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Licia Butt

STORIE PER GOVERNARE: ICONOGRAFIA GIURIDICA E DEL POTERE NEL SOFFITTO


SALA MAGNA DEL PALAZZO CHIAROMONTE STERI DI PALERMO

DIPINTO DELLA

Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca dAuge sal in
cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trov poco
chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e l. Sulle rive del vicin rivo erano
accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi
nella fresca corrente. Si disegnavano allorizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran
Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvads.
Raymond Queneau, I fiori Blu, 1967

Il soffitto ligneo della Sala Magna del palazzo conosciuto come Steri, emblematica
sede palermitana della famiglia Chiaromonte, fuor di dubbio il monumento pi affascinante e originale del Trecento siciliano. Ed anche quello che maggiormente suscita la curiosit di chi vi si avvicina per il suo aspetto unico, generato dallanodina successione di immagini che lo decorano. Non che manchino i contributi in merito. Nel
1975 Ferdinando Bologna pubblicava un articolato studio sul tetto1. Il libro appariva
nel bel mezzo di una lunga e dispendiosa campagna di restauro volta al ripristino funzionale dellintero edificio firmato da Calandra-Scarpa2, e a sua volta contava su un
precedente degno di menzione: pi di cinquantanni prima Ettore Gabrici ed Ezio Levi
avevano intrapreso un difficile lavoro ermeneutico per interpretare le molte, intrigate,
spesso enigmatiche storie raccontate sulle travi3. A capostipite della generazione di
studiosi che si sono occupati dello Steri va collocato Gioacchino di Marzo che, in
seguito ai primi restauri moderni di cui fu oggetto il soffitto tra il 1898 e il 1899, dedic intelligenti pagine della sua Pittura in Palermo nel Rinascimento al monumento di
nuovo fruibile nella sua interezza, dando il via con la sua impostazione critica a tutta
una serie di studi uniti dal leit motiv dellinfluenza dellarte islamica sulla cultura figurativa siciliana nei secoli del Basso Medioevo4. Per ultimo nel 2009 il CRICD (Centro
Regionale per il Catalogo e la Documentazione della Sovrintendenza Siciliana) metteva generosamente a disposizione di esperti e pubblico i rilievi fotogrammetrici digitali
del tetto: grazie alla ricostruzione dettagliata di tutti gli elementi strutturali, decorativi
e iconografici che lo compongono oggi finalmente possibile averne una visione che
si avvicina allo studio in situ5. Naturalmente la storia critica delle pitture non finisce
qui, ma anzi costellata da una serie, non tanto ricca quanto ci si aspetterebbe a dire
il vero, di contributi puntuali, la maggior parte legati a questioni iconografiche e meno
di frequente ad aspetti stilistici, ma in nessun caso si arrivati a proporre una lettura
che ponesse in discussione la sostanza dei contributi di Gabrici, Levi e Bologna6.
Eppure a distanza di trentasette anni dallapparizione del libro di questultimo restano
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Narrazione, exempla, retorica

senza risposta alcuni interrogativi fondamentali per fare luce sul significato complessivo della rete di immagini intessuta sulle travi. Un fluxus continuo di storie, personaggi
e iscrizioni danzano eseguendo i passi di una apparentemente caotica coreografia,
che spinge lo spettatore a ricercare una chiave di lettura, una raison dtre che restituisca alle immagini la parola, al luogo il suo tempo. Lestensione e complessit del
repertorio iconografico dispiegato sullo Steri non mi permette in questa sede di abbordare sistematicamente il complesso problema dellidentificazione di ognuno dei soggetti. Con questo saggio vorrei piuttosto proporre una nuova chiave di lettura per reinterpretare il monumento partendo da una riflessione sulla funzione dello spazio in cui
gli episodi narrativi, gli exempla e la decorazione marginale sono inseriti, articolando
unipotesi sulle probabili intenzioni del committente che ne ordin lesecuzione, ma
soprattutto mettendo in luce luso eloquente che sul soffitto si fa tanto delle immagini
come delle parole, sotto forma di iscrizioni.
Letture e interpretazioni: i precedenti
Il tetto ligneo della Sala Magna del palazzo Chiaromonte stato studiato attraverso
lenti e prospettive diverse. Ha attratto linteresse di filologi e storici della letteratura
almeno quanto quello degli storici dellarte, come dimostrano i tentativi fatti in passato per ricostruire le storie che vi sono rappresentate e lo sforzo compiuto da alcuni per
rintracciare in un ampio spazio mediterraneo le fonti utilizzate dagli artisti e per spiegare il perch di alcune peculiari scelte figurative ivi operate.
Uniscrizione che corre lungo il perimetro della sala allaltezza della copertura lignea
indica con precisione straordinaria la data dinizio e fine dei lavori cos come il nome
del committente: ANNO DOMINI MILLESIMO TRECENTESIMO SEPTUAGESIMO SEPTIMO INDIZIONE QUARTA DECIMA MAGNI/FICUS DOMINUS MANFREDUS CLAROMONTIS PRESENS OPUS FIERI MANDAVIT FELICITER AMEN. ANNO DOMINI
MILLESIMO CCC.LXXX PRI/MO IULII TERMINIE INDICTIONIS OPUS COMPLETUM
[fig. 1]7. A Manfredi III dunque, colui che con la sua morte segner la fine dellepopea chiaromontana, si riconosce il merito di aver promosso lesecuzione della complessa trama decorativa della sala principale di quel palazzo fortezza che Giovanni
Chiaromonte il Vecchio aveva fatto costruire circa ottantanni prima nel cuore strategico della citt di Palermo8.
Ettore Gabrici ed Ezio Levi nel 1932 pubblicando una monografia generosamente illustrata davano finalmente a conoscere lopera a un ampio pubblico9. I due studiosi
presentavano cos lesteso programma iconografico e decorativo che, correndo lungo
le ventiquattro travi del soffitto, narra storie tratte dalla letteratura cortese e dai romanzi antichi a cui si alternano episodi biblici ed exempla di contenuto etico-morale. In
quelloccasione, occupandosi anche di questioni stilistiche, i due proposero di ricondurre a una scuola locale lesecuzione dei dipinti, forti soprattutto delle firme presenti
sul lacunare tra la settima e lottava trave dove si legge MASTRU SIMUNI PINTURI DI
CURIGLU, e sul lacunare tra lundicesima e la dodicesima trave che recava i nomi, il
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1. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Dettaglio
delliscrizione dedicatoria
nella quale si menziona
lanno dinizio dei lavori e
il nome del committente
Manfredi Chiaromonte,
(foto L. Butt).

secondo oggi illeggibile, di MASTRU CHICU PINTURI DI


NARU, MASTRU PILLIR [...] DARENU PIGITURI DI PALERMU10.
Tuttavia, nonostante la giusta impostazione del problema relativo allorigine culturale dei pittori delle storie, i due studiosi per
spiegare la tipologia del soffitto palermitano provarono a compararlo con altri manufatti di natura diversa in Catalogna,
Aragona e Castiglia11. In definitiva, il contributo pi rilevante
fu senza dubbio lindividuazione delle fonti letterarie di alcune
delle storie rappresentate, che permise loro di dimostrare come
le tavolette in molti casi avessero la funzione di trasporre sul
piano visivo testi che circolavano ampiamente nelle corti europee dellepoca. Al seguito di Manfredi III Chiaromonte si conoscevano, tra altre, la Historia destructionis Troiae di Guido delle
Colonne, le storie di Tristano e Isotta e i meno comuni cantari
di materia carolingia. Eppure la questione della fonti usate per
decorare il soffitto tuttaltro che risolta. Tanto la relazione
testo-immagine come la dipendenza delle illustrazioni del soffitto dalla miniatura stata discussa da Gabrici-Levi e da
Bologna. Ci nonostante, ben lontane dal potersi considerare
mere traduzioni visive di testi determinati, le immagini dello

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Narrazione, exempla, retorica

Steri seguono spesso una dinamica autonoma, a tratti ossequiosa della tradizione
figurativa precedente ma anche, come si vedr meglio in seguito, capace alloccorrenza di ibridazioni iconografiche12. Resta il fatto che i due eruditi non giunsero a proporre una lettura unitaria degli episodi, anzi finirono col negare la possibilit di riconoscere una coerenza nellordine e scelta delle storie. La perplessit di Gabrici e Levi
davanti alla sfuggente teoria di immagini, nasceva probabilmente dal fatto che la selezione di figure, almeno di quelle identificate, corrisponde nella maggior parte dei casi
ad un repertorio molto in voga per la decorazione di palazzi e dimore private di nobili e ricchi notabili. Materia fluida, travasata da manoscritto in manoscritto, da novella
in novella e dal testo alla tradizione orale e viceversa, il racconto cavalleresco, la vita
esemplare di un personaggio storico in odore di divinit come Alessandro Magno e
ancora episodi dal forte gusto didattico-moralizzante, come le scene bibliche legate al
Giudizio di Salomone o alla coraggiosa Giuditta, godettero di una fortuna senza pari
nei secoli del Basso Medioevo. Ne prova la loro presenza sia in dimore private e
oggetti di uso quotidiano sia in luoghi e spazi adibiti alla gestione della cosa pubblica. Ma proprio la natura ambivalente e camaleontica di soggetti di questo tipo, che
obbliga a tenere nella giusta considerazione innanzi tutto i destinatari finali dellopera e luso originario dello spazio in cui le immagini vennero esibite, cosa che n
Gabrici n Levi fecero. E invece si tratta di una questione cruciale. In un recente studio sulla decorazione profana nei palazzi italiani agli albori del Rinascimento Ann
Dunlop ha dimostrato infatti la cogente aderenza dei temi rappresentati alle esigenze
dei committenti e soprattutto la coerenza delle scelte iconografiche rispetto alla funzione e fruizione degli spazi cui erano destinate13. Le immagini scelte per decorare
pareti e soffitti di dimore nobiliari, erano parte viva, attiva della vita dentro il palazzo,
in dialogo costante con le esigenze autorappresentative e il gusto del promotore e cos
dovette essere anche nel caso della Sala Magna del palazzo Chiaromonte.
Bisognava aspettare alcuni decenni affinch un nuovo tentativo di studio globale fosse
portato a termine tenendo conto del punto di vista di chi lopera aveva voluto. La
monografia di Ferdinando Bologna editata nel 1975 divisa in quattro capitoli, rispettivamente dedicati alla storia critica, alla lettura stilistica, alla lettura iconografica e per
ultimo al contesto socio-culturale del monumento. Riproponendo e precisando quanto gi suggerito da Gabrici e Levi, a proposito della struttura del soffitto palermitano,
lo studioso ne sanciva i legami culturali con larte spagnola del Medioevo14. Nel tentativo di definire lo stile dei pittori e di individuarne le fonti, ampliava poi a dismisura
il campo dindagine. Accadeva cos che la sua monografia, in perfetto accordo con i
tempi in cui veniva scritta, finisse per tracciare una mappa di influenze decisamente un
po troppo estesa e intricata15. Lasciando da parte la questione stilistica, non la sede
per rivederne impostazione e conclusioni, possibile affermare che anche in questo
secondo importante studio sullo Steri lapporto pi suggestivo riguarda il campo iconografico. Avendo notato che sovente protagonista delle scene dipinte una donna,
Bologna credette che loccasione per la decorazione della sala e la scelta dei temi si
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dovesse legare ad un evento concreto: il matrimonio celebrato nel 1377 tra Manfredi
Chiaromonte, committente del soffitto ed Eufemia Ventimiglia membro di unaltra
potente famiglia siciliana16. Il messaggio nascosto, non troppo velatamente secondo
lo studioso, tra le tavolette avrebbe avuto come destinataria finale la novella sposa,
per la quale si sarebbe esposto in figura un decalogo di comportamento femminile
socialmente corretto. Ma proprio questo il punto pi debole fra gli argomenti messi
in campo da Bologna. Il discorso etico morale rivolto alluniverso femminile era di solito localizzato in oggetti di uso quotidiano e personale, per quanto di lusso, come forzieri, specchi, fraschette per profumi e unguenti, pettini e, in certe occasioni, nei margini dei codici17. Questo stesso discorso, spesso intessuto di favole antiche, romanzi
cortesi, exempla, talvolta trasposto a grande formato, destinato alla decorazione
degli appartamenti privati dei palazzi, ma resta appunto di norma separato dai luoghi
dove gli uomini esercitano il proprio ruolo pubblico e il potere18. I soggetti rappresentati sul soffitto palermitano inoltre hanno la peculiarit di offrirsi ad un ventaglio assai
amplio di interpretazioni. In altri termini a guidarci nella lettura di iconografie condivise da diversi supporti deve essere lanalisi del tipo di oggetto che le contiene e del
luogo dove tale oggetto era in origine esposto.
Bisogner allora tornare alla domanda iniziale: a che scopo e seguendo quale logica
si riun una simile quantit di storie? davvero possibile leggerle tutte usando ununica chiave di lettura, un unico spettro? Fino a che punto legittimo guardare a immagini e storie come parti complementari di un discorso coerente e unitario? Bologna vi
riconobbe un libro istoriato ad usum di una giovane sposa alla quale si offriva un
vademecum per difendere il proprio onore dallinsidioso attacco dei vizi e votarsi cos
alla virt, sullesempio di figure femminili le cui storie sono narrate sulle tavolette che
ricoprono le travi del soffitto. La decorazione metterebbe dunque in figura lidea di testi
come il De claris mulieribus di Giovanni Boccaccio (1350-1375), che con questopera della maturit volle appunto tracciare vite esemplari di donne appartenenti al racconto mitologico o alla storia antica con il fine di contrapporre exempla di comportamento votato al vizio o alla virt19. Ma il punto che, laddove si trovano, le storie del
soffitto erano destinate, come vedremo meglio pi avanti, ad una fruizione non specialmente femminile, anzi piuttosto ad una specificamente maschile. Allora necessario interrogarsi sul significato delle scene selezionate in funzione proprio della volont
autorappresentativa di Manfredi come signore quasi incontrollato dellisola, come
membro distinto della nobilt locale, come cavaliere portavoce dellaristocrazia siciliana. Sul soffitto secondo Bologna si articola un discorso retorico, costruito su uno
schema dicotomico che vede da un lato lo sviluppo della tesi misogina che nella
donna individua lorigine di tutti i mali, da qui che le madri del Giudizio di Salomone
vengano interpretate come esempi della doppiezza insita nella natura femminile e
poste sullo stesso piano di Isotta o Medea. Dallaltro si costruisce la tesi filogina che
idealizza e trasfigura la donna come exemplum virtutis. Comincia cos una sfilata di
modelli da imitare: la pudica Susanna e la vendicativa Elena di Narbona che senza
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Narrazione, exempla, retorica

piet decapita il suo carnefice, e avanti per questa strada che vedeva nella visione giovanninea della donna vestita di luce un elemento in pi dello stesso discorso femmineo20. Il fatto che la lettura dello studioso, senza dubbio suggestiva, non tenne
nella giusta considerazione la funzione della Sala Magna, luso che di quello spazio
si faceva nel momento di massima auge del Grande Ammiraglio del regno Mandredi
III Chiaromonte. Concentrato a dimostrare la tesi di genere, lautore non si sofferm
sulla reiterazione di certi schemi compositivo/narrativi, e sottovalut di conseguenza il
peso di un discorso che lontano dallessere privato, rivolto con linguaggio carico di
retorica alle altre eminenti famiglie siciliane con le quali lammiraglio si contendeva il
controllo dellisola. Inoltre non va sottovalutato il fatto che i clan di potere isolani
erano presenti in forma permanente nella sala attraverso i loro emblemi araldici21.
necessario poi annoverare tra gli avventori del palazzo anche i membri del consiglio
cittadino e i rappresentanti del popolo palermitano sul quale Manfredi regnava non
senza oppressione e tirannia, ma con tutte le pretese del buon governante e che dovettero sfilare in varie occasioni davanti agli occhi del dominus assiso nella sala di rappresentanza del suo palazzo fortezza.
Alla luce di quanto detto, i soggetti raffigurati sulle travi, o per lo meno una buona
parte di essi, vanno letti in chiave ufficiale, pubblica, politica. Seguendo la stessa logica, anche quelle immagini che appartengono alla pi stretta osservanza dellimaginerie aristocratica dellepoca sono complementari, non in contraddizione, con il discorso politico. Mi domando allora per quale motivo si sarebbe dovuto destinare a occhi
prettamente femminili il discorso figurativo della sala di ricezione del palazzo delluomo pi potente della Sicilia di fine Trecento, potente pi o almeno tanto quanto quei
sovrani catalano-aragonesi di cui si ergeva ad antagonista? In quel lontano 1377,
Manfredi, come del resto ricorda lo stesso Bologna, non contrasse solo matrimonio,
avvenimenti ben pi importanti ebbero luogo, anzi, possiamo sostenere che il matrimonio fu una conseguenza di tali eventi. Nel momento di maggiore affermazione del
suo dominio lammiraglio volle lasciare costanza della posizione preminente che occupava allinterno della gerarchia politica dellisola con uneloquente opera pittorica il
cui discorso visivo, dalle connotazioni fortemente retoriche, scorre su due binari. Da
una parte largomentazione per exempla negativi e positivi, che girano quasi per intero intorno alle virt del dominus e ai suoi poteri, primo fra tutti lesercizio della giustizia, dallaltra le citazioni fedeli di opere e monumenti promossi sotto la dinastia normanna. Entrambi gli aspetti convergono verso lobiettivo finale del programma iconografico dello Steri: legittimare il potere sullisola del barone. Pi di un indizio, che proveremo ad analizzare nelle pagine seguenti, muove in questa direzione.
Storia, spazio, funzione
La Sala Magna del palazzo Chiaromonte detto Steri ebbe allepoca dellesecuzione
delle pitture una destinazione ufficiale22. Situata al piano nobile sul lato occidentale
delledificio, aperta verso lantistante piano della Marina attraverso tre grandi finestre,
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con i suoi 27,40m di lunghezza e 8,40m di larghezza e unaltezza che supera gli 8
metri era lo spazio di rappresentanza, attiguo agli appartamenti privati del conte
Manfredi. Lo Steri era stato edificato allinizio del Trecento da Giovanni Chiaromonte
il Vecchio: eretto con le caratteristiche di una fortificazione nel cuore della Kalsa, il
quartiere portuario di Palermo, il palazzo si poneva in dialettica posizione rispetto al
Castello a mare, controllando in questo modo laccesso marittimo della citt. Alle spalle della struttura, dove sorgeva anche la cappella palatina dedicata a santAntonio, si
estendeva una zona di giardini. Ledificio, di pianta quadrata con cortile interno e grande scalinata esterna di accesso al piano nobile, si presenta ancora oggi con una struttura muraria liscia chiusa ed omogenea. La facciata dinamizzata solo dalla presenza delle tre grandi finestre della Sala Magna23. La struttura fu abbandonata e saccheggiata subito dopo il declino della famiglia Chiaromonte per poi essere riadottata dai
reali aragonesi come sede della monarchia. Gi sotto Martino lUmano gli spazi cambiarono destinazione duso: la stanza venne annessa agli appartamenti privati del re e
usata come sala da pranzo, cosa che obblig ad una riorganizzazione degli spazi al
pian terreno dove si cre uno luogo utile per le visite ufficiali24. A questo scopo si destin quella che negli inventari citata come Sala Terragna, localizzata al di sotto della
Sala Magna, con dimensioni simili ma divisa in due navate da una fila di colonne25.
Quando nel 1601 ledificio fu designato come sede del tribunale della Santa
Inquisizione, lo spazio al primo piano ritorn ad avere una funzione civile, vi si celebravano infatti le udienze dei processi26. Dal 1782 in poi, con la soppressione del
SantUffizio, lo Steri stato protagonista di una lunga sequela di vicissitudini e trasformazioni. Il tetto dipinto in particolare fu ricoperto da un controsoffitto che fu rimosso
solo nel 1898 quando ad opera di Giuseppe Patricolo si ripens lo spazio in termini
conservativi e si diede finalmente avvio ad una campagna di restauro delle pitture27.
Oggi sede del Rettorato dellUniversit degli Studi di Palermo.
La grande sala fu dunque allepoca di Manfredi il luogo adibito allesercizio del potere, l dove il Grande Ammiraglio attuava come effettivo dominus se non dellisola intera almeno della citt di Palermo, che era posta sotto la sua egemonia, e sulla quale
esercitava a tutti gli effetti un ruolo simile a quello degli assenti sovrani aragonesi. Dal
suo palazzo fortezza Manfredi amministrava ed esercitava la giustizia cittadina e controllava e deteneva luso delle armi: due delle tre prerogative del potere regio. La terza
di tali prerogative, la possibilit di coniare moneta, fu presto sotto il suo controllo. A
questo punto il conte era arrivato dopo decenni dincessante lotta per la supremazia.
Nel 1374 aveva ereditato da Giovanni Chiaromonte le contee di Caccamo, Modica
e la signoria di Palermo: finiva cos sotto il suo controllo una parte importante del territorio isolano. La parabola di Manfredi avrebbe toccato lapice, per poi precipitare
rapidamente, nel 1388 con la spedizione marittima da lui capeggiata che lo avrebbe
portato alla conquista dellisola di Gerba grazie anche allappoggio delle repubbliche
marinare di Pisa e Genova e del papato e con lambizioso quanto effimero matrimonio tra la figlia Costanza e Ladislao Durazzo re di Napoli28. Il potere del conte era cre75

