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r ivista in ter n az i on a l e
di studi filolog ici e l i n g ui s t i ci
s ui tes ti a s ta mp a
D ir et t o r e E d ito r
Antonio Sorella
Cattedra di Storia della lingua italiana
Dipartimento di Studi Classici dallAntico al Contemporaneo
Via dei Vestini 31, Campus Universitario di Chieti, 66013 Chieti,
sorella@italianistica.it
C o mit a t o S c ien t if ic o E d ito r ia l Bo a r d
Patrizia Botta Sapienza, Universit di Roma
Marco Dorigatti University of Oxford
Conor Fahy University College of London
Neil Harris Universit di Udine
Jos Manuel Luca Megas Universidad Complutense de Madrid
Antonio Ricci York University of Toronto
Brian Richardson University of Leeds
Jason Scott-Warren University of Cambridge
Antonio Sorella Universit G. dAnnunzio di Chieti-Pescara
Wayne Storey Indiana University, Bloomington
Dominique Varry enssib (Ec. nat. super. des Sc. de lInformation
et des Bibliotques) de Lyon
Michelangelo Zaccarello Universit di Verona
R es p o n s abile d e l l a r e d a zio ne
Pierluigi Ortolano
R ed a zio ne
Annalisa Civitareale, Claudio Di Felice, Aviva Garriba,
Monica Spacca, Elisabetta Vaccaro
*
Tipofilologia is an International Peer-Reviewed Journal.
The eContent is Archived with Clockss and Portico.
T I PO F ILOLOGIA
r iv is ta inter na z i o na l e
di s tudi filologici e l i ng ui st i c i
s ui tes ti a s ta m pa
3 2010
P I S A RO M A
FA B RI Z I O SERRA E D I TO R E
MMXI
Contributi
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SOMMARIO
contributi
Pierluigi Ortolano, Le Ville di Anton Francesco Doni (1566)
11
discussioni
Antonio Sorella, La materialit nella filologia
41
maestri
Annalisa Civitareale, Paolo Trovato
63
recensioni
Alessandro Catastini, I libri ebraici della biblioteca universitaria di Pisa. 1. Incunabo li e cinquecentine (Pierluigi Ortolano)
77
centri di ricerca
a cura di michelangelo zaccarello
Cambridge Centre for Material Texts
Textual Society
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alutiamo con entusiasmo questo bel volume della rivista, dedicato interamente
alla cosiddetta filologia materiale, che in origine, come spiegano i curatori nella
prefazione, design un nuovo atteggiamento nei confronti del singolo testimone di una
tradizione manoscritta che si stava diffondendo nellambito della medievistica romanza,
ma che a loro parere potrebbe essere unetichetta adatta anche ad abbracciare gli studi
di filologia dei testi a stampa, pur muovendosi in ambiti letterari molto lontani, per
epoca e per lingua, per genere e per tecniche di produzione, per forme di trasmissione
e per modalit di fruizione dei testi , essendo destinata a rifluire in ultima analisi dentro il pi vasto ambito della filologia senza aggettivi e della storia della cultura (p. 9).
Diciamo subito che il merito di questa silloge di studi, promossa da quella che potremmo chiamare se non proprio scuola filologica di Milano, almeno linea filologica milanese nellaver indicato il parallelo farsi strada nellambito della filologia romanza e
della filologia dei testi a stampa di una nuova consapevolezza riguardo allimportanza
dellaspetto materiale della trasmissione dei testi. Nel primo saggio del volume, Roberto Antonelli sottolinea con forza loriginalit della filologia romanza italiana, che gi
negli anni Settanta, con Aurelio Roncaglia, dArco Silvio Avalle e Cesare Segre, riusc a
conciliare Lachmann con Bdier, mostrando che nellambito stesso della critica lachmanniana una nuova attenzione per la ricezione e la storia del singolo manoscritto poteva portare a una complementarit tra le due diverse e fino ad allora contrapposte
metodologie. Cos nacque la convinzione secondo cui i manoscritti non sono solo collettori di varianti, ma miniere di storie. I contributi di area romanza nella sezione
Critica (Federico Saviotti, Il viaggio del poeta e il viaggio del testo : per un approccio geografico a Rimbaut de Vaqueiras e alla sua tradizione manoscritta, pp. 43-59, Massimiliano Gaggero, Mise en texte e riscrittura nelle Continuazioni del Conte du Graal di Chrtien de Troyes,
pp. 61-82, Fabrizio Costantini, Lanalisi della segmentazione grafica come metodo dindagine
filologico-materiale : il caso del canzoniere v e del frammento M, pp. 83-95) confermano
questattenzione alla materialita nello studio dei testimoni e la fecondit delle indagini condotte sotto tale prospettiva. Daltra parte, leggendo i saggi ora citati non si pu
non notare una patente discrasia tra le parti del volume dedicate alla filologia dei manoscritti e quelle che si occupano della filologia dei testi a stampa. Infatti, se da un lato si
pu concordare con le parole dei curatori sul fatto che in nessun paese come in Italia si
sia riusciti a conciliare Lachmann con Bdier, la mai intermessa aspirazione a un metodo scientifico con il rispetto dellindividualit e materialit del singolo manoscritto, daltro lato non si pu dire lo stesso a proposito della filologia dei testi a stampa. La mia
impressione che in Italia si abbia della tipofilologia la stessa considerazione che Croce
e soprattutto i suoi innumerevoli seguaci ebbero della filologia per tre quarti del secolo
scorso. Di l dalle affermazioni di principio sullimportanza di uno studio bibliologico ai
* La materialit nella filologia, a cura di Alberto Cadioli e Maria Luisa Meneghetti, Moderna , x, 2008,
fasc. 2.
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antonio sorella
fini di ogni indagine filologica su un testo tramandato da edizioni a stampa, latteggiamento generale piuttosto di sufficienza. Con leccezione di Pasquale Stoppelli e Alfredo Stussi, che hanno manifestato sempre rispetto per la bibliografia testuale dei paesi
anglofoni e che non a caso furono i primi a invitare e a sdoganare in Italia Conor Fahy,
lopinione diffusa mi pare essere quella secondo cui la collazione di diversi esemplari di
unedizione sia unoperazione da lasciare a giovani volenterosi, disposti a rimboccarsi le
maniche per esercitarsi in pratiche che poco avranno a che fare con lanalisi e la ricostruzione filologica di un testo. Del resto, il pi grande bibliografo testuale operante in Italia, Neil Harris, non finisce di ribadire che lo studio bibliologico delle edizioni antiche
con gli strumenti raffinatissimi messi a punto dopo un secolo di acquisizioni dovute
soprattutto a bibliografi inglesi e americani ha avuto finora scarse implicazioni con la
filologia. Peraltro, lo stesso Harris si dichiarato fiducioso del fatto che la teoria del
copy-text proposta da Walter Wilson Greg, laddove i metodi della bibliografia testuale
hanno implicazioni dirette sulle pratiche editoriali, avrebbe la possibilit di essere accolta in Italia almeno da un punto di vista teorico. 1 Secondo Greg, infatti, riguardo a testi
che hanno avuto diverse edizioni approvate dallautore ci si dovrebbe basare sulla princeps per i cosiddetti accidentali, con laggiunta delle varianti sostanziali delle successive
edizioni, dal momento che queste risultano di norma basate sul testo della prima e non
pi su un manoscritto fornito dallautore. Per Harris, in linea di principio, la teoria del
copy-text non dovrebbe suscitare scandalo in Italia, poich da noi la pratica neolachmanniana di confezionare unedizione critica fondandosi su un manoscritto-base con linserimento di varianti provenienti da altri manoscritti non mai stata messa seriamente in
discussione, n ci si posti fino in fondo il problema se il testo allestito dal moderno
editore in quel modo sia mai esistito storicamente. E invece, nel suo contributo personale al volume, La materialit nello studio dei testi a stampa, Alberto Cadioli respinge al
mittente le parole di Harris, sostenendo che la teoria di costruire, come testo base, un
testo eclettico, nel quale far convergere le ultime correzioni sostanziali dellautore
(le lezioni secondo la sua ultima volont) e gli accidentali (gli elementi paragrafematici) secondo la lezione della princeps, non accoglibile nemmeno sul piano teorico (pp.
