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Il presente volume frutto di ricerche iniziate nel 1999 durante i

miei studi allUniversit di Roma La Sapienza e condotte, con qualche


interruzione, nel corso di questi anni.
Questo lavoro non sarebbe stato compiuto senza laffettuosa e saggia
guida di Piergiorgio Parroni: a lui, che ha stimolato e indirizzato i miei studi
su Marziale n dagli inizi, desidero qui esprimere tutta la mia riconoscenza.
Un ringraziamento particolare va a Carlo Di Giovine, per aver seguito
con attenzione e puntualit levoluzione di questo lavoro durante il mio
Dottorato di Ricerca presso lUniversit della Basilicata, e a Rosa Maria
DAngelo, per aver partecipato attivamente alla realizzazione di questo
volume nellultimo biennio, durante il quale ho usufruito di un assegno di
ricerca presso lUniversit di Catania.
Questo libro non avrebbe visto la luce senza i contributi del Dipartimento di Filologia Greca e Latina dellUniversit di Roma La Sapienza
e della Facolt di Lettere dellUniversit di Catania, che qui ringrazio.
Roma, 31 marzo 2005

A. F.

Commentare Marziale

COMMENTARE MARZIALE
orecchio ama placato
la Musa e mente arguta e cor gentile

Gli ultimi trentanni hanno visto una singolare oritura di commenti


agli Epigrammi di Marziale. Ad aprire la strada era stato nel 1975 Mario
Citroni con un commento al I libro, che resta a distanza di tempo un punto
di riferimento1. Nel recensire il volume2 esprimevo semmai qualche dubbio
sulla mole del lavoro, che denivo scoraggiante per chi avesse voluto
proseguire nellimpresa, ma i miei timori erano evidentemente infondati.
Chi venuto dopo di lui ha infatti in qualche caso superato, e non di poco,
quei limiti che a me allora erano parsi un po eccessivi. Basti pensare che il
commento di Grewing al VI libro (oltretutto privo del testo degli epigrammi)
uscito nel 1997 consta di 592 pagine3 e quello di Schffel allVIII del 20024
ha raggiunto addirittura le 723 pagine, per giunta, in entrambi i casi, di
maggior formato rispetto a quelle delledizione di Citroni. Bisogna dire
che allepoca il mio metro era rappresentato ancora da Friedlaender5, che
era riuscito a far entrare edizione critica e commento a tutto Marziale in
due tomi, riuniti poi in un solo volume, anche se corposo, nella ristampa
anastatica. Ma evidentemente a distanza di quasi un secolo quel modello era
ormai improponibile, e daltra parte la complessit del testo di Marziale tale
e gli strumenti di indagine nel frattempo si sono cos arricchiti e perfezionati
che non ci si poteva pi rifare a quella misura.
Le accresciute dimensioni di certi commenti per non sono sempre
andate di pari passo con la loro qualit. E a questo punto anzitutto
necessario denire che cosa ci si aspetta da un commento in generale e da
1
M. Valerii Martialis Epigrammaton liber primus, introduzione, testo, apparato critico e
commento a cura di M. C., Firenze 1975 (482 pagine complessive).
2
RFIC 107, 1979, pp. 83-92.
3
F. G., Martial, Buch VI (Ein Kommentar), Gttingen 1997.
4
Chr. S., Martial, Buch 8, Einleitung, Text, bersetzung, Kommentar, Stuttgart 2002.
5
M. Valerii Martialis Epigrammaton libri mit erklrenden Anmerkungen von L. F.,
Leipzig 1886 (= Amsterdam 1961).

Piergiorgio Parroni

un commento a Marziale in particolare. Un commento non per lo pi un


libro che si legge da capo a fondo, ma uno strumento di ricerca e, come
tale, presuppone un lettore, in qualche caso purtroppo anche frettoloso,
che vuol essere rapidamente e chiaramente informato sulle varie possibilit
di interpretazione di un passo controverso, avere indicazioni precise sulla
soluzione proposta dal commentatore (che perci non deve barcamenarsi
fra le varie ipotesi per paura di compromettersi), e vuole avere a disposizione
tutto quello che occorre per interpretare correttamente quel passo e solo
quel passo. Il commento non deve perci essere narrativo, ma deve
anzitutto essere ispirato a brevitas, il che non vuol dire ieiunitas. Troppo
succinta, p. es., la formula adottata da Howell per il I e il V libro6.
Una via di mezzo stata di recente tentata da Damschen e Heil7, che
hanno rinunciato al tradizionale commento line-by-line a favore di uninterpretazione generale accompagnata da traduzione e da unappendice critica.
Questa soluzione rende il commento pi agile e fa indubbiamente risparmiare
spazio, ma a mio vedere non soddisfa appieno. Al commento si deve concedere
tutta lampiezza di volta in volta necessaria ed quindi opportuno che esso
non rinunci alla tradizionale forma del commentario perpetuo.
Limportante per non divagare, restare sempre aderenti al tema, non
riproporre insomma sotto mutate spoglie la formula di certi commentari
settecenteschi nei quali si trova talvolta tutto fuorch quello che si cerca.
I commenti mastodontici come quelli sopra ricordati (il commento di
Schffel ricorre addirittura alle note a pi di pagina, in cui sono connati
i rinvii a paralleli latini, a repertori, alla bibliograa in genere) sono poco
utili, specie poi quando la farragine dellinsieme condita da vacillanti
conoscenze linguistiche e metriche8.
Lutilit di un commento data anche dalla traduzione. Citroni vi aveva
rinunciato, ma in compenso le sue note di commento sono spesso arricchite
di interpretazioni che aiutano a sciogliere le espressioni pi complicate. La
6
P. H., A Commentary on Book One of the Epigrams of Martial, London 1980; Martial
Epigrams V, edited with an Introduction, Translation and Commentary by P. H.,
Warminster 1995.
7
Marcus Valerius Martialis Epigrammaton liber decimus, Text, bersetzung, Interpretationen von G. D. und A. H., Frankfurt am Main - Berlin - Bern - Bruxelles - New York Oxford - Wien 2004 (in realt il lavoro frutto di una quipe di oltre venti collaboratori).
8
Mi riferisco al commento al VII libro di Galn Vioque, di cui si veda la recensione
giustamente severa di Fusi in RPL 26, 2003, pp. 201-209.

Commentare Marziale

traduzione bene che sia piana e priva di pretese letterarie9 senza essere
sciatta. Insomma deve essere quella che oggi si suole denire traduzione di
servizio. Essa da un lato rappresenta per il commentatore la riprova di aver
compreso realmente il testo e gli impone di fare delle scelte in qualche caso
difcili, dallaltro aiuta il lettore a orientarsi subito su un testo come quello
di Marziale in molti casi tuttaltro che piano. Sono dotati di traduzione i gi
ricordati commenti di Howell, di Schffel e di Damschen e Heil, e inoltre
quelli di Williams per il II libro10 e di Leary per il XIII e il XIV11. Per un
orientamento immediato anche opportuno far precedere il commento da
unintroduzione allepigramma, preferibilmente breve: introduzioni troppo
lunghe, come p. es. quella di Grewing, niscono per distogliere lattenzione
del lettore dirottandola su problemi e questioni di carattere generale che
spesso hanno solo rapporti indiretti col testo che si sta esaminando.
Le prefazioni dei commenti marzialiani seguono ormai un percorso
canonico e toccano qual pi qual meno i principali problemi posti dai
singoli libri: datazione, cronologia, struttura, temi, cicli, metri, tradizione
manoscritta. Per quanto riguarda questultima si deve dire che nessuno
nora ha seguito lesempio di Citroni, che ha fondato il suo commento
su una nuova edizione critica. I commentatori successivi si sono adagiati
sul giudizio di Shackleton Bailey12, che ha valutato come inutile fatica
la rinnovata ispezione della tradizione manoscritta operata da Citroni,
e si sono quindi basati in genere13 o sul suo testo teubneriano o, pi
prudentemente, su quelli di Lindsay14 o di Heraeus-Borovskij15.
Una lodevole eccezione rappresentata da Alberto Canobbio che,
Inutile e fuorviante una traduzione come quella di G. Ceronetti (Torino 1964), anche per
alcuni clamorosi fraintendimenti (basti dire che in X 61, 4 manibus exiguis [i Mani di Erotion]
tradotto alle sue magre manine con evidente confusione di mnibus con mnibus).
10
Martial Epigrams Book Two, edited with Introduction, Translation and Commentary by
C. A. W., Oxford-New York 2004.
11
Martial Book XIII. The Xenia, Text with Introduction and Commentary by T. J. L., London
2001; Martial Book XIV. The Apophoreta, Text with Introduction and Commentary by T.
J. L., London 1996.
12
M. Valerii Martialis Epigrammata, post W. Heraeum ed. D. R. Sh. B., Stutgardiae 1990,
p. XI.
13
Fa eccezione Schffel, che ha costituito un suo testo dotandolo di un apparato costruito
su varie edizioni critiche partendo da quella di Schneidewin.
14
Oxford 1903; 19292. Si sono rifatti a Lindsay Kay, Leary e Williams.
15
Leipzig 1976; 1982 (editio correctior). Ha seguito questo testo Henriksn (su cui vd. n. 18).
9

10

Piergiorgio Parroni

nel pubblicare dal V libro gli epigrammi relativi al ciclo della lex Roscia
theatralis, ha dotato il suo testo di un apparato tutto di prima mano16. C
da aspettarsi che nelledizione completa del libro V, che spero non si far
molto attendere, egli continui, cos come promesso, ad attenersi a questo
sano principio. Avevo gi a suo tempo osservato17 e ho di recente ribadito
recensendo il commento al IX libro di Henriksn18 che riesaminare da
capo una tradizione manoscritta non mai una fatica inutile, un arare
litus per usare la pittoresca espressione di Shackleton Bailey: fornire allo
studioso un apparato di prima mano, far corrispondere le canoniche sigle
cumulative delle tre famiglie a gruppi certi di manoscritti (evitando cos di
attribuire allarchetipo lezioni tramandate da un solo codice), distinguere
meglio anche cronologicamente gli interventi delle varie mani, eliminare
le imprecisioni che si accumulano quando gli apparati si costruiscono
su preesistenti apparati (il che avviene in pratica dai tempi di Lindsay),
scoprire che lezioni esatte ritenute frutto di congetture umanistiche sono
gi presenti nei codici poziori, ebbene tutto questo a me non pare cosa
da poco, anche se, dai saggi nora effettuati, appare chiaro che da un
simile inglorius labor difcilmente potr essere rivoluzionata la tradizione
di Marziale19. Ci che soprattutto irrita in tutto questo lindifferenza
e il disprezzo per i dati materiali, che porta a fenomeni di persistenza
dellerrore. P. es. Citroni20 aveva segnalato che il cod. A della terza famiglia
il Leid. Voss. Lat. O 56 e non Q 56 e che il recenziore C il Leid. Voss. Q
89 e non F 89, eppure tali errori non sono scomparsi n nella teubneriana
di Shackleton Bailey n nei successivi commenti. Anche sulla storia della
trasmissione del testo, specie sulle sottoscrizioni di Torquato Gennadio,
oggi ne sappiamo di pi rispetto ai tempi di Lindsay e di Otto Jahn, ma
la bibliograa, anche nei pi recenti commenti, non va oltre questi due
A. C., La lex Roscia theatralis e Marziale: il ciclo del libro V, Introduzione, edizione
critica, traduzione e commento, Como 2002. Questo aspetto stato sottolineato anche da
Fusi nella recensione in RFIC 130, 2002, p. 477.
17
Su alcuni epigrammi di Marziale (in margine a una recente edizione), RPL 16, 1993
(In Memory of Sesto Prete, Part II), p. 57.
18
Martial, Book IX. A Commentary by Chr. Henriksn, RFIC 130, 2002, p. 375.
19
Vd. gi M. D. Reeve, Martial in L. D. Reynolds (ed.), Texts and Transmission. A Survey
of the Latin Classics, Oxford 1983, p. 243.
20
Citroni, ediz. cit., p. LVII n. 46. La cosa stata da me ribadita in Su alcuni epigrammi cit.
e nella recensione a Henriksn cit., ma inutilmente.
16

Commentare Marziale

11

nomi21. Insomma io credo che accingersi ad una nuova edizione critica


di tutto Marziale sarebbe unopera meritoria, perch inevitabile che
anche unedizione ottima come quella di Lindsay debba mostrare dopo
un secolo le rughe. E, poich Marziale ha pi bisogno di spiegazioni che
di congetture, penso che il futuro editore dovrebbe indulgere il meno
possibile a queste ultime, rassegnandosi a dichiararsi scontto di fronte a
un testo poco comprensibile o dubbio piuttosto che tentare di ricostruirlo
in modo improbabile anche se brillante.
Lutilit di un commento si giudica anche dagli indici. I pi agevoli
da consultare sono quelli complessivi (secondo la scelta di Leary), ma
possono essere anche frazionati, senza esagerare (penso ai complicati
indici di Friedlaender). invece riprovevole la loro assenza (il commento
di Grewing ne privo). Lindice o gli indici devono soprattutto permettere
di risalire con facilit alle osservazioni riguardanti particolarit linguistiche,
stilistiche e metriche, topoi, reminiscenze ecc., presenti nel commento.
In questa cospicua serie di commenti a Marziale ne mancato nora
uno al III libro (per completare la serie restano ora solo quelli al Liber de
spectaculis22, al IV e al XII). Il III libro un libro tutto particolare per essere
stato scritto non a Roma ma a Imola (Forum Corneli). Nellepigramma
proemiale il poeta scherza col lettore: questo libro gli piacer sicuramente
di meno perch non nato domina in urbe, ma in provincia. naturale che
tutto ci che nasce in provincia sia affetto da mancanza di urbanitas. Il
timore del provincialismo, che riguarda non solo la poesia ma lo stile di vita
in generale, ben vivo in Roma n dai tempi di Catullo (tutti i personaggi
marchiati dalla poesia catulliana per goffaggine o sordidezza provengono
dalla provincia, da Asinio il Marrucino a Egnazio il Celtibero, da Mamurra
il Formiano a Rufa la Bolognese allamante pesarese di Giovenzio), ed
qui presente anche in Marziale, pur se la consapevolezza di poter tornare a
Roma quando vorr gli consente di scherzarci sopra. Naturalmente egli vuol
farci credere che non vi metter mai pi piede ( questa unaltra spia che la
21
Nessuno p. es. che faccia cenno agli studi di O. Pecere, del quale si veda La tradizione
dei testi latini tra IV e V secolo attraverso i libri sottoscritti in A. Giardina (ed.), Societ
romana e impero tardoantico, IV, Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura,
Roma-Bari 1986, in particolare pp. 34-40.
22
Il commento di F. Della Corte (Genova 19863) non pu infatti competere, per impianto,
con quelli n qui ricordati. Su quello di F. Fortuny Previ (Murcia 1983) si veda il giudizio di
U. Carratello, GIF 39, 1987, p. 151.

12

Piergiorgio Parroni

poesia di Marziale non va mai presa nel suo valore facciale, e chi lha fatto
ha frainteso lo spirito che la anima23), dato che nel quarto epigramma ci dice
che far ritorno a Roma solo quando avr imparato larte di far quattrini,
unarte che notoriamente gli fu sempre poco congeniale, prova ne sia che
alla ne della carriera dovette accettare da Plinio il Giovane il viaticum per
il ritorno in patria. E sar proprio a Bilbilis che il timore del provincialismo
lo coglier di nuovo, e in maniera assai pi drammatica, perch questa volta
la sua scelta era denitiva e il suo ritorno nella capitale ormai impossibile.
Nella prefazione del XII libro vuol conoscere il giudizio spassionato e
preventivo dellamico Prisco sulla sua ultima fatica per non correre il rischio
di inviare a Roma un libro Hispanus, cio spagnolo (provinciale) invece che
Hispaniensis, cio scritto materialmente in Spagna24.
La composizione del libro lontano da Roma si riette sugli argomenti
trattati, che non contengono allusioni a personaggi ed eventi storici, il che
crea qualche imbarazzo per la cronologia (i temi, oltre a quelli sulla difcile
condizione del cliente a Roma in carattere con la fuga del poeta dalla citt
perseguono come sempre la varietas, che naturalmente si riette sullestensione
degli epigrammi e sulla loro struttura metrica). Lo spirito beffardo che anima il
poeta in questo particolare momento pu forse giusticare anche il largo spazio
accordato alla pars obscena (circa un terzo dellintero libro, il che rappresenta un
unicum nel complesso della produzione marzialiana). E qui forse val la pena di
osservare che loscenit in Marziale sempre scoperta (greve, direi, per i nostri
gusti di moderni, pi disposti ad accogliere lerotismo che loscenit) e che sono
quindi fuori strada coloro che vogliono cogliere riposte allusioni oscene in
epigrammi che non hanno nulla di malizioso25. Mi par giusto che in questi casi
anche la traduzione debba essere in carattere col testo e non si debba far ricorso
ad eufemismi, sia pur divertenti come quelli escogitati alla met dellOttocento
dal Cav. Magenta26.
Vd. p. es. quanto ho osservato in proposito in Gli stulti parentes di Marziale e il prezzo
di una vocazione (nota a Mart. 9, 73), in Studi di Poesia Latina in onore di Antonio
Traglia, Roma 1979, pp. 833-839.
24
Si veda quanto ho osservato in Nostalgia di Roma nellultimo Marziale, Vichiana n. s.
13, 1984 (Miscellanea Arnaldi), pp. 126-134.
25
un atteggiamento oggi diffuso e riguarda anche Catullo (si veda il riaforare di interpretazioni del passer che credevamo avessero fatto il loro tempo). Ad esso non sfugge neppure il
pur equilibrato Henriksn (vd. la mia recensione in RFIC cit., p. 375 sg.).
26
Gli Epigrammi di M. Valerio Marziale con traduzione e note del Cav. P. M., Venezia 1842.
23

Commentare Marziale

13

Le due sezioni del libro sono divise da una sorta di proemio al mezzo
(epigr. 68); il precedente, che conclude la prima sezione, pu forse celare,
come osserva Fusi, unintenzione metaletteraria: nella stanchezza dei marinai
durante una gita in barca nella calura estiva cispadana potrebbe essere
rappresentata la stanchezza del lettore per una lunga serie di epigrammi privi
di elementi piccanti. Dunque un libro inaequalis (in carattere del resto con
le aspirazioni del poeta, come si ricava da VII 90), ma assai interessante,
perch consente di penetrare nellanimo del poeta spagnolo, sempre in bilico
fra amore e odio per quella citt che fonte della sua ispirazione ma non
lo accoglie come egli sente di meritare. La malinconia per la lontananza da
Roma, che, dopo labolizione della sportula voluta da Domiziano, non pi
in grado di offrirgli neppure le condizioni minime di sopravvivenza, bench
temperata dalla calorosa accoglienza riservatagli dallospite amico (forse
Faustino), percepita come una sorta di esilio: a tradire questo sentimento
sono le numerose allusioni ai Tristia e alle Epistulae ex Ponto di Ovidio, un
poeta caro a Marziale non meno di Orazio e Catullo27. La patetica esagerazione
deve dare al lettore la misura di uno scherzo che non tale no in fondo.
Nel fare di sopra una rapida rassegna dei commenti nora usciti ho
delineato una specie di prototipo di commento ideale. Ma a fare un buon
commento non bastano i buoni precetti. Specie per un autore come Marziale, cos dotto, cos sottile, cos a volte impenetrabile per la presenza di
allusioni che ci sfuggono, occorre una solida preparazione tecnica e una
rafnata sensibilit letteraria. Se il presente commento di Alessandro Fusi
risponda a tutte queste esigenze non sta a me giudicare. Quello che per
salta subito agli occhi lampia informazione bibliograca, lestrema cura
volta a mettere in evidenza la complessa trama delle allusioni su cui sono
costruiti gli epigrammi, limpegno a chiarire ogni volta il Witz non sempre
evidente che in essi si cela, lindipendenza del giudizio e spesso loriginalit
delle soluzioni28.
Ma questo libro, al di l del suo valore, che lascio ad altri valutare,
27
Su un discusso epigramma dipendente da Ovidio Fusi ha scritto una nota che forse
risolve denitivamente unannosa questione: Marziale e la fama di Ovidio (Nota a Mart.
5, 10), RFIC 128, 2000, pp. 313-322.
28
Si veda p. es. linterpretazione di III 19 anticipata in Orsi di bronzo e orsi mansueti
(Marziale, III 19), RPL 24, 2001, pp. 48-55, nuova e ben sostenuta con argomentazioni
di carattere archeologico (contra M. Salanitro, Una statua assassina (Mart., 3, 19), A&R
n.s. 48, 2003, pp. 78-80).

14

Piergiorgio Parroni

ha un pregio non secondario, quello di colmare una delle ultime lacune


nella serie dei commenti moderni a Marziale. C da sperare che presto
qualcuno si sobbarchi alla restante fatica. Marziale merita questo impegno,
anche se dovremo rassegnarci ad avere in biblioteca almeno quindici
volumi dedicati soltanto a lui.
PIERGIORGIO PARRONI

Abbreviazioni bibliograche

15

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Si trovano qui abbreviati gli studi citati in apparato e quelli che nel lavoro ricorrono pi duna
volta; per gli altri lindicazione bibliograca riportata per esteso ad locum; le abbreviazioni
delle riviste sono quelle dellAnne Philologique.

Adams 1981
J.N. Adams, A Type of Sexual Euphemism in Latin, Phoenix 35,
1981, pp. 120-128.
Adams 1983
J.N. Adams, Words for Prostitute in Latin, RhM 126, 1983, pp.
321-358.
Adams, LSV
J.N. Adams, The Latin Sexual Vocabulary, London 1982.
AL
Anthologia Latina sive poesis Latinae supplementum, pars prior:
carmina in codicibus scripta recensuit A. Riese, fasc. I-II, Leipzig
1869-70.
ALL
Archiv fr lateinische Lexicographie und Grammatik, ed. E. Wlfin,
Leipzig 1884-1909 (= Hildesheim 1967).
Andr
Apicius. Lart culinaire. De re coquinaria, texte tabli, traduit et
comment par J. Andr, Paris 1965.
Andr 1949
J. Andr, tude sur les termes de couleur dans la langue latine, Paris
1949.
Andr 1956
J. Andr, Lxique des termes de botanique en Latin, Paris 1956.

16

Abbreviazioni bibliograche

Andr 1967
J. Andr, Les noms doiseaux en Latin, Paris 1967.
Andr 1981
J. Andr, Lalimentation et la cuisine a Rome, Paris 19812 (19611).
Andr 1985
J. Andr, Les noms de plantes dans la Rome antique, Paris 1985.
ANRW
Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt, hrsgg. von H. Temporini
und W. Haase, Berlin-New York 1972-.
Aubreton
Anthologie Grecque. Premire partie. Anthologie Palatine. Tome X
(Livre XI), texte tabli et traduit par R. Aubreton, Paris 1972.
Axelson 1945
B. Axelson, Unpoetische Wrter. Ein Beitrag zur Kenntnis der
lateinischen Dichtersprache, Lund 1945.
Baehrens
Catulli Veronensis liber, recensuit et interpretatus est Aemilius
Baehrens, II, Lipsiae 1885.
Bandini
A.M. Bandini, Catalogus codicum manuscriptorum bibliothecae
Mediceae Laurentianae, I-V, Florentiae 1774-78.
Barwick 1958
K. Barwick, Zyklen bei Martial und in den kleinen Gedichten des
Catull, Philologus 102, 1958, pp. 284-318.
Barwick 1959
K. Barwick, Martial und die zeitgenssische Rhetorik, Ber. ber die
Verhandl. d. schs. Akad. der Wiss. zu Leipzig, philol.-hist. Kl., 104,
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Bettini 1982
M. Bettini, A proposito dei versi sotadei, MD 9, 1982, pp. 59-105.
Beverland
Lezioni di un codice posseduto da Adrian Beverland desunte da
Schneidewin1.
Birt 1882
Th. Birt, Das antike Buchwesen in seinem Verhltniss zur Litteratur.
Mit Beitrgen zur Textgeschichte des Theokrit, Catull, Properz und
anderer Autoren, Berlin 1882.

Abbreviazioni bibliograche

17

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Th. Birt, Die Buchrolle in der Kunst. Archaeologisch-antiquarische
Untersuchungen zum antiken Buchwesen, Leipzig 1907.
Blmner 1911
H. Blmner, Die rmischen Privataltertmer, Mnchen 1911.
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F. Bmer, Excudent alii , Hermes 80, 1952, pp. 117-123.
Bmer1
P. Ovidius Naso, Die Fasten, herausgegeben, bersetzt und kommentiert von F. Bmer, I-II, Heidelberg 1957-58.
Bmer2
P. Ovidius Naso, Metamorphosen, Kommentar von F. Bmer, I-VII,
Heidelberg 1969-1986.
Bonvicini 1986
M. Bonvicini, Note sui comparativi in clausola nel falecio di Marziale,
BSL 16, 1986, pp. 31-35.
Bonvicini 1995
M. Bonvicini, Lepigramma latino: Marziale, in Senectus. La vecchiaia
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F.J. Brecht, Motiv- und Typengeschichte des griechischen Spottepigramms, Philologus Supplementband 22, Heft 2, Leipzig 1930.
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Horace on Poetry. The Ars Poetica, by C.O. Brink, Cambridge 1971.
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F. Buecheler, Kleine Schriften, I-III, Leipzig-Berlin 1915-30 (=
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W. Burnikel, Untersuchungen zur Struktur des Witzepigramms bei
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S. Busch, Versus Balnearum. Die antike Dichtung ber Bder und
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Calderini
Domitii Calderini Veronensis Commentarii in M. Valerium

18

Abbreviazioni bibliograche

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dedica a Lorenzo dei Medici: Florentinus Bibliothecae Laurentianae
LIII, 33, datato 1 IX 1473, da me collazionato).
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M. Campanelli, Alcuni aspetti dellesegesi umanistica di Atlas cum
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Campanelli 2001
M. Campanelli, Polemiche e lologia ai primordi della stampa. Le
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Canobbio 1997
A. Canobbio, Parodia, arguzia e concettismo negli epigrammi di
Marziale, RPL 20, 1997, pp. 61-81.
Canobbio 2001
A. Canobbio, Epigramma e mimo: il teatro di Marziale, CGITA
14, 2001, pp. 201-228.
Canobbio 2002
A. Canobbio, La Lex Roscia Theatralis e Marziale: il ciclo del libro V,
Introduzione, edizione critica, traduzione e commento, Como 2002.
Capponi 1979
F. Capponi, Ornithologia Latina, Genova 1979.
Carratello 1964
U. Carratello, Marziale, Canio Rufo e Fedro, GIF 17, 1964, pp. 122-148.
Carratello 1973
U. Carratello, Leditio princeps di Valerio Marziale e lincunabolo
ferrarese di Leida, GIF 25, 1973, pp. 295-299.
Carratello 1974
U. Carratello, Florilegia quaedam di Valerio Marziale (per una nuova
edizione dellEpigrammaton liber), GIF 26, 1974, pp. 142-158.
Castagnoli 1950
F. Castagnoli, Roma nei versi di Marziale, Athenaeum N.S. 28,
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Cavallo-Chartier 1995
Storia della lettura nel mondo occidentale, a c. di G. Cavallo e R.
Chartier, Roma-Bari 1995.
Cavarzere
Orazio, Il libro degli Epodi, a c. di A. Cavarzere, trad. di F. Bandini,
Venezia 1992.

Abbreviazioni bibliograche

19

Cbe
Varron. Satires Mnippes, dition, traduction et commentaire par J.P.
Cbe, I-IX, Roma 1972-1990.
CGL
Corpus glossariorum Latinorum, edidit G. Goetz, I-VII, Leipzig
1888-1923.
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Corpus inscriptionum Latinarum, I-XVI, ed. Th. Mommsen, Berlin
1893-.
Ciocci 1985
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Citroni
M. Valerii Martialis epigrammaton liber primus, introduzione, testo,
apparato critico e commento a c. di M. Citroni, Firenze 1975.
Citroni 1968
M. Citroni, Motivi di polemica letteraria negli epigrammi di Marziale,
DArch 2, 1968, pp. 259-301.
Citroni 1969
M. Citroni, La teoria lessinghiana dellepigramma e le interpretazioni
moderne di Marziale, Maia 21, 1969, pp. 215-243.
Citroni 1985
M. Citroni, recensione a Burnikel 1980, Orpheus 6, 1985, pp. 186192.
Citroni 1986
M. Citroni, Le raccomandazioni del poeta: apostrofe al libro e contatto
col destinatario, Maia 38, 1986, pp. 111-146.
Citroni 1987
M. Citroni, Marziale e i luoghi della Cispadana, in Cispadana e
letteratura antica, Deputazione di Storia patria per le province di
Romagna, Documenti e studi, XXI, Bologna 1987, pp. 135-157.
Citroni 19872
M. Citroni, Marziale, in EV III, Roma 1987, pp. 396-400.
Citroni 1988
M. Citroni, Pubblicazione e dediche dei libri in Marziale, Maia 40,
1988, pp. 3-39 (ristampato con qualche ritocco e aggiornamento in
Scndola-Merli, pp. 5-64).

20

Abbreviazioni bibliograche

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M. Citroni, Marziale e la letteratura per i Saturnali (poetica
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The Classical Papers of A.E. Housman, ed. by J. Diggle and F.R.D.
Goodyear, London 1972.
CLE
Carmina Latina Epigraphica, conlegit F. Buecheler, Lipsiae 18951897 (Supplementum, cur. E. Lommatzsch, Lipsiae 1926).
Coarelli 1996
F. Coarelli, Hecatostylum, in LTUR III, pp. 9-10.
Coleman
Statius, Silvae IV, edited with an english translation and commentary
by K.M. Coleman, Oxford 1988.
Colin 1956
J. Colin, Le mariage de Vetustilla et le dieu Acorus (Martial, Epigr. III
93), Mnemosyne 9, 1956, pp. 325-331.
Collesso
M. Valerii Martialis Epigrammatum libri XIV, Interpretatione et
notis illustravit V. Collesso, Londinii 1720 (Parisiis 16801).
Colton 1982
R.E. Colton, Martial 3,82 and Petronius Cena Trimalchionis, RPL
5, 1, 1982, pp. 77-83.
Colton 1991
R.E. Colton, Juvenals Use of Martials Epigrams. A Study of Literary
Inuence, Amsterdam 1991.
Cope
The Rhetoric of Aristotle, with a Commentary by the late E.M. Cope,
revised and edited for the syndics of the University Press by J.E.
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Courtney
A Commentary on the Satires of Juvenal, by E. Courtney, London 1980.
Courtney 1995
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Courtney, FLP

Abbreviazioni bibliograche

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The Fragmentary Latin Poets, edited with Commentary by E.


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Crusius
O. Crusius, Untersuchungen zu den Mimiamben des Herondas,
Leipzig 1892.
DArms 1970
J.H. DArms, Romans on the Bay of Naples. A Social and Cultural
Study of the Villas and Their Owners from 150 B.C. to A.D. 400,
Cambridge Mass. 1970.
Damschen-Heil
Marcus Valerius Martialis Epigrammaton liber decimus. Das zehnte
Epigrammbuch, Text, bersetzung, Interpretationen. Mit einer Einleitung, Martial-Bibliographie und einem rezeptiongeschichtlichen
Anhang hrsgg. von G. Damschen und A. Heil, Frankfurt am MainBerlin-Bern-Bruxelles-New York-Oxford-Wien 2004.
Daremberg-Saglio
Ch. Daremberg-A.E. Saglio, Dictionnaire des antiquits grecques et
romaines daprs les textes et les monuments, Paris 1877-1919.
Daube 1976
D. Daube, Martial, Father of Three, AJAH 1, 1976, pp. 145-147.
de Meyier
K.A. de Meyier, Codices Vossiani Latini, I-IV, Leiden 1973-84.
Di Giovine 2002
C. Di Giovine, Varianti e lingua di Marziale, Paideia 57, 2002, pp.
123-140.
Dousa
Congetture di Janus Dousa desunte da Scriverius.
Duff
M. Valerii Martialis epigrammata, recognita a J.D. Duff, in Corpus
Poetarum Latinorum, a I.P. Postgate aliisque editum, fasc. V, pp. 431531, Londini 1905.
Duret 1977
L. Duret, Martial et la deuxime pode dHorace. Quelques rexions
sur limitation, REL 55, 1977, pp. 173-192.
Eden 1999
P.T. Eden, More Observations on Martial, Mnemosyne 52, 1999,
pp. 578-584.

22

Abbreviazioni bibliograche

Edwards 1993
C. Edwards, The Politics of Immorality in Ancient Rome, Cambridge
1993.
Eldick
Congetture di Erich Hubert van Eldick desunte da Friedlaender.
EO
Enciclopedia Oraziana, I-III, Roma 1996-1998.
Ernout-Meillet
Dictionnaire timologique de la langue latine. Histoire des mots, par
A. Ernout et A. Meillet, Paris 19594.
Ernout-Thomas
A. Ernout-F. Thomas, Syntaxe Latine, Paris 19722 (19511).
EV
Enciclopedia Virgiliana, I-V, Roma 1984-1991.
Fabbrini 2002
D. Fabbrini, Mart. VI 64, 25 toto orbe o tota urbe? Considerazioni
sullambito di destinazione della poesia diffamatoria, Maia 54,
2002, pp. 543-556.
Farnabius
M. Valerii Martialis Epigrammata, cum notis Th. Farnabii, Amstelodami 1644 (Londinii 16151).
Fedeli1
Sesto Properzio. Il primo libro delle elegie, Introduzione, testo critico
e commento a c. di P. Fedeli, Firenze 1980.
Fedeli2
Properzio. Il libro terzo delle Elegie, Introduzione, testo e commento
di P. Fedeli, Bari 1985.
Fenger 1906
R. Fenger, De metonymiae in epigrammatis Martialis usu, Diss. Jenae
1906.
Fletcher 1983
G.B.A. Fletcher, On Martial, Latomus 42, 1983, pp. 404-411.
Flodr
M. Flodr, Incunabula classicorum. Wiegendrucke der griechischen
und rmischen Literatur, Amsterdam 1973.
Forcellini
Lexicon totius Latinitatis, ab Aegidio Forcellini lucubratum [],

Abbreviazioni bibliograche

23

deinde a I. Furlanetto [] emendatum et auctum, nunc vero curantibus


F. Corradini et I. Perin [], emendatius et auctius melioremque in
formam redactum, I-VI, Patavii 1864-19264.
Fordyce
Catullus, A Commentary, by C.J. Fordyce, Oxford 1961.
Fowler 1989
D.P. Fowler, First Thoughts on Closure: Problems and Prospects, MD
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Fowler 1995
D.P. Fowler, Martial and the Book, Ramus 24, 1995, pp. 31-58.
Fraenkel 1960
E. Fraenkel, Elementi plautini in Plauto, trad. it. di F. Munari, Firenze
1960.
Fraser-Matthews
A Lexicon of Greek Personal Names, edited by P.M. Fraser and E.
Matthews, I-IV, Oxford 1987-2005.
Friedlaender
M. Valerii Martialis epigrammaton libri, mit erklrenden
Anmerkungen von L. Friedlaender, I-II, Leipzig 1886 (= Amsterdam
1961).
Friedlaender, Cena Trimalchionis
Petronii Cena Trimalchionis, mit deutscher bersetzung und
erklrenden Anmerkungen von L. Friedlaender, Leipzig 19062.
Friedlaender, SR
L. Friedlaender, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms in der
Zeit von August bis zum Ausgang der Antonine, Leipzig 1919-219.
Friedrich 1907
G. Friedrich, Zu Martial, RhM 62, 1907, pp. 366-379.
Friedrich 1908
G. Friedrich, Zu Martial, Hermes 43, 1908, pp. 619-637.
Friedrich 1909
G. Friedrich, Zu Martial, Philologus 68, 1909, pp. 88-117.
Friedrich 1910
G. Friedrich, Zu Seneca und Martial, Hermes 45, 1910, pp. 583594.
Frhner 1912
W. Frhner, Kleinigkeiten, Philologus 71, 1912, pp. 161-172.

24

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Fu 1973
O. Fu, Lidea dellopera darte vivente e la bucula di Mirone
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Fusi 2001
A. Fusi, Orsi di bronzo e orsi mansueti (Marziale, III 19), RPL 24,
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Martial, Book VII, A Commentary, by G. Galn Vioque, translated
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Svetonio, Vita di Domiziano, Introduzione, traduzione e commento
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Gamberale 1982
L. Gamberale, Libri e letteratura nel carme 22 di Catullo, MD 8,
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Geffcken 1927
J. Geffcken, Lukillios, in RE XIII 2 (1927), 1777, 8-1785, 44.
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O. Gerlach, De Martialis gurae
quae vocatur usu,
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Giarratano
M. Valerii Martialis epigrammaton libri, recensuit C. Giarratano,
Aug. Taurinorum 1919-21; iterum recensuit, ibid. 1951.
Giarratano 1908
C. Giarratano, De M. Val. Martialis re metrica, Neapoli 1908.
Gilbert
M. Valerii Martialis Epigrammaton Libri, recognovit W. Gilbert,
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Gymn. zu Dresden-Neustadt 1883, pp. 1-26.
Gilbert 1884
W. Gilbert, Beitrge zur Textkritik des Martial, RhM 39, 1884, pp.
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Gilbert 1887
W. Gilbert, Zur Erklrung von Martialis Epigrammen, NJP 135,
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Grammatici Latini, ex recensione Henrici Keilii, I-VII, Lipsiae 18551880 (= Hildesheim-New York 1981).
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Carmina Priapea, Einleitung, bersetzung, Interpretation und
Kommentar von C. Goldberg, Heidelberg 1992.
Gowers 1993
E. Gowers, The Loaded Table. Representations of Food in Roman
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Grassmann 1966
V. Grassmann, Die erotischen Epoden von Horaz, Mnchen 1966.
Green
The Works of Ausonius, edited with Introduction and Commentary
by R.P.H. Green, Oxford 1991.
Greenwood 1998
M.A. Greenwood, Talking amingos and the sins of the tongue: the
ambiguous use of lingua in Martial, CPh 93, 1998, pp. 241-246.
Grewing
F. Grewing, Martial, Buch VI (Ein Kommentar), Gttingen 1997.
Grewing 1996
F. Grewing, Mglichkeiten und Grenzen des Vergleichs: Martials
Diadumenos und Catulls Lesbia, Hermes 124, 1996, pp. 333-354.
Grewing 1998
F. Grewing, Etymologie und etymologische Wortspiele in den
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F. Grewing (Hrsg.), Toto notus in orbe. Perspektiven der MartialInterpretation, Stuttgart 1998.
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J. Grifn, Augustan Poetry and the Life of Luxury, JRS 66, 1976,
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Grimal 1990
P. Grimal, I giardini di Roma antica, trad. it. di V. Abrate, Milano
1990.
Gronovius
Congetture di Johann Friedrich Gronov ap. Schrevel.

26

Abbreviazioni bibliograche

Gsell 1894
S. Gsell, Essai sur le rgne de lempereur Domitien, Paris 1894.
Guietus
Congetture di Franois Guyet desunte da Schneidewin1.
Guttmann 1866
O. Guttmann, Observationum in Marcum Valerium Martialem
particulae quinque, Diss. Vratislaviae 1866.
Hagenow 1972
G. Hagenow, Kosmetische Extravaganzen (Martial Epigramm III.
74), RhM 115, 1972, pp. 48-59.
Hain
L. Hain, Repertorium bibliographicum, in quo libri omnes ab arte
typographica inventa usque ad annum MD. typis expressi ordine
alphabetico vel simpliciter enumerantur vel adcuratius recensentur,
I-II, Stuttgartiae-Lutetiae Parisiorum 1831 (= Milano 1966).
Hanssen 1951
J.S.Th. Hanssen, Latin Diminutives. A Semantic Study, Bergen
1951.
Hartman 1897
J.J. Hartman, Ad Martialem, Mnemosyne 25, 1897, pp. 333-348.
Hausmann 1980
F.-R. Hausmann, Martialis, Marcus Valerius, in F.E. Cranz-P.O.
Kristeller, (edd.), Catalogus Translationum et Commentariorum.
Mediaeval and Renaissance Latin Translations and Commentaries.
Annotated Lists and Guides, IV, Washington 1980, pp. 249-296.
Heinsius
Congetture di Niklaas Heinsius desunte da Schneidewin1.
Helm 1926
R. Helm, recensione a Heraeus, PhW 46, 1926, coll. 80-91.
Helm 1956
R. Helm, Martialis, Lustrum 1, 1956, pp. 299-318.
Henderson 1975
J. Henderson, The Maculate Muse. Obscene Language in Attic
Comedy, New Heaven 1975.
Henriksn
Martial, Book IX. A Commentary, by C. Henriksn, I-II, Uppsala
1998-1999.

Abbreviazioni bibliograche

27

Henriksn 1998
C. Henriksn, Martial und Statius, in Grewing, Toto notus, pp. 77118.
Heraeus
M. Valerii Martialis epigrammaton libri, recognovit W. Heraeus,
Lipsiae 1925. Editionem correctiorem curavit I. Borowskij, Leipzig
1976.
Heraeus 1915
W. Heraeus,
, RhM 70, 1915, pp. 1-41 (= Heraeus 1937,
pp. 190-226).
Heraeus 1925
W. Heraeus, Zur neueren Martialkritik, RhM 74, 1925, pp. 314-336.
Heraeus 1937
Kleine Schriften von Wilhelm Heraeus zum 75. Geburtstag am 4.
Dezember 1937, ausgewhlt und herausgegeben von J.B. Hofmann,
Heidelberg 1937.
Heraldus
Congetture di Didier Hrauld (Desiderius Heraldus) desunte da
Schrevel.
Herrmann 1950
L. Herrmann, Phdre et ses fables, Leiden 1950.
Herrmann 1958
L. Herrmann, Notes de lecture, Latomus 17, 1958, pp. 110-112.
Herter, Effeminatus
H. Herter, Effeminatus, in RAC IV 620-650.
Hey, Euphemismus
O. Hey, Euphemismus und Verwandtes im Lateinischen, ALL 11,
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Hilgers 1969
W. Hilgers, Lateinische Gefnamen. Bezeichnungen, Funktion und
Form rmischer Gefe nach den antiken Schriftquellen, Dsseldorf
1969.
Hofmann, LU
J.B. Hofmann, La lingua duso latina, introduzione, traduzione italiana
e note a c. di L. Ricottilli, Bologna 20033.
Hofmann-Szantyr
J.B. Hofmann-A. Szantyr, Lateinische Syntax und Stilistik (mit dem

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Housman 1907
A.E. Housman, Corrections and explanations of Martial, JPh 30,
1907, pp. 229-265 (= Class. Pap., pp. 711-739).
Housman 1908
A.E. Housman, Martial III 93 18-22, CR 22, 1908, pp. 46-47 (=
Class. Pap., p. 770).
Housman 1919
A.E. Housman, Notes on Martial, CQ 13, 1919, pp. 68-80 (= Class.
Pap., pp. 982-995).
Housman 1925
A.E. Housman, recensione a Heraeus, CR 39, 1925, pp. 199-203 (=
Class. Pap., pp. 1099-1104).
Housman 1931
A.E. Housman, recensione a Izaac, I, CR 45, 1931, pp. 81-83 (=
Class. Pap., pp. 1172-1174).
Housman 19312
A.E. Housman, Praefanda, Hermes 66, 1931, pp. 402-412 (= Class.
Pap., pp. 1175-1185).
Housman, Manilius
A.E. Housman, M. Manilii Astronomicon, I-V, Londinii 1903-1930
(= Hildesheim 1972).
Howell1
P. Howell, A Commentary on Book One of the Epigrams of Martial,
London 1980.
Howell2
Martial Epigrams V, edited with an Introduction, Translation &
Commentary by P. Howell, Warminster 1995.
IGI
E. Valenziani-E. Cerulli, Indice generale degli incunaboli delle biblioteche dItalia, I-X, Roma 1943-.
Immisch 1911
O. Immisch, Zu Martial, Hermes 46, 1911, pp. 481-517.
Iunius
Congetture di Adriaen de Jonghe (Hadrianus Iunius) desunte da
Schneidewin1.
Izaac

Abbreviazioni bibliograche

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Martial, pigrammes, texte tabli et traduit par H.J. Izaac, I-II, Paris
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Jennison 1937
G. Jennison, Animals for Show and Pleasure in Ancient Rome,
Manchester 1937.
Jocelyn
The Tragedies of Ennius. The Fragments, edited with an Introduction
and Commentary by H.D. Jocelyn, Cambridge 1967.
Jocelyn 1981
H.D. Jocelyn, Difculties in Martial, Book I, in PLLS 3, 1981, pp.
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Joepgen 1967
U. Joepgen, Wortspiele bei Martial, Diss. Bonn 1967.
Jones 1992
B.W. Jones, The Emperor Domitian, London-New York 1992.
Jordan-Hlsen
H. Jordan, Topographie der Stadt Rom im Alterthum, I-II (I 3
bearbeitet von Ch. Hlsen), Berlin 1871-1907.
Kajanto 1965
I. Kajanto, The Latin Cognomina, Helsinki 1965.
Kaster
C. Suetonius Tranquillus, De grammaticis et rhetoribus, edited with
a Translation, Introduction, and Commentary by R.A. Kaster, Oxford
1995.
Kay
N.M. Kay, Martial Book XI. A Commentary, London 1985.
Kay, Ausonius Epigrams
Ausonius. Epigrams, Text with Introduction and Commentary by
N.M. Kay, London 2001.
Kenney 1996
Ovid, Heroides XVI-XXI, edited by E.J. Kenney, Cambridge 1996.
Ker
Martial, Epigrams, with an english translation by W.C.A. Ker, I-II,
London-Cambridge Mass. (Loeb) 1919 (= 1961).
Ker 1950
A. Ker, Some Explanations and Emendations of Martial, CQ 44,
1950, pp. 12-24.

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A. Persius Flaccus, Satiren, herausgegeben, bersetzt und kommentiert
von W. Kiel, Heidelberg 1990.
Knoche 1940
U. Knoche, Handschriftliche Grundlagen des Juvenaltextes,
Philologus Suppl. 33, 1, Leipzig 1940.
Kroll
C. Valerius Catullus, herausgegeben und erklrt von W. Kroll,
Stuttgart 1929.
Khner-Stegmann
R. Khner-C. Stegmann, Ausfhrliche Grammatik der lateinischen
Sprache, II, Satzlehre, Hannover 19624.
Kurth
T. Kurth, Senecas Trostschrift an Polybius. Dialog 11. Ein Kommentar,
Stuttgart und Leipzig 1994.
La Penna 1992
A. La Penna, Loggetto come moltiplicatore delle immagini, Maia
44, 1992, pp. 7-44.
La Penna 1999
A. La Penna, Immortale Falernum. Il vino di Marziale e dei poeti
latini del suo tempo, Maia 51, 1999, pp. 163-181.
Lana 1955
I. Lana, Marziale poeta della contraddizione, RFIC 83, 1955, pp.
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Landgraf 1902
G. Landgraf, ber das Alter der Martial-Lemmata in den Handschriften
der Familie B, ALL 12, 1902 (= Hildesheim 1967), pp. 455-463.
Laurens 1965
P. Laurens, Martial et lpigramme grecque du Ier sicle aprs J. C.,
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Laurens 1989
P. Laurens, Labeille dans lambre. Clbration de lpigramme de
lpoque alexandrine la n de la Renaissance, Paris 1989.
Lausberg 1982
M. Lausberg, Das Einzeldistichon. Studien zum antiken Epigramm,
Mnchen 1982.
Leary1

Abbreviazioni bibliograche

31

Martial Book XIV. The Apophoreta, Text with introduction and


commentary by T.J. Leary, London 1996.
Leary2
Martial Book XIII. The Xenia, Text with introduction and commentary
by T.J. Leary, London 2001.
Leumann
M. Leumann, Lateinische Laut- und Formenlehre, Mnchen 1977.
Lilja 1972
S. Lilja, The Treatment of Odours in the Poetry of Antiquity, Helsinki
1972.
Lindsay
M. Val. Martialis epigrammata, recognovit brevique adnotatione
critica instruxit W.M. Lindsay, Oxonii 1903; editio altera, Oxonii
1929.
Lindsay 1900-1901
W.M. Lindsay, A Supplement to the Apparatus Criticus of Martial,
CR 14, 1900, pp. 353-355; 15, 1901, pp. 44-46.
Lindsay 1901
W.M. Lindsay, The New Codex Optimus of Martial, CR 15, 1901,
pp. 413-420.
Lindsay 1902
W.M. Lindsay, A Neglected Ms. of Martial, CR 16, 1902, pp. 315316.
Lindsay 1903
W.M. Lindsay, The Ancient Editions of Martial with Collations of the
Berlin and Edinburgh Mss., Oxford 1903.
Lindsay 19032
W.M. Lindsay, Notes on the Text of Martial, CR 17, 1903, pp. 4852.
Lindsay 1904
W.M. Lindsay, The Orthography of Martials Epigrams, JPh 29,
1904, pp. 24-60.
Lipsius
Congetture di Iustus Lipsius ap. Scriverius.
Lfstedt 1936
E. Lfstedt, Vermischte Studien zur lateinischen Sprachkunde und
Syntax, Lund 1936.

32

Abbreviazioni bibliograche

Lfstedt, Peregrinatio Aetheriae


E. Lfstedt, Philologischer Kommentar zur Peregrinatio Aetheriae.
Untersuchungen zur Geschichte der lateinischen Sprache, OxfordUppsala-Leipzig 1911 (= Uppsala 1936).
Lfstedt, Syntactica
E. Lfstedt, Syntactica. Studien und Beitrge zur historischen Syntax
des Lateins, I, Lund 1928 (19422); II, Lund 1933 (I-II, rist. Lund
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LSJ
A Greek-English Lexicon, compiled by H.G. Liddell and R. Scott,
revised and augmented throughout by Sir H.S. Jones with the assistance
of R. McKenzie, with a Supplement 1968, Oxford 19409/1968 (=
1990).
LTUR
Lexicon Topographicum Urbis Romae, a c. di E.M. Steinby, I-VI,
Roma 1993-2000.
Luck
P. Ovidius Naso. Tristia, hrsgg., bersetzt und erklrt von G. Luck, I,
Text und bersetzung, Heidelberg 1967; II, Kommentar, Heidelberg
1977.
Lugli 1961
G. Lugli, La Roma di Domiziano nei versi di Marziale e Stazio,
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Maas 1973
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Maltby 1991
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der Griechen und Rmer, Leipzig 1922.
Mastandrea 1996
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Mayor
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London 1900-1901 (= Hildesheim 1966).
Mazzoli 1970
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McKeown
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in four volumes, I, Text and Prolegomena, Liverpool 1987; II, A
Commentary on Book One, Liverpool 1989; III, A Commentary on
Book Two, Leeds 1998.
Mercati 1925
G. Mercati, Per la cronologia della vita e degli scritti di Niccol Perotti
arcivescovo di Siponto, Roma 1925.
Merli 1993
E. Merli, Ordinamento degli epigrammi e strategie cortigiane negli
esordi dei libri I-XII di Marziale, Maia 45, 1993, pp. 229-256.
Merli 19932
E. Merli, Vetustilla nova nupta: libert vigilata e volont
epigrammatica in Marziale 3, 93, con qualche osservazione sugli
epigrammi lunghi, MD 30, 1993, pp. 109-125.
Merli 1996
E. Merli, Note a Marziale (8, 50; 10, 7; 11, 90; 13, 118), MD 36,
1996, pp. 211-223.
Merli 1998
E. Merli, Epigrammenzyklen und serielle Lektre in den Bchern
Martials. berlegungen und Beispiele, in Grewing, Toto notus, pp.
139-156.

34

Abbreviazioni bibliograche

Mosci Sassi 1992


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Mueller, De re metrica
L. Mueller, De re metrica poetarum Latinorum praeter Plautum et
Terentium libri septem, Leipzig 1894 (= Hildesheim 1967).
Mulder
H.M. Mulder, Publi Papinii Statii Thebaidos liber secundus
commentario exegetico aestheticoque instructus, Groningae 1954.
Munro
Congetture di H.A.J. Munro ap. Friedlaender.
Mynors
Virgil. Georgics, edited with a Commentary by R.A.B. Mynors with a
Preface by R.G.M. Nisbet, Oxford 1990.
Nauta 2002
R. Nauta, Poetry for Patrons. Literary Communication in the Age of
Domitian, Leiden-Boston-Kln 2002.
Navarro Antoln
Corpus Tibullianum III. 1-6: Lygdami Elegiarum Liber, Edition &
Commentary by F. Navarro Antoln, Leiden-New York-Kln 1996.
Neue-Wagener
F. Neue, Formenlehre der lateinischen Sprache, dritte, sehr vermehrte
Auage von C. Wagener, I-IV, Berlin-Leipzig 1892-1905.
Neumeister 2000
C. Neumeister, Martials Lobgedicht auf ein Landgut in der Gegend
von Baiae (3, 58), in A. Haltenhoff-F.-H. Mutschler (Hrsg.), Hortus
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Nicolai Perotti Cornu Copiae
J.-L. Charlet-M. Furno et al. (edd.), Nicolai Perotti Cornu Copiae seu
linguae Latinae commentarii, I-VIII, Sassoferrato 1989-2001.
Nisbet-Hubbard1
A Commentary on Horace: Odes, Book I, by R.G.M. Nisbet and M.
Hubbard, Oxford 1970.
Nisbet-Hubbard2
A Commentary on Horace: Odes, Book II, by R.G.M. Nisbet and M.
Hubbard, Oxford 1978.
Nissen, IL

Abbreviazioni bibliograche

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H. Nissen, Italische Landeskunde, I-II, Berlin 1883-1902.


Nolhac 1887
P. de Nolhac, La bibliothque de Fulvio Orsini, Paris 1887 (= GenveParis 1976).
Norcio
Epigrammi di Marco Valerio Marziale, a c. di G. Norcio, Torino 1980.
Norcio 1960
G. Norcio, Marziale ad Imola, Strenna Storica Bolognese 10, 1960,
pp. 185-195.
Norden
P. Vergilius Maro. Aeneis Buch VI, erklrt von E. Norden, Leipzig
und Berlin 19343.
Norden 1923
E. Norden, Agnostos Theos. Untersuchungen zur Formen religiser
Rede, Leipzig 19232 (= Darmstadt 1956).
Obermayer 1998
H.P. Obermayer, Martial und der Diskurs ber mnnliche
Homosexualitt in der Literatur der frhen Kaiserzeit, Tbingen
1998.
OLD
P.G.W. Glare (ed.), Oxford Latin Dictionary, Oxford 1968-1982.
Opelt, Euphemismus
I. Opelt, Euphemismus, in RAC VI 947-964.
Otto, Sprichwrter
Die Sprichwrter und sprichwrtlichen Redensarten der Rmer,
gesammelt und erklrt von A. Otto, Leipzig 1890 (= Hildesheim 1962).
Paley-Stone
M. Val. Martialis epigrammata selecta, with english notes by F.A.
Paley and W.H. Stone, London 1896 [III 1-2; 4-8; 10-16; 18-23; 25; 27;
29-31; 36; 38; 40; 43-48; 50; 52; 55-58; 60-63; 65-67; 77; 94; 99-100].
Paoli
Marziale. Epigrammi scelti, a c. di U.E. Paoli, Firenze 1931 [III 2; 7-9;
12-15; 18; 21-22; 25; 37; 39; 41; 43-47; 49-50; 52; 55; 57-58; 60-64; 67;
94; 100].
Paoli 1932
U.E. Paoli, Note di lologia reale su Catullo, Orazio, Marziale, SIFC
10, 1932, pp. 23-37.

36

Abbreviazioni bibliograche

Pape-Benseler
W. Pape, Wrterbuch der griechischen Eigennamen, Dritte Auage.
Neu bearbeitet von G.E. Benseler, Braunschweig 1884.
Parroni 1979
P. Parroni, Gli stulti parentes di Marziale e il prezzo di una vocazione
(nota a Mart. 9, 73), in Studi di poesia latina in onore di A. Traglia,
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Parroni 19792
P. Parroni, recensione a Citroni, RFIC 107, 1979, pp. 83-92.
Parroni 1984
P. Parroni, Nostalgia di Roma nellultimo Marziale, Vichiana N.S.
13, 1984 (Miscellanea di studi in memoria di Francesco Arnaldi), pp.
126-134.
Parroni 1993
P. Parroni, Su alcuni epigrammi di Marziale (in margine a una recente
edizione), RPL 16, 1993, pp. 57-61.
Parroni 1996
P. Parroni, Marziale 3, 33, in Studi latini in ricordo di Rita Cappelletto,
Urbino 1996, pp. 71-74.
Pasquali 1934
G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 1934 (=
Firenze 19522).
Paukstadt 1876
R. Paukstadt, De Martiale Catulli imitatore, Diss. Halis Saxonum 1876.
Pavanello 1994
R. Pavanello, Nomi di persona allusivi in Marziale, Paideia 49,
1994, pp. 161-178.
Pease
M. Tulli Ciceronis De natura deorum, edited by A.S. Pease, I-II, Cambridge Mass. 1955-1958.
Pecere 1986
O. Pecere, La tradizione dei testi latini tra IV e V secolo attraverso i
libri sottoscritti, in Societ romana e impero tardoantico, IV, Tradizione
dei classici, trasformazioni della cultura, a c. di A. Giardina, Roma-Bari
1986, pp. 19-81.
Pertsch 1911
E. Pertsch, De Valerio Martiale Graecorum poetarum imitatore,

Abbreviazioni bibliograche

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Diss. Berlin 1911.


Philip Ambrose 1980
Z. Philip Ambrose, The Etymology and Genealogy of Palinurus,
AJPh 101, 1980, pp. 449-457.
Pichon
R. Pichon, Index verborum amatoriorum, Hildesheim-Zrich-New
York 1991 (rist. da R. Pichon, De Sermone amatorio apud Latinos
elegiarum scriptores, Paris 1902, pp. 75-303).
PIR
E. Klebs-H. Dessau-P. von Rhden (edd.), Prosopographia Imperii
Romani saec. I. II. III., I-III, Berolini 1897-1898.
PIR2
E. Groag-A. Stein-L. Petersen (edd.), Prosopographia Imperii Romani
saec. I. II. III., editio altera, I-V (A-O), Berolini et Lipsiae 1933-.
Pitcher 1998
R.A. Pitcher, Martials Debt to Ovid, in Grewing, Toto notus, pp. 59-76.
Platnauer 1951
M. Platnauer, Latin Elegiac Verse. A Study of the metrical Usages of
Tibullus, Propertius & Ovid, Cambridge 1951.
Polara
Publilii Optatiani Porfyrii Carmina, recensuit Iohannes Polara,
I, Textus, adiecto indice verborum; II, Commentarium criticum et
exegeticum, Aug. Taurinorum 1973.
Post
Selected epigrams of Martial, edited with introduction and notes by E.
Post, Boston-New York-Chicago-London 1908 [III 2; 4; 7; 12; 14-15;
18; 22; 25; 35; 38; 43-46; 50; 52; 58; 60-61; 63; 99].
Prinz 1911
K. Prinz, Martial und die griechische Epigrammatik, Wien 1911.
Priuli 1975
S. Priuli, Ascyltus. Note di onomastica petroniana, Bruxelles 1975.
RAC
Reallexicon fr Antike und Christentum, begrundet von F.J. DolgerTh. Klauser-H. Kruse-H. Lietzmann-J.H. Waszink, hrsgg. von Th.
Klauser, Stuttgart 1950-.
Rader
M. Valeri Martialis Epigrammaton libri omnes, novis commentariis

38

Abbreviazioni bibliograche

multa cura studioque confectis explicati, illustrati, rerumque et verborum,


lemmatum item et communium locorum variis et copiosis indicibus
aucti a Matthaeo Radero, de Societate Iesu, Ingolstadii 1602.
Ramirez de Prado
M. Valerii Martialis Epigrammatum Libri XV, Laurentii Ramirez
de Prado Hispani novis commentariis illustrati. Cum indice omnium
verborum Iosephi Langii Caesaremont. et aliis indicibus locupletissimis,
Parisiis apud Claudium Morellum 1607.
RE
Paulys Real-Encyclopdie der klassischen Altertumswissenschaft,
hrsgg. von G. Wissowa-W. Kroll-K. Witte-K. Mittelhaus-K. Ziegler,
Stuttgart-Mnchen 1893-1978.
Reeve 1980
M. Reeve, Two Notes on the Medieval Tradition of Martial,
Prometheus 6, 1980, pp. 193-200.
Reeve 1983
M. Reeve, Martial, in L.D. Reynolds (ed.), Texts and Transmission. A
Survey of the Latin Classics, Oxford 1983, pp. 239-244.
Renn 1888-89
E. Renn, Die griechischen Eigennamen bei Martial. Grammatischkritische Untersuchung, Programm der bayer. Studienanstalt Landshut
1888-89.
Richlin 1992
A. Richlin, The Garden of Priapus. Sexuality and Aggression in
Roman Humor, New York-Oxford 1992.
Romano
Q. Orazio Flacco, Le Opere, I 2, Le Odi, il Carme Secolare, gli Epodi,
Commento di E. Romano, Roma 1991.
Ronconi 1940
A. Ronconi, Per la storia del diminutivo latino. Studi esegetici e
stilistici, StudUrb (B) 14, 1-2, 1940, pp. 1-45.
Ronconi 1971
A. Ronconi, Studi catulliani, Brescia 19712 (Bari 19531).
Rooy
Congetture di Antony de Rooy desunte da Schneidewin1.
Roscher
W.H. Roscher, Ausfhrliches Lexicon der griechischen und rmischen

Abbreviazioni bibliograche

39

Mythologie, Leipzig 1884-1937.


Saggese 1995
P. Saggese, Nota a Mart. VIII 46 e XI 99, 5-6, Maia 47, 1995, pp.
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Salanitro 1984
M. Salanitro, recensione a Norcio, A&R 29, 1984, pp. 83-86.
Salanitro 1991
M. Salanitro, Il sale romano degli epigrammi di Marziale, A&R 36,
1991, pp. 1-25.
Salanitro 1991-92
M. Salanitro, Unespressione della lingua delluso e la vanit della
toga in Marziale, InvLuc 13-14, 1991-92, pp. 281-288.
Salanitro 2002
M. Salanitro, Testo critico ed esegesi in Marziale (con note di discussione
di Antonio La Penna), Maia 54, 2002, pp. 557-576.
Salanitro 2003
M. Salanitro, Una statua assassina (Mart., 3, 19), A&R 48, 2003, pp.
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Salemme 1998
C. Salemme, Marziale, in EO III, pp. 44-46.
Saller 1983
R.P. Saller, Martial on Patronage and Literature, CQ 33, 1983, pp.
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Sanders, Gallos
G.M. Sanders, Gallos, in RAC VIII 984-1034.
Sauter 1934
F. Sauter, Der rmische Kaiserkult bei Martial und Statius, StuttgartBerlin 1934.
SB
SB1 e SB2.
1
SB
M. Val. Martialis epigrammata, post W. Heraeum edidit D.R.
Shackleton Bailey, Stutgardiae 1990.
2
SB
Martial, Epigrams, edited and translated by D.R. Shackleton Bailey,
I-III, Cambridge Mass.-London (Loeb) 1993.

40

Abbreviazioni bibliograche

Scndola-Merli
Marco Valerio Marziale, Epigrammi, saggio introduttivo di M.
Citroni, trad. di M. Scndola, note di E. Merli, Milano 1996.
Schanz-Hosius
Geschichte der rmischen Literatur, von M. Schanz, II4, neuarbeitet
von C. Hosius, Mnchen 1935.
Scherf 2001
J. Scherf, Untersuchungen zur Buchgestaltung Martials, MnchenLeipzig 2001.
Schilling 1949
R. Schilling, Une allusion au rite des Arrphories dans un passage de
Martial (III 68, 8), in Mlanges darchologie et dhistoire offerts Ch.
Picard, II, Paris 1949, pp. 946-950 (= Schilling 1979, pp. 149-153).
Schilling 1979
R. Schilling, Rites, cultes, dieux de Rome, Paris 1979.
Schmid 1984
W. Schmid, Sptantike Textdepravationen in den Epigrammen
Martials, in Id., Ausgewhlte philologische Schriften, hrsgg. von H.
Erbse und J. Kppers, Berlin-New York 1984, pp. 400-443.
Schneider 2000
W.J. Schneider, Ein Sprachspiel Martials, Philologus 144, 2000, pp.
339-353.
Schneidewin
Schneidewin1 e Schneidewin2.
Schneidewin1
M. Val. Martialis epigrammaton libri, Edidit F.G. Schneidewin,
Grimae 1842 (editio maior).
Schneidewin2
M. Val. Martialis epigrammaton libri, Ex recensione sua denuo
recognita edidit F.G. Schneidewin, Lipsiae 1853 (editio minor).
Schffel
Ch. Schffel, Martial, Buch 8, Einleitung, Text, bersetzung,
Kommentar, Stuttgart 2002.
Schrevel
M. Valerii Martialis Epigrammata, cum notis Farnabii et variorum,
geminoque indice tum rerum tum auctorum, accurante Cornelio
Schreveli, Lugduni Batavorum apud Franciscum Hackium 1656.

Abbreviazioni bibliograche

41

Schubert 1998
C. Schubert, Studien zum Nerobild in der lateinischen Dichtung der
Antike, Stuttgart und Leipzig 1998.
Schulze 1933
W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlin 1933.
Schuster 1926
M. Schuster, Kritische und erklrende Beitrge zu Martial, RhM 75,
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Scriverius
M. Val. Martialis nova editio ex museo Petri Scriveri, Lugduni
Batavorum apud Ioannem Maire 1619.
P. Scriverii Animadversiones in Martialem. Opus iuvenile et nunc
primum ex intervallo quindecim annorum repetitum, Lugduni
Batavorum apud Ioannem Maire 1618.
Shackleton Bailey 1978
D.R. Shackleton Bailey, Corrections and explanations of Martial,
CPh 73, 1978, pp. 273-296 (= Shackleton Bailey 1997, pp. 65-94).
Shackleton Bailey 1989
D.R. Shackleton Bailey, More corrections and explanations of Martial,
AJPh 110, 1989, pp. 131-150.
Shackleton Bailey 1994
D.R. Shackleton Bailey, Homoeoteleuton in Latin Dactylic Verse,
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Shackleton Bailey 1997
D.R. Shackleton Bailey, Selected Classical Papers, Ann Arbor 1997.
Sherwin-White
The Letters of Pliny. A Historical and Social Commentary, by A.N.
Sherwin-White, Oxford 1966.
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E. Siedschlag, Zur Form von Martials Epigrammen, Berlin 1977.
SLRA
G. Cavallo-P. Fedeli-A. Giardina (edd.), Lo spazio letterario di Roma
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Solin 1982
H. Solin, Die griechischen Personennamen in Rom. Ein Namenbuch,
I-III, Berlin 1982.

42

Abbreviazioni bibliograche

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F. Sposi, Archeologia e poesia in due epigrammi di Marziale (2,14;
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Stephenson
Selected epigrams of Martial, edited with introduction, notes and
appendices by the rev. H.M. Stephenson, London and New York 1895
[III 1-2; 5-7; 10; 16; 19-22; 30-31; 36; 38; 47; 50; 52; 55-58; 60; 63; 67;
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Stobbe 1867
H.F. Stobbe, Die Gedichte Martials. Eine chronologische
Untersuchung, Philologus 26, 1867, pp. 44-80.
Sullivan 1991
J.P. Sullivan, Martial: the unexpected classic. A literary and historical
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Swann 1994
B.W. Swann, Martials Catullus. The Reception of an Epigrammatic
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Syme 1978
R. Syme, Antonius Saturninus, JRS 68, 1978, pp. 12-21 (= Id.,
Roman Papers, III, ed. by A.R. Birley, Oxford 1984, pp. 1070-1084).
Syme 1980
R. Syme, Some Arval Brethren, Oxford 1980.
Szelest 1976
H. Szelest, Martials Epigramme auf merkwrdige Vorflle,
Philologus 120, 1976, pp. 251-257.
Szelest 1980
H. Szelest, Ut faciam breviora mones epigrammata, CordeEine
Martial-Studie, Philologus 124, 1980, pp. 99-108.
Tandoi 1992
V. Tandoi, Scritti di lologia e di storia della cultura classica, a c. di
F.E. Consolino, G. Lotito, M.-P. Pieri, G. Sommariva, S. Timpanaro,
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Tchernia 1986
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Thiele 1911
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Abbreviazioni bibliograche

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ThlL
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Thompson, Birds
DA.W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, London 19362.
Thompson, Fishes
DA.W. Thompson, A Glossary of Greek Fishes, London-Oxford
1947.
Thomson
Catullus, edited with a textual and interpretative commentary by D.F.S.
Thomson, Toronto-Buffalo-London 1997.
Thomson 1964
D.F.S. Thomson, Interpretations of Catullus II: 95,8, Phoenix 18,
1964, pp. 30-36.
Tosi 1994
R. Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Milano 199410.
Toynbee 1973
J.M.C. Toynbee, Animals in Roman Life and Art, London 1973.
Traina 1995
A. Traina, Lo stile drammatico del losofo Seneca, Bologna 19954.
Trnkle 1960
H. Trnkle, Die Sprachkunst des Properz und die Tradition der
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Treggiari 1991
S. Treggiari, Roman Marriage. Iusti Coniuges from the time of Cicero
to the time of Ulpian, Oxford 1991.
Vnnen 1974
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, a c. di A. Limentani,
trad. it. di A. Grandesso Silvestri, Bologna 19742 (19711).
Van Wageningen 1912
I. Van Wageningen, Cerdo sive de nominibus propriis Latinis
appellativorum loco adhibitis, Mnemosyne N.S. 40, 1912, pp. 147-172.
Verdire
R. Verdire, Gratti Cynegeticon Libri I quae supersunt, I, Text et
Traduction; II, Commentaire, Wetteren 1963.
Ville 1981
G. Ville, La gladiature en Occident des origines la mort de Domitien,
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Vocabularium Iurisprudentiae Romanae, iussu Instituti Savigniani
composuerunt O. Gradenwitz, B. Kuebler, E. Th. Schulze, Berolini
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Walter
M. Valerius Martialis, Epigramme, ausgewhlt, eingeleitet und
kommentiert von U. Walter, Paderborn-Wien-Mnchen-Zrich 1996
[III 8-9; 11; 32; 38; 43; 63].
Walther
H. Walther, Lateinische Sprichwrter und Sentenzen des Mittelalters
in alphabetischer Ordnung, I-V, Gttingen 1963-1967.
H. Walther, Lateinische Sprichwrter und Sentenzen des Mittelalters
und der frhen Neuzeit in alfabetischer Anordnung, I-III, Gttingen
1982-1986.
Watson 1982
P.A. Watson, Martials Fascination with Lusci, G&R 29, 1982, pp.
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Watson 2002
P.A. Watson, The Originality of Martials Language, Glotta 78,
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Watson 2003
P.A. Watson, Martials Marriage. A new approach, RhM 146, 2003,
pp. 38-48.
Watson-Watson
L. Watson-P.A. Watson, Martial. Select Epigrams, Cambridge 2003
[III 2; 8; 12; 34; 44; 52; 57; 65; 75-76; 78; 82; 85; 87].
Weinreich 1928
O. Weinreich, Studien zu Martial. Literarhistorische und religionsgeschichtliche Untersuchungen, Stuttgart 1928.
Westendorp Boerma
P. Vergili Maronis libellum qui inscribitur Catalepton conspectu
librorum, prolegomenis, notis criticis, commentario exegetico instruxit
R.E.H. Westendorp Boerma, I, Assen 1949; II, ibid. 1963.
White 1974
P. White, The Presentation and Dedication of the Silvae and the
Epigrams, JRS 64, 1974, pp. 40-61.

Abbreviazioni bibliograche

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P. White, Amicitia and the Profession of Poetry, JRS 68, 1978, pp.
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Wilkinson 1948
G.A. Wilkinson, The Trisyllabic Ending of the Pentameter: its
Treatment by Tibullus, Propertius and Martial, CQ 42, 1948, pp.
68-75.
Wille 1967
G. Wille, Musica Romana. Die Bedeutung der Musik im Leben der
Rmer, Amsterdam 1967.
Williams
Martial Epigrams Book Two, edited with Introduction, Translation
and Commentary by C.A. Williams, Oxford-New York 2004.
Wills 1996
J. Wills, Repetition in Latin Poetry. Figures of Allusion, Oxford
1996.
Wilson 1938
L.M. Wilson, The Clothing of the Ancient Romans, Baltimore 1938.
Wissowa 1912
G. Wissowa, Religion und Kultus der Rmer, Mnchen 19122 (=
Mnchen 1971).

46

Abbreviazioni bibliograche

Introduzione

47

INTRODUZIONE

1. Il terzo libro degli epigrammi: lesilio di Marziale


Il terzo libro degli epigrammi costituisce un caso quasi unico allinterno
dellampia produzione del poeta di Bilbilis: esso viene infatti composto
e pubblicato da Marziale mentre si trova lontano da Roma (nella Gallia
Cispadana)1. Leccezionalit della situazione evidenziata tramite un
cospicuo gruppo di componimenti proemiali2. Nellepigramma di apertura
del libro il poeta, rivolgendosi al generico lettore romano, presenta lopera
come proveniente dalla Gallia togata (2 Gallia Romanae nomine dicta
togae) e immagina che sar apprezzata meno del suo precedente libro3,
proprio perch provinciale4. Lanomalia della pubblicazione, che avviene
in assenza del poeta da Roma, ribadita negli altri epigrammi proemiali,
in cui Marziale si rivolge al proprio libro personicato5 fornendogli
indicazioni su come dovr rispondere alle domande che gli verranno poste
(epigr. 4) e su dove dovr recarsi per avere ospitalit (epigr. 5): 4, 1 sg.
Romam vade liber: si, veneris unde, requiret, / Aemiliae dices de regione
viae; 5, 1 sg. sine me cursurus in urbem, / parve liber. Non solo: nei
tre epigrammi con cui invia il libro a Roma (1; 4; 5; lepigr. 2, dedica a
Faustino, presenta una diversa tipologia, per cui vd. p. 57), il poeta indirizza
i suoi lettori, attraverso una serie di allusioni testuali, verso un modello a

Il solo altro caso di pubblicazione fuori da Roma, solo per certi versi paragonabile a
questo, quello del XII libro, lultimo, che Marziale scrive dopo il suo denitivo ritorno
in Spagna.
2
1; 2; 4; 5 (lepigr. 3 concordemente considerato spurio): su questi epigrammi vd. Merli
1993, p. 240; Scherf 2001, p. 28 sg.
3
Il v. 3 hunc legis et laudas librum fortasse priorem stato lungamente dibattuto tra gli
interpreti, ma, come sostenuto da Citroni, p. XIV, Marziale si riferisce probabilmente al
libro II. Per le altre ipotesi e per la discussione della questione vd. la n. ad loc.
4
La pointe dellepigramma costruita sul motivo dellinferiorit di ci che provinciale
nei confronti di ci che urbano (vd. la n. al v. 6).
5
Sul largo uso da parte di Marziale del modulo dellapostrofe al libro, inaugurato da Orazio
con lepistola I 20 e sviluppato in modo originale da Ovidio nelle elegie dellesilio, vd.
Citroni 1986, p. 136 sgg.
1

48

Alessandro Fusi

loro di certo ben noto: Ovidio, e, pi precisamente, lOvidio dellesilio6. La


trama allusiva appare evidente nellepigramma di presentazione del libro,
che si apre con un verso (hoc tibi, quidquid id est, longinquis mittit ab
oris) intessuto di elementi ovidiani: la formula incipitaria (hoc tibi) e il verbo
di invio (mittit) richiamano Pont. I 1, 2 hoc tibi de Getico litore mittit
opus, epistola di presentazione dellopera; quidquid id est lespressione
con la quale Ovidio, nella stessa epistola, mostra di deprezzare le sue elegie
dellesilio (I 1, 21 quidquid id est, adiunge meis). Marziale inoltre denisce
la Gallia Cisalpina, regione da cui invia lopera, una terra lontana (longinquis
ab oris), utilizzando lattributo usato da Ovidio a proposito del Ponto:
cfr. trist. III 1, 26 longinquo referam lassus ab orbe pedem7. Anche lidea
espressa in chiusura di epigramma della necessaria inferiorit di un libro
straniero (Gallus) rispetto a quello composto nella domina urbs riprende
la convinzione, espressa pi volte da Ovidio, che i libri scritti in esilio non
siano allaltezza dei precedenti (cfr., ad es., trist. I 1, 35 sgg.; 11, 35 sgg.; IV
1, 1 sgg.). Ancora a Ovidio rimandano lincipit dellepigr. 4 (Romam vade,
liber ~ trist. I 1, 15 vade liber), come anche lidea del dialogo tra il libro
personicato e la citt (cfr. trist. III 1), e di iuncturae ovidiane costellato
lepigr. 5 (cfr., ad es., v. 1 sine me cursurus in urbem ~ trist. I 1, 1 sine me
liber ibis in urbem; 2 parve liber ~ trist. I 1, 1 parve liber; per altri
contatti vd. le nn. allepigr.). Marziale presenta dunque il proprio soggiorno
nella Cisalpina come una sorta di esilio in terre remote.
Ovidio probabilmente, insieme a Catullo, il poeta pi imitato da Marziale: unidea, per lo
pi quantitativa, dellinuenza del poeta di Sulmona si pu ricavare dai numerosissimi loci
similes raccolti nel corso dei decenni: vd. A. Zingerle, Martials Ovidstudien, Innsbruck
1877; E. Wagner, De M. Valerio Martiale poetarum Augusteae aetatis imitatore, Diss.
Knigsberg 1880 (studio conuito nellapparato di loci similes di Friedlaender); E.
Siedschlag, Ovidisches bei Martial, RFIC 100, 1972, pp. 156-161; Fletcher 1983; di un
caso particolare di allusione ovidiana mi sono occupato nellarticolo Marziale e la fama
di Ovidio (Nota a Mart. 5, 10), RFIC 128, 2000, pp. 313-322. Linuenza delle opere
ovidiane dellesilio sul formulario di invio dei libri stata evidenziata da Citroni nel suo
studio sullapostrofe al libro, modulo di cui Marziale fa ampio uso (Citroni 1986). Sui
contatti con lOvidio dellesilio vd. anche Pitcher 1998, pp. 59-72.
7
Oltre che in questo passo lattributo longinquus, di uso prevalentemente prosastico, ricorre
in Ovidio soltanto unaltra volta ancora in unopera dellesilio e in riferimento, seppure in
modo meno preciso, al Ponto: Ibis 145 sg. sive per immensas iactabor naufragus undas, /
nostraque longinquus viscera piscis edet. Forse lindividuazione di un sottotesto ovidiano
ha suggerito allumanista che ha postillato di correzioni il codice f la variante quo orbe
in luogo di qua urbe in 4, 3 si quibus in terris, qua simus in urbe rogabit.
6

Introduzione

49

Una spiegazione sulle cause di questo autoesilio fornita dal poeta


nellepigr. 4, unapostrofe al proprio libro personicato, che istruisce sulle
informazioni che dovr dare al suo arrivo a Roma: in questi versi, oltre a
specicare con precisione dove si trovi al momento della pubblicazione
del libro, Marziale chiarisce per quali ragioni si sia allontanato da Roma:
si quibus in terris, qua simus in urbe, rogabit, / Corneli referas me licet
esse Foro. / cur absim, quaeret, breviter tu multa fatere: / non poterat
vanae taedia ferre togae (2-6). Egli invia dunque il libro da Forum Corneli
(lodierna Imola), dove si recato poich non riusciva a sopportare i
vanae taedia togae. Per quanto riguarda il suo rientro a Roma, il poeta d
al libro queste indicazioni: quando venit? dicet: tu respondeto: Poeta /
exierat: veniet, cum citharoedus erit (7 sg.). Egli ha dunque abbandonato
temporaneamente Roma perch stanco delle fatiche di cliente, di cui la toga
rappresenta la divisa e il simbolo, e vi far ritorno, come afferma con amara
ironia, soltanto quando sar divenuto citaredo, ovvero quando potr svolgere
una professione in grado di arricchirlo8. Nellallontanamento di Marziale da
Roma non bisogna vedere nulla di traumatico e denitivo9, come dimostra il
fatto che il libro viene inviato a Roma e al lettore romano senzaltro si rivolge
il poeta: Roma rimane sempre la Musa ispiratrice di Marziale e il soggiorno
in Cispadana non inuisce in misura signicativa sulla sua poesia (vd. p. 61
sg.). Un certo peso nella scelta di Marziale ebbe senzaltro il peggioramento
della condizione dei clienti, in conseguenza di un editto di Domiziano che
aboliva la sportula, il donativo di cento quadranti distribuito dai patroni ai
loro clienti, per restaurare lantica consuetudine della recta cena10. Il tema
dellabolizione della sportula occupa uno spazio signicativo nel libro (cfr.
epigr. 7; 14; 30; 60) ed plausibile che con lespressione vanae taedia togae
il poeta alluda specicamente allassenza del donativo11.
Il mestiere di citaredo era molto redditizio. Laffermazione non va naturalmente presa alla
lettera, come hanno fatto alcuni studiosi, ma va inquadrata nel tema, ricorrente nellopera
di Marziale, della povert del poeta, spesso in contrasto con la ricchezza di personaggi di
umili origini (vd. la n. ad loc.).
9
Certamente Marziale non intendeva chiudere ad Imola i propri giorni, come sostengono
E. Paratore (La letteratura latina dellet imperiale, nuova edizione aggiornata, FirenzeMilano 1969, p. 156) e Norcio 1960, p. 187 sg.; questultimo ha successivamente attenuato
la sua posizione: vd. Norcio, p. 14.
10
Cfr. Suet. Dom. 7, 1; vd. Gsell 1894, p. 86.
11
Vd. Salanitro 1991-92, p. 286 sgg. e la mia n. al verso.
8

50

Alessandro Fusi

Marziale decise quindi di riposarsi per qualche tempo dalla vita


caotica dellUrbe, approttando probabilmente dellinvito di un patrono12.
Shackleton Bailey13 si domanda se il poeta, ospite di qualche patrono,
avrebbe mancato di menzionarlo e ritiene possibile che gli fosse stata
afdata la gestione di qualche propriet o qualche affare. Lobiezione
a mio avviso valida e ritengo che unanalisi approfondita del libro possa
dimostrare che Marziale ha effettivamente menzionato e ringraziato a suo
modo colui che laveva ospitato (vd. 3).
La peculiare situazione in cui il libro viene composto14 e pubblicato si
riette nel contenuto dei suoi epigrammi, che non presentano allusioni ad
avvenimenti storici contemporanei, con la conseguente difcolt per gli
studiosi di stabilire una datazione certa del libro. Non vi sono epigrammi
celebrativi o adulatori nei confronti dellimperatore, che viene menzionato
indirettamente soltanto nellepigr. 95, in cui alleffeminato Nevolo, che
si comporta in modo altezzoso nei suoi confronti15, Marziale ricorda i
privilegi ottenuti da Tito e da Domiziano grazie alla sua poesia: praemia
laudato tribuit mihi Caesar uterque / natorumque dedit iura paterna
trium (5 sg.); vidit me Roma tribunum / et sedeo qua te suscitat Oceanus.
/ quot mihi Caesareo facti sunt munere cives, / nec famulos totidem
suspicor esse tibi (9-12). Tale assenza di versi che celebrino limperatore
va ricondotta alla situazione contingente che lo vede pubblicare il libro
fuori da Roma e alla posizione del poeta, non ancora stabilmente inserito
nella cerchia dei poeti di corte; stato infatti giustamente evidenziato16
come la presenza dellimperatore nei primi libri di Marziale sia piuttosto
limitata: nel I libro Marziale si rivolge a Domiziano in modo estremamente
cauto17, senza dedicargli il libro, ma chiedendo tolleranza per i suoi epi-

12
Di questa opinione sono, ad es., Izaac, I, p. XIII; Citroni 1987, p. 143; Sullivan 1991, p.
30 sg.
13
SB2, I, p. 3 n. 8.
14
Naturalmente il libro potr contenere epigrammi scritti precedentemente allallontanamento di Marziale da Roma e non ancora pubblicati in un libro. Questo non incide
tuttavia sulla valutazione complessiva del libro cispadano.
15
1 sg. numquam dicis have sed reddis, Naevole, semper, / quod prior et corvus dicere
saepe solet.
16
Vd. Citroni 1988, p. 17 sgg.; Merli 1993, p. 237 sgg.
17
I 4, 1 sg. contigeris nostros, Caesar, si forte libellos, / terrarum dominum pone supercilium.

Introduzione

51

grammi lascivi18. Gli altri epigrammi del libro per Domiziano sono quelli
del ciclo dei leoni e delle lepri, che probabilmente Marziale aveva gi
presentato allimperatore19. Nel libro II Marziale celebra lassunzione
da parte di Domiziano del titolo di Germanicus (epigr. 2), che risaliva
a circa tre anni prima della pubblicazione del libro20; lepigramma era
stato dunque certamente presentato in precedenza allimperatore; i
soli due altri epigrammi che riguardano limperatore sono II 91 e 92, il
primo una richiesta del ius trium liberorum, il secondo uno scherzoso
ringraziamento per ladempimento del suo voto (anche questi due
epigrammi risalgono certamente a vari anni prima della pubblicazione del
libro, poich Domiziano aveva confermato al principio del suo regno i
privilegi conferiti da Tito).
Non deve perci stupire la quasi completa assenza dellimperatore dal
libro, tenuto conto anche del fatto che una sezione cospicua di esso (epigr.
68-100) riservata a epigrammi di carattere licenzioso, caratterizzati da
linguaggio esplicito, come Marziale si preoccupa di dichiarare in una
sorta di proemio al mezzo (epigr. 68). Lallontanamento di Marziale, se
pure ebbe tra le sue cause labolizione della sportula, non si congur
certo come una critica esplicita alleditto dellimperatore, come testimonia
il sempre maggiore avvicinamento a Domiziano che si nota a partire
proprio dal libro IV che, pur non formalmente dedicato allimperatore,
ne celebra in apertura il genetliaco (IV 1) e contiene numerosi epigrammi
adulatori21. Il V libro, formalmente dedicato allimperatore, segner la
denitiva affermazione di Marziale come poeta di prestigio nella Roma di
Domiziano22.

I 4, 5-8 qua Thymelen spectas derisoremque Latinum, / illa fronte precor carmina
nostra legas. / innocuos censura potest permittere lusus: / lasciva est nobis pagina, vita
proba.
19
Vd. Citroni, p. XXIV sg.; Citroni 1988, p. 18.
20
Viene collocata tra il 9 giugno e il 28 agosto dell83: vd. T.V. Buttrey, Documentary
Evidence for the Chronology of the Flavian Titulature, Meisenheim am Glan 1980, p. 52
sgg.; Marziale ne fa menzione gi negli Xenia: serus ut aetheriae Germanicus imperet aulae
/ utque diu terris, da pia tura Iovi (XIII 4).
21
Vd. Citroni 1988, p. 19 sgg.
22
Vd. Citroni 1988, p. 21 sgg.
18

52

Alessandro Fusi

2. La cronologia del libro


Il libro, come gi ricordato, non contiene riferimenti a eventi storici
contemporanei e perci gli elementi per una datazione sono quanto
mai incerti23. Un sicuro terminus ante quem il 24 ottobre 88, data del
genetliaco di Domiziano, che Marziale celebra in IV 124: senzaltro a
quella data il libro III doveva essere gi stato pubblicato, poich altrimenti
Marziale non avrebbe mancato di inserirvi un componimento celebrativo
cos attuale e rilevante. Il terminus post quem costituito dalla data di
pubblicazione del II libro, anchessa per difcilmente individuabile con
precisione: Friedlaender (I, p. 54), accogliendo lipotesi di Stobbe 1867, p.
62 sg., riteneva che i primi due libri di epigrammi fossero stati pubblicati
congiuntamente verso la ne dell85 o agli inizi dell8625. Citroni (p. IX
sgg.), riutando, credo con buone ragioni, lipotesi di edizione congiunta,
pone la pubblicazione del I libro agli inizi dell86 e quella del II tra l86 e
l87. Egli ritiene comunque verosimile che Marziale possa aver pubblicato
il II libro a breve distanza dal I, sullonda del successo ottenuto, utilizzando
epigrammi scritti in precedenza, che per ragioni di spazio non erano
potuti entrare nel libro26. pertanto ragionevole pensare che allinizio
dell87 Marziale avesse pubblicato i suoi primi due libri di epigrammi. La
pubblicazione del libro III si colloca dunque in un arco di tempo che va
dallinizio dell87 al 24 ottobre dell8827.
23
Punto di partenza per le ricerche sulla cronologia dei libri di Marziale la Einleitung
delledizione di Friedlaender (I, pp. 50-67). Importanti contributi sono stati recati da Citroni:
vd. lintroduzione del commento al I libro (pp. IX-XXI); Citroni 1988, p. 11 sgg.; Citroni
1989, pp. 214-225; vd. anche Syme 1978, pp. 12-21; Syme 1980, p. 43 sg.; A. Canobbio,
Sulla cronologia del V libro di Marziale, Athenaeum 82, 1994, pp. 540-550, rielaborato
con aggiornamenti in Canobbio 2002, pp. 44-52.
24
Lanno garantito dalla menzione dei Ludi Saeculares (v. 7 sg.), che furono celebrati
nell88. Come data per la pubblicazione del libro IV si possono assumere i Saturnali dell88
(vd. Friedlaender, I, p. 55 sg.; Citroni 1989, pp. 217-220); R. Syme sposta la data al gennaio
89 in considerazione della rivolta di Antonio Saturnino, ricordata in IV 11 e scoppiata il
primo gennaio 89 (Syme 1978, pp. 12-21; Syme 1980, p. 43 sg.).
25
Lipotesi nasce da unesegesi poco persuasiva di III 1, 3: vd. la n. ad loc.
26
Citroni 1987, p. 138 n. 7. Lipotesi riceve conforto da un dato statistico: il libro II ,
quanto al numero dei versi, il pi breve fra i dodici di Marziale (546 contro una media di
circa 700; vd. le statistiche in Scherf 2001, p. 107 sgg.).
27
A questa cronologia ampia si limitato Friedlaender, I, p. 54 sg.

Introduzione

53

Lunico tentativo di stabilire una cronologia pi precisa stato


compiuto da Citroni 198728, le cui conclusioni, tenuto conto della scarsit
dei dati oggettivi, sono perfettamente plausibili. Dalle osservazioni di
Citroni pertanto opportuno prendere le mosse. Lepigr. 6 dedicato alla
depositio barbae del giovane Marcellino e al compleanno del padre, amico
di Marziale: la festa si celebra il 17 maggio29. La collocazione dellepigramma
in posizione di rilievo, subito dopo la serie proemiale, suggerisce che
esso descriva una situazione piuttosto attuale, altrimenti lomaggio
perderebbe il suo valore. Tra le due possibilit (87 o 88) Citroni 1987, p.
140 propende per il 17 maggio dell87 sulla base di questa considerazione:
il IV libro contiene espliciti riferimenti a un soggiorno estivo di Marziale
in Campania30; Marziale deve perci aver lasciato la Cispadana nei primi
mesi dell88 per aver avuto il tempo di tornare a Roma e ricevervi gli inviti
per lestate sul golfo di Napoli.
Gli inizi dell88 costituiscono dunque per Citroni un terminus ante
quem per la pubblicazione del III libro. In IV 25 Marziale parla con
entusiasmo del litorale veneto tra Altino e Aquileia, paragonandolo
a Baia e auspicando che possa un giorno essere il porto della sua vecchiaia; lescursione non sar avvenuta nei mesi pi freddi: il marzo 88
comporterebbe tempi troppo ristretti per il rientro a Roma per riallacciare
i rapporti con gli amici e ricevere gli inviti per lestate; perci si pu
collocare nellottobre 87; la pubblicazione del III libro si pu collocare
poco prima: nel settembre-ottobre 87. Nellepigr. 20 Marziale chiede alla
Musa cosa stia facendo lamico Canio Rufo, se sia a Roma o sia gi partito
per Baia31. Poich naturale che Marziale lo abbia scritto fuori da Roma,
probabilmente tra ne febbraio e inizio marzo (poco prima dellinizio della
stagione balneare a Baia32), Citroni ritiene che Marziale potesse trovarsi in
Cispadana gi nel febbraio 87.
Tale ipotesi (settembre-ottobre 87) senzaltro verosimile, tenuto
conto della scarsezza dei dati oggettivi33; tuttavia mi sembra che si possa
discutere uno dei presupposti su cui essa si fonda e riesaminare la questione.
La sua ipotesi riassunta in Citroni 1989, p. 222 sg. n. 38.
6, 1 lux tibi post Idus numeratur tertia Maias.
30
Come gi osservato da Friedlaender, I, p. 56.
31
19 sg. an aestuantis iam profectus ad Baias / piger Lucrino nauculatur in stagno?
32
Vd. Friedlaender, SR II 94, 6.
33
La condivide Sullivan 1991, p. 30, secondo il quale il libro was published late in 87.
28
29

54

Alessandro Fusi

Citroni ritiene che Marziale debba aver lasciato la Cispadana nei primi mesi
dell88 per avere il tempo di tornare a Roma e ricevere gli inviti per lestate
sul golfo di Napoli. Questo terminus ante quem pu forse essere messo
in discussione: nellepigr. 58 Marziale descrive la villa a Baia dellamico
Faustino, dedicatario del libro (cfr. epigr. 2); si tratta dellepigramma pi
lungo dellintero corpus marzialiano (51 vv.), collocato in posizione di rilievo
quasi al centro del libro. Il componimento, che testimonia di un soggiorno
invernale34 a Baia, successivo al libro II35, costituisce un elaborato omaggio
al patrono: la singolare collocazione di un lungo epigramma dedicato alla
villa di Baia nel libro cispadano non sar completamente disinteressata36;
poich, come cerco di dimostrare nel 3, ritengo che Faustino sia stato
ospite di Marziale durante il suo soggiorno cispadano, lindubbio legame
stabilito nel periodo con il patrono e lesplicito omaggio alla sua villa
baiana, allinterno di un libro a lui dedicato37, rendevano probabilmente
superuo un ritorno a Roma nei primi mesi dell88 per ottenere gli inviti
per lestate. Una conferma sembra venire da IV 57: nellepigramma, scritto
in estate a Baia38, Marziale si rivolge a Faustino, che invece a Tivoli39;
egli lamenta loppressiva calura e si autoinvita con eleganza nella fresca
localit laziale40. probabile che Marziale si trovasse nella villa di Faustino
a Baia (come ritiene lo stesso Citroni, p. 85 sg.). Se questa ricostruzione
della vicenda cogliesse nel segno, verrebbe a cadere il terminus ante quem
dei primi mesi dell88. Mi sembra anzi che l88 possa essere considerato
pi probabile come anno di pubblicazione41. Innanzitutto, se vero che
Cfr. v. 8 sg. hic post Novembres imminente iam bruma / seras putator horridus refert uvas.
Per la riconosciuta tendenza da parte di Marziale a collocare gli epigrammi nel primo
libro utile, per evitare che perdano in attualit.
36
signicativo che Marziale apostro Faustino in un distico nel quale lamenta la mancata
ricompensa da parte di un tale adulato in un suo epigramma: laudatus nostro quidam,
Faustine, libello / dissimulat, q u a s i n i l d e b e a t : imposuit (V 36). Senzaltro ben
diverso doveva essere il comportamento del patrono.
37
Faustino menzionato nel libro ancora negli epigr. 25; 39; 47.
38
1 sg. dum nos blanda tenent lascivi stagna Lucrini / et quae pumiceis fontibus antra
calent.
39
3 sg. tu colis Argei regnum, Faustine, coloni, / quo te bis decimus ducit ab urbe lapis.
40
7-10 ergo sacri fontes et litora grata valete, / Nympharum pariter Nereidumque domus.
/ Herculeos colles gelida vos vincite bruma, / nunc Tiburtinis cedite frigoribus.
41
Pone la pubblicazione del libro nell88 anche Norcio 1960, p. 185 n. 4, senza tuttavia
sostenere lipotesi con alcuna argomentazione.
34

35

Introduzione

55

Marziale pubblic durante la sua carriera circa un libro lanno42, sembra


pi naturale pensare che un cambiamento di residenza signicativo abbia
portato un rallentamento dei tempi di composizione e che sia trascorso
pi tempo fra la pubblicazione del II libro e quella del III di quanto ne
sia passato tra il III e il IV (secondo lipotesi di Citroni un anno e qualche
mese tra il III e il IV; meno di un anno tra il II e il III). Si potrebbe obiettare
che la libert dagli obblighi clientelari consentisse a Marziale un lavoro pi
intenso e tempi di pubblicazione pi ristretti del solito. Signicativo in
tal senso per il libro XII, che Marziale pubblica ben tre anni dopo il
precedente, giusticando il periodo di inattivit proprio con lassenza da
Roma, che aveva lasciato, ormai stanco e disilluso, ma che costituiva la
fonte unica della sua poesia43.
Un altro elemento sembrerebbe confortare lipotesi di una pubblicazione nell88: si gi detto dello spazio riservato nel libro al tema
dellabolizione della sportula; Marziale descrive la vita dei clienti in seguito
alleditto di Domiziano: lepigr. 7 ricrea i momenti che seguirono alla decisione dellimperatore; lepigr. 14 narra di un indigente che viene a Roma
dalla Spagna, ma ricevuta la notizia dellabolizione della sportula se ne torna
indietro; lepigr. 30 analizza la difcolt per un cliente di vivere a Roma
senza sportula; lepigr. 60 descrive la misera cena che viene offerta da un
patrono in luogo del donativo. Marziale dunque speriment per qualche
tempo la vita da cliente secondo le nuove disposizioni dellimperatore.
Poich il libro II non contiene riferimenti alla sportula, la sua abolizione
andr collocata successivamente alla pubblicazione del libro44; se dunque
lui stesso ad affermarlo in X 70, 1 sg. quod mihi vix unus toto liber exeat anno /
desidiae tibi sum, docte Potite, reus. Lespressione non va naturalmente presa alla lettera.
43
Sono rivelatrici le parole rivolte al dedicatario Prisco nellepistola prefatoria del libro:
cfr. XII epist. 1 sgg. scio me patrocinium debere contumacissimae trienni desidiae; []
accipe ergo rationem. in qua hoc maximum et primum est, quod civitatis aures, quibus
adsueveram, quaero et videor mihi in alieno foro litigare; si quid est enim quod in libellis meis placeat, dictavit auditor: illam iudiciorum subtilitatem, illud materiarum
ingenium, bibliothecas, theatra, convictus, in quibus studere se voluptates non sentiunt,
ad summam omnium illa quae delicati reliquimus desideramus quasi destituti.
44
Si veda in particolare III 7, che descrive i momenti immediatamente successivi alleditto
di Domiziano; se questo fosse precedente al II libro, Marziale non avrebbe ritardato no
al libro successivo linserimento di un epigramma che considerava rilevante; cfr. anche III
14, in cui lesuritor Tuccio riceve arrivando a Roma la notizia dellabolizione della sportula,
che quindi doveva essere recente.
42

56

Alessandro Fusi

si accetta la ne dell86 o inizio dell87 come data di pubblicazione del


libro II, i tempi sembrano essere troppo ristretti perch Marziale potesse
trovarsi in Cispadana gi nel febbraio-marzo 87, come presuppone la
cronologia di Citroni. Lestate-inizio autunno dell87 potrebbe essere una
data plausibile per la partenza di Marziale45; lepigr. 20 tradisce la nostalgia
del poeta per i luoghi dellUrbe che era solito frequentare con lamico
Canio Rufo e sar stato scritto quando il poeta mancava da Roma da
qualche mese (forse nel febbraio-marzo 88); lepigr. 6 celebrer la festa del
17 maggio 88 e la pubblicazione del libro si deve immaginare non lontana
da questa data. Lescursione in Veneto cui si fa riferimento in IV 25 pu
essere avvenuta nella tarda primavera dell88 o in estate, in ogni caso dopo
la pubblicazione del libro III46. Lepigr. 67, che descrive una gita in barca
nei dintorni di Forum Corneli, pu essere uno degli ultimi composti47
oppure risalire allestate dell87. Un ultimo piccolo elemento: in III 95, 9
sg. (vidit me Roma tribunum / et sedeo qua te suscitat Oceanus) Marziale
ricorda con orgoglio il titolo di tribunus semestris che gli garantiva il
diritto di proedria a teatro, mentre il Nevolo bersaglio dellepigramma
viene cacciato dal dissignator theatralis dal posto al quale non ha diritto.
La situazione descritta si differenzia da quella presupposta in II 29, in cui
un parvenu di origine servile pu sedere tranquillamente nelle prime le,
e sembra attestare, gi al momento della pubblicazione del libro terzo, una
disciplina pi rigida per i posti a teatro (cfr. anche IV 67, 3 sg.). Il diritto
La data pu essere posticipata se si colloca il soggiorno a Baia attestato dallepigr. 58
nellinverno dell87. Sulla durata del soggiorno di Marziale in Cispadana ha ragione Citroni
1987, p. 138 a sottolineare che deve essere stato piuttosto lungo, se Marziale vi pubblic
anche un libro. Forse qualche indicazione pi precisa pu essere desunta da IV 26: quod
te mane domi toto non vidimus anno, / vis dicam quantum, Postume, perdiderim? /
tricenos, puto, bis, vicenos ter, puto, nummos. / ignosces: togulam, Postume, pluris emo.
Anche se il destinatario probabilmente ttizio, lepigramma pu contenere elementi reali
e rivelare, senza pretese di rigore, la durata del soggiorno di Marziale in Cispadana. Non
sar casuale che lepigramma segua nel libro quello, gi ricordato, che loda le bellezze
del litorale veneto: alla rievocazione del periodo trascorso fuori Roma fa da pendant un
epigramma che sottolinea gli obblighi clientelari cui Marziale si sottratto in quei mesi.
46
Friedlaender (I, p. 55) riteneva che IV 25 potesse essere stato composto al momento
della pubblicazione del libro III e che Marziale ne avesse per qualche ragione rinviato la
pubblicazione al libro successivo, ma tale ipotesi giustamente considerata scarsamente
probabile da Citroni 1987, p. 140 n. 11.
47
Sarebbe in tal caso signicativa la sua collocazione nel libro a chiusura della sezione
casta, quasi fosse un commiato dai luoghi dove ha trascorso i mesi precedenti.
45

Introduzione

57

di proedria a teatro sar successivamente raticato dalleditto domizianeo


che restaurava la lex Roscia theatralis (del 67 a.C.), in base alla quale alle
persone di nascita libera e censo equestre venivano riservate le prime
quattordici le a teatro. Il tema ricever ampio sviluppo nel libro quinto
(pubblicato verosimilmente durante i Saturnali dell89; sul ciclo dedicato
da Marziale allargomento vd. Canobbio 2002). La presenza del motivo
in questo libro potrebbe pertanto confortare lipotesi di pubblicazione
nell88 piuttosto che nellanno precedente.
3. Lospite di Marziale
Shackleton Bailey ha correttamente osservato che, se Marziale avesse
usufruito dellinvito di un amico o di un patrono in Cispadana, difcilmente
avrebbe fatto a meno di menzionare il suo ospite. Ora, sebbene manchi un
ringraziamento esplicito, ritengo che ci siano validi motivi per affermare che
lospite del poeta fu il suo patrono e amico Faustino48. Egli formalmente il
dedicatario del libro e questo gi un elemento signicativo. Nellepigramma
di dedica (2) Marziale si rivolge direttamente al libro e gli chiede a chi desideri
essere donato, raccomandandogli di scegliere un patrono autorevole, se non
vuole fare una brutta ne49. Quindi immagina che il libro abbia scelto e se ne
congratula con lui: Faustini fugis in sinum? sapisti (6). Lespressione descrive
unazione immediata: il libro si rifugia nel sinus della veste di Faustino, che
sembra dunque essere presente. In modo diverso negli altri epigrammi
di dedica del libro Marziale sottolinea la lontananza dal destinatario o il
percorso che il libro dovr compiere per giungere a Roma: cfr. 1, 1 sg. hoc
tibi, quidquid id est, longinquis mittit ab oris / Gallia Romanae nomine
dicta togae; 4, 1 Romam vade, liber; 5, 1 sg. vis commendari sine me
cursurus in urbem, / parve liber, multis, an satis unus erit?; 5, 5 protinus
hunc primae quaeres in limine Tectae; 100, 1 sg. cursorem sexta tibi, Rufe,
remisimus hora, / carmina quem madidum nostra tulisse reor. Marziale
dedicher a Faustino anche il libro IV: cfr. IV 10, 1-4 dum novus est nec
adhuc rasa mihi fronte libellus, / pagina dum tangi non bene sicca timet,
Lipotesi prospettata con estrema cautela da Citroni 1987, p. 155 sg.
1-5 cuius vis eri, libelle, munus? / festina tibi vindicem parare, / ne nigram cito raptus
in culinam / cordylas madida tegas papyro / vel turis piperisve sis cucullus.
48
49

58

Alessandro Fusi

/ i puer et caro perfer leve munus amico, / qui meruit nugas primus
habere meas. I versi esprimono riconoscenza allamico e, dal momento
che, secondo la cronologia sopra proposta ( 2), il libro IV fu pubblicato
in tempi piuttosto vicini al III, plausibile leggere nel componimento la
gratitudine per lospitalit ricevuta (cfr. in particolare il v. 4 qui m e r u i t
nugas p r i m u s habere meas). Lepigramma pi lungo ed elaborato del
libro terzo (e dellintero corpus marzialiano) descrive, come ho gi avuto
occasione di dire, la villa di Faustino a Baia (epigr. 58). Si gi accennato
allepigr. 6, che celebra il taglio della barba di Marcellino e il compleanno
del padre, amico di Marziale; da VI 25, scritto mentre Marcellino si trova in
servizio nelle province del nord, impegnato in operazioni militari, emerge
il rapporto di amicizia che lega Marziale al padre del ragazzo50. In VII
80, ormai conclusasi la guerra sarmatica, Marziale si rivolge a Faustino
perch mandi a Marcellino i suoi carmi, che ora avr il tempo di leggere.
Friedlaender (ad III 6, 2) ha supposto, a mio avviso con piena ragione,
che il padre di Marcellino fosse proprio Faustino51: mi sembra del tutto
naturale che per inviare una missiva a un ragazzo impegnato in guerra ci si
rivolga alla famiglia piuttosto che a un amico.
Un legame tra Faustino e la Cispadana emerge da X 51: Marziale si
rivolge al patrono rammaricandosi del fatto che i suoi impegni romani
gli impediscano di godere delle belle giornate primaverili: v. 5 sg. quos,
Faustine52, dies, qualem tibi Roma Ravennam / abstulit! o soles, o
tunicata quies!53. I versi seguenti per sembrano mostrare che il luogo
dove Faustino potrebbe trascorrere queste giornate non Ravenna,
ma Terracina (v. 8 Anxur). Molti editori considerano Ravennam una
corruttela: Friedlaender, Lindsay e SB pongono il nome fra cruces;
Heraeus invece mantiene il testo tramandato dalla seconda famiglia,
3 sg. ille vetus pro te patriusque quid optet amicus / accipe et haec memori pectore vota
tene.
51
La sua ipotesi accettata da A. Stein, RE XIV 2, 1441 e da L. Petersen, PIR M 183; ad
essa si mostrano cautamente favorevoli Citroni 1987, p. 156; Sullivan 1991, p. 31; Grewing,
p. 193; Galn Vioque, p. 442.
52
C. Damon, The Mask of the Parasite. A Pathology of Roman Patronage, Ann Arbor
1997, p. 162 n. 37 ipotizza che Faustine in questo verso sia una corruttela di Frontine (cfr.
X 58, in cui Marziale si rivolge a Frontino menzionandone la villa ad Anxur). La correzione
appare tuttavia arbitraria.
53
Il v. 5 cos tramandato dalla seconda famiglia, mentre la terza ha quos, Faustine, dies,
quale sit tibi Roma Ravennae. Lepigramma non compare nei codici della prima famiglia.
50

Introduzione

59

intendendo Ravennam come il nome della villa di Faustino a Terracina54.


Citroni 1987, p. 156, che pure considera pi probabile uninterpolazione,
ha per giustamente posto in rilievo il fatto che la tradizione manoscritta
lega il nome di Ravenna proprio al personaggio cui Marziale dedica il libro
cispadano55. La questione testuale non ha trovato soluzioni soddisfacenti
(come dimostra il ricorso alle cruces da parte degli editori), ma la presenza
del nome Ravenna appare difcilmente spiegabile come uninterpolazione.
Se cogliesse nel segno lipotesi di Heraeus, il nome Ravenna per la villa
di Faustino ad Anxur attesterebbe in modo inequivocabile un legame
affettivo del patrono con la citt.
Un ulteriore elemento per identicare in Faustino lospite di Marziale
in Cispadana pu essere fornito dallordinamento degli epigrammi
nel libro, cui il poeta presta particolare cura (vd. 5). Lepigr. 58, che
descrive la villa baiana di Faustino, incastonato fra tre monodistici di
ambientazione cispadana: i due precedenti (56-57) ironizzano sulla carenza
idrica di Ravenna (il nome della citt ricorre in chiusura del primo verso di
entrambi); il successivo (59) riguarda il caso di un sutor che offre spettacoli
gladiator a Bologna. La cornice cispadana al componimento pi esteso
del libro non sar casuale e concorre a suffragare lipotesi di vedere in
Faustino lospite di Marziale nel suo soggiorno cispadano.
Gli stretti rapporti con Faustino consentono anche di spiegare la
maggiore vicinanza di Marziale alla corte di Domiziano che si nota proprio
a partire dal libro IV. Egli fu infatti con molta probabilit un personaggio
di spicco della Roma domizianea: ne offre prova VII 12, in cui Marziale
si rivolge a Faustino augurandosi che limperatore accolga bene i suoi
epigrammi56 e difendendosi da coloro che diffondono epigrammi malevoli
Egli cita come esempi afni i nomi delle ville di Plinio il Giovane, Comoedia e Tragoedia,
presenti in epist. IX 7, 3 altera imposita saxis more Baiano lacum prospicit, altera aeque
more Baiano lacum tangit. itaque illam tragoediam, hanc appellare comoediam soleo;
illam, quod quasi cothurnis, hanc, quod quasi socculis sustinetur.
55
Un collegamento con la Cispadana realizzato anche da Izaac, che interviene sul testo
trdito e legge quos, Faustine, dies, quales tibi Roma, Ravennas, / abstulit, intendendo
Ravennas come cognomen di Faustino. Linterpretazione dello studioso francese per
scarsamente persuasiva: si tratterebbe dellunico caso tra le 19 occorrenze in Marziale in cui
al nome Faustino afancato un cognomen; quos e quales inoltre, entrambi riferiti a dies,
rivestirebbero la medesima funzione, in modo decisamente poco elegante.
56
Cfr. v. 1 sg. sic me fronte legat dominus, Faustine, serena / excipiatque meos, qua solet
aure, iocos.
54

60

Alessandro Fusi

sotto il suo nome. Lallocuzione a Faustino avrebbe poco senso se


questultimo non intrattenesse qualche rapporto con limperatore, tale da
poter patrocinare presso di lui la causa del poeta. Non sar probabilmente
casuale che Faustino faccia la sua ultima apparizione negli epigrammi
di Marziale proprio in X 51, nellultimo libro scritto sotto il regno di
Domiziano: il prestigio di cui Faustino godeva presso lultimo dei Flavi
avr determinato il declino del suo astro sotto il nuovo imperatore57.
4. I t e m i d e l l i b r o
Il III libro, come ricordato in precedenza (p. 50), non contiene
epigrammi dedicati a eventi storici contemporanei, n componimenti
adulatori nei confronti dellimperatore.
Il tema principale del libro pu senzaltro essere considerato quello
della difcile condizione a Roma dei clienti, che si divide a sua volta in due
loni: il primo riguarda labolizione della sportula, che viene sviluppato in
quattro epigrammi (7; 14; 30; 60); il secondo analizza in generale i disagi
patiti dai clienti nei rapporti con i patroni e il misero trattamento che questi
ultimi riservano loro (31; 36; 37; 38; 41; 46). Anche se le recriminazioni di
cliente costituiscono un tema presente in tutta lopera di Marziale, evidente
che in questo libro il poeta intende dare speciale rilevanza allargomento58,
a conferma del fatto che nella sua decisione di abbandonare Roma per
qualche tempo abbia inuito il peggioramento della condizione del cliente.
La nutrita e compatta serie proemiale (1; 2; 4; 5; lepigr. 3 concordemente
considerato spurio) legata alle condizioni di pubblicazione del libro e riette
il bisogno di protezione dello stesso in assenza dellautore59. Sono invece
quasi assenti carmi di omaggio: gli unici patroni nominati sono Faustino,
dedicatario del libro (2), cui destinato anche il componimento pi lungo
(58: descrizione della sua villa a Baia: vd. 3) e Rufo60, cui Marziale dedica
57
Si potrebbe pensare che Faustino sia morto dopo la pubblicazione del X libro, ma gli stretti
rapporti che Marziale intrattenne con lui durante tutto il suo soggiorno romano avrebbero
senzaltro meritato un epigramma funebre. Il silenzio di Marziale fu probabilmente dettato
da ragioni di opportunit.
58
Su questi epigrammi vd. Merli 1998, p. 144 sgg.
59
Vd. Merli 1993, p. 240.
60
Rufo compare soltanto nella sezione oscena del libro (forse anche in 82, 33) ed era

Introduzione

61

il libro in conclusione (epigr. 97; 100)61. Lepigr. 6, che celebra la depositio


barbae di Marcellino, va considerato un indiretto omaggio a Faustino, padre
del ragazzo. Giulio Marziale, cui il poeta invia il libro (5), e Canio Rufo (20;
64) sono amici intimi.
Numerosi sono gli epigrammi scommatici; a quelli osceni riservata
una sezione specica, che occupa un terzo del libro, introdotta da un nuovo
proemio (68-100: vd. p. 63). Un piccolo ciclo (44; 45; 50) dedicato al
poetastro Ligurino, che non fa altro che recitare i propri versi (alla satira
contro un recitator dedicato anche lepigr. 18). La denuncia dellipocrisia,
svolta in diverse forme, ricorre in 42; 43; 54; 55. Tra i tipi comico-satirici
presentano alcune variazioni quello dellantrione avaro (12; 13; 49; 94) e
quello dellimpurus ore (17; 28; 73; 77; 80; 81; 82; 84). Questioni di polemica
letteraria ricorrono in 9; 69; 83; 99. Tre epigrammi prendono spunto dalla
storia: 21, sul caso di un proscritto salvato dal proprio servo; 22, sul suicidio
del ghiottone Apicio; 66, dedicato a un paragone tra luccisione di Cicerone
e quella di Pompeo. La narrazione di un aneddoto di tipo novellistico,
non comune negli epigrammi di Marziale, presente in due casi, entrambi
conclusi con uninopinata castrazione (24; 91).
Il soggiorno in Cispadana non incide in misura notevole nelleconomia
del libro: oltre agli epigrammi proemiali, che illustrano al lettore la situazione anomala che vede il poeta pubblicare un libro mentre assente da Roma
(1; 4), tre epigrammi sono dedicati al caso di un ciabattino che aveva offerto
un munus gladiatorio a Bologna (16; 59; 99; nellepigr. 59 si parla di un fullo
che aveva fatto lo stesso a Modena); due (56; 57) sfruttano la carenza idrica di
Ravenna per creare una variazione sul motivo della disonest degli osti; uno
descrive una gita in barca sui umi Vaterno e Rasina (67); la vicenda di un
soldato congedato di Ravenna, che viene castrato per errore da un gruppo
di adepti di Cibele, offre il tema per lepigr. 91; il lungo componimento
scommatico contro la vecchissima Vetustilla contiene un riferimento al
fastidio provocato dal gracidio delle rane di Ravenna e dal ronzio delle
zanzare di Adria (93, 8 sg.); inne nellepigr. 58 menzionato il formaggio
proveniente da Sarsina (35 metamque lactis Sassinate de silva62).
probabilmente un lettore interessato alla poesia pi licenziosa. Per alcune proposte di
identicazione vd. la n. intr. allepigr. 100.
61
Marziale non si preoccupa della contraddittoriet che pu risultare dalla presenza di pi
dedicatari dello stesso libro: vd. 6.
62
Il verso crea tuttavia perplessit per il fatto che il contadino di Baia offra del formaggio

62

Alessandro Fusi

Come si pu notare la vita cispadana non colp in modo profondo la


fantasia di Marziale, il cui universo poetico continu a essere quello dellUrbe.
Lassenza del poeta dalla citt non era destinata a durare a lungo.
5. L o r d i n a m e n t o d e g l i e p i g r a m m i
Il libro per Marziale il veicolo principale per la diffusione dei suoi
epigrammi63. Le analisi condotte sulla struttura di singoli libri64 hanno
dimostrato che i componimenti non si susseguono in modo casuale, senza
alcuna logica. Al contrario, la disposizione degli epigrammi nel libro, pur
non lasciandosi ricondurre a schematizzazioni troppo rigide65, risponde
di una campagna lontana, mentre Marziale sottolinea nel passo che la villa di Faustino pu
disporre di freschi prodotti locali (vd. al riguardo la n. ad loc.).
63
Limportanza del libro emerge anche dalla frequenza con la quale il tema libri/lettori
trattato negli epigrammi (vd. Fowler 1995, p. 31). Senzaltro eccessivo il rilievo attribuito
alla diffusione orale da W. Burnikel, Zur Bedeutung der Mndlichkeit in Martials
Epigrammbchern I-XII, in G. Vogt-Spira (Hrsg.), Strukturen der Mndlichkeit in der
rmischen Literatur, Tbingen 1990, pp. 221-234. Molti apparenti riferimenti alloralit
sono in realt spiegabili, come rilevato da Fowler 1995, p. 38, come casi di ngierte
Mndlichkeit (lespressione mutuata da P. Goetsch, studioso tedesco della letteratura
inglese del XIX secolo).
64
Osservazioni sullordinamento degli epigrammi si trovano gi in Pertsch 1911, pp. 5868. Sulla struttura di singoli libri vd. specialmente Citroni, pp. XXVI-XXXVIII (I libro); Kay,
p. 5 sg. (XI); Grewing, pp. 29-51 (VI); si veda anche Merli 1993 (sulle serie proemiali
dei libri); Merli 1998; J. Scherf, Zur Komposition von Martials Gedichtbchern 1-12, in
Grewing, Toto notus, pp. 119-138; Scherf 2001; S. Lorenz, Waterscape with Black and
White: Epigrams, Cycles, and Webs in Martials Epigrammaton liber quartus, AJPh
125, 2004, pp. 255-278.
65
Non hanno trovato molto consenso tra gli studiosi le architetture interne rintracciate
da K. Barwick (Zur Kompositiontechnik und Erklrung Martials, Philologus 87, 1932,
pp. 63-79; Barwick 1958) e dal suo allievo H. Berends (Die Anordnung in Martials
Gedichtbchern I-XII, Diss. Jena 1932). Barwick, cui pure si deve riconoscere il merito
di aver richiamato lattenzione degli studiosi di Marziale sulla struttura dei libri, no ad
allora trascurata, ravvisava nella disposizione dei componimenti un complesso gioco
di corrispondenze basate sul numero dei versi, sul metro, sul tono degli epigrammi,
ipotizzando la costituzione dei libri attraverso laggregazione di cicli epigrammatici.
Tali sottili legami si sono dimostrati spesso molto incerti e, soprattutto, difcilmente
potrebbero essere percepiti dal lettore (si vedano sullargomento le ragionevoli osservazioni
di Citroni, pp. XXVI-XXIX; Merli 1993, p. 229 sg.). Risultati pi fruttuosi hanno portato

Introduzione

63

a una ricerca di variet nei toni, nella lunghezza dei componimenti, nella
scelta dei metri66. Lo scopo principale evitare di annoiare il lettore,
ma si possono individuare altri criteri ponderati nella disposizione degli
epigrammi. Gli esordi sono particolarmente curati: la presentazione del
libro un momento molto delicato e Marziale cerca di garantire alle sue
opere lappoggio di inuenti patroni o dellimperatore stesso. Unanaloga
cura presiede alla disposizione degli epigrammi di chiusura del libro67.
Il libro terzo presenta una struttura peculiare: gli epigr. 1-67 sono
dedicati ad argomenti di vario genere, mentre lultima parte del libro
(epigr. 68-100), introdotta da un nuovo proemio (68), contiene epigrammi
dedicati quasi esclusivamente al sesso e caratterizzati da un linguaggio
esplicito. Se si considera che lepigr. 3 ritenuto unanimemente spurio, il
nuovo proemio si colloca esattamente dopo due terzi del libro e introduce
la sezione licenziosa che occupa lultimo terzo del libro68. Le due sezioni
del libro sono nettamente distinte anche dal punto di vista lessicale: la
le indagini sui cicli epigrammatici intesi come variazioni di un motivo, realizzate in testi
posti a distanza ravvicinata: vd. V. Buchheit, Martials Beitrag zum Geburtstag Lucans als
Zyklus, Philologus 105, 1961, pp. 90-96, sul ciclo indirizzato a Polla Argentaria, vedova di
Lucano, e dedicato alla celebrazione del genetliaco del poeta (VII 21; 22; 23); J. Garthwaite,
Martial, Book 6, on Domitians Moral Censorship, Prudentia 22, 1990, pp. 13-22, sugli
epigrammi dedicati alla restaurazione della Lex Iulia de adulteriis coercendis (VI 2; 4; 7;
22; 45; 90; 91); W. Hofmann, Motivvariationen bei Martial. Die Mucius Scaevola- und die
Earinus-Gedichte, Philologus 134, 1990, pp. 37-49 e C. Henriksn, Earinus: an Imperial
Eunuch in the Light of the Poems of Martial and Statius, Mnemosyne 50, 1997, pp. 281294, sul ciclo di Earino, coppiere di Domiziano; J. Garthwaite, Revaluating Epigrammatic
Cycles in Martial, Book Two, Ramus 30, 2001, pp. 46-55; M. Ciappi, Ille ego sum
Scorpus. Il ciclo funerario dellauriga Scorpo in Marziale (X 50 e 53), Maia 53, 2001, pp.
587-609; Canobbio 2002, sul ciclo del V libro dedicato alla restaurazione domizianea della
Lex Roscia theatralis.
66
Il principio dellaequalitas esplicitamente riutato da Marziale (VII 90): iactat inaequalem Matho me fecisse libellum: / si verum est, laudat carmina nostra Matho. / aequales
scribit libros Calvinus et Umber: / aequalis liber est, Cretice, qui malus est; vd. al riguardo
Citroni 1968, p. 272.
67
Sulla chiusura dei libri vd. specialmente Fowler 1989; che le sequenze di chiusura di
Marziale presentino aspetti originali e brillanti stato messo in luce da Fowler 1989, p. 107
sg.; vd. anche Fowler 1995, passim; Scherf 2001, p. 32 sgg.
68
La proporzione meno precisa riguardo al numero di versi: la prima sezione ne conta,
senza lepigr. 3, 438 (68, 01% circa); la seconda 206 (31, 99% circa). La lunghezza media
di 6, 63 vv. per gli epigrammi della prima sezione, di 6, 24 per quelli della seconda. La media
complessiva di 6, 50 vv. (i dati non comprendono lepigr. 3).

64

Alessandro Fusi

prima, pur contenendo volgarismi69, depurata dai termini attinenti alla


sfera sessuale, che invece costellano la seconda. Il carattere disimpegnato
di questultima si riette anche sulla lunghezza degli epigrammi: vi si
trovano infatti ben 14 monodistici, spesso consecutivi (78-80; 83-84; 8890; 94-95; 97-98; anche gli epigrammi 1-67 ne contengono per 19)70,
ma anche due componimenti lunghi (82 e 9371). signicativo che la
maggior parte degli epigrammi della sezione prenda di mira uomini (23
rispetto a 7 rivolti contro donne): nella societ romana, essenzialmente
maschilista, la perversione maschile a suscitare lo scandalo maggiore.
Lo scarto tra le due sezioni marcato ulteriormente dalla presenza in
entrambe di epigrammi che svolgono motivi afni72: quelli della prima
sono caratterizzati da una lingua sorvegliata, che indulge allellissi (32, 1
sgg.), e da una comicit allusiva (24, 13 sg.); quelli della seconda ostentano
unampia gamma di termini osceni73.
Laver relegato gli epigrammi osceni in una sezione delimitata di un
libro costituisce un unicum nellopera di Marziale; in altri casi semmai
lintera raccolta a essere destinata a un pubblico specico: il quinto libro,
formalmente dedicato allimperatore, depurato degli elementi piccanti74,
Quali merda (17, 6) e cacare (44, 11).
piuttosto rara la successione di pi di due monodistici, che Marziale evita per mostrare
la propria scaltrezza stilistica. Un caso eccezionale costituiscono i 5 monodistici che si
susseguono nel II libro (78-82), che vengono, non a caso, dopo un epigramma (II 77) in cui
Marziale si era difeso dallaccusa di Cosconio di scrivere epigrammi troppo lunghi e sono
dunque una dimostrazione della capacit del poeta di comporre anche epigrammi brevi (vd.
Merli 1993, p. 232; sui monodistici in Marziale vd. anche Lausberg 1982, pp. 459-462).
71
Due invettive, in scazonti; il diverso uso di questo metro allinterno delle due sezioni
del libro riette la diversa natura degli epigrammi in esse contenuti: mentre nella seconda
sezione legato al tradizionale tono di invettiva, nella prima ricorre in epigrammi di
diversa ispirazione: 20, dove esprime la nostalgia per lamico Canio Rufo; 47, lusus bonario
sullimproduttivit della tenuta di campagna dellamico Basso; 58, elaborata descrizione
della villa del patrono Faustino; 64, elogio del fascino affabulatorio dellamico Canio
Rufo.
72
Le coppie, individuate da Watson-Watson, p. 31 n. 108, sono: 24/91; 32/76; 34/87;
51/72; 67/78.
73
Cunnus (72, 6); arrigere (76, 1); mentula (76, 3; 91, 12); mingere (78, 1); meiere (78, 2).
74
Cfr. V 2, 1-8 matronae puerique virginesque, / vobis pagina nostra dedicatur. / tu,
quem nequitiae procaciores / delectant nimium salesque nudi, / lascivos lege quattuor
libellos: / quintus cum domino liber iocatur; / quem Germanicus ore non rubenti /
coram Cecropia legat puella.
69
70

Introduzione

65

come anche lottavo75. Allopposto lundicesimo libro ha carattere in


prevalenza licenzioso, coerentemente con il clima festoso dei Saturnali,
in cui si colloca76. La scelta di connare in una sola sezione del libro gli
epigrammi a sfondo sessuale produce complessivamente un certo effetto
di ripetitivit e di noia nel lettore e non a caso forse lesperimento rimase
isolato nellopera di Marziale.
Muoviamo ora dallanalisi generale del libro a quella particolare. Il
III libro contiene una compatta serie di quattro epigrammi proemiali:
il primo, in distici, rivolto al lettore generico romano77; il secondo, in
faleci78, una dedica del libro al patrono Faustino in forma di apostrofe
al libro personicato; il terzo (epigr. 4, in distici; il 3 concordemente
ritenuto spurio) una nuova apostrofe al libro, che Marziale invia a Roma
istruendolo sulle spiegazioni che dovr dare riguardo alla sua assenza; il
quarto (epigr. 5, in distici) invia il libro, ancora personicato, allamico
Giulio Marziale, che lo accoglier a Roma. La nutrita serie giusticata
dalla circostanza della pubblicazione, che spinge il poeta a chiarire i motivi
della sua lontananza (4) e a cercare appoggio per il libro (2; 5). Lepigr.
6 (in distici) non formalmente di dedica, ma costituisce un omaggio a
Faustino, celebrandone il compleanno insieme alla depositio barbae del
glio Marcellino.
Con lepigr. 7 si entra nel vivo del libro, di cui non a caso introduce il
Cfr. VIII epist. 11 sgg. quamvis autem epigrammata a severissimis quoque et summae
fortunae viris ita scripta sint ut mimicam verborum licentiam affectasse videantur, ego
tamen illis non permisi tam lascive loqui quam solent. cum pars libri et maior et melior
ad maiestatem sacri nominis tui (sc. Domitiani) alligata sit, meminerit non nisi religiosa
puricatione lustratos accedere ad templa debere; 1, 1-4 laurigeros domini, liber, intrature
penates / disce verecundo sanctius ore loqui. / nuda recede Venus; non est tuus iste libellus:
/ tu mihi, tu, Pallas Caesariana, veni.
76
Cfr. XI 2, 1-8 triste supercilium durique severa Catonis / frons et aratoris lia Fabricii
/ et personati fastus et regula morum, / quidquid et in tenebris non sumus, ite foras. /
clamant ecce mei Io Saturnalia versus: / et licet et sub te praeside, Nerva, libet. / lectores
tetrici salebrosum ediscite Santram: / nil mihi vobiscum est: iste liber meus est; 16, 1-4 qui
gravis es nimium, potes hinc iam, lector, abire / quo libet: urbanae scripsimus ista togae; /
iam mea Lampsacio lascivit pagina versu / et Tartesiaca concrepat aera manu.
77
Sullipotesi priva di fondamento di Immisch 1911, p. 492 che lepigramma si rivolga ad
un destinatario preciso vd. la n. al v. 1 tibi.
78
La scelta del metro dovuta alla evidente allusione alla dedica di Catullo a Cornelio
Nepote (1, 1 cui dono lepidum novum libellum): cfr. v. 1 cuius vis eri, libelle, munus?
e la relativa n.
75

66

Alessandro Fusi

tema principale: quello dellabolizione della sportula (vd. p. 60); la rilevanza


dellepigramma messa in luce anche dalluso di un metro differente
(coliambo). I due epigrammi seguenti sono monodistici scommatici, la cui
collocazione sembra tesa a ricercare un tono pi leggero dopo il signicativo
gruppo iniziale: nel primo (8) Marziale gioca con il motivo della cecit
in amore; nel secondo (9) annichilisce un poetastro che scrive invettive
contro di lui. Seguono ancora due epigrammi scommatici pi lunghi (6
versi ciascuno): il primo (10) rivolto a uno scialacquatore, il secondo (11)
si ricollega allepigr. 8, mettendo in scena la reazione di un tale che si
sentito colpito dal distico. Gli epigrammi 12 e 13 costituiscono una coppia
afne, che sviluppa il tema dellospite avaro: il gusto della variatio si esercita
nella scelta dei protagonisti (un uomo nel primo, una donna nel secondo)
e del metro (falecio nel primo, distico elegiaco nel secondo). Lepigr. 14
riprende il tema della sportula (cfr. epigr. 7), descrivendo un indigente che
si dirige verso Roma dalla Spagna, ma torna mestamente indietro appresa
la notizia dellabolizione del donativo. Anche in questo caso la variazione
del metro (trimetro giambico+dimetro giambico, utilizzato da Marziale
ancora soltanto in I 49; IX 77; XI 5979) pone in risalto il componimento
(il ritmo giambico lo lega inoltre allepigr. 7, che introduce nel libro il
tema della sportula). Lepigr. 15 un monodistico sul tema della cecit in
amore (largomento richiama lepigr. 8). Il seguente (16) prende di mira un
ciabattino arricchito che ha offerto un munus gladiatorio ed il primo ad
avere per tema un aneddoto di ambientazione cispadana. Gli epigrammi
17 e 18 costituiscono una coppia dedicata a vizi di gola: il primo ha
per bersaglio un impurus ore, il secondo un ostinato recitatore. Lepigr.
19 descrive la morte di un fanciullo morso da una vipera annidata nelle
fauci della statua bronzea di unorsa. Il seguente (20) unammissione
di nostalgia per lamico Canio Rufo e per Roma; ancora una volta la
variazione del metro (coliambo), lestensione (21 vv.) e la cura stilistica ne
fanno un componimento eccezionale, il primo dopo la serie proemiale in
cui sia nominata una persona reale. signicativo che il primo epigramma,
eccettuati quelli proemiali, riconducibile allassenza del poeta da Roma
non contenga elementi sullattuale soggiorno, ma tradisca tutta la nostalgia
per la citt, i cui luoghi pi familiari al poeta sono passati in rassegna (vv.

79

Vd. Giarratano 1908, p. 72 sg. e la n. intr. allepigr.

Introduzione

67

8-15). Il monodistico (21) che, come spesso, segue lepigramma lungo80,


trae il tema da un aneddoto storico, cos come lepigr. 22, in coliambi
(5 vv.), dedicato al suicidio del ghiottone Apicio. La coppia seguita da
monodistico (23). Lepigr. 24 (14 vv.; distici) narra un comico aneddoto, in
cui un aruspice etrusco, nel compiere un sacricio, viene castrato per errore
da un homo agrestis81; a esso segue un componimento in coliambi (25)
rivolto a Faustino, un lusus sulla frigidezza di un retore. I due epigrammi
seguenti (26-27, entrambi in distici) hanno come bersagli un ricco che
si vanta in continuazione e un tale che non ricambia gli inviti a cena del
poeta. Lepigr. 28 un monodistico scommatico rivolto a un impurus ore;
il seguente (29), in sotadei82, una parodica dedica a Saturno delle catene di
Zoilo, ex-schiavo fuggitivo, ora volgare arricchito. Segue un componimento
(30) che descrive la difcile vita a Roma di un cliente, privato del donativo
della sportula; lepigr. 31 rivolto contro un ricco sprezzante. Marziale
dunque incastona lepigramma sulla misera condizione del cliente (30) tra
quello contro un parvenu (29) e quello contro un ricco altezzoso (31). La
disposizione reca ulteriore risalto al tema, centrale nel libro, della difcolt
di vivere a Roma. Lepigr. 32, rivolto contro una vecchia che fa avances al
poeta, si chiude con una pointe realizzata attraverso la comica degradazione
di gure mitologiche (Ecuba, Niobe); a esso segue un componimento (33)
che traccia una gerarchia sociale della donna ideale; viene quindi un altro
epigramma scommatico nei confronti della prostituta Chione (34). In
modo simile al gruppo precedente (29-31), i due epigrammi scommatici
contro donne racchiudono un componimento in cui il poeta espone i
propri gusti. Lepigr. 35 la descrizione del realismo di unopera di cesello.
Segue un trittico (36-38) sul tema della clientela: il primo epigramma (36, di
10 vv.) lamenta i duri ofcia cui il poeta ancora costretto dopo molti anni
di servizio; il secondo (37) un monodistico che denuncia lirascibilit
dei patroni; il terzo (38, di 14 vv.), rivolto a un tale che vuole venire a
Roma in cerca di fortuna, unamara considerazione sulla difcolt di
vivere nellUrbe per chi povero e onesto. La serie dunque composta
Circa un terzo degli epigrammi lunghi seguito da monodistici (vd. Merli 1993, p. 232;
Lausberg 1982, passim).
81
Al componimento fa da pendant lepigr. 91, anchesso racconto in versi di un aneddoto
concluso con la castrazione di un soldato congedato.
82
Si tratta dellunico caso in Marziale dellutilizzo di questo metro (vd. Giarratano 1908,
p. 73).
80

68

Alessandro Fusi

con un monodistico che funge da intermezzo tra i due componimenti pi


elaborati. Seguono due epigrammi scommatici di due versi ciascuno (40,
in distici; 41, in faleci) che alleggeriscono il tono. Lepigr. 41 richiama il
tema della critica del patronato, descrivendo un tale che si ritiene generoso
solo per un prestito. Segue una coppia di epigrammi in distici di quattro
versi sullipocrisia: il primo (42) rivolto a una donna che vuole nascondere
i segni del tempo sul suo corpo; il secondo (43) rivolto a un uomo che si
tinge i capelli per apparire giovane. Gli epigrammi 44-45 costituiscono,
insieme allepigr. 50, un piccolo ciclo contro il poetastro Ligurino: il primo,
in faleci, il pi lungo (18 vv.) e ritrae il personaggio nel suo tentativo
continuo di recitare i propri versi a chiunque gli capiti a tiro; il secondo,
in distici (6 vv.), descrive la cena che offre, sempre come pretesto per
recitare. Lepigramma seguente (46) affronta ancora il tema della clientela,
sottolinenando linadeguatezza di chi nato libero a compiere certi ofcia
per i quali, invece, un liberto pu andar bene. Nellepigr. 47 Marziale,
rivolgendosi a Faustino, descrive in 15 coliambi il viaggio di Basso dalla
citt verso la sua improduttiva tenuta suburbana su un carro pieno di cibi.
Vengono quindi due monodistici (48-49) che prendono di mira i ricchi: il
primo ne critica labitudine di atteggiarsi a poveri; il secondo censura un
antrione che serve a se stesso vino pregiato, riservandone uno scadente
agli ospiti. A esso si collega lultimo epigramma della serie di Ligurino
(50), che descrive minuziosamente la cena offerta dal poetastro, in cui i
libri prendono il posto delle portate. Gli epigrammi seguenti (51-52) sono
entrambi in distici, di 4 vv.: il primo si rivolge a una donna che non vuole
farsi vedere nuda dal poeta; il secondo getta sospetti su un ricco che, in
seguito allincendio della sua casa, ha ricevuto moltissimo denaro raccolto
tra la gente; gli epigrammi seguenti (53-55) hanno protagoniste femminili:
nel primo Marziale parodia lamore elegiaco; gli altri due costituiscono una
coppia dedicata allipocrisia.
I due successivi epigrammi (56-57) sono monodistici che sfruttano
a ni comici la carenza idrica di Ravenna; essi riconducono il lettore alla
provenienza cispadana del libro (il nome di Ravenna compare in chiusura
del primo verso di entrambi) e preparano il campo per il successivo
epigramma (58), il pi lungo dellintero corpus di Marziale (51 vv.):
rivolgendosi a Basso egli descrive la villa a Baia del patrono Faustino,
suo ospite in Cispadana (vd. 3). Il metro (coliambo) e la conclusione
(45-51), che, con un mutamento di tono, prende di mira la tenuta

Introduzione

69

improduttiva di Basso, collegano il componimento allepigr. 47, cui questo


fa da pendant83. Anche la collocazione (circa alla met del libro) mette in
risalto lunicit del componimento. Segue un altro monodistico (59), di
nuovo di ambientazione cispadana, in cui Marziale riprende la vicenda del
ciabattino (cfr. epigr. 16), rivelando che aveva allestito il suo spettacolo
gladiatorio a Bologna e denunciando il moltiplicarsi di casi analoghi nella
regione. Lepigramma sulla villa di Faustino dunque incorniciato da tre
monodistici che presentano i nomi di tre importanti citt della Cispadana
(Ravenna, Bologna, Modena). Lepigr. 60 affronta per lultima volta nel
libro il tema della sportula, descrivendo la miseria della recta cena che
doveva sostituirla. Lepigr. 61 una risposta a un tale che chiede continui
prestiti. La coppia seguente (62-63) prende di mira due personaggi
caratterizzati da una vuota ostentazione: il primo spreca enormi quantit
di denaro per oggetti superui, il secondo un bellus homo, dedito a una
vita fatta di mondanit. Lepigr. 64, in coliambi, loda le doti affabulatorie
dellamico Canio Rufo (luso del metro richiama lepigr. 20, anchesso
rivolto allamico). I seguenti tre epigrammi (65-67) presentano temi inediti
nel libro: il primo (65) descrive attraverso ni paragoni la fragranza dei
baci di un puer; il secondo (66) mette a confronto gli assassini di Cicerone
e Pompeo; il terzo (67), in faleci, descrive una gita estiva compiuta lungo
i umi Vaterno e Rasina nei pressi di Forum Corneli e si conclude con
un originale gioco etimologico. Marziale chiude dunque la sezione casta
del libro mostrando la sua scaltrezza nella scelta di temi nuovi, con un
saggio di abilit conclusiva. signicativo che lultimo epigramma della
sezione menzioni luoghi della Cispadana, congurandosi in tal modo
come una sorta di congedo dalla regione. Lepigramma consente inoltre
una lettura metaletteraria: nel dipingere la pigrizia dei marinai, unita alla
calura opprimente, Marziale rappresenta forse la stanchezza del lettore per
una lunga serie di epigrammi casti e segnala la chiusura della sezione.
Lepigr. 68 un nuovo proemio al mezzo in cui il poeta avverte le
matrone che lultima sezione del libro contiene componimenti licenziosi e
gliene sconsiglia la lettura. Lepigr. 69 riveste carattere apologetico: Marziale
critica il poeta Cosconio i cui epigrammi sono privi di elementi piccanti
e difende il carattere licenzioso della propria poesia. I due componimenti
costituiscono una coppia proemiale che introduce lultima parte del libro.
83

Vd. Merli 1998, p. 142 sg.

70

Alessandro Fusi

I componimenti successivi (70-76) costituiscono una sorta di catalogo di


perversioni sessuali. Lultimo (76), per il tema dellimpotenza e lutilizzo
comico delle gure mitologiche (Ecuba, Andromaca), si ricollega allepigr.
32. Gli epigr. 77 e 81 sono una coppia rivolta contro un impurus ore; tra
i due epigrammi sono collocati tre monodistici (78-80); viene quindi, in
posizione centrale nella sezione, un lungo epigramma in coliambi (82) che
descrive la cena del parvenu Zoilo; si tratta del componimento pi lungo
e signicativo della sezione (33 vv.), secondo nel libro solo allepigr. 58.
La situazione descritta mostra numerosi punti di contatto con la Cena
Trimalchionis petroniana ed evidente la volont di aemulatio da parte
di Marziale. Segue un monodistico (83) di carattere apologetico, in cui
Marziale, alle critiche di eccessiva lunghezza da parte di un detrattore,
risponde in tono con il carattere osceno della sezione. Gli epigrammi 84 e
85 sono rivolti a un impurus ore e a un marito tradito che ha mutilato il viso
dellamante della moglie. Lepigr. 86 costituisce una scherzosa ripresa del
proemio della sezione (68). Il seguente attacca la fellatrix Chione (nominata
anche in 30, 4 e 83, 2)84. Vengono quindi tre monodistici (88-90), cui segue
il racconto di un aneddoto conclusosi con la castrazione di un vecchio
soldato congedato di Ravenna. Il carattere novellistico del componimento
e la sua conclusione rimandano allepigr. 24, con cui condivide anche
la realizzazione dellarguzia attraverso un gioco linguistico. Un altro
monodistico (92) anticipa il secondo epigramma lungo della sezione: in 27
coliambi Marziale attacca la vecchissima Vetustilla che, incurante dellet,
cerca marito. Segue ancora un monodistico su un antrione che, per
risparmiare i cibi, nge che non siano stati cotti e fa frustare il cuoco. La
scelta del tema, estraneo al carattere osceno della sezione, forse orientata
a creare uno stacco dopo lepigr. 93, eccezionale per la lunghezza e per la
fantasiosit delle immagini.
Lepigr. 95 lultimo del libro di una certa estensione (14 vv.) e rilevanza;
esso apre in qualche modo la serie conclusiva del libro: a un effeminato
dal comportamento sprezzante, Marziale ricorda orgogliosamente il
suo prestigio e la sua fama poetica. Lepigramma non a caso compare
nella sezione oscena: il poeta rivendica la sua unicit allinterno di una
societ dove la corruzione morale dilaga, e dove, anzi, a essa seguono
spesso prestigio sociale e ricchezza. Segue una minaccia di irrumatio
84

A questo epigramma sembra essersi rifatto il falsario autore dellepigr. 3.

Introduzione

71

(96) a un tale che vanta le sue prestazioni con la puella del poeta. Lepigr.
97 introduce propriamente la parte conclusiva del libro e contiene una
dedica scherzosa a Rufo85, cui Marziale afda il libro per evitare che lo
legga Chione. Il seguente (98) descrive in modo caricaturale un tale dal
culus macer. Lepigr. 99 riprende la vicenda del ciabattino (cfr. 16; 59),
che Marziale rappresenta irato per la satira contro di lui. Il componimento
riveste il carattere di una apologia della poesia satirica, ma innocua, cui
il poeta contrappone la crudelt degli spettacoli gladiatori, che fornisce
invece notoriet a chi li sovvenziona. Chiude il libro un epigramma di
dedica a Rufo (100), che, con unarguzia realizzata allinsegna di unironica
svalutazione della propria opera, si ricollega allepigramma di apertura,
conferendo al libro una struttura circolare.
Lanalisi condotta consente senzaltro di ribadire in conclusione le
osservazioni iniziali: la disposizione degli epigrammi nel libro studiata
per ottenere un effetto di variet nei contenuti, nella lunghezza dei
componimenti e nei metri. La sezione proemiale e quella conclusiva sono
ben distinte dal resto del libro. Gli epigrammi formano spesso piccole serie
legate da afnit tematica. Lultima sezione del libro (68-100), introdotta
da un nuovo proemio (68), ospita gli epigrammi osceni. I componimenti
pi signicativi ricevono una collocazione volta a metterne in risalto
limportanza e sono spesso composti in metri differenti dal distico elegiaco,
che la forma prevalente86. I temi principali sono sviluppati in epigrammi
distribuiti in maniera equilibrata nel corso del libro.
6. Pubblicazione e dediche dei libri in Marziale
Gli epigrammi di presentazione e dedica delle raccolte a singole
persone occupano uno spazio signicativo allinterno dei libri di Marziale;
la loro frequenza ha posto un delicato problema interpretativo, al quale
sono state date risposte radicalmente differenti. Nel corpus dei dodici
libri di Marziale, oltre a quattordici epigrammi di dedica allimperatore, vi
sono circa 45 componimenti di dedica a patroni e amici. Gli unici libri a
Sulle ipotesi di identicazione del personaggio vd. la n. intr. allepigr. 100.
Sono in distici elegiaci 1234 epigrammi su 1560 (79, 10%): vd. Scherf 2001, pp. 113;
115.
85
86

72

Alessandro Fusi

contenere un solo epigramma di dedica sono il I e il VI; negli altri libri ve


ne sono pi di uno, per giungere a un massimo di 11 nel libro VII. Solo in
alcuni casi questi componimenti occupano la prima sede del libro, propria
delle dediche (II epist.; VI 1; IX epist.; XI 1; XII epist.). La pluralit di
epigrammi di dedica e il loro carattere di informale comunicazione privata
hanno condotto P. White87 a ritenere che tutti (o quasi) gli epigrammi di
dedica fossero dediche di raccolte private, presentate individualmente a
singoli amici, che Marziale avrebbe poi inserito nei libri destinati ai lettori
comuni senza curarsi delle contraddizioni che si creavano. Tale modalit
di circolazione privata di brevi raccolte avrebbe ricoperto la funzione di
omaggio a patroni anche dopo linizio di regolari pubblicazioni dei libri
di epigrammi (si tratta della cosiddetta libellus theory). stato per
messo in luce piuttosto chiaramente da Citroni 1988, p. 33 sgg. come, nel
momento in cui Marziale inizia la pubblicazione regolare dei suoi libri,
questi divengano la sede pi importante e signicativa anche per i carmi di
omaggio. Naturalmente il poeta avr continuato a inviare personalmente
ai suoi amici i carmi a loro dedicati prima della pubblicazione del libro e
forse anche piccole raccolte personalizzate, ma la forma di comunicazione
propria della sua poesia il libro pubblicato (vd. quanto osservato nel 5);
a esso si riferiscono esplicitamente numerosi epigrammi di dedica, in cui
spesso viene anche indicato il numero di ordine allinterno del corpus (II
93, 1; V 15, 1; VI 1, 1; VIII epist. 5 sg.; XII 4 [5], 1 sg.; vd. Citroni 1988,
p. 34 sg.; importanti argomenti contro la tesi di White anche in Fowler
1995).
La compresenza di numerose dediche mostra non solo come Marziale
non si preoccupi affatto delle contraddizioni che possano emergere,
ma anche come il poeta si diverta, con una nzione tutta letteraria, ad
attribuire al suo libro il carattere di work in progress, pronto a recepire non
solo i consigli e le correzioni di amici e patroni (cfr. V 80; VI 1; VII 28;
XII epist.), ma anche le reazioni dei lettori. Talora egli afferma di inviare
il libro prima che sia stato denitivamente confezionato (IV 10; VIII 72).
In questi casi ci che Marziale propone non una raccolta destinata a un
ambito privato, ma un esemplare che si pretende provvisorio di un libro
destinato alla pubblicazione: un caso emblematico VI 1, in cui si trova
Vd. White 1974, p. 40 sgg. e, recentemente, P. White, Martial and Pre-Publication Texts,
EMC 40, 1996, pp. 397-412.
87

Introduzione

73

la richiesta di correzione di un libro gi designato col numero dordine


nel corpus. Perci, pur appartenendo al libro pubblicato, gli epigrammi
di dedica assumono il modo informale del biglietto di invio di raccolte
private (e certamente alcuni saranno stati effettivamente biglietti privati
in seguito inseriti nel libro pubblicato: cfr., ad es., VII 17, dedica alla biblioteca di Giulio Marziale di unedizione comprendente i libri I-VII) e la
presupposizione della provvisoriet del testo inviato, che pu ricevere le
correzioni degli amici. Cos Marziale pu permettersi di offrire i propri
libri a una pluralit di dedicatari, coinvolgendoli anche nelle responsabilit
della pubblicazione88.
Nel caso del libro terzo, lepigr. 2 dedica il libro a Faustino perch non
debba fare una brutta ne e non debba temere i critici (si tratta dunque di
un libro pubblico), mentre lepigr. 5 raccomanda il libro a Giulio Marziale,
dicendo che preferibile raccomandarlo a una persona sola piuttosto che a
molti (anche in questo caso si tratta di libro pubblico); a pochi epigrammi
di distanza il libro viene afdato a due persone diverse, mentre si dice che
non il caso di afdarlo a pi duna persona; inoltre nella sezione oscena
compaiono due nuove dediche, entrambe a Rufo: lepigr. 97 gli afda il
libro perch non lo legga Chione (in questo caso il libro sembrerebbe
quindi non pubblico); nellepigr. 100 afferma di aver afdato il libro a
uno schiavo inviatogli dal patrono, ma che certamente sar stato cancellato
dalla pioggia che cadeva incessantemente89. Qui addirittura lepigramma
chiude il libro che teoricamente il patrono non potrebbe leggere, poich
cancellato dalla pioggia!90 evidente il gioco operato dal poeta con le
convenzioni della lettura, cos come la sua cura nella disposizione degli
epigrammi nel libro.

88
Come ricordato da Fowler 1995, p. 38 la pratica di celebrare molteplici destinatari in un
libro ben attestata a Roma: ad esempio da Orazio nelle Odi e nelle Epistole, ma anche
da Catullo, da Ovidio nelle Epistulae ex Ponto, dallelegia, per non parlare delle Silvae di
Stazio.
89
Cursorem sexta tibi, Rufe, remisimus hora / carmina quem madidum nostra tulisse
reor: / imbribus immodicis caelum nam forte ruebat. / non aliter mitti debuit iste liber.
90
Lapparente incongruenza probabilmente allorigine di un problema testuale: vd. al
riguardo la n. al v. 4 iste.

74

Alessandro Fusi

7. La tradizione del testo


Lassetto stemmatico della tradizione manoscritta di Marziale91 stato
ssato da F.W. Schneidewin, autore nel 1842 della prima edizione curata con
metodo scientico92. Egli ha ripartito i codici in tre famiglie, la cui fonte risale
alla tarda antichit93. Le ricerche sul testo di Marziale hanno per raggiunto il
culmine, dopo le pur importanti edizioni di Gilbert e Friedlaender (entrambe
del 1886)94, allinizio del XX secolo con gli studi di W.M. Lindsay95, seguiti
dalla sua fondamentale edizione oxoniense (1903), unopera che, superati i
cento anni, merita ancora le parole di elogio che le dedic, ventanni dopo la
sua pubblicazione, un altro importante lologo anglosassone, di certo non
incline a facili lodi, A.E. Housman96: One of those works which are such
boons to mankind that their shortcomings must be forgiven them. All that
energy could do in the investigation or skill and industry in the collation of
MSS was done, and the fruits of this labour were condensed in an apparatus criticus of the most admirable lucidity. A Lindsay spetta il merito
di aver ricostruito in modo esauriente il testo della seconda famiglia, la cui
conoscenza da parte dei precedenti editori era soltanto parziale97, e di aver
reso conto delle sue scelte ecdotiche in un apparato chiaro e sintetico che
Unampia esposizione si trova in Citroni, pp. XLV-LXXIII, cui rimando anche per le
approfondite notizie sui singoli codici; ottima la sintesi di Reeve 1983. Importanti i contributi
di Friedlaender, I, pp. 67-96; Lindsay 1900-1901, pp. 353-355; 44-46; Id. 1901, pp. 413-420;
Id. [pp. I-XX]; Id. 1903; Heraeus 1925; Pasquali 1934, pp. 415-427; sulla fase tardoantica
vd. Schmid 1984; P. Mastandrea, Per la storia del testo di Marziale nel quarto secolo. Un
prologo agli epigrammi attribuibile ad Avieno, Maia 49, 1997, pp. 265-297.
92
I meriti di questa edizione, non cumuni per la sua epoca, sono stati sottolineati da S.
Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Padova 19853, p. 61 sg.; vd. anche Citroni,
p. XXXVIII sgg.
93
Sembra decisivo in tal senso lordine dei libri nel corpus marzialiano, comune a tutti i
codici, per cui Xenia e Apophoreta, pubblicati prima del libro I, sono collocati dopo il XII
libro (lultimo in ordine cronologico). La scelta risalir al curatore di unedizione completa
di Marziale, allestita dopo la morte dellautore. Le edizioni moderne si attengono a questo
ordine: liber de spectaculis, libri I-XII, Xenia, Apophoreta.
94
Su meriti e limiti di queste edizioni vd. Citroni, p. XL sg.
95
Lindsay 1900-1901; 1901; 1902; 19032 e soprattutto Lindsay 1903.
96
Housman 1925, p. 199 = Class. Pap., p. 1099.
97
Per primo collazion L, il codice pi importante della famiglia, e riconobbe in f, codice
umanistico trascurato da Schneidewin, un importante testimone della stessa famiglia. Gi
per ledizione di Friedlaender egli aveva collazionato il codice Q.
91

Introduzione

75

per la prima volta rispecchiava la tripartizione della tradizione manoscritta


(sulle caratteristiche e sui limiti di questo apparato vd. 8).
Ancora a Lindsay si deve unanalisi ampia e dettagliata sulla possibilit
di varianti dautore nella tradizione di Marziale: lipotesi era gi avanzata da
Schneidewin1, p. VII, ma lesame pi approfondito della questione stato
condotto da Lindsay 1903, pp. 13-34 ( 4 Origin and Nature of the Variations
in Martials Text), che ha individuato e discusso un elevato numero di varianti
che potrebbero risalire a Marziale. Almeno in un caso, quello del libro X, il
poeta stesso ad attestare lesistenza di una seconda edizione98: la prima risale al
95 ed probabile che Marziale abbia deciso di ripubblicare il libro nel 98, sotto
il nuovo imperatore Traiano, eliminando gli epigrammi di tono smaccatamente
adulatorio nei confronti di Domiziano, assassinato nel 9699.
Scetticismo sulle ipotesi di varianti dautore stato espresso da
Heraeus 1925, pp. 318-323, mentre propenso ad accogliere le valutazioni
di Lindsay si mostrato, almeno in un primo tempo, Pasquali 1934, p. 419
sgg.100. Oggi lipotesi non riscuote molti consensi101. Il caso per il quale
si discusso con elementi pi solidi della possibilit di variante dautore
X 48, 23 (de prasino conviva meus venetoque loquatur nel testo di
Lindsay): qui, nelle lezioni della seconda e terza famiglia102, Lindsay 1903,

X 2, 1-4 festinata prior, decimi mihi cura libelli / elapsum manibus nunc revocavit opus.
/ nota leges quaedam, sed lima rasa recenti; / pars nova maior erit: lector, utrique fave.
99
Lincremento di composizioni celebrative dellimperatore nei libri VIII e IX lascia pensare che ancora maggiore dovesse essere lo spazio per la componente adulatoria nel libro
X (vd. Citroni 1988, p. 27). Sulla cronologia delle due edizioni vd. ora Damschen-Heil, pp.
3-8 con bibliograa.
100
Successivamente Pasquali ha mostrato maggiore cautela e compiuto una parziale marcia
indietro sulla questione, ammettendo di avere probabilmente ecceduto nellindividuazione
di varianti dautore proprio nel caso di Marziale: vd. G. Pasquali, Preghiera, SIFC 22,
1947, p. 261; Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 19522, p. XXI.
101
Vd., ad es., Citroni, p. XLIII; Reeve 1983, p. 243 sg. Un riesame di molte delle varianti
selezionate da Lindsay stato recentemente condotto da Di Giovine 2002, che, pur
evitando di parlare di varianti dautore, ritiene alcune lezioni, in genere trascurate dagli
editori, conformi allusus linguistico e stilistico di Marziale. Le analisi di Di Giovine che
riguardano epigrammi di questo libro sono discusse nel commento: vd. le nn. a 27, 1; 72, 3;
86, 3. Per alcune varianti si pu senzaltro pensare ad unorigine tardoantica (sullargomento
Schmid 1984): vd. le nn. a 24, 2; 31, 2.
102
Scutoque , scipioque ; venetoque, accolto dalla maggioranza degli editori, il testo
della prima famiglia, rappresentata da T.
98

76

Alessandro Fusi

p. 14 ha visto una corruzione di Scorpoque103, lezione che apparterrebbe


alla prima edizione del libro, sostituita, in seguito alla morte dellauriga
Scorpo104, nella seconda edizione. Lipotesi stata guardata con favore da
H. Emonds105 e da Pasquali 1934, p. 420, contestata da Heraeus 1925, p.
319106. Shackleton Bailey, in modo ancor pi radicale, ha accolto nel testo
Scorpoque, senza prendere in considerazione lidea che si tratti di variante
dautore107. Lipotesi di Lindsay, anche se suggestiva, non ha condotto
a conclusioni persuasive: soprattutto non si vede il motivo per il quale
Marziale avrebbe sentito la necessit di sostituire il nome del defunto
Scorpo in X 48, 23, mentre non si sarebbe preoccupato affatto di lasciarlo,
nello stesso libro, in un contesto tuttaltro che celebrativo108.
In conclusione si pu affermare che ad oggi lipotesi di varianti
dautore in Marziale non stata suffragata da nessun esempio che possa
essere considerato, con un relativo margine di probabilit, persuasivo109.
Gli editori successivi si sono basati sostanzialmente sullapparato di
Scorpoque aveva congetturato gi Gruter (1602).
Compianta da Marziale in X 50 e 53.
105
Zweite Auage im Altertum, Leipzig 1941, p. 357 sg.
106
Una posizione originale espressa da Schmid 1984, p. 406 sgg. che sostiene la genuinit
di scutoque.
107
Sullipotesi di varianti dautore lo studioso si esprime con la consueta nettezza: trium
recensionum lectiones varias ad poetam non redire ex ipsarum natura certo certius est (SB1,
p. VII).
108
X 74, 2-6 quam diu salutator / anteambulones et togatulos inter / centum merebor
plumbeos die toto, / cum Scorpus una quindecim graves hora / ferventis auri victor auferat
saccos? Per un approfondito esame della questione vd. C. Di Giovine, Per il testo e lesegesi
di Marziale 10, 48, 18-24, RFIC 128, 2000, p. 460 sgg., il quale, pur sostenendo il testo
della prima famiglia, guarda con un certo favore allipotesi di Lindsay. Sullargomento mi
propongo di tornare prossimamente.
109
Per quanto riguarda gli epigrammi di questo libro, Lindsay 1903, pp. 22-24 mostrava
di considerare come possibili varianti dautore quelle di 13, 1 e di 27, 1; collocava inoltre
tra le varianti per cui la scelta estremamente incerta le seguenti: 16, 5 lusisti corio T :
lusisti satis est ; 44, 13 non licet natare T : non sinis natare ; 63, 6 modos : choros ;
68, 4 videre viros T : videre mares ; 91, 9 qui parte iacebat
: cum parte iaceret T. Su
questi passi si vedano le relative nn. Sulla questione delle (presunte) varianti dautore nei
testi antichi sono fondamentali le riessioni di S. Mariotti, Varianti dautore e varianti di
trasmissione, in La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro, Atti del
Convegno di Lecce, 22-26 ottobre 1984, Roma 1985, pp. 97-111 (ora anche in S. Mariotti,
Scritti di lologia classica, Roma 2000, pp. 551-563).
103
104

Introduzione

77

Lindsay, tralasciando ogni investigazione sulla tradizione110. Una nuova


collazione dei manoscritti principali stata compiuta da Mario Citroni per
la sua pregevole edizione commentata del I libro (1975) e, di recente, da
Alberto Canobbio per il gruppo di epigrammi appartenenti al ciclo del
libro V sulla restaurazione domizianea della Lex Roscia theatralis, oggetto
del suo approfondito studio111. Il riesame di Citroni non ha condotto
a sostanziali novit nella costituzione del testo112, come egli stesso
riconosce113; esso ha consentito tuttavia in pi punti di chiarire leffettivo
status della tradizione con un apparato che registra sistematicamente le
varianti dei codici principali114 (sui criteri, analoghi a quelli di Citroni,
adottati nella presente edizione vd. 8).

110
Vd. Citroni, p. XLII sg. Il solo Heraeus, pur servendosi per lo pi delle collazioni gi
utilizzate da Lindsay, pot usare anche quelle apprestate da Thiele, morto prematuramente
quando aveva appena iniziato lopera di edizione per la Bibliotheca Teubneriana (vd.
Heraeus, p. VIII). Lo studioso tedesco per corregge soltanto qualche piccolo errore delle
edizioni precedenti, attenendosi per il resto a un criterio ancor pi selettivo di quello di
Lindsay nella costituzione dellapparato.
111
Canobbio 2002; si tratta di V 8; 14; 23; 25; 27; 35; 38; 41, di cui lo studioso presenta
anche un ricco commento perpetuo. Il progetto di Canobbio di condurre a termine
ledizione commentata dellintero libro V (vd. Canobbio 2002, p. 9). I restanti commenti a
singoli libri, la cui pubblicazione si notevolmente inttita nel corso dellultimo decennio,
non contengono ledizione critica del testo, limitandosi a una discussione delle varianti
desunte dagli apparati di Lindsay o Shackleton Bailey. Lunica eccezione costituita da
Schffel, che propone un apparato non frutto di un riesame personale, ma basato su
diverse edizioni critiche a partire da quella di Schneidewin. Una via diversa quella tentata
dal recente commento al libro X di Damschen-Heil, frutto in realt della collaborazione di
diversi studiosi, che presenta unappendice critica in cui sono discussi i problemi testuali.
112
Tralascio quello di Canobbio per lesiguo numero di epigrammi oggetto dello studio, che
non consente valutazioni pi ampie.
113
Citroni, p. LXXIV; lo scetticismo sulle novit testuali che potrebbero emergere da un
completo riesame della tradizione traspare dalle parole di Reeve 1983, p. 243: A thorough
study of the tradition, however rewarding, would hardly benet editors.
114
Appare dunque eccessivo il sarcasmo mostrato nei confronti del lavoro di Citroni dal pi
recente editore di Marziale, D.R. Shackleton Bailey, il quale, come noto, tralascia nelle sue
edizioni laspetto della recensio, afdandosi agli apparati esistenti: In primi libri editione
(1975) M. Citroni singulorum ex
familiis codicum discrepantias accuratius protulit;
qua diligentia hoc tamen profectum est, ut posteriores ne litus ararent moneri possent
(SB1, p. XI). La necessit di condurre unedizione critica di Marziale secondo i criteri indicati
da Citroni invece ribadita da Parroni 1993, p. 57.

78

Alessandro Fusi

La tradizione medievale
I codici medievali sono suddivisi in tre famiglie, la cui origine risale
presumibilmente alla tarda antichit115:
La prima famiglia
Comprende soltanto due orilegi di origine francese di IX secolo
(T R), che si integrano a vicenda116 e contengono circa due terzi degli
epigrammi117. lunica fra le tre a conservare il Liber de spectaculis118.
Caratteristica peculiare di questa famiglia la sostituzione dei termini
osceni con eufemismi, operazione di censura riconducibile a un ambiente
monastico119. Il suo testo in genere migliore di quello delle altre due
115
Almeno per la seconda famiglia lorigine tardoantica assicurata dalle sottoscrizioni
presenti in tutti i codici (su cui vd. infra). evidente che lassenza di un archetipo inteso
come progenitore della nostra tradizione non consente di utilizzare il criterio meccanico
dellaccordo di due famiglie contro una per la costituzione del testo. Ne offre conferma
lalto numero di lezioni tramandate da una sola famiglia contro laccordo delle altre due:
vd. lelenco in SB1, pp. VIII-X.
116
Come osservato da Carratello 1974, p. 145. Quanto ai rapporti tra i due codici, per
Knoche 1940, p. 262 sg. n. 4 R sarebbe stato scritto poco dopo T, nello stesso scriptorium,
ma le pi attendibili datazioni dei due codici smentiscono questa ipotesi e L. Zurli (I codici
T ed R di Marziale, RFIC 129, 2001, pp. 51-56) ha sostenuto, con buone ragioni, che
T integri intenzionalmente gli epigrammi tralasciati da R non solo nel De spectaculis, ma
anche nei libri I-XII e negli Xenia (a partire da XIII 74 T trascrive tutti i distici, senza
curarsi del fatto che siano o meno in R).
117
Un terzo codice, il Vindobonensis Lat. 277 del IX sec. (H), contiene di Marziale soltanto
epigr. 18, 5 sg.; 19-30; I 3; 4, 1 sg. ed pertanto inutilizzabile per il libro terzo (sul codice
vd. Citroni, p. XLV sg.). La relazione tra H e T, affrontata dagli editori dei testi che vi sono
trditi, tuttora oggetto di discussione: vd. J. Richmond, The Relationship of Vindob. 277
and Paris. Lat. 8071, Philologus 142, 1998, pp. 80-93 con una rassegna delle ipotesi e
bibliograa. Per Lindsay, [p. IV sg.] T copia di H.
118
La presenza del libro nei codici di altre famiglie dovuta a contaminazione, operata
almeno dal XIV sec. Sullargomento e sulla tradizione del De spectaculis vd. Reeve 1980,
p. 193 sgg. e la prefazione delledizione di Carratello (M. Valerii Martialis Epigrammaton
liber, Introduzione e testo critico di U. C., Roma 1981, rist. delled. del 1980, p. 20 sgg.).
119
Lindsay 1903 pensava ad unedizione tardoantica in usum elegantiorum; spetta a Housman 1925, p. 202 (= Class. Pap., p. 1003) il merito di aver ricondotto tali sostituzioni a
mere monkish horror of women; a dimostrarlo in modo sicuro il fatto che termini
volgari come, ad es., mentula, culus, fellare / fellator siano trascritti senza alcun problema,

Introduzione

79

famiglie120; non tuttavia esente da interpolazioni121.


T = Parisinus Lat. 8071 (Thuaneus), saec. IX3/4. Il codice stato attribuito
a unarea francese localizzabile tra Parigi e Auxerre, ma tendenzialmente
verso Auxerre (Bischoff) o a Fleury.
Catalogus codicum latinorum Bibliothecae Regiae, III 4, Paris 1744, p. 424 sg.; Citroni, pp.
XLVI-XLVIII; B. Munk Olsen, Les classiques latins dan les orilges mdivaux antrieurs au
XIIIe sicle, RHT 10, 1980, p. 132 sg.; C. Vecce, Iacopo Sannazaro in Francia, Padova
1988, pp. 93-109; B. Bischoff, lettera a C. Villa apud Vecce, p. 95 n. 2; M. Mostert, The
library of Fleury. A provisional list of manuscripts, Hilversun 1989, p. 223.

R = Leidensis Vossianus Lat. Q 86, a. 850 circ. (Wilmart e Bischoff). Di


provenienza francese: lo assegnano a Fleury Rand e Knoche; a Tours
Wilmart e Reeve.
Citroni, pp. XLVIII-L; de Meyier, II, pp. 197-204.; B. Bischoff apud de Meyier, II, p. 197; A.
Wilmart, Codices Reginenses Latini, II, Citt del Vaticano 1945, p. 245; E.K. Rand, A Vade
Mecum of Liberal Culture in a Manuscript of Fleury, PhQ 1, 1922, p. 258 sgg.; Knoche
1940, p. 262 sg.; Reeve 1983, p. 240 n. 14.

La seconda famiglia
Discende da un esemplare emendato da Torquato Gennadio122 nel 401
mentre la sostituzione limitata a cunnus (con il suo composto cunnilingus) e a futuere
(con i suoi derivati fututor e fututrix); sullargomento si veda ora lapprofondito studio di
Mastandrea 1996.
120
Spesso infatti conserva la lezione genuina contro le altre due: in questo libro cfr. 24, 2
focis T: sacris ; 32, 1 quaeris R: quereris ; 60, 1 vocer T: vocor ; 65, 8 nardo passa
T: nardo sparsa nardos parta ; 68, 1 huc T: hoc
; 80, 1 loqueris T: quereris
; 85,
3 tibi T: tua ; 86, 3 spectas et casta T: spectas tu casta si spectas casta . Per altri casi
vd. SB1, pp. VIII-X.
121
In questo libro cfr. 31, 2 urbanique] Albanique T; 91, 12 cervo] puero T. Sullargomento
vd. Schmid 1984.
122
Il personaggio non pu essere identicato (con Friedlaender, I, p. 69; O. Seeck, in RE
VII 1173, 56-63) con il Torquato Gennadio che nel 396 ricopriva la carica di praefectus
Augustalis dEgitto e che fu proconsole dAcaia: la sua opera di emendatio un esercizio
propedeutico quale quello, compiuto sei anni prima nella stessa scuola di retorica, da
Crispo Sallustio sul testo di Apuleio. Tale attivit pu essere attribuita solo a uno studente,
forse glio del magistrato omonimo, il quale certo non avrebbe omesso di menzionare
nelle sottoscrizioni i prestigiosi titoli onorici acquisiti nella carriera politica (vd. Lindsay

80

Alessandro Fusi

d.C. a Roma nel Foro di Augusto, come risulta dalle subscriptiones presenti,
con lievi varianti, in tutti i codici123. Essa comprende un manoscritto di XII
secolo (L), valorizzato da Lindsay124, che per primo lo utilizz nella sua
edizione, e tre codici di et rinascimentale (P Q f). Gli errori presenti nei
quattro riconducono a un archetipo in beneventana125. Il testo recato da
questa famiglia viene considerato meno attendibile di quello della prima,
ma pi di quello della terza. Friedrich 1909, pp. 88-117 ha notato una
tendenza a normalizzare il testo sulla base di passi analoghi.
L = Berolinensis (olim Lucensis) Lat. fol. 612, saec. XII. Apparteneva
alla biblioteca del Monastero di S. Maria Corteorlandini di Lucca e fu
acquistato poco prima del 1900 dalla Biblioteca di Berlino. Fu riscoperto
e valorizzato da Lindsay.
Citroni, p. L sg.; Lindsay 1901, pp. 413-420; A. Mancini, SIFC 8, 1900, p. 124; collazione
in Lindsay 1903, pp. 65-118.

P = Vaticanus Palatinus Lat. 1696, saec. XV. Schneidewin1, p. XLIII sgg. ha


sostenuto che il codice sia da identicare con il Palatino utilizzato da Gruter
(1602). Lipotesi, contestata da Gilbert 1883, p. 16 sg. e da Friedlaender, I,
p. 78 sg., ha trovato conferma dallo studio di Malein 1900, pp. 1-16.
Citroni, p. LI; Malein 1900, pp. 1-38; E. Pellegrin et al., Les manuscrits classiques latins de
la Bibliothque Vaticane, II 2, Paris 1982, p. 357 sg.

Q = Londiniensis Musei Britannici Arondellianus 136, saec. XV2/3. Presenta


numerose correzioni, parte di prima mano, parte di mani successive, e
1903, p. 2; Pecere 1986, p. 34).
123
Una formula breve ed essenziale si ripete nei primi dodici libri (per il testo vd. Lindsay
1903, pp. 2 sgg.; 119 sg.). Segnava certo una cesura nellopera di emendatio di Gennadio
la sottoscrizione lunga tramandata dopo il terzo epigramma degli Xenia: Emendavi ego
Torquatus Gennadius in foro divi Augusti Martis consulatu Vincentii et Fraguitii virorum
clarissimorum feliciter. Sulle subscriptiones tardoantiche di testi latini fondamentali gli
studi di O. Pecere: vd. specialmente Pecere 1986 (p. 34 sgg. sulla subscriptio gennadiana);
inoltre La subscriptio di Statilio Massimo e la tradizione delle Agrarie di Cicerone, IMU
25, 1982, pp. 73-123; Esemplari con subscriptiones e tradizione dei testi latini. LApuleio
Laur. 68, 2, in Il libro e il testo. Atti del convegno internazionale, Urbino 20-23 settembre
1982, a c. di C. Questa e R. Raffaelli, Urbino 1984, pp. 111-137.
124
Lindsay 1901, pp. 413-420.
125
Lindsay 1901, p. 416 sg.; Reeve 1983, p. 240.

Introduzione

81

molte note marginali, aggiunte di versi o epigrammi omessi dal capostipite


della famiglia. Le correzioni recenti derivano da un testo umanistico.
Citroni, p. LI sg.; Friedlaender, I, p. 79 sgg.; Lindsay 1900-1901, pp. 353-355; 44-46.

f = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 39, saec. XV3/4. Scritto


dallumanista orentino G.A. Vespucci (A. de la Mare). Le correzioni della
seconda mano (f), spesso nellinterlinea, talora in margine, sono desunte
da un testo umanistico.
Citroni, p. LII sg.; Lindsay 1902, p. 315 sg.; Lindsay, [p. X]; Bandini, II, cc. 219-221; A. de la
Mare, The handwriting of Italian humanists, I, Oxford 1973, p. 125.

I rapporti tra i codici della famiglia sono stati illustrati da Lindsay


1901, p. 415 sg.: certamente nessuno dei quattro copia di uno degli
altri. Il codice pi importante della famiglia L, non solo perch il pi
vicino cronologicamente allarchetipo, ma anche perch lunico esente
da contaminazione. Spesso concordano in errore PQ che certamente
risalgono a un esemplare comune126; ne offrono conferma i seguenti
esempi tratti dal libro terzo:
2, 11 cocco] cocco Lf croco P croceo Q; 12, 4 cenat] cenat Lf tentat PQ; 16, 2 sica
rapit] sica rapit Lf sicca rapit PQ; 25, 4 Neronianas] neronianas Lf neronicanas P
neronicanat Q; 36 tit. ad fabrianum sterilem amicum f (fabianum f) ad fabiam s.
a. L de mechanico PQ (ad 35 pertinens); 43 tit. ad l(a)etinum qui caput tingebat Lf
ad l(a)etinum PQ; 44, 3 circa] circa Lf cura PQ; 46, 6 ingenuumque] ingenuumque
Lf ingeniumque PQ; 47, 8 porrum] porrum Lf possum PQ; 54, 1 possim] possim
Lf possum PQ; 58, 17 Rhodias] rhodias Lf rhadias PQ; 58, 37 fetum] fetum Lf
vetus PQ; 73, 4 credere te] credere te Lf te credere PQ; 76, 4 Hecaben] (h)ecaben
Lf hecuben P echuben Q; 85, 1 abscidere] abscidere Lf abscindere PQ; 86, 4 mimis]
mimis Lf minus PQ; 91, 9 iacebat] iacebat Lf latebat PQ; 93, 19 virumque] virumque
Lf visumque PQ (vir- Q).

Tra i due certamente P reca in forma pi fedele il testo gennadiano,


anche se non mancano correzioni desunte dal testo umanistico. Q
presenta un numero molto pi elevato di interventi dovuti a congettura
e a contaminazione. Anche lantigrafo di f conteneva gi varianti dovute
a contaminazione e inserzioni, ma il codice riporta spesso il testo genna126

Come rilevato da Lindsay 1900, p. 354; Id., [p. IX]; Citroni, p. LV sg.

82

Alessandro Fusi

diano127. Per la ricostruzione del testo dellarchetipo della famiglia in


genere sufciente laccordo di L con un altro testimone della famiglia,
oppure, se non c tale accordo, la lezione del solo L o degli altri tre contro
L.
La terza famiglia
Comprende numerosi manoscritti. Larchetipo di questa famiglia
potrebbe essere stato un manoscritto in minuscola carolina128. Heraeus
1925, pp. 314-336 ravvisa nei codici della famiglia un certo numero di
glosse penetrate nel testo; errori spiegabili come tentativi congetturali
di sanare luoghi corrotti; la tendenza a scambiare le preposizioni nei
composti. Contiene alcune lacune (X 56, 7-72; 87, 20-91, 2). Numerosi
errori derivano da banalizzazione o normalizzazione129. I codici pi antichi
e autorevoli sono tre esemplari di origine francese del IX secolo (E X V),
cui si aggiunge un codice dellarea tedesca dellXI secolo (A).
E = Edinburgensis, National Library of Scotland, Adv. Ms. 18, 3, 1, saec.
IX2. il codice pi autorevole della famiglia, il pi aderente allarchetipo
(vd. gli esempi infra).
Citroni, p. LVII; collazione in Lindsay 1903, pp. 65-118; I.C. Cunningham, Latin Classical
Manuscripts in the National Library of Scotland, Scriptorium 27, 1973, p. 69 sg.

A = Leidensis Vossianus Lat. O 56130, saec. XI-XII1. Una mano di poco


Vd. Lindsay 1902, p. 315 sg.
Lindsay [p. XI sg.]; Reeve 1983, p. 239 n. 5.
129
In questo libro cfr. 2, 12 vindice : iudice ; 13, 1 pisces T: piscem pisces leporem ;
pullos T : mullos ; 22, 3 ferre : ferres ; 25, 4 is : hic ; 27, 1 venias cum saepe R :
cum sis prior ipse ; 42, 4 creditur esse malum T : creditur esse nefas (cfr. 72, 2 nescio
quod magnum suspicor esse nefas); 44, 13 non licet natare T : non sinis natare (vv. 12
sonas; 14 tenes); 47, 15 urbem : Romam ; 60, 4 sugitur T : sumitur (vv. 3 sumis; 5
sumo); 72, 2 nescio quod magnum suspicor esse nefas T : n. q. maius s. e. n. (cfr. 42, 4
quod tegitur maius creditur esse malum); 73, 2 Phoebe : Galle ; 80, 1 de nullo loqueris
T: de nullo quereris ; 82, 18 ipse : ille ; 91, 9 exciduntque senem : exciditque senem
(v. 8 continuo ferrum noxia turba rapit); 99, 3 ludere T : laedere (v. 2 laesa).
130
Il codice erroneamente indicato come Voss. Q 56 nelledizione di Lindsay e nelle
successive. Nonostante la precisazione di Citroni, p. LVII n. 46, lerrore ricorre ancora in
SB e in alcuni commenti (Kay; Leary1; Grewing; Henriksn; Schffel; Damschen-Heil). Un
127
128

Introduzione

83

pi tarda ha corretto il testo in diversi luoghi. Il manoscritto presenta la


trasposizione di III 22-63, 4 dopo V 67, 5, presente, in forma identica o
molto simile, in altri manoscritti seriori della terza famiglia131: Guelferbytanus
Gudianus 157, saec. XII (G, probabilmente copia di A: vd. pp. 86-88); Ambrosianus H 39 sup., saec. XI-XII (non utilizzato nella presente edizione);
Londiniensis Harleianus 2700, saec. XII (h); Cantabrigiensis, Corpus Christi
College 236, saec. XIII (c); Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV,
38, saec. XV (F). Per Lindsay, [p. XI n. 2] la trasposizione sarebbe dovuta
allo spostamento di un quaternione nellarchetipo della famiglia, vericatosi
dopo che ne erano stati copiati EXV132.
Citroni, p. LVII sg.; de Meyier, III, p. 102 sg.

X = Parisinus Lat. 8067 (Puteaneus), saec. IX3/4. Scritto forse a Corbie. Tra
i manoscritti pi importanti della famiglia quello che presenta il numero
pi elevato di interventi congetturali (per alcuni esempi vd. p. 84).
Citroni, p. LVIII; B.L. Ullman, A list of classical manuscripts (in an eight century codex)
perhaps from Corbie, Scriptorium 8, 1954, p. 27; B. Bischoff, Hadoard und die
Klassikerhandschriften aus Corbie, in Mittelalterliche Studien. Ausgewhlte Aufstze zur
Schriftkunde und Literaturgeschichte, I, Stuttgart 1966, pp. 55-63.

V = Vaticanus Lat. 3294, saec. IX2/3. Di provenienza francese (Auxerre


per Bischoff). Appartenuto prima a Francesco Sassetti e poi a Taddeo
Ugoleto, cui sono ascrivibili le correzioni in inchiostro rosso. Fu utilizzato
da Poliziano, che lo cita in Misc. I 23. Pass in seguito alla biblioteca di
Fulvio Orsini.
Citroni, p. LVIII; Parroni 19792, pp. 84-87; A. de la Mare, The Library of Francesco Sassetti
(1421-90), in C.H. Clough (ed.), Cultural Aspects of the Italian Renaissance. Essays in
Honour of P.O. Kristeller, Manchester 1976, pp. 162; 187; B. Bischoff apud de la Mare, p.
187 n. 72; [J. Ruysschaert] Survie des classiques latins, Bibliothque Apostolique Vaticane
1973, p. 35 nr. 67.

errore analogo riguarda il Voss. Lat. Q 89 (C), per il quale vd. p. 86 n. 135.
131
Nonch nei testimoni discendenti dal Florilegium Gallicum (per i quali vd. p. 95 n. 151)
e nelle prime edizioni a stampa (per le quali vd. p. 93 sg.).
132
Il fatto che il passo trasposto comprenda 304 righe veniva valutato da Lindsay 1903
Addendum, come una prova che larchetipo della terza famiglia avesse 19 righe a pagina
(e non 20).

84

Alessandro Fusi

Questi quattro manoscritti consentono di ricostruire con sicurezza


larchetipo della famiglia. Per quanto riguarda i rapporti tra i codici, certo che
nessuno sia copia di uno degli altri. EA sono i pi scrupolosi nel riprodurre
larchetipo e, tra i due, certamente E si mostra il pi fedele allantigrafo,
come si pu osservare dagli esempi raccolti da Lindsay, [p. XII sg.]:
XI 70, 3 rudesve querellae] rudesveque pelle E rudesve puellae X rudesque puellae A;
X 11, 7 donavit Orestae] donavitur esse E donabitur esse X donabit esse A133.

La sostanziale aderenza di EA al testo dellarchetipo si pu vedere


chiaramente, laddove essi tramandano un testo ametrico o palesemente
errato, mentre V e, in misura maggiore, X presentano vari interventi di
natura congetturale:
4, 5 cur absim quaeret breviter tu multa fatere] cur absim quae breviter quaeret tu
multa fatere EA cur absim breviter quaeret tu multa fatere XV; 4, 7 quando venit dicet
tu respondeto poeta] quando veniae dicit tu responde poetae EA quando si veniet
dicit responde poeta X et quando veniet dicens responde poetae V; 4, 8 citharoedus]
citharoedis EAV citharoedus X; 12, 2 here] heres EAV here X; 13, 1 dum non vis
pisces dum non vis carpere pullos] dum non vis pisces leporem dum non vis carpere
mullos EA dum non vis pisces leporem dum carpere non vis mullos V dum pisces
leporem dum non vis carpere mullos X; 14, 1 esuritor Tuccius] esurit orto cocius EA
esurit orco cocius V esuritor tuccius X; 24, 8 colla premitque manu] manu premitque
colla EA colla manuque premit V colla premitque manu X; 32, 2 non vetula es] non
tula es EAV non vetula es X; 38, 12 pallet] pallet et EA pallet XV; 42, 3 simpliciter]
simplici uter EA simpliciter XV; 44, 10 stanti] tanti EA tantae V stanti X; 46, 5
umbone repellet] umbo repellet EA quos umbo repellet V umbone repellet X; 48, 2
pauperis Olus habet] paupe tu solus habet EA pauper tu solus habet V pauperis olus
habet X; 50, 5 perlegitur dum] perge tordum EAV porrigitur dum X; 50, 6 tertius]
testius EA tertius XV; 52, 3 potes] potest EA potes XV; 53, 3 natibusque] natibus EAV
natibusque X; 58, 13 pavones] paones EA pavones XV; 58, 23 festos lucet ad lares]
festo lucet ad lare EAV festos lucet ad lares X; 61, 2 si nil Cinna petis] si nihil cinna
petis EA si nil cinna petis EAXV; 68, 7 sed aperte] per te EAX per te nunc V; 75,
6 sollicitata Venus] sollicita venus EA sollicitata venus XV; 77, 4 tibi Phasis] tiphasis
EAV tibi phasis X; 82, 5 iacet] iacetque EAX iacet V; 83, 2 potui brevius] potuit ore tuis
EAX potuere tuis V; 88, 1 diversa sed] diversi sed EAX diversa sed X.