Narrazione, exempla, retorica

sciuto esponenzialmente gi dalla fine degli anni Sessanta del XIV secolo, fino al punto
da essere designato vicario del regno insieme ad Artale Alagona, Francesco
Ventimiglia e Guglielmo Peralta nel 1377, anno della morte del debole re Federico il
Semplice. Il fatidico 1377 segna dunque una svolta nella vita del barone siciliano, che
lo porter anche ad azioni diplomatiche di grande intelligenza strategica come lalleanza matrimoniale con i Ventimiglia. In quellanno Manfredi dovette sentire come il
potere sullisola finiva col concentrarsi in poche mani e specialmente nelle sue: la
decorazione del soffitto dello Steri va collegata soprattutto a questo clima. Como
afferma Patrizia Sardina gi nellintroduzione della sua monografia sui Chiaromonte
Il vicario disponeva allora di una propria cancelleria e tesoreria, coniava moneta
nella zecca di Palermo ed esercitava uno stretto controllo sulla vita cittadina, con lausilio di un ceto dirigente a lui legato, in grado di controllare la gestione delle gabelle
ed amministrare la giustizia29. Non casuale il fatto che in tutti gli studi moderni cos
come nelle fonti antiche lepoca che segu la morte di Manfredi si denomina restaurazione regia, espressione che indica appunto il ritorno al legittimo esercizio del potere da parte della monarchia, potere che era stato usurpato dai baroni siciliani e specialmente dai Chiaromonte. I membri di questa famiglia furono del resto apertamente ostili ai sovrani catalano-aragonesi in pi di unoccasione. Tra gli anni cinquanta e
sessanta del XIV secolo operarono scelte contrarie ai tentativi di pace tra questi e gli
angioini. La ragione di questo sistematico boicottaggio ben spiegata da Patrizia
Sardina: uneventuale accordo tra francesi e catalani avrebbe delegittimato la posizione egemonica che la famiglia baronale aveva conquistato sullisola, dove daltra parte
si viveva da decenni una situazione di violente e destabilizzanti lotte intestine30.
Il soffitto dipinto di Manfredi con le sue rappresentazioni di guerra, distruzioni di intere citt, atti empi di tutti i tipi, sembra dialogare con lo stato di minaccia e conflitto
che la popolazione dellisola viveva in quegli anni a causa dellinsicurezza di governo
generata dalla scomparsa di Federico il Semplice e la minore et della legittima erede
Maria. In parallelo, il ritorno allordine rappresentato da alcune storie che si detengono sulluso esemplare del potere e della giustizia suggeriscono la volont di Manfredi
di proporsi come arbitro di quella difficile situazione. Pur prendendo in considerazione lidea difesa da alcuni storici che il Grande Ammiraglio non concep mai di sostituirsi tout court al potere regio poich secondo quanto afferma Sardina: la libert di
azione della nobilt feudale trecentesca non poteva, infatti, travalicare linviolabile
tab della sacralit regia ed infrangere il carisma del sangue reale31, esiste una realt che non va sottovalutata. La stessa studiosa mette in evidenza come Manfredi detenesse a tutti gli effetti il controllo politico e economico della citt di Palermo, coniando moneta, stabilendo i prezzi e soprattutto amministrando la giustizia in modo severo e implacabile. Se formalmente il Grande Ammiraglio e gli altri baroni mantennero
il rispetto delle istituzioni reali, sappiamo dalle fonti che Federico IV lamentava il fatto
che il controllo del sistema fiscale delle citt e soprattutto lamministrazione della giustizia erano cadute in mano alla nobilt siciliana.
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Licia Butt

Resta da chiedersi se e in che modo questa situazione possa vedersi riflessa nel soffitto dipinto. Usando come punto di partenza non soltanto il matrimonio tra Manfredi e
Eufemia Ventimiglia ma il quadro storico nella sua articolata complessit possibile
provare a dare una risposta a tale domanda. Gi da una prima e veloce ricognizione
si osserva infatti come sul soffitto si snodino un buon numero di episodi che girano
intorno al tema della giustizia ed altri che svolgono in modo esemplare un discorso
intorno alle virt del principe. Per ultimo, le altrettanto numerose storie e immagini
attraverso le quali si tesse una vera e propria apologia della vita cavalleresca, andranno inserite in un contesto funzionale al discorso politico elaborato dalliconografo, o
concepteur dello Steri32.
Struttura narrativa e struttura lignea
La copertura della Sala Magna composta da una sequenza di 24 travi appoggiate
su mensole alveolate e lacunari a cassettoni che servono da supporto per le tavolette
dipinte [fig. 2]33. Una serie di travi pi larghe, oggi purtroppo completamente prive di
decorazione, percorre tutta la lunghezza della sala creando un corridoio che divide in
due settori il soffitto. Quanto alla disposizione delle scene, non vige un unico criterio,
per cui in alcuni casi lo svolgimento narrativo o il decorativo, ignorando la struttura
architettonica, occupa tutta una trave attraversando i due settori, in altre occasioni
coincide con linterruzione segnata dallasse principale: in questi casi lo spazio a
disposizione dei pittori risulta diviso in due parti ben distinte e viene utilizzato per narrare episodi apparentemente non uniti da vincoli narrativi34.
Le vicissitudini conservative del monumento ci restituiscono un congiunto in parte lacunoso, soprattutto sul versante meridionale, dove intere assi hanno perso la decorazione originaria. In altri casi sono riconoscibili interventi di ridipintura, probabilmente
sulla base della preesistente decorazione35. Nel corso dei restauri antichi e moderni
inoltre sono stati effettuati spostamenti che hanno alterato irreversibilmente il corretto
senso di lettura delle storie disposte sul lato meridionale della stanza, rendendone
molto difficile e in alcuni casi impossibile il riconoscimento36. La zona in migliore stato
di conservazione e per questo motivo anche la pi coerente dal punto di vista narrativo quella segnata dalliscrizione che ricorda linizio dei lavori e il nome del committente37. Nel complesso al giorno doggi sono state identificate correttamente poco
pi della met delle scene38.
In ricerche precedenti si fatta spesso menzione delle pitture dello Steri come di una
summa enciclopedica della cultura medievale. Credo con Bologna che si possa cercare di essere pi precisi di cos. Seguendo il filo che potrebbe unire una parte degli
episodi emerge infatti un interesse rivolto verso aspetti concreti di tale enciclopedia,
aspetti che riguardano lordine e lorganizzazione sociale, aspetti che sembrano parlare, attraverso le immagini, di giustizia, di guerra, di buono e cattivo governo.
La decorazione disposta sulle tre facce visibili delle travi orizzontali alterna motivi geometrici e figurativi: in alcuni casi soggetti con uno sviluppo narrativo, in altri una sfila77

Narrazione, exempla, retorica

2. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Veduta generale
del soffitto dal lato settentrionale (foto L. Butt).
2

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ta di figure marginali. Le tavolette rivolte verso il pavimento sono dipinte in prevalenza con motivi aniconici, ad eccezione delle prime quattro travi, dando le spalle alla
gi citata iscrizione che indica linizio dei lavori e il nome del committente. Di non
poco conto inoltre limportanza che si conferisce alle numerose iscrizioni, che in
alcuni casi sono o erano perfettamente leggibili e intellegibili, in altri sembrano imitare la scrittura in caratteri arabi. chiaro che la parola scritta, esposta in questi termini, non poteva semplicemente essere il frutto di esigenze decorative.
Salomone, Susanna e Giuditta: figure di giustizia
A modo di emblematico incipit, la narrazione visiva sul soffitto comincia con tre storie
esemplari tratte dal repertorio biblico: il giudizio di Salomone e le storie di Susanna e
Giuditta, tutti episodi che durante il medioevo circolarono estrapolati dai rispettivi testi
dorigine in collezioni di exempla, in raccolte di carattere morale, ma anche in trattati e testi esegetici gi in epoca patristica, assumendo via via sfumature diverse.
Levi aveva ben inteso il significato del giudizio di Salomone (Re 3:16-20, Flavio
Giuseppe, Ant. Giud. 8,2,31) tant che insisteva sul fatto che lepisodio alludesse,
attraverso la figura del saggio re biblico, alla Giustizia Divina39. Ed lo stesso
Bologna a sottolineare come la narrazione del giudizio vero e proprio ricorra in termini cos analitici da non avere neanchessa riscontri nelliconografia tradizionale40,
salvo per darne una spiegazione funzionale alla sua tesi: egli insisteva sul fatto che
si starebbe qui mostrando, attraverso il famoso episodio in cui il re biblico fa sfoggio
della sua equit, la contrapposizione fra due tipi di donna, una incarnazione del male
laltra della piet materna. La storia faceva parte del repertorio usato per decorare i
cassoni nuziali, ma bisogna tenere presente che in casi simili funzione, uso e destinatario delloggetto artistico ne giustificano senza remore uninterpretazione di genere.
Un cassone era il dono, vera e propria dimostrazione di status e potere, che il promesso sposo consegnava alla moglie designata, spesso scegliendo una figurazione che
facesse chiaro riferimento alla futura vita coniugale41. Il giorno del matrimonio, come
fosse stato uno stendardo, si soleva portare in processione fino alla destinazione finale: la camera degli sposi novelli42. Per quanto lesposizione pubblica dei cassoni e la
loro stessa esecuzione presso prestigiose botteghe, implicasse aspetti tuttaltro che privati, giacch coinvolgeva la sfera del ruolo sociale delle famiglie protagoniste, la
destinazione ultima di questo tipo di mobilio era uno spazio privato, i cui fruitori erano
necessariamente diversi da quelli che venivano ammessi nelle stanze di recezione pubblica dei palazzi signorili. Se dunque, nel caso dei cassoni, lepisodio del giudizio di
Salomone diventa modello di buona condotta materna e di retta gestione del conflitto familiare da parte del marito, bisogner cercare altrove la motivazione della presenza dello stesso episodio nella Sala Magna di Palermo. Qui la storia raccontata
in cinque momenti [fig. 3] e comincia con le due madri addormentate insieme ai loro
neonati, una stretta in un abbraccio amoroso, laltra visibilmente colta nellatto di
schiacciare, provocandone la morte per soffocamento, il suo piccolo. Nel quadro suc79

Narrazione, exempla, retorica

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Licia Butt

3. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 1 nel primo
settore: la storia del
Giudizio di Salomone
divisa in cinque scene,
(foto L. Butt).
4. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 1 nel primo
settore: la storia del
Giudizio di Salomone, le
due madri al cospetto del
re (foto F. Militello).

cessivo entrambe accorrono al cospetto del giudice: la prima


in atteggiamento da supplice, in ginocchio e con le braccia
protese in avanti, assume pose e gesti codificati in unaula di
tribunale nel Medioevo [fig. 4]43. Laltra in piedi e stringe il
bambino rimasto vivo rivendicandone la maternit. Salomone
accompagnato da un araldo pronuncia la sentenza alzando il
braccio. Anche in questo caso la gestualit non fa che proporre una formula visiva ben nota e per questo facilmente riconducibile a un contesto giuridico. Il quadro seguente mostra un
soldato colto nellatto di eseguire lordine di dividere in due
parti il neonato. Bologna notava giustamente che la scena
ricalca il paradigma iconografico usato dagli artisti medievali
per rappresentare la Strage degli Innocenti. Possiamo aggiungere che non si tratta affatto di una scelta sui generis del pittore palermitano, anzi, si costata facilmente come nelle raffigurazioni trecentesche e quattrocentesche dellepisodio salomonico, specialmente nel caso di codici miniati, si prediliga questa modalit affiancata alla ripetizione dello schema giuridico
della buona madre in ginocchio e della cattiva madre in
piedi44. Lepisodio si conclude felicemente con lespulsione
dalle aule della fedifraga. Osserviamo subito che ben due dei
cinque riquadri in cui si svolge la storia sono dedicati alla
messa in scena del giudizio. Linsistenza palese sul tema porta
inevitabilmente a interrogarsi sulla destinazione duso della
Sala Magna, e a rivolgere lattenzione ad altri spazi depoca
medievale con una funzione pubblica che conservano iconografie simili. Donato studiando la decorazione della Sala del
Podest ad Asciano, vicino Siena scriveva: In un contesto politico Salomone ed il suo Giudizio, che pure incontrano nel
medioevo vasta fortuna come Typus Christi e figura del
Giudizio Universale, varranno nella loro pi letterale esemplarit prototipi dellottimo re e del giusto giudizio lo status
paradigmatico di Salomone garantito sin dai fitti richiami
biblici, letterari e iconografici, intessuti intorno alla regalit
carolingia, e lepisodio delle due madri si fa strada per primo,
exemplum di giustizia per antonomasia, anche nellarte
sacra45. Cos la studiosa, esaltando il valore civile della storia salomonica ne spiegava e giustificava la presenza nella
Sala del Podest. La fortuna del celebre episodio non si limita
dunque a contesti matrimoniali, ma trova anzi ampio riscontro
inserito in luoghi destinati al discorso ufficiale relativo alla
81

Narrazione, exempla, retorica

amministrazione e gestione della cosa pubblica. Insieme alla


storia di Susanna, il Giudizio di Salomone apparir di frequente anche al di l delle Alpi, almeno fino alla fine del
Quattrocento, nella decorazione dei palazzi pubblici e delle
sale di giustizia46. Tornando a Palermo, ho gi ricordato come
tra i poteri che si affidano a Manfredi nel ruolo di vicario del
regno a partire dal 1377 si annovera appunto lesercizio della
giustizia. Sotto questa luce lepisodio salomonico con cui
comincia il programma iconografico dello Steri sembra prendere le tinte dellexemplum offerto a Manfredi affinch eserciti
con correttezza il potere che gli stato conferito.
Del resto non si tratta di un caso isolato. Anche nel ciclo di
Susanna, (Daniele XIII, Susanna 4462), che segue quello di
Salomone salta alla vista leccezionale sviluppo concesso alla
parte della storia dedicata al processo [figg. 5-7]. La sfortunata vicenda comincia con la giovane donna nuda nella vasca,
spiata dai due pruriginosi giudici attraverso la porta chiusa del
giardino. Nello Steri, come gi avevano notato acutamente
Gabrici e Levi si elide una parte fondamentale della narrazio5

82

5. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 2 nel primo
settore: la storia di
Susanna e i Vecchioni,
Susanna spiata durante il
bagno (foto M. Minnella).
6. Decorazione della trave
n. 2 nel primo
settore: la storia di
Susanna e i Vecchioni,
Susanna a giudizio al
cospetto dei Vecchioni
(foto M. Minnella).

