You are on page 1of 358

DOMENICO GIULIOTTI

LE

RIME
IJ

Gecco Ahgiolieri
EdizionE ComplEla

commEntata

annoata e

GlUNTINIBtrtTIVOQUO
CDITORl

n a

1914

t^<-

-rM

lie

ni me
Dl

CECCD nnSlOLlERI

DOfTlEniCO GIUblOTTI

LIE

BIME
DI

CECCO

flNSIDLIERI

524270
3
GIUNTIM-IU.N TIVOOMO
EDIToKl

1914

Sf

PQ
agi An
f

if-

LETTORE

flLL'ISNfiRO

Nato

intorno

in Siena,

1258, mori Cecco

al

dopo

il primo decennio
Suo padre, Angioliero, ru ricco,

Angiolieri, probabilmente,

del Trecento.

avaro, bacchettone

e,

per disgrazia del

figlio,

corne

Sua madr, una monna

questi confessa, longevo.

Lisa de' Salimbeui, non dissimile dal marito, parve

madr matrigna. L' uno

rispetto a Cecco pi che

a deDari lo

tenne magro

; l'altra

1'

odi fino

al delitto.

Un

per aver chiesto

giorno,

padre un

al

fia-

sco di vino stretto, ricev sulla faccia, dal vecchio

uno

imbestial ito,

sputo

addormentato, tent
di sofiocarlo

altra vol ta, credendolo

madr, con

la

le

proprie mani,

un' altra volta ancora, essendo am-

Ma

per medicina, veleno.

malato, gli porse,

perfidie che racconta Cecco, e

che certo, che


nitori
quindi liti.

il

figlio

son

pu mentire. Quel

era

1'

opposto de' ge-

Am
boli,
'

il

qneata

buona lana

le taverne,

giuoco, la gente equivoca

denari per farne sperpero.

ni

Ma

e,

po-

perdutamente,

denari, vivi

ge-

ebbe sproporzionatissimi

nitori,

umor

al

bisogno. Di qui

nero, bassa disperazione, odio

e se, verseg-

malinconia ebbe sempre a fianco; pi


Ninfa Gentile pmdemontiana fu, questa
romantica musa, in compagnia di tal drudo, ba-

giando, la

che

gascia.

Anche

tresco

Cecco, lungamente, in onta al

una plebea di Fonte Branda che, da

padre, con

uccellatrice saputa, secondo

falsari,

ubriaconi e ladri

rigo, di oui narra

con

tutti

di l

il

panni e

Maremma,

volte fa multato: L'


l'esercito, l'altra

Fortar-

(il

Boccaccio) gli rub

da Buonconvento,
in

di questi

denari

lo lasci beffato e bastonato,

camicia. Soldato, armi


di Tarri,

giuocatori, pederasti,

uno

caso, lo zimbell o

il

Ebbe peramici

lo respinse.

una

aperta campagna, in

in

ed

armatura,

ail'

assedio

Due

giuoc e perde.

si

pro sua absentia

per ischiamazzi notturni

suo bando da Siena, per non

si

dal-

e d'

un

sa quai bricconata,

parl egli stesso, in un sonetto, dall'

esilio,

un

amico.

Am
gli

per giunta, nonch

uomini

una femmina

le

donne, carnalmente

spos, in ultimo, sembra, per forza,

vecchia,

brutta, litigiosa, avara

tutta impataccata di belletti

s'accapigli, in ver-

con la propria miseria, col padre, con la madr, con la moglie, con Mino Zeppa (baciapile e
ladro) con 1' amicone e poi nemico Ciampolino,
con var senesi che mise in ridicolo e perfi.no
si,

(com' noto) con Dante Alighieri che insult bas-

samente.

In ultimo, carico di

figliuoli,

iv

parve metter giu-

dizio
la

si

morte,
1'

i,

dib

invocata

commerciare in cuoiami. Ma
mezzo per burla quand' era

BggoantO, allora dasavio, e lo scaravent,

mondo.

oinqtiaiitenne, nell' altro


1'

imrno.
*

Artista,

Ceoco Angiolieri l'unico legno torto

dlia letteratura italiana.

Circondatolo

di tutti

guittoniani

gianti,

rimatori provenzaleg-

del Dolce Stil

Nuovo

e vi

un troncaccio d' albero nodoso fra


tara
effetto
tanii regoli piallati. Confrontatelo, poniamo, con
Pieraooio Tedaldi, il solo del gruppo borghese che
<!'

1*

gli

s'

mente

accosti, e

v'

accorgerete d' averlo ingiusta-

mettergli accanto una scimmia.

offeso col

Etileggetevi tutti ibnrleschi, da Rustico di Filippo


al

Berni e dal Berni

cerete che

il

al

Guadaguoli e vi convin 'ncoiato non

dello

liglio

niiglia a uessuno.

Negli

meno

altri, fra

son

ut

t"

1'

artista, c' ,

in lui

uno. Negli altri

motivi ripetuti, butlbneria


tirizio e,

uno spazio vuoto;

avvertibile,

e V artista

uomo

1'

stiuliata,

pi o
l'uomo

troveremo

ingegnoso

ar-

sopratutto, patina letteraria che la briosit

popolaresca attutisce ed ingrigia.

Ma Cecco

Angio-

moralinente dalla Natura maie impastato,


non si vla ne si maschera lui. Forse non sa
nennneno d' essere artista e ignora che il grillo
dlia poesia lo salver dall' oblio. Se lo sapesse,
lui, 1' epicureo volgare senza un solde, sciinmiot-

lieri,

probabilmente

terebbe
scuola

impacciato

falso,

poeti aristocratici

dlia

Guinizelli e sarebbe freddo, pesante,

del

un

e ridicolo corne

villano

in

Invece

una reggia.
in mezzo a un popolo cresciuto, dopo Montaperti, rapidamente in potenza
politica e in

gato di
pronto

noridezza economica, e tutto varie-

misticismo

di

sensualisme-, e

sempre

aile risse e agli amori, aile processioni e

aile gozzoviglie e vano,

secondo Dante, e legger-

mente pazzo, di generazione in generazione, fino


Cecco Angioad oggi, secondo la voce comune

lieri,

dalle vie, dalle piazze, da' postriboli e dalle

taverne, aggirandosi e mescolandositrala giovent

pi scapestrata e la pi bassa plebaglia, assimila,


senza saperlo, tutte
malizie,

nacolo e
nella

le vivacit, le volgarit,

le

traslati, gli scorci e le brutalit del ver-

(costringendo questo, senza violentarlo,

forma chiusa del sonetto)

se stesso, ne' suoi odii, ne' suoi

ci

racconta tutto

amon,

nelle sue

miserie e nelle sue turpezze, corne nessun uomo,

con

pari

noncuranza

del proprio pudore e con

altrettanta incosciente sincrit, fece mai.

dopo seicento anni,


corne uomo, sebben tristo e fan-

Ecco perche, corne


ancor fresco

e,

artista,

goso, pi che repugnare, diverte.

* *

Circa la meta dlie sue rime son dedicate a

Becchma.
Figliuola d'

vine

un conciatore

di pelli, questa gio-

popolana tanto bella quanto


vi

scalfcra e

Ma

volgare.

Cecco, che bada pi al corpo

anima, se ne innaraora,

ail'

la prega, la scongiura,

donna, che

la

s'

le sta dietro,

1'

che

assedia,

avvilisce, arrabbia.

spassa al giuoco, lo sfugge,

si

punge, l'alletta e gli ride allegramente sul


muso. ( un alternarsi giocondo, per chi legge,

10

cnmmedie

quando
Cecco intona on oantioo di vittoria Finalmente hacolto
la liore
ch' ella degn di voler/7// donare
;
li

V ha ben

e di farse). Poi, finalmente,

bene

incalorito, cde. Allora


:

finalmente salito

sull'

arbor

dell'

amore

fi-

nalmente
c

per ogne gocciola d' acqua clr ha

ha oiento

mili' allegi-ezz<>

'1

in

mare

su cuore

Sennonch la gioia dura poco. Cecco, senz'arte


ne parte e tenuto a stecchetto dal padre tirchio,
pi povero di S. Quintino. Becchina capric
oioaa e vnale: se rieeve regali e quattrini gli ai
'l,

so no, picche.

sull'

arbor

1/

innamorato, una volta salito

amore

dell'

e leccucchiato

il

frutto

proibito, vorrebbe risalirvi ogni


e...

addantare;

mento,
11

ma

Becchina,

minuto secondo
con un solo argo-

Avreste tu cavelle in borsa?


povero Cecco ail' asoiutto.
Allora la donna, inviperita, con un gesto

lo

fredda:

Attorsa

pur tosto o ta t' impicoa


.
E Cecco se ne va via torto torto, col
proposito di buttarsi in un precipizio, o di ficcare
il capo in
un nodo scorsoio, oppure niquitosamente imprecando contro il pfoprio padre vec

ohiasimo e ricco

e levati

e di pelle dura, al quale

vu

un dena' di mari saria pi agro,


Pasqua che si d la mancia,
che far pigliar la gr a un bozzagro.

traire

la mari di

ma

Talvolta,

raro, se,

con un dono, ripossiede

Becchina, clbra sperticatamente l' amante e l'amore. Tal' altra Becchina, dopo il piacere goduto,
si

rivolge

ail'

amante e

gli dice dlie squisitezze,

tutte sue particolari, corne questa

Il mie' cor ben ne gioia mai non sente


se di te nove mesi non vo grossa.

Sull' ultimo

la

venalit dlia donna,

che ha

sposato un marito avaro e geloso, e la lussuria


insoddisfatta di Oecco, che non pu dormire e si
divincola, solo, tutta la notte, per

una

crescono,

serpe,

di

smisura. Poi la parabola discende

nanza, nuove

difncolt

letto,

il

corne

giorno in giorno, a
:

di-

saziet, lonta-

sopravvenute

ed

anche,

da parte di Cecco, nuovi amori, perfino sodomitici,

fanno

carnale

si

si

disamor

Una

che questa ignobile passione tutta

estingua

Ella disamor e lui ancora

e...

pass ad altre donne.

giovinetta e

muore ancor vergine. Cecco,

raccontandolo, ha nella voce un tremolio di singhiozzi

E credo che intervien chi vuol si sia


che se muor la sua donna e sia pulcella
ch' alla sua vita avr malinconia.

Un'

altra pi frigida del ghiaccio; le

rima-

dopo Becchina, sono insipide. Ma intorno


a queste non v' che un accenno contenuto in

nenti,

non pi che

tre versi.

VIII

Invece

il

Bglia dell'

amoroso

canzoniere

agovol onoiaio

allumacature letterarie. Tutti gli

fan dlia propria passion sensuale,

Le

m prsenta tutti gli aspetti,

ce

pone se stesso e

sotto

g\'\

occhi.

contrapposto

amore che rappresenta


non voluto ma naturale e spontaneo,
il

d'

perfetto,
ail'

oi

vivi e bisticcinnti,

bina,
lia

eonfre-

loro gnre, capilavori. Il poeta deeorive

ii.-l

tuttc

altri

Aleuni, dialogati,

spontanei.

vivaoi,

briosi,

tohi,

on,

alla

di cir-

Poehissimi presenta-

ca ana settantina di sonetti.


11.)

dedicato

oompoeto

idealismo gninicelliano e dantesco: poesiasengrossolana, reale, corpulenta, o, meglio, non

a'ali,

Sennonoh, dopo
aii.-he

Corso

l'n

<li

vita.

femmina, ecco, pur troppo,


maschi:

m'

(\>r/:in

h-<

il

fr,i/itfi>

che non mi vnl oiecierbita pigliare,

*it>lc*

medicine ne

un

otrica oh TegBA d' Egitto.

ni)

la

maschio, anzi

il

ma, dal basso,

h-.isfiguraziono)

poesia (oh'

un amico... pi che intimo di


'orso, dopo aver (notate !) controaCorso
o
imprccato perch... non lo cura:
altrove, per
<

E
po

se

si

ninl dirt'i

al

vostro gain conijiagno e a\

ch> (U

non

vie

bellttM

i'
j-iii

non

so' kuciato
ticnunente

;iv;inza OgB.'

QOBK) 0*1

F amore inflammaio
ho sjxirfo por Ifl nw>it>\

>i stri>it/r

pua

che VT90

s)

fosse cA'

l'ii

Lano <|uello dlie giostre del T


Daut\ bra prodighi, noir Tut.
da
messo
ad on

ix

...

i'

ed

e'

amo pi che neun nom la vit*


mi tien per suo e so' e paio,

ed

e'

se

va all ferro,

Ma

1'

c'

cW

ancora

qualche

per

ne potrebb' avveder Naio;

vo a lui corne la calamita

naturaliade!!

peggio:

di

tempo, astenuto

Essendosi,

clal

giuoco

pare,
dalle

gozzoviglie e dagli amori contro natura: a Ciampolino, V antico

compagno

malavita

di

questa novit lo schernisce, risponde,


dosi, cosi

saprei

Sie' certo cb'

e giuocar e voler lo

si

A
senta

corne tu;

i'

ma

mangiar pernici

mascolino

aggio abbandonate

queste tre cose, percli' nom non potesse


quegli giunto in grau povertate.
dir:

E
vile,

qui, o

mentisce per rispetto

non mentisce,

volte, questo
il

tragico;

ma

degenerato

s'

strangolare;

invoca

ma non

la

mo-

quei

da buttar nel giuoco


grau manicatura

versar nel grembo di Becchina

Allora

ineupisce e ra-

vuol dire che, in

da consumare in una

nmano, ed

e fa schifo.

menti, non ha quattrini

gli

per

clie

gustifiean-

morte

lo fa

da

perche...

si

giura di

volersi

spo-

Cecco, (che non ha chi gli somigli fra


di

popolo in

Italia)

onesto) ricorda, de' francesi, Villon. Infatti


tolieri,

poeti

pi che Eutebeuf (povero

bordellieri, giuocatori e

peggio

il

ma
bet-

senese

parigino hanno add<

il

Boxi

Tutta

Ion.

poesia real/Hca

la

ballata dlia

alla

flfonte

tntte

pallidisce;

le

le

aamente
11

temps de

perfioiale

anima

dell' Angiolieri,

Grosse Biargol

ma

jeunesse

esiste.

a'

si

intrafola

il

Nell'

il

la

la

lu

simili;

tomiglianaa e

cluaione:

11

anima

<li

la

l*

privai

asohlLo vuoto

aoaveaaaoolli
vita

a
la

NelV anima
la

intt riore

la dift'erenza

ira

1*

li

mo-

italiano

spara.

due. Con-

aeneae, a fianco del parigino, nano.

compense

(triste

compense

mentre

linquenfc Villon ta trovare per la propria

iOOant d'

Villon,

<li

madr,

la

angnatiata per

La vdu esteriore
ira

vede

eugUuomini

Miserioordia Divina.

tgiolieri,

godimenti pi basai, v'

nJe.
e

del

materiali, tanto

aniveraale e

demoniaci, sorride,

tenebrosi e

Marin,

mente

violenta

desiderio del bene;

ne' piaoeri

Bulle cose, dalla morte.

ili

in-

spn fonda nel maie,

mente, qualche lembo ateUato:

de

disfacimento operato di eontinno,

gine

improv

Spirito pi eolto,

quanto pin Villon

afeissi

je

mostran pieto-

ooobj ed alla sozznra

pi ha coscienaa dlia vanit

su

di

im-

pianto di Oeooo, invece, o au-

tan to pi sente, msopprimibile;

natnra pi oomplioata

quanto pi

il

moite

nia lamentele, paragonate alla

agli

11

aon

<>...

vasta,
te,

p<

ne!

Villon sale, in un fiotto,

di

>

terna lavacro.

pi.

t,

loro origine.

la

pianl
il.ill'

dlia Btrofa ohe inoomineia:

tristezaa

plains

lette

poco bene, Oecco & sorpassato Vil

ael

tutti

ne fanno an mietero.

maie

no

una tristezza

xi

tenerezza

il

de-

ma<lre

iiieflabili,

lo

madrp

scapestrato Angioliori, e la

pure non

santi,

gloria, solo

Uditelo

Si clie

non fa tanto

clie le

piacque

clie

ria

il

veccliio

una lancia

muore

Non

po' clie n' uscito

el quai'

che vi credea stare 'n sempitemo.

Ma

si

disperin quelli dello 'nferno

un che

in tal guisa rivolto

fo

Tutte

'1

quaderno

commenti. Veda

l'

il

lettore

mandi da

atre rime, di cui per brevit

comprendono caricature argute


coningali,

dlie del'zie

meno sembra) pentimenti

Non mi
al

tremendi

non

par-

o feroci. descrifinte
e,

palinodie,

in ultimo,

(al-

sinceri.

soffermo a discutere intorno alla po-

lemica con Dante, aile cause

ne

se.

invettive, lamentele sulla miseria

el

chiavato

v' era

Cecco, ch' cosi chiamato,

che sempre vivar grolificato,


puo' che misser Angiolier' scoiato
che m' affrigiea di state e di verno.

Non

zioni

sonetti, e giiidichi e

k>,

morte dare,

tal

Ci6 a mie' padre.

quando

con

mie' madr non sia tanto pi rea.

e dico: dato gli sia d'

Medea

al figliuolo

contro al padre

padre, sian

il

immortala infamandoli.

dell' esilio di

Cecco,
ardare'

i' fosse fuoeo


famoso sonetto:
discorso, ne' com, perche ne vien

S'

i'

mondo

menti, a suo luogo.

XII

Qui dico
giolieri,

ho creduto bene
ti

che

concludo)

(e

le

rime

dell'

An-

forraando un' opra d' arto personalissima,


sottrarre alla tutela degli erudi-

e rimettere a contatto col pubblico.

So che

pubblico

il

me ne

so che

sar grato;

pi d'un lettore, pi del necessarioentusiasmandosi,


dira che Cecco Angiolieri fu un bel

che l'amante

B.vehina

<li

>>

tipo.

Lano

di...

Io dico

fu

un de-

ma

aggiungo che le rime di questo sperduto senza Batrice, contengono alla tin fine ci
cho
.traverso a' loro occhiali, vedon
professori

generato;

quasi sempre di .sbieco

nella

vita,

la vita.

tragioomiehe

corne

ranocchie

dentro una pozza tangosa, per sentirle tntte

modo

sieme rigracidare, a

Quanto

mio,

in-

le rituffo.

*
:

alla prsente edizione,

poche parole

[ntanto, diohiaro subito ohe di ouoUa, eriftoa,


<l'l

BCasd

editore Zaniohallij nel

.ta,

L906,

dnegento esemplari) mi son giovato, jwrfarijhi/itttiite, per questa.


Quindi, i oontotrontotto
in soli

sonetti accettati in quella (e cio a dire, la

mag-

gior messe angiolieresca che fino ad oggi stato

primo

rieompaiono, dal
T oltimo, qui.

Sennonoho, montra

limit, ricopiandoli

al-

il

Massera

si

da' codici, a far

pochi e

ti-

niidi

oambiamenti

plioi

scorrezioni degli antiohi menant

e,

in

tntto

il

resto, le

molte-

sarb

in-

dopo aver rioonosciuta Y indiscutibilo


asaannatean dlie critiche mossegli contro numetatto;

i".

X ITT

rose da Luigi Pirandello (1), mi sono studiato pi


che ho potuto di conservare ed estendere, corne
appunto il Pirandello voleva, quelle stesse forme

idiomatiche e fonetiche senesi, tramandateci non


scarse ed evidentissime dal Codice

dando colore

sapor

Chigiano, le

di vernacolo

quasi

attuali alla poesia dell'Angiolieri, tolgon di

mezzo

quali,

bruttamente incrostata, per


amanuensi ignoranti o d' altre regioni,
forme dialettali estranee, ora di vocaboli

lo sconcio di vederla

colpa

d'

ora di

dlia lingua dotta, ora di storpiature e sovrapposi-

zioni d' ogni gnre.

Son

completamente riuscito ?
Oompletamente, no oerto; perche mi so (e lo
confesso con mezza vergogna) pi che spolveratore
io,

con

ci,

di scaffali, artista.

Comunque, poich l'intenzione

mia, senza alcun dubbio, era buona, mi valga, (se


il

solo pensarlo

non

ingenuo) presso

dotti, di

scusa.

Anche ho creduto

legitfcimo (essendo

cronologico impossibile a stabilirsi) di

secondo

che

a'

il

mio personale

1'

ordine

cambiare,

criterio, la disposizione

sonetti di Cecco dette, nel proprio volume,

gruppo
argomento un titolo gnrale consistente sempre in parole, versi od emiil

Massera, e di far precedere a ciascun

di sonetti sullo stesso

stich angioliereschi, mentre, d' altra parte, a tutti

quanti

sonetti,

ho similmente dato un

titolo sug-

gestivo e sintetico.
Infine (ed questo

(1)

1'

essenziale, per lo scopo

Arte e Scienza (Saggi), Roma,

XIV

W. Modes,

1908.

di

volgariuaaione cho wticamenU mi son propo


in fatto seguire a ciascun sonetto, nella pa-

ititerpretazione o un brve commenta o qnesto e quella insieme, nonch svariati

gina a destra,

1'

semho croduto opportuno, e, per giunta,


note lessicali, storiche ed estetiche le quali potranno perfiu sembrare (ma bene), in pi d' un
conl'ronti conallri rimatori, poeti o prosatori,

pre che

1'

caso, superflue.

Riassumondo, questa prima edizione popolare,

non cialtronesco dlia parola, non ha

nel senso
pretese.
B

si

prsenta

ai lettori

terati di mestiere, e dice

moderni, non

let-

Eoooyi in Cecco Angiolieri un vostro simicon tutti i vostri viz, con tutte le vostre
miserie, con tutte le vostre bassezze borghesi e

le,

plebee.

anni

E^li Btato

nelle l>il>li<>teche

imprigionato

per seicento

e negli archivi

ed esclusi-

nte visitato. nella sua prigionia, dai professori di

letteratura Ltaliana. Io lo rimetto in liber-

Leggete o divertitevi. Soltanto vi prev


che questo borjhvse ilel millcduegento, (il quale,
t.

a vostra somigliansa, non vide il cielo per grnfolare in un trogolo), ebbe, a vostra differttutm^

due meriti:
1. Di non essere ipocrita.
Di non imputridire totalmente (poicha
la natnra lo fece artista) sotto una stomachevola
epigrafe, corne un avvocato clbre o un dcort
droghiere

DOMKNICO GlULIOTTI.

XV

Bibliografica

ricta

(olici prliicl|inll

Chigiano. L. VIII. 305.


>

riniano.

Anibronano.

XLV.

47.

0. 63.

Riecardiano. 1103.

Perugino. C. 43.

CCCCXLV.

reronese.

Parmene. 1081.

Frilzlonl

Attmcci, Poeti antichi ecc. Napoli, Alecci, 1661.

Lanii.

CttiL Biblioth. Biccard. Liburni, 1786.


Raccolta di Riine antiche toscane. Pa-

Vllaroa.

leruio, Assenzio,
J'r/nr/ii.

1817.

Posie indite di dugento autori. Prato.

Guasti, 184ti.

Moiwr/

Canzoniere Chigiano L. VIII.


e Garagnani, 1887.
Quattro sonetti inediti di Cecco An-

v Mnltcni. IL

305. Bologna,
InittisteUa.

Fava

giolieri. Bibliot.

Scuole, Ital.

xvn

II.

177, 1890.

Cecco

Tondelli. Sei sonetti di


zelletta sulla citt

di

Angiolieri e Bar-

Bologna, Zani-

Siena.

chelli, 1893.

Massera. I Sonetti di Cecco Angiolieri editi

ed

ticamente

cri-

Bologna, Zanichelli,

illustrati.

1906.

Opcre

la

consuStarc

Boccaccio. Decameron. Novella IV, Giornata IX.


JD'

Ancona. Cecco Angiolieri da Siena, poeta umorista del secolo decimoterzo. (In Studj di Cri-

tica e Storia Letteraria, Parte prima,

seconda

edizione, con correzioni ed aggiunte, Bologna,

MCMXII).

Zanichelli,

Un

Pirandello.

preteso

XIII. (Nella

poeta umorista

Vita italiana

anno

del sec.
II, v.

VI,

1896).

Pirandello. I Sonetti di Cecco Angiolieri. (In Arte


e Scienza, (Saggi)

ri.

(In

Massera.

Modes, 1908).

arte di Cecco Angiolie

aprile, 1906).

patria e la vita di Cecco Angiolieri.

(Nel Bull, senese di

jy Ancona

1'

moderna

Italia

La

Eoma,

Momigliano. L' anima e

e Bacci.

liana. (Vol. I 2

st.

patria, VIII, 1901).

Manuale dlia letteratura

ita-

Firenze 1904, P. P. 126 - 8).


Carducci. Dlie rime di Dante. (Vedi
Prose di
,

G. C, P. 58, Bologna, Zanichelli, 1905).


Sanesi.

Vedi

XIV,
PuOssi.

Bollettino dlia Societ Dantesca.

1).

(Vedi

Italiana,

Giornale Storico

XLLX,

387).

xviii

dlia Letteratura

Vedi

teratura [taliana,
po.

Bibliografioa dlia
126).

(Vedi: Rassegna

[taliana,

tUn-toli.

XV,

XIII,

dlia Letteratu-

60).

Storia dlia Letteratura Italiana. Firenze,

Sansoni. (Vedi
faspary, Storia

Vol. 2"

dlia

Cap. XI).

Letteratura

Italiana.

Lo-

atoher. (Vedi: Cap. IX. P. P. 189. 90. 91).


Btrtoni.

Cap.

Il

Duecento.

Vallardi,

Milano.

(Vedi:

VII. P. P. 104. 05. 06'.

Andando con Cecco

BergaUi.

Angiolieri. Torino,

Calansa, 1901.
M<ui:<//(t

FronUni. Villon e Cecco Angiolieri. (In

22 gennaio 1911).
Autologia di antichi scrittori senesi. Giun-

Cronache

tini -

letterarie

Bentivoglio, Siena, 1913. (Vedi: P. P. VI.

VII. VIII. IX.

XIX

4t

Lu trouarc

di

Becchina

c h

av

Maladetto e distrutto sia da Dio


lo primo punto ch' io 'nnamorai
di chella che dilettasi di guai
darmi, et ogn' altro sollazzo ha 'n ubrio

fa tanto tormento essar mio,


che 'n corpo d'uom non ne fu tanto mai:
e ncl le pare aver fatto anco assai,
tant' '1 su' cuor giud, .pessimo e rio.

si

E non
di

pensa se non corn' ella possa


mi scoppi el cuore
chesta oppenion ma' non fu mossa.

di lie'

fare tal cosa che

non mi posso gttar fuore


ho la mente abbarbagliata e grossa,
ho men sentor che non ha l'uom che muore.
;

tant'

ch'

Vi Beochina pont in eblie ogai altro aollazz


tormenttrlo, pi Cecco, impigliato nell' imtifft? visrhio.

MB

si

giorno

pn

di

liei f/it/ar /'non-,

lucomincia maledicpud'i

icnamoro, oonclade, mestunmts,


orniai ncu tlUon d1 un agonizzanic.
Il
imhiavardato e forte e spontane
clic s'

1 i

il

avre

bene

8 - " giiul ,, giudeo


Cioe, omdtto, empio
corne
furono empl o orndeli
Gindei, oon Criato. - n
Kiiin- di (ino da Pistoia. Carabba. Editore, 1912. 1'
" che si stava di^iunto - d'ogni spntor, corn' uom di vita
:

t.'ic.

..

Ciniz.

Tanta patra m'

c f/iinihi

d'Amort

Sir.

II.

La

s d

Accorre, accorre, accorre, uom, alla sirada!


F so' mbbato. Che ha' fi' dlia putta?
Una che par che rada
Chi t' ha rubbato ?

come

m' ha netto

raso', si

Or come nol

le

Non

so; che

or'

avess' ella cieco, sciagurato

t'

'1

d?

~i Gosi

Ma andiam
Che

ti

pian ch'

diparti ?

Tu

abb'

Or

chi

mi rubbi.

i'

mi par che vada;


!

sanno
Or va' con Dio

vedi che ne pare a que' che

Di' chel che tu

davi dlia spada?


Or se' 'npazzato?

dare' anz' a me.

I'

lasciato.

'1

vo' pianger lo

Con animo

rio.

danno.

malanno!
danno con tutto
m' ha morto?-#E che diavol sacc'
'1

el

io?

I.i

scenetta, (corne tutte l'altre che seguiranno di que-

ingegnosa e vivacissima. C)lui che


chi accorre Becchina. I due, prima s'infingono, pot si scoprono reciprocamente. Ovvero, seconde
Vittorio Rossi, il souetto si potrebbe dividere iu due sce* Cecco
e un passante che si ferma
no Prima scena
attratto dalle grida ili lai, ne ascolta le lamentele contro
ne va dicendogli
Ben ti sta, or t'ala donna ladra e
u/fSiv.mda scena*
Cecco e
vees' ella cieco, sciagurato
la donna che, muta, stata a sentire il giudizio del pas

uiwt" 6 Cecco

nanti' e

ma,

aria

in

di

Jrrionfo,

scatta

domandando

sanno ? Il lettore scelga.


Quant.)
me, dos posso tare a meno di notare la bellezCecco mezzo rhuboeillito (h chi m' lia
delta chitisa
morto V Beoehina infaetidita E che diavol sacc' io ?
CJli Tolta le spalle e se ne va dondolando procacemente
vrdi die ne paro a que' che

'1

!<

anche.

4.

ntra V
ili'iv:

ma

il

" raso'

7 " che

lo dimopotrebbe inten("osi mi par che sia, cosi mi par che vada la cosa;
Massera Cosi (cio a rao' di pazzo) mi pare che tu
-

7.

eanunini.

,,

rasoio.

'1

Cosi mi par die vada

,,

,,

si

che cosa

Ohim d'Amor che me dicie si reo,


ohim, ch' io non potrei peggiorare
ohim, perch m' avviene, Segnor Deo ?
ohim, ch' i' amo quanto si pu amare,
;

ohim, colei che strugie lo cuor meo


ohim che non mi val merci chiamare!
ohim, '1 su' cuor coin' tanto giudeo,
ohim, che udir non mi vuol ricordare?
!

Ohim, chel punto maladetto sia


ohim, ch' io vidi lie' cotanto hella,
ohim, cbe io n' ho pur malinconia
Ohim, che pare una rosa novella,
ohim, '1 su' viso dunque villania,
ohim, cotanta corne corre in ella ?
:

Nonostaiit.-

non

un

ripetizioui,

lui

ijuaUnnlici iurnlonnati o^im,

l'art ili/io do'

sonetto, perch se

|..--<.iiiiu

pure, pelle

'

aifatto dolore.

"

.Si

reo

.,

ai

mule.

lia

luoghi comuni o

>rne, ing"iiiiit,

MOrtQntO,

La diferEnza

ho

poco

Becchina,
in fe' di Di' ch' anche non temo frodo ;
ch in lie' non posso trovar via ne modo,
ne medico mi val ne medicina.
I'

si

di grazia 'n

Ch' ella m' peggio ch'


o che non fu a' pargoli

ma

certo tanto di

ch' essar

Ecco
ch'

i'

'1

lie'

una saracina
'Rodo;

el re

me ne

lodo

con meco non vorria reina.

bel erro ch'

non

ha da me a

liei

pon

che di basciar la terra

u'

Ed

fiordaliso,

i'

fosse sieur d'

ch' ella dicesse

ma

no, ch'

cherre' a Di' altro paradisa

i'

un

con vert

fosse dal

mondo

piei.

li

'1

ti

diei...

diviso

10

Io godo tanto poco la grazia di Becchina che

di cio

pni defraudarmi

ne via ne modo ne me-

dtoo o medicina, cho io esperimenti *u lei, mi valgono.


Ella peggio ' una saracina, peggio di quoi che tu a'

pargoli

il

re

Erode.

Kssa,

al

contrario di

me

che non

ehiederei a Dio altro paradiso che di haciar la terra ove

DOH6

piedi,

regina.

non mi itarebbc aocanto neppure se

Almeno

la ta-

avcsai la certezza che qualche giorno,

donandomi on ftordaliso, dicesse Te


Ma no, che mi pigli un accident.
:

lo

dono

di cuore

'.

tert

,,

!{,..',.> .,
Erode. - !'. ' erro
con sincerit, di cuore.

1)

.,

differensa. 18. "

con

Ue' colui ch' smcrriDraa!

El cuor in corpo mi scnto tremare,

temenza e la paura
ho veggendo madonna in
cotanto temo di lie' innoiare.
si fort' la

ch'

i'

figura,

E non

poria 'n chel punto parlare,


mi si d del meno la natura,
ched i' mi tegno in una gran ventura
quand' i' mi posso pur su' pie' fidare
si

in

a tanto ch

fin'

Tutti color che


si

Ed

dicon
io

i'

me

non

so' passato.

veggiono andando,

ve' colui

ch'

smemorato

nulla bestemmia lor ne

ch' elli

hanno

per che

'n

le

mando

ragioni dal lor lato,

ora 'n or vo tramazzando.

10

Quand"

ma

ia

Ici

sfadOBM

\eli>

cjuiu'

non n>n V immaginaz

ha

ossa,

tanta

natra d' annoiaila,

non pluttOt di suhirr unit scctuita?) che gli trma il


m oorpo, perde la t'av.lla, ai sente venir mono ed
fortune ee ! ;catnl>" 1<> reggono infino a tanto che non
passato. Allora tutti ooloro che lo vedono lu quelle con(o

'

disioni,

vanno dicendo

ta indietro a
i'

on

lutte
/.

ora

in
le

maltrattarli,

pi

lo

eoeaM Ma lui mm si volsapendo di diventar


!

perch,

insensato,

riconosce che quelli

hanno

ragioni dalla loro.

srii/i'/ir,',

dubbio,

uni) (ni

naturalmm ta ooMonoa rfpv*

i" r

pin

bel smirfti di

Cecco.

8 - " in figura ,, corporalmente. 11 " ameraorato


tupido. - 12 " bestemmia ingiuria. - 14 " tramazzando ,.
Qui, tramaxzare significa, alla lettera, cadere privo di
eentimento,

11

flttesa

Or non gran pistolenza la mia


ch' i' non mi posso partir dad amaro
chella che m' odia e niente degnare
vuol pur vedere ond' i' passo la via ?

E dammi

tanta pena nolte e dia,


mi fa si sudare,
dell'angoscia
e
anima
e niente non pare
che m' arde Y
certo non credo ch' altro 'nferno sia.

Assa' potrebb'uom

ma

dir,

a nulla giova

ch' eir di taie schiatta nata intendo,

che tutte

so' di cosi

Ma, perch'
ch'

i'

la

mala pruova,

trasamo, pur attendo

Amore alcuna cosa

ch'

si

possente che

12

rimuova
pu far corredo.

la

'1

Non pa

mm

miii

lo

tare
mono >li amara qaalla cha l'odia e ordegaa pin neppure d'ano igtuurdo. Egli 8ofY

e giorno e Badt dall'ungoscia e reca nell'aniInoendio cha agli altri oela. Ogni consiglio ohe altri
a Cecco sarebbe inutile. Se Amore non fa il mira-

ma un

rauuiiliare Beochina, la vita di Cecco un inferno


miracolo non pu tarlo cha l'onnipotenza d'Amore ;
paroh on Becchina, nata di pessiina schiatta, nessuna
amant perauaaionc giovaxA mai. Da notarsi la rudezza,
:

li

li!

lutin popolaregca,

" pistolenza

<li

,,

ciateuna strofa.

sciagura

10. 11. Ella

non dirazza

sua schiatta - 12 " traaama non l'ama, ma la frasama : ecco perch non dinpera che Amore la rimova alcun jpoco. - 14 M Ch' al
poaaonto che '1 pu far correndo ,,. Ottima chiusa. Il
la

tutto le altra iVinmine dlia

rarao rapido, leggiero, lgante, efficacissimo.

13

Durzzza

di

cuorz

ora un po' di bene


ch' a Roma mettar neve d' Agosto,
ma di dolore e d' angoscie e di pne
so' pi fornito ch' Ottobre del mosto

F aver

chell'

solamente chesto mal mi viene


perch' i' non posso avre un buon risposto
da chella che '1 mie' cor pi tristo tiene
che non fa chel che nell' infern' posto.
e

torto e a peccato

mi vuol maie

e cosi torni nostra guerra in pace

corne di

lie'

servir molto

mi

cale.

Cosi mi strugie, con sue contumacie,


corne nell' acqua bollita la
ch'

i'

non

'1

sale

n' ho peggio ancor, pi

14

li

dispiace.

In oonclo*ion, Becchina non Lo pub vedere


o torse,
KTendo conosciuto il carattere debole di Cecco, non gli
<l;i
mai un baoo riaposto e lo strugie con sue con;

ttunaoie

per divertir!

aile

sue spalle e per farlo inna-

BRorare tempre pi.

" con eue contuiuacie

suoi ostinati mal.,


OOfi
Nota corne, con questa couiparazione
ha reso ottimamente la viodttl sale nell' acqua bollita,
lnza dlia propria passione amorosa che lo riduce in nulla.
1J

i.atuiiHiiti.

L8

15

C a

Avegna

z z z

r e

paghi lo

mirare
pi che s' i' fosse del mondo segnore,
che tu mi fai, amor, per tu' onore ?
Si me pur vuoi di te assicurare?

Se
i'

i'

ne prego da parte

non guardar

percli'

uomo

ch quanto Y
si

tu'

piace di volermi paiiare

ti

te

ch'

cl'

i'

di

minore
maggior affare,

tenuto d' aver per ragione

in se umilitade e cortesia

se ci

Non

non

perch'

fa,

i'

possa capere
i'

Amore

sia tuo

so'

si gli

grau riprensione.

creda che 'n te villania


chesta oppenione

'n

tuo e ser 'n di di vita mia.

