva, cio io posso dire e quindi posso eventualmente agire a
tutela del mio marchio di fatto, se io per effettivamente ho usato il mio marchio.
Noi abbiamo detto, si ha decadenza per non uso del marchio che avvenga per un periodo che si
protrae per 5 anni dalla registrazione o eventualmente se c' stato un iniziale utilizzo, poi il
periodo di sospensione di utilizzo del marchio appunto pari a 5 anni.
Quindi anche in questo caso, anche nel caso del marchio di fatto, io potr dire di avere un
diritto sul mio marchio di fatto solo se effettivamente ne ho usato e quindi se effettivamente ho
utilizzato quel marchio su quei prodotti, cos come dal punto di vista delle fattispecie estintive,
ovviamente decadr dall'uso del marchio di fatto se io inizialmente lo avevo utilizzato e poi non
l'ho utilizzato pi per un periodo appunto superiore ai 5 anni, oppure c' stato chi aveva in realt
gi prima registrato il marchio e quindi propone un'azione nei miei confronti per far dichiarare la
nullit del marchio per mancanza del requisito della nullit.
Quindi fattispecie estintive e costitutive sono analoghe a quelle che abbiamo visto per il marchio
registrato.
Sostanzialmente quindi diciamo che se la tutela sostanzialmente analoga, tra marchio
registrato e marchio non registrato, la differenza sostanziale consiste nell'onere della prova,
perch mentre io che sono titolare di un marchio registrato potr agire nei confronti di un altro
soggetto che ritengo che abbia utilizzato il suo marchio in modo illegittimo, baster che produce
l'attestato di registrazione del mio marchio, per quanto riguarda invece il titolare del marchio di
fatto, chiaro che questi dovr dare la prova dell'effettivo utilizzo, sopratutto sotto l'aspetto
della diffusione che stata data a quel prodotto, quindi di quella notoriet qualificata, per
distinguerla dalla celebrit, ovvero sia devo dimostrare che effettivamente io ho
commercializzato quel prodotto con quel marchio e che quindi ovviamente la diffusione c' stata
in modo tale da poter essere conosciuto come segno appunto che contraddistingue i miei
prodotti.
E anche dal punto di vista merceologico, sempre io che sono il titolare del marchio di fatto,
dovr dimostrare per quali prodotti ho effettivamente utilizzato quel marchio.
Quando abbiamo parlato della registrazione abbiamo detto che io presento la domanda di
registrazione di quel marchio per quel prodotto e quindi mi sar sufficiente in un eventuale
giudizio produrre l'attestato di registrazione dal quale risulta chiaramente quali sono i prodotti
per i quali io ho registrato il marchio.
Per il marchio di fatto non ho questa attestazione, quindi io devo dimostrare per quali beni
appartenenti alle diverse categorie merceologiche ho utilizzato quel marchio di fatto.
Quindi, se dal punto di vista nei confronti dei terzi la tutela analoga.

Dal punto di vista di colui che subisce l'azione e quindi deve resistere, o che propone l'azione, se
il titolare del marchio di fatto avr un onere maggiore in termini probatori.
Ovviamente, anche successivamente, come abbiamo visto per il marchio registrato, inizialmente
il marchio di fatto pu essere valido e la sua estinzione pu intervenire in un momento
successivo, per esempio perch cambiano le leggi e quindi il marchio diventa contrario alla
legge, ordine pubblico, buon costume o diventa illecito.
Quindi anche per il marchio di fatto le cause di estinzione che possono sopravvenire trovano
applicazione.
Per cui diciamo a conclusione del discorso sui marchi, e ripeto, il nostro ordinamento e
sopratutto il CPI, quindi a prescindere anche dalle altre leggi ha incentivato la registrazione del
marchio, cio un regime improntato al riconoscimento di maggior tutela a colui che registra il
marchio, tuttavia, confrontando questa disciplina, quella del CPI, con anche la disciplina del cc,
vediamo che il marchio di fatto ha una tutela in parte analoga ma la differenziazione maggiore
noi la rileviamo sopratutto in tema di onere della prova e in tema quindi di dimostrazione dei
requisiti appunto notoriet qualificata, preuso, limiti e via dicendo, che sono fondamentali per
poter vantare dei diritti sul marchio di fatto.
Marchio di fatto celebre, invece ha tutela maggiore, perch fa venir meno qualsiasi ulteriore
registrazione dello stesso marchio o di marchio identico, per mancanza del requisito della
novit, anche qui la celebrit del marchio dovr essere dimostrata dal titolare, ma diciamo che
pi semplice dimostrare la rinomanza, la celebrit che invece quella notoriet qualificata,
quella diffusione del marchio registrato.

(Rapporti fra il marchio di fatto e marchio registrato. Lart 2571 parla di un marchio non registrato.
Il nostro ordinamento conosce dunque accanto ai marchi registrati anche il marchio non registrato definito anche
marchio di fatto.
La disciplina specifica del marchio di fatto. Marchio di fatto e concorrenza sleale. Nella legge non si trova per il
marchio non registrato che una regolamentazione assai parziale e precisamente soltanto quella che attiene ai suoi
rapporti con un marchio successivo registrato.
La legge distingue da un lato lipotesi che il preuso del marchio di fatto non importi notoriet di esso o importi
notoriet puramente locale e dallaltro lato lipotesi che il preuso importi notoriet generale.
Dopo aver detto che entrambi i casi il preutente pu registrare il marchio, il legislatore ha statuito che quando
invece a registrare un marchio uguale o simile sia un terzo , nel primo caso la novit del marchio registrato dal terzo
non sia esclusa e quindi la registrazione sia valida e nel secondo caso invece il marchio registrato dal terzo sia privo
di novit e perci nullo.
Cos il legislatore ha ammesso che nel caso di preuso non notorio o con notoriet locale vi sia una coesistenza tra il
marchio di fatto e quello registrato.
Infatti ha previsto che, nonostante la registrazione ottenuta dal terzo, il preutente possa continuare ad usare il
marchio nei limiti in cui anteriormente se n valso ed in particolare nei limiti della diffusione locale.
In altri termini il diritto o facolt che nasce dal preuso un diritto relativo e non un diritto assoluto in cui
consistono nel codice p.i. i diritti di propriet industriale.
Le norme che disciplinano nascita, ambito di protezione ed estinzione di quel diritto assoluto sul marchio non
registrato si ritrovano nella disciplina della concorrenza sleale confusoria ed in particolare nel n.1 dellart 2598 c.c.
che vieta a chiunque di usare nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi
legittimamente usati da altri.
Il che comporta che il diritto sul marchio non registrato sorger con il sorgere di una possibilit di confusione nel
pubblico.
I requisiti di tutelabilit. Parte dei principi elaborati in tema di marchio registrato possono applicarsi anche ai
marchi di fatto.
Anche il marchio di fatto dovr comunque, per godere della tutela, essere innanzitutto un segno, almeno idealmente
separabile dal prodotto e potr anche consistere nella forma del prodotto medesimo purch non si tratti di forma

utile suscettibile di valida brevettazione come modello, o comunque idonea ad attribuire valore sostanziale al
prodotto.
Anche il marchio di fatto dovr essere dotato di capacit distintiva, cio essere dotato della notoriet qualificata,
ossia non dovr corrispondere ad una denominazione generica o ad una indicazione descrittiva, n consistere in un
segno non idoneo ad essere percepito dal pubblico come segno di origine imprenditoriale del prodotto.
Inoltre anche il marchio di fatto dovr essere nuovo, cio diverso dai marchi anteriori in quanto altrimenti non sar
segno distintivo ma elemento di confusione.
Ed infine non dovr essere decettivo, n contrario alla legge, allordine pubblico o al buon costume.
Fattispecie costitutive ed estintive. Si dice che la fattispecie costitutiva del diritto sul marchio di fatto consista
nelluso di esso.
Anche per il marchio non registrato la fattispecie costitutiva del relativo diritto consister non semplicemente
nelluso, bens nel raggiungimento della notoriet qualificata.
Anche qui la capacit qualificata potr variare nel tempo con un rafforzamento della stessa, oppure con lacquisto di
essa da parte di un segno che ne fosse originariamente del tutto privo.
Lesistenza della notoriet qualificata potr desumersi dalla rilevanza qualitativa della presenza del prodotto o
servizio sul mercato, dalla durata di questa presenza, dallambito territoriale di essa, dalla pubblicit di cui il
prodotto o servizio siano stati oggetto oppure da indagini demoscopiche.
Conseguentemente con la cessazione delluso del segno il diritto su di esso si avvier allestinzione.
Ci significa che il diritto medesimo non si estinguer immediatamente ma solo dopo un periodo di tempo idoneo a
far ritenere che il mercato si sia scordato del segno e della sua attinenza ad una specifica origine dei prodotti
contrassegnati.
Finch ci non sia avvenuto infatti ai terzi sar vietata ladozione di un marchio con esso confondibile.
Il diritto di esclusiva sul marchio non registrato che tutela contro la possibilit di confusione si estender
conseguentemente anche ai prodotti affini a quelli per i quali il marchio usato, dovendosi anche qui intendere per
affini i prodotti che in concreto il pubblico potrebbe ritenere provenienti dallo stesso imprenditore.
Tutela ed estinzione del diritto sul marchio di fatto. Qualora terzi pongano in circolazione prodotti eguali o affini
a quelli del titolare del marchio di fatto muniti di un segno ad esso eguale o simile, nella zona di notoriet del
medesimo, in modo da provocare una possibilit di confusione, il titolare potr reagire con lazione di concorrenza
sleale, chiedendo ai sensi degli artt. 2599 e 2600 c.c. linibitoria, il risarcimento del danno e la pubblicazione della
sentenza.
O in alternativa o cumulativamente potr agire per violazione del relativo diritto di propriet industriale, invocando
la tutela prevista dal codice p.i.
Per un marchio di fatto non varr la presunzione di validit prevista per il marchio registrato.
Al contrario incomber su chi ne invoca la tutela lonere di provare i fatti costitutivi del suo diritto, ossia luso
attuale del marchio, lestensione merceologica e territoriale di questuso e la notoriet qualificata che ne sia
conseguita.
Per quanto riguarda la legittimazione a proporre unazione di nullit per mancanza di novit del segno.
Alla cessazione delluso, come causa estintiva si dovr aggiungere la volgarizzazione del segno perch la capacit
distintiva ne condiziona la sopravvivenza appunto come segno distintivo nonch il sopravvenuto contrasto con la
legge, lordine pubblico o il buon costume.
Con lestensione nazionale della maggior parte dei mezzi pubblicitari da un lato, e con laccrescersi della mobilit
delle persone dallaltro, diviene sempre pi difficile ipotizzare una notoriet meramente locale dei marchi.
Cosicch probabilmente il fenomeno dei marchi di qualche importanza con notoriet locale va limitato a ben poche
ipotesi.)

La ditta e gli altri segni distintivi.


Lezione. Ditta. Torniamo alla disciplina del CC, mentre il CPI fa si riferimento agli altri segni
distintivi, tuttavia diciamo che le norme del CC comunque ci aiutano ad individuare, ad
identificare la funzione naturalmente della ditta.
La funzione della ditta, serve per identificare la persona dell'imprenditore, quindi chi il
titolare dell'impresa industriale, quello che il nome commerciale dell'imprenditore.
Per serve anche ad individuare l'impresa stessa, cio il complesso aziendale che ha poi dei
rapporti con i terzi, con i fornitori, con le banche, con il pubblico, con il mercato di soggetti con
i quali entra in contatto.

Tra l'altro l'articolo del cc, in tema di ditta, dice che la ditta deve contenere almeno il nome
civile dell'imprenditore, e parliamo anche di ditta irregolare quando la ditta non contenga
nessun riferimento al nome civile dell'imprenditore, tenendo presente poi che c' anche un altro
aspetto, che quello del trasferimento della ditta, ad altro imprenditore, vedremo che la ditta
non pu essere trasferita da sola, ma deve necessariamente essere accompagnata dal
trasferimento dell'azienda, per nel momento in cui viene trasferita, e quindi c' un
trasferimento del complesso aziendale, non necessario che l'imprenditore acquirente
differenzi la ditta, quindi inserisca il proprio nome all'interno della ditta.
Questo significa che quando noi diciamo che la ditta deve contenere almeno il nome civile
dell'imprenditore, si principio sancito dal cc, ma principio che viene poi ad essere derogato
sia in caso di ditta irregolare, dove non c' il nome civile dell'imprenditore, sia nell'ipotesi in cui
la ditta venga trasferita, in modo legittimo, quindi insieme all'azienda, ma il nuovo acquirente
non ha bisogno di inserire a sua volta il proprio nome nella ditta, quindi si deduce da questa
normativa che la funzione della ditta pi che altro di individuare il complesso aziendale, cio
l'impresa pi che il titolare dell'impresa.
Quindi, pi che contraddistinguere l'imprenditore persona fisica, l'imprenditore in se, va ad
individuare quello che viene definito un centro di imputazione, cio l'impresa che un'insieme
di elementi determinati dall'aspetto soggettivo, cio che la persona dell'imprenditore, ma
anche da elementi oggettivi, i beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attivit di
impresa.
Quindi chiaro che la ditta andando ad individuare un centro di imputazione, quindi avendo la
funzione di individuare l'impresa, considerata nel suo aspetto completo, soggettivo ed oggettivo,
dovr, per questo motivo qui essere sempre trasferita assieme all'azienda e non potr essere
trasferita indipendentemente dal trasferimento dell'azienda, con la precisazione che la ditta, in
caso di cessione d'azienda pu anche non essere trasferita, perch io che sono l'imprenditore
alienante in caso di cessione d'azienda poteri anche decidere di trasferire il mio complesso
aziendale ma di non trasferire la ditta, mentre invece certamente non posso fare il contrario,
cio trasferire la ditta e non trasferire il mio complesso aziendale, ovvero sia attuare quella che
invece il trasferimento del marchio, che pu avvenire indipendentemente dal trasferimento
dell'azienda.
Nella ditta invece questo non possibile, perch appunto la funzione giuridica quella di
individuare un centro di imputazione quello di individuare l'impresa intesa nel suo complesso
soggettivo ma sopratutto oggettivo.
Ovviamente la ditta, pu essere un qualcosa un di pi rispetto alla ragione sociale o alla
denominazione sociale.
Noi parliamo di ragione sociale e di denominazione sociale, utilizzando il termine in misura
analoga, per a monte c' una distinzione... la ragione sociale la utilizziamo per le societ di
persone e la denominazione sociale la utilizziamo per le societ di capitali.
Quindi siccome noi sappiamo che l'impresa collettiva deve avere la propria ragione o
denominazione sociale accanto alla ragione o denominazione sociale c' anche la ditta, che
quindi naturalmente serve per dimostrare che la ditta serve ad individuare il centro di
imputazione dell'impresa e tra l'altro poi il tutto viene ancora pi complicato perch spesso il
marchio registrato costituito dalla ditta... cio io inizio un'attivit imprenditoriale
commerciale, indico quella che la ditta e poi registro la ditta come marchio che appongo sui
miei prodotti, quindi spesso si fonde perch il segno, il simbolo pu essere lo stesso, per

dobbiamo individuare qual' la finalit e l'utilizzo per capire se si tratta di ditta o se si tratta di
marchio...
La disciplina quindi della ditta come segno distintivo dell'impresa intesa nel suo senso completo,
soggettivo ed oggettivo, data per lo pi dal codice civile, posto che indica quella che la
disciplina applicabile sopratutto anche in relazione al trasferimento.
E tra l'altro, la ditta anch'essa pu ottenere una registrazione, la registrazione della ditta, si
effettua presso il registro delle imprese. Io che sono imprenditore commerciale, anche
imprenditore collettivo che svolgendo l'attivit, voglio ai fini della opponibilit iscrivere la mia
societ, con l'istituzione del registro delle imprese oggi praticamente tutti gli imprenditori,
individuali o collettivi si iscrivono, anche la SS si iscrive in un albo speciale ai fini naturalmente
di comunicare ai terzi, quindi di pubblicizzare ai terzi eventuali clausole che poi possono essere
opposte, o la sua stessa organizzazione.
Nel caso della ditta io la registro presso l'ufficio del registro delle imprese e la registrazione, che
naturalmente non ha un effetto costitutivo, ma ha semplicemente la funzione di accertare una
priorit nell'utilizzo, per cui se io per primo, imprenditore ho registrato quella determinata
ditta, nel momento in cui un altro soggetto utilizzasse la stessa ditta, posso chiedere che questo
secondo soggetto la distingua, la differenzi, la caratterizzi in modo diverso tanto da far capire
che si tratta di un altro centro di imputazione, di un altro imprenditore, di un'altra impresa.
Quindi la registrazione della ditta, che avviene presso il registro delle imprese come elemento
dell'azienda a questo punto ha la funzione sopratutto di stabilire la priorit nell'utilizzo, quindi
chi successivamente alla registrazione utilizza ha questo obbligo di differenziazione, di
distinzione, per distinguere la propria ditta.
Ovviamente, le caratteristiche che noi abbiamo visto dover sussistere per il marchio, cio per
uno dei segni distintivi dell'imprenditore, e pi in particolare segno distintivo del prodotto o del
servizio, i requisiti per la validit del marchio, ovviamente li ritroviamo anche come requisiti per
la ditta, nel senso che la ditta comunque deve avere una capacit distintiva, e quindi deve poter
individuare in modo concreto il centro di imputazione, pu avere una capacit distintiva come
per il marchio, inizialmente molto debole e poi invece pi forte o il contrario, inizialmente
capacit distintiva e poi perdita della capacit distintiva, e ovviamente deve essere nuova e
deve essere lecita.
Quindi anche qui rispetto delle disposizioni che abbiamo visto di non contrariet alla legge,
ordine pubblico o buon costume.
Ovviamente anche qui la novit e quindi l'eventuale elemento di differenziazione viene in
rilievo, quando si tratti di ditta che pu ovviamente creare confusione perch simile o identica
ad altra ditta utilizzata ovviamente nello svolgimento di quella determinata attivit o di una
attivit affine.
Quindi siamo sempre alla considerazione di quelli che sono gli elementi di validit per il
marchio, solo che qui dobbiamo adattare questa disciplina alla funzione della ditta.
Se la funzione della ditta quella di individuare il centro di imputazione, cio impresa come
elemento soggettivo, persona dell'imprenditore ma anche come elemento oggettivo, complesso
di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attivit di impresa, se parliamo della
ditta dovremo verificare che non ci sia confusione perch ditta identica o simile utilizzata per
un'attivit identica o affine nello stesso ambito territoriale in cui ovviamente viene ad essere
utilizzata la ditta.

Tra l'altro, spesso la ditta viene utilizzata come marchio, dobbiamo tenere presente che nel caso
di marchio registrato che gode di rinomanza, celebrit, pu il marchio stesso, proprio perch
gode di rinomanza o celebrit, il titolare del marchio pu anche impedire che il marchio venga
utilizzato come ditta da parte di un altro imprenditore.
Quindi quando noi parliamo di ditta dobbiamo anche fare attenzione a che la ditta non sia posta
in essere in violazione a norme di legge, e in questo caso violerebbe l'articolo 22 CPI che tutela il
marchio che gode di una certa rinomanza a che non venga utilizzato come ditta da un altro
imprenditore.
Anche la ditta cos come per il marchio, si costituisce e si acquista con l'uso, quindi io una volta
che ho individuato la ditta sotto la quale operer, devo per effettivamente utilizzare la ditta,
la ditta la utilizzo sulla carta intestata, su tutta quella che l'attivit all'esterno, quando io vado
a rapportarmi con i terzi, utilizzo e uso appunto la ditta ovvero sia il nome commerciale sotto il
quale io ho deciso di operare.
Quindi, carta intestata, tutto quello che pu essere anche i moduli, la pubblicit, tutto viene
naturalmente contrassegnato dalla ditta.
La registrazione permette di stabilire una certa priorit nell'uso, ma di stabilire anche tra ditta
di fatto e ditta registrata la priorit nel senso di prevalenza, che viene riconosciuta alla ditta
registrata, per cui la ditta di fatto dovr distinguersi dalla ditta registrata.
Quando noi parliamo di ditta, dal punto di vista della tutela naturalmente dobbiamo verificare
se la ditta identica o simile utilizzata da altro imprenditore per la propria attivit non crei
confusione e in relazione alla identit o somiglianza dell'attivit di impresa, per la ditta diciamo
che abbiamo, proprio perch c' questa funzione particolare della ditta come individuazione del
centro di imputazione, nel caso della ditta, noi dobbiamo considerare non solo le attivit
identiche o simili, ma quelle che potrebbero essere anche considerate come attivit
complementari o attivit analoghe, quindi il riferimento ovviamente riferito ad un concetto
diverso di affinit, perch si deve guardare sempre, dal momento che la ditta contraddistingue il
centro di imputazione, come impresa, bisogna sempre guardare non solo l'attivit identica o
simile ma anche un'attivit complementare che se attuata sotto la stessa ditta potrebbe creare
confusione, potrebbe far ritenere, nei consumatori che provenga anche questo tipo di attivit da
quel centro di imputazione, da quella determinata organizzazione aziendale.
Quindi il giudizio di confondibilit in realt riferito all'oggetto dell'attivit di impresa, ma non
viene solo limitato a quello che l'azienda produce ma si estende anche ad oggetti che possono
essere considerati come attivit complementare o accessoria.
Ovviamente per quanto riguarda l'eventuale tutela anche qui avremo l'azione inibitoria, anche
perch la tutela della ditta noi ovviamente la consideriamo ai fini della concorrenza sleale,
come utilizzo di un segno identico o simile, fatto da un imprenditore che quindi pu creare
confusione con il segno identico o simile utilizzato da altro imprenditore.
Quindi anche qui avremo un'azione inibitoria e quindi possibilit, accertata la confusione, quindi
accertato che tra i due segni, tra le due ditte c' confondibilit, valutata anche qua a quali delle
due ditte bisogna dare priorit ci sar ovviamente la sanzione della cessazione del
comportamento, l'eventuale risarcimento del danno, e via dicendo... quindi la tutelabilit della
ditta noi la riscontriamo nella disciplina della concorrenza sleale, quindi 2598 primo comma.
Cosa fondamentale che la ditta, proprio per questa sua funzione, a tutt'oggi, quindi anche
dopo che per il marchio si ammessa l'autonoma cessione indipendentemente dalla cessione
dell'azienda, ancora oggi, la ditta pu circolare solo assieme all'azienda.

O eventualmente non costituisce oggetto di trasferimento, e quindi non viene trasferita per
volont dell'alienante, ma se si decide di trasferirla, questa non pu che circolare assieme
all'azienda.
Se io magari do in godimento l'azienda, allora posso anche prevedere che ovviamente ci sia
l'utilizzo della stessa ditta, ma lo devo naturalmente indicare nel contratto con il quale concedo
in godimento il mio complesso di beni aziendali, altrimenti chiaro che non posso cedere solo
l'uso della ditta.
Tra l'altro, il trasferimento della ditta si presume, quindi proprio perch c' questo stretto
collegamento tra ditta e complesso aziendale, se io trasferisco l'azienda si presume che
trasferisca anche la ditta, quindi se non voglio trasferire anche la ditta, devo specificamente
escludere la ditta.

Insegna. il segno distintivo che contraddistingue i locali in cui si svolge l'attivit di impresa,
anche se manca una vera e propria definizione dell'insegna.
Comunque anche per l'insegna, nonostante ci sia una certa maggior somiglianza con il marchio,
tuttavia anche per l'insegna si continua, anche se su questo punto ci sono orientamenti
contrastanti, ma anche sull'insegna si continua a considerare l'insegna come segno distintivo che
pu essere trasferito solo assieme all'azienda e non pu costituire oggetto di autonoma cessione.
Quindi anche nel caso dell'insegna si applicano le norme sulla ditta e non le norme sul marchio.

Libro. Funzione della ditta. La ditta il segno distintivo dellimpresa. Tradizionalmente in


materia di ditta si contendevano il campo due opposte teorie: la teoria cd. soggettiva secondo la
quale la ditta serviva a identificare nellattivit imprenditoriale la persona dellimprenditore, e
la teoria oggettiva secondo la quale essa invece serviva ad identificare lazienda, sia pure intesa
come comprensiva anche di elementi umani.
Le norme che si occupavano della ditta sono apparentemente il frutto di un compromesso fra
queste due tesi.
Da un lato infatti esse pretendono che la ditta comprenda almeno il cognome o la sigla
dellimprenditore cos mostrando di attribuire rilievo ad una sua funzione di identificazione
dellimprenditore ma dallaltro lato consentono che la ditta venga trasferita senza obbligo per
lacquirente di sostituire il proprio nome e la propria sigla a quelli del suo dante causa, il che
evidentemente incompatibile con una funzione di identificazione dellimprenditore.
In realt la trasferibilit della ditta e la conseguente liceit delle cd ditte derivate esclude che
alla ditta possa attribuirsi come funzione tipica e certa quella di identificazione della persona
dellimprenditore.
La ditta dunque non contraddistingue la persona dellimprenditore bens limpresa che un
insieme di elementi soggettivi, limprenditore appunto, e oggettivi, lazienda, ossia il complesso
dei beni organizzati per lesercizio dellimpresa, secondo la formula dellart 2555 c.c.
Qualora questo centro di imputazione si scinda come nel caso di alienazione dellazienda, la
ditta potr restar vincolata alluno o allaltro elemento, cio allimprenditore cedente o
allazienda ceduta, cos venendo a contraddistinguere una nuova impresa che tuttavia
presenter rispetto alla precedente un elemento di continuit personale (limprenditore) o reale
(lazienda).

Ambito di applicazione della disciplina della ditta. La disciplina della ditta contenuta negli
artt. 2563 ss. c.c. stata sicuramente concepita per un mercato diverso in cui la figura
dellimpresa individuale era ancora di grande rilievo.
Oggi si tratta di una disciplina di rilievo marginale, dato che gli imprenditori individuali
rappresentano sul mercato odierno realt infrequenti soprattutto locali e perci marginali.
Per la disciplina in questione riveste tuttora unimportanza notevole per due ragioni: per
prima cosa perch si applica nella parte essenziale anche ai segni distintivi delle imprese
societarie, ossia alle ragioni e alle denominazioni sociali e in secondo luogo perch si ammette
che anche le imprese societarie possano avere una o pi ditte, di solito adottate per
contraddistinguere specifici e differenziati rami di attivit dellimpresa.
La disciplina specifica della ditta. La ditta fa sicuramente parte dei segni distintivi diversi dal
marchio registrato a cui si fa riferimento agli artt. 1 e 2 c.p.i.
Tuttavia anche per la ditta, nel codice p.i. non si dice come il diritto su di essa si acquisti e
quale sia lestensione della sua tutela.
Per chiarire questi punti bisogner fare ricorso alla disciplina del codice civile.
Ci si potrebbe riportare a quanto detto parlando del marchio non registrato ed ancor pi della
concorrenza sleale confusoria.
Per le norme del codice civile che si occupano specificatamente della ditta dettano per questo
segno distintivo una disciplina specifica che non coincide del tutto con quella che pu desumersi
dallart 2598 n. 1 c.c.
Contenuto e requisiti della ditta. La capacit distintiva. Lart 2563 c.c. ammette che la ditta
possa essere variamente formata, pur dovendo comprendere almeno il cognome o la sigla
dellimprenditore.
I segni adottabili come ditta sono essenzialmente denominativi.
Potranno essere uno o pi, di maggiore o minore fantasia.
Va detto che come tutti i segni distintivi per essere tutelabile la ditta deve presentare capacit
distintiva.
In materia di ditta le due ipotesi di mancanza di capacit distintiva finiscono con il sovrapporsi.
Per la ditta, infatti, non concepibile una inidoneit ad essere percepita del pubblico come
segno di specifica origine da unimpresa, che non sia quella del carattere distintivo, ossia del
consistere in un segno costituito dalla mera denominazione generica del tipo di impresa a cui si
riferisce.
La capacit distintiva valutata per la ditta con minor vigore di quanto non accada in materia di
marchio, cosicch sono considerate tutelabili ditte molto espressive che si discostano assai poco
da una denominazione generica.
Questa tendenza ad ammettere la tutelabilit di ditte anche assai poco originali che talvolta si
spinta fino a negare che tra i requisiti di validit della ditta sia da annoverare la capacit
distintiva non senza ragione.
In tema di ditta per valutare la capacit distintiva non si dovr far prevalentemente
riferimento, come in materia di marchio, alla capacit di valutazione di un consumatore medio
del prodotto cui il segno apposto, ma si dovr invece far riferimento alla cerchia
imprenditoriale operante nel ramo di attivit del titolare della ditta, o che comunque abbia con
lui rapporti.
Luso tipico della ditta si ritiene sia specialmente la spendita del segno nei rapporti di affari,
ossia nei rapporti con gli istituti di credito, con i fornitori, con i clienti imprenditori.
La ditta infatti compare come intestazione dei fogli di corrispondenza e dei vari moduli utilizzati
dallimprenditore dellesercizio della sua attivit.

Novit e liceit. Un discorso analogo pu farsi per il requisito della novit che vale per tutti i
segni distintivi.
Infatti il riferimento della legge alla possibilit di confusione esclude che sia consentito
lingresso nel mercato di un segno confondibile con altri che gi vi siano presenti.
Anche in materia di novit potr di massima ritenersi che bastino, per ammetterne la presenza,
varianti pi lievi rispetto alle ditte anteriori, di quanto non ne occorrano in materia di marchi,
dovendosi anche qui riferire alle capacit di valutazione di una cerchia attenta e professionale
qual quella degli imprenditori che abbiano o che siano destinati ad avere rapporti con il
titolare della ditta.
Lart 22 c.p.i. vieta ladozione come ditta del marchio altrui quando ci possa determinare un
rischio di confusione per il pubblico.
Il rischio di confusione dovrebbe determinarsi a causa dellidentit o dellaffinit tra lattivit
dimpresa del titolare della ditta ed i prodotti o servizi per i quali il marchio adottato.
La mancata menzione di una sovrapposizione territoriale fa pensare che quando il marchio
anteriore sia registrato il suo potere invalidante si estenda comunque a tutto il territorio
nazionale mentre trattandosi di marchio anteriore non registrato sar a quel fine necessaria
anche la coincidenza di luogo duso.
Nello stesso art 22 si prevede infine che il marchio registrato che goda di rinomanza abbia anche
nei confronti della ditta successiva un potere invalidante quando ricorrano le abituali condizioni
di tutela di questo tipo di segno ossia lindebito vantaggio o pregiudizio.
Come per tutti i segni distintivi anche per la ditta si deve ritenere che la tutelabilit ne sia
subordinata al requisito della liceit, da intendersi come non contrariet alla legge, allordine
pubblico e al buon costume ma anche come non decettivit, ossia non ingannevolezza del segno.
Fattispecie costitutiva del diritto. Il diritto sulla ditta si acquista con ladozione di essa, ossia
con luso che commisura anche lestensione del diritto stesso, vale a dire lambito merceologico
e territoriale della tutela.
Per uso della ditta deve intendersi luso del segno stesso nei rapporti di affari e perci
essenzialmente nei confronti di altri imprenditori come indicazione dellimpresa.
E ai fini dellacquisto del diritto deve anche trattarsi di un uso capace di determinare una
notoriet del segno sufficiente a farlo percepire come segno distintivo di una specifica impresa
da parte del pubblico.
Lart 2564 co 2 c.c. stabilisce che nel conflitto tra due titolari di ditte confondibili che siano
imprenditori commerciali prevalga chi per primo abbia iscritto la propria ditta nel registro delle
imprese e ci potrebbe far pensare a un effetto costitutivo del diritto anche di questa
registrazione.
Tuttavia riconducendo gli effetti della registrazione stessa a quelli in generale previsti dallart
2193c.c. per liscrizione nel registro delle imprese , si ritiene che nel conflitto fra le due ditte
prevalga quella registrata per prima a meno che il titolare dellaltra non dia prova di un proprio
uso della ditta anteriore allaltrui registrazione , e della conoscenza di questo preuso da parte
del registrante.
Laver individuato nelluso e nella conseguente notoriet la fattispecie costitutiva del diritto
alla ditta induce a ritenere che s vi differenza fra la ditta ufficialmente scelta e quella
effettivamente usata nei rapporti con i terzi questultima che prevale, nel senso che a
questultima che deve farsi riferimento nel giudicare di eventuali conflitti con ditte di terzi.
Tutela della ditta. Il titolare della ditta ha diritto alluso esclusivo di essa nei limiti che
risultano dallart 2564 co 1.
Secondo questa norma la tutela opera in presenza delladozione di una ditta uguale o simile da
parte di un altro imprenditore che pu creare confusione per loggetto dellimpresa e per il
luogo in cui questa viene esercitata.

La ditta viene tutelata solo quando si riscontrino di fatto le condizioni di una concreta
possibilit di confusione fra le imprese contrassegnate, non essendo tuttavia necessaria una
confusione attuale, ma anche soltanto una possibilit di confusione.
Non ci dubbio che una totale o parziale sovrapposizione merceologica e territoriale sono le
condizioni senza le quali una possibilit di confusione non pu darsi.
Il profilo merceologico. Per giudicare dellambito concreto della tutela della ditta bisogner
tener conto contemporaneamente di una pluralit di elementi che si intrecciano e che si
influenza reciprocamente.
Si ritiene che di confondiblit per loggetto dellimpresa si possa parlare non solo di fronte ad
attivit imprenditoriali identiche, ma anche di fronte ad attivit similari, complementari o
analoghe tali comunque da poter indurre i terzi ad attribuire allimpresa del titolare della ditta
anteriore.
Ci che la legge vuole evitare che a causa della presenza di un segno confondibile, i terzi
interessati possano scambiare unimpresa con unaltra.
Il che pu verificarsi non solo in caso di attivit identiche ma anche ove quella del secondo
arrivato sia tale da far apparire verosimile che essa promani dal primo imprenditore.
In questa prospettiva si spiega anche perch la giurisprudenza estenda il concetto di
confondibilit per loggetto dellimpresa agli sviluppi potenziali dellattivit dellimprenditore
purch razionalmente prevedibili in base ad elementi concreti.
Meno giustificato sarebbe interpretare la giurisprudenza in questione nel senso di estendere la
tutela a sviluppi potenziali dellattivit dellimpresa ma non corrispondenti a una normale
evoluzione.
Il profilo territoriale. Quanto alla confondibilit per il luogo in cui limpresa esercitata non
sar necessario che le due imprese esercitino la loro attivit nella stessa localit, essendo
sufficiente perch si determini il rischio di confusione che si sovrappongano anche parzialmente
le rispettive sfere di distribuzione, o addirittura che lattivit del secondo imprenditore
raggiunga la sfera di notoriet del primo.
Infatti la notoriet del primo imprenditore nella zona ove il secondo opera sufficiente a
determinare un rischio di confusione.
La giurisprudenza parla di solito a questo riguardo di mercato di sbocco intendendo con questa
espressione indicare lintera zona territoriale raggiunta dalle operazioni di ogni tipo
dellimprenditore, ed escludendo espressamente che la tutela della ditta sia limitata alle
localit in cui si trovi la sua sede, il suo stabilimento produttivo o dove si svolga la sua attivit
organizzativa.
Molte decisioni sottolineano che lambito di protezione va esteso anche ad un mercato di sbocco
potenziale cio non solo alla zona in cui limpresa attualmente opera, ma anche alle zone
raggiungibili in seguito agli sviluppi potenziali dellazienda, razionalmente prevedibili in base a
elementi concreti.
Ove con essa sintenda estendere la tutela a zone ove la ditta non abbia alcuna notoriet attuale
solo perch risulti che limpresa progetta di estendere a quella zona la propria attivit la
formula non in alcun modo condivisibile.
La confondibilit e le sanzioni. Il raffronto fra i segni ai fini dellaccertamento della
confondibilit va prevalentemente fatto non gi con gli occhi del consumatore medio come in
materia di marchi ma con quelli pi esperti e attenti dellimprenditore medio del ramo che
abbia o possa avere rapporti con le due imprese in contesa.
Infatti luso tipico della ditta quello nei rapporti fra imprenditori, cio nei confronti di
soggetti in grado di cogliere assai bene differenze anche modeste tra i segni.
Ci significa che in materia di ditte la somiglianza tra i segni dovr di solito essere rilevante.

Questa impostazione trova piena conferma nella natura della principale sanzione che la legge
prevede per il caso di violazione della ditta e che non consiste in una piena inibitoria delluso
ulteriore della ditta confondibile, ma nellobbligo di integrarla o modificarla con informazioni
idonee a differenziarla.
Questo rilevante scostamento dellordinario regime sanzionatorio non pu trovare altra
spiegazione se non quella sopra prospettata ossia che il punto di riferimento per il giudizio di
confondibilit costituito da una cerchia particolarmente attenta di osservatori, cio dagli
imprenditori del ramo.
Soggetti per i quali anche mere modifiche o integrazioni saranno senzaltro sufficienti a
escludere la confondibilit.
La peculiarit di questa disciplina sanzionatoria fa si che la norma relativa debba ritenersi di
stretta interpretazione e perci applicabile solo nelle ipotesi di conflitto di ditte in termini
tipici, cio di ditte usate come tali nei rapporti tra imprenditori.
Conseguentemente quando si tratti di ditte usate non solo come tali ma ad esempio come
marchio la specifica disciplina della ditta non sar pi applicabile e le subentrer quella
ordinaria della concorrenza confusoria.
Perci in questo caso il giudizio di confondibilit andr condotto con riferimento alla capacit di
discernere di un pubblico meno competente e attento.
Nel contempo in questo caso la sanzione sar quella ordinaria in tema di concorrenza confusoria,
cio la piena inibitoria delluso del segno imitato.
In caso di violazione del suo diritto alla ditta limprenditore si trover dunque davanti a una
scelta che da un lato lo porta alle sanzioni ed ai provvedimenti cautelari disposti dal codice
civile e dal codice di procedura civile, e dallaltro alle sanzioni ed ai provvedimenti cautelari
previsti dal codice della propriet industriale.
Deve ritenersi che le due azioni prospettate non solo possano concorrere ma anche cumularsi.
Le omonimie . Il problema delle sanzioni per la violazione del diritto alla ditta assume
particolare interesse quando si tratti di ditte patronimiche e ci si trovi di fronte a casi di
omonimia.
Se da un lato si voluto evitare la confondibilit e le operazioni parassitarie in caso di omonimie
dallaltro non ci si voluto spingere fino a impedire che ciascuno potesse usare il proprio nome
anche nellattivit imprenditoriale ed ha perci enunciato la sanzione delle integrazioni e
modificazioni , in luogo di quella della inibitoria piena.
Lopinione espressa anche in giurisprudenza secondo cui in caso di omonimia al secondo
imprenditore pu anche essere imposta leliminazione del suo nome dalla ditta non essendo
sufficienti le modifiche o integrazioni a escludere la confondibilit, dunque implica una
ingiustificata disapplicazione dellart 2564 c.c.
Tanto pi ingiustificata in quanto lart 21 co 1 a) consente a chiunque di valersi nellattivit
economica del proprio nome anche se contenuto in un marchio anteriore altrui e lart 8 co2
dispone addirittura che ciascuno possa comunque far uso del proprio nome nella ditta da lui
prescelta.
Lart 2564 c.c. infatti non parla di modifiche o integrazioni qualsiasi, ma di modifiche o
integrazioni idonee a differenziare luna ditta dallaltra.
Si tratter dunque non solo di esigere modifiche o integrazioni di entit tali da escludere
effettivamente la confondibilit.
Alla sanzione delle modifiche o integrazioni di cui abbiamo parlato fin qui si affiancheranno le
altre previste per la concorrenza sleale cio essenzialmente il risarcimento del danno e la
pubblicazione della sentenza.
Oppure quelle diverse dallinibitoria piena previste per la violazione di un diritto di propriet
industriale nel codice p.i.

La sanzione dellart 2564 c.c. e quella degli artt. 124 e 131 c.p.i.. Potrebbe sembrare che
anche alla violazione dellaltrui ditta si applichi la sanzione dellinibitoria piena.
Tuttavia lart 2564 c.c. non stato abrogato, n sono venute meno le ragioni per le quali il
legislatore aveva previsto per la ditta un inibitoria attenuata.
Sembra perci ragionevole pensare che, essendo lart 2564 c.c. norma speciale continui a
doversi applicare la prima, almeno quando si tratti di conflitto di ditte in termini tipici.
Trasferimento della ditta. Coerentemente con la sua funzione di identificazione dellimpresa, la
ditta non pu separarsi in linea di principio da questa per andare a contraddistinguere
unimpresa diversa, dato che uno strumento di identificazione non pi tale ove possa riferirsi
indifferentemente a entit diverse.
Limpresa tuttavia pu scindersi nei suoi elementi costitutivi personali (limprenditore) e reali
(lazienda) nel caso di cessione di azienda e in questa ipotesi la ditta pu restar connessa agli
uni (quando non venga ceduta) o agli altri (quando venga ceduta con lazienda).
E invece escluso che la ditta possa separarsi da entrambi gli elementi come avverrebbe con una
cessione di essa separatamente dallazienda.
Allart 2565 c.c. la legge dispone che la ditta non pu essere trasferita separatamente
dallazienda.
Dunque il permanente divieto di trasferimento isolato appare coerente con la natura della ditta
che non solo particolarmente vicina ai marchi generali con cui spesso coincide ma ancor pi di
questi ha una funzione di mera indicazione dorigine o meglio di identit del centro
dimputazione di unattivit imprenditoriale.
Nel codice p.i. per nulla si dice in ordine al trasferimento della ditta.
I commi 2 e 3 dellart 2565 stabiliscono che in caso di trasferimento dellazienda per causa di
morte di presuma il trasferimento anche della ditta salvo diversa disposizione testamentaria e
che al contrario in caso di trasferimento dellazienda per atto tra vivi il trasferimento della
ditta sia subordinato allesplicito consenso dellalienante.
Questo diverso regime viene giustificato con lesigenza di tutelare linteresse morale del dante
causa il cui nome faccia parte della ditta ceduta, ad evitare che senza un suo espresso consenso
lacquirente possa adoperare quel nome.
Il tipo di interessi che la mancata presunzione di trasferimento della ditta con lazienda in caso
di successione per atto tra vivi, tutela, fa ritenere che questo regime valga soltanto per lipotesi
di ditte contenenti il nome dellalienante e non valga invece per il caso di ditte di fantasia o
derivate.
Questa tesi rende la disciplina coerente alla previsione dellart 2573 co 2 c.c. in cui viene
presunto il trasferimento del marchio costituito da una ditta derivata o di fantasia insieme
allazienda anche per atto tra vivi.
Infine vi la regola che impone allusufruttuario e allaffittuario di azienda lobbligo di
esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue.
Rapporti tra ditta e marchio. I rapporti tra ditta e marchio sono molto stretti.
Entrambi sono segni distintivi nello svolgimento della concorrenza e ci si riflette nel fatto che
in certe prospettive il legislatore ha voluto equipararli.
In particolare lart 22 vieta ladozione come ditta del marchio altrui o di un segno a questo
simile, quando questa adozione possa determinare un rischio di confusione per il pubblico a
causa dellidentit e affinit del settore merceologico di pertinenza dei segni stessi.
Del pari lart 12 co 1 c) l.m. nega la novit del marchio che sia eguale o simile a un anteriore
ditta altrui quando da questuso possa conseguire un rischio di confusione per il pubblico.
Se a ci si aggiunge che possibile registrare una ditta come marchio e che di fatto le ditte pi
importanti lo sono, anche perch di solito vengono adoperate come marchi generali, non

stupisce una certa tendenza a unificare i due istituti, riconducendo anche la ditta alla disciplina
del marchio.
Se al contrario una ditta venga usata o registrata come marchio, ossia usata in un rapporto non
pi soltanto con gli altri imprenditori ma con il pubblico dei consumatori la validit di essa come
marchio nonch la sua tutela, e cio capacit distintiva, novit e contraffazione andranno
valutati con i diversi criteri vigenti in materia di marchi, ossia con riferimento alla capacit di
percezione del consumatore medio.
Cosicch potr accadere che una ditta sia valida e tutelabile come tale e non come marchio o
che risulti contraffatta come marchio e non come ditta.
Ragione e denominazione sociale. La ragione che il nome delle societ di persone e la
denominazione sociale che il nome delle societ di capitali rientrano nella disciplina delle
societ .
Tuttavia trattandosi del nome di imprese e perci di segni distintivi la legge le equipara alle
ditte.
Sotto questo profilo esse svolgono una funzione di identificazione dellimpresa assolutamente
identica a quella della ditta.
Lequiparazione espressa nella legge riguarda sia la tutela di questi segni sia i loro rapporti con i
marchi e deve ovviamente ritenersi che in generale valga per essi ci che stabilito in tema di
capacit distintiva, novit e contraffazione di ditta.
Estinzione del diritto sulla ditta. Parallelamente ad una fattispecie costitutiva che consiste
nelladozione, nelluso e nella conseguente notoriet qualificata della ditta, la fattispecie
estintiva consegue alla cessazione di questuso e di questa notoriet qualificata.
La legge non dice nulla al riguardo, ma chiaro che se la tutela della ditta condizionata a una
concreta possibilit di confusone con la scomparsa della ditta stessa dal mercato ogni possibilit
di confusione e perci di tutela verr meno.
Perch il diritto sulla ditta si estingua non basta dunque la cessazione delluso di essa, ma
occorre anche che venga meno sul mercato il ricordo di quelluso o che comunque gli
imprenditori del ramo siano consapevoli dellestinzione dellimpresa cui la ditta ineriva.
Come in materia di marchi la ditta estinta potr essere riesumata dal suo vecchio titolare e
potr anche venir occupata da un terzo.
In entrambi i casi tuttavia sorger un nuovo diritto che non presenter alcun elemento di
continuit con quello estinto.
La ditta straniera. Lart 8 della convenzione si limita ad equiparare la ditta unionista alla ditta
italiana, nel senso di attribuirle la stessa tutela alle stesse condizioni.
La ditta unionista protetta ai sensi dellart 2564 co 1 ogni qual volta sia usata e nota nel nostro
paese contro ditte eguali o simili adottate successivamente, nei limiti territoriali della sua
notoriet e quando vi sia confondibilit per loggetto dellimpresa.
La ditta straniera, anche unionista, che non sia nota in italia non potr quindi godere da noi di
alcuna tutela.
Linsegna. Nel codice che dedica allinsegna un solo articolo (lart 2568 c.c.) manca una
definizione di essa.
Deve dunque ritenersi che il legislatore abbia adoperato questa parola nel suo significato
corrente, e si sia riferito alle scritte e alle immagini che compaiono allingresso degli esercizi
commerciali aperti al pubblico.
Tradizionalmente linsegna serviva a distinguere la singola bottega di un commerciante o
artigiano dalle altre dello stesso genere site nelle sue prossimit.

Ora serve anche ad individuare degli esercizi come appartenenti ad una catena o a un gruppo di
esercizi in qualche misura uniformi.
Il diritto sullinsegna si acquista con ladozione e con luso di essa.
Anche linsegna come ogni altro segno distintivo per essere tutelabile deve essere lecita, dotata
di capacit distintiva e nuova.
Il requisito della capacit distintiva serve ad escludere che ci si possa impadronire delle mere
denominazioni generiche o indicazioni descrittive dellattivit dellesercizio.
Quanto alla novit, essa va valutata consentendo somiglianze anche notevoli, non solo per la
debolezza di molte insegne, ma perch anche qui il collegamento con la dislocazione nel
ricordo del pubblico consente in genere di evitare la confondibilit.
Il richiamo della disciplina dellart 2564 c.c. subordina la tutela alla confondibilit per loggetto
e per il luogo di esercizio.
Quanto al luogo lampiezza della tutela varier moltissimo e non andr riferita ad una area
costante in ogni caso.
Anche qui lelemento essenziale sar la sfera di notoriet dellinsegna , intesa come lambito in
cui si possa verificare non solo uno scambio fra i 2 esercizi ad insegna confondibile ma
soprattutto lerronea attribuzione di un nuovo esercizio alla stessa impresa da cui promana
quello preesistente.
Lo spazio di effettivo rilievo della specifica disciplina dellinsegna notevolmente ridotto dal
fatto che le insegne pi importanti sono registrate ed usate anche come marchi, restando cos
assorbite nella disciplina di questi ultimi.
Quanto ai rapporti fra insegna e marchio, la prima stata equiparata dal legislatore alla ditta
per quanto attiene al reciproco potere distruttivo della novit e al divieto di usare come
marchio laltrui insegna anteriore e viceversa.
Si ritiene prevalentemente che la cessione dellinsegna non sia libera.
Lentit del nucleo imprenditoriale da trasferire con linsegna varier a seconda del tipo di
impresa di cui si tratti.
Il diritto sullinsegna si estingue come per la ditta con il venir meno del ricordo del segno presso
il pubblico conseguente alla cessazione delluso di essa.
Lemblema ed altri segni. Lemblema non pi menzionato nella legge ove non mai stato
oggetto di una specifica disciplina.
Si tratta di un segno di solito figurativo, adottato per contraddistinguere unattivit dimpresa
nel suo complesso e che perci ha una funzione analoga a quella della ditta.
Come la ditta poi spesso usato e registrato come marchio generale (il cane a sei zampe
dellagip) e in questo caso trova la sua disciplina nellambito di questo istituto.
Altrimenti ad esso andr applicata la disciplina della ditta.
Nel codice p.i. sono indicati come oggetto di propriet industriale e perci di tutela tutti i segni
distintivi diversi dal marchio registrato, ma il codice ne menziona solo alcuni e precisamente la
ditta, la ragione o denominazione sociale, linsegna e il nome a dominio.
Si potrebbe perci chiedersi se la tutela prevista nel codice stesso non debba intendersi come
limitata a questi ultimi segni.
La risposta deve essere negativa dato che la menzione specifica di questi segni fatto per
disciplinare soltanto i rapporti tra gli stessi ed i successivi marchi registrati.
Spesso lemblema usato come simbolo di appartenenza a un gruppo e perci
contemporaneamente adoperato da una pluralit di soggetti.
Di solito la titolarit di questi segni di gruppo in capo alla capogruppo che ne consente luso
alle consociate con contratti di licenza.
La legittimazione ad agire per la tutela del segno di gruppo spetta in primo luogo alla
capogruppo ed anche alle singole consociate e in particolare a quella o a quelle di esse che
operino nel settore dellimitatore.

Cenni sui domain names. Bench fortemente atipici sotto vari profili, sono sicuramente segni
distintivi i cd demainnames o nomi dominio, nomi che corrispondono ai siti sulla rete di internet.
Questi segni hanno in realt due funzioni connesse ma non completamente sovrapposte: luna di
vero e proprio indirizzo, che consente allutente laccesso al sito contrassegnato, laltra pi
propriamente di segno distintivo volto ad attirare lattenzione degli utenti ed invogliarli a
visitare il sito.
Alla prima funzione corrisponde il domain names nella sua integrit costituito da una parte
iniziale comune a quasi tutti quei nomi (http:/www) da una parte centrale individualizzante e
da una parte finale che indica la cosiddetta estensione (com, it, org, net ecc).
La seconda funzione si concentra essenzialmente nella parte centrale spesso non di fantasia ma
descrittiva del contenuto del sito.
PARTE TERZA. LE INVENZIONI, I MODELLI.
Capitolo 1. Funzione e struttura del brevetto.
Solo leggere (Linnovazione nel processo economico. La concorrenza non sul prezzo.
Linnovazione uno dei momenti centrali dellattivit dimpresa.
Limprenditore che riesce a realizzare unidea nuova, realizza un vantaggio concorrenziale sugli
altri operatori del settore.
Linnovazione rappresenta un importante strategia concorrenziale non sul prezzo, ed uno
strumento essenziale di crescita dellimpresa.
Lidea nuova pu attenere alla fase della produzione industriale, oppure pu attenere alla fase
della organizzazione aziendale o anche alla fase della commercializzazione.
Lesclusiva sullinnovazione: il segreto ed i suoi rischi. Per limprenditore non importante
solo realizzare uninnovazione o essere il primo a realizzarla, altrettanto importante essere
lunico .
Infatti limprenditore che innova consegue un vantaggio concorrenziale ma lo perde non appena
i concorrenti abbiano a loro volta adottato la stessa innovazione.
E quindi essenziale per limprenditore che innova cercare di conservare in esclusiva
linnovazione.
Limprenditore pu cercare di tenere nascosta la struttura della sua innovazione in modo da
impedire che essi possano copiarla.
Questo lo strumento del segreto aziendale.
Il segreto per non in grado di coprire qualunque innovazione e non sempre raggiunge leffetto
voluto.
In primo luogo il segreto di solito non riesce a proteggere alcune innovazioni e in particolare
quelle che attengono alla struttura di un prodotto nuovo in quanto la messa in commercio del
primo esemplare del nuovo prodotto consente in genere lo smontaggio e la sua copiatura.
Il segreto pu essere efficace invece in rapporto ad altre innovazioni e soprattutto in rapporto a
quelle che attengono a nuovi processi produttivi, in genere non copiabili da chi non abbia
accesso allinterno dellazienda.
Cos per quante cautele si adoperino la durata del segreto non mai seriamente prevedibile.
Daltra parte esiste anche il rischio che il segreto sia custodito cos bene da comportare la
perdita dellinnovazione stessa.
Infatti strumento normale di conservazione del segreto la comunicazione dellinvenzione al
numero pi basso possibile di soggetti, al limite nessuno.
Quindi la morte improvvisa dellunico depositario del segreto pu per provocare la perdita
dellinvenzione con grave danno per linteresse collettivo.

Il brevetto per invenzione e le sue ragioni. Il brevetto per invenzione listituto giuridico
attraverso il quale lordinamento assicura allinventore il diritto di utilizzazione esclusiva
dellinvenzione per un certo periodo di tempo.
Esso garantisce linventore contro il rischio di distruzione del segreto perch lesclusiva durer
per il tempo fissato dalla norma.
Il termine fisso allefficacia del brevetto evita alla collettivit il rischio che il monopolio
sullinvenzione si protragga per un periodo troppo lungo.
Inoltre il brevetto assicura alla collettivit lacquisizione stabile dellinvenzione al patrimonio
collettivo.
Si ravvisato alla base del sistema brevettuale una sorta di contratto tra inventore e
collettivit.
Linventore mette a disposizione della collettivit la sua invenzione offrendo di essa una
descrizione adeguata nella domanda di brevetto e la collettivit remunera lacquisizione
dellinvenzione al patrimonio collettivo attraverso lattribuzione di un diritto esclusivo di usi
limitato nel tempo.
Va notato che il brevetto non uno strumento capace di proteggere tutte le invenzioni.
Esso copre soltanto linnovazione tecnologica, cio si indirizza solo verso le innovazioni che sono
qualificabili come invenzioni industriali.
Le innovazioni di tipo organizzativo e di tipo commerciale invece non possono essere protette
tramite brevetto per trovano tutela negli artt 98 e 99 c.p.i.
La struttura del brevetto quella di un diritto esclusivo di utilizzazione dellinvenzione nel
territorio dello stato concedente per un certo periodo di tempo ( in italia e quasi ovunque di
20 anni)
Il brevetto visto come un diritto di propriet su un bene immobile.
Si tratta di una propriet sui generis avente ad oggetto un bene immateriale e la sua disciplina
difficilmente pu trovare integrazione alle proprie lacune nel richiamo alle regole della
propriet di diritto comune.
Il brevetto tra monopolio e concorrenza. La funzione di stimolo del progresso tecnico. La
presenza del brevetto in un sistema di libero mercato costituisce un apparente paradosso perch
il brevetto crea una situazione di monopolio che il contrario della concorrenza.
Alla base del brevetto esiste tuttavia una giustificazione forte:
una prima giustificazione storica del diritto di esclusiva dellinventore fu rintracciata nel
diritto di propriet. Nella prospettiva giusnaturalistica si disse infatti che il
riconoscimento della propriet privata come diritto naturale comprende in s anche il
riconoscimento quale diritto naturale di una forma specialissima di propriet che quella
che ha per oggetto linvenzione. In questa prospettiva linventore avrebbe quindi la
facolt di uso esclusivo dellinvenzione per la stessa ragione per cui chiunque ha la
facolt di uso esclusivo di ogni bene di cui sia proprietario. In seguito questa idea stata
accantonata ed emersa una giustificazione diversa che oggi comunemente accettata.
Lidea che il brevetto favorisca il progresso tecnico si articola nei seguenti contenuti :
1. la presenza del sistema brevettuale stimolo ed incentivo allattivit brevettuale e cio
alla realizzazione di nuove invenzioni perch promette a chi realizzi invenzioni un diritto
di esclusiva.
2. La presenza del sistema brevettuale incentivo alla rivelazione da parte dellinventore
alla collettivit delle invenzioni che vengano realizzate perch lattribuzione del diritto
di esclusiva rende non conveniente la gestione dellinvenzione in regime di segreto.