Licia Butt

7. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 2 nel primo
settore: la storia di
Susanna e i Vecchioni,
intervento di Daniele e
lapidazione dei Vecchioni
(da Vergara Caffarelli
2009).

ne, quella in cui i due vecchi insidiano e ricattano senza esito


Susanna e si passa direttamente alla celebrazione dellatto giudiziario in cui i due vecchioni sono seduti uno accanto allaltro
nel ruolo di giudici mentre Susanna, bloccata da due sgherri,
in ginocchio, impegnata a pronunciare la sua difesa [fig. 6].
Nella scena successiva la donna condotta a morte, ma mentre i suoi concittadini sono pronti a lapidarla, ecco che entra in
scena Daniele, il quale riesce a confutare la falsa testimonianza dei due bugiardi. La sequenza si conclude con la punizione
dei veri colpevoli sotto gli occhi e il gesto di condanna del giovane profeta. Ancora una volta la giustizia, associata qui alla
falsa testimonianza, sembra essere la vera protagonista dellexemplum figurato47. Il personaggio di Susanna fu associato
alla difesa dalla falsa testimonianza sin dai primi secoli del cristianesimo, come dimostra linvocazione che la riguarda nella
Commendatio animae48. Ora, la sequenza che si mostra sul
soffitto palermitano centrata sulla figura poco rappresentata
dei due vecchioni seduti luno accanto allaltro colti nellatto di
emettere il verdetto. Ben pi frequente il modo in cui si sceglie di rappresentare la fine dellepisodio, con lintervento di
Daniele che sbugiarda e condanna i due impostori [fig. 7]49.
Per quanto assai noto, il ciclo completo della vicenda di
Susanna si trova riprodotto con certa frequenza solo a partire
dal Quattrocento50. Nei secoli precedenti, soprattutto nel
campo dellillustrazione dei manoscritti ci si imbatte pi spesso
in alcuni momenti topici della vicenda: Susanna spiata durante il bagno o lincontro tra Susanna e il profeta Daniele. Il celebre cristallo di Lotario del British Museum con le Storie di
Susanna e il folio 18v del Libro dOre probabilmente realizzato a Bamberg oggi alla Pierpont Morgan Library di New York
ms. M.739 (1204-1219), nel quale la storia distribuita in tre
registri sullintera pagina, costituiscono i precedenti pi com-

83

Narrazione, exempla, retorica

pleti. Genevra Kornbluth, studiando la prima opera, ne proponeva qualche anno fa


una lettura in chiave politica e dimostrava come lapocrifo biblico funzionasse come
scusa per trattare limportante tema della contrapposizione fra cattivo e giusto esercizio della giustizia51. La sua interpretazione si basava sul fatto che nel raffinato cristallo lordine compositivo delle scene gira letteralmente intorno alla figura di un giudice
accompagnato da un pubblico che assiste allimputazione di Susanna, immagine
estranea alla narrazione biblica.
Giunti a questo punto va forse puntualizzato anche un altro aspetto della questione
che riguarda la straordinaria presenza, sia essa reale o apparente, di storie che vedono protagoniste donne sul soffitto palermitano, rilevata a suo tempo da Bologna. In
termini generali infatti, il ruolo giocato dalla donna nella letteratura di carattere eticomorale non si limita esclusivamente a quellambito del discorso dove prende vita la
schizofrenica psicomachia che alimenta per secoli il dibattito sui vizi e le virt femminili. Le storie esemplari che vedono la donna protagonista sono strumento didattico
per esprimere un ventaglio di idee molto pi amplio, che incarna lessenza stessa della
vita sociale medievale. La storia di Susanna appunto un buon esempio in questo
senso. Il personaggio, sfuggendo dal racconto biblico, diventa tema di grande attualit tanto nella cultura scritta, dove la si ritrova protagonista di drammi teatrali e poemi
ed entrer di diritto nelle raccolte di exempla, come nel pi sfuggente ambito della cultura orale52. E se, tra i significati possibili della vicenda della giovane Susanna, spiata, ma soprattutto calunniata, il ruolo centrale occupato sin dagli inizi del
Cristianesimo dal tema della castit, la forma visiva con cui si sviluppa la storia sul soffitto palermitano mette laccento inequivocabilmente su unaltra idea, che ne fa un
ulteriore esempio di giustizia divina. Mi sembra chiaro a questo punto che nel caso
dello Steri lepisodio della giovane donna accusata ingiustamente si dovr svincolare
dalla tradizionale lettura che vede nella protagonista unallegoria della castit, per
riconoscervi una storia esemplare in cui trionfa la giustizia e la falsa testimonianza
punita con fermezza. In palese abbinamento con la storia del Giudizio di Salomone,
lavventura di Susanna rimanda allora, ancora una volta, alla possibile funzione della
Sala Magna come luogo dove Manfredi esercitava il potere giudiziario, o, pi in generale ad un discorso rivolto al dominus composto da exempla virtutis, una sorta di guida
visiva per il retto uso del potere53.
Alla storia di Susanna segue sulla faccia laterale della seconda trave rivolta verso il
lato meridionale della sala uneloquente serie di ritratti. Da un lato si registrano sette
busti femminili ma il numero dovette essere in origine maggiore, che dispiegano
davanti agli occhi dellosservatore cartigli nei quali sono iscritte in forma aggettivale
le virt del buon reggitore: MAGNANIMUS, IUSTUS, LARGUS, EGREGIUS, SAPIENS
[fig. 8]54. Dallaltro nove busti maschili sono identificati da iscrizioni come profeti e
patriarchi dellAntico Testamento. Il primo di cui leggibile solo una parte del nome
potrebbe essere Elia, seguono SALOMON, MOYSES, AARON, DAVID, ABRAAM,
JACOB, SAMUEL, JEREMIAS. Laccostamento tra attributi del buon governante e pro84

Licia Butt

8. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 2 nel primo
settore: serie di ritratti
femminili personificazioni
delle virt del buon
governante, busti femminili con cartigli sui quali
si legge MAGNANIMUS
e JUSTUS (da Vergara
Caffarelli 2009).

feti specialmente evocativo se si pensa alla frequenza con cui


possibile trovare durante i secoli del Basso Medioevo la presenza di figure profetiche in contesti e spazi adibiti allesercizio
della giustizia o allamministrazione cittadina, come il caso
del soffitto della Cambra Dorada della Casa de la Ciutat di
Valenza, studiata in questo stesso volume da Amadeo Serra e
Oscar Calv o della celebre decorazione di Matteo
Giovannetti della Sala della Grande Udienza del palazzo dei
Papi di Avignone55. Quali depositari di verit e giustizia questi
protagonisti dellAntico Testamento fecero presto la loro apparizione anche nelle decorazioni dei palazzi pubblici in
Germania56. La figura del profeta, incarnazione di saggezza ed
equit, diventa allora modello da seguire e in cui identificarsi
per amministrare il potere che pi degli altri messo in diretta
relazione con il divino durante tutto il Medioevo: il giudiziario.
Quel Magnificus Dominus Manfredus Claromontis che si ergeva a princeps della citt di Palermo poteva dunque trovare
nelle storie rappresentate nel soffitto e nei ritratti dei profeti uno
specchio nel quale riflettere il suo status. I cartigli retti dai ritratti femminili, personificazioni esse stesse di virt, sono da intendersi dunque quali attributi del dominus Manfredi.
Procedendo nella lettura, sulla faccia rivolta verso il pavimento
della terza trave del primo settore si snoda la storia di Giuditta,
la tagliatrice di teste (Giuditta I-XVI). Coraggiosa protagonista
di uno dei pi celebri episodi dellantico testamento, la donna

85

Narrazione, exempla, retorica

diventa nellinterpretazione che ne da lesegesi patristica e la


letteratura morale fino al Basso Medioevo figura allegorica
dellumilt, per la sua rassegnazione a farsi strumento della
volont divina; della forza, per la determinazione dimostrata
portando a termine la sua missione e persino della castit. A
ragione di tutto ci Giuditta finisce con lessere letta anche
come figura della chiesa vincitrice, prefigurazione della Vergine
e ancora alter ego femminile di David, con il quale condivide
lazione di tagliare la testa al nemico. Ma Giuditta quale esempio di saggezza, umilt e coraggio, soprattutto lesecutrice
materiale della giustizia di Dio, e in questi termini la si rappresenta sulla trave. Il pittore, come di consueto, non risparmia
particolari narrativi per raccontare la storia della vedova pronta ad immolarsi per il bene comune. La scena si apre davanti
alle mura della citt di Betulia dove Giuditta incontra i soldati
di Oloferne, e da questi viene condotta allaccampamento del
generale [fig. 9]. Qui dopo averlo fatto bere, approfitta del
sonno profondo provocato dal vino, per decapitarlo [fig. 10].
Lultima scena dedicata al momento topico dellesposizione
della testa dello sventurato generale di Nabucodonosor dalle
mura della citt che serve da sanguinario sprone per i concittadini della donna e allo stesso tempo da crudele memento per
le truppe avversarie durante la battaglia finale che vedr trionfare la comunit ebrea [fig. 11]. Si esalta qui dunque laspetto
politico della vicenda attraverso lesposizione di un comportamento che, mettendo il bene comune davanti agli affari privati, trasforma Giuditta in un modello per governanti e cittadini.
La conversione delliconografia religiosa di Giuditta a significati etico-morali di ambito civile testimoniata soprattutto
nella Toscana tre e quattrocentesca e trova la sua giustificazione nei commentari patristici come ha dimostrato di recente
Sarah Blake MacHam la quale scrive: Early patristic writers
had remarked not only on Judith feminine virtues of chastity,
humilty and piety; some had emphasized that she embodies a
bravery and wisdom surpassing her gender that made her a
model of statesmanship. The key figure in this political interpretation is Hrabanus Maurus, the Abbot of Fulda, who, in the
early 830s, presented the Carolingian empress Judith with
commentaries he had written on the Book of Esther and the
Book of Judith ... His political interpretation of Judith had an
important afterlife in Christian thought. In the twelfth century it
86

9. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 3 nel primo
settore: la Storia di
Giuditta, la vedova catturata da un soldato dellesercito di Oloferne (da
Vergara Caffarelli 2009).
10. Decorazione della
trave n. 3 nel primo
settore: la Storia di
Giuditta, la vedova mozza
la testa a Oloferne (da
Vergara Caffarelli 2009).
11. Decorazione della
trave n. 3 nel primo
settore: la Storia di
Giuditta, leroina mostra
la testa mozzata di
Oloferne ai suoi concittadini per incitarli a combattere (da Vergara
Caffarelli 2009).

Licia Butt

10

11

87

Narrazione, exempla, retorica

encouraged John of Salisbury to cite her as an exemplar of justified tyrannicide in the


Policraticus Hrabanus Mauruss commentary also led to a less specific reading of
Judith as a symbol of just punisment not only for tyrants, but for other criminals against
the state57. (Il corsivo mio). Giuditta, divenuta allegoria della Salus Publica poi
strettamente legata al discorso politico sul buon governo. Per ultimo, la sovrapposizione fra Giuditta e la Allegoria della Giustizia viene messa in scena dalliconografia
medievale grazie al fatto che le due figure, arrivano a condividere lattributo della
spada e della testa decapitata di Oloferne, cos come pu vedersi nel celebre affresco di Ambrogio Lorenzetti con lAllegoria del Buon Governo nella sala della Pace del
palazzo Pubblico di Siena58. Qui una giustizia incoronata con la spada in mano e una
testa mozzata sulle gambe siede accanto alle personificazioni delle altre virt cardinali, della pace e della magnanimit.59 Tornando allo Steri, ecco dunque un ulteriore
exemplum iustitiae per Manfredi Chiaromonte.
Madonna Elena di Narbona tra Giuditta e Susanna: ancora una questione di
giustizia
Bologna notava assai acutamente che: la lunga e dettagliata storia di Elena di
Narbona ... sembra costituire in termini puramente romanzi una vera e propria versione incrociata delle storie di Susanna e di Giuditta e infatti va letta come ipertesto di
quelle relative alle due eroine bibliche, giacch, lo possiamo anticipare sin dora, la sua
una storia di giustizia che gira intorno alla falsa testimonianza.
La sequenza figurativa in questione chiude cos un settore che corrisponde allincipit
vero e proprio del discorso visivo nel suo complesso. Il dibattito in termini filologici
sulla fonte, non molto comune, usata dal pittore per illustrare le imprese di Elena di
Narbona non ancora del tutto chiuso. Secondo Giovanni Fontana la prima apparizione italiana in forma scritta del Cantare di Madonna Elena, composizione poetica in
ottava rima, risale agli inizi del XV secolo60. Il filologo escludeva lesistenza de una versione precedente ma lo stesso ciclo dello Steri a smentire la sua posizione in merito. Ben prima Levi aveva invece difeso lesistenza di una redazione trecentesca, della
quale si dovette servire il pittore del soffitto palermitano per narrare una storia che in
tutti i suoi dettagli parla di giustizia, o meglio degli effetti negativi della falsa testimonianza61. Bendinelli dal canto suo metteva in evidenza come una versione del cantare fu sicuramente usata da Boccaccio come fonte della novella di Zinevra,
(Decamerone II, 9) che infatti presenta molti punti di contatto con lavventura di Elena
di Narbona62. Al di l dellinteressante questione filologica, che fa luce sulle fonti in
circolazione nella Palermo tardo trecentesca, ancora una volta lanalisi della narrazione cos come costruita sul soffitto, sembra ricondurre a quello che si presenta come
vero e proprio leit motiv: lesercizio della giustizia. In nove scene, ma Levi segnalava
la presenza in origine anche di un antefatto, si narra una leggenda che appartiene al
repertorio cavalleresco di origine francese, ambientato alla corte di Carlo Magno. La
storia prende inizio con il motivo letterario del vanto, in cui sono invitati a cimentarsi
88

Licia Butt

12. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel primo
settore: la Storia di
Madonna Elena,
Guarnieri e Ruggerio al
cospetto dellImperatore
Carlo Magno (foto M.
Minnella).

i membri della corte dallo stesso imperatore. Si fa avanti a questo punto Ruggerio, pieno dorgoglio per la bellezza e la virt
della moglie Elena. Il perfido Guarnieri dOltremare per tutta
risposta si vanta di esserne lamante e per dimostrare che
Ruggerio vive nellinganno millanta la possibilit di fornire la
prova della relazione adultera. La scena si presenta ancora una
volta con un forte connotato giuridico: limpostore consegna i
figli come pegno della sua affermazione mentre alle sue spalle Ruggerio giura al cospetto di un notaio poggiando la mano
sullelsa della spada [fig. 12]. Nel testo pervenutoci lui a proporre la morte per decapitazione per chi tra i due contendenti
risultasse aver dichiarato il falso63. Mi sembra importante mettere in rilievo il fatto che nel cantare questa scena si svolge
durante un banchetto, mentre si mangia e si beve, sullo Steri
invece rappresentata come un atto solenne: ne sono prova
posizione e attributi di Carlo Magno seduto su uno scranno
privo di schienale con le insegne del potere, scettro e corona64.
La storia prosegue con larrivo di Guarnieri al castello [fig. 13],
dove, complice la cameriera di Madonna Elena, riesce ad ottenere le prove del tradimento della donna, nel testo gioielli e
ornamenti preziosi, nelle immagini indumenti intimi della

12

89

Narrazione, exempla, retorica

13

14

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Licia Butt

13. Decorazione della


trave n. 4 nel primo
settore: la Storia di
Madonna Elena,
Guarnieri arriva al castello di Ruggerio e seduce la
cameriera di Madonna
Elena (da Vergara
Caffarelli 2009).
14. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel secondo settore: Storia di Madonna
Elena, Guarniero espone
al cospetto della corte dellimperatore le prove delladulterio di Madonna
Elena (da Vergara
Caffarelli 2009).
15. Decorazione della
trave n. 4 nel secondo settore: Storia di Madonna
Elena, Ruggerio, uccisi i
figli, defenestra la moglie
(da Vergara Caffarelli
2009).
16. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel secondo settore: Storia di Madonna
Elena, Elena insegue,
disarciona e decapita
Guarnieri (da Vergara
Caffarelli 2009).

calunniata da esporre davanti allimperatore [fig. 14]. Ruggerio


a questo punto rischia di perdere la vita ingiustamente con
laccusa di aver dichiarato il falso e cieco di gelosia e rabbia
ritorna al suo castello e compie una strage uccidendo anche i
figli [fig. 15]. Come stato messo in luce da Levi, in questo
punto della narrazione testo e immagine si corrispondono in
modo assai fedele anche nei dettagli. Lultima vittima, la moglie
defenestrata, riesce a salvarsi e con le proprie mani compie la
giustizia che gli uomini non sono riusciti a rendergli, obbligando il suo delatore a confessare, per poi decapitarlo [fig. 16]. Nel
testo quattrocentesco la donna invoca esplicitamente la giustizia
divina, e nel nostro discorso questo particolare assume un significato ben preciso. Elena tanto nei gesti, come nellessenza della
narrazione si presenta come alter ego della forte e coraggiosa
Giuditta ma anche della paziente e casta Susanna. Come la
prima pronta a far trionfare la giustizia con le sue mani, come
la seconda vittima di calunnia e falsa testimonianza.
Unultima osservazione riguarda le iscrizioni in latino che
accompagnano lo svolgimento dellepisodio. In esse si legge:
GUARNERIUS: KAROLUS MAGNUS: GUARNERIUS: MALIGNUS: PRODITOR: COLLOQUIUM PRODITIONIS HELENAE
e a continuazione KAROLUS MAGNUS: FALSA ET INIQUA
PROBACIO GUARNIERII: DOMINUS ROGERIUS: NOBILIS
DOMINA HELENA INTERFECIT GUARNERIUM: NOBILIS HELENA DECOLLAVIT GUARNERIUM. Protagonista della vicenda
non allora la fedelt di Madonna Elena vantata dal marito e
messa in discussione da Guarnieri ma la falsa et iniqua probacio di questultimo, che corrisponde in modo speculare alla
falsa et iniqua probacio dei vecchioni nella storia di Susanna, l
come qui, la punizione per il bugiardo arriva puntuale.

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91

Narrazione, exempla, retorica

Tristano, Isotta e Aristotele dominati dalle passioni


Accanto agli exempla biblici, nelle prime quattro travi del
secondo settore si susseguono giostre di cavalieri, droleries,
scene di caccia e incontri amorosi dagli accenti marcatamente
cortesi. Anzi pu ben dirsi che il repertorio figurativo cortese
sottende lintero programma iconografico del tetto, proponendo temi di grande fortuna letteraria e visiva. Ecco dunque alternarsi sulle facce laterali della prima trave decorazione aniconica e unelegante caccia al cervo. Questultima serve daccompagnamento alla storia che occupa il lato rivolto verso il pavimento, in contiguit con il Giudizio di Salomone, in cui gi da
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18

92

17. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 1 nel secondo settore: Storia di Tristano e
Isotta nel bosco di
Morrois, Isotta incorona
Tristano (foto F.
Militello).
18. Decorazione della
trave n. 1 nel secondo settore: Storia di Tristano e
Isotta nel bosco di
Morrois, Isotta e Tristano
cavalcano insieme abbracciati (foto F. Militello).

Licia Butt

19. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 3 nel secondo settore: storia non identificata, lotta di un cavaliere
(Tristano?) e un drago
(da Vergara Caffarelli
2009).
20. Decorazione della
trave n. 3 nel secondo settore: storia non identificata, coppia di giovani e
anziani che ballano uniti
in una carola (da Vergara
Caffarelli 2009).

tempo si riconosciuto un frammento del ciclo arturiano che


vede protagonisti Tristano e Isotta nella loro fuga damore nel
bosco di Morrois65. Partendo da sinistra si assiste allincontro
dei due amanti, immortalati in un gesto che al tempo stesso
topos letterario e visivo dellamor cortese: la donna infatti pone
una corona di fiori sul capo del cavaliere [fig. 17]. Compiuto il
rito, i due cavalcano insieme abbracciati [fig. 18], si fermano
per consumare un pasto nel mezzo del bosco e arrivano finalmente al castello del valvassore di Cornovaglia, sempre in
compagnia di un terzo personaggio, lo scudiero Perinis66. Tra
la seconda e la terza trave la decorazione insiste sullidea del
torneo e si chiude con una serie, la cui identificazione resta
incerta, nella quale un cavaliere lotta contro un drago [fig. 19],
si riunisce con la sua dama e conduce sulla musica eseguita da
due trombettisti una carola aperta composta da due coppie
rispettivamente di giovani e anziani [fig. 20]67. Levi pensava ad
un altro momento della saga legata alle avventure di Tristano,
in cui leroe lottando contro un drago ne recide la lingua.
Loomis per primo avanz dei dubbi su questa interpretazione
soprattutto per via della scena cortese che segue, difficilmente

19

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93

Narrazione, exempla, retorica

collegabile al ciclo delle avventure delleroe68. Resta il fatto che limmagine pone speciale enfasi proprio sulla lingua del drago che fuoriesce in modo eclatante dalla bocca
del mostro69. Potrebbe forse trattarsi della contaminazione di due storie diverse, anche
tenuto conto che esistono frammenti della decorazione dello Steri non pi in situ per i
quali si proposta lappartenenza al ciclo arturiano70.
Sia o no corretta la lettura di questultima sequenza, si tratta indubbiamente di una giostra di figure che anima limmaginario cortese del tardo medioevo e che, se richiede
uno studio che miri alla ricostruzione della fonte testuale utilizzata dagli artisti, deve
anche fare i conti con quelle dinamiche creative che prescindono dalla parola scritta.
Alcune storie infatti giunsero ad un livello di diffusione tale che non avevano bisogno
di essere rappresentate nei dettagli. Lartista faceva ricorso a delle immagini-sintesi
che richiamavano immancabilmente alla memoria complessi cicli narrativi71. Proprio
per il loro carattere generico queste immagini potevano essere associate alloccorrenza a significati morali o didattici. In questottica le avventure di Tristano e Isotta evocate sul soffitto sembrano pi che altro un florilegio di citazioni tratte dai momenti salienti del romanzo. A quanto gi descritto, bisogner aggiungere per coerenza narrativa
anche la sequenza che occupa il lato settentrionale della quarta trave, dove unaltra
caccia al cervo e una al cinghiale si chiudono con lincontro dai connotati esplicitamente erotici di una coppia presso la fontana della giovinezza seguito dallaltra parte della
trave, al di l della passarella centrale, dai due momenti topici per eccellenza della storia di Tristano e Isotta: i due amanti sono qui immortalati prima mentre giocano a scacchi72 dentro la tenda fatta allestire da re Marco [fig. 21], quindi durante lappuntamento notturno nel verziere, dove saranno spiati dal legittimo sposo di Isotta [fig. 22].
Lapparente disordine topografico e narrativo con il quale si presentano gli episodi, ma
anche il fatto che in s le scene sembrano riconducibili a diverse fonti testuali, principalmente il Tristano Riccardiano e le anteriori redazioni francesi in versi73, mi sembra
provi a sufficienza che il primo referente dei pittori in questo caso fu un repertorio visivo ben consolidato al momento della realizzazione del soffitto74.
Un ulteriore argomento arriva dallanalisi della forma stessa in cui la sequenza delle
scene montata. La decorazione della quarta trave si chiude con laltrettanto celebre
immagine di Aristotele cavalcato dalla cortigiana, sotto lo sguardo di riprovazione di
Alessandro Magno, discepolo del filosofo, e della sua consorte [fig. 23]. La fonte scritta della sagace leggenda il noto Lai dAristotele composto nel XIII secolo e attribuito a Henri de Valencienne75, che narra come il filosofo, dopo avere avvertito
Alessandro sui pericoli dei lacci amorosi, ne resta vittima lui stesso. Il soggetto divenne presto materia corrente anche nella letteratura moralizzante come dimostrano
lexemplum di Jaque de Vitry nei Sermones Feriales et Communes ma anche altre versioni pi tarde, alle quali appunto potrebbe avere attinto il pittore dello Steri, nelle
quali non lamante di Alessandro Magno in persona a sedurre Aristotele ma una sua
cameriera, cosa che spiegherebbe la presenza dei due personaggi affacciati dalla
torre alle spalle dello sventurato filosofo76.
94

Licia Butt

21. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel primo
settore: Tristano e Isotta
giocano a scacchi (foto F.
Militello).
22. Decorazione della
trave n. 4 nel primo
settore: lappuntamento
di Tristano e Isotta nel
verziere (foto F.
Militello).
23. Decorazione della
trave n. 4 nel primo settore: Aristotele cavalcato
dalla cortigiana (Foto F.
Militello).

