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A. F.
Commentare Marziale
COMMENTARE MARZIALE
orecchio ama placato
la Musa e mente arguta e cor gentile
Piergiorgio Parroni
Commentare Marziale
traduzione bene che sia piana e priva di pretese letterarie9 senza essere
sciatta. Insomma deve essere quella che oggi si suole denire traduzione di
servizio. Essa da un lato rappresenta per il commentatore la riprova di aver
compreso realmente il testo e gli impone di fare delle scelte in qualche caso
difcili, dallaltro aiuta il lettore a orientarsi subito su un testo come quello
di Marziale in molti casi tuttaltro che piano. Sono dotati di traduzione i gi
ricordati commenti di Howell, di Schffel e di Damschen e Heil, e inoltre
quelli di Williams per il II libro10 e di Leary per il XIII e il XIV11. Per un
orientamento immediato anche opportuno far precedere il commento da
unintroduzione allepigramma, preferibilmente breve: introduzioni troppo
lunghe, come p. es. quella di Grewing, niscono per distogliere lattenzione
del lettore dirottandola su problemi e questioni di carattere generale che
spesso hanno solo rapporti indiretti col testo che si sta esaminando.
Le prefazioni dei commenti marzialiani seguono ormai un percorso
canonico e toccano qual pi qual meno i principali problemi posti dai
singoli libri: datazione, cronologia, struttura, temi, cicli, metri, tradizione
manoscritta. Per quanto riguarda questultima si deve dire che nessuno
nora ha seguito lesempio di Citroni, che ha fondato il suo commento
su una nuova edizione critica. I commentatori successivi si sono adagiati
sul giudizio di Shackleton Bailey12, che ha valutato come inutile fatica
la rinnovata ispezione della tradizione manoscritta operata da Citroni,
e si sono quindi basati in genere13 o sul suo testo teubneriano o, pi
prudentemente, su quelli di Lindsay14 o di Heraeus-Borovskij15.
Una lodevole eccezione rappresentata da Alberto Canobbio che,
Inutile e fuorviante una traduzione come quella di G. Ceronetti (Torino 1964), anche per
alcuni clamorosi fraintendimenti (basti dire che in X 61, 4 manibus exiguis [i Mani di Erotion]
tradotto alle sue magre manine con evidente confusione di mnibus con mnibus).
10
Martial Epigrams Book Two, edited with Introduction, Translation and Commentary by
C. A. W., Oxford-New York 2004.
11
Martial Book XIII. The Xenia, Text with Introduction and Commentary by T. J. L., London
2001; Martial Book XIV. The Apophoreta, Text with Introduction and Commentary by T.
J. L., London 1996.
12
M. Valerii Martialis Epigrammata, post W. Heraeum ed. D. R. Sh. B., Stutgardiae 1990,
p. XI.
13
Fa eccezione Schffel, che ha costituito un suo testo dotandolo di un apparato costruito
su varie edizioni critiche partendo da quella di Schneidewin.
14
Oxford 1903; 19292. Si sono rifatti a Lindsay Kay, Leary e Williams.
15
Leipzig 1976; 1982 (editio correctior). Ha seguito questo testo Henriksn (su cui vd. n. 18).
9
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Piergiorgio Parroni
nel pubblicare dal V libro gli epigrammi relativi al ciclo della lex Roscia
theatralis, ha dotato il suo testo di un apparato tutto di prima mano16. C
da aspettarsi che nelledizione completa del libro V, che spero non si far
molto attendere, egli continui, cos come promesso, ad attenersi a questo
sano principio. Avevo gi a suo tempo osservato17 e ho di recente ribadito
recensendo il commento al IX libro di Henriksn18 che riesaminare da
capo una tradizione manoscritta non mai una fatica inutile, un arare
litus per usare la pittoresca espressione di Shackleton Bailey: fornire allo
studioso un apparato di prima mano, far corrispondere le canoniche sigle
cumulative delle tre famiglie a gruppi certi di manoscritti (evitando cos di
attribuire allarchetipo lezioni tramandate da un solo codice), distinguere
meglio anche cronologicamente gli interventi delle varie mani, eliminare
le imprecisioni che si accumulano quando gli apparati si costruiscono
su preesistenti apparati (il che avviene in pratica dai tempi di Lindsay),
scoprire che lezioni esatte ritenute frutto di congetture umanistiche sono
gi presenti nei codici poziori, ebbene tutto questo a me non pare cosa
da poco, anche se, dai saggi nora effettuati, appare chiaro che da un
simile inglorius labor difcilmente potr essere rivoluzionata la tradizione
di Marziale19. Ci che soprattutto irrita in tutto questo lindifferenza
e il disprezzo per i dati materiali, che porta a fenomeni di persistenza
dellerrore. P. es. Citroni20 aveva segnalato che il cod. A della terza famiglia
il Leid. Voss. Lat. O 56 e non Q 56 e che il recenziore C il Leid. Voss. Q
89 e non F 89, eppure tali errori non sono scomparsi n nella teubneriana
di Shackleton Bailey n nei successivi commenti. Anche sulla storia della
trasmissione del testo, specie sulle sottoscrizioni di Torquato Gennadio,
oggi ne sappiamo di pi rispetto ai tempi di Lindsay e di Otto Jahn, ma
la bibliograa, anche nei pi recenti commenti, non va oltre questi due
A. C., La lex Roscia theatralis e Marziale: il ciclo del libro V, Introduzione, edizione
critica, traduzione e commento, Como 2002. Questo aspetto stato sottolineato anche da
Fusi nella recensione in RFIC 130, 2002, p. 477.
17
Su alcuni epigrammi di Marziale (in margine a una recente edizione), RPL 16, 1993
(In Memory of Sesto Prete, Part II), p. 57.
18
Martial, Book IX. A Commentary by Chr. Henriksn, RFIC 130, 2002, p. 375.
19
Vd. gi M. D. Reeve, Martial in L. D. Reynolds (ed.), Texts and Transmission. A Survey
of the Latin Classics, Oxford 1983, p. 243.
20
Citroni, ediz. cit., p. LVII n. 46. La cosa stata da me ribadita in Su alcuni epigrammi cit.
e nella recensione a Henriksn cit., ma inutilmente.
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Piergiorgio Parroni
poesia di Marziale non va mai presa nel suo valore facciale, e chi lha fatto
ha frainteso lo spirito che la anima23), dato che nel quarto epigramma ci dice
che far ritorno a Roma solo quando avr imparato larte di far quattrini,
unarte che notoriamente gli fu sempre poco congeniale, prova ne sia che
alla ne della carriera dovette accettare da Plinio il Giovane il viaticum per
il ritorno in patria. E sar proprio a Bilbilis che il timore del provincialismo
lo coglier di nuovo, e in maniera assai pi drammatica, perch questa volta
la sua scelta era denitiva e il suo ritorno nella capitale ormai impossibile.
Nella prefazione del XII libro vuol conoscere il giudizio spassionato e
preventivo dellamico Prisco sulla sua ultima fatica per non correre il rischio
di inviare a Roma un libro Hispanus, cio spagnolo (provinciale) invece che
Hispaniensis, cio scritto materialmente in Spagna24.
La composizione del libro lontano da Roma si riette sugli argomenti
trattati, che non contengono allusioni a personaggi ed eventi storici, il che
crea qualche imbarazzo per la cronologia (i temi, oltre a quelli sulla difcile
condizione del cliente a Roma in carattere con la fuga del poeta dalla citt
perseguono come sempre la varietas, che naturalmente si riette sullestensione
degli epigrammi e sulla loro struttura metrica). Lo spirito beffardo che anima il
poeta in questo particolare momento pu forse giusticare anche il largo spazio
accordato alla pars obscena (circa un terzo dellintero libro, il che rappresenta un
unicum nel complesso della produzione marzialiana). E qui forse val la pena di
osservare che loscenit in Marziale sempre scoperta (greve, direi, per i nostri
gusti di moderni, pi disposti ad accogliere lerotismo che loscenit) e che sono
quindi fuori strada coloro che vogliono cogliere riposte allusioni oscene in
epigrammi che non hanno nulla di malizioso25. Mi par giusto che in questi casi
anche la traduzione debba essere in carattere col testo e non si debba far ricorso
ad eufemismi, sia pur divertenti come quelli escogitati alla met dellOttocento
dal Cav. Magenta26.
Vd. p. es. quanto ho osservato in proposito in Gli stulti parentes di Marziale e il prezzo
di una vocazione (nota a Mart. 9, 73), in Studi di Poesia Latina in onore di Antonio
Traglia, Roma 1979, pp. 833-839.
24
Si veda quanto ho osservato in Nostalgia di Roma nellultimo Marziale, Vichiana n. s.
13, 1984 (Miscellanea Arnaldi), pp. 126-134.
25
un atteggiamento oggi diffuso e riguarda anche Catullo (si veda il riaforare di interpretazioni del passer che credevamo avessero fatto il loro tempo). Ad esso non sfugge neppure il
pur equilibrato Henriksn (vd. la mia recensione in RFIC cit., p. 375 sg.).
26
Gli Epigrammi di M. Valerio Marziale con traduzione e note del Cav. P. M., Venezia 1842.
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Commentare Marziale
13
Le due sezioni del libro sono divise da una sorta di proemio al mezzo
(epigr. 68); il precedente, che conclude la prima sezione, pu forse celare,
come osserva Fusi, unintenzione metaletteraria: nella stanchezza dei marinai
durante una gita in barca nella calura estiva cispadana potrebbe essere
rappresentata la stanchezza del lettore per una lunga serie di epigrammi privi
di elementi piccanti. Dunque un libro inaequalis (in carattere del resto con
le aspirazioni del poeta, come si ricava da VII 90), ma assai interessante,
perch consente di penetrare nellanimo del poeta spagnolo, sempre in bilico
fra amore e odio per quella citt che fonte della sua ispirazione ma non
lo accoglie come egli sente di meritare. La malinconia per la lontananza da
Roma, che, dopo labolizione della sportula voluta da Domiziano, non pi
in grado di offrirgli neppure le condizioni minime di sopravvivenza, bench
temperata dalla calorosa accoglienza riservatagli dallospite amico (forse
Faustino), percepita come una sorta di esilio: a tradire questo sentimento
sono le numerose allusioni ai Tristia e alle Epistulae ex Ponto di Ovidio, un
poeta caro a Marziale non meno di Orazio e Catullo27. La patetica esagerazione
deve dare al lettore la misura di uno scherzo che non tale no in fondo.
Nel fare di sopra una rapida rassegna dei commenti nora usciti ho
delineato una specie di prototipo di commento ideale. Ma a fare un buon
commento non bastano i buoni precetti. Specie per un autore come Marziale, cos dotto, cos sottile, cos a volte impenetrabile per la presenza di
allusioni che ci sfuggono, occorre una solida preparazione tecnica e una
rafnata sensibilit letteraria. Se il presente commento di Alessandro Fusi
risponda a tutte queste esigenze non sta a me giudicare. Quello che per
salta subito agli occhi lampia informazione bibliograca, lestrema cura
volta a mettere in evidenza la complessa trama delle allusioni su cui sono
costruiti gli epigrammi, limpegno a chiarire ogni volta il Witz non sempre
evidente che in essi si cela, lindipendenza del giudizio e spesso loriginalit
delle soluzioni28.
Ma questo libro, al di l del suo valore, che lascio ad altri valutare,
27
Su un discusso epigramma dipendente da Ovidio Fusi ha scritto una nota che forse
risolve denitivamente unannosa questione: Marziale e la fama di Ovidio (Nota a Mart.
5, 10), RFIC 128, 2000, pp. 313-322.
28
Si veda p. es. linterpretazione di III 19 anticipata in Orsi di bronzo e orsi mansueti
(Marziale, III 19), RPL 24, 2001, pp. 48-55, nuova e ben sostenuta con argomentazioni
di carattere archeologico (contra M. Salanitro, Una statua assassina (Mart., 3, 19), A&R
n.s. 48, 2003, pp. 78-80).
14
Piergiorgio Parroni
Abbreviazioni bibliograche
15
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Si trovano qui abbreviati gli studi citati in apparato e quelli che nel lavoro ricorrono pi duna
volta; per gli altri lindicazione bibliograca riportata per esteso ad locum; le abbreviazioni
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46
Abbreviazioni bibliograche
Introduzione
47
INTRODUZIONE
Il solo altro caso di pubblicazione fuori da Roma, solo per certi versi paragonabile a
questo, quello del XII libro, lultimo, che Marziale scrive dopo il suo denitivo ritorno
in Spagna.
2
1; 2; 4; 5 (lepigr. 3 concordemente considerato spurio): su questi epigrammi vd. Merli
1993, p. 240; Scherf 2001, p. 28 sg.
3
Il v. 3 hunc legis et laudas librum fortasse priorem stato lungamente dibattuto tra gli
interpreti, ma, come sostenuto da Citroni, p. XIV, Marziale si riferisce probabilmente al
libro II. Per le altre ipotesi e per la discussione della questione vd. la n. ad loc.
4
La pointe dellepigramma costruita sul motivo dellinferiorit di ci che provinciale
nei confronti di ci che urbano (vd. la n. al v. 6).
5
Sul largo uso da parte di Marziale del modulo dellapostrofe al libro, inaugurato da Orazio
con lepistola I 20 e sviluppato in modo originale da Ovidio nelle elegie dellesilio, vd.
Citroni 1986, p. 136 sgg.
1
48
Alessandro Fusi
Introduzione
49
50
Alessandro Fusi
12
Di questa opinione sono, ad es., Izaac, I, p. XIII; Citroni 1987, p. 143; Sullivan 1991, p.
30 sg.
13
SB2, I, p. 3 n. 8.
14
Naturalmente il libro potr contenere epigrammi scritti precedentemente allallontanamento di Marziale da Roma e non ancora pubblicati in un libro. Questo non incide
tuttavia sulla valutazione complessiva del libro cispadano.
15
1 sg. numquam dicis have sed reddis, Naevole, semper, / quod prior et corvus dicere
saepe solet.
16
Vd. Citroni 1988, p. 17 sgg.; Merli 1993, p. 237 sgg.
17
I 4, 1 sg. contigeris nostros, Caesar, si forte libellos, / terrarum dominum pone supercilium.
Introduzione
51
grammi lascivi18. Gli altri epigrammi del libro per Domiziano sono quelli
del ciclo dei leoni e delle lepri, che probabilmente Marziale aveva gi
presentato allimperatore19. Nel libro II Marziale celebra lassunzione
da parte di Domiziano del titolo di Germanicus (epigr. 2), che risaliva
a circa tre anni prima della pubblicazione del libro20; lepigramma era
stato dunque certamente presentato in precedenza allimperatore; i
soli due altri epigrammi che riguardano limperatore sono II 91 e 92, il
primo una richiesta del ius trium liberorum, il secondo uno scherzoso
ringraziamento per ladempimento del suo voto (anche questi due
epigrammi risalgono certamente a vari anni prima della pubblicazione del
libro, poich Domiziano aveva confermato al principio del suo regno i
privilegi conferiti da Tito).
Non deve perci stupire la quasi completa assenza dellimperatore dal
libro, tenuto conto anche del fatto che una sezione cospicua di esso (epigr.
68-100) riservata a epigrammi di carattere licenzioso, caratterizzati da
linguaggio esplicito, come Marziale si preoccupa di dichiarare in una
sorta di proemio al mezzo (epigr. 68). Lallontanamento di Marziale, se
pure ebbe tra le sue cause labolizione della sportula, non si congur
certo come una critica esplicita alleditto dellimperatore, come testimonia
il sempre maggiore avvicinamento a Domiziano che si nota a partire
proprio dal libro IV che, pur non formalmente dedicato allimperatore,
ne celebra in apertura il genetliaco (IV 1) e contiene numerosi epigrammi
adulatori21. Il V libro, formalmente dedicato allimperatore, segner la
denitiva affermazione di Marziale come poeta di prestigio nella Roma di
Domiziano22.
I 4, 5-8 qua Thymelen spectas derisoremque Latinum, / illa fronte precor carmina
nostra legas. / innocuos censura potest permittere lusus: / lasciva est nobis pagina, vita
proba.
19
Vd. Citroni, p. XXIV sg.; Citroni 1988, p. 18.
20
Viene collocata tra il 9 giugno e il 28 agosto dell83: vd. T.V. Buttrey, Documentary
Evidence for the Chronology of the Flavian Titulature, Meisenheim am Glan 1980, p. 52
sgg.; Marziale ne fa menzione gi negli Xenia: serus ut aetheriae Germanicus imperet aulae
/ utque diu terris, da pia tura Iovi (XIII 4).
21
Vd. Citroni 1988, p. 19 sgg.
22
Vd. Citroni 1988, p. 21 sgg.
18
52
Alessandro Fusi
Introduzione
53
54
Alessandro Fusi
Citroni ritiene che Marziale debba aver lasciato la Cispadana nei primi mesi
dell88 per avere il tempo di tornare a Roma e ricevere gli inviti per lestate
sul golfo di Napoli. Questo terminus ante quem pu forse essere messo
in discussione: nellepigr. 58 Marziale descrive la villa a Baia dellamico
Faustino, dedicatario del libro (cfr. epigr. 2); si tratta dellepigramma pi
lungo dellintero corpus marzialiano (51 vv.), collocato in posizione di rilievo
quasi al centro del libro. Il componimento, che testimonia di un soggiorno
invernale34 a Baia, successivo al libro II35, costituisce un elaborato omaggio
al patrono: la singolare collocazione di un lungo epigramma dedicato alla
villa di Baia nel libro cispadano non sar completamente disinteressata36;
poich, come cerco di dimostrare nel 3, ritengo che Faustino sia stato
ospite di Marziale durante il suo soggiorno cispadano, lindubbio legame
stabilito nel periodo con il patrono e lesplicito omaggio alla sua villa
baiana, allinterno di un libro a lui dedicato37, rendevano probabilmente
superuo un ritorno a Roma nei primi mesi dell88 per ottenere gli inviti
per lestate. Una conferma sembra venire da IV 57: nellepigramma, scritto
in estate a Baia38, Marziale si rivolge a Faustino, che invece a Tivoli39;
egli lamenta loppressiva calura e si autoinvita con eleganza nella fresca
localit laziale40. probabile che Marziale si trovasse nella villa di Faustino
a Baia (come ritiene lo stesso Citroni, p. 85 sg.). Se questa ricostruzione
della vicenda cogliesse nel segno, verrebbe a cadere il terminus ante quem
dei primi mesi dell88. Mi sembra anzi che l88 possa essere considerato
pi probabile come anno di pubblicazione41. Innanzitutto, se vero che
Cfr. v. 8 sg. hic post Novembres imminente iam bruma / seras putator horridus refert uvas.
Per la riconosciuta tendenza da parte di Marziale a collocare gli epigrammi nel primo
libro utile, per evitare che perdano in attualit.
36
signicativo che Marziale apostro Faustino in un distico nel quale lamenta la mancata
ricompensa da parte di un tale adulato in un suo epigramma: laudatus nostro quidam,
Faustine, libello / dissimulat, q u a s i n i l d e b e a t : imposuit (V 36). Senzaltro ben
diverso doveva essere il comportamento del patrono.
37
Faustino menzionato nel libro ancora negli epigr. 25; 39; 47.
38
1 sg. dum nos blanda tenent lascivi stagna Lucrini / et quae pumiceis fontibus antra
calent.
39
3 sg. tu colis Argei regnum, Faustine, coloni, / quo te bis decimus ducit ab urbe lapis.
40
7-10 ergo sacri fontes et litora grata valete, / Nympharum pariter Nereidumque domus.
/ Herculeos colles gelida vos vincite bruma, / nunc Tiburtinis cedite frigoribus.
41
Pone la pubblicazione del libro nell88 anche Norcio 1960, p. 185 n. 4, senza tuttavia
sostenere lipotesi con alcuna argomentazione.
34
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/ i puer et caro perfer leve munus amico, / qui meruit nugas primus
habere meas. I versi esprimono riconoscenza allamico e, dal momento
che, secondo la cronologia sopra proposta ( 2), il libro IV fu pubblicato
in tempi piuttosto vicini al III, plausibile leggere nel componimento la
gratitudine per lospitalit ricevuta (cfr. in particolare il v. 4 qui m e r u i t
nugas p r i m u s habere meas). Lepigramma pi lungo ed elaborato del
libro terzo (e dellintero corpus marzialiano) descrive, come ho gi avuto
occasione di dire, la villa di Faustino a Baia (epigr. 58). Si gi accennato
allepigr. 6, che celebra il taglio della barba di Marcellino e il compleanno
del padre, amico di Marziale; da VI 25, scritto mentre Marcellino si trova in
servizio nelle province del nord, impegnato in operazioni militari, emerge
il rapporto di amicizia che lega Marziale al padre del ragazzo50. In VII
80, ormai conclusasi la guerra sarmatica, Marziale si rivolge a Faustino
perch mandi a Marcellino i suoi carmi, che ora avr il tempo di leggere.
Friedlaender (ad III 6, 2) ha supposto, a mio avviso con piena ragione,
che il padre di Marcellino fosse proprio Faustino51: mi sembra del tutto
naturale che per inviare una missiva a un ragazzo impegnato in guerra ci si
rivolga alla famiglia piuttosto che a un amico.
Un legame tra Faustino e la Cispadana emerge da X 51: Marziale si
rivolge al patrono rammaricandosi del fatto che i suoi impegni romani
gli impediscano di godere delle belle giornate primaverili: v. 5 sg. quos,
Faustine52, dies, qualem tibi Roma Ravennam / abstulit! o soles, o
tunicata quies!53. I versi seguenti per sembrano mostrare che il luogo
dove Faustino potrebbe trascorrere queste giornate non Ravenna,
ma Terracina (v. 8 Anxur). Molti editori considerano Ravennam una
corruttela: Friedlaender, Lindsay e SB pongono il nome fra cruces;
Heraeus invece mantiene il testo tramandato dalla seconda famiglia,
3 sg. ille vetus pro te patriusque quid optet amicus / accipe et haec memori pectore vota
tene.
51
La sua ipotesi accettata da A. Stein, RE XIV 2, 1441 e da L. Petersen, PIR M 183; ad
essa si mostrano cautamente favorevoli Citroni 1987, p. 156; Sullivan 1991, p. 31; Grewing,
p. 193; Galn Vioque, p. 442.
52
C. Damon, The Mask of the Parasite. A Pathology of Roman Patronage, Ann Arbor
1997, p. 162 n. 37 ipotizza che Faustine in questo verso sia una corruttela di Frontine (cfr.
X 58, in cui Marziale si rivolge a Frontino menzionandone la villa ad Anxur). La correzione
appare tuttavia arbitraria.
53
Il v. 5 cos tramandato dalla seconda famiglia, mentre la terza ha quos, Faustine, dies,
quale sit tibi Roma Ravennae. Lepigramma non compare nei codici della prima famiglia.
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a una ricerca di variet nei toni, nella lunghezza dei componimenti, nella
scelta dei metri66. Lo scopo principale evitare di annoiare il lettore,
ma si possono individuare altri criteri ponderati nella disposizione degli
epigrammi. Gli esordi sono particolarmente curati: la presentazione del
libro un momento molto delicato e Marziale cerca di garantire alle sue
opere lappoggio di inuenti patroni o dellimperatore stesso. Unanaloga
cura presiede alla disposizione degli epigrammi di chiusura del libro67.
Il libro terzo presenta una struttura peculiare: gli epigr. 1-67 sono
dedicati ad argomenti di vario genere, mentre lultima parte del libro
(epigr. 68-100), introdotta da un nuovo proemio (68), contiene epigrammi
dedicati quasi esclusivamente al sesso e caratterizzati da un linguaggio
esplicito. Se si considera che lepigr. 3 ritenuto unanimemente spurio, il
nuovo proemio si colloca esattamente dopo due terzi del libro e introduce
la sezione licenziosa che occupa lultimo terzo del libro68. Le due sezioni
del libro sono nettamente distinte anche dal punto di vista lessicale: la
le indagini sui cicli epigrammatici intesi come variazioni di un motivo, realizzate in testi
posti a distanza ravvicinata: vd. V. Buchheit, Martials Beitrag zum Geburtstag Lucans als
Zyklus, Philologus 105, 1961, pp. 90-96, sul ciclo indirizzato a Polla Argentaria, vedova di
Lucano, e dedicato alla celebrazione del genetliaco del poeta (VII 21; 22; 23); J. Garthwaite,
Martial, Book 6, on Domitians Moral Censorship, Prudentia 22, 1990, pp. 13-22, sugli
epigrammi dedicati alla restaurazione della Lex Iulia de adulteriis coercendis (VI 2; 4; 7;
22; 45; 90; 91); W. Hofmann, Motivvariationen bei Martial. Die Mucius Scaevola- und die
Earinus-Gedichte, Philologus 134, 1990, pp. 37-49 e C. Henriksn, Earinus: an Imperial
Eunuch in the Light of the Poems of Martial and Statius, Mnemosyne 50, 1997, pp. 281294, sul ciclo di Earino, coppiere di Domiziano; J. Garthwaite, Revaluating Epigrammatic
Cycles in Martial, Book Two, Ramus 30, 2001, pp. 46-55; M. Ciappi, Ille ego sum
Scorpus. Il ciclo funerario dellauriga Scorpo in Marziale (X 50 e 53), Maia 53, 2001, pp.
587-609; Canobbio 2002, sul ciclo del V libro dedicato alla restaurazione domizianea della
Lex Roscia theatralis.
66
Il principio dellaequalitas esplicitamente riutato da Marziale (VII 90): iactat inaequalem Matho me fecisse libellum: / si verum est, laudat carmina nostra Matho. / aequales
scribit libros Calvinus et Umber: / aequalis liber est, Cretice, qui malus est; vd. al riguardo
Citroni 1968, p. 272.
67
Sulla chiusura dei libri vd. specialmente Fowler 1989; che le sequenze di chiusura di
Marziale presentino aspetti originali e brillanti stato messo in luce da Fowler 1989, p. 107
sg.; vd. anche Fowler 1995, passim; Scherf 2001, p. 32 sgg.
68
La proporzione meno precisa riguardo al numero di versi: la prima sezione ne conta,
senza lepigr. 3, 438 (68, 01% circa); la seconda 206 (31, 99% circa). La lunghezza media
di 6, 63 vv. per gli epigrammi della prima sezione, di 6, 24 per quelli della seconda. La media
complessiva di 6, 50 vv. (i dati non comprendono lepigr. 3).
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(96) a un tale che vanta le sue prestazioni con la puella del poeta. Lepigr.
97 introduce propriamente la parte conclusiva del libro e contiene una
dedica scherzosa a Rufo85, cui Marziale afda il libro per evitare che lo
legga Chione. Il seguente (98) descrive in modo caricaturale un tale dal
culus macer. Lepigr. 99 riprende la vicenda del ciabattino (cfr. 16; 59),
che Marziale rappresenta irato per la satira contro di lui. Il componimento
riveste il carattere di una apologia della poesia satirica, ma innocua, cui
il poeta contrappone la crudelt degli spettacoli gladiatori, che fornisce
invece notoriet a chi li sovvenziona. Chiude il libro un epigramma di
dedica a Rufo (100), che, con unarguzia realizzata allinsegna di unironica
svalutazione della propria opera, si ricollega allepigramma di apertura,
conferendo al libro una struttura circolare.
Lanalisi condotta consente senzaltro di ribadire in conclusione le
osservazioni iniziali: la disposizione degli epigrammi nel libro studiata
per ottenere un effetto di variet nei contenuti, nella lunghezza dei
componimenti e nei metri. La sezione proemiale e quella conclusiva sono
ben distinte dal resto del libro. Gli epigrammi formano spesso piccole serie
legate da afnit tematica. Lultima sezione del libro (68-100), introdotta
da un nuovo proemio (68), ospita gli epigrammi osceni. I componimenti
pi signicativi ricevono una collocazione volta a metterne in risalto
limportanza e sono spesso composti in metri differenti dal distico elegiaco,
che la forma prevalente86. I temi principali sono sviluppati in epigrammi
distribuiti in maniera equilibrata nel corso del libro.
6. Pubblicazione e dediche dei libri in Marziale
Gli epigrammi di presentazione e dedica delle raccolte a singole
persone occupano uno spazio signicativo allinterno dei libri di Marziale;
la loro frequenza ha posto un delicato problema interpretativo, al quale
sono state date risposte radicalmente differenti. Nel corpus dei dodici
libri di Marziale, oltre a quattordici epigrammi di dedica allimperatore, vi
sono circa 45 componimenti di dedica a patroni e amici. Gli unici libri a
Sulle ipotesi di identicazione del personaggio vd. la n. intr. allepigr. 100.
Sono in distici elegiaci 1234 epigrammi su 1560 (79, 10%): vd. Scherf 2001, pp. 113;
115.
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Come ricordato da Fowler 1995, p. 38 la pratica di celebrare molteplici destinatari in un
libro ben attestata a Roma: ad esempio da Orazio nelle Odi e nelle Epistole, ma anche
da Catullo, da Ovidio nelle Epistulae ex Ponto, dallelegia, per non parlare delle Silvae di
Stazio.
89
Cursorem sexta tibi, Rufe, remisimus hora / carmina quem madidum nostra tulisse
reor: / imbribus immodicis caelum nam forte ruebat. / non aliter mitti debuit iste liber.
90
Lapparente incongruenza probabilmente allorigine di un problema testuale: vd. al
riguardo la n. al v. 4 iste.
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X 2, 1-4 festinata prior, decimi mihi cura libelli / elapsum manibus nunc revocavit opus.
/ nota leges quaedam, sed lima rasa recenti; / pars nova maior erit: lector, utrique fave.
99
Lincremento di composizioni celebrative dellimperatore nei libri VIII e IX lascia pensare che ancora maggiore dovesse essere lo spazio per la componente adulatoria nel libro
X (vd. Citroni 1988, p. 27). Sulla cronologia delle due edizioni vd. ora Damschen-Heil, pp.
3-8 con bibliograa.
100
Successivamente Pasquali ha mostrato maggiore cautela e compiuto una parziale marcia
indietro sulla questione, ammettendo di avere probabilmente ecceduto nellindividuazione
di varianti dautore proprio nel caso di Marziale: vd. G. Pasquali, Preghiera, SIFC 22,
1947, p. 261; Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 19522, p. XXI.
101
Vd., ad es., Citroni, p. XLIII; Reeve 1983, p. 243 sg. Un riesame di molte delle varianti
selezionate da Lindsay stato recentemente condotto da Di Giovine 2002, che, pur
evitando di parlare di varianti dautore, ritiene alcune lezioni, in genere trascurate dagli
editori, conformi allusus linguistico e stilistico di Marziale. Le analisi di Di Giovine che
riguardano epigrammi di questo libro sono discusse nel commento: vd. le nn. a 27, 1; 72, 3;
86, 3. Per alcune varianti si pu senzaltro pensare ad unorigine tardoantica (sullargomento
Schmid 1984): vd. le nn. a 24, 2; 31, 2.
102
Scutoque , scipioque ; venetoque, accolto dalla maggioranza degli editori, il testo
della prima famiglia, rappresentata da T.
98
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110
Vd. Citroni, p. XLII sg. Il solo Heraeus, pur servendosi per lo pi delle collazioni gi
utilizzate da Lindsay, pot usare anche quelle apprestate da Thiele, morto prematuramente
quando aveva appena iniziato lopera di edizione per la Bibliotheca Teubneriana (vd.
Heraeus, p. VIII). Lo studioso tedesco per corregge soltanto qualche piccolo errore delle
edizioni precedenti, attenendosi per il resto a un criterio ancor pi selettivo di quello di
Lindsay nella costituzione dellapparato.
111
Canobbio 2002; si tratta di V 8; 14; 23; 25; 27; 35; 38; 41, di cui lo studioso presenta
anche un ricco commento perpetuo. Il progetto di Canobbio di condurre a termine
ledizione commentata dellintero libro V (vd. Canobbio 2002, p. 9). I restanti commenti a
singoli libri, la cui pubblicazione si notevolmente inttita nel corso dellultimo decennio,
non contengono ledizione critica del testo, limitandosi a una discussione delle varianti
desunte dagli apparati di Lindsay o Shackleton Bailey. Lunica eccezione costituita da
Schffel, che propone un apparato non frutto di un riesame personale, ma basato su
diverse edizioni critiche a partire da quella di Schneidewin. Una via diversa quella tentata
dal recente commento al libro X di Damschen-Heil, frutto in realt della collaborazione di
diversi studiosi, che presenta unappendice critica in cui sono discussi i problemi testuali.
112
Tralascio quello di Canobbio per lesiguo numero di epigrammi oggetto dello studio, che
non consente valutazioni pi ampie.
113
Citroni, p. LXXIV; lo scetticismo sulle novit testuali che potrebbero emergere da un
completo riesame della tradizione traspare dalle parole di Reeve 1983, p. 243: A thorough
study of the tradition, however rewarding, would hardly benet editors.
114
Appare dunque eccessivo il sarcasmo mostrato nei confronti del lavoro di Citroni dal pi
recente editore di Marziale, D.R. Shackleton Bailey, il quale, come noto, tralascia nelle sue
edizioni laspetto della recensio, afdandosi agli apparati esistenti: In primi libri editione
(1975) M. Citroni singulorum ex
familiis codicum discrepantias accuratius protulit;
qua diligentia hoc tamen profectum est, ut posteriores ne litus ararent moneri possent
(SB1, p. XI). La necessit di condurre unedizione critica di Marziale secondo i criteri indicati
da Citroni invece ribadita da Parroni 1993, p. 57.
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La tradizione medievale
I codici medievali sono suddivisi in tre famiglie, la cui origine risale
presumibilmente alla tarda antichit115:
La prima famiglia
Comprende soltanto due orilegi di origine francese di IX secolo
(T R), che si integrano a vicenda116 e contengono circa due terzi degli
epigrammi117. lunica fra le tre a conservare il Liber de spectaculis118.
Caratteristica peculiare di questa famiglia la sostituzione dei termini
osceni con eufemismi, operazione di censura riconducibile a un ambiente
monastico119. Il suo testo in genere migliore di quello delle altre due
115
Almeno per la seconda famiglia lorigine tardoantica assicurata dalle sottoscrizioni
presenti in tutti i codici (su cui vd. infra). evidente che lassenza di un archetipo inteso
come progenitore della nostra tradizione non consente di utilizzare il criterio meccanico
dellaccordo di due famiglie contro una per la costituzione del testo. Ne offre conferma
lalto numero di lezioni tramandate da una sola famiglia contro laccordo delle altre due:
vd. lelenco in SB1, pp. VIII-X.
116
Come osservato da Carratello 1974, p. 145. Quanto ai rapporti tra i due codici, per
Knoche 1940, p. 262 sg. n. 4 R sarebbe stato scritto poco dopo T, nello stesso scriptorium,
ma le pi attendibili datazioni dei due codici smentiscono questa ipotesi e L. Zurli (I codici
T ed R di Marziale, RFIC 129, 2001, pp. 51-56) ha sostenuto, con buone ragioni, che
T integri intenzionalmente gli epigrammi tralasciati da R non solo nel De spectaculis, ma
anche nei libri I-XII e negli Xenia (a partire da XIII 74 T trascrive tutti i distici, senza
curarsi del fatto che siano o meno in R).
117
Un terzo codice, il Vindobonensis Lat. 277 del IX sec. (H), contiene di Marziale soltanto
epigr. 18, 5 sg.; 19-30; I 3; 4, 1 sg. ed pertanto inutilizzabile per il libro terzo (sul codice
vd. Citroni, p. XLV sg.). La relazione tra H e T, affrontata dagli editori dei testi che vi sono
trditi, tuttora oggetto di discussione: vd. J. Richmond, The Relationship of Vindob. 277
and Paris. Lat. 8071, Philologus 142, 1998, pp. 80-93 con una rassegna delle ipotesi e
bibliograa. Per Lindsay, [p. IV sg.] T copia di H.
118
La presenza del libro nei codici di altre famiglie dovuta a contaminazione, operata
almeno dal XIV sec. Sullargomento e sulla tradizione del De spectaculis vd. Reeve 1980,
p. 193 sgg. e la prefazione delledizione di Carratello (M. Valerii Martialis Epigrammaton
liber, Introduzione e testo critico di U. C., Roma 1981, rist. delled. del 1980, p. 20 sgg.).
119
Lindsay 1903 pensava ad unedizione tardoantica in usum elegantiorum; spetta a Housman 1925, p. 202 (= Class. Pap., p. 1003) il merito di aver ricondotto tali sostituzioni a
mere monkish horror of women; a dimostrarlo in modo sicuro il fatto che termini
volgari come, ad es., mentula, culus, fellare / fellator siano trascritti senza alcun problema,
Introduzione
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La seconda famiglia
Discende da un esemplare emendato da Torquato Gennadio122 nel 401
mentre la sostituzione limitata a cunnus (con il suo composto cunnilingus) e a futuere
(con i suoi derivati fututor e fututrix); sullargomento si veda ora lapprofondito studio di
Mastandrea 1996.
120
Spesso infatti conserva la lezione genuina contro le altre due: in questo libro cfr. 24, 2
focis T: sacris ; 32, 1 quaeris R: quereris ; 60, 1 vocer T: vocor ; 65, 8 nardo passa
T: nardo sparsa nardos parta ; 68, 1 huc T: hoc
; 80, 1 loqueris T: quereris
; 85,
3 tibi T: tua ; 86, 3 spectas et casta T: spectas tu casta si spectas casta . Per altri casi
vd. SB1, pp. VIII-X.
121
In questo libro cfr. 31, 2 urbanique] Albanique T; 91, 12 cervo] puero T. Sullargomento
vd. Schmid 1984.
122
Il personaggio non pu essere identicato (con Friedlaender, I, p. 69; O. Seeck, in RE
VII 1173, 56-63) con il Torquato Gennadio che nel 396 ricopriva la carica di praefectus
Augustalis dEgitto e che fu proconsole dAcaia: la sua opera di emendatio un esercizio
propedeutico quale quello, compiuto sei anni prima nella stessa scuola di retorica, da
Crispo Sallustio sul testo di Apuleio. Tale attivit pu essere attribuita solo a uno studente,
forse glio del magistrato omonimo, il quale certo non avrebbe omesso di menzionare
nelle sottoscrizioni i prestigiosi titoli onorici acquisiti nella carriera politica (vd. Lindsay
80
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d.C. a Roma nel Foro di Augusto, come risulta dalle subscriptiones presenti,
con lievi varianti, in tutti i codici123. Essa comprende un manoscritto di XII
secolo (L), valorizzato da Lindsay124, che per primo lo utilizz nella sua
edizione, e tre codici di et rinascimentale (P Q f). Gli errori presenti nei
quattro riconducono a un archetipo in beneventana125. Il testo recato da
questa famiglia viene considerato meno attendibile di quello della prima,
ma pi di quello della terza. Friedrich 1909, pp. 88-117 ha notato una
tendenza a normalizzare il testo sulla base di passi analoghi.
L = Berolinensis (olim Lucensis) Lat. fol. 612, saec. XII. Apparteneva
alla biblioteca del Monastero di S. Maria Corteorlandini di Lucca e fu
acquistato poco prima del 1900 dalla Biblioteca di Berlino. Fu riscoperto
e valorizzato da Lindsay.
Citroni, p. L sg.; Lindsay 1901, pp. 413-420; A. Mancini, SIFC 8, 1900, p. 124; collazione
in Lindsay 1903, pp. 65-118.
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Come rilevato da Lindsay 1900, p. 354; Id., [p. IX]; Citroni, p. LV sg.
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X = Parisinus Lat. 8067 (Puteaneus), saec. IX3/4. Scritto forse a Corbie. Tra
i manoscritti pi importanti della famiglia quello che presenta il numero
pi elevato di interventi congetturali (per alcuni esempi vd. p. 84).
Citroni, p. LVIII; B.L. Ullman, A list of classical manuscripts (in an eight century codex)
perhaps from Corbie, Scriptorium 8, 1954, p. 27; B. Bischoff, Hadoard und die
Klassikerhandschriften aus Corbie, in Mittelalterliche Studien. Ausgewhlte Aufstze zur
Schriftkunde und Literaturgeschichte, I, Stuttgart 1966, pp. 55-63.
errore analogo riguarda il Voss. Lat. Q 89 (C), per il quale vd. p. 86 n. 135.
131
Nonch nei testimoni discendenti dal Florilegium Gallicum (per i quali vd. p. 95 n. 151)
e nelle prime edizioni a stampa (per le quali vd. p. 93 sg.).
132
Il fatto che il passo trasposto comprenda 304 righe veniva valutato da Lindsay 1903
Addendum, come una prova che larchetipo della terza famiglia avesse 19 righe a pagina
(e non 20).
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X; 6, 1 numeratur] narratur VB numeratur EAX; 11, 3 pro Laide Thaida dixi] pro
thaide thaida dixit VB pro laide thaida dixit EAX; 13, 1 dum non vis carpere pullos]
dum carpere non vis mullos VB dum non vis carpere mullos EAX; 23, 1 omnia cum
retro pueris obsonia tradas] omnia cum pueris tu retro obsonia tractes VB omnia
cum pueris retro obsonia tractas EAX; 32, 2 et vetulam sed tu mortua non vetula es]
et vetulam non tu mortua non tula es VB et vetulam sed tu mortua non tula es EA
et vetulam sed tu mortua non vetula es X; 34 tit. de mechanico VB (ad 35 pertinens)
ad chionen EX ad chionem A; 38, 14 si bonus es casu] si casu bonus es VB si bonus
casu EA si bonus et casu E si bonus es casu X; 41, 3 esse tibi magnus Telesine videris
amicus] esse tibi lete si magnus vivis amicus VB esse tibi laete si magnus viveris amicus
EX esse tibi laeti magnus viveris amicus A; 46, 5 umbone] quos umbo VB umbo EA
tuus umbo A umbone X; 58, 11 prurit] furit VB purit EX prurit A; 68, 7 sed aperte]
per te nunc VB per te EAX; 83, 2 potui brevius] potuere tuis VB potuit ore tuis EAX;
94, 1 coctum leporem] leporem coctum VB coctum leporem EAX; 96, 3 prendero
Gargili] praetendere garrili VB praetendero garrili BV prendere gargili EAX.
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quos umbo V; 46, 6 ingenuumque latus] ingeniumque latos AG ingenuumque latus
XV ingenuumque latos E; 47, 15 immo rus] immoros A inmoros G immo rus EXV;
58, 7 multa fragrat testa] multos f. testa AG multas f. testa E multas f. testas XV; 58,
15 Numidicaeque] numicideque AG numidicaeque EXV; 58, 47 furem] euremque
AG eurem EXV; 58, 50 pullos] pullus AG pullos EXV; 63, 11 amet] amat AG amet
EXV; 68, 7 schemate] semate AG scemate EXV; 72 tit. ad saufelam AG ad saufeiam
EXV; 91, 5 steriles] sceriles EAG steriles XV; 93, 7 corcodilus] cocodrillus AG
corcodrillus E crocodrillus X crocodillus V; 93, 20 si Sattiae] si satire AG si saciare
E si satiare XV.
XV]
si possono
2, 4 cordylas] cordidas XVC cordylas EA; 13, 1 dum non vis pisces dum non vis
carpere pullos] dum pisces leporem dum non vis carpere mullos XC dum non vis
pisces leporem dum non vis carpere mullos EA dum non vis pisces leporem dum
carpere non vis mullos V; 20, 5 improbi iocos] improbi licos XC improbi locos EA
improbi iocos V; 22, 1 Apici bis] apicibos X apici cibos C apici bis EA apicius V; 38,
10 sunt ibi] sunt tibi XC sunt ibi EAV; 44 tit. ad ligorinam poetam XC ad ligorinum
poetam EV ad ligurinum poetam A; 44, 3 Ligurine solitudo] solitudo ligurgine XC
ligurgine solitudo EA ligurine solitudo AV; 44, 4 quid sit scire cupis] quod si scire
cupis XC quod scire cupis EAV; 47, 11 Gallici canis dente] gallicanis dentibus XC
gallici canis dente V gallici canis dentes EA; 50, 5 perlegitur dum] porrigitur dum XC
perge tordum EAV; 50, 7 librum] broma XC bruma EAV; 58, 7 multa fragrat testa]
multas agrat testas XVC multas agrat testes X multas fraglat testa E multos fraglat
testa A; 58, 21 agnus] annus X annis C agnus EA anus V; 63, 5 Nili] lini XVC nili EA;
64, 2 gaudiumque crudele] gaudiumque crudelem AXC gaudiumque crudele EV; 70,
1 Scaevine] schevine XC scevine EAV; 76, 4 Hecaben] hecuben XC hecaben EAV;
85, 2 parte] parce XC parte EAV; 93, 4 cum geras] congeras XV aggeras C cum geras
EA; 93, 18 nupturire] numtuire XV num tu ire C nuptuire EA.
Introduzione
89
La tradizione umanistica
La grande fortuna umanistica di Marziale testimoniata da un elevato
numero di codici del XV secolo140. I recentiores presentano un alto
grado di contaminazione: il testo per lo pi quello della terza famiglia
contaminato con quello della seconda; talora il caso inverso. Il loro esame
si rivela signicativo soprattutto per la storia della tradizione e dellesegesi
di Marziale, che conosce in questo secolo una notevole oritura141.
sicles, II, Catalogue des manuscrits classiques latins copis du IXe au XIIe sicle. LiviusVitruvius. Florilges-Essais de plume, Paris 1985, pp. 93-104.
140
Si tratta di oltre 110 manoscritti, di cui una ventina datati: vd. F.-R. Hausmann,
Datierte Quattrocento-Handschriften lateinischer Dichter (Tibull, Catull, Properz, OvidEpistula Sapphus ad Phaonem, Martial, Carmina Priapea) und ihre Bedeutung fr die
Erforschung des Italienischen Humanismus, in U.J. Stache-W. Maaz-F. Wagner (Hrsgg.),
Kontinuitt und Wandel. Lateinische Poesie von Naevius bis Baudelaire. Franco Munari
zu 65. Geburtstag, Hildesheim 1986, p. 624.
141
Alcune delle congetture attestate in questi manoscritti sono ormai stabilmente recepite
nelle edizioni: in questo libro cfr. 10, 4 essent; 74, 1 levas.
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luogo e data, stampata con i tipi del Silio Italico (Roma 1471). Presenta,
come quasi tutte le prime edizioni a stampa, la trasposizione di III 22-63
dopo V 67, afne a quella attestata in A e in alcuni recenziori della terza
famiglia (vd. p. 82 sg.).
Hain 10805; IGI 6215; Flodr, s.v. Martialis, nr. 3; Hausmann 1980, p. 253.
ed. Ven. = Editio Veneta, Wendelin von Speyer, Venetiis 1472 c. Curata
da Giorgio Merula. Per la trasposizione di III 22-63 dopo V 67 vd. ed.
Rom. 1.
Hain *10809; IGI 6217; Flodr, s.v. Martialis, nr. 1; Hausmann 1980, p. 265 sg.
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Alessandro Fusi
ed. Ald. = Editio Aldina, Venetiis 1501. Ledizione per i prestigiosi tipi di
Aldo Manuzio fu modello per successive stampe, specialmente in Francia
(ad es. quelle di Sebastian Gryphius ed eredi a Lione). Per la trasposizione
di III 22-63 dopo V 67 vd. ed. Rom. 1. Una seconda Aldina, probabilmente
migliore della prima148, fu stampata nel 1517.
Hausmann 1980, p. 255.
Introduzione
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probabile corruttela di sactiae. Per quanto si pu ricavare dalle lezioni della terza
famiglia (si saciare E, si satiare XV, si satire A), larchetipo doveva avere si saciare (o
tiare).
Sia sufciente rimandare agli studi esistenti, dove possibile reperire ulteriore bibliograa: W. Maaz, Lateinische Epigrammatik im hohen Mittelalter. Literarhistorische Untersuchungen zur Martial-Rezeption, Hildesheim 1992; F.-R. Hausmann, Martial in Italien,
StudMed 17, 1976, pp. 178-218; Hausmann 1980; G. Billanovich, Veterum vestigia
vatum nei carmi dei preumanisti padovani, IMU 1, 1958, pp. 155-243; Sullivan 1991,
pp. 253-312; J.P. Sullivan (ed.), The classical heritage, New York-London 1993.
164
101
Sigla
M. Valerii Martialis
Epigrammaton
liber tertius
SIGLA
Prima familia
T = Parisinus Lat. 8071 (Thuaneus), saec. IX3/4
R = Leidensis Vossianus Lat. Q 86, a. 850 circ.
= consensus codicum TR
Secunda familia
L = Berolinensis (olim Lucensis) Lat. fol. 612, saec. XII
P = Vaticanus Palatinus Lat. 1696, saec. XV
Q = Londiniensis Musei Britannici Arondellianus 136, saec. XV2/3
f = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 39, saec. XV3/4
= consensus codicum LPQf
Tertia familia
E = Edinburgensis Adv. Ms. 18, 3, 1, saec. IX2
A = Leidensis Vossianus Lat. O 56, saec. XI-XII1
X = Parisinus Lat. 8067 (Puteaneus), saec. IX3/4
V = Vaticanus Lat. 3294, saec. IX2/3
= consensus codicum EAXV
Alii testes tertiae familiae qui hic illic laudantur
B = Leidensis Vossianus Lat. Q 121, saec. XI-XII1
C = Leidensis Vossianus Lat. Q 89, saec. XIII1
F = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 38, saec. XV
G = Guelferbytanus Gudianus Lat. 157, saec. XII
c = Cantabrigiensis Corpus Christi College 236, saec. XIII
h = Londiniensis Harleianus 2700, saec. XII
103
Sigla
Recentiores
b = Oxoniensis Bodleianus Ms. Auct. F 2. 17, saec. XV4
k = Londiniensis Musei Britannici Kings Ms. 32, a. 1469-1471
l = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 37, saec. XV
v = Vaticanus Lat. 3295, saec. XV3/4
v1 = Vaticanus Lat. 3296, saec. XV
v2 = Vaticanus Lat. 6848, saec. XV3/4
Editiones antiquissimae
ed. Rom. 1 = Editio Romana, Romae 1470-1471 circ.
ed. Ferr. = Editio Ferrariensis, typis Andreae Belfortis, Ferrariae 2 VII
1471
ed. Ven. = Editio Veneta, cur. Georgius Merula, Wendelin von Speyer,
Venetiis 1472 circ.
ed. Rom. 2 = Editio Nicolai Perotti, C. Sweynheym-A. Pannartz, Romae
30 IV 1473
ed. Ald. = Editio Aldina, Venetiis 1501
Epigramma 1
105
1
Hoc tibi quidquid id est longinquis mittit ab oris
Gallia Romanae nomine dicta togae.
Hunc legis et laudas librum fortasse priorem:
illa vel haec mea sunt, quae meliora putas.
Plus sane placeat domina qui natus in urbe est:
debet enim Gallum vincere verna liber.
hab. T tit. ad lectorem Tf : om. LPQ 1 id est EA: idem T est XV longinquis
T AXV: loginquis E 2 nomine TPQf : nomini L 4 putas. edd.: putas? Dousa (sed iam
v1) 5 sane TLPf : plane Q placeat T : placeas T 6 vincere TLPf : vivere Q liber
T EA: libor XV
106
non potr competere con quello composto nella domina urbs (vd. Parroni
1984, p. 127 sgg.). Allaffettazione di modestia, topica nelle presentazioni
di opere letterarie, si sovrappone probabilmente in questo caso uneffettiva
apprensione per il fatto che il libro scritto lontano da Roma, fonte unica di
ispirazione per la sua poesia, e non sostenuto dalla presenza del suo autore
nellUrbe, riceva unaccoglienza pi fredda da parte del pubblico rispetto
alla raccolta che lo ha preceduto. In modo analogo, nella prefazione al
dodicesimo e ultimo libro, scritto dopo il denitivo ritorno in Spagna, il
poeta si mostra preoccupato di inviare a Roma un prodotto non allaltezza
della capitale e domanda allamico Prisco, dedicatario del libro, di giudicare
lopera con sincerit per evitargli guracce (XII epist. 22 sgg. cit. nella n.
al v. 6).
Non appare motivata la proposta di invertire lordine dei vv. 4 e 6 avanzata
da Hartman 1897, p. 336, che spiega: priorem librum huic praestare
dices; nimirum hic in provincia est scriptus, ille in urbe. Neque ego obsto
quominus ita censeas, dummodo mihi hac condicione uti liceat ut quae tibi
meliora visa fuerint tamquam mea agnoscam, quae peiora respuam.
1: il verso richiama apertamente il carme proemiale delle Epistulae ex
Ponto ovidiane: I 1, 2 hoc tibi de Getico litore mittit opus (cfr. anche Ov.
Pont. II 11, 1 hoc tibi, Rufe, brevi properatum tempore mittit). Marziale
stabilisce subito un legame tra il suo libro proveniente dalla Gallia togata
(cfr. v. 2) e la poesia ovidiana dellesilio. La stessa formula di invio ricorre
anche in V 1, epigramma di dedica del libro a Domiziano, v. 1 sgg. hoc tibi
/ Caesar / (v. 7) mittimus. Per il riferimento alla produzione ovidiana
dellesilio, cospicuo negli epigrammi proemiali del libro, vd. lIntroduzione,
1; Pitcher 1998, pp. 59-65. hoc: il pronome deittico, comune in contesti
anatematici, utilizzato di frequente da Marziale negli epigrammi di
dedica dei libri, che Laurens 1965, p. 326 sgg. denisce forme laicizzate
dellepigramma votivo: cfr. I 1, 1 sg. hic est quem legis ille, quem requiris,
/ toto notus in orbe Martialis; IV 82, 1 hos quoque commenda Venuleio,
Rufe, libellos; V 1, 1 sgg. cit. supra; VI 1, 1 sextus mittitur hic tibi libellus;
VII 80, 3 sg. hunc Marcellino poteris, Faustine, libellum / mittere; la sua
collocazione ad inizio di verso conferisce enfasi maggiore alloggetto che
si offre (sulla ripresa da parte di Marziale di formule anatematiche vd.
Siedschlag 1977, p. 6 sg.). tibi: Marziale si rivolge al lettore generico
romano, il solo che possa apprezzare la pointe dellepigramma, che scherza
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libri non proprio cittadini a tutti gli effetti, bens schiavetti. Ben diversa
consapevolezza mostrer Marziale in XII 2 (3), 5 sg. cit. nella n. al v. 5,
ormai sicuro della fama acquisita. Verna come attributo del libro, anche
se al diminutivo, ricorre nuovamente in V 18, 4 praeter libellos vernulas
nihil misi; cfr. anche I 49, 24 vernas apros (cinghiali nativi del luogo); 84,
4 equitibus vernis (sono i gli generati da Quirinale con le sue serve; vd.
Citroni, ad loc.); X 30, 21 lupos vernas; XIII 43, 2 vernae tubures.
Epigramma 2
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2
Cuius vis eri, libelle, munus?
Festina tibi vindicem parare,
ne nigram cito raptus in culinam
cordylas madida tegas papyro
vel turis piperisve sis cucullus.
Faustini fugis in sinum? Sapisti.
Cedro nunc licet ambules perunctus
et frontis gemino decens honore
pictis luxurieris umbilicis,
et te purpura delicata velet,
et cocco rubeat superbus index.
Illo vindice nec Probum timeto.
10
114
al proprio libro: esso avr bisogno di un protettore se non vuole fare una
ne prematura in una fumosa cucina come carta per avvolgere il pesce nel
cucinarlo o come cartoccio per lincenso o il pepe. Dopo essersi assicurato la
protezione dellinuente patrono Faustino potr andare in giro con lussuose
vesti, senza preoccuparsi dei critici pi agguerriti, poich sar egli stesso, con
la sua autorit, a difenderlo da eventuali attacchi.
Il modulo dellapostrofe al libro, ampiamente diffuso nella letteratura
europea, ha origine con Orazio (epist. I 20); riceve quindi un ampio e
originale sviluppo nelle elegie ovidiane dellesilio. Ma Marziale a rendere
lallocuzione al proprio libro un modulo costante e a sviluppare i tratti di
personicazione dei suoi libelli (cfr., ad es., II 1; III 4; 5; IV 89; VII 97;
VIII 1; X 104; XI 1; XII 2). Lapostrofe al libro diviene nella sua poesia la
maniera elegante attraverso la quale il poeta cerca di stabilire contatti con i
suoi patroni e con i lettori in generale, nel tentativo di assicurare il sostegno
pi ampio possibile alle sue opere (vd. Citroni 1986, pp. 111-146; per
Marziale p. 136 sgg.). In questo epigramma la personicazione arricchita
dalla minuziosa descrizione (vv. 7-11) della lussuosa veste editoriale di cui
il libellus potr fare sfoggio.
Faustino il dedicatario primo del libro (sulla compresenza di pi dedicatari nello stesso libro vd. lIntroduzione, 6) e, probabilmente, lospite di
Marziale durante il suo soggiorno in Cispadana (vd. lIntroduzione, 3).
Era un ricco ed inuente patrono, certamente fra coloro che assicurarono il
maggiore sostegno al poeta durante la sua lunga permanenza a Roma. tra
i personaggi pi di frequente nominati nellopera di Marziale (19 volte) e in
maniera costante nellarco di quasi tutta la sua produzione epigrammatica:
presentato come competente di letteratura (cfr. VI 61 [60]) e come poeta
(cfr. I 25), possedeva numerose ville (cfr. III 58; IV 57; V 71; VII 80; X 51).
Oltre a questo libro Marziale gli dedica anche il quarto (cfr. IV 10); in VII
80 dedica il libro, tramite Faustino, a Marcellino (con buona probabilit suo
glio: vedi lIntroduzione, p. 58 e la n. intr. allepigr. 6); in VII 12 si difende
da coloro che scrivono carmi velenosi e li diffondono sotto il suo nome
invocando Faustino come testimone della propria innocenza (9 ludimus
innocui: scis hoc bene). ricordato anche in I 114; III 25; 39; 47; V 32; VI
7; 53; VIII 41. Solo nel libro terzo Marziale lo nomina 5 volte (negli altri
libri 3 volte al massimo) e il dato sembra confermare lipotesi che egli abbia
ospitato Marziale in questo periodo. Il contatto di Faustino con la corte
imperiale forse ipotizzabile sulla base di VII 12, in cui Marziale si rivolge a
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117
parvo (sc. bibliotheca Iuli Martialis); 80, 5 sg. sed si parva tui munuscula
quaeris amici / commendare, ferat carmina nostra puer; 84, 5 parva
dabis caro sed dulcia dona sodali; IX 99, 8 grande tui pretium muneris
auctor erit.
2. festina: esprime la preoccupazione che il libro faccia la ne descritta
nei vv. 3-5. vindice: il termine appartiene al lessico giuridico. Il vindex
era una gura di garante che si opponeva alla procedura di manus iniectio
su uno schiavo manumissus, affermandone la libert e impedendo cos che
il suo assistito diventasse indebitamente propriet altrui (vd. al riguardo
G. Wesener, s.v. vindex, RE suppl. XIV; Volterra 1967, p. 205): cfr. Fest.
p. 516 L. vindex ab eo quod vindicat, quo minus is, qui prensus est ab
aliquo teneatur. Il termine si trova gi nelle Leges XII Tabularum I 4
adsiduo vindex adsiduus esto; proletario iam civi quis volet vindex esto
(Gell. XVI 10, 5); ricorre anche in Gaio, inst. IV 21; 25; 46. Viene poi
eliminato dai Digesta da Triboniano, quaestor sacri palatii di Giustiniano,
che presiedette la commissione di giuristi incaricata della redazione del
Digesto. Il vindex era anche detto adsertor libertatis (Don. Ter. Ad. 194
adsertores dicuntur vindices alienae libertatis), denizione che Marziale
utilizza in I 52, in cui invita Quinziano ad intervenire in qualit di adsertor
in difesa dei suoi libelli, che sono stati manumissi da lui e dei quali un altro
poeta tenta illegittimamente di appropriarsi (5 adsertor venias; 7 dicas esse
meos manuque missos). Allo stesso modo in questo epigramma Marziale
rappresenta il suo libro come uno schiavetto (vd. la n. a 1, 6 verna liber)
che deve cercarsi un vindex che lo protegga da appropriazioni indebite
(vv. 3-5). Vindex ricorre ancora in III 91, 10 pluteo vindice, dove non c
per allusione allaccezione giuridica. In modo simile Stazio denisce un
suo patrono, Manlio Vopisco, vir eruditissimus et qui praecipue vindicat
a situ litteras iam paene fugientes (silv. I praef. 26 sg.).
3. cito raptus: il nesso cito raptus (o rapta) ricorre spesso in epigra
funerarie per morti immature: CLE 489, 4 sed cito rapta silet; 502, 4 fato
cito raptus iniquo; 667, 6 sg. hunc cito sideream raptum omnipotentis
in aulam / et mater blanda et frater sine funere quaerunt; 647, 3 sic tibi
non rapiat mors invida tam cito natos; 751, 1 hic puella iacet pr[imis
cito rap]ta sub annis; 1215, 2 qui cito raptus abit; 1219, 4 sg. heu nimium
cito rapte patri, cito reddite fatis / et matri cito rapte tuae cito redditus
umbris; 1282, 5 proles cito rapta; 1339, 11 cito rapta marito; 1401, 8
aeterno vulnere rapta cito; 1673, 2 fatis cito [raptus; 1847, 1 h]ic cito
118
rapta iacet; 2096, 4 i]am cito raptus abit. In Marziale (sui cui rapporti con
le epigra metriche vd. L. Gamberale, Fra epigraa e letteratura. Note a
Mart. 10.71, A&R 38, 1993, pp. 42-54) cfr. I 116, 3 hoc tegitur cito rapta
suis Antulla sepulcro; XI 69, 11 nec queror infernas quamvis cito rapta
sub umbras; IX 29, 2 rapta es ad infernas tam cito Ditis aquas? (ironico);
cfr. anche nessi simili in I 88, 1 raptum crescentibus annis; VI 52, 1 raptus
puerilibus annis; VII 40, 7 festinatis raptum annis. Marziale dunque
allude mediante il nesso cito raptus alla morte prematura che il suo libro
rischia di subire se non si procurer un patrono adeguato (per il topos
della ne prematura dei libri cfr. Catull. 95, 7 at Volusi Annales Paduam
morientur ad ipsam). Unanaloga intenzione forse ravvisabile anche in
X 12, 9 sgg. et venies albis non adgnoscendus amicis / livebitque tuis
pallida turba genis / sed via quem dederit rapiet cito Roma colorem, in
cui Marziale si rivolge allamico Domizio, che sta per recarsi in Emilia,
dove potr fruire di bellissime giornate assolate e, tornando, far invidia ai
pallidi amici della capitale, che per lo priver presto dellabbronzatura: la
denizione dei Romani come pallida turba (cos gli abitanti degli Inferi in
Tib. I 10, 38 errat ad obscuros pallida turba lacus, nella stessa posizione
metrica) e il nesso rapiet cito dipingono scherzosamente Roma come un
inferno in cui regna il pallore. nigram culinam: lattributo niger si
riferisce spesso in Marziale a ci che annerito dal fumo; il nesso ricorre
anche in I 92, 9 pasceris et nigrae solo nidore culinae; X 66, 3 faciem nigra
violare culina; cfr. anche I 26, 8 nigros cados; II 90, 7 nigros fumos
(il fumo che annerisce); V 78, 7 nigra patella; VII 53, 6 nigra lagona;
61, 8 nigra popina. Culina termine della sfera quotidiana, raro in poesia;
in Marziale ricorre ben 7 volte. In questo caso lattributo si adatta alla
metafora della morte prematura: infatti niger (e, in generale, gli aggettivi
che indicano oscurit, come ater) attributo legato al mondo degli inferi
(vd. Andr 1949, p. 49 sgg.): cfr., ad es., Verg. Aen. VI 134 nigra Tartara;
in Marziale cfr. V 34, 3 parvola ne nigras horrescat Erotion umbras; X 50,
6 occidis et nigros tam cito iungis equos. La cucina dunque rappresenta gli
Inferi, dove il malcapitato libello corre il rischio di nire.
4 sg.: i versi prospettano due diverse pene, cui potrebbe essere sottoposto
il libro (come evidenziato dalla disgiuntiva vel): nel v. 4 Marziale fa riferimento allutilizzo della papyrus come involucro per i pesci cucinati al cartoccio, mentre nel successivo allude alluso di avvolgere con la carta cibi e
spezie in vendita al mercato.
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facio; Iuv. 8, 235 ausi quod liceat tunica punire molesta; vd. Friedlaender,
SR II, p. 91), si comprende solo se al rogo che destinato il libellus
(levidente allusione a Catull. 95, 8 cit. supra fornisce una conferma ulteriore
anche allesegesi del passo catulliano; recentemente H. Trnkle, Exegetisches
zu Martial, WS 109, 1996, p. 133 sgg., ha nuovamente sostenuto, senza
per elementi persuasivi, che in questo epigramma si alluda alla funzione
di incartare il pesce al mercato); VI 61 (60), 7-8 quam multi tineas pascunt
blattasque diserti / et redimunt soli carmina docta coci! (su cui vd. il
commento di Grewing); in XIII 1, 1 sg. ne toga cordylis et paenula desit
olivis / aut inopem metuat sordida blatta famem non chiaro se Marziale
abbia voluto distinguere le due diverse destinazioni (in cucina e al mercato:
vd. Leary2, ad loc.). Il topos ricorre ancora al principio dello pseudovirgiliano
Liber Pedagogus (AL 675 Riese): carmine si fuerint te iudice digna favore, /
reddetur titulus purpureusque nitor. / si minus, aestivas poteris convolvere
sardas, / aut piper aut calvas hinc operire nuces (richiamato da G. Brugnoli,
Sarde al cartoccio, InvLuc 9, 1987, pp. 13-15); la menzione di Sidon. carm.
9, 318 sgg. nos valde sterilis modos Camenae / rarae credimus hos brevique
chartae / quae scombros merito piperque portet, sembra invece ignorare
le due diverse destinazioni, come dimostra luso della copulativa -que e del
verbo portare. Luso di cucinare il pesce al cartoccio testimoniato da una
ricetta di Apicio per le sarde farcite: Apic. IX 10, 1 sardam farsilem sic
facere oportet: sarda exossatur et teritur puleium, cuminum, piperis grana,
menta, nuces, mel. impletur et consuitur. involvitur in charta et sic supra
vaporem ignis in operculo componitur. conditur ex oleo, caroeno, allece.
Luso di avvolgere i cibi con la carta prima della cottura testimoniato anche
per altri cibi (Apic. VIII 6, 11; 7, 1; X 8; 9). Sul genere di condimento che
veniva utilizzato cfr. Apic. IX 10, 5 ius in cordula assa: piper, ligusticum, apii
semen, mentam, rutam, careotam, mel, acetum, vinum et oleum. convenit
et in sarda. cordylas: gr.