22-23). 2 Non c bisogno di sottolineare che Harris aveva fatto uso del suo tipico umorismo anglosassone, a proposito della presunta facile accoglibilit in sede teorica del cosiddetto metodo ecdotico di Greg, per far rilevare che ci che scandalizza i filologi italiani nellambito della filologia dei testi a stampa, soprattutto riguardo allecletticit del
testo confezionato sulla base dei principi di Greg, in realt qualcosa di analogo al testo
critico messo insieme con i criteri della cosiddetta filologia neolachmanniana. Nella
sostanza, invece, anche per Harris la teoria del copy-text mal si adatta alla situazione
italiana, laddove la lingua letteraria una creazione quasi del tutto artificiale e non ha
avuto, per secoli, una variante parlata. Appare evidente che qui il problema sia di carat
1 Neil Harris, Introduzione. La bibliografia e il palinsesto della storia, in George Thomas Tanselle, Letteratura e manufatti, trad. it., Firenze, Le Lettere, 2004 (ed. orig. 1998), pp. lxiv-lxv. Larticolo di Greg, cui Harris
si riferisce, fu ripubblicato, in traduzione italiana, in Filologia dei testi a stampa, a cura di Pasquale Stoppelli,
Bologna, Il Mulino, 1987. NellIntroduzione sopra citata, Harris chiarisce ai lettori italiani, con esempi tratti
dalla letteratura inglese, alcuni aspetti fondamentali delle tesi di Greg, che risulterebbero poco comprensibili
sulla base della sola lettura del saggio tradotto nella silloge di Stoppelli.
2 Per la precisione, Greg sostenne che per la forma (o, se si preferisce, per gli accidentali) bisognerebbe seguire il testimone pi vicino al manoscritto dellautore (che quasi sempre quello pi antico), mentre per la sostanza il giudizio spetterebbe alleditore critico, che non necessariamente dovrebbe basarsi sulle ultime correzioni.
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1 Rimando per una simile impostazione a David C. Greetham, Textual and Literary Theory : Redrawing the
Matrix, Studies in Bibliography , xlii, 1989, pp. 1-24.
2 Si veda almeno il volume J. McGann, A Critique of Modern Textual Criticism, Chicago, University of Chicago Press, 1983.
3 Peter L. Shillingsburg, Scholarly Editing in the Computer Age. Theory and Practice, Ann Arbor, University
of Michigan Press, 1996 (terza ed.), cap. 2.
4 Come argomento in un saggio dedicato alledizione marcoliniana delle Prose (in Lautore sotto il torchio,
Pescara, Libreria dellUniversit Editrice, 2004), Bembo si era servito per allestire la copia di tipografia (da
me rintracciata) della seconda edizione del suo trattato, di un esemplare della princeps arricchito da foglietti
interfogliati, sui quali verg le correzioni e le aggiunte che i compositori avrebbero dovuto inserire. Evidentemente, Bembo aveva conservato tali foglietti, che poi saranno stati utilizzati per preparare la copia di
tipografia delledizione postuma.
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antonio sorella
ma questo lungi dal rafforzare indebolisce il punto di vista di chi ritiene che sia necessario adottare anche per gli accidentali il testo dellultima edizione di unopera ristampata con correzioni o aggiunte approvate dallautore, sulla base del principio inviolabile
dellultima volont dellautore, appunto. Infatti, in una tradizione letteraria come la
nostra, tanto attenta allaspetto formale da indurre autori come Ariosto e Manzoni a
riscrivere tre volte la stessa opera soprattutto per migliorarla sotto il piano stilistico e
linguistico, si pu essere sicuri che chiunque al posto di Bembo si sarebbe comportato
come lui, avendone la possibilit, cio avrebbe preferito adottare il metodo BemboGreg, o addirittura servirsi di nuovo del proprio manoscritto o della copia di tipografia
invece che della princeps, comportando per il tipografo un lavoro molto pi complesso
e quindi oneroso (per la necessit di rifare daccapo la revisione redazionale del testo,
con ladeguamento grafico e paragrafematico, nonch il calcolo previsionale della quantit di testo manoscritto da trasformare in caratteri per ogni singola pagina delledizione
a stampa e infine per la maggiore difficolt di lettura del manoscritto rispetto a un testo
gi stampato). Questo non significa ripudiare la linea-guida dellultima volont dellautore, che stata il faro della grande filologia italiana del secolo scorso, ma giova a ridiscuterne il significato, sulla base delle diverse condizioni determinate dalle esigenze
dellindustria tipografica rispetto alla trasmissione dei manoscritti, cio dei condizionamenti imposti da quelle esigenze alla volont dellautore.
Il fatto che per Cadioli e per quella che abbiamo chiamato, per intendersi e con una
buona dose di approssimazione, linea filologica milanese proprio gli aspetti materiali, che sono largomento del volume e che sono cos considerati e apprezzati in tutti i
contributi che riguardano la filologia dei manoscritti, non risultano appassionanti nella
stessa misura quando riferiti alla filologia dei testi a stampa. Infatti, lo studioso liquida in
poche battute le questioni poste dalla filologia anglo-americana e mostra apprezzamento solo per le collazioni di esemplari diversi della stessa edizione, purch diano risultati
filologicamente importanti e non si risolvano in una specie di feticismo del dato, appunto, materiale : Poich dunque le questioni teoriche, sebbene non riferite al testo a
stampa, erano da tempo ben presenti nel lavoro ecdotico dei filologi italiani (e a quelle,
anche nel contesto della filologia dei testi a stampa, si poteva ricorrere senza difficolt),
pi che la riflessione su un improponibile esemplare ideale per quanto costruito
sulla base di esemplari esistenti stata la sollecitazione a collazionare pi esemplari
della stessa edizione a suggerire orizzonti nuovi agli studi. Questa via, per altro, quando
battuta senza troppa riflessione, ha spesso portato, tuttavia, a eccessi in una minuziosa
ricerca delle varianti di stato, dando risalto, a volte, a elementi marginali per la storia
del testo (ma viceversa molto utili, in numerosi casi, per la storia della stampa), dimenticando che la conoscenza sia di quanto avvenuto in una tipografia sia di possibili cambiamenti sulle forme non fine a se stessa (p. 23). Un simile atteggiamento ravvisabile
anche in Giovanni Biancardi, che pure da anni meritoriamente studia testi fondamentali
del nostro Settecento, attraverso la lente della bibliografia testuale, nel suo stimolante
articolo, Per una nuova edizione critica dei Sepocri foscoliani (pp. 127-140). Era stato lo stesso Cadioli qualche anno fa a riconoscere la necessit di una riedizione dei Sepolcri con
i metodi della bibliografia testuale, avendo notato molti studiosi gi in passato varianti
di stato o varianti tra i versi e il testo dei loro richiami nelle note. 1 Biancardi, dopo aver
1 Alberto Cadioli, Le prime edizioni dei Sepolcri , in Dei Sepolcri di Ugo Foscolo, Gargnano del Garda, 29
settembre-1 ottobre 2005, ii, a cura di G. Barbarisi, W. Spaggiari, Milano, Cisalpino, 2006, pp. 543-65.