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95

Narrazione, exempla, retorica

Laccostamento visivo tra episodi del ciclo arturiano e la scena che sintetizza nellumiliazione di Aristotele la debolezza umana davanti alle tentazioni della carne non
insolito: lo si trova riprodotto in pi di unoccasione in opere del XIV secolo. Su un
capitello della chiesa normanna di Saint Pierre di Caen ad esempio limmagine del
filosofo umilato precede le avventure di Lancillotto77. Ma soprattutto su alcuni celebri cofanetti eburnei di fattura parigina della prima met del XIV secolo, alcuni dei
quali ricordati gi da Gabrici e Levi, che possibile individuare lo stesso accostamento fra la scena archetipica dellappuntamento di Tristano e Isotta sotto le fronde dellalbero da cui verranno spiati da re Marco e quella dellumiliazione di Aristotele78.
Cos nellesemplare del Muse National du Moyen ge a Parigi, (Inv. Cl. 23840), in
cui tra laltro il disegno della fontana nella scena dellincontro tra i due amanti molto
simile a quello del tetto, nellaltro cofanetto conservato al Metropalitan Museum di
New York, (Inv. 17.190.173; 1988.16) in cui appare la stessa caratteristica fontana;
e ancora in quello del Museo Nazionale del Bargello di Firenze (Inv. 123 C) e in quello del The Barber Institute of Fine Arts di Birmingham (Inv. 39.26). Non solo, in almeno tre di questi oggetti oltre ai due episodi in questione rappresentata anche la fonte
della giovinezza, che appunto appare, anche se in una composizione assai semplificata, sulla stessa trave dello Steri: cos nelle cassettine del Victoria and Albert Museum
(Inv. 146-1866) e in quella del British Museum (Inv. 1856,0623.166, Dalton 368) e
nellaltra gi citata del Barber Institute of Fine Arts di Birmingham (Inv. 39.26). Lintera
sequenza dei due amanti che calavacano insieme, giocano a scacchi e si riuniscono
furtivamente sotto lalbero pu seguirsi inoltre nel frammento del Muse du Louvre di
Parigi (inv. OA 10958). Tali cofanetti dimostrano fino a che punto i soggetti raffigurati sulla quarta trave dello Steri fossero vere e proprie formule di successo suscettibili di
moltepici interpretazioni proprio per il loro carattere. molto probabile infine che
Manfredi ne possedesse qualche esemplare e che questo fosse usato come modello
per decorare il soffitto79.
Aristotele, Tristano e Isotta condividono spazio e significato anche in altre tipologie di
manufatti artistici: nel cosiddetto tappeto di Ratisbona, realizzato intorno al 1370 tra le
coppie di amanti non mancano Aristotele cavalcato dalla cortigiana e Tristano e Isotta
spiati da re Marco80. Ancora un esempio arriva da un altro tappeto ricamato conosciuto come Tappeto Malterer datato al 1325, oggi nel Museo degli agostiniani di Friburgo
in Briesgau. Di questo conosciamo il nome dei committenti, Anna e Johannes Malterer,
una coppia di ricchi borghesi che vollero immortalati sulla coperta exempla moralizzanti destinati a mettere in guardia Anna e il suo consorte dal pericoloso ruolo della
donna nel gioco della seduzione, ed ecco che insieme ad altre celebri tentatrici appare Fillide menando per il naso lanziano filosofo e limmancabile episodio arturiano,
questa volta legato alle avventure di Iwain81. Per chiudere mi sembra suggestivo ricordare con Loomis che i soggetti appena menzionati erano presenti nella vita quotidiana delle corti ma potevano spesso essere immaginati attraverso la dettagliata descrizione che di opere darte si fa nella letteratura cavalleresca e davventura.
96

Licia Butt

Se in oggetti di uso privato la leggenda di Aristotele e quelle arturiane alludevano alla


perdizione come conseguenza della natura lussuriosa della donna e servivano da
memento per lamante, gli stessi episodi destinati alle pareti di un palazzo comunale
o alla sala di ricezione di un dominus che era appena stato insignito dei pi importanti poteri regi, alludevano pi universalmente alla debolezza dellessere umano davanti alle tentazioni della vita e dunque alla difficolt per un governante di mantenere un
comportamento retto e giusto82.
Exempla tratti dalla storia sacra e scene cavalleresche segnano linizio del discorso che
le immagini tessono nello spazio della Sala Magna di palazzo Steri83. Da una parte si
narrano quattro storie in cui la Giustizia Divina ristabilisce ordine ed equilibrio fra gli
uomini. Dallaltra prende vita un racconto leggendario in cui la nobilt europea si
rispecchiava e che sembra fare da controcanto agli exempla tratti dallAntico
Testamento, rafforzandone il significato. Ladulterio compiuto da Tristano e Isotta diviene esemplare delle conseguenze negative dellabbandono del vivere civile in favore di
una vita naturale fuori dalle regole sociali, e dunque per questo condannata84. La
debolezza davanti alla tentazione la causa dellabbandono di un retto comportamento, ed ecco che i nostri protagonisti finiscono col condurre una vita selvaggia nel
bosco di Morrois. La folie di Tristano come motivo poetico dellamore cortese presente nelle versioni francesi in versi (nel Roman de Tristan di Thomas), diventa dunque la
folie di Aristotele, che perde il senno per amore85. Pi in generale la stessa immagine
serve da chiosa a tutto il discorso visivo sviluppato nello spazio delle prime quattro
travi, che gira appunto con insistenza intorno allidea di giustizia e ordine sociale. E
allora, fosse o no giudiziario luso principale che della Sala Magna si faceva allepoca della sua decorazione, la serie iconografica che si appena analizzata non pu
non mettersi in relazione con i poteri e il ruolo esercitato dal grande ammiraglio del
regno Manfredi Chiaromonte.
Dal mito alla novella: il Giudizio di Paride (e di Alessandro)
Il ciclo troiano non ha pari sul soffitto per estensione, esso occupa in modo discontinuo il lato rivolto a meridione di ben cinque travi per tutta la loro lunghezza e sembra
quasi riflettere la fortuna immensa che lepopea ebbe nellEuropa medievale. In quanto miti di fondazione, nei quali si riflettono le nascenti identit nazionali europee, le
storie della caduta di Troia e della diaspora degli eroi troiani vennero infatti raccolte
e narrate da un gran numero di scrittori e artisti.
Le fonti latine che servirono da base per la versione storica della guerra nota nel
medioevo occidentale furono principalmente due: il De Excidio Troiae Historia composto probabilmente nel VI secolo e lEphemeris Belli Troiani libri che lo precede di
due centurie, attribuiti rispettivamente a Darete Frigio e Ditti Cretese86. Da entrambi
dipende il Roman de Troie poema in ottosillabi francese composto da Benot de
Sainte Maure intorno al 1165. Tra il 1270 e il 1287 laltro grande punto di riferimento della cultura letteraria medievale che prende come oggetto della sua narrazione
97

Narrazione, exempla, retorica

la materia troiana fu scritto in latino: mi riferisco alla prosa


Historia destructionis Troiae. Sebbene Guido delle Colonne,
lautore di questo vero e proprio best seller, dichiari di ispirarsi al testo di Darete Frigio, tra laltro con lo scopo di rivendicare fedelt storica ai fatti dai lui narrati, la sua versione,
come stato pi volte notato, dipende sostanzialmente da
quel romanzo cavalleresco i cui protagonisti ricordano alla
lontana gli eroi classici che il poema di Benot87. Ma vi sono
anche altre due opere di importanza capitale per la diffusione
della materia troiana: lExcidium Troiae e il Compendium
historiae troianae romanae88. Anche in questo caso i testi sembrano derivare da originali greci datati fra il quarto e il sesto
secolo, ma i primi manoscritti noti che ne raccolgono il testo
rimandano rispettivamente al nono e al decimo secolo.
A Palermo lepopea troiana si apre sulla quarta e la quinta
trave con la celebre avventura degli Argonauti. Uniscrizione in
latino ci informa puntualmente degli eventi e segue alla lettera
le immagini: [REX] PELLEUS SUADET JASONEM [...] AUREO
VELLERE OPTINENDO. NAVIS ARGON RECEDIT DE THESALIA. JASON ET HERCULES LICENCIATIATI [sic] RECEDU[NT].
Siamo proprio allinizio della storia, quando il geloso Peleo,
24

25

98

24. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel primo
settore: Giasone ed Ercole
al cospetto di Peleo e la
partenza della nave Argo
(da Vergara Caffarelli
2009).
25. Decorazione della
trave n. 4 nel primo settore: gli Argonauti giungono in Tessaglia e sono
accolti dai messi di
Laomedonte (da Vergara
Caffarelli 2009).

Licia Butt

26. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel secondo settore: Giasone e Medea al
banchetto offerto agli
Argonauti e lincontro
amoroso (foto M.
Minnella).

per liberarsi del nipote Giasone lo spinge a caccia davventura: dovr catturare lariete dal vello doro. Salpato a bordo di
Argo, la nave fatta costruire per loccasione, lequipaggio si
ferma sulla costa della Tessaglia per rinfrancarsi, ma per ordine di Laomedonte costretto a riprendere immedietamente la
navigazione [figg. 24-25]. La rottura del codice dospitalit
dovuto agli stranieri coster, da l a poco, assai cara al re troiano. Sul secondo settore continua la narrazione con lincontro
fatidico fra la principessa Medea e leroe greco durante il banchetto di benvenuto organizzato da Eeta che, al contrario di
Laomedonte, fa onore ai suoi ospiti: ed ecco che Giasone, trasformato in un prode cavaliere, con la complicit della sua
dama riesce tra mille impedimenti a catturare lariete. Anche
qui liscrizione chiarisce i quattro momenti in cui scandita la
storia89: REX OETA. MEDEA ET JASO[N COLLOQUI]UM ET
STUPRUM MEDEE [...] JASON PUGNAT. JASON INCANTACION[...]. HIC JASON DEBELLAVIT AUREUM VELL[UM]. Dal
banchetto dunque si passa allincontro privato fra i giovani colpiti da amore improvviso [fig. 26]. La notte che trascorrono
insieme si concluder con i doni della principessa per il suo
amante: la fraschetta che pende dalle loro mani dovrebbe far

26

99

Narrazione, exempla, retorica

riferimento infatti allunguento magico che permetter a


Giasone di rendersi invisibile. Nellultima scena, ormai alle
spalle la lotta contro il drago e il toro, entrambi decapitati,
leroe greco consegna lariete a Peleo [fig. 27]. Siamo allinizio della fine di Troia: nella trave successiva si vede, e si legge,
come Medea fugga a bordo di Argo abbracciata al suo amante. Ritornati in Grecia, Giasone ed Ercole al cospetto di
Castore e Polluce ottengono lalleanza degli altri sovrani e
ripartono alla conquista di Troia. Una furibonda battaglia
davanti le mura della citt assediata90 segner il destino di
Laomedonte trafitto e ucciso e della sua gente [fig. 28].
Liscrizione ancora una volta si fa eco delle immagini fedelmente: RECEDUNT FURTIM MEDEA ET JASON. JASON ET HERCULES. CASTOR ET POLLUX. CLASSIS GRECORUM ET REGES
URBEM TROYE DESTRUXERU[NT]. I quadri, che raccontano
con dettaglio tutta la vicenda, si chiudono con la cattura della
principessa Esione, figlia di Laomedonte, ceduta come premio
a Talamone e la rappresentazione della ricostruzione di Troia
sotto lo sguardo vigile di Priamo, anchegli figlio e successore
del re troiano. Ancora una volta linscrizione non da spazio a
dubbi: CAPTA TROYA, CAPITUR VIRGO INCLITA ESIONA ET
TRADITUR THALAMONI. TROYA MAGNA REPARATUR PER PER
[sic] REGEM PRIAMUM.

27

100

27. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 4 nel secondo settore: Giasone lotta contro
il drago e consegna il
Vello dOro a Peleo (foto
M. Minnella).
28. Palermo, palazzo
Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 5 nel primo settore: la prima distruzione di
Troia e la morte di
Laomedonte (foto F.
Militello).

Licia Butt

Levi identificava senza la minima esitazione la fonte della narrazione visiva dello Steri nella Historia destructionis Troiae91. In
effetti il libro del medico messinese comincia con le avventure
di Giasone e degli Argonauti, necessario preludio alla prima
distruzione di Troia. La narrazione dello Steri si discosta solo in
alcuni dettagli dalla fonte scritta, laddove il pittore tende a sintetizzare il racconto, come nel caso della lotta di Giasone per
la conquista dellariete in cui non v traccia della semina dei
denti del drago, n della battaglia tra i giganti nati dalla semina magica. probabile comunque che lartista attingesse direttamente a una versione illustrata del testo, selezionando con
attenzione le scene tra un repertorio di immagini pi che consolidato al momento dellesecuzione del soffitto. Dellopera del
medico messinese si conoscono infatti numerose versioni illustrate, alcune delle quali realizzate verso la met del XIV secolo92. Le illustrazioni del codice Bodmer 78 della Fondation
Martin Bodmer di Cologny coincidono ad esempio in alcuni
dettagli con quelle dello Steri93. Se nei primi due riquadri il
momento in cui Peleo spinge Giasone alla ricerca del Vello
28

101

Narrazione, exempla, retorica

dOro e quello fatidico in cui i messi di Laomedonte cacciano Giasone ed Ercole dalla
costa frigia ricevono un trattamento iconografico sostanzialmente differente nel manoscritto, dal banchetto alla consegna degli oggetti magici necessari per superare gli
ostacoli che separano leroe greco dal suo obiettivo, le distanze fra le due opere si
accorciano e le scene spesso sono comparabili se non nei particolari almeno negli
schemi compositivi. A partire dalla lotta con il drago invece il pittore dello Steri sembra optare nuovamente per una versione molto pi sintetica dei fatti.
Guido narra lepopea troiana uscendo dai confini del mito e della favola: la sua pretende di essere una narrazione storica, razionale, e in quanto tale anche esemplare. La
storia antica rivissuta come veridica in epoca medievale si propone sia come epopea
cavalleresca sia come esempio di virt e valore attraverso il quale le classi aristocratiche costruivano la propaganda della propria identit. Mi sembra, in questottica, che
la storia di Giasone e Medea allo Steri perda i connotati donneschi che gli aveva conferito Bologna per divenire soprattutto mito cavalleresco damore e davventura e in
quanto tale, e non come exemplum della malvagit della strega Medea, fa la sua entrata trionfale tra le storie del soffitto94. Ma la lettura del ciclo troiano non finisce qui.
Gli episodi continuano dopo un salto, sullottava, la nona e la decima trave. Qui le
immagini non trovano pi la corretta esegesi in iscrizioni daccompagnamento e per
questo, sebbene siano state indentificate nelle loro linee generali presentano non
pochi punti da chiarire. Esse narrano i momenti salienti della seconda e definitiva
distruzione di Troia a partire da un episodio che il medioevo latino caricher di significati allegorici: il Giudizio di Paride. soprattutto la fonte visiva alla quale attinse il
pittore e prima di lui il concepteur del soffitto, che non risulta tanto chiaramente riconoscibile. Ma vediamo perch. Guido, s gi detto, pretende di diffonde la versione
razionale, storica del mito troiano e per questo riprende la storia del Giudizio di
Paride cos com narrato nel Roman de Troie, che a sua volta Benot aveva copiato
dal De Excidio Troiae Historia. Nel poema francese lincontro tra il principe troiano e
le dee non si presenta come un avvenimento realmente accaduto, quanto piuttosto
come un sogno allegorico, nel quale Paride, addormentatosi durante una battuta di
caccia, invitato da Mercurio a giudicare la bellezza delle tre dee e ad assegnare loro
il pomo95. Cos accade anche in Guido, dove Paride sceglie senza esitazione il dono
offertogli da Venere: la pi bella tra le donne greche. Guido aggiunge inoltre un particolare al racconto rispetto alle versioni delle sue fonti: Paride dichiara di non potere
giudicare la bellezza delle dee se queste non si fossero mostrate a lui nude.
Lintroduzione del sogno trasforma lo schema narrativo dellopera di Guido rispetto
ad altre versioni ed carico di conseguenze. Paride infatti racconter la sua visione,
nei termini di un sogno premonitore al padre Priamo, ai suoi fratelli e agli altri notabili troiani in occasione del consiglio di guerra convocato dal re per decidere se
attaccare o no i greci. Il dono che Venere offre a Paride interpretato come buon
auspicio degli dei per la spedizione punitiva e ne diventa lo sprone principale. I troiani si convincono infatti che con il rapimento di Elena vendicheranno quello di
102

Licia Butt

29. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 8 nel primo
settore: Paride racconta
dellapparizione delle tre
dee in sogno durante il
consiglio di guerra convocato da Priamo (da
Vergara Caffarelli).
30. Decorazione della
trave n. 8 nel primo
settore: Pallade, Giunone
e Venere, sedute a banchetto con Zeus (da
Vergara Caffarelli).