XV condividono un elevato numero di errori assenti in EA. Tali


Manca in questi esempi il testo di V, la cui conoscenza da parte di Lindsay insufciente
e per lo pi derivata da Malein 1900: vd. Lindsay, [p. XIV].
133

Introduzione

85

corruttele consentono di affermare con sicurezza la loro discendenza da


un esemplare comune; ai casi riportati da Citroni, p. LXI per il primo libro,
si possono aggiungere questi esempi del terzo libro:
1, 1 id est] id est EA est XV; 1, 6 liber] liber EA libor XV; 2, 4 cordylas] cordylas (-di-)
EA cordydas (-di-) XV; 14, 4 a ponte] a ponte EA ad ponte X ad pontem V; 20, 2
tradit] tradit EA tradidit XV; 20, 9 tinctos Attico] tinctos attico EA tinctos ant(h)ioco
XV; 22, 1 trecenties] trecenties EA trecentias XV; 36 tit. ad fabianum sterilem amicum
EA ad fabinianum sterilem amicum XV; 38, 2 speras] speras EA superas XV; 40 tit.
de phiola EA ad phiola XV; 41, 2 quas] quas EA quis XV; 46, 4 lecticam] lecticam
EA lectica XV; 58, 7 testa] testa EA testas XV (testes X); 63, 5 Nili] nili EA lini XV;
82, 19 lambentis] lambentes EA labentes XV; 82, 20 partitur] partitur EA parcitur V
pascitur X; 91, 2 cum grege] cum grege EA congrege XV; 93, 4 cum geras] cum geras
EA congeras XV; 99, 4 iugulare] iugulare EA vigilare XV.

Per quanto riguarda A, di cui sopra si evidenziata una sostanziale


aderenza al testo dellarchetipo, esso tramanda in alcuni casi da solo la
lezione corretta contro lerrore di EXV:
32, 4 nondum erit illa canis, nondum erit illa lapis] erit (alt.) A erat EXV; 47, 12 faba]
faba A fabo EXV; 58, 11 prurit] prurit A purit EX furit V; 75, 3 bulbique] bulbique
A bullique EXV.

Questi esempi si aggiungono a quelli gi segnalati da Citroni, p. LXI sg.,


tra i quali i casi pi signicativi sono:
I 66, 7 pater chartae] pater chartae A partae EXV; 66, 8 inhorruit] inhorruit A
horruit EXV.

Citroni considera poco probabile la possibilit che in questi casi la


lezione corretta di A sia frutto di congettura e prospetta, in via del tutto
ipotetica, leventualit che A possa derivare dallarchetipo per una via diversa,
indipendente, mentre E e il codice da cui dipendono X e V risalirebbero a
un esemplare comune. In effetti, se si ammette lipotesi di congettura di A,
si tratterebbe, almeno per il caso di I 66, 7, di un intervento tuttaltro che
semplice, ma soltanto attraverso un esame sistematico condotto su tutti i
libri che si potranno trarre conclusioni denitive sulla questione134.
Anche lipotesi di contaminazione, prospettata con cautela da Citroni, p. LXII sg. (vd.
anche Canobbio 2002, p. 67), si fonda, per il momento, su un numero troppo limitato di

134

86

Alessandro Fusi

Da quanto osservato si pu concludere che per la ricostruzione


dellarchetipo della famiglia sufciente laccordo di EA, oppure, laddove
questo non vi sia, quello di uno tra i due con XV. Ai principali codici della
famiglia se ne aggiungono tre pi recenti utilizzati da Lindsay e Citroni:
G = Guelferbytanus Gudianus Lat. 157, saec. XII. Presenta, come A (vd.
p. 82 sg.), la trasposizione di III 22, 1-63, 4 dopo V 67, 5.
Citroni, p. LXIII; O. v. Heinemann, Die Handschriften der Herzoglichen Bibliothek zu
Wolfenbttel, 4 Abt., Wolfenbttel 1913, p. 171.

B = Leidensis Vossianus Lat. Q 121, saec. XI-XII1. Una mano coeva ha


annotato alcune varianti interlineari e corretto il testo.
Citroni, p. LXIII; de Meyier, II, p. 265 sg.

C = Leidensis Vossianus Lat. Q 89135, saec. XIII1. Fu utilizzato da Scriverius,


che ha lasciato unannotazione a VIII 28 nel margine inferiore del f. 51r.
Citroni, p. LXIII sg.; de Meyier, II, p. 207 sg.

Per quanto riguarda la posizione stemmatica dei tre manoscritti,


Lindsay, [p. XV] ha segnalato alcuni chiari errori congiuntivi che inducono
a postulare la dipendenza di G da A, di B da V, di C da X136. La collazione
da me effettuata del libro terzo fornisce ulteriori elementi per corroborare
lipotesi di Lindsay. Per quanto riguarda B la sua derivazione diretta da V
pressoch sicura: esso infatti riproduce quasi tutti gli errori singolari di V; i
pochi casi divergenti sono facilmente spiegabili come tentativi congetturali
o errori singolari di B137. Alcuni esempi particolarmente evidenti:
4, 7 quando venit dicet tu respondeto poeta] et quando veniet dicens responde poetae
VB quando veniae dicit tu responde poetae EA si quando veniet dicit responde poeta
casi. Sembrano per deporre a sfavore della contaminazione i numerosi casi in cui EA
trascrivono un testo privo di senso o ametrico (vd. gli esempi citati a p. 84).
135
Il codice indicato come Voss. F 89 nelledizione di Lindsay e nelle successive. Lerrore
ricorre ancora, nonostante la precisazione di Citroni, p. LVII n. 46, in SB e in alcuni commenti
(Kay; Leary1; Grewing; Schffel; Damschen-Heil).
136
Per quanto riguarda VB gli esempi sono tratti da Malein 1900, p. 45, da cui, come detto,
sembra dipendere sostanzialmente la conoscenza di V da parte di Lindsay.
137
Alle medesime conclusioni conduce la collazione del primo libro di Citroni (p. LXIV).

Introduzione

87

X; 6, 1 numeratur] narratur VB numeratur EAX; 11, 3 pro Laide Thaida dixi] pro
thaide thaida dixit VB pro laide thaida dixit EAX; 13, 1 dum non vis carpere pullos]
dum carpere non vis mullos VB dum non vis carpere mullos EAX; 23, 1 omnia cum
retro pueris obsonia tradas] omnia cum pueris tu retro obsonia tractes VB omnia
cum pueris retro obsonia tractas EAX; 32, 2 et vetulam sed tu mortua non vetula es]
et vetulam non tu mortua non tula es VB et vetulam sed tu mortua non tula es EA
et vetulam sed tu mortua non vetula es X; 34 tit. de mechanico VB (ad 35 pertinens)
ad chionen EX ad chionem A; 38, 14 si bonus es casu] si casu bonus es VB si bonus
casu EA si bonus et casu E si bonus es casu X; 41, 3 esse tibi magnus Telesine videris
amicus] esse tibi lete si magnus vivis amicus VB esse tibi laete si magnus viveris amicus
EX esse tibi laeti magnus viveris amicus A; 46, 5 umbone] quos umbo VB umbo EA
tuus umbo A umbone X; 58, 11 prurit] furit VB purit EX prurit A; 68, 7 sed aperte]
per te nunc VB per te EAX; 83, 2 potui brevius] potuere tuis VB potuit ore tuis EAX;
94, 1 coctum leporem] leporem coctum VB coctum leporem EAX; 96, 3 prendero
Gargili] praetendere garrili VB praetendero garrili BV prendere gargili EAX.

Per ci che riguarda i rapporti tra AG e XC la derivazione, diretta o


indiretta, , secondo Citroni, molto pi incerta: essi presentano infatti tanti
errori e tante interpolazioni che sarebbe quasi impossibile distinguere,
caso per caso, lascendenza stemmatica delle loro lezioni (Citroni, p.
LXIV). Tuttavia, nonostante lelevato numero di lezioni dovute a interventi
congetturali o a contaminazione presente in questi codici138, la collazione
del terzo libro sembra condurre a una conferma dellipotesi di Lindsay di
derivazione diretta di G da A e di C da X: per la dipendenza di G da A
costituiscono elementi signicativi la trasposizione di III 22, 1-63, 4 dopo
V 67, 5 e lomissione dellepigr. 37 (aggiunto da G); inoltre un numero
cospicuo di errori comuni, alcuni dei quali signicativi:
14, 1 esuritor Tuccius] esurit ortococius EAG esurit orco cocius V esuritor tuccius X;
17, 1 diu mensis scribilita secundis] dimensis scribit ita secundus AG dimensis scripsit
ita secundus E dimensis scribit ita secundis XV; 20, 15 Titine] petine AVG pertine E
petitne X; 24, 8 colla premitque manu] colla manuque premit AVG manu premitque
colla EA colla premitque manu X; 27, 3 vitium est] fuit dum AG fuit dum est EXV;
27, 4 et mihi cor non est et tibi Galle pudor] et mihi cor non est tibi galle pudor EAG
et mihi cor non est nec tibi galle pudor AV et mihi cor non est et tibi galle pudor
EX; 35, 2 pisces aspicis] respicis aspicis EAG v.l. respices aspicis XV; 41, 3 esse tibi
magnus, Telesine, videris amicus] esse tibi thelesi magnus viveris amicus AG esse tibi
laete si magnus viveris amicus EX esse tibi laete si magnus vivis amicus V; 42, 3 pateat]
puteat AG pateat EAXVG; 46, 5 umbone] tuus umbo AG umbo EA umbone X
138

Schneidewin1, p. LXXIV denisce C antesignanus librorum recentiorum.

88

Alessandro Fusi
quos umbo V; 46, 6 ingenuumque latus] ingeniumque latos AG ingenuumque latus
XV ingenuumque latos E; 47, 15 immo rus] immoros A inmoros G immo rus EXV;
58, 7 multa fragrat testa] multos f. testa AG multas f. testa E multas f. testas XV; 58,
15 Numidicaeque] numicideque AG numidicaeque EXV; 58, 47 furem] euremque
AG eurem EXV; 58, 50 pullos] pullus AG pullos EXV; 63, 11 amet] amat AG amet
EXV; 68, 7 schemate] semate AG scemate EXV; 72 tit. ad saufelam AG ad saufeiam
EXV; 91, 5 steriles] sceriles EAG steriles XV; 93, 7 corcodilus] cocodrillus AG
corcodrillus E crocodrillus X crocodillus V; 93, 20 si Sattiae] si satire AG si saciare
E si satiare XV.

Per la dipendenza di C da X agli esempi di Lindsay, [p.


aggiungere:

XV]

si possono

2, 4 cordylas] cordidas XVC cordylas EA; 13, 1 dum non vis pisces dum non vis
carpere pullos] dum pisces leporem dum non vis carpere mullos XC dum non vis
pisces leporem dum non vis carpere mullos EA dum non vis pisces leporem dum
carpere non vis mullos V; 20, 5 improbi iocos] improbi licos XC improbi locos EA
improbi iocos V; 22, 1 Apici bis] apicibos X apici cibos C apici bis EA apicius V; 38,
10 sunt ibi] sunt tibi XC sunt ibi EAV; 44 tit. ad ligorinam poetam XC ad ligorinum
poetam EV ad ligurinum poetam A; 44, 3 Ligurine solitudo] solitudo ligurgine XC
ligurgine solitudo EA ligurine solitudo AV; 44, 4 quid sit scire cupis] quod si scire
cupis XC quod scire cupis EAV; 47, 11 Gallici canis dente] gallicanis dentibus XC
gallici canis dente V gallici canis dentes EA; 50, 5 perlegitur dum] porrigitur dum XC
perge tordum EAV; 50, 7 librum] broma XC bruma EAV; 58, 7 multa fragrat testa]
multas agrat testas XVC multas agrat testes X multas fraglat testa E multos fraglat
testa A; 58, 21 agnus] annus X annis C agnus EA anus V; 63, 5 Nili] lini XVC nili EA;
64, 2 gaudiumque crudele] gaudiumque crudelem AXC gaudiumque crudele EV; 70,
1 Scaevine] schevine XC scevine EAV; 76, 4 Hecaben] hecuben XC hecaben EAV;
85, 2 parte] parce XC parte EAV; 93, 4 cum geras] congeras XV aggeras C cum geras
EA; 93, 18 nupturire] numtuire XV num tu ire C nuptuire EA.

Considerando i casi sopra esposti piuttosto stringenti, non ho citato in


apparato le lezioni di GBC, se non nei casi in cui essi attestino una variante
non presente in EAXV (o presente soltanto nel rispettivo antigrafo) accolta
nel testo (o comunque signicativa).
Appartengono inne alla terza famiglia i codici139:
Secondo lelenco fornito da Reeve 1983, p. 242 n. 26 il quadro della tradizione medievale
di Marziale, fatta eccezione per i numerosi orilegi (per i quali vd. p. 95 sg.), completato
dai seguenti codici, non utilizzati in questa edizione: Ambros. H 39 sup., saec. XII, usato da
Citroni (Y: vd. p. LXIV); Aberdeen 152 (saec. XII-XIII); Ivrea 37 (saec. XI, contiene soltanto
XIII 1-110); vd. anche B. Munk Olsen, Ltude des auteurs classiques latins aux XIe et XIIe
139

Introduzione

89

F = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 38, saec. XV. Appartiene


alla terza famiglia, anche se mostra un alto grado di contaminazione con
la seconda. Presenta la trasposizione di III 22-63 dopo V 67, pressoch
identica a quella di A (vd. p. 82 sg.).
Citroni, p. LVI sg.; Bandini, II, c. 218; C. Frobeen apud Friedlaender, I, pp. 89; 96-108.

c = Cantabrigiensis, Corpus Christi College, ms. 236, saec. XIII. Omette


alcuni epigrammi. Presenta una trasposizione analoga a quella di A (vd. p.
82 sg.) per quanto riguarda la sezione di testo coinvolta (III 24-63; omette
gli epigr. 22-23), ma lordine ulteriormente perturbato (III 1-21; 64-IV
59; III 50-62; V 68-XI 34; IV 60-V 66; III 24-49; XI 36 sgg.).
M.R. James, A Descriptive Catalogue of the Manuscripts in the Library of Corpus Christi
College, Cambridge, I 3, Cambridge 1910, p. 536 sg.

h = Londiniensis Harleianus 2700, saec. XII. Presenta la trasposizione di


III 22-63, 4 dopo V 67, 5 come A (vd. p. 82 sg.).
A Catalogue of the Harleian Manuscripts in the British Museum, II, London 1808, p. 708.

La tradizione umanistica
La grande fortuna umanistica di Marziale testimoniata da un elevato
numero di codici del XV secolo140. I recentiores presentano un alto
grado di contaminazione: il testo per lo pi quello della terza famiglia
contaminato con quello della seconda; talora il caso inverso. Il loro esame
si rivela signicativo soprattutto per la storia della tradizione e dellesegesi
di Marziale, che conosce in questo secolo una notevole oritura141.
sicles, II, Catalogue des manuscrits classiques latins copis du IXe au XIIe sicle. LiviusVitruvius. Florilges-Essais de plume, Paris 1985, pp. 93-104.
140
Si tratta di oltre 110 manoscritti, di cui una ventina datati: vd. F.-R. Hausmann,
Datierte Quattrocento-Handschriften lateinischer Dichter (Tibull, Catull, Properz, OvidEpistula Sapphus ad Phaonem, Martial, Carmina Priapea) und ihre Bedeutung fr die
Erforschung des Italienischen Humanismus, in U.J. Stache-W. Maaz-F. Wagner (Hrsgg.),
Kontinuitt und Wandel. Lateinische Poesie von Naevius bis Baudelaire. Franco Munari
zu 65. Geburtstag, Hildesheim 1986, p. 624.
141
Alcune delle congetture attestate in questi manoscritti sono ormai stabilmente recepite
nelle edizioni: in questo libro cfr. 10, 4 essent; 74, 1 levas.

90

Alessandro Fusi

Ho utilizzato i seguenti manoscritti:


b = Oxoniensis Bodleianus Ms. Auct. F 2. 17, saec. XV4. Copiato da
Luca Fabiani (A. de la Mare) e forse appartenuto ad Alessandro Braccesi.
Contiene Marziale con le note di commento di Calderini (anonime).
F. Madan, A Summary Catalogue of Western Manuscripts in the Bodleian Library at
Oxford, III, Oxford 1895, p. 21 sg.; P.O. Kristeller, An Unknown Correspondence of
Alessandro Braccesi with Niccol Michelozzi, Naldo Naldi, Bartolommeo Scala, and
other humanists (1470-1472) in Ms. Bodl. Auct. F. 2. 17, in C. Henderson (ed.), Classical
Mediaeval and Renaissance Studies in Honor of B.L. Ullman, Roma 1964, II, p. 318 sgg.

k = Londiniensis Musei Britannici Kings Ms. 32, a. 1469-1471. Scritto e


postillato da Pomponio Leto per Fabio Mazzatosta. Vi compare di quando
in quando nei margini la mano di Perotti in relazione a parole greche o
grecismi nel testo.
Catalogue of Western Manuscripts in the old Royal and Kings Collections, by sir G.F.
Warner and J.P. Gilson, III, London 1921, p. 11; S. Maddalo, I manoscritti Mazzatosta,
in Cultura umanistica a Viterbo, Atti della giornata di studio per il V centenario della
stampa a Viterbo, 12 novembre 1988, Viterbo 1991, pp. 48-50; 56-75; A. Fairbank, Three
Renaissance Scripts, The Journal of the Society for Italic Handwriting 32, 1962, pp. 9-12,
g. 2; Campanelli 1998, pp. 169-180, spec. p. 175 sg. n. 17.

l = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 37, saec. XV. Presenta


la trasposizione di III 22-63, 4 dopo V 67, quasi identica a quella di A (vd.
p. 82 sg.). Dopo lepigr. 62 per copiato lintero epigr. 63 (non solo i vv.
1-4).
Bandini, II, c. 217 sg.

v = Vaticanus Lat. 3295, saec. XV3/4. Copiato sotto la direzione di


Pomponio Leto per la famiglia Vespi (il cui stemma compare nel f. 1), ma
non autografo, come erroneamente sostenuto da P. de Nolhac. Appartenne
alla biblioteca di Fulvio Orsini.
V. Zabughin, Giulio Pomponio Leto. Saggio critico, I, Roma 1909, p. 208; G. Muzzioli, Due
nuovi codici autogra di Pomponio Leto (Contributo allo studio della scrittura umanistica),
IMU 2, 1959, pp. 340; 347 n. 9; Nolhac 1887, p. 199; Parroni 19792, p. 87 sg.

v1 = Vaticanus Lat. 3296, saec. XV. Appartenuto al Panormita (Antonio

Introduzione

91

Beccadelli). Presenta correzioni marginali della prima mano e qualche nota


dello stesso Panormita; fece parte della biblioteca di Fulvio Orsini.
Nolhac 1887, p. 220.

v2 = Vaticanus Lat. 6848, saec. XV3/4. Autografo di Niccol Perotti.


Il manoscritto frutto di diverse fasi di lavoro. Le correzioni e le tte
annotazioni marginali, con inchiostri di diversi colori, risalgono per
la maggior parte allinverno 1469-1470 (Monfasani; 1471-72 secondo
Mercati), durante il quale Perotti lavor al testo di Marziale in collaborazione
con Pomponio Leto.
Mercati 1925, pp. 74 sgg.; 132-135; Hausmann 1980, pp. 266-271, spec. p. 267; J.
Ramminger, Perottis Martialkommentar im Vaticanus lat. 6848, in Nicolai Perotti
Cornu Copiae, VIII, pp. 11-14; A. Marucchi, Codici di Niccol Perotti nella Biblioteca
Vaticana, HumLov 34, 1985, pp. 102; 120 sg.; J. Monfasani, Platina, Capranica, and
Perotti: Bessarions latin eulogists and his date of birth, in Bartolomeo Sacchi, il Platina
(Piadena 1421-Roma 1481), Atti del Convegno internazionale di studi per il V centenario
(Cremona, 14-15 novembre 1981), a cura di A. Campana e P. Medioli Masotti, Padova
1986, p. 99 n. 8 (rist. in Id., Byzantine scholars in Renaissance Italy: Cardinal Bessarion
and other emigrs, Aldershot 1995, nr. 6); M.D. Reeve, Statius Silvae in the fteenth
century, CQ n.s. 27, 1977, p. 210.

Linteresse per il poeta di Bilbilis nella seconda met del XV secolo


inoltre testimoniato dal buon numero di edizioni a stampa che si
succedettero nel volgere di breve tempo a partire dai primi anni settanta.
Si contendono la palma delleditio princeps la prima edizione romana
(senza luogo n data, del 1470 c.), e ledizione ferrarese per i tipi di Andr
Belfort, la prima datata (2 luglio 1471)142. Seguono ledizione veneta curata
da Giorgio Merula143 per i tipi di Vindelino da Spira (senza data, del 1472
c.) e la seconda edizione romana (30 aprile 1473), dovuta alle cure di
Ledizione romana generalmente accreditata come princeps, anche se lassenza di una
datazione lascia qualche margine di incertezza. Sulla questione vd. Carratello 1973.
143
Merula cur successivamente altre due edizioni di Marziale: Venezia, Giovanni da Colonia e Johann Manthen, 1475 (Hain 10812; IGI 6219; Flodr, s.v. Martialis, nr. 5) e Milano,
Filippo da Lavagna, 1478 (Hain 10813; IGI 6221; Flodr, s.v. Martialis, nr. 7). Sulla lologia
di Merula vd. V. Fera, Tra Poliziano e Beroaldo: lultimo scritto lologico di Giorgio
Merula, Studi Umanistici 2, 1991, pp. 7-41; M. Campanelli, Manoscritti antichi, testi
a stampa e principi di metodo: spigolando negli scritti lologici di Giorgio Merula, La
parola del testo 2, 1998, pp. 253-292.
142

92

Alessandro Fusi

Niccol Perotti, al quale spetta un posto di rilievo nellesegesi di Marziale


del tempo: il monumentale Cornu copiae, pubblicato postumo a Venezia
nel 1489, nasce infatti come commento al poeta, mai completato per la
vastit della materia. Lopera comprende Liber de spectaculis e parte del
libro I: Perotti muove dal testo degli epigrammi per fornire un ricchissimo
commento lessicograco, corredato di numerose citazioni di classici144.
Gli studi lologici del tempo sono caratterizzati dallaspra polemica tra i
principali protagonisti: quella tra Perotti e Domizio Calderini, autore dei
celebri Commentarii, pubblicati a Roma il 22 marzo 1474145; quella tra
lo stesso Calderini e Giorgio Merula, autore nel 1478 di un commento
intitolato, in modo signicativo, Adversus Domitii Commentarios in
Martialem146. Ancora Calderini inne costituisce un bersaglio privilegiato
delle polemiche di Angelo Poliziano, che per proprio attraverso la contrapposizione con il rivale foggia e precisa il suo metodo lologico147. Il
secolo, e con esso il primo periodo delle edizioni a stampa di Marziale, si
chiude con la prima Aldina del 1501, signicativa pi per il prestigio dei
tipi che per la qualit del testo proposto.
Per ledizione ho utilizzato i seguenti testimoni:
ed. Rom. 1 = Editio Romana, Romae 1470-1471 c. Priva di indicazione di
144
Sul Cornu copiae e sul metodo di Perotti si veda M. Furno, Le Cornu Copiae de Niccol
Perotti. Culture et mthode dun humaniste qui aimait le mots, Genve 1995; S. Prete,
Ledizione critica del Cornu Copiae di Niccol Perotti, in Nicolai Perotti Cornu Copiae,
I, pp. I-X; bibliograa aggiornata in Nicolai Perotti Cornu Copiae, VIII, pp. 15-20.
145
Su Calderini vd. J. Dunston, Studies in Domizio Calderini, IMU 11, 1968, pp. 71-150;
C. Dionisotti, Calderini, Poliziano e altri, IMU 11, 1968, pp. 151-185; Campanelli 2002,
spec. p. 13 sgg. sulla sua polemica con Perotti.
146
Vd. Campanelli 2002, p. 38 sgg.
147
Sul complesso rapporto tra Poliziano e Calderini vd. L. Cesarini Martinelli, In margine
al commento di Angelo Poliziano alle Selve di Stazio, Interpres 1, 1978, pp. 103-124
(rist. con alcune varianti e aggiornamenti bibliograci con il titolo Poliziano e Stazio: un
commento umanistico, in Il Poliziano latino. Atti del Seminario di Lecce-28 aprile 1994,
a c. di P. Viti, Galatina 1996, pp. 67-85). Un importante capitolo sulla lologia marzialiana
del Quattrocento, dedicato alle interpretazioni di Calderini, Merula e Poliziano delloscuro
distico di VI 77, 7 sg., ha scritto S. Timpanaro, Atlas cum compare gibbo, Rinascimento
2, 1951, pp. 311-318 (rist. con brevi aggiunte in Id., Contributi di lologia e di storia della
lingua latina, Roma 1978, pp. 333-343); su Poliziano e il testo di Marziale vd. anche P.
Saggese, Poliziano, Domizio Calderini e la tradizione del testo di Marziale, Maia 45,
1993, pp. 185-195; Campanelli 1998, pp. 169-180.

Introduzione

93

luogo e data, stampata con i tipi del Silio Italico (Roma 1471). Presenta,
come quasi tutte le prime edizioni a stampa, la trasposizione di III 22-63
dopo V 67, afne a quella attestata in A e in alcuni recenziori della terza
famiglia (vd. p. 82 sg.).
Hain 10805; IGI 6215; Flodr, s.v. Martialis, nr. 3; Hausmann 1980, p. 253.

ed. Ferr. = Editio Ferrariensis, typis Andreae Belfortis, Ferrariae 2 VII


1471. Unica edizione a stampa priva del De spectaculis, aggiunto soltanto
nei primi quattro folia dellesemplare di Leida, appartenuto a Isaac Voss,
stampati con un carattere 116 R. diverso da quello delle restanti pagine
(115 R.). Poich il carattere 116 R. fu usato da Belfort nel 1474-1475,
probabile che egli abbia intorno a quella data aggiunto i fogli contenenti il
De spectaculis, precedentemente omesso, alle copie invendute. Presenta la
trasposizione di III 22-63, 4 dopo V 67 pressoch identica a quella attestata
in A (vd. p. 82 sg.). Dopo lepigr. 62 per stampato lintero epigr. 63 (non
solo i vv. 1-4).
Hain 10810; IGI 6216; Flodr, s.v. Martialis, nr. 2; Schneidewin1, p. XIV sg.; Carratello 1973;
Hausmann 1980, p. 253.

ed. Ven. = Editio Veneta, Wendelin von Speyer, Venetiis 1472 c. Curata
da Giorgio Merula. Per la trasposizione di III 22-63 dopo V 67 vd. ed.
Rom. 1.
Hain *10809; IGI 6217; Flodr, s.v. Martialis, nr. 1; Hausmann 1980, p. 265 sg.

ed. Rom. 2 = Editio Nicolai Perotti, C. Sweynheym-A. Pannartz, Romae 30


IV 1473. Priva del nome del curatore, ledizione rivela per senza alcun dubbio
la sua paternit per la presenza delle lezioni sostenute da Perotti e presenti
nel suo codice autografo (v2: vd. p. 91). Un riferimento alledizione a stampa
si trova in una lettera di Perotti a Pomponio Leto pubblicata da Sabbadini,
nella quale egli polemizza con Domizio Calderini sullinterpretazione di XIV
41. Per la trasposizione di III 22-63 dopo V 67 vd. ed. Rom. 1.
Hain 10811; IGI 6218; Flodr, s.v. Martialis, nr. 4; Hausmann 1980, pp. 253; 266-271; R.
Sabbadini, Spogli Ambrosiani latini, SIFC 11, 1903, pp. 337-340 (anche in Id., Opere
minori, I, Classici e umanisti da codici latini inesplorati, Padova 1995, pp. 184-187);
Mercati 1925, pp. 93-98.

94

Alessandro Fusi

ed. Ald. = Editio Aldina, Venetiis 1501. Ledizione per i prestigiosi tipi di
Aldo Manuzio fu modello per successive stampe, specialmente in Francia
(ad es. quelle di Sebastian Gryphius ed eredi a Lione). Per la trasposizione
di III 22-63 dopo V 67 vd. ed. Rom. 1. Una seconda Aldina, probabilmente
migliore della prima148, fu stampata nel 1517.
Hausmann 1980, p. 255.

Il testo di Marziale nei secoli XVI e XVII


Il Cinquecento vede numerose edizioni del testo di Marziale, specialmente
in Francia a opera degli stampatori di Lione (1502; 1512; 1518; 1522) e di Parigi
(1526; 1528; 1533), che testimoniano linteresse per il poeta149. Il pi importante
tra gli editori lionesi Sebastian Gryphius (ed eredi), che d alla luce una
quindicina di edizioni (quella del 1567 seguita da un commento di Antonius
Gryphius). Nella seconda met del secolo la critica del testo di Marziale compie
passi avanti nelle edizioni del sico olandese Adriaen de Jonghe (Adrianus
Iunius): la prima apparsa a Basilea nel 1559, la seconda ad Antwerp nel 1568.
Anche lesegesi segna progressi: il gesuita austriaco Matthaeus Rader autore
di un monumentale commento, ancor oggi utile (Ingolstadt 1602, pi volte
ristampato). Tra la ne del Cinquecento e il primo ventennio del Seicento
si succedono alcune signicative edizioni: quelle dellolandese Ianus Gruter
(1596; 1602); quella con commento dello spagnolo Laurentius Ramirez de
Prado (1607) e, soprattutto, quella di Peter Schrijver (Scriverius) del 1619, che
rappresenta il livello pi alto toccato dagli editori prescientici di Marziale:
ledizione presenta i contributi di altri importanti studiosi (J. Lipsius, J. Rutgers,
J.I. Pontanus) e reca note testuali di grande rilievo. Le numerose ristampe del
solo testo (1621; 1628; 1650; 1664; 1696) hanno contribuito a rendere questa
edizione la pi autorevole per lungo tempo.
Grande fortuna conosce anche ledizione commentata di Thomas
Farnaby (Farnabius) del 1615 (pi volte ristampata). Nella seconda met
del secolo si segnala ledizione di Cornelius Schrevel (1656; 1663), con gli
emendamenti di Johann Friedrich Gronov. Non pu mancare in questo
Vd. Schneidewin1, p. XXXVII; Saggese 1995, p. 55 sg. n. 48.
Sulla ricezione di Marziale nella Francia dei secoli XVI-XVII vd. K.H. Mehnert,
Sal Romanus und Esprit Franais. Studien zur Martialrezeption im Frankreich des
sechzehnten und siebenzehnten Jahrhunderts, Bonn 1970.
148
149

Introduzione

95

agile prospetto la menzione dei numerosi e brillanti contributi testuali


di Niklaas Heinsius150, il cui nome ampiamente presente anche negli
apparati di Marziale. Dallo status del testo raggiunto alla ne del Seicento
prender le mosse verso la met del XIX secolo F.W. Schneidewin, la cui
edizione segna linizio dellapplicazione dei moderni criteri lologici al
testo di Marziale. Con Schneidewin il discorso sul testo di Marziale, come
si era aperto (vd. p. 74), qui si chiude.
8. Criteri della presente edizione
Questa edizione si basa sulla collazione completa di tutti i testimoni
utilizzati. Ho visto direttamente i codici P V v v1 v2, il Laur. LIII, 33
(commento di Calderini) e tutte le edizioni umanistiche (ed. Rom. 1, ed.
Ferr., ed. Ven., ed. Rom. 2, ed. Ald.); per gli altri manoscritti mi sono
avvalso di microlm. Ho scelto di tralasciare tutti i orilegi utilizzati da
Citroni, che ne registra invece sistematicamente le varianti nellapparato: i
pi importanti151 sono testimoni discesi dal perduto Florilegium Gallicum,
unantologia curata probabilmente nel sec. XII nel nord della Francia
(forse a Orlans)152. Essi contengono excerpta di oltre trenta autori. Di
Marziale sono presenti soprattutto versi di carattere moraleggiante. Questi
testimoni, che pure rivestono un notevole interesse per la storia della
tradizione e per la fortuna del testo di Marziale, sono di utilit minima per
150
Conservati in un esemplare delledizione di S. Gryphius (Lugduni 1553), che si trova a
Leida.
151
Si tratta di: (Nostradamensis) Parisinus Lat. 17903, sec. XIII (n); Parisinus Lat. 7647, sec.
XII-XIII (p); Escorialensis Q I 14, sec. XIII-XIV (e); (Diezianus) Berolinensis, Deutsche
Staatsbibliothek, Diez. B. Sant. 60, sec. XIV (d).
152
Sul Florilegium Gallicum vd. B.L. Ullman, CPh 23, 1928, pp. 128-174; 24, 1929,
pp. 109-132; 25, 1930, pp. 11-21; 26, 1931, pp. 21-30; 27, 1932, pp. 1-42; A. Gagnr,
Florilegium Gallicum. Untersuchungen und Texte zur Geschichte der mittelalterlichen
Florilegienliteratur, Lund 1936; R.H. Rouse, The A text of Senecas tragedies in the
thirteenth century, RHT 1, 1971, pp. 103-121; Id., Florilegia, Orlans and Latin Classical
Authors in the Twelfth and Thirteenth Centuries, Viator 10, 1979, pp. 131-160; B. Munk
Olsen, Les classiques latins dans les orilges mdivaux antrieurs au XIIIe sicle, RHT
9, 1979, pp. 75-83 = La rception de la littrature classique au Moyen Age (IXe-XIIe sicle,
Copenhagen 1995, pp. 174-183; per quanto riguarda il testo di Marziale vd. B.L. Ullman,
CPh 27, 1932, pp. 22-24; Carratello 1974, pp. 142-158; Reeve 1980, p. 199 sg.

96

Alessandro Fusi

la costituzione del testo degli epigrammi153. A questi si aggiungono altri


orilegi che tramandano piccoli gruppi di epigrammi, singoli epigrammi o
anche parti di epigrammi154.
Lapparato critico sempre positivo e registra regolarmente le varianti
di tutti i testimoni principali (TRLPQfEAXV), compresi i tituli, trascurati
dagli editori successivi a Schneidewin (con le eccezioni di Citroni e Canobbio
2002), ma di sicuro interesse per la storia della tradizione155 e utili talvolta per
la ricostruzione dei rapporti tra i codici di una famiglia e tra diverse famiglie.
Ho concesso ampio spazio, forse troppo si dir, anche a lezioni che possono
apparire di poco o nessun conto nella costituzione del testo: esse sono
tuttavia utili per chiarire i rapporti di parentela tra i vari codici e possono
talvolta offrire qualche valido elemento per la ricostruzione dellarchetipo
della famiglia156; tale materiale pu inoltre rivestire qualche interesse per
gli studiosi della storia dell tradizione. Gli altri codici (BCFGchbklvv1v2)
sono menzionati solo nei casi in cui tramandino lezioni accolte nel testo non
attestate (o scarsamente attestate) nei codici principali e lezioni non accolte nel
testo, ma diffuse nella tradizione umanistica e nelle edizioni prescientiche.
Le edizioni umanistiche (ed. Rom. 1, ed. Ferr., ed. Ven., ed. Rom. 2, ed. Ald.)
sono citate nel caso in cui attestino lezioni accolte nel testo non presenti o
non comuni nei codici oppure laddove testimonino una variante di qualche
interesse non presente o poco attestata nella tradizione medievale. Lapparato
articolato in questo modo: viene segnalato in primo luogo se lepigramma
tramandato (anche parzialmente) dalla prima famiglia (ad es.: hab. T oppure
vv. 1-2 hab. R); segue il titulus nella forma meglio attestata, quindi secondo
il progressivo allontanamento da quella (ad es.: tit. de ingenua et libertina
et ancilla EXV: de ingenua et libertina et acilla A de ingenua et libertate et
ancilla R de ingenua et libera et ancilla LPf de ingenua libera et ancilla Q).
Citroni, p. LXVIII. Il testo per lo pi quello della terza famiglia, con notevoli afnit con
quello della prima, probabilmente dovute a contaminazione.
154
Un elenco si pu trovare in Friedlaender I, p. 67 sg. n. 1. Quelli utilizzati da Citroni, per lo
pi sulla base di collazioni pubblicate (vd. Citroni, p. LXX), sono: (Frisingensis) Monacensis,
Bayerische Staatsbibliothek ms. 6292 sec. XI (Fris.); Parisinus Lat. 10318 (Salmasianus),
sec. VII (Salmas.); Parisinus Lat. 8069 sec. XI (Paris.); Londiniensis, British Museum,
Royal 15. B. XIX, sec. IX (Brit.); Lipsiensis, Rep. 1, 74, sec. X (Lips.).
155
Essi risalgono alla tarda antichit, come ampiamente mostrato dalle indagini di Landgraf
1902 (sui tituli della seconda famiglia) e di Lindsay 1903, p. 34 sgg.
156
Si veda, ad es., la n. a 32, 1.
153

Introduzione

97

Anche le varianti sono ordinate secondo il loro progressivo allontamento


dalla lezione accolta; i codici che tramandano la stessa lezione sono ordinati
per famiglie: la prima, nellordine TR; la seconda, nellordine LPQf; la terza,
nellordine EAXV (lordine interno alle famiglie non cronologico, ma
dimportanza). Seguono, eventualmente, i manoscritti pi recenti della terza
famiglia (BCFGch), i recentiores (bklvv1v2) e le edizioni a stampa (ed. Rom.
1 ed. Ferr. ed. Ven. ed. Rom. 2 ed. Ald.).
Come gi sottolineato da Citroni (p. LXXV), un apparato di tal genere,
seppur poco agile, consente di fare a meno del sistema, introdotto da
Lindsay e utilizzato da tutti i successivi editori, basato sulle sigle cumulative
che indicano i capostipiti (ricostruiti) delle tre famiglie (AABACA per Lindsay;
per Duff e i successivi editori157) e i testimoni umanistici158. Lindsay
infatti non riporta di norma le lezioni dei singoli codici, ma solo le varianti
che attribuisce ai capostipiti delle tre famiglie. Tale scelta, che reca lindubbio
vantaggio di distinguere con molta chiarezza le varianti delle famiglie, presenta
per un evidente margine di arbitrariet159. Nella presente edizione le sigle
sono utilizzate soltanto nei casi di effettivo consenso di tutti i testimoni
della famiglia presenti160. Faccio seguire alcuni esempi a dimostrazione di
quanto detto; riporto lapparato di Lindsay, quindi leffettivo stato della
tradizione e, se necessario, qualche parola di commento:
32, 1 quaeris (P) vel quereris (Qf, -re L) BA. In realt: quereris PQf, quaerere L.
32, 3 matria BA : matrinia CA. In realt: matrinia AX matria EV.
47, 12 victati (victicti) CA. In realt: victati XV victicti EA. Laccordo di questi due
codici fornisce con ogni probabilit il testo dellarchetipo (vd. pp. 84; 86).
93, 19 visumque BA. In realt: visumque PQ virumque Lf. Qui con ogni probabilit
laccordo di L con f riconduce allarchetipo, mentre visumque sar corruttela presente
nel progenitore comune di PQ (vd. p. 81).
157
Linnovazione, generalmente attribuita a Heraeus, risale alledizione di Duff, che laveva
gi suggerita nella recensione a Lindsay (CR 17, 1903, p. 220). per il prestigio della
teubneriana di Heraeus ad aver giocato il ruolo maggiore nella denitiva affermazione di
nelle successive edizioni.
158
Ital. per Lindsay; It. per Heraeus; Itali per Citroni (che si serve anche della sigla dett.);
per Duff e SB. La tradizione umanistica invece riesaminata da Canobbio 2002, che
registra in apparato le lezioni dei singoli codici ed edizioni.
159
Come sottolineato da Citroni, di cui vd. anche gli esempi tratti dal libro I (p. LXXIV sg.).
160
TR per la prima famiglia; LPQf per la seconda; EAXV per la terza. Per quanto riguarda
la prima famiglia allo stesso criterio si attiene, tacitamente, SB. Citroni (p. LXXV) evita invece
del tutto la sigla , registrando sistematicamente le varianti di HTR.

98

Alessandro Fusi

Nel caso della I famiglia, per lo pi rappresentata dal solo T (pi


raramente dal solo R; in pochissimi casi da entrambi) Lindsay attribuisce
alcune varianti allo scriba di T (o di R), altre al capostipite della famiglia
(AA). Lintento , come detto, quello di offrire al lettore la ricostruzione
dellarchetipo; tuttavia, trattandosi spesso di un solo testimone, che peraltro
mostra chiari segni di trascuratezza161, la scelta appare talora arbitraria162.
Qualche esempio:
4, 1 requiret] Lindsay (seguito da Heraeus) scrive: requirit AA (pro ret); SB, pi
opportunamente: requirit T
11, 2 cur in te factum distichon esse putas] Lindsay (seguito da Izaac) scrive: ecce AA:
esse BACA. Anche in questo caso lipotesi di errore singolare di R appare pi probabile
(SB scrive: esse
ecce R).
65, 2 quod de Corycio quae venit aura croco] Lindsay scrive: pervenit AA. Qui si
tratter presumibilmente di un errore di T causato dallabbreviazione del pronome
(Heraeus e SB infatti non riportano la variante di T).

La revisione dei principali manoscritti consente inoltre di correggere


alcune piccole imprecisioni dellapparato di Lindsay, che si sono tramandate
nelle successive edizioni e di retrodatare alcune congetture, attribuite per
lo pi alla tradizione umanistica, ma gi presenti nei codici medievali163:
4, 5 quaeret breviter] Lindsay scrive: quae breviter quaeret ut vid. CA (sic E; quae br.
A; br. quaeret XBFG). In realt: quae breviter quaeret EA breviter quaeret XV. La
lezione dellarchetipo, come correttamente ipotizzato da Lindsay, quella, ametrica,
di EA, mentre quella di XV un tentativo di rabberciamento, presente, con ogni
probabilit nel comune capostipite dei due codici (di V Lindsay non mostra una
conoscenza soddisfacente).
13, 1 dum non vis pisces, dum non vis carpere pullos] Lindsay scrive: pisces AA :
piscem BA : pisces cum v. l. leporem CA (unde dum non vis pisces leporem EA, dum
non vis pisces BG, dum pisces leporem XC). Qui probabile che nellarchetipo della
terza famiglia la varia lectio leporem fosse gi penetrata nel testo a anco di pisces:
161
Come rilevato dallo stesso Lindsay, [p. V]: Quam neglegenter codex descriptus sit, ex iis
locis apparet ubi parentis (H) testimonium restat.
162
La medesima opinione espressa da Citroni, p. LXXV; Reeve 1980, p. 199.
163
Una lista con la retrodatazione di alcune congetture attribuite a lologi del Cinquecento
e del Seicento si trova in appendice a Saggese 1995, pp. 54-56: si tratta di sedere (V 14, 11:
vd. anche Canobbio 2002, pp. 97; 102); si draucus (IX 27, 10); darent (XI 3, 10); buccis
placentae (VII 20, 8); poeta non vult (XI 24, 15).

Introduzione

99

cos si spiega il verso trdito in forma ametrica da EA, i testimoni pi scrupolosi


nel riprodurre larchetipo (e da V, non citato da Lindsay), mentre X ha tentato un
rabberciamento congetturale eliminando lanafora di non vis.
19, 2 Lindsay: ctae AACA: pictae BA (cos Heraeus, Izaac e SB); in realt: ctae
EAXV: pictae T V. La lezione corretta qui attestata soltanto dalla terza famiglia.
20, 5 Lindsay, seguito da Heraeus, Izaac e SB, attribuisce ai testimoni umanistici la
variante iocos. Essa per si trova gi in VBh; si tratter dunque di congettura (locos
EA licos X), ma di IX secolo.
25, 4 Lindsay: is BA ut vid. (is Lf: si P: om. Q). In realt: is LPf: om. Q. Questa perci
con certezza la lezione dellarchetipo della famiglia.
26, 5 nec me puta velle negare, attribuita dagli editori a Madvig e accolta da Friedlaender
e Izaac, gi nelle Animadversiones di Scriverius (1618).
32, 1 Lindsay: num possum ed. a. 1473; Heraeus: num possum O; SB: num possum
ed. Rom. Tutti e tre gli editori fanno riferimento alledizione di Niccol Perotti del
1473 (ed. Rom. 2). Questa per ha, come v2, lautografo di Perotti, non possum.
32, 1 Lindsay: quaeris AA: quaeris (P) vel quereris (Qf; -re L) BA: quereris CA. Heraeus
e SB: quereris
: quaeris P. In realt quereris PQf quaerere L quereis Q. La
lezione dellarchetipo della seconda famiglia senzaltro quereris. Linterpunzione
(non possum vetulam. quereris, M.?), accolta da Heraeus e SB e attribuita a Friedrich,
largamente diffusa nella tradizione umanistica (v2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom. 2
Ramirez de Prado).
39, 2 Lindsay: lusta CA ut vid. In realt: iusta EAXV.
44, 14 Lindsay: sonas ad aurem CA. In realt: sonas in aurem EAXV.
44, 15 Heraeus e SB attribuiscono fugas edentem a Ramirez de Prado. In realt fugas
edentem gi in fXCFh e nelled. Ferr.
47, 11 Lindsay: Gallici canis dente Ital. In realt: VBGh
50, 7 librum] Lindsay scrive: librum BA : bruma (EAGB) vel broma (XC) (i.e.
?) CA; SB, semplicando: librum : bruma vel broma . In realt: bruma
EAVGB broma XC. Considerando che C quasi certamente apografo di X (vd. pp.
86; 88), la lezione dellarchetipo della famiglia era senzaltro bruma, mentre broma
congettura (peraltro non banale) di X, che tra i quattro manoscritti quello che pi
interviene sul testo dellarchetipo, non di rado in modo corretto.
58, 29 Lindsay: urbanus CA ut vid. (sed nos X). In realt: urbanus EAXV (lerrore
segnalato da Lindsay nei Corrigenda et Addenda).
65, 8 Lindsay (seguito da SB): nardos parta CA ut vid. (sed nardo parta XBC). In realt:
nardos parta EAXVBC.
66, 1 Lindsay: Phariis Ital. In realt: CGh. Lindsay: fartis (-tus) BA (SB: fartis vel tus
). In realt: fartus L fartis Qf fractis P. Le lezioni di PQf inducono a considerare
fartis come probabile lezione dellarchetipo e fartus aberrazione singolare di L.
68, 12 Lindsay: legis AABA : leges CA. In realt: leges T legis (lerrore segnalato da
Lindsay nei Corrigenda et Addenda).
87, 1 Lindsay: salitam AA (sol- T). In realt: salitam T.
93, 20 Lindsay: si satiae BA (sisatirae P, si sactie f): sisatiae ut vid. CA (-tire AG, -tiare,
-ciare EVXBCG). Heraeus, semplicando, scrive: satiae
ut vid. Ma P ha si satciae,

100

Alessandro Fusi
probabile corruttela di sactiae. Per quanto si pu ricavare dalle lezioni della terza
famiglia (si saciare E, si satiare XV, si satire A), larchetipo doveva avere si saciare (o
tiare).

La traduzione non ha pretese letterarie e intende offrire un primo


sussidio per lesegesi; si caratterizza per una ricerca di aderenza al testo
latino, sia a livello sintattico che lessicale (ad es. nella resa di volgarismi e
termini osceni). Alla traduzione segue una nota introduttiva (n. intr.) che
presenta lepigramma, fornendo alcune indicazioni generali sullesegesi,
sulla presenza del tema nella tradizione greco-latina e in Marziale, sui
personaggi nominati.
Punto di riferimento per il taglio del commento leccellente lavoro di
Mario Citroni (Firenze 1975), insuperato dai successivi commentatori sia
per lequilibrio tra ricchezza nellinformazione e chiarezza espositiva, che
per la nezza nellinterpretazione. Le note affrontano questioni testuali,
storico-antiquarie, topograche, stilistico-letterarie, metriche; solo di tanto
in tanto offrono spazio ad argomenti di sicuro interesse, ma forse estranei
al ne di un commento, quali lesegesi umanistica, che meriterebbe una
trattazione a parte, e la fortuna di Marziale, poeta al quale non sono mai
mancati lettori e imitatori164.

Sia sufciente rimandare agli studi esistenti, dove possibile reperire ulteriore bibliograa: W. Maaz, Lateinische Epigrammatik im hohen Mittelalter. Literarhistorische Untersuchungen zur Martial-Rezeption, Hildesheim 1992; F.-R. Hausmann, Martial in Italien,
StudMed 17, 1976, pp. 178-218; Hausmann 1980; G. Billanovich, Veterum vestigia
vatum nei carmi dei preumanisti padovani, IMU 1, 1958, pp. 155-243; Sullivan 1991,
pp. 253-312; J.P. Sullivan (ed.), The classical heritage, New York-London 1993.

164

101

Sigla

M. Valerii Martialis
Epigrammaton
liber tertius

SIGLA

Prima familia
T = Parisinus Lat. 8071 (Thuaneus), saec. IX3/4
R = Leidensis Vossianus Lat. Q 86, a. 850 circ.
= consensus codicum TR
Secunda familia
L = Berolinensis (olim Lucensis) Lat. fol. 612, saec. XII
P = Vaticanus Palatinus Lat. 1696, saec. XV
Q = Londiniensis Musei Britannici Arondellianus 136, saec. XV2/3
f = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 39, saec. XV3/4
= consensus codicum LPQf
Tertia familia
E = Edinburgensis Adv. Ms. 18, 3, 1, saec. IX2
A = Leidensis Vossianus Lat. O 56, saec. XI-XII1
X = Parisinus Lat. 8067 (Puteaneus), saec. IX3/4
V = Vaticanus Lat. 3294, saec. IX2/3
= consensus codicum EAXV
Alii testes tertiae familiae qui hic illic laudantur
B = Leidensis Vossianus Lat. Q 121, saec. XI-XII1
C = Leidensis Vossianus Lat. Q 89, saec. XIII1
F = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 38, saec. XV
G = Guelferbytanus Gudianus Lat. 157, saec. XII
c = Cantabrigiensis Corpus Christi College 236, saec. XIII
h = Londiniensis Harleianus 2700, saec. XII

103

Sigla

Recentiores
b = Oxoniensis Bodleianus Ms. Auct. F 2. 17, saec. XV4
k = Londiniensis Musei Britannici Kings Ms. 32, a. 1469-1471
l = Florentinus Bibliothecae Laurentianae XXXV, 37, saec. XV
v = Vaticanus Lat. 3295, saec. XV3/4
v1 = Vaticanus Lat. 3296, saec. XV
v2 = Vaticanus Lat. 6848, saec. XV3/4
Editiones antiquissimae
ed. Rom. 1 = Editio Romana, Romae 1470-1471 circ.
ed. Ferr. = Editio Ferrariensis, typis Andreae Belfortis, Ferrariae 2 VII
1471
ed. Ven. = Editio Veneta, cur. Georgius Merula, Wendelin von Speyer,
Venetiis 1472 circ.
ed. Rom. 2 = Editio Nicolai Perotti, C. Sweynheym-A. Pannartz, Romae
30 IV 1473
ed. Ald. = Editio Aldina, Venetiis 1501

Epigramma 1

105

1
Hoc tibi quidquid id est longinquis mittit ab oris
Gallia Romanae nomine dicta togae.
Hunc legis et laudas librum fortasse priorem:
illa vel haec mea sunt, quae meliora putas.
Plus sane placeat domina qui natus in urbe est:
debet enim Gallum vincere verna liber.

hab. T tit. ad lectorem Tf : om. LPQ 1 id est EA: idem T est XV longinquis
T AXV: loginquis E 2 nomine TPQf : nomini L 4 putas. edd.: putas? Dousa (sed iam
v1) 5 sane TLPf : plane Q placeat T : placeas T 6 vincere TLPf : vivere Q liber
T EA: libor XV

Questopera, quale che sia, ti manda da terre lontane


la Gallia chiamata col nome della toga romana.
Leggi questo libro e forse lodi il precedente:
le poesie che ritieni migliori, quelle o queste, sono mie.
Piaccia pure di pi quello che nato nella citt sovrana:
infatti il libro nato in patria deve vincere quello gallo.

Lepigramma presenta il libro che Marziale invia a Roma dalla Gallia


togata. Il poeta si rivolge al lettore (1 tibi) e ne previene le critiche: forse
preferir il precedente (il II libro: vd. la n. al v. 3), ma si tratta pur sempre
di epigrammi dello stesso autore. Marziale chiude il componimento con
unarguzia destinata a compiacere il pubblico romano: il libro scritto a
Roma senzaltro destinato a un maggiore successo, dal momento che
inevitabile che ci che Romano sia superiore a ci che Gallo.
La convinzione che ci che urbano sia pi rafnato di ci che
provinciale ben presente nella letteratura latina: cfr., ad es., i carmi di
Catullo contro Asinio il Marrucino (12), Egnazio il Celtibero (39), Mamurra
il Formiano (29; 41, 4; 43, 5; 57), Rufa la Bolognese (59), lamante pesarese
di Giovenzio (81) e, sullargomento, E.S. Ramage, Urbanitas. Ancient
Sophistication and Renement, Oklahoma 1973 (su Marziale pp. 121-125).
Marziale gioca con questo motivo, affermando che il libro dovr essere
necessariamente inferiore al precedente, poich provinciale e certamente

106

M. Val. Martialis liber tertius

non potr competere con quello composto nella domina urbs (vd. Parroni
1984, p. 127 sgg.). Allaffettazione di modestia, topica nelle presentazioni
di opere letterarie, si sovrappone probabilmente in questo caso uneffettiva
apprensione per il fatto che il libro scritto lontano da Roma, fonte unica di
ispirazione per la sua poesia, e non sostenuto dalla presenza del suo autore
nellUrbe, riceva unaccoglienza pi fredda da parte del pubblico rispetto
alla raccolta che lo ha preceduto. In modo analogo, nella prefazione al
dodicesimo e ultimo libro, scritto dopo il denitivo ritorno in Spagna, il
poeta si mostra preoccupato di inviare a Roma un prodotto non allaltezza
della capitale e domanda allamico Prisco, dedicatario del libro, di giudicare
lopera con sincerit per evitargli guracce (XII epist. 22 sgg. cit. nella n.
al v. 6).
Non appare motivata la proposta di invertire lordine dei vv. 4 e 6 avanzata
da Hartman 1897, p. 336, che spiega: priorem librum huic praestare
dices; nimirum hic in provincia est scriptus, ille in urbe. Neque ego obsto
quominus ita censeas, dummodo mihi hac condicione uti liceat ut quae tibi
meliora visa fuerint tamquam mea agnoscam, quae peiora respuam.
1: il verso richiama apertamente il carme proemiale delle Epistulae ex
Ponto ovidiane: I 1, 2 hoc tibi de Getico litore mittit opus (cfr. anche Ov.
Pont. II 11, 1 hoc tibi, Rufe, brevi properatum tempore mittit). Marziale
stabilisce subito un legame tra il suo libro proveniente dalla Gallia togata
(cfr. v. 2) e la poesia ovidiana dellesilio. La stessa formula di invio ricorre
anche in V 1, epigramma di dedica del libro a Domiziano, v. 1 sgg. hoc tibi
/ Caesar / (v. 7) mittimus. Per il riferimento alla produzione ovidiana
dellesilio, cospicuo negli epigrammi proemiali del libro, vd. lIntroduzione,
1; Pitcher 1998, pp. 59-65. hoc: il pronome deittico, comune in contesti
anatematici, utilizzato di frequente da Marziale negli epigrammi di
dedica dei libri, che Laurens 1965, p. 326 sgg. denisce forme laicizzate
dellepigramma votivo: cfr. I 1, 1 sg. hic est quem legis ille, quem requiris,
/ toto notus in orbe Martialis; IV 82, 1 hos quoque commenda Venuleio,
Rufe, libellos; V 1, 1 sgg. cit. supra; VI 1, 1 sextus mittitur hic tibi libellus;
VII 80, 3 sg. hunc Marcellino poteris, Faustine, libellum / mittere; la sua
collocazione ad inizio di verso conferisce enfasi maggiore alloggetto che
si offre (sulla ripresa da parte di Marziale di formule anatematiche vd.
Siedschlag 1977, p. 6 sg.). tibi: Marziale si rivolge al lettore generico
romano, il solo che possa apprezzare la pointe dellepigramma, che scherza

Epigramma 1

107

sullinferiorit di ci che proviene dalla provincia rispetto a ci che


urbano (liber Gallus-liber verna). Vedi anche III 4, 1 e 5, 1, dove ribadisce
che il libro destinato alla capitale. Il dialogo con il lettore uno dei tratti
pi originali della poesia di Marziale (su questo aspetto vedi le osservazioni
di E. Auerbach, Studi su Dante, trad. it., Milano 1992, p. 309 sgg.); a lui
si rivolge in continuazione, spesso nominandolo (cfr., per limitarsi ai casi
in cui compare il vocativo lector, I 1, 4; 113, 4; II 8, 1; IV 55, 27 sg.; V 16,
2; VII 12, 12; IX epist. v. 5 sgg.; X 2, 4 sg.; XI 16, 1; 108, 2 e 4), talvolta,
come qui, con unallocuzione indeterminata: X 1, 4 fac tibi me quam cupis
ipse brevem ( il libellus a parlare); 59, 1 sg. consumpta est uno si lemmate
pagina transis, / et breviora tibi, non meliora placent; XIII 3, 1 sg. omnis
in hoc gracili Xeniorum turba libello / constabit nummis quattuor empta
tibi; XIV 2, 1 quo vis cumque loco potes hunc nire libellum. Ad un
dedicatario particolare pensava Immisch 1911, p. 491 sgg., il quale riteneva
che il III libro come noi lo possediamo fosse frutto di una rielaborazione
compiuta da Marziale in occasione di unedizione congiunta dei libri I-VII
(cfr. VII 17), in cui il poeta avrebbe sostituito lepistola prefatoria (di cui
non rimane traccia), dove si faceva il nome del destinatario, con questo
epigramma, e che dunque con lespressione liber prior (v. 3) Marziale
facesse riferimento alla versione precedente del III libro. Ma la sua
ricostruzione delle vicende di pubblicazione dei libri di Marziale poggia
su basi molto incerte ed piuttosto improbabile. Limportanza attribuita
dal poeta allesordio dei libri consente senzaltro di escludere la possibilit
che Marziale si rivolga ad un patrono senza nominarlo esplicitamente.
quidquid id est: la professione di modestia un procedimento piuttosto
comune nella presentazione di opere letterarie: cfr., ad es., Catull. 1, 8 sg.
quare habe tibi quidquid hoc libelli / qualecumque. La iunctura richiama
allusivamente il componimento proemiale delle Epistulae ex Ponto di
Ovidio: I 1, 21 sg. quidquid id est adiunge meis: nihil impedit ortos /
exule servatis legibus Urbe frui; per luso in un contesto proemiale cfr.
anche Calp. ecl. 4, 12 sgg. quidquid id est, silvestre licet videatur acutis
/ auribus et nostro tantum memorabile pago, / nunc mea rusticitas, si
non valet arte polita / carminis, at certe valeat pietate probari; Priap. 2,
9 sgg. ergo quidquid id est, quod otiosus / templi parietibus tui notavi, /
in partem accipias bonam, rogamus. longinquis ab oris: lespressione
costituisce un altro rinvio allusivo allOvidio dellesilio: cfr. trist. III 1, 25 sg.
duc age! namque sequar, quamvis terraque marique / l o n g i n q u o referam

108

M. Val. Martialis liber tertius

lassus ab orbe pedem ( il libro a parlare, giunto a Roma longinquo ab


orbe, dal Ponto; lattributo presenta soltanto unaltra occorrenza in Ovidio:
Ibis 146 nostraque longinquus viscera piscis edet). Longinquus aggettivo
di uso prevalentemente prosastico e raro in poesia; per questa accezione
cfr. Hor. epist. I 8, 3 longinquis in agris; Prop. II 9, 29 longinquos ad
Indos; vd. ThlL VII 2, 1626, 37 sgg.; per il nesso cfr. Auson. 212, 19 p. 69 P.
(prof. 22, 19 G.) longinquis defunctus in oris. In Marziale questa lunica
occorrenza. Equivalente nel senso lespressione longis ab oris in epigr.
24, 1 si quis ades longis serus spectator ab oris. La clausola, frequentissima
in poesia esametrica, ricorre ancora in IV 42, 3 Niliacis primum puer hic
nascatur in oris; VII 6, 1 ecquid Hyperboreis ad nos conversus ab oris; VIII
32, 7 haec a Sardois tibi forsitan exulis oris; 45, 1 Priscus ab Aetneis mihi,
Flacce, Terentius oris; IX 30, 1 Cappadocum saevis Antistius occidit oris;
84, 5 me tibi Vindelicis Raetus narrabat in oris. mittit: il verbo mittere,
mutuato dallo stile poetico-epistolare (cfr. Ov. epist. 1, 1; Pont. I 1, 1 sg.; 3,
1; 10, 1; II 11, 1 sg.; III 4, 1 sg.; 6, 1 sg.; IV 9, 1 sg.), fa parte del formulario
di dedica dei libri: cfr. V 1, 1 sgg. cit. supra; VI 1, 1 cit. supra. In questo
caso Marziale gioca anche con la gura, diffusa in poesia, per cui il luogo di
origine di un prodotto visto come soggetto che lo offre: cfr. Verg. georg. I
57 India mittit ebur, molles sua tura Sabaei; Lygd. 2, 23 quas mittit dives
Panchaia merces; Ov. am. I 14, 45 tibi captivos mittet Germania crines;
vd. ThlL VIII 1186, 53 sgg.; in Marziale vi sono numerosi esempi: cfr. I 43,
7; II 43, 7; III 77, 4; IX 75, 8. Il libro cisalpino viene dunque presentato da
Marziale come un prodotto della regione da cui proviene e come tale il poeta
si aspetta che sia valutato dai lettori (cfr. v. 5 sg.).
2: si tratta della Gallia Cisalpina, dove Marziale si trova al momento della
pubblicazione del III libro (ad Imola: cfr. III 4, 4 Corneli referas me licet
esse Foro), che si distingueva dalla Gallia comata per ladozione della toga,
abito nazionale romano, simbolo di una maggiore civilizzazione. Essa
ricevette per un breve periodo la denominazione di Gallia togata, al tempo
in cui Cesare fece il primo passo per inserire il nord-Italia nellItalia vera
e propria, in modo non ufciale, durante il suo proconsolato (58-52), poi,
ufcialmente, dall11 marzo del 49 con la lex Roscia. La denominazione di
Gallia togata ricorre in Hirt. Gall. VIII 24, 3; 52, 1; Cic. Phil. 8, 27 (dove
essa distinta dalla Gallia comata); Mela II 59; Plin. nat. III 112; Suet.
gramm. 3, 6; Vib. Seq. 227 Gelsomino (6, 7 Parroni); Cass. Dio XLVI
55. La regione non esiste formalmente pi dopo la battaglia di Filippi e

Epigramma 1

109

luso da parte di autori pi tardi di questa denominazione indicativo per


il periodo delle fonti utilizzate (sulla storia del nome e sulle vicende della
regione vd. RE VI A 1662 sg.; U. Laf, La provincia della Gallia Cisalpina,
Athenaeum 80, 1992, pp. 5-23). La denizione permette a Marziale di
mettere in evidenza il livello di romanizzazione della regione in cui si trova;
a ci contribuisce anche la struttura del verso, che afanca il nome Gallia
allattributo Romanae. Romanae togae: la iunctura ricorre ancora,
nella stessa posizione del verso, in II 90, 2 gloria Romanae, Quintiliane,
togae, dove la toga rappresenta metonimicamente loratoria forense.
nomine dicta: il nesso frequente in poesia, specialmente in contesti
eziologici: cfr. Ov. met. I 446 sg. instituit sacros celebri certamine ludos /
Pythia perdomitae serpentis nomine dictos con il commento di Bmer2.
Nomine qui ablativo di origine; in genere lablativo preceduto da a, de:
cfr. Verg. Aen. I 277 Romanos suo de nomine dicet (sc. Romulus); IX
387 sg. atque locos qui post Albae de nomine dicti / Albani.
3. legis et laudas: i verbi ricorrono nella stessa forma e posizione metrica,
ma in diverso contesto in V 25, 12 haec legis et laudas? quae tibi fama perit!
librum priorem: si tratta del libro II. Lespressione stata oggetto
di un lungo dibattito: Friedlaender (I, p. 52 sg.), riprendendo unipotesi
di Stobbe 1867 (pp. 44-80; specialmente p. 62 sg.), riteneva che Marziale
avesse pubblicato insieme il I e il II libro e che perci con lespressione
librum priorem facesse riferimento proprio a questa edizione congiunta;
per E.T. Sage (The Publication of Martials Poems, TAPhA 50, 1919, p.
174 sg.) e per E. Lehmann (Antike Martialausgaben, Diss. Jena 1931, p. 32
sgg.) liber prior lattuale libro II, lunico ad esser stato pubblicato prima
del III, mentre il libro I sarebbe stato pubblicato in seguito; per SchanzHosius (II, p. 550) invece Marziale si riferirebbe al I libro, lunico pubblicato
al momento, mentre il II sarebbe stato pubblicato in seguito (prima del V).
Non per necessario pensare che Marziale avesse pubblicato soltanto un
libro e, come giustamente osservato da Citroni (p. XIV sg.): liber prior pu
senzaltro signicare il libro precedente della serie, cio il II. Quando esce
un nuovo libro di un autore naturale che si faccia anzitutto il confronto
con il precedente. Difcilmente perci lespressione potr signicare uno
dei libri precedenti, come hanno sostenuto Gilbert 1887, p. 144 e Th. Birt
(Kritik und Hermeneutik nebst Abriss des antiken Buchwesens, Mnchen
1913, p. 276 sg.). fortasse: lavverbio appartiene ad un livello pi prosaico
rispetto a forte, forsitan: ricorre soltanto una volta in Virgilio e Ovidio;

110

M. Val. Martialis liber tertius

assente in Lucrezio, Tibullo, Properzio, Orazio lirico (vd. Axelson 1945, p.


31 sg.). In Marziale si contano sette casi (19 di forte, nove di forsitan, sei di
forsan). In questo libro vd. anche 42, 3, nella stessa posizione metrica.
4: Marziale si cautela da uneventuale fredda accoglienza da parte dei
lettori: se anche preferiranno il libro precedente, sempre di opera sua si
tratta. Non convincente linterpunzione del verso di Dousa (ma gi presente
in v1), accolta da Gruterus e Scriverius: illa vel haec mea sunt: quae meliora
putas? La rendono piuttosto improbabile luso della disgiuntiva vel e il v. 5,
che appare poco adatto ad una risposta.
5: Marziale ammette di buon grado che il libro scritto a Roma sar
naturalmente destinato a riscuotere maggior successo. sane: la particella
concessiva ricorre in Marziale ancora in IV 78, 9; V 15, 6; 61, 8; 84, 9; VI
32, 5; VIII 51, 1; IX 47, 4; X 21, 5. natus: per luso del verbo nasci, che
suggerisce una personicazione del libro, presentato come glio dellautore,
cfr. XI 24, 4 quot versus poterant, Labulle, nasci; vedi anche XII 2 (3), 5 sg.
(apostrofe al libro) non tamen hospes eris nec iam potes advena dici, / cuius
habet fratres tot domus alta Remi. Luso risale a Ovidio: cfr. trist. I 3, 74 et
patimur nati quam tulit ipse fugam (sono i libri stessi a parlare); Pont. I 1,
21 sg. cit. nella n. al v. 1. Sul modulo dellallocuzione al libro personicato,
frequente in Marziale, vd. la n. intr. allepigr. 2. domina in urbe: domina
epiteto frequente di Roma a partire da Orazio (carm. IV 14, 16 dominae
Romae). Il nesso domina urbs ricorre per la prima volta in Ovidio, dove
ha, in due casi su tre, funzione pregnante: cfr. am. II 14, 15 sg. Ilia si tumido
geminos in ventre necasset, / casurus dominae conditor urbis erat; Pont.
IV 5, 7 luce minus decima dominam venietis in urbem (apostrofe ai leves
elegi che Ovidio invia a Roma dal suo esilio in terra getica); vd. anche rem.
289. In Marziale il nesso domina urbs (o domina Roma) usato pi volte,
quasi sempre in funzione pregnante: cfr. I 3, 3 nescis, heu, nescis dominae
fastidia Romae, dove la domina Roma contrapposta al parvus liber che il
poeta mette in guardia dai rischi della pubblicazione; X 103, 9 moenia dum
colimus dominae pulcherrima Romae, dove contrapposta alla piccola
Bilbilis, cui per Marziale ha dato fama, quanta Catullo a Verona; XII 21, 9
sg. tu desiderium dominae mihi mitius urbis / esse iubes: Romam tu mihi
sola facis; vd. anche IX 64, 4 domina ab urbe. In questo caso la iunctura
serve ad accentuare la contrapposizione fra ci che urbano perch nato a
Roma e ci che si mostra di sottovalutare perch, date le sue origini, sarebbe
inciato da rusticitas (Parroni 1984, p. 127).

Epigramma 1

111

6: inevitabile che il libro romano abbia la meglio su quello gallo. La


pointe dellepigramma costruita sullinferiorit di ci che provinciale
rispetto a ci che urbano (per cui vd. la n. intr.). Lo stesso motivo
presente anche in XII epist. 22 sgg. tu velim ista, quae tantum apud
te non periclitantur, diligenter aestimare et excutere non graveris; et,
quod tibi difcillimum est, de nugis nostris iudices candore (candore
Housman: nitore nidore ) seposito, ne Romam, si ita decreveris,
non Hispaniensem librum mittamus, sed Hispanum. La differenza fra
Hispaniensis e Hispanus chiarita da Carisio (135, 12 sgg. Barwick): cum
dicimus Hispanos, nomen nationis ostendimus; cum autem Hispanienses,
cognomen eorum qui provinciam Hispanam incolunt, etsi non sunt
Hispani. Anche Ovidio inviando la sua poesia dallesilio affermava che
certo essa sarebbe stata considerata inferiore alle sue opere precedenti,
per via della difcile condizione psicologica in cui si trovava (cfr., ad es.,
trist. I 1, 35 sgg.; 11, 35 sgg.; IV 1, 1 sgg.); per il motivo della difcolt di
scrivere latino in mezzo ai barbari cfr. Ov. trist. III 1, 17 sg.; 14, 45 sgg.;
V 7, 55 sgg.; 12, 55 sgg.; Sen. dial. XI 18, 9. Meno probabile pertanto mi
sembra lipotesi di Citroni 1987, p. 144, secondo cui il verso alluderebbe
alle vicende militari fra Roma e la Gallia: le vittorie sui Galli erano ormai
cos numerose che si riteneva al tempo impossibile che questi ultimi
potessero avere la meglio sui Romani. Senzaltro da escludere invece la
proposta di Paley-Stone, p. 74 di vedere nel verso unallusione ai Galli,
gli evirati sacerdoti di Cibele (su cui vd. la n. a 24, 13). vincere: per
luso del verbo in un contesto letterario cfr. I 7, 1-3 Stellae delicium mei
columba, / Verona licet audiente dicam, / vicit, Maxime, Passerem
Catulli. verna liber: verna era lo schiavetto nato in casa. Il termine
poco frequente in poesia: ricorre una volta in Properzio e Persio, due in
Tibullo e Giovenale, quattro in Orazio (mai nelle Odi). In Marziale ci sono
14 occorrenze. Probabilmente aveva in origine lo stesso signicato del
suo aggettivo vernaculus nativo, originario del luogo, attestato anche da
Festo (p. 510 L.): Romanos enim vernas appellabant, id est ibidem natos;
cfr. Mart. X 76, 2 sgg. civis non Syriaeve Parthiaeve, / nec de Cappadocis
eques catastis, / sed de plebe Remi Numaeque verna; Iuv. 1, 26 sg. verna
Canopi / Crispinus. Certamente anche in questo passo lattributo indica
il libro nativo del luogo, contrapposto al gallo, ma Marziale gioca anche
sullopposizione tra verna liber e domina urbs e, con la modestia un po
affettata esibita anche nel v. 1 (quidquid id est), mostra di considerare i suoi

112

M. Val. Martialis liber tertius

libri non proprio cittadini a tutti gli effetti, bens schiavetti. Ben diversa
consapevolezza mostrer Marziale in XII 2 (3), 5 sg. cit. nella n. al v. 5,
ormai sicuro della fama acquisita. Verna come attributo del libro, anche
se al diminutivo, ricorre nuovamente in V 18, 4 praeter libellos vernulas
nihil misi; cfr. anche I 49, 24 vernas apros (cinghiali nativi del luogo); 84,
4 equitibus vernis (sono i gli generati da Quirinale con le sue serve; vd.
Citroni, ad loc.); X 30, 21 lupos vernas; XIII 43, 2 vernae tubures.

Epigramma 2

113

2
Cuius vis eri, libelle, munus?
Festina tibi vindicem parare,
ne nigram cito raptus in culinam
cordylas madida tegas papyro
vel turis piperisve sis cucullus.
Faustini fugis in sinum? Sapisti.
Cedro nunc licet ambules perunctus
et frontis gemino decens honore
pictis luxurieris umbilicis,
et te purpura delicata velet,
et cocco rubeat superbus index.
Illo vindice nec Probum timeto.

10

tit. ad librum suum


4 cordylas LPQfEA: cardylas f cordydas X cordidas V madida
: madidas
5 piperisve : piperisque
cucullus LPQf : cucullis L 6 faustini
EAV: faustim X 7 cedro LPQf : credo Q ambules AXV: ambulet E 9 pictis
EAX: pictus V 10 te LPQs.l.f : om. Q velet LPQf : vetlet L volet Q 11 cocco
LPin mg.fEAXV: coco A croco P croceo Q rubeat LPQf: iubeat Q rubeas
12
vindice : iudice
timeto PQfEAV: timeo LX

A chi vuoi essere donato, libretto?


Affrettati a procurarti un protettore,
ad evitare che, presto rapito in una nera cucina,
tu debba ricoprire tonni con la tua carta madida
o divenire cartoccio per lincenso o per il pepe.
5
Fuggi nella tasca di Faustino? Sei saggio.
Ora va pure in giro ben unto di cedro
ed, elegante per il duplice ornamento della fronte,
insuperbisci per i bastoncini dipinti
e porpora delicata ti veli
10
ed il titolo superbo rosseggi di cocco.
Con quel protettore non avrai paura neanche di Probo.
Dopo un componimento rivolto al lettore generico, questo il primo
epigramma dedicatorio del libro (cfr. epigr. 5). Marziale si rivolge direttamente

114

M. Val. Martialis liber tertius

al proprio libro: esso avr bisogno di un protettore se non vuole fare una
ne prematura in una fumosa cucina come carta per avvolgere il pesce nel
cucinarlo o come cartoccio per lincenso o il pepe. Dopo essersi assicurato la
protezione dellinuente patrono Faustino potr andare in giro con lussuose
vesti, senza preoccuparsi dei critici pi agguerriti, poich sar egli stesso, con
la sua autorit, a difenderlo da eventuali attacchi.
Il modulo dellapostrofe al libro, ampiamente diffuso nella letteratura
europea, ha origine con Orazio (epist. I 20); riceve quindi un ampio e
originale sviluppo nelle elegie ovidiane dellesilio. Ma Marziale a rendere
lallocuzione al proprio libro un modulo costante e a sviluppare i tratti di
personicazione dei suoi libelli (cfr., ad es., II 1; III 4; 5; IV 89; VII 97;
VIII 1; X 104; XI 1; XII 2). Lapostrofe al libro diviene nella sua poesia la
maniera elegante attraverso la quale il poeta cerca di stabilire contatti con i
suoi patroni e con i lettori in generale, nel tentativo di assicurare il sostegno
pi ampio possibile alle sue opere (vd. Citroni 1986, pp. 111-146; per
Marziale p. 136 sgg.). In questo epigramma la personicazione arricchita
dalla minuziosa descrizione (vv. 7-11) della lussuosa veste editoriale di cui
il libellus potr fare sfoggio.
Faustino il dedicatario primo del libro (sulla compresenza di pi dedicatari nello stesso libro vd. lIntroduzione, 6) e, probabilmente, lospite di
Marziale durante il suo soggiorno in Cispadana (vd. lIntroduzione, 3).
Era un ricco ed inuente patrono, certamente fra coloro che assicurarono il
maggiore sostegno al poeta durante la sua lunga permanenza a Roma. tra
i personaggi pi di frequente nominati nellopera di Marziale (19 volte) e in
maniera costante nellarco di quasi tutta la sua produzione epigrammatica:
presentato come competente di letteratura (cfr. VI 61 [60]) e come poeta
(cfr. I 25), possedeva numerose ville (cfr. III 58; IV 57; V 71; VII 80; X 51).
Oltre a questo libro Marziale gli dedica anche il quarto (cfr. IV 10); in VII
80 dedica il libro, tramite Faustino, a Marcellino (con buona probabilit suo
glio: vedi lIntroduzione, p. 58 e la n. intr. allepigr. 6); in VII 12 si difende
da coloro che scrivono carmi velenosi e li diffondono sotto il suo nome
invocando Faustino come testimone della propria innocenza (9 ludimus
innocui: scis hoc bene). ricordato anche in I 114; III 25; 39; 47; V 32; VI
7; 53; VIII 41. Solo nel libro terzo Marziale lo nomina 5 volte (negli altri
libri 3 volte al massimo) e il dato sembra confermare lipotesi che egli abbia
ospitato Marziale in questo periodo. Il contatto di Faustino con la corte
imperiale forse ipotizzabile sulla base di VII 12, in cui Marziale si rivolge a

Epigramma 2

115

Faustino augurandosi che limperatore legga i suoi epigrammi con la stessa


benevolenza di sempre, senza dare credito a chi sparge sotto il suo nome
carmi velenosi: sic me fronte legat dominus, Faustine, serena / excipiatque
meos qua solet aure iocos (1 sg.). Lauspicio ha valore se si attribuisce a
Faustino una funzione importante di intermediario fra il poeta e la corte
dellimperatore, che viene confermata dalla sua scomparsa dagli epigrammi
di Marziale in concomitanza con lassassinio di Domiziano e con lascesa al
regno di Nerva e quindi di Traiano: egli infatti nominato per lultima volta
in X 51 e Marziale non ne piange la morte. dunque plausibile che Faustino
abbia svolto un importante ruolo nellavvicinare Marziale alla corte imperiale.
Infatti le adulazioni dellimperatore si fanno pi smaccate in coincidenza
con la maggiore vicinanza a Faustino, cui Marziale dedica il III libro e il
IV (vd. in proposito lIntroduzione, p. 57 sg.), che celebra in apertura il
compleanno dellimperatore. Il V libro segner la denitiva affermazione del
prestigio di Marziale presso limperatore, che diviene destinatario principale
dei suoi libri (vd. Citroni 1988, p. 19 sgg.). Non pertanto da escludere
unidenticazione del patrono di Marziale con il senatore Cn. Minicius
Faustinus, consul suffectus nel 91 (PIR2 M 609; vd. Nauta 2002, p. 67 sg.).
Allopposto lipotesi di identicazione con il Faustino autore delliscrizione
metrica del cosiddetto antro di Tiberio a Sperlonga (edita ne LAnne
pigraphique 1967, 85 e in Courtney 1995, 49), considerata possibile da
Citroni, p. 86 e Howell1, p. 161, e sviluppata da V. Tandoi (Lepigrafe di
Faustino a Sperlonga, il ciclo odissiaco del ninfeo e gli inizi di Marziale,
in Disiecti membra poetae, III, Foggia 1988, pp. 153-179 = Tandoi 1992,
pp. 735-754), non riscuote oggi consensi, poich laspetto esteriore della
lastra su cui inciso il componimento, il ductus della scrittura e un errore
prosodico (8 vivs) fanno propendere per una datazione sensibilmente
pi tarda (III-IV sec.): vd. P. Cugusi, Aspetti letterari dei Carmina Latina
Epigraphica, Bologna 1985, pp. 46-53; M.G. Granino Cecere, s.v. Sperlonga,
in EV IV, pp. 992-994; Courtney 1995, p. 272. Sulla diffusione del cognomen
a Roma vd. Kajanto 1965, p. 272. A questo epigramma e a I 3, oltre che
ad Orazio, epist. I 20 (richiamato esplicitamente al v. 1), si chiaramente
rifatto Carducci nel Prologo degli Iuvenilia, che ha la forma di unapostrofe
al proprio carissimo tenue libretto (vv. 7; 204); la dipendenza da
Marziale stata rilevata in un breve articolo di G. De Filippis (Una fonte
classica del Prologo dei Juvenilia del Carducci, A&R 10, 1907, pp.
183-185).

116

M. Val. Martialis liber tertius

1. Cuius vis : lincipit allude in modo esplicito alla dedica di Catullo


a Cornelio Nepote (1, 1 cui dono lepidum novum libellum), cui questo
epigramma accomunato anche dal metro (endecasillabo falecio). Ancora
unallusione a Catullo contiene la dedica a Faustino del libro quarto (IV
10): dum novus est nec adhuc rasa mihi fronte libellus, / pagina dum
tangi non bene sicca timet, / i puer et caro perfer leve munus amico / qui
meruit nugas primus habere meas (1-4). I primi due versi costituiscono
una variazione di Catull. 1, 1 sg., mentre il verso 4 ispirato da Catull.
1, 3 sg. namque tu solebas / meas esse aliquid putare nugas (Paukstadt
1876, p. 11 si limitava a rilevare la somiglianza fra IV 10, 4 e Catull. 1,
4). Catullo esplicitamente riconosciuto da Marziale come principale
modello epigrammatico: cfr. I epist. 10 sg.; II 71; IV 14; V 5; VII 99; X 103;
sullargomento vd. H. Offermann, Uno tibi sim minor Catullo, QUCC
34, 1980, pp. 107-139; Swann 1994, p. 50. Linterrogativa rivolta al libro,
che sviluppa una sorta di dialogo con esso, rende pi vivace landamento
dellepigramma (vd. Siedschlag 1977, p. 22) e d maggiore consistenza alla
personicazione del libro stesso. Marziale se ne serve nellapostrofe al suo
libro anche in III 5, 1 sg. vis commendari sine me cursurus in urbem, /
parve liber multis, an satis unus erit?; XI 1, 1 sg. quo tu, quo, liber otiose,
tendis / cultus Sidone non cotidiana? - libelle: il termine, che tradisce la
sua impronta catulliana (sullinterpretazione del termine nel c. 1 di Catullo
vd., da ultimo, C. Santini, Il termine libellus nei carmi di Catullo, BSL
32, 2002, p. 385 sgg.), si riferisce qui allintero libro terzo; cfr. anche 68,
1 huc est usque tibi scriptus, matrona, libellus; 68, 11 sg. si bene te novi
longum iam lassa libellum / ponebas; 86, 1 sg. ne legeres partem lascivi,
casta, libelli / praedixi et monui; 97, 1 ne legat hunc Chione mando tibi,
Rufe, libellum; 99, 1 irasci nostro non debes, cerdo, libello. Marziale gli si
rivolge con lapostrofe liber in 4, 1 e parve liber in 5, 2 (in entrambi i casi
agisce linusso dei Tristia ovidiani: vd. le nn. ai vv.). Che la differenza di
volume tra liber e libellus fosse ancora percepita dimostrato da X 1, 1 sg.
si nimius videor seraque coronide longus / esse liber, legito pauca: libellus
ero. In XI 1, 5 libros non legit ille, sed libellos (sc. Parthenius), questultimo
termine non designa libri poetici, bens le petizioni rivolte allimperatore
(vd. il commento di Kay, ad loc.). munus: il libro divenuto al tempo di
Marziale un rafnato oggetto di dono, destinato a svolgere una funzione
di scambio nei rapporti sociali (vd. White 1974, pp. 52; 56): cfr. IV 10, 3
i puer et caro perfer leve munus amico; VII 17, 9 at tu munere dedicata

Epigramma 2

117

parvo (sc. bibliotheca Iuli Martialis); 80, 5 sg. sed si parva tui munuscula
quaeris amici / commendare, ferat carmina nostra puer; 84, 5 parva
dabis caro sed dulcia dona sodali; IX 99, 8 grande tui pretium muneris
auctor erit.
2. festina: esprime la preoccupazione che il libro faccia la ne descritta
nei vv. 3-5. vindice: il termine appartiene al lessico giuridico. Il vindex
era una gura di garante che si opponeva alla procedura di manus iniectio
su uno schiavo manumissus, affermandone la libert e impedendo cos che
il suo assistito diventasse indebitamente propriet altrui (vd. al riguardo
G. Wesener, s.v. vindex, RE suppl. XIV; Volterra 1967, p. 205): cfr. Fest.
p. 516 L. vindex ab eo quod vindicat, quo minus is, qui prensus est ab
aliquo teneatur. Il termine si trova gi nelle Leges XII Tabularum I 4
adsiduo vindex adsiduus esto; proletario iam civi quis volet vindex esto
(Gell. XVI 10, 5); ricorre anche in Gaio, inst. IV 21; 25; 46. Viene poi
eliminato dai Digesta da Triboniano, quaestor sacri palatii di Giustiniano,
che presiedette la commissione di giuristi incaricata della redazione del
Digesto. Il vindex era anche detto adsertor libertatis (Don. Ter. Ad. 194
adsertores dicuntur vindices alienae libertatis), denizione che Marziale
utilizza in I 52, in cui invita Quinziano ad intervenire in qualit di adsertor
in difesa dei suoi libelli, che sono stati manumissi da lui e dei quali un altro
poeta tenta illegittimamente di appropriarsi (5 adsertor venias; 7 dicas esse
meos manuque missos). Allo stesso modo in questo epigramma Marziale
rappresenta il suo libro come uno schiavetto (vd. la n. a 1, 6 verna liber)
che deve cercarsi un vindex che lo protegga da appropriazioni indebite
(vv. 3-5). Vindex ricorre ancora in III 91, 10 pluteo vindice, dove non c
per allusione allaccezione giuridica. In modo simile Stazio denisce un
suo patrono, Manlio Vopisco, vir eruditissimus et qui praecipue vindicat
a situ litteras iam paene fugientes (silv. I praef. 26 sg.).
3. cito raptus: il nesso cito raptus (o rapta) ricorre spesso in epigra
funerarie per morti immature: CLE 489, 4 sed cito rapta silet; 502, 4 fato
cito raptus iniquo; 667, 6 sg. hunc cito sideream raptum omnipotentis
in aulam / et mater blanda et frater sine funere quaerunt; 647, 3 sic tibi
non rapiat mors invida tam cito natos; 751, 1 hic puella iacet pr[imis
cito rap]ta sub annis; 1215, 2 qui cito raptus abit; 1219, 4 sg. heu nimium
cito rapte patri, cito reddite fatis / et matri cito rapte tuae cito redditus
umbris; 1282, 5 proles cito rapta; 1339, 11 cito rapta marito; 1401, 8
aeterno vulnere rapta cito; 1673, 2 fatis cito [raptus; 1847, 1 h]ic cito

118

M. Val. Martialis liber tertius

rapta iacet; 2096, 4 i]am cito raptus abit. In Marziale (sui cui rapporti con
le epigra metriche vd. L. Gamberale, Fra epigraa e letteratura. Note a
Mart. 10.71, A&R 38, 1993, pp. 42-54) cfr. I 116, 3 hoc tegitur cito rapta
suis Antulla sepulcro; XI 69, 11 nec queror infernas quamvis cito rapta
sub umbras; IX 29, 2 rapta es ad infernas tam cito Ditis aquas? (ironico);
cfr. anche nessi simili in I 88, 1 raptum crescentibus annis; VI 52, 1 raptus
puerilibus annis; VII 40, 7 festinatis raptum annis. Marziale dunque
allude mediante il nesso cito raptus alla morte prematura che il suo libro
rischia di subire se non si procurer un patrono adeguato (per il topos
della ne prematura dei libri cfr. Catull. 95, 7 at Volusi Annales Paduam
morientur ad ipsam). Unanaloga intenzione forse ravvisabile anche in
X 12, 9 sgg. et venies albis non adgnoscendus amicis / livebitque tuis
pallida turba genis / sed via quem dederit rapiet cito Roma colorem, in
cui Marziale si rivolge allamico Domizio, che sta per recarsi in Emilia,
dove potr fruire di bellissime giornate assolate e, tornando, far invidia ai
pallidi amici della capitale, che per lo priver presto dellabbronzatura: la
denizione dei Romani come pallida turba (cos gli abitanti degli Inferi in
Tib. I 10, 38 errat ad obscuros pallida turba lacus, nella stessa posizione
metrica) e il nesso rapiet cito dipingono scherzosamente Roma come un
inferno in cui regna il pallore. nigram culinam: lattributo niger si
riferisce spesso in Marziale a ci che annerito dal fumo; il nesso ricorre
anche in I 92, 9 pasceris et nigrae solo nidore culinae; X 66, 3 faciem nigra
violare culina; cfr. anche I 26, 8 nigros cados; II 90, 7 nigros fumos
(il fumo che annerisce); V 78, 7 nigra patella; VII 53, 6 nigra lagona;
61, 8 nigra popina. Culina termine della sfera quotidiana, raro in poesia;
in Marziale ricorre ben 7 volte. In questo caso lattributo si adatta alla
metafora della morte prematura: infatti niger (e, in generale, gli aggettivi
che indicano oscurit, come ater) attributo legato al mondo degli inferi
(vd. Andr 1949, p. 49 sgg.): cfr., ad es., Verg. Aen. VI 134 nigra Tartara;
in Marziale cfr. V 34, 3 parvola ne nigras horrescat Erotion umbras; X 50,
6 occidis et nigros tam cito iungis equos. La cucina dunque rappresenta gli
Inferi, dove il malcapitato libello corre il rischio di nire.
4 sg.: i versi prospettano due diverse pene, cui potrebbe essere sottoposto
il libro (come evidenziato dalla disgiuntiva vel): nel v. 4 Marziale fa riferimento allutilizzo della papyrus come involucro per i pesci cucinati al cartoccio, mentre nel successivo allude alluso di avvolgere con la carta cibi e
spezie in vendita al mercato.

Epigramma 2

119

4: secondo uninterpretazione diffusa tra gli studiosi (vd., ad es., Friedlaender,


ad loc.; E. Pasoli, Cuochi, convitati, carta nella critica letteraria di Marziale,
MCr 5-7, 1970-72, p. 192) i vv. 3-4, come il v. 5, farebbero riferimento
alluso della carta per avvolgere i pesci in vendita al mercato. Tuttavia
Marziale intende con ogni probabilit alludere ad unoperazione culinaria,
come stato dimostrato da Paoli 1932, pp. 33-37 (quindi confermato da
Thomson 1964 per Catull. 95, 7 sg. cit. infra e da M. Salanitro, Carmina
docta e cuochi in Marziale, InvLuc 7-8, 1985-86, pp. 127-134): infatti, se si
pensa alla funzione di avvolgere i pesci al mercato, non ci si pu spiegare il
v. 3 ne nigram cito raptus in culinam, dal momento che il pesce acquistato
al mercato potrebbe tuttal pi essere svolto in cucina e non il contrario;
inoltre al mercato i pesci venivano tenuti in ceste oppure attaccati penzoloni
senza essere avvolti nella carta, come testimoniano fonti sia letterarie (cfr.,
ad es., Apul. met. I 24) che gurative (vd. S. Reinach, Rpertoire de peintures
grecques et romaines, Paris 1922, p. 372, nn. 2; 4; 5; E. Pfuhl, Malerei
und Zeichnung der Griechen, Mnchen 1923, III, p. 314 g. 705). Inne
lattributo madidus riferito alla papyrus allude alluso di immergere la carta
in un infuso gastronomico prima di utilizzarla in cucina per evitare che il
pesce bruciasse (Paoli 1932, p. 36) e non pu certo riferirsi allinchiostro
ancora non perfettamente asciugato sulla pagina (cfr., ad es., Izaac: tes
feuillets encore humides). Una conferma ulteriore della correttezza di tale
esegesi viene da IV 86, 7 sg. cit. infra. Il motivo ricorre per la prima volta in
Catull. 95, 7 sg. at Volusi Annales Paduam morientur ad ipsam / et laxas
scombris saepe dabunt tunicas (vd. Thomson 1964; Thomson, ad loc.), in
cui Catullo preconizza per gli Annales di Volusio la misera sorte di essere
bruciati, come conferma anche il c. 36: cfr. 7 sg. scripta / infelicibus
ustulanda lignis; 18 sgg. at vos interea venite in ignem, / pleni ruris et
incetiarum / Annales Volusi cacata carta; quindi ritorna in Pers. 1, 43
nec scombros metuentia carmina nec tus, in cui sono presenti entrambe
le destinazioni (in cucina ed al mercato); Marziale ne fa un ampio uso: cfr.
III 50, 9 sg. quod si non scombris scelerata poemata donas, / cenabis solus
iam, Ligurine, domi (vd. la n. ad loc.); IV 86, 7 sg. (apostrofe al libellus)
nec rhonchos metues maligniorum / nec scombris tunicas dabis molestas,
dove la menzione della tunica molesta, la veste intrisa di pece che si faceva
indossare ai condannati ad essere arsi vivi (cfr. Sen. epist. 14, 5 cogita
illam tunicam alimentis ignium et inlitam et textam; Mart. X 25, 5 sg. nam
cum dicatur tunica praesente molesta / ure manum, plus est dicere non

120

M. Val. Martialis liber tertius

facio; Iuv. 8, 235 ausi quod liceat tunica punire molesta; vd. Friedlaender,
SR II, p. 91), si comprende solo se al rogo che destinato il libellus
(levidente allusione a Catull. 95, 8 cit. supra fornisce una conferma ulteriore
anche allesegesi del passo catulliano; recentemente H. Trnkle, Exegetisches
zu Martial, WS 109, 1996, p. 133 sgg., ha nuovamente sostenuto, senza
per elementi persuasivi, che in questo epigramma si alluda alla funzione
di incartare il pesce al mercato); VI 61 (60), 7-8 quam multi tineas pascunt
blattasque diserti / et redimunt soli carmina docta coci! (su cui vd. il
commento di Grewing); in XIII 1, 1 sg. ne toga cordylis et paenula desit
olivis / aut inopem metuat sordida blatta famem non chiaro se Marziale
abbia voluto distinguere le due diverse destinazioni (in cucina e al mercato:
vd. Leary2, ad loc.). Il topos ricorre ancora al principio dello pseudovirgiliano
Liber Pedagogus (AL 675 Riese): carmine si fuerint te iudice digna favore, /
reddetur titulus purpureusque nitor. / si minus, aestivas poteris convolvere
sardas, / aut piper aut calvas hinc operire nuces (richiamato da G. Brugnoli,
Sarde al cartoccio, InvLuc 9, 1987, pp. 13-15); la menzione di Sidon. carm.
9, 318 sgg. nos valde sterilis modos Camenae / rarae credimus hos brevique
chartae / quae scombros merito piperque portet, sembra invece ignorare
le due diverse destinazioni, come dimostra luso della copulativa -que e del
verbo portare. Luso di cucinare il pesce al cartoccio testimoniato da una
ricetta di Apicio per le sarde farcite: Apic. IX 10, 1 sardam farsilem sic
facere oportet: sarda exossatur et teritur puleium, cuminum, piperis grana,
menta, nuces, mel. impletur et consuitur. involvitur in charta et sic supra
vaporem ignis in operculo componitur. conditur ex oleo, caroeno, allece.
Luso di avvolgere i cibi con la carta prima della cottura testimoniato anche
per altri cibi (Apic. VIII 6, 11; 7, 1; X 8; 9). Sul genere di condimento che
veniva utilizzato cfr. Apic. IX 10, 5 ius in cordula assa: piper, ligusticum, apii
semen, mentam, rutam, careotam, mel, acetum, vinum et oleum. convenit
et in sarda. cordylas: gr.
. Si tratta dei piccoli tonni:
Plin. nat. IX 47 cordyla appellatur partus, qui fetas (sc. thynnos) redeuntes
in mare autumno comitatur; XXXII 146 cordyla et haec pelamys pusilla;
cum in Pontum a Mareotide exit, hoc nomen habet. In Marziale anche in
XI 52, 7; XIII 1, 1. Per Thompson, Fishes, p. 245 cordyla indicherebbe lo
sgombro (cfr. IV 86, 8; Catull. 95, 8; Pers. 1, 43) piuttosto che il piccolo
tonno.
5: per la pratica di usare il papiro per involgere le spezie in vendita
al mercato cfr. Plin. nat. XIII 76, 4 sgg. nam emporetica (sc. papyrus)

Epigramma 2

121

inutilis scribendo involucris chartarum segestriumque mercibus usum


praebet, ideo a mercatoribus cognominata. Il modello letterario di questo
motivo il celebre passo oraziano di epist. II 1, 269 sg. deferar in vicum
vendentem tus et odores / et piper et quidquid chartis amicitur ineptis;
cfr. anche Pers. 1, 43 cit. nella n. al v. 4; Stat. silv. IV 9, 11 sgg. quales
aut Libycis madent olivis / aut tus Niliacum piperve servant / aut
Byzantiacos colunt lacertos; in Marziale cfr. XIII 1, 1 cit. nella n. al v. 4.
turis piperisve: il nesso ritorna nella stessa posizione metrica in IV 46, 7
et turis piperisque tres selibrae, in un elenco di doni di poco valore che un
tale Sabello ha ricevuto per i Saturnali (cfr. anche I 111, 4; VII 72, 3; X 57,
2; XIII 4 tit. tus; XIII 5 tit. piper). cucullus: propriamente un cappuccio
(vd. RE IV 1739; Daremberg-Saglio II, p. 1577); in Marziale cfr. V 14, 6;
X 76, 8; XI 98, 10; XIV 140. Qui indica il cartoccio in cui venivano involte
le spezie. Per luso di lessico dellabbigliamento in questo contesto cfr. IV
86, 8 tunicas (Catull. 95, 8); XIII 1, 1 toga paenula.
6: Marziale sembra qui descrivere unazione che si svolge sul momento,
seguendo immediatamente al suo consiglio (2 festina). Infatti i vv. 7 sgg.
presuppongono che il libellus abbia compiuto lazione e possa da subito
(7 nunc licet ambules) fruire dei vantaggi che lappoggio di Faustino
garantisce. Diversamente, quando invia i suoi libri a qualcuno, Marziale
specica sempre il percorso che il libro dovr compiere (cfr., ad es., III
5 e XII 2 [3], entrambi inviati a Roma da fuori citt; X 104) oppure fa
riferimento allinvio del libro (III 100, 1 sg. cursorem sexta tibi, Rufe,
remisimus hora / carmina quem madidum nostra tulisse reor; VI 1, 1
sextus mittitur hic tibi libellus; XI 1, 9 vicini pete porticum Quirini).
Questo induce a pensare che Faustino sia ospite di Marziale nel suo
soggiorno cisalpino e che Marziale lo immagini presente mentre egli
apostrofa il proprio libellus (vd. lIntroduzione, 3). Faustini: il nome
del patrono posto in rilievo in posizione incipitaria di verso, pressoch
a met del componimento (cfr. Catull. 1, 3 Corneli, tibi: namque tu
solebas). fugis: il verbo designa lazione repentina del libellus; altrove
Marziale lo utilizza per esprimere la smania di pubblicazione del libro
personicato: cfr. I 3, 12 i, fuge; sed poteras tutior esse domi (Hor. epist.
I 20, 5 fuge, quo descendere gestis!). sinum: il sinus era una sorta di
tasca ricavata dalle pieghe della toga allaltezza del petto (vd. OLD, s.v.
nr. 4; Wilson 1938, pp. 78-83); oltre al denaro (IV 51, 3 sg.; V 16, 8)
vi si tenevano altri oggetti, fra cui libri: VI 60 (61), 1 sg. laudat, amat,

122

M. Val. Martialis liber tertius

cantat nostros mea Roma libellos, / meque sinus omnes, me manus omnis
habet; II 6, 7 sg. haec (sc. epigrammata) sunt singula quae sinu ferebas /
per convivia cuncta, per theatra; cfr. anche Gell. IV 18, 9 prolato e sinu
togae libro. anche possibile interpretare lespressione fugis in sinum in
senso pi lato come fuggi in seno (cfr. Cic. resp. 1, 5 in barbariae sinus
confugisse; Catull. 44, 14 in tuum sinum fugi; Plin. paneg. 6, 3 confugit
in sinum tuum concussa res publica), ma la scena descritta perderebbe
certamente di concretezza. sapisti: il verbo ricorre in un contesto analogo
di apostrofe al libro in Auson. epigr. 34, 1-4 p. 310 P. (praef. 5, 1-4 G.) si
tineas cariemque pati te, charta, necesse est, / incipe versiculis ante perire
meis. / malo, inquis, tineis, sapis, aerumnose libelle, / perfungi mavis
quod leviore malo. Il perfetto sapii, forma sincopata di sapivi (per cui
cfr. Char. 320, 16 B. sapio sapis sapivi et sapui; Non. 817, 16 L. sapivi
pro sapui), testimoniato da Prisciano (GLK II 499, 17 sgg.): sapio tam
sapui vel sapii quam sapivi protulisse auctores inveniuntur; Probo
tamen sapui placet dici, Charisio sapui vel sapivi, Aspro sapivi et
sapii secundum Varronem, quod Diomedes etiam approbat. Nonius
tamen Marcellus de mutatis coniugationibus sic ponit: sapivi pro sapui.
Novius virgine praegnante (fr. 1, p. 327 R.): quando ego / plus sapivi,
qui fullonem conpressi quinquatribus. Terentius similiter (heaut. 843 sg.):
cum intellego / resipisse, pro resipivisse. Caper utrumque in usu esse
contendit Plautus in rudente (899): pol magis sapisset, si dormivisset
domi. La forma attestata soltanto in Plaut. Rud. 899 cit. supra e in
Marziale (3 occorrenze, sempre nella II persona sing.); cfr. anche Ter.
heaut. 844 cit. supra. In Marziale luso del perfetto sapisti sembra dettato
unicamente dalla possibilit di collocarlo in ne di verso, sia negli esametri
che nei faleci: cfr. IX 10, 1 nubere vis Prisco: non miror, Paula: sapisti; XI
106, 4 transis hos quoque quattuor? sapisti.
7-11: Marziale descrive il suo libro con tutte le caratteristiche di un
pregiato volumen papiraceo: sar ben unto di olio di cedro per preservarlo
dalle tarme (7), levigato su entrambe le frontes (8), avr lumbilicus colorato
(9), una fodera di pergamena colorata di porpora (10) e inne lindex, con
il titolo dellopera, anchesso scritto con inchiostro rosso (11). Dettagliate
descrizioni di edizioni di lusso si trovano in Catull. 22, 6-8 chartae regiae,
novi libri, / novi umbilici, lora rubra, membranae, / derecta plumbo et
pumice omnia aequata (sullesegesi del carme vd. Gamberale 1982); Ov.
trist. I 1, 5-12 (in negativo, coerentemente con la condizione di esiliato

Epigramma 2

123

dellautore) nec te purpureo velent vaccinia fuco / -non est conveniens


luctibus ille color- / nec titulus minio, nec cedro charta notetur, / candida
nec nigra cornua fronte geras. / / nec fragili geminae poliantur pumice
frontes, / hirsutus sparsis ut videare comis; Lygd. 1, 9-14 (= [Tib.] III 1,
9-14) lutea sed niveum involvat membrana libellum, / pumex et canas
tondeat arte comas / summaque praetexat tenuis fastigia charta / indicet
ut nomen littera picta tuum / atque inter geminas pingantur cornua
frontes: / sic etenim comptum mittere oportet opus. signicativo che il
libro di Marziale debba assicurarsi la protezione di un vindex autorevole
come Faustino per poter circolare nella sua veste editoriale di lusso: la
causa andr ricercata nella situazione contingente che vede Marziale
pubblicare il proprio libro lontano da Roma (vd. lIntroduzione, 1 e la n.
intr. allepigr. 1).
7. cedro perunctus: i rotoli erano cosparsi con olio di cedro per
proteggerli dalle tarme: cfr. Vitr. II 9, 13 ex cedro oleum quod cedrium
dicitur nascitur, quo reliquae res cum sunt unctae, uti etiam libri, a tineis
et carie non laeduntur; Plin. nat. XVI 197 cedri oleo peruncta materies
nec tineam nec cariem sentit; Porph. Hor. ars 332 libri qui cedro
illinuntur a tineis non vexantur. Luso era senzaltro antico, come
testimoniato dallo stesso Plinio, a proposito del ritrovamento, nel 181
a.C., di una cassa che aveva contenuto il corpo di Numa, con alcuni libri
che si erano conservati (nat. XIII 86 et libros citratos fuisse; propterea
arbitrarier tineas non tetigisse). Numerose sono le menzioni in poesia di
questa pratica, dove la conservazione di un libro mediante lolio di cedro
(sempre indicato metonimicamente con cedrus: vd. ThlL III 736, 56 sgg.)
conseguenza del valore dellopera e garanzia della sua longevit: Hor. ars
331 sg. speramus carmina ngi / posse linenda cedro; Ov. trist. I 1, 7 cit.
nella n. ai vv. 7-11; III 1, 13 sg. quod neque sum cedro avus nec pumice
levis / erubui domino cultior esse meo ( il libro stesso a parlare); Pers.
1, 42 cedro digna locutus; Auson. epigr. 34, 13 sg. p. 311 P. (praef. 5, 13
sg. G.) seu te iuvenescere cedro / seu iubeat duris vermibus esse cibus. In
Marziale cfr. anche V 6, 14 sg. quae cedro decorata purpuraque / nigris
pagina crevit umbilicis; VIII 61, 4 sg. nec umbilicis quod decorus et cedro
/ spargor per omnes Roma quas terit gentes. licet ambules: probabile
reminiscenza di Hor. epod. 4, 5 licet superbus ambules pecunia, spogliata
delle valenze giambiche (superbus ricorre pi avanti al v. 11, seppur riferito
allindex). Per altre riprese della poesia oraziana in questo libro vd. la n.

124

M. Val. Martialis liber tertius

intr. allepigr. 58 e le nn. ai vv. 10; 22; 26; in generale sulla presenza di
Orazio in Marziale vd. Salemme 1998 con bibliograa.
8. frontis gemino honore: enallage: cfr. Ov. trist. I 1, 11 geminae
frontes; Lygd. 1, 13 geminas frontes. Gli orli superiore e inferiore del
rotolo di papiro (frontes) erano lisciati con la pietra pomice: Isid. orig. VI
12, 3 (= Suet. fr. 104 Reiff.) circumcidi libros Siciliae primum increbuit.
nam initio pumicabantur. unde et Catullus ait: cui dono lepidum
novum libellum / arida modo pumice expolitum? (1, 1 sg.). Numerose
le attestazioni letterarie di tale uso a partire da Catullo: cfr. Catull. 1, 2 cit.
supra; 22, 8 pumice omnia aequata; Hor. epist. I 20, 2 pumice mundus (sc.
liber); Ov. trist. III 1, 14 cit. nella n. al v. 7; una variazione, nellambito della
personicazione del liber, presenta Ovidio, che assimila metaforicamente
lazione di levigare le frontes al taglio dei capelli: cfr. Ov. trist. I 1, 11 sg.
nec fragili geminae poliantur pumice frontes / hirsutus sparsis ut videare
comis; cos anche Lygd. 1, 10 (= [Tib.] III 1, 10) pumex cui canas tondeat
ante comas (la metafora viva in italiano: di un libro non rilato si dice
con barbe). In Marziale sono presenti vari riferimenti: I 66, 10 pumicata
fronte; 117, 16 rasum pumice; IV 10, 1 dum novus est nec adhuc rasa
mihi fronte libellus; VIII 72, 1 sg. nondum murice cultus asperoque /
morsu pumicis aridi politus. Secondo Friedlaender (ad loc.) in questo
verso Marziale farebbe riferimento alle estremit dellumbilicus (cornua) e
non alla levigatura delle frontes: vedi per la n. al v. successivo.
9: lumbilicus (gr.
) la bacchetta attorno a cui veniva arrotolato il papiro, le cui estremit (cornua) erano di osso o di avorio e potevano
essere colorate. Si tratta di una caratteristica non comune, propria di rotoli
di lusso, dato che non sembrano esisterne rappresentazioni gurative, e
che, nei papiri conservatici, i resti di umbilici sono rari (Birt 1907, p. 230
sgg.; E.G. Turner, Greek Papyri. An Introduction, Oxford 1968, p. 173 sg.
n. 34 del cap. 1). La prima menzione poetica del termine si trova in Catull.
22, 7 novi umbilici; in Marziale lumbilicus elemento ricorrente nelle
descrizioni di rotoli pregiati: I 66, 11 nec umbilicis cultus atque membrana;
V 6, 15 nigris umbilicis; VIII 61, 4 umbilicis decorus; cfr. anche
Stat. silv. IV 9, 8 et binis decoratus umbilicis. Secondo uningegnosa
ipotesi di Birt 1907, p. 234 il plurale nei passi di Marziale e di Stazio farebbe
riferimento a rotoli particolarmente rafnati forniti di due umbilici, forse
cavi e inlati luno dentro laltro, dei quali uno restava nella parte da svolgere
del volumen, mentre laltro serviva a riavvolgerlo nel corso della lettura

Epigramma 2

125

(favorevole allipotesi G. Cavallo, Testo, libro, lettura, in SLRA II, p. 321).


tuttavia probabile che il plurale umbilici designi soltanto le estremit della
bacchetta che sporgevano dal volumen (cornua: vd. il commento di Citroni
a I 66, 11; in Catullo il plurale giusticato dal fatto che si tratta di pi rotoli:
vd. Gamberale 1982, p. 150). Fornisce un elemento a sostegno di questa
esegesi lidentit di signicato in Marziale delle espressioni: iam pervenimus
usque ad umbilicos (IV 89, 2) e explicitum nobis usque ad sua cornua
librum (XI 107, 1), che fanno entrambe riferimento allo svolgimento del
rotolo no alla ne (vd. Marquardt 1886, p. 816 sg. n. 6; Kay, p. 285 sg.); per
una analoga espressione cfr. Hor. epod. 14, 7 sg. iambos / ad umbilicum
adducere. signicativo inoltre che umbilici e cornua non siano mai
nominati insieme. Gli umbilici fanno parte delle caratteristiche esteriori di
un pregiato volumen; pertanto pi semplice pensare che Marziale voglia
indicare le parti sporgenti della bacchetta, che sono realmente umbilici
del rotolo (cio punti centrali intorno a cui si arrotola il papiro). Lunico
passo in Marziale in cui si trova il singolare anche lunico che faccia
chiaramente riferimento allintera bacchetta: II 6, 10 sg. quid prodest mihi
tam macer libellus / nullo crassior ut sit umbilico. pictis umbilicis:
nella collocazione dei termini corrispondenti ai due estremi del falecio
Marziale si rif alluso di Catullo (vd. Paukstadt 1876, p. 30). Per linuenza
catulliana nei faleci di Marziale vd. anche la n. a 67, 2. luxurieris: indica lo
splendore proveniente dagli ornamenti (gli umbilici picti): cfr. Ov. epist. 16,
193 sg. hanc faciem (sc. Helenae) largis sine ne paratibus uti / deliciisque
decet luxuriare novis; vd. ThlL VII 2, 1927, 54 sgg. Luxurio posto da
Quintiliano (inst. IX 3, 7) fra i verbi con doppia diatesi, ma sia Nonio che
Prisciano testimoniano che le forme attive erano meno comuni (Non. 771,
7 L. luxuriabat pro luxuriabatur; Prisc. GLK II 392, 6 praeterea plurima
inveniuntur apud vetustissimos, quae contra consuetudinem vel activam
pro passiva vel passivam pro activa habent terminationem ut luxurio
pro luxurior). Negli autori trditi i casi di utilizzo della forma attiva e di
quella passiva sono pressoch pari (vd. ThlL VII 2, 1926, 25-37; ma Ovidio
ha una sola occorrenza passiva contro nove attive). In Marziale ci sono altre
tre occorrenze, tutte passive (II 89, 5; X 96, 6; XII 62, 10).
10. purpura delicata: la copertina di pergamena (membrana, paenula, gr.
), qui designata metonimicamente dal suo colore (purpura), un
tratto ulteriore di rafnatezza. La prima attestazione letteraria si trova in Catull.
22, 7 membranae (si tratta di nominativo plurale: vd. Gamberale 1982, p. 153

126

M. Val. Martialis liber tertius

sg.). Per lo pi era colorata di porpora: cfr. Ov. trist. I 1, 5 nec te purpureo
velent vaccinia fuco; Stat. silv. IV 9, 7 noster purpureus (sc. libellus); Lucian.
merc. cond. 41; poteva per anche essere giallastra: cfr. Lygd. 1, 9 (= [Tib.]
III 1, 9) lutea sed niveum involvat membrana libellum (con il commento
di Navarro Antoln); Isid. orig. VI 11, 4 membrana aut candida aut lutea
aut purpurea sunt (sul colore designato dallaggettivo luteus vd. Andr 1949,
p. 151 sgg.). In Marziale caratteristica ricorrente dei libri di lusso: I 66, 11
nec umbilicis cultus atque membrana; I 117, 16 rasum pumice purpuraque
cultum; V 6, 14 quae cedro decorata purpuraque (sc. pagina); 6, 19 purpureum
libellum; VIII 72, 1 nondum murice cultus (sc. libellus); X 93, 4 carmina
purpurea sed modo culta toga; XI 1, 2 cultus (sc. liber) Sidone non cotidiana.
velet: luso del verbo rimanda a Ov. trist. I 1, 5 cit. nella n. ai vv. 7-11.
11: lindex (o titulus; gr.
) era il cartellino con il nome dellautore
e il titolo dellopera, che si poneva sullorlo superiore del rotolo: cfr. Ov. trist.
I 1, 109 sg. cetera turba (sc. librorum) palam titulos ostendet apertos / et
sua detecta nomina fronte geret; Pont. I 1, 15 miserabilis index; IV 13, 7
sg. ipse quoque, ut titulum chartae de fronte revellas, / quod sit opus video
dicere posse tuum; Lygd. 1, 11 sg. (= [Tib. III 1, 11 sg.]) summaque praetexat
tenuis fastigia charta / indicet ut nomen littera picta tuum; le lettere erano
scritte in rosso: cfr. Ov. trist. I 1, 7 nec titulus minio notetur. Giunto
ormai allapice della sua fama Marziale potr consentire al suo libro di fare a
meno del titulus, sicuro della propria celebrit: XII 2 (3), 17 sg. quid titulum
poscis? versus duo tresve legantur, / clamabunt omnes te, liber, esse meum. In
I 61, 1 SB, seguendo Baehrens (II, p. 60), stampa Verona docti sillybos amat
vatis (SB2: Verona loves the name tags of an accomplished poet), ma il
trdito syllabas (versi per sineddoche) non ha motivo di essere emendato (vd.
Citroni, ad loc.). cocco: il coccum era una bacca (Plin. nat. IX 141 coccum
Galatiae rubens granum) da cui si estraeva un colore rosso purpureo; il
termine indica metonimicamente il colore stesso (CGL V 494, 69 coccum vel
coccinum color rubens; vd. Fenger 1906, p. 28). superbus: lattributo opera
una personicazione dellindex e ne indica al tempo stesso la collocazione in
cima al rotolo (per limitazione oraziana vd. la n. al v. 7 licet ambules).
12: con il sostegno di un protettore autorevole (su vindex vd. la n. al v.
2) come Faustino il libro non corre alcun pericolo. La sua autorit tale
che non sar attaccato neanche dai grammatici pi severi, rappresentati
da Probo. Non mi sembra si possa dedurre da questo verso, come faceva
L. Valmaggi (Illo vindice nec Probum timeto, BFC 21, 1914-15, pp. 88-

Epigramma 2

127

90), che Marziale intenda alludere specicamente alla corrente arcaizzante,


ostile alla nuova poesia, di cui Probo sarebbe il principale rappresentante.
Per una revisione dellarcaismo di Probo vd. G. Pascucci, Valerio Probo e
i veteres, in Grammatici latini det imperiale, Genova 1976, p. 17 sgg.
(ora in Id., Scritti scelti, Firenze 1983, I, p. 399 sgg.). Diverso, anche se
afne, luso antonomastico del nome di Aristarco per un critico severo in
Cic. Pis. 73; Att. I 14, 3; Hor. ars 450 (vd. Brink, ad loc.; EO I, p. 643).
Una formulazione analoga, senzaltro debitrice nei confronti di Marziale
(citato anche da Green, ad loc.), presenta Ausonio nellultimo verso
della praefatio a Drepanio Pacato, apostrofe in faleci alle proprie nugae
(Catullo richiamato esplicitamente nei vv. 1-2 cui dono lepidum novum
libellum? / Veronensis ait poeta quidam): hic vos diligere, hic volet tueri;
/ ignoscenda teget, probata tradet. / post hunc iudicium timete nullum
(471, 16-18 p. 86 P. = praef. 4, 16-18 G.). possibile che Ausonio leggesse
nel verso di Marziale la variante iudice per vindice, attestata nei codici
della famiglia , per cui stato ipotizzato un archetipo in minuscola di area
francese (vd. Lindsay, [p. XI sg.]; Lindsay 1903, p. 7 sg.; Reeve 1983, p. 238
sgg.). La difesa dai critici era una delle prerogative principali dei patroni
di poeti. A loro Marziale indirizza numerosi epigrammi con la richiesta di
protezione per la sua poesia: cfr. IV 86, 6 sgg. si te pectore si tenebit ore,
nec rhonchos metues maligniorum, / nec scombris tunicas dabis molestas.
/ si damnaverit, ad salariorum / curras scrinia protinus licebit, / inversa
pueris arande charta; VII 26, 5 sg. si te receptum fronte videris tota, /
noto rogabis ut favore sustentet; 26, 9 sg. contra malignos esse si cupis
tutus, / Apollinarem conveni meum, scazon; 97, 9 sgg. o quantum tibi
nominis paratur! / o quae gloria! quam frequens amator! / te convivia,
te forum sonabit, / aedes, compita, porticus, tabernae. / uni mitteris,
omnibus legeris; XII 2 (3), 15 ille dabit populo patribusque equitique
legendum (cfr. anche Stat. silv. IV praef. 33 sg. hunc tamen librum tu,
Marcelle, defendes. et, si videtur, hactenus, sin minus, reprehendemur).
Sui rapporti di Marziale con i suoi patroni vd. Saller 1983; Nauta 2002.
nec: qui per ne quidem (vd. Hofmann-Szantyr, p. 449 sg.; OLD, s.v.
neque, nr. 2 b). Luso offre rari esempi nel latino arcaico (Enn. scaen. 88);
attestato in Cicerone (top. 23) e Catullo (66, 73), quindi nei poeti augustei
e in quelli di I sec. d.C. (Lucano, Persio, Giovenale). In Marziale ricorre
di frequente: cfr., ad es., I 103, 20; 113, 2; II 34, 6; 75, 4; V 69, 4; VI 77,
1-3; VII 12, 3; 26, 8; VIII 44, 3; 52, 2; 64, 18; 81, 9; IX 22, 2; 94, 3; X 24,

128

M. Val. Martialis liber tertius

11; 90, 4; XI 34, 1; XII 18, 14; 83, 4. Probum: Marco Valerio Probo di
Berytus (lodierna Beirut), linsigne grammatico del I sec. d.C. (Girolamo
pone il suo oruit nel 56: chron. a. Abr. 2072). Senzaltro doveva essere
ancora in vita al momento della pubblicazione del III libro (88, secondo
lipotesi avanzata nellIntroduzione, 2), n vi sono persuasive ragioni per
dubitarne, come fa, ad es., J. Vahlen, Opuscula academica, Lipsiae 1907 (=
Hildesheim 1967), I, p. 51, che ipotizza un uso antonomastico del nome da
parte di Marziale, suggerendo il parallelo con Hor. ars 450 et Aristarchus.
Marziale lo nomina qui come illustre grammatico e come tale, insieme a
Emilio Scauro, menzionato ancora da Ausonio (1, 20 p. 2 P. = praef. 1,
20 G.; 205, 12 p. 63 P. = prof. 15, 12 G.; 210, 7 p. 66 P. = prof. 20, 7 G.).
Gellio lo nomina pi volte nelle Noctes Atticae, denendolo grammaticus
inlustris (I 15, 18) e grammaticus inter suos aequales praestanti scientia
(IV 7, 1). Il dibattito tra gli studiosi sulla sua attivit lologica prende
le mosse dallinterpretazione del celebre passo di Suet. gramm. 24 (vd.
Kaster, ad loc.) e dellAnecdoton Parisinum (GLK VII 533 sgg.; GRF,
pp. 54-56 Funaioli): alla sopravvalutazione dellopera e dellinuenza del
grammatico operata da Fr. Leo (Plautinische Forschungen, Berlin 19122, p.
40 sg.) e dai suoi allievi succeduto ora un ridimensionamento della gura
di Probo: vd. N. Scivoletto, La lologia di Valerio Probo di Berito, GIF
12, 1959, pp. 97-124 (edizione accresciuta in Studi di letteratura latina
imperiale, Napoli 1963, pp. 155-221); H.D. Jocelyn, The Annotations of
M. Valerius Probus, CQ 78, 1984, pp. 464-472; 79, 1985, pp. 149-161;
466-474; M.L. Delvigo, Testo virgiliano e tradizione indiretta, Pisa 1987;
L. Lehnus, s.v. Probo, in EV IV, pp. 284-286; S. Timpanaro, Per la storia
della lologia virgiliana antica, Roma 20022, pp. 15 sgg.; 77-127; passim;
Id., Virgilianisti antichi e tradizione indiretta, Firenze 2001, p. 37 sgg.

Epigramma 3

129

3
[Formosam faciem nigro medicamine celas,
sed non formoso corpore laedis aquas.
Ipsam crede deam verbis tibi dicere nostris:
Aut aperi faciem aut tunicata lava.]
hab. T, om. LPQf, add. Q in mg. secl. Schneidewin, quem secuti sunt edd., praeter
Izaac tit. ad eam quae faciem formosam (formonsam E) habet : ad eam quae faciem
formonsam habuit T ad eam quae faciem monsam habuit T consilium deformi Q 1
formosam QAXV: formonsam TE c(a)elas TEAX: velas QV 2 formoso QAVF:
formonso TE formose X 4 aperi TQp.c.: operi Q
tunicata Q : tunica T <tu>
tunicata Schneidewin lava TQEAV: leva X

[Celi il bel viso con un impiastro nero,


ma danneggi le acque col corpo non bello.
Fai conto che la dea stessa ti dica attraverso le mie parole:
O scopri la faccia oppure lavati con la tunica.]
Questo epigramma stato considerato spurio a partire da Schneidewin2
(p. XIII) e, successivamente, da tutti gli editori moderni, con leccezione
di Izaac, che lo ritiene soltanto di authenticit douteuse. Friedlaender
considerava possibile che si trattasse di un frammento. Si tratta in realt
di un epigramma di cattiva fattura, che presenta afnit tematica con
lepigr. 87 di questo libro, in cui Marziale invita la fellatrix Chione a lavarsi
coprendo la parte che pi le conviene, il viso. Molteplici ragioni inducono
a considerarlo non autentico (seppure non frammentario). Le principali
sono: a) lo iato in cesura al v. 4 (faciem aut), sempre evitato da Marziale
(vd. Giarratano 1908, p. 41); b) la sua assenza nei codici della famiglia
(in Q lepigramma stato aggiunto in margine da una seconda mano); c) il
titolo dellepigr. 4 (Ad eundem [sc. librum] in LPQ1fEAV; Item ad librum
suum in X), che presuppone contiguit con lepigr. 2, anchesso rivolto
al libro; d) la sua collocazione assolutamente inadeguata in mezzo agli
epigrammi dedicatori, che costituiscono un nucleo omogeneo (1; 2; 4; 5).
Izaac accoglie nel testo una congettura di Schneidewin1: aut aperi faciem
aut <tu> tunicata lava, che presuppone una semplice aplograa, ma che
appare uno scialbo riempitivo (lo stesso Schneidewin nelleditio minor la

130

M. Val. Martialis liber tertius

abbandon, decidendosi per linautenticit dellepigramma). Altri elementi


contribuiscono a confermare questa opinione: la pointe piuttosto acca;
lassenza del nome proprio della protagonista, elemento essenziale degli
epigrammi scommatici; la gratuit dellaccusa (nellepigr. 87 la critica di
Marziale alla condotta morale di Chione); formonsus, graa caratteristica
della prima famiglia (formosus hanno normalmente
), in questo
caso attestato in E, il testimone pi fedele della famiglia , sia nel titolo
che ai vv. 1 (formonsam) e 2 (formonso); da ci Lindsay 1903, p. 60 sg.
ricavava acutamente loriginaria estraneit dellepigramma dalla famiglia;
laedis aquas (v. 2) espressione eccessiva per un corpus non formosum e
appare aliena dalla lingua di Marziale; al v. 3 non chiaro a quale divinit
si riferisca lespressione ipsam deam (cfr. IX 41, 9 ipsam crede tibi
naturam dicere rerum), diversamente dalla consuetudine di Marziale: cfr.
II 59, 4 ipse deus (Augusto); VII 99, 8 ipsi deo (Domiziano); XII 48,
13 ipse deus (Giove); aperio (v. 4) ricorre in Marziale soltanto al participio
passato, sempre con il signicato di aperto: I 14, 4 per aperta ora; 34,
1 sg. apertis / liminibus; IV 29, 6 ianua aperta; V 55, 3 sg. aperto
/ ore.

Epigramma 4

131

4
Romam vade, liber: si, veneris unde, requiret,
Aemiliae dices de regione viae.
Si, quibus in terris, qua simus in urbe, rogabit,
Corneli referas me licet esse Foro.
Cur absim, quaeret; breviter tu multa fatere:
Non poterat vanae taedia ferre togae.
Quando venit? dicet: tu respondeto: Poeta
exierat: veniet, cum citharoedus erit.

hab. T tit. ad eundem LPQfEAV: item ad librum suum X ad librum suum T ad librum
Q 1 vade T EXV: valde A requiret : requirit T 2 aemiliae : aemeliae T 3 qua
TPQf : quo fs.l. quid L urbe TLPQf : orbe fs.l. rogabit XV: rogavit EA rogarit
T 4 corneli : cornelii T 5 absim TQfs.l. : absit LPf quaeret breviter T : breviter
quaeret XV quae breviter quaeret EA 7 quando venit T : quando veniae EA quando si
veniet X et quando veniet V dicet T V: dicit EAX dicens V tu respondeto T : tu
responde EA responde XV poeta T XV: poetae EAV 8 exierat TLPQf : exiceat f
cithar(o)edus LPQfX: citheredus Q cytharohedus T citharoedis EAV

Va a Roma, o libro: se chieder da dove sei venuto,


dirai dalla regione della via Emilia.
Se domander in che terre io sia, in che citt,
di pure che mi trovo a Forum Corneli.
Perch io sia via da Roma, chieder; tu in breve rivela molto: 5
Non poteva sopportare i fastidi di una vana toga.
Quando viene? dir; tu rispondi: Poeta
se ne andato: torner quando sar citaredo.
Rivolgendosi al proprio libro, che sta per inviare a Roma, Marziale
immagina che la citt stessa, personicata, possa porgli alcune domande:
da dove venga (1), dove si trovi il poeta (3), perch sia fuori da Roma (5).
Egli lo istruisce sulle risposte da dare (2; 4; 6; 8): potr rivelare dove si
trova e, soprattutto, perch se ne andato; la sua spiegazione dovr essere
breve, ma chiaricatrice (5 breviter tu multa fatere): egli era stanco di
sopportare le inutili fatiche della vita da cliente (6). Quando torner? Se ne
andato da poeta, torner quando sar citaredo, quando insomma sar in

132

M. Val. Martialis liber tertius

grado di praticare una professione redditizia nellUrbe, che gli consenta la


vita tranquilla che desidera e che la poesia non pu garantirgli.
Come il precedente componimento di dedica a Faustino, anche questo
epigramma costituito da unapostrofe al libro (su cui vd. la n. intr.
allepigr. 2). In questo caso il dialogo con il libro offre al poeta un ltro
attraverso il quale rivelare linsoddisfazione per la vita a Roma, che lo ha
portato ad allontanarsene temporaneamente. Egli si trova ora nella Gallia
togata (cfr. 1, 2), a Forum Corneli (lodierna Imola); la sua partenza
dovuta allinsofferenza nei confronti degli stancanti obblighi della clientela
(vd. la n. al v. 6), che per di pi ora non gli garantiscono neanche il piccolo
provento della sportula, che Domiziano ha abolito restaurando lantico
uso della recta cena (cfr. Suet. Dom. 7, 1). Per la vicenda della sportula e
per limportanza che largomento riveste nel libro vd. lIntroduzione, p. 60;
ed inoltre la n. intr. allepigr. 7 e gli epigr. 14; 30; 60.
Amarezza e disillusione sono le note predominanti del componimento,
come ribadisce il distico nale: laffermazione che ritorner a Roma solo
quando sar divenuto un citaredo (8 veniet cum citharoedus erit) rivela, seppur
attraverso lironia, tutto il disagio del poeta che sente di vivere in unepoca che
poco valorizza i letterati e che invece permette a chi esercita professioni meno
nobili e accessibili a chiunque facili guadagni e una vita di agi.
Lepigramma occupa una posizione importante nel libro, poich giunge
dopo un epigramma rivolto al lettore generico (1) e dopo quello di dedica al
patrono Faustino (2; lepigr. 3 senzaltro spurio); esso espone in maniera
programmatica le ragioni che hanno spinto lautore a lasciare Roma e serve
dunque ad introdurre il nuovo libro, non romano, ma gallo. Come nel
primo epigramma del libro, Marziale si richiama allOvidio dellesilio sia
nella struttura del componimento che nelle espressioni (vd. la n. al v. 1): la
situazione infatti tratta da trist. I 1, in cui Ovidio, apostrofando il proprio
libro che sta per inviare a Roma, immagina che qualcuno nella capitale
possa chiedergli notizie su di lui e lo istruisce sulle risposte da dare: cfr. I
1, 15 sgg. vade, liber, verbisque meis loca grata saluta; / contingam certe
quo licet illa pede. / si quis, ut in populo, nostri non immemor illic, / si
quis, qui, quid agam, forte requirat, erit, / vivere me dices, salvum tamen
esse negabis - / id quoque, quod vivam, munus habere dei - / atque ita te
cautus quaerenti plura legendum, / ne, quae non opus est, forte loquare,
dato. Diversamente da Ovidio per Marziale ostenta una certa sicurezza
sullinteresse che la citt nutrir nei suoi confronti.

Epigramma 4

133

1. Romam vade, liber: lapostrofe ricalca quella di Ovidio al proprio libro


nellelegia proemiale dei Tristia: I 1, 15 vade, liber; cfr. anche Ov. trist. I
1, 1-3 parve (nec invideo) sine me, liber, ibis in urbem: / ei mihi, quod
domino non licet ire tuo! / vade, sed incultus, qualem decet exulis esse; III
7, 1 sg. vade salutatum, subito perarata, Perillam, / littera. signicativa
la collocazione di Romam in principio di epigramma: sottolinea come
la capitale sia la destinataria del suo libro, ma anche il bersaglio delle sue
recriminazioni. Pur trovandosi lontano da Roma e, come vuole apparire
ai suoi lettori, in una sorta di esilio (vd. lIntroduzione, 1), Marziale non
pu comunque fare a meno di rimanere, tramite il libro, in contatto con
essa e di rivolgersi, con la sua poesia, a lei sola ed ai suoi cittadini. si,
veneris unde, requiret: lidea del dialogo del libro con i cittadini mutuata
dalla prima elegia dei Tristia di Ovidio: trist. I 1, 17 sgg. cit. nella n. intr.,
da cui Marziale trae anche il carattere ipotetico (4, 1 si requiret ~ Ov.
trist. I 1, 18 si quis, qui requiret, erit); cfr. anche Ov. Pont. IV 5, 11
(apostrofe ai leves elegi) si quis, ut in populo, qui sitis et unde requiret. In
modo simile Orazio (epist. I 8) invita la Musa a salutare Celso Albinovano,
quindi le fornisce istruzioni su cosa dovr dirgli: v. 3 si quaerit quid agam,
dic eqs. Marziale immagina che Roma stessa possa informarsi su di lui,
mentre Ovidio, nella diversa condizione dellesiliato, poteva augurarsi
tuttal pi che il suo ricordo e linteresse per lui fosse rimasto in qualcuno
del popolo (trist. I 1, 17 cit. nella n. intr.).
La personicazione dellUrbe frequente negli epigrammi di Marziale,
il quale se ne serve per enfatizzare il proprio successo, identicando con
lintera citt il pubblico dei propri lettori: VI 60 (61), 1 laudat, amat,
cantat nostros mea Roma libellos; IX 97, 2 quod me Roma legit, rumpitur
invidia; XI 24, 6 quod Roma legit; oppure in contesti adulatori (VII 5, 3
sg; 6, 7; 99, 2; XII 8); talora, come in questo epigramma, Roma introdotta
nel dialogo (X 2; XI 6; XII 8). Qui inoltre Marziale sembra rappresentare
Roma come una donna che ansiosa chieda notizie sul proprio amato
lontano, desiderosa di sapere quando torner.
2. Aemiliae viae: la via Emilia, costruita nel 187 a.C. dal console
Marco Emilio Lepido, collegava Rimini a Piacenza, costituendo in tal
modo un prolungamento della Flaminia, che giungeva no a Rimini (Liv.
XXXIX 2). La regione, ottava nella divisione augustea (che ne contava 11:
cfr. Plin. nat. III 46), i cui conni sono riportati da Plinio il Vecchio (nat.
III 115 octava regio determinatur Arimino, Pado, Appennino), prese

134

M. Val. Martialis liber tertius

il nome dalla via, che la attraversava nel mezzo. La prima attestazione


delluso di Aemilia per indicare la regione si trova in Marziale, VI 85, 6 et
resonet tota planctus in Aemilia; cfr. anche X 12, 1 Aemiliae gentes (vd.
Ch. Hlsen, s.v. Aemilia, RE I 540). Gi in questo passo la Regio VIII
viene qualicata dallimportante arteria. de regione: la iunctura occupa
la stessa posizione del pentametro in X 68, 4; XIV 152, 2.
3. quibus in terris: il nesso ricorre nella stessa posizione metrica in Verg.
ecl. 3, 104; 106.
4. Corneli Foro: lodierna Imola, a 33 Km ESE da Bologna. Fondata
da Cornelio Silla (cfr. Prud. Passio Cassiani Forocorneliensis peristephanon
IX 1), si trovava sulla via Emilia, sulla sponda sinistra dellamnis Vaternus
(oggi Santerno), nominato da Marziale in III 67, 2. menzionata da
Plinio il Vecchio (nat. III 115) e da Strabone (V 1, 11), che la colloca fra
i
della regione. Lablativo di stato in luogo per nomi
composti con Forum, in luogo di ad con laccusativo, attestato per la
prima volta in questo passo di Marziale e, successivamente, in Plin. epist.
V 9, 17; CIL V 1893 (vd. Leumann, p. 146).
5. Cur absim, quaeret: la richiesta di spiegazioni sulle motivazioni della
partenza consente a Marziale di introdurre il verso chiave del componimento,
in cui rivela la propria insoddisfazione per la vita da cliente a Roma (6).
breviter tu multa fatere: anche Ovidio, nellinviare a Roma il proprio libro
dal Ponto, gli raccomandava di non dire troppo (trist. I 1, 19 sgg.); la sua
cautela era tuttavia determinata dal timore di compromettere ulteriormente la
propria situazione. Marziale, pur trovandosi in una situazione completamente
diversa, non pu dare forma pi esplicita alle proprie recriminazioni; la sua
confessione per piuttosto eloquente.
6: il pentametro condensa tutte le amarezze patite come cliens nella capitale. Non poterat: luso di possum al negativo apre signicativamente
il verso, mettendo in luce come la scelta di allontanarsi sia stata necessaria:
cfr. XII 46 (47), 2 nec tecum possum vivere nec sine te. vanae togae:
la toga, indumento tipico del cittadino romano, era richiesta dai patroni ai
loro clienti per latto della salutatio mattutina e per gli altri ofcia. Lobbligo
era sentito come molto fastidioso: la possibilit di fare a meno dellabito
considerata da Marziale un aspetto idillico della vita in Spagna (I 49, 31
nusquam toga; XII 18, 17 ignota est toga) e un elemento della vita beata
(X 47, 5 toga rara). Qui la toga eletta a simbolo negativo della vita di
cliente (cfr. X 19, 4 eheu! quam fatuae sunt tibi, Roma, togae!). I clientes

Epigramma 4

135

sono spesso deniti togati: cfr. I 108, 7 unum togatum; II 57, 5 grex
togatus; 74, 1 cinctum togatis Saufeium; 74, 6 greges togatorum; III
46, 1 operam sine ne togatam; V 26, 4 beta togatorum; VI 48, 1 turba
togata; IX 100, 1 togatum; X 74, 3 togatulos; 82, 2 togatus; XI 24, 11
togatulorum. Lattributo vanus sottolinea efcacemente la frustrazione
per numerose fatiche, considerate inutili, che, per di pi, non fruttano ora
neanche una sportula (vd. Salanitro 1991-92, p. 286 sgg.); per il suo uso
in relazione agli ofcia clientelari cfr. anche X 82, 7 sg. parce, precor, fesso
vanosque remitte labores / qui tibi non prosunt et mihi, Galle, nocent.
taedia ferre: il nesso ricorre nella stessa posizione metrica, anche se in
un contesto completamente diverso, in Ov. ars II 531 dedecet ingenuos
taedia ferre sui. Taedium indica il fastidio provocato al poeta dal caos
della capitale anche in XII 57, 27 sg. taedio fessis / dormire quotiens
libuit, imus ad villam. Il verbo sottolinea lo sforzo sostenuto da Marziale
per compiere gli ofcia di cliente anche in XII 29, 8 sgg. at mihi quem
cogis medios abrumpere somnos / et matutinum ferre patique lutum /
quid petitur? (cfr. luso analogo di perferre in VII 39, 1-3 discursus varios
vagumque mane / et fastus et have potentiorum / cum perferre patique
iam negaret).
7 sg.: Marziale annuncia che torner a Roma quando potr svolgere
una professione in grado di garantirgli elevati protti, diversamente dalla
poesia; poeta signicativamente collocato in ne del v. 7, quasi a voler
rappresentare una dimensione passata. Laffermazione venata di amara
ironia e non va certo interpretata alla lettera, quasi Marziale intendesse
realmente dedicarsi allarte citaredica o chiudere i propri giorni a Imola,
come pure ritengono alcuni studiosi (vd., ad es., I. Lana, Marziale poeta
della contraddizione, RFIC 33, 1955, p. 233; E. Paratore, La letteratura
latina dellet imperiale, nuova edizione aggiornata, Firenze-Milano 1969,
p. 156). Il disagio patito dal poeta per la vita in una societ che non gli
tributa adeguati riconoscimenti per la sua arte, come faceva quella augustea,
e per il facile successo ottenuto da categorie sociali inferiori (per cui vedi la
n. intr. allepigr. 16) uno dei motivi pi sentiti nella poesia di Marziale, il
quale spesso lamenta lassenza di un Mecenate, che gli consenta di dedicarsi
completamente, come vorrebbe, alla poesia: I 107, 3 sg. otia da nobis, sed
qualia fecerat olim / Maecenas Flacco Vergilioque suo / condere victuras
temptem per saecula curas / et nomen ammis eripuisse meum; VIII 55
(56), 5 sint Maecenates, non derunt, Flacce, Marones; XI 3, 7 sgg. at quam

136

M. Val. Martialis liber tertius

victuras poteramus pangere chartas / quantaque Pieria proelia are tuba,


/ cum pia reddiderint Augustum numina terris, / et Maecenatem si tibi,
Roma, darent!; sullargomento vd. F. Bellandi, Limmagine di Mecenate
come protettore delle lettere nel I sec. d. C., A&R 40, 1995, pp. 78101. Altrove Marziale esprime la sua disillusione sulla possibilit per un
poeta di ottenere successo e ricchezze a Roma (III 38, 9 sg.; V 56, 4 sg.;
7; vd. anche I 76; V 16; VI 82; IX 73; X 74; 76). Il tema della povert
dei poeti e della difcolt di comporre in condizioni di indigenza, dovute
principalmente allassenza di patroni generosi come quelli del passato,
sviluppato ampiamente, come noto, da Giovenale nella Satira settima
(vd. Courtney, pp. 348-350). exierat: il piuccheperfetto spesso usato in
poesia in luogo del perfetto o dellimperfetto per comodit metrica (vd.
Hofmann-Szantyr, p. 320 sgg.; Lfstedt, Peregrinatio Aetheriae, p. 152
sgg.; Platnauer 1951, p. 112 sgg.). In Marziale si trovano numerosi esempi
(elenchi non completi in Guttmann 1866, pp. 40-45; Friedlaender, ad I
107, 3); in questo libro cfr. 24, 13 fueras; 52, 1 fuerat; 70, 2 fuerat. Qui la
forma, che apre signicativamente lultimo verso, contribuisce a enfatizzare
la distanza temporale dal passato. citharoedus: la professione di citaredo
consentiva grandi guadagni: cfr. V 56, 7 sgg. si versus facit, abdices poetam.
/ artes discere vult pecuniosas? / fac discat citharoedus aut choraules; /
si duri puer ingeni videtur, / praeconem facias vel architectum. In scena
i citharoedi indossavano ricche vesti (Rhet. Her. IV 47, 60; Iuv. 10, 211
sg.). Nerone, in ossequio alla sua passione smodata per larte citaredica,
fece ingenti doni al citaredo Menecrate (Suet. Nero 30, 2). Vespasiano, in
occasione delle celebrazioni per il restauro del teatro di Marcello, istitu
spettacoli vari, pagando duecentomila sesterzi ai due pi noti citaredi
del tempo, Terpno e Diodoro (Suet. Vesp. 19, 1). Domiziano istitu un
certamen quinquennale musicale, ginnico ed equestre in onore di Giove
Capitolino, cui partecipavano citharoedi, chorocitaristae e psilocitharistae
(Suet. Dom. 4, 4). Notevoli entrate derivavano a citaredi e cantanti in
genere dallinsegnamento delle loro discipline a gli di ricchi signori: cfr.
Iuv. 7, 175 sgg. tempta / Chrysogonus quanti doceat vel Pollio quanti /
lautorum pueros, artem scindes Theodori (sulla presenza di Marziale in
questi versi vd. Colton 1991, p. 319 sg.). Una fonte ulteriore di guadagno
era costituita da prestazioni di altro genere, che ricevevano grande successo
fra le matrone romane: attori di teatro e citaredi portavano una bula che
li preservasse dagli eccessi sessuali, considerati dannosi per la voce, ma

Epigramma 4

137

essa era divenuta soltanto un pretesto per aumentare il prezzo delle loro
prestazioni sessuali: cfr. XIV 215, 1 sg. (tit. bula) dic mihi simpliciter
comoedis et citharoedis, / bula, quid praestas? carius ut futuant con il
commento di Leary1; Iuv. 6, 61 sgg.; 379 sgg. Sui citaredi in generale vd. RE
XI 1, 530-534; Daremberg-Saglio, s.v. citharoedus, II, pp. 1215-1217. Non
convince la recente interpretazione di J. Gmez Pallars (A new proposal
on Martial 3, 4 Citharoedus, Athenaeum 89, 2001, pp. 216-222), il quale
ritiene che con il termine citharoedus Marziale alluda alla poesia lirica e,
in particolar modo, a Orazio, al cui successo poetico nelle alte sfere del
potere egli ambirebbe: lesplicita contrapposizione nel distico tra poeta,
collocato signicativamente nella chiusa del v. 7, e citharoedus, ribadita in
V 56, 7 sgg. cit. supra, consente senzaltro di escludere questa possibilit.

138

M. Val. Martialis liber tertius

5
Vis commendari sine me cursurus in urbem,
parve liber, multis, an satis unus erit?
Unus erit, mihi crede, satis, cui non eris hospes,
Iulius, adsiduum nomen in ore meo.
Protinus hunc primae quaeres in limine Tectae:
quos tenuit Daphnis, nunc tenet ille lares.
Est illi coniunx, quae te manibusque sinuque
excipiet, tu vel pulverulentus eas.
Hos tu seu pariter sive hanc illumve priorem
videris, hoc dices: Marcus havere iubet,
et satis est; alios commendet epistula: peccat
qui commendandum se putat esse suis.

10

tit. ad eundem LPf : ad idem Q 1 commendari LPf : commedari Q me LPQf : me


tibi Ls.l. cursurus Qs.l.f : cursus LP rursus Q 2 erit AXV: erat E 3 eris hospes
LPQf: erit hospes fs.l. 4 iulius LPf: lulius EAV illius Q cuius fv.l.X 5 primae quaeres
in limine Tectae Gronovius: primi quaeres in limine tecti primaeque in crimine tectae
6 daphnis PQ : dampnis Lf tenet XV: tene EA lares PQfs.l. : labres L nares
f 7 illi coniunx EXV: illic coniunx A illic iunx A 8 excipiet LPQf : excipies Q
excipet f pulverulentus AXV: pulverelentus E eas AXV: tues E 9 seu PQf : sed
L pariter LPQf : pater Q hanc illumve LPQf: hunc illamve fs.l.
10 hoc LQf :
hos P havere hk: avere QfClvv1v2 habere LPQf h iubet Qf : libet LPQf 11
et LPf h: est Q hoc fs.l.hbkvv1v2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom. 2 ed. Ald. id Heinsius
satis est LPf : satis cum Q commendet LPfEAX: commendat QV

Piccolo libro, che correrai nellUrbe senza di me,


vuoi essere raccomandato a molti oppure baster uno solo?
Uno solo, credimi, baster, per il quale non sarai un ospite:
Giulio, nome sempre presente sulle mie labbra.
Lo cercherai subito al principio della via Tecta:
5
egli possiede ora la casa che ebbe Dafni.
Ha una moglie che ti accoglier stringendoti con le mani al
petto, dovessi arrivare anche impolverato.
Tu, sia che li vedrai insieme, sia questa o quello per primo,
dirai: Marco vi manda i suoi saluti,
10
ed abbastanza; altri raccomandi unepistola: sbaglia
chi crede di doversi raccomandare ai suoi.

Epigramma 5

139

Ancora un epigramma dedicatorio. Come nellepigr. 2 Marziale utilizza


il modulo dellapostrofe al libro, cui domanda se a Roma vuole essere
raccomandato a molti oppure ad uno solo (1 sg.). lo stesso poeta a fornirgli
la risposta: baster uno solo, che lo accoglier come uno di famiglia: Giulio,
nome sempre presente nei suoi discorsi. Dopo aver dato al libro lindirizzo
dellamico (5 sg.), gli preannuncia che sar accolto calorosamente dalla
moglie (7 sg.). Ai due dovr portare un semplice, ma sincero saluto da parte
sua: con i propri cari non c bisogno di lettere formali (9-12). Il destinatario
dellepigramma Giulio Marziale, amico intimo del poeta (appare arbitraria
laffermazione di Lindsay 19032, p. 49 n. 1, che Giulio fosse suo cugino),
fra i primi conosciuti allarrivo a Roma (in XII 34, 1 sg. Marziale, tornato
in Spagna denitivamente, ricorda gli anni trascorsi con lamico: triginta
mihi quattuorque messes / tecum, si memini, fuere, Iuli; il periodo equivale
allintera permanenza di Marziale a Roma: cfr. X 103, 7-9; 104, 9 sg.). Il suo
nome ricorre in quasi tutti i libri di Marziale, il quale si rivolge a lui con toni
che rivelano intimit e una lunga consuetudine, apostrofandolo, come qui,
con il solo nomen Iulius (I 15, 1; IX 97, 1; XII 34, 2) o con il cognomen
Martialis (V 20, 1; VI 1, 2; X 47, 2; XI 80, 5; 8) o con entrambi (IV 64, 1;
36; VII 17, 12): cfr. I 15, 1 sg. o mihi post nullos, Iuli, memorande sodales,
/ si quid longa des canaque iura valent; IX 97, 1 carissime Iuli; XI 80,
5 sed Martialem malo, Flacce, quam Baias. Era di una decina di anni pi
anziano del poeta: aveva circa sessantanni al momento della pubblicazione
del I libro (I 15, 3 bis iam paene tibi consul tricensimus exstat), che si pu
collocare fra la ne dell85 e linizio dell86 (vd. Citroni, p. IX sgg.). Marziale
lo presenta come un uomo molto impegnato e lo nomina in epigrammi che
sviluppano il motivo del carpe diem o quello della vita beata (I 15; V 20;
X 47). Era certamente benestante: possedeva una villa sul Ianiculum (IV
64: si tratta di Monte Mario, come dimostrano le indicazioni topograche
di Marziale), fornita anche di una biblioteca, per la quale il poeta gli dona
un esemplare, corretto di suo pugno, contenente i suoi libri I-VII (VII 17);
doveva essere appassionato e intenditore di poesia: in V 20, 8 in un elenco
di attivit che desidererebbe praticare con lamico, se potessero vivere come
piace a loro, Marziale nomina i libri (sed gestatio, fabulae, libelli); in VI 1,
dedicandogli il libro, lo prega di correggerlo aure diligenti (3), poich cos
potr osare mandarlo a Domiziano. Da V 20 sembra possibile dedurre che
praticasse lavvocatura (Citroni, p. 61 sg.), anche se non da escludere che
fosse un cliente (vd. Lieben, RE X 673; Nauta 2002, p. 72 sg.).

140

M. Val. Martialis liber tertius

1 sg. Vis commendari : per mezzo della raccomandazione il poeta


vuole garantire al proprio libro la protezione di amici e patroni inuenti.
un tratto ulteriore della personicazione, veramente proprio di Marziale
(vd. Citroni 1986, p. 137 sg.): egli considera il suo libro come un protetto
cui si voglia assicurare lappoggio di persone inuenti per inserirlo in
societ (cos nellepigr. 2 gli consiglia di cercarsi un vindex). Anche Ovidio
nelle Epistulae ex Ponto chiedeva per il suo libro la tutela di un amico (cfr.
II 5, 33; III 4, 6; ma anche I 1 che vale per tutte le Epistulae ex Ponto),
ma si trattava di una necessit legata alla situazione specica delle elegie
dallesilio, bisognose di una protezione particolare da parte di privati.
sine me cursurus in urbem: ancora una ripresa dal formulario ovidiano
dellesilio: cfr. Ov. trist. I 1, 1 sine me liber ibis in urbem.
2. parve liber: lapostrofe riprende lincipit dei Tristia: Ov. trist. I 1, 1
parve liber. Lapostrofe parve liber ricorre in Marziale anche in I 3, 2.
3. mihi crede: inciso di tono colloquiale (vd. Hofmann, LU, p. 279 sg.);
frequente in commedia e in prosa (soprattutto quella epistolare). Non raro
nella poesia elegiaca. Marziale lo utilizza spesso (18 occorrenze, di cui 12
nella forma crede mihi, 6 in quella inversa mihi crede; 7 in Properzio;
29 in Ovidio). Luso della forma crede mihi nella commedia, in Lucilio
e in Petronio, ha portato J.H. Schmalz (ber den Sprachgebrauch der
nichtciceronischen Briefe, ZG 35, 1881, p. 115 sgg.) a sostenere che fosse
questa la locuzione usuale nella lingua parlata. La sua maggiore frequenza
rispetto allinversa m. c. negli elegiaci e in Marziale (in Properzio sempre,
in Ovidio 19 casi su 29, in Marziale 12 su 18) sar probabilmente dovuta
alla sua comodit metrica (soprattutto alla possibilit di essere collocata ad
inizio di verso: 5 volte in Properzio, 18 in Ovidio, 4 in Marziale; vd. Trnkle
1960, p. 9 sg.). Si tratta di un appello alla ducia dellascoltatore: Marziale
si rivolge al proprio libretto come un adulto esperto, che fornisce i consigli
ad un giovane ignaro delle regole della societ su ci che sia meglio fare.
cui non eris hospes: sottolinea la familiarit con Giulio, ribadita dal v. 11
sg. Lospitalit di Giulio Marziale magnicata anche in IV 64, 25 sgg. hoc
rus, seu potius domus vocanda est, / commendat dominus: tuam putabis,
/ tam non invida tamque liberalis / tam comi patet hospitalitate. Cos
anche in XII 2 (3), 5 sg., nellinviare il proprio libro a Roma dalla Spagna,
lo apostrofer dicendogli che non sar ospite nellUrbe, poich la presenza
dei suoi fratelli garanzia che anche lui sar considerato romano come
loro: non tamen hospes eris nec iam potes advena dici, / cuius habet

Epigramma 5

141

fratres tot domus alta Remi. Diversamente il libro dei Tristia inviato da
Ovidio dal Ponto, giungendo a Roma si considerava ospite alla ricerca di
accoglienza: dicite lectores, si non grave, qua sit eundum / quasque petam
sedes hospes in urbe liber (trist. III 1, 19 sg.).
4. adsiduum nomen in ore meo: la frequente menzione di una persona
lontana (o defunta) testimonia la persistenza dellaffetto: cfr. Ov. met. VII 708
pectore Procris erat, Procris mihi semper in ore; X 204 semper eris mecum
memorique haerebis in ore; Pont. III 5, 44 nunc quoque Nasonis nomen in
ore tuo est?; Stat. Theb. XII 114 sg. unum Polynicis amati / nomen in ore
sedet; CLE 618, 3 perit corpus, sed nomen in ore est. Il secondo hemiepes
del verso mostra una coincidenza quasi completa con quello di alcuni versi
ovidiani: epist. 19, 40 nil nisi Leandri nomen in ore meost; trist. III 3, 20
ut foret amenti nomen in ore tuum (cfr. anche fast. VI 528 estque frequens,
Ino, nomen in ore tuum, con diverso signicato). possibile che Marziale
abbia voluto richiamare allusivamente lOvidio dellesilio, che, come notato
(vd. lIntroduzione, 1), largamente presente negli epigrammi proemiali
del libro.
5: Marziale fornisce al libro le indicazioni topograche necessarie a
trovare la dimora di Giulio Marziale. Si tratta di una costante negli epigrammi di apostrofe al libro che Marziale invia ad amici e patroni: cfr.
I 70, 3-12; X 20 (19), 4-11, dove lapostrofe rivolta a Talia, incaricata
di portare il libro a Plinio; XI 1, 9-12; XII 2 (3), 7-10. Anche questa
caratteristica deriva dallOvidio dellesilio: cfr. Pont. IV 5, 9 sg. protinus
inde domus vobis Pompeia petatur: / non est Augusto iunctior ulla
foro; vd. Citroni 1986, p. 138. primae Tectae: felice congettura
di Gronovius, necessaria per il senso e accolta da tutti gli editori, che
modica solo lievemente il testo trdito. La via Tecta nominata da
Seneca in apocol. 13, 1 per campum Martium et inter Tiberim et viam
Tectam descendit ad inferos e da Marziale anche in VIII 75, 2 a Tecta
Flaminiaque recens. Doveva trattarsi di una via porticata, che si trovava
nel Campo Marzio e connetteva la via Flaminia al Tarentum, luogo sacro
alle divinit infernali Dite e Proserpina (vd. Platner-Ashby, p. 568; LTUR
V, s.v. Via Tecta, p. 145 sg.). Potrebbe trattarsi della via fornicata quae
ad campum erat menzionata da Liv. XXII 36, 8 (vd. F. Coarelli, s.v. Via
Fornicata, LTUR V, p. 137 sg.). La via pertanto riconoscibile nellasse
Via dei Coronari Via delle Coppelle Via della Colonna Antonina, e la
casa di Giulio Marziale sarebbe da collocare nei pressi di piazza Colonna

142

M. Val. Martialis liber tertius

(vd. E. Rodriguez Almeida, s.v. Domus: Iulius Martialis, LTUR II, p. 122).
Una via Tecta, situata fuori dalla porta Capena, nominata da Ov. fast. VI
191 sg. lux eadem Marti festa est, quem prospicit extra / adpositum Tectae
porta Capena viae. in limine: lespressione ben si adatta ad indicare il
principio di una via porticata.
6. Daphnis: il personaggio non altrimenti noto (vd. PIR D 8). Non
vi sono pertanto elementi per affermare, con Friedlaender, che fosse un
conoscente del poeta. Doveva comunque trattarsi di una persona nota, la
cui menzione nellepigramma non risultasse oscura per i lettori di Marziale.
lares: luso metonimico di lar per indicare la casa attestato n dal
periodo ciceroniano e frequente in poesia (vd. ThlL VII 2, 966, 42 sgg.).
Marziale utilizza sia il singolare (4 volte) che il plurale (7 volte).
7 sg.: si tratta di unaccoglienza calorosa, quale si riserva ad un familiare.
manibusque sinuque / excipiet: per excipere sinu cfr. Ov. epist. 13, 146
excipietque suo corpora lassa sinu; Val. Max. VII 1, 1 earum subolem sinu
suo exciperet; Sen. Med. 284 paterno ut genitor excipiam sinu (vd. anche
Ov. epist. 18, 101 excipis amplexu feliciaque oscula iungis). In Marziale
excipere ricorre ancora in riferimento allaccoglienza da riservare ai libelli
personicati in IX 58, 5 excipe sollicitos placide, mea dona, libellos; cfr.
anche Ov. Pont. I 1, 3 sg. si vacat, hospitio peregrinos, Brute, libellos / excipe.
tu vel pulverulentus eas: il libro pu anche presentarsi pulverulentus per
il viaggio (cfr. Quint. inst. V 10, 81 iter pulverulentum facit): lamicizia
non richiede formalit (si confronti, allopposto, lelaborata descrizione
delle caratteristiche esteriori del libro nellepigr. 2, vv. 7-11). Il fatto che
il viaggio verso Roma renda il libro impolverato fornisce una conferma
che esso viene inviato da Marziale nei mesi caldi (sulla cronologia del libro
vd. lIntroduzione, 2), quando le strade erano pi polverose: cfr. XII 5
(2), 1 sg. quae modo litoreos ibatis carmina Pyrgos, / ite Sacra- iam non
pulverulenta- via (in dicembre; linterpunzione del v. 2 risale a W. Gilbert,
RhM 40, 1885, p. 220 sg.); Verg. georg. I 66 pulverulenta aestas; Cic.
Att. V 14, 1 iter conciebamus aestuosa et pulverulenta via (in luglio).
9. hanc illumve: lordo trdito dalla seconda famiglia e accolto da tutti
gli editori moderni appare senzaltro migliore. Il solo SB preferisce hunc
illamve di , senza peraltro fornire elementi a sostegno della sua scelta.
Hunc illamve era stata accolta da Schneidewin1, che prefer per hanc
illumve nelleditio minor.
10. dices: futuro iussivo. un tratto della lingua delluso, che esprime la

Epigramma 5

143

sicurezza da parte del parlante delladempimento dellazione (vd. HofmannSzantyr, p. 311); per luso nello stesso contesto di apostrofe al libro cfr. Ov.
trist. I 1, 19 vivere me dices (= trist. III 7, 7); Auson. 413, 31 p. 272 P.
(epist. 19 b, 31 G.) nescire dices. Marcus: G. Schneider (De M. Valerii
Martialis sermone observationes, Diss. Vratislaviae 1909, p. 50) ha notato
che Marziale utilizza il cognomen nei coliambi e nei faleci e il praenomen
nei distici, dove Martialis non pu entrare. La scelta risponde per piuttosto
ad esigenze stilistiche: il praenomen preferito in dialoghi con amici, come
in questo caso, o comunque dove lepigramma ha un tono colloquiale (I
5; 55; V 29; 63; VI 47; VIII 76), mentre il cognomen riveste la funzione di
nome ufciale del poeta (cfr. I 1, 1 sg. hic est quem legis ille, quem requiris
/ toto notus in orbe Martialis; 117; VI 82; VII 72; X 9; 92). havere iubet:
anche in altri epigrammi il libro riceve lincarico da Marziale di portare i suoi
saluti ad amici o patroni: cfr. I 70, 1 vade salutatum pro me, liber; I 108,
10 mane tibi pro me dicet havere liber; X 104, 8-15; vd. anche Ov. trist.
III 7, 1 sg. vade salutatum, subito perarata, Perillam / littera. La formula
del saluto attraverso lapostrofe al libello viene quindi ripresa da Ausonio:
406, 1 sgg. p. 239 P. (epist. 9 b, 1 sgg. G.) perge, o libelle, Sirmium / et dic
ero meo ac tuo / have atque salve plurimum; 413, 23 sg. p. 271 P. (epist.
19 b, 23 sg. G.) dic (sc. iambe): te valere, dic: salvere te iubet / amicus.
Luso dellinnito havere, ricavato da have, testimoniato dai grammatici (cfr.
Charis., p. 333, 11 Barwick [= GLK I 254, 22]), ricorre in Quint. inst. I 6, 21
multum enim litteratus, qui sine aspiratione et producta secunda syllaba
salutarit (av re est enim); paneg. III 29, 3 cum is avere me iubeat, qui iam
fecit ut averem; in poesia soltanto in Marziale: I 108, 10 mane tibi pro me
dicet havere liber; IX 6 (7), 4 iam satis est. non vis, Afer, havere? vale; XI
106, 1 Vibi Maxime, si vacas havere. J. Willis (Stutgardiae et Lipsiae 1997)
legge ora in Iuv. 10, 90 havere, accogliendo una congettura di Lachmann:
visne salutari sicut Seianus, havere / tantundem (haberi PFKU habere
cett., edd.), ma il trdito habere offre un senso soddisfacente. Luso di iubeo
con linnito havere (o salvere o valere) nelle formule di saluto un tratto
di lingua delluso: ricorre in Lucil. 230 M. salvere iubere salutem est mittere
amico (Non. p. 508, 5 L.), in commedia (Plaut. Asin. 296; 410; 593; Cas.
548 vale atque istanc iube, con ellissi dellinnito; Mostell. 598; Rud. 262;
Ter. Ad. 460 sg.; Andr. 533 iubeo Chremetem, con ellissi dellinnito),
nellepistolario di Cicerone (Att. IV 14, 2; 15, 10; V 2, 2; VI 2, 10; VII 7, 7; X
1, 1; XII 17), in Ausonio (413, 23 sg. p. 271 P. = epist. 19 b, 23 sg. G.).

144

M. Val. Martialis liber tertius

11 sg. et satis est: per la collocazione in principio di verso cfr. Ov. am. II
14, 43 sg. di faciles, peccasse semel concedite tuto; / et satis est; poenam culpa
secunda ferat. Hoc satis est, diffusa nella tradizione umanistica, congettura
basata probabilmente sullanalogia con VII 99, 6 sgg. temporibus praestat
non nihil iste tuis, / nec Marso nimium minor est doctoque Catullo. /
hoc satis est: ipsi cetera mando deo. Qui tuttavia linelegante ripetizione del
dimostrativo la rende senzaltro poco probabile (10 hoc dices; 11 hoc satis
est). Ingiusticata anche la congettura id di Heinsius. alios commendet
epistula: la pratica della raccomandazione era molto diffusa nella societ
romana, nellambito dellintreccio e del mantenimento di relazioni sociali fra
cittadini. Lepistolario di Cicerone (soprattutto il libro XIII delle Familiares)
offre un vasto campionario di lettere commendatizie. In questo caso non
ci sar bisogno di unepistola di raccomandazione, dal momento che il
destinatario del libro Giulio, amico intimo di Marziale (2 cui non eris
hospes), che dunque non ha bisogno di nullaltro che di sapere che lamico
a inviarglielo (9-11). Marziale approtta della nzione di privatezza dellinvio
del libro a Giulio per giusticare lassenza di unepistola prefatoria, scelta
che invece derivava da una precisa strategia comunicativa e che rispondeva
al tentativo di non risultare troppo pesante per il lettore. Anche altrove
Marziale parla di raccomandazioni sempre a proposito dei propri libelli,
rappresentandoli come persone che vuole inserire nella societ, garantendo
loro gli adeguati contatti: cfr. XII 11, 6 sgg. tradat ut ipse duci carmina
nostra roga, / quattuor et tantum timidumque brevemque libellum /
commendet verbis hunc tua Roma legit; VII 68, 1 sg. commendare meas
Instanti Rufe, Camenas / parce, precor, socero: seria forsan amat. In altri
casi il verbo commendare ha la valenza meno stretta di afdare: I 52, 1;
IV 82, 1; V 34, 2. Epistula ricorre come termine tecnico per designare la
prefazione in prosa anche in Plinio il Vecchio (nat. epist. 1; 2; 33) e Stazio
(silv. II praef. 4; IV praef. 10; 18); in Marziale anche in I epist. 13; 17; II epist.
1; 5; 8; 13. peccat / qui commendandum : sul frequente uso da parte
di Marziale di sententiae di carattere generale in conclusione di epigramma
vd. Barwick 1959; cfr., ad es., I 9, 2; 33, 4; II 12, 3; 18, 8; V 58, 8; VI 34, 8; in
questo libro cfr. anche 9, 2; 12, 4 sg. suis: luso del possessivo fa parte del
tono affettuoso con cui ci si rivolge agli amici; si tratta di una caratteristica
gi della lingua neoterica: vd. Lunelli 1969, p. 164 n. 1; Hofmann, LU, p.
294 sgg.; Hofmann-Szantyr, p. 178 sg.; White 1978, p. 80 sg.

Epigramma 6

145

6
Lux tibi post Idus numeratur tertia Maias,
Marcelline, tuis bis celebranda sacris.
Imputat aetherios ortus haec prima parenti,
libat orentes haec tibi prima genas.
Magna licet dederit iucundae munera vitae,
plus numquam patri praestitit ille dies.
tit. ad marcellinum XV: ad macellinum EA
celebranda LPQfVs.l.: celebrande fs.l.EAXV
genas Vs.l.: negas EAXV 6 ille : ulla

1 numeratur EAX: narratur V


3 (a)etherios L : (a)ethereos PQf

5
2
4

giunto per te il terzo giorno dalle Idi di maggio,


Marcellino, degno di essere celebrato due volte nei tuoi riti.
Questo primo vanta credito con tuo padre per il suo sorgere alla luce,
questo primo consacra il ore delle tue guance.
Sebbene gli abbia dato il grande dono di una vita felice,
5
questo giorno non ha mai concesso di pi a tuo padre.
il 17 maggio. Si tratta di un giorno speciale per Marcellino, glio
di Faustino (per questa ipotesi, che mi sembra molto probabile, vd.
lIntroduzione, p. 58): il compleanno del padre, ma anche il giorno
in cui si rade per la prima volta la barba (depositio barbae). Levento era
ritenuto di grande importanza, poich segnava il passaggio allet virile,
simboleggiata dalla crescita della barba. Lusanza che i fanciulli tagliassero
i capelli, che portavano lunghi, e li dedicassero, insieme alla prima barba,
a una divinit, ben attestata nel mondo romano: allofferta dei propri
capelli ad Asclepio di Earinus, delicatus di Domiziano, Marziale dedica un
ciclo di epigrammi (IX 16; 17; 36; celebra lo stesso evento Stat. silv. III
4; sullargomento vd. C. Henriksn, Earinus: An Imperial Eunuch in the
Light of the Poems of Martial and Statius, Mnemosyne 50, 1997, pp.
281-294; in Marziale vd. anche IX 11; 12 ; 13 , dedicati allo stesso Earinus);
al voto di Encolpos, puer delicatus dellamico Aulus Pudens, di dedicare i
propri capelli qualora il suo dominus raggiunga la dignit di primipilo, sono
dedicati I 31 e V 48 (su cui vd. la ricchissima introduzione di Citroni a I

146

M. Val. Martialis liber tertius

31 e il suo articolo La carriera del centurione A. Pudens e il rango sociale


dei primipilari. Interpretazione di Marziale V 48 e VI 58, 7-10, Maia 34,
1982, pp. 247-257). Secondo Censorino (I 8 sgg.), che per parla soltanto
dellofferta dei capelli, si trattava di antichi riti romani (nostrorum veterum
sanctissimorum hominum exempla), tuttavia si tende a considerare questi
riti importati dalla Grecia (vd. Marquardt 1886, p. 599; Citroni, p. 103). Infatti
le testimonianze che possediamo sono tutte di et imperiale e si riferiscono
a personaggi di alto rango o a pueri delicati. Questo lascia pensare ad un
uso greco fatto proprio da lites aristocratiche ellenizzanti. Siamo informati
sulla depositio barbae di imperatori: Ottaviano festeggi levento a 24 anni,
quando era gi sposato (Cass. Dio XLVIII 34, 3); per Caligola il taglio
della barba coincise con lassunzione della toga virilis (Suet. Cal. 10, 1);
Nerone dedic la sua prima barba a Giove Capitolino e la ripose in una
pisside doro adorna di perle (Cass. Dio LXI 19, 1; Suet. Nero 12, 4); anche
Eliogabalo festeggi levento (Cass. Dio LXXIX 14, 4). La depositio barbae
tema di alcuni epigrammi greci: dei due di Crinagora di Mitilene (AP
VI 161; 242) uno celebra la rasatura di Marcello, nipote di Augusto (161),
laltro quella di Euclide, fratello del poeta (242); Antipatro di Tessalonica
parla dellofferta a Febo del giovane Licone (AP VI 198); cfr. anche AP
VI 155-156 (Teodorida); 278 (Riano); 279 (Euforione); X 19 (Apollonide).
Trimalchione conserva la propria prima barba in una pyxis aurea non
pusilla, simile a quella di Nerone descritta da Suet. Nero 12, 4 (Petron. 29,
8), e invita i suoi commensali a festeggiare anche il primo taglio della barba
di un suo schiavo (Petron. 73, 6). LUmbricio di Giovenale (3, 186) colloca
il taglio rituale di barba e capelli dei delicati fra i segni della decadenza di
Roma. Per la celebrazione del compleanno, qui decisamente in secondo
piano rispetto al rito della depositio barbae, Marziale si inserisce nel solco
della tradizione latina del genethliakon: cfr. Tib. I 7; II 2; [Tib.] IV 5; 6; 8; 9;
Prop. III 10; Ov. trist. III 13; V 5; vd. anche Hor. carm. IV 11 (sul genere
letterario vd. E. Cesareo, Il carme natalizio nella poesia latina, Palermo
1929; F. Cairns, Propertius III 10 and Roman Birthdays, Hermes 99,
1971, pp. 149-155; Id., Generic Composition in Greek and Latin Poetry,
Edinburgh 1972, pp. 112 sgg.; 135 sgg.; 167 sgg.). Nella letteratura greca la
celebrazione del compleanno sembra invece essere stata oggetto di pochi
componimenti; quelli in nostro possesso, fatta eccezione per il Giambo
12 di Callimaco, non risalgono pi indietro del I sec. a. C.: cfr. AP VI 227;
244; 261; 345 (Crinagora di Mitilene); AP IX 93 (Antipatro di Tessalonica);

Epigramma 6

147

AP VI 321; 325; IX 349; 353; 355 (Leonida di Alessandria). In Marziale


epigrammi in celebrazione di compleanno non sono infrequenti: cfr. IV 1;
45; VII 21; 22; 23 (i tre epigrammi costituiscono un piccolo ciclo dedicato
al genetliaco di Lucano, commissionato dalla vedova Polla Argentaria,
per la quale anche Stazio compose un Genethliacon Lucani [silv. II ];
sul ciclo di Marziale vd. V. Buchheit, Martials Beitrag zum Geburtstag
Lucans als Zyklus, Philologus 105, 1961, pp. 90-96); VIII 64; IX 52;
53; X 24; 87; XII 60. Marziale celebra la duplice ricorrenza (compleanno
del padre e depositio barbae del glio) con questo epigramma, che gli
sar stato commissionato da Faustino, padre di Marcellino. Lepigramma
collocato in una posizione di rilievo, subito dopo la serie proemiale (1-5);
la ricercatezza dello stile e il lessico elevato contribuiscono a impreziosire
lomaggio al patrono, gi dedicatario del libro (vd. epigr. 2; per lipotesi
che sia stato ospite di Marziale in Cispadana vd. lIntroduzione, 3).
Lepigramma presenta una struttura tripartita: nei primi due versi si trova
lindicazione del giorno e laffermazione che per Marcellino sar una doppia
festa; i vv. 3-4 menzionano le due occasioni da celebrare: il compleanno
del padre e il taglio della prima barba di Marcellino. La struttura pressoch
identica dei due versi serve a evidenziare la pari importanza degli eventi.
Nellultimo distico Marziale, con enfasi crescente, afferma che per il
padre di Marcellino questo evento addirittura pi importante della sua
stessa vita. Una simile doppia celebrazione si trova in IX 39, che associa il
genetliaco di Domiziano e quello di Cesonia, moglie dellamico Rufo (vd.
la n. al v. 2). Marcellino nominato ancora in VI 25; VII 80; IX 45.
1: il verso, che fornisce lindicazione del giorno festivo, modellato su
alcuni versi dei Fasti ovidiani: III 713 tertia post Idus lux est celeberrima
Baccho; IV 629 tertia post Veneris cum lux surrexerit Idus; IV 679 tertia
post Hyadas cum lux erit orta remotas; II 267 sg. tertia post Idus nudos
Aurora lupercos / adspicit. La ripresa del formulario dei Fasti attribuisce
al giorno una notevole importanza nel calendario, cui contribuisce anche
la collocazione di lux in apertura di epigramma, alla quale fa da pendant
lultima parola dellepigramma (dies), che, con studiata variatio, realizza
una sorta di Ringkomposition. lux: luso di lux per dies di uso
prevalentemente poetico (vd. ThlL VII 2, 1911, 26 sgg.). Frequente nei
Fasti ovidiani, ricorre in Catullo, Virgilio, Orazio (ad es., in carm. IV 11,
18 sgg. ex hac / luce Maecenas meus afuentis / ordinat annos), Seneca

148

M. Val. Martialis liber tertius

tragico, Lucano, Stazio, Valerio Flacco, Silio. In Marziale ricorre spesso in


componimenti celebrativi: cfr. epigr. 24, 2; IV 1, 1; VII 22, 2; 23, 3; VIII
45, 2; IX 1, 4; 39, 1; 52, 4; 55, 1; X 24, 2; XI 36, 1. numeratur: numerare
qui nellaccezione di computare (a partire da un punto determinato) con
numerale ordinale: cfr. Liv. I 17, 10 si dignum qui secundus ab Romulo
numeretur crearitis; Ov. met. IV 213 septimus a prisco numeratur origine
Belo; vd. OLD s.v. nr. 3 c.
2. bis celebranda: anche in IX 39 si festeggia una doppia ricorrenza: il
genetliaco di Domiziano e quello di Cesonia, moglie dellamico Rufo, che
quindi ha due motivi per amare quel giorno: contigit hunc illi quod bis
amare diem (6).
3 sg.: il parallelismo pressoch completo nella struttura dei due versi (con
lieve variazione nella disposizione delle parole) pone sullo stesso piano
elevato nascita del padre e depositio barbae del glio. Lanafora di haec prima sottolinea limportanza del giorno. imputat: imputare verbo tratto
dal lessico del commercio, il cui signicato addebitare, mettere in conto
(vd. ThlL VII 1, 728, 21 sgg.; in questa accezione usato da Marziale in
IV 82, 2; V 20, 13; 80, 2; XII 48, 13). Raramente ricorre in poesia (mai
in Virgilio, Orazio, Tibullo, Properzio, Silio, Valerio Flacco, solo 3 volte in
Ovidio, 2 in Lucano, 4 in Stazio, 3 in Giovenale). Qui la valenza originaria
attenuata, anche se non assente (come ritiene invece B. Rehm, ThlL VII
1, 730, 58 sgg. audacius i.q. donare, dedicare, che valuta in questo modo
tutte le occorrenze in Marziale): cfr. SB2: claims credit. aetherios:
attributo stilisticamente elevato; nei poeti non tuttavia rigida la distinzione
scientica fra aetherius (soprallunare) ed aerius (sublunare). Nel solco
della tradizione omerica (dove
ha unarea semantica molto estesa,
che copre anche il campo riservato ad
) infatti frequente nei poeti
latini luso di aetherius (ed aether) per aerius (ed aer): vd. Lunelli 1969, pp.
11-61; Id., s.v. aer, EV I, pp. 38-41. Marziale utilizza lattributo in due casi
nel nesso aetheriae aurae (I 3, 11; 6, 1), frequente nella poesia esametrica a
partire da Lucrezio (vd. Citroni, ad I 3, 11); altrove esso qualica Giove e il
regno divino oppure fa parte del culto imperiale che assimilava limperatore
al sovrano degli dei (su cui vd. Sauter 1934, pp. 54-78): cfr. IV 8, 9 et bonus
aetherio laxatur nectare Caesar; IX 35, 10 destinet aetherius cui sua serta
pater (Domiziano); IX 3, 3 in aetherio Olympo (per cui cfr. Verg. Aen.
VI 579; VIII 319; X 621; XI 867); 36, 7 pater aetherius (Giove); XIII 4,
1 aetheriae aulae. Qui lattributo usato in funzione di aerius, in

Epigramma 6

149

contrapposizione con il mondo degli inferi (vd. OLD s.v. 4) e scelto per la
sua cifra stilistica: cfr. Verg. Aen. I 546 sg. quem si fata virum servant, si
vescitur aura / aetheria neque adhuc crudelibus occubat umbris; VI 761 sg.
primus ad auras / aetherias Italo commixtus sanguine surget. ortus: indica
generalmente il sorgere del sole o di un astro (vd. ThlL IX 2, 1063, 59 sgg.);
pertanto il suo uso per un uomo sviluppa spesso limplicita assimilazione a
un astro (un elemento del culto imperiale promosso da Domiziano, su cui
vd. Sauter 1934, pp. 138-145): cfr. Ov. fast. III 727 ante tuos ortus (sc. Liber)
arae sine honore fuerunt; Manil. II 507 sgg. contra Capricornus in ipsum
/ convertit visus (quid enim mirabitur ille / maius, in Augusti felix cum
fulserit ortum?) (sul catasterismo di Augusto cfr. Manil. I 9 concessumque
patri mundum deus ipse mereris); Stat. silv. II 7, 94 post ortus obitusque
fulminatos (sc. Alexandri Magni); Sil. I 110 sgg. horreat ortus / iam pubes
Tyrrena tuos (sc. Hannibal), partusque recusent / te surgente, puer, Latiae
producere matres (qui anche luso di surgere contribuisce allassimilazione
ad astro del fanciullo); vd. OLD s.v. nr. 4; in Marziale cfr. VII 22, 1 sg. vatis
Apollinei magno memorabilis ortu / lux redit, dove si tratta del genetliaco
di Lucano, celebrato con enfasi in un ciclo di epigrammi (VII 21; 22; 23). Il
nesso aetherii ortus (plurale poetico) adula dunque elegantemente Faustino,
descrivendone la nascita come il sorgere di un astro. Poco plausibile e non
adeguata al contesto lipotesi di Frhner 1912, p. 169 sg. che lespressione
aetherii ortus alluda alla credenza popolare, secondo cui sorgeva una stella
in concomitanza con la nascita di ogni uomo (cfr. Plin. nat. II 28, che la cita
soltanto per prenderne le distanze): i vv. 3-4 esplicitano le due ricorrenze
da celebrare; qui perci Marziale indica senzaltro la nascita del padre di
Marcellino e non altri eventi ad essa connessi. parenti: anche in VI 25
Marziale fa riferimento al padre di Marcellino nellepigramma rivolto a lui,
ancora senza nominarlo (1 Marcelline, boni suboles sincera parentis). Questo
conferma che si deve trattare di un patrono inuente e molto presente nei
suoi epigrammi, come Faustino.
4. libat: libare indica in origine latto di versare liquidi offerti in cerimonie
sacre (Isid. diff. I 349 libare quando pateras mero plenas aris fundebant,
nam libare proprie fundere est); quindi lofferta rituale in genere. Qui nel
verbo sono presenti le nozioni di tagliare e dedicare; nella medesima
accezione ricorre in IX 76, 4 sgg. gaudebatque suas pingere barba genas, / et
libata semel summos modo purpura cultros / sparserat; per luso in analoghi
contesti dedicatori cfr. Ov. fast. III 561 sg. mixta bibunt molles lacrimis

150

M. Val. Martialis liber tertius

unguenta favillae, / vertice libatas accipiuntque comas; Stat. Theb. II 253


sgg. hic more parentum / Iasides, thalamis ubi casta adolesceret aetas, /
virgineas libare comas solebant (con il commento di Mulder); VI 199 sg.
cit. infra. orentes genas: genae indica qui per metonimia la barba (vd.
ThlL VI 2, 1764, 81 sgg.): cfr. Lucan. VI 178 sg. amma crinesque genasque
/ succendit (schol.: barba); Stat. Theb. VI 199 sg. si pariter viridis nati
libare dedisses / ad tua templa genas; VII 336 sg. crine genisque / caerulus;
VIII 492 ille genas Phoebo, crinem hic pascebat Iaccho; in particolare Stat.
Theb. VI 199 sg. presenta forti somiglianze sia lessicali che contenutistiche
con il verso di Marziale, tanto da far pensare ad una ripresa: entrambi fanno
riferimento a unofferta rituale della barba; viridis libare genas di Stazio
corrisponde quasi esattamente a libat orentes genas di Marziale; inoltre,
come evidenziato, luso del verbo libare in riferimento ad offerte di questo
genere non frequente (sui rapporti tra Marziale e Stazio vd., da ultimo,
Henriksn 1998, spec. p. 83 sgg. per i legami intertestuali con la Tebaide,
che per non cita i due passi). Luso metaforico di orere (e, pi in generale,
di termini afferenti al campo semantico della oritura) in connessione con
lidea di giovinezza comunissimo in poesia. Anche lanalogia crescita della
barba-oritura molto diffusa e compare gi in Omero (Od. XI 319 sg.). In
Marziale cfr. IX 74, 3 orentes nulla signavit imagine vultus; II 61, 1 cum
tibi vernarent dubia lanugine malae.
5: al proprio dies natalis luomo debitore della vita (vitae va inteso
come genitivo epesegetico): per lidea cfr. VII 21, 1 sg. haec est illa dies,
magni quae conscia partus / Lucanum populis et tibi, Polla, dedit; 22, 3
haec meruit, cum te terris, Lucane, dedisset (sc. lux); IX 52, 6 hic (sc. dies)
vitam tribuit. munera: plurale poetico; la forma comune in poesia
esametrica, spesso, come qui, in quinta sede (vd. Norden, p. 408 sg.). La
clausola munera vitae ricorre in Sil. XIV 177.
6: la depositio barbae di Marcellino enfaticamente considerata pi importante, per il padre, della sua stessa vita. Con esagerazione non dissimile
Marziale afferma in IX 52 di amare il compleanno dellamico Quinto Ovidio
quanto il proprio, e anzi di considerare pi importante della propria vita
lamico: hic (sc. dies) vitam tribuit, sed hic amicum. / plus dant, Quinte,
mihi tuae Kalendae (6 sg.). Improbabile linterpretazione di Paley-Stone,
p. 77, i quali vedono nel verso unallusione ai regali di compleanno inviati
dagli amici.

Epigramma 7

151

7
Centum miselli iam valete quadrantes,
anteambulonis congiarium lassi,
quos dividebat balneator elixus.
Quid cogitatis, o fames amicorum?
Regis superbi sportulae recesserunt.
Nihil stropharum est: iam salarium dandum est.

tit. ad quadrantes
1 valete LPQf : valere L 2 anteambulonis LPQf: antambulonis
anteambulariis fs.l. congiarium QfAVF: cogiarium E conglarium LQf congelarium
P congiriarium X 3 quos dividebat Lfs.l.Vin mg.: quas dividebat PQf quod si videbat
EAXV elixus LPQf : edixus P 5 regis superbi sportulae recesserunt distinxi: regis
superbi sportulae recesserunt edd. regis V: regi EAX superbi PQf : superni L 6 nihil
stropharum est: iam salarium dandum est distinxi: hunc versum famelico alicui amico
tribuit Friedlaender, quem secuti sunt edd. nihil PQf : nil L

Ora addio, cento quadranti miserelli,


donativo dello stanco battistrada,
che distribuiva un bagnino cotto.
Che pensate, amici affamati?
Sono svanite le sportule del superbo patrono.
Non ci sono inganni: ora ci daranno un salario.