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mostrato quanto potrebbe essere importante lanalisi delle varianti di stato ai fini della
riedizione dei Sepolcri, mette le mani avanti, per cos dire, con questa dichiarazione :
altrettanto doveroso precisare, inoltre, che la nostra ricerca di varianti di stato intende
rifuggire da una sopravvalutazione di fenomeni tipografici che rivelino, al massimo, la
temporanea sopravvivenza di meri errori di composizione. [] Alla filologia dei testi
a stampa, spettano altri e ben pi alti compiti, giacch il suo impegno non mira affatto
a conservarsi entro gli angusti limiti di un esame, pur necessario, delle caratteristiche
testuali di singoli fogli impressi. Una maggiore attenzione alle vicende editoriali, alla
prassi dellallestimento dei prodotti tipografici, comporter piuttosto indagini ad ampio
raggio, sempre volte ad individuare elementi atti a meglio comprendere il nesso tra il
fenomeno di costituzione e quello di diffusione del testo. E questo sar possibile solo se
si far ricorso a tutte le testimonianze, o gli indizi, che di volta in volta verranno forniti,
compresi quelli offerti da fonti documentarie cui gi si fece ampio ricorso in passato, ma
vagliate con finalit assai diverse (pp. 135-136). Sembrano le parole che io usai per spiegare che cosa fosse la tipofilologia nel primo volume di questa rivista, con la differenza
che io non mi preoccupavo affatto di dare limpressione di conferire troppa importanza
alla materialit dei dati ricavati con unanalisi bibliografico-testuale. Riconosco che
talvolta tali dati possono dare lidea di un elenco del telefono, cio di varianti che appaiono poco significative. Sono convinto per del fatto che a un occhio meglio addestrato
agli accidenti che potevano verificarsi in una tipografia antica le stesse varianti potranno
apparire di ben maggiore importanza, per stabilire, per esempio, il grado di attenzione
del compositore e del correttore, leventuale presenza di un revisore e, infine, il modo
in cui lautore segu o fece seguire il lavoro di moltiplicazione delle forme. Faccio per
dire : basta una variante di stato anche a prima vista insignificante, come il giusto riposizionamento di un carattere rovesciato, per farci dire che unedizione fu curata con una
certa attenzione (dallautore, dal revisore, dallo stampatore), poich arrestare il processo di stampa per allentare la forma e introdurre una correzione comportava dispendio
di tempo e quindi di denaro. Infatti, in genere finora non sono state trovate varianti di
stato in edizioni realizzate dal solo personale della tipografia, come spesso erano quelle
eseguite senza il controllo dellautore o di un suo fiduciario. Sarebbe giusto, a questo
proposito, ricordare la grande lezione di Fahy, il quale, proprio grazie allanalisi anche
di varianti apparentemente insignificanti nella terza edizione del Furioso, riusc a ricostruire anche la storia e la cronologia delle correzioni dellautore durante il processo di
stampa, come Debenedetti non era riuscito a fare nella sua edizione del 1928. In questa
ottica, dunque, vanno inquadrate le varianti di stato apparentemente irrilevanti di cui
parla Biancardi a proposito della princeps dei Sepolcri.
Ancora pi significativo, da questo punto di vista, larticolo di Enrico Garavelli,
Dall Istoria alla stampa. Giambattista Adriani tra autocensura di famiglia e politicamente corretto (pp. 97-115). Garavelli produce un lavoro di filologia dei testi a stampa, ma
anchegli mettendo preliminarmente le mani avanti, con una dichiarazione di principio :
Limportazione in Italia, in verit non priva di resistenze, di discipline di gestazione anglosassone come la cosiddetta textual bibliography, innestate sulla solida scuola ecdotica
italiana, sulla ricca tradizione di bibliografia descrittiva, sugli studi di storia della lingua
e della norma grammaticale, ha attirato in maniera crescente, almeno nellultimo decennio, lattenzione delle giovani generazioni di filologi sui processi tipografici in regime di stampa manuale. Ne sono scaturite, tra laltro, originali sintesi autoctone, come
la neonata tipofilologia. Tale travolgente innamoramento non sembra per almeno a
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antonio sorella
chi scrive privo di rischi, specie quando lo zelo del neofita si coniuga alla spavalderia
dellapprendista stregone. Quasi involontariamente autocaricaturali appaiono oggi, ad
es., certi saggi di bibliografia testuale, che sfiniscono il lettore producendo pagine e
pagine di incomprensibili diagrammi o liste di varianti del tutto insignificanti. Nessuna
tecnica, nessun puntiglio potr mai sostituire lintelligenza, la cultura, la discrezione
(p. 97). Bisogna riconoscere subito lonest intellettuale di Garavelli, che certo non la
manda a dire. Ricordiamo che lo stesso studioso, che vive e insegna da anni in Finlandia
ed , non soltanto a mio parere, il migliore italianista dellEuropa del Nord, ebbe il coraggio di farsi interprete degli umori della linea filologica milanese con un intervento
molto critico contro limpronta. 1 Successivamente, Edoardo Barbieri, che era stato uno
di coloro che avevano suggerito a Garavelli lidea dellintervento, era accorso in sua
difesa, contro le motivate reazioni che ne erano derivate, senza per riuscire a dissipare
lidea soprattutto tra gli studiosi stranieri di una filologia italiana arroccata su posizioni retrograde ed ostili alle innovazioni apportate in oltre un secolo dalla bibliografia
testuale in lingua inglese. 2 Le questioni poste da Garavelli e Barbieri sono state affrontate da par suo da Neil Harris, che ha invitato gli studiosi italiani a compiacersi piuttosto
del fatto che Edit16 sia stato concepito con linnovativa caratteristica della descrizione
dellimpronta delle edizioni catalogate (che ci mette al livello dei paesi pi avanzati nel
settore della conservazione libraria) e a dismettere unormai immotivata tecnofobia
( purposeless display of techophobia ). 3
Nel seguito del suo articolo, Garavelli intende dare una dimostrazione esemplare di
come la buona filologia, accompagnata da intelligenza, cultura e discrezione, possa fare
volentieri a meno della bibliografia testuale, della tipofilologia e di ogni altra etichetta di
moda. Egli dunque tratteggia la storia delle due edizioni cinquecentesche dellIstoria de
suoi tempi di Giovambattista Adriani, ricostruendone le vicende editoriali, con lattenzione puntata soprattutto sulle pressioni censorie esercitate dai Medici ma anche da altri
principi italiani sul figlio dellautore, Marcello, 4 che cur le due edizioni, e sui Giunti di
Firenze e di Venezia, che le stamparono nel 1583. Colpisce, innanzitutto, lutilizzazione
da parte di Garavelli della formula collazionale (p. 109) 5 e persino della (da lui) bistratta
1 Enrico Garavelli, Appunti sull impronta : catene di edizioni, riproduzioni facsimilari, apografi, Aevum ,
lxx, 1996, pp. 625-636. Anche Edoardo Barbieri condusse un attacco allimpronta in un catalogo che faceva largo uso di quello strumento ; lo scritto fu ripubblicato in E. Barbieri, Guida al libro antico. Conoscere e descrivere
il libro tipografico, con una premessa di Luigi Balsamo, Firenze, Le Monnier, 2006, pp. 175-178.
2 Edoardo Barbieri, Introduzione a Incunaboli e cinquecentine della Fondazione Biblioteca S. Bernardino di
Trento, a cura di Claudio Fedele e Anna Gonzo, Trento, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i
beni librari e archivistici, 2004, voll. 3.
3 Neil Harris, Tribal lays and the history of the fingerprint, in : Many into one : Problems and opportunities
in creating shared catalogues of older books, Seminario tenuto l11 novembre 2005 al cerl presso la Biblioteca
Nazionale Centrale di Roma, Roma, a cura di David J. Shaw, London, Consortium of European Research
Libraries, 2006, pp. 21-72 : p. 56. Sullo stesso argomento si vedano di Harris, Il cappuccino, la principessa e la
botte, in Incunaboli e cinquecentine delle biblioteche dei Cappuccini di Toscana, a cura di Antonella Grassi, Giuliano
Laurentini, Firenze, Polistampa, 2003, pp. 7-39, in part. pp. 24-25, e infine Un ammiraglio, un cane e i Vaticinia,
in Il libro italiano del xvi secolo. Conferme e novit in Edit16, Atti della giornata di studio, Roma 8 giugno 2006, a
cura di Rosaria Maria Servello, Roma, iccu, 2007, pp. 65-88.