Esione, protetti dagli dei. Purtroppo per gli avvenimenti


dimostreranno il contrario e la fallacit della visione del giovane principe sar foriera solo di disgrazie.
Sul soffitto gli eventi che precedono la definitiva distruzione di
Troia ricominciano con un gruppo di uomini, tre dei quali
armati da cavalieri, riuniti in assemblea al cospetto di un re [fig.
29]. Segue un banchetto: attorno alla tavola siedono tre personaggi femminili dotati di corona e grandi ali, e uno maschile, adornato con gli stessi attributi: che non si tratti di una quarta donna, come sostenuto in passato, lo dicono chiaramente
gli indumenti che indossa e specialmente il pallium, attributo
che in tutte le altre immagini distingue i personaggi maschili di
dignit superiore, siano essi re, imperatori o profeti [fig. 30].
Nel quadro successivo le tre figure alate sono in piedi, di fronte ad uno dei tre cavalieri armati che nel primo riquadro della
trave discuteva con il sovrano. Per la precisione, si tratta del29

30

103

Narrazione, exempla, retorica

lunico ad avere come attributo un grande arco. Una delle tre,


aprendo il mantello, si mostra nuda agli occhi del cavaliere
[fig. 31]. Non difficile riconoscere nella sequenza il celebre
episodio del Giudizio di Paride, non altrettanto facile per
risalire alla fonte usata dal pittore per narrare il mito dal
momento che lepisodio, scandito in tre atti, non riflette se non
parzialmente la narrazione del medico messinese e la tradizione figurativa che gli corrisponde. Gi Scherer aveva sottolineato la singolarit della rappresentazione del soffitto, ma le sue
osservazioni prendevano come punto di partenza un errore di
identificazione. La studiosa, che riconosceva Eris, dea della
discordia, nel quarto personaggio seduto a capotavola, ricordava il fatto che nel testo della Historia la dea non menzionata, cos come assente nelle due principali fonti del messinese: Ditti Cretese e Benot de Saint Maure. Di fatto Guido non
fa riferimento neanche al banchetto per le nozze di Peleo e Teti
ma a una generica festa, come scenario nel quale prende
luogo la celebre disputa fra Giunone, Pallade e Venere per
ottenere il pomo doro. Nelle versioni di questi autori loggetto
del contendere semplicemente appare sulla scena96.
Il punto che a Palermo non si accenna in nessun modo al
sonno di Paride, che invece comunemente rappresentato
nelle versioni miniate dei codici della Historia Destrusctionis
Troiae. Inoltre manca Mercurio, elemento chiave della narrazione testuale. In Guido la visione raccontata a Priamo in
occasione del cosiglio di guerra che il re troiano ha convoca31

104

31. Decorazione della


trave n. 8 nel primo
settore: il giudizio di
Paride (foto F. Militello).

Licia Butt

to per organizzare la spedizione punitiva contro i greci, momento che si riflette nella
scena che precede il Giudizio vero e proprio97. Questultimo per si fa eco della versione narrata e illustrata dellopera del messinese solo per il fatto che Paride armato di un arco, chiaro riferimento alla caccia. Problemi presenta anche la scena del
banchetto dove le tre dee sono sedute a tavola accompagnate da un quarto personaggio. Come ho gi anticipato questo non pu essere identificato con Eris, la discordia, sia perch appare con attributi maschili sia perch rappresentandola seduta a
tavola il pittore sarebbe incorso in un completo non senso. Ricordiamo che la ragione scatenante dellira della dea il fatto di non essere sta invitata alla festa. Per ultimo nella versione di Guido, sempre che sia la Historia la fonte di questimmagine, Eris
assente. Chi sar dunque il regale personaggio seduto a capotavola su uno scranno? Sospetto che si tratti di Zeus. Ora, solo nella versione tramandata nellExcidium
Troiae che Zeus invia direttamente le tre dee, senza la mediazione di Mercurio, da
Paride perch giudichi la loro bellezza. La decisione del pi potente fra gli dei
dellOlimpo logica conseguenza dal fatto che lautore dellExcidium si fa eco di una
versione dei fatti diversa da quella raccolta da Guido. In questopera il Giudizio
infatti narrato come un evento realmente accaduto e non come un sogno premonitore e lepisodio inserito in concomitanza della leggenda relativa allabbandono di
Paride alla nascita poich un sogno aveva avvisato Ecuba, sua madre, che il nascituro sarebbe stato la causa della distruzione di Troia. Cresciuto fra i pastori, Paride si
guadagna la fama di giudice giusto tra gli dei: egli infatti pronto a incoronare un
toro che non appartiene al suo gregge per avere lottato e sconfitto il suo animale
migliore. Quel toro non altri che Marte, e cos la fama dellequit del giovane principe-pastore giunge rapidamente a orecchie divine. Questexursus eliminato da
Guido perch non funzionale alla sua versione dei fatti. V infine un altro dettaglio
dellExcidium di cui apparentemente si fa eco il pittore del soffitto: lunica dea a
mostrarsi nuda in quel testo Venere98, mentre nelle versioni miniate di Guido possibile vedere il terzetto divino senza veli esposto allo scrutinio del troiano.
Nellillustrazione di un manoscritto trecentesco che contiene il testo dellExcidium conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze (Ms. 881, fol. 55r)99 lepisodio
segue fedelmente la sua fonte e presenta interessanti punti di contatto con la scena
palermitana: si vedono Minerva e Pallade vestite di tutto punto inserite allinterno di
archi mentre Venere apre il mantello davanti ad un Paride del quale si sottolinea la
funzione di giudice: egli seduto su un trono inserito allinterno di un baldacchino. Il
banchetto con le tre dee incoronate invece si ritrova nelle miniature che illustrano due
codici conservati presso la Bibliotheque National di Parigi del poema allegorico di
Guilleme de Machaut Fontaine Amoureuse (Franais 1584, ff. 166 e 169 e Franais
22545, ff. 129 e 129 v)100. Qui per Eris perfettamente isolata perch in piedi e
chiaramente distinta dalle altre dee perch senza attributi regali101.
In breve: sul primo settore dellottava trave si rappresenta il Giudizio di Paride in tre
momenti, che seguono nello schema narrativo il testo di Guido (e di Benot) in cui il
105

Narrazione, exempla, retorica

Giudizio viene raccontato a Priamo come una visione avuta in sogno dal giovane principe troiano. Nella resa iconografica per le scene si distanziano notevolmente dalla
fonte e si presentano come una contaminazione con altri testi che tramandano il mito.
Sebbene il Giudizio di Paride sia inserito in una narrazione pi estesa e non appaia
come motivo a se stante, come si appena visto esso si sviluppa nella Sala Magna
con unestensione e ricchezza di dettagli insolita. Ed proprio tale ricchezza che permette di formulare lipotesi che il pittore dello Steri attinse a fonti diverse per narrare
un ciclo che, come giustamente scriveva Bologna, unitario nella sua sostanza. Il
giudizio spesso ripreso ed enfatizzato in letteratura come motivo esemplare, che, di
volta in volta estrapolato e inserito in nuove composizioni e testi, si arricchisce di
significati nuovi102. Lerrata valutazione di Paride, che in Guido sbaglia due volte,
perch preferisce, abbandonandosi alla passione amorosa, i piaceri offerti da Venere
ai doni delle altre dee e perch cos facendo interpreta lapparizione divina come
segno favorevole, la causa delle sventure del suo popolo. Il Giudizio a Palermo
dunque un monito per il buon governante a non lasciarsi dominare dalle passioni e
un invito ad esercitare il giudizio in modo saggio.
Dallaltro lato della passarella centrale la storia continua con unaltra immagine di re
assiso: davanti a lui due soldati trascinano via una donna incoronata. Non credo che
sia, come sostenuto da Levi e Bologna, una sorta di flash back nel quale Priamo ricorda il rapimento della sorella Esione, si tratterebbe di un procedimento narrativo davvero insolito. molto probabile piuttosto che al cospetto di Priamo ci sia la figlia
Cassandra, la sventurata principessa e profetessa troiana [fig. 32]. La sua apparizione
precede cos la partenza della flotta frigia che prende il largo con la missione di vendicare Esione con il rapimento di Elena, che infatti puntualmente rappresentato nellultimo quadro cos come accade anche nel folio 19v del gi citato codice Bodmer
78103. Dal punto di vista della struttura narrativa inoltre la sua presenza enfatizza le
conseguenze drammatiche che il Giudizio di Paride aquista tanto nel testo di Guido
come sullo Steri e mette laccento su un altro fatidico errore di valutazione: quello di
Priamo. Una buona parte di quel che resta della trave descrive il viaggio della flotta
troiana alla volta della Grecia e il rapimento di una consenziente Elena [fig. 33].
Larrivo della pi bella fra le donne greche a Troia, laccoglienza del re troiano [fig. 34]
e il matrimonio celebrato davanti al templio sono il soggetto della nona trave che
anche lunica che non presenta alcun problema didentificazione, anzi, se si confronta
con le analoghe scene rappresentate al folio 22v del codice Bodmer 78 si possono
notare nuovamente punti di contatto come la discesa di Elena dalla nave su una passarella o nel secondo settore del soffitto il momento della processione matrimoniale104.
Anche la decima trave dedicata alle storie troiane. Qui come nella sequenza del
Giudizio di Paride e del rapimento di Elena necessario rivedere quanto stato scritto in passato. Lepisodio si apre con unaltra assemblea davanti a un anziano sovrano, di fronte al quale stanno un uomo, vestito come un vescovo, e, alle sue spalle, due
donne gesticolanti e visibilmente agitate. probabilmente, come indicato a suo tempo
106

Licia Butt

32. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 8 nel secondo settore: Cassandra al cospetto del padre Priamo e partenza dei troiani.( da
Vergara Caffarelli 2009).
33. Decorazione della
trave n. 8 nel secondo settore: il rapimento di Elena
(da Vergara Caffarelli
2009).
34. Decorazione della
trave n. 9 nel primo settore: lo sbarco di Elena a
Troia e laccoglienza di
Priamo (da Vergara
Caffarelli 2009).

da Bologna, il momento in cui Priamo convoca Calcante affinch vada a consultare loracolo di Delfi. Segue una riunione
fra pari, qui il gruppo di astanti diviso simmetricamente in
due parti e nessuno di loro occupa una posizione di rilievo:
sono i greci che si preparano nel quadro successivo a salpare
anchessi alla volta del templio di Apollo. Dallaltro lato della
trave la storia continua con limmagine di Achille, Patroclo e
Calcante presso loracolo e si conclude con questultimo condotto al cospetto della coalizione ellenica alla quale annuncer la vittoria dopo dieci anni di sanguinosa guerra [fig. 35].
Non v traccia n qui n altrove sul soffitto della rappresentazione del sacrificio di Ifigenia, che invece stata spesso chiamato in causa105. Per cui la narrazione si chiude con lannuncio ai greci della vittoria su Troia pronunciato dalloracolo di
Delfi per bocca di Calcante.

32

33

34

107

Narrazione, exempla, retorica

Tra le innumerevoli vicende del ciclo troiano, la selezione dei


due momenti che descrivono gli antefatti e i fatti della prima e
la seconda distruzione della citt e lo sterminio dei suoi abitanti permette al pittore di narrare per immagini cruenti scontri,
prodezze cavalleresche, viaggi avventurosi alla ricerca del
magico. Sono narrazioni di guerra e di conquista, storie che
nel loro insieme parlano anche del rispetto dei codici donore
e di comportamento tra pari106. In chiave cortese esse sembrano enunciare le doti cavalleresche per eccellenza: coraggio,
cortesia, onore. La versione di Guido e della sua fonte, inoltre,
moralizzando gli eventi funesti legati a Troia propone unamara riflessione sulla natura effimera del potere, sulla debolezza
umana, pronta scatenare una guerra per futili motivi, tra i quali
indubbiamente spicca la passione amorosa107. questultima
la causa scatenante del male, non la donna in s, e il discorso
visivo che si costruisce intorno al pericolo di abbandonarsi ad
essa si accorda bene con la necessit per il buon governate di
mostrarsi sempre giusto e saggio, e non cedere dunque mai
alle tentazioni delle passioni, della tracotanza, dellorgoglio.
Amore, avventura e sventura si intrecciano e dialogano ancora
una volta con le esigenze autorappresentative del cavaliere e
Grande Ammiraglio del Regno Manfredi Chiaromonte, al quale
il discorso figurativo, come ho cercato di dimostrare fin qui, era
rivolto. Non un caso allora che le storie troiane, qualunque
fosse la fonte scritta a cui bevevano gli artisti impegnati a rappresentarle, adornassero nella realt e nellimmaginazione pi
di un castello e di un palazzo signorile. Come ricorda Levi108,
simbolo stesso della fortuna del tema il poemetto didascalico
lIntelligenza, composto verso la fine del XIII secolo, che gira
intorno alla descrizione allegorica di un palazzo, la cui sala
centrale, si noti bene, adornata con storie di Cesare, della
35

108

35. Decorazione della


trave n. 10 nel secondo
settore: Patroclo, Achille e
Calcante consultano
loracolo di Delfi e lannuncio della vittoria ai
greci (da Vergara
Caffarelli 2009).

Licia Butt

36. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 11 nel secondo
settore: Nectanebo seduce
Olimpia e nascita di
Alessandro Magno (da
Vergara Caffarelli 2009).

Tavola Rotonda, del ciclo troiano e di Alessandro Magno109.


Per tutta la lunghezza dellundicesima trave narrata una storia che n Levi n tantomeno Bologna riuscirono a decifrare.
Lo fece, passando inspiegabilmente inosservata nella letteratura storico-artistica successiva una filologa, Maria Bendinelli
Predelli, che non solamente indentific tutte le scene raffigurate a Palermo ma ne indic anche con precisione la fonte scritta110. A scorrere davanti ai nostri occhi il mirabolante racconto della nascita di quello che in assoluto il personaggio antico che pi eco ebbe nella cultura medievale: Alessandro
Magno111. La leggenda che lo riguarda raccolta nel testo
greco dello Pseudo Callistene fu adottata, manipolata e diffusa per tutto il Medioevo. La versione latina conosciuta come
Historia de preelis e quella francese in prosa, il Roman
dAlexandre, furono inoltre generosamente illustrate. Da quale
di queste tradizioni testuali derivi lillustrazione del soffitto non
ancora stato chiarito in modo definitivo, le strette analogie
che il ciclo palermitano presenta con alcune illustrazioni ha
permesso per alla filologa di restringere notevolmente il
campo. La storia narra di come il re dEgitto Nectanebo, mago
e veggente, fosse solito combattere le flotte nemiche compiendo sortilegi: dopo avere creato dei modellini delle navi nemiche le collocava in una vasca e con laiuto della magia ne provocava la fine. Un giorno per si accorse che avanzava contro
lEgitto una armata protetta dagli stessi dei egiziani. Decise
dunque di recarsi in Macedonia, alla corte di Filippo e
Olimpia. Qui riusc ad ingannare la regina predicendole che il
dio Ammone, avrebbe generato con lei un figlio. Quella stessa notte Nectanebo sotto le spoglie di un drago si introdusse
nella camera di Olimpia, la quale pensando si trattasse di
Ammone, si un a lui [fig. 36]. Il re dEgitto apparve ancora una

36

109

Narrazione, exempla, retorica

volta sotto le spoglie di un drago durante un banchetto per


convincere Filippo della innocenza di Olimpia [fig. 37]112. Fin
qui la trave palermitana si fa eco fedelmente della narrazione,
con laggiunta della scena della nascita vera e propria del
grande Alessandro. Il ciclo dellinfanzia del prode eroe si chiude con lepisodio di Bucefalo: lindomito e feroce cavallo che
avrebbe indicato il successore di Filippo nella persona capace
di domarlo. Naturalmente quella persona sar il giovane
Alessandro che solo con limporre la mano sulla testa della
fiera riuscir a trasformarla in docile animale.
Sulla base del magistrale studio di Ross sulliconografia alessandrina nei codici miniati113, Bendinelli prov anche a ricostruire la fonte visiva usata come modello della storia narrata
sul soffitto. Non ripeter qui nei dettagli quanto dimostrato a
suo tempo dalla studiosa, ma ritengo necessario rienunciarne
le conclusioni e gli aspetti pi interessanti. Il confronto fra le
scene del soffitto e le prime illustrazioni della versione armena
derivata dalla pseudo Callistene, conosciuta come manoscritto D dellIstituto di Studi Bizantini di Venezia, permise alla studiosa di mettere in evidienza come certi aspetti iconografici e
stilistici delle tavolette dipinte potevano appunto derivare dalla
conoscenza di codici miniati bizantini, imparentati con lo
splendido esemplare conservato a Venezia114. Ma, come
notava lautrice stessa, se vero che esistono delle somiglian37

110

37. Decorazione della


trave n. 11 nel primo settore: seconda apparizione
di Nectanebo sotto forma
di drago (foto M.
Minnella).