3. La presenza del sistema brevettuale incentivo alla diffusione delle invenzioni perch il
sistema consente una circolazione dietro compenso del diritto sulle invenzioni, la quale
permette il loro sfruttamento in termini quantitativamente funzionali.
A queste giustificazioni sono state mosse delle obbiezioni:
1. Lo stimolo allinnovazione insito nel regime concorrenziale in quanto limprenditore
non innova perch stimolato dalla prospettiva del brevetto ma costretto
allinnovazione dallesigenza di crescita.
2. Le invenzioni effettivamente gestibili in regime di segreto sono assai poche e comunque
se limprenditore ritiene di avere una seria possibilit di conservare il segreto per un
periodo di tempo superiore alla durata dellesclusiva brevettuale preferir il segreto al
brevetto sperando cos in una durata pi lunga del monopolio
3. La diffusione delle innovazioni sarebbe ancora pi rapida e completa in assenza del
sistema brevettuale.
Lidea che il brevetto creando monopoli intralci la concorrenza e quindi non svolga un ruolo
positivo per il sistema economico ha avuto largo credito in molti paesi europei nel corso dell800
portando anche allabrogazione delle normative brevettuali.
Oggi prevale lidea opposta che ravvisa nel sistema brevettuale una valenza positiva ed ha
condotto ad una estensione mondiale praticamente illimitata di tali sistemi.
Di fatto ovunque nel mondo il brevetto ha rafforzato le sue posizioni.
Il brevetto ha trovato allinterno dellanalisi economica del diritto ed in particolare nella teoria
dei cosiddetti propertyrights e in tale prospettiva il brevetto sarebbe la tecnica pi efficiente di
allocazione dei diritti di utilizzazione dellinnovazione tecnologica.
Il dato pi interessante di questo quadro una nuova giustificazione del brevetto come
strumento di stimolo delle spese in ricerca che sposta laccento dalle spese nella ricerca che
conduce allinvenzione alle spese nella ricerca che conduce alla successiva sperimentazione
dellinvenzione, necessaria prima dellimmissione effettiva sul mercato di un prodotto nuovo.
Queste spese sono spesso elevatissime e nessuno le affronterebbe pur dopo aver realizzato
linvenzione di base se non fosse sicuro di contare su un monopolio legale sul prodotto nuovo che
gli consentir di recuperarle.
Dalle invenzioni della meccanica ai nuovi settori delle tecnica. La storia rivela che il brevetto
nato e si sviluppato fino a qualche decennio fa per tutelare le invenzioni della meccanica.
La progressiva emersione di altri settori ha provocato una domanda di protezione per le
invenzioni realizzate al loro interno e a tale domanda si risposto concedendo anche a queste
invenzioni accesso al sistema creato per tutelare le invenzioni della meccanica.
Lapplicazione delle regole dei brevetti della meccanica alle invenzioni dei settori via via
successivamente emersi ha posto in luce problemi nuovi tipici di ciascun settore e li si risolti
creando per via giurisprudenziale o legislativa delle nuove norme pensate per i singoli problemi
di ciascun settore nuovo.
Le invenzioni dei settori nuovi sono quindi disciplinate in parte da regole comuni alle invenzioni
della meccanica e in parte da regole proprie.
Lintervento giurisprudenziale bastato per invenzioni non troppo lontane da quelle della
meccanica come le invenzioni della chimica.
Via via che ci si allontanati dalla meccanica si reso necessario lintervento del legislatore.
Il quadro del sistema brevettuale si presenta quindi molto articolato.
Esiste un corpo di norme di generale applicazione alle invenzioni di tutti i settori della tecnica e
poi esistono dei nuclei pi o meno ampi di regole la cui applicazione limitata alle invenzioni
realizzate in determinati settori.
La comprensione del quadro soprattutto ostacolato dalla sua mobilit.

Crescono le domande di accesso al sistema brevettuale per settori emergenti sempre pi lontani
dalla meccanica.
Applicare ad esse le regole comuni in assenza di un intervento normativo che detti una disciplina
speciale sembra sempre pi difficile.
Il brevetto nei paesi in via di sviluppo. Nel corso degli ultimi anni il sistema brevettuale si
diffuso in tutto il mondo.
I paesi in via di sviluppo si sono da tempo dotati di un sistema brevettuale soprattutto perch ci
veniva a costituire una precondizione per laccesso alle tecnologie occidentali.
In termini generali pu dirsi che tali sistemi hanno puntato ad attribuire al titolare del brevetto
una sfera di facolt pi limitata di quella che tradizionalmente viene concessa dai sistemi
brevettuali dei paesi occidentali.
I dati normativi del sistema brevettuale italiano. In Italia la disciplina dei brevetti per
invenzioni affidata oggi al c.p.i. che contiene la disciplina sostanziale dei brevetti nella
sezione quarta del capo secondo, la disciplina della tutela giurisdizionale riferita dal capo
terzo mentre il procedimento di brevettazione regolato dal capo quarto.
Il codice civile presenta negli artt. 2584-2591 alcune norme che propongono i principi di fondo
del sistema brevettuale.
Il c.pi. presenta inoltre alcune discipline brevettuali speciali destinate a dar tutela alle
invenzioni che si realizzano in particolari settori.
Il quadro completato da importanti convenzioni internazionali.
Brevetto europeo e brevetto comunitario. La convenzione di Monaco ha creato il cd. Brevetto
europeo.
Linventore pu depositare una domanda di brevetto allufficio europeo dei brevetti che ha sede
a Monaco di Baviera.)

Capitolo 2. La definizione dellinvenzione.


Lezione. noi parliamo di invenzioni industriali contrapponendo sostanzialmente le invenzioni
industriali a quelle che sono le opere dell'ingegno, e opere dell'ingegno e invenzioni industriali
fanno parte di quella categoria che genericamente viene chiamata come creazioni intellettuali.
Le invenzioni industriali devono rivestire determinate caratteristiche per poter essere definite
tali.
Le opere dell'ingegno rientrano nello studio della materia del diritto d'autore.
Ovviamente l'opera dell'ingegno si caratterizza per essere quella idea di carattere innovativo,
creativo, sopratutto nelle scienze, nella letteratura, nelle arti figurative.
Da vita ad un diritto personale, morale, cio al riconoscimento della paternit dell'opera, sia
ovviamente ad un diritto patrimoniale ovvero sia il diritto d'autore, da la possibilit al titolare di
utilizzare la propria opera e quindi gli riconosce un diritto di carattere patrimoniale.
Naturalmente il diritto di utilizzazione un diritto sempre esclusivo di colui che riconosciuto
come titolare dell'opera.
Mentre invece le invenzioni industriali, sono disciplinate sia dal CPI, sia anche dal CC.
L'articolo 2585 cc, indica a livello esemplificativo, una serie di invenzioni che possono essere
appunto brevettate.
Art. 2585. Oggetto del brevetto. -Possono costituire oggetto di brevetto le nuove invenzioni
atte ad avere un'applicazione industriale, quali un metodo o un processo di lavorazione

industriale, una macchina, uno strumento, un utensile o un dispositivo meccanico, un prodotto


o un risultato industriale e l'applicazione tecnica di un principio scientifico, purch essa dia
immediati risultati industriali.
In quest'ultimo caso il brevetto limitato ai soli risultati indicati dall'inventore.
Mentre invece il CPI ha optato per un elenco all'articolo 45 di quelle che devono essere
considerate realt non brevettabili, quindi andato ad indicare in negativo quelle che sono
appunto le opere che non hanno i requisiti per poter essere considerate invenzioni industriali.
Art. 45. Oggetto del brevetto-1. Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le
invenzioni, di ogni settore della tecnica, che sono nuove e che implicano un'attivit inventiva e
sono atte ad avere un'applicazione industriale.
2. Non sono considerate come invenzioni ai sensi del comma 1 in particolare:
a) le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici;
b) i piani, i principi ed i metodi per attivit intellettuali, per gioco o per attivit commerciale
ed i programmi di elaboratore;
c) le presentazioni di informazioni.
3. Le disposizioni del comma 2 escludono la brevettabilit di ci che in esse nominato solo
nella misura in cui la domanda di brevetto o il brevetto concerne scoperte, teorie, piani,
principi, metodi, programmi e presentazioni di informazioni considerati in quanto tali.
4. Non possono costituire oggetto di brevetto:
a) i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di
diagnosi applicati al corpo umano o animale;
b) le variet vegetali e le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici di
produzione di animali o vegetali, comprese le nuove variet vegetali rispetto alle quali
l'invenzione consista esclusivamente nella modifica genetica di altra variet vegetale, anche se
detta modifica il frutto di un procedimento di ingegneria genetica.
5. La disposizione del comma 4 non si applica ai procedimenti microbiologici ed ai prodotti
ottenuti mediante questi procedimenti, nonch ai prodotti, in particolare alle sostanze o
composizioni, per l'uso di uno dei metodi nominati.
5-bis. Non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni biotecnologiche di cui all'articolo
81-quinquies
Ovviamente non c' una vera e propria definizione, si vedremo che sostanzialmente si andata a
definire attraverso la dottrina e la giurisprudenza che cosa si pu definire come invenzione
industriale, per in realt la legge non ce lo dice, cio noi non troviamo nel CC o nel CPI una
definizione esatta di invenzione industriale e la dottrina ha elaborato il concetto di soluzione
concreta e originale ad un problema tecnico, per effetto naturalmente della creazione, grazie a
quelle che sono le eccedenti normali conoscenze, quindi c' un qualcosa di pi rispetto alla
conoscenza che ognuno di noi ha o comunque per pervenire ad un prodotto nuovo, o abbiamo
anche la cd invenzione di procedimento perch relativa all'applicazione tecnica di un
determinato procedimento perch si chiama invenzione per procedimento.
Ovviamente questo apporto creativo, quindi questo qualcosa in pi che connota l'invenzione
industriale deve ovviamente trovare poi un'utilizzazione concreta nel campo della tecnica
industriale.
Si distinguono poi dalle invenzioni industriali, i cd modelli di utilit, e i cd modelli e disegni
industriali.
I modelli di utilit sono sostanzialmente dei modelli o dei disegni che sono necessarie ad avere
un miglior utilizzo di determinati macchinari o parti di macchine, per esempio l'invenzione di un
supporto che permette alla macchina di lavorare meglio sicuramente un modello di utilit, per

i quali peraltro, abbiamo la brevettazione cos come vedremo avremo la brevettazione per
l'invenzione industriale.
Mentre invece quando si tratta di cd disegni industriali o modelli industriali abbiamo la cos
detta registrazione e non tecnicamente la brevettazione.
I modelli o disegni industriali, servono sostanzialmente per anche qui aggiungere un qualcosa,
migliorare quella che pu essere ovviamente la forma esteriore del bene, del prodotto e in
questa categoria rientrano per esempio il disegno della carrozzeria di una determinata
automobile piuttosto che oggetti di design come pu essere la lampada, la sedia, e via
dicendo...
quindi in questo caso il disegno o modello industriale si ritiene che vada a migliorare, ad
incidere su quella che la forma esteriore del bene, del prodotto.
Naturalmente, le invenzioni industriali hanno rilevanza in tanto in quanto l'inventore ha la
possibilit ovviamente di ottenere la brevettazione dell'invenzione e quindi da qui nascono dei
diritti, diritti che come per l'opera dell'ingegno, sono dei diritti morali, cio il diritto alla
paternit, il fatto che io sia comunque sempre riconosciuto autore dell'invenzione, che
ovviamente essendo un diritto morale un diritto personalissimo, intrasmissibile e
imprescrittibile.
Nasce poi dall'invenzione anche, oltre che al diritto morale, anche un diritto patrimoniale, sono
sia il diritto al brevetto, cio il diritto che il soggetto ha a pretendere dall'autorit
amministrativa competente, che sempre l'ufficio italiano brevetti e marchi, ad ottenere
l'attestato di brevettazione, ovviamente vedremo quali sono i requisiti che il bene deve
possedere ma sostanzialmente un diritto se il bene ha quei determinati requisiti che la legge
prescrive deve appunto ottenere il brevetto e poi parliamo, sempre come diritto a contenuto
patrimoniale di diritto di brevetto.
Dove vado ad individuare invece il contenuto del diritto di cui io sono titolare nel momento in
cui ho ottenuto la brevettazione, quindi sostanzialmente il diritto all'utilizzo esclusivo di quella
determinata invenzione, naturalmente all'interno dello Stato italiano, e ho il diritto anche di poi
attuare l'invenzione, perch ovviamente il diritto di brevetto mi permette non solo di cedere,
quindi un diritto sicuramente trasmissibile, di cedere la mia invenzione, ma anche se desidero
invece non trasferirla di attuare l'invenzione.
Poi dobbiamo verificare quelli che sono i presupposti indicati dalla legge per quanto riguarda
l'invenzione brevettabile e quindi quando noi possiamo parlare di invenzione che ai sensi
dell'articolo 45 CPI pu essere sottoposta ad una procedura di brevettazione.
Tra l'altro c' l'articolo 2585 cc che elenca a livello esemplificativo le invenzioni che possono
essere sottoposte a brevetto mentre invece l'articolo 45 CPI indica un elenco di realt che non
sono brevettabili, va ad indicare in modo negativo ci che brevettabile.
Ci si era posti il problema se l'elenco di cui all'articolo 45 CPI fosse un elenco aperto, oppure
fosse un elenco tassativo, e si ritiene che debba essere inteso come elenco tassativo. Quindi se
l'invenzione rientra tra quelle indicate nell'articolo 45 Cpi non sar brevettabile altrimenti potr
essere oggetto di brevettazione.
Ed chiaro che tra l'altro ci sono poi gi state delle modifiche introdotte dal d lgs 131 del 2010,
per cui la norma dell'articolo 45 CPI, pur avendo carattere tassativo, sottoposta ad eventuali
deroghe, abrogazioni ed integrazioni.
L'elenco che l'articolo 45 fa indicando che non sono invenzioni, quindi non sono brevettabili,
sono le scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici.
La scoperta non rientra tra le invenzioni e quindi non brevettabile perch sostanzialmente non
attiene al campo della creazione, la scoperta un qualcosa di cui io vengo a conoscenza ma che
esisteva gi nel campo in cui io ho effettuato la scoperta.
Le teorie scientifiche sono considerate come modelli che vanno a spiegare la realt, quindi
anche qui non c' una creazione intellettuale e i modelli matematici sono considerati

ovviamente dei modelli che si applicano su un piano puramente teorico e quindi sono pi che
altro modelli di ragionamento, che aiutano a pervenire a delle risoluzioni matematiche.
Quindi scoperte, teorie scientifiche e modelli matematici non rientrano tra le invenzioni
brevettabili.
Poi abbiamo invece i cd piani, principi e metodi per attivit intellettuali, per attivit di gioco,
per attivit commerciali e appunto l'articolo 45 Cpi dice poi programmi per elaboratori
elettronici o software.
Quindi questo significa che mentre le prime elencazioni fatte, cio piani, principi, metodi per
attivit intellettuali, ovviamente non rientrano perch non hanno quella applicabilit industriale
e non sono neanche creazioni intellettuali.
L'esclusione invece dei programmi per elaboratori elettronici o software stata determinata
invece da altre esigenze, perch il programma per elaboratore elettronico o software potrebbe
essere considerato invenzione industriale, non lo perch si voleva evitare che ci fosse una serie
di monopolio per quanto riguardava l'invenzione dell'hardware piuttosto che del software, quindi
per evitare, per prevenire quello che poteva essere un intralcio allo sviluppo di questo settore si
voluto evitare di inserire l'hardware e il software tra le invenzioni industriali.
Quindi, se per le prime realt effettivamente manca il carattere dell'applicabilit industriale,
per quanto riguarda l'hardware e il software stata un'esigenza di politica sociale che ha portato
all'esclusione dalla brevettabilit.
Poi ci sono le presentazioni di informazioni, quindi quelli che vengono ad essere considerati
allestimenti di tabelle, formulari e via dicendo, che appunto mancano del requisito della
creazione intellettuale e naturalmente poi sono, dico naturalmente perch sono esclusi dalla
brevettabilit come invenzione industriale, i metodi per il trattamento chirurgico e terapeutico
del corpo umano, chiaro ed evidente che in questo caso anche qui c' un'esclusione
determinata da ragioni di politica sociale non certamente da ragioni di mancanza dei requisiti.
Il d lgs 131 del 2010 ha poi aggiunto il comma 5 bis dell'articolo 45 CPI che ha escluso come
invenzione brevettabile le invenzioni biotecnologiche.
Delle invenzioni biotecnologiche parla l'articolo 81 CPI ma l'articolo 45.5bis come introdotto dal
dlgs 131 del 2010 esclude che le invenzioni biotecnologiche possano trovare brevettabilit.
Quindi sostanzialmente noi vediamo che la disciplina ha volutamente ristretto ed ecco perch si
ritiene che l'elenco sia tassativo, perch a monte della norma, c' la volont di individuare in
modo preciso ci che brevettabile e ci che non brevettabile. Ci che non brevettabile,
non tanto e non solo perch manca dei requisiti proprio dell'invenzione ma perch ci sono state
delle scelte a determinare quella esclusione.
Facciamo una distinzione all'interno delle varie tipologie di invenzioni.
Abbiamo le INVENZIONI DI PRODOTTO, cio la soluzione concreta, originale ad un problema
tecnico che naturalmente porta ad un prodotto materiale, naturalmente il prodotto finalizzato
ad un certo uso, all'utilizzo industriale!
Mentre invece le INVENZIONI DI PROCEDIMENTO, attiene sempre in una creazione, quindi in un
qualcosa di non materiale, ma porta all'invenzione di una tecnica, quindi di un qualcosa che
proceduralizzato.
Quindi per esempio si parla di invenzione di procedimento sulla tecnica di produzione di
determinati beni, quindi non tanto il bene in se come appunto nel caso dell'invenzione di
prodotto, ma sulla tecnica di produzione di quel prodotto.
Ad esempio l'invenzione che permette di pervenire al prodotto finito in tempi molto pi rapidi
un'invenzione di procedimento.
Sopo di che parliamo anche di INVENZIONI DERIVATE O DIPENDENTI.
In realt l'invenzione derivata o dipendente sono sinonimi, ovvero per invenzione derivata, come
dice il termine stesso si tratta di un'invenzione che deriva appunto da una precedente
invenzione e infatti l'articolo 2587 del cc, dice: quando l'attuazione di un'invenzione implica

utilizzazione di una precedente invenzione, l'invenzione dipendente pu essere legittimata solo


con il consenso del titolare del brevetto precedente.
Art. 2587. Brevetto dipendente da brevetto altrui. 1-Il brevetto per invenzione industriale, la
cui attuazione implica quella di invenzioni protette da precedenti brevetti per invenzioni
industriali ancora in vigore, non pregiudica i diritti dei titolari di quest'ultimi, e non pu essere
attuato n utilizzato senza il consenso di essi.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Anche se su questo preciso punto l'articolo 71 CPI ha inserito una disposizione di favore nei
confronti dell'invenzione dipendente da altra invenzione perch gli concede il diritto di licenza
obbligatoria, qualora il titolare del brevetto, dell'invenzione principale non voglia concedere il
proprio consenso all'utilizzazione di quel brevetto che appunto necessario per poter brevettare
poi l'invenzione derivata.
Art. 71. Brevetto dipendente- 1. Pu essere concessa licenza obbligatoria se l'invenzione
protetta dal brevetto non possa essere utilizzata senza pregiudizio dei diritti relativi ad un
brevetto concesso in base a domanda precedente. In tale caso, la licenza puo' essere concessa al
titolare del brevetto posteriore nella misura necessaria a sfruttare l'invenzione, purch questa
rappresenti, rispetto all'oggetto del precedente brevetto, un importante progresso tecnico di
considerevole rilevanza economica.
2. La licenza cos ottenuta non cedibile se non unitamente al brevetto sull'invenzione
dipendente. Il titolare del brevetto sull'invenzione principale ha diritto, a sua volta, alla
concessione di una licenza obbligatoria a condizioni ragionevoli sul brevetto dell'invenzione
dipendente.
Pensate al procedimento di brevettazione come al procedimento di registrazione del marchio,
quindi anche ottenuto poi la brevettazione, anche le possibilit che il soggetto ha di trasferire,
sono sostanzialmente analoghe alle possibilit che ha il soggetto che ha registrato il marchio,
quindi trasferimento, quindi concessione in licenza anche del brevetto, per cui, siccome quando
noi parliamo di invenzione derivata intendiamo un'invenzione che ha una sua connotazione, una
sua caratteristica autonoma, ma che necessariamente deriva da un'invenzione precedente,
ovvio ed evidente che ci deve essere il consenso del titolare dell'invenzione precedente se
questa stata ovviamente brevettata, a poter utilizzarla per pervenire alla creazione
dell'invenzione dipendente e qualora il titolare non conceda l'utilizzo, sostanzialmente noi
abbiamo in capo all'inventore dell'invenzione dipendente, un diritto di licenza obbligatoria,
articolo 71 CPI.
Naturalmente quando l'invenzione dipendente rappresenta un importante progresso tecnico di
considerevole rilevanza economica, quindi c' questo favore nei confronti dell'inventore
dipendente in tanto in quanto ci sia una rilevanza sia sotto l'aspetto del progresso tecnologico
sia sotto l'aspetto della rilevanza di tipo economico.
Per quanto riguarda l'invenzione derivata, noi distinguiamo tra invenzione di perfezionamento,
invenzione di combinazione e invenzione di traslazione.
L'invenzione di perfezionamento, io risolvo in modo diverso, quindi perfeziono quella che gi era
la soluzione precedente.
Invenzione di combinazione perch quello che io vado ad inventare il frutto del coordinamento
tra elementi che sono nuovi e quelli che erano gli elementi gi conosciuti.
Pensate alle invenzioni industriali sopratutto nel campo farmaceutico, per quello ci sono queste
distinzioni, perch noi pensiamo ad un prodotto, ad un determinato materiale che magari
appunto viene poi perfezionato attraverso anche la combinazione, allora parliamo di invenzione
di combinazione laddove abbiamo degli elementi gi conosciuti e degli elementi invece nuovi.

Ed invenzione di traslazione, perch sostanzialmente si applica ad un settore diverso,


un'invenzione che era stata brevettata per un determinato utilizzo, invento un determinato
materiale in campo ad esempio farmaceutico e mi accorgo che questa invenzione ha anche degli
effetti positivi per quanto riguarda un altro settore che non attiene al settore farmaceutico.
Quindi, abbiamo queste possibilit di diverse combinazioni che ci permettono di, pur avendo gi
una invenzione, di pervenire ad un'altra invenzione, cio ad un'altra creazione intellettuale.
Ovviamente queste distinzioni hanno una rilevanza pi che altro di definizione, non che poi
rilevino ai fini pratici perch sempre e comunque sottoposte alla procedura di brevettazione,
devono essere tutte e comunque se io voglio utilizzare il diritto appunto di brevetto.
Tuttavia pu essere interessante, perch come vedremo, siccome bisogna descrivere in modo
molto preciso quella che la tipologia dell'invenzione, appunto per questo normalmente nella
descrizione che si fa della invenzione si suole anche inserire questa distinzione tra invenzione
derivata, come invenzione di perfezionamento, coordinamento o traslazione, proprio perch c'
una volont del legislatore di far descrivere in modo pi esatto possibile a colui che richiede il
brevetto la propria invenzione e quindi da dei criteri, cio la dottrina ha elaborato dei modelli,
dei criteri in base ai quali io posso dire che si tratta di un'invenzione di procedimento perch ho
inventato questo tipo di tecnica di produzione, un'invenzione per altro di coordinamento
perch gi esistevano degli strumenti, dei mezzi per poter pervenire a questo prodotto ma io ne
ho creati degli altri originali e cos via.... quindi sostanzialmente c' questa previsione.
(I dati normativi. La normativa vigente in Italia non offre una definizione esplicita del concetto di invenzione.
Il testo dellart 2585 c.c. presenta una serie esemplificativa di invenzioni brevettabili.
Lart 45 c.p.i. presenta invece una lista di realt che non sono considerate come invenzioni.
Entrambe le norme evitano di dare una definizione dellinvenzione.
Linvenzione come soluzione originale di un problema tecnico: un concetto aperto. In Italia diffusa una
definizione dellinvenzione brevettabile come soluzione originale da un problema tecnico.
Questa formula affida la linea di confine tra ci che e ci che non in s brevettabile alla contrapposizione tra
scienza e tecnica, tra attivit puramente conoscitiva e attivit di trasformazione dellesistente.
Linvenzione si colloca cos nel mondo della tecnica visto in contrapposizione al mondo della scienza .
Questa concezione dellinvenzione appare troppo vaga per avere una funzione costruttiva e rimane destinata a
svolgere un ruolo puramente descrittivo.
Concretamente il concetto di invenzione brevettabile assume rilievo solo quando si deve valutare laccesso al sistema
brevettuale di un trovato tipologicamente nuovo.
In passato per la soluzione del problema dellaccesso al brevetto di un trovato tipologicamente nuovo non mai
stata decisiva una riflessione di tipo puramente concettuale, cio nessun sistema giuridico ha mai deciso della
brevettabilit di un trovato tipologicamente nuovo solo in base alla possibilit teorica di qualificare il trovato come
invenzione.
Piuttosto si deciso in base a considerazioni di ordine funzionale valutando se laffermazione della brevettabilit di
quel trovato sarebbe stata produttiva di effetti positivi per lo sviluppo del settore.
In definitiva il concetto di invenzione non un apriori ma un dato aperto, suscettibile di accogliere al proprio
interno realt diverse, collegate non da nessi logici ma da un vincolo funzionale.
Il sistema brevettuale si presenta quindi caratterizzato da una recettivit amplissima e la sua estensione dipende
non da ragioni concettuali ma solo da ragioni funzionali.
Le ipotesi che non sono considerate come invenzioni: riflessioni generali. Un primo interrogativo rispetto allart
45 c.p.i.n se lo si debba intendere come un elenco aperto o un elenco chiuso.
Si dovrebbe ritenere che lelenco debba considerarsi tassativo anche se non pu escludersi la possibilit di
interpretare in termini non restrittivi taluna delle sue formule.
Le varie ipotesi infatti rispondono a logiche diverse.
Una prima serie di ipotesi costituita da creazioni che non sono considerate invenzioni brevettabili perch ritenute
altre rispetto al concetto di invenzione.
Una seconda serie composta da vere e proprie eccezioni alla brevettibilit, ossia da creazioni che sono ritenute
concettualmente invenzioni, ma sono escluse dalla brevettazione per ragioni di politica legislativa.
Le realt che non sono considerate invenzioni. Il secondo comma dellart 45 elenca varie realt che non sono
considerate come invenzioni.

Questa serie da scoperte, teorie scientifiche, metodi matematici, piani, principi e metodi per attivit intellettuali,
per giochi e per attivit commerciali, programmi per elaboratori e presentazioni di informazioni.
La scoperta che considerata non brevettabile la mera scoperta, la scoperta puramente teorica.
E invece prevista la brevettabilit delle applicazioni tecniche di scoperte e principi scientifici.
La mera scoperta si distingue dallinvenzione per la sua distanza da un scopo pratico e richiede per unapplicazione
pratica ulteriori passaggi.
Le teorie scientifiche sono modelli di spiegazione della realt.
Sono il frutto della creazione umana che per non serve alcun fine pratico.
Metodi, principi e piani per attivit intellettuali sono metodi di studio e di insegnamento, sistemi di spiegazione,
metodi di analisi e codici di catalogazione.
Metodi, principi e piani per attivit commerciali sono metodi pubblicitari, tecniche contabili, sistemi di vendita,
sistemi organizzativi, sistemi di remunerazione.
Lespressione gioco comprende giochi di societ, quiz, enigmi, giochi sportivi.
Presentazioni di informazioni sono le realizzazioni di linguaggi artificiali, formulari, scale.
Il terzo comma dellart 45 esclude la brevettibilit di realt sopra esaminate solo nella misura in cui la domanda di
brevetto o il brevetto riguardi scoperte, teorie, piani, principi, metodi e programmi considerati in quanto tali.
Sono invece brevettabili sia le applicazioni tecniche di scoperte e principi, sia i materiali e i procedimenti realizzati
per ottenere la scoperta o la teoria o il principio matematico, o destinati allapplicazione pratica dei risultati
ottenuti.
Tipologia delle invenzioni: invenzione di prodotto e invenzione di procedimento. Le invenzioni vengono
classificate in tipi secondo varie categorie .
Una prima distinzione quella che viene tracciata tra invenzione di prodotto e invenzione di procedimento.
Si ha invenzione di prodotto quando linvenzione ha ad oggetto un prodotto materiale.
Si ha invenzione di procedimento quando linvenzione consiste non in un prodotto ma in una tecnica di produzione di
beni o di realizzazione di un servizio.
La distinzione tra invenzione di un prodotto e di un procedimento proposta dal testo di legge ed decisiva per
lapplicazione di particolari regole.
La definizione dellinvenzione come soluzione originale di un problema tecnico consente di porre in luce che
essenziale perch vi sia un invenzione brevettabile lindicazione delluso cui il prodotto o il procedimento sono
destinati.
Il problema dellindicazione delluso molto pi delicato per le invenzioni di prodotto perch si spesso proposto di
consentire la brevettazione di un prodotto anche se il suo uso non sia reso noto dalla domanda di brevetto.
Poich la domanda di brevetto deve indicare la soluzione del problema tecnico considerato dallinventore, esse deve
indicare luso cui il prodotto nuovo destinato.
Per le invenzioni di prodotto della meccanica non si mai dubitato che linvenzione sia nella realizzazione del
prodotto in quanto votato ad un certo uso.
Le domande di brevetto per invenzioni di prodotto della meccanica non sempre indicano esplicitamente luso ma
esso risulta in termini univoci dalla descrizione della stessa struttura del prodotto ed ricavabile agevolmente da
un esperto medio che legga tale descrizione.
Il problema assume un diverso peso nella chimica e nelle biotecnologie perch accade spesso che si realizzi un
composto nuovo e si chieda per esso il brevetto prima ancora che se ne individui un possibile uso.
Ma anche per il composto chimico e biotecnologico deve valere la stessa regola che vale per linvenzione di prodotto
della meccanica ossia che la domanda di brevetto deve indicare almeno luso del composto.
La realizzazione di un composto privo di indicazioni di uso e lacquisizione di pure informazioni genetiche non danno
vita ad una invenzione brevettabile come invenzione di prodotto ma possono al pi dar vita ad uninvenzione di
procedimento, se il procedimento che le ha consentite nuovo ed originale.
Le invenzioni derivate. Si distinguono le cosiddette invenzioni derivate o derivative.
Esse hanno al comune caratteristica di presentarsi come derivazione di una precedente invenzione.
Le ipotesi riconducibili a questo quadro sono le invenzioni di perfezionamento, di combinazione e traslazione.
Linvenzione di perfezionamento quella che offre una soluzione informe diverse e con un miglior rendimento di un
problema tecnico gi risolto da una precedente invenzione.
Linvenzione di combinazione quella che realizza un risultato nuovo ed originale di elementi e mezzi gi conosciuti.
Linvenzione di traslazione quella che applica ad un settore diverso un invenzione nota in un altro settore
traendone un risultato nuovo ed originale.
Le invenzione dipendenti. Sicuro rilievo normativo ha invece lipotesi in cui lattuazione di uninvenzione richieda
luso di un prodotto o di un procedimento coperto da un brevetto anteriore.
Si parla in questo caso di invenzione dipendente.
A questa figura sono da ricondurre le invenzioni di perfezionamento e le invenzioni di combinazione quando sia
ancora efficace il brevetto che copre linvenzione precedente.

Linvenzione dipendente dispone di una regola speciale solo in riferimento al regime della sua attuazione.
Infatti lattuazione dellinvenzione dipendente costituisce di per s contraffazione del precedente brevetto e quindi
pu essere legittimata solo dal consenso del titolare di questo.)

Capitolo 3. I requisiti di brevettabilit.


L'invenzione industriale deve possedere determinati requisiti. Tra i requisiti, quello che ha
maggiore rilevanza quello della INDUSTRIALITA'.
Viene ad essere previsto dall'articolo 49 CPI, perch si dice che l'invenzione, e quindi il bene,
l'oggetto che frutto dell'invenzione, pu essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di
industria, compresa quella agricola.

Art. 49. Industrialit-1. Un'invenzione considerata atta ad avere un'applicazione industriale se


il suo oggetto puo' essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa
quella agricola.
L'industrialit come requisito per la brevettabilit era comunque da sempre prevista anche
prima del CPI, e ovviamente era contenuta in una legge speciale, la legge invenzioni, che
appunto prevedeva questa applicazione industriale.
Ovviamente se noi pensiamo al termine industriale, restringiamo il campo soltanto a quelle
attivit che possono trovare applicazione nel settore strettamente industriale.
Vi una distinzione tra colui che pu essere considerato imprenditore commerciale perch
appunto svolge determinate attivit, tra cui l'attivit industriale e invece l'imprenditore agricolo
che si contrappone all'imprenditore commerciale e quindi all'imprenditore industriale, perch
l'attivit agricola non considerata attivit industriale, questo a rigore di principi che troviamo
nel campo del diritto commerciale.
Invece l'invenzione, se in un primo momento era stata ovviamente sia dalla dottrina, dalla legge
stessa, che appunto parlava di applicabilit al settore dell'industria, quindi applicabilit
industriale... comunque sia la dottrina che anche poi la giurisprudenza si erano resi conto che
era un po' troppo limitativo portare a restringere la brevettabilit solo per quelle invenzioni che
attenessero strettamente al settore industriale.
Quindi si era sentita l'esigenza di dare un'interpretazione pi ampia al concetto di applicazione
industriale, quindi alla stessa nozione di industrialit.
Giurisprudenza e dottrina avevano iniziato a considerare invenzioni brevettabili anche le
invenzioni che venivano poi ad essere applicate nel settore agricolo.
Siamo arrivati addirittura con il riconoscimento di un tanto attraverso il CPI il quale appunto
prevede che il prodotto, quindi il fabbricato pu essere utilizzato anche non solo in quello che
strettamente in campo industriale ma anche in quello agricolo.
Quindi c' stata una estensione del concetto di applicazione industriale e quindi si
sostanzialmente dato ampio spazio, si ampliato quello che la nozione di industrialit.
Tenendo conto che poi, siccome il diritto industriale una materia certamente viva, si sviluppa
a fronte dell'evolvere anche della realt, noi oggi possiamo parlare di invenzioni brevettabili
anche se al di fuori del settore industriale e del settore agricolo riusciamo comunque ad
individuare in quella determinata creazione intellettuale la soluzione appunto concreta e

originale ad un problema tecnico che sostanzialmente la definizione di invenzione che nel


tempo si elaborata.
Dopo il requisito della industrialit, vi il requisito delle NOVITA'.
Non concetto nuovo... solo che qui si parla, per distinguerla, di novit estrinseca, cio noi
possiamo dire che l'invenzione nuova quando naturalmente non compresa nello stato della
tecnica, quindi non c'era una precedente invenzione che avesse le stesse caratteristiche e
sopratutto ci si posti poi il problema di stabilire che cosa si debba intendere per stato della
tecnica.
Per stato della tecnica noi consideriamo tutto ci che stato reso accessibile al pubblico nel
territorio dello Stato ma anche all'estero, prima della data di deposito della domanda di
brevetto.
Ci sono delle differenze rispetto a quella che il requisito della novit per la registrazione del
marchio, qui la novit significa non accessibilit al pubblico, quindi non conoscenza di quello che
l'invenzione per cui si chiede la registrazione del brevetto.
Tra l'altro interessante vedere che si fa riferimento a tutto ci che era accessibile, quindi a
tutto ci che poteva essere appreso, che poteva essere conosciuto sia nel territorio dello Stato
che all'estero e come momento da cui verificare a ritroso l'eventuale conoscenza o meno la
data di deposito della domanda di brevetto.
Tanto vero che voi troverete nel CPI articoli 46 ss, l'indicazione di quelli che sono ritenuti
elementi distruttivi della novit, cio lo stesso Cpi che vi dice quando l'invenzione non pu
essere considerata nuova proprio perch appunto sono intervenute delle cause cd distruttive
della novit.
Tra queste noi consideriamo causa distruttiva della novit le cd anteriorit, che sono tutte
quelle conoscenze brevettate ma anche non brevettate, che sono state diffuse, quindi che sono
state portate a conoscenza con qualsiasi mezzo in Italia o all'estero anteriormente alla domanda
di brevetto e naturalmente parliamo sempre di conoscenze brevettate ma anche non brevettate!
Succede che la verifica, verifica che naturalmente spetta a colui che intende registrare il
brevetto...anche qui come nel caso della registrazione del marchio l'esame che viene effettuato
dall'ufficio italiano brevetti e marchi un esame pi che altro che attiene alla formalit della
domanda e quindi l'unico vero requisito che si valuta quello della liceit, e quindi il pericolo
che una volta ottenuto il brevetto, quindi una volta pagato profumatamente la procedura e
l'attestato amministrativo io mi veda proporre un'azione da parte di un altro imprenditore
perch magari la mia invenzione manca del requisito della novit...
quindi normalmente, ancora di pi, posto che parliamo sempre di settori qual' il settore
farmaceutico dove ovviamente la novit fondamentale ed essenziale per la riuscita del
prodotto, chiaro che prima di registrare una determinata invenzione c' uno studio molto
attento e c' un esame molto scrupoloso se ci sono gi delle anteriorit o meno, cio se nello
stato della tecnica quelle conoscenze sono gi state rese accessibili al pubblico.
Dico accessibili al pubblico perch vedremo che c' anche l'altro requisito, che sempre
requisito che distrugge la novit, che la predivulgazione.
Sempre ritornando al discorso dell'anteriorit, oltre ad evidenziarvi che parliamo anche di
invenzioni che non sono state brevettate, quindi non solo di chi pu vantare la registrazione ma
anche di chi non ha provveduto alla brevettazione, se l'uso anteriore un uso segreto, quindi

ammettiamo che ci sia un altro inventore che abbia gi effettuato l'invenzione, ma questa
invenzione non stata resa accessibile al pubblico, non stata divulgata, allora l'invenzione
successiva non manca del requisito della novit, per cui anche qui bisogna poi valutare di volta
in volta quali sono gli elementi della fattispecie che portano alla distruzione della novit e se
effettivamente possiamo dire che la novit sia stata distrutta ovvero sia se sussiste oppure no.
L'altro elemento che porta alla distruzione della novit la predivulgazione.
Predivulgazione che significa che magari io ho provveduto a presentare la domanda, a differenza
dell'anteriorit l'invenzione non sussiste prima della presentazione della domanda di
brevettazione, la predivulgazione la messa in comunicazione a tutto il settore in cui
naturalmente l'invenzione si attua di questa invenzione, tanto vero che spesso la
predivulgazione avviene ad opera degli stessi soggetti che magari hanno collaborato con
l'inventore all'invenzione... succede che viene appunto resa accessibile al pubblico l'invenzione
nella sua interezza, prima che il soggetto materialmente abbia ottenuto la brevettazione
dell'invenzione.
E tra l'altro sempre si fa riferimento non solo a quanto pu essere predivulgato in Italia ma
anche a quanto stato predivulgato all'estero, c' sempre questo riferimento anche verso il
territorio al di fuori dello Stato italiano.
L'unica cosa che l'inventore pu fare nei confronti di colui che ha predivulgato, magari essendo
suo collaboratore, oltre naturalmente a far valere l'obbligo di fedelt e quindi di segretezza, pu
naturalmente richiedere anche i danni posto che appunto se riesce a dimostrare che la
predivulgazione stata effettuata con un intento doloso, cio al fine di arrecare dei danni
all'inventore che cos ottenuto il brevetto, l'invenzione mancava del requisito della novit, se io
riesco a dimostrare la volont negativa, il dolo nei confronti del soggetto chiaro che posso
ottenere il risarcimento dei danni.

L'altro requisito la ORIGINALITA' chiamata anche, in contrapposizione alla novit, che novit
estrinseca, l'originalit viene anche definita NOVITA' INTRINSECA.
Questo perch il requisito della originalit sostanzialmente un requisito che sussiste in tanto in
quanto tra tutto ci che pu essere inventato e quindi nuovo, proprio perch novit estrinseca,
un qualcosa che stato creato, in pi c' una attivit inventiva ulteriore, superiore, che
permette di raggiungere quel prodotto o procedimento, trattandosi sempre di invenzione di
prodotto o invenzione di procedimento, un qualcosa in pi rispetto a quella che la soluzione si
sempre tecnica, ad un problema, ma l'originalit viene ad essere valutata e determinata rispetto
a quella che la valutazione o l'invenzione del tecnico medio.
Cio il giudizio di originalit un giudizio che prima di tutto deve tener conto del settore in cui
avviene l'invenzione.
Una volta che ho individuato il settore, ad esempio il settore industriale vero e proprio, devo
valutare qual' la conoscenza del tecnico medio in quel settore, cio qual' lo stato della tecnica
di un tecnico medio in quel determinato settore.
Se ovviamente valuto che l'invenzione poi ha anche un qualcosa di ulteriore, cio di
particolarmente qualificante rispetto alla conoscenza del tecnico medio posso dire che
effettivamente quell'invenzione ha il carattere dell'originalit.
Non deve essere evidente nello stato della tecnica quella determinata invenzione.

Ci sono delle indicazioni in relazione alla cd evidenza, cio alle caratteristiche evidenti o non
evidenti dell'invenzione, per la sussistenza o meno rimane demandata all'accertamento
giudiziale.
Quindi il problema che c' sempre la necessit di verificare in concreto e di aiutare poi il
giudice nella sua valutazione attraverso dei criteri che sono si effettivamente indicati nel CPI,
per come voi ben potete dedurre dall'articolo 48 CPI....

Art. 48.Attivit inventiva-1. Un'invenzione considerata come implicante un'attivita' inventiva


se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della
tecnica. Se lo stato della tecnica comprende documenti di cui al comma 3, dell'articolo 46,
questi documenti non sono presi in considerazione per l'apprezzamento dell'attivita' inventiva.
L'invenzione considerata come implicante un'attivit inventiva se per una persona esperta del
ramo essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica.
Quindi, sostanzialmente voi capite che non facile dedurre il requisito della originalit o meno,
e quindi noi possiamo avere dei dati di fatto che ci danno la possibilit di individuare la presenza
o meno dell'originalit comunemente definiti appunto dalla dottrina e giurisprudenza indizi di
evidenza, proprio perch la legge parla di questo tipo di indizi, che sono indizi che devono
essere oggettivi, devono avere la loro obiettivit, ovviamente dedotti dall'analisi della realt,
quindi dedotti da una valutazione concreta del ramo in cui l'invenzione viene attuata, e diciamo
si deve guardare a tutta quella che stata l'evoluzione di quel determinato settore fino a quel
determinato momento, quindi non semplice individuare il carattere della originalit proprio
perch anche se si fa riferimento a questi indizi di evidenza e quindi ci sono dei parametri
oggettivi, tuttavia non detto che poi in concreto sia facile, anche perch quello che implica
ulteriormente l'accertamento della sussistenza dell'originalit se per una persona esperta del
ramo.... quindi il tecnico medio di quel determinato settore poteva essere a conoscenza o meno
dell'invenzione.
Quindi il giudizio deve prima rivolgersi al tecnico medio e poi valutare se rispetto alle
conoscenze di questi c' qualcosa in pi, c' l'originalit.
A completamento dei requisiti, da ultimo il requisito della LICEITA'.
Liceit prevista dall'articolo 50 CPI, ed interessante che mentre il primo comma dice che non
possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione contraria all'ordina
pubblico o al buon costume, il secondo comma dice, l'attuazione di un'invenzione non pu essere
considerata contraria all'ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto di essere vietata da
una disposizione di legge o amministrativa....
questo secondo comma ha il senso e la finalit si specificare che non necessariamente tutto ci
che viene inventato e che contrario a delle disposizioni di legge per ci stesso illecito dal
punto di vista della contrariet all'ordine pubblico e al buon costume.
Questo significa che spesso, sopratutto la specificazione poi della norma relativa alle
disposizioni di legge sia a normative amminisrtative... pensate a delle leggi in materia
farmaceutica che pi di essere leggi sono veri e propri provvedimenti amministrative che
limitano determinate sostanze non tanto per una questione di salute ma per una questione di
mercato... l'eventuale invenzione che dovesse riguardare un prodotto che appartenesse a queste
categorie non di per se illecita, ovvero sia mancante del requisito della liceit, perch non si
pu dire che sia contraria all'ordine pubblico o al buon costume, perch dovr effettivamente

considerarsi le norme che appunto sovrastano l'ordine pubblico o il buon costume per poter
effettivamente affermare che non c' liceit nell'invenzione.
Quindi non necessariamente ogni contrariet, ogni invenzione che sia contraria appunto alla
legge per ci stessa mancante del requisito della liceit, bisogna effettivamente fare
riferimento all'ordine pubblico e al buon costume all'interno dell'ordinamento, quindi non solo
quando c' la violazione di una singola norma di legge ma quando c' la violazione di un sistema
di norme inserito nel nostro ordinamento a tutela appunto dell'ordine pubblico o del buon
costume.
Art. 50.Liceit-1. Non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione
contraria all'ordine pubblico o al buon costume.
2. L'attuazione di un'invenzione non pu essere considerata contraria all'ordine pubblico o al
buon costume per il solo fatto di essere vietata da una disposizione di legge o amministrativa.

Principio dell'esaurimento, degli effetti della validit del brevetto.


Art. 5. Esaurimento-1. Le facolt esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un
diritto di propriet industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di
propriet industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel
territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro della Comunit europea o dello
Spazio economico europeo.
2. Questa limitazione dei poteri del titolare tuttavia non si applica quando sussistano motivi
legittimi perch il titolare stesso si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, in
particolare quando lo stato di questi modificato o alterato dopo la loro immissione in
commercio.
3. Le facolt esclusive attribuite dalla privativa su una variet protetta, sulle variet
essenzialmente derivate dalla variet protetta quando questa non sia, a sua volta, una variet
essenzialmente derivata, sulle variet che non si distinguono nettamente dalla variet protetta
e sulle variet la cui produzione necessita del ripetuto impiego della variet protetta, non si
estendono agli atti riguardanti:
a) il materiale di riproduzione o di moltiplicazione vegetativa, quale che ne sia la forma;
b) il prodotto della raccolta, comprese piante intere e parti di esse quando tale materiale o
prodotto sia stato ceduto o commercializzato dallo stesso costitutore o con il suo consenso nel
territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunit europea o dello Spazio economico
europeo, a meno che si tratti di atti che implicano una nuova riproduzione o moltiplicazione
della variet protetta oppure un'esportazione del materiale della variet stessa che consenta di
riprodurla in uno Stato che non protegge la variet del genere o della specie vegetale a cui
appartiene, salvo che il materiale esportato sia destinato al consumo finale.

L'articolo 5 CPI, testualmente dice: le facolt esclusive attribuite dal presente codice al titolare
di un diritto di propriet industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un
diritto di propriet industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso
nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro UE o dello spazio economico
europeo.

Qui ci sono sostanzialmente due limiti al diritto di brevetto, il primo quello che riguarda la
messa in commercio da parte appunto del titolare del brevetto, del prodotto o del prodotto che
sia ottenuto con la brevettazione del procedimento per prodotto e quindi, facciamo l'ipotesi (pi
frequente) di una sostanza nuova, non parliamo di farmaci dove c' una legge speciale...
parliamo di una sostanza nuova.
Nel momento in cui io che sono il titolare del brevetto, metto in commercio quel determinato
bene non posso pi controllare i successivi passaggi, potrebbe avvenire che l'acquirente a sua
volta lo rivenda e cos avanti, e in questo caso io non posso impedire che l'acquirente non
rivenda a sua volta, perch il mio diritto di esclusiva si esaurisce appunto nel momento in cui io
metto in commercio il bene.
Altra cosa, ovviamente, il discorso sulla creazione, sulla produzione del bene, ma non sulla
commercializzazione del bene! Questo vale se appunto il bene viene venduto dal titolare nel
territorio italiano, potrebbe anche accadere che il titolare del brevetto immetta nel mercato
italiano il prodotto, il prodotto viene acquistato da un soggetto che poi lo esporta in un altro
Paese, e a sua volta il prodotto esportato viene rivenduto in Italia, anche in questo caso io non
posso impedire questi passaggi, perch il principio che io nel momento in cui ho immesso nel
mercato italiano o anche vendo in un Paese dell'UE o dello spazio economico europeo un
determinato bene e poi questo soggetto lo viene a vendere in Italia, io comunque non posso
impedire questo tipo di passaggio, proprio perch il mio diritto si esaurisce nella fase della
messa in commercio.
Questa norma che tra l'altro ha avuto varie modifiche, vuole sostanzialmente impedire che un
eventuale riconoscimento di esclusivit del diritto al titolare del brevetto, comporti una
alterazione di quel mercato unico europeo che invece alla base del TFUE.
Quindi per cercare di evitare che ci fossero delle violazioni o comunque si creasse una situazione
tale da impedire la completa realizzazione del mercato unico europeo si dato corso a questo
tipo di principio che affermato nell'articolo 5 CPI.
Tra l'altro proprio il primo comma stato modificato anche dal d lgs 131 del 2010, proprio
perch sempre pi si sentita l'esigenza di dare attuazione al mercato unico europeo e quindi di
sacrificare il diritto del singolo, per cui il titolare del brevetto ha si un diritto esclusivo ma tutto
sommato il diritto esclusivo, che ovviamente gli riconosce il diritto di produzione di quel
determinato bene non si spinge oltre alla messa in commercio di quel determinato bene.
Oppure che cosa pu fare, ed l'altra frase dove dice o con il proprio consenso...
quando da magari in licenza il brevetto e poi chi ha in licenza il brevetto decide di immettere in
commercio il bene, quindi a questo punto chiaro che c' un consenso del titolare.
Se invece lui non ha messo in commercio il bene o non lo ha concesso in licenza, a questo punto
un eventuale messa in commercio da parte di terzi sarebbe si illegittima e quindi in violazione
delle norme sulla propriet industriale, perch in questo caso non stato il titolare del brevetto
a mettere in commercio il bene, ma il bene stato messo in commercio in modo illegittimo.
Il problema del marchio si pone per le cd importazioni parallele o per il discorso eventualmente
del bene che viene venduto etc... tanto vero che l'articolo 5.2 CPI prevedeva che questa
limitazione dei poteri del titolare non si applica con riferimento al marchio.
Quindi inizialmente c'era questa previsione poi il d. lgs. 131 del 2010 ha soppresso queste parole
e quindi sostanzialmente l'ulteriore commercializzazione, non sto parlando di contraffazione, sto
parlando di commercializzazione, riconosciuta anche a livello di importazioni parallele...

parlando del marchio avevamo fatto un riferimento anche al discorso che in questo caso, nel
caso della importazione, dove io comunque non posso impedire che venga importato un prodotto
con il mio stesso marchio e che quindi venga commercializzato, tuttavia l'unica tutela che io ho
ai fini della confondibilit nei confronti del consumatore per cui devo in qualche modo cercare
di... confondibilit intesa come che possa creare dei dubbi, che possa generare nell'opinione
prevalente il dubbio che quel bene provenga o meno da un determinato imprenditore... in questi
casi io posso eventualmente differenziare e quindi aggiungere un qualcosa che permetta di
chiarire che quel prodotto importato e che invece questo il prodotto fabbricato in
Italia...per dovete pensare che il marchio, a differenza del brevetto, il segno distintivo che
caratterizza il prodotto, quindi un segno che individua l'origine del prodotto, allora potrebbe
avvenire ad esempio che il marchio sia stato legittimamente registrato, facciamo l'esempio delle
macchine, il marchio FIAT, viene impresso sulle macchine prodotte dalla FIAT per questo non
impedisce che poi l'auto FIAT possa essere acquistata da altri, e rivenduta sempre con il marchio
FIAT, perch non riguarda la provenienza del prodotto, riguarda chi lo commercializza.
Cosa diversa invece se io ho un produttore tedesco che fa un marchio molto simile alla FIAT e
lo appone sulle macchine di modello molto simile alla FIAT, tanto da creare confusione da far
ritenere che quelle macchine provengano dalla FIAT italiana.
Quindi una cosa il marchio come segno distintivo, come funzione di individuare l'origine, da chi
proviene, da quale imprenditore prodotto quel determinato bene, e un'altra cosa invece chi
lo commercializza.
Tra l'altro oggi come oggi in un sistema di globalizzazione anche la FIAT produce in Polonia
piuttosto che in altri Paesi perch ha insediato degli stabilimenti e quindi li vengono prodotte le
macchine.
Per i macchinari che producono le automobili e il sistema di lavorazione il sistema FIAT.
Il problema sta nel fatto che se io sono il produttore e direttamente vendo il bene, non ci sono
problemi, ma spesso succede che il bene viene venduto, acquistato da un altro imprenditore,
viene rivenduto in un Paese dell'UE, o dello spazio economico europeo, e poi questo soggetto,
immette nel mercato italiano il prodotto, il tutto dove sta? Sta nel fatto che il prezzo,
naturalmente inferiore... allora ci si posti il problema, ma io che sono il titolare del
marchio, che ho prodotto il bene, l'ho venduto, poi questa persona lo ha rivenduto ad un altro
soggetto, il quale, per la capacit imprenditoriale si pu permettere di vendere quel prodotto in
Italia ad un prezzo inferiore a quello mio.... io dovr cercare una tutela! Ma non posso cercare
la tutela nelle norme a difesa della propriet industriale perch si preferito dare preferenza
alla diffusione del mercato unico europeo piuttosto che tutelare i diritti del singolo e quindi
questa attivit non pu essere vietata, cio non mi permesso di contrastarla.
Tra l'altro, eventualmente potr vedere se si tratta di boicottaggio, quindi c' una finalit di
danneggiare l'altrui azienda, cio nel senso, tutto questo viene fatto per mettermi fuori
mercato, qui entriamo pi in un discorso di legislazione antitrust... vedremo che a livello
italiano, ma sopratutto comunitario, ci sono delle norme che vanno a vietare quelle che sono
eventuali alterazioni di una normale con concorrenza di mercato.
La posizione dominante, non vietata in se e per se, se uno particolarmente bravo e riesce ad
acquisire una quota di mercato per cui in posizione dominante va benissimo, quello che
vietato l'eventuale abuso, l'utilizzo di questa sua posizione dominante ai fini di danneggiare le
altre aziende in modo da eliminarle dal mercato.
Succede che magari colui che ha acquistato ha appunto un giro di affari tale o comunque una
struttura organizzativa che si pu permettere di vendere il bene ad un prezzo inferiore, in

questo purtroppo, voi sapete che noi abbiamo anche delle imposte, l'IVA ad esempio, che nel
nostro Paese, arrivata gi al 21, arriver al 22, su certi beni per fortuna l'imposta del 10%,
ma in altri Paesi, l'IVA minore, quindi ci potrebbe essere un vantaggio gi solo sullo scarto di
IVA che poi anche la bisogna, perch c' tutta una legislazione per le importazioni e via dicendo,
per questo potrebbe essere anche il motivo per cui c' una facilit oltre che naturalmente dalle
dimensioni dell'impresa e dall'organizzazione economica dell'impresa che mette in commercio il
bene.