Lepigramma introduce un argomento di grande importanza nel libro:


un editto dellimperatore ha sancito labolizione della sportula, il donativo
di cento quadranti che i patroni concedevano ai clienti per i loro ofcia,
restaurando lantico uso della cosiddetta cena recta: cfr. Suet. Dom. 7,
1 sportulas publicas sustulit revocata rectarum cenarum consuetudine
(lusanza era stata abolita da Nerone, che laveva sostituita con la consegna
della sportula: cfr. Suet. Nero 16, 2 adhibitus sumptibus modus, publicae
cenae ad sportulas redactae). Il provvedimento, che probabilmente mirava
a ridimensionare il potere delle grandi famiglie facendone diminuire la
clientela (Gsell 1894, p. 86), fu di certo impopolare, sia fra i patroni, infastiditi
dalla spesa maggiore cui erano costretti e dal contatto troppo ravvicinato
con i clienti, sia fra questi ultimi, che vedevano svanire una somma limitata,
ma sufciente per le necessit giornaliere, ricevendone in cambio un pasto,

152

M. Val. Martialis liber tertius

per di pi di bassa qualit, in contrasto stridente con i cibi ricercati che i


patroni riservavano per s (cfr. lepigr. 60). Il malcontento diffuso dovette
aver la meglio sulle intenzioni dellimperatore: due epigrammi del IV libro
(pubblicato durante i Saturnali dell88 o agli inizi dell89) presuppongono
la reintroduzione della sportula (IV 26; 68), che continu ad essere tema
frequente della poesia di Marziale (VI 88; VII 86; VIII 42; 49, 10; IX 85;
X 27, 3; 70, 13 sg.; 74, 4; 75, 11). Sulla sportula vd. Marquardt 1886, p. 207
sgg.; Daremberg-Saglio IV 2, p. 1443 sg.; Friedlaender, SR I, p. 226 sgg.;
Hug, RE III A, 2, 1883 sgg.; Citroni, ad I 59, 1.
Il tema dellabolizione della sportula, sviluppato in altri tre epigrammi (14;
30; 60), pu senzaltro essere considerato come il motivo pi signicativo
del libro (vd. lIntroduzione, p. 60). Il componimento collocato in una
posizione di rilievo, dopo la serie proemiale (1-5), di cui si pu considerare
parte anche lepigr. 6 (vd. lIntroduzione, p. 65 sg.; Merli 1993, p. 240 sg.);
anche la variazione del metro (coliambo; 1-6 sono in distici elegiaci, con
leccezione dellepigr. 2 in faleci) contribuisce a differenziarlo dai precedenti
epigrammi. La rilevanza del tema si pu evincere anche dallallusione di
Marziale in uno degli epigrammi proemiali (4, 5 sg. cur absim, quaeret,
breviter tu multa fatere: / non poterat vanae taedia ferre togae), in
cui il poeta aveva anticipato la causa del suo allontanamento da Roma,
motivandolo con la difcolt nel condurre la vita di cliente. Marziale
introduce il tema attraverso la personicazione della sportula, che si sviluppa
nei primi tre versi, conferendo un tono elevato allepigramma. Egli d
laddio al donativo con la affettuosa familiarit che si riserva ai propri defunti
(miselli), rievocando quindi la misera situazione in cui veniva distribuito
(1-3). La scelta di un lessico alieno dalla poesia (anteambulo, congiarium,
balneator, elixus) fa da contraltare al tono elevato dellapostrofe, riconducendo il lettore alle miserie quotidiane del cliente. Al v. 4 Marziale
interroga gli altri clienti (signicativamente apostrofati, ancora attraverso
una personicazione, fames amicorum) sulla loro opinione in proposito.
Nellinterpretazione vulgata, proposta da Friedlaender (ad loc.) e accolta
da tutti gli editori, il v. 5 conterrebbe una constatazione ulteriore da parte
di Marziale sulla situazione (regis superbi sportulae recesserunt), mentre
lultimo verso sarebbe da attribuire agli amici chiamati in causa al v. 4,
ai quali Marziale farebbe esprimere la propria opinione sullargomento:
i patroni dovrebbero ora, eliminate le sportulae, dare un vero e proprio
stipendio (salarium). La soluzione, seppure condivisa dalla quasi totalit

Epigramma 7

153

degli interpreti, non appare soddisfacente (contraria allattribuzione


dellultimo verso ai clienti, sostenuta da Friedlaender, soltanto M. Salanitro,
Sullinterpretazione di alcuni epigrammi di Marziale, C&S 86, 1983, p.
70 sg.; vd. anche Salanitro 1991, p. 12 sg.): suscita infatti dubbi il fatto che
la domanda posta da Marziale nel v. 4 debba ricevere risposta soltanto al
v. 6; il v. 5 costituirebbe in tal modo soltanto una ripetizione da parte di
Marziale di quanto detto nei vv. 1-3 e non avrebbe molta ragion dessere.
pi naturale pensare che i clienti chiamati in causa da Marziale al v.
4 rispondano al v. 5. Linterrogativa del v. 4 necessaria nello sviluppo
dellepigramma, poich dai primi versi si potrebbe trarre limpressione che
Marziale stia rimpiangendo le sportulae, mentre il suo un addio affettuoso
al piccolo donativo, di cui per sottolinea, come altrove (vd. la n. al v.
1) lesiguit e linadeguatezza. Perci egli interroga i clienti affamati per
conoscere la loro opinione. La loro risposta caratterizzata dallastio verso
i patroni (deniti reges superbi) e dallamarezza. I due versi (domanda di
Marziale e risposta dei clienti) servono ad introdurre lultimo verso, che
contiene la pointe dellepigramma e che deve essere pronunciato, come di
consueto, da Marziale. Ancora la scelta di un lessico colloquiale (stropha,
salarium) rispecchia lumile strato sociale cui il poeta si rivolge. Qualche
precisazione , a mio avviso, possibile anche sul signicato del verso: nihil
stropharum est viene interpretato come una sorta di grido di battaglia
(Izaac: Point de subterfuges; Ker: No wriggling serves; Vivaldi: Poche
chiacchiere; Norcio: Basta coi raggiri; Scndola: Basta con le prese in
giro; SB2: No tricks; vd. anche Salanitro 1991, p. 13); tuttavia, come
chiarito dalluso del verbo allindicativo, si tratta di unaffermazione
volta a rinfrancare gli amici abbattuti per leliminazione della sportula
(vd. la n. al v.). Lindignazione e la rivendicazione sociale non sembrano
essere elementi presenti negli epigrammi di Marziale, il quale non si
mai ribellato apertamente ai suoi patroni (n tantomeno allimperatore),
limitandosi a colpirne, con i suoi versi, piccolezze e meschinit. Anche in
questa situazione la sua protesta si manifestata attraverso il suo esilio in
Cispadana e non con carmi velenosi (ed opportuno sottolineare quanto di
letterario vi sia nellauto-presentazione come esiliato da parte di Marziale,
che fu ospite di facoltosi amici e non ricorder, se non positivamente, il
periodo in Cispadana, mostrando addirittura il desiderio di trascorrervi la
sua vecchiaia: cfr. IV 25). Domiziano assente dal libro, ma nellepigr. 95
Marziale orgogliosamente ricorda a Nevolo lo ius trium liberorum e gli altri

154

M. Val. Martialis liber tertius

privilegi concessigli da Caesar uterque (5). La celebrazione del genetliaco


dellimperatore in apertura del IV libro, che segue il libro cispadano, e il
maggiore avvicinamento alla corte, che si nota proprio a partire dal libro
quarto, depongono pesantemente a sfavore di una posizione di aperta
critica da parte del poeta. Una tale libert non sarebbe stata concessa a
Marziale, come a nessun altro letterato del tempo. Egli sceglie pertanto
lunica via praticabile da un poeta come lui, quella dellironia: se hanno
eliminato la sportula, assicura, perch ora ci daranno uno stipendio vero
(salarium), degno di tutti gli ofcia resi ai patroni, e non miseri donativi
(congiaria).
Lepigramma, come si ritiene concordemente, rappresenta la situazione
a Roma allindomani del provvedimento di Domiziano (vd. Salanitro 1991,
p. 12): ai clienti affamati e scoraggiati Marziale offre una speranza, anche
se efmera, che la situazione sia destinata a migliorare dora innanzi. Gli
altri epigrammi del libro sul tema della sportula descrivono un momento
successivo: con essi Marziale rappresenta limpossibilit di vita a Roma
in seguito al provvedimento domizianeo per chi faceva afdamento sui
donativi dei patroni; ma nessuno di questi componimenti (14; 30; 60)
contiene espliciti attacchi a patroni o allimperatore: gli epigrammi 14 e
30 ritraggono la condizione di due indigenti, per cui la vita a Roma non
ha senso senza la sportula; 60 critica un patrono tirchio che fa servire ai
clienti cibi ben pi miseri di quelli che si fa imbandire; il topos presente
sia negli epigrammi di Marziale precedenti alla soppressione della sportula
(I 20; 43) che in quelli seguenti (IV 68; 85; VI 11; X 49; XII 27 [28]); non si
tratta perci di unaccusa specica in relazione allabolizione della sportula,
che anzi costituisce un pretesto per chiedere al patrono un trattamento
migliore (v. 10).
1: il verso sembra tener presente il frammento di Lucilio (1172 M.) Fanni centussis misellus, riferito alla lex Fannia, promulgata nel 161 a.C., che
limitava la spesa per una cena a cento assi (cfr. Gell. II 24, 2; Macr. Sat. III
17, 5). Il parallelo fra i due versi risale alledizione di Dousa glio (Lugduni
Batavorum 1597; vd. Marx, ad loc.). Il verso di Lucilio sembra sottolineare
la miseria della somma, anche se, trattandosi di un frammento, la cautela
dobbligo (cfr. anche Lucil. 1200 M. legem vitemus Licini, critico nei
confronti della lex Licinia, che limitava in maniera analoga le spese per i
pranzi; 1353 centenaria cena). Centum quadrantes: il quadrante era la

Epigramma 7

155

quarta parte dellasse. A tale somma (= 25 assi = 6 sesterzi) ammontava


ordinariamente la sportula, il piccolo donativo che i patroni distribuivano
ai loro clienti: cfr. I 59, 1 cit. infra; IV 68, 1 invitas centum quadrantibus;
VI 88, 4 centum quadrantes; X 70, 13 sg. centumque petuntur /
quadrantes; 74, 4 centum merebor plumbeos die toto; 75, 11 sportula nos
iunxit quadrantibus arida centum; Iuv. 1, 120 sg. densissima centum /
quadrantes lectica petit; per casi di sportulae pi ricche, che certo non
dovevano essere infrequenti, specialmente in occasione di compleanni o
altre celebrazioni, cfr. Plin. epist. X 116, 1 qui virilem togam sumunt vel
nuptias faciunt vel ineunt magistratum vel opus publicum dedicant, solent
totam bulen atque etiam e plebe non exiguum numerum vocare binosque
denarios vel singulos dare; in Marziale cfr. VIII 42 si te sportula maior ad
beatos / non corruperit, ut solet, licebit / de nostro, Matho, centies lavari;
IX 100, 1 denaris tribus invitas; X 27, 3 et tua tricenos largitur sportula
nummos; XII 29 (26), 14 viginti nummis. Lesiguit della retribuzione di
cento quadranti testimoniata pi volte da Marziale: cfr. soprattutto I 59,
1 sg. dat Baiana mihi quadrantes sportula centum. / inter delicias quid
facit ista fames?; vd. anche IV 26; VI 88; X 74, 2 sgg., 75, 12; XII 29 (26).
miselli: piuttosto evidente il riferimento a Catull. 3, 16 o miselle passer!
(vd. anche 35, 14; 40, 1; 45, 21; 80, 7) con cui sembra anche condividere il
tono di compatimento ironico (vd. Ronconi 1971, pp. 106-108). Misellus
comunemente usato nella lingua colloquiale in riferimento ai defunti:
cfr. Petron. 65, 10 lautum novendialem servo suo misello faciebat, quem
mortuum manu miserat; Apul. met. I 13, 3 supersit hic qui miselli
corpus contumulet; I 19, 11 comitem misellum arenosa humo
contexi; IV 27, 4 misellum iuvenem maritum meum percussum interemit;
VIII 1, 3 Charites misella manes adivit; Tert. test. anim. 4, p. 138,
25 cum alicuius defuncti recordaris, misellum vocas eum; Isid. diff. I 353
miserum viventem adhuc dicimus, misellum mortuum; CGL V 223, 2
misellus mortuus miselli mortui; luso ricorre anche nelle epigra (cfr.
CLE 504, 4; 1328, 1; 1329, 1; CIL I2 2525) ed sopravvissuto nellitaliano
moderno, in cui espressioni come (il) poverino, (il) poveretto sono
abituali per i defunti (vd. Heraeus 1937, p. 113 sg.; Hofmann, LU, pp.
297 sg., con bibliograa; 380 sg.). Sulla perdita di valore dei diminutivi
nella apostrofe familiare vd. Axelson 1945, pp. 38-45; Leumann, p. 305
sgg.; Hanssen 1951, p. 160. valete: vale esprime comunemente lestremo
commiato dai defunti (spesso nella formula ave atque vale; talora insieme

156

M. Val. Martialis liber tertius

a salve): cfr. Catull. 101, 10 frater, ave atque vale!; Verg. Aen. XI 97 sg.
salve aeternum mihi, maxime Palla, / aeternumque vale; Marziale gioca
con la formula in V 66 saepe salutatus numquam prior ipse salutas: /
sic eris? aeternum, Pontiliane, vale; IX 6 (7), 4 non vis, Afer, havere?
vale (vd. Henriksn, ad loc.). Ricorre assai spesso nelle epigra: cfr., ad
es., CIL II 3506; 3512; 3519; numerosi esempi nelle Concordanze dei
Carmina Latina Epigraphica, a c. di P. Colafrancesco e M. Massaro con
la collaborazione di M.L. Ricci, Bari 1986.
2. anteambulonis: precedere per la strada il patrono in lettiga costituiva
per il cliente un obbligo faticoso e umiliante, perch condiviso con uomini
di condizione servile; in Marziale cfr. II 18, 5; 74; IX 22, 10; 100, 3; X 74,
3; lassenza del battistrada considerata fra i pregi di un carretto ricevuto
in dono in XII 24, 7. Tale abitudine ha attirato lironia di Luciano, che nel
Nigrino la descrive come una delle tante assurdit di Roma:
(sc.

(34, 4 sgg., che si riferisce


a schiavi: cfr. anche Plin. epist. III 14, 7). Unostentazione di magnicenza
caratterizzava i viaggi di Nerone: cfr. Suet. Nero 30, 3 numquam minus
mille carrucis fecisse iter traditur, soleis mularum argenteis, canusinatis
mulionibus, armillata phalerataque Mazacum turba atque cursorum. Tali
eccessi sono criticati da Seneca, che rimpiange la moderazione di Catone:
cfr. epist. 87, 9 M. Cato censorius cantherio vehebatur et hippoperis
quidem impositis, ut secum utilia portaret. o quam cuperem illi nunc
occurrere aliquem ex his trossulis, in via divitibus, cursores et Numidas
et multum ante se pulveris agentem!; 123, 7 omnes iam sic peregrinantur
ut illos Numidarum praecurrat equitatus, ut agmen cursorum antecedat:
turpe est nullos esse qui occurrentis via deiciant, [ut] qui honestum
hominem venire magno pulvere ostendant; Trimalchione si serve di
battistrada persino per gli spostamenti interni alla casa: cfr. Petron. 28, 4
involutus coccina gausapa lecticae impositus est praecedentibus phaleratis
cursoribus quattuor. Il termine anteambulo, di stampo colloquiale,
ricorre soltanto in Marziale (cfr. II 18, 5 sum comes ipse tuus tumidique
anteambulo regis; X 74, 2-4 quam diu salutator / anteambulones et
togatulos inter / centum merebor plumbeos die toto?) e in Suet. Vesp.

Epigramma 7

157

2, 2 sumpta virili toga latum clavum, quamquam fratre adepto, diu


aversatus est, nec ut tandem appeteret compelli nisi a matre potuit. ea
demum extudit magis convicio quam precibus vel auctoritate, dum eum
identidem per contumeliam anteambulonem fratris appellat (vd. Mau,
s.v. anteambulones, RE I 2347, 55-64). congiarium: originariamente
una donazione di vino, olio o altri liquidi (dal congius, unit di misura
corrispondente a 3 litri: cfr. CGL V 280, 44 erogatio vini quod accipit
miles per congios), il congiarium divenne gi verso la ne della repubblica
un donativo di denaro (Isid. orig. XVI 26, 7 unde et pecunia benecii
gratia dari coepta congiarium appellatum est), in seguito concesso dagli
imperatori in diverse occasioni come segno della loro liberalitas al popolo
(CGL IV 408, 29 quod imperator populo Romano erogat; cfr. Suet. Aug.
41, 2; Tib. 20; 54, 1; Cal. 17, 2; Cla. 21, 1; Dom. 4, 5) oppure allesercito
(CGL II 574, 42 donatio imperatoris militibus); sul congiarium vd. M.
Rostowzew, s.v., RE IV 875 sgg.; H. Thdenat, s.v., Daremberg-Saglio I
2, p. 1443 sg. Il termine, che ricorre in poesia soltanto qui, evidenzia il
carattere arbitrario del donativo, concesso dallalto (cfr. la denizione di
rex per il patrono al v. 5), cui si contrappone una retribuzione stabile,
conseguenza di un servizio svolto (salarium). lassi: sulla stanchezza del
cliente dopo aver compiuto i suoi ofcia cfr. III 36, 2 sgg. hoc praestare
iubes me tibi: / (5 sg.) lassus ut in thermas decima vel serius hora / te
sequar Agrippae, cum laver ipse Titi; X 70, 13 sg. cit. nella n. al v. 3; 74, 1
sgg. iam parce lasso, Roma, gratulatori, / lasso clienti. quamdiu salutator
/ anteambulones et togatulos inter / centum merebor plumbeos die toto;
XII 29 (26), 2 sgg. esse tibi videor desidiosus eques, / quod non a prima
discurram luce per urbem / et referam lassus basia mille domum; cfr.
anche V 22, 9 sg. illud adhuc gravius, quod te post mille labores, / Paule,
negat lasso ianitor esse domi; Iuv. 1, 132 lassi clientes.
3: i clienti ricevevano la sportula alla ne della giornata, dopo aver accompagnato il patrono alle terme: cfr. III 36, 5 sg. cit. nella n. al v. 2; X
70, 13 sg. balnea post decimam lasso centumque petuntur / quadrantes.
Soltanto qui viene affermato esplicitamente che era il balneator a distribuire
la somma; secondo SB2 (I, p. 206 sg. n. c), che non ritiene il balneator
la persona indicata per tale operazione, lespressione quos dividebat
balneator farebbe riferimento al quadrante che si pagava per entrare alle
terme (vd. la n. a 30, 4): i cento quadranti di una sportula sarebbero divisi
dal balneator, perch spesi con le entrate alle terme. Linterpretazione, gi

158

M. Val. Martialis liber tertius

sostenuta da Paley-Stone, p. 77, non convincente: in III 36, 5 sg. cit. nella
n. al v. 2 e X 70, 13 cit. supra attestata chiaramente la distribuzione della
sportula nelle terme alla sera, pur non essendo menzionato esplicitamente
il balneator. Dividere non sembra adattarsi allinterpretazione di SB2,
mentre abbastanza comune nel senso di distribuere (vd. ThlL V 1, 1597,
49-1599, 63): cfr. III 82, 27 sg. non erubescit nobis / dividere moechae
pauperis capillare (unica altra occorrenza del verbo in Marziale). A volte
invece la donazione coincideva con la salutatio matutina: cfr. XIV 125 si
matutinos facile est tibi perdere somnos, / attrita veniet sportula saepe
toga; Iuv. 1, 95 sg. sportula primo / limine parva sedet turbae rapienda
togatae; 127 sg. ipse dies pulchro distinguitur ordine rerum: / sportula,
deinde forum iurisque peritus Apollo. In alcuni casi la salutatio matutina
viene denita, con una certa esagerazione, come notturna: cfr. X 58,
11 sg. sed non solus amat qui nocte dieque frequentat / limina; 70, 5
non resalutantis video nocturnus amicos; 82, 2 mane vel a media nocte
togatus ero; XII 29 (26), 7 at mihi, quem cogis medios abrumpere somnos;
Iuv. 3, 127 sg. pauperis hic meritum, si curet nocte togatus / currere; 5,
19 sgg. habet Trebius propter quod rumpere somnum / debeat; Luc. Nigr.
22
; in Marziale probabilmente da
intendere in tal senso I 80, 1 sportula, Cane, tibi suprema nocte petita est
(vd. Salanitro 1991, p. 10 sg.). balneator: come balneum (per cui vd. la n.
a 20, 16) termine di uso colloquiale; escluso dalla poesia elevata, ricorre in
Plauto e Marziale (anche in III 93, 14). elixus: il bagnino cotto perch
sottoposto durante tutta la giornata ai vapori del balneum; la denizione
collima con la distribuzione della sportula alla sera. Lattributo designa
propriamente cibi bolliti in acqua a scopo culinario o medicinale: cfr. Non.
p. 69, 17 sgg. L. elixum quidquid ex aqua mollitur vel decoquitur; nam
lixam aquam veteres esse dixerunt; vd. ThlL V 2, 394, 10 sg. Questa
lunica attestazione relativa a una persona (vd. ThlL V 2, 394, 68 sgg.), ma
in riferimento a parti del corpo trattate per favorire la depilazione ricorre
in Pers. 4, 40 elixas nates, da cui dipende Auson. epigr. 93, 3 p. 346 P.
(100, 3 G.) elixo podice.
4. fames amicorum: metonimia per famelici amici (amicorum genitivo
epesegetico). Per luso metonimico di fames cfr. Catull. 47, 1 sgg. Porci et
Socration, duae sinistrae / Pisonis, scabies famesque mundi; Lucan. I 318
sg. quid iam rura querar totum subpressa per orbem / ac iussam servire
famem. Per un uso analogo della qualit per la persona che la possiede in

Epigramma 7

159

Marziale cfr. I 42, 2 dolor; XIV 117, 2 ingeniosa sitis (vd. Fenger 1906, p.
19 sg.; H. Lausberg, Handbuch der literarischen Rhetorik, Mnchen 1960,
p. 294). Fames usato metonimicamente da Marziale anche per indicare la
miseria di una sportula in I 59, 2 inter delicias (sc. Baianas) quid facit ista
fames?; una villa che non produce nulla in III 58, 45 at tu sub urbe possides
famem mundam (vd. la n. ad loc.).
5. regis superbi: luso di rex per indicare il patrono comune n da
Plauto (Cap. 92; Men. 902; St. 455; As. 919) e Terenzio (Ph. 70; 338). Si
tratta di un termine tecnico che offre unidea di potenza e di magnicenza.
In greco non c un uso corrispondente di
(vd. Fraenkel 1960,
p. 182 sgg.). In Marziale e Giovenale il termine usato abitualmente con
questo signicato: cfr. II 18, 5 (cit. nella n. al v. 2). 8 (bis); IV 40, 9; V 19,
13; 22, 14; X 96, 13; Iuv. 1, 136; 5, 14. 130. 137. 161; 7, 45; spesso si trova
insieme a dominus nella formula di saluto del cliens: cfr. I 112, 1; II 68, 2.
5. 7; IV 83, 5; X 10, 5; XII 60, 14; Iuv. 8, 161. In aderenza allo stesso campo
metaforico anche i possedimenti dei patroni sono deniti regna: cfr. IV 40, 3
praetulimus tantis solum te, Postume, regnis; XII 48, 15 sg. convivas alios,
cenarum, quaere, magister, / quos capiant mensae regna superba tuae; 57,
19 Petilianis delicatus in regnis; in IX 73, 3 Praenestina tenes decepti regna
patroni, la lezione decepti regna di , senzaltro preferibile a defuncti rura
di T (accolta da Gilbert, Lindsay, Ker), che ha tutta laria di essere una
banalizzazione; poco felice anche la contaminazione delle due tradizioni
(decepti rura) operata da Schneidewin e Friedlaender. Per una convincente
difesa del testo di vd. Parroni 1979, p. 837 sgg. (anche Henriksn, ad loc.).
Superbus designa lalterigia del patrono, altrove qualicata dallattributo
tumidus, di senso equivalente: cfr. II 18, 5 tumidi regis; V 19, 13 tumidi
reges; vd. anche epigr. 2, 3 feri regis (Nerone); XII 15, 4 sg. superbi
/ regis (Domiziano; negli ultimi due casi la denigrazione del tiranno ,
naturalmente, post mortem). Poco plausibile lipotesi, sostenuta da alcuni
commentatori sulla base di epigr. 2, 3 cit. supra, che la iunctura si riferisca
a Nerone, che aveva introdotto luso della sportula (cfr. Suet. Nero 16, 2;
vd. Collesso; Guttmann 1866, p. 39; Stephenson, p. 238). recesserunt: qui
recedere utilizzato eufemisticamente per mori ed esprime il rimpianto per
la scomparsa delle sportulae: cfr. IV 73, 7 a luce recessit; Verg. Aen. IV
704 sg. omnis / dilapsus calor atque in ventos vita recessit (Serv., ad loc.:
evanuit); Lucan. VII 688 spes numquam implenda recessit; vd. OLD s.v.,
nr. 2 c.

160

M. Val. Martialis liber tertius

6: alle considerazioni esposte nella n. intr. contro linterpunzione di


Friedlaender, si pu aggiungere che il verso sembra assai poco adatto
come risposta allinterrogativa del v. 4 (quid cogitatis o fames amicorum?),
soprattutto se lo si considera un grido di protesta e di rivendicazione (vd.
le traduzioni citate nella n. intr.). invece un tentativo di consolazione dei
clienti afitti, cui Marziale offre una speranza di vedere migliorata la loro
condizione. Nihil stropharum est: lespressione volta a rassicurare gli
amici affamati: cfr. III 72, 7 sed nihil est horum (non si tratta di nessuna
di queste cose). Stropha un grecismo (
) appartenente alla
lingua colloquiale; in poesia ricorre, oltre che in Marziale (anche in XI 7, 4
iam stropha talis abit), soltanto in Phaedr. I 14, 4 verbosis adquisivit sibi
famam strophis; cfr. anche Sen. epist. 26, 5; Petron. 60, 1; Plin. epist. I 18, 6.
bene attestato nel latino cristiano. salarium: a Roma era detto salarium
lonorario o stipendio annuale che veniva pagato a persone di condizione
onorevole. Un salarium era corrisposto, ad es., a uomini di Stato o dei
municipi, ma anche a importanti professori e medici (vd. Rosemberg in
RE I A, 1846 sg.). Qui il salarium, stipendio sso annuale, viene invocato
in sostituzione della sportula, sentita come un donativo (congiarium)
dipendente dagli umori dei patroni. dandum est: nel latino tardo il
gerundivo, sia in funzione attributiva che nella coniugazione perifrastica,
perde il signicato di dovere per assumere quello temporale di futuro (in
luogo del non esistente participio futuro passivo: cfr. Prisc. GLK II 567,
7 amandus:
): sul fenomeno, che si
stabilito pienamente solo nel III-IV sec. d.C., ma che presenta attestazioni
gi in et classica, vd. Hofmann-Szantyr, pp. 312 sg.; 368 sgg.; ErnoutThomas, pp. 252 n.; 287 d; A. Ronconi, Il verbo latino. Problemi di sintassi
storica, Firenze 1959, p. 196 sgg.; J.B. Hofmann, IF 43, 1926, p. 112; Ph.
Thielemann, Habere mit dem Innitiv und die Entstehung des romanischen
Futurums, ALL 2, 1885, pp. 85; 165; cfr., ad es., Sen. epist. 30, 7 (citato da M.
Lavarenne, Sur le sens futur du participe en DUS, Latomus 18, 1959, p.
348) ergo inquit mors adeo extra omne malum est ut sit extra omnem
malorum metum. haec ego scio et saepe dicta et saepe dicenda; Liv. XXI
21, 8 inter labores aut iam exhaustos aut mox exhauriendos; Hor. epist. I
1, 1 prima dicte mihi, summa dicende Camena (sc. Maecenas); Ov. met.
VIII 211 sg. dedit oscula nato / non iterum repetenda suo; Tert. praescr.
11, 2 spero aliud esse inveniendum. In Marziale un tale valore ravvisabile
in IX 45, 3 sg. ecce Promethei rupes et fabula montis / quam prope sunt

Epigramma 7

161

oculis nunc adeunda tuis!, in cui si rivolge a Marcellino, soldato di stanza


nelle regioni del Nord, che sta per recarsi nel Caucaso, dove si trovano
le montagne a cui il mito voleva che fosse stato incatenato Prometeo.
In questi versi lidea del dovere senzaltro sfumata e Marziale intende
trasmettere al giovane amico lentusiasmo per la sua imminente visita: si
potrebbe tradurre quanto le vedrai da vicino!; cfr. anche la traduzione di
Scndola: ecco che adesso dovrai vedere con i tuoi occhi, che mantiene
il senso del dovere, ma introduce lidea di futuro (presente anche nei versi
seguenti: 5 videris; 6 dices). Nellespressione iam salarium dandum est,
a mio avviso, la nozione di futuro prevale sullidea di dovere: Marziale
non pu imporre condizioni ai suoi patroni; per il poeta lironia la via
pi sicura, ma anche pi efcace: egli afferma che i patroni non potranno
far altro che dare loro un salario, pur sapendo quanto questa soluzione
sia poco probabile, ed espone in tal modo le aspirazioni di una folla di
indigenti, senza attaccare direttamente i patroni e limperatore, autore del
provvedimento che eliminava le sportulae.

162

M. Val. Martialis liber tertius

8
Thaida Quintus amat. Quam Thaida? Thaida luscam.
Unum oculum Thais non habet, ille duos.
hab. R tit. de quinto R
1 quam thaida thaida luscam RLfV: quam thaidam thaida
luscam EAX quam thaida luscam LPf verum quam thaida luscam Q 2 oculum R :
oculus R

Quinto ama Taide. Quale Taide? Taide la guercia.


A Taide manca un occhio, a lui due.
Quinto, innamorato della guercia Taide, dimostra di essere completamente cieco! Lepigramma costituisce una brillante variazione del
topos della cecit di chi ama (per cui vd. Tosi 1994, nr. 1418; vd. anche
547). Il motivo registrato nei paremiogra greci: cfr. Mant. Prov. 3,
30
derivato da Plato leg.
731e); Menand. fr. 49 K.-A.
. Numerose sono
le attestazioni nelle letterature greca e latina: cfr., ad es., Plato leg. 731e;
Theocr. 10, 19 sg.
; Hor. sat. I 3,
38 sg. illuc praevertamur, amatorem quod amicae / turpia decipiunt
caecum vitia; Prop. II 14, 18 scilicet insano nemo in amore videt; vd.
anche il celebre brano lucreziano (IV 1149 sgg.). Secondo Ovidio (ars
II 641-662) la dissimulazione dei difetti dellamata deve essere praticata
deliberatamente attraverso luso di appellativi eufemistici. Sembra ispirato
a questo epigramma il proverbio medievale quisquis amat luscam, luscam
putat esse venustam (Walther 25528). Piuttosto infondata pertanto appare
linterpretazione dellepigramma proposta da Paley-Stone, p. 78 (vd. anche
Joepgen 1967, p. 81; Siedschlag 1977, p. 89), per cui si dovrebbe intendere
il v. 2 unum oculum Thais non habet, ille duos habet (he is wide awake
for marrying Thais for the sake of her fortune). Non vi sono elementi, n
in questo epigramma, n nel conseguente epigr. 11, che lascino intravedere
il tipo della uxor dotata, per cui cfr., ad es., X 16 (15). Il tipo dellamante
accecato dalla passione oggetto di satira da parte di Marziale anche in
I 68 (vd. Citroni, ad loc.) e, in questo libro, nellepigr. 15. Un comico

Epigramma 8

163

capovolgimento di questo motivo si pu vedere nellepigr. 39 di questo


libro: Iliaco similem puerum, Faustine, ministro / lusca Lycoris amat.
quam bene lusca videt! (vd. la n. intr. ad loc.) e in VIII 51 (49) formosam
sane, sed caecus diligit Asper. / plus ergo, ut res est, quam videt Asper amat,
dove un vero cieco ama una bella donna (questa mi sembra linterpretazione
corretta dellepigramma: vd. Shackleton Bailey 1978, p. 283 = Id. 1997, p.
77; SB2 ad loc.; altri attribuiscono a caecus valore predicativo, annoverando
lepigramma fra quelli sullamore cieco). Sul topos vd. V. Buchheit, Amor
caecus, C&M 25, 1964, pp. 129-137; M.B. Ogle, The lovers blindness,
AJPh 41, 1920, pp. 240-252. Il monodistico costruito in forma
dialogica, attraverso uno scambio di battute tra un interlocutore anonimo
e il poeta. Tale struttura, gi presente nellepigramma greco (cfr., ad es.,
AP V 46; 101; 102; 181; 267; vd. G. Raschke, De anthologiae Graecae
epigrammatis quae colloquii formam habent, Diss. Mnster 1910, pp. 616), ricorre in Marziale, ad es., in II 49; III 15; V 55; VII 81; VIII 10;
41. Linserimento di un interlocutore spesso funzionale alla pointe (vd.
Gerlach 1911, p. 25 sgg.). Il primo verso, scandito da un rapido scambio
di battute, prepara il terreno per larguzia nale, realizzata efcacemente
nel secondo verso. La struttura dellepigramma stata ripresa da Ausonio
(epigr. 108 p. 328 P. = 117 G.): Silvius hic Bonus est. quis Silvius? iste
Britannus. / aut Britto hic non est Silvius, aut malus est. Entrambi i
personaggi sono ttizi; nellepigr. 11 Marziale dipinge la reazione irata di
un Quinto, che si sentito bersaglio dellepigramma. Linterpunzione che
ho adottato quella di Gilbert, Friedlaender e Heraeus, che restituisce
la struttura dialogica dellepigramma. Lindsay (seguito da Duff e Izaac)
pone invece tutte le battute del v. 1 tra virgolette, ma non il v. 2, che si
congurerebbe come intervento esterno del poeta allo scambio di battute
tra due persone. In modo ancora diverso SB pone tra virgolette la sola
domanda quam Thaida?
1. Thaida Quintus amat: formula ricorrente nelle iscrizioni: cfr. CIL IV
3131 Pigulus amat Iudaia; 7086 Marcus Spedusa amat. Taide fu una celebre
cortigiana di Alessandro Magno e di Tolemeo I (vd. RE V A 1184 sg.). Da
essa Menandro prese il nome per una sua commedia (cfr. Mart. XIV 187;
Lucian. dial. meretr. 3, 2). nominata da Ovidio (ars III 604; rem. 383
sg.) e da Properzio (II 6, 3; IV 5, 43). Thais la meretrix nellEunuchus di
Terenzio e indica il ruolo della meretrix nella palliata in Iuv. 3, 93 an melior

164

M. Val. Martialis liber tertius

cum Thaida sustinet; 6 O 25 sg. exuit illic / personam docili Thais saltata
Triphallo. Il nome ben attestato nellindex di CIL VI. Offrono conferma
della sua diffusione a Roma per meretrici e schiave linterrogativa (Quam
Thaida?) e lutilizzo del nome da parte di Marziale in numerosi epigrammi:
cfr. III 11; IV 12; 50; V 43; VI 93; XI 101. Sulla diffusione a Roma di nomi
greci per prostitute vd. Grifn 1976, p. 96 sg.; Nisbet-Hubbard1, ad Hor.
carm. I 19, 5. In questo libro cfr. anche Chione (30; 34; 83; 87; 97); Lycoris
(39); Chloe (53); Saufeia (72). Quintus praenomen tra i pi comuni, qui
scelto da Marziale poich consente il gioco numerico di III 11, 6. Thaida
luscam: il difetto sico andava naturalmente a scapito della bellezza: cfr.
XII 22, 1-3 quam sit lusca Philaenis indecenter / vis dicam breviter tibi,
Fabulle? / esset caeca decentior Philaenis. In Marziale i lusci sono spesso
oggetto di satira: vd. la n. intr. allepigr. 39; Watson 1982.
2. Unum oculum Thais : la collocazione alle estremit del verso dei
numerali, su cui costruita la pointe, ne accresce leffetto comico. Marziale
mostra anche altrove un certo gusto per i giochi numerici: cfr. III 11, 6
si non vult Quintus, Thaida Sextus amet; 92, 1 sg. ut patiar moechum
rogat uxor, Galle, sed unum. / huic ego non oculos eruo, Galle, duos; vd.
anche V 38, 7; VIII 43; per la diffusione nella tradizione epigrammatica
vd. B. Sprenger, Zahlenmotive in der Epigrammatik und in verwandter
Literaturgattungen alter und neuer Zeit, Diss. Mnster 1962, pp. 10-22.
Piuttosto capziosa e poco convincente la proposta di Frhner 1912, p.
170 e di Th. Birt (Martiallesungen, RhM 79, 1930, p. 303) di modicare
linterpunzione del verso, ponendo la virgola dopo Thais, sostenuta con la
motivazione che altrimenti si sarebbe dovuto intendere Taide non ha un
occhio, Quinto ne ha due (vd. linterpretazione dellepigramma di PaleyStone citata nella n. intr.): cfr. III 27, 4 et mihi cor non est et tibi, Galle,
pudor (sc. non est Parimenti da respingere la proposta di Ed.B. Stevens
(CW 37, 1943-1944, p. 171) di eliminare la virgola dal verso per ottenere
la costruzione

Epigramma 9

165

9
Versiculos in me narratur scribere Cinna.
Non scribit, cuius carmina nemo legit.
hab. R tit. de cinna R EXV: de cinno A

Si dice che Cinna scriva versicoli contro di me.


Non scrive uno di cui nessuno legge le poesie.
Un tale Cinna scrive carmi contro Marziale, cui per un solo verso
sufciente per annichilire in modo spietato il rivale: un poeta che non ha
lettori come se non scrivesse.
Lattacco diretto contro i poeti rivali risale alla poesia ellenistica (si pensi
alla polemica di Callimaco contro i Telchini nel Prologo degli Aitia) ed
era diffuso a Roma n da Catullo e dai neoteroi (cfr., ad es., Catull. 14, 17
sgg.; 22; 36; 95, 7 sg.; 105; 116). Anche in altri epigrammi Marziale prende
di mira poeti rivali: cfr. II 77; III 69; VII 25 e, in particolare, VI 64, lungo
componimento in esametri (32 versi), dove Marziale, per contrattaccare
un detrattore, si serve dello stesso motivo della mancanza di lettori come
condanna senza appello per i suoi carmi: audes praeterea, quos nullus
noverit, in me / scribere versiculos miseras et perdere chartas (22 sg.).
Il distico si presenta in forma bipartita, secondo una delle strutture
tipiche degli epigrammi scommatici: alla narratio del primo verso segue
la sententia di carattere generale del pentametro, che annulla le speranze
del poetastro. Il carattere di tale conclusione e la mancata apostrofe
diretta al rivale sono gli strumenti di cui Marziale si serve per negare a
Cinna persino lo status di bersaglio satirico. Il nome, che ricorre in altri
epigrammi scommatici, senza peraltro celare ununica persona, sar con
ogni probabilit ttizio. In X 21, 3 sg. (non lectore tuis opus est, sed
Apolline libris: / iudice te maior Cinna Marone fuit) Marziale mostra
di considerare il poeta neoterico Cinna un autore oscuro e difcilmente
comprensibile; possibile che la scelta del nome Cinna per un poeta senza
lettori contenga unallusione sarcastica allo scarso successo di pubblico di
certe oscurit neoteriche.

166

M. Val. Martialis liber tertius

1. versiculos: al plurale designa in genere poesia leggera o epigrammatica


(vd. OLD, s.v. nr. 2): cfr. Catull. 16, 2-4 Aureli pathice et cinaede Furi, /
qui me ex versiculis meis putastis, / quod sunt molliculi, parum pudicum
(secondo Ronconi 1971, p. 104, qui Catullo potrebbe imitare ironicamente
il linguaggio dei suoi detrattori, per i quali i suoi sono, in senso dispregiativo,
versiculi); 16, 6; 50, 4-6 scribens versiculos uterque nostrum / ludebat
numero modo hoc modo illoc / reddens mutua per iocum atque vinum;
Hor. epod. 11, 1 sg. Petti, nihil me, sicut antea, iuvat / scribere versiculos
amore percussum gravi; sat. I 2, 109 sg. hiscine versiculis speras tibi
posse dolores / atque aestus curasque gravis e pectore pelli?; 10, 31 sg.
atque cum Graecis facerem, natus mare citra, / versiculos; Plin. epist.
V 3, 2 facio nonnunquam versiculos severos parum, facio; Suet. Iul. 73
Valerium Catullum, a quo sibi versiculis de Mamurra perpetua stigmata
imposita non dissimulaverat. Plinio il Giovane denisce versiculi il carme
che Marziale gli aveva dedicato (X 19): epist. III 21, 2 prosecutus eram
viatico secedentem; dederam hoc amicitiae, dederam etiam versiculis
quos de me composuit. In Marziale il diminutivo versiculi ha sempre
valore dispregiativo: cfr. III 50, 2 versiculos recites ut, Ligurine, tuos;
VI 64, 23 cit. nella n. intr. Qui con versiculi Marziale designa sia la loro
cattiva fattura, che il loro carattere di aggressione (in me). Il sostantivo
signicativamente collocato dal poeta in apertura di epigramma e mette
immediatamente in rilievo lo scarso valore del suo detrattore. Per luso
dispregiativo dei diminutivi vd. le nn. a 16, 1 regule; 16, 6 pellicula.
narratur: Marziale non si degna neanche di leggere i carmi che il poetastro
scrive contro di lui. Il verbo tradisce latteggiamento di superiorit del
poeta e prepara il campo per la pointe del v. 2.
2: lapidaria sententia dal carattere paradossale: non avere lettori equivale
a non scrivere (sullampio utilizzo di sententiae nella chiusa degli epigrammi vd. la n. a 5, 11 sg.; Barwick 1959); conclusioni paradossali di questo
tipo non sono infrequenti nellopera di Marziale: cfr., ad es., II 12, 4 non
bene olet qui bene semper olet; VI 7, 5 quae nubit totiens, non nubit:
adultera lege est; VII 73, 6 quisquis ubique habitat, Maxime, nusquam
habitat. Il successo di pubblico per Marziale garanzia della qualit
dellopera: cfr. luso pregnante del verbo legere in I epist. 10 sgg. sic scribit
Catullus, sic Marsus, sic Pedo, sic Gaetulicus, sic quicumque perlegitur; X
33, 7 sg. nec scribere quemquam / talia contendas carmina qui legitur.
Lidenticazione tra fama e vita della poesia chiaramente affermata in

Epigramma 9

167

VIII epist. 1 sg. omnes quidem libelli mei, domine, quibus tu famam,
id est vitam, dedisti, tibi supplicant (per lopposto topos della morte
prematura della poesia priva di lettori vd. la n. a 2, 3). Diversamente dal
suo rivale, Marziale sa invece di poter ormai contare su numerosi lettori.
Laffermazione orgogliosa dellampio successo di pubblico della propria
poesia motivo frequente nei suoi epigrammi: cfr. I 1; III 95, 6 sg.; IV 49,
9 sg.; V 13, 3 sg.; 16, 2 sg.; VII 17, 10; 88; VIII 3, 3-8; 61, 3-5; IX 81, 1; 97,
1 sg.; X 2, 5 sgg.; XI 24, 6 sgg.; XII 11, 8.

168

M. Val. Martialis liber tertius

10
Constituit, Philomuse, pater tibi milia bina
menstrua perque omnis praestitit illa dies,
luxuriam premeret cum crastina semper egestas
et vitiis essent danda diurna tuis.
Idem te moriens heredem ex asse reliquit.
Exheredavit te, Philomuse, pater.

tit. ad philomusum
1 constituit PQf : contigit L 2 omnis : omnes
praestitit
LPQf : praestiti L 3 egestas LPQf : egebas Q 4 essent blv2 ed. Rom. 1 ed. Ven.
ed. Rom. 2 ed. Ald.: esset
diurna LQ : diuturna LPQf

Tuo padre, o Filomuso, ti aveva assegnato duemila sesterzi


mensili e te li forniva giorno per giorno,
poich lindigenza del domani gravava sempre sul tuo lusso
ed era necessario dare razioni giornaliere ai tuoi vizi.
Egli morendo ti ha lasciato erede universale.
5
Tuo padre, o Filomuso, ti ha diseredato.
Filomuso un giovane dissoluto e scialacquatore. Suo padre, saggiamente,
gli dava solo una piccola somma al giorno, sapendo che qualsiasi cifra gli
avesse data sarebbe nita persa nei suoi vizi. Ma ha commesso un errore:
lo ha nominato erede universale e questo signica averlo diseredato, poich
Filomuso sperperer in men che non si dica tutto il patrimonio.
Il tipo dello scialacquatore oggetto di irrisione n dal tempo di Ipponatte
(fr. 26 W.); il motivo presente in Teognide (vv. 920-923), nella commedia
greca (Alex. fr. 110; 248 K.-A.; Menand. fr. 730 K.-A.), nei cinici (Diog.
in Gnom. Vat. 169) e nella satira (Hor. sat. I 3, 15 sgg.; II 3, 224 sgg.).
Modello di prodigalit anche il Gaio Giulio Proculo petroniano (38, 1116). Negli epigrammi satirici greci il motivo ricorre soltanto due volte (AP
IX 367; XI 357; vd. Brecht 1930, p. 82 sg.). Gli epigrammi di Marziale ne
presentano alcune variazioni : cfr. IV 66; V 70; VIII 5; IX 82.
possibile che Marziale abbia avuto presente nel comporre il suo epigramma il caso, ben noto nel mondo romano, del glio del celebre attore
tragico Esopo, contemporaneo di Cicerone: il padre lo aveva lasciato erede

Epigramma 10

169

del proprio patrimonio, che ammontava, secondo Macr. Sat. III 14, 14, a
venti milioni di sesterzi; questi, giovane dissoluto, spendeva cifre enormi
per lussi superui, quasi volesse liberarsi come di un peso di tutto quel
denaro (cfr. Cic. Att. XI 15, 3; Hor. sat. II 3, 239 sgg.; Val. Max. IX 1, 2;
Plin. nat. IX 122; X 141; XXXV 163).
I primi quattro versi costituiscono la narratio; il quinto, che introduce
un elemento di novit nella situazione, sembra preparare una conclusione
favorevole a Filomuso, ma lultimo verso, che richiama nella struttura
il primo (constituit, Philomuse, pater tibi / exheredavit te, Philomuse,
pater) contiene l
, che chiude lepigramma con un
paradosso: nel caso di Filomuso nominarlo erede universale (heredem ex
asse relinquere) equivale a diseredarlo (exheredare).
Philomusus probabilmente un nome parlante, scelto con intento
antifrastico (gr.
amico delle Muse). Il nome attestato pi
volte nellindex di CIL VI e ricorre in Marziale anche in VII 76; IX 35; XI
63 per diversi tipi.
1 sg. Constituit tibi: per il signicato tecnico di constituo cfr. Quint.
inst. III 8, 18 deliberant patres conscripti, an stipendium militi constituant;
Suet. Aug. 36 proconsulibus certa pecunia constitueretur. milia
bina / menstrua: quella di 24000 sesterzi annui non era certo una gran
cifra: una prostituta di alto livello poteva chiederne 20000 (X 75, 1) e un
mantello di qualit poteva costare 10000 sesterzi (IV 61, 4 sg.; VIII 10, 1).
Tuttavia si deve tener conto del fatto che, mentre suo padre era ancora
in vita, la somma serviva al giovane soltanto per i suoi vizi. In Iuv. 9,
140 lindigente Nevolo desidera 20000 sesterzi di rendita annua per vivere
unesistenza meno grama.
2. omnis: le forme di accusativo plurale in is, conservate in poesia e
nella prosa darte assai pi a lungo che nel parlato, sono state restaurate
nel testo di Marziale, dove ben attestate, da Lindsay, seguito dai successivi
editori: in questo libro cfr. 82, 19 lambentis; 21 natis; 85, 1 naris. In
generale sullargomento vd. M. Geymonat, Accusativi plurali in -is, -eis ed
-es, EV I, p. 13 sg. con bibliograa; sullortograa di Marziale vd. Lindsay
1904, p. 34 sg. Omnis accusativo plurale ricorre ancora in questo libro in
47, 6 e spesso in Marziale (I 117, 12; II 16, 5; V 23, 8; 61, 5; VI 44, 3; VIII
epist. 10; 44, 6; 79, 1; X 5, 17; XI 98, 13).
3. luxuriam egestas: la collocazione alle estremit del verso dei due

170

M. Val. Martialis liber tertius

termini mette in evidenza il continuo passaggio del protagonista da una


condizione allaltra. Egestas ha una sfumatura negativa rispetto a paupertas
(vd. G. Broccia, s.v. egeo / egenus / egestas, EV II, p. 179 sg.): cfr. Serv. auct.
georg. I 146 peior est egestas quam paupertas: paupertas enim honesta esse
potest, egestas etiam turpis est (cfr. Verg. Aen. VI 276 turpis Egestas); Cic.
parad. 46 itaque istam paupertatem vel potius egestatem ac mendicitatem
tuam numquam obscure tulisti; Sen. epist. 58, 1 quanta verborum nobis
paupertas, immo egestas sit, numquam magis hodierno die intellexi.
premeret: il verbo usato metaforicamente anche in VII 97, 5 instent
mille licet premantque curae; cfr. anche Cic. Verr. II 4, 11 num tanta
difcultas eum tenuerit, tanta egestas, tanta vis presserit, ut eqs.
4. essent danda diurna: essent, diffuso nei testimoni umanistici,
necessaria correzione del trdito esset, accolta da tutti gli editori: luso
sostantivato di diurna femminile (sc. merces, pecunia) non sembra
offrire attestazioni; di contro il neutro diurnum per diurna merces,
diurnus victus ricorre anche in Sen. contr. I 1, 12 diurnum petam; X
4, 24 cotidianum diurnum et mendicantium quaestus; Sen. epist. 80, 8
diurnum accipit (sc. histrio) e nei testi giuridici (cfr. Scaev. Dig. 26, 7, 47,
1). Non ha possibilit di cogliere nel segno la congettura scisset proposta
dubbiosamente da Schneidewin2 (p. XIII).
5. heredem ex asse reliquit: espressione tratta dal linguaggio giuridico
(ricorre frequentemente nei Digesta: cfr. Marcell. dig. 36, 1, 46, 1; Tryph.
dig. 37, 4, 20 pr.; Ulp. dig. 29, 2, 10; vd. Voc. Iur. Rom. I 3, 503, 52-504,
16). Heres ex asse lerede universale (CGL V 292, 46 ex asse heres esto:
ex integro, ex omni patrimonio). In prosa lespressione ricorre in Quint.
inst. VII 1, 20; Plin. epist. V 1, 9; VIII 18, 7; in poesia nel solo Marziale,
anche in VII 66, 1 heredem Fabius Labienum ex asse reliquit, che presenta
la stessa clausola.

Epigramma 11

171

11
Si tua nec Thais nec lusca est, Quinte, puella,
cur in te factum distichon esse putas?
Sed simile est aliquid. Pro Laide Thaida dixi?
Dic mihi, quid simile est Thais et Hermione?
Tu tamen es Quintus; mutemus nomen amantis:
si non vult Quintus, Thaida Sextus amet.

vv. 1-2 hab. R tit. ad quintum R


1 si : sic R quinte R EAX: quinta V 2 esse :
ecce R 3 Sed simile est aliquid. Pro Laide Thaida dixi? dist. Izaac: sed simile est aliquid:
pro laide thaida dixi edd. pler. sed simile est aliquid? pro laide thaida dixi? Friedlaender
sed EAV: sic X simile est XV: similest EA laide EAXVs.l.: thaide V dixi V:
dixit EAXV dixti b ed. Rom. 1 ed. Ven. 6 amet LPQfVs.l.: amat LEAXV

Se la tua ragazza, o Quinto, non n Taide, n guercia,


perch ritieni il distico fatto contro di te?
Ma c qualche somiglianza. Ho detto Taide per Laide?
Dimmi, che somiglianza c tra Taide ed Ermione?
Tu per sei Quinto; cambiamo il nome dellamante:
se non vuole Quinto, Sesto ami Taide.

Lepigramma si congura come una risposta del poeta alla reazione


infastidita di un Quinto che si sentito preso di mira dallepigr. 8. Marziale
gliene domanda il perch, dal momento che la sua ragazza non si chiama
Taide e non guercia, come la protagonista dellepigramma. Quinto per,
introdotto nellepigramma, ha ravvisato nel distico unanalogia con la sua
vita (Sed simile est aliquid: per linterpunzione adottata vedi la n. al v.).
Allora Marziale si chiede quale sia e se possa aver usato per la ragazza un
nome ttizio simile al vero e quindi immediatamente riconoscibile (pro
Laide Thaida dixi?). Lipotesi per rapidamente messa da parte: infatti
la ragazza di Quinto si chiama Ermione e dunque che somiglianza c con
Taide? (4). Allora emerge il reale motivo delle recriminazioni di Quinto: il
protagonista dellepigramma porta il suo stesso nome (5). Considerando
che questo lunico elemento in comune con la situazione descritta in
quellepigramma, Marziale propone una soluzione semplice: sostituire il
suo nome con un altro (v. 6 Sextus), confermando, con ironico distacco,

172

M. Val. Martialis liber tertius

che la sua satira rifugge dallattacco personale e che i nomi utilizzati nei
suoi epigrammi sono ttizi: cfr. II 23, 1 sg. non dicam, licet usque me
rogetis, / qui sit Postumus in meo libello; IX 95b, 1 sg. nomen Athenagorae
credis, Callistrate, verum. / si scio, dispeream, qui sit Athenagoras. Tale
principio di poetica espresso chiaramente in X 33, 10 parcere personis,
dicere de vitiis (vd. al riguardo Citroni 1968, p. 264).
In molti epigrammi, spesso allinterno dello stesso libro, ma anche in libri
diversi, Marziale rappresenta la reazione di persone che si sono identicate
nei protagonisti presi di mira nei suoi epigrammi: cfr., in questo libro,
gli epigr. 16, 59, 99, dedicati a un ciabattino arricchito che offre giochi
gladiatorii; inoltre IV 71, 81; II 57, V 26; IX 95, 95b. Tali epigrammi
presuppongono, per essere compresi, la lettura del libro per intero, a ulteriore conferma del ruolo primario svolto da esso nella diffusione degli
epigrammi di Marziale (vd. Scherf 2001, p. 41 sg.).
2. distichon: si riferisce allepigr. 8 (distico elegiaco). Marziale offre la
prima attestazione letteraria del termine (solo qui al singolare): cfr. II 71, 2;
77, 8; VI 65, 4; VII 85, 2; VIII 29, 1; XI 108, 2; XIII 3, 5 (vd. anche VII 85,
1 tetrasticha). Esso si riferisce per lo pi al distico elegiaco, prevalente negli
epigrammi, ma pu anche designare una coppia di versi di altro genere:
cfr. Suet. Iul. 51 (2 settenari trocaici); Schol. Hor. epist. I 1, 67 (2 senari);
Don. vita Verg. 18 (2 esam.); Mart. Cap. I 42 (2 esam.); Sidon. epist. V
8, 2 (2 endecasillabi faleci). Nellopera di Marziale si trovano anche distici
composti da endecasillabi faleci (ad es. I 69; II 13; 15; III 35; VI 24; 90), da
coliambi (ad es. III 40; IV 65; V 54), da sotadei (III 29).
3: ho adottato linterpunzione di Izaac, che attribuisce le parole sed simile
est aliquid a Quinto stesso, che interviene cos nel dialogo per esporre
le proprie lamentele, dopo che Marziale si era domandato nei primi due
versi perch egli si fosse sentito attaccato, dal momento che la sua ragazza
non lusca n si chiama Taide (nel testo di Izaac la battuta posta tra
due trattini, ma lattribuzione a Quinto assicurata dalla traduzione e
dalla nota a p. 251). La domanda che Marziale si pone subito dopo (pro
Laide Thaida dixi?) invece retorica: ho forse usato un nome falso, ma
cos somigliante da essere immediatamente riconoscibile?. La risposta
evidentemente negativa, come appare dal verso successivo. Sullintervento
di un interlocutore introdotto da unavversativa cfr. II 8, 7 ista tamen mala
sunt; Hor. sat. I 1 49 sgg. vel dic quid referat intra / naturae nis viventi

Epigramma 11

173

iugera centum an / mille aret. at suave est ex magno tollere acervo; Plin.
epist. III 21, 6 tametsi quid homini potest dari maius, quam gloria et laus
et aeternitas? at non erunt aeterna quae scripsit: non erunt fortasse, ille
tamen scripsit tamquam essent futura; Iuv. 7, 104 sg. quis dabit historico
quantum daret acta legenti? / sed genus ignavum, quod lecto gaudet et
umbra . Che laffermazione sed simile est aliquid sia da attribuire a Quinto
mi sembra ricevere conferma dalla domanda di Marziale del verso seguente,
che vi corrisponde esattamente: 3 Sed simile est aliquid 4 Dic mihi
quid simile est? (lattribuzione a Quinto dellintero verso probabilmente
allorigine della congettura umanistica dixti, che per mal si lega al verso
seguente). Tutto sommato plausibile anche linterpunzione proposta da
Friedlaender, seguito da Heraeus (sed simile est aliquid? pro Laide Thaida
dixi?). Assai poco convincente appare invece linterpunzione adottata da
vari editori moderni (Gilbert, Lindsay, SB) a partire da Schneidewin (sed
simile est aliquid: pro Laide Thaida dixi), cos spiegata da SB2, I, p. 208
n. b: In v. 3 M. moots the possibility of his having used a name similar
to the real one, e.g. Thais for Lais, in order to dismiss it in v. 4. Tra
le possibili interpunzioni va registrata anche quella di H. Jackson, fatta
propria da Duff e da Ker (sed simile est aliquid. pro Laide Thaida dixi?).
Laide: Lais fu nome di due famose cortigiane; la pi nota era di Corinto
(vd. RE XII, 513 sgg.). Marziale la nomina in X 68, 11 sg. tu licet ediscas
totam referasque Corinthon, / non tamen omnino, Laelia, Lais eris; XI
104, 21 sg. si te delectat gravitas, Lucretia toto / sis licet usque die: Laida
nocte volo. Qui il nome, che ricorre spesso nellindex di CIL VI, scelto
unicamente per la sua quasi completa identit, anche metrica, con il nome
Thais.
4: Marziale si chiede quale somiglianza ci sia tra il nome che lui ha usato nellepigramma e il vero nome della ragazza di Quinto, che dunque
Ermione. Appare infondata lesegesi di Ker, il quale ritiene che in questo
verso Marziale proponga a Quinto di cambiare in Hermione il nome della
ragazza nellepigramma 8 (che dunque sarebbe Lais, anche se Ker non lo
dice esplicitamente), ma in tal caso Marziale avrebbe dovuto dire allora
quid simile est Lais (nome vero) et Hermione (nome ttizio)? Inoltre, a
differenza di QuintusSextus (nomi isometrici), Thais non potrebbe essere
sostituito con Hermione nellepigramma. Dic mihi: locuzione affettiva
di natura colloquiale, utilizzata di frequente da Marziale (una ventina di
casi, spesso in principio di verso). quid simile est: simile va inteso come

174

M. Val. Martialis liber tertius

sostantivato: cfr. Varro ling. VIII 41 nec Perpenna et Alfena erit simile
(vd. anche VIII 54; 75; IX 72; 74; 91; X 8). Hermione: il nome compare
soltanto qui negli epigrammi di Marziale. Esso ricorre spesso in iscrizioni
latine (cfr., ad es., CIL I 818; II 3139; III 3085; V 7437; VII 397; molte
occorrenze nellindex di CIL VI). Due donne con questo nome sono
menzionate nei rescritti dellimperatore Alessandro Severo del 223 (Cod.
Iust. VI 58, 1) e degli imperatori Diocleziano e Massimiano del 294 (Cod.
Iust. VIII 53, 10). La clausola tetrasillabica di pentametro, evitata per lo pi
da Ovidio, ricorre spesso in Marziale, talora in conclusione di epigramma
(vd. Th. Birt, in Friedlaender, I, p. 30 sg.; Wilkinson 1948): in questo libro
cfr. 21, 2 invidia; 26, 4 ingenium; 28, 2 auriculam; 33, 4 ingenua; 65, 10
invidia; 68, 6 Terpsichore; 69, 2 carminibus; 70, 4 arrigere; 75, 2 arrigere;
76, 4 Andromachen; 77, 10
; 79, 2 percere; 85, 4 Deiphobi;
95, 10 Oceanus.
6. Sextus: praenomen comune, scelto in questo caso perch, oltre a essere prosodicamente equivalente a Quintus, consente il gioco numerico
(il quinto, il sesto); cfr. anche V 21, 1 sg. Quintum pro Decimo, pro
Crasso, Regule, Macrum / ante salutabat rhetor Apollodotus. amet:
il congiuntivo, tramandato dalla seconda famiglia, preferito da tutti gli
editori allindicativo amat della terza, accolto nel testo soltanto da SB e
Walter. Amet corrisponde a mutemus del verso precedente ed esprime
in modo spiritoso la disponibilit del poeta ad accontentare Quinto. Con
amat si ottiene una sorta di citazione dellincipit dellepigr. 8, nella versione
corretta, con un effetto senzaltro pi debole.

Epigramma 12

175

12
Unguentum, fateor, bonum dedisti
convivis here, sed nihil scidisti.
Res salsa est bene olere et esurire.
Qui non cenat et unguitur, Fabulle,
hic vere mihi mortuus videtur.

vv. 3-5 hab. T tit. ad fabullum T EXV: ad fabulum A 1 unguentum PQf : ungentum
L 2 convivis T AXV: conviviis E here PfXV: heres EAV heret Q herede L scidisti
TLPQf : edisti f 3 salsa LPf : falsa TQ et : est T esurire TLPQf : exurire Q
4 cenat TLf : tentat PQ unguitur : ungitur T
fabulle LQfXV: fabulla Q fabullae
PEA fabule T

Hai dato, lo riconosco, un buon profumo


ai tuoi convitati ieri, ma non hai fatto servire nulla.
una cosa spiritosa profumare e avere fame.
Chi non cena ed profumato, o Fabullo,
mi sembra veramente un morto.

Fabullo ha distribuito ai suoi convitati un buon profumo, ma nulla da


mangiare! Sono solo i morti, conclude argutamente Marziale, che vengono
profumati e non mangiano.
Lantrione avaro un tipo comico presente nellepigramma greco: cfr.
AP XI 313; 314 (Lucillio); XI 413 (Ammiano); IX 377; XI 371; 377; 387
(Pallada); vd. al riguardo Pertsch 1911, p. 19 sgg.; Brecht 1930, pp. 71-76.
Nei suoi epigrammi Marziale realizza alcune brillanti variazioni del motivo:
cfr. I 20; 43; II 19; III 13; 94; VIII 22; XI 31. In questo caso bersaglio della
critica del poeta la pretesa rafnatezza di Fabullo, che si preoccupa di
dare agli ospiti un buon profumo, ma tralascia di offrire la cena; la stessa
critica mossa da Marziale in XI 31 allospite che fa servire unintera cena
a base di zucche (cfr. v. 20 sg. hoc lautum putat, hoc putat venustum /
unum ponere ferculis tot assem).
Il nome Fabullo, piuttosto diffuso a Roma (vd. Kajanto 1965, p. 170),
ricorre spesso negli epigrammi di Marziale: si tratta senzaltro di un nome
ttizio in epigrammi nei quali oggetto di satira (IV 87; IX 66; XII 85);
invece probabilmente un vero patrono o amico il Fabullo soltanto

176

M. Val. Martialis liber tertius

apostrofato da Marziale in epigrammi scommatici su altri personaggi (V


35; VI 72; XII 20; 22; sui vocativi isolati negli epigrammi satirici sono
condivisibili le riessioni di Nauta 2002, p. 39 sgg.). In XI 35 il poeta si
lamenta con un Fabullo che lo invita a cena con altre trecento persone
a lui sconosciute. In quel caso, come in questo epigramma, la decisione
presenta margini di incertezza (una posizione dubbiosa sul Fabullo dei due
epigrammi assunta da Kay, ad XI 35, 4; Grewing, ad VI 72, 3); lipotesi
del nome ttizio appare tuttavia pi persuasiva: lepigramma infatti allude
al c. 13 di Catullo, cui accomunato anche dalluso dellendecasillabo
falecio, come gi rilevato dai commentatori di Catullo (ad esempio
il Muretus, Venetiis 1554); vd., di recente, M. Salanitro, Le tappe di un
motivo folclorico (da Catullo ai giorni nostri), InvLuc 15-16, 1993-94,
p. 287 sg. Catullo invitava Fabullo a cena, chiedendogli di portare ogni
cosa, perch egli era a corto di denaro, promettendogli per in cambio un
profumo divino. Marziale capovolge la situazione del carme catulliano: ora
Fabullo lantrione e offre solo unguento, seppur buono, senza cibi.
I primi due versi, scanditi dallomeoteleuto (dedisti, scidisti) costituiscono
la narratio; il v. 3 contiene il commento ironico del poeta, che conduce
allarguzia nale, espressa in forma sentenziosa (4 sg.).
1 sg.: i versi sono citati da Prisciano (inst. X 4, 24 = GLK II 516, 25) tra gli
esempi del perfetto scidi (attestato a partire da Seneca) rispetto allarcaico
scididi (cfr. Gell. VI 9, 16): scidit ponit Martialis in III epigrammaton
Unguentum, fateor, bonum dedisti / convivis here, sed nihil scidisti.
1. Unguentum bonum dedisti: labitudine di offrire unguentum
durante o dopo il banchetto bene attestata sia in Grecia che a Roma
(vd. Blmner 1911, p. 385 sgg.; RE I A, s.v. Salben, 1855 sg.). In Orazio
lunguentum, insieme alle corone di ori, componente abituale dei
banchetti (carm. II 7, 7; 22; 11, 16; III 14, 17; ars 374 sgg.); dal softto di
Trimalchione scende una ruota, cuius per totum orbem coronae aureae cum
alabastris unguenti pendebant e i convitati vengono pregati haec apophoreta
sumere (Petron. 60, 3 sg.). In Marziale opobalsama compaiono tra gli
apophoreta (XIV 59); vd. anche II 59, 3; III 82, 26 sgg.; V 64, 3; VII 94;
VIII 77, 3 sg.; XI 15, 5 sg.; XII 17, 7. Il sostantivo, che simboleggia le
pretese di rafnatezza dellospite, collocato signicativamente in apertura
di epigramma. - fateor: inciso di natura colloquiale (vd. Hofmann, LU, p.
251), compare in commedia, nellepistolario e nelle orazioni di Cicerone,

Epigramma 12

177

ma anche in poesia (Virgilio; Ovidio; Seneca tragico; Stazio). In Marziale,


dove ricorre spesso (cfr. I 90, 5; II 28, 5; V 13, 1; 27, 2; IX 99, 7; X 75,
2; XII 48, 5; XIII 103, 1; 114, 1; vd. anche II 3, 1 fatemur), lammissione
prelude quasi sempre, come in questo caso, ad una battuta (cfr. anche
conteor: III 31, 1; IV 49, 10; IX 50, 3).
2. here: nei poeti non scenici lalternanza hr / hr dettata unicamente
da necessit metriche (vd. Dittman in ThlL VI 3, 2656, 41 sgg.; 50 sgg.):
hr viene utilizzato in ne di pentametro (cfr. Mart. I 24, 4; V 58, 8);
hr allinterno del verso (cfr. Mart. I 43, 2; IV 7, 1 e 5; 61, 9; X 31, 1).
Per lortograa del tempo cfr. Quint. inst. I 7, 22 here nunc e littera
terminamus: at veterum comicorum adhuc libris invenio heri ad
me venit, quod idem in epistulis Augusti, quas sua manu scripsit aut
emendavit, deprenditur; nella pronuncia il suono era in realt indistinto fra
la e e la i: cfr. Quint. inst. I 4, 8 <in> here neque e plane neque i auditur.
scidisti: scindere qui nellaccezione tecnica di tagliare i cibi, attestata a
partire da Seneca (vd. OLD, s.v., nr. 5 d). In Marziale cfr. anche III 94, 2
mavis, Rufe, cocum scindere quam leporem, che gioca sullambivalenza
del verbo (vd. la n. ad loc.). Lo scissor era il servo incaricato di questo
compito (cfr. Petron. 36, 6).
3: affermazione di tono ironico; esurire, posto in chiusa di verso (come
in Catull. 21, 10), mette in luce il paradosso della situazione. La distinzione
tra salsus e ridiculus esposta da Quintiliano nel capitolo de risu (inst.
VI 3, 18 sg.): salsum in consuetudine pro ridiculo tantum accipimus:
natura non utique hoc est, quamquam et ridicula esse oporteat salsa.
nam et Cicero omne, quod salsum sit ait esse Atticorum (orat. 90), non
quia sunt maxime ad risum compositi, et Catullus, cum dicit:nulla est
in corpore mica salis (86, 4), non hoc dicit, nihil in corpore eius esse
ridiculum. salsum igitur erit quod non erit insulsum, velut quoddam
simplex orationis condimentum quod sentitur latente iudicio vel palato,
excitatque et a taedio defendit orationem; cfr. Catull. 12, 1-5 Marrucine
Asini, manu sinistra / non belle uteris in ioco atque vino: / tollis lintea
neglegentiorum. / hoc salsum esse putas? fugit te, inepte / quamvis sordida
res et invenustast; 14, 16 non non hoc tibi, salse, sic abibit; Hor. sat. I 9, 65
male salsus (detto di Aristio Fusco, che lascia il poeta in balia del seccatore).
Res salsa ricorre, in tuttaltro contesto, in Priap. 10, 7 sg. nimirum tibi
salsa res videtur / adstans inguinibus columna nostris. Lespressione (res
est in funzione predicativa di un sostantivo o un innito sostantivato)

178

M. Val. Martialis liber tertius

ha sapore idiomatico e colloquiale; ricorre in Cicerone, Petronio, Seneca


il Vecchio, Quintiliano, Plinio epist. e paneg., Giovenale; spesso in Ovidio
e in Seneca losofo (vd. Traina 1995, p. 86 sg. n. 1). Marziale ne fa un
ampio uso: cfr. I 17, 3; III 63, 14; IV 80, 6; XI 5, 3; 58, 8; XII 39, 2. La
triplice elisione presente nel verso, che Marziale in genere tende a evitare
nei faleci, sottolinea lascendenza catulliana del componimento
4 sg.: la pointe, espressa in forma sentenziosa (vd. al riguardo la n. a 5,
11 sg.), allude allusanza di profumare i cadaveri, gi attestata in Omero (Il.
XVIII 350) e diffusa nel mondo greco-romano: cfr. Enn. Ann. 147 Sk.;
Verg. Aen. VI 219; Prop. III 16, 23; Ov. epist. 10, 122; fast. III 561; IV 853;
Pont. I 9, 47; Val. Max. IV 6, 3; Pers. 3, 104; Mart. XI 54, 1; Stat. silv. II 1,
157 sgg. Iuv. 4, 109; vd. Blmner 1911, p. 484; RE I A, s.v. Salben, 1857.
Marziale sembra qui rielaborare argutamente un pensiero di Seneca: epist.
82, 2 sg. multum interest inter otium et conditivum. quid ergo? inquis,
non satius est vel sic iacere quam in istis ofciorum verticibus volutari?
utraque res detestabilis est et contractio et torpor. puto, a e q u e q u i i n
odoribu s iacet m ortu u s es t quam qui rapitur unco; il concetto
espresso in modo analogo in epist. 60, 4 hos itaque, ut ait Sallustius, ventri
oboedientes animalium loco numeremus, non hominum, quosdam vero
ne animalium quidem, sed mortuorum. vivit is, qui multis usui est, vivit
is, qui se utitur; qui vero latitant et torpent, sic in domo sunt, quomodo in
conditivo. horum licet in limine ipso nomen marmori inscribas, mortem
suam antecesserunt; vd. anche epist. 93, 3; dial. X 12, 7 sgg. Su Seneca e
Marziale vd. Friedrich 1910; Barwick 1959, p. 25; Sullivan 1991, p. 100 sg.;
P. Grimal, Martial et la pense de Snque, ICS 14, 1989, pp. 175-183;
M. Kleijwegt, A Question of Patronage: Seneca and Martial, AClass 42,
1999, pp. 105-119.
Presenta notevole afnit con questi versi Luciano (merc. cond. 28):

Simile la struttura del periodo: a res salsa


con gli inniti (bene olere, esurire) corrisponde
con gli
inniti
e
(anche se in greco i
due inniti non realizzano lantitesi presente nel testo di Marziale e il concetto
espresso da esurire reso dal nesso
); simile anche larguzia

Epigramma 12

179

che assimila tali personaggi a cadaveri, anche se in Luciano il paragone


con la loro lapide funeraria (
) e il discorso pi elaborato rispetto
alla densa brevitas di Marziale. Tale somiglianza non sembra essere
casuale e lascia pensare a una ripresa da parte di Luciano dellepigramma
di Marziale. Non esistono studi sul rapporto tra Luciano e Marziale; la
conoscenza da parte di Luciano delle Satire di Giovenale stata sostenuta
da R. Helm (Lucian und Menipp, Leipzig 1906, pp. 218-222) e J. Mesk
(Lucians Nigrinus und Juvenal, WS 34, 1912, pp. 373-382; 35, 1913,
pp. 1-32), negata da A. Hartmann, Lucian und Juvenal, Basel 1907, pp.
18-26 (vd. anche G. Highet, Juvenal the Satirist, Oxford 1954, pp. 252 n.
1; 296 n. 1); numerosi paralleli sia lessicali che contenutistici tra il retore di
Samosata e Giovenale sono stati segnalati da Courtney, Appendix: Juvenal
and Lucian, pp. 624-629, il quale conclude che probabilmente Luciano
conobbe e imit le Satire di Giovenale; lipotesi di una sua conoscenza
degli epigrammi di Marziale mi sembra, anche alla luce di questo parallelo,
assai probabile, anche se da vericare.
In modo analogo in VI 77 Marziale denisce mortuus un certo Afer, che,
pur essendo povero, giovane, forte si fa portare in giro su un hexaphorus: cfr.
v. 10 non debes ferri mortuus hexaphoro, giustamente spiegato da Rader:
Cum iuvenis et robustus feratur a sex grandibus servis, videri mortuo
propiorem quam vivo; immo pro mortuo esse habendum, qui deliciis usque
eo interierit, ut vivus valensque ferri se patiatur; tale interpretazione, non
seguita dai commentatori moderni, stata opportunamente riproposta da
M. Salanitro, Un mulo inesistente e un morto vivente (Mart. 6. 77), RPL
19, 1996, p. 105 sg. A conferma di tale esegesi si pu aggiungere Cic. Phil.
2, 106 at iste operta lectica latus per oppidum est ut mortuus (cfr. anche
Pis. 53); vd. anche Lucian. Nigr. 34
.

180

M. Val. Martialis liber tertius

13
Dum non vis pisces, dum non vis carpere pullos
et plus quam patri, Naevia, parcis apro,
accusas rumpisque cocum, tamquam omnia cruda
attulerit. Numquam sic ego crudus ero.
hab. T tit. ad neviam TPQf : ad nevian L 1 non vis pisces T: non vis piscem non vis
pisces leporem EAV pisces leporem X non vis carpere EAX: nos vis capere T carpere
non vis V pullos T Vin mg.: pullas Tut vid. mullos EAXV 2 patri T : putri
Heinsius parcis LQf : pascis T parvis Lut vid. P 3 accusas : accussas T

Poich non vuoi servire i pesci, non vuoi servire i polli


e pi che per tuo padre, Nevia, hai rispetto per il cinghiale,
accusi e fai frustare il cuoco, come se avesse portato
tutti cibi crudi. Cos io non far mai unindigestione.
Nevia, pur di non offrire ai suoi commensali i cibi in tavola, accusa il
cuoco di averli portati crudi e lo fa frustare. Marziale, sfruttando un gioco
di parole difcilmente traducibile (vd. la n. al v. 4), afferma che in questo
modo non potr mai essere sazio. Come il precedente, lepigramma sviluppa
il motivo dellospite avaro. La peculiarit del componimento consiste nel
ritratto paradossale della padrona di casa, che Marziale realizza nel giro di
pochi versi (cfr. in particolare il v. 2). Lo stesso tema presenta anche lepigr.
94 di questo libro: esse negas coctum leporem poscisque agella. / mavis,
Rufe, cocum scindere quam leporem.
I primi tre versi costituiscono la narratio: nel v. 1 Marziale esplicita
lintendimento di Nevia di non offrire cibi, ponendolo in evidenza
attraverso lanafora di non vis; il v. 2 dipinge con unarguta iperbole
lavarizia della protagonista, che la porta allingiustizia di far frustare
lincolpevole cuoco (v. 3). Nellultimo verso Marziale realizza la pointe
giocando con la duplice valenza dellattributo crudus, che al v. 3 signica
crudo (riferito ai cibi), mentre al v. 4 che non ha digerito (riferito al
poeta). Lantanclasi gura cara a Marziale, che la utilizza di frequente:
cfr. I 17 (magna res); 46 (properare: vd. Jocelyn 1981, p. 279 sg.); 67 (liber:
vd. Salanitro 1991, p. 4); 79 (agere); III 30, 5 sg. (ratio); 33 (ingenua); IV 80
(magna res); vd. Joepgen 1967, pp. 88-115. Il nome Nevia ricorre anche in

Epigramma 13

181

altri epigrammi: in I 68 e I 106 Rufo accecato dalla passione per Nevia,


che non lo ricambia; cfr. anche II 9; 26. SB propone dubitativamente in
apparato il nome Naevolus, che presenta 5 occorrenze in Marziale (I 97; II
46; III 71; 95; IV 83), poich si tratterebbe dellunico caso in Marziale di
una donna che presiede a un banchetto, ma proprio questa considerazione
induce a conservare il nome Naevia, trdito concordemente. Naevolus
inoltre ricorre nella sezione scommatica del libro, negli epigrammi 71 e
95, nei quali schernito per le sue perversioni sessuali. Inne lo stretto
legame esistente nel mondo romano tra padri e glie (su cui vd. J.P. Hallett,
Fathers and Daughters in Roman Society. Women and the Elite Family,
Princeton 1984, p. 76 sgg.) contribuisce a rendere pi efcace leffetto
grottesco del v. 2 (vd. la n. al v.).
1. Dum dum: qui con valore causale (vd. Hofmann-Szantyr, p. 614
sg.). - carpere: equivale a scindere (su cui vd. la n. a 12, 2): cfr. Ov. ars III
755 carpe cibos digitis; Don. Ter. Eun. 426 cum in convivio carpatur
(sc. lepus) appositus. Carpus il nome dello scissor di Trimalchione: ita
quotienscumque dicit Carpe, eodem verbo et vocat et imperat (Petron.
36, 8). La differente tradizione di questo verso nei codici della terza
famiglia si pu spiegare, come suggerito da Heraeus (p. XXI), supponendo
che la corruttela di pullos in mullos abbia indotto un copista ad annotare
sopra pisces la variante leporem al ne di evitare lincongruenza pisces
mullos. Sia lepus che mulli sono spesso nominati da Marziale come cibi
rafnati: cfr., ad es., III 77, 1 sg. nec mullus nec te delectat, Baetice, turdus,
/ nec lepus est umquam nec tibi gratus aper; VII 78, 3 sumen, aprum,
leporem, boletos, ostrea, mullos. Tale ipotesi suffragata dalla presenza nel
testo dei codici della terza famiglia di leporem accanto a pisces, che induce
a ritenere che nellarchetipo di questo ramo della tradizione leporem, in
origine una varia lectio, fosse penetrata nel testo, senza per soppiantare
loriginaria lezione pisces: infatti EAV recano il verso in forma ametrica
(dum non vis pisces leporem dum non vis carpere mullos EA; dum non
vis pisces leporem dum carpere non vis mullos V), mentre il testo di X
rappresenta il tentativo di sistemare la metrica eliminando lanafora (non
vis): dum pisces leporem dum non vis carpere mullos. Mi sembra pertanto
da escludere la possibilit che il testo trdito da T (pisces / piscem
pullos) costituisca una variante dautore delloriginario leporem mullos
attestato dallarchetipo della terza famiglia, come ipotizzato da Lindsay

182

M. Val. Martialis liber tertius

1903, p. 22, che vedeva nellallitterazione pisces pullos un miglioramento


della versione di (cos anche Pasquali 1934, p. 420): se leporem mullos
costituisse una versione precedente non si capirebbe come pisces sarebbe
potuto penetrare nel verso anche nella terza famiglia. Non costituisce certo
un elemento a sostegno della versione della terza famiglia il fatto che essa
realizzi un terzetto di cibi rafnati (lepus, mulli, aper: cfr. III 77, 1 sg. cit.
supra) in luogo dei comuni pisces e pulli: il riuto di servire cibi ordinari
anzi un elemento che contribuisce efcacemente alla rappresentazione
paradossale del personaggio.
2: Nevia mostra pi deferenza per il cinghiale che per il padre. Larguta
notazione, che contribuisce efcacemente al ritratto dellospite avara,
sottolineata da Marziale attraverso un ricercato effetto paronomastico che
coinvolge i vocaboli chiave del verso (patri parcis apro). Sul cinghiale,
cibo tra i pi apprezzati dai Romani, vd. la n. a 50, 8. La congettura putri
di Heinsius ha goduto di una notevole, forse eccessiva fortuna ( stata
accolta da Schneidewin, Friedlaender, Gilbert, Duff, Ker, Giarratano,
Izaac); essa infatti attenua notevolmente la comicit del personaggio: il
cinghiale sarebbe andato a male, eppure Nevia si asterrebbe ancora dal
servirlo agli ospiti. Il testo trdito stato mantenuto, a mio avviso con
ragione, da Lindsay, Heraeus, SB; in difesa della tradizione manoscritta vd.
Housman 1925, p. 202 (= Class. Pap., p. 1102), che deniva la congettura
putri foreign to the sense, ricordando come la spiegazione corretta fosse
quella offerta da Rader: plus apro parcis quam patri; Salanitro 1984, p.
84. Poco persuasiva lipotesi di Helm 1926, col. 88, che ha ricollegato
lespressione al divieto pitagorico di mangiare fave, azione che, secondo
una variante del precetto, equivale a mangiare la testa dei propri genitori
(cfr. Pyth. fr. 9 D.-K.; Lucian. gall. 4). La paradossalit del verso consiste
proprio nel porre sullo stesso piano la devozione verso il padre e il
rispetto verso laper, che anzi addirittura superiore; il pitagorismo mi
sembra del tutto estraneo alla situazione. Assolutamente infondata inne
linterpretazione di Schuster 1926, p. 342 sgg.
3. accusas rumpisque cocum: le punizioni corporali per gli schiavi erano a Roma una prerogativa del padrone di casa: vd. al riguardo R.P.
Saller, Corporal Punishment, Authority and Oboedience in the Roman
Household, in B. Rawson (ed.), Marriage, Divorce and Children in Ancient
Rome, Canberra 1991, pp. 144-165; K.R. Bradley, Slaves and Masters in
the Roman Empire: a Study in social Control, Oxford 1984/1987; J.H.

Epigramma 13

183

DArms, Slaves at the Roman convivia, in W.J. Slater (ed.), Dining in a


Classical Context, Ann Arbor 1991, p. 175. Punizioni corporali del cuoco
sono attestate da Marziale in III 94 cit. nella n. intr.; VIII 23 esse tibi videor
saevus nimiumque gulosus, / qui propter cenam, Rustice, caedo cocum. /
si levis ista tibi agrorum causa videtur, / ex qua vis causa vapulet ergo
cocus?, in cui Marziale svolge il ruolo del padrone di casa; Laber. mim.
134 cocus, si lumbum adussit, caedetur agris; Petron. 49, in cui il cuoco
sta per essere frustato per aver dimenticato di exinterare un maiale, ma si
tratta dellennesima rappresentazione diretta dal padrone di casa, volta a
stupire i suoi convitati. Accuso tamquam piuttosto raro: cfr. Plin. nat.
XX 219 atriplex accusatum Pythagorae tamquam faceret hydropicos;
vd. OLD s.v. nr. 1 b; per un analogo uso di tamquam cfr. Iuv. 3, 212
suspectus, tamquam ipse suas incenderit aedes. rumpisque: sc. agris;
cfr. Ulp. Dig. 9, 2, 27, 17 rupisse eum utique accipiemus qui vulneraverit,
vel virgis vel loris vel pugnis ceciderit, vel telo vel quo alio ut scinderet
alicui corpus, vel tumorem fecerit, sed ita demum si damnum iniuria
datum est; 47, 10, 9, 3 praesidi offerendus (sc. servus), qui eum agris
rumpat; 47, 10, 15, 39; vd. OLD, s.v. nr. 8 b. - cocum: il termine fa parte
della sfera quotidiana. In poesia ricorre soltanto una volta in Varrone Men.
e Lucilio; ben 22 volte in Marziale (vd. la n. a 2, 3 culinam), nella cui opera
il cuoco anche, in metafora, lo scrittore (cfr. IX 81, 3 sg.). tamquam:
considerato unpoetisch da Axelson 1945, p. 88 sg., ricorre spesso in Ovidio
(28 occorrenze), Marziale (16) e Giovenale (18).
4. attulerit: con il signicato di portare in tavola (OLD s.v. nr. 3) ricorre
ancora in III 50, 3; Marziale utilizza abitualmente ponere (per cui vd. la n.
a 45, 5). - numquam sic ego crudus ero: la pointe costituita da un gioco
di parole sullaggettivo crudus, che, riferito ai cibi, signica crudo (v. 3
tamquam omnia cruda attulerit), mentre riferito a una persona signica
indigestus; per questa accezione dellaggettivo vd. ThlL IV 1235, 44 sgg.;
cfr. IV 49, 4 crude Thyesta (ma per alcuni crudele: vd. ThlL IV 1236,
31); XII 76, 2 ebrius et crudus. Da escludere linterpretazione di Perotti
(annotata in v2), che integra le parole conclusive di Marziale con: ut per
iniuriam cocum castigem.

184

M. Val. Martialis liber tertius

14
Romam petebat esuritor Tuccius
profectus ex Hispania.
Occurrit illi sportularum fabula:
a ponte rediit Mulvio.
tit. de tuccio LPf : de titio Q 1 esuritor tuccius LPX: esuritor tuctius f esuritor ducius f
esuritor ticcius Q exuritor ticcius Q esurit orto cocius EA esuritorco cocius V 3 fabula
: fabulla
4 a ponte EA: ad ponte X ad pontem V rediit Qlv1 ed. Rom. 1 ed. Ven.
ed. Ald.: redit LPf
mulvio Lf : milvio PQf

Si dirigeva a Roma laffamato Tuccio


partito dalla Spagna.
Lo raggiunse la voce delle sportule:
ritorn indietro da ponte Milvio.
Secondo epigramma del libro dedicato al tema dellabolizione della
sportula (per cui vd. la n. intr. allepigr. 7). Laffamato Tuccio, conterraneo
del poeta, si dirige a Roma nella speranza di diventare cliente di qualche
ricco signore, ma, raggiunto dalla notizia della eliminazione delle sportulae,
se ne torna mestamente indietro.
La sportula appare qui come lunico mezzo di sostentamento a Roma
per un indigente (cfr. anche epigr. 30). Marziale si limita a rappresentare,
astenendosi da qualsiasi commento, una situazione che il provvedimento di
Domiziano doveva aver reso non infrequente. Il nome Tuccius ricorre in
Marziale soltanto in questo epigramma e, solo nei codici della famiglia , in
V 4, 1 (dove per senzaltro corretto il nome femminile Myrtale di ; cfr. vv.
3 hanc ; 6 Myrtale ; sulla variante vd. Schmid 1984, pp. 418-420). Esso
compare in unottantina di iscrizioni a Roma (vd. RE VII A 1, 766 sgg.).
Il metro un sistema epodico giambico: un distico formato da un trimetro
giambico e da un dimetro giambico. Tale forma metrica, introdotta nella
letteratura latina da Orazio in epod. 1-10, risale ad Archiloco (fr. 172-181);
vd. anche Hipp. fr. 118 West; [Verg.] Catal. 13. Marziale lo utilizza anche
in I 49; IX 77; XI 59; cfr. anche I 61 (scazonte + dimetro giambico);
sulluso di Marziale vd. Giarratano 1908, p. 72 sg.

Epigramma 14

185

1. Romam: la meta agognata da Tuccio; il sostantivo signicativamente


collocato in apertura di epigramma, come in III 4, 1 Romam vade,
liber. esuritor: il sostantivo, formato dal verbo esurio, hapax nella
letteratura latina (in Marziale compare esuriens in IX 80,1; XIV 204, 2).
La forma associa comicamente il sufsso tor a un verbo che designa non
unattivit, bens uno stato e qualica Tuccio come una sorta di affamato
di professione. Si tratta probabilmente di un neologismo di Marziale, che
mostra una particolare predilezione per il sufsso tor (vd. Watson 2002,
p. 243 sg.): cfr., ad es., I 41, 3 ambulator (molto raro; in poesia attestato
solo in M.); 70, 18 salutator (in poesia solo in M.); III 82, 16 sciscitator
(molto raro; M. ne offre la prima attestazione); X 4, 4 dormitor (hapax);
XI 39, 1 motor (in poesia nel solo M.); XI 98, 1 basiator (solo in M. e nei
glossari); XIV 54, 1 plorator (hapax).
2. profectus ex Hispania: la scelta del luogo di provenienza senzaltro
signicativa (Citroni 1987, p. 143), anche se non ci vedrei un riferimento
autobiograco (vd., ad es., Merli 1998, p. 145 n. 24): Marziale, che a Roma
era entrato in stretto contatto con la prominente famiglia degli Annei,
non era certo mai stato un esuritor. Avr inuito sulla scelta anche la
notevole lontananza da Roma della Spagna, messa in risalto dalla studiata
collocazione dei due nomi (luno come incipit depigramma, laltro nella
chiusa del v. 2), che rende la decisione nale del protagonista ancora pi
amara.
3. occurrit: senza altre specicazioni il verbo sottintende in genere
animo, menti, oculis (vd. ThlL IX 2 396, 81-397, 22); qui bisogna intendere
auribus. - sportularum fabula: la notizia dellabolizione della sportula (cfr.
epigr. 7).
4. a ponte rediit Mulvio: la coordinazione asindetica con il v. 3 evidenzia
la rapidit della decisione del protagonista e contribuisce a conferire allepigramma un tono di amara comicit. Il ponte Milvio, poco pi a nord del
Mausoleo di Augusto, costituiva laccesso a Roma per chi giungeva da nord
attraverso la via Flaminia (vd. Platner-Ashby, s.v.). Lindigente Tuccio aveva
dunque compiuto il viaggio per via di terra. Il ponte nominato ancora
da Marziale in IV 64, 23 cum sit tam prope Mulvius. Il verso presenta un
tribraco in seconda sede; in Marziale vi sono altri tre esempi (I 49, 34; 61,
8. 10) su un totale di appena 34 dimetri; in Orazio lunico caso in epod.
2, 62.

186

M. Val. Martialis liber tertius

15
Plus credit nemo tota quam Cordus in urbe.
Cum sit tam pauper, quomodo? Caecus amat.
tit. de cordo
1 plus Lfs.l. : plos LPQf credit : credet
tota quam Gc: quam
tota
cordus LPQfs.l. : cordum f codrus Chbkvv1v2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom.
2 ed. Ald.

Nessuno in tutta la citt fa pi credito di Cordo.


In che modo, visto che tanto povero?. Ama ciecamente.
Lepigramma prende di mira ancora un amante accecato dalla passione
(sul tipo vd. la n. intr. allepigr. 8). La pointe giocata sul doppio senso
del verbo credere, che pu signicare prestare denaro e credere, avere
ducia (per altri esempi di questo genere in Marziale vd. Gerlach 1911, p.
14 sg.). La narratio del v. 1 induce a pensare a un ricco che presta denaro. Da qui scaturisce il quesito di un interlocutore ttizio (cum sit tam
pauper, quomodo?), che consente al poeta larguzia conclusiva: Cordo
ama ciecamente e dunque crede, ha ducia completa in ci che gli dice la
sua innamorata.
Il nome Cordus, abbastanza comune a Roma (vd. ThlL onom. II 595,
75-596, 50), ricorre in Marziale anche in II 57; III 83; V 23; 26. In II 57, V
23 e 26 si tratta di un conoscente del poeta (cfr. V 23, 8 meus Cordus),
dalle scarse risorse economiche (non possiede il censo equestre: cfr. V
23, 7 sg.), ma che ama vestire con eleganza (Marziale lo denisce alpha
paenulatorum in II 57, 4; V 26, 1). In questo epigramma probabile si
tratti di un nome ttizio. Cordus ricorre anche in Iuv. 1, 2 (poeta autore
di una Teseide); 3, 203. 208 (un povero). In entrambi i casi la tradizione
di Giovenale attesta anche la variante Codrus, preferita da alcuni editori
nei passi della terza Satira (a favore di Cordus vd. J.G. Grifth, CR
1, 1951, p. 139; Courtney, pp. 84; 182; S. Grazzini, Maia 47, 1995, p.
38 sgg.). Codrus, diffuso nella vulgata umanistica, era stato accolto in
questo epigramma da Schneidewin1, ma poi abbandonato per Cordus in
Schneidewin2.

Epigramma 15

187

1. credit: il gioco di parole sul doppio senso del verbo credere si trova gi
in Plaut. Curc. 540 sgg. LY. nec tu quidem umquam subiges redditum ut
reddam tibi, / nec daturus sum. TH. idem ego istuc, quom credebam credidi,
/ te nil esse redditurum; Sen. suas. VII 5 credamus Antonio, Cicero, si bene
illi pecunias crediderunt faeneratores; cfr. anche Cic. Att. I 16, 10; VI 2, 3;
fam. VII 27, 1. nemo tota in urbe: il ricercato accostamento nemo tota
mette in risalto leccezionalit del personaggio e prelude al capovolgimento
nale. Marziale utilizza il nesso tota in urbe in altri epigrammi satirici, al ne
di amplicare leffetto comico: cfr. I 73, 1; II 72, 6; IV 84, 1; XII 38, 2; sulluso
del nesso in relazione alla circolazione di poesia diffamatoria vd. Fabbrini
2002, pp. 543-556. Lordo verborum conservato soltanto da Gc (tota quam)
appare nettamente preferibile a quello del resto della tradizione (quam tota)
per via della cosiddetta legge di Marx, che sancisce il divieto di porre un
monosillabo tra cesura pentemimere e parola spondaica (vd. Marx 1922, pp.
198; 210 sgg.). La lezione di Gc, sostenuta da Gilbert 1884, p. 516 e accolta
nella sua edizione, stata successivamente preferita da tutti gli editori. Sulla
legge di Marx vd. anche H. Drexler, Einfhrung in die rmische Metrik,
Darmstadt 1967, p. 99; J. Hellegouarch, Le monosyllabe dans lhexamtre
latin. Essai de mtrique verbale, Paris 1964, p. 106 sgg.; Id., Les yeux de
la marquiseQuelques observations sur les commutations verbales dans
lhexamtre latin, REL 65, 1987, pp. 261-281; L. De Neubourg, La base
mtrique de la localisation des mots dans lhexamtre latin, Bruxelles 1986,
p. 128 sgg. La stessa incertezza sullordo verborum presentano i codici di
Marziale in altri casi: cfr., ad es., I 92, 5 sed si nec focus est nudi nec sponda
grabati (nec nudi T); III 36, 3 horridus ut primo semper te mane salutem
( ; te semper ); 65, 3 vinea quod primis oret cum cana racemis ( ; cum
oret T ); VII 21, 1 haec est illa dies, magni quae conscia partus ( ; quae
magni R ).
2. Cum sit tam pauper, quomodo?: lintervento di un interlocutore ttizio,
che riproduce una situazione dialogica, un tratto frequente negli epigrammi
di Marziale e prepara spesso, come in questo caso, la pointe (vd. Siedschlag
1977, p. 26 sg.): cfr., ad es., I 10, 4; II 11, 10; 17, 5; 28, 5; 49, 2; 56, 4; III 84,
2; IV 53, 8; 71, 5 sg.; 77, 4; 84, 4; 85, 1; V 43, 2; VI 77, 9; IX 4, 4; 22, 16; X
74, 12. Caecus amat: lamante accecato dalla passione crede a tutto ci che
gli dice lamata: cfr. Petron. 37, 5 mero meridie si dixerit illi (sc. Fortunata
Trimalchioni) tenebras esse credet. Larguzia dellepigramma si perde se si
interpreta caecus in senso proprio (come, ad es., Burger, in ThlL III 42, 47).

188

M. Val. Martialis liber tertius

16
Das gladiatores, sutorum regule, Cerdo,
quodque tibi tribuit subula, sica rapit.
Ebrius es: neque enim faceres hoc sobrius umquam,
ut velles corio ludere, Cerdo, tuo.
Lusisti corio: sed te, mihi crede, memento
nunc in pellicula, Cerdo, tenere tua.

hab. R tit. ad cerdonem R


1 das gladiatores RLPf : da gladiatorem Q Cerdo
Crusius (et in vv. 4. 6; item in 59, 1 et 99, 1): cerdo R EAXV credo A 2 tribuit
R XV: tribui EAV sica rapit LPfEAX: sicca rapit RPQV 3 enim faceres hoc sobrius
RPf : enim faceres haec sobrius Q enim hoc faceres sobrius f hoc mihi faceres sobrius
L 4 cerdo : cerde R 5 corio REAXV: satis est V te : tu R 6 nunc R EAV:
hunc X in pellicula PQf : impellicula L in pellicola R

Offri uno spettacolo gladiatorio, o Cerdone, reuccio dei calzolai,


e quanto ti ha dato la lesina, te lo strappa la daga.
Sei ubriaco: infatti non potresti mai far questo da sobrio,
voler giocare, o Cerdone, con la tua pelle.
Hai giocato con la pelle: ma ora, credimi, ricordati
5
di stare nella tua pelluccia, o Cerdone.
Lepigramma prende di mira Cerdone (sul nome parlante vd. infra),
ciabattino arricchito, che ha offerto uno spettacolo gladiatorio a Bologna
(la citt nominata in III 59, 1 sutor Cerdo dedit tibi, culta Bononia,
munus). Marziale lo invita a stare nei propri limiti.
La satira contro il tipo del parvenu ha celebri precedenti nella
letteratura greco-latina: dal
anacreonteo (fr. 54 D.
= 82 G.) allanonimo tribunus militum dellEpodo quarto di Orazio, no
al Trimalchione di Petronio. In questo caso allorigine dellaggressione
satirica sta il disprezzo degli intellettuali greci e romani verso le arti
banausiche: indegne di essere svolte da un uomo di nascita libera, esse
imprimono sullindividuo un marchio indelebile. A ci si aggiunge, da
parte di Marziale, lamarezza di chi ritiene poco riconosciuta la propria
arte, diversamente da quanto accadeva in passato, e vede, di contro, persone prive di gusto e di educazione raggiungere ricchezze e onori (vd. la

Epigramma 16

189

n. a 4, 7 sg.). Il motivo tra i pi presenti nella produzione di Marziale:


tra i personaggi oggetto di satira la gura dominante, presente nellarco di
quasi tutta lopera di Marziale, Zoilo (cfr. II 16; 19; 42; 58; 81; III 29; 82;
IV 77; V 79; VI 91; XI 12; 30; 37; 54; 85; 92; XII 54), del quale sono state
sottolineate puntuali somiglianze con il Trimalchione petroniano (vd. la n.
intr. allepigr. 82; Colton 1982). Un ciabattino arricchito ancora oggetto
di satira in IX 73 (su cui vd. Parroni 1979).
Mentre a Roma in questa et non era consentito che un privato offrisse
un munus gladiatorio, in provincia ci avveniva di frequente (vd. Ville
1981, pp. 161 sgg.; 200 sgg.; Mosci Sassi 1992, p. 39 sgg.). Il divieto tuttavia
non doveva essere rispettato completamente, come mostra Iuv. 3, 34
sgg. quondam hi cornicines et municipalis harenae / perpetui comites
notaeque per oppida buccae; / munera nunc edunt et, verso pollice vulgus
/ cum iubet, occidunt populariter. Era celebre il caso del sutor Vatinio,
arricchitosi durante il principato di Nerone facendo il delatore, che aveva
offerto a Benevento, sua citt dorigine, un munus gladiatorio (cfr. Tac.
ann. XV 34; in Marziale Vatinio ricordato per le coppe che portavano
il suo nome in X 3, 4; XIV 96; vd. anche Iuv. 5, 46 sg.). Uno spettacolo
gladiatorio offerto da un certo Atilio, libertini generis, a Fidene sotto
il regno Tiberio (27 d.C.), si concluse in tragedia poich lanteatro che
Atilio aveva fatto costruire, privo di basi solide, croll sotto il peso della
folla, provocando una strage. Atilio fu esiliato e un decreto del senato
stabil che non potesse offrire spettacoli gladiatori chi aveva una rendita
inferiore a 400000 sesterzi e che non si costruissero anteatri se non su
terreni di provata solidit (il racconto in Tac. ann. IV 62 sg.).
Lepigramma uno tra i pochi del libro che prendono spunto dallambiente
cispadano (vd. lIntroduzione, p. 61 sg.). Nellepigr. 59 Marziale menziona
nuovamente la vicenda del sutor, afancandola a un altro caso di evergetismo
a opera di un fullo a Modena. Nellepigr. 99 del libro Marziale replica allira
del sutor per essere stato preso a bersaglio da questo epigramma.
Cerdo nome parlante (dal greco
, guadagno).

attestato come nome proprio di schiavi o artigiani: cfr. Ps. Dem. 53, 19;
Euphro, fr. 9, 7 K.-A. (apud Athen. IX 377 D); ricorre in un frammento
comico (P.S.I. 99) attribuibile allEncheiridion di Menandro (vd. D. Del
Corno, PP 23, 1968, pp. 306-308). Nei mimiambi di Eroda
,
citato in 6, 48 e protagonista del componimento 7, uno
; vd.
inoltre Fraser-Matthews, I, p. 254; II, p. 257; III A, p. 240. In ambito latino

190

M. Val. Martialis liber tertius

il nome diffuso per schiavi e liberti (cfr. CIL VI 44; 200; 4327; 36245;
vd. ThlL onom. II 335, 26 sgg.); ricorre nel titolo di una fabula di Novio
(Bubulcus Cerdo) in Non. p. 89, 26 M.; in Petron. 60, 8 Cerdo uno dei
Lari di Trimalchione (gli altri due sono Felicio e Lucrio); in Apul. met.
II 13 il nome di un negotiator. Cerdo anche attestato come nome
comune nellaccezione di persona di inmo grado sociale, plebeo: cfr.
Pers. 4, 51 respue quod non es; tollat sua munera cerdo; Iuv. 4, 153 sg. sed
periit postquam cerdonibus esse timendus / coeperat; 8, 181 sg. quae /
turpia cerdoni, Volesos Brutumque decebunt?; CGL V 653, 34 cerdones:
pauperes inmi; 494, 27 certones (sic): vulgares; Schol. Iuv. 4, 153 cerdo
est proprie turpis lucri cupidus; 8, 181 sg. cerdoni. graece dixit turpem
vulgarem lucri cupidum; Schol. Pers. 4, 51 per cerdonem plebeiam turbam
signicat. ita populus dictus,
, id est a lucro. Tuttavia
che qui si tratti di nome proprio (come in 59, 1; 99, 1), come proposto da
Crusius, p. 150, assicurato dal fatto che accompagnato da apposizione,
sia qui (1 sutorum regule) che in 59, 1 (sutor); sulla questione vd. Van
Wageningen 1912, p. 147 sgg. Cerdo come nome proprio si affermato
nelle edizioni di Marziale a partire da Heraeus.
1. Das: dare comunemente usato in relazione agli spettacoli pubblici
nel senso di edere: cfr. III 59, 1 sg. sutor Cerdo dedit tibi, culta Bononia,
munus, / fullo dedit Mutinae. nunc ubi copo dabit?; vd. ThlL V 1,
1677, 65 sgg. gladiatores: metonimia comune per ludi gladiatorii, la
cui prima attestazione si trova in Ter. Hec. 40 datum iri gladiatores (vd.
ThlL VI 2, 2007, 84 sgg.; Mosci Sassi 1992, p. 106 sg.). sutorum regule:
lipocoristico ha valenza dispregiativa (cfr. v. 6 pellicula). Sullampio
uso della Umgangssprache di diminutivi vd. Hofmann, LU, p. 297 sgg.;
Hofmann-Szantyr, p. 772 sgg. noto il ruolo svolto dai neoterici e da
Catullo nellintroduzione dei diminutivi nella lingua poetica latina (vd.
Lunelli 1969, p. 167 sg.; Ronconi 1971, pp. 87-130). Sulluso di Marziale
vd. Watson 2002, p. 239 sgg.
2. subula: termine tecnico, che offre ovviamente poche attestazioni
letterarie (cfr. Sen. epist. 82, 24; 85, 1; Apul. or. 9; vd. V. Chapot, s.v.
sutor, in Daremberg-Saglio IV 2, p. 1570 sgg.). In poesia ricorre soltanto
qui. sica: si tratta di una spada corta, con la lama ricurva, arma delle
popolazioni tracio-illiriche e, di conseguenza, dei gladiatori chiamati
Thraeces (vd. A.J. Reinach, s.v. sica, in Daremberg-Saglio IV 2, p. 1300 sg.;

Epigramma 16

191

G. Lafaye, s.v. gladiator, in Daremberg-Saglio II 2, p. 1587; Mosci Sassi


1992, ss.vv. sica, Thraex). Da sica deriva sicarius: cfr. Isid. orig. XVIII 6,
8 sica a secando dicta est. est enim gladius brevis, quo maxime utuntur
qui apud Italos latrocinia exercent; a quo et sicarii dicti sunt. Qui indica,
con efcace metonimia che ne mette in rilievo la crudezza, i ludi gladiatori
(vd. anche la n. a 99, 4 iugulare). La menzione degli strumenti di lavoro
del sutor e del gladiator, disposti a chiasmo con i verbi (tribuit subula sica
rapit) serve a Marziale per evidenziare la spregevolezza del personaggio,
che trae le sue ricchezze da uno strumento umile e le dissipa con uno
strumento di morte. rapit: nel verbo insita una condanna morale per
un tale uso del denaro: cfr. VII 32, 6 et rapit immeritas sordidus unctor
opes.
3. ebrius es: equivale a insanis, insanus es: cfr. Plaut. Men. 373 aut insana
aut ebria est; Varro Men. 60 ebrius es, Marce, Odyssian enim Homeri
ruminari incipis, cum
scripturum te Seio receperis.
4. corio ludere tuo: espressione proverbiale che signica giocare sulla
propria pelle ovvero rischiare in prima persona (vd. Otto, Sprichwrter,
s.v. corium, p. 92; Tosi 1994, nr. 1600); vi allude scherzosamente Tert.
pall. 3 hoc soli chamaeleonti datum, quod vulgo dictum est, de corio suo
ludere (lopposto in Apul. met. VII 11 re vera ludis de alieno corio;
cfr. anche VII 15 panem sibi quisque de meo parabat corio; Hier. epist.
54, 5 cave nutrices et gerulas et istius modi venenata animalia, quae
de corio tuo saturari ventrem suum cupiunt). In questo caso il corium
anche la materia del lavoro del sutor, che gli ha consentito di ludere,
ovvero ludos gladiatorios edere (cfr. Adnot. Lucan. V 402 ludi luduntur a
consule; vd. ThlL VII 2, 1773, 61 sgg.). Marziale gioca con lambivalenza
dellespressione (anche nel verso seguente: lusisti corio). Corium, termine
tratto dalla sfera quotidiana, ricorre raramente in poesia (Lucrezio, Virgilio
georg., Orazio sat., Fedro, Giovenale).
5. Lusisti corio: anche qui, come nel verso precedente, lespressione va
letta nei due sensi (vd. la n. al v. 4). Linsistenza di Marziale sugli strumenti di lavoro del sutor (subula, corium) mette in evidenza lumilt del
personaggio e prelude alla conclusione, ancora allusiva al mestiere di
sutor; cfr. anche IX 73, 1-4 dentibus antiquam solitus producere pelles /
et mordere luto putre vetusque solum, / Praenestina tenes decepti regna
patroni, / in quibus indignor si tibi cella fuit. Lusisti corio, tramandato da
REAXV1, pertanto senzaltro preferibile a lusisti satis est di V2, frutto

192

M. Val. Martialis liber tertius

forse di interpolazione da VI 45, 1 lusistis, satis est: lascivi nubite cunni;


cfr. anche V 16, 13 belle inquis dixti: iuvat et laudabimus usque. (iuvat
et edd. vivat et T satis est satis ). Lusisti satis est appare espressione
decisamente scialba, che mal si lega con lavversativa seguente. mihi
crede: su questo inciso vedi la n. a 5, 3. memento: luso di memento con
linnito attestato a partire da Plauto e ricorre specialmente nella prosa
epistolare (cfr. Cic. Att. V 9, 2; Sen. epist. 24, 12; Plin. epist. V 16, 10) e
in poesia, per lo pi con tono didascalico (cfr. Lucr. II 66; Verg. ecl. 3, 7;
georg. II 259; Aen. II 549; VI 851; Hor. carm. I 7, 17 sg.; II 3, 1 sg.; 17,
31; III 29, 32 sg.; Tib. I 8, 27; Prop. II 13, 39; 19, 27; 25, 33; Ov. am. I 12,
5; ars II 201; epist. 13, 67; met. XIV 724; rem. 217; trist. I 1, 49; III 11,
29); vd. Hofmann-Szantyr, p. 356. Nellesametro occupa sempre la ne di
verso (spesso immediatamente preceduto dallinnito): vd. E. Zinn, Die
Praeposition apud in der hexametrischen Poesie, Philologus 94, 1941,
p. 293 sg. In Marziale ricorre sempre in ne di verso: cfr. VIII 59, 5; XIV
20 (19), 1 (esametri); VII 89, 4; XI 15, 11 (faleci). Con questa espressione,
rafforzata dallinciso mihi crede, Marziale, dalla posizione di superiorit
garantitagli dalla sua condizione sociale, ammonisce il sutor.
5 sg. te / in pellicula tenere tua: ancora unespressione
proverbiale (vd. Otto, Sprichwrter, s.v. pellis, p. 272; Tosi 1994, nr.
541) che corrisponde a tenersi nei propri limiti. La sua origine va forse
rinvenuta nella favola della rana, che per il desiderio di diventare grande
come un bue, si gon no a scoppiare (cfr. Phaedr. I 24; Hor. sat. II 3,
314-320; Mart. X 79, 9). Con questa locuzione Orazio esprime la critica che
subirebbe nelleventualit che lui, libertino patre natus, aspirasse a cariche
di rilievo: quoniam in propria pelle non quiessem (sat. I 6, 22; cfr. lo scolio
di Porrione: ex proverbio sumptum est; eos namque qui mediocritatis suae
obliti maiora se ipsis adpetunt, solemus dicere non continere <se> intra
pelliculam suam). Lo stesso concetto espresso in altre forme proverbiali:
cfr., ad es., Ov. trist. III 4, 25 sg. intra / Fortunam debet quisque manere
suam con il commento di Luck; Tosi 1994, nrr. 542; 543. Marziale mette in
risalto le espressioni proverbiali attraverso la loro collocazione al principio
o alla ne dellepigramma, secondo un uso catulliano: cfr. I 27, 7; II 43, 1.
16; Catull. 70, 4; 93, 2; 94, 2. Anche qui, come nei vv. 4-5, agisce il doppio
senso: il ciabattino deve rimanere nella sua pelle, dunque nei suoi limiti,
ma anche nella pelle che lavora (il disprezzo per i sutores traspare anche
da unaltra nota forma proverbiale, ne sutor ultra crepidam, che invita a

Epigramma 16

193

tenersi nei propri limiti, a non giudicare oltre le proprie competenze: vd.
Tosi 1994, nr. 543). Il diminutivo pellicula, che in poesia ricorre solo nei
satirici, ha valore dispregiativo (vd. Hanssen 1951, p. 146; ThlL X 1, 1000,
67 sgg.; cfr. anche v. 1 regule; 9, 1 versiculos): cos in Hor. sat. II 5, 37
sg. ire domum atque / pelliculam curare iube; Iuv. 1, 10 sg. unde alius
furtivae devehat aurum / pelliculae.

194

M. Val. Martialis liber tertius

17
Circumlata diu mensis scribilita secundis
urebat nimio saeva calore manus;
sed magis ardebat Sabidi gula: protinus ergo
sufavit buccis terque quaterque suis.
Illa quidem tepuit digitosque admittere visa est,
sed nemo potuit tangere: merda fuit.

hab. R tit. de sabidio LQf : de sabido R de sabino P 1 circumlata RLPQf : circumiacta


fs.l. diu mensis R : dimensis
scribilita v2 Goetz et Loewe in praef. ed. Plauti
Poen. p. XXV: scriblita Vin mg. Calderini ed. Ald. 1501 scribit ita AXVv2 scripsit ita E
inscripta R incripta R secundis R XV: secundus EA 3 sabidi gula LQfXV: sabidi
guila EA sabidicula R sabido gula Q sabida gula P 4 sufavit buccis RLPfVs.l.: sufabit
buccis EAXV buccis sufavit Q 5 admittere R V: amittere EAXV

Una focaccia, a lungo fatta passare in giro con le ultime portate,


bruciava terribilmente le mani per leccessivo calore;
ma era pi ardente la gola di Sabidio: subito dunque
vi sof ripetutamente con la bocca.
Quella divenne tiepida e parve che si potesse prendere in mano,
ma nessuno pot toccarla: era merda.

Sabidio, sofando sopra una focaccia per raffreddarla, la rende immangiabile.


Il personaggio probabilmente impurus ore e per gli antichi il cattivo alito era
fra le spiacevoli conseguenze del sesso orale, pratica considerata moralmente
riprovevole (vd. Richlin 1992, p. 26 sgg.; Obermayer 1998, pp. 214-231). Il
motivo ricorre in Catullo (79; 80; 88, 8; 97; 98) e in numerosi epigrammi di
Marziale. Spesso proprio il cattivo odore della bocca di un personaggio (oppure
luso eccessivo di profumi per eliminarlo) lelemento attraverso il quale il poeta
ne rivela le turpi pratiche sessuali: cfr., ad es., I 83; II 10; 12; 15; 21; 42; III 28;
77; IV 39; VI 44; 55; XI 30; 95; XII 85. Presenta una pointe simile a quella di
questo epigramma VII 94 unguentum fuerat quod onyx modo parva gerebat:
/ olfecit postquam Papylus, ecce, garumst, dove il profumo (che lascia pensare
a una situazione conviviale: vd. la n. intr. allepigr. 12), dopo lintervento di
Papilo, diviene garum (vd. anche lepigr. 28 di questo libro). In entrambi i casi
Marziale realizza la pointe in modo allusivo, lasciando al lettore il compito di

Epigramma 17

195

individuare lorigine del cattivo alito dei due personaggi. Un precedente per
questi epigrammi costituito, come rilevato da Citroni 1985, p. 189, da AP XI
240 di Lucillio:
.
Il nome Sabidius, qui con ogni probabilit ttizio, ricorre anche in I 32 non
amo te, Sabidi, nec possum dicere quare: / hoc tantum possum dicere, non
amo te, che allude probabilmente al c. 85 di Catullo; poco convincente lipotesi,
suggerita anche dalla presunta identit con il protagonista di questo epigramma,
che Marziale alluda a un vizio di Sabidio cos spregevole da non potersi dire
o alla mancanza di parole adeguate ad esprimere il suo disgusto (nec possum
dicere quare; per questa interpretazione vd. Jocelyn 1981, p. 278 sg.).
1. mensis secundis: le mensae secundae erano costituite da frutta o
dolci (vd. Marquardt 1886, p. 326 sgg.): cfr. V 78, 11-15 mensae munera
si voles secundae, / marcentes tibi porrigentur uvae / et nomen pira quae
ferunt Syrorum, / et quas docta Neapolis creavit, / lento castaneae vapore
tostae; Varro rust. III 16, 5 mel ad principia convivii et in secundam
mensam administratur; inoltre Verg. Aen. VIII 283; Hor. sat. I 3, 6 sg.;
II 2, 121 sg.; Ov. met. VIII 673; IX 91 sg.; Petron. 68, 1. 2. La iunctura
ricorre nella stessa posizione metrica in Verg. georg. II 101. In Marziale
cfr. anche III 50, 6 tertius est (sc. liber) nec adhuc mensa secunda venit.
scribilita: congettura certa di Goetz e Loewe nella praefatio alledizione
del Poenulus (Lipsiae 1884, p. XXV); scribilita si legge per gi in v2,
afancata dallannotazione di Perotti: scribilita genus edulii est instar
placentae. Vide Catonem (sorptita reca per led. Rom. 2; la correzione nel
manoscritto potrebbe pertanto essere successiva alla stampa). Scribitilla
leggeva invece Domizio Calderini nella nota dei Commentarii, che, negli
addenda posti alla ne della stampa del 1474, modic in scriblita (vd.
Campanelli 2001, p. 58 sg. n. 75). I codici medievali tramandano scribit
ita (AXV; scripsit ita errore singolare di E) e inscripta (R ). Proprio
la lezione di AXV (senzaltro nellarchetipo della famiglia) rende la forma
scribilita pi probabile dellaltra, pur attestata e accettabile metricamente,
scriblita (preferita da Friedlaender e Gilbert). Si tratta di una focaccia con
formaggio: cfr. Cato agr. 78 scriblitam sic facito: in balteo, tractis, caseo
ad eundem modum facito uti placentam, sine melle, coquitoque; poteva
essere servita fredda con del miele caldo versato sopra (Petron. 66, 3). Il
vocabolo piuttosto raro: ricorre ancora in Plaut. Poen. prol. 43 nunc dum

196

M. Val. Martialis liber tertius

scribilitae aestuant, occurrite; Petron. 35, 4; 66, 3 bis (nelle occorrenze


petroniane il Traguriensis [H] tramanda sciribillita in 35, 4 e sciribilita in
66, 3 bis, che gli editori hanno variamente corretto); scribilitarius ricorre
in Afran. 161 p. 184 R. pistori nubat? cur non scribilitario? (= Non.
131, 24 M.).
2. nimio calore: il nesso ricorre in IX 90, 9 infamem nimio calore
Cypron.
3. ardebat gula: gula nellaccezione metonimica di voracit frequente
in Marziale: cfr. I 20, 3; II 40, 8; V 50, 6; 70, 5; VII 20 ,18; XI 86, 6; XIII 62, 2;
XIV 220, 2; vd. ThlL VI 2, 2356, 5-2357, 11. Il vocabolo evitato nellepica;
ricorre in Plauto e Lucilio, ma non in Terenzio; compare una sola volta in
Properzio e Ovidio, 3 in Orazio (2 nelle Satire; 1 nelle Epistole). Marziale e
Giovenale ne fanno un ampio uso (12 e 6 occorrenze rispettivamente); vd.
Trnkle 1960, p. 119. La metafora che associa la gula al fuoco, la cui amma
consuma tutto incessantemente, ricorre in Ovidio a proposito di Erisittone:
cfr. met. VIII 845 sg. implacatae vigebat / amma gulae; VIII 828
furit ardor edendi; cfr. anche Aug. doctr. christ. III 12, 19 foedissima gulae
amma. Ardeo ha spesso valore traslato, ma mai riferito alla gola (vd. ThlL
II 484, 69 sgg.).
4. sufavit: il verbo appartiene alla Umgangssprache; ricorre in Plauto,
Varrone Men., Orazio sat., Persio, Petronio, Plinio nat. Il suo ampio utilizzo
nel latino cristiano prelude allesito romanzo. buccis suis: si tratta di un
vocabolo tipicamente familiare; in poesia ricorre pi volte in Plauto e nei
satirici; in Marziale 9 volte (2 nel senso di boccone). terque quaterque: il
nesso frequentissimo in poesia per indicare pi volte; in Marziale compare
in I 52, 8; 103, 6; VI 93, 10; X 1, 3; 11, 6; cfr. anche bis terque in V 14, 3; VI
64,15; IX 6 (7), 3; bis terque quaterque in VI 66, 7; ter quater in X 56, 2.
5. digitos admittere visa est: il nesso digitos admittere ricorre in Ov. am.
I 4, 37 nec sinus admittat digitos, in una serie di prescrizioni che il poeta
d alla sua amante per quando si trover al banchetto insieme a suo marito,
cui non dovr concedersi in nulla (v. 14 sgg.).
6. merda: luso metaforico e precorre quello familiare delle lingue
moderne (ad es.: fr. ctait de la merde; ingl. it was a shit): vd. Adams,
LSV, p. 233 sg. Il termine, per la sua forte volgarit, attestato raramente
in ambito letterario: una volta in Orazio sat. e Fedro. In Marziale si trova,
oltre che qui, solo in I 83, 2. In entrambi i casi la collocazione nella chiusa
accresce la forza dellinvettiva (anche in I 83 si tratta di una fellatrix).

Epigramma 18

197

18
Perfrixisse tuas questa est praefatio fauces.
Cum te excusaris, Maxime, quid recitas?
hab. T cum 19 con. Q tit. ad maximum LPf : de maximo T de maximio Q de ursa
Q (ad 19 pertinens) 1 perfrixisse TLPQE, fut vid.: perfrinxisse XV perxisse Af est
TLPQ : es f praefatio
: praefaco T 2 excusaris V: excussare T exuraris EAXV
recitas TLPf : facias Q

Nella premessa ti sei lamentato di aver preso il mal di gola.


Dopo che ti sei scusato, o Massimo, perch reciti?
Sebbene lamenti un mal di gola, Massimo non rinuncia alla sua recitatio.
La moda delle recitazioni, introdotta a Roma da Asinio Pollione (cfr. Sen.
contr. IV 2), uno dei temi preferiti dai satirici: cfr. Hor. sat. I 4, 22 sgg.
cum mea nemo / scripta legat, volgo recitare timentis ob hanc rem /
quod sunt quos genus hoc minime iuvat; 4, 73 sg. nec recito cuiquam nisi
amicis, idque coactus, / non ubivis coramve quibuslibet; Pers. 1 passim; il
motivo ricorrente in Giovenale: cfr. 1, 1 sgg. semper ego auditor tantum?
numquamne reponam / vexatus totiens rauci Theseide Cordi? / inpune
ergo mihi recitaverit ille togatas, / hic elegos eqs.; 3, 6 sgg. nam quid tam
miserum, tam solum vidimus, ut non / deterius credas horrere incendia,
lapsus / tectorum assiduos ac mille pericula saevae / urbis et Augusto
recitantes mense poetas?; 7, 82-87, dove, secondo linterpretazione di V.
Tandoi (Il ricordo di Stazio dolce poeta nella Sat. VII di Giovenale, Maia
21, 1969, pp. 103-122 = Tandoi 1992, pp. 802-817), Giovenale accusa con
tono sarcastico lasservimento di Stazio ai gusti deteriori del pubblico delle
recitationes. Plinio il Giovane fornisce ulteriori testimonianze sulla grande
diffusione di recitationes a Roma, ma, diversamente dai satirici, mostra
soddisfazione per lalto numero di persone dedite alla poesia, si lamenta
dello scarso successo delle recitazioni, cui egli partecipa assiduamente,
recita egli stesso le proprie composizioni (cfr. epist. I 13; III 10; 18; V
3; 12; VIII 21). Marziale, che pure ne era un frequentatore (cfr. X 70, 10
auditur toto saepe poeta die), schernisce in vari epigrammi la pratica delle
recitationes e quei poetastri che non possono fare a meno di recitare: cfr.

198

M. Val. Martialis liber tertius

I 63; II 88; IV 41; IX 83; XIV 137 (142); in questo libro costituiscono
un ciclo contro il poetastro Ligurino, instancabile recitator, gli epigr. 44;
45; 50 (vd. la n. intr. allepigr. 44). Un motivo analogo a quello di questo
epigramma svolto in VI 41 qui recitat lana fauces et colla revinctus,
/ hic se posse loqui, posse tacere negat. Sulla moda delle recitazioni vd.
Friedlaender, SR III, p. 225 sgg.; RE, s.v. recitationes, I A, 435, 54-446, 20;
il commento di Mayor a Iuv. 3, 9.
Il nome Maximus ricorre in I 7; 69; II 18; 53; V 70; VII 73; X 77. Per
alcuni di questi epigrammi stata suggerita lidenticazione con Vibio
Massimo (vd. la n. intr. di Citroni a I 7). Qui, come in II 18; 53, il nome
senzaltro ttizio.
Il v. 1 contiene la narratio, il v. 2, attraverso linterrogativa nale, esprime
lo stupore del poeta per il comportamento di Massimo.
1: dichiararsi in condizioni di salute precarie era una forma retorica di
captatio benevolentiae: cfr. Quint. inst. IV 1, 8 quaedam in his quoque
commendatio tacita, si nos inrmos, imparatos, impares agentium contra
ingeniis dixerimus, qualia sunt pleraque Messallae prooemia. est enim
naturalis favor pro laborantibus; lespediente viene biasimato da Apro in
Tac. dial. 20, 1 quis nunc feret oratorem de inrmitate valetudinis suae
praefantem, qualia sunt fere principia Corvini? perfrixisse: cfr. Iuv. 7,
194 et si perfrixit, cantat bene. praefatio: era comune luso di introdurre
con una praefatio la lettura di versi (cfr. Plin. epist. I 13). Il termine, ben
attestato in prosa, compare in poesia soltanto qui. fauces: secondo le
testimonianze di Varrone (ling. X 78) e dei grammatici (Char. GLK I 33,
10; 93, 18; Prisc. GLK II 371, 19) la sola forma corretta quella plurale,
ma anche il singolare attestato. In Marziale ci sono 6 occorrenze del
plurale e una del singolare.

Epigramma 19

199

19
Proxima centenis ostenditur ursa columnis,
exornant ctae qua platanona ferae.
Huius dum patulos adludens temptat hiatus
pulcher Hylas, teneram mersit in ora manum.
Vipera sed caeco scelerata latebat in aere
vivebatque anima deteriore fera.
Non sensit puer esse dolos, nisi dente recepto
dum perit. O facinus, falsa quod ursa fuit!

hab. T cum 18 con. Q tit. de ursa LPfEXV: de versa A de hyla T om. Q de vipera
in ore ursi Q 2 ctae EAXV: pictae T Vs.l. qua EAV: quam T qui X platanona
TLf: planta nona plata nova Pf prata nova Q ferae T V: pare EAXV 3 adludens
T Vs.l.: adludet EAX adludit V 5 caeco LPQf : caecos L celo T cero fut vid.
scelerata LPQfVin mg.: scelata T c(a)elata fEAXV
latebat
: iacebat T
aere
T EAXV: ore Vs.l. 6 deteriore T : deteraore T 7 esse TLPQin mg.f : om. Q
8 perit TLPQf : putat f facinus T EAXV: facinul A

Accanto alle cento colonne, dove statue di ere


ornano un boschetto di platani, si ammira unorsa.
Mentre ne tentava per gioco le ampie fauci
il bellIla le mise la tenera mano nella bocca.
Ma una scellerata vipera si nascondeva nel cieco bronzo
5
e la era viveva con un animo peggiore.
Non saccorse il fanciullo dellinganno, se non ricevuto il morso,
nel momento della morte. Oh delitto, che lorsa era falsa!
Lepigramma racconta un curioso aneddoto accaduto a Roma: vicino
al portico detto Hecatostylum, si trova un boschetto di platani, adornato
da statue di ere, fra cui quella di unorsa. Il fanciullo Ila per gioco inla
una mano nella bocca dellorsa. Ma una vipera, annidata nella cavit della
statua, lo morde uccidendolo.
La narrazione di episodi curiosi e insoliti, gi presente negli epigrammi
del primo periodo ellenistico e proseguita nel II sec. a.C., raggiunge pieno
sviluppo nel I sec. d.C. Gli epigrammisti di questo periodo prediligono il
racconto di avvenimenti singolari, che consentano loro di trarre conclusioni

200

M. Val. Martialis liber tertius

ingegnose, spesso in forma di sententiae, volte a evidenziare il carattere paradossale dellevento: cfr., ad es., AP VII 289; 504; 542; 640; IX 34; 56; 57;
su questo genere di epigrammi e sullinuenza che esercitarono su Marziale
vd. Laurens 1965, p. 320 sgg. Nel corpus marzialiano gli epigrammi che
raccontano aneddoti curiosi non sono numerosi (unanalisi complessiva si
trova in Szelest 1976). Tra di essi il gruppo pi cospicuo, che comprende
anche questo epigramma, narra morti sorprendenti, spesso di fanciulli: cfr.
II 75; IV 18; 60; 63; XI 41; vd. Laurens 1965, p. 324 sg; Szelest 1976, p.
251. Questi epigrammi presentano una struttura comune (vd. Laurens 1965,
p. 322 sgg.): il racconto svolto in terza persona e lepigramma privo di
destinatario; la conclusione con una sententia in forma esclamativa o interrogativa evidenzia il carattere paradossale dellaneddoto, sottolineando
come la morte possa giungere anche laddove meno la si aspetterebbe: cfr.
specialmente IV 18, 7 sg. quid non saeva sibi voluit Fortuna licere? / aut
ubi mors non est, si iugulatis aquae? (di un fanciullo ucciso da una lastra di
ghiaccio caduta da unarcata); 60, 5 sg. nullo fata loco possis excludere: cum
mors / venerit, in medio Tibure Sardinia est.
In questo caso il verso conclusivo, che esprime il rammarico del poeta
per il fatto che lorsa fosse falsa (o facinus, falsa quod ursa fuit!), stato
oggetto di discussioni (per lesegesi qui proposta vd. Fusi 2001, cui rimando per ulteriori informazioni). Friedlaender si limitato a osservare
che una vera orsa sarebbe stata molto meno pericolosa per il fanciullo
(tale linea interpretativa sembra alla base della nota di Ker). Lipotesi,
pur non chiarissima per la sua concisione, non appare condivisibile: gli
orsi sono animali feroci, che aggrediscono luomo; riveste un carattere di
eccezionalit lepisodio narrato da Orazio in carm. III 4, 17 sgg. ut tuto
ab atris corpore viperis / dormirem et ursis, ut premerer sacra / lauroque
conlataque myrto, / non sine dis animosus infans, che testimonia la
condizione di eletto del poeta (sulla tradizione di miracoli occorsi a poeti e
grandi uomini nellinfanzia vd. il commento di Romano ai vv. 12-13); sulla
natura feroce degli orsi cfr. anche Ov. met. XV 86 sgg. at quibus ingenium
est inmansuetumque ferumque, / Armeniae tigres iracundique leones /
cumque lupis ursi dapibus cum sanguine gaudent; Apul. met. VII 24, 13
sgg., in cui si racconta di unorsa selvatica che sbrana un fanciullo. Per il
resto le interpretazioni moderne non si discostano sostanzialmente dalle
due ipotesi esegetiche che si trovano formulate da Farnabius, p. 167: o
male factum, quod non vera esset ursa. Tum enim aut puer manum ori

Epigramma 19

201

inserere supersedisset; aut tenero formosoque puero viva ursa pepercisset.


La prima riproposta da E. Rodrguez Almeida (Italica 18, 1990, p. 23;
cos intende anche Canobbio 1997, p. 69 sg.). Tale conclusione appare
per priva della consueta arguzia e ci sarebbe tanto pi sorprendente in
un tipo di epigramma che ricerca principalmente la conclusione ingegnosa
dallaneddoto raccontato (vd. supra). La seconda stata sviluppata da
Weinreich 1928, p. 110 sg. n. 54, secondo il quale una vera orsa sarebbe
rimasta soggiogata dalla bellezza del fanciullo; essa sembra essere condivisa
da Izaac e da Norcio ed ora riproposta da Salanitro 2003, pp. 78-80,
che, oltre allattributo pulcher, considera un elemento rilevante luso del
nome parlante Hylas (per cui vd. infra). Aneddoti di animali, anche feroci,
innamoratisi di bei fanciulli sono diffusi nella letteratura greca: cfr., ad es.,
Ael. NA I 6; VI 15; 17 (sullargomento A. Marx, Griechische Mrchen von
dankbaren Tieren und Verwandtes, Stuttgart 1889). Si tratta tuttavia di
un lone che sconna nel sorprendente e miracolistico, caratteri estranei
alla poetica realistica di Marziale, il quale inoltre non fornirebbe elementi
per indirizzare il lettore verso una conclusione di tal genere, al di fuori
dellattributo pulcher che qualica il protagonista (per la scelta del nome
Hylas vd. infra). Costituisce a mio avviso un elemento determinante per
la comprensione dellepigramma la descrizione del luogo dove si svolge
lazione, che Marziale, diversamente dai suoi modelli greci, cura in modo
particolare (vd. la n. al v. 1). Egli lunico a testimoniare la presenza, presso
il cosiddetto Hecatostylum, di statue di ere. Secondo Grimal 1990, p. 183
sg. potrebbe trattarsi della rappresentazione di una scena di caccia, mentre
Salanitro 2003, p. 80 pensa alla rappresentazione di ere allo stato selvatico
sparse in un piccolo bosco; ma lasciutta descrizione del sito da parte di
Marziale non lascia pensare a una scena in movimento, quanto piuttosto
a una galleria di statue disposte in serie, a decorazione del portico (v. 1
proxima centenis columnis; vd. Coarelli 1996, p. 9). Inoltre i platani,
alberi tipici del ginnasio, saranno stati disposti ordinatamente come quelli
del vicino portico di Pompeo (cfr. Prop. II 32, 13 et platanis creber pariter
surgentibus ordo; vd. Coarelli 1996, p. 9). Appare probabile che le statue
di ere siano state erette per celebrare qualche spettacolo circense, in
cui lesibizione di belve di ogni genere costituiva una grande attrattiva;
in particolare suscitavano grande ammirazione le ere ammaestrate,
esercitate a compiere varie evoluzioni da esperti magistri: il Liber de
Spectaculis ne fornisce alcune testimonianze e lo spettacolo dei leoni che

202

M. Val. Martialis liber tertius

giocano con le lepri oggetto di un elaborato ciclo nel I libro (cfr. 6; 14; 22;
48; 51; 60; 104; vd. anche 44; 45); sugli spettacoli con ere ammansite vd.
Toynbee 1973, pp. 15-31; 93-100 (sugli orsi); Daremberg-Saglio, s.v. bestiae
mansuetae, cicures; Fusi 2001, p. 52 n. 17; sul ciclo del I libro vd. Citroni,
p. 35 sgg.; Weinreich 1928, pp. 90-103. In questi spettacoli la propaganda
ufciale celebrava il numen dellimperatore, capace di ammansire gli animali
pi feroci (sui motivi propagandistici presenti nel Liber de Spectaculis vd. G.
Moretti, Larena, Cesare e il mito. Appunti sul De spectaculis di Marziale,
Maia 44, 1992, pp. 55-63). Le statue dellHecatostylum erano dunque
state probabilmente erette per celebrare il potere divino dellimperatore
e rappresentavano ere mansuete. Tale ipotesi pu essere suffragata
dallesistenza a Roma, nella regio VII, di un sito denominato Mansuetae,
di cui offrono testimonianza la Notitia Urbis e il Curiosum (per cui vd.
R. Valentini-G. Zucchetti, Codice topograco della citt di Roma, I, Roma
1940, pp. 112; 173). Si tratta, con buona probabilit, di un gruppo di statue
rappresentanti ere ammansite (vd. Platner-Ashby, s.v. mansuetae; G. Lugli,
I monumenti antichi di Roma e suburbio, III, Roma 1938, p. 282; LTUR
III, s.v. mansuetae). La collocazione di questo gruppo nella regio VII sembra
impedire lidenticazione con le ctae ferae di Marziale, ma non si pu
escludere che le statue siano state spostate successivamente, forse salvate
dallincendio che distrusse lHecatostylum nel 247 d.C. Se tale ipotesi coglie
nel segno la conclusione dellepigramma acquista larguzia tipica di Marziale,
necessaria in componimenti di questo genere: la vera orsa, ammansita,
avrebbe consentito al fanciullo di giocarci senza fargli del male, mentre la
sua rappresentazione si rivelata paradossalmente ben pi pericolosa per lui!
I lettori di Marziale, che conoscevano bene il luogo descritto dal poeta, non
avevano bisogno di altri elementi per comprendere larguzia.
Offre una rielaborazione di questo epigramma AL 276 Shackleton Bailey
(282 R.), dal titolo De ursa aenea, in qua serpens fuit, ubi inscius puer
manum misit: Aere cavo falsam serpens impleverat ursam, / addidit et
morsum et iubet esse feram / / implevit serpens quod minus artis erat.
Evidente lidentit del tema come anche le somiglianze lessicali (5 caeco
in aere ~ AL 276, 1 aere cavo; 6 fera ~ AL 276, 2 feram; 8 falsa ursa ~
AL 276, 1 falsam ursam), ma lautore dellepigramma dellAnthologia
Latina, diversamente da Marziale, ha voluto evidenziare che il serpente,
compiendo ci che larte non aveva potuto, ha reso realmente viva la era.
La morte di un fanciullo di dodici anni causata dal morso di una vipera

Epigramma 19

203

ricordata in uniscrizione di Perugia (CIL XI 2056). Laneddoto raccontato


da Marziale e il nome del protagonista potrebbero essere veri (cos intende
SB). Se si tratta di un nome ttizio la scelta certamente deliberata: il mito
del bel fanciullo Ila (cfr. v. 4 pulcher Hylas), amato da Eracle e rapito dalle
Ninfe, era assai diffuso a Roma gi in et augustea, come dimostra Verg.
georg. III 6 cui non dictus Hylas ? (cfr. anche Ov. trist. II 406); sul mito
vd. Roscher, I 2, 2792-2796; RE IX 1, 110-115. Marziale lo colloca tra i
pi triti temi mitologici in X 4, 3 e menziona spesso Ila come exemplum
di bellezza puerile, al pari di Ganimede (per cui vd. la n. a 39, 1 Iliaco
ministro): cfr. V 48, 5; VI 68, 8; VII 15, 2; 50, 8; IX 25, 7; 65, 14; XI 43,
5; vd. anche Stat. silv. II 1, 110-113. Anche in XI 28, 2 il nome usato per
un bel fanciullo, mentre ha una valenza antifrastica in VIII 9 (v. 3 lippus
Hylas). La scelta di un nome che allude alla bellezza puerile sarebbe dunque
volta ad accrescere il patetismo dellepisodio, n ci vedrei un elemento atto a
suffragare lipotesi dellinnamoramento dellorsa come fa Salanitro 2003, p.
80. Hylas comunque un nome schiavile ben attestato a Roma (vd. lindex
di CIL VI; RE IX 1, 115, 6 sgg.).
1. centenis columnis: si tratta del cosiddetto Hecatostylum, menzionato
da Marziale attraverso una perifrasi anche in II 14, 9 centum pendentia
tecta columnis, un portico di cento colonne collocato a ridosso del teatro
di Pompeo e del relativo portico, di cui costituiva il lato settentrionale; costruito poco dopo il complesso pompeiano, fu restaurato da Domiziano
(vd. Platner-Ashby, p. 251; Coarelli 1996). Diversamente dagli epigrammi
greci dedicati ad aneddoti sorprendenti, Marziale, in ossequio alla sua
poetica realistica, colloca la narrazione in una dimensione geograca e
topograca ben precisa: cfr. I 12, 1-4; IV 18, 1 sg.; 63, 1. ostenditur: per
luso del verbo nellaccezione di additare allammirazione, detto specialmente di opere darte, cfr. I 69 coepit, Maxime, Pana quae solebat, / nunc
ostendere Canium Tarentos; Plin. nat. XXXIV 59 (Pitagora di Reggio)
fecit et stadiodromon Astylon qui Olympiae ostenditur.
3. patulos hiatus: hiatus indica spesso in poesia le fauci di animali (vd.
ThlL VI 3, 2683, 6-49; OLD s.v. nr. 3 a). Il nesso patuli hiatus, riferito a
una era, ovidiano: cfr. met. XI 60 congelat et patulos, ut erant, indurat
hiatus (sc. serpentis), dove i due termini occupano la stessa posizione
nellesametro; ricorre poi in Sen. Thy. 157; Sil. II 119; III 34; in Marziale
cfr. anche I 22, 5 vastos hiatus (sc. leonis). Hiatus nellepica occupa

204

M. Val. Martialis liber tertius

sempre lultima sede del verso. adludens: il verbo, hapax in Marziale,


spesso usato per descrivere atteggiamenti giocosi tra uomini e animali
mansueti: cfr. Calp. ecl. 4, 67 sgg. ille fuit vates sacer et qui posset avena
/ praesonuisse chelyn, blandae cui saepe canenti / adlusere ferae, cui
substitit advena quercus; Plin. nat. IX 24, 4 hominem non expavescit
(sc. delphinus) ut alienum, obviam navigiis venit, adludit exultans;
26, 3 adludens nantibus (sc. delphinus); Plin. epist. IX 33, 6 accedunt et
adludunt et appellant, tangunt etiam pertractantque (sc. delphinum).
4. pulcher Hylas: la iunctura ricorre in Val. Fl. I 218 sg.; III 184 (a inizio
di esametro); Auson. epigr. 106, 2 G. (= 97, 2 p. 325 P.). teneram mersit
in ora manum: la caratteristica pi evidente delle ere ammansite era la
docilit con cui consentivano alluomo persino di inserire la sua mano nella
loro bocca, come testimonia anche letimologia di mansuetus: cfr. Paul.
Fest. p. 132 M. mansuetum ad manum venire suetum; Non. p. 59, 21 M.
mansuetum dictum est quasi manu adsuetum, quod omnia, quae sunt
natura fera, manuum permulsione mitescant; Isid. orig. X 168 quasi manu
adsuetus; vd. Ernout-Meillet, s.v. mansues, mansuetus. Marziale evidenzia
spesso questo aspetto: cfr. epigr. 12, 1 sg. laeserat ingrato leo perdus ore
magistrum, / ausus tam notas contemerare manus; 21, 1 sg. lambere securi
dextram consueta magistri / tigris; II 75, 1 sg. verbera securi solitus leo ferre
magistri / insertamque pati blandus in ora manum; limmagine dellorso
ammansito ricorre nella metafora di VI 64, 29 sgg. sit placidus licet et lambat
digitosque manusque, / si dolor et bilis, si iusta coegerit ira, / ursus erit (altri
esempi in Fusi 2001, p. 54 n. 20). Tener qualica spesso fanciulli o parti del
loro corpo: cfr. Ov. fast. IV 120 cum gemuit teneram cuspide laesa manum,
dove la iunctura occupa la stessa posizione nel pentametro (cfr. anche am.
I 13, 18; Pont. IV 12, 24). In Marziale tenera manus ricorre anche in IX 56,
4; XIV 54, 2; 177, 2.
5. vipera sed: la posposizione delle particelle, introdotta dai neoterici
sulla base dei modelli ellenistici, comune nella poesia latina a partire da
Virgilio (vd. Hofmann-Szantyr, p. 484; ThlL V 2, 897, 52-898, 6; Norden,
p. 402 sgg.; Platnauer 1951, pp. 93-96). La collocazione dopo un solo
vocabolo la pi frequente.
6. vivebatque anima deteriore fera: lorsa di bronzo (fera) resa vivente da
unanima peggiore, poich le vipere, diversamente dagli orsi, non consentivano
opera di ammaestramento ed erano considerate ancor pi feroci (cfr. v. 5
scelerata): cfr. Sen. dial. IV 31, 8 ne viperas quidem et natrices et siqua

Epigramma 19

205

morsu aut ictu nocent efigeremus, si in reliquum mansuefacere possemus


aut efcere ne nobis aliisve periculo essent. Il secondo termine di paragone
sottinteso deve essere la vera orsa (non persuasive le argomentazioni contrarie
di Salanitro 2003, p. 79). Non sono corrette le traduzioni di Ker e Izaac, che
intendono vipera soggetto del verso e fera secondo termine di paragone:
vivebat ha valore pregnante in quanto riferito allorsa bronzea, mentre non
avrebbe senso riferito alla vipera, che evidentemente viva; per la medesima
ragione da riutare lesegesi di Norcio che considera fera soggetto, ma
riferito alla vipera (e viveva una belva dal cuore pi spietato). La chiusa del
pentametro con sillaba breve, per lo pi evitata nella poesia augustea (vd.
Platnauer 1951, p. 64), ricorre 64 volte in Marziale, con una percentuale di
poco superiore a quella di Ovidio (vd. Th. Birt, in Friedlaender, I, p. 32 n.
1; Giarratano 1908, p. 33); in questo libro cfr. 21, 2 invidia; 33, 4 ingenua
(forse abl.); 37, 2 facite; 49, 2 bibere; 70, 4 arrigere; 75, 2 arrigere; 79, 2
percere; 86, 4 lege.
7. non sensit esse dolos: per la iunctura cfr. Lucan. VII 85 sg.; Ilias
970; Val. Fl. IV 354; VI 467; VIII 420; Stat. Theb. VI 614; in Marziale cfr.
III 91, 6 sed tacitos sensit et ille dolos.
8: conclusione paradossale; per falsus nel senso di ctus, specialmente di
imitazioni, vd. ThlL VI 1, 192, 45 sgg.; in Marziale cfr. epigr. 8, 4 non falsa
pendens in cruce Laureolus. Per Salanitro 1984, p. 86 larguzia fondata sul
doppio senso di falsa, che signica sia cta (in quanto fatta di bronzo) che
ingannevole (vd. ora anche Salanitro 2003, p. 80). o facinus: espressioni
patetiche che lamentano la crudelt del fato (o della divinit) sono un
elemento topico della poesia funeraria sia greca che latina, specialmente
quella dedicata alla mors immatura (vd. R.A. Lattimore, Themes in Greek
and Latin Epitaphs, Urbana 1962, p. 183 sgg.; B. Lier, Topica carminum
sepulcralium Latinorum, Philologus 62, 1903, p. 460 sgg.): cfr., ad es., AP
VII 186; 187; 476; 515; 643; CLE 1143, 4; 1170, 7; 1225, 3; 1535, 3; 1549,
1. In Marziale cfr. VI 62, 3 heu crudele nefas malaeque Parcae!; X 50, 5 sg.
(epicedio per lauriga Scorpo) heu facinus! prima fraudatus, Scorpe, iuventa
/ occidis et nigros tam cito iungis equos; XI 91, 3 (epicedio per la piccola
Canace) ah scelus, ah facinus!; 93, 3 sg. o scelus, o magnum facinus crimenque
deorum (con intento parodico: vd. Canobbio 1997, p. 67). In generale sulla
mors immatura vd. E. Griessmair, Das Motiv der Mors immatura in den
griechischen metrischen Grabinschriften Innsbruck 1966 M. Vrilhac,
. Posie funraire, Athnes 1978-1982.

206

M. Val. Martialis liber tertius

20
Dic, Musa, quid agat Canius meus Rufus:
utrumne chartis tradit ille victuris
legenda temporum acta Claudianorum,
an quae Neroni falsus adstruit scriptor?
An aemulatur improbi iocos Phaedri?
Lascivus elegis an severus herois?
An in cothurnis horridus Sophocleis?
An otiosus in schola poetarum
lepore tinctos Attico sales narrat?
Hinc si recessit, porticum terit templi
an spatia carpit lentus Argonautarum?
An delicatae sole rursus Europae
inter tepentes post meridie buxos
sedet ambulatve liber acribus curis?
Titine thermis an lavatur Agrippae
an impudici balneo Tigillini?
An rure Tulli fruitur atque Lucani?
An Pollionis dulce currit ad quartum?
An aestuantis iam profectus ad Baias
piger Lucrino nauculatur in stagno?
Vis scire quid agat Canius tuus? Ridet.

10

15

20

tit. ad musam de canio Pf : ad musam de cayno L ad musam de caino L ad musam de


canio rufo Q 2 tradit EA: tradidit XV 3-4 Claudianorum, an quae Neroni falsus adstruit
scriptor? distinxit Izaac claudianorum LPQfX: cladianorum EAV claudanorum Q 5
improbi iocos QfVBhbkvv1 ed. Rom. 1 ed. Ferr. ed. Ven. ed. Rom. 2 ed. Ald.: improbi
locos EAhk improbi locus LPQf improbilicos X improbi logos Thiele Housman (qui
et logus, i.e.
, Martialem scripsisse suspicatus est) improbi
Heraeus 6
severus EAX: severis V herois LPfV: hereis EAXV honoris Q 7 in cot(h)urnis V:
i coturnis EAV coturnis XF sophocleis LQfXV: sphocleis A spocleis E phocleis V
sopheleis LPQf 9 tinctos attico fEAVin mg.: tinctos ant(h)ioco XV tinctus atticos
LPQf 10 hinc LfEAX: hic V hin P hui Q recessit f : ressit PQf ressis L terit
fXV: territ EA teri LPQf templi : Tectae Munro Magni Friedlaender in app. Tampi
Heraeus in adn. 11 an EAXV: in A 12 rursus : rufus
13 tepentes EAXVs.l.:
repentes V meridie EAX: meridiem V 14 ambulatve : ambulatque
liber LPf :
libet Q curis AXV: cruris E 15 titine PQfVs.l.: tutine L titune Q pertine E petitne
X petine AV pectine f stetitne fv.l. 16 impudici balneo Vin mg.: inpudicibus ineo

Epigramma 20

207

EAX inpodicibus ineo V 17 rure Vs.l.: rura EAXV tulli X: tuli EA tullii V fruitur
EAXVs.l.: struitur V 18 pollionis PQf : apollinis L currit ad : curritat
quartum
LPf : quaternum Q 19 aestuantis : aestuantes
baias LQf : balas P 20 nauculatur
LPQfXV: nauculator EA naviculatur Q iaculatur f 21 canius Q : cannius LPf

Di, o Musa, che fa il mio Canio Rufo?


Afda a pagine immortali
gli atti degni desser letti dei tempi di Claudio
o quelli che uno storico mentitore ha attribuito a Nerone?
O emula gli scherzi dello sfrontato Fedro?
5
lascivo nelle elegie oppure austero nellepica?
O terribile nei coturni sofoclei?
O ozioso nel circolo dei poeti
narra storie scherzose imbevute di arguzia attica?
Se si allontanato di qui, consuma il portico del tempio
10
o lento percorre gli spazi degli Argonauti?
O ancora siede o cammina, libero da fastidiose preoccupazioni,
fra i bossi della delicata Europa,
tiepidi per il sole del pomeriggio?
Si lava alle terme di Tito o a quelle di Agrippa
15
o ai bagni dellimpudico Tigellino?
O si gode la campagna di Tullo e di Lucano?
O viaggia verso la piacevole villa di Pollione al quarto miglio?
O, gi partito per linfuocata Baia,
naviga pigramente nel lago Lucrino?
20
Vuoi sapere cosa fa il tuo Canio? Ride.
Marziale si rivolge alla Musa per avere notizie dellamico Canio Rufo: egli si
chiede se sta scrivendo opere letterarie (storia, favola, elegia, epica, tragedia),
oppure se narra storie piacevoli nel circolo dei poeti; se passeggia per i portici
o prende il sole del pomeriggio nei giardini; se si lava alle terme o se partito
per la campagna o per la caldissima Baia. Lultimo verso contiene la risposta
della Musa: Canio ride. Canio Rufo, conterraneo e ottimo amico di Marziale
(proveniva da Cadice: cfr. I 61, 9), era un letterato versatile (in prosa e in versi)
e una persona di spirito, amante del riso: in I 69 Marziale, probabilmente in
occasione di un soggiorno di Canio a Taranto, afferma che in citt la fama di

208

M. Val. Martialis liber tertius

una statua di Pan ridente stata offuscata da quella del volto ilare di Canio
(per questa interpretazione, che mi pare probabile, anche alla luce dellultimo
verso di questo epigramma, vd. la n. intr. di Citroni; Jocelyn 1981, p. 280
pensa invece a un diverso Canio residente a Taranto, al cui sfrenato desiderio
sessuale Marziale farebbe riferimento paragonandolo a Pan). Gli interessi
letterari di Canio erano, come testimonia qui Marziale, molto vasti: in I 61
egli lo inserisce nel novero dei grandi letterati iberici: gaudent iocosae Canio
suo Gades (9); la sua abilit di affabulatore (8-9) viene ricordata nellepigr.
64 di questo libro, in cui Marziale paragona il fascino dei suoi racconti a
quello del canto delle Sirene; in VII 69 Marziale ricorda ancora la sua attivit
letteraria, che potr trarre giovamento dalla critica di Teola, sua promessa
sposa: vivet opus quodcumque per has emiseris aures; / tam non femineum
nec populare sapit (5 sg.). Il suo nome ricorre anche in VII 87, 2 e X 48, 5.
Per la difcolt di identicazione nei casi in cui compare il solo cognomen
(Rufus) vd la n. intr. allepigr. 82. Lepigramma si apre con la domanda
alla Musa e si sviluppa attraverso le numerose ipotesi del poeta, curioso di
sapere cosa faccia lamico; il catalogo delle possibili attivit di Canio prepara
e accresce leffetto comico della pointe, che si concentra nellultima parola:
fra tutte le eventualit che Marziale prospetta, Canio non fa altro che ridere!
Lultimo verso riprende quasi esattamente il primo: Marziale, probabilmente
per inuenza catulliana (cfr. Catull. 16; 36; 52; 57; vd. Paukstadt 1876, p. 34),
chiude spesso i componimenti con un verso identico a quello iniziale (cfr. II
6; IV 64; 89; VII 26) oppure, come qui, con uno molto simile (II 41; VII 17;
IX 57). Altre volte lultimo verso richiama un verso interno allepigramma
(cfr. IV 2; VI 42; VII 39; IX 55; X 37). In questo caso la ripresa del verso
iniziale ha leffetto di azzerare tutte le ipotesi prospettate per chiudere con
una bonaria presa in giro dellamico. Il componimento, al di l della sua
componente ludica, tradisce la nostalgia di Marziale per i luoghi e le attivit
di Roma; si pu pertanto immaginare che egli lo abbia scritto dopo un
periodo piuttosto lungo di soggiorno fuori dalla capitale (per una possibile
collocazione cronologica dellepigramma vd. la n. al v. 19 e lIntroduzione,
p. 56). La struttura dellepigramma con le numerose domande sullamico
ricorda lepistola I 3 di Orazio a Giulio Floro, dove egli chiede informazioni
su di un gruppo di amici impegnati in una spedizione in Asia. Lepigramma
in scazonti; il metro, tradizionalmente legato allinvettiva, per usato per
uno spettro pi ampio di soggetti: cfr., ad es., Catull. 31. Marziale lo utilizza
anche per epigrammi adulatori nei confronti dellimperatore (cfr., ad es., IX

Epigramma 20

209

1; 5). In questo libro il metro ricorre in epigrammi di varia ispirazione nella


sezione casta (oltre a questo cfr. 47; 58; 64), mentre assume labituale tono
di invettiva nella sezione oscena (82; 93).
1. Dic, Musa, quid agat: lallocuzione alla Musa come intermediaria fra
il poeta e unaltra persona pu essere considerata una variante del modulo
di apostrofe al singolo componimento (vd. Citroni 1986, p. 115). Il primo
esempio nella letteratura latina lepistola I 8 di Orazio, rivolta a Celso
Albinovano (1 sg. Celso gaudere et bene rem gerere Albinovano / Musa
rogata refer). In Marziale il modulo, che consente unelegante variazione
delle comuni formule epistolari, utilizzato anche in V 6 e in XII 11,
entrambi indirizzati a Partenio, linuente segretario di Domiziano.
Canius meus Rufus: sulluso del possessivo come elemento affettivo della
lingua familiare vd. la n. a 5, 12.
2-7: lelenco, che comprende i principali generi letterari, con laggiunta
della favola, non andr considerato una testimonianza attendibile degli
interessi letterari di Canio (cfr. lelenco in ordine di importanza decrescente
di XII 94). A maggior ragione mi sembra da escludere che Marziale faccia
riferimento a tutte opere gi scritte e pubblicate di Canio, come ritiene
Carratello 1964, p. 133 sg. Marziale curioso di sapere cosa stia facendo
lamico e lampio ventaglio di possibili attivit prospettate in funzione
della scherzosa conclusione. Per analoghe movenze, caratterizzate dal tono
cortigiano, cfr. Stat. silv. I 3, 99 sgg. hic tua Tiburtes Faunos chelys et iuvat
ipsum / Alciden dictumque lyra maiore Catillum; / seu tibi Pindaricis
animus contendere plectris, / sive chelyn tollas heroa ad robora, sive /
liventem satiram nigra rubigine turbes, / seu tua non alia splendescat
epistola cura; II 2, 112 sgg. hic ubi Pierias exercet Pollius artes, / seu volvit
monitus, quos dat Gargettius auctor, / seu nostram quatit ille chelyn, seu
dissona nectit / carmina, sive minax ultorem stringit iambon.
2. chartis victuris: chartae come metonimia per indicare opere letterarie (o volumi o scritti) di uso prevalentemente poetico (ma cfr. Cic. Cael.
40): ricorre in Lucrezio, Orazio, Ovidio, Fedro, nellAppendix Vergiliana.
Soltanto Marziale per ne fa un ampio uso: una decina di casi, anche al
singolare (vd. ThlL III 998, 46 sgg.). In questo verso, trattandosi di unopera
storiograca luso di chartae richiama quello di Catull. 1, 5 sg. ausus es
/ omne aevum tribus explicare chartis, a proposito dellopera storica di
Cornelio Nepote. Il nesso chartae victurae per opere imperiture ricorre

210

M. Val. Martialis liber tertius

anche in I 25, 7; XI 3, 7. Victurus ricorre in Marziale spesso in relazione


alla fama letteraria: cfr. I 107, 5 victuras curas; V 15, 4 victura
fama; VI 61 (60), 10 victurus liber; VII 44, 7 victura nomina; VIII
73, 4 victura carmina; X 26, 7 victurum nomen. I suoi precedenti
sono Ov. am. III 1 63 altera das nostro victurum nomen amori; Phaedr.
IV epil. 5 Particulo, chartis nomen victurum meis, accomunato a questo
verso anche dalluso metonimico di chartae; vd. anche Stat. silv. II 3, 62 sg.
haec tibi parva quidem genitali luce paramus / dona, sed ingenti forsan
victura sub aevo.
3 sg.: i versi designano due possibili argomenti per unopera storica: il regno
di Claudio o quello di Nerone. Il v. 4, pur non chiarissimo nella formulazione,
alluder con buona probabilit allopera di uno storiografo di regime,
che aveva narrato, distorcendoli faziosamente (falsus), gli avvenimenti del
principato neroniano (quae, sc. acta); vd. J.E.B. Mayor, Notes on Martial:
Book III, JPh 16, 1888, p. 231. Probabilmente Marziale non ha in mente
uno storico in particolare, ma evidenzia una tendenza generale. Sulla
inattendibilit della storiograa neroniana si veda il giudizio di Tac. ann. I
1, 2 sg. Tiberii Gaique et Claudii ac Neronis res orentibus ipsis ob metum
falsae, postquam occiderant recentibus odiis compositae sunt. Il riferimento
alla distorsione degli avvenimenti perpetrata dalla storiograa neroniana
ben comprensibile alla luce della damnatio memoriae di Nerone operata
dalla dinastia avia (su cui vd. G. Brugnoli, Cultura e propaganda nella
restaurazione dellet aviana, AFFL 1, 1963/64, pp. 5-36; H. Szelest,
Domitian und Martial, Eos 62, 1974, pp. 108-113; Schubert 1998, pp.
293 sg.; 439 sgg.; Sullivan 1991 passim). Marziale vi aderisce pienamente:
cfr. epigr. 2, 3 feri regis; 34, 11 diri Neronis (diri plausibile, ma non
certa congettura di Heinsius per il trdito tigri); VII 21, 3 heu! Nero crudelis
nullaque invisior umbra; 34, 4 quid Nerone peius? I vv. 2-4 costituiscono
uninterrogativa doppia disgiuntiva (2 utrumne 4 an), che fa riferimento
a unopera storica (cos Izaac; vd. anche Thiele 1911, p. 543). La costruzione
ricorre in Marziale anche in VII 7, 10 utrumne currat Passerinus an Tigris;
XII 65, 4 sgg. utrumne Cosmi, Nicerotis an libram, / an Baeticarum
pondus acre lanarum, / an de moneta Caesaris decem avos. Friedlaender
cos interpunge i vv. 3-5: Claudianorum? / an quae Neroni falsus adstruit
scriptor, / an aemulatur improbi iocos Phaedri?; pur considerando il v. 4
poco chiaro, nella sua interpretazione la relativa del v. 4 dipenderebbe da
aemulatur del verso seguente: Canio emulerebbe lopera di un poeta che

Epigramma 20

211

uno scrittore contemporaneo avrebbe erroneamente attribuito a Nerone;


potrebbe perci trattarsi di uno dei poeti della cui abilit Nerone si sarebbe
servito nella composizione dei propri carmi, secondo la testimonianza di
Tac. ann. XIV 16, 1 sg. carminum quoque studium adfectavit, contractis
quibus aliqua pangendi facultas necdum insignis erat. hi cenati considere
simul, et adlatos vel ibidem repertos versus conectere atque ipsius verba
quoquo modo prolata supplere. quod species ipsa carminum docet, non
impetu et instinctu nec ore uno uens (cui si oppone Suet. Nero 52 nec,
ut quidam putant, aliena pro suis edidit. venere in manus meas pugillares
libellique cum quibusdam notissimis versibus ipsius chirographo scriptis,
ut facile appareret non tralatos aut dictante aliquo exceptos, sed plane
quasi a cogitante atque generante exaratos; ita multa et deleta et inducta et
superscripta inerant). Linterpunzione di Friedlaender seguita da Lindsay,
Duff, Ker e SB (che per si mostra incerto tra le due interpretazioni), mentre
Schneidewin2 e Gilbert rendono tutti interrogativi i vv. 3-7. Vi sono diversi
motivi che rendono improbabile questa interpretazione: dal punto di vista
sintattico piuttosto forzato intendere la relativa del v. 4 come dipendente
da aemulatur del v. 5, mentre assolutamente naturale intenderla come
oggetto di tradit (2). Dal punto di vista del senso in un elenco dei principali
generi letterari, quale quello fornito da Marziale, la menzione di carmi
falsamente attribuiti a Nerone appare del tutto fuori luogo: laemulatio pu
essere diretta soltanto verso un autore di rilievo (lunico nome menzionato
da Marziale Fedro, identicato con un genere poco coltivato quale la
favola). La perifrasi utilizzata da Marziale sarebbe piuttosto oscura per
designare poesie falsamente attribuite a Nerone. Inoltre falsus scriptor deve
necessariamente designare uno scrittore menzognero e dunque non pu
riferirsi a un contemporaneo che ha erroneamente attribuito a Nerone le
poesie di altri (vd. Friedlaender, ad loc.: die Werke eines Dichters [], die
ein damaliger Schriftsteller irrthmlich dem Nero beilegte), n direttamente
a un poeta che ha prestato allimperatore il suo ingegno. Gilbert 1887, p.
144, rendeva cos i versi 2-3: Bringt er die Geschichte des Claudius zum
Darstellung oder die Anekdoten, die von unwahren Historikern dem Nero
angedichtet werden?, pensando ad una raccolta di aneddoti su Nerone, ma
credo che la struttura dei versi 3-4 (interrogativa disgiuntiva: utrumne
an ?) e luso del pronome relativo facciano pensare ad un solo genere
letterario (storiograa), ma a due diversi periodi storici.
3. temporum Claudianorum: let di Claudio; il nesso ricorre in Tac.

212

M. Val. Martialis liber tertius

ann. XIV 11, 1; hist. V 12, 2; non appare convincente lipotesi di Schubert
1998, p. 294 n. 20, per il quale si farebbe riferimento ai principati di Tiberio
e Claudio, trascurando quello di Caligola.
4. falsus scriptor: in opere storiograche e frequentemente in prosa
scriptor equivale a storico (vd. Forcellini, s.v. scriptor, nr. 3, p. 390; OLD
s.v., nr. 3 c), ma luso del termine in questo passo (unica occorrenza
in Marziale) non pu naturalmente costituire un elemento a sostegno
delluna o dellaltra interpretazione. adstruit: il verbo piuttosto raro in
et classica e usato in poesia solo una volta in Ovidio e in Silio (vd. ThlL
II 978, 37 sgg.); pur nellaccezione traslata, esso mantiene il signicato
proprio di costruire accanto, in aggiunta e dunque si adatta ad esprimere la
costruzione falsicata di eventi storici; cfr. Plin. epist. IX 33, 11 haec tu qua
miseratione, qua copia deebis, ornabis, attolles! quamquam non est opus
adngas aliquid aut adstruas: sufcit, ne ea, quae sunt vera, minuantur.
Luso del presente non autorizza a desumere che si tratti di uno storico di
et avia (come fa Schubert 1998, p. 294, che pure non esclude che possa
trattarsi di uno storico dellet neroniana). Leventualit di uno storiografo
loneroniano di et avia sembra piuttosto remota. Priva di fondamento
lipotesi di Herrmann 1950, pp. 86 sg.; 98, che interpreta il verso come un
riferimento allApocolocyntosis (Neroni sarebbe un dativo di vantaggio), di
cui sostiene lattribuzione a Fedro.
5: questa la prima e quasi unica menzione del favolista nellantichit
(dopo Marziale Fedro nominato solo da Aviano, praef. ad Theodosium).
Seneca nella Consolatio ad Polybium afferma che nessun romano si
dedicato alla favola esopica (dial. XII [XI] 8, 3 fabellas quoque et Aesopeos
logos, intemptatum Romanis ingeniis opus), anche se la mancata menzione
di Fedro probabilmente deliberata (vd. G. Mazzoli, Due note anneane, I,
Fedro e Sen. Cons. ad Pol. 8, 3, Athenaeum 46, 1968, pp. 355-363; Mazzoli
1970, p. 152; Kurth, p. 102 sgg.); neanche Quintiliano nomina Fedro (inst. V
11, 19 sgg.). Lidenticazione con il favolista stata negata da Friedlaender
in base alla considerazione che n ioci n improbus potrebbero designare le
favole di Fedro (dubbi sullidenticazione con il favolista esprime anche H.
MacL. Currie, Phaedrus the Fabulist, in ANRW II 32, 1, p. 502). Secondo lo
studioso tedesco potrebbe trattarsi di un Fedro autore di mimi a noi
sconosciuto (per luso dellattributo in relazione al mimo cfr. III 86, 4 non
sunt haec mimis improbiora). Ma la denizione di ioci per le favole ricorre
nello stesso Fedro in III prol. 37 ctis iocis; IV 7, 2 hoc iocorum genus;

Epigramma 20

213

cfr. anche I prol. 5 sgg. calumniari siquis autem voluerit, / quod arbores
loquantur, non tantum ferae, / ctis iocari nos meminerit fabulis. Cos
non sar casuale la scelta del verbo aemulari: anche Fedro parlava di
aemulatio per denire il proprio rapporto con Esopo in II 42, 7 non est
invidia, verum est aemulatio (per luso del verbo in contesto letterario cfr.
Hor. carm. IV 2, 1 Pindarum quisquis studet aemulari). Per una possibile
allusione allopera di Fedro in questo epigramma vd. la n. al v. 7. Appare perci naturale che Marziale faccia riferimento alle favole di Fedro con il termine
che egli stesso utilizzava per qualicarle. Lidenticazione con il favolista
inoltre avvalorata dal fatto che si tratta dellunico nome proprio menzionato
da Marziale nellelenco dei generi letterari: la favola era certo un genere poco
coltivato dai Romani (cfr. Sen. dial. XII [XI] 8, 3 cit. supra) e perci Marziale
si serve dellunico autore latino che ad essa si era dedicato per denirla. Per
la stessa ragione mi sembra da escludere che si possa trattare di un altrimenti
sconosciuto autore di mimi: altrove Marziale nomina un Catullo come
mimografo per antonomasia (V 30, 3 sg. nec te facundi scaena Catulli /
detineat; XII 83, 1-4 derisor Fabianus hirnearum, / omnes quem modo
colei timebant / dicentem tumidas in hydrocelas / quantum nec duo
dicerent Catulli). A favore dellidenticazione con il favolista depone anche
la conoscenza dellopera di Fedro da parte di Marziale, provata da numerose
riprese: vd. M. Dadone, Fedro e Marziale, RSC 2, 1954, pp. 83-86; A.
Guarino, La societ col leone, Labeo 18, 1973, pp. 72-77. Carratello 1964,
p. 144 sgg. accoglie il testo di Heraeus (improbi
Phaedri: vd. infra)
e sostiene, riproponendo unidenticazione risalente a Calderini, che il Fedro
menzionato in questo passo sia il protagonista dellomonimo dialogo platonico; egli si basa su un passo (243c) in cui Socrate utilizza lavverbio
(= improbe) a proposito del discorso di Fedro e del suo primo
discorso. Ma i
del Fedro platonico non possono essere considerati
un genere letterario e la denizione non pu certo valere per il corpus dei
dialoghi platonici. Assolutamente priva di ogni serio fondamento lipotesi
di Herrmann 1950, p. 111 sg., per cui iocos Phaedri alluderebbe, oltre che
alle favole, al Culex, di cui sostiene la paternit fedriana; Canio Rufo sarebbe
lautore delle presunte aggiunte post-staziane al Culex, individuate dallo
studioso (Herrmann 1950, p. 101 sgg.). Lo stesso Herrmann ha altrove
(Autour des Fables de Phdre, Latomus 7, 1948, p. 199 sg.) attribuito due
favole a Canio Rufo, soltanto sulla base di questo verso. improbi: lesatto
signicato dellattributo oggetto di discussione: Friedlaender gli attribuiva

214

M. Val. Martialis liber tertius

il senso, frequente in Marziale, di lascivus (vd. la n. a 86, 4) e lo considerava


un elemento sufciente per identicare nel Fedro di questo verso un autore
di mimi a noi sconosciuto (vd. supra). Maggiori difcolt ha creato lattributo
a coloro che hanno accettato lidenticazione con il favolista: chi ha
intepretato improbus nel senso di lascivus ha cercato di rintracciare elementi
licenziosi nelle favole tramandate (R. Ellis, The Fables of Phaedrus, London
1894, p. 8 n. 1; L. Havet, Phaedri Fabulae Aesopiae, Paris 1895, p. 267; O.
Weinreich, Fabel, Aretalogie, Novelle, SHAW 21, 1931, p. 37 n. 2; Izaac, p.
252), oppure ne ha tratto la conclusione che debba trattarsi di un riferimento
ad opere di Fedro per noi perdute (Ker; J.W. Duff, Roman Satire, Berkeley
1936, p. 109). Tuttavia, anche volendo rintracciare elementi licenziosi
nellopera di Fedro e ammettendo che si possano essere perdute altre favole
di tal genere, la lascivia rimane un elemento del tutto marginale nelle opere
del favolista. Appare pertanto improbabile che Marziale lo abbia denito
improbus in questa accezione. La soluzione pi convincente, sostenuta da
Stephenson, Thiele 1911, p. 540 sg. e Housman 1919, p. 69 (= Class. Pap.,
p. 983), quella di intendere lattributo nel senso di sfacciato (dreist,
disrespectful, wicked), in riferimento agli elementi di satira politica presenti
nellopera di Fedro, che, come egli stesso afferma (III prol. 41 sgg.), avevano
scatenato lira di Seiano; per tale accezione, in riferimento al carattere
maledico della satira, cfr. Lucil. 821 sg. amicos hodie cum improbo illo
audivimus / Lucilio advocasse; 1026 omnes formosi, fortes tibi, ego
improbus. esto (con il commento di Marx, ad locc.); vd. anche ThlL VII 1,
692, 77 sgg. Piuttosto improbabile, anche se ingegnosa, lidea suggerita da
Birt 1882, p. 385 n. 3, accolta da J.P. Postgate (Phaedrus and Seneca, CR
33, 1919, p. 22 sg.) e sviluppata a fondo da A.H. Travis (Improbi iocos Phaedri, TAPhA 71, 1940, pp. 579-586), che Marziale abbia fatto riferimento
allopera di Fedro usando due parole (improbus, ioci) che i suoi lettori
avrebbero immediatamente riconosciute come fedriane: per quanto
riguarda ioci la considerazione senzaltro condivisibile (vd. supra). Tuttavia
improbus, che pure fra gli attributi che ricorrono pi di frequente nellopera
fedriana (quattordici volte; una volta improbitas), usato da Fedro nella sua
accezione pi negativa per denire gli arroganti prevaricatori che prende di
mira nelle sue opere. Non si tratta pertanto di un attributo che possa
qualicare il genere letterario (come lascivus per lelegia, severus per lepica,
horridus per la tragedia). iocos: lezione attestata in VBh e diffusa nella
tradizione umanistica, accolta nel testo da Friedlaender, Lindsay, Ker, Izaac.

Epigramma 20

215

Thiele 1911, p. 548 e Housman 1919, p. 69 sg. (= Class. Pap., p. 983 sg.)
hanno indipendentemente proposto logos, fondandosi soprattutto su Sen.
dial. XII (XI) 8, 3 fabellas quoque et Aesopeos logos (Housman considerava
anche la possibilit di leggere logus, con desinenza greca, pi vicina a locus
della seconda famiglia: cfr. IV 39, 3 Praxitelus genitivo; vd. anche CQ 17,
1923, p. 163 n. = Class. Pap., p. 1073 n. 1, in cui Housman riconosce a
Thiele la priorit della congettura). Logus spesso confuso nei manoscritti
con locus (vd. ThlL VII 2, 1612, 77 sgg.). La proposta non da escludere,
ma ritengo che luso fedriano di ioci, iocari in relazione alle sue favole (vd.
supra) renda preferibile un uso allusivo del termine da parte di Marziale.
Inoltre nel passo senecano con Aesopei logi bisogna probabilmente intendere
favole in prosa come quelle di Esopo (vd. Mazzoli 1970, p. 152): cfr. Aristoph.
pax 129; Quint. inst. V 11, 20. Possibilit ancora minori mi sembra possedere
, proposto da Heraeus 1915, p. 36 sg. n. 1 (= Heraeus 1937, p. 221
n. 1), e accolto, oltre che nelledizione dello stesso Heraeus, da Giarratano e
SB: luso di un termine greco non sembra giusticato dal contesto (per il
greco negli epigrammi di Marziale vd. Weinreich 1928, p. 161 sgg.).

inoltre terminus technicus per favole, e in generale opere, prosastiche (vd.


LSJ s.v. nr. 5, 1).
6 sg.: gli attributi (lascivus, severus, horridus), grammaticalmente riferiti
a Canio, qualicano i generi letterari.
6. lascivus elegis: lascivus / lascivia caratterizzano comunemente la poesia
elegiaca: cfr. Prop. II 34, 87 lascivi Catulli; Ov. trist. II 427 lascivo
Catullo; V 1, 15 lasciva carmina; Tac. dial. 10, 4 elegorum lascivias; Quint.
inst. X 1, 88 lascivus in herois quoque Ovidius; X 1, 93 Ovidius utroque (sc.
Tibullo et Propertio) lascivior (in Quintiliano lattributo qualica soprattutto
lo stile, negli altri autori il contenuto delle elegie); in Marziale cfr. VIII 73, 5
lascive Properti. Per luso dellattributo in relazione alla poesia epigrammatica
vd. la n. a 86, 1. severus herois: severus / severitas, allopposto di lascivus
/ lascivia, caratterizzano la poesia elevata (epica e tragedia: cfr. VIII 3, 13
sgg.): cfr. Hor. carm. II 1, 9 severae Musa tragediae; Prop. II 3 a, 5 aut ego
si possem studiis vigilare severis; AL 429, 1. 13 ludere, Musa, iuvat; Musa
severa, vale; per contrasto la poesia epigrammatica denita parum severa:
cfr. I 35, 1 sgg. versus scribere me parum severos / / Corneli, quereris;
X 20 (19), 1 nec doctum satis et parum severum (sc. meum libellum); Plin.
epist. V 3, 2 facio non numquam versiculos severos parum. Marziale invita
i destinatari dei suoi epigrammi a spogliarsi della severitas per apprezzare le

216

M. Val. Martialis liber tertius

sue nugae: cfr. I 35, 12 sg. quare deposita severitate / parcas lusibus et iocis
rogamus e, specialmente, IV 14, 1 sgg., rivolto a Silio Italico, il cui poema
epico ricorda nei vv. 2-5: Sili, Castalidum decus sororum, / qui periuria
barbari furoris / ingenti premis ore perdosque / astus Hannibalis levisque
Poenos / magnis cedere cogis Africanis: / paulum seposita severitate, / /
(10) nostris otia commoda Camenis.
7: il verso presenta analogie con Phaedr. IV 7, 5 et in cothurnis prodit
Aesopus novis. Se si tratta di voluta allusione, il verso costituisce un elemento
in pi per lidenticazione del Fedro del v. 5 con il favolista: Marziale avrebbe
incastonato nellepigramma un verso modellato su Fedro in omaggio alla
passione dellamico Canio per il favolista. in cothurnis Sophocleis: i
cothurni, calzari alti degli attori tragici, indicano metonimicamente la
tragedia per la prima volta in Verg. ecl. 8, 10 cit. infra, quindi, in poesia,
in Orazio, Ovidio, Manilio, Giovenale (vd. ThlL IV 1087, 68 sgg.). Nella
letteratura greca non c un analogo uso di
(vd. W. Beare, The
Roman Stage, London 1950, p. 183). Qui non si tratta propriamente di
metonimia (cothurni = tragedia), ma il tragediografo rappresentato come
attore tragico: cfr. Hor. carm. II 1, 11 sg. grande munus / Cecropio repetes
cothurno con il commento di Nisbet-Hubbard2; Phaedr. IV 7, 5 cit. supra.
Per luso metonimico in Marziale cfr. VIII 3, 13; 18, 7; XI 9, 1; XII 94, 3.
I cothurni possono essere anche, pi genericamente, simbolo della poesia
elevata: cfr. V 5, 8 cothurnati Maronis (la iuctura ricorre anche in VII
63, 5). Il nesso cothurni Sophoclei (o cothurnus Sophocleus), che unisce al
genere letterario il nome del tragico per antonomasia, secondo un giudizio
diffuso al tempo e sostanzialmente concorde con quello della critica
moderna (cfr. Plin. nat. VII 109 Sophoclem tragici cothurni principem),
si trova per la prima volta in Verg. ecl. 8, 10 sola Sophocleo tua carmina
digna cothurno; quindi in Ov. am. I 15, 15 nulla Sophocleo veniet iactura
cothurno (varia Properzio: II 34, 41 desine et Aeschyleo componere verba
cothurno). In Marziale la iunctura ricorre anche in V 30, 1 Varro, Sophocleo
non intiande cothurno. horridus: lattributo si trova qui soltanto in
riferimento alla tragedia e allude probabilmente alla paura (
) suscitata
negli spettatori, in cui Aristotele individuava uno degli elementi costitutivi
del genere (poet. 1449 b 24 sgg.).
8. in schola poetarum: il luogo, che Marziale frequentava con letterati
e amici, menzionato anche in IV 61, 3 sg. in schola poetarum / dum
fabulamur. Doveva trovarsi nelle vicinanze dei portici degli Argonauti e

Epigramma 20

217

dEuropa, nominati nei versi seguenti, dove, per testimonianza di Plinio il


Vecchio, si trovavano una o pi scholae (nat. XXXV 114; XXXVI 22; vd.
Platner-Ashby, p. 427). F. Coarelli (Il Campo Marzio, Roma 1997, pp. 452484) ha ipotizzato, sulla base degli scoli a Hor. sat. I 10, 38 e epist. II 2, 94,
di localizzare la schola poetarum presso il tempio di Hercules Musarum,
intorno al quale si trovava il portico di Filippo, attiguo a quello di Ottavia
(vd. LTUR III, s.v. Hercules Musarum, aedes, p. 17 sgg.). Lidenticazione
appare tuttavia molto incerta (vd. D. Palombi, s.v. Roma, EO I, sez. 6, p.
549 sgg. con bibliograa). Schola, termine della sfera quotidiana, ricorre in
poesia soltanto in Marziale (4 volte) ed in Fedro.
9: Canio possiede larguzia e la grazia delleloquio. Sal designa larguzia
pungente, la facezia (per la metafora vd. OLD, s.v., nr. 6 b; Gowers 1993, pp.
230-232): cfr. Cic. fam. IX 15, 2 accedunt salsiores quam illi Atticorum
Romani sales; Quint. inst. XII 10, 12 in salibus aliquando frigidum
(sc. Ciceronem). Lepos denisce la grazia e piacevolezza delleloquio, dote
necessaria per loratore: cfr. Cic. de orat. I 213 instructum (sc. oratorem)
lepore quodam volo. Sulla distinzione in Marziale tra sal Romanus e lepos
Atticus (o Cecropius) cfr. IV 23, 6 qui si Cecropio satur lepore / Romanae
sale luserit Minervae; vd. anche VIII 3, 19 at tu Romano lepidos sale tinge
libellos (sul sal quale importante elemento dellepigramma marzialiano vd.
la n. a 99, 3). Sal e lepos sono spesso afancati: cfr. Catull. 16, 7 sg. qui (sc.
versiculi) tunc denique habent salem et leporem / si sunt molliculi et parum
pudici; Cic. de orat. I 159 libandus est etiam ex omni genere urbanitatis
facetiarum quidam lepos, quo tamquam sale perspargatur omnis oratio;
243 multo maiorem partem sententiarum sale tuo et lepore et politissimis
facetiis pellexisti; II 98 inusitatum nostris oratoribus leporem quendam
et salem; 252 quod mutatis verbis salem amittit, in verbis habet leporem
omnem; Hier. epist. 50, 3, 3 comico sale ac lepore; 84, 2 sales eius (sc. Lucili)
leposque laudantur. lepore Attico: la iunctura ricorre ancora in Sidon.
carm. 23, 99 sg. illum, cui nitidi sales rigorque / Romanus fuit Attico in
lepore (che senzaltro dipende da Marziale; cfr. anche 23, 149 Graios, Plaute,
sales lepore transis) ed in Hier. epist. 57, 12, 3 haec est Plautina eloquentia, hic
lepos Atticus et Musarum, ut dicunt, eloquio comparandus (per linuenza
di Marziale su Sidonio vd. E. Geisler, De Apollinaris Sidonii studiis, Breslau
1885; R.E. Colton, Traces of Martials Vocabulary in Sidonius Apollinaris,
CB 53, 1976, pp. 12-16). Essa individua nelloratoria attica il modello di
vivacit del discorso: cfr. Cic. orat. 26, 90 quidquid est salsum aut salubre

218

M. Val. Martialis liber tertius

in oratione, id proprium Atticorum est. e quibus tamen non omnes faceti:


Lysias satis et Hyperides, Demades praeter ceteros fertur, Demosthenes
minus habetur; vd. anche Cic. de orat. II 270 Socratem opinor in hac
ironia longe lepore et humanitate omnibus praestitisse; rep. I 16 leporem
Socraticum. Per lepore tingere cfr. Manil. IV 527 sg. nec triste ingenium sed
dulci tincta lepore / corda creat; per lanaloga espressione sale tingere in
Marziale cfr. VIII 3, 19 cit. supra; XII 95, 3 tinctas sale pruriente chartas.
10. porticum terit: la iunctura ricorre nella stessa posizione metrica del
coliambo in II 11, 2 quod ambulator porticum terit seram. templi: la
generica denizione di porticus templi, priva del nome del portico, non
offre altre occorrenze nella letteratura latina e crea qualche difcolt.
Il passo stato perci ritenuto corrotto da vari studiosi: sono ricorsi alle
cruces Friedlaender, Heraeus, SB. Tra le varie congetture avanzate nessuna
convince: n Tectae di Munro, dal momento che la via Tecta (per cui vd.
la n. a 5, 5) non sembra esser stata un luogo di passeggio frequentato, quali
quelli nominati a seguire (daltra parte la denizione porticus Tectae appare
improbabile, poich i portici romani prendono il nome dal loro costruttore
o da opere darte in essi contenute), n Magni di Friedlaender (in app.),
che comporterebbe un riferimento al portico di Pompeo (cfr. Catull. 55, 6
in Magni ambulatione), giacch lascia perplessi la sua spiegazione della
genesi della corruzione di Magni in templi, che sarebbe stato scelto per
integrare lultima parola del verso divenuta illeggibile, forse basandosi su
XI 1, 9 porticum Quirini: nessun correttore avrebbe scelto unespressione
cos poco chiara per colmare una lacuna. Ancor meno plausibile Tampi
(Heraeus nelladn.), portico altrimenti sconosciuto, che trarrebbe nome dal
due volte console Lucio Tampio Flaviano. Sebbene i dubbi degli interpreti
siano giusticati dallinconsueta denizione di porticus templi, il testo trdito,
che realizza anche unallitterazione (terit templi), pu essere, a mio avviso,
difeso, considerando che la denizione doveva risultare chiara ai lettori di
Marziale, che conoscevano lubicazione della schola poetarum, da cui Canio
si dirige al portico (hinc si recessit). Potrebbe trattarsi del tempio di Iside e
Serapide, che si trovava nel Campo Marzio, accanto ai Saepta (vd. PlatnerAshby, p. 283 sg.; F. Coarelli, LTUR III, p. 107 sgg.) ed era un luogo molto
frequentato, soprattutto da donne (cfr. XI 47, 4; Ov. ars I 77; Iuv. 6, 489; 9,
22). Ne offre conferma il percorso del cenipeta Selio in II 14, 5 sgg., inverso
rispetto a quello di Canio: portico dEuropa, portico degli Argonauti, tempio
di Iside (Memphitica templa). Lipotesi, cui aderisce F. Coarelli (LTUR III,

Epigramma 20

219

p. 107), sostenuta da Ker e Izaac (in modo per troppo perentorio, come
osservato da Housman 1931, p. 83 = Class. Pap., p. 1174). Unaltra ipotesi
degna di considerazione quella di Castagnoli 1950, p. 72, che pensa al
templum Divorum, costruito da Domiziano nel Campo Marzio in onore di
Vespasiano e Tito divinizzati, nei pressi del tempio di Iside, i cui portici sono
ricordati nei Cataloghi Regionari (vd. F. Coarelli, LTUR II, p. 19 sg.): in tal
caso la generica menzione di porticus templi verrebbe ad assumere un valore
encomiastico nei confronti del programma architettonico domizianeo. Se
invece si accetta la localizzazione della schola poetarum presso il tempio di
Hercules Musarum (vd. la n. al v. 8), la porticus templi andr identicata con
la p. Philippi, menzionata da Marziale in V 49, 12 (vd. M.J. Kardos, LUrbs
de Martial. Recherches topographiques et littraires autour des Epigrammes
V, 20 et V, 22, Latomus 60, 2001, p. 403). Poco persausiva la proposta
di Friedrich 1907, p. 378 sg. di identicazione con il tempio di Apollo sul
Palatino, costruito da Augusto e fornito di portici e di una biblioteca greca e
latina (cfr. Suet. Aug. 29, 3; Prop. II 31, 1 sg. Phoebi / porticus), le cui sale,
secondo Friedrich, potrebbero aver costituito la schola poetarum: il percorso
di Canio si svolge nel Campo Marzio e questo rende senzaltro poco probabile
lidenticazione con il tempio di Apollo sul Palatino (che oltretutto Marziale
avrebbe potuto denire, con Properzio, porticus Phoebi).
11. spatia Argonautarum: si tratta del portico degli Argonauti, fatto
costruire da Agrippa nel 25 a.C. nel Campo Marzio. Il nome deriva dalle
pitture sulle sue pareti che ritraevano le imprese degli Argonauti (Cass. Dio
LIII 27, 1). Era tra i pi frequentati luoghi di passeggio a Roma (vd. PlatnerAshby, p. 420; LTUR IV, p. 118 sg.); Marziale lo nomina anche in II 14, 6;
XI 1, 12. Spatia carpere ricorre, oltre che qui, soltanto in Sen. Phaed. 1078
carpens spatia. lentus: lattributo suggerisce che Canio vada alla ricerca
di incontri galanti: cfr. Ov. ars I 67 tu modo Pompeia lentus spatiare sub
umbra (al verso ovidiano, modellato su Prop. IV 8, 75 tu neque Pompeia
spatiabere cultus in umbra, Marziale allude esplicitamente in XI 47, 3 nec
Pompeia lentus spatiatur in umbra).
12. delicatae Europae: il portico di Europa, vicino ai Saepta,
menzionato soltanto da Marziale, ancora in II 14, 3. 5. 15; VII 32, 12; XI 1,
11. Era, come gli altri portici del Campo Marzio, uno tra i luoghi privilegiati
per il passeggio, lozio, gli incontri, nei cui pressi si trovava la pianura dove i
giovani svolgevano esercizi sici (II 14, 3-4; VII 32, 11-12; vd. Lugli 1961, p.
12 sgg.). Vi si trovavano pitture o, con maggiore probabilit (vd. la n. al v. 13),

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M. Val. Martialis liber tertius

un gruppo scultoreo rappresentante il mito di Europa. Secondo Castagnoli


1950, p. 70 sg., non apparendo con certezza che si tratti di un portico, ma
soltanto di giardini o di una parte di edicio (sia portico o terme o altro)
sistemato a giardino, si potrebbe pensare agli horti di Agrippa (dellopinione
che si tratti soltanto di giardini anche Lugli 1961, p. 13). Ma che si tratti
di un portico confermato da XI 1, 9 sgg. (apostrofe al libro, cui Marziale
consiglia di recarsi nei luoghi pi affollati della citt) vicini pete porticum
Quirini: / turbam non habet otiosiorem / Pompeius vel Agenoris puella, /
vel primae dominus levis carinae, dove quello di Europa (Agenoris puella)
menzionato insieme ad altri portici (vd. Sposi 1997, p. 21 sgg.). Lipotesi
di identicazione con la porticus Vipsania, avanzata da Ch. Hlsen (JordanHlsen, p. 458) e accettata da Friedlaender, stata riproposta recentemente
da R.E. Prior (Going around hungry: Topography and Poetics in Martial
2. 14, AJPh 117, 1996, p. 127 sg.). Marziale nomina esplicitamente questo
portico in IV 18, 1 qua vicina pluit Vipsanis porta columnis (cfr. anche I
108, 3 at mea Vipsanas spectant cenacula laurus). Per altre ipotesi vd. LTUR
IV, p. 120 sg. rursus: la lezione di , accolta da tutti gli editori (qualche
dubbio mostra Lindsay 19032, p. 48), senzaltro preferibile rispetto a rufus
di , che non pu valere coloratus, ustus, come sostenuto da Malein (apud
Heraeus, p. XXX); daltra parte il cognomen Rufus, che Marziale utilizza solo
nel v. 1, appare qui fuori luogo; la lezione di deriver probabilmente da
rusus, graa comune dellavverbio (vd. OLD, s.v.).
13. inter tepentes buxos: il boschetto era esposto al sole meridiano: cfr.
II 14, 15 Europes tepidae buxeta; spazi coltivati a verde erano inseriti fra
pi portici vicini (cfr. Vitr. V 9, 5): ai bossi del portico dEuropa facevano
da contraltare i platani del portico di Pompeo (Prop. II 32, 11 sgg. scilicet
umbrosis sordet Pompeia columnis / porticus, aulaeis nobilis Attalicis, / et
platanis creber pariter surgentibus ordo), disposti su entrambi i lati (Mart.
II 14, 10 Pompei dona nemusque duplex). Ancora un boschetto di platani
con statue di bronzo di ere adornava il cosiddetto Hecatostylum, nei pressi
del portico di Pompeo (vd. la n. a 19, 1 sg.). Questi complessi di portici con
giardini interni non appartenevano alla tradizione romana, ma si rifacevano
a modelli ellenistici (Grimal 1990, p. 175 sgg.). Si utilizzavano per lo pi
piante a foglie perenni, in modo da creare un paesaggio stabile nel tempo:
accanto al bosso ed al platano erano usati lacanto, il cipresso, il lauro, il
mirto, il rosmarino, la violetta (Grimal 1990, p. 276 sgg.). Il bosso, pianta
molto folta e dalle foglie resistenti, si prestava anche a una potatura ad arte

Epigramma 20

221

(vd. la n. 58, 3 tonsili buxeto). probabile che il mito di Europa fosse


rappresentato da un gruppo scultoreo collocato non sotto il portico, ma
nei giardini: Marziale parla di tepida Europa e ci induce a pensare ad una
scultura esposta al sole, probabilmente di bronzo. Anche la pointe di II 14,
in cui Marziale invita Zeus sotto forma di toro a portarsi via Selio, disperato
cenipeta, risulta pi incisiva se si tratta di un gruppo scultoreo (18 ad cenam
Selium tu, rogo, taure, voca). A. Reinach (Neapolis 2, 1914, pp. 231-253)
ha avanzato lipotesi che si tratti del gruppo bronzeo di Pitagora di Reggio,
conservato durante il periodo repubblicano a Taranto (Cic. Verr. II 4, 135;
Varro ling. V 31 sg.) e presumibilmente trasferito in seguito a Roma (vd. anche
LTUR IV, p. 121 sg.). pertanto da escludere lidenticazione con le pitture
rappresentanti Cadmo ed Europa, opera di Antilo, collocate nel portico
di Pompeo (Plin. nat. XXXV 114; vd. Platner-Ashby, p. 422). possibile
invece, come ha ipotizzato Sposi 1997, p. 24 sg., che la rappresentazione
fosse arricchita da una fontana (nel mito Zeus trasformato in toro rapisce
Europa conducendola sulle onde dellOceano no a Creta), alimentata da
una ramicazione dellAqua Virgo, che forniva lacqua anche alle Terme di
Agrippa (vd. Platner-Ashby, p. 518); cfr. anche la testimonianza di Marziale
sul Campo Marzio in V 20, 9 Campus, porticus, umbra, Virgo, thermae.
post meridie: la lezione di EAX senzaltro preferibile a post meridiem
di V, poich post meridie considerato come una forma indeclinabile:
vd. W. Heraeus, ALL 12, 1902 (= Hildesheim 1967), p. 92; ThlL VIII 840,
47 sgg. In Marziale cfr. IV 61, 12 post meridie (con tradizione concorde).
Meridie stato preferito da Lindsay, Heraeus, SB; meridiem da Schneidewin,
Friedlaender, Gilbert, Duff, Izaac.
14. acribus curis: la iunctura ricorre in Varr. Men. 394; Lucr. III 459; V 43
sg.; Val. Fl. V 548; Sil. IV 8 sg.
15. Titine thermis: costruite in gran fretta al tempo della dedica dellAnteatro Flavio e inaugurate con splendidi giochi (Suet. Tit. 7, 3), le terme di
Tito si trovavano nella regio III, accanto allAnteatro, allinterno del recinto
della Domus Aurea (cfr. epigr. 2, 7 sg. hic ubi miramur velocia munera
thermas, / abstulerat miseris tecta superbus ager); sono ancora associate
alle terme di Agrippa in III 36, 5 sg. lassus ut in thermas decima vel serius
hora / te sequar Agrippae, cum laver ipse Titi (vd. Platner-Ashby, p. 533
sg.; LTUR V, s.v. thermae Titi, p. 66 sg.). Agrippae: le pi antiche grandi
terme romane, costruite da Agrippa nel 25 a.C. nel Campo Marzio a sud
del Pantheon e inaugurate nel 12 a.C. La bellezza delle decorazioni, tra cui

222

M. Val. Martialis liber tertius

spiccava lApoxyomenos di Lisippo, descritta da Plinio il Vecchio (nat.