Licia Butt

38. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Decorazione della
trave n. 11 nel primo settore: Novella del giullare,
del cavaliere e di
Alessandro giudice (da
Vergara Caffarelli 2009).

ze puntali con la tradizione iconografica dei manoscritti dello


pseudo Callistene, dal punto di vista visivo, le analogie maggiori si riscontrano con le illustrazioni presenti in un grupo di
codici trecenteschi del Roman dAlexandre e specialmente con
quelle del cdice Bib. Royale 11040 di Bruxelles115. Cos la
filologa propende per credere che sul soffitto si fece uso di
due fonti diverse una di radice bizantina laltra legata alla tradizione francese.
Se a questo punto del nostro ragionare non stupisce lo scoprire a Palermo ancora una vicenda legata a un personaggio
eroico che incarna gli ideali del principe giusto, di una figura
storica che diventa metafora cavalleresca e ancora simbolo di
potere e di avventura, la cui nascita in circostanze straordinarie fa da coro allesteso ciclo troiano, una grata conferma
rispetto ai temi della giustizia che si sono analizzati nella prima
parte di questo saggio arriva dallultimo, enigmatico quadro
che chiude le storie di Alessandro. Non si tratta infatti di un episodio raccolto nelle fonti fin qui menzionate, ma se accettiamo
lidentificazione di Bendinelli che vi riconosceva una messa in
scena della quarta novella del Novellino, opera in prosa fiorentina del Trecento, si aprono nuovi scenari che producono
nuovi argomenti in favore della lettura politica del programma
iconografico della Sala Magna [fig. 38]. Nel sagace aneddoto
della raccolta toscana Alessandro nelle vesti di giudice, proprio

38

111

Narrazione, exempla, retorica

come appare sul soffitto, chiamato a dirimere la controversia fra un giullare, nellimmagine il personaggio che compare con un liuto in mano che lo identifica come tale,
e un cavaliere. Il primo, ricco e ambizioso, incontra il secondo male in arnese mentre
viaggia verso la corte del macedone con lobiettivo di chiedere allimperatore dei beni.
Il giullare allora dona al cavaliere un cavallo e robe ma chiede in cambio la elargizione di Alessando. Questultimo in prima instanza gli offre il governo di una citt, in
seconda danaro, che sar accettato dal cavaliere al posto della signoria urbana. Il
giullare si sente defraudato per non essere riuscito ad ottenere la signoria di una intera citt e si rivolge ad Alessandro per avere giustizia. Questi, ascoltate le due parti non
esiter a dare ragione al cavaliere che pronuncia la frase un giullare non pu governare un regno. Unesemplare aneddoto sulla giustizia dunque, che anche e soprattutto sagace rifessione sulle virt necessarie al buon principe per governare. Con le
parole della Bendinelli: Se vero che qui Alessandro presentato in veste di giudice, una sottile corrispondenza ideaolgica lega questa storia alle altre rappresentate nel
soffitto: si osservi come nella maggior parte delle storie identificate ricorra il motivo del
giudizio a volte esplicito come nel Giudizio di Salomone e nella storia della casta
Susanna, a volte implicito come nel giudizio di dio sostenuto da Elena di Narbona,
unaltra trave nellambito delle storie di Troia si conclude con la scena del giudizio di
Paride non sarebbe plausibile che accanto alla messa in evidenza della potenzialit della donna, in negativo e in positivo, vi fosse ugualmente unallusione allelemento mashile, caratterizzato -nel rimando specifico alla persona del potente Manfredi III
Chiaromonte- dal ruolo di signore arbitro giudice?116. Bendinelli lunica ad essersi accorta di quanto ho cercato di dimostrare fin qui. Pur non riuscendo ad abbandonare la lettura delliconografia del soffitto come una serie di exempla sul valore della
donna proposta da Bologna aveva infatti individuato il vero nucleo semantico dellopera che mostra un Manfredi/Alessandro nobile e giusto signore il cui destino
governare.
Giovanni, lApocalisse e il Giudizio finale
I pochi frammenti di quello che dovette essere un ciclo apocalittico sicuramente pi
esteso acquistano significato giunti ormai alla fine del nostro percorso. Le molte drastiche lacune che presenta questa parte dellopera rendono purtroppo del tutto ipotetici i ragionamenti sulle immagini superstiti. Sul secondo settore della ventitreesima
trave si conserva bene una sequenza dellApocalisse (Giovanni, 12) nella quale compare la Donna vesita di sole in gloria, il figlio di questa minacciato dal drago e la Gran
Prostituta di Babilonia. La quarta e ultima immagine un ritratto di San Giovanni al
cospetto dellangelo. Come la sequenza iniziasse dallaltra parte dellasse centrale
rester un mistero. N entrer qui nel dibattito relativo alle fonti di ogni singola
scena117. Vorrei invece riflettere sulla presenza di Giovanni in altri luoghi del soffitto.
Infatti lApocalisse non citata solo per immagini allo Steri: il libro profetico evocato almeno cinque volte nelle iscrizioni identificate a suo tempo da Levi insieme allo
112

Licia Butt

stesso nome dellEvangelista. Da Giovanni I, 14 sono tratte tre citazioni: ET VIDIMUS


GLORIAM ET GLORIAM apposta sul lacunare del primo settore tra la sesta e la settima trave; VERBUM CARO FACTUM EST ET ABITAVIT IN ME che compare nel lacunare del secondo settore tra la decima e lundicesima trave in concomitanza con una
tavoletta laterale dove si legge JOHANN[ES] e FILII UNIGENITI A PATRE ETERNO
PLEN[UM] GRACIE ET VERITATIS sul lacunare del secondo settore tra la tredicesima e
la quattordicesima trave. Si tratta evidentemente di ununica frase scomposta e utilizzata come preghiera e invocazione: Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis,
et vidimus gloriam eius, gloria quasi Unigeniti a Patre, plenum gratiae et veritatis. Le
successive due citazioni sono tratte rispettivamente da Giovanni 8, 12 e Giovanni I,
22-23: QUI SEQUITUR ME appare nel lacunare tra la diciottesima e la diciannovesima trave e VOX CLAMANTIS IN DESERTO PARA TE VIAM sullultimo lacunare nel
secondo settore in corrispondenza con le scene tratte dallApocalisse. Non si tratta
delle uniche iscrizioni di tema religioso giacch il soffitto era dissemimato di frasi e
invocazioni di carattere sacro in parte oggi scomparse, numericamente per le citazioni tratte da Giovanni sono di gran lunga maggiori.
Bologna faceva dei quadri dellApocalisse lultimo atto del suo discorso sulla contrapposizione tra virt e vizi della donna, e in effetti, estrapolata com dal contesto originario la serie di immagini potrebbe dare adito a un tale tipo di interpretazione.
Tornando per alliconografia della giustizia, al repertorio e formulario in voga in contesti pubblici dove questa si esercitava, bisogner tenere presente che limmagine del
Giudizio Finale, come atto supremo dellesercizio giuridico per eccellenza, era onnipresente118. Allo Steri, almeno da quello che possibile vedere oggi, non si rappresenta il giudizio vero e proprio119 ma possiamo comunque dedurre che le numerose
referenze apocalittiche dovevano fare riferimento allescatologia della colpa, evocando cos la presenza immanente di un giudice onnipotente posto al di sopra di quello
umano. Un discorso che veniva in ultima analisi corroborato dalle iscrizioni di tema
sacro, anchesse chiaro monito e invito al retto vivere.
Figure che parlano, parole che ricordano: Manfredi Chiaromonte e larte
normanna
Per Gabrici le iscrizioni distribuite generosamente su tutto il soffitto non possedevano
un significato specifico, ma si dovevano piuttosto ricondurre a un gusto di origine
arabo per luso decorativo della scrittura. Una volta analizzati i testi che esplicitamente accompagnano le scene narrative lo studioso non contempl neppure la possibilit che le frequenti iscrizioni potessero essere interpretate in funzione delle immagini o,
pi in generale, del messaggio visivo di cui il soffitto era depositario. Sentenze, massime morali, versetti di orazioni cristiane, parole smozzicate monosillabi ripetuti sono
per lo storico un puro espediente decorativo120. Bologna virava in direzione inversa
essendosi accorto che nella maggior parte dei casi i testi dipinti servono sul soffitto da
commento alle immagini, ma non faceva comunque il passo decisivo di strutturare
113

Narrazione, exempla, retorica

39

40

114

Licia Butt

39. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Intaglio stellato
dei lacunari (foto M.
Minnella).
40. Cefal, soffitto del
Duomo, XII secolo.
Intaglio stellato ottagonale (foto M. G.
Aurigemma).

una riflessione sulla tipologia e il contenuto di tali scritte,


lasciandone indecifrato il significato pi recondito.
In chiusura di questo studio nel quale ho provato a dimostrare
come sia possibile rileggere alcune delle storie raffigurate in
chiave politica, diventa necessario accennare anche alla questione dei testi dipinti. Di quelli che servono come didascalie
alle immagini si gi detto. Limportanza della monumentale
iscrizione che fa riferimento allopera e al suo committente
stata pi volte sottolineata in questo e negli studi precedenti. Il
tetto accoglie in posizioni apparentemente meno significative
anche una serie di versetti biblici, motti e parole collocate sui
bordi dei lacunari fra trave e trave e sulle mensole. Nel paragrafo precedente ho sommariamente ricordato quelle tratte
dellApocalisse di Giovanni ma il numero totale di queste invocazioni dovette essere ben maggiore stando ai resti di pittura
oggi in buona parte illeggibili che dimostrano il ruolo centrale
occupato dalla parola nel programma iconografico della Sala
Magna. V inoltre un gruppo di iscrizioni dal carattere molto
speciale, mi riferisco alle decorazioni che imitano la scrittura
araba. La loro presenza stata spiegata con una generica
influenza islamica sul soffitto che prenderebbe le mosse dalla
Cappella Palatina del palazzo dei Normanni di Palermo, sorta
di archetipo stilistico-iconografico usato per argomentare
lascendenza araba su molti soffitti dipinti siciliani di epoca tardogotica. I riferimenti arabo-normanni presenti sullo Steri per
non possono essere banalmente ricondotti solo a questioni stilistiche. Sono convinta che anche nella scelta di elementi decorativi puntuali come lintaglio a stella che presentano i lacunari, praticamente identico a quello che decora il soffitto del
Duomo di Cefal121 esiste una buona dose di intenzione ideologica, non meramente formale [figg. 39-40].
Vi in concreto un testo sul soffitto che mi pare dimostri chiaramente il peso ideologico che ebbe per Manfredi il recupero
di alcuni motivi del passato, un passato che ha coordinate spazio temporali esatte. Non si tratt dunque di una questione di
gusti estetici, o di sopravvivenza per inerzia di stilemi che arrivavano dalla tradizione locale. I versi apposti in chiusura della
rete di immagini dello Steri si auto proclamano elementi chiave dellinterpretazione del soffitto. La loro posizione e dimensione, liscrizione occupa le pareti rivolte verso il pavimento
della ventitreesima e della ventiquattresima trave, fu scelta con
115

Narrazione, exempla, retorica

41

42

116

Licia Butt

41. Palermo, palazzo


Chiaromonte Steri, Sala
Magna. Iscrizione sulla
trave n. 23 nel secondo
settore: invocazione alla
Vergine in versi leonini
tratta dal portico del
Duomo di Cefal (foto L.
Butt).
42. Iscrizione sulla trave
n. 24 nel secondo settore:
invocazione alla Vergine
in versi leonini tratta dal
portico del Duomo di
Cefal (foto L. Butt).

cura [figg. 41-42]. qui, in prossimit dellaltra iscrizione che


corre lungo il perimetro della sala e che annuncia la fine dei
lavori, che leggiamo: O PATRIS ET PROLIS CONCORDIA
NEXUS AMORQUE HUIUS/ AB AUCTORE SALE MALA
CUN[C]TA RETORQUE [IESU]S MARIA, SPONSA TUE PROLES
O VIRGO PUERPERA SOLIS/ [PRO CUNCTIS ORA SED] PLUS
PRO REGE LABORA JESS MARIA JOSEPH122. La seconda
parte di questa composizione in versi leonini, come not
Gabrici, senza per dedurne alcuna conclusione, una citazione letterale delliscrizione che accompagna licona della
Vergine nel portico daccesso del Duomo di Monreale, magniloquente opera promossa da Guglielmo II verso la fine del XII
secolo. Li sulliscrizione scorrono le seguenti parole: SPONSA
SUE PROLIS, STELLA PUERPERA SOLIS, PRO CUNCTIS ORA
SED PLUS PRO REGE LABORA123. Manfredi, che sul tetto
invoca la protezione di Maria pi volte, lo fa in questo caso
prendendo il prestito parole che risalgono direttamente al
regno di un altro dominus della Sicilia. Liscrizione ha una
dimensione e dunque una visibilit, comparabile solo con
quella conferita alle parole che dichiarano la paternit e la
cronologia del tetto. Manfredi, o meglio il concepteur dellopera, sembra volere siglare dunque il suo discorso politico
occupando lo spazio di ben due travi con i versi depoca normanna. Se nel Duomo di Guglielmo II liscrizione accompagna lentrata dei fedeli nel templio, nella Sala Magna i versi
occupano, posti come sono allingresso, una posizione simile.
Il soffitto ci obbliga dunque a rivolgere lo sguardo verso un
passato allo stesso tempo glorificato e strumento di auto glorificazione per il Grande Ammiraglio. Re senza regno,
Manfredi proclamava cos orgogliosamente la sua posizione
di potere allinterno degli equilibri mediterranei, ancora ignaro del destino che lo attendeva. Nellapparente rispetto delle
gerarchie sed plus pro rege labora, sottolineava la sua posizione preminente accanto alla monarchia aragonese.
Una volta giunti fin qui il caso di ricordare che gli indizi che
conducono verso un processo di apropriazione del passato
normanno a fini ideologici da parte di Manfredi non si limitano alla citazione dei versi dedicati alla Vergine del Duomo di
Monreale. Qualche anno dopo la chiusura del cantiere dello
Steri, il conte finanziava unaltra dispendiosa impresa artistica:
ledificazione ex novo di un monastero benedettino alle porte
117

Narrazione, exempla, retorica

di Palermo, il cui chiostro, rimasto incompiuto, pretendeva di


essere una replica estremamente fedele di quello del Duomo
de Monreale. Dei capitelli che si arrivarono a realizzare infatti
solo uno non si presenta come una copia tout court del monumento monrealese124. Per ultimo i riferimenti alla monarchia
normanna si palesano nella forma stessa scelta da Manfredi III
per dimostrare la sua magnificenza: il soffitto dipinto della Sala
Magna si pone di fatto come erede dello splendido tetto della
Cappella Palatina di Ruggero II. Da questo deriva lidea stessa
di una copertura lignea riccamente decorata, alcuni elementi
iconografici e luso evocativo delle iscrizioni. Con laltro famoso soffitto di committenza normanna, quello del duomo di
Cefal, condivide, solo per citare gli elementi pi evidenti, il
formato orizzontale delle tavolette dipinte e lintaglio a stella
del cassettonato.
In conclusione, mi sembra sia giunto il momento di rivedere
posizioni storiografiche drastiche come quella di Bruni che
esprimeva un giudizio di valore del tutto negativo sulla nobilt siciliana del XIV secolo: la lotta per il potere condotta dai
baroni estranea a giustificazioni ideologiche; lintellettualit
resta su posizioni di legittimismo monarchico che non subiscono la concorrenza di progetti teorici alternativi ma sono contraddette dalla realt. Tranne poche e sporadiche eccezioni
soprattutto figurative, i baroni non elaborano un programma
politico che fornisca una base teorica al loro potere, n promuovono idealit e valori sul piano di uno stile di vita laico e
cavalleresco125. Il soffitto dello Steri dimostra invece esattamente il contrario. Ammettere lelaborazione di un programma politico espresso attraverso un discorso retorico visivo
equivale a comparare la committenza artistica siciliana ad
altre operazioni di immagine che si stavano portando a termine in alcune importanti corti europee.

118

Licia Butt

NOTE
* I risultati di questa ricerca sono il frutto di anni di studio svolti tra la Spagna, lItalia e lInghilterra. In particolare il soggiorno di ricerca presso il Warburg Institute di Londra (aprile-luglio 2010) stato finanziato
con la borsa di studio BE 2009-1 00275 concessami dallAGAUR (Agncia de Gesti dAjuts Universitaris i
de Recerca) della Generalitat de Catalunya per il progetto di ricerca Pro cunctis ora, sed pro rege labora:
imagenes e ideologa politica en el techo pintado de la Sala Magna de Palazzo Steri en Palermo. Il titolo
originale della conferenza presentata durante il seminario era El techo pintado del palacio Chiaromonte Steri
de Palermo: discurso poltico e ideologa de gobierno. Nel tempo dedicato allo studio del soffitto della Sala
Magna dello Steri ho accumulato debiti con colleghi e amici che mi hanno ascoltato, aiutato, appoggiato.
Grazie dunque alla dottoressa Rosa Maria Rodriguez Porto, ai dottori Francesc Massip, Jesus Carruesco,
Antoni Conejo, Melo Minnella e alla dottoressa Orietta Sorgi e allarchitetto Fabio Militello della
Sovrintendenza di Palermo. Ad Alberto sono specialmente grata questa volta perch, avendo capito, mi ha
fatto capire.
** Le fotografie 7-8-9-10-11-13-14-15-16-19-20-24-25-29-30-32-33-34-35-36-38 sono dettagli dei
fotopiani del rilievo fotogrammetrico del soffitto di Palazzo Steri effettuato dal Dipartimento di
Rappresentazione dellUniversit degli Studi di Palermo, tratte da Il soffitto dello Steri di Palermo. Rilievo fotogrammetrico digitale, a cura di F. Vergara Caffarelli, Palermo-Firenze 2009. Su concessione del Centro
Regionale per linventario, la catalogazione e la documentazione grafica, fotografica, aerofotografica, fotogrammetrica e filmoteca regionale siciliana - U.O.VIII - autorizzazione n. 2468 del 19/04/2013.
1 F. BOLOGNA, Il soffitto della Sala Magna allo Steri di Palermo, Palermo 1975.
2 Lo Steri di Palermo nel secondo Novecento: dagli studi di Giuseppe Spatrisano al progetto di Roberto Calandra
con la consulenza di Carlo Scarpa, a cura di A. I. Lima, Palermo 2006.
3 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri di Palermo e le sue pitture, Milano 1932.
4 Lo studioso aveva gi in precedenza posto la sua attenzione sul soffitto, bench questo non fosse interamente visibile prima dei restauri promossi da Giuseppe Patricolo alla fine del XIX secolo: G. DI MARZO, Delle Belle
Arti in Sicilia, vol. II, Palermo 1859, pp. 78-84, G. DI MARZO, La pittura in Palermo nel Rinascimento, Palermo
1899, p. 28 e segg.
5 Il soffitto dello Steri di Palermo: rilievo fotogrammetrico digitale, a cura di F. Vergara Caffarelli, Palermo 2009.
6 Per la storia critica del soffitto fino agli anni settanta del XX secolo rimando F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit.,
pp. 3-33.
7 La trascrizione di E. GABRICI E. LEVI, Lo Steri..., cit., p. 65.
8 G. SPATRISANO, Lo Steri di Palermo e larchitettura siciliana del Trecento, Palermo 1972.
9 Una recensione di Loomis del loro volume apparve su Speculum: R. S. LOOMIS, Lo Steri di Palermo e le sue
pitture by Ettore Gabrici Ezio Levi, in Speculum, 9, 1, 1934, pp. 105-106.
10 G. BRESC-BAUTIER, Artistes, patriciens et confrries. Production et consommation de luvre dart Palerme et
en Sicile occidentale (1348-1460), Roma 1979, p. 208.
11 E. GABRICI E. LEVI, Lo Steri, cit., pp. 55-56.
12 Per alcune sagaci riflessioni sulla questione del rapporto tra le immagini dipinte sui soffitti e la illustrazione
di manoscritti si veda P. O. DITTMAR, J.C. SCHMITT, Le plafond peint est-il un espace marginal? Lexemple de
Capestang, in Plafonds Peints Mdivaux en Languedoc, a cura di M. Bourin e P. Bernardi, Perpignan 2009,
pp. 67-98 e G. ZANICHELLI, Strutture narrative a confronto: sbacchere e miniatura in Soffitti lignei. Convegno
Internazionale di Studi, a cura di L. Giordano, Pisa 2005, pp. 27-46.
13 A. DUNLOP, Painted Palaces, the rice of secular art in early Renaissance Italy, University Park Pa 2009.
14 Il discorso sulle caratteristiche e levoluzione della tipologia di copertura lignea dello Steri venne affrontato
in termini oggi assai discutibili dallautore. F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit., pp. 37-55. Sul versante spagnolo da
tempo il significato di termini come mudejar e artesonado sono stati messi in discussione: J. GARCA NISTAL,
Artesonados mudejares? De algunas cuestiones terminolgicas e investigadoras en los estudios sobre carpintera de armar espaola, in Anales de Historia del Arte, volumen extraordinario 2011, pp. 211-223, con
bibliografia di riferimento.
15 In alcuni miei recenti studi ho avuto modo di dimostrare come esista nella seconda met del Trecento una
scuola locale che vede protagonista la bottega attiva allo Steri anche in altri luoghi strategici della geografia
del potere dei Chiaromonte: L. BUTT, Per una rilettura degli affreschi medievali della cattedrale di Agrigento:
bizantinismi e linguaggio locale in El Romnic i el gtic desplaats. Estudis sobre lexportaci i migracions de
lart catal medieval, a cura di R. Alcoy, Barcelona 2007, pp. 55-69; L. BUTT, Frammenti di cultura napoleta-