Invenzione, caratteristiche dell'invenzione per poter essere brevettabile. Abbiamo iniziato a


parlare della novit, della industrialit, della originalit anche detta novit intrinseca.
Si trovano all'articolo 48 CPI, definita come attivit inventiva, perch l'articolo 48 parla di
attivit inventiva riferendosi al carattere dell'originalit.
L'originalit intesa come caratteristica che deve sussistere dell'invenzione affinch sia
brevettabile e quindi bisogna sostanzialmente individuare quello che lo stato della tecnica in
quel determinato settore, qual' la conoscenza dell'esperto medio in quel settore e verificare se
l'invenzione ha un qualcosa in pi, cio se qualificata, se originale, per fare questo
naturalmente ovvio che deve essere fatta una valutazione dell'invenzione, e a questo punto ci
possono essere dei dati di fatto, oggettivi, che permettono di individuare i cd indizi di evidenza
o indizi di non evidenza sullo stato della tecnica e su quello che la conoscenza dell'esperto
medio di quel determinato settore, per verificare quindi se appunto sussiste o non sussiste
l'originalit dell'invenzione, perch naturalmente l'invenzione per poter essere brevettabile deve
essere originale, quindi deve avere una caratteristica qualificante ulteriore rispetto a quella che
la conoscenza del tecnico medio in quel determinato settore.
Questo giudizio di originalit, cio relativamente alla sussistenza o meno dell'originalit, viene
svolta, come sempre in un momento successivo, non l'ufficio italiano brevetti e marchi che
valuta questo sulla base degli indizi etc... questo un giudizio che riguarda il giudice in una fase
ovviamente in cui ci sia un'eventuale azione di nullit per far dichiarare il brevetto nullo perch
mancante del requisito dell'originalit, e per quanto riguarda invece l'ultimo requisito, quello
della liceit...
abbiamo visto che la norma, l'articolo 50 CPI, dice che non possono essere brevettate le
invenzioni la cui attuazione sarebbe contraria all'ordine pubblico o al buon costume, quindi
ponendo in evidenza l'attuabilit della invenzione, noi dobbiamo concludere che non illecita
l'invenzione anche se contraria a norme di legge o a norme amministrative, ma illecita
invece l'attuazione dell'invenzione.
Quindi io posso, per ipotesi, anche brevettare una nuova arma letale, scopro un determinato
spray che annienta il Mondo intero, posso brevettare questa mia invenzione, quello che non
posso assolutamente fare dare attuazione alla mia invenzione.
Mentre invece se gi anche l'invenzione contraria all'ordine pubblico e al buon costume
chiaro che a questo punto sar in violazione delle norme... per quello che si vuole evidenziare
che tante volte l'invenzione in se e per se non illecita, ma appunto illecita la attuazione,
perch l'attuazione dell'invenzione contraria al buon costume o all'ordine pubblico e quindi a
questo punto non pu essere brevettata.

Libro.
Generalit. I requisiti di validit dellinvenzione sono tradizionalmente 4: industrialit, novit,
originalit e liceit.
Industrialit. Il requisito dellindustrialit si confonde con la stessa definizione di invenzione
brevettabile.
Sul piano storico potrebbe avanzarsi lipotesi che tale requisito non abbia avuto per secoli
effettiva consistenza ed il cui contenuto era tutto solo riferito dal sostantivo invenzione e
laggettivo industriale non avesse alcun valore.
Sotto altra prospettiva si potrebbe ipotizzare che nel corso dell800 laggettivo industriale sia
stato adoperato per distinguere le invenzioni industriali ritenute brevettabili dalla invenzioni
non industriali ritenute non brevettabili.
Invenzioni non industriali venivano considerate quelle agricole, quelle che riguardavano le nuove
variet vegetali.
Se luno o laltra delle due ipotesi storiche appena indicata risultasse confermata si avrebbe la
ragione della difficolt di trovare un contenuto accettabile per il requisito della industrialit.
Secondo la norma vigente un invenzione considerata atta ad avere un applicazione industriale
se il suo oggetto per essere fabbricato in qualsiasi genere di industria compresa quella agricola.
La norma definisce lindustrialit come fabbricabilit o utilizzabilit industriale e le due note
sono chiaramente alternative e si riferiscono rispettivamente allinvenzione di prodotto e
allinvenzione di procedimento.
La fabbricazione industriale non implica fabbricabilit in serie ma implica la ripetibilit del
processo di fabbricazione per un numero non finito di volte con risultati costanti.
In giurisprudenza sono molto rare le ipotesi in cui il requisito dellindustrialit viene indagato.
S afferma che tale requisito inteso come utilizzabilit industriale esige che linvenzione si
proponga uno scopo tecnicamente raggiungibile.
Perci preclude la brevettabilit di invenzioni che si prefiggono di realizzare uno scopo
teoricamente irraggiungibile.
Si afferma inoltre che lutilizzabilit industriale esige che linvenzione funzioni secondo il suo
scopo riuscendo a conseguire realmente e costantemente il risultato promesso e perci non
sarebbero brevettabili le invenzioni che pur proponendosi di raggiungere un risultato
teoricamente raggiungibile non sono per di fatto capaci di conseguirlo.
Il problema dellutilit. Al requisito dellindustrialit viene tradizionalmente agganciato il
problema dellutilit dellinvenzione.
Ad esso si tende a dare risposta negativa in quanto la brevettabilit non pu dipendere dal fatto
che linvenzione sia pi utile dei trovati gi noti ed offra un rendimento migliore.
Se invece si pensa allutilit dellinvenzione come esigenza che linvenzione presenti una
esplicita o implicita indicazione delluso si coglie allora un esigenza effettiva del diritto dei
brevetti e deve dirsi che tale requisito deve certamente essere presente.
Ma questo punto deve essere ricondotto pi che al requisito dellindustrialit al concetto stesso
di invenzione.
La novit: stato della tecnica ed anteriorit opponibili. Uninvenzione nuova secondo gli
artt. 46 e 47 se non compresa nello stato della tecnica.
Lo stato della tecnica comprende tutto ci che stato reso accessibile al pubblico nel territorio
dello stato o allestero prima della data di deposito della domanda di brevetto, mediante una
descrizione scritta o orale, una utilizzazione o qualsiasi altro mezzo.
I fatti distruttivi della novit vengono distinti in anteriorit e predivulgazioni.
Sono anteriorit distruttive della novit tutte le conoscenze brevettate o non brevettate, diffuse
in qualunque modo in italia o allestero anteriormente alla data della domanda di brevtto.

La ragione della regola sta nel fatto che non ha senso rilasciare un brevetto a chi autore di
uninvenzione che gi stata realizzata da altri.
In alcuni sistemi stranieri si tende in vario modo a temperare la severit delle regole che
pretendono la novit assoluta ad esempio escludendo che abbiano capacit distruttiva della
novit le anteriorit puramente cartacee ma poi dimenticate e che non hanno avuto alcun
seguito effettivo.
Tra le conoscenze anteriori accessibili al pubblico vanno considerate le domande di brevetto
depositate in Italia o allestero, che siano state gi pubblicate.
Per le domande di brevetto non ancora pubblicate sono a rigore estranee allo stato della
tecnica perch non sono ancora accessibili al pubblico.
Tuttavia la legge intende evitare che per la stessa invenzione vengano rilasciati due brevetti
diversi a due diversi inventori e che linventore depositando successivamente diverse domande
di brevetto per la stessa invenzione riesca a prolungare la durata del brevetto.
A tal fine lart 46 co 3 ritiene distruttive della novit anche le domande di brevetto italiano
ancora segrete o le domande di brevetto europeo o internazionale designanti lItalia ancora
segrete.
Nulla detto per le domande di brevetto depositate allestero per brevetti nazionali e che siano
ancora segrete ma la ratio dellart 46 co 3 fa ritenere che esse non distruggono la novit di una
successiva domanda di brevetto italiana.
Per quanto attiene alle anteriorit costituite da un uso anteriore altrui deve dirsi che esse
producono distruzione della novit solo se si tratta di un uso che provoca accessibilit al
pubblico dellinvenzione stessa.
Se invece luso anteriore altrui si svolge in segreto esso non impedisce la successiva
brevettazione altrui per al primo utilizzatore viene concesso il diritto di preuso.
Lesame della novit si svolge confrontando linvenzione con ciascuna delle anteriorit e si ha
assenza di novit solo se si ha coincidenza totale tra linvenzione e una delle anteriorit.
Se invece linvenzione risulta anticipata in parte da unanteriorit , in parte da unaltra essa
considerata nuova.
La predivulgazione dellinvenzione. Si ha predivulgazione quando linventore comunica
volontariamente o involontariamente linvenzione a terzi in data anteriore alla domanda di
brevetto.
La predivulgazione comporta distruzione della novit in quanto realizzi laccessibilit al pubblico
dellinvenzione.
Perci occorre che riguardi linvenzione nella sua interezza e che sia fatta a persona in grado di
comprendere il messaggio ricevuto o di ritrasmetterlo.
Nei sistemi europei il valore invalidante della predivulgazione viene affermato con grande
rigore.
Si vuole infatti evitare che il rilascio di un valido brevetto su uninvenzione che gi stata
comunque pervenuta allo stato della tecnica ossia al patrimonio collettivo perch sulla libera
fruibilit di tale invenzione chiunque potrebbe avere gi fatto programmi.
Sicuramente pi ragionevole su questo punto il sistema U.S.A. che concede allinventore un
cd. Periodo di grazia ossia ritiene che la comunicazione dellinvenzione fatta dallinventore a
terzi prima del deposito della domanda di brevetto non distrugga la novit dellinvenzione se poi
linventore deposita la domanda entro il termine di un anno.
La disciplina europea impone allinventore la pi assoluta segretezza dellinvenzione per il
periodo anteriore alla domanda di brevetto.
Per altro verso linventore ha necessit di sperimentare e di mettere a punto linvenzione
stessa, attivit che normalmente esigono lintervento di terzi, collaboratori dipendenti o
indipendenti dellinventore.

Si ritiene a salvaguardia di tali esigenze che non sia abbia perdita della novit quando
linvenzione viene comunicata a terzi sotto vincolo di segreto.
Tuttavia se qualcuno dei soggetti tenuti al segreto viola tale obbligo e rende linvenzione
accessibile al pubblico si ha perdita di novit.
Allinventore non rimane che unazione risarcitoria contro il collaboratore infedele.
Solo in un caso particolarissimo e precisamente quando la domanda di brevetto viene depositata
entro i 6 mesi successivi alla predivulgazione e questa risulta direttamente o indirettamente da
un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa, lart 47 co 1 consente la
brevettabilit valutando irrilevante la predivulgazione.
Loriginalit. Il requisito delloriginalit ha la funzione di selezionare tra tutto ci che nuovo
ci che si differenzia in maniera qualificata dallo stato della tecnica.
Lo stato della tecnica viene inteso come un patrimonio mobile in continuo progressivo
accrescimento per via delle piccole innovazioni che vengono quotidianamente realizzate dalla
massa degli operatori di ciascun settore.
Loriginalit segna una linea di confine tra ci che appartiene al divenire normale di ciascun
settore, che potrebbe essere realizzato da qualunque operatore del settore e quindi non merita
il brevetto, e ci che frutto di unidea che supera le normali aspettative di evoluzione del
settore che non alla portata di tanti che in esso operano e quindi merita lattribuzione del
diritto esclusivo.
Il testo vigente fissa il requisito delloriginalit allart 48 per il quale uninvenzione originale
se non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica .
Originalit quindi equivale a non evidenza per il tecnico medio del settore.
Nelle invenzioni della meccanica per le quali il rapporto tra struttura e funzione del prodotto
normalmente univoco, loriginalit sar riferita alla sola struttura.
Nelle invenzioni della chimica per le quali invece il rapporto tra struttura e funzione non di
solito n univoco n facilmente leggibile loriginalit viene riferita sia alla struttura sia alla
funzione del prodotto.
Si avr cos originalit del prodotto quando il composto nuovo radicalmente altro rispetto ai
composti noti e quando il composto nuovo assai simile ai composti noti se per la funzione del
composto radicalmente altra o molto lontana da quella propria dei composti simili noti.
Il giudizio di originalit si svolge secondo le seguenti fasi: occorre prima individuare il settore cui
linvenzione attiene, si deve poi costruire un modello di persona esperta del ramo, e infine il
giudice deve valutare se quel modello considererebbe linvenzione evidente o non evidente.
Lindividuazione del settore pertinente di solito agevole.
Essa si presenta problematica per lipotesi in cui linvenzione viene realizzata con lapporto di
competenze polisettoriali e per lipotesi in cui linvenzione viene realizzata in un settore ma
attuata in un altro.
In tutti questi casi il settore pertinente deve essere visto nella combinazione di tutti i settori
coinvolti e non in uno solo di essi.
La costruzione del modello astratto di persona esperta del ramo, di tecnico medio del settore
esige lindividuazione del bagaglio di conoscenze e capacit del suddetto modello.
Per il settore pertinente le conoscenze sono fissate dallo stato della tecnica .
Per il resto le conoscenze del tecnico medio devono essere fissate in modo da rispecchiare le
presumibili conoscenze di un operatore reale di livello medio.
Al tecnico saranno attribuite anche le false conoscenze ed i pregiudizi che in quel momento
affliggono i tecnici di quel settore.
Le capacit del tecnico medio devono essere ricostruite in accordo con le capacit
effettivamente presenti tra gli operatori del settore.
A questo fine si tiene presente solo il territorio nazionale.

Capacit sono le doti intellettuali, culturali e professionali, il livello di professionalit, il tipo di


dotazione finanziaria e strumentale ed anche, se si fa riferimento a ricerca di gruppo, il tipo di
organizzazione e coordinamento tra i membri dellequipe.
Daltra parte sicuramente deve essere riconosciuta al tecnico medio la capacit di combinare le
anteriorit in un mosaico coerente.
E sicuro , in giurisprudenza, che le anteriorit ai fini del giudizio di non evidenza non sono da
considerare isolatamente ma in una combinazione razionale.
Individuato il settore pertinente e costruito il modello di tecnico medio, il giudice procede al
giudizio di non evidenza vero e proprio.
Questo deve essere sempre retrodatato al momento del deposito della domanda di brevetto.
Il giudizio di non evidenza non riguarda solo linvenzione isolatamente considerata ma esso
esprime un rapporto tra linvenzione ed il divenire normale del settore cui linvenzione attiene.
Gli indizi di evidenza e di non evidenza. E quindi importante che il giudizio di originalit
rimanga ancorato al piano oggettivo.
I dati fattuali che consentono di individuare la presenza o lassenza di originalit vengono
comunemente chiamati indizi di evidenza o di non evidenza.
Si tratta di indizi oggettivi in quanto direttamente dedotti dallanalisi della realt e pi
precisamente dalle caratteristiche tecniche dellinvenzione o del procedimento che ha condotto
alla sua realizzazione e dalla storia del settore anteriore o successiva allinvenzione.
Lutilizzazione degli indizi non sempre operazione semplice perch il peso specifico di ciascuno
di essi varia col variare delle caratteristiche del fatto.
Inoltre non sempre con essi possono sciogliersi tutti i dubbi del giudizio di non evidenza.
Tra le caratteristiche tecniche dellinvenzione assume rilievo il progresso tecnico.
Esso va inteso in senso ampio come arricchimento della tecnica e comprende tutte le ipotesi di
miglioramento di rendimento, semplificazione della struttura di un prodotto o di un
procedimento, riduzione dei costi, miglioramento di sicurezza nelluso.
Il sistema di mercato crea una gara al progresso tecnico perch chi realizza progresso tecnico
consegue un vantaggio concorrenziale e quindi potrebbe essere valutato non alla portata degli
altri operatori del settore e cio dotato di originalit.
Tra le caratteristiche del procedimento che ha condotto allinvenzione un forte indizio di non
evidenza la mano felice.
Si ha tale indizio nelle cosiddette invenzioni di selezione, quando linventore davanti alla
necessit di individuare lunica via di soluzione del problema tecnico tra tante a priori
ugualmente credibili, invece di procedere ad una lunga e costosa sperimentazione di tutte le
alternative possibili, coglie con felice intuito la soluzione corretta.
Una seconda direzione che pu fornire indizi di non evidenza la storia del settore anteriore
allinvenzione.
La non evidenza pu essere dimostrata con la prova di precedenti tentativi rimasti infruttuosi o
di particolari difficolt superate.
Ma va tenuto presente che lassenza di indizi storici di questo tipo non mai prova di assenza di
originalit.
Unultima serie di indizi di non evidenza pu essere rintracciata in fatti successivi
allinvenzione.
Emerge tra questi il successo commerciale conseguito dallinvenzione stessa.
Esso avr un forte valore indiziario quando lo si pu ricondurre ai meriti tecnici dellinvenzione,
e non invece a fattori di altro tipo.
Di fatto quindi il successo commerciale ha un valore indiziario forte nel settore dei beni
strumentali, mentre non lo ha in genere nel settore dei beni di consumo.

E indizio di non evidenza infine lopinione degli esperti se si tratta di un opinione concorde ed
espressa da esperti indipendenti e in alternativa lincomprensione dellinvenzione da parte
degli stessi operatori del settore.
Il comportamento dei concorrenti ed in particolare lassenza di contraffazione , specie se unita
ad offerte di licenze a caro prezzo pu essere prova del fatto che i concorrenti ritengono valido
il brevetto altrui.
Esistono anche indizi di evidenza del trovato, dati di fatto la cui presenza induce a concludere
per lassenza di originalit come La realizzazione contemporanea e indipendente dellinvenzione
da parte di pi inventori, lesistenza di contraffazioni.
E pu essere indizio di evidenza lequivalenza, cio il fatto che linvenzione possa essere
considerata equivalente a qualcosa di gi noto.
La liceit. Il requisito della liceit posto dallart 50 che esclude la brevettabilit di invenzioni
la cui attuazione sarebbe contraria allordine pubblico o al buon costume e precisa poi che la
mera presenza di un divieto legale di attuazione non basta a far ritenere linvenzione priva di
liceit e perci non brevettabile.
Si ritiene che il rilascio del brevetto sia escluso solo per le invenzioni per le quali non
pensabile neppure un uso lecito.
Si ritiene applicabile ai casi di una bomba carta, o di alimenti, bevande o farmaci nocivi alla
salute.
Il rilascio del brevetto implica solo un esclusiva di produzione, commercializzazione ed uso ma
non anche un generale autorizzazione alluso.
Al diritto dei brevetti ed al requisito della liceit dellinvenzione non compete vietare lo
svolgimento di certe attivit di ricerca o di produzione , compete solo decidere quali attivit
produttive possono essere svolte in regime di esclusiva.
Il secondo comma dellart 50 esclude poi la brevettabilit delle nuove razze animali e dei
procedimenti essenzialmente biologici per lottenimento delle stesse.
Capitolo 4. La procedura di brevettazione.
Lezione. Procedimento di brevettazione. un procedimento particolare, ha varie fasi, ed un
procedimento che anche necessit di una determinata esperienza proprio perch deve essere
descritto in modo preciso tutta una serie di elementi, di condizioni che soltanto un esperto in
grado di riuscire a descrivere e a formulare in modo corretto la domanda e i documenti che
devono essere allegati.
DEPOSITO. Anche qui, perch in realt cos come per il marchio, dato che si chiama ufficio
italiano brevetti e marchi, la domanda va depositata o all'ufficio italiano brevetti e marchio o
presso l'ufficio istituito presso la camera di commercio, che ha il compito di trasmettere la
domanda, anche per via telematica, all'ufficio italiano brevetti e marchi a Roma, entro 10
giorni.La data di deposito del brevetto, quindi il momento in cui effettivamente viene
depositata la domanda di brevetto importante perch il criterio che viene adottato per
definire l'eventuale priorit tra pi inventori che vanno a inventare la stessa cosa e a brevettare
la stessa cosa proprio il momento della presentazione della domanda.Il concetto espresso
con terminologia anglosassone che indica questo principio firts to fail, chi per primo deposita la
domanda ha diritto ad avere il brevetto, sempre che naturalmente l'invenzione sia
brevettabile... ma in una situazione di parit, entrambi inventori dello stesso prodotto
depositano la domanda, vige appunto chi per primo deposita, per primo avr diritto al brevetto.
Non crediate che questa ipotesi sia cos peregrina perch pensate e spesso succede che pi
persone magari collaborano alla stessa ricerca, allo stesso progetto e poi appunto magari

all'insaputa l'uno dell'altro, vanno a depositare la domanda di brevetto dell'invenzione e quindi


ha una sua rilevanza questo principio.
Ovviamente questo un principio adottato dal sistema italiano e da altri sistemi, in alternativa
ad altri criteri... per esempio in America ne hanno un altro!
Quindi si trattava di trovare una soluzione al problema di un eventuale conflitto fra pi soggetto
che depositano la domanda per la stessa invenzione si perseguita questa soluzione di
individuare nella data di deposito della domanda la priorit da riconoscere al soggetto.

Pubblicazione della domanda. Mentre invece, una volta che la domanda stata presentata c'
un percorso piuttosto lungo e piuttosto frastagliato di adempimenti, e quando (abbiamo parlato
del marchio abbiamo detto che il marchio viene pubblicato sul bollettino ufficiale brevetti e
marchi a cura ed onere dell'ufficio italiano brevetti e marchi)... qui invece si riconosciuto che
fosse un onere troppo ingente per l'ufficio italiano brevetti e marchi pubblicare a suo onere il
brevetto per l'invenzione, anche perch deve essere data descrizione dell'invenzione, quindi non
solo la pubblicazione di un determinato simbolo, di un determinato segno, si trattava di
pubblicare tutta la brevettazione, il che vuol dire anche indicazione dell'invenzione, dell'uso
etc... e quindi si sostanzialmente previsto che sia lo stesso soggetto che chiede, che presenta
la domanda di brevetto a rendere accessibile al pubblico la domanda di brevetto.E vedremo che
la cd accessibilit al pubblico che la legge prevede che si verifica decorsi 18 mesi dal deposito
della domanda, ha fatto si che l'ufficio italiano brevetti e marchi si attivi per concedere il
brevetto entro naturalmente questi 18 mesi, perch poi senno potrebbero esserci ovviamente
dei problemi che possono trovare soluzione, che a questo punto trovano soluzione in giudizio, e
che quindi c' un contrasto con il giudicato perch poi magari l'ufficio italiano brevetti e marchi
non concede il brevetto o concede il brevetto, quindi ci potrebbero essere dei contrasti con il
giudicato.
Quindi gli effetti del brevetto si fanno decorrere dal momento in cui stato reso accessibile al
pubblico, quindi la domanda stata resa accessibile al pubblico.
Sostanzialmente c' questa pubblicazione della domanda che in realt nel sistema dei marchi
ad onere dell'ufficio, nel sistema dei brevetti ad onere della parte.

Compilazione e contenuto della domanda di brevetto. La domanda di brevetto si fa anche per


il modello di utilit, questa procedura di brevettazione si attua sia per le invenzioni che per il
modello di utilit. I contenuti:

identificazione del richiedente

oppure deve essere identificato il mandatario, solitamente un consulente industriale e


compilarla!
Quindi ci deve essere una valida procura attribuita al mandatario per ottenere la brevettazione.

Deve essere naturalmente indicata l'invenzione o il modello di utilit che si vuole


ovviamente brevettare

devono essere indicate le caratteristiche e lo scopo della invenzione

dopo di che, rientra nella struttura stessa della domanda, anche se queste ulteriori
caratteristiche sono state introdotte sempre dal d lgs 131 del 2010, e quindi vanno a
sostanzialmente ad unirsi alla domanda:

la descrizione

un documento che va a formare il contenuto stesso della domanda

le rivendicazioni

Per descrizione si intende, come dice il termine stesso, deve essere l'indicazione il pi preciso
possibile del campo della tecnica a cui l'invenzione fa riferimento, quindi nella descrizione
bisogna dire in quale campo tecnico ci troviamo, anche perch se abbiamo visto il giudizio di
originalit, quindi l'attivit inventiva si valuta sullo stato della tecnica in quel determinato
settore, chiaro che deve essere specificato esattamente, e questo avviene nella descrizione, il
campo della tecnica a cui l'invenzione fa riferimento.
Una volta che si individuato il campo, bisogna fare riferimento a quella che la soluzione, lo
stato della tecnica pre esistente alla invenzione, perch ovviamente questo utile per
comprendere le caratteristiche dell'invenzione.
Se io prima indico esattamente che lo stato della tecnica non conosceva quel determinato
prodotto do un ulteriore elemento per valutare l'utilit e quindi la novit, l'originalit della mia
invenzione.
A questo punto ovviamente devo esporre in modo minuzioso, preciso, il problema tecnico al
quale ho dato soluzione, cio devo spiegare la mia invenzione, di che tipo di invenzione si
tratta.
Quindi ho individuato il settore della tecnica a cui l'invenzione si riferisce, ho indicato quali
erano le conoscenza precedenti alla invenzione, dopo di che vado a descrivere esattamente
l'invenzione, quindi se l'invenzione si definisce come soluzione tecnica ad un problema, quindi
devo individuare il problema, quindi devo dare la soluzione, devo descrivere la mia invenzione.
A questo punto, ovviamente, se si tratta poi di invenzioni come nel caso del modello di utilit
devo anche indicare gli eventuali disegni o il modello di utilit un qualcosa che va a migliorare
un determinato prodotto, quindi un macchinario inventato, un determinato sistema per appunto
migliorare, accelerare la produzione di una macchina inserendo un determinato meccanismo,
devo unire alla mia domanda di brevetto anche il disegno si questo meccanismo, di questo
modello di utilit di cui vado a chiedere la brevettazione.
Nel caso dell'invenzione, cos come nel modello di utilit, ma nel modello di utilit pi facile
ed implicito, devo indicare quello che l'utilizzo, quindi l'impiego della mia invenzione che deve
appunto essere compresa in quel concetto di industrialit che abbiamo visto essere necessario
per poter essere l'invenzione brevettata.
Quindi devo spiegare la finalit, lo scopo, l'utilit della mia invenzione in campo industriale.
un concetto inteso in senso ampio che ricomprende anche quello che pu essere l'utilizzo nel
settore agricolo.
Quindi, sostanzialmente, devo essere il pi preciso possibile in questa fase cd della descrizione,
io proprio vado ad individuare all'interno della domanda, un paragrafo a parte in cui indico:

descrizione, e vado a punto per punto, chiarire questi elementi, vado a descrivere e specificare
questi elementi.
Sopratutto la descrizione, ovviamente, voi capite utile per poter immediatamente percepire
quella che l'attuazione e quindi l'utilizzabilit della invenzione.
Per cui questa minuziosit di elementi che deve contenere la descrizione, la ratio di questa
minuziosit sta proprio nel fatto di rendere immediato all'ufficio che valuta la domanda quella
che l'attuazione dell'invenzione, cio qual' lo scopo e l'utilit dell'invenzione.
Dopo di che abbiamo un altro paragrafo che deve essere certamente contenuto nella domanda di
brevetto, che sono le cd rivendicazioni.
Sostanzialmente sono i punti che vengono individuati dal richiedente in relazione ai quali il
richiedente intende acquisire il diritto di esclusiva.
Sono essenziali per l'interpretazione anche del brevetto, cio per capire quali sono i limiti del
brevetto, perch tutto quello che non rivendicato, tutto quello che non viene chiesto, non
rientra nel brevetto, quindi la rivendicazione sostanzialmente definiscono quelle che sono le
caratteristiche specifiche dell'invenzione per la quale si chiede protezione, quindi va a
sostanzialmente limitare la tutela brevettuale, perch solo per quello che io rivendico, otterr
ovviamente tutela perch otterr il brevetto, quindi vado a delimitare quali sono i campi a cui
vado a riferire la mia invenzione.
Ovviamente, anche qui, come per il marchio, un marchio per un prodotto, anche qui io posso
avere una domanda per un'invenzione, quindi il principio di unitariet lo deduco anche proprio
dalla rivendicazione, per cui oggetto della rivendicazione non possono essere, non posso
presentare una domanda con un unico brevetto per pi invenzioni o pi brevetti per un'unica
invenzione, e nella descrizione io ho la capacit immediata di verificare se questo principio
rispettato o meno.
Tra l'altro sempre grazie al d lgs 131 del 2010, si poi introdotta la possibilit nell'eventualit
che io abbia presentato un brevetto per pi invenzioni, che l'ufficio stesso, quindi
automaticamente l'ufficio se si accorge che il brevetto chiesto per pi invenzioni, si rivolge al
richiedente facendogli naturalmente ridurre la domanda, cio non che rigetta la domanda
perch il brevetto stato presentato per pi invenzioni, ma assegna un termine al richiedente al
fine di far limitare la domanda ad una sola invenzione, quindi c' una sorta di concessione di
sanatoria dove si concede appunto un termine al richiedente per limitare la domanda di
brevetto ad una sola invenzione.
A questo punto, si concede anche, sempre grazie alla disciplina introdotta dal d lgs 131, che
l'eventuale richiesta per le altre invenzioni, possa essere integrata presentando altrettante
domande, che per avranno la stessa data della domanda inizialmente presentata, cio, io
presento la domanda di brevetto per pi invenzioni, attraverso il contenuto della domanda,
sopratutto in ordine alla cd rivendicazioni ci si accorge che questa domanda appunto non
corretta perch presentata per pi invenzioni, allora la legge mi dice che l'ufficio assegna un
termine al richiedente per potergli permettere di limitare la domanda ad una sola invenzione, a
quella che lui naturalmente ritiene essere l'invenzione principale o quella per cui intendeva
chiedere il brevetto.
A questo punto, una volta che concede questo termine, permette anche, se il richiedente lo
desidera, che egli presenti altrettante domande di brevetto quante sono le invenzioni per cui lui
voleva chiedere il brevetto, e gli concede anche questo favor, riconoscendo una sostanziale

retroattivit di queste domande, perch la data delle domande che sono state presentate
successivamente per le altre invenzioni, sar la stessa della domanda principale.

Questo perch naturalmente, siccome da li decorrono gli effetti della priorit in caso di
contrasto tra pi inventori, da li decorre poi il termine dei 18 mesi, decorso il quale si ha
l'accessibilit al pubblico, ha una rilevanza importante il fatto di aver riconosciuto questa
retrodatazione, retroattivit delle domande.
Il d lgs 131 del 2010 in recepimento di direttiva comunitaria ha cercato di uniformare la
disciplina italiana a quello che il sistema negli altri Paesi, quindi permettendo sostanzialmente
un maggior vantaggio ai nostri imprenditori che invece senno si trovavano a dover affrontare una
procedura diversa, molto pi lunga e faraginosa rispetto agli altri Paesi.
Tra l'altro, semplificando anche la procedura di brevettazione si permette, come per la ricerca
dell'anteriorit, di dare maggior certezza sull'esistenza di brevetti precedenti, proprio per
evitare che magari il soggetto andasse a registrare l'invenzione, andasse a spendere ingenti
somme e poi magari si ritrovava con un'invenzione nulla perch priva del carattere della novit o
dell'originalit perch c'era gi stata la registrazione, la brevettazione della stessa invenzione,
quindi si cercato comunque di favorire le nostre imprese a fronte di una maggior certezza e
quindi del non impiego di forze e denaro per poi dei brevetti che il giorno dopo sono nulli perch
non hanno i requisiti fondamentali.
Quindi queste precisazioni e queste integrazioni apportate al contenuto della domanda hanno un
effetto di tutela nei confronti del richiedente il brevetto.

Ricerca di anteriorit. stata introdotta con un DM nel 2008, decreto del Ministero dello
sviluppo economico il quale ha previsto che a partire dal 1 Luglio 2008, quindi sono state
apportate delle modifiche notevoli, anche all'esame della domanda da parte dell'ufficio italiano
brevetti e marchi, ma limitatamente a questo aspetto, il decreto prevede che sostanzialmente
nel momento in cui le domande vengono presentate all'ufficio italiano brevetti e marchi, l'ufficio
italiano brevetti e marchi fa una richiesta all'ufficio brevetti europeo, di ricerca della
anteriorit.
Significa che siccome l'ufficio brevetti europei dotato di banche dati, di una maggiore struttura
per poter procedere alla ricerca, a questo punto, viene interessato dall'ufficio italiano,
relativamente ad una domanda di brevetto, e quindi a questo punto l'ufficio effettua la ricerca
ed entro 9 mesi dalla data di deposito della domanda all'ufficio italiano brevetti e marchi, quindi
i tempi sono abbastanza rapidi di richiesta e trasmissione e poi di invio, l'ufficio europeo dei
brevetti, manda un rapporto ed una write opinion, una opinione scritta in relazione all'esito
sostanzialmente della ricerca di anteriorit.
Quindi c' questa particolarit che naturalmente entrata in vigore nel Luglio 2008, e quindi
soltanto a partire da quella data si applica questo tipo di procedura, talvolta, e questo lo
prevede la stessa normativa, lo stesso ufficio che non richiede la ricerca di priorit o perch
notorio e quindi non necessario richiederla, o perch l'invenzione talmente strabiliante,
talmente nuova che non necessaria la richeista di anteriorit, si sicuri che vi sia novit,
oppure invece al contrario talmente mancante di quei requisiti di novit che non si mette
neanche in moto tutto il meccanismo della ricerca della anteriorit.

Oppure invece l'altra ipotesi in base alla quale l'ufficio italiano non richiede la ricerca di
anteriorit potrebbe essere basta proprio sulle dichiarazioni e allegazioni contenute nella
domanda stessa, quindi evidente che gi dal contenuto della domanda, che non necessaria la
richiesta di una ricerca di anteriorit.
Ovviamente quindi voi capite che sempre di pi assume rilevanza il contenuto della domanda,
come deve essere redatta...

Fase dell'esame. Sicuramente questa ricerca di anteriorit, che stata introdotta con un DM e
che efficacie ed effettiva nel nostro ordinamento da Luglio 2008 ha innovato ed integrato
anche quella che la fase dell'esame vera e propria da parte dell'ufficio italiano brevetti e
marchi per poi concedere o meno il brevetto.
Il nostro sistema, per quanto riguarda i marchi basato su un esame soltanto formale della
domanda e non invece su un esame sostanziale, prima di questo DM anche per quanto riguardava
il brevetto c'era un esame sostanzialmente formale e non si andava quindi a verificare nella
sostanza tutti i requisiti dell'invenzione, quindi non si prevedeva quello che viene chiamato
esame nel merito, prima del 2008 si guardavo solo a quelli che erano gli elementi formali.
Con l'introduzione, a Luglio 2008 del DM, c' invece un vero e proprio esame anche nel merito,
quindi c' questa ricerca cos detta di anteriorit, che stata resa obbligatoria dal DM per tutte
le domande presentate dopo il 1 Luglio 2008, a meno che non ricorrano i due casi che vi ho detto
prima, quello della notoriet, o perch dalle indicazioni stesse contenute nella domanda,
l'ufficio italiano brevetti e marchi ritenga di non procedere a questa ricerca.
Quindi l'ufficio italiano brevetti e marchi fa la richiesta all'ufficio europeo brevetti, quindi sar
l'ufficio europeo che sostanzialmente effettuer un esame relativamente al requisito della
novit e della originalit, quindi dell'attivit inventiva, e una volta che avr verificato se non ci
sono gi ovviamente, delle invenzioni che sono gi state brevettate, che hanno lo stesso
oggetto, comunque verificati questi due presupposti emetter la write opinion, l'opinione
scritta.
A questo punto, una volta che l'ufficio europeo conclude la sua attivit, ripeto questa attivit
stata demandata all'ufficio europeo brevetti perch l'ufficio era dotato di maggiori strumenti, di
una maggiore organizzazione che gli permette questa funzione in tempi rapidi e in modo
migliore... per questo c' questo passaggio dall'ufficio italiano all'ufficio europeo.
A questo punto l'ufficio italiano brevetti e marchi invia al richiedente naturalmente l'opinione
scritta che riceve dall'ufficio europeo e se eventualmente poi ci sono delle integrazioni che
l'ufficio europeo chiede, ovviamente tramite l'ufficio italiano vengono richieste al soggetto.
Per poter usufruire di questa procedura, quindi della ricerca di anteriorit, che da una maggior
certezza sulla validit del brevetto e quindi dell'invenzione, proprio perch elimina eventuali
contrasti che potessero poi successivamente sorgere, previsto anche che naturalmente, per
poter effettuare la ricerca di anteriorit la domanda debba essere redatta in lingua inglese, o
questo naturalmente tipico dell'Italia... o si paga una sovrratassa perch c' il costo della
traduzione in lingua inglese.
A questo punto ovvio che, una volta io ho depositato la domanda presso l'ufficio italiano brevetti
e marchi, entro 9 mesi l'ufficio europeo brevetti deve emettere la sua write opinion, cio quella
che la sua opinione, che ammette anche una sorta di replica o di integrazione da parte del
soggetto richiedente, se magari l'ufficio europeo vuole delle spiegazioni, delle precisazioni.

Tra l'altro, questo sistema che prevede la ricerca di anteriorit, quindi l'introduzione di questa
ulteriore fase nella brevettazione, consente ed ha consentito di agevolare anche gli imprenditori
italiani perch sostanzialmente facendo una richiesta presentata e depositata nello Stato
italiano, siccome l'ufficio europeo brevetti, nella ricerca di anteriorit va a verificare tutti quelli
che sono i brevetti eventualmente presentati nell'UE o nei Paesi che appartengono allo stato
economico europeo, questo permette anche al richiedente di eventualmente decidere se poi
estendere il proprio brevetto anche in altri Paesi oppure no, perch chiaro che io potr
avvantaggiarmi e cos sapr se in altri Paesi gi stata chiesta la brevettazione di quel tipo di
invenzione per prodotto o per procedimento, quindi c' anche una sorta di, pur andando a
formalizzare di pi questa fase, tuttavia, questo poi permette al richiedente di valutare in modo
pi sicuro, se eventualmente ed in quale misura andare poi a chiedere il brevetto comunitario o
il brevetto internazionale, cio di andare a chiedere di ottenere il brevetto in quel Paese...
oltretutto questo permette anche un rafforzamento del brevetto, cos io sono sicuro che il
brevetto che io ho richiesto magari unico al Mondo oppure soltanto in un determinato Paese X
o nei Paesi UE non c' stata una brevettazione simile, quindi chiaro che sono pi sicuro che il
mio brevetto valido e che presenta tutti i requisiti per la brevettabilit.
Naturalmente ovviamente l'ufficio europeo brevetti non obbligato ad eseguire questa ricerca di
anteriorit qualora l'invenzione non sia brevettabile, cio qualora il prodotto in se e per se non
presenta quelle caratteristiche di brevettabilit, quindi a questo punto emetter anche un
giudizio con il quale spiega che non possibile.
Ovviamente questo rapporto rapporto di ricerca e l'opinione scritta viene comunicato, e pu
essere anche integrato e replicato da parte del richiedente.
Anche il rapporto e l'opinione scritta resa accessibile al pubblico, come la domanda, attraverso
la PUBBLICAZIONE CHE NE FA IL RICHIEDENTE.
Anche perch, la domanda io la presento oggi, entro 9 mesi devo avere il rapporto e l'opinione
scritta da parte dell'ufficio europeo, entro 18 mesi ho l'accessibilit al pubblico della domanda,
oltre alla domanda dovr essere resa accessibile al pubblico anche il rapporto e l'opinione
scritta, per cui qui c' maggior certezza anche per chi volesse, perch non solo per chi propone
la domanda sono importanti queste fasi, anche per chi per esempio sta lavorando ad
un'invenzione pi o meno simile a quella oggetto dell'invenzione.
Quindi con la pubblicazione sanno quali sono i termini della domanda, qual' il rapporto di
ricerca e l'opinione dell'ufficio europeo, quindi sostanzialmente possono indagare...
tanto vero che spesso le aziende impiegano molti soldi per proprio indagare, per utilizzare al
massimo tutte le informazioni e quindi avere certezza che non ci sia nessun altro che sta
lavorando alla stessa invenzione.
Quindi, pensate appunto a tutta la ricerca farmaceutica, tutta la ricerca che finalizzata a
nuovi ritrovati e cos via... ovviamente l'importanza di questa attivit data anche dalla non
brevettazione nel frattempo della stessa invenzione, quindi il fatto di poter conoscere qual' lo
stato dell'arte, cio nel senso, se ci sono domande gi presentate o se presentate in che limiti
sono contenute e quindi vedere poi anche qual' l'attivit di ricerca di anteriorit da parte
dell'ufficio europeo e anche il rapporto e il parere ovviamente sono fondamentali per l'impresa
che appunto magari sta impiegando energie umane ed economiche per pervenire ad una
determinata invenzione.
Quindi una cosa molto importante!!

Ovviamente, chiaro che nell'eventualit che non ci fosse questo rapporto, questa ricerca di
anteriorit e quindi questo rapporto da parte dell'ufficio, e quindi mancasse l'opinione, la
mancanza di questa fase viene comunque annotata nel brevetto, quindi comunque si da in ogni
caso poi pubblicit al fatto che la ricerca di anteriorit non stata effettuata.

Decisione. presento la domanda, ci sono tutte queste fasi che devono essere rispettate e quindi
c' questa progressione nella formazione della decisione dell'ufficio, a questo punto, c'
l'accessibilit al pubblico della domanda, che ha gi comportato la ricerca di anteriorit, quindi
c' gi stato un esame da parte dell'ufficio europeo dei requisiti della novit ed originalit, a
questo punto, sulla base di quello che il rapporto di ricerca dell'ufficio europeo, l'ufficio
italiano brevetti e marchi adotta la sua decisione di concedere o meno il brevetto.
Possono essere ovviamente richiesti anche da parte dell'ufficio italiano brevetti e marchi,
possono essere formulati dei rilievi ai quali naturalmente il richiedente pu replicare, quindi
magari fornendo ulteriore documentazione, quindi non soltanto l'ufficio europeo che nel suo
rapporto e nell'opinione scritta pu chiedere integrazione alla domanda, ma anche l'ufficio
italiano pu formulare dei rilievi e quindi pu essere replicato.

Quando viene comunicato il rilievo fatto dall'ufficio viene anche assegnato un termine al
richiedente per poter replicare al rilievo.
A questo punto se l'ufficio italiano brevetti e marchi decide comunque di non concedere il
brevetto, invia una lettera di rifiuto che per deve essere adeguatamente motivata, deve essere
indicato esattamente quello che ovviamente sono le motivazioni per cui hanno determinato
l'ufficio a rifiutare il brevetto.
Questa lettera di rifiuto, che deve essere adeguatamente motivata, pu essere entro 60 giorni
impugnata davanti alla COMMISSIONE RICORSI dell'ufficio brevetti e marchi, quindi c' la
possibilit di impugnare questo rifiuto.
A questo punto invece se l'ufficio a decidere di accogliere la domanda ovviamente procede a
quella che la registrazione, concede il brevetto e quindi registra l'invenzione nel registro dei
brevetti per invenzioni industriali.
Questo tipo di registrazione, che consegue all'accoglimento della domanda di brevettazione, ha
efficacia costitutiva, quindi anche se i suoi effetti retroagiscono alla data di presentazione della
domanda.
Quindi c' un effetto costitutivo, quindi solo nel momento dell'accoglimento da parte dell'ufficio
italiano brevetti e marchi, solo nel momento in cui si accoglie la domanda si pu dire che il
brevetto e valido ed efficace ed i suoi effetti retroagiscono, per disposizione di legge, alla data
di presentazione della domanda.
Ci non toglie che, come abbiamo visto per il marchio, nonostante la registrazione per il marchio
e qui la brevettazione, si possa con un giudizio davanti all'autorit giudiziaria far dichiarare
l'eventuale nullit per mancanza di uno dei requisiti, ovvio che diventa pi difficile, proprio
perch c' una maggior attenzione nella fase dell'esame alla verifica dei requisiti essenziali per
la brevettabilit dell'invenzione.
Pur avendo efficacia costitutiva l'accoglimento della domanda non va a sanare qualsiasi vizio,
l'eventuale nullit che il brevetto potesse avere.

Tanto vero che, per quanto riguarda il giudizio di nullit, quindi a chi spetta eventualmente far
valere la nullit del brevetto, pu essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse.
Potr essere esperita anche dal PM, perch in questo caso il PM interviene nei rapporti tra
privati, perch l'interesse generale anche se si tratta di rapporti inteprivatistici, quindi
potrebbe il PM agire per la nullit del brevetto, ovviamente nella pratica questo quali mai
succede, a meno che il PM non venga a conoscenza di determinati fatti nel corso magari di
indagini che partono, hanno origine da altre motivazioni e poi nel corso delle indagini, magari
venendo a conoscenza della illegittimit, della nullit del brevetto, non decida lui di agire, ma
sostanzialmente, difficilmente il Pm si occupa dei rapporti tra privati, lo fa solo nel momento in
cui viene a conoscenza incidentalmente anche di situazioni che riguardano i privati.

Ovviamente, e questa una novit introdotta dal d lgs 131 del 2010, che l'eventuale giudizio di
nullit del brevetto deve essere esercitato in contraddittorio con tutti i soggetti che
naturalmente risultato essere annotati nel registro dove stato registrato il brevetto, come
soggetti aventi diritto.
Quindi in ipotesi, se io ho ottenuto il brevetto, che stato trasferito e poi concesso in licenza,
l'eventuale giudizio dinullit dovr essere svolto in presenza di tutti questi soggetti perch sono
loro i litisconsorti necessari, un'ipotesi di litisconsorzio necessario dove io individuo i soggetti
grazie alla registrazione di coloro che sono gli aventi diritto nel registro dove stata registrata
la domanda di brevetto, che non necessariamente significa chiamare in causa l'inventore.
L'inventore potrebbe si aver chiesto il brevetto, ma poi averlo trasferito, normalmente succede
questo, se l'inventore non il dipendente dell'azienda che ha investito, oppure facciamo finta
che esista l'inventore, la persona che da sola ama ricercare etc... ovviamente costui brevetter
la sua invenzione ed immediatamente dopo la trasferir, la ceder a coloro che saranno in grado
di realizzarla, quindi in questo caso in un giudizio per un eventuale dichiarazione di nullit
dell'invenzione, saranno chiamati in causa ovviamente colui che ha acquistato il diritto di
brevetto e che poi magari l'ha concesso in licenza ma non necessariamente l'inventore.
Ovviamente l'eventuale giudizio giudizio sulla nullit o meno del brevetto devoluto alle sezioni
specializzate in materia industriale che sono oggi, dopo l'ultima legge del 2012, ricomprese nel
cd tribunale delle imprese, ma sostanzialmente quello che importante che vi ricordiate che
comunque se in una certa fase alle sezioni specializzate si applicava il rito societario, dopo le
modifiche al CPC, essendo stato abrogato questo rito il giudizio si svolger nelle forme ordinarie.
Quindi sezioni specializzate si ovvero tribunale delle imprese ma rito ordinario.

Casi di nullit. Quando il brevetto nullo.... abbiamo l'articolo 76 CPI, che stato anch'esso
integrato o modificato dal d lgs 131 del 2010.
Naturalmente il brevetto nullo quando manca di uno dei requisiti di validit posti appunto
dallo stesso CPI, quindi quando manca del requisito della novit, della industrialit, della
originalit ovvero sia dell'attivit inventiva, e della liceit.
Oppure rientra tra quelle realt che non sono brevettabili.

Art. 76. Nullit-1. Il brevetto nullo:

a) se l'invenzione non brevettabile ai sensi degli articoli 45, 46, 48, 49, e 50;
b) se, ai sensi dell'articolo 51, l'invenzione non descritta in modo sufficientemente chiaro e
completo da consentire a persona esperta di attuarla;
c) se l'oggetto del brevetto si estende oltre il contenuto della domanda iniziale o la protezione
del brevetto stata estesa;
d) se il titolare del brevetto non aveva diritto di ottenerlo e l'avente diritto non si sia valso
delle facolt accordategli dall'articolo 118.
2. Se le cause di nullit colpiscono solo parzialmente il brevetto, la relativa sentenza di nullit
parziale comporta una corrispondente limitazione del brevetto stesso, e nel caso previsto
dallarticolo 79, comma 3, stabilisce le nuove rivendicazioni conseguenti alla limitazione.
3. Il brevetto nullo pu produrre gli effetti di un diverso brevetto del quale contenga i requisiti
di validit e che sarebbe stato voluto dal richiedente, qualora questi ne avesse conosciuto la
nullit. La domanda di conversione pu essere proposta in ogni stato e grado del giudizio. La
sentenza che accerta i requisiti per la validit del diverso brevetto dispone la conversione del
brevetto nullo. Il titolare del brevetto convertito, entro sei mesi dal passaggio in giudicato
della sentenza di conversione, presenta domanda di correzione del testo del brevetto. L'Ufficio,
verificata la corrispondenza del testo alla sentenza, lo rende accessibile al pubblico.
4. Qualora la conversione comporti il prolungamento della durata originaria del brevetto nullo,
i licenziatari e coloro che in vista della prossima scadenza avevano compiuto investimenti seri
ed effettivi per utilizzare l'oggetto del brevetto hanno diritto di ottenere licenza obbligatoria e
gratuita non esclusiva per il periodo di maggior durata.
5. Il brevetto europeo pu essere dichiarato nullo per l'Italia ai sensi del presente articolo ed,
altres, quando la protezione conferita dal brevetto stata estesa.

Infatti noi siamo partiti dall'identificare le invenzioni che sono brevettabili, abbiamo cercato di
dare una definizione al concetto di invenzione, ma poi abbiamo anche visto che comunque nel
CPI, ci che brevettabile definito in negativo, perch la legge mi dice solo quello che non
brevettabile e tra queste realt, o ci sono appunto delle ipotesi nelle quali mancano proprio i
requisiti della novit, dell'industrialit, dell'originalit e via dicendo, oppure come nel caso del
software o hardware in se e per se l'invenzione darebbe brevettabile perch ha i requisiti ma
stato deciso di impedirne la brevettabilit per ragioni di tipo sociale o economico... quindi si ha
nullit anche se l'invenzione per cui si chiesto il brevetto non tra quelle brevettabili ai sensi
dell'articolo 45 CPI.
Dopo di che, si pu avere nullit del brevetto se nella descrizione che deve essere allegata o
comunque che fa parte della domanda stessa, non si comprendono tutte le indicazioni
necessarie a persona esperta, quindi al tecnico medio nel settore, di mettere in pratica
l'invenzione.
Quindi, come vi dicevo prima, la descrizione serve a valutare e percepire l'attuabilit
dell'invenzione, quindi se dalla descrizione noi deduciamo che non possibile mettere in
pratica, ad una persona esperta del ramo tecnico a cui l'invenzione si riferisce, se non possibile
dare attuazione il brevetto nullo.
altres prevista la nullit se l'oggetto del brevetto si estende oltre al contenuto della domanda
iniziale, quindi va al di la di quello che il contenuto o perch va al di la di quella che la

protezione richiesta dal brevetto. Quindi nel caso appunto dell'eventuale rivendicazione, io devo
dare un contenuto ben definito alla richiesta di brevettazione e quindi devo fare riferimento a
quali settori voglio applicare la mia invenzione.
Se non sono preciso, se non sono chiaro in questo, ovviamente posso essere oggetto di un'azione
di nullit proprio perch l'oggetto del brevetto va al di la di quello che io richiedo.
Sopratutto posso poi far dichiarare la nullit se ovviamente il titolare del brevetto non aveva il
diritto alla brevettazione, cio non aveva quindi il diritto di ottenere o il brevetto o se non ci sia
stato in capo al titolare del brevetto la legittimit a chiedere il brevetto.
Quindi, ci sono delle ipotesi di nullit che vanno anche al di la della inesistenza o insussistenza
dei requisiti essenziali che abbiamo visto essere l'industrialit, la novit, la liceit e la
originalit.
Tra l'altro, l'articolo 76 CPI prevede anche delle ipotesi di NULLITA PARZIALE, applicando quel
principio che nel nostro ordinamento di fronte all'atto nullo si cerca comunque di preservare
almeno parte dell'efficacia dell'atto.
Sempre il d lgs 131 del 2010, al fine di assicurare una maggiore protezione proprio del titolare
del brevetto, gli ha riconosciuto la possibilit di riformulare la rivendicazione.. la rivendicazione
pu essere riformulata e quindi possono essere anche presentate altre domande che appunto
conterranno la rivendicazione per altre invenzioni ma la data di queste domande, che pur sono
presentate successivamente sar sempre quella della data di presentazione della domanda
iniziale.
E tra l'altro interessante anche notare che il d lgs 131 del 2010, ha anche riconosciuto la
possibilit di formulare le rivendicazioni anche durante il giudizio di nullit, quindi fintantoche
non abbiamo una sentenza con la quale si dichiara la nullit del brevetto, c' la possibilit di
riformulare le rivendicazioni. Ovviamente dobbiamo essere nella fase in cui abbiamo presentato
la domanda, perch ovviamente voi dovete sempre rappresentarvi che siccome c' un costante
monitoraggio di quello che succede nel settore dell'invenzione e della ricerca, io potrei, nel
momento in cui vedo che c' un altro soggetto che ha presentato la domanda, che ovviamente
questa domanda potrebbe essere dichiarata nulla proprio perch conteneva delle rivendicazioni
ulteriori rispetto a quelle per le quali era stata formulata la domanda di rivendicazione, quindi
io ho interesse perch magari ho brevettato un'invenzione che potrebbe interessare proprio quel
settore rivendicato e ho tutto l'interesse a far dichiarare la nullit di questa parte della
domanda, quindi posso proporre gi in questa fase un'azione di nullit, quindi si apre un giudizio
di nullit e ovviamente ci potrebbe essere da parte del richiedente la volont di sanare andando
a rivendicare con la presentazione di altre domande... quindi si concede la possibilit di tutelare
in modo abbastanza ampio quella che la domanda di brevetto attraverso poi questo sistema
per cui anche durante il giudizio di nullit promosso per far dichiarare appunto la nullit del
brevetto o quanto meno la nullit della domanda di presentazione del brevetto perch non si
vuol far pervenire all'accoglimento del brevetto, tuttavia si ammette che ci possa essere una
sanatoria in corso sostanzialmente.
Quindi il sistema che ne esce un sistema di protezione nei confronti di colui che presenta la
domanda di brevettazione di una determinata invenzione, proprio perch il favor del legislatore
quello di incentivare la brevettazione delle invenzioni che da maggiore sicurezza e certezza
poi anche della validit dell'invenzione.
Tra l'altro ovviamente, potrebbe anche accadere che un brevetto pu essere dichiarato nullo per
quel tipo di invenzione, ma naturalmente potrebbe, se conosciuta la nullit del brevetto, il
richiedente avesse provveduto ad integrare e quindi a far valere il brevetto per magari la stessa

invenzione ma in un altro campo, in un altro settore, ecco che anche qui si ammette la
possibilit di far sanare sostanzialmente al richiedente facendogli presentare un'altra domanda
di brevetto.
Io nella mia domanda di brevetto ho chiesto la brevettazione di quella invenzione perch
ritenevo di applicarla in quel determinato settore della tecnica e ho dimostrato di aver trovato
la soluzione al problema tecnico, tuttavia se ammettiamo in quel determinato settore, il
brevetto nullo perch manca del requisito della novit, io potrei, ovviamente dimostrando e
facendo valere questo mio diritto, posso dimostrare che invece il brevetto potrebbe essere
valido in un altro settore perch l'applicazione di quella invenzione potrebbe essere attuata
anche in un altro settore della tecnica, quindi chiaro che si ammette che possa essere
dichiarato nullo parzialmente per l'applicazione in quel settore, perch manca di uno dei
requisiti ma invece magari pu valere per altri settori o comunque ovviamente verificando quali
sono le ipotesi di nullit potrebbe anche accadere che l'invenzione e quindi la domanda di
brevetto possa essere valida per altri settori.