XXXIV 62; XXXV 26; XXXVI 189). Andarono a fuoco nell80, ma la
menzione di Marziale (anche in III 36, 6 cit. supra) prova di un restauro
ad opera di Tito o Domiziano (vd. Platner-Ashby, p. 518 sgg.; LTUR V, s.v.
thermae Agrippae, pp. 40-42).
16. impudici balneo Tigillini: si tratta senzaltro di Ofonio Tigellino
(o Tigillino), il celebre prefetto del pretorio di Nerone, esiliato nel 39 da
Caligola per sospetto di adulterio con Agrippina e Giulia (vd. PIR O 91;
Stein, RE XVII 2, s.v. Ofonius, 2056-61; il commento di Mayor a Iuv. 1,
155; T.K. Roper, Historia 28, 1979, pp. 346-357). Lattributo impudicus si
attaglia perfettamente al personaggio descritto dalle fonti: cfr. Tac. ann. XIV
51, 2 sg. quippe Caesar praetoriis cohortibus imposuerat Ofonium
Tigellinum, veterem impudicitiam atque infamiam in eo secutus; XV 50, 3
per saevitiam impudicitiamque Tigellinus in animo principis anteibat (sc.
Faenium Rufum). I balnea, stabilimenti pi piccoli delle thermae, potevano
trovarsi anche in case private; a Roma erano assai numerosi (cfr. Plin. nat.
XXXVI 122). In genere sono nominati con il genitivo del costruttore o del
proprietario: cfr. I 59, 3; II 14, 11; XI 52, 4; vd. Mau, RE II 2, s.v. Bder,
2747. Il balneum Tigillini menzionato anche in CGL III 657, 14 e in
una tessera plumbea (vd. Tesserarum urbis Romae et Suburbi plumbearum
sylloge, edidit M. Rostovtsev, St. Ptersbourg 1903-1905, 888; Platner-Ashby,
p. 71; LTUR, s.v. balneum Tigillini, I, p. 165). Non esistono dati certi per
la sua ubicazione: poteva trovarsi nel Campo Marzio, come gli altri luoghi
nominati da Marziale, oppure nei praedia Tigellini Aemiliana, nominati da
Tac. ann. XV 40, 2, anchessi per di non sicura localizzazione (vd. LTUR,
s.v. balneum Tigillini, I, p. 165; ibid., s.v. praedia Tigellini Aemiliana, IV).
Il termine balneum fa parte della sfera quotidiana ed escluso dalla poesia
elevata: si trova in Orazio sat. (4 casi); Ovidio ars (1); Persio (1); Stazio silv.
(3); Giovenale (8). In Marziale ci sono 22 occorrenze.
17. Tulli atque Lucani: Gn. Domizio Lucano e Gn. Domizio Tullo
erano fratelli (cfr. I 36, 4). Figli di un Curvius a noi sconosciuto (in V 28, 3
sono detti Curvii fratres), furono adottati nel 42 da Domizio Afro, celebre
oratore del tempo, che ne aveva fatto condannare il padre (cfr. Plin. epist.
VIII 18, 5 sg.). Forniti di grandi ricchezze e di prestigio politico furono fra
i protettori di Marziale, che si rivolge a loro pi volte con toni cortigiani: in
I 36 li paragona ai Dioscuri; in V 28, 3 li nomina come exempla di pietas;
in IX 51, in occasione della morte di Lucano, il maggiore dei due, riprende

Epigramma 20

223

e sviluppa il confronto con i Dioscuri; probabilmente a Gn. Domizio


Lucano che Marziale si rivolge in VIII 75, 15 (per ulteriori informazioni vd.
Citroni, p. 119 sg.). Canio doveva dunque essere in rapporti di amicizia o di
clientela con i due fratelli.
18. Pollionis: si tratta forse del celebre citaredo, contemporaneo di Marziale,
che lo nomina anche in IV 61, 9, ma non vi sono elementi sufcienti per
una sicura identicazione. Il nome del citaredo ricorre anche in Iuv. 6, 387;
7, 176. In Marziale Pollio nome ttizio in XII 12, 2. currit: currere per
viaggiare (vd. ThlL IV 1512, 61-65) ricorre anche in II 6, 15 et cum currere
debeas Bovillas.
19. aestuantis Baias: Baia, sulla costa campana, era una fra le localit
di villeggiatura pi lussuose e rinomate del mondo romano (cfr. Hor. epist.
I 1, 83; Mart. XI 80), nota anche per la rilassatezza dei suoi costumi (in
I 62 Marziale gioca con questo motivo raccontando di una casta moglie,
una Penelope, che a Baia diventa unElena). Su Baia vd. Friedlaender, SR I
407 sgg.; DArms 1970. Marziale ebbe modo di soggiornarvi spesso, come
ospite di facoltosi patroni ed amici: cfr. I 59; IV 57; X 58; VI 43, 7 sg. La
villa a Baia di Faustino, il ricco ed inuente amico di Marziale, dedicatario di
questo libro (epigr. 2) e probabilmente suo ospite nel soggiorno cisalpino
(vd. lIntroduzione, 3), descritta nellepigr. 58 (51 versi). Il clima caldo,
che nei mesi estivi diveniva quasi intollerabile, la rendeva una meta agognata
in primavera: cfr. IV 57, 5 sg. horrida sed fervent Nemaei pectora monstri, /
nec satis est Baias igne calere suo; Stat. silv. IV 3, 25 sg. Gauranosque sinus
et aestuantes / Baias (la ripresa da parte di Stazio appare comprovata
anche dalla menzione dei Gaurani sinus che richiamano il Lago Lucrino,
nominato al v. successivo: vd. Henriksn 1998, p. 86 e il commento di
Coleman al passo di Stazio); Sil. XII 113 sg. tepentes / Baiae; Sidon. epist.
V 14, 1 calentes Baiae. Sugli accusativi plurali in is vd. la n. a 10, 2. iam
profectus: lalta stagione a Baia era in marzo-aprile (vd. Friedlaender, ad loc.;
SR II 94, 6). Lepigramma perci sar stato composto tra la ne di febbraio
e linizio di marzo dell88 (vd. lIntroduzione, pp. 53; 56).
20. Lucrino in stagno: il noto lago costiero presso Baia, diviso dal mare
da una sottile lingua di terra. Era utilizzato per la pesca, per la coltivazione
di rinomate ostriche (vd. la n. a 60, 3) e per gite in barca (cfr. I 62, 3; Prop. I
11, 10). La denizione di stagnum per il Lucrino ricorre ancora in III 60, 3;
IV 57, 1; V 37, 3; Sidon. carm. 18, 7. J. Willis (Stutgardiae et Lipsiae 1997)
legge ora Lucrinum ad stagnum (saxum codd.) in Iuv. 4, 141, accogliendo

224

M. Val. Martialis liber tertius

la congettura di K.M. Coleman (The Lucrin Lake at Juvenal 4. 141, CQ


44, 1994, pp. 554-556). nauculatur: il verbo un hapax. Si tratta di un
denominativo dal diminutivo naucula (il sostantivo ricorre in Plin. epist. III
16, 9; V 6, 37; IX 7, 4; Paul. Nol. carm. 24, 245); per le dimensioni delle
imbarcazioni sul lago Lucrino cfr. Prop. I 11, 10 parvula Lucrina cumba
moretur aqua.
21: sulla ripresa del verso iniziale vd. la n. intr. Ridet: lultima parola
dellepigramma, come spesso in Marziale, realizza l
(vd.
Gerlach 1911, p. 30 sgg.). In questo caso la lunghezza dellepigramma e
linsistenza sulle varie possibili attivit dellamico accentua leffetto di sopresa
derivante dalla conclusione.

Epigramma 21

225

21
Proscriptum famulus servavit fronte notatus.
Non fuit haec domini vita, sed invidia.
hab. R tit. de domino et famulo R
1 proscriptum RLPQfV: proscriptus fEAXV
notatus : notata R 2 vita RLPQf : via L

Un servo marchiato sulla fronte salv un proscritto.


Questo atto signic non vita per il padrone, ma odio.
Lepigramma prende spunto da un episodio storico: durante il secondo
triumvirato, nel 43 a.C., il proscritto Antius Restio (per lidenticazione
vd. F. Hinard, Les proscriptions de la Rpublique romaine, Roma 1985,
p. 424) fu salvato da un suo schiavo, che egli aveva fatto marchiare sulla
fronte. Laneddoto narrato da Valerio Massimo (VI 8, 7, tra gli exempla
de de servorum) e da Macrobio (Sat. I 11, 19): Antius tent la fuga per
sottrarsi alla cattura e, mentre tutti gli altri servi facevano man bassa delle
sue ricchezze, uno solo, da lui marchiato sulla fronte, lo segu e riusc a
salvarlo dai soldati che lo inseguivano con questo stratagemma: avendo
apprestato un rogo, uccise un vecchio mendicante e ve lo adagi; quindi, ai
soldati che gli chiedevano dove fosse il padrone, indic il rogo affermando
che egli stava bruciando a espiazione del male commesso. Il suo racconto
fu creduto e il padrone si salv. La vicenda di Antius riportata anche da
Appiano (BC IV 40), che per ne attribuisce il salvataggio alla moglie. Un
episodio analogo, ambientato durante la guerra civile, narrato da Sen.
ben. III 25, dove il servo addirittura si fa uccidere per salvare il padrone
proscritto.
Marziale riduce al minimo i particolari dellepisodio, limitando al primo
verso la narratio; il secondo offre un breve, ma arguto commento al fatto,
secondo una struttura tipica dei monodistici di Marziale. Valerio Massimo
mette in luce soprattutto la pietas e la benivolentia del servo, Marziale
afferma che, salvandogli la vita, il servo ha attirato sul suo padrone lostilit
(invidia) di tutti per la crudelt dimostrata verso un servo rivelatosi cos
fedele.

226

M. Val. Martialis liber tertius

1. proscriptum famulus servavit: tutta la vicenda condensata nelle prime


tre parole del verso, mentre alla clausola dellesametro riservato lelemento
chiave per la conclusione dellepigramma: la punizione che il dominus aveva
initto al suo servo. Marziale evidenzia inoltre lanomalia della situazione
attraverso un gioco etimologico che coinvolge il verbo servare, che i Latini
percepivano come legato a servus: cfr. Pompon. dig. 50, 16, 239, 1 (=
Florent. Dig. 1, 5, 4, 2; Iust. inst. 1, 3, 3) servorum appellatio ex eo uxit,
quod imperatores nostri captivos vendere ac per hoc servare nec occidere
solent; Don. Ter. Ad. 181 servi quod servati sunt, cum eos occidi oporteret
iure belli; Isid. orig. V 27, 32 servitus a servando vocata. apud antiquos
enim qui in bello a morte servabantur, servi vocabantur; vd. Maltby 1991,
p. 564 (per le interpretazioni moderne delletimologia di servus vd. invece
Ernout-Meillet, p. 620). In questo caso per, con arguta inversione dei ruoli,
il servo (famulus) colui che salva (servavit) il suo padrone e non colui che
ne salvato (cfr. Sen. ben. III 24, 1 vixit Domitius et servatus a Caesare est;
prior tamen illum servus servaverat). fronte notatus: sulluso di marchiare
la fronte degli schiavi fuggitivi, ladri o calunniatori con lettere (stigma; nota)
che li rendevano immediatamente riconoscibili a tutti cfr. Petron. 69, 1; 103,
2; Quint. inst. VII 4, 14; vd. Marquardt 1886, p. 184 n. 4; Blmner 1911,
p. 294; per eliminare i segni si escogitavano vari rimedi: cfr. II 29, 9 sg.; VI
64, 24 sgg. con il commento di Grewing; X 56, 6. Il particolare della fronte
marchiata riportato sia da Valerio Massimo che da Macrobio, insieme alla
notizia, omessa da Marziale, che il padrone lo aveva costretto in ceppi: cfr.
Val. Max. VI 8, 7 servus ab eo vinculorum poena coercitus inexpiabilique
litterarum nota per summam oris contumeliam inustus; Macr. Sat. I 11,
19 servus compeditus inscripta fronte. In Marziale lespressione ricorre
ancora in XII 61, 11 frons haec stigmate non meo notanda est, dove,
metaforicamente, indica il marchio impresso dalla satira. La lezione fronte
notatus ( ), accolta da Schneidewin1, Lindsay, Heraeus, Izaac, Giarratano,
SB, appare senzaltro preferibile a fronte notata di R, adottata invece da
Schneidewin2, Gilbert, Friedlaender, Duff e Ker: il participio, concordato
con famulus, rende immediatamente chiari i rapporti grammaticali, mentre
il nesso fronte notata si presterebbe ad ambiguit; inoltre lablativo di
rispetto appare senzaltro difcilior. La corruttela si spiega molto facilmente
come inusso del precedente fronte: cfr., ad es., III 16, 5 sed te, mihi crede,
memento: tu R; 44, 1 occurrit tibi nemo quod libenter: qui libenter T; per
altri casi analoghi nella prima famiglia vd. Giarratano, p. XV.

Epigramma 21

227

2. vita invidia: lultima parola dellepigramma contiene larguzia di


Marziale: allelemento oggettivo della vicenda (la vita salvata del padrone)
si sostituisce il commento soggettivo del poeta che sintetizza in una parola
il vero risultato dellazione del servo: lodio attirato sul padrone per la sua
crudelt (invidia). Il passaggio dalloggettivo al soggettivo evidenziato
anche attraverso un gioco paronomastico tra i due sostantivi (vita-invidia),
come notato gi da Gilbert 1883, p. 6 n. 4; sullutilizzo da parte di Marziale
di tale gura di suono vd. Grewing 1998, p. 322 sgg.; Schneider 2000. Per
la chiusa del pentametro con una sillaba breve, per lo pi evitata nella
poesia augustea, vd. la n. a 19, 6 fera.

228

M. Val. Martialis liber tertius

22
Dederas, Apici, bis trecenties ventri,
et adhuc supererat centies tibi laxum.
Hoc tu gravatus ut famem et sitim ferre
summa venenum potione perduxti.
Nihil est, Apici, tibi gulosius factum.

epigr. 22-63, 4 post V 67, 5 hab. AGh (eandem transp. hab. c nonnullis epigr. omissis)
tit. ad apicium PQfEXV: ad apicum L om. A epigr. cum priore conato 1 apici bis
LQfEA: aprici bis PQ apicius bis V apicibos X apicius V trecenties LfEA: tricenties
PQ trecentias XV 2 et fs.l. : sed LPQf supererat Pf : superat LQf centies PQf :
centiens L laxum LPQfA: leixum Aut vid. luxum EXV luxu fs.l. 3 tu EAs.l.XV:
om. A ferre LPQf: ferres Qf
4 summa LPQfEAV: summe L suma X perduxti
Scriverius: perduxit EAXV duxisti perduxisti V 5 nihil : nullum EAXV nullus V
tibi gulosius PQf : tigulosius L

Avevi dato al ventre, o Apicio, sessanta milioni,


e ancora te ne rimanevano dieci abbondanti.
Tu, mal tollerandolo, come dovessi patire la fame e la sete,
hai bevuto come ultima bevanda del veleno.
Non hai mai fatto nulla di pi goloso, o Apicio.

Il tema dellepigramma costituito, come per il precedente, da una


vicenda storica: il protagonista dellaneddoto Marco Gavio Apicio, il
celebre ghiottone vissuto in et tiberiana (vd. PIR G 91), noto per il suo
edonismo, sotto il cui nome trdita la raccolta di ricette dal titolo De
re coquinaria (la cui redazione risale per al IV secolo: vd. Andr, p. 7
sgg.; H. Lindsay, SO 72, 1997, pp. 144-154). Il suo suicidio, esemplare
conclusione di una vita dedita al lusso, narrato da Seneca nella Consolatio
ad Helviam matrem (dial. XII 10, 8 sgg.): cuius (sc. Apici) exitum nosse
operae pretium est. cum sestertium milliens in culinam coniecisset, cum tot
congiaria principum et ingens Capitolii vectigal singulis comisationibus
exsorpsisset, aere alieno oppressus rationes suas tunc primum coactus
inspexit: superfuturum sibi sestertium centiens computavit et velut in
ultima fame victurus si in sestertio centiens vixisset, veneno vitam nivit.
quanta luxuria erat, cui centiens sestertium egestas fuit! (la notizia del suo

Epigramma 22

229

suicidio riportata anche in mythogr. II 225; Isid. orig. XX 1, 1; Cass. Dio


LVII 19, 5). Come messo in luce da Friedrich 1910, Marziale rielabora in
forma di epigramma il racconto senecano (cfr. i passi citati nelle nn. ai
singoli versi), trasformando la narrazione in terza persona nellapostrofe
diretta al personaggio preso di mira, elemento abituale dellepigramma
satirico, che rende pi pungente lattacco. La narratio si sviulppa nei primi
quattro versi: nei primi due Marziale delinea lantefatto della vicenda; nei
vv. 3-4 descrive la bizzarra reazione di Apicio (il suicidio); lultimo verso
offre un commento arguto sulla vicenda.
Apicio menzionato da Marziale come exemplum di vita edonistica
anche in II 69, 3 sg. ipse quoque ad cenam gaudebat Apicius ire: / cum
cenaret, erat tristior ille, domi; 89, 5 quod luxuriaris, Apici (sc. vitium
habes); X 73, 3 qua (sc. toga) non Fabricius, sed vellet Apicius uti. Per
la notoriet del personaggio il nome Apicius divenuto sinonimo di
ghiottone, dedito al lusso: la prima occorrenza delluso antonomastico
del nome si trova in Giovenale 11, 2 sg. quid enim maiore cachinno /
excipitur volgi quam pauper Apicius?; vd. anche Tert. pall. 5 taceo Nerones
et Apicios; Sidon. epist. IV 7, 2 inter Apicios epulones (vd. al riguardo Van
Wageningen 1912, p. 155; Otto, Sprichwrter, s.v. Apicius). In Marziale
Apicius nome ttizio in III 80; VII 55, 5. Per la satira contro il tipo dello
scialacquatore vd. la n. intr. allepigr. 10.
1. Dederas ventri: il sostantivo ventri, che esprime, con una nota di
biasimo, il carattere meramente edonistico degli sprechi di Apicio, messo
in risalto dalla collocazione in ne di verso. Venter (come gula, su cui vd.
la n. a 17, 3) usato spesso per indicare la voracit: cfr. I 20, 3 quid dignum
tanto tibi ventre gulaque precabor?; Sall. Cat. 2, 8 multi mortales, dediti
ventri atque somno; vd. OLD, s.v. nr. 2 b; si veda il corrispettivo uso
di
in greco: cfr. Hes. Th. 26
; vd. LSJ, s.v., nr. 1, 2. Per lespressione dare ventri
cfr. Hor. epist. I 15, 32 quidquid quaesierat ventri donavit avaro. bis
trecenties: sc. centena milia. La cifra diverge da quella di Seneca: cfr. dial.
XII 10, 9 cum sestertium milliens in culinam coniecisset. Il moltiplicativo
bis usato di frequente in poesia per comporre i numeri, spesso per ragioni
metriche (numerosissimi gli esempi in Marziale).
2: cfr. Sen. ibid. superfuturum sibi sestertium centiens computavit. Sed,
trdito da (LPQf), stato accolto, tra gli editori moderni, da Izaac (che

230

M. Val. Martialis liber tertius

per traduce et). La struttura dellepigramma rende tuttavia senzaltro


preferibile et (f ): i primi due versi contengono lantefatto ed semmai
il v. 3 a essere implicitamente avversativo, dal momento che introduce
un elemento soggettivo (la spropositata reazione di Apicio). Luso della
congiunzione copulativa, che peraltro contiene una sfumatura avversativa
(e nondimeno), appare pertanto preferibile. centies laxum: la
frequenza delluso del moltiplicativo per indicare le centinaia di migliaia
di sesterzi lo fa sentire come un sostantivo indeclinabile, cui pu riferirsi
un aggettivo singolare: cfr. I 99, 1 non plenum centiens; IV 37, 3
alterum (sc. decies); 4 tricies solidum (Hor. sat. II 3, 240 deciens solidum);
V 70, 2 plenum centiens; vd. ThlL V 1, 168, 38-49. Laxus soltanto in
questo passo accanto ad un numerale in funzione quasi avverbiale con il
signicato di abbondante. Laggettivo ricorre per, riferito a ricchezze, in
II 30, 4 laxas arca agellat opes. La lezione luxum della terza famiglia (con
leccezione di A) probabilmente frutto di corruttela meccanica.
3. hoc tu gravatus : lespressione richiama da vicino quella senecana
(ibid.): velut in ultima fame victurus, si in sestertio centiens vixisset.
Gravari nel senso di aegre ferre, fastidire si costruisce comunemente sia
con laccusativo che con linnito (vd. ThlL VI 2314, 17-47; 49-62): cfr.
XII epist. 22 sgg. tu velim ista diligenter aestimare et excutere non
graveris. La lezione ferres della famiglia , presente per contaminazione in
Qf, deriva senzaltro da unerrata interpretazione di ut come nale invece
che comparativo: per un caso simile cfr. X 39, 3 ut tua saecula narrant T ,
edd.: ut tua saecula narres (vd. Heraeus 1925, p. 321 n. 1).
4. summa potione: potio, vocabolo di uso colloquiale e raro in poesia
( attestato otto volte in Plauto, una volta in Orazio epod. e Giovenale,
solo qui in Marziale), si trova nel racconto senecano (dial. XII 10, 10
ultima potio). venenum perduxti: cfr. Sen. ibid. veneno vitam nivit.
Perduxti una brillante e sicura congettura di Scriverius, accolta da tutti gli
editori, a fronte dei trditi perduxit ( ) e duxisti ( ). Questultima lezione
si spiega peraltro facilmente come banalizzazione (vd. ThlL V 1, 2150, 53
sgg.). Le forme sincopate della II persona singolare dellindicativo perfetto
ricorrono pi volte negli autori di teatro arcaici, in Lucilio, Varrone,
Lucrezio, Catullo, una sola volta in Virgilio Aen., Orazio sat. e Properzio
(vd. Neue-Wagener, III, p. 500 sgg.). In Marziale ve ne sono pi esempi,
per lo pi dettati da necessit metriche: dixti (IV 61, 4; V 16, 13; VI 30,
2); addixti (X 31, 1; XII 16, 1); surrexti (V 79, 1 TQ; surrexit rell. codd.).

Epigramma 22

231

Perducere piuttosto raro nellaccezione di bibere: attestato in Apuleio


(met. X 5, 1; 16, 9 per congettura) e in testi di medicina (Scribonio Largo;
Gargilio Marziale; Marcell. med.) o tardi (CE; Arnobio); vd. ThlL X 1,
1289, 48-54.
5: una chiusa sentenziosa di tipo epigrammatico si trova gi in Seneca
(ibid.): quanta luxuria erat, cui centiens sestertium egestas fuit! Ma
mentre il losofo esprime una condanna morale della luxuria di Apicio,
sottolineando come lavidit non conosca limiti (dial. XII 10, 11 cupiditati
nihil satis est, naturae satis est etiam parum), la conclusione di Marziale
coglie argutamente laspetto paradossale del suicidio: lultima bevanda
costata ad Apicio dieci milioni di sesterzi (quelli che gli rimanevano); il
suo suicidio si congura pertanto come lestremo atto di gola di una vita
dedita alledonismo. Lo spreco di denaro per ni edonistici condannato
icasticamente da Marziale anche in V 70, 5 o quanta est gula, centiens
comesse! nihil: i codici della terza famiglia (EAXV) hanno nullum,
accolto da Schneidewin1. Il neutro sostantivato, attestato in commedia,
nella poesia augustea e nella prosa post-classica (cfr. Ter. Eun. 41; Hor.
ars 324; Ov. met. I 17; vd. Hofmann-Szantyr, p. 205; OLD s.v. nullus, nr.
2 c), non ricorre in Marziale. La corruttela potrebbe essere stata causata
dallinterpretazione di factum come sostantivo. Schneidewin2, Gilbert e
Friedlaender hanno accolto nil, attribuendolo erroneamente a P, che ha
nihil come gli altri codici della famiglia.

232

M. Val. Martialis liber tertius

23
Omnia cum retro pueris obsonia tradas,
cur non mensa tibi ponitur a pedibus?
cum 22 con. LPf tit. ad c(a)enipetam avarum : ad eundem fin mg. om. LPQf 1
retro pueris LPf: recto pueris Q pueris retro EAXV pueris tu retro V tradas LPQfV:
tractas fs.l.EAXV tractes Vs.l.

Dal momento che passi tutti i cibi dietro ai tuoi schiavetti,


perch non ti si mette la mensa ai piedi?
Lepigramma prende di mira un commensale che, invece di mangiare,
passa tutti i cibi ai suoi schiavetti che si trovano dietro al triclinio. Perch
allora non porre direttamente la mensa ai suoi piedi, se l che niscono le
pietanze? La dinamica dellazione appare chiaramente dalla disposizione dei
letti tricliniari su tre lati della mensa, per cui i commensali sono distesi con il
busto proteso verso la mensa e i piedi verso lesterno (vd. Marquardt 1886,
p. 302 sgg.). Gli schiavi che assistono il padrone durante la cena sono deniti
ad pedes per la loro posizione rispetto al dominus (vd. la n. al v. 2).
La cattiva abitudine di portare via cibi da un banchetto cui si partecipa,
evidentemente diffusa (cfr. Petron. 60, 7; vd. Marquardt 1886, pp. 313314), biasimata anche in II 37 (che presenta evidenti afnit con questo
epigramma: vd. infra) e in VII 20. Come rilevato da Pertsch 1911, p. 21,
qui Marziale ha preso spunto da un epigramma di Lucillio (AP XI 11), che
vale la pena di citare per esteso:

5
Lucillio sviluppa il motivo paragonando comicamente ad un coro teatrale il
seguito di schiavetti dellinvitato (1-4). La sua proposta nale di invertire

Epigramma 23

233

le posizioni e far stendere sui triclini gli schiavetti. Marziale condensa in un


solo verso la narratio eliminando lanalogia con il coro e propone invece,
in conclusione, di spostare la mensa ai piedi del commensale, evitandogli
di dover passare in continuazione cibi dietro di s (per il confronto tra
le due diverse tecniche vd. lanalisi di Burnikel 1980, p. 31 sg.). Secondo
Gilbert (apud Friedlaender) bersaglio dellepigramma sarebbe lospite
(e non un convitato) che passa i cibi ai suoi pueri delicati, come in III
82, 18 sgg. (vd. la n. ad loc.). Contro tale ipotesi, gi diffusa peraltro in
et umanistica (il titolo In invitatorem compare in bl ed. Rom. 1 ed.
Ven. ed. Rom. 2), cospirano tuttavia due elementi: la sicura imitazione
dellepigramma di Lucillio, in cui il poeta riveste il ruolo dellantrione
(cfr. v. 3
) e il fatto che il protagonista passi ai
suoi pueri tutti i cibi (omnia obsonia), come in II 37, 1 quidquid ponitur
hinc et inde verris (dove si tratta di un convitato: cfr. v. 10 sg. ullus si
pudor est, repone cenam: / cras te, Caeciliane, non vocavi), mentre in III
82, 18 sgg. il padrone di casa offre ai suoi schiavi i cibi migliori, lasciando
agli ospiti vivande di scarsa qualit. Sulla struttura dellepigramma, in cui
alla premessa introdotta da cum segue una conclusione interrogativa, vd.
Siedschlag 1977, pp. 25; 56.
1: il verso riprende quasi alla lettera Lucillio: cfr. AP XI 11, 4
(lemistichio ricorre pressoch identico
in AP XI 207, 2, ancora di Lucillio, sullo stesso argomento). Omnia,
collocato in apertura di verso, sottolinea lesagerazione del comportamento
dellospite. Per lespressione pueris tradere in un contesto simile cfr. II 37,
7 sg. haec cum condita sunt madente mappa / traduntur puero domum
ferenda. pueris: per puer nellaccezione di giovane schiavo vd. OLD, s.v.
nr. 5. obsonia: dal gr.
(cfr.
); qui genericamente cibi:
cfr. Schol. Ter. p. 84, 5 obsonium generaliter dicuntur omnes cibi, quos
indifferenter accipimus eqs.; vd. OLD s.v., nr. 1 b. Il vocabolo, appartenente alla sfera quotidiana, ricorre in poesia solo nei drammaturghi
arcaici (Nevio, Plauto, Terenzio, Titinio, Cecilio), in Lucilio, Orazio sat.,
Fedro, Giovenale. In Marziale questa lunica occorrenza; cfr. anche XIV
218 (217) tit. obsonator. La graa obs- prevalente nei codici (vd. ThlL
IX 2, 235, 3 sgg.; 236, 22). Qui attestata concordemente e adottata da
Gilbert, Friedlaender, Heraeus, Izaac; Lindsay, Duff e SB preferiscono
ops- nei due luoghi (in questo passo nel testo di Lindsay si legge obsonia,

234

M. Val. Martialis liber tertius

ma si tratta di un errore segnalato nei Corrigenda et Addenda; vd. anche


Lindsay 1904, p. 39). Non costituisce elemento di prova a favore di ops- la
derivazione greca (vd. supra): cfr., ad es.,
> absinthium. La
graa obs- potrebbe esser stata inuenzata dal preverbio ob- (vd. ErnoutMeillet, p. 464).
2: gli schiavi ad pedes (o a pedibus) accompagnavano il padrone al
banchetto, collocandosi ai suoi piedi dietro il triclinio (Marquardt 1886,
p. 148): cfr. III 82, 18 ad pedum turbam; XII 87, 2 ad pedes vernam; vd.
anche Sen. ben. III 27, 1; epist. 27, 6; Petron. 68, 4; Suet. Cal. 26, 2; CIL
VI 4001.

Epigramma 24

235

24
Vite nocens rosa stabat moriturus ad aras
hircus, Bacche, tuis victima grata focis.
Quem Tuscus mactare deo cum vellet aruspex,
dixerat agresti forte rudique viro
ut cito testiculos et acuta falce secaret,
taeter ut immundae carnis abiret odor.
Ipse super virides aras luctantia pronus
dum resecat cultro colla premitque manu,
ingens iratis apparuit hirnea sacris.
Occupat hanc ferro rusticus atque secat,
hoc ratus antiquos sacrorum poscere ritus
talibus et bris numina prisca coli.
Sic, modo qui Tuscus fueras, nunc Gallus aruspex,
dum iugulas hircum, factus es ipse caper.

10

hab. T
tit. de (h)aruspice hirneoso PQf : de aruspice hernioso fs.l. de harsispice
hirneoso L de aruspice hircanioso T 1 rosa LPQf : rasa Lut vid. rosea T stabat
T EAX: stat V
moriturus T EAXV: moritura E
2 hircus TLQf : hyrcus T
hercus Pf victima TLPQf : victuma f focis T: sacris LPf satis Q 3 tuscus
:
turcus T deo TLPQin mg.f : om. Q aruspex LPQf : aruspix T auruspex Q 4
agresti T EAXV: agesti A forte TQf : forti LPf rudique
: rudeque T 5 ut
cito T : ut duo Eldick force Heinsius et acuta
: et accuata T set acuta Scriverius
in Animadv. peracuta ed. Ferr. ed. Ald. Ramirez de Prado Scriverius in textu praeacuta
Heinsius curvata Schneidewin 6 abiret : haberet T 7 aras luctantia T : aras super
luctantia T 8 colla premitque manu TfEX: colla premitque manus LPQ manu premitque
colla EA colla manuque premit AV 9 hirnea LPQfEAXV: iurnea f hernia Vs.l.
hircania T 10 occupat TLQf : occupant P hanc : (h)ac hoc T ferro T : ferre
T atque TQ : ante LPf hancque Q 11 antiquos T V: antiquo EAXV 12 bris
TLPQf : mbris L prisca T : priscas T 13 sic TLPQf : si Q tuscus : turcus
T fueras TLPQf : fueram f 14 es : est T

Colpevole per aver brucato una vite, stava per essere ucciso presso laltare
un capro, o Bacco, vittima gradita alle tue amme.
Volendolo sacricare al dio, un aruspice Etrusco
aveva detto ad un rozzo campagnolo
di tagliare subito i testicoli e con una falce aflata,
5
perch se ne andasse il disgustoso odore dellimmonda carne.

236

M. Val. Martialis liber tertius

Mentre egli piegato sullara verdeggiante tentava di recidere


con un coltello il collo riluttante e lo premeva con la mano,
una grande ernia apparve per lira dei riti.
Il campagnolo lafferra e la recide con la lama,
credendo che questo richiedesse lantico rituale della cerimonia
e che con tali bre si venerassero i primitivi numi.
Cos, tu che pocanzi eri un aruspice Etrusco, ora Gallo,
mentre sgozzavi un caprone, sei divenuto un castrato.

10

Lepigramma narra un aneddoto tragicomico accaduto ad un aruspice


etrusco: durante il sacricio di un capro a Bacco, dopo aver ordinato ad
un rozzo campagnolo di tagliarne i testicoli per allontanare il disgustoso
odore che emanano, egli si china sulla vittima, lasciando apparire unernia
scrotale; il campagnolo, avendo frainteso gli ordini dellaruspice e credendo
di compiere unazione richiesta dal rito, la recide. La conclusione si fonda su
un duplice gioco di parole: laruspice ora non pi Etrusco, ma Gallo (cos
erano chiamati i sacerdoti di Cibele, notoriamente castrati: vd la n. al v. 13)
e, sgozzando un hircus, diventato un caper (che, oltre che capro, signica
castrato: vd. la n. al v. 14). La notoriet di questo episodio sembrerebbe
dimostrata da uniscrizione trovata presso Gallipoli su un cucchiaio
argenteo:
(i. e.
)
(nel compiere un
sacricio proteggi la tua ernia). La curiosa iscrizione stata giustamente
messa in relazione da S. Reinach (Un cuiller dargent du Muse de Smyrne,
BCH 6, 1882, pp. 353-355) con questo epigramma di Marziale, di cui
sembra fornire la morale (per Frhner 1912, p. 170
sarebbe
invece errore dovuto ad itacismo per
). La narrazione di aneddoti
curiosi presente soltanto in misura marginale nellopera di Marziale (per
questo genere di epigramma vd. la n. intr. allepigr. 19; O. Weinreich, Fabel,
Aretalogie, Novelle. Beitrge zu Phaedrus, Petron, Martial und Apuleius,
SHAW 21, 7, Heidelberg 1931, p. 39 sgg.). Una vicenda che si conclude
con una castrazione narrata in questo libro anche nellepigr. 91, dove la
vittima un soldato congedato di Ravenna, che, imbattutosi nel viaggio
in un gruppo di sacerdoti di Cibele, si unisce a loro e viene castrato nel
sonno. In entrambi i casi la scelta di un provinciale quale vittima volta a
compiacere il pubblico romano, agli occhi del quale questi rappresentava il
prototipo dello sprovveduto, bersaglio ideale per una burla.

Epigramma 24

237

La narrazione condotta in terza persona per quasi tutto lepigramma


(il secondo verso contiene unapostrofe a Bacco, quale divinit cui viene
offerto il sacricio); lapostrofe diretta alla vittima nel distico nale,
modulo frequente negli epigrammi di Marziale, fornisce al componimento
una chiusa satirica (sulla struttura degli epigrammi narrativi di Marziale vd.
Szelest 1976, p. 252 sg.).
1: il verso modellato su Ov. met. XV 114 vite caper morsa Bacchi mactatus
ad aras. Lorigine del sacricio del capro a Bacco, individuata nel danno
provocato alla vite (vite rosa), dono del dio, menzionata da Marziale
anche in XIII 39 (tit. haedus) lascivum pecus et viridi non utile Baccho /
det poenas; nocuit iam tener ille deo; egli vi allude in VIII 50 (51), 12 ipse
tua pasci vite, Lyaee, velis, dove il capro cesellato su una phiala talmente
bello che lo stesso dio gli consentirebbe di pascersi delle sue viti. Leziologia
del sacricio presente nelle fonti a partire da Varr. rust. I 2, 18 sg. eae enim
(sc. caprae) omnia novella sata carpendo corrumpunt, non minimum vites
atque oleas sic factum ut Libero patri, repertori vitis, hirci immolarentur,
proinde ut capite darent poenas; cfr. anche Verg. georg. II 378 sgg.; Ov. met.
XV 114 sg.; fast. I 353 sgg.; AL 187 R. (177 SB); testimonianze sul sacricio
del capro offrono anche Hor. carm. III 8, 6 sg.; Ov. Pont. II 9, 31; Calp. ecl. 2,
67; Suet. Dom. 14, 2; per ulteriori informazioni vd. Bmer1, p. 44. A Roma il
capro come vittima sacricale nel culto statale molto raro (vd. Bmer1, p. 44;
W. Krause, RE Suppl. V 250 sgg.); il suo sacricio potrebbe pertanto essere
solo a literary ction (Mynors, p. 148). nocens: il verbo sottolinea la colpa
dellanimale che allorigine del sacricio: cfr. XIII 39, 2 cit. supra; vd. anche
Verg. georg. II 380; Ov. met. XV 114 cit. supra; fast. I 361. rosa: per rodere
nellaccezione di brucare cfr. Ov. fast. I 357 rode, caper, vitem; vd. OLD
s.v. nr. 1 a. stabat ad aras: lespressione ricorrente nelle descrizioni
del sacricio: Verg. georg. II 395 et ductus cornu stabit sacer hircus ad aram;
III 486 stans hostia ad aram; Ov. fast. I 357 cum stabis ad aram (sc. caper);
Sen. Herc. O. 784 stetit ad aras omne votivum pecus; vd. anche Sen. Oed.
303 victima ante aras stetit. Aras plurale poetico (vd. Lfstedt, Syntactica,
I, p. 43; G. Landgraf, ALL 14, 1906, p. 68; ThlL II 388, 83 sgg.). Ad aras
frequente come clausola esametrica: in Virgilio si trova 7 volte al plurale, 4 al
singolare; in Marziale ricorre, sempre al plurale, anche in VIII 4, 1; IX 31, 5;
XII 60, 5 (cfr. anche IX 43, 9 ad Libycas aras, ultima parola dellesametro);
in IX 42, 9 e 90, 17 clausola del falecio.

238

M. Val. Martialis liber tertius

2. victima grata il nesso ricorre, nella stessa posizione di pentametro in


Ov. fast. I 440 Hellespontiaco victima grata deo. focis: la tradizione offre
due varianti piuttosto diverse: sacris tramandato dalla seconda (eccettuato
Q che ha satis) e dalla terza famiglia, focis da T (che rappresenta la prima
famiglia). Gli editori si sono divisi sulla lezione da adottare: per focis hanno
optato Schneidewin, Gilbert, Friedlaender, Heraeus, Izaac, Giarratano (vd.
anche Housman 1925, p. 200 = Class. Pap., p. 1099); per sacris Lindsay,
Duff, Ker, SB (vd. Lindsay 1903, p. 30, che colloca focis tra le lezioni
spiegabili come mere scribes perversions). Entrambe offrono un senso
soddisfacente, ma focis appare senzaltro preferibile come lectio difcilior,
giacch allude al fatto che le viscere della vittima venivano bruciate sugli
altari: cfr. Verg. georg. II 395 sg. et ductus cornu stabit sacer hircus ad aram
/ pinguiaque in veribus torrebimus exta colurnis; vd. Wissowa 1912, p.
417 sg. I foci costituiscono pertanto un elemento costante nei sacrici: cfr.
Serv. Aen. III 134 Varro rerum divinarum refert, inter sacratas aras focos
quoque sacrari solet et id tam publice quam privatim solere eri
nec licere vel privata vel publica sacra sine foco eri focorum enim
commemoratione instantium sacriciorum mentio inducitur; vd. ThlL VI
1, 989, 83 990, 69. Per luso del possessivo nellapostrofe cfr. X 24, 5 vestris
addimus hanc focis acerram; Sen. Phaedr. 707 sg. iustior numquam focis
/ datus tuis est sanguis, arquitenens dea. Sacris pu essere unannotazione
marginale, volta a specicare il carattere sacrale dei foci, penetrata in un
secondo momento nel testo in luogo di focis: il nesso sacri foci ricorre in
Marziale in I 21, 2 ingessit sacris se peritura focis (cfr. anche IX 31, 6 et
cecidit sanctis hostia parva focis); vd. anche Ov. fast. III 30 sacros focos;
Sen. Oed. 306 sacris focis. Secondo Schmid 1984, p. 427 sg. si tratterebbe
invece di uninterpolazione banalizzante: cfr., in questo epigramma, i vv. 9
ingens iratis apparuit hirnea sacris; 11 hoc ratus antiquos sacrorum poscere
ritus (sacris ricorre come ne di pentametro in III 6, 2 Marcelline, tuis bis
celebranda sacris; VIII 30, 6 totis pascitur illa sacris); vd. anche Ov. fast.
IV 937 cur detur sacris nova victima quaeris?; Lucan. VII 167 nulla
funestis inventa est victima sacris. Non costituisce comunque un valido
argomento contro sacris il diverso trattamento prosodico del gruppo muta
cum liquida nellepigramma (scris in questo verso, scris nei vv. 9; 11),
poich in Marziale vi sono altri casi di oscillazione prosodica nello stesso
epigramma: cfr. IV 16, 2 ptris; 8 ptrem; IX 48, 5 prum; 12 pro; XI 55,
1 ptrem; 8 ptrem; XII 26, 1 ltronibus; 2 ltrones; vd. Giarratano 1908,

Epigramma 24

239

p. 80 sgg. La diversa scansione prosodica della stessa parola allinterno di


un solo verso un preziosismo ricercato nella poesia ellenistica e augustea:
cfr. Verg. Aen. II 663 natum ante ora ptris, ptrem qui obtruncat ad aras;
Hor. carm. I 32, 11 sg. et Lycum n gris oculis ngroque / crine decorum
(con il commento di Nisbet-Hubbard1); Ovid. fast. IV 749 sive scro pavi,
sedive sub arbore scra; met. XIII 607 et primo similis volcri, mox vera
vol cris. In generale sul fenomeno nella poesia latina vd. S. Timpanaro,
Muta cum liquida in poesia latina e nel latino volgare, RCCM 7, 1965
(Studi in onore di A. Schiafni), pp. 1075-1103; G. Bernardi Perini, Muta
cum liquida, in Due problemi di fonetica latina, Roma 1974, pp. 11-109.
T reca pi volte la lezione esatta contro il sostanziale accordo delle altre
due famiglie: cfr., in questo libro, 60, 1 vocer T: vocor ; 68, 1 huc T: hoc
LPQf ; 80, 1 loqueris T: quereris
; 85, 3 tibi T: tua
; per esempi
1
tratti da altri libri vd. SB , pp. VIII-X.
3. Tuscus aruspex: laruspicina, introdotta a Roma dallEtruria, era
anche nota come disciplina Etrusca: vd. Thulin, RE VI 725, 14-730, 9.
4 sgg.: la castrazione non faceva parte dei riti sacricali (vd. Wissowa
1912, p. 409 sgg.; Daremberg-Saglio, s.v. sacricium, IV 2, p. 973 sgg.). Il
comando dellaruspice motivato dalla volont di allontanare il proverbiale
cattivo odore emanato dal capro, particolarmente intenso durante il periodo
di calore (vd. la n. al v. 6). dixerat / ut cito secaret: dico ut (o ne)
per esprimere un comando ricorre in commedia: cfr., ad es., Plaut. Pseud.
517 dico ut caveas; Ter. Heaut. 651 eum dico, ut una exponeret; vd.
OLD s.v. dico nr. 2 c; ThlL V 1, 986, 69 sgg. In Marziale cfr. I 46, 4 dic mihi
ne properem. Piuttosto improbabile, anche perch molto lontana dal testo
trdito, appare pertanto la proposta di Heinsius di leggere force in luogo
di ut cito. Ugualmente poco plausibile ut duo di Eldick, che introduce una
notazione veramente superua, modicando un costrutto ben attestato in
Marziale: ut cito compare in I 117, 12; VII 43, 2; cfr. anche III 2, 2 ne
cito (cito ricorre 24 volte negli epigrammi di Marziale). agresti rudique
viro: la coppia di attributi sottolinea la rozzezza primitiva delluomo (10
rusticus): cfr. Liv. VII 5, 2 rudis quidem atque agrestis animi (sc. iuvenis)
qui rure et procul coetu hominum iuventam egisset. testiculos: il vocabolo,
preferito a testis nella prosa scientica, ricorre in poesia, oltre che in questo
passo, solo nei satirici: cfr. Pers. 1, 103; Iuv. 6, 339; 372; 11, 157; 12, 36; vd.
Adams, LSV, p. 67 sg. et acuta falce: la congiunzione apparsa superua ad
alcuni interpreti che vi hanno individuato una corruttela: peracuta falce il

240

M. Val. Martialis liber tertius

tentativo congetturale presente nelled. Ferr. e nelled. Ald., sostenuto quindi


da Ramirez de Prado e da Scriverius (il quale per nelle Animadversiones
ipotizzava set acuta); praeacuta falce la proposta di Heinsius, curvata falce
quella di Schneidewin; alle cruces ha fatto invece ricorso SB. Il testo trdito,
mantenuto da Friedlaender, Lindsay, Ker, Heraeus, Izaac, Giarratano, pu
essere a mio avviso difeso: si tratta infatti di una congiunzione epesegetica,
non estranea alla poesia elevata: cfr. Cic. leg. agr. II 13 explicat orationem
sane longam et verbis valde bonis; Hor. carm. I 31, 17 sg. frui paratis et
valido mihi, / dones; Val. Max. I 8 ext. 2 dirum vulnus in eum
potissimum, quo maxime laetabatur et acerbitate nocendi erupit; vd. ThlL
V 2, 874, 34 sgg.; G. Thrnell, Studia Tertullianea, I, Uppsala 1918-1926, p.
1 sgg. In Marziale cfr. X 71, 5 bis sex lustra tori nox mitis et ultima clusit;
XI 50 (49), 2 nomina qui coleret pauper et unus erat.
6: il proverbiale cattivo odore del capro (su cui vd. la n. a 93, 11 et illud
oleas quod viri capellarum) era acuito nei genitali durante le fasi di calore,
come Marziale attesta anche in IV 4, 4 quod pressa piger hircus in capella
(sc. mallem quam quod oles olere, Bassa); VI 93, 3 (tam male Thais olet
quam) non ab amore recens hircus. Lespressione immunda caro si riferisce
pertanto ai genitali del capro, ma favorisce il fraintendimento di cui sar
vittima laruspice. Taeter, che in Marziale ricorre solo qui, attributo molto
frequente per indicare un odore nauseabondo; il nesso taeter odor ricorre
in Lucr. III 581; IV 1175; VI 787; 807; 1154; Verg. Aen. III 228 (cfr. anche
Hor. carm. III 11, 19 spiritus taeter).
7 sg. super virides aras: cfr. Serv. Aen. XII 119 aras gramineas: Romani
enim moris fuerat caespitem arae superimponere et ita sacricare; Ov. trist.
V 5, 9 araque gramineo viridis de caespite at; Mart. XII 60, 3 si te rure coli
viridisque pudebit ad aras (vd. il commento di Bmer1 a Ov. fast. VI 458).
Per luso del plurale vd. la n. al v. 1. luctantia / colla: luctans ha
qui il valore di reluctans; per la iunctura cfr. Ov. epist. 4, 79 sive ferocis equi
luctantia colla recurvas. Il plurale colla, molto comune in poesia, ricorre
in Marziale in 12 casi su 22; vd. Maas 1902, p. 482 sgg. (= 1973, p. 530
sgg.); E. Bednara, De sermone dactylicorum Latinorum quaestiones, ALL
14, 1906, p. 542. dum resecat cultro colla: cfr. Sen. Ag. 974 seu more
pecudum colla resecari placet. Culter il coltello utilizzato in questo genere
di sacrici; normalmente non era il sacerdote stesso a sgozzare la vittima,
ma un suo ministro, il cultrarius (vd. Daremberg-Saglio I 2, pp. 1582-85;
1587). Questi, come gli altri addetti al rito, stava a torso nudo, con una sorta

Epigramma 24

241

di grembiule chiuso alla cintola (limus), che scendeva no ai polpacci, ma


che veniva tirato su durante lesecuzione del sacricio (per questo i ministri
sono deniti succincti). Il particolare rende chiaro lo svolgimento dei fatti:
chinandosi per sgozzare la vittima (pronus) laruspice scopre i genitali.
9. ingens apparuit hirnea: hirnea indica senzaltro lernia scrotale (il
termine tecnico hydrocele: cfr. XII 83, 1 sgg. derisor Fabianus hirnearum
/ omnes quem modo colei timebant / dicentem tumidas in hydrocelas
eqs.). Il termine era usato comunemente per indicare alcune patologie pi
speciche: cfr. Cels. VII 18, 3 enterocelen et epiplocelen Graeci vocant: apud
nos indecorum, sed commune his hirneae nomen est; 18, 7 Graeci communi
nomine, quidquid est, hydrocelen appellant, nostri haec quoque sub
eodem nomine (sc. hirneae) habent; CGL III 602, 1 interocele hirnea.
Lhirnea era per gli antichi il risultato di una sfrenata attivit sessuale (vd.
Adams, LSV, p. 66; Buecheler, Kleine Schriften, II, pp. 384; 511 sg.): cfr.
Varro Men. 192 rapta a nescio quo mulione raptoris ramices rumpit (con il
commento di Cbe); Lampr. Heliog. 25, 6 cum inter fabulas privatas sermo
esset ortus, quanti herniosi esse possent in urbe Roma, iussit omnes notari
eosque ad balneas suas exhiberi et cum isdem lavit, nonnullis etiam honestis
( questultima notazione a rivelare il pregiudizio sugli erniosi); a tale opinione
alluderebbe secondo alcuni interpreti la discussa conclusione di Verg. catal.
12 ducit, ut decet, superbus ecce Noctuinus hirneam (v. 8; vd. Buecheler,
Kleine Schriften, II, p. 511; W. Morel, PhW 42, 1922, p. 308; F. Marx,
RhM 78, 1929, p. 417), anche se lespressione ducere hirneam non sembra
adattarsi a tale esegesi (per altri hirnea sarebbe usato nellaccezione di vas
vinarium: vd. ThlL VI 3, 2823, 17 sgg.; Westendorp Boerma, I, p. 124 sgg.;
II, p. 65 sgg.). Secondo Housman, ad Iuv. 6, 326 (D. Iunii Iuvenalis Saturae,
editorum in usu edidit A.E. Housman, Cantabrigiae 19051, rist. 1938; vd.
anche la nota ad 11, 168) hirnea sarebbe nel verso di Marziale sinonimo di
testiculi (v. 5) e alluderebbe soltanto alla grandezza dei genitali (cfr. CGL
II 581, 50 hirnea ponderositas; Iuv. 6, 326 con il commento di Courtney).
Tuttavia nellepigramma lhirnea la spia che rivela limpurit dellaruspice,
causa della sua punizione; il termine non pu pertanto designare soltanto
le dimensioni dei genitali, ma va inteso come riferimento allernia scrotale,
provocata dagli eccessi sessuali. Laruspice, chino sulla vittima (pronus),
scopre i suoi genitali e si rivela dunque impuro e pertanto inadatto ad un rito
sacricale: sulla purezza necessaria nei sacrici cfr., ad es., Tib. II 1, 11 sgg.
vos quoque abesse procul iubeo, discedat ab aris, / cui tulit hesterna gaudia

242

M. Val. Martialis liber tertius

nocte Venus. / casta placent superis: pura cum veste venite / et manibus
puris sumite fontis aquam; vd. Daremberg-Saglio IV 2, s.v. sacricium, p.
977; Wissowa 1912, p. 416 n. 3. Il verso parodia lo stile epico: ingens, attributo
caro allepica, qualica sempre persone o luoghi enormi (vd. A. Grillo, s.v.
ingens, EV II, p. 968 sg.); anche apparuit contribuisce a creare lattesa di
qualcosa di notevole, che viene delusa, con effetto comico, dallapparizione
dellernia; probabile qui unallusione in chiave parodica a Virgilio: cfr. Aen.
VIII 241 sg. at specus et Caci detecta apparuit ingens / regia; X 579
inruit adversaque ingens apparuit (sc. Aeneas) hasta (il parallelo con i
due passi virgiliani segnalato da Citroni 19872, p. 398). iratis sacris: i
riti, personicati, sono adirati per limpurit di colui che ofcia il sacricio;
lespressione ricalcata su quella pi comune iratis dis (Otto, Sprichwrter,
p. 110): cfr. Plaut. Mil. 314; Pers. 666; Poen. 452; Ter. Phorm. 74; Hor. sat.
II 3, 8; Phaedr. IV 21, 15; Sen. apocol. 11, 3; Iuv. 10, 129; vd. anche Hor.
sat. I 5, 97 sg. Gnatia lymphis / iratis exstructa; II 7, 14 Vertumnis
natus iniquis. In Marziale cfr. IV 43, 5 sg. iratam mihi Pontiae lagonam, /
iratum calicem mihi Metili.
10. occupat hanc ferro: occupare ferro (o gladio o ense) locuzione di
stampo epico, che ha in genere il senso di colpire anticipando: cfr. Verg.
Aen. IX 768 sgg. Lyncea / vibranti gladio / occupat; Sen. Thy. 716
quem ferro occupat (vd. anche Sil. XIV 133; XVII 469). Come nel verso
precedente luso di una locuzione epica nel contesto comico dellepisodio
parodico.
11 sg.: i due versi evidenziano comicamente lottusit del rusticus, che
crede in tal modo di adempiere antichi riti e di compiacere gli di. talibus
et bris: sulla posposizione della congiunzione vd. la n. a 19, 5.
13: laruspice divenuto Gallus da Tuscus che era. Il verso gioca sul doppio
senso di Gallus: lattributo indica in primo luogo la nazionalit, ma Galli
erano chiamati i sacerdoti di Cibele, che erano castrati. Luso antonomastico
di Gallus per evirato risale ad Hor. sat. I 2, 121 ed frequente in Marziale
(cfr. I 35, 15; II 45, 2; III 73, 2; 81, 1 e 5; VII 95, 15; XI 72, 2; 74, 2).
Una simile pointe presenta lepigramma XI 74 curandum penem commisit
Baccara Raetus / rivali medico. Baccara Gallus erit; un analogo gioco
sullambiguit del termine ricorre in XIII 63 tit. capones. ne nimis exhausto
macresceret inguine gallus, / amisit testes. nunc mihi Gallus erit (Gallus
maiuscolo nel v. 2, necessario a mio avviso per la pointe, in Friedlaender,
Ker, Giarratano, Leary); cfr. anche XIII 64. La pointe ricorre anche in Priap.

Epigramma 24

243

55, 5 sg. ( Priapo a parlare) quae (sc. tela) si perdidero, patria mutabor,
et olim / ille tuos civis, Lampsace, Gallus ero. fueras: il piuccheperfetto
ricorre spesso in poesia in luogo dellimperfetto per ragioni metriche (vd. la
n. a 4, 8).
14: il verso presenta una comica metamorfosi dellaruspice basata, come
nel precedente, sul doppio senso dei termini: caper sinonimo di hircus
(vd. ThlL III 305, 84 sgg.), ma signica anche castrato: cfr. Gell. IX 9, 10
auctore M. Varrone is demum latine caper dicitur, qui excastratus est;
CGL V 275, 17 caper hircus castratus. Il verso citato a mo di proverbio
nellepigramma De lenone uxoris suae in AL 127, 9 sg. R. (= 116, 9 sg.
SB): solus vera probas iucundi verba poetae: / dum iugulas hircum, factus
es ipse caper, nel senso di diventare vittima delle proprie trame. Al v. 10
i codici dellAnthologia Latina tramadandano concordemente cum, che
Riese e Shackleton Bailey correggono in dum; un errore di memoria nella
citazione non mi sembra tuttavia da escludere.

244

M. Val. Martialis liber tertius

25
Si temperari balneum cupis fervens,
Faustine, quod vix Iulianus intraret,
roga lavetur rhetorem Sabineium.
Neronianas is refrigerat thermas.
tit. ad faustinum EXV: ad fautinum A 2 vix LPQf : vis f 3 lavetur : labetur LQf
habetur P ut lavetur f sabineium LQf : sabineum PCF 4 neronianas Lf : neronicanas
P neronicanat Q is LPf: hic fs.l. om. Q refrigerat Qf : refrigera LPf

Se desideri mitigare un bagno infuocato,


o Faustino, dove a stento entrerebbe Giuliano,
chiedi che ci si lavi al retore Sabineio.
Costui raffredda le terme di Nerone.
Marziale fornisce un consiglio allamico e patrono Faustino su come
raffreddare un bagno caldissimo: invitare il retore Sabineio a lavarvisi. Egli
tanto freddo nel suo eloquio da gelare persino le terme di Nerone, che
erano note per il loro elevato calore.
Larguzia dellepigramma incentrata sullo slittamento semantico di frigus, che dallaccezione traslata di vitium retorico (su cui vd. la n. al v. 4)
passa a quella propria. Il motivo risale alla commedia greca: cfr. Aristoph.
Ach. 138 sgg. (vd. anche il v. 11 con lo scolio, ad loc.; Thesm. 170); Av.
1385; Machon fr. 16 Gow (Athen. 579e); vd. anche Plut. Alex. 3, 3. Nella
letteratura latina utilizzato da Catullo nel c. 44: cfr. v. 10 sgg. nam, Sestianus
dum volo esse conviva, / orationem in Antium petitorem / plenam veneni
et pestilentiae legi. / hic me gravedo frigida et frequens tussis / quassavit
usque, dum in tuum sinum fugi, / et me recuravi otioque et urtica; vd.
anche Cael. Cic. epist. VIII 9, 5 Calidius in defensione sua fuit disertissimus,
in accusatione satis frigidus; Aur. Fronto p. 62, 1 videor mihi frixisse; quod
mane soleatus ambulavi an quod male scripsi, non scio; Auson. epist. 6, 10
G. (= 401, 10 p. 232 P.) et duplicant frigus
carmina
.
Un analogo topos, sfruttato sia nella poesia epigrammatica che idillica e
comica, quello della amma amoris, che dal cuore dellinnamorato si pu
propagare allambiente circostante incendiandolo: cfr. Theocr. id. 14, 23;

Epigramma 25

245

Plaut. trin. 675 sgg.; AP IX 15 (adesp.); APl. 209 (adesp.); Porc. Licin. 6
Mor. - 6 Blns. (Gell. XIX 9, 13); CIL IV 4967 (epigramma di Tiburtino);
sul motivo vd. V. Tandoi, Gli epigrammi di Tiburtino a Pompei, Lutazio
Catulo e il movimento dei preneoterici, QuadFoggia 1, 1981, pp. 133-175
(ora in Tandoi 1992, pp. 128-155); A. M. Morelli, Lepigramma latino prima
di Catullo, Cassino 2000, p. 212 sgg. In Marziale, come ha recentemente
messo in luce M. Salanitro (Lamore incendiario in Marziale, Maia 55,
2003, p. 310 sgg.), unarguzia basata su questo topos presente in XIV 193
(tit. Tibullus) ussit amatorem Nemesis lasciva Tibullum, / in tota iuvit
quem nihil esse domo. Fraintende completamente lepigramma Calderini,
che spiega: Iocatur in Sabineum rhethorem qui tantum ventum emittebat
podice ut possit refrigerare balnea calidissima.
I retori sono bersaglio della satira di Marziale anche in V 21; 54 (entrambi
ironizzano sulla loro scarsa memoria). Il nome Sabineius, che in Marziale
compare solo qui, formato dalletnico Sabinus, come Apuleius da Apulus
(vd. W. Gilbert, Zu Martialis, NJP 127, 1883, p. 643). Sabinaeum,
presente in P e in altri recenziori, stato accolto da Schneidewin2. Su
Faustino, dedicatario del libro e probabile ospite di Marziale in Cispadana,
vd. lIntroduzione, 3. Sui balnea nella poesia greco-latina vd. Busch 1999.
1. temperari: tempero usato in riferimento al calore delle terme anche in
X 48, 3 temperat haec (sc. octava hora) thermas.
2. quod vix Iulianus intraret: luomo, che doveva essere amante dei bagni
caldi, non altrimenti noto; mi sembra tuttavia da escludere che si tratti di
personaggio ttizio, come ritengono Heraeus e SB. Il nome, derivato dal
gentilizio, era molto comune (vd. Kajanto 1965, p. 148). In Marziale ricorre
soltanto qui.
3. roga lavetur: la paratassi un tratto caratteristico della lingua duso (vd.
Hofmann, LU, p. 249 sgg.; Hofmann-Szantyr, p. 529 sg.). La costruzione
paratattica di rogo ricorre in Marziale anche in I 35, 13; 96, 2 sg.; II 79, 2; IV
82, 2; VI 5, 2; VII 95, 18; VIII 2, 8.
4: Sabineio un retore talmente frigidus da riuscire a raffreddare persino
le terme di Nerone! Il frigus retorico (gr.
,
) un
difetto stilistico, consistente, secondo Aristotele (cfr. rhet. 1405 b 35 sgg.
con il commento di Cope; vd. inoltre LaRue Van Hook, CPh 12, 1917, pp.
68-76), nelluso e abuso di parole composte, rare o inusitate, nello sfoggio
di epiteti lunghi e impropri, di metafore inopportune, pompose e oscure

246

M. Val. Martialis liber tertius

(vd. anche Quint. inst. VI 1, 37 imperitia et rusticitas et rigor et deformitas


adferunt interim frigus.). Neronianas thermas: le terme di Nerone,
fatte costruire dallimperatore nel 62 d.C. a NO del Pantheon e delle thermae
Agrippae nella Reg. IX (vd. Platner-Ashby, p. 531 sg.; LTUR V, s.v. thermae
Neronianae, pp. 60-62), sono ricordate per la loro magnicenza in VII 34,
5 quid thermis melius Neronianis? Il loro elevato calore, presupposto dalla
conclusione dellepigramma, testimoniato da Marziale anche in X 48, 4
immodico sexta (sc. hora) Nerone calet, dove immodico Nerone indica con
audace metonimia lo smodato calore delle terme neroniane (vd. Fenger
1906, p. 7). In Marziale sono menzionate ancora in II 48, 8; VII 34, 10; XII
83, 5. is: la lezione della seconda famiglia (LPf; Q omette il pronome)
senzaltro preferibile rispetto a hic di , che appare una banalizzazione
(la preferenza per hic di Schneidewin, Friedlaender e Gilbert dovuta alla
loro conoscenza solo parziale della seconda famiglia). Is ricorre in Marziale
ancora in II 30, 5 is mihi dives eris, si causas egeris inquit, con tradizione
concorde; XIV 145, 1 is mihi candor inest, villorum gratia tanta (is :
his T ). Sullavversione dei poeti per is, ea, id, forme di carattere prosaico,
consolidatasi in et post-classica, vd. Ed. Wllfin-C.L. Meader, Zur Geschichte der Pronomina demonstrativa, ALL 11, 1900 (= Hildesheim
1967), p. 369 sgg.; Axelson 1945, p. 70 sg.

Epigramma 26

247

26
Praedia solus habes et solus, Candide, nummos,
aurea solus habes, murrina solus habes,
Massica solus habes et Opimi Caecuba solus,
et cor solus habes, solus et ingenium.
Omnia solus habes - hoc me puta velle negare! uxorem sed habes, Candide, cum populo.

hab. R tit. ad candidum R


2 aurea RLPQf : autrea Q 5 hoc me puta velle negare
RPf, LQut vid.: hoc me puto velle negare LQfs.l.EAXV hoc meto velle negare A
nec me puta velle negare Madvig (sed iam Scriverius in Animadv.) nec me puto velle
negare Scriverius in textu ne me puta velle negare! Gilbert hoc me puta nolle negare
Shackleton Bailey 6 uxorem RLPQf : uxurem Q candide R AXV: candite E

Tu solo hai terreni, tu solo, o Candido, hai soldi,


tu solo hai coppe doro, tu solo ne hai di murra,
tu solo hai Massico e solo hai Cecubo del tempo di Opimio,
tu solo hai cervello, tu solo hai ingegno.
Tu solo hai tutto - gurati se lo voglio negare! 5
ma la moglie, o Candido, lhai in comune con il popolo.
Candido un ricco signore che ama non solo ostentare i propri possedimenti e preziosi oggetti, ma anche vantare le proprie doti intellettive. Marziale ne celebra le ricchezze in un crescendo di ammirazione che sembra culminare nelliperbolico omnia solus habes del v. 5; laffermazione in realt
prepara il terreno per la pointe, introdotta da una parentetica in cui Marziale,
come spesso, sembra tranquillizzare il suo interlocutore, per colpirlo invece
in modo pi grafante: Candido possiede, lui solo, ogni cosa, ma condivide
la moglie con il popolo!
Lepigramma scandito dalla martellante anafora del refrain (solus habes), presente in ogni verso, sempre nella stessa posizione metrica, che,
probabilmente, riprende un vanto abituale del patrono (vd. la n. al v. 1) e
ne mette in luce la gretta mentalit, che attribuisce importanza esclusiva al
possesso. Una struttura analoga, caratterizzata dalla ripetuta anafora di solus
presenta IV 39 argenti genus omne comparasti, / et solus veteres Myronos
artes, / solus Praxitelus manum Scopaeque, / solus Phidiaci toreuma

248

M. Val. Martialis liber tertius

caeli, / solus Mentoreos habes labores. / nec desunt tibi vera Gratiana, /
nec quae Callaico linuntur auro, / nec mensis anaglypta de paternis. /
argentum tamen inter omne miror / quare non habeas, Charine, purum; la
pointe dellepigramma concentrata nellultima parola, purum, che riferito
allargento signica non caelatum, ma che allude alle perversioni sessuali
del protagonista. La ripetizione di una struttura ssa (o quasi) modulo
compositivo caro a Marziale, spesso vlto ad accrescere leffetto di sorpresa
dellultimo verso: cfr. I 77; II 33; VII 10; 92; IX 97; X 79; XI 47; 94; XII 28
(29). La conclusione dellepigramma consente di vedere nel protagonista
il tipo del marito sciocco (su cui vd. Brecht 1930, p. 86 sg.), vittima delle
beffe di Marziale anche in I 73 (dove per per Citroni si tratterebbe del
tipo del marito che prostituisce la moglie); III 85; V 61; XII 93; unevidente
allusione allo stupidus maritus, carattere protagonista del cosiddetto mimo
delladulterio (su cui vd. R.W. Reynolds, The Adultery Mime, CQ 40,
1946, pp. 77-84), ravvisabile in V 61 (sullinusso del mimo su Marziale
vd. Canobbio 2001, specialmente p. 203 sgg.). Candido compare anche in II
24; 43; III 46; XII 38. Il nome senzaltro ttizio (sulla sua diffusione vd.
Kajanto 1965, p. 227).
1. solus habes: lespressione, ripetuta in ogni verso, intende probabilmente
riprendere in chiave parodica un esagerato vanto del patrono: assai utile
risulta il confronto con Petron. 50, 2 ait Trimalchio: s o l u s sum qui
vera Corinthea h a b e a m. Unintenzione analoga va ravvisata in IV 39
cit. nella n. intr. Linsistita anafora di solus parodia inoltre lo stile innico, in
cui lattributo (gr.
) attesta lunicit della divinit: vd. Norden 1923,
index ss.vv.
, solus; vd. anche la n. al v. 5 omnia solus habes. Per
questa accezione di solus Housman (19312, p. 409 = Class. Pap., p. 1181) ha
opportunamente portato a confronto IV 39, 2 sgg. cit. nella n. intr.; VI 50,
4 argentum, mensas, praedia solus emit; Ter. Phorm. 854 sine controversia
ab dis solus diligere, Antipho; cfr. anche Ter. Andr. 973 solus est, quem
diligant di; Fur. Bib. fr. 6 Blns. (17 Mor.) Cato grammaticus, Latina
Siren, / qui solus legit ac facit poetas (sulla problematica esegesi del v. 2
vd. N. Terzaghi, Facit poetas. A propos de lpigramme sur Valrius Cato
attribue Furius Bibaculus, Latomus 2, 1938, pp. 91-94; R. Goossens,
Facit poetas, Latomus 2, 1938, p. 233 sgg.; A. Ronconi, Quaeque notando,
SIFC 29, 1957, pp. 125 sgg.; N. Terzaghi, Lacit poetas?, SIFC 30, 1958,
pp. 116-121; non concordo con Courtney, FLP, p. 195, per il quale solus

Epigramma 26

249

signicherebbe particularly well con legit e forse alone con facit). Alcuni
interpreti, inuenzati da II 43, in cui Candido un ricco avaro che non d
nulla al suo amico Marziale, hanno inteso lespressione solus habes come un
riferimento allavarizia di Candido, che non condivide nessuno dei suoi beni
con gli altri (vd. Ker: Lands are yours alone; Izaac: Tu as des domaines
qui son toi seul; Scndola: Possiedi da solo dei poderi). Tale ipotesi non
appare persuasiva: in tal modo non si spiega il verso 4 et cor solus habes,
solus et ingenium, dove evidente che habere ha il normale signicato di
possedere, che quindi deve avere anche negli altri versi perch lanafora
abbia tutta la sua efcacia; inoltre la parentetica del v. 5 non avrebbe ragion
dessere se lespressione omnia solus habes costituisse un rimprovero al
patrono; inne la conclusione dellepigramma verrebbe a contraddire
proprio laffermazione omnia solus habes, che la parentetica del v. 5 serve a
garantire. Fornisce un valido sostegno a questa interpretazione il confronto
con Petron. 50, 2 cit. supra. Marziale riprende ironicamente lesagerato vanto
di Candido per beffarlo nella conclusione. Mi sembra corretta la traduzione
di SB2: Nobody but you has land, nobody but you has.
2. aurea: metonimia per coppe doro (vd. OLD s.v. nr. 4 b): cfr. IX 59, 17;
X 49, 3 sg.; XIII 110, 1 sg.; XIV 109. Secondo Friedlaender (seguito da Ker
e SB2) si tratta genericamente di goldenes Geschirr, ma laccostamento
con murrina sembra indicare che si tratta di coppe: cfr. XIII 110, 1 sg.
Surrentina bibis? nec murrina picta nec aurum / sume. murrina: coppe
di murra. La murra era una pietra pregiata, portata a Roma dallOriente
in seguito alla vittoria di Pompeo su Mitridate nel 63 a.C. (cfr. Plin. nat.
XXXVII 18). probabile che con questo termine si indichi la uorite (vd.
A. Loewenthal-D.B. Harden, Vasa Murrina, JRS 39, 1949, pp. 31-37;
G.C. Whittick, JRS 42, 1952, pp. 66-67; RE VIII A 1, 432, 25 sgg.). I
murrina erano oggetti di lusso, dal prezzo molto elevato (cfr. Plin. nat.
XXXIII 5 murrina quibus pretium faceret ipsa fragilitas): secondo la
testimonianza di Plinio il Vecchio (nat. XXXVII 18) una coppa era stata
pagata 70000 sesterzi ed il suo valore era ulteriormente aumentato; lex
console Tito Petronio (unanimemente ritenuto lautore del Satyricon) prima
di morire spezz un mestolo di murra che aveva pagato 300000 sesterzi;
Nerone aveva pagato una coppa addirittura un milione di sesterzi. Sono
sempre menzionati da Marziale come oggetti di lusso: cfr. III 82, 24 sg.; IV
85, 1; IX 59, 14; X 80, 1; XI 70, 8; XIII 110, 1; XIV 113; vd. anche Sen. epist.
123, 7; Iuv. 6, 155; 7, 133; ThlL VIII 1684, 14 sgg.

250

M. Val. Martialis liber tertius

3. Massica: luso del neutro plurale corrisponde a quello di vina, prevalente


in poesia: vd. Maas 1902, p. 521; Lfstedt, Syntactica, I, p. 48. Il mons
Massicus in Campania produceva un vino tra i pi celebrati nellantichit
(vd. H. Philipp, s.v. Massicus mons, RE XIV 2, 2153; P. Fedeli, s.v. vino, EO
II, pp. 262-269). In XIII 111 Marziale sembra identicarlo con il Falerno,
ma Plinio il Vecchio (nat. III 60; XIV 62 sgg.) distingue le due qualit (vd.
Tchernia 1986, p. 342 sgg.). Negli epigrammi di Marziale ricordato anche
in I 26, 8; III 49, 1; IV 13, 4; 69, 1; XIII 111, 1. Opimi: la vendemmia
dellanno del consolato di L. Opimio (121 a.C.) era stata memorabile: Plin.
nat. XIV 55 anno fuit omni generum bonitate L. Opimio consule. Il vino di
quellannata si conservava ai tempi di Cicerone, che per non ne apprezzava
il sapore acre (Brut. 287 nimia vetustas nec habet eam, quam quaerimus,
suavitatem nec est iam sane tolerabilis); secondo Velleio Patercolo (II 7, 5)
ai suoi tempi non era pi possibile trovare Opimiano autentico; in Petron.
34, 6 Trimalchione, con la consueta goffa ostentazione, dichiara di offrire del
Falerno Opimiano di cento anni, ma un vino della vendemmia di Opimio ne
avrebbe avuti molti in pi. Plinio il Vecchio attesta che se ne poteva trovare
ancora, ma che il tempo lo aveva reso eccessivamente aspro (nat. XIV 55).
Marziale lo nomina pi volte come vino pregiato: cfr. I 26, 7; II 40, 5; III
82, 24; IX 87, 1; X 49, 2; XIII 113, 1. Caecuba: lager Caecubus, nel Lazio
meridionale (vd. Ch. Hlsen, RE III 1243), produceva un celeberrimo vino:
ricordato pi volte da Orazio (cfr. carm. I 20, 9 con il commento di NisbetHubbard1), non si produceva pi al tempo di Plinio il Vecchio (nat. XIV 61;
XXIII 35). Marziale lo menziona spesso come vino pregiato (II 40, 5; VI 27,
9; X 98, 1; XI 56, 11; XII 17, 6; 60, 9; XIII 115). Sulluso del neutro plurale
vd. supra la n. a Massica.
4: il vanto di Candido si estende anche alle sue capacit intellettive: cor
indica lintelligenza razionale (vd. OLD s.v. nr. 3), ingenium la capacit
inventiva che presiede alla creazione di opere darte (vd. OLD s.v. nr. 5 a).
Per lespressione cor habere (avere senno) cfr. II 8, 6 tunc ego te credam
cordis habere nihil; VII 78, 4 habes nec cor, Papyle, nec genium; XI 84,
17 unus de cunctis animalibus hircus habet cor; vd. anche III 27, 4 et
mihi cor non est et tibi pudor. Per la coppia di sostantivi cfr. Afran.
tog. 7 quis tam sagaci corde atque ingenio unico?; Lucr. V 1107 ingenio
qui praestabant et corde vigebant; Sen. contr. X praef. 9 multum habuit
ingeni, nihil cordis.
5. omnia solus habes: espressione enfatica, che rimanda parodicamente

Epigramma 26

251

ad un modulo innico (al pari dellinsistita anafora: vd. la n. al v. 1): la polarit


espressa da omnia solus (gr.
) elemento dellaretalogia
innica (vd. Norden 1923, p. 246 sgg.). Per il concetto cfr. Sen. nat. I praef.
13 quid est deus? quod vides totum et quod non vides totum. sic demum
magnitudo illi una redditur qua nihil maius cogitari potest, si solus est
omnia; Ps. Apul. Asclep. 29 pater omnium vel dominus et is qui solus est
omnia omnibus se libenter ostendit; CIL X 3800 una quae es omnia, dea
Isis; altri esempi in Norden 1923, p. 246 n. 5. In Marziale cfr. V 24, inno
parodico dedicato al gladiatore Hermes, specialmente v. 15 Hermes omnia
solus et ter unus; sullepigramma vd. H.S. Versnel, A Parody on Hymns in
Martial 5, 24 and some Trinitarian Problems, Mnemosyne IV 27, 1974,
pp. 365-405, spec. 373 sgg.; H. Kleinknecht, Die Gebetsparodie in der
Antike, Stuttgart-Berlin 1937 (= Hildesheim 1967), p. 199 sgg. Leffetto
parodico inoltre intensicato dalluso di habere, in luogo di esse dei contesti
innici, che riconduce alla grettezza del patrono. Per espressioni analoghe
cfr. Liv. I 54, 5 ut omnia unus Gabiis posset; Ov. epist. 12, 161 sg. deseror
/ coniuge, qui nobis omnia solus erat. Lemistichio omnia solus habes
ricorre identico in Auson. Mos. 31 sg. (334, 31 sg. p. 119 P.) omnia solus
habes, quae fons, quae rivus et amnis / et lacus et bivio reuus manamine
pontus (di cui W. Grler, Hermes 97, 1969, p. 106 n. 1 ha evidenziato
le movenze inniche); cfr. anche Auson. vers. pasch. 28 (= 317, 28 p. 18 P.)
omnia solus habens atque omnia dilargitus. hoc me puta velle negare!:
espressione parentetica volta a eliminare i timori del patrono: ricorrente
negli epigrammi di Marziale il procedimento per cui egli sembra fare una
concessione al suo interlocutore, per poi colpirlo di sorpresa. Analoghe
espressioni parentetiche, che preludono alla battuta nale, ricorrono in I
64, 2 quis enim potest negare?; V 78, 22 quis potest negare?; XI 70, 11 quis
enim dubitatve negatve? (vd. Gerlach 1911, p. 24 sg.). In questo caso si
tratta di un imperativo ironico (vd. Hofmann, LU, p. 194; traduce bene
Ker: fancy I want to deny it!). Crea per qualche difcolt il fatto che
si tratterebbe di una forma di imperativo ironico priva di paralleli: puta
ha valore ironico in Sen. ben. VI 35, 5 i nunc et esse grati puta, quod ne
ingratus quidem faceret; dial. XII 10, 10 i nunc et puta pecuniae modum
ad rem pertinere, non animi; ma in entrambi i casi il tono ironico degli
imperativi garantito dalli nunc, spesso utilizzato anche da Marziale in
funzione ironica (vd. Citroni, p. 139). Poco signicativa lafnit di questa
espressione con XI 58, 1 sgg. cum me velle vides tentumque, Telesphore,

252

M. Val. Martialis liber tertius

sentis, / magna rogas - puta me velle negare: licet?- / et nisi iuratus dixi eqs.
Quella di intendere cos il passo sembra comunque la soluzione migliore,
pur restando qualche dubbio. Hanno mantenuto il testo meglio attestato
nei codici, con interpunzione esclamativa, Schneidewin, Lindsay, Duff, Ker,
Giarratano, Heraeus (vd. anche Citroni, p. 211; Kay, p. 198). Ha per goduto
di una certa fortuna la congettura nec me puta velle negare, attribuita a J.N.
Madvig (Adversaria Critica, II, Kopenhagen 1871 = Hildesheim 1967, p.
163), ma gi avanzata da Scriverius nelle Animadversiones: lhanno accolta
Friedlaender, Izaac, Norcio. In tal modo, con un lieve intervento sul testo,
si ottiene unimperativo negativo, senzaltro adeguato per il senso. Nec con
limperativo attestato nella poesia augustea (Virgilio, Tibullo, Ovidio) e
ricorre in Marziale in IV 14, 10 sg. nostris otia commoda Camenis, / nec
torva lege fronte, sed remissa (sc. libellos); XIII 55, 1 musteus est: propera,
caros nec differ amicos, dove per segue, come di norma, un imperativo
affermativo (vd. Hofmann-Szantyr, p. 340), mentre questo sarebbe lunico
caso in cui segue un verbo allindicativo. N appare pi convincente
lipotesi di Gilbert di leggere ne me puta velle negare: il costrutto, che
appartiene alla lingua colloquiale (vd. Hofmann-Szantyr, p. 340), piuttosto
frequente in Marziale per rendere limperativo negativo (V 10, 11; 48, 7;
VI 27, 5; VIII 59, 3; XII 55, 3; XIV 69, 1; 97, 1; 178, 1), ma non sarebbe
facile giusticare la corruttela; laccostamento dei due monosillabi (ne me),
seppur poco elegante, ricorre in II 68, 3 ne me dixeris esse contumacem;
cfr. anche epigr. 27 (24), 3 ne te decipiat ratibus navalis Enyo; X 65, 15 ne
te, Charmenion, vocem sororem; XI 102, 7 audiat aedilis ne te videatque
caveto. Molto poco plausibile appare inne la proposta di Shackleton
Bailey 1989, p. 133, accolta nelle sue edizioni, di leggere hoc me puta nolle
negare: la costruzione, piuttosto forzata e innaturale, rivela i suoi limiti
nella traduzione fornita dallo stesso SB2: Suppose I dont choose to deny
it. Una interpretazione completamente diversa degli ultimi due versi ha
proposto Schuster 1926, p. 344 sg., che mantiene il testo trdito eliminando
per linterpunzione esclamativa. Il senso sarebbe lopposto rispetto a
quanto ipotizzato dagli altri interpreti: Marziale intenderebbe negare
soltanto la sua ultima affermazione (omnia solus habes: hoc me puta velle
negare). Candido possiede solo molte ricchezze, ma non tutto, poich la
moglie la condivide con il popolo. Lipotesi scarsamente convincente: il
valore non avversativo, ma illustrativo di sed nellultimo verso (und zwar
traduce Schuster) non sembra ammissibile; puta inoltre non avrebbe

Epigramma 26

253

ragion dessere. puta: subisce abbreviamento giambico anche in II 44, 2;


IX 95 b, 3; XI 58, 2; 95, 2; mantiene la sillaba lunga in IV 29, 10; VI 85, 12;
XI 43, 12; XIV 7, 1 (sul fenomeno vd. Leumann, p. 108 sg.).
6. uxorem sed habes: sulla posposizione delle particelle, frequente a
partire dalla poesia augustea, vd. la n. a 19, 5.

254

M. Val. Martialis liber tertius

27
Numquam me revocas, venias cum saepe vocatus:
ignosco, nullum si modo, Galle, vocas.
Invitas alios: vitium est utriusque. Quod? inquis.
Et mihi cor non est et tibi, Galle, pudor.
hab. R tit. ad gallum R
1 venias cum saepe RLPQf: cum sis prior ipse fv.l.
3
alios vitium est R Vs.l.: alio fuit dum est EXV alio fuit dum A utriusque RPQf :
utrisque LQ 4 et (alt.) RLPQfEX: nec fs.l.AV om. EA

Non ricambi mai linvito, bench tu venga spesso invitato a cena da me:
ti perdono, o Gallo, se non inviti nessuno.
Tu inviti altri: il difetto dentrambi. Quale? dici.
Io non ho cervello, tu, o Gallo, non hai pudore.
Gallo non invita mai a cena il poeta, pur essendo da lui spesso invitato.
La scortesia sarebbe scusabile se il suo comportamento fosse uguale con
tutti, ma egli invita altre persone. La colpa di entrambi, dice Marziale: a lui
manca lintelligenza, poich ha continuato a invitare una persona che non
lo meritava, a Gallo manca il pudore, perch ha continuato ad accettare gli
inviti del poeta, pur non avendogli mai ricambiato la cortesia. Lepigramma,
uno tra i pi scialbi del libro, sviluppa un tema attinente al bon ton nei
rapporti sociali a Roma, dove la reciprocit nei beneci, commisurata alle
proprie possibilit, presupposto rilevante per il mantenimento dei rapporti
di amicitia: cfr. Cic. off. I 47 sg.; Brut. 15; Att. XIII 12, 3; Sen. ben. II 18,
5; vd. R.P. Saller, Personal Patronage under the Early Empire, Cambridge
1982, p. 14. Marziale mostra di aderire al precetto in XII 48, 17 sg. me meus
ad subitas invitet amicus ofellas. / haec mihi quam possum reddere cena
placet. Gallo dunque non ricambiando gli inviti di Marziale viene meno a
questa norma di cortesia. Ad argomento analogo dedicato II 79, nel quale
Nasica invita Marziale a cena solo quando sa che questultimo ha ospiti, in
modo da compiere il gesto formale dellinvito, senza per dover sostenere le
spese di una cena, e, probabilmente, nella speranza di ricevere un invito (v. 1
invitas tunc me, cum scis, Nasica, vocasse). Gallus nome ttizio ricorrente
negli epigrammi di Marziale per diversi tipi.

Epigramma 27

255

1. venias cum saepe vocatus: voco assoluto indica spesso linvito a cena
a partire da Plauto (vd. OLD s.v. nr. 3); numerose sono le occorrenze in
Marziale. Per luso con venio cfr. XI 35, 2 quare non veniam vocatus ad te.
La lezione cum sis prior ipse vocatus di , accolta fra gli editori moderni dal
solo Schneidewin1, sar probabilmente da considerare un tentativo, piuttosto
maldestro, di colmare la lacuna creata dalla caduta di venias per omeoteleuto,
intervento basato forse su V 66, 1 saepe salutatus numquam prior ipse salutas
(Heraeus 1925, p. 323; Heraeus, p. XXXI): qui il comportamento inurbano
di Gallo consiste nel non ricambiare mai i frequenti inviti del poeta; non
pertanto in questione la priorit di un gesto (il saluto in V 66; cfr. anche III
95, 1 sg. numquam dicis have, sed reddis, Naevole, semper, / quod prior et
corvus dicere saepe solet). Casi analoghi non sono infrequenti nella famiglia
(vd. Heraeus 1925, p. 323). In modo pertanto poco persuasivo Lindsay 1903,
p. 22, inserisce il caso tra quelli per cui possibile ipotizzare la variante dautore
e attribuisce soltanto greater force alla versione di RLPQf. Muove invece
dalle considerazioni di Lindsay Di Giovine 2002, p. 131, che, rovesciando il
ragionamento di Heraeus, si serve di V 66, 1 per dimostrare la plausibilit della
lezione di rispetto alla lingua e alluso di Marziale, senza dover necessariamente
parlare di variante dautore, e si mostra scettico sulla possibilit di interpolazioni
basate su epigrammi di altri libri, che presupporrebbero moderni strumenti di
consultazione (Di Giovine 2002, p. 131 n. 54).
2. nullum: luso di nullus in luogo di nemo appartiene alla Umgangssprache
n dallet arcaica ed attestato anche in et classica; frequente in et
postclassica, si afferma nel latino tardo; in poesia favorito da ragioni metriche
(vd. Hofmann-Szantyr, p. 204 sg.; Axelson 1945, p. 76 sg.). In Marziale, dove
nemo ricorre frequentemente (mai il dat. e lacc.), cfr. I 23, 1; 73, 1; IV 83, 3;
VI 64, 22; VII 42, 6.
3. invitas: sc. ad cenam; luso assoluto, come per voco (vd. la n. al v. 1),
comune (vd. ThlL VII 2, 228, 55 sgg.). Quod? inquis: lintervento diretto
del bersaglio dellepigramma tecnica molto usata da Marziale, che rende pi
mosso landamento del componimento e spesso, come qui, prepara la pointe:
cfr., solo per citare i casi in cui compare inquis, II epist. 2; 65, 2; III 38, 3; 46,
3; IV 33, 3; 72, 4; V 16, 13; 61, 7; 63, 1 e 5; VI 34, 1; 54, 3; 56, 5; VIII 10, 3; 17,
3; 37, 3; X 11, 5; XII 40, 5.

256

M. Val. Martialis liber tertius

28
Auriculam Mario graviter miraris olere?
Tu facis hoc: garris, Nestor, in auriculam.
hab. R cum 27 con. f tit. ad nestorem RLPQf in mg.
miraris olere : miraresolerer R

1 olere? distinxi: olere. edd.

Ti meravigli che lorecchio di Mario abbia un odore sgradevole?


Tu ne sei la causa: gli chiacchieri, o Nestore, nellorecchio.
Lepigramma offre una variazione su un tema ricorrente in Marziale,
linvettiva contro personaggi dal cattivo alito, alla cui base la convinzione
che esso derivi dalle loro pratiche sessuali (vd. la n. intr. allepigr. 17). Come
in altri epigrammi del genere, anche qui il disvelamento dellorigine del
cattivo odore lasciato alla malizia del lettore. Mario e Nestore sono con
ogni probabilit nomi ttizi. Il primo ricorre anche in I 85; II 76; X 19 (in
VII 87, 5, diversamente da quanto ritengono SB e Galn Vioque, p. 87, non
pu che trattarsi di un conoscente di Marziale); il secondo, che ricorre anche
in XI 32, allude probabilmente alla tarda et del protagonista e fornisce un
elemento per la caratterizzazione sgradevole del personaggio (per Nestore,
proverbiale exemplum di lunga vita, cfr. II 64, 3; V 58, 5; VI 70, 12; VII
96, 7; VIII 6, 9; 64, 14; IX 29, 1; X 24, 11; 67, 1; XI 56, 13; XIII 117, 1; vd.
Otto, Sprichwrter, p. 242). Il distico si apre e chiude con lo stesso termine
(auriculam) con un effetto ecoico, intensicato dalla clausola tetrasillabica
del pentametro, per lo pi evitata nella poesia augustea, ma non infrequente
in Marziale (vd. Wilkinson 1948). Versi ecoici ricorrono anche altrove in
Marziale, soprattutto in epigrammi scommatici: cfr. I 32; V 38, 1 sg.; 61, 1
sg.; VIII 21, 1 sg.; XI 70, 1 sg.; 11 sg.; e specialmente IX 97, dove tutti i sei
distici sono scanditi dallanafora del refrain (rumpitur invidia). Nella poesia
latina ricorrono a partire da Tibullo (I 4 61 sg.) e sono frequenti in Ovidio
(cfr. am. I 9, 1 sg. militat omnis amans con il commento di McKeown).
1. miraris olere?: al punto fermo in ne di verso degli editori, mi sembra
preferibile linterrogativa introdotta da miraris, che costituisce un modulo
incipitario tra i pi cari a Marziale (vd. Gerlach 1911, p. 25 sg.; Siedschlag

Epigramma 28

257

1977, p. 123 sg.): cfr. V 73, 1 sgg. non donem tibi cur meos libellos /
/ miraris, Theodore?; VI 11, 1 sg. quod non sit Pylades hoc tempore, non
sit Orestes / miraris?; 89, 7 miraris, quantum biberat, cepisse lagonam?;
VII 18, 3 sg. cur te tam rarus cupiat repetatque fututor / miraris?; X 84,
1 miraris, quare dormitum non eat Afer?; XI 38, 2 miraris pretium tam
grave?; 57, 1 sg. miraris docto quod carmina mitto Severo, / ad cenam cum
te, docte Severe, vocem?; XII 51, 1 sg. tam saepe nostrum decipi Fabullinum
/ miraris, Aule?; XIII 74, 2 miraris? (analoghi moduli interrogativi sono
quelli, numerosissimi, introdotti da quaeris / requiris, per i quali vd. la n.
intr. di Grewing a VI 67; Siedschlag 1977, p. 24 sg. e la mia n. a 32, 1).
In questo caso linterrogativa contribuisce a porre un accento pi marcato
sul pronome personale che apre il pentametro, in modo da intensicarne
il tono accusatorio. auriculam: diminutivo banalizzato gi in tarda et
repubblicana (cfr. Catull. 67, 44; Lucr. IV 594), che si differenzia unicamente
nel volume sillabico dalla forma originaria (vd. Ronconi 1940, p. 3 sgg.;
Hofmann, LU, p. 297 sgg.; Hanssen 1951, p. 117 sgg.; Vnnen 1974, p.
170 sg.): la completa perdita del valore diminutivo evidente in Varr. rust.
II 9, 4 auriculis magnis. In Marziale auricula, comodo dal punto di vista
metrico, ricorre, sempre come ultima parola del pentametro, anche in V 77,
2; XII 29 (26), 12; XIV 137, 2. Si tratta di una forma della lingua familiare,
come testimoniano il suo uso in frasi proverbiali (vd. Otto, Sprichwrter,
pp. 43; 46 sg.), nonch lesito romanzo (orecchia, oreille, oreja).
2. garris in auriculam: garrire, verbo della sfera colloquiale, ha qui una
sfumatura negativa e suggerisce un chiacchiericcio continuo e fastidioso:
cfr. Hor. sat. I 9, 11 sgg. o te, Bolane, cerebri / felicem! aiebam tacitus,
cum quidlibet ille / garriret, vicos urbem laudaret; per la iunctura cfr. I
89, 1 garris in aurem semper omnibus; V 61, 3 dominae teneram garrit
in aurem; XI 24, 2 aurem dum tibi praesto garrienti; Pers. 5, 96 ratio
secretam garrit in aurem.

258

M. Val. Martialis liber tertius

29
Has cum gemina compede dedicat catenas,
Saturne, tibi Zoilus, anulos priores.
om . Q, add. Q in mg. tit. ad saturnum de zoilo : de zoilo LPf in zoilum Q 1 dedicat
Qf : dicat LPf

Queste catene con i due ceppi ti dedica,


o Saturno, Zoilo, i suoi precedenti anelli.
Zoilo dedica a Saturno le sue catene con i ceppi, i suoi anelli di un
tempo! Il distico si presenta nella forma di un epigramma votivo: il primo
verso contiene la descrizione delloggetto offerto, il secondo il nome
della divinit omaggiata e lautore della dedica; soltanto nella chiusa si
svela lintenzione parodica: le parole anulos priores contrappongono
bruscamente linfamante passato di schiavo compeditus di Zoilo alla
superba esibizione di ricchezze del presente, gettando luce sulla vera origine
del personaggio. Per quanto riguarda la dedica delle catene da parte dellexschiavo, lunica altra attestazione delluso sembra essere Hor. sat. I 5, 65
sgg. multa Cicirrus ad haec: donasset iamne catenam / ex voto Laribus,
quaerebat: scriba quod esset, / nilo deterius dominae ius esse: rogabat /
denique cur umquam fugisset, cui satis una / farris libra foret, gracili sic
tamque pusillo. Durante il suo alterco con Sarmento il provinciale Cicirro
gli rinfaccia la sua origine servile e sottolinea, ricordando il perdurante
ius dominae, che la sua libert dovuta alla fuga, piuttosto che alla
manomissione (cfr. v. 68 cur umquam fugisset; sullo status sociale dei
due personaggi vd. A. La Penna, Improvvisati i due buffoni di Orazio?
(Sat. I 5, 51 ss.), Maia 19, 1967, pp. 155-158, ora in Id., Saggi e studi su
Orazio, Firenze 1993, pp. 383-388; Id., in EO, I, pp. 809 sgg.; 888 sg.;
S. Treggiari, Roman Freedmen during the Late Republic, Oxford 1969,
pp. 154 sg.; 225 sg.; 271 sg.). Lironia delle parole di Cicirro emerge da
unacuta notazione di Porrione, il quale, a proposito della dedica della
catena (v. 65 sg.), scrive: urbanissima contumelia haec dicta sunt in eum,
qui servilibus esset natalibus, translatione sumpta a generosis pueris, qui
bullam auream egressi pueritiae annos apud lares solent suspendere. Lo

Epigramma 29

259

spunto di Porrione pu essere avvalorato aggiungendo come possibile


termine di paragone la dedica degli strumenti del mestiere al dio
protettore da parte di chi abbandona una professione, un sottogenere
dellepigramma votivo ampiamente praticato in et ellenistica, in particolar
modo da Leonida: cfr., ad es., le dediche del loro equipaggiamento da
parte di pescatori (AP VI 4 Leonida; 5. 38. 90 Filippo di Tessalonica; 23
adespoto; 27 Teeteto Scolastico; 28. 29 Giuliano Egizio; 30 Macedonio
Console; 192 Archia; 193 Flacco), di falegnami (AP VI 204. 205 Leonida),
di arcieri (AP XIII 7 Callimaco; VI 9 Mnasalce), di trombettieri (AP VI
46 Antipatro di Sidone), di tessitrici (AP VI 39 Archia; 174 Antipatro
di Sidone; 289 Leonida), di suonatrici (AP V 206 Leonida); analoga la
dedica della tessitrice che diventa etra (AP VI 47 Antipatro di Sidone;
48 adespoto; 285 Nicarco). Orazio stesso gioca con luso in carm. III
26, in cui dedica a Venere le armi della milizia damore ormai conclusa.
La domanda di Cicirro sarebbe dunque soltanto uninvenzione arguta
per aggredire lavversario, evocando, attraverso la menzione della catena,
il suo passato servile (i commentatori moderni sono meno espliciti in
proposito). Il tono di scherno nei confronti dello schiavo fuggitivo che
ha raggiunto unelevata posizione sociale ed economica (su Zoilo tipo
del parvenu vd. infra) e lironia sulla dedica della catena rendono a mio
avviso molto probabile unallusione ai versi oraziani da parte di Marziale,
che ha tradotto larguzia di Cicirro in forma di vero e proprio epigramma
votivo. Il sottotesto oraziano consente inoltre di individuare in Zoilo non
uno schiavo affrancato, bens un fuggitivo, tipo ricorrente con lo stesso
nome anche in XI 37; 54. La dedica a Saturno, come gi osservato da
Friedlaender, si pu facilmente spiegare considerando che al dio erano
dedicati i Saturnali (chiamati anche Feriae servorum), la cui principale
caratteristica era, come noto, labolizione della distinzione tra liberi e schiavi
(cfr. Macr. Sat. I 7, 26; 24, 22 sg.; Lucian. Sat. 13; vd., in generale, RE, s.v.
Saturnalia, II A, 201-211; Wissowa 1912, p. 205 sg.). Ha pertanto tutta
laria di un autoschediasmo laffermazione di alcuni commentatori (Ker,
Izaac, Norcio, Merli), forse tratta da Daremberg-Saglio, s.v. Saturnalia,
IV 2, p. 1082, che gli schiavi affrancati usavano consacrare le loro catene
a Saturno in prossimit dei Saturnali. Nessuno dei commentatori infatti
adduce casi analoghi; soltanto in Daremberg-Saglio, s.v. Saturnalia, cit.,
vengono portati a confronto Mart. V 85, 1; Lucian. Sat. 13; Macr. Sat. I
10, 16; ma nellepigramma di Marziale (dovrebbe trattarsi di V 84, lultimo

260

M. Val. Martialis liber tertius

epigramma del libro) non si accenna n allaffrancamento di schiavi, n alla


dedica di catene; nel passo di Luciano si tratta delluguaglianza tra liberi
e schiavi, tra poveri e ricchi durante i Saturnali; la citazione da Macrobio
inne sicuramente errata. Peraltro Zoilo, schiavo fuggitivo, non avrebbe
alcun interesse a dare notoriet al proprio passato, come accadrebbe invece
nel caso della dedica della catena.
Il tema dellepigramma ritorna, ancora con Zoilo come bersaglio, in XI
37: Zoile, quid tota gemmam praecingere libra / te iuvat et miserum
perdere sardonycha? / anulus iste tuis fuerat modo cruribus aptus: / non
eadem digitis pondera conveniunt, dove per assente l
che rende pi arguta la conclusione di questo epigramma.
La moda di portare pi di un anello, considerata dagli antichi indegna
di un uomo, era stata inaugurata dal triumviro Crasso (cfr. Isid. orig.
XIX 32 apud veteres ultra unum anulum uti infame habitum viro
Crassus, qui apud Parthos periit, in senectute duos habuit anulos, causam
praeferens quod pecunia ei immensa crevisset). Essa aveva raggiunto nel
I secolo d.C. veri e propri eccessi, censurati dai moralisti: cfr. Sen. nat.
VII 31, 2 exornamus anulis digitos, in omni articulo gemma disponitur;
Plin. nat. XXXIII 24 hic nunc solus (sc. medius digitus) excipitur, ceteri
omnes onerantur, atque etiam privatim articuli minoribus aliis. La
prescrizione negativa di Quintiliano (inst. XI 3, 142 manus non impleatur
anulis) suggerisce che doveva essere pratica diffusa anche tra gli oratori.
Labitudine schernita da Petron. 32, 3 habebat (sc. Trimalchio) in
minimo digito sinistrae manus anulum grandem subauratum, extremo
vero articulo digiti sequentis minorem totum aureum, sed plane
ferreis veluti stellis ferruminatum. et ne has tantum ostenderet divitias,
dextrum nudavit lacertum armilla aurea cultum et eboreo circulo
lamina splendente conexo (vd. anche 71, 9); cfr. anche Lucian. Nigr. 13.
21; gall. 12. In Marziale la presenza di anelli su tutte le dita un tratto della
descrizione delleffeminato in V 61, 5 per cuius digitos currit levis anulus
omnis; cfr. anche XI 59, 1 sg. senos Charinus omnibus digitis gerit /
anulos; XIV 123 tit. dactyliotheca. Labitudine dellamico e patrono Lucio
Arrunzio Stella di portare molte gemme preziose alle dita per motivo
di omaggio in V 11; 12.
Zoilo fra i bersagli preferiti della satira marzialiana: egli compare in 17
epigrammi; protagonista di due cicli, nel II libro (16; 19; 42; 58; 81) e
nellXI (12; 30; 37; 54; 85; 92). Pur presentando di volta in volta sfumature

Epigramma 29

261

diverse, il personaggio riconducibile a un unico tipo piuttosto denito:


egli rappresenta il parvenu che esibisce volgarmente le proprie ricchezze
(II 16; 58; 81; V 79; XI 37; vd. specialmente la n. intr. allepigr. 82 per le
numerose afnit con il Trimalchione petroniano); la sua condizione di
schiavo fuggitivo ricordata ancora in XI 37; 54; impurus ore (II 42; III
82; VI 91; XI 30; 85). Egli lincarnazione del vizio: XI 92, 1 sg. mentitur
qui te vitiosum, Zoile, dicit. / non vitiosus homo es, Zoile, sed vitium.
Secondo una suggestiva ipotesi di Kay, p. 93, Marziale ha avuto presente
nella scelta del nome lo Zoilo detrattore di Omero (
),
noto al mondo romano per la menzione di Ov. rem. 365 sg. ingenium
magni livor detractat Homeri: / quisquis es ex illo, Zoile, nomen habes;
Vitr. VII praef. 8 sg. (vd. RE Suppl. XV 1531-1554). Zoilo in ogni caso
un comune nome servile: vd. CIL VI index.
Il metro sotadeo usato da Marziale soltanto in questo epigramma (vd.
Th. Birt, apud Friedlaender, I, p. 27; Giarratano 1908, p. 73). Il poeta
nomina per Sotade allinterno di un elenco di effetti virtuosistici che
mostra di non amare: cfr. II 86, 2 nec retro lego Sotaden cinaedum, dove
allude evidentemente a composizioni sotadiche che consentono una
lettura retrograda (un esempio riportato da Quint. inst. IX 4, 90 astra
tenet caelum, mare classes, area messem: hic retrorsum t sotadeus: vd.
Bettini 1982, p. 68). Che linversione favorisse un doppio senso osceno
ipotesi plausibile, ma non riscontrabile da quanto in nostro possesso
(Bettini 1982, p. 68 sg.; vd. anche Housman 1931, p. 83 = Class. Pap., p.
1174). Il verso sotadeo fu introdotto nella letteratura latina da Ennio e
usato da Accio, Plauto, Petronio (per unapprofondita analisi metrica dei
sotadei greci e latini vd. Bettini 1982, pp. 59-105). Su Sotade vd. RE III
A 1, 1207 sgg. Luso del sotadeo, del tutto inconsueto per un epigramma
votivo, fornisce un elemento ulteriore a sostegno della lettura del distico
proposta supra.
1. has: luso del deittico in principio del verso, che mette in rilievo
loggetto dellofferta, tratto caratteristico dellepigramma anatematico: in
Marziale cfr. anche I 31, 1 sg. hos tibi, Phoebe, vovet totos a vertice crines /
Encolpos; IV 45, 1 sg. haec tibi pro nato plena dat laetus acerra, / Phoebe,
Palatinus munera Parthenius. cum gemina compede: le compedes erano
i ceppi con cui, per punizione, si legavano i piedi degli schiavi fuggitivi
(Plaut. Men. 79 sgg. homines captivos qui catenis vinciunt / et qui fugitivis

262

M. Val. Martialis liber tertius

servis indunt compedes / nimis stulte faciunt mea quidem sententia) o dei
condannati ai lavori forzati, come, ad es., quelli che lavoravano la terra
(Mart. IX 22, 4 et sonet innumera compede Tuscus ager); vd. DarembergSaglio II, p. 1428; Marquardt 1886, p. 182. catenas: per le mani: cfr. Plin.
epist. VII 27, 5 cruribus compedes, manibus catenas gerebat.
2. Saturne: il nome della divinit cui viene dedicato loggetto
collocato enfaticamente al principio del secondo verso anche in IV 45,
dopo la descrizione dellofferta. anulos priores: secondo una diffusa
interpretazione (vd. R. Schmook, De M. Valeri Martialis epigrammatis
sepulcralibus et dedicatoriis, Diss. Lipsiae 1911, p. 96 sg.; Ker; Izaac; SB2;
vd. anche Grewing, p. 574; Kay, p. 151) sia in questo epigramma che in
XI 37 cit. nella n. intr. il riferimento sarebbe allanulus aureus dei cavalieri
(su cui vd. S. Demougin, De lesclavage lanneau dor du chevalier,
in C. Nicolet [dir.], Des ordres Rome, Paris 1984, pp. 217-241; Ead.,
Lordre questre sous les Julio-Claudiens, Rome 1988, pp. 789-794; 814817); la critica di Marziale sarebbe pertanto rivolta non solo alla volgare
ostentazione, ma anche allusurpazione di Zoilo dello status di cavaliere.
Lipotesi non per persuasiva: in questo caso il paragone e il meccanismo
della pointe funzionano se ai ceppi e alle catene, che precedentemente
costringevano piedi e mani di Zoilo, corrispondono pi anelli, di cui viene
messo in evidenza soprattutto il peso: per luso scherzoso di compedes per
pesanti bracciali cfr. Petron. 67, 7 videtis inquit mulieris compedes sex
pondo et selibram debet habere; Plin. nat. XXXIII 152 argentum succedit
aliquando et auro luxu feminarum plebis compedes sibi facientium.
Anche in XI 37 cit. nella n. intr. Marziale sottolinea le dimensioni e il peso
inusitato dellanello per mettere in luce la volgarit del parvenu. In entrambi
gli epigrammi bisogna sottolineare la completa assenza di spie che lascino
intravedere un riferimento allanulus aureus dei cavalieri. Lostentazione
di gemme appariscenti invece un tratto ricorrente nella satira contro il
parvenu: cfr. Petron. 32, 3 cit. nella n. intr.; Mart. II 29, 2 cuius et hinc
lucet sardonychata manus; Iuv. 7, 139 sg. Ciceroni nemo ducentos / nunc
dederit nummos, nisi fulserit anulus ingens. Il tentativo da parte di abusivi
di passare per cavalieri, imitandone abbigliamento e atteggiamenti, invece
centrale nel ciclo del V libro dedicato alla restaurazione domizianea della
Lex Roscia theatralis (vd. Canobbio 2002, p. 60 sg.; passim). Unanaloga
forma di irrisione ricorre nei Versus populares contro Sarmento (p. 112 M.;
248 sg. Blns.): aliud scriptum habet Sarmentus, aliud populus voluerat.

Epigramma 29

263

/ digna dignis: sic Sarmentus habeat crassas compedes. / rustici ne nihil


agatis, aliquis Sarmentum alliget, dove, al v. 2, sono stati ravvisati un
riferimento allanello di cavaliere e unallusione alle catene portate un tempo
come schiavo (vd. H. Haffter, Interpretationen zur rmischen Volkspoesie, Hermes 87, 1959, p. 94 sgg., che adduce come parallelo questo
epigramma; Id., Rmische Politik und Rmische Politiker. Aufstze und
Vortrge, Heidelberg 1967, p. 149; P. Cugusi, Spunti politici e sociali, in
Studi di poesia latina in onore di A. Traglia, II, Roma 1979, p. 887 sgg.;
Courtney, FLP, p. 476). Nulla per sembra escludere un riferimento a
pesanti anelli o bracciali, che anzi lattributo crassas parrebbe avvalorare.

264

M. Val. Martialis liber tertius

30
Sportula nulla datur; gratis conviva recumbis:
dic mihi, quid Romae, Gargiliane, facis?
Unde tibi togula est et fuscae pensio cellae?
Unde datur quadrans? Unde vir es Chiones?
Cum ratione licet dicas te vivere summa,
quod vivis, nulla cum ratione facis.

hab. T; v. 1 hab. R tit. ad gargilianum T : ad convivam ingratam R 2 dic mihi T Vs.l.:


quid mihi EAXV quid romae : om. T 3 togula : getula T pensio T : pessio T
4 chiones T : chiores T 5 ratione T EAin mg.XV: om. A licet TLPQin mg. f :
om. Q 6 quod T EXV: quid TA vivis : vidis T

Non si danno sportule; senza compenso ti stendi come convitato:


dimmi, o Gargiliano, cosa ci fai a Roma?
Dove prendi il denaro per una toghetta e per la pigione di una buia stanza?
Dove prendi il quadrante per le terme? Dove i soldi per Chione?
Per quanto tu dica di vivere con il massimo raziocinio,
5
quanto al fatto che vivi, lo fai senza alcuna ragione.
Gargiliano un povero cliente, cui labolizione della sportula (per cui
vedi la n. intr. allepigr. 7) ha tolto ogni possibilit di vita nella capitale.
Marziale rappresenta ancora la misera condizione di una folla di indigenti
(cfr. 7, 4 fames amicorum), per i quali il piccolo donativo rappresentava
lunico mezzo di sostentamento. Dalla presentazione della situazione
nel primo verso deriva in modo consequenziale la domanda del v. 2, che
sottolinea impietosamente la generale difcolt del cliente; le interrogative
del distico successivo, enumerando le elementari necessit che egli non in
grado di soddisfare, dipingono con tratti sempre pi netti la sua povert,
introducendo larguzia nale, realizzata sfruttando il doppio senso di ratio:
allaffermazione di Gargiliano di vivere cum ratione summa (raziocinio,
calcolo), Marziale replica che egli vive in realt nulla cum ratione (ragione).
Lo slittamento semantico messo in ulteriore rilievo dalla forma antitetica
delle due espressioni, disposte in chiasmo (ratione summa / nulla
ratione). Sullantanclasi, molto cara a Marziale, vd. la n. intr. allepigr. 13.
Gargiliano senzaltro nome ttizio; ricorre anche in III 74; IV 56; VII

Epigramma 30

265

65; VIII 13, per diversi tipi. Il nome ha poche attestazioni nel CIL (vd.
Kajanto 1965, p. 147). In R (f. 101v) sotto il titolo Ad convivam ingratam
(sic) trdito un distico composto dal v. 1 di questo epigramma seguito dal
pentametro accipis (accipias R) haut reddis nullus in ore pudor, che va
considerato unarbitraria elaborazione di un copista; da notare lignoranza
del genere grammaticale di conviva, forse unita a pregiudizio sessista (vd.
Mastandrea 1996, p. 117 sg.). Il caso non isolato: inserita tra III 11 e III
16 (f. 101r) R riporta una redazione abbreviata di II 32, sotto il titolo De
balbo, dove al primo verso (Lis mihi cum Balbo est, tu Balbum offendere
non vis), abbinato un pentametro assolutamente estraneo al senso
originario dellepigramma (balbus erit quisquis dicere recta nequit).
1. Sportula nulla datur : sportula, termine chiave dellepigramma,
posto signicativamente in apertura del componimento (per la collocazione
di termini-chiave in principio di epigramma vd. la n. a 41, 1 mutua; 43, 1
mentiris; 75, 1 stare); sulla sportula e sulla sua temporanea abolizione da
parte di Domiziano, testimoniata in questo libro, vd. la n. intr. allepigr. 7. Il
verso testimonia luso, di cui non possibile stabilire la frequenza, di unire
alla sportula un invito a cena: cfr. III 60, 1 cum vocer ad cenam non iam
venalis ut ante; IV 68, 1 invitas centum quadrantibus et bene cenas; IX 100,
1 denaris tribus invitas; XII 29 (26), 13 sgg. rogat ut secum cenes Laetorius
inquit. / viginti nummis? non ego: malo famem / quam sit cena mihi,
tibi sit provincia merces; XIII 123 cum tua centenos expunget sportula
civis, / fumea Massiliae ponere vina potes. gratis: luso avverbiale, diffuso
in commedia nella forma trisillabica (gratiis), ricorre in poesia soltanto in
Ovidio (3 casi), Fedro e Lucano (1 caso entrambi). Marziale ne fa un uso
ampio (20 casi). recumbis: verbo tecnico per indicare lazione di stendersi
sul triclinio; ricorre anche in II 19, 3; V 78, 24; VI 74, 1; VII 67, 9; X 98, 4.
7; XI 23, 11; XII 17, 7.
2. Dic mihi: la locuzione affettiva (per cui vd. la n. a 11, 4) serve qui a porre
un accento pi marcato sullinterrogativa seguente. quid Romae, Gargiliane,
facis?: la domanda, che quasi equivale ad unaffermazione negativa (non hai
ragione di stare a Roma), mette a nudo la condizione critica dei clienti privati
della sportula; per lespressione, di natura colloquiale, cfr. Ov. epist. 20, 153
sg. alterius thalamo, tibi nos, tibi, dicimus, exi: / quid facis hic? exi: non
vacat iste torus. Senzaltro inuenzata da questa la sconsolata domanda
dellUmbricio di Giovenale (3, 41): quid Romae faciam? (sulle numerose

266

M. Val. Martialis liber tertius

riprese di Marziale nella Satira terza di Giovenale vd. Colton 1991, p. 85


sgg.). In Marziale espressioni analoghe, legate alle difcolt di vivere a
Roma, ricorrono anche in X 10, 3 hic (sc. Romae) ego quid faciam?; 10, 11
quid faciet pauper cui non licet esse clienti? Permeata di disillusione sulle
possibilit di vita a Roma la risposta di Marziale a Sesto, che giunge nella
capitale carico di speranze, in III 38, 13 sg. quid faciam, suade: nam certum
est vivere Romae. / si bonus es casu vivere, Sexte, potes.
3 sg. unde ? / unde ? unde ?: lanafora dellavverbio sottolinea
impietosamente la difcolt di Gargiliano di procurarsi il denaro per
elementari necessit. In modo analogo Giovenale elenca i beni cui si
provvede grazie alla sportula: 1, 119 sg. quid facient comites quibus hinc
toga, calceus hinc est / et panis fumusque domi? (in cui certa una ripresa di
questi versi: vd. Colton 1991, p. 50 sg.). togula: la toga, richiesta dai patroni
per latto della salutatio mattutina, la divisa del cliente (vd. la n. a 4, 6). La
modestia delloggetto, accentuata dal diminutivo, mette in ulteriore risalto
la povert del cliente. Togula ricorre spesso in Marziale per evidenziare la
miseria dei clienti: cfr. IV 26, 4; V 22, 11; VI 50, 2; IX 100, 5. Togatuli sono i
clientes in X 74, 3; XI 24, 11. fuscae pensio cellae: per gli elevati prezzi degli
aftti a Roma (su cui vd. la n. a 38, 6) i meno abbienti potevano permettersi
piccole stanze poco luminose: cfr. Iuv. 3, 223-225 si potes avelli Circensibus,
optima Sorae / aut Fabrateriae domus aut Frusinone paratur / quanti nunc
tenebras unum conducis in annum. La difcolt di riuscire a pagare laftto
argomento usato anche in III 38, 5 sg. per sconsigliare a Sesto lattivit di
avvocato a Roma: egit Atestinus causas et Civis - utrumque / noras - sed
neutri pensio tota fuit; cfr. anche VII 92, 5; XII 32, 3; Iuv. 9, 63 sg. Pensio,
che indica un aftto annuale (vd. la n. a 38, 6), ricorre in poesia soltanto in
Marziale e Giovenale (vd. ThlL X 1, 1103, 39-61). Luso dellattributo fuscus
per luoghi bui piuttosto inconsueto e suggerisce forse un parallelo con gli
Inferi, cui spesso associato (vd. ThlL VI 1654, 42 sgg.; Andr 1949, p. 125):
cfr., ad es., Prop. IV 11, 5 fuscae deus aulae. Il sostantivo cella, estraneo
alla poesia elevata nellaccezione di pauperis angustum cubiculum (ThlL III
759, 54 sgg.), associato allidea di povert in Marziale (cfr. VII 20, 21; VIII
14, 15; IX 73, 3 sg.) e Giovenale (7, 27 sg.). Sulla cella pauperis vd. la n. intr.
allepigr. 48.
4. unde datur quadrans: un quadrante era il prezzo per lentrata alle
terme: cfr. VIII 42 si te sportula maior ad beatos / non corruperit, ut
solet, licebit / de nostro, Matho, centies laveris; vd. anche Hor. sat. I 3,

Epigramma 30

267

137; Sen. epist. 86, 9; Iuv. 2, 152; 6, 447. Secondo SB2 anche in III 7, 3
quos (sc. centum quadrantes) dividebat balneator elixus Marziale farebbe
riferimento al prezzo di un quadrante per lentrata alle terme, che esaurirebbe
lintera sportula (ma lesegesi non persuasiva: vd. la n. ad loc.). unde vir
es Chiones: Chione una prostituta anche in I 34, 7; 92, 6; III 34, 2; 83, 2;
87, 2; 97, 1; XI 60, 1 sgg. e in Iuv. 3, 135 sg. cum tibi vestiti facies scorti
placet haeres / et dubitas alta Chionen deducere sella, dove lidentit del
tema rende molto probabile una ripresa da questo verso (vd. Colton 1991,
p. 115). Il nome ricorre tre volte nellindex di CIL VI. Sulluso di nomi
greci per prostitute, frequente a Roma, vd. Grifn 1976, p. 96 sg.; NisbetHubbard1, ad Hor. carm. I 19, 5, p. 240. Le tariffe partivano da cifre molto
basse, quali presuppone anche questo verso: cfr. I 103, 10 asse cicer tepidum
constat et asse Venus; II 53, 7 si plebeia Venus gemino tibi vincitur (codd.;
iungitur Heinsius) asse; IX 4, 1 sg. aureolis futui cum possit Galla duobus /
et plus quam futui si totidem addideris (una conferma sui prezzi viene dalle
iscrizioni pompeiane: cfr., ad es., CIL IV 1969 add. p. 213; 4024; 4592; 5408);
somme pi alte erano senzaltro commisurate al livello della prostituta: cfr.
VII 10, 3 centenis futuit Matho milibus; X 75, 1 milia viginti quondam me
Galla poposcit; sullargomento vd. Friedlaender ad I 103, 10; K. Schneider,
s.v. meretrix, RE XV 1, 1025-1027. Per luso di termini del matrimonio (vir)
per rapporti sessuali cfr. Plaut. cist. 43 sgg. haec quidem ecastor cottidie viro
nubit, nupsitque hodie, / nubet mox noctu. numquam ego hanc viduam
cubare sivi. / nam si haec non nubat, lugubri fame familia pereat; vd.
Adams, LSV, p. 159 sgg. In Marziale vd. la n. a 82, 2 Summemmianas
uxores. Vir del resto comune nel lessico elegiaco nellaccezione di amante
(Pichon, p. 297).
5 sg.: lantitesi summa ratione-nulla ratione ricorre in Cic. leg. II 16 quid
est enim verius quam neminem esse oportere tam stulte adrogantem
ut ea, quae vix summa ingenii ratione comprehendantur, nulla ratione
moveri putet?
6. quod vivis, nulla cum ratione facis: si tratta di una movenza colloquiale:
cfr. VII 30, 7 sg. qua ratione facis, cum sis Romana puella, / quod Romana
tibi mentula nulla placet?; Cic. Att. XII 44, 3 quod domi te inclusisti ratione
fecisti; vd. anche Cic. n. III 16; Att. VII 7, 3; XII 43, 2; Quint. decl. 349, 12;
Plin. epist. VI 2, 4; VIII 4, 1; Hor. sat. I 4, 17. Sullampio utilizzo da parte
della lingua duso di verbi come fare, essere vd. Hofmann, LU, p. 335
sgg.; Hofmann-Szantyr, pp. 754-756.

268

M. Val. Martialis liber tertius

31
Sunt tibi, conteor, diffusi iugera campi
urbanique tenent praedia multa lares,
et servit dominae numerosus debitor arcae
sustentatque tuas aurea massa dapes.
Fastidire tamen noli, Rune, minores:
plus habuit Didymos, plus Philomelus habet.

hab. T om. EAXV, add. Vin mg. tit. ad runum fastidiosum T: ad runum divitem
LP ad runum diutem Q ad runum f in runum V
1 diffusi : difusi TV
2
urbanique V: albanique T 3 dominae numerosus V: domino numerosa T 4 massa
T: mensa V dapes T V: dabes T 5 tamen noli TLPQfV: noli tamen Q 6
didymos L: didymus V didimus TQ dydimus Pf

Possiedi, lo riconosco, iugeri di campo esteso


e la tua casa in citt occupa molti terreni,
numerosi debitori sono schiavi del forziere sovrano
e oro massiccio sostiene le tue vivande.
Non sdegnare tuttavia, o Runo, i meno ricchi:
di pi ebbe Didimo, di pi ha Filomelo.

Lepigramma prende di mira un ricco patrono che mostra un contegno


sprezzante verso coloro che possiedono di meno: Marziale lo invita a
tenere un atteggiamento pi umano ricordandogli che, per quanto si
ricchi, c sempre qualcuno che lo di pi. I primi quattro versi sono
dedicati alla esposizione delle ricchezze di Runo, poste in risalto
attraverso luso delle particelle coordinanti (-que / et / -que ),
che conferiscono ai versi un andamento catalogico. Il distico conclusivo
contiene lammonimento del poeta (v. 5), giusticato dalla riessione
nale sulla relativit di ogni ricchezza (6). Il concetto per qui espresso
da Marziale non, come abitualmente, con una sententia generale (vd. la
n. a 5, 11 sg.), bens attraverso un concreto esempio contemporaneo, che
doveva risultare pi impressivo per i lettori del tempo, che riconoscevano
personaggi e situazioni a loro noti, ma che certo meno efcace per il
lettore moderno. Il nome Runus, molto comune (vd. Kajanto 1965, p.
229), ricorre in Marziale soltanto qui ed con ogni probabilit ttizio.

Epigramma 31

269

La recriminazione per il comportamento dei patroni costituisce un tema


ampiamente sviluppato in questo libro (vd. lIntroduzione, p. 60 e cfr.
epigr. 36; 37; 46; 60).
1. Sunt tibi: per il modulo incipitario cfr. Verg. Aen. XII 22 sg. sunt tibi
regna patris Dauni, sunt oppida capta / multa manu. Per un analogo
sviluppo del periodo in Marziale cfr. VII 73, 1 sgg. Esquiliis domus est,
domus est tibi colle Dianae, / et tua patricius culmina vicus habet; / hinc
viduae Cybeles, illinc sacraria Vestae, / inde novum, veterem prospicis
inde Iovem, che mette in evidenza le molte case possedute da Massimo.
conteor: inciso di natura colloquiale, usato per lo pi in poesia a partire da
Ovidio (vd. Hofmann, LU, pp. 251; 376; ThlL IV 227, 32 sgg.); in Marziale
conteor si trova anche in IV 49, 10 e IX 50, 3, ma in principio di verso,
dopo una pausa forte (11 volte ricorre lequivalente fateor, per cui vd. la n.
a 12, 1). Lammissione prelude allattacco satirico. diffusi iugera campi: il
segmento di verso presenta afnit metrico-ritmiche con Dirae 77 et late
teneant diffuso gurgite campum (cfr. anche Lucan. III 376 telluris parvum
diffuso vertice campum). La conoscenza dellopera da parte di Marziale
provata dallevidente allusione a Dirae 26 lusibus et nostris multum
cantata libellis in IX 49, 1 haec est illa meis multum cantata libellis. Non
pertanto da escludere una reminiscenza (per alcuni esempi di ricorsivit
della veste sonora di un verso vd. G.B. Conte-A. Barchiesi, Imitazione e
arte allusiva, in SLRA I, p. 100 sgg.). Per diffusus nellaccezione di latus,
amplus, vastus: cfr. epigr. 2, 9 Claudia diffusas ubi porticus explicat umbras;
luso, prevalentemente prosastico, ricorre in poesia, oltre che in Marziale,
soltanto in Manilio, Dirae, Lucano, Silio Italico, Stazio (vd. ThlL V 1, 1112,
22-66). Unanaloga espressione ricorre in III 58, 4 lati spatia campi. Per il
nesso iugera campi cfr. Ov. am. III 15, 12 moenia, quae campi iugera pauca
tenent; Stat. Theb. I 568 centum per iugera campi (in clausola); VI 678 sg.
horrida campi / iugera; Claud. rapt. Pros. II 339 novem iugera campi.
2. urbanique tenent : la casa di citt di Runo occupa molti terreni. La
critica moralistica alleccessiva estensione delle case urbane, pari a quella di
vasti campi, ricorre in Val. Max. IV 4, 7 anguste se habitare nunc putat cuius
domus tantum patet quantum Cincinnati rura patuerunt; Sen. epist. 90,
43 (gli uomini dellet delloro) non habebant domos instar urbium; 114,
9 in ipsas domos inpenditur cura, ut in laxitatem ruris excurrant; Plin.
nat. XXXVI 111 nimirum sic habitabant illi, qui hoc imperium fecere

270

M. Val. Martialis liber tertius

tantum quorum agri quoque minorem modum optinuere quam sellaria


istorum!; in XII 57, 21 Marziale denisce la dimora di Sparso un autentico
rus in urbe; la condanna concerne anche la sottrazione di terre al lavoro
agricolo, come affermato in modo esplicito in Hor. carm. II 15, 1 sg. iam
pauca aratro iugera regiae / moles relinquent (cfr. anche Sen. exc. contr.
V 5). Un bersaglio privilegiato per le accuse di eccessi edilizi la Domus
Aurea neroniana: cfr. epigr. 2, 3 sgg. invidiosa feri radiabant atria regis
/ unaque iam tota stabat in urbe domus. / hic ubi conspicui venerabilis
Amphitheatri / erigitur moles, stagna Neronis erant. / hic ubi miramur
velocia munera thermas, / abstulerat miseris tecta superbus ager. / Claudia
diffusas ubi porticus explicat umbras, / ultima pars aulae decientis erat;
Tac. ann. XV 42, 1 exstruxit domum, in qua haud proinde gemmae et
aurum miraculo essent quam arva et stagna et in modum solitudinum
hinc silvae, inde aperta spatia et prospectus; Suet. Nero 31, 1 domum a
Palatio Esquilias usque fecit tanta laxitas, ut porticus triplices miliarias
haberet; item stagnum maris instar, circumsaeptum aediciis ad urbium
speciem; rura insuper arvis atque vinetis et pascuis silvisque varia (vd. anche
Plin. nat. XXXIII 54 e il mordace distico tramandato da Suet. Nero 39, 2).
Nel verso di Marziale, secondo alcuni interpreti (Ker; Wiesinger in ThlL X
2, 578, 82 sg.), urbani lares indicherebbe diverse dimore, ma larguzia risiede
proprio nel fatto che una sola casa occupi pi terreni. Luso metonimico di
lar per domus attestato n dal periodo ciceroniano e frequente in poesia
(vd. la n. a 5, 6). Per il plurale, usato normalmente per indicare una sola
dimora, cfr., ad es., IX 18, 1 sg. est mihi / rus minimum, parvi sunt et
in urbe lares. La lezione urbanique della seconda famiglia appare dunque
senzaltro preferibile ad Albanique di T, accolta tra gli editori moderni
dal solo Schneidewin1 (urbanique in Schneidewin2). La lezione di T e,
presumibilmente, di , con ogni probabilit opera di un interpolatore che,
fraintendendo il verso, avr pensato che praedia facesse riferimento ad una
villa di campagna e modicato urbanique in Albanique (cos Schmid 1984,
p. 421 sg.; per Lindsay 1903, p. 30 la variante faceva parte di quelle spiegabili
come mere scribes perversions). Sui colli Albani si trovava la villa di
Domiziano, che Marziale nomina in V 1, 1; XI 7, 3; XIII 109; vd. F. Coarelli,
Dintorni di Roma, Roma 1981, pp. 72-79. In questo libro unaltra sicura
interpolazione in T in 91, 12 cervo LPQf : puero Tfs.l. (vd. la n. ad loc.).
tenent: il verbo raro in poesia nellaccezione di occupare, contenere
(OLD, s.v. teneo, nr. 4); cfr., ad es., Cic. Arat. 674 (422) in collibus quos

Epigramma 31

271

tenet Chius. praedia: in poesia ricorre soltanto in Plauto, Terenzio,


Orazio sat., Persio, Marziale, Giovenale.
3: il verso descrive la sottomissione di tipo schiavile (servit) dei debitori
nei confronti di Runo, la cui opulenza rappresentata dalla domina arca
personicata. Poco persuasiva appare lipotesi di Shackleton Bailey 1989, p.
133, che il verso si riferisca alle tabellae debitorum che sarebbero contenute
nellarca. Anche per II 30, 4 et cuius laxas arca agellat opes e V 13, 6 et
libertinas arca agellat opes, in cui Shackleton Bailey 1989, p. 132 sg. ravvisa
unallusione allusura, si dovr pensare piuttosto alla tortura imposta a
ingenti quantit di denaro e preziosi stipate in uno scrigno sempre inadeguato
a contenerle (Parroni 1993, p. 58; vd. anche p. 61 n. 9), come si ricava anche
dal confronto con Stat. silv. II 2, 151 sg. sepositas infelix strangulat arca
/ divitias. Inoltre n Mart. VIII 37, 1, n Iuv. 13, 136, citati da Shackleton
Bailey, implicano che le tabellae dei debitori fossero conservate nellarca.
Qualche ripensamento sullespressione ha mostrato lo stesso Shackleton
Bailey (SB2, I, p. 223 n. d): Perhaps with reference to the records kept in it.
Larca, la cui personicazione ricorre anche in VIII 44, 10 superba densis
arca palleat nummis, simbolo della ricchezza anche in III 41, 2 ex opibus
tantis, quas gravis arca premit; X 15, 4 non caperet nummos cum gravis
arca tuos. servit: il verbo suggerisce unidea di schiavit; per luso in un
contesto analogo cfr. V 13, 7 magna Niliacae servit tibi gleba Syenes.
numerosus debitor: lelevato numero di debitori elemento rivelatore di
ricchezza anche in IV 37, 1-3; VIII 44, 11. Prestiti e debiti costituiscono
un tema ricorrente negli epigrammi di Marziale: vd. la n. intr. allepigr. 41
(40). Debitor, termine tratto dal mondo degli affari, attestato a partire da
Cicerone e raro in poesia: ricorre una sola volta in Orazio sat., Manilio e
Giovenale, quattro in Ovidio, tre in Marziale (in IX 42, 8 in senso traslato).
4. sustentatque: il verbo ben si adatta ad esprimere labbondanza delle vivande che gravano sui piatti. Limmagine del vasellame che sorregge copiose
vivande piuttosto inconsueta; pi comune quella che focalizza lattenzione
sulle dapes piuttosto che sul supporto su cui esse poggiano: cfr. Verg. georg.
IV 133 dapibus mensas onerabat; 378 epulis onerant mensas; Aen. I 706
dapibus mensas onerent; in Marziale cfr. I 55, 11 pinguis inaequales onerat
cui vilica mensas. In AL 444 R. (= 442 SB), epigramma attribuito a Seneca
(= 52 P.) che svolge il motivo della vita beata, in una serie di falsi beni ricorre
regales dapibus gravare mensas (7). Qualche analogia con lespressione
mostra Hor. sat. I 6, 116 sg. lapis albus / pocula cum cyatho duo sustinet,

272

M. Val. Martialis liber tertius

nel contesto tuttavia opposto della frugale cena del poeta. aurea massa: la
lezione di T stata preferita a ragione da tutti gli editori moderni a mensa di
V. Massa indica la materia allo stato grezzo e, metonimicamente, oggetti
fabbricati con essa (vd. ThlL VIII 430, 58 sgg.). Il sostantivo dunque,
mettendo in maggior rilievo la materia rispetto alloggetto prodotto con
essa, si presta perfettamente ad esprimere lostentazione volgare di Runo.
Per luso in un contesto moralistico cfr. Petron. 88, 10 noli ergo mirari, si
pictura defecit, cum omnibus diis hominibusque formosior videatur massa
auri quam quicquam Apelles Phidiasque, Graeculi delirantes, fecerunt.
Nel 16 d.C. il senato aveva proibito luso di vasellame doro massiccio per
i cibi (cfr. Tac. ann. II 33, 1); il divieto era tuttavia largamente infranto,
come si deduce da numerose testimonianze: cfr. Sen. dial. VII 17, 2; XII
11, 3; epist. 119, 3; Iuv. 5, 39; 10, 27. Altrove Marziale parla di vasellame
placcato doro (chrysendetae) come simbolo del lusso dei patroni: I 37, 1;
II 43, 11; 53, 5; III 26, 2; IV 39, 7; VI 94, 1; X 49, 4 sg.; XI 29, 7; XII 49,
4; XIV 97; 109 (cfr. Isid. orig. XX 4, 8 chrysendeta vasa deaurata; Mart.
IV 39, 7 quae Callaico linuntur auro; sulle chrysendetae vd. Leary1 a XIV
97, p. 158; RE III 2494, 63 sgg.; Hilgers 1969, p. 145). Massa pone pertanto
in risalto leccessiva esibizione di ricchezze da parte di Runo. La lezione
mensa di V ha perci tutta laria di una banalizzazione, favorita sia dalla
vicinanza graca dei due nomi che dalla presenza nel contesto prossimo di
dapes (cfr. III 58, 42 nec avara servat crastinas dapes mensa). Tra laltro non
sono attestate mensae aureae, ma quelle di maggior pregio erano di legno
di cedro: cfr. XIV 89 tit. mensa citrea. accipe felices, Atlantica munera,
silvas: / aurea qui dederit dona, minora dabit (con il commento di Leary1);
vd. anche II 43, 9; IX 22, 5; 59, 10; X 80, 2; 98, 6; XII 66, 6; XIV 3. Tale
considerazione certamente alla base della congettura citrea per aurea di
Heinsius, che leggeva mensa.
5. fastidire noli minores: linvito a tenere un contegno meno
altezzoso verso i meno abbienti (minores) contiene unimplicita richiesta
di non valutare le persone con il solo metro della ricchezza (secondo un
diffuso adagio luomo tanto vale quanto possiede: vd. Otto, Sprichwrter,
p. 157; Tosi 1994, nr. 1784). Per latteggiamento di rispetto verso gli inferiori
cfr. Sen. nat. IVa praef. 18 adice adversus minores humanitatem, adversus
maiores reverentiam. Il nesso fastidire minores ricorre ancora in Claud.
VIII 303 sg. his tamen effectis neu fastidire minores / neu pete praescriptos
homini transcendere nes. Per una iunctura analoga cfr. Quint. decl. 301,

Epigramma 31

273

17 possis tu fortasse huc usque descendere, ut non fastidias pauperes. La


costruzione di noli con linnito, molto comune in prosa e in commedia,
per lo pi evitata in poesia elevata; ricorre due volte in Properzio e otto in
Ovidio (soltanto una nelle Metamorfosi); essa piuttosto frequente in Fedro
(5 volte) e Marziale (11 volte): vd. Axelson 1945, p. 135. Minor nellaccezione
di inferior in rank or grade, junior, subordinate (OLD, s.v. minor, nr. 6 a),
qui con riferimento alla ricchezza (cfr. v. seguente); per luso sostantivato del
comparativo cfr. anche Tac. ann. XV 16, 4; Plin. epist. IV 12, 6.
6. plus habuit : la formulazione del verso implica che i due personaggi,
probabilmente liberti, avessero conseguito grandi ricchezze con mezzi
non commendevoli. Lipotesi di Friedlaender che fossero entrambi usurai
senzaltro plausibile, anche se indimostrabile (in ThlL onom. III 149,
42 il Didimo di questo verso viene registrato come fenerator). Senzaltro
da escludere lipotesi che si tratti di un eunuco e un citaredo, risalente a
Calderini e accolta ancora da Stephenson, Paley-Stone e Ker: Didimus
spado et Philomelus citharoedus. Didimus spado fuit qui supposita aliis
uxore ingentes divitias est adeptus. Alibi si spado didimus et corebus
non essent. Philomelus citharoedus: nam
amicum signcat et
cantum. Per il primo caso si tratta di un autoschediasmo (in V
41 Didimo un eunuco, in XII 43 un lenone; in VI 39, 21 cit. da Calderini
si legge, tra laltro, si spado Coresus Dindymusque non esset); per il secondo
allorigine c unerrata etimologia (il nome greco
). Lanafora
di plus, che apre entrambi gli emistichi, e di habere, con la variazione del
tempo (habuit habet), ponendo in risalto la relativit della ricchezza,
conferisce allaffermazione un carattere di necessit. Per luso di esempi
concreti per illustrare un concetto, tipico dellargomentazione satirica
oraziana, cfr., ad es., sat. I 1, 101 sg. quid mi igitur suades? ut vivam
Maenius aut sic / ut Nomentanus?; 105 sgg. est inter Tanain quiddam
socerumque Viselli, / est modus in rebus, sunt certi denique nes / quos
ultra citraque nequit consistere rectum. Didymos: doveva trattarsi
di un uomo molto ricco, certamente non pi in vita al momento della
composizione di questo epigramma (habuit). Il nome ricorre in Marziale
anche in V 41, 8 per un eunuco e in XII 43, 3 per un lenone. Un liberto
con questo nome menzionato in Tac. ann. VI 24, 1. La forma Didymos,
attestata da L e mantenuta da Lindsay, Duff, Heraeus, Giarratano e Izaac,
mi sembra preferibile a Didymus degli editori precedenti a Lindsay (che
non conoscevano L) e di SB. In Marziale ben attestata la desinenza os

274

M. Val. Martialis liber tertius

per i nomi propri maschili greci, che i copisti tendono a normalizzare: cfr.
I 31, 2 Encolpos (-os : -us T ; vd. anche V 48, 2); I 50, 1 Mystillos (-os
LP: -us TQ in ras. ); I 92, 1 Cestos (-os L : -us TPQf); VI 68, 4 Eutychos;
VII 10, 1 Eros (vd. anche X 56, 6; 80, 1. 5); IX 56, 1 Spendophoros (-us
E); sulla graa dei nomi propri greci in Marziale vd. Renn 1888-89, pp.
21-23; Lindsay 1904, p. 29 sg.; in generale Neue-Wagener I, pp. 191-207,
specialmente 204 sg. per i nomi di persona. Gli esempi citati consentono
di osservare come spesso L conservi la graa originaria. Laccostamento di
nomi propri con desinenze greca e latina risponde al gusto alessandrino per
la variatio e ricorre spesso nella poesia augustea: cfr. Ov. epist. 13, 53 Ilion
et Tenedos Simoisque et Xanthus et Ide; 18, 127 vel tua me Sestus, vel te
mea sumat Abydos (corregge Sestos Kenney 1996); met. I 579 sg. populifer
Sperchios et inrequietus Enipeus / Apidanusque senex lenisque Amphrysos
et Aeas; III 210 Pamphagos et Dorceus et Oribasos, Arcades omnes; in
Marziale cfr. VI 77, 1 sg. cum sis tam pauper quam nec miserabilis Iros, /
tam iuvenis quam nec Parthenopaeus erat, dove
hanno Irus, ma heros
di T rende assai probabile Iros di Heinsius, accolto da tutti gli editori con
leccezione di SB, che rimanda a XII 32, 9 Irus tuorum temporum (Irus
, manca la prima famiglia), dove per luso antonomastico del nome
non avrebbe giusticato la desinenza greca (Irus ricorre in Ov. epist. 1,
95; trist. III 7, 42; ma Iron in rem. 747, senza necessit metrica); VII 10,
1 pedicatur Eros, fellat Linus (vd. anche la n. a 32, 3 possum Hecubam,
possum Nioben). Philomelus: si tratta dello stesso personaggio nominato
in IV 5, 9 sg. unde miser vives? homo certus, dus amicus / hoc nihil est:
numquam sic Philomelus eris, che corrobora lipotesi di ingenti ricchezze
ottenute con mezzi non onesti. Potrebbe trattarsi dello stesso Filomelo
nominato in III 93, 22 come uomo molto vecchio (vd. la n. ad loc.).

Epigramma 32

275

32
An possim vetulam quaeris, Matrinia? Possum
et vetulam, sed tu mortua, non vetula es.
Possum Hecubam, possum Nioben, Matrinia, sed si
nondum erit illa canis, nondum erit illa lapis.
vv. 1-2 hab. R tit. ad matriniam fX: ad matrinia EAV ad matroniam R ad matriam
LPQf 1 an possim vetulam quaeris, M.? distinxi: an possim vetulam quaeris, M. ed. Ferr.
Heraldus non possum vetulam. quereris, M.? v2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom. 2 Friedrich
num possim vetulam, quaeris M. Scriverius an possum R non possum
quaeris R:
quaereris EAF quereris PQfXV quaerere L te quaerere L matrinia f : matronia R
matria LPf sed matria Q 2 sed tu R EAXVs.l.: non tu V mortua RLPf : matria
Q non vetula es R X: non tula es EAV mortua es A 3 hecubam LPf : heccubam Q
hubam L nioben Qf: niob L niob L niobam P
matrinia fAXV: matria LPfEV
o matria Q 4 erit (pr.) LPQfEAX: erat fs.l.V erit (alt.) LPQfA: erat fs.l.EXV

Mi domandi se posso farmi una vecchia, Matrinia? Posso


farmi anche una vecchia, ma tu sei morta, non vecchia.
Posso farmi Ecuba, farmi Niobe, Matrinia, ma se
luna non sar ancora una cagna, laltra non sar ancora di pietra.
Alla richiesta di prestazioni sessuali da parte della vecchia Matrinia,
Marziale risponde di essere disponibile a rapporti con donne vecchie, ma
nega che Matrinia possa essere considerata tale (2 sed tu mortua, non
vetula es). Il distico nale, reso pi sapido dal comico riferimento alle
gure mitologiche di Ecuba e Niobe, che furono notoriamente soggette a
metamorfosi, rispettivamente in cane e in pietra, non fa altro che ribadire
laffermazione del v. 2: Matrinia non pu pi essere considerata una
donna. Laggressione contro vecchie donne, la cui brama sessuale stride
con i segni dellet, tra i temi satirici pi diffusi n dai giambi archilochei
(fr. 196a, 26-31; 188; 205 W.), presente anche in commedia (vd. H.G.
Oeri, Der Typ der komischen Alten in der griechischen Komdie, seine
Nachwirkungen und seine Herkunft, Diss. Basel 1948, pp. 19-21); nella
letteratura latina gli esempi pi rilevanti sono gli Epodi 8 e 12 di Orazio,
che costituiscono senzaltro un modello importante per Marziale (sulla
tradizione del motivo vd. Brecht 1930, p. 62 sg.; Grassmann 1966, pp.

276

M. Val. Martialis liber tertius

1-46; Richlin 1992, pp. 105-143). Nel corpus marzialiano il tema ricorre
frequentemente: particolare rilievo merita, per la sua notevole estensione,
lepigr. 93 di questo libro; cfr. anche VII 75; IX 37; X 67; 90; XI 29; 62;
97. Limpossibilit di avere rapporti con una donna troppo anziana, se non
dietro pagamento, alla base di VII 75; XI 29. Un comico capovolgimento
del motivo si trova nellepigr. 76 di questo libro (Basso si eccita soltanto
con le vecchie). Il nome Matrinia, senzaltro ttizio, ricorre in Marziale
solo in questo epigramma (per la variante Matronia di R vd. la n. al v. 1).
1: la soluzione migliore per questo verso molto tormentato quella
delleditio Ferrariensis del 1471, sostenuta quindi da Heraldus, che segue
il testo della prima famiglia (an quaeris R), con la lieve correzione
di possim per possum. Rispetto per allinterpunzione prescelta da molti
editori moderni (Schneidewin, Gilbert, Friedlaender, Giarratano, Izaac)
preferibile, a mio avviso, porre il punto interrogativo dopo Matrinia.
Linterrogativa introdotta da quaeris (o requiris), spesso collocata in
apertura di epigramma, cui conferisce un andamento dialogico, costituisce
una delle movenze pi frequenti in Marziale: vd. Siedschlag 1977, p. 23 sg.;
cfr., ad es., I 57; II 38; 78; III 98; V 56; VI 67; VII 34; VIII 12; X 22; 102;
XI 19; 60; XII 17; 20; 57. Sulla corruzione di possim in possum, peraltro
facilissima, potrebbe avere inuito anche il possum collocato in ne di
verso (nonch ripetuto due volte nel v. 3). Il passaggio dal congiuntivo
allindicativo del resto un tipo di corruttela tra le pi comuni: cfr., ad es.,
I 59, 4 tam male cum cenem, cur bene, Flacce, laver? (laver : lavor );
II 7, 7 nil bene cum facias, facias tamen omnia belle (facias t. Frisingensia
excerpta: facis t. ); III 60, 1 cum vocer ad cenam non iam venalis ut ante
(vocer T: vocor
); 93, 15 admittat inter bustuarias moechas (admittat
: admittit ). La corruzione di an in non pu essere stata causata dalla mancata scrittura della A iniziale da rubricare e dalla conseguente
interpretazione della n come abbreviazione di non. Possono costituire un
piccolo indizio a favore di quaeris le forme quaereris di EA, i testimoni
pi fedeli nel riprodurre larchetipo della terza famiglia, e quaerere di L, il
manoscritto di maggior valore della seconda famiglia. Ha per goduto di
una certa fortuna la difesa del testo trdito sostanzialmente da due famiglie
(non possum quereris) fatta da Friedrich 1908, p. 621 sg., che proponeva
di leggere: non possum vetulam. quereris, Matrinia? A sostegno della
propria ipotesi lo studioso citava due casi identici di aplograa in T: II 85,

Epigramma 32

277

4 quereris: queris T; XI 39, 9 quereris: queris T. La soluzione di Friedrich


per la verit il recupero di uninterpunzione ampiamente diffusa in et
umanistica: essa infatti presente in v2, nelle prime edizioni a stampa
(ed. Rom. 1 ed. Ven. ed. Rom. 2) ed stata sostenuta susccessivamente
da Ramirez de Prado. Tra gli editori moderni stata accolta da Heraeus
(ma Borovskij, revisore delledizione di Heraeus, si mostra favorevole ad
An possim quaeris), con lapprovazione di Housman 1925, p. 201 (=
Class. Pap., p. 1101 sg.) ed ora riproposta da SB (vd. anche Walter, p. 222
sg.). Essa offre lindubbio vantaggio di mantenere il testo trdito da due
famiglie. Si tratterebbe tuttavia di una movenza iniziale piuttosto brusca,
priva di riscontri nel corpus marzialiano (n calzante lesempio di VI 9
citato da Friedrich: in Pompeiano dormis, Laevine, theatro: / et quereris
si te suscitat Oceanus?). Non ha invece probabilit di cogliere nel segno
la correzione num possim vetulam, quaeris di Scriverius: num ricorre in
Marziale soltanto in IV 27, 2 e VIII 37, 2 in interrogative dirette. invece
un errore tramandato di editore in editore lattribuzione del testo num
possum vetulam quaeris alled. Rom. 2 (vd. p. 99). Inaccettabile in questo
caso il testo di Lindsay: Non possum vetulam? quaeris Matrinia (vd. la
traduzione che ne offre Bonvicini 1995, p. 120: Non posso farlo con
una vecchia? mi chiedi, o Matrinia), come anche quello di Duff e Ker
(An possim vetulam quaeris, Matronia; vd. la traduzione di Ker: Can
I love an old woman? you ask me, Matronia). possim: sc. futuere;
lellissi di un termine tratto dalla sfera sessuale un tipo di eufemismo
comune (sullargomento vd. Adams 1981, pp. 120-128); luso ellittico di
possum, con oggetto o assoluto, apparteneva alla lingua parlata: cfr. Hor.
epod. 12, 15 Inachiam ter nocte potes; CIL IV 1837 si potes et non vis;
Mul. Chir. 744 hic equus usque in annos XV idoneus in admissuram
erit, potest et usque in XX; Marc. Emp. 33, 49 qui potuit et non potest,
ut reparetur in venerem, radices cucumeris agrestis decoquat et
unguat sibi in balineo interius et exterius omne veretrum; Ps.-Theod.
Prisc. Add. p. 303, 20 ad eum qui cum muliere non potest; Maxim. eleg.
II 57 si modo non possum, quondam potuisse memento; esso ricorre in
Marziale ancora in III 76, 4; XI 97, 1 sg. bis (assoluto in XI 97, 1); vd.
Adams 1981, p. 122; ThlL X 2, 139, 81 sgg.; 148, 51 sgg. Un equivalente
uso di
attestato in due epigrammi di Stratone (AP XII 11,
1; 213, 2). Non vedrei invece ambiguit in Mart. XI 6, 12 sg. possum nil
ego sobrius; bibenti / succurrent mihi quindecim poetae, dove si tratta

278

M. Val. Martialis liber tertius

del topos dellimpossibilit per il poeta di scrivere da sobrio (contra vd.


Kay, ad loc.); poco persuasiva anche lipotesi di H. Kstlin (Philologus
36, 1877, p. 277) di intendere nellaccezione sessuale possum in XI 101,
2 tu puto quod non est, Flacce, videre potes, interpungendo dopo videre
(le offre credito invece Kay, ad loc.). vetulam: diminutivo banalizzato,
diffuso nella Umgangssprache, come attesta lesito italiano vecchio (da
vetulus>*veclus). Lattributo sostantivato piuttosto comune in Marziale
e indica, con valore spesso peggiorativo, la donna vecchia con particolare
riguardo per laspetto erotico-sessuale (cfr., ad es., III 76, 1; IV 5, 6). Su
vetulus / vetula vd. W. Goldberger, Kraftausdrcke im Vulgrlatein,
Glotta 20, 1932, p. 131 sg.; Hanssen 1951, passim. Matrinia: alla forma
attestata da f sembra ricondurre anche lametrico matria della seconda
famiglia (LPf; sed matria di Q un tentativo di rabberciamento), derivato
probabilmente da matr ia (come sembra confermare anche la corruttela
matria in EV al v. 3); R attesta invece la forma Matronia (nel titulus
e nel v. 1, perch nel codice mancano i vv. 3-4). Nessuno dei due nomi
presenta altre occorrenze in Marziale. Matrinia, accolto da Schneidewin,
Lindsay, Izaac, SB, , a mio avviso, preferibile: si tratta di un cognomen
ben attestato in et classica (vd. RE XIV 2286, 27 sgg.), mentre laltro
ricorre solo in Iust. Cod. VI 23, 12 del 293 d.C. (vd. Kajanto 1965, p.
305). Matronia, accolto da Gilbert, Friedlaender, Duff, Ker, senzaltro
pi facilmente spiegabile come corruttela di Matrinia rispetto allinverso
per la sua vicinanza al sostantivo matrona. Non si pu escludere inoltre
che Matronia abbia soppiantato Matrinia, poich questultimo poteva
suonare alle orecchie di un copista tardoantico o medievale come nome
comune: matrinia (= noverca) infatti attestato gi nel latino tardo (cfr.
CGL IV 262, 46 nuberca matrea id est matrinia; vd. ThlL VIII, 475, 55
sgg.) e quindi in quello medievale (cfr. lesito italiano matrigna). Non in
ogni caso persuasiva lipotesi, avanzata da Gilbert 1883, p. 16, che si tratti
di nome parlante (quod nomen certe aptissimum est), poich Matronia
potrebbe richiamare i valori della morale tradizionale, piuttosto che lidea
di vecchiaia; come nomi di vetulae si vedano i ben pi calzanti Vetustina
(II 28, 4) e Vetustilla (III 93, 1).
2. sed tu mortua: lassimilazione ad un cadavere un tratto consueto
dellinvettiva contro le vecchie: cfr. III 93, 19 virum demens cineribus
tuis quaeris; 93, 23 quod si cadaver exigis tuum scalpi; X 90, 4 nam tu iam
nec anus potes videri.

Epigramma 32

279

3: la menzione di grandi gure del mito nel contesto umile degli epigrammi
produce effetti di notevole comicit; Marziale vi fa ricorso frequentemente:
cfr. I 62, 6 (una casta matrona in villeggiatura a Baia) Penelope venit, abit
Helene (vd. Citroni, ad loc.); III 76, 4 (a Basso che si eccita solo con donne
vecchie) cum possis Hecaben, non potes Andromachen!; in relazione alla
vecchiaia cfr. X 67; Priap. 57. Alcuni epigrammi di Lucillio (AP XI 69; 278;
408) costituiscono certo un precedente, ma avr probabilmente inuito su
Marziale anche la demitizzazione degli eroi omerici operata da Ovidio (cfr.,
ad es., ars II 709 sgg.). Hecubam: la gura di Ecuba, sbiadita nellIliade,
era stata ingigantita dai tragici e presto presa come bersaglio dai comici
(vd. Sittig, RE VII 2652-2662; Roscher I 2, 1878, 26-1883, 61). Il nome
usato da Marziale in modo antonomastico per indicare una donna vecchia
in III 76, 4 cit. supra. Luso ricorre nellepigramma greco in Mirino (poeta
della Corona di Filippo) che denisce la vecchia Laide
(AP
XI 67, 2) e Lucillio (AP XI 408, 6); nella letteratura latina non vi sono
altri esempi. Per Ecuba come exemplum di vecchiaia cfr. Mart. X 90, 5 sg.
istud belle / non mater facit Hectoris, sed uxor; Priap. 12, 1 quaedam
haud iunior Hectoris parente; vd. anche AP V 103, 4. In questo caso
non c antonomasia, ma Marziale afferma scherzosamente di potersi
fare la vera Ecuba, purch ancora non trasformata in cagna. Nioben:
citata in relazione alla sua vecchiaia dal solo Marziale anche in X 67, 2 (la
vecchissima Pluzia) quam vidit Niobe puella canam. La vecchiaia di Niobe
non evidenziata dalla tradizione e Marziale lavr probabilmente dedotta
dallelevato numero dei suoi gli (14 secondo la tradizione pi diffusa),
che la avvicina ad Ecuba (cui la unisce anche la metamorfosi che Marziale
sfrutta per la pointe). Su Niobe vd. il commento di Bmer2 a Ov. met. VI
146 sgg.; Roscher III 1, 372, 1- 423,55; Lesky, RE XVII 645, 9-706, 7. Il
nome sempre usato dai poeti latini e da Marziale secondo la declinazione
greca (come gli altri nomi greci in e: vd. Renn 1888-89, pp. 16-17): cfr.
V 53, 2 Nioben; X 67, 2 Niobe; Prop. II 20, 7; Ov. am. III 12, 31; met.
VI 148; 156; 165; 273; 287; Pont. I 2, 31; trist. V 1, 57; 12, 8; Stat. Theb.
VI 124; IX 682; Iuv. 6, 177; Nioba ricorre in poesia soltanto in Prop. III
10, 8 et Niobae lacrimas supprimat ipse lapis. Appare dunque nettamente
preferibile la lezione della seconda famiglia (LQf), mentre Niobam ha
tutta laria di una normalizzazione (hanno scelto Nioben Friedlaender,
Duff, Ker, Heraeus; Niobam Schneidewin, Gilbert, Lindsay, Izaac, SB, che
considera anche in apparato la possibilit di leggere Hecaben Nioben,

280

M. Val. Martialis liber tertius

come fa Friedlaender). Non costituisce un elemento determinante a


favore di Niobam leffetto di rima tra i due cola (possum Hecubam possum
Niobam), che Marziale ricerca in altri casi, soprattutto per tra i due
emistichi del pentametro nale (vd. la n. a 76, 4). Inoltre se Niobam fosse
corretto, bisognerebbe pensare a Nioben come ad una restaurazione dotta,
il che appare poco plausibile. Per laccostamento di termini con desinenza
greca e latina, che risponde al gusto per la variatio, cfr., ad es., Verg. Aen.
VI 445 his Phaedram Procrimque locis maestamque Eriphylen; Hor. ars
145 Antiphaten, Scyllamque et cum Cyclope Charybdin; Ov. epist. 16,
259 et comitum primas, Clymenen Aethramque, tuarum; 17, 267 cetera
per socias Clymenen Aethramque loquamur (poco persuasiva pertanto la
correzione Aethranque in entrambi i passi di Kenney 1996); met. VI 108
sg. fecit et Asterien aquila luctante teneri, / fecit olorinis Ledam recubare
sub alis. Per altri casi in poesia augustea e in Marziale vd. la n. a 31, 6.
3 sg.: i due miti, con le relative metamorfosi nali, sono ben noti al
mondo romano soprattutto per lestesa narrazione dedicata loro da Ovidio
nelle Metamorfosi (XIII 422-577 Ecuba; VI 146-312 Niobe). Il mito di
Niobe era tra i temi poetici pi triti, come testimoniano Marziale stesso in
V 53, 1 sg. Colchida quid scribis, quid scribis, amice, Thyesten? / quo tibi
vel Nioben, Basse, vel Andromachen?; Nemes. cyneg. 15 sg. nam quis non
Nioben numeroso funere maestam / iam cecinit? Le due metamorfosi
sono associate nellinterpretazione razionalistica esposta da Cic. Tusc. III
63 Nioba ngitur lapidea propter aeternum, credo, in luctu silentium,
Hecubam autem putant propter animi acerbitatem quandam et rabiem
ngi in canem esse conversam; cfr. anche Claud. 20, 402 sgg. t plausus
et ingens / consilii clamor, qualis resonantibus olim / exoritur caveis,
quotiens crinitus ephebus / aut rigidam Nioben aut entem Troada
ngit. Il v. 4 presenta una ricercata corrispondenza tra i due emistichi,
con un effetto di rima interna (canis lapis); cfr., sempre in chiusura
di epigramma, I 57, 4 nec volo quod cruciat nec volo quod satiat (con il
commento di Citroni); XI 49, 12 nil tibi, Phylli, nego; nil mihi, Phylli,
nega (vd. Siedschlag 1977, p. 111 sgg.).

Epigramma 33

281

33
Ingenuam malo, sed si tamen illa negetur,
libertina mihi proxima condicio est;
extremo est ancilla loco, sed vincet utramque,
si facie nobis haec erit ingenua.
hab. R tit. de ingenua et libertina et ancilla EXV: de ingenua et libertina et acilla A de
ingenua et libertate et ancilla R de ingenua et libera et ancilla LPf de ingenua libera et
ancilla Q 1 malo R XV: mallo EA illa R EAXVs.l.: ipsa V 3 extremo R EAXV:
extrema V vincet PQf : vincit R nunc et L utramque RLPQf : utrumque fs.l. 4
post facie dist. SB

Preferisco una donna libera, ma se quella mi negata,


una liberta per me la partner seguente;
allultimo posto c la schiava, ma le vincer entrambe
se sar per me graziosa di viso.
Marziale fa una graduatoria delle sue preferenze in campo femminile,
procedendo secondo la gerarchia sociale: al primo posto c lingenua,
segue la libertina, ultima lancilla. Questa per prevarr sulle altre, se
avr un bel viso (4 facie ingenua). La pointe dellepigramma basata
sullo slittamento semantico di ingenuus, che signicativamente apre e
chiude il componimento: dal signicato giuridico di libero per nascita (1)
lattributo passa a quello traslato di grazioso (sulla gura dellantanclasi,
ampiamente usata da Marziale, vd. la n. intr. allepigr. 13). Tale variazione
comporta anche un sovvertimento della gerarchia: la schiava prevale sulla
libera, il criterio estetico su quello sociale. La struttura dellepigramma
rispetta la gerarchia sociale sui cui esso apparentemente poggia: ad ognuna
delle classi, disposte in ordine discendente, dedicato un verso (1 ingenua;
2 libertina; 3 ancilla). Lultimo verso, introdotto dallavversativa del v. 3
(sed vincet utramque), realizza il sovvertimento dellordine, collocando
lancilla al di sopra delle altre. Numerosi epigrammi di Marziale sono
dedicati alle preferenze del poeta in campo erotico, sia femminile che
maschile (I 57; II 36; IV 42; IX 32; XI 60; 100; sul motivo vd. Citroni,
p. 191 sg.; Siedschlag 1977, pp. 59-62; in generale vd. J.P. Sullivan,
Martials Sexual Attitudes, Philologus 129, 1979, pp. 288-302; Sullivan

282

M. Val. Martialis liber tertius

1991, pp. 185-210; A. La Penna, I cento volti delleros di Marziale, in


Eros dai cento volti. Modelli etici ed estetici nellet dei Flavi, Venezia
2000, pp. 67-135). Si tratta di un tema topico dellepigramma greco: cfr.
V 20 (Onesto); V 37; 42 (Runo); XII 173 (Filodemo); 200 (Stratone). Il
motivo della preferenza per le schiave, dotate di una bellezza naturale, pi
accessibili e meno avide, sviluppato da Runo (AP V 18); cfr. anche AP
V 132 (Filodemo). Il punto di vista espresso in conclusione da Marziale,
per cui una schiava dallaspetto grazioso preferibile ad una donna
libera, presuppone certamente le riessioni di Orazio in sat. I 2, dove,
descrivendo i pericoli cui vanno incontro gli adulteri (vv. 37-46), il poeta
raccomanda relazioni pi sicure con donne di ceto inferiore (47 sg. tutior
at quanto merx est in classe secunda, / libertinarum dico; vd. anche 78 sg.
desine matronas sectarier, unde laboris / plus haurire mali est quam ex re
decerpere fructus). Non sembra estraneo al discorso di Marziale neanche
il principio oraziano di concessa venere uti (sat. I 4, 113; vd. anche sat.
I 2, 119 parabilem amo venerem facilemque e Mart. II 53, 7 si plebeia
Venus gemino tibi vincitur asse, sc. liber eris). Rapporti con schiave erano
accettati nel mondo romano e sono attestati anche per persone eminenti
(vd. W.L. Westermann, The Slave Systems of Greek and Roman Antiquity,
Philadelphia 1955, p. 74): cfr., ad es., Hor. carm. II 4 (con il commento
di Nisbet-Hubbard2), in cui presente un invito al focese Xantia a non
vergognarsi di amare unancilla, seguito da exempla mitici di amori servili
(Achille, Aiace, Agamennone); Ov. am. II 8, dove il poeta si giustica
della relazione con la schiava Cypassis, adducendo come precedenti mitici
ancora Achille ed Agamennone (11 sg.). In Marziale relazioni con serve
sono utilizzate con ni comici in I 84, in cui Quirinale, che genera gli con
le sue schiave, si dimostra un vero pater familiae! (vd. Citroni, p. 262 sg.);
XII 58: Alauda accusato di essere ancillariolus dalla moglie, che per
lecticariola!
1. Ingenuam: ingenuus termine appartenente al lessico giuridico e indica
coloro che sono liberi per nascita, differenziandosi dai liberti: cfr. Gai. inst. I
10-12 liberorum hominum alii ingenui sunt, alii libertini. ingenui sunt qui
liberi nati sunt; libertini qui ex iusta servitute manumissi sunt; vd. anche
ThlL VII 1, 1544, 1 sgg.; Stein, s.v. ingenuus, RE IX 1544 sgg.; U. Agnati,
Ingenuitas. Orazio, Petronio, Marziale e Gaio, Chieti 2000, con ampia
discussione su questo epigramma alle pp. 147-169. In Marziale lattributo

Epigramma 33

283

ricorre sette volte. Nella gerarchia sociale lingenua occupa naturalmente


il primo posto e lattributo signicativamente collocato da Marziale in
apertura di epigramma.
2. libertina: il termine libertinus, che indica originariamente il glio di un
liberto, usato solitamente in relazione allo status sociale, mentre libertus
con riferimento al patrono (vd. ThlL VII 2, 1319, 62 sgg.): cfr., ad es., Hor.
epod. 14, 15 me libertina Phryne macerat; sat. I 2, 48 cit. nella n. intr.
Libertinus ricorre ancora in Marziale soltanto in V 13, 6 et libertinas arca
agellat opes, in funzione aggettivale; libertus / a in 10 casi. Qui luso
sostantivato confermato dal parallelo con gli altri versi (1 ingenuam;
3 ancilla). condicio: termine raro in poesia, indica qui una relazione
extramatrimoniale come in Cic. Cael. 36; Suet. Aug. 69, 1; Hist. Aug. Aur.
19, 7; Heliog. 8, 6 (vd. ThlL IV 129, 71 sgg.); per luso metonimico cfr.
Suet. Iul. 27, 1 Octaviam condicionem ei detulit. Il termine ricorre in
Marziale ancora in V 17, 2 dum tibi noster eques sordida condicio, riferito al
matrimonio (equivale allitaliano partito: cfr. Quint. decl. 257, 12 coepi bona
esse condicio); in IX 67, 8 e XI 52, 2 in accezione diversa. Meno probabile
che condicio possa qui signicare condizione sociale, con libertina in
funzione attributiva (cfr. Porph. Hor. sat. I 2, 47 ait multo quidem tutius
esse libertinae condicionis mulieres sectari; Mod. dig. I 5, 21; vd. ThlL IV
132, 65 sgg.), come sembra intendere Ker (a freedwomans quality is next
in worth to me). Lespressione mihi proxima condicio lascia pensare ad
una preferenza personale piuttosto che ad una gerarchia sociale oggettiva.
proxima: next (in worth, rank), second best (OLD, s.v. proximus, nr. 11
b); cfr. VII 45, 1 sg. facundi Senecae potens amicus, / caro proximus aut
prior Sereno; 97, 7 sg. nam me diligit ille proximumque / Turni nobilibus
legit libellis; XI 52 17 sg. ipse tuos nobis relegas licet usque Gigantas / rura
vel aeterno proxima Vergilio.
3. extremo est ancilla loco: lancella occupa lultimo posto. Per locus inteso
come posto (in una graduatoria) vd. ThlL VII 2, 1591, 3 sgg. Il nesso
extremo loco ricorre in Ov. fast. V 22 et Themis extremo saepe recepta
loco est; cfr. anche Sen. Oed. 834. Ancilla termine prosaico, che ricorre
otto volte in Marziale (vd. Axelson 1945, p. 58); cfr. anche ancillariolus (XII
58, 1).
3 sg. sed vincet utramque : la schiava sar preferibile allingenua ed alla
libertina se il suo aspetto sar grazioso. Ingenuus trapassa dal signicato
di libero per nascita a quello derivato di degno di chi libero, quindi

284

M. Val. Martialis liber tertius

rafnato, bello. Lepigramma si apre e si chiude con lo stesso termine,


il cui spostamento semantico, dallaccezione giuridica a quella estetica,
costituisce larguzia del componimento (vd., da ultimo, Parroni 1996). Il
pronome personale (nobis) segnala il passaggio dalloggettivit delle distinzioni sociali dei primi tre versi alla soggettivit del giudizio nale. Per
laccezione estetica di ingenuus cfr. Iuv. 11, 154 sg. ingenui vultus puer
ingenuique pudoris, / quales esse decet quos ardens purpura vestit. Non
agevole stabilire se ingenua sia ablativo o nominativo: a favore dellablativo
depongono le analoghe iuncturae in Petron. 107, 6 vultos ingenuos; Iuv.
11, 154 cit. supra; Maxim. eleg. I 94 vultibus ingenuis; per il nominativo
(con facie ablativo di rispetto) il parallelo con i versi precedenti, in cui gli
attributi sottintendono mulier. Linterpunzione di SB (sed vincet utramque
/ si facie, nobis haec erit ingenua), gi avanzata in Shackleton Bailey 1989,
p. 134, offre un senso accettabile: se la schiava pi bella delle altre due,
lei la vera ingenua (per il nesso vincere facie, nel senso di superare in
bellezza, cfr. XII 64, 1 sg. vincentem roseos facieque comaque ministros /
Cinna cocum fecit). Tuttavia lordo verborum risultante appare piuttosto
innaturale, sia per linconsueto enjambement che per la forte traiectio della
particella condizionale (vd. Parroni 1996, p. 72 sg.). Scarsamente persuasiva
inne appare la proposta di M. Martina (Marziale 3, 33, 4, MD 30, 1993,
pp. 165-66, ora anche in M. Martina, Scritti di lologia classica e storia
antica, a c. di G. Bandelli, M. Fernandelli et al., Trieste 2004, pp. 279-280)
di leggere sed vincet utramque / si faciet: nobis haec erit ingenua, con facio
nellaccezione erotica (per cui cfr. gli esempi citati da Citroni, p. 151, cui
bisogna per togliere IX 15, 2, dove sono assenti sfumature sessuali). Come
giustamente afferma Parroni 1996, p. 73: Vincere facie iunctura, quindi
anche se i due termini non sono legati grammaticalmente fra loro [], lo
sono per concettualmente: il vincere non pu che essere in relazione con la
facies (per la facies come origine della passione amorosa cfr., ad es., Ov. am.
II 8, 11 Thessalus ancillae facie Briseidos arsit). Anche dal punto di vista del
senso faciet appare piuttosto scialbo: non pu essere la disponibilit sessuale,
peraltro gi implicita nel termine condicio, il criterio della preferenza (sulla
facilit di trovare partner sessuali a Roma cfr., ad es., IV 71, 1 sg. quaero diu
totam per urbem / si qua puella neget: nulla puella negat).

Epigramma 34

285

34
Digna tuo cur sis indignaque nomine dicam.
Frigida es et nigra es: non es et es Chione.
hab. T tit. ad chionem PQfA: ad chion L ad chionen EX ad glone T de mechanico V
(ad 35 pertinens) 2 frigida es T : frigida est
non es T : om.
et (alt.)
: om. T
chione TLPQf : eschione P

Ti dir perch sei degna e indegna del tuo nome.


Sei frigida e sei nera: non sei e sei Chione.
Lepigramma prende di mira la prostituta Chione, il cui nome (gr.
,
da
neve) pretesto per un doppio strale: frigida ed nera. Anche
in XI 60 Chione nome parlante per una frigida (7 sg. at Chione non
sentit opus nec vocibus ullis / adiuvat, absentem marmoreamve putes),
cui Marziale contrappone la focosa Phlogis (anchesso nome parlante: vd.
il commento di Kay, ad loc.). Lo stesso gioco etimologico sembrerebbe
essere presente nel carme 84 di Catullo, in cui Arrio, che affettatamente
pronuncia tutti i nomi aspirati, trasforma al suo passaggio i uctus Ionios
in Hionios (=
); per questa interpretazione della pointe vedi E.
Harrison, CR 29, 1915, p. 198 sg.; B. Einarson, CPh 61, 1966, p. 187
sg.; contra Fordyce, ad loc. Chione, nominata in questo libro anche in 30,
4; 83, 2; 87; 97, una prostituta (vd. anche I 34, 7; 92, 6; XI 60; Iuv. 3,
136). Il nome ricorre nelle iscrizioni (CIL V 3140; VI 7308; 19123; 26945;
34009; X 527; XV 341). Sui nomi greci per prostitute vd. Grifn 1976, p.
96 sg.; Nisbet-Hubbard1, ad Hor. carm. I 19, 5 Glycerae, p. 240. Sul gusto
di Marziale per i giochi etimologici sui nomi propri vd. Grewing 1998, p.
340 sgg.; in questo libro cfr. anche 67, 10 Argonautas; 78, 2 Palinurus.
1. Digna nomine: la stessa espressione in relazione ad un gioco
etimologico sul nome ricorre in IX 49, 6 dumque erat auctoris nomine
digna sui (la toga, dono di Partenio; vd. Henriksn, ad loc.); cfr. anche IX
72, 5 sg. atqui digna tuo si nomine munera ferres, / scis, puto, debuerint
quae mihi dona dari (ad un Liber che gli manda una cesta piena di cibi,
ma senza vino).

286

M. Val. Martialis liber tertius

2: il verso impreziosito da un chiasmo concettuale. Un gioco analogo


sul candore e sul freddo della neve ricorre in IV 34 sordida cum tibi sit,
verum tamen, Attale, dicit, / quisquis te niveam dicit habere togam; cfr.
anche IX 49, 7 sg. nunc anus (sc. toga) et tremulo vix accipienda tribuli,
/ quam possis niveam dicere iure tuo. frigida: nellaccezione erotica
(vd. ThlL VI 1329, 73 sgg.; Pichon, p. 156): cfr., ad es., Ov. am. II 1, 5 me
legat in sponsi facie non frigida virgo; rem. 493 sg. quamvis infelix media
torreberis Aetna / frigidior glacie fac videare tuae. nigra: come noto,
la carnagione scura era, in quanto largamente prevalente, poco apprezzata
nel mondo mediterraneo: cfr. Verg. ecl. 2, 15-18; Ov. ars II 643 sg.; am.
II 4, 40; rem. 327; epist. 15, 35 sg. (vd. Nisbet-Hubbard2, p. 70; Andr
1949, p. 55). Di contro il candore della pelle era elemento essenziale nel
canone della bellezza (cfr., ad es., Verg. ecl. 7, 38; Ov. met. XIII 789 con
il commento di Bmer2; vd. Andr 1949, p. 31 sgg.). In Marziale la satira
contro donne di carnagione scura ricorre in IV 62 Tibur in Herculeum
migravit nigra Lycoris, / omnia dum eri candida credit ibi; VII 13 dum
Tiburtinis albescere solibus audit / antiqui dentis fusca Lycoris ebur, /
venit in Herculeos colles. quid Tiburis alti / aura valet! parvo tempore
nigra redit. non es et es: la caduta di non es nei codici della famiglia si
congura come un saut du mme au mme, senzaltro favorito anche dalla
quadruplice anafora nello stesso verso di es, piuttosto rara nella poesia
latina (vd. Wills 1996, p. 363 sgg.).

Epigramma 35

287

35
Artis Phidiacae toreuma clarum
pisces aspicis: adde aquam, natabunt.
om. P ( = LQf) tit. de mechanico Lf : pisces lignei Q 1 artis V: aris EAXV phidiacae
E: pidiacae AXV clarum LQf : clarum apici f 2 pisces aspicis QfVin mg.: pisces
apicis L respices aspicis EA respicis aspicis XV adde Lf : addo Q

Vedi unillustre opera di cesello dellarte di Fidia:


dei pesci. Aggiungi lacqua, nuoteranno.
Il distico elogia il realismo di unopera di cesello di Fidia rappresentante
dei pesci. La descrizione di opere darte, nalizzata a porne in risalto
leccezionale realismo, tema caro allepigramma ellenistico: un topos, a
partire da Leonida (AP IX 719), era divenuta la celebre Vacca di Mirone,
conservata ad Atene: cfr. AP IX 713-42; Auson. epigr. 68-75; Ps. Auson.
epigr. 28-29; Epigr. Bob. 10-13 (sullargomento vd. Fu 1973). Per
lesaltazione del realismo di opere darte cfr. anche Verg. Aen. VI 847 sg.;
georg. III 34; Prop. II 31, 8; III 9, 9; Ov. met. VI 103 sg.; X 250; Plin. nat.
XXXV 65; Petron. 83; Iuv. 8, 103; la celebrazione del realismo alla base
della gaffe di Trimalchione in Petron. 52, 1 habeo scyphos urnales plus
minus C: quem admodum Cassandra occidit lios suos, et pueri mortui
iacent sic ut vivere putes; in generale sulla terminologia usata nelle fonti
vd. Bmer 1952. Descrizioni di opere darte ricorrono in vari epigrammi
di Marziale (vd. Laurens 1965, p. 319 sg.; M. Salanitro, Maia 52, 2000,
pp. 271-273): cfr. lepigr. 40 (41) di questo libro; VIII 50 (una coppa doro
e dargento, dono dellamico Rufo); IX 43-44 (lHercules Epitrapezios di
Lisippo, posseduto da Novio Vindice e celebrato anche da Stat. silv. IV 6;
sui due epigrammi vd. Henriksn, I, p. 205 sgg.); X 89 (la statua di Giunone
di Policleto); XIV 170-182; talora la descrizione chiusa da una pointe
satirica, come in VI 92 caelatus tibi cum sit, Anniane, / serpens in patera
Myronos arte, / Vaticana bibis: bibis venenum. In questo epigramma
completamente assente ogni intento descrittivo: il primo verso dichiara la
nobile origine del pezzo, attraverso la menzione del nome di Fidia; il secondo,
arricchito da un effetto paronomastico (pisces aspicis), ne esalta il realismo.