16

mnilt, pngl
ocftnpco
compl init-iiti Poi, d' un tratto, per
na cn.lccasillabo, senza lustre, vciamento angio-

Fin. ni tredioetimo
miIi ra/.i.Mii
(

liiiisa,

vamo

uorali e

lieresoo.

l. 5. 6. T.
1. 2, :;.
Probabllmeate, air inl'uori di qualche l'uggevole sguardo, altro non concde Becchina al povero Cecco; e oi "^;1
pftga pi caro che se fosse del
mondo ignore. Onde domamla Questo mi fai tu, amor
mio, per 1' onor tuo ? Cosi vuoi mettermi alla prova per
assicurarti dlia inia fedeltV Se ti piace di volermi parlare (io te ne prego da parte d'Amore) non ti ritenga un
sentiment) di superbia, pensando che io sono da meno
di te. (S' intenda cio
Per la tirchieria di suo padre,
povero in canna al cospetto di Becchina
-

17

Soggezione

proponimEnfa

Quando veggio Becchina

di ribeilarsi

corracciata

se io avesse allor cuor di leone


si

tremare' com' un picciol garzone


'1 maiestro gli vuol dar palmata.

quando
L'

anima mia vorrebbe essar non nata

'unanzi ch' aver cotale afflizione


maladico el punto e la stagione
;

che tanta pena mi fu destinata.

Ma,
e'

dovesse darmi all nimico,


i'
convien che io pur truovi via

s'

si

che

io

non tema

ch'

i'

i'

un

mi morria;
non bastasse,
non celo, anzi palese '1 dico,

Per, se

ond'

corruccio

el su'

i'

provar lutta mie' valenzia.

18

fico.

iniiainorato

COtto,

ma

la

sempl c

vis'a

donna corrucciata, gli mette addosso una


paon trameada. Nondimeno, dovesae darai ni diavolo, e
->.... a farai coraggio e a nos temarla \nh.
Beiiisima lu eompanmkm <i>i fandullo tnmanteoUo

dlia propria

/ii

maiio atoata daJ pdaogo.

t'ait'

nu'zzn.

tli

mano
12,

1:5.

veder Becchina corrucciata e di non pod' intimoriisi.


14.

Per se

il

10 ,, truovi via ,, trovi un


mezzo trovato non bastas-

non nascondo, ma dico pubblicamente


prover a farmi coraggio, mettendoci tutta la mia

morrei; onde

se, io

che

Cio

'>

t-T

io
i

19

Tirannia z ingroiifudine

d'

flmore

'1 disamorare
'nnamorato daddivero,
che potrebb' anzi far del bianco nero
parer a quanti n' ha di qua da mare.

Si agra cosa

clii

Ond'

i'

perci

anzi,

s'

i'

non

vi vo'

phi pensare,

ebbi mai volere intero

in trasamar, or vi sar pi fero

portila

Ma

Uio corne

la

vuol portare.

nol F abbia perci in grado Amore,


s' i' potess' disamorar, vorria

ch

pi volentier che farm' imperadore.

Ch

tutto

'1

tempo

dlia vita

mia

so' stato de' suo' servi servidore

ed

e'

famme pur

mal, che Dio

20

li

dia

!0

una risoluzione woits e ragiona


mpossibile;
innamorato dan

piglia

Diaamorare, a obi

dnnqne HOU pensiauioci pi

a,

accada quel che

arca.ln,

q oeata passione. Ma di ci
1'
aaoita eoorieai bob mi *ia grato amore; perch se io
potessi, coint' pur troppo non posso, disamorare. Io farei
pi volt-ut icri clic t'iuiui lianiaatflf
giiwvh tutto il
eapo Atto

luitt iuiiuM-i

in

mia

tainpo U'ila
egli,

(I

vita sono stato aerva dai aarrj

he Dio non

gli

dia bene,

mi concia

d'Amore
in questa

maniera.

faci l
.

'

" agra

m ente.

pi fera

me, oi

-Ik-

difticilo, ardu a. - 3 " anzi ,, prima, pi


" volere intero ,, ferma e piena volont. -

,,

<>

.,

pin aspramente tenace.

vnole.

8 Faccia Dio, di
ne sia ricono-

Ma amore non me

Jl

Case impassibili

Io potrei cosi star senz' amore


corne la soddomia tollar a Moco,
o corne Giampolin gavazzatore
potesse vivar tollendol' el gioco
;

o corne

Min

Pepo accorridore
toccar Tan pur un poco,
di

ardisse di
o corne Migo, ch' tutto d' errore,
ch' e' non morisse di caldo di fuoco.

s'

Per mi facci.Amor ci che li piace,


ch' i' sar sempre su' servo fedele
e sofferr, ci che mi far, 'n pace.

E sed

e'

fosse

amaro pi che

fle,

coll' umilt, ch' vertu si verace,


il

far dolce corne cannamele.

Tiraiulo in ballo
t.riniiii

di

adoporando, satiricamente,

como

paragone, quattro aeneai suoi contemporanei,

ancora una volta, owargli Lmpoatibila non amare ;


*i
protesta fedel servo d' A more e dice che, a
d' amilt, h> render dolce corne canna di zucchero !!

ripete,

qoindi
l'uiza

'

tollar

,,

togliere.

aUade probabilmeute
nainele

,,

canna di zucchero. IVr

mitiati ne] oonetto, vedi


ni

-6 " accorridore

,,

alla oottui vigliaocheria.

13

edifci

14 " can-

rinque pereonaggi, no-

D'Ancona

tonetti di Ceooo Angiolieri

corriere. Si
-

Studj

dal Massera.

e le note

Preghiera

Anima

mia, cuor del mie' corp', amore,

alquanto di merci e piet ti prenda


di me che vivo 'n cotanto dolore,
clie 'n ora 'n ora par che '1 cuor mi fenda
per la gran pena ch' i' ho del tremore
ched i' non V abbi anzi che porti benda
sed i' ne muoio non ti sar onore

se vorra' pu,

Avegna

ch'

i'

non
non

potra' far Y

sia

ammenda.

degno truovare

in te merci, piet ne cortesia,

nente

Per
licita

mer

ch'

Amor comand'

cosa

in chella

lassar di pregare.

di potere

donna che

24

e vuol

che sia

amare
'1

su'

cuor

disia.

aaaggioi dolare

11

Gaaco-

<li

il

p>naiero

che fana

iKU)

potra poaaedare Bacchina <-ln' qnando essa i< >i <-i


da , oaaia '| uamlo, aaaando gi maritata, non potra pi

uwr
dice

ila

non

te

dopo,

ti

La banda

l'riva

il

par qneata

to,

verra onore

]icnliiai,

'*

i>rmiz'ut di ''ni si parla

.(lu-llu....

" anzi lin18

Ici

Bada, oh se

voirai

{-

>rt

Femmiua

ora

se
t-

altr-

tua raparbiet muoio,

vuoi

conten tarin

pnoij

DOS potrai.

benda

..

Dante, Purg. Cant.

XXI\

non porta ancor benda ,,


ara on drappo che, scendendo dal capo, co nata e

voitO aile niaritate e aile vedove.

Messaggio

cla pu' ch' i' non tmovo messo


che vada a chella che '1 mie' cuor disia,
merci per Di' or mi vi va' tu stesso
dalla mie' parte, si che bene istia;

Sonetto,

e dille che d' araor so'

se
e

morto adesso

non m' aita sua gran cortesia,


quando tu le parli ist di cesso,

ch'

i'

ho

d'

ogne persona gelosia.

Se degnasse di volermi a servente,


ancor non mi si faccia tanto bene,
promettile per me sicuramente
;

che ci ch' alla genlile


io

'1

far di

buon

ch' ella aver piet dlie

20

conviene

si

cuor,

si

lealmente,

mie pne.

Troppo sullo stampo dlia moda pootica del tempo.


Troppo letterario. L' originalit di Cecco altrove.

4
Otti

ti

" bene istia

,,

stia bcne, cio sia accettatu cio di

fo ambasciatore.
-

10 ancorch

7 "

non mi

ista' di

cesso sta' la di-

riesca molto.

27

Carezze

Becchina mia

z schiaffi

Gecco nol

ti

confesso

E cotesto disdico

sar altrui Non


d un
E tu mi manda messo
Torto mi
maccherelT EU' avr
capo fesso

Chi
fendar?
Gi
dico

Se' cosi niffa?


contr'
nimico
Non tocca a me Anzi pur tu
desso
E tu asconde E tu va' col malanno
Tu non vorreste Perch non vorria?
Ch
pietosa Non
unguanno
Se
un altro Caverel
affanno
Mal
conobbi Or non
tu bugia
Non me ne poss' atar Abbiet'
danno
Ed

so' tu'

i'

vi

I'

fico

fai

'1

Si,

'1

glie lo

ti

Si,

al

se'

t'

se'

di te

foss'
ti

d'

di'

el

28

dialogo rapido oome tra

Il

im

boli.

pi

obe itaBraaaaant* afb-

tempo in preamdonna ha Ungna da apanai Batte forai ed 6


malisiota e Telenoaa 'I<-1 Dtayolo. Onde, a<l ogn fraso
" a

Ma

priilfi-

La

appaationata

di

Oeooo, en* riiaana, al solito, aartaooiato

etopraflktto, rispoude con ilocce fredde e punt un* d'aghi.

i,;i

iii!iiiiciiticabile.

Non

giocosa de] trocento e pi in qua,

gnre che,

da]

ricordo,

nella

nessun altro

aonetto

vivacit a naturalezza, uguagli QUeeto

in

dell'Angiolieri,

Oa
7

'

" nol
ua

nitVa

..

confesso non te lo confesao. Cio: non


maccherell' ,, piuttosto la mezzana aobifiHoM. - 14 " atar ,, aiutare.
ti

5 "

si

29

Ecceia que' che funr nai

Da

puo'

t'

Pisa

di

'n grado, Becchina, ch'

non piacci a Dio ch' i' viva nente


anima mia, muor! Ben me appoia
per F allegrezza di chel

tu'

muoia

i'

parente

ha nome Benci, che pela le cuoia


per ti dico ch' i' muoio dolente,
ma no' perch' io ne cui una luoia
ch'

anzi ne priego Christ' Onnipotente

che ne contenti le mie' hoci' al hosco


ch so che m' odian di si crudel guisa
che di vedermi morto menan tosco.

ne far gran risa,


e tutti que' del Cosco,
Poggiese
NelF e
eccetto que' che fuor nati di Pisa.
Mit' e Turella

30

Io mnoin
Dio che io viva un miniito di pi: maori donqae
anima mial Vero che, pex L'allgresse ehe ne nvr quel

Poioh, tu para, Becchina, deeideri ohe

^>j;tia

Renei,

1 1

pi r

pelator

parante,

tao

mi

onoia,

<li

il

pensiero dalla

Par qaeeto ti dico che muoio donota: DOS perch io ahhia il pi pie-

faatidio.

ijnis/o,

io prago Oriato onnipotente


miej ri'hiaini alla morte) gittati

eolo timor dalla morte. Ans!

che appaghi alla

fine

artoj tanto, io so il' essere odiato in cosl erndele


manierai che alcuni, par farmi orepare prima del tempo,
mi ipatano addosso veleno. E so che (tranne coloro che
aaoqnero a Pisa) Mita, Turella, Nello Poggese e tutti
(|.iri

del Coaco,

eoppieranno

udendo

la notizia

che ho tirato l'aiuolo,

dal ridera.

anima eoo.
'A
detto nel sensodi vita mortale.
,,
Cecco non di quelli che " l'anima col corpo morta tauno ,,. 8 n Appoia ,, annoia, infastidisce. Appoiare ed
appoioso, usano anch' oggi i senesi nello stesso significa1. 5. " parente
ecc, ,,. il padre di Becchina. - 7
*
luoia ,, una iavilla. Cio
un' inezia. 9 M boci al
bosco ,,. Vuol dire semplicemente
Voci " clamantis in
deserto ,,. Come t'a il Massera a dubitare che sia un' eone del gergo ? - 12. 13. 14. Non si sa quali ragioni di odio (eccettuati coloro che nacquero a Pisa) avesse tutta qucsta gente oontro CeooOj ma che c' entra, anche qui, secondo il Massera, il gergo furbesco? 13 " Cosco ,,. Contado vicino a SienaV Vedi Massera op. rit.
:

ni

31

Ferma

di

piccanz

m' si malameiite rincresciuto


pur amar e non essar amato,
che corne sasso, duro, so* tornato,
avegna ch' a mal' otta sia pentuto.
E'
el

mi foss' anzi trati' avveduto,


i'
non mi fuora si caro costato,
ch ben n' ho men dello sangue e del fiato,
F onor non me n' guar cresciuto.
e me'
s'

gi

Si che
di

mi

par' aver bianca ragione

non amar

ed in chesto

se
so'

non

chi

fermo

mi vuol bene,

di piccone.

maniera prende o tiene,


cangia di su' oppenione,
sar fortuna se ben li n' avviene.
se

chi altra

non

si

i <

ato

>

dod

lione,

*.

l'ema.

lii

tempo,

avegna

\" r

la

dtura

atalla arano toap*

meno langue

questa
modo, da qui avau-

,,,11

'>^ui

proponimento
t'a

amure non

1'

<li

i>*'r

non volere amare

divaraamente, *e non

si

ravveJo

un diagraziato.

broppo
i).

-lu

ES

euore ritomato

mai. V onore,

In

cre

gli

Ti'ili-r^li

ritiuv.i

peggio ehe

<.

star fermiaaimo nel

ohe
i

si

!)i)\i.

il

quando ha ehiaao

M;>

(IrVf

si

Bbollito e

n;ii

ti

se

l'ivr,,

in

mi,'

con

il

mal otta
1

<-l

"

ta

ma'

gaio ritmo e la

Uo toeoano.

Il

'

fermo

.:;

..

sobbene in mal' ora,

maglio (ironioaxttaxi
campestre freacheiM d'un
..

di piooone

..

inovoUabile.

indifferenza

La

mie' malinconia tanta e taie,

ch' i' non


un che mi

che di

me

discredo che,

s' egl'

sapesse

il

fosse nimico mortale


di pietade

non piangesse.

Ghella per eu' m' avvien, poch' i ne cale.


ch mi potrebbe, sed ella volesse,
guarir 'n punto di tutto

sed

ella

pur

i'

odio

t'

mie' maie,

mi

dicesse.

Ma

chest' la risposta ch' ho da liei


ched ella non mi vuol ne mal ne bene
e ched i' vad' a far li fatti miei
:

non cura s' i' ho gioi' o pne


men ch' una paglia che le va tra' piei.
Mal grado n' abbi Amor ch' a lie' mi dinet
ch' ella

34

himi ha cambiato tattica:

Prima

lo maltrntt:i\ a,

ura gli dimostra una glaciale iudifterenza. Se almeno gli


dicesse: " lo t' odio ,, lo guarirebbe subito (nessuiio ci
rnilu.')

tlal

mal

d'

amore

ma

invece ha

il

i'resco

raggiu di dirgli che non gli vuol ne mal ne bene e


le sue gioie e
che le vada
(

'fc.ro

c.ontro

sue disgrazie cura meno d* una paglia


Quindi, nuove imprecazioni di
Amore che 1' ha incatenato a una donna
le

tra' piedi.

simile.

co-

che

quella per cui ci m' avviene poco importa.

35

!n

balia

d'

flmore

Ci che naturalmente fu creato


in terra o 'n are o 'n acqua, che l'uom vede,

a segnoria delT uom fu tutto dato


si conducie e vive sua merciede

ma lo mie' cuor si disnaturato,


che nente di ci sente ne crede,
ma di segnor servo diventato
e ma' non de' cangiar voler ne fedc.
Ed

si avvilato e

dato a

valle,

che, senza far sembianti di doifesa,


si

s'

lasciato

prendar a

farfalle.

ho dal cuor bensi per grand' offesa,


da puo' che 'n terra ha si date le spalle
ma seguiroir in chella via- ch' ha prs a.
I

1'

36

Tut ta la Datant fa data io gnoria dell' uomo; ma il


cuoiv diOecoo fa ecceziom- perch di signore dTentato
hoi-v<j
arvilito s eaduto in baeeo ohe, teni
tentera

ili

lui

demente
(</."

difenderai, b

LO

taaciato prendero dalle farfalle,

offeso per In vilt e debolezza

tnaipettata

cftiiist'.

chella via cir ha praaa

vani amori. Onde, dice Cecco, io riinango gran-

" dofifesa

,,

//iruri.ssima)

delmio cuore,

ma

ma.... seguiroU' in

dit'esa

13

"

dichiarato vinto.

37

lia

date

le spalle

,,

si

rion vrebbe ch' a Izvar Id su dito!

animo riposato aver solia


et era nuovo che fosse dolore
e or me n' ha cosi fornito Amore
L'

Non

credo e penso ch' altra cosa

sia.

Dell quant' suta la sventura mia

puo' ch' i' fu' servo di cotai segnore


ch ci ch' i' fo mi ritorna al peggiore
ver chella che '1 mie' cuor ha in ubria.
!

me

pare aver servito,


ch, s' ella s' umiliass' a comandarmi,
non avrebbe ch' a levar lo su' dito.
Gerto

nol

le

mi parrebbe poco trarriparmi


potendo dir' ch' i' 1' avess' ubbidito
s' i' ne moriss' i' credaria salvarmi.
Si

Per otto

s' avvilUce e
vedo bene ch' essa non mi vuol
iitppiini per servi toiv; ma sYlla degna&se umiliarsi fino a
.iiiainliuini. non avrebbt a far altro cbe alzare un dito,
poich, per potermi vantai' d'*ssere stato obbediente a
quel dito, mi parrebbfl pooo ronolarmi dalla vetta d' on
monte e se, per taie accidente, morissi, crederei fermamente di salvanni 1' anima. Nota, nel/a tcrziiia, il fOM

verrti

piagnocol*; negli altri sei

blandiso-: ormai, dice,

<

terto.

abria

trarriparmi

,,

..

oblio.

" servtto

,,

1
gittarmi dall alto d1 un

ripa.

89

servitore.

monte,

d'

1S

una

Servigi

Amor, puo' che

d'

amare

grave passo venni


fi!
che chi vediemi ciascun dicie'
e di me beffe faciean maggior pi
ch' i' dir non so, schernendomi per cenni
'n si

ch' era si fuor di tutti e cinque

ch' a 'maginar

quanto

d' ogn' intelletto

'n tutt'

'

senni

era gi

(com' di aver ch'

i'

saria lament', e a pensar du' m' attenni;

non perio ? M' al tu' gentil soccorso


che mi donasti quand' i' venie meno,

ch'

i'

ciascun

membro

grid

no' sbigottiamo

Di guidardon ma' non potre' aver ramo


ch' i' rendar ti potesse
ma tal freno
m' ha' messo 'n bocca, che mai non lo smorso.
;

40

A render ohiari

primi otto verai e mai

tm-

eoorrere eon L'ooohio dalla prima parola del primo

alla

prima

altri

Lnterpoati,

Ailora

groviglio

il

si

avolge

fin!

fnori

(i-

dei sena ohe aarebbe

denari) e

ili

parii?

Par

la

A-

lom par

non su

i<>

bri

me,

dire

giaeoh ero

imma-

lai

quanto ero

ona longa part

ba qneeto periodo

e t

e di

aggiori oh

oonaiderare tntt

a
ta

venni a un cosl

io

vedeva dioea:

(.si

Qono

10

racohiuai

more, (dopo che

mi

de!

>t

privo d' ogni

int<

attenni perche non


penaare love
rlmanante interpetrazione seguo il Massera

il

vero, mi veniati in aiato; ma al genmi reoaati quando io atavo par venir


mano, tuttf le mie membre, par timor di te, ai oo
roim ibigottite. Mai non potrei renderti adegaato gniderle]
tuo aervisio; pure, mi bai maaao in bocoa an
tal mono, lu- mai non rieeco a levarlo .

Tu.

alla lettera:

tooorao ohe

In oonclnaione

Amore

^1>

un mala,

fatl

1> 11

(diatidl familiari e miserial par farlo cadere in

on

altr.>.

china).

'

ii

.,

aapreeeioiM

nl.-uu aignifieato preoiao.

feiamo

...

ohe torse non ha

.,

ho.

il

Ebbero qaaai pin paura de! rimedio

ma

..

pure.

41

no' sbigot-

clic de]

malo.

Ma

E'

ho

si

tristo

che ciento
avegna che
ch'

i'

ben guarir paria

ma

ho tanto

tormento
ben guarir
di

se [un]

di cose ciento

penso morire,
mi fuora abento,
se non di dormi re

morir
non ho abento
'1

e nel dormir

che

cuor

'J

volte el di

momento

di

tormento,

non posso guarire


poria in un momento,
:

avesse chella che

ire

mi

fa tanto dolente, 'n fede mia,


che mia
non par che sia alcuna cosa,
altro che cosa
corrucciosa e ria.

Et
ch'

i'

e via

si ria

la mie' vita dogliosa,

chi mi scontra 'n


a
non vedo che mai aggia posa.

so' doglios'

43

via,

K mi tonetto
tuto essere per

int'iiu

1'

UM

artifloiOM

<lfi

<\\\A

riiii:iliiH'/7.i:

ma

ohe avre!d>i'

]><>-

ftbbondft A

gi dette.

" ibento

..

riposo.

momento da concedermi

8.

"

aves.se ecc.

43

DO momento

,,

se

un

Sogni

e realt

Me' mi so cattiveggiar su 'n un letto


che neun uom che vada 'n su' du' piei
ch 'n prima fo degli altru' denar miei
or udirete puo' com' i' m' assetto

che 'n una cheggio, per maggior diletto,


d' essar 'n braccio 'n braccio con colei
a eu' 1' anim' e '1 cuor e '1 corpo diei,
interamente, senz alcun difetto.
1

Ma

puo' ched

i'

mi truovo 'n sul niente


m' ho millantato,
i'

di cheste cose ch'

fo mille mort' el di,

si

so' dolente.

tutto '1 sangue mi sento turbato,


ed ho men posa che Y acqua corrente
ed avr fin ch' i' sar 'nnamorato.

44

molto meglio

il

tempo,

standoej

uir aria sul letto, che nesean

aomo the

maoversi per

poioh,

propri
;

n:t x

afiari;
i.

.ii.<.

sia

prima

costretto
di

tutto,

denari degli altri e poi

poi sentir. (. oorae

b
,

danoue, .livciuito ricohiedc Cesser tra le braccia di coki


coi vot6 gi
nterameiite 1' aniina. il euore o il oorpo. Sennonoh, quando, risootendoai dal roeeo tantaaticare, si vede sfoggire
tntte le belle cose che ha sognate, prova un dolore corne

moriate mille volte il giorno; e si sente torbato tutto


mgtie, ed lia cil nvr. Bnch sar innamorato, minoc
trente.

" eattiveggiare

,,

passare

il

tempo?

13 " od ho

mes

poet ohe V aoqaa oorrente . Si noti, oltre la bellezza


formata del verso, la giusta comparazione dell'animo inqaieto

di

Oeooo con la

mu te vole

acqua

d'

un thune.

Del lutta

L'

amor che m'

folle

guerrero et inimico,

com' al drago San Michle,


e mi fa canne somigliar candele
guarda s' i' so' ben di veder mendico

m' ha

fatto

Garzon

di

tempo

e di saver antico

fui gi chiamat' e fonte di cautele

ma, veramente, corne Cristo


i'

'n ciel ,

so' del tutto folle e nol disdico.

Per chi mi riprende

di fallare

nol mira dritto specchi', al mie' parre,


ch contra forza senno suol perire.

E non
Non si

pertanto, ched

sa punt' anz'

Dica chi vuol, ch'

i'

46

'1

potre' morire.

i'
'1

migliorare

mett' a

non

calere.

Una
d'

volta

Amure,

proprio

non

t'a

folle

ha

t'iillo,

saggio; ora

td

non nega d'

Ma

int'elice.

chi

essere, per colpa

gli

rimprovera il
la rgion

torto, perche contro la forza

vale. Del resto, in che consisterebbe, nella

ili/ioiio d'

innamorato,

d&rsi ohe, per


ire

non

ci

clii

vuolt',

il

8ua con-

Chilosa? Potrebbe
amore, morisse. Dunque

migliorare?

gaufre
i-lit',

ilall'

tunto,

lui,

da quell' oreccliio,

sente.
comicti tngtgttOU

Jlfota la

"imai

tna,

in Cecco

non

i/iiisfi/icarsi e la

natn-

iiimra. scrollata di tpattt

finale.

li

San Michle ,, Di solito raftigurato nell' atto di


al drago una lancia tra le fauci. -3 M' offusca
c l' intelligenza. - () " fonte di cautele ,, pruden-

OOnflooan
la

vist.i
>.

oosa per

'
nol mira dvitto specchi' ,, non guarda la
suo verso, ossia la vede riflessa in uno spec-

10

il

chio storto.

47

DisprezzG

Lo

mie' cuor

ch'

oda ricordare,
mi fa, non ch' altro, noia Y are,
odo da mie' donna le novelle

non

s'

veggia o ch'

i'

allegra di covelle

i'

anzi
tal

cli

insomma' ha detto

potre' innanzi che

ched
ch'

lie'

ch' aver dlie stelle

accordare

ella si volesse umiliare

i'

F appressass'

al

suol dlie pianelle.

Onde

la morte mi sarebbe vita


ed i' vorre' morir trasvolentieri,
ch me/ vale una morte far che mille.

Or
che
i'

va', sonetto, alla


s'

i'

mie' donna e

potesse ritornar en

la fare' grattar

con diece

48

ieri

dita,

dille

<li
ooal ciittivo umore, che nou solo nulla lo rallema, ipiumlo sente parlait- lu sua donna, gli d noia
ptrflno l'aria. E non ha torto. Perch sapete, insomma,
rhe cosa
statu oapaec
dirgli Herchina ? Che prima
gli potrebbe avre dlie stelle, ch' essa mai si umiliasae

<;rn,

('

1 i

nd accordargli il permeMO tli accostarsi al suolo dlie pianelle rhe Ici porte In piedi. Ond egU, prima, al solito,
VOmbbc tnorire, poi termina OOH <]uesta minaccia tragioomieaj Or va sonetto, alla mia donna, e dille che se
1

io potessi rttornara Indielro,

MO

Innamoimto, io le torrei
una striglia da portarle via

Infino al
la

tempo

in

cui

non

pruzza (dlia superbia) con

la pelle.

1- " covelle ,, qualche cosa. - 13 " en ieri ,, indietro.


14 " io la farei grattar con diece dita ,,. Similmente Cec-

co Nuccoli (Allacci, Poeti Anticbi, p. 224): " s' io potease


saper chi fn '1 villano - che prese tanto ardir, per quel
ch' io oda,
t'arial

ch' a

monna Raggia mia


t mmn> ,,

grattar con ambedtU

49

trasse la coda,

Legna

Oncia

sul udcd

di carne, libra di malizia,

perch dimostri chel che 'n cuor non hai?


Se' tu si pazzo ch' aspetti divizia
di chel che caramente comparrai?

Per tu' parole '1 mie' cuor non affizia;


com' peggio dici pi speme mi dai!
Credi che uom aggia mai la primizia?
giuroti in fede mia che nol V avrai.

Or vegg'
che
se

[gi]

io ben che
non muove

non da cuor

tu caschi d'

ch' forte

Or vuo' pur essar con


Or vi sta' sempre, che

'nnamorato.

cotest' errore?
sie'

Ch'i' t'imprometto che'l

50

amore

ci che tu ha' detto

benedetto
di m'ha'dato.

buon

le

dice,
8 d*

in vai modi, ohi oonviato di non eaavre quel che desidera. Herchina gli ri-

Ma sotto la precaria Montroait, s' indisegno d' aggiunger logna al faooo e di


oaloolatAmente, I tempo e luogo.
traverse

dovina
.

il

ttlsvto

" di chel

eompraU
dod

ara,
si

,.

Di... quella

non sar

afiligge.

cosa che,

7 "

non

.,

de mia che nol 1' avrai


tu un iiillantutiin'. si vcdni che

i.ti

in

t.

51

,,

1'

allora.

MbbeSM

5 " non at'tiLnnamomto. 8 " gin-

primMa

pi...

Invece, se Cecco
ehbe.

non

Tra

lutii

avesse un mie' mortal nimico


1 vedesse 'n segnoria d' Amore,
in su chel caso li tornare' amico
e servirel si corne mie' segnore;

Sed
ed

i'

i'

e ch'

i'

altro facesse 1 contraddico

ho provato chel dolore:


i'
ched essar ricco e divenir mendico
appo cheir un farsi imperadore.

per ch'

Chi non mi crede,


si

si

'1

possa pruovare,

corne io per lo mie' peccato

cinqu' anni ho tempestato 'n su chel mare;


e quand'

i'

credev' essar a portato,

una corrente
si

ch' peggio che

'1

Fare

m' intraversa e pur so' arrestato.

H
ht

in sostanza, sebbene con altre parole, quello


gi detto a saziet. Perci questi versi sono fia i

lice,

lia

infini iiitcrcssiinti.

u in au quel caso ,, in quella occaaione. - 4 " contnul.lico ,, neg>. - Il " 'n su chel mare " tra le tempeste
dlie passioni amorose. -12 "a portato ,, vicino ad afl'er:\

rar la sponda:

13"

'1

Fare

Messina, del quale, corne

,,

si sa,

Il

siiua.

53

Faro, cio lo

str. ri

la corrente impetuosis-

flmarE

anfiplatanica

i'
potesse d' amico 'n terzo amico
contare alla mie' donna corne muore
lo cuore meo, stando servidore

S'

liei,

ne
s'

so'

ella

in tal guisa che niraico

a
'1

liei,

per

me ben

tel

savesse, credo avre'

dico,
'1

su'

amore

V avess' i' guardare' 1 su' onore


in ogne lato ch' sotto al bellico.
e

s'

i'

me lasso, che ho io fatto a lat' imo,


che 'n nulla guisa si poria salvare
sed i' nol le basciasse 1' occhio e '1 viso?
Ch' Alena f, appo lie' d' acqua e limo;
bene le se farebbe a pieno, '1 fare
de' rubbini smeraldi, ci m' viso.

54

Sa

sua donna, per mezzo d' un


an altro e questo a lei,
servcndola
cosi come ora a

;'oro alla

fcmioo

quale

il

'"

ridieeeee

OOUM atrocement
a

to, sarebbe

soffro
la

amato.

(i,l

oertesaa che, per virt dl tal raccon

se eio accadesse

custodirebbe

egli

amata in ogui parte cbe sta dall' ombelico


in gin. Infelice
Che ha ejjii flatte alla parte int'eriore
10 oorpo? Qneta non gli data mai pace finch egli
n>n baoi avidai
:ia.
Perch Elena a paragon
di lei lu composta d'acqna e <li fango; A Becohina invece,
1'

onore

il<'H'

bene

egli orede, ohe

si

converrebbe tramntre

meraldi.
nnandole

prezio-

di

d' lUUI in

maneggiar
un' ultra,

rnbiniin

le

cose pin

come una

maj^a.

"

tel dico

,,

a te lettore, lo dico.

- !

"

lat'

imo.

,,

, per dirlo preoisamente ma decentemente, quel certo


>li oui
narra il
diaTolo ohe dava noia a quel taie
i

Boccaccio,
*'

ci

m'

Deoaxneron,
viso

,,

di ci

lll.

sono oonTinto.

Navella IX.

11

5' Ella

m' odiasse quanta Siena

ben avre' avuto

Figliuol di Di' quanto

se la mie'

Colle...*

donna m' avesse degnato

di volermi per schiavo

ricomprato

corne colu' ch' all porto venduto

dolente aile eu' man so' caduto


Ch' oggi giur, su, nell' altar sagrato,
che, s' ella mi vedesse strascinato,

Me

non

diciarebbe:

chi

chelF issuto ?

con lie' s' elF il pu


che ma' chesta speranza non mi toile
che '1 canto non mi torn' in sufolare.

Ma Amor

ne

sia

fare;

m' odiasse quanto Siena Colle,


si mi pur credo tanto umiliare,
che '1 su' cuor duro ver del mie' fi' molle.
S' ella

56

hbe che Becchina

gl faceese

V onore

di

cho
vanduti stil porto. Ma in qaali muni caduto Eeaa
lui giorato lull altare, lie, se lo v.
-i
<rto, non
degnerebbe aammeno di domandare: Chi quello ohe
portano alla eepoltora? Ma so ella pu farlo, Amore non
si diparta da lei. Ogni volta ohe ooeeta iperanaa da
lui
si dilegna, oio >^ni volta che pensa 8i non poter vincere
r odio <li Beochina, eente ohe il auto gli aitraafbflna in
nno lafolamento. Del resto se ella 1' odiasse quanto Siena
t> lia
Oolle, egli orede ohe aaprebbe, al *uo cospetto, tanto

per iaohiavo rioomprato, corne quegli Lnfelioi

rlo

nmiliarai, che

il

duro oaore

>li

doYrebbe,

lei

alla

fine,

ammollirai.

Vedi Massera, op.

si

eonetti:

fe ai

XXX

XI. Vil

LXXXIY

partioipio paasato de! verbo eaaere.

BMmdaado
'

Chi

" Chi

qnello che

[2

<<

,,

g' e n ft tn'odiaaee

-uto

Dunque Becchina

1
ohell iaauto ?

tatof

no-

rit.,

,,

dev<>

do-

inu-ndersi

Ossia: " Chi quel mor-

quanto Siena Colle ,,. Si


Senesi, 1' 8 GKagno
i

ellnde alla geonfttta che toccarono

L208, dai Colligiani a dai Fiorentini,

giornata moltieeimi dai vinti


i

(iiiuli
!'

tori,

Colla, natta

t'urono presi ed uooiai,

quai
ta

Provenaano Salvani. Vedi: Eederigo Tozzi. Anto*


antichi aorittori

Siena,

antini*Benthroglio,

1918, pagina 9

57

I-Mi-

Dialaga melancanicn

Deh

bastat',

oggiraai, per cortesia,

in verit, ch tutt'

Certo,

Amore

ha bel posare

cosi far lo poria

corne galluccio potesse volare.

Perch clici cosi anima mia ?


Ha' voglia ch' mi vad' a trarripare ?
Tu mi far' venir tal bizzaria
quai' i' mi so, puo' che cosi de' andare.
i

Volesse Dio che tu fosse gi mosso


ch assa' mi piaciaria cotai novella,
da puo' che rimaner far non ti posso.

Or
se

s'
'1

tu fosse pietosa corne bella,

mie' pensier

non m' inganna

dlia persona tua direste

58

di grosso,

tella.

lie

netto
10,

nia <

il'

mi tembra bellissimo) graziosampute

ogni Btrofk, da un loggiero senso di malinco-

iu

ir-mia.

3, 4 - " taato ta t* aaaionro -be Amore potrebbr


ottenere ci chu deaidari, con la stessa facilita con laquait*

un Luago volo ,, - <


una ripa, battarai la
un praoipisio.
8 u quai i' mi ao ,, la quale bo in
mente. - 11 " da puo' cbe rimauer tu- non ti posao ,,
un

potrebbe

poUaatrino

trarripara

..

reggere

buttarai di sotto da
1

poioh (par moite


1

tclla

.,

ragioni

non

prendila.

59

ti

poaao

fiai

rimanore.

5e mi

Se

di

ascoltasse

Becchina

cuor fosse diamante

'1

e tutta Y altra persona d' acciaio,


e fosse fredda com' di gennaio
in chella part' u'

non pu

'1

sol levante,

ed ancor fosse nata d' un giogante


com' eir d' un agevol coiaio,
ed i' foss' un che toccasse '1 somaio,
non mi dovrebbe dar pne cotante.

si

Ma

elF un poco mi stess' a udita


avesse V ardir di parlare,
credo che fuora mie' speme compita

ed

ch'

s'

i'

i'

le

dire'

com'

et altre cose ch' or

parmi essar certo

i'

so' su' a vita

non vuo' contare

ch' ella direbb'

60

ita.

IiMiVilihile la nequizia di Becckina!

Ma

s'ella per po-

co lo oscoltasse ed egli avcH9e 1' ardire di parlarle, torse


"tt.'irt'bbe 1' intento. Poich le direbbe come egli cramai
aia suo per tutta la vita ed altre cose cbe
a spiettelpubblico non decenza. Allora, quasi, quasi, gli
l>ancbbe esser certo ch' ella direbbe: Si.

larle in

8
casse
-

14

" corn' ,, sottintendi freddo. - 7 " un cbe toc


somaio ,, uno che toccaase il somaro, un asinaio.

'1

ita

,,

si.

61

Que!

visa!

non ha tante gocciole nel mare,


ched i' non abbi pi pentutc 'n cuore

E'

ch'

conciedetli

i'

degn

ch' elhi

di

prondar 1a flore
volermi donare

di

non cbb'altro che fare


fece, tant' ha 'ri se valore

dieila che Di'

quando

la

e chi dicesse

te ne'

'nganna Amore

vad' a veder e udirla parlare

e abbia cuor di pietr' e balda mente,


s' e'

si

non

dica

Ch'

ell'

ch' al

cosi

ritorna di
~-

ha

Cecco,
'1

lie'
'1

'nnamorato,

tu sonetto mente.

su' viso tanto dilicato,

mondo non ha neun

non

cosl vivente

fosse chel viso ancor nato

62

dabbio oba " la liore ,, che Cecco rifiuto


DOS vrnu.'iriite un lion-, ma |>iutt<>sto lu l'ainnsa.... primiiia <li oui
pagina BO, Qaaato par ii>iii puo eaaara, paroh non ii
ipiagbarabba come il
tamparamanto aanaaaliaaiino da]
potato rifiuturla. Dal raatoj da feutto il aonatl
oo, nel

Ho

uviito

iiilfic,

il

nia stutu

iito

in

fui aoi

da un amox* ban
aha para

i>i

aobila dal

aapraaao

'

" pontutc

pantimanti.

.,

abaUa

aampiioa deideri<.

cmdamante

ultrove.

" conciedetti

:l

,,

tra-

aoa abb altro aha tare ,,


(aottinta&d] di pit bello) " quando la t'ece ,,. Vedi Rusti00 di Pilippo, sonetto su Meseer Messerino de Caponsacabii Quando Dio '1 l'eco poco avia che fare - ma voile
laaeiai.

l,

r>,

clie Di'

diraostrar lo suo potere - si Mtrana coaa l'ar ebb' in taiMltO ... - !> " balda incnte tV-ima volonta (di non amare).

12.

18. 14.

E una

(|iianta inulincmiia

tcrzina inagnifica.

qoato amore

69

Quanta grazia,

Flicita

altamente 'nnamorato,
alla merci d' una donna e d' amore,
ch' e' non al mondo re ne iraperadore

so' si

eu' voless' io gi

ch'

i'

amo

cambiar mie'

chella a cui Di'

stato:

ha donato

tutto ci che conviene a gentil euore;

dunque chi
ben si pu
ha

di tal

donna servidore
buon pianeto

dir che 'n

nato.

cuor tanto cortese e piano


in ver di me, la mie' gentile manza,
che, sua merci, basciata li ho la mano.