. Si tratta dei piccoli tonni:
Plin. nat. IX 47 cordyla appellatur partus, qui fetas (sc. thynnos) redeuntes
in mare autumno comitatur; XXXII 146 cordyla et haec pelamys pusilla;
cum in Pontum a Mareotide exit, hoc nomen habet. In Marziale anche in
XI 52, 7; XIII 1, 1. Per Thompson, Fishes, p. 245 cordyla indicherebbe lo
sgombro (cfr. IV 86, 8; Catull. 95, 8; Pers. 1, 43) piuttosto che il piccolo
tonno.
5: per la pratica di usare il papiro per involgere le spezie in vendita
al mercato cfr. Plin. nat. XIII 76, 4 sgg. nam emporetica (sc. papyrus)
Epigramma 2
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cantat nostros mea Roma libellos, / meque sinus omnes, me manus omnis
habet; II 6, 7 sg. haec (sc. epigrammata) sunt singula quae sinu ferebas /
per convivia cuncta, per theatra; cfr. anche Gell. IV 18, 9 prolato e sinu
togae libro. anche possibile interpretare lespressione fugis in sinum in
senso pi lato come fuggi in seno (cfr. Cic. resp. 1, 5 in barbariae sinus
confugisse; Catull. 44, 14 in tuum sinum fugi; Plin. paneg. 6, 3 confugit
in sinum tuum concussa res publica), ma la scena descritta perderebbe
certamente di concretezza. sapisti: il verbo ricorre in un contesto analogo
di apostrofe al libro in Auson. epigr. 34, 1-4 p. 310 P. (praef. 5, 1-4 G.) si
tineas cariemque pati te, charta, necesse est, / incipe versiculis ante perire
meis. / malo, inquis, tineis, sapis, aerumnose libelle, / perfungi mavis
quod leviore malo. Il perfetto sapii, forma sincopata di sapivi (per cui
cfr. Char. 320, 16 B. sapio sapis sapivi et sapui; Non. 817, 16 L. sapivi
pro sapui), testimoniato da Prisciano (GLK II 499, 17 sgg.): sapio tam
sapui vel sapii quam sapivi protulisse auctores inveniuntur; Probo
tamen sapui placet dici, Charisio sapui vel sapivi, Aspro sapivi et
sapii secundum Varronem, quod Diomedes etiam approbat. Nonius
tamen Marcellus de mutatis coniugationibus sic ponit: sapivi pro sapui.
Novius virgine praegnante (fr. 1, p. 327 R.): quando ego / plus sapivi,
qui fullonem conpressi quinquatribus. Terentius similiter (heaut. 843 sg.):
cum intellego / resipisse, pro resipivisse. Caper utrumque in usu esse
contendit Plautus in rudente (899): pol magis sapisset, si dormivisset
domi. La forma attestata soltanto in Plaut. Rud. 899 cit. supra e in
Marziale (3 occorrenze, sempre nella II persona sing.); cfr. anche Ter.
heaut. 844 cit. supra. In Marziale luso del perfetto sapisti sembra dettato
unicamente dalla possibilit di collocarlo in ne di verso, sia negli esametri
che nei faleci: cfr. IX 10, 1 nubere vis Prisco: non miror, Paula: sapisti; XI
106, 4 transis hos quoque quattuor? sapisti.
7-11: Marziale descrive il suo libro con tutte le caratteristiche di un
pregiato volumen papiraceo: sar ben unto di olio di cedro per preservarlo
dalle tarme (7), levigato su entrambe le frontes (8), avr lumbilicus colorato
(9), una fodera di pergamena colorata di porpora (10) e inne lindex, con
il titolo dellopera, anchesso scritto con inchiostro rosso (11). Dettagliate
descrizioni di edizioni di lusso si trovano in Catull. 22, 6-8 chartae regiae,
novi libri, / novi umbilici, lora rubra, membranae, / derecta plumbo et
pumice omnia aequata (sullesegesi del carme vd. Gamberale 1982); Ov.
trist. I 1, 5-12 (in negativo, coerentemente con la condizione di esiliato
Epigramma 2
123
124
intr. allepigr. 58 e le nn. ai vv. 10; 22; 26; in generale sulla presenza di
Orazio in Marziale vd. Salemme 1998 con bibliograa.
8. frontis gemino honore: enallage: cfr. Ov. trist. I 1, 11 geminae
frontes; Lygd. 1, 13 geminas frontes. Gli orli superiore e inferiore del
rotolo di papiro (frontes) erano lisciati con la pietra pomice: Isid. orig. VI
12, 3 (= Suet. fr. 104 Reiff.) circumcidi libros Siciliae primum increbuit.
nam initio pumicabantur. unde et Catullus ait: cui dono lepidum
novum libellum / arida modo pumice expolitum? (1, 1 sg.). Numerose
le attestazioni letterarie di tale uso a partire da Catullo: cfr. Catull. 1, 2 cit.
supra; 22, 8 pumice omnia aequata; Hor. epist. I 20, 2 pumice mundus (sc.
liber); Ov. trist. III 1, 14 cit. nella n. al v. 7; una variazione, nellambito della
personicazione del liber, presenta Ovidio, che assimila metaforicamente
lazione di levigare le frontes al taglio dei capelli: cfr. Ov. trist. I 1, 11 sg.
nec fragili geminae poliantur pumice frontes / hirsutus sparsis ut videare
comis; cos anche Lygd. 1, 10 (= [Tib.] III 1, 10) pumex cui canas tondeat
ante comas (la metafora viva in italiano: di un libro non rilato si dice
con barbe). In Marziale sono presenti vari riferimenti: I 66, 10 pumicata
fronte; 117, 16 rasum pumice; IV 10, 1 dum novus est nec adhuc rasa
mihi fronte libellus; VIII 72, 1 sg. nondum murice cultus asperoque /
morsu pumicis aridi politus. Secondo Friedlaender (ad loc.) in questo
verso Marziale farebbe riferimento alle estremit dellumbilicus (cornua) e
non alla levigatura delle frontes: vedi per la n. al v. successivo.
9: lumbilicus (gr.
) la bacchetta attorno a cui veniva arrotolato il papiro, le cui estremit (cornua) erano di osso o di avorio e potevano
essere colorate. Si tratta di una caratteristica non comune, propria di rotoli
di lusso, dato che non sembrano esisterne rappresentazioni gurative, e
che, nei papiri conservatici, i resti di umbilici sono rari (Birt 1907, p. 230
sgg.; E.G. Turner, Greek Papyri. An Introduction, Oxford 1968, p. 173 sg.
n. 34 del cap. 1). La prima menzione poetica del termine si trova in Catull.
22, 7 novi umbilici; in Marziale lumbilicus elemento ricorrente nelle
descrizioni di rotoli pregiati: I 66, 11 nec umbilicis cultus atque membrana;
V 6, 15 nigris umbilicis; VIII 61, 4 umbilicis decorus; cfr. anche
Stat. silv. IV 9, 8 et binis decoratus umbilicis. Secondo uningegnosa
ipotesi di Birt 1907, p. 234 il plurale nei passi di Marziale e di Stazio farebbe
riferimento a rotoli particolarmente rafnati forniti di due umbilici, forse
cavi e inlati luno dentro laltro, dei quali uno restava nella parte da svolgere
del volumen, mentre laltro serviva a riavvolgerlo nel corso della lettura
Epigramma 2
125
126
sg.). Per lo pi era colorata di porpora: cfr. Ov. trist. I 1, 5 nec te purpureo
velent vaccinia fuco; Stat. silv. IV 9, 7 noster purpureus (sc. libellus); Lucian.
merc. cond. 41; poteva per anche essere giallastra: cfr. Lygd. 1, 9 (= [Tib.]
III 1, 9) lutea sed niveum involvat membrana libellum (con il commento
di Navarro Antoln); Isid. orig. VI 11, 4 membrana aut candida aut lutea
aut purpurea sunt (sul colore designato dallaggettivo luteus vd. Andr 1949,
p. 151 sgg.). In Marziale caratteristica ricorrente dei libri di lusso: I 66, 11
nec umbilicis cultus atque membrana; I 117, 16 rasum pumice purpuraque
cultum; V 6, 14 quae cedro decorata purpuraque (sc. pagina); 6, 19 purpureum
libellum; VIII 72, 1 nondum murice cultus (sc. libellus); X 93, 4 carmina
purpurea sed modo culta toga; XI 1, 2 cultus (sc. liber) Sidone non cotidiana.
velet: luso del verbo rimanda a Ov. trist. I 1, 5 cit. nella n. ai vv. 7-11.
11: lindex (o titulus; gr.
) era il cartellino con il nome dellautore
e il titolo dellopera, che si poneva sullorlo superiore del rotolo: cfr. Ov. trist.
I 1, 109 sg. cetera turba (sc. librorum) palam titulos ostendet apertos / et
sua detecta nomina fronte geret; Pont. I 1, 15 miserabilis index; IV 13, 7
sg. ipse quoque, ut titulum chartae de fronte revellas, / quod sit opus video
dicere posse tuum; Lygd. 1, 11 sg. (= [Tib. III 1, 11 sg.]) summaque praetexat
tenuis fastigia charta / indicet ut nomen littera picta tuum; le lettere erano
scritte in rosso: cfr. Ov. trist. I 1, 7 nec titulus minio notetur. Giunto
ormai allapice della sua fama Marziale potr consentire al suo libro di fare a
meno del titulus, sicuro della propria celebrit: XII 2 (3), 17 sg. quid titulum
poscis? versus duo tresve legantur, / clamabunt omnes te, liber, esse meum. In
I 61, 1 SB, seguendo Baehrens (II, p. 60), stampa Verona docti sillybos amat
vatis (SB2: Verona loves the name tags of an accomplished poet), ma il
trdito syllabas (versi per sineddoche) non ha motivo di essere emendato (vd.
Citroni, ad loc.). cocco: il coccum era una bacca (Plin. nat. IX 141 coccum
Galatiae rubens granum) da cui si estraeva un colore rosso purpureo; il
termine indica metonimicamente il colore stesso (CGL V 494, 69 coccum vel
coccinum color rubens; vd. Fenger 1906, p. 28). superbus: lattributo opera
una personicazione dellindex e ne indica al tempo stesso la collocazione in
cima al rotolo (per limitazione oraziana vd. la n. al v. 7 licet ambules).
12: con il sostegno di un protettore autorevole (su vindex vd. la n. al v.
2) come Faustino il libro non corre alcun pericolo. La sua autorit tale
che non sar attaccato neanche dai grammatici pi severi, rappresentati
da Probo. Non mi sembra si possa dedurre da questo verso, come faceva
L. Valmaggi (Illo vindice nec Probum timeto, BFC 21, 1914-15, pp. 88-
Epigramma 2
127
128
11; 90, 4; XI 34, 1; XII 18, 14; 83, 4. Probum: Marco Valerio Probo di
Berytus (lodierna Beirut), linsigne grammatico del I sec. d.C. (Girolamo
pone il suo oruit nel 56: chron. a. Abr. 2072). Senzaltro doveva essere
ancora in vita al momento della pubblicazione del III libro (88, secondo
lipotesi avanzata nellIntroduzione, 2), n vi sono persuasive ragioni per
dubitarne, come fa, ad es., J. Vahlen, Opuscula academica, Lipsiae 1907 (=
Hildesheim 1967), I, p. 51, che ipotizza un uso antonomastico del nome da
parte di Marziale, suggerendo il parallelo con Hor. ars 450 et Aristarchus.
Marziale lo nomina qui come illustre grammatico e come tale, insieme a
Emilio Scauro, menzionato ancora da Ausonio (1, 20 p. 2 P. = praef. 1,
20 G.; 205, 12 p. 63 P. = prof. 15, 12 G.; 210, 7 p. 66 P. = prof. 20, 7 G.).
Gellio lo nomina pi volte nelle Noctes Atticae, denendolo grammaticus
inlustris (I 15, 18) e grammaticus inter suos aequales praestanti scientia
(IV 7, 1). Il dibattito tra gli studiosi sulla sua attivit lologica prende
le mosse dallinterpretazione del celebre passo di Suet. gramm. 24 (vd.
Kaster, ad loc.) e dellAnecdoton Parisinum (GLK VII 533 sgg.; GRF,
pp. 54-56 Funaioli): alla sopravvalutazione dellopera e dellinuenza del
grammatico operata da Fr. Leo (Plautinische Forschungen, Berlin 19122, p.
40 sg.) e dai suoi allievi succeduto ora un ridimensionamento della gura
di Probo: vd. N. Scivoletto, La lologia di Valerio Probo di Berito, GIF
12, 1959, pp. 97-124 (edizione accresciuta in Studi di letteratura latina
imperiale, Napoli 1963, pp. 155-221); H.D. Jocelyn, The Annotations of
M. Valerius Probus, CQ 78, 1984, pp. 464-472; 79, 1985, pp. 149-161;
466-474; M.L. Delvigo, Testo virgiliano e tradizione indiretta, Pisa 1987;
L. Lehnus, s.v. Probo, in EV IV, pp. 284-286; S. Timpanaro, Per la storia
della lologia virgiliana antica, Roma 20022, pp. 15 sgg.; 77-127; passim;
Id., Virgilianisti antichi e tradizione indiretta, Firenze 2001, p. 37 sgg.
Epigramma 3
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3
[Formosam faciem nigro medicamine celas,
sed non formoso corpore laedis aquas.
Ipsam crede deam verbis tibi dicere nostris:
Aut aperi faciem aut tunicata lava.]
hab. T, om. LPQf, add. Q in mg. secl. Schneidewin, quem secuti sunt edd., praeter
Izaac tit. ad eam quae faciem formosam (formonsam E) habet : ad eam quae faciem
formonsam habuit T ad eam quae faciem monsam habuit T consilium deformi Q 1
formosam QAXV: formonsam TE c(a)elas TEAX: velas QV 2 formoso QAVF:
formonso TE formose X 4 aperi TQp.c.: operi Q
tunicata Q : tunica T <tu>
tunicata Schneidewin lava TQEAV: leva X
130
Epigramma 4
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4
Romam vade, liber: si, veneris unde, requiret,
Aemiliae dices de regione viae.
Si, quibus in terris, qua simus in urbe, rogabit,
Corneli referas me licet esse Foro.
Cur absim, quaeret; breviter tu multa fatere:
Non poterat vanae taedia ferre togae.
Quando venit? dicet: tu respondeto: Poeta
exierat: veniet, cum citharoedus erit.
hab. T tit. ad eundem LPQfEAV: item ad librum suum X ad librum suum T ad librum
Q 1 vade T EXV: valde A requiret : requirit T 2 aemiliae : aemeliae T 3 qua
TPQf : quo fs.l. quid L urbe TLPQf : orbe fs.l. rogabit XV: rogavit EA rogarit
T 4 corneli : cornelii T 5 absim TQfs.l. : absit LPf quaeret breviter T : breviter
quaeret XV quae breviter quaeret EA 7 quando venit T : quando veniae EA quando si
veniet X et quando veniet V dicet T V: dicit EAX dicens V tu respondeto T : tu
responde EA responde XV poeta T XV: poetae EAV 8 exierat TLPQf : exiceat f
cithar(o)edus LPQfX: citheredus Q cytharohedus T citharoedis EAV
132
Epigramma 4
133
134
Epigramma 4
135
sono spesso deniti togati: cfr. I 108, 7 unum togatum; II 57, 5 grex
togatus; 74, 1 cinctum togatis Saufeium; 74, 6 greges togatorum; III
46, 1 operam sine ne togatam; V 26, 4 beta togatorum; VI 48, 1 turba
togata; IX 100, 1 togatum; X 74, 3 togatulos; 82, 2 togatus; XI 24, 11
togatulorum. Lattributo vanus sottolinea efcacemente la frustrazione
per numerose fatiche, considerate inutili, che, per di pi, non fruttano ora
neanche una sportula (vd. Salanitro 1991-92, p. 286 sgg.); per il suo uso
in relazione agli ofcia clientelari cfr. anche X 82, 7 sg. parce, precor, fesso
vanosque remitte labores / qui tibi non prosunt et mihi, Galle, nocent.
taedia ferre: il nesso ricorre nella stessa posizione metrica, anche se in
un contesto completamente diverso, in Ov. ars II 531 dedecet ingenuos
taedia ferre sui. Taedium indica il fastidio provocato al poeta dal caos
della capitale anche in XII 57, 27 sg. taedio fessis / dormire quotiens
libuit, imus ad villam. Il verbo sottolinea lo sforzo sostenuto da Marziale
per compiere gli ofcia di cliente anche in XII 29, 8 sgg. at mihi quem
cogis medios abrumpere somnos / et matutinum ferre patique lutum /
quid petitur? (cfr. luso analogo di perferre in VII 39, 1-3 discursus varios
vagumque mane / et fastus et have potentiorum / cum perferre patique
iam negaret).
7 sg.: Marziale annuncia che torner a Roma quando potr svolgere
una professione in grado di garantirgli elevati protti, diversamente dalla
poesia; poeta signicativamente collocato in ne del v. 7, quasi a voler
rappresentare una dimensione passata. Laffermazione venata di amara
ironia e non va certo interpretata alla lettera, quasi Marziale intendesse
realmente dedicarsi allarte citaredica o chiudere i propri giorni a Imola,
come pure ritengono alcuni studiosi (vd., ad es., I. Lana, Marziale poeta
della contraddizione, RFIC 33, 1955, p. 233; E. Paratore, La letteratura
latina dellet imperiale, nuova edizione aggiornata, Firenze-Milano 1969,
p. 156). Il disagio patito dal poeta per la vita in una societ che non gli
tributa adeguati riconoscimenti per la sua arte, come faceva quella augustea,
e per il facile successo ottenuto da categorie sociali inferiori (per cui vedi la
n. intr. allepigr. 16) uno dei motivi pi sentiti nella poesia di Marziale, il
quale spesso lamenta lassenza di un Mecenate, che gli consenta di dedicarsi
completamente, come vorrebbe, alla poesia: I 107, 3 sg. otia da nobis, sed
qualia fecerat olim / Maecenas Flacco Vergilioque suo / condere victuras
temptem per saecula curas / et nomen ammis eripuisse meum; VIII 55
(56), 5 sint Maecenates, non derunt, Flacce, Marones; XI 3, 7 sgg. at quam
136
Epigramma 4
137
essa era divenuta soltanto un pretesto per aumentare il prezzo delle loro
prestazioni sessuali: cfr. XIV 215, 1 sg. (tit. bula) dic mihi simpliciter
comoedis et citharoedis, / bula, quid praestas? carius ut futuant con il
commento di Leary1; Iuv. 6, 61 sgg.; 379 sgg. Sui citaredi in generale vd. RE
XI 1, 530-534; Daremberg-Saglio, s.v. citharoedus, II, pp. 1215-1217. Non
convince la recente interpretazione di J. Gmez Pallars (A new proposal
on Martial 3, 4 Citharoedus, Athenaeum 89, 2001, pp. 216-222), il quale
ritiene che con il termine citharoedus Marziale alluda alla poesia lirica e,
in particolar modo, a Orazio, al cui successo poetico nelle alte sfere del
potere egli ambirebbe: lesplicita contrapposizione nel distico tra poeta,
collocato signicativamente nella chiusa del v. 7, e citharoedus, ribadita in
V 56, 7 sgg. cit. supra, consente senzaltro di escludere questa possibilit.
138
5
Vis commendari sine me cursurus in urbem,
parve liber, multis, an satis unus erit?
Unus erit, mihi crede, satis, cui non eris hospes,
Iulius, adsiduum nomen in ore meo.
Protinus hunc primae quaeres in limine Tectae:
quos tenuit Daphnis, nunc tenet ille lares.
Est illi coniunx, quae te manibusque sinuque
excipiet, tu vel pulverulentus eas.
Hos tu seu pariter sive hanc illumve priorem
videris, hoc dices: Marcus havere iubet,
et satis est; alios commendet epistula: peccat
qui commendandum se putat esse suis.
10
Epigramma 5
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Epigramma 5
141
fratres tot domus alta Remi. Diversamente il libro dei Tristia inviato da
Ovidio dal Ponto, giungendo a Roma si considerava ospite alla ricerca di
accoglienza: dicite lectores, si non grave, qua sit eundum / quasque petam
sedes hospes in urbe liber (trist. III 1, 19 sg.).
4. adsiduum nomen in ore meo: la frequente menzione di una persona
lontana (o defunta) testimonia la persistenza dellaffetto: cfr. Ov. met. VII 708
pectore Procris erat, Procris mihi semper in ore; X 204 semper eris mecum
memorique haerebis in ore; Pont. III 5, 44 nunc quoque Nasonis nomen in
ore tuo est?; Stat. Theb. XII 114 sg. unum Polynicis amati / nomen in ore
sedet; CLE 618, 3 perit corpus, sed nomen in ore est. Il secondo hemiepes
del verso mostra una coincidenza quasi completa con quello di alcuni versi
ovidiani: epist. 19, 40 nil nisi Leandri nomen in ore meost; trist. III 3, 20
ut foret amenti nomen in ore tuum (cfr. anche fast. VI 528 estque frequens,
Ino, nomen in ore tuum, con diverso signicato). possibile che Marziale
abbia voluto richiamare allusivamente lOvidio dellesilio, che, come notato
(vd. lIntroduzione, 1), largamente presente negli epigrammi proemiali
del libro.
5: Marziale fornisce al libro le indicazioni topograche necessarie a
trovare la dimora di Giulio Marziale. Si tratta di una costante negli epigrammi di apostrofe al libro che Marziale invia ad amici e patroni: cfr.
I 70, 3-12; X 20 (19), 4-11, dove lapostrofe rivolta a Talia, incaricata
di portare il libro a Plinio; XI 1, 9-12; XII 2 (3), 7-10. Anche questa
caratteristica deriva dallOvidio dellesilio: cfr. Pont. IV 5, 9 sg. protinus
inde domus vobis Pompeia petatur: / non est Augusto iunctior ulla
foro; vd. Citroni 1986, p. 138. primae Tectae: felice congettura
di Gronovius, necessaria per il senso e accolta da tutti gli editori, che
modica solo lievemente il testo trdito. La via Tecta nominata da
Seneca in apocol. 13, 1 per campum Martium et inter Tiberim et viam
Tectam descendit ad inferos e da Marziale anche in VIII 75, 2 a Tecta
Flaminiaque recens. Doveva trattarsi di una via porticata, che si trovava
nel Campo Marzio e connetteva la via Flaminia al Tarentum, luogo sacro
alle divinit infernali Dite e Proserpina (vd. Platner-Ashby, p. 568; LTUR
V, s.v. Via Tecta, p. 145 sg.). Potrebbe trattarsi della via fornicata quae
ad campum erat menzionata da Liv. XXII 36, 8 (vd. F. Coarelli, s.v. Via
Fornicata, LTUR V, p. 137 sg.). La via pertanto riconoscibile nellasse
Via dei Coronari Via delle Coppelle Via della Colonna Antonina, e la
casa di Giulio Marziale sarebbe da collocare nei pressi di piazza Colonna
142
(vd. E. Rodriguez Almeida, s.v. Domus: Iulius Martialis, LTUR II, p. 122).
Una via Tecta, situata fuori dalla porta Capena, nominata da Ov. fast. VI
191 sg. lux eadem Marti festa est, quem prospicit extra / adpositum Tectae
porta Capena viae. in limine: lespressione ben si adatta ad indicare il
principio di una via porticata.
6. Daphnis: il personaggio non altrimenti noto (vd. PIR D 8). Non
vi sono pertanto elementi per affermare, con Friedlaender, che fosse un
conoscente del poeta. Doveva comunque trattarsi di una persona nota, la
cui menzione nellepigramma non risultasse oscura per i lettori di Marziale.
lares: luso metonimico di lar per indicare la casa attestato n dal
periodo ciceroniano e frequente in poesia (vd. ThlL VII 2, 966, 42 sgg.).
Marziale utilizza sia il singolare (4 volte) che il plurale (7 volte).
7 sg.: si tratta di unaccoglienza calorosa, quale si riserva ad un familiare.
manibusque sinuque / excipiet: per excipere sinu cfr. Ov. epist. 13, 146
excipietque suo corpora lassa sinu; Val. Max. VII 1, 1 earum subolem sinu
suo exciperet; Sen. Med. 284 paterno ut genitor excipiam sinu (vd. anche
Ov. epist. 18, 101 excipis amplexu feliciaque oscula iungis). In Marziale
excipere ricorre ancora in riferimento allaccoglienza da riservare ai libelli
personicati in IX 58, 5 excipe sollicitos placide, mea dona, libellos; cfr.
anche Ov. Pont. I 1, 3 sg. si vacat, hospitio peregrinos, Brute, libellos / excipe.
tu vel pulverulentus eas: il libro pu anche presentarsi pulverulentus per
il viaggio (cfr. Quint. inst. V 10, 81 iter pulverulentum facit): lamicizia
non richiede formalit (si confronti, allopposto, lelaborata descrizione
delle caratteristiche esteriori del libro nellepigr. 2, vv. 7-11). Il fatto che
il viaggio verso Roma renda il libro impolverato fornisce una conferma
che esso viene inviato da Marziale nei mesi caldi (sulla cronologia del libro
vd. lIntroduzione, 2), quando le strade erano pi polverose: cfr. XII 5
(2), 1 sg. quae modo litoreos ibatis carmina Pyrgos, / ite Sacra- iam non
pulverulenta- via (in dicembre; linterpunzione del v. 2 risale a W. Gilbert,
RhM 40, 1885, p. 220 sg.); Verg. georg. I 66 pulverulenta aestas; Cic.
Att. V 14, 1 iter conciebamus aestuosa et pulverulenta via (in luglio).
9. hanc illumve: lordo trdito dalla seconda famiglia e accolto da tutti
gli editori moderni appare senzaltro migliore. Il solo SB preferisce hunc
illamve di , senza peraltro fornire elementi a sostegno della sua scelta.
Hunc illamve era stata accolta da Schneidewin1, che prefer per hanc
illumve nelleditio minor.
10. dices: futuro iussivo. un tratto della lingua delluso, che esprime la
Epigramma 5
143
sicurezza da parte del parlante delladempimento dellazione (vd. HofmannSzantyr, p. 311); per luso nello stesso contesto di apostrofe al libro cfr. Ov.
trist. I 1, 19 vivere me dices (= trist. III 7, 7); Auson. 413, 31 p. 272 P.
(epist. 19 b, 31 G.) nescire dices. Marcus: G. Schneider (De M. Valerii
Martialis sermone observationes, Diss. Vratislaviae 1909, p. 50) ha notato
che Marziale utilizza il cognomen nei coliambi e nei faleci e il praenomen
nei distici, dove Martialis non pu entrare. La scelta risponde per piuttosto
ad esigenze stilistiche: il praenomen preferito in dialoghi con amici, come
in questo caso, o comunque dove lepigramma ha un tono colloquiale (I
5; 55; V 29; 63; VI 47; VIII 76), mentre il cognomen riveste la funzione di
nome ufciale del poeta (cfr. I 1, 1 sg. hic est quem legis ille, quem requiris
/ toto notus in orbe Martialis; 117; VI 82; VII 72; X 9; 92). havere iubet:
anche in altri epigrammi il libro riceve lincarico da Marziale di portare i suoi
saluti ad amici o patroni: cfr. I 70, 1 vade salutatum pro me, liber; I 108,
10 mane tibi pro me dicet havere liber; X 104, 8-15; vd. anche Ov. trist.
III 7, 1 sg. vade salutatum, subito perarata, Perillam / littera. La formula
del saluto attraverso lapostrofe al libello viene quindi ripresa da Ausonio:
406, 1 sgg. p. 239 P. (epist. 9 b, 1 sgg. G.) perge, o libelle, Sirmium / et dic
ero meo ac tuo / have atque salve plurimum; 413, 23 sg. p. 271 P. (epist.
19 b, 23 sg. G.) dic (sc. iambe): te valere, dic: salvere te iubet / amicus.
Luso dellinnito havere, ricavato da have, testimoniato dai grammatici (cfr.
Charis., p. 333, 11 Barwick [= GLK I 254, 22]), ricorre in Quint. inst. I 6, 21
multum enim litteratus, qui sine aspiratione et producta secunda syllaba
salutarit (av re est enim); paneg. III 29, 3 cum is avere me iubeat, qui iam
fecit ut averem; in poesia soltanto in Marziale: I 108, 10 mane tibi pro me
dicet havere liber; IX 6 (7), 4 iam satis est. non vis, Afer, havere? vale; XI
106, 1 Vibi Maxime, si vacas havere. J. Willis (Stutgardiae et Lipsiae 1997)
legge ora in Iuv. 10, 90 havere, accogliendo una congettura di Lachmann:
visne salutari sicut Seianus, havere / tantundem (haberi PFKU habere
cett., edd.), ma il trdito habere offre un senso soddisfacente. Luso di iubeo
con linnito havere (o salvere o valere) nelle formule di saluto un tratto
di lingua delluso: ricorre in Lucil. 230 M. salvere iubere salutem est mittere
amico (Non. p. 508, 5 L.), in commedia (Plaut. Asin. 296; 410; 593; Cas.
548 vale atque istanc iube, con ellissi dellinnito; Mostell. 598; Rud. 262;
Ter. Ad. 460 sg.; Andr. 533 iubeo Chremetem, con ellissi dellinnito),
nellepistolario di Cicerone (Att. IV 14, 2; 15, 10; V 2, 2; VI 2, 10; VII 7, 7; X
1, 1; XII 17), in Ausonio (413, 23 sg. p. 271 P. = epist. 19 b, 23 sg. G.).
144
11 sg. et satis est: per la collocazione in principio di verso cfr. Ov. am. II
14, 43 sg. di faciles, peccasse semel concedite tuto; / et satis est; poenam culpa
secunda ferat. Hoc satis est, diffusa nella tradizione umanistica, congettura
basata probabilmente sullanalogia con VII 99, 6 sgg. temporibus praestat
non nihil iste tuis, / nec Marso nimium minor est doctoque Catullo. /
hoc satis est: ipsi cetera mando deo. Qui tuttavia linelegante ripetizione del
dimostrativo la rende senzaltro poco probabile (10 hoc dices; 11 hoc satis
est). Ingiusticata anche la congettura id di Heinsius. alios commendet
epistula: la pratica della raccomandazione era molto diffusa nella societ
romana, nellambito dellintreccio e del mantenimento di relazioni sociali fra
cittadini. Lepistolario di Cicerone (soprattutto il libro XIII delle Familiares)
offre un vasto campionario di lettere commendatizie. In questo caso non
ci sar bisogno di unepistola di raccomandazione, dal momento che il
destinatario del libro Giulio, amico intimo di Marziale (2 cui non eris
hospes), che dunque non ha bisogno di nullaltro che di sapere che lamico
a inviarglielo (9-11). Marziale approtta della nzione di privatezza dellinvio
del libro a Giulio per giusticare lassenza di unepistola prefatoria, scelta
che invece derivava da una precisa strategia comunicativa e che rispondeva
al tentativo di non risultare troppo pesante per il lettore. Anche altrove
Marziale parla di raccomandazioni sempre a proposito dei propri libelli,
rappresentandoli come persone che vuole inserire nella societ, garantendo
loro gli adeguati contatti: cfr. XII 11, 6 sgg. tradat ut ipse duci carmina
nostra roga, / quattuor et tantum timidumque brevemque libellum /
commendet verbis hunc tua Roma legit; VII 68, 1 sg. commendare meas
Instanti Rufe, Camenas / parce, precor, socero: seria forsan amat. In altri
casi il verbo commendare ha la valenza meno stretta di afdare: I 52, 1;
IV 82, 1; V 34, 2. Epistula ricorre come termine tecnico per designare la
prefazione in prosa anche in Plinio il Vecchio (nat. epist. 1; 2; 33) e Stazio
(silv. II praef. 4; IV praef. 10; 18); in Marziale anche in I epist. 13; 17; II epist.
1; 5; 8; 13. peccat / qui commendandum : sul frequente uso da parte
di Marziale di sententiae di carattere generale in conclusione di epigramma
vd. Barwick 1959; cfr., ad es., I 9, 2; 33, 4; II 12, 3; 18, 8; V 58, 8; VI 34, 8; in
questo libro cfr. anche 9, 2; 12, 4 sg. suis: luso del possessivo fa parte del
tono affettuoso con cui ci si rivolge agli amici; si tratta di una caratteristica
gi della lingua neoterica: vd. Lunelli 1969, p. 164 n. 1; Hofmann, LU, p.
294 sgg.; Hofmann-Szantyr, p. 178 sg.; White 1978, p. 80 sg.
Epigramma 6
145
6
Lux tibi post Idus numeratur tertia Maias,
Marcelline, tuis bis celebranda sacris.
Imputat aetherios ortus haec prima parenti,
libat orentes haec tibi prima genas.
Magna licet dederit iucundae munera vitae,
plus numquam patri praestitit ille dies.
tit. ad marcellinum XV: ad macellinum EA
celebranda LPQfVs.l.: celebrande fs.l.EAXV
genas Vs.l.: negas EAXV 6 ille : ulla
5
2
4
146
Epigramma 6
147
148
Epigramma 6
149
contrapposizione con il mondo degli inferi (vd. OLD s.v. 4) e scelto per la
sua cifra stilistica: cfr. Verg. Aen. I 546 sg. quem si fata virum servant, si
vescitur aura / aetheria neque adhuc crudelibus occubat umbris; VI 761 sg.
primus ad auras / aetherias Italo commixtus sanguine surget. ortus: indica
generalmente il sorgere del sole o di un astro (vd. ThlL IX 2, 1063, 59 sgg.);
pertanto il suo uso per un uomo sviluppa spesso limplicita assimilazione a
un astro (un elemento del culto imperiale promosso da Domiziano, su cui
vd. Sauter 1934, pp. 138-145): cfr. Ov. fast. III 727 ante tuos ortus (sc. Liber)
arae sine honore fuerunt; Manil. II 507 sgg. contra Capricornus in ipsum
/ convertit visus (quid enim mirabitur ille / maius, in Augusti felix cum
fulserit ortum?) (sul catasterismo di Augusto cfr. Manil. I 9 concessumque
patri mundum deus ipse mereris); Stat. silv. II 7, 94 post ortus obitusque
fulminatos (sc. Alexandri Magni); Sil. I 110 sgg. horreat ortus / iam pubes
Tyrrena tuos (sc. Hannibal), partusque recusent / te surgente, puer, Latiae
producere matres (qui anche luso di surgere contribuisce allassimilazione
ad astro del fanciullo); vd. OLD s.v. nr. 4; in Marziale cfr. VII 22, 1 sg. vatis
Apollinei magno memorabilis ortu / lux redit, dove si tratta del genetliaco
di Lucano, celebrato con enfasi in un ciclo di epigrammi (VII 21; 22; 23). Il
nesso aetherii ortus (plurale poetico) adula dunque elegantemente Faustino,
descrivendone la nascita come il sorgere di un astro. Poco plausibile e non
adeguata al contesto lipotesi di Frhner 1912, p. 169 sg. che lespressione
aetherii ortus alluda alla credenza popolare, secondo cui sorgeva una stella
in concomitanza con la nascita di ogni uomo (cfr. Plin. nat. II 28, che la cita
soltanto per prenderne le distanze): i vv. 3-4 esplicitano le due ricorrenze
da celebrare; qui perci Marziale indica senzaltro la nascita del padre di
Marcellino e non altri eventi ad essa connessi. parenti: anche in VI 25
Marziale fa riferimento al padre di Marcellino nellepigramma rivolto a lui,
ancora senza nominarlo (1 Marcelline, boni suboles sincera parentis). Questo
conferma che si deve trattare di un patrono inuente e molto presente nei
suoi epigrammi, come Faustino.
4. libat: libare indica in origine latto di versare liquidi offerti in cerimonie
sacre (Isid. diff. I 349 libare quando pateras mero plenas aris fundebant,
nam libare proprie fundere est); quindi lofferta rituale in genere. Qui nel
verbo sono presenti le nozioni di tagliare e dedicare; nella medesima
accezione ricorre in IX 76, 4 sgg. gaudebatque suas pingere barba genas, / et
libata semel summos modo purpura cultros / sparserat; per luso in analoghi
contesti dedicatori cfr. Ov. fast. III 561 sg. mixta bibunt molles lacrimis
150
Epigramma 7
151
7
Centum miselli iam valete quadrantes,
anteambulonis congiarium lassi,
quos dividebat balneator elixus.
Quid cogitatis, o fames amicorum?
Regis superbi sportulae recesserunt.
Nihil stropharum est: iam salarium dandum est.
tit. ad quadrantes
1 valete LPQf : valere L 2 anteambulonis LPQf: antambulonis
anteambulariis fs.l. congiarium QfAVF: cogiarium E conglarium LQf congelarium
P congiriarium X 3 quos dividebat Lfs.l.Vin mg.: quas dividebat PQf quod si videbat
EAXV elixus LPQf : edixus P 5 regis superbi sportulae recesserunt distinxi: regis
superbi sportulae recesserunt edd. regis V: regi EAX superbi PQf : superni L 6 nihil
stropharum est: iam salarium dandum est distinxi: hunc versum famelico alicui amico
tribuit Friedlaender, quem secuti sunt edd. nihil PQf : nil L
152
Epigramma 7
153
154
Epigramma 7
155
156
a salve): cfr. Catull. 101, 10 frater, ave atque vale!; Verg. Aen. XI 97 sg.
salve aeternum mihi, maxime Palla, / aeternumque vale; Marziale gioca
con la formula in V 66 saepe salutatus numquam prior ipse salutas: /
sic eris? aeternum, Pontiliane, vale; IX 6 (7), 4 non vis, Afer, havere?
vale (vd. Henriksn, ad loc.). Ricorre assai spesso nelle epigra: cfr., ad
es., CIL II 3506; 3512; 3519; numerosi esempi nelle Concordanze dei
Carmina Latina Epigraphica, a c. di P. Colafrancesco e M. Massaro con
la collaborazione di M.L. Ricci, Bari 1986.
2. anteambulonis: precedere per la strada il patrono in lettiga costituiva
per il cliente un obbligo faticoso e umiliante, perch condiviso con uomini
di condizione servile; in Marziale cfr. II 18, 5; 74; IX 22, 10; 100, 3; X 74,
3; lassenza del battistrada considerata fra i pregi di un carretto ricevuto
in dono in XII 24, 7. Tale abitudine ha attirato lironia di Luciano, che nel
Nigrino la descrive come una delle tante assurdit di Roma:
(sc.
Epigramma 7
157
158
sostenuta da Paley-Stone, p. 77, non convincente: in III 36, 5 sg. cit. nella
n. al v. 2 e X 70, 13 cit. supra attestata chiaramente la distribuzione della
sportula nelle terme alla sera, pur non essendo menzionato esplicitamente
il balneator. Dividere non sembra adattarsi allinterpretazione di SB2,
mentre abbastanza comune nel senso di distribuere (vd. ThlL V 1, 1597,
49-1599, 63): cfr. III 82, 27 sg. non erubescit nobis / dividere moechae
pauperis capillare (unica altra occorrenza del verbo in Marziale). A volte
invece la donazione coincideva con la salutatio matutina: cfr. XIV 125 si
matutinos facile est tibi perdere somnos, / attrita veniet sportula saepe
toga; Iuv. 1, 95 sg. sportula primo / limine parva sedet turbae rapienda
togatae; 127 sg. ipse dies pulchro distinguitur ordine rerum: / sportula,
deinde forum iurisque peritus Apollo. In alcuni casi la salutatio matutina
viene denita, con una certa esagerazione, come notturna: cfr. X 58,
11 sg. sed non solus amat qui nocte dieque frequentat / limina; 70, 5
non resalutantis video nocturnus amicos; 82, 2 mane vel a media nocte
togatus ero; XII 29 (26), 7 at mihi, quem cogis medios abrumpere somnos;
Iuv. 3, 127 sg. pauperis hic meritum, si curet nocte togatus / currere; 5,
19 sgg. habet Trebius propter quod rumpere somnum / debeat; Luc. Nigr.
22
; in Marziale probabilmente da
intendere in tal senso I 80, 1 sportula, Cane, tibi suprema nocte petita est
(vd. Salanitro 1991, p. 10 sg.). balneator: come balneum (per cui vd. la n.
a 20, 16) termine di uso colloquiale; escluso dalla poesia elevata, ricorre in
Plauto e Marziale (anche in III 93, 14). elixus: il bagnino cotto perch
sottoposto durante tutta la giornata ai vapori del balneum; la denizione
collima con la distribuzione della sportula alla sera. Lattributo designa
propriamente cibi bolliti in acqua a scopo culinario o medicinale: cfr. Non.
p. 69, 17 sgg. L. elixum quidquid ex aqua mollitur vel decoquitur; nam
lixam aquam veteres esse dixerunt; vd. ThlL V 2, 394, 10 sg. Questa
lunica attestazione relativa a una persona (vd. ThlL V 2, 394, 68 sgg.), ma
in riferimento a parti del corpo trattate per favorire la depilazione ricorre
in Pers. 4, 40 elixas nates, da cui dipende Auson. epigr. 93, 3 p. 346 P.
(100, 3 G.) elixo podice.
4. fames amicorum: metonimia per famelici amici (amicorum genitivo
epesegetico). Per luso metonimico di fames cfr. Catull. 47, 1 sgg. Porci et
Socration, duae sinistrae / Pisonis, scabies famesque mundi; Lucan. I 318
sg. quid iam rura querar totum subpressa per orbem / ac iussam servire
famem. Per un uso analogo della qualit per la persona che la possiede in
Epigramma 7
159
Marziale cfr. I 42, 2 dolor; XIV 117, 2 ingeniosa sitis (vd. Fenger 1906, p.
19 sg.; H. Lausberg, Handbuch der literarischen Rhetorik, Mnchen 1960,
p. 294). Fames usato metonimicamente da Marziale anche per indicare la
miseria di una sportula in I 59, 2 inter delicias (sc. Baianas) quid facit ista
fames?; una villa che non produce nulla in III 58, 45 at tu sub urbe possides
famem mundam (vd. la n. ad loc.).
5. regis superbi: luso di rex per indicare il patrono comune n da
Plauto (Cap. 92; Men. 902; St. 455; As. 919) e Terenzio (Ph. 70; 338). Si
tratta di un termine tecnico che offre unidea di potenza e di magnicenza.
In greco non c un uso corrispondente di
(vd. Fraenkel 1960,
p. 182 sgg.). In Marziale e Giovenale il termine usato abitualmente con
questo signicato: cfr. II 18, 5 (cit. nella n. al v. 2). 8 (bis); IV 40, 9; V 19,
13; 22, 14; X 96, 13; Iuv. 1, 136; 5, 14. 130. 137. 161; 7, 45; spesso si trova
insieme a dominus nella formula di saluto del cliens: cfr. I 112, 1; II 68, 2.
5. 7; IV 83, 5; X 10, 5; XII 60, 14; Iuv. 8, 161. In aderenza allo stesso campo
metaforico anche i possedimenti dei patroni sono deniti regna: cfr. IV 40, 3
praetulimus tantis solum te, Postume, regnis; XII 48, 15 sg. convivas alios,
cenarum, quaere, magister, / quos capiant mensae regna superba tuae; 57,
19 Petilianis delicatus in regnis; in IX 73, 3 Praenestina tenes decepti regna
patroni, la lezione decepti regna di , senzaltro preferibile a defuncti rura
di T (accolta da Gilbert, Lindsay, Ker), che ha tutta laria di essere una
banalizzazione; poco felice anche la contaminazione delle due tradizioni
(decepti rura) operata da Schneidewin e Friedlaender. Per una convincente
difesa del testo di vd. Parroni 1979, p. 837 sgg. (anche Henriksn, ad loc.).
Superbus designa lalterigia del patrono, altrove qualicata dallattributo
tumidus, di senso equivalente: cfr. II 18, 5 tumidi regis; V 19, 13 tumidi
reges; vd. anche epigr. 2, 3 feri regis (Nerone); XII 15, 4 sg. superbi
/ regis (Domiziano; negli ultimi due casi la denigrazione del tiranno ,
naturalmente, post mortem). Poco plausibile lipotesi, sostenuta da alcuni
commentatori sulla base di epigr. 2, 3 cit. supra, che la iunctura si riferisca
a Nerone, che aveva introdotto luso della sportula (cfr. Suet. Nero 16, 2;
vd. Collesso; Guttmann 1866, p. 39; Stephenson, p. 238). recesserunt: qui
recedere utilizzato eufemisticamente per mori ed esprime il rimpianto per
la scomparsa delle sportulae: cfr. IV 73, 7 a luce recessit; Verg. Aen. IV
704 sg. omnis / dilapsus calor atque in ventos vita recessit (Serv., ad loc.:
evanuit); Lucan. VII 688 spes numquam implenda recessit; vd. OLD s.v.,
nr. 2 c.
160
Epigramma 7
161
162
8
Thaida Quintus amat. Quam Thaida? Thaida luscam.
Unum oculum Thais non habet, ille duos.
hab. R tit. de quinto R
1 quam thaida thaida luscam RLfV: quam thaidam thaida
luscam EAX quam thaida luscam LPf verum quam thaida luscam Q 2 oculum R :
oculus R
Epigramma 8
163
164
cum Thaida sustinet; 6 O 25 sg. exuit illic / personam docili Thais saltata
Triphallo. Il nome ben attestato nellindex di CIL VI. Offrono conferma
della sua diffusione a Roma per meretrici e schiave linterrogativa (Quam
Thaida?) e lutilizzo del nome da parte di Marziale in numerosi epigrammi:
cfr. III 11; IV 12; 50; V 43; VI 93; XI 101. Sulla diffusione a Roma di nomi
greci per prostitute vd. Grifn 1976, p. 96 sg.; Nisbet-Hubbard1, ad Hor.
carm. I 19, 5. In questo libro cfr. anche Chione (30; 34; 83; 87; 97); Lycoris
(39); Chloe (53); Saufeia (72). Quintus praenomen tra i pi comuni, qui
scelto da Marziale poich consente il gioco numerico di III 11, 6. Thaida
luscam: il difetto sico andava naturalmente a scapito della bellezza: cfr.
XII 22, 1-3 quam sit lusca Philaenis indecenter / vis dicam breviter tibi,
Fabulle? / esset caeca decentior Philaenis. In Marziale i lusci sono spesso
oggetto di satira: vd. la n. intr. allepigr. 39; Watson 1982.
2. Unum oculum Thais : la collocazione alle estremit del verso dei
numerali, su cui costruita la pointe, ne accresce leffetto comico. Marziale
mostra anche altrove un certo gusto per i giochi numerici: cfr. III 11, 6
si non vult Quintus, Thaida Sextus amet; 92, 1 sg. ut patiar moechum
rogat uxor, Galle, sed unum. / huic ego non oculos eruo, Galle, duos; vd.
anche V 38, 7; VIII 43; per la diffusione nella tradizione epigrammatica
vd. B. Sprenger, Zahlenmotive in der Epigrammatik und in verwandter
Literaturgattungen alter und neuer Zeit, Diss. Mnster 1962, pp. 10-22.
Piuttosto capziosa e poco convincente la proposta di Frhner 1912, p.
170 e di Th. Birt (Martiallesungen, RhM 79, 1930, p. 303) di modicare
linterpunzione del verso, ponendo la virgola dopo Thais, sostenuta con la
motivazione che altrimenti si sarebbe dovuto intendere Taide non ha un
occhio, Quinto ne ha due (vd. linterpretazione dellepigramma di PaleyStone citata nella n. intr.): cfr. III 27, 4 et mihi cor non est et tibi, Galle,
pudor (sc. non est Parimenti da respingere la proposta di Ed.B. Stevens
(CW 37, 1943-1944, p. 171) di eliminare la virgola dal verso per ottenere
la costruzione
Epigramma 9
165
9
Versiculos in me narratur scribere Cinna.
Non scribit, cuius carmina nemo legit.
hab. R tit. de cinna R EXV: de cinno A
166
Epigramma 9
167
VIII epist. 1 sg. omnes quidem libelli mei, domine, quibus tu famam,
id est vitam, dedisti, tibi supplicant (per lopposto topos della morte
prematura della poesia priva di lettori vd. la n. a 2, 3). Diversamente dal
suo rivale, Marziale sa invece di poter ormai contare su numerosi lettori.
Laffermazione orgogliosa dellampio successo di pubblico della propria
poesia motivo frequente nei suoi epigrammi: cfr. I 1; III 95, 6 sg.; IV 49,
9 sg.; V 13, 3 sg.; 16, 2 sg.; VII 17, 10; 88; VIII 3, 3-8; 61, 3-5; IX 81, 1; 97,
1 sg.; X 2, 5 sgg.; XI 24, 6 sgg.; XII 11, 8.
168
10
Constituit, Philomuse, pater tibi milia bina
menstrua perque omnis praestitit illa dies,
luxuriam premeret cum crastina semper egestas
et vitiis essent danda diurna tuis.
Idem te moriens heredem ex asse reliquit.
Exheredavit te, Philomuse, pater.
tit. ad philomusum
1 constituit PQf : contigit L 2 omnis : omnes
praestitit
LPQf : praestiti L 3 egestas LPQf : egebas Q 4 essent blv2 ed. Rom. 1 ed. Ven.
ed. Rom. 2 ed. Ald.: esset
diurna LQ : diuturna LPQf
Epigramma 10
169
del proprio patrimonio, che ammontava, secondo Macr. Sat. III 14, 14, a
venti milioni di sesterzi; questi, giovane dissoluto, spendeva cifre enormi
per lussi superui, quasi volesse liberarsi come di un peso di tutto quel
denaro (cfr. Cic. Att. XI 15, 3; Hor. sat. II 3, 239 sgg.; Val. Max. IX 1, 2;
Plin. nat. IX 122; X 141; XXXV 163).
I primi quattro versi costituiscono la narratio; il quinto, che introduce
un elemento di novit nella situazione, sembra preparare una conclusione
favorevole a Filomuso, ma lultimo verso, che richiama nella struttura
il primo (constituit, Philomuse, pater tibi / exheredavit te, Philomuse,
pater) contiene l
, che chiude lepigramma con un
paradosso: nel caso di Filomuso nominarlo erede universale (heredem ex
asse relinquere) equivale a diseredarlo (exheredare).
Philomusus probabilmente un nome parlante, scelto con intento
antifrastico (gr.
amico delle Muse). Il nome attestato pi
volte nellindex di CIL VI e ricorre in Marziale anche in VII 76; IX 35; XI
63 per diversi tipi.
1 sg. Constituit tibi: per il signicato tecnico di constituo cfr. Quint.
inst. III 8, 18 deliberant patres conscripti, an stipendium militi constituant;
Suet. Aug. 36 proconsulibus certa pecunia constitueretur. milia
bina / menstrua: quella di 24000 sesterzi annui non era certo una gran
cifra: una prostituta di alto livello poteva chiederne 20000 (X 75, 1) e un
mantello di qualit poteva costare 10000 sesterzi (IV 61, 4 sg.; VIII 10, 1).
Tuttavia si deve tener conto del fatto che, mentre suo padre era ancora
in vita, la somma serviva al giovane soltanto per i suoi vizi. In Iuv. 9,
140 lindigente Nevolo desidera 20000 sesterzi di rendita annua per vivere
unesistenza meno grama.
2. omnis: le forme di accusativo plurale in is, conservate in poesia e
nella prosa darte assai pi a lungo che nel parlato, sono state restaurate
nel testo di Marziale, dove ben attestate, da Lindsay, seguito dai successivi
editori: in questo libro cfr. 82, 19 lambentis; 21 natis; 85, 1 naris. In
generale sullargomento vd. M. Geymonat, Accusativi plurali in -is, -eis ed
-es, EV I, p. 13 sg. con bibliograa; sullortograa di Marziale vd. Lindsay
1904, p. 34 sg. Omnis accusativo plurale ricorre ancora in questo libro in
47, 6 e spesso in Marziale (I 117, 12; II 16, 5; V 23, 8; 61, 5; VI 44, 3; VIII
epist. 10; 44, 6; 79, 1; X 5, 17; XI 98, 13).
3. luxuriam egestas: la collocazione alle estremit del verso dei due
170
Epigramma 11
171
11
Si tua nec Thais nec lusca est, Quinte, puella,
cur in te factum distichon esse putas?
Sed simile est aliquid. Pro Laide Thaida dixi?
Dic mihi, quid simile est Thais et Hermione?
Tu tamen es Quintus; mutemus nomen amantis:
si non vult Quintus, Thaida Sextus amet.
172
che la sua satira rifugge dallattacco personale e che i nomi utilizzati nei
suoi epigrammi sono ttizi: cfr. II 23, 1 sg. non dicam, licet usque me
rogetis, / qui sit Postumus in meo libello; IX 95b, 1 sg. nomen Athenagorae
credis, Callistrate, verum. / si scio, dispeream, qui sit Athenagoras. Tale
principio di poetica espresso chiaramente in X 33, 10 parcere personis,
dicere de vitiis (vd. al riguardo Citroni 1968, p. 264).
In molti epigrammi, spesso allinterno dello stesso libro, ma anche in libri
diversi, Marziale rappresenta la reazione di persone che si sono identicate
nei protagonisti presi di mira nei suoi epigrammi: cfr., in questo libro,
gli epigr. 16, 59, 99, dedicati a un ciabattino arricchito che offre giochi
gladiatorii; inoltre IV 71, 81; II 57, V 26; IX 95, 95b. Tali epigrammi
presuppongono, per essere compresi, la lettura del libro per intero, a ulteriore conferma del ruolo primario svolto da esso nella diffusione degli
epigrammi di Marziale (vd. Scherf 2001, p. 41 sg.).
2. distichon: si riferisce allepigr. 8 (distico elegiaco). Marziale offre la
prima attestazione letteraria del termine (solo qui al singolare): cfr. II 71, 2;
77, 8; VI 65, 4; VII 85, 2; VIII 29, 1; XI 108, 2; XIII 3, 5 (vd. anche VII 85,
1 tetrasticha). Esso si riferisce per lo pi al distico elegiaco, prevalente negli
epigrammi, ma pu anche designare una coppia di versi di altro genere:
cfr. Suet. Iul. 51 (2 settenari trocaici); Schol. Hor. epist. I 1, 67 (2 senari);
Don. vita Verg. 18 (2 esam.); Mart. Cap. I 42 (2 esam.); Sidon. epist. V
8, 2 (2 endecasillabi faleci). Nellopera di Marziale si trovano anche distici
composti da endecasillabi faleci (ad es. I 69; II 13; 15; III 35; VI 24; 90), da
coliambi (ad es. III 40; IV 65; V 54), da sotadei (III 29).
3: ho adottato linterpunzione di Izaac, che attribuisce le parole sed simile
est aliquid a Quinto stesso, che interviene cos nel dialogo per esporre
le proprie lamentele, dopo che Marziale si era domandato nei primi due
versi perch egli si fosse sentito attaccato, dal momento che la sua ragazza
non lusca n si chiama Taide (nel testo di Izaac la battuta posta tra
due trattini, ma lattribuzione a Quinto assicurata dalla traduzione e
dalla nota a p. 251). La domanda che Marziale si pone subito dopo (pro
Laide Thaida dixi?) invece retorica: ho forse usato un nome falso, ma
cos somigliante da essere immediatamente riconoscibile?. La risposta
evidentemente negativa, come appare dal verso successivo. Sullintervento
di un interlocutore introdotto da unavversativa cfr. II 8, 7 ista tamen mala
sunt; Hor. sat. I 1 49 sgg. vel dic quid referat intra / naturae nis viventi
Epigramma 11
173
iugera centum an / mille aret. at suave est ex magno tollere acervo; Plin.
epist. III 21, 6 tametsi quid homini potest dari maius, quam gloria et laus
et aeternitas? at non erunt aeterna quae scripsit: non erunt fortasse, ille
tamen scripsit tamquam essent futura; Iuv. 7, 104 sg. quis dabit historico
quantum daret acta legenti? / sed genus ignavum, quod lecto gaudet et
umbra . Che laffermazione sed simile est aliquid sia da attribuire a Quinto
mi sembra ricevere conferma dalla domanda di Marziale del verso seguente,
che vi corrisponde esattamente: 3 Sed simile est aliquid 4 Dic mihi
quid simile est? (lattribuzione a Quinto dellintero verso probabilmente
allorigine della congettura umanistica dixti, che per mal si lega al verso
seguente). Tutto sommato plausibile anche linterpunzione proposta da
Friedlaender, seguito da Heraeus (sed simile est aliquid? pro Laide Thaida
dixi?). Assai poco convincente appare invece linterpunzione adottata da
vari editori moderni (Gilbert, Lindsay, SB) a partire da Schneidewin (sed
simile est aliquid: pro Laide Thaida dixi), cos spiegata da SB2, I, p. 208
n. b: In v. 3 M. moots the possibility of his having used a name similar
to the real one, e.g. Thais for Lais, in order to dismiss it in v. 4. Tra
le possibili interpunzioni va registrata anche quella di H. Jackson, fatta
propria da Duff e da Ker (sed simile est aliquid. pro Laide Thaida dixi?).
Laide: Lais fu nome di due famose cortigiane; la pi nota era di Corinto
(vd. RE XII, 513 sgg.). Marziale la nomina in X 68, 11 sg. tu licet ediscas
totam referasque Corinthon, / non tamen omnino, Laelia, Lais eris; XI
104, 21 sg. si te delectat gravitas, Lucretia toto / sis licet usque die: Laida
nocte volo. Qui il nome, che ricorre spesso nellindex di CIL VI, scelto
unicamente per la sua quasi completa identit, anche metrica, con il nome
Thais.
4: Marziale si chiede quale somiglianza ci sia tra il nome che lui ha usato nellepigramma e il vero nome della ragazza di Quinto, che dunque
Ermione. Appare infondata lesegesi di Ker, il quale ritiene che in questo
verso Marziale proponga a Quinto di cambiare in Hermione il nome della
ragazza nellepigramma 8 (che dunque sarebbe Lais, anche se Ker non lo
dice esplicitamente), ma in tal caso Marziale avrebbe dovuto dire allora
quid simile est Lais (nome vero) et Hermione (nome ttizio)? Inoltre, a
differenza di QuintusSextus (nomi isometrici), Thais non potrebbe essere
sostituito con Hermione nellepigramma. Dic mihi: locuzione affettiva
di natura colloquiale, utilizzata di frequente da Marziale (una ventina di
casi, spesso in principio di verso). quid simile est: simile va inteso come
174
sostantivato: cfr. Varro ling. VIII 41 nec Perpenna et Alfena erit simile
(vd. anche VIII 54; 75; IX 72; 74; 91; X 8). Hermione: il nome compare
soltanto qui negli epigrammi di Marziale. Esso ricorre spesso in iscrizioni
latine (cfr., ad es., CIL I 818; II 3139; III 3085; V 7437; VII 397; molte
occorrenze nellindex di CIL VI). Due donne con questo nome sono
menzionate nei rescritti dellimperatore Alessandro Severo del 223 (Cod.
Iust. VI 58, 1) e degli imperatori Diocleziano e Massimiano del 294 (Cod.
Iust. VIII 53, 10). La clausola tetrasillabica di pentametro, evitata per lo pi
da Ovidio, ricorre spesso in Marziale, talora in conclusione di epigramma
(vd. Th. Birt, in Friedlaender, I, p. 30 sg.; Wilkinson 1948): in questo libro
cfr. 21, 2 invidia; 26, 4 ingenium; 28, 2 auriculam; 33, 4 ingenua; 65, 10
invidia; 68, 6 Terpsichore; 69, 2 carminibus; 70, 4 arrigere; 75, 2 arrigere;
76, 4 Andromachen; 77, 10
; 79, 2 percere; 85, 4 Deiphobi;
95, 10 Oceanus.
6. Sextus: praenomen comune, scelto in questo caso perch, oltre a essere prosodicamente equivalente a Quintus, consente il gioco numerico
(il quinto, il sesto); cfr. anche V 21, 1 sg. Quintum pro Decimo, pro
Crasso, Regule, Macrum / ante salutabat rhetor Apollodotus. amet:
il congiuntivo, tramandato dalla seconda famiglia, preferito da tutti gli
editori allindicativo amat della terza, accolto nel testo soltanto da SB e
Walter. Amet corrisponde a mutemus del verso precedente ed esprime
in modo spiritoso la disponibilit del poeta ad accontentare Quinto. Con
amat si ottiene una sorta di citazione dellincipit dellepigr. 8, nella versione
corretta, con un effetto senzaltro pi debole.
Epigramma 12
175
12
Unguentum, fateor, bonum dedisti
convivis here, sed nihil scidisti.
Res salsa est bene olere et esurire.
Qui non cenat et unguitur, Fabulle,
hic vere mihi mortuus videtur.
vv. 3-5 hab. T tit. ad fabullum T EXV: ad fabulum A 1 unguentum PQf : ungentum
L 2 convivis T AXV: conviviis E here PfXV: heres EAV heret Q herede L scidisti
TLPQf : edisti f 3 salsa LPf : falsa TQ et : est T esurire TLPQf : exurire Q
4 cenat TLf : tentat PQ unguitur : ungitur T
fabulle LQfXV: fabulla Q fabullae
PEA fabule T
176
Epigramma 12
177
178
Epigramma 12
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13
Dum non vis pisces, dum non vis carpere pullos
et plus quam patri, Naevia, parcis apro,
accusas rumpisque cocum, tamquam omnia cruda
attulerit. Numquam sic ego crudus ero.
hab. T tit. ad neviam TPQf : ad nevian L 1 non vis pisces T: non vis piscem non vis
pisces leporem EAV pisces leporem X non vis carpere EAX: nos vis capere T carpere
non vis V pullos T Vin mg.: pullas Tut vid. mullos EAXV 2 patri T : putri
Heinsius parcis LQf : pascis T parvis Lut vid. P 3 accusas : accussas T
Epigramma 13
181
182
Epigramma 13
183
184
14
Romam petebat esuritor Tuccius
profectus ex Hispania.
Occurrit illi sportularum fabula:
a ponte rediit Mulvio.
tit. de tuccio LPf : de titio Q 1 esuritor tuccius LPX: esuritor tuctius f esuritor ducius f
esuritor ticcius Q exuritor ticcius Q esurit orto cocius EA esuritorco cocius V 3 fabula
: fabulla
4 a ponte EA: ad ponte X ad pontem V rediit Qlv1 ed. Rom. 1 ed. Ven.
ed. Ald.: redit LPf
mulvio Lf : milvio PQf
Epigramma 14
185
186
15
Plus credit nemo tota quam Cordus in urbe.
Cum sit tam pauper, quomodo? Caecus amat.
tit. de cordo
1 plus Lfs.l. : plos LPQf credit : credet
tota quam Gc: quam
tota
cordus LPQfs.l. : cordum f codrus Chbkvv1v2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom.
2 ed. Ald.
Epigramma 15
187
1. credit: il gioco di parole sul doppio senso del verbo credere si trova gi
in Plaut. Curc. 540 sgg. LY. nec tu quidem umquam subiges redditum ut
reddam tibi, / nec daturus sum. TH. idem ego istuc, quom credebam credidi,
/ te nil esse redditurum; Sen. suas. VII 5 credamus Antonio, Cicero, si bene
illi pecunias crediderunt faeneratores; cfr. anche Cic. Att. I 16, 10; VI 2, 3;
fam. VII 27, 1. nemo tota in urbe: il ricercato accostamento nemo tota
mette in risalto leccezionalit del personaggio e prelude al capovolgimento
nale. Marziale utilizza il nesso tota in urbe in altri epigrammi satirici, al ne
di amplicare leffetto comico: cfr. I 73, 1; II 72, 6; IV 84, 1; XII 38, 2; sulluso
del nesso in relazione alla circolazione di poesia diffamatoria vd. Fabbrini
2002, pp. 543-556. Lordo verborum conservato soltanto da Gc (tota quam)
appare nettamente preferibile a quello del resto della tradizione (quam tota)
per via della cosiddetta legge di Marx, che sancisce il divieto di porre un
monosillabo tra cesura pentemimere e parola spondaica (vd. Marx 1922, pp.
198; 210 sgg.). La lezione di Gc, sostenuta da Gilbert 1884, p. 516 e accolta
nella sua edizione, stata successivamente preferita da tutti gli editori. Sulla
legge di Marx vd. anche H. Drexler, Einfhrung in die rmische Metrik,
Darmstadt 1967, p. 99; J. Hellegouarch, Le monosyllabe dans lhexamtre
latin. Essai de mtrique verbale, Paris 1964, p. 106 sgg.; Id., Les yeux de
la marquiseQuelques observations sur les commutations verbales dans
lhexamtre latin, REL 65, 1987, pp. 261-281; L. De Neubourg, La base
mtrique de la localisation des mots dans lhexamtre latin, Bruxelles 1986,
p. 128 sgg. La stessa incertezza sullordo verborum presentano i codici di
Marziale in altri casi: cfr., ad es., I 92, 5 sed si nec focus est nudi nec sponda
grabati (nec nudi T); III 36, 3 horridus ut primo semper te mane salutem
( ; te semper ); 65, 3 vinea quod primis oret cum cana racemis ( ; cum
oret T ); VII 21, 1 haec est illa dies, magni quae conscia partus ( ; quae
magni R ).
2. Cum sit tam pauper, quomodo?: lintervento di un interlocutore ttizio,
che riproduce una situazione dialogica, un tratto frequente negli epigrammi
di Marziale e prepara spesso, come in questo caso, la pointe (vd. Siedschlag
1977, p. 26 sg.): cfr., ad es., I 10, 4; II 11, 10; 17, 5; 28, 5; 49, 2; 56, 4; III 84,
2; IV 53, 8; 71, 5 sg.; 77, 4; 84, 4; 85, 1; V 43, 2; VI 77, 9; IX 4, 4; 22, 16; X
74, 12. Caecus amat: lamante accecato dalla passione crede a tutto ci che
gli dice lamata: cfr. Petron. 37, 5 mero meridie si dixerit illi (sc. Fortunata
Trimalchioni) tenebras esse credet. Larguzia dellepigramma si perde se si
interpreta caecus in senso proprio (come, ad es., Burger, in ThlL III 42, 47).
188
16
Das gladiatores, sutorum regule, Cerdo,
quodque tibi tribuit subula, sica rapit.
Ebrius es: neque enim faceres hoc sobrius umquam,
ut velles corio ludere, Cerdo, tuo.
Lusisti corio: sed te, mihi crede, memento
nunc in pellicula, Cerdo, tenere tua.
Epigramma 16
189
attestato come nome proprio di schiavi o artigiani: cfr. Ps. Dem. 53, 19;
Euphro, fr. 9, 7 K.-A. (apud Athen. IX 377 D); ricorre in un frammento
comico (P.S.I. 99) attribuibile allEncheiridion di Menandro (vd. D. Del
Corno, PP 23, 1968, pp. 306-308). Nei mimiambi di Eroda
,
citato in 6, 48 e protagonista del componimento 7, uno
; vd.
inoltre Fraser-Matthews, I, p. 254; II, p. 257; III A, p. 240. In ambito latino
190
il nome diffuso per schiavi e liberti (cfr. CIL VI 44; 200; 4327; 36245;
vd. ThlL onom. II 335, 26 sgg.); ricorre nel titolo di una fabula di Novio
(Bubulcus Cerdo) in Non. p. 89, 26 M.; in Petron. 60, 8 Cerdo uno dei
Lari di Trimalchione (gli altri due sono Felicio e Lucrio); in Apul. met.