288

M. Val. Martialis liber tertius

Il distico potrebbe essere stato concepito come didascalia dellopera, forse


appartenente ad un patrono. Il titolo De mechanico, attestato da entrambe
le famiglie (il solo Q reca Pisces lignei), nasce molto probabilmente da un
fraintendimento dellepigramma, interpretato come la descrizione di un
marchingegno meccanico (mechanicum), che, attraverso limmissione di
acqua (adde aquam), provoca il movimento dei pesci. La correttezza di
tale ipotesi conforterebbe la datazione tardoantica per i tituli trditi con
gli epigrammi, comprovata dalle indagini di Landgraf 1902, pp. 455-463,
e di Lindsay 1903, p. 34 sgg.: mechanicum sostantivato ricorre infatti per
la prima volta in Apul. apol. 61 quaedam mechanica ut mihi elaborasset;
cfr. anche Schol. Iuv. 15, 5d mechanicum aliquod esse, quod intra statuam
lateret; Aug. civ. 21, 6 p. 499, 5 D aut ergo in lucerna illa mechanicum
aliquid de lapide asbesto ars humana molita est aut arte magica factum
est, quod homines illo mirarentur in templo; vd. ThlL VIII 516, 23 sgg.
1. artis Phidiacae: Fidia, oltre che sommo scultore, considerato il primo
maestro della toreutica greca: cfr. Plin. nat. XXXIV 54 primus artem
toreuticen aperuisse atque demonstrasse merito iudicatur. Secondo le fonti
furono soggetti delle sue opere anche cicale, api, zanzare (vd. G. Lippold,
s.v. Pheidias, RE XIX 2, 1919, 7-1935, 60) ed possibile che loggetto qui
presentato sia autentico (Marziale aveva forse un epigramma greco come
modello). Tuttavia la richiesta di oggetti artistici aveva favorito a Roma lo
sviluppo di un vasto mercato del falso: si veda la testimonianza di Phaedr.
V praef. 4-7 ut quidam artices nostro faciunt saeculo, / qui pretium
operibus maius inveniunt novis, / si marmori adscripserunt Praxitelen
scabro, / trito Myronem argento, tabulae Zeuxiden. Marziale menziona in
due epigrammi la statua crisoelefantina di Zeus, una delle sette meraviglie
del mondo (VII 56, 3 Phidiaco Iovi; IX 24, 2 Phidiacum ebur);
in IX 44, 6 (Lysippum lego, Phidiae putavi) Fidia menzionato come
massimo rappresentante della statuaria greca (vd. Henriksn, ad loc.). In
poesia lattributo Phidiacus molto usato per la sua comodit metrica:
esso compare in Prop. III 9, 15; Ov. Pont. IV 1, 32; Stat. silv. II 2, 66; V
1, 6; Iuv. 8, 103; Priap. 10, 3; Sidon. carm. 23, 506; Marziale lo adopera
spesso: il nesso Phidiaci toreuma caeli ricorre in IV 39, 4 e X 87, 16; cfr.
anche VI 13, 1 sg.; 73, 8; X 89, 2. Per analoghi nessi cfr. VI 13, 2 Palladiae
artis; 92, 2 Myronos arte; XI 9, 2 Apellea arte. toreuma: opera di
cesello, un grecismo (
da
): vd. Hilgers 1969, p. 24

Epigramma 35

289

sgg. Il vocabolo ricorre per la prima volta in poesia in Culex 67; quindi in
Marziale (IV 39, 4; VIII 6, 15; XI 11, 1; XII 74, 5; XIV 94, 1; 101, 2) e in
Epigr. Bob. 21, 3; qui si tratta probabilmente di una phiala.
2. adde aquam, natabunt: la struttura paratattica del periodo ipotetico,
con imperativo nella protasi, seguito per lo pi da futuro, propria della
lingua duso: cfr., ad es., Plaut. Asin. 350 ausculta ergo, scies; Petron. 44,
3 serva me, servabo te; ricorre anche in poesia: cfr. Ov. am. II 2, 40; III 9,
37 sg.; fast. I 17 (numerosi esempi ovidiani in Bmer1, p. 9); in Marziale la
forma frequente: cfr. I 58, 6; II 29, 10; IV 29, 10; VII 58, 7 sgg.; XIII 79,
2; XIV 146, 1; sullargomento vd. Hofmann-Szantyr, p. 656 sg.; Hofmann,
LU, p. 255 sg.

290

M. Val. Martialis liber tertius

36
Quod novus et nuper factus tibi praestat amicus,
hoc praestare iubes me, Fabiane, tibi:
horridus ut primo semper te mane salutem
per mediumque trahat me tua sella lutum,
lassus ut in thermas decima vel serius hora
te sequar Agrippae, cum laver ipse Titi.
Hoc per triginta merui, Fabiane, Decembres,
ut sim tiro tuae semper amicitiae?
Hoc merui, Fabiane, toga tritaque meaque,
ut nondum credas me meruisse rudem?

10

hab. T; vv. 1-4 hab. R tit. ad fabianum sterilem amicum RfEA: ad favianum sterilem
amicum T ad fabrianum sterilem amicum f ad fabinianum sterilem amicum XV ad fabiam
sterilem amicum L de mechanico PQ (ad 35 pertinens) 1 novus R : nonus T 2 fabiane
EXV: famiane A 3 semper te
: te semper
4 per mediumque R EAXV: per
medium quae A per medium T trahat
EXV: trahit A lutum LPQf : lutus f 5
decima TPQ : decuma LQf 6 sequar
: sequor T laver Qf : laber TLQf liber
P titi T EAXV: lacu As.l. 7 fabiane T AV: faviane EX 9 fabiane TLPQf : om. f
toga tritaque TQ : togata tritaque LPf meaque T V: meraque EAXV

Lo stesso servigio che ti rende un nuovo amico, appena


acquisito, imponi a me di renderti, o Fabiano:
che intirizzito dal freddo ti saluti sempre di prima mattina,
che la tua lettiga mi trascini in mezzo al fango,
che stanco alla decima ora o pi tardi ti segua alle terme di
Agrippa, sebbene io mi lavi in quelle di Tito.
Questo mi sono meritato in trentanni, o Fabiano,
di essere sempre un novizio nella tua amicizia?
Questo mi sono meritato, o Fabiano, con la mia toga logora,
che pensi che ancora non mi sia guadagnato il congedo?

10

Marziale si lamenta con il patrono Fabiano dei servigi che questi continua
ad imporgli come cliente, sebbene lo conosca ormai da trentanni, e chiede
in conclusione di essere congedato dagli obblighi. La recriminazione per le
fatiche patite come cliente uno dei motivi centrali dellopera marzialiana:

Epigramma 36

291

cfr. I 108; II 5; 32; 46; 55; IV 26; V 19; 20; 22; VIII 14; IX 6 (7); 100; X 56; 74;
82; XII 29; 40. In questo libro il tema trova ampio spazio (vd. lIntroduzione,
p. 60): cfr. gli epigr. 37; 38, 11 sg.; 41 (40); 46; vd. anche 7; 14; 30; 60, che
riguardano labolizione della sportula e il peggioramento delle condizioni
dei clienti. Al distico iniziale, che presenta il motivo della recriminazione
del poeta, fa seguito la menzione esplicita dei faticosi ofcia cui egli deve
sottostare abitualmente (3-6). Gli ultimi versi (7-10), attraverso lanafora di
hoc merui e luso delle interrogative, mettono in risalto il disagio del poeta,
che conclude lepigramma con una richiesta di congedo. La delusione per
la mancata evoluzione nel corso degli anni del rapporto patrono-cliente
consente di avvicinare a questo epigramma VII 86, in cui Marziale lamenta
di non essere stato invitato al pranzo di compleanno di Sesto pur essendone
un vetus sodalis. Il nome Fabianus, piuttosto diffuso (vd. Kajanto 1965, p.
146), ricorre in IV 5; 24; XII 83. Qui probabilmente ttizio.
1 sg.: un nuovo amico era tenuto ad omaggiare frequentemente il patrono
per entrare nelle sue grazie: cfr. I 54, 4, dove Marziale cerca di vincere la
difdenza di un patrono: nec me quod tibi sim novus (sc. amicus) recuses.
Lesatta corrispondenza al principio dei due versi di quod e hoc sottolinea
luguale trattamento ricevuto da Marziale e da un nuovo amico, in contrasto
con quanto il poeta crede di avere meritato in lunghi anni di clientela.
amicus: il termine pu designare sia il cliente che il patrono, come amicitia
denisce il loro rapporto (vd. White 1978, p. 80 sgg.). praestat: il verbo
ricorre in analogo contesto clientelare in 46, 11 ergo nihil nobis -inquispraestabis amicus?; 82, 30 sg. silentium / praestare iussi. iubes: il verbo
descrive limperiosit del patrono (chiamato dominus et rex dal cliente: vd. la
n. a 7, 5 regis superbi): cfr. II 55, 2 parendum est tibi: quod iubes, colere; III
82, 30 sg. cit. supra; VIII 14, 7 sic habitare iubes veterem crudelis amicum;
IX 100, 1 sg. mane togatum / observare iubes atria, Basse, tua; X 56, 1
sg. totis, Galle, iubes tibi me servire diebus; XII 60, 13 sg. quae ratio est,
haec sponte sua perferre patique, / quae te si iubeat rex dominusque, neges?
Marziale utilizza spesso un lessico schiavile per il rapporto patrono-cliente:
cfr. II 18, 7 sg. esse sat est servum, iam nolo vicarius esse. / qui rex est,
regem, Maxime, non habeat; 32, 7 sg. non bene, crede mihi, servo servitur
amico: / sit liber dominus qui volet esse meus. Per Seneca quella di alcuni
clienti doveva essere considerata una schiavit volontaria: cfr. dial. X 2, 1
sunt quos ingratus superiorum cultus voluntaria servitute consumat.

292

M. Val. Martialis liber tertius

3: la salutatio, uno tra gli obblighi principali dei clienti, si svolgeva di primo
mattino; Marziale lamenta spesso il sonno perso e le lunghe camminate per
recarsi di buon ora nella dimora del patrono e parla a volte, con esagerazione,
di notte fonda per le sue salutationes: I 108, 5 migrandum est ut mane domi
te, Galle, salutem; II 18, 3 mane salutatum venio; IV 8, 1 prima salutantes
atque altera conterit hora; V 22, 1 mane domi nisi te volui meruique videre;
VI 88, 1 mane salutavi; VIII 44, 4 sg. omne limen conteris salutator / et
mane sudas urbis osculis udus; X 10, 2 mane salutator; 70, 5 non resalutantis
video nocturnus amicos; 82, 2 mane vel a media nocte togatus ero; XII
29 (26), 1 sgg. sexagena teras cum limina mane senator, / esse tibi videor
desidiosus eques, / quod non a prima discurram luce per urbem; XIV 125 tit.
toga. si matutinos facilest tibi perdere somnos / attrita veniet sportula saepe
toga; cfr. anche Iuv. 3, 126 sgg. quod / pauperis hic meritum, si curet nocte
togatus / currere; 5, 19 sg. habet Trebius propter quod rumpere somnum /
debeat. horridus: intirizzito dal freddo: cfr. IX 92, 5 sg. Gaius a prima
tremebundus luce salutat / tot dominos; lattributo sottolinea la povert del
cliente, coperto soltanto da una toga logora: cfr. II 46, 7 sg. tu spectas hiemem
succincti lentus amici / pro scelus! et lateris frigora trita times (times codd.;
tui congettura anonima apud Schrevel, accolta da alcuni editori e tuttaltro
che risolutiva; il testo tradito per suscita notevoli perplessit). Per questa
accezione di horridus cfr. Pers. 1, 54 scis comitem horridulum trita donare
lacerna (Serv. georg. III 199 id est trementem), in analogo contesto; Ov. am.
II 16, 19 si premerem ventosas horridus Alpes; vd. ThlL VI 3, 2995, 3841; in Marziale cfr. VII 36, 5 horridus December; 95, 1 riget horridus
December, in cui lattributo va inteso in senso causativo (che fa rabbrividire).
Per luso di horreo in contesti analoghi cfr. Petron. 83, 9 v. 10 sola pruinosis
horret facundia pannis; Iuv. 1, 93 horrenti tunicam non reddere servo (schol.
trementi, nudo). ut: sulla posposizione delle particelle, frequente a partire
dalla poesia augustea, vd. la n. a 19, 5; in questo epigr. cfr. anche v. 5 lassus ut.
primo mane: per mane sostantivato in Marziale cfr. I 49, 36 mane totum
dormies (vd. Citroni, ad loc.); VII 39, 1 vagum mane. Luso attestato n
da Plauto, prevalentemente in testi di carattere umgangssprachlich e nel latino
tardo, ma cfr. anche Verg. georg. III 325 mane novum; Hor. sat. I 3, 17 sg. ad
ipsum / mane. semper te: lordo verborum offerto dai codici delle famiglie
appare migliore di quello della famiglia (te semper) per via della legge
di Marx (vd. Marx 1922, pp. 198; 210 sgg. e la n. a 15, 1). Accolgono tuttavia
il testo della prima famiglia Schneidewin, Gilbert, Friedlaender.

Epigramma 36

293

4: seguire a piedi il patrono trasportato in lettiga nei suoi giri per la citt
era il servigio pi stancante per i clienti (cfr. v. 5 lassus) e quello che sottraeva
loro pi tempo: cfr. III 46, 4 vix ego lecticam subsequar; IX 22, 10 et mea sit
culto sella cliente frequens; 100, 3 praecedere sellam (si tratta della mansione
dellanteambulo, su cui vd. la n. a 7, 2); X 10, 7 lecticam sellamve sequar?
nec ferre recusas. per medium lutum: le strade fangose costituivano per
il cliente, costretto a lunghe camminate, un fastidio ulteriore: cfr. X 10, 8 per
medium pugnas et prior ire lutum; XII 29 (26), 7 sg. at mihi quem cogis
medios abrumpere somnos / et matutinum ferre patique lutum; VII 61, 6
medio luto (in un contesto diverso); Iuv. 3, 247 pinguia crura luto; 7, 131
lutulenta turba; vd. anche Lucian. merc. cond. 13; 24.
5 sg.: il cliente concludeva spesso la propria giornata accompagnando il
patrono alle terme, dove riceveva la sportula: cfr. 7, 2 sg. anteambulonis
congiarium lassi / quos (sc. centum quadrantes) dividebat balneator elixus
e la n. ad loc.; X 70, 13 sg. balnea post decimam lasso centumque petuntur /
quadrantes. Lassus ricorre spesso per indicare le fatiche sostenute dai clienti:
III 7, 2 cit. supra; V 22, 10 negat lasso ianitor esse domi; X 74, 1 sg. iam
parce lasso, Roma, gratulatori, / lasso clienti; XII 29 (26), 2 sgg. esse tibi
videor desidiosus eques, / quod non a prima discurram luce per urbem /
et referam lassus basia mille domum; Iuv. 1, 132 vestibulis abeunt veteres
lassique clientes. ut: sulla posposizione delle particelle vd. la n. a 19, 5.
decima vel serius hora: cfr. X 70, 13 cit. supra; in I 108, 9 ipse salutabo
decima te saepius hora, la lezione della seconda famiglia (i. s. decima vel
serius hora) con buona probabilit interpolata da questo verso e rigettata
da tutti gli editori (vd. Citroni, ad loc.; Lindsay 1903, p. 15).
6: le terme di Agrippa si trovavano nel Campo Marzio, a S del Pantheon;
quelle di Tito a NE dellAmphiteatrum, a anco della Domus Aurea
(vd. LTUR V, ss.vv. thermae Agrippae; thermae Titi). Sono nominate
insieme ancora in III 20, 15 Titine thermis an lavatur Agrippae? (vd. la
n. ad loc.). Lespressione brachilogica cum laver ipse Titi (sc. in thermis)
probabilmente alla base della congettura lacu di A s.l. Sulle brachilogie,
ampiamente diffuse nella lingua duso, vd. Hofmann, LU, p. 339 sgg.,
specialmente p. 347; Hofmann-Szantyr, p. 827.
7 sgg.: lepigramma si conclude con due interrogative scandite dallanafora di
hoc merui (7; 9). La collocazione del dimostrativo in apertura di entrambi i versi
enfatizza la delusione del poeta per quanto ottenuto. Il tono di disapprovazione
emerge anche dalla ripetizione del nome del patrono al vocativo nei vv. 7; 9.

294

M. Val. Martialis liber tertius

7. per triginta Decembres: il numero non naturalmente da prendere


alla lettera: cfr., in contesto analogo, IV 40, 5 tecum ter denas numeravi,
Postume, brumas. Luso metonimico di December per indicare lanno intero
ricorre per la prima volta in Orazio (epod. 11, 5 hic tertius December ex quo
destiti Inachia furere; epist. I 20, 27 me quater undenos sciat implevisse
Decembres); quindi in Marziale (anche in XII 18, 7 multos post Decembres)
e Cypr. Gall. Iud. 208. Oltre che da comodit metrica, la scelta pu essere
stata determinata in questo caso anche dal desiderio di evidenziare, attraverso
la menzione di un mese invernale, i disagi patiti (cfr. vv. 3 horridus; 4 per
medium lutum); cfr. anche IV 40, 5 cit. supra.
8. tiro: tiro termine del linguaggio militare, mutuato dallambiente
gladiatorio: cfr. Suet. Iul. 26, 3; Bell. Afr. 71, 1; nellaccezione traslata di
matricola, novizio abituale anche nel linguaggio quotidiano: cfr. Cic. de
orat. I 218; Verr. II 2, 6 (vd. Mosci Sassi 1992, p. 179 sg.). In Marziale ricorre
ancora in XI 78, 11 ergo Suburanae tironem trade magistrae; XII 51, 2
semper homo bonus tiro est. Qui la metafora gladiatoria mantenuta anche
nellultimo verso (vd. la n. ad loc.).
9. toga tritaque meaque: la toga, abito richiesto dai patroni per la salutatio
matutina, il simbolo della vita da cliente: vd. la n. a 4, 6. La consunzione
della toga denuncia le difcili condizioni economiche del poeta, che non
pu permettersi di comprarne una nuova; attraverso luso dellaggettivo possessivo Marziale rivendica la propria autonomia e, allo stesso tempo, denuncia
lavarizia del patrono che non gli ha mai donato una toga: cfr. II 58 pexatus
pulchre rides mea, Zoile, trita. / sunt haec trita quidem, Zoile, sed mea
sunt; sulle vesti consunte cfr. ancora VII 92, 7 esse queror gelidasque mihi
tritasque lacernas; IX 100, 5 trita quidem nobis togula est vilisque vetusque;
X 96, 11 quattuor hic (sc. Romae) aestate togae pluresve teruntur; XII 72, 4
parva sed tritae praemia certa togae. Nella Roma di Marziale il regalo di
una toga del resto un evento raro, degno di un elaborato ringraziamento
(VIII 28 celebra il dono di una toga da parte di Partenio, cubicularius di
Domiziano; cfr. anche IX 49).
10. rudem: la rudis la verga con cui si allenavano i gladiatori e che
ricevevano al momento del congedo (in senso proprio in epigr. 31, 9
misit utrique rudes et palmas Caesar utrique). Essa simboleggia dunque
lacquisizione della libert dal ludus gladiatorio (rudiarius il gladiatore che
lha ricevuta); vd. Mosci Sassi 1992, p. 164 sg. La metafora rudem accipere
(o rude donare) per indicare la ne di una attivit ricorre in Cic. Phil. 2, 74

Epigramma 36

295

tam bonus gladiator rudem tam cito?; Hor. epist. I 1, 2 sg. spectatum satis
et donatum iam rude quaeris, / Maecenas, iterum antiquo me includere
ludo?; Ov. trist. IV 8, 24 me quoque donari iam rude tempus erat; Iuv. 7,
171 ergo sibi dabit ipse rudem. Nel verso marzialiano la metafora appare particolarmente calzante, perch suggerisce un legame tra la misera e faticosa
condizione del cliente e quella del gladiatore.

296

M. Val. Martialis liber tertius

37
Irasci tantum felices nostis amici.
Non belle facitis, sed iuvat hoc: facite.
om. A ( =EXV) tit. ad amicos felices : ad amicos LPf ad amicos divites Q
XV: factis E facite f : facere LPQf

2 facitis

Sapete soltanto arrabbiarvi, ricchi amici.


Non vi comportate bene, ma vi conviene: fatelo pure.
Lepigramma rivolto ai patroni (felices amici), che non sanno far
altro che arrabbiarsi. Il poeta ne censura moralmente il comportamento
(non belle facitis), ma riconosce lucidamente che per loro vantaggioso
(iuvat), perch gli consente di risparmiarsi elargizioni (per il concetto cfr.
XII 13 genus, Aucte, lucri divites habent iram: / odisse quam donare
vilius constat). La concessione nale (facite) in realt soltanto unamara
constatazione della propria impotenza di fronte a coloro che si sentono
autorizzati dalla loro ricchezza a qualsiasi comportamento verso gli
inferiori (per il tema cfr. 31, 5 sg.). Lepigramma si inserisce nel discorso,
ampiamente sviluppato in questo libro, sui rapporti tra patroni e clienti
(vd. lIntroduzione, p. 60) ed pertanto legato dal tema al precedente; che
esso vada interpretato come risposta ad una reazione stizzita del patrono
chiamato in causa in quellepigramma, come gi suggerito da Calderini e
come sembrerebbe sostenere Pertsch 1911, p. 66, la cui formulazione non
chiarissima (vd. anche Merli, ad loc.), mi sembra per ipotesi, seppur
suggestiva, non del tutto convincente (per coppie di epigrammi di questo
genere si vedano, in questo libro, gli epigr. 8 e 11; 16, 59 e 99; inoltre IV
71 e 81; II 57, 4 e V 26; IX 95 e 95b): vi si oppone soprattutto il tono
generale dellaffermazione, che non sembra avere il carattere della replica
(si confrontino invece gli esempi citati supra).
1: lesistenza di un rapporto direttamente proporzionale tra ricchezza e
facilit allira sostenuta da Seneca (dial. IV 21, 7): non vides ut maiorem
quamque fortunam maior ira comitetur? in divitibus et nobilibus et
magistratibus praecipue apparet, cum quidquid leve et inane in animo

Epigramma 37

297

erat secunda se aura sustulit. felicitas iracundiam nutrit, ubi aures


superbas adsentatorum turba circumstetit:tibi enim ille respondeat? non
pro fastigio tuo te metiris; ipse te proicis et alia quibus vix sanae et ab
initio bene fundatae mentes restiterunt. Il ritmo spondiaco dellesametro,
piuttosto raro in Marziale (vd. Giarratano 1908, p. 7), intende probabilmente
riprodurre la concitazione causata dallira. felices amici: la iunctura,
che non ricorre altrove, designa i patroni, di cui mette in rilievo le oride
condizioni economiche; per felix in questa accezione in Marziale cfr. I 49,
38 miserere tu felicium; II 24, 7 sg. mecum eris ergo miser: quod si deus
ore sereno / adnuerit, felix, Candide, solus erit; 30, 3 sg. felixque vetusque
sodalis (felixque T : dusque ) / et cuius laxas arca agellat opes; VI 79,
1 tristis es et felix; vd. anche Ov. am. I 8, 27; Iuv. 9, 135; ThlL VI 1, 442,
26-39. Per luso di amicus per designare il patrono vd. la n. a 36, 1.
2: Marziale contrappone al suo criterio morale (non belle facitis) quello
utilitaristico dei patroni (iuvat hoc), cui deve, seppur a malincuore,
condiscendere (facite). SB2, I, p. 227 n. a ravvisa unambiguit in iuvat,
che pu valere it pleases oppure it prots (sul primo valore vd. per
le considerazioni svolte infra sullinterpretazione di Helm). non belle
facitis: locuzione colloquiale: cfr. Cic. Att. V 17, 6; Hor. sat. I 4, 136;
ricorre anche nelle iscrizioni (CIL IV 1951; 4185); in Marziale ancora in V
52, 5 non belle quaedam faciunt duo; X 90, 5 sg. istud, crede mihi Ligeia,
belle / non mater facit Hectoris, sed uxor; vd. anche II 7, 7 nil bene cum
facias, facias tamen omnia belle. Per lintensicazione del predicato verbale
attraverso avverbi, tipica della lingua duso, vd. Hofmann, LU, p. 195 sgg.
Bellus termine proprio del linguaggio colloquiale: frequente in Plauto
(32 casi), ma non in Terenzio (un caso), sempre evitato nellepica e raro
nellelegia (un caso in Ovidio e in Tibullo); ricorre pi spesso in poesia
di tono meno elevato: 1 caso in Lucilio, 15 in Catullo (mai nei carmina
docta), 2 in Orazio sat., 1 in Fedro; ben 37 in Marziale; vd. Axelson 1945, p.
35; P. Monteil, Beau et laid en latin. tude de vocabulaire, Paris 1964, pp.
221-240. sed iuvat hoc: facite: ai patroni conviene arrabbiarsi con i loro
clienti, poich questo gli offre il pretesto per non dar loro nulla: cfr. XII
13 cit. nella n. intr. Facite di f , accolto da Schneidewin, Gilbert, Lindsay,
Heraeus, Izaac, appare, nonostante il giudizio tranchant di SB1 (facite ,
edd. praeter Duff, inepte), senzaltro migliore rispetto a facere di LPQf,
preferito da Friedlaender, Duff, Ker, SB: mentre con facere si otterrebbe
una struttura pi piana del verso, priva di pointe, limperativo crea uno

298

M. Val. Martialis liber tertius

stacco con quello che precede e concentra la conclusione dellepigramma


sullultima parola, secondo un procedimento caro a Marziale; lapparente
concessione cela una condanna implicita del comportamento dei patroni:
per la sfumatura concessiva in un contesto analogo cfr. Iuv. 5, 111 sgg.
solum / poscimus ut cenes civiliter. hoc face et esto, / esto, ut nunc
multi, dives tibi, pauper amicis. Facere inoltre agevolmente spiegabile
come corruttela provocata dal contesto prossimo: iuvat con innito
comunissimo e ricorre in Marziale in una ventina di casi (vd. H. Soeding,
De innitivi apud Martialem usurpatione, Diss. Marburgi 1891, p. 24).
Una analoga corruttela in si pu osservare in VI 65, 3 solet hoc quoque,
Cinna, licetque, dove licere di (licetque ) stato molto probabilmente
favorito da solet. Una diversa interpunzione del verso stata proposta da
Helm 1926, col. 88: non belle facitis. sed iuvat hoc. facite (che traduce:
Ihr tut nicht recht daran. Aber es macht doch Spass! Nun, dann tuts!).
Lipotesi plausibile, anche se il carattere generale dellaffermazione del
v. 1 rende meno probabile lintervento diretto di un solo interlocutore.
Appare inoltre meno adatta al contesto tale accezione di iuvat (suggerita
anche da SB2, I, p. 227 n. a cit. supra), che attribuisce ai patroni un sadismo
forse eccessivo. Per la chiusa del pentametro con sillaba breve, per lo pi
evitata nella poesia augustea (vd. Platnauer 1951, p. 64), vd. la n. a 19, 6
fera.

Epigramma 38

299

38
Quae te causa trahit vel quae ducia Romam,
Sexte? Quid aut speras aut petis inde? Refer.
Causas inquis agam Cicerone disertior ipso
atque erit in triplici par mihi nemo foro.
Egit Atestinus causas et Civis -utrumque
noras-; sed neutri pensio tota fuit.
Si nihil hinc veniet, pangentur carmina nobis:
audieris, dices esse Maronis opus.
Insanis: omnes gelidis quicumque lacernis
sunt ibi, Nasones Vergiliosque vides.
Atria magna colam. Vix tres aut quattuor ista
res aluit, pallet cetera turba fame.
Quid faciam, suade: nam certum est vivere Romae.
Si bonus es, casu vivere, Sexte, potes.

10

vv. 1-12 hab. T


tit. de sexto causidico T: ad sextum ad sextum causidicum
1 te T Es.l.V: om. EAXV
2 speras TLPQfEAV: sperat L superas XV
3
cicerone disertior fs.l.AXV: cicerone dissertior EA cicerono discretior T cicerone
disertius LPQf cicerone dissertius L disertius cicerone P 4 par mihi nemo foro
TLPQf : par nemo foro mihi P 5 atestinus TLPf : arestinus Q 6 noras sed Qf :
non oras sed T norasse LPQ noras se f 7 hinc T EXV: hic A veniet
: venient T
pangentur TLPQfV: pangenetur Q tangentur EAXV 8 dices LPQf : disces L dicis
T esse TLPf : ecce Q maronis TPf : matronis L neronis Q 9 gelidis
: gelidilidis
T quicumque TLPQf : quaecumque Q 10 ibi T EAV: tibi X vergiliosque LfEAV:
virgiliosque PQX vigiliosque T vergilionesque L 12 aluit TLPQf: aliud aluit et L
pallet XV: pallat T pallet et EA 13 quid faciam, suade dist. SB: quid faciam? suade edd.
14 si bonus es casu X: si bonus casu EA si bonus et casu E si casu bonus es V

Quale causa o quale ducia ti porta a Roma,


Sesto? Che cosa speri o cerchi da l? Dimmi.
Patrociner cause dici con pi eloquenza di Cicerone stesso
e nessuno sar pari a me nei tre fori.
Patrocinarono cause Atestino e Cive - conoscevi
entrambi - ma nessuno dei due raggiungeva lintera pigione.
Se da qui non verr nulla, comporr poesie:
se le sentirai, dirai che sono opera di Marone.
Sei pazzo: tutti quelli che in gelidi mantelli

300

M. Val. Martialis liber tertius

vedi l, sono Nasoni e Virgili.


10
Frequenter i grandi atri. Questa attivit d sostentamento
a tre o quattro a malapena, la restante folla pallida per la fame.
Consigliami che fare: infatti ho stabilito di vivere a Roma.
Se sei onesto, afdandoti al caso puoi vivere, Sesto.
Sesto viene a Roma in cerca di gloria. Marziale lo disillude sulla possibilit
di trovare nellUrbe unoccupazione remunerativa, ma onesta. Lepigramma
si sviluppa nella forma di un dialogo, che prende le mosse dalla domanda
iniziale di Marziale (vv. 1-2); alle affermazioni di Sesto sui suoi propositi il
poeta ribatte con amare, ma realistiche considerazioni sulla scarsa possibilit
di realizzazione delle aspirazioni di Sesto. La conclusione (14) non lascia
adito a dubbi: a Roma gli onesti possono vivere soltanto per caso. Analogo
a questo epigramma IV 5, che si deve immaginare composto da Marziale
in tempi non lontani da questo: a Fabiano, onesto ma povero, che si dirige
a Roma Marziale predice un futuro difcile, poich egli non sar capace di
compiere le nefandezze (elencate accuratamente nei vv. 3-8) che consentono
di arricchirsi nellUrbe (cfr. i versi citati infra). In questo libro anche lepigr.
14 tratta di un indigente che si reca a Roma dalla Spagna. Il nome Sesto
usato frequentemente da Marziale (12 casi); qui pu essere vero.
1. Quae te causa trahit ?: per linterrogativa che apre lepigramma cfr.
IV 5, 2 quid tibi vis urbem qui, Fabiane, petis?
2. inde: lavverbio presuppone che Marziale non si trovi a Roma quando
parla (cfr. anche v. 10 ibi), ma probabilmente nella Gallia togata, dove
compone il libro. Sesto sar stato un cispadano intenzionato a trasferirsi
a Roma.
3. Cicerone disertior ipso: per Cicerone come oratore per antonomasia
in Marziale cfr. anche III 66, 4; IV 16, 5; 55, 3; V 56, 4 sg.; 69, 7; X
20 (19), 16 sg. Disertior, tramandato sostanzialmente dalla prima e dalla
terza famiglia (discretior di T sembra dovuto ad una semplice inversione
di lettere) ha senzaltro maggiori probabilit di essere la lezione esatta di
disertius della seconda, che appare lectio facilior: cfr. VIII 7, 1 hoc agere
est causas, hoc dicere, Cinna, diserte; Plin. epist. IV 22, 2 egit causam
non minus feliciter quam diserte. La medesima alternanza ricorre in altri
casi, che presentano qualche incertezza: cfr. VI 45, 4 turpius uxor erit

Epigramma 38

301

quam modo moecha fuit (turpius , Heraeus, SB: turpior , Lindsay; vd.
Grewing, ad loc.); VII 96, 7 sg. sic ad Lethaeas, nisi Nestore serior, undas
/ non eat (serior , edd.: serius ); XI 84, 5 mitior implicitas Alcon secat
enterocelas (mitior , edd.: mitius T).
4. in triplici foro: nei tre fori (Romano, di Cesare, di Augusto)
veniva esercitato il diritto (vd. ThlL VI 1, 1207, 46-78; LTUR II, ss.vv. f.
Augustum, f. Iulium, f. Romanum); lespressione ricorre ancora in VIII
44, 6 foro triplici; vd. anche VII 65, 2 tribus foris; Ov. trist. III 12,
24 pro tribus foris; Sen. dial. IV 9, 4 trina fora; Stat. silv. IV 9,
15 trino foro. Il Foro di Nerva, nominato in I 2, 8 come Palladium
forum, fu dedicato dallimperatore nel 97. Dal momento che Marziale lo
menziona soltanto nel decimo libro come opera recente (28, 6; cfr. anche
51, 12; Stat. silv. IV 1, 14 sgg.), la sua presenza in I 2 un forte indizio per
la seriorit dellepigramma, peraltro gi suggerita dallautopresentazione
di Marziale come poeta celebre e richiesto (sulla questione vd. Citroni, ad
loc.). Luso di triplex per tres prevalentemente poetico; in Marziale cfr.
anche VIII 44, 6 cit. supra; X 51, 12 triplices thermae.
5 sg. egit Atestinus causas et Civis : lavvocatura attivit scarsamente
redditizia anche in VI 8; XII 72; XIV 219; Iuv. 7, 106 sgg.; viene presentata
da Marziale come remunerativa solo rispetto allattivit poetica: cfr. II 30,
5 sg.; V 16, 14; IX 68, 5 sg.; XII 68. Atestino e Cive sono due causidici non
altrimenti noti. Secondo SB i due nomi potrebbero essere ttizi (vd. index
nominum, ss. vv.). Il nome Civis attestato nel CIL (vd. ThlL onom. II
465, 62 sgg.; Kajanto 1965, p. 314). Atestinus nome proprio derivato
dalletnico (da Ateste, lodierna Este, in Veneto, su cui vd. Hlsen, RE II
1925); non ricorre altrove. utrumque / noras: se Sesto un cisalpino
(cfr. v. 2), probabilmente anche Atestino e Cive dovevano esserlo (dunque
il nome Atestinus tradirebbe la sua origine). Lesempio di Marziale
risulterebbe cos molto efcace per il provinciale Sesto. Il passato sembra
indicare che i due non erano pi in vita al momento della composizione
dellepigramma (cfr. V 10, 10 norat Nasonem sola Corinna suum). Per
Friedlaender invece dovevano aver lasciato di nuovo Roma per le loro
difcolt economiche. Linserzione di espressioni parentetiche frequente
nella lingua duso (vd. Hofmann, LU, p. 262 sgg.; Hofmann-Szantyr, p. 472
sg.); per una formula analoga in Marziale cfr. VII 51, 3 Pompeium quaeres
-et nosti forsitan-Auctum. sed neutri pensio tota fuit: limpossibilit di
pagare la pigione indice della misera condizione anche in III 30, 3 unde

302

M. Val. Martialis liber tertius

tibi togula est et fuscae pensio cellae? Il pagamento dellaftto era versato con
scadenza annuale: cfr. XII 32, 2-4 vidi, Vacerra, sarcinas tuas, vidi; / quas
non retentas pensione pro bima / portabat uxor; Iuv. 3, 225 quanti nunc
tenebras unum conducis in annum; vd. RE Suppl. VI 386, 44 sgg.; questo
provocava difcolt ai meno abbienti nel reperimento dellintera somma
(tota). Non persuasiva appare pertanto la proposta di Frhner 1912, p. 170
di leggere tuta fuit keiner von beiden war sicher, seine jhrliche Hausmiete
bezahlen zu knnen. Sugli elevati aftti a Roma vd. B.W. Frier, The rental
market in early imperial Rome, JRS 67, 1977, pp. 29-37; L.E. Dearns,
AJAH 9, 1984, pp. 163-164. Neuter, piuttosto raro in poesia classica (4
casi in Ovidio, uno in Orazio e in Ciris), ricorre in Marziale ancora in X
46, 2; cfr. anche V 20, 11 nunc vivit necuter sibi, bonosque (necuter sibi
Schneidewin, edd.: neuter sibi nec ut eius ibo ).
7. hinc: luso dellavverbio in luogo di un pronome gi nel latino arcaico,
anche di tono solenne (vd. Nisbet-Hubbard1, p. 151); diffuso nella lingua
colloquiale: vd. Lfstedt, Syntactica, II, p. 149 sgg.; Hofmann-Szantyr, p.
208 sgg.; cfr. Catull. 63, 74; 68, 10; 116, 6; Ov. fast. IV 171; 230; in Marziale
cfr. XI 31, 7 sgg. veniet: per laccezione tecnica di venire cfr. IV 61, 11
hereditatis tibi trecenta venisse; XIV 125, 2 attrita veniet sportula saepe
toga. pangentur: luso metaforico di pangere per comporre unopera
letteraria appartiene allo stile alto: la prima attestazione ricorre in Enn.
Ann. 299 V2 tibia Musarum pangit melos. Pangere carmina iunctura
presente in Lucr. I 933 sg. obscura de re tam lucida pango / carmina;
Tac. ann. XIII 3, 3 carminibus pangendis; cfr. anche Hor. epist. I 18, 40
poemata panges; vd. ThlL X 1, 207, 69- 208, 12. Sesto dunque si esprime
in termini comicamente altisonanti; luso ironico dello stilema si trova gi
in Orazio ars 416 sgg. nunc satis est dixisse:ego mira poemata pango. /
occupet extremum scabies, mihi turpe relinqui est / et quod non didici
sane nescire fateri, che attribuisce queste parole al poeta che non vuole
sottoporsi alle fatiche che larte poetica richiede (vd. il commento di Brink,
ad loc.). In Marziale cfr. anche XI 3, 7 at quam victuras poteramus pangere
chartas. nobis: il dativo dagente, usato prevalentemente con il part.
perf. pass. o con forme composte del verbo, ricorre in poesia in modo
piuttosto libero (vd. Hofmann-Szantyr, p. 96 sgg.); le forme pronominali
sono frequenti. In Marziale cfr. III 60, 4 sugitur inciso mitulus ore mihi;
IV 86, 1 si vis auribus Atticis probari; VI 85, 1 sg. editur en sextus sine
te mihi, Rufe Camoni / liber; X 70, 13 sg. balnea post decimam lasso

Epigramma 38

303

centumque petuntur / quadrantes; XII 29 (26), 7 sgg. at mihi quid


petitur?; 94, 10 hinc etiam petitur iam mea palma tibi; XIII 59, 1 tota
mihi dormitur hiems (altri esempi in Guttmann 1866, p. 22 sgg.).
8. audieris, dices: la paratassi in proposizioni condizionali, propria dello
stile colloquiale (vd. Hofmann-Szantyr, p. 656 sg.; Hofmann, LU, p. 254
sgg.), ricorre spesso in Marziale: cfr., ad es., II 44, 1 sgg.; III 44, 11-16;
46, 5. 9; V 56, 8 sg.; vd. anche Verg. Aen. VI 31; Hor. sat. II 5, 74; 7, 32;
Petron. 70, 2; Sen. dial. VI 16, 1; Stat. silv. V 3, 68; Iuv. 3, 78; 6, 331 sg.
Maronis opus: Virgilio considerato in et avia il massimo poeta latino
e Marziale non si distacca dal gusto dei suoi tempi (cfr. anche v. 10; vd.
Citroni 19872). La iunctura si trova nella stessa posizione del pentametro
anche in V 5, 8.
9 sg. Insanis: solo pensare di potersi arricchire con la poesia folle.
Echeggia in queste parole lamarezza del poeta che sente di vivere in unet
che concede scarsi riconoscimenti ai letterati (vd. la n. a 4, 7 sg. poeta /
exierat: veniet, cum citharoedus erit). Lallocuzione, di natura iperbolica
(vd. ThlL VII 1, 1829, 83 sgg.), appartiene alla lingua duso e ricorre in
commedia (Plaut. Aul. 653; Epid. 575; Ter. Eun. 657; Ad. 937); sul carattere marcatamente affettivo delle espressioni che indicano anormalit
intellettuale vd. Hofmann, LU, p. 206. gelidis lacernis: la lacerna
un mantello pi leggero della toga, indossato talvolta sopra di essa (vd.
Wilson 1938, pp. 117-125; Blmner 1911, pp. 215-217); menzionata
come spia di povert in VI 82, 9-12; IX 57, 1. Sulla miseria dei poeti, che
si pu evincere dalle loro vesti, cfr. anche X 76, 5 sgg. iucundus, probus,
innocens amicus, / lingua doctus utraque, cuius unum est, / sed magnum
vitium quod est poeta, / pullo Maevius alget in cucullo. Gelidus riferito
al vestiario ricorre nel solo Marziale ancora in VI 50, 2 errabat gelida
sordidus in togula; VII 92, 7 esse queror gelidasque mihi tritasque lacernas
(vd. ThlL VI 1729, 74 sgg.); cfr. anche IV 34, 1 sg. sordida cum tibi sit,
verum tamen, Attale, dicit, / quisquis te niveam dicit habere togam; IX
49, 8 quam (sc. togam) possis niveam dicere iure tuo; XII 36, 2 algentem
togam; XIV 135 (137), 2 algentes togas. Nasones Vergiliosque:
poeti per antonomasia; per Virgilio cfr. VIII 55 (56), 5 sint Maecenates,
non derunt, Flacce, Marones; per Ovidio Marziale usa sempre il cognomen
Naso, pi comodo metricamente (I 61, 6; V 10, 10; XII 44, 6; XIV 192, 2);
il nomen ricorre solo in XIV 192 tit. Ovidi Metamorphosis in membranis.
Sui plurali generalizzanti vd. Hofmann-Szantyr, p. 19; in Marziale cfr.

304

M. Val. Martialis liber tertius

anche I 24, 3 qui loquitur Curios adsertoresque Camillos; V 28, 3 sgg.


pietate fratres Curvios licet vincas, / quiete Nervas, comitate Rusones,
/ probitate Macros, aequitate Mauricos, / oratione Regulos, iocis Paulos;
VII 58, 7 quaere aliquem Curios semper Fabiosque loquentem; IX 25, 10
Phineas invites, Afer, et Oedipodas; 27, 6 Curios, Camillos, Quintios,
Numas, Ancos; 28, 4 solvere qui Curios Fabriciosque graves; XII 36, 8 sg.
Pisones Senecasque Memmiosque / et Crispos mihi redde, sed priores.
11 sg. Atria magna colam: lultima scelta di Sesto quella della clientela:
nellatrium delle ricche dimore nobiliari avveniva la salutatio matutina e
l si accalcavano folle di clienti in attesa di una sportula (cfr. Hor. epist. I
5, 31). Gli atria simboleggiano la clientela e il prestigio del patrono, che vi
disponeva le imagines degli antenati (cfr. II 90, 6 atria immodicis artat
imaginibus): cfr. IV 40, 1 atria Pisonum stabant cum stemmate toto; V
20, 5-7 nec nos atria nec domos potentum / / nossemus; IX 100, 2
observare iubes atria, Basse, tua; XII 68, 2 atria, si sapias, ambitiosa colas;
per il nesso atria magna cfr. Iuv. 7, 91 tu nobilium magna atria curas?; in
generale vd. RE II 2146, 7 sgg.; Daremberg-Saglio I, p. 530 sgg. colam:
da colere, secondo lantica etimologia, deriverebbe cliens: cfr. Isid. orig.
X 53 clientes prius colentes dicebantur, a colendis patronis; Aug. civ. X
1 dicimur colere etiam homines, quos honorice vel recordatione vel
praesentia frequentamus; vd. Maltby 1991, s.v. cliens, p. 135. Per colere
in Marziale come verbo tecnico che designa lossequio reso dai clienti ai
patroni cfr. specialmente II 55, 1 sgg. vis te, Sexte, coli: volebam amare. /
parendum est tibi: quod iubes, colere. / sed si te colo, Sexte, non amabo;
vd. anche V 19, 8; VI 50, 1; X 5, 2; 96, 13; per la iunctura cfr. XII 68, 2
cit. supra; vd. inoltre Plin. epist. III 7, 4; Iuv. 7, 37. vix tres aut quattuor:
espressione colloquiale per indicare un numero scarso, cui vix conferisce
unattenuazione ulteriore: cfr. II 44, 2 seu tres, ut puta, quattuorve libras;
V 60, 9 unus vel duo tresve quattuorve; VIII 64, 3 tresve quattuorve (duo
tresve in XI 1, 13; XII 2, 17); vd. anche Cic. Phil. 2, 98; n. II 19; Sen.
ben. VII 21, 2. Per vix con numerali cfr. II 6, 2; 57, 8; VI 28, 9; 54, 2; VII
53, 9; X 70, 1. ista / res aluit: la clientela offre privilegi soltanto ad un
ristretto numero di persone, mentre la folla restante (turba) costretta a
vivere di stenti. Aluit perfetto di consuetudine: cfr. anche III 46, 10 esse
pudor vetuit fortia verba mihi. pallet fame: per il pallore provocato
dalla fame cfr. XII 32, 7 sg. frigore et fame siccus / et non recenti pallidus
magis buxo (sc. Vacerra); Verg. Aen. III 217 sg. pallida semper / ora

Epigramma 38

305

fame; Prud. C. Symm. II 916 mortalis pallere inopes ac panis egenos; vd.
anche Ps. Quint. decl. 12, 2; 12, 7. cetera turba: la contrapposizione con
tres aut quattuor mette in risalto lelevato numero di coloro che soffrono
la fame. Turba indica la folla degli indigenti anche in X 10, 3 sg. hic ego
quid faciam? quid nobis, Paule, relinquis, / qui de plebe Numae densaque
turba sumus?
13. Quid faciam, suade: linterpunzione di SB appare senzaltro preferibile
a quella vulgata (quid faciam? suade), inuenzata probabilmente da Iuv. 3,
41 quid Romae faciam? mentiri nescio eqs., in contesto analogo (cfr. anche
Mart. X 10, 3 hic ego quid faciam?). Le offre sostegno lesatto parallelo
di questa espressione in Ps. Quint. decl. 5, 12 suadete, quid faciam (=
7, 3). certum est: locuzione di stampo colloquiale; esprime una decisa
risoluzione (vd. ThlL III 911, 17 sgg.). Essa ricorre ben 63 volte in Plauto
e 8 volte in Terenzio. In Marziale cfr. anche V 60, 3 certum est hanc tibi
pernegare famam.
14. si bonus es: a Roma soltanto i disonesti hanno la certezza di arricchirsi,
mentre i boni possono afdarsi unicamente al caso: cfr. VI 50, 1 sgg. cum
coleret puros pauper Telesinus amicos, / errabat gelida sordidus in togula:
/ obscenos ex quo coepit curare cinaedos, / argentum, mensas, praedia
solus emit. / vis eri dives, Bithynice, conscius esto. / nil tibi vel minimum
basia pura dabunt (su cui vd. il commento di Grewing); vd. anche IV 5, 1
sg. vir bonus et pauper linguaque et pectore verus, / quid tibi vis urbem
qui, Fabiane, petis?; 9 sg. unde miser vives? homo certus, dus amicus /
hoc nihil est: numquam sic Philomelus eris (su Filomelo vd. la n. a 31, 6);
Plin. epist. II 20, 12 in ea civitate, in qua iam pridem non minora praemia,
immo maiora, nequitia et improbitas quam pudor et virtus habent; Iuv.
1, 73 sgg. aude aliquid brevibus Gyaris et carcere dignum, / si vis esse
aliquid. probitas laudatur et alget; / criminibus debent hortos, praetoria,
mensas, / argentum vetus et stantem extra pocula caprum; 3, 21 sgg. hic
tunc Umbricius:quando artibus-inquit-honestis / nullus in urbe locus,
nulla emolumenta laborum eqs. Non appaiono pertanto giusticate le
correzioni del testo proposte da Shackleton Bailey 1978, p. 276 = Id. 1997,
p. 68 (ni bonus es o si penus est) e da L. Hkanson, Miscellanea critica,
Phoenix 36, 1982, p. 241 sg. (censu per casu), rigettate dallo stesso SB
nelle sue edizioni (vd. SB1 in apparato: nullam, si quis bonus est, certam
quaestus viam inveniet, si malus, multas. eis quae ego et Hkanson olim
coniecimus nihil opus erat). Altrettanto poco plausibile lipotesi, avanzata

306

M. Val. Martialis liber tertius

da Walter, p. 132 sg, che bonus signichi gut im Bett. casu vivere
potes: Marziale evidenzia, con amara ironia e con unespressione
paradossale, unanomalia della vita a Roma, citt nella quale gli onesti
devono tirare avanti senza certezze, in balia del caso, mentre i corrotti sono
sicuri di arricchirsi. Casu ha qui valore pressoch avverbiale (cfr. CGL IV
216, 13
; II 461, 20
; II 98, 17. 293, 34
).
Meno persuasiva linterpretazione di Friedlaender, ad loc.: Durch einen
(glcklichen) Zufall, also, wenn du Glck hast, condivisa da Hey (ThlL III
575, 27 sgg.): laffermazione di Marziale assume un carattere di sententia
generale se non si d a casus il valore di singolo evento (positivo), ma
quello pi ampio di caso, sorte. Costituisce un parallelo unicamente
lessicale con questa espressione Soph. O. T. 979
,
citato da SB2, I, p. 227 n. b, in cui Giocasta esorta Edipo a vivere alla
giornata, senza troppe preoccupazioni. Non molto pi di una afnit
formale con Marziale mostra anche Sen. epist. 71, 3 ignoranti quem
portum petat nullus suus ventus est. necesse est multum in vita nostra
casus possit, quia vivimus casu, citato a confronto da Shackleton Bailey
1978, p. 276 = Id. 1997, p. 68, dove il losofo lamenta lassenza di un
ne nelle azioni delluomo, che si muove colpevolmente in balia del caso,
ignorando quale sia il vero bene.

Epigramma 39

307

39
Iliaco similem puerum, Faustine, ministro
lusca Lycoris amat. Quam bene lusca videt!
hab. T tit. ad faustinum T
iusta EAXV

1 puerum TLPQs.l.f : puero Q

2 lusca (pr.)T V:

Un ragazzo simile al coppiere di Ilio, o Faustino,


ama la guercia Licoride. Quanto vede bene la guercia!
La guercia Licoride, amando un ragazzo bello come Ganimede, dimostra
di vederci molto bene. Lepigramma costituisce una variazione giocosa
sul tema topico della cecit degli innamorati (vd. Tosi 1994, nr. 1418 e
la n. intr. allepigr. 8), poich una lusca, dunque realmente menomata
nella vista, che invece vede benissimo loggetto della sua passione. Un
motivo analogo sviluppato in VIII 51 (49) formosam sane, sed caecus
diligit Asper. / plus ergo, ut res est, quam videt Asper amat, in cui Asper
realmente cieco e dunque di lui pi dogni altro si pu dire che ami pi di
quanto vede (sulla pointe, malintesa da molti, vd. Shackleton Bailey 1978,
p. 283). Su Faustino, dedicatario del libro, si veda lIntroduzione, 3. La
satira rivolta contro chi ha malformazioni siche, sebbene sia considerata
come deteriore da Cicerone (de orat. II 246) e Persio (1, 128), ampiamente
praticata da Marziale, nei cui epigrammi ricorrono spesso lusci (II 33; III
8; 11; IV 65; VI 78; VIII 9; 59; IX 37; XI 73; XII 22; 70; vd. Watson
1982). Il motivo del tutto marginale nella tradizione scoptica: manca
nellAnthologia Palatina, dove pure abbondano componimenti satirici
contro vari difetti sici (specialmente nel libro XI), come anche in Catullo.
Un precedente letterario in Plaut. Curc. 392 sgg. LY. unocule, salve. CV.
quaeso, deridesne me? / LY. de Coclitum prosapia te esse arbitror, / nam
i sunt unoculi. Nerone aveva scritto un carme contro Clodio Pollione dal
titolo Luscio (Suet. Dom. 1, 1). Qui il difetto sico si contrappone alla
bellezza del fanciullo, creando un effetto discordante. La struttura tra le
pi comuni dei monodistici marzialiani: lesametro e il primo emistichio
del pentametro contengono la narratio, lultima parte del pentametro
riservata ad un arguto commento in forma di esclamazione paradossale:

308

M. Val. Martialis liber tertius

per una simile conclusione cfr., ad es., XII 50, 7 sg. atria longa patent. sed
nec cenantibus usquam / nec somno locus est. quam bene non habitas!
Il nome Lycoris, associato ad Apollo (
epiteto del dio), era
stato reso famoso dalle elegie di Cornelio Gallo (cfr. VIII 73, 6 ingenium
Galli pulchra Lycoris erat); esso compare anche in Hor. carm. I 33, 5 per
una bella fanciulla. In Marziale ricorre spesso, con intenzione antifrastica,
per etere (si tratta per lo pi del tipo delletera brutta e invecchiata): cfr.
I 72, 6 sg.; 102; IV 24; 62, 1; VI 40; VII 13. Altrove raramente attestato
(vd. Pape-Benseler, p. 827). Forse in questo caso ha inuito nella scelta la
possibilit di realizzare lallitterazione (lu Ly ).
1. Iliaco similem puerum ministro: il paragone di bei fanciulli (spesso
coppieri) con Ganimede motivo topico nellepigramma greco: cfr., ad
es. AP XII 37 (Dioscoride); 68; 70; 133 (Meleagro); 69 (anonimo); 194
(Stratone). In Marziale cfr. II 43, 13 grex tuus Iliaco poterat certare cinaedo;
VII 50, 3 sg. cum tua tot niveis ornetur ripa ministris / et Ganimedeo
luceat unda choro; VIII 46, 5 tu Ganimedeo poteras succedere lecto; IX 22,
11 sg. aestuet ut nostro madidus conviva ministro / quem permutatum
nec Ganymede velis; X 66, 7 sg. si tam sidereos manet exitus iste ministros,
/ Iuppiter utatur iam Ganimede coco; 98, 1 sg. minister / Ideo resolutior
cinaedo; XI 26, 5 sg. addideris super haec Veneris si gaudia vera, / esse
negem melius cum Ganymede Iovi; vd. anche VIII 39, 4 Ganimedea
manu. Il nome usato per antonomasia in IX 73, 6 et pruris domini
cum Ganymede tui; 103, 7 sg. mansisses, Helene, Phrygiamque redisset
in Iden / Dardanius gemino cum Ganimede Paris; XI 22, 2 nudo cum
Ganymede iaces; vd. anche Iuv. 5, 59. Iliacus minister non ricorre altrove;
cfr. per le iuncturae analoghe: Iliacus cinaedus (II 43, 13); Phryx puer
(IX 36, 2); Phrygius minister (XII 15, 7); Phryx assoluto (X 20, 9); Idaeus
cinaedus (X 98, 2); Dardanius minister (XI 104, 19); Iliacus puer (Ov.
trist. II 406; Iuv. 13, 43).

Epigramma 40

309

40 (41)
Inserta phialae Mentoris manu ducta
lacerta vivit et timetur argentum.
om. Q, add. Q in mg. cum 39 con. LPf tit. de phiola EA: ad phiola XV ad phialum
f in mg. de lacerta celata Q om. LPf 1 ducta Qf : ductat LPf

Un ramarro, inserito in un vaso, modellato


dalla mano di Mentore, vive e largento incute timore.
Breve descrizione di un vaso dargento cesellato, di cui Marziale sottolinea il realismo (sullesaltazione del realismo nellepigramma vd. la n. intr.
allepigr. 35). Mentore, celebre cesellatore greco del IV sec., fu considerato,
almeno nel mondo romano, sommo artista nel suo campo: cfr. Plin. nat.
XXXIII 154 maxime laudatus est Mentor (lunica attestazione in
ambito greco Lucian. Lexiphan. 7). I suoi oggetti cesellati sono citati
come opere di pregevole qualit (cfr. Prop. I 14, 2; III 9, 13; Iuv. 8, 104);
suoi vasi erano conservati nel tempio di Giove Capitolino (Plin. nat. VII
127); loratore L. Crasso aveva acquistato due scyphi cesellati da Mentore
al prezzo di 100000 sesterzi (Plin. nat. XXXIII 147); sulla importazione a
Roma di oggetti artistici cesellati vd. Plin. nat. XXXIII 148. Su Mentore si
veda RE XV 965, 40-967, 7. Marziale lo nomina spesso come modello di
perfezione nellarte toreutica: cfr. VIII 50 (51), 1 sgg. quis labor in phiala?
docti Myos anne Myronos? / Mentoris haec manus est an, Polyclite,
tua?; IV 39, 5 solus Mentoreos habes labores; IX 59, 16 pocula Mentorea
nobilitata manu; vd. anche XI 11, 6; XIV 93, 2. Lepigramma lunica
fonte letteraria a fornire il soggetto di una coppa di Mentore; potrebbe
anche trattarsi dellimitazione di un modello greco (Lippold, RE XV 966,
61 sgg.).
1. inserta: il verbo usato in questa accezione solo in questo passo;
per un uso analogo cfr. Cassiod. Ios. Antiq. 12, 2 p. 335 per medium (sc.
craterarum) sculptura pulchris lapidibus inserta. phialae: la phiala
un recipiente per bere basso e largo (vd. Hilgers 1969, pp. 74; 250 sgg.;
Marquardt 1886, pp. 74; 651; G. Hlscher in RE XIX 2059, 50 sgg.); una

310

M. Val. Martialis liber tertius

phiala aurea caelata di Mys il soggetto di XIV 95; il dono di una phiala
suggerisce a Marziale un fantasioso epigramma (VIII 33), in cui ne descrive
la sottigliezza attraverso un succedersi di immagini (vd. al riguardo le ni
osservazioni di La Penna 1992, p. 7 sgg.); in VIII 50 Marziale esalta una
phiala donatagli da Instanio Rufo attribuendola scherzosamente ai maggiori
cesellatori. ducta: duco qui nellaccezione tecnica relativa a opere scolpite
o cesellate: cfr. Verg. Aen. VI 847 sg. excudent alii spirantia mollius aera /
(credo equidem), vivos ducent de marmore vultus; vd. ThlL V 1, 2148, 642149, 17; Bmer 1952, p. 120 sg. Per ducta assoluto (sc. ex aere) cfr. Claud.
carm. min. 7, 7 sg. (tit. De quadriga marmorea) una silex tot membra ligat
ductusque per artem / mons patiens ferri varios mutatur in artus; un uso
analogo del verbo
in greco si trova in Mimn. El. 10, 5 sg. D. (=
5, 5 sg. G.-P.)
. Non appaiono pertanto necessarie le congetture ductae di Heinsius
e docta di Rooy. La lezione ductat (LPf) pu essere forse una dittograa
dipendente dalla scrittura: nella beneventana infatti la a e la t si confondono
(ad un archetipo in beneventana per la seconda famiglia conducono alcuni
errori caratteristici della scrittura: vd. Lindsay 1901, p. 416 sg.; Reeve 1983,
p. 240). Per casi analoghi cfr. V 18, 8 musca (muscat ); XI 8, 4 verna
(vernat ); vd. Heraeus, ad I 48, 6, p. XXIV.
2. lacerta: il soggetto dellopera posto in risalto allinizio del verso, in
rima interna con lincipit dellepigramma (inserta). Sulla corrispondenza
tra lacerta e
/
vd. RE XI 1957, 60 sgg.; ThlL VII 2, 828,
40 sgg.; cfr. XIV 172, 1 (tit. Sauroctonos Corinthius) ad te reptanti, puer
insidiose, lacertae. Il femminile ricorre in Copa 28; Hor. carm. I 23, 7;
Ov. met. V 458; il maschile lacertus in Verg. ecl. 2, 9; georg. IV 13. vivit:
lopera cos realistica da sembrare viva; sulluso pregnante di vivere in
contesti analoghi vd. Bmer 1952, p. 122; Fu 1973, p. 54.

Epigramma 41

311

41 (40)
Mutua quod nobis ter quinquagena dedisti
ex opibus tantis, quas gravis arca premit,
esse tibi magnus, Telesine, videris amicus.
Tu magnus, quod das? Immo ego, quod recipis.
hab. T tit. ad t(h)elesinum TLPf : ad talesinum Q 1 quod TLPQfEAV: quid fs.l.X
2 quas T EAVs.l.: quis XV 3 esse tibi magnus telesine videris T Vin mg. (telestine
f): esse tibi l(a)ete si magnus viveris EX esse tibi laeti magnus viveris A esse tibi thelesi
magnus viveris A esse tibi thelesi magnusne videris A esse tibi laete si magnus vivis
V 4 magnus T Vin mg.: magnos EAXV

Perch mi hai dato in prestito centocinquantamila sesterzi


di tante ricchezze che il tuo pesante forziere comprime,
ti credi di essere, o Telesino, un grande amico.
Tu grande, perch me li dai? Ma io lo sono, perch li ricevi indietro.
A Telesino, che si sente munico per aver prestato al poeta una somma
di denaro elevata, Marziale controbatte che non tanto lodevole il suo
prestito, dal momento che ricchissimo, quanto la restituzione della somma
da parte dellamico bisognoso. Prestiti e debiti costituiscono il tema di
numerosi epigrammi di Marziale: cfr. I 75; II 3; 30; VI 5; 20; 30; VIII 9; IX
102; X 15 (14); XI 76 (sul motivo vd. Grewing, p. 98 sgg.). Lidea di fondo
dellepigramma che il ricco patrono potrebbe senzaltro permettersi di
donare quanto gli viene richiesto e dunque esigere la restituzione del prestito
equivale ad ammettere la propria scarsa generosit (sul tema del declino del
patronato cfr., ad es., XII 36). Il nome Telesino ricorre anche in VI 50 e XII
25; in questultimo un ricco che presta denaro soltanto dietro garanzia. In
Iuv. 7, 25 Telesino il nome di un poeta indigente. Per le attestazioni del
nome, che deriva dalla citt di Telesia, vd. Kajanto 1965, pp. 50; 52; 187.
1. Mutua: la prima parola dellepigramma ne anticipa il contenuto: cfr.
II 30, 1 mutua viginti sestertia forte rogabam; VI 20, 1 mutua te centum
sestertia, Phoebe, rogavi; per la collocazione in apertura di epigramma
di termini-chiave vd. anche le nn. a 30, 1 sportula; 43, 1 mentiris; 75, 1
stare.

312

M. Val. Martialis liber tertius

2. ex opibus tantis: lespressione ricorre ancora in II 43, 15 sg. ex opibus


tantis veteri doque sodali / das nihil. quas gravis arca premit: limmagine
del forziere stracolmo ricorre in numerosi epigrammi per descrivere
lopulenza di patroni: vd. la n. a 31, 3 et servit dominae numerosus debitor
arcae.
3. esse tibi magnus videris: alla positiva opinione che Telesino ha
di s (tibi videris), Marziale contrappone nellultimo verso il proprio
giudizio: per tale tecnica cfr. I 41, 1 sg. urbanus tibi, Caecili, videris. /
non es, crede mihi. quid ergo? verna; II 1, 11 sg. (al suo liber) esse tibi
tanta cautus brevitate videris? / ei mihi, quam multis sic quoque longus
eris; VII 41, 1 sg. Cosmicos esse tibi, Semproni Tucca, videris: / Cosmica,
Semproni, tam mala quam bona sunt.
4. immo: lavverbio, molto frequente in Plauto (vd. P. Spedit, De immo
particulae apud priscos scriptores usu, Diss. Jena 1914), in Marziale
introduce spesso l
: cfr. I 10, 3; III 47, 15; IV 84, 4; VI
94, 4; VIII 10, 3; vd. anche V 63, 6; Gerlach 1911, p. 25 sgg.; ThlL VII 1,
473, 40-81.

Epigramma 42

313

42
Lomento rugas uteri quod condere temptas,
Polla, tibi ventrem, non mihi labra linis.
Simpliciter pateat vitium fortasse pusillum:
quod tegitur, maius creditur esse malum.
hab. T cum 41 con. f tit. ad pollam LPQ , f in mg.: ad puellam T 1 lomento
TPQfEAXV: lomenta L fomento A vomento Q condere TLQEAV: contendere X
credere Pf tendere fs.l. 3 simpliciter T AXV: simplici uter EA pateat T EAXV:
puteat A pusillum TLPQf: pusillum (e)st f
4 maius : magnum T malum TLPQf:
nefas fv.l.

Tenti di nascondere le rughe del ventre con farina di fave,


o Polla, ma impiastri il tuo ventre, non i miei occhi.
Sia visibile apertamente un difetto forse piccolo:
quello che si copre, viene creduto un male pi grande.
Polla una vecchia etera che tenta di nascondere i segni del tempo con
un preparato di farina di fave (lomentum). Nellultimo distico, che assume
la forma di un ammonimento morale, Marziale la invita non nascondere
i propri difetti e conclude con unespressione dal carattere sentenzioso.
Lepigramma rivolto a coloro che tentano di apparire migliori di quello
che sono, celando i propri difetti: allo stesso lone appartengono gli
epigrammi contro chi si profuma troppo (vd. la n. intr. allepigr. 55) e
contro chi si tinge (vd. la n. intr. allepigr. 43, rivolto ad un tale che si tinge
i capelli). Il nome Polla, piuttosto diffuso (vd. Kajanto 1965, p. 243 sg.),
ricorre in Marziale anche in X 40; 69; 91; XI 89 per diversi tipi; in VII 21;
23; X 64 si tratta di Polla Argentaria, la vedova di Lucano.
1. Lomento: il lomentum un preparato di farina di fave: cfr. Plin. nat.
XVIII 117 lomentum appellatur farina ex ea (sc. faba); Pall. XI 14, 9 ex
faba lomentum factum; vd. Hug, RE XIII 1395 sgg. Era utilizzato per
lavare e curare la pelle; se ne facevano maschere per il viso: ad esse fa
riferimento Ovidio in med. 69 sg. nec tu pallentes dubita torrere lupinos
/ et simul inantes corpora frige fabas; in VI 93, 10 aut tegitur pingui
terque quaterque faba, Marziale menziona un suo utilizzo per coprire il

314

M. Val. Martialis liber tertius

cattivo odore (vd. il commento di Grewing). Luso del lomentum per


coprire le rughe del ventre testimoniato anche in XIV 60 tit. lomentum.
gratum munus erit scisso nec inutile ventri, / si clara Stephani balnea
luce petes. rugas uteri: il difetto sico menzionato come possibile
causa di pudore in III 72, 4 aut sulcos uteri prodere nuda times. Le rughe
del ventre, segno del trascorrere del tempo, sono anche conseguenza di
numerosi parti: cfr. Ov. ars III 81 sg. adde quod et partus faciunt breviora
iuventae / tempora: continua messe senescit ager; vd. anche am. II 14, 7
sg. Il poeta di Sulmona suggerisce alle donne segnate dalle rughe sul ventre
una gura Veneris adatta a nasconderle: cfr. ars III 785 sg. tu quoque
cui rugis uterum Lucina notavit, / ut celer aversis utere Parthus equis.
quod: su questo uso della congiunzione nel senso di was das betrifft,
da, wenn, gi testimoniato nel latino arcaico (cfr. Plaut. Truc. 471 ego
quod mala sum, matris opera mala sum), vd. Hofmann-Szantyr, p. 573
sg.; OLD, s.v. quod, nr. 6; in Marziale cfr., in questo libro, 55, 1 sg.; 62,
1-7; inoltre II 11, 1 sgg. quod fronte Selium nubila vides, Rufe, / quod
ambulator porticum terit seram, / / (6) non ille amici fata luget aut
fratris; XII 89, 1 sg. quod lana caput alligas, Charine, / non aures tibi,
sed dolent capilli.
2. non mihi labra linis: labra linere (con le varianti os sublinere, oblinere)
espressione proverbiale piuttosto comune (vd. Otto, Sprichwrter, nr.
1312; ThlL IX 2, 1084, 22-29, s.v. os), per lo pi equivalente allitaliano
darla a bere: la sua origine spiegata da Non. p. 45, 18 sg. M. sublevit:
signicat inlusit et pro ridiculo habuit: tractum a genere ludi, quo
dormientibus ora pinguntur; cfr. anche Petron. 22, 1 cum Ascyltos
in somnum laberetur, illa ancilla totam faciem eius fuligine larga
perfricuit et non sentientis labra umerosque sopi[ti]onibus pinxit; ricorre
spesso in Plauto (Aulul. 668; Capt. 604; 631; 656; 783; Curc. 549; Epidic.
429; 491; Merc. 485; 604; 631; Mil. 110; 153; 468; Poen. 1195; Pseud. 719;
Trinum. 558); vd. anche Verg. ecl. 6, 22.
3. simpliciter: linvito alla sincerit ricorre anche negli altri epigrammi
rivolti a personaggi che tentano di celare i propri vizi o difetti: cfr. I 87,
7 sg. notas ergo nimis fraudes deprensaque furta / iam tollas et sis ebria
simpliciter; VI 7, 6 offendor moecha simpliciore minus (vd. Grewing,
ad loc.); X 83, 9 vis tu simplicius senem fateri? Lavverbio simpliciter,
frequente in prosa, usato spesso in poesia dal solo Marziale (8 volte);
compare soltanto una volta in Ovidio e due volte in Fedro. vitium:

Epigramma 42

315

nellaccezione di difetto del corpo compare, ad es., in Plaut. Most. 274


sg. nam istae veteres, quae se unguentis unctitant, interpoles, / vetulae,
edentulae, quae vitia corporis fuco occulunt; Ov. ars I 249 nocte latent
mendae, vitioque ignoscitur omni; cfr. anche Plin. nat. XII 84; vd.
OLD, s.v. vitium nr. 2 b. fortasse: sullavverbio, di livello stilistico pi
prosaico rispetto a forte, forsitan, vd. la n. a 1, 3. pusillum: laggettivo,
appartenente alla sfera quotidiana, frequente in Marziale (11 occorrenze);
altrove raro in poesia: ricorre due volte in Catullo e Orazio sat.; una in
Ovidio e Giovenale.
4: conclusione con una sententia dal sapore proverbiale (per lampio uso
di Marziale di sententiae nella chiusa degli epigrammi vd. la n. a 5, 11 sg.).
maius malum: come giustamente osservato da Housman 1925, p. 200
(= Class. Pap., p. 1099 sg.), le varianti magnum di T (per maius di
)e
nefas di (per malum di T ; la seconda mano di f contamina con un testo
di terza famiglia) derivano con ogni probabilit da contaminazione con
III 72, 2 nescioquod magnum suspicor esse nefas (dove magnum, lezione
sicuramente genuina, in T ; maius di contamina con questo verso).
Se infatti magnum fosse lezione corretta anche in questo passo, non si
spiegherebbe la presenza di maius in parte della tradizione in entrambi i
versi. Lindsay 1903, p. 36 n. e, dubbioso sullipotesi di contaminazione da
un passo parallelo, riteneva invece malum e nefas come possibili varianti
dautore. Magnum malum, comunque accettabile dal punto di vista del
senso, stato preferito da Schneidewin, Gilbert, Friedlaender, Heraeus.
Non persuasiva appare linterpunzione proposta da SB (quod tegitur,
maius creditur esse, malum), con cui si perderebbe la contrapposizione
tra vitium pusillum e maius malum.

316

M. Val. Martialis liber tertius

43
Mentiris iuvenem tinctis, Laetine, capillis,
tam subito corvus, qui modo cycnus eras.
Non omnes fallis; scit te Proserpina canum:
personam capiti detrahet illa tuo.
hab. R
tit. ad l(a)etinum qui caput tingebat Lf: ad l(a)etinum RPQ
1 iuvenem
R EAXV: iuvem A 2 modo RLPs.l.Qf : om. P cycnus EAX: cygnus R cignus V
3 non RLPQf : nam Q fallis RLPQf: falles fs.l.

Ti ngi giovane, o Letino, con i capelli tinti,


corvo cos dimprovviso, tu che pocanzi eri cigno.
Non la fai a tutti; Proserpina sa che sei canuto:
toglier lei la maschera al tuo capo.
A Letino, che si tinge i capelli per apparire giovane, Marziale ricorda che
egli potr anche ingannare gli uomini, ma non sfuggire alle leggi di natura
(rappresentate da Proserpina). Lepigramma prende di mira luso di tinture
o cosmetici per assumere un aspetto pi giovanile. Il tema diffuso sia
nellepigramma greco del tardo periodo repubblicano e della prima et
imperiale (cfr. AP V 76, 5; XI 66; 67; 68; 69; 256; 310; 374) che nel mondo
romano (cfr. Tib. I 8, 9 sgg.; 43 sgg.; Prop. I 2; II 18 b; Ov. am. I 14; ars III
163 sg.); sullargomento vd. Brecht 1930, pp. 62-64; Pertsch 1911, p. 39 sg. In
Marziale ricorre ancora in IV 36 cana est barba tibi, nigra est coma: tinguere
barbam / non potes -haec causa est- et potes, Ole, comam (che, come questo,
prende di mira un uomo, differenziandosi dalla tradizione, in cui tale satira
appartiene alla vetula-Skoptik). Come rilevato gi da Prinz 1911, p. 55 sg. e
da Pertsch 1911, p. 18, lepigramma mostra signicative analogie con AP XI
408 (per unaccurata analisi comparativa vd. Burnikel, 1980, p. 48 sgg.):
,

5
.

Epigramma 43

317

Lepigramma presenta una duplice attribuzione: a Luciano dal Palatinus, a


Lucillio da Planude (la confusione tra i due nomi facilissima dal punto di
vista paleograco e lo stesso caso si verica anche altrove: vd. Geffcken 1927,
col. 1778, 10 sgg.). Lattribuzione planudea, raccomandata dalla presenza
del tema in epigrammi lucilliani (AP XI 68; 69; 310), dallimitazione di
Marziale e dalla menzione comica delle gure mitologiche nella conclusione,
caratteristica di Lucillio (cfr. AP XI 69; 256; 278), , probabilmente a
ragione, prevalente nella critica (vd. P. Sakolowski, De Anthologia Palatina
quaestiones, Lipsiae 1893; Prinz 1911, p. 55 sg.; Geffcken 1927, col. 1778,
31 sgg.; A. Linnenkugel, De Lucillo Tarrhaeo epigrammatum poeta,
grammatico, rhetore, Diss. Paderborn 1926, p. 17; H. Beckby, III, Mnchen
1958, ad loc.; Burnikel 1980, p. 49 n. 110); offre credito invece allattribuzione
a Luciano del Palatinus Aubreton, ad loc. del resto oggetto di discussione
se gli epigrammi dellAP attribuiti a Luciano siano da ascrivere al retore di
Samosata o ad un omonimo (sulla questione, di ardua risoluzione, vd. B.J.
Rozema, Lucillius the epigrammatist: Text and Commentary, Diss. Univ.
of Wisconsin 1971, pp. 239-252 e, da ultimo, G. Nisbet, Greek Epigram in
the Roman Empire, Oxford 2003, pp. 165-181). Il nome Letino, attestato
nelle iscrizioni (vd. Kajanto 1965, p. 261), ricorre ancora soltanto in XII 17
per un ricco patrono.
1. Mentiris iuvenem: per mentiri aliquid nellaccezione di simulare, imitari
vd. ThlL VIII 780, 20 sgg.; Lfstedt, Syntactica, I, p. 246 sg. Luso ricorre
in Marziale ancora in I 90, 8 mentitur virum prodigiosa Venus e, in
contesto analogo, in VI 57, 1 mentiris ctos unguento, Phoebe, capillos; per
lomissione del pronome cfr. Apul. met. XI 8 soccis obauratis incessu peruo
feminam mentiebatur. La iunctura ritorna in Drac. Laud. Dei III 500 bella
diu gessit iuvenem mentita sub armis. La prima parola dellepigramma spia
dellargomento: cfr. VI 57, 1 cit. supra; vd. anche le nn. a 30, 1 sportula; 41 (40),
1 mutua; 75, 1 stare.
2. corvus cycnus: il nero dei corvi contrapposto al bianco dei cigni
anche in I 53, 7 sg. sic niger in ripis errat cum forte Caystri, / inter Ledaeos
ridetur corvus olores; vd. anche Apul. Socr. p. 110 Oud.; Claud. 18, 348 sg. Sul
proverbiale colore nero del corvo: vd. Otto, Sprichwrter, p. 104; in relazione
ai capelli cfr. Petron. 43, 7 niger tamquam corvus. Anche il candore dei cigni
proverbiale: cfr. Verg. ecl. 7, 37 sg.; vd. Otto, Sprichwrter, ibid.; in Marziale cfr.
I 115, 2 loto candidior puella cycno. Per la menzione del cigno in relazione alla

318

M. Val. Martialis liber tertius

canizie cfr. Aristoph. Vesp. 1064; Eur. Herc. 692 sgg.; Ba. 1365; in ambito latino
cfr. Ov. trist. IV 8, 1 sg. iam mea cycneas imitantur tempora plumas, / incit
et nigras alba senecta comas. Cycnus, grecismo lessicale, appartiene alla lingua
poetica (a partire da Lucrezio).
3. fallis: la lezione di RLPQf senzaltro corretta: falles di fs.l. sar da
attribuire ad omeoteleuto (omnes falles) o ad attrazione del futuro del v. seguente
(detrahet). La stessa alternanza ricorre in IV 42, 15 iam scio nec fallis ( , edd.:
falles facilis ). Tra gli editori moderni solo Schneidewin1 ha accolto il futuro.
scit te Proserpina canum: Proserpina, dea degli Inferi, recideva, secondo la
tradizione poetica, la ciocca di capelli fatale dal capo delle persone al momento
della loro morte (il motivo risale ad Eur. Alc. 74): cfr. Verg. Aen. IV 698 sg.
nondum illi avum Proserpina vertice crinem / abstulerat Stygioque caput
damnaverat Orco; Hor. carm. I 28, 19 sg. nullum / saeva caput Proserpina
fugit (vd. anche Stat. silv. II 1, 147 iam complexa manu crinem tenet infera
Iuno). Su Proserpina e la sua funzione vd. C. Bailey, Religion in Virgil, Oxford
1935, p. 252 sg.; I. Chirassi Colombo, s.v. Proserpina, in EV IV, pp. 324-327. Il
nome latino Proserpina, derivato dal greco
(vd. Wissowa 1912,
p. 310), gi attestato nel latino arcaico (Naev. carm. frg. 29 M.; Enn. var. 59
V2), lunico usato da Virgilio e da Orazio (Pr- in Hor. carm. II 13, 21; Sen.
Herc. f. 548); in Ovidio si alterna con il greco Persephone; questultimo soltanto,
comodo metricamente, in Properzio e in Ligdamo. In Marziale Proserpina
ricorre ancora in XII 52, 13.
4. personam: la persona, maschera degli attori tragici, simboleggia qui lipocrisia di Letino. La metafora piuttosto comune: cfr., ad es., Lucr. III 57 sg.
nam verae voces tum demum pectore ab imo / eliciuntur <et> eripitur
persona manet res; Publ. sent. H 19 heredis etus sub persona risus est (vd.
anche Hor. epist. I 17, 29; Ov. Pont. III 1, 43); molto cara a Seneca: cfr. clem.
I 1; dial. IX 17, 1; epist. 24, 13; 80, 8; ben. II 13, 2; sulluso del losofo vd.
M. Armisen-Marchetti, tude sur les images de Snque, Paris 1989, p. 167; in
generale sulla metafora vd. M. Bellincioni, Il termine persona da Cicerone a
Seneca, in AA. VV., Quattro studi latini offerti a Vittore Pisani, Parma 1981,
pp. 37-115 (anche in Ead., Studi senecani e altri scritti, Brescia 1986, pp. 35102). In questo caso, come in AP XI 408, 4 cit. nella n. intr., il riferimento
pi preciso poich il tentativo di nzione, come nel caso di una vera maschera,
riguarda il capo.

Epigramma 44

319

44
Occurrit tibi nemo quod libenter,
quod, quacumque venis, fuga est et ingens
circa te, Ligurine, solitudo,
quid sit scire cupis? Nimis poeta es.
Hoc valde vitium periculosum est.
Non tigris catulis citata raptis,
non dipsas medio perusta sole,
nec sic scorpios improbus timetur.
Nam tantos, rogo, quis ferat labores?
Et stanti legis et legis sedenti,
currenti legis et legis cacanti.
In thermas fugio: sonas ad aurem.
Piscinam peto: non licet natare.
Ad cenam propero: tenes euntem.
Ad cenam venio: fugas edentem.
Lassus dormio: suscitas iacentem.
Vis, quantum facias mali, videre?
Vir iustus, probus, innocens timeris.

10

15

hab. T tit. ad ligurinum poetam Af: ad ligorinum poetam EV ad ligorinam poetam X


ad ligurium poetam LQ ad ligunum poetam T ad ligurinum P 1 quod
: qui T 2
quod TLPf : et Q quacumque
: quicumque T fuga T EAXV: ga V 3 circa
TLQf : cura PQf ligurine solitudo T AV: ligurgine solitudo EA solitudo ligurgine
X 4 quid Tfs.l.: quod LPQf
sit LQf: t P scit T si X om. EAV es T ut vid.
QfEAX (V n. l.): est LPQf 5 vitium TLQf : vitiosum P 7 non T : nec (cfr. v.
8) dipsas
: ipsas T medio TLQf : media P 8 nec T Vs.l.: non EAXV (cfr. v.
7) sic TLPf : om. Q scorpios EAV: scorpius T X 9 tantos TPQfEAXV: tantas
LV ferat TPQfAXV: fuerat L ferae E 10 stanti XVs.l.: tanti EA tantae V legis
(pr.) T : leges T 11 currenti T EAXV: curenti A 12 sonas ad aurem T : tenes
euntem (cfr. v. 14) 13 piscinam TLPQf : piscenam Q peto : poete T licet T :
sinis
14 tenes euntem T : sonas in aurem (cfr. v. 12) 15 fugas edentem fXCFh
ed. Ferr.: fuga sedentem TEAV fugas sedentem LPQfV fugas euntemdentem C 16
lassus
: lasus T suscitas T EAXV: suscita V iacentem TPQf : lacentem LQ ut
vid. 18 probus T : bonus

Il fatto che nessuno ti viene incontro volentieri,


che, dovunque giungi, c la fuga e un gran

320

M. Val. Martialis liber tertius

deserto, Ligurino, intorno a te


vuoi sapere cosa signica? Sei troppo poeta.
Questo un vizio assai pericoloso.
5
Non la tigre aizzata dal rapimento dei cuccioli,
non la dipsade arsa dal sole equatoriale,
n il crudele scorpione sono cos temuti.
Infatti chi, mi chiedo, potrebbe sopportare cos grandi fatiche?
Quando sto in piedi leggi e leggi quando siedo,
10
quando corro leggi e leggi quando caco.
Fuggo alle terme: mi rumoreggi nellorecchio.
Mi dirigo in piscina: non mi possibile nuotare.
Mi affretto ad andare a cena: mi trattieni mentre vado.
Giungo a cena: mi metti in fuga mentre mangio.
15
Stanco dormo: mi svegli mentre giaccio.
Vuoi sapere quanto male fai?
Uomo giusto, onesto, innocente, fai paura.
Lepigramma il primo di un ciclo, comprendente anche gli epigr.
45 e 50 di questo libro, che ha come bersaglio il poetastro Ligurino, un
recitator acerbus, che non fa altro che proporre i suoi versi a chiunque gli
capiti a tiro, creando il vuoto intorno a s. Il tema centrale del ciclo, la fuga
provocata dal poetastro con le sue continue recitazioni (cfr. 45, 1 sg.; 50, 9
sg.), presentato in apertura di epigramma: nei primi quattro versi Marziale
introduce comicamente il personaggio, chiedendogli se vuole conoscere la
causa per la quale provoca la fuga di chi lo incontra (fuga, ingens solitudo).
Egli ne offre una semplice spiegazione: nimis poeta es (4). La pericolosit
di tale attitudine (vitium periculosum) quindi descritta argutamente
attraverso il paragone con animali temibili per luomo (6 tigre, 7 dipsade,
8 scorpione). I versi seguenti (10-16), introdotti da una domanda del
poeta, contengono una vera e propria fenomenologia del poetastro, che
viene ritratto nellatto di leggere nelle circostanze pi inopportune, e ne
descrivono con efcacia lossessiva mania. La conclusione (17 sg.) mette
in risalto laspetto paradossale del personaggio: egli, persona pur giusta ed
onesta, suscita paura negli altri. Un magistrale ritratto satirico del recitatore
ad ogni costo tratteggiato da Orazio nel nale dellArs Poetica (v. 453
sgg.; vd. Brink, ad loc.): sulla fuga che egli provoca cfr. specialmente i vv.

Epigramma 44

321

455 sg. vesanum tetigisse timent fugiuntque poetam / qui sapiunt; 474
indoctum doctumque fugat recitator acerbus. Un precedente signicativo
per Marziale anche lEumolpo petroniano, instancabile recitatore (cfr.
Petron. 90, 3; 92, 6; 115), sul quale agisce lironia dellautore nei confronti
dei letterati contemporanei, schiavi della moda imperante delle recitationes
(vd. G.B. Conte, Lautore nascosto. Uninterpretazione del Satyricon,
Bologna 1997, p. 61 sgg.; M. Labate, Eumolpo e gli altri ovvero lo spazio
della poesia, MD 34, 1995, pp. 156-162; sulle recitationes vd. la n. intr.
allepigr. 18). La satira contro poetastri diffusa nellepigramma greco,
specialmente in Lucillio: cfr. AP XI 10; 127; 129; 133-137; 185; 234; 394
(vd. la n. intr. allepigr. 50 per le somiglianze con AP XI 394); sul motivo
vd. Pertsch 1911, p. 25; in Marziale Ligurino senzaltro il personaggio
delineato con tratti pi ricchi e precisi; per il tipo del poetastro cfr. anche II
71; 77; 88; III 9. Il nome Ligurino, derivato dalletnico Ligus (vd. Kajanto
1965, p. 196), ricorre in Marziale soltanto in questi epigrammi (44; 45;
50) ed con ogni probabilit ttizio: si tratta infatti di un nome parlante
antifrastico, derivato dal gr.
, melodioso, usato in Omero per il
canto delle Sirene (cfr. Od. XII 44
; vd. anche
Theocr. 17, 113; LSJ s.v. (alla stessa radice appartiene
, melodioso,
per cui cfr. Hom. Od. XXIV 62
). La scelta potrebbe
contenere un richiamo allusivo a Petronio, che al suo poetastro aveva
dato il nome antifrastico di Eumolpus (gr.
dal bel canto;
vd. Priuli 1975, p. 50 sg.). Una valenza antifrastica sembra avere anche
il nome Ligeia che Marziale d alla vecchia ripugnante di X 90 e XII 7.
Poco persuasiva pertanto lipotesi di Pavanello 1994, p. 171, per la quale
corrisponderebbe al latino stridulus, argutus e dunque il nome
alluderebbe al suono stridulo e fastidioso della voce di Ligurino. In Hor.
carm. IV 1, 33; 10, 5 Ligurino il nome del puer che suscita lamore del
poeta (secondo Romano, p. 847 potrebbe trattarsi di nome reale di un
personaggio reale, poich Orazio usa forme greche per gli pseudonimi; vd.
anche EO I, p. 778). In Cic. Att. V 20, 6 ut etiam Ligurino
satis
faciamus, il nome va connesso con letnico Ligus, ligure (vd. RE XIII 1,
534, 41 sgg.).
1 sgg.: la formula interrogativa quid est quod (vd. Khner-Stegmann,
II 278), appartenente alla lingua duso, frequente in commedia (cfr. Plaut.
Cas. 630; Cist. 655; Curc. 135; 166; Epid. 168 sgg.; Men. 677; Most. 69;

322

M. Val. Martialis liber tertius

Pseud. 9 sgg.; Ter. Eun. 558 sg.; Heaut. 613) e in prosa (cfr. Cic. dom. 125;
leg. agr. 2, 39; Verr. II 2, 49; Pis. 58; Phil. 4, 10; Mur. 5; Petron. 132, 13);
in Marziale cfr. VIII 17, 2 misisti nummos quod mihi mille, quid est?;
vd. anche II 12, 1 esse quid hoc dicam, quod olent tua basia murram
/ quodque tibi est numquam non alienus odor?; V 10, 1 sg. esse quid
hoc dicam, vivis quod fama negatur / et sua quod rarus tempora lector
amat?
2. quod, quacumque venis: la formula ricorre anche in 55, 1 quod,
quacumque venis, Cosmum migrare putamus. fuga est: limmagine
deriva da Orazio: ars 455 sg. vesanum tetigisse timent fugiuntque poetam
/ qui sapiunt; 474 indoctum doctumque fugat recitator acerbus.
3. circa te solitudo: per lespressione cfr. Sen. epist. 9, 9 orentes
amicorum turba circumsedet, circa eversos solitudo; vd. anche epist. 80,
2 cogito mecum quantus ad spectaculum non dele et lusorium at
concursus, quanta sit circa bonas artes solitudo.
4. nimis poeta es: risposta ironica, che realizza una sorta di pointe
intermedia. La colpa di Ligurino consiste in realt nellessere nimis
recitator. Lidentit tra i due sostantivi realizzata nel verso produce un
effetto comico, intensicato dallinconsueto accostamento di avverbio e
sostantivo, per cui cfr. Stat. Ach. II 37 sg. nimis o suspensa nimisque /
mater; Apul. met. VII 21 istum pigrum tardissimumque et nimis asinum;
IX 28 admodum puer; Tac. dial. 1, 5 iuvenis admodum; sulluso vd.
Hofmann-Szantyr, p. 171.
5. hoc valde vitium periculosum: Giovenale colloca i recitatori tra
i pericoli di Roma: 3, 7 sgg. incendia, lapsus / tectorum assiduos ac
mille pericula saevae / urbis et Augusto recitantes mense poetas. Nel
caso di Ligurino il pericolo riguarda in primo luogo lui stesso, perch
lo rende temibile agli occhi degli altri (cfr. vv. 8; 18). Il tono colloquiale
dellespressione contrasta con lelaborato parallelo dei versi seguenti (6-8).
Valde appartiene alla lingua duso (vd. Hofmann, LU, p. 202 sg.): evitato
da Cesare, Livio e Tacito, frequente nelle lettere di Cicerone e in Petronio,
specialmente nei dialoghi dei liberti (vd. Lfstedt, Peregrinatio Aetheriae,
p. 35 sgg.; Axelson 1945, p. 36 sg.; P. Soverini, Sulluso degli avverbi in
Petronio; avverbi intensivi e asseverativi, RAIB 63, 1974-1975, p. 208
sgg.). In poesia ricorre, oltre che qui, soltanto in Catullo (68, 77; 69, 7); in
Orazio valdius in ars 321; epist. I 9, 6. Periculosus, impossibile in metrica
dattilica, ricorre in poesia solo una volta in Orazio e nei Priapea, tre in

Epigramma 44

323

Marziale e in Fedro. Offre un parallelo soltanto formale con questo passo


X 76, 5 sgg. iucundus, probus, innocens amicus, / lingua doctus utraque,
cuius unum est, / sed magnum vitium, quod est poeta, dove il tono di
amara ironia per le misere condizioni dei poeti, cui signicativamente sono
contrapposti gli onori tributati agli aurighi (8 sg. pullo Maevius alget in
cucullo, / cocco mulio fulget Incitatus).
6-8: Ligurino pi temuto di animali letali per luomo. Signicativa la
scelta da parte di Marziale di tre ere esotiche, che intensica leffetto del
timore suscitato dal poetastro (due nomi su tre sono grecismi lessicali: vd.
le nn. ai vv. 7; 8). Nel nale dellArs (472 sgg.) Orazio paragona lostinato
recitator prima ad un orso, poi ad una sanguisuga: certe furit ac velut
ursus / obiectos caveae valuit si frangere clathros, / indoctum doctumque
fugat recitator acerbus; / quem vero arripuit, tenet occiditque legendo,
/ non missura cutem, nisi plena cruoris, hirudo (secondo Brink, ad loc.,
limmagine oraziana conferisce freschezza al trito uso retorico di paragonare
un malfattore ad una belva feroce). Un serie di paragoni con belve feroci,
possibile modello per i versi di Marziale, ricorre in Ov. ars II 373 sgg.
sed neque fulvus aper media tam saevus in ira est, / fulmineo rabidos
cum rotat ore canes, / nec lea, cum catulis lactantibus ubera praebet, /
nec brevis ignaro vipera laesa pede / femina quam socii deprensa paelice
lecti.
6. non tigris : proverbiale la ferocia della tigre cui sono stati strappati i cuccioli (cfr. Plin. nat. VIII 66 animal velocitatis tremendae et
maxime cognitae, dum capitur totus eius fetus, qui semper numerosus
est); lexemplum ricorre spesso in similitudini poetiche: cfr., ad es., Val.
Fl. I 489-493 haud aliter saltus vastataque pernix / venator cum lustra
fugit dominoque timentem / urget equum, teneras compressus pectore
tigres / quas astu rapuit pavido, dum saeva relictis / mater in adverso
catulis venatur Amano; Stat. Theb. IV 315 sg. raptis velut aspera natis /
praedatoris equi sequitur vestigia tigris; Claudian. rapt. Pros. III 263-268
arduus Hyrcana quatitur sic matre Niphates, / cuius Achaemenio regi
ludibria natos / avexit tremebundus eques: premit illa marito / mobilior
Zephyro totamque virentibus iram / dispergit maculis iamiamque
hausura profundo / ore virum vitreae tardatur imagine formae; vd.
anche Mela III 43; Plin. nat. VIII 10; Sol. 17, 6; Sidon. epist. IX 9, 7;
Amm. XXIII 6, 50. Marziale vi allude anche in VIII 26, 1-3 non tot in
Eois timuit Gangeticus arvis / raptor, in Hyrcano qui fugit albus equo,

324

M. Val. Martialis liber tertius

/ quot tua Roma novas vidit, Germanice, tigres (sulla presenza di tigri
negli spettacoli imperiali vd. Jennison 1937, p. 76 sg.; Toynbee 1973, p.
71). citata: per citare nellaccezione di impellere, incitare, vd. ThlL III
1201, 16 sgg.
7. dipsas: la dipsas (gr.
una specie di vipera (Cerastes vipera: vd.
RE II 1, 1530 sg.), propria delle regioni desertiche dellAfrica: cfr. Amm.
XXII 15, 27 serpentes quoque Aegyptus alit innumeras, ultra omnem
perniciem saevientes dipsadas. Letimologia antica collegava il suo nome
alleffetto letale del suo morso: cfr. Isid. orig. XII 4, 13 dipsas genus aspidis,
qui latine situla dicitur, quia quem momorderit, siti perit; CGL V 408,
35 genus serpentis est intolerabilis; quando percusserit, siti moritur ipse
homo (vd. Maltby 1991, p. 190); vd. per anche Lucan. IX 610 in mediis
sitiebant dipsades undis, che, allinverso, considera la sete causa della nocivit
del serpente. Il grecismo, attestato per la prima volta in latino da Celso,
piuttosto raro (vd. ThlL V 1226, 59-75), ma trova cittadinanza nella lingua
poetica latina per opera di Lucano (cinque occorrenze, tutte nel IX libro).
medio perusta sole: lespressione riette la convinzione che lintensit del sole
accresca la virulenza del veleno (Paoli, p. 161; M. Schuster, Zur Erklrung
von Martial III, 44, PhW 54, 1934, pp. 1023-24): cfr. Lucan. IX 698 sg.
concipiunt dirosque fero de sanguine rores, / quos calor adiuvit; 718 torrida
dipsas; Stat. Theb. V 521 siccique nocens furit igne veneni; Sil. I 285 accensis
sole venenis; III 312 sg. atro rabidas effervescente veneno / dipsadas. Pi
che un riferimento allora di massima intensit del calore solare (SB2: burnt
by the midday sun; cfr. Stat. Theb. V 85; Sil. III 671), il nesso medio sole
andr per inteso come unindicazione geograca (Izaac: brule par le soleil
des Tropiques): medius sol designa la zona equatoriale anche in Manil. IV
592 Auster amat medium solem Zephyrusque profectum; 650 sg. altera sub
medium solem duo bella perinde / intulit Oceanus terris (vd. ThlL VIII 585,
33 sgg.; OLD s.v. sol, nr. 2 b). Perustus inoltre abitualmente riferito alle terre
e alle popolazioni equatoriali: cfr. specialmente Lucan. IX 754 famam dipsas
habet terris adiuta perustis; vd. anche IV 679 Maurus, inops Nasamon, mixti
Garamante perusto; IX 314 zonae perustae; 274 sg. perusti / zona poli.
Il nesso sole perustus ricorre in due casi su tre per le popolazioni africane:
cfr. Prop. IV 9, 46 Libyco sole perusta coma; Lucan. X 221 sg. testis tibi
sole perusti / ipse color populi (sc. Aethiopum); vd. anche Lucan. VI 622
membris sole perustis. La notazione, che contiene ugualmente il riferimento
allintensit del sole, concorre allambientazione esotica del paragone.

Epigramma 44

325

8. scorpios improbus: lo scorpione era noto per la sua aggressivit: cfr.


Plin. nat. V 42 scorpiones, dirum animal Africae; XI 87 semper cauda in
ictu est nulloque momento meditari cessat, ne quando desit occasioni; in
generale sullo scorpione vd. RE III A, s.v. Spinnentiere, 1801, 45 sgg. Per
improbus riferito ad animali in Marziale cfr. I 104, 2 improbae tigres; V
65, 14 improba Hydra (vd. ThlL VII 1, 691, 82-692, 9). La desinenza
greca del nome (in EAV) certamente da preferire a -us di T X, in quanto
nettamente prevalente, non soltanto nei contesti astrologici (vd. NisbetHubbard2, p. 280): cfr. Lucil. 1022; Ov. fast. V 541; Lucan. IX 834; [Sen.]
Herc. O. 1218. La forma greca concorre ad accrescere leffetto di esotismo
delle ere ricercato da Marziale (vd. la n. ai vv. 6-8).
9: il verso contiene forse una scherzosa allusione ai proverbiali labores
Herculis (vd. Otto, Sprichwrter, s.v. Hercules, nr. 2, p. 162; Nachtrge, pp.
105; 238), ai quali Marziale paragona le fatiche cui lo costringe il poetastro,
enumerate nei versi seguenti. rogo: inciso di natura colloquiale, che prevale
su quaeso e oro in et imperiale (vd. Hofmann, LU, p. 284 sg.). In Marziale
ricorre ancora in II 80, 2; III 52, 3; 73, 3; 76, 3; 95, 3; IV 84, 4; V 25, 7; 44, 1;
82, 3; VI 17, 2: VII 86, 3; IX 25, 3; X 15, 2; 21, 2; 41, 3; 66, 1; XIII 58, 2.
10 sg.: i versi, nella loro elegante struttura chiastica, arricchita dalla ripetuta anafora di legis e dallomeoteleuto (stanti sedenti; currenti
cacanti), rappresentano comicamente linesauribile attivit del recitator;
una struttura analoga descrive linsistenza del basiator in XI 98, 20 sgg.
febricitantem basiabit et entem, / dabit oscitanti basium natantique,
/ dabit cacanti; per linsistenza nella lettura cfr. VII 51, 13 sg. ille leget,
bibe tu; nolis licet, ille sonabit: / et cum iam satis est dixeris, ille leget).
Lelegante chiasmo, che nel v. 10 riguarda anche il senso (stanti sedenti),
chiuso al v. 11, con contrapposizione pi libera e con comico effetto di
abbassamento del tono, dal volgarismo cacanti, che, signicativamente
collocato al termine della serie (come in XI 98, 22 cit. supra), realizza una
sorta di
e rappresenta il sommo grado della molestia
recata dallimportuno recitatore. Il verbo cacare, evitato da Plauto e
Terenzio, ma utilizzato nellAtellana e nel mimo, ricorre in Catullo, nelle
Satire di Orazio, in Petronio e nelle iscrizioni (vd. Adams, LSV, p. 231
sgg.). In Marziale vi sono sette occorrenze (in questo libro cfr. 89, 2; vd.
anche il desiderativo cacaturio in XI 77, 3).
12-16: la struttura dei versi, composti di due cola coordinati paratatticamente, esprime lassillo provocato dal recitator, che incalza il poeta in

326

M. Val. Martialis liber tertius

ogni situazione. Per la paratassi in luogo del periodo ipotetico, propria


della lingua duso, vd. la n. a 38, 8. Una serie analoga ricorre in XII 40,
1-3 mentiris: credo. recitas mala carmina: laudo. / cantas: canto. bibis,
Pontiliane: bibo. / pedis: dissimulo. gemma vis ludere: vincor, dove
esprime la completa sottomissione al patrono.
12. in thermas fugio: le terme costituiscono un rifugio vano dal tormento
recato anche da importuni cenipetae in V 44, 5 sg. quem thermis modo
quaerere et theatris / et conclavibus omnibus solebas; XII 82, 1 sg. effugere
in thermis et circa balnea non est / Menogenen. Per le terme come luogo
frequentato dai recitatori cfr. Hor. sat. I 4, 74 sg. in medio qui / scripta
foro recitent sunt multi quique lavantes; in Petron. 92, 6 Eumolpo rischia
il linciaggio per il tentativo di recitare i suoi versi alle terme: nam et dum
lavor paene vapulavi quia conatus sum circa solium sedentibus carmen
recitare. sonas: il verbo designa spesso la produzione e la recitazione di
poesia elevata: cfr. Verg. georg. III 294 magno tunc ore sonandum; Hor.
epod. 17, 39 sg. sive mendaci lyra / voles sonare; Ov. ars I 206 magno
nobis ore sonandus eris; in Marziale cfr. VIII 55, 3 sg. ingenium sacri
miraris desse Maronis / nec quemquam tanta bella sonare tuba; IX epist.
v. 7 maiores maiora sonent; 11, 15 et quos
decet sonare;
Ligurino potrebbe quindi essere un poeta epico (vd. anche la n. a 45, 1
sg.). Per luso del verbo in riferimento ad un recitatore cfr. VII 51, 13 cit.
nella n. al v. 10 sg. ad aurem: esprime la fastidiosa vicinanza del recitator
(vd. ThlL II 1506, 23 sgg.); per lanalogo nesso sonare in aure vd. la n. a
63, 8.
13. non licet: non sinis di appare senzaltro un intervento normalizzatore, teso ad uniformare il verbo ai precedenti e seguenti, tutti alla seconda
persona: sonas (12); tenes (14); fugas (15); suscitas (16). Non sinis ricorre
nella stessa posizione metrica in IV 55, 2 sg. qui Caium veterem Tagumque
nostrum / Arpis cedere non sinis disertis; cfr. anche VIII 38, 10 nomen
non sinis interire Blaesi. Poco persuasiva quindi lipotesi di variante
dautore prospettata, peraltro con cautela, da Lindsay 1903, p. 24.
14. ad cenam propero: sc. ire; lellissi del verbo di movimento propria
della lingua delluso e ricorre di frequente nelle epistole di Cicerone (vd.
Hofmann, LU, p. 346).
15. ad cenam venio: la ripetizione di cenam (cfr. v. 14) stata guardata
con sospetto da alcuni studiosi: per R. Mayer (On Martial 3. 44. 15, CQ
43, 1993, pp. 504-505) si deve restituire lectum; per W.S. Watt (Notes on

Epigramma 44

327

Latin Poetry, BICS 42, 1997-98, p. 155) invece circum (e sedentem, per
cui cita a confronto Ov. am. III 2, 1 non ego nobilium sedeo [sc. in circo]
studiosus equorum; trist. II 284 hic [sc. in circo] sedet ignoto iuncta puella
viro; ma vd. infra). Egli propone inoltre linversione dellordine dei vv.
14-15, che produrrebbe un ordine pi naturale degli eventi. Gli interventi
sul testo non appaiono giusticati; i due versi, dedicati alla cena, sono
collegati fra loro e descrivono due diversi momenti: il primo quello di
partenza (ad cenam propero), il secondo quello darrivo (ad cenam venio);
la rafgurazione dipinge efcacemente linsistenza molesta di Ligurino.
Lectum di Mayer stato accolto nel testo da Watson-Watson. fugas
edentem: la lezione, comunemente attribuita a Ramirez de Prado e accolta,
tra i moderni, da Duff, Izaac, SB, Watson-Watson, gi in fXCFh e pu
contare sostanzialmente sul sostegno di due famiglie, dal momento che
fuga sedentem di TEAV deriva chiaramente da unerrata divisione delle
parole; inoltre, pi di un secolo prima di Ramirez de Prado, essa ricorre
nelled. Ferr. Anche dal punto di vista del senso edentem nettamente
preferibile: la recitazione durante latto di mangiare appare senzaltro pi
fastidiosa e dunque in linea con le altre azioni di Ligurino, che ostacola il
poeta nelle sue funzioni siologiche e nei bisogni primari (Salanitro 2002,
p. 560; cfr. vv. 11; 16). Fugas sedentem della seconda famiglia (LPQf),
accolto da Schneidewin, Friedlaender, Gilbert, Lindsay, Heraeus, stato
difeso da Gilbert 1883, p. 19 sg. in base ad unosservazione stilistica (Ergo
sedentem servandum est etiam propter praeclaram gradationem, quae
efcitur participiis euntem, sedentem, iacentem p. 20). Tuttavia la precisa
simmetria ottenuta tra questo verso e il precedente, in entrambi i quali
sarebbero giustapposti un verbo di movimento e uno di quiete (tenes
euntem; fugas sedentem), non giustica linelegante ripetizione di sedentem
dopo sedenti del v. 10 (per quanto riguarda la simmetria, anche nei vv. 10-11
alla precisa contrapposizione tra stanti e sedenti segue quella pi libera tra
currenti e cacanti). A sfavore di sedentem depone anche la considerazione
di carattere storico che i Romani cenavano stesi sui letti tricliniari e non seduti
(come gi osservato da Ramirez de Prado: nam veteres non sedentes, sed
recumbentes cenabant). Il caso di VIII 67, 6 sternantur lecti: Caeciliane,
sede, citato a sostegno di sedentem, non calzante, poich, come messo
in luce da SB2, I, p. 231 n. a, l il convitato viene invitato a sedersi perch
giunto troppo presto e dunque deve attendere la preparazione dei letti
tricliniari. La sola attestazione delluso di stare seduti prima del convivio

328

M. Val. Martialis liber tertius

sembra essere quella di Iuv. 2, 119 sg. (citato da Heraeus 1915, p. 22 n. 1


= Heraeus 1937, p. 208 n. 3; vd. anche Heraeus, p. XXXI) signatae tabulae,
dictum feliciter, ingens / cena sedet, gremio iacuit nova nupta mariti,
dove cena dovrebbe valere metonimicamente cenantes (secondo ThlL III
779, 55 si tratta dellunico caso in cui cena ha questo valore; Courtney, ad
loc. rimanda per luso a 5, 82 qua despiciat convivia cauda, dove convivia
equivale a convivas). Anche ammettendo come testimonianza delluso il
passo di Giovenale (che pure non sembra di interpretazione cos certa),
lesiguit delle attestazioni mostra che non doveva trattarsi di unusanza
consolidata; inoltre, come osservato supra, appare senzaltro molto pi
efcace dal punto di vista della rappresentazione comica che il poetastro
disturbi Marziale proprio nel momento di mangiare che non in quello di
stare seduto in attesa della cena.
16: il recitatore non si ferma neppure la sera, quando il poeta stanco della
giornata tenta di dormire. La climax raggiunge qui il suo apice, suscitando
la domanda del verso seguente.
17. videre: per il valore gurato del verbo cfr. Quint. inst. X 1, 3 sentio
et video saepe idem valent quod scio ; vd. OLD s.v. nr. 14.
18. iustus, probus, innocens: un simile tricolon asindetico si trova in X
76, 5 iucundus, probus innocens amicus (per cui vd. la n. al v. 5). La chiusa
dellepigramma richiama ironicamente il v. 10 nec sic scorpios improbus
timetur. La variante bonus di in luogo di probus ha pertanto tutta laria
di una banalizzazione, come dimostra il fatto che laggettivo sia spesso
glossa di probus: cfr. CGL IV 147, 20;149, 10; 555, 20; V 137, 11. La stessa
corruttela si pu osservare in Plaut. Pseud. 1144 hic est vir probus (bonus
A), dove per agisce linuenza del contesto prossimo (1145 bone vir).

Epigramma 45

329

45
Fugerit an Phoebus mensas cenamque Thyestae
ignoro: fugimus nos, Ligurine, tuam.
Illa quidem lauta est dapibusque instructa superbis,
sed nihil omnino te recitante placet.
Nolo mihi ponas rhombos mullumve bilibrem
nec volo boletos, ostrea nolo: tace.

hab. T; vv. 5-6 hab. R tit. ad eundem T : ad ligurinum poetam R 1 fugerit TLPQf :
fuerit L phoebus mensas T : mensas phoebus LPf mensam phoebus Q 2 ignoro
TLPf : ignosco Q nos T V: non EAXV 3 illa T : ista PQf iste L instructa
:
inrumructa T 4 omnino
: omino T 5 rhombos
: rhombum
mullumve Pf :
mulumve Q nullumve L mulumque
6 boletos
EX: letos EAV

Se Febo sia fuggito dalle mense e dalla cena di Tieste


non so: noi per fuggiamo, Ligurino, dalla tua.
Essa certo lauta e imbandita con superbe vivande,
ma proprio nulla gradevole quando tu reciti.
Non voglio che mi serva rombi o una triglia di due libbre,
n voglio boleti, ostriche non voglio: taci.

Dopo la presentazione generale del personaggio nellepigr. 44, il secondo


componimento del ciclo su Ligurino sviluppa un tema circoscritto: labitudine del poetastro di recitare i propri versi ai suoi ospiti (il motivo trova
una variazione nellepigr. 50). Si tratta di una consuetudine diffusa nella
societ romana (cfr., ad es., Hor. ars 419 sgg. con il commento di Brink;
vd. anche Petron. 68; Iuv. 11, 179 sgg.; Plin. epist. I 15, 2 sg.), a tal punto
che lassenza di recitazione menzionata da Marziale come attrattiva
nei bigliettini di invito a cena: cfr. V 78, 25 nec crassum dominus leget
volumen; XI 52, 16 plus ego polliceor: nil recitabo tibi. Lepigramma
presenta una struttura tripartita: nel primo distico la mania per la letteratura
del poetastro viene schernita attraverso uno scherzoso parallelo tra la fuga
dei convitati dalla cena che egli offre e quella del Sole, che, inorridito per il
nefas compiuto da Atreo a danno di Tieste, aveva, secondo il celeberrimo
mito, invertito il proprio corso. I versi successivi (3-4) esplicitano le
motivazioni di tale comportamento: non sono i cibi, di ottima qualit, a

330

M. Val. Martialis liber tertius

provocare la fuga, ma labitudine dellantrione di proporre i suoi versi


durante la cena. Nellultimo distico Marziale afferma di poter fare a meno
di tutte le delizie che Ligurino gli imbandisce e avanza una sola richiesta:
che taccia (limperativo tace chiude signicativamente il componimento).
1 sg.: la fuga dal poetastro, Leitmotiv del ciclo (cfr. 44, 1 sgg.; 50, 9 sg.),
messa in risalto in apertura depigramma dalla presenza del verbo fugere (cfr.
anche v. 2 fugimus). Sullinversione del corso del sole cfr. Sen. Thyest. 220
sg.; 776 sgg.; Apollod. epit. II 1-14; Hygin. fab. 82-88; sul mito in generale
vd. Roscher V 912, 94-914, 39; RE A 1, 662, 28-679, 9. Il tema fu forse il
pi fortunato nel teatro romano (vd. A. La Penna, Atreo e Tieste sulle scene
romane, in Studi in onore di Quintino Cataudella, Catania 1972, pp. 357371, anche in Id., Fra teatro, poesia e politica romana, Torino 1979, pp.
127-141). La sua diffusione nella poesia latina provata dalla sua frequente
menzione da parte di Marziale negli epigrammi di polemica contro la
poesia mitologica: cfr. IV 49, 3 sg. ille magis ludit qui scribit prandia saevi
/ Tereos aut cenam, crude Thyesta, tuam; V 53, 1 Colchida quid scribis,
quid scribis, amice, Thyesten?; X 4, 1 sg. qui legis Oedipoden caligantemque
Thyesten, / Colchidas et Scyllas, quid nisi monstra legis?; 35, 5 sg. non haec
(sc. Sulpicia) Colchidos adserit furorem, / diri prandia nec refert Thyestae
(vd. anche Pers. 5, 8). Appare dunque particolarmente appropriata nella
polemica contro un recitatore la scettica menzione (Fugerit an Phoebus
/ ignoro) del mito. anche possibile che il mito fosse trattato nei versi di
Ligurino (se non si tratta di un personaggio ttizio); in questo caso la scelta
di Marziale sarebbe ancora pi arguta. La cena di Tieste gi menzionata
con nalit comica in Plaut. Rud. 508 sg. scelestiorem cenam cenavi tuam
/ quam quae Thyestae quondam aut posita est Tereo (su cui vd. Fraenkel
1960, p. 72). Fugerit an: per la posposizione delle particelle, frequente a
partire dalla poesia augustea, vd. la n. a 19, 5. Phoebus: sulla metonimia
Febo = sole, frequente nella poesia latina, vd. O. Gross, De metonymiis
sermonis Latini a deorum nominibus petitis, Diss. Halle 1911, p. 338 sgg.;
Bmer2, ad met. II 24, p. 244 sg.; sulluso in Marziale vd. Fenger 1906, p.
5. cenam Thyestae: la locuzione designa in modo quasi proverbiale la
vicenda mitica: cfr. Hor. ars 90 sg. indignatur item privatis ac prope socco /
dignis carminibus narrari cena Thyestae.
2. fugimus: per la fuga causata da Ligurino cfr. III 44, 2 quod, quacumque
venis, fuga est. nos: plurale sociativo (cfr. v. 5 mihi) con cui il poeta

Epigramma 45

331

estende le proprie recriminazioni alla cerchia degli ospiti di Ligurino: cfr.,


in questo libro, in analogo contesto conviviale, 82, 22 sgg.; sul plurale
sociativo vd. Hofmann-Szantyr, p. 19 sg. con bibliograa; Hofmann, LU,
pp. 291 sg.; 380.
3. illa quidem lauta est: per lautus in riferimento a cibi, cene vd.
ThlLVII 2, 1054, 82 sgg.; in Marziale cfr. XII 48, 5 lauta tamen cena
est, fateor, lautissima; XIII 88, 1 lauta convivia; XIV 90, 2 lautas
dapes. dapibus instructa superbis: per il nesso instruere cenam cfr. X
59, 3 sg. dives et ex omni posita est instructa macello / cena tibi; per luso
del verbo con ablativo in questa accezione vd. ThlL VII 1, 2017, 46 sgg.;
cfr. Ov. met. VIII 572 instruxere epulis mensas; Apul. met. IV 7 mensas
dapibus largiter instructas; vd. anche Apul. met. IV 13; Venant. Fortunat.
carm. XI 22a, 3. Altri composti di struo ricorrono in locuzioni analoghe:
cfr. Catull. 64, 304 large multiplici constructae sunt dape mensae; Ov.
met. XI 120 mensas extructas dapibus. Per superbus nellaccezione di
ricco, sontuoso cfr. Catull. 64, 85 sedes superbas; Verg. Aen. I 639
arte laboratae vestes ostroque superbo; vd. OLD, s.v. nr. 4; per luso in
riferimento alla cena in Marziale cfr. XII 48, 16 mensae regna superba
tuae.
4. nihil omnino: possibile unallusione ad Hor. sat. II 8, 93 sgg. quem
nos sic fugimus ulti, / ut nihil omnino gustaremus, velut illis / Canidia
adasset, peior serpentibus Afris, che descrive la fuga dai cibi pur rafnati
del volgare Nasidieno. Omnino avverbio unpoetisch (vd. Axelson 1945,
p. 95): evitato nella poesia elevata (ma si contano due casi nellEneide),
ricorre di frequente in Lucrezio e nei generi bassi; in Marziale vi sono 6
occorrenze, sempre in frasi negative (3 volte con nihil).
5. nolo mihi ponas: paratassi frequente nella lingua colloquiale. Ponere
frequente in Marziale nel senso di adponere, che non ricorre mai. Luso,
che appartiene probabilmente alla lingua duso, compare in Orazio sat.,
Ovidio, Petronio, Persio, Giovenale. In generale sul simplex pro composito
vd. Hofmann-Szantyr, p. 298 sgg. con esempi e bibliograa. rhombos:
il rombo era fra i pesci pi pregiati: la IV Satira di Giovenale dedicata,
come noto, alla convocazione da parte di Domiziano del consiglio di
guerra per decidere come cucinare un gigantesco rombo; cfr. inoltre Hor.
epod. 2, 49 sg.; sat. I 2, 115 sg.; II 2, 95; Iuv. 11, 120 sg. In Marziale cfr.
III 60, 6; XIII 81. I rombi di qualit migliore erano quelli di Ravenna (cfr.
Plin. nat. IX 169) e, in generale, dellAdriatico (cfr. [Ov.] Hal. 125; Iuv. 4,

332

M. Val. Martialis liber tertius

39). Sui rombi in generale vd. Thompson, Fishes, p. 223; Andr 1981, p.
101. Rhombum di sembra un tentativo di normalizzare, uniformando
il numero al secondo pesce menzionato nel verso. Per la tendenza alla
normalizzazione del testo della terza famiglia vd. Friedrich 1907, pp. 360379; 1909, pp. 88-117; Heraeus 1925, pp. 314-336; Citroni, pp. LXXI-LXXIII;
in questo libro cfr. 44, 13 non licet natare (licet T : sinis ). mullumve
bilibrem: la triglia era un pesce pregiato: cfr. II 43, 11; III 77, 1; IX 14, 3;
XI 49 (50), 9; XII 48, 9; secondo la testimonianza di Sen. nat. III 17, 2 il
vivaio poteva, per garanzia di freschezza, trovarsi addirittura nella sala da
pranzo. Quello di due libbre era considerato un peso di tutto rispetto: cfr.
XIV 97 grandia ne viola parvo chrysendeta mullo: / ut minimum, libras
debet habere duas; Plin. nat. IX 64 ex reliqua nobilitate et gratia maxima
est et copia mullis, sicut magnitudo modica binasque libras ponderis
raro admodum exsuperant, nec in vivariis piscinisque crescunt; per pesi
maggiori cfr. Mart. X 31, 3 sg.; 37, 7 sg. I prezzi erano elevati: limperatore
Tiberio tent di calmierarli dopo che tre triglie furono vendute per 30000
sesterzi (Suet. Tib. 34, 1); Seneca (epist. 95, 42) riferisce di una triglia di
4 libbre e mezzo pagata 5000 sesterzi; Marziale parla in X 31, 3 sg. di un
mullus di quattro libbre pagato 1200 sesterzi; vd. anche Macr. Sat. III
16, 9 (7000 sesterzi per una triglia). In generale sui mulli vd. Thompson,
Fishes, p. 264 sgg.; Marquardt 1886, p. 434; Andr 1981, p. 100. Lenclitica
-ve della seconda e della terza famiglia senzaltro preferibile al -que
di e riceve ulteriore sostegno da XI 49, 9 nunc ut emam grandemve
lupum mullumve bilibrem, in cui ricorre la stessa clausola. Loscillazione
frequente: in questo libro cfr. 2, 5 vel turis piperisve : -que ; 20, 14
sedet ambulatve : -que .
6. boletos, ostrea: i boleti sono sempre menzionati fra i cibi pi pregiati:
cfr. I 20, 2; III 60, 5; VII 78, 3; XII 17, 4; 48, 1; XIII 48; Iuv. 5, 146 sg. Allo
stesso modo le ostriche, specialmente quelle del lago Lucrino (per cui vd.
la n. a 60, 3): cfr. V 37, 3; VII 20, 7; 78, 3; IX 14, 3; XII 17, 4; XIII 82; Plin.
nat. XXXII 59; vd. Thompson, Fishes, p. 190 sgg.; RE II 2, 2590-1, s.v.
Austern. tace: limperativo conclude bruscamente il discorso ed anche
lepigramma. La medesima conclusione di epigramma ricorre in II 27, 4
facta est iam tibi cena, tace.

Epigramma 46

333

46
Exigis a nobis operam sine ne togatam:
non eo, libertum sed tibi mitto meum.
Non est inquis idem. Multo plus esse probabo:
vix ego lecticam subsequar, ille feret.
In turbam incideris, cunctos umbone repellet:
invalidum est nobis ingenuumque latus.
Quidlibet in causa narraveris, ipse tacebo:
at tibi tergeminum mugiet ille sophos.
Lis erit, ingenti faciet convicia voce:
esse pudor vetuit fortia verba mihi.
Ergo nihil nobis inquis praestabis amicus?
Quidquid libertus, Candide, non poterit.

10

hab. T; vv. 9-10 hab. R tit. ad candidum


2 eo T EAXV: emo E mitto T EAX:
mitte TV
3 multo plus esse V: multo plus este EAXV multum plus est T
4
lecticam TLQfEA: leticam P lectica XV ille T EAXV: illa V 5 umbone T XV:
umbo EA quos umbo V tuus umbo A 6 ingenuumque LPfEXV: ingeniumque TPQA
latus T XV: latos EA 7 quidlibet : quilibet T causa Tf : causam LPQf narraveris
TQfs.l. : narraberis LPf 8 at tibi T EV: additibi EAX sophos T X: sopos EA
sopor V 11 nihil
: mihi T nobis T X: vobis EAV praestabis TLPQs.l.fAX:
prestabs E prestabit Qfs.l.V

Esigi da me un servizio in toga senza ne:


non vengo, ma ti mando un mio liberto.
Non lo stesso dici. Ti prover che molto di pi:
a stento io riuscir a star dietro alla lettiga, lui la porter.
Se ti imbatterai nella folla, respinger tutti col gomito:
5
il mio anco debole e delicato.
Qualunque cosa dirai durante una causa, io tacer:
ma lui ti muggir un triplice Bravo!.
Se ci sar una lite, far strepito a gran voce:
a me il pudore vieta toni accesi.
10
Dunque - dici - tu, amico, non farai nulla per me?
Tutto quello, o Candido, che il liberto non potr.

334

M. Val. Martialis liber tertius

Marziale si lamenta con il patrono Candido per i continui servigi cui


lo costringe e promette di mandare un liberto al suo posto. Questi potr
rendersi anche pi utile del poeta negli ofcia pi sgradevoli di cliente,
che Marziale descrive accuratamente (3-10). Al patrono preoccupato che
lamico non faccia nulla per lui Marziale garantisce che gli offrir tutto ci
che il liberto non sar in grado di fare. Lepigramma descrive la condizione
del cliente, costretto a rendere continui e umilianti servigi, e mette in luce
il disagio del poeta, inadatto agli sforzi sici, ma desideroso di stabilire con
il patrono un rapporto pi profondo, in cui possa farsi apprezzare per le
proprie doti di sensibilit e cultura. Per lorgogliosa rivendicazione della
propria superiorit nei confronti di un ricco liberto cfr. V 13, specialmente
v. 9 sg. hoc ego tuque sumus: sed quod sum, non potes esse: / tu quod es,
e populo quilibet esse potest. Il nome Candido, la cui menzione ritardata
allultimo verso crea un effetto di attesa, ricorre ancora in II 24; 43; III 26;
XII 38; difcilmente potr trattarsi di un reale patrono.
1. Exigis: il verbo che apre lepigramma esprime bene i modi autoritari
del patrono, per cui vd. anche la n. a 36, 2 iubes. nobis: sullalternanza
tra singolare e plurale (cfr. v. 2 eo mitto; 6 nobis), in poesia spesso priva
di evidenti motivi, vd. Hofmann-Sazntyr, p. 20 con bibliograa specica
per autori; sui poeti augustei vd. E. Bednara, De sermone dactylicorum
Latinorum quaestiones. IV, ALL 14, 1906, p. 567. - operam togatam:
la toga era la divisa del cliente (vd. la n. a 4, 6); lattributo togatus
spesso utilizzato in relazione alla clientela: cfr. II 57, 5 grex togatus; VI
48, 1 turba togata; sostantivato indica il cliente in I 108, 7; II 74, 1. 6;
V 26, 4. Loriginale iunctura realizza una gura frequente in Marziale,
per cui il predicato proprio della persona viene riferito ad un elemento
caratterizzante di essa, che ne risulta in un certo modo personicato (vd.
Fenger 1906, p. 23 sg.): cfr. I 35, 8 stolatum pudorem; X 51, 6 tunicata
quies; vd. anche III 58, 24 album otium; VII 64, 6 fugitiva quies; X 13
(20), 4 praetextata amicitia; 82, 6 ingenuas cruces; XI 96, 4 captivam
sitim; XII 18, 5 sudatrix toga. In I 15, 7 invece lespressione catenati
labores, interpretata da Friedlaender labores quales sunt catenatorum,
signicher piuttosto una catena di pene (vd. Citroni, p. 65). sine ne:
la iunctura ricorre in Marziale anche in II 14, 4; V 78, 27.
3. Non est idem: per unanaloga espressione cfr. XII 96, 9 non eadem
res est. multo plus esse probabo: Marziale si prepara ad una dimostrazione

Epigramma 46

335

concreta di quanto dice: cfr. XII 96, 5 plus tibi quam domino pueros
praestare probabo.
4: seguire a piedi il patrono portato in lettiga era uno degli obblighi pi
stancanti del cliente. Marziale ce la far a mala pena a stargli dietro, mentre
il liberto potr anche portare la lettiga, un atto che, oltre a richiedere uno
sforzo maggiore, ben pi umiliante: cfr. X 10, 7 lecticam sellamve sequar?
nec ferre recusas (Paolo, pur essendo console, si sottopone alle azioni
pi umilianti della clientela). Lettighe pi o meno ampie costituivano un
simbolo di opulenza; Marziale parla di una lettiga octo Syris suffulta (IX 2,
11) e di hexaphori (II 81, 1; VI 77, 9); vd. anche Catull. 10, 16; Sen. dial.
IX 12, 4; X 12, 6; epist. 22, 9; 31, 10; 80, 8; 110, 17; Iuv. 1, 121; 3, 239 sg.;
sullargomento Marquardt 1886, p. 149 sg.; Blmner 1911, pp. 446-49.
5: per limmagine cfr. Hor. sat. II 6, 28 luctandum in turba et facienda
iniuria tardis; 30 sg. tu pulses omne quod obstat / ad Maecenatem
memori si mente recurras.; Sen. dial. IX 12, 4 quorundam quasi ad
incendium currentium misereberis: usque eo impellunt obvios et se
aliosque praecipitant, cum interim cucurrerunt aut salutaturi aliquem
non resalutaturum et lecticam adsectati quibusdam locis etiam
tulerunt; Iuv. 3, 239 sgg. si vocat ofcium, turba cedente vehetur / dives
et ingenti curret super ora Liburna / / (242) ante tamen veniet: nobis
properantibus obstat / unda prior, magno populus premit agmine lumbos
/ qui sequitur, ferit hic cubito, ferit assere duro / alter, at hic tignum
capiti incutit, ille metretam. Per la paratassi in luogo di una ipotetica,
propria dello stile colloquiale, vd. la n. a 38, 8 audieris, dices; cfr. anche
infra v. 9. cunctos umbone repellet: la congettura cuneos di Turnebus e
Heinsius, derivante dallinterpretazione di umbo come clipeum e tesa a
sviluppare limmagine militare, stata accolta da Schneidewin2, ma non
necessaria (cfr. Hor. sat. II 6, 30 e Sen. dial. IX 12, 4 citati supra). Umbo
hapax in Marziale, qui nellaccezione, piuttosto rara, di cubitum: cfr. Stat.
Theb. II 671 clipeum nec sustinet umbo con il commento di Mulder; Ach.
II 141 excipere immissos scutato umbone molares (scutato P; curvato ).
Per limmagine cfr. Iuv. 3, 244 ferit hic cubito, in contesto analogo. Poco
persuasiva lipotesi di S.B. Slack (On Martial III 46, 5, CR 7, 1893, p.
203) di intendere umbo come footpath o kerb-stone (vd. OLD, s.v.,
nr. 2 a), come, ad es., in Stat. silv. IV 3, 47 tunc umbonibus hinc et hinc
coactis, dove si parla dei blocchi di pietra posti ai lati della Via Domitiana:
ad umbo di questo verso corrisponde latus del seguente e lablativo

336

M. Val. Martialis liber tertius

difcilmente potr avere valore diverso da quello strumentale. La clausola,


quasi identica, umbone repellit ricorre in Ilias 606; 953, dove umbo ha il
comune signicato di scudo.
6: il verso riecheggia Ov. trist. I 5, 72 invalidae vires ingenuaeque mihi,
in cui il poeta paragona la propria sorte di esiliato a quella di Ulisse; cfr.
anche trist. V 2, 3 sg. corpus quod ante laborum / impatiens nobis
invalidumque fuit. Inuenza formale su questo verso ha esercitato anche
Ov. am. III 11 (10), 14 invalidum referens emeritumque latus (si parla
dellamante stanco dopo le sue prestazioni). Ingenuus ha qui il valore
traslato di delicato (per cui vd. la n. a 33, 4), ma lattributo conserva
la valenza originaria di nato libero (in contrapposizione con il liberto),
che mette in evidenza linadeguatezza del poeta per lo sforzo sico;
cfr. anche X 47, 6 ingenuae vires; 82, 6 ingenuas cruces. topica la
rappresentazione dellintellettuale come gracile e delicato: cfr. Tib. II 3,
9 sg. nec quererer quod sol graciles exureret artus, / laederet et teneras
pussula rupta manus; Ov. trist. I 5, 72; V 2, 3 sg. citati supra. latus: indica
qui la sede della forza: vd. ThlL VII 2, 1026, 82 sgg.; cfr. Plin. epist. IV 7,
4 imbecillum latus.
7 sg.: Marziale dichiara la propria inadeguatezza a lodi insincere, mentre
il liberto garantir un rumoroso sostegno. Accompagnare il patrono in
tribunale per una causa e sostenerne lorazione con applausi e grida faceva
parte degli ofcia del cliente: cfr. II 27, 1-3 laudantem Selium, cenae dum
retia tendit, / accipe sive legas sive patronus agas: / effecte! graviter! cito!
nequiter! euge! beate!; Iuv. 13, 31 sgg. nos hominum divumque dem
clamore ciemus / quanto Faesidium laudat vocalis agentem / sportula?;
vd. anche Mart. X 70, 11; Plin. epist. II 14, 4 sgg.; Gell. IX 15, 9; Lucian.
Rhet. Praec. 21; anche in Mart. VI 48 quod tam grande sophos clamat tibi
turba togata, / non tu, Pomponi, cena diserta tua, comunemente riferito
alla recitazione dei propri versi a cena da parte dellospite (vd. Grewing,
ad loc.), possibile vedere una menzione dellattivit forense del patrono,
cui ben si attaglia lattributo disertus, sostenuta rumorosamente dai suoi
clienti nella speranza di un invito a cena. Non persuasiva appare pertanto
la congettura coena per causa di Hartman 1897, p. 338 sg., motivata con la
considerazione che la narratio non sarebbe una parte dellorazione adatta
ad applausi (An oratori tum praesertim plauditur cum narrationem
feliciter peregit? Aptius illud eri opinor post aliquem locum plenum
gravitatis oratoriae). Dalla stessa considerazione deriva la correzione

Epigramma 46

337

recitaveris di Perotti, presente in v2 e nella ed. Rom. 2. tergeminum:


laggettivo ricorre a partire da Lucrezio ed di uso quasi esclusivamente
poetico: cfr. Hor. carm. I 1, 8 certat tergeminis tollere honoribus con
il commento di Nisbet-Hubbard1. La scelta dellattributo dipende forse
dal suo volume sillabico, che mima lintensit delle grida del liberto.
mugiet: il grido adulatorio efcacemente assimilato ad un muggito; il
verbo rappresenta un urlo indistinto, quasi animalesco: cfr. Petron. 115,
5 poetam mugientem (sc. Eumolpum); Fronto p. 50, 4 v.d.H. (= p. 54
N.) mugiunt vel stridunt potius (sc. oratores veteres). sophos: grecismo
lessicale (
), probabilmente al tempo di Marziale gi acclimatato nel
latino colloquiale; per il tono adulatorio dellesclamazione cfr. Petron. 40,
1 sophos universi clamamus, dove segue alla dissertazione astrologica
di Trimalchione; qui sostantivato come in I 3, 7 audieris cum grande
sophos; 49, 37 grande et insanum sophos; 76, 10 magnum, sed perinane
sophos; VI 48, 1 grande sophos. Per analoghe interiezioni cfr. II 27, 3 cit.
supra con il commento di Williams.
9. lis erit: lis avrebbe valore giuridico secondo Izaac (procs) e
SB2 (lawsuit). La situazione processuale per presentata nei versi
precedenti (7 sg.); il sostantivo avr dunque qui il signicato pi generico
di lite, controversia (vd. ThlL VII 2, 1499, 64 sgg.), cui meglio si adatta
la reazione del liberto (convicia). ingenti voce: la iunctura si trova
nella stessa posizione metrica in Ov. met. VIII 432; cfr. anche Stat. Theb.
VI 922; Mart. VII 8, 4; VIII 7, 3. faciet convicia: facere convicium
espressione colloquiale, attestata in commedia (Plaut. Bacch. 874; Mer.
235; Mos. 617; Ter. Ad. 180). In poesia dattilica ricorre in Prop. I 6, 15; 8
volte in Ovidio; in Laus Pis. 80, sempre con convicia per ragioni metriche
(per lo pi in quinta sede dellesametro).
10: Marziale rivela anche altrove unindole aliena dai conitti, menzionando lassenza di liti tra gli elementi che rendono la vita beata: cfr. II 90,
10 sit nox cum somno, sit sine lite dies; X 47, 5 lis numquam. vetuit:
perfetto di consuetudine. fortia verba: nellespressione certamente
presente un riferimento a convicia del verso precedente (Izaac: les gros
mots; SB2: strong language), come si evince dalla menzione del pudor
(per la contrapposizione convicium-pudor cfr. Cic. Verr. II 5, 28 erant
autem convivia non illo silentio praetorum atque imperatorum neque
eo pudore, qui in magistratuum conviviis versari solet, sed cum maximo
clamore atque convicio); tale accezione non esclude tuttavia una sfumatura

338

M. Val. Martialis liber tertius

relativa al volume della voce (cfr. v. 9 ingenti voce; vd. Norcio: a me


invece il pudore vieta di alzare la voce). La iunctura ricorre, con diverso
signicato (parole coraggiose), in Prop. I 5, 14; Tib. II 6, 12; Epic. Drus.
10; Ps. Quint. decl. 13, 6; vd. anche Ov. met. IV 652.
11. nobis: il plurale maiestatis tradisce lambizione autoritaria del patrono. praestabis: sulluso di praestare in relazione alla clientela vd. la n. a
36, 1 sg. amicus: pu designare indifferentemente sia il patrono che il
cliente: vd. la n. 36, 1.
12: Marziale potr offrire allamico qualcosa che non nelle possibilit
del liberto: la sua sensibilit, intelligenza, cultura. Mentre il patrono vede
il suo rapporto con il cliente in unottica essenzialmente utilitaristica,
Marziale non si considera alla stregua degli altri clienti e vorrebbe sentire
riconosciuta la propria diversit. non poterit: lespressione ribadisce, in
conclusione, la distinzione tra il poeta e un liberto qualsiasi: cfr. V 13, 9 sg.
cit. nella n. intr.

Epigramma 47

339

47
Capena grandi porta qua pluit gutta
Phrygiumque Matris Almo qua lavat ferrum,
Horatiorum qua viret sacer campus
et qua pusilli fervet Herculis fanum,
Faustine, plena Bassus ibat in raeda,
omnis beati copias trahens ruris.
Illic videres frutice nobili caules
et utrumque porrum sessilesque lactucas
pigroque ventri non inutiles betas;
illic coronam pinguibus gravem turdis
leporemque laesum Gallici canis dente
nondumque victa lacteum faba porcum.
Nec feriatus ibat ante carrucam,
sed tuta faeno cursor ova portabat.
Urbem petebat Bassus? Immo rus ibat.

10

15

post 49 hab. Q tit. ad faustinum


2 lavat EAXV: lavit A lava V ferrum
LPQfEAX: ferro V fretum f s.l. 3 horatiorum PQfEAX: horationum LAV viret
LPQf : viget fv.l. 4 pusilli Qf : plusilli LPQf 6 beati copias AXV: beati copia
V beata copia E trahens ruris VFhklvv1v2: trahens iuris EAXVh ruris trahent LPQf
ruris trahens f 8 porrum Lf : possum PQ 9 inutiles Pf : inutilis Q utiles LPf utilis
Q 10 coronam f : coram LPQf turdis XVs.l.: turris EAV 11 gallici canis dente
VBFGhbklvv1v2 (v2 n. l.): gallici canis dentes EAh callicanis dentem LPQf gallicanis
dentibus fX 12 victa : victati XV victicti EA faba AVs.l.: fabo EXV 13 feriatus
LPf : feriatum Q 15 urbem Vs.l.: romam EAXV rus EXV: ros A

Dove la porta Capena gronda di grosse gocce dacqua


e dove lAlmone lava il ferro della Madre frigia,
dove verdeggia il sacro campo degli Orazi
e dove brulica di persone il tempio del piccolo Ercole,
o Faustino, Basso andava su un carro pieno,
recando tutte le ricchezze di una tenuta produttiva.
L avresti potuto vedere cavoli dal nobile gambo
ed entrambe le qualit di porro e sessile lattuga,
e bietole non inutili per un ventre pigro;
l una corona pesante di grassi tordi,

10

340

M. Val. Martialis liber tertius

una lepre morsa dai denti di un cane gallico


e un porcello da latte che ancora non riesce a masticare le fave.
E il battistrada non se ne andava ozioso davanti al carro,
ma portava uova al sicuro nel eno.
Veniva in citt Basso? Al contrario: andava in campagna.
15
Marziale descrive a Faustino, dedicatario del libro (vd. lIntroduzione,
3), il percorso del comune amico Basso su un carro per la porta Capena,
a sud di Roma. Nei versi introduttivi il poeta presenta con tratti precisi i
luoghi attraversati dallamico (1-4); quindi pone il suo sguardo sul carro,
carico di tutti i beni alimentari di una ricca tenuta agricola (5 sg.), che, nella
parte centrale dellepigramma (8-14), Marziale passa in rassegna con il suo
peculiare gusto per il catalogo (su cui vd. La Penna 1992): dalle verdure (79) si passa agli animali (10-12), per giungere no alle uova (13 sg.), portate
dal battistrada. La minuta e compiaciuta descrizione agisce per anche
in funzione dellultimo verso, che realizza l
: Basso non
torna a Roma dalla sua tenuta campagnola, ma, al contrario, proviene dalla
citt. La conclusione getta dunque una diversa luce sullampia sezione
catalogica (8-14), che non celebra la ricchezza della villa di Basso, ma
ne schernisce limproduttivit. Lapparente encomio diviene bonaria
satira diretta contro lamico. Il componimento costituisce una coppia
con lepigr. 58 (51 vv.), in cui Marziale loda a Basso la prosperit della
villa baiana di Faustino, cui contrappone in conclusione la sterilit della
tenuta di Basso (45-51). La connessione tra i due epigrammi rinsaldata
dallidentit del metro (scazonte). Il Basso nominato nei due epigrammi
va pertanto considerato con sicurezza un amico del poeta, probabilmente
padre dellinfans Urbicus, la cui morte pianta in VII 96. Ingiusticata
appare pertanto la scelta di SB (vd. SB2, III, p. 343) di considerare ttizio
il nome in questo epigramma e in III 58. Per Basso come nome ttizio vd.
la n. intr. allepigr. 76.
1-4: sul gusto di Marziale per precise ambientazioni topograche degli
epigrammi narrativi vd. la n. a 19, 1. Per lanafora di qua in contesti
topograci cfr. Verg. georg. III 349 sgg.; Hor. carm. III 30, 10 sgg.; Tib. II
5, 58 sgg.; Prop. III 22, 13 sgg.; IV 8, 5 sgg.; Lucan. I 432 sgg.; Stat. Theb.
II 376 sgg.; silv. III 2, 138 sgg.

Epigramma 47

341

1: unimmagine analoga descrive il portico di Agrippa in IV 18, 1 sg. qua


vicina pluit Vipsanis porta columnis / et madet assiduo lubricus imbre
lapis. Sopra la porta Capena, menzionata da Marziale soltanto qui, passava
un canale dellacqua Marcia, che lasciava cadere incessantemente gocce
dalla volta: cfr. Iuv. 3, 11 veteres arcus madidamque Capenam; Schol. Iuv.
madidam ideo quia supra eam acquaeductus est, quem nunc appellant
arcum stillantem; si tratta del rivus Herculaneus, che dopo aver attraversato
e rifornito il mons Caelius, nitur supra portam Capenam (Frontin. aq. I
5, 19); in proposito vd. Platner-Ashby, s.v. arcus stillans; LTUR I, p. 69; T.
Ashby, The Aqueducts of Ancient Rome, Oxford 1935, p. 155; F. Coarelli,
s.v. Murus Servii Tullii: Porta Capena, LTUR III, p. 325). La porta Capena
costituiva lentrata meridionale delle Mura Serviane; da essa si dipartivano
la via Appia e la via Latina, unite nel primo tratto (vd. Hlsen, RE III 1506;
LTUR III, p. 325). porta pluit gutta: la costruzione personale di pluo
con un monumento come soggetto ricorre soltanto in Marziale, ancora in
IV 18, 1 cit. supra; vd. OLD, s.v. pluo, 2 b; solo qui con lablativo (gutta).
2: nelle acque dellAlmone si svolgeva il 27 marzo il rito della puricazione
della statua della Magna Mater e degli strumenti cultuali (vd. RE XXI 1949
sgg. e il commento di Bmer1 a Ov. fast. IV 337 sgg.). La cerimonia descritta
da Ovidio, fast. IV 337 sgg. est locus, in Tiberim qua lubricus inuit Almo
/ et nomen magno perdit in amne minor: / illic purpurea canus cum veste
sacerdos / Almonis dominam sacraque lavit aquis. / exululant comites,
furiosaque tibia atur, / et feriunt molles taurea terga manus ipsa (sc.
dea) sedens plaustro porta est invecta Capena: / sparguntur iunctae ore
recente boves; cfr. anche Cic. nat. deor. III 52; Lucan. I 600; Val. Fl. VIII
239; Sil. VIII 363; Stat. silv. V 1, 223 sgg.; Ambr. epist. 18, 30; Amm. XXIII
3, 7; Claud. XV 119. Phrygium : lattributo legato per enallage a
ferrum anzich a Matris. Almo: lAlmone era un piccolo ume (Ov. met.
XIV 330 cursu brevissimus Almo), che nasceva ai piedi dei colli Albani
e scorreva verso il sud di Roma, sfociando nel Tevere dopo 15 km (Nissen,
IL, p. 547; vd. anche p. 491) o 6 km (Hlsen, RE I 1589). In Marziale Almo
ricorre come nome di persona in X 91, 1 sg. omnes eunuchos habet Almo
nec arrigit ipse, / et queritur, pariat quod sua Polla nihil, dove la scelta
probabilmente allusiva ai sacerdoti di Cibele, notoriamente castrati (vd.
Pavanello 1994, p. 172). ferrum: indica, con metonimia comune (vd. ThlL
VI 1, 584, 45 sgg.), il coltello (culter) usato nei riti di Cibele: cfr. II 45, 2; IX
2, 13 sg.; Iuv. 2, 116; vd. al riguardo Sanders, Gallos, 1004.

342

M. Val. Martialis liber tertius

3. Horatiorum campus: i sepolcri degli Orazi si trovavano nel luogo


dove si era svolto lo scontro con i Curiazi: cfr. Liv. I 25, 14 sepulcra exstant
quo quisque loco cecidit, duo Romana uno loco propius Albam, tria
Albana Romam versus sed distantia locis ut et pugnatum est; 26, 2 cui
(sc. Horatio) soror obvia ante portam Capenam fuit; Dionys. III 22,
1; vd. RE VIII, s.v. Horatius, 2324, 41 sgg. Sulla presenza lungo il primo
tratto della via Appia dei sepolcri di numerose illustri famiglie cfr., ad es.,
Cic. Tusc. I 13 an tu egressus porta Capena cum Calatini Scipionum
Serviliorum Metellorum sepulcra vides, miseros putas illos? (in proposito
vd. LTUR V, s.v. Via Appia, p. 131 sgg.).
4. pusilli Herculis fanum: il fanum doveva trovarsi nelle vicinanze
del tempio di Ercole fatto costruire da Domiziano allottavo miglio della
via Appia, nel quale si trovava una statua delleroe con le sembianze
dellimperatore (cfr. IX 64; 65; 101). Il fatto che Marziale non menzioni
questo tempio prima del nono libro consente di datarne la costruzione
al 94 (vd. Henriksn, II, p. 65). Il fanum qui citato potrebbe essere
identicato con i resti di tempio ritrovati nello stesso sito, databili alla
tarda repubblica (vd. L. Quilici, Via Appia da Porta Capena ai Colli
Albani, Roma 1989, p. 55). Lespressione pusillus Hercules allude secondo
alcuni interpreti (Izaac, Norcio) ad una statua di Ercole fanciullo (per la
diffusione del soggetto nellarte greco-romana cfr. XIV 177 tit. Hercules
Corinthius con il commento di Leary1). A Roma per leroe fu celebrato
principalmente come Hercules Victor o Invictus (vd. Wissowa 1912, p.
271 sgg.; Daremberg-Saglio III, 1, s.v. Hercules, p. 124 sgg.; LTUR III, s.v.
Hercules) e come tale rafgurato anche sulle monete (vd. The Roman
Imperial Coinage, by H. Mattingly and E.A. Sydenham, II, London 1926,
index III, s.v. Hercules). Pusillus inoltre non mai usato da Marziale nelle
altre dieci occorrenze in riferimento allet. Lattributo alluder piuttosto
alle dimensioni della statua (Friedlaender; vd. anche Hanssen 1951, p. 202
n. 1). Da escludere invece lipotesi, gi sostenuta da Calderini (vd. anche
Schrevel) e riproposta da Stephenson e Paley-Stone, che lespressione
nasconda unadulazione di Domiziano, considerato implicitamente
Hercules magnus: il motivo encomiastico ricorrer solo alcuni anni pi
tardi in IX 64, 6 maiorem Alciden nunc minor ipse colit, in occasione
della costruzione del tempio di Ercole sulla via Appia menzionato supra.
fervet: per laccezione traslata di brulicare, essere affollato vd. ThlL VI
1, 593, 66 sgg.; OLD, s.v., nr. 4 b; laccostamento del verbo a pusilli mette

Epigramma 47

343

efcacemente in risalto la grande venerazione per una statuetta (cfr. IX 43,


2 exiguo magnus in aere deus). Meno probabile linterpretazione del verbo
in senso proprio, sostenuta da Izaac (o le soleil chautte le sanctuaire
dHercule enfant).
5. raeda: termine di origine gallica (cfr. Quint. inst. I 5, 57 e vd. ErnoutMeillet, p. 563); indica un carro a quattro ruote, che veniva trainato da
due o quattro cavalli, in grado di portare numerosi viaggiatori e un grande
carico: cfr. Iuv. 3, 10 tota domus (sc. Umbrici) raeda componitur una; vd.
RE I A 41, 7-42, 17; Daremberg-Saglio IV, p. 862 sg.; in Marziale ricorre
ancora in X 14, 1. Qui sinonimo di carruca (cfr. v. 8).
6. omnis: sugli accusativi plurali in -is vd. la n. a 10, 2. beati: beatus
riferito a terreni signica produttivo, fertile (vd. ThlL II 1918, 57-67):
cfr. IV 64, 1 sg. Iuli iugera pauca Martialis / hortis Hesperidum beatiora;
VIII 40, 1 sg. non horti neque palmitis beati / custos; Hor. epod. 16,
41 arva beata petamus; Ov. epist. 16, 177 Asiae, qua nulla beatior ora est;
Tac. hist. III 66, 2 beatos Campaniae sinus; Stat. silv. I 3, 15 sg. beatis /
locis; Apul. met. VI 35 magnos et beatos agros possidebat. trahens
ruris: il testo corretto, ampiamente diffuso nella tradizione umanistica,
congettura non difcile a partire dal testo di (trahens iuris; la stessa
corruttela in IV 79, 2 rus , edd.: ius ). Lordo verborum della seconda
famiglia metricamente inaccettabile.
7. frutice nobili caules: caulis qui usato per brassica, termine che
sostituisce a partire dal I sec. d.C. (vd. ThlL III 653, 47 sgg. i. q. brassica;
Andr 1956, p. 77 sg.): cfr. XIII 17 tit. fascis coliculi. ne tibi pallentes
moveant fastidia caules, / nitrata viridis brassica at aqua; il diminutivo
coliculus ricorre in V 78, 7; XII 25, 4; XIV 101, 2. Mobili errore di stampa
in SB1, corretto in SB2 (vd. p. VII). Per nobilis quale epiteto di verdura cfr.
V 78, 19 succurrent tibi nobiles olivae.
8. utrumque porrum: entrambi i tipi di porro sono presenti negli Xenia:
cfr. XIII 18 tit. porri sectivi. la Tarentini graviter redolentia porri /
edisti quotiens, oscula clusa dato; 19 tit. porri capitati. mittit praecipuos
nemoralis Aricia porros: / in niveo virides stipite cerne comas. Sui due
tipi vd. Andr 1956, p. 259. I porri facevano parte della gustatio: cfr. V 78,
3 sg. non derunt tibi, si soles
, / viles Cappadocae gravesque
porri; X 48, 8 sg. et varias quas habet hortus opes, / in quibus est tonsile
porrum; XI 52, 5 sg. prima tibi dabitur ventri lactuca movendo / utilis
et porris la resecta suis. Ricette con i porri sono presenti in Apic. III 10

344

M. Val. Martialis liber tertius

(vd. Andr 1981, pp. 27 sg.; 32.). sessiles lactucas: un tipo di lattuga
chiamata Laconica: cfr. Plin. nat. XIX 125; viene menzionata da Marziale
anche in X 48, 9 lactuca sedens; vd. Andr 1956. Il nesso ricorre nella
stessa posizione metrica in Priap. 51, 19. Anche la lattuga fa parte della
gustatio: vd. la n. a 50, 4. Sui suoi poteri lassativi vd. lepigr. 89 di questo
libro.
9: sul potere lassativo della bietola cfr. Plin. nat. XIX 135 mira differentia, si vera est, candidis (sc. betis) alvum elici, nigris inhiberi; XX 71
coquitur et cum lenticula addito aceto, ut ventrem molliat; vd. anche
Diosc. II 123. Marziale nomina la bietola ancora soltanto in XIII 13
ut sapiant fatuae, fabrorum prandia, betae, / o quam saepe petet vina
piperque cocus!
10. coronam pinguibus gravem turdis: i tordi venivano legati insieme
a formare una sorta di corona, come testimoniato anche in XIII 51 tit.
turdorum decuria. texta rosis fortasse tibi vel divite nardo, / at mihi de
turdis facta corona placet (vd. ThlL IV 987, 74 sg.; per unanalogo uso
di corona cfr. XII 32, 19; XIII 35, 2). Il tordo era considerato un cibo
prelibato: cfr. XIII 92 inter aves turdus, si quid me iudice certum est, /
inter quadrupedes mattea prima lepus; vd. anche III 77, 1; VI 75, 1; VII
20, 6; Hor. epist. I 15, 40 sg.; Macrob. Sat. III 13, 12; il suo prezzo era alto:
cfr. Varro rust. III 2, 15; vd. Andr 1981, p. 122; veniva cacciato nei poderi
suburbani: cfr. II 40, 3; III 58, 26; IV 66, 6; XI 21, 5. Era fra i doni che si
inviavano agli amici nella celebrazione dei Caristia il 22 febbraio: cfr. IX
54; 55 con il commento di Henriksn.
11: i cani da caccia gallici erano rinomati: cfr. Gratt. cyneg. 156 magnaque diversos extollit gloria Celtas (vd. per Verdire, ad loc., che ritiene
si tratti dei Celti orientali o Galati); Arrian. cyneg. 3, 6; Oppian. cyneg. I
373; sullargomento vd. Orth, RE VIII, s.v. Hund, 2553, 23 sgg.; Orth,
RE IX 1, s.v. Jagd; Toynbee 1973, p. 108 sgg. Il canis Gallicus che insegue
una lepre ricorre in unelaborata similitudine di Ovidio (met. I 533 sgg., a
proposito di Apollo e Dafne): ut canis in vacuo leporem cum Gallicus arvo
/ vidit, et hic praedam pedibus petit, ille salutem / (alter inhaesuro similis
iam iamque tenere / sperat et extento stringit vestigia rostro; / alter in
ambiguo est, an sit comprensus et ipsis / morsibus eripitur tangentiaque
ora relinquit) / sic deus et virgo, est hic spe celer, illa timore (vd. Bmer2,
ad loc.). In Marziale cfr. XIV 200 tit. canis vertragus. non sibi sed domino
venatur vertragus acer, / inlaesum leporem qui tibi dente feret (vertragus

Epigramma 47

345

vocabolo di origine celtica o gallica che indica la velocit: cfr. Arrian.


cyneg. 3, 6). Per luso di cani Gallici come animali domestici cfr. XIV 198
tit. catella Gallicana con il commento di Leary1. Il muso di un cane gallico
menzionato come termine di paragone dispregiativo in Catull. 42, 8-10
illa, quam videtis / turpe incedere, mimice ac moleste / ridentem catuli
ore Gallicani. Gallici canis dente: diversamente da quanto attestato
dagli editori, la lezione corretta, ampiamente presente nella tradizione
umanistica, ricorre gi in V, quindi in BGh. Si tratta senzaltro di una
congettura: la lezione dellarchetipo della terza famiglia era gallici canis
dentes, attestata da EA.
12. nondum victa faba: le fave erano usate come alimento per
il bestiame: cfr. Varr. rust. II 4, 6 alitur (sc. sus) maxime glande, deinde
faba et hordeo; Colum. VII 9, 9 (suibus) fabae cum vilitas permittit,
facienda est potestas; Plin. nat. XVIII 120 eius (sc. fabae) namque siliquae
caulesque gratissimo sunt pabulo pecori. La loro durezza (cfr. Catull. 23,
21 id durior est faba et lapillis) ne impediva il consumo al porcello lattante:
cfr. Varr. rust. II 4, 17 amisso nomine lactantes dicuntur nefrendes ab eo,
quod nondum fabam frendere possunt. Lablativo svolge una funzione
appositiva nei confronti di lacteum. lacteum porcum: apprezzamento
per il porcellino da latte espresso in XIII 41 tit. porcellus lactans. lacte
mero pastum pigrae mihi matris alumnum / ponat, et Aetolo de sue
dives edat. Il maiale era cibo comune sulla tavola dei Romani: cfr. II 37,
2; VIII 22, 1; XIII 35; XIV 71. Apicio fornisce numerose ricette per
cucinarlo e per salse con cui condirlo (VIII 7, 1-17); una ricetta specica
per il porcellus lactens si trova in Apic. exc. p. 130. Lattributo lacteus reca
altrove in Marziale una nota cromatica (candidus): cfr. I 36, 6 lactea colla;
III 58, 22 lactei vernae; VIII 45, 2 lactea gemma. Solo in questo passo
equivale a lactans o lactens (sullammissibilit di entrambe le forme vd. il
commento di Citroni a I 43, 7): vd. ThlL VII 2, 848, 15 sgg.; 850, 9 sgg.
13 sg.: anche il battistrada (cursor) impegnato a portare uova. Il cursor
era uno schiavo che precedeva il carro o la lettiga del dominus, per il quale
costituiva principalmente un segno di prestigio: cfr. XII 24, 7; Sen. epist.
87, 9; 123, 7; Petron. 28, 4; Iuv. 5, 52; Suet. Nero 30, 3; Vopisc. Aurelian.
49, 7. tuta faeno ova: il eno proteggeva le uova durante il trasporto:
cfr. Iuv. 11, 70 sg. grandia praeterea tortoque calentia feno / ova.
15: lultimo verso realizza l
: il lungo e dettagliato
catalogo dei prodotti trasportati da Basso sembra magnicare al lettore

346

M. Val. Martialis liber tertius

leccezionale produttivit del suo podere (cfr. v. 6 beati ruris), ma prepara


in realt la pointe nale. Basso costretto a portare da Roma ogni sorta di
prodotto alimentare, poich il suo rus suburbanum assolutamente sterile,
come ricordato da Marziale anche in III 58, 45-51 in conclusione della
vivida descrizione della prospera villa baiana di Faustino: at tu (sc. Basse)
sub urbe possides famem mundam / et turre ab alta prospicis meras laurus,
/ furem Priapo non timente securus; / et vinitorem farre pascis urbano /
pictamque portas otiosus ad villam / holus, ova, pullos, poma, caseum,
mustum. / rus hoc vocari debet, an domus longe? La scarsa produttivit
delle ville romane ancora schernita in X 96, 7-10, dove Marziale vi
contrappone la prosperit delle rustiche tenute spagnole: pascitur hic, ibi
pascit ager; tepet igne maligno / hic focus, ingenti lumine lucet ibi; / hic
pretiosa fames conturbatorque macellus, / mensa ibi divitiis ruris operta
sui; vd. anche VII 31, 8-12, in cui Marziale scherza con Regolo sulla sterilit
del suo podere: nil nostri, nisi me, ferunt agelli. / quidquid vilicus Umber
aut colonus / aut rus marmore tertio notatum / aut Tusci tibi Tusculive
mittunt, / id tota mihi nascitur Subura; X 58, 9 dura suburbani dum
iugera pascimus agri; 94, 5 sg. haec igitur media quae sunt modo nata
Subura / mittimus autumni cerea poma mei. La lezione Urbem della
seconda famiglia (e, per contaminazione, di Vs.l.), accolta da tutti gli
editori, appare senzaltro preferibile a Romam di : il verso contrappone
citt e campagna, luna meta presunta, laltra meta reale del viaggio di Basso.
Romam sar probabilmente, come ipotizzato da Heraeus, p. XXXI, una
glossa esplicativa penetrata nel testo (vd. anche Lindsay 1903, p. 30). Tale
tendenza ben documentata nella terza famiglia (vd. Heraeus 1925, p. 320
sg.); per un caso analogo cfr. VI 21, 8 tam frugi Iuno vellet habere virum
(virum , edd.: Iovem ). Romam petebat ricorre come inizio di verso
in III 14, 1. immo: spesso usato da Marziale dopo uninterrogativa per
introdurre l
: vd. la n. a 41 (40), 4.

Epigramma 48

347

48
Pauperis exstruxit cellam, sed vendidit Olus
praedia: nunc cellam pauperis Olus habet.
hab. R post 46 hab. Q tit. ad olum R
1 cellam RLPfX: cellas Q cellam cellam EAV
vendidit R AXV: vendidi EV vindedit R olus R X: holus V om. EAV 2 praedia
R Vin mg.: pr(a)etia EAXV nunc RPQf : nulla L pauperis olus R XVs.l.: paupe
tusolus EA pauper tu solus V

Olo ha costruito la stanza del povero, ma ha venduto


le terre: ora Olo possiede la stanza di un povero.
Nella opulenta Roma dei Flavi era diffusa fra i ricchi la moda di simulare
per gioco la povert. Seneca a diffondersi su questa degenerazione morale
e a parlare delle cosiddette cellae pauperum, stanzette disadorne, costruite
nei pressi di ricchissime ville, dove ci si isolava talvolta ngendo di essere
poveri: in una lettera egli suggerisce a Lucilio di abituarsi alla povert per
qualche giorno, quasi come ammaestramento morale, aggiungendo per:
non est nunc quod existimes me dicere Timoneas cenas et pauperum cellas
et quidquid aliud est per quod luxuria divitiarum taedio ludit: grabattus
ille verus sit et sagum et panis durus ac sordidus (epist. 18, 7); egli ritorna
sullargomento successivamente, ribadendo il giudizio di condanna (epist.
100, 6): desit sane varietas marmorum et concisura aquarum cubiculis
interuentium et pauperis cella et quidquid aliud luxuria non contenta
decore simplici miscet. Sulla simulazione di povert da parte dei ricchi cfr.
ancora Sen. dial. XII 12, 3 nec tantum condicio illos (sc. locupletes) temporum aut locorum inopia pauperibus exaequat: sumunt quosdam dies,
cum iam illos divitiarum taedium cepit, quibus humi cenent et remoto
auro argentoque ctilibus utantur. dementes! hoc, quod aliquando
concupiscunt, semper timent. Olo, protagonista dellepigramma, si era fatto
costruire una cella pauperis, dove si atteggiava talvolta a povero; ma ha
venduto i suoi praedia e gli rimasta soltanto la stanzetta. Linterpretazione
prevalente dellepigramma (vd., ad es., Friedlaender, Ker, Izaac) appare la
pi convincente: Olo nito in rovina e, costretto a vendere tutti i suoi
terreni, ora deve vivere in quella che divenuta, per ironia della sorte, una

348

M. Val. Martialis liber tertius

vera cella pauperis. La ripetizione del nesso nel secondo verso con spostamento
del signicato realizza larguzia beffarda del componimento: la condizione prima
simulata ora reale. Marziale pregura un simile destino ad uno spendaccione
nel monostico VII 98 omnia, Castor, emis: sic et ut omnia vendas. Piuttosto
lambiccata e scarsamente persuasiva linterpretazione di SB2, p. 235 n. e (gi
avanzata in Shackleton Bailey 1978, p. 276 = Id. 1997, p. 68), per il quale: Olus
had not become poor in earnest; he still owned the house. The point is in the
double sense of habere, have and own (especially of land). The land Olus used
to own is now represented by the poor mans cubbyhole which was built out
of the proceeds of the sale. Olo dunque avrebbe venduto soltanto i terreni e
Marziale ironizzerebbe sul fatto che i suoi possedimenti si riducono ora alla cella
pauperis. Ma se Olo non divenuto povero, non si vede il motivo per cui avrebbe
dovuto, pur vendendo i suoi terreni, conservare la sola cella. La conclusione
sarebbe sorprendentemente priva di sale. Neanche i passi citati da SB2 a sostegno
della sua interpretazione (X 31, 6; XII 16, 3) appaiono adeguati: in X 31 Marziale
sferza un certo Calliodoro che ha venduto un servo per acquistare un mullus
di quattro libbre e bene cenare una sola volta; la sua conclusione spietata:
non est hic, improbe, non est / piscis, homo est; hominem, Calliodore, comes.
Lespressione hominem comes, con cui Marziale esprime icasticamente lo stolto
spreco di Calliodoro, non certo paragonabile al v. 2 di questo epigramma come
vorrebbe spiegarlo SB (una simile equazione realizza XII 16 addixti, Labiene,
tres agellos; / emisti, Labiene, tres cinaedos; / pedicas, Labiene, tres agellos, dove
per presente anche una allusione erotica). In entrambi gli epigrammi addotti
da SB immediamente percepibile la condanna morale del comportamento dei
protagonisti, mentre in questo caso non vi sono elementi che muovano verso
tale interpretazione. Il nome Olo ricorre in Marziale ancora in II 68; IV 36; VII
10; X 54, sempre per persone ttizie.
2. nunc: lavverbio evidenzia la distanza del presente dal passato: cfr. III
24, 13; VI 71, 6; IX 95, 1; XII 33, 2. habet: il verbo viene comunemente
interpretato nel senso di abitare (Ker, Izaac, Norcio, Scndola), per cui
cfr. Verg. Aen. VII 131 quae loca quive habeant homines (vd. Serv. ad loc.:
habeant habitent); Ov. rem. 630 alter, si possis, orbis habendus erit; tuttavia
in questa accezione il verbo utilizzato sempre in modo assoluto (vd. ThlL
VI 3, 2401, 6 sgg.; lunica eccezione appunto Ov. rem. 630). Forse pi
probabile intendere habet in senso proprio, supponendo che la concisa
espressione epigrammatica sottintenda tantum o nil nisi.

Epigramma 49

349

49
Veientana mihi misces, ubi Massica potas:
olfacere haec malo pocula quam bibere.
hab. T tit. ad rufum T : ad vuam (aut uvam)
1 veientana PQf : vegentana T valenta
L ubi T : tu c ed. Ferr. tibi ed. Ald. Ramirez de Prado massica TPQf : marsica
L potas T AX: poetas EV ponis Ramirez de Prado 2 olfacere TLPQf : olfascere f
malo T AV: mallo EAX

Mi mesci vino di Veio dove tu bevi Massico:


preferisco annusare queste coppe che bere.
Lepigramma prende di mira un malcostume diffuso al tempo: molti
patroni facevano servire ai loro clienti cibi e vini pi scadenti di quelli che
riservavano per s. Lamentele per la disparit di trattamento a tavola sono
frequenti in Marziale: sul vino cfr. III 82, 22-25 Ligurumque nobis saxa
cum ministrentur / vel cocta fumis musta Massilitanis, / Opimianum
morionibus nectar / crystallinisque murrinisque propinat; IV 85, 1 sg.
nos bibimus vitro, tu murra, Pontice, quare? / prodat perspicuus ne duo
vina calix; IX 2, 5 sg. incensura nives dominae Setina liquantur, / nos
bibimus Corsi pulla venena cadi; vd. anche X 49; XII 27 (28); Iuv. 5, 24
sgg.; 51 sg.; Lucian. merc. cond. 26; Sat. 22; sulla disparit dei cibi vd. la n.
intr. allepigr. 60. Luso di servire ben tre qualit diverse di vini, in relazione
al prestigio degli ospiti, testimoniato da Plinio il Giovane (epist. II 6), il
quale narra di aver cenato apud quendam, ut sibi videbatur, lautum et
diligentem, ut mihi, sordidum simul et sumptuosum. nam sibi et paucis
opima quaedam, ceteris vilia et minuta ponebat. vinum etiam parvis
lagunculis in tria genera discripserat, non ut potestas eligendi, sed ne ius
esset recusandi, aliud sibi et nobis, aliud minoribus amicis (nam gradatim
amicos habet), aliud suis nostrisque libertis; Plinio afferma con orgoglio di
seguire una consuetudine diversa (eadem omnibus pono), ma lascia
intendere che doveva trattarsi di un comportamento non diffuso; luso
testimoniato ancora da Plin. nat. XIV 91 idem Cato cum in Hispaniam
navigasset, unde cum triumpho rediit non aliud vinum-inquit-bibi
quam remiges, in tantum dissimilis istis qui etiam convivis alia quam

350

M. Val. Martialis liber tertius

sibimet ipsis ministrant aut procedente mensa subiciunt; Petron. 31, 4 sg.
ad summam, statim scietis ait cui dederitis benecium: vinum
dominicum ministratoris gratia est; vd. anche Val. Max. IV 3, 11; Suet.
Iul. 48; Spart. Hadr. 17, 4. Sebbene il tema dellepigramma sia
immediatamente riconoscibile, la precisa esegesi dei versi ha creato diversi
problemi: al v. 1 ubi stato interpretato in senso avversativo (vd., ad es.,
Ker: whereas; Izaac: alors que; Norcio: ma). Tale accezione
dellavverbio non sembra per essere attestata (vd. OLD, s.v.; HofmannSzantyr, p. 651 sgg.). Muovendo da questa considerazione Ker 1950, p. 16
ha proposto di correggere in tibi (come gi nellAldina del 1501; tu si trova
in c e nelledizione ferrarese; per il testo di Ramirez de Prado vd. infra). La
congettura, pur facilmente giusticabile sotto laspetto paleograco,
introduce un dativus commodi poco appropriato al contesto (n costituisce
un parallelo adeguato VII 54, 8 dormi tibi, citato da Ker). Consapevole
delle difcolt linguistiche del testo di Ker, SB1, agendo in modo ancor pi
radicale, legge tibi ponis, citando come esempio per la corruttela IV
69, 1 tu Setina quidem semper vel Massica ponis (ponis
: potas T). Il
suo intervento, peraltro gi proposto da Ramirez de Prado, per
scarsamente persuasivo, non solo per essere poco economico, ma anche
per via della trasmissione concorde del testo da parte di tutte e tre famiglie,
che rende piuttosto improbabile la doppia corruttela (per lintera opera di
Marziale Reeve 1983, p. 243 cita solo sei casi di errore comune a tutta la
tradizione). Lo stesso SB si mostra forse non troppo convinto della
soluzione proposta, che pure accoglie nel testo, quando scrive in apparato,
discutendo la presunta corruzione in potas: potuit etiam nomen, ut Corde,
excidere, tum trad. supponi. Al v. 2 per Friedlaender haec pocula si riferisce
alla coppa dellantrione, mentre bibere sottintende mea; egli cos parafrasa
il verso: Ich will lieber an den letzteren Bechern riechen als (aus den mir
vorgesetzen) trinken. La sua interpretazione accolta da Izaac e Norcio
(Preferisco odorare le tue coppe che bere le mie). Il dettato del verso
suggerisce per di intendere haec come oggetto di entrambi i verbi. Cos
fa Ker, per il quale per lespressione haec pocula sottintende mea (I
would rather smell these cups of mine than drink them). tuttavia
evidente che il profumo di cui si pu accontentare Marziale pu essere
soltanto quello del pregiato Massico. Per SB inne haec si riferirebbe, con
una licentia inconsueta per Marziale, ad entrambe le coppe: Massica,
quae potare non licet, olfacere mavult quam Veientana bibere (haec ad

Epigramma 49

351

utraque spectat; licentiam quodam modo similem praebet X 24, 4


quinquagensima liba septimamque / vestris addimus hanc focis acerram)
(SB1, p. 97). Le numerose difcolt insite nel testo si possono superare se
si mantiene al v. 1 il testo trdito e si attribuisce ad ubi valore locale,
interpretando, come Paoli, p. 105, nel bicchiere in cui: lospite serve ai
suoi commensali vino di Veio nella stessa coppa in cui egli ha bevuto il
pregiato Massico. Tale azione fa parte della propinatio, lusanza di bere in
una coppa, che poi veniva di nuovo riempita e passata ai convitati
(sullargomento vd. Daremberg-Saglio, s.v. comissatio, II, p. 1373 sg.;
Marquardt 1886, p. 336). Per altre testimonianze sulla propinatio in
Marziale cfr. II 15; VI 44, 6; VIII 6, 13 sg.; XII 74, 9 sg.; vd. inoltre Sen.
ben. II 21, 5; Iuv. 5, 127-129. Questa esegesi consente di risolvere anche i
problemi del v. 2, poich haec pocula pu essere considerato, come
naturale, oggetto sia di olfacere che di bibere: allospite che beve dellottimo
Massico, facendo poi servire nelle stesse coppe agli altri scadente vino di
Veio, Marziale fa sapere con humour che preferisce annusare il profumo
che il Massico ha lasciato nella coppa piuttosto che bervi del pessimo vino
di Veio. La struttura tra le pi frequenti nei monodistici marzialiani: alla
narratio del v. 1 segue il il commento del poeta al v. 2. La collocazione dei
verbi alle estremit del pentametro mette in rilievo laspetto paradossale di
un simposio in cui meglio annusare che bere. Il nome proprio del
personaggio preso di mira nellepigramma assente; si tratta di un caso
poco frequente: in questo libro cfr. epigr. 23, dove, come qui, manca
completamente lapostrofe; vd. anche 85, 2 con la generica apostrofe
marite; in altri libri cfr. II 61; 76; IV 88; V 27; 60; 62; VIII 14; 34; 47; 74;
XI 22. Appare dunque curioso il titolo Ad Rufum di T (e ancor pi
incomprensibile risulta Ad vuam o Ad uvam di ). Lindsay 1903, p. 54,
che riteneva il titolo di una corruttela di quello di T , avanzava, in via
fortemente dubitativa, lipotesi che tale titolo potesse rappresentare una
tradizione credibile che lepigramma fosse realmente indirizzato ad un
Rufus tra i vari presenti nel corpus epigrammatico di Marziale. Un caso
analogo si verica in XI 22, dove, in assenza del nome proprio,
T tramandano il titolo Ad Phoebum; l, secondo lo studioso, ladeguatezza
del nome, altrove utilizzato da Marziale per lo stesso tipo (cfr. III 73),
certainly affords strong presumption of accuracy (Lindsay 1903, p. 54).
Lipotesi mi sembra in entrambi i casi improbabile: in questo poich il
bersaglio dellepigramma con ogni probabilit il ricorrente tipo comico

352

M. Val. Martialis liber tertius

dellantrione avaro e non una persona reale; anche nellaltro, se si tratta di


un tipo, non si vede perch, non attribuendogli un nome proprio
nellepigramma, Marziale avrebbe dovuto farlo nel titolo. In entrambi i
casi non escluderei uninterpolazione basata su altri epigrammi: per XI 22
il gi citato III 73, per questo lepigr. 94 di questo libro, in cui Rufo
rappresenta, come qui, il tipo dellantrione avaro (vd. la n. intr., ad loc.).
Difcilmente inoltre il titolo di (Ad uvam o Ad vuam) potr essere
considerato corruttela di Ad Rufum, come sostenuto da Lindsay. La
menzione delluva in un epigramma che tratta di vini pu essere
giusticabile, pur nella bizzarria della forma (ci si aspetterebbe semmai De
uva). Un caso analogo V 27, in cui reca il titolo Ad Paulum, senza che
il bersaglio dellepigramma sia nominato (vd. la discussione di Canobbio
2002, p. 119 sg.). Per un altro caso di titolo poco comprensibile in questo
libro vd. la n. intr. allepigr. 92.
1. Veientana: sc. vina (sulluso del neutro plurale vd. la n. a 26, 3 Massica); Marziale attesta la qualit scadente del vino di Veio anche in I 103, 9 et
Veientani bibitur faex crassa rubelli; II 53, 3 sg. liber eris / Veientana
tuam si domat uva sitim; cfr. anche Hor. sat. II 1, 143; Pers. 5, 147; in
generale i vini etruschi appaiono mediocri: cfr. Mart. I 26, 5 sgg.; vd. anche
XIII 118, 2, dove per SB2 e Leary2 accolgono la congettura Latiis per
Tuscis di Gilbert (sulla questione vd. il commento di Leary2, ad loc.). Per
una rassegna sui vini in Marziale vd. La Penna 1999, pp. 163-181. Massica:
sul Massico, fra i vini pi celebrati dellantichit, vd. la n. a 26, 3. Sulluso
del neutro plurale vd. la n. a 26, 3 Massica.
2: lintensit del profumo del Massico testimoniata da Hor. sat. II 4,
51 sgg. Massica si caelo suppones vina sereno, / nocturna siquid crassi
tenuabitur aura / et decedet odor nervis inimicus; sullargomento vd. Lilja
1972, p. 119. olfacere: il verbo appartiene alla lingua duso; assente in
poesia elevata, ricorre solo due volte in Catullo, una in Fedro e Giovenale,
tre in Marziale. bibere: per la chiusa del pentametro con una sillaba breve,
per lo pi evitata nella poesia augustea, vd. la n. a 19, 6 fera.

Epigramma 50

353

50
Haec tibi, non alia, est ad cenam causa vocandi,
versiculos recites ut, Ligurine, tuos.
Deposui soleas, adfertur protinus ingens
inter lactucas oxygarumque liber;
alter perlegitur, dum fercula prima morantur;
tertius est, nec adhuc mensa secunda venit;
et quartum recitas et quintum denique librum.
Putidus est, totiens si mihi ponis aprum.
Quod si non scombris scelerata poemata donas,
cenabis solus iam, Ligurine, domi.

10

vv. 1-2 hab. R


tit. ad ligurinum RLPfEAV: ad legurinum X ad legurnum Q
2
ligurine
: legurine R 3 deposui f : deusui LP derisui Q soleas EAXV: solas
A 4 oxygarumque LPfVin mg.: ossigarumque Q ostygarumque EAX ostiarumque
V origanumque fs.l. 5 perlegitur dum LPQfVs.l.G: porrigitur dum fin mg.XCG
perge tordum EAVG 6 tertius XV: testius EA nec : neque
venit Vs.l.:
fuit EAXV 7 librum Vs.l.: bruma EAV broma XC 8 putidus EAV: putridus X
est QEAX: es LPQfV totiens LQfV: toties EAX quotiens P

Questa e non altra la causa per cui inviti a cena:


recitare, o Ligurino, i tuoi versicoli.
Ho appena posato i sandali e subito viene portato
fra la lattuga e la salsa di pesce un gran libro;
un secondo viene letto per intero, mentre il primo piatto tarda;
eccone un terzo e ancora non arriva la seconda portata;
reciti un quarto e inne un quinto libro.
nauseante anche il cinghiale, se me lo servi tante volte.
Per cui, se non doni agli sgombri le tue scellerate poesie,
dora in poi cenerai, o Ligurino, a casa da solo.

10

Il terzo epigramma del ciclo contro Ligurino (cfr. 44 e 45) descrive


la cena offerta dal poetastro al solo scopo di recitare i propri versi.
Nellepigr. 45 Marziale ha gi ironizzato sulla fuga dalla cena di Ligurino,
ora essa viene rappresentata nel suo svolgimento. Lepigramma ha una
struttura tripartita: il primo distico espone lassunto di partenza, che viene

354

M. Val. Martialis liber tertius

dimostrato attraverso la concreta descrizione della cena, che occupa il


corpo centrale del componimento (3-8). Marziale dipinge argutamente
la presenza opprimente dei libri, che, presentati inizialmente insieme
ai cibi (3 sg.), vanno progressivamente a prenderne il sopravvento (37), in una climax che culmina nel v. 7, in cui compaiono ben due libri,
ormai padroni assoluti della scena. Il poeta osserva, attenendosi alla sfera
gastronomica, che anche il cinghiale, uno tra i cibi pi rafnati, verrebbe
a noia se proposto in continuazione (8). Gli ultimi versi assumono un
tono minaccioso: se Ligurino non destiner alle amme le sue poesie, le
sue cene saranno disertate da tutti. Lepigramma si chiude dunque con
un signicativo richiamo alla fuga dal poetastro, vero Leitmotiv del ciclo
(cfr. 44, 1 sgg.; 45, 1 sg.). Sulla diffusa abitudine di recitare a cena i propri
versi vd. la n. intr. allepigr. 45. Il tema dellospite che recita i propri versi
lasciando a digiuno i convitati gi sviluppato da Lucillio, specialmente in
AP XI 394, con cui questo epigramma mostra evidenti afnit:

Per una puntuale analisi comparativa tra i due componimenti vd. Burnikel
1980, p. 26 sg. Notevoli somiglianze sono per state evidenziate da Citroni
1985, p. 189 anche con AP XI 137 (specialmente vv. 1-3).
2. versiculos: il diminutivo versiculi, che in Marziale ha sempre valenza
dispregiativa (vd. la n. a 9, 1 versiculos), contrasta con la quantit e il
volume dei libri di Ligurino (cfr. 3 sg. ingens / liber). - recites ut: sulla
posposizione della particella vd. la n. a 19, 5; in questo epigr. cfr. anche v.
8 totiens si.
3-7: nel descrivere la presentazione dei libri Marziale dedica due versi
(3 sg.) al primo, uno al secondo e al terzo (5 sg.), uno solo al quarto e al
quinto (7): la lunghezza decrescente dei cola riservati ai singoli libri esprime
efcacemente lincalzante successione dei libri e il senso di oppressione
provocato nei commensali.
3 sg. Deposui soleas: prima di stendersi sui letti tricliniari per mangiare i
Romani si toglievano i calzari, consegnandoli al loro servo (cfr. VIII 59, 13 sg.;

Epigramma 50

355

XII 87; vd. anche Hor. epist. I 13 ,15). Deponere soleas (e simili espressioni)
denota dunque la fase preliminare della cena: cfr. Plaut. Most. 384; Truc. 367;
479; poscere soleas indica invece lintenzione di abbandonare il convivio: cfr.
Hor. sat. II 8, 77. La paratassi (deposui adfertur) mette efcacemente in
risalto la rapidit con cui la recitazione ha inizio, quando il poeta ha avuto
appena il tempo di prendere posto sul letto tricliniare. - adfertur protinus
ingens: lespressione produce lattesa di una eccezionale portata, la cui
menzione viene ritardata dalla collocazione alla ne del verso successivo.
Ingens attributo caro allepica, spesso collocato in ne di verso (vd. EV, s.v.
ingens, II, p. 968 sg.); per luso in un contesto di parodia epica vd. la n. a 24,
9 ingens iratis apparuit hirnea sacris. - inter lactucas oxygarumque: si tratta
della gustatio, di cui la lattuga era parte abituale: cfr. V 78, 4; X 48, 9; XI 52,
5; XIII 53, 1 sg.; Hor. sat. II 4, 59; 8, 8. In tempi precedenti a Marziale veniva
tuttavia consumata alla ne del pasto: cfr. XIII 14 tit. lactucae. cludere quae
cenas lactuca solebat avorum, / dic mihi, cur nostras inchoat illa dapes? In
generale vd. Andr 1981, p. 176 sg. Loxygarum era composto da garum
misto ad aceto: cfr. Apic. VIII 4, 2; I 32 (18); I 34 (20); vd. ThlL IX 2, 1209,
5-22; RE VII 844, 51 sgg. Il sostantivo ricorre soltanto qui in poesia. Lactuca
e oxygarum sono associati nella gustatio anche in CGL III 658, 6. - liber:
linattesa e sorprendente menzione del libro, che Marziale rappresenta come
recato in tavola in mezzo alle vivande, realizza una sorta di
al mezzo. Per lespressione cfr. Hor. sat. II 8, 42 sg. adfertur squillas inter
murena natantis / in patina porrecta.
5: non ancora giunto il primo piatto ed gi letto per intero un secondo
libro. Ad una recitazione continua, che non concede requie (ben espressa
dal composto perlegitur), fa da contraltare lassenza di cibi (fercula prima
morantur). Senzaltro da scartare dunque porrigitur di XCGf, accolto
da Schneidewin e Gilbert. Tale lezione di certo un tentativo congetturale
di X a fronte del testo corrotto nellarchetipo della famiglia, attestato da
EAV. - dum fercula prima morantur: per questaccezione di morari
(OLD, s.v. moror, 8 b to be late in appearing) cfr. XIV 119, 1 (tit. matella
ctilis) dum poscor crepitu digitorum et verna moratur, / o quotiens
paelex culcita facta mea est!; Apul. met. V 2 nec tibi regales epulae
morabuntur. Poco persuasiva lesegesi di Ker (while the rst course
stands waiting) e Izaac (pendant que le premier service attend), che
attribuisce un valore inconsueto a moror; lattesa dei cibi che non arrivano
caratterizza questo verso e il successivo.

356

M. Val. Martialis liber tertius

6. nec adhuc: la lezione di da preferire a neque di , accolta tra gli


editori moderni soltanto da Schneidewin2 e Gilbert: nei versi dattilici di
Marziale neque davanti a vocale ricorre nellesametro soltanto per quattro
volte nella formula cristallizzata neque enim e nel pentametro una volta
in XIV 94, 2 neque ardenti; una sola volta davanti a consonante (VII 14,
7, corretto da alcuni editori). Nec adhuc ricorre in Marziale ancora in IV
10, 1; VI 38, 1; VIII 28, 11. La stessa alternanza nec / neque in X 51, 11
nec Marcelli , edd.: neque M. . Sulla preferenza dei poeti augustei per
nec vd. Axelson 1945, p. 115 sgg.; Mueller, De re metrica, p. 503 sgg.;
per luso di Virgilio vd. G. Pascucci, s.v. negazioni, in EV III, p. 680; in
generale vd. Hofmann-Szantyr, p. 451 sg.; Lfstedt, Syntactica, I2, p. 331
sgg. - mensa secunda: sulla secunda mensa, equivalente al nostro dessert,
vd. la n. a 17, 1 mensis secundis. - venit: la lezione di senzaltro
preferibile a fuit di , accolta soltanto da Schneidewin1 e abbandonata
nella seconda edizione per venit; su questo genere di corruttela vd. H.
Sjgren, in Symbolae philologicae O.A. Danielsson octogenario dicatae,
Uppsala 1932, p. 342 sg.
7. librum: broma di XC stata accolta da Schneidewin e, nelloriginale
forma greca (
), da Gilbert, che la riteneva adatta al contesto (Nam
de libris hic poeta perinde loquitur ac si epulae essent Gilbert 1883, p. 1 n.
1) e citava per luso metaforico di
(= deliciae poematum) Aristoph.
fr. 347, 1 (PCG III 2). La lezione stata successivamente riproposta da W.
Schmid (Philologus 97, 1948, pp. 385-389) con laggiunta di altri esempi
greci. La metafora poesia / cucina frequente in Marziale, che forse per
questo ricevette lappellativo di coquus nel Medioevo: cfr. IX 81, 3 sg. nam
cenae fercula nostrae / malim convivis quam placuisse cocis; X 59, 3 sgg.
dives et ex omni posita est instructa macello / cena tibi, sed te mattea sola
iuvat. / non opus est nobis nimium lectore guloso: / hunc volo, non at
qui sine pane satur (su questo campo metaforico vd. Gowers 1993, p. 247
sgg.). Tuttavia numerose considerazioni depongono a sfavore di broma
/
(che sarebbe hapax nella letteratura latina): Marziale limita
luso della metafora ai contesti di critica letteraria; diversamente da quanto
sostenuto da Gilbert, qui non si parla di libri come fossero cibi, ma essi
vengono introdotti nella cena assieme alle vivande e progressivamente ne
prendono il posto (recitas sarebbe fuori luogo in un contesto metaforico);
larchetipo della terza famiglia doveva avere bruma (EAV), che si pu
agevolmente spiegare come corruttela di librum supponendo la caduta

Epigramma 50

357

della prima sillaba, supplita in un secondo momento con laggiunta di -a,


che consente di ottenere un sostantivo esistente e frequente in Marziale
(bruma), anche se assolutamente estraneo al contesto (vd. Lindsay 1903,
p. 15; Friedrich 1909, p. 109 n.). Tale genere di corruttela non raro nei
codici della terza famiglia: cfr. I 76, 9 Helicon: licon ; II 57, 3 lacernis:
cernis ; III 32, 2 vetula: tula EAV (vetula X); 45, 6 boletos: letos EAV
(boletos X); 58, 26 rete: te EAV; 58, 39 dona matrum: a matrum ; VII
8, 2 Odrysio: drisio ; X 18 (17), 5 libellis: bellis . Broma pertanto da
considerare congettura di X, conservata da C che di X copia.
8: persino il cinghiale d la nausea se proposto tante volte. Sul cinghiale,
cibo tra i pi apprezzati dai Romani, cfr. III 77, 2; VII 27; 78, 3; IX 14, 3;
48, 5 sgg.; X 45, 4; XII 17, 4; 48, 1; vd. ThlL II 209, 73 sgg.; Andr 1981,
p. 118 sg. Putidus attributo di tono colloquiale (vd. Grassmann 1966, p.
49 sg.); in poesia ricorre in Catullo (sei casi); in Licinio Calvo (un caso); in
Orazio, ma non nelle Odi (epod. 8, 1; sat. II 3, 75; 7, 21), in Catalepton
(due casi); nei Priapea (un caso); in Marziale ancora in XII 39, 2; cfr. anche
putidulus in IV 20, 4. Per la proliferazione nella lingua duso di termini che
esprimono il concetto di ripugnante, schifoso, ecc., vd. Hofmann, LU,
p. 301 sg. Qui lattributo va certamente inteso in senso traslato (vd. OLD
s.v., nr. 3); non persuasiva lintepretazione letterale di Bannier in ThlL,
s.v. aper, II 210, 20 sgg. (tempore rancidus vel putidus factus), seguita
anche da SB2: If you serve me boar this often, it stinks. Ker 1950, p.
13 ritiene aprum inaccettabile per il brusco cambiamento di soggetto e
propone di leggere aper, ponendo virgola dopo ponis. La considerazione
non tuttavia stringente: vd. al riguardo Housman, Manilius, I, p. XLI; A.
Hudson-Williams, Some other Explanations of Martial, CQ 46, 1952,
p. 22. Forse anche es attestato nella seconda famiglia e in V potrebbe
essere un tentativo di normalizzare la sintassi, anche se laplograa la
spiegazione pi economica (est totiens). - totiens si: per la posposizione
della particella vd. la n. a 19, 5. - ponis: per luso di ponere nel senso di
adponere vd. la n. a 45, 5.
9 sg.: Marziale minaccia Ligurino di abbandonarlo se non destiner i suoi
scritti criminali alle amme. Lespressione scombris poemata donare non
fa riferimento, come ritenuto da molti, alluso del papiro per avvolgere
i pesci in vendita al mercato (sul modello del celebre passo oraziano di
epist. II 1, 268 sgg.), bens, come stato dimostrato da Paoli 1932, pp.
33-37, al suo uso come involucro per cucinare il pesce al cartoccio. La

358

M. Val. Martialis liber tertius

pena costituisce un perfetto contrappasso per il poetastro: le opere che


egli propone ai suoi ospiti in luogo dei cibi dovranno servire per cucinare
il pesce. La prima attestazione letteraria di questo motivo Catull. 95, 7 sg.
at Volusi Annales Paduam morientur ad ipsam / et laxas scombris saepe
dabunt tunicas (su cui vd. il commento di Thomson), che certamente
costituisce il modello di questo verso. Per lesame della questione e le
altre occorrenze del motivo in Marziale vd. la n. a 2, 4 cordylas madida
tegas papyro. Quod si formula di passaggio, molto amata da Cicerone.
In poesia usata spesso da Lucrezio, Properzio, Orazio (soprattutto nelle
Epistole), ma anche da Virgilio (5 volte nellEneide), Tibullo (5 volte nel
Corpus), Ovidio e Lucano (8 volte). Non pu pertanto essere considerata
prevalentemente prosaica (vd. Axelson 1945, p. 47 sg.; Hofmann-Szantyr,
p. 571). In Marziale ricorre in II 8, 5; 24, 7; III 93, 23; V 80, 6; VII 38,
3; 68, 3; VIII 64, 16; IX 11, 8; XI 80, 7. Per il tono minaccioso cfr. VIII
64, 16 sgg. quod si ludis adhuc semelque nasci / uno iam tibi non sat
est in anno, / natum te, Clyte, nec semel putabo. - scelerata: lattributo
evidenzia argutamente lazione criminale della poesia di Ligurino, che
dunque merita una pena adeguata. - poemata: il sostantivo ricorre solo qui
in Marziale; per la semantica di poema, che spesso ha il valore generico
di poesia, vd. G. Forte, Contributo alla storia semantica di poema e
poesis, Rend. Acc. Arch. Lett. e Belle Arti di Napoli 44, 1969, pp. 223242; G. Senis, Inter poesin et poema, in Studi Noniani 11, Genova 1986,
pp. 191-204. Non si pu escludere un riferimento a poemi epici in senso
stretto, anche se il paragone con lo stesso cibo riproposto pi volte del v.
8 sembrerebbe orientare verso raccolte di brevi carmi, tali da creare un
effetto di ripetitivit. - iam: per questa accezione vd. OLD, s.v. iam, nr.
1 b; in Marziale cfr. I 112, 2 nunc bene te novi; iam mihi Priscus eris; III
78, 2 meiere vis iterum? iam Palinurus eris; IV 52, 2 qui modo cus eras,
iam capricus eris.