4 Marcello Adriani il Giovane (Firenze, 1553-1604), figlio dello storico e letterato Giovan Battista Adriani e
nipote dellumanista e politico Marcello Virgilio Adriani, fu professore di lettere latine e greche nello Studio di Firenze, tradusse Demetrio Falereo e Plutarco, fu socio dellAccademia Fiorentina e dellAccademia degli Alterati.
5 Va detto, a onor del vero, che Garavelli rimanda per la formula collazionale non ai classici della bibliografia anglo-americana, bens, quasi paradossalmente, al manuale di E. Barbieri, Guida al libro antico, cit., p.
118.
47
ta impronta (p. 108), come appunto in un saggio di bibliografia testuale. Anzi, un buon
saggio di bibliografia testuale, come tale contributo finisce per essere, nonostante le
dichiarazioni preliminari dellautore. La ricostruzione di Garavelli condotta sulla base
della documentazione gi nota, ma anche di uninedita istruzione mandata da Antonio
Montecatini, segretario di Alfonso II dEste allambasciatore estense a Firenze, Ercole
Cortile (da Ferrara, 9 maggio 1583), da lui trovata tra le carte di Belisario Vinta, segretario del granduca di Toscana Francesco II, ed inoltre di un dispaccio attribuibile a Orazio
Urbani, residente del granduca a Ferrara, probabilmente allo stesso Vinta (da Ferrara, 12
settembre 1583). Garavelli fa rilevare limportanza della copia di tipografia delledizione
fiorentina : LIstoria de suoi tempi non ebbe, e non ha, molta fortuna [] solo un provvidenziale intervento di Pietro Giordani nel 1816 gli avrebbe regalato uneffimera stagione
di notoriet [] Da allora sullAdriani tornato a calare il silenzio [] Non sorprende,
perci, che nessuno si sia ancora premurato di studiare limportante manoscritto di tipografia conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Palat. 1186. Sfuggito
allinformata rassegna di Paolo Trovato sulle printers copies [del 1989, ma ristampato in
Lordine dei tipografi. Lettori, stampatori, correttori tra Quattro e Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 175-95, con una postilla di aggiornamento], il codice non era per ignoto
ad Albonico. Tuttavia, dal momento che esso non risultava di alcuna utilit per la ricostruzione del segmento testuale antologizzato, il curatore dei testi della Ricciardiana si
limit ad esaminarlo sommariamente (pp. 102-4). Poich in nota leggiamo : Chi scrive
aveva segnalato il manoscritto in questione fin dal 1998 (E. Garavelli, Pensieri e giudizi
giordaniani sulla Letteratura italiana, in Giordani Leopardi 1998, [Atti del Convegno nazionale di Studi, Piacenza, Palazzo Farnese, 2-4 aprile 1998, Piacenza, Tip.Le.Co, 2000], p.
368 (p. 104, n. 2), si sarebbe propensi a credere che sia stato lo stesso Garavelli a scoprire
la natura di manoscritto di tipografia del Palat. 1186, grazie al suo studio su Giordani. In
realt, gi Albonico, nella sua edizione del 1994, era consapevole di ci, avendo ricavato
la notizia da I Manoscritti Palatini della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, vol. iii,
fasc. 5-6, a cura di A. Saitta Revignas, Roma, Ministero della Pubblica Istruzione, 1963,
pp. 394-96, come risulta da queste parole : Saitta Revignas avverte che diverse macchie
dinchiostro grigio, alcune indicazioni che segnalano con lo stesso inchiostro le corrispondenze con i cambi di pagina delleditio princeps, lo stato frammentario del ms., e
infine annotazioni del tipo di quella di c. 194r (avverta la S. Va quella parola poneva se
ci ha | da essere o no | e se quelle paro|le le sue dieci galee vanno cancella|te o no),
fanno chiaramente intendere che ci si trova di fronte a ci che resta del ms. utilizzato in
tipografia per la composizione del testo . 1
Listruzione di Antonio Montecatini invece un documento interessante, perch in
esso si evince come gi da quella data a Ferrara era noto che a Venezia i Giunti avevano
chiesto i privilegi per stampare lIstoria e perci la diplomazia ducale si era mossa per
evitare che in essa si facesse cenno alla questione della pretesa precedenza dei Medici
1 Simone Albonico, Nota ai testi, in Storici e politici fiorentini del Cinquecento, a cura di Angelo Baiocchi,
testi a cura di Simone Albonico, Milano-Napoli, Ricciardi, 1994, pp. 1098-1099. Direi che Trovato debba essere
assolto per il fatto di non aver tenuto conto della segnalazione di Garavelli, che usc a stampa due anni dopo
la pubblicazione della sua raccolta di saggi, mentre devo onestamente fare il mea culpa per aver omesso di
indicargli la preziosa nota di Revignas sopra citata (pur avendo avuto tante volte tra le mani il volume curato
da Albonico, occupandomi in quegli stessi anni di Benedetto Varchi), poich lo stesso Trovato mi aveva chiesto di aiutarlo a compilare un primo regesto di copie di tipografia pervenuteci dei primi secoli dellindustria
tipografica.
48
antonio sorella
rispetto agli Estensi, che era stata anche nel recente passato motivo di forti attriti. Poich ledizione fiorentina ha un imprimatur (non privilegio, come lo chiama Garavelli, a
p. 99) datato 4 marzo 1583 ( Noi F. Dionigi Costacciaro Inquisitore Generale di Firenze,
e suo Dominio, concediamo licenza che si stampi la presente Storia questo d quattro di
Marzo. m. c. lxxxiii. ), dobbiamo pensare che gi nella primavera si era deciso di confezionare una doppia edizione, fiorentina e veneziana, come stato riscontrato in altri
casi gi studiati. A questo proposito, Garavelli, a p. 102, n. 3, usa la gentilezza di citare
come esempio quello dellHercolano di Benedetto Varchi, edito nel 1570 dai Giunti sia a
Firenze, sia a Venezia, aggiungendo che nella mia introduzione alledizione del trattato
varchiano si dimostra che ledizione veneziana aveva in qualche modo preceduto la
fiorentina, a dispetto delle date che compaiono in calce alle due (peraltro identiche)
dedicatorie . In realt nella mia introduzione io avevo cercato di dimostrare esattamente il contrario, sulla base di un faticosissimo studio tipofilologico e in particolare
dellanalisi di una fondamentale variante di stato, e cio che ledizione fiorentina aveva
preceduto quella veneziana, nonostante la datazione posta alla fine della dedicatoria
delledizione veneziana (1 luglio) fosse precedente di un paio di mesi rispetto a quella
presente nelledizione fiorentina (30 agosto ; fatto che aveva depistato tutti gli studiosi
che si erano occupati precedentemente della questione). 1 La ragione della falsificazione
delle date da parte dei Giunti da ricercarsi nel particolare protezionismo sancito dalle
leggi veneziane sulla stampa in quel periodo, per cui risultava molto difficile stampare a
Venezia unopera, munita di privilegi, che fosse stata gi pubblicata altrove. Le vicende
editoriali dellHercolano potrebbero gettare luce anche su quelle dellIstoria de suoi tempi
di Adriani. Secondo Albonico, si pu supporre che, dopo aver pensato a unedizione
veneziana in formato ridotto parallela alla princeps fiorentina, i Giunti di Firenze ne
abbiano poi sospeso la diffusione per garantire lo smercio dei pi imponenti volumi
in folio, garantendo per agli editori veneziani che stavano realizzando leditio minor
una partecipazione alla tiratura da tenersi in magazzino e mettere in commercio una
volta venduta la maior . 2 Daltronde, i Giunti di Firenze avevano sin dallinizio chiesto
i privilegi sia per ledizione fiorentina, sia per quella veneziana, entrando in societ,
per entrambe, con i Giunti di Venezia e in particolare con Bernardo. Poich realizzare
entrambe le edizioni parallelamente avrebbe significato esemplarle da due manoscritti
di tipografia, si prefer, come era prassi, portarne a termine una, per poi usare un esemplare di questa come copia di tipografia dellaltra, ottenendo un risparmio di tempo e
di denaro. Naturalmente, da Firenze poterono essere spediti a Venezia anche singoli
fascicoli delledizione, man mano che erano tirati (ma in seguito vedremo che alcuni
riscontri ci fanno pensare che a Venezia si cominciasse a lavorare con una copia di tipografia basata su un esemplare della princeps completo, anche se contenente alcuni cancellanda, invece dei rispettivi cancellantia stampati successivamente a Firenze). I Giunti
sapevano inoltre di dover mandare i primi esemplari prodotti almeno al granduca e
a Ferrara, prima della commercializzazione, come facilmente ipotizzabile leggendo
quanto scritto da Montecatini. Nel frattempo, in attesa dellautorizzazione alla distribu
1 Qualcosa di analogo descritto da G. Bertoli, Le prime due edizioni della seconda Rassettatura del Decameron , in Dalla textual bibliography alla filologia dei testi italiani a stampa, a cura di Antonio Sorella, Pescara, Libreria dellUniversit Editrice, 1998, pp. 142-145 e, a proposito dellemissione veneziana del rifacimento
dellOrlando innamorato del 1541, da N. Harris, Bibliografia dell Orlando Innamorato , Modena, Panini, voll. 2,
1988-1991.