II 13 il nome di un negotiator. Cerdo anche attestato come nome
comune nellaccezione di persona di inmo grado sociale, plebeo: cfr.
Pers. 4, 51 respue quod non es; tollat sua munera cerdo; Iuv. 4, 153 sg. sed
periit postquam cerdonibus esse timendus / coeperat; 8, 181 sg. quae /
turpia cerdoni, Volesos Brutumque decebunt?; CGL V 653, 34 cerdones:
pauperes inmi; 494, 27 certones (sic): vulgares; Schol. Iuv. 4, 153 cerdo
est proprie turpis lucri cupidus; 8, 181 sg. cerdoni. graece dixit turpem
vulgarem lucri cupidum; Schol. Pers. 4, 51 per cerdonem plebeiam turbam
signicat. ita populus dictus,
, id est a lucro. Tuttavia
che qui si tratti di nome proprio (come in 59, 1; 99, 1), come proposto da
Crusius, p. 150, assicurato dal fatto che accompagnato da apposizione,
sia qui (1 sutorum regule) che in 59, 1 (sutor); sulla questione vd. Van
Wageningen 1912, p. 147 sgg. Cerdo come nome proprio si affermato
nelle edizioni di Marziale a partire da Heraeus.
1. Das: dare comunemente usato in relazione agli spettacoli pubblici
nel senso di edere: cfr. III 59, 1 sg. sutor Cerdo dedit tibi, culta Bononia,
munus, / fullo dedit Mutinae. nunc ubi copo dabit?; vd. ThlL V 1,
1677, 65 sgg. gladiatores: metonimia comune per ludi gladiatorii, la
cui prima attestazione si trova in Ter. Hec. 40 datum iri gladiatores (vd.
ThlL VI 2, 2007, 84 sgg.; Mosci Sassi 1992, p. 106 sg.). sutorum regule:
lipocoristico ha valenza dispregiativa (cfr. v. 6 pellicula). Sullampio
uso della Umgangssprache di diminutivi vd. Hofmann, LU, p. 297 sgg.;
Hofmann-Szantyr, p. 772 sgg. noto il ruolo svolto dai neoterici e da
Catullo nellintroduzione dei diminutivi nella lingua poetica latina (vd.
Lunelli 1969, p. 167 sg.; Ronconi 1971, pp. 87-130). Sulluso di Marziale
vd. Watson 2002, p. 239 sgg.
2. subula: termine tecnico, che offre ovviamente poche attestazioni
letterarie (cfr. Sen. epist. 82, 24; 85, 1; Apul. or. 9; vd. V. Chapot, s.v.
sutor, in Daremberg-Saglio IV 2, p. 1570 sgg.). In poesia ricorre soltanto
qui. sica: si tratta di una spada corta, con la lama ricurva, arma delle
popolazioni tracio-illiriche e, di conseguenza, dei gladiatori chiamati
Thraeces (vd. A.J. Reinach, s.v. sica, in Daremberg-Saglio IV 2, p. 1300 sg.;
Epigramma 16
191
192
Epigramma 16
193
tenersi nei propri limiti, a non giudicare oltre le proprie competenze: vd.
Tosi 1994, nr. 543). Il diminutivo pellicula, che in poesia ricorre solo nei
satirici, ha valore dispregiativo (vd. Hanssen 1951, p. 146; ThlL X 1, 1000,
67 sgg.; cfr. anche v. 1 regule; 9, 1 versiculos): cos in Hor. sat. II 5, 37
sg. ire domum atque / pelliculam curare iube; Iuv. 1, 10 sg. unde alius
furtivae devehat aurum / pelliculae.
194
17
Circumlata diu mensis scribilita secundis
urebat nimio saeva calore manus;
sed magis ardebat Sabidi gula: protinus ergo
sufavit buccis terque quaterque suis.
Illa quidem tepuit digitosque admittere visa est,
sed nemo potuit tangere: merda fuit.
Epigramma 17
195
individuare lorigine del cattivo alito dei due personaggi. Un precedente per
questi epigrammi costituito, come rilevato da Citroni 1985, p. 189, da AP XI
240 di Lucillio:
.
Il nome Sabidius, qui con ogni probabilit ttizio, ricorre anche in I 32 non
amo te, Sabidi, nec possum dicere quare: / hoc tantum possum dicere, non
amo te, che allude probabilmente al c. 85 di Catullo; poco convincente lipotesi,
suggerita anche dalla presunta identit con il protagonista di questo epigramma,
che Marziale alluda a un vizio di Sabidio cos spregevole da non potersi dire
o alla mancanza di parole adeguate ad esprimere il suo disgusto (nec possum
dicere quare; per questa interpretazione vd. Jocelyn 1981, p. 278 sg.).
1. mensis secundis: le mensae secundae erano costituite da frutta o
dolci (vd. Marquardt 1886, p. 326 sgg.): cfr. V 78, 11-15 mensae munera
si voles secundae, / marcentes tibi porrigentur uvae / et nomen pira quae
ferunt Syrorum, / et quas docta Neapolis creavit, / lento castaneae vapore
tostae; Varro rust. III 16, 5 mel ad principia convivii et in secundam
mensam administratur; inoltre Verg. Aen. VIII 283; Hor. sat. I 3, 6 sg.;
II 2, 121 sg.; Ov. met. VIII 673; IX 91 sg.; Petron. 68, 1. 2. La iunctura
ricorre nella stessa posizione metrica in Verg. georg. II 101. In Marziale
cfr. anche III 50, 6 tertius est (sc. liber) nec adhuc mensa secunda venit.
scribilita: congettura certa di Goetz e Loewe nella praefatio alledizione
del Poenulus (Lipsiae 1884, p. XXV); scribilita si legge per gi in v2,
afancata dallannotazione di Perotti: scribilita genus edulii est instar
placentae. Vide Catonem (sorptita reca per led. Rom. 2; la correzione nel
manoscritto potrebbe pertanto essere successiva alla stampa). Scribitilla
leggeva invece Domizio Calderini nella nota dei Commentarii, che, negli
addenda posti alla ne della stampa del 1474, modic in scriblita (vd.
Campanelli 2001, p. 58 sg. n. 75). I codici medievali tramandano scribit
ita (AXV; scripsit ita errore singolare di E) e inscripta (R ). Proprio
la lezione di AXV (senzaltro nellarchetipo della famiglia) rende la forma
scribilita pi probabile dellaltra, pur attestata e accettabile metricamente,
scriblita (preferita da Friedlaender e Gilbert). Si tratta di una focaccia con
formaggio: cfr. Cato agr. 78 scriblitam sic facito: in balteo, tractis, caseo
ad eundem modum facito uti placentam, sine melle, coquitoque; poteva
essere servita fredda con del miele caldo versato sopra (Petron. 66, 3). Il
vocabolo piuttosto raro: ricorre ancora in Plaut. Poen. prol. 43 nunc dum
196
Epigramma 18
197
18
Perfrixisse tuas questa est praefatio fauces.
Cum te excusaris, Maxime, quid recitas?
hab. T cum 19 con. Q tit. ad maximum LPf : de maximo T de maximio Q de ursa
Q (ad 19 pertinens) 1 perfrixisse TLPQE, fut vid.: perfrinxisse XV perxisse Af est
TLPQ : es f praefatio
: praefaco T 2 excusaris V: excussare T exuraris EAXV
recitas TLPf : facias Q
198
I 63; II 88; IV 41; IX 83; XIV 137 (142); in questo libro costituiscono
un ciclo contro il poetastro Ligurino, instancabile recitator, gli epigr. 44;
45; 50 (vd. la n. intr. allepigr. 44). Un motivo analogo a quello di questo
epigramma svolto in VI 41 qui recitat lana fauces et colla revinctus,
/ hic se posse loqui, posse tacere negat. Sulla moda delle recitazioni vd.
Friedlaender, SR III, p. 225 sgg.; RE, s.v. recitationes, I A, 435, 54-446, 20;
il commento di Mayor a Iuv. 3, 9.
Il nome Maximus ricorre in I 7; 69; II 18; 53; V 70; VII 73; X 77. Per
alcuni di questi epigrammi stata suggerita lidenticazione con Vibio
Massimo (vd. la n. intr. di Citroni a I 7). Qui, come in II 18; 53, il nome
senzaltro ttizio.
Il v. 1 contiene la narratio, il v. 2, attraverso linterrogativa nale, esprime
lo stupore del poeta per il comportamento di Massimo.
1: dichiararsi in condizioni di salute precarie era una forma retorica di
captatio benevolentiae: cfr. Quint. inst. IV 1, 8 quaedam in his quoque
commendatio tacita, si nos inrmos, imparatos, impares agentium contra
ingeniis dixerimus, qualia sunt pleraque Messallae prooemia. est enim
naturalis favor pro laborantibus; lespediente viene biasimato da Apro in
Tac. dial. 20, 1 quis nunc feret oratorem de inrmitate valetudinis suae
praefantem, qualia sunt fere principia Corvini? perfrixisse: cfr. Iuv. 7,
194 et si perfrixit, cantat bene. praefatio: era comune luso di introdurre
con una praefatio la lettura di versi (cfr. Plin. epist. I 13). Il termine, ben
attestato in prosa, compare in poesia soltanto qui. fauces: secondo le
testimonianze di Varrone (ling. X 78) e dei grammatici (Char. GLK I 33,
10; 93, 18; Prisc. GLK II 371, 19) la sola forma corretta quella plurale,
ma anche il singolare attestato. In Marziale ci sono 6 occorrenze del
plurale e una del singolare.
Epigramma 19
199
19
Proxima centenis ostenditur ursa columnis,
exornant ctae qua platanona ferae.
Huius dum patulos adludens temptat hiatus
pulcher Hylas, teneram mersit in ora manum.
Vipera sed caeco scelerata latebat in aere
vivebatque anima deteriore fera.
Non sensit puer esse dolos, nisi dente recepto
dum perit. O facinus, falsa quod ursa fuit!
hab. T cum 18 con. Q tit. de ursa LPfEXV: de versa A de hyla T om. Q de vipera
in ore ursi Q 2 ctae EAXV: pictae T Vs.l. qua EAV: quam T qui X platanona
TLf: planta nona plata nova Pf prata nova Q ferae T V: pare EAXV 3 adludens
T Vs.l.: adludet EAX adludit V 5 caeco LPQf : caecos L celo T cero fut vid.
scelerata LPQfVin mg.: scelata T c(a)elata fEAXV
latebat
: iacebat T
aere
T EAXV: ore Vs.l. 6 deteriore T : deteraore T 7 esse TLPQin mg.f : om. Q
8 perit TLPQf : putat f facinus T EAXV: facinul A
200
ingegnose, spesso in forma di sententiae, volte a evidenziare il carattere paradossale dellevento: cfr., ad es., AP VII 289; 504; 542; 640; IX 34; 56; 57;
su questo genere di epigrammi e sullinuenza che esercitarono su Marziale
vd. Laurens 1965, p. 320 sgg. Nel corpus marzialiano gli epigrammi che
raccontano aneddoti curiosi non sono numerosi (unanalisi complessiva si
trova in Szelest 1976). Tra di essi il gruppo pi cospicuo, che comprende
anche questo epigramma, narra morti sorprendenti, spesso di fanciulli: cfr.
II 75; IV 18; 60; 63; XI 41; vd. Laurens 1965, p. 324 sg; Szelest 1976, p.
251. Questi epigrammi presentano una struttura comune (vd. Laurens 1965,
p. 322 sgg.): il racconto svolto in terza persona e lepigramma privo di
destinatario; la conclusione con una sententia in forma esclamativa o interrogativa evidenzia il carattere paradossale dellaneddoto, sottolineando
come la morte possa giungere anche laddove meno la si aspetterebbe: cfr.
specialmente IV 18, 7 sg. quid non saeva sibi voluit Fortuna licere? / aut
ubi mors non est, si iugulatis aquae? (di un fanciullo ucciso da una lastra di
ghiaccio caduta da unarcata); 60, 5 sg. nullo fata loco possis excludere: cum
mors / venerit, in medio Tibure Sardinia est.
In questo caso il verso conclusivo, che esprime il rammarico del poeta
per il fatto che lorsa fosse falsa (o facinus, falsa quod ursa fuit!), stato
oggetto di discussioni (per lesegesi qui proposta vd. Fusi 2001, cui rimando per ulteriori informazioni). Friedlaender si limitato a osservare
che una vera orsa sarebbe stata molto meno pericolosa per il fanciullo
(tale linea interpretativa sembra alla base della nota di Ker). Lipotesi,
pur non chiarissima per la sua concisione, non appare condivisibile: gli
orsi sono animali feroci, che aggrediscono luomo; riveste un carattere di
eccezionalit lepisodio narrato da Orazio in carm. III 4, 17 sgg. ut tuto
ab atris corpore viperis / dormirem et ursis, ut premerer sacra / lauroque
conlataque myrto, / non sine dis animosus infans, che testimonia la
condizione di eletto del poeta (sulla tradizione di miracoli occorsi a poeti e
grandi uomini nellinfanzia vd. il commento di Romano ai vv. 12-13); sulla
natura feroce degli orsi cfr. anche Ov. met. XV 86 sgg. at quibus ingenium
est inmansuetumque ferumque, / Armeniae tigres iracundique leones /
cumque lupis ursi dapibus cum sanguine gaudent; Apul. met. VII 24, 13
sgg., in cui si racconta di unorsa selvatica che sbrana un fanciullo. Per il
resto le interpretazioni moderne non si discostano sostanzialmente dalle
due ipotesi esegetiche che si trovano formulate da Farnabius, p. 167: o
male factum, quod non vera esset ursa. Tum enim aut puer manum ori
Epigramma 19
201
202
giocano con le lepri oggetto di un elaborato ciclo nel I libro (cfr. 6; 14; 22;
48; 51; 60; 104; vd. anche 44; 45); sugli spettacoli con ere ammansite vd.
Toynbee 1973, pp. 15-31; 93-100 (sugli orsi); Daremberg-Saglio, s.v. bestiae
mansuetae, cicures; Fusi 2001, p. 52 n. 17; sul ciclo del I libro vd. Citroni,
p. 35 sgg.; Weinreich 1928, pp. 90-103. In questi spettacoli la propaganda
ufciale celebrava il numen dellimperatore, capace di ammansire gli animali
pi feroci (sui motivi propagandistici presenti nel Liber de Spectaculis vd. G.
Moretti, Larena, Cesare e il mito. Appunti sul De spectaculis di Marziale,
Maia 44, 1992, pp. 55-63). Le statue dellHecatostylum erano dunque
state probabilmente erette per celebrare il potere divino dellimperatore
e rappresentavano ere mansuete. Tale ipotesi pu essere suffragata
dallesistenza a Roma, nella regio VII, di un sito denominato Mansuetae,
di cui offrono testimonianza la Notitia Urbis e il Curiosum (per cui vd.
R. Valentini-G. Zucchetti, Codice topograco della citt di Roma, I, Roma
1940, pp. 112; 173). Si tratta, con buona probabilit, di un gruppo di statue
rappresentanti ere ammansite (vd. Platner-Ashby, s.v. mansuetae; G. Lugli,
I monumenti antichi di Roma e suburbio, III, Roma 1938, p. 282; LTUR
III, s.v. mansuetae). La collocazione di questo gruppo nella regio VII sembra
impedire lidenticazione con le ctae ferae di Marziale, ma non si pu
escludere che le statue siano state spostate successivamente, forse salvate
dallincendio che distrusse lHecatostylum nel 247 d.C. Se tale ipotesi coglie
nel segno la conclusione dellepigramma acquista larguzia tipica di Marziale,
necessaria in componimenti di questo genere: la vera orsa, ammansita,
avrebbe consentito al fanciullo di giocarci senza fargli del male, mentre la
sua rappresentazione si rivelata paradossalmente ben pi pericolosa per lui!
I lettori di Marziale, che conoscevano bene il luogo descritto dal poeta, non
avevano bisogno di altri elementi per comprendere larguzia.
Offre una rielaborazione di questo epigramma AL 276 Shackleton Bailey
(282 R.), dal titolo De ursa aenea, in qua serpens fuit, ubi inscius puer
manum misit: Aere cavo falsam serpens impleverat ursam, / addidit et
morsum et iubet esse feram / / implevit serpens quod minus artis erat.
Evidente lidentit del tema come anche le somiglianze lessicali (5 caeco
in aere ~ AL 276, 1 aere cavo; 6 fera ~ AL 276, 2 feram; 8 falsa ursa ~
AL 276, 1 falsam ursam), ma lautore dellepigramma dellAnthologia
Latina, diversamente da Marziale, ha voluto evidenziare che il serpente,
compiendo ci che larte non aveva potuto, ha reso realmente viva la era.
La morte di un fanciullo di dodici anni causata dal morso di una vipera
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Dic, Musa, quid agat Canius meus Rufus:
utrumne chartis tradit ille victuris
legenda temporum acta Claudianorum,
an quae Neroni falsus adstruit scriptor?
An aemulatur improbi iocos Phaedri?
Lascivus elegis an severus herois?
An in cothurnis horridus Sophocleis?
An otiosus in schola poetarum
lepore tinctos Attico sales narrat?
Hinc si recessit, porticum terit templi
an spatia carpit lentus Argonautarum?
An delicatae sole rursus Europae
inter tepentes post meridie buxos
sedet ambulatve liber acribus curis?
Titine thermis an lavatur Agrippae
an impudici balneo Tigillini?
An rure Tulli fruitur atque Lucani?
An Pollionis dulce currit ad quartum?
An aestuantis iam profectus ad Baias
piger Lucrino nauculatur in stagno?
Vis scire quid agat Canius tuus? Ridet.
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EAX inpodicibus ineo V 17 rure Vs.l.: rura EAXV tulli X: tuli EA tullii V fruitur
EAXVs.l.: struitur V 18 pollionis PQf : apollinis L currit ad : curritat
quartum
LPf : quaternum Q 19 aestuantis : aestuantes
baias LQf : balas P 20 nauculatur
LPQfXV: nauculator EA naviculatur Q iaculatur f 21 canius Q : cannius LPf
208
una statua di Pan ridente stata offuscata da quella del volto ilare di Canio
(per questa interpretazione, che mi pare probabile, anche alla luce dellultimo
verso di questo epigramma, vd. la n. intr. di Citroni; Jocelyn 1981, p. 280
pensa invece a un diverso Canio residente a Taranto, al cui sfrenato desiderio
sessuale Marziale farebbe riferimento paragonandolo a Pan). Gli interessi
letterari di Canio erano, come testimonia qui Marziale, molto vasti: in I 61
egli lo inserisce nel novero dei grandi letterati iberici: gaudent iocosae Canio
suo Gades (9); la sua abilit di affabulatore (8-9) viene ricordata nellepigr.
64 di questo libro, in cui Marziale paragona il fascino dei suoi racconti a
quello del canto delle Sirene; in VII 69 Marziale ricorda ancora la sua attivit
letteraria, che potr trarre giovamento dalla critica di Teola, sua promessa
sposa: vivet opus quodcumque per has emiseris aures; / tam non femineum
nec populare sapit (5 sg.). Il suo nome ricorre anche in VII 87, 2 e X 48, 5.
Per la difcolt di identicazione nei casi in cui compare il solo cognomen
(Rufus) vd la n. intr. allepigr. 82. Lepigramma si apre con la domanda
alla Musa e si sviluppa attraverso le numerose ipotesi del poeta, curioso di
sapere cosa faccia lamico; il catalogo delle possibili attivit di Canio prepara
e accresce leffetto comico della pointe, che si concentra nellultima parola:
fra tutte le eventualit che Marziale prospetta, Canio non fa altro che ridere!
Lultimo verso riprende quasi esattamente il primo: Marziale, probabilmente
per inuenza catulliana (cfr. Catull. 16; 36; 52; 57; vd. Paukstadt 1876, p. 34),
chiude spesso i componimenti con un verso identico a quello iniziale (cfr. II
6; IV 64; 89; VII 26) oppure, come qui, con uno molto simile (II 41; VII 17;
IX 57). Altre volte lultimo verso richiama un verso interno allepigramma
(cfr. IV 2; VI 42; VII 39; IX 55; X 37). In questo caso la ripresa del verso
iniziale ha leffetto di azzerare tutte le ipotesi prospettate per chiudere con
una bonaria presa in giro dellamico. Il componimento, al di l della sua
componente ludica, tradisce la nostalgia di Marziale per i luoghi e le attivit
di Roma; si pu pertanto immaginare che egli lo abbia scritto dopo un
periodo piuttosto lungo di soggiorno fuori dalla capitale (per una possibile
collocazione cronologica dellepigramma vd. la n. al v. 19 e lIntroduzione,
p. 56). La struttura dellepigramma con le numerose domande sullamico
ricorda lepistola I 3 di Orazio a Giulio Floro, dove egli chiede informazioni
su di un gruppo di amici impegnati in una spedizione in Asia. Lepigramma
in scazonti; il metro, tradizionalmente legato allinvettiva, per usato per
uno spettro pi ampio di soggetti: cfr., ad es., Catull. 31. Marziale lo utilizza
anche per epigrammi adulatori nei confronti dellimperatore (cfr., ad es., IX
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ann. XIV 11, 1; hist. V 12, 2; non appare convincente lipotesi di Schubert
1998, p. 294 n. 20, per il quale si farebbe riferimento ai principati di Tiberio
e Claudio, trascurando quello di Caligola.
4. falsus scriptor: in opere storiograche e frequentemente in prosa
scriptor equivale a storico (vd. Forcellini, s.v. scriptor, nr. 3, p. 390; OLD
s.v., nr. 3 c), ma luso del termine in questo passo (unica occorrenza
in Marziale) non pu naturalmente costituire un elemento a sostegno
delluna o dellaltra interpretazione. adstruit: il verbo piuttosto raro in
et classica e usato in poesia solo una volta in Ovidio e in Silio (vd. ThlL
II 978, 37 sgg.); pur nellaccezione traslata, esso mantiene il signicato
proprio di costruire accanto, in aggiunta e dunque si adatta ad esprimere la
costruzione falsicata di eventi storici; cfr. Plin. epist. IX 33, 11 haec tu qua
miseratione, qua copia deebis, ornabis, attolles! quamquam non est opus
adngas aliquid aut adstruas: sufcit, ne ea, quae sunt vera, minuantur.
Luso del presente non autorizza a desumere che si tratti di uno storico di
et avia (come fa Schubert 1998, p. 294, che pure non esclude che possa
trattarsi di uno storico dellet neroniana). Leventualit di uno storiografo
loneroniano di et avia sembra piuttosto remota. Priva di fondamento
lipotesi di Herrmann 1950, pp. 86 sg.; 98, che interpreta il verso come un
riferimento allApocolocyntosis (Neroni sarebbe un dativo di vantaggio), di
cui sostiene lattribuzione a Fedro.
5: questa la prima e quasi unica menzione del favolista nellantichit
(dopo Marziale Fedro nominato solo da Aviano, praef. ad Theodosium).
Seneca nella Consolatio ad Polybium afferma che nessun romano si
dedicato alla favola esopica (dial. XII [XI] 8, 3 fabellas quoque et Aesopeos
logos, intemptatum Romanis ingeniis opus), anche se la mancata menzione
di Fedro probabilmente deliberata (vd. G. Mazzoli, Due note anneane, I,
Fedro e Sen. Cons. ad Pol. 8, 3, Athenaeum 46, 1968, pp. 355-363; Mazzoli
1970, p. 152; Kurth, p. 102 sgg.); neanche Quintiliano nomina Fedro (inst. V
11, 19 sgg.). Lidenticazione con il favolista stata negata da Friedlaender
in base alla considerazione che n ioci n improbus potrebbero designare le
favole di Fedro (dubbi sullidenticazione con il favolista esprime anche H.
MacL. Currie, Phaedrus the Fabulist, in ANRW II 32, 1, p. 502). Secondo lo
studioso tedesco potrebbe trattarsi di un Fedro autore di mimi a noi
sconosciuto (per luso dellattributo in relazione al mimo cfr. III 86, 4 non
sunt haec mimis improbiora). Ma la denizione di ioci per le favole ricorre
nello stesso Fedro in III prol. 37 ctis iocis; IV 7, 2 hoc iocorum genus;
Epigramma 20
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cfr. anche I prol. 5 sgg. calumniari siquis autem voluerit, / quod arbores
loquantur, non tantum ferae, / ctis iocari nos meminerit fabulis. Cos
non sar casuale la scelta del verbo aemulari: anche Fedro parlava di
aemulatio per denire il proprio rapporto con Esopo in II 42, 7 non est
invidia, verum est aemulatio (per luso del verbo in contesto letterario cfr.
Hor. carm. IV 2, 1 Pindarum quisquis studet aemulari). Per una possibile
allusione allopera di Fedro in questo epigramma vd. la n. al v. 7. Appare perci naturale che Marziale faccia riferimento alle favole di Fedro con il termine
che egli stesso utilizzava per qualicarle. Lidenticazione con il favolista
inoltre avvalorata dal fatto che si tratta dellunico nome proprio menzionato
da Marziale nellelenco dei generi letterari: la favola era certo un genere poco
coltivato dai Romani (cfr. Sen. dial. XII [XI] 8, 3 cit. supra) e perci Marziale
si serve dellunico autore latino che ad essa si era dedicato per denirla. Per
la stessa ragione mi sembra da escludere che si possa trattare di un altrimenti
sconosciuto autore di mimi: altrove Marziale nomina un Catullo come
mimografo per antonomasia (V 30, 3 sg. nec te facundi scaena Catulli /
detineat; XII 83, 1-4 derisor Fabianus hirnearum, / omnes quem modo
colei timebant / dicentem tumidas in hydrocelas / quantum nec duo
dicerent Catulli). A favore dellidenticazione con il favolista depone anche
la conoscenza dellopera di Fedro da parte di Marziale, provata da numerose
riprese: vd. M. Dadone, Fedro e Marziale, RSC 2, 1954, pp. 83-86; A.
Guarino, La societ col leone, Labeo 18, 1973, pp. 72-77. Carratello 1964,
p. 144 sgg. accoglie il testo di Heraeus (improbi
Phaedri: vd. infra)
e sostiene, riproponendo unidenticazione risalente a Calderini, che il Fedro
menzionato in questo passo sia il protagonista dellomonimo dialogo platonico; egli si basa su un passo (243c) in cui Socrate utilizza lavverbio
(= improbe) a proposito del discorso di Fedro e del suo primo
discorso. Ma i
del Fedro platonico non possono essere considerati
un genere letterario e la denizione non pu certo valere per il corpus dei
dialoghi platonici. Assolutamente priva di ogni serio fondamento lipotesi
di Herrmann 1950, p. 111 sg., per cui iocos Phaedri alluderebbe, oltre che
alle favole, al Culex, di cui sostiene la paternit fedriana; Canio Rufo sarebbe
lautore delle presunte aggiunte post-staziane al Culex, individuate dallo
studioso (Herrmann 1950, p. 101 sgg.). Lo stesso Herrmann ha altrove
(Autour des Fables de Phdre, Latomus 7, 1948, p. 199 sg.) attribuito due
favole a Canio Rufo, soltanto sulla base di questo verso. improbi: lesatto
signicato dellattributo oggetto di discussione: Friedlaender gli attribuiva
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Thiele 1911, p. 548 e Housman 1919, p. 69 sg. (= Class. Pap., p. 983 sg.)
hanno indipendentemente proposto logos, fondandosi soprattutto su Sen.
dial. XII (XI) 8, 3 fabellas quoque et Aesopeos logos (Housman considerava
anche la possibilit di leggere logus, con desinenza greca, pi vicina a locus
della seconda famiglia: cfr. IV 39, 3 Praxitelus genitivo; vd. anche CQ 17,
1923, p. 163 n. = Class. Pap., p. 1073 n. 1, in cui Housman riconosce a
Thiele la priorit della congettura). Logus spesso confuso nei manoscritti
con locus (vd. ThlL VII 2, 1612, 77 sgg.). La proposta non da escludere,
ma ritengo che luso fedriano di ioci, iocari in relazione alle sue favole (vd.
supra) renda preferibile un uso allusivo del termine da parte di Marziale.
Inoltre nel passo senecano con Aesopei logi bisogna probabilmente intendere
favole in prosa come quelle di Esopo (vd. Mazzoli 1970, p. 152): cfr. Aristoph.
pax 129; Quint. inst. V 11, 20. Possibilit ancora minori mi sembra possedere
, proposto da Heraeus 1915, p. 36 sg. n. 1 (= Heraeus 1937, p. 221
n. 1), e accolto, oltre che nelledizione dello stesso Heraeus, da Giarratano e
SB: luso di un termine greco non sembra giusticato dal contesto (per il
greco negli epigrammi di Marziale vd. Weinreich 1928, p. 161 sgg.).
216
sue nugae: cfr. I 35, 12 sg. quare deposita severitate / parcas lusibus et iocis
rogamus e, specialmente, IV 14, 1 sgg., rivolto a Silio Italico, il cui poema
epico ricorda nei vv. 2-5: Sili, Castalidum decus sororum, / qui periuria
barbari furoris / ingenti premis ore perdosque / astus Hannibalis levisque
Poenos / magnis cedere cogis Africanis: / paulum seposita severitate, / /
(10) nostris otia commoda Camenis.
7: il verso presenta analogie con Phaedr. IV 7, 5 et in cothurnis prodit
Aesopus novis. Se si tratta di voluta allusione, il verso costituisce un elemento
in pi per lidenticazione del Fedro del v. 5 con il favolista: Marziale avrebbe
incastonato nellepigramma un verso modellato su Fedro in omaggio alla
passione dellamico Canio per il favolista. in cothurnis Sophocleis: i
cothurni, calzari alti degli attori tragici, indicano metonimicamente la
tragedia per la prima volta in Verg. ecl. 8, 10 cit. infra, quindi, in poesia,
in Orazio, Ovidio, Manilio, Giovenale (vd. ThlL IV 1087, 68 sgg.). Nella
letteratura greca non c un analogo uso di
(vd. W. Beare, The
Roman Stage, London 1950, p. 183). Qui non si tratta propriamente di
metonimia (cothurni = tragedia), ma il tragediografo rappresentato come
attore tragico: cfr. Hor. carm. II 1, 11 sg. grande munus / Cecropio repetes
cothurno con il commento di Nisbet-Hubbard2; Phaedr. IV 7, 5 cit. supra.
Per luso metonimico in Marziale cfr. VIII 3, 13; 18, 7; XI 9, 1; XII 94, 3.
I cothurni possono essere anche, pi genericamente, simbolo della poesia
elevata: cfr. V 5, 8 cothurnati Maronis (la iuctura ricorre anche in VII
63, 5). Il nesso cothurni Sophoclei (o cothurnus Sophocleus), che unisce al
genere letterario il nome del tragico per antonomasia, secondo un giudizio
diffuso al tempo e sostanzialmente concorde con quello della critica
moderna (cfr. Plin. nat. VII 109 Sophoclem tragici cothurni principem),
si trova per la prima volta in Verg. ecl. 8, 10 sola Sophocleo tua carmina
digna cothurno; quindi in Ov. am. I 15, 15 nulla Sophocleo veniet iactura
cothurno (varia Properzio: II 34, 41 desine et Aeschyleo componere verba
cothurno). In Marziale la iunctura ricorre anche in V 30, 1 Varro, Sophocleo
non intiande cothurno. horridus: lattributo si trova qui soltanto in
riferimento alla tragedia e allude probabilmente alla paura (
) suscitata
negli spettatori, in cui Aristotele individuava uno degli elementi costitutivi
del genere (poet. 1449 b 24 sgg.).
8. in schola poetarum: il luogo, che Marziale frequentava con letterati
e amici, menzionato anche in IV 61, 3 sg. in schola poetarum / dum
fabulamur. Doveva trovarsi nelle vicinanze dei portici degli Argonauti e
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p. 107), sostenuta da Ker e Izaac (in modo per troppo perentorio, come
osservato da Housman 1931, p. 83 = Class. Pap., p. 1174). Unaltra ipotesi
degna di considerazione quella di Castagnoli 1950, p. 72, che pensa al
templum Divorum, costruito da Domiziano nel Campo Marzio in onore di
Vespasiano e Tito divinizzati, nei pressi del tempio di Iside, i cui portici sono
ricordati nei Cataloghi Regionari (vd. F. Coarelli, LTUR II, p. 19 sg.): in tal
caso la generica menzione di porticus templi verrebbe ad assumere un valore
encomiastico nei confronti del programma architettonico domizianeo. Se
invece si accetta la localizzazione della schola poetarum presso il tempio di
Hercules Musarum (vd. la n. al v. 8), la porticus templi andr identicata con
la p. Philippi, menzionata da Marziale in V 49, 12 (vd. M.J. Kardos, LUrbs
de Martial. Recherches topographiques et littraires autour des Epigrammes
V, 20 et V, 22, Latomus 60, 2001, p. 403). Poco persausiva la proposta
di Friedrich 1907, p. 378 sg. di identicazione con il tempio di Apollo sul
Palatino, costruito da Augusto e fornito di portici e di una biblioteca greca e
latina (cfr. Suet. Aug. 29, 3; Prop. II 31, 1 sg. Phoebi / porticus), le cui sale,
secondo Friedrich, potrebbero aver costituito la schola poetarum: il percorso
di Canio si svolge nel Campo Marzio e questo rende senzaltro poco probabile
lidenticazione con il tempio di Apollo sul Palatino (che oltretutto Marziale
avrebbe potuto denire, con Properzio, porticus Phoebi).
11. spatia Argonautarum: si tratta del portico degli Argonauti, fatto
costruire da Agrippa nel 25 a.C. nel Campo Marzio. Il nome deriva dalle
pitture sulle sue pareti che ritraevano le imprese degli Argonauti (Cass. Dio
LIII 27, 1). Era tra i pi frequentati luoghi di passeggio a Roma (vd. PlatnerAshby, p. 420; LTUR IV, p. 118 sg.); Marziale lo nomina anche in II 14, 6;
XI 1, 12. Spatia carpere ricorre, oltre che qui, soltanto in Sen. Phaed. 1078
carpens spatia. lentus: lattributo suggerisce che Canio vada alla ricerca
di incontri galanti: cfr. Ov. ars I 67 tu modo Pompeia lentus spatiare sub
umbra (al verso ovidiano, modellato su Prop. IV 8, 75 tu neque Pompeia
spatiabere cultus in umbra, Marziale allude esplicitamente in XI 47, 3 nec
Pompeia lentus spatiatur in umbra).
12. delicatae Europae: il portico di Europa, vicino ai Saepta,
menzionato soltanto da Marziale, ancora in II 14, 3. 5. 15; VII 32, 12; XI 1,
11. Era, come gli altri portici del Campo Marzio, uno tra i luoghi privilegiati
per il passeggio, lozio, gli incontri, nei cui pressi si trovava la pianura dove i
giovani svolgevano esercizi sici (II 14, 3-4; VII 32, 11-12; vd. Lugli 1961, p.
12 sgg.). Vi si trovavano pitture o, con maggiore probabilit (vd. la n. al v. 13),
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Proscriptum famulus servavit fronte notatus.
Non fuit haec domini vita, sed invidia.
hab. R tit. de domino et famulo R
1 proscriptum RLPQfV: proscriptus fEAXV
notatus : notata R 2 vita RLPQf : via L
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Dederas, Apici, bis trecenties ventri,
et adhuc supererat centies tibi laxum.
Hoc tu gravatus ut famem et sitim ferre
summa venenum potione perduxti.
Nihil est, Apici, tibi gulosius factum.
epigr. 22-63, 4 post V 67, 5 hab. AGh (eandem transp. hab. c nonnullis epigr. omissis)
tit. ad apicium PQfEXV: ad apicum L om. A epigr. cum priore conato 1 apici bis
LQfEA: aprici bis PQ apicius bis V apicibos X apicius V trecenties LfEA: tricenties
PQ trecentias XV 2 et fs.l. : sed LPQf supererat Pf : superat LQf centies PQf :
centiens L laxum LPQfA: leixum Aut vid. luxum EXV luxu fs.l. 3 tu EAs.l.XV:
om. A ferre LPQf: ferres Qf
4 summa LPQfEAV: summe L suma X perduxti
Scriverius: perduxit EAXV duxisti perduxisti V 5 nihil : nullum EAXV nullus V
tibi gulosius PQf : tigulosius L
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Omnia cum retro pueris obsonia tradas,
cur non mensa tibi ponitur a pedibus?
cum 22 con. LPf tit. ad c(a)enipetam avarum : ad eundem fin mg. om. LPQf 1
retro pueris LPf: recto pueris Q pueris retro EAXV pueris tu retro V tradas LPQfV:
tractas fs.l.EAXV tractes Vs.l.
5
Lucillio sviluppa il motivo paragonando comicamente ad un coro teatrale il
seguito di schiavetti dellinvitato (1-4). La sua proposta nale di invertire
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Vite nocens rosa stabat moriturus ad aras
hircus, Bacche, tuis victima grata focis.
Quem Tuscus mactare deo cum vellet aruspex,
dixerat agresti forte rudique viro
ut cito testiculos et acuta falce secaret,
taeter ut immundae carnis abiret odor.
Ipse super virides aras luctantia pronus
dum resecat cultro colla premitque manu,
ingens iratis apparuit hirnea sacris.
Occupat hanc ferro rusticus atque secat,
hoc ratus antiquos sacrorum poscere ritus
talibus et bris numina prisca coli.
Sic, modo qui Tuscus fueras, nunc Gallus aruspex,
dum iugulas hircum, factus es ipse caper.
10
hab. T
tit. de (h)aruspice hirneoso PQf : de aruspice hernioso fs.l. de harsispice
hirneoso L de aruspice hircanioso T 1 rosa LPQf : rasa Lut vid. rosea T stabat
T EAX: stat V
moriturus T EAXV: moritura E
2 hircus TLQf : hyrcus T
hercus Pf victima TLPQf : victuma f focis T: sacris LPf satis Q 3 tuscus
:
turcus T deo TLPQin mg.f : om. Q aruspex LPQf : aruspix T auruspex Q 4
agresti T EAXV: agesti A forte TQf : forti LPf rudique
: rudeque T 5 ut
cito T : ut duo Eldick force Heinsius et acuta
: et accuata T set acuta Scriverius
in Animadv. peracuta ed. Ferr. ed. Ald. Ramirez de Prado Scriverius in textu praeacuta
Heinsius curvata Schneidewin 6 abiret : haberet T 7 aras luctantia T : aras super
luctantia T 8 colla premitque manu TfEX: colla premitque manus LPQ manu premitque
colla EA colla manuque premit AV 9 hirnea LPQfEAXV: iurnea f hernia Vs.l.
hircania T 10 occupat TLQf : occupant P hanc : (h)ac hoc T ferro T : ferre
T atque TQ : ante LPf hancque Q 11 antiquos T V: antiquo EAXV 12 bris
TLPQf : mbris L prisca T : priscas T 13 sic TLPQf : si Q tuscus : turcus
T fueras TLPQf : fueram f 14 es : est T
Colpevole per aver brucato una vite, stava per essere ucciso presso laltare
un capro, o Bacco, vittima gradita alle tue amme.
Volendolo sacricare al dio, un aruspice Etrusco
aveva detto ad un rozzo campagnolo
di tagliare subito i testicoli e con una falce aflata,
5
perch se ne andasse il disgustoso odore dellimmonda carne.
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nocte Venus. / casta placent superis: pura cum veste venite / et manibus
puris sumite fontis aquam; vd. Daremberg-Saglio IV 2, s.v. sacricium, p.
977; Wissowa 1912, p. 416 n. 3. Il verso parodia lo stile epico: ingens, attributo
caro allepica, qualica sempre persone o luoghi enormi (vd. A. Grillo, s.v.
ingens, EV II, p. 968 sg.); anche apparuit contribuisce a creare lattesa di
qualcosa di notevole, che viene delusa, con effetto comico, dallapparizione
dellernia; probabile qui unallusione in chiave parodica a Virgilio: cfr. Aen.
VIII 241 sg. at specus et Caci detecta apparuit ingens / regia; X 579
inruit adversaque ingens apparuit (sc. Aeneas) hasta (il parallelo con i
due passi virgiliani segnalato da Citroni 19872, p. 398). iratis sacris: i
riti, personicati, sono adirati per limpurit di colui che ofcia il sacricio;
lespressione ricalcata su quella pi comune iratis dis (Otto, Sprichwrter,
p. 110): cfr. Plaut. Mil. 314; Pers. 666; Poen. 452; Ter. Phorm. 74; Hor. sat.
II 3, 8; Phaedr. IV 21, 15; Sen. apocol. 11, 3; Iuv. 10, 129; vd. anche Hor.
sat. I 5, 97 sg. Gnatia lymphis / iratis exstructa; II 7, 14 Vertumnis
natus iniquis. In Marziale cfr. IV 43, 5 sg. iratam mihi Pontiae lagonam, /
iratum calicem mihi Metili.
10. occupat hanc ferro: occupare ferro (o gladio o ense) locuzione di
stampo epico, che ha in genere il senso di colpire anticipando: cfr. Verg.
Aen. IX 768 sgg. Lyncea / vibranti gladio / occupat; Sen. Thy. 716
quem ferro occupat (vd. anche Sil. XIV 133; XVII 469). Come nel verso
precedente luso di una locuzione epica nel contesto comico dellepisodio
parodico.
11 sg.: i due versi evidenziano comicamente lottusit del rusticus, che
crede in tal modo di adempiere antichi riti e di compiacere gli di. talibus
et bris: sulla posposizione della congiunzione vd. la n. a 19, 5.
13: laruspice divenuto Gallus da Tuscus che era. Il verso gioca sul doppio
senso di Gallus: lattributo indica in primo luogo la nazionalit, ma Galli
erano chiamati i sacerdoti di Cibele, che erano castrati. Luso antonomastico
di Gallus per evirato risale ad Hor. sat. I 2, 121 ed frequente in Marziale
(cfr. I 35, 15; II 45, 2; III 73, 2; 81, 1 e 5; VII 95, 15; XI 72, 2; 74, 2).
Una simile pointe presenta lepigramma XI 74 curandum penem commisit
Baccara Raetus / rivali medico. Baccara Gallus erit; un analogo gioco
sullambiguit del termine ricorre in XIII 63 tit. capones. ne nimis exhausto
macresceret inguine gallus, / amisit testes. nunc mihi Gallus erit (Gallus
maiuscolo nel v. 2, necessario a mio avviso per la pointe, in Friedlaender,
Ker, Giarratano, Leary); cfr. anche XIII 64. La pointe ricorre anche in Priap.
Epigramma 24
243
55, 5 sg. ( Priapo a parlare) quae (sc. tela) si perdidero, patria mutabor,
et olim / ille tuos civis, Lampsace, Gallus ero. fueras: il piuccheperfetto
ricorre spesso in poesia in luogo dellimperfetto per ragioni metriche (vd. la
n. a 4, 8).
14: il verso presenta una comica metamorfosi dellaruspice basata, come
nel precedente, sul doppio senso dei termini: caper sinonimo di hircus
(vd. ThlL III 305, 84 sgg.), ma signica anche castrato: cfr. Gell. IX 9, 10
auctore M. Varrone is demum latine caper dicitur, qui excastratus est;
CGL V 275, 17 caper hircus castratus. Il verso citato a mo di proverbio
nellepigramma De lenone uxoris suae in AL 127, 9 sg. R. (= 116, 9 sg.
SB): solus vera probas iucundi verba poetae: / dum iugulas hircum, factus
es ipse caper, nel senso di diventare vittima delle proprie trame. Al v. 10
i codici dellAnthologia Latina tramadandano concordemente cum, che
Riese e Shackleton Bailey correggono in dum; un errore di memoria nella
citazione non mi sembra tuttavia da escludere.
244
25
Si temperari balneum cupis fervens,
Faustine, quod vix Iulianus intraret,
roga lavetur rhetorem Sabineium.
Neronianas is refrigerat thermas.
tit. ad faustinum EXV: ad fautinum A 2 vix LPQf : vis f 3 lavetur : labetur LQf
habetur P ut lavetur f sabineium LQf : sabineum PCF 4 neronianas Lf : neronicanas
P neronicanat Q is LPf: hic fs.l. om. Q refrigerat Qf : refrigera LPf
Epigramma 25
245
Plaut. trin. 675 sgg.; AP IX 15 (adesp.); APl. 209 (adesp.); Porc. Licin. 6
Mor. - 6 Blns. (Gell. XIX 9, 13); CIL IV 4967 (epigramma di Tiburtino);
sul motivo vd. V. Tandoi, Gli epigrammi di Tiburtino a Pompei, Lutazio
Catulo e il movimento dei preneoterici, QuadFoggia 1, 1981, pp. 133-175
(ora in Tandoi 1992, pp. 128-155); A. M. Morelli, Lepigramma latino prima
di Catullo, Cassino 2000, p. 212 sgg. In Marziale, come ha recentemente
messo in luce M. Salanitro (Lamore incendiario in Marziale, Maia 55,
2003, p. 310 sgg.), unarguzia basata su questo topos presente in XIV 193
(tit. Tibullus) ussit amatorem Nemesis lasciva Tibullum, / in tota iuvit
quem nihil esse domo. Fraintende completamente lepigramma Calderini,
che spiega: Iocatur in Sabineum rhethorem qui tantum ventum emittebat
podice ut possit refrigerare balnea calidissima.
I retori sono bersaglio della satira di Marziale anche in V 21; 54 (entrambi
ironizzano sulla loro scarsa memoria). Il nome Sabineius, che in Marziale
compare solo qui, formato dalletnico Sabinus, come Apuleius da Apulus
(vd. W. Gilbert, Zu Martialis, NJP 127, 1883, p. 643). Sabinaeum,
presente in P e in altri recenziori, stato accolto da Schneidewin2. Su
Faustino, dedicatario del libro e probabile ospite di Marziale in Cispadana,
vd. lIntroduzione, 3. Sui balnea nella poesia greco-latina vd. Busch 1999.
1. temperari: tempero usato in riferimento al calore delle terme anche in
X 48, 3 temperat haec (sc. octava hora) thermas.
2. quod vix Iulianus intraret: luomo, che doveva essere amante dei bagni
caldi, non altrimenti noto; mi sembra tuttavia da escludere che si tratti di
personaggio ttizio, come ritengono Heraeus e SB. Il nome, derivato dal
gentilizio, era molto comune (vd. Kajanto 1965, p. 148). In Marziale ricorre
soltanto qui.
3. roga lavetur: la paratassi un tratto caratteristico della lingua duso (vd.
Hofmann, LU, p. 249 sgg.; Hofmann-Szantyr, p. 529 sg.). La costruzione
paratattica di rogo ricorre in Marziale anche in I 35, 13; 96, 2 sg.; II 79, 2; IV
82, 2; VI 5, 2; VII 95, 18; VIII 2, 8.
4: Sabineio un retore talmente frigidus da riuscire a raffreddare persino
le terme di Nerone! Il frigus retorico (gr.
,
) un
difetto stilistico, consistente, secondo Aristotele (cfr. rhet. 1405 b 35 sgg.
con il commento di Cope; vd. inoltre LaRue Van Hook, CPh 12, 1917, pp.
68-76), nelluso e abuso di parole composte, rare o inusitate, nello sfoggio
di epiteti lunghi e impropri, di metafore inopportune, pompose e oscure
246
Epigramma 26
247
26
Praedia solus habes et solus, Candide, nummos,
aurea solus habes, murrina solus habes,
Massica solus habes et Opimi Caecuba solus,
et cor solus habes, solus et ingenium.
Omnia solus habes - hoc me puta velle negare! uxorem sed habes, Candide, cum populo.
248
caeli, / solus Mentoreos habes labores. / nec desunt tibi vera Gratiana, /
nec quae Callaico linuntur auro, / nec mensis anaglypta de paternis. /
argentum tamen inter omne miror / quare non habeas, Charine, purum; la
pointe dellepigramma concentrata nellultima parola, purum, che riferito
allargento signica non caelatum, ma che allude alle perversioni sessuali
del protagonista. La ripetizione di una struttura ssa (o quasi) modulo
compositivo caro a Marziale, spesso vlto ad accrescere leffetto di sorpresa
dellultimo verso: cfr. I 77; II 33; VII 10; 92; IX 97; X 79; XI 47; 94; XII 28
(29). La conclusione dellepigramma consente di vedere nel protagonista
il tipo del marito sciocco (su cui vd. Brecht 1930, p. 86 sg.), vittima delle
beffe di Marziale anche in I 73 (dove per per Citroni si tratterebbe del
tipo del marito che prostituisce la moglie); III 85; V 61; XII 93; unevidente
allusione allo stupidus maritus, carattere protagonista del cosiddetto mimo
delladulterio (su cui vd. R.W. Reynolds, The Adultery Mime, CQ 40,
1946, pp. 77-84), ravvisabile in V 61 (sullinusso del mimo su Marziale
vd. Canobbio 2001, specialmente p. 203 sgg.). Candido compare anche in II
24; 43; III 46; XII 38. Il nome senzaltro ttizio (sulla sua diffusione vd.
Kajanto 1965, p. 227).
1. solus habes: lespressione, ripetuta in ogni verso, intende probabilmente
riprendere in chiave parodica un esagerato vanto del patrono: assai utile
risulta il confronto con Petron. 50, 2 ait Trimalchio: s o l u s sum qui
vera Corinthea h a b e a m. Unintenzione analoga va ravvisata in IV 39
cit. nella n. intr. Linsistita anafora di solus parodia inoltre lo stile innico, in
cui lattributo (gr.
) attesta lunicit della divinit: vd. Norden 1923,
index ss.vv.
, solus; vd. anche la n. al v. 5 omnia solus habes. Per
questa accezione di solus Housman (19312, p. 409 = Class. Pap., p. 1181) ha
opportunamente portato a confronto IV 39, 2 sgg. cit. nella n. intr.; VI 50,
4 argentum, mensas, praedia solus emit; Ter. Phorm. 854 sine controversia
ab dis solus diligere, Antipho; cfr. anche Ter. Andr. 973 solus est, quem
diligant di; Fur. Bib. fr. 6 Blns. (17 Mor.) Cato grammaticus, Latina
Siren, / qui solus legit ac facit poetas (sulla problematica esegesi del v. 2
vd. N. Terzaghi, Facit poetas. A propos de lpigramme sur Valrius Cato
attribue Furius Bibaculus, Latomus 2, 1938, pp. 91-94; R. Goossens,
Facit poetas, Latomus 2, 1938, p. 233 sgg.; A. Ronconi, Quaeque notando,
SIFC 29, 1957, pp. 125 sgg.; N. Terzaghi, Lacit poetas?, SIFC 30, 1958,
pp. 116-121; non concordo con Courtney, FLP, p. 195, per il quale solus
Epigramma 26
249
signicherebbe particularly well con legit e forse alone con facit). Alcuni
interpreti, inuenzati da II 43, in cui Candido un ricco avaro che non d
nulla al suo amico Marziale, hanno inteso lespressione solus habes come un
riferimento allavarizia di Candido, che non condivide nessuno dei suoi beni
con gli altri (vd. Ker: Lands are yours alone; Izaac: Tu as des domaines
qui son toi seul; Scndola: Possiedi da solo dei poderi). Tale ipotesi non
appare persuasiva: in tal modo non si spiega il verso 4 et cor solus habes,
solus et ingenium, dove evidente che habere ha il normale signicato di
possedere, che quindi deve avere anche negli altri versi perch lanafora
abbia tutta la sua efcacia; inoltre la parentetica del v. 5 non avrebbe ragion
dessere se lespressione omnia solus habes costituisse un rimprovero al
patrono; inne la conclusione dellepigramma verrebbe a contraddire
proprio laffermazione omnia solus habes, che la parentetica del v. 5 serve a
garantire. Fornisce un valido sostegno a questa interpretazione il confronto
con Petron. 50, 2 cit. supra. Marziale riprende ironicamente lesagerato vanto
di Candido per beffarlo nella conclusione. Mi sembra corretta la traduzione
di SB2: Nobody but you has land, nobody but you has.
2. aurea: metonimia per coppe doro (vd. OLD s.v. nr. 4 b): cfr. IX 59, 17;
X 49, 3 sg.; XIII 110, 1 sg.; XIV 109. Secondo Friedlaender (seguito da Ker
e SB2) si tratta genericamente di goldenes Geschirr, ma laccostamento
con murrina sembra indicare che si tratta di coppe: cfr. XIII 110, 1 sg.
Surrentina bibis? nec murrina picta nec aurum / sume. murrina: coppe
di murra. La murra era una pietra pregiata, portata a Roma dallOriente
in seguito alla vittoria di Pompeo su Mitridate nel 63 a.C. (cfr. Plin. nat.
XXXVII 18). probabile che con questo termine si indichi la uorite (vd.
A. Loewenthal-D.B. Harden, Vasa Murrina, JRS 39, 1949, pp. 31-37;
G.C. Whittick, JRS 42, 1952, pp. 66-67; RE VIII A 1, 432, 25 sgg.). I
murrina erano oggetti di lusso, dal prezzo molto elevato (cfr. Plin. nat.
XXXIII 5 murrina quibus pretium faceret ipsa fragilitas): secondo la
testimonianza di Plinio il Vecchio (nat. XXXVII 18) una coppa era stata
pagata 70000 sesterzi ed il suo valore era ulteriormente aumentato; lex
console Tito Petronio (unanimemente ritenuto lautore del Satyricon) prima
di morire spezz un mestolo di murra che aveva pagato 300000 sesterzi;
Nerone aveva pagato una coppa addirittura un milione di sesterzi. Sono
sempre menzionati da Marziale come oggetti di lusso: cfr. III 82, 24 sg.; IV
85, 1; IX 59, 14; X 80, 1; XI 70, 8; XIII 110, 1; XIV 113; vd. anche Sen. epist.
123, 7; Iuv. 6, 155; 7, 133; ThlL VIII 1684, 14 sgg.
250
Epigramma 26
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252
sentis, / magna rogas - puta me velle negare: licet?- / et nisi iuratus dixi eqs.
Quella di intendere cos il passo sembra comunque la soluzione migliore,
pur restando qualche dubbio. Hanno mantenuto il testo meglio attestato
nei codici, con interpunzione esclamativa, Schneidewin, Lindsay, Duff, Ker,
Giarratano, Heraeus (vd. anche Citroni, p. 211; Kay, p. 198). Ha per goduto
di una certa fortuna la congettura nec me puta velle negare, attribuita a J.N.
Madvig (Adversaria Critica, II, Kopenhagen 1871 = Hildesheim 1967, p.
163), ma gi avanzata da Scriverius nelle Animadversiones: lhanno accolta
Friedlaender, Izaac, Norcio. In tal modo, con un lieve intervento sul testo,
si ottiene unimperativo negativo, senzaltro adeguato per il senso. Nec con
limperativo attestato nella poesia augustea (Virgilio, Tibullo, Ovidio) e
ricorre in Marziale in IV 14, 10 sg. nostris otia commoda Camenis, / nec
torva lege fronte, sed remissa (sc. libellos); XIII 55, 1 musteus est: propera,
caros nec differ amicos, dove per segue, come di norma, un imperativo
affermativo (vd. Hofmann-Szantyr, p. 340), mentre questo sarebbe lunico
caso in cui segue un verbo allindicativo. N appare pi convincente
lipotesi di Gilbert di leggere ne me puta velle negare: il costrutto, che
appartiene alla lingua colloquiale (vd. Hofmann-Szantyr, p. 340), piuttosto
frequente in Marziale per rendere limperativo negativo (V 10, 11; 48, 7;
VI 27, 5; VIII 59, 3; XII 55, 3; XIV 69, 1; 97, 1; 178, 1), ma non sarebbe
facile giusticare la corruttela; laccostamento dei due monosillabi (ne me),
seppur poco elegante, ricorre in II 68, 3 ne me dixeris esse contumacem;
cfr. anche epigr. 27 (24), 3 ne te decipiat ratibus navalis Enyo; X 65, 15 ne
te, Charmenion, vocem sororem; XI 102, 7 audiat aedilis ne te videatque
caveto. Molto poco plausibile appare inne la proposta di Shackleton
Bailey 1989, p. 133, accolta nelle sue edizioni, di leggere hoc me puta nolle
negare: la costruzione, piuttosto forzata e innaturale, rivela i suoi limiti
nella traduzione fornita dallo stesso SB2: Suppose I dont choose to deny
it. Una interpretazione completamente diversa degli ultimi due versi ha
proposto Schuster 1926, p. 344 sg., che mantiene il testo trdito eliminando
per linterpunzione esclamativa. Il senso sarebbe lopposto rispetto a
quanto ipotizzato dagli altri interpreti: Marziale intenderebbe negare
soltanto la sua ultima affermazione (omnia solus habes: hoc me puta velle
negare). Candido possiede solo molte ricchezze, ma non tutto, poich la
moglie la condivide con il popolo. Lipotesi scarsamente convincente: il
valore non avversativo, ma illustrativo di sed nellultimo verso (und zwar
traduce Schuster) non sembra ammissibile; puta inoltre non avrebbe
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Numquam me revocas, venias cum saepe vocatus:
ignosco, nullum si modo, Galle, vocas.
Invitas alios: vitium est utriusque. Quod? inquis.
Et mihi cor non est et tibi, Galle, pudor.
hab. R tit. ad gallum R
1 venias cum saepe RLPQf: cum sis prior ipse fv.l.
3
alios vitium est R Vs.l.: alio fuit dum est EXV alio fuit dum A utriusque RPQf :
utrisque LQ 4 et (alt.) RLPQfEX: nec fs.l.AV om. EA
Non ricambi mai linvito, bench tu venga spesso invitato a cena da me:
ti perdono, o Gallo, se non inviti nessuno.
Tu inviti altri: il difetto dentrambi. Quale? dici.
Io non ho cervello, tu, o Gallo, non hai pudore.
Gallo non invita mai a cena il poeta, pur essendo da lui spesso invitato.
La scortesia sarebbe scusabile se il suo comportamento fosse uguale con
tutti, ma egli invita altre persone. La colpa di entrambi, dice Marziale: a lui
manca lintelligenza, poich ha continuato a invitare una persona che non
lo meritava, a Gallo manca il pudore, perch ha continuato ad accettare gli
inviti del poeta, pur non avendogli mai ricambiato la cortesia. Lepigramma,
uno tra i pi scialbi del libro, sviluppa un tema attinente al bon ton nei
rapporti sociali a Roma, dove la reciprocit nei beneci, commisurata alle
proprie possibilit, presupposto rilevante per il mantenimento dei rapporti
di amicitia: cfr. Cic. off. I 47 sg.; Brut. 15; Att. XIII 12, 3; Sen. ben. II 18,
5; vd. R.P. Saller, Personal Patronage under the Early Empire, Cambridge
1982, p. 14. Marziale mostra di aderire al precetto in XII 48, 17 sg. me meus
ad subitas invitet amicus ofellas. / haec mihi quam possum reddere cena
placet. Gallo dunque non ricambiando gli inviti di Marziale viene meno a
questa norma di cortesia. Ad argomento analogo dedicato II 79, nel quale
Nasica invita Marziale a cena solo quando sa che questultimo ha ospiti, in
modo da compiere il gesto formale dellinvito, senza per dover sostenere le
spese di una cena, e, probabilmente, nella speranza di ricevere un invito (v. 1
invitas tunc me, cum scis, Nasica, vocasse). Gallus nome ttizio ricorrente
negli epigrammi di Marziale per diversi tipi.
Epigramma 27
255
1. venias cum saepe vocatus: voco assoluto indica spesso linvito a cena
a partire da Plauto (vd. OLD s.v. nr. 3); numerose sono le occorrenze in
Marziale. Per luso con venio cfr. XI 35, 2 quare non veniam vocatus ad te.
La lezione cum sis prior ipse vocatus di , accolta fra gli editori moderni dal
solo Schneidewin1, sar probabilmente da considerare un tentativo, piuttosto
maldestro, di colmare la lacuna creata dalla caduta di venias per omeoteleuto,
intervento basato forse su V 66, 1 saepe salutatus numquam prior ipse salutas
(Heraeus 1925, p. 323; Heraeus, p. XXXI): qui il comportamento inurbano
di Gallo consiste nel non ricambiare mai i frequenti inviti del poeta; non
pertanto in questione la priorit di un gesto (il saluto in V 66; cfr. anche III
95, 1 sg. numquam dicis have, sed reddis, Naevole, semper, / quod prior et
corvus dicere saepe solet). Casi analoghi non sono infrequenti nella famiglia
(vd. Heraeus 1925, p. 323). In modo pertanto poco persuasivo Lindsay 1903,
p. 22, inserisce il caso tra quelli per cui possibile ipotizzare la variante dautore
e attribuisce soltanto greater force alla versione di RLPQf. Muove invece
dalle considerazioni di Lindsay Di Giovine 2002, p. 131, che, rovesciando il
ragionamento di Heraeus, si serve di V 66, 1 per dimostrare la plausibilit della
lezione di rispetto alla lingua e alluso di Marziale, senza dover necessariamente
parlare di variante dautore, e si mostra scettico sulla possibilit di interpolazioni
basate su epigrammi di altri libri, che presupporrebbero moderni strumenti di
consultazione (Di Giovine 2002, p. 131 n. 54).
2. nullum: luso di nullus in luogo di nemo appartiene alla Umgangssprache
n dallet arcaica ed attestato anche in et classica; frequente in et
postclassica, si afferma nel latino tardo; in poesia favorito da ragioni metriche
(vd. Hofmann-Szantyr, p. 204 sg.; Axelson 1945, p. 76 sg.). In Marziale, dove
nemo ricorre frequentemente (mai il dat. e lacc.), cfr. I 23, 1; 73, 1; IV 83, 3;
VI 64, 22; VII 42, 6.
3. invitas: sc. ad cenam; luso assoluto, come per voco (vd. la n. al v. 1),
comune (vd. ThlL VII 2, 228, 55 sgg.). Quod? inquis: lintervento diretto
del bersaglio dellepigramma tecnica molto usata da Marziale, che rende pi
mosso landamento del componimento e spesso, come qui, prepara la pointe:
cfr., solo per citare i casi in cui compare inquis, II epist. 2; 65, 2; III 38, 3; 46,
3; IV 33, 3; 72, 4; V 16, 13; 61, 7; 63, 1 e 5; VI 34, 1; 54, 3; 56, 5; VIII 10, 3; 17,
3; 37, 3; X 11, 5; XII 40, 5.
256
28
Auriculam Mario graviter miraris olere?
Tu facis hoc: garris, Nestor, in auriculam.
hab. R cum 27 con. f tit. ad nestorem RLPQf in mg.
miraris olere : miraresolerer R
Epigramma 28
257
1977, p. 123 sg.): cfr. V 73, 1 sgg. non donem tibi cur meos libellos /
/ miraris, Theodore?; VI 11, 1 sg. quod non sit Pylades hoc tempore, non
sit Orestes / miraris?; 89, 7 miraris, quantum biberat, cepisse lagonam?;
VII 18, 3 sg. cur te tam rarus cupiat repetatque fututor / miraris?; X 84,
1 miraris, quare dormitum non eat Afer?; XI 38, 2 miraris pretium tam
grave?; 57, 1 sg. miraris docto quod carmina mitto Severo, / ad cenam cum
te, docte Severe, vocem?; XII 51, 1 sg. tam saepe nostrum decipi Fabullinum
/ miraris, Aule?; XIII 74, 2 miraris? (analoghi moduli interrogativi sono
quelli, numerosissimi, introdotti da quaeris / requiris, per i quali vd. la n.
intr. di Grewing a VI 67; Siedschlag 1977, p. 24 sg. e la mia n. a 32, 1).
In questo caso linterrogativa contribuisce a porre un accento pi marcato
sul pronome personale che apre il pentametro, in modo da intensicarne
il tono accusatorio. auriculam: diminutivo banalizzato gi in tarda et
repubblicana (cfr. Catull. 67, 44; Lucr. IV 594), che si differenzia unicamente
nel volume sillabico dalla forma originaria (vd. Ronconi 1940, p. 3 sgg.;
Hofmann, LU, p. 297 sgg.; Hanssen 1951, p. 117 sgg.; Vnnen 1974, p.
170 sg.): la completa perdita del valore diminutivo evidente in Varr. rust.
II 9, 4 auriculis magnis. In Marziale auricula, comodo dal punto di vista
metrico, ricorre, sempre come ultima parola del pentametro, anche in V 77,
2; XII 29 (26), 12; XIV 137, 2. Si tratta di una forma della lingua familiare,
come testimoniano il suo uso in frasi proverbiali (vd. Otto, Sprichwrter,
pp. 43; 46 sg.), nonch lesito romanzo (orecchia, oreille, oreja).
2. garris in auriculam: garrire, verbo della sfera colloquiale, ha qui una
sfumatura negativa e suggerisce un chiacchiericcio continuo e fastidioso:
cfr. Hor. sat. I 9, 11 sgg. o te, Bolane, cerebri / felicem! aiebam tacitus,
cum quidlibet ille / garriret, vicos urbem laudaret; per la iunctura cfr. I
89, 1 garris in aurem semper omnibus; V 61, 3 dominae teneram garrit
in aurem; XI 24, 2 aurem dum tibi praesto garrienti; Pers. 5, 96 ratio
secretam garrit in aurem.
258
29
Has cum gemina compede dedicat catenas,
Saturne, tibi Zoilus, anulos priores.
om . Q, add. Q in mg. tit. ad saturnum de zoilo : de zoilo LPf in zoilum Q 1 dedicat
Qf : dicat LPf
Epigramma 29
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servis indunt compedes / nimis stulte faciunt mea quidem sententia) o dei
condannati ai lavori forzati, come, ad es., quelli che lavoravano la terra
(Mart. IX 22, 4 et sonet innumera compede Tuscus ager); vd. DarembergSaglio II, p. 1428; Marquardt 1886, p. 182. catenas: per le mani: cfr. Plin.
epist. VII 27, 5 cruribus compedes, manibus catenas gerebat.
2. Saturne: il nome della divinit cui viene dedicato loggetto
collocato enfaticamente al principio del secondo verso anche in IV 45,
dopo la descrizione dellofferta. anulos priores: secondo una diffusa
interpretazione (vd. R. Schmook, De M. Valeri Martialis epigrammatis
sepulcralibus et dedicatoriis, Diss. Lipsiae 1911, p. 96 sg.; Ker; Izaac; SB2;
vd. anche Grewing, p. 574; Kay, p. 151) sia in questo epigramma che in
XI 37 cit. nella n. intr. il riferimento sarebbe allanulus aureus dei cavalieri
(su cui vd. S. Demougin, De lesclavage lanneau dor du chevalier,
in C. Nicolet [dir.], Des ordres Rome, Paris 1984, pp. 217-241; Ead.,
Lordre questre sous les Julio-Claudiens, Rome 1988, pp. 789-794; 814817); la critica di Marziale sarebbe pertanto rivolta non solo alla volgare
ostentazione, ma anche allusurpazione di Zoilo dello status di cavaliere.