119

Narrazione, exempla, retorica

na post-giottesca nella Sicilia chiaromontana: tappe di un viaggio, in El Trecento en obres, Art de Catalunya i
Art dEuropa al segle XIV, atti del convegno a cura di R. Alcoy, Barcelona 2009, pp. 161-183; L. BUTT,
Manfredi Chiaromonte e le Arti: committenza artistica e egemonia politica in Sicilia alla fine del Trecento, in
Limmagine come messaggio. I significati dellopera darte e la comunicazione iconica, a cura di F. Sciacca,
Caltanissetta 2012, pp. 37-70. Propendono per attribuire il monumento a una bottega locale anche M. G.
AURIGEMMA, Soffitti lignei dipinti, in Abbruzzo un laboratorio di ricerca sulla scultura lignea, a cura di G. Curzi,
A. Tomei, con la collaborazione di C. DAlberto, V. Gambi, S. Paone, in Studi Medievali e Moderni, XV, 1-2,
2011, pp. 337-361 e G. WOLF, H. HAUG, Lu mari amaru: la Sicilia nel Medioevo, in Sicilia: arte e archeologia dalla preistoria allunit dItalia, catalogo della mostra (Bonn 2008), a cura di G. Macchi, W. D. Heilmeyer,
Cinisello Balsamo 2008, pp. 87-103, 101.
16 Cfr. F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit., pp. 222-223. Lautore non era al momento della stesura del suo saggio a
conoscenza della data esatta del matrimonio ma ne suppone la celebrazione, come di fatto avvenne nel 1377.
17 Un caso emblematico quello della produzione della bottega degli Embriachi, per il quale rimando a M.
TOMASI, Miti antichi e riti nuziali, sulliconografia e la funzione dei cofanetti degli embriachi, in Iconographica,
II, 2003, pp. 126-145, con bibliografia precedente. Si veda anche Images in Ivory. Precious Objects of the
Gothic Age, catalogo della mostra a cura di P. Barnet, Detroit-Princeton 1997.
18 Filarete nel suo Trattato dArchitettura (1460-1464) sottolinea molto chiaramente la necessit di destinare
programmi iconografici di natura diversa alla decorazione degli appartamenti privati e delle zone di rappresentanza del palazzo ideale di un principe, citato in A. DUNLOP, Painted Palaces..., cit., p. 27.
19 S. D. KOLSKY, The Genealogy of Women: Studies in Boccaccios De mulieribus claris, New York, 2003; S.
KOLSKY, Ghost of Boccaccio: Writings on Famous Women, Turnhout 2005; M. FRANKLIN, Boccaccios Heroines:
Power and Virtue in Renaissance Society, Burlington 2006.
20 Il termine, in vero poco felice, di Bologna.
21 ancora tutto da scrivere lo studio araldico del soffitto. Per una prima sommaria indagine si veda G.
TRAVAGLIATO, Un Armorial a tre dimensioni: ricognizione sul soffitto dipinto della Sala dei Baroni nello Steri chiaromontano di Palermo, in Ottantanni di un Maestro: omaggio a Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate,
Napoli 2006, pp. 119-136 utile per la bibliografia precedente.
22 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., p. 16.
23 Sul palazzo, oltre agli studi gi citati, si veda: C. FILANGERI, Steri e metafora. I palazzi Chiaromontani di
Palermo, Palermo 2000; G. SPATRISANO, Nuove ricerche sullo Steri di Palermo, Palermo 1976, R. CALANDRA, Il
Palazzo dei Chiaromonte o lo Steri di Palermo, in Demetra, vol. 1, 1991, pp. 26-35; D. SUTERA, Palazzo
Chiaromonte (Steri), in Palermo e il Gotico, a cura di E. Garofalo, M. R. Nobile, Palermo 2007, pp. 31-38.
24 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 7-24. Vale la pena ricordare qui la documentata passione di Martino
lUmano per i soffitti dipinti, che potrebbe giustificare il cambio di funzione da pubblica a privata della sala. A.
ADROER, Enteixinats de Xtiva al Palau Major de Barcelona, in Analecta Sacra Tarraconensia, LXXI, 1998, pp.
43-52 e in questa stessa sede i saggi di Serra Calv e Conejo. Pi in generale sugli interessi del re verso il
patrimonio isolano S. FODALE, Martino lUmano e i beni culturali siciliani: restauri e spoliazioni, in Memoria.
Annali dellUniversit di Palermo, 7, 1973, pp 43-49.
25 Oltre agli inventari ritrovati e pubblicati da Levi, a testimoniare il cambio duso della sala pochi anni dopo
la scomparsa di Manfredi vi un documento del 1438 nel quale si fa menzione della riparazione operata da
Francesco di Castellamare delle travi del soffitto degli appartamenti reali, notizia che si riferisce appunto agli
ambienti della Sala Magna, E. LEVI, Gli inventari dello Steri di Palermo, Studi Medievali, serie III, vol. II, 1928,
pp. 471-480.
26 F. G. LA MANTIA, Il palazzo dei Tribunali in Palermo, in Archivio Storico Siciliano, XLV, 1924, p. 10; E. GABRICI,
E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 16-24; L. SCIASCIA, Il palazzo invisibile: lo Steri di Palermo dai Chiaromonte
allInquisizione, in Atti del Convegno Internazionale in onore di Salvatore Tramontana, a cura di B. Saitta, Roma
2006, pp. 759-766; G. DI VITA, Il Palazzo Chiaromonte e le carceri dellInquisizione in Palermo, Palermo 1910.
27 Unimmagine dello stato della sala prima dei restauri e la rimozione del tramezzo si trova in J. GAILHABAUD,
LArchitecture du V au XVII sicle et les Arts qui en dpendent, Paris 1869-70, tomo III, pp. 30-37, tav. XXXII.
28 Per il quadro storico e i documenti si veda F. G. PIPITONE, I Chiaromonte di Sicilia. Appunti e documenti,
Palermo 1891; P. SARDINA, Palermo e i Chiaromonte splendore e tramonto di una signoria. Potere nobiliare, ceti
dirigenti e societ tra XIV e XV secolo, Caltanissetta-Roma, 2003; P. CORRAO, Governare un Regno: Potere,
societ e istituzioni in Sicilia fra Trecento e Quattrocento, Napoli 1991; S. FODALE, Alunni della perdizione: chiesa e potere in Sicilia durante il Grande Scisma, 1372- 1416, Roma 2008.
29 P. SARDINA, Palermo, cit., p. 9; P. CORRAO, Dal re separato al re assente. Il potere regio nel regno di Sicilia

120

Licia Butt

nel 300 e nel 400, in El poder real en la Corona de Aragn (siglos XIV-XV), atti del XV Congreso de Historia
de la Corona de Aragn, III/1, Zaragoza 1996, pp. 65-78.
30 P. SARDINA, Palermo, cit., pp. 43-78.
31 Ivi, p. 67. Sulla stessa linea anche Corrao che afferma: Quel che era venuto a mancare, nella cosiddetta
anarchia baronale della Sicilia tardo trecentesca non era allora larticolazione del potere regio in strutture istituzionali, o lo stesso riconoscimento dellesistenza di un potere supremo. Al contrario, i protagonisti della lunga
lotta di fazione e della progressiva riduzione del dominio diretto dellapparato centrale sul territorio non potevano n avevano interesse a fare a meno di un punto di riferimento centrale e legittimante. Era invece loro
intenzione modificare gli equilibri interni a un soggetto collettivo di potere che siamo abituati a denominare
Corte o Corona, fino a farne lespressione dellegemonia di un solo gruppo vincente, P. CORRAO,
Governare, cit., p. 35.
32 Della mente che concep un tale programa non si sa purtroppo nulla. Bologna insinuava che un ruolo importante potesse avere avuto Perino da Corleone, medico fedelissimo di Manfredi, che in pi di unoccasione rivest ruoli diplomatici, ma non esistono altri appigli per potere insistere su questa strada, F. BOLOGNA, Il soffitto...,
cit., pp. 222-223.
33 Le tavolette rivolte verso il pavimento sono alte 32 cm mentre quelle disposte sui lati raggiungono i 42 cm,
dimensioni che rendono perfettamente visibili le scene ivi dipinte.
34 G. ALFANO, Il soffitto del Palazzo Chiaramonte in Palermo, in Arte italiana decorativa e industriale, 8, 1899,
pp. 37-39; G. BRESC, Le dcor de la grande salle du Steri Palerme (1377 1380), in Journal des Savants,
1979, pp. 115-123; G. BRESC, Lo Steri dei Chiaramonte, in Kals, 6, 1994,3/4, pp. 10-14; E. GABRICI, Lo
Steri di Palermo e le sue pitture, in Bollettino della Real Accademia di Scienze Lettere e Belle Arti di Palermo,
1927; M. GIUFFR, Citt e architetture nel soffitto dello Steri di Palermo, in Le citt medievali dellItalia meridionale e insulare, atti del convegno, a cura di A. Casamento, E. Guidoni, Roma 2004, pp. 245-253.
35 Il diverso stato di conservazione delle travi del soffitto si deve al fatto che la sala venne divisa in due parti,
per isolare la terza sezione della Corte dAppello del Palazzo di Giustizia che veniva cos ad essere preceduta
da unanticamera per le udienze, questultimo spazio appunto presenta le tavole in peggiore stato di conservazione. E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri, cit., p. 51.
36 Alcuni frammenti pubblicati da Gabrici e Levi si conservano presso i depositi della Galleria Regionale di
Palazzo Abatellis a Palermo, ma non mi stato possibile prenderne visione diretta. E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri,
cit., pp. 51-52, tav. LXXXVII.
37 Sotto il profilo dello stile possibile indicare senza alcuna difficolt il cambio di mani durante i lavori: il maestro principale, che Bologna battezz con lappellativo di Maestro del giudizio di Salomone oper nel settore
settentrionale, mentre le zone in peggiore stato si devono a un secondo pittore. Figure marginali e decorazione aniconica infine possono darsi ad un terzo maestro. Altra questione, ma non rientra nei miei obiettivi in questo frangente, sarebbe identificare gli esecutori del soffitto con le firme apposte sui lacunari. Merita infine uno
studio monografico che mi riservo di fare in un futuro prossimo la questione delle fonti stilistiche a cui attinsero i pittori dello Steri: lontane infatti dalla complessa rete mediterranea cui faceva riferimento Bologna le immagini del soffitto sembrano prestare atto di fedelt alla cultura figurativa arabo-bizantina che in materia di manoscritti era ancora vigente nella Sicilia del XIV secolo e a quella di origine francese, anchessa filtrata probabilmente attraverso la conoscenza diretta di manoscritti che poterono giungere alla biblioteca dei Chiaromonte
per due vie: grazie ai contatti diplomatici di Manfredi con la corte angioina di Napoli o direttamente dalla
Francia. Ci muoviamo comunque nel campo delle ipotesi dal momento che della spesso citata biblioteca chiaromontana non si ha, in realt, nessuna traccia.
38 Ho in fase di stesura un secondo studio, complementare a questo nel quale affronter, tra altri temi, anche
lo spinoso argomento dellidentificazione di alcune delle storie che ancora mancano allappello.
39 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri, cit., pp. 118-119.
40 F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit., pp. 171-172.
41 Virt damore. Pittura nuziale nel Quattrocento fiorentino, catalogo della mostra a cura di C. Paolini, D.
Parenti, L. Sebregondi, Firenze 2010.
42 B. WITTHOFT, Marriage rituals and marriage chest in Quattrocento Florence, in Artibus et Historiae, III, 1982,
pp. 43-59; B. WITTHOFT, Riti nuziali e loro iconografia in Storia del matrimonio, a cura di M. De Giorgio, C.
Klapisch-Zuber, Roma-Bari 1996, pp. 136-142; G. HUGHES, Renaissance Cassoni: Masterpieces of Early Italian
Art: Painted Marriage Chests, 1400-1550, London 1997; C. I. BASKINS, Cassone Painting, Humanism and
Gender in Early Modern Italy, Cambdidge 1998.
43 Sulliconografia giudiziaria si veda R. JACOB, Images de la justice: essai sur liconographie judiciaire du

121

Narrazione, exempla, retorica

Moyen ge lge classique, Paris 1994, in particolare le pagine 142-148. F. GARNIER, Le Langage de limage au moyen age, Grammaire des geste, II, Tours 1989, pp. 112-118; J. C. SCHMITT, Gesti, in Enciclopedia
dellArte Medievale, http://www.treccani.it/enciclopedia/gesti_(Enciclopedia_dell_Arte_Medievale)/ consultata
il 02/05/2011 con bibliografia di riferimento.
44 Cos in vari esemplari trecenteschi della Bible Historiale di Guiard des Moulins conservati presso la
Bibliotheque National di Parigi: Franais 8, folio 150, Franais 158, fol. 1, Franais 162, fol. 1, Franais 164,
fol. 207 o nella bibbia Ms. M. 322 folio 181v della Pierpont Morgan Library di New York; E. FOURNI,
Liconographie de la Bible Historiale, Turnhout 2012.
45 M. M. DONATO, Un ciclo pittorico ad Asciano Siena, Palazzo Pubblico e liconografia politica alla fine del
Medioevo, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia, serie III, vol. XVIII,
3, Pisa 1988, pp. 1105-1272, 1206.
46 R. JACOB, Images de la justice, cit., p. 18, nota 2; G. MARTYN, Inspiring images for judges: late medieval
court room decorations in the Southern Netherlands, in The iconology of law and order (Legal and Cosmic), a
cura di A. Krchy, G. E. Szonyi, A. Kiss, Szeged 2012, pp. 41-53; sulliconografia delle sale di giustizia si veda
anche: C. DE MRIDOL, Les salles de justice et leur dcor en France lpoque medieval, in Histoire de la Justice,
10, 1997, pp. 5-80, G. MARTYN, Painted Exempla Iustitiae in the Southern Netherlands, in Symbolische
Kommunikation voor Gericht in der Frhen Neuzeit, a cura di R. Schulze, Berlin, 2006, pp. 335-356.
47 G. ANTONUCCI, G. Di LENTAGLIO, La leggenda di Susanna nella tradizione giuridica e nelliconografia, in
Emporium, 70, 415, 1929, pp. 319.
48 Utilizzata sin dal III secolo nei riti funebri, la preghiera include anche linvocazione a personaggi tratti
dallAntico Testamento. K. A. SMITH, Inventing Marital Chastity: the Iconography of Susanna and the Elders in
Early Christian Art, in Oxford Art Journal, vol. 16, n. 1, 19, 1993, pp. 3-24, nota n. 4.
49 La lapidazione come punizione eccellente per gli spergiuri si trova ancora una volta nelle illustrazioni tre e
quattrocentesche della Bible Historiale, come esempio si veda il codice illustrato dalla bottega del Maestro di
Boucicaut ms. M 394, fol. 198r, ca. 1415 della Pierpon Morgan Library di New York. Pi avanti nel tempo si
trova anche in altro tipo di oggetti come nel Desco da parto di met del Quattrocento attribuito al Maestro
del Giudizio di Paride in collezione privata a Firenze, e nel cassone del Maestro dei Trionfi Landau Finaly del
Muse du Petit Palais di Avignone in cui tra laltro possibile trovare una delle rare occorrenze dei due vecchioni assisi insieme. G. DANDREA, Maestro del Giudizio di Paride, scheda n. 17, in Virt damore, cit., pp.
214-215. Alla fine del XIV secolo questo dettaglio si trova in due versioni manoscritte di Guillaume de
Machaut, confort dami, entrambe conservate nella Biblioteque National di Parigi: Franais 1584, fol. 128v
e Franais 22545, fol. 99v. La frequenza con cui possibile imbattersi nella sequenza della lapidazione come
conclusione per la storia di Susanna dovrebbe mettere in guardia sulla reale necessit di cercarne per lo Steri
una fonte scritta, assai pi probabile infatti che il pittore attinse alla tradizione visuale; cfr. F. BOLOGNA, Il
soffitto, cit., pp. 173-174.
50 Sulle fonti scritte e la tradizione visiva quattrocentesca della storia di Susanna si veda E. GABRICI, E. LEVI, Lo
Steri..., cit., pp. 118-123. Tra altre, gli autori ricordano una versione toscano veneta dellepisodio biblico, studiata da A. PARDUCCI, Intorno alla redazione tosco veneta della leggenda de Susanna, in Studi dedicati a
Francesco Torraca, Napoli 1912, pp. 282-299 e A. PARDUCCI, La historia di Susanna e Daniello, poemetto popolare italiano antico, in Romania, recueil trimestriel consacr ltude des langues et des littratures romanes,
XLII, 1913.
51 G. KORNBLUTH, The Susanna crystal of Lothar II: Chastity, the Church, and Royal Justice, in Gesta, 31, 1,
1992, pp. 25-39.
52 J. H. MOZLEY, Susanna and the Elders: 3 Medieval poems, in Studi Medievali, a. 3, serie II, 1929; C. BROWN
TKACZ, Susanna as a type of Christ, in Studies in Iconography, 20, 1999, pp. 101-153; M. L. FABRE, Suzanne
ou les avatars dun motif biblique, Paris 2000.
53 Sulle ultime travi del soffitto lo schema giuridico ritorna proposto in modo assai simile a quello degli episodi di Salomone e Susanna in due delle storie che attendono di essere identificate
54 Levi riconobbe leccezionalit della forma aggettivale con cui si presentano i cartigli delle Virt e li ricollega
giustamente alla persona di Manfredi. Bologna ne approfondiva il significato in termini di esaltazione nobiliare e di casta: cfr. E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 135-136; F. BOLOGNA, Il soffitto, cit., p. 240. Per Bruni
infine si trattava invece di generiche virt cavalleresche: Libru di li vitii et di li virtuti, a cura di F. Bruni, vol. I,
Palermo 1973, p. LXXX.
55 O. CALV MASCARELL, El uso de la imagen del profeta en la cultura valenciana bajomedieval, in Ars Longa,
20, 2011, pp. 49-68; M. M. DONATO, Immagini e iscrizioni nelliconografia politica fra Tre e Quattrocento,