Et

ella

si

mi

'1

die'

ancor ferma speranza

che, di qui a poco, se Di'


i'

compir

mi

fa sano,

di lie' mie' disianza.

64

Cecco Lnondato dj Pslioit. Becchina la sua gentile

dopo 1* offerts de! fiore (sebbene rifiutato), non


solo si lusciata Imoiar la niano, nia lo ha fermaincntp
iiuinzii

ira

trato ohe ^li dura,

non molto,... ci che, soprat-

tutto, dcidera.

"

pianeta.
te.

buon pianeto ,, sotto 1' influenza di


9 " piano ,, mansueto. - 10 " inanza

'n
-

13 " se Dio

mi

t'a

sano

65

.,

se io

un buon
aman-

,,

non muoio.

Sull'

arbnr

Per ogne gocciola

ha ciento

d'

dell'

flmnrE

acqua

mili' allegrezze

'1

ch'

ha

in mare,,

mie' cuore

e quahinqu' di tutte la minore

procura pi ch'
Ch'
e,

Romani

'1

Sud are.

seppi tanto tra diciar e fare

i'

ched

a'

i'

sali'

sull'

arbor

dell'

amore

dalla sua merci, colsi chel fiore

ch' io tanto disiava d' odorare.

puo' ch' i' fu' di chell' arbore sceso,


si volsi per lo frutto risalire,
ma non pote' per ch' i' fu' conteso.

Ma

gioir vo' chel fior ch'

i'

ho a

ch' assa' di volte 'n proverbio Y

Chi tutto vuole nulla

de' avire.

66

gioire;

ho 'nteso

campnne

Etaonate
a'
tr<

La fortana, dopo

si

lungo aasedio,

arresa e Cecco, da prode guerriero, v' entrato den-

COU

Un

la

hiii'ia in resta

comica soddistazione, di malizia

il'
tagenoita, infnwnn ><l avvivaim tutto il sonetto.
I verai cho accennano alla salita, alla discesa ed alla tenimpadita ri aaoaaa ail' arbor dell' amore, se.^uiti
da qnelT agro-dolce considerazione tinale, non si possono
leggere senza riso.
niisto di li;ilda e
i

1.2-

Poe' anzi, in tut t' ahra condizione d' animo,


- " E non ha tante gocciolo nel mare - ond' i'

avi'va detto:

non abbia pi pentute


allegrezza a

me

'n

cuore

,,. -

3. 4.

pi vantaggiosa che ai

la mia minoro
Romani il Su-

(Quel panno con cui fu asciugato dalla Veronica


T ooIm che] Bon ,, Questo non
sudore a Qtesh
"
gia
la fiore ,, che s visto, ma la " primizia ,, tanto
rata e promessa e finalmente (sebbene con modera-

dario.
il

sione

!...)

concessa.

67

Becchina

Frat' flngiolie're

e....

Non torn' io gi nell' odio d' Amore


che non vorre' per aver paradiso
F ho 'n tal donna lo mie' cuor assiso,
ti fo 'mperadore,
che chi dicesse:
!

non

e sta' che
si

li

direi

Et veggendo

da

lie'

tutto chel che

Avvegna

ch'

pur du' ore

la veggi

va',

che
si

sii

occiso

so' diviso

si

chiama dolore.

non ho mistiere
mi tolla
che mi fa frat' Angioliere.

di ci

di veder cosa che dolor

ch'

Pi

pur chel

ch' ore mille stare' 'n su la colla

ch' gi diece anni

ancor

di

li

rupp' un bicchiere

maladiciarmi non molla.

68

Dopo

salita

la

sull'

arbor dell' amoro

Beccliina

culmine dlia felieit. Prima ili


con maie parole, all'imnon
rinunsierebbej
solo
parderla
Mro il.l mondo se gli venisso oft'erto, ma porfino al Paradis... Baata che soltanto la vada perch tutto ci che si
iliiama dolore si diparta subito da lui. BebbeDfl (dicecon
rappresenta per Cecco

il

amariasima ironia) di veder cosa cbe lo rallegri non abliia lusogno, bastando a ci la sua convivenza col padre.
Qnindi, con un hrusco passaggio: Pid ch' ore mille stare' 'n su la colla . Cio: Pi volentieri che viver con
mille ore di seguito sulla tortura. E se non ho
Solamente per avergli rotto,
dix cosi, nditfl

lui stnrt'i

ragione di
diecj amii

ta.

un

l)icchiero,

ancora non rallenta di male-

dirmi.
/;

primo spvnto,

il

hettone,
terribili snintti.

MtmtM

1J

l<tt<

s(iri\isticai( /!( acre,

veechto e

oontro

pelle dura,

eht non /uuino riMonlro,

Vrreumo

end

ratura.

colla

l'une,

con

la quale

si

al

pazicn-

mani di dietro e poi si alzava da terra e si laakbandonato al proprio peso. 14 " non molla ,, non

te le

senso proprio, voce marinaresca e


ma qui applicata alla
Fiat' Angioliere d' una eflicacia grandissima.

rallenta. Molire,

in

ni che altro, dlie graene;

ira

ili

(;9

LDdi

eu' 'n

grado

flmDPe

d'

dell'

Amor

dir maie,

or lo biasmi in buon' or che Dio

me non

che

io

ma

'n dirne

gi

per

non

li

dia;

terr chella via,

ben non

ci vo'

metter sale.

potre' conduciarm' a taie,

oppenion sempre non stia,


perch' egl' '1 padre dlia cortesia.
Chi d' amor sente, di mal far no' 'i cale.
ch' in chest'

Anche ha
che 'n cui
fosse colu'

Amore,
degna di voler errare,
ch' anco fosse '1 peggiore,

cotale vertude Y
e'

buono in una '1 fa tornare,


mai non pensa che d' aver onore
maggiormente el buon fa megliorare.

di reio 'n

e
e

70

d' Amore ne mal ne bene,


ne tesse le lodi. Il sonetto, tolta
dei primi quattro versi, mediocri-

Mintro dice che non dira


st'sto

\\i

la

verso in

mosaa arguta

ici.

siino.

1
oi

" 'n grado

rare

,,

,,

aggrada.

4 " no

,,

non

vagare, corne uno spirito beuelico.

71

gli.

1"

Iodi d'

filtre

Qualunque ben

si fa

d' Amor corne


Amor fa Y uomo

fimore

naturalmente

nascie

del fior el frutto,

ch

essare valente.

Ancor

fa pi, ch'

e'

nol truova

si

brutto

che per lu' non s' adorni immantenente,


e non par esso poi, si '1 muta tutto;

dunque po' diciar bene veramente


chi non ama sia morto e fpuo']

Ch'

uomo

val tanto quanto 'n se

e la bont senz'

amor non puo'

dunque ben ho eo usato

Or

vertate.

senza dimorare
'nnamorati e 'nnamorate
e di lor che Becchina ti fa fare.
a

va', sonetto,

tutti

distruttof

ha bontate
stare

An.

lif

qui diaserta sulle buone qualit d' Amore. Per-

ci6 freddo
t.

impersonalissimo, se ne

togli

1'

ultima

r/ina che fresca e snella.

u dunque po' diciar

,,

dunque tu puoi

u ilunque ben ho eo usato vertade


lodato amore, ho detto la veiiui.

7:;

.,

dire.

11

dunque, se or ora ho

flmorE farebbe

felice

il

Diavaia

Ghi non sente d' Amor o tanto o quanto


i tempi che la vita 'i dura,

in tutt'

cosi de' essar sotterrato a santo

corne colu' che

Ed

medesmo

non rende F usura.

puo' dar un vanto


odia oltre mesura;
ma quai' que' che d' Amor porta manto
e' puo' ben dir che gli pretta ventura.
e'

si

che Di' co' santi

<

1'

Per ch' Amore si nobi.le cosa


che s' egli intrasse 'n colu' dello 'nferno,
che non ebb' anch' e non de' aver posa,

pena non sentirebbe

'n

sempiterno

e la su' vita sarie pi gioiosa

che no

'1

rubaldo a F uscita del verno.

concetto quello stesso dei due sonetti prcdent^

Il

ma

qui

j'i

c'

1*

improuta angiolieresca.

meno innamorato per

tutto

il

Dice

tempo

Chi non

dlia

propria

quando muore, in terra sconsacrata


come colui che non rende i danari fatti con 1' usura.
d' essere
Bgl (oh non ama) di questo pu6 vantarsi
vita, sia sotterrato,

odiato a dismisura da Dio e da tutti

che

santi,

sappiate

nobile cosa Amore, che se entrasso in corpo

si

al

quale fino a qui non ebbe ed stabilito

che
non debba aver mai pace, questi non sentirebbe pi pena
in eterno e la sua vita sarebbe pi gioiosa che non il girovago, senza casa ne tetto, quando finisce l' inverno ed
Inoominoia la buona stagiono.
hiavolo,

" a santo

rende

il

1'

,,

in cbiesa.

4 " come colu'

poltora ecclesiastica e gittati aile fosse.


Bnffini, Trattato del Diritto

PP. 387

che

non

usura,,. Gli usurai palesi erano esclusi dalla se-

e sg.

:.

li.

h.

12. 18. 14.

espresso, misticamente, non

D' Ancona,

ma

Lo

solo da

stesso

concetto

S. Teresa,

come

da Gt
lice: "Se io parlo dell' amore mi sembra d' insuitarlo, tanto le mie parole sono lontane dalla realt. Sappiate soltanto che se una sola goccia di quello che con-

nota

il

anche da

Friedberg Torino L896,

Ct'r.

Ecclesiastico,

S. Caterina

tiene il mio cuore, cadesse nell' inferno, 1' inferno sarebbe traslormato in paradiso ,,. Vedi: " Ernest Hello, Phy-

sionomies de Saints, Perrin

-11"

rubaldo

et
,,

75

Cie,

Libraires-Editeur-*,

povero.

in

babbo,

di

che

ti

pruoui,

gastigarmi 7

Sed i' avess' un sacco cli fiorini


non ve n' avess' altro clie de' nuovi

e fosse mie' Arcidoss' e Montegiovi

con cinqueciento some

d' aquilini,

non mi parrebbe aver

tre bagattini

senza Becchina: or dunque in clie ti pruovi,


babbo, di gastigarmi ? Or che non muovi
dlia lor fede tutt'

potresti anzi,

perch'

ched

i'

so'

ella sia

s'

i'

fermo

un

Saracini ?

non

sia occiso;

'n chest'

oppenione

terren paradiso.

vtene mostrar viva ragione


com' ci sia vero: Ghi la sguarda 'n viso,
sed egli vecchio ritorna garzone.

76

, per Cecco, un tesoro tntfHmii%ilt; dunohe il reochio ganiton si provi a castigarlo;


perch aarehhe pi facile che potesse, d' un' trati
rinnegar la lor fede a tutti
Saraoinj che ooatringet lai
a non ain.ulu. Io ti dico (dice al padre; che Becchina 6

Becchina

|Mc inutile

un paradiao terrestre. E te lo dimostro


In fatti, basta
un reoobio la guardi perch si sentit ritoinar giovane.
")\i/ni>'it/i' (jii's/i rtit/i<>>Htnifitti non
gara n no qua:

lie

Fmf

drati a

corne

<

Angiollttt, sfhihnr, a

mteto

wtaggior

&spttto

<W

tmmainarti, non att ptfihUo per

facile

(i]>i'ti/o

nr la

farta tahtft

AToidoaao e Montegiovi. ,, Due Ca9telli nel terVal d' Orcia. Vedi per il primo, Repetti,

ritorio senese, in

PP.

Diaionario Geografioo ecc. V. 1


Bfcor.

sen.

I.

18U3. P. 200.

eoal ohiainate porche

'

la
1

1.

bagattini

,,

reoavano

105-8.

Per

4 " Aquilini

impronta

il

secondo,

,,

monete

d' un' aquila.

per dire monete di piccolissimo valore.

potraati anai, s'

i'

1'

non

acoiao, potrest oi tare pi

sia

occiso

,,

t'acilmente.

e, se io
-

11.

Nel Paradiao Terrestre, secondo le credenze del

19,

non
18,

Medio

Evo. era unit tbntana miracolosa che aveva la virt di


perpetuare la vita e di restituire la giovinezza perduta.
|Qfr, tut'.. Miti. leggende e superstizioni del M. E. Torino L892. Vol.

I.

PP. 31

e eeg.).

77

II

pudore

Becchin' amor,
a rispetto ch' i'

i'

t'

di

ti

Becchina

solev' odiare

amo

or di

bon cuore

Gecco, s' i' mi potesse 'n te fidare


el mie' cuor fuora di te servidore

Becchin' amor, piacciati di pruovare


sed i' ti so' leal o traditore
Gecco

Becchin' amor, or veggio certamente


che tu non vuo' ched i' servir ti possa,
da puo' che mi comand' el non possente
Gecco, F umilt tua m'ha

si

rimossa,

che giamma' ben ne gioi'


mie' cuor
se di te nove mesi non vo' grossa.
'1

78

ente

Cecco non
ni

l'

nno
I

.".l

Dante, n

e ail' ait ra

c-liina

Batrice.

Quindi,

V amore spirituale sconosciuto. Lui,

beo tianeata popolana, rinunzierebbe (ha gi detto)


lei non oonoepuoe altro deaidario che qnello

Paradiso;

anauala

dlia

femmina per

naa naturalissima

il

maschio.

Da

ci6,

l'in

grossolanit giocosa dell' ultiina

na.

'
a rispetto ah1 i' t' amo ,, in proporzione di quel
8
che ora t' amo. - 7 8 Nel codico sono qui riportati i versi
8 e 4, ma il Massera nella sua edizione, giustamente, H
soppresse. E certissimo che i due versi a cui si riferisce
la terzina che vien dopo, sono andati perduti. Intatti
Cecco, rispondendo a Becchina, accenna ad esorhitanti
ie che la donna accampa per acconsentire a la>
" servire ...
-

79

Hon possumus!

Io potrei cosi disamorare

corne veder Ficiecchio da Bologna

Pogna
Bocchezzan lo mare

o Y India maggior di Val di


o dalla Val di

o a mie' posta veder lo Sudare


o far villan uom' che tema vergogna

o tutto 'nterpetrare ci ch' uom' sogna


o cosa fatta poter istornare.

Dunque che

val

s'

i'

ne

so' gastigato ?

Gh se non vien dal cuor si val niente:


da credarmi tanto 1' aggio pruovato.
Chi mi riprende non sa '1 convenente;
ch' allor m' incende '1 cuore d' ogne lato
e per un mille vi so' pi fervente.

80

pi

Il

avre

il

10

dUonore

liassa in-ica.
KM)

non

vit h

.lai

tapore

Mguita

perci

e coatumato,

>

h dire: Al cuore

oha

ultro scopo che d t'anni

ohi

pa

n'

non

cuore non val nnlla

dotami, e sappita

non viioU

proprio Qglio oadnto in iaa

il

si

panirio.

comauda

Kl

il

ci okt

io l' ho provato, cremi riprt&de non raggiungt<


;

iinuuiioraiv millo volte di pi.

liulia maggior ,, V Inlia piopriamente detta,


qoa dal Gange. - " Val di Pogna ,, in Val d'Ar'
Bocedi Bepatti, op. cit. Vol. I. PP. 679-80). - 4
chezzan ,, Boccheggiano, in Val di Merae (Vedi Repetti
Vol. I. P. 331). - 5 " lo sudare il Sudario. Vedi Sonetto
a P. 66. - 9 " dunquo che val s' i' ne so' gastigato ? ,,
L' alluaione rivolta al padre. - 10 " se non vien dal

quella

'

1*

li

cuor,, sottintendi

il

pentimento.

81

Lntan dagli

S'

i'

mi ricordo ben,

i'

occhi....

fu' d'

amore

pi 'nnamorat' uom fusse giammai;


ch s' io stava 1' anno per du' ore

el

fuor

cli

mie' terra, traea mille guai;

donna e segnore
isperanza di ben mi dava assai,
e poi, in fine, per piet di cuore

e chella ch' era mie'

di

lie'

mi don

ci ch'

i'

disiai.

Or che m' avviene per la mie' sventura t


partendomi da lie' un sol momento,
ella

disamor ed

io ancora.

Dunque, quanto mi fuora

'n

piacimento

che fosse a far ci ched i' feci allora


Si senz' amor mi truovo F un del ciento.
!

82

Poco tempo addiotro,


tro;

DM

nasse

prendovan diletto V un

"ta bastato che lui per un

la leJ

peroh

1'

no

momento

s'

l'altra disamorassero.

dtll 1 al-

allonta-

Quaato

mi iarebhe dunque piaoaM -truvandomi ora senza


la int. rima part* dell' amon d' una volta) che fosse posHiliili> di rit'art'.... ci6 cbe ffcmmol
dli<r

u Segnore
n

maggiore

ma
sto,

efficacia,

Non

per

comodo

dlia rima,

ma

per

Signora, sarebbe stato pi che donna;

tignore ha qualche cosa di potente e di sacro. Del rel' iperbole la figura retorica degl' innamorati.

83

ds

d fi a

L'

uom non pu

ne

far pi brieve ch' ordinato sia;

ond'

i'

sua ventura prolungare

mi credo tener chesta

via,

di lasciar la natura lavorare

potr fare,
che non m' accolga pi malinconia;
ch' i' posso dir che per la mie' follia
i' ho perduto assai buon sollazzare.
e di guardarmi,

s' io

'1

Anche che troppo tardi me n' avveggio


non lassar ch' i' non prenda conforto,
ch' a far d' un danno due sarebbe peggio.
e aspetto buon porto.
giorno veggio
ciascun
Ta' cose nascier

Ond'
che

i'

m' allegro

'n di di vita

mia non mi sconforto.

84

1/

nomo non pu abbreviare ne prolungare

la

sua sor-

Oml' egli lascera lavorare


la Kiima corne vuole e cnvli.
di non farsi pi prenttt
nonostante che (per non avre avuto
DuJinoonia
giiulizio distacco da Becchina
abbia penluto nn.i
bi'Uissiniu occasione di sollazzarsi. Ma bench troppo tardi se n' avveda, per non aggiunger danno a danno, si
consolera tuttuviu. Anzi, si nllegmr a aspetter con fidnoia un ultro momento buono tante cose ciascun giorno
vede nascere che, per ci che sar per accadergli, non si
te ni

di

oi che destinato.

r.'i

eonfbrt*.

il

mio

ond'

i'

mi credo

,,

ond' io credo bene, credo per

nu'giio.

85

La pera

tempo che Becchina m' era


era contento,
buon are ch'
ne avre' chiesto pi mar ne pi vento,

E' fu gi
di si

i'

tant' allegrava ver

me

la

sua cera.

Ma

'n si mal punto mangia' d' un a pera


che puo' m' ha dato tanto di tormento,
che que' che son 'n inferno, per un ciento
hanno men mal di me 'n ogne manera.

Cosi m' avess' ella fatt' affogone


o mi si fosse nella gola posta,
ch' i' non avesse gollato '1 boccon e

Ch non

sare' a cosi

avegna certo ch'


che chi si nuoce

mala posta

gran ragione
pur a lui costa.

egli

su,

86

prio

pez

1'

unor

iiol

tempo

In ooi il

senti va

totalmente felice

oorritpotto de! la propria amante, gli venne la

malvagia ide di
tnanglu d' una pera (allusione ann
tradimento t'atto a Becchina oon un' altra donna e da
Becchina acoperto?) la quale meglio sarebbe atato che gli
tatto fogo, ond' egli non avesse potuto ingollaro
il
l)ocfimo. Cosl non si tiovorebbe ora a qnesti terri, Ma
il noatro Cecco , a vol te, un po' filosofo
percio conclud niuliconicamente
Nonoatante tutto, certo, giuato
che, clii tanto sciocco da farai del maie, ne debba sotfrire le conaeguenze.
;

" di

ai buon are ,, di co9


4 " tant' allegrava ver

buon aapetto

me

buone

aua cera ,, tanto


il 8iio volto ai rallegrava al mio coapetto, -9 M fatt' afogone ,, tatto atogare. - 12 " a coai mala poata ,, a cosl
manire.

mal punto.

87

la

Risposte velennsE

Ghe vuo', falso tradito?


Non ne degno.
Merci per Dio Tu vien molto giecchito.
E verr sempre. Ghe sarami pegno
Tu ne mal fornito.
La buona
Non calmar, ch' ne vegno.
N 'n ver di
l'abbo udito.
ch'
in che fallai? Tu
Dimmel', amor. Va', che veng'un segno
Becchin' amor!
Ghe mi perdoni.

sei

se'

fe'.

te.

i'

sa'

i'

ti

Anzi mi par mill'anni. Tu m' insegnarai.


morr. Ohm, che tu m' inganni
E'd
perdoni. E che, non te ne vai
Dio
- Tegnoti per
panni
Or potess'
Vuo' pur

Tu non

ch'

di'

muoia?

i'

bene.

i'

tel

io

Tu

li

tien' el cuore.

terr co' tuo' guai.

88

Cocco vuol

rifar

probabllmente,

|i;

ma

pa6e,

la

Bei

itre

Ina

'

essendo, o,

arrabbiata par

1'

u-

('c-co, inlea de! tredimento


miliaaione
voste e sconfigge questi con un rapido crescendo di ve*

1 i

parole.

L'arte de] poeta, , qui, perfetta. Beeehina, qnetta indiavolata ragana popolana, do] la vediamo viva, scaltra
v linguncciuta corne se 1' avessimo davanti.

1
11

" tradito

siinuni

!i>

ne vegno
gi

mi

,,

..

,,

traditore

che

mi sar

ironicamente

3 "
V

giecchito ,, umile - 4
G " non calmar, ch' i'

Non roar

di

placo. ch gi sono un' agnellina

;iio

,,

corne chi dicesse:

ti

venga

il

oalmanni, che
8 " ti veng'

fistolo,

chero ecc; insomma, una maligna piaga che

S9

ti

il

can-

stregi.

Pati

Sed

candizioni

fosse costretto di pigliare

i'

tra d' essare 'n inferno o

'nnamorato

sed i' non mi pugnasse a


unque Dio non perdoni '1

consigliare,

mie' peccato.

i' non posso credar ne pensare


che sia neun dolor addolorato

Perch'

maggio

eh'

chella che

Ma

s'

i'

ho

m' ha

Amor

d'

araor
di

modo mi

v'

si

amare

spaurato.

rinnamorarmi,
accordarei:

'n prim'

dovesse

di chella che

assicurarmi

m' ha mort' anni

che non dovesse

Se no,

sofferto per

prendesse

in chesto

ch'

i'

su'

lo 'nfera' a

fa sei,

spregio tornarmi.

gran hoce cherrei.

90

Tratuio

"

dugtasae
;

l'

ultimo verso, un sonetto mdiocre.

di pigliuro
-

,,

4 " unqtta

prendeasi

,,

acegliere

di
,,

mai

aottintt'iuli

7 "
la

3 " pugnasse

mnggio

decisione

,,
-

,,

in-

maggiore " mi v'


1<>

m' accorderai con Amore - 12 " anni ta aei ,,


soi anni addietro, quando s' innamor di Becchina - Vi
che non dovease au' apregio tornarmi ,, che non doveaai

accordarei

,,

ricaderc oel buo dispregio.

91

Ricordi angasciosi

P ho tutte le cose ch' i' non voglio


e non ho punto di chel che mi piace,
puo' ch' i' non trnovo con Becchina pace
ond'

i'

ne porto tutto 1 mie' cordoglio

che non caprebbe scritto su 'n un foglio


che fusse drent' alla Bibbia, capace:
ch' i' ardo corne (fa) foco 'n fornace
membranclo chel che da' lie' aver soglio.

Che

le stelle del cielo

non

so' tante,

ancora ch' i' torrei essar digiuno,


quanti baci li diedi in un is tante
in nella

bocca, et altro

e fu di Giugno vinti di

anno

nom
ail'

nessuno:

intrante

mille dugiento nonantuno.

99

>n

ohe

>

mole

Becchina aon trori


Ite le cose
qael ohe orrebbe. Qaindi tutta
Huila

pana cha porta ohinea nel cuore, a volerla descrivere,


iiDii entrerebbe
in an tbglio clio pare foeee baatanta a
la

oontenere

Bibbia.

la

talora

qaando ripaaaa a d

raole averda Baodhina(il lattoraai rammanti dalla aalita


di Cecco sali' ovoor de/J'omare) arde tutto, dal dee derio,
fr

oome faooo
cielo,

in

fornaoe

Ch non son tante

quanti baci (eebbene

>;iiiiio)

Le
i

ili

dette En on (tante

altro

nomo no

le 9telle del

vorrebbe anat dibocca; tanti, quanti

ta! cibo

inlla

dette mai.

gingno del corrento anno 1291.


SUtmo >!>/ colmo dcf.'a sensualit
digf, pi Cecco non si appaga.

cib accadde U

l'i

Btcchina

lo sod-

5 ,4 non caprebbe ,, non capirebbe, non entrerebbe


8 " membrando .. rammemerando - 13 u ail' intrante
neir allora oorxente.

93

Biustificazinnz

Da Giuda

in fuor

neuno sciagurato

fu ne sar di qui a ciento miT anni

m' appressass' a' panni.


sol m' avvien perch' i' so' 'nnamorato

ch' a mille

di tal ch'

miglia

ha

tutto

'1

cuor avviluppato

di tradimento, di frod' e d' inganni

Ed

e'

non

fu

si leal

a Gies Gristo^ corn'

Ma

la falsa

sempre

San Giovanni
i'

le so' stato!

natura femminile

fu e sar senza ragione

perci ched

Eva

di lor chello

stile.

Ond' i' so' fermo 'n chesta oppenione


sempre starle giecchit' ed umile,
puo' ch' ell' ha scusa di si gran cagione.
:

di

94

comicamente ingegnoso.

Intatti trova

il

modo

li

oapra e i cavoli, gioatificando Beochina e se


stesso. Becchina, perch, corne tatte le donne, erodit
dullii antica madr Bvt la sua t'alsa natura di femmina
salvai-r la

Mo, peroh,
me, non

lia

"

Da

v.Miutn

ml maggioi
i!al

pin*,

Giuda....

,,

mondo.

al

HDU

ella

responsabile

i|iiasi

ingiustizia, punirla.

Cio, dall'

uomo

L' int'clirit

di

pi infelice che

Giuda consisto

riniurso

l'i>

in

einpia

Cristo. 7. 8
,

La comparazione

perci appunto, efficacissima

irriverente
11

14 " cagione ,, causa;


.,
driva l'effet to dlia falsa natura femmiuile.
stil<>

per la

che niun uomo provasse, derivato


maggiore misfatto che mai uomo cominettesse l'aver

tradito
'

non essendo

quel

costume

95

,<

chello

da cui

Innamarafa a sala

perch ben lo sa Dio;


in neun modo veder i' non posso
perch' a Becchina sia '1 cuor rimosso
ch' essar soleva una cosa col mio.
Il

corne ed

Ed

or

che di
e

'1

il

non ha pi speme ne
vedermi tranat' a un

diavol m' ha di

disio

fosso;

fatto si

lie'

grosso

che mettar gi nol la posso in ubrio.

Credo che sia per alcun mie' peccato


che Dio mi vuol chesto pericol dare
perched i' 1' ami e da lie' si' odiato.

s'

or

un tempo m' ha

lasciat'

andare,

disamorato
sapr un poco allor pi che mi fare.

s'

i'

veggio

'1

di ch'

96

sia

i'

Non

8.

cosa

4
'1
-.

gran che. Troppe volte ha dette

le stesse cose.

Odi la nimist mortal che rgna - tra lo auo


mio novellameute - amor, sh' esser solevan', una
Cosi Lapo Gianni. (Vedi Rime di Lapo Gianni e
-

Gianni Aluni, Laucano, Carabba. P. 23 versi B. 6. 7) trunat' a un fosso ,, vuol dire aemplicemente portato alla sepoltura. (Vedi Bullett dlia soc. dant. it. N.
S. XI IJMJ.J, P, 896] - 7 " grosso stupido - 10 " peri

tormento - 12 "Es' or un tempo m' ha lasciat'


undare ,, ma poich, da qualche tempo, non si cura pi
14 " sapr un poco allor pi che mi l'are ,,
di me...

col

avr allora pi

la testa

a posto.

1'

seminai

un'

ha

altr'

mia dolente molto

ricnlto

Lassa

la vita

Ch'

nacqui, credo, sol per mal' avre

i'

da puo' che

mie' gran diletto m'

'1

in guisa tal per

giamma' non ravere

tolta

seminai e un' altr' ha ricolto;


ne vogli' atar, non ho '1 podere r
perch la morte m' gi su nel volto;
cosi foss' ella al cuor a mie' piacere
ch'
s'

i'

i'

me

Neun'

altra

speranza ho che

di morte,

mi pu guarire,
pena mia dura e forte.

e mort' chella che


tant' la

Cosi sarebb' a

me

vita

(puo' che cota' novelle

'1

morire,

mi

com' a pregion sentenziato

98

fur' porte)
'1

fuggire.

disgrazia essrndn iriiinodiabilo, dacch Bef. bi-

>tia

na si gode
morto cho

le

tara

gli

braccia * un

gi sul

Altra guarigionc non spera.


il

tiniliiutiito
l'orae,

Q
li

s'

i'

ili

altro,

volto, gli

poieb gli fu

la

il

mo-

alla prigione, la fuga.

me ne
-

che

raccontato

H(iiliina; a lui, cosi sarebbo vita

ad uno condannato

danni pace

vorrrbbe

scendease nel cuore.

vogli' atar ,, Se pure bo la volont


8 " a mie' piacere ,, per mio piacimento.

99

Tutta inutile

potesse con la lingua dire


la minor pena ch' i' sento d' a more

Se

io

donna
non foss'

e la mie'

lo

s' ella

del

non so'
ch' i' non

(i'

si

degnasse udire,

mondo

la peggiore,

sicuro di morire

sia pi del su' spietato cuore)

farebbe tutto chel che m' ho 'n disire,


odiendomi contar tanto dolore.
Volentier tornare' a sua segnoria
se '1 mie' servir le fosse 'n piacimento,

ma

i'

so bene ch' ella nol vorria.

ho udito chesto 'n sagramento:


vo in parte dove sia,
fugge per non vedermi, com' el vento.
Ch'

i'

n'

quando

io

100

Il

concetto

primi

dei

espresso nella quartina


re...

antiplatonioo

ascoltasse

,,.

Mu

,,

lu

" odiemlomi

otto
del

versi identico

sonetto

e nella torzina

dal titolo

tlel

sonetto

a quello
" Amo" Se

mi

rhiusa rianima.

,,

chesto 'n sagraniento

udendomi
,,

19 " Ch'

poich, sotto

ramento, mi stato confidato questo.

101

il

i'

n'

ho udito

vincolo del giu-

La

notte e...

il

giorno

Qualunque giorno non veggio '1 mie' amore


la notte corne serpe mi travollo
e si mi giro che paio un bigollo,
tant' la pena che sente '1 mie' cuore.
Parmi

la notte

dicendo:

ben ciento

mill' ore,

Dio, sar ma' di? vedrollo ?

e tanto piango che tutto m' immollo,


ch' alcuna cosa

Ed

'1

dolore.

ne so' da lie' cosi cangiato


una ched e' giungo 'n sua contrada,
mi fa dir ch' i' vi so' troppo stato

che
si

m' alleggia

i'

'n

e che, di volo,

si

tosto

men

vada,

per ch' eh" ha


su' amor a tal donato
che per un mille pi di me li aggrada.
'1

102

In l'onclustone: Di notte

notte riTOltoni par

maie

e di giorno peggi<>.

letto e lacrime, di giorno, se

il

Di

mette

il pieda Dell* contracta


Baoehina, questa lo scaccia dicendogli che ha un amante simpatico mille volte ]>i >li

La

lui.

situazione... critica del povero Cecco e magistral-

iiu-nte resa,

4t

_'

mi travollo

pigollo

nui' di,

lof

,,

in

,,

mi

sene.se,

redrollo? ,,
"
alleggia

si
,,

rivoltolo

vuol

far

3 " bigollo
trottola

mai giorno

alleggerisce

che nel momento stesso.

dire:

103

,,

anche

6 " sar

V arriver a veder10 " che 'n una ,,

5e non fosse per

Maladetto sia

or e

1'

'1

I'

anima....

punt' e

'1

giorno

mese e tutto Y anno


che la mie' donna mi fece uno 'nganno
il quai m' ha toit' al cuor ogne soggiorno
e la

semana

'1

hal' s' involto tutt' intorno 'ntorno


empiezza, d' ira di noia e d' affanno,
che per mie' bene e per mie' minor danno
vorrelo 'nnanz' in un ardente forno.

ed
d'

mal che mal e peggio,


buon non sia;
per aver men pena '1 maie cheggio.

Per che meglio


avegna Y un e Y

ma
E

altro

ches o dico per l'anima mia;


i' temo la peggio,
morto m' avria.

ch se non fusse ch'


i'

medesimo

gi

104

sono rhiiirissimi. Il senso dlie teril


maie che il maie e il peggio,
li.iK h ne V una casa ne l' altra siano bene. Ma io, per
jmtir mono, iliiedo solameuto il maie. E fo ci per riI

v.'.nr

l'iimi otto versi

'

questo

meglio

gonrdo alla salute dell'anima mia perch se non avessi


pauiu d' andare ail' inierno, mi sarei bell' e morto.
;

" semana ,, settimana - 4 " soggiorno ,, pace,


- 2
UnnqoiUiti - 13 " la peggio ,, cio, la dannazione del1' anima mia, pena a cui v;unu> incontro i suicid.

105

e a

c u

p a

vorre' 'nnanz' in grazia ritornare

donna che m' ba 'n segnoria


com' i' fu' gi, ch' i' non vorre' truovare
un fiume che menasse or tuttavia.
di chella

Ch non cuor che potesse pensare


quanta allegrezza sarebbe la mia;
ed or senza '1 su' amor mi pare stare
corne colu' ch' alla morte s' avvia.

Avegna ched

e' m' bene 'nvestito,


che i' medesmo la colpa me n' abbo
puo' ch' i' non fo vendetta del marito,

peggio ch' a me non fa


et io dolente so' s' impovarito,

che
ch'

le fa

udendol

dir si

me

'1

babbo

ne rido e gabbo.

106

I>mu|ut> Baoehina l' maritata e, a quanto pare, ha


un narito ohe la strapazza, torse perch geloso. Pfcmbbe
che questa fosse la ragione per la quale Becchina non
s'accosta pi a Cecco. Ben' egli vorrehbe vendicarsi, pto;

haliilinontc aooidendo

Uto dalla uisnia


iuov.i stato dell'

1'

ma

intruso,

a dall'

invece tanto avvi-

onta che, udendo raccontare del

antica amante,

insensatamente

ci ride

sopra e motteg^ia.

4 M che menasse ,, che traesse seco. 4 M or ,, oro beno 'nvestito ,, mi sta bene, mi sta il dovere.

m'

107

Purgafario

in

terra

uom vuol purgar le sue peccata,


avesse quante n' ebbe Giuda,
clied egli abbia una druda

Qualunqu'
sed

e'

facca

n'
si

quai sia

la

d'

un

altr'

uomo

'nnamorata

no' 'i secca '1 cuor e la curata,


mostrandosi di lui cotanto cruda,
che mi sia dato d' una spada 'gnuda
che pur allotta allotta sia arrotata.

s' ella

Potrebbono gi

dir

Tu

corne

1'

sai ?

ho pruovato
ch per ma sciagura una n' amai
li

rispondare' che

1-

avea d' un altro '1 cuore si piagato


che mi facea trar pi rata e guai
che non fa V uom quand' verrucolato.
ch'

108

Chiunqne voglia purgaro


oerohi di mettaral

<;iu.la,

anche se fosse

Lntorno umi ciultrona la qual.

binamorat* d an

altro. In tnl caso, se dalla paasiono


cuore e la corata, possa Cecco esser
ferito afin una spada arrotata allora allora. E se qualcuiw
gli domandasse corne lo sa, gli risponderebbe
Per prova;

don

teeca

si

gli

il

a
i

ait

t
il

11

}iii

au

che aveva piagato il cuoro d' un


che peroib, a lui Cecco, faceva trar pi strida (liaiiKita

Ioju

ohfl

B colui ch' scarrucolato sulla tortura.

" (riuda
grandi-

e' ella

no

,,

da Cecco corne
l'anima pi rea. - 5

Altrove fu considerato

inidioe,

secca

,,

se

qui corne

non

gli fa seccare.

corata (tutto ci6 che trovasi intorno

mente,

rucolato

pulmoni).
,,

torturato

sulla tortura.

Da M

13 " rata
o,

pi

verrucola

,,

urli,

al

grida.

precisamente,
,,

109

-B"

cuore

e,
-

curata

,,

special-

14 " ver-

scarrucolato

carrucola.

Dialoga tragicamica

Becchina, puo' che tu mi foste tolta,


che gi du' anni e paionmi ben ciento,
sempre Y anima mia stata 'nvolta
d' angoscia, di dolore e di tormento.

Gecco, la pena tua credo sie molta,


ma pi sarebbe per lo mie' talento;
s' i' dico torto o dritto pur ascolta
:

Perch non ha' chi mi

ti

toise spento?

Becchina, '1 cuore non mi pu sourire,


puo' che per tua cagion ebbe la gioia,

a neun

modo

di farlo morire.

una citt corne fu Troia


oggima' mi donasse, all ver dire,
non la vorre' per cavarti di noia.
Cecco,

s'

110

" Da qua:
') ;
mni l'a, ti maritasti. non ho
un momaato di basa ., Beeehii
moltO di pi. Parohi non li..i
[o Vomi che tu toffrissi
" Sapendo
li'Viii.i dal mondo obi a t.> mi tolae? ,, Cecco
gioia che lia goduta gU vannta da te, e, dcraqae,
<ht> in lui, ormai, qualche co9a di t.-. n >n mi dA il
" ho capito.... Ka aappi che se,
d' oocidarlo ...
Orft, m mi dmiassi, con tutte le sue ricchezze, una
nvtit.i

tu

Troia, aon

Shattra

>.

la
.

totto

Jeolo

>.'-

non s/'iiggono alla


ta doratura dtl oowtpUmonio, la vigliae
perd r $p mdfi, pronta, <-<,n aperto diap

drigal, la ooppatoia

donna,

voirai par t'arti taliea ...


rafllnatamente gentil* corne un
ai

<<<<>.

lia

9 - " non mi pu soflire ,, non ini pQO hastare. - L8


" all ver dire .. par dira la varit.
14 " per cavarti
di noia ,, per trarti dai tuoi affanni.
.