Lipotesi non per persuasiva: in questo caso il paragone e il meccanismo
della pointe funzionano se ai ceppi e alle catene, che precedentemente
costringevano piedi e mani di Zoilo, corrispondono pi anelli, di cui viene
messo in evidenza soprattutto il peso: per luso scherzoso di compedes per
pesanti bracciali cfr. Petron. 67, 7 videtis inquit mulieris compedes sex
pondo et selibram debet habere; Plin. nat. XXXIII 152 argentum succedit
aliquando et auro luxu feminarum plebis compedes sibi facientium.
Anche in XI 37 cit. nella n. intr. Marziale sottolinea le dimensioni e il peso
inusitato dellanello per mettere in luce la volgarit del parvenu. In entrambi
gli epigrammi bisogna sottolineare la completa assenza di spie che lascino
intravedere un riferimento allanulus aureus dei cavalieri. Lostentazione
di gemme appariscenti invece un tratto ricorrente nella satira contro il
parvenu: cfr. Petron. 32, 3 cit. nella n. intr.; Mart. II 29, 2 cuius et hinc
lucet sardonychata manus; Iuv. 7, 139 sg. Ciceroni nemo ducentos / nunc
dederit nummos, nisi fulserit anulus ingens. Il tentativo da parte di abusivi
di passare per cavalieri, imitandone abbigliamento e atteggiamenti, invece
centrale nel ciclo del V libro dedicato alla restaurazione domizianea della
Lex Roscia theatralis (vd. Canobbio 2002, p. 60 sg.; passim). Unanaloga
forma di irrisione ricorre nei Versus populares contro Sarmento (p. 112 M.;
248 sg. Blns.): aliud scriptum habet Sarmentus, aliud populus voluerat.
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Sportula nulla datur; gratis conviva recumbis:
dic mihi, quid Romae, Gargiliane, facis?
Unde tibi togula est et fuscae pensio cellae?
Unde datur quadrans? Unde vir es Chiones?
Cum ratione licet dicas te vivere summa,
quod vivis, nulla cum ratione facis.
Epigramma 30
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65; VIII 13, per diversi tipi. Il nome ha poche attestazioni nel CIL (vd.
Kajanto 1965, p. 147). In R (f. 101v) sotto il titolo Ad convivam ingratam
(sic) trdito un distico composto dal v. 1 di questo epigramma seguito dal
pentametro accipis (accipias R) haut reddis nullus in ore pudor, che va
considerato unarbitraria elaborazione di un copista; da notare lignoranza
del genere grammaticale di conviva, forse unita a pregiudizio sessista (vd.
Mastandrea 1996, p. 117 sg.). Il caso non isolato: inserita tra III 11 e III
16 (f. 101r) R riporta una redazione abbreviata di II 32, sotto il titolo De
balbo, dove al primo verso (Lis mihi cum Balbo est, tu Balbum offendere
non vis), abbinato un pentametro assolutamente estraneo al senso
originario dellepigramma (balbus erit quisquis dicere recta nequit).
1. Sportula nulla datur : sportula, termine chiave dellepigramma,
posto signicativamente in apertura del componimento (per la collocazione
di termini-chiave in principio di epigramma vd. la n. a 41, 1 mutua; 43, 1
mentiris; 75, 1 stare); sulla sportula e sulla sua temporanea abolizione da
parte di Domiziano, testimoniata in questo libro, vd. la n. intr. allepigr. 7. Il
verso testimonia luso, di cui non possibile stabilire la frequenza, di unire
alla sportula un invito a cena: cfr. III 60, 1 cum vocer ad cenam non iam
venalis ut ante; IV 68, 1 invitas centum quadrantibus et bene cenas; IX 100,
1 denaris tribus invitas; XII 29 (26), 13 sgg. rogat ut secum cenes Laetorius
inquit. / viginti nummis? non ego: malo famem / quam sit cena mihi,
tibi sit provincia merces; XIII 123 cum tua centenos expunget sportula
civis, / fumea Massiliae ponere vina potes. gratis: luso avverbiale, diffuso
in commedia nella forma trisillabica (gratiis), ricorre in poesia soltanto in
Ovidio (3 casi), Fedro e Lucano (1 caso entrambi). Marziale ne fa un uso
ampio (20 casi). recumbis: verbo tecnico per indicare lazione di stendersi
sul triclinio; ricorre anche in II 19, 3; V 78, 24; VI 74, 1; VII 67, 9; X 98, 4.
7; XI 23, 11; XII 17, 7.
2. Dic mihi: la locuzione affettiva (per cui vd. la n. a 11, 4) serve qui a porre
un accento pi marcato sullinterrogativa seguente. quid Romae, Gargiliane,
facis?: la domanda, che quasi equivale ad unaffermazione negativa (non hai
ragione di stare a Roma), mette a nudo la condizione critica dei clienti privati
della sportula; per lespressione, di natura colloquiale, cfr. Ov. epist. 20, 153
sg. alterius thalamo, tibi nos, tibi, dicimus, exi: / quid facis hic? exi: non
vacat iste torus. Senzaltro inuenzata da questa la sconsolata domanda
dellUmbricio di Giovenale (3, 41): quid Romae faciam? (sulle numerose
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Epigramma 30
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137; Sen. epist. 86, 9; Iuv. 2, 152; 6, 447. Secondo SB2 anche in III 7, 3
quos (sc. centum quadrantes) dividebat balneator elixus Marziale farebbe
riferimento al prezzo di un quadrante per lentrata alle terme, che esaurirebbe
lintera sportula (ma lesegesi non persuasiva: vd. la n. ad loc.). unde vir
es Chiones: Chione una prostituta anche in I 34, 7; 92, 6; III 34, 2; 83, 2;
87, 2; 97, 1; XI 60, 1 sgg. e in Iuv. 3, 135 sg. cum tibi vestiti facies scorti
placet haeres / et dubitas alta Chionen deducere sella, dove lidentit del
tema rende molto probabile una ripresa da questo verso (vd. Colton 1991,
p. 115). Il nome ricorre tre volte nellindex di CIL VI. Sulluso di nomi
greci per prostitute, frequente a Roma, vd. Grifn 1976, p. 96 sg.; NisbetHubbard1, ad Hor. carm. I 19, 5, p. 240. Le tariffe partivano da cifre molto
basse, quali presuppone anche questo verso: cfr. I 103, 10 asse cicer tepidum
constat et asse Venus; II 53, 7 si plebeia Venus gemino tibi vincitur (codd.;
iungitur Heinsius) asse; IX 4, 1 sg. aureolis futui cum possit Galla duobus /
et plus quam futui si totidem addideris (una conferma sui prezzi viene dalle
iscrizioni pompeiane: cfr., ad es., CIL IV 1969 add. p. 213; 4024; 4592; 5408);
somme pi alte erano senzaltro commisurate al livello della prostituta: cfr.
VII 10, 3 centenis futuit Matho milibus; X 75, 1 milia viginti quondam me
Galla poposcit; sullargomento vd. Friedlaender ad I 103, 10; K. Schneider,
s.v. meretrix, RE XV 1, 1025-1027. Per luso di termini del matrimonio (vir)
per rapporti sessuali cfr. Plaut. cist. 43 sgg. haec quidem ecastor cottidie viro
nubit, nupsitque hodie, / nubet mox noctu. numquam ego hanc viduam
cubare sivi. / nam si haec non nubat, lugubri fame familia pereat; vd.
Adams, LSV, p. 159 sgg. In Marziale vd. la n. a 82, 2 Summemmianas
uxores. Vir del resto comune nel lessico elegiaco nellaccezione di amante
(Pichon, p. 297).
5 sg.: lantitesi summa ratione-nulla ratione ricorre in Cic. leg. II 16 quid
est enim verius quam neminem esse oportere tam stulte adrogantem
ut ea, quae vix summa ingenii ratione comprehendantur, nulla ratione
moveri putet?
6. quod vivis, nulla cum ratione facis: si tratta di una movenza colloquiale:
cfr. VII 30, 7 sg. qua ratione facis, cum sis Romana puella, / quod Romana
tibi mentula nulla placet?; Cic. Att. XII 44, 3 quod domi te inclusisti ratione
fecisti; vd. anche Cic. n. III 16; Att. VII 7, 3; XII 43, 2; Quint. decl. 349, 12;
Plin. epist. VI 2, 4; VIII 4, 1; Hor. sat. I 4, 17. Sullampio utilizzo da parte
della lingua duso di verbi come fare, essere vd. Hofmann, LU, p. 335
sgg.; Hofmann-Szantyr, pp. 754-756.
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Sunt tibi, conteor, diffusi iugera campi
urbanique tenent praedia multa lares,
et servit dominae numerosus debitor arcae
sustentatque tuas aurea massa dapes.
Fastidire tamen noli, Rune, minores:
plus habuit Didymos, plus Philomelus habet.
hab. T om. EAXV, add. Vin mg. tit. ad runum fastidiosum T: ad runum divitem
LP ad runum diutem Q ad runum f in runum V
1 diffusi : difusi TV
2
urbanique V: albanique T 3 dominae numerosus V: domino numerosa T 4 massa
T: mensa V dapes T V: dabes T 5 tamen noli TLPQfV: noli tamen Q 6
didymos L: didymus V didimus TQ dydimus Pf
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nel contesto tuttavia opposto della frugale cena del poeta. aurea massa: la
lezione di T stata preferita a ragione da tutti gli editori moderni a mensa di
V. Massa indica la materia allo stato grezzo e, metonimicamente, oggetti
fabbricati con essa (vd. ThlL VIII 430, 58 sgg.). Il sostantivo dunque,
mettendo in maggior rilievo la materia rispetto alloggetto prodotto con
essa, si presta perfettamente ad esprimere lostentazione volgare di Runo.
Per luso in un contesto moralistico cfr. Petron. 88, 10 noli ergo mirari, si
pictura defecit, cum omnibus diis hominibusque formosior videatur massa
auri quam quicquam Apelles Phidiasque, Graeculi delirantes, fecerunt.
Nel 16 d.C. il senato aveva proibito luso di vasellame doro massiccio per
i cibi (cfr. Tac. ann. II 33, 1); il divieto era tuttavia largamente infranto,
come si deduce da numerose testimonianze: cfr. Sen. dial. VII 17, 2; XII
11, 3; epist. 119, 3; Iuv. 5, 39; 10, 27. Altrove Marziale parla di vasellame
placcato doro (chrysendetae) come simbolo del lusso dei patroni: I 37, 1;
II 43, 11; 53, 5; III 26, 2; IV 39, 7; VI 94, 1; X 49, 4 sg.; XI 29, 7; XII 49,
4; XIV 97; 109 (cfr. Isid. orig. XX 4, 8 chrysendeta vasa deaurata; Mart.
IV 39, 7 quae Callaico linuntur auro; sulle chrysendetae vd. Leary1 a XIV
97, p. 158; RE III 2494, 63 sgg.; Hilgers 1969, p. 145). Massa pone pertanto
in risalto leccessiva esibizione di ricchezze da parte di Runo. La lezione
mensa di V ha perci tutta laria di una banalizzazione, favorita sia dalla
vicinanza graca dei due nomi che dalla presenza nel contesto prossimo di
dapes (cfr. III 58, 42 nec avara servat crastinas dapes mensa). Tra laltro non
sono attestate mensae aureae, ma quelle di maggior pregio erano di legno
di cedro: cfr. XIV 89 tit. mensa citrea. accipe felices, Atlantica munera,
silvas: / aurea qui dederit dona, minora dabit (con il commento di Leary1);
vd. anche II 43, 9; IX 22, 5; 59, 10; X 80, 2; 98, 6; XII 66, 6; XIV 3. Tale
considerazione certamente alla base della congettura citrea per aurea di
Heinsius, che leggeva mensa.
5. fastidire noli minores: linvito a tenere un contegno meno
altezzoso verso i meno abbienti (minores) contiene unimplicita richiesta
di non valutare le persone con il solo metro della ricchezza (secondo un
diffuso adagio luomo tanto vale quanto possiede: vd. Otto, Sprichwrter,
p. 157; Tosi 1994, nr. 1784). Per latteggiamento di rispetto verso gli inferiori
cfr. Sen. nat. IVa praef. 18 adice adversus minores humanitatem, adversus
maiores reverentiam. Il nesso fastidire minores ricorre ancora in Claud.
VIII 303 sg. his tamen effectis neu fastidire minores / neu pete praescriptos
homini transcendere nes. Per una iunctura analoga cfr. Quint. decl. 301,
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per i nomi propri maschili greci, che i copisti tendono a normalizzare: cfr.
I 31, 2 Encolpos (-os : -us T ; vd. anche V 48, 2); I 50, 1 Mystillos (-os
LP: -us TQ in ras. ); I 92, 1 Cestos (-os L : -us TPQf); VI 68, 4 Eutychos;
VII 10, 1 Eros (vd. anche X 56, 6; 80, 1. 5); IX 56, 1 Spendophoros (-us
E); sulla graa dei nomi propri greci in Marziale vd. Renn 1888-89, pp.
21-23; Lindsay 1904, p. 29 sg.; in generale Neue-Wagener I, pp. 191-207,
specialmente 204 sg. per i nomi di persona. Gli esempi citati consentono
di osservare come spesso L conservi la graa originaria. Laccostamento di
nomi propri con desinenze greca e latina risponde al gusto alessandrino per
la variatio e ricorre spesso nella poesia augustea: cfr. Ov. epist. 13, 53 Ilion
et Tenedos Simoisque et Xanthus et Ide; 18, 127 vel tua me Sestus, vel te
mea sumat Abydos (corregge Sestos Kenney 1996); met. I 579 sg. populifer
Sperchios et inrequietus Enipeus / Apidanusque senex lenisque Amphrysos
et Aeas; III 210 Pamphagos et Dorceus et Oribasos, Arcades omnes; in
Marziale cfr. VI 77, 1 sg. cum sis tam pauper quam nec miserabilis Iros, /
tam iuvenis quam nec Parthenopaeus erat, dove
hanno Irus, ma heros
di T rende assai probabile Iros di Heinsius, accolto da tutti gli editori con
leccezione di SB, che rimanda a XII 32, 9 Irus tuorum temporum (Irus
, manca la prima famiglia), dove per luso antonomastico del nome
non avrebbe giusticato la desinenza greca (Irus ricorre in Ov. epist. 1,
95; trist. III 7, 42; ma Iron in rem. 747, senza necessit metrica); VII 10,
1 pedicatur Eros, fellat Linus (vd. anche la n. a 32, 3 possum Hecubam,
possum Nioben). Philomelus: si tratta dello stesso personaggio nominato
in IV 5, 9 sg. unde miser vives? homo certus, dus amicus / hoc nihil est:
numquam sic Philomelus eris, che corrobora lipotesi di ingenti ricchezze
ottenute con mezzi non onesti. Potrebbe trattarsi dello stesso Filomelo
nominato in III 93, 22 come uomo molto vecchio (vd. la n. ad loc.).
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An possim vetulam quaeris, Matrinia? Possum
et vetulam, sed tu mortua, non vetula es.
Possum Hecubam, possum Nioben, Matrinia, sed si
nondum erit illa canis, nondum erit illa lapis.
vv. 1-2 hab. R tit. ad matriniam fX: ad matrinia EAV ad matroniam R ad matriam
LPQf 1 an possim vetulam quaeris, M.? distinxi: an possim vetulam quaeris, M. ed. Ferr.
Heraldus non possum vetulam. quereris, M.? v2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom. 2 Friedrich
num possim vetulam, quaeris M. Scriverius an possum R non possum
quaeris R:
quaereris EAF quereris PQfXV quaerere L te quaerere L matrinia f : matronia R
matria LPf sed matria Q 2 sed tu R EAXVs.l.: non tu V mortua RLPf : matria
Q non vetula es R X: non tula es EAV mortua es A 3 hecubam LPf : heccubam Q
hubam L nioben Qf: niob L niob L niobam P
matrinia fAXV: matria LPfEV
o matria Q 4 erit (pr.) LPQfEAX: erat fs.l.V erit (alt.) LPQfA: erat fs.l.EXV
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1-46; Richlin 1992, pp. 105-143). Nel corpus marzialiano il tema ricorre
frequentemente: particolare rilievo merita, per la sua notevole estensione,
lepigr. 93 di questo libro; cfr. anche VII 75; IX 37; X 67; 90; XI 29; 62;
97. Limpossibilit di avere rapporti con una donna troppo anziana, se non
dietro pagamento, alla base di VII 75; XI 29. Un comico capovolgimento
del motivo si trova nellepigr. 76 di questo libro (Basso si eccita soltanto
con le vecchie). Il nome Matrinia, senzaltro ttizio, ricorre in Marziale
solo in questo epigramma (per la variante Matronia di R vd. la n. al v. 1).
1: la soluzione migliore per questo verso molto tormentato quella
delleditio Ferrariensis del 1471, sostenuta quindi da Heraldus, che segue
il testo della prima famiglia (an quaeris R), con la lieve correzione
di possim per possum. Rispetto per allinterpunzione prescelta da molti
editori moderni (Schneidewin, Gilbert, Friedlaender, Giarratano, Izaac)
preferibile, a mio avviso, porre il punto interrogativo dopo Matrinia.
Linterrogativa introdotta da quaeris (o requiris), spesso collocata in
apertura di epigramma, cui conferisce un andamento dialogico, costituisce
una delle movenze pi frequenti in Marziale: vd. Siedschlag 1977, p. 23 sg.;
cfr., ad es., I 57; II 38; 78; III 98; V 56; VI 67; VII 34; VIII 12; X 22; 102;
XI 19; 60; XII 17; 20; 57. Sulla corruzione di possim in possum, peraltro
facilissima, potrebbe avere inuito anche il possum collocato in ne di
verso (nonch ripetuto due volte nel v. 3). Il passaggio dal congiuntivo
allindicativo del resto un tipo di corruttela tra le pi comuni: cfr., ad es.,
I 59, 4 tam male cum cenem, cur bene, Flacce, laver? (laver : lavor );
II 7, 7 nil bene cum facias, facias tamen omnia belle (facias t. Frisingensia
excerpta: facis t. ); III 60, 1 cum vocer ad cenam non iam venalis ut ante
(vocer T: vocor
); 93, 15 admittat inter bustuarias moechas (admittat
: admittit ). La corruzione di an in non pu essere stata causata dalla mancata scrittura della A iniziale da rubricare e dalla conseguente
interpretazione della n come abbreviazione di non. Possono costituire un
piccolo indizio a favore di quaeris le forme quaereris di EA, i testimoni
pi fedeli nel riprodurre larchetipo della terza famiglia, e quaerere di L, il
manoscritto di maggior valore della seconda famiglia. Ha per goduto di
una certa fortuna la difesa del testo trdito sostanzialmente da due famiglie
(non possum quereris) fatta da Friedrich 1908, p. 621 sg., che proponeva
di leggere: non possum vetulam. quereris, Matrinia? A sostegno della
propria ipotesi lo studioso citava due casi identici di aplograa in T: II 85,
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3: la menzione di grandi gure del mito nel contesto umile degli epigrammi
produce effetti di notevole comicit; Marziale vi fa ricorso frequentemente:
cfr. I 62, 6 (una casta matrona in villeggiatura a Baia) Penelope venit, abit
Helene (vd. Citroni, ad loc.); III 76, 4 (a Basso che si eccita solo con donne
vecchie) cum possis Hecaben, non potes Andromachen!; in relazione alla
vecchiaia cfr. X 67; Priap. 57. Alcuni epigrammi di Lucillio (AP XI 69; 278;
408) costituiscono certo un precedente, ma avr probabilmente inuito su
Marziale anche la demitizzazione degli eroi omerici operata da Ovidio (cfr.,
ad es., ars II 709 sgg.). Hecubam: la gura di Ecuba, sbiadita nellIliade,
era stata ingigantita dai tragici e presto presa come bersaglio dai comici
(vd. Sittig, RE VII 2652-2662; Roscher I 2, 1878, 26-1883, 61). Il nome
usato da Marziale in modo antonomastico per indicare una donna vecchia
in III 76, 4 cit. supra. Luso ricorre nellepigramma greco in Mirino (poeta
della Corona di Filippo) che denisce la vecchia Laide
(AP
XI 67, 2) e Lucillio (AP XI 408, 6); nella letteratura latina non vi sono
altri esempi. Per Ecuba come exemplum di vecchiaia cfr. Mart. X 90, 5 sg.
istud belle / non mater facit Hectoris, sed uxor; Priap. 12, 1 quaedam
haud iunior Hectoris parente; vd. anche AP V 103, 4. In questo caso
non c antonomasia, ma Marziale afferma scherzosamente di potersi
fare la vera Ecuba, purch ancora non trasformata in cagna. Nioben:
citata in relazione alla sua vecchiaia dal solo Marziale anche in X 67, 2 (la
vecchissima Pluzia) quam vidit Niobe puella canam. La vecchiaia di Niobe
non evidenziata dalla tradizione e Marziale lavr probabilmente dedotta
dallelevato numero dei suoi gli (14 secondo la tradizione pi diffusa),
che la avvicina ad Ecuba (cui la unisce anche la metamorfosi che Marziale
sfrutta per la pointe). Su Niobe vd. il commento di Bmer2 a Ov. met. VI
146 sgg.; Roscher III 1, 372, 1- 423,55; Lesky, RE XVII 645, 9-706, 7. Il
nome sempre usato dai poeti latini e da Marziale secondo la declinazione
greca (come gli altri nomi greci in e: vd. Renn 1888-89, pp. 16-17): cfr.
V 53, 2 Nioben; X 67, 2 Niobe; Prop. II 20, 7; Ov. am. III 12, 31; met.
VI 148; 156; 165; 273; 287; Pont. I 2, 31; trist. V 1, 57; 12, 8; Stat. Theb.
VI 124; IX 682; Iuv. 6, 177; Nioba ricorre in poesia soltanto in Prop. III
10, 8 et Niobae lacrimas supprimat ipse lapis. Appare dunque nettamente
preferibile la lezione della seconda famiglia (LQf), mentre Niobam ha
tutta laria di una normalizzazione (hanno scelto Nioben Friedlaender,
Duff, Ker, Heraeus; Niobam Schneidewin, Gilbert, Lindsay, Izaac, SB, che
considera anche in apparato la possibilit di leggere Hecaben Nioben,
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Ingenuam malo, sed si tamen illa negetur,
libertina mihi proxima condicio est;
extremo est ancilla loco, sed vincet utramque,
si facie nobis haec erit ingenua.
hab. R tit. de ingenua et libertina et ancilla EXV: de ingenua et libertina et acilla A de
ingenua et libertate et ancilla R de ingenua et libera et ancilla LPf de ingenua libera et
ancilla Q 1 malo R XV: mallo EA illa R EAXVs.l.: ipsa V 3 extremo R EAXV:
extrema V vincet PQf : vincit R nunc et L utramque RLPQf : utrumque fs.l. 4
post facie dist. SB
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Digna tuo cur sis indignaque nomine dicam.
Frigida es et nigra es: non es et es Chione.
hab. T tit. ad chionem PQfA: ad chion L ad chionen EX ad glone T de mechanico V
(ad 35 pertinens) 2 frigida es T : frigida est
non es T : om.
et (alt.)
: om. T
chione TLPQf : eschione P
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Artis Phidiacae toreuma clarum
pisces aspicis: adde aquam, natabunt.
om. P ( = LQf) tit. de mechanico Lf : pisces lignei Q 1 artis V: aris EAXV phidiacae
E: pidiacae AXV clarum LQf : clarum apici f 2 pisces aspicis QfVin mg.: pisces
apicis L respices aspicis EA respicis aspicis XV adde Lf : addo Q
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Epigramma 35
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sgg. Il vocabolo ricorre per la prima volta in poesia in Culex 67; quindi in
Marziale (IV 39, 4; VIII 6, 15; XI 11, 1; XII 74, 5; XIV 94, 1; 101, 2) e in
Epigr. Bob. 21, 3; qui si tratta probabilmente di una phiala.
2. adde aquam, natabunt: la struttura paratattica del periodo ipotetico,
con imperativo nella protasi, seguito per lo pi da futuro, propria della
lingua duso: cfr., ad es., Plaut. Asin. 350 ausculta ergo, scies; Petron. 44,
3 serva me, servabo te; ricorre anche in poesia: cfr. Ov. am. II 2, 40; III 9,
37 sg.; fast. I 17 (numerosi esempi ovidiani in Bmer1, p. 9); in Marziale la
forma frequente: cfr. I 58, 6; II 29, 10; IV 29, 10; VII 58, 7 sgg.; XIII 79,
2; XIV 146, 1; sullargomento vd. Hofmann-Szantyr, p. 656 sg.; Hofmann,
LU, p. 255 sg.
290
36
Quod novus et nuper factus tibi praestat amicus,
hoc praestare iubes me, Fabiane, tibi:
horridus ut primo semper te mane salutem
per mediumque trahat me tua sella lutum,
lassus ut in thermas decima vel serius hora
te sequar Agrippae, cum laver ipse Titi.
Hoc per triginta merui, Fabiane, Decembres,
ut sim tiro tuae semper amicitiae?
Hoc merui, Fabiane, toga tritaque meaque,
ut nondum credas me meruisse rudem?
10
hab. T; vv. 1-4 hab. R tit. ad fabianum sterilem amicum RfEA: ad favianum sterilem
amicum T ad fabrianum sterilem amicum f ad fabinianum sterilem amicum XV ad fabiam
sterilem amicum L de mechanico PQ (ad 35 pertinens) 1 novus R : nonus T 2 fabiane
EXV: famiane A 3 semper te
: te semper
4 per mediumque R EAXV: per
medium quae A per medium T trahat
EXV: trahit A lutum LPQf : lutus f 5
decima TPQ : decuma LQf 6 sequar
: sequor T laver Qf : laber TLQf liber
P titi T EAXV: lacu As.l. 7 fabiane T AV: faviane EX 9 fabiane TLPQf : om. f
toga tritaque TQ : togata tritaque LPf meaque T V: meraque EAXV
10
Marziale si lamenta con il patrono Fabiano dei servigi che questi continua
ad imporgli come cliente, sebbene lo conosca ormai da trentanni, e chiede
in conclusione di essere congedato dagli obblighi. La recriminazione per le
fatiche patite come cliente uno dei motivi centrali dellopera marzialiana:
Epigramma 36
291
cfr. I 108; II 5; 32; 46; 55; IV 26; V 19; 20; 22; VIII 14; IX 6 (7); 100; X 56; 74;
82; XII 29; 40. In questo libro il tema trova ampio spazio (vd. lIntroduzione,
p. 60): cfr. gli epigr. 37; 38, 11 sg.; 41 (40); 46; vd. anche 7; 14; 30; 60, che
riguardano labolizione della sportula e il peggioramento delle condizioni
dei clienti. Al distico iniziale, che presenta il motivo della recriminazione
del poeta, fa seguito la menzione esplicita dei faticosi ofcia cui egli deve
sottostare abitualmente (3-6). Gli ultimi versi (7-10), attraverso lanafora di
hoc merui e luso delle interrogative, mettono in risalto il disagio del poeta,
che conclude lepigramma con una richiesta di congedo. La delusione per
la mancata evoluzione nel corso degli anni del rapporto patrono-cliente
consente di avvicinare a questo epigramma VII 86, in cui Marziale lamenta
di non essere stato invitato al pranzo di compleanno di Sesto pur essendone
un vetus sodalis. Il nome Fabianus, piuttosto diffuso (vd. Kajanto 1965, p.
146), ricorre in IV 5; 24; XII 83. Qui probabilmente ttizio.
1 sg.: un nuovo amico era tenuto ad omaggiare frequentemente il patrono
per entrare nelle sue grazie: cfr. I 54, 4, dove Marziale cerca di vincere la
difdenza di un patrono: nec me quod tibi sim novus (sc. amicus) recuses.
Lesatta corrispondenza al principio dei due versi di quod e hoc sottolinea
luguale trattamento ricevuto da Marziale e da un nuovo amico, in contrasto
con quanto il poeta crede di avere meritato in lunghi anni di clientela.
amicus: il termine pu designare sia il cliente che il patrono, come amicitia
denisce il loro rapporto (vd. White 1978, p. 80 sgg.). praestat: il verbo
ricorre in analogo contesto clientelare in 46, 11 ergo nihil nobis -inquispraestabis amicus?; 82, 30 sg. silentium / praestare iussi. iubes: il verbo
descrive limperiosit del patrono (chiamato dominus et rex dal cliente: vd. la
n. a 7, 5 regis superbi): cfr. II 55, 2 parendum est tibi: quod iubes, colere; III
82, 30 sg. cit. supra; VIII 14, 7 sic habitare iubes veterem crudelis amicum;
IX 100, 1 sg. mane togatum / observare iubes atria, Basse, tua; X 56, 1
sg. totis, Galle, iubes tibi me servire diebus; XII 60, 13 sg. quae ratio est,
haec sponte sua perferre patique, / quae te si iubeat rex dominusque, neges?
Marziale utilizza spesso un lessico schiavile per il rapporto patrono-cliente:
cfr. II 18, 7 sg. esse sat est servum, iam nolo vicarius esse. / qui rex est,
regem, Maxime, non habeat; 32, 7 sg. non bene, crede mihi, servo servitur
amico: / sit liber dominus qui volet esse meus. Per Seneca quella di alcuni
clienti doveva essere considerata una schiavit volontaria: cfr. dial. X 2, 1
sunt quos ingratus superiorum cultus voluntaria servitute consumat.
292
3: la salutatio, uno tra gli obblighi principali dei clienti, si svolgeva di primo
mattino; Marziale lamenta spesso il sonno perso e le lunghe camminate per
recarsi di buon ora nella dimora del patrono e parla a volte, con esagerazione,
di notte fonda per le sue salutationes: I 108, 5 migrandum est ut mane domi
te, Galle, salutem; II 18, 3 mane salutatum venio; IV 8, 1 prima salutantes
atque altera conterit hora; V 22, 1 mane domi nisi te volui meruique videre;
VI 88, 1 mane salutavi; VIII 44, 4 sg. omne limen conteris salutator / et
mane sudas urbis osculis udus; X 10, 2 mane salutator; 70, 5 non resalutantis
video nocturnus amicos; 82, 2 mane vel a media nocte togatus ero; XII
29 (26), 1 sgg. sexagena teras cum limina mane senator, / esse tibi videor
desidiosus eques, / quod non a prima discurram luce per urbem; XIV 125 tit.
toga. si matutinos facilest tibi perdere somnos / attrita veniet sportula saepe
toga; cfr. anche Iuv. 3, 126 sgg. quod / pauperis hic meritum, si curet nocte
togatus / currere; 5, 19 sg. habet Trebius propter quod rumpere somnum /
debeat. horridus: intirizzito dal freddo: cfr. IX 92, 5 sg. Gaius a prima
tremebundus luce salutat / tot dominos; lattributo sottolinea la povert del
cliente, coperto soltanto da una toga logora: cfr. II 46, 7 sg. tu spectas hiemem
succincti lentus amici / pro scelus! et lateris frigora trita times (times codd.;
tui congettura anonima apud Schrevel, accolta da alcuni editori e tuttaltro
che risolutiva; il testo tradito per suscita notevoli perplessit). Per questa
accezione di horridus cfr. Pers. 1, 54 scis comitem horridulum trita donare
lacerna (Serv. georg. III 199 id est trementem), in analogo contesto; Ov. am.
II 16, 19 si premerem ventosas horridus Alpes; vd. ThlL VI 3, 2995, 3841; in Marziale cfr. VII 36, 5 horridus December; 95, 1 riget horridus
December, in cui lattributo va inteso in senso causativo (che fa rabbrividire).
Per luso di horreo in contesti analoghi cfr. Petron. 83, 9 v. 10 sola pruinosis
horret facundia pannis; Iuv. 1, 93 horrenti tunicam non reddere servo (schol.
trementi, nudo). ut: sulla posposizione delle particelle, frequente a partire
dalla poesia augustea, vd. la n. a 19, 5; in questo epigr. cfr. anche v. 5 lassus ut.
primo mane: per mane sostantivato in Marziale cfr. I 49, 36 mane totum
dormies (vd. Citroni, ad loc.); VII 39, 1 vagum mane. Luso attestato n
da Plauto, prevalentemente in testi di carattere umgangssprachlich e nel latino
tardo, ma cfr. anche Verg. georg. III 325 mane novum; Hor. sat. I 3, 17 sg. ad
ipsum / mane. semper te: lordo verborum offerto dai codici delle famiglie
appare migliore di quello della famiglia (te semper) per via della legge
di Marx (vd. Marx 1922, pp. 198; 210 sgg. e la n. a 15, 1). Accolgono tuttavia
il testo della prima famiglia Schneidewin, Gilbert, Friedlaender.
Epigramma 36
293
4: seguire a piedi il patrono trasportato in lettiga nei suoi giri per la citt
era il servigio pi stancante per i clienti (cfr. v. 5 lassus) e quello che sottraeva
loro pi tempo: cfr. III 46, 4 vix ego lecticam subsequar; IX 22, 10 et mea sit
culto sella cliente frequens; 100, 3 praecedere sellam (si tratta della mansione
dellanteambulo, su cui vd. la n. a 7, 2); X 10, 7 lecticam sellamve sequar?
nec ferre recusas. per medium lutum: le strade fangose costituivano per
il cliente, costretto a lunghe camminate, un fastidio ulteriore: cfr. X 10, 8 per
medium pugnas et prior ire lutum; XII 29 (26), 7 sg. at mihi quem cogis
medios abrumpere somnos / et matutinum ferre patique lutum; VII 61, 6
medio luto (in un contesto diverso); Iuv. 3, 247 pinguia crura luto; 7, 131
lutulenta turba; vd. anche Lucian. merc. cond. 13; 24.
5 sg.: il cliente concludeva spesso la propria giornata accompagnando il
patrono alle terme, dove riceveva la sportula: cfr. 7, 2 sg. anteambulonis
congiarium lassi / quos (sc. centum quadrantes) dividebat balneator elixus
e la n. ad loc.; X 70, 13 sg. balnea post decimam lasso centumque petuntur /
quadrantes. Lassus ricorre spesso per indicare le fatiche sostenute dai clienti:
III 7, 2 cit. supra; V 22, 10 negat lasso ianitor esse domi; X 74, 1 sg. iam
parce lasso, Roma, gratulatori, / lasso clienti; XII 29 (26), 2 sgg. esse tibi
videor desidiosus eques, / quod non a prima discurram luce per urbem /
et referam lassus basia mille domum; Iuv. 1, 132 vestibulis abeunt veteres
lassique clientes. ut: sulla posposizione delle particelle vd. la n. a 19, 5.
decima vel serius hora: cfr. X 70, 13 cit. supra; in I 108, 9 ipse salutabo
decima te saepius hora, la lezione della seconda famiglia (i. s. decima vel
serius hora) con buona probabilit interpolata da questo verso e rigettata
da tutti gli editori (vd. Citroni, ad loc.; Lindsay 1903, p. 15).
6: le terme di Agrippa si trovavano nel Campo Marzio, a S del Pantheon;
quelle di Tito a NE dellAmphiteatrum, a anco della Domus Aurea
(vd. LTUR V, ss.vv. thermae Agrippae; thermae Titi). Sono nominate
insieme ancora in III 20, 15 Titine thermis an lavatur Agrippae? (vd. la
n. ad loc.). Lespressione brachilogica cum laver ipse Titi (sc. in thermis)
probabilmente alla base della congettura lacu di A s.l. Sulle brachilogie,
ampiamente diffuse nella lingua duso, vd. Hofmann, LU, p. 339 sgg.,
specialmente p. 347; Hofmann-Szantyr, p. 827.
7 sgg.: lepigramma si conclude con due interrogative scandite dallanafora di
hoc merui (7; 9). La collocazione del dimostrativo in apertura di entrambi i versi
enfatizza la delusione del poeta per quanto ottenuto. Il tono di disapprovazione
emerge anche dalla ripetizione del nome del patrono al vocativo nei vv. 7; 9.
294
Epigramma 36
295
tam bonus gladiator rudem tam cito?; Hor. epist. I 1, 2 sg. spectatum satis
et donatum iam rude quaeris, / Maecenas, iterum antiquo me includere
ludo?; Ov. trist. IV 8, 24 me quoque donari iam rude tempus erat; Iuv. 7,
171 ergo sibi dabit ipse rudem. Nel verso marzialiano la metafora appare particolarmente calzante, perch suggerisce un legame tra la misera e faticosa
condizione del cliente e quella del gladiatore.
296
37
Irasci tantum felices nostis amici.
Non belle facitis, sed iuvat hoc: facite.
om. A ( =EXV) tit. ad amicos felices : ad amicos LPf ad amicos divites Q
XV: factis E facite f : facere LPQf
2 facitis
Epigramma 37
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Epigramma 38
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38
Quae te causa trahit vel quae ducia Romam,
Sexte? Quid aut speras aut petis inde? Refer.
Causas inquis agam Cicerone disertior ipso
atque erit in triplici par mihi nemo foro.
Egit Atestinus causas et Civis -utrumque
noras-; sed neutri pensio tota fuit.
Si nihil hinc veniet, pangentur carmina nobis:
audieris, dices esse Maronis opus.
Insanis: omnes gelidis quicumque lacernis
sunt ibi, Nasones Vergiliosque vides.
Atria magna colam. Vix tres aut quattuor ista
res aluit, pallet cetera turba fame.
Quid faciam, suade: nam certum est vivere Romae.
Si bonus es, casu vivere, Sexte, potes.
10
300
Epigramma 38
301
quam modo moecha fuit (turpius , Heraeus, SB: turpior , Lindsay; vd.
Grewing, ad loc.); VII 96, 7 sg. sic ad Lethaeas, nisi Nestore serior, undas
/ non eat (serior , edd.: serius ); XI 84, 5 mitior implicitas Alcon secat
enterocelas (mitior , edd.: mitius T).
4. in triplici foro: nei tre fori (Romano, di Cesare, di Augusto)
veniva esercitato il diritto (vd. ThlL VI 1, 1207, 46-78; LTUR II, ss.vv. f.
Augustum, f. Iulium, f. Romanum); lespressione ricorre ancora in VIII
44, 6 foro triplici; vd. anche VII 65, 2 tribus foris; Ov. trist. III 12,
24 pro tribus foris; Sen. dial. IV 9, 4 trina fora; Stat. silv. IV 9,
15 trino foro. Il Foro di Nerva, nominato in I 2, 8 come Palladium
forum, fu dedicato dallimperatore nel 97. Dal momento che Marziale lo
menziona soltanto nel decimo libro come opera recente (28, 6; cfr. anche
51, 12; Stat. silv. IV 1, 14 sgg.), la sua presenza in I 2 un forte indizio per
la seriorit dellepigramma, peraltro gi suggerita dallautopresentazione
di Marziale come poeta celebre e richiesto (sulla questione vd. Citroni, ad
loc.). Luso di triplex per tres prevalentemente poetico; in Marziale cfr.
anche VIII 44, 6 cit. supra; X 51, 12 triplices thermae.
5 sg. egit Atestinus causas et Civis : lavvocatura attivit scarsamente
redditizia anche in VI 8; XII 72; XIV 219; Iuv. 7, 106 sgg.; viene presentata
da Marziale come remunerativa solo rispetto allattivit poetica: cfr. II 30,
5 sg.; V 16, 14; IX 68, 5 sg.; XII 68. Atestino e Cive sono due causidici non
altrimenti noti. Secondo SB i due nomi potrebbero essere ttizi (vd. index
nominum, ss. vv.). Il nome Civis attestato nel CIL (vd. ThlL onom. II
465, 62 sgg.; Kajanto 1965, p. 314). Atestinus nome proprio derivato
dalletnico (da Ateste, lodierna Este, in Veneto, su cui vd. Hlsen, RE II
1925); non ricorre altrove. utrumque / noras: se Sesto un cisalpino
(cfr. v. 2), probabilmente anche Atestino e Cive dovevano esserlo (dunque
il nome Atestinus tradirebbe la sua origine). Lesempio di Marziale
risulterebbe cos molto efcace per il provinciale Sesto. Il passato sembra
indicare che i due non erano pi in vita al momento della composizione
dellepigramma (cfr. V 10, 10 norat Nasonem sola Corinna suum). Per
Friedlaender invece dovevano aver lasciato di nuovo Roma per le loro
difcolt economiche. Linserzione di espressioni parentetiche frequente
nella lingua duso (vd. Hofmann, LU, p. 262 sgg.; Hofmann-Szantyr, p. 472
sg.); per una formula analoga in Marziale cfr. VII 51, 3 Pompeium quaeres
-et nosti forsitan-Auctum. sed neutri pensio tota fuit: limpossibilit di
pagare la pigione indice della misera condizione anche in III 30, 3 unde
302
tibi togula est et fuscae pensio cellae? Il pagamento dellaftto era versato con
scadenza annuale: cfr. XII 32, 2-4 vidi, Vacerra, sarcinas tuas, vidi; / quas
non retentas pensione pro bima / portabat uxor; Iuv. 3, 225 quanti nunc
tenebras unum conducis in annum; vd. RE Suppl. VI 386, 44 sgg.; questo
provocava difcolt ai meno abbienti nel reperimento dellintera somma
(tota). Non persuasiva appare pertanto la proposta di Frhner 1912, p. 170
di leggere tuta fuit keiner von beiden war sicher, seine jhrliche Hausmiete
bezahlen zu knnen. Sugli elevati aftti a Roma vd. B.W. Frier, The rental
market in early imperial Rome, JRS 67, 1977, pp. 29-37; L.E. Dearns,
AJAH 9, 1984, pp. 163-164. Neuter, piuttosto raro in poesia classica (4
casi in Ovidio, uno in Orazio e in Ciris), ricorre in Marziale ancora in X
46, 2; cfr. anche V 20, 11 nunc vivit necuter sibi, bonosque (necuter sibi
Schneidewin, edd.: neuter sibi nec ut eius ibo ).
7. hinc: luso dellavverbio in luogo di un pronome gi nel latino arcaico,
anche di tono solenne (vd. Nisbet-Hubbard1, p. 151); diffuso nella lingua
colloquiale: vd. Lfstedt, Syntactica, II, p. 149 sgg.; Hofmann-Szantyr, p.
208 sgg.; cfr. Catull. 63, 74; 68, 10; 116, 6; Ov. fast. IV 171; 230; in Marziale
cfr. XI 31, 7 sgg. veniet: per laccezione tecnica di venire cfr. IV 61, 11
hereditatis tibi trecenta venisse; XIV 125, 2 attrita veniet sportula saepe
toga. pangentur: luso metaforico di pangere per comporre unopera
letteraria appartiene allo stile alto: la prima attestazione ricorre in Enn.
Ann. 299 V2 tibia Musarum pangit melos. Pangere carmina iunctura
presente in Lucr. I 933 sg. obscura de re tam lucida pango / carmina;
Tac. ann. XIII 3, 3 carminibus pangendis; cfr. anche Hor. epist. I 18, 40
poemata panges; vd. ThlL X 1, 207, 69- 208, 12. Sesto dunque si esprime
in termini comicamente altisonanti; luso ironico dello stilema si trova gi
in Orazio ars 416 sgg. nunc satis est dixisse:ego mira poemata pango. /
occupet extremum scabies, mihi turpe relinqui est / et quod non didici
sane nescire fateri, che attribuisce queste parole al poeta che non vuole
sottoporsi alle fatiche che larte poetica richiede (vd. il commento di Brink,
ad loc.). In Marziale cfr. anche XI 3, 7 at quam victuras poteramus pangere
chartas. nobis: il dativo dagente, usato prevalentemente con il part.
perf. pass. o con forme composte del verbo, ricorre in poesia in modo
piuttosto libero (vd. Hofmann-Szantyr, p. 96 sgg.); le forme pronominali
sono frequenti. In Marziale cfr. III 60, 4 sugitur inciso mitulus ore mihi;
IV 86, 1 si vis auribus Atticis probari; VI 85, 1 sg. editur en sextus sine
te mihi, Rufe Camoni / liber; X 70, 13 sg. balnea post decimam lasso
Epigramma 38
303
304
Epigramma 38
305
fame; Prud. C. Symm. II 916 mortalis pallere inopes ac panis egenos; vd.
anche Ps. Quint. decl. 12, 2; 12, 7. cetera turba: la contrapposizione con
tres aut quattuor mette in risalto lelevato numero di coloro che soffrono
la fame. Turba indica la folla degli indigenti anche in X 10, 3 sg. hic ego
quid faciam? quid nobis, Paule, relinquis, / qui de plebe Numae densaque
turba sumus?
13. Quid faciam, suade: linterpunzione di SB appare senzaltro preferibile
a quella vulgata (quid faciam? suade), inuenzata probabilmente da Iuv. 3,
41 quid Romae faciam? mentiri nescio eqs., in contesto analogo (cfr. anche
Mart. X 10, 3 hic ego quid faciam?). Le offre sostegno lesatto parallelo
di questa espressione in Ps. Quint. decl. 5, 12 suadete, quid faciam (=
7, 3). certum est: locuzione di stampo colloquiale; esprime una decisa
risoluzione (vd. ThlL III 911, 17 sgg.). Essa ricorre ben 63 volte in Plauto
e 8 volte in Terenzio. In Marziale cfr. anche V 60, 3 certum est hanc tibi
pernegare famam.
14. si bonus es: a Roma soltanto i disonesti hanno la certezza di arricchirsi,
mentre i boni possono afdarsi unicamente al caso: cfr. VI 50, 1 sgg. cum
coleret puros pauper Telesinus amicos, / errabat gelida sordidus in togula:
/ obscenos ex quo coepit curare cinaedos, / argentum, mensas, praedia
solus emit. / vis eri dives, Bithynice, conscius esto. / nil tibi vel minimum
basia pura dabunt (su cui vd. il commento di Grewing); vd. anche IV 5, 1
sg. vir bonus et pauper linguaque et pectore verus, / quid tibi vis urbem
qui, Fabiane, petis?; 9 sg. unde miser vives? homo certus, dus amicus /
hoc nihil est: numquam sic Philomelus eris (su Filomelo vd. la n. a 31, 6);
Plin. epist. II 20, 12 in ea civitate, in qua iam pridem non minora praemia,
immo maiora, nequitia et improbitas quam pudor et virtus habent; Iuv.
1, 73 sgg. aude aliquid brevibus Gyaris et carcere dignum, / si vis esse
aliquid. probitas laudatur et alget; / criminibus debent hortos, praetoria,
mensas, / argentum vetus et stantem extra pocula caprum; 3, 21 sgg. hic
tunc Umbricius:quando artibus-inquit-honestis / nullus in urbe locus,
nulla emolumenta laborum eqs. Non appaiono pertanto giusticate le
correzioni del testo proposte da Shackleton Bailey 1978, p. 276 = Id. 1997,
p. 68 (ni bonus es o si penus est) e da L. Hkanson, Miscellanea critica,
Phoenix 36, 1982, p. 241 sg. (censu per casu), rigettate dallo stesso SB
nelle sue edizioni (vd. SB1 in apparato: nullam, si quis bonus est, certam
quaestus viam inveniet, si malus, multas. eis quae ego et Hkanson olim
coniecimus nihil opus erat). Altrettanto poco plausibile lipotesi, avanzata
306
da Walter, p. 132 sg, che bonus signichi gut im Bett. casu vivere
potes: Marziale evidenzia, con amara ironia e con unespressione
paradossale, unanomalia della vita a Roma, citt nella quale gli onesti
devono tirare avanti senza certezze, in balia del caso, mentre i corrotti sono
sicuri di arricchirsi. Casu ha qui valore pressoch avverbiale (cfr. CGL IV
216, 13
; II 461, 20
; II 98, 17. 293, 34
).
Meno persuasiva linterpretazione di Friedlaender, ad loc.: Durch einen
(glcklichen) Zufall, also, wenn du Glck hast, condivisa da Hey (ThlL III
575, 27 sgg.): laffermazione di Marziale assume un carattere di sententia
generale se non si d a casus il valore di singolo evento (positivo), ma
quello pi ampio di caso, sorte. Costituisce un parallelo unicamente
lessicale con questa espressione Soph. O. T. 979
,
citato da SB2, I, p. 227 n. b, in cui Giocasta esorta Edipo a vivere alla
giornata, senza troppe preoccupazioni. Non molto pi di una afnit
formale con Marziale mostra anche Sen. epist. 71, 3 ignoranti quem
portum petat nullus suus ventus est. necesse est multum in vita nostra
casus possit, quia vivimus casu, citato a confronto da Shackleton Bailey
1978, p. 276 = Id. 1997, p. 68, dove il losofo lamenta lassenza di un
ne nelle azioni delluomo, che si muove colpevolmente in balia del caso,
ignorando quale sia il vero bene.
Epigramma 39
307
39
Iliaco similem puerum, Faustine, ministro
lusca Lycoris amat. Quam bene lusca videt!
hab. T tit. ad faustinum T
iusta EAXV
2 lusca (pr.)T V:
308
per una simile conclusione cfr., ad es., XII 50, 7 sg. atria longa patent. sed
nec cenantibus usquam / nec somno locus est. quam bene non habitas!
Il nome Lycoris, associato ad Apollo (
epiteto del dio), era
stato reso famoso dalle elegie di Cornelio Gallo (cfr. VIII 73, 6 ingenium
Galli pulchra Lycoris erat); esso compare anche in Hor. carm. I 33, 5 per
una bella fanciulla. In Marziale ricorre spesso, con intenzione antifrastica,
per etere (si tratta per lo pi del tipo delletera brutta e invecchiata): cfr.
I 72, 6 sg.; 102; IV 24; 62, 1; VI 40; VII 13. Altrove raramente attestato
(vd. Pape-Benseler, p. 827). Forse in questo caso ha inuito nella scelta la
possibilit di realizzare lallitterazione (lu Ly ).
1. Iliaco similem puerum ministro: il paragone di bei fanciulli (spesso
coppieri) con Ganimede motivo topico nellepigramma greco: cfr., ad
es. AP XII 37 (Dioscoride); 68; 70; 133 (Meleagro); 69 (anonimo); 194
(Stratone). In Marziale cfr. II 43, 13 grex tuus Iliaco poterat certare cinaedo;
VII 50, 3 sg. cum tua tot niveis ornetur ripa ministris / et Ganimedeo
luceat unda choro; VIII 46, 5 tu Ganimedeo poteras succedere lecto; IX 22,
11 sg. aestuet ut nostro madidus conviva ministro / quem permutatum
nec Ganymede velis; X 66, 7 sg. si tam sidereos manet exitus iste ministros,
/ Iuppiter utatur iam Ganimede coco; 98, 1 sg. minister / Ideo resolutior
cinaedo; XI 26, 5 sg. addideris super haec Veneris si gaudia vera, / esse
negem melius cum Ganymede Iovi; vd. anche VIII 39, 4 Ganimedea
manu. Il nome usato per antonomasia in IX 73, 6 et pruris domini
cum Ganymede tui; 103, 7 sg. mansisses, Helene, Phrygiamque redisset
in Iden / Dardanius gemino cum Ganimede Paris; XI 22, 2 nudo cum
Ganymede iaces; vd. anche Iuv. 5, 59. Iliacus minister non ricorre altrove;
cfr. per le iuncturae analoghe: Iliacus cinaedus (II 43, 13); Phryx puer
(IX 36, 2); Phrygius minister (XII 15, 7); Phryx assoluto (X 20, 9); Idaeus
cinaedus (X 98, 2); Dardanius minister (XI 104, 19); Iliacus puer (Ov.
trist. II 406; Iuv. 13, 43).
Epigramma 40
309
40 (41)
Inserta phialae Mentoris manu ducta
lacerta vivit et timetur argentum.
om. Q, add. Q in mg. cum 39 con. LPf tit. de phiola EA: ad phiola XV ad phialum
f in mg. de lacerta celata Q om. LPf 1 ducta Qf : ductat LPf
310
phiala aurea caelata di Mys il soggetto di XIV 95; il dono di una phiala
suggerisce a Marziale un fantasioso epigramma (VIII 33), in cui ne descrive
la sottigliezza attraverso un succedersi di immagini (vd. al riguardo le ni
osservazioni di La Penna 1992, p. 7 sgg.); in VIII 50 Marziale esalta una
phiala donatagli da Instanio Rufo attribuendola scherzosamente ai maggiori
cesellatori. ducta: duco qui nellaccezione tecnica relativa a opere scolpite
o cesellate: cfr. Verg. Aen. VI 847 sg. excudent alii spirantia mollius aera /
(credo equidem), vivos ducent de marmore vultus; vd. ThlL V 1, 2148, 642149, 17; Bmer 1952, p. 120 sg. Per ducta assoluto (sc. ex aere) cfr. Claud.
carm. min. 7, 7 sg. (tit. De quadriga marmorea) una silex tot membra ligat
ductusque per artem / mons patiens ferri varios mutatur in artus; un uso
analogo del verbo
in greco si trova in Mimn. El. 10, 5 sg. D. (=
5, 5 sg. G.-P.)
. Non appaiono pertanto necessarie le congetture ductae di Heinsius
e docta di Rooy. La lezione ductat (LPf) pu essere forse una dittograa
dipendente dalla scrittura: nella beneventana infatti la a e la t si confondono
(ad un archetipo in beneventana per la seconda famiglia conducono alcuni
errori caratteristici della scrittura: vd. Lindsay 1901, p. 416 sg.; Reeve 1983,
p. 240). Per casi analoghi cfr. V 18, 8 musca (muscat ); XI 8, 4 verna
(vernat ); vd. Heraeus, ad I 48, 6, p. XXIV.
2. lacerta: il soggetto dellopera posto in risalto allinizio del verso, in
rima interna con lincipit dellepigramma (inserta). Sulla corrispondenza
tra lacerta e
/
vd. RE XI 1957, 60 sgg.; ThlL VII 2, 828,
40 sgg.; cfr. XIV 172, 1 (tit. Sauroctonos Corinthius) ad te reptanti, puer
insidiose, lacertae. Il femminile ricorre in Copa 28; Hor. carm. I 23, 7;
Ov. met. V 458; il maschile lacertus in Verg. ecl. 2, 9; georg. IV 13. vivit:
lopera cos realistica da sembrare viva; sulluso pregnante di vivere in
contesti analoghi vd. Bmer 1952, p. 122; Fu 1973, p. 54.
Epigramma 41
311
41 (40)
Mutua quod nobis ter quinquagena dedisti
ex opibus tantis, quas gravis arca premit,
esse tibi magnus, Telesine, videris amicus.
Tu magnus, quod das? Immo ego, quod recipis.
hab. T tit. ad t(h)elesinum TLPf : ad talesinum Q 1 quod TLPQfEAV: quid fs.l.X
2 quas T EAVs.l.: quis XV 3 esse tibi magnus telesine videris T Vin mg. (telestine
f): esse tibi l(a)ete si magnus viveris EX esse tibi laeti magnus viveris A esse tibi thelesi
magnus viveris A esse tibi thelesi magnusne videris A esse tibi laete si magnus vivis
V 4 magnus T Vin mg.: magnos EAXV
312
Epigramma 42
313
42
Lomento rugas uteri quod condere temptas,
Polla, tibi ventrem, non mihi labra linis.
Simpliciter pateat vitium fortasse pusillum:
quod tegitur, maius creditur esse malum.
hab. T cum 41 con. f tit. ad pollam LPQ , f in mg.: ad puellam T 1 lomento
TPQfEAXV: lomenta L fomento A vomento Q condere TLQEAV: contendere X
credere Pf tendere fs.l. 3 simpliciter T AXV: simplici uter EA pateat T EAXV:
puteat A pusillum TLPQf: pusillum (e)st f
4 maius : magnum T malum TLPQf:
nefas fv.l.
314
Epigramma 42
315
316
43
Mentiris iuvenem tinctis, Laetine, capillis,
tam subito corvus, qui modo cycnus eras.
Non omnes fallis; scit te Proserpina canum:
personam capiti detrahet illa tuo.
hab. R
tit. ad l(a)etinum qui caput tingebat Lf: ad l(a)etinum RPQ
1 iuvenem
R EAXV: iuvem A 2 modo RLPs.l.Qf : om. P cycnus EAX: cygnus R cignus V
3 non RLPQf : nam Q fallis RLPQf: falles fs.l.
5
.
Epigramma 43
317
318
canizie cfr. Aristoph. Vesp. 1064; Eur. Herc. 692 sgg.; Ba. 1365; in ambito latino
cfr. Ov. trist. IV 8, 1 sg. iam mea cycneas imitantur tempora plumas, / incit
et nigras alba senecta comas. Cycnus, grecismo lessicale, appartiene alla lingua
poetica (a partire da Lucrezio).
3. fallis: la lezione di RLPQf senzaltro corretta: falles di fs.l. sar da
attribuire ad omeoteleuto (omnes falles) o ad attrazione del futuro del v. seguente
(detrahet). La stessa alternanza ricorre in IV 42, 15 iam scio nec fallis ( , edd.:
falles facilis ). Tra gli editori moderni solo Schneidewin1 ha accolto il futuro.
scit te Proserpina canum: Proserpina, dea degli Inferi, recideva, secondo la
tradizione poetica, la ciocca di capelli fatale dal capo delle persone al momento
della loro morte (il motivo risale ad Eur. Alc. 74): cfr. Verg. Aen. IV 698 sg.
nondum illi avum Proserpina vertice crinem / abstulerat Stygioque caput
damnaverat Orco; Hor. carm. I 28, 19 sg. nullum / saeva caput Proserpina
fugit (vd. anche Stat. silv. II 1, 147 iam complexa manu crinem tenet infera
Iuno). Su Proserpina e la sua funzione vd. C. Bailey, Religion in Virgil, Oxford
1935, p. 252 sg.; I. Chirassi Colombo, s.v. Proserpina, in EV IV, pp. 324-327. Il
nome latino Proserpina, derivato dal greco
(vd. Wissowa 1912,
p. 310), gi attestato nel latino arcaico (Naev. carm. frg. 29 M.; Enn. var. 59
V2), lunico usato da Virgilio e da Orazio (Pr- in Hor. carm. II 13, 21; Sen.
Herc. f. 548); in Ovidio si alterna con il greco Persephone; questultimo soltanto,
comodo metricamente, in Properzio e in Ligdamo. In Marziale Proserpina
ricorre ancora in XII 52, 13.
4. personam: la persona, maschera degli attori tragici, simboleggia qui lipocrisia di Letino. La metafora piuttosto comune: cfr., ad es., Lucr. III 57 sg.
nam verae voces tum demum pectore ab imo / eliciuntur <et> eripitur
persona manet res; Publ. sent. H 19 heredis etus sub persona risus est (vd.
anche Hor. epist. I 17, 29; Ov. Pont. III 1, 43); molto cara a Seneca: cfr. clem.
I 1; dial. IX 17, 1; epist. 24, 13; 80, 8; ben. II 13, 2; sulluso del losofo vd.
M. Armisen-Marchetti, tude sur les images de Snque, Paris 1989, p. 167; in
generale sulla metafora vd. M. Bellincioni, Il termine persona da Cicerone a
Seneca, in AA. VV., Quattro studi latini offerti a Vittore Pisani, Parma 1981,
pp. 37-115 (anche in Ead., Studi senecani e altri scritti, Brescia 1986, pp. 35102). In questo caso, come in AP XI 408, 4 cit. nella n. intr., il riferimento
pi preciso poich il tentativo di nzione, come nel caso di una vera maschera,
riguarda il capo.
Epigramma 44
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44
Occurrit tibi nemo quod libenter,
quod, quacumque venis, fuga est et ingens
circa te, Ligurine, solitudo,
quid sit scire cupis? Nimis poeta es.
Hoc valde vitium periculosum est.
Non tigris catulis citata raptis,
non dipsas medio perusta sole,
nec sic scorpios improbus timetur.
Nam tantos, rogo, quis ferat labores?
Et stanti legis et legis sedenti,
currenti legis et legis cacanti.
In thermas fugio: sonas ad aurem.
Piscinam peto: non licet natare.
Ad cenam propero: tenes euntem.
Ad cenam venio: fugas edentem.
Lassus dormio: suscitas iacentem.
Vis, quantum facias mali, videre?
Vir iustus, probus, innocens timeris.
10
15
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Epigramma 44
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455 sg. vesanum tetigisse timent fugiuntque poetam / qui sapiunt; 474
indoctum doctumque fugat recitator acerbus. Un precedente signicativo
per Marziale anche lEumolpo petroniano, instancabile recitatore (cfr.
Petron. 90, 3; 92, 6; 115), sul quale agisce lironia dellautore nei confronti
dei letterati contemporanei, schiavi della moda imperante delle recitationes
(vd. G.B. Conte, Lautore nascosto. Uninterpretazione del Satyricon,
Bologna 1997, p. 61 sgg.; M. Labate, Eumolpo e gli altri ovvero lo spazio
della poesia, MD 34, 1995, pp. 156-162; sulle recitationes vd. la n. intr.
allepigr. 18). La satira contro poetastri diffusa nellepigramma greco,
specialmente in Lucillio: cfr. AP XI 10; 127; 129; 133-137; 185; 234; 394
(vd. la n. intr. allepigr. 50 per le somiglianze con AP XI 394); sul motivo
vd. Pertsch 1911, p. 25; in Marziale Ligurino senzaltro il personaggio
delineato con tratti pi ricchi e precisi; per il tipo del poetastro cfr. anche II
71; 77; 88; III 9. Il nome Ligurino, derivato dalletnico Ligus (vd. Kajanto
1965, p. 196), ricorre in Marziale soltanto in questi epigrammi (44; 45;
50) ed con ogni probabilit ttizio: si tratta infatti di un nome parlante
antifrastico, derivato dal gr.
, melodioso, usato in Omero per il
canto delle Sirene (cfr. Od. XII 44
; vd. anche
Theocr. 17, 113; LSJ s.v. (alla stessa radice appartiene
, melodioso,
per cui cfr. Hom. Od. XXIV 62
). La scelta potrebbe
contenere un richiamo allusivo a Petronio, che al suo poetastro aveva
dato il nome antifrastico di Eumolpus (gr.
dal bel canto;
vd. Priuli 1975, p. 50 sg.). Una valenza antifrastica sembra avere anche
il nome Ligeia che Marziale d alla vecchia ripugnante di X 90 e XII 7.
Poco persuasiva pertanto lipotesi di Pavanello 1994, p. 171, per la quale
corrisponderebbe al latino stridulus, argutus e dunque il nome
alluderebbe al suono stridulo e fastidioso della voce di Ligurino. In Hor.
carm. IV 1, 33; 10, 5 Ligurino il nome del puer che suscita lamore del
poeta (secondo Romano, p. 847 potrebbe trattarsi di nome reale di un
personaggio reale, poich Orazio usa forme greche per gli pseudonimi; vd.
anche EO I, p. 778). In Cic. Att. V 20, 6 ut etiam Ligurino
satis
faciamus, il nome va connesso con letnico Ligus, ligure (vd. RE XIII 1,
534, 41 sgg.).
1 sgg.: la formula interrogativa quid est quod (vd. Khner-Stegmann,
II 278), appartenente alla lingua duso, frequente in commedia (cfr. Plaut.
Cas. 630; Cist. 655; Curc. 135; 166; Epid. 168 sgg.; Men. 677; Most. 69;
322
Pseud. 9 sgg.; Ter. Eun. 558 sg.; Heaut. 613) e in prosa (cfr. Cic. dom. 125;
leg. agr. 2, 39; Verr. II 2, 49; Pis. 58; Phil. 4, 10; Mur. 5; Petron. 132, 13);
in Marziale cfr. VIII 17, 2 misisti nummos quod mihi mille, quid est?;
vd. anche II 12, 1 esse quid hoc dicam, quod olent tua basia murram
/ quodque tibi est numquam non alienus odor?; V 10, 1 sg. esse quid
hoc dicam, vivis quod fama negatur / et sua quod rarus tempora lector
amat?
2. quod, quacumque venis: la formula ricorre anche in 55, 1 quod,
quacumque venis, Cosmum migrare putamus. fuga est: limmagine
deriva da Orazio: ars 455 sg. vesanum tetigisse timent fugiuntque poetam
/ qui sapiunt; 474 indoctum doctumque fugat recitator acerbus.
3. circa te solitudo: per lespressione cfr. Sen. epist. 9, 9 orentes
amicorum turba circumsedet, circa eversos solitudo; vd. anche epist. 80,
2 cogito mecum quantus ad spectaculum non dele et lusorium at
concursus, quanta sit circa bonas artes solitudo.
4. nimis poeta es: risposta ironica, che realizza una sorta di pointe
intermedia. La colpa di Ligurino consiste in realt nellessere nimis
recitator. Lidentit tra i due sostantivi realizzata nel verso produce un
effetto comico, intensicato dallinconsueto accostamento di avverbio e
sostantivo, per cui cfr. Stat. Ach. II 37 sg. nimis o suspensa nimisque /
mater; Apul. met. VII 21 istum pigrum tardissimumque et nimis asinum;
IX 28 admodum puer; Tac. dial. 1, 5 iuvenis admodum; sulluso vd.
Hofmann-Szantyr, p. 171.
5. hoc valde vitium periculosum: Giovenale colloca i recitatori tra
i pericoli di Roma: 3, 7 sgg. incendia, lapsus / tectorum assiduos ac
mille pericula saevae / urbis et Augusto recitantes mense poetas. Nel
caso di Ligurino il pericolo riguarda in primo luogo lui stesso, perch
lo rende temibile agli occhi degli altri (cfr. vv. 8; 18). Il tono colloquiale
dellespressione contrasta con lelaborato parallelo dei versi seguenti (6-8).
Valde appartiene alla lingua duso (vd. Hofmann, LU, p. 202 sg.): evitato
da Cesare, Livio e Tacito, frequente nelle lettere di Cicerone e in Petronio,
specialmente nei dialoghi dei liberti (vd. Lfstedt, Peregrinatio Aetheriae,
p. 35 sgg.; Axelson 1945, p. 36 sg.; P. Soverini, Sulluso degli avverbi in
Petronio; avverbi intensivi e asseverativi, RAIB 63, 1974-1975, p. 208
sgg.). In poesia ricorre, oltre che qui, soltanto in Catullo (68, 77; 69, 7); in
Orazio valdius in ars 321; epist. I 9, 6. Periculosus, impossibile in metrica
dattilica, ricorre in poesia solo una volta in Orazio e nei Priapea, tre in
Epigramma 44
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324
/ quot tua Roma novas vidit, Germanice, tigres (sulla presenza di tigri
negli spettacoli imperiali vd. Jennison 1937, p. 76 sg.; Toynbee 1973, p.
71). citata: per citare nellaccezione di impellere, incitare, vd. ThlL III
1201, 16 sgg.
7. dipsas: la dipsas (gr.
una specie di vipera (Cerastes vipera: vd.
RE II 1, 1530 sg.), propria delle regioni desertiche dellAfrica: cfr. Amm.