Epigramma 51

359

51
Cum faciem laudo, cum miror crura manusque,
dicere, Galla, soles Nuda placebo magis,
et semper vitas communia balnea nobis.
Numquid, Galla, times ne tibi non placeam?
hab. T tit. ad gallam T

2 dicere TLPQf : discere f

galla T

: galle T

Quando lodo il tuo viso, quando ammiro le tue gambe e le tue mani,
sei solita dire, o Galla: Nuda ti piacer di pi,
eppure eviti sempre i bagni comuni con me.
Forse, o Galla, temi che io non ti piaccia?
Alle lodi del poeta sulla sua bellezza Galla solita rispondere che nuda
riuscir ad affascinarlo ancora di pi. Eppure sfugge sempre dai bagni
comuni, che le offrirebbero loccasione di mostrare il proprio corpo nudo.
La conclusione di Marziale insinua il sospetto che Galla abbia qualche
difetto sico che desidera nascondere (cfr. III 72, 1 sg. vis futui nec vis
mecum, Saufeia, lavari. / nescio quod magnum suspicor esse nefas).
Marziale offre numerose testimonianze sui bagni comuni cfr. III [3]; 72;
87; VII 35; XI 47; 75; XIV 60; sullargomento vd. Busch 1999, pp. 487-502,
specialmente p. 490 sgg. Sui bagni come teatri per esibizionisti e voyeurs,
nonch luoghi privilegiati di incontro, anche per omosessuali, cfr. I 23; 96;
VII 35; IX 33; XI 47; 51; 63; 75. Il nome Galla ricorre frequentemente
negli epigrammi di Marziale per diversi tipi; in questo libro cfr. anche gli
epigr. 54; 90. Qui, come nellepigr. 54, si tratta di una prostituta (vd. la n.
al v. 4).
1. faciem crura manusque: si tratta delle parti del corpo non coperte
dai vestiti e sempre visibili (cfr. III 53, 1 sg.).
3. et semper vitas : per il tentativo di evitare gli incontri nei bagni comuni cfr. III 72, 1 sg. cit. nella n. intr. Lavverbio semper rivela che Galla
sfugge sistematicamente alla possibilit di essere vista nuda e prepara il
terreno per lultimo verso.
4: linterrogativa nale sorprende il lettore (che si attenderebbe numquid,

360

M. Val. Martialis liber tertius

Galla, times ne mihi non placeas?). La domanda, posta per assurdo,


mostra chiaramente che Galla una prostituta, il cui gusto estetico non
rilevante, e insinua il sospetto che il reale motivo per cui sfugge al poeta
sia il desiderio di nascondere qualche difetto sico. numquid: sostituisce
num nella lingua parlata allinizio dellet imperiale (vd. Hofmann-Szantyr,
p. 463; Hofmann, LU, p. 154 sgg.); evitato nella prosa pi elaborata e nella
poesia alta, numquid ricorre in Marziale 25 volte contro due di num.

Epigramma 52

361

52
Empta domus fuerat tibi, Tongiliane, ducentis:
abstulit hanc nimium casus in urbe frequens.
Collatum est decies. Rogo, non potes ipse videri
incendisse tuam, Tongiliane, domum?
tit. ad tongilianum
1 fuerat EAXV: ferat A ducentis EAX: duentis V 2 hanc
V: hac EAX 3 decies V: deciens EAX potes XV: potest EA

Avevi comprato una casa, o Tongiliano, per duecentomila sesterzi:


te lha strappata una disgrazia troppo frequente a Roma.
Si raccolto un milione. Mi chiedo, non pu sembrare
che alla tua casa , o Tongiliano, abbia dato fuoco tu stesso?
Un incendio ha distrutto la casa di Tongiliano, che questi aveva pagato
duecentomila sesterzi, ma una colletta ha permesso di raccogliere un milione.
Marziale insinua, in modo velato, il sospetto che ad appiccare lincendio
sia stato colui che ne ha tratto il maggiore benecio: Tongiliano stesso. Il
componimento ha struttura bipartita: il primo distico espone la sciagura
occorsa a Tongiliano; il secondo, che propone in apertura la soluzione
dei suoi problemi (collatum est decies), realizza l
,
addensando in conclusione i sospetti sullo stesso Tongiliano. Lepigramma
stato ripreso e sviluppato da Giovenale in un noto passo della terza
Satira, in cui descrive la diversa reazione della gente se a perdere la casa
un povero (203-211) oppure un ricco: v. 212 sgg. si magna Asturici cecidit
domus, horrida mater, / pullati proceres, differt vadimonia praetor. / tum
gemimus casus urbis, tunc odimus ignem. / ardet adhuc, et iam accurrit
qui marmora donet, / conferat impensas; hic nuda et candida signa, /
hic aliquid preclarum Euphranoris et Polycliti, / haec Asianorum vetera
ornamenta deorum, / hic libros dabit et forulos mediamque Minervam,
/ hic modium argenti. meliora ac plura reponit / Persicus orborum
lautissimus et merito iam / suspectus tamquam ipse suas incenderit aedes.
Il nome Tongiliano, derivato da Tongilio, non doveva essere diffuso (vd.
CIL VI index; Schulze 1933, p. 455). In Marziale ricorre anche in XII 88
(cfr. anche Tongilio in II 40); qui senzaltro ttizio.

362

M. Val. Martialis liber tertius

1: duecentomila sesterzi era una cifra piuttosto bassa per una casa a Roma
(cfr. XII 66, 1); sui prezzi delle case vd. Friedlaender, SR III, p. 84, nn. 34. fuerat: per erat; sulluso del piuccheperfetto in luogo del perfetto o
dellimperfetto, frequente in poesia per comodit metrica, vd. la n. a 4, 8
exierat. Per Watson-Watson, p. 302 fuerat sarebbe invece more emphatic.
2. nimium casus in urbe frequens: gli incendi erano allordine del giorno
nellantica Roma: cfr. Strabo V 3, 7; Hor. sat. I 1, 76 sgg.; Mart. V 7; Iuv.
3, 6 sgg.; 14, 303 sgg.; sullargomento vd. Friedlaender, SR I, p. 25 sgg.;
P. Werner, De incendiis Urbis Romae aetate imperatorum, Diss. Leipzig
1906, p. 47; A.G. McKay, Houses, Villas and Palaces in the Roman world,
London 1975, pp. 85-89.
3 sg.: linterrogativa esprime in modo velato i sospetti del poeta, che si mostra pi preoccupato per le apparenze, quasi che per lui lonest di Tongiliano
non fosse in discussione; pi esplicita la condanna di Giovenale in 3, 221 sg.
cit. nella n. intr. Su rogo, inciso di natura colloquiale, vd. la n. a 44, 9. decies:
sc. centena milia; sul frequente uso ellittico del moltiplicativo vd. la n. a 22,
2 centies laxum.

Epigramma 53

363

53
Et vultu poteram tuo carere
et collo manibusque cruribusque
et mammis natibusque clunibusque,
et, ne singula persequi laborem,
tota te poteram, Chloe, carere.

tit. ad c(h)loen LPf : ad clohem Q 1 tuo EXV: tua A 3 natibusque X: natibus EAV
clunibusque LPQf : colunibusque L clunisque f

Del tuo viso potevo fare a meno


e del tuo collo, delle tue mani e delle tue gambe,
dei tuoi seni, delle tue natiche e dei tuoi anchi
e, per non affannarmi ad enumerare i singoli dettagli,
di te completamente, o Cloe, potevo fare a meno.

Del volto di Cloe il poeta poteva fare a meno, e cos del suo collo, delle
mani, delle gambe, cos dei suoi seni, delle sue natiche, e insomma, di
tutta Cloe poteva fare a meno! Marziale gioca con la tradizione erotica, di
cui lepigramma realizza una parodia: il preambolo, che enumera alcune
parti del corpo di Cloe ed occupa i primi tre versi, sembra preludere alla
menzione di una sua qualit irrinunciabile per il poeta, forse la donna
stessa nel suo insieme, ma lultimo verso realizza la pointe: di Cloe nel
suo complesso egli poteva fare a meno (tota, in posizione di rilievo al
principio dellultimo verso, realizza il sovvertimento delle aspettative).
Lepigramma si chiude con un verso che richiama quello iniziale (entrambi
signicativamente chiusi dal verbo carere, appartenente al lessico erotico:
vd. la n. al v. 1). Non si pu escludere che Marziale intenda richiamare il
c. 86 di Catullo, in cui il poeta contrappone la bellezza di Quinzia, limitata
alle singole qualit del corpo (2 haec ego sic singula conteor) a quella
complessiva di Lesbia (5 sg. Lesbia formosa est, quae cum pulcerrima
tota est, / tum omnibus una omnis subripuit veneres). Con la differenza
che Cloe non attrae il poeta n con le singole parti del suo corpo, n nel
complesso. Anche la scelta del nome Cloe, che in Marziale ricorre anche in
IV 28, 1 e IX 15, 2, rivela forse unintenzione allusiva alla poesia erotica e in

364

M. Val. Martialis liber tertius

particolare ad Orazio, che in carm. III 26 usa il nome per una donna altera
e sprezzante, su cui invoca la punizione di Venere (cfr. v. 11 sg. sublimi
agello / tange Chloen semel arrogantem). In tal caso il disinteresse di
Marziale potrebbe rispondere ad una sorta di solidariet tra poeti a danno
del tipo dellamante altezzosa. In Orazio il nome ricorre anche in carm.
I 23, 1; III 7, 10; 9, 6. 9. 19, senza che si possa pensare a una sola persona
(vd. al riguardo I. Gualandri, in EO I, p. 693 sg.). Chloe comunque nome
attestato nelle iscrizioni (vd. ThlL. onom., s.v. Chloe).
1. carere: il verbo appartiene al lessico erotico (vd. Pichon, p. 100)
ed esprime, spesso unito a posse, limpossibilit per lamante di privarsi
dellamata: cfr. Tib. I 2, 65 sg. non ego, totus abesset amor, sed mutuus
esset, / orabam, nec te posse carere velim; Ov. epist. 7, 27 sg. ille quidem
male gratus et ad mea munera surdus / et quo, si non sim stulta, carere
velim; ars II 249 sg. saepe tua poteras, Leandre, carere puella; / transnabas,
animum nosset ut illa tuum; rem. 540 iam quoque, cum credes posse
carere, mane; 775 sg. ut Paris hanc rapuit, nunc demum uxore carere /
non potes.
3. natibusque clunibusque: la differenza tra i due sinonimi solo di livello
stilistico: nates appartiene alla lingua colloquiale, mentre clunes ricorre anche
in generi letterari alti (cfr., ad es., Lucr. IV 1270; Manil. II 199; IV 462; 707;
Liv. XLIV 5, 7; Germ. Arat. 144; 470; Sen. epist. 47, 6). Sullargomento
vd. J.N. Adams, Culus, Clunes and their Synonims in Latin, Glotta 59,
1981, pp. 231-264, specialmente p. 239 sgg. In Marziale nates presenta 11
occorrenze contro 4 di clunes. Qui clunibusque sembra mirato ad ottenere
una simmetria precisa, attraverso gli omeoteleuti (-ibusque -ibusque
-ibusque -ibusque) e leffetto paronomastico (manibusquenatibusque;
cruribusqueclunibusque), con il verso precedente.

Epigramma 54

365

54
Cum dare non possim quod poscis, Galla, rogantem,
multo simplicius, Galla, negare potes.
tit. ad gallam
1 possim Lf : possum PQ poscis LPQf : possis Lf rogantem
LPQf : roganti fs.l. 2 multo LQfEAXV: multos LPQfA potes Qf : potest
LPQf

Poich non posso darti, Galla quanto pretendi quando te lo chiedo,


molto pi schiettamente, Galla, puoi dire di no.
Galla una prostituta che chiede una cifra troppo elevata per il poeta.
Dal momento che questo signica implicitamente riutare, perch non
farlo in modo pi schietto? Lepigramma, piuttosto debole, ha come tema
di fondo la sincerit, di cui Marziale lamenta in diversi casi lassenza (vd. la
n. al v. 2 multo simplicius). Galla una prostituta anche in III 51; IX 4; in
X 75, 1 sg. pretende una somma alta, ma non ingiusticata: milia viginti
quondam me Galla poposcit / et, fateor, magno non erat illa nimis. Sui
prezzi delle prostitute vd. la n. a 30, 4.
1. rogantem: luso ellittico del verbo in senso erotico ampiamente
attestato: cfr. Catull. 8, 13; Prop. I 5, 32; in Marziale cfr. II 25, 1 das
numquam, semper promittis, Galla, roganti; XI 73, 1 venturum iuras
semper mihi, Lygde, roganti; IV 81, 3 sg. semel rogata bisque terque
neglexit / preces amantis; 84, 3 cum multi cupiant rogentque multi; vd.
al riguardo Pichon, p. 254; Trnkle 1960, p. 163; Adams 1981, p. 127. Il
medesimo uso di
si riscontra in greco: cfr., ad es., AP V 111, 6
(Antilo); XII 19, 2 (anonimo); 218, 3 (Stratone).
2. multo simplicius: lavverbio ricorre spesso in epigrammi in cui
Marziale denuncia unipocrisia, chiedendo maggiore sincerit: vd. la n. a
42, 3 simpliciter; cfr. anche Priap. 3, 9 simplicius multo est. negare:
usato assolutamente frequente nel lessico erotico per indicare il riuto
dellamante di concedersi (vd. Pichon, p. 212). In Marziale vi sono oltre 20
casi. Negare potes in clausola di pentametro in Prop. I 13, 14. In Marziale
anche in I 74, 2; X 26, 8; XIII 7, 2.

366

M. Val. Martialis liber tertius

55
Quod quacumque venis Cosmum migrare putamus
et uere excusso cinnama fusa vitro,
nolo peregrinis placeas tibi, Gellia, nugis.
Scis, puto, posse meum sic bene olere canem.
hab. T tit. ad gelliam T : ad celliam
1 quacumque T : quamcumque
putamus
T Vs.l.: putamque EAXV 2 excusso T : effusos LPQ effuso Qf
cinnama
TLPQf : scinnama f fusa TPQf : fuso L
3 placeas T EAX: placeat V gellia
TQf : cellia LPQf 4 scis T : sus

Se dovunque vai crediamo che Cosmo traslochi


e che il cinnamomo scorra fuori da una boccetta di vetro agitata,
non voglio, Gellia, che ti insuperbisca per frivolezze esotiche.
Sai, penso, che cos pu profumare il mio cane.
A Gellia, che va sempre in giro intrisa di profumi, Marziale fa presente
che questo non pu costituire un motivo di compiacimento, perch in
tal modo persino un cane pu profumare. La critica alleccessivo uso di
profumi frequente nella letteratura latina: cfr. Plaut. Most. 273 mulier
recte olet, ubi nihil olet; Cic. Att. II 1, 1 ut mulieres ideo bene olere, quia
nihil olebant, videbantur; Sen. epist. 108, 16 optimus odor in corpore est
nullus; in Marziale il motivo contiene per lo pi lallusione al tentativo di
coprire il cattivo odore derivante da pratiche di sesso orale: cfr. II 12, 4
Postume, non bene olet qui bene semper olet; VI 55, 5 malo quam bene
olere nil olere; vd. anche VII 41; IX 62. In generale sullutilizzo di profumi
in Grecia e a Roma vd. Lilja 1972, pp. 58-96. Qui laccento posto sul
fatto che, grazie allaiuto di profumi, chiunque pu avere un buon odore,
persino un animale (canem in chiusura di epigramma ne accresce la vis
satirica). Il concetto espresso da Marziale trova un antecedente in un
brano di Seneca, in cui il losofo critica leccessivo utilizzo di profumi al
suo tempo: parum est sumere unguentum nisi bis die terque renovatur,
ne evanescat in corpore. quid quod hoc odore tamquam suo gloriantur?
(epist. 86, 13). Il nome Gellia compare in 7 epigrammi scommatici per vari
tipi. In VI 67, 1. 2 le varianti attestate nelle tre famiglie di codici (Caelia T;

Epigramma 55

367

Gelia ; Gellia ) sembrano ricondurre piuttosto a Caelia, accolto dalla


maggior parte degli editori, che a Gellia, preferito da Lindsay.
1. quod quacumque venis: identico incipit di verso in III 44, 2 quod
quacumque venis fuga est (falecio). Per luso di quod in principio di
epigramma nel senso di was das betrifft, da, wenn, vd. la n. a 42, 1.
Cosmum: Cosmo era il pi noto profumiere del tempo, nominato da
Marziale in numerosi epigrammi (I 87, 2; IX 26, 2; XI 8, 9; 18, 9; 49, 6; XII
65, 4, dove compare anche il nome di Nicerote, altro profumiere; XIV 59,
2; 110, 1; 146, 1); laggettivo Cosmianus ricorre in III 82, 26 Cosmianis
ampullis; XI 15, 6 pingui Cosmiano; XII 55, 7 libram Cosmiani
(negli ultimi due sostantivato); cfr. anche VII 41, 1. 2 cosmicus. migrare:
nel senso di domicilium mutare (ThlL VIII 935, 67 sgg.).
2. cinnama: il cinnamomo (gr.
era un profumo molto
apprezzato. Proveniva, come la maggior parte dei profumi, dallArabia:
cfr. Herod. III 107; Mela III 79; Plin. nat. XII 51. In poesia il plurale
prevalente per ragioni metriche (in Marziale 4 casi su 5). vitro: metonimia
comune: in Marziale cfr. I 37, 2 bibis vitro; II 40, 6 conduntur parco fusca
Falerna vitro; IV 22, 5 condita sic puro numerantur lilia vitro; 85, 1 nos
bibimus vitro, tu murra.
3. peregrinis: luso dellattributo allude probabilmente a Prop. I 2, 1-4 quid
iuvat ornato procedere, vita, capillo / et tenuis Coa veste movere sinus,
/ aut quid Orontea crinis perfundere murra, / teque peregrinis vendere
muneribus ?, in cui il poeta condanna la cosmetica che altera il naturae
decus (v. 5; sullelegia vd. il commento di Fedeli1). Per luso di peregrinus
in relazione a prodotti importati dallestero, spesso con connotazione
negativa, cfr. IV 66, 8 vina ruber fudit non peregrina cadus; Hor. sat. II
2, 21 sg. pinguem vitiis albumque neque ostrea / nec scarus aut poterit
peregrina iuvare lagois; Paul. Nol. carm. 25, 35 sg. nulla peregrinis fragret
nidoribus aura; / cuncta pudicitiae munditias oleant; vd. ThlL XI 1310,
66 sgg. Equivalente nel tono luso di exoticus nel nesso unguenta exotica
in Plaut. Most. 42 e Plin. nat. XIII 24. nugis: soltanto qui in Marziale in
riferimento ad oggetti concreti: cfr. Apul. apol. 34 respondeo me hasce
nugas marinas et quiscilias litoralis neque pretio neque gratis quaesisse
(vd. OLD, s.v., nr. 2). Per il resto in Marziale, con leccezione di VII 14, 7, il
termine nugae riservato, sotto linusso catulliano, alla sfera letteraria (18
casi; al riguardo vd. Swann 1994, p. 47 sgg.). placeas tibi: lespressione,

368

M. Val. Martialis liber tertius

appartenente alla lingua colloquiale e frequente in Seneca (dial. II 14, 2;


IX 14, 3; epist. 7, 12; 13, 1; 88, 37; 115, 18; nat. praef. I 5), ricorre pi volte
in Marziale, per lo pi in esortazioni al negativo: cfr. I 72, 5 sg. sic quae
nigrior est cadente moro, / cerussata sibi placet Lycoris; IV 59, 5 sg. ne
tibi regali placeas, Cleopatra, sepulcro, / vipera si tumulo nobiliore iacet;
V 57, 1 sg. cum voco te dominum, noli tibi, Cinna, placere: / saepe etiam
servum sic resaluto tuum; VII 76, 5 nolito nimium tibi placere; XIII 109,
1 sg. hoc de Caesareis mitis vindemia cellis / misit, Iuleo quae sibi monte
placet. Sul nesso vd. G. Scarpat, I sibi placentes: fortuna di un volgarismo
da Orazio ad Agostino, Paideia 42, 1987, pp. 63-68.
4: il cattivo odore del cane legato allimmagine del cane randagio, che
fruga nei riuti: cfr. I 83, 1 sg. os et labra tibi lingit, Manneia, catellus: /
non miror, merdas si libet esse cani; VI 93, 4 (tam male Thais olet, quam)
non detracta cani transtiberina cutis (con il commento di Grewing); Hor.
epist. I 2, 26 canis immundus; al riguardo vd. Lilja 1972, p. 154. puto:
inciso colloquiale (vd. Hofmann, LU, pp. 250; 376), usato di frequente da
Marziale; spesso come qui in chiusura di epigrammi scommatici, sembra
attenuare la forza della satira, ma ne accresce in realt lironia.

Epigramma 56

369

56
Sit cisterna mihi quam vinea malo Ravennae,
cum possim multo vendere pluris aquam.
hab. T tit. de ravenna : ad ravennam EXV ad ravennm A ad bassum T 1 sit T EAXVs.l.:
sis V vinea TPQf : vina f venia L malo AV: mallo TEX 2 possim TLQf : possum P
vendere pluris : vendere multo pluris T

Preferisco avere una cisterna piuttosto che una vigna a Ravenna,


poich posso vendere molto pi cara lacqua.
A Ravenna preferibile possedere una cisterna che una vigna, perch
lacqua costa di pi del vino. Lepigramma, come il seguente, ironizza sulla
carenza idrica di Ravenna, la quale, unita ad unabbondante produzione
di vino, consente la formulazione paradossale di Marziale. La penuria
dacqua di Ravenna testimoniata a pi riprese da Sidonio Apollinare:
cfr. carm. 9, 298 undosae petiit sitim Ravennae; epist. I 5, 6 in medio
undarum sitiebamus, quia nusquam vel aquaeductuum liquor integer
vel cisterna defaecabilis vel fons inriguus vel puteus inlimis; 8, 2 in qua
palude sitiunt vivi. Ravenna, citt lagunare, circondata da paludi,
godeva tuttavia di un clima salubre (cfr. Strabo V 1, 7; Vitr. I 4, 11) e
produceva vino in abbondanza (cfr. Strabo V 1, 7; Plin. nat. XIV 34); vd.
al riguardo Rosemberg, RE I A, 300, 46305, 60; Nissen, IL, II, p. 250 sgg.
Sullambientazione cispadana dellepigramma e sulla sua collocazione nel
libro, che forniscono un elemento a favore dellipotesi di identicare in
Faustino lospite di Marziale, vd. lIntroduzione, p. 59.
1. Sit cisterna malo: per la paratassi, abituale con malo, cfr. II 71,
6 malo tamen recites; VI 81, 4 inguina malo laves. Cisterna ricorre in
poesia classica soltanto qui.
2: il motivo dellacqua venduta a caro prezzo compare gi in Hor. sat. I
5, 88 sg. venit vilissima rerum / hic, aqua.

370

M. Val. Martialis liber tertius

57
Callidus imposuit nuper mihi copo Ravennae:
cum peterem mixtum, vendidit ille merum.
hab. T cum 56 con. T tit. de copone LPfEX: de capone A de caupone QV om.
T 1 callidus T EXV: calidus A callidum T copo LPfEAX: caupo TQV 2 peterem
TLPQf : peteret f mixtum TLPf : mustum Q vendidit : vindedit T

Recentemente un astuto oste me lha fatta a Ravenna:


mentre chiedevo vino annacquato, me lo ha venduto puro.
Lepigramma realizza una comica variazione del proverbiale motivo della
disonest degli osti: essi sono soliti annacquare il vino, ma a Ravenna, dove
lacqua preziosa (cfr. lepigr. precedente), pi conveniente vendere vino puro (merum) che annacquato (mixtum); la conclusione inattesa
evidenziata mediante allitterazione e omeoteleuto tra i due termini chiave,
collocati in chiusura di hemiepes (mixtum merum). Il motivo ricorre in
modo simile in XIV 118 Massiliae fumos miscere nivalibus undis / parce,
puer, constet ne tibi pluris aqua, dove lo scadente vino di Marsiglia a
determinare laumento del costo dellacqua, e non, come ci si attenderebbe,
il contrario (Leary1 traduce erroneamente la nale negativa ne constet tibi pluris aqua con in case the water costs you more than wine). Sulla
disonest degli osti cfr. Hor. sat. I 1, 29, che inserisce il perdus caupo nella
galleria dei personaggi avidi di guadagno; 5, 4 cauponibus malignis;
Petron. 39, 13, dove Trimalchione, nella sua disquisizione astrologica,
collega gli osti con la costellazione dellAcquario; in CGL IV 491, 29
copo viene glossato con negotiator fraudolentus; vd. anche Dio Chrys.
31, 37. In Marziale il motivo ricorre in I 56, 1 sg. continuis vexata madet
vindemia nimbis: / non potes, ut cupias, vendere, copo, merum; IX 98,
1-3 vindemiarum non ubique proventus / cessavit, Ovidi; pluvia profuit
grandis. / centum Coranus amphoras aquae fecit; sullargomento vd. T.
Kleberg, Htels, restaurants et cabarets dans lantiquit romaine, Uppsala
1957, p. 111 sgg. Lepigramma forma una coppia con il precedente, non
solo per lidentit del tema, ma anche per la collocazione topograca
(Ravenna), che non appare casuale (vd. lIntroduzione, p. 59).

Epigramma 57

371

1. Callidus: per la sfumatura negativa cfr. IV 56, 6 callida esca; V 42,


1 callidus fur; vd. ThlL III 169, 57 sgg. imposuit: luso di imponere
nel senso di decipere, fallere (cfr. impostor, impostura) appartiene
alla lingua colloquiale: ricorre nelle epistole di Cicerone e di Seneca, in
Nepote, Seneca il Vecchio, Petronio; in Marziale ancora in IV 40, 10; 79,
2; V 36, 2 (sempre assoluto); altri esempi in ThlL VII 1, 659, 71 sgg.
nuper: lavverbio, che colloca laneddoto narrato in un tempo recente,
gli conferisce un carattere di freschezza e mette in risalto la componente
autobiograca. Per luso di nuper per introdurre accadimenti recenti cfr.
IV 61, 2; V 26, 2; 70, 1; VI 10, 1; VIII 9, 1; X 25, 1. copo: il termine ricorre in poesia solo 2 volte in Orazio e in Giovenale, 9 in Marziale. La
forma co- era probabilmente prevalente nella lingua parlata (cfr. Petron.
39, 13; 61, 6; 62, 12) ed attestata quasi sempre nei codici della seconda e
terza famiglia di Marziale; i codici della prima famiglia attestano invece in 5
casi su sei la forma cau- (vd. Lindsay 1904, p. 47). Caupo probabilmente
da preferire in 58, 24 (vd. la n. ad loc.). Per le attestazioni di copo vd. ThlL
III 655, 72 sgg.
2. mixtum: sc. vinum. Luso sostantivato non ricorre altrove.

372

M. Val. Martialis liber tertius

58
Baiana nostri villa, Basse, Faustini
non otiosis ordinata myrtetis
viduaque platano tonsilique buxeto
ingrata lati spatia detinet campi,
sed rure vero barbaroque laetatur.
Hic farta premitur angulo Ceres omni
et multa fragrat testa senibus autumnis;
hic post Novembres imminente iam bruma
seras putator horridus refert uvas.
Truces in alta valle mugiunt tauri
vitulusque inermi fronte prurit in pugnam.
Vagatur omnis turba sordidae chortis,
argutus anser gemmeique pavones
nomenque debet quae rubentibus pinnis
et picta perdix Numidicaeque guttatae
et impiorum phasiana Colchorum;
Rhodias superbi feminas premunt galli
sonantque turres plausibus columbarum;
gemit hinc palumbus, inde cereus turtur.
Avidi secuntur vilicae sinum porci
matremque plenam mollis agnus expectat.
Cingunt serenum lactei focum vernae
et larga festos lucet ad lares silva.
Non segnis albo pallet otio caupo,
nec perdit oleum lubricus palaestrita,
sed tendit avidis rete subdolum turdis
tremulave captum linea trahit piscem
aut impeditam cassibus refert dammam.
Exercet hilares facilis hortus urbanos,
et paedagogo non iubente lascivi
parere gaudent vilico capillati,
et delicatus opere fruitur eunuchus.
nec venit inanis rusticus salutator:
fert ille ceris cana cum suis mella
metamque lactis Sassinate de silva;

10

15

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25

30

35

Epigramma 58

somniculosos ille porrigit glires,


hic vagientem matris hispidae fetum,
alius coactos non amare capones.
Et dona matrum vimine offerunt texto
grandes proborum virgines colonorum.
Facto vocatur laetus opere vicinus;
nec avara servat crastinas dapes mensa,
vescuntur omnes ebrioque non novit
satur minister invidere convivae.
At tu sub urbe possides famem mundam
et turre ab alta prospicis meras laurus,
furem Priapo non timente securus;
et vinitorem farre pascis urbano
pictamque portas otiosus ad villam
holus, ova, pullos, poma, caseum, mustum.
Rus hoc vocari debet, an domus longe?

373

40

45

50

tit. ad bassum LPQf : de iocundissima villa add. f 1 baiana LPQf: balana f


nostri :
nosti
2 myrtetis AXV: myrtectis E 3 tonsilique A: tonsileque EXV 4 lati EAXV:
lata V 5 rure LPf : ruie aut rive Q laetatur EAV: litatur X 6 farta LPf : sata
Q angulo EAXV: angulos E omni LPQfV: somni EAXV om. Q 7 multa :
multas EXV multos A fragrat v: agrat XV fraglat EA testa EA: testas XV testes X
senibus EAXV: solibus A 8 post PQf : est L bruma LPQf : brumae Q 10 valle
EAV: velle X 11 prurit PQfA: pruria L purit EX furit V 12 omnis EAX: omnisque V
c(h)ortis fEAX: cohortis LPQfV 13 gemmeique EAV: gemineique X pavones XV:
paones EA 14 pinnis LPfEAX: pennis QV 15 perdix LPf : pernix Q numidicaeque
EXV: numicidaeque A 16 phasiana : phasianae
17 rhodias superbi feminas LQf:
rhadias superbi feminas PQ rhodias superbi minas V rhodia superbis minas EAXV
premunt : promunt
18 sonantque turres EAX: sonant turres A sonantque turtures
V columbarum Lf : columnarum LPQf 20 sinum LPf : genus Q 21 agnus EA:
annus X anus V 22 serenum LPQf: sesenum EAXV se circum fin mg.AVs.l. lactei
LPQf : lutei fin mg. 23 larga LPQf : largo Q festos X: festo EAV lucet LPQf :
luces Q ad lares XV: ad lare EAV 24 caupo VB: copo fv.l. capo EAX carbo LPQf
25 lubricus EAXVs.l.: libricus V 26 avidis LPQf : avis f rete AXVin mg.: te
EAV subdolum fs.l. : subdole LPQf 27 tremulave LQf : tremulane P 28 cassibus
LPQf : classibus Q dammam LPQf : dampnam L 29 (h)ortus Lf : (h)ormis PQ
urbanos LPQf: urbanus umbras fv.l.Vv.l. 30 iubente PQf : vivente L 32 delicatus
Vs.l.: delicatos EAXV opere LPQf : operere Q 34 ceris cana LPf : curicana Q ut
vid. 35 sassinate LPQf : sassinocte f 36 somniculosos EXV: somniculosus A glires
PQf : clyres L 37 hic f : hinc LPQf fetum Lf : vetus PQ ferrum f 38 alius Vs.l.:
alios EAXV 39 dona matrum Vin mg.: a matrum EAXV vimine offerunt Scriverius:

374

M. Val. Martialis liber tertius

vimineo ferunt LPf vimineo fertur Q 40 proborum LQfAXV: probrum P paroborum E


colonorum LPQf : colorum Q 41 vicinus PQfAXV: vicimis E vicinuis L 42 avara LQf :
aurata P servat LPQfVs.l.: struas EAin ras.XV struit fs.l straias Aut vid. mensa PQf :
mensas L 44 satur LPQf: statur L fatus fin mg.
minister : ministri
45 possides
LPf : posside Q famem LPfAXV: famam QE mundam LPQf : invidam fs.l. 46 alta
LPQf : alto L meras LPfVs.l.: meas Q moras EAXV foras fs.l. 47 furem Vs.l.:
eurem EXV euremque A priapo LPf : priamo Q timente fEXV: timentem A timentis
LPQf 48 vinitorem PQfV: unitorem L vinitore EAX pascis f : pascentis PQf poscentis
L urbano AVs.l.: urbane EXV 49 ad villam LPf : ad iulam Q 50 ova PQf : out L
aut L pullos EXV: pullus A caseum LPQfX: caseus QEA caseos V 51 vocari debet
LPf: vocari Q vocatur

La villa baiana del nostro Faustino, o Basso,


non occupa ampi spazi di terreno improduttivo,
ordinati con sterili mirteti
e con platani vedovi e con un bosseto potato,
ma gode di una vera e rustica campagna.
Qui il grano ammassato in ogni angolo
e molte anfore profumano di vecchie vendemmie;
qui, dopo novembre, quando linverno ormai imminente,
un irsuto potatore reca uva tardiva.
Feroci tori muggiscono nella profonda valle
e il vitello dalla fronte inerme freme per la lotta.
Vaga tutta la schiera del sordido cortile,
loca schiamazzante e i gemmati pavoni
e luccello che deve il nome alle rosse penne;
la pernice variopinta e le macchiettate galline Numidiche
e il fagiano degli empi Colchi;
i galli superbi premono le femmine Rodie
e le torri risuonano dei battiti dali delle colombe;
da un lato geme il colombaccio, dallaltro la tortora color della cera.
I porci seguono avidi il grembo della fattoressa
e il tenero agnello aspetta la madre gona di latte.
Schiavetti candidi come il latte cingono il focolare splendente
e molta legna arde presso i Lari nei giorni di festa.
Non se ne sta pigro in un ozio malsano loste
n spreca olio uno scivoloso lottatore,
ma tende una subdola rete agli avidi tordi
o tira su pesce preso con la tremula lenza

10

15

20

25

Epigramma 58

375

o reca un daino intrappolato nelle reti.


Il giardino offre un facile esercizio per allegri schiavi urbani
e lascivi schiavi dai lunghi capelli, liberi dagli ordini del pedagogo, 30
godono ad obbedire al fattore,
e un delicato eunuco si rallegra del lavoro.
N viene a mani vuote il campagnolo che porta il suo saluto:
uno reca biondo miele con i suoi favi
e un cono di formaggio del bosco di Sarsina;
35
un altro offre ghiri sonnacchiosi,
uno il piccolo belante di unirsuta madre,
un altro capponi, costretti a non amare.
Offrono i doni delle madri in ceste intrecciate di vimini
le glie cresciute degli onesti coloni.
40
Finito il lavoro viene invitato lallegro vicino;
la mensa non conserva avara le vivande per il giorno seguente,
tutti si cibano e il coppiere sazio
non conosce invidia per i convitati ebbri.
Tu invece possiedi vicino allurbe unelegante villa affamata
45
e da unalta torre non vedi altro che allori,
tranquillo, poich Priapo non teme ladri;
e nutri il vignaiolo con farro di citt
e, quando sei in vacanza, porti alla variopinta villa
verdura, uova, polli, frutti, formaggio, mosto.
50
Si deve chiamare villa di campagna questa, o casa di citt fuori mano?
Lepigramma, con i suoi 51 versi, il pi lungo dellintero corpus
marzialiano. Collocato in una posizione di rilievo del libro (quasi alla met
esatta), viene preceduto da due monodistici e seguito da un altro che ne
mettono ulteriormente in risalto leccezionale estensione (sulla tendenza
da parte di Marziale a collocare monodistici dopo gli epigrammi lunghi vd.
Merli 1993, p. 232). Destinatario dellepigramma lamico Basso (su cui vd.
la n. intr. allepigr. 47), apostrofato nel v. 1, ma il componimento descrive
con grande ricchezza di dettagli la villa baiana di Faustino (vv. 1-44), cui
soltanto negli ultimi versi (45-51) Marziale contrappone, con una nota di
bonaria satira, quella suburbana, elegante, ma improduttiva di Basso. Oltre
che per la sua eccezionale estensione lepigramma si segnala quindi anche

376

M. Val. Martialis liber tertius

per linnesto di una conclusione satirica in un componimento di diversa


ispirazione: la mistione di diversi sottogeneri epigrammatici rintracciabile
anche in V 37, dove, al lamento per la morte della piccola Erotion (117), fa seguito la satira contro lipocrisia di Peto, falsamente addolorato
per la morte della ricca moglie (18-24); al riguardo vd. Laurens 1989, p.
308; Merli 1993, p. 122; Canobbio 1997, p. 71 sgg. Per quanto riguarda
la conclusione, fornisce un chiaro esempio delleccessivo schematismo
della bipartizione lessinghiana dellepigramma in Erwartung e Aufschluss,
ben messo in luce da Citroni 1969, laffermazione di Ciocci 1985, p. 196,
secondo la quale la descrizione della campagna, portata avanti per 44
versi, trova proprio nella conclusione (vv. 45-51) la sua ragione dessere
(vd. anche Ciocci 1985, p. 198): evidente che la lunga descrizione della
villa di Faustino non pu affatto essere considerata un preambolo per
preparare la conclusione satirica degli ultimi versi e accrescerne leffetto,
ma risponde al gusto di Marziale per il catalogo e la descrizione minuta
(su cui vd. La Penna 1992, specialmente p. 25 sg.) e ha in s la propria
ragion dessere. Lepigramma costituisce un elaborato omaggio allamico
e patrono Faustino, ospite del poeta in Cispadana (vd. lIntroduzione,
3) e funge da pendant dellepigr. 47, composto nello stesso metro
(scazonte), in cui Marziale si rivolge a Faustino per descrivergli il viaggio
di Basso verso la sua villa suburbana (sulla coppia vd. lIntroduzione, p.
68 sg.; Merli 1998, p. 142 sg.). La descrizione della villa baiana di Faustino
presenta caratteristiche del tutto inconsuete: di Baia, celeberrima localit
di villeggiatura nel mondo romano, viene messa in risalto nelle fonti la
rafnatezza delle ville e la vita mondana e lasciva che vi si conduceva; i
suoi impianti termali erano i pi noti del mondo romano; il periodo pi
adatto per soggiornarvi era la primavera, che consentiva di fruire della
mitezza del clima (in Marziale cfr. I 59; 62; III 20, 19; IV 25, 1; 57; VI 42,
7; 43; IX 58, 4; X 14, 3; XI 80; in generale vd. DArms 1970, specialmente
p. 119 sg.; Friedlaender, SR I, p. 405 sg.; Hlsen, RE II 2774, 38 sgg.; EO
I, p. 426 sg.). Tutto ci assente dal componimento: la tenuta di Faustino
si presenta come uno spazio antitetico alla citt, dove si conduce una vita
sana e tranquilla, in ossequio al ritmo naturale; Marziale descrive la villa in
inverno (v. 7 sg.) e sottolinea a pi riprese il carattere rustico della tenuta
(vd. DArms 1970, p. 212 sg.; E. Strk, Kampanien als geistige Landschaft.
Interpretationen zum antiken Bild des Golfs von Neapel, Mnchen 1995,
p. 144 sg.). Il ritratto non idealizzato della vita di campagna mostra elementi

Epigramma 58

377

consonanti con I 49, in cui Marziale descrive la bellezza della Spagna, sede
privilegiata della vita ideale, lontana dai taedia urbani (vd. la n. intr. di
Citroni allepigr.). Sono stati inoltre segnalati numerosi punti di contatto
tra lepigramma e il secondo Epodo di Orazio, sia nello sviluppo del tema
che in precise riprese verbali (cfr. vv. 10; 22; 26; vd. Duret 1977, pp. 173192; sulla presenza del modello oraziano negli epigrammi che elogiano la
vita campestre gi G. Donini, Horatius in Martiale, AJPh 85, 1964, p.
56 sgg.; in generale sullinuenza oraziana vd. ora Salemme 1998, pp. 4446). Lepigramma ha suscitato linteresse di Benedetto Croce, che gli ha
dedicato un breve saggio dal titolo Marziale. Lepistola a Basso. (Epigr. III
58), in Poesia antica e moderna. Interpretazioni, Bari 1941, pp. 108-115,
nel quale mostra apprezzamento soprattutto per il sentimento di adesione
alla rustica vita campestre. Il metro usato il coliambo, che, pur rimanendo
per lo pi legato allinvettiva, utilizzato da Marziale per epigrammi di
diverso tono, persino adulatori (cfr., ad es., IX 1; 5). In questo libro il
metro usato in due lunghe invettive (82; 93), ma anche in due epigrammi
dedicati allamico Canio (20; 64) e in una bonaria satira sullimproduttivit
del rus dellamico Basso (47).
1-5: la descrizione per quattro versi in negativo evidenzia le caratteristiche
tipiche di molte eleganti ville romane che sono assenti da quella di Faustino,
di cui viene in tal modo messa immediatamente in luce lunicit; solo al v. 5,
posta in risalto dallavversativa, viene introdotta la peculiarit della villa, che
costituisce il tema di quasi tutto il componimento (rure vero barbaroque
laetatur). I versi contengono quindi unimplicita condanna dello sterile lusso
delle ville romane, tema ricorrente nella letteratura imperiale (al riguardo vd.
Edwards 1993, p. 137 sgg.). In particolare i versi mostrano evidenti afnit
con Hor. carm. II 15, 1-8 iam pauca aratro iugera regiae / moles relinquent,
undique latius / extenta visentur Lucrino / stagna lacu, platanusque
caelebs / evincet ulmos; tum violaria et / myrtus et omnis copia narium
/ spargent olivetis odorem / fertilibus domino priori (su cui vd. NisbetHubbard2, p. 241 sgg.). Per lo sviluppo della descrizione per opposizione (cfr.
anche v. 24 sgg. non segnis albo pallet otio caupo, / nec perdit oleum lubricus
palaestrita, / sed eqs.) Marziale trovava un modello privilegiato nel celebre
elogio virgiliano della vita agricola (georg. II 458 sgg.): o fortunatos nimium,
sua si bona norint, / agricolas! / (461) si non ingentem foribus domus alta
superbis / mane salutantum totis vomit aedibus undam, / nec varios inhiant

378

M. Val. Martialis liber tertius

pulchra testudine postis / inlusasque auro vestis Ephyreiaque aera, / alba nec
Assyrio fucatur lana veneno, / nec casia liquidi corrumpitur usus olivi; / at
secura quies et nescia fallere vita; cfr. anche Hor. epod. 2, 1 sgg. beatus ille, qui
procul negotiis, / / paterna rura bubus exercet suis, / / neque excitatur
classico miles truci, / neque horret iratum mare (i contatti dellepigramma
con lEpodo sono gi stati ricordati nella n. intr.).
1: il verso agisce come epigrafe del componimento, intrecciando elegantemente la menzione del luogo descritto, del suo proprietario e del
destinatario del carme. nostri: il possessivo rivela la condenza con Faustino
non soltanto del poeta, ma anche di Basso (cfr. epigr. 47). Sulluso del possessivo
come elemento affettivo della lingua vd. la n. a 5, 12 suis.
2. non otiosis ... myrtetis: il mirto, pianta adatta a climi caldi, cresceva
in particolare sui litorali (cfr. Verg. georg. II 112 litora myrtetis laetissima;
IV 124 amantis litora myrtos; Mart. IV 13, 6 litora myrtus amat), ma
veniva anche usato nei giardini (cfr. Hor. carm. II 15, 6 cit. nella n. ai vv. 1-5
con il commento di Nisbet-Hubbard2; vd. Grimal 1990, p. 275 sgg.). Sulla
presenza di mirteti a Baia cfr. Hor. epist. I 15, 5 sgg. sane murteta relinqui
/ dictaque cessantem nervis elidere morbum / sulpura contemni vicus
gemit; Cels. II 17 siccus calor est quarundam naturalium sudationum,
ubi terra profusus calidus vapor aedicio includitur, sicut super Baias in
murtetis habemus. Per luso di otiosus nellaccezione di improduttivo cfr.
Sen. dial. X 7, 5 nihil incultum otiosumque iacuit (in metafora); Sol. 23,
3 nihil in ea (sc. Hispania) otiosum, nihil sterile; vd. ThlL IX 2, 1170, 74
sgg. ordinata: da collegare a spatia (ThlL IX 2, 940, 56; SB2), non a villa
(OLD, s.v. ordino, nr. 1 a). Il verbo, cui sono riferiti anche gli ablativi del
verso seguente (vidua platano; tonsili buxeto), estraneo alla lingua
poetica (vd. Axelson 1945, p. 101): ricorre soltanto quattro volte in Orazio
e in Sen. Thyest. 716; usato nella stessa accezione in contesti agricoli: cfr.
Colum. IV 17, 2 iugum harundinibus ordinatum est; V 3, 7 per senos
pedes vitibus locum ordinare; vd. ThlL IX 2, 940, 50 sgg.
3. vidua platano: il platano vedovo poich inadatto a sostenere le
viti: la iunctura allude, variando, a Hor. carm. II 15, 4 platanus caelebs
(sulle afnit con lode oraziana vd. la n. ai vv. 1-5); cfr. anche Verg. georg. II
70 steriles platani; per viduus riferito ad alberi che non sostengono viti cfr.
Hor. carm. IV 5, 30 et vitem viduas ducit ad arbores; Iuv. 8, 78 stratus humi
palmes viduas desiderat ulmos; viduus designa invece la vite priva di albero
in Catull. 62, 49 ut vidua in nudo vitis quae nascitur arvo; cfr., allopposto,

Epigramma 58

379

luso di marita / maritare per gli alberi usati nella viticoltura (ad es. Cato agr.
32, 2; Catull. 62, 54; Hor. epod. 2, 10; Colum. III 11, 3; IV 1, 6; V 2, 32; XI
2, 79; Plin. nat. XIV 10; Quint. inst. VIII 3, 8); sulluso di terminologia tratta
dalla sfera matrimoniale per la viticoltura su alberi vd. F. Della Corte, Catullo,
la vite e lolmo, Maia 28, 1976, pp. 75-81 (= Id., Opuscula, VII, Genova
1983, pp. 63-69). Il platano era un elemento tradizionale del locus amoenus
per la gradevole ombra che procurava; a Roma e in Italia era soprattutto
presente nei giardini di ricche dimore: cfr. Ov. rem. 141; Sen. epist. 12, 2;
Plin. nat. XII 8; Plin. epist. I 3, 1; V 6, 20; Mart. XII 50, 1 sg.; vd. al riguardo
Grimal 1990, p. 278; per la critica della coltivazione di alberi improduttivi cfr.
Sen. dial. VII 17, 2 cur arbores nihil praeter umbram daturae conseruntur?;
Quint. inst. VIII 3, 8 sterilem platanum tonsasque myrtos quam maritam
ulmum et uberes oleas praeoptaverim? tonsili buxeto: i bossi si prestano
ad una potatura artistica che li rendeva molto apprezzati nei giardini romani:
cfr. Plin. nat. XVI 70 tertium genus (sc. buxi) nostratis vocant virens
semper ac tonsile; Plin. epist. V 6, 17 buxum multiformem; 6, 34 buxus in
formas mille discripta; al riguardo vd. Grimal 1990, p. 278. Giardini di bossi
si trovavano nel portico dEuropa: vd. la n. a 20, 13.
4. ingrata spatia: luso non comune di ingratus nel senso di improduttivo, che suggerisce una personicazione del terreno, ricorre in Marziale anche
in X 47, 4 non ingratus ager; cfr inoltre Gratt. 33; Ps. Quint. decl. 12, 4; vd.
ThlL VII 1 1561, 15-31. Per luso speculare di gratus cfr. Plin. paneg. 31, 1;
Quint. decl. 298, 4.
5. rure barbaro : per barbarus nellaccezione positiva di naturale,
spontaneo, in contrapposizione con quanto artefatto, cfr. X 92, 3 sg. has
tibi gemellas barbari decus luci / commendo pinus ilicesque Faunorum; vd.
ThlL II 1740, 27-30. laetatur: per Von Kamptz (ThlL VII 2, 882, 7 sgg.)
il passo appartiene agli esempi in cui laetari signica vi debilitata fere i. q.
frui, praeditum esse. La villa comunque in certa misura personicata e
rappresentata come vivente da Marziale.
6 sgg.: inizia la descrizione della villa, scandita dallanafora di hic. Il primo
posto riservato alla agri cultura, che comprende coltivazione dei cereali e
della vite (6-9). Marziale descrive non tanto il lavoro quanto i frutti gi raccolti
del lavoro, mettendo in risalto la produzione quasi spontanea della tenuta.
6. hic farta premitur: lespressione suggerisce lidea di abbondanza del
raccolto che deve essere stipata: cfr. III 41, 2 ex opibus tantis quas gravis
arca premit. angulo omni: la iunctura ricorre in Plaut. Aul. 437; 451;

380

M. Val. Martialis liber tertius

Ov. trist. I 3, 24. Ceres: metonimia mitologica per grano, frequente in


poesia (vd. ThlL onom. II, s.v. Ceres, 342, 49 sgg.); citata come esempio
di metonimia in Cic. de orat. III 167; Rhet. Her. IV 32, 43; Quint. inst.
VIII 6, 23.
7: poco persuasiva lipotesi di Herrmann 1958, p. 110, che ha ravvisato
in questo verso una reminiscenza di Sen. apocol. 2, 5 divitis Autumni
iussoque senescere Baccho: le somiglianze si limitano alluso della metafora
dellinvecchiamento. senibus autumnis: per la metonimia autumnus
vendemmia, di uso poetico, cfr., ad es., Verg. georg. II 5 sg. tibi pampineo
gravidus autumno / oret ager; Ov. met. IX 91 sg. totum tulit
praedivite cornu / autumnum; in Marziale cfr. XII 57, 22 nec in Falerno
colle maior autumnus; XIII 113, 1 felix autumnus Opimi; vd. ThlL II
1605, 1 sgg. Per senex in funzione aggettivale in riferimento al vino cfr. XI
36, 6 senem cadum; vd. anche I 105, 4 testa anus; VI 27, 8 amphora
cum domina nunc nova et anus; XIII 112, 2 vetulos cados.
8 sg. hic post Novembres : nel mondo romano la vendemmia aveva
luogo generalmente prima dell11 ottobre, festa dei Meditrinalia (vd. Wissowa 1912, p. 115; Daremberg-Saglio VI, s.v. meditrinalia, p. 1700; IX,
s.v. vinalia, p. 893 sgg.). Il fatto che dopo novembre si colgano ancora
grappoli duva costituisce dunque un tratto della straordinaria produttivit
della villa. Sulluva di ne stagione, pregiata perch rara e maturata pi a
lungo, cfr. I 43, 3 non quae de tardis servantur vitibus uvae. putator:
termine tecnico (cfr. letimologia di Varro ling. VI 63); in poesia ricorre,
prima di Marziale, soltanto in Verg. georg. II 28; Ov. met. XIV 649.
horridus: irsuto; laggettivo, qui in accezione positiva (vd. ThlL VI 3,
2992, 49 sgg.), si inserisce nel quadro di vita rustica della villa: cfr. I 49, 33
horridus Liburnus; X 92, 6 horridi Silvani; 98, 9 sg. tonsos, horridulos,
rudes, pusillos / hircosi lios coloni; ricorre in contesti di esplicita
contrapposizione al lusso: cfr. Liv. IX 40, 4 horridum militem esse debere,
non caelatum auro et argento; Tac. ann. VI 34, 3 horridam suorum aciem,
picta auro Medorum agmina; hist. II 11, 3 nec illi (sc. Othoni) segne
aut corruptum luxu iter, sed pedes ire, horridus, incomptus. Meno
convincente lipotesi avanzata da Neumeister 2000, p. 412 di intendere
lattributo nel senso di frigore tremens (per cui vd. la n. a 36, 3 horridus).
Poco signicativa la somiglianza, evidenziata da Herrmann 1958, p. 110,
tra il v. 9 e Sen. apocol. 2, 6, 7 carpebat raras serus vindemitor uvas.
10 sg.: soltanto due versi sono dedicati allallevamento.

Epigramma 58

381

10: limmagine dipende probabilmente da Hor. epod. 2, 11 sg. aut in reducta valle mugientium / prospectat errantis greges (vd. Duret 1977, p.
177; Salemme 1998, p. 45). truces tauri: iunctura ovidiana: cfr. epist.
4, 166 eris tauro saevior ipse truci; met. VIII 297 non armenta truces
possunt defendere tauri; IX 80 sg. restabat tertia tauri / forma trucis; vd.
anche Prop. III 15, 38 trucis bovis.
11. vitulus inermi fronte: la frons inermis perch ancora priva
delle corna, considerate le sue armi: per luso cfr. Plin. nat. VIII 115 latent
amissis (sc. cornibus) velut inermes; Stat. Theb. VI 566 inermes cervas;
vd. ThlL VII 1, 1307, 32-38. Per limmagine, che ricorre in Marziale ancora
in VI 38, 8 sic vitulus molli proelia fronte cupit, cfr. Lucr. V 1034 sg. cornua
nata prius vitulo quam frontibus exstent, / illis iratus petit atque infestus
inurget; Ov. am. III 13, 15 et vituli nondum metuenda fronte minaces;
[Ov.] Hal. 2 sg. vitulus sic namque minatur, / qui nondum gerit in tenera
iam cornua fronte. Unimmagine analoga riferita ad un capretto ricorre
in Hor. carm. III 13, 4 sg. frons turgida cornibus / primis et venerem et
proelia destinat. prurit in pugnam: prurio verbo piuttosto raro; fatta
eccezione per gli scrittori di medicina (Celso, Scribonio Largo), compare
in Plauto (7 volte); poi in Catullo (2), nei Priapea (1), in Giovenale (2); in
Marziale vi sono 11 occorrenze, per lo pi in senso erotico (vd. la n. a 93,
20); prurire in + accusativo non sembra attestato altrove.
12-21: Marziale concede ampio spazio alla descrizione della pastio
villatica (cfr. Colum. VIII 1, 2), passando in rassegna con il gusto per il
catalogo che gli appartiene (vd. La Penna 1992, specialmente p. 25 sg.),
tutte le specie presenti. I versi sono impreziositi da Marziale attraverso la
scelta di lessico, espressioni e iuncturae ricercate.
12. turba: in riferimento ad animali di uso poetico: cfr. Ov. met. IV
723 turba canum; Lucan. IX 608 serpentum turba; Stat. Theb. X 458
volucrum turba; Sil. VII 129 turba luporum. sordidae: lattributo
ricorre spesso in Marziale, spogliato delle valenze negative, in descrizioni di
scene campagnole: cfr. I 49, 27 sg. vicina in ipsum silva descendet focum
/ infante cinctum sordido; 55, 4 sordida otia; X 96, 4 saturae sordida
rura casae; 98, 8 sordida villa; XII 57, 1 sg. cur saepe sicci parva rura
Nomenti / laremque villae sordidum petam, quaeris?
13. argutus anser: analoga iunctura in Sidon. carm. V 83 garrulus
anser; argutus, attributo caro ai bucolici (vd. ThlL II 556, 74 sgg.; EV
I, p. 312 sg.), utilizzato per diversi animali: cfr., ad es., Verg. ecl. 9, 36

382

M. Val. Martialis liber tertius

sg. argutos olores; Prop. I 18, 30 argutas aves; Culex 153 argutis
cicadis; in Marziale cfr. IX 54, 8 arguto passere; XI 18, 5 argutae
cicadae. Lattributo, che consente lallitterazione (cfr. v. 15 picta perdix),
potrebbe alludere al celeberrimo episodio delle oche che con il loro
strepitio sventarono la presa del Campidoglio da parte dei Galli (cfr. Liv.
V 47). Marziale vi fa riferimento in XIII 74 (tit. anseres). Sullallevamento
dellanser vd. Capponi 1979, p. 67 sgg. Ne veniva apprezzato il fegato:
vd. la n. a 82, 19. gemmei pavones: sullallevamento del pavone vd.
Capponi 1979, p. 392 sg.; gemmeus allude alla sua coda variopinta, quasi che
fosse ricoperta di gemme: cfr. Phaedr. III 18, 8 pictis plumis gemmeam
caudam explicas; AL 199, 70 gemmeam (vv. ll. gemmantem, gemmatam)
pinnis caudam; vd. anche Ov. met. I 723 cit. infra; Colum. VIII 11,
8 gemmantibus pinnis; Mart. XIII 70, 1 (tit. pavones) miraris, quotiens
gemmantis explicat alas; Stat. silv. II 4, 25 sgg. psittacus / quem non
gemmata volucris Iunonia cauda / vinceret aspectu. Secondo la versione
del mito attestata da Ovidio le gemme del pavone deriverebbero dai cento
occhi di Argo, trasportati da Giunone sulla coda dell uccello a lei sacro:
cfr. met. I 720 sgg. Arge, iaces, quodque in tot lumina lumen habebas, /
exstinctum est, centumque oculos nox occupat una. / excipit hos volucrisque
suae Saturnia pennis / conlocat et gemmis caudam stellantibus inplet. In
XIV 85, 2 Marziale segue unaltra versione nella quale Giunone trasforma
direttamente Argo nel pavone (vd. il commento di Leary1, ad loc. e quello
di Bmer2 ad I 722.
14: si tratta probabilmente del Phoenicopterus ruber L., caratterizzato da
piumaggio alare rosso (vd. Thompson, Birds, p. 304 sg.; Capponi 1979, p.
411 sg.). I Romani ne apprezzavano la lingua come una delicatezza (XIII 71,
1 sg.; Sen. epist. 110, 12; Plin. nat. X 133; Suet. Vit. 13, 2). Il fenicottero
(gr.
) menzionato da Marziale attraverso una perifrasi
etimologizzante anche in XIII 71, 1 (tit. phoenicopteri) dat mihi pinna rubens
nomen; per luso di tali perifrasi cfr. anche IX 12 (13), 1 sg. nomen habes
(sc. Earinus) teneri quod tempora nuncupat anni, / cum breve Cecropiae
ver populantur apes; 13 (12), 1-4 si daret autumnus mihi nomen, Oporinos
essem, / horrida si brumae sidera, Chimerinos; / dictus ab aestivo Therinos
tibi mense vocarer: / tempora cui nomen verna dedere quis est?; XIV 43, 1
(tit. candelabrum Corinthium) nomina candelae nobis antiqua dederunt; sul
gusto di Marziale per letimologia vd. Grewing 1998, specialmente p. 331 sg. Il
gioco etimologico sul nome del fenicottero gi in Aristoph. Av. 271-273.

Epigramma 58

383

15. picta perdix: si tratta della Alectoris rufa rufa L. (vd. Thompson,
Birds, p. 235; Capponi 1979, p. 396 sg.); O. Probst (Zu Martial III 58, 12
ff., Philologus 68, 1909, p. 319 sg.) proponeva invece lidenticazione
con lattagen (francolino). Lallevamento della pernice nelle ville romane
testimoniato da Varro rust. III 11, 4; sulla sua rarit come cibo cfr. Mart.
XIII 65, 1 (tit. perdices) ponitur Ausoniis avis haec rarissima mensis;
sul suo prezzo elevato cfr. XIII 76, 2. Pictus nellaccezione di colorato
naturalmente di uso poetico (vd. OLD, s.v., nr. 1 b): cfr. Verg. georg. IV
13 picti lacerti; Phaedr. III 18, 8 pictis plumis; in Marziale cfr. I 104,
1 sg. picto collo / pardus; XIV 85, 1 sg. (tit. lectus pavoninus) nomina
dat spondae pictis pulcherrima pinnis / avis. Numidicae guttatae:
specie di gallina, conosciuta anche come Africana (vd. Capponi 1979, p.
258 sg.): cfr. Colum. VIII 2, 2 Africana est quam plerique Numidicam
dicunt,
similis, nisi quod rutilam galeam et cristam capite
gerit, quae utraque sunt in Meleagride caerulae; VIII 12 tit. de Numidicis
et rusticis gallinis; sulla sua importazione in Italia cfr. Plin. nat. X 132; in
Marziale cfr. XIII 45, 1 Libycae volucres; 73 (tit. Numidicae) ansere
Romano quamvis satur Hannibal esset, / ipse suas numquam barbarus
edit aves; vd. anche Varro rust. III 9, 18; Petron. 55, 6; 93, 12; Iuv. 11, 142
sg.; Suet. Cal. 22, 3; Porph. Hor. epod. 2, 53; sulla confusione negli scrittori
fra i vari tipi di pollame vd. Toynbee 1973, p. 253 sg. Guttatus denisce la
macchiettatura del piumaggio: cfr. Varro rust. III 9, 18 gallinae Africanae
sunt variae; Plin. nat. X 74 variis sparsum plumis (sc. genus); lattributo
forse un neologismo di Marziale; in seguito ricorre soltanto in Pallad. IV
13, 3 colores (sc. equorum) albus, guttatus, candidissimus; Isid. orig.
XII 1, 48 color guttatus; 1, 50 guttatus, albus nigris intervenientibus
punctis. Per guttae nellaccezione di maculae, puncta vd. ThlL VI 2373,
20 sgg.
16. impiorum phasiana Colchorum: il nome delluccello deriva dal ume Fasi nella Colchide, suo luogo di origine (sulla provenienza del fagiano
dalla Colchide vd. Capponi 1979, p. 408 sg.; Thompson, Birds, p. 299): cfr.
III 77, 4 nec Libye mittit nec tibi Phasis aves; XIII 45, 1 si Libycae volucres
et Phasides essent; Plin. nat. X 132 phasianae in Colchis. Per Marziale
limportazione del fagiano risalirebbe alla spedizione degli Argonauti: cfr.
XIII 72 tit. phasianae. Argoa primum sum transportata carina: / ante
mihi notum nil nisi Phasis erat. Il sostantivo, soltanto qui in poesia, in
Marziale sempre femminile, come in Plin. X 132; XI 114; Suet. Cal.

384

M. Val. Martialis liber tertius

22, 3; Vit. 13, 2; solo tardo il maschile phasianus (Paul. sent. III 6, 76;
Pallad. I 29, 1; Amm. XVI 5, 3; Hist. Aug. Hadr. 21, 4; Heliog. 20, 6). Il
mito argonautico richiamato allusivamente anche in questo verso tramite
lattributo impius, che qualica i Colchi a causa di Medea: laccostamento
ritorna in Drac. Romul. X 177 impia Colchis (sc. terra); per limpietas
di Medea cfr. Ov. trist. III 9, 9 impia desertum fugiens Medea parentem;
Culex 249 impietate fera vecordem Colchida matrem; Sen. Ag. 119 impia
virgo; Val. Fl. IV 13 sg. dabit impia poenas / virgo; vd. anche Ov. met. VII
396 impius ensis (sc. Medeae).
17: sulla lascivia dei galli cfr. Physiogn. 83 insatiabiles esse veneris ut galli
quos
Graeci vocant (vd. anche 131); Eustath. Bas. hex. 8,
3 p. 949A lascivus est gallus; vd. anche Varro rust. III 9, 5 gallos salaces.
Essa era tra le cause della castrazione: cfr. XIII 63, 1 sg. (tit. capones)
ne nimis exhausto macresceret inguine gallus, / amisit testes. nunc mihi
Gallus erit con il commento di Leary2; Colum. VIII 2, 3 mares autem
galli, semimares capi, qui hoc nomine vocantur cum sint castrati libidinis
abolendae causa. Rhodias: da Rodi proveniva una delle specie migliori di
gallinacei (Capponi 1979, p. 248): cfr. Varro rust. III 9, 6; Colum. VIII 2,
4; Plin. nat. X 48. superbi: sullindole altezzosa dei galli si diffonde Plin.
nat. X 46 sg. proxime gloriam sentiunt et hi nostri vigiles nocturni
imperitant suo generi et regnum in quacumque sunt domo exercent et
plebs tamen aeque superba graditur ardua cervice, cristis celsa, caelumque
sola volucrum aspicit crebra, in sublime caudam quoque falcatam
erigens; cfr. anche Colum. VIII 2, 9 mores autem maxime generosi
probantur, ut sint elati, alacres, vigilaces; in generale sui galli nellantichit
vd. Orth, RE VIII 2519, 48 sgg. premunt: per luso eufemistico relativo
al ruolo maschile nellatto sessuale vd. OLD, s.v., nr. 2 b; cfr. IV 4, 4 quod
pressa piger hircus in capella; Lucr. IV 1079 sg. quod petiere, premunt
arte faciuntque dolorem / corporis; Prop. I 13, 21 sg. non sic Haemonio
Salmonida mixtus Enipeo / Taenarius facili pressit amore deus; Suet. Cal.
25, 1 noli uxorem meam premere; per lequivalente uso di comprimo cfr.
IV 66, 11 vilica vel duri compressa est nupta coloni; Prop. II 26, 47 sg.
testis Amymone, latices dum ferret, in Argis / compressa; vd. ThlL III
2157, 70 sgg.; OLD, s.v., nr. 2; Adams, LSV, p. 182.
18: le colombaie romane avevano la forma di una torretta posta sul tetto:
cfr. XII 31, 6 quae gerit similes candida turris aves; Ov. ars II 150 quas
colat turres Chaonis ales habet; trist. I 9, 7 sg. aspicis ut veniant ad

Epigramma 58

385

candida tecta columbae, / accipiat nullas sordida turris aves; Pont. I 6, 51


nam prius incipient turris vitare columbae; vd. anche Varro rust. III 3, 6;
7, 1 sgg.; Colum. VIII 8, 1 sgg.; Plin. nat. X 110. plausibus columbarum:
limmagine deriva da una nota similitudine virgiliana: Aen. V 213 sgg. qualis
spelunca subito commota columba / / fertur in arva volans plausumque
exterrita pennis / dat tecto ingentem (vd. anche V 505 sg. timuit exterrita
pennis / ales, et ingenti sonuerunt omnia plausu; 515 sg. alis / plaudentem
columbam); cfr. inoltre Fronto p. 230, 2 N.; Tract. in Luc. V 28; Hier.
epist. 49, 20, 2. Sullallevamento delle colombe vd. Capponi 1979, p. 184; cfr.
Varro rust. III 7; Colum. VIII 8.
19: i versi dei due volatili sono associati in Virgilio: ecl. 1, 57 sg. nec tamen
interea raucae, tua cura, palumbes, / nec gemere aeria cessabit turtur ab
ulmo (unintenzione allusiva ai versi virgiliani sembrerebbe confermata dalla
ripresa del verbo gemere). palumbus: va identicato con il colombaccio
(vd. Capponi 1979, p. 375 sgg.; Steier, RE IV A 2484, 22 sgg.; Andr 1967,
p. 116 sg.); sul suo allevamento cfr. Cato agr. 90; Colum. VIII 8, 1; sulluso
a tavola cfr. Mart. II 37, 6; XIII 67 con il commento di Leary2; il suo verso
viene assimilato ad un gemito: cfr. Verg. ecl. 1, 57 sg. cit. supra; Plin. nat. X
106 (sc. palumbium) cantus concitur in clausola gemitu; XVIII 267
palumbium exaudi gemitus. Marziale utilizza sempre la forma palumbus
(II 37, 6; XIII 67 tit., 1), diversamente dalluso poetico (Cicerone, Virgilio,
Orazio, Calpurnio, Nemesiano); vd. ThlL X 1, 171, 71 sgg. cereus turtur:
sul colore della tortora cfr. III 60, 7 aureus immodicis turtur te clunibus
implet (vd. la n. ad loc. per il suo consumo a tavola); sul suo canto cfr. Pol.
Silv. voc. anim. chron. I, p. 548, 4 turtur gemit; in generale vd. Andr 1967,
p. 158; Capponi 1979, p. 499 sgg. Su cereus, che qui indica il colore giallo
della cera non rafnata, vd. Andr 1949, p. 157 sg.
20: la vilica portava nel sinus il cibo per i maiali, fatto di principalmente
di ghiande, quindi di fave, orzo, frumento (cfr. Varro rust. II 4, 6);
sullallevamento dei suini cfr. Varro rust. II 4; Colum. VII 9 sgg. Per avidus
nellaccezione di edax, vorax (ThlL II 1425, 28 sgg.) cfr. Hor. carm. III 23,
4 avida porca; Ov. fast. I 349 avidae porcae; in Marziale cfr. v. 26
avidis turdis; I 14, 5 avidus leo; IV 56, 5 avidis piscibus; V 18, 8
avidum scarum.
21. matremque plenam : cfr. Ov. fast. V 498 pronus saturae lac bibit
agnus ovis; per plenus gono di latte cfr. Stat. silv. V 5, 45 sus uberibus
plenis.

386

M. Val. Martialis liber tertius

22: limmagine deriva da Hor. epod. 2, 65 sg. positosque vernas, ditis


examen domus, / circum renidentis Lares (vd. Duret 1977, p. 179 sg.;
Salemme 1998, p. 45); cfr. anche Hor. sat. II 6, 66 sg. ante Larem proprium
vescor vernasque procacis / pasco libatis dapibus; Mart. I. 49, 27 sg. vicina
in ipsum silva descendet focum / infante cinctum sordido; IV 66, 10
stetit inculti rustica turba foci. Era usuale nelle abitazioni rustiche cenare
dinverno dinanzi al focolare: cfr. Varro frg. Non. p. 83, 15 ad focum hieme
ac frigoribus cenitabant; Verg. ecl. 5, 69 sg. convivia / ante focum, si
frigus erit; si messis, in umbra; Porph. Hor. carm. III 17, 13 hortatur apud
focum epulari. sic enim solent rustici hieme, cum feriati sunt. Il focolare,
simbolo del calore domestico, costituisce un elemento topico degli elogi
della campagna: cfr. Pers. 1, 71 sgg.; in Marziale I 55, 8; II 90, 7; X 44,
4; 47, 4; 96, 7 sg.; XII 18, 19 sg. Lelevato numero di schiavi domestici
(vernae: vd. la n. a 1, 6) segno di prosperit economica: cfr. Hor. epod.
2, 65 sg.; sat. II 6, 66 sg. citati supra; Tib. II 1, 23 turba vernarum saturi
bona signa coloni. serenum: non giusticata la congettura perennem di
Mordtmann (Bemerkungen ber Martial, Jahresber. ber die Fortschr.
der class. Alterthumswiss. 20, 1892, p. 184 sg.): focus perennis ricorre in
X 47, 4 tra gli elementi desiderabili per una vita beata; lattributo esprime
lauspicio di una condizione permanente ed dunque inadatto alla scena
qui descritta. Per questuso di serenus cfr. I 49, 15 aestus serenos; VI 42, 19
quae tam candida, tam serena lucet (sc. aqua); vd. inoltre Stat. Ach. I 120
sg. largo serenat / igne domum. lactei: lacteus, che indica il candore della
pelle, tipico della tenera et, attributo di uso prevalentemente poetico
(vd. ThlL VII 2, 852, 33 sgg.; Andr 1949, p. 40); in Marziale cfr. I 31,
6 lactea colla (sc. pueri delicati); vd. anche Apul. met. X 32, 1 teretes et
lacteos puellos. La traduzione di SB2 (The infant children of the house)
tralascia la notazione cromatica certamente presente nellaggettivo (vd.
anche OLD nr. 1 b unweaned, sucking).
23: per limmagine cfr. I 49, 27 sg. cit. nella n. al v. 22. larga: copiosa,
abundans (ThlL VII 2, 974, 22 sgg.): cfr. Hor. sat. I 8, 44 largior arserit
ignis; vd. anche Hor. carm. I 9, 5 sg. ligna super foco / large reponens.
festos ad lares: nelle occasioni festive le statuette dei lari, collocate
presso il focolare, venivano lucidate con olio e cera: cfr. Hor. epod. 2, 65
sg. cit. nella n. al v. 22; Iuv. 12, 87 sg. parva coronas / accipiunt fragili
simulacra nitentia cera; vd. al riguardo RE, s.v. Lares, XII 814, 1 sgg.;
Wissowa 1912, p. 169. silva: per luso metonimico di silva per legna

Epigramma 58

387

(OLD, s.v. silva, nr. 3 a) cfr., ad es., Ov. met. VII 242; Sen. Her. O. 1641;
Val. Fl. III 311; 427; Stat. silv. III 1, 185.
24 sgg.: la tenuta di Faustino si differenzia dalla citt perch tutti gli
schiavi vi sono occupati in modo procuo e attivo. I versi contengono
pertanto unimplicita condanna del possesso di numerosi schiavi, sfruttati
come oggetti sessuali o ostentati come segno di ricchezza: cfr. II 43, 13;
57, 5; X 98, 1 sgg.; XII 66, 8.
24. albo otio: per la gura, frequente in Marziale, per cui il predicato
proprio di una persona viene riferito ad un elemento caratterizzante di
essa, vd. la n. a 46, 1 operam togatam; albus indica il pallore prodotto
dalla oziosa vita di citt: cfr. I 55, 13 sg. non amet hanc vitam quisquis me
non amat, opto, / vivat et urbanis albus in ofciis; X 12, 9 sg. et venies
albis non adgnoscendus amicis / livebitque tuis pallida turba genis; vd.
anche Hor. sat. II 2, 21; epod. 7, 15; carm. II 2, 15 sg. pallet: sul pallore
come esito di una vita non sana cfr. I 77, in cui il pallor del protagonista
causato dalle sue pratiche sessuali (6 cunnum lingit Charinus); XI 6,
6 pallentes curae; XIV 162, 2 pallida cura; Hor. sat. II 3, 78 argenti
pallet amore; Sen. ben. IV 13, 1 corpora ignavia pallentia; dial. X 2, 4
quam multi continuis voluptatibus pallent!; Pers. 5, 15 pallentis radere
mores; Iuv. 2, 50 Hispo subit iuvenes et morbo pallet utroque. Otium qui
nella sua accezione negativa (vd. ThlL IX 2, 1176, 29 sgg.): cfr., ad es.,
Sen. ben. VII 2, 2 animus otio torpet. caupo: la forma con occlusione
del dittongo copo preferita da Schneidewin, Gilbert, Friedlaender, SB;
sembrano tuttavia ricondurre a caupo, accolto da Lindsay, Heraeus, Izaac,
le lezioni corrotte di entrambe le famiglie (capo, carbo) e il tono pi
sostenuto dellepigramma.
25. nec perdit oleum: lattivit ginnica qui vista come spreco di tempo
e di risorse alimentari (oleum): per la svalutazione dello sport a vantaggio
dellagricoltura cfr. anche XIV 49, 1 sg. (tit. halteres) quid pereunt stulto
fortes haltere lacerti? / exercet melius vinea fossa viros. Il biasimo della
palestra costituisce un motivo diffuso della critica moralistica a Roma:
cfr. Varro rust. II 1 sg.; Sen. epist. 88, 18 sg.; dial. X 12, 2; Cic. Tusc.
IV 70; rep. IV 4; Plin. nat. XV 19; XXIX 26; XXXV 48; Lucan. VII
270-272; Plin. epist. IV 22, 7; paneg. 13, 5; Sil. XIV 134-138; Plut. Mor.
274 D; sullargomento vd. RE VII 2061-2085; Marquardt 1886, pp. 117;
122; Blmner 1911, p. 329. lubricus palaestrita: palaestrita, grecismo
completamente ambientato nella lingua latina al tempo di Marziale, indica

388

M. Val. Martialis liber tertius

generalmente il maestro di lotta o il gestore di una scuola di lotta, ma


anche, come in questo caso, un lottatore (vd. ThlL X 1, 101, 25 sgg.): cfr.
anche XIV 201 tit. palaestrita con il commento di Leary1. Schiavi addetti
ad allenare alla lotta il padrone erano diffusi tra i ricchi (cfr. III 82, 20 e
la n. ad loc.). In poesia il sostantivo compare per la prima volta in Pers.
4, 39, quindi in Marziale (anche in III 82, 20; VI 39, 9; XIV 201 tit.). Gli
atleti, come ben noto, si ungevano dolio: cfr. Sidon. epist. II 2, 6 lubrici
tortuosique pugilatu et nexibus palaestritae; Auson. 419, 64 p. 369 P. quis
palaestram tam lubricus expedivit.
26. sed tendit avidis : limmagine costituisce ancora una ripresa da
Hor. epod. 2 (vd. la n. intr. e le nn. ai vv. 10; 22): v. 33 sg. rara tendit retia,
/ turdis edacibus dolos; in Marziale cfr. anche II 40, 3 subdola tenduntur
crassis nunc retia turdis; XI 21, 5 quae rara vagos expectant retia turdos.
Subdola retia ricorre, in senso metaforico, anche in II 47, 1. Sul tordo,
considerato tra gli uccelli pi prelibati, vd. la n. a 47, 10.
27. tremulave captum : immagine analoga in I 55, 9 et piscem tremula
salientem ducere saeta; vd. anche X 30, 17 sg. a cubili lectuloque iactatam
/ spectatus alte lineam trahit piscis; in Ovidio tremula denita la canna
da pesca: ars II 77 tremula dum captat harundine pisces; met. VIII 217
hos aliquis tremula dum captat harundine pisces; per lafnit lessicale cfr.
anche Sen. Herc. f. 158 sentit tremulum linea piscem. In Marziale la pesca
attivit guardata con favore: cfr. I 55, 9 cit. supra; IV 66, 7; IX 54, 3; X
30, 17 sg. cit. supra; 37, 5 sgg.; 37, 15 sg.
28: la caccia abitualmente inserita fra le attivit della vita di campagna:
cfr. I 49, 23 sg. ibi inligatas mollibus dammas plagis / mactabis et vernas
apros; vd. anche I 55, 7; III 47, 10 sg.; IV 66, 5; X 37, 16; XII 1; 14; 18,
22; sulla caccia a Roma vd. J. Aymard, Essai sur les chasses romaines, Paris
1951. impeditam cassibus: per lespressione cfr. X 37, 16 impedient
lepores umida lina meos; vd. anche Plaut. Truc. 38 sg. dum huc dum illuc
rete impedit / piscis. dammam: il sostantivo pu essere di genere sia
maschile che femminile: cfr. Prisc. GLK II 141, 18 damma in utroque
genere promiscue sunt prolata. In Marziale ricorre sempre il femminile,
come in Orazio e Ovidio, mentre Virgilio usa il maschile (vd. ThlL V 1,
8, 13 sgg.).
29 sgg.: il quadro mostra la naturale integrazione di elementi di rafnata
vita urbana nella semplice realt rurale. Nella tenuta di Faustino il lavoro,
invece di affaticare, d piacere: cfr. vv. 29 hilares urbanos; 31 parere

Epigramma 58

389

gaudent; 32 opere fruitur. facilis: lattributo diffuso nel lessico agricolo


per indicare la facilit di lavorazione di un terreno: cfr. Varro rust. I 27, 2;
50, 3; Colum. II 10, 4; III 11, 6; X 195; Plin. nat. XXXIII 2. In I 88, 5 faciles
buxos laggettivo avr probabilmente il senso di facili a trovarsi, ma non si
pu escludere che si riferisca al fatto che la pianta si presta agevolmente ad
assumere le fogge volute dal giardiniere (vd. Citroni, ad loc.). Qui realizza una
personicazione dellhortus, che si offre docile al lavoro dei servi. urbanos:
per la rara accezione di schiavi urbani cfr. Plin. epist. IX 20, 2 obrepere
urbanis, qui nunc rusticis praesunt; per luso sostantivato dellattributo cfr.
Plaut. merc. 714 urbani unt rustici; Cic. orat. 81 sermo omnis non
modo urbanorum sed etiam rusticorum.
30 sg. paedagogo non iubente: il paedagogus era il sorvegliante dei paggi:
cfr. XII 49, 1 crinitae Line paedagoge turbae; vd. Marquardt 1886, p. 112 sg.
lascivi capillati: sono i pueri delicati, deniti dal loro tratto esteriore pi
caratteristico (cfr. Petron. 27, 1; 29, 3; 57, 9; 63, 3; 70, 8); per luso sostantivato
dellattributo cfr. X 62, 2 sic te frequentes audiant capillati; vd. anche II 57,
5 grex capillatus. Denizioni sinonimiche sono comati (XII 70, 9; 97, 4)
e criniti (Sen. epist. 119, 14; Mart. XII 49, 1 crinitae turbae).
32. delicatus eunuchus: labitudine di possedere schiavi eunuchi
era diffusa in et imperiale (cfr. III 82, 15; VIII 44, 15); essi servivano
per spesso a soddisfare le brame sessuali delle matrone: cfr. VI 67
con il commento di Grewing; X 91; Iuv. 6, 366 sgg. con il commento
di Courtney; sullargomento vd. RE suppl. III 451, 13 sgg. fruitur:
per frui nellaccezione di godere di cfr. III 20, 17 an rure Tulli fruitur
atque Lucani; VIII 30, 3 sg. aspicis ut teneat ammas poenaque fruatur
/ fortis.
33: diversamente da quello urbano il salutator rusticus non giunge mai
a mani vuote (inanis). Per questa accezione dellattributo cfr. Plaut. Pseud.
371 amatorem inanem quasi cassam nucem; vd. ThlL VII 1, 821, 41
sgg. salutator: termine appartenente alla sfera quotidiana; indica il cliente
denito dallatto principale della sua giornata (la salutatio matutina); in
poesia ricorre quasi solo in Marziale (6 casi); in Stat. silv. II 4, 29 salutator
regum lo psittacus; cfr. anche Iuv. 5, 21 salutatrix turba.
34. ceris cana cum suis mella: lespressione pone in risalto la genuinit
del prodotto. Il miele menzionato fra le delizie della vita agreste anche
in I 55, 10 ava de rubro promere mella cado; Verg. georg. IV 140
sg. primus spumantia cogere pressis / mella favis; Hor. epod. 2, 15

390

M. Val. Martialis liber tertius

aut pressa puris mella condit amphoris. Per luso metonimico di cera per
favo cfr. V 37, 10; Verg. georg. IV 57 (vd. OLD, s.v. cera, nr. 2 a). Il verso
molto simile, pur nella diversit del metro, ad Ov. fast. IV 546 in ceris
aurea mella suis. Mella plurale poetico (vd. ThlL VIII 605, 64 sgg.); in
Marziale vi sono sette occorrenze contro un solo caso al singolare (XIII
24, 1).
35: ha creato difcolt agli interpreti la menzione in questo contesto del
formaggio proveniente da Sarsina, poich ci si aspetterebbe che il salutator
portasse un prodotto della sua terra e non certo di una regione cos distante.
Si tentato di sanare laporia intervenendo sul testo: Heinsius proponeva
metamque lactis Sassinatis, de silva, inaccettabile metricamente, poich in
quinta sede dello scazonte non mai ammesso lo spondeo (vd. Giarratano
1908, p. 61); Rooy, seguito da Friedlaender, ha corretto in metamque lactis
Sassinatis; e silva, che permette di superare le difcolt metriche, ma
comporta due interventi sul testo e obbliga ad intendere Kse nach Art
der Sassinatischen (Gilbert apud Friedlaender); inoltre linterpunzione
crea una pausa innaturale, in una serie di versi sintatticamente compiuti,
facendo gravitare e silva sul verso seguente. Citroni 1987, p. 151 n. 31 si
domanda se Sassinate non sia lezione interpolata da I 43, 7 ove ricorre:
rustica lactantis nec misit Sassina metas e non nasconda un diverso
nome di localit prossima a Baia. La difcolt sussiste e, in assenza di
una soluzione convincente, appare opportuno mantenere il testo trdito
come fanno tutti gli editori moderni, con leccezione di Friedlaender. Il
formaggio di Sarsina era noto per la sua qualit (cfr. Plin. nat. XI 241;
Sil. VIII 461 sg.; vd. RE II A, 1, 51) ed ricordato da Marziale in I 43, 7
cit. supra, dove Sassina stato restituito con certezza da Heinsius (sasina
T fuscina om. ). Lac assoluto per formaggio ricorre soltanto qui; di
norma accompagnato da un participio che ne specica lo stato: cfr. VIII
64, 9 massam lactis alligati; Verg. ecl. 1, 81 pressi lactis; Ov. met.
VIII 666 lactis massa coacti; XIII 796 lacte coacto. Meta solo qui e in I 43,
7 cit. supra usato per formaggio di forma conica (vd. ThlL VIII 863, 62
sg.). Sul formaggio nel mondo romano vd. Andr 1981, pp. 155-158.
36. somniculosos glires: i ghiri erano considerati leccornie: cfr. Petron.
31, 10; Plin. nat. XXXVI 4 (vd. anche VIII 223); per la loro presenza nelle
ville cfr. Varro rust. III 2, 14; 3, 3 sg.; 12, 2; 14, 1. Lattributo somniculosus,
solo qui in Marziale e raro in poesia (cfr. Cinna fr. 10), allude al proverbiale
letargo invernale del ghiro: cfr. XIII 59 (tit. glires) tota mihi dormitur

Epigramma 58

391

hiems et pinguior illo / tempore sum quo me nil nisi somnus alit; Laber.
mim. 5 et iam hic me optimus somnus premit ut premitur glis; vd. Otto,
Sprichwrter, s.v. glis; ThlL VI 2046, 27-38. Sullimpronta prosaica degli
aggettivi in osus vd. Axelson 1945, p. 60 sg.
37. vagientem matris hispidae fetum: un capretto. Lanimale indicato
con analoga perifrasi in VII 31, 3 et fetum querulae rudem capellae. Dal
verso del capretto deriverebbe luso di vagire per neonati umani secondo
Varrone, ling. VII 103 sg. multa ab animalium vocibus tralata in homines,
partim qu<ae> sunt aperta, partim obscura eiusdem (sc. Enni) ab
<ha>edo: clamor ad caelum volvendus per aethera vagit (ann. 531 V2);
cfr. anche Plaut. Poen. 30 sg. ne et ipsae sitiant et pueri pereant fame /
neve essurientes hic quasi haedi obvagiant; Ov. met. XV 466 sg. aut qui
vagitus similes puerilibus haedum / edentem iugulare potest (altrove vagire
usato per le lepri: Suet. fr. 161 p. 250 Reiff. leporum vagire; AL 762, 60
lepores vagiunt; Isid. diff. 607). Da escludere pertanto lipotesi, suggerita
probabilmente dalluso di hispidus (vd. infra), che si tratti di un maialino,
attestata nel Forcellini, s.v. vagio 2 b e in altri lessici (Georges, Calonghi,
Castiglioni-Mariotti). I maiali sono nominati al v. 20 e gli animali e i prodotti
recati in dono dal rusticus ai vv. 34-40 non sono menzionati altrove nellepigramma. Per il verso del maiale il latino utilizza il verbo grunnire (o grundire)
e il sostantivo grunnitus (o grunditus): vd. ThlL VI 2338, 55 sgg.; 2339,
12 sgg. Lattributo hispidus, usato per lo pi per suini (cfr. Phaedr. V 10,
4 hispidi suis; Sen. Ag. 892 hispidus aper; vd. ThlL VI 3, 2833, 9
sgg.), ricorre solo qui per una capra; cfr. per Verg. georg. III 287 hirtas
capellas; Ov. met. XIII 927 hirtae capellae; Iuv. 5, 155 hirsuta capella;
Iuvenc. IV 267 hirtis capellis; Avien. ora 218 hirtae capellae. Fetus
comune per la prole di animali: vd. ThlL VI 1, 637, 52 sgg.; in riferimento al
capretto ancora in VII 31, 3 cit. supra; Tib. I 1, 31 sg. fetum capellae; Iuv.
15, 12 fetum capellae.
38: i capponi sono menzionati tra gli Xenia: cfr. XIII 63 tit. capones. ne
nimis exhausto macresceret inguine gallus, / amisit testes. nunc mihi Gallus
erit; 64 tit. idem. succumbit sterili frustra gallina marito. / hunc matris
Cybeles esse decebat avem. coactos non amare: sulluso eufemistico di
amare per futuere vd. Adams, LSV, p. 188; cfr. VI 93, 3 ab amore recens
hircus.
39. vimine offerunt texto: congettura certa di Scriverius per il trdito vimineo ferunt texto: cfr. IX 72, 3 texto vimine; vd. anche II 85, 1 vimine

392

M. Val. Martialis liber tertius

levi; IV 88, 7 rugosarum vimen breve Picenarum; VII 53, 5 cum vimine
Picenarum.
40. grandes virgines: grandis si riferisce allet, relativamente alle fasi
della vita: cfr. Don. Ter. Ad. 673 grandem ad aetatem veteres rettulerunt,
non ad corpus, et in parte aetatis dicitur grandis non in tota vita, nisi
additur natu et grandis infans et grandis puer et grandis ephebus et
grandis virgo recte dicitur; Plaut. Aul. 191 virginem dabo grandem; Trin.
374 soror illi est adulta virgo grandis; Ter. Ad. 673 an sedere oportuit
domi virginem tam grandem; in Marziale cfr. VIII 3, 16 grandis virgo;
vd. anche II 48, 5 et grandem puerum diuque levem; VII 10, 14 poscit iam
dotem lia grandis.
41. vocatur: luso assoluto di voco (sc. ad cenam) comune da Plauto in
poi e frequente in Marziale.
42: labitudine della tenuta rustica contrasta con quella cittadina, per cui
gli avanzi di una cena venivano talora riproposti in cene successive: cfr.
II 37, 10 sg., in cui Marziale rimprovera argutamente il commensale che
arraffa senza misura ogni cibo che viene servito: ullus si pudor est, repone
cenam: / cras te, Caeciliane, non vocavi; X 48, 17 sg. pullus ad haec
cenisque tribus iam perna superstes / addetur.
43 sg.: tutti ricevono lo stesso trattamento, persino i servi, che quindi
non hanno nulla da invidiare agli altri commensali. Diversa, come noto,
la consuetudine a Roma, dove i clienti ricevevano cibi pi scadenti (vd. la
n. intr. allepigr. 60). Sullinvidia generata dalla disparit di trattamento cfr.
IV 68 invitas centum quadrantibus et bene cenas. / ut cenem invitor,
Flacce, an ut invideam? satur minister: avere un servo ben pasciuto
uno dei desideri espressi da Marziale in II 90 (v. 9 sit mihi verna satur).
45 sgg.: gli ultimi versi introducono nuovamente ed in modo inatteso il
destinatario del componimento Basso, la cui menzione nel v. 1 sembrava
un gesto allocutorio estraneo allo sviluppo dellepigramma.
45. at: la particella avversativa marca un netto contrasto con la orida
tenuta di Faustino n qui descritta. famem mundam: efcace e originale
espressione metonimica, che associa leleganza esteriore della tenuta di
Basso e la sua carenza sostanziale (cfr. v. 49 pictam villam). Fames
per luogo sterile non offre altre attestazioni (vd. ThlL VI 1, 233, 78
sg.; per altri usi metonimici del sostantivo vd. la n. a 7, 4). Per mundus
nellaccezione di elegante, rinito vd. ThlL VIII 1631, 41 sgg.; OLD,
s.v., nr. 2; cfr. Hor. epist. I 20, 2 Sosiorum pumice mundus (sc. liber); Sen.

Epigramma 58

393

epist. 86, 12 postquam munda balnea inventa sunt, spurciores sunt (sc.
homines). Meno persuasiva mi sembra lipotesi di attribuire allaggettivo
valore intensivo come in Petron. 41, 11 et mundum frigus habuimus (vd.
Hofmann, LU, p. 197), sostenuta da von Kamptz in ThlL VIII 1631, 73 e,
recentemente, da Salanitro 2002, p. 561, che propone di rendere il verso,
senza la necessit di evidenziare il riferimento alla villa che risulta da
ci che segue, con unespressione idiomatica italiana (tu nel suburbio
possiedi una fame nera). Tale esegesi mal si adatta alluso metonimico di
fames, garantito da possides. sub urbe: sulla tenuta suburbana di Basso
cfr. lepigr. 47.
46. meras laurus: per merus nellaccezione di non nisi, nihil praeter
vd. ThlL VIII 848, 26 sgg.; cfr. VII 54, 1 semper mane mihi de me mera
somnia narras; Cic. Att. IX 13, 1 mera scelera loquuntur; Hor. epist. I 7,
84 sulcos et vineta crepat mera; II 2, 88 ut meros audiret honores.
47. furem Priapo non timente: Priapo, custode dellorto, non teme i
ladri poich non c nulla da rubare.
48 sgg.: i versi richiamano III 47, 6 sgg., dove Marziale rappresenta il
viaggio di Basso con un carro pieno di ogni cibi, destinato, come si scopre
in conclusione, non in citt, ma in campagna.
49. pictam villam: cfr. I 55, 5 picta Spartani frigora saxi (i marmi
colorati dei ricchi palazzi nobiliari); vd. anche X 30, 13 pictam phaselon.
50: tutti prodotti tipici della campagna: vd. III 47, 7 sgg.; VII 31.
51: conclusione arguta: se non produce nulla, la villa suburbana di
Basso deve essere considerata una domus lontana e non una tenuta
campagnola (rus). Allopposto Sparso possiede un autentico rus in
urbe (XII 57, 21); la villa di Giulio Marziale pu essere invece denita
domus per laffabilit del suo proprietario: hoc rus, seu potius domus
vocanda est, / commendat dominus: tuam putabis, / tam non invida
tamque liberalis, / tam comi patet hospitalitate (IV 64, 25 sgg.). In VII
31 Marziale scherza sullimproduttivit della propria tenuta campagnola.
domus longe: lespressione sottintende un participio (ad es. sita): cfr. X
58, 2 propius Baias; Stat. Ach. I 174 sgg. insequitur (sc. Achillem) /
Patroclus tantisque extenditur aemulus actis, / par studiis aevique modis,
sed robore longe.

394

M. Val. Martialis liber tertius

59
Sutor Cerdo dedit tibi, culta Bononia, munus,
fullo dedit Mutinae: nunc ubi copo dabit?
hab. T tit. ad sutorem cerdonem T: de sutore de sutore cerdone
1 Cerdo Crusius
(cfr. 16, 1. 4. 6): cerdo TPQfEAXV credo LA 2 ubi LPQf : tibi Tfs.l. copo LPfEAX:
caupo TQV

Cerdone il ciabattino ti ha dato, rafnata Bologna, uno spettacolo di gladiatori,


un lavandaio lha dato a Modena: ora dove lo dar un oste?
Un ciabattino e un lavandaio offrono spettacoli gladiatori in ricche
citt dellEmilia. Ora, si domanda Marziale, dove lo dar un oste? Il
distico riprende il tema sviluppato nellepigr. 16, rivolto contro il sutor
Cerdone. Qui Marziale lascia intendere che non si tratta di un caso isolato
e avanza con amaro sarcasmo lipotesi, evidentemente non remota, che la
circostanza sia destinata a ripetersi (nunc ubi copo dabit?). Sul disprezzo
per le attivit banausiche, che percorre tutta lantichit greco-latina, vd. G.
Traina, La tecnica in Grecia e a Roma, Roma-Bari 1994; Id., s.v. mestieri
e professioni, EO II, sez. 9, pp. 196-199. Per la presenza del motivo in
Marziale, che ad esso unisce il rammarico per lo scarso riconoscimento
della sua poesia, cfr. III 16 (con la n. intr.); IX 73, dove bersaglio della
satira un ciabattino che ha ereditato grandi ricchezze (sullepigr. vd.
Parroni 1979). Non sar casuale che il distico preceda un epigramma sul
gretto trattamento riservato al poeta da un patrono che lo invita a cena:
laccostamento dei due componimenti pone in ulteriore risalto quella che
agli occhi del poeta appare come uningiustizia sociale.
1. sutor Cerdo: sul ciabattino Cerdone cfr. gli epigr. 16 e 99 di questo
libro. Su Cerdo, nome parlante (dal greco
, guadagno), vd.
la n. intr. allepigr. 16. dedit munus: cfr. III 16, 1 das gladiatores,
sutorum regule, Cerdo; dare munus espressione abituale per offrire uno
spettacolo gladiatorio: cfr. Cic. Sull. 54 dandi muneris; Petron. 45, 13
munus tibi dedi; vd. ThlL VIII 1665, 78 sgg.; V 1, 1677, 68 sgg. tibi,
culta Bononia: lapostrofe alla citt personicata (tibi) accresce lintensit

Epigramma 59

395

dellindignazione del poeta. Bononia fu colonia romana dal 189 a.C. (cfr.
Liv. XXXVII 57, 7; Vell. I 15, 2; vd. Hlsen, RE III 701 sg.; Suppl. I
255; Nissen, IL, II, p. 262 sgg.). Cultus, soltanto qui riferito ad una citt,
lascia supporre un ambiente elegante e rafnato; lepiteto stride perci
con lumilt del personaggio (Citroni 1987, p. 146 sg.). Nel 69 d.C. per
ordine di Fabio Valente fu costruito a Bononia un anteatro (Tac. hist. II
67, 2), dove si svolse uno spettacolo gladiatorio in onore di Vitellio (Tac.
hist. II 71, 1). Si trattava con ogni probabilit di una struttura lignea. Il
ritrovamento di una lastra con un rilievo gladiatorio nel 1930 presso la
citt conferma le notizie attestate dalle fonti letterarie (vd. al riguardo S.
Aurigemma, Gli anteatri romani di Placentia, di Bononia e di Forum
Cornelii, Historia 6, 1932, p. 565 sgg.). Bologna appare ancora negli
epigrammi di Marziale in VI 85, 5 sg., in cui il poeta lamenta la morte
dellamico Camonio Rufo, conosciuto probabilmente durante il soggiorno
cisalpino, invitando lintera citt a piangerne la scomparsa: funde tuo
lacrimas orbata Bononia Rufo, / et resonet tota planctus in Aemilia.
2. fullo: il mestiere del lavandaio era considerato tra i pi umili: cfr. Firm.
math. III 8, 7 artes aut sordidae aut squalidae quales sunt fullones
eqs.; vd. Daremberg-Saglio, s.v. fullonica; Marquardt 1886, pp. 527-30;
R.J. Forbes, Studies in Ancient Technology, IV, Leiden 19642, pp. 81-98;
in Marziale cfr. XII 59, 6 sg. hinc instat tibi textor, inde fullo, / hinc
sutor modo pelle basiata. Mutinae: menzionata qui soltanto da Marziale.
La lana di Modena era rinomata (cfr. Strabo V 1, 12; Colum. VII 2, 3)
e questo provoc la oritura del mestiere di lavandaio; Marziale ricorda
altrove lalta qualit della lana di Parma: cfr. XIV 155, 1 sg. velleribus
primis Apulia, Parma secundis / nobilis; vd. anche II 43, 4; IV 37, 5; V
13, 8. I dati epigraci confermano le fonti letterarie riguardo alla oritura
nella Cisalpina della produzione tessile (vd. E. No, La produzione tessile
nella Gallia Cisalpina, RIL 108, 1974, pp. 918-932; G. Mansuelli, I
Cisalpini, Firenze 1962, p. 208 sgg.). Su Mutina, colonia romana dal 183
a.C., vd. RE XVI 939, 45- 946, 59; Nissen, IL, II, p. 264 sgg. nunc ubi
copo dabit?: traspare dalla domanda un sarcasmo venato di amarezza per
lascesa sociale di ceti umili, cui sembra non esistere limite. Mentre a Roma
non era permesso al tempo che un privato offrisse un munus gladiatorio,
le fonti rivelano che in provincia questo accadeva frequentemente (vd. la
n. intr. allepigr. 16; Ville 1981, pp. 161 sgg.; 200 sgg.). Sulla preferenza per
la forma copo vd. la n. a 57, 1.

396

M. Val. Martialis liber tertius

60
Cum vocer ad cenam non iam venalis ut ante,
cur mihi non eadem quae tibi cena datur?
Ostrea tu sumis stagno saturata Lucrino,
sugitur inciso mitulus ore mihi;
sunt tibi boleti, fungos ego sumo suillos;
res tibi cum rhombo est, at mihi cum sparulo.
Aureus immodicis turtur te clunibus implet,
ponitur in cavea mortua pica mihi.
Cur sine te ceno cum tecum, Pontice, cenem?
Sportula quod non est prosit: edamus idem.

10

hab. T tit. ad ponticum T


1 vocer T: vocor
iam T : tam
3 saturata
TPQf : saturtura L 4 sugitur TLPQf: sumitur subditur fs.l. mitulus TLPf : mutulus
fs.l. ut vid. vitulus Q 5 ego TLPf : om. Q sumo TLPQ : summo f suillos : illos L
pusillos TLPQf 6 rhombo est at fs.l. : rhombo est et LPQf rhombo stat T 7 aureus
TLPf : aureis Q te TLQf : et P clunibus : dimicus T 9 ceno TLPQf : cenem fs.l.
10 quod : quae T prosit edamus TLPQf : prosit et edamus f

Dato che non mi si invita pi a cena dietro compenso come prima,


perch non mi viene data la tua stessa cena?
Tu prendi ostriche nutrite nel lago Lucrino,
io succhio un mitilo dopo averne inciso il guscio.
A te toccano boleti, io prendo funghi porcini;
5
tu hai a che fare col rombo, io con lo sparulo.
Unaurea tortora ti riempie con le sue cosce enormi,
a me viene servita una gazza morta in gabbia.
Perch ceno senza di te, pur cenando con te, o Pontico?
Il fatto che non c la sportula offra un vantaggio: mangiamo gli stessi cibi. 10
Il poeta si lamenta con un patrono che gli offre una cena scadente, mentre
riserva per s cibi rafnati. Il tema ricorre spesso in Marziale: cfr. I 20; 43;
III 49; IV 68; 85; VI 11; IX 2; X 49; XII 27 (28); presenta afnit con questo
epigramma nello svolgimento del tema VI 11 (vd. Siedschlag 1977, p. 53
sg. e il commento di Grewing allepigr.): quod non sit Pylades hoc tempore,
non sit Orestes / miraris? Pylades, Marce, bibebat idem, / nec melior panis

Epigramma 60

397

turdusve dabatur Orestae, / sed par atque eadem cena duobus erat. / tu
Lucrina voras, me pascit aquosa peloris eqs.; vd. anche Plin. epist. II 6 (con
il commento di Sherwin-White); Iuv. 5 (con il commento di Courtney). Qui
il tema viene contestualizzato da Marziale nel periodo di abolizione della
sportula (vv. 1; 10; cfr. gli epigr. 7; 14; 30 di questo libro), che dovrebbe
almeno garantire al cliente una recta cena come quella del patrono. Pontico
con ogni probabilit un nome ttizio (ricorre ancora in II 32, 2; IV 85,
1; V 63, 2; IX 19, 2; 41,1 e 10; 82, 1; anche in IV 85 si tratta di un patrono
avaro). Il nome del patrono ritardato no al v. 9, con leffetto di accrescere
il tono indignato dellultimo distico. Lepigramma sviluppa unitariamente
due temi ben presenti nel libro: labolizione della sportula (cfr. 7; 14; 30) e
la lamentela per la condizione dei clienti (cfr. 36; 37; 38; 46); esso costituisce
una sorta di riessione conclusiva sullargomento, che non compare pi nel
resto del libro.
1. Cum vocer: forma incipitaria tra le pi comuni in Marziale: essa introduce
un dato di fatto che pu suscitare un interrogativo (cfr., ad es., III 23, 1
sg. omnia cum retro pueris obsonia tradas, / cur non mensa tibi ponitur
a pedibus?). Vocer lezione di T, mentre i codici delle famiglie
recano
vocor; lindicativo, pur possibile, determinerebbe per un valore temporale
per il cum che mal si adatta al contesto. Per la frequente corruttela cfr. I 59, 4
laver : lavor ; VII 23, 3 precer : precor ; vd. anche la n. a 32, 1. non
iam venalis ut ante: sullabolizione della sportula da parte di Domiziano vd.
la n. intr. allepigr. 7. La sportula era talvolta associata allinvito a cena (vd. la
n. a 30, 1).
2: per la distribuzione della sportula il patrono si sentiva autorizzato ad
offrire cibi scadenti ai suoi clienti; nelle aspettative di Marziale la sua abolizione
dovrebbe comportare un miglioramento del trattamento (cfr. v. 10). Per la
forma analoga della recriminazione per la disparit dei cibi cfr. VI 11, 3 sg.
cit. nella n. intr.; Iuv. 5, 51 sg. non eadem vobis poni modo vina querebar? /
vos aliam potatis aquam.
3. ostrea: sulle ostriche, considerate tra i cibi pi prelibati vd. la n. a 45, 6.
Quelle del lago Lucrino erano rinomate: cfr. V 37, 3; VI 11, 5; X 37, 11; XII
48, 4; XIII 82; 90, 2; vd. anche Hor. epod. 2, 49; Petron. 70, 6; sullargomento
vd. RE II 2, 2590-1, s.v. Austern. stagno Lucrino: sulla denizione vd.
la n. a 20, 20. saturata: in Marziale il verbo ricorre 3 volte su 4 al participio
passato (VIII 28, 4; 48, 5; XIII 24, 1); in Virgilio 2 occorrenze su 4 sono part.

398

M. Val. Martialis liber tertius

pass.: cfr. Aen. VIII 213 sg. saturata / armenta; vd. EV IV, s.v. satur.
4: il mitulus una specie di concha marina (mytilus edulis L.): cfr.
Athen. III 85 e
,
;
Porph. Hor. sat. II 4, 28; vd. Steiner, RE XVI 785 sgg.; Thompson, Fishes,
p. 259. Il termine usato per la prima volta in poesia da Orazio sat. II 4,
28. sugitur: sumitur di senzaltro una banalizzazione, favorita molto
probabilmente dal contesto prossimo (cfr. vv. 3 sumis; 5 sumo). inciso
ore: cfr. Plin. nat. IX 80 muricem neque aspero neque rotundo ore; 130
rotunditate oris (sc. conchae) in margine incisa. Il particolare aggiunge un
tratto ulteriore alla descrizione del misero trattamento riservato al cliente: il
mitilo che gli viene servito, oltre ad essere pi scadente nella qualit, non
stato neanche preparato a dovere e il poeta deve anche inciderne il guscio.
Mi sembra quindi che fraintenda il passo SB2, che traduce: I cut my mouth
sucking a mussel.
5. sunt tibi boleti: sui pregiati boleti vd. la n. a 45, 6. suillos: soltanto
i codici della terza famiglia conservano qui la lezione corretta (pusillos
corruttela facilmente spiegabile). Si tratta di funghi porcini, non tanto
scadenti, quanto pericolosi: cfr. Plin. nat. XXII 96 tertium genus suilli,
venenis accomodatissimi. familias nuper interemere et tota convivia
quae voluptas tam ancipitis cibi? (vd. anche XVI 31); sullidenticazione
vd. G. Maggiulli, Nomenclatura micologica latina, Genova 1977, p. 73
sgg. La situazione descritta nel verso certamente ripresa da Giovenale 5,
146 sg. vilibus ancipites fungi ponentur amicis, / boletus domino (vd. al
riguardo Colton 1991, p. 200).
6. res tibi cum est: lespressione ricorre in commedia (Plaut. Men. 323;
Ter. Eun. 759), in prosa (Cic. Verr. II 5, 109: div. II 109; Caes. Gall. VII
77, 4; Liv. V 3, 8; XXVIII 42, 17; Tac. dial. 10, 5; Suet. Iul. 68, 2), ma anche
in Verg. Aen. IX 154 sg.; Tib. I 6, 3; Sil. XII 706. rhombo: sul rombo,
pesce prelibato, vd. la n. a 45, 5. sparulo: lo sparulus, menzionato in [Ov.]
Hal. 107 et super aurata sparulus cervice refulgens, stato identicato
con il Sargus Annularis della famiglia degli Sparidae (vd. il commento di
Capponi, ad loc.).
7. aureus turtur: la tortora era un cibo rafnato: cfr. XIII 53, 1 sg.
(tit. turtures) cum pinguis mihi turtur erit, lactuca valebis: / et cocleas
tibi habe. perdere nolo famem; vd. anche VII 20, 15; Plaut. Most. 46; Iuv.
6, 39. Per luso di aureus cfr. III 58, 19 cereus turtur; qui lattributo, oltre
al colore (su cui vd. Andr 1949, p. 155 sg.), mette in risalto il pregio del

Epigramma 60

399

volatile. immodicis clunibus: le clunes (cfr. CGL IV 216, 44 clunes:


coxae) erano una parte apprezzata nei volatili: cfr. III 82, 21 et concubino
turturum natis donat; vd. anche Sen. epist. 47, 6 alius pretiosas aves
scindit; per pectus et clunes certis ductibus circumferens eruditam manum
frusta excutit; Hor. sat. II 8, 91 sine clune palumbes; Auson. 392, 1 sg. p.
254 P. (epist. 1, 1 sg. G.) Picenae populator turdus olivae / clunes opimat
cereas. Laggettivo immodicus evidenzia le dimensioni fuori dal comune
di cibi anche in II 43, 11 immodici tibi ava tegunt chrysendeta mulli (su
tema analogo).
8: il verso raggiunge il punto pi alto della rappresentazione del misero
trattamento del cliente. La gazza era tenuta nelle case dei Romani e
addestrata al saluto: cfr. XIV 76 (tit. pica) pica loquax certa dominum te
voce saluto: / si me non videas, esse negabis avem; vd. anche VII 87, 6
pica salutatrix si tibi, Lause, placet (in un elenco di animali domestici); IX
54, 9 salutatus picae respondet arator. Sullidenticazione della pica vd.
Capponi 1979, p. 416; Andr 1967, p. 127 sg. ponitur: per luso di ponere
nel senso di adponere vd. la n. a 45, 5. in cavea: luso di tenere gazze in
gabbia testimoniato anche da Petron. 28, 9 super limen cavea pendebat
aurea, in qua pica varia intrantes salutabat; cfr. anche Mart. XIV 77 (tit.
cavea eborea) si tibi talis erit qualem dilecta Catullo / Lesbia plorabat, hic
habitare potest; vd. Daremberg-Saglio I, s.v. cavea, p. 980 sg.
9: il verso esprime con efcace paradosso (sine te tecum), la triste
realt del rapporto cliente-patrono; per un paradosso simile cfr. XI 35, 1-4
ignotos mihi cum voces trecentos, / quare non veniam vocatus ad te, /
miraris quererisque litigasque. / solus ceno, Fabulle, non libenter.
10: Marziale auspica che labolizione della sportula rechi almeno un miglioramento della cena. I fatti si svolsero diversamente, come testimonia
la rapida reintroduzione della sportula, attestata gi a partire dal libro
seguente (cfr. IV 26; 68).

400

M. Val. Martialis liber tertius

61
Esse nihil dicis quidquid petis, improbe Cinna:
si nil, Cinna, petis, nil tibi, Cinna, nego.
hab. R tit. ad cinnam
RLPf : dabo Q

: de cinna R

2 nil (pr.) RLQfEAXV: nihil PEA

nego

Dici che nulla tutto ci che chiedi, insolente Cinna:


se nulla, Cinna, chiedi, nulla, Cinna, ti nego.
Marziale si fa beffe di un tale che gli presenta continue richieste e
riuta elegantemente di concedergli alcunch, ritorcendogli contro la
stessa formula che egli utilizza per cercare di ottenere favori e denari
(nihil est): se nulla ci che chiede, nulla gli negato. La pointe, come
stato opportunamente notato da Izaac (I, p. 102 n. 4; vd. anche Joepgen
1967, p. 94 sg.), basata su uno stratagemma linguistico analogo a quello,
noto a tutti, che consente ad Odisseo di sfuggire a Polifemo (Od. IX 362
sgg.; 403 sgg.). Del tutto infondata linterpretazione in chiave oscena di
Obermayer 1998, p. 91 sg., secondo il quale Cinna chiederebbe al poeta
di svolgere il ruolo passivo in un rapporto omoerotico. La struttura del
distico si presenta come una delle pi comuni in Marziale: alla narratio del
v. 1 segue il commento arguto del poeta, espresso in forma di conseguenza
logica della premessa (seallora). La ripetuta anafora del nome rende
efcacemente la molesta insistenza delle richieste di Cinna. Il nome Cinna,
frequente in epigrammi scommatici di vario genere, probabilmente
ttizio.
1. Esse nihil: espressione della lingua colloquiale nel senso di essere una
cosa da nulla: cfr. Plaut. Mos. 981 sg. nihil hoc est, / triginta minae;
Hor. sat. II 3, 116 mille cadis-nihil est, tercentum milibus; vd. OLD, s.v.
nr. 8 a; in Marziale lespressione ricorre ancora in IV 5, 9 sg.; IX 41, 3;
XIII 2, 8 sg. improbe: per questa accezione dellattributo cfr. Isid. orig.
X 135 improbus dictus, quod instat etiam prohibenti; in Marziale cfr. IV
1, 10 pro tanto quae sunt improba vota deo?; vd. anche V 80, 7; XI 80, 6;
ThlL VII 1, 691, 6 sgg.

Epigramma 62

401

62
Centenis quod emis pueros et saepe ducenis,
quod sub rege Numa condita vina bibis,
quod constat decies tibi non spatiosa supellex,
libra quod argenti milia quinque rapit,
aurea quod fundi pretio carruca paratur,
quod pluris mula est quam domus empta tibi:
haec animo credis magno te, Quinte, parare?
Falleris: haec animus, Quinte, pusillus emit.

hab. T cum 60 con. T tit. ad quintum : om. T 1 centenis : cetenis T ducenis


TLPQf : ducentis L 2 sub rege numa : suregnuma T vina bibis : vinabilis T 3
decies TLQf : deci LPQf 4 quod
: que T 5 fundi pretio TLPf : pretio fundi
Q 6 mula TLPf : nulla Q 7 credis magno : magno credis T
haec TPQf : hic L ut
vid. emit TPQf : erit L eris f

Compri schiavetti per centomila e spesso duecentomila sesterzi,


bevi vini imbottigliati sotto il re Numa,
del mobilio di piccole dimensioni ti costa un milione,
una libbra dargento te ne sottrae cinquemila,
al prezzo di un terreno ti procuri un carro dorato,
5
hai comprato una mula a un prezzo pi alto di una casa:
credi, o Quinto, di procurarti queste cose con animo grande?
Ti sbagli: queste cose le compra, o Quinto, un animo piccino.
Quinto rappresenta il tipo epigrammatico dello scialacquatore, presente
in Marziale anche in III 10; V 70; IX 82 (vd. Brecht 1930, p. 82 sg.).
Lepigramma si sviluppa in forma di catalogo delle spese effettuate dal
protagonista (1-6); Marziale fa emergere gradualmente il suo giudizio
negativo nei primi versi (3 non spatiosa; 4 rapit), quindi in modo sempre
pi esplicito (5 sg.) attraverso il raffronto fra gli inutili oggetti acquistati
da Quinto e quelli, ben pi sostanziali, che avrebbe potuto avere ad un
prezzo uguale, se non inferiore. Lultimo distico (7 sg.) contiene la pointe,
realizzata attraverso la contrapposizione tra il giudizio che Quinto ha
del proprio comportamento e quello opposto del poeta (credis ? /
falleris; animo magno - animus pusillus). Per la struttura scandita

402

M. Val. Martialis liber tertius

dallanafora di quod cfr. I 104, 1-10; II 11, 1-6. Per questuso di quod vd.
la n. a 42, 2.
1. Centenis ducenis: sc. milibus; per lellissi vd. OLD, s.v., nr. 1 c; in
Marziale cfr. II 65, 5; IV 37, 5; V 35, 2; VIII 16, 2; XI 76, 4; XII 75, 8;
lelevata cifra di centomila sesterzi per un giovane schiavo attestata in
diversi epigrammi: cfr. I 58, 1 sg.; XI 70, 1; vd. anche II 63, 1 sg.; altrove
Marziale censura il comportamento di personaggi che vendono un podere
per acquistare un puer (IX 21; XII 16; 33). Sui prezzi degli schiavi vd. Citroni,
p. 193; Blmner 1911, p. 280 sg.; Westermann, RE Suppl. VI 1011 sg.
2. sub rege Numa: si tratta di uniperbole comica: cfr. XIII 111 (tit. Falernum) de Sinuessanis venerunt Massica prelis: / condita quo quaeris
consule? nullus erat. Numa Pompilio, secondo re di Roma, simboleggia un
periodo remoto anche in X 39, 1 sg. consule te Bruto quod iuras, Lesbia,
natam, / mentiris: nata es, Lesbia, rege Numa?; per il riferimento alla
Roma arcaica vd. anche XI 44, 1 orbus es et locuples et Bruto consule
natus.
3. decies: sc. centena milia; per il frequente uso ellittico del moltiplicativo
vd. la n. a 22, 2 centies. non spatiosa supellex: Marziale potrebbe
riecheggiare qui Persio (4, 52): noris, quam sit tibi curta supellex, dove
pure supellex usato in senso metaforico. Supellex indica genericamente
il mobilio: cfr. Paul. Dig. XXXIII 10, 3 supellectili haec continentur:
mensae subsellia, scamna, lecti etiam inargentati, culcitae, toralia ,
vasa aquaria, pelves candelabrae, lucernae; in Marziale cfr. V 62, 3 aut
si portatur tecum tibi magna supellex.
4. libra argenti: una libbra dargento a Roma costava circa 270 sesterzi.
Lespressione si riferisce certamente a un oggetto dargento lavorato
artisticamente (vd. ThlL II 525, 76 sgg.; Friedlaender, SR IV, p. 301 sg.;
D.E. Strong, Greek and Roman Silver Plate, Ithaca 1966, p. 19 sg.): luso
frequente in Marziale: cfr. II 76, 1; III 40 (41), 2; IV 39, 1. 9; 88, 3; V 59, 1;
VI 50, 4; VII 53, 12; VIII 6, 3; 34, 1; 71, 1; X 15 (14), 8; 57, 1; XI 70, 7 sg.;
XII 36, 1; XIII 48, 1; vd. anche VII 86, 6 sg. nulla venit a me / Hispani tibi
libra pustulati. rapit: esprime lo sproposito della somma pagata, quasi
un furto: cfr. III 16, 2 quodque tibi tribuit subula, sica rapit (dove la sica
simboleggia gli spettacoli gladiatori); VII 32, 6 et rapit immeritas sordidus
unctor opes; vd. anche VIII 64, 15 sit tandem pudor et modus rapinis; XII
55, 6 hoc vendit quoque nec levi rapina.

Epigramma 62

403

5: il prezzo pagato da Quinto per un carro dorato signicativamente


equiparato a quello di un terreno, il cui utilizzo consentirebbe unattivit
onesta e produttiva. La condanna del lusso che va a scapito dellagricoltura
ricorrente nei moralisti (vd. la n. a 31, 2; Edwards 1993, p. 137 sgg.); in
Marziale cfr. IX 2, 7 empta tibi nox est fundis non tota paternis; 21, 1
Artemidorus habet puerum sed vendidit agrum; XII 16, 1 sg. addixti,
Labiene, tres agellos; / emisti, Labiene, tres cinaedos; 33, 1 ut pueros
emeret Labienus vendidit hortos; la stessa censura gi in Plaut. Epid. 226
quasi non fundis (sc. vestibus fundorum pretio emptis) exornatae multae
incedant per vias (su cui vd. Fraenkel 1960, p. 128). carruca: si tratta di
un carro a quattro ruote, spesso riccamente adorno: cfr. Plin. nat. XXXIII
140 nos carrucas argento caelare invenimus; Suet. Nero 30, 3 numquam
minus mille carrucis fecisse iter traditur; vd. al riguardo ThlL III 498, 29
sgg.; Mau, RE III 1614. In III 47, 13 carruca usato come sinonimo di
raeda (cfr. v. 5).
6: il verso costituisce lapice della climax: Quinto ha pagato una mula
pi di quanto costi una casa. Liperbole comica ritrae bene il personaggio,
dedito al superuo a scapito della sostanza.
7 sg.: la conclusione realizzata attraverso la menzione dellopinione
del protagonista, smentita nellultimo verso da quella opposta del poeta:
si tratta di una struttura ricorrente in Marziale (vd. Siedschlag 1977, p. 66
n. 2): cfr. II 26, 3 sg. iam te rem factam, Bithynice, credis habere? / erras:
blanditur Naevia, non moritur; 83, 4 sg. credis te satis esse vindicatum? /
erras: iste potest et irrumare; VII 31, 6 sg. de nostro tibi missa rure credis?
/ o quam, Regule, diligenter erras!
7 sg.: la formulazione mostra analogie con Sen. dial. III 20, 5 magno
hoc dictum spiritu putas? falleris. Quinto crede, spendendo grandi cifre, di
mostrare la propria magnanimit e distacco dal denaro, in realt sprecare
soldi in tal modo indice di bassa moralit; il contrasto magnus-pusillus
realizzato anche in I 9, 1 sg. bellus homo et magnus vis idem, Cotta,
videri: / sed qui bellus homo est, Cotta, pusillus homo est; vd. inoltre V
82, 4 i tibi, dispereas, Gaure: pusillus homo es. animo credis magno:
lordo verborum conservato dalla seconda famiglia contro laccordo delle
altre due (a. m. c. T ) ha maggiore probabilit di essere genuino, poich
Marziale evita di norma lomeoteleuto, soprattutto quello realizzato dal
sostantivo con il relativo attributo: vd. Shackleton Bailey 1994, p. 52
sgg.; T. Adamik, The System and Function of Attributes in Martials

404

M. Val. Martialis liber tertius

Epigrams, AUB (sect. class.) 7, 1979, pp. 71-85, spec. 81-83; per un
caso analogo di varianti nella collocazione di sostantivo e aggettivo cfr.
VI 64, 28 fumantem vivi nasum temptaveris ursi : fumantem nasum
vivi T . Sullo scarso peso dellaccordo di due famiglie contro una nella
costituzione del testo di Marziale vd. Citroni, p. LXXI sgg.; SB1, pp. VIIIX. animus pusillus: la condanna di Quinto realizzata da Marziale
attribuendo allespressione un signicato opposto a quello comune: cfr.,
ad es., Sen. ben. II 34, 4 parcissimum hominem vocamus pusilli animi
et contracti, cum innitum intersit inter modum et angustias. Pusillus
per Marziale invece colui che spreca denaro credendosi per questo un
granduomo. Sullaggettivo, appartenente alla sfera quotidiana, vd. la n. a
42, 3.

Epigramma 63

405

63
Cotile, bellus homo es: dicunt hoc, Cotile, multi.
Audio: sed quid sit dic mihi bellus homo.
Bellus homo est, exos qui digerit ordine crines,
balsama qui semper, cinnama semper olet;
cantica qui Nili, qui Gaditana susurrat,
qui movet in varios bracchia vulsa modos;
inter femineas tota qui luce cathedras
desidet atque aliqua semper in aure sonat,
qui legit hinc illinc missas scribitque tabellas;
pallia vicini qui refugit cubiti;
qui scit quam quis amet, qui per convivia currit,
Hirpini veteres qui bene novit avos.
Quid narras? Hoc est, hoc est homo, Cotile, bellus?
Res pertricosa est, Cotile, bellus homo.

10

vv. 1-4 hab. R 63, 5-V 67, 5 post 21 hab. AG(c)h (vd. epigr. 22) tit. ad cotilum (-ty-)
R EXV: anapiciua A in mg. (fort. ex ad apicium, ad 22 pertinens) 2 bellus homo. dist.
Friedlaender: bellus homo? Lindsay dic mihi bellus homo RQf : dic mihi cotile bellus
homo Pf dic mihi cotile bellus homo es L cotile bellus homo L 3 exos R AXV:
exus E digerit LPf : digeris R dirigit Q 4 qui : quis R cinnama RLPf : cinnama
qui Q 5 nili EA: lini XV qui gaditana hlv2: qui gaditani AXVh qui graditani E qui
et gaditana PQfv2 qui et gauditana L 6 movet LQfEXV: movit Pf vomet A modos
fin mg. : choros LPQf 8 desidet LPQf : besidet Q aliqua LPQf : alia Q 9
missas V: missa EAX 11 qui A: quis EXV amet EXV: amat A convivia EXV:
conviva A 12 hirpini LPf : harpini Q 13 hoc est hoc est : hoc est
homo cotile
bellus LPf: cotile bellus Q cotile homo bellus EXV lecoti homo bellus A 14 pertricosa
LPfEXV: perticosa A perridicula fin mg. pretiosa quidem Q homo LPf : homo est
Lut vid.Q

Cotilo, sei un uomo di mondo: lo dicono, Cotilo, molti.


Lo sento dire; ma dimmi cos un uomo di mondo.
Un uomo di mondo uno che sistema in ordine i capelli arricciati,
che profuma sempre di balsamo, sempre di cinnamomo,
che sussurra i canti del Nilo e quelli di Cadice,
5
che muove le braccia depilate secondo varie cadenze;
che se ne sta tutto il giorno seduto in salotto fra le signore
e bisbiglia sempre in qualche orecchio,

406

M. Val. Martialis liber tertius

uno che legge biglietti inviatigli da una parte e dallaltra e ne scrive a sua
che rifugge il mantello del gomito vicino;
[volta; 10
uno che sa quale donna ami ciascuno, che corre per banchetti,
uno che conosce bene i remoti antenati di Irpino.
Che mi racconti? Questo, proprio questo un uomo di mondo, Cotilo?
una cosa intricata, Cotilo, un uomo di mondo.
Il Cotilo preso di mira in questo epigramma incarna il tipo comico
delluomo di mondo (bellus homo). Caratterizzato da unaffettazione di
rafnatezza, da tratti effeminati e da passione per gli aspetti pi mondani
della vita, il bellus homo rappresenta ottimamente agli occhi di Marziale
la vacuit di una societ che ostenta uneleganza soltanto esteriore. Il tipo
preso di mira gi in I 9, 1 sg. bellus homo et magnus vis idem, Cotta,
videri: / sed qui bellus homo est, Cotta, pusillus homo est; II 7 declamas
belle, causas agis, Attale, belle, / historias bellas, carmina bella facis eqs.;
cfr. anche IV 78; X 46; XII 39. La gura ricorre spesso in commedia, satira,
epigramma: cfr., ad es., Hor. sat. I 2, 26 sg.; 6, 30 sgg.; Ov. ars III 433 sgg.;
Lucian. rhet. praec. 11; Lexiph. 12; vd. al riguardo O. Ribbeck, Agroikos,
Abhandl. Schs. Ges. 10, 1, 1885, p. 47 sg.; Herter, Effeminatus, 620650. Appartiene alla categoria il Publio Sulpicio Gallo ritratto da Scipione
Emiliano, fr. 10 M. (apud Gell. VI 12, 5) nam qui cotidie unguentatus
adversus speculum ornetur, cuius supercilia radantur, qui barba vulsa
feminibusque subvulsis ambulet, qui in conviviis adulescentulus cum
amatore cum chirodota tunica interior accubuerit, qui non modo vinosus,
sed virosus quoque sit, eumne quisquam dubitet, quin idem fecerit, quod
cinaedi facere solent? Cotilo, che ricorre in Marziale ancora in II 70,
nome parlante (dal gr.
chiacchierone; cfr. anche CGL II 30, 37
blandae
. Si tratta comunque di un nome attestato in Grecia: vd.
M.J. Osborne-S.G. Byrne, A Lexicon of Greek Personal Names, II, Attica,
Oxford 1994, p. 277. Lepigramma presenta una struttura tripartita: il
quesito posto dal poeta nel primo distico e il suo commento nale (13
sg.) incorniciano la lunga descrizione del bellus homo che Marziale lascia
alle parole di Cotilo (3-12). Lepigramma fa il paio con il precedente, che
descrive un personaggio che vuole mostrare la propria magnicenza, ma
tradisce la propria povert spirituale.

Epigramma 63

407

1. bellus homo es: la iunctura bellus homo ricorre in Plaut. Capt.


956; Varro Men. 335; 517; 519; Catull. 24, 7; 78, 3 sg.; 81, 2 (cfr. anche
22, 2. 9); Cic. Att. I 1, 4; Petron. 42, 3; AL 412, 13. Su bellus, termine
della lingua colloquiale, vd. la n. a 37, 2 non belle facitis. dicunt hoc
multi: laffermazione insinua subito il sospetto che il giudizio del poeta si
contrapponga a quello della massa.
2. quid sit dic mihi bellus homo: linterpunzione di Friedlaender, Heraeus,
SB e Walter, resa senzaltro preferibile dalluso del congiuntivo (sit)
allinterrogativa diretta realizzata dagli altri editori (Lindsay, Ker, Izaac).
possibile pensare ad un congiuntivo dubitativo-potenziale, che darebbe
alle parole di Marziale un tono ironico (cosa sarebbe, dimmi, un uomo di
mondo?), ma luso del poeta sembra rendere questipotesi meno probabile:
cfr. I 20, 1 dic mihi, quis furor est?; per linterrogativa indiretta cfr. III 20, 1
dic, Musa, quid agat Canius meus Rufus.
3-12: i versi contengono una vera fenomenologia del bellus homo,
esposta dallo stesso Cotilo. Leffetto di ironia realizzato attraverso il
contrasto tra la presunzione di eleganza di Cotilo e il giudizio negativo che
Marziale e i suoi lettori si formano alle sue parole.
3: la cura eccessiva dei capelli arricciati un tratto caratteristico delleffeminato: cfr. Plaut. Asin. 627 cinaede calamistrate. Ovidio vieta alluomo
di arricciarsi i capelli con il ferro (calamistrum) e sconsiglia alle donne la
frequentazione di coloro che lo fanno: cfr. Ov. ars I 505 sed tibi nec ferro
placeat torquere capillos; III 433 sg. sed vitate viros cultum formamque
professos / quique suas ponunt in statione comas. In Marziale si veda il
ritratto delleffeminato crispulus di V 61; cfr. ancora Plaut. Curc. 577; Tib.
I 6, 39; 8, 9 sg.; Sen. epist. 66, 25; 95, 24; dial. X 12, 3; vd. ThlL III 118,
6 sgg.; Herter, Effeminatus, 631 sg. exos: per ectere capillos nel senso
di crispare c. vd. ThlL VI 892, 58-64; cfr. II 36, 1 ectere te nolim, sed nec
turbare capillos; X 65, 6 tu exa nitidus coma vagaris; vd. anche Iuv. 6,
493; Spart. Hadr. 26, 1; Firm. math. IV 19, 17. digerit ordine crines:
lespressione indica unacconciatura accurata: cfr. Ov. am. I 7, 11 ergo ego
digestos potui laniare capillos; 14, 19 saepe etiam nondum digestis mane
capillis.
4: leccessiva profumazione, uno dei bersagli ricorrenti della critica
moralistica (vd. la n. intr. allepigr. 55), tratto caratteristico della descrizione
delleffeminato: cfr. XII 38, 3; Iuv. 2, 40-42; vd. Herter, Effeminatus, 634. I
due profumi sono associati ancora in Apul. met. II 8 cinnama fraglans et

408

M. Val. Martialis liber tertius

balsama rorans. Per lanafora di semper in un contesto analogo cfr. AL 458,


1 sgg. R. (456 SB) semper munditias, semper, Basilissa, decores, / semper
dispositas arte decente comas / et comptos semper vultus unguentaque
semper, / / non amo. Balsama metonimia comune per opobalsama: cfr.
Serv. georg. II 119 balsamum est arbor ipsa, opobalsamum sucus collectus
ex arbore; Plin. nat. XII 116 sucus e plaga manat quem opobalsamum
vocant. Si tratta di un profumo apprezzatissimo: cfr. Plin. nat. XII 111
omnibus odoribus praefertur balsamum, uni terrarum Iudeae concessum.
In XIV 59 (tit. opobalsama) Marziale ne testimonia la diffusione tra gli
uomini: balsama me capiunt, haec sunt unguenta virorum. / delicias
Cosmi vos redolete, nurus. cinnama: sul cinnamomo vd. la n. a 55, 2;
RE II 2836 sgg.
5. cantica Nili: la musica egizia era particolarmente sensuale: cfr.
Ov. ars III 315 sgg. discant cantare puellae / / et modo marmoreis
referant audita theatris / et modo Niliacis carmina lusa modis; Prop.
IV 8, 39 Nile, tuus tibicen erat, crotalistria phillis. Sui canti egizi vd.
Friedlaender, SR III, p. 304; Wille 1967, p. 311 sgg.; H. Abert, Die Musik,
in Friedlaender, SR II, pp. 161-188. Cantica equivale qui a cantus: vd.
ThlL III 283, 39 sgg. In poesia il Nilo indica spesso metonimicamente
lEgitto: in Marziale cfr., ad es., XI 11, 1; 13, 3; XIV 115, 1. Gaditana:
sono le melodie al cui ritmo danzavano le ballerine di Cadice (Gades),
celebri nellantichit per la lascivia dei loro movimenti: cfr. Iuv. 11, 162 sgg.
forsitan expectes ut Gaditana canoro / incipiant prurire choro plausuque
probatae / ad terram tremulo descendant clune puellae (con il commento
di Courtney); vd. Wille 1967, pp. 200; 313. In Marziale cfr. V 78, 26 sgg.;
VI 71, 2; XIV 203.
6: il bellus homo sa muovere le braccia come un danzatore. Ovidio colloca
la danza tra le arti che possono rendere gradita una persona in una situazione
conviviale: cfr. ars I 595 si vox est, canta; si mollia bracchia, salta; vd. anche
Hor. sat. I 9, 24 sg. quis (sc. possit) membra movere / mollius?; opposta
invece la posizione dei moralisti, fatta qui propria da Marziale, per i quali
la danza praticata soltanto da uomini effeminati (vd. al riguardo Herter,
Effeminatus, 638): cfr. Sen. contr. I praef. 8 cantandi saltandique obscena
studia effeminatos tenent; vd. anche Macr. Sat. III 14, 4 sgg. in varios
modos: modus indica una scala musicale, con determinati intervalli (vd. ThlL
VIII 1255, 38 sgg.); qui lespressione indica la capacit di danzare a diversi
ritmi: cfr. VI 71, 2 et Gaditanis ludere docta modis; Prop. II 22, 6 varios

Epigramma 63

409

incinit ore modos; Ov. Ib. 452 ad Phrygios modos (Mart. XI 84, 4); vd.
anche lanaloga espressione relativa alla danza di Lucr. IV 769 bracchia in
numerum iactare (vd. ThlL II 2158, 67 sgg.). La lezione choros della seconda
famiglia, trascurata da tutti gli editori, era invece collocata da Lindsay tra le
varianti per cui la scelta difcile (Lindsay 1903, p. 24). Il termine chorus,
pur non estraneo al contesto (cfr., ad es., Prop. III 5, 19 sg. me iuvat
/ Musarum choris implicuisse manus), sembra tuttavia adattarsi male
allespressione movere bracchia in (vd. ThlL III 1, 1022, 531023, 52).
bracchia vulsa: anche la depilazione maschile un tratto caratteristico
delleffeminato: cfr. Ov. ars III 437 sg.; med. 25 sg.; Sen. epist. 47, 7; 114,
14; nat. VII 31, 2; Plin. nat. XIV 123; XXIX 26; Plin. epist. II 11, 23; Iuv.
8, 114; Suet. Iul. 45, 2; Aug. 68; in Marziale cfr. II 29, 6; 62, 1; V 61, 6; IX
27; X 65, 8; XII 38; vd. al riguardo Herter, Effeminatus, 633 sg.; Obermayer
1998, pp. 117-120.
7 sg.: Cotilo trascorre giornate intere in compagnia di donne, cui parla
continuamente allorecchio. Il particolare ritorna nel ritratto delleffeminato
di XII 38, 1 sgg. hunc qui femineis noctesque diesque cathedris / incedit tota
notus in urbe nimis (per lipotesi di lacuna dopo il v. 1 vd. Housman 1907,
p. 260 = Class. Pap., p. 735). inter femineas cathedras: la cathedra
una sedia con schienale, ma senza braccioli, usata prevalentemente da donne
(vd. Marquardt 1886, p. 726); cfr. Iuv. 6, 91 molles cathedras; Sidon. epist.
II 9, 4 inter matronarum cathedras. La iunctura deriva probabilmente
da Calp. ecl. 7, 27 inter femineas spectabat turba cathedras (dei posti
nellanteatro). desidet: per laccezione di tempus otiose terere vd. ThlL
V 1, 696, 10 sgg.; cfr. Ter. Hec. 800 frustra ubi totum desedi diem; Suet.
rhet. 25 ibi homines adulescentulos dies totos desidere. aliqua semper in
aure sonat: il bellus homo bisbiglia allorecchio, come se si trattasse sempre
di argomenti strettamente riservati e condenziali: in I 89 Marziale descrive
comicamente la degenerazione di questa abitudine: garris in aurem semper
omnibus, Cinna, / garrire et illud teste quod licet turba (1 sg.); cfr. anche
V 61, 3 nescio quid dominae teneram qui garrit in aurem; Hor. sat. II
8, 78 stridere secreta divisos aure susurros; Pers. 5, 96 secretam garrit in
aurem. Marziale ha qui probabilmente imitato Properzio: I 12, 5 sg. nec
mihi consuetos amplexu nutrit amores / Cynthia, nec nostra dulcis in
aure sonat (per la virgola dopo Cynthia, cui reca sostegno anche il passo di
Marziale, vd. Fedeli1, ad loc.).
9: Cotilo vuole dare a vedere di avere numerose relazioni amorose;

410

M. Val. Martialis liber tertius

sullutilizzo delle tabellae come bigliettini per messaggi galanti vd. Marquardt
1886, pp. 801-806; cfr. Ov. am. I 11, 7 sgg.; 12, 1 sgg.; ars I 437 sgg.; Prop. III
23, 1 sgg.; in Marziale cfr. XIV 6; 8; 9 (con il commento di Leary1); il tipo del
seduttore fallito schernito in XI 64, 1 sg. nescio tam multis quid scribas,
Fauste, puellis: / hoc scio, quod scribit nulla puella tibi.
10: il bellus homo teme che il contatto con il vicino sul letto tricliniare possa
rovinare lelaborato panneggio del suo mantello; la medesima preoccupazione sembrerebbe muovere il Prisco di II 41, 9 sg. debes non aliter timere
risum / quam ventum Spanius manumque Priscus. La disposizione della
toga, cui i Romani prestavano molta attenzione (cfr. Quint. inst. XI 3, 137
sgg.; vd. Marquardt 1886, p. 554 sg.), era oggetto di cura quasi maniacale
da parte di chi aveva pretese di eleganza: latteggiamento di Cotilo trova
un precedente in Q. Ortensio Ortalo, il quale, secondo il racconto di Macr.
Sat. III 13, 4 (vd. anche Gell. I 5, 2 sg.), arriv a citare per ingiurie un tale
che, urtandolo incidentalmente per strada, gli aveva rovinato le pieghe della
toga; sulla cura per la toga quale indice di ostentazione di eleganza cfr. Hor.
epod. 4, 7 sgg.; Tib. I 6, 38 sg.; Ov. rem. 680; Sen. contr. II 6, 2; Tert. pall. 5.
Il pallium era un mantello leggero, usato sia da uomini che da donne: cfr.
XIV 138; sul suo uso nei banchetti cfr. VIII 59, 9; XI 23, 11 sg.; Petron. 32,
2; vd. RE XVIII 3, 249 sgg.; Wilson 1938, pp. 78-83; Herter, Effeminatus,
629 sgg. vicini cubiti: originale sineddoche per vicini hominis (vd.
Fenger 1906, p. 19). Cubitum ponere equivale a cenare in Petron. 27, 4 hic
est apud quem cubitum ponitis; per la frequente menzione del cubitum
in contesti conviviali vd. ThlL IV 1275, 54 sgg.
11: il bellus homo partecipa alla vita mondana dellUrbe ed informato
sui pettegolezzi. quam quis amet: proposizione relativa propria del latino
tardo: cfr. Vict. Vit. 3, 19 notariis scribentibus, quis quid diceret; Iord.
Get. 152 bellando quis quem valebat expellere; il primo esempio di tale
proposizione considerato CIL VIII 2728 (152 d.C. circa): vd. HofmannSzantyr, p. 557 (anche p. 202 sg.); Lfstedt, Peregrinatio Aetheriae, p. 272
sg. In questi casi quis assume il valore di quisque. Questo verso di Marziale
permette di retrodatare tale uso al I sec. d.C. Poco persuasiva lipotesi di
interpretare la frase come uninterrogativa indiretta introdotta da quam
(vd., ad es., Collesso: qui novit quam quis depereat). Si adatta senzaltro
meglio al ritratto del salottiero bellus homo la superciale conoscenza
delle relazioni amorose piuttosto che quella dellintensit della passione di
qualcuno.

Epigramma 63

411

12. Hirpini: Hirpinus il nome di un celebre cavallo da corsa, ricordato


anche da Iuv. 8, 62 sg. sed venale pecus Coryphaei posteritas et / Hirpini,
si rara iugo Victoria sedit e menzionato in CIL VI 10069. Il nome deriva,
come di frequente, dal gramen nativo. I cavalli irpini erano molto apprezzati
(vd. Friedlaender, SR II, p. 294 sg.). Sullenorme passione per le corse dei
cavalli a Roma cfr., ad es., VII 7, 8-10; VIII 11, 5 sg.; X 9; XI 1, 13 sgg.
Luciano (Nigr. 29) parla di
dei Romani; il vero intenditore
doveva conoscere persino lalbero genealogico dei cavalli in gara. veteres
avos: espressione comicamente altisonante: cfr. Verg. Aen. VII 177
sg. veterum efgies ex ordine avorum, / antiqua e cedro; Mart. X 87, 15
mirator veterum senex avorum; vd. anche Ov. fast. VI 657; Val. Fl. III
344; Stat. Theb. VI 67. Termini genealogici umani erano spesso applicati
al pedigree dei cavalli (vd. Friedlaender, SR II, p. 31): ad es. stemma (Stat.
silv. V 2, 21 sgg.), nobilis (Iuv. 8, 60), generosus (Iuv. 8, 57).
13: le interrogative sono intrise di ironia. quid narras?: interrogativa
di natura colloquiale: cfr. Plaut. Curc. 613 quas tu mihi tricas narras?;
Pseud. 1080 quid ait? quid narrat?; mil. 1031 quid illaec narrat tibi?;
Per. 499 quid istae narrant?; vd. al riguardo Hofmann, LU, p. 156 sgg.
hoc est, hoc est: la geminazione del dimostrativo sottolinea lincredulit
del poeta di fronte a quanto detto e prelude al commento conclusivo; cfr.
II 43, 1 sg.
haec sunt, haec sunt tua, Candide,
,/
quae tu magnilocus nocte dieque sonas?; 65, 4 sg. illa, illa dives mortua
est Secundilla, / centena decies quae tibi dedit dotis?; VIII 7, 1 sg. hoc
agere est causas, hoc dicere, Cinna, diserte, / horis, Cinna, decem dicere
verba novem?; Hor. epod. 4, 20 hoc, hoc tribuno militum. un tratto
marcatamente affettivo, tipico della lingua colloquiale (vd. Hofmann, LU,
p. 184 sgg.). Per luso in poesia vd. Wills 1996, p. 76 sgg.
14: Marziale conclude lepigramma con un personale commento sul
bellus homo. Il signicato dellespressione res pertricosa est oggetto
di discussione: pertricosus, hapax nella letteratura latina, deriva dallagg.
tricosus (con il presso intensivo per-), attestato in Lucil. 417 tricosus
bovinatorque, con il signicato di given to trickery, shifty (OLD, s.v.).
A sua volta laggettivo deriva da tricae. Il termine, la cui etimologia non
conosciuta (vd. Ernout-Meillet, s.v.), pu avere due signicati: a tangle
of difculties, complications (OLD nr. 1; cfr. Non. p. 13, 11 L.) e tries,
nonsense (OLD nr. 2; attestato in Marziale XIV 1, 7 sunt apinae tricaeque
et si quid vilius istis). Al primo si collegano trico (-onis), tricosus, tricor

412

M. Val. Martialis liber tertius

(e trico) e i composti intrico, extrico, inextricabilis. Le interpretazioni


di questo verso si sono differenziate a seconda del signicato di tricae
prescelto: al secondo signicato di tricae si rifanno, con sfumature
diverse, Ker: A very trumpery thing, Cotilus, is your pretty fellow; SB2:
A pretty fellow, Cotilus, is a very trashy article; OLD (s.v. pertricosus):
(prob.) completely taken up with tries (vd. Collesso: bellus homo
levioribus in rebus totus est occupatus); la maggioranza dei traduttori
e commentatori propende invece per laltra accezione (OLD nr. 1): tale
interpretazione registrata nel Forcellini (pertricosus = valde tricosus,
tricis plenus, difcilis); tra i traduttori di Marziale vd., ad es., Izaac: quelle
chose complique quun petit-matre, Cotilus!; Norcio: Un uomo rafnato una cosa assai complicata, o Cotilo; Scndola: un essere
complicato, Cotilo, un bellimbusto; Walter: sehr verwickelt, schwer
zu erringen. questultima a mio avviso linterpretazione preferibile:
nellaffermazione di Marziale naturale leggere un alto grado di ironia,
poich egli ritiene che per essere uomini eleganti, di mondo, vi sia bisogno
in primo luogo di rafnatezza, di sensibilit, di buon gusto, certamente
non delle caratteristiche, tutte esteriori e vacue, elencate da Cotilo. Essere
un bellus homo, secondo la denizione di Cotilo, per Marziale qualcosa
di complicato e, allo stesso tempo, inutile. res pertricosa est: res est con il
predicativo unespressione idomatica, cara a Seneca (vd. Traina 1995, p.
86 sg. n. 1) e frequente in Marziale (vd. la n. a 12, 3).

Epigramma 64

413

64
Sirenas hilarem navigantium poenam
blandasque mortes gaudiumque crudele,
quas nemo quondam deserebat auditas,
fallax Ulixes dicitur reliquisse.
Non miror: illud, Cassiane, mirarer,
si fabulantem Canium reliquisset.

hab. T tit. ad cassianum


: ad casianum T 1 poenam T : ponam
2 blandasque
T EXV: blasdasque A crudele EV: crudelem AX credele T 3 deserebat TLPQf :
desererebat f 4 fallax : fallat T 5 cassiane T : casiane

Le Sirene, lieta pena dei naviganti,


dolce morte e gioia crudele,
che nessuno un tempo abbandonava dopo averle ascoltate,
si dice che lingannevole Ulisse abbia lasciato dietro di s.
Non mi meraviglio: mi meraviglierei, o Cassiano,
se avesse lasciato Canio mentre racconta storie.

Marziale loda a Cassiano le doti affabulatorie del suo amico Canio Rufo
(sul quale vd. la n. intr. allepigr. 20) asserendo che il fascino delle sue parole
addirittura superiore a quello proverbiale delle Sirene (su cui vd. Otto,
Sprichwrter, s.v. Siren). Il mito delle Sirene (Od. XII 39 sgg.) costituisce
uno tra i pi noti episodi omerici (vd. Roscher IV 601-639; E. Kaiser,
Odyssee-Szenen als Topoi, I, Der Gesang der Sirenen, MH 21, 1964,
pp. 111-136; EV, s.v. Sirene, IV, p. 891 sg.). Al potere ammaliatore delle
Sirene allude il celebre distico di Furio Bibaculo su Valerio Catone (fr. 6
Blns. = 17 M.): Cato grammaticus, Latina Siren / qui solus legit ac facit
poetas; forse inuenzata dallepigramma di Marziale la lode di Pollio Felice
in Stat. silv. II 2, 112 sgg. hic ubi Pierias exercet Pollius artes / / (116)
hinc levis e scopulis meliora ad carmina Siren / advolat, hinc motis audit
Tritonia cristis. Lepigramma evoca nei primi quattro versi il mito delle
Sirene: Marziale ne pone in risalto con gusto retorico il fascino esiziale
attraverso tre nessi ossimorici appositivi (1 hilarem poenam; 2 blandas
mortes; gaudium crudele); quindi ricorda come Ulisse avesse saputo

414

M. Val. Martialis liber tertius

resister loro. Negli ultimi due versi Marziale esalta le capacit affabulatorie
dellamico, che gli avrebbero consentito di trattenere leroe itacese. Le
possibilit retoriche insite nel tema sono sviluppate anche dallo pseudoclaudianeo In Sirenas (carm. min. app. 1): dulce malum pelago Sirenae
volucresque puellae / Scyllaeos inter fremitus avidamque Charybdin /
musica saxa fretis habitabant, dulcia monstra, / blanda pericla maris,
terror quoque gratus in undis. / delatis licet huc incumberet aura carinis
/ implessentque sinus venti de puppe ferentes, / gebat vox una ratem. nec
tendere certum / delectabat iter reditus, otiumque iuvabat, / nec dolor
ullus erat: mortem dabat ipsa voluptas. Ispirato dallo stesso gusto retorico
per lossimoro lepigramma di Ausonio dal titolo de Hyla quem Naiades
rapuerunt (95 p. 348 P. = epigr. 106 G.): adspice quam blandae necis
ambitione fruatur / letifera experiens gaudia pulcher Hylas. / oscula et
infestos inter moriturus amores / ancipites patitur Naidas Eumenidas (su
cui vd. Kay, Ausonius Epigrams). Evidente il debito con lepigramma di
Marziale di Auson. Comm. prof. Burd. 15, 7 sg. te fabulantem non Ulixes
linqueret, / liquit canentes qui melodas virgines. Cassiano, il cui nome
ricorre soltanto in questo epigramma, doveva essere un amico del poeta
e dello stesso Canio (si tratta comunque di un nome ben attestato: vd.
Kajanto 1965, p. 144).
1 sg.: i due versi contengono tre ossimori che mettono in risalto gli
opposti esiti del canto delle Sirene: gioia e morte. La disposizione chiastica
del v. 2 evidenzia lintreccio indissolubile degli estremi (mortes, gaudium).
Per luso dellossimoro in Marziale cfr. I 82, 8 securo damno; 82, 11
innocens ruina, dove il poeta evidenzia il carattere miracoloso dellevento
(un portico crollato subito dopo il passaggio di Regolo: vd. la n. intr. di
Citroni); IV 18, 6 tabuit in calido vulnere mucro tener; VII 29, 1 Thestyle,
Victoris tormentum dulce Voconi (per il topos dolce-amaro in contesti
amorosi vd. la ricca esemplicazione di Galn Vioque, ad loc.); XII 18,
10 sg. hic pigri colimus labore dulci / Boterdum Plateamque. hilarem:
laetitiam praestans (vd. ThlL VI 3, 55 sgg.). blandas mortes: cfr.
Lucil. 1097 M. mite malum blandum atque dolosum; Sen. ben. II 14, 4
blandum et adfabile odium; Oct. 428 luxuria, pestis blanda; Auson. 95,
1 p. 348 P. (epigr. 106, 1 G.) cit. nella n. intr.; 108, 11 sg. p. 351 P. (epigr.
115, 11 sg. G.) marcentem / blandus letali solvat dulcedine morbus.
gaudium crudele: cfr. Ov. met. VI 653 dissimulare nequit crudelia

Epigramma 64

415

gaudia Procne; Rut. Nam. I 578 uxerunt madidis gaudia mesta genis;
Auson. 95, 2 p. 348 P. (epigr. 106, 2 G.) cit. nella n. intr.; Claud. 26, 407
lacrimosa gaudia miscent.
4. fallax Ulixes: fallax epiteto abituale di Ulisse, la cui immagine
negativa fu la pi diffusa a Roma per linuenza di Virgilio (vd. EV, s.v.
Ulisse, V, pp. 358-361; W. B. Stanford, The Ulysses Theme, Oxford 1954
[19682], p. 128 sgg.): cfr. Ov. met. XIII 712 fallacis Ulixis; Sen. Tro. 149
fallacem Ulixem; vd. anche Verg. Aen. II 90 pellacis Ulixi (v.l. fallacis);
164 scelerum inventor Ulixes; VI 529 hortator scelerum Aeolides (Ov.
met. XIII 45); IX 602 fandi ctor; Sen. Tro. 750 machinator fraudis.
Qui laggettivo allude anche allo stratagemma che gli permise di ascoltare
indenne il canto delle Sirene. Si noti anche leffetto paronomastico (fallax
Ulixes). dicitur: il verbo rimanda alla dimensione lontana del mito,
spesso contrapposto ad una concreta realt presente: cfr. epigr. 24 (21),
1 sg. quidquid in Orpheo Rhodope spectasse theatro / dicitur, exhibuit,
Caesar, harena tibi; 29 (25 b), 3 sg. sic miser (sc. Leandrus) instantes
affatus dicitur undas: / parcite dum propero, mergite dum redeo; II 84, 1
sg. mollis erat facilisque viris Poeantius heros / vulnera sic Paridis dicitur
ulta Venus; vd. anche I 104, 6 sg.
5 sg.: le doti narrative di Canio sono lodate anche in III 20, 8 sg. an
otiosus in schola poetarum / lepore tinctos attico sales narrat? La pointe
qui realizzata attraverso una sorta di lgende corrige (vd. al riguardo
Laurens 1965, p. 330), per cui il soggetto presentato considerato superiore
alle gure paradigmatiche del mito; il modulo caro a Marziale, che se ne
serve pi volte nelladulazione dellimperatore, ma anche in epigrammi
non cortigiani (esempi nella n. intr. di Citroni a I 36). In questo caso,
pur trattandosi di unipotetica, Canio viene implicitamente considerato pi
suadente delle Sirene.

416

M. Val. Martialis liber tertius

65
Quod spirat tenera malum mordente puella,
quod de Corycio quae venit aura croco;
vinea quod primis oret cum cana racemis,
gramina quod redolent, quae modo carpsit ovis;
quod myrtus, quod messor Arabs, quod sucina trita,
pallidus Eoo ture quod ignis olet;
gleba quod aestivo leviter cum spargitur imbre,
quod madidas nardo passa corona comas:
hoc tua, saeve puer Diadumene, basia fragrant.
Quid si tota dares illa sine invidia?

10

hab. T tit. ad diadumenum T


1 spirat
: srat T tenera malum Tf : malum
tenera LPQf 2 quae venit
: pervenit T 3 primis
: primus T oret cum :
cum oret TLPQf cum oreret P racemis TPQf : racenis L recemis T 4 ovis
T Vs.l.: uvis EAXV 5 arabs EXV: araps TA 6 ignis olet QfXV: igni solet
LPQfEA dignis olet T
7 quod T : quid
aestivo TLPQfEXV: aestiva Q
aestuo A cum spargitur
: conspargitur T imbre TQfV: imbrem LP imber Q
imo EAXV 8 quod T : quid
madidas
: mardida T nardo passa T: narda
passa T nardo sparsa nardos parta EAXV nardos sparsa Vin mg.
9 tua
:
tuua T puer TLPf : om. Q basia
: bassia T fragrant fs.l.G: fraglant TEAV
agrant LPQfX fraglans T
10 quid PQf : quod TLQ dares TLPf : daret Q

Il profumo che esala una mela quando la morde una delicata fanciulla,
quello dellefuvio che proviene dallo zafferano coricio;
quello di una vigna quando argentea orisce con i primi grappoli,
quello che emana lerba che una pecora ha appena brucato;
il profumo del mirto, di un mietitore arabo, dellambra sfregata,
5
quello della amma pallida dellincenso orientale;
quello di un terreno quando viene irrorato lievemente dalla pioggia estiva,
quello di una ghirlanda che stata a contatto con chiome madide di nardo:
tutti insieme, crudele fanciullo Diadumeno, li sprigionano i tuoi baci.
E che sarebbe se li concedessi interamente, senza ritrosia?
10
Marziale celebra la fragranza dei baci del puer Diadumeno attraverso
il paragone con una serie di profumi. Lepigramma si sviluppa in forma

Epigramma 65

417

priamelica, evocando nei vv. 1-8 profumi molto ricercati, clti in un preciso momento e deniti con molta nezza; soltanto in conclusione (9) le
molteplici percezioni olfattive vengono ricondotte dal poeta ai baci del
puer. La menzione ritardata del nome del puer (9), procedimento comune
nella poesia celebrativa (cfr. V 37, in cui il nome di Erotion compare
soltanto al v. 14; vd. Citroni, p. 310), concorre ad accrescere leffetto di
sorpresa della conclusione. Il gusto per laccumulo di immagini costituisce
un tratto distintivo della poesia di Marziale (vd. soprattutto La Penna
1992, spec. p. 9 sg. su questo epigramma; Siedschlag 1977, pp. 39-55). Egli
adotta tale tecnica anche in altri epigrammi incentrati sulla descrizione
di odori particolari, anche sgradevoli: cfr. IV 4; VI 93; XI 8; vd. inoltre
V 37, 9 sgg. fragravit ore (sc. Erotion) quod rosarium Paesti, / quod
Atticarum prima mella cerarum, / quod sucinorum rapta de manu
gleba. In questi epigrammi la serie delle immagini, che dovrebbe meglio
denire loggetto principale, tende fortemente ad una funzione estetica
propria, che consiste nellimprimere allimmaginazione un movimento
rapido e gioioso (La Penna 1992, p. 12). Il motivo dei fragrantia basia
ha una lunga tradizione poetica (vd. al riguardo Lilja 1972, pp. 120-124;
index, s.v. kisses), anche epigrammatica: cfr., ad es., AP V 118 (Marco
Argentario); XII 68 (Meleagro); V 305; XII 123 (anonimi). In Marziale
il tema sviluppato in forma strettamente analoga a questo epigramma
in XI 8, dedicato alla fragranza dei baci di un anonimo puer: uguale la
struttura, scandita dallanafora di quod, cui correlato in chiusura hoc;
simili alcune percezioni olfattive descritte (cfr. le nn. ai vv. 1; 2; 8); uguale
la chiusa dellepigramma che lega tutti i profumi alla fragranza dei baci
del puer. Lepigramma appartiene a un ciclo dedicato ai baci del puer
Diadumeno, che comprende anche V 46; VI 34. Il nome Diadumenos
allude certamente alla celebre statua omonima di Policleto, modello di
sensuale bellezza giovanile (cfr. Plin. nat. XXXIV 55 diadumenum fecit
molliter iuvenem), datata circa al 420 a.C. e nota da diverse copie: vd. E.
La Rocca, Policleto e la sua scuola, in R. Bianchi Bandinelli (ed.), Storia
e civilt dei Greci, IV, Milano 1979, p. 537 sgg. Non si pu comunque
escludere che si tratti di un reale puer delicatus del poeta: era diffusa
lusanza di dare ai pueri delicati nomi greci volti a metterne in risalto la
bellezza: in Marziale cfr. Callistos (V 64, 1; VIII 67, 5); Alexis (VIII 63,
1); Hyacinthos (VIII 63, 2); Hylas (XI 28, 2). Sulla diffusione del nome a
Roma vd. ThlL onom. III 123, 80 sgg.

418

M. Val. Martialis liber tertius

1: si tratta di unimmagine di intensa sensualit; Marziale ha saputo cogliere felicemente il momento preciso in cui il profumo si sprigiona. La mela
notoriamente nel mondo greco-romano un simbolo erotico: cfr. Theocr.
3, 10; 5, 88; Catull. 65, 19-24; Verg. ecl. 3, 64; 70 sg.; Prop. I 3, 24; vd. al
riguardo B.O. Foster, Notes on the Symbolism of the Apple in Classical
Antiquity, HSPh 10, 1899, pp. 39-55; E. S. McCartney, How the Apple
Became the Token of Love, TAPhA 56, 1925, pp. 70-81; A.R. Littlewood,
The Symbolism of the Apple in Greek and Roman Literature, HSPh 72,
1967; pp. 147-181. In Grecia mele morse erano date come pegni damore
(cfr. Lucian. dial. meretr. 12, 1; Tox. 13). Il profumo della mela, clto in
un diverso momento, anche in XI 8, 3 poma quod (sc. spirant) hiberna
maturescentia capsa; cfr. anche Theocr. 7, 143 sgg.; AP VI 102, 3; Ov. met.
VIII 675; Priap. 86, 13; Iuv. 5, 150; vd. Lilja 1972, pp. 49; 110. spirat: il
verbo transitivo nellanaloga struttura di XI 8, come in questo caso al v.
1 (lassa quod hesterni spirant opobalsama dracti); per luso transitivo vd.
OLD s.v., nr. 4 b; cfr. Verg. Aen. I 403 sg. comae divinum vertice odorem
/ spiravere; vd. anche Manil. IV 673; Pers. 6, 35; Iuv. 6, 463. tenera
malum mordente puella: lordo verborum riportato dalla prima e dalla terza
famiglia, che consente anche lallitterazione (malum mordente), senzaltro
preferibile a quello della seconda (malum tenera m. p.), probabilmente una
banalizzazione, che avvicina gli elementi sintatticamente correlati. Tenera
puella iunctura ricorrente nellelegia: cfr. Tib. I 3, 63; 10, 64; [Tib.] IV 4,
1; Prop. II 25, 41; Ov. am. II 1, 33; 14, 35; III 1, 27; 3, 25; 4, 1; 7, 53; ars I
403; II 745; III 31; epist. 14, 87; 19, 7. 127; med. 17. In Marziale cfr. I 109,
16 (della cagnetta Issa umanizzata: vd. Citroni, ad loc.); XIV 149, 1; su tener
nel lessico erotico vd. Pichon, p. 277 sg.
2: limmagine ricorre anche in XI 8, 2 ultima quod (sc. spirat) curvo
quae cadit aura croco, quasi identico nel secondo hemiepes. Lessenza di
zafferano veniva spruzzata sul pubblico e sulla scena in teatro per il suo
profumo rinfrescante: cfr. Lucr. II 416 et cum scaena croco Cilici perfusa
recens est; Hor. epist. II 1, 79 sg. recte necne crocum oresque perambulet
Attae / fabula; Prop. IV 1, 16 pulpita sollemnis non oluere crocos; Ov. ars
I 104 nec fuerant liquido pulpita rubra croco; Stat. silv. V 3, 41 sg. Sicanii
non mitius halat / aura croci; vd. anche Sen. nat. II 9, 2; in Marziale cfr.
ancora epigr. 3, 8 Cilices nimbis hic maduere suis; V 25, 7 sg. hoc, rogo, non
melius quam rubro pulpita nimbo / spargere et effuso permaduisse croco?,

Epigramma 65

419

in cui esprime una critica nei confronti delle sparsiones, considerate un inutile
spreco di denaro (cos gi Sen. epist. 90, 15); VIII 33, 3 sg. hac fuerat nuper
nebula tibi pegma perunctum, / pallida quam rubri diluit unda croci; IX
38, 5 lubrica Corycio quamvis sint pulpita nimbo. Corycio: lo zafferano
migliore era considerato quello proveniente dal monte Corico in Cilicia: cfr.
Plin. nat. XXI 31 prima nobilitas Cilicio et ibi in Coryco monte; vd. anche
Colum. III 8, 4; Sol. 38, 6; Vib. Seq. 6, 34 Parroni (254 Gels.); Isid. orig. XIV
3, 45; era usato anche per aromatizzare il vino (Plin. nat. XXI 33). Lattributo
Corycius spesso legato al croco: cfr. Hor. sat. II 4, 68; Colum. IX 4, 4; Ciris
317; Eleg. in Maec. I 133 (sostantivato); Lucan. IX 809; Marcell. med. IX 91;
Diosc. I 26. In generale sullo zafferano vd. Orth, RE I A, 1728, 26-1731, 19.
aura: indica lefuvio di un profumo (o di un cattivo odore) anche in IV
4, 3; XI 8, 2 cit. supra; XII 32, 17; vd. ThlL II 1474, 11-62; per il nesso con
spiro cfr. Verg. georg. IV 417 dulcis compositis spiravit crinibus aura; Val.
Fl. V 585 multa spirat coma exilis aura.
3: limmagine unisce una notazione cromatica (cana) alla descrizione del
profumo. Per luso di oreo in relazione alla vigna cfr. Hor. epod. 16, 44
imputata oret usque vinea. primis cana racemis: sul colore delluva
ancora non matura cfr. Hor. carm. II 5, 9 sgg. tolle cupidinem / inmitis
uvae: iam tibi lividos / distinguet autumnus racemos / purpureo varius
colore; Prop. IV 2, 13 prima mihi variat liventibus uva racemis; Iuv. 2, 81
uvaque conspecta livorem ducit ab uva; per questaccezione di canus cfr.
Verg. ecl. 2, 51 cana mala; vd. Andr 1949, p. 65 sg.; ThlL III 296, 60
sgg. oret cum: lordo verborum di , preferito, tra gli editori moderni,
da Heraeus e SB, appare migliore di quello trdito dalle altre due famiglie (c.
f.) per la cosiddetta legge di Marx (su cui vd. Marx 1922, pp. 198; 215 e la
n. a 15, 1), nonch per lanastrofe della congiunzione, adeguata alla nezza
stilistica del componimento, che lo rende senzaltro difcilior. Il fatto
che la norma di Marx non sia sempre seguita, specialmente in presenza
di una congiunzione, come osservato da E.J. Kenney (apud WatsonWatson, p. 258), non costituisce, a mio avviso, un argomento probante in
favore di cum oret, accolto comunque da Friedlaender, Lindsay, Izaac,
Giarratano.
4: il profumo clto ancora nel momento preciso in cui si sprigiona (cfr.
v. 1). Sul profumo dellerba cfr. Sulp. Sev. dial. III 18, 2 suave redolentibus
graminibus; il nesso gramina carpere ricorre in Verg. georg. III 174;
Ov. trist. IV 8, 20; Sil. VII 299. carpsit ovis: in clausola di pentametro

420

M. Val. Martialis liber tertius

in Ov. fast. IV 750 pabulaque e bustis inscia carpsit ovis; cfr. anche Verg.
georg. III 295 sg. incipiens stabulis edico in mollibus herbam / carpere
ovis.
5: il verso evoca tre distinti profumi, scanditi dalla triplice anafora di
quod, non comune nello stesso verso (vd. Wills 1996, p. 369 sgg.): in
Marziale cfr. I 68, 2 si gaudet, si et, si tacet, hanc loquitur; VI 4, 3 sg. tot
nascentia templa, tot renata, / tot spectacula, tot deos, tot urbes; X 97, 3
iam scrobe, iam lecto, iam pollinctore parato; XIV 107, 1 nos Satyri, nos
Bacchus amat, nos ebria tigris. myrtus: sul profumo del mirto cfr. Verg.
ecl. 2, 54 sg.; Hor. carm. II 15, 5 sgg.; Ov. ars III 690; Plin. nat. XXI 69.
quod messor Arabs: letnico richiama la regione dellArabia felix, ben nota
nellantichit per la sua produzione di profumi (vd. RE II 355, 57 sgg.; G.
W. Bowersock, Roman Arabia, Cambridge Mass. and London 1983); per
luso del singolare cfr. Tib. II 2, 3 sg. odores, / quos tener e terra divite
mittit Arabs; III 8, 18 cit. infra; Stat. silv. V 3, 43 odoratas nec Arabs
decerpsit aristas. In Marziale Arabs ricorre ancora in epigr. 3, 7, sempre
con -; sullalternanza della scansione della prima sillaba di Arabs, Arabia,
Arabius vd. Platnauer 1951, p. 53; Fedeli1, p. 331. Anche per i profumi si
parla di mietitura, anche se propriamente essi si ricavano dallincisione dei
relativi alberi: cfr. [Tib.] III 8, 17 sg. metit quidquid bene olentibus arvis
/ cultor odoratae dives Arabs segetis; Plin. nat. XII 58 (sc. tus) meti semel
anno solebat. quod sucina trita: lambra, se sfregata con la mano, emette
profumo di canfora e pino (vd. Lilja 1972, p. 93 sg); perci le matrone
romane usavano tenere nelle mani monili di ambra (cfr. Prop. II 24, 12;
Ov. met. II 365 sg.; Plin. nat. XXXVII 30-49; Iuv. 6, 573 sg.; vd. RE, s.v.
Bernstein, III 303, 32 sgg.); il profumo dellambra evocato da Marziale
anche in V 37, 9-11 fragravit ore (sc. Erotion) / / quod sucinorum
rapta de manu gleba; XI 8, 6 sucina virginea quod (sc. spirat) regelata
manu; per limmagine dellambra sfregata cfr. anche IX 12, 6 gemma
Heliadum pollice trita.
6. pallidus ignis: lincenso, che veniva bruciato a Roma in diverse
occasioni (vd. Lilja 1972, pp. 31-47; 50-52), provoca una amma pallida:
cfr. Merob. poet. 88 nullus in aris palleat ignis. Eoo ture: Eous,
aggettivo di uso prevalentemente poetico, indica genericamente lOriente
(vd. OLD, s.v. nr. 2). Qui si riferisce allArabia felix (vd. la n. al v. 5),
regione che produce lincenso: cfr. Verg. georg. I 57 India mittit ebur,
molles sua tura Sabaei; II 115 Eoas domos Arabum; 117 solis est turea

Epigramma 65

421

virga Sabaeis; Lygd. 2, 23, sg. illic quas mittit dives Panchaia merces /
Eoique Arabes, dives et Assyria; Stat. Theb. I 263 turis Eoi. Eous ricorre
in Marziale ancora in VIII 26, 1; 36, 2, sempre con la prima sillaba lunga
(gr.
), come in prevalenza nella tradizione poetica latina: cfr. Verg.
georg. I 221; II 115; Aen. I 489 (sulluso di Virgilio vd. EV II, s.v. Eoo, p.
325 sg.); Tib. II 2, 16; [Tib.] III 8, 20; Prop. I 15, 7; 16, 24; II 18, 8; III 13,
15; IV 3, 10; 5, 21; Ov. fast. I 140; III 466; V 557; VI 474; am. II 6, 1; ars
I 202; III 537; Pont. II 5, 50; IV 6, 48; 9, 112; Lucan. I 252; II 55. Come
il greco (
) anche il latino ammette la scansione breve: cfr. Verg. Aen.
II 417; VI 831; Prop. III 24, 7; IV 6, 81; Ov. am. I 15, 29 (sostantivato);
met. IV 197; trist. IV 9, 22 (sostantivato); Lucan. IV 66; 352; V 71; VI
52. Properzio usa con gusto erudito entrambe le scansioni in II 3, 43 sg.
ostendet Eois / uret et Eoos.
7: su questo profumo cfr. Plin. nat. XVII 39 quod si admonendi sumus,
qualis sit terrae odor ille qui quaeritur, contingit cum a siccitate
continua immaduit imbre. tunc emittit illum suum halitum divinum
ex sole conceptum, cui comparari suavitas nulla possit; gleba indica per
traslato solum, terra, humus (vd. ThlL VI 2043, 4 sgg.): cfr. V 13, 7; IX
22, 3.
8: unaltra immagine ricercata: il profumo di una corona di ori si associa
a quello dellunguento che impregnava i capelli su cui era posata: cfr. Claud.
XV 183 mixtis redolent unguenta coronis. Lassociazione di corone di ori
e profumi rimanda ad un contesto simposiale: sullusanza, proveniente dalla
Grecia e diffusa a Roma, di ungere i capelli con balsami profumati e portare
corone di ori al banchetto vd. RE, s.v. Salben, I A, 1855, 31-1856,19. Profumo
e corone di ori sono elementi tradizionali nella poesia simposiale (esempi
in ThlL IV 979, 3 sgg.). La medesima percezione olfattiva richiamata in XI
8, 10 quod modo divitibus lapsa corona comis, dove dives allude certamente
allunguentum con cui sono profumati i capelli, come si evince anche da
Ov. am. I 6, 38 madidis lapsa corona comis, modello del verso di Marziale
(vd. Kay, ad loc.). madidas comas: per la iunctura cfr. Ov. am. I 6, 38
cit. supra; epist. 14, 30 madidas comas; vd. ThlL VIII 36, 72 sgg.; 37, 15
sgg. Lattributo si riferisce ancora ai capelli unguentati in V 64, 3 madidus
crinis amomo; XIV 24, 1 madidi crines. nardo passa: la lezione
conservata soltanto da T. Luso inconsueto di patior ha senzaltro favorito le
corruttele nardo sparsa ( , cfr. v. 7 spargitur) e nardos parta ( ).
9. hoc fragrant: il dimostrativo, in posizione enfatica, richiama tutte le

422

M. Val. Martialis liber tertius

percezioni olfattive dei vv. 1-8. Il pronome ricopre la medesima funzione


in XI 8, 12 hoc fragrant pueri basia mane mei. Hoc accusativo, come
dimostrano la correlazione con il quod dei versi precedenti (anche in XI
8); cfr. anche V 37, 9 fragravit ore quod rosarium Paesti; VI 55, 3 fragras
plumbea Nicerotiana; il verbo costruito con lablativo in I 87, 1; III
58, 8, come in Catullo (6, 8; 68, 144) e nei poeti posteriori. Oltre che in
Marziale fragro transitivo in Apul. met. II 8; VI 11; Sol. 37, 18 e nel latino
cristiano: vd. ThlL VI 1, 1238, 9 sgg. saeve puer: saevus (e saevitia) indica
nel lessico erotico latteggiamento di ripulsa dellinnamorato (vd. Pichon,
p. 257); cfr. Catull. 99, 5 sg. nec possum etibus ullis / tantillum vestrae
demere saevitiae (dopo il bacio rubato a Giovenzio). Per la iunctura,
signicativamente usata pi volte per Eros, cfr. Ov. am. I 1, 5 quis tibi,
saeve puer, dedit hoc in carmina iuris?; Nem. ecl. 4, 44 tu quoque, saeve
puer, niveum ne perde colorem; Claud. carm. min. 29, 51 quae tibi, saeve
puer, non est permissa potestas? (nella stessa posizione metrica).
10: Marziale si domanda quale beatitudine potrebbe raggiungere se il
puer gli si concedesse di buon grado. Desiderio opposto espresso in
V 46, 1 sg., con protagonista lo stesso Diadumeno: basia dum nolo nisi
quae luctantia carpsi / et placet ira mihi plus tua quam facies. quid
si: espressione ellittica che ben esprime il carattere quasi impossibile del
desiderio; ricorre con simile valore ancora in I 35, 7; II 86, 7 sg.; III 93, 20;
Ov. am. I 1, 7 sg.; met. I 498. tota: indica i baci concessi interamente;
cfr., allopposto, II 10, 1 basia dimidio quod das mihi, Postume, labro; 22,
3 sg. dimidio nobis dare Postumus ante solebat / basia, nunc labro coepit
utroque dare.

Epigramma 66

423

66
Par scelus admisit Phariis Antonius armis:
abscidit vultus ensis uterque sacros.
Illud, laurigeros ageres cum laeta triumphos,
hoc tibi, Roma, caput, cum loquereris, erat.
Antoni tamen est peior quam causa Pothini:
hic facinus domino praestitit, ille sibi.

tit. ad romam de antonio


1 par LPQf : pars f phariis Qin mg.fVCGhklvv1v2:
parvis EAXVG fartis Qf fartus L fractis P 3 laurigeros AXV: laudigeros E 5
antoni PQf : at toni L est Q : es LPQf pothini PfEAX: prothini E pothim L
photini QfV 6 facinus LPQf : fascinus f

Antonio ha commesso un delitto pari a quello perpetrato dallarma di Faro:


entrambe le spade hanno reciso sacri capi.
Quella era la tua testa quando lieta celebravi i trion ornati dalloro,
questa, o Roma, lo era quando parlavi.
Tuttavia la causa di Antonio peggiore di quella di Potino:
5
questi ha compiuto il delitto per il padrone, egli per s.
Lepigramma pone a confronto lassassinio di Cicerone, voluto da Antonio,
con quello di Pompeo, ordito da Potino per conto del re egiziano Tolomeo
XIII. Il componimento si presenta in forma di una piccola controversia, che
si avvale di termini ed espressioni del lessico giuridico (cfr. v. 1 scelus admisit;
5 peior causa; 6 facinus): i delitti perpetrati da Antonio e Potino vengono
contrapposti e valutati; quello di Antonio, in quanto dettato da rancore
personale, viene giudicato pi grave di quello di Potino, che ag per recare
un vantaggio al suo signore Tolomeo. Potino, al tempo amministratore del
regno egizio per la giovane et di Tolomeo (cfr. Caes. civ. III 108), indicato
da Lucano (VIII 482 sgg.) come ispiratore dellassassinio di Pompeo, di cui
Achilla e Settimio furono gli esecutori materiali; egli fu quindi ucciso da
Cesare (civ. III 112). Il giudizio delle fonti totalmente sfavorevole nei suoi
confronti (vd. al riguardo K. Ziegler, s.v. Potheinos, in RE XXII 1, 1176, 331177, 37), ma bisogna ricordare che egli, come evidenziato da Marziale, ha
tentato di fare gli interessi del suo dominus.

424

M. Val. Martialis liber tertius

Il tema delluccisione di Cicerone sviluppato da Marziale anche in V


69, che si presenta nella forma di unapostrofe diretta ad Antonio, al cui
delitto ancora afancato quello di Potino (cfr. v. 1 sgg. Antoni Phario
nihil obiecture Pothino / et levius tabula quam Cicerone nocens, / quid
gladium demens Romana stringis in ora?). Si tratta, in entrambi i casi,
della rielaborazione in forma epigrammatica di temi cari alla retorica: la
morte di Cicerone afancata a quella di Pompeo gi in Seneca il Vecchio
(suas. VI 6 quod indignamur in Ciceronem Antonio licere, in Pompeium
Alexandrino licuit spadoni), il quale riporta anche un componimento
in 25 esametri di Cornelio Severo sulla morte di Cicerone (suas. VI 26);
cfr. anche Sen. dial. IX 16, 1 Pompeius et Cicero clientibus suis praebere
cervicem (sc. coguntur). La grande notoriet del tema consente a Marziale
di tacere il nome delle due illustri vittime, che chiunque era in grado di
ricavare dalla menzione di Antonio e dal riferimento alle armi egizie e a
Potino. Epigrammi di tal genere saranno stati senzaltro diffusi in ambienti
lorepubblicani, la cui frequentazione da parte di Marziale si pu ricondurre
al primo periodo di soggiorno del poeta a Roma e alla sua vicinanza agli
intellettuali di origine iberica (Seneca, Lucano), in seguito coinvolti nella
congiura pisoniana. A questo lone appartengono alcuni epigrammi
lorepubblicani nel I libro: la rievocazione del suicidio di Arria Maggiore,
moglie di Cecina Peto (13); quella del sacricio di Muzio Scevola (21);
quella del suicidio di Porcia, glia di Catone Uticense e moglie di Bruto
(42); su questi carmi vd. il commento di Citroni, ad locc. Testimoniano
ancora la diffusione di composizioni di tal genere gli epigrammi attribuiti
a Seneca che celebrano Catone (AL 397-399; 414; 432) e Pompeo (400404; 406; 413; 438; 454-456). La gura di Antonio ancora caratterizzata
negativamente da Marziale in II 89, 5 quod vomis, Antoni (sc. vitium
habes), certamente sulla base del noto aneddoto raccontato da Cic. Phil. 2,
63 (vd. anche 2, 76. 84).
1. Par scelus : comparatio compendiaria (su cui vd. Hofmann-Szantyr,
p. 826); in Marziale cfr. anche V 37, 1 puella senibus dulcior mihi cycnis,
modicato senza motivi cogenti da SB, seguito da Howell2, in puella
senibus voce dulcior cycnis (per la difesa del testo trdito vd. Parroni 1993,
p. 59 sg.); per un caso analogo cfr. Sen. epist. 90, 30 in hoc a natura rerum
formatus est, ut paria diis vellet. admisit: il verbo nellaccezione di
perpetrare appartiene al lessico giuridico: cfr. Voc. Iur. Rom., s.v., 236, 5

Epigramma 66

425

sgg.; in Marziale cfr. anche V 69, 4 hoc admisisset nec Catilina nefas. Scelus
admittere iunctura frequente: cfr. Hor. sat. II 3, 212; Ov. Pont. III 16,
13; Val. Max. V 9, 1; Petron. 17, 6; Iuv. 10, 340; 13, 237. Phariis: Pharius,
propriamente dellisola di Faro (dinanzi ad Alessandria), frequente in
poesia, a partire da Tib. I 3, 32, nelluso metonimico per Aegyptius (vd.
OLD, s.v.). In Marziale vi sono 7 occorrenze (cfr. spec. V 69, 1 Phario
Pothino). In IX 40, 2 Pharus si riferisce per metonimia ad Alessandria o
allEgitto (vd. Henriksn, ad loc.). Qui lattributo accresce la condanna per
Antonio, colpevole di un delitto ai danni di un concittadino.
2. vultus sacros: la iunctura ricorre nel racconto delluccisione di
Pompeo in Lucan. VIII 669 sg. ac retegit sacros scisso velamine vultus /
semianimis Magni (vd. anche VIII 677 Pompei diro sacrum caput ense
recidis); in Marziale sacer usato ancora per Cicerone in V 69, 7 quid
prosunt sacrae pretiosa silentia linguae; vd. anche VIII 55, 3 ingenium
sacri miraris desse Maronis.
3 sg.: Pompeo e Cicerone sono individuati come guide della Roma repubblicana, luno nel campo militare, laltro in quello oratorio. Roma
personicata e rappresentata come un corpo di cui i due costituiscono la
testa. Limmagine tradisce un certo gusto per il macabro, in considerazione
del fatto che Cicerone e Pompeo furono entrambi decollati (cfr. v. 2). Per
la non rara metafora cfr. Cic. Mur. 51 dixit (sc. Catilina) duo corpora
esse rei publicae, unum debile inrmo capite, alterum rmum sine capite;
huic caput se vivo non defuturum; Liv. V 46, 6 corpori valido (sc.
exercitui Romano) caput deerat; vd. ThlL III 399, 35 sgg.; Valerio Massimo
denisce Cicerone caput Romanae eloquentiae et pacis clarissima dextera
(V 3, 4); Pompeo per Lucano summa caputque / orbis (IX 123 sg.). Per
luso di caput nel senso di guida vd. ThlL III 421, 38 sgg. laurigeros
triumphos: la iunctura ricorre, nella stessa posizione metrica, in Claud. 7,
12. Lalloro uno degli elementi principali del trionfo (vd. RE VII A, 505,
66 sgg.): di alloro erano le corone dei comandanti (cfr. Hor. carm. IV 2,
33 sgg.; 3, 6 sg.; Ov. am. I 7, 36; II 12, 1; met. I 560 sg.; XIV 720; Pont.
II 2, 80; III 4, 102); di alloro erano adornati i cavalli che slavano (cfr.
Ov. fast. V 52; Pont. II 1, 58; trist. II 178; IV 2, 22; vd. anche Prop. III 1,
10). Lauriger composto di uso poetico, che ricorre per la prima volta in
Prop. III 13, 53; per luso in relazione al trionfo cfr. Mart. VII 6, 6 Martia
laurigera cuspide pila virent; 8, 7 sg. festa coronatus ludet convicia miles,
/ inter laurigeros cum comes ibit equos; Stat. Theb. XII 520 laurigero

426

M. Val. Martialis liber tertius

curru; Sil. V 412 laurigeris avis; Claud. 24, 20 sg. currum /


laurigerum. Sulla grande diffusione dei composti in -ger nella poesia latina
vd. J.C. Arens, -fer and -ger. Their Extraordinary Preponderance among
Compounds in Roman Poetry, Mnemosyne 3, 1950, pp. 241-262. laeta
triumphos: la clausola ricorre, pressoch identica, in Ov. met. I 560 (laeta
triumphum); Auson. Mos. 211 (laeta triumphis); ord. urb. nob. 71; epist.
23, 53 (laeta triumphi). Laetus e laetitia sono frequentemente associati al
trionfo: cfr. Hirt. Gall. VIII 51, 3; Liv. XXXVII 46, 7; XLII 49, 6; XLV
43, 8; Ov. am. I 2, 39 sg.; ars I 217; met. I 560 sg.; XIII 252; XIV 719; trist.
IV 2, 66; Pont. II 1, 57 sg.; III 1, 136; 3, 86; 4, 46; Lucan. III 20. 79 sg.; VI
261; VII 682; Ilias 541; Paneg. IV 30, 5; Claud. 26, 451 sg.
4. hoc caput: per la rappresentazione di Cicerone come caput di Roma
cfr. V 69, 3 quid gladium demens Romana stringis in ora?; Val. Max. V
3, 4 cit. nella n. al v. 3 sg.; Corn. Sev. apud Sen. suas. VI 26, v. 13 egregium
semper patriae caput; Sext. Ena ibid. deendus Cicero est Latiaeque
silentia linguae. tibi, Roma: lapostrofe diretta alla citt personicata
accresce il patetismo dellespressione; in Marziale cfr. anche epigr. 9 (7),
10; V 10, 7; X 19, 4; XI 3, 10; XII 42, 5.
5 sg.: leliminazione di Cicerone da parte di Antonio considerata pi
grave, perch dovuta a motivi personali (sibi in chiusura di epigramma
pone in forte risalto il cieco egoismo alla base del delitto di Antonio).
causa: qui in unaccezione strettamente giuridica: A case or plea
considered from the point of view of its merits, a (good etc.) case, claim
(OLD, s.v., nr. 4); vd. Voc. Iur. Rom. I, 3, p. 662, 34 sgg.; cfr. Cic. Brut. 30
quem ad modum causa inferior dicendo eri superior posset; Att. IV
3, 2 difcilem manifestamque causam; Brut. Cic. epist. XI 19, 2 causam
habent optimam; per peior causa cfr. Sen. contr. IX 5, 2 rogo, ne hoc
causam meam peiorem fecerit, quod ille, quem rapui, unicus erat; vd.
anche Ov. trist. I 1, 26; Sen. contr. II 3, 18; Quint. inst. II 16, 3; III 8, 57.