122

Licia Butt

in Visibile parlare. Le scritture esposte nei volgari italiani dal Medioevo al Rinascimento, atti del Convegno
Internazionale di Studi, a cura di C. Ciociola, Napoli 1997, pp. 341-396, 349-350.
56 Meier ricorda il caso del palazzo Pubblico di Colonia, i cui perduti affreschi, datati intorno al 1370, rappresentavano profeti, filosofi e scrittori depoca classica. Le figure erano accompagnate da cartigli che esortavano al bene comune e al corretto uso del potere giudiziario, U. MEIER, The iconography of Justice and power in
the Sculptures and paintings of Town Halls in Medieval Germany, in The Medieval History Journal, 3, 1, 2000,
pp. 161-174, pp. 167-168, nota n. 9.
57 S. BLAKE MCHAM, Donatellos Judith as the Emblem of Gods Chosen People, in The sword of Judith. Judith
studies across the Disciplines, a cura di K. R. Brine, E. Ciletti, H. Lhnemann, Cambridge 2010, pp. 312-313.
58 S. BLAKE MCHAM, Donatellos Judith, cit., pp. 307-324, pp. 310 e 312.
59 M. M. DONATO, Cose morali, e anche appartenenti secondo e luoghi: per lo studio della pittura politica
nel tardo Medioevo toscano, in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, atti del convegno a
cura di P. Cammarosano, Roma 1994, pp. 491-517; della stessa autrice si veda anche M. M. DONATO, Testi,
contesti, immagini politiche nel tardo Medioevo: esempi toscani. In margine a una discussione sul Buon governo, in Annali dellIstituto storico italo-germanico in Trento - Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen
Instituts in Trient, 19, 1993, pp. 305-355. La bibliografia sul Buon Governo assai estesa, in termini generali rimando a Ambrogio Lorenzetti: il Buon Governo, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1995.
60 Cantare di Madonna Elena, a cura di G. Fontana, Quaderni degli Studi di filologia italiana pubblicati
dallAccademia della Crusca, 11, Firenze 1992.
61 E. GABRICI, La materia del Cantare di Elena nel soffitto Chiaromonte di Palermo, in Giornale di Sicilia, 1923,
n. 202; E. LEVI, Lepopea medievale nelle pitture del palazzo Chiaramonte a Palermo: la storia di Elena, in
Dedalo, vol. V, 1924, pp. 133-147.
62 M. BENDINELLI PREDELLI, Lettura in filigrana della novella di Zinevra (Decamerone II, 9), in Da una riva e dallaltra. Studi in onore di Antonio dAndrea, Firenze 1995, pp. 171-188, in particolare pp. 178-180.
63 E. LEVI, Lepopea medievale, cit., p. 141.
64 Poich si persa la scena iniziale, non sono sicura che la storia non iniziasse appunto con un banchetto cos
come suggerito del resto anche da Levi. Resta il fatto che il quadro successivo, quello in cui i due uomini giurano e difendono ognuno la propria verit, rappresentato seguendo lo schema giuridico di cui si detto prima.
65 La letteratura dedicata a quello che forse il ciclo pi celebre tra i romanzi arturiani vastissima. Mi limiter
dunque a citare i testi di riferimento e alcune delle apportazioni pi recenti in materia iconografica.
Imprescindibile ancora R. SHERMAN LOOMIS, Arthurian Legends in Medieval Art, New York 1938, in particolare
le pp. 61-63 sul soffitto dello Steri; Tristan and Isolde: a casebook, a cura di J. Tasker Grimbert, New York 2002;
H. NORBERT, Tristano e Isotta nelliconografia medioevale in Tristano e Isotta la fortuna di un mito europeo, a cura
di M. Dalla Piazza, Trieste 2003, pp. 208-224 e il recente Visuality and Materiality in the Story of Tristan and
Isolde, a cura di J. Eming, A. M. Rasmussen, K. Starkey, Parigi 2012. Per le versioni in prosa e in versi della leggenda con relativa bibliografia si veda http://www.arlima.net/no/328, consultato il 20 settembre 2012.
66 Con tutta probabilit come indicato da Levi e Loomis a sua tempo la fonte per questa parte della storia sembra essere stata la versione in prosa in volgare italiano conosciuta come Tristano Riccardiano. Per lindicazione delle diverse tradizioni testuali della leggenda si veda E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 93-104; R.
SHERMAN LOOMIS, Arthurian Legends, cit., p. 62, D. BRANCA, I Romanzi italiani di Tristano e la tavola ritonda,
Firenze 1968.
67 Per le rappresentazioni musicali e di danza allo Steri si veda laccurato studio di A. BELLIA, Musica e potere
in Sicilia. Simboli musicali alla corte di Manfredi III Chiaromonte (XIV secolo), in Fonti musicali italiane, 16,
2011, pp. 7-39.
68 R. SHERMAN LOOMIS, Arthurian Legends, cit., p. 62.
69 C un altro particolare che ha suscitato linteresse di Sherman Lomis e Bologna: il cavaliere che combatte
con il drago impugna la spada con una mano mentre ha laltra coperta da una specie di mantello. Poco pi
in l nel pannello che chiude la terza trave rapresentata la lotta di due uomini selvaggi che, armati di clava,
hanno tutta lintenzione di darsele di santa ragione. Anchessi hanno al posto dello scudo la mano coperta da
un panno. Nei tornei medievali seguendo le regole dellamor cortese la dama era solita donare in pegno al
contendente un velo o una sciarpa, che il cavaliere poi poneva in bella mostra sul cimiero o sullarmatura.
solo unipotesi, ma il tessuto che pende dal braccio del cavaliere potrebbe far riferimento a questo rituale, parodiato nella scena del combattimento tra uomini selvaggi.
70 Infra nota 36. E. BRUNELLI, Un frammento inedito del Soffitto Chiaromonte, in Bollettino dArte, serie 2, IV,
1921, pp. 174-176.

123

Narrazione, exempla, retorica

71 Acute riflessioni sulla narrazione per immagini dei romanzi davventura in J. A. RUSHING, Images of adventure: Ywain in the visual arts, Philadelphia 1995.
72 Sul gioco degli scacchi come figura dellincontro amoroso: O. REMIE CONSTABLE, Chess and Courtly Culture
in Medieval Castile: The Libro de ajedrez of Alfonso X, el Sabio, in Speculum, 82, 2, 2007, pp. 301-347.
73 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 93-104; M. R. BLAKESLEE, Loves masks: identity, intertextuality, and meaning in the Old French Tristan poems, Cambridge 1988.
74 La conoscenza della leggendaria esistenza di Tristano in Sicilia attestata anche dalle due magnifiche coperte a trapunta conservate rispettivamente al Victoria and Albert Museum di Londra e al Museo del Bargello di
Firenze, per le quali manca al giorno doggi uno studio approfondito delle fonti. In queste ultime si raccontano episodi che non coincidono con la narrazione evocata sulle tavolette dello Steri, ma per cronologia e stile
credo siano da ricondurre allo stesso entourage chiaromontano. R. SHERMAN LOOMIS, Arthurian Legends, cit.,
pp. 63-65; La coperta Guicciardini. Il restauro delle imprese di Tristano, a cura di R. C. Proto Pisani, M. Ciatti,
S. Conti, M. G. Vaccari, Firenze 2010.
75 F. ZUFFEREY, Un problme de paternit: le cas dHenri dAndeli. II. Arguments linguistiques, in Revue de linguistique romane, 68, 2004, pp. 57-78; F. ZUFFEREY, Henri de Valenciennes, auteur du Lai dAristote et de la
Vie de saint Jean lvangliste, in Revue de linguistique romane, 69, 2004, pp. 335-358; Henry the
Valencielles, The Lay of Aristote, a cura di L. C. Brook, G. S. Burgess, Liverpool on line Series Critical Edition
of French Texts, 16, Liverpool 2011.
76 C. J. CAMPBELL, The Game of Courting and the Art of the Commune of San Gimignano 1290-1320, Princeton
1998, pp. 125-130, 126; S. L. SMITH, The Power of Women: A Topos in Medieval Art and Literature,
Philadelphia 1995, pp. 67-68; J. ROSENFELD, Ethics and enjoyment in Late Medieval Poetry: love after Aristotle,
Cabridge 2010, pp. 113-116.
77 R. SHERMAN LOOMIS, Arthurian Legends, cit. p. 71. Lautore notava appunto la coincidenza iconografica tra
i capitelli della chiesa che datava alla fine del XIV secolo e una serie di cofanetti in avorio francesi. Sui capitelli si combinano episodi del ciclo arturiano, scene bibliche e gli aneddoti di Aristotele cavalcato e Virgilio deriso. Loomis scrive a proposito della presenza di questi soggetti in un contesto ecclesiastico: it is odd to find
a group of four subjects familiar to the ladies of the Fourteenth Century as motifs adorning jewel cases, mirrorbacks, and oher ministrants to their vanity, appearing thus conspicously in the nave of a church. Doubtless a
pious moral was easily extracted from the tales of Aristotle, Virgil, Samson, the Unicorn, and the Pilican, but it
is a little difficoult to see what Lancelot and Gawain were doing dans cette galre we may have to do mereley with the fancy of an irresponsible artist. Credo al contrario che la migrazione di motivi iconografici destinati con pi frequenza a oggetti di uso privato dimostri la loro funzione di exempla morali e non possa davvero essere ricondotta solo al gusto di un artista irresponsabile.
78 Leccezionale progetto Gothic Ivories Project at The Courtauld Institute of Art, London permette di visualizzare la serie completa di questi avori e di stabilire confronti puntuali fra loro, www.gothicivories.courtauld.ac.uk,
consultato il 10/09/2012, rimando alle schede di questo catalogo on line per la bibliografia specifica di ognuno dei cofanetti che citer.
79 Ho gi detto dei contatti di Manfredi con la corte degli angioini di Napoli e probabili anche se ancora da
chiarire furono anche i contatti diretti con la Francia, infra nota n. 37.
80 R. SHERMAN LOOMIS, Arthurian Legends, cit., p. 67.
81 S. L. SMITH, The power of women topos on a fourteenth century embrodery, in Viator, 21, 1990, pp.
203-228.
82 M. M. DONATO, Un ciclo pittorico, cit., pp. 1105-1272.
83 Se di coerenza tematica si pu parlare senza esitazione per questo settore del soffitto, non pochi problemi
creano il cambio di mano che palesa la decorazione di questultima trave, la ripresa a distanza della storia
damore tra Tristano e Isotta, la possibile sostituzione di alcuni pannelli per altri di epoca pi recente e la poco
logica duplicazione dellinizio delle storie degli Argonauti. Per un approfondimento su questultimo elemento si
veda L. BUTT, Frammenti di cultura napoletana, cit., pp. 163-169.
84 E. KHLER, LAventure chevaleresque. Idal et ralit dans le roman courtois, Parigi 1974.
85 HENRY THE VALENCIELLES, The Lay, cit., p. 31, nota 40.
86 M. J. EHRHART, The Judgment of the trojan Prince Paris in Medieval Literature, University of Pennsylvania Press
1987, pp. 31-73.
87 M. R. JUNG, La lgende de Troie en France au Moyen ge, Basel-Tbingen 1996; GUIDO DELLE COLONNE,
Historia destructionis Troiae, a cura di M. A. Marcos Casquero, Madrid 1996. Per la bibliografia sulleredit
medievale delle storie troiane e una discussione sul significato dellopera di Guido delle Colonne nel contesto

124

Licia Butt

culturale in cui fu composta rimando al sito http://novaonline.nvcc.edu/Eli/Troy/BbVersion/Troy/index.html e


http://www.arlima.net/eh/guido_delle_colonne.html consultati il 2/09/2012.
88 Excidium Troiae, a cura di E. Atwood, V. Whitaker, Cambridge (Massachusetts) 1944; Excidium Troiae, a cura
di A. Bate, Frankfurt am Main-Bern-New York 1986.
89 Insisto sullidea che le iscrizioni accompagnano le immagini e non viceversa, il testo ha qui una funzione
strettamente didascalica, cos come accade in altre parti del soffitto.
90 Interessanti riflessioni sullassedio como topos visivo nellarte medievale in: F. PICCOLI, Per una iconografa
dellassedio nella cultura figurativa padana del XIV secolo, in Reti Medievali. Rivista, VIII, 2007, pp. 1-41.
91 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 105-112.
92 Gli studi di Buchtal misero a suo tempo laccento sullesistenza di un repertorio di immagini imparentate fra
di loro e in continua migrazione da un testo allaltro. Non bisogna trascurare n sottovalutare il fatto che lopera di Guido serv da base a molte altre versioni successive dei fatti troiani e che a sua volta dipendeva dal
Roman de Troie. La relazione che unisce queste due famiglie di manoscritti illuminati con un terzo sistema di
immagini, quello che illustra la seconda redazione della Histoire ancienne jusqu Csar, composta tra il 1213
e il 1218 non ancora stata chiarita in tutti i suoi aspetti. H. BUCHTHAL, Historia Troiana: Studies in the History
of Mediaeval Secular Illustration, London 1971; GUIDO DE COLUMNIS, Historia destructionis Troiae, Biblioteca
Bodmeriana, Cologny Genve codex 78, edizione facsimile a cura di H. Buchtal, Monaco 1987.
Sulliconografia troiana si veda anche F. SAXL, La aventura troyana en el arte francs e italiano, in La vida de las
imgenes, Madrid 1989 (1948); M. R. SCHERER, The legend of Troy in Art and Literature, New York 1964; S.
MCKENDRICK, The Great history of Troy: a reassessment of the development of a secular theme in late medieval art, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, 54, 1991; R. M. RODRGUEZ PORTO, Horizonte literario y artstico de la corte castellana ca. 1350. Apuntes sobre la Crnica Troyana de Alfonso XI (Escorial, h.I.6),
in El Trecento en obres, cit., pp. 467-477, con bibliografia di riferimento.
93 Bologna sostenne che il ciclo troiano dello Steri non avesse nulla in comune con le illustrazioni dei codici
trecenteschi della storia di Guido pubblicati da Buchtal. E invece specialmente nel caso del codice Bodmer 78,
fatta salva la grande distanza stilistica che separa i due artisti, si possono stabilire parallelismi e corrispondenze che meriterebbero uno studio monografico che esula dagli obiettivi di questo lavoro. Oltre alla bibliografia
gi citata lintero codice consultabile on line allindirizzo http://www.e-codices.unifr.ch/en/list/one/cb/0078
consultato il 10/12/2012.
94 lo stesso Bologna che ricorda nelle concusioni del suo libro le acute osservazioni di Huizinga sulle aspirazioni cavalleresche alla gloria e allamore come inseparabili dal culto degli eroi, salvo poi trarne conclusioni lontane da quelle che propongo in questo lavoro F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit., p. 242.
95 M. J. EHRHART, The Judgment of the trojan, cit., pp. 39-43.
96 M. R. SCHERER, The legend of Troy, cit., pp. 6-7 ripresa da F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit., pp. 195-197; M.
J. EHRHART, The Judgment of the trojan..., cit., p. 46.
97 Questa sequenza era completamente fraintesa da Levi. Che scambiava Priamo per Zeus.
98 M. J. EHRHART, The Judgment of the trojan, cit., pp. 11-13, 64.
99 Ivi, p. 215, fig. 4.
100 Per una discussione intorno al Giudizio nel poema di Machaut si veda ivi, pp. 130-142.
101 Non mia intenzione entrare adesso nella complessa questione della filiazione iconografica di tali immagini mi limiter ad osservare che anche in questo caso sembrano farsi eco di una tradizione distinta da quella
di Guido e Benot.
102 In proposito si veda anche M. DEMAULES, Histoire dune fable libre: le Jugement de Pris dans la littrature mdivale, in Un Mythe aux origines de lOccident: Le Jugement de Pris, atti della giornata di studi a cura
di J. Fabre Serris, Lille 2003, pp. 85-97.
103 http://www.e-codices.unifr.ch/en/cb/0078/19v/medium consultato il 10/11/2012. La dott.ssa Rosa Maria
Rodriguez Porto mi ricorda che limmagine di Cassandra afferrata da due sgherri nellatto di incarcerarla presente solo nella Crnica Troyana di Alfonso XI, fol. 23r.
104 Si vedano le immagini in http://www.e-codices.unifr.ch/en/cb/0078/22v/medium e http://www.ecodices.unifr.ch/en/cb/0078/23v/medium. Nellillustrazione del codice non il re troiano a stringere le briglie
del cavallo di Elena come vuole il testo di Guido ma la composizione e lo schema dellepisodio molto simile.
105 F. BOLOGNA, Il soffitto..., cit., pp. 183-184.
106 H. DAMISCH, De Pris Jason: Troie, Deux fois dtruite, in Un mithe aux origines, cit., pp. 99-111.
107 W. B. WIGGINTON, The nature and significance of the late medieval Troy story: a study of Guido Delle
Colonnes Historia destructionis Troiae, New Brunswick, N.J. 1964.

125

Narrazione, exempla, retorica

108

E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit., pp. 105-107.


Lintelligenza, a cura di M. Berisso, Parma 2000; D. CAPPI, Contributo allesegesi de lIntelligenza. Nuove
postille sul testo, in Studi e problemi di critica testuale, 71, 2005, pp. 91-144; M. CICCUTO, Codici figurati
romanzi al servizio di Madonna Intelligenza, in Icone della parola. Immagine e scrittura nella letteratura delle
origini, Modena 1995, pp. 53-93.
110 M. BENDINELLI PREDELLI, Uninterpretazione iconografica relativa al soffitto Chiaromonte di Palermo, in
Letteratura italiana e arti figurative, vol. I, a cura di A. Franceschetti, atti del XII Convegno dellAssociazione
Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana, Firenze 1988, pp. 357-368; M. BENDINELLI PREDELLI,
La storia di Alessandro Magno nel palazzo Chiaromonte a Palermo, in Prospettiva, 46, 1986, pp. 13-21.
111 G. GARY, The Medieval Alexander, Cambridge 1956; C. FRUGONI, La fortuna di Alessandro Magno dallantichit al Medioevo, Firenze 1978 si veda anche la pagina web http://www.lib.rochester.edu/camelot/Alexander
/alexhomepage.htm, consultata il 2/09/2011.
112 D. J. A. ROSS, Olympias and the serpent, in Journal of the Warburg and Courtald Institutes, XXVI 1963,
pp. 1-21.
113 D. J. A. ROSS, Alexander Historiatus. A guide to Medeival Illustrated Alexander Literature, London 1963.
114 A. XINGOPOULOS, Les miniatures du Roman dAlexandre du manuscrit de lInstitut dtudes Byzantines de
Venise, Venezia 1966; L. GALLAGHER, The Alexander Romance in the Hellenic Institute at Venice. Some notes on
the initial miniature, in Thesaurismata, XVI, Venezia 1979, pp. 170-207.
115 M. BENDINELLI PREDELLI, Uninterpretazione iconografica, cit., pp. 361-364; D. J. A. ROSS, Alexander
Historiatus, cit., pp. 55-56.
116 M. BENDINELLI PREDELLI, Uninterpretazione iconografica, cit., pp. 367-368.
117 Questa e le altre travi che appartengono alla parte del soffitto che maggiori danni ha sofferto nel tempo
saranno oggetto di studio di un secondo saggio, complementare a questo, a cui sto ancora lavorando.
118 R. JACOB, Images de la justice, cit.; C. DE MRIDOL, Les salles de justice, cit., pp. 5-80; G. MARTYN,
Painted Exempla, cit., pp. 335-356.
119 La tentazione di immaginarlo dipinto su una delle pareti della stanza, come accade in altri monumenti simili, non trova purtroppo nessun riscontro nei dati a nostra disposizione.
120 E. GABRICI, E. LEVI, Lo Steri..., cit. La prima trascrizione delle iscrizioni del soffitto e della riproduzione dellarmorial della nobilt siciliana si deve a A. INVEGES, La Cartagine siciliana a Palermo, Palermo 1651, vol. II,
pp. 353, 410-416, seguito e corretto da G. DI MARZO, La pittura in Palermo nel Rinacimento, Palermo 1899,
p. 35 nota 1. Va notato che quasi tutte le iscrizioni sono in latino.
121 E. GABRICI E. LEVI, Lo Steri..., cit., p. 57.
122 Sul cielo stellato di Ruggero si veda in questo stesso volume il contributo di Aurigemma con bibliografa
precedente.
123 La trascrizione completa tratta da A. INVEGES, La Cartagine siciliana, cit., p. 353.
124 H. BELTING, Imagen y culto: una historia de la imagen anterior a la era del arte, Madrid 2010 (1997), p.
486 nota 58 con bibliografia.
125 L. BUTT, Il chiostro di Manfredi: politica e raccomandazione dellanima in Santa Maria degli Angeli di Baida,
in Ricerche di Storia dellArte, 102, 2010, pp. 83-92.
126 Libru di li vitii et de li virtuti, collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV, edizione critica a cura di F. Bruni,
Palermo 1973.
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