La sentenza che dichiara l'eventuale nullit del brevetto, deve essere pubblicata! Della sentenza
deve darsi pubblicit, naturalmente l'efficacia della sentenza retroattiva e sopratutto
contrariamente a quello che prevede l'articolo 2909 cc, che prevede che il giudicato fa stato
solo fra le parti, eredi aventi causa... la sentenza che dichiara la nullit del brevetto, oltre ad
avere efficacia retroattiva anche efficacie erga omnes, quindi nei confronti di tutti, una volta
che il brevetto stato dichiarato nullo, questa nullit pu essere fatta valere nei confronti di
tutti.
Dal punto di vista processualistico ci si chiesti se un eventuale giudizio di nullit del brevetto
possa essere oggetto di transazione, voi sapete che la transazione l'accordo che viene ad
essere raggiunto dalle parti relativamente ad una lite che sta per sorgere o che gi insorta,
ovviamente, essendo la nullit del brevetto di interesse pubblico si diceva che tutto sommato
non potesse essere oggetto di transazione, mentre invece si ritiene che sia possibile transare
un'eventuale causa di nullit, e poi c' anche un contrasto, ovviamente su questo punto non c'
ancora certezza, perch nel silenzio delle disposizioni legislative rimane solo la dottrina o la
giurisprudenza a dare una risposta concreta, ci si posti anche il problema se la causa, ovvero
sia la cognizione dell'eventuale accertamento della nullit potesse essere deferita al
procedimento arbitrale.
Anche qui sempre sulla base dell'argomentazione dell'interesse pubblico che un'eventuale nullit
del brevetto potesse avere, si riteneva che non fosse deferibile l'eventuale accertamento della
nullit ad un giudizio arbitrale, mentre invece la dottrina prevalente, tra cui naturalmente
anche Vanzetti e Di Cataldo, e anche la giurisprudenza, ritengono che possa essere deferita ad
arbitri, perch si ritiene che una maggior qualificazione di questi soggetti e perch comunque in
ogni caso c' la possibilit di poi pubblicizzare quella che la decisione anche di un'eventuale
collegio arbitrale, quello che ovviamente rileva ai fini della rilevanza sociale della nullit, che
questa venga poi pubblicizzata ovviamente.
chiaro che il titolare comunque del brevetto pu sempre rinunciare al suo diritto.
Il diritto di brevetto, cio l'efficacia del brevetto, ventennale, quindi dura 20 anni, e non
rinnovabile.
Anche se ci sono per determinate materie, per determinati settori i cd certificati complementari
che sostanzialmente costituiscono una deroga a questo principio e quindi permettono di

prorogare l'efficacia ma altrimenti l'efficacia del brevetto di 20 anni e non appunto


rinnovabile.
Comunque il titolare del brevetto pu sempre rinunciare allo stesso, e se casomai rinuncia al
brevetto deve con atto scritto comunicarlo all'ufficio italiano brevetti e marchi il quale
naturalmente va a registrare, va ad annotare nel registro che c' stata una eventuale rinuncia da
parte del titolare del brevetto.
Questo perch ai fini di eventuali altre domande di brevettazione ha rilevanza se io ho deciso di
rinunciare a far valere i miei diritti.
La procedura di brevettazione cos come disciplinata dal CPI, riconosce il diritto di presentare
la domanda di brevettazione, quindi il cd diritto al brevetto, a colui che il titolare
dell'invenzione, cio legittimato alla richiesta, alla presentazione della domanda di brevetto
ovviamente colui che il titolare dell'attivit inventiva, cio l'inventore, a questo punto ci si
anche posti il problema e ovviamente l'articolo 118 CPI, va a disciplinare quelle che sono le
conseguenze di un eventuale brevettazione presentata da colui che non aveva diritto alla
richiesta della concessione del diritto, tanto vero che l'articolo 118 dice: con sentenza passata
in giudicato che accerti che il diritto al brevetto spetti ad una persona diversa da chi abbia
depositato la domanda....
Quindi a questo punto impone delle sanzioni. Quali sono le ipotesi nelle quali possiamo avere
una sentenza passata in giudicato che accerti che il diritto al brevetto non spettava
direttamente a quella persona? La prima ipotesi che la procedura di brevettazione si sia gi
conclusa, stata esperita tutta la fase, tutta la procedura, quindi c' stata la concessione del
brevetto e ad un certo punto ci si accorge che il titolare di questo brevetto non era colui che
aveva il diritto alla presentazione della domanda e quindi chiaro che chi il vero inventore
pu far valere la nullit di questo brevetto proprio perch rilasciato al non avente diritto e lo
far con un giudizio che verr esperito nei vari gradi fintantoche si arriver ad una sentenza
passata in giudicato che dichiarer la nullit del brevetto.
L'altra ipotesi quella in cui la procedura di brevettazione non si ancora conclusa.
Quando abbiamo parlato della procedura di brevettazione abbiamo detto che ci sono varie fasi
tra cui la cd pubblicazione, cio l'accessibilit al pubblico, ed li che magari potrebbe nel
frattempo scattare una eventuale azione di contraffazione ovvero sia pi che azione di
contraffazione, per far dichiarare la nullit del brevetto, perch rilasciato a persona che non ne
ha il diritto.
A questo punto colui che propone l'azione per far dichiarare la nullit del brevetto,
nell'eventualit che ottenga una sentenza passata in giudicato con la quale gli si riconosce che
lui il vero titolare pu eventualmente assumere a proprio nome la domanda ed ottenere che
quella domanda di brevetto venga riconosciuta come sua.
Quindi che il brevetto sia concesso a suo nome, questa potrebbe essere l'ipotesi in cui vi sono pi
soggetti che lavorano alla stessa invenzione, uno in realt per primo va a presentare la domanda
di brevetto dell'invenzione a insaputa degli altri e magari il vero inventore, nel momento in cui
c' l'accessibilit al pubblico fa scattare l'azione per far dichiarare la nullit del brevetto perch
rilasciato a chi non ne aveva il diritto.
Naturalmente questo comporta che ci sia un vero e proprio giudizio circa la paternit
dell'invenzione, quindi sostanzialmente la prova verter su di chi veramente l'invenzione, e
quindi se effettivamente colui che ha presentato la domanda o al contrario colui che ha invece
agito per far dichiarare la nullit del brevetto era il vero inventore, e naturalmente quando

siamo nella fase in cui non ancora terminata la procedura di brevettazione, o il titolare vero
del brevetto, ottenuta la sentenza, fa assumere a proprio nome la domanda, quindi utilizzando e
usufruendo dei termini di deposito della domanda.
Oppure ottiene, intervenendo nella fase della brevettazione, ottiene di avere un rigetto del
brevetto, nel senso, io sono il titolare dell'invenzione, ho ottenuto una sentenza passata in
giudicato che mi riconosce titolare dell'invenzione, quindi intervengo nella procedura per far
rigettare quella domanda di brevetto presentata dal non avente diritto oppure ancora pu il
titolare del brevetto, sempre in possesso di una sentenza passata in giudicato, ottenere di
depositare a sua volta lui una domanda dove magari descriver meglio l'invenzione, anche per
quanto riguarda le rivendicazioni sar pi puntuale e preciso essendo lui l'inventore e quindi
sostanzialmente a questo punto potr ottenere, depositando lui una domanda, il cui contenuto
ovviamente sar diverso dalla domanda presentata inizialmente ma potr comunque godere
della data di deposito della domanda del non avente diritto.

Quindi le alternative che si danno di fronte ad una usurpazione da parte di un terzo sono:

o quella, premessa essenziale che ci sia stata una sentenza passata in giudicato che
accerti che il titolare del diritto appunto l'inventore e non colui che ha presentato la
domanda di brevettazione, a questo punto ottenuto la sentenza passata in giudicato: o
direttamente fa assumere a proprio nome la domanda, quindi interviene e fa trasferire
gli effetti a proprio vantaggio; o chiede invece il rigetto del brevetto, o presenta lui una
domanda nuova sostanzialmente nel contenuto ma che pu godere della data di deposito
della domanda presentata dal non avente diritto.

Tutta la materia dei brevetti ha un problema di fondo, mentre il marchio abbastanza semplice
individuare qual' il marchio, qual' il simbolo che io vado a registrare, nel discorso
dell'invenzione io ho un qualcosa che devo andare appena ad interpretare, ed interpreto
andando proprio ad esaminare quei documenti di descrizione e di rivendicazione che sono
essenziali e che devono essere oggi allegati, tanto che sono considerati un tutt'uno con la
domanda di brevetto.
da li, proprio dalla domanda, ma al di la della domanda dove io dico: richiesta di
brevettazione per invenzione o modello di utilit, cio gi la devo dare l'indicazione nel titolo,
dopo di che devo descrivere esattamente tutto quello che vado a brevettare, cio quali sono le
caratteristiche essenziali della mia invenzione, a questo punto ho poi la descrizione e la
rivendicazione che mi aiuta a definire esattamente quello che io vado a brevettare.
A questo punto, se io volessi, ultima ipotesi fatta, cio volessi presentare una domanda nuova,
perch secondo me la domanda dell'usurpatore non era comunque completa e voglio che invece
a questo punto per evitare successivi problemi in futuro, voglio che sia ben chiaro quali sono i
limiti della mia invenzione, semplicemente presento una nuova domanda.
Se sono identiche io posso assumere a mio nome, oppure, non mi interessa, chiedo il rigetto,
oppure ancora, ci sono dei contenuti diversi vado a presentare una nuova domanda che dovr
essere valutata a questo punto se ricorrono tutti i presupposti e cos via, perch siamo ancora
nella fase di brevettazione, siamo ancora in una fase in cui molto probabilmente siamo nella
fase di accessibilit al pubblico, appena stata resa nota la domanda, non neanche stato
preso in considerazione, stanno gi decorrendo i termini per l'ufficio brevetti europeo di fare la
ricerca di anteriorit, quindi siamo in una fase in cui tutto pu essere messo in

discussione...l'unica cosa in cui io mi avvantaggio se una domanda di versa, quella di avere la


data di deposito della domanda dell'usurpatore, basta... a quel punto viene messo tutto in gioco,
si fa un vero e proprio esame della domanda presentata dal vero inventore.
Se io presento la domanda di invenzione, tutto quello che non pu rientrare nella definizione di
invenzione e non ha le caratteristiche cos come ce li indica il codice dell'invenzione,
intutelabile si comunque, quello che forse vuole mettere in evidenza il testo che io che sono
l'inventore sarei comunque in qualche modo legato alla domanda precedente, nel senso che
chiaro ed evidente che nel giudizio in cui io ottengo la sentenza passata in giudicato e quindi nel
giudizio in cui io vado a far valere che l'invenzione mia, a quel punto, dovendo, volendo
presentare un'altra domanda, devo cercare, perch chiaro che io posso qualificarmi il vero
inventore in tanto in quanto, per questo un giudizio che lo fa gi il tribunale, in tanto in
quanto l'invenzione sia la stessa, e poi il contenuto della domanda che diventa diverso, ma
perch questo? Perch il vero inventore effettivamente andr ad aggiungere elementi nella
descrizione e sopratutto nella rivendicazione, che possono essere diversi, tuttavia io non che
posso per in questo inserire un qualcosa che non riveste i caratteri dell'invenzione brevettabile,
questo il senso... ma succederebbe la stessa cosa, per questo dice intutelabile, perch non
che trova comunque tutela perch si inserito in una procedura di brevettazione e quindi ha
voluto utilizzare il termine, ha presentato una nuova domanda per volendo utilizzare la data di
deposito della precedente.
Anche se io oggi che sono l'inventore presento la mia domanda e per non riesco ad indicare,
indico l'invenzione ma poi inserisco degli elementi che non rientrano nel concetto di invenzione
e cos via, quella parte di attivit inventiva che per non ha le caratteristiche dell'invenzione
non trova tutela...
non si pensi che al titolare dell'invenzione permesso un qualcosa di pi che sarebbe permesso
in questa speciale ipotesi del giudizio con il quale si fa dichiarare la nullit del brevetto, che poi
in realt se si interviene in questa fase il brevetto non ancora stato ottenuto, quindi io al
giudice non vado a chiedere la nullit del brevetto, vado a chiedere un accertamento negativo,
che si accerti che non lui il titolare dell'invenzione, mentre invece nell'altro caso nell'ipotesi
precedente, quando il vero inventore interviene a procedura di brevettazione ultimata, li si che
deve essere in possesso di una sentenza passata in giudicato che accerti appunto che i tra i due
l'inventore lui e dichiara quindi la nullit del brevetto.
Voi dovete sempre pensare che naturalmente tutto ha una funzione nella realt e quindi da un
lato si vuole titolare la posizione del vero inventore e quindi la sua legittimit ad agire contro
l'eventuale usurpatore, anche perch casi di questa specie ce ne sono parecchi, dal momento
che nelle invenzioni dove si lavora tra pi soggetti chiaro che molto spesso c' questa
mancanza di rispetto, quindi si corre a presentare la brevettazione per ottenere per primo il
brevetto.
A questo punto ovvio ed evidente che sar il vero inventore a fare tutta una serie di
considerazioni e vedere quanto poter intervenire, e su questo ovviamente tutelato e il CPI gli
predispone una normativa proprio a suo favore, quindi a tutela della sua posizione.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che in ogni caso non ci deve essere un riconoscimento, gi
nel fatto di riconoscergli nel caso della presentazione della domanda nuova la stessa data di
presentazione della domanda antecedente gi un favor, perch se il sistema quello del firts
to fail, chi primo presenta primo ha il diritto di ottenere gi avvantaggiato rispetto ad altri,
per ovviamente non si pu esorbitare quello che il limite dato dal concetto di invenzione e da
quelle che sono le caratteristiche dell'invenzione.

Non pensare per il fatto che ci sia una contestazione tra usurpatore ed inventore si vada anche
al di la di quelle che sono le regole che comunque verrebbero imposte a qualsiasi soggetto che
presenti una domanda di registrazione di brevetto.
Siccome l'esame che va a svolgere l'ufficio un esame, alla luce della riforma, nel merito, non
pi solo formale, va a verificare i due elementi principali: novit ed originalit, quindi a questo
punto, se io una volta presentata la domanda, mi viene fatto appunto il rapporto scritto da
parte dell'ufficio, o mi vengono fatte delle comunicazioni, io posso sempre integrare, replicare
posso quindi andare a sanare, oppure, esempio della distinzione tra brevettazione per
invenzione da brevettazione di modello di utilit, siccome spesso molto difficile distinguere
queste due figure, magari io ho fatto la richiesta dicendo: richiesta di brevettazione per
invenzione invece dall'interpretazione completa della domanda, descrizione e rivendicazione ci
si accorge che effettivamente non una invenzione ma un modello di utilit.
L'ufficio dovrebbe dichiarare la nullit, perch in realt tu mi hai chiesto la brevettazione di
un'invenzione, allora in questo caso c' la possibilit di convertire la domanda che di per se come
invenzione sarebbe nulla e magari in sede di replica o in sede di integrazione vado a limitare la
mia domanda non all'invenzione ma al modello di utilit che sostanzialmente un minus rispetto
all'invenzione.
Quindi non si aperto un giudizio nel senso un accertamento davanti all'organo giudiziario sulla
nullit, si aperto un problema di conversione di una domanda di brevetto che altrimenti
sarebbe nulla perch non ha le caratteristiche previste dalla legge.
Oppure, se pensiamo al caso in cui abbiamo un giudizio che accerta che io non avevo il diritto di
chiedere il brevetto, e che quindi ovviamente sarebbe dichiarata a posteriori al nullit del
brevetto, in questo caso viene sanata la domanda, perch il titolare vero assume la domanda
quindi quella domanda acquista quella validit che altrimenti non ha.
Ma queste valutazione non vengono fatte davanti all'organo giudiziario, l'organo giudiziario
interessato della domanda solo se naturalmente siamo gi passati alla fase di brevettazione,
quindi abbiamo gi in mano un brevetto e quindi a questo punto vado a chiedere che venga
dichiarata la nullit del brevetto perch richiesta dal non titolare, oppure vado a chiedere che il
giudice accerti la nullit del brevetto perch manca del requisito della nullit.
Ammettiamo che l'ufficio brevetti europeo non abbia eseguito in modo corretto una ricerca di
anteriorit, o si sia sbagliato, ci sia un errore, a questo punto io ho diritto di agire per far
dichiarare la nullit, oppure manca del requisito della industrialit, quindi la mancanza di
caratteristiche essenziali viene accertata in un momento successivo, fatta valere da chiunque
possa avere un interesse a far dichiarare la nullit di un brevetto.
Per c' anche l'altro aspetto, della contraffazione, cio quando un altro soggetto, pur avendo io
presentato la domanda, c' un'attivit, un'invenzione di cui viene chiesta la brevettazione per
in realt esattamente identica a quella gi brevettata da altro soggetto, in questo caso siamo
nell'ipotesi della contraffazione.
Anche qui, se io ho notizia, e questa notizia c' l'ho nel momento in cui l'invenzione viene resa
accessibile al pubblico, e mi rendo conto che una contraffazione della mia invenzione che io
avevo gi registrato chiaro che io posso agire direttamente per far dichiarare la nullit perch
contraffatta.
A questo punto io in realt inizio un giudizio che se poi, perch anche questo il discorso, il
procedimento, chiaro che non potr dichiarare la nullit del brevetto se nel frattempo l'ufficio
brevetti magari rigetta il brevetto.

Quindi dovrei comunque, in questo caso, durante la fase di brevettazione, non si fa un'azione di
contraffazione, si cerca di bloccare in altro modo, perch magari corro il rischio di esercitare
l'azione e poi che magari l'ufficio brevetti e marchi rigetti, anche perch in questa fase l'ufficio
cerca di essere abbastanza rapido nell'esaminare e decidere, proprio per evitare che ci siano dei
giudizi che vanno su un binario morto e magari durano anni per nulla, perch poi magari il
brevetto non stato concesso... quindi a quel punto non occorreva che si esercitasse l'azione di
contraffazione e la dichiarazione di nullit per contraffazione.
Quindi, normalmente, quando siamo nella procedura di brevettazione, meglio magari
intervenire, senza arrivare al giudizio, ma cercando di intervenire e di far capire al soggetto che
nell'eventualit tra l'altro, l'ufficio stesso pu prendere in esame e lui stesso rigettare la
domanda di brevetto, ma si evitano cos dei giudizi inutili...quindi quando siamo nella fase di
brevettazione sempre meglio intervenire con altri strumenti che con l'azione giudiziale.
Facciamo l'esempio della domanda presentata per l'invenzione, si scopre che l'invenzione c' gi,
si pu comunque sanare quella domanda se io riesco a dimostrare che non vale come invenzione
perch invenzione c' gi, ma magari posso farla valere come modello di utilit, quindi come
miglioramento di quella che gi l'invenzione, quindi vado sostanzialmente a sanare.
Questa sanatoria io c' l'ho per grazie a questo intervento nella fase proprio della procedura di
brevettazione, quando non ho ancora ottenuto il brevetto!
Una volta ottenuto il brevetto non c' pi questa possibilit.
Se viene rigettata perch non invenzione e siccome il rigetto comunque motivato, potrei far
valere conversione del brevetto, ma in questo caso brevetto nullo, dicendo che non vale come
invenzione ma pu valere come modello di utilit, tante volte lo stesso ufficio che nella
motivazione del rigetto da l'appiglio al soggetto per eventualmente brevettare il modello di
utilit, anche perch siccome tutte queste procedure hanno dei costi notevoli, ovviamente si
cerca sempre di incentivare e non di sopprimere questo tipo di iniziative, per cui si cerca
sempre di comunque aiutare chi presenta la domanda di brevettazione, quindi affinch tutto
non venga vanificato da una dichiarazione di nullit, se ci sono ovviamente gli estremi e le
caratteristiche previste dalla legge....una volta ottenuto il brevetto, questo ha una durata
ventennale, e non pu essere rinnovato.
Quindi sostanzialmente dalla data di deposito della domanda, io ho la decorrenza dei venti anni.
Questo sistema che vale in generale per tutte le invenzioni, stato in qualche modo modificato
per una certa tipologia di brevetto, ovvero sia per i brevetti farmaceutici.
Per quanto riguarda il brevetto farmaceutico possibile allungare, estendere la durata del
brevetto perch si riconosciuto all'inventore, siccome una volta ottenuta la brevettazione
magari di un nuovo farmaco, la legge non permette l'immissione immediata nel mercato ma
magari richiede che vengano fatti ulteriori esperimenti, cio che si valutino effettivamente gli
effetti positivi e negativi di questo farmaco e quindi passa del tempo prima che il farmaco possa
essere messo in circolazione.
A questo punto, ovviamente, questo periodo di tempo andrebbe a scapito del titolare del
brevetto, proprio perch questo tempo si consumato provando a vedere quali sono gli effetti
positivi e negativi ma non si avuta la vera e propria commercializzazione.
Ecco perch con il certificato complementare di protezione si riesca ad estendere per tutto il
periodo, dalla data di concessione del brevetto sino a quando si potuto mettere in commercio
il farmaco.

Quindi l'estensione relativa al periodo durante il quale il farmaco o il prodotto pur avendo
ottenuto la brevettazione non ha potuto essere messo in commercio.
Siccome per c' una differenza tra l'articolo del CPI, prevedeva che comunque questo
certificato di protezione per il brevetto farmaceutico non potesse avere una durata superiore ai
18 mesi. Possiamo permettere che si estenda, si proroghi la validit, ma per un periodo non
superiore ai 18 mesi, in realt a livello comunitario il termine era inferiore e quindi si cercato
di non creare una disparit tra chi utilizzava il brevetto soltanto in Italia e chi voleva
commercializzarlo anche in altri Paesi appartenenti all'UE, quindi sostanzialmente si poi
cercato di adeguare la normativa italiana alla normativa comunitaria e oggi avete l'articolo 61 e
68 CPI, che vi indica la disciplina del cd certificato complementare di protezione per il brevetto
farmaceutico.
Mentre per tutti i tipi di brevetti il termine ventennale e non pu essere prorogato, per il
brevetto farmaceutico esiste invece una deroga, grazie al certificato complementare di
protezione del brevetto farmaceutico che disciplinato dall'articolo 61 CPI.
Il limite naturalmente spaziale del brevetto dato dal principio di territorialit, per cui io
chiedo la brevettazione dell'invenzione per l'Italia e la ottengo per l'Italia, cos come vedremo
che c' anche poi la possibilit di far valere il brevetto a livello sia internazionale che
comunitario.
Il diritto di esclusiva che mi viene attribuito con il diritto di brevetto consiste ovviamente
nell'attuare nel senso di dare realizzazione alla invenzione, a questo punto naturalmente si
distingue tra invenzione di prodotto e invenzione di procedimento.
Se invenzione di prodotto dovr dare attuazione e quindi creare il prodotto, altrimenti dovr
creare il prodotto si, ma attraverso quel procedimento, posto che ho brevettato il
procedimento.
Dovr poi utilizzare la mia invenzione, tanto vero che c' la previsione anche della decadenza
se io non do attuazione e quindi non utilizzo la mia invenzione.
Ed ovviamente il diritto di esclusiva mi permette anche di mettere in commercio il prodotto o il
prodotto ottenuto con quel determinato procedimento.

Principio di esaurimento. Se vero che mi viene riconosciuto il diritto alla commerciabilit del
prodotto, posso poi immettere nel mercato il prodotto, devo poi tener conto dell'articolo 5 CPI,
in forza del quale per il principio di esaurimento, nel momento in cui io immetto in commercio
quel determinato prodotto ovviamente ho esaurito il mio diritto, non posso pi controllare quelli
che sono i successivi passaggi per quanto riguarda il commercio e quindi non potr impedire che
un altro soggetto acquisiti il mio prodotto e poi magari vada a commercializzarlo in un altro
Stato dell'UE.
Tenete conto che ovviamente il principio di esaurimento un principio che vale sia a livello
nazionale, sia a livello comunitario, ma non a livello di Paesi che non fanno parte nel dell'UE ne
del mercato unico europeo, cio dello spazio economico europeo.
Quindi, quando siamo al di fuori del territorio nazionale e dello spazio economico europeo, il
principio di esaurimento non trova applicazione, cos come fondamentale, perch il principio di
esaurimento si applichi, che la commercializzazione sia avvenuta in modo lecito, cio sia

avvenuta ad opera del titolare del brevetto o con il suo consenso, quindi avendo ceduto o
concesso in licenza il brevetto.
Questo il presupposto perch si possa applicare il principio di esaurimento, se il prodotto viene
immesso nel mercato in modo illegittimo, perch da parte per esempio di colui che non aveva il
diritto, in questo caso non che il principio di esaurimento ha trovato applicazione,
semplicemente la messa in commercio non valida, e quindi io che sono il titolare del diritto
avr ovviamente la possibilit di agire contro colui che l'ha fatto in modo illegittimo e poi potr
determinarmi quando e come commercializzare il prodotto.
Quindi, ripeto, nel contenuto del diritto di brevetto, ovviamente c' si l'esclusivit ma esclusivit
che si declina come esclusivit all'attuazione, alla realizzazione dell'invenzione, diritto
all'utilizzazione e diritto alla commercializzazione.
Anche qui troviamo una deroga al diritto di brevetto, che costituita dal cd PRE UTENTE
il pre uso dell'eventuale invenzione.
Il diritto di brevetto riconosce questo diritto di esclusiva nella realizzazione, nella utilizzazione
e nella commercializzazione, tuttavia l'articolo 68 CPI, disciplina delle ipotesi nelle quali questo
diritto di esclusiva viene ad essere derogato.
Il diritto di esclusiva ai sensi dell'articolo 68 CPI pu trovare una deroga!
Questa deroga ammessa anche quando ad utilizzare l'invenzione sia stato un soggetto
precedentemente alla presentazione della domanda di registrazione, e la tipica ipotesi appunto
del pre utente, cio del pre uso di colui che sostanzialmente utilizza e ha dato corso, quindi
attua l'invenzione, ben prima che sia stata presentata la domanda di brevettazione.
Naturalmente per, perch questo pre uso sia riconosciuto, nel senso che trovi, sia pur
limitatamente ai sensi del 68.3 CPI una certa tutela, chiaro che questo pre uso non deve aver
comportato una accessibilit al pubblico, perch se cos fosse la domanda con la quale si
richiesta la brevettazione mancherebbe del requisito della novit, quindi non potrebbe essere
applicato il principio del first to fail.
Quindi sicuramente il pre utente trova una tutela in tanto in quanto la sua attivit di
utilizzazione dell'invenzione, l'invenzione stessa non sia stata resa accessibile al pubblico.
A questo punto questo soggetto, pre utente, non ha nessun diritto di far valere nei confronti di
terzi l'esclusivit all'invenzione, semplicemente tutelato di fronte ad eventuali azioni che il
titolare del brevetto una volta ottenuto il brevetto agisca nei suoi confronti, quindi lui potr
continuare ad utilizzare ed applicare l'invenzione nei limiti del pre uso, cio pu semplicemente
proseguire ad utilizzare, non pu far valere nei confronti di terzi o vantare dei diritti perch
appunto un soggetto che ha utilizzato si l'invenzione prima della brevettazione ma non ha
appunto alcun diritto di esclusiva, l'unico suo vantaggio quello di resistere ad un'eventuale
azione del titolare del brevetto.
Questa norma, l'articolo 68.3 CPI, che ammette il pre uso e quindi una certa tutela, lo fa
soltanto se l'invenzione non brevettata sia stata utilizzata nel corso dell'anno anteriore al
deposito della domanda di brevettazione, perch ovviamente nell'anno antecedente pi
difficile da controllare, mentre invece se prendesse in considerazione senza limiti di tempo
qualsiasi pre uso dell'invenzione non ci sarebbe pi certezza, quindi si fa riferimento ad un
periodo tutto sommato breve che permette al pre utente di continuare ad utilizzare.

Anche perch voi dovete immaginare che la richiesta di brevettazione, le nuove invenzioni, i
nuovi prodotti o anche le invenzioni di procedimento e cos via sono piuttosto frequenti, quindi
non facile riuscire a star dietro a tutto quello che viene presentato.
Per cui, si ritiene che nei limiti di tempo di 1 anno ci possa essere anche l'eventuale ipotesi che
ci sia il pre utente dell'invenzione, perch pi o meno sono i tempi anche di poi pubblicazione
della domanda di brevettazione, perch se l'accesso al pubblico avviene decorsi i 18 mesi,
chiaro che siamo nell'anno e mezzo, ovvio ed evidente che quello il periodo di tempo che si
tiene conto per eventuali situazioni che possono essere analoghe o parallele, per questo si
permette che ci sia una certa deroga, non per per periodi superiori...

Contraffazione. Il brevetto nullo anche quando contraffatto. Si per fatta una distinzione,
tra: contraffazione integrale dell'invenzione, cio quando sostanzialmente viene ad essere
imitata interamente l'invenzione, e questo io lo riesco a dedurre proprio da quella descrizione,
da quella rivendicazione che elemento essenziale della domanda, dalla contraffazione non
integrale, che naturalmente si ha quando l'invenzione non imitata interamente ma soltanto in
parte, soltanto una parte viene ad essere utilizzata per una parte dell'attivit inventiva.
Il giudizio di contraffazione, che nel caso delle invenzioni non certamente un giudizio facile,
appunto per questo proprio la descrizione e la rivendicazione sono elementi essenziali per poter
interpretare il brevetto, cio a che cosa il brevetto si riferisce quindi qual' il contenuto, quali
sono i limiti dell'invenzione, per poi dire in un eventuale giudizio di contraffazione se c' stata
contraffazione integrale o se c' stata contraffazione non integrale.
Sul giudizio di contraffazione in realt, siccome questo sicuramente spetta al tribunale
ordinario, anche se sono state inserite delle norme a livello penale, che hanno reso pi aspra
l'attivit dei contraffattori, e tra l'altro anche di chi acquista dei prodotti contraffatti, ma al di
la di questo, l'azione di contraffazione sicuramente di competenza dell'autorit giudiziaria
ordinaria, di quelle sezioni specializzate di diritto industriale che oggi sono state ricomprese nel
tribunale delle imprese, alla luce delle ultime leggi, e interessante anche che nel 2009, con la
legge sviluppo del 2009 si istituito un consiglio nazionale anti contraffazione, quindi si
istituito un organo, che ha natura amministrativa e che ha la funzione di indirizzo e
coordinamento di quelle che possono essere le politiche anti contraffazione, proprio per poter
contrastare questo tipo di attivit illecita.
E nel decreto legislativo 131 del 2010, si anche previsto di inserire proprio nel CPI il consiglio
nazionale anti contraffazione.
Per quanto riguarda il giudizio di contraffazione, la valutazione difficile da effettuare, ci sono
state delle norme, come per esempio l'articolo 121 del CPI.
Che in qualche modo hanno riconosciuto pi ampi poteri istruttori al giudice e quindi hanno in
qualche modo alleggerito un po' l'onere della prova che incombe su colui che ritiene che
l'invenzione sia stata contraffatta. Il fatto di ampliare i poteri del giudice dal punto di vista
istruttorio hanno reso meno onerosa la dimostrazione della prova della contraffazione.
L'articolo 121 del CPI ha sostanzialmente permesso poi anche tutta una serie di provvedimenti
che possono essere adottati dal giudice di acquisizione anche di documenti che permettono
quindi di pervenire ad un giudizio o meno di contraffazione.
Per quanto riguarda poi il discorso dal punto di vista probatorio, disposizione sempre inserita dal
d lgs 131 del 2010, l'articolo 128 CPI; che appunto prevede la consulenza tecnica preventiva

come uno strumento atto a verificare, prima di iniziare la causa se siamo in presenza o meno di
una contraffazione.
Quindi io potrei avere l'interesse di accertarmi, prima di iniziare la causa se effettivamente c'
stata contraffazione o meno, attraverso un accertamento tecnico preventivo.
Quindi un'attivit istruttoria che talvolta viene svolta inaudita altera parte, cio senza il
necessario contraddittorio, per verificare con un accertamento tecnico se siamo in presenza o
meno di una contraffazione.
Sempre per quanto riguarda gli strumenti che il soggetto ha per poter difendersi contro la
contraffazione, a seguire l'articolo 129 del CPI, vi parla della descrizione e del sequestro come
due strumenti che sono utilizzati al fine di precostituire la prova della contraffazione.
Attenzione!!! il sequestro previsto dall'articolo 129 CPI, un qualcosa che pur essendo uguale
nella terminologia diverso nella sostanza rispetto alla misura cautelare del sequestro del cpc,
il sequestro sostanzialmente uno strumento che permette di accertare, utilizzato come
prova per poter appunto accertare se quel determinato prodotto stato contraffatto oppure no.
Tanto vero che stato anche denominato, per distinguerlo dal sequestro previsto dal cpc,
sequestro industrialistico.
Cio un sequestro che ha una finalit sopratutto diversa, e ovviamente una volta che abbiamo
questi due strumenti, descrizione e sequestro, che sono utili al fine di accertare
preventivamente al giudizio vero o proprio se siamo in presenza oppure no di una
contraffazione, abbiamo poi l'eventuale possibilit, riconosciuta a qualsiasi titolare di diritto
della propriet industriale di agire per l'inibitoria, quindi per far vietare, per far cessare quel
determinato comportamento al soggetto e quindi di imporre al contraffattore non solo di
continuare l'attivit, quindi l'azione inibitoria mi permette di far cessare in quel momento, ma
ha anche una finalit di imporre al soggetto di non reiterare pi il comportamento di
contraffazione, quindi anche se vogliamo ha un effetto pro futuro, proprio per evitare che ci
siano magari degli ulteriori comportamenti illeciti da parte del soggetto.
Cos come potr ottenere, il contraffattore, la distruzione dei prodotti contraffatti e via
dicendo... per quanto riguarda il risarcimento del danno, chiaro che vigono sempre i
presupposti del 2043, quindi dimostrata colpa e danno io potr ottenere il risarcimento del
danno, anche se ovviamente c' sempre un problema di riuscire a determinare in modo corretto
il danno, arrivare ad una quantificazione del danno la pi corretta possibile.
Il sequestro industrialistico del 129 CPI, rispetto al sequestro del cpc, sempre possibile
esperire, al fine di bloccare i beni contraffatti, esperire il sequestro conservativo, come lo
conoscere per quanto riguarda la possibilit di ottenere il blocco dei beni e dei prodotti
finantanto che non si perviene ad un giudizio definitivo.
Da ultimo abbiamo poi la pubblicazione della sentenza che rientra ovviamente nella possibilit
di far conoscere a tutti che c' stata questa contraffazione, quindi evidenziare che magari in
circolazione vi sono dei prodotti contraffatti, proprio per questo l'articolo 124 CPI permette
anche una sorta di condanna in futuro, dove viene predisposta la liquidazione di una somma che
l'eventuale contraffattore dovr versare nel caso in cui in futuro compia ulteriori atti di
contraffazione.
Quindi, nella sentenza stessa con la quale si definisce il giudizio di contraffazione, prendendo
quelli che sono i provvedimenti richiesti dalla parte, l'eventuale distruzione dei prodotti,

andando a pubblicare la sentenza, si pu anche stabilire che in caso di reiterazione della


condotta illecita il soggetto sar obbligato a pagare un determinato importo.
Siccome la sentenza fa stato tra le parti, chiaro che potr sempre essere fatta valere questa
statuizione nel momento in cui il soggetto dovesse nuovamente compiere un illecito di
contraffazione.

ALTRE CAUSE DI ESTINZIONE DEL BREVETTO


Rinunzia e decadenza. Ovviamente il termine per la scadenza brevettaule sono i 20 anni,
termine che non rinnovabile, quindi scaduti i 20 anni ovviamente non possibile a differenza
di quello che abbiamo visto per la registrazione del marchio, rinnovare la registrazione e a
questo punto quindi la naturale scadenza il termine ventennale.
Ci sono per delle cause che possono intervenire ovviamente prima della scadenza naturale e
sono ad esempio la rinuncia al diritto.
Questo perch chiaro che qualsiasi diritto pu essere oggetto di rinuncia da parte del titolare,
qui potrebbe essere determinato dal fatto che, siccome il diritto al brevetto annuale, una
persona potrebbe decidere di rinunciare al diritto e di non pagare pi l'importo annuale per la
brevettazione (tassa), quindi si decide di non affrontare pi questo tipo di spesa, anche perch,
sopratutto per certi tipi di prodotti, la brevettazione ha una rilevanza ed un'importanza
sopratutto nei primi anni dalla invenzione, poi in realt l'invenzione diventa pubblica, molti poi
raggiungono lo stesso scopo quindi tante volte il titolare del brevetto decide neanche di agire
nei confronti di queste persone ma semplicemente di rinunciare al diritto di brevetto quindi di
non pagare pi l'imposta annuale.
Questa potrebbe essere una causa di cessazione dell'esercizio del diritto che nasce dalla
brevettazione, appunto in forza di una rinuncia.

Dopo di che abbiamo altre ipotesi che possono essere considerate di DECADENZA, invece, una di
queste la abbiamo gi vista, la mancata attuazione dell'invenzione.
In questo caso, se l'invenzione non viene attuata nel biennio successivo si ha la decadenza.
(da non fare dal libro trasferimento obbligatorio di licenza)
talvolta quando in presenza di determinate invenzioni che hanno una determinata rilevanza,
sopratutto in relazione a prodotti farmaceutici e cos via, che possono avere una utilit anche
pubblica, talvolta a fronte della mancata attuazione dell'invenzione o di un'eventuale parziale
attuazione dell'invenzione nei confronti del titolare del diritto di brevetto interviene la
decadenza, ma c' eventualmente la previsione di una licenza obbligatoria, quindi il titolare
deve concedere in uso ad un altro soggetto, che viene indicato dal Ministero la propria
invenzione. Questo perch se io sono il titolare e che avrei il diritto di dare attuazione, non
riesco per X motivi o do un'attuazione parziale, e questa invenzione di rilevanza sociale,
potrebbe essere stabilita in presenza di determinati requisiti la costituzione di una licenza
obbligatoria.
Quindi questa un'ipotesi di decadenza, la mancata attuazione nel biennio seguente alla
brevettazione.

Oppure il mancato pagamento dei diritti di brevettazione.


Qui il legislatore ha previsto un sistema che non comporta una decadenza automatica, non paghi
sei decaduto dal diritto di brevetto, c' una procedura per cui si aspetta un periodo di 6 mesi,
poi viene notificato da parte dell'ufficio, viene annotato sul registro che il soggetto non ha
pagato, poi viene sollecitato il titolare del brevetto al pagamento e in ultima analisi, se anche
dopo questo ulteriore sollecito permane una situazione di non pagamento, allora a quel punto
interviene la decadenza, ma il periodo abbastanza lungo prima di arrivare alla dichiarazione di
decadenza dal diritto di brevetto.
Poi il testo parla della conversione del brevetto nullo, di cui abbiamo gi parlato quando ad
esempio io ho presentato una domanda di brevetto per invenzione industriale e invece non era
invenzione industriale, era modello di utilit, possibile, una volta che venga accertato con
sentenza da parte del titolare dell'invenzione che il mio brevetto nullo perch non era
un'invenzione ma un modello di utilit io posso sostanzialmente sanare, quindi convertire il
brevetto nullo, perch non ha le caratteristiche o ci sono degli ostacoli alla validit del brevetto
per esempio in punto di novit, per quanto riguarda l'invenzione, per potrebbe valere come
modello di utilit, quindi posso convertire il brevetto nullo.
Quindi questa una sorta di sanatoria che si riconosce al titolare del brevetto.
Gli effetti di questa conversione retroagiscono alla data di presentazione della domanda del
brevetto iniziale, quindi quello per l'invenzione nel caso specifico.
Sia il diritto al brevetto che il diritto di brevetto, quindi sia il diritto alla registrazione, che il
diritto che sorge in capo al soggetto che ha effettuato la registrazione sono naturalmente diritti
che possono essere oggetto di trasferimento, di trasferimento che comporta la completa
cessione e quindi il trasferimento della titolarit di questi diritti sia anche possono essere
oggetto di cessione in uso, quindi di utilizzo, di godimento da parte di altri soggetti e parliamo
appunto di licenza di brevetto.
L'unico diritto che non trasferibile il diritto alla paternit dell'invenzione, quindi
sostanzialmente io non potr mai trasferire con un contratto di cessione il contenuto morale,
inalienabile il diritto alla paternit dell'invenzione.
Quello che pu essere trasferito il diritto al brevetto, che pu essere ovviamente oggetto di
una cessione.
Il trasferimento pu avvenire sia per atto tra vivi che mortis causa, e pu essere tranquillamente
oggetto di disposizione testamentaria, sia il diritto al brevetto che il diritto di brevetto.
Ci possono essere dei trasferimenti cd coattivi, cio nell'ipotesi che io vi ho fatto prima, il
Ministero che impone al titolare del brevetto che non riuscito a darmi attuazione, non ha
voluto darmi attuazione, che decaduto, trasferire per la possibilit dell'utilizzo del brevetto
ad altri soggetti, quando naturalmente c' una rilevanza di tipo sociale.
Relativamente alla cessione vera e propria del brevetto, quindi al TRASFERIMENTO DELLA
TITOLARITA DEL BREVETTO, quindi dell'attestato di brevettazione, ovviamente questo sar
oggetto di un contratto, secondo le quelle che sono le forme utilizzate per il trasferimento della
titolarit, quindi potr essere anche oggetto di una donazione, di una permuta, di una
compravendita, tutti quei negozi giuridici che sono idonei a trasferire la titolarit possono essere
utilizzati nel caso del brevetto.

Si seguir la disciplina del negozio giuridico con cui abbiamo scelto di trasferire il brevetto e ci
sar ovviamente la annotazione nel registro.
Tra l'altro c' un'importante deroga stabilita dall'articolo 77 CPI in relazione all'eventuale
dichiarazione di nullit del brevetto che intervenga dopo la cessione, perch ovviamente voi
capite che noi sappiamo che il negozio dichiarato nullo, dovrebbe appunto innanzitutto
retroagire nel tempo, quindi gli effetti retroagiscono, quindi come se il negozio non fosse mai
esistito, anzi dovrebbe essere restituito ci che stato fatto, pagato, eseguito in forza di un
contratto nullo e per altro vengono ovviamente travolti tutti i diritti, anche acquistati dai terzi,
questa la regola generale.
Questa regola viene derogata dal CPI quando si tratta di cessione di un brevetto poi dichiarato
nullo perch ovviamente in qualche modo vogliono anche tutelare i diritti di chi ha acquistato il
brevetto, e quindi ovviamente gli effetti retroagiscono, per tutto quello che stato fato in
esecuzione del contratto di cessione, quindi il prezzo, e cos via, e l'utilizzo che fino a quel
momento l'acquirente ha fatto del brevetto rimane valido.
E anzi, addirittura il giudice pu stabilire una sorta di equo rimborso nei confronti
dell'acquirente che magari ha gi sborsato il corrispettivo della cessione.
Ha gi versato, perch spesso succede che nel contratto di cessione magari siccome appunto ci
sono anche, oltre ovviamente a delle problematiche di tipo economico, la cessione di brevetto
ha un costo importante! Potrebbe essere stabilita ad esempio una rateizzazione che
giustificata dal fatto che ho acquistato il brevetto, inizio ad utilizzarlo, quindi inizio a
contribuire con la remunerazione dell'utilizzo vado poi a pagare la cessione, quindi questo
potrebbe essere un motivo per cui si decide di rateizzare il corrispettivo.
In questo caso quindi non detto che tutto venga pagato subito e di conseguenza chiaro che se
il negozio nullo io non sar pi tenuto a pagare il corrispettivo, e se quanto ho pagato gi un
importo considerevole potrei chiedere al giudice e quindi il giudice potrebbe stabilire anche un
equo rimborso... la determinazione giustificata anche dal tempo che trascorso dal
trasferimento della titolarit a quando interviene la dichiarazione di nullit.
Se io ho pagato un importo considerevole per acquistare il brevetto e poi dopo 1 anno mi ritrovo
con una dichiarazione di nullit chiaro che chieder al giudice e il giudice potr concedermi un
equo indennizzo, un equo rimborso per far si che il mio esborso non sia totalmente andato
perduto.

Art. 77. Effetti della nullit-1. La declaratoria di nullita' del brevetto ha effetto retroattivo,
ma non pregiudica:
a) gli atti di esecuzione di sentenze di contraffazione passate in giudicato gi compiuti;
b) i contratti aventi ad oggetto l'invenzione conclusi anteriormente al passaggio in giudicato
della sentenza che ha dichiarato la nullita' nella misura in cui siano gi stati eseguiti.
In questo caso, tuttavia, il giudice, tenuto conto delle circostanze, pu accordare un equo
rimborso di importi gia' versati in esecuzione del contratto;
c) i pagamenti gi effettuati ai sensi degli articoli 64 e 65, a titolo di equo premio, canone o
prezzo.

Questo nel caso del trasferimento della titolarit, naturalmente come posso concedere in
utilizzo, in uso, in godimento il marchio, la stessa cosa posso fare con il brevetto, quindi stipulo
un CONTRATTO DI LICENZA DI BREVETTO.
Anche qui il corrispettivo pu essere o stabilito in una somma a forfe di quello che pu essere il
vantaggio e quindi il corrispettivo da versare, oppure normalmente nei contratti si usa stabilire
che verr corrisposto al cd licenziante un importo sulla base degli utili conseguiti in base
all'utilizzo del brevetto e si definiscono le cd royal ties.
Sostanzialmente il corrispettivo che viene ad essere parametrato al vantaggio economico che il
licenziatario
anche nel caso della dichiarazione di nullit del brevetto dopo che ci sia stata l'eventuale
concessione in licenza, anche qui l'articolo 77 CPI pone una deroga ai principi generali della
nullit, sia per il trasferimento della titolarit, sia per la concessione in uso o godimento, quindi
sostanzialmente abbiamo una dichiarazione di nullit che sicuramente retroagisce per fatto
salvo tutto quello che stato fatto in esecuzione del contratto di licenza e qui addirittura il
licenziante non tenuto a restituire le eventuali royal ties o l'eventuale somma ottenuta a forfe,
cos come il licenziatario pu ottenere, anche qui, visto che si ritrova ad aver utilizzato e quindi
stipulato un contratto per l'utilizzazione di un bene che per viene ad essere dichiarato nullo,
avr diritto anche questo soggetto, sempre che il giudice ritenga opportuno, ad ottenere un
equo rimborso.
Ovvio ed evidente che il Cpi prevede questa eventualit, questa possibilit del giudice di
concedere questo equo rimborso ovviamente star poi nelle valutazioni del giudice concederlo.
Ovviamente per, nel caso della licenza di brevetto, si pone anche un problema relativo alla
concorrenza e quindi alla disciplina anti trust.
Noi abbiamo una legislazione nazionale e una legislazione europea, ci sono gli articolo del TFUE,
che vanno a disciplinare quella che la concorrenza nel mercato unico.
Le intese che sono vietate, intese effettuate tra imprese che operano nel mercato o soltanto il
mercato nazionale, e quindi avremo la legge anti trust italiana, come normativa che disciplina il
mercato, oppure a livello comunitario ma sostanzialmente la finalit di entrambe le normative
quella di preservare la concorrenza nel mercato da sostanzialmente accordi che possono andare
ad alterare la libera concorrenza, infatti si parla di intese restrittive della concorrenza del
mercato, quindi che vanno ad alterare in modo negativo il mercato.
Tutto questo per dire che spesso quando io concedo in licenza il brevetto, naturalmente c'
anche qui il problema di concedere o meno l'esclusiva a questo utilizzo, quindi io concedo l'uso
del brevetto, ma lo concedo in via esclusiva o mantengo io comunque la possibilit di utilizzarlo
e quindi si pone un problema di andare a disciplinare i rapporti tra licenziante e licenziatario...
Normalmente siccome anche qui ovviamente lasciata all'autonomia delle parti la
determinazione nella regolazione dei rapporti, normalmente nei contratti di licenza si stabilisce
la ripartizione geografica, si va a regolamentare magari il mercato a cui ci si rivolge, quindi
sostanzialmente si attua una differenziazione della clientela, e quindi al licenziatario viene
affidata una determinata parte della clientela, al licenziante invece un altra, in modo che cos
non ci possa essere concorrenza tra i due.
Per cui ci sono vari sistemi per poter appunto regolamentare i rapporti tra licenziante e
licenziatario.

Di conseguenza, chiaro che l'autorit che preposta alla vigilanza della concorrenza, l'autorit
garante della concorrenza e del mercato particolarmente sensibile e vigile su questi accordi
che intervengono appunto per la concessione di licenze di brevetto proprio per verificare che
questo tipo di accordi in realt non possa essere inteso come un accordo restrittivo della
concorrenza sul mercato e quindi vietato alla luce della disciplina antitrust.
Per cui nell'andare a disciplinare il contratto di licenza, oltre a tener presente quelli che sono
tutti i vari punti che vanno regolamentati proprio perch si tratta di una materia
particolarmente importante, al di la di questo bisogna fare poi attenzione che l'eventuale
regolamentazione del rapporto per la suddivisione della clientela piuttosto che delle zone
geografiche, piuttosto che del diritto di esclusiva etc non vada a configurare una intesa vietata.
Anche perch nel momento in cui l'autorit garante verifica che l'intesa era tra quelle
ovviamente vietate a questo punto dichiara la nullit e quindi sostanzialmente l'intesa come se
non fosse mai stata conclusa, oltre ovviamente alle sanzioni di tipo amministrativo.
Sicuramente un eventuale accordo che sia poi confogurabile come intesa vietata potrebbe anche
essere, in ipotesi, concluso in totale buona fede da parte del licenziante e del licenziatario,
ecco perch ci vuole sempre un particolare occhio di riguardo, se non addirittura una consulenza
di esperti che vadano a derimere qualsiasi dubbio sulla legittimit di un accordo di licenza di
brevetto.
Ci pu essere anche l'ipotesi della cd LICENZA OBBLIGATORIA, ovvero sia quando si impone al
titolare di trasferire il diritto di brevetto in capo ad altri soggetti.

Disciplina a livello internazionale e comunitario del brevetto. Anche qui ci sono tutta una
serie di accordi, di trattati che sono susseguiti nel tempo e che hanno la loro rilevanza ai fini del
sistema brevettuale, perch ovviamente, come voi potete immaginare chiaro che il principio
fondamentale quello della territorialit, per cui quando io chiedo la brevettazione all'ufficio
italiano brevetti e marchi, lo posso fare o presentando direttamente a Roma o presentando la
domanda presso le camere di commercio e poi queste trasferiscono in via telematica la domanda
nei 10 giorni successivi, nel momento in cui io trasferisco la domanda questa ha validit per
l'utilizzo del brevetto, una volta concesso in tutto il territorio dello Stato italiano.
Ovviamente, l'interesse potrebbe essere certamente quello di divulgare, quindi di utilizzare il
brevetto anche in altri Paesi, vuoi dell'UE o anche Paesi al di fuori dell'UE.
Quindi sostanzialmente bisognerebbe ogni volta presentare la domanda di brevetto in tutti gli
Stati in cui io ho intenzione di utilizzare il brevetto.
Per quanto riguarda la brevettazione delle invenzioni e dei modelli di utilit, dal 1 Gennaio
2008, quindi con l'entrata in vigore di un decreto legislativo del 2007, in recepimento di una
direttiva comunitaria, possibile presentare un'unica domanda a livello comunitario per
ottenere quindi un brevetto che vada poi a poter essere utilizzato nei Paesi in cui io vado ad
indicare appunto dove voglio utilizzare il brevetto.
L'organismo l'ufficio internazionale dell'organizzazione Mondiale della propriet industriale.
Almeno cos ho l'esigenza di presentare un'unica domanda dove per devo psecificare gli Stati in
cui intendo utilizzare il brevetto perch a fronte dell'unica domanda, ho comunque una sorta di
fasci paralleli di brevetti.

Una delle prime Convenzioni che sicuramente ha la sua rilevanza, modificata poi nel tempo, ma
se vogliamo ad oggi ancora valida, la Convenzione di Unione di Parigi.
del 1883, modificata a varie tranche, ma sostanzialmente abbiamo per quello che riguarda la
brevettazione, la Convenzione di Stoccolma del 1967, che ha disciplinato ulteriormente la
materia creando questa organizzazione Mondiale per la propriet industriale, OMP.
Ha sede a Ginevra ed ha la funzione di recepire sostanzialmente la domanda unica che il
soggetto presenta per l'utilizzazione del brevetto in pi Stati che naturalmente devono aderire
alla Convenzione dell'unione di Parigi, perch quando noi parliamo di questi trattati, dobbiamo
sempre tenere presente che ovviamente queste hanno validit e si applicano nei Paesi che hanno
aderito al trattato alla Convenzione e cos via... che non necessariamente coincidono con i Paesi
UE.
I principi fondamentali che la Convenzione fissa, sono principi che noi abbiamo gi in qualche
modo analizzato e conosciuto e quindi prima di tutto il principio del trattamento nazionale, che
ha il significato di accordare ai cittadini di tutti i Paesi che aderiscono alla Convenzione la stessa
tutela che viene riconosciuta ai propri cittadini, facciamo l'ipotesi dell'Italia, l'Italia ha aderito,
il principio appunto di trattamento nazionale si attua quando in Italia si considerano i cittadini
che hanno fatto la richiesta di brevettazione, anche se sono cittadini stranieri, appartenenti o
meno all'UE, ma vengono trattati alla stessa stregua del cittadino italiano.
Principio correlato a questo il cd principio di assimilazione, nel senso che i cittadini vengono
assimilati tra loro quando ovviamente la persona, pur appartenente ad uno Stato tra quelli che
ha aderito alla Convenzione, ha stabilito il proprio domicilio o la propria sede se si tratta di
persona giuridica, in uno degli Stati unionisti (che hanno aderito all'unione di Parigi).
Dopo di che abbiamo anche un ulteriore principio, che quello della priorit unionista.
Sostanzialmente significa che chi abbia depositato una domanda di brevetto per invenzione in
uno Stato che aderisce all'unione di Parigi ovviamente pu presentare entro 1 anno, la domanda
anche negli altri Stati unionisti, e le domande o la domanda presentate successivamente,
ovviamente, hanno come data di presentazione la data iniziale della prima presentazione della
domanda, quindi gli effetti retroagiscono alla prima domanda.
Questo importante perch se non ci fosse questo principio potrebbe accadere che io presento
in Italia la domanda di brevettazione, e lo faccio oggi, faccio passare del tempo e presento la
domanda in Germania, potrebbe accadere che nel frattempo in Germania un altro soggetto
abbia chiesto la brevettazione per la stessa invenzione e a questo punto la domanda di
estensione del brevetto anche in Germania potrebbe essere rigettata posto che ovviamente
manca del requisito della novit.
Invece si permette al titolare del diritto di brevetto di, una volta presentata la domanda in
Italia, se presenta la domanda entro 1 anno anche in Germania a questo punto la data di
presentazione della domanda ai fini del first to fail, cio di stabilire la priorit viene ad essere
determinata dalla data di presentazione della prima domanda.
Questo principio, che poi ovviamente trova anche attuazione nel cd principio di priorit interna,
da noi stato attuato e pienamente riconosciuto solo dal 2009, con la legge di sviluppo, la
numero 99 del 2009 che ha inserito nell'articolo 47 del CPI il comma 3bis.
Ha stabilito, limitatamente alla invenzioni e ai modelli di utilit, il principio appunto della
priorit interna.