Epigramma 67

427

67
Cessatis, pueri, nihilque nostis,
Vaterno Rasinaque pigriores,
quorum per vada tarda navigantes
lentos tinguitis ad celeuma remos.
Iam prono Phaetonte sudat Aethon
exarsitque dies et hora lassos
interiungit equos meridiana.
At vos tam placidas vagi per undas
tuta luditis otium carina.
Non nautas puto vos, sed Argonautas.

10

tit. ad pueros nautas Pf : ad pueros nantas L ad pueros nantes fs.l. ad pueros Q 1 cessatis
PQf : cessastis L nihilque LPQfEAX: nilque V mihique Q nostis : mostis Lipsius,
Scriverius 2 vaterno LPQfEAXV: veterno fs.l.Vs.l. Vatreno Scriverius (coll. Plin. nat.
III 119 sq.), SB rasinaque : res iniqu(a)e EAXV resinaque Vs.l. pigriores AXV: priores
E 4 tinguitis LPf : tingitis Q remos LPQf : renios L 5 phaetonte sudat aethon Pf :
phetonte sudata ethon PQ phatonte sudato ethon L 7 interiungit LPQf : interingit Q
meridiana LPQfAXV: meridiano E mediana f 8 at PQfs.l.X: ad LPQ fEAV placidas
LPQf : plagidas f 9 tuta carina LPQf: tuta carinae EAXV tutae carinae fVC
ed. Ven. ed. Ald. tute carinae hbvv1 ed. Rom. 1 ed. Rom. 2 luditis : ducitis Heinsius
10 argonautas LPQfEAV: argonauatas f agronautas P argonautos X

Ragazzi, siete degli oziosi e buoni a nulla,


pi acchi del Vaterno e della Rasina,
navigando per le cui pigre acque
immergete lentamente i remi al ritmo del canto.
Etone suda poich Fetonte ormai volto verso la discesa;
il giorno si infuocato e lora di mezzogiorno
lascia riposare gli stanchi cavalli.
Ma voi, vagando per acque tanto placide,
oziate allegri sulla barca sicura.
Non marinai vi credo, ma Argonauti.

10

Lepigramma descrive una gita in barca svoltasi nei pressi di Forum


Corneli in estate. Marziale apostrofa i marinai che battono la acca (1-4) e

428

M. Val. Martialis liber tertius

descrive la calura opprimente di mezzogiorno (5-7). La pointe conclusiva


si fonda su un gioco etimologico difcilmente riproducibile in traduzione:
Marziale, inserendosi nel solco di una tradizione poetica che rietteva
sulletimologia del nome Argo, denisce i marinai Argonautae, che equivale,
secondo la non comune interpretazione del poeta, a pigri nautae (vd. la n.
al v. 10). La situazione iniziale richiama alla mente la satira I 5 di Orazio e
lalterco tra pueri e nautae (cfr. v. 11 sgg. tum pueri nautis, pueris convicia
nautae / ingerere: huc adpelle; trecentos inseris; ohe, / iam satis est).
Secondo Bonvicini 1986, p. 32 sg. la descrizione di una pigra barca sotto
la calura estiva richiamerebbe per antitesi il phaselus catulliano del c. 4 (vd.
anche, della stessa studiosa, Le forme del pianto. Catullo nei Tristia di
Ovidio, Bologna 2000, p. 109 n. 57). Tuttavia linteresse di Marziale non
sembra rivolto tanto alla nave, quanto piuttosto alla pigrizia dei marinai e
alla calura intollerabile. Lepigramma, che segna la ne della sezione casta
del libro, signicativamente dedicato ad un aneddoto di ambientazione
cisalpina; esso si ricollega dunque in modo circolare allepigramma
proemiale del libro, che annunciava la provenienza cisalpina del libro (1,
1 sg.) e rappresenta il congedo del poeta dalla terra dove ha composto il
libro: la sezione oscena del libro non conterr pi riferimenti alla regione,
fatta eccezione per la menzione, in un paragone, del fastidioso gracidio
delle rane di Ravenna (93, 8). Non si pu escludere una lettura metapoetica
dellepigramma: la pigrizia dei marinai, che determina una navigazione cos
lenta da rasentare limmobilit, potrebbe rappresentare metaforicamente la
stanchezza del lettore per una lunga serie di epigrammi privi dellelemento
piccante (ad essa Marziale fa riferimento nellepigramma successivo, che
introduce la nuova sezione oscena: v. 11 sg. si bene te novi, longum
iam lassa libellum / ponebas, totum nunc studiosa leges). Conforta
questa lettura la collocazione dellepigramma in posizione signicativa, a
chiusura della sezione casta, quasi a giusticare linserzione di una parte
interamente dedicata a temi pi licenziosi. Quella della navigazione del
resto, come noto, una metafora comune per la composizione di unopera
letteraria: cfr. Pind. Pyth. 2, 62 sg.; 4, 3; 10, 51-54; 11, 39 sg.; Nem. 5, 2
sg.; Call. Hymn. 2, 106; Verg. georg. II 41; Hor. carm. IV 15, 1-4; Prop.
III 3, 22; 9, 3 sg.; 9, 35 sg.; Ov. ars III 26; met. XV 176 sg.; trist. II 329
sg.; Mart. XII 44, 7 sg.; sul topos vd. A. Kambylis, Die Dichterweihe und
ihre Symbolik. Untersuchungen zu Hesiodos, Kallimachos, Properz und
Ennius, Heidelberg 1965, pp. 149-155; G. Lieberg, Seefahrt und Werk.

Epigramma 67

429

Untersuchungen zu einer Metapher der Antiken, besonders der lateinischen


Literatur, GIF 21, 1969 (In memoriam Entii V. Marmorale, II), pp.
209-240; Fedeli2, p. 134 sg. Marziale utilizzerebbe in modo originale la
metafora, rappresentando il punto di osservazione non dellautore, bens
del lettore (sullo stretto rapporto del poeta di Bilbilis con i suoi lettori,
ormai ampiamente messo in risalto, vd. la n. a 1, 1). Unanaloga metafora
in II 6, 14 sgg. cit. nella n. al v. 6 sg., in cui Marziale rappresenta il suo
lettore come un viaggiatore che desidera riposarsi dopo essere appena
partito.
1. Cessatis: per la valenza negativa del verbo cfr. Don. Ter. Eun. 405 cessat
desidiosus, requiescit defessus; Ov. ars III 259 cum mare compositum est,
securus navita cessat; vd. ThlL III 959, 1 sgg. nihilque nostis: lespressione,
se intesa alla lettera, crea difcolt e gi Lipsius, seguito da Scriverius,
correggeva in mostis. Shackleton Bailey 1989, p. 134 ha giustamente
evidenziato che lespressione non pu riferirsi allincompetenza dei
marinai, come si intende generalmente, ma deve alludere alla loro pigrizia;
egli pertanto la traduce con lespressione idiomatica: You dead to
the world (SB2). Allindolenza dei marinai fa riferimento la traduzione
di Norcio: Non vi curate di nulla. Mi sembra che possa costituire una
resa adeguata della iunctura lespressione italiana essere buono a nulla,
che designa non solo linetto, ma anche il fannullone (vd. Vocabolario
della lingua italiana, Roma 1986, I, s.v. buono, p. 542 n. 4 d). La forma
sincopata del verbo ricorre in Marziale ancora in II 44, 4; III 37, 1; V 6, 9;
VII 37, 1; 51, 3; 97, 1; IX 47, 7.
2. Vaterno: il Vaternus (oggi Santerno) un afuente del Po, che, scendendo dallAppennino, scorreva nei pressi di Forum Corneli. Riunitosi
al principale emissario meridionale del Po (oggi Po di Primaro), formava
con esso unampia foce, denominata portus Vatreni (o Eridanum
ostium o ancora ostium Spineticum: cfr. Plin. nat. III 119 sg.). Alla graa
concordemente trdita dai manoscritti di Marziale Scriverius ha preferito,
sulla base di Plinio il Vecchio (nat. III 119 sg.), la forma Vatreno, seguito,
tra gli editori moderni, dal solo SB; trattandosi per delle uniche attestazioni
latine del nome, sar forse pi prudente attenersi alla lezione concorde dei
codici. Rasinaque: lidronimo non offre altre attestazioni, ma i tentativi
di emendare il testo (Tesinaque Scriverius; Natisique Heinsius; Eridanoque
Cluver) sono tutti scarsamente plausibili. Appare perci opportuno atte-

430

M. Val. Martialis liber tertius

nersi al testo trdito, anche in considerazione del fatto che il ume in


questione potrebbe avere mutato nome o potrebbero essere intervenuti
cambiamenti nelle condizioni idrograche della regione. Il nome sembra
comunque riconducibile al ceppo etrusco: cfr. Dion. H. Ant. I 30
; vd. in proposito Schulze 1933,
pp. 91 sg.; 571; RE I A 253. Rasinius fu il nome di diversi vasai dellItalia
centrale, il pi celebre dei quali visse sotto Augusto e Tiberio ad Arezzo
(vd. al riguardo RE I A 255, 32 sgg.). Facilmente spiegabile la corruttela
dei codici di terza famiglia res iniqu(a)e. pigriores: il comparativo con
il suo volume sillabico esprime tutta la lentezza della navigazione (cfr.
anche v. 3 navigantes, sempre in clausola). Il gusto per la collocazione del
comparativo in clausola di falecio deriva a Marziale dal modello catulliano
(come notato da A. Ghiselli, Grammatica e lologia, Firenze 1961, p. 28
sg. n. 13 e pi ampiamente mostrato da Bonvicini 1986, pp. 31-35).
3. per vada tarda: la descrizione dellimmobilit del corso dei umi
richiama scherzosamente quella delle acque infernali: cfr. Sen. Her. f. 762
sg. ferale tardis imminet saxum vadis, / stupent ubi undae, segne torpescit
fretum; vd. anche Verg. georg. IV 479 Cocyti tardaque palus inamabilis
unda; Prop. IV 11, 15 vada lenta, paludes; in Marziale vada ricorre nella
stessa posizione del falecio anche in IV 55, 22; VI 42, 7.
4. lentos remos: la iunctura ricorre per la prima volta in Catull. 64,
183 fugit lentos incurvans gurgite remos; quindi in Ov. trist. IV 1, 9 e Sen.
Phaedr. 306. Tuttavia mentre nei passi citati lentus signica essibile (vd.
ThlL VII 2, 1162, 23 sgg.), nel verso di Marziale assume valore avverbiale e
concorre alla descrizione di una scena immobile. ad celeuma: il celeuma
il canto che serviva a scandire il ritmo per i rematori (cfr. Serv. Aen. V
177; VIII 108; Comment. Lucan. II 688). Il termine ricorre per la prima
volta in Marziale, ancora in IV 64, 21 sg. quem (sc. somnum) nec rumpere
nauticum celeuma / valet; quindi soltanto in autori tardi: Paul. Nol.
carm. 17, 109; Rut. Nam. I 370; Sidon. epist. II 10, 4 v. 23; VIII 12, 5; Ven.
Fort. carm. VIII 19, 6; Hier. epist. 14, 10. Per il riferimento al canto dei
rematori cfr. Verg. Aen. III 128 sg. nauticus exoritur clamor / hortantur
socii; Ov. trist. IV 1, 9 sg. quique refert pariter lentos ad pectora remos,
/ in numerum pulsa brachia iactat aqua (altri esempi nel commento di
Pease a Cic. nat. deor. II 89 nautico cantu).
5. iam prono Phaetonte: il sole ha percorso la met del suo cammino e

Epigramma 67

431

si accinge alla discesa (cfr. i vv. seguenti). Phaeton metonimia mitologica


per il sole; tale uso, derivato probabilmente dallepiteto omerico del Sole
brillante (cfr. Hom. Il. XI 735; Od. V 479; XI 16; XIX 441;
XXII 388; Hes. Theog. 760; Soph. El. 824; Eur. El. 464), ricorre per
la prima volta in Verg. Aen. V 105 Auroram Phaetontis equi iam luce
vehebant; quindi anche in Val. Fl. III 213; Sil. XI 369 (etc.); Stat. Theb.
IV 717; Orph. Fr. 238, 10 Kern; Adrian. AP IX 137, 3; Nonn. Dion. I
499 (etc.); vd. al riguardo Roscher III 2175-2202; RE XIX 1508-1515; J.
Diggle, s.v. Fetonte, in EV II, p. 506 sg. Per luso di pronus per designare
il movimento discendente del sole o di astri cfr. Hor. carm. III 27, 17 sg.
vides quanto trepidet tumulto / pronus Orion?; Ov. met. XI 257 pronus
erat Titan; Sen. Ag. 461 in astra iam lux prona, iam praeceps dies; Lucan.
III 40 sg. Titan iam pronus in undas / ibat; Apul. met. IV 4 iam in
meridiem prono iubare; vd. OLD, s.v. nr. 5 b. Aethon: uno dei cavalli del
Sole: cfr. Ov. met. II 153 sg. volucres Pyrois et Eous et Aethon / Solis equi
quartusque Phlegon con il commento di Bmer2; vd. ThlL I 1158, 7 sgg.
In Marziale nominato ancora in VIII 21, 7 sg. iam Xanthus et Aethon /
frena volunt. In XII 77 Aethon usato come nome di persona.
6 sg. exarsit dies: per luso metaforico del verbo cfr. Amm. XVIII 7,
5 ubi solis radiis exarserit tempus. hora / meridiana: lattributo
meridianus ricorre in poesia, oltre che in Marziale, soltanto in Avien. ora
648; 662; Paul. Nol. carm. 24, 917. lassos / interiungit equos: lespressione
signica sciogliere i cavalli dal giogo (vd. ThlL VII 1, 2218, 38 sgg.; OLD
s.v. nr. 2); in poesia il verbo ricorre in questa accezione tecnica nel solo
Marziale; luso metaforico (riposare), attestato in Sen. dial. IX 17, 7; epist.
83, 6, ricorre in Marziale in II 6, 14 sgg. lassus tam cito decis viator, / et
cum currere debeas Bovillas, / interiungere quaeris ad Camenas? (riferito
al lettore che si stanca subito di leggere).
8. placidas undas: la iunctura ricorre in [Tib.] III 7, 126; Ov. met.
XIII 899; Lucan. IV 13; Stat. Theb. XI 214; Ach. I 57; per placidus riferito
al corso di umi cfr. IX 61, 2 qua dives placidum Corduba Baetin amat;
Mela III 40 Araxes labitur placidus et silens; Tac. ann. II 6, 4 ad
Gallicam ripam latior et placidior aduens (sc. Rhenus).
9. tuta carina: iunctura ovidiana (epist. 18, 138; met. XIII 769).
Luso di carina risponde probabilmente ad unintenzione etimologica antifrastica: cfr. Isid. orig. XIX 2, 1 carina a currendo dicta, quasi currina.
Per una sicura allusione a questa etimologia cfr. 78, 1 currente carina

432

M. Val. Martialis liber tertius

con la n. ad loc. luditis otium: luso di ludo transitivo esprime quid quis
per ludum agat (ThlL VII 2, 1780, 60); in questo caso sar da intendere
otiamini ludentes, luditis per otium, luditis otiose con Friedlaender, il
quale richiama lespressione plautina ludere operam (Capt. 344; Cas. 424;
Pseud. 369; cfr. anche Ter. Phorm. 332), che signica ludendo consumere
operam o inter operam ludere. Ludere otium unespressione inconsueta,
che ritorna soltanto nel tardo Opt. Porph. carm. 5, 16 omnia laeta
ludent otia (vd. Polara, ad loc.: otio fruuntur). Non per questo acquisisce
un maggiore grado di probabilit la congettura ducitis di Heinsius (con la
vulgata umanistica tutae carinae).
10. Argonautas: la pointe si basa su unoriginale etimologia del termine
(da
pigro), che lo rende equivalente, con un effetto dissacrante
nei confronti della celeberrima saga, a pigri nautae. La stessa etimologia
ricorre quindi nei glossari (cfr. CGL III 293, 38
piger
nauta; pressoch identica in CGL III 489, 28; 508, 60) e in Eust. Comm.
ad Od. XIII 156, p. 1737 (vd. M. Haupt, Coniectanea, Hermes 7,
1873, p. 373, anche in Opuscula, III, Lipsiae 1876 = Hildesheim 1967,
p. 599). Delletimologia del nome della nave
(e quindi di
) esistevano nellantichit almeno tre interpretazioni: 1) dal
nome del suo costruttore e collaboratore di Atena; 2) da
veloce; 3)
dalla citt dove sarebbe stata costruita, Argo (per le fonti vd. RE, s.v. Argo,
II 723, 7 sgg.; Roscher, s.v. Argo, I 503, 6 sgg.). Una quarta era stata avanzata
da Ennio, sc. 249 sgg. V.2 quae (sc. navis) nunc nominatur nomine / Argo,
quia Argivi in ea delecti viri / vecti petebant pellem inauratam arietis
(su cui vd. il commento di Jocelyn). Alla seconda etimologia, con intento
polemico nei confronti di Ennio, allude Catullo al principio del c. 64 con il
nesso cita puppi (v. 6): vd. al riguardo A. Traina, Allusivit catulliana
(due note al c. 64), in Studi classici in onore di Q. Cataudella, III, Catania
1972, p. 99 sgg. = Id., Poeti latini (e neolatini), Bologna 19862, p. 131 sgg.;
R.F. Thomas, Catullus and the Polemics of Poetic Reference (Poem 64,
1-18), AJPh 103, 1982, pp. 148-154. Sulla diffusione di tale etimologia
in ambito latino cfr. Serv. auct. Verg. ecl. IV 34 sane quidam Argo a
celeritate dictam volunt, unde verso in Latinum verbo argutos celeres
dici; vd. Maltby 1991, p. 50 sg. Per un altro possibile gioco etimologico
su Argonautae (da
bianco lucente) cfr. Hor. epod. 3, 9 sg. ut
Argonautas praeter omnis candidum / Medea mirata est ducem con il
commento di Cavarzere. Marziale chiude pertanto signicativamente la

Epigramma 67

433

sezione casta del libro con un gioco etimologico che si inserisce nel solco
della tradizione poetica latina di impronta alessandrina, che per il poeta
rilegge con il consueto sorriso dissacrante nei confronti del mito. Per il
gusto di Marziale per i giochi etimologici sui nomi propri cfr., in questo
libro, 34, 2 Chione; vd. Joepgen 1967, p. 121 sgg.; Grewing 1998, p. 340
sgg.; unaltra dissacrante etimologia di un nome epico in 78, 2 Palinurus
(vd. la n. ad loc.). Un tentativo di rendere in una lingua moderna il gioco
linguistico quello di Ker (Not tars do I hold you, but tarriers), che per
comporta la perdita del riferimento mitologico..

434

M. Val. Martialis liber tertius

68
Huc est usque tibi scriptus, matrona, libellus.
Cui sint scripta rogas interiora? Mihi.
Gymnasium, thermae, stadium est hac parte: recede.
Exuimur: nudos parce videre viros.
Hinc iam deposito post vina rosasque pudore,
quid dicat nescit saucia Terpsichore:
schemate nec dubio, sed aperte nominat illam
quam recipit sexto mense superba Venus,
custodem medio statuit quam vilicus horto,
opposita spectat quam proba virgo manu.
Si bene te novi, longum iam lassa libellum
ponebas, totum nunc studiosa leges.

10

hab. T tit. ad matronam pudicam T


1 huc TQf: hoc LPQf hic fs.l. est usque
: aestus que T scriptus T EAXV: scriptas A libellus T : libellis T 2 sint
TLPQEXV: sunt fA 3 gymnasium TLPf : ginnasium est Q 4 viros TLPQf: mares
fin mg.
5-6 post 7-8 hab. EAXV (rectum ordinem restituit V) 5 vina LPQf :
via L una T 6 dicat T : dicas
ter(p)sic(h)ore T EAX: tersit horae V 7 schemate
bkv1v2: scemate TLPQfEXVb semate A stemate fs.l. nec
: ne T sed aperte
T Vs.l.: per te EAX per te nunc V 9 custodem TLPQf : custodet Q medio TPQf :
mevio L 10 proba
: proca T virgo TLPQf : virga L 12 totum
: tantum
T leges T : legis

Fin qui per te stato scritto, o matrona, il libretto.


Mi domandi per chi sia scritto ci che segue? Per me.
In questa parte si trovano il ginnasio, le terme, lo stadio: allontanati.
Ci spogliamo: evita di guardare uomini nudi.
Dora innanzi, deposto il pudore dopo il vino e le rose,
5
Tersicore ebbra non sa quel che dice,
e non con ambigui giri di parole, ma apertamente nomina quello
che al sesto mese accoglie Venere superba,
che il contadino ha posto in mezzo allorto come custode,
che lonesta vergine guarda coprendo gli occhi con la mano.
10
Se ti conosco bene, stanca stavi gi per posare il lungo libretto;
ora lo leggerai con attenzione per intero.

Epigramma 68

435

Lepigramma un proemio al mezzo che introduce la sezione oscena,


che occupa tutto il resto del libro (epigr. 68-100; su di essa vd. lIntroduzione,
p. 63 sg.). Marziale si rivolge alle matrone e le invita a desistere dalla lettura,
poich la parte di libro che seguir ha come tema prevalente il sesso (3 sg.). Il
linguaggio franco e diretto che la caratterizza messo in risalto nella sezione
centrale dellepigramma (5-10) da una serie di perifrasi che alludono, senza
nominarlo, al termine osceno par excellence (mentula). Il distico conclusivo
rivela la strategia compositiva del poeta e il carattere giocoso della sua apostrofe: il suo ammonimento alle matrone infatti, lungi dal distoglierle dalla
lettura, funger al contrario da stimolo e garantir unattenzione maggiore
verso questa sezione del libro (11 sg.). Il carattere scherzoso del divieto
emerge nuovamente nellepigr. 86, in cui Marziale, preso atto che il suo avviso
non ha sortito alcun effetto, concede inne alle matrone il diritto alla lettura
di epigrammi piccanti. Lapostrofe di Marziale ha senzaltro come modello
Ovidio, che nel proemio dellArs amatoria invita le matrone ad astenersi
dalla lettura dellopera, chiarendo che i suoi precetti non sono diretti loro: cfr.
I 31 sgg. este procul, vittae tenues, insigne pudoris, / quaeque tegis medios
instita longa pedes. / nos Venerem tutam concessaque furta canemus /
inque meo nullum carmine crimen erit (i versi sono poi citati, con la sola
sostituzione di nil nisi legitimum per nos Venerem tutam, in trist. II 247250). Diversamente da Ovidio per, il cui appello era volto ad allontanare
la possibile accusa di immoralit e di corruzione dei costumi, Marziale, con
tono chiaramente giocoso, tenta di dissuadere le matrone soltanto perch il
carattere licenzioso della sezione non sarebbe adeguato alla loro (presunta)
austerit. Il motivo sviluppato nellepigramma (e nel suo seguito: epigr. 86)
presente anche in Priap. 8 matronae procul hinc abite castae: / turpe est vos
legere impudica verba. / non assis faciunt euntque recta. / nimirum sapiunt
videntque magnam / matronae quoque mentulam libenter. Levidente interdipendenza tra i componimenti stata analizzata da Buchheit 1962, p. 112
sgg. in relazione al complesso e tuttora discusso problema della datazione dei
Carmina Priapea (per una breve rassegna delle ipotesi vd. Goldberg, p. 35 sg.).
Lo studioso tedesco si basa sulla considerazione assai discutibile che Marziale
svolge in modo pi articioso ci che laltro realizza meglio con pochi tratti e vi
trova una conferma ulteriore alla tesi che i Priapea siano successivi a Marziale
(Was das Priapeum mit wenigen Strichen erreicht, wird bei ihm durch sein
auch sonst beliebtes Hufen von Bildern und Beispielen versucht. [] Folgt
Martial dem Priapeum, so hat der Meister der rmischen Epigrammatik nicht

436

M. Val. Martialis liber tertius

gerade gut gearbeitet p. 113). Pur aderendo allipotesi che vuole i Priapea
posteriori a Marziale (per cui mi sembra persuasiva largomentazione di
Citroni, p. 31, riproposta in Gnomon 66, 1994, p. 411 sg.; vd. anche lanalisi
dei paralleli testuali di Buchheit 1962, pp. 108-123; Grewing, pp. 459-464),
ritengo che la dipendenza del priapeo da questo epigramma possa essere
avvalorata piuttosto da altre considerazioni: anzitutto Priap. 8 va messo in
relazione non soltanto con questo, ma anche, cosa che Buchheit tralascia di
fare, con lepigr. 86. La struttura di questo componimento strettamente in
relazione con lordinamento degli epigrammi nel libro e Marziale fa riferimento
nel v. 1 sg. al cambiamento di temi e di linguaggio nella sezione che viene
introdotta. La lunga serie di perifrasi dei vv. 5-10 motivata dallintenzione da
parte di Marziale di mostrare la sua capacit tecnica di evitare termini osceni,
ma anche dalla posizione intermedia dellepigramma, che introduce la nuova
sezione ed per ancora legato alla parte casta del libro. Anche la pointe
appare strettamente connessa alla struttura del libro e presuppone la sua lettura
continua. Nellepigr. 86, quindi verso la met della nuova sezione, Marziale,
rappresenta, come si diverte spesso a fare (vd. al riguardo la n. intr. allepigr.
11), le reazioni dei lettori (le matrone) alla lettura di questo componimento
e constata divertito linutilit del suo avvertimento. Lo sviluppo del motivo
attraverso i due epigrammi appare pertanto perfettamente in sintonia con lo
stile del poeta e armonicamente inserito nella struttura del libro. Diversamente
nel priapeo i due momenti (avvertimento e reazione) si succedono in modo,
a mio avviso, piuttosto brusco (vv. 1-2; 3-5), con risultati non entusiasmanti
(di parere radicalmente opposto Buchheit 1962, p. 38, che ritiene il priapeo
un capolavoro di pregnanza epigrammatica). Inoltre il priapeo non si astiene
dalluso del termine osceno (mentula), contraddicendo in qualche modo
quanto detto al v. 2. Questi motivi mi inducono a ritenere che il motivo sia
da attribuire allinvenzione di Marziale e che il priapeo abbia, come spesso fa,
imitato il maggior epigrammista latino. Il componimento e il suo scherzoso
seguito (86) presuppongono comunque un pubblico femminile per gli
epigrammi, un vanto che Marziale non manca di esprimere anche altrove: cfr.
V 2, 1 sg. matronae puerique virginesque, / vobis pagina nostra dedicatur;
VII 88, 3 sg. me legit omnis ibi senior iuvenisque puerque / et coram tetrico
casta puella viro; XI 16, 7 sg. tu quoque nequitias nostri lususque libelli /
uda, puella, leges, sis Patavina licet; sullallargamento del pubblico di lettrici
a Roma in et imperiale vd. Cavallo-Chartier 1995, p. 53 sgg.

Epigramma 68

437

1: alle matrone, simbolo di castit, dedicato il libro quinto, privo


dellelemento licenzioso: cfr. V 2, 1 sg. matronae puerique virginesque
/ vobis pagina nostra dedicatur. Huc usque: la prima attestazione
della tmesi dellavverbio in Lucr. III 252 nec temere huc dolor usque
potest penetrare (cfr. anche Sil. VII 377; Stat. Theb. XI 258; Claud. 26,
548). Luso traslato dellavverbio in contesto librario, testimoniato per la
prima volta in questo passo, ritorna in Frontin. strat. III praef. si priores
libri lectorem huc usque cum attentione perduxerunt (ma il periodo
espunto da R.I. Ireland, Leipzig 1990, che giudica queste parole foedissime
interpolata) e in Ps. Apul. Ascl. 14 de his sit huc usque tractatus; bene
attestato nel latino cristiano (vd. ThlL VI 3, 3072, 1 sgg.).
2. interiora: gli epigrammi da qui alla ne del libro; il comparativo presuppone lutilizzo, come supporto librario, del volumen, in cui gli ultimi
epigrammi si trovano nella parte pi interna del rotolo, vicini allumbilicus.
Per questuso cfr. Cic. ad Quint. fr. III 1, 18 quod interiore epistula
scribis; Frontin. strat. I 2, 6 (sc. litterarum) pars prior praecipiebat, ne
interiores aperirentur; Aug. c. epist. fund. 10 nolo in eius (sc.
epistulae) limine ulterius immorari, interiora videamus; vd. Birt 1907, p.
150, 1. Sullaspetto materiale di questo libro cfr. anche 2, 7 sgg. cedro nunc
licet ambules perunctus (sc. libelle) / et frontis gemino decens honore /
pictis luxurieris umbilicis, / et te purpura delicata velet, / et cocco rubeat
superbus index. mihi: sc. viro.
3. gymnasium, thermae, stadium: luoghi frequentati da uomini nudi (vd.
Busch 1999, p. 463 sgg.). recede: per luso in un contesto analogo cfr.
VIII 1, 3 nuda recede Venus, non est tuus iste libellus; vd. anche I epist. 15
sg. cit. nella n. al v. 4.
4: il carattere marcatamente licenzioso della sezione rappresentato metaforicamente come denudamento di uomini, che la matrona dovrebbe
evitare di guardare. Per un analogo uso di nudus in relazione alla poesia
licenziosa cfr. VIII 1, 3 nuda recede Venus; vd. anche V 2, 4 sales nudi.
videre: luso di videre sviluppa implicitamente un parallelo con il teatro,
cui Marziale avvicina spesso i propri epigrammi (vd. la n. intr. allepigr. 86;
Canobbio 2001): cfr. I epist. 15 sg. non intret Cato theatrum meum, aut si
intraverit, spectet; vd. anche Priap. 8, 4 sg. cit. nella n. intr. viros: la lezione
delle prime due famiglie, che realizza anche lallitterazione, giustamente
preferita dagli editori a mares di : mas evidenzia la componente biologica
ed per lo pi contrapposto a termini che designano il sesso femminile

438

M. Val. Martialis liber tertius

(come in gr.
e
): vd. ThlL VIII 422, 44 sgg.; ErnoutMeillet, p. 388; in Marziale cfr. I 90, 1; VI 2, 2; IX 7, 2; 36, 10; XI 22, 9.
Diversamente in matrona presente una connotazione sociale che trova
in vir il suo naturale contraltare maschile (vd. al riguardo Treggiari 1991,
pp. 7; 35; come ricordato nella n. intr. Marziale ha come modello lArs di
Ovidio, dove mas presenta due sole occorrenze contro le 69 di vir). Lindsay
1903, p. 24 si mostrava tuttavia incerto tra le due varianti e J. Willis (Latin
Textual Criticism, Urbana-Chicago-London 1972, p. 106) ha sostenuto
la bont di mares, che, a suo avviso, consentirebbe di spiegare meglio la
genesi dellerrore; che viros possa essere glossa di mares mi sembra per
tanto improbabile quanto linverso. Mares comunque variante antica, se,
come probabile, la leggeva Lussorio, che riprende la clausola in AL 364,
6 R. (359, 6 SB) saepius exoptas nolle videre mares; cfr. anche AL 302, 14
R. (297, 14 SB).
5 sg.: la franchezza degli epigrammi che seguono associata allassenza
di freni inibitori (deposito pudore) causata dal vino (saucia). hinc iam:
lespressione ha una duplice valenza: da un lato si riferisce al libro (per
luso cfr. XI 16, 1 qui gravis es nimium, potes hinc iam, lector, abire),
dallaltro alla sera quale momento del simposio e della recitazione di
epigrammi lascivi, per cui cfr. IV 8, 7 sgg. hora libellorum decima est,
Eupheme, meorum, / temperat ambrosias cum tua cura dapes / et bonus
aetherio laxatur nectare Caesar / ingentique tenet pocula parca manu;
X 20, 18 sgg. seras tutior ibis ad lucernas (sc. Thalia) / haec hora est tua,
cum furit Lyaeus, / cum regnat rosa, cum madent capilli; vd. anche II 1,
9 sg.; IV 82, 5 sg.; XI 17, 1. deposito pudore: per il legame tra assenza
di pudore e poesia licenziosa cfr. Priap. 29, 1 sgg. obscenis peream, Priape,
si non / uti me pudet improbisque verbis. / sed cum tu posito deus pudore
/ ostendas mihi coleos patentes, / cum cunno mihi mentula est vocanda.
post vina rosasque: vino e rose simboleggiano il simposio, di cui sono
elementi comuni: cfr. Hor. carm. I 36, 14 sg.; II 3, 13 sg.; Prop. IV 6, 72
sg.; Mart. II 59, 3. Per lespressione brachilogica post vina (dopo aver
bevuto vino), che ricorre anche in III 91, 7, cfr. Hor. carm. I 18, 5 con
il commento di Nisbet-Hubbard1. Vina tra i pi comuni plurali poetici:
vd. Maas 1902, p. 521; Lfstedt, Syntactica, I, p. 48. quid dicat nescit:
per dicere riferito a poesia vd. ThlL V 1, 977, 65 sgg.; cfr. Verg. ecl. 6, 5
deductum dicere carmen; 9, 35 sg. nam neque adhuc Vario videor nec
dicere Cinna / digna; Hor. carm. I 32, 3 sg. age dic Latinum, / barbite,

Epigramma 68

439

carmen; III 4, 1 sg. dic age tibia, / regina, longum, Calliope, melos. Qui
per lespressione sottolinea il carattere leggero degli epigrammi, descritti
come parole pronunciate in libert dalla Musa ebbra. saucia: saucius
denisce unalterazione inferiore allebrietas (OLD, s.v. nr. 4): cfr. Sen. dial.
IV 9, 15 pro cuiusque natura quidam ebrii effervescunt, quidam sauci; vd.
anche Petron. 67, 11; Apul. met. IX 5; Tert. ieiun. 9 p. 285, 30; in Marziale
laggettivo ricorre in questa accezione anche in IV 66, 12 incaluit quotiens
saucia vena mero (traslato). La Musa epigrammatica rappresentata come
ebbra anche in X 20 (19), 12 sg. sed ne tempore non tuo disertam / pulses
ebria ianuam videto (sc. Thalia). Terpsichore: Tersicore la Musa della
danza (cfr. Plato Phaedr. 259c; Claud. 9 praef. 9 sg.); nominata per la prima
volta da Hes. Theog. 78, presenta scarse attestazioni nel mondo latino: cfr.
Iuv. 7, 35, dove rappresenta genericamente lispirazione poetica; Ps. Cato
Mus. 5 (Auson. 367, 5 p. 412 P.); Auson. 403, 28 p. 236 P. (epist. 8, 28 G.);
in generale vd. Roscher V 388, 68-390, 57. In questo passo la Musa della
poesia giocosa (cfr. Fest. p. 363 M. Terpsicore nomen Musae, quae deos
hominesque delectat), ruolo abitualmente riservato da Marziale a Talia
(IV 8, 12; 23, 4; VII 17, 4; 46, 4; VIII 73, 3; IX 26, 8; 73, 9; X 20, 3; XII
94, 3). Nella poesia latina il legame delle singole Muse con determinate
categorie non rigidamente ssato: vd. al riguardo F.A. Todd, De Musis
in carminibus poetarum Romanorum commemoratis, Jena 1903; W.
Suerbaum, s.v. Muse, EV III, p. 634.
7 sgg.: il carattere licenzioso della sezione viene denito dalluso di
un linguaggio esplicito, rappresentato dal termine osceno per eccellenza
(mentula: vd. Adams, LSV, p. 9 sgg.), cui per Marziale si riferisce in
questi versi solo attraverso perifrasi, come forma di riguardo nei confronti
delle matrone che ancora stanno leggendo il libro (nel resto della sezione
il termine compare sette volte). Un riferimento analogo al linguaggio
franco dellepigramma attraverso una perifrasi ellittica si trova in XI 15,
8 sgg. nec per circuitus loquatur illam, / ex qua nascimur, omnium
parentem, / quam sanctus Numa mentulam vocabat; vd. anche IX 40,
4 sg. illam lingeret ut puella simplex / quam castae quoque diligunt
Sabinae. Interamente giocato sulluso di perifrasi eufemistiche per termini
osceni Priap. 3 obscure poteram tibi dicere: da mihi quod tu / des licet
assidue, nil tamen inde perit. / da mihi, quod cupies frustra dare forsitan
olim, / cum tenet obsessas invida barba genas / quodque Iovi dederat
qui raptus ab alite sacra / miscet amatori pocula grata suo / quod virgo

440

M. Val. Martialis liber tertius

prima cupido dat nocte marito, / dum timet alterius volnus inepta loci.
/ simplicius multo est da pedicare Latine / dicere. quid faciam? crassa
Minerva mea est (su questo tratto idiomatico vd. Hey, Euphemismus, p. 528
sg.; Adams 1981, p. 124). Mentula designa lelemento lascivo della poesia
in I 35, 3-5 hi libelli, / tamquam coniugibus suis mariti, / non possunt
sine mentula placere; III 69, 1 sg. omnia quod scribis castis epigrammata
verbis / inque tuis nulla est mentula carminibus; cfr. anche XI 90, 8,
in cui Salanitro 1991, p. 18 sgg. ravvisa un uso metaforico del termine.
Sullargomento vd. J.P. Hallett, Nec castrare velis meos libellos. Sexual and
poetic lusus in Catullus, Martial and the Carmina Priapea, in Satura
Lanx. Festschrift fr Werner A. Krenkel zum 70. Geburtstag, hrsgg. von
C. Klodt, Hildesheim-Zrich-New York 1996, pp. 321-344 (spec. pp. 321327); C.A. Williams, Sit nequior omnibus libellis. Text, Poet, and Reader
in the Epigrams of Martial, Philologus 146, 2002, pp. 150-171.
7. schemate nec dubio: schema appartiene al lessico della retorica ed
generalmente sinonimo di gura; per laccezione di giro di parole, perifrasi vd. OLD, s.v., nr. 4 b; cfr. Sen. contr. II 4, 10 obiecit pater quod
fratrem abdicasset, non schemate sed derecto. Per la posposizione della
particella vd. la n. a 19, 5.
8: Marziale allude qui ad un rito falloforico che si svolgeva nel mese di
giugno (sexto mense). Incerta tuttavia lidenticazione del rito e ha
goduto di un certo credito (Ker; Izaac; Norcio) lipotesi che si tratterebbe
della processione falloforica delle matrone romane adepte di Iside verso
il tempio di Venere Ericina presso la Porta Collina, che aveva luogo in
agosto. Tale ipotesi per completamente destituita di fondamento: il 19
agosto era lanniversario della fondazione di un tempio dedicato a Venus
Obsequens presso il Circo Massimo nel 295 a.C., mentre del tempio di
Venere Ericina presso la Porta Collina si celebrava il 23 aprile la ricorrenza
della dedica, giorno dei Vinalia, noto anche come dies meretricum: vd.
Schilling 1949, p. 947 = 1979, p. 150; Id., La religion romaine de Vnus
depuis les origines jusquau temps dAuguste, Paris 1954, p. 254 sgg. (da qui
deriva la poco persuasiva ipotesi, avanzata da Gilbert nelle Notae criticae,
p. XVII, di leggere quarto in luogo di sexto). Con lespressione sexto mense
Marziale designa senzaltro il mese di giugno: il calendario arcaico era gi
caduto nelloblio da tempo, come dimostrano i Fasti ovidiani; per luso di
Marziale cfr., ad es., VIII 8, 1 principium des, Iane, licet velocibus annis.
Secondo Schilling 1949, pp. 946-950 (= 1979, pp. 149-153) il verso farebbe

Epigramma 68

441

invece riferimento alla cerimonia ateniese delle Arreforie, che si svolgeva


in giugno, in cui dieci vergini recavano al santuario di Afrodite, sulla parte
settentrionale dellAcropoli, oggetti segreti (
), evidentemente
simboli fallici, propiziatori di fecondit (cfr. Paus. I 27, 3).
9: il verso presenta forti analogie con Priap. 24, 1 sg. hic me custodem
fecundi vilicus horti / mandati curam iussit habere loci; per la gura
di Priapo custode degli orti vd. Priap. 1, 5 ruber hortorum custos con il
commento di Goldberg.
10. opposita spectat manu: opponere manum indica il gesto di mettere
le mani davanti agli occhi per non vedere: cfr. Ov. fast. IV 177 sgg. sive
quod Electra Troiae spectare ruinas / non tulit, ante oculos opposuitque
manum; il verbo spectat denuncia quindi il reale interesse celato dietro
un atto di falso pudore (cfr. Priap. 8, 4 sg. cit. nella n. intr.). Lipocrisia
dellatteggiamento nei confronti del sesso da parte delle novelle spose
scherzosamente ipotizzata da Catull. 66, 15 sg. estne novis nuptis odio
Venus? / anne parentum frustrantur falsis gaudia lacrimulis, / ubertim
thalami quas intra limina fundunt?
11 sg.: il divieto di Marziale sortisce leffetto contrario di attrarre la matrona e spingerla a leggere il libro per intero. Marziale gioca ancora con il
presunto pudore delle matrone in XI 16, 9 sg. erubuit posuitque meum
Lucretia librum, / sed coram Bruto; Brute, recede: leget. si bene te novi:
espressione di uso corrente: cfr. Cic. S. Rosc. 57; Att. IX 7b, 2; Phil. 13, 47;
Hor. sat. I 9, 22; epist. I 18, 1; in Marziale cfr. I 112, 2 nunc bene te novi;
115, 7 si novi bene te; VII 97, 1 nosti si bene. lassa: ben presente nei
primi libri di Marziale la preoccupazione che un libro intero di epigrammi
possa venire a noia (vd. Citroni 1988, p. 13 sgg.): cfr. II epist. 12 sgg.
debebunt tibi si qui in hunc librum inciderint quod ad primam paginam
non lassi pervenient; 1, 11 sg. esse tibi tanta cautus brevitate videris? / ei
mihi, quam multis sic quoque longus eris! (sc. liber); 6, 14 lassus tam cito
decis viator (metafora per il lettore); vd. anche XIV 2; IV 89. studiosa:
cfr. I 1, 4 lector studiose. leges: il futuro di T stato, a mio avviso a
ragione, preferito da Heraeus, Izaac, SB; il presente di da Gilbert (vd.
Id. 1883, p. 19), Friedlaender, Lindsay (nel testo; ma leges nei Corrigenda
et Addenda, dove segnalato anche lerrore nellapparato). Un elemento
signicativo a favore di leges costituito dalla struttura identica di I 115, 6
sg. iam suspendia saeva cogitabas. / si novi bene te, Procille, vives (dove la
tradizione presenta la stessa alternanza: vives T ; vivis EAX).

442

M. Val. Martialis liber tertius

69
Omnia quod scribis castis epigrammata verbis
inque tuis nulla est mentula carminibus,
admiror, laudo: nihil est te sanctius uno;
at mea luxuria pagina nulla vacat.
Haec igitur nequam iuvenes facilesque puellae,
haec senior, sed quem torquet amica, legat.
At tua, Cosconi, venerandaque sanctaque verba
a pueris debent virginibusque legi.

hab. T tit. ad cosconium T


1 quod : que T epigrammata : epigramata T 2
om. Q, suppl. Q in mg. mentula
: ventula T 3 te
: et T sanctius TLPQf :
sanctium f 4 at T XV: ad EA vacat T : vacet T 5 nequam T : netiuam T
facilesque : facillesque T 6 sed Ts.l. : om. T 7 at T AXV: ad E venerandaque
T EXV: veneranda quae A

Il fatto che tu scriva tutti epigrammi con caste parole


e che nelle tue poesie non compaia affatto il cazzo,
lo ammiro, lo lodo: non c nulla di pi santo di te;
nessuna mia pagina invece priva di lussuria.
Questi versi dunque leggano giovani dissoluti e ragazze facili,
li legga un vecchio, ma che lamica tormenta ancora.
Invece le tue sante e venerande parole, Cosconio,
devono esser lette da fanciulli e vergini.

Marziale si rivolge a Cosconio, autore di casti epigrammi, contrapponendo


ai suoi carmi i propri, pieni di elementi lascivi e piccanti. Egli individua il
pubblico per questo genere di epigramma in ragazzi e ragazze, ma anche
vecchi ancora sensibili al fascino femminile; gli epigrammi di Cosconio, cos
castigati, devono essere letti da un pubblico di minori, sostanzialmente
scolastico. Lepigramma costituisce una coppia proemiale con il precedente:
Marziale rivendica qui la licenziosit come elemento caratteristico del genere
epigrammatico (cfr. I epist. 9 sgg.; 35, 3 sgg; vd. anche VII 25). Cosconio
il poetastro di II 77.

Epigramma 69

443

1 sg.: la contrapposizione tra castit e licenziosit espressa negli stessi


termini in Priap. 2, 6 sgg. nam sensus mihi corque defuisset, / castas,
Pierium chorum, sorores / auso ducere mentulam ad Priapi.
1. castis verbis: lattributo contrapposto alla licenziosit anche in
Catull. 16, 4 sg. castum esse decet pium poetam / ipsum, versiculos nihil
necesse est. epigrammata: proprio a partire da Marziale epigramma diviene il termine tecnico distintivo della poesia leggera: vd. al riguardo
Citroni, p. 9; M. Puelma, Epigramma: osservazioni sulla storia di un
termine greco-latino, Maia 49, 1997, pp. 189-213, spec. 203 sgg. (versione
ampliata di Id.,
-epigramma: Aspekte einer Wortgeschichte,
MH 53, 1996, pp. 123-139).
2. nulla est mentula: mentula designa qui metaforicamente lelemento
piccante e lascivo degli epigrammi: cfr. I 35, 3 sgg. hi libelli, / tamquam
coniugibus suis mariti, / non possunt sine mentula placere; XI 90, 8
dispeream ni scis mentula quid sapiat, nellinterpretazione di Salanitro
1991, p. 18 sgg.
3. admiror, laudo : analogo tono, fortemente ironico, in V 63, 3
admiror, stupeo: nihil est perfectius illis (sc. libellis). Unammirazione e una
lode soltanto esteriori sono quelle che, secondo Marziale, sono tributate
allepica: cfr. IV 49, 9 sg. illa tamen laudant omnes, mirantur, adorant.
/ conteor: laudant illa, sed ista legunt; vd. anche X 21, 5 sg. nihil
est te sanctius uno: nihil est con il comparativo espressione di natura
colloquiale, in cui si evidenzia la tendenza della lingua duso alle espressioni
estreme, sia in positivo che in negativo (vd. Hofmann, LU, p. 221 sg.): cfr.,
ad es., Plaut. Poen. 504 tardo amico nihil est quicquam inaequius; Cic.
Att. II 8, 1 nihil me est inertius; V 21, 12 nihil impudentius Scaptio;
qui naturalmente lesagerazione della lode genera lironia; in Marziale
lespressione ricorre pressoch identica in IV 56, 3 sordidius nihil est,
nihil est te spurcius uno; cfr. anche III 87, 1 sg. narrat te rumor, Chione,
numquam esse fututam / atque nihil cunno purius esse tuo; VII 20, 1
nihil est miserius neque gulosius Santra; VIII 6, 1 archetypis vetuli nihil
est odiosius Eucti; 59, 3 nihil est furacius illo. Sanctus rimanda alla sfera
religiosa (cfr. v. 7 venerandaque sanctaque verba): cfr. Cic. Arch. 8, 18 qua
re suo iure noster ille Ennius sanctos appellat poetas, quod quasi deorum
aliquo dono atque munere commendati nobis esse videantur; Hor. epist.
II 1, 54 adeo sanctum est vetus omne poema; qui anche nellaccezione di

444

M. Val. Martialis liber tertius

puro, contrapposto alla lascivia epigrammatica: cfr. VII 17, 3 sg. inter
carmina sanctiora si quis / lascivae fuerit locus Thaliae; VIII 1, 1 sg.
laurigeros domini, liber, intrature penates / disce verecundo sanctius ore
loqui; vd. anche Quint. inst. X 1, 115 sancta et gravis oratio et castigata.
4: cfr. I 4, 8 lasciva est nobis pagina, vita proba; XI 16, 3 iam mea
Lampsacio lascivit pagina versu; Ov. trist. V 1, 43 sg. nec tamen ut lusit
rursus mea littera ludet: / sit semel illa malo luxuriata meo.
5 sg.: i versi individuano il pubblico degli epigrammi in giovani dissoluti
(nequam iuvenes), ragazze facili (faciles puellae), ma anche anziani
ancora tormentati da Eros (senior quem torquet amica); Marziale si
vanta anche altrove di avere un pubblico ampio e vario: cfr. VII 88, 3 sg. me
legit omnis ibi senior iuvenisque puerque / et coram tetrico casta puella
viro. nequam iuvenes: nequitia termine centrale nel lessico elegiaco (vd.
Pichon, p. 212); nequam ricorre quasi soltanto nei generi poetici pedestri:
in Lucilio (5 volte); Orazio (3 volte nelle Satire, 1 nelle Odi); Fedro e
Giovenale (1 volta); in Marziale ricorre 4 volte il comparativo: cfr. I 109,
4; II 41, 16; X 35, 11; XI 15, 3-4. facilesque puellae: facili a concedersi;
laccezione comune nella poesia erotica (vd. Pichon, p. 141); in Marziale
cfr. I 57, 2 nolo nimis facilem difcilemque nimis (sc. puellam); IX 32, 1
hanc (sc. puellam) volo quae facilis, quae palliolata vagatur. senior: in
poesia spesso privo del valore comparativo ed equivalente a senex (vd. il
commento di Bmer2 a Ov. met. XI 157; Hofmann-Szantyr, p. 168 sg.); in
Marziale anche in VII 74, 5; 88, 3; IX 93, 2; XI 32, 3; XII 68, 4. sed quem
torquet amica: per laccezione erotica di torqueo vd. Pichon, p. 281; OLD,
s.v. nr. 5; in Marziale cfr. IV 38,1 satiatur amor nisi gaudia torquent; XI
43, 7 torquebat Phoebum Daphne fugitiva; vd. anche VII 26, 1 Thestyle,
Victoris tormentum dulce Voconi.
7 sg.: i castigati carmi di Cosconio possono andar bene soltanto per un
pubblico scolastico (pueris virginibusque); il nesso pueri virginesque fa
riferimento alla scuola anche in IX 68, 1 sg. quid tibi nobiscum est, ludi
scelerate magister, / invisum pueris virginibusque caput?; vd. anche Hor.
III 1, 2-4 carmina non prius / audita Musarum sacerdos / virginibus
puerisque canto. Marziale mostra anche altrove di non auspicare un uso
scolastico dei propri epigrammi: cfr. I 35, 1-5 versus scribere me parum
severos / nec quos praelegat in schola magister, / Corneli, quereris: sed hi
libelli, / tamquam coniugibus suis mariti, / non possunt sine mentula
placere; VIII 3, 13 sgg. an iuvat ad tragicos soccum transferre cothurnos

Epigramma 69

445

/ aspera vel paribus bella tonare modis, / praelegat ut tumidus rauca te


voce magister / oderit et grandis virgo bonusque puer? Pueri e virgines
(insieme alle matronae) sono dedicatari del libro quinto di Marziale,
completamente depurato dalloscenit: cfr. V 2, 1 sg. matronae puerique
virginesque, / vobis pagina nostra dedicatur.
8: il verso allude alla celebre autodifesa ovidiana che costituisce il secondo
libro dei Tristia: v. 369 sg. fabula iucundi nulla est sine amore Menandri,
/ et solet hic pueris virginibusque legi. Mentre Ovidio individuava nella
lettura generalizzata di Menandro un elemento difensivo della propria
poesia amorosa, Marziale rinuncia esplicitamente ad un pubblico di minori,
auspicando dunque per la sua poesia lasciva lettori adulti.

446

M. Val. Martialis liber tertius

70
Moechus es Audiae, qui vir, Scaevine, fuisti;
rivalis fuerat qui tuus, ille vir est.
Cur aliena placet tibi, quae tua non placet, uxor?
Numquid securus non potes arrigere?
hab. R tit. ad sc(a)evinum LPfAV: ad schevinum EX ad sevinum Q ad caevinum R 1
sc(a)evine RPfEAV: schevine X scenine L sevine Q 2 ille vir R AXV: vir ille E 3 tua
non RLPQf : non tua P 4 arrigere Rut vid. : eras. R

Sei amante di Audia, Scevino, tu che ne eri il marito;


colui che era tuo rivale, il marito.
Perch ti piace come moglie dun altro, quella che non ti piace come tua?
Forse se stai tranquillo non ti si rizza?
Scevino, ex marito di Audia, ne ora lamante. Colui che ne era amante,
divenuto il marito. Lo scambio di ruoli amorosi presentato nei primi due
versi incuriosisce il poeta che se ne domanda la causa (v. 3) proponendo
una personale spiegazione, in tono con il carattere piccante della sezione
(arrigere chiude signicativamente il componimento): forse lincertezza
a rendere pi eccitante un rapporto?
La trama dellepigramma rappresenta la messa in scena in forma satirica
di due afni topoi erotici: il primo che in amore si fugge da ci che
facilmente disponibile e si cerca ci che difcile ottenere: cfr., ad es., AP
XII 173, 5 sg. (Filodemo); 102 (Callimaco); 203 (Stratone); Lucr. III 957; Ov.
am. II 9, 9 sg.; 19, 36; III 4, 25; Petron. 15, 9 (lideale opposto espresso
da Orazio, per il quale si devono rifuggire le relazioni con donne sposate,
che possono recare pi affanni che piaceri: cfr. sat. I 2, 77 sgg.; 119 sgg.; vd.
anche Prop. II 23); il secondo, caro ad Ovidio, che il proibito accresce il
desiderio e che il timore di essere scoperti costituisce un elemento di stimolo
della passione: cfr. am. II 19, 3 quod licet, ingratum est; quod non licet,
acrius urit; III 4, 17 nitimur in vetitum semper, cupimusque negata; 29 sgg.
(spec. 29 sg. non proba t quam vir servat, sed adultera cara: / ipse timor
pretium corpore maius habet); ars 601 sgg. (spec. 603 sg. quae venit ex tuto,
minus est accepta voluptas; / ut sis liberior Thaide, nge metus); per le altre

Epigramma 70

447

attestazioni della massima vd. Otto, Sprichwrter, p. 193; Tosi 1994, nr. 894.
La conclusione di Marziale sfrutta il comune tema satirico dellimpotenza
maschile, ma sortisce anche un effetto dissacrante nei confronti della poesia
erotica, riducendo uno dei suoi temi ricorrenti a una questione meramente
sica (non potes arrigere). La trasformazione di un personaggio da amante
a marito, considerata per da un diverso punto di vista, alla base di I 74
moechus erat: poteras tamen hoc tu, Paula, negare. / ecce vir est: numquid,
Paula, negare potes? I nomi dei due protagonisti dellepigramma (Scaevinus,
Audia), evidentemente ttizi, ricorrono soltanto qui in Marziale. Scaevinus
presenta scarse attestazioni (vd. Kajanto 1965, p. 243). Audius / Audia
un antico gentilizio plebeo (vd. ThlL II 1338, 59 sgg.; RE II 2288, 34 sgg.).
1 sg.: il capovolgimento della situazione realizzato nei primi due versi
dellepigramma trova riscontro nella struttura chiastica (presente-passato
/ passato-presente), che li rende speculari tra loro: moechus es qui vir
fuisti; / rivalis fuerat qui tuus ille vir est; cfr. I 47, 1 sg. nuper
erat medicus, nunc est vispillo Diaulus: / quod vispillo facit, fecerat et
medicus; VIII 74, 1 sg. oplomachus nunc es, fueras ophtalmicus ante. /
fecisti medicus quod facis oplomachus; sulla frequenza negli epigrammi di
Marziali di tali contrapposizioni vd. Siedschlag 1977, p. 29.
1. Moechus: grecismo appartenente alla sfera colloquiale, presente in
commedia, satira e poesia non elevata (6 casi in Catullo), rarissimo nella
prosa classica. In Marziale vi sono ben 29 casi di moechus / a (uno di
moechari), contro solo quattro di adulter / era. vir: per laccezione di
marito vd. Pichon, p. 296 sg.
2. rivalis: il sostantivo appartiene al lessico erotico (vd. Pichon, p. 254);
cfr. Catull. 57, 9; Prop. I 8, 45; II 34, 18; III 8, 33; Ov. am. I 8, 95; 9, 18;
II 19, 60; III 11, 26; ars II 336; 539; 595; III 563; 593; rem. 677; 769; 791.
fuerat: per luso in poesia del piuccheperfetto in luogo dellimperfetto o
del perfetto (cfr. v. 1 fuisti), favorito anche da comodit metrica, vd. la n. a
4, 8 exierat.
3: ci che di altri si desidera maggiormente di ci che nostro; il verso
mostra analogie con la formulazione di un noto proverbio da parte di Publilio
Siro: A 28 aliena nobis, nostra plus aliis placent (per le varianti della sententia
vd. Otto, Sprichwrter, p. 13; Tosi 1994, nr. 1292). La punteggiatura del
verso si deve a Gilbert 1883, p. 7, che modica lievemente il verso rispetto a
Schneidewin (cur aliena placet tibi, quae tua non placet uxor?).

448

M. Val. Martialis liber tertius

4. numquid: per luso della particella interrogativa vd. la n. a 51, 4. non


potes: denuncia unincapacit sica: cfr. IV 5, 6 nec potes algentes arrigere
ad vetulas; VI 26, 3 arrigere desit posse Sotades; IX 66, 4 si potes arrigere;
XI 61, 10 cit. infra. arrigere: sc. penem; Marziale utilizza il verbo quasi
sempre assolutamente: cfr. III 75, 2; 76, 1; IV 5, 6; VI 26, 3; 36, 2; X 91,
1; XI 46, 1; IX 66, 4; vd. anche Suet. Aug. 69, 2 an refert, ubi et in qua
arrigas? (epistola di M. Antonio); sullellissi di termini della sfera sessuale
vd. Adams 1981, in part. p. 124 per luso di arrigere. Per luso transitivo
cfr. X 55, 1 arrectum penem; XI 61, 10 arrigere linguam non potest
fututricem. Leffetto scommatico del termine che chiude lepigramma
evidenziato dalla non comune clausola quadrisillabica di pentametro;
cfr. anche 77, 10
; 79, 2 percere; 85, 4 Deiphobi. Il verbo
non ha subito la censura operata su alcuni termini osceni nella prima
famiglia: infatti arrigere, probabile lezione originaria di R, stato eraso
successivamente dalla membrana, come accaduto in R, per quanto riguarda
questo libro, anche in 76, 1 arrigis (vd. al riguardo Mastandrea 1996, pp.
108; 111 n. 26). Anche in T arrigere compare in 76, 1. Per la chiusa del
pentametro con una sillaba breve, per lo pi evitata nella poesia augustea,
vd. la n. a 19, 6 fera. Arrigere in ne di pentametro ricorre in Marziale
anche in 75, 2; IX 66, 4.

Epigramma 71

449

71
Mentula cum doleat puero, tibi, Naevole, culus,
non sum divinus, sed scio quid facias.
hab. T tit. ad nevolum T : ad nevulum
1 naevole Fl: nevole T nevule
solum T sed T : si
facias : facitis T

2 sum

Se al tuo schiavetto fa male il cazzo, a te, Nevolo, il culo,


non sono un indovino, ma so quel che fai.
Epigramma scommatico contro un pathicus. Marziale gli mostra che per
capire quali sono le sue abitudini sessuali non servono capacit di veggente.
Lomosessualit passiva maschile, considerata nel mondo romano tra le
macchie pi gravi (cfr., ad es., Catull. 112), presa di mira in numerosi
epigrammi di Marziale: cfr. II 51; 62; IV 48; IX 57; XII 35. Ricorrente il
tipo che nasconde la propria omosessualit dietro unapparenza di rigore
morale: cfr. I 24; V 41; VII 58, 7-10; IX 47. In generale vd. Obermayer
1998, p. 232 sgg. Nevolo un pathicus anche in III 95 (cfr. v. 13 sed
pedicaris, sed pulchre, Naevole, ceves).
1. Mentula puero, tibi culus: la struttura chiastica del verso pone
in risalto i due termini osceni, collocati agli estremi del verso. Puer indica
il giovane schiavo (vd. OLD, s.v. nr. 5); in Marziale il termine ricorre
spesso in contesti erotici, nel senso di delicatus puer: cfr, in questo libro,
39, 1; 62, 1; 65, 9; 73, 1; 82, 12; sullargomento M. Garrido-Hory, Puer et
minister chez Martial et Juvnal, in M. Moggi-G. Cordiano (edd.), Schiavi
e dipendenti nellambito dell
e della familia, Pisa 1997, pp. 307327. Sui possibili signicati del sostantivo nella lingua latina vd. E. Eyben,
Die Einteilung des menschlichen Lebens im rmischen Altertum, RhM
116, 1973, p. 184; J. Maurin, Remarques sur la notion de puer lpoque
classique, Paris 1975.
2. divinus: sostantivato (i.q. vates, hariolus, vir providens: vd. ThlL V
1, 1625, 8 sgg.). - sed scio: il testo di T va senzaltro accolto, rispetto a si
scio ( ), che introduce una sfumatura ipotetica, meno adatta al tono sicuro
dellinvettiva. facias: la lezione di
senzaltro preferibile a facitis (T),

450

M. Val. Martialis liber tertius

che pu anche essere un errore meccanico: il congiuntivo richiesto dalla


subordinata (cfr. II 73, 1 quid faciat vult scire Lyris) e la seconda persona
singolare individua il reale bersaglio dellepigramma.

Epigramma 72

451

72
Vis futui nec vis mecum, Saufeia, lavari.
Nescio quod magnum suspicor esse nefas:
aut tibi pannosae dependent pectore mammae
aut sulcos uteri prodere nuda times
aut innito lacerum patet inguen hiatu
aut aliquid cunni prominet ore tui.
Sed nihil est horum, credo, pulcherrima nuda es.
Si verum est, vitium peius habes: fatua es.

hab. T tit. ad saufeiam TLQfEXV: saufelam PQfA 1 futui


: subigi T saufeia
TLQf : saufela PQf 2 quod : quid T
magnum T : maius
nefas T AXV:
nafas E 3 pannosae T : pannorsae T dependent pectore T : dependet pectore T
pendent a pectore
4 sulcos TPQf : sculcos L prodere TLPf : pandere Q nuda
TLPQf : nudas P 5 lacerum TQfs.l. : laterum LPQf inguen PQf : ingen L
ungue T 6 cunni fs.l.Vin mg.CFcklvv1v2: cynici aut cinici LPQfEAXV cinui Qut
vid. monstri T 7 nihil T AV: nil EX 8 est TLPQf : et Q vitium peius habes
TLQf : peius habes vitium P vitium peitis Qut vid.

Vuoi che io ti fotta, ma non vuoi, Saufeia, fare il bagno con me.
Sospetto che tu abbia non so quale grande difetto:
o ti pendono dal petto delle osce mammelle
o hai paura di rivelare nuda i solchi del ventre
o la tua vagina lacera sta spalancata con unenorme apertura
5
o sporge qualcosa dalla tua ca.
Ma non nulla di tutto questo, sono certo, sei bellissima nuda.
Se vero, hai un difetto peggiore: sei una sciocca.
Saufeia vuole avere rapporti sessuali con il poeta, ma si riuta di frequentare
con lui i bagni comuni. Marziale sospetta che abbia qualche difetto sico
da nascondere e nella parte centrale dellepigramma (3-6) prospetta con
crudo realismo diverse possibilit, mettendo in mostra un repertorio da
poesia giambica; ma non si tratta di questo (7). Allora il difetto di Saufeia
ancora peggiore: una sciocca perch la sua ritrosia deriva da un falso
pudore. Il riuto da parte di Galla di frequentare i communia balnea con
il poeta alla base anche dellepigr. 51 di questo libro. Il nome Saufeia

452

M. Val. Martialis liber tertius

ricorre qui soltanto negli epigrammi di Marziale (Saufeius in II 74, 1). Sulla
sua diffusione in Italia RE II A, 256, 7-257, 63.
1: i Romani erano soliti consumare al buio i loro rapporti sessuali (cfr.,
ad es., Ov. ars II 619 sg.; III 807 sg.); i bagni comuni erano pertanto un
luogo privilegiato per vedere nude persone dellaltro sesso (vd. al riguardo
la n. intr. allepigr. 51). Marziale manifesta gusti opposti in XI 104, 5 sg. tu
tenebris gaudes: me ludere teste lucerna / et iuvat admissa rumpere voce
latus. La situazione presentata nel verso costituisce pertanto una sorta di
paradosso (vis nec vis). Sui bagni frequentati da entrambi i sessi, di cui
Marziale offre numerose testimonianze, vd. Busch 1999, p. 487 sgg.; in
questo libro si vedano gli epigr. [3]; 51; 87. futui: futuere il principale
verbo osceno per indicare il ruolo maschile nel rapporto sessuale (vd.
Adams, LSV, pp. 118-122; Citroni, p. 114 sg.); in questa sezione del libro
ricorre 4 volte (79, 2; 87, 1; 96, 1); cfr. anche 96, 2 fututor.
2. nescio quod : per lespressione cfr. Ter. Hec. 319 sg. nescio quod
magnum malum / profecto, Parmeno, me celant; Phorm. 193 nescio quod
magnum hoc nuntio expecto malum; in Marziale struttura analoga in III
77, 9 sg. nescio quod stomachi vitium secretius esse / suspicor. magnum:
Housman 1925, p. 200 (= Class. Pap., p. 1099 sg.) ha giustamente messo
in relazione questo verso con III 42, 4 quod tegitur maius creditur esse
malum, dove singole famiglie riportano le varianti magnum (T) e nefas
( ). Per lo studioso inglese le lectiones singulares sono reciprocamente
interpolate e vanno pertanto scartate (per 42, 4 vd. la n. ad loc.). Qui
maius di senzaltro inaccettabile. nefas: ricorre in Marziale 14 volte,
soltanto qui nellaccezione di grave difetto sico (cfr. v. 8 vitium peius)
3: i seni cadenti sono un tratto abituale nella descrizione di bruttezze
siche, specialmente nellinvettiva contro le vetulae: cfr. Lucil. 541 uterum
atque etiam inguina tangere mammis; Laber. mim. 20 mirabar, quo
modo mammae mihi descendiderant; Hor. epod. 8, 7 mammae putres
equina quales ubera; Moret. 34 iacens mammis; in Marziale cfr. III 93,
5 araneorum cassibus pares mammas. Il verso presenta analogie foniche
e strutturali con Prop. II 15, 21 necdum inclinatae prohibent te ludere
mammae: a pannosae corrisponde inclinatae in cesura pentemimere; i
verbi sono collocati nella stessa posizione del verso dopo la cesura; la
clausola presenta notevoli afnit (pectore mammae ~ ludere mammae).
Entrambi i versi presentano una descrizione di un dettaglio sico estraneo

Epigramma 72

453

alla protagonista. Anche il contesto dellelegia properziana, che tesse


lelogio dei rapporti amorosi che si svolgono alla luce (cfr. 11 sg. non iuvat
in caeco Venerem corrumpere motu: / si nescis oculi sunt in amore duces;
22 sg. viderit haec, si quam iam peperisse pudet. / dum nos fata sinunt,
oculos satiemus amore), induce a ritenere pi che probabile unallusione da
parte di Marziale. pannosae: in questa accezione traslata lattributo ricorre
nel latino classico, oltre che in Marziale, soltanto in Sen. clem. II 6, 3 ob
crus alicuius aridum aut pannosam maciem (introdotto per congettura da
Bentley: vd. ThlL X 1, 231, 31 sgg.). In Marziale si veda anche lequivalente
pannuceus in XI 46, 3 truditur et digitis pannucea mentula lassis (vd.
ThlL X 1, 231, 61 sgg.). dependent pectore: per dependeo assoluto riferito
ai seni cfr. Physiogn. 61 quibus mamillae dependent. In Marziale il verbo
ricorre ancora in VII 95, 10 sg.cuius livida naribus caninis / dependet
glacies. La lezione di (pendent a pectore), che pure non estranea alluso
marzialiano (cfr. VII 37, 5 turpis ab inviso pendebat stiria naso) e realizza
una pi marcata allitterazione (pannosae pendent a pectore), si pu
spiegare con la caduta del preverbio de- e il conseguente intervento per
sanare il verso (Lindsay 1903, p. 15). Per Heraeus (p. XXXII) il testo di
da ritenersi interpolato. Le due varianti sono effettivamente equivalenti
rispetto alluso linguistico di Marziale, come sottolineato da Di Giovine
2002, p. 125. mammae: il termine quasi estraneo al lessico erotico, che
preferisce papillae (vd. Pichon, p. 225): nellelegia solo in Prop. II 15, 21
cit. supra; III 14, 13; invece ricorrente nella descrizione di seni cadenti
(cfr. i passi citati supra; vd. ThlL VIII 247, 25 sgg.).
4. sulcos uteri: sui solchi del ventre, dovuti allet o a numerosi parti, vd.
la n. a 42, 1 rugas uteri.
5: il verso potrebbe imitare Lucr. V 375 sed patet immani et vasto respectat hiatu (sc. ianua leti). Innitus, hapax in Marziale, termine tecnico
del lessico losoco, frequente in Lucrezio, che equivale al gr.
(vd. ThlL VII 1, 1425, 35 sgg.). In tal caso Marziale si sarebbe divertito nel
realizzare un contrasto stridente tra limmagine lucreziana e il crudo contesto
dellepigramma. - innito hiatu: hiatus usato per i genitali femminili
laxi anche in Priap. 12, 13 cit. infra (vd. Adams, LSV, p. 95 sg.); per luso
cfr. anche Claud. carm. min. 43, 7 nam spurcos avidae lambit meretricis
hiatus. Il dettaglio anatomico un tratto comune delle invettive contro
donne: in Marziale cfr. XI 21, che sviluppa il motivo attraverso una lunga
serie di similitudini (vd. il commento di Kay, ad loc.). Il difetto associato,

454

M. Val. Martialis liber tertius

come qui (v. 6), alla eccessiva grandezza della clitoride anche in Priap. 12, 13
sg. qui tanto patet indecens hiatu / barbato macer eminente naso (su cui vd.
il commento di Goldberg); CIL IV 10004 Eupla laxa landicosa. - inguen:
sostituto eufemistico di cunnus: cfr. Iuv. 9, 4; 10, 322; Auson. 127, 1 p. 344 P.
(epigr. 86, 1 G.); vd. Adams, LSV, p. 47 sgg. Come eufemismo per i genitali
maschili cfr. III 81, 5; VI 73, 6; VII 30, 5; Priap. 1, 6; 83, 43; Auson. 120, 3 p.
341 P. (epigr. 74, 3 G.). Luso ricorre anche nella satira (Hor. sat. I 2, 26; 116;
Iuv, 1, 41) e in poesia elevata (Verg. georg. III 281; Ov. met. XIV 640).
6: leccessiva grandezza della clitoride oggetto di aggressione scommatica:
vd. Adams, LSV, pp. 79; 97 sg.; in Marziale cfr. anche VII 67, 1 sgg. (con
il commento di Galn Vioque); 70, 1 sg. Per luso metaforico di os si pu
confrontare quello correlato di labia (vd. Adams, LSV, p. 99 sg.; ThlL IX
1092, 7 sgg.). Secondo Adams, LSV, p. 98, in I 90, 8 mentiturque virum
prodigiosa Venus Marziale alluderebbe ad una clitoride di straordinarie
dimensioni; per Citroni e Howell1 invece pi probabile un riferimento
all
. Cunnus il termine osceno pi comune per i genitali femminili
(vd. Adams, LSV, p. 80 sg.). Di uso frequente nelle iscrizioni pompeiane ed
ercolanesi, ricorre in poesia tre volte nel primo libro delle Satire di Orazio,
una in Catullo, sei nei Priapea, ventisette in Marziale (quattro cunnilingus).
7 sg.: Saufeia non ha difetti sici e perci la sua ritrosia dovuta ad un
falso pudore che Marziale critica. credo: inciso di natura colloquiale che
esprime una presa di posizione soggettiva del parlante (vd. Hofmann, LU,
p. 249 sg.); Marziale utilizza soprattutto puto (vd. la n. a 55, 4; Citroni, p.
34 sg.). fatua es: letteralmente sciocca; qui indica probabilmente un
atteggiamento ritroso determinato da pruderie. Schneider 2000, p. 350 ha
individuato nella conclusione fatua es un voluto anagramma del nome Saufeia
(con leccezione di una lettera) e ha trovato una conferma della volont di
Marziale di realizzare tale effetto nel fatto che il nome non appartiene alla
diffusa categoria dei nomi parlanti. Non si pu escludere un gioco fonico
con futui del v. 1 che legherebbe principio e ne di epigramma.

Epigramma 73

455

73
Dormis cum pueris mutuniatis,
et non stat tibi, Phoebe, quod stat illis.
Quid vis me, rogo, Phoebe, suspicari?
Mollem credere te virum volebam,
sed rumor negat esse te cinaedum.

tit. ad phoebum LPQfEXV: ad foesum A ad saufeliam P (ad 72 pertinens) 1 mutuniatis


LPf : mutoniatis Qin mg. mutrinianis Q 2 stat (pr.) EAXV: stabat A phoebe :
galle
4 credere te Lf : te credere PQ

Dormi insieme a ragazzi ben dotati,


e non ti sta dritto, Febo, ci che sta dritto a loro.
Cosa vuoi, mi chiedo, Febo, che io sospetti?
Volevo crederti un uomo effeminato,
ma le voci dicono che non sei un sodomita.

Febo dorme con ragazzi ben dotati e non riesce ad avere unerezione. Per
Marziale deve trattarsi di un pathicus, ma alcune voci insinuano il sospetto
che egli possa essere altro (un fellator).
Nella morale sessuale romana, rispecchiata in questo epigramma, la fellatio
era considerata la perversione peggiore per un uomo (vd. Obermayer 1998,
p. 241 sgg.): cfr. specialmente II 28; VI 56; i fellatores sono bersaglio di
numerosi epigrammi di Marziale: cfr. I 96; III 77; 80; 82; 84; 87; 88; VI
66; IX 27. Lepigramma presenta un linguaggio allusivo, che non indulge
a volgarismi: Marziale ricorre alla perifrasi (non stat tibi quod stat illis)
e alleufemismo (mollem virum); anche la conclusione, in forma
di insinuazione attribuita alle voci (rumor), presenta la perversione del
protagonista per antitesi, lasciando la deduzione al lettore (negat esse te
cinaedum). Il tono del componimento pu forse dipendere dalla volont
del poeta di variare rispetto al crudo realismo dellepigr. precedente. Febo,
nome ttizio frequente in Marziale (in questo libro cfr. anche 89, 2), un
personaggio dalla bassa moralit anche in I 58; IX 63.
1. mutuniatis: mutuniatus (i.q. magno membro virili instructus ThlL

456

M. Val. Martialis liber tertius

VIII 1731, 11 sg.) deriva da mutunium (i.q. membrum virile ThlL VIII
1731, 22); cfr. anche mutto, -onis (i.q. membrum virile ThlL VIII 1730, 8
sgg.); vd. Ernout-Meillet, s.v. muto, p. 426. Laggettivo ricorre anche in XI
63, 2 sg. quare mihi tam mutuniati / sint leves pueri subinde quaeris e in
Priap. 52, 9 sg. salax asellus / et nil deterius mutuniatus (dove congettura
di Buecheler, universalmente accolta, per i trditi mutiniatus; minuciatus vel
minutiatus; metulatus). Mutto ricorre soltanto nei satirici (Lucilio, Orazio),
che evitano invece mentula; pertanto probabile che il termine e i suoi derivati
fossero percepiti come meno volgari (vd. Adams, LSV, p. 62 sg.). Si veda anche
lequivalente mentulatus, che ricorre in Priap. 36, 11 deus Priapo mentulatior
non est. Mutunus Tutunus (o Mutinus Tutinus o Mutinus Titinus), arcaica
divinit fallica, fu gradualmente rimpiazzato a Roma da Priapo (cfr. Aug. civ.
IV 11 Mutunus vel Tutunus, qui est apud Graecos Priapus, che, attingendo
da Varrone, identica le due divinit); vd. RE XVI, s.v. Mutunus Tutunus, 979
sgg.; XIX 1719, 36 sgg.; Roscher II 1, 204, 47 sgg.; Wissowa 1912, p. 243.
2. non stat tibi : sc. mentula; stare per indicare lerezione frequente
in Marziale: cfr. II 45, 1; III 75, 1. 8 (cfr. la pointe dellepigramma basata sul
doppio senso di stare); VI 23, 1; VII 58, 4; XI 25, 2; 27, 1; vd. anche VI 49, 2 sg.;
altrove in Priap. 73, 2; Apul. met. II 7; per lequivalente uso in greco di
cfr. AP XII 232, 1. Phoebe: Galle di , pur accolta da Lindsay, Duff, Ker,
Giarratano, Heraeus, ha tutta laria di una glossa: cfr. III 81, 1 quid cum femineo
tibi, Baetice Galle, barathro e la n. ad loc. Marziale riserva lepiteto Gallus ad
evirati e non ad impotenti: cfr. I 35, 14 sg.; II 45, 2; III 24, 13; 81, 5; V 41, 3; VII
95, 15; XI 72, 2; 74, 2; XIII 63, 2. Lappellativo Galle sarebbe inoltre possibile
tuttal pi nel verso seguente, dopo la menzione del nome proprio.
3. rogo: su rogo, inciso colloquiale, vd. la n. a 44, 9.
4. mollem virum: mollis vir equivale qui a pathicus; mollis ha spesso
una connotazione negativa, per lo pi a sfondo sessuale: cfr. Catull. 25, 1 sgg.
cinaede Thalle, mollior cuniculi capillo / vel anseris medullula vel imula
oricilla / vel pene languido senis situque araneoso; Priap. 64, 1 quidam mollior
anseris medulla; vd. ThlL VIII 1379, 26-52; Marziale utilizza frequentemente
laggettivo in relazione allomosessualit maschile passiva: cfr. I 96, 10; II 84,
1; V 41, 2; VII 58, 5; IX 25, 3; 59, 3; XII 75, 4; vd. al riguardo R.A. Pitcher,
The mollis vir in Martial, in K. Lee-Ch. Mackie-H. Tarrant (edd.), Multarum
artium scientia. A chose for R. Godfrey Tanner. Contributes by his allies
upon rumours of his retirement, Auckland 1993, pp. 56-67; Merli 1996, pp.
217-219.

Epigramma 73

457

5. rumor: Febo un fellator. Marziale allude soltanto al suo vizio,


limitandosi a riferire le voci (rumor). Per questo tipo di conclusione, basata
sullinsinuazione, cfr. II 28, 5 sg.; VI 56, 6. Marziale attribuisce spesso a
voci di popolo i suoi attacchi satirici, soprattutto quelli a sfondo sessuale,
cfr. III 80, 2 rumor ait linguae te tamen esse malae; 87, 1 narrat te rumor,
Chione, numquam esse fututam; IV 16, 1 sg. privignum non esse tuae, te,
Galle, novercae / rumor erat; vd. al riguardo M.A. Greenwood, Martial,
gossip and the language of rumour, in Grewing, Toto notus, pp. 278314, spec. p. 300; Greenwood 1998, pp. 241-246. Sullorizzonte cittadino
della poesia diffamatoria vd. Fabbrini 2002. cinaedum: qui corrisponde,
secondo unequivalenza frequente, a pathicus: cfr. VI 37, 5 culum non
habet, est tamen cinaedus; Iuv. 2, 10 cum sis inter Socraticos notissima
fossa cinaedos; vd. ThlL III 1059, 43 sgg. Il sostantivo, come molti termini
latini relativi alla sfera dellomosessualit, deriva dal greco (
): vd.
in proposito Adams, LSV, pp. 123; 228; W. Kroll, s.v. kinaidos, RE XI
1, 459 sg. Il suo uso limitato in poesia ai generi bassi (Plauto, Lucilio,
Catullo, Publilio, Virgilio catal., Fedro, Giovenale); Marziale vi ricorre con
particolare frequenza (22 casi).

458

M. Val. Martialis liber tertius

74
Psilothro faciem levas et dropace calvam.
Numquid tonsorem, Gargiliane, times?
Quid facient ungues? Nam certe non potes illos
resina Veneto nec resecare luto.
Desine, si pudor est, miseram traducere calvam:
hoc eri cunno, Gargiliane, solet.

om. f, suppl. f in mg. tit. ad gargilianum LPQfEXV: ad gargillanum A 1 levas v1s.l.,


Scriverius: lavas LPQf v1 vv. 2 et 6 commut. LPQf (rectum ordinem restituit fp.c.)
3 facient ungues LPQf: faciunt ungues P facie tingues EAXV faciem tinguis Vs.l. facie
tinguis A nam certe LPQ f : certe nam P 4 veneto LPQf : vento Q resecare
LQf : reserare P 5 desine LPQfEXV: disine A

Ti lisci il viso con lo psilotro e il cranio con il dropace.


Forse temi, Gargiliano, il barbiere?
Che faranno le unghie? Difatti non puoi certo
tagliarle con la resina, n con la creta veneta.
Smettila, se hai pudore, di mettere in mostra la misera pelata:
questo trattamento si fa di solito, o Gargiliano, alla ca.

Gargiliano si depila completamente il viso e il capo. Marziale lo schernisce


affermando che in tal modo si rende ridicolo e gli ricorda che un tale
trattamento si riserva al cunnus. La caratteristica pi curiosa e risibile del
personaggio la sua ricerca, attraverso luso di preparati depilatori, di un
capo completamente glabro: la testa calva fa parte infatti dei tratti repellenti
dellet avanzata ed spesso oggetto di satira: cfr. I 72, 8; II 33, 1; V 49;
VI 57; X 83; XII 7; 45; 89; Petron. 109, 9 sg.; Claud. 18, 113 sgg.; vd.
Hagenow 1972, p. 53 sg.; Bonvicini 1995, p. 114. La pointe conclusiva, che
paragona implicitamente la testa di Gargiliano ai genitali femminili, insinua
forse il sospetto che egli possa essere un fellator. Meno plausibile invece
lipotesi che la rasatura di Gargiliano sia nalizzata ad una prestazione di
sesso orale (vd., ad es., Collesso: O Gargiliane, videris te componere ad
fellandum; cunno sarebbe dativus commodi).
La depilazione maschile un tratto di effeminatezza condannato dai

Epigramma 74

459

moralisti: cfr. Sen. nat. VII 31, 2 levitate et politura corporum muliebres
munditias antecessimus; in Marziale essa spesso oggetto di aggressione
satirica: cfr. II 29, 6; 62; III 63, 6; V 61, 6; IX 27; X 65, 6 sgg.; vd. Hagenow
1972, pp. 48-59; Herter, Effeminatus, 633 sg. Il nome Gargiliano, senzaltro
ttizio, ricorre in III 30; IV 56; VII 65; VIII 13 per diversi tipi; per le sue
attestazioni epigrache vd. Kajanto 1965, p. 147.
1. Psilothro dropace: entrambi preparati usati per la depilazione;
lo psilothrum (gr.
) era un impasto di colore verdastro, dal
forte odore (cfr. VI 93, 9 psilothro viret, sc. Thais, che lo usa per coprire
il proprio cattivo odore; vd. Lilja 1972, p. 205); il suo uso da parte degli
uomini biasimato da Plinio il Vecchio, nat. XXVI 164 psilothrum nos
quidem in muliebribus medicamentis tractamus, verum iam et viris est
in usu; cfr. anche Ael. Lampr. Ant. Heliog. 31, 7; Schol. Iuv. 9, 14; Galeno
ne fornisce alcune ricette (12, pp. 453-459 K.); sulla sua composizione vd.
Blmner 1911, p. 438 sg.; Hagenow 1972, p. 50. Il dropax (gr.
)
menzionato qui per la prima volta, quindi in X 65, 8 levis dropace tu
cotidiano; Auson. 131, 1 p. 346 P. (epigr. 100, 1 G.) inguina quod calido
levas tibi dropace; sulla sua composizione cfr. Theod. Prisc. log. 34; Cass.
Fel. 1 p. 8, 14; Oribas. Syn. I 30; vd. Hagenow 1972, p. 51. Lo specialista
nel suo utilizzo era detto dropacista (cfr. CIL XII 3334; 5687, di testo
incerto). levas: il verbo qui nellaccezione tecnica riferita alla depilazione:
cfr. Cic. or. frg. A XIV 22 qui effeminare vultum, attenuare vocem, levare
corpus potes; vd. ThlL 1237, 26 sgg.; OLD s.v. nr. 2. La correzione di lavas
della tradizione medievale richiesta dalla metrica (lvs), oltre che dal
senso e confermata da Auson. 131, 1 p. 346 P. (epigr. 100, 1 G.) cit. supra,
che certamente ha tenuto presente questo verso di Marziale. La stessa
corruttela ricorre in Plin. nat. XXXVI 154. calvam: come sostantivo
di uso frequente soltanto in Marziale (V 49, 3; VI 57, 2; 74, 2; X 83, 2;
XII 45, 2; XIV 27, 2); ricorre una volta in Pomponio, Varrone Men., Livio,
Sereno Sammonico.
2: linterrogativa allude forse ironicamente al noto timore dei barbieri
del tiranno siracusano Dionisio il Vecchio, che preferiva perci farsi radere
dalle glie e bruciava i capelli con carbone ardente (cfr. Cic. Tusc. V 57
sgg..; off. II 25; Val. Max. IX 13, 4). I Romani avevano comunque buoni
motivi per temere i tonsores, che usavano il rasoio sulla pelle soltanto
inumidita (vd. RE III 3 sg.; Daremberg-Saglio, s.v. tonsor, V, p. 354 sgg.;

460

M. Val. Martialis liber tertius

Hagenow 1972, p. 49 sg.). Al temibile barbiere Antioco Marziale dedica un


divertente e fantasioso epigramma (XI 84): cfr. v. 1 sg. qui nondum Stygias
descendere quaerit ad umbras / tonsorem fugiat, si sapit, Antiochum. Per
luso di numquid vd. la n. a 51, 4.
3 sg.: Gargiliano dovr comunque rivolgersi ad un tonsor per tagliare
le unghie, per cui non pu utilizzare mezzi per la depilazione (resina,
Venetum lutum). Il taglio delle unghie apparteneva alle mansioni del
tonsor: cfr. Plaut. Aul. 312; Tib. I 8, 11; Hor. epist. I 7, 50; Val. Max. III 2,
15; Mart. XIV 36; lo strumento utilizzato era il cultellus: vd. DarembergSaglio II 2, p. 1587, s.v. culter; Marquardt 1886, p. 581. resina: la resina
era utilizzata come depilatorio: cfr. XII 32, 21 sg. plena turpi matris
olla resina, / Summemmianae qua pilantur uxores; Iuv. 8, 114 sg. quid
resinata iuventus / cruraque totius facient tibi levia gentis?; tale uso
provoca la condanna moralistica di Plinio il Vecchio, nat. XIV 123 pudet
conteri maximum iam honorem eius (sc. resinae) esse in evellendis
virorum corpori pilis; cfr. anche XXIX 26; Iul. Cap. Pert. 8, 5; Cels. III
27, 1 D.; Tert. pall. 4, 1; vd. al riguardo Hagenow 1972, p. 52. Veneto
luto: la composizione del Venetum lutum ignota; secondo Hagenow
1972, p. 56 sgg. si trattava di fango termale di Abano mescolato con
dropax. resecare: per questuso del verbo cfr. Val. Max. III 2, 15; Petron.
45, 9; Plin. nat. XXVIII 28.
5. si pudor est: il pudor spesso invocato da Marziale come freno per
comportamenti criticabili; per luso della parentetica cfr. II 37, 10 ullus si
pudor est, repone cenam; III 87, 4 si pudor est, transfer subligar in faciem;
VII 95, 16 si tibi sensus est pudorque; X 90, 9 sg. quare si pudor est, Ligeia,
noli / barbam vellere mortuo leoni (vd. anche III 46, 10 esse pudor vetuit
fortia verba mihi); essa ricorre anche in Prop. I 9, 33; II 12, 18; Ov. am.
III 2, 24; Quint. decl. 286, 10; Stat. Theb. X 710; Iuv. 3, 154. miseram
calvam: lattributo realizza una personicazione della calva (cui concorre
anche traducere); per analoghi casi di personicazione di parti del corpo
in epigrammi scommatici cfr. II 51, 5 sg. infelix venter spectat convivia
culi / et semper miser hic esurit, ille vorat; XI 46, 5 quid miseros frustra
cunnos culosque lacessis? traducere: per laccezione di expose to scorn
or obloquy, che ricorre in Marziale anche in I 53, 3; VI 77, 5 sg., cfr.
Prop. II 24, 7 nec sic per totam infamis traducerer urbem; vd. OLD s.v.
nr. 4 b; luso deriva dallimmagine dellesposizione al pubblico nella parata
pubblica del trionfo o di altro genere (vd. OLD s.v. nr. 3): cfr., ad es.,

Epigramma 74

461

Liv. XXXVI 40, 11 in eo triumpho cum captivis equorum quoque


captorum gregem traduxit; vd. anche Liv. II 38, 3; Suet. Cal. 15, 1; tale
signicato presente in Marziale epigr. 4, 3.
6. hoc eri cunno solet : la depilazione dei genitali femminili
testimoniata da Marziale anche in X 90, 1 sgg. quid vellis vetulum, Ligeia,
cunnum? / / tales munditiae decent puellas; cfr. inoltre Apul. met. II
17 glabellum feminal; CLE 230. Per il paragone ingiurioso con i genitali
cfr. II 33, 1 sgg. cur non basio te, Philaeni? calva es. / cur non basio te,
Philaeni? rufa es. / cur non basio te, Philaeni? lusca es. / haec qui basiat,
o Philaeni, fellat.

462

M. Val. Martialis liber tertius

75
Stare, Luperce, tibi iam pridem mentula desit,
luctaris demens tu tamen arrigere.
Sed nihil erucae faciunt bulbique salaces
improba nec prosunt iam satureia tibi.
Coepisti puras opibus corrumpere buccas:
sic quoque non vivit sollicitata Venus.
Mirari satis hoc quisquam vel credere possit,
quod non stat, magno stare, Luperce, tibi?

hab. TR tit. ad lupercum LPf : ad luparcum Q 1 luperce LPf : luparce Q mentula


TR : eras. R desit
AXV: dent E 2 demens R : demen T tu tamen R : tu
tamen tu tamen T arrigere TR : eras. R 3 erucae : arucae T esuce R hesuce R
bulbique
A: bullique EXV 4 improba
AXV: iam proba E satureia LPQf :
saturela f 5 puras R : pluras T 6 sollicitata R XV: sollicita TEA 8 stat LPf : scit
Q luperce LPf : luparce Q tibi LQf : om. P

Gi da tempo, o Luperco, il cazzo ha smesso di starti dritto,


eppure tu, stolto, ti affanni per farlo rizzare.
Ma non ti fanno nulla la rucola e le cipolle eccitanti
n ti giovano ormai le lascive orchidee.
Hai iniziato grazie ai tuoi soldi a violare bocche pure:
5
neppure cos sollecitato vive il tuo membro.
Qualcuno potrebbe stupirsi abbastanza o credere,
che qualcosa che non sta dritto, o Luperco, ti stia a gran prezzo?
Luperco non riesce pi ad eccitarsi, ma tenta in tutti i modi di porvi
rimedio: ricorre a cibi afrodisiaci (3 sg.) e si procura sesso orale a
pagamento (5), senza per ottenere risultati (6). Marziale schernisce in
conclusione le ingenti quanto inutili spese sostenute da Luperco attraverso
una pointe basata sul doppio senso del verbo stare (stare eretto e costare;
vd. Joepgen 1967, p. 110 sg.), che, richiamando lincipit dellepigramma,
chiude ad anello il componimento. Limpotenza maschile motivo topico
nella tradizione giambico-satirica: cfr. Hippon. fr. 92 Masson (= 14A
Diehl3); AP V 47 (Runo); 306 (Filodemo); XII 11; 216; 232; Tib. I 5,
39-42; Ov. am. III 7; Priap. 83; Petron. 128 sgg.; 140; Maxim. eleg. 5; vd.

Epigramma 75

463

al riguardo Grassmann 1966, p. 26; Buchheit 1962, p. 87 sg.; Obermayer


1998, pp. 255-330; in Marziale il tema frequente: cfr. II 45; IX 66; X 91;
XI 25; 46; 71; XII 86; XIII 34 (per il motivo dellimpotenza causata dalla
repulsione sica per la partner in l con gli anni, un tratto della cosiddetta
Vetula-Skoptik, vd. la n. intr. allepigr. 32).
Lupercus qui un comico nome parlante antifrastico: esso evoca infatti la
festa dei Lupercalia, che si svolgeva il 15 febbraio, un rituale per la fertilit
caratterizzato da un clima di lascivia (vd. al riguardo Daremberg-Saglio III
2, pp. 1398-1402; RE XIII 2, 1823 sg.; Wissowa 1912, p. 208 sgg.; Bmer1,
ad Ov. fast. II 267; sulla questione aperta della divinit che vi era onorata
vd. T.P. Wiseman, The God of the Lupercal, JRS 85, 1995, pp. 1-22). In
Marziale la scelta del nome Lupercus riveste un intento allusivo al rito dei
Lupercali anche in IV 28, 8 nudam te statuet tuus Lupercus (vd. A.W.J.
Holleman, Martial and a Lupercus at work, Latomus 35, 1976, pp. 861865). Il nome era piuttosto comune (vd. Kajanto 1965, p. 318); in Marziale
ricorre come nome ttizio pi volte per diversi tipi (I 117; IV 28; VI 6; 51;
VII 83; IX 87; XI 40; XII 47). Lepigramma si trova in R non inserito fra
gli altri del libro III (ff. 101r-102r), ma oltre al f. 111v.
1. Stare: il verbo posto signicativamente in apertura di epigramma
ed richiamato da arrigere, che chiude il primo distico, esplicitando
lossessione del protagonista; per la collocazione in principio di terminichiave vd. la n. a 30, 1; per luso di stare per lerezione vd. la n. a 73, 2.
iam pridem: la notazione suggerisce che si tratti di impotenza senile.
2. luctaris: il verbo esprime lo sforzo vano da parte di Luperco di
ottenere unerezione; Marziale sceglie con intento comico il verbo che in
contesti erotici designa la lotta amorosa: vd. Pichon, p. 191; cfr. Prop. II
1, 13 erepto mecum luctatur amictu; 15, 5 nudatis mecum est luctata
papillis; per la costruzione con linnito vd. ThlL VII 2, 1732, 53 sgg.;
OLD s.v., nr. 5 b - demens: frequente come insulto in contesti satirici:
cfr. II 45, 2; III 93, 19; VII 25, 4; 65, 3. Per laccezione di stolto vd.
il commento di Bmer2 a Ov. met. I 753. Lattributo ricorre in poesia
quasi esclusivamente al nominativo e vocativo singolare: vd. il commento
di McKeown a Ov. am. I 7, 19. arrigere: per luso del verbo in contesti
erotici vd. la n. a 70, 4. Per la chiusa del pentametro con una sillaba breve,
per lo pi evitata nella poesia augustea, vd. la n. a 19, 6 fera. Arrigere in
chiusa di pentametro ricorre ancora in 70, 4; IX 66, 4.

464

M. Val. Martialis liber tertius

3 sg.: lelenco degli afrodisiaci ricalca quello di Ov. ars II 415 sgg. sunt
quae praecipiant herbas, satureia, nocentis / sumere; iudiciis ista venena
meis / / (421) candidus, Alcathoi qui mittitur urbe Pelasga, / bulbus
et, ex horto quae venit, herba salax / ovaque sumantur; cfr. anche rem.
795 sgg.
3. nihil faciunt: lespressione, equivalente a nec prosunt del v. 4,
appartiene alluso medico: vd. OLD s.v. facio, nr. 30 b; cfr. Suet. Cl. 16,
4 nihil aeque facere ad viperae morsum quam taxi arboris sucum; Scrib.
Larg. 49 facit et hoc medicamentum bene; Plin. nat. XXXIV 170 ad
haec lotura plumbi facit. erucae bulbique salaces: cibi dal potere
afrodisiaco; sono associati anche in Ov. ars II 422 cit. nella n. al v. 3 sg.;
rem. 795 sgg.; Cels. IV 28, 2; Colum. X 105 sgg. Sulla rucola (eruca) come
afrodisiaco cfr. Varro Men. 581; Moretum 84; Iuv. 9, 134; Plin. nat. X 182;
XIX 154; Priap. 46, 8; 47, 6; 51, 20; Theod. Prisc. log. 34, p. 133, 2; Marc.
med. 33, 50; Diosc. II 125; CGL II 578, 41. Sulle cipolle (bulbi) come
afrodisiaci cfr. XIII 34 tit. bulbi. cum sit anus coniunx et sint tibi mortua
membra, / nil aliud bulbis quam satur esse potes; vd. anche Plin. nat. XX
105; Petron. 130, 7; Stat. silv. IV 9, 30; Athen. II 63d; 64b. Salax in questa
accezione ricorre in Ov. ars II 422 cit. nella n. al v. 3 sg.; rem. 799; Colum.
X 372; Mart. X 48, 10; Priap. 51, 20.
4. improba satureia: il neutro plurale satureia ricorre, oltre che qui,
soltanto in Ov. ars II 415 cit. nella n. al v. 3 sg. Il termine probabilmente
un incrocio tra satureia, -ae e satyrion (gr.
), e designa diversi
tipi di orchidee afrodisiache: cfr. Plin. nat. XXVI 96 sgg.; XXVIII 119;
Petron. 8, 4; 20, 7; 21, 1; vd. Andr 1956, p. 282 (anche Andr 1985, p.
227). Anche SB2, p. 256, n. a, sospetta una confusione con satyrion. Meno
probabile che si tratti di un plurale eteroclito di satureia, -ae santoreggia
(vd. OLD, s.v.). Questa infatti stimola, ma non nociva (come si evince da
Ov. ars II 415 sg. cit. nella n. al v. 3 sg.). Improbus usato qui nellaccezione
erotica, con valore causativo (vd. ThlL VII 1, 691, 51 sgg.; OLD, s.v. n. 7;
Pichon, p. 172). nec: per la posposizione della particella vd. la n. a 19, 5.
5. puras corrumpere buccas: espressione eufemistica che indica le pratiche
di sesso orale ottenute da Luperco a pagamento (opibus). Purus in relazione al
sesso orale ricorre spesso in Marziale: cfr. II 61, 9; III 82, 4; IV 39, 10; VI 50, 6;
66, 5; IX 63, 2; 67, 5; XI 61, 14; XIV 70, 2. Lambertz (ThlL IV, s.v. corrumpo,
1058, 13) colloca questo passo tra gli esempi in cui il verbo indica corruzione
attraverso denaro (cfr. la traduzione di SB2: You have started corrupting

Epigramma 75

465

pure mouths with your money); tuttavia pi probabile un riferimento pi


esplicito allo stuprum, favorito dallespressivo uso metonimico di buccae e
dallattributo purus, spesso usato da Marziale in riferimento al sesso orale
(vd. supra): cfr. XI 61, 2 Summemmianis inquinatior buccis. Izaac traduce:
Tu tes mis, grace tes richesses, souiller des bouches innocentes. Sulle
espressioni eufemistiche per irrumare vd. Adams, LSV, p. 211 sgg.
6: il sesso orale considerato il miglior rimedio per limpotenza: cfr. IV
50, 1 sg. quid me, Thai, senem subinde dicis? / nemo est, Thai, senex ad
irrumandum; XI 46, 5 sg. cit. infra; Hor. epod. 8, 19 sg. quod ut superbo
provoces ab inguine / ore adlaborandum est tibi. - sic quoque non: i. e. ne
sic quidem; cfr. Ov. fast. V 520; Lucan. VII 841; Val. Fl. IV 598. vivit: sulla
morte come metafora per limpotenza cfr. XI 46, 5 sg. quid miseros frustra
cunnos culosque lacessis? / summa petas: illic mentula vivit anus; XIII 34, 1
cum sit anus coniunx et sint tibi mortua membra; Ov. am. III 7, 65 nostra
tamen iacuere velut praemortua membra; Petron. 20, 2 sollicitavit inguina
mea mille iam mortibus frigida; 129, 1 funerata est illa pars corporis, qua
quondam Achilles eram; vd. anche AP XI 29, 3 sg.; 30, 3 sg.; XII 216, 2; 232,
4. sollicitata: nellaccezione di stimolato sessualmente; per luso cfr. VI 68,
9 sg.; 71, 3 sg.; VIII 55, 15 sg.; XI 22, 3 sg.; 46, 3 sg.; Ov. am. III 7, 55 sg.; 73
sg.; Petron. 20, 2; vd. Adams, LSV, p. 184 sg. Venus: qui per mentula. Luso
risale a Lucr. IV 1270 clunibus ipsa viri Venerem si laeta retractat; cfr. Mart.
I 46, 1 sg. cum dicis propero, fac si facis, Hedyle, languet / protinus et cessat
debilitata Venus; Iuv. 11, 167 inritamentum Veneris languentis; Priap.
83, 4 Venus fuit quieta; Apul. met. II 16 iam saucius paulisper inguinum
ne lacinia remota impatientiam veneris Photidi meae monstrans; per tale
metonimia vd. Adams, LSV, p. 57; J.N. Adams, Anatomical Terminology in
Latin Epic, BICS 27, 1980, pp. 50-52. Laccezione deriva probabilmente
dalluso comune di Venus per rapporto sessuale: cfr., ad es., I 103, 10 asse
cicer tepidum constat et asse Venus; XII 43, 5 sunt illic Veneris novae
gurae.
7. credere possit: clausola ovidiana (epist. 18, 123; met. XV 613; trist. I 2,
81); ricorre quindi in AL 878, 29 R.; Claud. 21, 191.
8: la conclusione, che chiude ad anello il componimento (cfr. v. 1 stare),
realizzata con un gioco di parole basato sul doppio senso di stare (stare eretto
e costare), che favorisce una sorta di contraddizione in termini (quod non
stat / magno stare). Su questo genere di conclusioni, molto caro a Marziale,
vd. la n. intr. allepigr. 13.

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M. Val. Martialis liber tertius

76
Arrigis ad vetulas, fastidis, Basse, puellas,
nec formosa tibi sed moritura placet.
Hic, rogo, non furor est, non haec est mentula demens?
Cum possis Hecaben, non potes Andromachen!
hab. T; vv. 1-2 hab. R tit. ad bassum
1 arrigis TR : eras. R ad PQf : at L
vetulas LPQf : vetulaes L 2 formosa RPQf : formonsa TL 3 non haec est TLf :
non est haec PQ 4 (h)ecaben LfV: haecaben EA hecuben PX echuben Q hecubam T
andromac(h)en : andromachae T

Ti ecciti con le vecchie, sdegni, o Basso, le ragazze,


e la donna non ti piace bella, ma moribonda.
Questa, mi chiedo, non pazzia, questo non un cazzo folle?
Riesci a farti unEcuba e non riesci a farti unAndromaca!
Basso attratto sessualmente dalle vecchie e sdegna le ragazze. Marziale
schernisce le bizzarrie del protagonista attraverso un comico riferimento
a personaggi del mito (Ecuba, Andromaca; per questo uso del mito vd.
la n. a 32, 3). Lepigramma costituisce uno spiritoso capovolgimento del
motivo dellimpossibilit di avere rapporti sessuali con donne attempate
(per cui vd. la n. intr. allepigr. 32). Gli eccentrici gusti sessuali di Basso
sono posti in evidenza dalle studiate antitesi, presenti in tre versi su quattro,
che culminano nella paradossale formulazione conclusiva, messa in risalto
anche dallomeoteleuto tra gli emistichi del pentametro (1 vetulas / puellas;
2 formosa / moritura; 4 Hecaben / Andromachen). Basso nome ttizio
presente in numerosi epigrammi di Marziale (sul Basso amico del poeta,
nominato negli epigr. 47 e 58 di questo libro e in VII 96, vd. la n. intr.
allepigr. 47). Non persuasiva quindi lipotesi di Watson-Watson, p. 222
che il nome alluda a basus, forma volgare di vas, nel senso di pene (per
cui vd. Adams, LSV, p. 42 sg.).
1. arrigis ad vetulas: per lespressione arrigere ad con accusativo cfr.
IV 5, 6 nec potes algentes arrigere ad vetulas; per arrigere, che non
toccato dalla censura monastica attuata nei codici della prima famiglia,

Epigramma 76

467

vd. la n. a 70, 4; per vetula sostantivato vd. la n. a 32, 1. fastidis


puellas: il verbo comunemente usato in contesti erotici: cfr. Verg. ecl. 2,
73 invenies alium, si te hic fastidit, Alexin; Petron. 127, 1 si non fastidis
feminam ornatam et hoc primum anno virum expertam; vd. ThlL VI
1, 311, 24 sgg.
2. moritura: la rappresentazione iperbolica di donne vecchie come moribonde (o addirittura morte: vd. le nn. a 32, 2; 93, 19 sg.) un tratto
peculiare della Vetula-Skoptik: cfr. Hor. carm. III 15, 4 maturo propior
funeri; AP XI 71, 4 (Nicarco).
3. hic, rogo, non furor est: lemistichio ricorre identico in II 80, 2 hic,
rogo, non furor est, ne moriare, mori?; cfr. anche I 20, 1 dic mihi, quis
furor est?; per il tono retorico dellinterrogativa cfr. Ps. Quint. decl. 3, 12
non hic profusus est furor, non manifesta dementia est? Su rogo, inciso di
natura colloquiale frequente in Marziale, vd. la n. a 44, 9. non haec est
mentula demens?: comica personicazione della mentula, che assume il
ruolo di protagonista dellepigramma; cfr. anche I 35, 3; 5; IX 2, 2; 32, 5
sg.; 37, 9 sg.; 63, 1 sg.; XI 58, 11 sg.; 78, 2; vd. Adams, LSV, p. 29 sg. Su
mentula, termine osceno par excellence, vd. la n. a 68, 7 sgg..
4: Ecuba e Andromaca sono nominate come paradigmi rispettivamente
di vecchiaia e giovinezza anche in X 90, 5 sg. istud crede mihi, Ligeia,
belle / non mater facit Hectoris, sed uxor. La contrapposizione, favorita
dal rapporto di parentela tra le due (cfr. X 90 5 sg. cit. supra), forse
invenzione di Marziale; pi comune quella tra Ecuba ed Elena: cfr. AP
XI 408, 5 sg.; Epigr. Bob. 23, 2; vd. J. Mossman, Wild Justice. A study of
Euripides Hecuba, Oxford 1995, pp. 211-217. - cum possis non potes:
sc. futuere; su questo uso ellittico di possum vd. la n. a 32, 1. - Hecaben:
per Ecuba quale exemplum di vecchiaia vd. la n. a 32, 3 possum Hecubam.
Qui il nome indica antonomasticamente una vecchia, come soltanto in
Lucillio (AP XI 408, 6). La forma greca del nome (Hecaben) senzaltro
preferibile, non tanto perch quasi certamente gurava nellarchetipo
della seconda e della terza famiglia, quanto perch Marziale ha con ogni
probabilit ricercato un effetto di omeoteleuto tra i due nomi collocati
nella clausola degli hemiepe del pentametro; lo stesso intento, sempre con
nomi greci, ravvisabile anche in I 62, 6 coniuge Penelope venit, abit
Helene; V 53, 2 quo tibi vel Nioben, Basse, vel Andromachen? Soltanto
Schneidewin2 e Gilbert hanno accolto Hecuben, forma di accusativo
attestata soltanto in Epigr. Bob. 23, 2: Marziale preferisce altrove la for-

468

M. Val. Martialis liber tertius

ma latinizzata Hecuba (III 32, 3; VI 71, 3); Ovidio utilizza una forma
ibrida (Hecube al nominativo e vocativo; Hecubae, -am nei casi obliqui e
allaccusativo). La forma Hecabe stata restituita per congettura in Ilias
546; 551; 1017, ma senza motivi cogenti (vd. il commento di Scaffai, ad
locc.). Linterpunzione esclamativa, che pone ulteriore enfasi sul paradosso
conclusivo, stata, a mio avviso a ragione, preferita da tutti gli editori, con
leccezione di SB. Andromachen: altrove menzionata tra gli exempla di
fedelt coniugale: cfr. Ov. trist. I 6, 19 sgg.; V 14, 35 sgg.

Epigramma 77

469

77
Nec mullus nec te delectat, Baetice, turdus,
nec lepus est umquam nec tibi gratus aper;
nec te liba iuvant nec sectae quadra placentae,
nec Libye mittit nec tibi Phasis aves:
capparin et putri cepas allece natantis
et pulpam dubio de petasone voras,
teque iuvant gerres et pelle melandrya cana,
resinata bibis vina, Falerna fugis.
Nescio quod stomachi vitium secretius esse
suspicor: ut quid enim, Baetice,

10

tit. ad b(a)eticum EAX: ad breticum V 1 mullus f : mulus LPQf b(a)etice LPQf :


bectice f 3 sectae Qf : secta LPf 4 libye k: libie QfXV lybie P lybiae LA libiae E tibi
phasis PQfXV: tibi phassis L tiphasis EAV aves V: avos EAXV 5 capparin Q:
cappar L capparim Pf capparis fs.l.
cepas LPQf : cepa Q allece PQ: hallece Lf
natantis : natantes
6 petasone LPf : petassone Q 7 iuvant : iuvat
gerres LPf :
gereres Q melandrya Scriverius: melandria lv2 malandria
v2 8 falerna LPQf :
valerna Q 10 baetice
Friedlaender: betice
fin mg. ed.
Rom. 1 b(a)etice saprophagis LPQ bectice saprophagis f

Non ti piace la triglia, Betico, n il tordo,


non ti sono mai graditi la lepre e il cinghiale;
n ti piacciono le focacce, n una fetta di dolce,
n la Libia, n il Fasi ti mandano i loro uccelli:
divori capperi e cipolle che nuotano in putrida salsa di pesce
e la carne di una spalla di prosciutto dallaspetto malsano,
ti piacciono acciughe e tonno marinato dalla pelle chiara,
bevi vini resinati, fuggi il Falerno.
Sospetto che tu abbia non so quale problema di stomaco:
perch, infatti, Betico, mangi cibi putridi?

10

Betico mangia solo cibi di pessima qualit ed evita quelli pi rafnati.


Marziale nge di sospettare che egli abbia qualche problema di stomaco,
ma insinua copertamente il sospetto che Betico sia impurus ore (il vitium
reso esplicito nellepigr. 81, rivolto allo stesso personaggio). Betico dunque,

470

M. Val. Martialis liber tertius

mangiando cibi dal sapore acre, tenta di mascherare il cattivo odore del suo
alito, provocato dalla sua pratica del sesso orale (per questa convinzione
diffusa nel mondo romano vd. la n. intr. allepigr. 17); per proprio
questo comportamento a renderlo sospetto agli occhi del poeta che lo
colpisce in maniera velata. Lepigramma presenta unequilibrata struttura
tripartita: ai primi quattro versi, che, scanditi dalla martellante anafora di
nec, elencano i cibi rafnati che sorprendentemente il protagonista mostra
di non apprezzare, ne corrispondono altrettanti dedicati invece a quelli
di bassa qualit che preferisce (5-8). Lultimo distico realizza la pointe,
preparata dal v. 9, che evidenzia i sospetti del poeta, ed espressa al v. 10 in
forma interrogativa; come di frequente in Marziale, il fulmen si concentra
nellultima parola: il verbo
(non attestato nella letteratura
greca) si riferisce ai cibi nauseanti di cui Betico si nutre, ma certo contiene
unallusione alle pratiche sessuali che egli tenta di nascondere. Il cognomen,
derivato dal ume iberico Baetis (e dalla provincia Baetica), ricorre anche
nelle iscrizioni: cfr., ad es., CIL II 395; VI 13499; 14217; 22258; VIII
19135; XII 4116; vd. Kajanto 1965, p. 198.
1. mullus turdus: entrambi cibi prelibati: sul mullus vd. la n. a 45,
5; sul turdus vd. la n. a 47, 10. delectat: per luso di delectare in ambito
gastronomico cfr. Hor. sat. II 8, 16 sg. Albanum, Maecenas, sive Falernum
/ te magis appositis delectat, habemus utrumque.
2. lepus: la carne di lepre era considerata una rafnatezza: cfr. XIII 92 tit.
lepores. inter aves turdus, si quid me iudice certum est, / inter quadripedes
mattea prima lepus; Marziale la inserisce tra i cibi pi lussuosi in VII 78, 3 sg.
sumen, aprum, leporem, boletos, ostrea, mullos / mittis; cfr. anche XII 48, 9.
aper: sul cinghiale, cibo tra i pi apprezzati dai Romani, vd. la n. a 50, 8.
3. liba: il libum un genere di focaccia, usato principalmente nei riti
religiosi: cfr. Verg. Aen. VII 109 sg. instituunt dapes et adorea liba per
herbam / subiciunt epulis (Serv. ad loc.: placentae de farre, melle et oleo
sacris aptae); in Marziale cfr. X 24, 4; 103, 8. sectae quadra placentae: la
placenta una focaccia come il libum (cfr. Serv. Aen. VII 109 cit. supra),
spesso guarnita con miele (cfr. V 39, 3 Hyblaeis madidas thymis placentas).
Veniva generalmente tagliata in quattro parti (quadrae): cfr. VI 75, 1 sgg.
cum mittis turdumve mihi quadramve placentae, / sive femur leporis
sive quid his simile est, / buccellas misisse tuas te, Pontia, dicis; IX 90, 17
sg. libetur tibi candidas ad aras / secta plurima quadra de placenta.

Epigramma 77

471

4. Libye Phasis: il riferimento alle galline numidiche (per cui vd.


la n. a 58, 15 Numidicae guttatae) e ai fagiani (per cui vd. la n. a 58,
16 et impiorum phasiana Colchorum); essi sono menzionati insieme
come uccelli pregiati anche in XIII 45 tit. pulli gallinacei. si Libycae nobis
volucres et Phasides essent, / acciperes; at nunc accipe chortis aves. Libye
spesso indicazione generica per il Nord Africa (vd. OLD, s.v.). Qui si
riferisce alla Numidia (cfr. XIII 45, 1 cit. supra). mittit: frequente
il modulo per cui la localit originaria di un prodotto viene menzionata
come soggetto che offre il prodotto stesso (generalmente usato il verbo
mittere); in Marziale vi sono numerosi esempi: cfr. I 43, 7; II 43, 7; IX
75, 7 sg.; XIII 23, 1; 104, 1; 109, 1 sg.; XIV 51, 1; 69 (68), 2; 114, 2;
per altri esempi, prevalentemente poetici, vd. ThlL VIII 1186, 53 sgg. Si
veda anche luso che Marziale fa di questo procedimento nel presentare il
proprio libro cisalpino in 1, 1 sg. hoc tibi longinquis mittit ab oris /
Gallia Romanae nomine dicta togae.
5 sg.: i versi sono citati da Prisciano (inst. VI 20 = GLK II 212, 9 sgg.),
insieme ad Hor. sat. II 8, 9, come attestazione del neutro allec (allec
allecis. sic Martialis: capparin voras), che si alterna con il femminile:
inveniuntur tamen quidam veterum etiam haec allex feminino genere
protulisse, quod Caper ostendit de dubiis generibus, Verrium Flaccum
posuisse allecem hanc dicens. Ma in questo caso non si pu stabilire il
genere del sostantivo e Marziale usa il femminile in XI 27, 6 cit. nella n.
al v. 5.
5. capparin: alcuni tipi di cappero, dal sapore molto forte, sono sconsigliati da Plin. nat. XIII 127. cepas: sul sapore acre della cipolla, che rende
lalito pesante, cfr. Varr. Men. 63 cum alium ac cepe eorum verba olerent;
frg. Non. 201 acria ut est sinapi, cepa, alium; Priap. 51, 22 acres
cepas; Colum. IX 14, 3 abstineat foetentibus acrimoniis alii vel
ceparum; Pers. 4, 31 mordens cepe; Plin. nat. II 16 fetidas cepas; XIX 112
taedium huic (sc. alio) quoque halitu, ut cepis. putri allece: lallec (o
allex) la feccia del garum, condimento usatissimo a Roma: cfr. Plin. nat.
31, 95 vitium huius (sc. gari) est hallex atque imperfecta nec colata faex;
vd. al riguardo A. Marx, RE I 1584; Daremberg-Saglio, s.v. garum; Andr
1981, p. 112 sg.; ThlL VI 2517, 82 sgg.; in Marziale citato ancora in XI
27, 5 sg. cui (sc. amicae) portat gaudens ancilla paropside rubra / allecem,
sed quam protinus illa voret; cfr. anche Hor. sat. II 4, 73; 8, 9. natantis:
sugli accusativi plurali in is in Marziale vd. la n. a 10, 2.

472

M. Val. Martialis liber tertius

6. dubio de petasone: il petaso la spalla di prosciutto, cibo rafnato,


che per Betico mangia in stato gi deteriorato (dubio): cfr. Varro rust.
II 4, 10 e Gallia adportantur Romam pernae et petasones; XIII 54 tit.
perna. Cerretana mihi at vel missa licebit / de Menapis: lauti de petasone
vorent (con clausola di pentametro pressoch identica a questa); 55 tit.
petaso. musteus est: propera, caros nec differ amicos. / nam mihi cum
vetulo sit petasone nihil; vd. anche Iuv. 7, 119 quid vocis pretium? siccus
petasunculus et vas pelamydum. Dubius detto di cibi ne indica lincerta
qualit che suscita dubbi: cfr. il gioco di parole realizzato in Ter. Phorm.
342 sg. PH. cena dubia apponitur. / GE. quid istuc verbi est? PH. ubi tu
dubites, quid sumas potissimum; probabilmente si rif al passo terenziano
Hor. sat. II 2, 76 sg. vides ut pallidus omnis / cena resurgat dubia (come
suggerito gi da Porrione, ad loc.: lauta, sicut Terentius in Formione).
7. gerres: cfr. XII 32, 15 sg. fuisse gerres aut inutiles maenas / odor impudicus urcei fatebatur. pelle melandrya cana: tonno marinato: cfr. Plin.
nat. IX 48 (sc. thynni) plenis pulpamentis sale asservantur. melandrya
vocantur, quercus assulis similia; vd. Marquardt 1886, p. 438; Blmner
1911, p. 185.
8. resinata vina: luso di trattare il vino con la resina attestato gi
da Catone (agr. 23, 3); sulla diffusione di questuso cfr. Plin. nat. XIV 120
resina condire musta vulgare ei (sc. Italiae) est provinciisque nitimis
(vd. anche XIV 124; Col. XII 20, 3); per il resinatum vinum cfr. anche
Cels. II 24, 3; 28, 2; 30, 3; IV 26, 9. Il procedimento dava evidentemente
un forte sapore di resina al vino. Falerna: il Falerno era considerato il
pi pregiato tra i vini italici: vd. RE VI 2, 1972; Tchernia 1986, p. 342
sg.; sulle numerose menzioni da parte di Marziale vd. La Penna 1999, pp.
163-181. Sulluso del neutro plurale (sc. vina) vd. la n. a 26, 3 Massica.
fugis: Betico fugge dal Falerno come da qualcosa di temibile. La curiosa
immagine crea sospetto nel lettore, preannunciando la pointe.
9 sg.: Marziale nge di sospettare che la bizzarra alimentazione di Betico
derivi da qualche problema di stomaco (stomachi vitium), chiedendosi
con falsa ingenuit quale altro motivo potrebbe esservi. La vis satirica della
pointe, che allude soltanto al vero vitium del protagonista, si concentra
nellultimo termine dellepigramma; leffetto inoltre accresciuto dallinconsueta clausola tetrasillabica e dalluso di un verbo greco. ut quid:
in Marziale equivale a cur: cfr. XI 75, 2 sg. ut quid, oro, / non sit cum
citharoedus aut choraules?; ricorre gi in Cic. Quinct. 13, 44; Att. VII

Epigramma 77

473

7; quindi usato di frequente nel latino tardo; G. Pasquali (RFIC 55,


1927, p. 247) vi ravvisava un inusso del gr.
gi nel latino arcaico,
ma lipotesi riscuote oggi pochi consensi (vd. Hofmann-Szantyr, p. 460).

: a fronte del trdito saprophagis, la sicura restituzione


della forma greca, gi suggerita nella tradizione umanistica, si deve a
Friedlaender. Soltanto Gilbert e Lindsay (che colloca dubbiosamente in
apparato la proposta di Friedlaender) hanno preferito mantenere la forma
latinizzata. Il verbo
(da
= putris) non
attestato nella letteratura greca superstite. Con ogni probabilit per
Marziale lo trovava in qualche comico o epigrammista greco, forse gi
in un contesto allusivo al sesso orale. Vocaboli ed espressioni greche
ricorrono spesso in chiusura di epigramma: cfr. epigr. 24 (21), 8; I 27, 7;
IV 9, 3; VII 46, 6; 57, 2; XIV 201, 2; vd. al riguardo Pertsch 1911, p. 12
sgg.; Weinreich 1928, p. 161 sgg.

474

M. Val. Martialis liber tertius

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Minxisti currente semel, Pauline, carina.
Meiere vis iterum? Iam Palinurus eris.
hab. T cum 77 con. f tit. ad paulinum TLPQf in mg.
1 minxisti T : mixisti
pauline TLPQf : palinure Q 2 meiere PQf : melere L meigere T palinurus
LPQf : pallinurus T palinus P eris TPQf : erit L

Hai pisciato una volta, o Paolino, mentre la barca correva.


Vuoi pisciare di nuovo? Dora in poi sarai Palinuro.
Paolino ha orinato una volta dalla barca in movimento. Se lo far ancora,
lo avverte Marziale, sar Palinuro. Il distico intreccia giocosamente satira ed
erudizione: il primo verso, che si apre con il volgarismo minxisti, presenta
quindi una ricercata iunctura etimologizzante (currente carina), al cui
interno incastonato il nome del protagonista (Pauline), come anticipazione
del gioco etimologico sul nome della conclusione. Il secondo verso propone
il verbo meiere in apertura, sinonimo del mingo del v. 1, traducendo in
concreto il desiderio del protagonista di compiere per la seconda volta lo stesso
atto, e si chiude con un dissacrante Wortspiel etimologico, che interpreta il
nome Palinurus come composto da
, ovvero iterum meiere.
Lepigramma costituisce un perfetto esempio della degradazione del mito
operata da Marziale in numerosi epigrammi (vd. al riguardo la n. a 32, 3).
Per la predilezione da parte di Marziale dei giochi etimologici dissacranti
nei confronti dei personaggi del mito vd. la n. a 67, 10 Argonautas. Per
un precedente di questo gusto cfr. AP V 63 (Marco Argentario). Il nome
Paulinus, piuttosto diffuso (vd. Kajanto 1965, p. 244), ricorre in Marziale
ancora in II 14, 3 (un conoscente del poeta che pratica sport presso il portico
di Europa). Da escludere lipotesi di Friedlaender (ad II 14, 3) di identicare
i due personaggi. Se qui si tratta, come probabile, di nome ttizio la scelta
sar dovuta al desiderio di realizzare un gioco fonico tra Paulinus e Palinurus,
come proposto da Schneider 2000, p. 348 (cos anche Watson-Watson, p.
326). Per Sullivan 1991, pp. 31; 157 la gita in barca descritta nellepigr. 67
avrebbe suggerito anche questo componimento; lipotesi tuttavia, se anche
fosse corretta, aggiungerebbe ben poco allinterpretazione dellepigramma.

Epigramma 78

475

1. Minxisti: il verbo hapax in Marziale; non si tratta di una vera e


propria oscenit, come, ad es., caco, per cui vd. la n. a 44, 11 (vd. al
riguardo Adams, LSV, p. 245 sg.): esso ricorre infatti, ad es., in Hor. ars
471 (su cui vd. il commento di Brink) e nei testi medici (vd. ThlL VIII 998,
43 sgg.). Sulla discussa origine della forma minxi (anteriore o posteriore a
mixi, perf. di meio) vd. F. Sommer, Handbuch der lateinischen Laut- und
Formenlehre, Heidelberg 1914, p. 500; J.B. Hofmann, Glotta 29, 1942,
p. 41 sgg.; Ernout-Meillet, p. 404. La confusione tra i due perfetti (minxisti
T : mixisti ) pertanto piuttosto comune nei manoscritti: cfr. Catull.
39, 18; Hor. ars 471; vd. ThlL VIII 998, 32 sgg. currente carina: la
iunctura etimologizzante (cfr. Isid. orig. XIX 2, 1 carina a currendo dicta,
quasi currina) predispone il lettore ad una conclusione di uguale segno.
Essa ritorna quindi in Drac. Rom. 10, 42 currente carina. La medesima
intenzione etimologica presente in Ov. am. II 11, 24 currit carina;
cfr. anche Catull. 64, 9 sg. ipsa levi fecit volitantem amine currum,
/ pinea coniungens inexae texta carinae, dove non sar casuale luso
di currus, altrove mai riferito a una nave, per la mitica Argo. Carina
metonimia di uso prevalentemente poetico.
2. Meiere: il verbo ricorre in Marziale anche in XI 46, 2; XII 32, 13
(con originale senso traslato). Meio, presente nel Catullo epigrammatico
(97, 8), appartiene al linguaggio della satira: cfr. Hor. sat. I 8, 38; II 7,
52; Pers. 1, 114; Iuv. 1, 131; ricorre anche in Petronio (67, 10) e in testi
medici (vd. ThlL VIII 604, 66 sgg.). iam: per questa accezione vd.
OLD, s.v., nr. 1 b e la n. a 50, 10. Palinurus eris: la conclusione contiene
forse unallusione parodica alle patetiche parole di Anchise in Aen. VI
883 tu Marcellus eris. Marziale usa spesso in chiave comica e degradata
personaggi e situazioni tratti dallepica virgiliana: in questo libro si veda,
ad es., Deifobo nellepigr. 85; al riguardo Citroni 19872, p. 399. Il gioco
etimologico su cui incentrata la pointe rende poco plausibile lipotesi, gi
presente in commenti prescientici (vd., ad es., Collesso), e riproposta da
Gilbert (apud Friedlaender), che Marziale intenda profetizzare a Paolino
una caduta in acqua. Lampio dibattito critico odierno sulletimologia del
nome Palinuro (vd. R. Merkelbach, Palinurus, ZPE 9, 1972, p. 83 = Id.,
Philologica. Ausgewhlte kleine Schriften, Stuttgart-Leipzig 1997, p. 559;
A. Dihle, Zur nautischen Fachsprache der Griechen, Glotta 51, 1973, pp.
268-274; Philip Ambrose 1980, p. 452 sg.; M. Lossau, EV s.v., III, p. 937;
A. Setaioli, Palinuro: genesi di un personaggio poetico, BSL 27, 1997,

476

M. Val. Martialis liber tertius

pp. 56-60) rispecchia le riessioni degli antichi, nel cui solco si colloca
la comica soluzione di Marziale: nellepisodio di Palinuro in Virgilio le
diverse accezioni di
(guardiano, vento favorevole) interagiscono
fra loro (vd. al riguardo M. Paschalis, Vergils Aeneid. Semantic Relations
and Proper Names, Oxford 1997, pp. 124 sg.; 201 sgg.); secondo Philip
Ambrose 1980, p. 451 sg. gi il Palinuro del Curculio plautino potrebbe
essere nome parlante: cfr. il gioco di parole sul vento nei vv. 314 sgg. (su
cui vd. Fraenkel 1960, p. 31).

Epigramma 79

477

79
Rem peragit nullam Sertorius, inchoat omnes.
Hunc ego, cum futuit, non puto percere.
tit. de sertorio
1 omnes LPQf : omnem fs.l.
PQf : sum futtuit L ut vid. si futtuit L

2 ego EXV: ergo A

cum futuit

Non conclude una cosa Sertorio, le inizia tutte.


Costui, quando fotte, non credo che venga.
Sertorio inizia numerose attivit, ma non conclude mai nulla. Marziale, in
ossequio al carattere osceno della sezione, ipotizza che egli abbia lo stesso
problema in campo sessuale. Il distico una poco brillante variazione sul
tema dellimpotenza (per cui vd. la n. intr. allepigr. 75). Il nome Sertorio
qui ttizio; in Marziale ricorre anche in II 84, 3; VII 10, 5 in contesti
satirici; vd. anche Iuv. 6, 142; sulla diffusione del nome vd. RE II A 1746,
341754, 39.
2. futuit: su futuo vd. la n. a 72, 1. percere: per laccezione sessuale
eufemistica (i.q. semen emittere: vd. ThlL X 1, 1372, 54 sgg.) cfr. Iul.
Capit. Maximin. 4, 7 potes tricies cum muliere percere?; vd. anche Arnob.
nat. IV 7, p. 209, 17 etiamne Perca una est e populo numinum, quae
obscenas voluptates ad exitum percit dulcedine inoffensa procedere?;
Adams, LSV, pp. 143 sg.; 226. Per luso del verbo in contesto erotico cfr.
Ov. ars I 389 aut non temptasses aut perce! Il composto richiama peragit
del v. 1 ponendo laccento sullincapacit del protagonista di compiere per
intero alcunch. Per la chiusa del pentametro con una sillaba breve, per lo
pi evitata nella poesia augustea, vd. la n. a 19, 6 fera.

478

M. Val. Martialis liber tertius

80
De nullo loqueris, nulli maledicis, Apici:
rumor ait linguae te tamen esse malae.
hab. T cum 78 con. T tit. ad apicium
: nullum T 2 ait T : agit T

: om. T

1 loqueris T: quereris

nulli

Non parli male di nessuno, non insulti nessuno, Apicio:


le voci per dicono che sei una malalingua.
Apicio non parla male di nessuno, eppure si dice in giro che sia una
malalingua. Il distico basato sul doppio senso dellespressione malae
linguae esse, che, riferita nellaccezione comune alla maldicenza (cfr. v.
1), nasconde anche unallusione maliziosa alle pratiche sessuali del protagonista (sulla satira rivolta contro i fellatores vd. la n. intr. allepigr. 73).
Il nome Apicio, qui ttizio, ricorre in Marziale anche in VII 55, 4. Per
lApicio noto ghiottone vd. la n. intr. allepigr. 22. Presenta signicative
analogie con questo epigramma e con la fraseologia marzialiana Minucio
Felice, Oct. 28, 10: qui medios viros lambunt, libidinoso ore inguinibus
inhaerescunt, homines malae linguae etiam si tacerent. Medios viros
lambere espressione marzialiana, che ricorre in II 61, 2 lambebat medios
improba lingua viros; III 81, 2 haec debet medios lambere lingua viros;
inguinibus inhaerescunt trova riscontro in II 61, 7 haereat inguinibus
potius tam noxia lingua. La conclusione del periodo (homines etiam si
tacerent) realizza una arguzia che sembra trarre spunto proprio da questo
epigramma.
1. De nullo loqueris: loqui de aliquo nel senso pregnante di parlar male
di qualcuno appartiene alle ellissi di risparmio proprie della lingua duso
(vd. Hofmann, LU, pp. 339 sgg.; 387); ricorre in Cic. Cael. 11 sed qui
prima illa initia aetatis integra praestitisset, de eius fama ac pudicitia
nemo loquebatur; Sen. dial. IV 28, 4 dicetur aliquis male de te loqui:
cogita, an prior feceris, cogita, de quam multis loquaris; epist. 47, 4 ut
isti (sc. servi) de domino loquantur, quibus coram domino loqui non
licet; vd. ThlL VII 2, 1661, 68 sgg.; pi facilmente ricavabile dal contesto

Epigramma 80

479

il senso in Catull. 83, 6 hoc est, uritur et loquitur (cfr. v. 3 sgg. si nostri
oblita taceret, / sana esset: nunc quod gannit et obloquitur, / non solum
meminit eqs.); il verso perci non va toccato, come fanno invece alcuni
editori, i quali accolgono la congettura coquitur di Lipsius (ad es. Kroll,
e, da ultimo, Thomson; per la difesa del testo trdito vd. N.I. Herescu,
Latomus 9, 1950, pp. 31-33). In Marziale dicere presenta lo stesso
signicato in VII 18, 1 sg. cum tibi sit facies de qua nec femina possit /
dicere; cfr. anche Prop. II 20, 13 de te quodcumque, ad surdas mihi dicitur
aures e, per lanalogo uso di loquax, Prop. III 24, 21 sg. risus eram inter
convivia mensis / et de me poterat quilibet esse loquax. Invece Prop. IV
7, 42 garrula de facie si qua locuta mea est, citato da Heraeus (nella adn.
crit.), ha il signicato opposto (sc. bene loqui), come rilevato da Housman
1925, p. 202 (= Class. Pap., p. 1102; vd. anche Lfstedt 1936, p. 71 n. 1);
sulluso, attestato con una certa frequenza anche nelle iscrizioni (cfr., ad es.,
CIL XI 6204 Athenaidi coniugi incomparabili de cuius pudore nemo
dicere potuit), vd. anche Lfstedt 1936, p. 69 sgg.; Lfstedt, Peregrinatio
Aetheriae, p. 283; Hofmann-Szantyr, p. 827. Loqueris della prima famiglia
(T) quindi senzaltro difcilior rispetto a quereris ( ), agevolmente
spiegabile come glossa penetrata nel testo oppure, con minore probabilit,
come esito di aplograa (nullo loqueris) e successiva correzione di
queris (vd. Helm 1956, p. 301). Quereris tuttavia accolto da vari editori
moderni (Lindsay, Duff, Ker, Giarratano, Izaac); per loqueris invece si
sono schierati Schneidewin, Friedlaender, Gilbert, Heraeus, SB. nulli
maledicis: nullum di T da considerare una banalizzazione: maledico con
accusativo ricorre per la prima volta in Petron. 58, 13; 96, 7 (in parti dove
prevale il sermo vulgaris; altrove si trova con il dativo: cfr., ad es., 117, 11;
132, 13), mentre si generalizza soltanto nel latino cristiano (vd. E. Wllin,
ber die Aufgaben der lateinischen Lexicographie, RhM 37, 1882, pp.
117-118; Lfstedt 1936, p. 218; J. Schrijnen, I caratteri del latino cristiano
antico, Bologna 19863, p. 82; Hofmann-Szantyr, pp. 34; 87). Il verbo
usato assolutamente da Marziale in IX 9, 9 clamas et maledicis et minaris.
Sul carattere cristiano di alcune sostituzioni eufemistiche di termini osceni
presenti nella prima famiglia, messo in luce da Housman 1925, p. 202 (=
Class. Pap., p. 1003), vd. ora Mastandrea 1996, pp. 103-118.
2. rumor ait: sullattribuzione a voci popolari delle allusioni a sfondo
sessuale vd. la n. a 73, 5 rumor. linguae esse malae: espressione colloquiale, conservatasi nellitaliano essere una malalingua; ricorre anche in

480

M. Val. Martialis liber tertius

Petron. 37, 7 est tamen malae linguae, pica pulvinaris (sc. Fortunata);
Min. Fel. 28, 10 cit. nella n. intr.; per il nesso mala lingua cfr. Publ. Syr.
App. Sent. 265, p. 387 R. mala lingua eum quem carpit meliorem indicat;
Ov. am. II 2, 49 nocuit mala lingua duobus; Sen. dial. V 22, 5 qui tam
malam haberent linguam; in Marziale indica la maldicenza dellepigramma
in II epist. 5 sg. epigrammata curione non egent et contenta sunt sua, id est
mala, lingua. Per una accezione afne, legata al malocchio, cfr. Catull. 7,
11 sg. quae (sc. basia) nec pernumerare curiosi / possint nec mala fascinare
lingua; Verg. ecl. 7, 27 sg. si ultra placitum laudarit, baccare frontem /
cingite, ne vati noceat mala lingua futuro (cfr. Serv. ad loc.: mala lingua:
fascinatoria, nocendi scilicet studio). In Marziale la menzione della lingua
spesso legata alla critica di perversioni sessuali: cfr. II 61, 2; 61, 7; III 81,
2 citati nella n. intr.; IX 27, 13 sg. pudet fari / Catoniana quod facis
lingua; XI 61, 1 lingua maritus, moechus ore Nanneius; vd. anche III 84,
2; VII 24, 7 sg.; sullargomento vd. Greenwood 1998, pp. 241-246.

Epigramma 81

481

81
Quid cum femineo tibi, Baetice Galle, barathro?
Haec debet medios lambere lingua viros.
Abscisa est quare Samia tibi mentula testa,
si tibi tam gratus, Baetice, cunnus erat?
Castrandum caput est: nam sis licet inguine Gallus,
sacra tamen Cybeles decipis: ore vir es.

tit. ad b(a)eticum
1 quid EAV: qui X b(a)etice LPQ : bectice f galle LQf : galli
P barat(h)ro PQf : barothro L 2 medios PQf : modios L 3 samia LPf : sanna Q
4 tam Vs.l.: iam EAXV b(a)etice LPQ : bectice f erat EAXVs.l.: erit V 5 sis
LPQf : sus Q inguine LPQf : ingine L gallus EAX: gallis V 6 decipis LPQf :
decipit Q

Cosa centri tu con labisso femminile, gallo Betico?


Questa lingua deve lambire ventri maschili.
Perch ti stato reciso il cazzo con un coccio di Samo,
se la ca, Betico, ti era cos gradita?
Ti si deve castrare la testa: infatti, anche se sei gallo nel basso ventre,
inganni le sacre leggi di Cibele: con la bocca sei uomo.

Bersaglio dellepigramma di nuovo il Betico preso di mira nellepigr. 77.


Mentre precedentemente ne aveva insinuato in modo coperto limpurit
orale, Marziale lo attacca ora apertamente e con toni aspri: laccusa,
formulata nel v. 1, di essere un cunnilingus. Ci costituisce per la morale
romana una macchia riprovevole (in Marziale cfr. I 77; II 28, 6; III 96; IV
43; VII 67, 16 sg.; IX 92, 11 sg.; XI 47). Qui lindignazione di Marziale
accresciuta dal fatto che Betico fa parte dei sacerdoti di Cibele (Galli), che
erano evirati per assicurarne la purezza. Le sue pratiche di sesso orale sono
pertanto ancora pi censurabili. Nel distico conclusivo Marziale propone
per Betico una paradossale castrazione del capo, poich egli vir ore!
Il nome di Galli riservato ai sacerdoti eunuchi di Cibele da ricondurre
allinvasione gallica della Galazia, regione dorigine del culto della dea, nel
III sec. a.C.: vd. al riguardo E.N. Lane, The Name of Cybeles priests the
Galloi, in Id. (ed.), Cybele, Attis and related Cults. Essays in Memory

482

M. Val. Martialis liber tertius

of M.J. Vermaseren, Leiden 1996, pp. 117-33; K. Latte, Rmische


Religionsgeschichte, Mnchen 1960, p. 259 sg.; RE VII 674 sgg. In Marziale
Galli signica spesso per antonomasia evirati: cfr. I 35, 15; II 45, 2; III
24, 13; VII 95, 15; XI 72, 2; 74, 2; vd. anche la n. a 73, 2 Phoebe.
1. Quid cum ?: interrogativa brachilogica di natura colloquiale;
compare in Cicerone (Quinct. 55, 4; Clu. 172, 2; Cael. 33, 11; Phil. 10, 11;
Att. I 16, 10). In poesia frequente in Ovidio: cfr. am. II 19, 57; III 8, 49;
epist. 6, 47 sg.; 14, 65; 15, 52; ars I 305; 693; fast. II 101; trist. III 11, 55; 13,
11. In Marziale ricorre ancora in I 76, 11; II epist. 1; 16, 5; 45, 2; V 38, 5;
VIII 33, 23; IX 73, 8; X 100, 2; XIII 43, 2; cfr. anche Iuv. 9, 3. Qui il tono
indignato. femineo barathro: luso metaforico di barathrum per i
genitali femminili ricorre soltanto qui nella letteratura latina (vd. Adams,
LSV, pp. 86; 220), n sembra essere attestato un corrispondente uso di
in greco, come sostiene Henderson 1975, p. 139 sulla base di
testimonianze erroneamente interpretate. Per luso di analoghe metafore
per i genitali femminili cfr. anche XI 21, 11 sg. hanc (sc. Lydiam) in piscina
dicor futuisse marina. / nescio; piscinam me futuisse puto; vd. Adams, LSV,
p. 85 sg.; Hey, Euphemismus, p. 531. Sulloriginalit di Marziale nelluso di
metafore sessuali vd. Watson 2002, p. 224 sg. Barathrum grecismo usato
n dal latino arcaico e conosce un uso metaforico relativo alla gola: cfr. Plaut.
Curc. 121 effunde hoc cito in barathrum; Hor. epist. I 15, 31 barathrum
macelli; vd. anche Lucr. III 954 aufer abhinc lacrimas, baratre, et compesce
querellas. In Marziale il sostantivo ha valenza metaforica anche in I 87, 4
extremo ructus redit a barathro.
2. haec debet : lespressione ricorre ancora in II 61, 2 lambebat medios
improba lingua viros; cfr. anche Auson. 120, 1 p. 341 P. (epigr. 74, 1 G.)
lambere cum vellet mediorum membra virorum. Luso di medius per
indicare eufemisticamente i genitali (maschili o femminili), corrispondente
a quello del gr.
(vd. Henderson 1975, p. 156), ricorre per la prima
volta in Catull. 80, 6 medii tenta vorare viri; in Marziale pi volte: cfr.
II 61, 2 cit. supra; VII 67, 15 medias vorat puellas; XI 61, 5 mediumque
mavult basiare quam summum; cfr. anche Priap. 43, 2 oscula dat medio
si qua puella mihi; 54, 2 qui medium volt te scindere; 74, 1 per medios ibit
pueros mediasque puellas; Min. Fel. 28, 10 medios viros lambunt; vd. al
riguardo Adams, LSV, p. 46 sg.
3. abscisa mentula: il verbo designa la castrazione anche in Petron.

Epigramma 81

483

108 Giton ad virilia sua admovit novaculam, minatus se abscisurum tot


miseriarum causam; Quint. inst. I 6, 36; luso generalizzato nel latino
cristiano (vd. ThlL I 148, 77 sgg.). In Marziale il verbo ricorre per altre
mutilazioni: cfr. II 82, 1 abscisa servum quid gis, Pontice, lingua?; III 66, 2
abscidit vultus ensis uterque sacros; 85, 1 quis tibi persuasit naris abscidere
moecho; altri composti di caedo designano la castrazione: cfr. II 45, 1 praecisa
est mentula; III 91, 9 excidunt senem (i.e. senis mentulam); IX 2, 13 i
nunc et miseros, Cybele, praecide cinaedos. Samia testa: secondo le
fonti levirazione dei sacerdoti di Cibele veniva compiuta con un coccio
di vaso di Samo: cfr. Lucil. VII 280 sg. testam sumit homo Samiam sibi,
anu noceo, inquit, / praeceidit caulem testisque una amputat ambo (vd.
Marx, ad loc.); Plin. nat. XXXV 165 Samia testa Matris deum sacerdotes,
qui Galli vocantur, virilitatem amputare nec aliter citra perniciem M.
Caelio credamus; cfr. anche Iuv. 6, 512-514 matris deum chorus intrat
et ingens / semivir / mollia qui rapta secuit genitalia testa; vd. al
riguardo Cumont, RE VII 677; Sanders, Gallos, 1004. Per luso del culter
vd. la n. a 47, 2.
4. cunnus: per luso del termine osceno vd. la n. a 72, 6.
5 sg.: poich Betico, pur essendo evirato, trasgredisce le prescrizioni
rituali della Madre Cibele (sacra Cybeles decipis), Marziale propone per
lui una soluzione paradossale (castrandum caput est). ore vir es: per
lespressione cfr. XI 61, 1 lingua maritus, moechus ore Nanneius; Auson.
131, 6 p. 346 P. (epigr. 100, 6 G.) pube vir es. Nella denizione di vir
presente un certo sarcasmo, poich la pratica di Betico tuttaltro che
virile: cfr., ad es., VII 67, 15 sgg. plane medias vorat puellas. / di mentem
tibi dent tuam, Philaeni, / cunnum lingere quae putas virile.

484

M. Val. Martialis liber tertius

82
Conviva quisquis Zoili potest esse,
Summemmianas cenet inter uxores
curtaque Ledae sobrius bibat testa:
hoc esse levius puriusque contendo.
Iacet occupato galbinatus in lecto
cubitisque trudit hinc et inde convivas
effultus ostro Sericisque pulvillis.
Stat exoletus suggeritque ructanti
pinnas rubentes cuspidesque lentisci,
et aestuanti tenue ventilat frigus
supina prasino concubina abello,
fugatque muscas myrtea puer virga.
Percurrit agili corpus arte tractatrix
manumque doctam spargit omnibus membris;
digiti crepantis signa novit eunuchus
et delicatae sciscitator urinae
domini bibentis ebrium regit penem.
At ipse retro exus ad pedum turbam
inter catellas anserum exta lambentis
partitur apri glandulas palaestritis
et concubino turturum natis donat;
Ligurumque nobis saxa cum ministrentur
vel cocta fumis musta Massilitanis,
Opimianum morionibus nectar
crystallinisque murrinisque propinat.
Et Cosmianis ipse fuscus ampullis
non erubescit murice aureo nobis
dividere moechae pauperis capillare.
Septunce multo deinde perditus stertit:
nos accubamus et silentium rhonchis
praestare iussi nutibus propinamus.
Hos Malchionis patimur improbi fastus,
nec vindicari, Rufe, possumus: fellat.
tit. ad rufum : ad rufum de zoilo

1 zoili AXV: zoile E

10

15

20

25

30

2 summemmianas cenet

Epigramma 82

485

VCFG: summemmianos cenet G sum memmia nascen et EAX summemmia nascens et


V summemianas cenet v1v2 ed. Ferr. ed. Rom. 2 summenianas (syme-, sume-, subme-)
cenet fhblv ed. Rom. 1 ed. Ferr. ed. Ven. ed. Ald. summemia nascent LPf summemia
nascentur Q supra inter fortasse tenus scripsit f 3 ledae LQfV: laede PEAX sobrius
LPf : sobria Q cobrius L 4 puriusque PQf : priusque L contendo Vs.l.: contendi
EAXV 5 iacet V: iacetque EAX occupato LPQf : occupatus Q galbinatus :
galbanatus Qfs.l. galginatus LPf saginatus L 7 effultus LPQf : effultis Q ostro
EAXV: ustro E
pulvillis : pulvinis
8 exoletus EAXV: extoletus A
9
pinnas LPQfEAV: pumas X spinnas fs.l. cuspidesque lentisci : cuspidemque lentisce
LPQf cuspidemque lentisci Qfs.l. 11 abello LPf : agello Q 12 fugatque LPQf :
fusgatque Q myrtea LPQfVs.l.: murcea XV murtea EA myrtoa Q virga AXV:
virgo E 13 percurrit LPf : percurritque Q v. 15 om. P 16 sciscitator LPf : suscitator
QFGhbklvv1v2 ed. Rom. 1 ed. Ferr. ed. Ven. ed. Rom. 2 ed. Ald. urinae LPQf : urnae
f 17 bibentis Pfs.l. : bibentes Lf videntes Q penem LfEAX: pennem PQ penum V 18
at XV: ad EA ipse : ille
retro LPf : recto Q exus LQf : uxus P 19 lambentis
LPf: lambentes EA labentes QXV 20 partitur EAVs.l.: parcitur V pascitur X apri
fs.l. : agri LPQf glandulas EXV: grandulas A 21 natis LPf: nates Qfs.l. natos
Q 22 cum ministrentur EXV: comministrentur A 23 massilitanis EXAV: masilitanis
A 24 opimianum AXV: opimiamum E 25 crystallinisque : crystallinis
murrinisque
: mirrhinisque f myrt(h)inisque PQ mythinisque L 26 cosmianis LPQf : cosmiamis L
ut vid. fuscus EAXV: fuscos V fuscis LPQf fusus fs.l.blv2 ed. Rom. 1 ed. Ven. ed.
Ald. 28 capillare LPQf: capillatae Q capit lare capitale fs.l. 29 stertit LPf : stetit Q
30 accubamus LQf : accumbamus P 31 nutibus Vs.l.: notibus EAXV propinamus
LPQf : propianus Q ut vid. 32 hos LPf : nos Q fastus : faustus
33 vindicari
LPQf: vindicare fs.l.
possumus : possimus
fellat AXV: stellat E

Chiunque riesce ad essere commensale di Zoilo,


ceni pure tra le mogli del Summemmio
e beva sobrio dallanfora sbreccata di Leda:
sostengo che ci sia pi lieve e pi puro.
Se ne sta sdraiato vestito di verde occupando il letto per intero
e con i gomiti scaccia da una parte e dallaltra gli invitati,
adagiato su porpora e cuscini di seta.
In piedi gli sta a anco un amasio e gli passa
piume rosse e stecchini di lentischio quando rutta,
quando suda una concubina sdraiata gli fa un po di
fresco con un ventaglio verde,
e uno schiavetto scaccia le mosche con un ramo di mirto.
La massaggiatrice percorre il suo corpo con tecnica agile
e muove la sua mano esperta per tutte le membra;
un eunuco riconosce il segnale dello schiocco di dita

10

15

486

M. Val. Martialis liber tertius

e, ispettore della delicata urina,


regge il pene ebbro del padrone che beve.
Lui, volto dietro al gruppo ai suoi piedi,
tra cagnoline che leccano fegato doca,
spartisce tra i ginnasti animelle di cinghiale
e dona al concubino cosce di tortora;
e mentre a noi sono serviti vini della rocciosa Liguria
o mosto cotto col fumo di Marsiglia,
offre in coppe di cristallo e di mirra
vino opimiano agli idioti.
Lui, scuro dei profumi di Cosmo,
non arrossisce a dividere tra noi in una conchiglia dorata
il profumo scadente di una puttana povera.
Quindi, stordito dalle molte coppe da sette ciati, russa:
noi stiamo sdraiati e, con lordine di prestare silenzio
al suo ronfo, brindiamo a cenni.
Queste alterigie di un corrotto Malchione tolleriamo,
n possiamo vendicarci, Rufo: succhia.

20

25

30

Lepigramma il secondo pi lungo del libro (33 versi); collocato verso


la met della sezione oscena del libro, in posizione di risalto, dedicato
alla descrizione della cena offerta da Zoilo, che costituisce il tema anche
di II 19; V 79. Il personaggio, che percorre tutta lopera di Marziale,
incarna, pur con sfumature di volta in volta diverse, il tipo del parvenu
(vd. al riguardo la n. intr. allepigr. 29). Qui Zoilo un antrione gretto
(per questo tipo vd. la n. intr. allepigr. 60), che ostenta volgarmente le
proprie ricchezze e si circonda di schiavi adibiti a soddisfare le necessit
corporali del padrone. La sua effeminatezza, che emerge dalle notazioni
iniziali e dal suo abbigliamento (cfr. v. 5), alla base della pointe (il crudo
fellat chiude lepigramma). Per questo personaggio Marziale trovava
un modello unico nel Trimalchione petroniano, con il quale sono state
infatti segnalate numerose afnit (a partire dallappellativo di Malchio
del v. 32; vd. C. Marchesi, Petronio e Marziale, Athenaeum 10, 1922,
p. 278 sg.; Colton 1982): leccezionale estensione del componimento
rivela dunque la volont di porsi in rapporto di aemulatio con il modello
petroniano. Il linguaggio prosaico, abbondante di colloquialismi e si

Epigramma 82

487

sposa con la bassezza e spregevolezza del protagonista, suggerendone


forse lumile provenienza sociale (Watson 2002, p. 237 sg.; per Zoilo come
ex-schiavo vd. la n. intr. allepigr. 29). Lepigramma presenta una sorta
di Ringkomposition: i primi versi (1-4), che paragonano Zoilo a delle
prostitute, a vantaggio di queste ultime, rendono immediatamente esplicita
la corruzione morale del personaggio, su cui costruita la pointe nale
(33). Il corpo centrale del componimento descrive minuziosamente Zoilo
(5-17) e il suo atteggiamento sprezzante nei confronti dei convitati (1831), che ricevono cibi e vini di pessima qualit, diversamente dagli schiavi
dellospite. La conclusione non lascia possibilit di riscatto ai convitati: la
corruzione sessuale dellospite (33 fellat) vanica le velleit di vendetta
attraverso lirrumatio. Il destinatario dellepigramma, nominato soltanto
allultimo verso, Rufo. Il cognomen tra i pi frequenti negli epigrammi
di Marziale e, in generale, nel mondo latino (vd. Kajanto 1965, p. 29 sg.).
Portavano questo cognomen almeno cinque amici del poeta (Camonius,
Canius, Instanius, Iulius, Safronius). Un Rufo nominato in questo libro
ancora negli epigr. 94, 97, 100. Secondo Friedlaender in tutti questi casi
si tratta di Canio Rufo (per cui vd. la n. intr. allepigr. 20), ma non vi
sono elementi che consentono unindividuazione sicura del personaggio
(nel caso dellepigr. 94 il nome certamente ttizio; per il Rufo degli altri
due epigr. vd. la n. intr. a 97). Nei numerosi casi in cui compare il solo
cognomen Rufo non possibile stabilire con certezza di chi si tratti (vd.
Nauta 2002, p. 41 sgg.). Lipotesi prospettata dubbiosamente da Grewing
1998, p. 350, che il nome contenga unallusione etimologica al gr.
(ion.
) succhiare, mi sembra da escludere.
1-4: lesordio dellepigramma colloca subito il personaggio in una
dimensione sordida e degradata: egli viene assimilato a delle prostitute, di
cui anzi considerato peggiore.
2. Summemmianas uxores: le Summemmianae uxores sono le
prostitute del Summemmio. Lespressione ricorre identica anche in XII
32, 22. In questo caso lattributo che designa il luogo, piuttosto che
linnocente sostantivo, a richiamare inequivocabilmente lattivit che vi era
praticata: cfr. XI 78, 11 Suburanae magistrae; Priap. 40, 1 Suburanas
puellas con il commento di Goldberg; vd. al riguardo Adams 1983,
p. 339 sg.; per luso di termini matrimoniali per rapporti sessuali cfr. 30,
4 unde vir es Chiones? con la n. ad loc.; vd. Adams, LSV, p. 159 sgg.

488

M. Val. Martialis liber tertius

Il termine Submemmium dovrebbe indicare un lupanare adiacente ai


Memmiana: cfr. Ps. Cornut. schol. Iuv. 3, 66 Aurelianis lupanaribus,
quae Memmiana prius dicta sunt, quia Memmius hoc primus statuit.
Meno probabile sembra che si possa trattare di un nome scherzoso del
proprietario (Submemmius, come Subnero, detto di Domiziano in Tert.
pall. 4, 5), come intende V. Lundstrm, Summoenium, Eranos 13, 1913,
p. 209. In Marziale cfr. anche I 34, 5 sg. at meretrix abigit testem veloque
seraque / raraque Summemmi fornice rima patet (con il commento di
Citroni); XI 61, 2 Summemmianis inquinatior buccis (ancora riferito ad
un impurus ore; vd. il commento di Kay, che per luso di sub- per indicare
vicinanza geograca confronta lagg. suburbanus). La graa Summemm-,
prevalente nei codici medievali, stata restaurata in tutti i passi di Marziale
da Lindsay (vd. ALL 13, 1904, p. 279; Lindsay 1904, p. 59), seguito dai
successivi editori. Gli editori precedenti a Lindsay leggevano, con la
tradizione umanistica, Summoen-, interpretandolo come un riferimento
a lupanari ricavati sfruttando tratti della cinta muraria della citt (sub
moenibus): vd. Friedlaender, ad I 34, 6.
3. curta testa: limmagine, che trasmette unidea di miseria e sporcizia,
ricorre, per delle prostitute, anche in I 92, 5 nec curtus Chiones Antiopesque
calix; per luso di curtus cfr. XII 32, 13 matella curto rupta latere meiebat;
Lucil. 445 Samio curtoque catino; Iuv. 3, 270 sg. curta / vasa; vd.
ThlL IV 1540, 1 sgg. - Ledae: una fellatrix, il cui os impurum contamina
il recipiente da cui beve (per tale convinzione vd. la n. intr. allepigr. 17); il
nome ricorre per una prostituta anche in II 63, 2; IV 4, 9; XI 61, 4. I nomi
greci erano comuni per le prostitute romane (vd. Grifn 1976, p. 95 sgg.;
Courtney a Iuv. 3, 136). sobrius: solo un ubriaco potrebbe farlo: cfr. 16,
3 neque enim faceres hoc sobrius umquam con la n. ad loc.
4. purius : lattributo, spesso in relazione al sesso orale (vd. la n. a 75,
5), costituisce unanticipazione della perversione sessuale del protagonista
espressa in conclusione. - contendo: per laccezione di afrmo, assevero
cfr. X 33, 7 sg. nec scribere quemquam / talia contendas carmina qui
legitur; Iuv. 6, O 28 purum te contendo virum; vd. ThlL IV 664, 82 sgg.
5. galbinatus: hapax nella letteratura latina, derivato da galbinus, aggettivo
che designa un colore inter avum et viridem (ThlL VI 1671, 56 sgg.; vd.
Andr 1949, p. 148 sgg.). Gli abiti di colori vivaci erano considerati inadatti
per gli uomini e indice di effeminatezza (sullargomento vd. A. Casartelli,
La funzione distintiva del colore nellabbigliamento romano della prima

Epigramma 82

489

et imperiale, Aevum 72, 1998, spec. p. 120 sgg.; Herter, Effeminatus,


629 sgg.): per il verde cfr. V 23, 1 herbarum fueras indutus, Basse, colores;
Iuv. 2, 97 caerulea indutus scutulata aut galbina rasa; Lampr. Heliog. 19,
2 aestiva convivia coloribus exhibuit, ut hodie prasinum, vitreum alia
eqs.; Vopisc. Aurelian. 34, 2 clamide coccea, tunica galbina ornatus;
per lidenticazione del colore con i mores in Marziale cfr. laudace traslato
di I 96, 9 fuscos colores, galbinos habet mores. Seneca parla con disprezzo
delluso da parte di uomini di abiti dai colori troppo vivaci (nat. VII 31
colores meretricios matronis quidem non induendos viri sumimus). Il
verde, colore caro a Trimalchione (cfr. Petron. 27, 2 soleatus pila prasina
exercebatur; 28, 8 ostiarius prasinatus; 64, 6 puer catellam nigram
prasina involvebat fascia; 67, 4 Fortunata galbino succincta
cingillo), apprezzato anche da Zoilo: cfr. anche v. 11 prasino abello.
Marziale mostra una particolare predilezione per gli aggettivi in atus per
indicare labito di una persona, soprattutto in relazione al colore: si tratta
di formazioni tarde, appartenenti alla lingua duso, per lo pi evitate in
poesia elevata (vd. Andr 1949, p. 210 sg.); tali aggettivi sono a volte hapax
assoluti, a volte ricorrono in Marziale per la prima volta (vd. il commento
di Citroni a I 96, 5 sg.; E. Stephani, De Martiale verborum novatore,
Breslauer philologische Abhandlungen IV 2, 1889, p. 63 sgg.; Watson
2002, p. 242 sg.): cfr. coccinatus (I 96, 6; V 35, 2); baeticatus (I 96, 5);
leucophaeatus (I 96, 5); amethystinatus (II 57, 2); canusinatus (IX 22, 9);
vd. anche prasinatus (Petron. 28, 8).
6: per limmagine degli ospiti quasi spinti gi dai letti tricliniari cfr.
Petron. 70, 11 paene de lectis deiecti sumus, adeo totum triclinium
familia occupaverat. I modi villani di Zoilo non trovano per precedenti
in Trimalchione (non calzante il parallelo proposto da Colton 1982, p. 77
con Petron. 39, 2 reclinatus in cubitum).
7: il dettaglio compare in Petronio, dove Trimalchione positus inter
cervicalia minutissima (32, 1) e fultus cervicalibus multis (78, 5). La
porpora, con cui erano rivestiti i lecti (vd. ThlL IX 2, 1161, 70 sgg.), e i
cuscini di seta sono simboli di lusso: cfr. Hor. epod. 8, 15 sg. quid? quod
libelli Stoici inter Sericos / iacere pulvillos amant; carm. III 29, 14 sg.
pauperum / cenae sine aulaeis et ostro; vd. anche Prop. I 14, 20-22. Sericus
signica di seta, per metonimia dalla regione di provenienza del prezioso
tessuto (vd. OLD, s.v. Sericus, nr. 2; RE II A, s.v. Serica, 1724, 24-1727,
44). In IX 37, 3; XI 8, 5; 27, 11 laggettivo sostantivato. Il diminutivo

490

M. Val. Martialis liber tertius

pulvillus compare per la prima volta in Orazio (epod. 8, 16 cit. supra), da


cui Marziale riprende il nesso Serici pulvilli; quindi in Apul. met. X 20;
Front. Ver. 2 p. 148 (128 N).
8 sg. exoletus: sulla diffusa abitudine di tenere in casa amasii si veda
il biasimo di Seneca: dial. I 13, 13 quanto magis huic (sc. Socrati)
invidendum est quam illis quibus gemma ministratur, quibus exoletus
omnia pati doctus exsectae virilitatis aut dubiae suspensam auro nivem
diluit! ructanti: labitudine lo consentiva: cfr. IX 48, 8 ructat adhuc
aprum pallida Roma meum; Iuv. 3, 107 si bene ructavit, si rectum minxit
amicus. pinnas rubentes: le penne di fenicottero (cfr. III 58, 14 nomenque
debet quae rubentibus pinnis) potevano servire da stuzzicadenti; le piume
venivano utilizzate per titillare la gola e favorire il vomito. Trimalchione
utilizza per pulirsi i denti una pinna argentea (33, 1). cuspidesque lentisci: gli stuzzicadenti di lentischio erano i pi apprezzati: cfr. XIV 22 tit.
dentiscalpium. lentiscum melius: sed si tibi frondea cuspis / defuerit,
dentes pinna levare potest; VI 74, 3 fodit tonsis ora laxa lentiscis; vd. al
riguardo RE V 221, 56 sgg.; Daremberg-Saglio II 1, p. 102.
10. aestuanti: in V 79 Zoilo si cambia undici volte durante una cena per
evitare che il sudore di cui impregnata la veste aderisca alla sua pelle.
11. supina concubina: lattributo denota una posizione lasciva, adatta
al ruolo della concubina; per luso in contesti sessuali vd. Adams, LSV,
p. 192. prasino abello: il ventaglio oggetto di uso femminile: cfr.
Ter. Eun. 595; Prop. II 24, 11. Flabellifera denita in Plaut. Trin. 253 la
serva che ricopre la mansione di fare aria alla padrona. Sulla predilezione
di Zoilo per il verde, segno di effeminatezza, vd. la n. al v. 5.
12. fugatque muscas puer: scacciare le mosche era compito servile: cfr.
Cic. de orat. II 247; Sen. dial. IV 25, 3. - myrtea virga: sui ventagli per
scacciare le mosche (muscaria) cfr. XIV 67 tit. muscarium pavoninum;
67 tit. muscarium bubulum; vd. Daremberg-Saglio III 2, p. 2070.
13. percurrit corpus: lespressione appartiene alla terminologia
medica: cfr. Ser. med. 83; Marcell. med. VIII 170. - tractatrix: il termine
hapax in letteratura; ricorre solo in CIL VI 37823. Sul tractator e sulla
tractatrix, schiavi addetti a massaggiare il padrone, vd. RE VI A 2, s.v.
tractator, 1866, 65-1867, 30; Daremberg-Saglio V, p. 383. Latteggiamento
di Marziale trova un sostegno losoco nel biasimo di Seneca (epist. 66,
53): an potius optem ut malaxandos articulos exoletis meis porrigam?
ut muliercula aut aliquis in mulierculam ex viro versus digitulos meos

Epigramma 82

491

ducat? quidni ego feliciorem putem Mucium, quod sic tractavit ignem
quasi illam manum tractatori praestitisset. La diffusione dellattivit
testimoniata dalle iscrizioni (cfr., ad es., CIL VI 32775, 2); un certo Xanthus
fu tractator degli imperatori Tiberio e Claudio (CIL VI 33131).
14. manum doctam: per la iunctura cfr. Tib. I 8, 11 sg. ungues /
articis docta subsecuisse manu; Sen. Tro. 885 crinemque patere docta
distingui manu; per il tono sarcastico cfr. Sen. epist. 47, 6 alius pretiosas
aves scindit; per pectus et clunes certis ductibus circumferens eruditam
manum frusta excutit. Per doctus riferito allabilit manuale cfr. Mart. VI
52, 3 sg. vix tangente vagos ferro resecare capillos / doctus et hirsutas
excoluisse genas. spargit: manum spargere in questa accezione non offre
paralleli; lespressione spargenda est manus di Sen. epist. 29, 2 ha diverso
signicato.
15 sgg.: la scena ripresa da Petron. 27, 5 sgg. Trimalchio digitos
concrepuit, ad quod signum matellam spado ludenti subiecit (vd. Colton
1982, p. 79). Luso di una matella per lurina attestato ancora in VI 89, 1
sg.; XIV 119 (tit. matella ctilis); cfr. anche X 11, 3 sg.; CLE 932, 2. Seneca
denisce la mansione servile et contumeliosum ministerium (epist. 77,
14). Lo schiavo di Zoilo costretto ad un servigio ancora pi umiliante.
digiti crepantis signa: per lo schiocco delle dita come ordine per lo schiavo
cfr. VI 89, 2 arguto pollice; XIV 199, 1 crepitu digitorum; Petron. 27,
5 digitos concrepuit. delicatae sciscitator urinae: comica espressione che
attribuisce al servo incaricato dellumiliante azione un titolo che non pu
non apparire fortemente sarcastico (come luso di delicatus per lurina del
padrone). Sciscitator probabilmente conio di Marziale; quindi ricorre
soltanto in Amm. XXII 16, 16; Auson. grat. act. V 21; Prud. cath. VII
193. La rarit del vocabolo alla base della banalizzazione suscitator della
tradizione umanistica. Sulla predilezione di Marziale per i sostantivi in tor
vd. la n. a 14, 1 esuritor. ebrium penem: per luso dellattributo per
parti del corpo invece che per la persona cfr. Petron. 73, 3 diduxit usque
ad cameram os ebrium; 79, 9 cum solutus mero remisissem ebrias manus.
Qui concorre alla comica personicazione del penis. Penis, sebbene sia
considerato unoscenit da Cic. epist. IX 22, 2, termine colloquiale, usato
da Sall. Cat. 12, 4 e dai satirici (Pers. 4, 35; 48; Iuv. 6, 337; 9, 43), che
evitano mentula (su cui vd. la n. a 68, 7 sgg.); al riguardo vd. Adams, LSV,
p. 35 sg.; in Marziale ricorre otto volte contro 49 di mentula.
18. ipse: luso di ipse per dominus (cfr. anche v. 26 et Cosmianis ipse fuscus

492

M. Val. Martialis liber tertius

ampullis) appartiene alla lingua duso (vd. OLD s.v. nr. 12): cfr. Plaut. Cas.
790 ego eo quo me ipsa misit; Aul. 356 si a foro ipsus redierit; Catull. 3, 6
sg. nam mellitus erat (sc. passer) suamque norat / ipsam tam bene quam
puella matrem; CGL V 535, 20 ipsa: domina (vd. Heraeus 1937, p. 78
sg.). Il pronome usato, con sfumatura sarcastica, per Nasidieno (Hor.
sat. II 8, 23 Nomentanus erat super ipsum, Porcius infra), Trimalchione
(Petron. 29, 8 pyxis aurea non pusilla in qua barbam ipsius conditam esse
dicebant) e Virrone (Iuv. 5, 114 anseris ante ipsum magni iecur). ad
pedum turbam: sugli schiavi ad pedes, che accompagnavano il padrone al
banchetto, assistendolo presso il letto tricliniare, vd. la n. a 23, 2.
19: Zoilo ciba i cagnolini con fegato doca. Il comportamento stravagante
e villano trova un curioso parallelo in Lampr. Heliog. 21, 1 canes iecinoribus
anserum pavit. Sul fegato doca, cibo tra i pi rafnati, cfr. XIII 58 con il
commento di Leary2; Hor. sat. II 8, 88; Stat. silv. IV 6, 9 sg.; Iuv. 5, 114;
vd. Andr 1981, p. 129 sg. lambentis: sulle forme di accusativo plurale in
is vd. la n. a 10, 2 omnis.
20 sg.: Zoilo riserva per i suoi schiavi cibi di prima qualit. Marziale tace
su quanto offerto agli ospiti, ma si evince chiaramente che si tratta di cibi
di qualit inferiore (per i vini cfr. v. 22 sgg.). apri glandulas: si tratta della
parte pi delicata dellaper (vd. Andr 1981, p. 115; ThlL VI 2030, 48 sgg.);
cfr. VII 20, 4 ter poscit apri glandulas. palaestritis: su questo genere di
schiavi, incaricati di allenare il padrone, ma spesso usati a scopo sessuale,
cfr. VI 39, 9; XIV 201 con il commento di Leary1; vd. anche la n. a 58, 25.
turturum natis: unaltra delicatezza (vd. la n. a 60, 7 aureus immodicis
turtur te clunibus implet). Sulle forme di accusativo plurale in is vd. la n.
a 10, 2. Natis accusativo plurale ricorre altre sei volte in Marziale, contro
un solo caso di nates (I 92, 8).
22 sg.: per luso di servire agli ospiti vini peggiori di quelli che beve
lantrione vd. la n. intr. allepigr. 49. Ligurum saxa: ardita espressione
metonimica per indicare vino della rocciosa Liguria (cfr. la metonimia in
XIV 118, 1 cit. infra; sulle metonimie, spesso originali, di Marziale vd.
Fenger 1906, spec. p. 31 sg.). La scarsa qualit dei vini liguri attestata da
Strabone IV 6, 2; tra i vini liguri Plinio il Vecchio attribuisce la palma a quello
di Genova (nat. XIV 68). Sulla conformazione rocciosa del territorio ligure
cfr. Strabo V 1, 12. Assolutamente improbabile la correzione di Heinsius
vappa cum ministretur (cfr. XII 48, 14 et Vaticani perda vappa cadi).
cocta fumis musta Massilitanis: il vino di Marsiglia era affumicato per

Epigramma 82

493

accelerarne la maturazione (cfr. Colum. I 6, 20); il processo produceva per


vini di qualit scadente: cfr. X 36, 1 improba Massiliae quidquid fumaria
cogunt; XIII 123 tit. Massilitanum. cum tua centenos expunget sportula
civis, / fumea Massiliae ponere vina potes; XIV 118, 1 sg. Massiliae fumos
miscere nivalibus undis / parce, puer, constet ne tibi pluris aqua. Plinio il
Vecchio ne loda invece la qualit (nat. XIV 168), attribuendo ad altri vini
della Gallia Narbonese questa caratteristica.
24 sg. Opimianum nectar: il vino Opimiano prende il nome dal
console di unannata prestigiosa per i vini (121 a.C.; vd. al riguardo la n. a
26, 3); laggettivo Opimianus sostantivato in IX 87, 1; X 49, 2. Nectar
indica un vino cos pregiato da poter essere assimilato al nettare degli dei:
cfr. VIII 50 (51), 17 imbuat egregium digno mihi nectare munus; XIII
108, 1 nectareum Falernum. morionibus: era diffusa a Roma lusanza
di tenere in casa idioti, come fonte di divertimento, soprattutto nei
banchetti (vd. Marquardt 1886, p. 152); sui moriones si veda la denizione
di Aug. epist. 166, 17 quidam tantae sunt fatuitatis ut non multum a
pecoribus differant, quos moriones vulgo vocant. Il loro prezzo poteva
essere molto elevato: cfr. VIII 13 morio dictus erat: viginti milibus emi.
/ redde mihi nummos, Gargiliane: sapit; vd. anche VI 39, 17; XII 93,
3; XIV 210; Sen. epist. 50, 2; Plin. epist. IX 17; sullargomento vd. anche
Daremberg-Saglio III 2, p. 2005. Il fatto che Zoilo offra vino Opimiano
ai moriones costituisce unulteriore umiliazione per gli ospiti, che bevono
vini pessimi. crystallinisque murrinisque: coppe di gran valore; sono
ricordate insieme in Sen. epist. 123, 7; Plin. nat. XXXVI 1; XXXVII 29;
49; Iuv. 6, 155 sg. Coppe di cristallo sono menzionate da Marziale in I 53,
6; VIII 77, 5; IX 22, 7; 73, 5; 59, 13; X 14, 5; 66, 5; XII 74, 1 XIV 111;
vd. ThlL IV 1262, 30 sgg.; Marquardt 1886, p. 743. Sui murrina, sempre
menzionati da Marziale come oggetti di lusso, vd. la n. a 26, 2. propinat:
qui pr -, come in I 68, 3; VIII 6, 13; X 49, 3; XII 74, 9; pr- invece al v. 31,
in II 15, 1; VI 44, 6; Iuv. 5, 127; vd. Giarratano 1908, p. 87; sulloscillazione
della quantit di pro- nei composti vd. Mueller, De re metrica, p. 451 sgg.
26. Cosmianis fuscus ampullis: Zoilo scuro per il profumo di cui
completamente cosparso: cfr. VI 55, 1 sg. quod semper casiaque cinnamoque
/ et nido niger alitis superbae; XI 15, 6 pingui sordidus Cosmiano; XII
17, 7 circumfusa rosis et nigra recumbit amomo (la febris personicata); 38,
3 niger unguento; Stat. Theb. VI 576 pingui cutem fuscatur olivo (sc.
Parthenopaeus); cfr. anche Iuv. 8, 159 assiduo Syrophoenix udus amomo (su

494

M. Val. Martialis liber tertius

fuscus vd. Andr 1949, p. 123 sgg.). La lezione fuscus riceve il sostegno di
entrambe le famiglie di codici, poich anche fuscis della seconda famiglia si
spiega agevolmente come corruttela determinata da omeoteleuto (Cosmianis
fuscis ampullis). Essa stata difesa da Heraeus (con lapprovazione di
Housman 1925, p. 200 = Class. Pap., p. 1100), seguito da Giarratano e SB; la
lezione umanistica fusus, accolta dagli editori precedenti a Heraeus, da Izaac
e, recentemente, da Watson-Watson, senzaltro di origine congetturale e,
pur se accettabile per il senso (cfr. Tib. I 7, 50 multo tempora funde mero;
Lygd. 2, 20 niveo fundere lacte [sc. ossa]), appare certamente da rigettare
(contra vd. Helm 1956, p. 301). Su Cosmo, il profumiere pi celebre del
tempo, vd. la n. a 55, 1. Ampulla, termine della sfera colloquiale, designa
il recipiente che conteneva il profumo: cfr. Petron. 78, 3 statim ampullam
nardi aperuit omnesque nos unxit; vd. ThlL I 2018, 39 sgg. Qui metonimia
per il profumo in essa contenuto (vd. Fenger 1906, p. 29 sg.).
27 sg.: ancora una disparit di trattamento per gli ospiti, che ricevono un
profumo di inma qualit (sulluso di distribuire profumo al banchetto vd.
la n. intr. allepigr. 12). non erubescit: per la vergogna (vd. ThlL V 2, 821,
17 sgg.): cfr. VII 20, 6 nec erubescit peierare de turdo; VIII 17, 4 tanto plus
debes quod erubui; 59, 11 sg. nec dormitantem vernam fraudare lucerna
/ erubuit fallax; XI 15, 5 sg. qui (sc. libellus) vino madeat nec erubescat
pingui sordidus esse Cosmiano; 16, 9 erubuit posuitque meum Lucretia
librum; la costruzione con linnito ricorre per la prima volta in Verg. ecl.
6, 2 neque erubuit silvas habitare Thalea. murice aureo: luso del murex
come recipiente per unguento attestato soltanto qui. La rafnatezza del
contenitore stride con la miseria del profumo (cfr. infra). moechae pauperis:
la notazione chiarisce la bassa qualit del prodotto ed evoca lo squallido
ambiente delle prostitute (cfr. vv. 1-4). Luso di moecha nellaccezione di
meretrix risale a Catull. 42, 3; 11 sg.; 19 sg. (vd. ThlL VIII 1325, 54 sgg.;
Adams 1983, p. 350 sgg.; C. Fayer, Denominazioni di meretrici a Roma,
in
. In ricordo di Maria Laetitia Coletti, a c. di M.S. Celentano,
Alessandria 2002, p. 102 sgg.). In Marziale cfr. anche III 93, 15 bustuarias
moechas. capillare: sc. unguentum; luso sostantivato hapax.
29: per lubriachezza dellospite cfr. Petron. 78, 5 Trimalchio ebrietate
turpissima gravis. Il septunx equivale ad una misura di sette ciati; il termine
ricorre anche in VIII 50 (51), 25. perditus stertit: per la descrizione degli
esiti della sbronza cfr. Cael. fr. 17 Malcovati ipsum (sc. C. Antonium)
offendunt temulento sopore proigatum, totis praecordiis stertentem.

Epigramma 82

495

30 sg.: lultima immagine rappresenta il culmine delle umiliazioni patite


dagli ospiti, costretti a brindare in silenzio per non disturbare il sonno
dellantrione. rhonchis: grecismo di stampo colloquiale (
),
attestato in Marziale anche in I 3, 5; IV 86, 7, con accezione traslata
ad indicare il disprezzo del critico troppo esigente (vd. Citroni, p. 26).
propinamus: qui pr-: vd. la n. al v. 25.
32. Malchionis: Malchio, cognomen di servi e liberti (cfr. CIL VI 3999; 2,
11410; 31183; IX 41; 3188; 5028; X 2644; vd. H. Solin, Linterpretazione
delle iscrizioni parietali, Faenza 1970, p. 60 n. 36), richiama immediatamente
il Trimalchio petroniano. Il nome, glossato con
odioso in CGL
II 126, 27, che sembra per chiosare il testo di Marziale, la trascrizione
latina del greco
, diminutivo di
(lat. Malchus; per il
sufsso diminutivo , frequente nellonomastica maschile greca, cfr. III
84, 2 Gongylion), derivante a sua volta da un antroponimo semitico, che
presenta la stessa radice del vocabolo arabo malik (= re); cfr. Porph. vit.
Plot. 17; Eunap. vit. Porph. 4, 4. Malchio dunque dovrebbe equivalere a
regulus (reuccio), con accezione dispregiativa (per cui cfr. III 16, 1, sutorum
regule). Il nome sarebbe particolarmente appropriato per un personaggio
arricchito e volgare che assume atteggiamenti sprezzanti nei confronti dei
suoi ospiti. Meno plausibile per motivi glottologici lipotesi sostenuta da
Ker (e da numerosi interpreti petroniani) che il nome sia da ricollegare al
gr.
(vd., ad es., la traduzione di M. Scndola: questobbrobrioso
smidollato; Watson-Watson, p. 278), di cui esiste in latino la traslitterazione
malacus. In generale sullinterpretazione di Malchio (e Trimalchio) vd. Priuli
1975, p. 35 sgg. Gli editori considerano quasi tutti Malchio nome proprio,
da intendere in funzione antonomastica, con leccezione di Friedlaender
(vd. anche Friedlaender, Cena Trimalchionis, p. 209 Trimalchio), Duff
e SB2, che traduce this insolence of an outrageous cad (per Malchio
compare nellindex nominum e nel testo in SB1). fastus: qui nellaccezione
di superbia, fastidium (vd. ThlL VI 1, 330, 58 sgg.: praevalet notio alios
despiciendi, in alios insolenter agendi); cfr. VII 39, 2 sg. et fastus et have
potentiorum / cum perferre patique iam negaret. La corruttela faustus di
ricorre, nella stessa famiglia, in VII 39, 2 cit. supra.
33: lultima parola (fellat) costituisce, come spesso, la pointe dellepigramma: Marziale condensa nel verbo tutta la spregevolezza del personaggio e, al tempo stesso, limpossibilit di vendetta da parte degli ospiti
(attraverso lirrumatio): Zoilo un fellator e pertanto lirrumatio non

496

M. Val. Martialis liber tertius

costituisce per lui una minaccia adeguata (vd. Adams, LSV, p. 126). Per
Zoilo come fellator cfr. XI 30, 1 sg. os male causidicis et dicis olere poetis.
/ sed fellatori, Zoile, peius olet; 85, 1 sg. sidere percussa est subito tibi,
Zoile, lingua, / dum lingis. certe, Zoile, nunc futuis; vd. anche II 42;
VI 91, 1. Fellare volgarismo frequente nelle iscrizioni parietali, usato in
letteratura solo nellepigramma (Catullo, Marziale, Ausonio): vd. ThlL VI
1, 456, 29 sgg.; Adams, LSV, p. 130 sgg. In Marziale fello presenta undici
occorrenze, cinque fellator. La spiegazione del verso come un riferimento
allirrumatio viene attribuita da SB1 ad Housman 1907, p. 258 (= Class.
Pap., p. 733): nec vindicari possumus irrumando; fellator est enim, ut
eam poenam non invitus passurus sit; essa era per gi stata esposta
negli stessi termini da Gilbert (apud Friedlaender): Und wir knnen uns
nicht durch irrumatio rchen, denn das ist fr ihn keine Strafe. Che la
minaccia di irrumatio fosse soltanto una forma di aggressione verbale
generalmente riconosciuto: vd. Housman 1907, p. 257 (= Class. Pap., p.
733): The Romans had a rough pleasantry, in the form of a threat, which
they used to ing indiscriminately at friends and foes without any serious
meaning; Adams, LSV, pp. 125-130; cfr. Catull. 16, 1. 14; 21, 7 sg. e 13;
37, 7 sg.; 74, 5 sg.; Priap. 35, 5; 44, 3 sg.; in Marziale cfr. III 96, 3. Non
persuasive le argomentazioni di A. Richlin (The meaning of irrumare in
Catullus and Martial, CPh 76, 1981, p. 42) che non ritiene indebolita la
minaccia.

Epigramma 83

497

83
Ut faciam breviora mones epigrammata, Corde.
Fac mihi quod Chione: non potui brevius.
cum 82 con. f
tit. ad cordum LPQEAX, f in mg.: ad corbum V
1 corde
cordex EAV 2 potui brevius Vs.l.: potuit ore tuis EAX potuere tuis V

X:

Mi esorti a fare epigrammi pi brevi, Cordo.


