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Elie Wiesel, il vitale custode della Shoah

di Guido Caldiron
in il manifesto del 5 luglio 2016
Se durante lOlocausto il presidente degli Stati Uniti e i suoi consiglieri avessero mostrato la
sensibilit e lattenzione di cui danno prova adesso i loro successori, se fosse stata creata a quei
tempi una commissione presidenziale, quante vittime ebree e non ebree sarebbero state salvate? Gli
ebrei sono stati dimenticati mentre ancora erano vivi: adesso sono morti. Conserviamoli nel nostro
ricordo, accogliamo la loro memoria nella nostra.
Era il gennaio del 1979 quando Elie Wiesel pronunci alla Casa Bianca il discorso inaugurale della
Commissione voluta dallallora presidente Jimmy Carter che avrebbe portato, molti anni pi tardi,
alla nascita del Museo dellOlocausto di Washington.
Una volta presa la sua decisione, Wiesel aveva adottato un tono scomodo che non faceva sconti a
nessuno. Per lui la memoria dello sterminio ebraico non poteva essere confusa con il semplice
ricordo: interrogava il passato come il presente in modo altrettanto inesorabile. Ma prima, come gli
era gi capitato e gli sarebbe successo ancora, aveva indugiato a lungo. Uno stato danimo
ricorrente, spiegher nelle sue memorie ( e il mare non si riempie mai, Bompiani), lo coglieva di
fronte allufficialit e alle proposte di incarichi prestigiosi: Quando mi capita qualcosa di insolito,
mi rivedo a Sighet. Quanto lontana, la piccola citt dove un ragazzetto ebreo pregava Dio di
insegnarli a pregare meglio, a studiare meglio. Cosa gli venuto in mente di spingersi in questo
luogo riservato agli eletti?.

Lettore della Cabbal


Questo perch malgrado sia stato uno dei pi tenaci e attivi testimoni dellOlocausto, uno dei primi
a raccontare al mondo linferno dei lager e un intellettuale apprezzato e riconosciuto a livello
internazionale che ha lasciato dietro di s circa una sessantina di opere tra romanzi, saggi e testi per
il teatro, Eliezer (Elie) Wiesel, scomparso sabato nella sua casa di New York, rimasto per molti
versi per tutta la vita quelladolescente ebreo sopravvissuto alla Shoah che gli aveva strappato gli
affetti pi cari e indicato tutto lorrore che pu celarsi nellanimo umano. Leterno fondo
malinconico del suo sguardo e i tanti punti interrogativi che riempivano le sue pagine, come per
segnalare nella scrittura lo stupore di essere ancora vivo, mostravano insieme alla rabbia che diceva
di conservare ancora intatta dentro di s, che per lui essere un testimone pi che una scelta era una
condizione esistenziale.
Nato nel villaggio di Sighet sui Carpazi, in una zona al tempo controllata dagli ungheresi e poi
tornata a far parte della Romania, in un mondo ebraico che non sarebbe sopravvissuto alla Seconda
guerra mondiale, Wiesel era cresciuto in una famiglia di piccoli commercianti in un ambiente che
era ancora quello dello shtetl, dove la lingua comune era lyiddish e dove linflusso dello
chassidismo promosse la diffusione della Cabbal, mentre il giovane studiava con il padre lebraico
e la Torah. Nel maggio del 1944, dopo aver subito le vessazioni del regime dellammiraglio Horthy
e lobbligo di risiedere in un ghetto, i Wiesel, oltre a Elie allepoca appena quindicenne, la madre
Sarah e il padre Shlomo, le tre sorelle, Hilda, Beatrice e Tzipora, furono deportati ad Auschwitz
Birkenau.

