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05/11/13
18:08
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Notes
Nm. 18, 2013, ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia), http://ddd.uab.cat/record/41
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Dante i Llull
Dante e Llull
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Nm. 18, 2013, ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia), http://ddd.uab.cat/record/41
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Dante i Llull
Dante e Llull
uaderns
D I tali
18
FDANTE I LLULL
DANTE E LLULL
Quaderns dItali s una publicaci de les rees de Filologia Italiana de tres universitats: Universitat
Autnoma
de Barcelona,
Universitat
de Barcelona i Universitat de Girona, a ms de lIstituto Italiano di
2Quaderns
dItali 14,
2009 Introducci
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lligades a lmbit dels estudis de llengua, literatura i cultura italianes a Catalunya. El seu objectiu s servir
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ISSN 2014-8828 (en lnia)
Dipsit legal: B. 5437-1996
Imprs a Espanya. Printed in Spain
Imprs en paper ecolgic
Sumari
Quaderns dItali
Nm. 18, p. 1-317, 2013
ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia)
http://ddd.uab.cat/record/41
5-7 Presentaci
9-11 Premessa
Dossier
15-44 Raffaele Pinto
La Grammatica in Dante. Quaderns dItali, 2013, nm. 18,
p. 15-44.
45-64 Elena Pistolesi
La grammatica lulliana dal trivium allArte . Quaderns dItali, 2013,
nm. 18, p. 45-64.
65-78 Marcello Ciccuto
La parola che salva: per un ritratto di Dante filosofo del linguaggio.
Quaderns dItali, 2013, nm. 18, p. 65-78.
79-91 Lola Badia
Nova retrica i prctica descriptura en Ramon Llull. Quaderns
dItali, 2013, nm. 18, p. 79-91.
93-108 Juan Varela-Portas de Ordua
Entre cielo y tierra: la ligazn y el abismo en el Convivio. Quaderns
dItali, 2013, nm. 18, p. 93-108.
109-126 Michela Pereira
Nuovi strumenti per pensare. Ramon Llull e la filosofia per i laici
nel Liber de ascensu et descensu intellectus. Quaderns dItali, 2013,
nm. 18, p. 109-126.
127-156 Enrico Fenzi
Dante ghibellino. Note per una discussione. Quaderns dItali,
2013, nm. 18, p. 127-156.
157-178 Josep Maria Ruiz Simon
De guineus, lleons, llops i pastors: domini i govern en el pensament
poltic de Llull. Quaderns dItali, 2013, nm. 18, p. 157-178.
Articles
181-200 Emanuela Forgetta
Ramon Llull: lallegorismo cortese nellArbre de filosofia damor.
Quaderns dItali, 2013, nm. 18, p. 181-200.
Quaderns dItali una pubblicazione che nasce dal lavoro congiunto delle Aree
di Filologia Italiana di tre universit catalane: Universitat Autnoma de Barcelona,
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settembre 1973), Milano: Il Saggiatore, 1976, p. 163-196.
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La Grammatica in Dante
Raffaele Pinto
Universitat de Barcelona
pinto.raffaele@gmail.com
Abstract
La Grammatica occupa in Dante uno dei due poli del paradigma diglossico caratteristico
della cultura linguistica del Medioevo. La riflessione sulla Grammatica si sviluppa creativamente dalla Vita Nuova alla Commedia, a partire da concetti aristotelico-tomisti e in
direzione della definitiva neutralizzazione delle diglossie messe in evidenza soprattutto
nel Convivio e nel De vulgari. Tale neutralizzazione verr teorizzata nel canto XXVI del
Paradiso.
Parole chiave: grammatica; volgare; diglossia; Babele; Adamo.
Abstract
Grammar in Dante occupies one of the two poles of the diglossic paradigm characteristic
of the linguistic culture of the Middle Ages. Reflection on grammar is developed creatively from the Vita Nuova to the Commedia, starting from Aristotelian-Thomist concepts
and leading to the definitive neutralisation of the diglossia demonstrated especially in
the Convivio and the De vulgari. This neutralisation will be theorised in Canto XXVI
of the Paradiso.
Keywords: grammar; vulgar; diglossia; Babel; Adam.