Fammi quel che mi fa Chione: pi breve non ho potuto farlo.
Cordo invita Marziale a scrivere epigrammi di dimensioni pi ridotte.
Il poeta gli risponde con un insulto a sfondo sessuale (Fac mihi quod
Chione), con cui dimostra di non dare valore alle sue obiezioni
meramente quantitative e per, allo stesso tempo, soddisfa la richiesta
del critico realizzando una specie di epigramma nellepigramma (Merli
1996, p. 220) costituito soltanto dal primo hemiepes del pentametro. In
conclusione, con un tratto di falsa modestia venata di ironia, Marziale si
giustica per non essere riuscito ad ottenere una maggiore brevit (non
potui brevius). Il distico segue non a caso un epigramma lungo (33 vv.):
alle obiezioni di eccessiva lunghezza degli epigrammi egli risponde con un
Einzeldistichon, mostrando in aggiunta di poter realizzare epigrammi ancor
pi brevi (vd. quanto detto supra). Anche altrove Marziale risponde con
un Einzeldistichon alle accuse di eccessiva estensione dei suoi epigrammi
(vd. Lausberg 1982, pp. 459-462): cfr. I 110 scribere me quereris, Velox,
epigrammata longa. / ipse nihil scribis: tu breviora facis (I 109 di 23
vv.); si vedano anche II 77, seguito da cinque monodistici; VIII 28-29.
Nellopera di Marziale sono presenti numerose apologie degli epigrammi
lunghi: cfr. I 110; II 77; VI 65; X 59; sullargomento vd. Szelest 1980, pp.
99-108. Mentre altrove egli si richiama a modelli autorevoli (VI 65) oppure
suggerisce unidea relativa di lunghezza (II 77), qui Marziale risponde alle
critiche con un insulto osceno che in tono con il carattere generale della
sezione del libro; non a caso unallusione oscena la risposta del poeta
alle obiezioni di un critico in un altro epigramma di argomento letterario
(XI 90) contenuto nel libro che ha, per la sua ambientazione saturnalicia,
carattere programmaticamente licenzioso (vd. Kay, pp. 5 sg.; 57 sgg.; 71

498

M. Val. Martialis liber tertius

sgg.; linterpretazione del v. 10 dellepigramma dibattuta: vd. almeno Kay,


ad loc.; Salanitro 1991, p. 18 sgg.; Merli 1996, p. 216 sgg.). In entrambi i casi
il tono della polemica letteraria adattato dal poeta al carattere generale
del libro (o della sezione di libro). Non sembra inoltre casuale che linsulto
rivolto dal poeta al suo critico si riferisca alla pratica descritta dal verbo che
conclude il lungo epigramma precedente (fellat): Marziale, proponendo
un epigramma della brevit dellinsulto, in esplicita contrapposizione con il
lungo componimento precedente, sembra quasi rispondere polemicamente
a coloro che svalutano lepigramma, riducendo il suo interesse alla sola
pointe satirica (Aufschluss). Tale schema interpretativo, propugnato dai
seguaci di Lessing (sui suoi limiti vd. Citroni 1969 e la n. intr. allepigr. 58),
doveva avere sostenitori anche nellantichit. Cordus nome ttizio anche
in III 15; in II 57, V 23 e 26 si tratta invece di un conoscente del poeta.
2. Fac mihi quod Chione: Chione una fellatrix, come si evince dagli
epigr. 87 e 97 di questo libro; lespressione fac mihi quod Chione pertanto
un insulto di natura sessuale espresso in termini eufemistici: vd. al riguardo
Adams, LSV, p. 127 sgg.; Housman 1907, p. 257 (= Class. Pap., p. 733).
Per questo genere di insulto, che ha perso la sua forza originaria, cfr. XI 58,
11 sg. at tibi nil faciam, sed lota mentula lana /
cupidae dicet
avaritiae (vd. anche VII 55, 6 sgg.); Petron. 42, 2 cum mulsi pultarium
obduxi, frigori laecasin dico; CIL IV 1854 Caliste, devora; 5396 Ccossuti
[sic], fela ima; sullargomento E. Degani, Laecasin =
, RCCM
4, 1962, pp. 362-365 (ora in Filologia e Storia. Scritti di Enzo Degani, I,
Hildesheim-Zrich-New York 2004, pp. 383-386); Housman 19312, p. 410
sg. (= Class. Pap., p. 1182 sg.). Lespressione, posta tra virgolette dagli
editori a partire da Lindsay, ha dato luogo ad alcuni fraintendimenti: Izaac,
Ceronetti (Torino 1964) e Norcio, lhanno attribuita a Cordo e considerata
unulteriore richiesta di epigrammi brevi (lerrore di Izaac era stato gi
segnalato nella recensione di Housman 1931, p. 82 = Class. Pap., p. 1173;
vd. ora Merli 1996, p. 220); si veda, ad es., la traduzione di Norcio: Mi
esorti, o Cordo, a scrivere epigrammi pi brevi e mi dici: Fai con me,
come fa Chione.

Epigramma 84

499

84
Quid narrat tua moecha? Non puellam
dixi, Gongyilion. Quid ergo? Linguam.
cum 83 con. f post 85 hab. P tit. ad gongylionem f in mg. (gonc- fs.l.): ad congylionem
ad goncilionem P ad concylionem L ad goncilium Q 2 Gongylion Schneidewin: congylion
gongylium f goncylium PQ gonciliom Q concylium L Tongilion hblvv1 ed. Rom. 1
ed. Ferr. ed. Ven. ed. Ald. 1501 Schneidewin

Che racconta la tua adultera? Non dicevo


la tua ragazza, Gongilione. Che cosa dunque? La tua lingua.
Lepigramma prende di mira Gongilione (sul nome vd. la n. al v. 1).
Nel primo verso il bersaglio di Marziale sembra essere la sua relazione
extraconiugale con una donna (tua moecha), ma lultima parola
dellepigramma (linguam) rivela che il vero obiettivo della satira la
perversione sessuale del protagonista, che impurus ore, oltre che
adultero. Secondo Shackleton Bailey 1989, p. 134 (vd. anche SB2, p.
263 n. d) con tua moecha (v. 1) bisogna intendere your wifes female
lover; egli porta a confronto lespressione tui Deiphobi di III 85, 4. La
spiegazione appare piuttosto capziosa e non convincente; inoltre mentre
nellespressione tui Deiphobi di III 85, 4, rivolta ad un marito che ha
mutilato del naso lamante della moglie, laggettivo possessivo consente
unironica attualizzazione della vicenda mitica rievocata (vd. la n. ad loc.),
qui con tua moecha difcilmente potr trattarsi daltro che dellamante di
Gongilione (cfr. XI 11, 5 sg. te potare decet gemma, qui Mentora frangis,
/ in scaphium moechae, Sardanapalle, tuae). Non si vede inoltre perch
Marziale dovrebbe domandare a Gongilione cosa racconta lamante (femmina) di sua moglie. Senzaltro da riutare anche linterpretazione di Eden
1999, p. 579, per cui destinatario dellepigramma non sarebbe un uomo,
bens una donna (Gongylion sarebbe da intendere come diminutivo di
); tua moecha farebbe pensare ad una rivale, mentre in realt
she is herself her own rival, offering her clients her tongue ad fellandum
in lieu of her vagina.

500

M. Val. Martialis liber tertius

1. moecha: su moechus / a vd. la n. a 70, 1.


2. Gongylion: la forma stata introdotta da F.W. Schneidewin (vd. Id.,
Martialis III, 84, RhM 4, 1846, p. 149 sg.) nella sua editio minor del
1853, seguito da tutti gli editori. Gongylion, non lontano dal testo trdito,
diminutivo del nome greco
, attestato a Delo, in Eubea e a
Corinto (vd. Fraser-Matthiews, I, p. 109; III A, p. 101); per i diminutivi in
di nomi propri maschili cfr. III 82, 32 Malchionis. Tongilion, diffuso
nella tradizione umanistica, probabilmente tentativo congetturale, basato
su nomi analoghi in Marziale (Tongilius in II 40; Tongilianus in III 52;
XII 88), ma non attestato. quid ergo?: espressione ellittica di natura
colloquiale, che introduce un elemento dialogico nellepigramma (cfr. il
gr.
); frequente in prosa, ricorre raramente in poesia; in Marziale
vi sono vari casi, spesso in preparazione della pointe: cfr. I 41, 2; IV 53,
8; IX 4, 4; 22, 16; vd. al riguardo Siedschlag 1977, p. 27. - linguam: il
termine orienta immediatamente il lettore verso il sesso orale; sulluso di
lingua in contesti di allusione sessuale vd. la n. a 81, 2; Greenwood 1998.
Per lanalogia della situazione cfr. XI 61, 1 lingua maritus, moechus ore
Nanneius.

Epigramma 85

501

85
Quis tibi persuasit naris abscidere moecho?
Non hac peccatum est parte, marite, tibi.
Stulte, quid egisti? Nihil hic tibi perdidit uxor,
cum sit salva tui mentula Deiphobi.
hab. T; vv. 1-2 hab. R tit. ad maritum zelotypum
EXV: ad maritum zelopitum A 1
persuasit TR : persuassit R naris T: nares R
abscidere Lf : abscindere PQ 2
parte LPQfEAV: parce X parcte f 3 stulte TPQf : sulte L nihil T : nil
tibi T:
tua
4 tui LPfEAX: tua V sui Qv1 tibi T ed. Rom. 2 ed. Ald. sibi ed. Ferr. deiphobi
LPf: dei phoebi Qf diei phoebi T

Chi ti ha spinto ad amputare il naso allamante di tua moglie?


Non con quella parte, o marito, che ti stato fatto un torto.
Stolto, coshai fatto? Tua moglie non ci ha perso nulla,
dal momento che salvo il cazzo del tuo Deifobo.
Lepigramma rivolto ad un marito che ha punito lamante della moglie
amputandogli il naso. Marziale gli fa presente la stoltezza di tale ferocia,
che consente allamante, novello Deifobo, di continuare a comportarsi come prima. Il tema costituisce una variazione di II 83 foedasti miserum,
marite, moechum, / et se, qui fuerant prius, requirunt / trunci naribus
auribusque vultus. / credis te satis esse vindicatum? / erras: iste potest et
irrumare (sul senso dellultimo verso, piuttosto dibattuto, vd. Shackleton
Bailey 1989, p. 133: iste potest (etiamnunc) non modo futuere, sed etiam
irrumare; Williams, ad loc.). Qui la conclusione, che utilizza in chiave
parodica lepisodio di Deifobo dellEneide (vd. la n. al v. 4), conferisce
allepigramma unarguzia senzaltro maggiore. Il personaggio preso di mira
nellepigramma il tipo del marito sciocco (cfr. v. 3 stulte), oggetto anche
altrove della satira di Marziale (vd. la n. intr. allepigr. 26). La satira contro il
marito, che signicativamente Marziale apostrofa soltanto con il vocativo
marite (come in II 83), in modo da estendere laccusa allintera categoria,
intensicata dallinsistita anafora del pronome di seconda persona (1
tibi; 2 tibi; 3 tibi; 4 tui), che pone in risalto il continuo affannarsi del
personaggio per la situazione, ma anche linefcacia delle sue soluzioni.

502

M. Val. Martialis liber tertius

1. naris abscidere: la mutilazione di parti del corpo (compresa la castrazione) era spesso la punizione subita dagli adulteri clti in agrante: cfr.
II 60; III 92; Plaut. mil. 862 sg.; 1394-1427; Poen. 862 sg. Hor. sat. I 2, 41
sgg.; 132 sgg.; Val. Max. VI 1, 13; sullargomento vd. Treggiari 1991, p. 264
sgg.; J.N. Adams, Martial 2. 83, CPh 78, 1983, pp. 311-315. La forma
dellaccusativo in is, accolta dagli tutti gli editori a partire da Lindsay,
tramandata qui dal solo T (nares non solo in
, ma anche in R, laltro
rappresentante della prima famiglia e, in Marziale, ancora in IX 59, 11).
Naris ricorre per a conclusione della descrizione di Deifobo mutilato in
Verg. Aen. VI 497 cit. nella n. al v. 4. Sulle forme di accusativo plurale in
is in Marziale vd. la n. a 10, 2. moecho: sul vocabolo vd. la n. a 70, 1.
2. non hac parte: sc. corporis; pars eufemismo frequente in Marziale
per indicare le parti intime del corpo: cfr. II 54, 2; III 87, 3; XI 22, 9 sg.;
XII 96, 12; XIV 174, 2; vd. Adams, LSV, p. 45; ThlL X 1, 468, 33 sgg. Qui
lindeterminatezza dellespressione favorisce leffetto comico realizzato
allultimo verso dallesplicito mentula.
3. stulte: in posizione di rilievo ad inizio di verso; per lapostrofe cfr. VI
10, 12; 63, 3; IX 96, 2; X 100, 1; XIV 140, 1; vd. anche II 40, 8. Stultus e
stultitia appartengono alla lingua colloquiale e sono estranei alla poesia
elevata (vd. Axelson 1945, p. 100): il vocativo ricorre in Plaut. Bacch. 814;
Pers. 830; Rud. 557; Ter. Ad. 724. tibi: tra gli editori moderni tua di
stato accolto da SB (che propone per dubbiosamente in apparato sibi)
e Watson-Watson (anche Gilbert in apparato si mostra favorevole: tua
Scriv., recte; nam cfr. idem vitium in T v. 4). Tua senzaltro una lectio
facilior, che potrebbe essere stata provocata dal tui del verso seguente,
mentre tibi un ironico dativus ethicus, comune nella lingua duso (vd.
Khner-Stegmann, II, p. 324; Hofmann-Szantyr, p. 92 sgg.; Hofmann,
LU, p. 292 sgg.): si tratta di un caso in cui lazione di un altro, espressa dal
verbo, viene messa in relazione con il vantaggio o lo svantaggio personale,
in modo logicamente superuo o inopportuno (Hofmann, LU, p. 293
sg.): cfr. Ter. Heaut. 820 scin, ubi nunc sit tibi tua Bacchis?; Cic. Catil.
2, 10 qui mihi accubantes in conviviis complexi mulieres impudicas,
vino languidi eructant sermonibus suis caedem bonorum atque urbis
incendia; Hor. epist. I 3, 15 quid mihi Celsus agit.
4: la conclusione ricalca nel senso quella di II 83 cit. nella n. intr.
Linefcacia delle risoluzioni del marito rimarcata dal volgare mentula
(per cui vd. la n. a 68, 7 sgg.). tui Deiphobi: lappellativo di Deifobo

Epigramma 85

503

per ladultero mutilato allude giocosamente a Virgilio: Deifobo, glio di


Priamo, spos Elena dopo la morte di Paride e fu mutilato e ucciso da
Menelao nella notte della caduta di Troia; Virgilio lo fa incontrare ad Enea
nella sua discesa agli Inferi: cfr. Aen. VI 494 sgg. atque hic Priamiden
laniatum corpore toto / Deiphobum vidit, lacerum crudeliter ora, /
ora manusque ambas populataque tempora raptis / auribus et truncas
inhonesto volnere naris (sul personaggio vd. EV II, s.v. Deifobo, p. 15 sg.;
RE IV 2404). Sulluso da parte di Marziale della mitologia a ni comici
vd. la n. a 32, 3. Sul riferimento, spesso in chiave parodica, a situazioni e
personaggi dellepica virgiliana cfr. 78, 2; 88, 1; vd. Citroni 19872, p. 399. La
lezione sui (Qv1), accolta in diverse edizioni prescientiche (Ramirez de
Prado, Scriverius, Schrevel, Collesso), una chiara banalizzazione: la satira
di Marziale rivolta al marito, novello Menelao, cui il pronome di seconda
persona riconduce la responsabilit dellinutile mutilazione dellamante.

504

M. Val. Martialis liber tertius

86
Ne legeres partem lascivi, casta, libelli,
praedixi et monui: tu tamen, ecce, legis.
Sed si Panniculum spectas et, casta, Latinum,non sunt haec mimis improbiora,-lege.
hab. T tit. ad castam T
1 ne legeres
: nec legeres T lascivi LQf : lascivia P
praedixisti T 3 panniculum TLPQf : penniculum fs.l. spectas et T: spectas tu LPQf
si spectas si exspectas fs.l. latinum TLf : latinus P latini Q 4 mimis TLfAXV: nimis
E minus PQ

Ti ho detto in anticipo e avvertito di non leggere, o casta,


la parte lasciva del libretto: ma tu ecco che leggi.
Per se guardi Pannicolo, o casta, e Latino, questi carmi non sono pi licenziosi dei mimi - leggi pure.
Lepigramma ancora rivolto alla matrona, che nellepigr. 68, sul limitare
della sezione oscena del libro, Marziale aveva difdato dal proseguire la
lettura di epigrammi licenziosi. Come ipotizzato dal poeta nei versi nali
di quellepigramma (11 sg.), il suo avviso non ha sortito alcun effetto,
stimolando anzi una lettura pi attenta della sezione. Il primo distico
dellepigramma si ricollega esplicitamente allepigr. 68: incurante del suo
avviso a non procedere nella lettura, la matrona continua a leggere. Ma
come assiste a teatro al mimo (rappresentato dai nomi di Pannicolo e
Latino), cos pu leggere i suoi epigrammi che non sono certo pi licenziosi
(improbiora). Lepigramma sviluppa dunque una forma di apologia della
poesia piccante, attraverso un parallelo con il mimo, genere licenzioso,
ma considerato innocuo. Come nel caso dellepigr. 68 (di cui vd. la n.
intr.), il modello del discorso di Marziale Ovidio, che si era servito del
mimo per giusticare la licenziosit dei suoi carmi: trist. II 497 sgg. quid
si scripsissem mimos obscena iocantes, / qui semper vetiti crimen amoris
habent, / in quibus adsidue cultus procedit adulter, / verbaque dat stulto
callida nupta viro? / nubilis hoc virgo matronaque virque puerque /
spectat, et ex magna parte senatus adest; 515 sg. scribere si fas est imitantes
turpia mimos, / materiae minor est debita poena meae. Marziale istituisce

Epigramma 86

505

pi volte un parallelo tra la sua poesia e il mimo, specialmente in contesti


programmatici: cfr. I epist. 14 sg. epigrammata illis scribuntur qui solent
spectare Florales. non intret Cato theatrum meum, aut si intraverit,
spectet; I 4, 5 sg. (rivolto a Domiziano) qua Thymelen spectas derisoremque
Latinum, / illa fronte precor carmina nostra legas; 35, 8 sg. quis Floralia
vestit et stolatum / permittit meretricibus pudorem?; altrove la rinuncia al
carattere licenzioso in un libro dedicato allimperatore si congura come
esclusione dellelemento mimico: cfr. VIII epist. 11 sgg. quamvis autem
epigrammata a severissimis quoque et summae fortunae viris ita scripta
sint ut mimicam verborum licentiam affectasse videantur, ego tamen illis
non permisi tam lascive loqui quam solent (sul rapporto tra epigrammi di
Marziale e mimo vd. Canobbio 2001, p. 210 sgg.).
1. partem lascivi libelli: enallage per partem lascivam libelli.
Marziale si riferisce agli epigrammi 68-100: per luso di pars in riferimento
a questa sezione del libro cfr. 68, 3 gymnasium, thermae, stadium est hac
parte. Secondo Friedlaender lespressione indicherebbe genericamente gli
epigrammi licenziosi contenuti nellintero libro (43), ma lespressione di
Marziale fa chiaramente riferimento alla sezione introdotta dallepigr. 68
(cfr. il verso seguente). La lascivia considerata da Marziale un elemento
costitutivo dei suoi epigrammi: cfr. I epist. 9 sg. lascivam verborum
veritatem, id est epigrammaton linguam, excusarem, si meum esset
exemplum; 4, 8 lasciva est nobis pagina; IV 14, 12 lascivis madidos iocis
libellos; V 2, 5 lascivos lege quattuor libellos; VII 51, 2 et lasciva tamen
carmina nosse libet; 68, 3 quod si lascivos admittit et ille libellos; VIII
epist. 11 sgg. cit. nella n. intr.; XI 16, 3 iam mea Lampsacio lascivit pagina
versu; cfr. anche VII 17, 4 lascivae Thaliae; Sidonio Apollinare (epist. IV
1, 2) individua la lascivia come elemento caratterizzante dellepigramma.
Si tratta di un elemento caratteristico della poesia elegiaca ed erotica in
genere: cfr. III 20, 6 lascivus elegis; VIII 73, 5 lascive Properti; IX 26, 10
lascivum opus (della poesia giovanile di Nerone); X 64, 5 lascivo
versu (di versi erotici di Lucano); XI 20, 1 Caesaris Augusti lascivos
versus; vd. anche Prop. II 34, 87 lascivi Catulli; Ov. ars II 497 lascivi
praeceptor amoris; III 27 lascivi amores; 331 Sappho, quid enim
lascivius illa?; Tac. dial. 10, 5 elegorum lascivias; altri esempi in ThlL VII
2, 985, 73 sgg.; sullargomento P. Migliorini, Lascivus nella terminologia
critico-letteraria latina, Anazetesis 2-3, 1980, pp. 14-21. casta: epiteto

506

M. Val. Martialis liber tertius

consueto delle matrone, anche nelle epigra; cfr. Priap. 8, 1 sg. matronae
procul hinc abite castae / turpe est vos legere impudica verba; vd. ThlL III
566, 53 sgg.; qui contiene una sfumatura ironica.
2. praedixi et monui: il riferimento allepigr. 68.
3. Panniculum Latinum: due celebri mimi del tempo. Marziale li
nomina ancora insieme come rappresentanti del genere in II 72, 3 sg.; V
61, 11 sg. Latino, favorito di Domiziano e forse suo delatore (cfr. Iuv. 1,
33 sgg. con il commento di Courtney), menzionato anche in I 4, 5 (con
Timele) e in XIII 2, 3. Marziale scrisse anche un epitao per lui (IX 28),
probabilmente destinato ad un suo ritratto (vd. RE XXII A 937, 40 sgg.).
Le matrone potevano liberamente assistere ai mimi: cfr. Ov. trist. II 501 cit.
nella n. intr.; Mart. II 41, 15 sg. spectas et: il testo trdito da T, accolto da
tutti gli editori moderni, appare senzaltro preferibile rispetto a si spectas di
e a spectas tu di LPQf. Allorigine delle varianti sta certamente la caduta
di un monosillabo, supplita in diversi modi. Mentre la lezione di LPQf
evidentemente insostenibile, poich necessaria una congiunzione tra
Panniculum e Latinum, la lezione di , accolta da Schneidewin1, stata
tenuta in considerazione da Heraeus (fortasse recte p. XXXII) e sostenuta
da Schmid 1984, p. 432, che considera la lezione di T una normalizzazione,
con lattribuzione immediata del verbo a Panniculum. Per una rivalutazione
della variante di , dominante nella tradizione umanistica e nelle edizioni
prescientiche, vd. anche Di Giovine 2002, p. 139 sg., che a sostegno
del costrutto con anafora di si nello stesso verso, con il verbo legato al
secondo si, cita IV 86, 6 si te pectore, si tenebit ore; VI 64, 30 si dolor et
bilis, si iusta coegerit ira; VIII 73, 10 si qua Corinna mihi, si quis Alexis
erit; X 13 (20), 9 si tibi mens eadem, si nostri mutua cura est. Tuttavia la
lezione di T sembra preferibile in quanto Marziale nomina Pannicolo e
Latino come coppia di mimi anche in II 72, 3 sg. os tibi percisum quanto
non ipse Latinus / vilia Panniculi percutit ora sono e V 61, 11 sg. o quam
dignus eras alapis, Mariane, Latini: / te successurum credo ego Panniculo;
Latino svolgeva il ruolo del cultus adulter e Pannicolo quello dello stupidus
maritus, sua spalla nel cosiddetto mimo delladulterio (vd. Canobbio
2001, p. 203 sgg.); la congiunzione et unisce pertanto opportunamente
i due attori che facevano parte dello stesso spettacolo, laddove lanafora
del si lascerebbe pensare a due distinti mimi. La lezione di inoltre
sconsigliata dalla cosiddetta legge di Marx, che sancisce il divieto di porre
un monosillabo tra cesura pentemimere e parola spondaica (vd. le nn. a

Epigramma 86

507

15, 1; 36, 3; 65, 3). Linterpunzione del verso (casta vocativo tra virgole) si
deve a Gilbert 1884, p. 516.
4. mimis improbiora: sulla licenziosit del mimo cfr. VIII epist. 12 sg.
mimicam verborum licentiam; Ov. trist. II 497 mimos obscena iocantes;
515 imitantes turpia mimos; Diom. gramm. I 491, 13 (= Suet. frg. 3
p. 13, 1) mimus est sermonis cuiuslibet <et> motus cum lascivia
imitatio; in generale sul mimo vd. H. Reich, Der Mimus. Ein litterarentwicklungsgeschichtlicher Versuch, I, Berlin 1903, spec. pp. 50-80
(testimonianze antiche sul mimo). Per improbus nellaccezione erotica di
lascivo, licenzioso (ThlL VII 1, 691, 51 sgg.) cfr. III 75, 4 improba
satureia; VIII 24, 2 improba charta; Ov. am. II 5, 23 improba
oscula; ars III 796 improba verba; trist. II 441 sg. improba / carmina;
vd. Friedlaender, SR II 394 sg. Per lopposizione castus / improbus cfr. IV
6, 1 sgg. credi virgine castior pudica / et frontis tenerae cupis videri, /
cum sis improbior eqs. lege: per la chiusa del pentametro con una sillaba
breve, per lo pi evitata nella poesia augustea, vd. la n. a 19, 6 fera.

508

M. Val. Martialis liber tertius

87
Narrat te rumor, Chione, numquam esse fututam
atque nihil cunno purius esse tuo.
Tecta tamen non hac, qua debes, parte lavaris:
si pudor est, transfer subligar in faciem.
hab. T tit. ad chionem (- L)EAV: ad hionem X ad chione T 1 narrat te rumor chione
PQf : narrat te rumor chionem L narrata rumor chione fut vid. narrat rumor te chione
Q narrat te chione rumor T fututam LPQfEAXV: futuitam P futuam A salitam T 2
nihil cunno
: mihi monstro T purius TPQf : prius L 3 qua
: que T 4 transfer
TQf : transfers LPf subligar : subligare T

Le voci raccontano che non sei mai stata fottuta, Chione,


e che non c nulla di pi puro della tua ca.
Tuttavia ti lavi coprendo non la parte che dovresti:
se hai pudore, sposta il costume in faccia.
Epigramma scommatico diretto contro la fellatrix Chione (cfr. 83, 2;
97). Il primo distico presenta il personaggio in termini di purezza morale;
il v. 3 insinua il dubbio, aprendo il campo alla pointe del v. 4, che rivela la
reale natura di Chione. Costruito e concluso in modo simile lepigramma
IV 84 non est in populo nec urbe tota / a se Thaida qui probet fututam, /
cum multi cupiant rogentque multi. / tam casta est, rogo, Thais? immo
fellat.
1. Narrat te rumor, Chione: lordo verborum della seconda e della terza
famiglia stato preferito da Lindsay, Izaac, SB; i restanti editori hanno
invece accolto il testo offerto da T (narrat te, Chione, rumor). In III 83,
2 e 97, 1 il nome Chione collocato nella stessa posizione metrica che
occupa in T; ci rende pi probabile uninversione da parte di T, sulla
base di una reminiscenza ritmica, che non il contrario. Forse linversione
dovuta allavvicinamento del nome proprio al relativo pronome.
Lordo di T realizza inoltre un omeoteleuto di tipo non presente altrove
in Marziale (te Chione; vd. al riguardo Shackleton Bailey 1994, pp. 5255). Sullattribuzione a voci popolari (rumor) delle insinuazioni di natura

Epigramma 87

509

sessuale vd. la n. a 80, 2. numquam esse fututam: la stessa chiusura di


verso in XI 62, 1. Per luso di futuo vd. la n. a 72, 1.
2. nihil cunno purius esse: esagerazione propria della lingua duso, per cui
vd. la n. a 69, 3 nihil est te sanctius uno. Qui insinua nel lettore il dubbio
che la conclusione presenti un attacco di natura sessuale. Allo stesso modo
fornisce unanticipazione del bersaglio dellepigramma laggettivo purus,
che Marziale spesso utilizza in relazione al sesso orale (vd. la n. a 75, 5).
3. hac parte: ablativo di rispetto (vd. Hofmann-Szantyr, p. 134 sg.); per
la costruzione cfr. VII 7, 3 fractus cornu iam ter improbo Rhenus (per
la difesa del testo trdito contro la congettura improbum di SB, accolta da
Galn Vioque, vd. quanto ho scritto in RPL 26, 2003, p. 203 sg.). Pars
spesso usato da Marziale come eufemismo per indicare i genitali (vd. la n.
a 85, 2); in questo caso consente di mantenere no in fondo lambiguit.
4. si pudor est: per il richiamo al pudor quale freno morale vd. la n. a
74, 5. subligar: il sostantivo hapax in Marziale (cfr. VII 67, 4 harpasto
quoque subligata ludit). Il subligar o subligaculum era una sorta di
perizoma indossato dagli attori: cfr. Cic. off. I 129 scaenicorum quidem
mos tantam habet vetere disciplina verecundiam, ut in scaenam sine
subligaculo prodeat nemo; verentur enim ne, si quo casu evenerit, ut
corporis partes quaedam aperiantur, aspiciantur non decore; Iuv. 6, 70
personam thyrsumque tenent et subligar Acci; vd. OLD, s.v. Da questo
verso di Marziale si evince che il termine era usato anche per indicare il
costume indossato dalle donne alle terme (vd. Busch 1999, p. 497). in
faciem: come spesso accade in Marziale lultima parola realizza la pointe
dellepigramma, rivelando quale sia la parte impura della protagonista. Per
lidea che il sesso orale avesse inuenze negative sullalito vd. la n. intr.
allepigr. 17.

510

M. Val. Martialis liber tertius

88
Sunt gemini fratres, diversa sed inguina lingunt.
Dicite, dissimiles sunt magis an similes?
tit. de duobus fratribus : de geminis fratribus
1 diversa sed LPfV: diversaque Q diversi
sed EAX 2 sunt : sint
similes LPQf : dissimiles P

Sono fratelli gemelli, ma leccano sessi differenti.


Ditemi, sono pi dissimili o simili?
Due gemelli sono luno fellator, laltro cunnilingus. Marziale si domanda
se sia maggiore il legame che li unisce o la differenza che li divide.
La conclusione dellepigramma mette in discussione lidea, diffusa
anche nella cultura romana, che vuole i gemelli come degli autentici doppi, identici persino nel campo delle preferenze amorose (un esempio
signicativo quello dei Dioscuri e dei loro cugini gemelli Afaretidi,
innamorati delle stesse donne, le gemelle Febe e Ilaeira, glie di Leucippo;
sullargomento vd. F. Mencacci, I fratelli amici. La rappresentazione dei
gemelli nella cultura romana, Venezia 1996, spec. p. 101 sgg.). Pi che
nella pointe nale, il distico racchiude per la sua arguzia nel verso iniziale,
evidente ripresa in chiave parodica di un verso virgiliano: Aen. VII 670
tum gemini fratres Tiburtia moenia lincunt (la voluta allusione
virgiliana assicurata dalla presenza del nesso gemini fratres, collocato
nella stessa sede metrica, e dalla quasi completa omofonia del verbo,
collocato in clausola). Leffetto comico intensicato dallestensione
del gioco parodico allethos dei personaggi: alla caratterizzazione epica
dei guerrieri virgiliani fa da contraltare la perversa sessualit dei gemelli
di Marziale (sulla totale condanna delle pratiche di sesso orale praticate
da uomini vd. le nn. intr. agli epigr. 73 e 81; sulla ripresa di situazioni e
personaggi virgiliani in contesti parodici cfr. 78, 2; 85, 4; vd. Citroni 19872,
p. 399). Gemini fratres ricorre nella stessa posizione anche in Ov. met. V
107 e Lucan. III 603. Lintento parodistico di Marziale potrebbe includere,
come proposto da Citroni 19872, p. 399, anche il verso lucaneo, inserito in
un contesto in cui viene sottolineato che due gemelli vanno incontro ad un
diverso destino: stant gemini fratres, fecundae gloria matris, / quos eadem

Epigramma 88

511

variis genuerunt viscera fatis; / discrevit mors saeva viros, unumque


relictum / agnorunt miseri sublato errore parentes, / aeternis causam
lacrimis; tenet ille dolorem / semper et amissum fratrem lugentibus offert
(603-608). La completa identit, sia in vita che in morte, dei fratelli alla
base dellepigramma dedicato ai fratelli Publio e Gaio Casca (AL 457 R.
= 455 SB), che presenta in conclusione unallusione sessuale, anche se di
segno opposto rispetto a quella di Marziale (cfr. v. 7 sg. par fratrum multo
celebrandum carmine vatum, / una si erent parte minus gemini!; vd.
W.D. Lebek, Gemini und gemelli: Anthologia Latina2 (Riese) 457, 8 und
Catull. 57, 6, RhM 125, 1982, pp. 176-180).
1. inguina: eufemismo frequente per i genitali sia maschili che femminili
(vd. la n. a 72, 5).
2. sunt: la scelta del modo presenta qualche margine di dubbio e dipende
dalla considerazione dellinterrogativa come diretta o indiretta; lindicativo
di appare pi adatto al carattere umgangssprachlich del distico ed
preferito dagli editori. Per casi analoghi cfr. 95, 3 cur hoc expectas a me,
rogo, Naevole, dicas (expectas T : expectes ); V 55, 1 dic mihi, quem
portas ( : portes ); XIII 14, 2 dic mihi, cur nostras inchoat illa dapes?
(inchoat RQ: inchoet LPf ). Sulla predilezione della lingua colloquiale per
la paratassi vd. Hofmann, LU, p. 249 sgg.

512

M. Val. Martialis liber tertius

89
Utere lactucis et mollibus utere malvis:
nam faciem durum, Phoebe, cacantis habes.
hab. R tit. ad phoebum R
1 mollibus R EAV: mollis EX malvis RQ : malbis
LPQf 2 nam : non R durum R EAXV: duram V

Fa uso di lattuga e fa uso di tenera malva:


infatti hai la faccia, Febo, di uno che caca duro.
Marziale prende di mira un certo Febo, il cui viso contratto somiglia a
quello di chi ha difcolt ad andare di corpo, consigliando come soluzione
al suo problema luso di verdura dal potere lassativo. Fondata sullo stesso
motivo la battuta di scherno indirizzata da un tale a Vespasiano, secondo
quanto narrato da Suetonio (Vesp. 20): fuit vultu veluti nitentis; de
quo quidam urbanorum non infacete, siquidem petenti, ut et in se aliquid
diceret, dicam -inquit- cum ventrem exonerare desieris. Il nome Phoebus
spesso utilizzato da Marziale in epigrammi scommatici per diversi tipi (in
questo libro cfr. epigr. 73).
1. lactucis: sui poteri lassativi della lattuga cfr. XI 52, 5 sg. prima tibi
dabitur ventri lactuca movendo / utilis con il commento di Kay; vd.
anche Cels. II 29, 1; Colum. I praef. 16; Plin. nat. XXXII 101. mollibus
malvis: cfr. X 48, 7 exoneraturas ventrem malvas. Le sue doti
lassative sono ricordate spesso: cfr. Cic. epist. VII 26, 2; Hor. epod. 2,
58; carm. I 31, 16; Ov. fast. IV 697; Plin. nat. XX 222 sgg.; Cels. II 20, 1;
29, 1; Scrib. Larg. 99. Anche letimologia del termine veniva ricondotta ai
suoi poteri: cfr. Plin. nat. XX 222 alteram ab emolliendo ventre dictam
putant malachen; Isid. orig. XVII 10, 5 malva ex parte graeco vocabulo
appellatur
; vd. Maltby 1991, p. 361 sg. La iunctura
realizza quindi un gioco etimologico.
2. durum: per luso dellattributo in analogo contesto cfr. Catull. 23,
20 sg. nec toto decies cacas in anno / atque id durius est faba et lapillis
(lupillis Gulielmus); vd. ThlL V 1, 2305, 18 sgg.; per la valenza avverbiale
cfr. Cels. II 7, 5 venter nihil reddit nisi et aegre et durum; vd. ThlL V 1,

Epigramma 89

513

2313, 7 sgg. cacantis: forte volgarismo (per cui vd. la n. a 44, 11). In II
87, 2 qui faciem sub aqua, Sexte, natantis habes, la lezione di cacantis
(natantis R ) probabilmente interpolata da questo verso (cfr. faciem
nella stessa posizione metrica e il secondo hemiepes del pentametro, pressoch identico Sexte, natantis habes ~ Phoebe, cacantis habes).

514

M. Val. Martialis liber tertius

90
Vult, non vult dare Galla mihi, nec dicere possum,
quod vult et non vult, quid sibi Galla velit.
hab. R tit. de galla
: ad gallam R 1 vult non vult RPAV: volt non volt Lf volt non
vult QEX vult non vul V 2 quod R : quid
vult et non vult RPAV: volt et non volt
Lf volt et non vult QEX et non vult R quid : quod R

Vuole e non vuole darmela Galla, e non posso dire,


poich vuole e non vuole, che diamine voglia Galla.
Galla sempre contraddittoria nel rispondere alle avances del poeta,
il quale ammette di non riuscire a capire le vere intenzioni della donna.
Lepigramma prende di mira la proverbiale volubilit femminile (per cui
vd. Tosi 1994, nr. 1383), efcacemente espressa in apertura di epigramma
dallasindeto vult, non vult. La conclusione di Marziale gioca con il verbo
velle, centrale nel componimento (vd. Joepgen 1967, p. 153): dal momento
che Galla si contraddice continuamente, non possibile dire quale sia la
sua volont. Senzaltro da respingere linterpretazione dellepigramma di
Calderini, recentemente ripresa da Galn Vioque, p. 430, che vede un gioco
sul doppio senso di dare (Galla deformis erat volebatque futui a Martiale
sed nihil dare volebat. Deformes autem fututorem pretio concilient
necesse est). Il nome Galla ricorre per un analogo tipo in II 25 (cfr. v. 1
das numquam, semper promittis) e in III 51.
1. Vult, non vult: lasindeto sottolinea efcacemente il repentino mutamento di pensiero di Galla; laccostamento volo / nolo esprime in modo
proverbiale la volubilit femminile in Auson. 39, 5 sg. p. 333 P. (epigr.
40, 5 sg. G.) callida sed mediae Veneris mihi venditet artem / femina,
quae iungat quod volo nolo vocant; cfr. anche Ter. Phorm. 950 nolo
volo; volo nolo rursum. dare: luso ellittico in senso erotico, frequente in
Marziale, doveva essere comune nella lingua parlata: cfr. anche Catull. 110,
4; Ov. am. I 4, 64. 65. 70; III 8, 34; ars I 345; 454; 674; Priap. 50, 3; AL
459, 2; vd. Pichon, p. 122; ThlL V 1, 1673, 35 sgg.; Adams 1981, p. 127;
Hey, Euphemismus, p. 532. Per il corrispondente uso ellittico di

Epigramma 90

515

in greco cfr. AP XII 19, 2 (anonimo); 218, 3 (Stratone); per


cfr. Ar. Lys. 162; 227; vd. Henderson 1975, p. 161. nec dicere possum: in
clausola anche in Ov. trist. IV 3, 31.
2. quid sibi velit: Marziale gioca con le sfumature del verbo velle:
nellespressione, che tradisce lirritazione del poeta per il comportamento di
Galla, sono presenti sia il signicato abituale cosa signichi sia quello pi
letterale cosa voglia per s. Lespressione appartiene alla Umgangssprache
(vd. Khner-Stegmann, II, p. 324); frequente in commedia (cfr. Plaut.
Am. 1028; Aul. 636; Bac. 586; mer. 907; mil. 1050; Poen. 152; 324; 414;
Pseud. 1147; Rud. 1056; Ter. Heau. 61; Eun. 559; 804) e nella satira (cfr.
Hor. sat. I 2, 69; II 5, 61; 6, 29; Pers. 5, 144); ricorre talvolta in poesia (cfr.
Prop. I 5, 3; Ov. met. IX 474; fast. I 185; VI 654); per Marziale cfr. IV 5,
2; 47, 2; VI 54, 3.

516

M. Val. Martialis liber tertius

91
Cum peteret patriae missicius arva Ravennae,
semiviro Cybeles cum grege iunxit iter.
Huic comes haerebat domini fugitivus Achillas
insignis forma nequitiaque puer.
Hoc steriles sensere viri: qua parte cubaret
quaerunt. Sed tacitos sensit et ille dolos:
mentitur, credunt. Somni post vina petuntur:
continuo ferrum noxia turba rapit
exciduntque senem spondae qui parte iacebat;
namque puer pluteo vindice tutus erat.
Suppositam quondam fama est pro virgine cervam,
at nunc pro cervo mentula supposita est.

10

hab. T tit. de missicio et achilla : de missicio et archigallis A de missicio et ahrigallis E


(ahcrigallis E) de missicio et arcrigallis XV de amisicio et archigalli T 1 ravennae TPQf :
rabennae L 2 semiviro TLPQf : semivivo L cybeles
: cybiles T
cum grege
TQfEA: cum grece LPf congrege XV 3 huic TLPQf (L n.l.) haerebat TLPf :
habebat Q achillas : achilas T 5 steriles XV: stereles T sceriles EA scelriles A 6
quaerunt TLPQfs.l. : quaeret f tacitos T EAXVs.l.: tacitas V sensit T Es.l.AXV:
om. E 7 mentitur T EAV: mentitus X vina LPQf : bina L urna T (idem vitium in
XIII 114, 2) 9 exciduntque LPQf: inciduntque T exciditque fs.l.
senem
: semen
T qui iacebat Lf : qui latebat PQ cum iaceret T parte T EAXVs.l.: parce
V 10 pluteo Qf : pluteio LPf puteo T 11 suppositam cervam : suppositum
cervam T supposita cerva
quondam fama est T : fama est quondam
12 cervo
LPQf : puero Tfs.l.

Un soldato congedato, dirigendosi verso le terre della natia Ravenna,


si un nel cammino ad una schiera di evirati di Cibele.
Gli era a anco come compagno di viaggio lo schiavo fuggitivo Achilla,
ragazzo che si distingueva per bellezza e dissolutezza.
Gli evirati lo percepirono: gli domandano da che parte
5
del letto dorma. Ma anche lui percep la tacita insidia:
mente, gli credono. Dopo aver bevuto, si va a dormire:
subito la banda criminale afferra il coltello
e mutila il vecchio che giaceva dalla parte della sponda;
infatti il ragazzo era al sicuro, protetto dalla spalliera.
10

Epigramma 91

517

fama che un tempo una cerva fu sostituita ad una


vergine, ora ad un cervo stato sostituito un cazzo.
Marziale racconta un curioso aneddoto in versi, di ambientazione
cispadana. Un vecchio soldato congedato e un attraente giovane schiavo
fuggitivo, in cammino verso le terre di Ravenna, si uniscono nel viaggio
ad un gruppo di adepti di Cibele (sui sacerdoti evirati di Cibele, chiamati
Galli, vd. la n. intr. allepigr. 81). Questi meditano di castrare il giovane per
portarlo con loro, ma egli percepisce il pericolo e riesce a sfuggire allinsidia
a scapito del vecchio soldato. Marziale conclude la narrazione con un
richiamo al sacricio di Igenia, che gli consente un gioco di parole. Un
altro curioso aneddoto, anchesso concluso con una castrazione, narrato
nellepigr. 24 di questo libro; cfr. anche VIII 75; XI 82.
1. Cum peteret: come incipit ricorre anche in epigr. 23 (20); 29 (25b);
I 21; VI 89. patriae arva Ravennae: per la collocazione delle parole
cfr. IV 55, 26 curvae arva Vativescae; X 12, 2 Phaetontei arva Padi.
missicius: aggettivo sostantivato tratto dalla sfera militare; in poesia
compare soltanto qui (vd. ThlL VIII 1138, 1 sgg.).
2. semiviro: qui nellaccezione di eunuco: cfr. IX 20, 8 semiviri
Phryges; Varro Men. 132; Sen. epist. 108, 7; Sil. XVII 20; Iuv. 6, 513.
grege: il termine usato qui in accezione negativa: cfr. Hor. carm. I
37, 9 sg. contaminato cum grege turpium / morbo virorum (gli Egizi
di Cleopatra); Tac. ann. XV 37, 8 uni ex illo contaminatorum grege
in modum sollemnium coniugiorum denupsisset (sc. Nero); Suet. Tit.
7, 1 exoletorum et spadonum greges. Una compagnia di questo genere
descritta da Apuleio in met. VIII 24 sgg.
3. comes haerebat: espressione ridondante, usata sia nellepica che in
prosa: cfr. Stat. Theb. XI 357; Ach. I 345; Val. Fl. VIII 55; Plin. epist.
VII 27, 2; vd. ThlL VI 3, 2496, 8-25; in Marziale cfr. VII 45, 9 haesit qui
comes exuli parentis; 45, 11 haesisti comes exuli Neronis; XI 7, 8 haerebit
dominae vir comes ipse suae. Achillas: in Marziale il nome ricorre anche
in VII 57, 1 per un pugile; vd. anche ThlL I 395, 68 sgg.; sulla diffusione
di nomi greci per gli schiavi vd. la n. intr. allepigr. 65.
4. insignis forma: per la iunctura cfr. Verg. Aen. V 295 Euryalus forma
insignis viridique iuventa (per luso virgiliano vd. EV II, s.v. insignis, p.

518

M. Val. Martialis liber tertius

990 sg.); Tac. ann. XIII 19, 2 insignis genere, forma, lascivia (sc. Iuliana
Silana). nequitia: termine centrale nel lessico elegiaco (vd. Pichon, p.
212); in Marziale ha spesso una connotazione erotica: cfr. I 106, 6 certae
nequitias fututionis; IV 42, 4 nequitias tellus scit dare nulla magis; V 2,
3-5 tu, quem nequitiae procaciores / delectant nimium salesque nudi,
/ lascivos lege quattuor libellos; IX 67, 1 sg. lascivam tota possedi nocte
puellam, / cuius nequitias vincere nemo potest; vd. anche la n. a 69, 5
nequam iuvenes.
5 sg.: il racconto di Marziale, in ossequio alla brevit epigrammatica,
omette alcuni passaggi della vicenda: qui si deve immaginare che la
comitiva si fosse fermata ad una locanda per trascorrervi la notte. steriles
viri: sterilis vir si denisce levirato Attis in Catull. 63, 69 ego Maenas,
ego mei pars, ego vir sterilis ero?; in Marziale cfr. IX 7, 8 ne faceret steriles
saeva libido viros; vd. anche XIII 64, 1 sg. (tit. capones) succumbit sterili
frustra gallina marito. / hunc matris Cybeles esse decebat avem. sed
tacitos sensit et ille dolos: per lespressione cfr. III 19, 7 non sensit puer
esse dolos. Taciti doli iunctura presente in Val. Fl. I 63; Sil. XV 326 sg.
(al singolare).
7. mentitur, credunt: il verso tratteggia la rapida successione degli
eventi, espressa attraverso lasindeto. somni petuntur: per la iunctura
cfr. Verg. Aen. VII 88; Tib. I 10, 9; Ov. met. XIII 676; Sil. XIII 637 sg.;
Quint. inst. IX 4, 12. post vina: espressione brachilogica, per cui vd. la
n. a 68, 5.
8. continuo rapit: i termini, collocati agli estremi del verso, deniscono
la repentina azione della schiera. Continuo ricorre in prosa e in commedia,
ma anche in poesia elevata: cfr. Lucr. I 671; Verg. Aen. V 368; Ov. met.
XIV 362 (vd. Bmer2, ad loc.; ThlL IV 728, 42 sgg.). noxia turba: la
iunctura ricorre nella stessa posizione metrica in Ov. Ibis 174 per designare
i dannati: quasque tenet sedes noxia turba, coles. Rapio esprime lidea di
forza e rapidit; compare spesso, anche nelle forme composte, nellepica
virgiliana in relazione ad armi (vd. EV, s.v. rapio, IV, pp. 400-402): cfr. Verg.
Aen. VII 340 arma velit poscatque simul rapiatque iuventus; VIII 220
rapit arma manu; XI 651 nunc validam dextra rapit indefessa bipennem;
vd. anche VIII 211 rapto telo; XII 737 ferrum aurigae rapuisse Metisci;
260 sg. ferrum / corripite; 278 sg. ferrum / corripiunt.
9. excidunt: il verbo sinonimo di castrare (vd. ThlL V 2, 1241, 84
sgg.): cfr. Ov. fast. IV 361 cur Gallos, qui se excidere, vocamus?; Sen.

Epigramma 91

519

nat. VII 31, 3 alius genitalia excidit (abscidit ); Quint. inst. V 12, 17
puerorum virilitate excisa. Excidunt della seconda famiglia senzaltro
preferibile a excidit della terza, che ha laria di una normalizzazione (v. 8
rapit); il plurale trova sostegno anche nella lezione incidunt della prima
famiglia. spondae qui parte iacebat: la lezione di T (cum parte iaceret)
facilmente spiegabile come errore meccanico. Ker 1950, p. 16 sg. ha
proposto di correggere spondae qua parte iacebat (cfr. v. 5 qua parte
cubaret), attribuendo a sponda il signicato metonimico di letto, ma
spondae parte signica in lectuli parte quae sponda vocatur (SB1 in app.):
cfr. Isid. orig. XX 11, 5 sponda autem exterior pars lecti, pluteus interior;
vd. Marquardt 1886, p. 703; RE III A 2, 1847, 17 sgg.
10. pluteo: il pluteus la spalliera del letto, che difendeva il puer (cfr. Isid.
orig. XX 11, 5 cit. nella n. al v. 9): cfr. Suet. Cal. 26, 2 et cenanti modo ad
pluteum modo ad pedes stare succinctos linteo passus est; vd. OLD, s.v., n.
3; RE III, s.v. Betten, 371.
11 sg.: la conclusione realizza un gioco di parole che allude scherzosamente
al mito di Igenia in Aulide: la giovane fu salvata da Artemide che le sostitu
una cerva al momento del sacricio (suppositam pro virgine cervam); ora
una mentula ad essere sostituita ad un cervus (cos erano detti gli schiavi
fuggitivi: vd. infra). Sul mito cfr. Eur. Iph. Aul. 1578 sgg.; Iph. Taur. 28.
11: il verso che rievoca la vicenda di Igenia ha come modello Ovidio:
met. XII 34 supposita fertur mutasse Mycenida cerva; cfr. anche trist.
IV 4, 67 sg. hic pro supposita virgo Pelopeia cerva / sacra deae coluit
qualiacumque suae; Prop. III 22, 34 nec solvit Danaas subdita cerva rates;
Aetna 595 sg. nunc tristes circa subiectae altaria cervae / velatusque pater.
quondam fama est: lordo verborum di T stato preferito da tutti gli
editori, con leccezione di Duff e Ker, che accolgono il testo di (fama
est quondam), che elimina lomeoteleuto (per la cui presenza in Marziale
vd. Shackleton Bailey 1994, pp. 52-55). pro virgine cervam: lespressione
cerva pro virgine era divenuta proverbiale, come dimostrano Apul. met.
VIII 26 sed postquam non cervam pro virgine, sed asinum pro homine
succidaneum videre, nare detorta magistrum suum varie cavillantur:
non enim servum, sed maritum illum scilicet sibi perduxisse; Ach. Tat. VI
2, 3

;
Lib. ep. 1509, 3
; Ambr. virg. II 4, 31 ecce non
fabulosum illud cerva pro virgine, sed quod verum est, miles ex virgine; cfr.
anche Plaut. Epid. 489 sg.

520

M. Val. Martialis liber tertius

12. pro cervo: cervi erano chiamati gli schiavi fuggitivi: cfr. Paul. Fest.
p. 343 M. (460 L.) aedem Dianae dedicaverit in Aventino, cuius tutelae
sint cervi, a quorum celeritate fugitivos vocent cervos; Don. Ter. Andr.
865 an quadrupedem pro cervo et fugitivo posuit?, dove cervo stato
restituito da Wessner per il trdito servo. probabilmente da considerare
uninterpolazione (o una glossa incorporata nel testo) la lezione puero di
T (presente anche in fs.l.), che crea una precisa rispondenza con virgine
del v. 11. Per unaltra interpolazione in T in questo libro vd. la n. a 31, 2
urbani. mentula supposita est: la conclusione con un termine osceno
riconduce bruscamente in basso il tono dopo levocazione della vicenda
mitica del verso precedente. Su mentula vd. la n. a 68, 7 sgg.

Epigramma 92

521

92
Ut patiar moechum rogat uxor, Galle, sed unum.
Huic ego non oculos eruo, Galle, duos?
hab. T tit. ad gallum T A: ad gallum de galla EXV 1 ut TLQf : et P patiar TLPQf :
patier fut vid. moechum
: moedium T medium T unum TPQf : umquam L 2
oculos eruo T XV: oculo seruo EA

Mia moglie mi chiede, Gallo, di tollerare un amante, uno solo.


A costui io non devo cavare, Gallo, tutti e due gli occhi?
Alla moglie che gli domanda di sopportare un solo amante Marziale
risponde che gli caver entrambi gli occhi. La richiesta dimostra che la
pratica di avere numerosi amanti era talmente diffusa, che poteva sembrare
accettabile chiedere al proprio marito di tollerarne uno soltanto. Il netto
riuto di Marziale rappresenta il punto di vista della morale tradizionale,
anche se la minaccia conclusiva non certamente da prendere sul serio ed
pi che altro funzionale alla pointe, basata su uno scialbo gioco di opposizione
tra i numerali unum e duos, collocati signicativamente in chiusura dei due
versi (sulla presenza di analoghi lusus numerici in Marziale vd. la n. a 8, 2).
La recisa condanna delladulterio sviluppata in modo analogo in VI 90,
1 sg. moechum Gellia non habet nisi unum. / turpe est hoc magis: uxor
est duorum, dove Marziale mostra di considerare un solo amante come un
secondo matrimonio (si noti la simile contrapposizione numerica tra unum e
duorum in ne dei due versi; sullesegesi dellepigramma e sulla restaurazione
domizianea della lex Iulia de adulteriis coercendis vd. il commento di
Grewing, ad loc.). Non mi sembra che colga nel segno la spiegazione del
distico di Friedlaender, per il quale: Das dauernde Verhltnis mit einem
Liebhaber, also gleichsam einem zweitem Manne [] galt fr schlimmer
als Ehebruch mit mehreren: tale idea sviluppata in VI 90, mentre qui
Marziale condanna tout court ladulterio, riutando sdegnosamente lipotesi
che un solo amante possa essere tollerabile (anche Sen. ben. III 26 cit. da
Friedlaender non sembra in relazione con questo epigramma).
Non naturalmente da considerare in senso autobiograco la menzione
di una uxor del poeta: lipotesi che Marziale avesse una moglie, pur dibattuta

522

M. Val. Martialis liber tertius

a lungo (vd. L. Ascher, Was Martial really unmarried, CW 70, 1976-1977,


pp. 441-444; J.P. Sullivan, Was Martial really married? A reply, CW 72,
1978-1979, p. 238 sg.), nasce probabilmente da un fraintendimento di II 92,
3 sg. valebis uxor. / non debet domini perire munus (vd. Kay, p. 276 sg.;
Sullivan 1991, p. 25 sg.). Orientano in tale direzione gli epigrammi scommatici
rivolti alla presunta moglie del poeta (XI 43; 104; cfr. anche IV 24; VII 95,
7). In generale la distinzione tra persona poetica e io autobiograco un
dato ormai acquisito dagli interpreti di Marziale (vd., ad es., Sullivan 1991,
pp. 26 sgg.; 170 sg.), anche se forse si esagera talvolta nel senso opposto.
Una diversa ipotesi stata di recente prospettata da P. Watson (Martials
Marriage. A new Approach, RhM 146, 2003, pp. 38-48; vd. anche WatsonWatson, pp. 3; 107 sg.), la quale ha sostenuto, sulla base di II 91, 5 quod
fortuna vetat eri, permitte videri, che Marziale abbia avuto uno o forse pi
matrimoni improduttivi, conclusi prima dellinizio della sua carriera poetica.
Il nome Gallus, frequente in Marziale, qui probabilmente ttizio. I codici
della terza famiglia (con leccezione di A) presentano il curioso titolo Ad
Gallum de Galla: pu darsi che la misteriosa Galla provenga dallepigr. 90
(De Galla , Ad Gallam R), ma ingegnosa lipotesi di Lindsay 1903, p.
59 sg. che la sua origine sia dovuta alla variante ortograca attestata da L al
v. 2 (Gallae). Per un altro caso di titolo apparentemente ingiusticato vd. la
n. intr. allepigr. 49.
1. sed unum: uso colloquiale, che mette in evidenza lunicit di unazione
o di un personaggio: in Marziale cfr. V 24, 5 sg. Hermes, quem timet
Helius, sed unum, / Hermes cui cadit Advolans, sed uni; XI 18, 25 errasti,
Lupe, littera sed una; XII 55, 11 humane tamen hoc facit, sed unum. Per
luso enfatico di sed cfr. XII 36, 8 sg. Pisones Senecasque Memmiosque / et
Crispos mihi redde, sed priores (ingiusticata quindi la congettura seu per
sed di SB, gi avanzata in Shackleton Bailey 1978, p. 293).
2. huic: il pronome pu teoricamente riferirsi anche alla moglie. Tuttavia
nei casi di tradimento il marito si rivaleva sicamente sulladultero, spesso
vittima di mutilazioni (vd. la n. intr. allepigr. 85; Treggiari 1991, p. 264 sgg.).
Per laccecamento come punizione delladultero cfr. Quint. decl. 357. Forse
riecheggia questo epigramma Giovenale, che utilizza un analogo gioco numerico nel contesto della corruzione morale delle matrone: cfr. 6, 53 sg. unus
Hiberinae vir sufcit? ocius illud / extorquebis ut haec oculo contenta sit
uno. oculos duos: SB2 avanza dubitativamente (p. 269, n. c) lipotesi che

Epigramma 92

523

oculos possa riferirsi ai testicoli, pur riconoscendo che non sembra che ve ne
siano altre attestazioni. Rendono ulteriormente improbabile la proposta la
frequenza del nesso oculos eruere (vd. ThlL V 2, 845, 38 sgg.) e la preferenza
mostrata da Marziale (come da Catullo) per termini assolutamente espliciti
in ambito sessuale (sfavorevole allipotesi anche Eden 1999, p. 579). eruo:
lindicativo presente frequente in interrogative deliberative nel dialogo
(vd. Hofmann-Szantyr, p. 307 sgg.).

524

M. Val. Martialis liber tertius

93
Cum tibi trecenti consules, Vetustilla,
et tres capilli quattuorque sint dentes,
pectus cicadae, crus colorque formicae;
rugosiorem cum geras stola frontem
et araneorum cassibus pares mammas;
cum comparata rictibus tuis ora
Niliacus habeat corcodilus angusta,
meliusque ranae garriant Ravennates,
et Atrianus dulcius culex cantet,
videasque quantum noctuae vident mane,
et illud oleas quod viri capellarum,
et anatis habeas orthopygium macrae,
senemque Cynicum vincat osseus cunnus;
cum te lucerna balneator extincta
admittat inter bustuarias moechas;
cum bruma mensem sit tibi per Augustum
regelare nec te pestilentia possit:
audes ducentas nupturire post mortes
virumque demens cineribus tuis quaeris.
Prurire quid si Sattiae velit saxum?
Quis coniugem te, quis vocabit uxorem,
Philomelus aviam quam vocaverat nuper?
Quod si cadaver exigis tuum scalpi,
sternatur Acori de triclinio lectus,
thalassionem qui tuum decet solus,
ustorque taedas praeferat novae nuptae:
intrare in istum sola fax potest cunnum.

10

15

20

25

vv. 1-12, 16-19, 21-22 hab. T tit. de vetustilla TL: ad vetustillam PQf ad vetustinam
1 vetustilla : vestustilla T vestultilla T vetustina
2 quattuorque TLPf : quatuorve
Q sint Tf : om. LPQf 3 crus TLQf : crux P 4 cum geras T EA: congeras XV 5
araneorum TLQfEAX: aranearum PV pares TLPQf : compares Q mammas
:
mamillas T 7 niliacus f : nillacus LPf nil latus Q nil iacusis T corcodilus Gudius,
Schneidewin: corcodrillus TE cocodrillus A crocodilus LPf trochodilus Q crocodrillus X
crocodillus V 8 meliusque T EAXV: melius quae A ravennates TLPf : ravennatae
Q
9 atrianus TEAXV: adrianus Vs.l. (h)adriacus
dulcius TLPQf : dulcis f

Epigramma 93

525

culex Qf : culix TLPf


10 noctuae vident : noctua videt T
12 orthopygium
v1: orthophygium v1 orthopigium Q ortophigium T hortopygium L hortopigium
ortopigium P ortopygium f
f in mg. 14 lucerna PQf : lacerna Lfs.l.
extincta PQfs.l. : excincta Lf 15 admittat fs.l. : admittit LPQf moechas fin mg. :
moschi LPQf 17 regelare
: relegare T possit Tin ras. : posset T ut vid. possis
Beverland 18 ducentas AVs.l.: ducenas T ducentes EXV nupturire Iunius: nuptunire f
nuptum ire LPQfVin mg. nuptuire TEA numtuire XV 19 virumque TLQf : visumque
PQ 20 quid LQfAX: quit EV quie V si Sattiae Housman: si satiae L si sactie f si
satciae (aut satriae) P si saciare E si satire QA (Q n.l.) si satiare fs.l.XV si sarrire Vin
mg. 21 coniugem te T EAX: coniungente V vocabit TQ : vocavit LPQf vocaret
T uxorem
: uxores T 22 philomelus
: lo meus T 23 exigis Qfs.l. : exiges
LPf scalpi : scarpi
24 sternatur EAX: sternetur V Acori de triclinio Heraeus
(Achori Stephanus Claverius, Buecheler, Lindsay): a coride triclinio Q a coride tricilinio
f aco ridet triclinio LPQ aco ridet tricilinio f 25 t(h)alassionem : thalasionem
tuum
LPQf : tuus f decet EAX: docet V 26 ustorque Vs.l.: uttorque EAX uttorquet
V taedas Pf : taedes LPQ 27 intrare in EAXV: intrarem A

Hai visto trecento consoli, Vetustilla,


hai tre capelli e quattro denti,
il petto di una cicala, le gambe e il colore di una formica;
hai la fronte pi grinzosa di una stola
e seni uguali alle tele dei ragni;
5
il coccodrillo del Nilo ha fauci
anguste paragonate alle tue;
gracidano meglio le rane ravennati,
e la zanzara di Adria canta pi dolcemente;
vedi quanto le nottole vedono al mattino,
10
e puzzi come i mariti delle capre,
hai il fondoschiena di unanatra macilenta
e la tua ca pi ossuta di un vecchio cinico;
il bagnino ti fa entrare dopo aver spento la lampada
fra le puttane dei cimiteri;
15
per te inverno nel mese di agosto,
e non ti potrebbe scongelare neppure con la pestilenza:
eppure osi desiderare di sposarti dopo la morte di duecento mariti
e cerchi, folle, un marito per le tue ceneri.
E se volesse eccitarsi la tomba di Sattia?
20
Chi chiamer consorte, chi moglie te,
che Filomelo aveva chiamato poco fa nonna?

526

M. Val. Martialis liber tertius

Ma se esigi che il tuo cadavere venga solleticato,


si stenda un letto del triclinio di Acoro,
lunico che si addice al tuo imeneo,
e lustore rechi le torce alla novella sposa:
solo una accola pu entrare in questa ca.

25

Lungo epigramma scommatico contro una vecchia dal nome parlante


di Vetustilla. Il tipo della vetula che continua a sentire stimoli sessuali a
dispetto della sua et topico e presente in vari epigrammi di Marziale (vd.
la n. intr. allepigr. 32), ma qui il tema sviluppato con tale ricchezza di
immagini da rendere il componimento unico nel suo genere (una peculiarit
costituita dal fatto che la protagonista cerchi non semplicemente un
uomo, ma addirittura un marito: cfr. v. 18 sgg.). Non a caso, nella ricerca
dei suoi modelli letterari, lepigramma stato messo in relazione con la
tradizione giambica (per il rapporto di aemulatio con lEpodo 8 di Orazio
vd. Grassmann 1966, p. 23 sgg.; sui tratti epigrammatici distintivi del
componimento e sugli epigrammi lunghi vd. Merli 19932). Lincipit (v. 1
sg.) presenta la protagonista con tratti tipici dellepigramma scommatico
(denizione iperbolica dellet; esiguo numero di capelli e denti rimasti),
ma la composizione si sviluppa poi in modo originale attraverso una lunga
serie di paragoni (vv. 3-13), che ne deniscono la decrepitezza, e di squallide
situazioni in cui essa si trova (14-17; sugli elenchi di paragoni e immagini
fantasiose, tratto peculiare della poesia di Marziale, vd. Siedschlag 1977, p.
39 sgg.; T. Adamik, Die Funktion der Vergleiche bei Martial, Eos 69,
1981, pp. 303-314; La Penna 1992). I versi successivi (18 sg.) presentano
un altro tratto tipico dellepigramma scommatico: lassimilazione della
vecchia ad un cadavere (qui addirittura ai cineres che ne restano dopo il
rogo). Marziale dunque costringe loriginale serie di immagini dei vv. 3-17
tra versi ortodossi che la abbracciano e la chiudono, neutralizzandone
in tal modo il carattere eversivo (Merli 19932, p. 115). Nella parte nale
dellepigramma compare un altro motivo originale, quello della ricerca
del marito, che occupa i versi seguenti (20-26), nei quali Vetustilla
rappresentata come una nova nupta, la cui cerimonia nuziale si confonde
in modo sinistro con un rito funebre (23 sgg.); la sovrapposizione sfrutta
la presenza di alcuni elementi comuni alle due cerimonie, quali il letto e la
fax, che non a caso funzionale alla realizzazione della pointe (27), la cui

Epigramma 93

527

ultima parola (cunnum) suggella il componimento con un tratto di segno


chiaramente epigrammatico. Come ben messo in evidenza da Merli 19932,
p. 118 sgg., la sezione sfrutta in un contesto antitetico elementi stereotipi
di un altro sottogenere di epigramma, diffusissimo in et ellenistica (su
cui vd. il recente contributo di C. Neri, La sorte pi crudele (Erinn. AP
VII 712 [HE 2], 5 s.), Eikasmos 11, 2000, pp. 205-218, spec. p. 205 n. 4):
quello funerario per le innuptae puellae, la cui morte sopraggiunge spesso
il giorno delle nozze; in esso gli elementi comuni alle cerimonie subiscono
un patetico rovesciamento di funzione (allimeneo si sostituisce il lamento
funebre, al talamo nuziale la pira, alle torce nuziali quelle funebri); per la
presenza del motivo nella letteratura latina cfr. Prop. IV 11, 46; Ov. epist.
21, 174; fast. II 561 sg.; Apul. met. IV 33, 4; vd. anche CLE 383.
La lologia tedesca dinizio secolo, tesa allindividuazione di modelli
greci per i testi latini, aveva ricondotto questo epigramma ad AP XI 71 di
Nicarco (vd. specialmente Prinz 1911, p. 66 sgg.; il collegamento tra i due
epigrammi in relazione alla conclusione ancora in Aubreton, p. 242):

Levidente diversit dei due componimenti, accomunabili soltanto per


il rovesciamento della conclusione (peraltro, come detto, ampiamente
sfruttato), consente di valutare chiaramente i limiti di tale tendenza critica,
oggi senzaltro superata, riduttiva e tesa a svalutare la creativit del poeta
latino (vd. al riguardo Merli 19932, pp. 110; 124 sg.).
1 sg.: la presentazione della protagonista caratterizzata dalla comica
contrapposizione dellelevato numero dei suoi anni (trecenti) e di quello
esiguo dei suoi capelli e denti (tres, quattuor). Per la struttura introdotta da
cum concessivo, al ne di evidenziare un contrasto con lidea principale,
notevolmente ritardata (v. 18 audes nupturire), cfr. VI 64, 1-7; X 68, 1-6.
1. Cum tibi trecenti consules: let di Vetustilla viene indicata, con effetto
di scherzosa enfasi, attraverso lelevatissimo numero di consoli succedutisi
nel corso della sua lunga vita. Luso metonimico di consules per anni ricorre
per la prima volta in Sen. epist. 4, 4 inter magna bona multos consules
numerat; in Marziale appare ancora in I 15, 3 bis iam paene tibi consul

528

M. Val. Martialis liber tertius

tricensimus instat; VIII 45, 4 amphora centeno consule facta minor; vd.
ThlL IV 568, 4 sgg.; altrove la data di nascita ricondotta con esagerazione
comica al primo console: cfr. X 39, 1 sg. consule te Bruto quod iuras,
Lesbia, natam, / mentiris; XI 44, 1 orbus es et locuples et Bruto consule
natus. Trecenti indica un numero iperbolico: vd. E. Wlfin, Sescenti,
mille, centum, trecenti als umbestimmte und Runde Zahlen, ALL 9, 1896
(= Hildesheim 1967), pp. 177-192; R.G. Kent, Latin Mille and certain
other Numerals, TAPhA 42, 1911, pp. 69-89; Hofmann-Szantyr, p. 211.
Vetustilla: la forma riceve il sostegno sostanzialmente delle prime due
famiglie, mentre ha Vetustina. Entrambi i nomi sono attestati nelle
epigra (cfr. CIL V 4662; VI 27141; IX 1171; vd. Kajanto 1965, p. 302);
Vetustina trdito concordemente in II 28, 4 (una fellatrix). La stessa
alternanza (-illa / -ina) si presenta in VI 7, 4 Telesilla T : Telesina ; VII
87, 8 Telesilla : Telesina ; XI 97, 2 Telesilla T : Telesina .
2: la rappresentazione iperbolica dei tratti sici un motivo ricorrente
della Vetula-Skoptik; in Marziale per lesiguit dei capelli cfr. XII 7,
1 sg. toto vertice quot gerit capillos, / annos si tot habet Ligeia, trima
est; la scarsit numerica dei denti un motivo frequente in Marziale: I
19, 1 si memini, fuerant tibi quattuor, Aelia, dentes; II 41, 6 tres sunt
tibi, Maximina, dentes; VIII 57, 1 tres habuit dentes, pariter quos expuit
omnes (un uomo); vd. anche VI 74; Priap. 12, 9 dentem de tribus excreavit
unum; 82, 26 bidens amica.
3-13: sull
, tratto di origine popolare, tipico della poesia satirica,
vd. G. Monaco, Paragoni burleschi degli antichi, Palermo 19672; Fraenkel
1960, pp. 162 sgg.; 421 sg. Sul paragone con un referente che possiede al
massimo grado la caratteristica indicata, utilizzato da Marziale sia negli
elogi che nelle invettive, cfr. I 109, 1-5; 115, 2-5; V 37, 1-13; VIII 33, 1722; 64, 5-11; vd. Citroni, pp. 336 sg.; 351 sg. Per la lunga serie di fantasiosi
paragoni nella descrizione di una vecchia si pu confrontare Priap. 32,
1-10 uvis aridior puella passis, / buxo pallidior novaque cera, / collatas
sibi quae suisque membris, / formicas facit altiles videri, / cuius viscera
non aperta Tuscus / per pellem poterit videre haruspex, / quae suco caret
usque et usque pumex, / nemo viderit hanc ut expuentem, / quam pro
sanguine pulverem scobemque / in venis medici putant habere.
3. pectus cicadae: la sottigliezza della cicala usata in un comico paragone
con un rus minuscolo: XI 18, 5 argutae tegit ala quod (sc. rus) cicadae.
crus colorque formicae: la piccolezza delle formiche proverbiale, come il

Epigramma 93

529

loro colore nero (vd. ThlL VI 1, 1091, 51 sgg.): cfr. Priap. 32, 3 sg. cit. nella
n. ai vv. 3-13; vd. anche AP XI 104; 392; 407; Epigr. Bob. 65; sul colore
cfr. Mart. I 115, 4 sg. sed quandam volo nocte nigriorem, / formica, pice,
graculo, cicada; vd. anche AL 104.
4. rugosiorem stola frontem: la fronte rugosa tratto ricorrente nella
descrizione di vecchie: cfr. Verg. Aen. VII 417 et frontem obscenam rugis
arat (sc. Allecto); Hor. epod. 8, 3 sg. et rugis vetus / frontem senectus
exaret. Marziale paragona in modo originale la fronte rugosa alle grinze di
una stola: cfr. Vitr. IV 1, 7 stolarum rugas; vd. RE IVA 56 sgg. Rugosus
attributo frequente nelle descrizioni di vecchi: cfr. Priap. 12, 6 rugosas
manus; Ov. am. I 8, 112 rugosas genas; Lygd. 5, 25 rugosa senecta;
Prop. IV 5, 67 rugoso collo; vd. Grassmann 1966, p. 20.
5: i seni grinzosi e cadenti sono un tratto caratteristico della Vetulaskoptik: cfr. III 72, 3 aut tibi pannosae dependent pectore mammae; Hor.
epod. 8, 7 sg. mammae putres / equina quales ubera. Per la menzione delle
ragnatele in paragoni ingiuriosi cfr. Catull. 25, 3 (cinaede Talli mollior)
situ araneoso; Priap. 83, 30 araneosus obsidet forem situs.
6 sg.: i coccodrilli, esibiti per la prima volta a Roma nel 58 a.C. da M. Scauro
(cfr. Plin. nat. VIII 96), furono in seguito unattrazione in vari spettacoli
imperiali (vd. Jennison 1937, index s.v. crocodile; Toynbee 1973, pp. 218-220;
passim). Alla loro presenza negli spettacoli di Domiziano fa probabilmente
riferimento Marziale in V 65, 14 improba Niliacis quid facit Hydra feris? (vd.
Howell2, ad loc.). corcodilus: la forma corc-, in luogo della pi comune croc-,
necessaria metricamente, stata introdotta in questo verso da Schneidewin.
Essa ricorre in Cic. Tusc. V 78 e, garantita da ragioni metriche, in Phaedr. I
25, 4. 6 (introdotta da Gudius nelledizione di P. Burmann, 1698, p. 36); cfr.
anche GLK V 575 crocodillus (Keil; corcodrillus L, corcodrillis M) generi
masculini. nam prius corcodillus (corcodrillus L, corcodrillis M) dicebatur;
vd. ThlL IV 1213, 79 sgg.; sulla forma con geminazione della liquida vd. L.
Havet, LL dans corcodillus, ALL 9, 1896 (= Hildesheim 1967), p. 135 sg.; la
forma
- attestata in greco: vd. LSJ s.v.
8 sg.: la voce di Vetustilla cos sgradevole che al confronto il gracidio delle rane
e il ronzio delle zanzare, rumori proverbialmente fastidiosi, appaiono gradevoli.
Marziale menziona qui due luoghi che ebbe senzaltro modo di visitare durante
il suo soggiorno cisalpino. I fastidiosi rumori sono associati anche in Hor. sat. I
5, 14 sg. mali culices ranaeque palustres / avertunt somnos.
8. ranae Ravennates: Ravenna era stata edicata su una zona paludosa;

530

M. Val. Martialis liber tertius

il gracidio prodotto dalle rane del Ravennate ricordato anche da Sidon.


epist. I 8, 2 ita tamen quod te Ravennae felicius exsulantem auribus Padano
culice perfossis municipalium ranarum loquax turba circumsilit; cfr. anche
[Ov.] Hal. 126; Verg. georg. I 378; III 431; Dirae 74; Colum. X 12.
9. Atrianus culex: cfr. Hor. sat. I 5, 14 sg. cit. nella n. al v. 8 sg. Atria
lodierna Adria, citt veneta a nord del delta del Po (vd. Hlsen, RE II
2144); si trovava anchessa in una zona paludosa (cfr. Plin. nat. III 120 in
Atrianorum paludes). Lattributo Atrianus ricorre soltanto qui (oltre che
nel passo di Plinio citato, dove sostantivato). Lametrico Hadriacus di
probabilmente una banalizzazione della forma pi rara Atrianus (vd.
ThlL II 1097, 22 sg.; 1099, 8 sgg.).
10: le nottole sono animali notturni per eccellenza (cfr. letimologia
di Varro ling. V 76; Fest. p. 174, 4); cfr. XI 34, 1 sg. aedes emit Aper sed
quas nec noctua vellet / esse suas; adeo nigra vetusque casa est. Lametrico
noctua videt, tramandato da T , facilmente spiegabile dal punto di vista
paleograco.
11: il cattivo odore emanato dai capri proverbiale (vd. anche laggettivo
hircosus): vd. ThlL III 306, 51 sgg.; VI 2, 2821, 69-82; Marziale lo
menziona tra i peggiori odori in IV 4, 4; VI 93, 3; cfr. anche III 24, 6. Il
paragone con il cattivo odore dei capri ricorre in Plaut. Pseud. 738; Catull.
69, 6; 71, 1; Hor. epod. 12, 5; Ov. ars III 193. viri capellarum: luso del
lessico matrimoniale per animali risale a Verg. georg. III 125 pecori dixere
maritum; cfr. anche ecl. 7, 7 vir gregis ipse caper; Hor. carm. I 17, 7 olentis
uxores mariti (con il commento di Nisbet-Hubbard1); Ov. ars I 522 virque
paterque gregis; in Marziale cfr. VII 95, 13 Cinyphio marito; XIV 140,
1 olentis barba mariti.
12. orthopygium: il sostantivo hapax nella letteratura latina; un termine tecnico, tratto dal greco (
, in it. pigostilo o codione), che
indica lestremit inferiore del dorso degli uccelli (cfr. Aristoph. Nub. 158;
Ve. 1075).
13: il cunnus di Vetustilla pi ossuto di un vecchio losofo cinico, che la
caricaturale deformazione satirica rappresentava come sordido ed emaciato:
si veda il ritratto offerto da Marziale in IV 53 (v. 7 sg. esse putas Cynicum
deceptus imagine cta: / non est hic Cynicus, Cosme: quid ergo? canis);
cfr. anche XI 84, 7 inopes Cynicos; in generale sulla rappresentazione
del losofo cinico vd. D.R. Dudley, A History of Cynism from Diogenes
to the Sixth Century A.D., London 1937, p. 5 sg.; M.-O. Goulet-Caz, Le

Epigramma 93

531

cynisme lpoque impriale, ANRW II 36, 4, p. 2727 sgg.


14 sg.: il balneator, dopo aver spento la lucerna, ammette Vetustilla nei
bagni insieme alle prostitute pi spregevoli. I versi sembrano testimoniare
lesistenza di bagni frequentati unicamente da donne, almeno in determinate
ore (vd. Busch 1999, p. 492 sg.). bustuarias moechas: la frequentazione
dei sepolcri da parte delle prostitute di inmo rango testimoniata anche
in I 34, 8 abscondunt spurcas et monumenta lupas; Iuv. 6, 365 O16 ava
ruinosi lupa sepulchri; cfr. anche Catull. 59, 1 sgg. Bononiensis Rufa
Rufulum fellat, / uxor Meneni, saepe quam in sepulcretis / vidistis ipso
rapere de rogo cenam (per lipotesi che Rufa eserciti la prostituzione vd.
il commento di Quinn; C. Nappa, Catullus 59: Rufa among the graves,
CPh 94, 1999, pp. 329-335). Bustuarius, piuttosto raro come aggettivo,
ricorre in poesia qui soltanto (vd. ThlL II 2255, 76 sgg.); per moecha
nellaccezione di meretrix vd. la n. a 82, 28.
16 sg.: Vetustilla gelida come un cadavere anche nel mese pi caldo
e neppure una febbre pestilenziale la potrebbe riscaldare. Sul gelo della
vecchiaia cfr. IV 5, 6 nec potes algentes arrigere ad vetulas; Sen. epist. 67,
1 ita est, mi Lucili: iam aetas mea contenta est suo frigore; vix media
regelatur aestate. pestilentia: il sostantivo ricorre in poesia soltanto,
in senso traslato, in Catull. 44, 11 sg. orationem / plenam veneni et
pestilentiae legi. Sembrerebbe naturale intendere pestilentia come soggetto
di possit, ma il metro richiede un giambo per il quinto piede (-ti). Tale
difcolt ha spinto Guietus ad emendare in pestilenties (si tratterebbe di
un hapax), soluzione accolta da Schneidewin2, Gilbert, Friedlaender, Duff.
Marziale per non utilizza forme in es e prima di Apuleio si alternano
con la forma in ia soltanto vocaboli con la terzultima breve, come, ad es.,
luxuries, segnities (vd. Heraeus 1925, p. 332; Heraeus, p. XXXII). In VI 7,
2 atque intrare domos iussa Pudicitia est non c motivo per accogliere la
congettura di Heinsius pudicities; in VII 47, 6 tristitia et lacrimis iamque
peractus eras, verso considerato corrotto da molti, Housman (apud Duff)
aveva proposto tristities lacrimis (vd. anche Friedrich 1907, p. 369; 1908,
p. 627), accettato da Giarratano e Izaac, ma successivamente ha cambiato
idea e difeso il testo trdito (vd. Housman 1931, p. 81 = Class. Pap., p.
1172; Housman, Manilius, V, p. 123). Lunica soluzione per conservare il
testo trdito, anche se, lo si deve riconoscere, non del tutto soddisfacente,
considerare pestilentia ablativo e Augustus il soggetto sottinteso di possit
(vd. Heraeus, p. XXXII; SB2: and cannot defrost you even with a pestilence).

532

M. Val. Martialis liber tertius

Lestate un periodo senzaltro esposto a morbi di vario genere (cfr. Cels.


II 1, 7), anche se la stagione peggiore per la diffusione di pestilenze era
lautunno: cfr. Cels. II 1, 9; Hor. sat. II 6, 19; Verg. georg. III 478 sgg.
18: la principale, dopo la lunghissima premessa, giunge con effetto di
sorpresa: Vetustilla vuole sposarsi, non semplicemente trovare un uomo.
ducentas post mortes: comica iperbole; sulluso iperbolico dei numerali
vd. la n. al v. 1. nupturire: brillante e probabile congettura di Iunius,
approvata da Gilbert 1883, p. 23 n. 16 (che per nellediz. crit. stampa
nuptuire) e Housman (1907, p. 235 = Class. Pap., p. 715), accolta da
Friedlaender, Duff, Giarratano e SB. Nuptum ire della seconda famiglia
(LPQf) inaccettabile metricamente, dal momento che in poesia o
avviene elisione (cfr. Hor. sat. I 5, 48 lusum it) oppure il supino separato:
cfr. Plaut. Cas. 86 ibit nuptum; Claud. 22, 84 ultum iret; in Marziale
cfr. X 84, 1 dormitum eat; XI 7, 13 ire fututum. Nupturio ricorre in
Apul. apol. 70 igitur si Claro nupsisset, homini rusticano et decrepito seni,
sponte eam diceres sine ulla magia iam olim nupturisse. Il desiderativo
si adatta benissimo al contesto, giacch la volont di sposarsi della
protagonista lelemento pi bizzarro agli occhi del poeta. Per le forme
in urio in Marziale cfr. XI 77 in omnibus Vacerra quod conclavibus /
consumit horas et die toto sedet, / cenaturit Vacerra, non cacaturit, dove
la comicit dellepigramma risiede proprio nelluso dei due inconsueti verbi
desiderativi (il primo hapax assoluto, il secondo ricorre in CIL IV Suppl.
5242: vd. il commento di Kay, ad loc.); vd. anche esurio (II 40, 2; 51, 6; III
12, 3; V 78, 2; VII 27, 10; IX 80, 1; XIV 204, 2); sui desiderativi in -urio
vd. Hofmann-Szantyr, p. 298; E. Wlfin, Die verba desiderativa, ALL 1,
1884 (= Hildesheim 1967), p. 408 sgg.; Heraeus 1937, p. 16. La maggior
parte degli editori (Schneidewin, Gilbert, Lindsay, Heraeus dubitanter,
Izaac) accoglie nuptuire, attestata da TEA (numtuire XV), che sarebbe
hapax. Le forme verbali in uio sono inoltre tutte tarde: cfr. ustuire (Prud.
peri. 10, 885), ultuire (Alc. Av.; vd. A. Klotz, Ultuisse, ALL 15, 1908 =
Hildesheim 1967, p. 418; Greg. Tur. h. Fr. 5, 15; Heges. 4, 30 cod. Cassel),
citati da Heraeus, p. XXXII.
19 sg.: linterpunzione di questi due versi tormentati si deve ad Housman
(1907, p. 235 = Class. Pap., p. 715; vd. anche 1908, p. 46 = Class. Pap., p.
770). I precedenti editori ponevano punto fermo dopo prurire, intendendo
linnito come dipendente da quaeris. Tale interpunzione stata mantenuta,
nonostante la spiegazione di Housman, da Giarratano, Ker, Heraeus,

Epigramma 93

533

Izaac. Heraeus attribuisce a velit unaccezione erotica (cfr. XI 58, 1 cum


me velle vides tentumque, Telesphore, sentis) e, pur riconoscendo che non
vi sono esempi di quaero con accusativo e innito, ritiene pi difcile da
accettare la posposizione di quid si, che si ottiene con linterpunzione di
Housman. Hanno seguito Housman Lindsay, Norcio, SB e Scndola-Merli.
Due considerazioni rendono meno probabile linterpunzione di Heraeus:
lenjambement piuttosto raro in Marziale e lattacco satirico rivolto contro
la vecchia che continua ad eccitarsi nonostante let e dunque a lei deve
necessariamente riferirsi prurire; una conferma in tal senso viene da X 67,
6 sg. hoc tandem sita prurit in sepulchro / calvo Plutia cum Melanthione,
dove la protagonista continua a prurire nella tomba! virum quaeris:
vir qui nellaccezione di marito (cfr. v. precedente nupturire). Il termine,
collocato enfaticamente in principio di verso, rivela lassurdit delle pretese
della protagonista. Virum quaerere nel senso di cercare marito ricorre
in Ter. Phorm. 297; Ov. epist. 6, 108. demens: frequente come insulto
(vd. la n. a 75, 2). cineribus tuis: la rappresentazione come cadavere un
tratto ricorrente della Vetula-Skoptik: cfr. III 32, 1 sg. an possim vetulam
quaeris, Matrinia? possum / et vetulam, sed tu mortua, non vetula es; X 90,
2 quid busti cineres tui lacessis?; vd. anche v. 23 cadaver tuum; Priap.
57, 1 cornix et caries vetusque bustum. - Prurire: nellaccezione erotica (vd.
Pichon, p. 242; OLD, s.v. prurio, nr. 2); qui usato intransitivamente come
in VI 37, 3; IX 73, 4; 90, 8; X 67, 5; XI 81, 4. quid si: introduce una
sorta di
, come in I 35, 6 sg. quid si me iubeas thalassionem /
verbis dicere non thalassionis?; II 86, 7 sg. quid si per gracilis vias petauri
/ invitum iubeas subire Ladan?; cfr. anche Ov. am. I 1, 7 sg. si Sattiae:
ad Housman (1908, p. 46 sg. = Class. Pap., p. 770) spetta anche il merito di
aver chiarito in modo certo questa parte del verso, variamente corrotta nei
codici e oggetto di numerosi quanto improbabili tentativi congetturali. Alle
cruces aveva fatto ricorso Lindsay nella prima edizione (vd. anche Lindsay
19032, p. 51), accogliendo quindi nella seconda, come i successivi editori, la
congettura di Housman. Sattia era divenuta al tempo di Seneca un exemplum
di longevit: cfr. epist. 77, 20 vita etiam Nestoris et Sattiae brevis est,
quae inscribi monumento suo iussit annis se nonaginta novem vixisse; si
tratta quasi certamente della stessa donna citata da Plin. nat. VII 158 tra
gli esempi di longevit: ex feminis Livia Rutili LXXXXVII annos excessit,
Statilia Claudio principe ex nobili domo LXXXXIX; gli editori di Plinio
accolgono tutti la forma Statilia, risalente ad antiche edizioni, anche se i

534

M. Val. Martialis liber tertius

manoscritti riportano Sattilia (o Satilia) e il parallelo con Seneca e Marziale


rende quasi certo il nome Sattia (vd. Stein, s.v. Sattia, RE II A, 191, 61-192,
13). Il nome compare in unepigrafe coeva rinvenuta a Roma (CIL VI 9590
= Dessau III 9434), in cui un certo C. Mattius Lygdamus denito medicus
Sattiae (sullidenticazione con la Sattia di cui parla Marziale vd. Ch. Hlsen,
Ein Vers des M. und eine stadtrmische Grabschrift, RhM 63, 1908, pp.
633-635). Housman 1908, p. 46 (= Class. Pap., p. 770) ha citato anche altre
epigra in cui attestato il nome (CIL IX 1088; 1887; 1955). saxum:
il sepolcro: cfr. VIII 3, 5 et cum rupta situ Messalae saxa iacebunt; vd.
Housman 1908, p. 47 (= Class. Pap., p. 770); OLD, s.v., nr. 3 f. Per luso in
contesto di Vetula-skoptik cfr. X 90, 2 quid busti cineres tui lacessis; Priap.
57, 1 cornix et caries vetusque bustum.
22. Philomelus: doveva essere un uomo vecchissimo; non ci sono elementi per unidenticazione con il ricchissimo Filomelo di III 31, 6 e
IV 5, 10. - aviam quam vocaverat nuper: Marziale esprime la vecchiaia
della protagonista tramite il paragone con un personaggio considerato un
emblema di vecchiaia, che per rappresentato pi giovane della persona
in questione: cfr. X 67, 1 sgg. Pyrrhae lia, Nestoris noverca, / quam vidit
Niobe puella canam, / Laertes aviam senex vocavit, / nutricem Priamus,
socrum Thyestes (vd. anche Priap. 57, 3 sgg.).
23 quod si: vd. la n. a 50, 9. - exigis: il presente, preferito da Friedlaender, Heraeus, Giarratano, mi sembra pi adatto al contesto (cfr. vv. 18
audes; 19 quaeris). Exiges della seconda famiglia stato accolto da Lindsay,
Izaac, SB. Si tratta di un scambio frequente nei codici: per il caso inverso
cfr. III 68, 12 leges T : legis ; I 115, 6 vives T : vivis EAX. scalpi: luso
metaforico del verbo in contesti erotici in relazione con la prurigo sessuale
(cfr. v. 20 prurire); cfr. Pompon. Atell. 76 praeteriens vidit Dossennum in
ludo / non docentem condiscipulum, verum scalpentem natis; Pers. 1,
21 tremulo scalpuntur ubi intima versu (con il commento di Kiel); vd.
OLD, s.v. scalpo, nr. 1 b; Adams, LSV, pp. 149 sg.; 219.
24. sternatur lectus: il lectus allo stesso tempo matrimoniale (genialis)
e funebre (funebris); per la trasformazione del letto da matrimoniale in
funebre cfr. Sen. contr. exc. VI 6, 1. Lespressione lectum sternere indica
abitualmente la preparazione del letto: vd. ThlL VII 2, 1099, 21 sgg. Acori
de triclinio: il personaggio non noto da altre fonti; il contesto suggerisce
che si tratti di un libitinarius (vd. RE XIII 114). Acorus come nome servile
ricorre in CIL X 691. Il testo trdito stato mantenuto da Heraeus e Izaac.

Epigramma 93

535

Gilbert, Lindsay, Duff e Giarratano hanno optato per Achori (gi proposto
da Stephanus Claverius e Buecheler), ipotizzando un nome parlante (dal gr.
, privo di danze, lugubre; cfr. Soph. O. C. 1222). Poco persuasiva
lipotesi di Colin 1956, pp. 325-331, per il quale Acorus sarebbe un dio o
genio della morte, il cui nome compare in due epigra della provincia della
Gallia Narbonese (CIL XII 5783; 5798). Il realismo della scena suggerisce
che si tratti di una persona reale, come conferma la presenza dellustor nel v.
26. SB pone la parola fra cruces, ma guarda con favore (SB2, p. 271 n. b) alla
congettura Orci di T. Roeper (In Martialis epigrammata, Philologus 10,
1855, pp. 573-576), accolta da Friedlaender, per cui si possono confrontare
X 5, 9 Orciniana qui feruntur in sponda; Apul. met. III 9 Orci familia;
IV 6 Orci penates. Appare tuttavia piuttosto improbabile che un nome cos
comune si sia corrotto in tal modo. Per i numerosi tentativi di congettura
su questa sezione del verso da parte degli editori precedenti a Lindsay vd.
Colin 1956.
25. thalassionem: il thalassio uninvocazione del rito nuziale (cfr. Liv.
I 9, 12; Plut. quaest. Rom. 31; Romul. 15; Serv. Aen. I 651; Fest. p. 478,
34 sgg.); lorigine e la graa del termine sono incerte (vd. R. Schmidt, De
Hymenaeo et Talasio dis veterum nuptialibus, Diss. Kiliae 1886, p. 81 n.
1; Citroni, p. 117; RE IV A 2064, 5-2065, 40). In Catull. 61, 127 (134) e in
Mart. XII 42, 4 Talasius un dio delle nozze. In Marziale cfr. anche I 35,
6 sg. quid si me iubeas thalassionem / verbis dicere non thalassionis. Qui
vale per metonimia nuptiae (cfr. anche XII 95, 5).
26. ustor : lustor era laddetto alla cremazione dei cadaveri: cfr. Catull.
59, 5; Lucan. VIII 738; vd. Daremberg-Saglio, s.v. ustrina, ustrinum, V,
p. 605; s.v. funus, II 2, p. 1394 sgg. - taedas: le accole sono un altro
elemento condiviso dalle due cerimonie (nuziale e funebre): cfr. Sil. II 184.
Sulle accole nella cerimonia nuziale vd. Treggiari 1991, p. 163; cfr. Catull.
61, 15; Prop. III 19, 25; Verg. Aen. VII 397; Ov. epist. 4, 121; fast. II 558;
met. I 658; IV 758 (con il commento di Bmer2); Mart. IV 13, 2; VI 2, 1.
novae nuptae: la sposa novella (vd. OLD, s.v. nupta, b; Treggiari 1991,
p. 163); la denizione ha qui unalta dose di sarcasmo.
27: conclusione cruda dellepigramma: Vetustilla pronta per la cremazione, piuttosto che per un uomo. La collocazione in chiusura di un termine
osceno costituisce una sorta di marchio del suo carattere epigrammatico.

536

M. Val. Martialis liber tertius

94
Esse negas coctum leporem poscisque agella.
Mavis, Rufe, cocum scindere quam leporem.
hab. R tit. ad rufum : ad ruffum R ad ruisum R ut vid. 1 coctum leporem R EAX:
leporem coctum V poscisque R EAV: poscitque X

Dici che la lepre non cotta e chiedi la frusta.


Preferisci, Rufo, fare a pezzi il cuoco piuttosto che la lepre.
Lepigramma prende di mira un patrono avaro, che, pur di non servire
i cibi agli ospiti, nge che non siano stati cotti a sufcienza e fa punire il
cuoco.
Il primo verso presenta la situazione, il secondo un commento arguto
del poeta, che, giocando sul doppio senso del verbo scindere, mette in luce
tutta la grettezza e la crudelt del patrono. Il tema lo stesso dellepigr. 13
di questo libro: dum non vis pisces, dum non vis carpere pullos / et plus
quam patri, Naevia, parcis apro, / accusas rumpisque cocum, tamquam
omnia cruda / attulerit. numquam sic ego crudus ero. Rufo spesso
apostrofato negli epigrammi di Marziale: in questo libro ricorre anche
negli epigr. 82; 97; 100 (vd. le nn. intr. agli epigr. 82 e 100); qui si tratta
certamente di un nome ttizio. Lestraneit del tema al carattere osceno
della sezione pu forse essere spiegata con la volont di Marziale di variare
sia nella lunghezza che nel contenuto rispetto allepigr. precedente.
1. esse negas coctum: inizio di verso pressoch identico in II 72, 7 esse
negas factum. leporem: sulla lepre, considerata cibo molto rafnato, vd.
la n. a 77, 2. poscisque agella: sulle punizioni corporali per i cuochi cfr.
VIII 23; vd. la n. a 13, 3.
2. scindere: Marziale costruisce la pointe sfruttando la duplice valenza
del verbo, che, in relazione ai cibi signica carpere (per laccezione vd. la
n. a 13, 1), mentre in relazione al cuoco equivale a caedere, verberare. Per
il primo signicato cfr. III 12, 1 sg. unguentum, fateor, bonum dedisti
/ convivis here, sed nihil scidisti; Sen. dial. VII 17, 2 scindendi obsonii
magister; X 12, 5 quanta arte scindantur aves in frusta non enormia;

Epigramma 94

537

epist. 47, 6 alius pretiosas aves scindit; vd. OLD, s.v., nr. 5 d. Per il secondo
cfr. Ov. Ib. 183 hic tibi de Furiis scindet latus una agello; Sen. contr. II
5, 5 scissum corpus agellis; Sil. I 171 sg. verbera / ictibus innumeris
lacerum scindentia corpus; vd. OLD, s.v., nr. 5; Voc. Iur. Rom. V 1, s.v.
scindo, nr. 1.

538

M. Val. Martialis liber tertius

95
Numquam dicis have, sed reddis, Naevole, semper,
quod prior et corvus dicere saepe solet.
Cur hoc expectas a me, rogo, Naevole, dicas:
nam, puto, nec melior, Naevole, nec prior es.
Praemia laudato tribuit mihi Caesar uterque
natorumque dedit iura paterna trium.
Ore legor multo notumque per oppida nomen
non expectato dat mihi fama rogo.
Est et in hoc aliquid: vidit me Roma tribunum
et sedeo qua te suscitat Oceanus.
Quot mihi Caesareo facti sunt munere cives,
nec famulos totidem suspicor esse tibi.
Sed pedicaris, sed pulchre, Naevole, ceves.
Iam iam tu prior es, Naevole, vincis: have.

10

vv. 1-4, 7-12 hab. T tit. ad n(a)evolum TAXV: ad navolum E ad nevulum


1 dicis
T EXV: discis A have A: ave EXV habe T reddis Tfs.l. : rides LPQf n(a)evole T :
nevule
2 prior : prius T corvus T: curvus LPQf curius Qf 3 expectas TQ :
expectes LPf n(a)evole : nevolae T nevule
4 nec melior T V: ne melior EAX me
melior C n(a)evole : necvole T nevule
7 legor LPQf : legos T legar P notumque
T EAV: netumque X 8 expectato rogo T : expectatos rogos
9 est et TQ :
esset LPQf vidit T XV: vidi EA 10 et TLPQf : sed Q te suscitat TLPQf : se
succitat fs.l. 11 quot Qfs.l.X: quod TLPQfEAV cives T EAXV: tives A 12 nec :
ne T suspicor TLPQf : sospicor Q suspicior L 13 n(a)evole : nevule
14 n(a)evole
: nevule
have kv2: ave LPQfVin mg.v2 habe fv.l.EAXV

Non dici mai: Salve, ma ricambi sempre il saluto, Nevolo,


che anche un corvo spesso suole dire per primo.
Dimmi, ti prego, Nevolo, perch ti aspetti questo da me:
infatti, credo, non sei n migliore, Nevolo, n pi importante.
Entrambi i Cesari mi hanno tributato premi e lodi
5
e mi hanno concesso il diritto dei tre gli.
Sono letto da molti e un nome noto per le citt
mi d la fama senza attendere la mia morte.
Anche questo conta qualcosa: Roma mi ha visto tribuno
e siedo a teatro nei posti da cui Oceano fa alzare te.
10

Epigramma 95

539

Sospetto che tu non abbia neanche tanti servi,


quanti sono divenuti cittadini grazie a me col dono di Cesare.
Ma ti fai inculare e sculetti bene.
Gi gi sei pi importante tu, Nevolo, vinci: Salve.
A Nevolo che non saluta mai per primo, ma si limita a ricambiare con
sussiego il saluto del poeta, quasi che gli fosse dovuto un certo ossequio,
Marziale risponde affermando orgogliosamente i suoi motivi di vanto: i
premi e lo ius trium liberorum ricevuti da Tito e Domiziano (5 sg.), la fama
acquisita grazie alla sua poesia (7 sg.), la carica di tribunus semestris (9 sg.),
la cittadinanza che ha ottenuto per molte persone (11 sg.). Nevolo invece
soltanto un pathicus, che, lascia intendere Marziale, si arricchisce concedendo
favori sessuali (13 sed pedicaris, sed pulchre ceves). Marziale conclude
riconoscendogli sarcasticamente il primato e il diritto a ricevere per primo
il saluto (14). La chiusa dellepigramma contiene una nota di amara ironia:
la societ consente a personaggi come Nevolo di arricchirsi enormemente
e pretendere ossequio da chi vale in realt molto pi di loro. Marziale lascia
che la differenza tra lui e Nevolo emerga chiaramente dai dati di fatto e si
afda allironia nel tributare alleffeminato lossequio che desidera. Presenta
afnit con questo lepigramma V 13, in cui Marziale contrappone la propria
condizione di cavaliere e poeta povero, ma noto, a quella di un ricco liberto:
sum, fateor, semperque fui, Callistrate, pauper, / sed non obscurus nec male
notus eques, / sed toto legor orbe frequens et dicitur hic est; / quodque cinis
paucis, hoc mihi vita dedit. / at tua centenis incumbunt tecta columnis / et
libertinas arca agellat opes, / magnaque Niliacae servit tibi gleba Syenes, /
tondet et innumeros Gallica Parma greges. / hoc ego tuque sumus: sed quod
sum non potes esse; / tu quod es, e populo quilibet esse potest (per lelenco dei
motivi di orgoglio da parte del poeta, che lo rendono oggetto di invidia da
parte di altri si veda anche IX 97). Nevolo un pathicus anche nellepigr. 71
di questo libro; il nome ricorre anche in I 97; II 46; IV 83 per diversi tipi.
1: la persona di rango inferiore era tenuta a salutare prima (cfr., ad es.,
Hor. epist. I 7, 64 sgg.); era una sorta di ossequio, cui i nobili dimostravano
di tenere molto; talvolta il superiore non rispondeva neanche al saluto:
cfr. X 70, 5 non resalutantis video nocturnus amicos; Sen. dial. IX 12, 4
salutaturi aliquem non resalutaturum. La salutatio matutina al patrono

540

M. Val. Martialis liber tertius

era lobbligo principale del cliente (vd. la n. a 36, 3). Sul tema del saluto si
veda anche V 66, 1 sg. saepe salutatus numquam prior ipse salutas. / sic
eris? aeternum, Pontiliane, vale (linterpunzione del v. 2 di Housman
1919, p. 71 = Class. Pap., p. 985). have: la forma consueta di saluto (gr.
: cfr. V 51, 7 have Latinum,
non potest Graecum; Sen. ben.
VI 34, 3). In Marziale ricorre anche il raro innito havere (vd. la n. a 5, 10).
sed reddis: reddere salutem espressione consueta: cfr. Sen. dial. II 13,
3; vd. OLD, s.v. reddo, nr. 6.
2: i corvi erano ammaestrati a salutare: cfr. XIV 74, 1 corve salutator;
Phaedr. App. 23; Plin. nat. X 121 sgg.; Macr. Sat. II 4, 29. Altri animali
erano addestrati al saluto: cfr. XIV 73 (psittacus); 76 (pica) con il commento
di Leary1, ad locc. prior: prius di T senzaltro una lectio facilior; per
simili scambi vd. la n. a 38, 3 disertior.
3. expectas: de iis, quae tamquam debita, vel more vel lege praescripta
petuntur: fere i.q. exigere (ThlL V 2, 1897, 8 sgg.). Lindicativo senzaltro
preferibile rispetto al congiuntivo di LPf, in considerazione del tono
colloquiale del passo e della predilezione della Umgangssprache per
la paratassi rispetto alla subordinazione; in particolare i verba dicendi
seguono spesso la domanda, invece di introdurla, come in questo caso
(vd. Hofmann, LU, p. 249 sgg.); si veda anche la n. a 88, 2. rogo: inciso
di natura colloquiale, frequente in Marziale (vd. la n. a 44, 9).
4. puto: inciso colloquiale che attenua laffermazione (vd. la n. a 55, 4);
qui contiene una netta sfumatura ironica. prior: praevalente respectu
gradus, aestimationis, dignitatis, potentiae, praestantiae, sim. (ThlL X 2,
1331, 41 sgg.). Prior pertiene alla posizione sociale, melior al valore.
5 sg.: Tito e Domiziano hanno conferito al poeta vari praemia e lambito
ius trium liberorum. laudato mihi: per la lode ricevuta dallimperatore
cfr. IV 27, 1 saepe meos laudare soles, Auguste, libellos. Caesar uterque:
Tito e Domiziano; lipotesi di Th. Mommsen (Rmische Staatsrecht, II,
Leipzig 1871, p. 828, 4) che lespressione si riferisca a Vespasiano e Tito
oggi giustamente esclusa (vd. Daube 1976, pp. 145-147; utile dossograa in
H. Szelest, ANRW II 32, 4, p. 2565 n. 7). La iunctura ricorre in Ov. trist.
IV 2, 8; AL 424, 2; in Marziale, sempre in clausola, anche in IX 97, 5 cit.
infra. natorum iura paterna trium: Marziale ricorda orgogliosamente
il privilegio in forma pressoch identica in IX 97, 5 sg. rumpitur invidia,
tribuit quod Caesar uterque / ius mihi natorum, rumpitur invidia. Egli
testimonia in II 91 e 92 la sua richiesta a Domiziano del privilegio (91, 5

Epigramma 95

541

sg. quod fortuna vetat eri permitte videri, / natorum genitor credar ut
esse trium) e il successivo ottenimento da parte dellimperatore (92, 1 sgg.
natorum mihi ius trium roganti / Musarum pretium dedit mearum /
solus qui poterat). Il privilegio fu probabilmente accordato da Tito, forse
come ricompensa per il Liber de Spectaculis, con cui Marziale celebr
linaugurazione dellAnteatro Flavio, e, successivamente, confermato da
Domiziano al principio del suo regno; vd. al riguardo K. Prinz, Martials
Dreikinderrecht, WS 49, 1931, pp. 148-153; Daube 1976, pp. 145-147; in
generale M. Zablocka, Il ius trium liberorum nel diritto romano, BIDR
91, 1988, pp. 361-390. Iura paterna designa il ius trium liberorum anche
in VIII 31, 2 coniuge qui ducta iura paterna petis.
7 sg.: lorgogliosa attestazione della propria fama poetica realizzata
attraverso unallusione a Ovidio e, forse, a Virgilio (vd. infra). Marziale
ricorda pi volte il suo ampio successo di pubblico, anche fuori dItalia:
cfr. I 1, 1 sg.; V 13, 3; VI 60 (61), 1-2; VII 88; VIII 3, 3 sg.; 61, 3 sgg.;
XI 3, 1-5. ore legor multo: lincipit del verso richiama esplicitamente
il penultimo verso delle Metamorfosi di Ovidio: XV 878 ore legar populi
(cfr. anche trist. IV 10, 128 in toto plurimus orbe legor). In Marziale cfr.
anche VIII 3, 7 me tamen ora legent. Per ore legere cfr. Ov. am. I 12, 24;
ars III 344; Pont. III 4, 54; Ib. 66. Lespressione allude probabilmente
al fatto che il modo abituale di leggere era quello a voce alta (vd., ad es.,
Cavallo-Chartier 1995, p. 47; utile raccolta di materiali in J. Balogh, Voces
paginarum. Beitrge zur Geschichte des Lauten Lesens und Schreibens,
Philologus 82, 1927, pp. 84-109; 202-240). notumque per oppida
nomen: lespressione solenne contiene forse unallusione a Verg. georg. II
176 Ascraeumque cano Romana per oppida carmen. Giovenale ha ripreso
in chiave parodica il verso di Marziale in 3, 35 notaeque per oppida buccae
(vd. Colton 1991, p. 95); cfr. anche Stat. silv. I 1, 8 sg. nunc age Fama
prior notum per saecula nomen / Dardanii miretur equi. Per nomen
nellaccezione di celebrit, fama (OLD, s.v. nomen, nr. 11) cfr. Ov.
met. XV 876 nomen erit indelebile nostrum; trist. III 3, 79 sg. quos
(sc. libellos) ego condo, quamvis nocuere, daturos / nomen et auctori
tempora longa suo; 10, 2 et superest sine me nomen in Urbe meum; IV 10,
121 sg. cit. infra; Pont. IV 16, 3 sg. cit. infra; in Marziale cfr. VI 61 (60),
2 et nomen toto sparget in orbe suum; IX 84, 6 nescia nec nostri nominis
Arctos erat; X 26, 7 sed datur aeterno victurum carmine nomen; 103, 4
nam decus et nomen famaque vestra sumus. non expectato rogo: il

542

M. Val. Martialis liber tertius

rogus rappresenta metonimicamente la morte (vd. OLD, s.v. nr. b); per luso
in contesto di fama garantita dalla poesia cfr. Ov. am. III 9, 28 defugiunt
avidos carmina sola rogos; trist. V 14, 6 nec potes in maestos omnis abire
rogos; Pont. III 2, 32 effugiunt structos nomen honorque rogos. Il motivo
della fama raggiunta in vita topico: cfr. Ov. trist. IV 10, 121 sg. tu mihi (sc.
Musa), quod rarum est, vivo sublime dedisti / nomen, ab exsequiis quod
dare fama solet; Pont. IV 16, 3 sg. mihi nomen / tum quoque, cum vivis
adnumerarer, erat; in Marziale cfr. I 1, 4 sg. cui, lector studiose, quod dedisti
/ viventi decus atque sentienti, / rari post cineres habent poetae; sulla sua
presenza nellepigraa funeraria vd. P. Cugusi, Un tema presente nei CLE: la
gloria raggiunta in vita, AFMC 5, 1981, pp. 5-20. dat mihi fama: qui la
fama in certa misura personicata: cfr. VIII 3, 3 sg. iam plus nihil addere
nobis / fama potest; Ov. trist. IV 10, 121 sg. cit. supra.
9 sg.: Marziale fu tribunus semestris, carica che dava diritto al rango di
cavaliere e a sedere a teatro nei posti riservati. Il titolo gli fu probabilmente
conferito da Tito insieme al ius trium liberorum e confermato da
Domiziano. La carica di tribunus semestris, istituita da Claudio (Suet.
Claud. 25, 1), era onorica e non comportava un reale servizio (vd. S.
Demougin, Lordre questre sous les Julio-Claudiens, Rome 1988, pp. 293298); cfr. anche Iuv. 7, 88 sg. (con il commento di Courtney); Plin. epist. IV
4, 2. Marziale ricorda sempre orgogliosamente il proprio cavalierato: cfr.
V 13, 1 sg. cit. nella n. intr.; IX 49, 4 in hac (sc. toga) ibam conspiciendus
eques. est et in hoc aliquid: anche la poesia, attivit considerata dallo
stesso Marziale priva di remunerazioni adeguate, ha procurato qualche
vantaggio materiale al poeta; per lespressione cfr. Cic. Brut. 193 tenet
auris vel mediocris orator, sit modo aliquid in eo; vd. OLD, s.v. aliquis,
nr. 9. vidit me Roma tribunum: luso di videre conferisce allespressione
una solennit maggiore e la personicazione della citt enfatizza il valore
del titolo conseguito dal poeta: cfr. Lucan. V 662 vidit Magnum mihi
Roma secundum. et sedeo qua te suscitat Oceanus: Oceanus era laddetto
al controllo dei posti riservati ai cavalieri a teatro; menzionato anche in V
23, 4; 27, 4; VI 9, 2. Marziale nomina un altro dissignator theatralis di nome
Leitus in V 8, 12; 14, 11; 25, 2; 35, 5. Suscitare ricorre in Marziale come
verbo tecnico per indicare lazione del dissignator che fa alzare labusivo:
cfr. V 35, 5 et suscitanti Leito reluctatur; VI 9, 2 et quereris si te suscitat
Oceanus? Sedeo senza altre specicazioni signica spesso sedere a teatro
(vd. OLD, s.v., n. 1 b): cfr. II epist. 9 sg. ego inter illos sedeo qui protinus

Epigramma 95

543

reclamant; vd. anche V 8, 7; 14, 1; 27, 4; 41, 7. La situazione descritta si


differenzia da quella di II 29, in cui un ex-schiavo fuggitivo pu sedere
tranquillamente nelle prime le, e sembra attestare, gi al momento della
pubblicazione del libro terzo, una disciplina pi rigida per i posti a teatro
(cfr. anche IV 67, 3 sg.). Il diritto di proedria a teatro sar successivamente
raticato dalleditto domizianeo che restaurava la lex Roscia theatralis
(del 67 a.C.), per la quale alle persone di nascita libera e censo equestre
venivano riservate le prime quattordici le a teatro (cfr. Suet. Dom. 8, 3
con la nota 75 di Galli). Il tema ricever ampio sviluppo nel libro quinto
(cfr. V 8; 14; 23; 25; 27; 35; 38; 41; sullargomento vd. Canobbio 2002).
Questo pu essere un altro elemento che sposta la cronologia di questo
libro verso l88 (vd. lIntroduzione, 2 e quanto ho scritto nella recensione
a Canobbio 2002 in RFIC 130, 2002, p. 476 sg.).
11 sg.: Marziale ha ottenuto la cittadinanza romana per molti (probabilmente suoi conterranei); Nevolo non avr altrettanti schiavi. Il poeta
contrappone orgogliosamente il privilegio che limperatore ha concesso
a molti per sua intercessione al possesso di numerosi schiavi, indice
soltanto di benessere materiale. Possedere un elevato numero di schiavi
era un segno di prosperit: Orazio, per illustrare la mancanza di modus del
cantore Tigellio, dice: habebat saepe ducentos / saepe decem servos (sat. I
3, 11 sg.), dove dieci rappresenta un numero esiguo; il liberto Ermerote
nella Cena Trimalchionis afferma orgogliosamente viginti ventres pasco
(Petron. 57, 6); cfr. anche Sen. dial. IX 8, 6; XII 12, 4; epist. 17, 3; Iuv. 3,
141; vd. M. Garrido-Hory, Martial et lesclavage, Paris 1981, p. 121 sgg.
Poco persuasiva in questo caso linterpretazione di Housman 1907, p. 235
sg. (= Class. Pap., p. 716), per il quale laffermazione di Marziale richiede
un numero esiguo: egli ritiene che qui il poeta si riferisca con humour allo
ius trium liberorum, di cui parla al v. 5 sg. (Caesareo munere Martiali
facti sunt cives III, nempe liberi). La spiegazione piuttosto capziosa ed
smentita, a mio avviso, proprio dal fatto che Marziale, nellelencare i propri
meriti e i privilegi ricevuti, non si sar certo ripetuto. Anche lassunto di
base, per cui lespressione di Marziale richiederebbe un numero basso,
discutibile. Caesareo: lattributo, di uso poetico, ricorre per la prima volta
in Ovidio (met. I 201; in tutto 15 volte); quindi in Lucano (12), Stazio (10)
e Marziale (9).
13 sg.: Nevolo un pathicus. Marziale menziona le sue pratiche omosessuali con ironia, quasi si trattasse dei titoli che egli pu vantare, e ne

544

M. Val. Martialis liber tertius

decreta la superiorit, tributandogli il meritato saluto. pedicaris: pedicare


il verbo principale che denisce la penetrazione anale: ricorre una volta
nei frammenti di Pomponio e Laberio, nelle iscrizioni pompeiane, tre volte
in Catullo, quattro nei Priapea, ben diciotto volte in Marziale (in questo
libro cfr. anche 98, 2), che utilizza anche il sostantivo pedico (II 28, 3; 47,
3; VI 33, 1; XI 87, 1; XII 85, 1); la volgarit del verbo testimoniata da
Priap. 3, 9 sg. simplicius multo est da pedicare Latine / dicere. quid
faciam? crassa Minerva mea est; vd. al riguardo Adams, LSV, pp. 123125.
pulchre ceves: il verbo designa il movimento tipico del pathicus: cfr.
Schol. Pers. 1, 87 molles et obscenos clunium motus signicat; Iuv. 2, 20 sg.
de virtute locuti / clunem agitant. ego te ceventem, Sexte, verebor?; 9, 40
computat et cevet (v. 38 mollis avarus); vd. al riguardo Adams, LSV, p. 136
sg.; J. Mussehl, Geschichte und Bedeutung des Verbums c v re (Mit zwei
Exkursen ber Verwandtes), Hermes 54, 1919, p. 387 sgg.; Ed. Fraenkel,
Cevere im Plautustext, Sokrates 74, 1920, p. 14 sgg. (anche in Id., Kleine
Beitrge zur klassischen Philologie, Roma 1964, II, p. 45 sgg.). iam iam:
geminazione con effetto asseverativo; ricorre a partire da Plauto (vd. Hofmann-Szantyr, p. 809; ThlL VII 1, 119, 16 sgg.); sulla predilezione della
lingua quotidiana per forme geminate vd. Hofmann, LU, p. 178 sgg. tu
prior es: Marziale riconosce con ironia la superiorit di Nevolo, che prima
aveva negato (cfr. v. 4 nec prior es). Non persuasiva linterpretazione in
chiave oscena dellespressione, risalente gi a Calderini (Ideo prior, nam
ita in priore loco collocaris, ut podice excipias mentulam), sostenuta da
Prinz 1911 e recentemente riproposta da J. Fernndez Valverde, Marcial:
la precedencia, la lana lavada y el que (no) se mat, Faventia 23, 2, 2001,
p. 53 sg.: lesplicita dichiarazione dei rapporti omosessuali di Nevolo al v.
13 (sed pedicaris) renderebbe lallusione assolutamente priva di mordente.

Epigramma 96

545

96
Lingis, non futuis meam puellam
et garris quasi moechus et fututor.
Si te prendero, Gargili, tacebis.
tit. ad gargilium EAV: ad gargillum X 1 lingis AXV: linguis E 3 prendero LPf:
prehendero Q prendere EAX praetendero Vs.l. praetendere V gargili EAX: garrili V
gargille

Lecchi, non fotti la mia ragazza e ti vanti


come fossi un amante e uno scopatore.
Se ti prender, Gargilio, starai zitto.
Gargilio un cunnilingus, ma si vanta delle sue prestazioni sessuali. Marziale minaccia di farlo tacere attraverso lirrumatio. Lepigramma conferma il
disprezzo dei Romani verso il sesso orale, considerato come una depravazione
ben poco virile (vd. la n. intr. allepigr. 17). Il nome Gargilio ricorre in Marziale
qui soltanto; cfr. anche Gargiliano (III 30; 74; IV 56; VII 65; VIII 13).
1. Lingis, non futuis: sulla contrapposizione tra le due pratiche sessuali cfr.
XI 47, 8 cur lingit cunnum Lattara? ne futuat; 85, 1 sg. sidere percussa est
subito tibi, Zoile, lingua, / dum lingis. certe, Zoile, nunc futuis (in entrambi
i casi si tratta di effeminati).
2. garris: falso gloriaris (ThlL VI 1696, 20). moechus: sul sostantivo vd.
la n. a 70, 1. fututor: il sostantivo, derivato dallosceno futuo (per cui vd. la
n. a 72, 1), ricorre in letteratura solo in Marziale (otto occorrenze; cfr. anche
fututrix in XI 22, 4; 61, 10), nei Priapea (57, 6; 58, 4; 63, 16; 68, 30) e in AL 148,
8; frequente nelle iscrizioni (cfr., ad es., CIL IV 1503; 4815; XIII 10008, 7).
3. prendero: per laccezione di cogliere sul fatto cfr. Priap. 35, 1 sg.
pedicabere, fur, semel; sed idem, / si prensus fueris bis, irrumabo; vd. anche 6,
3; 11, 1; ThlL X 2, 1163, 14 sgg. tacebis: Marziale minaccia Gargilio di farlo
tacere attraverso lirrumatio; sullo stesso motivo costruita la pointe del c.
74 di Catullo: 5 sg. quod voluit fecit: nam, quamvis irrumet ipsum / nunc
patruum, verbum non faciet patruus; sulla minaccia, puramente verbale, di
irrumatio vd. la n. a 82, 33.

546

M. Val. Martialis liber tertius

97
Ne legat hunc Chione, mando tibi, Rufe, libellum.
Carmine laesa meo est, laedere et illa potest.
hab. R tit. ad rufum R

1 hunc RPQf : huic L mando tibi RLPf : tibi mando Q

Ti afdo il libro, Rufo, perch non lo legga Chione.


stata colpita dalla mia poesia, anche lei pu far male.
Marziale afda il libro a Rufo, perch non possa leggerlo Chione, la
fellatrix bersaglio in questo libro di due epigrammi scommatici (34;
87; cfr. anche 83, 2), poich pu vendicarsi sul poeta. Il Rufo di questo
epigramma senzaltro lo stesso dellepigr. 100, cui Marziale invia il libro
(sulla possibile identicazione di questo personaggio vd. la n. intr. allepigr.
100).
2: Marziale realizza la pointe giocando sul doppio senso del verbo laedere,
che nel primo caso va inteso in senso morale, nel secondo in senso sico.
Laedere verbo tecnico che designa laggressione satirica: cfr. III 99, 2 ars
tua, non vita est carmine laesa meo; in Marziale ricorre spesso in contesti
apologetici: cfr. V 15, 1 sg. quintus nostrorum liber est, Auguste, iocorum,
/ et queritur laesus carmine nemo meo; VII 12, 1 sgg. sic me fronte legat
dominus, Faustine, serena / / ut mea nec iuste quod odit pagina laesit;
X 5, 1 sg. quisquis stolaeve purpuraeve contemptor, / quos colere debet
laesit impio versu. Sulluso di laedere in contesti di apologia letteraria cfr.
Ter. Eun. 2; 6; 18; Phorm. 11 (vd. G. Focardi, Linguaggio forense nei
prologhi terenziani, SIFC 44, 1972, spec. p. 69 sg.); Hor. sat. I 4, 78;
II 1, 21; 67. Nella poesia dellesilio Ovidio afferma di essere lunico che
sia stato danneggiato dai suoi carmi: trist. IV 1, 30 sg. vis me tenet ipsa
sacrorum / et carmen demens, carmine laesus, amo; Ib. 5 nec quemquam
nostri nisi me laesere libelli; cfr. anche trist. V 1, 67 sg. laedere et illa
potest: Chione pu laedere attraverso il sesso orale (i. e. mordere fellando:
vd. R. Verdire, Notes critiques sur Martial, ACD 5, 1969, p. 106); cfr.
Lucr. IV 1080 sgg. dentes inlidunt saepe labellis / osculaque adgunt,
quia non est pura voluptas / et stimuli subsunt, qui instigant laedere

Epigramma 97

547

id ipsum, / quod cumque est, rabies unde illaec germina surgunt. Meno
probabile che Marziale si riferisca alla possibilit di vendetta della fellatrix
attraverso i suoi baci, come suggerito da SB2, p. 273 n. e; per questo tipo di
conclusione cfr. II 23, 3 sgg., in cui Marziale riuta di rivelare il vero nome
del Postumo, il cui impurum os ne rende repellenti i baci (cfr. II 10; 12; 21;
22): quid enim mihi necesse est / has offendere basiationes, / quae se tam
bene vindicare possunt? Lidea che la pratica della fellatio lasciasse un alito
sgradevole alla base di numerosi epigrammi di Marziale (cfr. I 83; II 15;
42; III 17; 28; VII 94; XI 30; 95; XII 85; vd. la n. intr. allepigr. 17; Richlin
1992, p. 26 sgg.).

548

M. Val. Martialis liber tertius

98
Sit culus tibi quam macer, requiris?
Pedicare potes, Sabelle, culo.
tit. ad sabellum : ad labellum (sed v. 2 sabelle) 1 sit culus tibi PfX: sit cuius tibi Lf
sicculus tibi E sic culus tibi V siculus tibi A sit tibi culus Q quam macer LPf : macer
quam Q 2 culo LPQf : cullo Q

Chiedi quanto sia sottile il tuo culo?


Puoi inculare col culo, Sabello.
Marziale prende di mira Sabello, il cui culus talmente sottile da poter
essere usato per pedicare! Anche altrove il poeta mostra apprezzamento per la
descrizione sica iperbolica, caricaturale: cfr. VI 36, 1 sg. mentula tam magna
est, tantus tibi, Papyle, nasus, / ut possis, quotiens arrigis, olfacere; XI 51, 1 sg.
tanta est quae Titio columna pendet / quantam Lampsaciae colunt puellae; 72,
1 sg. drauci Natta sui vocat pipinnam, / collatus cui Gallus est Priapus; 100,
1-4 habere amicam nolo, Flacce, subtilem, / cuius lacertos anuli mei cingant,
/ quae clune nudo radat et genu pungat, / cui serra lumbis, cuspis eminet culo;
101, 1 sg. Thaida tam tenuem potuisti, Flacce, videre? / tu, puto, quod non est,
Flacce, videre potes; XII 88, 1 sg. Tongilianus habet nasum: scio, non nego, sed
iam / nil praeter nasum Tongilianus habet.
La satira contro leccessiva magrezza compare nella commedia e
nellepigramma greco (vd. Brecht 1930, p. 91 sgg.; Pertsch 1911, p. 17; Kay,
p. 271 sg.); su donne
cfr., ad es., AP XI 327. Sabello ricorre come
nome ttizio in vari epigrammi scommatici di Marziale ed attestato nelle
iscrizioni (vd. Kajanto 1965, p. 186).
1: la movenza interrogativa iniziale introdotta da requiris (o quaeris) tra
le pi frequenti negli epigrammi di Marziale (vd. la n. a 32, 1). culus
macer: un tratto sico ricorrente nellepigramma scommatico: cfr. 93, 12.
2: conclusione paradossale: il culus di Sabello talmente sottile da poter
svolgere la funzione della mentula. Una conclusione altrettanto paradossale,
ma opposta, si trova in Priap. 31, 3 sg. haec mei te ventris arma laxabunt, /
exire ut ipsa de tuo possis culo. pedicare: sul verbo vd. la n. a 95, 13 sg.

Epigramma 99

549

99
Irasci nostro non debes, Cerdo, libello.
Ars tua, non vita, est carmine laesa meo.
Innocuos permitte sales. Cur ludere nobis
non liceat, licuit si iugulare tibi?
hab. T tit. ad cerdonem T
1 Cerdo Crusius (cfr. 16, 1): cerdo TLPQfs.l. credo f
3 innocuos LPQf : innucos Q non nocuos T permitte sales T EAXVs.l.: permittis
ales V ludere T : l(a)edere
4 liceat licuit : licuit liceat T
iugulare T EA: vigilare
XV

Non devi, Cerdone, arrabbiarti col mio libretto.


Il tuo mestiere, non la tua vita, stata colpito dalla mia poesia.
Consentimi innocue facezie. Perch a me non dovrebbe essere
concesso di scherzare, se a te fu concesso di sgozzare?
Marziale si rivolge nuovamente al ciabattino Cerdone, che si risentito
per i due epigrammi in cui il poeta lo ha attaccato (16; 59), e si difende
adducendo la motivazione che quegli epigrammi non colpiscono la persona,
ma il mestiere che rappresenta. Il poeta chiede licenza per i suoi carmi
innocui, ma torna in conclusione ad ironizzare sugli spettacoli gladiatori
offerti dal ciabattino (tema dellepigr. 16). Marziale inserisce spesso nei
suoi libri epigrammi che descrivono la reazione di persone colpite dalla
sua satira (vd. la n. intr. allepigr. 11). Lepigramma, privo dellelemento
osceno caratteristico di questa sezione, riveste una funzione apologetica
della poesia satirica e forse, nello specico, della sezione che chiude.
1. Irasci nostro non debes, Cerdo, libello: sulla reazione adirata alla
lettura di epigrammi cfr. IV 17, 1 sg. facere in Lyciscam, Paule, me iubes
versus, / quibus illa lectis rubeat et sit irata; vd. anche 37, 1 irasci tantum
felices nostis amici e la relativa n. intr.
2: la poetica di Marziale esclude attacchi ad personam: cfr. I epist. 1 sgg.
spero me secutum in libellis meis tale temperamentum ut de illis queri
non possit quisquis de se bene senserit, cum salva inmarum quoque
personarum reverentia ludant; X 33, 9 sg. hunc servare modum nostri

550

M. Val. Martialis liber tertius

novere libelli, / parcere personis, dicere de vitiis; sullargomento vd.


Citroni 1968, p. 264 sgg. Su laedere quale verbo tecnico dellaggressione
satirica vd. la n. a 97, 2.
3. Innocuos permitte sales: linnocuit degli epigrammi rivendicata da
Marziale anche in I 4, 7 innocuos censura potest permittere lusus; VII 12,
9 ludimus innocui; cfr. Ov. rem. 251 sg. noster Apollo / innocuam sacro
carmine monstrat opem; vd. ThlL VII 1, 1708, 71 sgg. Innocuos della
seconda e terza famiglia viene accolto da pressoch tutti gli editori; non
nocuos di T soltanto da Schneidewin, Gilbert (che in apparato scrive per:
innocuos Frdl., recte, ut videtur) e Duff. Nocuus estraneo alla lingua di
Marziale; compare in Scrib. Larg. 114 eius usus accusatur quasi nocuus (ma
Marc. med. 27, 4, che riprende da Scribonio ha nocivus); cfr. anche Ael.
Lampr. Ant. Heliog. 13, 5 quasi contra nocuum iuvenem vota concipiens
(Hohl, accogliendo una congettura di Helm, corregge quasi contra
innocentem iuvenem; mantiene con ragione il testo trdito P. Soverini,
Torino 1983); Serv. Aen. X 272 quod si occidentem attenderit, foedera
nocua regionis eius regi signicat; in poesia ricorre soltanto in [Ov.] Hal.
130 spina nocuus non gobius ulli. La forma stata tentata per congettura
da Santen in Prop. IV 9, 40 (con lapprovazione di Housman, Class. Pap.,
p. 290, che lha proposta anche per Prop. III 7, 60; in nessuno dei due casi
la congettura accolta da Fedeli, Stutgardiae 1984); da Baehrens in Drac.
Rom. VIII 247; AL 412, 8 e pi volte nei PLM. La lezione di T si spiega
agevolmente come scambio di in- con labbreviazione per non () e pu
esser stata favorita dalla presenza di non al principio del verso seguente.
sales: sal designa metaforicamente nella terminologia letteraria le facezie
pungenti, tipiche della poesia minore: cfr. Catull. 16, 7 sg. qui (sc. versiculi)
tum denique habent salem et leporem, / si sunt molliculi et parum pudici
(vd. OLD, s.v. nr. 6 b; Gowers 1993, pp. 230-232; 246-248; V. Buchheit,
Sal et lepos versiculorum, Hermes 104, 1976, pp. 331-347). Nel solco
della tradizione catulliana (vd. Swann 1994, pp. 61-63) Marziale designa
in tal modo i propri epigrammi in V 2, 4 sales nudi; XIII 1, 4 postulat
ecce novos ebria bruma sales; cfr. anche X 9, 2 sg. multo sale nec tamen
protervo / notus gentibus ille Martialis; egli considera larguzia pungente
una caratteristica dellepigramma latino: cfr. IV 23, 6 sg. qui si Cecropio
satur lepore / Romanae sale luserit Minervae, dove contrapposto al
lepos dellepigramma greco; VIII 3, 19 at tu Romano lepidos sale tinge
libellos; critica un epigrammista privo di spirito in VII 25, 1-4 dulcia

Epigramma 99

551

cum tantum scribas epigrammata semper / et cerussata candidiora cute,


/ nullaque mica salis nec amari fellis in illis / gutta sit, o demens, vis
tamen illa legi. Il sal una delle caratteristiche della poesia di Marziale nel
noto giudizio di Plinio il Giovane (epist. III 21): homo ingeniosus, acutus,
acer, et qui plurimum in scribendo et salis haberet et fellis nec candoris
minus. ludere: Marziale insiste sul carattere giocoso della propria poesia,
cui contrappone in conclusione la crudezza degli spettacoli gladiatori,
denita esplicitamente dal verbo iugulare (v. 4), che trasforma la difesa in
un attacco rivolto al ciabattino. Ludere verbo tecnico della terminologia
letteraria e designa la composizione di poesia leggera: cfr. Catull. 50, 2;
Verg. ecl. 6, 1; georg. IV 565; Hor. carm. I 32, 2 (con il commento di
Nisbet-Hubbard1); vd. ThlL VII 2, 1781, 84 sgg. In Marziale cfr. I epist.
3; 113, 1; IV 23, 7; VII 8, 1; 12, 9; VIII 3, 2; IX 26, 10; 84, 3; XI 6, 3; XII
94, 8; egli denisce lusus i suoi epigrammi in contesti apologetici: cfr. I
4, 7 cit. supra; 35, 13 parcas lusibus et iocis rogamus; XI 16, 7 nequitias
nostri lususque libelli. Appare pertanto da escludere la variante laedere,
presente nella famiglia , che contrasta con innocuos sales ed stata
probabilmente provocata da laesa del verso precedente.
4. iugulare: il verbo denuncia la crudezza degli spettacoli gladiatori, su
cui si veda la condanna morale espressa da Seneca in epist. 7, 3 sgg.; 95,
33. Il passo stato tenuto presente da Giovenale (3, 34 sgg.): quondam hi
cornicines et municipalis harenae / perpetui comites notaeque per oppida
buccae / munera nunc edunt et verso pollice vulgus / cum iubet occidunt
populariter (vd. Colton 1991, p. 94 sgg.).

552

M. Val. Martialis liber tertius

100
Cursorem sexta tibi, Rufe, remisimus hora
carmina quem madidum nostra tulisse reor:
imbribus immodicis caelum nam forte ruebat.
Non aliter mitti debuit iste liber.
tit. ad rufum
1 sexta LPQf : rufe sexta P remisimus V: misimus EAXV 2
quem EAX: quae V 3 immodicis LPQfs.l. : immodices f nam LPf : tunc Q ruebat
AXV: rubeat E rubat A 4 iste : ille

Ti ho rimandato, o Rufo, alla sesta ora il corriere,


che fradicio, credo, ti ha portato le mie poesie:
infatti il cielo veniva gi con una pioggia a dirotto.
Non diversamente avrebbe dovuto essere inviato questo libro.
Marziale chiude il libro con una dedica scherzosa a Rufo: il poeta ha afdato
il libro al cursor inviatogli dallamico mentre pioveva a dirotto; questo il
modo pi adeguato per mandare unopera del genere. La conclusione del
libro allinsegna dellunderstatement, cos come lo era stato linizio (cfr. 1,
5 sg. sullinferiorit del libro gallo rispetto a quello romano).
Sul Rufo dedicatario di questo epigramma e del libro (insieme a Faustino e
a Giulio Marziale: cfr. epigr. 2 e 5) sono state formulate due ipotesi: secondo
Friedlaender si tratta di Canio Rufo, caro amico del poeta, nominato in questo libro negli epigr. 20 e 64. Lipotesi appare poco probabile: la dedica del
libro, sia pure con un epigramma scherzoso, e il tono di understatement
presuppongono un rapporto cliente-patrono (cfr. IV 10, dedica del libro a
Faustino); Canio fu invece in rapporti di stretta amicizia con Marziale, come
dimostra il tono ironico dellepigr. 20 di questo libro. Per lo stesso motivo
appare poco persuasiva la proposta, formulata in via del tutto ipotetica da
Citroni 1987, p. 154 sg., che possa trattarsi di Camonio Rufo, giovane amico
bolognese, cui il poeta renderebbe omaggio al termine del libro cisalpino
(la sua ipotesi condivisa da Sullivan 1991, p. 31). Il nome di Camonio
compare per la prima volta in VI 85, in cui Marziale ne piange la morte
prematura, allet di ventanni (cfr. anche IX 74 e 76 su un ritratto di Camonio
da fanciullo). Considerando la data di pubblicazione del VI libro (verso la

Epigramma 100

553

ne del 90: vd. Grewing, pp. 20-23), Camonio, che il poeta pu certamente
aver conosciuto durante il soggiorno cisalpino, doveva avere allepoca della
pubblicazione del III libro soltanto diciassette o diciotto anni. Altre ragioni
sconsigliano lidenticazione con il giovane bolognese (contrario allipotesi
di Camonio Rufo anche Grewing, p. 543): il Rufo di questo epigramma
con ogni probabilit lo stesso dellepigr. 97 (e, verosimilmente, anche di 82,
33; vd. Grewing, p. 526), cui Marziale afda il libro per evitare che lo legga
la prostituta Chione; questultima era una prostituta romana, come appare
evidente da 30, 4 (anche lepigr. 82 di ambientazione romana: cfr. 82,
2-3. 26). dunque piuttosto probabile che Rufo sia un patrono romano,
cui poteva risultare gradito il tono di scherno nei confronti dei provinciali,
presente in vari epigrammi del libro (1, 5 sg.; 91). Individuare a quale delle varie persone con questo cognomen apostrofate nei suoi epigrammi Marziale
si riferisca non agevole; tuttavia la sua presenza allinterno della sezione
oscena del libro, ribadita dalla dedica nale, rivela uninclinazione verso la
poesia licenziosa.
1. Cursorem: Rufo aveva inviato a Marziale un suo schiavo per prendere
il libro. Il cursor era uno schiavo utilizzato per recapitare messaggi o altro
(vd. ThlL IV 1527, 53 sgg.): sullinvio di libri cfr. I 117, 1-4; IV 10, 3; VII
80, 5 sg. Cursores erano detti anche i servi che dovevano precedere il carro
o la lettiga del dominus (vd. la n. a 47, 14).
3. imbribus immodicis: la iunctura ricorre in Sen. dial. IV 27, 2; nat. III
27, 4; 28, 1. Per luso di immodicus per fenomeni naturali vd. ThlL VII 1,
485, 48 sgg. caelum ruebat: per ruo intransitivo riferito allabbattersi
di temporali (o tempeste) cfr. Afran. com. 9 caelum ruere ac tremere;
Lucr. I 1105 neve ruant caeli tonitralia templa superne; Liv. XL 58, 6
caelum in se ruere aiebant; Verg. georg. I 324 ruit arduus aether; Sil.
XVII 252 in classem ruere implacabile caelum; Val. Fl. I 616 sg. vasto
pariter ruit igneus aether / cum tonitru; vd. EV IV, s.v. ruo, p. 602 sgg.
4: allusione scherzosa al fatto che il libro meritava di essere cancellato dalla
pioggia. Marziale gioca autoironicamente con questo motivo anche in I 5, in
cui immagina la reazione dellimperatore di fronte al suo dono di un libro:
do tibi naumachiam, tu das epigrammata nobis: / vis, puto, cum libro,
Marce, natare tuo (vd. il commento di Citroni); IX 58, 7 sg., in cui la ninfa
risponde alla dedica da parte del poeta dei suoi libelli: nympharum templis
quisquis sua carmina donat, / quid eri libris debeat ipse monet; anche in

554

M. Val. Martialis liber tertius

IV 10 Marziale, inviando il proprio libro allamico Faustino, raccomanda al


puer incaricato: curre, sed instructus: comitetur Punica librum / spongea:
muneribus convenit illa meis. / non possunt nostros multae, Faustine,
liturae / emendare iocos: una litura potest (5-8); di un Aiace da lui scritto
Augusto diceva scherzosamente che, invece che sulla spada, era nito sulla
spugna! (Suet. Aug. 85, 2). In Marziale si vedano anche V 53, dove ad un
poetastro che scrive carmi mitologici suggerisce due possibili temi: materia
est, mihi crede, tuis aptissima chartis / Deucalion vel, si non placet hic,
Phaeton (cfr. AP XI 214 di Lucillio; vd. Burnikel 1980, p. 16 sgg.); XIV 196,
1 sg. (di unopera sui corsi dacqua e delle fonti, forse di Licinio Calvo) haec
tibi quae fontes et aquarum nomina dicit, / ipsa suas melius charta natabat
aquas; cfr. anche Hor. carm. I 16, 4; Tib. I 9, 49 sg.; Marc. Aur. apud Fronto
68 N. (62 v.d.H.). iste: il pronome, preferito da Schneidewin, Friedlaender,
Gilbert, Heraeus, Izaac e Giarratano, senzaltro migliore di ille ( ), accolto
da Lindsay, Duff e SB. Questultimo infatti appare una correzione motivata
dalla considerazione che il libro si dovrebbe trovare nelle mani di Rufo.
Marziale gioca per spesso con ironia con le convenzioni della lettura e, come
acutamente osservato da Fowler 1989, rappresenta il suo lettore progressing
through each collection supposedly contemporaneously with the authors
writing of it (p. 108). Si pu evidenziare in proposito che lepigramma
chiude il libro che dovrebbe essere stato cancellato dalla pioggia! Per un
altro esempio analogo si confronti la serie degli epigrammi che chiude lXI
libro (106-108) analizzata da Fowler 1989, p. 107 sg. Lalternanza iste / ille
ricorre nella tradizione di Marziale ancora in IV 41, 2 conveniunt nostris
auribus ista magis (ista , edd.; illa ); 49, 1 sg. nescit, crede mihi, quid
sint epigrammata, Flacce, / qui tantum lusus illa iocosque vocat (illa ,
Lindsay, Izaac, SB; ista T, Schneidewin, Friedlaender, Heraeus). Per luso di
iste in relazione agli epigrammi cfr. I 40, 1 qui ducis vultus et non legis ista
libenter; 70, 17 sg. qualiacumque leguntur / ista, salutator scribere non
potuit; II 8, 7 ista tamen mala sunt; 93, 1 primus ubi est inquis cum
sit liber iste secundus?; IV 49, 1 sg. cit. supra; V 6, 16 sg. nec porrexeris ista,
sed teneto / sic tamquam nihil offeras agasque; 15, 5 sg. quid tamen haec
prosunt quamvis venerantia multos? / non prosint sane, me tamen ista
iuvant; 80, 6 quod si legeris ista cum diserto; VII 72, 16 non scripsit meus
ista Martialis; VIII 1, 3 non est tuus iste libellus; X 18, 6 Appia, quid facies,
si legit ista Macer?; XI 2, 8 iste liber meus est.

Tavola sinottica

555

T AV O L A S I N O T T I C A
DIVERGENZE FRA IL TESTO DELLA PRESENTE EDIZIONE E QUELLO DI
SB2, HERAEUS E LINDSAY.
EPIGR.

PRES. EDIZ.

SB2

HERAEUS

LINDSAY

5, 9

hanc illumve

hunc illamve

hanc illumve

hanc illumve

7, 5 sg.

regis
recesserunt
nihil est.

regis
recesserunt.
nihil est.

regis
recesserunt.
nihil est.

regis
recesserunt.
nihil est.

11, 3

sed simile est


aliquid.
Pro dixi?

sed simile est


aliquid:
pro dixi.

sed similest
aliquid?
pro dixi?

sed simile est


aliquid:
pro dixi.

11, 6

amet

amat

amet

amet

16, 1. 4. 6 Cerdo

Cerdo

Cerdo

cerdo

20, 3 sg.

Claudianorum,
an scriptor?

Claudianorum?
an scriptor,

Claudianorum?
an scriptor?

Claudianorum?
an scriptor,

20, 5

iocos

20, 10

templi

templi

templi

templi

24, 2

focis

sacris

focis

sacris

24, 5

et acuta

et acuta

et acuta

et acuta

26, 5

velle negare!

nolle negare

velle negare!

velle negare!

28, 1

olere?

olere.

olere.

olere.

31, 6

Didymos

Didymus

Didymos

Didymos

32, 1

An possim
vetulam
quaeris, M.?

Non possum
vetulam.
Quereris, M.?

Non possum
vetulam.
Quereris, M.?

Non possum
vetulam?
quaeris, M.:

32, 3

Nioben

Niobam

Niobam

Niobam

33, 3 sg.

utramque,
si facie

utramque
si facie,

utramque,
si facie

utramque,
si facie

37, 2

facite

facere

facite

facite

38, 13

quid f. suade:

quid f. suade:

quid f.? suade:

quid f.? suade:

iocos

556

EPIGR.

Tavola sinottica

PRES. EDIZ.

SB2

HERAEUS

LINDSAY

42, 4

maius

maius

magnum

maius

44, 15

fugas edentem

fugas edentem

fugas sedentem

fugas sedentem

49, 1

ubi potas

tibi ponis

ubi potas

ubi potas

59, 1

Cerdo

Cerdo

Cerdo

cerdo

63, 2

quid sit dic


mihi bellus
homo.

quid sit dic


mihi bellus
homo.

quid sit, dic


mihi, bellus
homo.

quid sit, dic


mihi, bellus
homo?

65, 3

oret cum

oret cum

oret cum

cum oret

67, 2

Vaterno

Vatreno

Vaterno

Vaterno

68, 12

leges

leges

leges

legis

73, 2

Phoebe

Phoebe

Galle

Galle

77, 10

saprophagis

80, 1

loqueris

loqueris

loqueris

quereris

82, 26

fuscus

fuscus

fuscus

fusus

82, 32

Malchionis

malchionis

Malchionis

Malchionis

85, 3

tibi

tua

tibi

tibi

87, 1

te rumor Chione te rumor Chione te Chione rumor te rumor Chione

93, 18

nupturire

nupturire

nuptuire

nuptuire

93, 19 sg.

quaeris. Prurire
quid si

quaeris. Prurire
quid si

quaeris prurire.
Quid si

quaeris. Prurire
quid si

93, 23

exigis

exiges

exigis

exiges

93, 24

Acori

acori

Acori

Achori

99, 1

Cerdo

Cerdo

Cerdo

cerdo

100, 4

iste

ille

iste

ille

Indice analitico

557

INDICE ANALITICO

abbigliamento: lacerna 303; pallium 410


accusare tamquam, accusare di 183
accusativo plurale in -is 169, 502
Achillas 517
Acorus 534 sg.
adstruere (uso traslato) 212
adulteri, punizioni: accecamento 522; mutilazioni 502
adulterio, condanna dell 521
aetherius 148 sg.
Aethon, cavallo del Sole 431
aftti, prezzi elevati a Roma 266, 301 sg.
afrodisiaci, cibi 464
Agrippa, terme di 221 sg., 293
: arrigere 448; cacare 325; cevere 544; culus 449; cunnus 454;
fellare 495 sg.; futuere 452; fututor 545; meiere 475; mentula 439 sg.;
merda 196; mingere 475; pedicare 544
allec 471
allitterazione 182, 218, 308, 370, 382, 418, 437, 453
Almo (ume) 341
amante cieco, tipo dell 162, 186
amare (uso erotico eufemistico) 391
amicitia / amicus per i rapporti patrono-cliente 291
ammaestrate, belve, negli spettacoli circensi 201 sg.
ampulla (metonimia per profumo) 494
anafora 148, 180, 247, 248, 266, 273, 286, 291, 293, 325, 340, 379, 400, 401
sg., 408, 417, 420, 470, 501, 506
anastrofe 419
anatematiche, formule 106, 261
Andromaca, giovane per antonomasia (contrapposta a Ecuba) 467
aneddoti curiosi, narrazione di 200, 236, 517
anelli, ostentazione 260
antrione avaro, tipo dell 61, 66, 175, 180, 351 sg., 486
antanclasi 180, 264, 281

558

Indice analitico

anteambulo (ofcium del cliente) 156 sg.


Anthologia Latina e Marziale 120, 202, 243, 438, 511
Antius Restio, proscritto salvato da un servo 225
Antonio, Marco 423 sgg.
antonomastico, uso: Andromaca per giovane 467; Ecuba per vecchia
467; Galli per evirati 242, 482; Ganimede per delicatus puer 308;
Malchio per reuccio 495; Nasones e Vergilii per poeti 303; cfr. anche
Sophoclei cothurni per tragedia 216
Apicio, suicidio di 228 sg.
Apicius (nome ttizio) 478
apologia: dellepigramma lungo 497 sg.; della poesia licenziosa 442, 504;
della poesia satirica 549
apostrofe: a Bologna personicata 394 sg.; al lettore 105; al libro 114; alla
matrona 435, 504; ritardata 417; a Roma personicata 426; alla sportula
152; alla vittima 229, 237
Appendix Vergiliana: possibile reminiscenza di Dirae 269
: 169, 340, 361; introdotto da immo 312, 346; al mezzo
355; realizzato dallultima parola dellepigramma 224
Arabia felix 420
arca personicata 271
Argonautae (= pigri nautae) 428, 432 sg.
Argonauti, portico degli 219
arrigere: assol. 448; con ad e acc. 466 sg.
asindeto 185, 514
Atestinus (nome proprio) 301
Atrianus 530
atrium, luogo della salutatio 304
Audia 447
aurea (metonimia per coppe doro) 249
auricula (diminutivo banalizzato) 257
Ausonio e Marziale 127, 128, 143, 163, 414, 251, 459, 483
autumnus (metonimia per vendemmia) 380
avvocatura come attivit scarsamente redditizia 301
Baeticus 470
bagni comuni 359
Baia 223, 376
balneator 158

Indice analitico

559

balneum: 222; b. Tigillini 222


balsama (metonimia per opobalsama) 431
barathrum (metafora sessuale) 482
barbarus (accezione positiva) 379
barba, celebrazione del primo taglio 145 sg.
barbieri, timore dei 459 sg.
Basso 340, 375 sg.
Bassus (nome ttizio) 466
beatus, produttivo 343
belle 297
bellus 297
bellus homo, tipo del 406
belve ammaestrate negli spettacoli circensi 201 sg.
beneventana, scrittura: archetipo della seconda famiglia 80; errori
caratteristici 310
bietole, potere lassativo 344
boleti 332
Bologna 395
brachilogia 293, 438, 482
buccae 196
bustuariae moechae 531
cacare 325
caccia 388
cadaveri, profumazione 178
Caesareus (uso poetico) 543
Caesar uterque (Tito e Domiziano) 540
Calpurnio Siculo e Marziale 409
Candidus 248, 334
cane: come animale dal cattivo odore 368; da caccia gallico 344 sg.
Canio Rufo 207 sg.
capelli, tintura dei 316
Capena, porta 341
caper, castrato 243
capillare sost. 494
capro: proverbiale cattivo odore del 240, 530; sacricio del 236 sg.
Carducci, Giosu, imitatore di Marziale 115
carere (uso erotico) 364

560

Indice analitico

carina (metonimia per nave) 475


carpere, tagliare i cibi 181
case: incendi 362; prezzi 362
Cassianus 414
castrazione 61, 236, 517
casu avverbiale 306
catalogo, gusto per il 208, 340, 376, 381, 401
cathedra 409
Catullo e Marziale: allusioni 116, 155, 176, 178, 363; collocazione di
espressioni proverbiali 192; inuenza sulla lingua: chartae 209, esurire
177, libellus 116, medius (uso erotico eufemistico) 482, misellus 155,
moecha (= meretrix) 494, nugae 367 sg., sal 550 sg.; motivi: frigus
retorico come reale 244, gioco etimologico su
285, silenzio
ottenuto attraverso lirrumatio 545, uso del libro per cucinare pesci al
cartoccio 119 sg.; principale modello epigrammatico 116; ripetizione di
versi uguali (o quasi) 208; struttura del falecio 125, 178, 430
cecit degli innamorati 162, 186, 307
Cecubo, vino 250
cedrus (metonimia per olio di cedro)123
celeuma 430
cella 266; cella pauperis 347
centenae columnae (o Hecatostylum) 203
cera (metonimia per favo) 390
Cerdo (nome parlante) 189 sg.
Ceres (metonimia per grano) 380
cerva pro virgine (espressione proverbiale) 519
cervus, schiavo fuggitivo 520
cevere 544
chartae (metonimia per opera letteraria) 209 sg.
chiasmo 191, 264, 286, 325, 414, 447, 449
Chione: 267, 498, 553; gioco etimologico sul nome 285
Chloe 363 sg.
ciabattino arricchito, satira contro 188 sg.
Cibele, sacerdoti di 242, 341, 481, 483
cibi pregiati: boleti 332; cinghiale 357; lepre 470; ostriche 332, 397; rombo
331 sg.; tordo 344; tortora 398, 492; triglia 332
Cicerone: oratore per antonomasia 300; condanna delluccisione di 423 sg.

Indice analitico

561

cicli epigrammatici 61, 62 sg. n. 65, 320, 417


cigno, proverbiale candore del 317
cinaedus 457
cinico, losofo, rappresentazione del 530
Cinna 165, 400
Cispadana: soggiorno in 47, 53 sgg.; inuenza sul libro 61 sg., 189, 517
cisterna 369
citaredo, mestiere lucroso 135 sgg.
cito raptus 117 sg.
Civis (nome proprio) 301
clientela: comportamento autoritario del patrono (usi linguistici) 159, 291,
334, 338; disagi dei clienti 60, 290 sg., 334; disparit di trattamento a
tavola 349, 396 sg.; obblighi 134 sg., 290 sgg., 334 sgg.; rapporti con il
patrono 60, 151 sg., 290 sg., 296, 334; richiesta di protezione per la poesia
127; opera togata 334; salutatio matutina 292, 304; salutator 389
clunes 364
coccum (metonimia per color coccineus) 126
cocus 183
Colchide, regione dorigine del fagiano 383
colere (verbo tecnico per lossequio del cliente) 304
colombaie 384 sg.
compendiaria, comparatio 424
compleanno, celebrazione del 146 sg.
condicio (metonimia per relazione amorosa) 283
conteor 269
congiarium 157
consules (metonimia per anni) 527 sg.
copo (e caupo) 371, 387
corcodilus 529
Cordus 186, 498
cordyla 120
Coricio, zafferano 419
corio ludere suo (espressione proverbiale) 191
corium 191
Corneli, Forum 134
corvo: addestrato al saluto 540; proverbiale colore nero 317
Cosconius 442

562

Indice analitico

cosmetica, critica della 316, 367


Cosmo (profumiere) 367; Cosmianus agg. 367
cothurni (metonimia per tragedia) 216
Cotilus 406
credere (gioco di parole) 186 sg.
credo 454
Croce, Benedetto, apprezzamento per lepigr. 58 377
cronologia del libro terzo 52-57
crudus (doppio senso) 180, 183
cucullus 121
culina 118
culus 449
cunnus 454
cuochi, punizioni corporali dei 182 sg.
cursor 345
cycnus 318
Daphnis 142
dare (uso ellittico erotico) 514 sg.
dativo dagente 302
debitor 271
December (metonimia per anno) 294
dedicatori, epigrammi 71 sgg., 113, 139
Deifobo, allusione comica al personaggio 501 sgg.
demens come insulto 463
depilazione dei genitali femminili 461
deponere soleas 354 sg.
depositio barbae, celebrazione della 145 sg.
descrizione di opere darte 287
detrattori, epigrammi contro i 165
Diadumenos 417
dialogica, struttura 163, 300
dialogici, elementi, nellepigramma 172 sg., 187, 255, 276, 500
dic mihi 173
Didymos 273 sg.
dipsas 324
distichon 172
diurnum sostantivato 170

Indice analitico

563

dominus in funzione attributiva 110


dominus et rex, formula di saluto al patrono 159
Domiziano: editto di abolizione della sportula 49, 151 sg.; presenza limitata
nei primi libri di Marziale 50 sg.
donna ideale 281 sg.
dropax (crema depilatoria) 459
ducere accezione tecnica per la scultura 310
ecoici, versi 256
Ecuba: exemplum di vecchiaia 279, 467; grae del nome: Hecabe 467 sg.,
Hecuba 467 sg.; metamorfosi in cagna 280
effeminato, descrizione dell 406 sgg.
egestas 170
ellissi eufemistica: dare 514 sg.; posse 277 sg.; rogare 365
Emilia, via 133 sg.
enallage 124, 341, 505
Eous 420 sg.
epesegetico, genitivo 150, 158
epigraci, moduli: cito raptus 117 sg.; lamento contro la crudelt del fato 205
epigramma, uso tecnico del termine 443
epigrammi: coppie 66, 67, 68, 69, 70, 340, 370, 376, 442; ordinamento 59,
62-71, 436; lettori 444
epigrammi lunghi, apologia 497 sg.
episodi storici come temi di epigrammi 61, 67, 225, 228
Ercole, allusione alle fatiche 325
erotica, topica: carnagione scura poco apprezzata 286; chi disponibile
attrae meno 446; il timore accresce il desiderio 446 sg.; qual la donna
ideale 281 sg.
erotico, linguaggio: carere 364, facilis 444, fastidire 467, frigidus 286,
improbus 507, luctari 463, negare 365, prurire 533, saevus 422, scalpere
534, tenera puella 418, torquere 444; ellissi: dare 514 sg., posse 277 sg.,
rogare 365; eufemismi: amare 391, inguen 454, medius 482, pars 502,
percere 477, premere 384
esuritor 185
et epesegetico 239 sg.
etera invecchiata, tipo dell 313
etimologiche, perifrasi 382
etimologici, giochi: 226, 431; sui nomi propri: Argonautae 428, 432 sg.,

564

Indice analitico

Chione 285, Palinurus 474 sgg.


eufemismi: ellissi: dare 514 sg., posse 277 sg., rogare 365; espressioni
erotiche 498; perifrasi 439 sg.
Europa, portico di 219 sg.
Fabianus 291
Fabullus 175 sg.
facilis (uso erotico) 444
fames (usi metonimici) 158 sg., 393
fastidire (uso erotico) 467
fateor 176 sg.
Faustino: 47, 340; dedicatario del libro 114; descrizione della villa baiana
375 sg.; ospite di Marziale in Cispadana 57-60; padre di Marcellino 58
Fedro: 212 sg.; allusione a 216; denito improbus 213 sg.
felix, ricco 297
fellare 495 sg.
ferrum (metonimia per arma di ferro) 341
fervere, brulicare 342 sg.
Fidia, maestro della toreutica 288
fonici, giochi: 454, 474; rima tra gli emistichi del pentametro 280, 370, 466 sg.
fortasse 109 sg.
forum triplex 301
fragrantia basia, motivo dei 417
frigidezza retorica 244
frigidus (uso erotico) 286
frontes (del volumen) 124
fullo, disprezzo del mestiere di 395
funeraria, topica: mors immatura 205
futuere 452
fututor 545
galbinatus 488 sg.
Galla 359, 365, 514
Galli (sacerdoti di Cibele) 481 sg.
Gallia togata 108 sg.
Gallus: evirato 242, 282; liber G. 111; nome proprio 254, 522
Ganimede, exemplum di bellezza puerile 308
Gargilianus 264 sg.; 459
Gargilius 545

Indice analitico

565

garrire in auriculam, sussurrare allorecchio 257


Gellia 366 sg.
geminazione 411, 544
genae (metonimia per barba) 150
Gennadio, Torquato, sottoscrizioni 79 sg.
gerundivo, esprime il senso di futuro 160 sg.
ginnastica, svalutazione della 387
giochi: fonici 280, 370, 454, 466 sg., 474; numerici 164, 174, 521 sg.; di
parole 191, 192 sg., 462, 465, 546
Giovenale e Marziale: imitazione 265 sg., 266, 361, 398, 541, 551; possibile
riecheggiamento 522
giuridico, lessico: heres ex asse 170; ingenuus 282; peior causa 426; scelus
admittere 424 sg.; vindex 117
gladiatores (metonimia per ludi gladiatorii) 190
gladiatorii, spettacoli, offerti da privati 189
gladiatorio, linguaggio: rudis 294 sg., tiro 294
Gongylion 500
gratis avverbiale 265
grecismi: lessicali: allec 471, barathrum 482, cinaedus 457, corcodilus 529,
cordyla 120, cycnus 318, dipsas 324, distichon 172, dropax 459, moechus
447, orthopygium 530, palaestrita 387 sg., psilothrum 459, rhonchi 495,
scorpios 325, sophos 337, stropha 160, toreuma 288 sg.; morfologici: a)
nomi propri: nom. masch. in -as della I decl. (Achillas 517); nom. masch.
in -os della II decl. (Didymos 273 sg.); nom. masch. in -on della III decl.
(Gongylion 500); nom. femm. in -e della I decl. (Chione 267, 285); nom.
femm. in -is della III decl. (Lycoris 308, Thais 163 sg.); acc. femm. in -en
della I decl. (Nioben 279 sg., Hecaben 467 sg.); b) nomi comuni: nom.
masch. in -os della II decl. (scorpios 325)
greco negli epigrammi:
473
gula (metonimia per voracit) 196
gustatio 343, 355
hapax legomena: capillare sost. 494; esuritor 185; galbinatus 488 sg.;
nauculari 224; pertricosus 411 sg.; tractatrix 490
have 540
havere 143
Hecatostylum 203
here 177

566

Indice analitico

heres ex asse, erede universale 170


Hermione 174
hiatus metafora per i genitali femminili 453 sg.
hinc in luogo di pronome 302
hirnea 241
Hirpinus (cavallo) 411
Horatiorum campus 342
horridus qualica la tragedia 216
hucusque, tmesi di 437
Hylas 203
Igenia, allusione al mito di 519
Iliacus minister (Ganimede) 308
immagini, accumulo di 417
immo 312, 346
imperativo: ironico 251; come protasi di periodo ipotetico 289
imponere per decipere 371
improbus, usi di 213 sg., 507
impurus ore, tipo dell 194, 256, 469 sg., 499
imputare 148
incipitari, moduli: interrogativa introdotta da miraris 256 sg.; interrogativa
introdotta da quaeris 276
index (del volumen) 126
ingenuus: uso giuridico 282; traslato 281, 283 sg., 336
ingratus, improduttivo 379
inguen (uso erotico eufemistico) 454
intellettuale, rappresentazione dell, come delicato 336
interiungere 431
interpolazioni 79 n. 121, 191 sg., 238, 270, 293, 351 sg., 452, 513, 520
invitare, invitare a cena 255; vd. anche vocare
inviti a cena 254
iperbole 180, 247, 303, 402, 403, 467, 528, 548
ippica, passione a Roma 411
ipse (= dominus) 491 sg.
iratis sacris, formula analogica a iratis dis 242
irrumatio come vendetta 495 sg., 545
is, ea, id, scarso uso in poesia 246
Iulianus 245

Indice analitico

567

ius trium liberorum 539 sgg.


iussivo, futuro 142 sg.
labra linere (espressione proverbiale) 314
lac, formaggio 390
lacteus 386
laedere (verbo tecnico dellaggressione satirica) 546
Laetinus 317
Lais 173
lares (metonimia per domus) 142
Lari, statuette dei 386
lascivus: qualica lepigramma 505; qualica la poesia elegiaca 215
Latino (mimo) 506
lattuga: Laconica 344; parte della gustatio 355; poteri lassativi 512
Leda 488
lgende corrige 415
lepos 217
lessinghiana, bipartizione dellepigramma 376
lettighe come simbolo di opulenza 335
lettore, apostrofe al 105 sgg.
lettori, rappresentazione delle reazioni agli epigrammi 171 sg., 436, 549
libare 149 sg.
libellus 116
libertinus sostantivato 283
libro: apostrofe 114; caratteristiche esteriori del volumen: conservazione
con olio di cedro 123, copertina di pergamena (paenula) 125 sg.,
frontes levigate 124, index 126, umbilici 124 sg.; come involucro per
cucinare pesce al cartoccio 119 sg., 357 sg.; come involucro per spezie
120 sg.; come munus 116 sg.; dedica a patroni e amici 71-73; dialogo
col 116; incaricato di salutare amici e patroni 143; liber prior, esegesi
dellespressione 109; personicato 110, 114, 140; provinciale inferiore
a urbano 105 sg., 111; raccomandazione al 140
Libye 471
Ligurinus 321
Ligurum saxa (metonimia per vino della rocciosa Liguria) 492
lingua duso: brachilogie 293, 438, 482; ellissi del verbo di movimento 326;
espressioni parentetiche 251, 301, 460; fraseologia: certum est 305, dico
ut 239, facere convicium 337, futuro iussivo 142 sg., imperativo come

568

Indice analitico

protasi di periodo ipotetico 289, loqui assoluto per male loqui 478 sg.,
nihil est 400, nihil est + comparativo 443, noli + innito 273, paratassi
245, 331, 355, 369, 540, paratassi in luogo di periodo ipotetico 289, 303,
326, piuccheperf. ind. in luogo di imperf. o perf. 136, quid cum tibi?
482, quid ergo? 500, quid est quod 321 sg., res est in funzione predicativa
di un sostantivo o un innito 177 sg., res tibi cum est 398, ut quid
472 sg., si bene te novi 441, vix tres aut quattuor 304; geminazione 411,
544; incisi: conteor 269, credo 454, dic mihi 173, fateor 176 sg., mihi
crede 140, puto 369, 540, rogo 325; lessico: ampulla 494, anteambulo
156 sg., auricula 257, balneator 158, balneum 222, belle 297, bellus
297, buccae 196, cella 266, cisterna 369, cocus 183, congiarium 157,
copo 371, corium 191, culina 118, debitor 271, fortasse 109 sg., garrire
257, gratis avverbiale 265, hinc in luogo di pronome 302, imponere (=
decipere) 371, ipse (= dominus) 491 sg., is, ea, id 246, longinquus 108,
mentiri aliquid per simulare 317, misellus 155, nec = ne quidem
127 sg., nequam 444, neuter 302, nullus per nemo 255, numquid 360,
obsonium 233 sg., olfacere 352, omnino 331, ordinare 378, penis 491,
pensio 266, periculosus 322, potio 230, pusillus 315, putidus 357, quis =
quisque 410, regulus 190, salutator 389, sibi placere 368, simpliciter 314,
somniculosus 390 sg., stropha 160, stultus 502, sufare 196, tamquam
183, valde 322, versiculi 166, vetula 278
lomentum 313 sg.
longinquus 108
loqui assoluto per male loqui 478 sg.
Lucano e Marziale 425, 510 sg.
Lucano, Gn. Domizio (patrono) 222 sg.
Luciano e Marziale 178 sg.
Lucilio, possibile imitazione 154
Lucillio e Marziale 195, 232 sg., 279, 316 sg., 354, 467
Lucrezio, possibile imitazione 453
Lucrino, lago: 223 sg.; ostriche del 397
luctari (uso erotico) 463
ludere: della composizione di poesia minore 551; corio l. suo (espressione
proverbiale) 191; l. otium 432
Lupercus 463
lusci: presenza negli epigrammi 164; satira contro 307
Lussorio e Marziale 438

Indice analitico

569

lux per dies 147 sg.


Lycoris 308
mala lingua 479 sg.
Malchio 495
mane sost. 292
Marcellino: celebrazione della depositio barbae 145 sg.; glio di Faustino
58
marito sciocco, tipo del 248, 501
Marius 256
Marsiglia, vino di 492 sg.
Marx, legge di 187, 292, 419, 506 sg.
Marziale, Giulio: 139; dedica del libro a 73, 139
Marziale: fama di 167, 541; presunta moglie 521 sg.; titolo di tribunus
semestris 542; uso del praenomen Marcus in contesti familiari 143
massa 272
Massico, vino 250
Matrinia 276, 278
matrona, apostrofe alla 435, 504
Maximus 198
Medea, allusione al mito 384
medico, linguaggio 464, 490
medius (uso erotico eufemistico) 482
meiere 475
melandrya 472
memento 192
mensae secundae 195
mentiri aliquid per simulare 317
Mentore, considerato a Roma il pi grande cesellatore 309
mentula: personicazione 467; simboleggia la componente piccante
dellepigramma 443; termine osceno par excellence 439 sg.
merda (uso metaforico) 196
merus, nihil praeter 393
metafora: 118, 150, 159, 196, 217, 294 sg., 302, 318, 356, 425, 428 sg., 431,
437, 443, 454, 465, 482, 534, 550
metonimia: ampulla 494; autumnus 380; balsama 431; carina 475; cedrus
123; cera 390; Ceres 380; chartae 209 sg.; coccum 126; condicio 283;
consules 527 sg.; cothurni 216; December 294; fames 158 sg., 393; ferrum

570

Indice analitico

341; genae 150; gladiatores 190; gula 196; lares 142; Ligurum saxa 492;
Nilus 408; Phaeton 431; Phoebus 330; purpura 125 sg.; rogus 541 sg.;
silva 386 sg.; Venus 465; vitrum 367
metrica: condizionamento metrico: crede mihi / mihi crede 140, hr /
hr 177, sapisti 122, piuccheperf. ind. in luogo di imperf. o perf. 136;
esametro: legge di Marx 187, 292, 419, 506 sg., spondeiazon 297, termini
ricorrenti in sedi sse: auricula 257, hiatus 203 sg., memento 192; falecio:
collocazione del comparativo in clausola 430, elisione 178; pentametro:
chiuso con sillaba breve 205, con clausola tetrasillabica 174, 256, 472;
plurali poetici: arae 237, cinnama 367, colla 240, convicia 337, iura
paterna 541, Massica 250, mella 390, munera 150, vina 438; scazonte 64
n. 71, 208 sg., 377, 390; sotadeo 261; trattamento del dimetro giambico
185; trimetro giambico + dimetro giambico 184; versi ecoici 256
mihi crede 140
Milvio, ponte 185
mimo: ed epigramma 504 sg.; attori: Pannicolo 506; Latino 506
mingere 475
Minucio Felice, probabile ripresa di Marziale 478
misellus per i defunti 155
mito, degradazione del 474; dissacrazione del 432 sg.
mittere, termine tecnico nella dedica dei libri 108
Modena 395
modestia, falsa 106 sg., 497, 552
moecha (= meretrix) 494
moechus 447
moralistici, motivi: biasimo della palestra 387; critica: dellabitudine maschile
di portare anelli 260; della cosmetica 316, 367; della depilazione maschile
458 sg.; dellestensione eccessiva delle case urbane 269 sg.; dellipocrisia
313, 318; del lusso 403; delluso eccessivo di profumi 366
morfologia: accusativo plurale in -is 169, 502; forme sincopate: perduxti
230; nostis 429
mortuus (uso ironico) 178 sg.
mugire (di urla adulatorie) 337
murrina 249
Musa, allocuzione alla 209
musica: egizia 408; di Cadice 408
muta cum liquida, trattamento 238 sg.

Indice analitico

571

mutuniatus 455 sg.


Naevia 180 sg.
Naevolus 449, 539
narrazione: di morti sorprendenti 199 sg.; di aneddoti curiosi 236 sg., 517
Nasones, poeti per antonomasia 303
nates 364
nauculari 224
nec: alternanza con neque 356; per ne quidem 127 sg.
nefas, grave difetto sico 452
negare (uso erotico) 365
nequam 444
Nerone: damnatio memoriae in et avia 210; terme di 246
Nestor 256
neuter 302
Nicarco 527
nihil est + comparativo 443
Nilus (metonimia per Egitto) 408
nimis accostato a un sostantivo 322
Niobe: exemplum di vecchiaia 279; graa del nome: Nioben 279 sg.;
metamorfosi in pietra 280
noli + innito 273
nomi parlanti: Cerdo 189 sg.; Chione 285; Cotilus 406; Ligurinus 321;
Lupercus 463; Malchio 495; Philomusus 169; Vetustilla 526
nomi signicativi di personaggi ttizi: Cinna 165; Chloe 363 sg.;
Diadumenos (?) 417; Hylas (?) 203; Malchio 495; Nestor 256
nostis 429
nugae 367 sg.
nullus per nemo 255
numerare, computare (a partire da un punto determinato) 148
numerici, giochi 164, 174, 521 sg.
numquid 360
nupturio 532
obsonium 233 sg.
Oceanus (dissignator theatralis) 542
olfacere 352
Olus 348
omeoteleuto 176, 325, 364, 370, 466, 467, 519

572

Indice analitico

omnino, raro in poesia 331


omosessualit maschile 449, 456, 543 sg.
opera togata 334
Opimio: vino dellanno di 250; Opimianum nectar 493
Orazi, sepolcri degli 342
Orazio e Marziale: 123, 259, 273, 275, 282, 320 sg., 322, 331, 377, 378, 381,
386, 388, 490, 526; nomi allusivi 323 sg.; ripresa di motivi: acqua venduta
a caro prezzo 369, alterco tra pueri e nautae 428, preferenza per donne di
ceto inferiore 282, utilizzo del libro come involucro per spezie 120 sg.
ordinamento degli epigrammi 62-71, 436
ordinare 378
orthopygium 530
ortus, nascita 149
oscena, sezione, del libro 63-65, 435
ossimoro 413 sg.
ostendere, additare allammirazione 203
osti, disonest degli 370
otiosus, improduttivo 378
otium ludere 432
Ovidio e Marziale: allusione alla produzione dellesilio 47 sg., 107 sg., 132,
133, 140, 141; imitazione 203, 237, 336, 381, 431, 445, 465, 519, 541;
ripresa di motivi: apostrofe alle matrone 435, dialogo tra il libro e la
citt 133, difesa della poesia licenziosa 504, indicazioni topograche
nellapostrofe al libro 141, inferiorit della poesia dellesilio 111; uso del
formulario dei Fasti 147; vd. anche Nasones
oxygarum parte della gustatio 355
palaestrita 387 sg., 492
Palinurus, gioco etimologico sul nome 474 sgg.
pallore, esito di vita malsana 387
pangere, comporre (opere letterarie) 302
Pannicolo (mimo) 506
pannosus 453
paradossi conclusivi 166, 169, 205, 231, 306, 307 sg., 320, 351, 369, 399,
466, 548
paragoni 416, 526, 528
paratassi: 245, 331, 355, 369, 540; in luogo di periodo ipotetico 289, 303,
326

Indice analitico

573

parentetiche, espressioni 251, 301, 460


parodia: dellepigramma votivo 258; di moduli innici 248, 250 sg.; di poesia
erotica 363; di stilemi epici 242, 355; di Virgilio 242, 475, 501, 503, 510
paronomasia 182, 227, 287, 364, 415
pars (uso erotico eufemistico) 502
parvenu, tipo del 188, 260 sg., 486
pathicus, tipo del 449, 539
Paulinus 474
pedicare 544
pellicula 193
penis 491
pensio 266
perducere: per bibere 231; perduxti 230
peregrinus (connotazione negativa) 367
perfetto di consuetudine 304, 337
percere (uso erotico eufemistico) 477
periculosus 322
Persio, possibile riecheggiamento 402
persona, simbolo dellipocrisia 318
personicazione: arca 271; Bologna 394 sg.; calva 460; libro 110, 114, 140;
mentula 467; riti (iratis sacris) 242; Roma 133, 425, 542
pertricosus 411 sg.
pesca 388
Petronio e Marziale 321, 486, 489, 491; vd. anche Trimalchione
Phaeton (metonimia per sole) 431
phiala 309 sg.
Phidiacus 288
Philomelus 273 sg., 534
Philomusus 169
Phoebus 455, 512
Phoebus (metonimia per sole) 330
piuccheperf. indicativo in luogo di imperf. o perf. 136
pluo (costruzione personale) 341
plurale: generalizzante: Nasones 303, Vergilii 303; maiestatis 338; poetico
(vd. metrica); sociativo 330 sg.
poema 358
poetico, lessico: aetherius 148 sg.; Caesareus 543; Eous 420 sg.; lacteus 386;

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lauriger 425 sg.; lux per dies 147 sg.; ortus, nascita 149; pangere 302;
Pharius 425; Phidiacus 288; tergeminus 337
polemiche letterarie: apologia dellepigramma lungo 497 sg.; apologia della
poesia licenziosa 442, 504; apologia della poesia satirica 549
Polla 313
Pollio 223
Pompeo, Gneo 423, 425
ponere per adponere 331
Ponticus 397
porri: capitati 343; sectivi 343; parte della gustatio 343
porticus templi 218 sg.
possessivo, uso del, come tratto affettivo 144
posposizione di particelle 204
posse (uso ellittico erotico) 277 sg.
Potino 423
potio 230
praefatio 198
premere (uso erotico eufemistico) 384
prestiti 311
Priamel 416 sg.
Priapea: cronologia 435 sg.; Priap. 8 e Marziale III 68 e 86 435 sg.
Probo, Marco Valerio, come critico severo 128
proedria, diritto di, a teatro 56 sg., 543
proemiali, epigrammi 48, 60, 65
proemio al mezzo 51, 69, 435
profumi: al banchetto 176; critica alluso eccessivo 366
Properzio e Marziale 367, 409, 452 sg.
propinatio 351
Proserpina 318
prosodia: scansione: ous 421; pr pinat / prpinat 493; trattamento di
muta cum liquida 238 sg.
prostitute: denominazioni: bustuariae moechae 531, moecha 494,
Summemmianae uxores 487 sg.; nomi: Chione 267, 498, 553, Leda 488;
prezzo 267
proverbi ed espressioni proverbiali: cerva pro virgine 519; corio ludere suo
191; labra linere 314; tenere se in pellicula sua 192
prurire: uso erotico 533; p. in pugnam 381

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psilothrum (crema depilatoria) 459


puer (schiavetto) 449
purpura (metonimia per copertina purpurea per il libro) 125 sg.
pusilli Herculis fanum 342
pusillus 315
puta (imperativo ironico) 251
putator 380
putidus 357
puto 369, 540
quadrans (prezzo per le terme) 267
quid ergo? 500
quid si 422, 533
Quintus 164, 401
quis = quisque 410
quod, quanto al fatto che 314
quod si 358
raccomandazione del libro 140
raeda 343
Rasina (ume) 429 sg.
ratio (gioco di parole) 264
Ravenna: 369, carenza idrica 369; gracidio delle rane di 529 sg.
realismo, esaltazione nelle opere darte 287
recitator acerbus, tipo del: 320 sg.; paragonato a ere esotiche 323; provoca
la fuga 320, 329 sg., 354
recitazioni: a cena 329, 353; satira contro 197 sg.
recta cena 49, 151
regulus (dispregiativo) 190
res est in funzione predicativa di un sostantivo o un innito 177 sg.
res tibi cum est 398
resina: come depilatorio 460; vino trattato con la 472
retore freddo, tipo del 244
rex per il patrono 159
rhonchi 495
Ringkomposition 147, 462, 487
ripresa nellultimo verso di parole del primo 363
rogare (uso ellittico erotico) 365
rogo 325

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rogus (metonimia per morte) 541 sg.


Roma: apostrofe a 426; domina urbs 110; personicata 133, 425, 542
rombo 331 sg.
rudem merere 294 sg.
Runus 268
Rufo 60 sg. n. 60, 487, 546, 552 sg.
Rufus (nome ttizio) 536
Sabellus 548
Sabidius 195
Sabineius 245
saevus (uso erotico) 422
sal, facezia 550 sg.
salarium 160
salsus 177
salutator 389
Samia testa, usata per levirazione 483
sane 110
sapii perfetto di sapio 122
Sarsina, formaggio di 390
satirici, motivi: descrizione sica iperbolica 528, 548; disonest degli osti
370; impotenza maschile 447, 462 sg., 477; omosessualit maschile 449,
456, 543 sg.; volubilit femminile 514
Sattia 533 sg.
Saturno, dedica delle catene a 258 sg.
saucius, ebbro 439
Saufeia 451 sg.
saut du mme au mme 286
Scaevinus 447
scalpere (uso erotico) 534
schema, perifrasi 440
schiavi: ad pedes 234; capillati 389; cursores 345; eunuchi 389; fuggitivi
marchiati sulla fronte 226; moriones 493; nomi greci: Diadumenos 417,
Achillas 517; prezzi 402; punizioni corporali 182 sg.
schola poetarum 216 sg.
scialacquatore, tipo dello 168, 401
scidi, perfetto di scindo 176
scindere, tagliare i cibi 177; vd. anche carpere

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sciscitator 491
scorpios 325
scribilita 195 sg.
sed (uso enfatico) 522
semivir 517
Seneca losofo e Marziale 178, 229, 347, 366
sententiae conclusive 144, 166, 178, 200, 231, 306, 315
Sertorius 477
sessuale, comportamento: impotenza maschile 447, 462 sg., 477; omosessualit maschile 449, 456, 543 sg.; rapporti orali 194, 469 sg., 481, 499,
509, 510, 545
sessuali, metafore: barathrum 482; hiatus 453 sg.
severus qualica la poesia elevata 215 sg.
Sextus 174, 300
sibi placere 368
sica (daga dei gladiatori) 190 sg.
Sidonio Apollinare e Marziale 217
silva (metonimia per legna) 386 sg.
simplex pro composito: ponere per adponere 331
simpliciter 314
sincopate, forme: perduxti 230; nostis 429
sineddoche 410
sinus della toga 121 sg.
si pudor est 460
somniculosus 390 sg.
sophos sost. 337
sottoscrizioni nei codici di seconda famiglia 10 sg., 78 n. 115, 79 sg.
sottrazione di cibi al banchetto 232 sg.
Sperlonga, antro di Tiberio a 115
sportula: abolizione 49, 51, 55, 60, 151 sg., 184, 264, 397; addio alla 152;
ammontare 154 sg.; distribuzione alle terme 157 sg., 36; miseria della
153, 155; personicazione 152
stagnum (per il lago Lucrino) 223 sg.
Stazio e Marziale 150, 223
stile: allitterazione 182, 218, 308, 370, 382, 418, 437, 453; anafora 148, 180,
247, 248, 266, 273, 286, 291, 293, 325, 340, 379, 400, 401 sg., 408, 417,
420, 470, 501, 506; anastrofe 419; antanclasi 180, 264, 281; asindeto 91;

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chiasmo 191, 264, 286, 325, 414, 447, 449; comparatio compendiaria
424; enallage 124, 341, 505; geminazione 411, 544; metafora: 118, 150,
159, 196, 217, 294 sg., 302, 318, 356, 425, 428 sg., 431, 437, 443, 454,
465, 482, 534, 550; metonimia: 123, 125 sg., 126, 142, 150, 158 sg., 190,
196, 209 sg., 216, 283, 294, 330, 341, 367, 380 bis, 386 sg., 390, 393, 408,
431 bis, 465, 475, 492, 494, 527 sg., 541 sg.; omeoteleuto 176, 325, 364,
370, 466, 467, 519; ossimoro 413 sg.; paratassi 245, 331, 355, 369, 540;
paratassi in luogo di periodo ipotetico 289, 303, 326; paronomasia 182,
227, 287, 364, 415; posposizione di particelle 204; sineddoche 410
stropha 160
stultus 502
subligar (costume per le terme) 509
subula 190
sufare 196
suilli (tipo di funghi) 398
Summemmianae uxores 487 sg.
tabellae per messaggi galanti 410
tamquam 183
Tecta, via 141 sg.
Telesinus 311
temi del libro 60-62
tenera puella (iunctura erotica) 418
tenere se in pellicula sua 192
tergeminus 337
terme: di Agrippa 221 sg., 293; di Nerone 246; di Tito 221 sg., 293; prezzo
dingresso 267
termini chiave, collocazione in principio di epigramma 265, 311 sg., 317,
463
terque quaterque 196
Tersicore, Musa della poesia giocosa 439
testiculi 239
Thais 163 sg.
thalassio 535
Tiberio, antro di, a Sperlonga 115
Tieste, mito di 330
Tigillini balneum 222
tipi epigrammatici: amante cieco 162, 186; antrione avaro 61, 66, 175,

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180, 351 sg., 486; bellus homo 406; etera invecchiata 313; impurus ore
194, 256, 469 sg., 499; marito sciocco 248, 501; parvenu 188, 260 sg.,
486; pathicus 449, 539; recitator acerbus 320 sg.; retore freddo 244;
scialacquatore 168, 401; vecchia bramosa 275 sg., 526
tiro 294
Tito, terme di 221 sg., 293
tmesi di hucusque 437
toga: cura per la disposizione 410; richiesta per la salutatio matutina 294;
simbolo della vita da cliente 134 sg.; sinus della 121 sg.
togata: Gallia 108 sg.; opera 334
togula 266
Tongilianus 361
topograa urbana: balneum Tigillini 222; Hecatostylum 203; Horatiorum
campus 342; ponte Milvio 185; porta Capena 341; portici: degli Argonauti
219, di Europa 219 sg., porticus templi 218 sg.; pusilli Herculis fanum
342; schola poetarum 216 sg.; terme: di Agrippa 221 sg., 293, di Nerone
246, di Tito 221 sg., 293; via Tecta 141 sg.
topograche, descrizioni, precisione nelle 203, 340
tordo 344
toreuma 288 sg.
torquere (uso erotico) 444
tractatrix 490
tradizione manoscritta: tripartizione dei codici 74, 78; prima famiglia: 78
sg., censura dei termini osceni 78 n. 119, 448; seconda famiglia: 79-82,
archetipo in beneventana 80, 310, sottoscrizioni 10 sg., 78 n. 115, 79
sg.; terza famiglia: 82-89, normalizzazioni 326, 332, glosse penetrate nel
testo 346; tituli degli epigrammi: esito di fraintendimento 288, poco
comprensibili 351 sg., 522; tradizione umanistica: codici 89-92; edizioni
a stampa 91-94; interpolazioni 79 n. 121, 191 sg., 238, 270, 293, 351 sg.,
452, 513, 520; presunte varianti dautore 75 sg., 181 sg., 255, 315, 326
traducere, esporre al ludibrio 460 sg.
triglia 332
Trimalchione, modello per lo Zoilo di Marziale 486
triplex per tres 301
Tuccius 184
Tullo, Gn. Domizio (patrono) 222 sg.
tunica molesta 119 sg.

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Ulisse, immagine negativa a Roma 415


umbilicus (del volumen) 124 sg.
umbo (= cubitum) 335
unguentum (donato al banchetto) 176
urbanus sost., schiavo urbano 389
ut quid (= cur) 472 sg.
vagire (del capretto) 391
valde 322
varianti dautore (presunte) 75 sg., 181 sg., 255, 315, 326
Vaternus (ume) 429
vecchia bramosa, tipo della 275 sg., 526
Veientano, vino 352
Venetum lutum (composto per la depilazione)460
venire (di denaro) 302
venter, simbolo di voracit 229
Venus (= mentula) 465
Vergilii, poeti per antonomasia 303
versiculi (dispregiativo) 166
verna, attributo di liber 111 sg.
vetula sost. 278
Vetustilla 526
viduus (di alberi inadatti alla viticoltura) 378 sg.
ville romane: satira dellimproduttivit 340, 346
vincere (contesto letterario) 111
vindex (uso giuridico) 117
vino: Cecubo 250; Massico 250; di Marsiglia 492 sg.; Ligure 492; Opimiano
250, 493; resinato 472; Veientano 352
Virgilio: allusione 385, 541; come massimo poeta 303; parodia di versi
242, 475, 510; uso comico di personaggi dellEneide 501, 503; vd. anche
Vergilii
vitrum (metonimia per boccetta) 367
vivere (uso pregnante relativo a opere darte) 310
vocare, invitare a cena 255; vd. anche invitare
vocativi isolati 176
votivo, epigramma, parodia dell 258
Zoilus 260 sg., 486

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