111

Rincara

di

carne

Ogn' altra carne m' 'n odio venuta


e solamente d' un becco m' 'n grado,
e d' essa m' la voglia si cresciuta
che s' i' non n' ho, che Di' ne campi arrado.
!

Chella eu'
e ch'

ch

s'

i'
i'

mi

le dess'

venduta
averne bado;

diee ch'

so' folle ch'

i'

un marco

d'

or trebuta,

non ne potre' avre quant' un dado.

Ed

i',

coin'

uomo

eu' la fitta tocca,

ch so che voglion dir chelle parole,


si d ad altre novelle la bocca.

Di' sa corne

perch'

i'

'1

non ho

cuor forte mi duole


de' florin' a ribocca

per poter far e dir ci ch' ella vuole.

112

mi aembra, la volga Cecco per Becchina e vi> non tu mai ne danteaco u petrarchesco, dopo la
]>ri)iti~i(t oft'erta ed accettata e il matrimonio dlia donna,
la uua parte a' fatto venalit, dalF altra lussuria. Tra
<iuis due motivi, le rime di Cecco, per la bella popolana,
netto giustifica pienamente,

ri

ta

Se

titolo.

Ici

1'

amore

di

hanno termine.

" e aolamente d'un becco m' 'n grado ,, e soS


mente deaidero quella iV un becco: cio di Becchina. 4 " che Di' ne campi! arrado ,, cbe Dio ci acampi ar-

la

rabbio.

marco
1<.

la

11.

5 " Chella eu'

d' or

Ed

trebuta

io,

,,

il

,,

Colei dlia quale

tributo d'

un marco

d' oro.

un

,,

9.

corne quello che aente la bottata e aa che

donna buaaa a denari, cerco prudentemente

diacorao.

113

di

cambiar

Scalfrezz

L' altr' ier

si

mi

ferio

che andar mi fece a

una tal ticca,


madonna di corsa

andavo e ritornavo corne un' orsa


che va arrabbiando e 'n iuogo non si

ficca.

Quando mi vidcle credette essar ricca;


Non avrest cavelle 'n borsa?

disse:

Rispuosi:

no Ghella

e levala pur tosto o tu

t'

disse:

impicca!

mi

Attorsa,.

Mostravas' aspra corne cuoi' di riccio.


F le feci una mostra di muneta:
Chella mi disse:
Avreste caporiccio?...

Quasi beffava e stava mansueta


che Y avaria tenuta un fil di liccio:
ma pur ne venni con la borsa quta.

114

1 un MtpolftTOfO
V altro (dicei

da una cosi prepotrnto bm>


di corrcr diiilato a casa
ma prima d' antrara, andavo
madonna \'i gionai
di
iimun/i indietro ooma un orso arrabbiato cbe non trova
laogO dove intanarsi. C^uando Beccbina mi vide, si credatte riooa. (Cradatta eio ehe Cecco, per goderne i favori,
1er

nnsia. chr

HOO

fui preso

|M)tci

l'are

meno

hisse: Non avresti per cadaaari


avaaac portato
mi
l-ln*
coaa nalla borna, ah? Risposi: " No ,,. Quella,
m>i i
la

aaaaamanta: Qira largo subito o, meglio, impiooati ...


Mostravasi oatilfi corne il dorso di uno spinoso. Le feci
vadara nna mostra di monete. Allora mi disse raddoloita:
M Avresti roglia di...? ,, scherzava tanto bonariamente...
an idsi uiansueta, che 1' avrebbe tenuta ferma un tenuisComiusione Con la borsa intatta mi riuscl
simo (ilo
:

di

partira.

ca

,,

cavelle V
torci

mi

un
il

,,

dorso) di

minuta
cio

,,

,,

ktOttio,

Bti i'eri la

un

fantasia

tal ca|)riccio

**

una

tal tic-

" levala pur tosto ,, levati di


- 8
D " corne cuoi' di riccio ,, corne il cuoio

piada, vattt'iif

torno subito
(il

forio

6 " non a\
non avresti tu piali-he cosa?. - 7 " att<

tal

..

uno spinoso

10 "

I'

capriccio

14 " quta

,,

115

intatta.

una mostra

le feci

Io le mostrai un po' di denaro

di

11 " caporic-

In

q u a ti

Babbo e Becchina, F Amor e mie' madr


m' hanno si corne tord' a siepe stretto:
prima

vo' dir chel che

che ciascun di da

mi

lu' so'

fa mie' padre,

maladetto.

Becchina vuole cose si leggiadre,


che non la fornirebbe Malcommetto;
Amor mi fa 'nvaghir di si gran ladre,
che par che sien figliuole di Gaetto.
Mie'

madr

si ch'

i'

da puo'

non potenza;

debbo aver per ricevuto,

lo

ch'

L' altr' ier

lassa per la

i'

so la su' malavoglienza.

vedendo

lie'

diell'

un

saluto

per disaccar la su' mal' accoglienza:


si disse:

Gecco,

va',

116

che

si'

fenduto

bftbbo,

11

)mdr.' t'^ni

Becchina e Amore sono, intorno

la nmtlre,

a Cecco, corao

che stringe

la rete

giorno

lo maletlice;

tordo

il

Becchina

gli

alla siepe: Il

chiede

cose

Maometto stesso non potrebbe fornirln; amore lo ta invaghire di donne tanto rapaci
che par che siiin nate dal famoso ladro Gaetto; e la madr dolente di non potergli fare tutto quel maie che
si

belle e costose dlie qtiali

VOrotbba. Ieri 1' altro, Cecco, per disarmarla, la saluto


affettuosamente; questa si volse e gli disse: Va' che tu
sia fenduto con

do

1'

una spada

" Malcommetto ,, Maometto. Cecco scrive, seconetimologia popolare del suo tempo, "Malcommetto ,,

cio commette maie;

pensi

ail'

odio

si spiega quando si
fondatore dell' Islami-

etimologia che

cristiano

per

il

smo. Intorno ai poteri magici e diabolici che alcune leggende occidental! attribuivano a Maometto, vedi " La

Leggenda

di

Maometto

in occidente

,,

in Stud di Critica

e Storia letteraria di Alessandro D' Ancona, seconda edizione. Bologna, Zanichelli, 1912.
ladro, forse leggendario.

\Y<li

8 " Gaetto

,,

clbre

Massera, Sonetti di Cecco

Angiolieri. Edizione Zanichelli 190(5, pagg. 131, 188.


18 " disaccare ,, vuotare, vuotare il sacco dlia sua ma-

levolenza verso di

lui.

117

Ma

Un

sala

'I

gran pzccatD mi sconfarfa!

non che

denaro,

far cottardita,

avesse sol, tristo nella mie' borsa


che mi convien far di chelle dell' orsa
che per la fam si lecca le dita.
:

E non

avr gi tanto alla mie' vita,


o lasso me ch' i' ne faccia gran torsa;
per che la ventura m' si scorsa,
ch' andando per la via ogn' uom m'addita.
!

Or dunque che sar la vita mia,


se non di comperare una ritorta
e d' appiccarmi sopr' esso una via
e far tutte

ne

ch'

i'

Ma

solo

fo
'1

le

mort' a

una

volta,

ben ciento milia la dia ?


gran peccato mi sconforta

118

mossa

Dalla

del sonetto

in

s'

lovina che

Becchiim,

osi ilisintfit's-iata corn' , lia chiesto a Cecco iu regalo


nuii " inttnnlita ... Ond' egli risponde: Nonch tanto da

eomprarti

ona oottardita, avbm! almeno,

tocca a tare 00090

nom

1)

tort

ii

mo

mai

ua

1'

modo di poter farmi ricco; onnai


tCMOOKM da me tanto lontana che, andando

avn'i

na

tristo

Invece son tanto povero che mi


OIM che si lecca le dita dalla t'arae.

sol denaro in saococcia

il

la
io

per la via, ciascnno m' addita per lo stato raiserevole in


<:ii MB caduto. Or dunque che mi resta di meglio a DW0,
u. m di comprare nna corda o d' impiccarmi, provando

nioiti in nna volta, visto che, cosl, ne fo cento


giorno? Ma qnando ci ripenso, il gran pec<
sto per commettere mi t'a cascar le braccia.

tutte

mila
<she

le

al

ampia

" cottardita

,,

sorta di veste, torse pi

dlia cotta, nsata

d >nne. 3 " far di chelle

,,

far

gnua mucrliio. - 18 " la dia


'1 gran pivcato mi sconfortel

Iuiil-

uomini corne dalle


corne. - G " gran torsa ,,
" Ma solo
il giorno. - 14

dagli

cosl

,,

E un verso singhiozzato,
due cupe terzine. 11 mio
fraterno amico Federigo Tozzi, nella prefazione alla sua
bellissima " Antologia di antichi aorittori senesi ,, (Giun..

tiagico, che infosca ancor pi le

tini -Hentivoglio Editori,

so, che

Siena 1913), dice di questo verinferiore a tutti gli altri e arVuol dire che quando lo lesse la

" poeticamente

rameute inutilo ,,.


sua anima era, momentanoamente, sorda.
-

119

Saggezza

F m' ho onde

dar pace e debbo e voglio,


sed i' ho punto di ragion con meco:
puo' ch' e' con la mie' donna stato seco r
fo che giamma' non deo pi sentir doglio.

Di

gio'

mi

vesto, di noia

e ci bench' 'n

ben posso dir:


puo' mi guard
Del quai

i'

era

mi spoglio

F amor a me' 1' arreco


Ave dominus teco
!

di venir all scoglio.

si forte

temente,

F ore ch' i' a ci pensava


mi dardellavo tutto a dent' a dente,

ch' a tutte

non ch' altrui ma me stesso odiava.


Or mogF i' vo, coin' i' odio '1 Gaudente:

ma

'nnanzi tratto ben so corn' andava.

120

Le consldcnizioni e la decisione
mente da persoua di giudizio Dice

di

Cecco sono

punto punto
ragiono, debbo darmi pace, tanto pin ehc n' bo bon d'onde. Dal momento cho eyli il nuOYO amante) stato con
lei, io non devo pi oltre addolorarmi. Ogni tristezza svadanqoe da me; e sebbene sia proprio dell'amore il
ginooax anooti lu-uui tiri, voglio credere che tutto ci6 sia
aooadnto par il mio meglio. Quindi ben posso salutare
(quasi con lo stesso rispetto che us6 1' angiolo alla Ma*
donna) Booohina, corne a ringraziarla di avermi (col suo
!

tradimento) aperti

gli occhi

Se

io

ed impedito

di batter nello

matrimonio
del quale ero si spaventato,
che mai non mi useiva dalla mente e battevo i denti dal
scoglio

del

tivmore e odiavo gli altri e me stesso.


Ma ora che ho visto, fortunatamente per tempo, dove
sarei andato a linire (cio quai sorte mi sarebbe toccata
0011

una donna simile) com'

vo'.... pigliar

1'

8 - "
anvco

e'
,,

in meglio.

,,

moglie

egli.

vero

che odio mio podro,

6 " e

bench' 'n l'amor a mo'

ci,

e ci6, bench proprio dell'amore, lo rivolgo


-

7 " teco

,,

tnintivo. Dardellare (dice

tecum.
il

11 "

mi dardellavo

ICaoBOia) dev' esser

preso

,,

fi-

guratamente dal dardo che, quando s' piantato nel segno, non resta immoto d' un subito, ma continua per
quuh he tempo ad oscillare. 11 " a dente a dente ,, battendo
denti corne uno che preso da gran teeddo - 13
M '1 Gaudento ,, 11 padre di Cecco, cavalire dell' ordine
dei frati di Maria o frati Gaudenti.
i

I-Jl

La

Credenzia

sia

ma

s p

si

'1

n a

sappia chi vuole

ho donat' una cosa a Becchina,


che s' i' nol Y ho stasera o domattina,

ch'

i'

daroll' a diveder che

Gh non

or chel

me

tempo

ne duole.
ch' essar suole,

merci delP alta potenzia divina


che m' ha cavato di cuor chella spina
che punge com' uliscon le viole.

La quale spina amor noma la gente,


chi lel pose non lesse la chiosa

ma

e se la lesse

si

seppe niente:

Ch' i' dico ch' eh" spina senza rosa;


com' chella punge dir puo' lealmente,
che la mie' costion non si dubbiosa.

122

Non pi iunamorato, Int'atti dire, echerzando, cbe,


sebbene al>l>ia t'atto un vgalo a Beccbina, < sottint
per tnula ni proprl dcsider) tuttavia, ae non pot
sederla, " darall' a diroder die glie neduole; ,, cio non
<^lic ne importera nulla.
Ora non pi il tempo d' nna
i

:'i

volta. <>ra, per grazia di Dio, non gli sta pin titta nel
cuore quella sptna die punge coine lo viole odorano. Spina clic vicn diiamata Amore. Ma chi le pose un tal nome
tristi effet ti cbe da quella derivano;
non conobbe tutti
o se gli conobbe, t'u corne non gli conoscesse. Essa, afferma Cecco, crudele spina senza rosa, e tu, sonetto, puoi
din leahnente corne punga poich il mio caso lo dimoi

stra cbiaro.

1 - '' Credenzia sia, ma si '1 sappia cbi vuole ,,. Sia


cosa segreta questa cbe io vi dir ma anebe lo sappia cbi
vuole - (Massera) tt " s' i' non 1' ho ,,. Cio, s' io non ho
Beccbina - 1<> " ma cbi lel pose ,, ma cbi pose a lei un

tal

nome

tore, detto

1"

"

non

lease la chiosa

per antonomasia di

sera.

non un tu glossadottissimo - (Mas-

uomo

Combattimenta con RmDrE

F combatte' con Amor ed

sua morte

hol' morto,

ho tanto pugnato mi pento;


per ch' i' ebb el dritto ed ello '1 torto,
convenne pur che rimanesse vento.
e ch'

i'

Ch' e' mi promise conduciarm' a porto


e puo' mi volse vle con un vento
che se non fosse ch' i' ne fu' accorto
rotto m' avrebbe 'n mar a tradimento.

Ma

'nnanzi ch'

gi

non mi seppi da lu' si schermire


e' non mi desse un colpo alla sgaraglia

ch'

i'

vencesse la battaglia

che m' ebbe presso che fatto morire.

Ma

pur, in fine,

ch'

i'

non

ne campai e

valse

una

paglia;

lu' feci perire.

124

Questo vanto che si d Cecco, d' aver combattuto qoo


d' averlo morto. si rit'erisce, senza dubbio, alla
ti.ni passione per Beccbina, finalmente vintu. Int'atti, da
<|iii avanti,
non troveremo, nell' ambiente erotico, che
qualehe accenno ad amori per altre donne e (pur troppo
Cecco aveva tutti i viz !) ad amori.... innominabili.

Araore e

2 - u pugnato ,, indugiato, sottintendi a combatter


con Amore - 4 " vento ,, vinto - 8 " mar ,, il mare - Il
" alla sgaraglia ,, alla sgherra - 13 * non valse una paglia ,, la sua resistenza non gli valse aifatto.

125

Libert

sento e sentir chel mal d' Amore


che sente que' che non fu anche nato
]'

cerf

che

i'

non

me ne

so'

s'

men sono 'ngannato

par aver tratto

'1

megliore.

Gh' assa' val me' libert che segnore


e riposar che vivar tribulato:
'1 tempo
ch' i' fu' 'nnamorato
non seppi che foss' altro che dolore.

ch tutto

Or viv' e cant' in allegrezz' e riso


non so che si sia malinconia

tanto m' allegra da

lu' star diviso.

uom vuol tener la dritta via,


aver in chesto mondo 1 Paradiso,
mortal nimico d' Amor sempre sia.

quai'

d'

126

il

guai e

8'

miseria,

illude
i

giogo
il'

d'

Amore,

essor Libero e

gesitori, lu moglie,

dimaatica tutti g\
i'elice. Ma per poco
falsi ami.:,

sua invincibile malinconia, non


vedrenio, un momento di pace.
la

gli

moi

altri
:

La

viz

<

daranno mai, corne

4 - " che me ne par ira tratto '1 megliore ,, che dai


miei paasati guai mi pan TW iratto il migliore insegnaim-nto - 11 " da lu' ,, dai!' amore.

1-27

Danf

fllighier

II

Mariscalco

Lassar vo' lo trovare di Becchina,


Dant' Alighier, e dir del Mariscalco
ch' e' par fiorino d' or et ricalco,
par zuccar caffettin et salina,

par pan di grano et di saggina,


par una torre et un vile balco,
et un nibbio e par un girifaleo,
e

par un gallo

et

una

gallina.

Sonetto mio, vattene a Fiorenza,

dove vedrai
di che

per

Et

io

al

buon

le

donne

e le donzelle

su' fatto solo di parvenza.

'1

me ne

contar novelle

re Carlo conte di Provenza,

e per 'sto

modo

'1

fregiar la pelle.

130

Quento " Mariscalco ,, sarebbe, secondo Isidoro Del


(vedi " da Bonif'azio VIII ad AffigO VII. Milano.
L899. l'ag. 414) Diego De La Rat. Second
8ra (Sonetti di Cecco Angiolieri) Amerigo di Narbona; e
MOOndo Ireneo Sanesi (Bollettino dcllu SocietA Dantesca

Lungo

i.

XIV wmplimentc

qiuJolM

pfflciale

angioino, bellimbn*

donne che guerriero, conosciuto


ugualmente da Cecco e da Dante. Quel " Dant' Alighier ,,
del secondo verso non gi un complemento oggetto,
come pavve a Michle Barbi, ma un vocativo. Il D' Ancona che stamp '* Lasar non vo' lo trovar di Becchina suppose (e suppone ancora nella seconda edizione
del suo studio su Cecco) che Dante abbia rimproverato
ail' Angiolieri, con un sonetto ora perduto, le sue rime
amorose per una triviale druda come Becchina e gli abbia suggerito, come pi nobile argomento, di cantar le
lodi guerresche del ' mariscalco. ,, Al che avrebbe ripoftto Cecco, secondo il suo solito, a traverso, mettendo
anzi in mricatura il proposto eroe dautesco. Ma ci non
lia pi valore d' un custello in aria.
l'i r notizie pi diffuse sul " Mariscalco ,,
e sui rap;;iatore di

portj tni Cecco e

Dante, vedi I sonetti di Cecco AngioMassara, pagina 164, 65, 66, 67 e D'Ancona, Studi di Critica e Storia letteraria, seconda ediz.,
p;un> prima, pagine 186, 187 e 256, 256 .
lieri

edit dal

" trovare
" Mariscalco ,, titolo di
M cantare - 2
- 3 " di ricalco ,, di oricalco, d'oro
mescolato con rame, non oro schietto - 4 " zucar caffettino ,, zucchero di Caffa - 4 " salina ,, sale - 6 " balco ,, palco - 7 " girifalco ,, falcone reale - 13 " re Carlo ,,
1

dignit militare

il

detto Carlo II re di Napoli

lo concero io.

131

14 "

il

fregiar la pelle

t>

fl

Dante

filighieri

I.

Dant' Alighier, Gecco, '1 tu' serv' e amico,


si raccomanda a te com' a segnore
e si ti prego per lo Dio d' Amore,
ei quai e' stato un tu' segnor antico,
;

che mi perdoni s' ispiacer ti dico,


che mi d securt '1 tu' gentil core;
chel ch' i' ti dico di chesto tenore
ch' al tu sonetto

'n parte contraddico.

Ch' al mie' parer nell' una muta dice


che non intendi su' sottil parlare
a que' che vide la tua Batrice.

le tu' donne care


contraddice
adunche
'ntendi:

puo' ha' detto a

che tu lo
a se medesmo chesto

tu' trovare.

Per comoilo del lettore riporto


timo dlia " Vita Nuova ,,, a cui
Cecco si rlferisce

il

la

sonetto di Dante,

ul-

grossolana critica di

il lospiro ch'esce dal mio core; iataWfcatbi Dnora cb l'aaoN - piaagts* mette ia , pur .hu lo tira.
Qaaad'tgli giuato l:i, dov* el dsira, - vede una donna che riceve onore t>
Km* *i. cho per lo suo splendore - lo pwagrlao ipiriio la mira. Vedela tal, cho qoaaiM H mi ridice, - io non lo 'ntendo, st rarla sottile al cor dolcnto cho lo t'a pnrlare. - So lo ch'el parla di quella fentile, -

Oltic in iptra cho p n larg* ^ira, - passa


i

pero che

-.iicssn

ncoida

leatrice: - si ch'io lo 'ntcudo 'un.

dOBM

Mit

are.

Per capire che Cecco non capi nulla, si veda, nella


XiinvM. il oommento che Dante pose innanzi al pro-

\itii

prio sonetto.
M.,

ooom questi

versi

capitarono in

mano

all'Angio-

supponibile, dice il Massera, che Dante inviandoli, secondo il costume del tempo, a quasi tutti i rimatoi
d'amure toscani, non dimenticasse il bizzarro senese,
atitfiodi'ntcmente conosciuto, il quale, con ben simulata
lieri V

uinilt,

ri.s|i.)se

ail'

Alighieri, ch' era a quell' ora gi fa-

moso, illudemlosi tuttavia, nella propria materialit,


poterlo cogliere in

di

l'iillo.

2 - a " segnore ,: a signore nel poetare. - \ " un tu'


aegnore antico ,, Rammentiamoci che Dante s' innamor
di Batrice a nove anni. - 9 " ne-lP una muta ,, nella
prima terzina. - il " a que' ,, al " peregrino spirito ,,. 14 " trovare ,, cantare.

133

II.

Dant' Alighier,

mi

s'

i'

so'

buon begolardo,

s'

bene la lancia aile reni


con
altrui, e tu vi ceni
desno
i
'1
grasso, e tu ne suggi '1 lardo;
i' mordo

s'

i'

cimo

s'

i'

gentilesco e tu messer

t'

avvieni

s'

i'

so'

sboccato e tu poco

t'

affreni

tu
s'

tien

'1

s*i so' fatto

panno, e tu

romano,

vi fregbi

e tu

'1

cardo
;

lombardo.

Si che, laudato Dio, rimproverare


pu, F uno ail' altro, poco, di noi due
aventura e poco senno cel fa fare.

se di tal matera vo' dir piue


risponde Dante, ch' i' t' avr a mattare,
ch' i' so' lo pungiglion e tu se' '1 bue.

134

Che questa uni risposta tutta piena ili ritorsioni ml


un' aspro sonetto di Dante contro Cecco, non v' dubbio.
Forst> l'Alighteri, gia Lnfaatidlto per 1' ottusa e copertainento maligne, critioa angloliereece air nltimo son<iolla Vita Nuova, aepetto, corne pensa il D'Ancona, di

cogliere

raroo

al

Ma

detta.

rodargaitOTC

il

Dante,

vere di

<li

t'arne allegva

ven-

ieenerno de) senese, sono

in

diagrasiatamenta perdati. S' ritrovato invece un sonett-,


contro questo dell'Angiolieri, d' un tal Guelfo Taviani,
pistoio.se, il qualo scandalizzato e sdegnato per la tracotanza di Oeooo, si rige, con simpatica ingenuit, a diDai

re di
o

m Cecco

sonetto de! Taviani

il

Angiolior, tu mi piri un

DmHo

si

tost.tmonte eorri, e non vi

(pne

ma

doliberar,

Or pensi
che

incontinonti sfrone

sia dal

di lilos

lia

Perranta
lia

kl

i-he

Tu mi

con Dante

pari piu

don per rtgtfWH

'ngogno in scienza assottigliare.


pero pensa con oui dei rampogMM

mi
mi

,f

Begolardo

..

<

lii

di

matto che gagliardo.


usnn/a l'ue I sono le rirtuii sue

Mlemente

sjlta, tosto

oianoiatore, ginllare, bufibne.

tien boue la lanola aile rent tu

3 "

motti legni raeno,-

e lor

sol lo

punto cava sardo.

corne polodr

Ba'ardo,

tante ven*

Rlotofl iMAOrO dis|ni>zzare

non

soi

rue. -

da meno, tu

desno con altrui e tu vi


vereo a&a prima alhuione malvagia al ramingo Dante il quale sa gi, "corne sa di sale lo pane altrui ... - 1 " s' io mordo '1 grasso,
ni

stni alla pari.

,,

s' io

\" r oertiaeimainente in qaeal

tu ne suggi '1 larJo ,, s' io sono ingordo tu non lo sei


meno. - 5 ' s' i' cimo '1 panno, e ta vi freghi '1 cardo ,,
ae io ho la lingua che taglia
panni addosso tu l"hai su
per gi corne la mia. - 6 " s' i' gentilesco e tu messe
i

135

t'

avvioni

messere.

,,

se io

8 "

ho modi gentili tu
so' fatto

s' i'

romano

ti

e tu

metti a fare

lombardo

,,

il

No-

nostante la spietata critica del Massera (Vedi sonetti di


Cecco Angiolieri, pagg. 178, 179, 180, 182, 183 e 184) e
la

sua nuova arzigogolatissima interpretazione, ai due


romano ,, e " lombardo ,, rimarr sempre il

aggettivi "

significato storico-cronologico. " Romano ,, perche


Cecco vuol dire che mentre scriveva questo sonetto, era
forse, per forza, o dal Cardinal Petroni o da altri, a Roma " lombardo ,, pex-ch vuol ritorcere su Dante l'ac-

loro

cusa di parassitismo, rinfacciandogli (quanto atrocemente!)


la propria dimora alla corte scaligera verso il 1303. 14 " ch' i' so' lo pungiglion e tu se' '1 bue ,, un verso
polemico magnifico ma come di venta un meschino calcio
di mosca, quando pensiamo contro a chi fu tirato
;

136

"

i'

n'

aggi amate parecchie parecchie

SpaccDnate

F sono 'nnamorato, ma non tanto


che non men passi ben leggeramente;
di ci mi lodo e tegnomi valente
en' ail' amor non so' dato tutto quanto
E' basta
e

amo

ben se per

lu'

gioco e canto

e serveria chi gli servente:

ogni soperchio val quanto niente,


e ci

non rgna

'n

me, ben mi d vanto,

Per non pensi donna che sia nata


ch' e' 1' ami ligio coin' i' veggio molti,
sia quanto voglia bella e delicata.

Ch troppo amare fa gli uomini stolti:


per non vo' tener cotai usata
che cangia '1 cor e divisa li volti,

138

uuunorato, ma oon modi'razione. Di ci si loda.


Per amore giuoca, canta ed araa e servirebbe chi d'amore
servo ma o^ni di pi non vul nulla e in lui non trovu tcni'iio propisio. Perci non pensi alcuna donna, per
i|ii;into In-lla e delicata, ch' ei 1' ami ligio corne fan no tanti.
uouiini imbecilli, camIl troppo amore fa diventare gli
bia il cuore e perfino la fisonomia. Dunque egli ha deciso
;

di

DOO tnor pi quell' usauza.

aon

" che non

la sbarchi

men

pnssi

ben leggeramente

facilmente.

139

,,

che

io

Pep fuggir

malincania

la

Caro. mi costa la malinconia


ch, per fuggirla, so' rendut' a fare
la sgraziat' arte dell'
la

quai consuma

E ancor

la

usurare
persona mia.

ha maggiore ricadia
che sempre mi convene 'nnamorare
di tal che tanto s' intende d' amare
quanto Min Zeppa dell' astorlomia.
Ch'

i'

n'

ci

aggio amate parecchie parecchie

ch'assa' pi fredde d'amor l'ho trovate

che

Ed

s'

elle fosser di cient'

or n'

amo una

anni vecchie.

di bellezze tante,

che ben mi sia tagliat' ambo F orecchie


s' ella potesse far pepe di state.

140

Li malin. -onia

gli costa

rioorrtn agli Btrowini

;i

cara

per fuggirla cos;

quali, naturalmente, lo pelano.

E come ci6 non bastasse ha la disgrazia di dover rompre


mnainorare di ta] donna che t'intenda d' amore come
Miiw> Zappa dalT Mtronomia. Vero che n ha amate molto
c 1' ha trovate pin t'icdde che se tbssero state vecchie di
1

fiii* iinni

oke

qui'lla

ma
ai:i;t

gli sian

OM

d unira tnaiema, di piaaa


dita d' una mano.

"

la sgrazata

ziata

di

pigliare a

mia

mi

,.

lestia

ritlucf ail'

eataaa,

arte

dell'

prestito.

olemosina.

14 " far pepe

l'acilisslnio dlie

due l'orecchie, ae
da quanto gelata,
cinque polpastrelli dello

feagliata tutt' e

sarebbe buona,
i

usurare
4 "
-

,,

5 M ricadia

Vedi sopra.

141

la
,,

persona

noia,

mo-

un movimento

cinque dita dlia mano.

Tarte disgra-

consuma

La pi gran

trislezza

Or se ne vada chi 'nnamorato,


ch e' pu dir che sua madr '1 maladisse
gran tempo 'nnanzi ch 'ella '1 partorisse
o che dal padre fosse 'ngienerato,
1

Per

me

mie' cor tristo che 'n

'1

in si

lo dico, ch'

i'

laggio provato,

amor si misse
mal tempo, che gi mai non visse

un' ora solamente riposato.

si m' avviso ch' or ne vien la bella;


che tutto '1 tempo dlia vita mia
non ebbe ne avr si ria novella.

credo che 'entervien, chi vuol si sia,


che, se muor la sua donna e sia pulcella,
ch' alla sua vita avr malinconia.

142

<hi
imiiuii oreto pu ben dire d' esser venuto al raon<li<e per se, avendo con la maledizinm eddoei
e per il suo cor tristo che,
donc pur trop]
mlnto in bella d'einore, sotto L'inflaeeo d'una cattiv;i
i

stclln, giemmei non ebba p


li pace. Ed ora
vede che viene il bello Int'atti, non ebbe fin qui ne poti.'i
mai avre una notizia pi i.m <li quelle che ha inH crede che Ognnno a oui inuoie, corne morta a
lui, la propria donne enoor poloelle, debbe trascinar malineonioo tatte le vita ohe gli resta.
Dunque, vuol dire che Cecco, dopo la lunga tresca
con Becchina, s' era innaraorato d' una giovinetta che la
morte rapi e&OOr wrgiue. Quanta squisitezza di sentiinento nel pianto di Cecco, su questo flore
:

" Or se ne vada

,,

Sottintendi, lungi da me.

143

5e

si

patzsse mrir

di

dalore....

MegliD nelPInferriD

Se

si

potesse morir di dolore,

molti son vivi che sarebbon morti


i'

'n

son V un

d'

essi,

anim' e carn'

el

sed

e'

non mi

port

Lucifer maggiore;

avegna

ch' i' ne vo co' la peggiore,


che nello 'nferno non son cosi forti
le pne e li tormenti e li sconforti
com' un de' miei, qualunqu' '1 minore^

Ond' i' esser non nato ben vorria


od esser cosa che non si sentisse,
pu ch' 'i non truovo 'n me modo ne via
se

non

in tanto che se si

compisse

per avventura ornai la profezia


che F uom vuol dir, ch' Anticristo venisse.

146

Fia
ninia.

lu''
('

non

BOrti via l'arciiliavolo in corpo e in a-

to

uiio di t|iu'lli ilu>

se di ilolore

aventura,

-lie

son vivi nia che sarebbero morti


E tanto grave la sua

potesse morire.

si

tottc

le

pcne,

tormenti e gli sconforti

non n^uagliano il minore dei simi nuili. Onegli vorrebbe esser non nato o insensibile, non ti
'
alcun rinu'dio, se non nella folle speranza che si

dell* int'erno,

d'

coinpia alline

la

protezia che corre Ira gli

vt'uutii dell* antirristo.

uomini, sulla

Ossia non ha che da sperare nella

fine del inondo.

" che non

la

si

sentisse

,,

Che non avesse coscienza

magnifie Mi pare di aver trovato


stessa espressione in Santa Caterina da Siena.

del proprio essere.

147

Pensiero asco

Quand'
si

i'

solev' udir ch'

fosse per dolor

un

fiorentino

disperato

ched elli stesso si fosse 'npiccato,


si mi parev' un miracol divino.

Ed or m' viso che sia pi latino


che non sarebb' a un che solo nato
avesse tutto '1 di marmo segato,
bere pur un bicchier di vernaccino.
Perci ch' i' ho provat' un tal dolore,
i'
credo che la pena dlia morte

ch'

sia ciento milia cotanto minore.

Corn' ella sia cosi pessim' e forte

corne

'1

sonetto dice e vie maggiore,

far parer ch'

ammendi

148

du' ritorte.

Quniidn sfntiv;i dire ohf


ora

s'

tiorentino, per disperato

acooito cho ci piu naturalo di quel che sarebbo

11110

n<l

un

fosse ImpiooatO] gli pareva cosa miracolosa; nia

si

B,

ehe,

lu

solo, tutto

il

giorno, avesse segato marrao,

bere un bicchiere di vernaccino. Poich egli ha provato


un tal doloro che lu pan dlia morte crede che sia cento
inihi volt pi !itv<>.

corne dice

ilissiina,

KMtrar

1.

il

y'

J.

E bench

essa sia

:t.

I.

pessima e gran-

sonetto e pi ancora, egli, Cecco,

corne due ritorte, meglio che

nino da Ogni

ia,

il

una

sola, lo risa-

niait'.

una stoccata senese contro

la

vita ga-

grassa e spensierata dei tiorentini. Pi rabbiosamente


Lassate far la guerra a' Perugini
l'aitinelli
e voi
:

cntromettete dlia lana

(d.

Del Prte,
solo nato

s.
,,

e di goder e raunar fiorini

pagg. 78-9). - B "latino,, facile,


assolutamente solo. - 14 " aramendi .,
III,

149

Le

risa

in

pegrm

Per si gran somma ho 'mpegnate le risa,


che i' non so vedere com' i' possa
prendere modo di far la rescossa:
per pi V ho pegno che non monta Pisa.
Et si forte la mie' mente assisa,
che prima me lassarei franger 1' ossa
che ad un sol ghigno io facesse mossa,
tanto se n' da spiriti recisa.
L' altrier,

un

un

giorno,

me

svegliaimi; certo ancor

E
ch'

pare in un sogno

atto fare che rider valesse

dico fra
i'

me

stesso:

me ne

vergogno.

Dio volesse

fusse 'n chello stato eh'

ch' uccidere faria

i'

mi pogno

chiunca ridesse!

150

lin lpgnftte le risa par

mai

le

potr

rit irait

mm

somma

in nltre parole

il

cosi grossa che


suo stato C09l

Lnialioe, ohe prima d'attaggiar 1' labbra al aa sorriso si


lascerebbe spezzar tutte l'ossa. Vero che l'altro giorno,

in sogno, sorrise

dice

ma

Volesse Dio ch'

vergogna ancora

se ne

foaai in qnello stato

io

e,

fra se,

che desidero

Alloia ohtanqcM ridesse lo farei ammazzare.

"

la rescossa

la riscossione.

,,

oh non monta Pisa

,,

il

4 " per pi

1'

ho

valore dlia citt di Piaa


la quale ho messo In pe-

non ammonta alla somma per


" as9isa ,, abbattuta, prostrata. - H
gno il mio riao.
11
tanto se n' da' spiriti recisa ,, tanto s' la mia mente
-

">

allontauata dagli spirit


18

'

*n

d*l

riso,

dalla gioia.

l'al-

poco tempo fa, non so bene quando.


qnello stato ch' i' mi pogno in quello stato

un giorno

tri' r.

,,

di ricchezza e di flicita in cui mi pongo col desiderio,


col sogno - 14 " ch' uccidere (aria chionca ridesse ..
!

l'-

un verso che vale nno sgherro pugnalatore di Matteo di


(Jiovanni. (Vadi di quosto grande pittore, la Strage dei^l

lnnoeenti

in

S.

Agoatino

161

di Siena).

Minacce.... per vlzvz

S'

i'

fosse foco,

ardare' el

i'

mondo;

i'

fosse vento, lo tempestarei;

s'

i'

fosse acqua,

s'

i'

fosse Di' lo mandare' 'n profondo;

s'

i'

s'

i'

1'

annegharei;

fosse papa, sare' allor giocondo,

ch

tutt'

s'

fosse 'mperador, sa' che farei ?

tutti

S'
s'

i'

i'

cristian' imbrigharei;

mozzare' lo cap' a tondo.

similemente
S'

i'

fare'

da mie' madr.

fosse Cecco com'

torre' le
le

da mie' padre
da lui

fosse mort', andare'


fosse vita, fuggire'

donne giovan'

i'

so' e fui,

e leggiadre

vecchie e laide lassare'

15^2

altrui.

nnioo sonetto (riportato

<la tattc l'antologie) per


Cecco Angiolieri non quello d'un il'iliamo ci che ne acrive il d'Ancona
A prima
giunta si direbbe che parli un pazzo Caligola e in fondo
tioviaino al
un inuocuo Eliogabalo, amante solo dlia

1*

(|uuh>

il

nome

il

di

'.

j > i 1 1

oominciamento procde a rotti suoni, solenmugghio di tempeata dvastatrice,


rapido corne folgore, passando con forte crescendo da uni
sventura e da un eccidio all'altro :/ma la fine uno scroscio di grasse risate . Oaserva Attilio Momigliano (Italia
\

'-lutta....

Il

ninaccioao, quasi

Modem,

_'

Apzile L906]

a^neato non riso che si cuod uinorista che maschera il proA me, sembra, al contrario, che

ce, si lient' intingimi'uto


l'i

io tlolore.

Davvero

<

(Vivo, iin (jucsti qnattordid reni, buritcM, del resto bel-

non abbia proprio nulla da mascherare


emplioemente far ridere.

lissinii),

Non
imita

cosl

Cino da Pistoia che pure,

in

e voglia

apparenza, lo

Tutto i -h'altrui aggrada a

me

disgrada, - ed

emmi a nuia

monde.