Raffaele Pinto
Normalmente la grammatica invece uno dei poli di un sistema linguistico e culturale che ha, ai suoi estremi, il latino e il volgare, ed indica appunto
il latino inteso come lingua scolastica e letteraria che si oppone al volgare
inteso come lingua spontanea e quotidiana. Conviene partire dal primo testo
in cui tale dicotomia formulata, che illustra bene il paradigma diglossico
allinterno del quale il pensiero di Dante sulla Grammatica matura ed evolve.2
Si tratta di un passaggio del capitolo XXV della Vita Nuova in cui il poeta si
interroga sulle origini della poesia damore scritta in volgare:
Anticamente non erano dicitori damore in lingua volgare, anzi erano dicitori
damore certi poete in lingua latina; tra noi dico, avvegna forse che tra altra
gente addivenisse, e addivegna ancora, s come in Grecia, non volgari ma
litterati poete queste cose trattavano.3
1. Cito da Dante Alighieri, Opere Minori, Tomo I Parte II, a cura di Cesare Vasoli e di
Domenico De Robertis, Milano-Napoli: Ricciardi, 1988. Il brano interessa soprattutto per la
teoria cosmologica di Dante, che qui, relativamente alle macchie lunari, adduce argomenti di
tipo fisico-quantitativo mentre in Par. II addurr principi di ordine metafisico-qualitativo. Per
quanto riguarda la teoria grammaticale, contrariamente alla linea principale della sua ricerca,
nella quale la grammatica si identifica con il latino lingua artificiale e inalterabile, qui si postula
una fluttuazione nelluso, che riguarda non solo il vocabolario ma anche la sintassi e la morfologia, e che la grammatica riflette (Pier Vincenzo Mengaldo, v. Lingua. Le teorie dantesche
sulla lingua, in Enciclopedia Dantesca, Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 1965).
2. Sulla diglossia strutturale della cultura medievale si veda Gian Carlo Alessio, Tradizione
latina e origini romanze, in Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo (a cura di), Manuale
di letteratura italiana. Storia per generi e problemi, I, Torino: Bollati-Boringhieri, 1993, p. 3-44.
3. Sulla sintassi di questo passaggio della Vita Nuova, e sul principio diglossico ad esso inerente, si veda Mirko Tavoni, Vita Nuova XXV 3 e altri appunti di linguistica dantesca,
Rivista di letteratura italiana, II, n. 1, 1984, p. 9-52.
La Grammatica in Dante
Il testo allude alla originalit storica della poesia damore in volgare, dal
momento che, come dir subito dopo, sono passati appena 150 anni da quando fu presa liniziativa di usare letterariamente il volgare. E si tratta di una
originalit non solo storica, cio databile, ma anche geografica, dal momento
che in altre zone dEuropa i poeti continuano ad usare una lingua grammaticale e non volgare. il caso della Grecia, nella quale secondo Dante tale
mutamento di lingua letteraria non si verificato.
Il brano estremamente interessante poich ci mostra, sul nascere, il paradigma diglossico della idea dantesca di lingua e linguaggio: lEuropa ha un
numero indeterminato di lingue locali (naturali), che nel loro insieme possono essere definite come il volgare e due sole grammatiche, cio il latino e il
greco, che sono le lingue dei litterati. La letteratura si tradizionalmente scritta in tali due lingue grammaticali, che ad essa, anzi, sono strutturalmente
destinate, finch tra noi, ossia nellambito geografico e culturale che adotta
come lingua grammaticale il latino, i poeti hanno abbandonato la grammatica (linguaggio darte, cio artificialmente costruito) per il volgare (linguaggio
duso naturale). Lidea che ad una certa lingua grammaticale appartengano
diversi idiomi locali ben attestata prima di Dante (per esempio in Ruggero
Bacone);4 ma che una di queste grammatiche sia stata soppiantata, per certi
usi letterari, dal volgare, che entra cos in concorrenza con la grammatica sul
terreno della letteratura, questa prospettiva dantesca e che poteva essere
sviluppata solo a partire dalla esperienza lirica (che legittima, come vedremo
subito, luso preferenziale del volgare in ragione del tema trattato e del destinatario del testo).