XXII 15, 27 serpentes quoque Aegyptus alit innumeras, ultra omnem
perniciem saevientes dipsadas. Letimologia antica collegava il suo nome
alleffetto letale del suo morso: cfr. Isid. orig. XII 4, 13 dipsas genus aspidis,
qui latine situla dicitur, quia quem momorderit, siti perit; CGL V 408,
35 genus serpentis est intolerabilis; quando percusserit, siti moritur ipse
homo (vd. Maltby 1991, p. 190); vd. per anche Lucan. IX 610 in mediis
sitiebant dipsades undis, che, allinverso, considera la sete causa della nocivit
del serpente. Il grecismo, attestato per la prima volta in latino da Celso,
piuttosto raro (vd. ThlL V 1226, 59-75), ma trova cittadinanza nella lingua
poetica latina per opera di Lucano (cinque occorrenze, tutte nel IX libro).
medio perusta sole: lespressione riette la convinzione che lintensit del sole
accresca la virulenza del veleno (Paoli, p. 161; M. Schuster, Zur Erklrung
von Martial III, 44, PhW 54, 1934, pp. 1023-24): cfr. Lucan. IX 698 sg.
concipiunt dirosque fero de sanguine rores, / quos calor adiuvit; 718 torrida
dipsas; Stat. Theb. V 521 siccique nocens furit igne veneni; Sil. I 285 accensis
sole venenis; III 312 sg. atro rabidas effervescente veneno / dipsadas. Pi
che un riferimento allora di massima intensit del calore solare (SB2: burnt
by the midday sun; cfr. Stat. Theb. V 85; Sil. III 671), il nesso medio sole
andr per inteso come unindicazione geograca (Izaac: brule par le soleil
des Tropiques): medius sol designa la zona equatoriale anche in Manil. IV
592 Auster amat medium solem Zephyrusque profectum; 650 sg. altera sub
medium solem duo bella perinde / intulit Oceanus terris (vd. ThlL VIII 585,
33 sgg.; OLD s.v. sol, nr. 2 b). Perustus inoltre abitualmente riferito alle terre
e alle popolazioni equatoriali: cfr. specialmente Lucan. IX 754 famam dipsas
habet terris adiuta perustis; vd. anche IV 679 Maurus, inops Nasamon, mixti
Garamante perusto; IX 314 zonae perustae; 274 sg. perusti / zona poli.
Il nesso sole perustus ricorre in due casi su tre per le popolazioni africane:
cfr. Prop. IV 9, 46 Libyco sole perusta coma; Lucan. X 221 sg. testis tibi
sole perusti / ipse color populi (sc. Aethiopum); vd. anche Lucan. VI 622
membris sole perustis. La notazione, che contiene ugualmente il riferimento
allintensit del sole, concorre allambientazione esotica del paragone.
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Epigramma 44
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Latin Poetry, BICS 42, 1997-98, p. 155) invece circum (e sedentem, per
cui cita a confronto Ov. am. III 2, 1 non ego nobilium sedeo [sc. in circo]
studiosus equorum; trist. II 284 hic [sc. in circo] sedet ignoto iuncta puella
viro; ma vd. infra). Egli propone inoltre linversione dellordine dei vv.
14-15, che produrrebbe un ordine pi naturale degli eventi. Gli interventi
sul testo non appaiono giusticati; i due versi, dedicati alla cena, sono
collegati fra loro e descrivono due diversi momenti: il primo quello di
partenza (ad cenam propero), il secondo quello darrivo (ad cenam venio);
la rafgurazione dipinge efcacemente linsistenza molesta di Ligurino.
Lectum di Mayer stato accolto nel testo da Watson-Watson. fugas
edentem: la lezione, comunemente attribuita a Ramirez de Prado e accolta,
tra i moderni, da Duff, Izaac, SB, Watson-Watson, gi in fXCFh e pu
contare sostanzialmente sul sostegno di due famiglie, dal momento che
fuga sedentem di TEAV deriva chiaramente da unerrata divisione delle
parole; inoltre, pi di un secolo prima di Ramirez de Prado, essa ricorre
nelled. Ferr. Anche dal punto di vista del senso edentem nettamente
preferibile: la recitazione durante latto di mangiare appare senzaltro pi
fastidiosa e dunque in linea con le altre azioni di Ligurino, che ostacola il
poeta nelle sue funzioni siologiche e nei bisogni primari (Salanitro 2002,
p. 560; cfr. vv. 11; 16). Fugas sedentem della seconda famiglia (LPQf),
accolto da Schneidewin, Friedlaender, Gilbert, Lindsay, Heraeus, stato
difeso da Gilbert 1883, p. 19 sg. in base ad unosservazione stilistica (Ergo
sedentem servandum est etiam propter praeclaram gradationem, quae
efcitur participiis euntem, sedentem, iacentem p. 20). Tuttavia la precisa
simmetria ottenuta tra questo verso e il precedente, in entrambi i quali
sarebbero giustapposti un verbo di movimento e uno di quiete (tenes
euntem; fugas sedentem), non giustica linelegante ripetizione di sedentem
dopo sedenti del v. 10 (per quanto riguarda la simmetria, anche nei vv. 10-11
alla precisa contrapposizione tra stanti e sedenti segue quella pi libera tra
currenti e cacanti). A sfavore di sedentem depone anche la considerazione
di carattere storico che i Romani cenavano stesi sui letti tricliniari e non seduti
(come gi osservato da Ramirez de Prado: nam veteres non sedentes, sed
recumbentes cenabant). Il caso di VIII 67, 6 sternantur lecti: Caeciliane,
sede, citato a sostegno di sedentem, non calzante, poich, come messo
in luce da SB2, I, p. 231 n. a, l il convitato viene invitato a sedersi perch
giunto troppo presto e dunque deve attendere la preparazione dei letti
tricliniari. La sola attestazione delluso di stare seduti prima del convivio
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45
Fugerit an Phoebus mensas cenamque Thyestae
ignoro: fugimus nos, Ligurine, tuam.
Illa quidem lauta est dapibusque instructa superbis,
sed nihil omnino te recitante placet.
Nolo mihi ponas rhombos mullumve bilibrem
nec volo boletos, ostrea nolo: tace.
hab. T; vv. 5-6 hab. R tit. ad eundem T : ad ligurinum poetam R 1 fugerit TLPQf :
fuerit L phoebus mensas T : mensas phoebus LPf mensam phoebus Q 2 ignoro
TLPf : ignosco Q nos T V: non EAXV 3 illa T : ista PQf iste L instructa
:
inrumructa T 4 omnino
: omino T 5 rhombos
: rhombum
mullumve Pf :
mulumve Q nullumve L mulumque
6 boletos
EX: letos EAV
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39). Sui rombi in generale vd. Thompson, Fishes, p. 223; Andr 1981, p.
101. Rhombum di sembra un tentativo di normalizzare, uniformando
il numero al secondo pesce menzionato nel verso. Per la tendenza alla
normalizzazione del testo della terza famiglia vd. Friedrich 1907, pp. 360379; 1909, pp. 88-117; Heraeus 1925, pp. 314-336; Citroni, pp. LXXI-LXXIII;
in questo libro cfr. 44, 13 non licet natare (licet T : sinis ). mullumve
bilibrem: la triglia era un pesce pregiato: cfr. II 43, 11; III 77, 1; IX 14, 3;
XI 49 (50), 9; XII 48, 9; secondo la testimonianza di Sen. nat. III 17, 2 il
vivaio poteva, per garanzia di freschezza, trovarsi addirittura nella sala da
pranzo. Quello di due libbre era considerato un peso di tutto rispetto: cfr.
XIV 97 grandia ne viola parvo chrysendeta mullo: / ut minimum, libras
debet habere duas; Plin. nat. IX 64 ex reliqua nobilitate et gratia maxima
est et copia mullis, sicut magnitudo modica binasque libras ponderis
raro admodum exsuperant, nec in vivariis piscinisque crescunt; per pesi
maggiori cfr. Mart. X 31, 3 sg.; 37, 7 sg. I prezzi erano elevati: limperatore
Tiberio tent di calmierarli dopo che tre triglie furono vendute per 30000
sesterzi (Suet. Tib. 34, 1); Seneca (epist. 95, 42) riferisce di una triglia di
4 libbre e mezzo pagata 5000 sesterzi; Marziale parla in X 31, 3 sg. di un
mullus di quattro libbre pagato 1200 sesterzi; vd. anche Macr. Sat. III
16, 9 (7000 sesterzi per una triglia). In generale sui mulli vd. Thompson,
Fishes, p. 264 sgg.; Marquardt 1886, p. 434; Andr 1981, p. 100. Lenclitica
-ve della seconda e della terza famiglia senzaltro preferibile al -que
di e riceve ulteriore sostegno da XI 49, 9 nunc ut emam grandemve
lupum mullumve bilibrem, in cui ricorre la stessa clausola. Loscillazione
frequente: in questo libro cfr. 2, 5 vel turis piperisve : -que ; 20, 14
sedet ambulatve : -que .
6. boletos, ostrea: i boleti sono sempre menzionati fra i cibi pi pregiati:
cfr. I 20, 2; III 60, 5; VII 78, 3; XII 17, 4; 48, 1; XIII 48; Iuv. 5, 146 sg. Allo
stesso modo le ostriche, specialmente quelle del lago Lucrino (per cui vd.
la n. a 60, 3): cfr. V 37, 3; VII 20, 7; 78, 3; IX 14, 3; XII 17, 4; XIII 82; Plin.
nat. XXXII 59; vd. Thompson, Fishes, p. 190 sgg.; RE II 2, 2590-1, s.v.
Austern. tace: limperativo conclude bruscamente il discorso ed anche
lepigramma. La medesima conclusione di epigramma ricorre in II 27, 4
facta est iam tibi cena, tace.
Epigramma 46
333
46
Exigis a nobis operam sine ne togatam:
non eo, libertum sed tibi mitto meum.
Non est inquis idem. Multo plus esse probabo:
vix ego lecticam subsequar, ille feret.
In turbam incideris, cunctos umbone repellet:
invalidum est nobis ingenuumque latus.
Quidlibet in causa narraveris, ipse tacebo:
at tibi tergeminum mugiet ille sophos.
Lis erit, ingenti faciet convicia voce:
esse pudor vetuit fortia verba mihi.
Ergo nihil nobis inquis praestabis amicus?
Quidquid libertus, Candide, non poterit.
10
334
Epigramma 46
335
concreta di quanto dice: cfr. XII 96, 5 plus tibi quam domino pueros
praestare probabo.
4: seguire a piedi il patrono portato in lettiga era uno degli obblighi pi
stancanti del cliente. Marziale ce la far a mala pena a stargli dietro, mentre
il liberto potr anche portare la lettiga, un atto che, oltre a richiedere uno
sforzo maggiore, ben pi umiliante: cfr. X 10, 7 lecticam sellamve sequar?
nec ferre recusas (Paolo, pur essendo console, si sottopone alle azioni
pi umilianti della clientela). Lettighe pi o meno ampie costituivano un
simbolo di opulenza; Marziale parla di una lettiga octo Syris suffulta (IX 2,
11) e di hexaphori (II 81, 1; VI 77, 9); vd. anche Catull. 10, 16; Sen. dial.
IX 12, 4; X 12, 6; epist. 22, 9; 31, 10; 80, 8; 110, 17; Iuv. 1, 121; 3, 239 sg.;
sullargomento Marquardt 1886, p. 149 sg.; Blmner 1911, pp. 446-49.
5: per limmagine cfr. Hor. sat. II 6, 28 luctandum in turba et facienda
iniuria tardis; 30 sg. tu pulses omne quod obstat / ad Maecenatem
memori si mente recurras.; Sen. dial. IX 12, 4 quorundam quasi ad
incendium currentium misereberis: usque eo impellunt obvios et se
aliosque praecipitant, cum interim cucurrerunt aut salutaturi aliquem
non resalutaturum et lecticam adsectati quibusdam locis etiam
tulerunt; Iuv. 3, 239 sgg. si vocat ofcium, turba cedente vehetur / dives
et ingenti curret super ora Liburna / / (242) ante tamen veniet: nobis
properantibus obstat / unda prior, magno populus premit agmine lumbos
/ qui sequitur, ferit hic cubito, ferit assere duro / alter, at hic tignum
capiti incutit, ille metretam. Per la paratassi in luogo di una ipotetica,
propria dello stile colloquiale, vd. la n. a 38, 8 audieris, dices; cfr. anche
infra v. 9. cunctos umbone repellet: la congettura cuneos di Turnebus e
Heinsius, derivante dallinterpretazione di umbo come clipeum e tesa a
sviluppare limmagine militare, stata accolta da Schneidewin2, ma non
necessaria (cfr. Hor. sat. II 6, 30 e Sen. dial. IX 12, 4 citati supra). Umbo
hapax in Marziale, qui nellaccezione, piuttosto rara, di cubitum: cfr. Stat.
Theb. II 671 clipeum nec sustinet umbo con il commento di Mulder; Ach.
II 141 excipere immissos scutato umbone molares (scutato P; curvato ).
Per limmagine cfr. Iuv. 3, 244 ferit hic cubito, in contesto analogo. Poco
persuasiva lipotesi di S.B. Slack (On Martial III 46, 5, CR 7, 1893, p.
203) di intendere umbo come footpath o kerb-stone (vd. OLD, s.v.,
nr. 2 a), come, ad es., in Stat. silv. IV 3, 47 tunc umbonibus hinc et hinc
coactis, dove si parla dei blocchi di pietra posti ai lati della Via Domitiana:
ad umbo di questo verso corrisponde latus del seguente e lablativo
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Epigramma 46
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Epigramma 47
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47
Capena grandi porta qua pluit gutta
Phrygiumque Matris Almo qua lavat ferrum,
Horatiorum qua viret sacer campus
et qua pusilli fervet Herculis fanum,
Faustine, plena Bassus ibat in raeda,
omnis beati copias trahens ruris.
Illic videres frutice nobili caules
et utrumque porrum sessilesque lactucas
pigroque ventri non inutiles betas;
illic coronam pinguibus gravem turdis
leporemque laesum Gallici canis dente
nondumque victa lacteum faba porcum.
Nec feriatus ibat ante carrucam,
sed tuta faeno cursor ova portabat.
Urbem petebat Bassus? Immo rus ibat.
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(vd. Andr 1981, pp. 27 sg.; 32.). sessiles lactucas: un tipo di lattuga
chiamata Laconica: cfr. Plin. nat. XIX 125; viene menzionata da Marziale
anche in X 48, 9 lactuca sedens; vd. Andr 1956. Il nesso ricorre nella
stessa posizione metrica in Priap. 51, 19. Anche la lattuga fa parte della
gustatio: vd. la n. a 50, 4. Sui suoi poteri lassativi vd. lepigr. 89 di questo
libro.
9: sul potere lassativo della bietola cfr. Plin. nat. XIX 135 mira differentia, si vera est, candidis (sc. betis) alvum elici, nigris inhiberi; XX 71
coquitur et cum lenticula addito aceto, ut ventrem molliat; vd. anche
Diosc. II 123. Marziale nomina la bietola ancora soltanto in XIII 13
ut sapiant fatuae, fabrorum prandia, betae, / o quam saepe petet vina
piperque cocus!
10. coronam pinguibus gravem turdis: i tordi venivano legati insieme
a formare una sorta di corona, come testimoniato anche in XIII 51 tit.
turdorum decuria. texta rosis fortasse tibi vel divite nardo, / at mihi de
turdis facta corona placet (vd. ThlL IV 987, 74 sg.; per unanalogo uso
di corona cfr. XII 32, 19; XIII 35, 2). Il tordo era considerato un cibo
prelibato: cfr. XIII 92 inter aves turdus, si quid me iudice certum est, /
inter quadrupedes mattea prima lepus; vd. anche III 77, 1; VI 75, 1; VII
20, 6; Hor. epist. I 15, 40 sg.; Macrob. Sat. III 13, 12; il suo prezzo era alto:
cfr. Varro rust. III 2, 15; vd. Andr 1981, p. 122; veniva cacciato nei poderi
suburbani: cfr. II 40, 3; III 58, 26; IV 66, 6; XI 21, 5. Era fra i doni che si
inviavano agli amici nella celebrazione dei Caristia il 22 febbraio: cfr. IX
54; 55 con il commento di Henriksn.
11: i cani da caccia gallici erano rinomati: cfr. Gratt. cyneg. 156 magnaque diversos extollit gloria Celtas (vd. per Verdire, ad loc., che ritiene
si tratti dei Celti orientali o Galati); Arrian. cyneg. 3, 6; Oppian. cyneg. I
373; sullargomento vd. Orth, RE VIII, s.v. Hund, 2553, 23 sgg.; Orth,
RE IX 1, s.v. Jagd; Toynbee 1973, p. 108 sgg. Il canis Gallicus che insegue
una lepre ricorre in unelaborata similitudine di Ovidio (met. I 533 sgg., a
proposito di Apollo e Dafne): ut canis in vacuo leporem cum Gallicus arvo
/ vidit, et hic praedam pedibus petit, ille salutem / (alter inhaesuro similis
iam iamque tenere / sperat et extento stringit vestigia rostro; / alter in
ambiguo est, an sit comprensus et ipsis / morsibus eripitur tangentiaque
ora relinquit) / sic deus et virgo, est hic spe celer, illa timore (vd. Bmer2,
ad loc.). In Marziale cfr. XIV 200 tit. canis vertragus. non sibi sed domino
venatur vertragus acer, / inlaesum leporem qui tibi dente feret (vertragus
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Epigramma 48
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48
Pauperis exstruxit cellam, sed vendidit Olus
praedia: nunc cellam pauperis Olus habet.
hab. R post 46 hab. Q tit. ad olum R
1 cellam RLPfX: cellas Q cellam cellam EAV
vendidit R AXV: vendidi EV vindedit R olus R X: holus V om. EAV 2 praedia
R Vin mg.: pr(a)etia EAXV nunc RPQf : nulla L pauperis olus R XVs.l.: paupe
tusolus EA pauper tu solus V
348
vera cella pauperis. La ripetizione del nesso nel secondo verso con spostamento
del signicato realizza larguzia beffarda del componimento: la condizione prima
simulata ora reale. Marziale pregura un simile destino ad uno spendaccione
nel monostico VII 98 omnia, Castor, emis: sic et ut omnia vendas. Piuttosto
lambiccata e scarsamente persuasiva linterpretazione di SB2, p. 235 n. e (gi
avanzata in Shackleton Bailey 1978, p. 276 = Id. 1997, p. 68), per il quale: Olus
had not become poor in earnest; he still owned the house. The point is in the
double sense of habere, have and own (especially of land). The land Olus used
to own is now represented by the poor mans cubbyhole which was built out
of the proceeds of the sale. Olo dunque avrebbe venduto soltanto i terreni e
Marziale ironizzerebbe sul fatto che i suoi possedimenti si riducono ora alla cella
pauperis. Ma se Olo non divenuto povero, non si vede il motivo per cui avrebbe
dovuto, pur vendendo i suoi terreni, conservare la sola cella. La conclusione
sarebbe sorprendentemente priva di sale. Neanche i passi citati da SB2 a sostegno
della sua interpretazione (X 31, 6; XII 16, 3) appaiono adeguati: in X 31 Marziale
sferza un certo Calliodoro che ha venduto un servo per acquistare un mullus
di quattro libbre e bene cenare una sola volta; la sua conclusione spietata:
non est hic, improbe, non est / piscis, homo est; hominem, Calliodore, comes.
Lespressione hominem comes, con cui Marziale esprime icasticamente lo stolto
spreco di Calliodoro, non certo paragonabile al v. 2 di questo epigramma come
vorrebbe spiegarlo SB (una simile equazione realizza XII 16 addixti, Labiene,
tres agellos; / emisti, Labiene, tres cinaedos; / pedicas, Labiene, tres agellos, dove
per presente anche una allusione erotica). In entrambi gli epigrammi addotti
da SB immediamente percepibile la condanna morale del comportamento dei
protagonisti, mentre in questo caso non vi sono elementi che muovano verso
tale interpretazione. Il nome Olo ricorre in Marziale ancora in II 68; IV 36; VII
10; X 54, sempre per persone ttizie.
2. nunc: lavverbio evidenzia la distanza del presente dal passato: cfr. III
24, 13; VI 71, 6; IX 95, 1; XII 33, 2. habet: il verbo viene comunemente
interpretato nel senso di abitare (Ker, Izaac, Norcio, Scndola), per cui
cfr. Verg. Aen. VII 131 quae loca quive habeant homines (vd. Serv. ad loc.:
habeant habitent); Ov. rem. 630 alter, si possis, orbis habendus erit; tuttavia
in questa accezione il verbo utilizzato sempre in modo assoluto (vd. ThlL
VI 3, 2401, 6 sgg.; lunica eccezione appunto Ov. rem. 630). Forse pi
probabile intendere habet in senso proprio, supponendo che la concisa
espressione epigrammatica sottintenda tantum o nil nisi.
Epigramma 49
349
49
Veientana mihi misces, ubi Massica potas:
olfacere haec malo pocula quam bibere.
hab. T tit. ad rufum T : ad vuam (aut uvam)
1 veientana PQf : vegentana T valenta
L ubi T : tu c ed. Ferr. tibi ed. Ald. Ramirez de Prado massica TPQf : marsica
L potas T AX: poetas EV ponis Ramirez de Prado 2 olfacere TLPQf : olfascere f
malo T AV: mallo EAX
350
sibimet ipsis ministrant aut procedente mensa subiciunt; Petron. 31, 4 sg.
ad summam, statim scietis ait cui dederitis benecium: vinum
dominicum ministratoris gratia est; vd. anche Val. Max. IV 3, 11; Suet.
Iul. 48; Spart. Hadr. 17, 4. Sebbene il tema dellepigramma sia
immediatamente riconoscibile, la precisa esegesi dei versi ha creato diversi
problemi: al v. 1 ubi stato interpretato in senso avversativo (vd., ad es.,
Ker: whereas; Izaac: alors que; Norcio: ma). Tale accezione
dellavverbio non sembra per essere attestata (vd. OLD, s.v.; HofmannSzantyr, p. 651 sgg.). Muovendo da questa considerazione Ker 1950, p. 16
ha proposto di correggere in tibi (come gi nellAldina del 1501; tu si trova
in c e nelledizione ferrarese; per il testo di Ramirez de Prado vd. infra). La
congettura, pur facilmente giusticabile sotto laspetto paleograco,
introduce un dativus commodi poco appropriato al contesto (n costituisce
un parallelo adeguato VII 54, 8 dormi tibi, citato da Ker). Consapevole
delle difcolt linguistiche del testo di Ker, SB1, agendo in modo ancor pi
radicale, legge tibi ponis, citando come esempio per la corruttela IV
69, 1 tu Setina quidem semper vel Massica ponis (ponis
: potas T). Il
suo intervento, peraltro gi proposto da Ramirez de Prado, per
scarsamente persuasivo, non solo per essere poco economico, ma anche
per via della trasmissione concorde del testo da parte di tutte e tre famiglie,
che rende piuttosto improbabile la doppia corruttela (per lintera opera di
Marziale Reeve 1983, p. 243 cita solo sei casi di errore comune a tutta la
tradizione). Lo stesso SB si mostra forse non troppo convinto della
soluzione proposta, che pure accoglie nel testo, quando scrive in apparato,
discutendo la presunta corruzione in potas: potuit etiam nomen, ut Corde,
excidere, tum trad. supponi. Al v. 2 per Friedlaender haec pocula si riferisce
alla coppa dellantrione, mentre bibere sottintende mea; egli cos parafrasa
il verso: Ich will lieber an den letzteren Bechern riechen als (aus den mir
vorgesetzen) trinken. La sua interpretazione accolta da Izaac e Norcio
(Preferisco odorare le tue coppe che bere le mie). Il dettato del verso
suggerisce per di intendere haec come oggetto di entrambi i verbi. Cos
fa Ker, per il quale per lespressione haec pocula sottintende mea (I
would rather smell these cups of mine than drink them). tuttavia
evidente che il profumo di cui si pu accontentare Marziale pu essere
soltanto quello del pregiato Massico. Per SB inne haec si riferirebbe, con
una licentia inconsueta per Marziale, ad entrambe le coppe: Massica,
quae potare non licet, olfacere mavult quam Veientana bibere (haec ad
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Haec tibi, non alia, est ad cenam causa vocandi,
versiculos recites ut, Ligurine, tuos.
Deposui soleas, adfertur protinus ingens
inter lactucas oxygarumque liber;
alter perlegitur, dum fercula prima morantur;
tertius est, nec adhuc mensa secunda venit;
et quartum recitas et quintum denique librum.
Putidus est, totiens si mihi ponis aprum.
Quod si non scombris scelerata poemata donas,
cenabis solus iam, Ligurine, domi.
10
10
354
Per una puntuale analisi comparativa tra i due componimenti vd. Burnikel
1980, p. 26 sg. Notevoli somiglianze sono per state evidenziate da Citroni
1985, p. 189 anche con AP XI 137 (specialmente vv. 1-3).
2. versiculos: il diminutivo versiculi, che in Marziale ha sempre valenza
dispregiativa (vd. la n. a 9, 1 versiculos), contrasta con la quantit e il
volume dei libri di Ligurino (cfr. 3 sg. ingens / liber). - recites ut: sulla
posposizione della particella vd. la n. a 19, 5; in questo epigr. cfr. anche v.
8 totiens si.
3-7: nel descrivere la presentazione dei libri Marziale dedica due versi
(3 sg.) al primo, uno al secondo e al terzo (5 sg.), uno solo al quarto e al
quinto (7): la lunghezza decrescente dei cola riservati ai singoli libri esprime
efcacemente lincalzante successione dei libri e il senso di oppressione
provocato nei commensali.
3 sg. Deposui soleas: prima di stendersi sui letti tricliniari per mangiare i
Romani si toglievano i calzari, consegnandoli al loro servo (cfr. VIII 59, 13 sg.;
Epigramma 50
355
XII 87; vd. anche Hor. epist. I 13 ,15). Deponere soleas (e simili espressioni)
denota dunque la fase preliminare della cena: cfr. Plaut. Most. 384; Truc. 367;
479; poscere soleas indica invece lintenzione di abbandonare il convivio: cfr.
Hor. sat. II 8, 77. La paratassi (deposui adfertur) mette efcacemente in
risalto la rapidit con cui la recitazione ha inizio, quando il poeta ha avuto
appena il tempo di prendere posto sul letto tricliniare. - adfertur protinus
ingens: lespressione produce lattesa di una eccezionale portata, la cui
menzione viene ritardata dalla collocazione alla ne del verso successivo.
Ingens attributo caro allepica, spesso collocato in ne di verso (vd. EV, s.v.
ingens, II, p. 968 sg.); per luso in un contesto di parodia epica vd. la n. a 24,
9 ingens iratis apparuit hirnea sacris. - inter lactucas oxygarumque: si tratta
della gustatio, di cui la lattuga era parte abituale: cfr. V 78, 4; X 48, 9; XI 52,
5; XIII 53, 1 sg.; Hor. sat. II 4, 59; 8, 8. In tempi precedenti a Marziale veniva
tuttavia consumata alla ne del pasto: cfr. XIII 14 tit. lactucae. cludere quae
cenas lactuca solebat avorum, / dic mihi, cur nostras inchoat illa dapes? In
generale vd. Andr 1981, p. 176 sg. Loxygarum era composto da garum
misto ad aceto: cfr. Apic. VIII 4, 2; I 32 (18); I 34 (20); vd. ThlL IX 2, 1209,
5-22; RE VII 844, 51 sgg. Il sostantivo ricorre soltanto qui in poesia. Lactuca
e oxygarum sono associati nella gustatio anche in CGL III 658, 6. - liber:
linattesa e sorprendente menzione del libro, che Marziale rappresenta come
recato in tavola in mezzo alle vivande, realizza una sorta di
al mezzo. Per lespressione cfr. Hor. sat. II 8, 42 sg. adfertur squillas inter
murena natantis / in patina porrecta.
5: non ancora giunto il primo piatto ed gi letto per intero un secondo
libro. Ad una recitazione continua, che non concede requie (ben espressa
dal composto perlegitur), fa da contraltare lassenza di cibi (fercula prima
morantur). Senzaltro da scartare dunque porrigitur di XCGf, accolto
da Schneidewin e Gilbert. Tale lezione di certo un tentativo congetturale
di X a fronte del testo corrotto nellarchetipo della famiglia, attestato da
EAV. - dum fercula prima morantur: per questaccezione di morari
(OLD, s.v. moror, 8 b to be late in appearing) cfr. XIV 119, 1 (tit. matella
ctilis) dum poscor crepitu digitorum et verna moratur, / o quotiens
paelex culcita facta mea est!; Apul. met. V 2 nec tibi regales epulae
morabuntur. Poco persuasiva lesegesi di Ker (while the rst course
stands waiting) e Izaac (pendant que le premier service attend), che
attribuisce un valore inconsueto a moror; lattesa dei cibi che non arrivano
caratterizza questo verso e il successivo.
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Cum faciem laudo, cum miror crura manusque,
dicere, Galla, soles Nuda placebo magis,
et semper vitas communia balnea nobis.
Numquid, Galla, times ne tibi non placeam?
hab. T tit. ad gallam T
galla T
: galle T
Quando lodo il tuo viso, quando ammiro le tue gambe e le tue mani,
sei solita dire, o Galla: Nuda ti piacer di pi,
eppure eviti sempre i bagni comuni con me.
Forse, o Galla, temi che io non ti piaccia?
Alle lodi del poeta sulla sua bellezza Galla solita rispondere che nuda
riuscir ad affascinarlo ancora di pi. Eppure sfugge sempre dai bagni
comuni, che le offrirebbero loccasione di mostrare il proprio corpo nudo.
La conclusione di Marziale insinua il sospetto che Galla abbia qualche
difetto sico che desidera nascondere (cfr. III 72, 1 sg. vis futui nec vis
mecum, Saufeia, lavari. / nescio quod magnum suspicor esse nefas).
Marziale offre numerose testimonianze sui bagni comuni cfr. III [3]; 72;
87; VII 35; XI 47; 75; XIV 60; sullargomento vd. Busch 1999, pp. 487-502,
specialmente p. 490 sgg. Sui bagni come teatri per esibizionisti e voyeurs,
nonch luoghi privilegiati di incontro, anche per omosessuali, cfr. I 23; 96;
VII 35; IX 33; XI 47; 51; 63; 75. Il nome Galla ricorre frequentemente
negli epigrammi di Marziale per diversi tipi; in questo libro cfr. anche gli
epigr. 54; 90. Qui, come nellepigr. 54, si tratta di una prostituta (vd. la n.
al v. 4).
1. faciem crura manusque: si tratta delle parti del corpo non coperte
dai vestiti e sempre visibili (cfr. III 53, 1 sg.).
3. et semper vitas : per il tentativo di evitare gli incontri nei bagni comuni cfr. III 72, 1 sg. cit. nella n. intr. Lavverbio semper rivela che Galla
sfugge sistematicamente alla possibilit di essere vista nuda e prepara il
terreno per lultimo verso.
4: linterrogativa nale sorprende il lettore (che si attenderebbe numquid,
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Empta domus fuerat tibi, Tongiliane, ducentis:
abstulit hanc nimium casus in urbe frequens.
Collatum est decies. Rogo, non potes ipse videri
incendisse tuam, Tongiliane, domum?
tit. ad tongilianum
1 fuerat EAXV: ferat A ducentis EAX: duentis V 2 hanc
V: hac EAX 3 decies V: deciens EAX potes XV: potest EA
362
1: duecentomila sesterzi era una cifra piuttosto bassa per una casa a Roma
(cfr. XII 66, 1); sui prezzi delle case vd. Friedlaender, SR III, p. 84, nn. 34. fuerat: per erat; sulluso del piuccheperfetto in luogo del perfetto o
dellimperfetto, frequente in poesia per comodit metrica, vd. la n. a 4, 8
exierat. Per Watson-Watson, p. 302 fuerat sarebbe invece more emphatic.
2. nimium casus in urbe frequens: gli incendi erano allordine del giorno
nellantica Roma: cfr. Strabo V 3, 7; Hor. sat. I 1, 76 sgg.; Mart. V 7; Iuv.
3, 6 sgg.; 14, 303 sgg.; sullargomento vd. Friedlaender, SR I, p. 25 sgg.;
P. Werner, De incendiis Urbis Romae aetate imperatorum, Diss. Leipzig
1906, p. 47; A.G. McKay, Houses, Villas and Palaces in the Roman world,
London 1975, pp. 85-89.
3 sg.: linterrogativa esprime in modo velato i sospetti del poeta, che si mostra pi preoccupato per le apparenze, quasi che per lui lonest di Tongiliano
non fosse in discussione; pi esplicita la condanna di Giovenale in 3, 221 sg.
cit. nella n. intr. Su rogo, inciso di natura colloquiale, vd. la n. a 44, 9. decies:
sc. centena milia; sul frequente uso ellittico del moltiplicativo vd. la n. a 22,
2 centies laxum.
Epigramma 53
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53
Et vultu poteram tuo carere
et collo manibusque cruribusque
et mammis natibusque clunibusque,
et, ne singula persequi laborem,
tota te poteram, Chloe, carere.
tit. ad c(h)loen LPf : ad clohem Q 1 tuo EXV: tua A 3 natibusque X: natibus EAV
clunibusque LPQf : colunibusque L clunisque f
Del volto di Cloe il poeta poteva fare a meno, e cos del suo collo, delle
mani, delle gambe, cos dei suoi seni, delle sue natiche, e insomma, di
tutta Cloe poteva fare a meno! Marziale gioca con la tradizione erotica, di
cui lepigramma realizza una parodia: il preambolo, che enumera alcune
parti del corpo di Cloe ed occupa i primi tre versi, sembra preludere alla
menzione di una sua qualit irrinunciabile per il poeta, forse la donna
stessa nel suo insieme, ma lultimo verso realizza la pointe: di Cloe nel
suo complesso egli poteva fare a meno (tota, in posizione di rilievo al
principio dellultimo verso, realizza il sovvertimento delle aspettative).
Lepigramma si chiude con un verso che richiama quello iniziale (entrambi
signicativamente chiusi dal verbo carere, appartenente al lessico erotico:
vd. la n. al v. 1). Non si pu escludere che Marziale intenda richiamare il
c. 86 di Catullo, in cui il poeta contrappone la bellezza di Quinzia, limitata
alle singole qualit del corpo (2 haec ego sic singula conteor) a quella
complessiva di Lesbia (5 sg. Lesbia formosa est, quae cum pulcerrima
tota est, / tum omnibus una omnis subripuit veneres). Con la differenza
che Cloe non attrae il poeta n con le singole parti del suo corpo, n nel
complesso. Anche la scelta del nome Cloe, che in Marziale ricorre anche in
IV 28, 1 e IX 15, 2, rivela forse unintenzione allusiva alla poesia erotica e in
364
particolare ad Orazio, che in carm. III 26 usa il nome per una donna altera
e sprezzante, su cui invoca la punizione di Venere (cfr. v. 11 sg. sublimi
agello / tange Chloen semel arrogantem). In tal caso il disinteresse di
Marziale potrebbe rispondere ad una sorta di solidariet tra poeti a danno
del tipo dellamante altezzosa. In Orazio il nome ricorre anche in carm.
I 23, 1; III 7, 10; 9, 6. 9. 19, senza che si possa pensare a una sola persona
(vd. al riguardo I. Gualandri, in EO I, p. 693 sg.). Chloe comunque nome
attestato nelle iscrizioni (vd. ThlL. onom., s.v. Chloe).
1. carere: il verbo appartiene al lessico erotico (vd. Pichon, p. 100)
ed esprime, spesso unito a posse, limpossibilit per lamante di privarsi
dellamata: cfr. Tib. I 2, 65 sg. non ego, totus abesset amor, sed mutuus
esset, / orabam, nec te posse carere velim; Ov. epist. 7, 27 sg. ille quidem
male gratus et ad mea munera surdus / et quo, si non sim stulta, carere
velim; ars II 249 sg. saepe tua poteras, Leandre, carere puella; / transnabas,
animum nosset ut illa tuum; rem. 540 iam quoque, cum credes posse
carere, mane; 775 sg. ut Paris hanc rapuit, nunc demum uxore carere /
non potes.
3. natibusque clunibusque: la differenza tra i due sinonimi solo di livello
stilistico: nates appartiene alla lingua colloquiale, mentre clunes ricorre anche
in generi letterari alti (cfr., ad es., Lucr. IV 1270; Manil. II 199; IV 462; 707;
Liv. XLIV 5, 7; Germ. Arat. 144; 470; Sen. epist. 47, 6). Sullargomento
vd. J.N. Adams, Culus, Clunes and their Synonims in Latin, Glotta 59,
1981, pp. 231-264, specialmente p. 239 sgg. In Marziale nates presenta 11
occorrenze contro 4 di clunes. Qui clunibusque sembra mirato ad ottenere
una simmetria precisa, attraverso gli omeoteleuti (-ibusque -ibusque
-ibusque -ibusque) e leffetto paronomastico (manibusquenatibusque;
cruribusqueclunibusque), con il verso precedente.
Epigramma 54
365
54
Cum dare non possim quod poscis, Galla, rogantem,
multo simplicius, Galla, negare potes.
tit. ad gallam
1 possim Lf : possum PQ poscis LPQf : possis Lf rogantem
LPQf : roganti fs.l. 2 multo LQfEAXV: multos LPQfA potes Qf : potest
LPQf
366
55
Quod quacumque venis Cosmum migrare putamus
et uere excusso cinnama fusa vitro,
nolo peregrinis placeas tibi, Gellia, nugis.
Scis, puto, posse meum sic bene olere canem.
hab. T tit. ad gelliam T : ad celliam
1 quacumque T : quamcumque
putamus
T Vs.l.: putamque EAXV 2 excusso T : effusos LPQ effuso Qf
cinnama
TLPQf : scinnama f fusa TPQf : fuso L
3 placeas T EAX: placeat V gellia
TQf : cellia LPQf 4 scis T : sus
Epigramma 55
367
368
Epigramma 56
369
56
Sit cisterna mihi quam vinea malo Ravennae,
cum possim multo vendere pluris aquam.
hab. T tit. de ravenna : ad ravennam EXV ad ravennm A ad bassum T 1 sit T EAXVs.l.:
sis V vinea TPQf : vina f venia L malo AV: mallo TEX 2 possim TLQf : possum P
vendere pluris : vendere multo pluris T
370
57
Callidus imposuit nuper mihi copo Ravennae:
cum peterem mixtum, vendidit ille merum.
hab. T cum 56 con. T tit. de copone LPfEX: de capone A de caupone QV om.
T 1 callidus T EXV: calidus A callidum T copo LPfEAX: caupo TQV 2 peterem
TLPQf : peteret f mixtum TLPf : mustum Q vendidit : vindedit T
Epigramma 57
371
372
58
Baiana nostri villa, Basse, Faustini
non otiosis ordinata myrtetis
viduaque platano tonsilique buxeto
ingrata lati spatia detinet campi,
sed rure vero barbaroque laetatur.
Hic farta premitur angulo Ceres omni
et multa fragrat testa senibus autumnis;
hic post Novembres imminente iam bruma
seras putator horridus refert uvas.
Truces in alta valle mugiunt tauri
vitulusque inermi fronte prurit in pugnam.
Vagatur omnis turba sordidae chortis,
argutus anser gemmeique pavones
nomenque debet quae rubentibus pinnis
et picta perdix Numidicaeque guttatae
et impiorum phasiana Colchorum;
Rhodias superbi feminas premunt galli
sonantque turres plausibus columbarum;
gemit hinc palumbus, inde cereus turtur.
Avidi secuntur vilicae sinum porci
matremque plenam mollis agnus expectat.
Cingunt serenum lactei focum vernae
et larga festos lucet ad lares silva.
Non segnis albo pallet otio caupo,
nec perdit oleum lubricus palaestrita,
sed tendit avidis rete subdolum turdis
tremulave captum linea trahit piscem
aut impeditam cassibus refert dammam.
Exercet hilares facilis hortus urbanos,
et paedagogo non iubente lascivi
parere gaudent vilico capillati,
et delicatus opere fruitur eunuchus.
nec venit inanis rusticus salutator:
fert ille ceris cana cum suis mella
metamque lactis Sassinate de silva;
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consonanti con I 49, in cui Marziale descrive la bellezza della Spagna, sede
privilegiata della vita ideale, lontana dai taedia urbani (vd. la n. intr. di
Citroni allepigr.). Sono stati inoltre segnalati numerosi punti di contatto
tra lepigramma e il secondo Epodo di Orazio, sia nello sviluppo del tema
che in precise riprese verbali (cfr. vv. 10; 22; 26; vd. Duret 1977, pp. 173192; sulla presenza del modello oraziano negli epigrammi che elogiano la
vita campestre gi G. Donini, Horatius in Martiale, AJPh 85, 1964, p.
56 sgg.; in generale sullinuenza oraziana vd. ora Salemme 1998, pp. 4446). Lepigramma ha suscitato linteresse di Benedetto Croce, che gli ha
dedicato un breve saggio dal titolo Marziale. Lepistola a Basso. (Epigr. III
58), in Poesia antica e moderna. Interpretazioni, Bari 1941, pp. 108-115,
nel quale mostra apprezzamento soprattutto per il sentimento di adesione
alla rustica vita campestre. Il metro usato il coliambo, che, pur rimanendo
per lo pi legato allinvettiva, utilizzato da Marziale per epigrammi di
diverso tono, persino adulatori (cfr., ad es., IX 1; 5). In questo libro il
metro usato in due lunghe invettive (82; 93), ma anche in due epigrammi
dedicati allamico Canio (20; 64) e in una bonaria satira sullimproduttivit
del rus dellamico Basso (47).
1-5: la descrizione per quattro versi in negativo evidenzia le caratteristiche
tipiche di molte eleganti ville romane che sono assenti da quella di Faustino,
di cui viene in tal modo messa immediatamente in luce lunicit; solo al v. 5,
posta in risalto dallavversativa, viene introdotta la peculiarit della villa, che
costituisce il tema di quasi tutto il componimento (rure vero barbaroque
laetatur). I versi contengono quindi unimplicita condanna dello sterile lusso
delle ville romane, tema ricorrente nella letteratura imperiale (al riguardo vd.
Edwards 1993, p. 137 sgg.). In particolare i versi mostrano evidenti afnit
con Hor. carm. II 15, 1-8 iam pauca aratro iugera regiae / moles relinquent,
undique latius / extenta visentur Lucrino / stagna lacu, platanusque
caelebs / evincet ulmos; tum violaria et / myrtus et omnis copia narium
/ spargent olivetis odorem / fertilibus domino priori (su cui vd. NisbetHubbard2, p. 241 sgg.). Per lo sviluppo della descrizione per opposizione (cfr.
anche v. 24 sgg. non segnis albo pallet otio caupo, / nec perdit oleum lubricus
palaestrita, / sed eqs.) Marziale trovava un modello privilegiato nel celebre
elogio virgiliano della vita agricola (georg. II 458 sgg.): o fortunatos nimium,
sua si bona norint, / agricolas! / (461) si non ingentem foribus domus alta
superbis / mane salutantum totis vomit aedibus undam, / nec varios inhiant
378
pulchra testudine postis / inlusasque auro vestis Ephyreiaque aera, / alba nec
Assyrio fucatur lana veneno, / nec casia liquidi corrumpitur usus olivi; / at
secura quies et nescia fallere vita; cfr. anche Hor. epod. 2, 1 sgg. beatus ille, qui
procul negotiis, / / paterna rura bubus exercet suis, / / neque excitatur
classico miles truci, / neque horret iratum mare (i contatti dellepigramma
con lEpodo sono gi stati ricordati nella n. intr.).
1: il verso agisce come epigrafe del componimento, intrecciando elegantemente la menzione del luogo descritto, del suo proprietario e del
destinatario del carme. nostri: il possessivo rivela la condenza con Faustino
non soltanto del poeta, ma anche di Basso (cfr. epigr. 47). Sulluso del possessivo
come elemento affettivo della lingua vd. la n. a 5, 12 suis.
2. non otiosis ... myrtetis: il mirto, pianta adatta a climi caldi, cresceva
in particolare sui litorali (cfr. Verg. georg. II 112 litora myrtetis laetissima;
IV 124 amantis litora myrtos; Mart. IV 13, 6 litora myrtus amat), ma
veniva anche usato nei giardini (cfr. Hor. carm. II 15, 6 cit. nella n. ai vv. 1-5
con il commento di Nisbet-Hubbard2; vd. Grimal 1990, p. 275 sgg.). Sulla
presenza di mirteti a Baia cfr. Hor. epist. I 15, 5 sgg. sane murteta relinqui
/ dictaque cessantem nervis elidere morbum / sulpura contemni vicus
gemit; Cels. II 17 siccus calor est quarundam naturalium sudationum,
ubi terra profusus calidus vapor aedicio includitur, sicut super Baias in
murtetis habemus. Per luso di otiosus nellaccezione di improduttivo cfr.
Sen. dial. X 7, 5 nihil incultum otiosumque iacuit (in metafora); Sol. 23,
3 nihil in ea (sc. Hispania) otiosum, nihil sterile; vd. ThlL IX 2, 1170, 74
sgg. ordinata: da collegare a spatia (ThlL IX 2, 940, 56; SB2), non a villa
(OLD, s.v. ordino, nr. 1 a). Il verbo, cui sono riferiti anche gli ablativi del
verso seguente (vidua platano; tonsili buxeto), estraneo alla lingua
poetica (vd. Axelson 1945, p. 101): ricorre soltanto quattro volte in Orazio
e in Sen. Thyest. 716; usato nella stessa accezione in contesti agricoli: cfr.
Colum. IV 17, 2 iugum harundinibus ordinatum est; V 3, 7 per senos
pedes vitibus locum ordinare; vd. ThlL IX 2, 940, 50 sgg.
3. vidua platano: il platano vedovo poich inadatto a sostenere le
viti: la iunctura allude, variando, a Hor. carm. II 15, 4 platanus caelebs
(sulle afnit con lode oraziana vd. la n. ai vv. 1-5); cfr. anche Verg. georg. II
70 steriles platani; per viduus riferito ad alberi che non sostengono viti cfr.
Hor. carm. IV 5, 30 et vitem viduas ducit ad arbores; Iuv. 8, 78 stratus humi
palmes viduas desiderat ulmos; viduus designa invece la vite priva di albero
in Catull. 62, 49 ut vidua in nudo vitis quae nascitur arvo; cfr., allopposto,
Epigramma 58
379
luso di marita / maritare per gli alberi usati nella viticoltura (ad es. Cato agr.
32, 2; Catull. 62, 54; Hor. epod. 2, 10; Colum. III 11, 3; IV 1, 6; V 2, 32; XI
2, 79; Plin. nat. XIV 10; Quint. inst. VIII 3, 8); sulluso di terminologia tratta
dalla sfera matrimoniale per la viticoltura su alberi vd. F. Della Corte, Catullo,
la vite e lolmo, Maia 28, 1976, pp. 75-81 (= Id., Opuscula, VII, Genova
1983, pp. 63-69). Il platano era un elemento tradizionale del locus amoenus
per la gradevole ombra che procurava; a Roma e in Italia era soprattutto
presente nei giardini di ricche dimore: cfr. Ov. rem. 141; Sen. epist. 12, 2;
Plin. nat. XII 8; Plin. epist. I 3, 1; V 6, 20; Mart. XII 50, 1 sg.; vd. al riguardo
Grimal 1990, p. 278; per la critica della coltivazione di alberi improduttivi cfr.
Sen. dial. VII 17, 2 cur arbores nihil praeter umbram daturae conseruntur?;
Quint. inst. VIII 3, 8 sterilem platanum tonsasque myrtos quam maritam
ulmum et uberes oleas praeoptaverim? tonsili buxeto: i bossi si prestano
ad una potatura artistica che li rendeva molto apprezzati nei giardini romani:
cfr. Plin. nat. XVI 70 tertium genus (sc. buxi) nostratis vocant virens
semper ac tonsile; Plin. epist. V 6, 17 buxum multiformem; 6, 34 buxus in
formas mille discripta; al riguardo vd. Grimal 1990, p. 278. Giardini di bossi
si trovavano nel portico dEuropa: vd. la n. a 20, 13.
4. ingrata spatia: luso non comune di ingratus nel senso di improduttivo, che suggerisce una personicazione del terreno, ricorre in Marziale anche
in X 47, 4 non ingratus ager; cfr inoltre Gratt. 33; Ps. Quint. decl. 12, 4; vd.
ThlL VII 1 1561, 15-31. Per luso speculare di gratus cfr. Plin. paneg. 31, 1;
Quint. decl. 298, 4.
5. rure barbaro : per barbarus nellaccezione positiva di naturale,
spontaneo, in contrapposizione con quanto artefatto, cfr. X 92, 3 sg. has
tibi gemellas barbari decus luci / commendo pinus ilicesque Faunorum; vd.
ThlL II 1740, 27-30. laetatur: per Von Kamptz (ThlL VII 2, 882, 7 sgg.)
il passo appartiene agli esempi in cui laetari signica vi debilitata fere i. q.
frui, praeditum esse. La villa comunque in certa misura personicata e
rappresentata come vivente da Marziale.
6 sgg.: inizia la descrizione della villa, scandita dallanafora di hic. Il primo
posto riservato alla agri cultura, che comprende coltivazione dei cereali e
della vite (6-9). Marziale descrive non tanto il lavoro quanto i frutti gi raccolti
del lavoro, mettendo in risalto la produzione quasi spontanea della tenuta.
6. hic farta premitur: lespressione suggerisce lidea di abbondanza del
raccolto che deve essere stipata: cfr. III 41, 2 ex opibus tantis quas gravis
arca premit. angulo omni: la iunctura ricorre in Plaut. Aul. 437; 451;
380
Epigramma 58
381
10: limmagine dipende probabilmente da Hor. epod. 2, 11 sg. aut in reducta valle mugientium / prospectat errantis greges (vd. Duret 1977, p.
177; Salemme 1998, p. 45). truces tauri: iunctura ovidiana: cfr. epist.
4, 166 eris tauro saevior ipse truci; met. VIII 297 non armenta truces
possunt defendere tauri; IX 80 sg. restabat tertia tauri / forma trucis; vd.
anche Prop. III 15, 38 trucis bovis.
11. vitulus inermi fronte: la frons inermis perch ancora priva
delle corna, considerate le sue armi: per luso cfr. Plin. nat. VIII 115 latent
amissis (sc. cornibus) velut inermes; Stat. Theb. VI 566 inermes cervas;
vd. ThlL VII 1, 1307, 32-38. Per limmagine, che ricorre in Marziale ancora
in VI 38, 8 sic vitulus molli proelia fronte cupit, cfr. Lucr. V 1034 sg. cornua
nata prius vitulo quam frontibus exstent, / illis iratus petit atque infestus
inurget; Ov. am. III 13, 15 et vituli nondum metuenda fronte minaces;
[Ov.] Hal. 2 sg. vitulus sic namque minatur, / qui nondum gerit in tenera
iam cornua fronte. Unimmagine analoga riferita ad un capretto ricorre
in Hor. carm. III 13, 4 sg. frons turgida cornibus / primis et venerem et
proelia destinat. prurit in pugnam: prurio verbo piuttosto raro; fatta
eccezione per gli scrittori di medicina (Celso, Scribonio Largo), compare
in Plauto (7 volte); poi in Catullo (2), nei Priapea (1), in Giovenale (2); in
Marziale vi sono 11 occorrenze, per lo pi in senso erotico (vd. la n. a 93,
20); prurire in + accusativo non sembra attestato altrove.
12-21: Marziale concede ampio spazio alla descrizione della pastio
villatica (cfr. Colum. VIII 1, 2), passando in rassegna con il gusto per il
catalogo che gli appartiene (vd. La Penna 1992, specialmente p. 25 sg.),
tutte le specie presenti. I versi sono impreziositi da Marziale attraverso la
scelta di lessico, espressioni e iuncturae ricercate.
12. turba: in riferimento ad animali di uso poetico: cfr. Ov. met. IV
723 turba canum; Lucan. IX 608 serpentum turba; Stat. Theb. X 458
volucrum turba; Sil. VII 129 turba luporum. sordidae: lattributo
ricorre spesso in Marziale, spogliato delle valenze negative, in descrizioni di
scene campagnole: cfr. I 49, 27 sg. vicina in ipsum silva descendet focum
/ infante cinctum sordido; 55, 4 sordida otia; X 96, 4 saturae sordida
rura casae; 98, 8 sordida villa; XII 57, 1 sg. cur saepe sicci parva rura
Nomenti / laremque villae sordidum petam, quaeris?
13. argutus anser: analoga iunctura in Sidon. carm. V 83 garrulus
anser; argutus, attributo caro ai bucolici (vd. ThlL II 556, 74 sgg.; EV
I, p. 312 sg.), utilizzato per diversi animali: cfr., ad es., Verg. ecl. 9, 36
382
sg. argutos olores; Prop. I 18, 30 argutas aves; Culex 153 argutis
cicadis; in Marziale cfr. IX 54, 8 arguto passere; XI 18, 5 argutae
cicadae. Lattributo, che consente lallitterazione (cfr. v. 15 picta perdix),
potrebbe alludere al celeberrimo episodio delle oche che con il loro
strepitio sventarono la presa del Campidoglio da parte dei Galli (cfr. Liv.
V 47). Marziale vi fa riferimento in XIII 74 (tit. anseres). Sullallevamento
dellanser vd. Capponi 1979, p. 67 sgg. Ne veniva apprezzato il fegato:
vd. la n. a 82, 19. gemmei pavones: sullallevamento del pavone vd.
Capponi 1979, p. 392 sg.; gemmeus allude alla sua coda variopinta, quasi che
fosse ricoperta di gemme: cfr. Phaedr. III 18, 8 pictis plumis gemmeam
caudam explicas; AL 199, 70 gemmeam (vv. ll. gemmantem, gemmatam)
pinnis caudam; vd. anche Ov. met. I 723 cit. infra; Colum. VIII 11,
8 gemmantibus pinnis; Mart. XIII 70, 1 (tit. pavones) miraris, quotiens
gemmantis explicat alas; Stat. silv. II 4, 25 sgg. psittacus / quem non
gemmata volucris Iunonia cauda / vinceret aspectu. Secondo la versione
del mito attestata da Ovidio le gemme del pavone deriverebbero dai cento
occhi di Argo, trasportati da Giunone sulla coda dell uccello a lei sacro:
cfr. met. I 720 sgg. Arge, iaces, quodque in tot lumina lumen habebas, /
exstinctum est, centumque oculos nox occupat una. / excipit hos volucrisque
suae Saturnia pennis / conlocat et gemmis caudam stellantibus inplet. In
XIV 85, 2 Marziale segue unaltra versione nella quale Giunone trasforma
direttamente Argo nel pavone (vd. il commento di Leary1, ad loc. e quello
di Bmer2 ad I 722.
14: si tratta probabilmente del Phoenicopterus ruber L., caratterizzato da
piumaggio alare rosso (vd. Thompson, Birds, p. 304 sg.; Capponi 1979, p.
411 sg.). I Romani ne apprezzavano la lingua come una delicatezza (XIII 71,
1 sg.; Sen. epist. 110, 12; Plin. nat. X 133; Suet. Vit. 13, 2). Il fenicottero
(gr.
) menzionato da Marziale attraverso una perifrasi
etimologizzante anche in XIII 71, 1 (tit. phoenicopteri) dat mihi pinna rubens
nomen; per luso di tali perifrasi cfr. anche IX 12 (13), 1 sg. nomen habes
(sc. Earinus) teneri quod tempora nuncupat anni, / cum breve Cecropiae
ver populantur apes; 13 (12), 1-4 si daret autumnus mihi nomen, Oporinos
essem, / horrida si brumae sidera, Chimerinos; / dictus ab aestivo Therinos
tibi mense vocarer: / tempora cui nomen verna dedere quis est?; XIV 43, 1
(tit. candelabrum Corinthium) nomina candelae nobis antiqua dederunt; sul
gusto di Marziale per letimologia vd. Grewing 1998, specialmente p. 331 sg. Il
gioco etimologico sul nome del fenicottero gi in Aristoph. Av. 271-273.
Epigramma 58
383
15. picta perdix: si tratta della Alectoris rufa rufa L. (vd. Thompson,
Birds, p. 235; Capponi 1979, p. 396 sg.); O. Probst (Zu Martial III 58, 12
ff., Philologus 68, 1909, p. 319 sg.) proponeva invece lidenticazione
con lattagen (francolino). Lallevamento della pernice nelle ville romane
testimoniato da Varro rust. III 11, 4; sulla sua rarit come cibo cfr. Mart.
XIII 65, 1 (tit. perdices) ponitur Ausoniis avis haec rarissima mensis;
sul suo prezzo elevato cfr. XIII 76, 2. Pictus nellaccezione di colorato
naturalmente di uso poetico (vd. OLD, s.v., nr. 1 b): cfr. Verg. georg. IV
13 picti lacerti; Phaedr. III 18, 8 pictis plumis; in Marziale cfr. I 104,
1 sg. picto collo / pardus; XIV 85, 1 sg. (tit. lectus pavoninus) nomina
dat spondae pictis pulcherrima pinnis / avis. Numidicae guttatae:
specie di gallina, conosciuta anche come Africana (vd. Capponi 1979, p.
258 sg.): cfr. Colum. VIII 2, 2 Africana est quam plerique Numidicam
dicunt,
similis, nisi quod rutilam galeam et cristam capite
gerit, quae utraque sunt in Meleagride caerulae; VIII 12 tit. de Numidicis
et rusticis gallinis; sulla sua importazione in Italia cfr. Plin. nat. X 132; in
Marziale cfr. XIII 45, 1 Libycae volucres; 73 (tit. Numidicae) ansere
Romano quamvis satur Hannibal esset, / ipse suas numquam barbarus
edit aves; vd. anche Varro rust. III 9, 18; Petron. 55, 6; 93, 12; Iuv. 11, 142
sg.; Suet. Cal. 22, 3; Porph. Hor. epod. 2, 53; sulla confusione negli scrittori
fra i vari tipi di pollame vd. Toynbee 1973, p. 253 sg. Guttatus denisce la
macchiettatura del piumaggio: cfr. Varro rust. III 9, 18 gallinae Africanae
sunt variae; Plin. nat. X 74 variis sparsum plumis (sc. genus); lattributo
forse un neologismo di Marziale; in seguito ricorre soltanto in Pallad. IV
13, 3 colores (sc. equorum) albus, guttatus, candidissimus; Isid. orig.
XII 1, 48 color guttatus; 1, 50 guttatus, albus nigris intervenientibus
punctis. Per guttae nellaccezione di maculae, puncta vd. ThlL VI 2373,
20 sgg.
16. impiorum phasiana Colchorum: il nome delluccello deriva dal ume Fasi nella Colchide, suo luogo di origine (sulla provenienza del fagiano
dalla Colchide vd. Capponi 1979, p. 408 sg.; Thompson, Birds, p. 299): cfr.
III 77, 4 nec Libye mittit nec tibi Phasis aves; XIII 45, 1 si Libycae volucres
et Phasides essent; Plin. nat. X 132 phasianae in Colchis. Per Marziale
limportazione del fagiano risalirebbe alla spedizione degli Argonauti: cfr.
XIII 72 tit. phasianae. Argoa primum sum transportata carina: / ante
mihi notum nil nisi Phasis erat. Il sostantivo, soltanto qui in poesia, in
Marziale sempre femminile, come in Plin. X 132; XI 114; Suet. Cal.
384
22, 3; Vit. 13, 2; solo tardo il maschile phasianus (Paul. sent. III 6, 76;
Pallad. I 29, 1; Amm. XVI 5, 3; Hist. Aug. Hadr. 21, 4; Heliog. 20, 6). Il
mito argonautico richiamato allusivamente anche in questo verso tramite
lattributo impius, che qualica i Colchi a causa di Medea: laccostamento
ritorna in Drac. Romul. X 177 impia Colchis (sc. terra); per limpietas
di Medea cfr. Ov. trist. III 9, 9 impia desertum fugiens Medea parentem;
Culex 249 impietate fera vecordem Colchida matrem; Sen. Ag. 119 impia
virgo; Val. Fl. IV 13 sg. dabit impia poenas / virgo; vd. anche Ov. met. VII
396 impius ensis (sc. Medeae).
17: sulla lascivia dei galli cfr. Physiogn. 83 insatiabiles esse veneris ut galli
quos
Graeci vocant (vd. anche 131); Eustath. Bas. hex. 8,
3 p. 949A lascivus est gallus; vd. anche Varro rust. III 9, 5 gallos salaces.
Essa era tra le cause della castrazione: cfr. XIII 63, 1 sg. (tit. capones)
ne nimis exhausto macresceret inguine gallus, / amisit testes. nunc mihi
Gallus erit con il commento di Leary2; Colum. VIII 2, 3 mares autem
galli, semimares capi, qui hoc nomine vocantur cum sint castrati libidinis
abolendae causa. Rhodias: da Rodi proveniva una delle specie migliori di
gallinacei (Capponi 1979, p. 248): cfr. Varro rust. III 9, 6; Colum. VIII 2,
4; Plin. nat. X 48. superbi: sullindole altezzosa dei galli si diffonde Plin.
nat. X 46 sg. proxime gloriam sentiunt et hi nostri vigiles nocturni
imperitant suo generi et regnum in quacumque sunt domo exercent et
plebs tamen aeque superba graditur ardua cervice, cristis celsa, caelumque
sola volucrum aspicit crebra, in sublime caudam quoque falcatam
erigens; cfr. anche Colum. VIII 2, 9 mores autem maxime generosi
probantur, ut sint elati, alacres, vigilaces; in generale sui galli nellantichit
vd. Orth, RE VIII 2519, 48 sgg. premunt: per luso eufemistico relativo
al ruolo maschile nellatto sessuale vd. OLD, s.v., nr. 2 b; cfr. IV 4, 4 quod
pressa piger hircus in capella; Lucr. IV 1079 sg. quod petiere, premunt
arte faciuntque dolorem / corporis; Prop. I 13, 21 sg. non sic Haemonio
Salmonida mixtus Enipeo / Taenarius facili pressit amore deus; Suet. Cal.
25, 1 noli uxorem meam premere; per lequivalente uso di comprimo cfr.
IV 66, 11 vilica vel duri compressa est nupta coloni; Prop. II 26, 47 sg.
testis Amymone, latices dum ferret, in Argis / compressa; vd. ThlL III
2157, 70 sgg.; OLD, s.v., nr. 2; Adams, LSV, p. 182.
18: le colombaie romane avevano la forma di una torretta posta sul tetto:
cfr. XII 31, 6 quae gerit similes candida turris aves; Ov. ars II 150 quas
colat turres Chaonis ales habet; trist. I 9, 7 sg. aspicis ut veniant ad
Epigramma 58
385
386
Epigramma 58
387
(OLD, s.v. silva, nr. 3 a) cfr., ad es., Ov. met. VII 242; Sen. Her. O. 1641;
Val. Fl. III 311; 427; Stat. silv. III 1, 185.
24 sgg.: la tenuta di Faustino si differenzia dalla citt perch tutti gli
schiavi vi sono occupati in modo procuo e attivo. I versi contengono
pertanto unimplicita condanna del possesso di numerosi schiavi, sfruttati
come oggetti sessuali o ostentati come segno di ricchezza: cfr. II 43, 13;
57, 5; X 98, 1 sgg.; XII 66, 8.
24. albo otio: per la gura, frequente in Marziale, per cui il predicato
proprio di una persona viene riferito ad un elemento caratterizzante di
essa, vd. la n. a 46, 1 operam togatam; albus indica il pallore prodotto
dalla oziosa vita di citt: cfr. I 55, 13 sg. non amet hanc vitam quisquis me
non amat, opto, / vivat et urbanis albus in ofciis; X 12, 9 sg. et venies
albis non adgnoscendus amicis / livebitque tuis pallida turba genis; vd.
anche Hor. sat. II 2, 21; epod. 7, 15; carm. II 2, 15 sg. pallet: sul pallore
come esito di una vita non sana cfr. I 77, in cui il pallor del protagonista
causato dalle sue pratiche sessuali (6 cunnum lingit Charinus); XI 6,
6 pallentes curae; XIV 162, 2 pallida cura; Hor. sat. II 3, 78 argenti
pallet amore; Sen. ben. IV 13, 1 corpora ignavia pallentia; dial. X 2, 4
quam multi continuis voluptatibus pallent!; Pers. 5, 15 pallentis radere
mores; Iuv. 2, 50 Hispo subit iuvenes et morbo pallet utroque. Otium qui
nella sua accezione negativa (vd. ThlL IX 2, 1176, 29 sgg.): cfr., ad es.,
Sen. ben. VII 2, 2 animus otio torpet. caupo: la forma con occlusione
del dittongo copo preferita da Schneidewin, Gilbert, Friedlaender, SB;
sembrano tuttavia ricondurre a caupo, accolto da Lindsay, Heraeus, Izaac,
le lezioni corrotte di entrambe le famiglie (capo, carbo) e il tono pi
sostenuto dellepigramma.
25. nec perdit oleum: lattivit ginnica qui vista come spreco di tempo
e di risorse alimentari (oleum): per la svalutazione dello sport a vantaggio
dellagricoltura cfr. anche XIV 49, 1 sg. (tit. halteres) quid pereunt stulto
fortes haltere lacerti? / exercet melius vinea fossa viros. Il biasimo della
palestra costituisce un motivo diffuso della critica moralistica a Roma:
cfr. Varro rust. II 1 sg.; Sen. epist. 88, 18 sg.; dial. X 12, 2; Cic. Tusc.
IV 70; rep. IV 4; Plin. nat. XV 19; XXIX 26; XXXV 48; Lucan. VII
270-272; Plin. epist. IV 22, 7; paneg. 13, 5; Sil. XIV 134-138; Plut. Mor.
274 D; sullargomento vd. RE VII 2061-2085; Marquardt 1886, pp. 117;
122; Blmner 1911, p. 329. lubricus palaestrita: palaestrita, grecismo
completamente ambientato nella lingua latina al tempo di Marziale, indica
388
Epigramma 58
389
390
aut pressa puris mella condit amphoris. Per luso metonimico di cera per
favo cfr. V 37, 10; Verg. georg. IV 57 (vd. OLD, s.v. cera, nr. 2 a). Il verso
molto simile, pur nella diversit del metro, ad Ov. fast. IV 546 in ceris
aurea mella suis. Mella plurale poetico (vd. ThlL VIII 605, 64 sgg.); in
Marziale vi sono sette occorrenze contro un solo caso al singolare (XIII
24, 1).
35: ha creato difcolt agli interpreti la menzione in questo contesto del
formaggio proveniente da Sarsina, poich ci si aspetterebbe che il salutator
portasse un prodotto della sua terra e non certo di una regione cos distante.
Si tentato di sanare laporia intervenendo sul testo: Heinsius proponeva
metamque lactis Sassinatis, de silva, inaccettabile metricamente, poich in
quinta sede dello scazonte non mai ammesso lo spondeo (vd. Giarratano
1908, p. 61); Rooy, seguito da Friedlaender, ha corretto in metamque lactis
Sassinatis; e silva, che permette di superare le difcolt metriche, ma
comporta due interventi sul testo e obbliga ad intendere Kse nach Art
der Sassinatischen (Gilbert apud Friedlaender); inoltre linterpunzione
crea una pausa innaturale, in una serie di versi sintatticamente compiuti,
facendo gravitare e silva sul verso seguente. Citroni 1987, p. 151 n. 31 si
domanda se Sassinate non sia lezione interpolata da I 43, 7 ove ricorre:
rustica lactantis nec misit Sassina metas e non nasconda un diverso
nome di localit prossima a Baia. La difcolt sussiste e, in assenza di
una soluzione convincente, appare opportuno mantenere il testo trdito
come fanno tutti gli editori moderni, con leccezione di Friedlaender. Il
formaggio di Sarsina era noto per la sua qualit (cfr. Plin. nat. XI 241;
Sil. VIII 461 sg.; vd. RE II A, 1, 51) ed ricordato da Marziale in I 43, 7
cit. supra, dove Sassina stato restituito con certezza da Heinsius (sasina
T fuscina om. ). Lac assoluto per formaggio ricorre soltanto qui; di
norma accompagnato da un participio che ne specica lo stato: cfr. VIII
64, 9 massam lactis alligati; Verg. ecl. 1, 81 pressi lactis; Ov. met.