Or dunquo cho

ti

piaoc

I'

ti

nspomlo

Quando

l'un

e spiace tutto
-

altro ispessa-

1"

mento ngghi:ula. M fini vedor colpi di spnd;i - aluni nel viso, e navi andare a fondo
e piaccrehbemi un Nron seconde- e ch' ogni bella donna fosse lada. - o sol mnlim -.>nia m aggrada forte
ftlolto mi spiace tlItg'MI e sollazzo
<>
tutM di vorrei seguiro un pazzo. - E farmi piacena di pianto corto tutti <nielli ammazzar ch* i' ammazzo - nel lier pensicr l dov' T trov.
:

morte.

il

ti

Qui peMimiamo iroso, foriiatimamtnte


nunilo. da un aomo di retto animo
;

Ceooo,

ipr

l,

nel son-

non pi che una trovata buffonesca.

153

oontro

la

mescolino....

L a n a
I.

Dugiento scodellin di diamant!


quadra Lan vorre' ch' avesse

di bella

ognuno

e dodici usignuo' ch'

stesse

davant' a lui facendo dolci canti;


e ciento milia
e tutte chelle

si

some
donne

di bisanti,

ch'

e'

volesse,

vorre' ch' a scacchi ogn'

uom

vincesse

dandoli rocchi e cavalier innanti.

si

vorre' la ritropia 'n balia

avesse chello a eu' tant' ho donato


in parole, che 'n fatti non poria.

Gh

abbo trovato

nel senno, che 'n lu'

ben
tanto pi quanto

co' la bellezza,

se

li

li

averria;

fosse 'n grato.

Abbiaruo visto e vedreino corne Cecco fosse donnaiolo,


scialacquatore, bevitore, giocatore e forse ladro

biamo rassegnarci a
domita.

giolieri

non

netti che seguono,

d'amieizia

ma

ora dob-

un

so-

da questo laido peccato, l'Ansalva. In questo e negli altri cinque so-

inutile cavillare
si

fare in lui la conoscenza con


;

non gi espressioni^ calde

sincre,

vero e proprio linguaggio amoroso, spesso

bestialmente infiammato, e sempre, per l'oggetto a cui


riferisce,

pi o

meno

lubrico e ripugnante.

156

si

9
-

" di bolla quadra ,, bene arrotati, bene sfaccettati


..
Lano di Squurcia Maconi. Quasi certamenta

Lan

Lano, messo da Dante nell' Inferno (XIII.

>|i.'l

Siint'

Andra

.'lli>

,n

" Lano, non

gioetre dal

si sa,

Toppo

_'.

fra

mentre correva, da Iacopo

prodighi, cosi apostrofato,

furo accorte

si
,,

Queste " giostre

nolla battaglia fra aretini e senesi,

le
,,

d.i

gai

furono,

avvenutn

Dal 1290 presao la Pieve del Toppo, nel contado d'Arezzo.

Di Lano, corabattente e morto nella detta battaglia, nar" Ricordandosi del suo misero stato e
ra il Boccaccio
parendogli graviaaima cosa a sostenere la povert, siccocdlui eh era uso d' esser ricchissimo, si mise int'r.i
oemici, fini quali, com' egli per avventura desiderava,
tu aooiao. - 5 " bisanti ,, monete cosi dette da Bisanzio
qui, per nioneta d'oro. - 8 u dandoli rocchi e cavalier in:

:i

ilandogli scacco matto. " Roccbi

(vicari o legati
,,
M cavalieri ,, sono denominazioni medievali
alooai dei pezzi che servivano al gioco degli scacchi.
-sera). - 9 " ritropia ,, o elitropia, la famosa gemma

nanti

,,

dal " re
di

,,)

lungo il Mugnone (Decameron.


Dino Compagni nell' " Intelligenza ,, Strofa 39* dice di essa che " l'a l'uom sano el
coallungali vita,
e strugge lo veleno e caccia via,
strigne '1 sangue ed molto chiarita
corne smiraldo
du cercava Calandrino

Giomata

\I11.

N'ovella III)

su' color verdia ecc.

,,

157

II.

Giugiale di quaresima

ail'

uscita

e sucina fra F entrar di febraio


e

mandorle novelle

mandar
ch'

i'

gennaio

amo

lui corne la

all ferro, ch'

Amor comanda
ched

di

a Lan, ch' gioi' compita;

i'

pi che neun uom la vita


mi tien per suo e so' e paio,
se ne potrebb' avveder Naio,

ed e'
ed e'
e vo a

va

vorre'

i'

e'

calamita
naturaltade

ch' tanta, che contar

ma non

vuol che sia


faccia per la sua gran beltade r
e cosi

non

si

poria;

dico cosi dlia bontade

ne del senno, per

ci ch'

158

mentiria.

Anche

qui,

come

nell" altro sonetto,

di cose rare a questo

pu

<;

Lano a

cui

troppo, gignifiofttiTft)

e paio

si

come

e si vedo bene,

vorrebbe far

sente spinto (nota la


la

calamita

al ferro

hiaramente.
appftriaoe
MVftdcc Nai<> .. Hho ai
Itft&o o un cieco o uno scemo ben conosciuto in Siena
ai ti iu]>i dol poeta. Cosi si spiegherebbe benissimo tutto
il
che verrebbe a dire " E del mio amore, o meglio
Iclla mia manifestazione d'amore per Lano, se ne potrebbe avvedere un cieco, uno scemo. E molto meno proba-

ed

e'

,,

se ne potrebbe

WM

ble, mi pare, la supposizione del Massera; per il quale


Naio denoterebbe una persona qualunque e cio un Tizio
o

un Caio.

"va

all ferro, ch' naturaltade

piccica al ferro per legge naturale.

158

,,

s'

ap-

Una

brutia rspcsta

Udite udite, dico a vo', segnori,


e fate motto, vo' che siete amanti
avreste vo' veduto fra cotanti
cotai ch'

ha

'1

volto di tre be' colori 1

Di rose e bianco e vermiglio di fuori


or lo mi dite, ch' i' vi so' davanti,
sed elli in ver di me fe' tai sembianti,
ched i' potesse aver que' suo' colori.

Noi non crediam che li potess' avre,


per ched e' non fece ta' sembianti,
che fosse ver di te umiliato

Sed

e'

nol fece,

i'

mi pongo a giacere

e comincio a far ta' sospiri e pianti,

che 'n quattro di cred' essar sotterrato.

160

domsada
ritto

un

Eatto

t.ili

Ix'llis.-uino

i-oloro clie

giovane

oangiamenti

ifllu

sono amanti

Eaooia,

hanno

se

abbia
speranza
N>i
rispoudono

qoale dinanzi a

il

da

lui,

<largli

potarlo possdera. E gli amanti


non orediamo che tu 1<> potn avre perch dinanzi a te
non si dimostro atatto umiliato. ... E allora, grida Cecco,

<ii

i. nii
batto in terni, e tanto piango e sospiro che,
Quattro giorni, credo sar n.l i-ain posante

A....

edioasione del lettore

rico di Ceooo, riporto qui, senza

e,

in certo

commento,

Ira

modo, a discale ultime due

un sonetto di Shakespeare
donna tu tbsti primamente creato, tinch
natura mentre ti plasmava, s' innainor6 follemente di te
e con un' aggiunta che ti fece mi defraud di te, poich
ti aggiunse una cosa per me inutile.
Ma poich essa t' arm6 pel godimento dlie donne, sia
mio T araor tuo e sia l'uso del tuo amore la loro delizia !!

strofe d'

Ad

esser

161

il

I'

so'

ben ferma

ben fermo 'n su quest' oppenione


non amar, aile sant guagnele,

so'

di

che sia 'n ver di me crudele,


non abbiend' egli alcuna cagione

uom

ma
di

chesto dico, senza riprensione,


servirti, ne ser fedele,

non

pu' che di dolce mi vuo' render


failti tu,

ma non

fle

hai ragione.

Da

ch' i' conosco la tu' sconoscienza


che tu ricredente contra me fai,

voglio arrestare di te mai servire.

Per

la

quai cosa

non

i'

credare' 'nsanire

gran penitenza
con essa avendo grandissimi guai.

se tu

n' avessi

162

quanto vero il vangelo, sono ben fermo (ben iinon amare un uorao (corne te) che, senza raotivo, mi si mostra crudele. E questo lo dico senza paura
di dovermi smentire. Io dunque non ti servir pi ne ti
aar t'edele poicb tu di dolce mi rendi amaro. Il cbe
(se ti aggrada) fallu pure, ma non bai alcuna ragione di
farlu. E poicb conosco 1' ingratitudine che tu, ricredendoti, usi verso di me, voglio cessare di servirti. Ma se tu,
per tal cosa, non ne avessi pentimento e insieme dolore,
Io,

aoluto) di

io crederci di

diventar pazzo.

4 - " cagione
senno

,,

motivo.

163

12 " insanire

,,

perdere

il

Corsa

Corzana

di

I.

Un

Corso di Corzan m' ha si trafitto,


che non mi val ciecierbita pigliare
ne dolci medicine ne amare
ne otriaca che vegna d' Egitto;
e ci che Galien ci lasci scritto

ho provato per voler campare


m' corne goccia d' acqua 'n mare,
tanto m' ha '1 su' velen nel mie' cor fitto.
i'

tutto

Onde

quasi al tutto disperato,


puo' che non mi val pi null' argomento;
so'

a chesto posto

Ch

so' chell'

che sia nel


chi

me

n'

Amor m' ha

uom

mondo

ha

arrivato.

che pi vivo sgomento


o che mai fosse nato
:

colpa, di terra sia spento.

164

Evidentemente a questo degenerato


variai-'.

Il

Corso di

Corzano,

sonrtto che segue, un altro


nimito da lui d'amor fraterno

di

cui

di

giovane,

Cecco piace

parla

si

di

qui e nel

pur troppo non

1 - " Corso di Corzano ,, Di questo taie non si sa nulla.


Corzano ern un piccolo comune del territorio eenese. M
2 " ciecierbita ,, Ignoro la virt prcisa di que-

st' erba.

" otriaca

,,

Vedi nota a

colpa di terra sia spento

,,

tribolazioni, sia cancellato,

chi

p. 00.

tolto

(Questa spiegazione del Massera,


disla

ma

a me,

si.)

165

14 " chi

ha colpa

di

me

n'ha

queste mie

dalla terra, sia ucci^o.


al

medesimo non

sod-

IL

In taie che

d'

amor

vi passi

'1

cuore

abattervi possiate voi, ser Corso,

men

e si vi pregi vie

e corne tosco
e facciavi

li

mugghiare a

del giorno corne


e,
il

vil

torso,

amore,

tutte V ore

mugghia bue od

orso,

come Y ebbro bee a sorso a sorso


vin, vi faccia ber foco e martore.

E, se
si

un

en'

siate in

mal

non

fosse ch'

direi e vie

al vostro gaio

i'

non

so' lasciato,

pi fieramente,

compagno

avvenente

che di bellezze avanza ogn' uomo nato;


ma si mi stringe Y amore 'nfiammato
che verso lui ho sparto per la mente.

166

ama due mMCihi

alla volta ed i 8uoi sensi ardono


Ser Corso che lo respinge, e perama " l'ainici6, pure amandolo, impreca contro di lui
co ,, di Ser Corso, e lo ama (sebbene, pare, non riamato)

Cecco

di bestiale lussuria.

Ama

cosi grandemente che non pu6 dirne tutto quel gran maie
che vorrebbe. Ce n' abbastanza, mi sembra, per attirarsi
Ht] i-apo, corne

gli

abitanti di

Sodoma

pioggia purificatrice di fuoco e di zolfo

4 " e corne tosco

li

siate in

amore

Gomorra, una

,,

in

amore, siate

a lui veleno, ossia: egli vi sfugga corne se foste veleno.


5. 6. Questi due versi pieni di lussurioso desiderio me
ne rammentano altri due, ancho pi lussurios, per una
tonna d' ossa e di polpe, che Dante scrisse nella magni" Cosl nel mio parlar vofica canzone che incomincia
u Ohim, percha
glio esser aspro ,,. E i versi son questi

non

latra

per me, com' io per

167

lei

nel caldo borro?

,,

5'

i'

veggia

'I

di

sia 'n

5iena

ribandita....

I.

Se Dio m'
s'

i'

aiti,

veggio

se dato m'

a soffrire

'1

aile

sant guagnele,

di sia 'n

foss' entro

mi parr

Siena ribandito,
occhio col dito,

1'

e miele;

latt'

e parr un Colombo senza fle,


tanto star di bon cuore giecchito
per ch' i' abbo tanto mal patito

che pietade

avrebbe ogne crudele.

n'

tutto chesto mal mi parrebb' oro


sed i' avesse pur tanta speranza
quant' han color che stanno 'n purgatoro

Ma

elli

tanta la mie' sciaguranza

ch' ivi farebb' a chell' otta

che babb' ed

i'

dimoro

sarem' in accordanza.

170

ContnuiuinfMtf n QjnaatO pensano il Massera e il D'An*


a ma pare che questo esilio non debba essere oft'utto <h rivato da discordie familiari, ma bensl da qualche
inalestro commesso da Cecco in onta alla legge, per il
<|iiale lo scape-ratn tu l.an-lito da Siena, dal governo di
qoella oitt. E vero che non vi sono ducumenti che comprovino U mia supposizione, ma neppur ve ne sono cho
comprovino L'altra. Del resto, non solo 1' ultima parola
dal secondo verso del sonetto: " ribandito ,, veniva usata
versi
a si:;uitieart> il richiaino di alcuno dai confini ma
'! dicono
chiaro che, se Cecco verra richiamato in patria fora da quel giorno in poi la persona per bene. Si
noti inoltre che in tutta la poesia non v' alcuno accenn<> alla famiglia corne causa dlia lontananza da Siena.
E M DttW dice, nell' ultima terzina, che ritorner quando
'^li e suo padre anderanno d' accordo; ci non che uno
oiiii,

<

argomenti per impossibilia usati spesso e voda Cecco e probabilmente non vuol signiticare che
questo: tanto facile clu; altri possa levarei a compassione di me cancellando il bando, quanto che io e mio

dai tanti
lentieri

padre possiamo mai intendt'iri.

" aile sant gaagnalc ., pav i Santi Evangeli


Se io vedr il giorno che io sia richiamato in Siena
- 3 - Se mi fosse dato col dit" in
un occhio, cio: se mi
venisae fatta vergogna - 5 " senza fle ,, senza veleno 6 " giecchito ,, mansueto - ! - tutto ci che ho patito

i-.i

esilio

mi

|iarrt.'bbe

oro.

171

n.

Con gran malinconia sempre


si

ch' io allegrar niente

ist'

possomi;

o lasso, perch ci m' avien non


Potrestimen atar, cotai, mi di' ?

so.

Deh fallo, senza 'ndugio, se puoi, mo',


ch '1 bisogno mostrar non possoti
ch mille mort' el di, home, e pi fo
per di confortarmen piacciati.
:

i'
non pera 'n taie stato qua:
ch lo tuo consiglio i' chero 'n f,
ch l 'nd' i' venni possa reddir l.

Si ch'

Assai di ci far pregone te,


ch '1 pensero si forte giunto m' ha,
ch' altro

non

faccio se

172

non

dire:

Ohml

E vidente che anche qoMti vorsi, corne gli altri, t"urono srritti d Cecco nell' esilio. Qui egli si raccomanda
al un ivmico pregamlolo d o.nsigliarlo sul modo di pot

tornare

--

_'

patria.

in

nii
poMO
pOMOm)
modo aiutanni V
..

in ((imlclif
i

,.

non

ti

posso

IVr non prira jwo,


sinceraintMitc
l d'

il

il

diinini,

,,

potresti

ora

tu,

G " non

8 " piacciati ,, ti piaccia - 9. 14.


questo misero stato, io chiedo
affinch io possa ritornare
prego di farlo, perch si forte
dover rimanermene in questo

tao consiglio

onde venni.

mi angustia

in

5 " mo'

anzi

ti

penaiero (di

luogo) che non tb altro che lamentanni

173

"

Poert m'assale anzi ch'

cio al lEvare, a!

mangiare

I*

sia corcato:

e al

dormire

Consigli al pavera e al ricco

In chesto mondo chi non ha muneta


per forza necessario che si ficchi
un spiedo per lo corpo o che s' impicchi
se tanto savio che curi le peta.

Ma

ha pieno alla galleta,


posso
dir per micchi,
nol
avegna ch'
di ci trabocca nente men picchi
chi lo lo staio
i'

per su' argento che fa Y

Ancor
che

1'

uom

poeta.

ci ha altro che detto non abbo:


ammalato si fa san venire,

terre tenere a chel ch' io vi dirabbo;


'1 mercennaro si fa 'ngentilire,
buon, saccente e cortese: s' i' gabbo,
si prego Dio che mi faccia morire.

176

qaeato

1 1

dbilfl ila

necessario che

tori,

itrangoli.
1*

orlo,

a
i

mondo, chi non ha

qtiattrin!, se

vivere aOgOBtiatO per le richieste dei

Ha

ohi

si

ha

tanto
credi-

un

ticchi

lo staio

spie.de in corpo o ohe


pieno di denari fino al-

non
mo-

tanto che gli trahoccano (nonostante che ci6

ilir

Cecco per

tuttavia su ciascuna

se) picchi

par fa ri a dilataro e ritagliarla; perch

denaro

il

fa

oaatar dalla gioia. Ec' altro da dire che non ha detto:


guarire (come
11 possedere dlie terre al sole fa perfino
diinostrera) gli aininulati; e 1' uomo di vil condizione fa

talmente ingentilire, che diventa buono, sapiente ecortfse. E se egli, Cecco, scherza, prega Dio che lo levi dal

mondo.

4 - " le peta ,, le richieste, latinismo, da " petere


" galleta ., misiira truinciitaria e vinaria. " Pieno alla
galleta .. pieno fino alla miaara - (! " per micchi ,, lat.

miohi.

Per me.

7 " nente

men

picchi

..

Questo

pic-

ohiar la inoneta, consistera nel ribatterla, senza alterarne


l*

impronta, sul " trabocchetto

,,

(istrumento

pet farla dilatare e quindi diniinuirla


appariaae, ritagliandone

dnnque ana
,,

nmno

uopo

orlo divenuto pi grande.

firoda (esercitata

d' oro) e punita perfino

ro

ail'

modo che non

in

con

specialmente
la tortura

12

sulle

Era

monete

" mercenna-

di vile a tiare.

177

19

misEria

dlia

Effefti

La poart m' ha si disamorato


che s', i' scontro mie' donna entro
a pena la conosco 'n fede mia
e

'1

nome ho

da F

la via,,

gi quasi dimentieato

m' ha

cuor si agghiacciatc*
che se mi fosse fatta villania,
dal pi agevol villanel che sia,
di me non avrebb' altro che '1 peccato.
altra parte

Ancor m' ha
ch
che

tal
s'

Ond'
che
si

'1

i'

s'

fatto vie pi

soleva usar
i'

1'

'1

pur miro

sozzo gioco:

meco a
si li

diletto

paio

un

fuoco.

motto aver per detto


dovesse stare con un cuoco

vo' chesto

uom

dovria far per non vivarci bretto.

178

Da dm parte, la miseria gli ha tolto cosl benc dal


capo ogni grillo amoroso, che se scontra la sua donna ptr
la vin, a mala peua la riconosce e quasi non ricorda pi
neppore il nome di lei; dall' altra, 1' ha reso cosi vile,
che il pi sciocco villanello del mondo, potrebbe impusolo
ma se egli (ora che disolamente alzare gli occhi
un amico dm tempi felici, questi scappn come avesse dinan/.i un i'uoco acceso. Onde, conclude: se taluno dovesse
lu'inrnte oflenderlo.

nnnto

scegliere tra
lo sguattero,

anche

Non

niiserabile) osa

il

non avre

il

becco d' un quattrino o far

dovrebbe per non avre

le

tasche vuote,

l'are

lo sguattero.

5 - " m' ha '1 cuor si agghiacciato ,, m' ha trasformato


sangue in acqua, mi ha reso insensibilo aile offese B
" di dm DOO KVrebb' altro che '1 peccato ,, non avrehbe
a tcmere, per avermi offeso, che il peccato commesso, non
alcuna reazione da me.
9 " Ancor m' ha fatto v
QOO giuoco. ,, Ancora una pi brutta conseguenza n'
derivata. - 18 " stare con un cuoco ,, stare in cucina sottoposto ad un cuoco, cio, far lo sguattero - 14 ,, per
non virarci hretto per non vivere miserabilissimo.
il

179

fimore e miseria

so' si

dlia

magro che quasi

persona no,

ma

traluco,

dell'

avre

ed i' ho tanto pi a dar che avre


che m' riraaso vie men d' un fistuco.

Ed mmi

si turato ogne mie' buco


ho po' che dar e vie men che tenere:
ben m' ancor rimaso un tal podere
che frutta V anno '1 valor d' un sanbuco

eh'

i'

Ma non
che
per

s'

me

i'

ci

ha

forza; ch'

so'

i'

sare' 'n

poco tempo assommato.

Or mi paresse almeno pur

Ma

'nnamorato

avesse pi or che non sale,

com' pi struggo pi

di voler far di

nuovo

far

capitale.

180

maie

so' avviato

magro, non dlia persona,

si

fatto traspanntt

i|ii;isi

tantn

ma
bft

av. rr. c1h> hi sua proprit ridotta a

glinool.

tantfl gli s* riturato

<li

che

qu.ittrini,

pi da dare

meno

d'

cl

una pa-

ogni provento, cho

lia

poco da dare e meno da serbare; se ne togli un podere


che gli rimasto il quale l'rutta annualmente il valore
tV un sambuco. E non v' rimedio; perch accecato corn' dall' aiuiiro, anche se possedesse pi oro di tutto il
sale che nel mondo, in poco tempo gli darebbe fine. E
almeno riconoscesse il proprio torto Ma pi ne macina
pi ne desidera por... tinirli di nuovo.
Di qutto sntwtto si appropria il lUtrchiello, raf/
nandoio mi ptoo ad aggiumgenddvi nna roda di tr>
l'<<//' /' rdizionc dlie
rime del Ilttrchietlo, curata dot
Lasca, Firenze, Giunti, 1552).
!

" listuco

MBabuM,

pianta

,,

t'estuca,

dlia

pagliucola

famiglia

oui legno, di nesaun valore,

dlie

8 " sanbuco

capitbgliacee

leggerissimo, tutt'

,,

il

anima

9 " Ma non ci ha forza ,, ma non c' forza bastante


che possa opporsi alla mia rovina - 11 " assommato ,,
consuiiiato - 18 " so' avviato ,, sono sulla strada.
-

181

fingustie

non

Dio pruovare
che del poco voler fare assai;
e se tu mi domandi
come '1 sai ?
perch 'n denar mi veggio menomare
chi nol sa

lasci

e nelle spese cresciere e montare,


sed io onore ci voglio giammai;
di' dunque, smemorato, or che farai ?
se fosse savio, andrestet' a 'npiccare.

Non

aspettar che tu abbi assommato,

ch troppo ti fia peggio che '1 morire


ed io '1 so, che vegno dal mercato.

Ch

'1

men

tre volte

'1

di

poart m' assale anzi ch'

veggio avvenire
i'

sia corcato,

mangiare e

ci al levare, al

182

al

dormire.

E povero e nonostante vu<>l ti^urare. I denari ogni


scemano e le spese gli crescono. Che torraenMeglio 6arebbe per lui, como ha gi detto altra volta,
lo
inipircaisi: peroh il suo stato questo: Speranza di mettere assieme non ha, e almen tre volte al giorno (quando si leva, quando si mette a tavola e quando va a letto)

iiorno gli
!

ferooementC assalito dalla mi.seria.

" che

,,

che tortura

,,

sed io onore ci vo-

mantenere il mio decoro - 7


11
8im'i;n>nit(> ,, intVlice - i> " assommato ,, messo insieme - 10 " che troppo ti fia peggio che '1 morire ,, ch
ti Mi OOM
pi penosa che il morire - 11 M che vegno
tlal mercato ,, che son passato da quella via, che ho proglio giaimni

vato ci
\>nire

,,

,,

se io voglio

12 " che

che almeno

'1

nien tre volte


tre volte

al

cio.

183

'1

di

'1

veggio av-

giorno vedo avvenire

Prndigalit

In una ch' e' denar mi dnno raeno,


anco che pochi me n' entrano 'n mano,
so' corne vin' ch' dn' part' acqualeno,
e so' pi vil che

non

fu pro' Tristano.

'nfra le genti

se avvien talor per avventura

vo col capo 'n seno


pi vergognoso ch' un can foretano;
e per averne di e notte peno,
ci in modo che non sia villano.

ch' alquanti

me

di chelli fo si

ne vegnon uncicati,
gran manicatura,

i' gli ahbia so' quasi lograti


ch non mi piace '1 prestar ad usura
a mo' de' preti e de' ghotton frati.

ch' anzi ch'

184

Montra
pochi

btagt
<>

pi

tfli

vengon mono

paaaino tra le ma&i,

gli

ancorch

qualch'

corne vino

che con-

denari,
<-^li

il' aoqua (oio privo <li (|iiulun<iue energia)


quel oha Hun tu prode Tristano. E va, fera

(lue parti
vil*

<li

vergognoso d' un cane forestire- e, pa> a\- t


pena giorno e notte, sebbene dignitosam-iit.-.
Ma se talvolta gli accade di poterne un pochi aggranflare
(ruliaroVi ili i|iulli t'a taie sperpero (ovvero una cosi grossa
pappata) che quasi aoa gi consuiuati prima che gli entrino iu taaea* Poioh a lui non piace il prestare ad usina
la gent) pi
liuittiiiii.

come fiUUM

pri'ti

" mi dnno

qnaleno

,,

qm'it'llo

.,

eapidiaaixni

meno

,,

t'rati.

mi vengon meno

8 "

acquoso, annacquato, torse lo stesso che


-

56

Due

"

acac-

verai che rappresentano mirahihncntf

la rargogna di Cecco. Pensate ad un povero cane a]


Lj pasche atttavtrsa la via d' un paese o d' una
a rapido, t'ni la gente, sospettoso e quasi vergognoso, con

la

coda tra

le

gambe

muso basso

il

1'

occhio

Cecco - 10" nul'icati ., anoioara ad uncinare


rubare con violenzi
che questo dunque t'aceva Cecco V - 12 " lograti ,, logorati, consumati - 14 " ghiotton frati ,, t'rati cupidi, aviili.
Forse pensava al Gamlfiite.

mente guardingo.

Taie,

quando

povero,

1S5

Uecchia saria

Cosi 1' uorao che non ha denari


corne F uccel quand' vivo pelato

uomin di salutarlo li so' cari,


com' un malatto s' il veggion da

li

pomi

E' dolci
e ci ch'

per

lu'

elli

Un

li paion amari,
ode e vede li disgrato

ritornan

or chest'

'1

lato.

li

corles' avari

secol del povar malfato

rimedio per lui in chesto mondo


e' s' affoghi anz' oggi che domane,
:

Ghed

ch fa per

lu' la

morte e no'

la vita.

Ma a que' ch' ha la sua borsa ben fornita,


ogn' uora li dicie: - tu se' me' che '1 pane;
e ci che vuol corne mazza va tondo.

18G

J'

L' uomo che non ha denari nella stessa condizione


un oeoello pelato vivo. La gente avaraa lui di saluti

e se lo rigira
lui
gli

il'

paiono ainari

intorno volentiari corne un


i

adevole

lebbroso.

dolci pomi, e tutto ei


;

non

solo,

ma

che ode e vede


perfino coloro che gli

tempo felice, ora (sapendolo


terabile) diventan sordidi. Or questa la leggiadra vita
di ohi 6 nato con la Ventura addoajo
Yero che c'
par lui in queeto mondo, un rimedio: ed che s' affogl
cortesi di profferte nel

prima oggi che domani; essendo per lui pi conlacente la


morte dlia vita. ICentre a quegli che ha la borsa piena,
tutti dioono
tu sei meglio che il pane!, e tutto ci che
vuolfl gli va per il verso.
:

'

sgrato

,,

Cari

..

avari

diaaggradavole,

'

malatto

faetidioeo

lebbroso - 6 u di,,
8 " or chest' '1 se-

povar maltato ,, or questa la vita (1' esistenza)


povero malfatato (sventurato) - 14 " e ci che vuol
oome masaa va tondo ,, e consegue ogni suo desiderio e

ool

*.!

*-

Ici

si

za.

t'a

largo corne chi, tra la gente, rti a tondo

Forse

un modo

dire

di

od un

immagine

una

inaz-

Cecco
quali usano taldi

suggerita dalla viata dei saltimbanchi, i


Volta, per acquistare uno spazio circolare libero pei loro
M'hi, di andare a torno, facendo rotare, a poca distanza

una mnzza, oppure una palla, di


ad una corda.

dal naso degli spettatori,

tVno

o di legno legata

187

Quzl giorriD

Ogne mie' 'ntendimento mi recide


el non aver denaro 'n cavaglione,
matto corn'
pregando morte

e vivo

uom

per

ch' 'n pregione,


di',

or m' uccide

'1 mondo mi
i' n' ho tutto
ed ogne cosa mi va a ragione,
e so' vie pi ardito ch' un leone
ben tegno fol' chi da se li divide.

e quand'

ride,

Ma

s'

ben

a chi

i'

veggio ma'

'1

di ch'

i'

ne raggiunga

lo terr pi savio che Merlino


i

dena' mi trarr dlia punga.

gavazze parr fiorentino,


i'
li riponga
puo' che m' mess' a trentun Y aquilino.
di

e parrami mill' ann' ch'

Il

gno

non aver denaro

Cecco
gione e prega
di

in saccoccia, rende

e lo fa viver disperato

vano ogni

corne

chi in

disepri-

morte che, per 1' amor di Dio, 1' ammazzi.


Viceversa, quando ha le tasche piene gli appare tutto il
mondo sotto 1' aspetto di un immenso, gioiosissimo riso;
ogni cosa gli va per il verso e si sente pi coraggioso di
un leone. Dunque, conclude, io stimo hen folle chi d
fondo ai denari. Ma se egli potr vedere il giorno che li
xaggiunga, reputer pi sapiente del mago Merlino chi
la

188

riuaoir a strapparglieli dalle mani; e sar


(liviTtimciiti

ohiudere

oome un timvntino,

non

vago

di costosi

purr vero

gli

di

rhiave nello scrigno; poich


aquilino lia Imttuto il tientuno.

Ballodati denari

dalla sua borsa,

I*

- "
Ogne mie' 'ntendimento mi recide ,, - taglial'ali
^ni mio deaiderio - 2 " cavaglione ,, scarsella, tadelle bruche - 8 " matto ,, bnpaaito dal dolore - 5
quand i' n' ho tutto '1 mondo mi ride ,,. Richiama,

11

antiteticamente, alla

" Ci6 ch'

memoria

il

divino emistichio dante-

vedevo mi sembrava un riso - dell' Uaiverao


6 u a ragione ,, corne deve andare, per il verso

:
nia s' i' veggio ma' '1 di ch' i' ne raggiunga ,,.
limo: quasi \{ desse dietro e quelli continuamente

sco

io

- 10" pi
u saviomago,,

BfaggiBBwro, nell' atto stesso d' aggranfiarli

i;li

io

mi

di

1"

Merlino

,,.

Il

l'Arosto de9crive la tomba, al principio del IIIcant<

Furioso

'

(Itl

pi sapiente

..

,,.

Nacque, secondo

le

antiche cronache, dal

un incuba 000 una religiosa, figlia di uu re


ddla Caledouia. Alcuni lo ritennero
di Sooiia, nci mont
un lanto inspirato dal cielo, altri un mago od un incantatore. I>i lui molto 8i parla nei poemi del ciclo d' Art
i>i estesamenta in una vecohia opra intitolata: " Pro-

connubio

phetia anglicana Merliai,


<

intVivdo

1608

11

mi,
i.

vuticinia

paon che glie li portin via gavasse parro Horentino ,,. Ironicamente. Altra

nel pugno, per


di

stoccata senese, ai fiorentini, qui tacciati di


>*
:

1*

che m' messo a

aquilino i.moneta,

qnila,
tu to

il

et praedicationes,

Monomatenai latine cou versa, ecc. ,, Francoforte


" mi traira dlia punga ,,. Gli terra chiusi stret-

ma

come

trentun
si

di-<st<,

1'

sordidi

aquilino

ooo

1'

,,.

impnmta

Poich
dtdl'a-

qui nel semplice significato di denaro) ha bat-

tivntuno, se n' fuggito dalla

189

mia

borsa.

Begattelle

Di tutte cose mi sento fornito

non

alquante ch'
corne di calzamento e
se

d'

Di ben vestire

i'

i'

d'

non metto

cura,

armadura.

so' tutto pulito,

e co' denari so' si mal nodrito


pi ch' i' del diavol di me han paura.
Altri diletti, per mala ventura,
pi ne so' fuor che gennai' del fiorito.
:

Ma sapete di ch' i' ho abbondanza?


Di ma' desnar con le cne peggiori
e maie letta per compier la danza.
Gli altri disagi

non

conto, segnori,

che troppo lunga sarebbe


chesti so'

nulla appo

la

stanza

gli altri

190

maggiori.

I>mi

fornito

>li

tutto, se ne toglialcune bagattett aile

quali nuii d importons*. E oio: Calzamento, anniituni,


(..il

de!

h&nno pi paura di lui oke


eh* Ciennaio dalla
compenso ha mol ta abbondanza di cattivi

reatire r denari. Qnetti


I>iavolo.

Di

Primavt Ta. lu

nltri dilctti pi l'uori

tutti ion gli


avauzi dfllo peggiori cne e, per
:i altri disagi
eompirc il
(q
clic ha uuiniuati ion nulla in conironto al resto) non conta,
pcr non farla troppo lunga.

lfsiuaii

5 - " e co' dennri so' si mal nodrito ,, e di denari,


OU nutrito, son piouo, cotl maie - 13 " la stanza ,, la
" Poich altrimenti saHtrot'a. Tutto il verso vuol dire
rebbe troppo lunga la strofa ,, cio, non basterebbero i
:

limiti naturali del aonetto.

191

Miseria z PilDsnfia

F ho
ch'

si

si

poco

non

di chel ch'

so chi

'1

i'

potesse

vorrei,

menomare

che del contraro par non trovarei


ch

mi poss' un cotai vanto dare,

s'

i'

gocciola
si ch'

che,

i'

s' i

andass'
d'

al

mar non

credarei

acqua poteivi trovare

oggimai in sul montare,


volesse scendar non potrei.

so'

Per malinconia non prendaraggio,


anzi m' allegrer del mie' tormento
corne fa del

rio,

tempo

1'

uom

Ma

selvaggio.

che m' aita ? sol un argomento


ahbo udito dire, a un uomo saggio,
che viene un di che val per pi di ciento.

ch'

i'

192

Il

si

poco

di

(|iit'l

chc djttidMC*

basso uon puo scendere.

Ma

conico. Olroondato da tutte


d

clie

nossuno potrebbe

tngllergli pi nulla; caduto tunto iu basao che pi

OU

proprio tonnento

come

non per questo sar malinU>

il

tut ditgrttit, si rallegrera


selvaggio dlia cattiva sta-

t'atale che debba venire anche


giorno che vale per pi di QfKfcp

gione. Tanto
<|iitd

per

lui,

4 " che del contraro par non trovarei ,, non troverei


pari a me nolla conti-ariet - C09I, erroneamente,

uno

spiegato nel Manuale dlia


cona. Beat tarant

il

lett. ital. del

Massera: "

Non

Bacci e D' An-

troverei

fosse tanto fogtuurtQ quauto io sono infelice

,,

uno
7.8

clu>

Dieu

imnicamente: " Orainai son tanto in sul raontare che, se


volessi,

non

potrei scendere

,,

Cio:

La sfortuna mi ha

che pi gi non posso andare - 11


'
OOUM fa del rio tempo 1' uom selvaggio ,,. E una comparazione molto U9ata nella lirica provenzale ed italian:i
dtl Iftdio Kvo. Itiporto un esempio di Chiaro Davanzati:
" com' uom salvagio, - c nel cantare tanto si rambalglia
- quand' ha rio tempo ch' atende lo bono
(Posie pre,,
dantesche, con prefazione di Giovanni Bertacchi, Sonzogno) 14 u che viene un di che val per pi di ciento ,, Si-

messo tanto

in terra,

milmente, Guido dlie Colonne o Mazzeo di Riccio da Mesun giorno viene che val pi di cento ,, (Vedi Massera, note ai sonetti di Cecco, op. cit. p. L28).
sina: "

193

13

Uita milifare

venuto di schiatta di struzzo,


Tiell' oste stando per la fam grande
ch d' un corsetto ho fatto mie vivande,
mangiandol tutto a maglie e a ferruzzo
so'

che non mi vien puzzo,


pi abboccato che porco aile ghiande
s' i' ho mangiato i panni, el ver si spande,.
ch' i' non ho pi ne mobile ne gruzzo.
e so'

si fatto

ma

Ma

rimasa una gorgiera


m' ha a dar ber pur una volta,
e mandarolla col farsetto a schiera.
e'

mi

la quai

La

ma

lancia
'1

non

vi conto,

ch m' tolta

tavolaccio con la cervelliera

mi vanno

'n gola, e gi

194

dnno

volta.

inostra eloquentemente quale


Cecco dlie armi affidfttegli in dilesa
si
rit'erirebbe, secondo suppone il Massera,
Ailla iat tia
al MrrttO militait prostato dal poeta nel 1' assedio di

Qneato sonetto

(clio ci

t'acesse

us.,

Turri. in Maienniia.

_*.

1.

">.

1.

1'

anno

1281.

" Stando nell' assedio, a causa dlia gran

<li
razza di struzzo. ]<eich, maglia
ferrnno par femuao ho faito d' un corsetto (coraasa] il mio cibo ,,. Viml dire, scherzosamente, cbe
al modo degli struzzi lui mangiato il ferro; ossia, che ha
VandutO, a un po' per volta. tlltto il t'erro dlia corazza per
conij iramri da uiangiare. - 5 u e so' si fatto che non mi
vicu poaso ,, - e son divenuto taie, per la fam, che ormai noaatlTI puzzo di cibi, pessimi o andati a maie, mi
voluto
Ma non ci sarebbe da stupirsi m
stomaa.
diiv. tnvece, qnaat' altra ooaa: " Tanto patisco la fam
che onnai. non mangiando, non mi vien pi nemmeno
puf/> da qaalla pacte.... che precisamente 1' opposto
dlia booca - 7. 8 e che per mangiare ho venduti anche i
pauui. lo dite il latto. da tutti risaputo, che non ho pi
ne iiiduiiunti n niiattrini. 9. " gorgiera ,, annatura che
aopre la gola - 10 " m' ha a dar ber ,, vendendola - 12
M che m" tulta ,, dal nemico V o da qualche compagno
d' aima pi aliamato di lui V - 18 " il tavolaccio scudo

t'uiuc

(livtiiiitu

par maglia

>

18

Pi

<

ivelliera

mi vanuo
clic

arma ditensiva per coprire la testa dnno volta., Bellissimo.