Del fatto che esista una lingua grammaticale nostra, che si oppone alle
grammatiche altrui, e concretamente in Europa al greco, si parla anche in un
altro discusso luogo del Convivio, che risulta pi chiaro alla luce del passaggio
appena letto della Vita Nuova. In Conv. I xi 14, in polemica con i detrattori
dellitaliano che preferiscono il provenzale, che in Italia volgare altrui, Dante
cita il De Finibus di Cicerone, in cui viene denunciata linsolenza di quanti, pur
essendo latini, preferiscono il greco al latino, in testi di tipo filosofico:5
4. In lingua enim Latina quae una est, sunt multa idiomata. Substancia enim ipsius lingue
consistit in hiis in quibus communicant clerici et litterati omnes. Idiomata vero sunt multa
secundum multitudinem nacionum utencium hac lingua. Quia aliter in multis pronunciant et scribunt ytalici, et aliter gallici, et aliter teutonici, et eliter anglici, et ceteri [Nella
lingua latina, che una sola, esistono molti idiomi. La sostanza di questa lingua consiste in
quello che i chierici e tutti i letterati utilizzano per comunicare. Gli idiomi, in verit, sono
molti a seconda delle diverse nazioni che utilizzano questa lingua, perch in un modo la
pronunciano e scrivono gli italiani, in un altro gli spagnoli, in un altro i francesi, in un altro
i tedeschi, in un altro ancora gli inglesi] (Summa gramatica; il brano citato e commentato,
con altri della stessa epoca, in Giancarlo Alessio, op.cit., p. 18-25).
5. I 4: Iis igitur est difficilius satis facere, qui se Latina scripta dicunt contemnere. In quibus
hoc primum est in quo admirer, cur in gravissimis rebus non delectet eos sermo patrius,
cum idem fabellas Latinas ad verbum e Graecis expressas non inviti legant. Quis enim tam
inimicus paene nomini Romano est, qui Ennii Medeam aut Antiopam Pacuvii spernat aut
reiciat, quod se isdem Euripidis fabulis delectari dicat, Latinas litteras oderit?.
Raffaele Pinto
Contra questi cotali grida Tullio nel principio dun suo libro che si chiama
Libro di Fine de Beni, per che al suo tempo biasimavano lo latino romano
e commendavano la gramatica greca, per simiglianti cagioni che questi fanno
vile lo parlare italico e prezioso quello di Provenza.
Le ragioni del mutato rapporto fra latino e volgare, e cio le cause della
invasione da parte del volgare di un territorio tradizionalmente e strutturalmente riservato al latino, consistono per Dante nella selezione di un nuovo
destinatario poetico, che, non conoscendo il latino, non avrebbe potuto intendere i testi. Il primo poeta volgare cambi lingua non perch non conoscesse
il latino, ma perch si dirigeva ad un interlocutore che lo ignorava, ossia una
donna. Nella prospettiva di Dante, il latino era lingua specificamente maschile, poco frequentata dalle donne, e per tanto, a chi volesse parlare letterariamente ad una donna e farsi capire da lei, era necessario usare lunica lingua
alla loro portata, ossia il volgare. Per capire questo ragionamento dobbiamo
pensare che nella diversificazione diglossica della societ europea, il latino era
da secoli lingua specializzata dei chierici, insegnato in scuole quasi sempre
6. Cfr. Pier Vincenzo Mengaldo, op. cit.
La Grammatica in Dante
e infine Joan Bosc, che nel Prlogo al secondo libro delle sue poesie, ispirato
da Dante, Boccaccio e Castiglione, d per scontato che la lirica abbia come
destinatario prioritario le donne, e ne difende, contro i detrattori, la dignit
intellettuale:
otros argan diziendo que esto principalmente hava de ser para mugeres y
que ellas no curavan de cosas de sustancia sino del son de las palanbras y de la
dulura del consonante... a los que dizen que estas cosas, no siendo sino para
mugeres, no han de ser muy fundadas, quin ha de gastar tiempo en respondelles? Tengo yo a las mugeres por tan sustanciales, las que aciertan a sello, y
aciertan muchas, que en este caso quien se pusiese a defendellas las ofenderia.
7. Largomento viene quasi sempre snobbato dai critici di Dante. Piace perci, qui, ricordare
le acute osservazioni di D. De Robertis al riguardo: la tesi, che trova sostanziale conferma
nel De vulg. el., I, i, 3, tuttaltro che risibile (come parve ai pi), e ritorna, dilatata nel
senso di una maggiore democraticit (una democraticit, beninteso, tutta dantesca ... di
principi, baroni, cavalieri ... non solamente maschi ma femmine ... volgari e non letterati),
nel Convivio, I, xi, 4-5. Le donne cio (le donne che hanno intelletto damore alla stagione della Vita Nuova) sono lavanguardia, ormai simbolica, di questo nuovo schieramento.