2 Ivi, p. 1100
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1 Cit. in I Giunti tipografi editori di Firenze, ii ; Annali inediti 1571-1625, a cura di L. S. Camerini, Firenze, Giunti
Barbra, 1979, p. 22.
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antonio sorella
i 12 fogli non poteva che essere la princeps. Oltretutto, i cancellantia in questione erano
stati mandati nelle rivendite fiduciarie, oltre che di Roma, Napoli e Palermo, anche di
Venezia, dove evidentemente erano in allestimento volumi della princeps da vendere a
una clientela selezionata, accanto a quelli della progettata edizione in quarto per il resto del mercato nazionale e internazionale. Questultima, per quello che sappiamo dei
ritmi tipografici di quel periodo, date le dimensioni dellopera (1600 pagine, oltre alla
ricca tavola, cio oltre 200 fogli, che al ritmo di un foglio al giorno richiedono pi di 200
giorni lavorativi), non avrebbe potuto essere stampata in meno di due mesi, cio prima
dellinizio di novembre (impiegando pi torchi contemporaneamente). Dunque, il 26
ottobre, quando Filippo Giunti aveva scritto a Vinta per informarlo sulla sostituzione
dei 12 cancellantia nella princeps, ledizione veneziana era ancora sotto i torchi, sicch
lo stampatore poteva rassicurare il segretario del granduca anche sul fatto che fino a
quel momento non era stata ancora venduta alcuna copia delledizione fiorentina, dal
momento che con ogni probabilit si stava aspettando luscita imminente di quella
veneziana, prima di far circolare laltra. Non un caso che nel colophon delledizione
fiorentina si legga Del Mese di Settembre 1583 , mentre in quello delledizione veneziana non sia specificato il mese, ma solo lanno, rimandandosi alla data posta nella
dedicatoria di Marcello Adriani (27 agosto 1583).
Mettendo a confronto le due edizioni si possono ricavare ulteriori dati, che dimostrano il fatto che mentre V era in produzione nella tipografia veneziana dei Giunti, a Firenze si continu a lavorare sulla princeps, allestendo un certo numero di cancellantia, i 12
citati da Filippo nella lettera a Vinta, o anche pi. Tali cancellantia sono difficilmente
rintracciabili da un punto di vista meramente bibliologico, perch costituiscono fogli
interi sostituiti ai cancellanda e si integrano perfettamente agli altri fascicoli del volume.
Di uno si ha notizia, perch ne noto anche il cancellandum, presente in alcuni esemplari, cio le cc. A4-A5, che trovandosi proprio nel punto di rilevamento del secondo gruppo di caratteri dellimpronta facilmente riscontrabile (si veda edit16, i cui compilatori
hanno il merito di aver scoperto per primi il cancellans grazie allimpronta, anche se
successivamente alla stampa del primo volume, con la lettera A, nel 1990). Garavelli,
che, ironia della sorte, individua anchegli il cancellans in questione proprio grazie allimpronta da lui cos bistrattata, spiega perfettamente il motivo della sostituzione : Il foglio, che contiene il delicatissimo racconto dellelezione di Cosimo I dopo luccisione di
Alessandro, fu infatti ricomposto semplicemente per eliminare un accenno al privilegio concesso dallimperatore ai Medici, che sarebbe stato garanzia della scelta del figlio
di Giovanni dalle Bande Nere, in quanto parente pi prossimo al duca assassinato. Scopo dellintervento era ovviamente svincolare dalla condizione di protettorato imperiale
il regime mediceo, ormai elevato a granducato per benedizione papale (p. 109). Il fatto
che V segua il cancellandum significa che con molta probabilit il cancellans fu realizzato
dopo che a Venezia erano partiti i lavori per la stampa della seconda edizione e che era
stata esemplata quella parte del testo dal cancellandum di F. Lo confermerebbe anche il
fatto che nellerrata corrige di F il cancellans non tenuto presente, sicch esso sarebbe
posteriore alla stampa di tutti i fascicoli di F : il che concorda perfettamente con le notizie darchivio sopra citate. Nello stesso fascicolo A, alcuni esemplari presentano nel
frontespizio lo stemma mediceo, altri la marca tipografica dei Giunti. 1 Osservando il
1 Si trattava di una prassi normale, come ormai sappiamo, per distinguere gli esemplari soprattutto sulla
base dei mercati ai quali essi erano destinati. In questo caso non parliamo di cancellans, ma di variante di stato,
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registro di F non si pu non notare la presenza di un fascicolo aggiunto, di cui si d appunto conto : Tutti sono quaderni eccetto M che son noue carte. Qqq terno, e * che
vn foglio (c. 3Q6r). Garavelli ricostruisce la vicenda : in un primo tempo nella copia di
tipografia di F era stato soppresso un lungo brano in cui si parlava della cacciata e del
ritorno dei Domenicani di San Marco ; successivamente Marcello Adriani aveva ottenuto il permesso di reintrodurre il brano, rivisto e corretto, sicch si realizz il mezzo foglio, segnato M2 duplicato, grazie al quale lepisodio veniva inserito con due vistose
zeppe, tra M2 e M3, con paginazione 180 - 181 e titoli correnti non centrati, ma
spostati lateralmente dello spazio necessario a far posto a quel aggiunto ai due numeri di pagina ripetuti ; indizio del fatto che il compositore prefer togliere quadritondi e
spessori nella parte iniziale della linea, per evitare poi di perdere tempo a rimettere a
posto la parte alta delle pagine, nella composizione delle forme successive (e questa
una riprova del fatto che il duplicato fu composto quando ancora si continuavano a tirare i fascicoli delledizione). In questo caso il mezzo foglio aggiunto (assente in taluni
esemplari superstiti, come spesso ci capita di constatare in edizioni antiche, quando ci
siano fogli singoli realizzati in un secondo tempo da inserire allinterno degli originari
fascicoli o tra un fascicolo e laltro 1) fu stampato mentre ledizione era ancora sotto i
torchi, e comunque prima del fascicolo 3Q5-6, dove c appunto il registro che lo menziona. 2 In V Marcello Adriani pot reinserire il passo al posto giusto. Lepisodio manca
anche nella Tavola finale, che quindi fu compilata sulla base della copia di tipografia di
F, in cui non compariva la parte di testo reintegrata in M2 duplicato ; la Tavola non fu
corretta neppure in V, che segue quella di F, con la sostituzione delle pagine della nuova
edizione. Ci induce a pensare che a Venezia si iniziasse a stampare la seconda edizione
quando a Firenze era stato gi composto tutto il volume, tranne i cancellantia citati. Ma
leggiamo le parole di Garavelli : Ledizione in 4, che ripristina la corretta sequenza
degli eventi, senza dubbio esemplata su quella in folio, dal momento che ripropone per
lo pi gli evidenti errori di omissione corretti nellerrata, di cui non si tiene conto ; ricordo solo, nel libro viii, Era in questo tempo medesimo <morto> Monsignor di Granvela (morto om. : F 293 D = V 521 A ; tra laltro V presenta paradossalmente il marginalium
Morte del Granvela) e non per tanto, ben che si fosse molto innanzi <provvisto>,
non mancava di tentare ogni cosa prima, che allarmi si venisse (provvisto om. : F 297 D
= V 528 B). Si potrebbe pensare che la mancanza in V delle lezioni corrette sia indizio di
un precocissimo avvio dei lavori, anteriore alla redazione dellerrata (si ricordi che il colophon di V reca la data 1583). Ma in verit nel Cinquecento sono frequentissimi casi di
sicure ristampe che trascurarono gli errata dei loro antigrafi. LApologia de gli academici
di Banchi di Roma, contra M. Lodovico Castelvetro da Modena di Annibal Caro pubblicata in
8 a Parma da Seth Viotti nel 1573, ad es., non tiene minimamente conto dellerrata com
poich del numero complessivo di esemplari previsti una parte fu stampata con lo stemma, la restante con la
marca, dopo aver allentato la forma e sostituito il legno nella pagina del frontespizio.