Proprio perch questo principio assicura tutela al titolare del brevetto.


Per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilit il deposito nazionale in Italia da luogo al
diritto di priorit anche rispetto ad una successiva domanda nazionale depositata in Italia in
relazione ad elementi gi contenuti nella domanda di cui si rivendica la priorit.

Art. 47. Divulgazioni non opponibili e priorit interna -1. Per l'applicazione dell'articolo 46, una
divulgazione dell'invenzione non presa in considerazione se si verificata nei sei mesi che
precedono la data di deposito della domanda di brevetto e risulta direttamente o
indirettamente da un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa.
2. Non presa altres in considerazione la divulgazione avvenuta in esposizioni ufficiali o
ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione concernente le esposizioni internazionali,
firmata a Parigi il 22 novembre 1928, e successive modificazioni.
3. Per le invenzioni per le quali si rivendicata la priorit ai sensi delle convenzioni
internazionali, lo stato della tecnica rilevante ai sensi degli articoli 46 e 48 deve valutarsi con
riferimento alla data alla quale risale la priorit.
3-bis. Per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilit, il deposito nazionale in Italia d
luogo al diritto di priorit anche rispetto a una successiva domanda nazionale depositata in
Italia, in relazione a elementi gi contenuti nella domanda di cui si rivendica la priorit.

Quindi, il principio di priorit unionista, che era stato sancito dalla Convenzione di unione di
Parigi e che trovava gi attuazione a livello internazionale tra gli Stati che avevano aderito
all'unione di Parigi stato anche recepito in Italia, ovviamente in ritardo con appena la legge del
2009, che ha stabilito un diritto di priorit interna per cui appunto la priorit viene riconosciuta
al titolare dell'invenzione anche se appunto viene successivamente, ovviamente entro 1 anno
dalla presentazione della domanda rivendicata la priorit da parte di un altro soggetto, proprio
perch gli effetti retroagiscono alla presentazione della domanda.
Ovviamente, altra importante Convenzione, quella relativa alla classificazione dei brevetti,
perch la Convenzione di Strasburgo del 1971 ha enucleato alcune classificazioni e quindi delle
principali sezioni che poi sono suddivise in sottosezioni, classi etc di tipologia dei brevetti,
questo sopratutto al fine di facilitare quella che poteva essere poi la ricerca dei documenti
brevettuali necessari per conoscere lo stato della tecnica.
Se abbiamo visto nel settore della brevettistica, abbiamo la necessit di ricercare proprio per
verificare il requisito della novit, lo stato della tecnica e lo stato della tecnica lo valuto in base
a quella che l'esperienza media in quel determinato settore, ho la necessit di avere una certa
omogeneit nei settori e quindi nella classificazioni dei brevetti.
A questo punto la Convenzione di Strasburgo aveva proprio il compito di classificare in 8 sezioni
che poi sono state suddivise, le varie tipologie di brevetto, questo per facilitare e quindi
sostanzialmente agevolare la ricerca anche dei documenti che possono provare lo stato della
tecnica in quel determinato settore.
Dopo di che abbiamo la Convenzione di Strasburgo del 1963 che riguarda invece l'armonizzazione
del sistema brevettuale tra i Paesi che aderiscono alla Convenzione e quindi armonizzazione
intesa come uniformit di alcuni elementi del diritto dei brevetti di invenzione.

Ovviamente anche qui la Convenzione vale soltanto nei Paesi in cui c' stata l'adesione alla
Convenzione, tra cui anche l'Italia.
Quindi ci sono delle Convenzioni internazionali che hanno ovviamente rilevanza e che vanno a
classificare in modo uniforme le tipologie dei brevetti oppure a cercare di armonizzare ed
uniformare quelle che sono le caratteristiche dell'invenzione brevettabile...
Poi abbiamo un accordo concluso in America, il Trattato di Washington del 1970, che riguarda la
cooperazione in materia di brevetti ed stato appunto istituito questo pattern corporation
triaty, che sarebbe il trattato per la cooperazione in materia brevettuale in cui acronimo PCT.
Ha la finalit di facilitar ei depositi plurimi presso i vari Stati nei quali si vuole utilizzare il
brevetto e anche facilitare l'esame preventivo che deve essere fatto dai vari uffici nazionali.
Quindi i Paesi che hanno aderito a questo trattato possono quindi far effettuare ai propri
cittadini il deposito di un'unica domanda internazionale di brevetto, l'ufficio competente in
questo caso stabilito sia a Berlino che a Monaco che a Laia, quindi in pi citt dell'UE.
Due sono le alternative: la domanda unica che ha validit internazionale, o presentata
all'ufficio europeo dei brevetti oppure presso appunto i vari uffici competenti dello Stato che poi
ovviamente trasferiscono le domande all'ufficio internazionale, ovvero sia all'organizzazione
mondiale della propriet industriale.
Ci sono vari sistemi per pervenire poi ad un unico centro di ricezione delle domande e
naturalmente, questo importante perch facilita la ricerca da parte di un unico soggetto, che
per altro pu utilizzare delle banche dati molto ampie e verificare sopratutto il requisito della
novit.
Quindi la agevolazione sta nel fatto che la domanda internazionale, perch aderiscono anche
Paesi al di fuori dell'UE, viene ad essere presentata.
Una volta che stata presentata, a seconda, presso l'ufficio brevetti europeo o presso gli uffici
dei vari Stati o appunto c' la possibilit che venga poi trasmessa all'organizzazione mondiale per
la propriet intellettuale.
Abbiamo detto, Trattato PCT, di cooperazione in materia di brevetti, dopo di che avete invece la
Convenzione di Monaco sul brevetto europeo, anche questa ha un suo acronimo, perch infatti
voi lo potete trovare come Convenzione di Monaco sul brevetto europeo CBE, sottoscritta nel
1973, e che per stata modificata successivamente e nella forma che noi la conosciamo oggi,
cos come stata integrata e modificata, stata da ultimo modificata con una legge del 2007,
quindi in vigore dal 1 Gennaio 2008.
Sostanzialmente appunto risolve il problema dei depositi plurimi, perch ha disciplinato la
presentazione di una domanda unica presso l'ufficio europeo brevetti ed eventualmente si pu
sempre presentare presso l'ufficio nazionale dei brevetti, che poi trasmette all'ufficio europeo
brevetti, e sostanzialmente va ad unificare la procedura perch una volta che io ho presentato
la domanda presso l'ufficio europeo brevetti, a fronte di questa domanda unica, dove devo
indicare i Paesi in cui intendo utilizzare il mio brevetto, ho poi un'attestato che corrisponde al
rilascio sostanzialmente di tanti brevetti nazionali quanti sono i Paesi in cui io ho chiesto di
poter ovviamente utilizzare.
La precisazione necessaria da fare questa, il sistema stato agevolato da un lato perch
appunto la presentazione della domanda unica, io presento o presso l'ufficio nazionale che poi
trasmette all'ufficio europeo brevetti o direttamente all'ufficio brevetti europeo la mia
domanda.

Devo per indicare quelli che sono i Paesi nei quali intendo utilizzare il brevetto e
sostanzialmente io poi ottengo un fascio di brevetti.
Questo vuol dire che la disciplina applicabile non unitaria. Quando noi abbiamo parlato della
registrazione del marchio a livello europeo abbiamo detto che oggi come oggi c' un
regolamento comunitario che mi va a regolamentare quelli che sono i requisiti del marchio
europeo.
E ovviamente le legislazioni degli Stati europei si sono armonizzate, e noi in realt nel nostro
CPI, abbiamo una ripresa di quella che la disciplina del marchio europeo.
Per quanto riguarda i brevetti non siamo ancora in questa fase! C' l'agevolazione della domanda
unica, e abbiamo, sia pur con una registrazione del brevetto che viene rilasciata dall'ufficio
europeo, tuttavia abbiamo un fascio di brevetti, perch il brevetto ottenuto per l'utilizzo
dell'invenzione in quel determinato Stato, sottoposto alla legislazione nazionale di quello
Stato!
Quindi, se io ottengo anche il brevetto per utilizzare la mia invenzione in Germania, tuttavia sia
le caratteristiche dell'invenzione ma anche quella che poi la disciplina successiva, relativa alla
cessione, alla licenza in uso e cos via, sottosta alla legge tedesca.
Quindi, si sicuramente in qualche modo agevolato il sistema e tra l'altro, c' la possibilit
anche di ottenere, c' una certa facilitazione anche nella procedura di registrazione della
domanda.
Per io ancora oggi ottengo un fascio di brevetti che sottostanno appunto alla legislazione
nazionale del Paese in cui poi il brevetto verr effettivamente utilizzato.
Nella procedura di presentazione, si prevede che io presenti un'unica domanda, nella lingua di
colui che intende ottenere il brevetto e solo successivamente a procedura ultimata, devo
tradurre eventualmente in inglese, francese o tedesco la descrizione e quindi la
documentazione.
Quindi c' un risparmio, nel senso che se poi durante la procedura, per qualsiasi motivo
dovesse il brevetto venir negato, a questo punto, non ho sostenuto i costi della traduzione di
tutta la documentazione che devo presentare, nelle varie lingue, a seconda del Paese in cui
intendo esercitare, perch ovvio che se io voglio utilizzare il mio brevetto in Germania, dovr
tradurlo in tedesco, per questo avviene a procedura ultimata.
Quindi gi qua c' la possibilit di avere una agevolazione... la domanda la presento o presso
l'ufficio europeo dei brevetti, o presso l'ufficio nazionale brevetti e marchi che poi trasferisce
all'ufficio europeo.
Tra l'altro, proprio la Convenzione di cui stiamo parlando ha istituito il cd european pattent
convention, che appunto si abbrevia con EPC, e che ha sostanzialmente istituito questo ufficio,
proprio per il deposito di queste domande di brevetto europeo.
sostanzialmente, l'ufficio che ha poi anche il compito di attuare la ricerca relativamente
all'anteriorit, quindi al requisito della novit del brevetto.
Si cerca di centralizzare tutto presso un unico ufficio proprio per permettere che la ricerca e
quindi la verifica dei requisiti di validit del brevetto possa essere facilmente attuata e
sopratutto perch cos si possono sfruttare anche le banche dati che sono a disposizione di
questi uffici.

Tanto vero che proprio l'european pattent convention, come ufficio preposto alla ricezione
della domanda unica, procede a quello che sostanzialmente l'esame formale della domanda,
esegue la ricerca di anteriorit e a questo punto provvede poi a pubblicare la domanda di
brevetto e proprio per verificare se non ci sono osservazioni da parte magari di altri soggetti che
hanno interesse ad opporsi, a rivendicare la priorit della brevettazione, e quindi
sostanzialmente c' questa agevolazione nel consentire la valutazione a questo ufficio, il quale
ha la possibilit di attuare in modo pi veloce e anche se vogliamo pi corretto, l'eventuale
verifica dei requisiti di validit del brevetto.

Poi vi sono gli ACCORDI TRIPs.


Acronomo di agreement on trade related aspect of intelectual propriety, accordo relativo al
regime internazionale della propriet intellettuale.
Questo ha tra l'altro istituito anche, perch ovviamente tutti questi accordi vanno ad istituire
nuovi organismo, nuovi uffici e cos via, quello che a noi interessa e che comunque a partire dal
1996 con un d lgs stata data attuazione anche in Italia all'accordo.
Il d lgs del 1996 ha dato attuazione a questo accordo e sopratutto viene ad essere ribadito e
sancito il principio di assimilazione che, come abbiamo visto, obbliga gli Stati aderenti ad
accordare ai cittadini degli altri Stati aderenti lo stesso trattamento che riservano, per quanto
riguarda i diritti della propriet intellettuale, il trattamento riservato ai propri cittadini.
Quindi sostanzialmente c' un riconoscimento comunque della tutela della propriet
intellettuale che viene ad essere riconosciuta anche a soggetti appunto che non sono cittadini
italiani, ma che sono cittadini di altri Stati che hanno aderito all'accordo TRIPs.

Modelli di utilit. Nel CC e nel CPI noi abbiamo i cd modelli industriali che vengono suddivisi in
due categorie, che sono appunto:

i modelli di utilit

i modelli e disegni

Per i modelli di utilit abbiamo la brevettazione, per i modelli e disegni abbiamo la


registrazione.
Proprio perseguendo la finalit di tutelare quelle che sono le opere che conseguono all'attivit
creativa intellettuale, si anche data, con una legge del 1987, tutela ai cd disegni tessili.
Pensate a tutta l'evoluzione che questa materia ha avuto e addirittura si arrivati a riconoscere
tutela anche ai disegni tessili.
Poi, sempre in quest'ottica di appunto garantire, dare garanzie a tutela della propriet
intellettuale, si anche abolito il divieto di cumulare la protezione accordata dal diritto
d'autore, con la protezione che ne consegue appunto alla propriet industriale, perch noi
vedremo che talvolta siamo nelle situazioni nelle quali magari una determinata fattispecie, un
determinato istituto pu essere tutelato sia con la tutela accordata al diritto d'autore, sia con la
tutela accordata dal CPI.

Inizialmente c'era un divieto di poter utilizzare entrambe le tutele, questo divieto stato
abrogato.
Quindi c' uno sviluppo e una maggior attenzione, a non solo le vere e proprie invenzioni
industriali, ma anche a tutto quello che pu invece rappresentare un modello di utilit oppure
un modello o un disegno.

DISTINZIONI: tra invenzione e modello di utilit.


Il modello di utilit si caratterizza per creare sostanzialmente una forma nuova, ma che ha la
caratteristica di migliorare, di innovare, anche dal punto di vista tecnologico, l'utilizzo magari di
qualcosa che esiste gi, come per esempio pu essere un macchinario piuttosto che un utensile e
via dicendo...
gi questo ci permette di fare una prima distinzione tra invenzione e modello di utilit.
Nella pratica non sempre cos semplice e automatico capire se siamo di fronte ad un modello
di utilit o una invenzione, se dovessimo al di la delle definizioni, trovare un criterio per poter
individuare uno piuttosto che l'altro appunto oggetto brevettabile, dovremo fare riferimento ad
un criterio sostanzialmente quantitativo, perch si dice che nel modello c' una sorta di
invenzione minore, nel modello manca la soluzione nuova ad un problema tecnico, perch pi
che altro l'innovazione tecnologica che oggetto del modello di utilit, riguarda magari degli
aspetti accessori all'invenzione, che sono comunque importanti, ma che sono relativi a qualcosa
che gi noto.
Nel senso che, c' una minor invenzione proprio perch io ho si innovato tecnologicamente
qualcosa, ma sono andata a lavorare su un qualcosa che era gi noto nello stato della tecnica.
Comunque ha un suo valore, tanto vero che io posso brevettare, per non ha le caratteristiche
dell'invenzione....
tanto vero che, proprio perch questa anche la spiegazione del motivo per cui si pu
convertire un brevetto nullo perch non ha le caratteristiche dell'invenzione, ma avendo le
caratteristiche del modello di utilit posso comunque non porlo nel nulla, ma utilizzarlo come
brevetto per modello di utilit, quindi il brevetto dichiarato nullo pu essere convertito in
brevetto per modello di utilit, perch il modello di utilit ha la caratteristiche in parte simili
all'invenzione, ma quantitativamente ha innovato in modo minore, proprio perch andato ad
incidere su un qualcosa che era gi noto.
E siccome l'invenzione una soluzione nuova, tecnica, ad un problema, in questo caso
mancherebbe il requisito della novit.
Nel caso del modello di utilit c' un innovazione di tipo tecnologico, di tipo utilitaristico, cio
io vado a creare qualcosa che mi permette un'utilizzazione migliore di un determinato
macchinario.
Nel caso dell'invenzione dipendente, io arrivo ad un'invenzione come dire, nuova di per se,
anche se necessariamente collegata all'invenzione del prodotto iniziale.
Quando io dico, un modello di utilit, mi riferisco ad esempio... riesco con la mia attivit
inventiva a rendere pi facile l'utilizzazione di un macchinario attraverso o un procedimento
particolare pi rapido, pi veloce, o addirittura creando un'ulteriore elemento che per in se e
per se non ha valenza di invenzione, ma serve per appunto, facilitare l'utilizzo di un... ad un
certo punto mi rendo conto che l'acceleratore del passaggio di corrente, mi favorisce se inserito

in un determinato macchinario pu rendere il macchinario molto pi veloce. In realt io


l'acceleratore non l'ho inventato, ho semplicemente applicato qualcosa, ma la mia idea stata
quella di migliorare e quindi rendere pi rapido, avere un risultato concreto migliore di quel
determinato macchinario.
Mentre invece l'invenzione dipendente quando io, dopo che stato inventato un determinato
prodotto, un determinato bene, sulla base di quel prodotto, continuo a studiare l'invenzione di
quel prodotto, e mi rendo conto che da quel prodotto posso appunto ottenere una determinata
sostanza che pu ovviamente avere un'applicazione.
A questo punto io necessariamente devo fare riferimento all'invenzione principale, per la mia in
se e per se ha le caratteristiche di una invenzione.
Poi nel concreto, gi tra invenzione e modelli di utilit, ci si trova di fronte nella pratica,
quando il giudice deve valutare se invenzione o modello di utilit, si trova a dover verificare
con attenzione, perch non cos netta la linea di demarcazione tra l'uno e l'altro delle
fattispecie.

Come per esempio non assolutamente semplice anche operare la:


DISTINZIONE: modelli di utilit e modelli e disegni. Nel caso del modello di utilit ho appunto,
come si definisce il modello di utilit, una forma nuova di un prodotto industriale, idonea
naturalmente a conferire al prodotto una particolare efficacia, comodit, diciamo un miglior
utilizzo e via dicendo... quando io dico, il modello di utilit, e quindi riprendo la definizione
dell'articolo 82 del CPI, e dico che il modello di utilit la forma nuova di un prodotto
industriale, idonea a conferire al prodotto una particolare efficacia e comodit, chiaro che
questa forma fa riferimento ad una innovazione di tipo tecnologico, cio un qualcosa che va ad
incidere sull'applicazione e sull'impiego del prodotto dal punto di vista dell'utilizzo, della
tecnologia per utilizzare quel prodotto.
Se noi andiamo a vedere invece il modello o disegno, anche li abbiamo una forma nuova, per la
forma nuova ha una caratteristica di innovazione dal punto di vista estetico, dal punto di vista
esteriore, al punto di vista che riguarda l'aspetto esteriore, estetico, percepibile dai terzi.
Il modello di utilit, abbiamo visto, l'articolo 82 CPI lo definisce come forma nuova di un
prodotto industriale, idonea a conferire al prodotto una particolare efficacia e comodit
nell'utilizzo, nell'impiego.
Abbiamo visto che quando ci riferiamo e diciamo forma nuova, intendiamo sotto l'aspetto
dell'innovazione tecnologica questa forma e tra l'altro noi naturalmente abbiamo anche qui delle
caratteristiche che sono considerate requisiti di validit del modello di utilit, e infatti, nel caso
del modello di utilit, il requisito della originalit, si verifica e si concretizza nel termine
particolare che viene appunto indicato sia dall'articolo 82 CPI, sia dall'articolo 2582 cc, dove
l'aggettivo particolare, cio idonea a conferire particolare efficacia o comodit nell'applicazione
o nell'impiego, vuole appunto mettere in evidenza il requisito della originalit che il modello di
utilit deve possedere per poter essere brevettabile, quindi, nel caso del modello di utilit non
parliamo dell'originalit in se e per se, ma facciamo riferimento all'originalit come alla
particolare efficacia, perch il testo stesso della norma lo indica, alla particolare efficacia o
comodit di quella determinata applicazione, o di quel determinato impiego del prodotto.

Quindi, da qui si deduce che appunto, posto che si restringe l'attivit inventiva, l'apporto
creativo, ecco che sostanzialmente questo valutato in misura minore rispetto all'apporto
inventivo nella invenzione.
Naturalmente questo apporto di innovazione tecnologica sopratutto riferita a macchine,
strumenti, utensili, oggetti che vengono comunemente utilizzati.
Mentre invece i cd disegni e modelli, hanno la caratteristica di essere si forme nuove, anche
questi, ma soltanto dal punto di vista dell'innovazione estetica.
A questo punto, a parte diciamo la procedura con la quale io acquisto il diritto su un modello di
utilit e modello o disegno, per cui parlo di brevettazione per il modello di utilit e di
registrazione per i modelli e disegni, tuttavia poi la disciplina che il CPI ha attuato,
relativamente a quelli che sono i soggetti, le condizioni, etc sostanzialmente analoga per
modelli di utilit e disegni e modelli.
Per fondamentalmente la differenza sostanziale consiste proprio nel fatto che i modelli di
utilit creano una forma nuova dal punto di vista dell'innovazione tecnologica, i disegni o i
modelli hanno invece una forma nuova dal punto di vista dell'innovazione estetica.

Modelli di utilit. Intesi come forma nuova, innovazione tecnologica, che si distingue
dall'invenzione. Questo istituto si distingue dall'invenzione proprio per una minor quantit
dell'attivit inventiva.
Per comunque nel modello di utilit, c' un qualcosa di nuovo, sotto l'aspetto appunto
dell'innovazione tecnologica, tanto vero che la novit sicuramente tra i requisiti che devono
sussistere per il modello di utilit nel momento in cui chiedo la brevettazione.
A questo punto ovviamente abbiamo visto che non sempre semplice distinguere tra invenzione
e modello di utilit, e abbiamo anche visto, a proposito della nullit del brevetto, che pu
essere convertito un brevetto nullo sotto l'aspetto dell'invenzione ma valido invece sotto
l'aspetto del modello di utilit.
Quindi c' sicuramente questa possibilit, inoltre con ovviamente il recepimento di una direttiva
comunitaria, e quindi con una decreto legislativo, si poi previsto, e quindi si inserita una
disposizione del CPI, che possano essere presentate contemporaneamente sia la domanda di
invenzione, che quella di modello di utilit, e una subordinata alla brevettazione dell'altra, nel
senso che, per non perdere comunque la procedura di brevettazione, e sopratutto senza
attendere che poi magari ci sia un giudizio in cui viene dichiarato nullo in brevetto e poi appena
la conversione, si riconosce al titolare del modello dell'invenzione, la possibilit di presentare
contemporaneamente comunque due domande, proprio per evitare che magari la prima, quella
relativa all'invenzione non venga accettata e di conseguenza utilizzare invece l'altra per modello
di utilit, posto che la distinzione e quindi la linea di confine molto labile, proprio perch
bisogna valutare quantitativamente e anche qualitativamente, la minor attivit inventiva che c'
nel modello di utilit rispetto all'invenzione.
Ci sono altre ipotesi nelle quali difficile distinguere tra modello di utilit, marchio di forma o
imitazione servile...
se a caraterizzare il modello di utilit la forma, forma nuova che comporta un'innovazione
tecnologica, certe volte ci si posti il problema se questo tipo di forma non possa essere anche
considerato marchio di forma, se presenta i requisiti della capacit distintiva del prodotto.

La brevettazione ha una durata decennale, quindi la tutela limitata alla durata decennale,
sempre naturalmente dalla data di presentazione della domanda.
Di fronte al problema di valutare se un modello di utilit pu essere considerato anche marchio
di forma o comunque ottenere ai sensi dell'articolo 2598 numero 1, tutela nei confronti di chi
imita servilmente quel determinato prodotto, la dottrina, ma anche la giurisprudenza
pervenuta alla conclusione che se si riconoscesse una tutela concorrente, ovvero sia quando io
brevetto un modello di utilit, poi posso comunque registrarlo come marchio di forma e quindi
comunque ottenere una tutela ai sensi del 2598, andrei ad eludere la durata decennale della
brevettazione, perch se la registrazione come marchio, pu essere rinnovata, quindi comunque
in ogni caso io posso farla durare per un lungo periodo, certamente per un periodo superiore ai
10 anni che sono previsti per la brevettazione del modello di utilit.
Quindi sostanzialmente si creerebbe una sorta di disparit di trattamento e si andrebbe ad
eludere il limite decennale.
Quindi, la giurisprudenza e la dottrina hanno recepito questo orientamento, tanto vero che
nell'articolo 82 CPI, si previsto che appunto le forme utili non possano accedere al brevetto
per marchio o alla tutela ex articolo 2598 n 1, neanche se dotate di valore distintivo, quindi
neanche se dotate di quelle caratteristiche che sono essenziali e fondamentali per ovviamente la
registrazione del marchio.

Art. 82. Oggetto del brevetto-1. Possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilit i
nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodit di applicazione o di impiego a
macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli
consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti.
2. Il brevetto per le macchine nel loro complesso non comprende la protezione delle singole
parti.
3. Gli effetti del brevetto per modello di utilit si estendono ai modelli che conseguono pari
utilit, purch utilizzino lo stesso concetto innovativo.

Ovviamente, la norma specifica che anche se queste forme di utilit possono esprimere un
carattere innovativo, e siano quindi sicuramente brevettabili come modello di utilit.
Quindi, certamente il CPI, e quindi la legislazione ha recepito quello che era l'orientamento
espresso gi prima dalla dottrina e dalla giurisprudenza di limitare la tutela al modello di utilit,
secondo appunto la brevettazione del modello di utilit e non anche invece una concorrente
tutela come marchio di forma o come appunto imitazione servile, quindi possibilit di agire nei
confronti di chi imita servilmente ai sensi del 2598 n 1.
Quindi sicuramente la disciplina del modello di utilit una disciplina che in parte si avvicina
alla disciplina dell'invenzione, e in parte si avvicina a quella del disegno o modello, ma che
sostanzialmente ha delle caratteristiche proprie, se non altro per il fatto che il modello di utilit
un'invenzione, laddove la soluzione nuova sta nell'innovazione tecnologica che si da a quel
determinato prodotto.
Quindi, non facile distinguere nella realt, ci possono appunto aiutare i criteri che abbiamo
visto essere individuati anche dal CPI, il modello di utilit ha una tutela decennale, nel senso di
valere la brevettazione del modello per 10 anni.

Disegni e modelli. Ovvero sia quelle forme nuove che per vanno ad innovare sotto l'aspetto
estetico, cio sotto l'aspetto ornamentale, sotto l'aspetto esteriore.
La stessa precisione del CC relativamente alla registrazione, invece che alla brevettazione, sta a
significare che sostanzialmente c' una tutela che non viene ad essere subordinata, condizionata
all'accertamento e quindi al raggiungimento di un certo livello estetico, ornamentale, la
terminologia varia proprio perch diversi sono anche i requisiti e i presupposti per ottenere la
tutela.
Sia per quanto riguardava il marchio, sia per quanto riguardava le invenzioni e quindi il modello
di utilit, abbiamo utilizzato quella che si definisce appunto o registrazione del marchio o
brevettazione, dove sostanzialmente la finalit quella di ottenere una tutela assoluta, ovvero
sia di diritti di esclusiva nei confronti di altri soggetti che utilizzassero o la stessa invenzione o lo
stesso segno.
Questa tutela trova il suo limite nel principio di esaurimento, sia nazionale che comunitario
previsto dall'articolo 5 CPI.
C' una tutela anche nei confronti del disegno o modello, cio di quella innovazione che va a
riguardare solo l'aspetto estetico ornamentale.
Ovviamente, quando noi abbiamo parlato della registrazione del marchio o della brevettazione
dell'invenzione o del modello di utilit, abbiamo visto che devono essere presenti determinati
requisiti, che ci vuole un esame per verificare, anche se questo esame nel tempo si evoluto da
un esame puramente formale siamo arrivati oggi anche ad un esame sostanziale, nel senso di
verificare se ci sono determinati presupposti, quindi si entra nel merito.
Per registrazione del marchio e modello di utilit c' ancora oggi questa procedura
amministrativa che scandita da determinate fasi e da un approfondimento sui requisiti
dell'oggetto della registrazione del marchio o brevettazione, mentre invece per i disegni o
modelli si voluto utilizzare proprio un termine, registrazione, che ha la valenza di significare
che c' un approfondimento minore, quindi non necessario per poter registrare un disegno o un
modello, quel raggiungimento elevato di creativit dal punto di vista dell'innovazione esteticoornamentale.
La procedura sostanzialmente la stessa, c' sempre il deposito della domanda etc... ma
l'esame e quindi anche successivamente alla registrazione, quando il giudice si dovesse trovare
ad esaminare quali sono i requisiti del disegno o del modello ornamentale, giusti per
differenziarlo dal modello di utilit, dovr, nella sua valutazione, adottare dei criteri meno
approfonditi, nel senso che non si dovr ricercare il particolare e elevato raggiungimento del
livello estetico ornamentale.
Anche per i disegni e modelli ci sono dei presupposti ben precisi!
Tra l'altro il CPI non ha fatto altro, all'articolo 31 ss, laddove si parla del disegno o del modello,
non ha fatto altro che recepire quelle che erano le norme della legge modelli previgente, che
oggi sono contenuti nella disciplina del CPI.Ovviamente viene definito come modello, ovvero sia
disegno, atto alla registrazione, viene valutato l'aspetto dell'intero prodotto, o anche di una
parte del prodotto, quale risulta in particolare dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei
colori, della forma e della struttura superficiale o dei prodotti materiale del prodotto stesso o
del suo ornamento.

Quindi, c' una evidente riferimento da parte dell'articolo 31 Cpi a queste linee esteriori, cio a
questa forma esteriore e a questa struttura esterna che deve raggiungere un certo livello
estetico ornamentale.

Art. 31. Oggetto della registrazione- 1. Possono costituire oggetto di registrazione come disegni
e modelli l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle
caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale
ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento, a condizione che siano nuovi
ed abbiano carattere individuale.
2. Per prodotto si intende qualsiasi oggetto industriale o artigianale, compresi tra l'altro i
componenti che devono essere assemblati per formare un prodotto complesso, gli imballaggi, le
presentazioni, i simboli grafici e caratteri tipografici, esclusi i programmi per elaboratore.
3. Per prodotto complesso si intende un prodotto formato da piu' componenti che possono
essere sostituiti, consentendo lo smontaggio e un nuovo montaggio del prodotto.
Tra l'altro interessante che la registrazione del modello o del disegno, viene ad essere
subordinata al riconoscimento di un particolare pregio, di una valutazione peculiare che
ovviamente il modello e disegno deve avere rispetto a quelli che sono ovviamente gli altri
prodotti all'interno del mercato, ecco perch se noi andiamo appunto a vedere poi quali sono i
requisiti per i disegni e i modelli per la registrazione, vediamo che gli articolo 32 e 33 CPI
indicano come requisiti ovviamente tanto quello della novit che un requisito che
sostanzialmente ritorna in tutti gli istituti oggetto di brevettazione, ma in questo caso la novit
viene ad essere intesa come assenza di disegno o modello identico nel mercato a quello che si va
a registrare, e quindi si richiede che nessun disegno o modello identico sia stato divulgato
anteriormente, quindi sia stato reso accessibile, sia stato esteriorizzato, sia stato appunto
divulgato al pubblico, ed interessante perch l'articolo 32 CPI considera identici i disegni o i
modelli che per le loro caratteristiche differiscono soltanto da dettagli irrilevanti del prodotto.
Art. 32. Novit -1. Un disegno o modello nuovo se nessun disegno o modello identico stato
divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione, ovvero,
qualora si rivendichi la priorit, anteriormente alla data di quest'ultima. I disegni o modelli si
reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli irrilevanti.
Quindi sostanzialmente noi abbiamo una definizione del requisito della novit come non solo
assenza di pre divulgazione rispetto al momento di presentazione della domanda di un oggetto
identico, di un disegno o di un modello, ma abbiamo poi anche una indicazione precisa del
criterio con il quale si va a stabilire se due modelli o due disegni sono identici.
E contrariamente a quello che potrebbe far pensare il termine identico utilizzato, perch
identico vuol dire uguale, quando noi parliamo di marchi identici o simili intendiamo due disegni
uguali, qua invece il termine identico utilizzato in una accezione diversa, ed la stessa norma
che poi lo specifica, nel senso che appunto le caratteristiche del disegno differiscono soltanto
per dettagli irrilevanti.
Voi capite che comunque, in ogni caso, l'irrilevanza o meno di un dettaglio non semplice da
determinare... perch comunque lascia a chi deve poi giudicare, lascia comunque una
arbitrariet nella individuazione dell'elemento irrilevante oppure no.
Tanto vero che, ovvio ed evidente, che un'eventuale giudizio che dovesse riguardare proprio il
requisito della novit, e quindi se due disegni sono identici o meno, certamente dovrebbe
avvalersi di una consulenza tecnica, di un esperto che possa valutare effettivamente se si pu

parlare di identit o meno, cio quali sono i dettagli irrilevanti che ovviamente vanno ad influire
sul giudizio di identit.
Quindi certamente gi questo un elemento che poi nel concreto difficile da valutare, o
quanto meno che per la valutazione non pu contare su dei criteri oggettivi ma comunque
lasciato ad una valutazione, ad un giudizio.
L'altro requisito importantissimo il carattere individuale.
definito all'articolo 33 CPI, perch in questo caso il carattere individuale che il disegno o
modello deve possedere per poter essere registrato riconducibile all'impressione generale che
suscita nell'utilizzatore informato, la norma usa il termine utilizzatore informato del disegno o
del modello, e che deve differire dall'impressione generale suscitata in tale utilizzatore da
qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della
domanda di registrazione.

Art. 33.Carattere individuale-1. Un disegno o modello ha carattere individuale se l'impressione


generale che suscita nell'utilizzatore informato differisce dall'impressione generale suscitata in
tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di
presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorit, prima della
data di quest'ultima.
2. Nell'accertare il carattere individuale di cui al comma 1, si prende in considerazione il
margine di libert di cui l'autore ha beneficiato nel realizzare il disegno o modello.

Per utilizzatore informato si intende e si fa riferimento al designer esperto, a colui che esperto
in quel determinato ramo, in quel determinato settore e che quindi pu valutare quella che la
caratteristica dell'individualit, cio il carattere individuale che il disegno o modello deve
possedere.
Tuttavia questa soluzione del designer informato, non una soluzione univoca, nel senso che,
parlando la legge di utilizzatore informato, in realt, l'interpretazione potrebbe essere anche
un'altra, cio utilizzatore informato pu essere colui che il designer esperto, che quindi
conosce il mercato, che quindi ha una dimestichezza con il disegno o modello che viene ad
essere oggetto della registrazione, e l'altro utilizzatore informato potrebbe essere considerato il
consumatore di quel determinato settore.
Esempio: la lampada come modello perch si da una maggiore innovazione dal punto di vista
estetico ornamentale, chiaro che c' una diversit se io intendo come utilizzatore informato il
designer esperto nel settore delle lampade, perch certamente avr una visione a 360 gradi di
tutti quelli che sono i modelli, avr sicuramente anche conoscenza, avr un back ground
certamente diverso rispetto invece al consumatore di lampade, che certamente pu essere
anche un consumatore qualificato rispetto alla media dei consumatori, ma sempre consumatore
, sempre rivolto semplicemente all'acquisto, quindi pu non avere quelle conoscenze anche a
livello storico di evoluzione dei vari disegni, quindi, il carattere individuale a questo punto viene
ovviamente valutato in modo diverso, perch la percezione che il consumatore, se intendiamo
utilizzatore informato come colui che effettivamente utilizza, quindi il consumatore, sia pur
esperto, sia pur qualificato, ha una visione diversa da quella che la visione invece del designer
esperto del settore se intendiamo il termine utilizzatore informato come designer esperto.

E qui anche ovviamente, rimesso alla valutazione del giudice, quindi la giurisprudenza che
poi di volta in volta valuta se siamo in un'ipotesi o in un'altra, proprio perch c' questo
problema di appunto capire, di interpretare sostanzialmente quello che il legislatore voleva
intendere con il termine utilizzatore informato.
Quindi comunque sia che consideriamo utilizzatore informato come designer esperto, quindi
come tecnico esperto del settore, sia che utilizziamo il termine utilizzatore informato come
consumatore qualificato, comunque in ogni caso poi bisogna valutare quella che la percezione
del disegno o del modello da parte di questo soggetto, e vedere se appunto differisce o meno
questo disegno o modello da disegni o modelli che possono essere gi stati divulgati.
Quindi, nel caso dei disegni o modelli effettivamente c' una certa difficolt di fissare dei punti
fermi, dei criteri oggettivi in relazione alla sussistenza del carattere della novit e del carattere
individuale, che sono richiesti come elementi per la registrazione.
Bisogna fare attenzione anche quando o siamo gi in fase di contenzioso o siamo nella fase di
riflettere se appunto tutelare magari il disegno registrato attraverso un'azione giudiziale, quali
sono effettivamente le possibilit e quindi le concrete chance che si ha poi di ottenere tutela e
quindi di vincere la causa.
C' poi l'ultimo requisito che deve sussistere, che quello della LICEITA'.

( interessante che la liceit stata inserita in realt dal d lgs 131 del 2010 perch il legislatore
quando ha pensato al CPI si era dimenticato di inserire il requisito della liceit, e quindi
successivamente, come spesso ci ha abituato il nostro legislatore, inserisce poi tutta una serie di
ulteriori articoli e norme che vanno ad integrare.... infatti vi il 33 bis che prevede anche il
carattere della liceit).
Art. 33-bis. Liceit -1. Non pu costituire oggetto di registrazione il disegno o modello contrario
all'ordine pubblico o al buon costume; il disegno o modello non pu essere considerato contrario
all'ordine pubblico o al buon costume per il solo fatto di essere vietato da una disposizione di
legge o amministrativa.
2. Non pu costituire oggetto di registrazione il disegno o modello che costituisce utilizzazione
impropria di uno degli elementi elencati nell'articolo 6-ter della Convenzione di Parigi per la
protezione della propriet industriale, testo di Stoccolma del 14 luglio 1967, ratificato con
legge 28 aprile 1976, n. 424, ovvero di segni, emblemi e stemmi diversi da quelli contemplati
da detto articolo e che rivestono un particolare interesse pubblico nello Stato.

I disegni e modelli, sia pur ottenendo appunto la registrazione, quindi procedura che
sottointende un raggiungimento se vogliamo inferiore, a livello creativo, per quanto riguarda la
funzionalit estetico ornamentale, tuttavia poi, per quanto riguarda i requisiti, cio novit,
intesa come mancanza di identit di disegni nel mercato, e il carattere dell'individualit, che
sono i due requisiti, ovviamente pu creare dei problemi nella valutazione concreta della
sussistenza di questi requisiti, anche se ovviamente la registrazione avviene senza che vi sia
alcun esame approfondito di questi elementi da parte dell'ufficio, semplicemente si valuta, ma
come nel caso del marchio, si ha un esame abbastanza formale della domanda, lasciando poi
eventualmente ai terzi far valere la nullit della registrazione.

Cosa pu essere oggetto di registrazione?


Parliamo di disegni o modelli, e quindi noi per questa fattispecie deroghiamo a quel principio di
unitariet che abbiamo visto essere presente per esempio per la brevettazione dell'invenzione o
del modello di utilit, per cui ad una domanda deve corrispondere un'invenzione o un modello di
utilit e abbiamo la possibilit di appunto chiedere la registrazione sia di disegni o modelli
singoli, sia per anche di pi esemplari, fino a raggiungere come tetto massimo il numero di 100.
quindi, nel caso dei disegni o modelli, possibile ovviamente presentare una domanda di
registrazione per pi esemplari.
Naturalmente per i disegni o modelli se sono pi di 1 devono ovviamente rientrare tutti nella
stessa categoria che stata elaborata ovviamente a livello internazionale, cos come abbiamo
visto che ci sono delle classificazioni per quanto riguarda le invenzioni, per poter a livello
internazionale valutare la sussistenza dei requisiti a livello internazionale, anche per i modelli e
disegni si creata una sorta di classificazione internazionale e quindi se in realt io mi riferisco,
se i disegni sono pi di uno, fino ad un massimo di 100, ma riguardano la stessa categoria, posso
appunto presentare un'unica domanda.
Ovviamente l'unico limite che io ho e che devo rispettare che non possono essere ovviamente
oggetto di registrazione quei disegni e quei modelli le cui caratteristiche del prodotto sono
determinate proprio dalla funzione tecnica del prodotto stesso, come il marchio di forma, io
non posso registrare un marchio di forma se la forma necessaria all'uso di quel bene, quindi
anche in questo caso il limite dato dal disegno o dal modello quando diventa funzione tecnica
del prodotto stesso.
Per quanto riguarda i tempi della registrazione, c' un termine molto pi limitato perch un
termine quinquennale, quindi la registrazione dura 5 anni, in questo caso pu essere prorogata
per pu essere prorogata fino ad un periodo massimo di 25 anni.
Quindi il periodo massimo di tutela che io posso ottenere con la registrazione del disegno o del
modello di 25 anni, 5 anni, prorogabili a 25.
questa una novit introdotta con un d lgs del 2001, numero 95, che ha recepito una direttiva
comunitaria proprio in tema di modelli (ornamentali) e disegni.
Perch in realt il CPI non aveva colto prima di questo d lgs che ha modificato la disciplina del
codice, ma prima di questa integrazione, di questa modifica, si prevedeva solo il termine
quinquennale.
Dopo il d lgs 95 del 2001 il termine di 5 anni prorogabile fino a 25.
Anche per i disegni e modelli ci si posti il problema di un'eventuale concorso tra modello,
marchio di forma e imitazione servile, cio se anche qui possa in qualche modo essere, proprio
perch non ci siano problemi, se un modello ornamentale potesse essere registrato anche come
marchio di forma o comunque tutelato alla luce della disciplina del 2598 numero 1.
anche qui il d lgs 95 del 2001 ha innovato la tutela apprestata ai modelli e disegni in
precedenza, perch ha riconosciuto il cumulo di tutela.
Quindi, sostanzialmente ha modificato quella che poteva essere la relazione tra modello,
marchio di forma e imitazione servile....
sostanzialmente si andati a valutare quell'elemento che abbiamo visto essere essenziale per la
registrazione che il carattere individuale.

Prima di arrivare al d lgs 2001 numero 95 in realt c'era stata una decisione della CG dell'UE, che
in materia di marchi di forma aveva enunciato un principio secondo cui la forma di un prodotto,
che sia in grado di svolgere una funzione distintiva appunto marchio di forma, e che inoltre,
sempre relativamente al marchio di forma si riconosceva la possibilit di registrare il marchio di
forma non solo quando appunto c'era la funzione distintiva, ma anche quando l'uso di quella
forma, si impone all'attenzione del pubblico.
Non solo come elemento a se stante, ma proprio come simbolo di un messaggio pubblicitario
relativo a quel determinato prodotto, pensate alla forma della bottiglia della coca cola, e ovvio
ed evidente che il marchio di forma ovviamente sussiste non solo perch c' una capacit
distintiva di individuare quel determinato prodotto come proveniente da quella determinata
azienda, ma anche perch l'uso che si fatto di quella forma ha ottenuto naturalmente da parte
del pubblico un'attenzione considerevole non tanto come forma in se originale, ma proprio
perch rappresentava il messaggio pubblicitario, il messaggio di marketing di provenienza di
quel prodotto da quella determinata azienda.
Quindi, a questo punto, da questa decisione della CG, e quindi dall'affermazione di questo
principio si dedotto che la forma che abbia queste caratteristiche pu essere protetta come
marchio e ovviamente anche se pu avere le caratteristiche del modello ornamentale.
Tuttavia se c' questa caratteristica non solo della funzione distintiva ma anche della percezione
del pubblico, e quindi dell'uso di quella determinata forma come utilizzo di quel prodotto
proveniente da quell'impresa, la forma registrata come marchio di forma.
A questo punto si trattava di verificare se potesse esserci stata in precedenza una registrazione
come modello ornamentale.
Pensiamo a tutti gli altri oggetti che possono sia avere le caratteristiche sia del modello
ornamentale, e che magari poi solo successivamente vengono registrati come marchio, e se in un
primo momento si riteneva che questo non fosse possibile, successivamente invece stato
modificata la disposizione dell'articolo 40 CPI, ci sono due aspetti:

dopo la decisione CG si posto di verificare se i modelli ornamentali registrati come


modelli potessero essere poi registrati come marchio di forma, ed effettivamente questo
stato reso possibile, anche se la tutela apprestata ad una concorrenza...

l'altro problema invece che ci si era posti, e quindi sempre di concorrenza, di tutela parliamo,
perch ovvio ed evidente che in questo caso il marchio di forma rispetto al disegno o modello
ha una durata maggiore rispetto ai fini della tutela, rispetto ai 25 anni della registrazione del
modello. Per si ritiene che in questo caso ci sia un riconoscimento alle caratteristiche di quella
determinata forma che pu addirittura assurgere a marchio di forma, quindi in questo caso
stata ammessa la doppia tutela.

L'altro problema era di verificare se modelli di utilit, quindi modelli che nascono come
un'invenzione, quantitativamente inferiore ma sempre invenzione, quindi la
brevettazione del modello di utilit, potesse trovare anche tutela sotto l'aspetto
dell'innovazione estetica, del disegno o modello ornamentale. In tutta questa serie di
beni, che in realt possono appartenere sia all'una che all'altra categoria si inserisce il
design industriale, perch il design industriale, che ovviamente utilizza l'innovazione
tecnologica per creare e per evolvere o quanto meno per dare uno sviluppo ulteriore ad
un oggetto, certe volte questa innovazione tecnologica consiste anche in un'innovazione
estetica, dove sostanzialmente c' un aspetto dal punto di vista dell'esteriorizzazione del
prodotto che va tutelato anche sotto l'aspetto del modello ornamentale.

Quindi, appunto ci si posti il problema se queste tutele potessero trovare contemporanea


attuazione, e in realt l'articolo 40 CPI, ammette che per la stessa forma, si possa ottenere sia
ovviamente la brevettazione, quindi il brevetto per modello di utilit, sia la registrazione per
modello o disegno, e quindi sostanzialmente una tutela concorrente.

Art. 40. Registrazione contemporanea- 1. Se un disegno o modello possiede i requisiti di


registrabilit ed al tempo stesso accresce l'utilit dell'oggetto al quale si riferisce, possono
essere chiesti contemporaneamente il brevetto per modello di utilita' e la registrazione per
disegno o modello, ma l'una e l'altra protezione non possono venire cumulate in un solo titolo.
2. Se la domanda di registrazione comprende un oggetto la cui forma o disegno gli conferisca
carattere nuovo e individuale e nello stesso tempo ne accresca l'utilit, applicabile la
procedura di limitazione di cui all'articolo 39, comma 2, apportando le necessarie modifiche
.
A questo punto per i problemi che si sono presentati nella realt, nella pratica sono parecchi e
non sempre hanno trovato soluzione, se non a seconda delle decisioni della giurisprudenza,
posto che non stata adottata una soluzione a livello legislativo....
se io sono titolare di un brevetto come forma di utilit, e sono anche titolare di una
registrazione per forma ornamentale, io posso separatamente cedere sia uno che l'altro, ma a
questo punto, mi trovo ad affrontare il problema, se io ho ceduto il brevetto per il modello di
utilit e quindi un altro soggetto pu costruire, pu commercializzare il mio modello di utilit,
come si concilia questo suo diritto di esclusiva con il diritto di esclusiva del titolare a cui io
ceduto invece la registrazione del disegno o del modello ornamentale...
quindi questi sono problemi che nella pratica effettivamente non sono stati risolti dal punto di
vista legislativo, posto che sono state le varie decisioni giurisprudenziali a dirimere le varie
controversie, anche in modo contrastante a volte... tanto vero che ovviamente consigliabile
per il titolare del brevetto come modello di utilit sia della registrazione del modello
ornamentale, se non vuole meramente lucrare sul trasferimento, sulla cessione, di dirimere con
una regolamentazione precisa l'eventuale coesistenza di questi due diritti di esclusiva che in
realt possono essere sicuramente utilizzati da coloro che hanno acquistato, uno magari il
brevetto di utilit, l'altro la registrazione per la forma ornamentale.
Questi sono problemi che sono rimasti aperti.... il legislatore da u n lato ha riconosciuto con
l'articolo 40, che stato modificato alla luce delle varie direttive comunitarie, dei vari decreti
legislativi che hanno recepito le direttive comunitarie, ma ovviamente poi bisognava creare,
cosa che il nostro legislatore non ha fatto, bisognava creare anche una regolamentazione di
quelli che possono essere i rapporti, posto che una volta che io riconosco che ho una tutela
concorrente i diversi titoli possono circolare separatamente e liberamente.
Se permangono in mano ad un solo soggetto non c' problema ma se questo poi intende cederli
certamente bisogna vedere come si coordinano i vari diritti di esclusiva.Per altro questo un
problema non da poco, perch il design comunque l'industria del design ha sicuramente uno
sviluppo sempre maggiore nella nostra quotidianit.... tra l'altro ci sono state i vari sviluppi
delle varie leggi che hanno dovuto sostanzialmente andare ad intervenire in un mercato dove si
auspica e si incentiva la libera concorrenza, ma tanto libera concorrenza, vi sono tutte le
problematiche della concorrenza che per esempio deriva dalla Cina, che imita le nostro opere di
design, le riproduce, per poi rivenderle ovviamente nel mercato italiano, quindi c' stata sempre
pi l'esigenza di tutelare determinati modelli ornamentali che non avevano prima di una certa

data avuto necessit di essere tutelati, ed infatti con un d lgs del 2007, quindi a partire dal
2008, sostanzialmente si previsto che tutti quelli che erano gli oggetti di design e che
potevano contare naturalmente il riconoscimento della loro originalit in base non solo
all'aspetto esteriore, ma anche in base al tempo, e quindi alla percezione che il pubblico aveva
di determinati requisiti di quegli oggetti, avessero diritto di ottenere tutela nei confronti di
oggetti che semplicemente andavano a imitare quel determinato oggetto, perch mentre il
marchio sottoposto alla tutela del CPI, ma anche come segno distintivo alla tutela ex 2598
numero 1, cio dell'imitazione servile, quindi tutela della concorrenza, dell'imitazione servile,
nel caso della forma ornamentale, quindi del design, del disegno, del modello con innovazione
estetica, pensiamo a sedie e poltrone o lampade, agli oggetti anche di uso comune, non si pu
richiamare la tutela dell'imitazione servile del 2598, perch non sono segni distintivi di un
imprenditore, quindi si ricorreva alla tutela del diritto d'autore.
Io che sono il creatore, l'inventore nel senso che ho creato quel determinato oggetto di design e
la cui paternit stata accertata, posso ottenere tutela nei confronti di chi sostanzialmente
imita, per questo non era cos pacifico che anche all'oggetto di design si potesse applicare la
legge sul diritto d'autore, e quindi c' stata la necessit, per tutelare questo tipo di situazioni, di
emanare una legge che sostanzialmente a partire dall'entrata in vigore che era il 1 Gennaio
2008, andava a tutelare il pregresso e a fissare delle regole per quella che era la successiva
pratica futura.
Sostanzialmente, per quanto riguarda il diritto comunitario la tutela simile appunto a quella
del marchio, e a quella dell'invenzione, a livello comunitario ho un regolamento che disciplina in
modo uniforme, quindi posso depositare un'unica domanda e ottenere tutela a livello
comunitario proprio perch le caratteristiche sono le stesse e quindi la disciplina applicabile ad
un eventuale disegno o modello uguale per tutti ed la stessa che poi stata inserita nel
nostro codice, anzi, proprio sulla base di questo il CPI, che non prevedeva il requisito della
liceit ha imposto poi, siccome a livello comunitario la liceit previsto come requisito, c'
stata la necessit si inserire con il d lgs 131 del 2010 anche il requisito della liceit.
Per cui c' una totale sovrapposizione, si applica il regolamento!
A livello internazionale anche qui abbiamo le varie Convenzioni, una Convenzione dell'Aja dove
prevista un'unica domanda che viene presentata presso l'ufficio dell'organizzazione mondiale per
la propriet industriale, e anche qui per come abbiamo gi visto per l'invenzione, abbiamo una
serie di fasci paralleli di titoli, perch poi a seconda dei Paesi in cui io voglio utilizzare quel
disegno o modello ci sar la legislazione applicabile...

PARTE 5. DIRITTO ANTITRUST.


Capitolo 1. Gli obiettivi del diritto antitrust.
Il diritto antitrust si propone di creare un complesso di norme che impedisca al sistema
economico di passare da un sistema concorrenziale ad uno monopolistico. Nato negli USA risale
al 1890; viene definito antitrust perch uno degli strumenti pi usati allora per concentrazioni
monopolistiche era appunto il trust; in Italia, la nascita del diritto antitust piuttosto
recente: risale al 1990. Un mercatoconcorrenziale quello in cui venditori e compratori sono
cos numerosi che nessuno di essi pu, da solo, incidere significativamente sul sistema dei
prezzi. Ilsistema di libera concorrenza quello pi conveniente per il consumatore, perch
garantisce la pi alta possibilit di scelta tra beni, mantenendo i prezzi pi bassi possibile; la
competizione tra i produttori funge da stimolo al progresso tecnico; il sistema il pi stabile, in

quanto si realizza una serie continua di piccoli accorgimenti che non permetteranno mai la
verificazione di rivolgimenti radicali.
Un sistema di concorrenza perfetta autoregolante; non richiede interventi, in teoria. Per,
soprattutto ultimamente, ci si accorti che nessun mercato esistente pu davvero ritenersi un
mercato a concorrenza perfetta; spesso si rischia di sfociare in comportamenti oligopolistici,
quindi si sente la necessit di interventi di riequilibriodel mercato, in modo che esso evolva in
senso anticoncorrenziale, effettuati dal diritto antitrust.
Questo progetto si scontra per con alcune difficolt di grande peso. Innanzitutto, il varo di
regole adeguate reso difficile dalle incomplete conoscenze delle scienze economiche (non
facile prevedere gli effetti di un ipotetico intervento normativo). Spesso, si interviene sui
comportamenti, anzich sulle strutture, dando vita ad effetti non definitivi; interventi sulle
strutture sarebbero pi efficaci e duraturi, ma sono interventi non sempre possibili e comunque
molto pi rischiosi, anche tenendo conto del fatto che (come gi detto) le conoscenze teoriche
in materie sono scarse. La difficolt della predisposizione di una normativa antitrust deriva
dallenorme difficolt di prevedere gli effetti economici di ogni misura di cui si proponga il varo.
Occorre fare un'analisi economica del diritto, di costi e benefici di ogni alternativa. Vanno poi
considerati valori di natura non economica, che possono entrare in conflitto con i valori
dell'efficienza: si fa un calcolo di costi e benefici che dipenderanno da scelte di valore (per
esempio, bisognerebbe evitare di imporre alle attivit produttive regole che provochino aumenti
dei costi aziendali).
Ogni sistema antitrust deve individuare il suo mercato rilevante in senso geografico. Inizialmente
si riteneva che ogni sistema antitrust nazionale dovesse occuparsi dei sistemi di mercato sul
territorio della nazione, ma la necessit di coordinazione nelle discipline internazionali (e al
fatto che imprese di paesi diversi fossero poi sottoposte a regole diverse) ha portato a una
globalizzazione delle regole e dei meccanismi di controllo e intervento. A questo scopo e stato
creato l'International Competition Network che raccoglie le autorit antitrust di tutti gli Stati
che ne facciano richiesta,costituendo uno strumento di scambio informazioni, avvicinamento tra
autorit nazionali e armonizzazione legislazioni.
Per l'antitrust italiano, il termine "impresa" da intendere in senso analogamente ampio. Si
applica anche a soggetti che non svolgono alcuna attivit lucrativa, come la SIAE, ai
soggettipubblici e a prevalente partecipazione statale, agli amministratori di condomini, alle
fondazioni, agli Ordini professionali, eccetera. Esenti sono imprese in posizione di monopolio
legale e quelle incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale. Importante
riferimento va fatto al divieto di abuso della posizione dominante per le operazioni infragruppo,
cio alle operazioni che coinvolgono societ appartenenti ad uno stesso gruppo aziendale (e
quindi senza alcun autonomia economica). Queste operazioni sono trattate alla stregua di quelle
di coordinamento di unit operative di ununica impresa, e perci sono considerate
giuridicamente irrilevanti. La giurisprudenza europea pi recente (cui il diritto italiano cerca di
adeguarsi) ha affermato la soggezione delle intese infragruppo al divieto di intese che producano
effetti discriminatori nei confronti di terzi; un piccolo passo, che ancora non risolve il
problema, ma che dimostra che qualcosa si sta muovendo.
I sistemi nazionali antitrust affidano il controllo della concorrenza a un unico organo
plurisoggettivo (Autorit garante) di nomina governativa, ma fornito di adeguate garanzie di
indipendenza rispetto all'esecutivo. In diritto comunitario, lo stesso ruolo svolto dalla
Commissione.
Le fattispecie di base punibile sono state tipizzate, e vengono usualmente classificare some
intese, abusi e concentrazioni. Le intese restrittive sono comportamenti aventi per oggetto o

effetto una riduzione della concorrenza; gli abusi di posizione dominante sono comportamenti
restrittivi della concorrenza assunti unilateralmente da soggetti in posizione monopolistica. Le
operazioni di concentrazione provocano la costituzione o il rafforzamento di una posizione
dominante.