'n gola e gi

angiolieresca,

una pennellata rabelaisiana.

195

Mi

u data

per mie' risarazion moglie che garre

da anzi

'I

dl

Enfin*

al

ciel

stellato

Miserie z astid

La

mi richer per figliuolo


F appello ben per madr mia,
ingienerato fui dal fitto duolo
e la mie' balia fu malinconia.
ed

stremit

i'

le mie fasce fuoron d' un lenzuolo


che volgarmente ha nome ricadia;
dalla cima del capo 'n fin al suolo
cosa non rgna 'n me che buona sia.

Puo' quand' i' fu' cresciuto, mi fu dato


per mie' ristorazion moglie ehe garre
da anzi '1 di infmo al ciel stellato
;

paion mille chitarre


a eu' la moglie muor ben lavato,
se la ripiglia, pi che non '1 farre.

'1

su' garrir

198

Le quart ine sono cupamente


queato fraquente

lu

ehe.

tragiche; le terzine eomi-

accoppiare

meacolare la tra-

gadia alla fana, oonaiate prinoipftlmeata la bella original


(Ycco.

li

1.
!..

ii

La iniscria mi riohiede per suo figliuolo ad i<


nia madr - 6. "ricadia,, noia, maleaaero

ihiiinio

la

" dalla aima dal eapo 'n

7. 8.

'n

me

11

dira

fin al

suolo

cosa non rgna

ohe buona lia. .. Par ohe, guardandoai, abbia com


mi fu dato ,, passione e ribreaao di a Duadaaimo ''.

che

<l<i(".

oaaerva

il

padre, o per cupidigia

il

a creder

D' Anona, porterebbe

o per

domare

1'

indole ba-

lioaa del gicviintto, lo accaaaaae sollecitamente


'1

dice d'

19

paion mille cliitarre ,, Piero da Monterai-poli


un cavallo: " Ancor rai spiega perch '1 corpo
del caval, quaudo trotta per la via - ch' e' par

su' garrir

an

che gli abbia in corpo le chitarre. - (Sonetto inedito


oha trovaai nel Codice Chigiano) - 13. 14. Colui al quaJa
rauore la raoglie, ae la ripiglia, pi lavato (di aeuno)
oha non

lo atretto di

Ifeaeina daJ tint t i.

L99

La maglie

masserizia

e la
I.

Per ogn' oncia di carne ch' ho a dosso


e' ho ben ciento libre di tristizia

non so che si sia a dir letizia,


cosi mie' donna mi tiene a descosso.
e

E par

ch' ella

quando me

me

franga

dice: - fa

d'

osso in osso

ben mas^arizia,

e puo' denari te dar a dovizia

anzi vorre' essar


E'

se

gittat'

un

fosso.

non m' viso che sia altro inferno


non la massarizia maladetta;

e pi

mi spiace che

'1

piovar

Ma

d'

inverno.

quale vita santa e benedetta


i gran medici di Salerno ?
S' tu vo' star san, fa ci che ti diletta.

secondo

200

44

te ?

Or mogl'

t'

vo' coin'

Ora V ha presa, ma,

i'

odio

'1

godeir

urda-

ira le due, ibrse eranu-^lio

h.-

ayesse sposato Becchina. Questa che lia tolta, lo tien cortHsiuio a denari e, non contenta, jua-^i ppr ischemo, gli

canta su tutti

toni

che

tiri

risparuiiare.

Per Cecco

tutto ci pi triste e iastidioso d1 un lungo seguito di

pioyigginosc giornata invoruali. Oh il verace precetto dei


grau uu'ilifi di S.iN rn> ' Chi vuol pace e salute si dia
!

bal

tempo

,,

1. 2. Ni'i l'riini du.' versi del sonetto a P. 50 sci


eontro Beoehina: " Oncia di came, libre di malizia, perch dunostii clit'l rlie 'n cor non hai V ,, - 4 " a deiu privuzione - 6 " massarizia ,, risparniio - H
,,
i

44

gittat' a

44

e pi mi s])iace

ione

11
un fosso ,, Vedl DOtfl al sonetto a P. 9(>
che il piovar d' inveruo ,. Rende a
-

il

factidio e la uoia

di

Coco

12.

18.

Fumiu. (iilViisissiuii durautn tutto il lledio Ere j^li aforismi dlia clbre scuola modica sahu-nitaua. Il Massera
ne riporta quattro; ma io mi limito a questo solo clic mi
ambra il pi vieino al concetto espresso da Cecco:
rittu exultaaa lacit ut tua floreat aetas

,,.

II

In neun modo mi poss' acconciare


ad aver voglia di far massarizia:
e non averia '1 cuor chella letizia,
che,

di volerla fare,

non mi turbi com' uom novo 'n mare;


corpo mi s' affizia,
V anima entro
di crucci e d' ira ho tal dovizia,

ch'
e

quando penso

i'

'1

che ben ne posso vendare e donare.

uom dar del capo al muro,


ma, se non vien dlia propia natura,

Assa' potrebb'

niente vale: 'n mie' fede

E non

vi

ch, corne

'1

vi giuro.

paia udire cosa oscura;


'1

sagrament' stato puro,

cosi abb' io 'n mie'

donna ventura.

202

Qaando

Inutile.

ati

voglia di provarti a fare

aato con

mani

le

bnoatfl.

economia! Ti provi, o

hai

subito

o fuor d' acqua; e t' aftliggi e t'arcapo nel muro tanto ti metti contro
alla tua propria natura! Qaesto, ia sostnn/a, dire Cecco;
iggiunge: Dal gi detto, ne driva, (<> mn vi paia udire un enigma, lu o, corne fu pura 1' ostia consacrata
che trangugiui. apoaando, cosi ho avuto fortuna nella mia
donna. Ossia La mia disgrazia, per essermi ammogliato
e dareati

r.ililii

il

COD

iiiui

grande quanto

tant.)

B
rn'

megera corne quella che mi sta

" non mi tuilu

uom nnovo

maro

1'

s'

'n

mare

affilia

.,

d' intorno,

ostia sacramentata puni.

non

..

,,

'

nii

pigli

corne chi
atlligge.

*Y.\

il

capogiro

non

B " co-

mai stato in

dolce meta

La

donna escie la man del letto


ha posta ancor del fattibello,

Quando

mie'

che non

s'

non ha

nel

che lungo
cosi

ha

mondo

liei

laido vasello

si

non paresse un

diletto;

viso di bellezze netto,

'1

fin ch' ella

non cerne

col burattello

biacca, allume, scagliuola e bambagello:

par a veder un segno maladetto!

Ma

ch' ella

che di

non

liscio

smisurato,

uom

che la veggia 'n chell' ora,


nol faccia di se 'nnamorato.

E me ha
se

un

rifassi d'

che non

ella cosi corredato,

null' altra
di lie'

cosa metto cura

ho

ecc'

204

uom ben ammendato!

solo ilunque la moglia di Cecco , corne queeti

ha

avara ma, <|uaml<> iiuii lia il visu


imhollettato, (e se lo imhollotta cosi bene che chi la
a (|iiel modo dipinta se ne innamonO tanto laidamente
luutta, che pare un' orribile cosa maledetta. Nondimeno,
anche cosi ben corrednto oom , egli non ha cura se non
di loi. Ecco dasqoa un uomo QB4 limilmente paga 1' amtfotto avunti,

litigiosa e

menda

dei propri trascorsi

"

i'attibello

belletto

nella ina edixione dei sonetti

3 " vasello

,,

il

Massera,

ha " visello, ,,
maniera 4 " che
u tin ch' ella non

di Cecco,

ma non mi pare accettabile in mwmia


lungo liei ,, che in cont'ronto a lei - ti
ccnio col burattelln ., lin che non staccia col burattello.
Hurattello, piccolo buratto, staccio. - 7 " biacca, allume,
scagliuola e bambagello. ,, Biacca, per simulare la carna-

biaiua; allume, astringente, per le grinze; scagliuo-

composto di gesso e di polvere di marmo; bambagello,


pezzetto di panno bambagino per darsi tutta questa roba
sulla faccia - 8 " un segno maladetto ,, una piagamaligna - 9 " liscio ,, materia colorante con la quale le donne si studiano di rif'ar belle le carni - 14 " ammendato ,,
emendato.
la,

205

Il

conscIatorE

Tutto chest' anno ch' i' mi so' frustata


de tutti i vizii ch' i' solea avre,
non m' rimasto se non chel del bere,
del quai me n' abbi Iddio per escusato.
la mattina quando so' levato
corpo pien di sal mi par avre;

Gh
el

adunque di': chi


de non bagnarsi

si

poria tenere

la lingua e

'1

palato?

E non

vorria se non greco e vernaccia,


ch mi fa maggior noia el vin latino,
che la mie' donna quand ella mi caccia.
1

Del ben abbia chi prima pose '1 vino,


che tutto '1 di mi fa star in bonaccia:
i' non ne fo per un mal latino.

206

Questo

essersi privato DOX

un anno intero

di

tutti

vino probabilmente la conseguenza


giadizio, dei cresciuti bisogni fainiliari

vizi nir Infnorl de!


d'

un

',

pi che altro,

pi>'

di

i*i

dlia

dcliziosa

moglie

Non

donne,

stecchetto. Povero Cecco

ii

non pi gozzoviglie. Solo, qnando


pieno di sale,

gua

,,.

Non

si

il corpo
" la lin-

pre avre

piacere innocente di bagnarsi

il

palato

'1

^li

lo tiene a
non pi giuoco,

che

potrebbe essere pi virtuosi di

'

ooai

smivtto

che dimostra

irormut

Si

c/ie

secolo
t

se

frnetatb ., mi sono privato


non greco e veniaccia ,,. Cio,

sct'lti

"il vin

tutto

'1

dl

ml

mal

latino

miei

vizi,

ml

" mi son

non vorria

il

rif'aci nn'iiti

dovtttt easer molto popoiart

,,

mi

vino, che

hitiiio

fa itare

in

,,

il

vin coniunc

bonaooia;

che ormai. tenendo

il

XV:

il

di/fuso.

vini

"

rari,

18.14 M cbe

fo pero an
posto di tutti gli altri
-

i"

non ne

h star f|iiieto tutto il giorno; dunque per


non commetto pi scapataggini. (mal latino

errore, sproposito

907

dica:

data

li

sia

d'una lancial

Ci a mie* padre.

Tre cdse

Tre cose solamente sonmi in grado


posso non ben ben fornire,
ci la donna, la taverna e '1 dado
cheste mi fanno '1 cuor lieto sentire;

le quali

ma

si me le convien usar di rado,


ch la mie' borsa mi mett' al mentire;

quando mi sovvien, tutto mi sbrado,


i' perdo per muneta '1 mie'
disire.

ch'

dato li sia d' una lancia


ci a mie' padre, che mi tien si magro,
che tornare' senza logro di Francia.
dico

Trarli

un

man

deiia' di

man

Pasqua che

saria pi agro,

d la mancia,
che far pigliar la gru a un bozzagro

la

di

si

210

rameute basso e malvagio. Si sente .h,.


1' iinico scopo dlia sua vita,
davvero
la
donna, il dado e la bettola. Il primo verso e mezzo
dlie tartine, m ist i.amente fortissimo, pieno di bieco
u E dico: - dato li sia d' una lancia
-:
odio volgare
<i a mie' padre ,,. - E perch ? Perch lo " tien magro ,,
perch non gli du quattrini da buttar nei postriboli, nelle
bettole e sui tavolini da giuoco. Ma il sonetto bello.
Qui Ceooo

vt

Mlio; 06

o sul

Pre< iii-.ii- di

un

poeti,

Primate

ta]

lia' Salinilaiic.

Cecco

in <|iiesti

tre

amori

fu, tra

eni notizia nella Chroniot di


u maDite di lui il buon frate, che t'u
ili

nia^nns trulatur et muximus versilieator et velox ,, e clic una voltt M arcusatus fuit archiepiscopo suo de tribut, scilicet de opre venereo, idest de luxuria. et de ludo et de taberna ,.
7 mi tbrado ,, mi

gtMM traitant

et

ro
l'.ia

nui)

magro ,,
Itmmento t'atto
10 "si

un' ala sul qua

di dennri
di

penne

Ottodatt

il

11

" logro

,.

di cuoio a

logoro.

modo

di

pasto e col quale, gi-

raadolo e gridando, si soleva richiamare il falcone che


non tornava dalla preda (Massera) 14 " bozzagro .,

una specie

di

falco

il

quale non era ritenuto buono per

'ia.

-211

quandD

Quai

mar sar

'1

sicco

senza denar innamorato

faccia le forche e 'mpicehis' ello stesso,


ch'

e'

non muor una

volta

che non fa que' che del

ma

pi spesso

ciel fu caeciato

e io tapin che, per lo mie' peccato,


s'

egli al

non ho

di

se d' alcun

mondo Arnor cerf i' so' esso,


che pagar potess' un messo

uom mi

fosse richiamato.

Dunque perch riman ch' non m' impicco?


ch traggo un mie' pensier ch' molto vano
ch' i' ho un mie' padre vecchissimo e ricco,
i'

ched e' muoia a mano a mano,


morr quando '1 mar sar sicco.

ch' aspetto

ed

e'

Si F ha', Dio, fatto, per mie' sirazio,

212

sano

Chi Lnnamorato e non ha denari, drisai

foroa

si

bnpiochi, poich, vivendo, aofflra pid pne mortalj de]


volo. E Oeooo, tapino, che, in iaoonto dei smi pet

I>ia-

la

Amore in persona, se voleeee ohiamar talnno in j^iudizio,


non avrebbe tanto da pagare il messo. Perch dunque non
il i>fnsiiTo che lo
m
B*impioca? Vauo
('

giorno

in

ni.)
.

kanto tano

!i>'

rao pdre, ricco

8, 4.

ha fatto Dio par

1'

e vecchieaimo,

quando sar secco

il

mare;

iatraaio de! ti^lio!

io Evo, che il Diapcnf ehe t'a aofflrire ai dannati.


T non ho di ehe
Diavolo, PP. BB6-91
on maaao ,, Si spendeva due denari - 8

credeva da talnni,

si

volo soffrisse

le stesse

Arturo Graf,

11

potaaae

'

oerto che qneeti morra

.'

11
se d aloon nom mi tusse riohiamato ., se avessi fatto
abiamara in giadiaio qualcuno. - 9 " che traggo on mie'
h io mi paaoo l'un deaiderio
pamiar oh' molto
!

mano a mano ,, di giorno in giorno.


l'ha Dio tatto, permit-' strazio, sano
,, Cos,

inolto viino
-

Si

L9

;i

questo verso,
Ua provate a

si

tagga nell' adiaiona

mu tare, come

imlirativo de! verbo


dalla parola Dio

l'ha',

Si

Dio

avre

dovunque.
terza persona
e

ho fatto io, la
in seconda persona

un rooatiyo,
t'alto,

Maaaara

par mie' ttnudo, sano!

tu, Dio, V liai tatto, per istra/iarmi. eano.

e a tare

ne rsulta:

redretc

Cio: Cosl

La diaperasiona,

odio e la bestemmia s' intrecciano, e tutto il verso, inaatanando, acquista una terribilit triplicata. - 1_\
M Noi pregavam
Vcili Messer Battista dell' Ottonaio
1' int'erno e '1 cielo ognora - che
'1 padre
ci togli.
pin si potesse - godeiv ad ira 1 noetra posta fuo1'

ra.

(Canti

earnasi ialoschi,

con prefazione

Gnerrini. Sonsogno, 1883, Pagina 211).

213

di

Oliudu

"

imborratura

paterna

Sed i' credesse vivar un di solo


pi di colu' che mi fa vivar tristo,
assa' di volte ringraziare' Gristo

ma

i'

credo che

fie

pur com'

i'

volo.

Ch potrebb' anzi di Genova '1 molo


un becco vi desse de bisto;
ched e' 1' ha si borrato '1 mal acquisto
che gi non gli entra [piiij frecldo per polo.

cader, ch'

Ghesti di eu' dico

si

'1

padre

meo

ha d' innoiarmi maggior allegrezza


che non ha F occhio che ['n ciel] vede Deo.
ch'

Vedete ben
Vedendol P
si

disse

E'

debbo aver empiezza:


mastro Taddeo,
non morr che di vecchiezza.

s'

i'

altr' ier

214

Ringraaierebbe
U

pi ohe ioo

I>i'>

p;il i-.

cradeaaadJ vivere un giorno aoeio sar possibile come poaaa

ma

Prima cadra il molo <li Genova per un cozzo che


on montonel Poiobi Fr.it' Angioliera ormai cosl
bnbottito <li roba mai aoqniatata <-he non gli entra fredilo n dalla boooa ne dall' ano.
Oio
licuro <li non pigliare un potanonita
E prova tanta allegrezzaa dax
quanta un na provu r occhio che 01
ti'inpla Dio. Dunque corne pu6 Cecco non odiarlo ? Avcndolo viato, iari l'altro, il oelebre medioo Tadde<>, dii
Non potrl morire ohe di veocbiessa.

volare.
\i

(lia

'

6 "

ne

di

Diolo

soliilissinwi.

..

6 " da lusto
,;

famoao per
,,

dr cozzo

la
-

sua costruzio7 " borrato

,,

ooohio che 'n ciel vede


Deo ,, Il maaaimo dalla beatitodina, v vtdere Iddio che
la fonte aterna d' ogni bellezza e d' ogni verit. Se pi
unbottito

il

che non ba

1'

tanta ara r allegrezza di lYat' An^ioliere nel tarwantai


VA " maatro T:idiU->> .. H. stvon.lo il Masara,

Cecco....!
il

clbre Alderotti, fiorentino, fondatora dlia

scuola di

madioina di Bologna e rinnovatora dlie dottrine d'Ippocrate e di Galeno.

Ml

Scienza medica

stomaca

di

sfruzzo

potre' anzi ritornare en ieri


nella grazia di Becchina,
venir
e
'1
diamante tritar corne farina,
o

o veder far misera vita

frieri,

a'

o far la pancia di misser Min Pieri,


o star content' ad un pi di gallina,
ched' e' morisse ma' dlia confina
que' ch' dimonio e chiamas' AngiolierL

Per che Galieno ed Ippocrato,


se fosson vivi, ognun di lor saprebbe
a rispetto di lu' men che '1 Donato.

Dunque,

chest'

uom

che sa cotanto ed
che corne struzzo '1

corne
si

ferr'

216

morir potrebbe.

'nnaturato,

ismaltirebbe

Lo ttomaoo
i'iuino

un

la

tVrro e la soiensa inedica di

<li

diaperaaioaa

Oeoeo,

di

Coma potrabbe
' innatarato

morire,

da
rire oome gli truuri ? E ohiaro dun<|ue che sar pi i'acilr al diagraaiato Oeeco di ritnnmre in gracia di t'
na, di tritar OOSM farina il dianiantc, ili vcder pOTOli
noitto

ohe

'

,,

metteran panoia oome Ifino *1


di sfamarai oon un pidi gallina, che di veder mai morto
un damonio
di feblnv eolui cho si chiama Angiolieri ad
iVati

gaodenti,

di

'

iiu-arnato.

ro.

mi

icri

..

Lndietro

Dei Colombini. Pa

(iovanni

Oolombi&i
Il

trni febbre

grammatico \isnuto
volgare. Scrisae

avo

M contina

Donato

oirca

Min Pieri ., Mino di Piefamoeo mistico senese

del

la

,,

.;

continua,

Elio Donato lu
1

sottini

secolo quarto del-

una grammatica usata por lunghis-

ut Terenzio e Virgilio,
aimo tampo nello scuolc.
insegn a Iloma nell' anno B56. 8. Girolamo tu suo diNe! Ifedio Kv<>,
An qnaad ai temp nostri, la
panda Donato lu sinonimo di grannnatica.
>

i,

-217

TutfD sd' fucra

di

chelT oppEniDne

I* ho un padre si compressionato,
che s' e' gollasse pur pe?ze bagnate,
si F avrebb' anzi ismaltite e gittate
ch' un altro bella carne di castrato;

ed

era

i'

che,

s'

i,

si

lavato,

vedea mangiar pur du

'

derrate

credea 'n veritate


di medesmo con De' 'ssar chiamato.

di fichi, si
il

sciocco e

si
'1

Tutto

'1

fuora di chell' oppenione,


e ho chesta credenza ferraamente,
ch' e'

so'

guf ebber da

iu' la

compressione.

Vedete ben s' i debb' essar dolente!


lasciamo star che non ha 'n se ragione;
ma ch' e vedersi in casa un fra' Godentef

218

E da

unente aroeatico. NVlla pr-

cii

ina iiuiiitiini ripigha

il

berna

formidabila stoinaco pa-

'l'l

Battetegli in K"' u dl
bagnato e
ut un' altro bella e inorbi<:

terao;

Volgttre,

DM
1"
l

<.

in

<

Ttn

nio'lo,

le

smalca-

<li

]it'r^->iialiiicntf.

un. m. Nella seconda qnartina.

|>;ir

fan Lntnveden di essere stato telYoltej


in pennero per
loto ;! on* probabile imminente
morte de] veoohio dopo una Boorpaooiate di ftdhi. Ma corne si da on il' Imbeoille
E oome on " t>ttt<> /ItoH
di gueW optaient/ Oome deve tare, danqne podenp cho
non c' speranza cbe il vecchio muoia, a non esserne
ohe roglia

>|iuisi

H'I'lnl'

iart-

ttialmente irragionevole;
/'ni'

Qodenttf

B " lavato
iliianuit"

mato con

..

in

Dio.

..

(11

ma

oke

be-

vii'cliio

il

eh' <> parferai in fat

qnale nltimo tocco meraviglioso

,,

lawato

veritete
vorit.

ik

pw

ia
o
medesmo con De'

eeamo, semplice,

di
-

ftjae)

il

di

).

7,

'ssar

giorno stesso lo credevo cbiaIl Godente


Ancbe que-

star cou Dio.

sto detto con froce tono di scberno.

U9

me, d

lui

mie' prego t' 'n grato.


ehe tu prenda un partito comunale;
e s' i' nol V ho per bene e no' per maie,
pur che tu '1 prenda, facci diviato

Morte, merci, se

ch'

i'

'1

tante volte sia manganeggiato

quant' ha Grosseto granella di sale;


el partito ch'

i'

che tu uccida

me

Ch'

i'

non ne

ti

poss' andar altro che bene:

e se tu uccidi me,
ch'

elli

si cotale:

o lo 'ncoiato.

vita e

i'

ne guadagno,

non morte uscir

di

pne;

e se tu uccid' el ladro di Salvagno,


or vedi, morte, chel che me n' avviene:
ch' i' staro 'n Siena com' e' ricchi al Bagno.

220

Morte, mi reeoomando: su
i,

prendi

be

porche tu

io

rieolra,

ti

la
ti

mia
propongo,

dod

btiona la

incootenente

<-ln>

t'

qoeUo
tua

io ai

perooMO oon du mangano, quanta granella


piitito clie ti propongo qoeeto: O
nrmtu uccidi me, o mio
E ti dico che a me,
que tu eoelga, non ne verra che bene. Se tu uccidi me,
non morte il tinir ili patire, io ue guadaessendo vit
gno; se tu uc-iili lui, qnel ladronedimio padre, io staro
rolte

.-.ilt>

<l

li-

oome

allegro va Siena,

6 " Manganeggiato

,,

rioobJ ai bagni

percosso col

de lanriar pitre

.urrra.

struiu.

'li

Petriolo.

mangano, antico
M quant' ha
<>

Grosse t<> grenelle di sale ,, Le saline di Grosseto erano


ellore mme - 8 " lo 'ncoiato ,, Frat' Angioliere. Incoiato, cio cou lu pelle pin dura del cuoio - 12 " el ladro
di BelvegD
Salvagno, per
l

int'atti

lo 'ncoiato, Frat' Angioliere.

dire:

un lndro

niazi iraneesi

il

Lo chiama

famoeo gran ladrone. Salvagno era

di grido di cui si parla negli antichi ro-

"al Bagno

11

presso Siena. Vedi

ai

Bagni

di

Petriolo,

sonetti dei mesi di Folgore da S. Ge-

mignano, edizione Romagnoli, a cura del Navone: " E


novembre a Petriuolo al bagno - con trenta muli car-

li

ehi de

moneta

,,

ecc.

12]

Pi Drie dlia Morte

Se

avesse mille lingue

i'

'n

bocca

e fosson tutte d' andanico acciaio,

predicar del

'1

i'

non

potre' far

buon
si

frate Pagliaio,

ch'

un

fil

di

rocca

potess' aver da que' che vivar locca

pi che non fa
e quegli
ci

'1

'1

1'

usurier

Ch

la

ella intrasse in lu',

ch' ella

denaio;

godente eu' febbre non tocca!

s'

el

cavalier ch' senza vaio,

morte paura ha

morrebbe

di morire,
i'

so' sicuro

e lu' faria guarire.

Ch' egli ha 1 su' cuoio s' inferrigno e duro,


che chi per torre al ciel volesse gire,
in lu' fondar si converrebbe '1 muro.

Nessuno ha mai detto

del proprio padre nulla di simi-

Ci vien fatto di pensare se Cecco


cattivo gnre o un gran delinquente.
le.

sia

Ma

un buffone di
ba tanto inge-

gno, ha un lato, nella sua originalit, cosi inspiegabilmente simpatico che ci appaghiamo dell' artista e rinunziamo a scrutare 1' uomo nel pi profondo dell' anima
dove non troveremmo forse che un groviglio inestricabile
d'

enigmi. Corne lui e pi grande di lui Villon. Nature

222

complesse, forse aquilc cou


inisterio>i

liante

il

,-

ili

cattivi

non

ali

ta<ri

cui

in

amlani'-

il'

si

1'

1'

to

taftpaati

eh-mento predomi-

dolore.

atr Pagliaio
lui

lii.'viti

dj

pare,

era,

..

non che

sa se

t'a

fortissimo

aooiai

un clbre predicatore.

Di

dlia famiglia senese dei Pa-

^liaresi ed appartenoe, sembra, ail' ordine domenicano B " locca ,, ama, desidera - 6 " 1' usurier ,, 1' usuraio 7 " vaio ,, I cavalieri di santa Maria, ossia i frati Gau-

non potevano uaar

ili-iiti,

gnello. Masserai

sono stiaonlinari.

1".

!>.

pelli di vaio,
II.

13.

12.

14.

ma

soltanto d' a-

Questi sei versi

Lt morte, dice Cecco, non entra

in

OOrpO a mio jmdre percb ha paura di niorire, e morrebbe


intatti; ma queato tarebbe pooo.
Quai cha veramente
meraviglioa ohe, mon d
medicina 6 lo fkrabba guarire.

Ma

ci forse

feembilfl raoohio,

pi

forte

di

col t'atto lu

ha

il

hiio

il

cuoio cosl

rvirabba all'ammalato
si

dlia

spiega

m-

duro che chi volesee costruire una

torre tanto alta da salira

gnerebbe che

il

par nurlla fino in cielo, bisocorpo del Godente togliesse a fondament-

dalla ilctta torre.


t'u imitata daPier
morte che entrata in corsua donna: " gran maraviglia parmi che v' enBen
e pi die non vi se' dentro affogata

La prima

-r/ina

ili

i|iicsto

sonetto

de' Fuitimlli. Egli dice dlia

po

alla
si

erado, morte, aka ti diaparaaai

..

(Vadi

Rime

di

Piero de*

Faitinalli, Edisfonfl de! Prte, P. loi, 2* terzina).

Fzr un fascD

El pessimo e

a
il

'1

rii

"

respeo

crudel odio ch'

i'

porto

padre meo
far vivar pi che Botadeo,

diritta

e di ei,

ragione
di

buon

al

di,

mi

so' accorto.

Odi, natura, se tu ha' gran torto:


F altr' ier li chiesi un fiasco di raspeo,
ch n' ha ben ciento cogna '1 can giudeo;
in verit, vicin m' ebbe che morto.

S'

cliss'

i'

1' avesse chiesto di vernaccia


solamente a lu' approvare:

glie

io,

si

mi

puo' m' deito ch' i' no' Y debb' odiare!


chi sapesse ben ogne sua taccia,

voile sputare entro la faccia.

ma

direbbe:

Vivo

'1

dovresti mangiare!

hiill'

intonazione gnrale

non padiv

li;t

s<>netto

lt-l

si

sente che que-

un nomenlo d'odk) tenibilniente siu-

ippttO in

davauti

1"

iinum^ine impliquante del paJre

OtH' anima an

io

nno

d'

oqne ool fiel* e ci che ha


oritto, senza dubbio, divalga. Del reeto, penriamo a qoe.1

a riziii,

frpocrUU

prfigjndiratfa

ai

uniur nero;

nel

sempra
oflboftjtOi di gioia. in Oeooo lutte 1" qualit ohe il Godente aborre, nel Godente tatte le <iualitache Cecco
ba. Il oonfiitto dunque inevitabUe.
prodigalit,

e biaogno,

'
Botadeo ., Giovanni Botadeo. Cosi lu chiamato,
Medio Evo, 1' Ebreo Errante, Questi, secondo la legnia, respinse brutalmente dall uscio dlia propria casa
!n\ affranto sotto il peso dlia croce, lungo la via
de! OalVario, gli avova domandatO il permesso di riposarsi
un istante. Per questo ma!va<;io rifiuto. fu maledetto da
Crinto e rondannato a vivere etcniamcnte, errando, senza
posa, intorno al mondo. - (> " raspeo ,, vino fatto coi raspi, vino stretto - 7 " ch n'ha ben ciento cogna '1 can
giudeo ,, ch n' ha pure un ntinaio di recipienti pieni,
quel giudeo cane. " Can giudeo ,, cio crudelmente avaro
QOme un ebreo. - !. 10. 11. Se gli avessi chiesto un fiasco
:5

j;.

di vernaceia, tiriamo via!

Ma

io gli

chiesi

il

raspeo

unioamente per motterlo alla prova, per vedore fin dove


arrivava la sua sporca avarizia. Ebbene invece di darini
il " raspeo ,, mi sputo sulla faccia.
:

._>._>;,

16

Tra

Non

incudiriE z

l'

il

martello

potrebb' essar, per quanto Dio fece,

che babbo spesso non mangi dell'oro


e' vive fresco e razza com' un toro
e ha degli anni ottanta o 'n chella vece;
ch'

appiccata ha con la pece


anima sua che dice:
Dlli agoro

o ver ch'
1'

egli

ch'

i'

faccia fuor del su' corpo dimoro,

a chesti,

di

Per

i'

che partir non mi lece

credo ch' egli maladetto;


e chesto si vi giuro senza frodo,
ch' e' non credette mai di sopra al tetto.

ch'

la mie'

donna, secondo ch'

i'

odo,

in ora in ora sta sul trabocchetto:

or cosi vanno

le

cose al mie'

modo

) niio padre, che ha (notate beno) circa ottanauni ed ancor fresco e robustissimo, niangia dell' oro
mut ha appiccicata con la pece 1' anima. La quale di Augurargli, a costui dal quale non mi lecito parte
tire, ch' io possa far dimora fuori del suo corpo. ,, Imperiucht' io credo e vi giuro che il vecchio ha la maledizione addosso, non avendo egli mai creduto al disopra del
tetto. E corne se questo fastidio di veder sano e vegeto
:

t'

un pezzo da galera quai' mio padre non bas tasse, la mia


donna. MOOndo <|iit'l <bo mi dicono, cerca continuamente
di (IchiIku ni i>i che pu6. Or cosi vanno le cose per il
verso a me, povero Cecco

uol

2 " che babbo spesso non inangi dell' oro ,,. Forse
dire
Vlsto che 1' oro la sua unica brama, dov.:

e questo gli dev' essere un ricostiti:>


3 " razza com' un toro ,, salta, rube-

anche mangiarlo
nioraviglioso.
sto, corne

pm

al

un toro

tetto

...

li " ch' e'

La sua

non credette mai di sonon va pi su del tetto. Cio


bacchettone e non crede in

fede

un ipocrita perch

13 " sta sul trabocchetto

fa

il

...

227

Vedi note a P. 177.

miraccla

11

Non

si

disperin quelli dello 'nferno

n' uscito un che v' era chiavato,


quale Ceeco, ch' cosi chiamato,
che vi credea stare 'n sempiterno.

puo' che
el

Ma

in tal guisa rivolto

'1

quaderno,

che sempre vivar grolificato,


puo' che misser Angiolier' scoiato,
che m' afrigiea di state e di verno.

Muovi, novo sonetto, e vanne a Cecco,


a chel che pi dimora alla Badia
digli che Fortarrigo mezzo secco;
:

Che non

ma

si

dia nulla malinconia,

di tal cibo irnbecchi lo su' becco,

ch vivar pi ch' Enoch e

Non

si

disperino

ferno dove stava

per

1'

stino

eternit.
s'

Ma

diavoli se

ribadito

Cecco

uscito

e credeva di

sappiano che

tuttavia

rovesciato e clie

Elia.

il

dover

dall' lu
rimanere

libro del de-

il

detto Cecco da ora in avanti

vivra una invidiabile vita di Paradiso. Udite udite Colni


che col suo corpo avrebbe potuto servir di fondaniento a
!

una

torre che

la morte, colui

colui

il cielo,
colui che avrebbe ucciso
che minacciava di viver pi di Botadeo,

toccasse

che mangiava

1'

oro e digeriva

228

corne

gli

struzzi,

I'Yut'

AngiolitM insomtna.

liualtnente, scoiato
lie

dimon

alla

Itato dalla morte,

'mni,itt>.

l<>

tu onetfeO, va' da quell' altro Cecco

Badit I digli che suo padre Fortarrigo


E digli pure che stia

corne un' albero ormai mezzo secco.


ro

si

pasca di taie speranza se

ehio, l'innoo e ros90 corne

una mla

vorr che

il

vec-

ro9a, gli viva, deli-

eiandolo, lino alla venuta dell' Anticristo.

6 "

v riv.ilto

*1

(jiKulcrno

,,

s'

rovesciato

il

libro del

cambiata la sorte - 7 " scoiato ,, ha timto


Oi
1' ainolo, morto - !) " e vanne a Cecco
,, Questo Cecco,
unioo dell' Angiolieti, quella buona lana di rui navra
laooio nel Decamerone (Giornata IX, Novella IV).
Fii dlia i'amiglia Picculomini e le sue gesta furon di
grau boyitore, giocatore, ladro ed assassino - 14 " che
vivaii't piu ir Enoch e Elia ,,. Secondo una diffusissima
leggenda del Medio Evo, i due proteti Enoch e Elia. mentit' prediovano al popolo, furono, per
opra diviua, rab'

piti ilul
ivi

mondo

e condotti vivi nel Paradiso Terres ti

riinanere fine alla venuta dell' Anticristo e tornar poi

in terra a testimoniare

" Leggenda

del

vero Dio. (MaasraV

del viaggio di tre santi

Taflreatre, pubblicata per

Collezione di

opre

dlia lingoa, TorinOj

monaci

(Vtdi

cura di Franceaco Zanibrini

indite o rare
1861

2\)

).

dei

al Pai

primi

,.

tre secoli

"

fil

latte

sud ritorna ogne capretta

In

I'

a u g

non vi miro perzar,


i' mi conduca
ma'

ch'

ch

'1

e-

morditori,
nel vostro stato;

di vi fate di mille colori

innanzi che

'1

volaggio sia contato.

Gi era vostra credenza, be' segnori,


i'
m' avesse a sollazzo giocato,
ch' i' divenisse de* frati minori
di non toccar dena' picciol ne lato ?

perch'

M' assa' ve ne potr scoppiar lo cuore,


ch' i' ho saputo si diciar e fare,
ch' i' ho del mie' assa' dentro e di fuore.

Ma

me' ch' i' ho e che meglior mi pare,


veder di vo' che ciascun muore;
ch vi convien per vivar procacciare.

si

'1

'1

232

te Intarpatra

pu

ma

la

suoi itaaai
il

maie

BMHcditori, quelii lie ora, por invidia, dioOO

Cecco ritornato

loro

11

11

*,

di

DM erroneamen-

ange, non

in

coloro

che solevano schemirlo

viz. ma bons) quei


poTWt e ripranderne
oompagni di vi/.io i di niaaria qnali menue
i

atii

sono

poveri,

rimaati in baaao,

procaccianti o ladri. E corne si compiace Cecco, ora eha


" lia dal sud dantro e di faon .. d' esser.loro oggetto di
invidia Essi oradevano, perch lo vedevan giocare, che
!

dovease celebrar

le

nozzo con la povert corne

nori; invicc, aiiin h.

ji.ites.se

loro scoppiare

bant ha saputo barcamanaraij ohe

il

tVati

mi-

cuore, tanto

ritornato ricco.

" perzar ,, i'recciair. baraagliara con motti e con'


'1
- 1 " morditori ,, maldicenti volaggio ,,
la roba rubata - 11 senso dlia quartina qnesto: " lo
(che non mi eomdttca mai ml TOetre stato) io, o maldioent maligni (ooetrett durant* il giorno a fare il viao
atogli ogdi mille oolori, pai la paura. prima d'i
-

tinuelle

^etti dei vostri l'uni


dalla mia nnova altezza non vi
vedo nappora. H " di non toocar dana piooiol n la*
si che io non potessi toocar pin monata n minuta ni

1<
grossa V
1
eh' i' ho aapnto si dioiara e fare - ch' i'
1

ho

>- 1

del mie' assa' dentro e di fnore

interpretazione:

Ho

,,

Propongo

saputo, da ultimo ree.itar cosi bene

mia

parte di ravveduto oon l'iat' Angioliere, che quelinalmente erepando, mi ba lasciato, par testamento,
moite poaaaaaioni dantro e roori dlia citt. - 13 M ciala

sti.

onn muore

,,

siete costretti,

sottintemli:

montre

io

me

dall' invidia.
la

vivere.