1 I motivi di tale mancanza in alcuni esemplari potevano essere diversi : lo stampatore aveva stampato un
numero di fogli o bifogli da inserire in unedizione, ma in un numero di esemplari inferiore a quelli delledizione stessa, oppure i fogli o bifogli volanti si erano persi nella prima legatura o nelle successive, oppure lo
stampatore aveva gi fatto circolare alcuni esemplari delledizione prima della stampa del foglio o del bifoglio
da aggiungere, ecc.
2 Neil Harris mi fa notare che in M2 duplicato il titolo corrente presenta un piccolo guasto nella lettera
A sul recto, e nella lettera B sul verso. Lo stesso guasto nelle A si pu riscontrare ai recti 3B4, 3B5, 3E3 e
della B ai versi 3A1, 3A4, 3M7, 3N2. probabile perci che la realizzazione di M2 duplicato coincidesse con
linizio della terza serie dellalfabeto.
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antonio sorella
pilato dallautore stesso e aggiunto alla princeps del 1558 (stampata dallo stesso Seth
Viotti !). In casi come questi soccorrono i documenti darchivio (Garavelli, p. 113). Quello che sostiene Garavelli pu essere condivisibile se riferito a ristampe poco curate, perch messe in cantiere da tipografi a puri scopi commerciali, mentre, per quello che ne
sappiamo finora sullargomento, le cose andavano in modo diverso, come ovvio,
quando le nuove edizioni erano curate dallautore stesso o da un revisore di sua fiducia
(Caro mor nel 1566 e Viotti allest la ristampa postuma dellApologia per trarne un vantaggio personale, mentre la princeps era stata allestita, finanziata e anche venduta dallautore, allinterno della sua cospicua rete di corrispondenti, oltre che del vivacissimo mondo delle accademie). Infatti, con ogni probabilit, come ipotizza lo stesso Garavelli, V fu
realizzata sotto il controllo di Marcello Adriani, che avr compilato anche i marginalia,
assenti in F. Forse Marcello si rese conto delle omissioni menzionate da Garavelli proprio nel momento in cui stava rileggendo il testo su F per scrivere i marginalia sulla copia
di tipografia di V (ricavata da un esemplare di F), avendo a disposizione anche la copia
di tipografia manoscritta di F. In caso contrario, difficilmente egli avrebbe potuto dedurre dal contesto, leggendo solo in F, che si parlasse della morte di Granvela e indicarlo nel
marginale in questione. Anzi, lidea di far stampare una tavola di errata sul primo recto di
un foglio da aggiungere alledizione come ultimo fascicolo senza segnatura, gli dovette
venire proprio dal rinvenimento di simili errori in F ; si potrebbe anche arrivare ad ipotizzare che Marcello preparasse la copia di tipografia di V, rileggendo i fogli di F man
mano che glieli portavano dalla tipografia giuntina, appena stampati. Per avere una risposta a tali questioni non giovano i documenti darchivio invocati da Garavelli (che
peraltro fanno parte integrante di ogni seria tipofilologia), ma piuttosto, e questo il
punto, i dati materiali delledizione. Infatti, basta controllare bene gli errata, non limitandosi alle sole due omissioni menzionate da Garavelli a titolo di esempio, per avere
unidea pi chiara su come fossero andate le cose. Va subito detto che gli errata corrige
delle edizioni antiche rivestono unimportanza straordinaria per gli studi tipofilologici
rivolti allindustria tipografica italiana, come da tempo vado sostenendo. Infatti, proprio
tra gli errata possibile cogliere molte informazioni sul tipo di rapporti intercorsi, prima, durante e talvolta anche dopo la stampa di unedizione, tra i tipografi, il correttore,
lautore e leventuale revisore. Spesso gli errata manifestano le perplessit grammaticali
dellautore o del revisore, con ripensamenti dellultimora o tardivi tentativi di uniformazione fonomorfologica. In questo caso Marcello approfitta della tavola per continuare nella sua opera di revisione linguistica, eliminando dove li trova i pronomi ridondanti del fiorentino parlato, come per es. : 63 C le si appartenevano si appartenevano , 73
C che ella fosse che fosse , o adottando le forme piene dei pronomi, come in : 10 G La
si deueua ella si deueua , 1 81 D Quando la sera quandella sera , ecc. ; oppure intervenendo su un tipico fenomeno della sintassi fiorentina, cio luso del verbo al singolare
con un soggetto plurale, come nelle seguenti correzioni : 55 D si fece alcune si fecero
1 Il contesto il seguente : conueniua rendere la degnit del Principato alla casa de Medici, & a chi meritamente la si deueua ; nel cancellans si legge semplicemente : si deueua (cfr. Garavelli, p. 109), che induce
a pensare che in un primo tempo Marcello avesse soppresso il pronome, nellintrodurre correzioni formali
sul testo del cancellandum, mentre successivamente, preparando lerrata corrige, abbia preferito ripristinare il
pronome, anche se nella forma piena. Considerando che nel cancellans figura un altro errore corretto tra gli
errata, cio : 7 C. (Era (era , e poich il cancellans in questione sar stato controllato direttamente da Marcello
(il quale avrebbe corretto gli errori se la tavola fosse stata gi allestita), ne deduciamo che esso fosse stato
realizzato prima della tavola degli errata.
53
alcune , 73 D e se ne fece e se ne fecero , 73 D se ne rend grazie se ne renderon grazie ; oppure infine correggendo terminazioni ritenute morfologicamente errate, come
in 395 B trentadoi trentadue , e 399 C sosteneron sostennero , ecc. Talvolta tra gli errata emergono anche dati indicativi sul tipo di censura, o autocensura, esercitata sulledizione (si consideri qui lultimo erratum : 934 E parte Cristiana parte Cattolica ).