Capitolo 2. Rapporti e coordinamento tra diritto antitrust comunitario e diritto antitrust


nazionale.
Nascita ed evoluzione del diritto antitrust comunitario. Lordinamento statunitense ha
avvertito il bisogno di dotarsi di una normativa antitrust fin dalla fine del XIX secolo, avendo
avvertito fin da allora lesistenza, in molti settori di mercato, di tendenza evolutive in senso
anticoncorrenziale. In Europa, a causa delle grandi fratture nella crescita economica provocate
dai due conflitti mondiali, un bisogno analogo stato avvertito con urgenza solo negli anni 50
del XX secolo.
In tale periodo, mentre alcuni ordinamenti nazionali si dotavano di una propria normativa
antitrust, venivano anche sottoscritti i Trattati istitutivi delle organizzazioni comunitarie (CECA,
1955; CEE, 1957, EURATOM, 1957). Obiettivo primario di tali trattati la creazione di una zona
di libera circolazione di beni, servizi, lavoratori e capitali, costituita appunto dai territori degli
Stati membri, con lidea di una integrazione economica che potesse condurre allintegrazione
politica (su questa via si sono poi posti il Trattato di Maastricht sullUnione Europea del 1992, ed
il Trattato di Amsterdam del 1997).
I trattati comunitari garantiscono esplicitamente la libert di concorrenza.
La normativa comunitaria (direttamente applicabile allinterno degli Stati membri) stata, fino
al varo della legge 287/90, la sola normativa antitrust vigente in Italia; essa, inoltre, stata
consapevolmente adottata dal legislatore italiano come modello per il proprio intervento.

Fonti e struttura del diritto antitrust comunitario. Il diritto antitrust CE si evoluto lungo una
serie di atti di diverso valore giuridico. A livello costituzionale, le norme di base sono fissate
dal Trattato istitutivo della Comunit Europea, firmato a Roma nel 1957, e rimaste immutate
(salvo il cambio di numerazione) nei trattati approvati a Maastricht (1992) e ad Amsterdam
(1197). Una fitta normativa di attuazione data da regolamenti e direttive della Commissione e
del Consiglio; infine, Commissione e Corte di giustizia hanno realizzato una copiosa elaborazione
giurisprudenziale.

Il Trattato CE presenta una adesione piena, ed a prima vista incondizionata, ai principi della
libert di concorrenza. Tuttavia, esso avverte la presenza di valori che possono entrare in
conflitto con tale principio, motivandone la compressione. Si tratta sia di valori di natura
strettamente economica (ad esempio, le esigenze di protezione della propriet intellettuale ed
industriale), sia di valori di natura non economica (come, ad esempio, i valori della salute, della
vita, della protezione del patrimonio artistico, ecc.).
Dal punto di vista tecnico, lantitrust CE si articola su due serie di regole, rivolte a due serie
diverse di destinatari. Da un lato, esso detta obblighi e divieti direttamente ai soggetti
economici (le imprese, secondo la terminologia del Trattato), vincolandone il comportamento
sul mercato; dallaltro, esso detta obblighi e divieti per gli Stati membri, i quali devono

eliminare le proprie normative anticoncorrenziali eventualmente esistenti, e non possono


introdurne altre.

Derivazione del diritto antitrust italiano dal diritto antitrust comunitario. In italia si pi
volte pensato, gi negli anni 50, di varare un diritto antitrust. Tuttavia, il consenso politico per
lintroduzione di tale normativa si avuto solo di recente, ed ha condotto, dopo un iter
parlamentare assai tormentato, allapprovazione della legge 10 ottobre 1990, n. 287. Fino a tale
data, le sole regole antimonopolistiche vigenti in Italia erano quelle dei Trattati comunitari.
La normativa italiana presenta una derivazione assai netta della normativa comunitaria, e si
collega a questa in termini precisi nella sua applicazione. Nello stesso tempo, presenta alcuni
caratteri peculiari.
Profonde sono sicuramente le affinit tra i due sistemi sul piano della norme di carattere
istituzionale e dei valori di fondo.
Quanto ai valori sottostanti alla normativa, una qualche diversit sembra emergere per il fatto
che la legge italiana, dichiarandosi (art. 1, comma 1) attuazione dellart. 41 della Costituzione,
si riallaccia esplicitamente ad un complesso di valori molto articolato, in cui il principio della
libert di concorrenza, espresso dal primo comma dellart. 41 Cost., affiancato con parit di
rango da altri valori non economici (utilit sociale, sicurezza, libert e dignit umana), elencati
dal secondo comma della stessa norma. La normativa CE, viceversa, non esprime in termini
precisi una equiordinazione dei valori economici dellefficienza a valori non economici.
Questa differenza tra i due sistemi per pi apparente che reale. Infatti, linterpretazione
della normativa CE stata sempre ragionevolmente rispettosa dei valori della dignit, della
sicurezza e della libert umana.
Evidenti sono le affinit dei due sistemi sul piano della struttura della normativa sostanziale, in
quanto la normativa italiana in pi punti palesemente ricalcata su quella del Trattato CE. Il
legislatore italiano, inoltre, si preoccupato di realizzare un aggancio forte degli sviluppi
interpretativi del diritto nazionale al diritto comunitario, che coinvolga anche la normativa
secondaria, la giurisprudenza e la prassi CE. Secondo lart. 1, comma 4, della legge 287/90,
infatti, linterpretazione delle norme contenute nel presente titolo (appunto, le norme
sostanziali) effettuata in base ai princpi dellordinamento delle Comunit europee in materia
di
disciplina della concorrenza. Questo rinvio della legge italiana a criteri interpretativi di altro
sistema non ha precedenti, e segnala lintenzione del legislatore italiano di far procedere
levoluzione del diritto nazionale dintesa con levoluzione del diritto CE.
Questo stretto collegamento tra diritto italiano e diritto comunitario non deve tuttavia far
pensare che le due normative coincidano in tutto. A volte il legislatore italiano si volutamente
allontanato dal modello CE; a volte la divaricazione tra regola italiana e regole CE deve essere
suggerita dallinterprete. Soprattutto da verificare punto per punto la possibilit di recepire in
diritto italiano la complessa ed articolata normativa secondaria del diritto CE; ogni norma di
ogni regolamento CE dovr essere sottoposta ad un esame attento prima che se ne affermi la
trasferibilit al diritto italiano, verificandosi con attenzione la sua compatibilit con il nostro
sistema.

Nazionalit delle imprese e mercato rilevante in senso geografico nel diritto antitrust CE. Il
Trattato CE si preoccupa di garantire la libert di concorrenza sul mercato comunitario, e tale
obiettivo funzionale ad uno degli obiettivi centrale del sistema CE, che quello di assicurare
la libera circolazione di beni e servizi allinterno del territorio comunitario.
Si comprende, quindi, che il divieto di intese restrittive della concorrenza e di abusi
anticoncorrenziali colpisca solo intese e comportamenti che interessano il mercato comunitario,
o una parte sostanziale di questo. Tale ultima precisazione prevista dal primo comma dellart.
82 del Trattato CE per gli abusi, e viene correntemente utilizzata anche in ordine al divieto delle
intese, la cui norma (art. 81) non contiene una identica previsione.
Questo principio comporta il pieno assoggettamento alla disciplina CE di accordi e
comportamenti che svolgono effetti anticoncorrenziali allinterno del mercato comunitario,
quale che sia la nazionalit delle imprese coinvolte.
Si anche affermata la irrilevanza di accordi e comportamenti che svolgono effetti
anticoncorrenziali sui mercati extracomunitari, anche se realizzati da imprese comunitarie.
Tuttavia, quando lintesa (o il comportamento), direttamente efficace su un mercato
extracomunitario, pu avere effetti riflessi anche consistenti sul mercato comunitario, in quanto
consenta alle imprese coinvolte di presentarsi sul mercato comunitario in condizioni di maggior
forza, si dovrebbe affermare la piena illiceit dellintesa (o del comportamento) anche per il
diritto CE.
Altrettanto complesso il problema del trattamento, in sede CE, di intese e comportamenti
anticoncorrenziali che abbiano effetto solo sul mercato nazionale di uno Stato membro, o su una
parte di esso. Oggi certo che il mercato geografico rilevante per il diritto antitrust CE pu
essere pi ristretto dellinsieme del mercato comune, specialmente quando natura e
caratteristiche di un certo prodotto, ovvero barriere allentrata di un mercato nazionale limitino
la mobilit del prodotto stesso.
Il mercato comunitario, quindi, non indifferente a ci che accade in una sua parte, se questa
devessere considerata non marginale. Per questa ragione, il diritto comunitario ritiene che
accordi e comportamenti anticoncorrenziali che interessino un solo mercato nazionale, per
lintero o per una sue parte consistente, sono da considerare illeciti ai sensi del Trattato CE.

Coordinamento tra diritto antitrust italiano e diritto antitrust comunitario. Il mercato


rilevante nel diritto antitrust italiano. Il diritto della concorrenza CE si coordina in vario modo
con i diritti nazionali degli Stati membri. Molti di questi hanno adottato il sistema della c.d.
doppia barriera, e cio assoggettano comunque al diritto antitrust nazionale accordi e
comportamenti che si svolgono sul mercato nazionale, e che per, avendo effetti anche per il
territorio della CE, sono assoggettati anche al diritto antitrust CE.
Il legislatore italiano ha adottato una soluzione radicalmente diversa, e ciop quella della c.d.
barriera unica. Lart. 1, comma 1 della legge 287/90 assoggetta al diritto interno solo le
fattispecie che non ricadono nellambito di applicazione del diritto antitrust comunitario.
Lambito di applicazione della normativa italiana , quindi, un ambito residuale, e questo dato
segna una precisa rinunzia dellordinamento italiano (in favore dellordinamento CE) a regolare
compiutamente datti e comportamenti svolgentisi sul territorio italiano.
Secondo questo regolamento di confini, il diritto italiano non applicabile ad accordi e
comportamenti che interessino ad un tempo il territorio italiano ed altri pezzi del mercato CE,
n ad accordi e comportamenti che interessino solo lintero territorio nazionale, o anche solo

una parte rilevante di esso, se vi un interesse del mercato comunitario; in tali ipotesi, infatti,
si applicher solo il diritto comunitario.
Il diritto nazionale rimane applicabile solo a intese e comportamenti che la CE ritiene non
interessanti il mercato comunitario. Di fatto, lAutorit ha ritenuto rilevanti fatti e
comportamenti aventi effetto in parti anche molto circoscritte del territorio nazionale, di
dimensioni interregionali o regionali, o, in qualche caso, strettamente locali; e ci specialmente
in riferimento a prodotti la cui ridotta mobilit (per ragioni di deperibilit e/o costi elevati di
trasporto) induce a ravvisare per essi un mercato di sbocco assai ristretto.
Il secondo ed il terzo comma dellart. 1 della legge 287/90 sviluppano il principio della barriera
unica. La norma dispone che lAutorit Garante italiana, ove si imbatta in una fattispecie di
rilevanza comunitaria, debba informare la Commissione CE. Se risulta che la Commissione CE
abbia gi avviato una procedura su tale fattispecie, lAutorit Garante deve sospendere ogni
istruttoria, salvo che per gli eventualiaspetti di esclusiva rilevanza nazionale.

Lapplicazione decentrata del diritto comunitario. La Commissione CE nei primi decenni della
propria esperienza ha puntato a dilatare il pi possibile il raggio della propria attivit, e quindi
tendeva a considerare rilevanti per la propria normativa fatti e comportamenti dei singoli
mercati nazionali o anche di loro porzioni. Questa tendenza espansiva ancora presente in
materia di concentrazioni. In materia di intese e abusi, invece, essa stata decisamente
abbandonata negli ultimi anni. Con il tempo, infatti, ed anche per effetto della crescita del
numero degli Stati membri, la Commissione CE si trovata a trattare un numero di pratiche
troppo elevato perch potesse esaminarle tutte con la dovuta attenzione, ed ha cercato la
collaborazione delle Autorit nazionali, puntando ad una applicazione decentrata del diritto
antitrust comunitario.
Importanti mutamenti economici e giuridico-istituzionali hanno favorito il nuovo quadro: il
maggior grado di integrazione economica tra i Paesi della Comunit, il suo progressivo
allargamento, lentrata in vigore del TUE che espressamente pone il principio di sussidiariet tra
norme ed organismi dellUnione e norme ed organismi degli Stati membri, la presenza ormai
acquisita in (quasi) tutti gli Stati membri di regole nazionali di tutela della concorrenza
modellati o comunque compatibili con le regole di tutela della concorrenza del sistema
comunitario, e la conseguente maggior fiducia della Comunit nella capacit della Autorit
nazionali di far rispettare in modo efficace ed omogeneo la normativa comunitaria.
Questo programma di decentramento, elaborato soprattutto nel corso degli anni 90, stato
portato a compimento dal Regolamento n. 1/2003/CE del 16 dicembre 2002. Questultimo testo
obbliga le Autorit ed i giudici nazionali ad applicare le regole antitrust comunitarie, e crea
meccanismi di coordinamento e informazione tra la Commissione CE e le Autorit nazionali.
Le Autorit antitrust nazionali sono quindi oggi chiamate ad applicare direttamente (oltre le
regole nazionali, secondo il diritto nazionale), anche le regole comunitarie in materia di intese e
abusi. espressamente garantito il primato del diritto comunitario. Se una Autorit nazionale si
trova ad esaminare un caso che gi allesame di unaltra Autorit nazionale, pu senzaltro
sospendere il procedimento. La Commissione CE conserva una piena competenza in ordine
allapplicazione del divieto di intese o abusi, ma si propone di intervenire solo sui casi pi
rilevanti o in caso di inerzia delle Autorit statali.

Settori di mercato con regole concorrenziali speciali. Il problema dellantitrust bancario. La


legge 287/90 prevedeva, nellart. 20 (testo originario), dei regimi speciali, tra loro diversi, per
tre settori, ritenuti di particolare delicatezza: imprese bancarie, imprese assicurative, imprese
editoriali e di radiodiffusione.
Per ciascuno dei tre settori, lorgano incaricato di curare lattenzione della normativa antitrust
veniva individuato in modo diverso.

Imprese bancarie Autorit di Vigilanza (Banca dItalia), sentito il parere (obbligatorio, ma non
vincolante, e nella pratica spesso disatteso) dellAutorit Garante.
Imprese assicurative Autorit Garante, sentito il parere dellISVAP (Istituto per la Vigilanza
sulle Assicurazioni Private e di interesse collettivo).
Imprese editoriali e di radiodiffusione Garante per leditoria e la radiodiffusione (poi
ridenominato Autorit per le garanzie nelle comunicazioni), senza alcun ruolo per lAutorit
Garante.
Lesperienza applicativa di queste regole, per il primo decennio della legge 287/90, non stata
felice. Le attribuzioni di poteri a quattro Autorit ha creato problemi di riparto di competenze. I
contatti tra le Autorit non sono stati sempre fluidi, e, spesso le Autorit hanno espresso, nella
stessa vicenda valutazioni difformi.
Soprattutto i rapporti tra lAutorit Garante e la Banca dItalia sono risultati difficili. La
ripartizione di competenze stata in un primo tempo attuata secondo le linee della competenza
per mercati, affermandosi la competenza della Banca dItalia in rapporto ad atti,
comportamenti ed operazioni degli operatori bancari riguardanti il mercato dei prodotti bancari
in senso stretto (cio, riservati alle banche), e la competenza dellAutorit Garante in rapporto
ad atti, comportamenti ed operazioni (degli operatori bancari) riguardanti i mercati dei prodotti
non bancari. La Banca dItalia si mossa spesso come se il sistema avesse ripartito le
competenze per soggetti, affermando la propria competenza per atti, comportamenti ed
operazioni degli operatori bancari in ogni settore; anche, quindi, per i mercati dei prodotti non
bancari. LAutorit Garante non si per mai adeguata a questa lettura del riparto di
competenze. Inoltre, Autorit Garante e Banca dItalia si sono spesso ritenute entrambe
competenti a decidere le cc.dd. fattispecie miste, le fattispecie, cio, che vedono coinvolte
imprese bancarie e imprese non bancarie, o i cui effetti si realizzano contemporaneamente sul
mercato bancario e su mercati non bancari.
Alla luce di queste considerazioni, e muovendo anche dalla gravissima crisi di credibilit vissuta
negli anni 2004-2005 dai vertici della Banca dItalia, lart. 20 della legge 287/90 stato
radicalmente innovato dalla legge 249/1997, dalla legge 262/2005 (legge sulla tutela del
risparmio) e dal d.lgs. 303/2006.
Oggi, il nuovo quarto comma dellart. 20 prevede che in caso di intese, abusi o concentrazioni di
imprese operanti in settori sottoposti alla vigilanza di pi autorit, ciascuna di esse pu
adottare i provvedimenti di propria competenza. LAutorit Garante, quindi, ha piena ed
autonoma competenza per lapplicazione delle regole poste dalla legge 287/90 anche in
riferimento ai settori speciali; di contro, le altre Autorit di settore conservano piena
competenza allapplicazione delle regole poste da altre leggi di settore.

Lo stesso art. 20 propone per delle deroghe al principio appena esposto. Per le imprese
assicurative (comma 4) viene in realt confermato il quadro originario: esse sono soggette
integralmente al regime sostanziale della legge 287/90, la cui applicazione affidata
allAutorit Garante, ma su parere dellISVAP.
Per le imprese bancarie, valgono le regole della legge 287/90 in tema di intese e abusi, e la loro
applicazione affidata allAutorit Garante (art. 5-bis). Questa tuttavia, su richiesta della Banca
dItalia, pu autorizzare per un tempo limitato intese in deroga allart. 2, per esigenze di
funzionalit del sistema dei pagamenti.
Le operazioni di concentrazione di intese bancarie (comma 5) devono essere autorizzate sia
dalla Banca dItalia, con riferimento agli effetti delloperazione sulla sana e prudente
gestione dellimpresa, sia dallAutorit Garante, per le valutazioni relative allassetto
concorrenziale del mercato. Anche qui, lAutorit Garante, su richiesta della Banca dItalia,
pu autorizzare operazioni di concentrazione in deroga allart. 6, per esigenze di stabilit di
uno o pi dei soggetti coinvolti.
Per le imprese editoriali e di radiodiffusione lart. 20 non dice pi nulla. Esse quindi sono
interamente soggette alle regole generali di concorrenza della legge 287/90, la cui applicazione
curata dallAutorit Garante, ed alle regole di concorrenza speciali dettata dalle norme di
settore (di particolare rilievo, da ultimo, le norme contenute nel d.lgs. 177/2005 - testo unico
del riordino del sistema radiotelevisivo).

Capitolo 3. Tre tipi di intese vietate: accordi, deliberazioni, pratiche concordate.


Il divieto delle intese espresso nel TFUE dal 1 comma dellart. 101, il terzo comma dello stesso
articolo detta invece il regime delle deroghe. Nella legge 287/90 la stessa disciplina di divieto
delle intese riferita con pochi ritocchi formali, dallart. 2, il regime delle deroghe al divieto
delle intese esposto dallart. 4.
Il divieto delle intese riguarda tre fattispecie tipiche:
1) accordi tra imprese;
2) deliberazioni di consorzi, associazioni tra imprese e organismi similari;
3) pratiche concordate tra imprese.
1) Il termine accordo comprende qualunque genere di accordo, a prescindere dalla sua
vincolativit giuridica. Comprende quindi sia i contratti, sia i cc.dd. gentlemensagreements e le
lettere di intenti, sia le ipotesi di esecuzione tacita di una proposta o clausola contrattuale, sia
ogni fattispecie che in futuro potrebbe escogitare la prassi per fissare impegni bilaterali o
plurilaterali privi di efficacia giuridica contrattuale.
2) Il termine deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari fa
riferimento ad ogni tipo di decisione di ogni tipo di organizzazione tra imprese capace di
determinare un comportamento coordinato delle imprese aderenti; comprende quindi tutte le
decisioni, a prescindere dal fatto che esse siano o non siano giuridicamente vincolanti per gli
aderenti (quindi anche se si tratta di pure raccomandazioni). E non ha alcun rilievo il fatto che
la struttura consortile o associativa sia o meno dotata di personalit giuridica.
In materia di intese, il primo grande problema quello della loro scoperta: secondo uno
studio statunitense, pi dell80% delle intese rimane ignoto allautorit di controllo. Questa

constatazione ha indotto la Commissione CE ad affinare i propri poteri di indagine e di


accertamento, ed a prevedere degli espliciti programmi di clemenza, che dispongono
limmunit totale o parziale da ammende per le imprese che rivelino alla Commissione stessa
lesistenza di intese illecite, o forniscano elementi di prova in ordine allesistenza di intese gi
individuate. Anche la legge italiana (art. 15, comma 2-bis, legge 287/90) prevede ora un
trattamento premiale per le imprese che prestino una qualificata collaborazione con
lAutorit Garante nellaccertamento di infrazioni alle regole di concorrenza.

3) La difficolt di individuazione delle intese illecite giustifica linserimento, allinterno della


normativa, della figura della pratica concordata. Questo termine si riferisce a tutte le ipotesi in
cui due o pi imprese allineano i propri comportamenti negli stessi termini in cui ci avverrebbe
a seguito della stipula di un preciso impegno in tal senso, o a seguito dellemanazione di una
deliberazione di un organismo di categoria avente quel contenuto. Non si riesce, tuttavia, a
rintracciare n laccordo n la delibera, o, addirittura, accordo e delibera sono sicuramente
assenti. La formula vale, da un lato, a consentire lapplicazione delle regole di concorrenza alle
ipotesi in cui le parti dellaccordo o della delibera riescano ad impedire che lorgano di controllo
abbia sicura notizia di esso; dallaltro, a reprimere anche le ipotesi in cui accordo e delibera
mancano, e si hanno solo comportamenti paralleli che potrebbero derivare dalluno o dallaltra.
Andamenti paralleli nei prezzi (sia nelle fasi di salita, sia nelle fasi di discesa) e/o della altre
condizioni di vendita, che durino a lungo nel tempo, rappresentano casi classici di pratica
concordata. Lesistenza di una concertazione pu essere desunta, in particolare, da scambi di
informazioni riservate, o anche da scambi pubblici (tramite annunzi unilaterali) di informazioni
(ad esempio, da regolari avvisi al pubblico che annunciano prossime variazioni dei prezzi).
La fattispecie della pratica concordata si presenta quindi come regola di chiusura del divieto
delle intese, ma non pu consentire una repressione indiscriminata di comportamenti analoghi,
se non concordati.
In definitiva, il divieto di pratiche concordate restrittive della concorrenza non consente di
colpire n parallelismi occasionali di comportamento, che non durano nel tempo, e che per la
loro stessa volatilit sono considerati innocui; n parallelismi durevoli, ma motivati dalla
comune esigenza di adeguardi alle condizioni ed evoluzioni del mercato. I parallelismi durevoli
costituiscono pratica concordata illecita solo se si realizzano a seguito di concertazione.

Oggetto o effetto anticoncorrenziale. Clausola generale e ipotesi tipiche di intesa illecita. La


intese di cui s detto sono vietate in quanto abbiano per oggetto o per effetto di impedire,
restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza allinterno del mercato
nazionale o in una sua parte rilevante. Cos recita lart. 2, comma 2 della legge 287/90,
analogamente a quanto dispone lart. 81 del Trattato CE.
La formula per oggetto o per effetto copre sia le intese che si propongono dichiaratamente di
realizzare, direttamente o indirettamente, un risultato contrario al gioco della concorrenza, ed
a prescindere dal fatto che tale risultato venga raggiunto in tutto o in parte o non venga affatto
raggiunto (in tutte queste ipotesi la restrizione della concorrenza loggetto dellintesa); sia le
ipotesi in cui lesecuzione dellintesa realizza un risultato anticoncorrenziale, che pure non era
dichiaratamente voluto dagli autori della stessa (quindi la restrizione della concorrenza non
loggetto, ma leffetto dellintesa).

La norma non distingue tra intese orizzontali (le intese intercorrenti tra soggetti che si collocano
ad uno stesso livello del ciclo produttivo e commerciale del prodotto: tra produttori, tra
grossisti, tra dettaglianti) ed intese verticali (intercorrenti tra soggetti che si collocano a livelli
diversi del ciclo: tra produttore e distributore). Tuttavia, le intese orizzontali vengono
considerate per molti aspetti pi rischiose, e vengono perci valutate con maggiore severit. Le
intese verticali, per contro, possono spesso avere alle spalle motivazioni di efficienza e possono
comportare vantaggi diretti per i consumatori: esse quindi possono pi facilmente sfuggire ad
una valutazione di illiceit.
Sia la norma comunitaria (art. 81 del Trattato CE) sia la norma nazionale (art. 2, comma 2, legge
287/90) presentano cinque fattispecie tipiche di intesa illecita, e propongono poi una vera e
propria clausola generale, consentendo di affermare lilliceit di ogni intesa avente loggetto o
leffetto indicato, ma diverse dalle intese tipizzate.
Le intese tipizzate sono cinque, e sono proposte in termini praticamente identici dallart. 81 del
Trattato CE e dallart. 2 della legge 287/90. Esse finiscono con lesaurire luniverso noto di
intese illecite, con il risultato che la clausola generale (del divieto di ogni altra intesa avente
per oggetto o per effetto una restrizione della concorrenza) rimasta fin qui praticamente
estranea allesperienza giudiziaria sia del Trattato CE sia della normativa nazionale. Va inoltre
detto che i confini tra le cinque ipotesi tipiche sono tuttaltro che sicuri; ma queste difficolt di
regolamento di confini non creano alcun problema, essendo identica la disciplina delle varie
ipotesi normative; anzi, una parziale sovrapposizione delle fattispecie astratte realizza un
effetto positivo, evitando che residuino degli interstizi spazi vuoti, esenti da qualifiche di
illiceit.

Le singole ipotesi di intesa illecita.


A) Le intese sui prezzi e sulle altre condizioni contrattuali
La prima delle cinque ipotesi tipiche di intese illecite riguarda che intese che fissano,
direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni contrattuali
(art. 2, comma 2, lett. a).
La norma comprese sia le intese volte a concordare direttamente i prezzi (listini comuni, accordi
di prezzo minimo, intese su momenti ed importi di aumenti o riduzione di prezzo), sia le intese
attraverso le quali il prezzo del prodotto viene determinato solo indirettamente (accordi per il
rispetto di determinati margini di utile, per la determinazione di bande di oscillazione, di sconti
o ribassi), sia le intese che fissano, direttamente o indirettamente, altre condizioni
contrattuali (accordi per la regolamentazione delle condizioni di offerta o per la
predisposizione di sistemi uniformi di commercializzazione o di pagamento).
Il divieto colpisce indifferentemente le intese sui prezzi assoluti e le intese sui prezzi minimi, e
colpisce sia i prezzi imposti in termini vincolanti sia le intese sui cc.dd. prezzi consigliati. Il
divieto colpisce sia lintesa sullintero prezzo, sia lintesa su una componente del prezzo.
Le intese sui prezzi sono considerata la pi grave forma di restrizione della concorrenza, e sono
trattate con la massima severit; esse di regola non sono suscettibili di esenzione, essendo
praticamente impossibile che esse presentino le condizioni richieste (in particolare,
normalmente da escludere che esse possano recare un sostanziale beneficio ai consumatori).
orientamento costante sia della Commissione CE sia dellAutorit Garante che limposizione di
prezzi minimi non possa in alcun modo essere giustificata dal fatto che le parti dellintesa

intendano garantire, al riparo appunto da ribassi di prezzo, la qualit del prodotto o del servizio
offerto.
Viceversa, accordi sulle altre condizioni contrattuali (quindi: non sui prezzi), pur avendo
normalmente effetti anticoncorrenziali, potrebbero, in certi casi, avere anche effetti positivi.
Tanto pu valere, ad esempio, per accordi di standardizzazione delle condizioni generali di
contratti, e per accordi di standardizzazione produttiva. Se gli effetti positivi superano gli
effetti negativi (e, quindi, se ricorrono le condizioni per lesenzione), questi accordi possono
godere dellesenzione dal divieto delle intese restrittive della concorrenza.

B) Contingentamento della produzione, limiti agli sbocchi o agli accessi al mercato, agli
investimento e allo sviluppo.
Le ipotesi di cui alla lettera b) dellart. 2 riguardano le intese volte a impedire o limitare la
produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il
progresso tecnologico.
Sono cos vietati tutti gli accordi che possono portare a contingentare, direttamente o
indirettamente, le quantit di prodotti da immettere sul mercato. Accordi di questo contenuto,
garantendo quote di mercato sicure, vanificano la concorrenza sul prezzo da parte dei
partecipanti allaccordo; la riduzione delle quantit produce infatti una immediata riduzione (o
addirittura lazzeramento) della concorrenza sul prezzo, ed anzi provoca spesso una lievitazione
dei prezzi. La repressione delle intese aventi questo contenuto quindi direttamente funzionale
allobiettivo di conservare e vivificare la concorrenza sul prezzo.
Tuttavia, gli accordi indicati, a differenza degli accordi che direttamente incidono sui prezzi,
possono a volte presentare effetti positivi per il mercato. In questi casi, possono essere esentati.
Lesenzione dipende da una valutazione di prevalenza degli effetti proconcorrenziali rispetto agli
effetti anticoncorrenziali.
Rientrano nelle tipologia di intese vietate i divieti di creazione di nuovi impianti o di
accrescimento delle capacit produttive di impianti esistenti, la canalizzazione delle vendite su
una rete commerciale comune, ed in genere gli accordi sulle strategie produttive e commerciali
in grado di influenzare la domanda, la realizzazione di piano concordati di sviluppo. Questi
accordi si accompagnano di solito a pi generali attivit di coordinamento, scambi di
informazioni, consultazioni periodiche, volte ad assicurare un controllo efficace della corretta
esecuzione degli accordi di ripartizione. contingentamento
Anche accordi di cooperazione tra imprese, finalizzati alla distribuzione in comune di prodotti
complementari possono avere effetti anticoncorrenziali quando realizzati tra operatori che
detengono quote importanti di un mercato oligopolistico; devono quindi, in tali casi, essere
considerati illeciti. Tali accordi devono inveve essere considerati leciti, perch produttivi di
effetti proconcorrenziali, quando realizzati da imprese di medie e piccole dimensioni,
producendo in tal caso un rafforzamento della posizione di operatori di non primario rilievo.
Alla tipologia in esame sono da ricondurre anche gli accordi volti a realizzare scambi di
informazioni sulle vendite, sui mercati, sulle attivit, sulle condizioni di offerta. Gli scambi di
informazioni sono spesso elementi di accordi di cartello pi complessi, direttamente mirati a
coordinare attivit produttive o distributive, e, al limite, a ripartire i mercati, ma compaiono a
volte anche isolati. Sono spesso realizzati dapi imprese, frequentemente coordinate in
strutture associative o consortili, che ricevono le informazioni da ciascuno degli aderenti, le
elaborano e le mettono a disposizione di tutti gli aderenti. Possono essere il punto di arrivo per

intese aventi anche altro oggetto, cio il coordinamento, pi o meno intenso, della attivit delle
imprese partecipanti; possono essere il dato che reca alla luce una pratica concordata; possono
invece limitarsi al solo scambio di informazioni.
Questi accordi (anche quando limitati al solo scambio di informazioni) appaiono pericolosi, per il
diritto antitrust, in quanto azzerano il rischio insito nella difficolt di prevedere il
comportamento dei concorrenti e favoriscono comportamenti collusivi. Le informazioni sulle
condotte altrui consentono infatti un adeguamento immediato e preciso, e possono realizzare lo
stesso effetto di un accordo volto direttamente a coordinare i comportamenti. Le parti di uno
scambio di informazioni vengono quindi ad acquisire un vantaggio concorrenziale notevole
rispetto ai concorrenti estranei allaccordo, che rimangono pienamente esposti al rischio della
previsione dei comportamenti altrui. Peraltro, perch gli effetti anticoncorrenziali dello scambio
di informazioni siano sensibili, e quindi si possa affermare la illiceit dello scambio stesso,
occorrono varie condizioni.
-

Anzitutto, occorre che il mercato interessato abbia una struttura oligopolistica e le parti
dello scambio abbiano posizioni significative; intuitivamente, leffetto positivo per le parti
dello scambio tanto maggiore, quanto pi consistenti sono le loro posizioni e quanto pi
ridotto il numero complessivo degli operatori presenti sul mercato.

Occorre inoltre che le informazioni in gioco possano essere considerate strategiche, e che lo
scambio avvenga a cadenze regolari e ravvicinate, tali comunque da consentire un
adeguamento del comportamento delle parti ai ritmi di evoluzione del mercato.

Alla norma in esame, infine, sono da ricondurre gli accordi di specializzazione, e, pi in


generale, gli accordi di collaborazione fra imprese. Tali accordi possono avere effetti positivi
prevalenti sugli effetti negativi, e, in questi casi, possono essere esentati.
Gli accordi di collaborazione possono essere esentati, ad esempio, se vengono stipulati tra
imprese di dimensioni ridotte per la progettazione e/o la commercializzazione in comune di un
prodotto nuovo.

Accordi di collaborazione generalmente esentati:

Accordi in materia di ricerca e sviluppo - regolamento n. 2659/00/CE questo tipo di


collaborazione vista con favore dal diritto antitrust, perch, di norma, incentiva
linnovazione, e quindi ha effetti positivi per il mercato;

Accordi di trasferimento di tecnologie - regolamento n. 772/04/CE altra tipologia di


collaborazione normalmente foriera di effetti positivi per il mercato.

C) Ripartizioni di mercati
Sono vietate tutte le ripartizioni di mercati, sia che attuino una ripartizione su base geografica,
sia che realizzino una ripartizione dei mercati a monte (fonti di approvvigionamento) o a vale, e
cio della clientela (attuale o potenziale) o delle tipologie di prodotti o servizi. Non importa il
modo in cui la ripartizione avvenga: tramite assegnazione diretta ad unimpresa di un territorio
o di una fascia di clientela, tramite meccanismo che possano impedire o disincentivare laccesso
ad un certo mercato, tramite sistemi di consenso allingresso in un certo mercato.

Anche questi accordi possono per essere esentati, quando gli effetti proconcorrenziali possono
essere valutati prevalenti rispetto agli effetti anticoncorrenziali. Accordi di ripartizione
geografica dei mercati possono essere esentati, quindi, se sono funzioni ad esigenze reali di
razionalizzazione della produzione o della distribuzione, e perci comportino un vantaggio
effettivo per i consumatori. Analogamente, accordi di ripartizione dei mercati possono essere
esentati se muovono da reali esigenze di standardizzazione, specializzazione o cooperazione
nello sviluppo che possano avere effetti positivi per i consumatori.
I casi pi frequenti di accordi di questo contenuto riguardano accordi volti a mantenere
inalterate le quote di mercato attualmente occupate da ciascuno dei partecipanti allaccordo;
tra essi, sono stati considerati illeciti i sistemi di contingentamento della produzione realizzati
allinterno di consorzi o associazioni di produttori di prodotti tipici (ad esempio, formaggi o vini
a denominazione protetta), spesso dietro il paravento di istruzioni mirata alla tutela della
qualit del prodotto.
Una caso particolare di pratica concordata ricadente in questa previsione di legge data da
accordi di coordinamento tra concorrenti nella partecipazione a gare di appalto pubbliche, che
portino a strategie concordate di prezzi e condizioni nelle offerte tali da ripartire le gare tra i
partecipanti allaccordo, e, contemporaneamente, escludere le imprese terze. LAutorit
Garante ha giudicato con particolare rigore le intese capaci di alterare il regolare funzionamento
degli appalti pubblici, ritenendo la gara dappalto il sistema pi adatto sia a contenere la spesa
pubblica, sia a migliorare lefficienza produttiva delle imprese. In questo senso la stessa
costituzione di un associazione temporanea di imprese (ATI) o di una struttura consortile tra
imprenditori pu avere effetti anticoncorrenziali (e, quindi, pu costituire unintesa illecita) se
risulta non motivata dallobiettiva giustificazione di superare le barriere costituite dai requisiti
dimensionali, finanziari o tecnici fissata dalla stazione appaltante.

D) Patti di boicottaggio
La quarta ipotesi di intesa illecita (art. 2, comma 2, lett. d) riguarda le intese che si propongono
di applicare, nei rapporti con terzi, condizioni diverse per prestazioni equivalenti (patti di
boicottaggio). Il divieto riguarda le differenti condizioni di vendita praticate ad acquirenti
diversi in quanto motivate da finalit anticoncorrenziali, e cio dallobiettivo di favorire alcuni
soggetti (o categorie di soggetti) a scapito di altri. Viceversa, non sono illecite discriminazioni
nelle condizioni di offerta che siano giustificate da differenti costi (ad esempio, da differenti
costi di trasporto motivati dalle diverse distanze) sopportati dal produttore nei rapporti con i
diversi soggetti (o categorie di soggetti).
Rientrano in questo divieto anche gli accordi con i quali vengono concessi sconti o altri vantaggi
(ad esempio, facilitazioni nei pagamenti) a soggetti che acquistino esclusivamente prodotti di
una certa marca, o che superino determinati volumi quantitativi di acquisto (cc.dd. sconti di
fedelt).
In linea di principio, tali pratiche hanno effetti positivi per il mercato quando sono concesse du
basi puramente quantitative, cio in rapporto ai volumi di acquisto gi realizzati, ed in termini
oggettivamente identici a situazioni identiche; in questo caso, lo sconto concesso trova una sua
giustificazione in economie di costi risultanti proprio dai volumi di acquisto. Hanno invece effetti
negativi quando sono concesse su basi non quantitative (ad esempio, in rapporto alla tipologia di
clientela); in questo caso lo sconto ha una logica puramente escludente, cio punta a dissuadere
il cliente dal contatto con fornitori diversi, e quindi si pone come ostacolo alla scelta del
fornitore che di volta in volta sia in grado di effettuare una propostapi favorevole (il cambio di

fornitore comporterebbe, infatti, la perdita dello sconto, e quindi si tradurrebbe in una perdita
economica pi o meno consistente).

E) Contratti a prestazioni abbinate


Ultima ipotesi di intesa illecita(art. 2, comma 2, lett. e) quella che subordina la conclusione di
contratti allaccettazione, da parte del contraente, di prestazioni supplementari che non
abbiano alcun rapporto con loggetto del contratto (cc.dd. tyingcontracts - contratti a
prestazioni abbinate o contratti leganti). La regola vuol evitare che il potere di mercato
detenuto in relazione ad un certo prodotto (ad esempio, in ragione di un brevetto per invenzione
che copra un prodotto) venga utilizzato perimporre lacquisto di prodotti o servizi che, pur
avendo una qualche connessione con il prodotto principale, o non avendone alcuna, potrebbero
essere acquistati separatamente da terzi, a migliori condizioni.

Questo genere di intesa per oggetto di valutazioni contrastanti. Secondo alcuni, il


consumatore sarebbe in grado di evitare i contratti leganti in cui il costo complessivo sia
superiore alla somma dei costi separati dei vari prodotti, e perci non vi sarebbe ragione di
reprimere questa fattispecie, in quanto di fatto tenderebbero a rimanere sul mercato (solo) quei
contratti leganti il cui costo complessivo sia conveniente per il consumatore. Ma questa idea
sembra difficilmente condivisibile in termini generali, perch non considera n le carenze di
informazione del consumatore (che pu non essere in grado di percepire offerte separate pi
convenienti), n lesistenza di incompatibilit tra prodotti accessori di marca diversa.
Probabilmente dovrebbero distinguersi, caso per caso, contratti leganti da cui il contraente
(impresa o consumatore) pu difendersi (prima sul piano dellinformazione, poi sul piano delle
possibilit di scelta di acquisti separata), e contratti leganti da cui il contraente non pu
difendersi.

Il mercato rilevante in senso merceologico. Al fine dellindividuazione del mercato rilevante


in senso merceologico, il diritto antitrust (sia nel sistema CE, sia nel sistema italiano), definisce
un mercato in termini di effettiva intercambiabilit o sostituibilit dei prodotti. Questo criterio
vale in termini praticamente identici sia in ordine allapplicazione del divieto delle intese
restrittive della concorrenza, sia in ordine allapplicazione del divieto degli abusi di posizione
dominante.
La valutazione della intercambiabilit dei prodotti deve essere realizzata sia dal lato della
domanda, sia dal lato dellofferta. Dal lato della domanda, i prodotti o servizi devono essere
avvertiti dal consumatore come fungibili per le loro caratteristiche tecniche, per i loro prezzi, e
per luso cui sono destinati; occorre tener conto della caratteristiche tecniche dei prodotti, e
delle specificit che caratterizzano settori tra loro contigui, ma distinti. Deve quindi verificarsi
se esistono, per i clienti delle imprese interessate, effettive fonti alternative di
approvvigionamento. Va data particolare attenzione a quelle che sono le oggettive preferenze
dei consumatori in un determinato momento storico, le diverse funzioni che nella prassi
effettiva ciascun prodotto svolge, le strategie commerciali elaborate dai produttori
specificamente per singole nicchie di mercato. Si tiene conto anche dellesistenza di barriere
allaccesso (sia di fonte amministrativa, sia di natura economica), della mobilit degli operatori
economici, della dimensione del mercato su ci si verificano gli effetti dellintesa, dei costi di
trasporto. Dal lato dellofferta, deve tenersi conto non solo di tutte le imprese in atto operanti

in un certo settore, ma anche di quelle che potrebbero in esse operare, valutandosi quella
possibilit di conversione che siano economicamente e commercialmente vantaggiose.
Di fatto, peraltro, sia la Commissione CE, sia lAutorit Garante, tendono spesso a tener conto
quasi solo della sostituibilit dal lato della domanda. E nella giurisprudenza comunitaria (questa
tendenza si ripete nellesperienza italiana) il criterio della effettiva sostituibilit dei prodotti
stato spesso inteso in senso assai restrittivo, col risultato di individuare spesso il mercato
merceologicamente rilevante non in un settore, ma in un sottosettore, o addirittura in un
segmento ristretto del mercato stesso.

Lirrilevanza delle intese minori. Il diritto CE (nonostante lart. 81 del Trattato non rechi alcun
cenno espresso in tal senso) ha sempre ritenuto irrilevanti le cc.dd. intese minori, e cio quelle
intese che coinvolgono operatori di peso modesto, e che, quindi, non possono incidere
realmente sugli assetti del mercato. Questa dottrina (c.d. dottrina de minimis), espressa dalla
Commissione fin dal 1970, ha dato vita a regole, pi volte nel tempo ritoccate, tese ad
individuare la soglia sotto la quale lintesa appunto considerata minore, e quindi irrilevante.
La regola oggi vigente (espressa della Comunicazione della Commissione n. 368 del 2001)
considera minori, e quindi incapaci di realizzare un effetto anticoncorrenziale che ne giustifichi
la repressione, le intese tra imprese che, considerate congiuntamente, detengano in ciascun
mercato interessato dallintesa stessa una quota di mercato inferiore al 10% (se si tratta di
intese orizzontali o miste) o al 15% (se si tratta di intese verticali).
In diritto italiano, lart. 2 della legge 287/90 esige espressamente, perch scatti il divieto
legale, una alterazione consistente della concorrenza. Questa norma esprime proprio la
presenza, anche nel nostro sistema, di un principio di liceit della intese minori. In assenza di
specifici criteri di identificazione delle intese minori, che n il legislatore n lAutorit Garante
hanno proposto, si considerano utilizzabili i criteri percentuali elaborati in diritto CE.
Analogamente, sfuggono alla valutazione di illiceit le intese effimere, cio quelle che, pur
avendo oggetto od effetto anticoncorrenziale, hanno durata temporale molto breve. Anchesse,
infatti, proprio per la loro breve durata, non sono in grado di incidere sulla struttura dei
mercati.

Le deroghe al divieto di intese anticoncorrenziali. Lart. 81, comma e, del Trattato CE,
prevede che il divieto delle intese restrittive della concorrenza non sia applicabile alle intese o
categorie di intese che presentino certi caratteri positivi. Analogamente, lart. 4 della legge
287/90 prevede che lAutorit Garante, con proprio provvedimento, esoneri dal divieto singole
intese o categorie di intese restrittive della concorrenza.
La Commissione CE si valsa ripetutamente e largamente del potere di dettare esenzioni per
categorie; una esenzione, cio, direttamente ed automaticamente applicabile a tutte le intese
che presentano i caratteri previsti dal singolo regolamento. LAutorit Garante, invece, non ha
finora mai fatto uso del potere di dettare regolamenti di esenzione.
inoltre prevista la possibilit di una esenzione individuale, per le intese che presentino i
requisiti previsti dal primo comma dellart. 81 (e quindi sono illecite), sia dal terzo (e quindi
sono esentabili ), ma non sono riconducibili ad alcun regolamento di esenzione per categorie.

Le regole che disciplinano il meccanismo dellesenzione individuale in diritto comunitario sono


mutate radicalmente nel tempo. Inizialmente, lesenzione individuale poteva essere concessa
solo dalla Commissione, attraverso un provvedimento individuale, previo riscontro delle
condizioni previste dalla norma; a tal fine, le imprese erano obbligate a notificare alla
Commissione tutte le intese ricadenti allinterno del divieto legale. In assenza di esenzione
individuale, lintesa era da considerare illecita, e doveva essere qualificata illecita dalle
autorit nazionali, anche se presentava le condizioni per ottenere lesenzione individuale.
Questo sistema entrato progressivamente in crisi, soprattutto per limpossibilit della
Commissione di esaminare tutte le intese che le venivano notificate al fine di ottenere
lesenzione individuale. Con lentrata in vigore (in data 1 maggio 2004) del Regolamento n.
1/2003/CE del 16 dicembre 2002 il sistema di esenzione individuale stato rivoluzionato, e dal
meccanismo della illeceit per s, salva esenzione individuale su provvedimento singolo, si
passati ad un sistema detto di eccezione legale, che prevede limmediata e diretta applicabilit
del terzo comma dellart. 81, a prescindere da ogni provvedimento della Commissione.
La nuova disciplina elimina lobbligo di notifica delle intese alla Commissione, elimina anche il
provvedimento di esenzione individuale, e prevede che le intese che rispondono alle condizioni
di cui al terzo comma dellart. 81 siano da considerare di per s lecite. Sia la Commissione CE
sia le autorit (amministrative e giurisdizionali) nazionali hanno competenza a controllare la
presenza delle condizioni per lesenzione individuale, e spetta allimpresa che afferma la
esentabilit dellintesa lonere di provare la presenza delle condizioni previste dalla norma per
lesenzione.
In diritto italiano, lAutorit Garante pu concedere esenzioni individuali. Ma il nostro sistema
prevede ancora la notifica allAutorit delle intese per le quali le parti chiedono lesenzione, pur
disponendo che lintesa suscettibile di esenzione individuale valida ab initio (sarebbe tuttavia
illecita, ab inizio, se lesenzione le venisse negata).
Le condizioni per lesenzione sono predeterminate dalla legge. Tuttavia, le formule normative
sono molto elastiche, e finiscono con lattribuire agli organi competenti ad applicarle (la
Commissione CE, lAutorit Garante, ed i giudici nazionali) poteri notevolmente discrezionali,
anche per la complessit delle valutazioni tecniche sottostanti alla deroga, e la presenza di
inevitabili scelte di valore.
Sia la normativa comunitaria, sia la normativa italiana subordinano lesenzione alla sussistenza
(contemporanea) di quattro condizioni.
Lintesa restrittiva della concorrenza:
1) deve realizzare un miglioramento dellaproduzione o della distribuzione o un incremento di
progresso tecnologico;
2) deve recare vantaggi sostanziali ai consumatori, ad esempio sul piano della riduzione o del
mantenimento dei livelli dei prezzi, o del miglioramento della qualit delle rete di
distribuzione, o dellincremento della qualit del prodotto;
3) non deve creare restrizioni della concorrenza non indispensabili per il raggiungimento dei
suddetti fini;
4) non deve eliminare la concorrenza per una parte sostanziale del mercato, e cio si deve
poter prevedere che il mercato conservi, nonostante gli effetti dellintesa, un livello di
concorrenza ancora accettabile; il che rende tanto pi facile lesenzione quanto pi ridotta
la quota di mercato detenuta complessivamente dalle imprese partecipanti allintesa.

In diritto italiano, lAutorit Garante, nel valutare lopportunit dellautorizzazione in deroga,


deve anche tenr conto della necessit di assicurare alle imprese la necessaria concorrenzialit
sul piano internazionale.

Le esenzioni in tema di intese verticali. In diritto CE le intese verticali (anche quando


restrittive della concorrenza) sono oggetto di una valutazione meno severa che non le intese
orizzontali, perch esse possono favorire lintegrazione tra gli Stati membri ed il miglioramento
della rete distributiva.

Con gli accordi di fornitura esclusiva un produttore sia obbliga a fornire i propri prodotti, in
una determinata zona, ad un unico distributore. Questi accordi realizzano una
frammentazione del mercato in tanti submercati, al cui interno ciascun distributore opera in
situazione di monopolio; essi quindi ostacolano la concorrenza intraband, cio la
concorrenza tra distributori di una stessa marca. Possono tuttavia avere effetti positivi,
perch consentono il miglioramento della rete distributiva, e stimolano la concorrenza
interband, cio la concorrenza tra prodotti e distributori di marche diverse.

Con gli accordi di acquisto esclusivo un distributore si obbliga a rifornirsi solo da un


determinato produttore. Anche questi accordi realizzano una restrizione della concorrenza
tra produttori in ordine allaccesso alla rete distributiva; tuttavia anchessi possono portare
ad una razionalizzazione della distribuzione.

Gli accordi di distribuzione selettiva sono quelli che inducono un produttore a limitare il
numero dei distributori del proprio prodotto, riducendo i costi organizzativi della rete,
coordinando le politiche pubblicitarie e promozionali, esigendo dai distributori la prestazione
di determinati servizi pre- e post- vendita (assistenza, riparazioni). Queste politiche hanno
effetto discriminatorio nei confronti dei distributori esclusi dalla rete, e riducono (anzi,
tendono ad eliminare) la concorrenza intraband, tra distributori di una stessa marca. Possono
per avere effetti positivi per il mercato, sia perch possono rafforzare la concorrenza
interband tra distributori di marche diverse, sia perch escludono dalla rete distributori che
non abbiano le capacit tecniche necessarie per trattare il prodotto o per assistere
adeguatamente la clientela. Di massima, quindi, sono valutati positivamente in quanto la
selezione dei distributori avvenga secondo criteri oggettivi di natura qualitativa, concernenti
la qualificazione tecnica e professionale dei rivenditori. Sono invece ritenuti negativi sistemi
di distribuzione selettiva puramente quantitativa, quelli cio che puntino semplicemente a
ridurre il numero dei distributori in assenza di motivazioni tecniche.

Questa particolare considerazione delle intese verticali ha indotto la Commissione CE a dettare,


negli anni, diversi regolamenti.
Dopo un lungo lavoro di riflessione, la Commissione CE ha varato il regolamento n. 2790/99 del
22 dicembre 1999, relativo allapplicazione dellart. 81, par. 3, del Trattato CE a categorie di

accordi verticali. Tale testo sostituisce tutti i regolamenti precedenti. Esso ha carattere
generale, e vale per tutti i settori industriali e commerciali.
Il regolamento n. 2790/99 molto attento agli effetti economici positivi delle intese verticali.
Esso crea uno spazio di esenzione maggiore, anzi precisa che per molte intese verticali non deve
neppure parlarsi di esenzione in senso tecnico, perch essere non rientrerebbero comunque
allinterno del divieto delle intese.
Lesenzione ora concessa a tutti gli accordi verticali dei quali parte un fornitore la cui quota
di mercato (considerando anche le imprese collegate) sia inferiore al 30 %; per accordi verticali
che prevedono obblighi di fornitura esclusiva, lesenzione concessa quando inferiore al 30 %
la quota di mercato detenuta dallacquirente. Lart. 4 prevede una serie di clausole (black list)
la cui presenza impedisce lesenzione, a prescindere dalle quote di mercato delle parti. Lart. 5
prevede una seconda lista di clausole (gray list) che non possono essere oggetti di esenzione, e
quindi vengono dichiarate inefficaci, ma la cui presenza non impedisce lesenzione dellaccordo.
Queste elencazioni hanno carattere tassativo, nel senso che tutte le clausole e tutte le
restrizioni non esplicitamente vietate devono considerarsi automaticamente esentate se la quota
di mercato del fornitore (o dellacquirente) inferiore al 30 %.

Art. 4 clausole che precludono lesenzione dellaccordo, a prescindere dalle quote di mercato
delle parti (black list):
a) clausola che restringe la facolt dellacquirente di determinare il proprio prezzo di vendita
( per espressamente ammessa la possibilit che il fornitore imponga un prezzo massimo di
vendita o raccomandi un prezzo di vendita);
b) clausola che restringe il territorio in cui o la clientela alla quale lacquirente pu vendere i
beni o i servizi oggetto del contratto; sono per espressamente ammesse:
-

le restrizioni delle vendite attive nel territorio riservatodal fornitore a se stesso o ad altri
acquirenti;

la restrizione delle vendite agli utenti finali da parte diun acquirente operante al livello
del commercio allingrosso;

la restrizione delle vendite a distributori non autorizzatida parte dei membri di un


sistema di distribuzione selettiva;

la restrizione della facolt dellacquirente di vendere i componenti fornitigliper


lincorporazione in prodotti pi complessi a clientiche li userebbero per fabbricare
benisimili a quelli prodotti dal fornitore;

c) clausola che restringe le vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un
sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio;
d) clausola che restringe le forniture incrociate tra distributori allingrosso di un sistema di
distribuzione selettiva;
e) clausola che limita la possibilit per lacquirente di componenti a lui forniti per la loro
incorporazione in prodotti pi complessi di rivendere tali componenti come pezzi di ricambio
a utenti finali, riparatori o altri operatori non autorizzati dal fornitore.