8. Di particolare rilievo, perch lottica misogina, sono queste osservazioni del Corbaccio sullimmaginario romanzesco-sessuale delle donne: Ella [cio quella prodezza che le
piace] susa nelle camere, ne nascosi luoghi, ne letti e negli altri simili luoghi acconci a ci,
dove, senza corso di cavallo o suon di tromba di rame, alle giostre si va a pian passo; e colui
tiene ella che sia o vuoi Lancelotto, o vuogli Tristano, o Orlando o Ulivieri, di prodezza, la
cui lancia per sei o otto aringhi o per dieci in una notte non si piega in guisa che poi non
si drizzi.
Raffaele Pinto
nella quale listanza naturale e femminile del linguaggio si oppone a quella artificiale e grammaticale.10 E viene poi definitivamente legittimato, sul piano mitico e poetico, quindi ben al di l della astratta dimensione teorica, attraverso il
personaggio di Francesca da Rimini nel canto V dellInferno, il primo di cui viene
esplorato il carattere nella Commedia, lettrice di romanzi e teorica dellamore.
Tale irruzione del pubblico femminile nella cultura letteraria, daltra parte,
comprensibile solo nel quadro di una poesia che abbia lamore come suo
tema centrale (addirittura lunico plausibile in volgare, per Dante, allaltezza
della Vita Nuova). Il volgare viene promosso alla dignit di lingua letteraria,
spodestando, almeno in questambito, il latino, in quanto esprime lesperienza del desiderio nei confronti di una donna, che , da una parte, oggetto damore e dallaltra destinataria del testo poetico.
9. Cito da Mirko Tavoni (a cura di), De Vulgari Eloquentia, in Dante, Opere, I, Milano:
Mondadori, 2011.
10. questo il percorso concettuale suggerito da D. De Robertis (cfr. nota n. 7).
La Grammatica in Dante
Nella sua schematicit, quello formulato nel capitolo XXV della Vita
Nuova un modello ermeneutico densamente esplicativo sia sul piano storicoculturale che su quello linguistico-letterario: la antica diglossia, basata sulla
opposizione chierici-laici, viene messa in discussione e superata dalla poesia
dei trovatori e dalla tradizione che ad essa si ispira. Grazie ad esse viene prefigurato un nuovo sistema che, appellando a valori radicalmente alternativi (cio
lamore inteso come fondamento di una nuova aristocrazia dei sentimenti e
quindi di una nuova antropologia) e a nuovi soggetti culturali (cio i laici in
generale11 e le donne in particolare), relega il latino in un ruolo culturalmente non pi egemone. Esso servir semmai, e rester vigente, quale
modello a cui ispirarsi nella elaborazione del nuovo linguaggio letterario
(come gli esempi sulla figura della personificazione mostrano in questo stesso capitolo della Vita Nuova), ma non potr pi esprimere i valori essenziali e fondativi della civilt, che attraverso la soggettivit femminile (la donna
come destinataria-lettrice, oltre che come oggetto di desiderio) si legano ormai
organicamente ed indissolubilmente alla promozione e al progresso della lingua volgare. Tale sentimento della inattualit del latino doveva essere, oltre che
convinzione personale di Dante, anche tema di dibattito fra i poeti di Firenze,
se sempre nelle Vita Nuova leggiamo, nel cap. XXX, allinterno di una autogiustificazione per il fatto di non riportare per intero il brano delle Lamentationes di Geremia con cui lo scrittore ha informato il lettore della morte di
Beatrice, la seguente dichiarazione:
Lo intendimento mio non fue dal principio di scrivere altro che per volgare;
onde, con ci sia cosa che le parole che seguitano a quelle allegate, siano tutte
latine, sarebbe fuori dal mio intendimento se le scrivessi. E simile intenzione
so chebbe questo mio primo amico a cui io ci scrivo, cio chio li scrivessi
solamente in volgare.