233

11

Percb

godo, ad arrabattarvi per

?a

n d d

Ghi dice del suo padre altro che onore,


dovrebbe essar tagliata;
perch so' sette le morta' peccata,
ma infra gli altri chello '1 maggiore.

la lingua gli

S'

i'

fusse prte o ver frate minore,

papa fora la mie' prima andata,


Padre Santo, una crociata
e dire'
al

si

faccia 'n dosso a cui

lor fa disnore -

s' alcun fusse, per lo su' peccato,


che chel cotai ci veniss' aile mani,
vorr ch' e' fusse cotto e puo' mangiato

dagli

uomin

no,

ma

Dio mel perdoni,


motti

non

be'

da' lupi e da' cani.

ch'

ma

i'

n'

ho gi usato

rustichi e villani.

234

Il

il

batte

diftvolo s' fatto frate e si

confiteor

o torse

'

il

camufiato in tal

petto e rcita

modo

per esaer

pi ilinvolo?

" Altro che onore ., qualunque altra cosa che non


- 4 u chello '1 maggiore
qaello di vituperaonore
sia
,,
re il padre il maggiore - 8 " lor ,, ai genitori - 9. 10.
11. - E se qualcuno (di coloro che offendouo i genitori)
in isconto del suo peccato ci cadesse tra le mani, quello
18. 11. Dio mi perduni, poich io usai contro
1

mil)

padre parole non gi belle,

235

ma

rusticit e villane.

El

sangue

Ogne

una ccsa mnlfo

stretta....

capretta ritorna al su' latte;

puote ella andare un pezzo ficullando?


El padre '1 figlio e '1 figlio el padre batte,
e '1 frate '1 frate fier, sangue cavando;
nipote e zio s' aman gi come gatte,
mari'o moglie spesso va cacciando;
e 'n tra' consorti ho visto guerre fatte,
e 'n tutte racconciare 'n poco stando.

Per consiglio che


di carne e sangue
s' egl'

ch

'1

vedesse di

'n tra si

nuJl'

uom

congiunti
s'

sangue una cosa molto

e puo' che
al latte

intrometta,

coltelli a' punti;

d' ira si so'

si

stretta,

consunti,

suo ritorna ogne capretta.

236

Questo aonetto, risolve il dubbio suscitato dall' altro.


Nrir altro, r ronia talmenta naaooata eh* taltmo pno
10 oredere che non vi *iu. Mu qui paleae e sogghiin ogni Btrofa. La perveraamente raffinata caiistuit.'i
dell' oltima terzina dagna di Eftina. Del resto, una di
Cecco, con questi verai voila
oaaate tre eose certa
ridere di se stesso, ritornato una persona morigorata e da
:

bene, o di qualche amico di scioperataggini riconvertitoai


fomiglia, o semplicemente dlie coutraddizioni

alla viui di

ooore amano, pat La qoal uwione molto speaso che


pi stivtti congionti Rrrivano al punto di acoltellarsi, e

(loi
i

al lut

lM>i...

9
-

per

le

il.

t>

suo ritorna ogne capretta

Fionllando
r.

,.

reciproche percosse

moglie - 8 " e
in tatte ricompon
tempo.

ri
*

to e

ftcollare,

>ungue cavanclo

,,
-

allontananJ dal gregge

aanguinando

"in

pace

287

1'

uno

tra consorti

,,

l'

tra

altro

ma-

poco stando ,,
contendenti, dopo brve

'n tutte racconciare 'n


la

" riDn fu tantD ria

chE

Ie

piacque

al

Medea,

figliualo

morts darE,

chE miE' madrE non sia tano pi PEa

,,

La Madr, Giampolino

Mina Zeppa

madr m' ha 'ngannat' e Giampolino


non s' ha tenute le mani a cintura
ch'. e' mi soleva dir coin' gran ventura
Mie'

si

conteria morir

me

a 'ssessino

non farebbe a un taupino


una pieciol' paura,
ma di tolliar lo mie' ben s' assieura
e di ci non parl Sant' Agostino.
e certo

e'

in mie' servigio

me

ne rend a solo un vil denaio


lia saputo si ben fare,
che Mino colm' e io vto ho lo staio;

Ch'

Ch

e'

mie'

ch'

ma

i'

madr

sia su' figliuolo a

figliastro; e ch'

dice, se chel di

i'

batt'

Min credo

240

me non

pare,

acqua a mortaio
fruttare.

Min madr m' ha derubato e Ciampolino non se


muni alla oiatolaj egli che soleva tlirmi
0Om avrebbe repatato par se una gran fortuna se io fosai
morto pet mano d aeeaaaino. B oerto, egli, che per renIfinii servigio non (krebbe un po' di patin a un mendila quai cosa
cante, ben s' ingegna di togliermi il mio
non oonforme ai precetti di S. Agostino. Almeno (di
eh' ni' ha prosi) ni rcnda solo un misero detutti
lie
niia madr con i suoi raggiri ha
Tanto pi
DJUTO
saputo cosl ben fare che Mino Zeppa pieno dei miei
quattrini ed io sono al verde. Cosicch non mi sembra di
esser figliolo d' una tal madra, ma figliastro; infatti essa
mi dic> che io petto l'acqua nel mortaio se credo che la
roba di Mino (che poi la roba mia !) ck'bba iuttarmi.
Dice

u' stato OOD le

<

1 1

* 1

pagina 23 - 4 " morire


1 - " Ciampolino ., Vedi nota
ad assessino ,, morire assassinato, morire a ghiado 5
" taupino ,, miserabile, tapino. mendicante - 8 " e di
ci

non parl Sant' Agostino

di S. Agostino (tamosissime

oggi,

ma

divine)

.,

nel

Wdi

capitoli IV. V. VI.

14 "

Mino

,,

Vedi a pagine

241

_'">l

VIII

VII.

del libro secondo, ai quali probabilmente


risce

Conlessioni

nelle

Medio Evo, non

il

poeta

lette
a

IX

si rite-

JV).

18

u b e

madr disse F altr' ier paroi' una


la quai mi piacque a dismisura molto
che, s' ella m' ha di mie' argento tolto,
di farmene ragion tiene una pruna;
Mie'

ed

io le risposi in

una

perch m' avete

che

'1

una

ingiuriato e tolto,

date a chel che par lo Santo Volto

da Lucca,

Ch

s'

in

ci

Zeppa, che mi luna?

'1

ogne parte

veggio e, s' i' sapesse


loco trovare ove veder nol creda,
ciascuno '1 sa ch' io '1 faria s' i' potesse.

Ma

in

far nol

posso

Potreste dir che

om,

ch'

un

gli

'1

pi duro che preda


occhi

cieco vede

242

mi

men

traesse,
la preda.

!.

morte del padre non 1' ha reso fela madr lo deruba e che aggiunge ni turto lo scherno. E M il Zeppa ,, amico di
con quell' aria di Santo Volto da Lucca, forse approfitfetado de! pO00 ainiH inaterno e dlia molta baechettoneria dlia vecchia, tira 1' acqua al proprio molino e seml>ra ohe, in omaggio alla morale, si sia preso perfino l'inquanto pare,

lice. Insiste

la

nl dire

che

carico d' invigilare sulla condotta di Cecco e di pedinarlo

dovunqne. (Altrimenti il poeta non direbbe che da per


tutti> ifagge il Zeppe e da per tutto lo trova ). Oh gli cavi
piettto gl occhi lmeno on cieco non s'accorge taato
dlie rnberie ohe vengon latte a suo dann<>
!

Nota

sarcasmo contenuto in <[iu\sti due


una pruna .. di t'a nui giutfcria, di rendermi il mio, non ci pensa oemmeno. - 5 " in
una in nna ., tosto.
iimenti
7. S. ],>
Santo Volto da Lucca ,, Notissima imagine di Critennta miraoolosa, che tutt'oggi si conserva ail' adorau l^uei
eione dei t'edeli. Dante, Interne. XXI. 1;. 17. 18:
' attuffb e torn6 su convolto
Ma i dmon, che de!
ponte avean coverchio, - Gridar
Qui non ha luogo il
Santo Volto ., - 8 " che me luna ,, che mi d ai nervi, ohe
in' int'astidisie - LS u pi duro che preda ,, pi duro
dlia pietra. Cio
tenacissimo nel perseguitarmi - 1
I.

4 "

8,

li

il

t'armene ragion tiene

"

la

preda

..

il

predare, le ruberie.

243

Medicamenti maierni

madr si m' insegna medicina,


quale m' crudelmente non sana:
ch mi dice ch' i' usi alla campana
Mie'

la

da otto pesche o diece

la mattina,

che mi faran campar dlia contina


e di febbre qnartana e di terzana;
molto mi loda F anguille di Ghiana,
che '1 capo meglio che otriaca fina.

Carne di bue, cascio e cipolla


molto mi loda quand' i' sento doglia,
e ch' i' ne faccia ben buona satolla.

se di chesto

i'

non avesse

quasimente sulla
molto mi loda porri con
e stesse

244

voglia

colla,
le

foglia.

Cecco per dimostraro di che tonero cuore fosse sua madr verso di lui I di quali gi-ntili pensieri e sugger il
fosse capace per mantenerlo sano e guarirlo amiualato,
graziosi <bi e gli efficari rimedi
enuinera comicamento
i

Ma

&li tonsiglia,

secondo

le

circostanze. Cibi e rime-

madr che

se Cecco li avesse
" crudelmente on sani ,,
E
uns finzione per dire, insomma, che la sua vecchia avrebbe voluto disiarsi di lui. Negli altri due sonetti che se-

di

quali boa

pitai,

sapeva

H sarebbero

la

stati

guono, racconter perfino corne essa tentasse

d' avvele-

narlo e di strangolarlo.

campaua ,, Al comim-iar del giorno, quando


campana dell' alba. Era la campana del comune

alla

suona

la

" iu aurora diei ,, suonava per una


ora a distesa. Vedi Zdekauer, " La vita pubblica dei senesi
n>l dugento . Siena 1897. P. 8 - 5 " contina ,, continua,
aottintendi febbre - 8 " otriaca ,, Trica o tarica, ( dal
sanscrito, " traka ,, che libra, che salva, che trae di

che, ogni mattinn.

lcttuario, composto di moite droghe


con zucchero si credeva una panacea per
tut to le malattie e specialmente un antidoto contro il
morso di auiuiali TmAo] - 13 " sulla colla .. sulla tor-

pcrwolo). Era un

incorporate

tura, slo: foati animalatissiino. in pericolo di vita.

246

per farmi mzgiiorare

Si fortemente V altr' ier fu' malato,


che tutto avea perduto '1 favellare;
e mie' madr per farmi megliorare
arrecommi un velen si temperato,

non che me, ma attossicato


mare. Disse:
bei, non dubitare
i'
ed
feci per cenni:
a me non pare
e di non ber nel mie' cor fu' fermato.
ch' avria,

el

Ed

odi che pur berrai,


pruova perder ti faraggio
dlia paura terminai,

ella disse:

e questa
allor

cominciai a

dir:

nessun maie aggio

Ne bevvi da sua man ne berr mai,


ne bevare' se mi facesse saggio.

246

talmente

Donqne Cecco
Mrflno

la

ammalato,

Sua madr

t'avella.

che ha perduto

gli si accosta al letto

pre-

sentundogli una madieina ed esortandolo a trangugiarla


Dec sud bene. Ma Cecco s' accorge che veleno poteutin-

simo

nano

par

e le fa oapire,

non

di cenni, di

volerla.

madrfl insiste e glie la vuol dare per forza. Allora lo


aaimalato, dallo spavento riacquista la parola, si rizza
l.i

mi sento
nulla non ho nulla
unascenetta tragicomica, disegnata, al solito, maestrevolmente. Mavera od inventata?
Probabilmanta una mezza calunnia; dico mezza, perch,
da vari luoghi del canzoniere angiolieresco, si capisce beoiaaimo che la madr del poeta dev' essere stata tutt'albro oka min peraona per bene.
sul letto a dioa:

hene

4 "
diali

der

ti

Non ho

non heve.

si
!*.

temperato
10,

"

farnggio

,,

,,

composto

di sostanze

che pur berrai

",li.

ascolta:

modo

Tu

e questa

cosl

mi<

i-

pruova per-

berrai per forza, e la spun-

dlia paura terminai ,,


che mi paralizzava cess, fugata dallo
spavento, per il quale improvvisamente riacquistai la parola e la forza. - 14 " ne bevare', se mi facesse sag-

ter in ogn

11

'

allor

allora la paura

gio,
nii.

,,

ne beverei, se quella pozione, invece

mi facesse sapiente.

d'

awelenar-

Su

salamentE per farmi morirE

lo letto

mi stava Y

altra sera

e facea dritta vista di dormire:

ed i' viddi mie' madr a me venire,


empiosamente con malvagia cera.
In sul letto mi

sali molto fera


pose alla gola, al ver dire,
e solamente per farmi morire:
e se non fosse ch' i' m' atai, mort' era.

man mi

Si che non fu tanto ria Medea,


ch le piacque al figliuolo morte dare,
che mie' madr non sia tanto pi rea:

Ch' a tradimento mi vols' affogare


perche a Min dimandai la parte mea:
lel queto: lassim' ella stare.

248

Oeooo, steso eul letto, forse per osservare che cosa sarebbe stata capace di t'argli sua madr, figura di donuire.
Ed MOO v.'.ii' .h. |i!.llu, credendolo davvero addormentato, gli s' accosta piano, guardinga,
in

ttaspare

oui

il.i

ti:itt",

<^li

sali

1'

intenzione
sul lotto,

trangnlarlo.

con una brutta

delittuosa.
1'

t'ac-

d'un

Poi,

aftVrra alla gola e sta

l'alfa o s.atnpa.

Ma

dopo,

ripenMado al (fctto, conclude che Medea quando uccise i


tigli non tu tant<> int'anie quanto sua madr, linatti, queata lo voleva aflbgaro a tradimento, unicamente perch
>li aveva osato li
ricliiedere Mino Zeppa la propria
Il fatto sta, conclude, che sar meglio che io
quirtanza a quel ladro, purch mia madr mi laaci vivere.

roba.

7 " e solaniiMitc per fanai niorire

roce di

1 1

*-

tolamtntt

9l

10. 11.-

,,

Vuol

nota
dire:

1'

ironia f-

Medea non

mia madr, perch quella uccise i


tndixato di Taaao e questa, non
otl'tsa. releva strangolanni, non per altra ragione eho
per avre io richiesto la mia roba ad un ladro. - 11 ., la
lassiin' ella stare ,, onde glie la queto,
'ml i' lel queto
tu

tanto

nm

'pianto

ugli par vandicaxai dal

glie

m ia

ne fo' quietanza, ricevuta


madr, mi lasci stare.

2W

di

pagamento; purch easa,

Cambiarnentn

di

Musa

Tant' abbo di Becchina novellato

madr e di babbo e d' Amore,


una parte del mondo n' ho stancato:
per mi vo' reslare per migliore,

e di mie'
ch'

ch non si bel gioco tropp' usato


che non sia rincrescente ail' uditore;
per vogli' altro dir, che pi m' 'n grato,
a ciascuno che porta gentil cuore.

muta

nella poscia

i'

vi dir tutto ci ch'

del sonetto
i'

vo' dire,

e chi lo 'ntende si sie benedetto:

Ch' i' dico ch' i' arrabbio di morire


a vedar ricco chi de' essar bretto,
vedendo bretto chi dovria gioire.

250

Questo 8onetto traicomiCO , con le dbite


rifhif.stii
indeterminata d' aiuto, a tutti

una
per

<j

le loro

' ai u tare
<h<>

tortiiniito
il

condizioni sarebbero stati in

povero Cecco.

newono "

lo intese

4 " pfi miglior*

cautel...
u-l

Ma

ai

dugradu

potrebbe giurare, credo,

...

un miglior tasto - 7
che pi m' intressa - 8 " a
ttnno die porta gentil cuore ,, a ciascuno che abbia il
cuore stiisihilo per 1' altrui miseria. (Primo cortese tentutivo) - i> " poxia muta .. ultima terzina - 10. 11. "i'
vi dire tutto ci ch' i' vo' dire - e chi lo "ntende si aie
"

lu-

pii m' 'n

benedetto

,,.

Con

,,

per

grato

toccare

,,

questi lue versi la piglia larga e in tan

to quasi anticipatamente ringrazia

du.

iiitfiiitt ntlo,...

ri-

che la fortuna gli ha t'atti. - 12, 13. 14. Qui


hnalnwnte lice cos' che lo fa star maie: E ricco chi,
non sapendo usare dlie proprie ricchezze, dovrebbe esser
povero, povero chi possedendo (corne lui) Tarte di godere, dovrebbe, perci, esser ricco. - (Chi non sordo
parera

torti

intenda).

-2.->l

Yzv Dio, Min Zeppa, or son giunte

le

tue!

Mina Zeppa

Quando

Dio
si

si

*1

si

Zeppa entra 'n santo usa di dire:


dea '1 buon di, Domine Deo!

vi

segna, che quasi morire

fa ciascuno che vede l'atto seo.

suo' peccati dice

ch' udire

si,

non che

gli oda Iddeo


quand' e' se ne vien a dipartire,
cantando n' escie e ritorna giudeo.

li

po' ciascun,

Nel su' segnar fa dritti atti di pazza,


ch del dito si d talor nell' occhio
per ci campa ch' alcuno non Y ammazza.
:

Fors' ch' riguardato per Capocchio

o perch a Branca di tal d' una mazza,


che ben ve sta uom a diciar finocchio.

Incomincia, con questo, una srie di sonetti (sette in


il gi pi volte nominato Mino Zeppa. Questi fu dei Tolornei. Fece parte, per conto del comune, di
parecchie ambascerie, resse 1' uficio di podest in diversi
luoghi ed appartenne, molto probabilmente, corne il padre di Cecco, all'ordine dei frati godenti - Il soprannome
di Zeppa, che pare gli fosse fastidiosissimo, si puo non
tutti) contro

ingiustamente desumere che

gli venisse

254

appioppato per

sua eodomia. ICa Intorno

la

mo

itrofe di

" (^uando
dire:

gna.

Dio

<

ma

[ddio,

ode e vede, scoppia quasi dal

1'

ml tempio

sentons
cantando
fa il segno

pra&ioha

lo

religiose esce

Quando

si

si

fiooa

on

l'orse

perch rien raputato pasao


perch ha lama
eeeere un

.t-iilit'

dette a Branoa d' min tal maz-

Fore

< 1 i

quale, non fuor di propoaito,

nnocchio ,,.
8 " ritorna gindao
<o

ri-

nonch

<-1ip

corne prima.

un ooohio.
Mono T uccide. O

iuovo Capoccliio. o

di

suoi peooati,

movimenti da passo e talora

in

ta

che son

ma

flnite la

ridivanta... i/iudeo

aa par

sue gesta, udia-

tutti qaelli

dalla croce oaa


dit<>

ail**

dia

dera. Qqind dioe tante forte

qaando ha

ad

Zeppa entra in Chiesa ha 1' abitudine


il
boOO giOTBO, Bignor Dio - e ni

il

vi

gente cho

la

lui

leooo:

ganta

1"

<

lua-

ritorna maladatto, rapaoe, ereti

..

E qoallo stesso che Dante mise,


ira
lebbroai, nella daoima imlgia e a oui l'a dire, ' ....
in son 1' ombra di Capocchio, - che talsai li metalli con
ulchimia. - e ti dti ricordar. so ben t' adooehio, - coin' io
IS

Capoochio

ta

..

Datera traona icinia .. - Fu arso vivo in siena, con>l


agosto del 1283. Nei libri di Biochema

fui

di

DM

t'alsario.

pagamento

un fiorino d'oro
comburi Capocchiuin .. (Massera) 18 " Uram-a ., Forse secondo ilMasabra, un Haooni - 18 " Di tal d' una mazza,, Chqueut* " mazza ,,
non era ne di legno ne di mtallo.
il
letton lo oapiaoe dal verso che vien dopo - 14 " finoci

t'atto

hio

aneora

ai

..

tic

il

ricordo del

rilialdi

,,

di

che " fecerunt

eodomil

255

II.

Boccon
ed

i'

Pina

in terra a pie' F uscio di

di puo' le tre trovai

mi

stetti

Min Zeppa

si are

e comincia' ascoltare

e saria stato 'n fin' alla matiina,

se tanto fosse durata la lena

che cominciato avea del favellare;


eh que' diciea di volervi entrare
or chest' fina
e chella li rispose
:

Almen

piglia

cosi corne
si

Va

n'

ti

da

me

chesti denari,

cale del mie' occhio

a vrai gi un paio di calzari

un poco, en' i sconocchio


buon tu li avresti pi cari
malanno e' fuoron di Capocchio

piano, amor,

se fosser
va' col

256

l>.>

Poet

M-t

quell'ora

ili

notta In oui

i;

la

awn.i
Pina, Mi 11.

Zeppa

>

cil.-,

dette donna
D

ad

al

lui

tutti)

.,

e cio do-

a girare

int'oiato,

alla Bneetra;

un angolo,

tutt* oreoohi

<

i>er

aensa manifeeto biaogno, cadeva in mulrpnao, dinanzi ail' uscio chiuao d'una

le vie dlia citt

eerta

aonnm eampaaa oomunia


lii
era tmvato

h ni

parlava con

nascondm-

-so ridendo, si

>.

aaooltare

tosto,

il

oolloqnio.

DOB6

sente che "

il

i: u ApriZeppa .. dice, piano, dalla atrada, alla

mi ... E qnella, ononliandolo:


Or questa sarebbe gra...
E il Zeppa: Almeno, eosi corne t' in grade
>

ardarti, aooetta qneeti denari. Ti ci tarai

on par

ativalini

di

...

mi oonanmo pet
tari.

ohiuda

La

Ma

>*

luron

te

'

fineatra.

la

broaitfc e la

non hanno bisoarno

di

la Pina: ' Va' piano amore,


Se tbsser bnoni tu li terresti
Capocchio. Va' al diavolo
K
,,

Di puo'

naturalezza di questa comica scenetta


di

commenti.

dopo i tre tocchi notturni dlia


,,
con la quale - 7 " di volervi entraide ,, di volere entrave in casa dlia Pina: - 10 " del
mi' ooohio ,, ch' io ti stia a guardare - 12 " sconocchio M
mi consumo, mi struggo 14 " Capocchio ,, Il lalsiticatore di raonete di cui detto nella nota al sonetto

campana

le tre

B " che

,,

prcdente.

tt

17

III.

Per cotanto ferruzzo, Zeppa, dimmi


se ti facesse fuggir ogne cria
F ti rispondo dicoti ehe si mmi
fu ben perfett' alla speranza mia.

Ohim lassa, ben posso dir ch' immiti un turbo, ch' al fuggir par, dico, arpia
!

Meglio ch' i' fugga che V uom dica,


fu fatto per tardanza villania.

Deh

or pur fugge e

que' che

essare

si

non guardar

li

mmi

chi sia

caccia, che in tal modo fimmi


che contar nol poria.

ti

Ohim, amor, ch' i' non ten servirai


Gh non fia nessun che possa dir', mmi
fece partir

un

ichise di via.

258

Cosl corne ad lo leggiamo, il soalquanto scucito e ci rimano in alcune parti


eaigmatico; ma ban V avr oomprea o Ifia Zeppa. .. E
" Dinnni Mino. <h' saicbbe se
in questo modo
ogni grido ti tacesso fuggire ? lo ti rispondo che la mia

embra

i-o che
peraixaa mi tu bea adempiuta Ahim, ban poaao
tu iniiti un turbino. poieh nt-I fuggire somhri, dioo, un'ar meglio fuggire, che sentir dire allagente che 11
ri tu flatta onta par la mia tanlanza - Or fuggi donque
-

< 1

ohe ti caccia, il quale mi fece


non potrei raccontare. Amore,
pan b non potrei servirtene io ? Nessuno sar che possa
vantursi ili avermi fatto allontanare sol d' un pochino ,,.
l'ois.- la donna che rinfaccia al Zeppa, la propria vigliaccheria e gli dice che ha un amante preferito, la

non goardare ohi

lia oolui

stare in tal guisn ah'

i<>

stessa Piiia del sonetto prcdente.

" Per ootanto ferruzzo,, Il Maatra dice che una


forma aaaai mite d' interiezione. A me pare invece che
1

ignifiohi: " Per

12 " ohe in
ria

,,

Che mi

una ooaa da nulla corne questa

modo timmi

tal

fece statv in tal

,,

11.

che contar nol poguisa che non potrei rac-

essare

si

eontarlo. Vi senza dubbio un' alloaione erotioa oscena.

Ohim, Anior. ch' i' non ten serviria ? ,, Ohim,


amorai o io non ti potrei servir? meglio di lu
diamoci che non per nulla era soprannominato '' il
-

18

Eappa
tot

,,

t'ai.",

14

" un iohiae

par paura, con le

..
un
gambe,

eompoeta, on x.

259

x.

in

mi
una rapida mo$9a

Cio: nessuno

IV.

Min Zeppa, quando sente

El fuggir di

ogne volare
e Pier Faste' che venne d' oltre mare
i

nimici, si passa

in

una

notte in Siena

a rispetto di

lu',

el su' fuggir si

1'

niente

ch veramente

pu

dir millantare

malanno, quando fare


fuggir pi temperatamente.

Dio, dgli tu

non pu

fe'

'1

Ch rimarrebbe tra Lodi e Pavia


alcuna fiata ma non ne fie nulla
ch' e' facci altro che usato si sia.
;

E' fuggiria per

ond'
ch'

i'

i'

per

un

me non

mi vada

fanciul di culla;
ci

veggio altra via,

affogar.

260

Or

chi

ti

crulla ?

faggire

Il

ttllo
t'i

li

Mino Kappa qvando aanta

rao Demieo, supera ogni velocit

ehfl

'

una notte,

in

li\

d' oltTC

di

(al fiutoi

qual-

volo; e Pier Fas-

mtrt, vtnne in Siena, non

nulla di notevole in confronte a

lui, la cui

rapidit

nella luga sorpassa qualunque pi fervida fantasia. Dio,


dagli tu

l>;u

malanno, poich non

il

nodtrudODC

lin

mlnsi da Situa,

Pa\

ia

Ma non

fuggire con
almeno, qualche volta,
potrebbe iRdtin, puta, tra Lodi
gli riesce di

(lu-, in tal caso,


si

>;u alfatto possibile ch' ei faccia altro

da ci che, ormai, usat<> di t'ure. Egli fuggh-ebbe dinanzi


bnmbino in culla. Perci6, a me, non potendolo mai
raggiungerp, non resta altra speranza che d' andare ad

a un

afibgarmi.

Bmtto mascalzone, ma perch

ti

spaventi cosi

B Mer Faste' ,, Pietro detto " Fastello . Fu il captipite dlia t'iuniglia senese dei Bandinelli. Verso il
1060 fonda un albex-go pt'i t'orrstieri in Camolla. Intorno
alla leggenda attribuitagli due secoli dopo da Cecco, non

ma

sa di moite altre leggende simili, tra

si

sa nulla;

lt>

quali. t'amosa quella

vtlla
ti

'.'.- l

si

narrata dal

dlia t0. a giornata del

crulla?

..

Or

obi

ti

spaventaV.

261

Boccaccio nella No-

Decamerone

\\ u

Ol

fin

V.

Se tutta 1' otrica d' oltre mare


e quanto in Genova ha [dij vernaccino
fossero raunate 'n corpo a Mino,
el

quai

si

solea far

Zeppa chiamare,

nol potrian tanto di spera scaldare,


ch' e' non prendesse d' Inda '1 cammino
e levala che par un paladino,

pur corne udisse


Queli'

'1

sollazzo, ch'

m' a

me non

se

non

'i

egli

leli

e'

gridare.

tien valente!

si

mettarehbe chella bada,

sia di mie'

donna

dolente.

V ho per un de' cattivi da Radda:


conoscesse com' i' tutta gente,
gridando li andrebber dietro
d d! Ch'

se

i'

'1

Se tutta la trica che si manipola oltremare (in Orienvernaccino (vin bianco) clie in Genova, fossero radunati nel corpo di Mino soprannominato il Zeppa,
non lo potrebbero tanto infiammare (non potrebbero dargli tanto coraggio) che tuttavia (dinanzi al nemico) non
si mettesse precipitosamente a fuggire verso 1' India. Egli,
te) e tutto il

quando

d a gambe, corne chi oda gridare scostati


un paladino. Questa la cosa
reputa valente Ma io non proverei mai tutta

se la

scostati!, pare a vederlo...

in

cui si

262

tjuella

sua ribalda

cun

min donna.

lu

poco.
i.>.

In OOnclnaione,

se la gente lo

anderabbe dietro, gridando:

glj

che se dovessi aver briga


'^li non che uu dapconoscesse bene, corne lo conosco

E vidente oke non


qunle anzi

ma

niente.

n> 'ta

Otri

solea far Zeppa chiamare

al

ro

...

dlli!

llli!

pagina

346

Nota

malignit

la

'

il

di

<|i

Cecco

faeeva obiamare Zeppa,


bruito ennignolo avr seccato terribi!-

il

gia Ifiao

banal tra

il

si

popolo veniva imlicato con quel-

sodomia - 6 "che non


Per dire che sarebbe fuj;gitO in un luogO lontaniasimo -7 " e levala ., e se la d
a gamba Levait
7 par un paladino ,,. Corre che pare
un paladino, ma aon par inveatire il aemioo, benai ftiggendogli innanzi dalla pauia
8 " loll ... Era il grido
itto a coloro che, di
ivano gittare acque
putride nella vie, gansa pagarala malta. Equivale a dira:
l'appellativo, par la sua ban nota

prandaaaa d'India

'1

eammino

,,.

i.

".st;iti!

..

Vidi

i-,

" La vita privai

Pagine 1-- t. - 9 ohe


par il qoale agli
LO*' non mettaiebbe chella bada ,,.
bada, mettar paura, ipayentan - 12 " cati
.,
Radda ara an
dlia Val d'Arbia. Fin
nt'l

dugento

,,

Siena,

iS'>t>.

Mil apparteneva
Ladda

eoondo

.,

vorrabbe dira

ma), achersando an!

gl' imballi

Plaoidi.

ai

secondo

il

oognome

da Badda.

Dunque

" cattivi

Massera ed anehe
Plaoidi,

dappoeo,

VI.

Per Dio, Min Zeppa, or son giunte


or

ch

com'

e tu,

or

ch'

ti

e'

un matton biscotto
ne saria morto un bue;

uom

che non volesti piue,

una pace

n' hai fatta,

va 'mpicca, sozzo, pazzo,

vitoperato pi ch' anch'

Ch

s'

non

Tu

ma

otto

cotto,

uom non

fue.

tu temesse vergogna niente,

tu andaresti con
e

tue;

fu dato d'

ti

nel capo, ch'

non

le

difendi, se sai, d' esto motto:

ti

appariresti

gli

occhi chinati

mai

tra gente.

port' el gonfalon de' sciagurati,

che non ha niente


onore da' suo' nati.

figliuol di chello

acquistato

d'

264

Min X.-j >a ma ta


t rnna tra capo e
VA ora nega se puoi ci <-.he pur voglio raccontart*.
I>nni|ue, io dico che ti t'u data talc nna mattonata sulla
hfl no sarebbe morto un hue. E tu, per non buscarne dell' altre, facesti, con 1' avversario, invece d' una otto
paci. Or che non vai dunquc ad impiecarti, o il pi sozzo
pMM
uhiiiico v vituperato degli uomini? Ch se tu
ponto pnnt<> t'ossi rapace di provar vergogna, caiiiini;
con gli occhi bassi e non ti taresti veder mai pi tra la
IVnli.i.

oollo

-]

>

'

Ma

gente.

Bglinolo

ili

tu se'

il

portabandiera degli

abietti, tu se'

padre, al quale dalla propria proie

n'irl

non

il

derivato certamente onore.

Or son giunte

uviai lavvero ci che

fOMta

parole

no per "

1'

tue

ti

,,

Ora

meriti

giunto

3 " matton biscotto

fOtta in fornace.

che, messi

le

Questi mattoni

uno a canto a V

seliciare

,,

le vii>.

il

,,

il

momento che

d Mto motto ,, da
Mattone cotto due
1

(ferretti)

erano qnelli

altro per ritto, si adoprava-

VII

Se fosse

'I

capo a Min Zeppa tagliato,

corne del gioco d' Uvil n* avverria,

ch '1 capo dallo 'mbusto partiria


e puo' ritorneria nel primo stato;
e sed

vie

e'

fusse ancor manganeggiato,

men

che menestrello mal n' avria;


venen prendesse, li fana
a San Giovanni Battista '1 heato,

e se
en'

Ma non li avien per


ma la mort' che si

Deo:
disdegna intrare

la vertu di

in loco si vilissimo e si reo.

Ch

s'

e'

gittato fusse in alio

mare,

legato spessamente, al parer meo,

Niccola Pescie

si

poria chiamare.

266

" Se Min Zeppa foeee decapitato o raanganoggiato o


avvelenato o gittato in alto mare con mani e piedi legaavwinmti. in n.'.suna guisa potrebbe morire; e questo
be non gi per una spciale grazindivinn, nutpereh alla

morte fiurebbe ribreno L*entnre


ra).
epregevoL

an corpo

in

cosi vile e

"

l'vil n' avverria M' immagiUvile o J Ovile (pereb forse si


\;i mi prtai dlia porta omonima) dovesse consister*
la un uoino ili legno, imbottito di stoppa, con In
fattamente oongegnata su' bnato, in modo cbe quella po-

Oome

de]

gioco

qo ohe qneeto giaooo

d'

d'

del i'antoccio e ritoruare subitaraen-

veniva
una eempliee suppoh manoa, credo', qaalonqae documento in
-iato ,, percosso con un manpropito
B " M
6 vie men ohe miniatrello mal n' avria ,..
gano
coite, per il
ne darebbe meno per inteeo d on bnflbne

te a

poai

tirata a

via via ohe,

i,

Era

riaate generali, lo

le

Ma

barno una baatonata.

quale

H
1'

Le

baatonate aono air online

venen prendeeae,
be.

gli

>.

'

Qiovan Battiata
i

cola Peaoie

..

il

'aria

oh' a

del giorno

7.

farebbe

meno

effetto cbe a darlo

qa Je,

ime

sa,

si

ha

ad

a s.

la testa tagliata.

interpretasione non sono sicuro)

Allude Cecoo

San QiovanniBati

14" N

una atrana leggenda

un oeito Cola N'icola, il quale, nmledetto dalla


propria
afadre, divenne mezzo pesce e visse lungamente
uei mare. Vedi Pitre,
Btndi di loggende popolari in
narra

di

eilia

(Torino 1904).

67

"

Da

te

parto

'I

mie cuore, Ciampalino

Ciompcilna
I.

Si se' condott' al verde, Giampolino,

che gi del candellier hai arso un pocor


a mal tuo grado rimarrai del gioco,
pu t' han condotto si i dadi del meno.

de' tuo' fatti fui

ch' assai

ma
e

ti

dissi:

bene 'ndovino,

non toccar

lo

fuoco

non ebber loco,


tuo non fu del senno di Merlino.

mie' parole 'n te

'1

Ma

perche io ti sento alquanto grosso,


disponar voglio 1 motto che tu sai:
del candelliere non mi so' mal mosso.

Gh sopra la persona debito hai,


non s' gittato prima al fosso

e se

che maggio vegna,

'n

pregion morrai.

A questo Giampolino gi rarnmentato pi volte cosi


poco lusinghieramente, sono qui dedicati quattro sonetti
pieni di frecciate e di motteggi. Chi egli fosse incerto.
La supposizione pi probabile pare sia quella gi espressa
dal Lisini al Massera per la quale sembra avre appartenuto alla famiglia dei Gallerani. Comunque sia, ci che
soprattutto c' intressa la presentazione che ce ne fa
Cecco, dalla quale apparisce che il detto Ciampolino fu

270

oompagno

di

viz

Ici

questi

nui ila

amato e

perch lo derubava, odiato e multr.ittato.

l>-)i.

dalle

varde

;il

oommedie
oella

:.

Qaetano Milaneei, aella inaediaione


G. M. i.Wrhi iO Monnier, 1866) cosl

..

'li

tell'

eetrema pooeeeit

preea

del Kigliuol Prodigo,


Oadara In grande ed
unilitadine dalle caudele lo

la

\'

atto

rerde

al

irai

..

quando gin
quel cerchietto di
ara verde cho hanno da pledi, eono qaasi per fini;

ohe gi del oandelliere hai areo an poco ,, dunque non


qoali brociando,

ma
lu camlela, con tutto il vi-nl\
anche nu pooo di cuiulcli'
N'iinl dii*e che Ciampolino
oadato nella pi eqnallida niaeria unmaginabUa - 3 " a
mal tuo grado rimarrai del gioco ,, per tbrza, contro la
tua Tolout
.ai di giocare - 4 " Poi t' ban condotto si i dadi de! maso .. Poich cosl ti hanno ridotto
dadi ooi qoal
oopte il punto minore hoIo bruciata tut tu

".

<>

" aoa toooar

lo

"

gina

1S!)

iax col

il

senno

grosso

Merlino

di

itnpido.

,,

Ma

qoalohe ooaa

di

LO

s>;

u!

Poichi

oppure
\">*o

,,

12

cio

,,
,:

la

,,

forse

" del a

il

gittare aella foeea, eotterrare

971

,,

mia similitudine

bai dbita parfino la persona

sa

oh sopra la persona debito


pauni ohe porti in dos-

bai debiti parfino

Qtendi par dbit

10 " disponar

mottoche tu
-

del oandelliere gioata


,,

il

atr

lien non mi so' mal moaao


hai

'

cio:

qui fore vuol dire

eopraflatto dal dolore par la tua aitaeria

tralaeniam, riepanniarti

t'uoco,

Vedi nota a pa-

,,

i.

11

13

" gittara
in prigion

I.

Se tu se' pro' e forte, Giampolino,


ora m' avveggio che bisogno n' liai,
ch'

veggio venir Tese, e tu

se tu

pon mente ver San

seco

'1

vedrai,

Pellegrino.

mena un che par un mastino

oramai, Ciampolin, corne farai ?


Dimmi se di bon cuor combattarai
o tu ti far appellar borgognino.

Gh

ma

se tu fuggi, se' vitoperato,

se combatti

ben

di

buon

coraggio,

tu dei pensar che ne sara' laudato.