Art. 5 clausole non esentabili, la cui presenza per non impedisce lesenzione dellaccordo
(gray list):
a) clausole che prevedono obblighi di non concorrenza di durata indeterminata o superiore a 5
anni;
b) clausole che prevedono un obbligo dellacquirente di non produrre, acquistare o vendere
certi prodotti dopo la scadenza del contratto (salve certe ipotesi particolari) per una durata
superiore ad 1 anno;
c) clausole che impongono ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di non vendere
prodotti di particolari fornitori concorrenti.

Capitolo 4. Gli abusi di posizione dominante.


Posizioni dominanti esistenti e posizioni dominanti nuove. controllo delle concentrazioni e
divieto degli abusi. Lart. 102 del TFUE vieta lo sfruttamento abusivo di una posizione
dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di esso. La norma non si propone di
eliminare situazioni monopolistiche od oligopolistiche, ma vieta, a ci detenga tali posizioni, di
assumere taluni comportamenti che sono ritenuti particolarmente pericolosi per il mercato.
A fianco di una clausola generale (che vieta qualunque sfruttamento abusivo di una posizione
dominante) sono vietate quattro ipotesi tipiche di comportamenti abusivi:
1) imposizione di prezzi o condizioni non eque;
2) limiti alla produzione, agli sbocchi o allo sviluppo tecnico;
3) boicottaggi;
4) contratti leganti.
Tali comportamenti, che sono invece di massima consentiti ad imprese operanti in un mercato
concorrenziale, coincidono, non per caso, con quelli che costituiscono oggetto o effetto di
unintesa restrittiva della concorrenza. Per essi non prevista alcuna possibilit di esenzione.
Le ragioni di questa regola sono nel fatto che unimpresa che detiene una quota molto alta di
mercato in condizioni di tenere un comportamento alquanto indipendente da quello dei
concorrenti, sottraendosi cos alla loro concorrenza. In queste condizioni, limpresa pu
realizzare quei comportamenti tipici del monopolista (o delloligopolista) che, abusando della
propria posizione, scarichi sui consumatori (e sui concorrenti, se ve ne sono) una forza
contrattuale ed un potere di mercato obiettivamente privi di controllo, ed ostacoli la
formazione e/o la persistenza di una concorrenza effettiva nel mercato in cui opera.
Unimpresa in posizione dominante costituisce fonte di preoccupazione sia per i suoi
concorrenti, sia per i consumatori, in quanto sia gli uni sia gli altri sono esposti al rischio di
comportamenti abusivi. Le norme antitrust attribuiscono quindi allimpresa in posizione
dominante, in ordine al mantenimento di una concorrenza effettiva nel mercato in cui opera,
una speciale responsabilit in termini di obblighi di trasparenza, di equit e di non
discriminazione, vietandone ogni condotta che possa ridurre la concorrenza.

Perch unimpresa si ritenuta in posizione dominante non necessario che essa abbia eliminato
del tutto ogni possibilit di concorrenza; sufficiente che essa sia in grado di influire
notevolmente sul mercato e di tenere un comportamento relativamente indipendente.
Il diritto antitrust guarda con preoccupazione alle posizioni dominanti, ma regola diversamente
le posizioni dominanti nuove e quelle gi esistenti. La normativa di controllo delle
concentrazioni mira ad impedire la creazione di nuove posizioni dominanti e il rafforzamento di
posizioni dominanti esistenti. Rispetto alle posizioni dominanti esistenti, il diritto antitrust non
prevede operazioni di deconcentrazione, che sarebbero assai difficile da pensare e da
realizzare. Le posizioni dominanti esistenti possono rimanere tali, ma a chi si trovi in una
posizione del genere vengono imposti degli obblighi di comportamento. Tali obblighi mirano ad
impedire allimpresa in posizione dominante di tradurre il proprio potere di mercato in
comportamenti lesivi dei concorrenti e dei consumatori, e sono espressi appunto dal divieto
dellabuso di posizione dominante (si parla di abuso di impedimento, se labuso viene a ledere i
concorrenti; di abuso di sfruttamento, se lede imprese intermedie o consumatori finali).
Lo stesso fatto o comportamento pu contemporaneamente violare sia il divieto di intese
restrittive della concorrenza sia il divieto di abuso di posizione dominante. Si pensi al
comportamento di unimpresa in posizione dominante che sia realizzato in attuazione di una
decisione di cartello assunta da un organismo associativo tra imprese. In tali casi, ciascuna delle
due fattispecie normative sarebbe teoricamente capace di autonoma applicazione, e del resto
lambito soggettivo delle eventuali sanzioni non sarebbe identico. Nella prassi fin qui realizzata,
tuttavia, se anche listruttoria viene avviata a doppio titolo, uno dei due profili (quello di volta
in volta ritenuto prevalente) viene poi ad assorbire laltro, e la fattispecie, nella decisione
finale, finisce con lessere giudicata alla stregua di una sola delle due regole.
Accade che unimpresa, che abbia una posizione dominante in un settore, tenti di trasferire tale
posizione in un settore distinto, anche se attiguo, collegato o complementare. Questi tentativi
sono molto pericolosi, perch la posizione dominante nel mercato di origini attribuisce spesso
allimpresa delle risorse (ad esempio, informazioni non accessibili ai concorrenti) che possono
rivelarsi strategiche anche nel secondo mercato; e sono spesso attuati da imprese che hanno,
nel primo mercato, una posizione dominante protetta (ad esempio, per una concessione
amministrativa in esclusiva). Oggi essi sono oggetto di una valutazione tendenzialmente
negativa.

Definizione di posizione dominante. La posizione dominante collettiva. N la normativa CE n


la legge italiana offrono una definizione di posizione dominante. La giurisprudenza comunitaria
pervenuta la varo di un complesso sistema di indizi rivelatori della posizione dominante che pu
probabilmente essere utilizzata anche in diritto italiano.
Una posizione dominante viene identificata sulla base di diversi fattori, tra i quali il principale
costituito dal possesso di una quota di mercato assai elevata, e comunque di molto superiore a
quella del concorrente pi immediato. Infatti, solo chi si trovi in una situazione del genere pu
tenere un comportamento relativamente indipendente da quello degli altri operatori. Altri dati
di fatto rilevanti possono essere:
-

la grande distanza rispetto al titolare della seconda quota di mercato, o la notevole


polverizzazione delle altre quote di mercato;

lesistenza di barriere all0ingresso, quali particolari capacit finanziarie (ma anche la


presenza di sovvenzioni pubbliche non concesse agli altri operatori del settore), tecniche (ad
esempio, possesso di brevetti importanti, disponibilit di ricercatori particolarmente

qualificati), e commerciali (elevanti livelli di spese pubblicitarie, titolarit di marchi


affermati);
-

la presenza di una gamma di prodotti o servizi particolarmente vasta;

lesistenza di una forte integrazione verticale che crea sinergie a monte o a valle.

Oggi si ritiene sempre esistente una posizione dominante in presenza di una quota di mercato
superiore al 70%. Il possesso di una quota di mercato compresa tra 70% e 50% fa presumere
lesistenza di una posizione dominante, ma limpresa pu provare che esiste comunque una
concorrenza effettiva. Una quota di mercato tra 50% e 30% integra un forte indizio di una
posizione dominante. Una quota di mercato inferiore al 30% fa presumere linesistenza di una
posizione dominante.
Una posizione dominante pu anche essere detenuta da pi imprese indipendenti, le quali si
presentino sul mercato come una sola entit, nel senso che i loro comportamenti rispetto a
fornitori, clienti e consumatori, in ragione di legami societari e/o contrattuali, sono
durevolmente paralleli. Lipotesi, assai frequenti in mercati oligopolistici, presenta, per il
mercato, gli stessi rischi di una posizione dominante individuale, e viene denominata posizione
dominante collettiva; i comportamenti attuati, se abusivi, vengono considerati illeciti alla stessa
stregue dei comportamenti abusivi di ununica impresa in posizione dominante.
Labuso di posizione dominante collettiva si presenta al confine con la fattispecie della pratica
concordata, e ci propone un delicato problema di accertamento di confini tra le due
fattispecie, problema reso acuto dalle notevoli differenze di disciplina (basti ricordare che la
pratica concordata suscettibile di esenzione, labuso di posizione dominante no). Una
soluzione accettabile sembra quella che ritiene esistere sfruttamento congiunto di una posizione
dominante collettiva (e quindi abuso della stessa) nelle ipotesi in cui le imprese si presentino ai
terzi come una realt sostanzialmente unitaria dal punto di vista economico e giuridico; e
ritiene esistere pratica concordata nelle ipotesi in cui le imprese si presentino disgiuntamente
ed individualmente al mercato, sia pure per assumere posizioni identiche (in tal caso,
ovviamente, dovr verificarsi che il parallelismo non sia occasionale, e non sia giustificato da
effettive motivazioni economiche).

La posizione dominante delle imprese titolari di un monopolio legale. Le imprese che operano
in situazione di monopolio legale e le imprese concessionarie di servizi pubblici sono
sicuramente imprese in posizione dominante, se non addirittura esclusiva, nel mercato in cui
operano. Esse sono particolarmente esposte alla tentazione di abusare della propria posizione.
Limpresa che opera in monopolio legale o in sistema di concessione deve rispettare la normativa
istitutiva del monopolio o della concessione, e tale normativa prevale (come normativa speciale)
sul diritto antitrust, qualora si trovi in contrasto con esso.
Lart. 106, comma 2 del TFUE e lart. 8, comma 2 della legge 287/90 si dichiarano non
applicabili alle imprese in posizione di monopolio legale (ed alle imprese incaricate della
gestione di servizi di interesse
economico generale), ma solo per tutto quanto strettamente connesso alladempimento degli
specifici compiti loro affidati. La CE si per impegnata con determinazione progressivamente
crescente nel senso di ridurre al minimo la sottrazione di tali imprese al diritto antitrust.
Coerentemente, la CE, nelle sue pi recenti prese di posizione, esige:

da un lato, una verifica accurata della normativa istitutiva del monopolio legale, al fine di
distinguere, tra le attivit dellimpresa monopolista:
-

quelle che sono da ricondurre direttamente alla sua missione pubblicistica rispetto
alle quali quindi vale lesenzione dalle regole della concorrenza;

da quelle che (collegate o strumentali alle prime che siano) non sono riservate
allimpresa e quindi sono da svolgere nel rispetto delle regole della concorrenza;

dallaltro, un controllo dei comportamenti del monopolista legale che siano direttamente
motivati dalla sua missione pubblicistica, consentendo di esonerarli dal rispetto delle regole
della concorrenza solo se limpresa dimostra che quei comportamenti sono necessaria al
compimento della missione, sono cio gli unici capaci di consentire lo svolgimento della
missione stessa.

Anche in diritto italiano la norma che sottrae allapplicazione della normativa antitrust le
imprese che operano in regime di monopolio legale ovvero gestiscono servizi di interesse
generale stata interpretata in termini piuttosto restrittivi. In particolare, lAutorit Garante
(conformandosi allorientamento comunitario) ha affermato che unimpresa incaricata della
gestione di un interesse pubblico generale sottratta allapplicazione della normativa antitrust
solo per quei comportamenti che le siano imposti dalla norma senza alcun margine di
autonomia, e sempre che tali comportamenti risultino in concreto essere gli unici
comportamenti che consentano il raggiungimento dellobiettivo fissato dalla legge.
Limpresa rimane invece pienamente soggetta al diritto antitrust per tutti quei comportamenti
che non sono normativamente imposti.
Come si detto, limpresa che si trova in una situazione di monopolio legale (come ogni impresa
in posizione dominante) pu provare a costruirsi una posizione forte anche in un mercato diverso
(per lo pi contiguo, o a monte, o a valle) da quello in cui monopolista; e la sua posizione nel
mercato di origine le potrebbe consentire spesso di raggiungere lobiettivo. Ad evitare ci, lart.
8, comma 2-bis, legge 287/90 (introdotto nel 2001) obbliga le imprese che, per disposizione di
legge, gestiscono servizi di interesse economico generale ovvero in regime di monopolio legale
ad operare su mercati diversi solo tramite societ distinte, la cui costituzione soggetta a
comunicazione preventiva allAutorit Garante.

Clausola generale e singole ipotesi tipiche di abuso vietato.


A) Limposizione di prezzi o condizioni inique
Allimpresa in posizione dominante vengono posti taluni obblighi di comportamento, che il
diritto antitrust esprime con la formula divieto di abuso di posizione dominante. Questa
normativa dettata, nel diritto CE, dallart. 102 TFUE; in diritto italiano, disposta dallart. 3
della legge 287/90, che ricalca la normativa comunitaria.
La norma si sviluppa (come il divieto delle intese) in due parti: una clausola generale ed un
elenco di comportamenti tipicamente indicati. Le fattispecie tipiche di abuso sono quattro, e
ricalcano le fattispecie di intesa illecita, con una sola eccezione. Come accade per le diverse
ipotesi normative di intese restrittive della concorrenza, alcune delle ipotesi tipiche di abuso di

posizione dominante sembrano sovrapporsi, almeno parzialmente; il che non crea problemi, ed
anzi ha leffetto positivo di evitare che sfuggano a sanzione ipotesi di confine.
La clausola generale vieta ogni abuso di posizione dominante, anche diverso da quelli
specificamente elencati, senza peraltro fornire ulteriori elementi d individuazione dellabuso.
La prima ipotesi tipica riguarda limposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali non equi
(questa la formula della norma CE) o eccessivamente gravosi (cos, invece, la norma italiana). Le
due formule sono considerate sostanzialmente equivalenti.
Si considerano vietati i prezzi e le condizioni predatori, cio capaci di colpire gravemente i
clienti e consumatori, o i concorrenti. Quanto ai prezzi, perci, sono vietati sia i prezzi troppo
elevanti (in quanto rovinosi per i consumatori. Si tratta di un abuso di sfruttamento), sia i prezzi
troppo ribassati (in quanto rovinosi per i concorrenti. Si tratta di un abuso di impedimento).
In taluni casi, lapplicazione di prezzi predatori pura espressione dellintento di profittare al
massimo del monopolio nel proprio mercato.
In altri casi, limposizione di prezzi predatori funzionale al rafforzamento della posizione
dominante, o punta allespansione della posizione dominante in un diverso mercato. Ci accade
quando unimpresa in posizione dominante in un certo mercato applica un prezzo
particolarmente gravoso a materie prime o componenti o servizi che sono indispensabili per
lesercizio di unattivit in un mercato a valle, nella quale essa pure presente, in cui ancora
esiste una situazione di relativa concorrenza. Tale pratica particolarmente pericolosa quando il
mercato in questione presenta significativi ostacoli allentrata, di ordine tecnico o finanziario,
che precluderebbero lingresso di altri operatori in sostituzione di quelli che sarebbero espulsi.
Reciprocamente, la norma vieta la vendita sottocosto, che, pur apparentemente favorevole ai
consumatori, punta alla soppressione della concorrenza, e quindi in definitiva si traduce in un
danno per gli stessi consumatori. La non equit del prezzo viene accertata confrontando il
prezzo con i costi, anche tenendo conto di prezzi e costi di mercati (altri ma) omogenei. Il
prezzo viene considerato sottocosto quando fissato al di sotto dei costi variabili medi, e quindi
ostacola lingresso di potenziali concorrenti o mira alla eliminazione dal mercato dei concorrenti
attuali. Limpresa dominante, infatti, non pu avere alcun oggettivo interesse a praticare prezzi
inferiori ai costi variabili medi, che non possono essere per lei remunerativi, in quanto ciascuna
vendita, in presenza di tali prezzi, comporta una perdita. Ladozione di prezzi del genere non
pu quindi avere altra spiegazione che nellintento dellimpresa di espellere dal mercato i propri
concorrenti, che non sono in grado di sostenere prezzi di vendita non remunerativi, per poi
rialzare i prezzi quando, eliminati i concorrenti, limpresa avr acquisito una posizione di
monopolio.

B) Limiti alla produzione, agli sbocchi o agli accessi al mercato, a allo sviluppo tecnico
Altro tipo di abuso quello che tende a creare barriere allingresso di un certo mercato per
ostacolare possibili concorrenti, limitando la loro produzione, lo sbocco o laccesso ad un
mercato, i loro investimenti ed il loro sviluppo.
C) Comportamenti discriminatori
La terza ipotesi concerne lapplicazione a contraenti diversi di condizioni diverse per prestazioni
equivalenti.

Sono considerati discriminatori i comportamenti di unimpresa in posizione dominante che


tendono a favorire taluni acquirenti del prodotto o del servizio, ritenuti amici, o quanto meno
non concorrenti, sfavorendo altri, ritenuti concorrenza nello stesso mercato o in un mercato
adiacente. Analogamente, commette un abuso di posizione dominante il produttore di prodotti
complessi che fornisce pezzi di ricambio dei propri prodotti a rivenditori o riparatori estranei
alla propria rete di distribuzione e assistenza a prezzi maggiorati rispetto a quelli praticati ai
rivenditori o riparatori appartenenti alla propria rete.
stata ritenuta discriminatoria anche la decisione di unimpresa, gestore esclusivo di una certa
attivit, di affidare mediante trattativa privata ad una sola impresa la gestione di un settore
della propria attivit, anzich procedere ad una licitazione privata, dando la possibilit di
proporsi ad unaltra azienda, che avrebbe potuto offrire condizioni migliori di quelle concordate
con lazienda prescelta.
Alle pratiche discriminatorie sono da ricondurre le fattispecie assai variegate e di valutazione
particolarmente delicata, dei cc.dd. sconti di fedelt. Di queste fattispecie si gi parlato
allinterno delle intese illecite; ad esse si applicher infatti il divieto delle intese o il divieto
degli abusi a seconda che la pratica sia realizzata dintesa da pi imprese o unilateralmente da
unimpresa in posizione dominante.
Come si visto per le intese corrispondenti, le riduzioni di prezzo e altre forme di facilitazione
(allungamento dei tempi di pagamento) che vengono forniti dallimpresa in posizione dominante
alla propria clientela, in presenza di determinati comportamenti della stessa (ad esempio, in
presenza di un obbligo di acquisto esclusivo, o in presenza di volumi di acquisto particolarmente
elevati), hanno effetti positivi, e quindi sono consentite, quando sono concesse du basi
puramente quantitative, cio in rapporto ai volumi di acquisto gi realizzati, ed in termini
oggettivamente identici per situazioni identiche. Hanno invece effetti negativi, e costituiscono
abuso, quando sono concesse su basi non quantitative (ad esempio, in rapporto alla tipologia di
clientela).

Il rifiuto unilaterale di contrattare. La dottrina delle essential facilities


Il rifiuto unilaterale di contrattare non di per s illecito. Il diritto antitrust, infatti, non
impone un obbligo generalizzato di contrattare neppure in capo allimpresa in posizione
dominante. Esiste tuttavia una tendenza a qualificare come abusivo il rifiuto di contrattare di
unimpresa in posizione dominante che non abbia una giustificazione oggettiva. Una
giustificazione oggettiva improbabile quando limpresa in posizione dominante rifiuta di
fornire ad un terzo prodotti o servizi necessari allo svolgimento di attivit dimpresa in un
mercato contiguo, in cui pure essa stessa opera, o in cui operano imprese ad essa collegate.
Un caso particolare di dubbia valutazione quello del rifiuto di contrattare da parte del
detentore di una essentialfacility. Tale espressione indica una infrastruttura (materiale, come
una rete di distribuzione di energia, o virtuale, come un software), un impianto, o comunque
una risorsa, legittimamente detenuta da unimpresa, la cui utilizzazione da parte di altre
imprese necessaria perch queste possano operare in un settore diverso (di solito, a valle) da
quello in cui opera limpresa che detiene la risorsa (ed a prescindere dal fatto che limpresa
detentrice della facility operi o intenda operare anche in questo secondo settore).

Una facility viene considerata essenziale quando unica, sul mercato rilevante, e non
duplicabile per ragioni giuridiche (perch, ad esempio, coperta da una concessione in

esclusiva) o per ragioni economiche (quando la duplicazione avrebbe costi che renderebbero
lintera operazione non conveniente). Come si vede, lessenzialit della infrastruttura spesso
deriva dallesistenza di un monopolio naturale.
In tali situazioni sicura lesistenza di una posizione dominante in caso allimpresa detentrice
della essentialfacility, e si qualificato abuso di posizione dominante il rifiuto, da parte
dellimpresa detentrice, di dare accesso alla facility ai terzi. Per questa via si afferma lobbligo,
in capo alla impresa detentrice della essentialfacility, di permettere laccesso dei terzi alla
stessa dietro ragionevole compenso, a condizioni eque e non discriminatorie, ogni volta che tale
accesso sia necessario per lo svolgimento di attivit in un mercato contiguo o a valle, e sia
tecnicamente possibile. Lobbligo non esiste, ed il rifiuto di accesso legittimo:
-

quando linfrastruttura non in grado di operare anche con terzi per saturazione tecnica;

quando laspirante allaccesso non dispone della necessaria qualificazione tecnica;

quando sussistono ragioni di sicurezza della facility stessa, ragioni di tutela dei diritti di
propriet intellettuale, o ragioni di tutela della privacy di terzi.

Le ipotesi per le quali si parlato di essentialfacility rimangono tuttavia assai eterogenee, e non
facile dare a questa dottrina una veste unitaria e coerente.
Rimane soprattutto non chiaro in che termini questa dottrina proponga una regola diversa dalla
regola comune, secondo la quale unimpresa in posizione dominante (sia o meno detentrice di
una essentialfacility nel senso sopra detto) non pu sottrarsi senza una giustificazione oggettiva
al contratto con il terzo che lo richieda. Ed evidente che si pu affermare lesistenza di una
regola speciale a carico del detentore di un essentialfacility solo se tale regola afferma la
illiceit del rifiuto di contrattare con il terzo in situazioni nelle quali la regola comune
riterrebbe invece lecito il rifiuto di contrattare.
Probabilmente la logica individuale dietro le decisioni giurisprudenziali in materia nel senso di
ravvisare la possibilit di una giustificazione oggettiva del rifiuto di contrattare in capo al
detentore di un essentialfacility con minore larghezza di quanto non consenta la norma generale
per qualunque impresa in posizione dominante.
Non si pu comunque negare che questa regola speciale (ove se ne ammetta lesistenza)
dovrebbe avere un ambito di operativit relativamente ristretto. Una regola che obblighi
unimpresa a condividere con i terzi le risorse essenziali di cui ha il controllo, se generalizzata,
avrebbe effetti sicuramente negativi per il mercato, perch favorirebbe linefficienza. Una
regola di questo tipo potrebbe probabilmente essere tollerata solo nelle ipotesi in cui lunicit
della facility dipende da monopolio legale o naturale, e/o nelle ipotesi in cui limpresa
detentrice della facility faccia leva su tale risorsa per estendere il proprio potere su altri
mercati.
In questo senso si mosso il legislatore, il quale, novellando nel 2001 la legge 287/90, ha
parzialmente recepito la dottrina della essentialfacility, limitatamente alle imprese che per
disposizione di legge gestiscono servizi di interesse economico generale o operano in regime di
monopolio legale. Queste imprese, se operano anche in un mercato diverso tramite una propria
controllata o partecipata, e le rendono disponibili propri beni o servizi (anche informazioni) di
cui avviano la disponibilit esclusiva in ragione della propria posizione nel proprio settore, sono
obbligate a rendere accessibili tali beni o servizi, a condizioni equivalenti, a tutte le imprese
direttamente concorrenti della propria controllata o partecipata (art. 8, comma 2-quater, legge
n. 287/90).

D) Contratti a prestazioni abbinate


Lultima delle fattispecie tipiche di abuso (che trova speculare fattispecie tipica di intesa
illecita) quella in cui limpresa in posizione dominante subordina la conclusione dei contratti
allaccettazione di prestazioni supplementari non connesse con loggetto del contratto (contratti
a prestazioni abbinate, o contratti leganti). Queste pratiche tendono a trasferire la posizione
dominante di cui limpresa gode sul mercato del prodotto legante al mercato in cui si colloca il
prodotto legato; si tratta quindi di ostacoli alla permanenza o allingresso di concorrenti in
questo mercato.
Interpretando la formula normativa in senso ampio, possono ad esse ricondursi le ipotesi in cui
unimpresa offre al mercato un pacchetto inscindibile contenente pi prodotti o servizi, per
uno dei quali essa si trova in posizione dominante, mentre laltro, o gli altri, potrebbero essere
acquistati separatamente da altro operatore; in tal caso, lacquirente non trova facilmente
altrove il primo prodotto (perch, appunto, il venditore in posizione dominante), e quindi
tende ad acquistare il pacchetto; e ci gli fa perdere interesse allacquisto separato degli altri
prodotti, che peraltro sarebbe possibile. Lo stesso pu dirsi dellipotesi in cui unimpresa, che
venda separatamente vari prodotti di una stessa gamma, per uno solo dei quali si trovi in
posizione dominante, presenta unofferta particolarmente conveniente di acquisto dellintera
gamma.

Capitolo 6. Lorgano di controllo, le procedure e i ricorsi.


Nel sistema antitrust comunitario, lorgano di controllo la commissione Europea, cio lorgano
che nellordinamento UE ha funzioni esecutive. Essa ha contemporaneamente il potere esclusivo
di controllo e sorveglianza dellapplicazione del diritto antitrust e quello di decisione e
applicazione delle sanzioni. La commissione ha ampi poteri di accertamento, si pu muovere su
denuncio o dufficio e pu contare sulla collaborazione degli SM, oltre ad avere accesso diretto
alle imprese operanti nel territorio comunitario. La commissione sorveglia i mercati anche
attraverso indagini conoscitive ed operazioni di monitoraggio stabile e decide in primo grado
allesito di un procedimento che si svolge nei termini pi informali possibili, ma nel pieno
rispetto delle garanzie di difesa delle imprese. Essa in definitiva, come lorgano di controllo di
ogni sistema antitrust gode di ampia discrezionalit e svolge un ruolo di politica economica assai
deciso.
Nei sistemi antitrust statali invece lorgano di controllo praticamente dovunque una autorit
indipendente dal potere esecutivo. I suoi poteri per variano notevolmente da sistema a
sistema. Negli USA lorgano di controllo la Federal Trade Commission che non ha il potere di
emettere decisioni ed irrogare sanzioni, esso deve agire davanti al giudice ordinario, in posizione
di attore, chiamando in giudizio limpresa o le imprese che ritiene responsabili di violazioni delle
regole antitrust e sar il giudice ad accertare se vi stata o meno violazione delle regole e a
disporre le sanzioni previste dalla legge. Il sistema italiano, come la maggior parte dei sistemi
UE ha ripreso in parte il modello USA ( nel fatto di prevedere un organo di controllo
indipendente dallesecutivo) e in parte il modello comunitario (sul piano dei poteri).
Il nostro organo di controllo l Autorit garante della concorrenza e del mercato, istituita dagli
art. 10/11 della legge 287/90- i tratta di un organo collegiale, composto da 4 membri e da un
presidente, che vengono nominati per sette anni e non sono rieleggibili. La nomina dei
componenti viene effettuata congiuntamente dai Presidenti della Camera e del Senato e la legge
assicura allautorit fina dalla sua costituzione piena indipendenza rispetto allesecutivo. Oltre

alle funzioni in ordine allaccertamento ed alla repressione di intese ed abusi anticoncorrenziali,


nonch in ordine al controllo delle concertazioni, l autorit ha un generale potere di
segnalazione al Governo e svolge rispetto a questo funzioni consultive. Ad essa il legislatore,
senza una motivazione comprensibile, ha attribuito anche altre competenze, in materia di abuso
di dipendenza economica e di pubblicit e pratiche commerciali scorrette, ed altre ancora, del
tutto estranee al settore della concorrenza.
Nella sua attivit di controllo di intese, abusi e concertazioni, lautorit, secondo il modello
della Commissione UE contemporaneamente attore e giudice, la giustificazione di tale cumulo
di funzioni nel senso che la particolare complessit tecnica delle norme antitrust, la loro
elasticit, il fatto che la loro applicazione esiga spesso larga discrezionalit e scelte di valore,
sconsiglierebbero laffidamento del ruolo decisorio al giudice ordinario. per dubbio che tali
ragioni valgano a superare leffetto, sicuramente negativo del cumulo delle funzioni di accusa e
decisione; una soluzione pi equilibrata sarebbe nel senso di unAutorit priva di poteri decisori,
con attribuzione di questi al giudice ordinario e pi esattamente alle Sezioni specializzate.
Le procedure e i giudizi. Il procedimento, sia davanti alla Commissione europea che davanti
allautorit garante viene avviato su denunzia di un qualsiasi interessato o dufficio. Il
procedimento davanti alla Commissione prevede una prima fase informale nel corso della quale
la Commissione acquisisce gli elementi conoscitivi necessari. Con la formalizzazione degli
addebiti si apre la procedura vera e propria che contempla una fase scritta ed una fase orale
eventuale con piene garanzia del diritto di difesa dellimpresa. Si tratta in genere di procedure
piuttosto lente, per la stessa complessit degli accertamenti da svolgere,e molto costose. Le
decisioni della commissione possono essere impugnate davanti al Tribunale dellUE. Il tribunale
effettua sulle decisioni della commissione un controllo di legittimit, ma pu conoscere del
merito in ordine alle sanzioni irrogate dalla Commissione. Le decisioni del tribunale possono a
loro volta essere impugnate davanti alla Corte di Giustizia dellUE, ma solo per motivi di diritto.
In diritto italiano il procedimento davanti allautorit regolato dal d.p.r. 461/91. Il
regolamento garantisce agli interessati il contradditorio e la piena conoscenza degli atti
istruttori, prevede la verbalizzazione degli atti, disciplina la facolt di comunicazione delle
intese allAutorit. Regola la procedura di apertura dellistruttoria, prevedendo una notifica sia
alle imprese che pongano in essere i comportamenti sospetti, sia a coloro che abbiano
presentato esposti o denunce o istanze utili allavvio della procedura. I poteri istruttori
dellautorit comprendono la facolt di ispezione e di disporre perizie, analisi economiche e
consultazioni di esperti, di chiedere informazioni ed esibizioni di documenti. Sono previste
sanzioni per il caso di rifiuto ingiustificato di collaborazione. Le informazioni e i documenti
acquisiti in corso distruttoria possono essere utilizzati dallAutorit solo per lo scopo per il
quale sono stati richiesti, e sono tutelati dal segreto dufficio anche nei confronti delle PA. Il
regolamento fissa poi la procedura per le richieste di esenzione dal divieto delle intese, e
disciplina in senso procedurale il potere di revoca dei provvedimenti di esenzione. Le regole per
le comunicazioni volontarie di intese sono estese alle comunicazioni di operazioni di
concertazione, con certe abbreviazioni di termini.
Contro tutti i provvedimenti dellAutorit data possibilit di ricorso davanti al TAR Lazio, a
prescindere dal fatto che la situazione giuridica di cui si lamenti lesione sia qualificabile come
diritto soggettivo o come interesse legittimo, ed anche se si tratta di controversie che
interessano un ambito territorialmente circoscritto. Sarebbe di certo preferibile attribuire la
giurisdizione in materia al giudice ordinario che meglio attrezzato a decidere di problemi di
concorrenza. Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della 287/90
lart. 31 della legge rinvia alle disposizioni della legge 689/81 in quanto applicabili. Il rinvio vale
sicuramente per i principi in tema di sanzioni amministrative, contenuti nella legge 689/91, da

escludere invece che il rinvio valga anche per il procedimento giurisdizionale di opposizione al
provvedimento, in quanto la stessa 287/90 affida i ricorsi contro i provvedimenti dellautorit
alla giurisdizione esclusiva del TAR Lazio.
Le azioni di nullit e risarcimento cos come i ricorsi per ottenere provvedimenti di urgenza,
anche non direttamente innestati su azioni di nullit o di risarcimento, ed anche in pendenza di
una procedura avanti la Commissione UE o lAutorit garante, sono invece attribuiti alla
cognizione del giudice ordinario. La competenza attribuita alle sezioni specializzate del
Tribunale competente per territorio, il giudizio si svolge ora secondo il doppio grado di merito.
Lassetto delineato dalla legge complicato e pu dare luogo a conflitti fra lautorit, il giudice
amministrativo ed il giudice ordinario, tanto pi che secondo lopinione pi accreditata, tali
competenze sono reciprocamente indipendenti. Ad esempio, il giudice ordinario, investito di una
domanda di nullit e risarcimento, potrebbe ritenere contraria alla legge unintesa che
lautorit viceversa potrebbe avere considerato legittima. Di fronte allassenza di ogni
strumento di coordinamento fra autorit e giudice ordinario si deve sperare in canali informali di
dialogo, quali sono presenti in altri sistemi, operando con relativa soddisfazione.
Va detto infine che le procedure avviate dalla commissione UE o dallautorit possono essere
concluse con una sorta di patteggiamento, viene riconosciuta lesenzione o vien concessa
lautorizzazione sulla base di impegni che le imprese coinvolte assumono negoziando con la
commissiono o lautorit, se queste riconoscono tali impegni capaci di far venir meno la
valutazione negativa delloperazione.
Lautorit ha fatto largo uso di tale possibilit, ben pi che la commissione UE. Si tratta di uno
strumento importante, capace di ridurre tempi e costi dellintervento dellorgano di controllo.
Occorrerebbe tuttavia che esso venga attivato in un sistema di piena trasparenza della
contrattazione tra impresa e lorgano di controllo, con riduzione dei poteri discrezionali
dellorgano ed elaborazione di criteri generali ed astratti. Nella prassi invece i provvedimenti
dellaautorit sono spesso generici w non danno conto dei dati presumibilmente tenuti in
considerazione ai fini della decisione.
Le sanzioni. Il public enforcement. Il diritto antitrust dispone di numerose misure sanzionatorie
e di misure puramente afflittive, a tutela degli interessi generali del mercato (c.d. public
enforcement). Lautore dellillecito antitrust, inoltre esposto allapplicazione delle misure
sanzionatorie civilistiche, che danno ristoro agli interessi privati dei soggetti da lui direttamente
danneggiati. La coesistenza di questi due piani di reazione all illecito dovrebbe assicurare una
particolare efficacia, sia in termini di pura repressione dellillecito, sia in termini di deterrenza.
Con riferimento al public enforcement, le misure correttive sono di natura inibitoria e di natura
ordinatoria. Tra le prime si colloca linibitoria finale, che vieta alle imprese la prosecuzione o la
ripetizione dellillecito. Essa pu avere effetti importanti, se applicata tempestivamente e in un
quadro di controlli che riesca a verificarne losservanza effettiva. Anche lordine di rimozione
degli effetti dellatto o del comportamento illecito (la cui emanazione spetta, anche essa, solo
alla commissione UE ed allautorit garante, non anche al giudice ordinario) pu svolgere un
ruolo positivo.
Nella prassi spesso, la commissione e lautorit impongono condizioni positive alle imprese
coinvolte in illeciti concorrenziali o in operazioni per le quali si chieda lesenzione o
lautorizzazione. Pu trattarsi sia di misure strutturali, quali ad esempio, obblighi di dismissioni
parziali di aziende o rami di aziende o partecipazioni, sia di misure comportamentali, quali
obblighi di contrarre, che si traducono in ordini anche di contenuto positivo e dettagliato. La
formulazione delle misure correttive deve ispirarsi al principio di proporzionalit, cio deve
puntare ad identificare la o le misure che potrebbero pi agevolmente e compiutamente

ripristinare lefficienza del mercato, eliminando leffetto anticoncorrenziale dellillecito. Sia il


diritto comunitario che il nazionale prevedono che la commissione e lautorit garante possano
disporre misure cautelari.
Non sempre le sanzioni correttive risultano adeguatamente efficaci, il diritto antitrust prevede
quindi anche lirrogazione di ammende pecuniarie a carico delle imprese autrici dellillecito; si
tratta di sanzioni di natura amministrativa e non penale. Tali sanzioni devono tuttavia essere
accompagnate da un serio controllo dei prezzi, per evitare che limpresa da essa colpita ne
scarichi in tutto o in parte il costo sui consumatori. Limporto dellammenda dipende dalla
gravit della durata dellillecito, in diritto UE varia da mille a un milione di euro e pu
raggiungere il 10% del volume daffari realizzato nellesercizio anteriore allillecito da ciascuna
delle imprese coinvolte, nella prassi comunitaria il livello delle ammende sembra crescere negli
ultimi anni, non cos invece nella prassi italiana.
Le sanzioni. Il private enforcement. Sul piano del private enforcement, lautore dellillecito
antitrust esposto allapplicazione di misure sanzionatorie civilistiche, quali la nullit dei
contratti e lobbligo di risarcimento del danno, che tutelano gli interessi privati dei singoli
soggetti danneggiati dallillecito; si applicano le regole di diritto nazionale anche con
riferimento allantitrust comunitario.
La nullit ovviamente ipotizzabile solo per le intese, per gli abusi che si traducono nella
stipula di un contratto, e per le concertazioni realizzate sulla base di operazioni di natura
contrattuale. La nullit, anche quando derivante dal diritto antitrust comunitario sempre
regolata dal diritto nazionale, viene cos richiamata una disciplina che contenuto soprattutto
dagli articoli dal 1418 al 1424 del c.c.. vale la pena di ricordare sul piano sostanziale, la
possibilit di applicazione della nullit parziale (art. 1419 c.c.). in linea di massima, peraltro, la
sanzione della nullit, per i contratto contrari al diritto antitrust una sanzione poco efficiente;
essa infatti, non evita lesecuzione spontanea dellaccordo, e pu avere qualche effetto solo se
le stesse parti dellaccordo intendono farla valere.
Oltre la nullit dellintesa tra le parti dellintesa stessa, ci si chiede se esista la nullit dei c.d.
contratti a valle, cio dei contratti stipulati con terzi dallimpresa parte di unintesa illecita o
autrice di un abuso. Il problema si posto recentemente per contratti di assicurazione stipulati
da compagnie assicuratrici secondo condizioni e prezzi concordati allinterno di unintesa illecita
(e dichiarata illecita dallautorit) tra varie compagnie. Gli assicurati, hanno chiesto la
dichiarazione di nullit dei contratti a valle e/o la revisione delle condizioni contrattuali, e/o il
risarcimento del danno. La nostra giurisprudenza ha qualche volta affermato la nullit del
contratto a valle, come effetto derivato dalla nullit dellintesa a monte. Si anche pensato ad
una nullit diretta della clausola del contratto a valle che costituisca attuazione dellintesa
illecita a monte, ed alla sua sostituzione con una clausola conforme di legge. La corte di
giustizia di contro ha affermato nella sentenza Manfredi lesistenza di un diritto dellassicurato
al risarcimento del danno, ma non facile affermare lesistenza di unobbligazione risarcitoria
nascente da un contratto valido.
Il risarcimento del danno, che regolato interamente dal diritto nazionale, va incontro spesso a
gravi difficolt di quantificazione del danno risarcibile, analoghe a quelle che si incontrano in
materia di concorrenza; e per queste ragioni, nella pratica, si fa spesso ricorso alla valutazione
equitativa. Di fatto, probabilmente esatta losservazione secondo la quale il giudice italiano
tende a sottostimare il danno risarcibile, con il risultato che questa sanzione non riesce a
svolgere realmente n un ruolo compensativo, n un ruolo deterrente.

Lezione. L'antitrust a livello sia europeo che nazionale, e riguarda la concorrenza del
mercato, inteso come insieme delle contrattazioni tra venditori e acquirenti al fine di stabilire il
prezzo delle merci, questa la definizione dal punto di vista economico del concetto di
mercato.
Differenza che c' tra la legislazione cd antitrust, che la la legislazione della concorrenza del
mercato, rispetto alla disciplina della concorrenza sleale, ovvero sia quella disciplinata dal 2598
ss cc:
mentre la disciplina della concorrenza cos come disciplinata dal cc, guarda il comportamento
degli imprenditori, cio la concorrenza tra imprenditori, e quindi tra imprese, ma non va a
guardare e a tutelare ovviamente la concorrenza del mercato, va a guardare la concorrenza tra
imprenditori, appunto con questa finalit predispone tutta una serie di norme, quindi tutta una
struttura normativa volta appunto a tutelare l'imprenditore e l'impresa.
Mentre invece la legislazione antitrust ha la funzione di tutelare il mercato, cio quindi, ha una
applicazione molto pi vasta, mercato inteso come insieme delle contrattazioni tra venditori e
acquirenti per la determinazione del prodotto o del servizio, e sostanzialmente quindi va a
predisporre un impianto nromativo che tiene conto delle regole della concorrenza del mercato.
Vedremo che poi c' oltre alla legislazione europea anche quella nazionale...
vanno fatte alcune considerazione di carattere generale relativamente a quello che sono le
REGOLE CHE SOTTOSTANNO AL MERCATO.
L'idea della perfezione sarebbe quella di una libera concorrenza, che quindi non ci siano
ostacoli, non ci siano restringimenti, che tutti possano accedere al mercato, senza impedimenti,
senza alcuna imposizione, ma la concorrenza perfetta molto difficile da raggiungere.
Quali altre situazioni noi possiamo avere all'interno di un mercato?
Possiamo avere una situazione di monopolio, quando sostanzialmente l'offerta concentrata in
un'unica grande impresa, quindi l'offerta del prodotto o del servizio proviene soltanto da un
unico centro di imputazione, e abbiamo la situazione di monopolio.
Poi abbiamo invece la situazione di oligopolio dove sostanzialmente anzich un'unica impresa
abbiamo poche altre imprese, quindi comunque abbiamo degli imprenditori, intesi in senso
collettivo, pochi operatori economici che offrono sul mercato il prodotto.
semplice comprendere che se invece io ho pi soggetti che offrono sul mercato il prodotto o il
servizio, si sviluppa quella che viene definita appunto una libera concorrenza, che tende
naturalmente a migliorare il prodotto, quindi c' un incentivo al miglioramento, a calmierare il
prezzo, perch naturalmente tutti tenderanno a produrre il bene ad un prezzo inferiore, quindi
chi ne beneficia il mercato stesso, il consumatore e chi nel mercato opera.
A questo punto quindi l'idea che la concorrenza perfetta sia quella che si realizza quando i
soggetti sono liberi di operare all'interno del mercato andando quindi a migliorare i loro
prodotti, ad incentivare lo sviluppo del prodotto o del servizio.

Sono viste invece come attivit che vanno a comprimere, che vanno a limitare la libera
concorrenza, tutte quelle intese che sono sostanzialmente volte, in qualche modo ad impedire o
comunque che creano sicuramente delle situazioni di ostacolo al libero accesso al mercato e che
quindi vanno a falsare la libera concorrenza.

Nel nostro sistema economico, a livello internazionale (non solo europeo), all'inizio, quello che
poteva essere il sistema americano della fine dell'800, e poi via via il mercato che si sviluppato
un mercato portato alla concentrazione nelle grandi imprese, ovvero sia le grandi
multinazionali che vanno a dominare il mercato.
Ecco che a fronte di un fenomeno come la concentrazione delle imprese in grandi multinazionali
si cercato di porre rimedio con l'emanazione della disciplina antitrust.

Fonti della disciplina antitrust. Noi partiamo dallo Sherman act emanato negli USA nel 1890,
quindi per andare a regolare quella che era la concentrazione che si era attuata con l'istituzione
delle grandi imprese multinazionali, ed in Europa, siamo arrivati al trattato prima istitutivo
dell'UE, quindi al Trattato di Roma, dove in alcuni articoli si indicavano quelli che erano i
precetti da rispettare per una disciplina antitrust, e poi tutti i vari Stati aderenti all'UE si sono
dotati di una propria legge nazionale....l'Italia nel 1990, quindi a distanza di 100 anni
dall'America, ha avuto la sua legge antitrust, la legge n 287 del 1990.
Adesso abbiamo tutta questa proliferazione di leggi (anche insensate), per evidentemente il
nostro legislatore ha una sorta di andamento lento per cui certe volte pare che per 100 anni
pensa di non legiferare su determinati argomenti che pure sono importanti e poi naturalmente
ha una sorta di schizofrenia nell'emanare pi leggi possibili in un determinato argomento,
spesso anche in contrasto fra loro.
Caratteristiche di una disciplina antitrust. La finalit innanzitutto quella di andare a
correggere quelle che sono le eventuali anomalie, gli eventuali squilibri che possano crearsi
all'interno del mercato, e questo sia appunto per proteggere il pubblico interesse, quindi il
pubblico dei consumatori, ma anche per tutelare forme di attivit imprenditoriale che siano
contro ovviamente la libera concorrenza.
Il raggiungimento degli obiettivi della legge antitrust sempre stato molto difficile.... perch
noi dobbiamo rappresentarci che spesso il legislatore che si trova a dover emanare una
legislazione che vada a dirimere e vada a porre delle regole all'interno di un mercato spesso
per il legislatore stesso non conosce gli aspetti tecnici del mercato, quindi questo un primo
aspetto problematico per cui spesso gli obiettivi e le finalit delle legislazioni antitrust non
vengono raggiunti.
L'altro aspetto problematico che non si sa mai se intervenire ovviamente sul mercato stesso,
quindi imponendo delle regole al mercato o invece imponendo delle regole agli operatori, altra
questione problematica per cui risulta difficile raggiungere appunto l'obiettivo, e poi bisogna
considerare che al di la delle regole del mercato economico, vanno tenuti presente anche altri
principi e valori, come la tutela alla salute, tutela alla vita e via dicendo....
Vanzetti e Di Cataldo, propendono per una soluzione, sempre al fine di raggiungere l'obiettivo
della legislazione antitrust, che tenga conto sia di un controllo, ovviamente del mercato, quindi
propongono un organismo di sorveglianza del mercato, quindi che possa percepire quelle che
sono le esigenze e quella che anche l'evoluzione sia del mercato stesso, quindi delle strutture,
sia anche dei comportamenti stessi che le imprese via via vanno tenendo, e ovviamente l'altra
soluzione quella di seguire e di armonizzare quindi di coordinare fra loro le varie discipline
antitrust dei vari Paesi ovviamente con cui l'Italia si trova a dover operare.
Quindi, venendo a conoscenza, quali sono anche le normative degli altri Paesi con cui le nostre
imprese vanno a competere permette di capire qual' la strada da seguire, dove bisogna

intervenire, per far si che anche le nostre imprese siano concorrenti all'interno di un mercato
unico, di un mercato appunto generale.
Ovviamente noi dobbiamo tener conto che la legislazione antitrust nazionale si applica solo nel
territorio nazionale, la legislazione invece antitrust comunitaria, cos come noi la vedremo
stabilita dalla norme del trattato, una legislazione che invece ha valenza in tutta l'UE.
Vedremo anche qual' il rapporto tra queste due fonti normative, quello che comunque si vuole
cercare di fare proprio di creare un sistema omogeneo dove appunto la concorrenza sul
mercato sia nazionale che comunitario sia sostanzialmente retta da principi analoghi.
Anche perch ovviamente le imprese che operano in Italia sono poi quelle imprese che vanno a
confrontarsi con le imprese straniere, dell'UE o anche al di fuori dell'UE.... ovviamente c' una
suddivisione che si fa all'interno della normativa antitrust, nel senso che si suddividono quelle
che sono le disposizioni nelle quali si individuano le fattispecie tipiche, cio quali sono i
comportamenti che o sono vietati o devono essere tenuti, quindi comunque sostanzialmente c'
una normativa in cui si individuano le fattispecie tipiche, e l'altro gruppo di norme quello
relativo a quanto viene ad essere stabilito dall'organo di controllo del mercato.
Una delle soluzioni proposte da Vanzetti e Di Cataldo, condivisa anche da altra dottrina,
proprio quello di sorvegliare costantemente l'evoluzione del mercato e quindi di capire,
percepire quali sono le esigenze, per fare questo abbiamo bisogno di un'autorit che sorvegli,
che controlli il mercato, a questa autorit demandato anche un potere regolamentare proprio
per poter intervenire e disciplinare i vari settori e quindi intervenire con delle regole precise per
rendere il pi possibile libera la concorrenza tra le imprese.
Rimane sicuramente un problema di fondo in questo quadro normativo, che costituito dalle
SANZIONI.
Una cosa porre il principio, imporre un determinato obbligo, un determinato comportamento,
ma poi ci deve essere la correlativa sanzione, perch altrimenti difficile far rispettare quel
comportamento.
Effettivamente nella disciplina antitrust si riscontrato questo problema, perch
sostanzialmente l'unica sanzione che si riusciti a imporre, e questo sia a livello comunitario
che a livello nazionale, ovviamente la sanzione della nullit di quelle intese o di quegli accordi
che potrebbero intervenire tra le imprese ad alterare il mercato.
Quindi la conseguenza di un'eventuale intesa che ai sensi della legge antitrust vietate, la
dichiarazione di nullit. La sanzione non una sanzione molto efficacie, si una sanzione che
pone nel nulla determinate intese, ma poi diventa anche difficile, qualora non si tratti di
accordi, ma si tratti di altri comportamenti, andare ad incidere.
Esempio: le concentrazioni, quando raggiungono determinati livelli, sono vietate. Di fronte ad
una fusione tra pi imprese, e quindi la realizzazione di una concentrazione vietata ai sensi della
legge antitrust quale sarebbe la sanzione??? la nullit no, non posso materialmente incidere su
quella che l'attivit dell'impresa che risulta dalla fusione, ordinare una scissione non detto
che con questo sistema io otterrei il risultato di comunque evitare quella concentrazione di
potere economico che si vuole vietare.... il discorso sempre: l'imposizione di un determinato
comportamento ha efficacia se sanzionato in modo corretto ma in modo sopratutto
corrispondente. Purtroppo, per quanto riguarda i comportamenti imposti dalla normativa
antitrust non abbiamo delle sanzioni efficaci, perch di fronte all'eventuale accordo o intesa
vietata abbiamo come sanzione la nullit, ma di fronte ad una concentrazione che raggiunga un
elevato potere economico di una determinata impresa all'interno del mercato, non riusciamo a

riportare la situazione in equilibrio perch imponendo la scissione non detto che otterremo
quel risultato.
E anche le sanzioni di tipo amministrativo, le sanzioni pecuniarie sono comunque non
corrispondenti a quello che invece il danno ovvero sia l'alterazione che si provoca nel mercato.
Quindi, c' ovviamente il problema di non dover tanto ricorrere alla sanzione, quanto
ovviamente di prevenire determinati comportamenti, in modo da evitare che certe situazioni si
verifichino.
Ecco perch c' ovviamente il discorso della sorveglianza e quindi dell'autorit di controllo
preposta al fine di controllare il mercato in modo appunto da prevenire dei comportamenti in
cui sia ravvisabile una disciplina anti concorrenziale.
Ovviamente avremo sempre la possibilit del risarcimento dei danni, dell'eventuale sanzione
pecuniaria, per rimangono delle soluzioni che non appagano.
Dal punto di vista poi della SANZIONE PENALE, perch anche questa potrebbe essere una
soluzione, in realt questo tipo di soluzione stata adottata negli USA, mentre invece in Europa
o in Italia non prevista nessun tipo di sanzione penale per l'attivit anti concorrenziale, quindi
a livello di sanzioni non ci fermiamo all'aspetto civilistico, totalpi amministrativistico, ma non
introduciamo un sistema di sanzioni penali.
Questo il quadro in cui si inserisce la legislazione antitrust europea.
Il punto di partenza il Trattato istitutivo dell'UE, il Trattato di Roma, TCEE.
Trattati che poi nel tempo sono sono strati modificati, e oggi siamo arrivati al TFUE.
stato modificato con il Trattato di Lisbona del 2009, quindi nel 2009 c' stato un intervento
abbastanza importante a livello della normativa del trattato.
Fatto si che comunque sia all'inizio, sia dopo il Trattato di Lisbona, la disciplina
funzionalizzata alla integrazione economico politico dell'Europa e quindi di costituire quello che
si definisce il mercato unico europeo, che appunto dovrebbe, nella volont e nell'intento del
legislatore europeo, essere il mercato perfetto, dove la libera concorrenza attuata
pienamente.
Quello che si vuole sopratutto raggiungere con le norme del Trattato e con la legislazione anche
nazionale antitrust, che riprende pari pari le norme del trattato, proprio l'integrazione
politica, economica dell'Europa in ordine al sistema dei traffici, quindi al sistema del mercato
europeo.
Quindi si trattava di individuare quelle che erano le regole da imporre, ovvero sia da rispettare,
quindi quali erano i comportamenti vietati, e sono stati individuati dagli allora articolo 81 e 82
del TCE, oggi trasfuse negli articolo 101 e 102 del TFUE, hanno fissato quelli che sono i principi
fondamentali da rispettare.
Quindi si sono imposte: il divieto delle intese che vanno a pregiudicare il commercio tra gli Stati
membri e quindi quelle intese che sono restrittive della concorrenza del mercato interno,
articolo 101 del TFUE.
Oppure il divieto di posizione dominante, quindi il divieto dell'esercizio abusivo di una posizione
preminente che un'impresa possa assumere all'interno del mercato, la posizione dominante non
in se per se illecita, quello che illecito l'abuso della posizione dominante, articolo 102 TFUE.

Abbiamo poi ovviamente, una serie di norme che riguardano anche quelle che sono i rapporti e
quindi i rapporti sopratutto di tipo economico, finanziario tra enti pubblici e imprese pubbliche,
vedremo anche quelle che sono le disposizioni sugli aiuti di Stato, quindi su interventi che lo
Stato pu operare nei confronti delle imprese e abbiamo poi naturalmente la parte finale, gli
articolo dal 106 al 109 TFUE che riguarda aiuti di Stato e quindi eventuali limitazioni che grazie
agli aiuti di Stato che eventualmente uno Stato effettua nei confronti delle imprese del proprio
Paese vanno, quando si concedono questi aiuti, si va sostanzialmente ad alterare la concorrenza,
perch si va limitare la possibilit di contrattazione di altre imprese straniere che non godono di
questi aiuti.
Tra le varie procedure concorsuali prevista anche l'amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi, una procedura concursuale perch finalizzata alla liquidazione della societ
e quindi a far fronte ad una eventuale situazione di insolvenza della societ, per proprio perch
la grande impresa sottende a degli interessi pubblici e sociali non pu essere dichiarata fallita
come tutte le altre imprese, quindi lo Stato che interviene nella procedura per salvaguardare i
posti di lavoro, per salvaguardare i creditori e via dicendo... la legge, la vecchia legge Prodi, poi
modificata da una legge del 2007, da il quadro dell'amministrazione straordinaria delle grande
imprese in crisi. A livello europeo c'era stata anche una rimessione alla CG per valutare se un
tipo di legge come quella sull'amministrazione straordinaria nelle grandi imprese in crisi non
rappresentasse un vero e proprio aiuto di Stato e quindi andasse a favorire in qualche modo, ad
aiutare le imprese italiane rispetto ad altre imprese all'interno del mercato europeo che non
potevano godere di un beneficio di questo tipo, perch ovviamente questa legislazione una
legge speciale dello Stato italiano, ma non ci sono altre leggi analoghe in altri Stati. Quindi
sostanzialmente gli aiuti di Stato hanno una rilevanza notevole nella visione di un mercato dove
dovrebbe imperare la libera concorrenza tra le imprese, perch effettivamente vanno a favorire
in qualche modo alcune imprese a discapito di altre.
Altra cosa, spesso la CG si pronuncia su fattispecie che vengono demandate alla sua attenzione
per valutare se si possa riscontrare o meno la violazione del divieto relativamente agli aiuti di
Stato.