11. importante tener conto del mutamento di orizzonte sociologico di Dante, a partire
dallesilio ( questo il tema su cui ha insistito con grande acutezza e dovizia di argomenti
Umberto Carpi, La nobilt di Dante, Firenze: Polistampa, 2004): se a Firenze i suoi interlocutori sono sostanzialmente i borghesi del Comune, dopo il 1302 il suo discorso si rivolge
soprattutto alla classe nobiliare italiana, nel quadro della svolta tendenzialmente ghibellina
del suo pensiero. Osservo che si tratta, in ogni caso, di un interlocutore laico, essendo la
polemica anticlericale una constante della sua riflessione sulla cultura letteraria e, con ogni
evidenza, laspetto pi modernamente innovatore del suo pensiero politico.
12. Sul destinatario femminile come elemento strutturale della lirica in volgare, in Italia, fin
da Giacomo da Lentini, rinvio a Raffaele Pinto, Giacomo da Lentini. La parola del cuore,
in Poetiche del desiderio, Roma: Aracne, 2010, p. 99-130.
Raffaele Pinto
Nel pensiero di Dante il latino e la grammatica occupano il lato socialmente negativo della polarit diglossica; essi sono storicamente obsoleti e destinati ad essere soppiantati attraverso listituzione di un nuovo diasistema, non pi
diglossico, basato sulla identit, almeno tendenziale, della lingua duso o
materna e la lingua darte o letteraria. La negativit della grammatica, qui
assiomaticamente postulata sul piano storico, verr poi riempita di contenuti
politici aspramente polemici nel Convivio e nel De Vulgari. Essa per gi
perfettamente delineata nel capitolo XXV della Vita Nuova ed avverte noi
studiosi che il tratto pi personale del pensiero linguistico di Dante consiste
nella percezione della diglossia come elemento perverso della condizione
umana, e storicamente obsoleto almeno nella societ europea occidentale.
2. Lidea di Grammatica dal Convivio al De Vulgari
Loriginalit del pensiero linguistico di Dante, sostanzialmente estraneo a tutte
le tradizioni di pensiero, che egli attraversa liberamente estrapolando e contaminando, spiega da una parte il disinteresse degli immediati successori nei
confronti della teoria esposta nel De Vulgari, e dallaltra le difficolt che noi
oggi troviamo nel ricostruirne le fonti. La polemica sulla influenza della grammatica speculativa, che infiamma da anni la bibliografia dantesca, un sintomo di tali difficolt, che dipendono da una oggettiva irriducibilit di quel
pensiero a temi e prospettive tradizionali o condivise. Per cui credo che lapproccio migliore al pensiero dantesco consista nel metterne in luce gli spostamenti e le deviazioni, rispetto alle fonti, che pur esistono, e di peso, ma che
sono utilizzate da Dante sempre in modo fortemente innovativo.
Partir dalle considerazioni sulla Gramatica che lo scrittore svolge nel nono
capitolo del primo trattato del De Vulgari. Dopo averla definita, al principio
dellopera, come una locutio secundaria, rispetto al volgare lingua naturale,13
e dopo aver ricapitolato la storia del linguaggio a partire da Adamo e da Babele, il cui mito rappresenta la condanna divina alla instabilit linguistica, lautore descrive linarrestabile processo di diversificazione idiomatica, fino alle
differenze di linguaggio fra quartieri diversi della stessa citt (per esempio
Bologna). Linvenzione della grammatica, che non ha un inizio nel tempo ma
risponde ad una esigenza antropologica di tipo metastorico,14 iniziativa rifles13. (I i): Locutio secundaria ... quam Romani gramaticam vocaverunt. Hanc quidem secundariam Greci habent et alii, sed non omnes. Ad habitum vero huius pauci perveniunt, quia
non nisi per spatium temporis et studii assiduitatem regulamur et doctrinamur in illa [un
linguaggio di secondo grado, che i romani hanno chiamato grammatica. Questo linguaggio
di secondo grado lo possiedono i greci e altri popoli, ma non tutti: pochi infatti arrivano a
padroneggiarlo, dato che non riusciamo a farne nostre le regole a divenirne esperti se non
col tempo e attraverso uno studio assiduo].
14. Svolgendo sul piano della antropologia le considerazioni dantesche sulla funzione della
grammatica, potremmo dedurne che con la grammatica lumanit esce dalla preistoria ed
entra nella storia, poich solo a partire dalla invenzione della scrittura, con cui la grammatica sostanzialmente si identifica, possibile conservare la memoria dei fatti umani.