Ma

gi

ti

veggio cambiar nel visaggio

perci credo che

'1

fuggir

ti

o a levarla, quando tu ha'

272

sie 'n
'1

grato

vantaggio.

b ride Ceooo di queeto brutto impioek) in


oui ti
trova Ciampolino E corne si spacchia, sapendolo vigliacco, a dipingergli la scena il Tese e di qiiell' altro brntto
I

le costole
E poi, semPovero Ciampolino
e ora?
Mme .11 a ora? combattexai? faggirai? Bada, che se tu
t'uggi, se' vituperato! E se invece ti fai coraggio e coml.atti. tarai loilnto. Oh! oh! Ma gia ti vedo tare il
vis.
bianco. E allora ? Rllora vrdo bene che t' cosa pi gra-

cho

ceffo,

oereano par rompergli

lo

pre logghlgnando,
i

<lit(\

g\\

dice

batterti

le

gambe

nelle natiche.

Di il Massera che probabilraente un


Tese Tolomei morto tra il 1813 e il 1814 - :*. 4. " e tu
'1 vedrai se tu pou mente ver San Pellegrino ,, e tu
pure lo vedrai se ti ramnuMiti di ci che accadde a S.
Pellegrino. (Mi pare che si alluda a qualche offeaa l'atta
da Ciampolino a questo Tese il quale ora TU! vemlicarsi).
La contrada di S. Pellegrino apparti'in'\ a al terzo di Citt.
- 7 " di bon cuor ,. coraggiosamente - 8 " borgognino
,,
vigliacco (?) 11
o a levarla, quando tu ha '1 vantag

gio

,,

o a dartela a

sciando gli

gambe quando

sei

spalleggiato,

altri nelle peste.

27:J

18

la-

III.

Da

te parto

e se noi

mie' cuore, Ciampolino,

'1

fummo giammai

dritti amici,

ora sarem mortalmente nimici


perch del mie' mi nieghi pi che Mino
e

quando

si

domando,

tel

usi spesso

sie' certo ch'

i'

Non

in tuo tatino

so che

ti

dici

saprei mangiar pernici

e giocar e voler lo mascolino


si

corne tu

ma

aggio abbandonate

cheste tre cose, perch' uom non potesse


quegli giunto in gran povertate

dir

Or

tu se'

Cosi

ti

'1

buon garzon,

chi

dia Dio vita e santate

e tu ha' ben a dir

274

Cristo

ti

credesse

'1

volesse

t<\

ii

'iiim|n>liiiii. lui sinrt-ro

ami.-o.

cUl

HViinti

<|iii

nmnfoo mortato Pift di Mino Ztppi mi negbi ci.'


lu- t* avunzo a c|uiui<lo ti irhitdo
miei deiiari,
di. luu laiid.uui. lie imn su quel thi> mi dire. l'redi folM,
t>. che i<> non Mprei mangiM pernid e gio
esser odomita corne te ? Se ho nbbandonate queste tre
OOM 1' 1"> fetto peieh non mi ri.lueessero alla miseria e
mi ridtBM dirtro. Or tu agj davvero un
la j^t'iitt' non
lui. >n rompaguo, a
erederti
Ti dia dunque Dio vita a
sainte. Ma io spero du tu debba dire: l'risto lo vol esse
(Oio: Ti aiiguro una malattia che ti porti presto al camp.isant... per la quale tu sia costretto a sospirare:
Dio

-,
-

mu

i.

mi.'.)

dM

i"

foad siuio

ma

).

Ciampolino non solo nega a Cecco

Si noti che

" in suo latino

per la nuova vita morigerata a cui questi

allora

virtuose,

quasi

Cecco,
si

de-

piglia tineinente in giro l'a-

,,

offeso

d' esser

tacciato

athetta a giustificarsi: Ohe, ohe

si

d'

dato.

uonio

mettiamo

i:
se ho smesso di gavazzare, di giocare e
" voler lo mascolino ,, 1' ho fatto per non di\
povero, intendiamoci, non perch queste tre cose non mi
i

punti sugl'

di...

iano pi

2 m dritti ,, leali - 4 " Mino ,, Vedi pagine 251


"
5
in tuo latino ,, in tuo discorso, in tuo gergo - 8
" lo mascolino ,,. E (lo diremo con una circonlocuzione)
il simbolo del Dio degli orti - 13 " Santate ,, sainte -

J75

IV.

feci di

me

stesso

un CiampoHno

credendomi da lui essar aiiiato,


ed eravam di due, un dal mie' lato,
e dal suo, Pier e Giovanni e Martino

giammai egli m' ebbe 'n dimino,


or da me di lunga da mercato;
perch di lu' mi ritrovo 'ngannato;
ne s' il vedesse far dell' acqua vino

e se

non mi
e

pur

gi

un bagattino

fidare' 'n lu' d'

di chel ch'

i'

non ne manda

mi
si

son fidato
bianca '1 mulino
vi

Gh' egli m' ha tolto a torto ed a peccato,


usando la maniera di Caino.
Ora ti fida in uom ch' abbia sriocato
!

276

lendomi essere araato da Oiampolino, avevo


un altro mo atesso. Cosicch per conto mio (tu
ni' aveva accecato 1' amicizia) non eravamo due ma uno.
Invf.f on me n' avvedo) egli (dentro di e) miconaideun Tizio o Caio qualunque. Ma ae gi m' ebbe in
iominio, (se cio - si direbbe oggi - mi auggeation6 ) adeaeo, eeeendo atato ingannato, lo tengo a rispettoaa *li

li

lui

stanza. Ne, ae lo vedeaai

tare

il

corne Criato,

miracolo,

lui menomaeambiare V toqua in vino, mi fiderei


mente. E dire che, nel tempo che io me ne fidavo, non
era la farina pi caudida dlia mia amicizia! Ma egli,
alla maniera <li t'aino, ingiuatamente ed iniquamente, mi

di

* 1 i

ha dernbato. Or va' dnnqne a Adarti

oredendomi da

lui eaaave

<le'

amato

,,

giocatori

Nel " ('antare

delT Ahbandonata da Siena ,, (Vedi, Federigo Tozzi, Antologia d' antichi scrittori aeneai, Pagina 820, Verso 4.)
>i

" Credendomi da lui eaaere amata ,, - 4 " e


mo, Pier e Giovanni o Martino ,, Cio Mentre egli,
me, formava tutt' uno con la mia persona, io ero

trova:

dal

per

per

indiArentemente, Piero, Giovanni e Martino o,


uno qualunque - 5 " dimino ,, domi" or da me di lunga da mercato ,, ora as-

lui,

in altri termini,
iii.>

<;

lontano da me - 9 " bagattino ,. moneta di piccolo


valore. Corrisponde al noatro mododi dire: un centeaimo
liacato - 11 " gi non ne manda ai bianca '1 mulino ,,
nttMidi di t'arina - 14 " ora ti fida in uom ch' abbia
nai

giooato

ee,

se

,.

non

L' intonazioue di quost' ultimo verso,


erro, quasi mia certa indulgenza.

*277

tradi-

e di

ciascuno

mi fo

beffe....

n eri

Quando Ner

picciolin torn di Francia>

era

si

caldo de' molti

che

li

uomin

e di ciascun

Ed usava

li

si

di dir

fiorini,

parean topolini
facea beffe e ciancia.

mala mescianza

miei vicini,
possa venir a
quand' e' son appo me si picciolini,
che mi fuora disnor la loi* usanza.
tutti

Or

per lo su'

senno a

tal

condotto,

che non ha neun si picciolo vicino,


che non si disdegnasse farli motto.

Ond'

i'

mettare'

'1

cuor per un fiorino

che, anzi che passati sian mesi otto,


s'

egli

avr pur del pan, dira

280

bonino

Tva giufltamente il Maaara oh ajiaato Xcri non


suppose il D'Anoona ad baano ait ri molti in

I gii corne

appraaaa ripatato, Rari Piooolino o Pioohino daFiorenza,


(iglio di Farinata dagli l'bcrti; nia banal qoalolie pli
cio senese amigrato, ptr marcantarai

ritornato in Siena cou un po' di

in

moneta

Fnateia

ili

e molta atolida

boria.

Ne

la caricatura del pidocchio rivestito (che si gonfla

diadagna tutti e parla fbraatiaroaj par &u


ricco,
l fondo al <;ruzzolo e ridoventa pidocchio pntrtbb'esser
diaagnata pi briosamente di ooal.
v

_'

"

laaJaraa

ta

,,.

caldo ,, si superbo per


molti florini
5 " mescianza ,, non stbrtuna, ma " met

8l
-

un

fatto oha tutti ^li

ignorant! eha vanno, sto

per dire, da Firenze a Peretola, qnando ritornano a casa


parlan tbrestieri per parer pi dotti. Figuriamoci duuque

Pranoia! - 8 M la loro usanza ,,


usar con loro, la loro dimestichezza con me - 12 " ond' io ncUare' '1 cuor per un lorino ,, sconimetterei il mio
NM-i.

eh' ara stat- ia

1'

eaora contro un Borino.

31

L'

fl

nd

baldovino dentr' un prato,


deir erba fresca molto pasce e 'nforna;

Stando

lo

vedesi dalla spera travallato


crede che le orecchie siano corna;
:

chesto fosso d'aitrolato


salter bene, ch' i' non far storna
muovesi per saltare lo fossato
e dice:

allor trabocca e nello

Allora mette

mezzo

un ragghio

torna.

corne tono

Ohim lasso, che mal pensato aggio,


ch veggio ben che pur asino sono!

matto avvien, che se cre' saggio;


quando se prova nel parangono,

Cosi

ma

al

al dritto

tocco pare

'1

su' visaggio.

282

un grasioeo ;ipologo contro


L'Mino, redendo
le oreoobia

in>

>i

la

propria

pi

t<>

gli

ombra

hmghe

stolti

presmi'

proiettata nel sole

pu

del vero, piglia <|iiesto

corna e ai creds
wv, Alton si <l V aaaeito \-r *altare an
n\ mu, eOM in isrtoncia maniera
oaduto dentro, rioonoeoe, disperatamente ragliando, che

pi asini) di

prima.

" Fades! dalla apara fcrara&ato ,, vede proiettata


6 M non nuo itoma r
ombra oontro il sole
non rinonlero, cio to aaltero nettaraenta - 8 " allor trabocca e nello naano terne* .. si voile: ha raggiaate l'aitra parte cou le gamba <lavanti, ma quelle di dietro, con
8

la

propria

tntto

il

oorpo,

1*>

tirano gi, e

si

rovescia nel mezzo

oomiciaaimo. - 12 "se cre' ,, sicred


11 al
18 " nel parangono ,, nel paragone col saggio
'.

1".

II.

lritto

toOOO

pari'

ramante qaal'

"1

su' riaeggio

,.

ail'

opra appare

Una vecchia

Deh

guata, Giampol, ben chesta vecchiuzza

com'

ell'

ben diversamente vizza


un poco si

e quel che par quand'

rizza,

e corne coralmente viene 'n puzza,


e corne

appunto sembra una bertuzza

del viso e dlie spalle e di fattezza,


e

quando

la

miriam corne

s'

adizza

e travolge e digrigna la boccuzza.

Che non dovreste

si

forte sentire

affanno o d' amore,


che non dovesse molto rallegrarti,
d' ira, d' angoscia, d'

veggendo
si,

gli

liei che fa maravigliarti


che per poco non ti fa perire
spiriti amorosi nello cuore.

Qnetto sonetto
:

rosi

<lnat:>
i-

eom'

s' ella

Maiii'ii.i ,|in>ii.i

I iliiituiiKMitf

(MM

paris.se

't

lu

OU

li

Geooo

imitato

fu

ili

ri'K'r

MrigBVtttBtR

lAyurftta

da Quldo

Oaral-

Etimt di

si

forte

malin* uiia.

CM

MM

OtrtbM

il

OM

d'

nix si

CM

core

tu
-

mente coin' 6 divist pare <|iiand'ella M'aggruxxa: -

e pon l>en

e quel

MMmpagMM

dia

avivsti nfuuit

tanto

Matita d un'

'li

Invotto

CM

cappellina e di vol aoggolata -

alcuna bella donna gentiluzza


saresli

MB

'

IMN

dlia

morte

RMMd a

HM

o tu morresti o fuggirosti via - >.

Guido Cavalcanti, con introduzione e appenEmilio Cecchi, Lanciano, Carabba

dice bibliografloa di
1910,

pagina 94

1 - * Oiampol .,
fone il gi pi volte nominato
" diversamente vizza ,, variamentevizy.it
Oiampolino (liviinque - 3 " si rizza ., si raddrizza sulla persona - 4
viene in passa .. t'a nausea - 7 " s' addizza ,, si eccita
_'

Le due

tersine voglion dire: Se la guardi,

1'

ira

goaoia e T aflanno parlaoono da te perch tanto

eht

ti

ta

ridera, e ae sei

1'

an-

traffii

innamorato, per poco non ti tu


dal cuore, da quanto or-

eadan ogni tpirHo amoroso


randa.

185

Dialngn

Le

ch'

gioi'

i'

amorE

d'

ho recate da Veneza

t'

prendi, Ghinuccia, puo' ch' aprir

Sappi, Meo, che da


si

non vuomi.

a te ha screza,

che tu non vedrai corne tu suomi.

Ohim,
S' tu

quando

mi facesse

non m'

tu dirlo puomi.

rein a di Greza,

avresti corne m' avesti: tuomi!

Anzi

ch'

se

perch non mi

'1

pur un speza

araor, tu par'

fistol vienini,

me

i'

parta dal

dimandata

sarai:

tu'

dici,

chi

uscio,

michi

morto tienmi,
'1

fedi,

chi?

Gh mie' madr in tua presenza diemmi r


non m' atasti: onde, se tu t' impicchi,
poco vi d quando di ci sovviemmi.

286

La

scne Un

Anche qui
in

simile a

<|iia-ii

del sonetto a P.

<|iiella

istrada, diiiiui/i ail' uscio chiusu.

iiuccia,

poich

ch' io

jL;ioie

ade:

mu)

t'

I<>

s.Tczio;

en

(iiulti

te

l'ainata nlln tinestra e l'amante,

vuoi apiirmi,

ni)ii

ho porta te.
ti

Venezia
Meo, che

sol

!,ii

...

E Meo:

bue parole pizzicano corne

il

,,. -

non

nato

mi vedrai nia

" (Miim,

pepe

(ihi-

nie e te

fin

Qoi nvanti

da

(ltin<|iie

" Dell

almeno queste
E la donna ri-

prend)

la

dico, caro

suj|li< -h>-\

dioti

Amor

mio,

Poich tu ha' en

an Bstalo nudigno mi rode!,, E la donna


" Se tu mi t'acessi regina di Grecia, non mi
potresti aver come prima. Ors, pigliami, se ti riesce ,,
E Meo, tragico: " Se non mi dici la ragione di qoesto
nuovo contegno, m' ammazzer qui, sotto ai tuoi occhi,
corne nn cane. E allora la niia morte ti metter in un

di

dnai

oid,

lu fl'andolo:

Dell

impiccio: Perch verranno qui gli uthciali di giusti-

zia e
ferito

ti

domanderanno: Chi ha

Ki-q>ondete

,,

t'erito

costui

Chi

la ragazza, di rimando: "

1'

La

ha
ra-

gione questa: Mentre mia madr, in tua presenza, per


agion tua, mi picchiava, tu non ti degnasti di muovere

>

un dito per ripararmi Ed io me ne ricordo; e quindi, se


t' impicchi, me ne frego ,,.

tu

Non
Mino Zeppa

Ifeo
tello di

tal

..

al di
il

l'uori

che questo

quale ebbe

nome.

l>87

inl'atti,

Meo
un

sia

i'ra-

fratello di

Un senese

in

filemagna

Salute manda lo tu' Buon Martini,


Berto Rinier, dlia putente Magna.
Sappi ch' i' ho cambiati i grechi fini
alla cervugia fracida be vagua,
e le grau sale e

nobili giardini

a mosche e a neve e a loto di raontagna;


la buona usanza delli panni lini
ch' usar solea con voi la campagna.

Ben puo'

far beffe di mie' vita fella,

ch spesse volte siam senza tovaglia:


sette siam che mangiam per iscodella.

E non avem

mantil per asciugaglia,


asciughianci al gheron dlia gonnella,

quando

no' siam

ben unti

di sevaglia.

agi ohe un

Martini,

t:il

aonese,

etnigrato in

Oermaaia, scriva a corto Bcrto Kiniuri, suo amico,


mandolo dlia ti ita vita obe >H>atretto a menare
Mi Bgnro ohe Uttorno

qneeta Martini

trapclatn in Siona qualcbe cosa

en

aadato Lnoontco. EN qui.

"Martini
un

..

Kargherita
-

oerragia
<li

bina
T.

S.

CeeOO

givrbi

ficacida
iVadi.-ia

dionale,)
-

8 "

delisie

HKtim

di Cet-.

laofa

Banieri

di

"a

d'

" pnteate

lini

..

bevagna
bevanda

,,

'

,,

Ricasoli e d

dunque, parente,

Magna

..

potente Uer\ " alla

prrlibati vini greci

con

la cervogia,

(nna specia

rispetto al generoso vino mri-

da caprai)

dei panni lini di lino clip

savo in patria ooana voialtri,


i)n rozzi veatiti da villano.
e

quali

Barto linicr

Alberto
e,

aile

loto,, a sudieiume (di dimore

La buona nsanza

per aaciugaglia,,

9ia, d' oltr* alpe,

dlie

Romaaello ngiolieri

di

alla lontana. di

niania

Non m

Alberto

la

int'oiail' e-

ko
\2

Aomto sostituire qna


" f non abbiam mantil

non abbiamo neppnre tovaglia per


14 ' sevaglia aego.

adoperarla corne aalvietta

289

19

Lapa

Un

di

Pagna

mercennaro intende a grandeggiare^

si smisuratamente,
che sofferire gi nol pu la gente,
veggendol cosi forte vaneare.

e poggiavi

Deh

fatel ritornare

a vergheggiare

corne solea fare anticamente,


eh,

s'

i'

non

del su' fatto

sia del mie'

mi

tien

capo dolente,,

un gran cacare

Or sentenziate s' a torto mi lagno


non ben coral puzzo
ch' i' sofferisco da Lapo di Pagno:

e se chesto

Ghed

vezzeggia e tiensi gentiluzzo:


or ecco febbre da fuggirne al bagno,
a chel che vi cola 'n terra d' Abruzzo
e'

290

un

tipo di villan rit'atto.

ait io

Ma

se innanzi

il

ha schizzato per divertiiiiento la


ohietta <li NYri e n' venuto ftuni un profllo goatO*
ameuta artiatioo; pii non ha volnto o upato aoo laaoiarai
poata, aonridando,

1.

prendeia dal disgusto. si sente lie Geooo oontinnami


orteggiato e seccato da questo insopportahile plebeo

salito (al qnale foret pressera di tm- dimentioare

pria origine,

banioando persone non

per vendicarai, pi ehe diaegnaido,

ignobili

hollarlo.

la

lia

ri-

pro-

roluto,

Quindi

pin

ehe oarioatara, iuvettiva.

'
nu r.tiinaio ,, che serve per mercede, plebeo " vaneare ,, invanire - 5 " vergheggiaro ,, ribat
la lana dlie mataraaae
T. s. Poioh tntte
le volte che
non posso trovargli la scusa che mi duole il capo, ni'inlastidisce raccontandomi le sue insopportabili grande zzate
- 10 " puzzo ,, noia,
t'astidio - 11 " Lapo di Pagno ,, chi

fosse incerto

18. 14.

Or ecco un maie cronico derivato


i

noiosa importuuit di Lapo) da dover t'uggirne, per

tlalla

guarire,

bruzzo

laggi,

al

bagno

di Pozzuoli. (" In terra d* A-

regno di Napoli. Il bamerc la scuola medica salernitana. tu


celeberrimo nel Medio I

gno

,,

cio, in senso lato, nel

di Pozzuoli,

9I

fil

R.

Pelle chiabelle di Dio! no'

A.

P.

F.

ci arvai,

F orao di Roma
F son da Lucca, che ddi'? che ffarai?
Che ho cocosse a vender una soma

poi che feruto


L.

mercsn

ci liai

Doi te gaitivo, u' ddi' che nde vai?


Entro 'gn' Arezzo a vender queste poma Qust' ascina comprai da' barlettai
entro 'n Pistoia e fi tondar la chioma

Deh che

ti

dea

'1

malan.

fi'

de

la putta

danaio
ed ancor pin, e giugnet' un mellone
ch' a Firenze n' ha' serique a

S.

guagnele caricli' '1 somaio,


e porta a Siena a vendar cheste frotta
si fuoron coite di buona stagione.
le

292

Sou

t'ni.M

*>

modi

dire staccati.

di

Mi

diverti

volgari e ricuciti insieme, cosi alla rintusa, per dar l'imI

itssi.ine dell' incrociarsi dti var

linguaggi plebei

nella

tumultuosa confusione d' un mercato. Le lottcre maiuool ehfl ho poste a fianco del sonetto, indicano gl' interloentori 0<w)
pi-itoiese

H, romano

F, fiorentino

L. lucchese

A, aretino

P,

S, senese.

" Pelle chiabelle di Dio


dlia
Per i chiodi
Dio - 1 " no' ci arvai ,, non ci anderai - 4 " che
una soma di
h<> cocosse a vendere una soma
,, Che ho
meohe da vendere - 5 " Doi te gaitivo, u' ddi' che nde
vh? ,, Oho tu, robaccia, mi dici dove vai t - 7. 8. Que1

e) di

t'

asina oomprai da' barlettai (fabbricanti di barili e biPistoia e la feci tosare - 9. 10. 11. Deh che

gonoioli) in
ti

venga

il

malanno

figliuol d'

una mala fenunina

Fi-

renze ne danno una serqua per un denaro ed anche di


pi e un popone per giunta - 12 " carich' '1 somaio ,,
carico

1'

asino

18 u e

,,

or

293

14 M

si

,,

poich.

doue non mi prude

si

mi gratta

PEntimenti tardiui

cosa fatta non vale

ne

dicier puo':

pentere

'1

cosi vorre' aver fatto

ch '1 senn' di dietro poco pu valere


per s' aveggia V uomo 'nnanzi tratto.

Ch, quando F
e'

non

uomo

comincia a cadere,

ritorna in istato di ratto:

io

che non seppi chella via tenere,

dove non mi prude

si

mi

gratto.

caduto e non posso levarmi,


mondo parente si stretto
che pur la man mi desye per atarmi.
Ch'

i'

so'

non ho

al

Or non abbiate a

befi'a

ehesto detto:

ch cosi piacei' alla mie' donna amarmi,


corne non fu giammai me' ver sonetlo.

Prato a poco, ma
Je plaints

temps de

le

ma

quant) pi desolataniente, Villon


jeunesse,- ouqiiclj' av

[.lus

qu' antre Rall

mW

jusque* I' entre de viclles-.e, - ijui smi partenn-nt in' a


Il
s'en est pM aile, - n'a cheval: holas .-.. minent IM
' iidaim nient t'en est voil, - et
o m' a laiss quelque don

'

!'.

altmve

Mm

se j' ousse

bonnes meurs

et

Mais

<|Uo\

(L|

,1.111.1

'

'1

rt&dM

ddit' - j'

je livoie
t

eacM

1'

eseolle,

pittltt,

tet.uio-nt.

peiitore

MODO

comme

peu nue

XXII

..

ou temps de nia jeunesse folle,


M et OOCht molle! -

il

it

\XYI

l'ait

le

le

mauvais entant

euer ne

me

lent.

..

pontiiiicnt.

'1

senn'

di

<li--

sopntvvenuto quand
non c' pi tempo - 4 " a' avveggia ,, si ravveda dove non mi prude si mi grmtto .. mi pnto inutil
- Il " me' ver sonetto
,, pi vero SoneUo.
tro

,,

il

di poi,

il

giudizio

.17

Egnismo

Egli

si

poco

di fede e d'

oggi rimaso fra

1*

umana

amore

gente,

che si potrebbe dir corne niente,


per quello che V uom vede a lutte F ore.

Ghi peggio fa tenuto ci '1 megliore


e non si trova amico ne parente
che V un per F altro un dena' di valsente
mettesse per vederlo 'mperadore.
;

Ghi non mi crede, si cerchi la pruova


vad' a qualunque gli pi amico caro;
e puo' mi dica che novelle e' truova.
:

Se

fia

cortese, diverralli avaro;

e ancor
di se

ci

ha una foggia pi nuova

medesmo

servir F

298

uom

caro.

nismo moraleggiante
noioso in tutt'altri

prondara un* nota

non
i

ili

pi giovane; la

riuscirebbe firsddo 8

Ma

qui nii par di


malinconioa sincerit. Forse il posta
t'.imiglia e la miseria lo angustiiino:

<*he

OeoOO.

In

paranti i glj amioi prudcntemente lo evitano; soin,

kroppo tardi aaggio. ilora, corne in qualche raro momento


T astro poetioo 1' invada, colora le proprie rime dell' ultime ose urc trial

'

'

<

li>

ftj

trebbe dire oha

potrebbe di OOma
la tede e

1'

nient.-

amore non

un danaib '1 valaenta ., il


anoox ci h ona foggia pi nuova
Dioamente,

13

"

199

..

("lie si

po-

son pi afFatto
valaaata d' an denaro
vi

,,

dett

Fortuna

Senno non

val a cui fortuna conta,

ne giova senno ad uomo infortunato;


ne gran saver ad uomo non sormonta
s'

a fortuna non piace e non a grato.

Fortuna chella che sciende e che monta,


et a cui dona et a cui toile stato;
fortuna onora e fa vergogna et onta,
fa parer saggio

un

folle

avventurato.

E spesse volte ho veduto venire


che usar senno tenuto in follia,
et aver pregio per non senno usare.
Ci ch' a fortuna dato a provedere
fallir e mistier che sia
saggio '1 tegno chi sa temporeggiare.

non puo'

300

si
u lui

legge

tare

tt

ritto

<im

ohe

lu dioi dellc
\m-he questo sonetto deve
da Ceooo negli iiitiiui tempi dlia

righfl

rivolge a se

1>>

fcetto oie

vita.

'
tenta
1
-rau s;ivnv ml
'

..

('

i\.:ttal;i,

'

lireVe, liniitata

UOmO non surmonta

grande tapera
obi -^a temporaggiera

,.

reputo

dlia fortune, se aepettara

il

M\

,,

1'

uomo

" H

aetiiiistu

14 " saggio '1 tegno


saggio chi, tra i oapriori

ecc.

te

ne

tempo opportune

PrEsunzionz

Chi deir
il

altrui farina fa lasagne,

su' Castel

non ha muro ne fosso

di senno, al mie' parer, vie pi grosso

che se comprasse noci per castagne.

detti di colui so' tele e ragne,

ch'offende e dicie:
e

non ha

i'

non sar percosso


un osso,

denti e roder vuol

e d' alti monti pensa far campagne.

Per

uomo

di tal pensiere

non

che del valore ha

sia lordo

cuor diserto,
ch mal suol arrivar volere 'ngordo.

Ma

'1

faccia corne que' che sta coperto

ha rotto
Puo' mostri ben ch'
fin ch' altri

e franto
e'

302

suo bigordo

sia di giostra sperto.

La DMknJa
non si

provi a
forte

il

t'ar

ni

tlebole di
i

iliit

l'eroe.

che

atessa

la

1/ Isabelle

l'aria

Ma

si

ili

stia piuttosto in disparte

mantieae

forte;

se, allora

soltanto

quando

po

1.

2.

ttere

t'a

la

l'accia

si

che, torse detto, iu tOllO

vigliaechi

nell' apologO dell' asino.


spiuca-niontagne e D

<l"

Bnoh

redaridotto pi
avant! e romhatta.
l<>

LrO&iOO eonsiglio, OOlltrO

lo stesso

nippe

che dire: Ghi vuol far l'altrui me5 " E detti di colui son

nel panire

tele di ragno
non ispondono i t'atti - 8 ,, carapagna ., pianura 9 " lordo ,, dice lordo, perch dallo
avre un tal pensiero gli drivera ignominia - 11 " Che
mal suol arriver volere 'ugordo ,, - Poich un desiderio
Hproporzionato aile proprie ibrzo non arriva al segno 13
11
bigordo ,, sorta d' asta che usavasi per armeggiare da San Gimignano, sonetti " E rompere e
( Folgore

tele e

ragne

perch

elle

,,

Le sue parole son vane corne

parole

tiaccar bigordi e lance

,,).

:;<>:;

Ggnun per

se

Tal nom fa altrui profferte e gran carezze


dicendo
bene andiate, fa bisogno f
che non lia tante leghe di qui al Grogno,
quante fuggire, s' altri el richiedesse.
:

chesto incontra volte ben si spesse,


che giudicarlo i' non me ne vergogno
ben lo sa Iddio che bugia non ci appogtio
;

guai

al

dolente che

non

ci

ha ricchezze.

Per catun procacci per se e vaglia


in Dio si fidi e nella sua bontade,
e d' appoggiarsi ad altrui poco 'i caglia.
;

Gh non

ci

ma

si

que'

quai
ci

'1

ha amor ne

ne lialtade

reca pi sotto la paglia,

pi creduto, 'n veritade.

304

Anche sens*

ilati

cronologici

(i

quali del resto

man-

potrebbe giurare che questo sonetto uno degli

uni)) si

ha i capelli grigi e molta tristezza addosso;


perdoloroaa esperiensa, che non si trovan nel monde
ne " iiniiu- ne Ce a liultade ,,; sa che ciascuno tira
1' acqua al proprio
molino, sa che 1' egoismo va a tonio
Meglio dunque appog
in mMOhera d' ipocrita....
uiii.niiuMito, quali esse siano, aile proprie tbrze ed afliultimi. Cecco

s:,

<1

usi alla bont del Signore.

Tutto

il

resto

inganno

mensogna.

8 " Grogno

Logrono, antica citt dlia vecchia Cachi s' infinge di pi, chi nasconde
sua mal vagi ta sotto la maschera dell' ipocrisia, quegli,
vi dioo, in verit, che stimato il migliore.

stiglia.

la
io

13. 14.

,,

Ma

806

20

JLIPIRElirsrDIIICE

completare quest' edizione, d qui, in ap-

non

riconosciuti

e rifiutati in

I primi due
pur
unanimemente per opra di Cecco

pendice, altri sette sonetti

modo

assoluto dal Massera

prsen-

tant evidentissime caratteristiehe angiolieresche.

primo trovasi frsmmisto agli altri dell'Angioil secondo, nella rao


nel Codice Perugino
colla di Leone Allacci, va sotto il nome d'un Fino
di IL lienineasa da Rezio. Alessandro D'Ancona,
(Il

lieri

a ragione, inclina a crederli di Cecco.) Gli altri


che tolgo dall' edizione Morpurgo (1)

oinqne

sono del gi ricordato Pieraccio Tedaldi, florentine,


imitatore del bizzarro senese, e a lui posteriore
di

pooh

lustri.

Gli uni e gli

zamento del

altri,

sottopongo

Le Rime di Pieraccio Tedaldi


Finnzr MIHCCLXXXY.

(1)

la

al libero

apprez-

lettore.

309

alla Libreria

Dante

veri parenti

i.

Gli buon parenti dica chi dir vuole,


a chi ne pu aver sono

Fiorini

que' son fratei carnali ovver cugini

madr

e padre e

e figliuoli e figliole.

Quei son parenti che nessun sen duole

.*

bei vestimenti cavalli e ronzini,

per oui

t'

inchina Franceschi e Latini,

baroni e cavalier, dottor di scole.

Quei

ti

fanno star cliiaro e pien

e venir fatti tutti

che

si

pu

far nel

i'

el

310

eseguire.

ho parenti
pu ben dire

nacqui corne fungo in fra

ardire

tuoi talenti

mondo ne

Per non dica Y uomo


chi se '1 non ha denari,
i'

d'

gli

ombrenti.

II

poea e

la

malinccnia

ii.

tlinconia merci o

Posa
<>r

lu>

fiur?

Nol posso

Che

vai chitando

No' pi avre.
Vivi temporeggiaudo.
E tu vivi in dolere

di spirto.

la

fare.

Perche vai indugiando? D'altro non ho volere.


Or vuo' ch' i muoia?
Vuo' vivi penando.
Che non m' nccidi?
Peut mi assui.
Ci m' grande piacere.
Va

nioiT.

Perch '1 d la luna.


Or perche questo?
Non ancor cotesta.
Mala luna .
Darti molti guai.
Che credi fare ?

una.
Non ho assai No, dlie venti

comincia
gi
pi
Or
?
che
E
avrai.
Deo Bisogno
Ai
1'

la festa.

ta,

n'

:;n

MisEria e Ricchczza
I.

Tal
e

si

solea per

dicea bene

me

levare in piede

andiate

e farmi molto spesso le fiate


se ora gli vo innpnzi, e lui

ben vegnate

si

siede.

El che el corne e donde cio procde,


ch' i' ho pochi danari e men derrate

so vente, con durissime spronate,

spesso Malenconia nel cor mi fde.

certo son ch' ella m' uccideria,

non eh' i' sto e penso e poi riperso


corne Fortuna gira notto e dia.
se

Ch

tal

da povert

poi caso o accidente


si

stato offenso,
gli venia,

ch' e' si riconforta in ogni senso.

312

>

II.

mondo

Kl

vile oggi a tal condotto

che senno non

ci

vale o gentilezza,

se non v' misticata la ricchezza,


la

quai oondispt e 'nsala ogni

chi ci vive per

1'

buon

cotto.

altrui ridotto

non stimato, e ciascuno lo sprezza


ad ognun' ne viene una schifezza
con uuo sdeguo, e non gli tatto motto.
et

Per

rechisi

e in tal

ognun

modo

la

mente

al

petto

cerchi provvedere

ch' egli abbia de' danar' quest'

effetto.

poi che gli ha, gli sappia mantenere,

sed

1'

e'

io

non vuole che poi gli sia detto


non te posso patir ne vedere.

313

III.

E' piccoli florin

d'

argento e

d'

oro

sommariamente m' hanno abbandonato,


e ciaschedun da

me

s'

allontanato

pi che non Fucecchio da Pianoro.

Ond'

io,

pensoso, pi spesso addoloro

che quel che giace in sul letto ammalato,

per che

mano, in borsa o a

'n cassa, in

non vuol con meco nessun

far dimoro.

ho spesso vie maggior bisogno


pi che non ha il tignoso del cappello,
io n'

e giorno e notte gli disio e sogno;

e nessun vuole stare al mio ostello,


e poco vienmi a dir se io gli agogno,

ch ciaschedun da

me

si

fa ribello.

314 -*

lato

IV.

mi sento si Bmarrito
non ho denar' nella searsella:

me, ohe
qtland' io

io

di

\r sia gente a dir qnalohe novclla

non son quasi di parlare ardito


B6

ES

io

parlo

e sento dirmi

son mostrato a dito

i'

ve' quant' o' favella

i'

perdo

si

ch' io divento tutto sbigottito.

E2

quando

in

borsa, in iscarsella o palt.oniera,

i'

il

di

oh'

gante
i'

lo

ho

cuor com' una femminella,

i'

ho denari

son' ardito et

iliuvnzi

'1

in

ahbondanza,

ho di dir baldansa

cerchio o di drieto ho

assai;

c*

1"*

1 1

Bowenga

la

aohiera

oiaaotwo ha sperania

pei qualohe maniera.

315

V.

I'

trovo molti amici di starnuto

e chi di bene-andiate e ben-vegnate,

chi di profferto e piccole derrate,

mostrando ognun ver

Ma

tal fata

aver da
chi

lor,

i'

me

il

volere acuto.

ho bisogno aiuto

denari ovver derrate;

gambero diventa, piccol

frate,

chi sordo o orbo o chi diventa muto.

Si ch' io son fermo di trasnaturare


e di pi

non aver

la

man

e quel che m' rimaso

forata

ben guardare,

spender sempre secondo

1'

animo

seguace

al

l'

intrata

migliorare,

ch' oggi la gente troppo iscozzonata.

316

INDICE
.1//'

tgnaro letton

Pag.

bibliografica

Xo
Schiavitu

trovarc bi JGeccbina

....

ut
XVII

Amore
S' ella

antiplatonico

m' odiasse quanto Siena Colle

Dialogo melanconico
Se mi ascoltasse ....

Quel viso

....
.

Flicita

Sull' arbor dell'

Amore

Becchina e... Frat' Angioliere


Lodi d' Amore

Amore

Altre lodi d'

Amore

farebbe felice

il

Diavolo
ti pruovi

in clie

babbo, di gastigarmi ?
pudore di Beccbina

Il

Non possumus

....
....

Lontan dagli ocebi


Filosofia

La pera

Risposte velenose
Patti e condizioni
Piicordi angosciosi

Giustificazione

Innamorato a solo
seminai e un'
Tutto inutile

La

notte

e...

il

culpa

giorno
1'

anima

Scaltrezza

Ma

solo

Saggezza

La spina

'1

....
...
....
....

gran peccato mi sconforta

......

Combattimento con Amore


Libert

Purgatorio in terra
Dialogo tragicomico
Rincaro di carne

In quattro

ricolto

Se non fosse per

Mea

ha

altr'

I'

sua morte

318

" mit' Blmhicr


Il

Mariscalco

A Dante

Alighieri

n' ntiaio

onate
!''!

faggir
i'i

II.

nmatc pnrcccbic parccchic

;i

1"

tJ

..

avalinoonia

la

gras bsbena

Se
io

P*

l.

La

,.

irir

i:

si

petesse morlr

ferno

fcolorc

in;

I.c

riaa

liinaoce

pegno

in
.

par

_'

ri

'*

Xo masccluic

,,

Amore

miseria

....

" non tu

t.uito

vt.i

flbcdca

piacqtie al O0UqoIo moite ta

(c

CbC mie' maore non *ta

f.into pfft

impolino e &Iino Zeppa


iiti
,

materai

per farmi megliorare

solamente per farmi morire


Carabiamonto di M
.

u iper

3Dlo,

Ain Ecppa,

or son (limite le tue!

l fcove

Penti menti tardivi

non mf pru&e

s\

....

mi gratto

ERRATA

8IENA-TIP. COOPERATIVA

Robarts Library

DUE DATE:
Apr. 28,

1993

Fines 5(ty

per day
For tlphone renewals
call

:ket

vRY

You might also like