Societ cooperative, si parlava di distribuzione di dividendi, quindi di utili, che sono una cosa, e
di distribuzione dei ristorni. I ristorni sono il vantaggio mutualistico che il socio della cooperativa
riceve, e nelle cooperative a mutualit prevalente... c'erano le cooperative a mutualit
prevalente e le altre... nelle cooperative a mutualit prevalente c' (solo nelle cooperative a
mutualit prevalente) si possono utilizzare quei benefici, sopratutto di tipo fiscale e tributario,
che invece le altre cooperative non possono utilizzare.
Questi benefici in che cosa consistono? Parliamo di esclusione dall'applicazione dell'imposta IRAP
piuttosto che dell'IRES per quanto riguarda la percezione dei ristorni. Quindi non da poco il
vantaggio che pu ottenere un socio cooperatore, eppure stato rimesso alla CG la questione se
l'applicazione di questi benefici di tipo fiscale possa rappresentare una violazione degli aiuti di
Stato perch va a favorire alcune societ appunto, imprese che operano all'interno del mercato
rispetto ad altre...
per fortuna la CG, guardando e mettendo in evidenza la finalit mutualistica delle societ
cooperative, esiste anche la societ cooperativa europea, quindi a maggior ragione sulla base di
quelli che sono i principi informatori della societ cooperativa la CG ha ritenuto di respingere la
questione e quindi ha dichiarato che questo tipo di agevolazione di tipo fiscale concessa alle
cooperative a mutualit prevalente, non configura una violazione del divieto agli aiuti di Stato.

Quindi, spesso e volentieri si rimanda alla CG per la valutazione se appunto vi una violazione o
meno delle norme imposte dal TFUE, articoli 101, 102, 106-109.

Accordi vietati ai sensi dell'articolo 101 del tfue. Sono vietati tutti gli accordi tra imprese,
tutte le decisioni di associazioni di imprese, quindi non solo l'impresa autonomamente, ma anche
le associazioni di imprese, e tutte le cd pratiche concordate, che possono pregiudicare il
commercio tra gli Stati membri.
Naturalmente questi accordi, queste pratiche concordate, queste decisioni, quand' che vanno a
pregiudicare il commercio tra gli Stati membri? Quando hanno ad oggetto e quindi per effetto, di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune.
Quindi, si intende colpire qualsiasi tipo di accordo, tanto l'accordo che pu risultare da un atto
scritto, quindi da un documento in cui si manifestata la volont delle parti, ma anche senza la
necessit di un documento scritto, si fa riferimento alle cd pratiche concordate, quindi quelli
che sono i comportamenti concludenti di fatto tenuti dalle imprese, oppure quelle che sono le
decisioni che vengono poi adottate dalle associazioni delle imprese.
Questo tipo di comportamenti sono considerati vietati nel momento in cui appunto hanno per
oggetto e quindi per effetto la conseguenza di alterare, quindi di restringere, falsare o
addirittura di impedire il gioco della libera concorrenza.
A questo punto, posto in linea di principio il divieto, l'articolo 101 TFUE fa anche una
esemplificazione naturalmente non tassativa, cio meramente esemplificativa, di quelle che
possono essere considerate le intese o le pratiche concordate vietate.
Qui sostanzialmente torniamo al sistema adottato dal legislatore studiando la norma del 2598,
dove sostanzialmente il legislatore ha fissato dei principi, ha fatto degli esempi, quindi ha
indicato delle fattispecie tipiche e poi ha chiuso con una norma di chiusura generale tale da far
rientrare anche delle ipotesi che magari non sono state elencate esemplificativamente, ma che
possono dar luogo ad atti di concorrenza sleale.
Qui sostanzialmente il legislatore fa la stessa cosa, indica il principio in base alla quale io devo
valutare se l'intesa vietata o meno, e poi va ad indicare in via esemplificativa le fattispecie
tipiche.... quali sono le FATTISPECIE TIPICHE?
Le eventuali intese o pratiche concordate che hanno l'obiettivo di fissare direttamente i prezzi
all'interno del mercato, naturalmente prezzi o di acquisto o di vendita, ma che sostanzialmente
vanno ad individuare e quindi ad imporre delle regole di transazione, che non sono determinate
da una libera concorrenza ma sono frutto di accordi, di intese tra imprese.
Altra fattispecie l'intesa o la pratica concordata che ha la finalit di limitare o di controllare
gli sbocchi e lo sviluppo tecnico degli investimenti, quindi va a porre dei paletti, dei limiti, alle
imprese che vogliono operare all'interno del mercato.
Oppure altra esemplificazione delle intese vietate, sono quelle che vanno a ripartirsi i mercati o
le fonti di approvigionamento, ovviamente cos facendo si crea una situazione falsata, alterata
del libero mercato...
Oppure imprese che con le pratiche concordate o le intese vietate vanno a stringere dei rapporti
con altre imprese dove c' per una disparit di trattamento e quindi a prestazioni simili
vengono applicate invece delle contro prestazioni diverse, cio non tutti i contratti che le

imprese vanno a concludere, pur essendo equivalenti nel contenuto hanno le stesse prestazioni
corrispettive, quindi vado a trattare in modo diverso i soggetti con cui io vado a contrarre.
Quindi sostanzialmente vado a stabilire condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, quindi
vado a creare una discriminazione e quindi vado ad alterare il mercato, perch chiaro che
l'impresa con cui io contraggo avr un determinato vantaggio se l'altra impresa con cui io ho
contrattato, avr per lo stesso tipo di prestazione un trattamento dissimile, quindi un
trattamento peggiorativo rispetto a quello che io ho offerto all'altra impresa, quindi creo una
discriminazione tra questi due soggetti.
Oppure altra intesa vietata, quando io vado a subordinare determinate prestazioni alla
concessione di corrispettivi o altre prestazioni che nulla hanno a che vedere con la prestazione
principale oggetto del contratto. Quindi sostanzialmente vado a chiedere dei vantaggi ulteriori,
e subordino la conclusione del contratto all'ottenimento di vantaggi ulteriori che nulla hanno a
che vedere con il rapporto principale.
Queste sono le ipotesi nelle quali il legislatore comunitario ha raffigurato comportamenti vietati
e ovviamente li ha sanzionati, li ha sanzionati con la dichiarazione di nullit. Quando si ravvisano
delle intese o delle pratiche concordate che hanno questi requisiti, queste intese sono
dichiarate nulle e la nullit ovviamente ha effetto retroattive e non possono essere pi applicate
nei rapporti tra le imprese.
Ma chi che si accorge che ci sono queste intese vietate o queste pratiche concordate?
Naturalmente a controllo del mercato e quindi delle imprese c' la COMMISSIONE, che ha anche
questa funzione di controllare il comportamento e sopratutto di tastare il mercato e di vedere
se ci sono delle alterazioni che sono diretta conseguenza di intese tra imprese.
C' da dire anche che non sempre la sussistenza di questo tipo di intese vietate illegittima,
perch esiste anche quello che il regime della esenzione, laddove sostanzialmente le imprese
possono, rendendosi conto che hanno concluso delle intese che alla luce dell'articolo 101 TFUE
sarebbero vietate, vanno per a chiedere alla Commissione l'ESENZIONE, nel senso che chiedono
che la norma non venga loro applicata.
Questo lo si pu fare sia in termini preventivi, cio prima di concludere l'intesa, sia anche
immediatamente dopo aver concluso l'intesa e ovviamente l'esenzione subordinata al fatto che
intese o pratiche concordate o accordi che di per se sarebbero vietate, vengono invece valutate
come un sistema che invece va a migliorare o a sviluppare il processo tecnologico.
Quindi io che sono un'impresa che opera in un determinato settore, che sta per concludere un
accordo con un altra impresa, mi rendo conto che questo accordo potrebbe effettivamente
rappresentare un'intesa vietata, posso ovviamente sia preventivamente che anche
successivamente alla stipulazione dell'accordo, andare a chiedere alla Commissione la cd
esenzione, e motivando la mia richiesta sul fatto che quell'intesa ha la finalit di migliorare lo
sviluppo tecnologico e lo sviluppo economico anche o di una parte del mercato o anche di tutto
il mercato.
Quindi, alla luce della sussistenza di questi presupposti, del fatto che sia un miglioramento
godibile da tutti, lo sviluppo tecnologico o il miglioramento economico sicuramente va a
vantaggio di tutti, a questo punto la Commissione pu, valutato le motivazioni, pu concedere
anche l'esenzione, tanto vero che noi abbiamo anche il cd regolamento per le esenzioni che va
a regolamentare, a disciplinare la richiesta di procedure di esenzione e sopratutto indica
specificamente quali sono i motivi che possono dar luogo alla richiesta di esenzione.

A questo punto, ovviamente la Commissione, come voi potete ben comprendere ha comunque
dei poteri anche ispettivi nei confronti delle imprese, perch senno non verrebbe mai a
conoscenza se aspetta la buona volont delle imprese a sottoporgli i vari accordi.... quindi la
Commissione ha dei poteri ispettivi di fronte ai quali l'impresa deve sottostare.
La Commissione ha anche la possibilit di adottare, nei confronti delle imprese, delle misure
cautelari, in modo da, nel momento in cui valuta se sussistono i presupposti per una esenzione,
valuta comunque nel frattempo come l'impresa debba comportarsi.

102 TFUE (ex articolo 82 TCE) abuso di posizione dominante. Anche qui il legislatore ha voluto
dare delle indicazioni, non come elenco tassativo, ma come elenco esemplificativo delle
fattispecie che rappresentano un abuso di posizione dominante.
Pratiche abusive possono essere, e si ritrova l'elencazione nel 102 TFUE di tutte quelle pratiche
che sono riprese nell'articolo 101 TFUE.
Quando posso avere un abuso di posizione dominante? Quando un'impresa in posizione dominante
va a stringere con altre imprese, intese o pratiche concordate che appunto hanno la finalit di
fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita delle merci o comunque
di andare a fissare le regole per le transazioni commerciali, oppure posso appunto limitare gli
sbocci della produzione o appunto del mercato, oppure possono le intese riguardare la
spartizione di mercati.
Sostanzialmente le stesse fattispecie che noi abbiamo visto come fattispecie vietate ai sensi
dell'articolo 101 TFUE le ritroviamo come comportamento che da luogo ad abuso di posizione
dominante, quando a stringere queste intese o accordi un'impresa in posizione dominante.
Naturalmente il problema che non c' una vera e propria definizione all'interno della disciplina
europea di posizione dominante.
Diciamo che la CG andata via via con le varie decisioni a definire che cos' la posizione
dominante.
La CG ha individuato la posizione dominante in quella posizione di potenza economica, grazie
alla quale l'impresa riesce ad essere in una situazione di indipendenza, quindi autonomia totale
nei confronti dei concorrenti.
Quindi, sostanzialmente, pu operare con i consumatori senza subire alcuna conseguenza
pregiudizievole dall'attivit delle altre imprese.
Nel trattato non abbiamo una definizione di posizione dominante, abbiamo la previsione
dell'abuso di posizione dominante, ma non abbiamo una definizione di posizione dominante. A
questo punto la CG ha via via cercato di indicare il contenuto e quindi che cosa di debba
intendere per impresa in posizione dominante, per cui l'abuso di questa posizione dominante
porta alla violazione dell'articolo 102 TFUE, e sostanzialmente la CG andata a definire la
posizione dominante come quella posizione di potenza economica che l'impresa si ritrova a
possedere, ovviamente in modo continuativo, per un certo periodo di tempo, non
sporadicamente... e quindi si ritrova a poter essere totalmente indipendente dalle altre imprese
tanto da poter contrattare con i consumatori senza subire nessun tipo di pregiudizio dall'attivit
delle altre imprese.
Ribadisco, questa condizione di posizione dominante, non in se e per se vietata, perch
effettivamente si riconosce anche una certa bravura a chi riesce con il proprio lavoro ad

acquisire una potenzialit economica tale da poter essere indipendente dalle altre imprese.
Quello che naturalmente si vuole vietare e si condanna e si sanzione l'abuso di questa
situazione, anche perch voi capite che se io impresa sono in posizione dominante e vado a
stringere un accordo con un altra impresa, che magari ha anch'essa una posizione notevole
all'interno del mercato e decidiamo come e con quali criteri fissare i prezzi di acquisito e di
vendita e le transazioni, chiaro che sostanzialmente andiamo a monopolizzare il mercato e
quindi andiamo ad alterare, a falsificare la concorrenza.... quindi, abuso di posizione dominante
inteso come abuso di potere economico che l'impresa pu vantare all'interno del mercato.
Poi c' il riferimento alle imprese pubbliche, e quindi ai rapporti che ovviamente devono
sussistere tra le imprese pubbliche e i poteri pubblici, cio in che misura lo Stato interviene nei
rapporti con le imprese pubbliche, che ovviamente devono essere rapporti improntati alla
massima trasparenza sotto tutti gli aspetti.
107 TFUE interventi economici dei singoli stati a favore delle imprese nazionali che possono
appunto costituire i cd aiuti di stato e che quindi possono in realta' alterare la libera
concorrenza all'interno del mercato europeo.
Perch chiaro che se le imprese italiane possono godere di aiuti di Stato da parte dello Stato
italiano, ovvio che all'interno del mercato unico europeo loro sono in una situazione di
vantaggio, di privilegio, quindi si altera sostanzialmente la libera concorrenza.
Per aiuto di Stato si intende qualsiasi tipo di vantaggio, sia dal punto di vista proprio dell'aiuto,
sia la liquidazione di fondi e via dicendo sia anche dal punto di vista dell'alleggerimento degli
oneri di tipo fiscale.
(ecco perch prima abbiamo fatto l'esempio delle cooperative a mutualit prevalente, le
agevolazioni di tipo fiscale potevano costituire degli aiuti di Stato).
Sostanzialmente quindi questo tipo di comportamento viene ad essere sanzionato, si ritengono
nulli, la sanzione anche qui quella della nullit.
Ovviamente, anche per gli aiuti di Stato ci sono naturalmente delle deroghe, cos come abbiamo
visto che per le intese e pratiche concordate abbiamo la possibilit delle esenzioni, anche qui
abbiamo delle deroghe ovviamente in presenza di determinate situazioni che hanno sopratutto
la necessit di tutelare esigenze di tipo sociale, quindi esigenze pubbliche che possono
giustificare ovviamente la deroga alla regola degli aiuti di Stato.

Quindi appunto sicuramente se in presenza di determinati eventi catastrofali, come un


alluvione, un terremoto, chiaro che in queste ipotesi c' una deroga alle regole sugli aiuti di
Stato.
Oppure c' un preminente interesse pubblico sociale che pu giustificare un eventuale deroga.

Concentrazioni. Quali sono poi gli altri aspetti che vengono ad essere considerati e quindi
vietati dal trattato? Sono le cd concentrazioni.
Anche qui, non abbiamo una definizione di concentrazione a livello normativo ma la CG ha
definito che sono concentrazioni quelle fattispecie nelle quali le imprese aventi posizione
dominante possono in taluni casi appunto, stringendo tra di loro degli accordi, rafforzano la loro
posizione dominante naturalmente con la finalit di abusare del loro potere economico, quindi

le concentrazioni vietate alla luce delle decisioni della CG sono quelle nelle quali partecipano
delle imprese in posizione dominante, ma che hanno abusivamente sfruttato la loro posizione
dominante, quindi hanno stretto appunto intese vietate ai sensi dell'articolo 102 TFUE.
Per altro, anche qui abbiamo un regolamento europeo del 2004 che va a disciplinare le
concentrazioni tra imprese stabilendo quindi quando queste concentrazioni sono naturalmente
vietate.
E il regolamento si applica alle operazioni di concentrazione che abbiano per una rilevanza
europea.
Quindi, si trattava, una volta che il regolamento stato emanato di individuare questo concetto
di rilevanza, di dimensione, la legge parla proprio di dimensione comunitaria delle
concentrazioni, quindi quando in realt il regolamento viene ad essere applicato.
Ovviamente anche qui si fa riferimento ad un controllo dal punto di vista economico e
commerciale che l'impresa va via via assumendo o le imprese vanno via via assumendo all'interno
del mercato unico.
Tanto vero che tutte le concentrazioni devono essere comunicate alla Commissione.
Ovviamente non tutte le concentrazioni saranno vietate, ma soltanto quelle che possono essere
appunto considerate come concentrazioni di imprese in posizione dominante, verranno
naturalmente contestate dalla Commissione.
Quindi, in linea di principio, per poter controllare e per poter sorvegliare, il regolamento, sulle
concentrazioni, ha imposto alle imprese di comunicare tutte le concentrazioni e poi l'organo di
controllo che valuta se queste concentrazioni possono dar luogo a quelle vietate oppure no.
Per quanto riguarda il funzionamento della disciplina, cio chi che attua e chi sorveglia quali
sono gli organi preposti a livello comunitario per l'applicazione di queste norme, c' innanzitutto
il CONSIGLIO a livello europeo, che ovviamente su proposta della Commissione europea previo
assenso del parlamento europeo pu emanare direttive e regolamenti utili a disciplinare il
mercato.
C' questo potere normativo del Consiglio che opera su proposta della Commissione e su
autorizzazione del Parlamento europeo.
Regolamenti e direttive hanno lo scopo di disciplinare i rapporti tra i vari organi a livello
europeo, quindi tra Consiglio, Commissione, CG, e via dicendo....
di determinare le modalit di applicazione delle norme appena viste del TFUE, e via dicendo...
La COMMISSIONE ha il potere di vigilanza, quindi l'organo di vigilanza la Commissione a livello
europeo, e naturalmente la Commissione nel momento in cui si accorge che c' un
comportamento che stato posto in essere un comportamento che pu essere inquadrato tra
quelli vietati, apre una procedura di verifica nei confronti delle imprese.
Ovviamente pu sempre chiedere anche l'intervento di altre autorit a livello nazionale, cio
pu collaborare con quelle che sono le autorit dei vari Stati membri, autorit preposte a
vigilare il mercato.
C' da fare una precisazione sul rapporto che ci pu essere tra l'attivit di vigilanza della
commissione e quindi l'applicazione della disciplina europea rispetto alla disciplina italiana. Mi
riferisco all'ipotesi in cui se la Commissione appunto nello svolgimento delle sue funzioni di

vigilanza si accorge che alcune imprese hanno attuato delle intese vietate, apre naturalmente il
procedimento di verifica e quindi a questo punto la sua competenza diventa esclusiva.
Quindi sulla stessa fattispecie non potr vigilare e quindi non potr svolgere l'attivit istruttoria
l'autorit di uno dei Paesi degli Stati membri dell'UE, cio, se la Commissione ha aperto una
istruttoria in cui vede coinvolte anche delle imprese italiane, l'autorit garante della
concorrenza e del mercato che l'autorit di vigilanza italiana, non pu entrare nel merito e
quindi svolgere anch'essa una propria attivit istruttoria perch lasciata all'autorit europea lo
svolgimento della procedura.
Addirittura se ammettiamo che l'autorit garante della concorrenza e del mercato abbia iniziato
a svolgere la propria istruttoria e poi successivamente interviene la commissione a indagare sulla
stessa fattispecie, l'autorit garante della concorrenza del mercato italiano deve sospendere la
propria procedura e rimettere tutto all'autorit europea.
Quindi, sostanzialmente si previsto un sistema di prevalenza della disciplina comunitaria, e
quindi anche dei poteri degli organi preposti alla vigilanza a tutela della disciplina comunitaria
rispetto alle autorit nazionali appartenenti ai vari Paesi degli Stati membri.
Per cui se l'impresa italiana gi oggetto di una verifica da parte della commissione e l'autorit
garante della concorrenza e del mercato si accorge che questa impresa ha posto in essere
un'intesa vietata non pu aprire una procedura perch deve lasciare che sia solo la Commissione
ad occuparsene, se invece come spesso succede l'autorit che si accorge, per quanto riguarda
l'impresa italiana, ma nella fase istruttoria si rende conto che sono coinvolte anche altre
imprese appartenenti a Paesi UE, quindi si coinvolge il mercato europeo e la commissione ha
iniziato ad indagare, a questo punto l'autorit deve sospendere e rinviare tutto alla
Commissione.
Addirittura dovrebbe essere l'autorit garante della concorrenza e del mercato italiana a
segnalare alla Commissione, ma anche se non c' una segnalazione vera e propria nel momento
in cui ad occuparsi del caso subentra la Commissione a questo punto l'autorit garante della
concorrenza e del mercato deve rimettere alla commissione.
Dopo di che la COMMISSIONE, apre la procedura di verifica, ha i suoi poteri ispettivi istruttori, e
prende poi una decisione, che pu essere una decisione con la quale accerta che effettivamente
c' stata la cd infrazione, quindi accerta i presupposti della sussistenza dell'infrazione alle norme
del TFUE, oppure decide che non vi stata violazione e quindi pu inviare una lettera di
archiviazione alla impresa con la quale fa conoscere che ovviamente la procedura di verifica si
conclusa con un provvedimento negativo.
Se ovviamente c' invece la constatazione della infrazione, a questo punto c' una vera e propria
comunicazione di addebito nei confronti dell'impresa e quindi ovviamente poi bisogna vedere di
che tipo di addebito si tratta, se abuso di posizione dominante piuttosto che intesa vietata....
naturalmente la commissione pu anche emanare dei provvedimenti provvisori e cautelari,
naturalmente anche qui sempre quando vi il presupposto della procedura, cio il fumus boni
iuris e il periculum in mora, e in ogni caso pu con la comunicazione di addebito e quindi con la
contestazione dell'infrazione pu poi procedere alla repressione delle infrazioni e quindi alla
comminazione della sanzione, se e in che misura queste sanzioni possono essere applicate.... se
la procedura della Commissione ha accertato che l'intesa vietata chiaro che ci sar anche la
repressione nel senso che viene dichiarata nulla l'intesa e quindi nullit che ha effetto
retroattivo e quindi inapplicabilit di quell'accordo, di quell'intesa pro futuro nei rapporti tra le
imprese.

Ovviamente questo sistema un sistema che comunque lascia ampi spazi, ampi poteri alla
commissione in ordine alla valutazione dell'eventuale infrazione commessa dalle imprese.
Naturalmente va sempre valutato, ma questo lo dovrebbe fare l'impresa, se proprio a fronte di
determinare ragioni e motivazioni non si possa invece chiedere una esenzione alla luce del
regolamento e quindi si chieda sostanzialmente l'esclusione dalla applicabilit delle norme degli
articolo 101 ss TFUE.

Legislazione antitrust italiana. L'Italia con la legge 287 del 1990 ha dettato la disciplina,
arrivata per ultima rispetto agli altri Stati UE, questo anche perch in Italia fino agli anni 90
c'era una grossa concentrazione di imprese pubbliche per cui da una certa data in poi ci sono
state tutta una serie di privatizzazioni e quindi ci si resi conto che comunque, in ogni caso non
si poteva pi andare avanti nel non predisporre delle leggi che potessero rendere comunque
concorrenziali le nostre imprese, ecco perch soltanto nel 1990 stata emanata la legge 287 che
sostanzialmente la nostra disciplina antitrust.
Questa legge per altro stata poi anche integrata da altre disposizioni.
L'articolo 1 della legge prevede che la legislazione, le disposizioni della legge trovano
esclusivamente applicazione solo quando si tratta di stabilire, limitatamente al mercato interno,
quindi solo ed esclusivamente quando si tratta di comportamenti che riguardano il mercato
interno si applica la legge italiana.

Art. 1.Ambito di applicazione e rapporti con l'ordinamento comunitario-1. Le disposizioni della


presente legge in attuazione dell'articolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di
iniziativa economica, si applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle
concentrazioni di imprese che non ricadono nell'ambito di applicazione degli articoli 65 e/o 66
del Trattato istitutivo della Comunit europea del carbone e dell'acciaio, degli articoli 85 e/o
86 del Trattato istitutivo della Comunit economica europea (CEE), dei regolamenti della CEE o
di atti comunitari con efficacia normativa equiparata.
2. L'Autorit garante della concorrenza e del mercato di cui all'articolo 10, di seguito
denominata Autorit, qualora ritenga che una fattispecie al suo esame non rientri nell'ambito
di applicazione della presente legge ai sensi del comma 1, ne informa la Commissione delle
Comunit europee, cui trasmette tutte le informazioni in suo possesso.
3. Per le fattispecie in relazione alle quali risulti gi iniziata una procedura presso la
Commissione delle Comunit europee in base alle norme richiamate nel comma 1, l'Autorit
sospende l'istruttoria, salvo che per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale.
4. L'interpretazione delle norme contenute nel presente titolo effettuata in base ai principi
dell'ordinamento delle Comunit europee in materia di disciplina della concorrenza.
Tra l'altro, noi vedremo che gli articoli poi 2, 3 della legge antitrust italiana, sono esattamente
l'omologo degli articoli 101 e 102 TFUE...
ma altra cosa importante che lo stesso articolo 1 della legge, nei commi successivi, prevede
che comun que in ogni caso l'interpretazione della norme contenute nella legge antitrust deve
essere fatta alla luce dei principi della disciplina della concorrenza dell'UE.

Quindi c' un forte richiamo alla armonizzazione della disciplina nazionale con quella
comunitaria, e quindi qualsiasi norma che possa essere di dubbia interpretazione per quanto
riguarda la legge antitrust italiana dovr essere interpretata alla luce dei principi comunitari e
per altro, c' una delimitazione dell'applicazione della legislazione italiana nei confronti della
legge comunitaria, per cui la legge italiana potr essere applicata in tanto in quanto il
comportamento dell'impresa abbia degli effetti nel mercato nazionale, se il comportamento
dell'impresa italiana ha degli effetti nel mercato nazionale ma anche nel mercato comunitario,
l'autorit garante della concorrenza e del mercato italiano dovr occuparsi soltanto della parte
relativa al mercato italiano, ma dovr segnalare alla commissione europea che ci sono dei
comportamenti che possono incidere sul mercato nazionale e di conseguenza sospendere
qualsiasi attivit rimettendo alla commissione europea il potere di svolgere l'attivit istruttiva e
quindi di prendere le decisione all'esito dell'istruttoria.
Questo a dimostrazione che la legislazione italiana sostanzialmente subordinata a quella
comunitaria dando la prevalenza a quest'ultima nelle ipotesi in cui appunto ci sia un
coinvolgimento anche degli effetti dell'impresa italiana anche sul mercato comunitario.

Naturalmente quali sono appunto questi comportamenti? Quelli visti gi visto per quanto
riguarda le imprese comunitarie: intese vietate, l'abuso di posizione dominante, le
concentrazioni e via dicendo....
C' questo rapporto di subordinazione dell'autorit italiana rispetto a quella comunitaria, per cui
le ipotesi sono che:

l'autorit garante della concorrenza e del mercato (italiana) si accorge che ci sono dei
comportamenti che potrebbero essere anti concorrenziali.

A questo punto se c' un coinvolgimento anche del mercato europeo, deve sospendere la
propria attivit istruttoria e rimettere tutto alla commissione europea, la quale svolge
l'istruttoria e poi all'esito delibera anche le sanzioni di tipo amministrativo da imporre
alle imprese.

La sanzione per le intese vietate la dichiarazione di nullit, ma accanto alla


dichiarazione di nullit troviamo anche delle sanzioni di tipo pecuniario

se invece l'autorit garante italiana riscontra che in questo comportamento che ha


segnalato alla commissione c' anche un effetto sul mercato italiano comunque deve
aspettare l'esito della decisione della commissione per poi eventualmente sanzionare
l'impresa italiana alla luce naturalmente delle disposizioni della legge antitrust italiana.

Quindi c' comunque una subordinazione dell'attivit dell'autorit garante della concorrenza e
del mercato a favore della Commissione europea, che quella che si occupa di istruire, di
vigilare e di imporre poi le sanzioni alle imprese che violino appunto le norme comunitarie.
Quando noi parliamo di imprese, il testo (legge italiana e TFUE) fa riferimento alle imprese.
opinione ormai diffusa, comune, che per impresa non debba intendersi solo l'impresa ai sensi del
2082 ss, quindi soltanto chi pu qualificarsi come imprenditore individuale o collettivo, ma
attraverso poi tutta una serie di decisioni CG europea si deve intendere il termine impresa
riferito anche a chi svolge delle professioni di tipo intellettuale, quindi questo un aspetto
molto importante, perch non riguarda pi solo ed esclusivamente il settore strettamente

commerciale, ma riguarda un po' tutto quello che viene offerto e che quindi pu essere
sviluppato all'interno del mercato, anche per quanto riguarda le professioni intellettuali, che a
rigor giuridico, secondo il nostro ordinamento non potrebbero essere qualificate come imprese!
Il professionista che svolge attivit intellettuale non imprenditore! Tuttavia alla luce e ai fini
dell'applicazione della legge antitrust la CG ha iniziato a considerare applicabile la normativa
anche a coloro che svolgono attivit di tipo intellettuale.
Quindi estendendo il concetto vero e proprio di impresa, cos come c' da ritenere che anche
ovviamente alle imprese pubbliche debba essere applicata la legislazione antitrust, sia quella
comunitaria che quella italiana.
Imprese pubbliche in qualsiasi modo formate, sia che ci sia un intervento diretto dello Stato, sia
che ci sia un intervento anche indiretto di altri enti che possono essere qualificati come enti
pubblici, quindi anche sotto questo aspetto si deve intendere in modo estensivo il concetto di
impresa, quindi non solo quella privata ma anche l'impresa pubblica, e si ritenuto che
corrisponda ad un principio di eguaglianza l'aver esteso anche alle imprese pubbliche la
vigilanza, il controllo e l'applicazione della legge antitrust, nel caso della legge italiana
l'articolo 8 che prevede che anche le imprese pubbliche, sia che abbiamo una diretta
partecipazione dello Stato, sia che abbiano una indiretta partecipazione di enti che possono
essere qualificati come pubblici, sono sottoposte alla legge antitrust.

Art. 8.Imprese pubbliche e in monopolio legale-1. Le disposizioni contenute nei precedenti


articoli si applicano sia alle imprese private che a quelle pubbliche o a prevalente
partecipazione statale.
2. Le disposizioni di cui ai precedenti articoli non si applicano alle imprese che, per disposizioni
di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in
regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento
degli specifici compiti loro affidati.

Quali sono le imprese, ovvero sia quali sono i soggetti che rimangono esclusi dall'applicazione
della legge antitrust???
non si applica a quei soggetti che per disposizione di legge speciale, a questo punto, sono
sottratti all'applicazione della legge antitrust, e sono quelli relativi alla gestione di servizi di
interesse pubblico generale.
Quindi di volta in volta la legge speciale stabilir, e le imprese che svolgono gestione di servizi di
interesse pubblico, sono sottratte alla applicazione della legge antitrust, cos come ovviamente
quelle situazioni di monopolio, perch chiaro che qualora io abbia una situazione di
monopolio, il monopolio si realizza quando l'attivit di impresa, concentrata in un unico centro
di imputazione, in un unica impresa, in questo non avrebbe senso di applicazione della legge
antitrust... per cui certamente in un regime di monopolio nei settori in cui vige ancora un
regime di monopolio non trova applicazione la legge antitrust, ne comunitaria, ne italiana.
Ovviamente poi ci possono essere delle disposizioni speciali che hanno la finalit di escludere
per esempio delle imprese che operano in determinati settori, ovviamente l'esclusione dipende
sempre, e la legge si giustifica in tanto in quanto ci siano delle necessit di preminente interesse
sociale, per certamente c' la possibilit per il legislatore a fronte di motivazioni ovviamente
determinate di escludere l'applicabilit della legge antitrust.

E tra l'altro, siamo stati gli ultimi a legiferare in materia di antitrust, con la legge sviluppo del
2009, numero 99, si poi previsto che ci sia sostanzialmente la cd legge annuale per il mercato
e la concorrenza, attribuendo quindi alle camere il potere di legiferare, ma sopratutto di andare
oltre che a sanzionare quelli che sono i comportamenti, stabilendo eventuali sanzioni,
aggiornando le sanzioni stabilite, ma anche quello di rimuovere eventuali ostacoli alla libera
concorrenza e di promuovere lo sviluppo della concorrenza.
Infatti il decreto liberalizzazioni si inquadra in questa finalit che stata affermata per la prima
volta con la legge sviluppo del 2009, che ha proprio lo scopo di promuovere la concorrenza tra le
imprese.
C' un organo anche a livello nazionale, di controllo sulla concorrenza, ed l'autorit garante
della concorrenza e del mercato, in alcuni settori c' una specifica autorit, nel senso che per
quanto riguarda le telecomunicazioni c' un'autorit ad hoc, ma sostanzialmente proprio perch
il mercato anche un mercato diverso dal mercato comune, quindi si previsto che ci sia
un'autorit con particolari conoscenze e cognizioni di quelli che possono essere, all'interno delle
telecomunicazioni, le esigenze, i problemi e le realt su cui andare ad incidere.
un organo che consta di 1 Presidente e 4 membri, il presidente viene eletto di concerto tra i
due presidenti delle due camere del Parlamento.
Il presidente deve avere una certa esperienza nel settore della concorrenza.
Tra l'altro, deve avere anche una notoria indipendenza proprio perch l'autorit garante della
concorrenza e del mercato deve essere libero nell'operare e nell'attuare sia i poteri ispettivi che
i poteri poi di sanzionare nei confronti dei soggetti che violino le disposizioni.
Il compito dell'autorit quello di vigilare sul mercato affinch i soggetti rispettino le
disposizioni, quindi di vigilanza sul rispetto della normativa antitrust, ma per poter svolgere
questa funzione anche dotato di poteri istruttori, di poteri ispettivi e quindi di poteri
sanzionatori, perch appunto l'autorit garante della concorrenza e del mercato svolge appunto
la sua attivit istruttoria, ha anche dei poteri consultivi, perch pu essere consultata quando si
tratta di legiferare in materia di concorrenza, quindi viene sentita prima di emanare delle leggi
in materia di concorrenza.

Ha questo potere istruttorio, ispettivo, al termine dell'istruttoria emette dei provvedimenti


decisionali che vanno a sanzionare, se viene accertata l'infrazione, vanno a sanzionare le
imprese.

stato successivamente introdotto, dopo il 1990, l'articolo 14 bis della legge antitrust, che
appunto in armonia a quanto succede a livello comunitario ha previsto un particolare strumento
con il quale l'impresa pu trovarsi nella situazione, a fronte dell'inizio di un'attivit istruttoria
nei suoi confronti, pu trovarsi in una situazione di rimediare prima di pervenire alla conclusione
dell'istruttoria e quindi di prendersi una decisione negativa di accertamento di infrazione e
quindi prima di vedersi comminare una sanzione.
(vedi codice)
Mi riferisco ai cd IMPEGNI, che l'impresa oggetto di una attivit istruttoria da parte dell'autorit
garante della concorrenza e del mercato pu offrire alla stessa autorit e la finalit quella di

porre rimedio alla situazione di cui si sta accertando gli estremi da parte della autorit garante
della concorrenza e del mercato.
L'autorit ritiene che ci possa essere un comportamento che appunto potrebbe configurare una
violazione delle norme della legislazione antitrust, inizia l'attivit istruttoria, l'impresa oggetto
di questa attivit istruttoria sottopone alla autorit garante della concorrenza e del mercato dei
rimedi che vengono ad essere indicati in modo puntuale e preciso dall'impresa, ovvero sia degli
interventi che ovviamente abbiano la finalit di rimediare o comunque di evitare che la
violazione venga accertata.
Se l'autorit garante della concorrenza e del mercato ritiene che questi impegni possano essere
delle soluzioni effettivamente valide dal punto di vista del comportamento dell'impresa allora
accetta gli impegni e nel momento in cui chiude la fase istruttoria andando ad accettare gli
impegni a cui si impegnata, questi impegni diventano dei veri e proprio obblighi in capo
all'impresa.
Quindi sostanzialmente voi avete una fattispecie nella quale, a fronte dell'inizio di un'attivit
istruttoria, c' da parte dell'impresa la dimostrazione di buona volont per eventualmente porre
rimedio a delle situazioni che potrebbero dar luogo alla violazione della legge antitrust, se
l'autorit ritiene che questi impegni siano validi e che quindi effettivamente possano essere
condivisi, possano essere accettati emette un provvedimento, nel momento in cui emette questo
provvedimento, quegli impegni che erano stati evidenziati dall'impresa, diventano un vero e
proprio obbligo, quindi devono essere rispettati.
Se l'impresa non rispetta gli impegni, siccome poi l'autorit garante della concorrenza e del
mercato va a vigilare se l'impresa tiene fede agli impegni oppure no, nel momento in cui dovesse
che l'impresa non ha ottemperato agli impegni che nel momento in cui si chiude la fase da parte
dell'autorit garante della concorrenza e del mercato diventano obblighi veri e propri in capo
all'impresa, a questo punto va a sanzionare l'impresa senza neanche svolgere un ulteriore attivit
istruttoria.
La cd prassi degli impegni, conosciuta anche a livello comunitario, tanto vero che la
Commissione stessa che valuta a livello europeo se gli impegni assunti dalle varie imprese
possano essere accettati oppure no.
L'unica differenza che l'articolo 14 bis presenta rispetto alla legislazione comunitaria, che
viene fissato un limite, nel senso che decorsi 3 mesi dalla notifica dell'inizio dell'attivit
istruttoria, quindi dal momento in cui l'autorit comunica all'impresa che ha iniziato
un'istruttoria nei suoi confronti, entro 3 mesi da questa notifica, l'impresa ha la possibilit di
sottoporre all'attenzione dell'autorit i cd impegni.
Il limite non c' a livello comunitario invece l'articolo 14 bis ha fissato questo limite dei 3 mesi,
che decorrono dal momento della notifica da parte dell'autorit all'impresa che si iniziato il
procedimento, quindi che c' un'attivit istruttoria nei suoi confronti, ovviamente nel
provvedimento c' anche la contestazione di quella che la violazione secondo l'autorit, entro
questi 3 mesi l'impresa deve elaborare gli impegni che intende attuare per poter porre rimedio a
questa situazione.

Se invece, decorsi questi 3 mesi, l'impresa non pu pi impegnarsi, quindi non pu pi sottoporre
all'autorit garante alcuna alternativa. Ovviamente anche nella legislazione italiana previsto
che una volta che l'impresa abbia sottoposto all'autorit gli impegni e poi l'autorit abbia
accettato, gli impegni diventano obbligatori, per cui nel momento stesso che l'impresa non attui

gli impegni che si assunta l'autorit pu effettivamente sanzionare, proprio perch diventa un
comportamento obbligatorio per l'impresa.
Ovviamente se poi andiamo a vedere quali sono i comportamenti vietati dalla legge antitrust
italiana riscontriamo esattamente le stesse fattispecie del TFUE. Quindi che cosa vietato? Sono
vietate le intese, gli accordi, le pratiche concordate, e comunque le decisioni delle associazioni,
delle corporazioni e via dicendo, che ovviamente abbiano per oggetto o per effetto la restrizione
o comunque la alterazione o la falsificazione della libera concorrenza all'interno del mercato.
Quindi le fattispecie sono esattamente le stesse che voi ritrovate a livello comunitario.
Ovviamente quello che il legislatore ha voluto anche qui evidenziare un principio di carattere
generale, quindi clausola generale e poi una elencazione meramente esemplificativa, non
tassativa, quindi vedremo che le 5 ipotesi tipiche sono esattamente le stesse che voi ritrovate
nel TFUE.
Anche qui la struttura sempre quella di individuare una clausola generale di comportamento,
quindi di vietare in generale determinate intese tra le parti, salvo poi andare ad esemplificare le
ipotesi tipiche.
Nel nostro CC esiste gi una norma che prevede i patti limitativi della concorrenza, il 2596 del
cc, ci parla dei PATTI LIMITATIVI DELLA CONCORRENZA e pone anche li dei limiti alla loro validit.

Art. 2596. Limiti contrattuali della concorrenza. -Il patto che limita la concorrenza deve essere
provato per iscritto. Esso valido se circoscritto ad una determinata zona o ad una determinata
attivit, e non pu eccedere la durata di cinque anni.
Se la durata del patto non determinata o stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il
patto valido per la durata di un quinquennio.
C' da operare una distinzione, perch mentre il 2596 cc, relativamente ai patti di limitazione
della concorrenza si riferisce a degli accordi che intervengono tra due parti consenzienti, cio io
alla fine o perch vendo l'azienda o indifferentemente per quale motivo, stipulo un accordo con
l'imprenditore mio concorrente e vado a limitare la concorrenza, ma entrambi sono consapevoli
e consenzienti di limitare la concorrenza fra loro.
Ovviamente poi bisogna vedere se c' il rispetto dei presupposti del 2596 e se quindi questi patti
siano validi o meno, ma dal punto di vista soggettivo entrambe le parti sono consenzienti.
Quando noi parliamo di deliberazioni di associazioni di consorzi, intendiamo un atto unilaterale
dove sostanzialmente tutti coloro che aderiscono all'associazione o al consorzio devono poi
adeguarsi a quell'intesa, quindi parliamo anche di decisioni, deliberazioni che sostanzialmente
dal punto di vista soggettivo, non vedono consenzienti tutti gli associati.....
Mentre nel patto di limitazione della concorrenza, stipulato tra due o pi imprenditori c' il
consenso e la volont di tutti a regolamentare la concorrenza, nel caso delle deliberazioni di
consorzi o di altre associazioni, abbiamo una decisione che viene assunta unilateralmente e che
va ad obbligare tutti coloro che naturalmente aderiscono al consorzio o alla associazione,
sopratutto perch poi, quando noi parliamo di deliberazioni delle associazioni, piuttosto che di
pratiche concordate, ci riferiamo ad una fattispecie che sostanzialmente ha preso forma negli
USA e che gi agli inizi dell'altro secolo, che si basa fondamentalmente sulla fiducia, non c' un
accordo vero e proprio tra le imprese, ma ci si comporta, anche da parte delle imprese che
svolgono una attivit di contorno ad altre imprese, e tutte basandosi su questi rapporti di fiducia

e di reciproco rispetto di quanto si decide, non vanno a stipulare concretamente un accordo, un


contratto ma si comportano di fatto in un determinato modo, e questo rapporto di fiducia,
appunto che da luogo poi alle pratiche concordate, nel senso che vengono determinati quali
sono i comportamenti, ma poi questi comportamenti sono tenuti non solo da quei soggetti che
hanno concordato quel comportamento, ma tutte le imprese che lavorano attorno, che hanno
rapporti con queste imprese principali che si sono accordate di svolgere un determinato
comportamento, in relazione ai prezzi, agli sbocchi sul mercato e cos via, comunque vanno
queste imprese minori, che lavorano con queste imprese principali, tengono anche loro un
comportamento adeguato a quella che l'accordo tra le imprese principali.
Voi pensate a pi imprese che operano in un determinato settore e che quindi concordano di
tenere un determinato comportamento, gi questo primo step presuppone, ovviamente, che ci
sia un rapporto di fiducia, perch se io non scrivo nulla e decido di non impegnare dal punto di
vista di un contratto scritto le altre parti evidentemente vuol dire che mi fido e che so che
queste parti adempiranno a quanto ci siamo accordati, ma addirittura ci si spinge anche
ulteriormente perch proprio per l'attivit che viene poi ad instaurarsi tra le imprese principali
oggetto dell'accordo e le imprese che collaborano con queste, che svolgono un'attivit minore,
anche per queste imprese minori vige il rispetto e c' la fiducia nei loro confronti che
rispetteranno questo tipo di intesa o di pratica concordata in relazione alla determinazione dei
prezzi piuttosto che agli sbocchi sul mercato e via dicendo....
Tutto questo naturalmente se va a costituire una violazione di quei principi stabiliti dal TFUE, o
della legge nazionale ovviamente una infrazione e quindi ovviamente potr essere contestata a
tutte le imprese che si comportano in quel determinato modo, anche se quindi non c' un
espresso patto da parte delle imprese minore a comportarsi in quel determinato modo.

L'articolo 2 della 287 del 1990, dice quello che dice il TFUE, quali sono le intese vietate? Quelle
che vanno ad impedire, restringere o falsare la concorrenza.

Articolo 2. Intese restrittive della libert di concorrenza-1. Sono considerati intese gli accordi
e/o le pratiche concordate tra imprese nonch le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di
disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi
similari.
2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire,
restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato
nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attivit consistenti nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni
contrattuali;
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo
sviluppo tecnico o il progresso tecnologico;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse
per prestazioni equivalenti, cos da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella
concorrenza;

e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di


prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun
rapporto con l'oggetto dei contratti stessi.
3. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.

Impedire sostanzialmente vorrebbe dire che l'intesa finalizzata a vietare in tutto o in parte
l'accesso all'esercizio di una determinata attivit, quindi l'intesa o la pratica concordata o la
deliberazione della associazione ha la finalit di vietare ad altre imprese di entrare a far parte
di svolgere una determinata attivit o di produrre quel determinato servizio.
Restringere ha il significato di ridurre sostanzialmente la concorrenza, quindi ad esempio
attraverso i cd cartelli di prezzo, quando le imprese si mettono d'accordo sulla determinazione
dei prezzi, si va a restringere la concorrenza, perch appunto si delimita il campo in cui
effettivamente c' concorrenza, posto che altre imprese, quelle che hanno stretto l'intesa o
l'accordo, hanno gi tra di loro regolamentato e quindi bloccato la concorrenza.
Il termine falsare va ad indicare sostanzialmente quelle che possono essere delle delimitazioni
allo svolgimento della attivit di concorrenza, che non sono contrattuali, quindi si utilizzano
degli strumenti che ovviamente vanno ad alterare, quindi a falsare la concorrenza, che non
trovano riscontro in un contratto, come potrebbe essere il cartello sui prezzi che va invece a
restringere la concorrenza, ma che comunque vanno ad alterare la concorrenza tra le imprese.
Ovviamente se poi andiamo a vedere le fattispecie tipiche vediamo che sono vietate quelle
intese che hanno appunto la finalit:

di fissare direttamente o indirettamente i prezzi,

di impedire lo sbocco di determinati prodotti sul mercato,

a situazioni equivalenti chiedere prestazioni dissimili, quindi chiedere prestazioni diverse


pur in presenza di situazioni equivalenti, per cui io che sono l'impresa contraggo con te a
determinate condizioni e poi stipulo un contratto con un altro imprenditore, il quale si
trova nella tua stessa posizione per in realt a lui, a situazione identica, vado a
chiedere delle prestazioni dissimili, quindi vado a renderlo pi oneroso, creando
ovviamente un vantaggio al primo contraente, quindi anche questa tipologia di accordi
sono vietati.

Le fattispecie sono esattamente le stesse di quelle tipizzate nel TFUE.


Per esempio quando hanno la

finalit, gli accordi, di ripartire in tutto o in parte il mercato, ci suddividiamo tra di noi e
andiamo a falsare la concorrenza di altre imprese

Come nella disciplina europea, anche in quella italiana, queste intese, pratiche concordate,
decisioni di associazioni etc, qualora siano poste in essere in violazione delle norme sono nulle,
quindi anche qui la sanzione la NULLITA.
Anche qui l'autorit garante pu comminare delle sanzioni, normalmente le sanzioni che vengono
applicate possono raggiungere sino al 10% del fatturato dell'impresa, quindi possono essere
sanzioni pecuniarie anche piuttosto consistenti.

Se poi l'impresa reitera la violazione l'autorit pu emettere un provvedimento di sospensione


dell'attivit all'impresa, e comunque nel momento in cui l'autorit va a sanzionare l'impresa,
deve anche ovviamente motivare la misura della sanzione, quindi pu in base a quella che
l'entit economica dell'impresa, quindi sulla base di quello che appunto il risultato economico
dell'impresa andare a sanzionare fino al 10 % di quello che appunto il valore, ovviamente sulla
base di quelle che sono le violazioni riscontrare... ci sar una congruit nella motivazione,
nell'accertamento delle violazioni rispetto alla sanzione applicata.
Dopo di che anche previsto come contemperamento di questa attivit, e permettere
all'autorit garante di venire a conoscenza degli accordi segreti si riconoscono dei vantaggi,
che si concretano nella non applicazione delle sanzioni, a quelle imprese che per prime
segnalano all'autorit garante che l'impresa stessa fa parte di accordi, intese o pratiche
concordate, segrete, poste in essere in violazione delle norme del TFUE.
Quando io faccio parte di un'intesa vietata, e decido di collaborare con l'autorit garante,
segnalo all'autorit garante che c' questa intesa vietata segreta di cui io faccio parte e a questo
punto ho la possibilit, io impresa che per prima ho segnalato, ho svelato all'autorit questa
situazione, ho il vantaggio di non essere sanzionata dal punto di vista amministrativo, e questa
un'attivit di collaborazione qualificata, che stata vista come uno degli strumenti per
combattere e quindi per venire a conoscenza di intese segrete, perch altrimenti senno molto
difficile per l'autorit venire a conoscenza di questi accordi, e quindi sostanzialmente si
ammette la possibilit, in questo spirito di collaborazione di non sanzionare l'impresa che per
prima segnala l'intesa vietata di cui per deve fare parte....
se l'impresa non fa parte non ha senso, non c' un vantaggio... oltretutto anche perch in questo
modo l'intesa segreta viene svelata, proprio perch l'impresa che fa rivelazione a conoscenza e
quindi pu esattamente indicare qual' l'accordo, se la comunicazione venisse fatta da
un'impresa che non fa parte dell'intesa segreta, ci sarebbe si una denuncia di una situazione di
violazione, per non si potrebbe comunque venire a conoscenza del reale contenuto dell'intesa
segreta, ma semplicemente si aprirebbe un'istruttoria e li bisogna vedere cosa riesce a trovare
l'autorit.

Anche nel sistema legislativo italiano c' la possibilit di ESONERARE l'applicabilit delle norme
antitrust in presenza di determinate situazioni, quando appunto l'intesa finalizzata a
migliorare e a sviluppare la produzione o la distribuzione pu ottenere l'esenzione, anche a
livello comunitario c' il regolamento di esenzione, c' la possibilit di ottenere l'esenzione
dall'applicazione delle norme antitrust comunitarie, la stessa cosa avviene in Italia.
Se l'intesa finalizzata a migliorare e ad incrementare lo sviluppo della produzione e della
distribuzione pu essere oggetto di esenzione.
Se l'intesa vista come indispensabile al raggiungimento di queste finalit, chiaro che per
poter essere esentata l'intesa deve rivestire determinati requisiti, e oltre al requisito
dell'incremento, dello sviluppo della produzione economica vi deve essere anche
l'indispensabilit dell'intesa per il raggiungimento di questa finalit, ovviamente non ci deve
essere una eliminazione totale della concorrenza del mercato, altrimenti sarebbe troppo il
sacrificio imposto al mercato, e ovviamente si deve comunque garantire una certa
concorrenzialit anche a livello internazionale.
Quindi l'intesa pu essere esonerata in tanto in quanto, oltre a perseguire la finalit di
incremento e sviluppo economico di determinati prodotti o servizi, oltre ad essere indispensabile
per il raggiungimento di questa finalit, oltre a non dover comunque incidere in modo

determinante sulla concorrenza della parte restante del mercato, deve anche tenersi conto della
situazione a livello internazionale, quindi comunque non ci deve essere un intervento troppo
invasivo a livello del mercato internazionale.
Se ricorrono tutti questi presupposti l'autorit garante della concorrenza e del mercato pu
concedere l'esenzione.

Abbiamo il RICONOSCIMENTO DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI da parte dell'autorit


garante della concorrenza e del mercato.
Le misure cautelari possono essere applicate in tanto in quanto vi sono i requisiti del periculum
in mora, quindi la urgenza e la necessit di intervenire salvo pregiudizio a carico dei soggetti e il
fumus boni iuris, quanto meno una valutazione, sia pure approssimativa, sulla fondatezza
dell'infrazione.
E ovviamente per la legislazione tende a limitare i poteri relativamente alle misure cautelari,
per cui l'autorit garante pu si utilizzare questo strumento, ma una sola volta, non pu
reiterare l'adozione di misure cautelari.

Per quanto riguarda poi l'ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE


non vietata in se e per se la posizione dominante, ma vietato l'abuso che di questa posizione
si faccia.
Le ipotesi sono le stesse viste a livello europeo, quando si va ad imporre direttamente o
indirettamente determinati prezzi, quando si va a ripartire in tutto o in parte il mercato,
quando si va ad impedire gli sbocchi all'interno del mercato, sono le stesse tipologie....
per quanto riguarda il concetto di posizione dominante, si tende a rifarsi a rifarsi al concetto
affermato dalla CG, la posizione dominante all'interno del mercato si ha quando l'impresa pu
influire in misura sostanziale sulle decisioni di altri agenti economici, e quindi ovviamente ha
una posizione indipendente rispetto a tutti gli altri elementi che entrano in gioco nel mercato,
quindi quel concetto di autonomia e indipendenza espresso dalla CG.
Qui non abbiamo la nullit, perch non vietata la posizione dominante, vietato l'abuso di
posizione dominante, per cui la sanzione non la nullit, non possibile nemmeno concedere
delle deroghe e la sanzione sar una sanzione di tipo pecuniario, quindi sanzione amministrativa
che anche qui deve essere motivata e giustificata sulla base della gravit delle violazioni, e
specificare perch la violazione grave quindi si ritiene di dover applicare quella sanzione
pecuniaria.

Le concentrazioni. Le concentrazioni di imprese anche qui non sono di per se vietate, e


ovviamente difficile dare una definizione di concentrazione dal momento che il termine un
concetto economico pi che giuridico, comunque l'operazione di concentrazione sostanzialmente
si ottiene grazie alla fusione di imprese, ad un procedimento con il quale si acquisiscono
direttamente o indirettamente gli elementi di altre imprese, quando ovviamente ci sia un
controllo di un'impresa su un'altra impresa e che portino ad una modificazione della struttura
organizzativa delle imprese interessate.

Tutto questo ovviamente di per se non vietato, perch la fusione certamente non una
procedura vietata, e tra l'altro tutte le concentrazioni devono essere comunicate, nel momento
in cui si procede ad una fusione deve essere comunicata all'autorit garante della concorrenza e
del mercato la quale valuta se questa concentrazione viola le disposizioni della legge antitrust e
quindi siamo in una situazione di illegittimit o se invece non c' questa situazione di
illegittimit.
Tra l'altro i tempi anche che l'autorit garante ha sono abbastanza ristretti, perch nel momento
in cui le viene comunicato deve, nei 30 giorni successivi, comunicare se appunto la
concentrazione rientra tra quelle vietate oppure no, se ritiene che ci sia una violazione apre una
istruttoria e deve poi concludere in tempi abbastanza brevi l'attivit istruttoria e pervenire ad
una decisione, che potr essere o quella che si riconosce la concentrazione come concentrazione
che va ad alterare o a falsare la concorrenza e quindi rientra tra quelle vietate oppure chiude il
procedimento comunicandolo all'impresa che invece la concentrazione non configura una
violazione di legge.
Certo che nel momento in cui anche la concentrazione si rivelasse essere una concentrazione
vietata, l'autorit garante non ha grandi strumenti per poter intervenire, perch ovviamente non
che pu dichiarare nulla la fusione o imporre una situazione inversa che potrebbe essere
imporre una procedura di scissione, perch non sempre questa procedura porterebbe al risultato
che si vuole, quindi l'unica arma quella di andare ad applicare delle sanzioni pecuniarie.
Quindi si cerca di prevenire questo tipo di situazioni e si cerca gi con l'imposizione dell'obbligo
a tutti di comunicare le eventuali concentrazioni, si cerca di intervenire in una fase anche
interlocutoria, per poi magari far prendere all'impresa una decisione diversa....

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