La Grammatica in Dante
Il senso chiaro. La brevit della vita umana crea lillusione di una continuit di linguaggio, nella stessa citt, ed quindi per un difetto di razionalit,
proprio di uomini poco differenti dagli animali, che non viene avvertito il
continuo processo di modificazione nel tempo e nello spazio delle lingue naturali, che il tempo trasforma come ogni altro comportamento o costume. Tale
processo rese necessaria linvenzione di uno strumento espressivo inalterabile
che permettesse allumanit di dialogare con gli antichi e comunicare con
quanti sono distanti nello spazio.
Raffaele Pinto
Di tale brano sono state indicate dagli studiosi del De Vulgari diverse fonti.
Aristide Marigo15 e poi Maria Corti16 hanno ricondotto il pensiero di Dante
al trattato sui Modi significandi di Boezio di Dacia, e concretamente a questo
passaggio, che distingue fra la scoperta teorica della grammatica, opera del
filosofi, e la sua applicazione normativa nei trattati, compito dei grammatici:
Ideo oportet grammaticae generationem fuisse per inventionem. Inventio
autem grammaticae praecedit ipsam grammaticam. Ideo qui invenit grammaticam non fuit grammaticus. Item: aliquis est grammaticus in habendo
grammaticam. Ipsam nullus habere potuit ante suam generationem. Ideo
qui invenit eam non fuit grammaticus, sed erat philosophus proprias naturas
rerum diligenter considerans.
15. Aristide Marigo (a cura di), Dante, De Vulgari Eloquentia, Firenze: le Monnier, 1938.
16. Maria Corti, Dante a un nuovo crocevia, Firenze: Le Lettere, 1982, p. 38.
17. Pier Vincenzo Mengaldo (a cura di), De Vulgari Eloquentia, in Dante Alighieri, Opere,
Minori II, Milano-Napoli: Mondadori, 2011.
18. Mirko Tavoni (a cura di), De Vulgari..., op. cit.
19. Irne Rosier-Catach (a cura di), Dante Alighieri, De lloquence en vulgaire, Paris: Fayard,
2011.
La Grammatica in Dante
Raffaele Pinto
La Grammatica in Dante
la prospettiva tomista ha offerto a Dante spunti decisivi. Per apprezzarli bisogna soffermarsi brevemente sulla articolazione del commento di Tommaso al
Perihermeneias che abbiamo appena considerato. Qui Tommaso interpreta le
equivalenze semiotiche di Aristotele con una sorprendente ed originale apertura di orizzonti filosofici. Innanzitutto giustifica la necessit del soggetto di
indicare verbalmente le passioni dellanima attraverso la natura sociale e politica dellessere umano, la qual cosa determina un sostanziale spostamento del
problema semantico: ci che essenzialmente importa del significato delle parole non il rapporto denotativo con le cose (o con il pensiero delle cose), come
vogliono i logici e lo stesso Aristotele, ma il rapporto comunicativo fra gli
uomini. Si tratta di conceptiones unius hominis innotescere aliis (Dante
scrive, I iii 2: ad communicandas inter se conceptiones suas, ma in I ii 3,
relativamente agli angeli, alter alteri ... innotescit il proprio concetto), poich, come leggiamo nel commento alla Politica di Aristotele, loquutio humana significat quid est utile et quid nocivum (I 1 29).25 In virt di tale funzione eminentemente politica, convivono male, aggiunge Tommaso nel passo del
commento al Perihermeneias citato sopra, uomini di lingue diverse. Ma pi
significativa ancora, in Tommaso, la attribuzione al linguaggio dei processi
astrattivi che consentono allessere umano di superare lhic et nunc della percezione immediata. Se si trattasse solo di indicare con i suoni della voce le
passioni dellanima prodotte dalla sensibilit, non sarebbe necessario il linguaggio articolato: vediamo infatti che alcuni animali hanno questo tipo di
linguaggio. Gli uomini, invece, hanno anche cognizioni intellettuali, che non
dipendono dalla immediatezza percettiva, e per esprimere le quali necessario
un linguaggio concettualmente articolato, dal quale dipende poi linvenzione
della scrittura. Si osservi, in questo passo del Commento alle Sentenze (lib. 2 d.
subiectum nobile de quo loquimur: nam sensuale quid est, in quantum sonus est; rationale
vero, in quantum aliquid significare videtur ad placitum [Questo segno precisamente
il soggetto nobile di cui parliamo: il quale, infatti, qualcosa di sensibile in quanto
suono, ed qualcosa di razionale in quanto, evidentemente, significa in modo arbitrario].