VIII 666 lactis massa coacti; XIII 796 lacte coacto. Meta solo qui e in I 43,
7 cit. supra usato per formaggio di forma conica (vd. ThlL VIII 863, 62
sg.). Sul formaggio nel mondo romano vd. Andr 1981, pp. 155-158.
36. somniculosos glires: i ghiri erano considerati leccornie: cfr. Petron.
31, 10; Plin. nat. XXXVI 4 (vd. anche VIII 223); per la loro presenza nelle
ville cfr. Varro rust. III 2, 14; 3, 3 sg.; 12, 2; 14, 1. Lattributo somniculosus,
solo qui in Marziale e raro in poesia (cfr. Cinna fr. 10), allude al proverbiale
letargo invernale del ghiro: cfr. XIII 59 (tit. glires) tota mihi dormitur
Epigramma 58
391
hiems et pinguior illo / tempore sum quo me nil nisi somnus alit; Laber.
mim. 5 et iam hic me optimus somnus premit ut premitur glis; vd. Otto,
Sprichwrter, s.v. glis; ThlL VI 2046, 27-38. Sullimpronta prosaica degli
aggettivi in osus vd. Axelson 1945, p. 60 sg.
37. vagientem matris hispidae fetum: un capretto. Lanimale indicato
con analoga perifrasi in VII 31, 3 et fetum querulae rudem capellae. Dal
verso del capretto deriverebbe luso di vagire per neonati umani secondo
Varrone, ling. VII 103 sg. multa ab animalium vocibus tralata in homines,
partim qu<ae> sunt aperta, partim obscura eiusdem (sc. Enni) ab
<ha>edo: clamor ad caelum volvendus per aethera vagit (ann. 531 V2);
cfr. anche Plaut. Poen. 30 sg. ne et ipsae sitiant et pueri pereant fame /
neve essurientes hic quasi haedi obvagiant; Ov. met. XV 466 sg. aut qui
vagitus similes puerilibus haedum / edentem iugulare potest (altrove vagire
usato per le lepri: Suet. fr. 161 p. 250 Reiff. leporum vagire; AL 762, 60
lepores vagiunt; Isid. diff. 607). Da escludere pertanto lipotesi, suggerita
probabilmente dalluso di hispidus (vd. infra), che si tratti di un maialino,
attestata nel Forcellini, s.v. vagio 2 b e in altri lessici (Georges, Calonghi,
Castiglioni-Mariotti). I maiali sono nominati al v. 20 e gli animali e i prodotti
recati in dono dal rusticus ai vv. 34-40 non sono menzionati altrove nellepigramma. Per il verso del maiale il latino utilizza il verbo grunnire (o grundire)
e il sostantivo grunnitus (o grunditus): vd. ThlL VI 2338, 55 sgg.; 2339,
12 sgg. Lattributo hispidus, usato per lo pi per suini (cfr. Phaedr. V 10,
4 hispidi suis; Sen. Ag. 892 hispidus aper; vd. ThlL VI 3, 2833, 9
sgg.), ricorre solo qui per una capra; cfr. per Verg. georg. III 287 hirtas
capellas; Ov. met. XIII 927 hirtae capellae; Iuv. 5, 155 hirsuta capella;
Iuvenc. IV 267 hirtis capellis; Avien. ora 218 hirtae capellae. Fetus
comune per la prole di animali: vd. ThlL VI 1, 637, 52 sgg.; in riferimento al
capretto ancora in VII 31, 3 cit. supra; Tib. I 1, 31 sg. fetum capellae; Iuv.
15, 12 fetum capellae.
38: i capponi sono menzionati tra gli Xenia: cfr. XIII 63 tit. capones. ne
nimis exhausto macresceret inguine gallus, / amisit testes. nunc mihi Gallus
erit; 64 tit. idem. succumbit sterili frustra gallina marito. / hunc matris
Cybeles esse decebat avem. coactos non amare: sulluso eufemistico di
amare per futuere vd. Adams, LSV, p. 188; cfr. VI 93, 3 ab amore recens
hircus.
39. vimine offerunt texto: congettura certa di Scriverius per il trdito vimineo ferunt texto: cfr. IX 72, 3 texto vimine; vd. anche II 85, 1 vimine
392
levi; IV 88, 7 rugosarum vimen breve Picenarum; VII 53, 5 cum vimine
Picenarum.
40. grandes virgines: grandis si riferisce allet, relativamente alle fasi
della vita: cfr. Don. Ter. Ad. 673 grandem ad aetatem veteres rettulerunt,
non ad corpus, et in parte aetatis dicitur grandis non in tota vita, nisi
additur natu et grandis infans et grandis puer et grandis ephebus et
grandis virgo recte dicitur; Plaut. Aul. 191 virginem dabo grandem; Trin.
374 soror illi est adulta virgo grandis; Ter. Ad. 673 an sedere oportuit
domi virginem tam grandem; in Marziale cfr. VIII 3, 16 grandis virgo;
vd. anche II 48, 5 et grandem puerum diuque levem; VII 10, 14 poscit iam
dotem lia grandis.
41. vocatur: luso assoluto di voco (sc. ad cenam) comune da Plauto in
poi e frequente in Marziale.
42: labitudine della tenuta rustica contrasta con quella cittadina, per cui
gli avanzi di una cena venivano talora riproposti in cene successive: cfr.
II 37, 10 sg., in cui Marziale rimprovera argutamente il commensale che
arraffa senza misura ogni cibo che viene servito: ullus si pudor est, repone
cenam: / cras te, Caeciliane, non vocavi; X 48, 17 sg. pullus ad haec
cenisque tribus iam perna superstes / addetur.
43 sg.: tutti ricevono lo stesso trattamento, persino i servi, che quindi
non hanno nulla da invidiare agli altri commensali. Diversa, come noto,
la consuetudine a Roma, dove i clienti ricevevano cibi pi scadenti (vd. la
n. intr. allepigr. 60). Sullinvidia generata dalla disparit di trattamento cfr.
IV 68 invitas centum quadrantibus et bene cenas. / ut cenem invitor,
Flacce, an ut invideam? satur minister: avere un servo ben pasciuto
uno dei desideri espressi da Marziale in II 90 (v. 9 sit mihi verna satur).
45 sgg.: gli ultimi versi introducono nuovamente ed in modo inatteso il
destinatario del componimento Basso, la cui menzione nel v. 1 sembrava
un gesto allocutorio estraneo allo sviluppo dellepigramma.
45. at: la particella avversativa marca un netto contrasto con la orida
tenuta di Faustino n qui descritta. famem mundam: efcace e originale
espressione metonimica, che associa leleganza esteriore della tenuta di
Basso e la sua carenza sostanziale (cfr. v. 49 pictam villam). Fames
per luogo sterile non offre altre attestazioni (vd. ThlL VI 1, 233, 78
sg.; per altri usi metonimici del sostantivo vd. la n. a 7, 4). Per mundus
nellaccezione di elegante, rinito vd. ThlL VIII 1631, 41 sgg.; OLD,
s.v., nr. 2; cfr. Hor. epist. I 20, 2 Sosiorum pumice mundus (sc. liber); Sen.
Epigramma 58
393
epist. 86, 12 postquam munda balnea inventa sunt, spurciores sunt (sc.
homines). Meno persuasiva mi sembra lipotesi di attribuire allaggettivo
valore intensivo come in Petron. 41, 11 et mundum frigus habuimus (vd.
Hofmann, LU, p. 197), sostenuta da von Kamptz in ThlL VIII 1631, 73 e,
recentemente, da Salanitro 2002, p. 561, che propone di rendere il verso,
senza la necessit di evidenziare il riferimento alla villa che risulta da
ci che segue, con unespressione idiomatica italiana (tu nel suburbio
possiedi una fame nera). Tale esegesi mal si adatta alluso metonimico di
fames, garantito da possides. sub urbe: sulla tenuta suburbana di Basso
cfr. lepigr. 47.
46. meras laurus: per merus nellaccezione di non nisi, nihil praeter
vd. ThlL VIII 848, 26 sgg.; cfr. VII 54, 1 semper mane mihi de me mera
somnia narras; Cic. Att. IX 13, 1 mera scelera loquuntur; Hor. epist. I 7,
84 sulcos et vineta crepat mera; II 2, 88 ut meros audiret honores.
47. furem Priapo non timente: Priapo, custode dellorto, non teme i
ladri poich non c nulla da rubare.
48 sgg.: i versi richiamano III 47, 6 sgg., dove Marziale rappresenta il
viaggio di Basso con un carro pieno di ogni cibi, destinato, come si scopre
in conclusione, non in citt, ma in campagna.
49. pictam villam: cfr. I 55, 5 picta Spartani frigora saxi (i marmi
colorati dei ricchi palazzi nobiliari); vd. anche X 30, 13 pictam phaselon.
50: tutti prodotti tipici della campagna: vd. III 47, 7 sgg.; VII 31.
51: conclusione arguta: se non produce nulla, la villa suburbana di
Basso deve essere considerata una domus lontana e non una tenuta
campagnola (rus). Allopposto Sparso possiede un autentico rus in
urbe (XII 57, 21); la villa di Giulio Marziale pu essere invece denita
domus per laffabilit del suo proprietario: hoc rus, seu potius domus
vocanda est, / commendat dominus: tuam putabis, / tam non invida
tamque liberalis, / tam comi patet hospitalitate (IV 64, 25 sgg.). In VII
31 Marziale scherza sullimproduttivit della propria tenuta campagnola.
domus longe: lespressione sottintende un participio (ad es. sita): cfr. X
58, 2 propius Baias; Stat. Ach. I 174 sgg. insequitur (sc. Achillem) /
Patroclus tantisque extenditur aemulus actis, / par studiis aevique modis,
sed robore longe.
394
59
Sutor Cerdo dedit tibi, culta Bononia, munus,
fullo dedit Mutinae: nunc ubi copo dabit?
hab. T tit. ad sutorem cerdonem T: de sutore de sutore cerdone
1 Cerdo Crusius
(cfr. 16, 1. 4. 6): cerdo TPQfEAXV credo LA 2 ubi LPQf : tibi Tfs.l. copo LPfEAX:
caupo TQV
Epigramma 59
395
dellindignazione del poeta. Bononia fu colonia romana dal 189 a.C. (cfr.
Liv. XXXVII 57, 7; Vell. I 15, 2; vd. Hlsen, RE III 701 sg.; Suppl. I
255; Nissen, IL, II, p. 262 sgg.). Cultus, soltanto qui riferito ad una citt,
lascia supporre un ambiente elegante e rafnato; lepiteto stride perci
con lumilt del personaggio (Citroni 1987, p. 146 sg.). Nel 69 d.C. per
ordine di Fabio Valente fu costruito a Bononia un anteatro (Tac. hist. II
67, 2), dove si svolse uno spettacolo gladiatorio in onore di Vitellio (Tac.
hist. II 71, 1). Si trattava con ogni probabilit di una struttura lignea. Il
ritrovamento di una lastra con un rilievo gladiatorio nel 1930 presso la
citt conferma le notizie attestate dalle fonti letterarie (vd. al riguardo S.
Aurigemma, Gli anteatri romani di Placentia, di Bononia e di Forum
Cornelii, Historia 6, 1932, p. 565 sgg.). Bologna appare ancora negli
epigrammi di Marziale in VI 85, 5 sg., in cui il poeta lamenta la morte
dellamico Camonio Rufo, conosciuto probabilmente durante il soggiorno
cisalpino, invitando lintera citt a piangerne la scomparsa: funde tuo
lacrimas orbata Bononia Rufo, / et resonet tota planctus in Aemilia.
2. fullo: il mestiere del lavandaio era considerato tra i pi umili: cfr. Firm.
math. III 8, 7 artes aut sordidae aut squalidae quales sunt fullones
eqs.; vd. Daremberg-Saglio, s.v. fullonica; Marquardt 1886, pp. 527-30;
R.J. Forbes, Studies in Ancient Technology, IV, Leiden 19642, pp. 81-98;
in Marziale cfr. XII 59, 6 sg. hinc instat tibi textor, inde fullo, / hinc
sutor modo pelle basiata. Mutinae: menzionata qui soltanto da Marziale.
La lana di Modena era rinomata (cfr. Strabo V 1, 12; Colum. VII 2, 3)
e questo provoc la oritura del mestiere di lavandaio; Marziale ricorda
altrove lalta qualit della lana di Parma: cfr. XIV 155, 1 sg. velleribus
primis Apulia, Parma secundis / nobilis; vd. anche II 43, 4; IV 37, 5; V
13, 8. I dati epigraci confermano le fonti letterarie riguardo alla oritura
nella Cisalpina della produzione tessile (vd. E. No, La produzione tessile
nella Gallia Cisalpina, RIL 108, 1974, pp. 918-932; G. Mansuelli, I
Cisalpini, Firenze 1962, p. 208 sgg.). Su Mutina, colonia romana dal 183
a.C., vd. RE XVI 939, 45- 946, 59; Nissen, IL, II, p. 264 sgg. nunc ubi
copo dabit?: traspare dalla domanda un sarcasmo venato di amarezza per
lascesa sociale di ceti umili, cui sembra non esistere limite. Mentre a Roma
non era permesso al tempo che un privato offrisse un munus gladiatorio,
le fonti rivelano che in provincia questo accadeva frequentemente (vd. la
n. intr. allepigr. 16; Ville 1981, pp. 161 sgg.; 200 sgg.). Sulla preferenza per
la forma copo vd. la n. a 57, 1.
396
60
Cum vocer ad cenam non iam venalis ut ante,
cur mihi non eadem quae tibi cena datur?
Ostrea tu sumis stagno saturata Lucrino,
sugitur inciso mitulus ore mihi;
sunt tibi boleti, fungos ego sumo suillos;
res tibi cum rhombo est, at mihi cum sparulo.
Aureus immodicis turtur te clunibus implet,
ponitur in cavea mortua pica mihi.
Cur sine te ceno cum tecum, Pontice, cenem?
Sportula quod non est prosit: edamus idem.
10
Epigramma 60
397
turdusve dabatur Orestae, / sed par atque eadem cena duobus erat. / tu
Lucrina voras, me pascit aquosa peloris eqs.; vd. anche Plin. epist. II 6 (con
il commento di Sherwin-White); Iuv. 5 (con il commento di Courtney). Qui
il tema viene contestualizzato da Marziale nel periodo di abolizione della
sportula (vv. 1; 10; cfr. gli epigr. 7; 14; 30 di questo libro), che dovrebbe
almeno garantire al cliente una recta cena come quella del patrono. Pontico
con ogni probabilit un nome ttizio (ricorre ancora in II 32, 2; IV 85,
1; V 63, 2; IX 19, 2; 41,1 e 10; 82, 1; anche in IV 85 si tratta di un patrono
avaro). Il nome del patrono ritardato no al v. 9, con leffetto di accrescere
il tono indignato dellultimo distico. Lepigramma sviluppa unitariamente
due temi ben presenti nel libro: labolizione della sportula (cfr. 7; 14; 30) e
la lamentela per la condizione dei clienti (cfr. 36; 37; 38; 46); esso costituisce
una sorta di riessione conclusiva sullargomento, che non compare pi nel
resto del libro.
1. Cum vocer: forma incipitaria tra le pi comuni in Marziale: essa introduce
un dato di fatto che pu suscitare un interrogativo (cfr., ad es., III 23, 1
sg. omnia cum retro pueris obsonia tradas, / cur non mensa tibi ponitur
a pedibus?). Vocer lezione di T, mentre i codici delle famiglie
recano
vocor; lindicativo, pur possibile, determinerebbe per un valore temporale
per il cum che mal si adatta al contesto. Per la frequente corruttela cfr. I 59, 4
laver : lavor ; VII 23, 3 precer : precor ; vd. anche la n. a 32, 1. non
iam venalis ut ante: sullabolizione della sportula da parte di Domiziano vd.
la n. intr. allepigr. 7. La sportula era talvolta associata allinvito a cena (vd. la
n. a 30, 1).
2: per la distribuzione della sportula il patrono si sentiva autorizzato ad
offrire cibi scadenti ai suoi clienti; nelle aspettative di Marziale la sua abolizione
dovrebbe comportare un miglioramento del trattamento (cfr. v. 10). Per la
forma analoga della recriminazione per la disparit dei cibi cfr. VI 11, 3 sg.
cit. nella n. intr.; Iuv. 5, 51 sg. non eadem vobis poni modo vina querebar? /
vos aliam potatis aquam.
3. ostrea: sulle ostriche, considerate tra i cibi pi prelibati vd. la n. a 45, 6.
Quelle del lago Lucrino erano rinomate: cfr. V 37, 3; VI 11, 5; X 37, 11; XII
48, 4; XIII 82; 90, 2; vd. anche Hor. epod. 2, 49; Petron. 70, 6; sullargomento
vd. RE II 2, 2590-1, s.v. Austern. stagno Lucrino: sulla denizione vd.
la n. a 20, 20. saturata: in Marziale il verbo ricorre 3 volte su 4 al participio
passato (VIII 28, 4; 48, 5; XIII 24, 1); in Virgilio 2 occorrenze su 4 sono part.
398
pass.: cfr. Aen. VIII 213 sg. saturata / armenta; vd. EV IV, s.v. satur.
4: il mitulus una specie di concha marina (mytilus edulis L.): cfr.
Athen. III 85 e
,
;
Porph. Hor. sat. II 4, 28; vd. Steiner, RE XVI 785 sgg.; Thompson, Fishes,
p. 259. Il termine usato per la prima volta in poesia da Orazio sat. II 4,
28. sugitur: sumitur di senzaltro una banalizzazione, favorita molto
probabilmente dal contesto prossimo (cfr. vv. 3 sumis; 5 sumo). inciso
ore: cfr. Plin. nat. IX 80 muricem neque aspero neque rotundo ore; 130
rotunditate oris (sc. conchae) in margine incisa. Il particolare aggiunge un
tratto ulteriore alla descrizione del misero trattamento riservato al cliente: il
mitilo che gli viene servito, oltre ad essere pi scadente nella qualit, non
stato neanche preparato a dovere e il poeta deve anche inciderne il guscio.
Mi sembra quindi che fraintenda il passo SB2, che traduce: I cut my mouth
sucking a mussel.
5. sunt tibi boleti: sui pregiati boleti vd. la n. a 45, 6. suillos: soltanto
i codici della terza famiglia conservano qui la lezione corretta (pusillos
corruttela facilmente spiegabile). Si tratta di funghi porcini, non tanto
scadenti, quanto pericolosi: cfr. Plin. nat. XXII 96 tertium genus suilli,
venenis accomodatissimi. familias nuper interemere et tota convivia
quae voluptas tam ancipitis cibi? (vd. anche XVI 31); sullidenticazione
vd. G. Maggiulli, Nomenclatura micologica latina, Genova 1977, p. 73
sgg. La situazione descritta nel verso certamente ripresa da Giovenale 5,
146 sg. vilibus ancipites fungi ponentur amicis, / boletus domino (vd. al
riguardo Colton 1991, p. 200).
6. res tibi cum est: lespressione ricorre in commedia (Plaut. Men. 323;
Ter. Eun. 759), in prosa (Cic. Verr. II 5, 109: div. II 109; Caes. Gall. VII
77, 4; Liv. V 3, 8; XXVIII 42, 17; Tac. dial. 10, 5; Suet. Iul. 68, 2), ma anche
in Verg. Aen. IX 154 sg.; Tib. I 6, 3; Sil. XII 706. rhombo: sul rombo,
pesce prelibato, vd. la n. a 45, 5. sparulo: lo sparulus, menzionato in [Ov.]
Hal. 107 et super aurata sparulus cervice refulgens, stato identicato
con il Sargus Annularis della famiglia degli Sparidae (vd. il commento di
Capponi, ad loc.).
7. aureus turtur: la tortora era un cibo rafnato: cfr. XIII 53, 1 sg.
(tit. turtures) cum pinguis mihi turtur erit, lactuca valebis: / et cocleas
tibi habe. perdere nolo famem; vd. anche VII 20, 15; Plaut. Most. 46; Iuv.
6, 39. Per luso di aureus cfr. III 58, 19 cereus turtur; qui lattributo, oltre
al colore (su cui vd. Andr 1949, p. 155 sg.), mette in risalto il pregio del
Epigramma 60
399
400
61
Esse nihil dicis quidquid petis, improbe Cinna:
si nil, Cinna, petis, nil tibi, Cinna, nego.
hab. R tit. ad cinnam
RLPf : dabo Q
: de cinna R
nego
Epigramma 62
401
62
Centenis quod emis pueros et saepe ducenis,
quod sub rege Numa condita vina bibis,
quod constat decies tibi non spatiosa supellex,
libra quod argenti milia quinque rapit,
aurea quod fundi pretio carruca paratur,
quod pluris mula est quam domus empta tibi:
haec animo credis magno te, Quinte, parare?
Falleris: haec animus, Quinte, pusillus emit.
402
dallanafora di quod cfr. I 104, 1-10; II 11, 1-6. Per questuso di quod vd.
la n. a 42, 2.
1. Centenis ducenis: sc. milibus; per lellissi vd. OLD, s.v., nr. 1 c; in
Marziale cfr. II 65, 5; IV 37, 5; V 35, 2; VIII 16, 2; XI 76, 4; XII 75, 8;
lelevata cifra di centomila sesterzi per un giovane schiavo attestata in
diversi epigrammi: cfr. I 58, 1 sg.; XI 70, 1; vd. anche II 63, 1 sg.; altrove
Marziale censura il comportamento di personaggi che vendono un podere
per acquistare un puer (IX 21; XII 16; 33). Sui prezzi degli schiavi vd. Citroni,
p. 193; Blmner 1911, p. 280 sg.; Westermann, RE Suppl. VI 1011 sg.
2. sub rege Numa: si tratta di uniperbole comica: cfr. XIII 111 (tit. Falernum) de Sinuessanis venerunt Massica prelis: / condita quo quaeris
consule? nullus erat. Numa Pompilio, secondo re di Roma, simboleggia un
periodo remoto anche in X 39, 1 sg. consule te Bruto quod iuras, Lesbia,
natam, / mentiris: nata es, Lesbia, rege Numa?; per il riferimento alla
Roma arcaica vd. anche XI 44, 1 orbus es et locuples et Bruto consule
natus.
3. decies: sc. centena milia; per il frequente uso ellittico del moltiplicativo
vd. la n. a 22, 2 centies. non spatiosa supellex: Marziale potrebbe
riecheggiare qui Persio (4, 52): noris, quam sit tibi curta supellex, dove
pure supellex usato in senso metaforico. Supellex indica genericamente
il mobilio: cfr. Paul. Dig. XXXIII 10, 3 supellectili haec continentur:
mensae subsellia, scamna, lecti etiam inargentati, culcitae, toralia ,
vasa aquaria, pelves candelabrae, lucernae; in Marziale cfr. V 62, 3 aut
si portatur tecum tibi magna supellex.
4. libra argenti: una libbra dargento a Roma costava circa 270 sesterzi.
Lespressione si riferisce certamente a un oggetto dargento lavorato
artisticamente (vd. ThlL II 525, 76 sgg.; Friedlaender, SR IV, p. 301 sg.;
D.E. Strong, Greek and Roman Silver Plate, Ithaca 1966, p. 19 sg.): luso
frequente in Marziale: cfr. II 76, 1; III 40 (41), 2; IV 39, 1. 9; 88, 3; V 59, 1;
VI 50, 4; VII 53, 12; VIII 6, 3; 34, 1; 71, 1; X 15 (14), 8; 57, 1; XI 70, 7 sg.;
XII 36, 1; XIII 48, 1; vd. anche VII 86, 6 sg. nulla venit a me / Hispani tibi
libra pustulati. rapit: esprime lo sproposito della somma pagata, quasi
un furto: cfr. III 16, 2 quodque tibi tribuit subula, sica rapit (dove la sica
simboleggia gli spettacoli gladiatori); VII 32, 6 et rapit immeritas sordidus
unctor opes; vd. anche VIII 64, 15 sit tandem pudor et modus rapinis; XII
55, 6 hoc vendit quoque nec levi rapina.
Epigramma 62
403
404
Epigrams, AUB (sect. class.) 7, 1979, pp. 71-85, spec. 81-83; per un
caso analogo di varianti nella collocazione di sostantivo e aggettivo cfr.
VI 64, 28 fumantem vivi nasum temptaveris ursi : fumantem nasum
vivi T . Sullo scarso peso dellaccordo di due famiglie contro una nella
costituzione del testo di Marziale vd. Citroni, p. LXXI sgg.; SB1, pp. VIIIX. animus pusillus: la condanna di Quinto realizzata da Marziale
attribuendo allespressione un signicato opposto a quello comune: cfr.,
ad es., Sen. ben. II 34, 4 parcissimum hominem vocamus pusilli animi
et contracti, cum innitum intersit inter modum et angustias. Pusillus
per Marziale invece colui che spreca denaro credendosi per questo un
granduomo. Sullaggettivo, appartenente alla sfera quotidiana, vd. la n. a
42, 3.
Epigramma 63
405
63
Cotile, bellus homo es: dicunt hoc, Cotile, multi.
Audio: sed quid sit dic mihi bellus homo.
Bellus homo est, exos qui digerit ordine crines,
balsama qui semper, cinnama semper olet;
cantica qui Nili, qui Gaditana susurrat,
qui movet in varios bracchia vulsa modos;
inter femineas tota qui luce cathedras
desidet atque aliqua semper in aure sonat,
qui legit hinc illinc missas scribitque tabellas;
pallia vicini qui refugit cubiti;
qui scit quam quis amet, qui per convivia currit,
Hirpini veteres qui bene novit avos.
Quid narras? Hoc est, hoc est homo, Cotile, bellus?
Res pertricosa est, Cotile, bellus homo.
10
vv. 1-4 hab. R 63, 5-V 67, 5 post 21 hab. AG(c)h (vd. epigr. 22) tit. ad cotilum (-ty-)
R EXV: anapiciua A in mg. (fort. ex ad apicium, ad 22 pertinens) 2 bellus homo. dist.
Friedlaender: bellus homo? Lindsay dic mihi bellus homo RQf : dic mihi cotile bellus
homo Pf dic mihi cotile bellus homo es L cotile bellus homo L 3 exos R AXV:
exus E digerit LPf : digeris R dirigit Q 4 qui : quis R cinnama RLPf : cinnama
qui Q 5 nili EA: lini XV qui gaditana hlv2: qui gaditani AXVh qui graditani E qui
et gaditana PQfv2 qui et gauditana L 6 movet LQfEXV: movit Pf vomet A modos
fin mg. : choros LPQf 8 desidet LPQf : besidet Q aliqua LPQf : alia Q 9
missas V: missa EAX 11 qui A: quis EXV amet EXV: amat A convivia EXV:
conviva A 12 hirpini LPf : harpini Q 13 hoc est hoc est : hoc est
homo cotile
bellus LPf: cotile bellus Q cotile homo bellus EXV lecoti homo bellus A 14 pertricosa
LPfEXV: perticosa A perridicula fin mg. pretiosa quidem Q homo LPf : homo est
Lut vid.Q
406
uno che legge biglietti inviatigli da una parte e dallaltra e ne scrive a sua
che rifugge il mantello del gomito vicino;
[volta; 10
uno che sa quale donna ami ciascuno, che corre per banchetti,
uno che conosce bene i remoti antenati di Irpino.
Che mi racconti? Questo, proprio questo un uomo di mondo, Cotilo?
una cosa intricata, Cotilo, un uomo di mondo.
Il Cotilo preso di mira in questo epigramma incarna il tipo comico
delluomo di mondo (bellus homo). Caratterizzato da unaffettazione di
rafnatezza, da tratti effeminati e da passione per gli aspetti pi mondani
della vita, il bellus homo rappresenta ottimamente agli occhi di Marziale
la vacuit di una societ che ostenta uneleganza soltanto esteriore. Il tipo
preso di mira gi in I 9, 1 sg. bellus homo et magnus vis idem, Cotta,
videri: / sed qui bellus homo est, Cotta, pusillus homo est; II 7 declamas
belle, causas agis, Attale, belle, / historias bellas, carmina bella facis eqs.;
cfr. anche IV 78; X 46; XII 39. La gura ricorre spesso in commedia, satira,
epigramma: cfr., ad es., Hor. sat. I 2, 26 sg.; 6, 30 sgg.; Ov. ars III 433 sgg.;
Lucian. rhet. praec. 11; Lexiph. 12; vd. al riguardo O. Ribbeck, Agroikos,
Abhandl. Schs. Ges. 10, 1, 1885, p. 47 sg.; Herter, Effeminatus, 620650. Appartiene alla categoria il Publio Sulpicio Gallo ritratto da Scipione
Emiliano, fr. 10 M. (apud Gell. VI 12, 5) nam qui cotidie unguentatus
adversus speculum ornetur, cuius supercilia radantur, qui barba vulsa
feminibusque subvulsis ambulet, qui in conviviis adulescentulus cum
amatore cum chirodota tunica interior accubuerit, qui non modo vinosus,
sed virosus quoque sit, eumne quisquam dubitet, quin idem fecerit, quod
cinaedi facere solent? Cotilo, che ricorre in Marziale ancora in II 70,
nome parlante (dal gr.
chiacchierone; cfr. anche CGL II 30, 37
blandae
. Si tratta comunque di un nome attestato in Grecia: vd.
M.J. Osborne-S.G. Byrne, A Lexicon of Greek Personal Names, II, Attica,
Oxford 1994, p. 277. Lepigramma presenta una struttura tripartita: il
quesito posto dal poeta nel primo distico e il suo commento nale (13
sg.) incorniciano la lunga descrizione del bellus homo che Marziale lascia
alle parole di Cotilo (3-12). Lepigramma fa il paio con il precedente, che
descrive un personaggio che vuole mostrare la propria magnicenza, ma
tradisce la propria povert spirituale.
Epigramma 63
407
408
Epigramma 63
409
incinit ore modos; Ov. Ib. 452 ad Phrygios modos (Mart. XI 84, 4); vd.
anche lanaloga espressione relativa alla danza di Lucr. IV 769 bracchia in
numerum iactare (vd. ThlL II 2158, 67 sgg.). La lezione choros della seconda
famiglia, trascurata da tutti gli editori, era invece collocata da Lindsay tra le
varianti per cui la scelta difcile (Lindsay 1903, p. 24). Il termine chorus,
pur non estraneo al contesto (cfr., ad es., Prop. III 5, 19 sg. me iuvat
/ Musarum choris implicuisse manus), sembra tuttavia adattarsi male
allespressione movere bracchia in (vd. ThlL III 1, 1022, 531023, 52).
bracchia vulsa: anche la depilazione maschile un tratto caratteristico
delleffeminato: cfr. Ov. ars III 437 sg.; med. 25 sg.; Sen. epist. 47, 7; 114,
14; nat. VII 31, 2; Plin. nat. XIV 123; XXIX 26; Plin. epist. II 11, 23; Iuv.
8, 114; Suet. Iul. 45, 2; Aug. 68; in Marziale cfr. II 29, 6; 62, 1; V 61, 6; IX
27; X 65, 8; XII 38; vd. al riguardo Herter, Effeminatus, 633 sg.; Obermayer
1998, pp. 117-120.
7 sg.: Cotilo trascorre giornate intere in compagnia di donne, cui parla
continuamente allorecchio. Il particolare ritorna nel ritratto delleffeminato
di XII 38, 1 sgg. hunc qui femineis noctesque diesque cathedris / incedit tota
notus in urbe nimis (per lipotesi di lacuna dopo il v. 1 vd. Housman 1907,
p. 260 = Class. Pap., p. 735). inter femineas cathedras: la cathedra
una sedia con schienale, ma senza braccioli, usata prevalentemente da donne
(vd. Marquardt 1886, p. 726); cfr. Iuv. 6, 91 molles cathedras; Sidon. epist.
II 9, 4 inter matronarum cathedras. La iunctura deriva probabilmente
da Calp. ecl. 7, 27 inter femineas spectabat turba cathedras (dei posti
nellanteatro). desidet: per laccezione di tempus otiose terere vd. ThlL
V 1, 696, 10 sgg.; cfr. Ter. Hec. 800 frustra ubi totum desedi diem; Suet.
rhet. 25 ibi homines adulescentulos dies totos desidere. aliqua semper in
aure sonat: il bellus homo bisbiglia allorecchio, come se si trattasse sempre
di argomenti strettamente riservati e condenziali: in I 89 Marziale descrive
comicamente la degenerazione di questa abitudine: garris in aurem semper
omnibus, Cinna, / garrire et illud teste quod licet turba (1 sg.); cfr. anche
V 61, 3 nescio quid dominae teneram qui garrit in aurem; Hor. sat. II
8, 78 stridere secreta divisos aure susurros; Pers. 5, 96 secretam garrit in
aurem. Marziale ha qui probabilmente imitato Properzio: I 12, 5 sg. nec
mihi consuetos amplexu nutrit amores / Cynthia, nec nostra dulcis in
aure sonat (per la virgola dopo Cynthia, cui reca sostegno anche il passo di
Marziale, vd. Fedeli1, ad loc.).
9: Cotilo vuole dare a vedere di avere numerose relazioni amorose;
410
sullutilizzo delle tabellae come bigliettini per messaggi galanti vd. Marquardt
1886, pp. 801-806; cfr. Ov. am. I 11, 7 sgg.; 12, 1 sgg.; ars I 437 sgg.; Prop. III
23, 1 sgg.; in Marziale cfr. XIV 6; 8; 9 (con il commento di Leary1); il tipo del
seduttore fallito schernito in XI 64, 1 sg. nescio tam multis quid scribas,
Fauste, puellis: / hoc scio, quod scribit nulla puella tibi.
10: il bellus homo teme che il contatto con il vicino sul letto tricliniare possa
rovinare lelaborato panneggio del suo mantello; la medesima preoccupazione sembrerebbe muovere il Prisco di II 41, 9 sg. debes non aliter timere
risum / quam ventum Spanius manumque Priscus. La disposizione della
toga, cui i Romani prestavano molta attenzione (cfr. Quint. inst. XI 3, 137
sgg.; vd. Marquardt 1886, p. 554 sg.), era oggetto di cura quasi maniacale
da parte di chi aveva pretese di eleganza: latteggiamento di Cotilo trova
un precedente in Q. Ortensio Ortalo, il quale, secondo il racconto di Macr.
Sat. III 13, 4 (vd. anche Gell. I 5, 2 sg.), arriv a citare per ingiurie un tale
che, urtandolo incidentalmente per strada, gli aveva rovinato le pieghe della
toga; sulla cura per la toga quale indice di ostentazione di eleganza cfr. Hor.
epod. 4, 7 sgg.; Tib. I 6, 38 sg.; Ov. rem. 680; Sen. contr. II 6, 2; Tert. pall. 5.
Il pallium era un mantello leggero, usato sia da uomini che da donne: cfr.
XIV 138; sul suo uso nei banchetti cfr. VIII 59, 9; XI 23, 11 sg.; Petron. 32,
2; vd. RE XVIII 3, 249 sgg.; Wilson 1938, pp. 78-83; Herter, Effeminatus,
629 sgg. vicini cubiti: originale sineddoche per vicini hominis (vd.
Fenger 1906, p. 19). Cubitum ponere equivale a cenare in Petron. 27, 4 hic
est apud quem cubitum ponitis; per la frequente menzione del cubitum
in contesti conviviali vd. ThlL IV 1275, 54 sgg.
11: il bellus homo partecipa alla vita mondana dellUrbe ed informato
sui pettegolezzi. quam quis amet: proposizione relativa propria del latino
tardo: cfr. Vict. Vit. 3, 19 notariis scribentibus, quis quid diceret; Iord.
Get. 152 bellando quis quem valebat expellere; il primo esempio di tale
proposizione considerato CIL VIII 2728 (152 d.C. circa): vd. HofmannSzantyr, p. 557 (anche p. 202 sg.); Lfstedt, Peregrinatio Aetheriae, p. 272
sg. In questi casi quis assume il valore di quisque. Questo verso di Marziale
permette di retrodatare tale uso al I sec. d.C. Poco persuasiva lipotesi di
interpretare la frase come uninterrogativa indiretta introdotta da quam
(vd., ad es., Collesso: qui novit quam quis depereat). Si adatta senzaltro
meglio al ritratto del salottiero bellus homo la superciale conoscenza
delle relazioni amorose piuttosto che quella dellintensit della passione di
qualcuno.
Epigramma 63
411
412
Epigramma 64
413
64
Sirenas hilarem navigantium poenam
blandasque mortes gaudiumque crudele,
quas nemo quondam deserebat auditas,
fallax Ulixes dicitur reliquisse.
Non miror: illud, Cassiane, mirarer,
si fabulantem Canium reliquisset.
Marziale loda a Cassiano le doti affabulatorie del suo amico Canio Rufo
(sul quale vd. la n. intr. allepigr. 20) asserendo che il fascino delle sue parole
addirittura superiore a quello proverbiale delle Sirene (su cui vd. Otto,
Sprichwrter, s.v. Siren). Il mito delle Sirene (Od. XII 39 sgg.) costituisce
uno tra i pi noti episodi omerici (vd. Roscher IV 601-639; E. Kaiser,
Odyssee-Szenen als Topoi, I, Der Gesang der Sirenen, MH 21, 1964,
pp. 111-136; EV, s.v. Sirene, IV, p. 891 sg.). Al potere ammaliatore delle
Sirene allude il celebre distico di Furio Bibaculo su Valerio Catone (fr. 6
Blns. = 17 M.): Cato grammaticus, Latina Siren / qui solus legit ac facit
poetas; forse inuenzata dallepigramma di Marziale la lode di Pollio Felice
in Stat. silv. II 2, 112 sgg. hic ubi Pierias exercet Pollius artes / / (116)
hinc levis e scopulis meliora ad carmina Siren / advolat, hinc motis audit
Tritonia cristis. Lepigramma evoca nei primi quattro versi il mito delle
Sirene: Marziale ne pone in risalto con gusto retorico il fascino esiziale
attraverso tre nessi ossimorici appositivi (1 hilarem poenam; 2 blandas
mortes; gaudium crudele); quindi ricorda come Ulisse avesse saputo
414
resister loro. Negli ultimi due versi Marziale esalta le capacit affabulatorie
dellamico, che gli avrebbero consentito di trattenere leroe itacese. Le
possibilit retoriche insite nel tema sono sviluppate anche dallo pseudoclaudianeo In Sirenas (carm. min. app. 1): dulce malum pelago Sirenae
volucresque puellae / Scyllaeos inter fremitus avidamque Charybdin /
musica saxa fretis habitabant, dulcia monstra, / blanda pericla maris,
terror quoque gratus in undis. / delatis licet huc incumberet aura carinis
/ implessentque sinus venti de puppe ferentes, / gebat vox una ratem. nec
tendere certum / delectabat iter reditus, otiumque iuvabat, / nec dolor
ullus erat: mortem dabat ipsa voluptas. Ispirato dallo stesso gusto retorico
per lossimoro lepigramma di Ausonio dal titolo de Hyla quem Naiades
rapuerunt (95 p. 348 P. = epigr. 106 G.): adspice quam blandae necis
ambitione fruatur / letifera experiens gaudia pulcher Hylas. / oscula et
infestos inter moriturus amores / ancipites patitur Naidas Eumenidas (su
cui vd. Kay, Ausonius Epigrams). Evidente il debito con lepigramma di
Marziale di Auson. Comm. prof. Burd. 15, 7 sg. te fabulantem non Ulixes
linqueret, / liquit canentes qui melodas virgines. Cassiano, il cui nome
ricorre soltanto in questo epigramma, doveva essere un amico del poeta
e dello stesso Canio (si tratta comunque di un nome ben attestato: vd.
Kajanto 1965, p. 144).
1 sg.: i due versi contengono tre ossimori che mettono in risalto gli
opposti esiti del canto delle Sirene: gioia e morte. La disposizione chiastica
del v. 2 evidenzia lintreccio indissolubile degli estremi (mortes, gaudium).
Per luso dellossimoro in Marziale cfr. I 82, 8 securo damno; 82, 11
innocens ruina, dove il poeta evidenzia il carattere miracoloso dellevento
(un portico crollato subito dopo il passaggio di Regolo: vd. la n. intr. di
Citroni); IV 18, 6 tabuit in calido vulnere mucro tener; VII 29, 1 Thestyle,
Victoris tormentum dulce Voconi (per il topos dolce-amaro in contesti
amorosi vd. la ricca esemplicazione di Galn Vioque, ad loc.); XII 18,
10 sg. hic pigri colimus labore dulci / Boterdum Plateamque. hilarem:
laetitiam praestans (vd. ThlL VI 3, 55 sgg.). blandas mortes: cfr.
Lucil. 1097 M. mite malum blandum atque dolosum; Sen. ben. II 14, 4
blandum et adfabile odium; Oct. 428 luxuria, pestis blanda; Auson. 95,
1 p. 348 P. (epigr. 106, 1 G.) cit. nella n. intr.; 108, 11 sg. p. 351 P. (epigr.
115, 11 sg. G.) marcentem / blandus letali solvat dulcedine morbus.
gaudium crudele: cfr. Ov. met. VI 653 dissimulare nequit crudelia
Epigramma 64
415
gaudia Procne; Rut. Nam. I 578 uxerunt madidis gaudia mesta genis;
Auson. 95, 2 p. 348 P. (epigr. 106, 2 G.) cit. nella n. intr.; Claud. 26, 407
lacrimosa gaudia miscent.
4. fallax Ulixes: fallax epiteto abituale di Ulisse, la cui immagine
negativa fu la pi diffusa a Roma per linuenza di Virgilio (vd. EV, s.v.
Ulisse, V, pp. 358-361; W. B. Stanford, The Ulysses Theme, Oxford 1954
[19682], p. 128 sgg.): cfr. Ov. met. XIII 712 fallacis Ulixis; Sen. Tro. 149
fallacem Ulixem; vd. anche Verg. Aen. II 90 pellacis Ulixi (v.l. fallacis);
164 scelerum inventor Ulixes; VI 529 hortator scelerum Aeolides (Ov.
met. XIII 45); IX 602 fandi ctor; Sen. Tro. 750 machinator fraudis.
Qui laggettivo allude anche allo stratagemma che gli permise di ascoltare
indenne il canto delle Sirene. Si noti anche leffetto paronomastico (fallax
Ulixes). dicitur: il verbo rimanda alla dimensione lontana del mito,
spesso contrapposto ad una concreta realt presente: cfr. epigr. 24 (21),
1 sg. quidquid in Orpheo Rhodope spectasse theatro / dicitur, exhibuit,
Caesar, harena tibi; 29 (25 b), 3 sg. sic miser (sc. Leandrus) instantes
affatus dicitur undas: / parcite dum propero, mergite dum redeo; II 84, 1
sg. mollis erat facilisque viris Poeantius heros / vulnera sic Paridis dicitur
ulta Venus; vd. anche I 104, 6 sg.
5 sg.: le doti narrative di Canio sono lodate anche in III 20, 8 sg. an
otiosus in schola poetarum / lepore tinctos attico sales narrat? La pointe
qui realizzata attraverso una sorta di lgende corrige (vd. al riguardo
Laurens 1965, p. 330), per cui il soggetto presentato considerato superiore
alle gure paradigmatiche del mito; il modulo caro a Marziale, che se ne
serve pi volte nelladulazione dellimperatore, ma anche in epigrammi
non cortigiani (esempi nella n. intr. di Citroni a I 36). In questo caso,
pur trattandosi di unipotetica, Canio viene implicitamente considerato pi
suadente delle Sirene.
416
65
Quod spirat tenera malum mordente puella,
quod de Corycio quae venit aura croco;
vinea quod primis oret cum cana racemis,
gramina quod redolent, quae modo carpsit ovis;
quod myrtus, quod messor Arabs, quod sucina trita,
pallidus Eoo ture quod ignis olet;
gleba quod aestivo leviter cum spargitur imbre,
quod madidas nardo passa corona comas:
hoc tua, saeve puer Diadumene, basia fragrant.
Quid si tota dares illa sine invidia?
10
Il profumo che esala una mela quando la morde una delicata fanciulla,
quello dellefuvio che proviene dallo zafferano coricio;
quello di una vigna quando argentea orisce con i primi grappoli,
quello che emana lerba che una pecora ha appena brucato;
il profumo del mirto, di un mietitore arabo, dellambra sfregata,
5
quello della amma pallida dellincenso orientale;
quello di un terreno quando viene irrorato lievemente dalla pioggia estiva,
quello di una ghirlanda che stata a contatto con chiome madide di nardo:
tutti insieme, crudele fanciullo Diadumeno, li sprigionano i tuoi baci.
E che sarebbe se li concedessi interamente, senza ritrosia?
10
Marziale celebra la fragranza dei baci del puer Diadumeno attraverso
il paragone con una serie di profumi. Lepigramma si sviluppa in forma
Epigramma 65
417
priamelica, evocando nei vv. 1-8 profumi molto ricercati, clti in un preciso momento e deniti con molta nezza; soltanto in conclusione (9) le
molteplici percezioni olfattive vengono ricondotte dal poeta ai baci del
puer. La menzione ritardata del nome del puer (9), procedimento comune
nella poesia celebrativa (cfr. V 37, in cui il nome di Erotion compare
soltanto al v. 14; vd. Citroni, p. 310), concorre ad accrescere leffetto di
sorpresa della conclusione. Il gusto per laccumulo di immagini costituisce
un tratto distintivo della poesia di Marziale (vd. soprattutto La Penna
1992, spec. p. 9 sg. su questo epigramma; Siedschlag 1977, pp. 39-55). Egli
adotta tale tecnica anche in altri epigrammi incentrati sulla descrizione
di odori particolari, anche sgradevoli: cfr. IV 4; VI 93; XI 8; vd. inoltre
V 37, 9 sgg. fragravit ore (sc. Erotion) quod rosarium Paesti, / quod
Atticarum prima mella cerarum, / quod sucinorum rapta de manu
gleba. In questi epigrammi la serie delle immagini, che dovrebbe meglio
denire loggetto principale, tende fortemente ad una funzione estetica
propria, che consiste nellimprimere allimmaginazione un movimento
rapido e gioioso (La Penna 1992, p. 12). Il motivo dei fragrantia basia
ha una lunga tradizione poetica (vd. al riguardo Lilja 1972, pp. 120-124;
index, s.v. kisses), anche epigrammatica: cfr., ad es., AP V 118 (Marco
Argentario); XII 68 (Meleagro); V 305; XII 123 (anonimi). In Marziale
il tema sviluppato in forma strettamente analoga a questo epigramma
in XI 8, dedicato alla fragranza dei baci di un anonimo puer: uguale la
struttura, scandita dallanafora di quod, cui correlato in chiusura hoc;
simili alcune percezioni olfattive descritte (cfr. le nn. ai vv. 1; 2; 8); uguale
la chiusa dellepigramma che lega tutti i profumi alla fragranza dei baci
del puer. Lepigramma appartiene a un ciclo dedicato ai baci del puer
Diadumeno, che comprende anche V 46; VI 34. Il nome Diadumenos
allude certamente alla celebre statua omonima di Policleto, modello di
sensuale bellezza giovanile (cfr. Plin. nat. XXXIV 55 diadumenum fecit
molliter iuvenem), datata circa al 420 a.C. e nota da diverse copie: vd. E.
La Rocca, Policleto e la sua scuola, in R. Bianchi Bandinelli (ed.), Storia
e civilt dei Greci, IV, Milano 1979, p. 537 sgg. Non si pu comunque
escludere che si tratti di un reale puer delicatus del poeta: era diffusa
lusanza di dare ai pueri delicati nomi greci volti a metterne in risalto la
bellezza: in Marziale cfr. Callistos (V 64, 1; VIII 67, 5); Alexis (VIII 63,
1); Hyacinthos (VIII 63, 2); Hylas (XI 28, 2). Sulla diffusione del nome a
Roma vd. ThlL onom. III 123, 80 sgg.
418
1: si tratta di unimmagine di intensa sensualit; Marziale ha saputo cogliere felicemente il momento preciso in cui il profumo si sprigiona. La mela
notoriamente nel mondo greco-romano un simbolo erotico: cfr. Theocr.
3, 10; 5, 88; Catull. 65, 19-24; Verg. ecl. 3, 64; 70 sg.; Prop. I 3, 24; vd. al
riguardo B.O. Foster, Notes on the Symbolism of the Apple in Classical
Antiquity, HSPh 10, 1899, pp. 39-55; E. S. McCartney, How the Apple
Became the Token of Love, TAPhA 56, 1925, pp. 70-81; A.R. Littlewood,
The Symbolism of the Apple in Greek and Roman Literature, HSPh 72,
1967; pp. 147-181. In Grecia mele morse erano date come pegni damore
(cfr. Lucian. dial. meretr. 12, 1; Tox. 13). Il profumo della mela, clto in
un diverso momento, anche in XI 8, 3 poma quod (sc. spirant) hiberna
maturescentia capsa; cfr. anche Theocr. 7, 143 sgg.; AP VI 102, 3; Ov. met.
VIII 675; Priap. 86, 13; Iuv. 5, 150; vd. Lilja 1972, pp. 49; 110. spirat: il
verbo transitivo nellanaloga struttura di XI 8, come in questo caso al v.
1 (lassa quod hesterni spirant opobalsama dracti); per luso transitivo vd.
OLD s.v., nr. 4 b; cfr. Verg. Aen. I 403 sg. comae divinum vertice odorem
/ spiravere; vd. anche Manil. IV 673; Pers. 6, 35; Iuv. 6, 463. tenera
malum mordente puella: lordo verborum riportato dalla prima e dalla terza
famiglia, che consente anche lallitterazione (malum mordente), senzaltro
preferibile a quello della seconda (malum tenera m. p.), probabilmente una
banalizzazione, che avvicina gli elementi sintatticamente correlati. Tenera
puella iunctura ricorrente nellelegia: cfr. Tib. I 3, 63; 10, 64; [Tib.] IV 4,
1; Prop. II 25, 41; Ov. am. II 1, 33; 14, 35; III 1, 27; 3, 25; 4, 1; 7, 53; ars I
403; II 745; III 31; epist. 14, 87; 19, 7. 127; med. 17. In Marziale cfr. I 109,
16 (della cagnetta Issa umanizzata: vd. Citroni, ad loc.); XIV 149, 1; su tener
nel lessico erotico vd. Pichon, p. 277 sg.
2: limmagine ricorre anche in XI 8, 2 ultima quod (sc. spirat) curvo
quae cadit aura croco, quasi identico nel secondo hemiepes. Lessenza di
zafferano veniva spruzzata sul pubblico e sulla scena in teatro per il suo
profumo rinfrescante: cfr. Lucr. II 416 et cum scaena croco Cilici perfusa
recens est; Hor. epist. II 1, 79 sg. recte necne crocum oresque perambulet
Attae / fabula; Prop. IV 1, 16 pulpita sollemnis non oluere crocos; Ov. ars
I 104 nec fuerant liquido pulpita rubra croco; Stat. silv. V 3, 41 sg. Sicanii
non mitius halat / aura croci; vd. anche Sen. nat. II 9, 2; in Marziale cfr.
ancora epigr. 3, 8 Cilices nimbis hic maduere suis; V 25, 7 sg. hoc, rogo, non
melius quam rubro pulpita nimbo / spargere et effuso permaduisse croco?,
Epigramma 65
419
in cui esprime una critica nei confronti delle sparsiones, considerate un inutile
spreco di denaro (cos gi Sen. epist. 90, 15); VIII 33, 3 sg. hac fuerat nuper
nebula tibi pegma perunctum, / pallida quam rubri diluit unda croci; IX
38, 5 lubrica Corycio quamvis sint pulpita nimbo. Corycio: lo zafferano
migliore era considerato quello proveniente dal monte Corico in Cilicia: cfr.
Plin. nat. XXI 31 prima nobilitas Cilicio et ibi in Coryco monte; vd. anche
Colum. III 8, 4; Sol. 38, 6; Vib. Seq. 6, 34 Parroni (254 Gels.); Isid. orig. XIV
3, 45; era usato anche per aromatizzare il vino (Plin. nat. XXI 33). Lattributo
Corycius spesso legato al croco: cfr. Hor. sat. II 4, 68; Colum. IX 4, 4; Ciris
317; Eleg. in Maec. I 133 (sostantivato); Lucan. IX 809; Marcell. med. IX 91;
Diosc. I 26. In generale sullo zafferano vd. Orth, RE I A, 1728, 26-1731, 19.
aura: indica lefuvio di un profumo (o di un cattivo odore) anche in IV
4, 3; XI 8, 2 cit. supra; XII 32, 17; vd. ThlL II 1474, 11-62; per il nesso con
spiro cfr. Verg. georg. IV 417 dulcis compositis spiravit crinibus aura; Val.
Fl. V 585 multa spirat coma exilis aura.
3: limmagine unisce una notazione cromatica (cana) alla descrizione del
profumo. Per luso di oreo in relazione alla vigna cfr. Hor. epod. 16, 44
imputata oret usque vinea. primis cana racemis: sul colore delluva
ancora non matura cfr. Hor. carm. II 5, 9 sgg. tolle cupidinem / inmitis
uvae: iam tibi lividos / distinguet autumnus racemos / purpureo varius
colore; Prop. IV 2, 13 prima mihi variat liventibus uva racemis; Iuv. 2, 81
uvaque conspecta livorem ducit ab uva; per questaccezione di canus cfr.
Verg. ecl. 2, 51 cana mala; vd. Andr 1949, p. 65 sg.; ThlL III 296, 60
sgg. oret cum: lordo verborum di , preferito, tra gli editori moderni,
da Heraeus e SB, appare migliore di quello trdito dalle altre due famiglie (c.
f.) per la cosiddetta legge di Marx (su cui vd. Marx 1922, pp. 198; 215 e la
n. a 15, 1), nonch per lanastrofe della congiunzione, adeguata alla nezza
stilistica del componimento, che lo rende senzaltro difcilior. Il fatto
che la norma di Marx non sia sempre seguita, specialmente in presenza
di una congiunzione, come osservato da E.J. Kenney (apud WatsonWatson, p. 258), non costituisce, a mio avviso, un argomento probante in
favore di cum oret, accolto comunque da Friedlaender, Lindsay, Izaac,
Giarratano.
4: il profumo clto ancora nel momento preciso in cui si sprigiona (cfr.
v. 1). Sul profumo dellerba cfr. Sulp. Sev. dial. III 18, 2 suave redolentibus
graminibus; il nesso gramina carpere ricorre in Verg. georg. III 174;
Ov. trist. IV 8, 20; Sil. VII 299. carpsit ovis: in clausola di pentametro
420
in Ov. fast. IV 750 pabulaque e bustis inscia carpsit ovis; cfr. anche Verg.
georg. III 295 sg. incipiens stabulis edico in mollibus herbam / carpere
ovis.
5: il verso evoca tre distinti profumi, scanditi dalla triplice anafora di
quod, non comune nello stesso verso (vd. Wills 1996, p. 369 sgg.): in
Marziale cfr. I 68, 2 si gaudet, si et, si tacet, hanc loquitur; VI 4, 3 sg. tot
nascentia templa, tot renata, / tot spectacula, tot deos, tot urbes; X 97, 3
iam scrobe, iam lecto, iam pollinctore parato; XIV 107, 1 nos Satyri, nos
Bacchus amat, nos ebria tigris. myrtus: sul profumo del mirto cfr. Verg.
ecl. 2, 54 sg.; Hor. carm. II 15, 5 sgg.; Ov. ars III 690; Plin. nat. XXI 69.
quod messor Arabs: letnico richiama la regione dellArabia felix, ben nota
nellantichit per la sua produzione di profumi (vd. RE II 355, 57 sgg.; G.
W. Bowersock, Roman Arabia, Cambridge Mass. and London 1983); per
luso del singolare cfr. Tib. II 2, 3 sg. odores, / quos tener e terra divite
mittit Arabs; III 8, 18 cit. infra; Stat. silv. V 3, 43 odoratas nec Arabs
decerpsit aristas. In Marziale Arabs ricorre ancora in epigr. 3, 7, sempre
con -; sullalternanza della scansione della prima sillaba di Arabs, Arabia,
Arabius vd. Platnauer 1951, p. 53; Fedeli1, p. 331. Anche per i profumi si
parla di mietitura, anche se propriamente essi si ricavano dallincisione dei
relativi alberi: cfr. [Tib.] III 8, 17 sg. metit quidquid bene olentibus arvis
/ cultor odoratae dives Arabs segetis; Plin. nat. XII 58 (sc. tus) meti semel
anno solebat. quod sucina trita: lambra, se sfregata con la mano, emette
profumo di canfora e pino (vd. Lilja 1972, p. 93 sg); perci le matrone
romane usavano tenere nelle mani monili di ambra (cfr. Prop. II 24, 12;
Ov. met. II 365 sg.; Plin. nat. XXXVII 30-49; Iuv. 6, 573 sg.; vd. RE, s.v.
Bernstein, III 303, 32 sgg.); il profumo dellambra evocato da Marziale
anche in V 37, 9-11 fragravit ore (sc. Erotion) / / quod sucinorum
rapta de manu gleba; XI 8, 6 sucina virginea quod (sc. spirat) regelata
manu; per limmagine dellambra sfregata cfr. anche IX 12, 6 gemma
Heliadum pollice trita.
6. pallidus ignis: lincenso, che veniva bruciato a Roma in diverse
occasioni (vd. Lilja 1972, pp. 31-47; 50-52), provoca una amma pallida:
cfr. Merob. poet. 88 nullus in aris palleat ignis. Eoo ture: Eous,
aggettivo di uso prevalentemente poetico, indica genericamente lOriente
(vd. OLD, s.v. nr. 2). Qui si riferisce allArabia felix (vd. la n. al v. 5),
regione che produce lincenso: cfr. Verg. georg. I 57 India mittit ebur,
molles sua tura Sabaei; II 115 Eoas domos Arabum; 117 solis est turea
Epigramma 65
421
virga Sabaeis; Lygd. 2, 23, sg. illic quas mittit dives Panchaia merces /
Eoique Arabes, dives et Assyria; Stat. Theb. I 263 turis Eoi. Eous ricorre
in Marziale ancora in VIII 26, 1; 36, 2, sempre con la prima sillaba lunga
(gr.
), come in prevalenza nella tradizione poetica latina: cfr. Verg.
georg. I 221; II 115; Aen. I 489 (sulluso di Virgilio vd. EV II, s.v. Eoo, p.
325 sg.); Tib. II 2, 16; [Tib.] III 8, 20; Prop. I 15, 7; 16, 24; II 18, 8; III 13,
15; IV 3, 10; 5, 21; Ov. fast. I 140; III 466; V 557; VI 474; am. II 6, 1; ars
I 202; III 537; Pont. II 5, 50; IV 6, 48; 9, 112; Lucan. I 252; II 55. Come
il greco (
) anche il latino ammette la scansione breve: cfr. Verg. Aen.
II 417; VI 831; Prop. III 24, 7; IV 6, 81; Ov. am. I 15, 29 (sostantivato);
met. IV 197; trist. IV 9, 22 (sostantivato); Lucan. IV 66; 352; V 71; VI
52. Properzio usa con gusto erudito entrambe le scansioni in II 3, 43 sg.
ostendet Eois / uret et Eoos.
7: su questo profumo cfr. Plin. nat. XVII 39 quod si admonendi sumus,
qualis sit terrae odor ille qui quaeritur, contingit cum a siccitate
continua immaduit imbre. tunc emittit illum suum halitum divinum
ex sole conceptum, cui comparari suavitas nulla possit; gleba indica per
traslato solum, terra, humus (vd. ThlL VI 2043, 4 sgg.): cfr. V 13, 7; IX
22, 3.
8: unaltra immagine ricercata: il profumo di una corona di ori si associa
a quello dellunguento che impregnava i capelli su cui era posata: cfr. Claud.
XV 183 mixtis redolent unguenta coronis. Lassociazione di corone di ori
e profumi rimanda ad un contesto simposiale: sullusanza, proveniente dalla
Grecia e diffusa a Roma, di ungere i capelli con balsami profumati e portare
corone di ori al banchetto vd. RE, s.v. Salben, I A, 1855, 31-1856,19. Profumo
e corone di ori sono elementi tradizionali nella poesia simposiale (esempi
in ThlL IV 979, 3 sgg.). La medesima percezione olfattiva richiamata in XI
8, 10 quod modo divitibus lapsa corona comis, dove dives allude certamente
allunguentum con cui sono profumati i capelli, come si evince anche da
Ov. am. I 6, 38 madidis lapsa corona comis, modello del verso di Marziale
(vd. Kay, ad loc.). madidas comas: per la iunctura cfr. Ov. am. I 6, 38
cit. supra; epist. 14, 30 madidas comas; vd. ThlL VIII 36, 72 sgg.; 37, 15
sgg. Lattributo si riferisce ancora ai capelli unguentati in V 64, 3 madidus
crinis amomo; XIV 24, 1 madidi crines. nardo passa: la lezione
conservata soltanto da T. Luso inconsueto di patior ha senzaltro favorito le
corruttele nardo sparsa ( , cfr. v. 7 spargitur) e nardos parta ( ).
9. hoc fragrant: il dimostrativo, in posizione enfatica, richiama tutte le
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Epigramma 66
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66
Par scelus admisit Phariis Antonius armis:
abscidit vultus ensis uterque sacros.
Illud, laurigeros ageres cum laeta triumphos,
hoc tibi, Roma, caput, cum loquereris, erat.
Antoni tamen est peior quam causa Pothini:
hic facinus domino praestitit, ille sibi.
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Epigramma 66
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sgg.; in Marziale cfr. anche V 69, 4 hoc admisisset nec Catilina nefas. Scelus
admittere iunctura frequente: cfr. Hor. sat. II 3, 212; Ov. Pont. III 16,
13; Val. Max. V 9, 1; Petron. 17, 6; Iuv. 10, 340; 13, 237. Phariis: Pharius,
propriamente dellisola di Faro (dinanzi ad Alessandria), frequente in
poesia, a partire da Tib. I 3, 32, nelluso metonimico per Aegyptius (vd.
OLD, s.v.). In Marziale vi sono 7 occorrenze (cfr. spec. V 69, 1 Phario
Pothino). In IX 40, 2 Pharus si riferisce per metonimia ad Alessandria o
allEgitto (vd. Henriksn, ad loc.). Qui lattributo accresce la condanna per
Antonio, colpevole di un delitto ai danni di un concittadino.
2. vultus sacros: la iunctura ricorre nel racconto delluccisione di
Pompeo in Lucan. VIII 669 sg. ac retegit sacros scisso velamine vultus /
semianimis Magni (vd. anche VIII 677 Pompei diro sacrum caput ense
recidis); in Marziale sacer usato ancora per Cicerone in V 69, 7 quid
prosunt sacrae pretiosa silentia linguae; vd. anche VIII 55, 3 ingenium
sacri miraris desse Maronis.
3 sg.: Pompeo e Cicerone sono individuati come guide della Roma repubblicana, luno nel campo militare, laltro in quello oratorio. Roma
personicata e rappresentata come un corpo di cui i due costituiscono la
testa. Limmagine tradisce un certo gusto per il macabro, in considerazione
del fatto che Cicerone e Pompeo furono entrambi decollati (cfr. v. 2). Per
la non rara metafora cfr. Cic. Mur. 51 dixit (sc. Catilina) duo corpora
esse rei publicae, unum debile inrmo capite, alterum rmum sine capite;
huic caput se vivo non defuturum; Liv. V 46, 6 corpori valido (sc.
exercitui Romano) caput deerat; vd. ThlL III 399, 35 sgg.; Valerio Massimo
denisce Cicerone caput Romanae eloquentiae et pacis clarissima dextera
(V 3, 4); Pompeo per Lucano summa caputque / orbis (IX 123 sg.). Per
luso di caput nel senso di guida vd. ThlL III 421, 38 sgg. laurigeros
triumphos: la iunctura ricorre, nella stessa posizione metrica, in Claud. 7,
12. Lalloro uno degli elementi principali del trionfo (vd. RE VII A, 505,
66 sgg.): di alloro erano le corone dei comandanti (cfr. Hor. carm. IV 2,
33 sgg.; 3, 6 sg.; Ov. am. I 7, 36; II 12, 1; met. I 560 sg.; XIV 720; Pont.
II 2, 80; III 4, 102); di alloro erano adornati i cavalli che slavano (cfr.
Ov. fast. V 52; Pont. II 1, 58; trist. II 178; IV 2, 22; vd. anche Prop. III 1,
10). Lauriger composto di uso poetico, che ricorre per la prima volta in
Prop. III 13, 53; per luso in relazione al trionfo cfr. Mart. VII 6, 6 Martia
laurigera cuspide pila virent; 8, 7 sg. festa coronatus ludet convicia miles,
/ inter laurigeros cum comes ibit equos; Stat. Theb. XII 520 laurigero
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Epigramma 67
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Cessatis, pueri, nihilque nostis,
Vaterno Rasinaque pigriores,
quorum per vada tarda navigantes
lentos tinguitis ad celeuma remos.
Iam prono Phaetonte sudat Aethon
exarsitque dies et hora lassos
interiungit equos meridiana.
At vos tam placidas vagi per undas
tuta luditis otium carina.
Non nautas puto vos, sed Argonautas.
10
tit. ad pueros nautas Pf : ad pueros nantas L ad pueros nantes fs.l. ad pueros Q 1 cessatis
PQf : cessastis L nihilque LPQfEAX: nilque V mihique Q nostis : mostis Lipsius,
Scriverius 2 vaterno LPQfEAXV: veterno fs.l.Vs.l. Vatreno Scriverius (coll. Plin. nat.
III 119 sq.), SB rasinaque : res iniqu(a)e EAXV resinaque Vs.l. pigriores AXV: priores
E 4 tinguitis LPf : tingitis Q remos LPQf : renios L 5 phaetonte sudat aethon Pf :
phetonte sudata ethon PQ phatonte sudato ethon L 7 interiungit LPQf : interingit Q
meridiana LPQfAXV: meridiano E mediana f 8 at PQfs.l.X: ad LPQ fEAV placidas
LPQf : plagidas f 9 tuta carina LPQf: tuta carinae EAXV tutae carinae fVC
ed. Ven. ed. Ald. tute carinae hbvv1 ed. Rom. 1 ed. Rom. 2 luditis : ducitis Heinsius
10 argonautas LPQfEAV: argonauatas f agronautas P argonautos X
10
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432
con la n. ad loc. luditis otium: luso di ludo transitivo esprime quid quis
per ludum agat (ThlL VII 2, 1780, 60); in questo caso sar da intendere
otiamini ludentes, luditis per otium, luditis otiose con Friedlaender, il
quale richiama lespressione plautina ludere operam (Capt. 344; Cas. 424;
Pseud. 369; cfr. anche Ter. Phorm. 332), che signica ludendo consumere
operam o inter operam ludere. Ludere otium unespressione inconsueta,
che ritorna soltanto nel tardo Opt. Porph. carm. 5, 16 omnia laeta
ludent otia (vd. Polara, ad loc.: otio fruuntur). Non per questo acquisisce
un maggiore grado di probabilit la congettura ducitis di Heinsius (con la
vulgata umanistica tutae carinae).