Ma, si dir, questi sono dati che interessano uno storico della lingua e non un filologo.
E invece no. La tipofilologia si interessa appunto di questi aspetti, in cui la linguistica
ha ricadute filologiche e la filologia giova a capire meglio i criteri linguistici sulla base
dei quali furono apportate correzioni o varianti in unedizione, prima, durante, alla
fine o dopo il processo di moltiplicazione delle forme. Infatti, se Garavelli, invece di
basarsi sulle due parole omesse in V, oltre che in F, nonostante che fossero state segnalate nellerrata corrige di F, per concludere che in V non si era tenuto conto degli errata
di F, avesse controllato meglio la tavola degli errori stampata nella princeps, si sarebbe
facilmente accorto del contrario. A ben guardare, possiamo riscontrare che in V si tenne
conto della tavola, anche se non sistematicamente :
Mi fermo qui, con lesemplificazione ; aggiungo solo che, in particolare, una correzione
sembra ricondurci a Marcello Adriani, piuttosto che a un semplice correttore tipografico :
Infatti, un correttore non sarebbe intervenuto su un toponimo cos particolare, che Giovanni Battista aveva scritto in un modo e Marcello avr preferito modificare. Il fatto
che in V non tutti gli errori della tavola di F risultino corretti significa innanzitutto
che non fu Marcello Adriani o un revisore da lui incaricato a riportare le correzioni
sui margini dellesemplare di F usato come copia di tipografia di V, ma probabilmente
furono i compositori della stamperia giuntina di Venezia ad essere incaricati di tenere
conto degli errori segnalati. Essi avranno proceduto preparando ogni singola forma di
stampa e controllando contestualmente e di volta in volta le correzioni tra gli errata ; in
questo modo si spiegherebbe il fatto che alcune correzioni siano loro sfuggite, mentre il
correttore interno non avr notato queste sviste, anche perch non avr richiesto tutte
le volte al compositore la tavola degli errori. Il coinvolgimento personale di Marcello
54
antonio sorella
Fig. 1. Errata corrige dellIstoria di G.B. Adriani (Firenze, Giunti, 1583) ; es. AR.
55
Adriani nei lavori della tipografia fiorentina confermato da ulteriori riscontri. Proprio
per verificare la presenza di cancellanda e cancellantia, ho proceduto alla collazione di
diversi esemplari delledizione, iniziando dai primi libri, a mo di campione. Ho controllato personalmente i seguenti esemplari :
B, Biblioteca Universitaria di Gent, Belgio (si tratta di un duplicato, proveniente dalla Biblioteca
Magnani, collezione storica della Biblioteca dellArchiginnasio di Bologna), scaricato da Google
Libri (esemplare di collazione).
RM1, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, 6. 33. N. 10.
RM2, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, 9. 17. M. 30.
RM3, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, 36. 17. F. 2.
RM4, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, 203. 3. K. 18.
CUL, Cambridge University Library, Ee. 10. 23.
Tra i risultati della collazione di tali esemplari, limitatamente ai primi libri delledizione
(e per quelli non visionati autopticamente, limitatamente ad alcuni luoghi da me richiesti), va menzionata innanzitutto una variante di stato :
p. 4, l. 22 :
stato a : che hauendo dal Principe
stato b : che haue(n)do soldo dal Principe
Si corregge unomissione, introducendo nel rigo quattro abbreviazioni di nasali per ricavare lo spazio necessario al ripristino della parola omessa per errore ; negli esemplari
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antonio sorella
Fig. 2. G. B. Adriani, Istoria, Firenze, Giunti, 1583, p. 4, stato a, con la correzione a penna
(es. AR).
che presentano lo stato a, in cui la parola manca, essa aggiunta a penna sul margine
con un cuneetto rivolto verso lalto nellinterlinea sottostante, nel punto di inserimento. Lo stato a si trova in AR, RM1, UK. Dal punto di vista filologico, la correzione
irrilevante per la costituzione del testo critico, ma, come si diceva sopra, spesso simili
interventi durante la moltiplicazione delle forme ci possono dare utilissime indicazioni,
che finiscono per avere una ricaduta positiva sullo studio dellintera edizione. Infatti, la
presenza della correzione manoscritta a margine nei tre esemplari con lo stato a ci fa
capire che un revisore molto attento curava il processo di stampa ; costui, accortosi della
parola omessa nella p. 4, quando ancora la forma di stampa era sotto il torchio, fece fermare la moltiplicazione della forma e chiese al compositore di apportare la correzione,
affinch i fogli stampati da quel momento in poi riportassero la lezione corretta ; infine,
probabilmente lo stesso revisore aggiunse sul margine dei fogli gi tirati la parola mancante. Evidentemente, egli dovette correggere in questo modo tutti (compatibilmente
con lumana fallibilit) i fogli che avevano lo stato a, poich altrimenti avrebbe fatto
segnalare lomissione nellerrata corrige. Conosciamo altre correzioni a penna di questo
tipo in edizioni cinquecentesche, ma tale pratica non era frequente. Famosa la correzione che Pietro Bembo volle che fosse introdotta a penna (forse da Cola Bruno o dallo
stesso Bembo) nella princeps delle Prose della volgar lingua (1525), nonostante che fosse
segnalata anche nellerrata corrige del volume (altre > arte, ac. 41r) ; 1 nella stessa edizione
ho riscontrato unaltra correzione a penna a c. 24r, laddove sulla e finale del verbo hae
tracciata una barretta obliqua sulla e epentetica, ma in questo caso si tratta di una
correzione dellautore direttamente sullesemplare che serv da copia di tipografia per
la seconda edizione (Venezia, Marcolini, 1538) e che ora conservato presso la Biblioteca
Casanatense di Roma. A ben guardare, postille manoscritte nei margini di pagine della
princeps dellIstoria si trovano anche in altri casi. Due di essi riguardano correzioni registrate anche nella tavola degli errata :
1 Cfr. O. Castellani Pollidori, Sulla data di pubblicazione delle Prose della volgar lingua , cit., pp. 101-107.
Ho controllato personalmente diversi esemplari di P nei quali riportata questa correzione a penna, secondo
lindicazione data da Bembo a Cola Bruno in una lettera citata dalla Castellani Pollidori, ma non sono riuscito
a stabilire con certezza a chi appartenesse la mano della correzione. Per correzioni manoscritte in edizioni
aldine, cfr. H. G. Fletines, in The Books of Venice, ed. Kallenfort e Pon. Cfr. H. George Fletcher, New York
Public Library, Manuscript Corrections in the Oldline Strozzi of 1513, in The books of Venice. Il libro veneziano, a cura
di Lisa Pan e Craig Kallendorf, Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana - La Musa Tala, New Castle, Knoll,
2008, pp. 191-206.
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In V, p. 40 B : E Papa Paolo sosteneva ; la mancanza di perci potrebbe essere stata determinata dal non aver considerato laggiunta in F nel calcolo previsionale di V o da una
semplice omissione. A penna, in tutti gli esemplari controllati di F, aggiunto al margine
sinistro con il consueto piccolo cuneo indicante il punto di inserimento : Papa Paolo .
Lautore dellaggiunta deve essere stato qualcuno in grado di controllare la copia di tipografia manoscritta, perch lidentificazione del soggetto della frase sarebbe impossibile
basandosi esclusivamente sul contesto della pagina in cui essa si trova. Risulta difficile
spiegare perch questa aggiunta non fosse stata riportata, come le altre, anche nellerrata
corrige. Forse ci si sar accorti dellomissione solo in un secondo tempo, a errata corrige
gi stampato, quando si stava preparando ledizione veneziana ; ma ovviamente questa
solo unipotesi, in mancanza di altri riscontri documentali (come potrebbe essere il ritrovamento della parte iniziale della copia di tipografia di F). Quello che invece si pu dire di
questa e delle altre aggiunte manoscritte sopra citate che a vergarle fu la stessa mano.