Nel lager di Buchenwald


Allarrivo al campo, sua madre e Tzipora furono avviate subito alle camere a gas, Elie le vide per
lultima volta sul binario, appena sceso dal treno. Se le altre due sorelle sopravvissero, ma lui lo
avrebbe saputo solo a guerra finita, ad attendere padre e figlio sarebbe stato dapprima il campo di

lavoro di Buna, un sotto-lager di Auschwitz e poi il lager di Buchenwald dove Elie avrebbe visto il
genitore morire dopo essere stato picchiato. Solo qualche settimana pi tardi sarebbero arrivati gli
americani.
Gli undici mesi passati nelluniverso concentrazionario e la tragedia di cui era stato protagonista,
Wiesel li avrebbe raccontati in La notte (Giuntina) un romanzo scritto in prima persona e pubblicato
nel 1958 dapprima in Francia, anche grazie allinteressamento dello scrittore Franois Mauriac, e
poi negli Stati Uniti che si basava su un brogliaccio di ben 862 pagine redatte in yiddish. Insieme
alle opere dellamico Primo Levi, e molto prima di quelle di Imre Kertesz, La notte sarebbe
diventato latto di accusa definitivo verso il sistema di morte del Terzo Reich: un libro dove la
cronaca minuziosa delle sofferenze subite si univa ai grandi interrogativi che avrebbero
accompagnato anche in seguito litinerario di Wiesel, la difficolt ma la ferma volont di misurarsi
con Dio e con gli uomini dopo Auschwitz.
La notte segner cos sia il debutto della sua attivit narrativa che del suo impegno non solo come
testimone del genocidio ebraico, ma anche contro ogni forma di odio razziale. Combattere
lingiustizia e linfelicit anche per un solo istante, per una sola vittima, vuol dire inventare una
nuova ragione di speranza, avrebbe scritto oltre trentanni dopo la pubblicazione di quel libro.
Trasferitosi da Parigi a New York alla fine degli anni Cinquanta, Wiesel sar uno dei protagonisti
del rinnovato interesse internazionale per la storia e la memoria dellOlocausto. Arrivato oltre
Atlantico mentre era ancora in corso la battaglia per i diritti civili degli afroamericani, lo scrittore
far per sentire dora in avanti la sua voce anche contro lapartheid sudafricano e le dittature
dellAmerica Latina, contro loccultamento del genocidio armeno, contro i massacri in Cambogia,
Rwanda e Darfour; o per fermare le stragi a Sarajevo come in tutta la ex Jugoslavia. A guidarlo,
unaffermazione semplice: Dobbiamo sempre prendere posizione. La neutralit aiuta loppressore,
mai la vittima. Quando nel 1986 gli sar assegnato per questa sua costante attivit il Nobel per la
pace, nella motivazione sar cos definito: Sopravvissuto allabisso dei campi della morte,
divenuto un messaggero di tutta lumanit. Portatore non gi di un messaggio di odio, ma di
fraternit.
Schierato totalmente con Israele, come avrebbe dichiarato pubblicamente, che per lui incarnava
ancora largine al mondo dei pogrom in cui era cresciuto e alla possibilit che un nuovo Olocausto
potesse aver luogo, aveva tuttavia rifiutato di candidarsi alla presidenza del paese quando gli fu
proposto nel 2006.
Avversario irriducibile del negazionismo, Wiesel non si accontentava per di denunciare come
lantisemitismo resuscitato, mascherato o a viso aperto e come in Europa la destra pi
reazionaria diviene politicamente rispettabile, ma aveva fatto della difesa di migranti e profughi
una delle sue ultime battaglie. In certi paesi scriveva solo pochi anni fa -, i rifugiati vengono
definiti illegali. un termine offensivo. Un essere umano non mai illegale. Di recente, a
preoccuparlo era stata inoltre la deriva xenofoba e antisemita di alcuni paesi dellEuropa centroorientale, come lUngheria di Orbn.

Contro il negazionismo
Fedele alle sue battaglie di civilt, combattute in nome della memoria, Elie Wiesel rimasto per
fino allultimo fedele anche a quel ragazzetto ebreo cui la Shoah aveva strappato ogni affetto e
consegnato un cumulo di inquietanti interrogativi. Come ha scritto nelle ultime righe di La notte,
ricordando il risveglio in ospedale dopo la liberazione di Buchenwald, un giorno riuscii ad alzarmi,
dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di
fronte: non mi ero pi visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il
suo sguardo nei miei occhi non mi lascia pi.

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