10. Argonautas: la pointe si basa su unoriginale etimologia del termine
(da
pigro), che lo rende equivalente, con un effetto dissacrante
nei confronti della celeberrima saga, a pigri nautae. La stessa etimologia
ricorre quindi nei glossari (cfr. CGL III 293, 38
piger
nauta; pressoch identica in CGL III 489, 28; 508, 60) e in Eust. Comm.
ad Od. XIII 156, p. 1737 (vd. M. Haupt, Coniectanea, Hermes 7,
1873, p. 373, anche in Opuscula, III, Lipsiae 1876 = Hildesheim 1967,
p. 599). Delletimologia del nome della nave
(e quindi di
) esistevano nellantichit almeno tre interpretazioni: 1) dal
nome del suo costruttore e collaboratore di Atena; 2) da
veloce; 3)
dalla citt dove sarebbe stata costruita, Argo (per le fonti vd. RE, s.v. Argo,
II 723, 7 sgg.; Roscher, s.v. Argo, I 503, 6 sgg.). Una quarta era stata avanzata
da Ennio, sc. 249 sgg. V.2 quae (sc. navis) nunc nominatur nomine / Argo,
quia Argivi in ea delecti viri / vecti petebant pellem inauratam arietis
(su cui vd. il commento di Jocelyn). Alla seconda etimologia, con intento
polemico nei confronti di Ennio, allude Catullo al principio del c. 64 con il
nesso cita puppi (v. 6): vd. al riguardo A. Traina, Allusivit catulliana
(due note al c. 64), in Studi classici in onore di Q. Cataudella, III, Catania
1972, p. 99 sgg. = Id., Poeti latini (e neolatini), Bologna 19862, p. 131 sgg.;
R.F. Thomas, Catullus and the Polemics of Poetic Reference (Poem 64,
1-18), AJPh 103, 1982, pp. 148-154. Sulla diffusione di tale etimologia
in ambito latino cfr. Serv. auct. Verg. ecl. IV 34 sane quidam Argo a
celeritate dictam volunt, unde verso in Latinum verbo argutos celeres
dici; vd. Maltby 1991, p. 50 sg. Per un altro possibile gioco etimologico
su Argonautae (da
bianco lucente) cfr. Hor. epod. 3, 9 sg. ut
Argonautas praeter omnis candidum / Medea mirata est ducem con il
commento di Cavarzere. Marziale chiude pertanto signicativamente la
Epigramma 67
433
sezione casta del libro con un gioco etimologico che si inserisce nel solco
della tradizione poetica latina di impronta alessandrina, che per il poeta
rilegge con il consueto sorriso dissacrante nei confronti del mito. Per il
gusto di Marziale per i giochi etimologici sui nomi propri cfr., in questo
libro, 34, 2 Chione; vd. Joepgen 1967, p. 121 sgg.; Grewing 1998, p. 340
sgg.; unaltra dissacrante etimologia di un nome epico in 78, 2 Palinurus
(vd. la n. ad loc.). Un tentativo di rendere in una lingua moderna il gioco
linguistico quello di Ker (Not tars do I hold you, but tarriers), che per
comporta la perdita del riferimento mitologico..
434
68
Huc est usque tibi scriptus, matrona, libellus.
Cui sint scripta rogas interiora? Mihi.
Gymnasium, thermae, stadium est hac parte: recede.
Exuimur: nudos parce videre viros.
Hinc iam deposito post vina rosasque pudore,
quid dicat nescit saucia Terpsichore:
schemate nec dubio, sed aperte nominat illam
quam recipit sexto mense superba Venus,
custodem medio statuit quam vilicus horto,
opposita spectat quam proba virgo manu.
Si bene te novi, longum iam lassa libellum
ponebas, totum nunc studiosa leges.
10
Epigramma 68
435
436
gerade gut gearbeitet p. 113). Pur aderendo allipotesi che vuole i Priapea
posteriori a Marziale (per cui mi sembra persuasiva largomentazione di
Citroni, p. 31, riproposta in Gnomon 66, 1994, p. 411 sg.; vd. anche lanalisi
dei paralleli testuali di Buchheit 1962, pp. 108-123; Grewing, pp. 459-464),
ritengo che la dipendenza del priapeo da questo epigramma possa essere
avvalorata piuttosto da altre considerazioni: anzitutto Priap. 8 va messo in
relazione non soltanto con questo, ma anche, cosa che Buchheit tralascia di
fare, con lepigr. 86. La struttura di questo componimento strettamente in
relazione con lordinamento degli epigrammi nel libro e Marziale fa riferimento
nel v. 1 sg. al cambiamento di temi e di linguaggio nella sezione che viene
introdotta. La lunga serie di perifrasi dei vv. 5-10 motivata dallintenzione da
parte di Marziale di mostrare la sua capacit tecnica di evitare termini osceni,
ma anche dalla posizione intermedia dellepigramma, che introduce la nuova
sezione ed per ancora legato alla parte casta del libro. Anche la pointe
appare strettamente connessa alla struttura del libro e presuppone la sua lettura
continua. Nellepigr. 86, quindi verso la met della nuova sezione, Marziale,
rappresenta, come si diverte spesso a fare (vd. al riguardo la n. intr. allepigr.
11), le reazioni dei lettori (le matrone) alla lettura di questo componimento
e constata divertito linutilit del suo avvertimento. Lo sviluppo del motivo
attraverso i due epigrammi appare pertanto perfettamente in sintonia con lo
stile del poeta e armonicamente inserito nella struttura del libro. Diversamente
nel priapeo i due momenti (avvertimento e reazione) si succedono in modo,
a mio avviso, piuttosto brusco (vv. 1-2; 3-5), con risultati non entusiasmanti
(di parere radicalmente opposto Buchheit 1962, p. 38, che ritiene il priapeo
un capolavoro di pregnanza epigrammatica). Inoltre il priapeo non si astiene
dalluso del termine osceno (mentula), contraddicendo in qualche modo
quanto detto al v. 2. Questi motivi mi inducono a ritenere che il motivo sia
da attribuire allinvenzione di Marziale e che il priapeo abbia, come spesso fa,
imitato il maggior epigrammista latino. Il componimento e il suo scherzoso
seguito (86) presuppongono comunque un pubblico femminile per gli
epigrammi, un vanto che Marziale non manca di esprimere anche altrove: cfr.
V 2, 1 sg. matronae puerique virginesque, / vobis pagina nostra dedicatur;
VII 88, 3 sg. me legit omnis ibi senior iuvenisque puerque / et coram tetrico
casta puella viro; XI 16, 7 sg. tu quoque nequitias nostri lususque libelli /
uda, puella, leges, sis Patavina licet; sullallargamento del pubblico di lettrici
a Roma in et imperiale vd. Cavallo-Chartier 1995, p. 53 sgg.
Epigramma 68
437
438
(come in gr.
e
): vd. ThlL VIII 422, 44 sgg.; ErnoutMeillet, p. 388; in Marziale cfr. I 90, 1; VI 2, 2; IX 7, 2; 36, 10; XI 22, 9.
Diversamente in matrona presente una connotazione sociale che trova
in vir il suo naturale contraltare maschile (vd. al riguardo Treggiari 1991,
pp. 7; 35; come ricordato nella n. intr. Marziale ha come modello lArs di
Ovidio, dove mas presenta due sole occorrenze contro le 69 di vir). Lindsay
1903, p. 24 si mostrava tuttavia incerto tra le due varianti e J. Willis (Latin
Textual Criticism, Urbana-Chicago-London 1972, p. 106) ha sostenuto
la bont di mares, che, a suo avviso, consentirebbe di spiegare meglio la
genesi dellerrore; che viros possa essere glossa di mares mi sembra per
tanto improbabile quanto linverso. Mares comunque variante antica, se,
come probabile, la leggeva Lussorio, che riprende la clausola in AL 364,
6 R. (359, 6 SB) saepius exoptas nolle videre mares; cfr. anche AL 302, 14
R. (297, 14 SB).
5 sg.: la franchezza degli epigrammi che seguono associata allassenza
di freni inibitori (deposito pudore) causata dal vino (saucia). hinc iam:
lespressione ha una duplice valenza: da un lato si riferisce al libro (per
luso cfr. XI 16, 1 qui gravis es nimium, potes hinc iam, lector, abire),
dallaltro alla sera quale momento del simposio e della recitazione di
epigrammi lascivi, per cui cfr. IV 8, 7 sgg. hora libellorum decima est,
Eupheme, meorum, / temperat ambrosias cum tua cura dapes / et bonus
aetherio laxatur nectare Caesar / ingentique tenet pocula parca manu;
X 20, 18 sgg. seras tutior ibis ad lucernas (sc. Thalia) / haec hora est tua,
cum furit Lyaeus, / cum regnat rosa, cum madent capilli; vd. anche II 1,
9 sg.; IV 82, 5 sg.; XI 17, 1. deposito pudore: per il legame tra assenza
di pudore e poesia licenziosa cfr. Priap. 29, 1 sgg. obscenis peream, Priape,
si non / uti me pudet improbisque verbis. / sed cum tu posito deus pudore
/ ostendas mihi coleos patentes, / cum cunno mihi mentula est vocanda.
post vina rosasque: vino e rose simboleggiano il simposio, di cui sono
elementi comuni: cfr. Hor. carm. I 36, 14 sg.; II 3, 13 sg.; Prop. IV 6, 72
sg.; Mart. II 59, 3. Per lespressione brachilogica post vina (dopo aver
bevuto vino), che ricorre anche in III 91, 7, cfr. Hor. carm. I 18, 5 con
il commento di Nisbet-Hubbard1. Vina tra i pi comuni plurali poetici:
vd. Maas 1902, p. 521; Lfstedt, Syntactica, I, p. 48. quid dicat nescit:
per dicere riferito a poesia vd. ThlL V 1, 977, 65 sgg.; cfr. Verg. ecl. 6, 5
deductum dicere carmen; 9, 35 sg. nam neque adhuc Vario videor nec
dicere Cinna / digna; Hor. carm. I 32, 3 sg. age dic Latinum, / barbite,
Epigramma 68
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carmen; III 4, 1 sg. dic age tibia, / regina, longum, Calliope, melos. Qui
per lespressione sottolinea il carattere leggero degli epigrammi, descritti
come parole pronunciate in libert dalla Musa ebbra. saucia: saucius
denisce unalterazione inferiore allebrietas (OLD, s.v. nr. 4): cfr. Sen. dial.
IV 9, 15 pro cuiusque natura quidam ebrii effervescunt, quidam sauci; vd.
anche Petron. 67, 11; Apul. met. IX 5; Tert. ieiun. 9 p. 285, 30; in Marziale
laggettivo ricorre in questa accezione anche in IV 66, 12 incaluit quotiens
saucia vena mero (traslato). La Musa epigrammatica rappresentata come
ebbra anche in X 20 (19), 12 sg. sed ne tempore non tuo disertam / pulses
ebria ianuam videto (sc. Thalia). Terpsichore: Tersicore la Musa della
danza (cfr. Plato Phaedr. 259c; Claud. 9 praef. 9 sg.); nominata per la prima
volta da Hes. Theog. 78, presenta scarse attestazioni nel mondo latino: cfr.
Iuv. 7, 35, dove rappresenta genericamente lispirazione poetica; Ps. Cato
Mus. 5 (Auson. 367, 5 p. 412 P.); Auson. 403, 28 p. 236 P. (epist. 8, 28 G.);
in generale vd. Roscher V 388, 68-390, 57. In questo passo la Musa della
poesia giocosa (cfr. Fest. p. 363 M. Terpsicore nomen Musae, quae deos
hominesque delectat), ruolo abitualmente riservato da Marziale a Talia
(IV 8, 12; 23, 4; VII 17, 4; 46, 4; VIII 73, 3; IX 26, 8; 73, 9; X 20, 3; XII
94, 3). Nella poesia latina il legame delle singole Muse con determinate
categorie non rigidamente ssato: vd. al riguardo F.A. Todd, De Musis
in carminibus poetarum Romanorum commemoratis, Jena 1903; W.
Suerbaum, s.v. Muse, EV III, p. 634.
7 sgg.: il carattere licenzioso della sezione viene denito dalluso di
un linguaggio esplicito, rappresentato dal termine osceno per eccellenza
(mentula: vd. Adams, LSV, p. 9 sgg.), cui per Marziale si riferisce in
questi versi solo attraverso perifrasi, come forma di riguardo nei confronti
delle matrone che ancora stanno leggendo il libro (nel resto della sezione
il termine compare sette volte). Un riferimento analogo al linguaggio
franco dellepigramma attraverso una perifrasi ellittica si trova in XI 15,
8 sgg. nec per circuitus loquatur illam, / ex qua nascimur, omnium
parentem, / quam sanctus Numa mentulam vocabat; vd. anche IX 40,
4 sg. illam lingeret ut puella simplex / quam castae quoque diligunt
Sabinae. Interamente giocato sulluso di perifrasi eufemistiche per termini
osceni Priap. 3 obscure poteram tibi dicere: da mihi quod tu / des licet
assidue, nil tamen inde perit. / da mihi, quod cupies frustra dare forsitan
olim, / cum tenet obsessas invida barba genas / quodque Iovi dederat
qui raptus ab alite sacra / miscet amatori pocula grata suo / quod virgo
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prima cupido dat nocte marito, / dum timet alterius volnus inepta loci.
/ simplicius multo est da pedicare Latine / dicere. quid faciam? crassa
Minerva mea est (su questo tratto idiomatico vd. Hey, Euphemismus, p. 528
sg.; Adams 1981, p. 124). Mentula designa lelemento lascivo della poesia
in I 35, 3-5 hi libelli, / tamquam coniugibus suis mariti, / non possunt
sine mentula placere; III 69, 1 sg. omnia quod scribis castis epigrammata
verbis / inque tuis nulla est mentula carminibus; cfr. anche XI 90, 8,
in cui Salanitro 1991, p. 18 sgg. ravvisa un uso metaforico del termine.
Sullargomento vd. J.P. Hallett, Nec castrare velis meos libellos. Sexual and
poetic lusus in Catullus, Martial and the Carmina Priapea, in Satura
Lanx. Festschrift fr Werner A. Krenkel zum 70. Geburtstag, hrsgg. von
C. Klodt, Hildesheim-Zrich-New York 1996, pp. 321-344 (spec. pp. 321327); C.A. Williams, Sit nequior omnibus libellis. Text, Poet, and Reader
in the Epigrams of Martial, Philologus 146, 2002, pp. 150-171.
7. schemate nec dubio: schema appartiene al lessico della retorica ed
generalmente sinonimo di gura; per laccezione di giro di parole, perifrasi vd. OLD, s.v., nr. 4 b; cfr. Sen. contr. II 4, 10 obiecit pater quod
fratrem abdicasset, non schemate sed derecto. Per la posposizione della
particella vd. la n. a 19, 5.
8: Marziale allude qui ad un rito falloforico che si svolgeva nel mese di
giugno (sexto mense). Incerta tuttavia lidenticazione del rito e ha
goduto di un certo credito (Ker; Izaac; Norcio) lipotesi che si tratterebbe
della processione falloforica delle matrone romane adepte di Iside verso
il tempio di Venere Ericina presso la Porta Collina, che aveva luogo in
agosto. Tale ipotesi per completamente destituita di fondamento: il 19
agosto era lanniversario della fondazione di un tempio dedicato a Venus
Obsequens presso il Circo Massimo nel 295 a.C., mentre del tempio di
Venere Ericina presso la Porta Collina si celebrava il 23 aprile la ricorrenza
della dedica, giorno dei Vinalia, noto anche come dies meretricum: vd.
Schilling 1949, p. 947 = 1979, p. 150; Id., La religion romaine de Vnus
depuis les origines jusquau temps dAuguste, Paris 1954, p. 254 sgg. (da qui
deriva la poco persuasiva ipotesi, avanzata da Gilbert nelle Notae criticae,
p. XVII, di leggere quarto in luogo di sexto). Con lespressione sexto mense
Marziale designa senzaltro il mese di giugno: il calendario arcaico era gi
caduto nelloblio da tempo, come dimostrano i Fasti ovidiani; per luso di
Marziale cfr., ad es., VIII 8, 1 principium des, Iane, licet velocibus annis.
Secondo Schilling 1949, pp. 946-950 (= 1979, pp. 149-153) il verso farebbe
Epigramma 68
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Omnia quod scribis castis epigrammata verbis
inque tuis nulla est mentula carminibus,
admiror, laudo: nihil est te sanctius uno;
at mea luxuria pagina nulla vacat.
Haec igitur nequam iuvenes facilesque puellae,
haec senior, sed quem torquet amica, legat.
At tua, Cosconi, venerandaque sanctaque verba
a pueris debent virginibusque legi.
Epigramma 69
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puro, contrapposto alla lascivia epigrammatica: cfr. VII 17, 3 sg. inter
carmina sanctiora si quis / lascivae fuerit locus Thaliae; VIII 1, 1 sg.
laurigeros domini, liber, intrature penates / disce verecundo sanctius ore
loqui; vd. anche Quint. inst. X 1, 115 sancta et gravis oratio et castigata.
4: cfr. I 4, 8 lasciva est nobis pagina, vita proba; XI 16, 3 iam mea
Lampsacio lascivit pagina versu; Ov. trist. V 1, 43 sg. nec tamen ut lusit
rursus mea littera ludet: / sit semel illa malo luxuriata meo.
5 sg.: i versi individuano il pubblico degli epigrammi in giovani dissoluti
(nequam iuvenes), ragazze facili (faciles puellae), ma anche anziani
ancora tormentati da Eros (senior quem torquet amica); Marziale si
vanta anche altrove di avere un pubblico ampio e vario: cfr. VII 88, 3 sg. me
legit omnis ibi senior iuvenisque puerque / et coram tetrico casta puella
viro. nequam iuvenes: nequitia termine centrale nel lessico elegiaco (vd.
Pichon, p. 212); nequam ricorre quasi soltanto nei generi poetici pedestri:
in Lucilio (5 volte); Orazio (3 volte nelle Satire, 1 nelle Odi); Fedro e
Giovenale (1 volta); in Marziale ricorre 4 volte il comparativo: cfr. I 109,
4; II 41, 16; X 35, 11; XI 15, 3-4. facilesque puellae: facili a concedersi;
laccezione comune nella poesia erotica (vd. Pichon, p. 141); in Marziale
cfr. I 57, 2 nolo nimis facilem difcilemque nimis (sc. puellam); IX 32, 1
hanc (sc. puellam) volo quae facilis, quae palliolata vagatur. senior: in
poesia spesso privo del valore comparativo ed equivalente a senex (vd. il
commento di Bmer2 a Ov. met. XI 157; Hofmann-Szantyr, p. 168 sg.); in
Marziale anche in VII 74, 5; 88, 3; IX 93, 2; XI 32, 3; XII 68, 4. sed quem
torquet amica: per laccezione erotica di torqueo vd. Pichon, p. 281; OLD,
s.v. nr. 5; in Marziale cfr. IV 38,1 satiatur amor nisi gaudia torquent; XI
43, 7 torquebat Phoebum Daphne fugitiva; vd. anche VII 26, 1 Thestyle,
Victoris tormentum dulce Voconi.
7 sg.: i castigati carmi di Cosconio possono andar bene soltanto per un
pubblico scolastico (pueris virginibusque); il nesso pueri virginesque fa
riferimento alla scuola anche in IX 68, 1 sg. quid tibi nobiscum est, ludi
scelerate magister, / invisum pueris virginibusque caput?; vd. anche Hor.
III 1, 2-4 carmina non prius / audita Musarum sacerdos / virginibus
puerisque canto. Marziale mostra anche altrove di non auspicare un uso
scolastico dei propri epigrammi: cfr. I 35, 1-5 versus scribere me parum
severos / nec quos praelegat in schola magister, / Corneli, quereris: sed hi
libelli, / tamquam coniugibus suis mariti, / non possunt sine mentula
placere; VIII 3, 13 sgg. an iuvat ad tragicos soccum transferre cothurnos
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Moechus es Audiae, qui vir, Scaevine, fuisti;
rivalis fuerat qui tuus, ille vir est.
Cur aliena placet tibi, quae tua non placet, uxor?
Numquid securus non potes arrigere?
hab. R tit. ad sc(a)evinum LPfAV: ad schevinum EX ad sevinum Q ad caevinum R 1
sc(a)evine RPfEAV: schevine X scenine L sevine Q 2 ille vir R AXV: vir ille E 3 tua
non RLPQf : non tua P 4 arrigere Rut vid. : eras. R
Epigramma 70
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attestazioni della massima vd. Otto, Sprichwrter, p. 193; Tosi 1994, nr. 894.
La conclusione di Marziale sfrutta il comune tema satirico dellimpotenza
maschile, ma sortisce anche un effetto dissacrante nei confronti della poesia
erotica, riducendo uno dei suoi temi ricorrenti a una questione meramente
sica (non potes arrigere). La trasformazione di un personaggio da amante
a marito, considerata per da un diverso punto di vista, alla base di I 74
moechus erat: poteras tamen hoc tu, Paula, negare. / ecce vir est: numquid,
Paula, negare potes? I nomi dei due protagonisti dellepigramma (Scaevinus,
Audia), evidentemente ttizi, ricorrono soltanto qui in Marziale. Scaevinus
presenta scarse attestazioni (vd. Kajanto 1965, p. 243). Audius / Audia
un antico gentilizio plebeo (vd. ThlL II 1338, 59 sgg.; RE II 2288, 34 sgg.).
1 sg.: il capovolgimento della situazione realizzato nei primi due versi
dellepigramma trova riscontro nella struttura chiastica (presente-passato
/ passato-presente), che li rende speculari tra loro: moechus es qui vir
fuisti; / rivalis fuerat qui tuus ille vir est; cfr. I 47, 1 sg. nuper
erat medicus, nunc est vispillo Diaulus: / quod vispillo facit, fecerat et
medicus; VIII 74, 1 sg. oplomachus nunc es, fueras ophtalmicus ante. /
fecisti medicus quod facis oplomachus; sulla frequenza negli epigrammi di
Marziali di tali contrapposizioni vd. Siedschlag 1977, p. 29.
1. Moechus: grecismo appartenente alla sfera colloquiale, presente in
commedia, satira e poesia non elevata (6 casi in Catullo), rarissimo nella
prosa classica. In Marziale vi sono ben 29 casi di moechus / a (uno di
moechari), contro solo quattro di adulter / era. vir: per laccezione di
marito vd. Pichon, p. 296 sg.
2. rivalis: il sostantivo appartiene al lessico erotico (vd. Pichon, p. 254);
cfr. Catull. 57, 9; Prop. I 8, 45; II 34, 18; III 8, 33; Ov. am. I 8, 95; 9, 18;
II 19, 60; III 11, 26; ars II 336; 539; 595; III 563; 593; rem. 677; 769; 791.
fuerat: per luso in poesia del piuccheperfetto in luogo dellimperfetto o
del perfetto (cfr. v. 1 fuisti), favorito anche da comodit metrica, vd. la n. a
4, 8 exierat.
3: ci che di altri si desidera maggiormente di ci che nostro; il verso
mostra analogie con la formulazione di un noto proverbio da parte di Publilio
Siro: A 28 aliena nobis, nostra plus aliis placent (per le varianti della sententia
vd. Otto, Sprichwrter, p. 13; Tosi 1994, nr. 1292). La punteggiatura del
verso si deve a Gilbert 1883, p. 7, che modica lievemente il verso rispetto a
Schneidewin (cur aliena placet tibi, quae tua non placet uxor?).
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Mentula cum doleat puero, tibi, Naevole, culus,
non sum divinus, sed scio quid facias.
hab. T tit. ad nevolum T : ad nevulum
1 naevole Fl: nevole T nevule
solum T sed T : si
facias : facitis T
2 sum
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Vis futui nec vis mecum, Saufeia, lavari.
Nescio quod magnum suspicor esse nefas:
aut tibi pannosae dependent pectore mammae
aut sulcos uteri prodere nuda times
aut innito lacerum patet inguen hiatu
aut aliquid cunni prominet ore tui.
Sed nihil est horum, credo, pulcherrima nuda es.
Si verum est, vitium peius habes: fatua es.
Vuoi che io ti fotta, ma non vuoi, Saufeia, fare il bagno con me.
Sospetto che tu abbia non so quale grande difetto:
o ti pendono dal petto delle osce mammelle
o hai paura di rivelare nuda i solchi del ventre
o la tua vagina lacera sta spalancata con unenorme apertura
5
o sporge qualcosa dalla tua ca.
Ma non nulla di tutto questo, sono certo, sei bellissima nuda.
Se vero, hai un difetto peggiore: sei una sciocca.
Saufeia vuole avere rapporti sessuali con il poeta, ma si riuta di frequentare
con lui i bagni comuni. Marziale sospetta che abbia qualche difetto sico
da nascondere e nella parte centrale dellepigramma (3-6) prospetta con
crudo realismo diverse possibilit, mettendo in mostra un repertorio da
poesia giambica; ma non si tratta di questo (7). Allora il difetto di Saufeia
ancora peggiore: una sciocca perch la sua ritrosia deriva da un falso
pudore. Il riuto da parte di Galla di frequentare i communia balnea con
il poeta alla base anche dellepigr. 51 di questo libro. Il nome Saufeia
452
ricorre qui soltanto negli epigrammi di Marziale (Saufeius in II 74, 1). Sulla
sua diffusione in Italia RE II A, 256, 7-257, 63.
1: i Romani erano soliti consumare al buio i loro rapporti sessuali (cfr.,
ad es., Ov. ars II 619 sg.; III 807 sg.); i bagni comuni erano pertanto un
luogo privilegiato per vedere nude persone dellaltro sesso (vd. al riguardo
la n. intr. allepigr. 51). Marziale manifesta gusti opposti in XI 104, 5 sg. tu
tenebris gaudes: me ludere teste lucerna / et iuvat admissa rumpere voce
latus. La situazione presentata nel verso costituisce pertanto una sorta di
paradosso (vis nec vis). Sui bagni frequentati da entrambi i sessi, di cui
Marziale offre numerose testimonianze, vd. Busch 1999, p. 487 sgg.; in
questo libro si vedano gli epigr. [3]; 51; 87. futui: futuere il principale
verbo osceno per indicare il ruolo maschile nel rapporto sessuale (vd.
Adams, LSV, pp. 118-122; Citroni, p. 114 sg.); in questa sezione del libro
ricorre 4 volte (79, 2; 87, 1; 96, 1); cfr. anche 96, 2 fututor.
2. nescio quod : per lespressione cfr. Ter. Hec. 319 sg. nescio quod
magnum malum / profecto, Parmeno, me celant; Phorm. 193 nescio quod
magnum hoc nuntio expecto malum; in Marziale struttura analoga in III
77, 9 sg. nescio quod stomachi vitium secretius esse / suspicor. magnum:
Housman 1925, p. 200 (= Class. Pap., p. 1099 sg.) ha giustamente messo
in relazione questo verso con III 42, 4 quod tegitur maius creditur esse
malum, dove singole famiglie riportano le varianti magnum (T) e nefas
( ). Per lo studioso inglese le lectiones singulares sono reciprocamente
interpolate e vanno pertanto scartate (per 42, 4 vd. la n. ad loc.). Qui
maius di senzaltro inaccettabile. nefas: ricorre in Marziale 14 volte,
soltanto qui nellaccezione di grave difetto sico (cfr. v. 8 vitium peius)
3: i seni cadenti sono un tratto abituale nella descrizione di bruttezze
siche, specialmente nellinvettiva contro le vetulae: cfr. Lucil. 541 uterum
atque etiam inguina tangere mammis; Laber. mim. 20 mirabar, quo
modo mammae mihi descendiderant; Hor. epod. 8, 7 mammae putres
equina quales ubera; Moret. 34 iacens mammis; in Marziale cfr. III 93,
5 araneorum cassibus pares mammas. Il verso presenta analogie foniche
e strutturali con Prop. II 15, 21 necdum inclinatae prohibent te ludere
mammae: a pannosae corrisponde inclinatae in cesura pentemimere; i
verbi sono collocati nella stessa posizione del verso dopo la cesura; la
clausola presenta notevoli afnit (pectore mammae ~ ludere mammae).
Entrambi i versi presentano una descrizione di un dettaglio sico estraneo
Epigramma 72
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454
come qui (v. 6), alla eccessiva grandezza della clitoride anche in Priap. 12, 13
sg. qui tanto patet indecens hiatu / barbato macer eminente naso (su cui vd.
il commento di Goldberg); CIL IV 10004 Eupla laxa landicosa. - inguen:
sostituto eufemistico di cunnus: cfr. Iuv. 9, 4; 10, 322; Auson. 127, 1 p. 344 P.
(epigr. 86, 1 G.); vd. Adams, LSV, p. 47 sgg. Come eufemismo per i genitali
maschili cfr. III 81, 5; VI 73, 6; VII 30, 5; Priap. 1, 6; 83, 43; Auson. 120, 3 p.
341 P. (epigr. 74, 3 G.). Luso ricorre anche nella satira (Hor. sat. I 2, 26; 116;
Iuv, 1, 41) e in poesia elevata (Verg. georg. III 281; Ov. met. XIV 640).
6: leccessiva grandezza della clitoride oggetto di aggressione scommatica:
vd. Adams, LSV, pp. 79; 97 sg.; in Marziale cfr. anche VII 67, 1 sgg. (con
il commento di Galn Vioque); 70, 1 sg. Per luso metaforico di os si pu
confrontare quello correlato di labia (vd. Adams, LSV, p. 99 sg.; ThlL IX
1092, 7 sgg.). Secondo Adams, LSV, p. 98, in I 90, 8 mentiturque virum
prodigiosa Venus Marziale alluderebbe ad una clitoride di straordinarie
dimensioni; per Citroni e Howell1 invece pi probabile un riferimento
all
. Cunnus il termine osceno pi comune per i genitali femminili
(vd. Adams, LSV, p. 80 sg.). Di uso frequente nelle iscrizioni pompeiane ed
ercolanesi, ricorre in poesia tre volte nel primo libro delle Satire di Orazio,
una in Catullo, sei nei Priapea, ventisette in Marziale (quattro cunnilingus).
7 sg.: Saufeia non ha difetti sici e perci la sua ritrosia dovuta ad un
falso pudore che Marziale critica. credo: inciso di natura colloquiale che
esprime una presa di posizione soggettiva del parlante (vd. Hofmann, LU,
p. 249 sg.); Marziale utilizza soprattutto puto (vd. la n. a 55, 4; Citroni, p.
34 sg.). fatua es: letteralmente sciocca; qui indica probabilmente un
atteggiamento ritroso determinato da pruderie. Schneider 2000, p. 350 ha
individuato nella conclusione fatua es un voluto anagramma del nome Saufeia
(con leccezione di una lettera) e ha trovato una conferma della volont di
Marziale di realizzare tale effetto nel fatto che il nome non appartiene alla
diffusa categoria dei nomi parlanti. Non si pu escludere un gioco fonico
con futui del v. 1 che legherebbe principio e ne di epigramma.
Epigramma 73
455
73
Dormis cum pueris mutuniatis,
et non stat tibi, Phoebe, quod stat illis.
Quid vis me, rogo, Phoebe, suspicari?
Mollem credere te virum volebam,
sed rumor negat esse te cinaedum.
Febo dorme con ragazzi ben dotati e non riesce ad avere unerezione. Per
Marziale deve trattarsi di un pathicus, ma alcune voci insinuano il sospetto
che egli possa essere altro (un fellator).
Nella morale sessuale romana, rispecchiata in questo epigramma, la fellatio
era considerata la perversione peggiore per un uomo (vd. Obermayer 1998,
p. 241 sgg.): cfr. specialmente II 28; VI 56; i fellatores sono bersaglio di
numerosi epigrammi di Marziale: cfr. I 96; III 77; 80; 82; 84; 87; 88; VI
66; IX 27. Lepigramma presenta un linguaggio allusivo, che non indulge
a volgarismi: Marziale ricorre alla perifrasi (non stat tibi quod stat illis)
e alleufemismo (mollem virum); anche la conclusione, in forma
di insinuazione attribuita alle voci (rumor), presenta la perversione del
protagonista per antitesi, lasciando la deduzione al lettore (negat esse te
cinaedum). Il tono del componimento pu forse dipendere dalla volont
del poeta di variare rispetto al crudo realismo dellepigr. precedente. Febo,
nome ttizio frequente in Marziale (in questo libro cfr. anche 89, 2), un
personaggio dalla bassa moralit anche in I 58; IX 63.
1. mutuniatis: mutuniatus (i.q. magno membro virili instructus ThlL
456
VIII 1731, 11 sg.) deriva da mutunium (i.q. membrum virile ThlL VIII
1731, 22); cfr. anche mutto, -onis (i.q. membrum virile ThlL VIII 1730, 8
sgg.); vd. Ernout-Meillet, s.v. muto, p. 426. Laggettivo ricorre anche in XI
63, 2 sg. quare mihi tam mutuniati / sint leves pueri subinde quaeris e in
Priap. 52, 9 sg. salax asellus / et nil deterius mutuniatus (dove congettura
di Buecheler, universalmente accolta, per i trditi mutiniatus; minuciatus vel
minutiatus; metulatus). Mutto ricorre soltanto nei satirici (Lucilio, Orazio),
che evitano invece mentula; pertanto probabile che il termine e i suoi derivati
fossero percepiti come meno volgari (vd. Adams, LSV, p. 62 sg.). Si veda anche
lequivalente mentulatus, che ricorre in Priap. 36, 11 deus Priapo mentulatior
non est. Mutunus Tutunus (o Mutinus Tutinus o Mutinus Titinus), arcaica
divinit fallica, fu gradualmente rimpiazzato a Roma da Priapo (cfr. Aug. civ.
IV 11 Mutunus vel Tutunus, qui est apud Graecos Priapus, che, attingendo
da Varrone, identica le due divinit); vd. RE XVI, s.v. Mutunus Tutunus, 979
sgg.; XIX 1719, 36 sgg.; Roscher II 1, 204, 47 sgg.; Wissowa 1912, p. 243.
2. non stat tibi : sc. mentula; stare per indicare lerezione frequente
in Marziale: cfr. II 45, 1; III 75, 1. 8 (cfr. la pointe dellepigramma basata sul
doppio senso di stare); VI 23, 1; VII 58, 4; XI 25, 2; 27, 1; vd. anche VI 49, 2 sg.;
altrove in Priap. 73, 2; Apul. met. II 7; per lequivalente uso in greco di
cfr. AP XII 232, 1. Phoebe: Galle di , pur accolta da Lindsay, Duff, Ker,
Giarratano, Heraeus, ha tutta laria di una glossa: cfr. III 81, 1 quid cum femineo
tibi, Baetice Galle, barathro e la n. ad loc. Marziale riserva lepiteto Gallus ad
evirati e non ad impotenti: cfr. I 35, 14 sg.; II 45, 2; III 24, 13; 81, 5; V 41, 3; VII
95, 15; XI 72, 2; 74, 2; XIII 63, 2. Lappellativo Galle sarebbe inoltre possibile
tuttal pi nel verso seguente, dopo la menzione del nome proprio.
3. rogo: su rogo, inciso colloquiale, vd. la n. a 44, 9.
4. mollem virum: mollis vir equivale qui a pathicus; mollis ha spesso
una connotazione negativa, per lo pi a sfondo sessuale: cfr. Catull. 25, 1 sgg.
cinaede Thalle, mollior cuniculi capillo / vel anseris medullula vel imula
oricilla / vel pene languido senis situque araneoso; Priap. 64, 1 quidam mollior
anseris medulla; vd. ThlL VIII 1379, 26-52; Marziale utilizza frequentemente
laggettivo in relazione allomosessualit maschile passiva: cfr. I 96, 10; II 84,
1; V 41, 2; VII 58, 5; IX 25, 3; 59, 3; XII 75, 4; vd. al riguardo R.A. Pitcher,
The mollis vir in Martial, in K. Lee-Ch. Mackie-H. Tarrant (edd.), Multarum
artium scientia. A chose for R. Godfrey Tanner. Contributes by his allies
upon rumours of his retirement, Auckland 1993, pp. 56-67; Merli 1996, pp.
217-219.
Epigramma 73
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74
Psilothro faciem levas et dropace calvam.
Numquid tonsorem, Gargiliane, times?
Quid facient ungues? Nam certe non potes illos
resina Veneto nec resecare luto.
Desine, si pudor est, miseram traducere calvam:
hoc eri cunno, Gargiliane, solet.
Epigramma 74
459
moralisti: cfr. Sen. nat. VII 31, 2 levitate et politura corporum muliebres
munditias antecessimus; in Marziale essa spesso oggetto di aggressione
satirica: cfr. II 29, 6; 62; III 63, 6; V 61, 6; IX 27; X 65, 6 sgg.; vd. Hagenow
1972, pp. 48-59; Herter, Effeminatus, 633 sg. Il nome Gargiliano, senzaltro
ttizio, ricorre in III 30; IV 56; VII 65; VIII 13 per diversi tipi; per le sue
attestazioni epigrache vd. Kajanto 1965, p. 147.
1. Psilothro dropace: entrambi preparati usati per la depilazione;
lo psilothrum (gr.
) era un impasto di colore verdastro, dal
forte odore (cfr. VI 93, 9 psilothro viret, sc. Thais, che lo usa per coprire
il proprio cattivo odore; vd. Lilja 1972, p. 205); il suo uso da parte degli
uomini biasimato da Plinio il Vecchio, nat. XXVI 164 psilothrum nos
quidem in muliebribus medicamentis tractamus, verum iam et viris est
in usu; cfr. anche Ael. Lampr. Ant. Heliog. 31, 7; Schol. Iuv. 9, 14; Galeno
ne fornisce alcune ricette (12, pp. 453-459 K.); sulla sua composizione vd.
Blmner 1911, p. 438 sg.; Hagenow 1972, p. 50. Il dropax (gr.
)
menzionato qui per la prima volta, quindi in X 65, 8 levis dropace tu
cotidiano; Auson. 131, 1 p. 346 P. (epigr. 100, 1 G.) inguina quod calido
levas tibi dropace; sulla sua composizione cfr. Theod. Prisc. log. 34; Cass.
Fel. 1 p. 8, 14; Oribas. Syn. I 30; vd. Hagenow 1972, p. 51. Lo specialista
nel suo utilizzo era detto dropacista (cfr. CIL XII 3334; 5687, di testo
incerto). levas: il verbo qui nellaccezione tecnica riferita alla depilazione:
cfr. Cic. or. frg. A XIV 22 qui effeminare vultum, attenuare vocem, levare
corpus potes; vd. ThlL 1237, 26 sgg.; OLD s.v. nr. 2. La correzione di lavas
della tradizione medievale richiesta dalla metrica (lvs), oltre che dal
senso e confermata da Auson. 131, 1 p. 346 P. (epigr. 100, 1 G.) cit. supra,
che certamente ha tenuto presente questo verso di Marziale. La stessa
corruttela ricorre in Plin. nat. XXXVI 154. calvam: come sostantivo
di uso frequente soltanto in Marziale (V 49, 3; VI 57, 2; 74, 2; X 83, 2;
XII 45, 2; XIV 27, 2); ricorre una volta in Pomponio, Varrone Men., Livio,
Sereno Sammonico.
2: linterrogativa allude forse ironicamente al noto timore dei barbieri
del tiranno siracusano Dionisio il Vecchio, che preferiva perci farsi radere
dalle glie e bruciava i capelli con carbone ardente (cfr. Cic. Tusc. V 57
sgg..; off. II 25; Val. Max. IX 13, 4). I Romani avevano comunque buoni
motivi per temere i tonsores, che usavano il rasoio sulla pelle soltanto
inumidita (vd. RE III 3 sg.; Daremberg-Saglio, s.v. tonsor, V, p. 354 sgg.;
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Epigramma 74
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Stare, Luperce, tibi iam pridem mentula desit,
luctaris demens tu tamen arrigere.
Sed nihil erucae faciunt bulbique salaces
improba nec prosunt iam satureia tibi.
Coepisti puras opibus corrumpere buccas:
sic quoque non vivit sollicitata Venus.
Mirari satis hoc quisquam vel credere possit,
quod non stat, magno stare, Luperce, tibi?
Epigramma 75
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3 sg.: lelenco degli afrodisiaci ricalca quello di Ov. ars II 415 sgg. sunt
quae praecipiant herbas, satureia, nocentis / sumere; iudiciis ista venena
meis / / (421) candidus, Alcathoi qui mittitur urbe Pelasga, / bulbus
et, ex horto quae venit, herba salax / ovaque sumantur; cfr. anche rem.
795 sgg.
3. nihil faciunt: lespressione, equivalente a nec prosunt del v. 4,
appartiene alluso medico: vd. OLD s.v. facio, nr. 30 b; cfr. Suet. Cl. 16,
4 nihil aeque facere ad viperae morsum quam taxi arboris sucum; Scrib.
Larg. 49 facit et hoc medicamentum bene; Plin. nat. XXXIV 170 ad
haec lotura plumbi facit. erucae bulbique salaces: cibi dal potere
afrodisiaco; sono associati anche in Ov. ars II 422 cit. nella n. al v. 3 sg.;
rem. 795 sgg.; Cels. IV 28, 2; Colum. X 105 sgg. Sulla rucola (eruca) come
afrodisiaco cfr. Varro Men. 581; Moretum 84; Iuv. 9, 134; Plin. nat. X 182;
XIX 154; Priap. 46, 8; 47, 6; 51, 20; Theod. Prisc. log. 34, p. 133, 2; Marc.
med. 33, 50; Diosc. II 125; CGL II 578, 41. Sulle cipolle (bulbi) come
afrodisiaci cfr. XIII 34 tit. bulbi. cum sit anus coniunx et sint tibi mortua
membra, / nil aliud bulbis quam satur esse potes; vd. anche Plin. nat. XX
105; Petron. 130, 7; Stat. silv. IV 9, 30; Athen. II 63d; 64b. Salax in questa
accezione ricorre in Ov. ars II 422 cit. nella n. al v. 3 sg.; rem. 799; Colum.
X 372; Mart. X 48, 10; Priap. 51, 20.
4. improba satureia: il neutro plurale satureia ricorre, oltre che qui,
soltanto in Ov. ars II 415 cit. nella n. al v. 3 sg. Il termine probabilmente
un incrocio tra satureia, -ae e satyrion (gr.
), e designa diversi
tipi di orchidee afrodisiache: cfr. Plin. nat. XXVI 96 sgg.; XXVIII 119;
Petron. 8, 4; 20, 7; 21, 1; vd. Andr 1956, p. 282 (anche Andr 1985, p.
227). Anche SB2, p. 256, n. a, sospetta una confusione con satyrion. Meno
probabile che si tratti di un plurale eteroclito di satureia, -ae santoreggia
(vd. OLD, s.v.). Questa infatti stimola, ma non nociva (come si evince da
Ov. ars II 415 sg. cit. nella n. al v. 3 sg.). Improbus usato qui nellaccezione
erotica, con valore causativo (vd. ThlL VII 1, 691, 51 sgg.; OLD, s.v. n. 7;
Pichon, p. 172). nec: per la posposizione della particella vd. la n. a 19, 5.
5. puras corrumpere buccas: espressione eufemistica che indica le pratiche
di sesso orale ottenute da Luperco a pagamento (opibus). Purus in relazione al
sesso orale ricorre spesso in Marziale: cfr. II 61, 9; III 82, 4; IV 39, 10; VI 50, 6;
66, 5; IX 63, 2; 67, 5; XI 61, 14; XIV 70, 2. Lambertz (ThlL IV, s.v. corrumpo,
1058, 13) colloca questo passo tra gli esempi in cui il verbo indica corruzione
attraverso denaro (cfr. la traduzione di SB2: You have started corrupting
Epigramma 75
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Arrigis ad vetulas, fastidis, Basse, puellas,
nec formosa tibi sed moritura placet.
Hic, rogo, non furor est, non haec est mentula demens?
Cum possis Hecaben, non potes Andromachen!
hab. T; vv. 1-2 hab. R tit. ad bassum
1 arrigis TR : eras. R ad PQf : at L
vetulas LPQf : vetulaes L 2 formosa RPQf : formonsa TL 3 non haec est TLf :
non est haec PQ 4 (h)ecaben LfV: haecaben EA hecuben PX echuben Q hecubam T
andromac(h)en : andromachae T
Epigramma 76
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ma latinizzata Hecuba (III 32, 3; VI 71, 3); Ovidio utilizza una forma
ibrida (Hecube al nominativo e vocativo; Hecubae, -am nei casi obliqui e
allaccusativo). La forma Hecabe stata restituita per congettura in Ilias
546; 551; 1017, ma senza motivi cogenti (vd. il commento di Scaffai, ad
locc.). Linterpunzione esclamativa, che pone ulteriore enfasi sul paradosso
conclusivo, stata, a mio avviso a ragione, preferita da tutti gli editori, con
leccezione di SB. Andromachen: altrove menzionata tra gli exempla di
fedelt coniugale: cfr. Ov. trist. I 6, 19 sgg.; V 14, 35 sgg.
Epigramma 77
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77
Nec mullus nec te delectat, Baetice, turdus,
nec lepus est umquam nec tibi gratus aper;
nec te liba iuvant nec sectae quadra placentae,
nec Libye mittit nec tibi Phasis aves:
capparin et putri cepas allece natantis
et pulpam dubio de petasone voras,
teque iuvant gerres et pelle melandrya cana,
resinata bibis vina, Falerna fugis.
Nescio quod stomachi vitium secretius esse
suspicor: ut quid enim, Baetice,
10
10
470
mangiando cibi dal sapore acre, tenta di mascherare il cattivo odore del suo
alito, provocato dalla sua pratica del sesso orale (per questa convinzione
diffusa nel mondo romano vd. la n. intr. allepigr. 17); per proprio
questo comportamento a renderlo sospetto agli occhi del poeta che lo
colpisce in maniera velata. Lepigramma presenta unequilibrata struttura
tripartita: ai primi quattro versi, che, scanditi dalla martellante anafora di
nec, elencano i cibi rafnati che sorprendentemente il protagonista mostra
di non apprezzare, ne corrispondono altrettanti dedicati invece a quelli
di bassa qualit che preferisce (5-8). Lultimo distico realizza la pointe,
preparata dal v. 9, che evidenzia i sospetti del poeta, ed espressa al v. 10 in
forma interrogativa; come di frequente in Marziale, il fulmen si concentra
nellultima parola: il verbo
(non attestato nella letteratura
greca) si riferisce ai cibi nauseanti di cui Betico si nutre, ma certo contiene
unallusione alle pratiche sessuali che egli tenta di nascondere. Il cognomen,
derivato dal ume iberico Baetis (e dalla provincia Baetica), ricorre anche
nelle iscrizioni: cfr., ad es., CIL II 395; VI 13499; 14217; 22258; VIII
19135; XII 4116; vd. Kajanto 1965, p. 198.
1. mullus turdus: entrambi cibi prelibati: sul mullus vd. la n. a 45,
5; sul turdus vd. la n. a 47, 10. delectat: per luso di delectare in ambito
gastronomico cfr. Hor. sat. II 8, 16 sg. Albanum, Maecenas, sive Falernum
/ te magis appositis delectat, habemus utrumque.
2. lepus: la carne di lepre era considerata una rafnatezza: cfr. XIII 92 tit.
lepores. inter aves turdus, si quid me iudice certum est, / inter quadripedes
mattea prima lepus; Marziale la inserisce tra i cibi pi lussuosi in VII 78, 3 sg.
sumen, aprum, leporem, boletos, ostrea, mullos / mittis; cfr. anche XII 48, 9.
aper: sul cinghiale, cibo tra i pi apprezzati dai Romani, vd. la n. a 50, 8.
3. liba: il libum un genere di focaccia, usato principalmente nei riti
religiosi: cfr. Verg. Aen. VII 109 sg. instituunt dapes et adorea liba per
herbam / subiciunt epulis (Serv. ad loc.: placentae de farre, melle et oleo
sacris aptae); in Marziale cfr. X 24, 4; 103, 8. sectae quadra placentae: la
placenta una focaccia come il libum (cfr. Serv. Aen. VII 109 cit. supra),
spesso guarnita con miele (cfr. V 39, 3 Hyblaeis madidas thymis placentas).
Veniva generalmente tagliata in quattro parti (quadrae): cfr. VI 75, 1 sgg.
cum mittis turdumve mihi quadramve placentae, / sive femur leporis
sive quid his simile est, / buccellas misisse tuas te, Pontia, dicis; IX 90, 17
sg. libetur tibi candidas ad aras / secta plurima quadra de placenta.
Epigramma 77
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Epigramma 77
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Minxisti currente semel, Pauline, carina.
Meiere vis iterum? Iam Palinurus eris.
hab. T cum 77 con. f tit. ad paulinum TLPQf in mg.
1 minxisti T : mixisti
pauline TLPQf : palinure Q 2 meiere PQf : melere L meigere T palinurus
LPQf : pallinurus T palinus P eris TPQf : erit L
Epigramma 78
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pp. 56-60) rispecchia le riessioni degli antichi, nel cui solco si colloca
la comica soluzione di Marziale: nellepisodio di Palinuro in Virgilio le
diverse accezioni di
(guardiano, vento favorevole) interagiscono
fra loro (vd. al riguardo M. Paschalis, Vergils Aeneid. Semantic Relations
and Proper Names, Oxford 1997, pp. 124 sg.; 201 sgg.); secondo Philip
Ambrose 1980, p. 451 sg. gi il Palinuro del Curculio plautino potrebbe
essere nome parlante: cfr. il gioco di parole sul vento nei vv. 314 sgg. (su
cui vd. Fraenkel 1960, p. 31).
Epigramma 79
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79
Rem peragit nullam Sertorius, inchoat omnes.
Hunc ego, cum futuit, non puto percere.
tit. de sertorio
1 omnes LPQf : omnem fs.l.
PQf : sum futtuit L ut vid. si futtuit L
cum futuit
478
80
De nullo loqueris, nulli maledicis, Apici:
rumor ait linguae te tamen esse malae.
hab. T cum 78 con. T tit. ad apicium
: nullum T 2 ait T : agit T
: om. T
1 loqueris T: quereris
nulli
Epigramma 80
479
il senso in Catull. 83, 6 hoc est, uritur et loquitur (cfr. v. 3 sgg. si nostri
oblita taceret, / sana esset: nunc quod gannit et obloquitur, / non solum
meminit eqs.); il verso perci non va toccato, come fanno invece alcuni
editori, i quali accolgono la congettura coquitur di Lipsius (ad es. Kroll,
e, da ultimo, Thomson; per la difesa del testo trdito vd. N.I. Herescu,
Latomus 9, 1950, pp. 31-33). In Marziale dicere presenta lo stesso
signicato in VII 18, 1 sg. cum tibi sit facies de qua nec femina possit /
dicere; cfr. anche Prop. II 20, 13 de te quodcumque, ad surdas mihi dicitur
aures e, per lanalogo uso di loquax, Prop. III 24, 21 sg. risus eram inter
convivia mensis / et de me poterat quilibet esse loquax. Invece Prop. IV
7, 42 garrula de facie si qua locuta mea est, citato da Heraeus (nella adn.
crit.), ha il signicato opposto (sc. bene loqui), come rilevato da Housman
1925, p. 202 (= Class. Pap., p. 1102; vd. anche Lfstedt 1936, p. 71 n. 1);
sulluso, attestato con una certa frequenza anche nelle iscrizioni (cfr., ad es.,
CIL XI 6204 Athenaidi coniugi incomparabili de cuius pudore nemo
dicere potuit), vd. anche Lfstedt 1936, p. 69 sgg.; Lfstedt, Peregrinatio
Aetheriae, p. 283; Hofmann-Szantyr, p. 827. Loqueris della prima famiglia
(T) quindi senzaltro difcilior rispetto a quereris ( ), agevolmente
spiegabile come glossa penetrata nel testo oppure, con minore probabilit,
come esito di aplograa (nullo loqueris) e successiva correzione di
queris (vd. Helm 1956, p. 301). Quereris tuttavia accolto da vari editori
moderni (Lindsay, Duff, Ker, Giarratano, Izaac); per loqueris invece si
sono schierati Schneidewin, Friedlaender, Gilbert, Heraeus, SB. nulli
maledicis: nullum di T da considerare una banalizzazione: maledico con
accusativo ricorre per la prima volta in Petron. 58, 13; 96, 7 (in parti dove
prevale il sermo vulgaris; altrove si trova con il dativo: cfr., ad es., 117, 11;
132, 13), mentre si generalizza soltanto nel latino cristiano (vd. E. Wllin,
ber die Aufgaben der lateinischen Lexicographie, RhM 37, 1882, pp.
117-118; Lfstedt 1936, p. 218; J. Schrijnen, I caratteri del latino cristiano
antico, Bologna 19863, p. 82; Hofmann-Szantyr, pp. 34; 87). Il verbo
usato assolutamente da Marziale in IX 9, 9 clamas et maledicis et minaris.
Sul carattere cristiano di alcune sostituzioni eufemistiche di termini osceni
presenti nella prima famiglia, messo in luce da Housman 1925, p. 202 (=
Class. Pap., p. 1003), vd. ora Mastandrea 1996, pp. 103-118.
2. rumor ait: sullattribuzione a voci popolari delle allusioni a sfondo
sessuale vd. la n. a 73, 5 rumor. linguae esse malae: espressione colloquiale, conservatasi nellitaliano essere una malalingua; ricorre anche in
480
Petron. 37, 7 est tamen malae linguae, pica pulvinaris (sc. Fortunata);
Min. Fel. 28, 10 cit. nella n. intr.; per il nesso mala lingua cfr. Publ. Syr.
App. Sent. 265, p. 387 R. mala lingua eum quem carpit meliorem indicat;
Ov. am. II 2, 49 nocuit mala lingua duobus; Sen. dial. V 22, 5 qui tam
malam haberent linguam; in Marziale indica la maldicenza dellepigramma
in II epist. 5 sg. epigrammata curione non egent et contenta sunt sua, id est
mala, lingua. Per una accezione afne, legata al malocchio, cfr. Catull. 7,
11 sg. quae (sc. basia) nec pernumerare curiosi / possint nec mala fascinare
lingua; Verg. ecl. 7, 27 sg. si ultra placitum laudarit, baccare frontem /
cingite, ne vati noceat mala lingua futuro (cfr. Serv. ad loc.: mala lingua:
fascinatoria, nocendi scilicet studio). In Marziale la menzione della lingua
spesso legata alla critica di perversioni sessuali: cfr. II 61, 2; 61, 7; III 81,
2 citati nella n. intr.; IX 27, 13 sg. pudet fari / Catoniana quod facis
lingua; XI 61, 1 lingua maritus, moechus ore Nanneius; vd. anche III 84,
2; VII 24, 7 sg.; sullargomento vd. Greenwood 1998, pp. 241-246.
Epigramma 81
481
81
Quid cum femineo tibi, Baetice Galle, barathro?
Haec debet medios lambere lingua viros.
Abscisa est quare Samia tibi mentula testa,
si tibi tam gratus, Baetice, cunnus erat?
Castrandum caput est: nam sis licet inguine Gallus,
sacra tamen Cybeles decipis: ore vir es.
tit. ad b(a)eticum
1 quid EAV: qui X b(a)etice LPQ : bectice f galle LQf : galli
P barat(h)ro PQf : barothro L 2 medios PQf : modios L 3 samia LPf : sanna Q
4 tam Vs.l.: iam EAXV b(a)etice LPQ : bectice f erat EAXVs.l.: erit V 5 sis
LPQf : sus Q inguine LPQf : ingine L gallus EAX: gallis V 6 decipis LPQf :
decipit Q
482
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484
82
Conviva quisquis Zoili potest esse,
Summemmianas cenet inter uxores
curtaque Ledae sobrius bibat testa:
hoc esse levius puriusque contendo.
Iacet occupato galbinatus in lecto
cubitisque trudit hinc et inde convivas
effultus ostro Sericisque pulvillis.
Stat exoletus suggeritque ructanti
pinnas rubentes cuspidesque lentisci,
et aestuanti tenue ventilat frigus
supina prasino concubina abello,
fugatque muscas myrtea puer virga.
Percurrit agili corpus arte tractatrix
manumque doctam spargit omnibus membris;
digiti crepantis signa novit eunuchus
et delicatae sciscitator urinae
domini bibentis ebrium regit penem.
At ipse retro exus ad pedum turbam
inter catellas anserum exta lambentis
partitur apri glandulas palaestritis
et concubino turturum natis donat;
Ligurumque nobis saxa cum ministrentur
vel cocta fumis musta Massilitanis,
Opimianum morionibus nectar
crystallinisque murrinisque propinat.
Et Cosmianis ipse fuscus ampullis
non erubescit murice aureo nobis
dividere moechae pauperis capillare.
Septunce multo deinde perditus stertit:
nos accubamus et silentium rhonchis
praestare iussi nutibus propinamus.
Hos Malchionis patimur improbi fastus,
nec vindicari, Rufe, possumus: fellat.
tit. ad rufum : ad rufum de zoilo
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2 summemmianas cenet
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491
ducat? quidni ego feliciorem putem Mucium, quod sic tractavit ignem
quasi illam manum tractatori praestitisset. La diffusione dellattivit
testimoniata dalle iscrizioni (cfr., ad es., CIL VI 32775, 2); un certo Xanthus
fu tractator degli imperatori Tiberio e Claudio (CIL VI 33131).
14. manum doctam: per la iunctura cfr. Tib. I 8, 11 sg. ungues /
articis docta subsecuisse manu; Sen. Tro. 885 crinemque patere docta
distingui manu; per il tono sarcastico cfr. Sen. epist. 47, 6 alius pretiosas
aves scindit; per pectus et clunes certis ductibus circumferens eruditam
manum frusta excutit. Per doctus riferito allabilit manuale cfr. Mart. VI
52, 3 sg. vix tangente vagos ferro resecare capillos / doctus et hirsutas
excoluisse genas. spargit: manum spargere in questa accezione non offre
paralleli; lespressione spargenda est manus di Sen. epist. 29, 2 ha diverso
signicato.
15 sgg.: la scena ripresa da Petron. 27, 5 sgg. Trimalchio digitos
concrepuit, ad quod signum matellam spado ludenti subiecit (vd. Colton
1982, p. 79). Luso di una matella per lurina attestato ancora in VI 89, 1
sg.; XIV 119 (tit. matella ctilis); cfr. anche X 11, 3 sg.; CLE 932, 2. Seneca
denisce la mansione servile et contumeliosum ministerium (epist. 77,
14). Lo schiavo di Zoilo costretto ad un servigio ancora pi umiliante.
digiti crepantis signa: per lo schiocco delle dita come ordine per lo schiavo
cfr. VI 89, 2 arguto pollice; XIV 199, 1 crepitu digitorum; Petron. 27,
5 digitos concrepuit. delicatae sciscitator urinae: comica espressione che
attribuisce al servo incaricato dellumiliante azione un titolo che non pu
non apparire fortemente sarcastico (come luso di delicatus per lurina del
padrone). Sciscitator probabilmente conio di Marziale; quindi ricorre
soltanto in Amm. XXII 16, 16; Auson. grat. act. V 21; Prud. cath. VII
193. La rarit del vocabolo alla base della banalizzazione suscitator della
tradizione umanistica. Sulla predilezione di Marziale per i sostantivi in tor
vd. la n. a 14, 1 esuritor. ebrium penem: per luso dellattributo per
parti del corpo invece che per la persona cfr. Petron. 73, 3 diduxit usque
ad cameram os ebrium; 79, 9 cum solutus mero remisissem ebrias manus.
Qui concorre alla comica personicazione del penis. Penis, sebbene sia
considerato unoscenit da Cic. epist. IX 22, 2, termine colloquiale, usato
da Sall. Cat. 12, 4 e dai satirici (Pers. 4, 35; 48; Iuv. 6, 337; 9, 43), che
evitano mentula (su cui vd. la n. a 68, 7 sgg.); al riguardo vd. Adams, LSV,
p. 35 sg.; in Marziale ricorre otto volte contro 49 di mentula.
18. ipse: luso di ipse per dominus (cfr. anche v. 26 et Cosmianis ipse fuscus
492
ampullis) appartiene alla lingua duso (vd. OLD s.v. nr. 12): cfr. Plaut. Cas.
790 ego eo quo me ipsa misit; Aul. 356 si a foro ipsus redierit; Catull. 3, 6
sg. nam mellitus erat (sc. passer) suamque norat / ipsam tam bene quam
puella matrem; CGL V 535, 20 ipsa: domina (vd. Heraeus 1937, p. 78
sg.). Il pronome usato, con sfumatura sarcastica, per Nasidieno (Hor.
sat. II 8, 23 Nomentanus erat super ipsum, Porcius infra), Trimalchione
(Petron. 29, 8 pyxis aurea non pusilla in qua barbam ipsius conditam esse
dicebant) e Virrone (Iuv. 5, 114 anseris ante ipsum magni iecur). ad
pedum turbam: sugli schiavi ad pedes, che accompagnavano il padrone al
banchetto, assistendolo presso il letto tricliniare, vd. la n. a 23, 2.
19: Zoilo ciba i cagnolini con fegato doca. Il comportamento stravagante
e villano trova un curioso parallelo in Lampr. Heliog. 21, 1 canes iecinoribus
anserum pavit. Sul fegato doca, cibo tra i pi rafnati, cfr. XIII 58 con il
commento di Leary2; Hor. sat. II 8, 88; Stat. silv. IV 6, 9 sg.; Iuv. 5, 114;
vd. Andr 1981, p. 129 sg. lambentis: sulle forme di accusativo plurale in
is vd. la n. a 10, 2 omnis.
20 sg.: Zoilo riserva per i suoi schiavi cibi di prima qualit. Marziale tace
su quanto offerto agli ospiti, ma si evince chiaramente che si tratta di cibi
di qualit inferiore (per i vini cfr. v. 22 sgg.). apri glandulas: si tratta della
parte pi delicata dellaper (vd. Andr 1981, p. 115; ThlL VI 2030, 48 sgg.);
cfr. VII 20, 4 ter poscit apri glandulas. palaestritis: su questo genere di
schiavi, incaricati di allenare il padrone, ma spesso usati a scopo sessuale,
cfr. VI 39, 9; XIV 201 con il commento di Leary1; vd. anche la n. a 58, 25.
turturum natis: unaltra delicatezza (vd. la n. a 60, 7 aureus immodicis
turtur te clunibus implet). Sulle forme di accusativo plurale in is vd. la n.
a 10, 2. Natis accusativo plurale ricorre altre sei volte in Marziale, contro
un solo caso di nates (I 92, 8).
22 sg.: per luso di servire agli ospiti vini peggiori di quelli che beve
lantrione vd. la n. intr. allepigr. 49. Ligurum saxa: ardita espressione
metonimica per indicare vino della rocciosa Liguria (cfr. la metonimia in
XIV 118, 1 cit. infra; sulle metonimie, spesso originali, di Marziale vd.
Fenger 1906, spec. p. 31 sg.). La scarsa qualit dei vini liguri attestata da
Strabone IV 6, 2; tra i vini liguri Plinio il Vecchio attribuisce la palma a quello
di Genova (nat. XIV 68). Sulla conformazione rocciosa del territorio ligure
cfr. Strabo V 1, 12. Assolutamente improbabile la correzione di Heinsius
vappa cum ministretur (cfr. XII 48, 14 et Vaticani perda vappa cadi).
cocta fumis musta Massilitanis: il vino di Marsiglia era affumicato per
Epigramma 82
493
494
fuscus vd. Andr 1949, p. 123 sgg.). La lezione fuscus riceve il sostegno di
entrambe le famiglie di codici, poich anche fuscis della seconda famiglia si
spiega agevolmente come corruttela determinata da omeoteleuto (Cosmianis
fuscis ampullis). Essa stata difesa da Heraeus (con lapprovazione di
Housman 1925, p. 200 = Class. Pap., p. 1100), seguito da Giarratano e SB; la
lezione umanistica fusus, accolta dagli editori precedenti a Heraeus, da Izaac
e, recentemente, da Watson-Watson, senzaltro di origine congetturale e,
pur se accettabile per il senso (cfr. Tib. I 7, 50 multo tempora funde mero;
Lygd. 2, 20 niveo fundere lacte [sc. ossa]), appare certamente da rigettare
(contra vd. Helm 1956, p. 301). Su Cosmo, il profumiere pi celebre del
tempo, vd. la n. a 55, 1. Ampulla, termine della sfera colloquiale, designa
il recipiente che conteneva il profumo: cfr. Petron. 78, 3 statim ampullam
nardi aperuit omnesque nos unxit; vd. ThlL I 2018, 39 sgg. Qui metonimia
per il profumo in essa contenuto (vd. Fenger 1906, p. 29 sg.).
27 sg.: ancora una disparit di trattamento per gli ospiti, che ricevono un
profumo di inma qualit (sulluso di distribuire profumo al banchetto vd.
la n. intr. allepigr. 12). non erubescit: per la vergogna (vd. ThlL V 2, 821,
17 sgg.): cfr. VII 20, 6 nec erubescit peierare de turdo; VIII 17, 4 tanto plus
debes quod erubui; 59, 11 sg. nec dormitantem vernam fraudare lucerna
/ erubuit fallax; XI 15, 5 sg. qui (sc. libellus) vino madeat nec erubescat
pingui sordidus esse Cosmiano; 16, 9 erubuit posuitque meum Lucretia
librum; la costruzione con linnito ricorre per la prima volta in Verg. ecl.
6, 2 neque erubuit silvas habitare Thalea. murice aureo: luso del murex
come recipiente per unguento attestato soltanto qui. La rafnatezza del
contenitore stride con la miseria del profumo (cfr. infra). moechae pauperis:
la notazione chiarisce la bassa qualit del prodotto ed evoca lo squallido
ambiente delle prostitute (cfr. vv. 1-4). Luso di moecha nellaccezione di
meretrix risale a Catull. 42, 3; 11 sg.; 19 sg. (vd. ThlL VIII 1325, 54 sgg.;
Adams 1983, p. 350 sgg.; C. Fayer, Denominazioni di meretrici a Roma,
in
. In ricordo di Maria Laetitia Coletti, a c. di M.S. Celentano,
Alessandria 2002, p. 102 sgg.). In Marziale cfr. anche III 93, 15 bustuarias
moechas. capillare: sc. unguentum; luso sostantivato hapax.