Da parole isolate difficile stabilire con certezza la loro paternit, ma a me pare che la
grafia delle aggiunte marginali sia la stessa di una delle mani che corressero la copia di
tipografia di F, cio di quella che tradizionalmente attribuita a Marcello Adriani.
Fig. 3. Copia di tipografia della princeps dellIstoria di G. B. Adriani, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Palat. 1186, c. 1175v.
1 Per i simboli adottati nel segnalare le correzioni manoscritte, rimando al classico A. Stussi, Nuovo avviamento agli studi di filologia italiana, Bologna, Il Mulino, 1983, pp. 167-168.
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antonio sorella
Dunque, Marcello Adriani avrebbe seguito tutto il processo di stampa della princeps,
imponendo agli operai della tipografia giuntina varianti durante la moltiplicazione delle forme, avrebbe curato la preparazione dellerrata corrige e infine avrebbe aggiunto
le parole omesse e corretto le due lettere dellerrore citato su migliaia di fogli, forse
addirittura recandosi egli stesso in bottega. Marcello avr dedicato tanta cura e lungo tempo allimpresa, su incarico del granduca, che a sua volta lo avr posto sotto il
controllo di uno dei suoi uomini di fiducia, come lo stesso Vinta. La doppia edizione
doveva avere un ruolo importante allinterno della strategia comunicativa dei Medici,
ma anche per Marcello si sar trattato di unoccasione doro per le sue ambizioni di
carriera. Certo, potr non piacere il nome, ma la tipofilologia si dimostra capace di
fornire preziosissime informazioni al filologo, allo storico e allo studioso di politica,
oltre che al bibliologo.
Resta ancora qualcosa da dire sulla seconda edizione del 1587. Confrontiamo la composizione delle due edizioni :
F = fol., [4], 941 [ma 943], [48] p. ; *4 A (+ 4-5) B-L8 M8 [M2 + M2] N-3P8 3Q6 [2R]2.
V = 4 ; [8], 1582 [ma 1600], 1-86, [84] p. ; a4 (+ 1.4) A-5H8 a-e8 f4 b-k4 l8.
La formula collazionale di V mostra che il volume era stato progettato nel 1583 per avere
la tavola allinizio, mentre nel 1587 essa fu spostata alla fine (come in F) per nascondere
agli occhi degli acquirenti il colophon con la data 1583. Questo non infatti riferibile solo
al libro xxii (a-e8 f4), perch si trova in f4r (come ipotizza invece Garavelli, a p. 102 : Va
poi notato che il libro conclusivo il xxii presenta paginazione separata pp. 1-86
con fascicolatura distinta a-e8 f4 ; ed possibile che il colophon conclusivo alla c. f4r vada
pertanto riferito solo ad esso ). Il fatto che il libro xxii abbia una segnatura apparentemente strana perch dopo il fascicolo con segnatura ZZZZZ8 sar sembrato pi economico ricominciare da a minuscola, anche perch i fascicoli b-k4 l8 avrebbero dovuto
essere posizionati allinizio del volume e non avrebbero creato problemi al legatore.
Questo dimostrerebbe che lidea di spostare tali fascicoli in fondo al libro venne a Bernardo Giunti nel 1587, appunto per far passare il pi possibile inosservato il colophon.
Il frontespizio di V fu rifatto con la ristampa del mezzo foglio, piuttosto che un quarto di foglio perch a4 serviva a contenere il fascicolo (il fasc. a4 ha la dedicatoria in a2ra3r, mentre a3v e a4r-v sono bianche), cio la carta con il frontespizio e quella bianca ad
essa collegata (in corrispondenza della quale nella forma cera un supporto, ovviamente
non inchiostrato, che si riesce in alcuni esemplari a intravedere). Cos si spiegherebbe
che la dedicatoria di Marcello Adriani conservi lanno della prima edizione, perch non
ricomposta nel 1587. Ledizione era rimasta nei magazzini essendo stata stampata, come
recita il colophon originale, In Venetia, Appresso Filippo, Giacomo Giunti & fratelli,
1583 . Poich nel frontespizio ristampato nel 1587 compaiono le due varianti di stato :
Appresso Bernardo Giunti e Ad instantia de Giunti di Firenze , dobbiamo presumere che nel 1587 Bernardo, che dal 1585 si era messo in proprio, pretese la sua parte di
copie, distinguendole da quelle lasciate ai fratelli rimasti a Firenze, con i quali era stato
in societ per ledizione veneziana realizzata nel 1583, ma mai commercializzata fino a
quel momento. Ho esaminato i seguenti esemplari :
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Il fatto che due dei quattro esemplari comprendano solo i primi xv libri e che entrambi
rechino il frontespizio con la dicitura Ad Instantia de Giunti di Firenze indurrebbe ad
ipotizzare che i Giunti fiorentini avessero legato lopera per alcuni clienti, su loro richiesta, in due tomi, di dimensioni abbastanza equivalenti ; il secondo dei quali andato perduto in alcuni casi (come spesso accadeva ed accade). Garavelli ci informa invece che di
solito il primo tomo contiene i primi tredici libri e si chiude con la carta NNN4 (p. 938),
il secondo comprende i libri xiv-xxii e inizia con la c. NNN5 (p. 939) (p. 102, n. 1), sicch
dobbiamo pensare che i legatori che rilegarono i due tomi successivamente si regolassero in maniera diversa. Sulla c. 4 del primo fascicolo visibile una filigrana con trifoglio.
Il tipo di carta del mezzo foglio ristampato nel 1587 molto leggero, come del resto
anche i fascicoli seguenti gi stampati nel 1583 ; per questi ultimi, a c. B3 ben visibile
in alcuni esemplari (per es. in quello romano) una contromarca con le lettere : A/p .
Fig. 4. G. B. Adriani, Istoria, Venezia, Giunti, 1587, filigrana con trifoglio (a sinistra) e contromarca con le lettere A/p (a destra) ; es. RM.
Si visto sopra che alcuni indizi ci inducono a pensare che Marcello Adriani si occupasse
anche della preparazione della copia di tipografia di V ; come mostrerebbe in particolare
il lungo brano in cui si parlava della cacciata e del ritorno dei Domenicani di San Marco,
prima soppresso e poi reintrodotto in F, attraverso il mezzo foglio M2 duplicato, ma
con due vistose zeppe, tra M2 e M3, che in V mancano, perch lepisodio fu ripristinato
correttamente al suo posto, evidentemente dallo stesso Marcello. La completa collazione di F con V ci dar ulteriori informazioni sui cancellantia di F che non sono stati
ancora individuati e perci sui brani che indussero il granduca a impedire la commercializzazione di V fino alla sua morte. Per avere una prima idea, ho collazionato i primi
sei libri delle due edizioni, senza trovare brani presenti in V e censurati in cancellantia di
F, a parte lepisodio sopra citato. Ci sono solo parole omesse in V, rispetto a F (come a
p. 47 di e perci in e perci ne fu data la cura , a p. 123 di travagli in ne travagli passati ,
a p. 207 di la guerra in nutrire la guerra, la quale , a p. 276 di stiavi in miseri Christiani
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Avvertenza
La figura 3 si riferisce alla copia di tipografia della princeps dellIstoria di G. B. Adriani, Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze, Palat. 1186, C. 1175v, su concessione del Ministero per i Beni e le
Attivit Culturali della Repubblica Italiana/Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze . vietata
lulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.
1 Si veda in particolare J. McGann, A Critique of Modern Textual Criticism, cit., pp. 37-49.
2 Paul Eggert, Document and Text : the Life of the Literary Work and the Capacities of Editing, text , vii,
1994, pp. 1-24.
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Luglio 2011
(cz 2 fg 3)