29: per lubriachezza dellospite cfr. Petron. 78, 5 Trimalchio ebrietate
turpissima gravis. Il septunx equivale ad una misura di sette ciati; il termine
ricorre anche in VIII 50 (51), 25. perditus stertit: per la descrizione degli
esiti della sbronza cfr. Cael. fr. 17 Malcovati ipsum (sc. C. Antonium)
offendunt temulento sopore proigatum, totis praecordiis stertentem.
Epigramma 82
495
496
costituisce per lui una minaccia adeguata (vd. Adams, LSV, p. 126). Per
Zoilo come fellator cfr. XI 30, 1 sg. os male causidicis et dicis olere poetis.
/ sed fellatori, Zoile, peius olet; 85, 1 sg. sidere percussa est subito tibi,
Zoile, lingua, / dum lingis. certe, Zoile, nunc futuis; vd. anche II 42;
VI 91, 1. Fellare volgarismo frequente nelle iscrizioni parietali, usato in
letteratura solo nellepigramma (Catullo, Marziale, Ausonio): vd. ThlL VI
1, 456, 29 sgg.; Adams, LSV, p. 130 sgg. In Marziale fello presenta undici
occorrenze, cinque fellator. La spiegazione del verso come un riferimento
allirrumatio viene attribuita da SB1 ad Housman 1907, p. 258 (= Class.
Pap., p. 733): nec vindicari possumus irrumando; fellator est enim, ut
eam poenam non invitus passurus sit; essa era per gi stata esposta
negli stessi termini da Gilbert (apud Friedlaender): Und wir knnen uns
nicht durch irrumatio rchen, denn das ist fr ihn keine Strafe. Che la
minaccia di irrumatio fosse soltanto una forma di aggressione verbale
generalmente riconosciuto: vd. Housman 1907, p. 257 (= Class. Pap., p.
733): The Romans had a rough pleasantry, in the form of a threat, which
they used to ing indiscriminately at friends and foes without any serious
meaning; Adams, LSV, pp. 125-130; cfr. Catull. 16, 1. 14; 21, 7 sg. e 13;
37, 7 sg.; 74, 5 sg.; Priap. 35, 5; 44, 3 sg.; in Marziale cfr. III 96, 3. Non
persuasive le argomentazioni di A. Richlin (The meaning of irrumare in
Catullus and Martial, CPh 76, 1981, p. 42) che non ritiene indebolita la
minaccia.
Epigramma 83
497
83
Ut faciam breviora mones epigrammata, Corde.
Fac mihi quod Chione: non potui brevius.
cum 82 con. f
tit. ad cordum LPQEAX, f in mg.: ad corbum V
1 corde
cordex EAV 2 potui brevius Vs.l.: potuit ore tuis EAX potuere tuis V
X:
498
Epigramma 84
499
84
Quid narrat tua moecha? Non puellam
dixi, Gongyilion. Quid ergo? Linguam.
cum 83 con. f post 85 hab. P tit. ad gongylionem f in mg. (gonc- fs.l.): ad congylionem
ad goncilionem P ad concylionem L ad goncilium Q 2 Gongylion Schneidewin: congylion
gongylium f goncylium PQ gonciliom Q concylium L Tongilion hblvv1 ed. Rom. 1
ed. Ferr. ed. Ven. ed. Ald. 1501 Schneidewin
500
Epigramma 85
501
85
Quis tibi persuasit naris abscidere moecho?
Non hac peccatum est parte, marite, tibi.
Stulte, quid egisti? Nihil hic tibi perdidit uxor,
cum sit salva tui mentula Deiphobi.
hab. T; vv. 1-2 hab. R tit. ad maritum zelotypum
EXV: ad maritum zelopitum A 1
persuasit TR : persuassit R naris T: nares R
abscidere Lf : abscindere PQ 2
parte LPQfEAV: parce X parcte f 3 stulte TPQf : sulte L nihil T : nil
tibi T:
tua
4 tui LPfEAX: tua V sui Qv1 tibi T ed. Rom. 2 ed. Ald. sibi ed. Ferr. deiphobi
LPf: dei phoebi Qf diei phoebi T
502
1. naris abscidere: la mutilazione di parti del corpo (compresa la castrazione) era spesso la punizione subita dagli adulteri clti in agrante: cfr.
II 60; III 92; Plaut. mil. 862 sg.; 1394-1427; Poen. 862 sg. Hor. sat. I 2, 41
sgg.; 132 sgg.; Val. Max. VI 1, 13; sullargomento vd. Treggiari 1991, p. 264
sgg.; J.N. Adams, Martial 2. 83, CPh 78, 1983, pp. 311-315. La forma
dellaccusativo in is, accolta dagli tutti gli editori a partire da Lindsay,
tramandata qui dal solo T (nares non solo in
, ma anche in R, laltro
rappresentante della prima famiglia e, in Marziale, ancora in IX 59, 11).
Naris ricorre per a conclusione della descrizione di Deifobo mutilato in
Verg. Aen. VI 497 cit. nella n. al v. 4. Sulle forme di accusativo plurale in
is in Marziale vd. la n. a 10, 2. moecho: sul vocabolo vd. la n. a 70, 1.
2. non hac parte: sc. corporis; pars eufemismo frequente in Marziale
per indicare le parti intime del corpo: cfr. II 54, 2; III 87, 3; XI 22, 9 sg.;
XII 96, 12; XIV 174, 2; vd. Adams, LSV, p. 45; ThlL X 1, 468, 33 sgg. Qui
lindeterminatezza dellespressione favorisce leffetto comico realizzato
allultimo verso dallesplicito mentula.
3. stulte: in posizione di rilievo ad inizio di verso; per lapostrofe cfr. VI
10, 12; 63, 3; IX 96, 2; X 100, 1; XIV 140, 1; vd. anche II 40, 8. Stultus e
stultitia appartengono alla lingua colloquiale e sono estranei alla poesia
elevata (vd. Axelson 1945, p. 100): il vocativo ricorre in Plaut. Bacch. 814;
Pers. 830; Rud. 557; Ter. Ad. 724. tibi: tra gli editori moderni tua di
stato accolto da SB (che propone per dubbiosamente in apparato sibi)
e Watson-Watson (anche Gilbert in apparato si mostra favorevole: tua
Scriv., recte; nam cfr. idem vitium in T v. 4). Tua senzaltro una lectio
facilior, che potrebbe essere stata provocata dal tui del verso seguente,
mentre tibi un ironico dativus ethicus, comune nella lingua duso (vd.
Khner-Stegmann, II, p. 324; Hofmann-Szantyr, p. 92 sgg.; Hofmann,
LU, p. 292 sgg.): si tratta di un caso in cui lazione di un altro, espressa dal
verbo, viene messa in relazione con il vantaggio o lo svantaggio personale,
in modo logicamente superuo o inopportuno (Hofmann, LU, p. 293
sg.): cfr. Ter. Heaut. 820 scin, ubi nunc sit tibi tua Bacchis?; Cic. Catil.
2, 10 qui mihi accubantes in conviviis complexi mulieres impudicas,
vino languidi eructant sermonibus suis caedem bonorum atque urbis
incendia; Hor. epist. I 3, 15 quid mihi Celsus agit.
4: la conclusione ricalca nel senso quella di II 83 cit. nella n. intr.
Linefcacia delle risoluzioni del marito rimarcata dal volgare mentula
(per cui vd. la n. a 68, 7 sgg.). tui Deiphobi: lappellativo di Deifobo
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504
86
Ne legeres partem lascivi, casta, libelli,
praedixi et monui: tu tamen, ecce, legis.
Sed si Panniculum spectas et, casta, Latinum,non sunt haec mimis improbiora,-lege.
hab. T tit. ad castam T
1 ne legeres
: nec legeres T lascivi LQf : lascivia P
praedixisti T 3 panniculum TLPQf : penniculum fs.l. spectas et T: spectas tu LPQf
si spectas si exspectas fs.l. latinum TLf : latinus P latini Q 4 mimis TLfAXV: nimis
E minus PQ
Epigramma 86
505
506
consueto delle matrone, anche nelle epigra; cfr. Priap. 8, 1 sg. matronae
procul hinc abite castae / turpe est vos legere impudica verba; vd. ThlL III
566, 53 sgg.; qui contiene una sfumatura ironica.
2. praedixi et monui: il riferimento allepigr. 68.
3. Panniculum Latinum: due celebri mimi del tempo. Marziale li
nomina ancora insieme come rappresentanti del genere in II 72, 3 sg.; V
61, 11 sg. Latino, favorito di Domiziano e forse suo delatore (cfr. Iuv. 1,
33 sgg. con il commento di Courtney), menzionato anche in I 4, 5 (con
Timele) e in XIII 2, 3. Marziale scrisse anche un epitao per lui (IX 28),
probabilmente destinato ad un suo ritratto (vd. RE XXII A 937, 40 sgg.).
Le matrone potevano liberamente assistere ai mimi: cfr. Ov. trist. II 501 cit.
nella n. intr.; Mart. II 41, 15 sg. spectas et: il testo trdito da T, accolto da
tutti gli editori moderni, appare senzaltro preferibile rispetto a si spectas di
e a spectas tu di LPQf. Allorigine delle varianti sta certamente la caduta
di un monosillabo, supplita in diversi modi. Mentre la lezione di LPQf
evidentemente insostenibile, poich necessaria una congiunzione tra
Panniculum e Latinum, la lezione di , accolta da Schneidewin1, stata
tenuta in considerazione da Heraeus (fortasse recte p. XXXII) e sostenuta
da Schmid 1984, p. 432, che considera la lezione di T una normalizzazione,
con lattribuzione immediata del verbo a Panniculum. Per una rivalutazione
della variante di , dominante nella tradizione umanistica e nelle edizioni
prescientiche, vd. anche Di Giovine 2002, p. 139 sg., che a sostegno
del costrutto con anafora di si nello stesso verso, con il verbo legato al
secondo si, cita IV 86, 6 si te pectore, si tenebit ore; VI 64, 30 si dolor et
bilis, si iusta coegerit ira; VIII 73, 10 si qua Corinna mihi, si quis Alexis
erit; X 13 (20), 9 si tibi mens eadem, si nostri mutua cura est. Tuttavia la
lezione di T sembra preferibile in quanto Marziale nomina Pannicolo e
Latino come coppia di mimi anche in II 72, 3 sg. os tibi percisum quanto
non ipse Latinus / vilia Panniculi percutit ora sono e V 61, 11 sg. o quam
dignus eras alapis, Mariane, Latini: / te successurum credo ego Panniculo;
Latino svolgeva il ruolo del cultus adulter e Pannicolo quello dello stupidus
maritus, sua spalla nel cosiddetto mimo delladulterio (vd. Canobbio
2001, p. 203 sgg.); la congiunzione et unisce pertanto opportunamente
i due attori che facevano parte dello stesso spettacolo, laddove lanafora
del si lascerebbe pensare a due distinti mimi. La lezione di inoltre
sconsigliata dalla cosiddetta legge di Marx, che sancisce il divieto di porre
un monosillabo tra cesura pentemimere e parola spondaica (vd. le nn. a
Epigramma 86
507
15, 1; 36, 3; 65, 3). Linterpunzione del verso (casta vocativo tra virgole) si
deve a Gilbert 1884, p. 516.
4. mimis improbiora: sulla licenziosit del mimo cfr. VIII epist. 12 sg.
mimicam verborum licentiam; Ov. trist. II 497 mimos obscena iocantes;
515 imitantes turpia mimos; Diom. gramm. I 491, 13 (= Suet. frg. 3
p. 13, 1) mimus est sermonis cuiuslibet <et> motus cum lascivia
imitatio; in generale sul mimo vd. H. Reich, Der Mimus. Ein litterarentwicklungsgeschichtlicher Versuch, I, Berlin 1903, spec. pp. 50-80
(testimonianze antiche sul mimo). Per improbus nellaccezione erotica di
lascivo, licenzioso (ThlL VII 1, 691, 51 sgg.) cfr. III 75, 4 improba
satureia; VIII 24, 2 improba charta; Ov. am. II 5, 23 improba
oscula; ars III 796 improba verba; trist. II 441 sg. improba / carmina;
vd. Friedlaender, SR II 394 sg. Per lopposizione castus / improbus cfr. IV
6, 1 sgg. credi virgine castior pudica / et frontis tenerae cupis videri, /
cum sis improbior eqs. lege: per la chiusa del pentametro con una sillaba
breve, per lo pi evitata nella poesia augustea, vd. la n. a 19, 6 fera.
508
87
Narrat te rumor, Chione, numquam esse fututam
atque nihil cunno purius esse tuo.
Tecta tamen non hac, qua debes, parte lavaris:
si pudor est, transfer subligar in faciem.
hab. T tit. ad chionem (- L)EAV: ad hionem X ad chione T 1 narrat te rumor chione
PQf : narrat te rumor chionem L narrata rumor chione fut vid. narrat rumor te chione
Q narrat te chione rumor T fututam LPQfEAXV: futuitam P futuam A salitam T 2
nihil cunno
: mihi monstro T purius TPQf : prius L 3 qua
: que T 4 transfer
TQf : transfers LPf subligar : subligare T
Epigramma 87
509
510
88
Sunt gemini fratres, diversa sed inguina lingunt.
Dicite, dissimiles sunt magis an similes?
tit. de duobus fratribus : de geminis fratribus
1 diversa sed LPfV: diversaque Q diversi
sed EAX 2 sunt : sint
similes LPQf : dissimiles P
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89
Utere lactucis et mollibus utere malvis:
nam faciem durum, Phoebe, cacantis habes.
hab. R tit. ad phoebum R
1 mollibus R EAV: mollis EX malvis RQ : malbis
LPQf 2 nam : non R durum R EAXV: duram V
Epigramma 89
513
2313, 7 sgg. cacantis: forte volgarismo (per cui vd. la n. a 44, 11). In II
87, 2 qui faciem sub aqua, Sexte, natantis habes, la lezione di cacantis
(natantis R ) probabilmente interpolata da questo verso (cfr. faciem
nella stessa posizione metrica e il secondo hemiepes del pentametro, pressoch identico Sexte, natantis habes ~ Phoebe, cacantis habes).
514
90
Vult, non vult dare Galla mihi, nec dicere possum,
quod vult et non vult, quid sibi Galla velit.
hab. R tit. de galla
: ad gallam R 1 vult non vult RPAV: volt non volt Lf volt non
vult QEX vult non vul V 2 quod R : quid
vult et non vult RPAV: volt et non volt
Lf volt et non vult QEX et non vult R quid : quod R
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Cum peteret patriae missicius arva Ravennae,
semiviro Cybeles cum grege iunxit iter.
Huic comes haerebat domini fugitivus Achillas
insignis forma nequitiaque puer.
Hoc steriles sensere viri: qua parte cubaret
quaerunt. Sed tacitos sensit et ille dolos:
mentitur, credunt. Somni post vina petuntur:
continuo ferrum noxia turba rapit
exciduntque senem spondae qui parte iacebat;
namque puer pluteo vindice tutus erat.
Suppositam quondam fama est pro virgine cervam,
at nunc pro cervo mentula supposita est.
10
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518
990 sg.); Tac. ann. XIII 19, 2 insignis genere, forma, lascivia (sc. Iuliana
Silana). nequitia: termine centrale nel lessico elegiaco (vd. Pichon, p.
212); in Marziale ha spesso una connotazione erotica: cfr. I 106, 6 certae
nequitias fututionis; IV 42, 4 nequitias tellus scit dare nulla magis; V 2,
3-5 tu, quem nequitiae procaciores / delectant nimium salesque nudi,
/ lascivos lege quattuor libellos; IX 67, 1 sg. lascivam tota possedi nocte
puellam, / cuius nequitias vincere nemo potest; vd. anche la n. a 69, 5
nequam iuvenes.
5 sg.: il racconto di Marziale, in ossequio alla brevit epigrammatica,
omette alcuni passaggi della vicenda: qui si deve immaginare che la
comitiva si fosse fermata ad una locanda per trascorrervi la notte. steriles
viri: sterilis vir si denisce levirato Attis in Catull. 63, 69 ego Maenas,
ego mei pars, ego vir sterilis ero?; in Marziale cfr. IX 7, 8 ne faceret steriles
saeva libido viros; vd. anche XIII 64, 1 sg. (tit. capones) succumbit sterili
frustra gallina marito. / hunc matris Cybeles esse decebat avem. sed
tacitos sensit et ille dolos: per lespressione cfr. III 19, 7 non sensit puer
esse dolos. Taciti doli iunctura presente in Val. Fl. I 63; Sil. XV 326 sg.
(al singolare).
7. mentitur, credunt: il verso tratteggia la rapida successione degli
eventi, espressa attraverso lasindeto. somni petuntur: per la iunctura
cfr. Verg. Aen. VII 88; Tib. I 10, 9; Ov. met. XIII 676; Sil. XIII 637 sg.;
Quint. inst. IX 4, 12. post vina: espressione brachilogica, per cui vd. la
n. a 68, 5.
8. continuo rapit: i termini, collocati agli estremi del verso, deniscono
la repentina azione della schiera. Continuo ricorre in prosa e in commedia,
ma anche in poesia elevata: cfr. Lucr. I 671; Verg. Aen. V 368; Ov. met.
XIV 362 (vd. Bmer2, ad loc.; ThlL IV 728, 42 sgg.). noxia turba: la
iunctura ricorre nella stessa posizione metrica in Ov. Ibis 174 per designare
i dannati: quasque tenet sedes noxia turba, coles. Rapio esprime lidea di
forza e rapidit; compare spesso, anche nelle forme composte, nellepica
virgiliana in relazione ad armi (vd. EV, s.v. rapio, IV, pp. 400-402): cfr. Verg.
Aen. VII 340 arma velit poscatque simul rapiatque iuventus; VIII 220
rapit arma manu; XI 651 nunc validam dextra rapit indefessa bipennem;
vd. anche VIII 211 rapto telo; XII 737 ferrum aurigae rapuisse Metisci;
260 sg. ferrum / corripite; 278 sg. ferrum / corripiunt.
9. excidunt: il verbo sinonimo di castrare (vd. ThlL V 2, 1241, 84
sgg.): cfr. Ov. fast. IV 361 cur Gallos, qui se excidere, vocamus?; Sen.
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nat. VII 31, 3 alius genitalia excidit (abscidit ); Quint. inst. V 12, 17
puerorum virilitate excisa. Excidunt della seconda famiglia senzaltro
preferibile a excidit della terza, che ha laria di una normalizzazione (v. 8
rapit); il plurale trova sostegno anche nella lezione incidunt della prima
famiglia. spondae qui parte iacebat: la lezione di T (cum parte iaceret)
facilmente spiegabile come errore meccanico. Ker 1950, p. 16 sg. ha
proposto di correggere spondae qua parte iacebat (cfr. v. 5 qua parte
cubaret), attribuendo a sponda il signicato metonimico di letto, ma
spondae parte signica in lectuli parte quae sponda vocatur (SB1 in app.):
cfr. Isid. orig. XX 11, 5 sponda autem exterior pars lecti, pluteus interior;
vd. Marquardt 1886, p. 703; RE III A 2, 1847, 17 sgg.
10. pluteo: il pluteus la spalliera del letto, che difendeva il puer (cfr. Isid.
orig. XX 11, 5 cit. nella n. al v. 9): cfr. Suet. Cal. 26, 2 et cenanti modo ad
pluteum modo ad pedes stare succinctos linteo passus est; vd. OLD, s.v., n.
3; RE III, s.v. Betten, 371.
11 sg.: la conclusione realizza un gioco di parole che allude scherzosamente
al mito di Igenia in Aulide: la giovane fu salvata da Artemide che le sostitu
una cerva al momento del sacricio (suppositam pro virgine cervam); ora
una mentula ad essere sostituita ad un cervus (cos erano detti gli schiavi
fuggitivi: vd. infra). Sul mito cfr. Eur. Iph. Aul. 1578 sgg.; Iph. Taur. 28.
11: il verso che rievoca la vicenda di Igenia ha come modello Ovidio:
met. XII 34 supposita fertur mutasse Mycenida cerva; cfr. anche trist.
IV 4, 67 sg. hic pro supposita virgo Pelopeia cerva / sacra deae coluit
qualiacumque suae; Prop. III 22, 34 nec solvit Danaas subdita cerva rates;
Aetna 595 sg. nunc tristes circa subiectae altaria cervae / velatusque pater.
quondam fama est: lordo verborum di T stato preferito da tutti gli
editori, con leccezione di Duff e Ker, che accolgono il testo di (fama
est quondam), che elimina lomeoteleuto (per la cui presenza in Marziale
vd. Shackleton Bailey 1994, pp. 52-55). pro virgine cervam: lespressione
cerva pro virgine era divenuta proverbiale, come dimostrano Apul. met.
VIII 26 sed postquam non cervam pro virgine, sed asinum pro homine
succidaneum videre, nare detorta magistrum suum varie cavillantur:
non enim servum, sed maritum illum scilicet sibi perduxisse; Ach. Tat. VI
2, 3
;
Lib. ep. 1509, 3
; Ambr. virg. II 4, 31 ecce non
fabulosum illud cerva pro virgine, sed quod verum est, miles ex virgine; cfr.
anche Plaut. Epid. 489 sg.
520
12. pro cervo: cervi erano chiamati gli schiavi fuggitivi: cfr. Paul. Fest.
p. 343 M. (460 L.) aedem Dianae dedicaverit in Aventino, cuius tutelae
sint cervi, a quorum celeritate fugitivos vocent cervos; Don. Ter. Andr.
865 an quadrupedem pro cervo et fugitivo posuit?, dove cervo stato
restituito da Wessner per il trdito servo. probabilmente da considerare
uninterpolazione (o una glossa incorporata nel testo) la lezione puero di
T (presente anche in fs.l.), che crea una precisa rispondenza con virgine
del v. 11. Per unaltra interpolazione in T in questo libro vd. la n. a 31, 2
urbani. mentula supposita est: la conclusione con un termine osceno
riconduce bruscamente in basso il tono dopo levocazione della vicenda
mitica del verso precedente. Su mentula vd. la n. a 68, 7 sgg.
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Ut patiar moechum rogat uxor, Galle, sed unum.
Huic ego non oculos eruo, Galle, duos?
hab. T tit. ad gallum T A: ad gallum de galla EXV 1 ut TLQf : et P patiar TLPQf :
patier fut vid. moechum
: moedium T medium T unum TPQf : umquam L 2
oculos eruo T XV: oculo seruo EA
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Epigramma 92
523
oculos possa riferirsi ai testicoli, pur riconoscendo che non sembra che ve ne
siano altre attestazioni. Rendono ulteriormente improbabile la proposta la
frequenza del nesso oculos eruere (vd. ThlL V 2, 845, 38 sgg.) e la preferenza
mostrata da Marziale (come da Catullo) per termini assolutamente espliciti
in ambito sessuale (sfavorevole allipotesi anche Eden 1999, p. 579). eruo:
lindicativo presente frequente in interrogative deliberative nel dialogo
(vd. Hofmann-Szantyr, p. 307 sgg.).
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93
Cum tibi trecenti consules, Vetustilla,
et tres capilli quattuorque sint dentes,
pectus cicadae, crus colorque formicae;
rugosiorem cum geras stola frontem
et araneorum cassibus pares mammas;
cum comparata rictibus tuis ora
Niliacus habeat corcodilus angusta,
meliusque ranae garriant Ravennates,
et Atrianus dulcius culex cantet,
videasque quantum noctuae vident mane,
et illud oleas quod viri capellarum,
et anatis habeas orthopygium macrae,
senemque Cynicum vincat osseus cunnus;
cum te lucerna balneator extincta
admittat inter bustuarias moechas;
cum bruma mensem sit tibi per Augustum
regelare nec te pestilentia possit:
audes ducentas nupturire post mortes
virumque demens cineribus tuis quaeris.
Prurire quid si Sattiae velit saxum?
Quis coniugem te, quis vocabit uxorem,
Philomelus aviam quam vocaverat nuper?
Quod si cadaver exigis tuum scalpi,
sternatur Acori de triclinio lectus,
thalassionem qui tuum decet solus,
ustorque taedas praeferat novae nuptae:
intrare in istum sola fax potest cunnum.
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vv. 1-12, 16-19, 21-22 hab. T tit. de vetustilla TL: ad vetustillam PQf ad vetustinam
1 vetustilla : vestustilla T vestultilla T vetustina
2 quattuorque TLPf : quatuorve
Q sint Tf : om. LPQf 3 crus TLQf : crux P 4 cum geras T EA: congeras XV 5
araneorum TLQfEAX: aranearum PV pares TLPQf : compares Q mammas
:
mamillas T 7 niliacus f : nillacus LPf nil latus Q nil iacusis T corcodilus Gudius,
Schneidewin: corcodrillus TE cocodrillus A crocodilus LPf trochodilus Q crocodrillus X
crocodillus V 8 meliusque T EAXV: melius quae A ravennates TLPf : ravennatae
Q
9 atrianus TEAXV: adrianus Vs.l. (h)adriacus
dulcius TLPQf : dulcis f
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tricensimus instat; VIII 45, 4 amphora centeno consule facta minor; vd.
ThlL IV 568, 4 sgg.; altrove la data di nascita ricondotta con esagerazione
comica al primo console: cfr. X 39, 1 sg. consule te Bruto quod iuras,
Lesbia, natam, / mentiris; XI 44, 1 orbus es et locuples et Bruto consule
natus. Trecenti indica un numero iperbolico: vd. E. Wlfin, Sescenti,
mille, centum, trecenti als umbestimmte und Runde Zahlen, ALL 9, 1896
(= Hildesheim 1967), pp. 177-192; R.G. Kent, Latin Mille and certain
other Numerals, TAPhA 42, 1911, pp. 69-89; Hofmann-Szantyr, p. 211.
Vetustilla: la forma riceve il sostegno sostanzialmente delle prime due
famiglie, mentre ha Vetustina. Entrambi i nomi sono attestati nelle
epigra (cfr. CIL V 4662; VI 27141; IX 1171; vd. Kajanto 1965, p. 302);
Vetustina trdito concordemente in II 28, 4 (una fellatrix). La stessa
alternanza (-illa / -ina) si presenta in VI 7, 4 Telesilla T : Telesina ; VII
87, 8 Telesilla : Telesina ; XI 97, 2 Telesilla T : Telesina .
2: la rappresentazione iperbolica dei tratti sici un motivo ricorrente
della Vetula-Skoptik; in Marziale per lesiguit dei capelli cfr. XII 7,
1 sg. toto vertice quot gerit capillos, / annos si tot habet Ligeia, trima
est; la scarsit numerica dei denti un motivo frequente in Marziale: I
19, 1 si memini, fuerant tibi quattuor, Aelia, dentes; II 41, 6 tres sunt
tibi, Maximina, dentes; VIII 57, 1 tres habuit dentes, pariter quos expuit
omnes (un uomo); vd. anche VI 74; Priap. 12, 9 dentem de tribus excreavit
unum; 82, 26 bidens amica.
3-13: sull
, tratto di origine popolare, tipico della poesia satirica,
vd. G. Monaco, Paragoni burleschi degli antichi, Palermo 19672; Fraenkel
1960, pp. 162 sgg.; 421 sg. Sul paragone con un referente che possiede al
massimo grado la caratteristica indicata, utilizzato da Marziale sia negli
elogi che nelle invettive, cfr. I 109, 1-5; 115, 2-5; V 37, 1-13; VIII 33, 1722; 64, 5-11; vd. Citroni, pp. 336 sg.; 351 sg. Per la lunga serie di fantasiosi
paragoni nella descrizione di una vecchia si pu confrontare Priap. 32,
1-10 uvis aridior puella passis, / buxo pallidior novaque cera, / collatas
sibi quae suisque membris, / formicas facit altiles videri, / cuius viscera
non aperta Tuscus / per pellem poterit videre haruspex, / quae suco caret
usque et usque pumex, / nemo viderit hanc ut expuentem, / quam pro
sanguine pulverem scobemque / in venis medici putant habere.
3. pectus cicadae: la sottigliezza della cicala usata in un comico paragone
con un rus minuscolo: XI 18, 5 argutae tegit ala quod (sc. rus) cicadae.
crus colorque formicae: la piccolezza delle formiche proverbiale, come il
Epigramma 93
529
loro colore nero (vd. ThlL VI 1, 1091, 51 sgg.): cfr. Priap. 32, 3 sg. cit. nella
n. ai vv. 3-13; vd. anche AP XI 104; 392; 407; Epigr. Bob. 65; sul colore
cfr. Mart. I 115, 4 sg. sed quandam volo nocte nigriorem, / formica, pice,
graculo, cicada; vd. anche AL 104.
4. rugosiorem stola frontem: la fronte rugosa tratto ricorrente nella
descrizione di vecchie: cfr. Verg. Aen. VII 417 et frontem obscenam rugis
arat (sc. Allecto); Hor. epod. 8, 3 sg. et rugis vetus / frontem senectus
exaret. Marziale paragona in modo originale la fronte rugosa alle grinze di
una stola: cfr. Vitr. IV 1, 7 stolarum rugas; vd. RE IVA 56 sgg. Rugosus
attributo frequente nelle descrizioni di vecchi: cfr. Priap. 12, 6 rugosas
manus; Ov. am. I 8, 112 rugosas genas; Lygd. 5, 25 rugosa senecta;
Prop. IV 5, 67 rugoso collo; vd. Grassmann 1966, p. 20.
5: i seni grinzosi e cadenti sono un tratto caratteristico della Vetulaskoptik: cfr. III 72, 3 aut tibi pannosae dependent pectore mammae; Hor.
epod. 8, 7 sg. mammae putres / equina quales ubera. Per la menzione delle
ragnatele in paragoni ingiuriosi cfr. Catull. 25, 3 (cinaede Talli mollior)
situ araneoso; Priap. 83, 30 araneosus obsidet forem situs.
6 sg.: i coccodrilli, esibiti per la prima volta a Roma nel 58 a.C. da M. Scauro
(cfr. Plin. nat. VIII 96), furono in seguito unattrazione in vari spettacoli
imperiali (vd. Jennison 1937, index s.v. crocodile; Toynbee 1973, pp. 218-220;
passim). Alla loro presenza negli spettacoli di Domiziano fa probabilmente
riferimento Marziale in V 65, 14 improba Niliacis quid facit Hydra feris? (vd.
Howell2, ad loc.). corcodilus: la forma corc-, in luogo della pi comune croc-,
necessaria metricamente, stata introdotta in questo verso da Schneidewin.
Essa ricorre in Cic. Tusc. V 78 e, garantita da ragioni metriche, in Phaedr. I
25, 4. 6 (introdotta da Gudius nelledizione di P. Burmann, 1698, p. 36); cfr.
anche GLK V 575 crocodillus (Keil; corcodrillus L, corcodrillis M) generi
masculini. nam prius corcodillus (corcodrillus L, corcodrillis M) dicebatur;
vd. ThlL IV 1213, 79 sgg.; sulla forma con geminazione della liquida vd. L.
Havet, LL dans corcodillus, ALL 9, 1896 (= Hildesheim 1967), p. 135 sg.; la
forma
- attestata in greco: vd. LSJ s.v.
8 sg.: la voce di Vetustilla cos sgradevole che al confronto il gracidio delle rane
e il ronzio delle zanzare, rumori proverbialmente fastidiosi, appaiono gradevoli.
Marziale menziona qui due luoghi che ebbe senzaltro modo di visitare durante
il suo soggiorno cisalpino. I fastidiosi rumori sono associati anche in Hor. sat. I
5, 14 sg. mali culices ranaeque palustres / avertunt somnos.
8. ranae Ravennates: Ravenna era stata edicata su una zona paludosa;
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Gilbert, Lindsay, Duff e Giarratano hanno optato per Achori (gi proposto
da Stephanus Claverius e Buecheler), ipotizzando un nome parlante (dal gr.
, privo di danze, lugubre; cfr. Soph. O. C. 1222). Poco persuasiva
lipotesi di Colin 1956, pp. 325-331, per il quale Acorus sarebbe un dio o
genio della morte, il cui nome compare in due epigra della provincia della
Gallia Narbonese (CIL XII 5783; 5798). Il realismo della scena suggerisce
che si tratti di una persona reale, come conferma la presenza dellustor nel v.
26. SB pone la parola fra cruces, ma guarda con favore (SB2, p. 271 n. b) alla
congettura Orci di T. Roeper (In Martialis epigrammata, Philologus 10,
1855, pp. 573-576), accolta da Friedlaender, per cui si possono confrontare
X 5, 9 Orciniana qui feruntur in sponda; Apul. met. III 9 Orci familia;
IV 6 Orci penates. Appare tuttavia piuttosto improbabile che un nome cos
comune si sia corrotto in tal modo. Per i numerosi tentativi di congettura
su questa sezione del verso da parte degli editori precedenti a Lindsay vd.
Colin 1956.
25. thalassionem: il thalassio uninvocazione del rito nuziale (cfr. Liv.
I 9, 12; Plut. quaest. Rom. 31; Romul. 15; Serv. Aen. I 651; Fest. p. 478,
34 sgg.); lorigine e la graa del termine sono incerte (vd. R. Schmidt, De
Hymenaeo et Talasio dis veterum nuptialibus, Diss. Kiliae 1886, p. 81 n.
1; Citroni, p. 117; RE IV A 2064, 5-2065, 40). In Catull. 61, 127 (134) e in
Mart. XII 42, 4 Talasius un dio delle nozze. In Marziale cfr. anche I 35,
6 sg. quid si me iubeas thalassionem / verbis dicere non thalassionis. Qui
vale per metonimia nuptiae (cfr. anche XII 95, 5).
26. ustor : lustor era laddetto alla cremazione dei cadaveri: cfr. Catull.
59, 5; Lucan. VIII 738; vd. Daremberg-Saglio, s.v. ustrina, ustrinum, V,
p. 605; s.v. funus, II 2, p. 1394 sgg. - taedas: le accole sono un altro
elemento condiviso dalle due cerimonie (nuziale e funebre): cfr. Sil. II 184.
Sulle accole nella cerimonia nuziale vd. Treggiari 1991, p. 163; cfr. Catull.
61, 15; Prop. III 19, 25; Verg. Aen. VII 397; Ov. epist. 4, 121; fast. II 558;
met. I 658; IV 758 (con il commento di Bmer2); Mart. IV 13, 2; VI 2, 1.
novae nuptae: la sposa novella (vd. OLD, s.v. nupta, b; Treggiari 1991,
p. 163); la denizione ha qui unalta dose di sarcasmo.
27: conclusione cruda dellepigramma: Vetustilla pronta per la cremazione, piuttosto che per un uomo. La collocazione in chiusura di un termine
osceno costituisce una sorta di marchio del suo carattere epigrammatico.
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Esse negas coctum leporem poscisque agella.
Mavis, Rufe, cocum scindere quam leporem.
hab. R tit. ad rufum : ad ruffum R ad ruisum R ut vid. 1 coctum leporem R EAX:
leporem coctum V poscisque R EAV: poscitque X
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epist. 47, 6 alius pretiosas aves scindit; vd. OLD, s.v., nr. 5 d. Per il secondo
cfr. Ov. Ib. 183 hic tibi de Furiis scindet latus una agello; Sen. contr. II
5, 5 scissum corpus agellis; Sil. I 171 sg. verbera / ictibus innumeris
lacerum scindentia corpus; vd. OLD, s.v., nr. 5; Voc. Iur. Rom. V 1, s.v.
scindo, nr. 1.
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Numquam dicis have, sed reddis, Naevole, semper,
quod prior et corvus dicere saepe solet.
Cur hoc expectas a me, rogo, Naevole, dicas:
nam, puto, nec melior, Naevole, nec prior es.
Praemia laudato tribuit mihi Caesar uterque
natorumque dedit iura paterna trium.
Ore legor multo notumque per oppida nomen
non expectato dat mihi fama rogo.
Est et in hoc aliquid: vidit me Roma tribunum
et sedeo qua te suscitat Oceanus.
Quot mihi Caesareo facti sunt munere cives,
nec famulos totidem suspicor esse tibi.
Sed pedicaris, sed pulchre, Naevole, ceves.
Iam iam tu prior es, Naevole, vincis: have.
10
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era lobbligo principale del cliente (vd. la n. a 36, 3). Sul tema del saluto si
veda anche V 66, 1 sg. saepe salutatus numquam prior ipse salutas. / sic
eris? aeternum, Pontiliane, vale (linterpunzione del v. 2 di Housman
1919, p. 71 = Class. Pap., p. 985). have: la forma consueta di saluto (gr.
: cfr. V 51, 7 have Latinum,
non potest Graecum; Sen. ben.
VI 34, 3). In Marziale ricorre anche il raro innito havere (vd. la n. a 5, 10).
sed reddis: reddere salutem espressione consueta: cfr. Sen. dial. II 13,
3; vd. OLD, s.v. reddo, nr. 6.
2: i corvi erano ammaestrati a salutare: cfr. XIV 74, 1 corve salutator;
Phaedr. App. 23; Plin. nat. X 121 sgg.; Macr. Sat. II 4, 29. Altri animali
erano addestrati al saluto: cfr. XIV 73 (psittacus); 76 (pica) con il commento
di Leary1, ad locc. prior: prius di T senzaltro una lectio facilior; per
simili scambi vd. la n. a 38, 3 disertior.
3. expectas: de iis, quae tamquam debita, vel more vel lege praescripta
petuntur: fere i.q. exigere (ThlL V 2, 1897, 8 sgg.). Lindicativo senzaltro
preferibile rispetto al congiuntivo di LPf, in considerazione del tono
colloquiale del passo e della predilezione della Umgangssprache per
la paratassi rispetto alla subordinazione; in particolare i verba dicendi
seguono spesso la domanda, invece di introdurla, come in questo caso
(vd. Hofmann, LU, p. 249 sgg.); si veda anche la n. a 88, 2. rogo: inciso
di natura colloquiale, frequente in Marziale (vd. la n. a 44, 9).
4. puto: inciso colloquiale che attenua laffermazione (vd. la n. a 55, 4);
qui contiene una netta sfumatura ironica. prior: praevalente respectu
gradus, aestimationis, dignitatis, potentiae, praestantiae, sim. (ThlL X 2,
1331, 41 sgg.). Prior pertiene alla posizione sociale, melior al valore.
5 sg.: Tito e Domiziano hanno conferito al poeta vari praemia e lambito
ius trium liberorum. laudato mihi: per la lode ricevuta dallimperatore
cfr. IV 27, 1 saepe meos laudare soles, Auguste, libellos. Caesar uterque:
Tito e Domiziano; lipotesi di Th. Mommsen (Rmische Staatsrecht, II,
Leipzig 1871, p. 828, 4) che lespressione si riferisca a Vespasiano e Tito
oggi giustamente esclusa (vd. Daube 1976, pp. 145-147; utile dossograa in
H. Szelest, ANRW II 32, 4, p. 2565 n. 7). La iunctura ricorre in Ov. trist.
IV 2, 8; AL 424, 2; in Marziale, sempre in clausola, anche in IX 97, 5 cit.
infra. natorum iura paterna trium: Marziale ricorda orgogliosamente
il privilegio in forma pressoch identica in IX 97, 5 sg. rumpitur invidia,
tribuit quod Caesar uterque / ius mihi natorum, rumpitur invidia. Egli
testimonia in II 91 e 92 la sua richiesta a Domiziano del privilegio (91, 5
Epigramma 95
541
sg. quod fortuna vetat eri permitte videri, / natorum genitor credar ut
esse trium) e il successivo ottenimento da parte dellimperatore (92, 1 sgg.
natorum mihi ius trium roganti / Musarum pretium dedit mearum /
solus qui poterat). Il privilegio fu probabilmente accordato da Tito, forse
come ricompensa per il Liber de Spectaculis, con cui Marziale celebr
linaugurazione dellAnteatro Flavio, e, successivamente, confermato da
Domiziano al principio del suo regno; vd. al riguardo K. Prinz, Martials
Dreikinderrecht, WS 49, 1931, pp. 148-153; Daube 1976, pp. 145-147; in
generale M. Zablocka, Il ius trium liberorum nel diritto romano, BIDR
91, 1988, pp. 361-390. Iura paterna designa il ius trium liberorum anche
in VIII 31, 2 coniuge qui ducta iura paterna petis.
7 sg.: lorgogliosa attestazione della propria fama poetica realizzata
attraverso unallusione a Ovidio e, forse, a Virgilio (vd. infra). Marziale
ricorda pi volte il suo ampio successo di pubblico, anche fuori dItalia:
cfr. I 1, 1 sg.; V 13, 3; VI 60 (61), 1-2; VII 88; VIII 3, 3 sg.; 61, 3 sgg.;
XI 3, 1-5. ore legor multo: lincipit del verso richiama esplicitamente
il penultimo verso delle Metamorfosi di Ovidio: XV 878 ore legar populi
(cfr. anche trist. IV 10, 128 in toto plurimus orbe legor). In Marziale cfr.
anche VIII 3, 7 me tamen ora legent. Per ore legere cfr. Ov. am. I 12, 24;
ars III 344; Pont. III 4, 54; Ib. 66. Lespressione allude probabilmente
al fatto che il modo abituale di leggere era quello a voce alta (vd., ad es.,
Cavallo-Chartier 1995, p. 47; utile raccolta di materiali in J. Balogh, Voces
paginarum. Beitrge zur Geschichte des Lauten Lesens und Schreibens,
Philologus 82, 1927, pp. 84-109; 202-240). notumque per oppida
nomen: lespressione solenne contiene forse unallusione a Verg. georg. II
176 Ascraeumque cano Romana per oppida carmen. Giovenale ha ripreso
in chiave parodica il verso di Marziale in 3, 35 notaeque per oppida buccae
(vd. Colton 1991, p. 95); cfr. anche Stat. silv. I 1, 8 sg. nunc age Fama
prior notum per saecula nomen / Dardanii miretur equi. Per nomen
nellaccezione di celebrit, fama (OLD, s.v. nomen, nr. 11) cfr. Ov.
met. XV 876 nomen erit indelebile nostrum; trist. III 3, 79 sg. quos
(sc. libellos) ego condo, quamvis nocuere, daturos / nomen et auctori
tempora longa suo; 10, 2 et superest sine me nomen in Urbe meum; IV 10,
121 sg. cit. infra; Pont. IV 16, 3 sg. cit. infra; in Marziale cfr. VI 61 (60),
2 et nomen toto sparget in orbe suum; IX 84, 6 nescia nec nostri nominis
Arctos erat; X 26, 7 sed datur aeterno victurum carmine nomen; 103, 4
nam decus et nomen famaque vestra sumus. non expectato rogo: il
542
rogus rappresenta metonimicamente la morte (vd. OLD, s.v. nr. b); per luso
in contesto di fama garantita dalla poesia cfr. Ov. am. III 9, 28 defugiunt
avidos carmina sola rogos; trist. V 14, 6 nec potes in maestos omnis abire
rogos; Pont. III 2, 32 effugiunt structos nomen honorque rogos. Il motivo
della fama raggiunta in vita topico: cfr. Ov. trist. IV 10, 121 sg. tu mihi (sc.
Musa), quod rarum est, vivo sublime dedisti / nomen, ab exsequiis quod
dare fama solet; Pont. IV 16, 3 sg. mihi nomen / tum quoque, cum vivis
adnumerarer, erat; in Marziale cfr. I 1, 4 sg. cui, lector studiose, quod dedisti
/ viventi decus atque sentienti, / rari post cineres habent poetae; sulla sua
presenza nellepigraa funeraria vd. P. Cugusi, Un tema presente nei CLE: la
gloria raggiunta in vita, AFMC 5, 1981, pp. 5-20. dat mihi fama: qui la
fama in certa misura personicata: cfr. VIII 3, 3 sg. iam plus nihil addere
nobis / fama potest; Ov. trist. IV 10, 121 sg. cit. supra.
9 sg.: Marziale fu tribunus semestris, carica che dava diritto al rango di
cavaliere e a sedere a teatro nei posti riservati. Il titolo gli fu probabilmente
conferito da Tito insieme al ius trium liberorum e confermato da
Domiziano. La carica di tribunus semestris, istituita da Claudio (Suet.
Claud. 25, 1), era onorica e non comportava un reale servizio (vd. S.
Demougin, Lordre questre sous les Julio-Claudiens, Rome 1988, pp. 293298); cfr. anche Iuv. 7, 88 sg. (con il commento di Courtney); Plin. epist. IV
4, 2. Marziale ricorda sempre orgogliosamente il proprio cavalierato: cfr.
V 13, 1 sg. cit. nella n. intr.; IX 49, 4 in hac (sc. toga) ibam conspiciendus
eques. est et in hoc aliquid: anche la poesia, attivit considerata dallo
stesso Marziale priva di remunerazioni adeguate, ha procurato qualche
vantaggio materiale al poeta; per lespressione cfr. Cic. Brut. 193 tenet
auris vel mediocris orator, sit modo aliquid in eo; vd. OLD, s.v. aliquis,
nr. 9. vidit me Roma tribunum: luso di videre conferisce allespressione
una solennit maggiore e la personicazione della citt enfatizza il valore
del titolo conseguito dal poeta: cfr. Lucan. V 662 vidit Magnum mihi
Roma secundum. et sedeo qua te suscitat Oceanus: Oceanus era laddetto
al controllo dei posti riservati ai cavalieri a teatro; menzionato anche in V
23, 4; 27, 4; VI 9, 2. Marziale nomina un altro dissignator theatralis di nome
Leitus in V 8, 12; 14, 11; 25, 2; 35, 5. Suscitare ricorre in Marziale come
verbo tecnico per indicare lazione del dissignator che fa alzare labusivo:
cfr. V 35, 5 et suscitanti Leito reluctatur; VI 9, 2 et quereris si te suscitat
Oceanus? Sedeo senza altre specicazioni signica spesso sedere a teatro
(vd. OLD, s.v., n. 1 b): cfr. II epist. 9 sg. ego inter illos sedeo qui protinus
Epigramma 95
543
544
Epigramma 96
545
96
Lingis, non futuis meam puellam
et garris quasi moechus et fututor.
Si te prendero, Gargili, tacebis.
tit. ad gargilium EAV: ad gargillum X 1 lingis AXV: linguis E 3 prendero LPf:
prehendero Q prendere EAX praetendero Vs.l. praetendere V gargili EAX: garrili V
gargille
546
97
Ne legat hunc Chione, mando tibi, Rufe, libellum.
Carmine laesa meo est, laedere et illa potest.
hab. R tit. ad rufum R
Epigramma 97
547
id ipsum, / quod cumque est, rabies unde illaec germina surgunt. Meno
probabile che Marziale si riferisca alla possibilit di vendetta della fellatrix
attraverso i suoi baci, come suggerito da SB2, p. 273 n. e; per questo tipo di
conclusione cfr. II 23, 3 sgg., in cui Marziale riuta di rivelare il vero nome
del Postumo, il cui impurum os ne rende repellenti i baci (cfr. II 10; 12; 21;
22): quid enim mihi necesse est / has offendere basiationes, / quae se tam
bene vindicare possunt? Lidea che la pratica della fellatio lasciasse un alito
sgradevole alla base di numerosi epigrammi di Marziale (cfr. I 83; II 15;
42; III 17; 28; VII 94; XI 30; 95; XII 85; vd. la n. intr. allepigr. 17; Richlin
1992, p. 26 sgg.).
548
98
Sit culus tibi quam macer, requiris?
Pedicare potes, Sabelle, culo.
tit. ad sabellum : ad labellum (sed v. 2 sabelle) 1 sit culus tibi PfX: sit cuius tibi Lf
sicculus tibi E sic culus tibi V siculus tibi A sit tibi culus Q quam macer LPf : macer
quam Q 2 culo LPQf : cullo Q
Epigramma 99
549
99
Irasci nostro non debes, Cerdo, libello.
Ars tua, non vita, est carmine laesa meo.
Innocuos permitte sales. Cur ludere nobis
non liceat, licuit si iugulare tibi?
hab. T tit. ad cerdonem T
1 Cerdo Crusius (cfr. 16, 1): cerdo TLPQfs.l. credo f
3 innocuos LPQf : innucos Q non nocuos T permitte sales T EAXVs.l.: permittis
ales V ludere T : l(a)edere
4 liceat licuit : licuit liceat T
iugulare T EA: vigilare
XV
550
Epigramma 99
551
552
100
Cursorem sexta tibi, Rufe, remisimus hora
carmina quem madidum nostra tulisse reor:
imbribus immodicis caelum nam forte ruebat.
Non aliter mitti debuit iste liber.
tit. ad rufum
1 sexta LPQf : rufe sexta P remisimus V: misimus EAXV 2
quem EAX: quae V 3 immodicis LPQfs.l. : immodices f nam LPf : tunc Q ruebat
AXV: rubeat E rubat A 4 iste : ille
Epigramma 100
553
ne del 90: vd. Grewing, pp. 20-23), Camonio, che il poeta pu certamente
aver conosciuto durante il soggiorno cisalpino, doveva avere allepoca della
pubblicazione del III libro soltanto diciassette o diciotto anni. Altre ragioni
sconsigliano lidenticazione con il giovane bolognese (contrario allipotesi
di Camonio Rufo anche Grewing, p. 543): il Rufo di questo epigramma
con ogni probabilit lo stesso dellepigr. 97 (e, verosimilmente, anche di 82,
33; vd. Grewing, p. 526), cui Marziale afda il libro per evitare che lo legga
la prostituta Chione; questultima era una prostituta romana, come appare
evidente da 30, 4 (anche lepigr. 82 di ambientazione romana: cfr. 82,
2-3. 26). dunque piuttosto probabile che Rufo sia un patrono romano,
cui poteva risultare gradito il tono di scherno nei confronti dei provinciali,
presente in vari epigrammi del libro (1, 5 sg.; 91). Individuare a quale delle varie persone con questo cognomen apostrofate nei suoi epigrammi Marziale
si riferisca non agevole; tuttavia la sua presenza allinterno della sezione
oscena del libro, ribadita dalla dedica nale, rivela uninclinazione verso la
poesia licenziosa.
1. Cursorem: Rufo aveva inviato a Marziale un suo schiavo per prendere
il libro. Il cursor era uno schiavo utilizzato per recapitare messaggi o altro
(vd. ThlL IV 1527, 53 sgg.): sullinvio di libri cfr. I 117, 1-4; IV 10, 3; VII
80, 5 sg. Cursores erano detti anche i servi che dovevano precedere il carro
o la lettiga del dominus (vd. la n. a 47, 14).
3. imbribus immodicis: la iunctura ricorre in Sen. dial. IV 27, 2; nat. III
27, 4; 28, 1. Per luso di immodicus per fenomeni naturali vd. ThlL VII 1,
485, 48 sgg. caelum ruebat: per ruo intransitivo riferito allabbattersi
di temporali (o tempeste) cfr. Afran. com. 9 caelum ruere ac tremere;
Lucr. I 1105 neve ruant caeli tonitralia templa superne; Liv. XL 58, 6
caelum in se ruere aiebant; Verg. georg. I 324 ruit arduus aether; Sil.
XVII 252 in classem ruere implacabile caelum; Val. Fl. I 616 sg. vasto
pariter ruit igneus aether / cum tonitru; vd. EV IV, s.v. ruo, p. 602 sgg.
4: allusione scherzosa al fatto che il libro meritava di essere cancellato dalla
pioggia. Marziale gioca autoironicamente con questo motivo anche in I 5, in
cui immagina la reazione dellimperatore di fronte al suo dono di un libro:
do tibi naumachiam, tu das epigrammata nobis: / vis, puto, cum libro,
Marce, natare tuo (vd. il commento di Citroni); IX 58, 7 sg., in cui la ninfa
risponde alla dedica da parte del poeta dei suoi libelli: nympharum templis
quisquis sua carmina donat, / quid eri libris debeat ipse monet; anche in
554
Tavola sinottica
555
T AV O L A S I N O T T I C A
DIVERGENZE FRA IL TESTO DELLA PRESENTE EDIZIONE E QUELLO DI
SB2, HERAEUS E LINDSAY.
EPIGR.
PRES. EDIZ.
SB2
HERAEUS
LINDSAY
5, 9
hanc illumve
hunc illamve
hanc illumve
hanc illumve
7, 5 sg.
regis
recesserunt
nihil est.
regis
recesserunt.
nihil est.
regis
recesserunt.
nihil est.
regis
recesserunt.
nihil est.
11, 3
sed similest
aliquid?
pro dixi?
11, 6
amet
amat
amet
amet
16, 1. 4. 6 Cerdo
Cerdo
Cerdo
cerdo
20, 3 sg.
Claudianorum,
an scriptor?
Claudianorum?
an scriptor,
Claudianorum?
an scriptor?
Claudianorum?
an scriptor,
20, 5
iocos
20, 10
templi
templi
templi
templi
24, 2
focis
sacris
focis
sacris
24, 5
et acuta
et acuta
et acuta
et acuta
26, 5
velle negare!
nolle negare
velle negare!
velle negare!
28, 1
olere?
olere.
olere.
olere.
31, 6
Didymos
Didymus
Didymos
Didymos
32, 1
An possim
vetulam
quaeris, M.?
Non possum
vetulam.
Quereris, M.?
Non possum
vetulam.
Quereris, M.?
Non possum
vetulam?
quaeris, M.:
32, 3
Nioben
Niobam
Niobam
Niobam
33, 3 sg.
utramque,
si facie
utramque
si facie,
utramque,
si facie
utramque,
si facie
37, 2
facite
facere
facite
facite
38, 13
quid f. suade:
quid f. suade:
iocos
556
EPIGR.
Tavola sinottica
PRES. EDIZ.
SB2
HERAEUS
LINDSAY
42, 4
maius
maius
magnum
maius
44, 15
fugas edentem
fugas edentem
fugas sedentem
fugas sedentem
49, 1
ubi potas
tibi ponis
ubi potas
ubi potas
59, 1
Cerdo
Cerdo
Cerdo
cerdo
63, 2
65, 3
oret cum
oret cum
oret cum
cum oret
67, 2
Vaterno
Vatreno
Vaterno
Vaterno
68, 12
leges
leges
leges
legis
73, 2
Phoebe
Phoebe
Galle
Galle
77, 10
saprophagis
80, 1
loqueris
loqueris
loqueris
quereris
82, 26
fuscus
fuscus
fuscus
fusus
82, 32
Malchionis
malchionis
Malchionis
Malchionis
85, 3
tibi
tua
tibi
tibi
87, 1
93, 18
nupturire
nupturire
nuptuire
nuptuire
93, 19 sg.
quaeris. Prurire
quid si
quaeris. Prurire
quid si
quaeris prurire.
Quid si
quaeris. Prurire
quid si
93, 23
exigis
exiges
exigis
exiges
93, 24
Acori
acori
Acori
Achori
99, 1
Cerdo
Cerdo
Cerdo
cerdo
100, 4
iste
ille
iste
ille
Indice analitico
557
INDICE ANALITICO
558
Indice analitico
Indice analitico
559
560
Indice analitico
Indice analitico
561
562
Indice analitico
Indice analitico
563
564
Indice analitico
Indice analitico
565
566
Indice analitico
Indice analitico
567
568
Indice analitico
protasi di periodo ipotetico 289, loqui assoluto per male loqui 478 sg.,
nihil est 400, nihil est + comparativo 443, noli + innito 273, paratassi
245, 331, 355, 369, 540, paratassi in luogo di periodo ipotetico 289, 303,
326, piuccheperf. ind. in luogo di imperf. o perf. 136, quid cum tibi?
482, quid ergo? 500, quid est quod 321 sg., res est in funzione predicativa
di un sostantivo o un innito 177 sg., res tibi cum est 398, ut quid
472 sg., si bene te novi 441, vix tres aut quattuor 304; geminazione 411,
544; incisi: conteor 269, credo 454, dic mihi 173, fateor 176 sg., mihi
crede 140, puto 369, 540, rogo 325; lessico: ampulla 494, anteambulo
156 sg., auricula 257, balneator 158, balneum 222, belle 297, bellus
297, buccae 196, cella 266, cisterna 369, cocus 183, congiarium 157,
copo 371, corium 191, culina 118, debitor 271, fortasse 109 sg., garrire
257, gratis avverbiale 265, hinc in luogo di pronome 302, imponere (=
decipere) 371, ipse (= dominus) 491 sg., is, ea, id 246, longinquus 108,
mentiri aliquid per simulare 317, misellus 155, nec = ne quidem
127 sg., nequam 444, neuter 302, nullus per nemo 255, numquid 360,
obsonium 233 sg., olfacere 352, omnino 331, ordinare 378, penis 491,
pensio 266, periculosus 322, potio 230, pusillus 315, putidus 357, quis =
quisque 410, regulus 190, salutator 389, sibi placere 368, simpliciter 314,
somniculosus 390 sg., stropha 160, stultus 502, sufare 196, tamquam
183, valde 322, versiculi 166, vetula 278
lomentum 313 sg.
longinquus 108
loqui assoluto per male loqui 478 sg.
Lucano e Marziale 425, 510 sg.
Lucano, Gn. Domizio (patrono) 222 sg.
Luciano e Marziale 178 sg.
Lucilio, possibile imitazione 154
Lucillio e Marziale 195, 232 sg., 279, 316 sg., 354, 467
Lucrezio, possibile imitazione 453
Lucrino, lago: 223 sg.; ostriche del 397
luctari (uso erotico) 463
ludere: della composizione di poesia minore 551; corio l. suo (espressione
proverbiale) 191; l. otium 432
Lupercus 463
lusci: presenza negli epigrammi 164; satira contro 307
Lussorio e Marziale 438
Indice analitico
569
570
Indice analitico
341; genae 150; gladiatores 190; gula 196; lares 142; Ligurum saxa 492;
Nilus 408; Phaeton 431; Phoebus 330; purpura 125 sg.; rogus 541 sg.;
silva 386 sg.; Venus 465; vitrum 367
metrica: condizionamento metrico: crede mihi / mihi crede 140, hr /
hr 177, sapisti 122, piuccheperf. ind. in luogo di imperf. o perf. 136;
esametro: legge di Marx 187, 292, 419, 506 sg., spondeiazon 297, termini
ricorrenti in sedi sse: auricula 257, hiatus 203 sg., memento 192; falecio:
collocazione del comparativo in clausola 430, elisione 178; pentametro:
chiuso con sillaba breve 205, con clausola tetrasillabica 174, 256, 472;
plurali poetici: arae 237, cinnama 367, colla 240, convicia 337, iura
paterna 541, Massica 250, mella 390, munera 150, vina 438; scazonte 64
n. 71, 208 sg., 377, 390; sotadeo 261; trattamento del dimetro giambico
185; trimetro giambico + dimetro giambico 184; versi ecoici 256
mihi crede 140
Milvio, ponte 185
mimo: ed epigramma 504 sg.; attori: Pannicolo 506; Latino 506
mingere 475
Minucio Felice, probabile ripresa di Marziale 478
misellus per i defunti 155
mito, degradazione del 474; dissacrazione del 432 sg.
mittere, termine tecnico nella dedica dei libri 108
Modena 395
modestia, falsa 106 sg., 497, 552
moecha (= meretrix) 494
moechus 447
moralistici, motivi: biasimo della palestra 387; critica: dellabitudine maschile
di portare anelli 260; della cosmetica 316, 367; della depilazione maschile
458 sg.; dellestensione eccessiva delle case urbane 269 sg.; dellipocrisia
313, 318; del lusso 403; delluso eccessivo di profumi 366
morfologia: accusativo plurale in -is 169, 502; forme sincopate: perduxti
230; nostis 429
mortuus (uso ironico) 178 sg.
mugire (di urla adulatorie) 337
murrina 249
Musa, allocuzione alla 209
musica: egizia 408; di Cadice 408
muta cum liquida, trattamento 238 sg.
Indice analitico
571
572
Indice analitico
Indice analitico
573
574
Indice analitico
lauriger 425 sg.; lux per dies 147 sg.; ortus, nascita 149; pangere 302;
Pharius 425; Phidiacus 288; tergeminus 337
polemiche letterarie: apologia dellepigramma lungo 497 sg.; apologia della
poesia licenziosa 442, 504; apologia della poesia satirica 549
Polla 313
Pollio 223
Pompeo, Gneo 423, 425
ponere per adponere 331
Ponticus 397
porri: capitati 343; sectivi 343; parte della gustatio 343
porticus templi 218 sg.
possessivo, uso del, come tratto affettivo 144
posposizione di particelle 204
posse (uso ellittico erotico) 277 sg.
Potino 423
potio 230
praefatio 198
premere (uso erotico eufemistico) 384
prestiti 311
Priamel 416 sg.
Priapea: cronologia 435 sg.; Priap. 8 e Marziale III 68 e 86 435 sg.
Probo, Marco Valerio, come critico severo 128
proedria, diritto di, a teatro 56 sg., 543
proemiali, epigrammi 48, 60, 65
proemio al mezzo 51, 69, 435
profumi: al banchetto 176; critica alluso eccessivo 366
Properzio e Marziale 367, 409, 452 sg.
propinatio 351
Proserpina 318
prosodia: scansione: ous 421; pr pinat / prpinat 493; trattamento di
muta cum liquida 238 sg.
prostitute: denominazioni: bustuariae moechae 531, moecha 494,
Summemmianae uxores 487 sg.; nomi: Chione 267, 498, 553, Leda 488;
prezzo 267
proverbi ed espressioni proverbiali: cerva pro virgine 519; corio ludere suo
191; labra linere 314; tenere se in pellicula sua 192
prurire: uso erotico 533; p. in pugnam 381
Indice analitico
575
576
Indice analitico
Indice analitico
577
sciscitator 491
scorpios 325
scribilita 195 sg.
sed (uso enfatico) 522
semivir 517
Seneca losofo e Marziale 178, 229, 347, 366
sententiae conclusive 144, 166, 178, 200, 231, 306, 315
Sertorius 477
sessuale, comportamento: impotenza maschile 447, 462 sg., 477; omosessualit maschile 449, 456, 543 sg.; rapporti orali 194, 469 sg., 481, 499,
509, 510, 545
sessuali, metafore: barathrum 482; hiatus 453 sg.
severus qualica la poesia elevata 215 sg.
Sextus 174, 300
sibi placere 368
sica (daga dei gladiatori) 190 sg.
Sidonio Apollinare e Marziale 217
silva (metonimia per legna) 386 sg.
simplex pro composito: ponere per adponere 331
simpliciter 314
sincopate, forme: perduxti 230; nostis 429
sineddoche 410
sinus della toga 121 sg.
si pudor est 460
somniculosus 390 sg.
sophos sost. 337
sottoscrizioni nei codici di seconda famiglia 10 sg., 78 n. 115, 79 sg.
sottrazione di cibi al banchetto 232 sg.
Sperlonga, antro di Tiberio a 115
sportula: abolizione 49, 51, 55, 60, 151 sg., 184, 264, 397; addio alla 152;
ammontare 154 sg.; distribuzione alle terme 157 sg., 36; miseria della
153, 155; personicazione 152
stagnum (per il lago Lucrino) 223 sg.
Stazio e Marziale 150, 223
stile: allitterazione 182, 218, 308, 370, 382, 418, 437, 453; anafora 148, 180,
247, 248, 266, 273, 286, 291, 293, 325, 340, 379, 400, 401 sg., 408, 417,
420, 470, 501, 506; anastrofe 419; antanclasi 180, 264, 281; asindeto 91;
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Indice analitico
chiasmo 191, 264, 286, 325, 414, 447, 449; comparatio compendiaria
424; enallage 124, 341, 505; geminazione 411, 544; metafora: 118, 150,
159, 196, 217, 294 sg., 302, 318, 356, 425, 428 sg., 431, 437, 443, 454,
465, 482, 534, 550; metonimia: 123, 125 sg., 126, 142, 150, 158 sg., 190,
196, 209 sg., 216, 283, 294, 330, 341, 367, 380 bis, 386 sg., 390, 393, 408,
431 bis, 465, 475, 492, 494, 527 sg., 541 sg.; omeoteleuto 176, 325, 364,
370, 466, 467, 519; ossimoro 413 sg.; paratassi 245, 331, 355, 369, 540;
paratassi in luogo di periodo ipotetico 289, 303, 326; paronomasia 182,
227, 287, 364, 415; posposizione di particelle 204; sineddoche 410
stropha 160
stultus 502
subligar (costume per le terme) 509
subula 190
sufare 196
suilli (tipo di funghi) 398
Summemmianae uxores 487 sg.
tabellae per messaggi galanti 410
tamquam 183
Tecta, via 141 sg.
Telesinus 311
temi del libro 60-62
tenera puella (iunctura erotica) 418
tenere se in pellicula sua 192
tergeminus 337
terme: di Agrippa 221 sg., 293; di Nerone 246; di Tito 221 sg., 293; prezzo
dingresso 267
termini chiave, collocazione in principio di epigramma 265, 311 sg., 317,
463
terque quaterque 196
Tersicore, Musa della poesia giocosa 439
testiculi 239
Thais 163 sg.
thalassio 535
Tiberio, antro di, a Sperlonga 115
Tieste, mito di 330
Tigillini balneum 222
tipi epigrammatici: amante cieco 162, 186; antrione avaro 61, 66, 175,
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180, 351 sg., 486; bellus homo 406; etera invecchiata 313; impurus ore
194, 256, 469 sg., 499; marito sciocco 248, 501; parvenu 188, 260 sg.,
486; pathicus 449, 539; recitator acerbus 320 sg.; retore freddo 244;
scialacquatore 168, 401; vecchia bramosa 275 sg., 526
tiro 294
Tito, terme di 221 sg., 293
tmesi di hucusque 437
toga: cura per la disposizione 410; richiesta per la salutatio matutina 294;
simbolo della vita da cliente 134 sg.; sinus della 121 sg.
togata: Gallia 108 sg.; opera 334
togula 266
Tongilianus 361
topograa urbana: balneum Tigillini 222; Hecatostylum 203; Horatiorum
campus 342; ponte Milvio 185; porta Capena 341; portici: degli Argonauti
219, di Europa 219 sg., porticus templi 218 sg.; pusilli Herculis fanum
342; schola poetarum 216 sg.; terme: di Agrippa 221 sg., 293, di Nerone
246, di Tito 221 sg., 293; via Tecta 141 sg.
topograche, descrizioni, precisione nelle 203, 340
tordo 344
toreuma 288 sg.
torquere (uso erotico) 444
tractatrix 490
tradizione manoscritta: tripartizione dei codici 74, 78; prima famiglia: 78
sg., censura dei termini osceni 78 n. 119, 448; seconda famiglia: 79-82,
archetipo in beneventana 80, 310, sottoscrizioni 10 sg., 78 n. 115, 79
sg.; terza famiglia: 82-89, normalizzazioni 326, 332, glosse penetrate nel
testo 346; tituli degli epigrammi: esito di fraintendimento 288, poco
comprensibili 351 sg., 522; tradizione umanistica: codici 89-92; edizioni
a stampa 91-94; interpolazioni 79 n. 121, 191 sg., 238, 270, 293, 351 sg.,
452, 513, 520; presunte varianti dautore 75 sg., 181 sg., 255, 315, 326
traducere, esporre al ludibrio 460 sg.
triglia 332
Trimalchione, modello per lo Zoilo di Marziale 486
triplex per tres 301
Tuccius 184
Tullo, Gn. Domizio (patrono) 222 sg.
tunica molesta 119 sg.
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