Leggiamo, per esempio, nel De veritate (9 4 4): Omnis locutio est per aliquod signum
e nel commento alle Sentenze (Super sententiis II, 11 2 3 2): in omni locutione oportet
esse aliquod signum, quod mentis occultum conceptum exprimat. Ma si vedano anche le
note relative a I xvi. Nella stessa direzione Karl Otto Apel, Lidea di lingua nella tradizione
dellumanesimo da Dante a Vico, Bologna: Il Mulino, 1975, p. 136.
25. Ma vale la pena di leggere tutto il passo per rendersi conto di come Tommaso identifichi
la funzione comunicativa del linguaggio (quella che per Dante lunica sostanzialmente
rilevante) con la natura politica dellessere umano: loquutio humana significat quid est
utile et quid nocivum. Ex quo sequitur quod significet iustum et iniustum. Consistit enim
iustitia et iniustitia ex hoc quod aliqui adaequentur vel non aequentur in rebus utilibus et
nocivis. Et ideo loquutio est propria hominibus; quia hoc est proprium eis in comparatione ad alia animalia, quod habeant cognitionem boni et mali, ita et iniusti, et aliorum
huiusmodi, quae sermone significari possunt. Cum ergo homini datus sit sermo a natura,
et sermo ordinetur ad hoc, quod homines sibiinvicem communicent in utili et nocivo, iusto
et iniusto, et aliis huiusmodi; sequitur, ex quo natura nihil facit frustra, quod naturaliter
homines in his sibi communicent. Sed communicatio in istis facit domum et civitatem.
Igitur homo est naturaliter animal domesticum et civile.
Raffaele Pinto
In questi testi di Tommaso sono due gli elementi che, credo, hanno influito potentemente sulla teorizzazione di Dante. Il primo la esigenza di razionalit che immediatamente connessa al significato delle parole. Ci vuol dire
che le funzioni intellettuali della mente sono coinvolte nel linguaggio per
natura ed anteriormente ad ogni attivit psichica successiva e secondaria. Lesercizio della razionalit umana gi implicito nel fatto che lessere umano
parla, per tanto esso si dispiega immediatamente nelluso spontaneo e naturale del linguaggio. La scrittura conseguenza di tale istanza razionale ed interviene, in un secondo momento, per garantire la comunicazione con chi
lontano o assente. Notevolissima , su questo punto essenziale, la differenza
rispetto ad Agostino (al quale spesso la linguistica di Dante viene ricondotta):
mentre in Agostino il verbum cordis, la parola del cuore, si impoverisce nella
sua semiosi verbale, cio perde la sua energia illuminativa, poich il linguaggio
proferito o pensato afferisce esclusivamente alla sensibilit,26 in Tommaso il
segno verbale verbum mentis necessario alla formazione del concetto. Esso
ha dunque, contrariamente alla svalutazione agostiniana, una natura nitidamente speculativa, anche se su un piano diverso da quello esplorato dai modisti: esso molto pi concettuale che grammaticale. Il secondo elemento che
deve essere attentamente valutato della rilettura tomista di Aristotele laggancio della funzione comunicativa del linguaggio alla natura politica dellessere umano: communicatio facit domum et civitatem, scrive Tommaso nel
commento alla Politica qui citato in nota, e nel commento al Perihermenias:
26. La parola esterna, come anche la parola esterna solo riprodotta nellinteriorit, legata a
una lingua determinata. Il fatto che in ogni linguaggio il verbum sia espresso in modo diverso
significa soltanto, tuttavia, che esso non puo mostrarsi, nel suo vero essere, nella lingua umana.
Dice Agostino, con una svalutazione tutta platonica dellapparenza sensibile: non dicitur,
sicuti est, sed sicut potest videri audirive per corpus. La parola vera, il verbum cordis, del tutto
indipendente da questa apparenza. Non n prolativum n cogitativum in similitudine soni
(Hans Georg Gadamer, Verit e metodo, Milano: Bompiani, 1989, p. 482).
La Grammatica in Dante
27. Mette in evidenza tale aspetto sostanziale della riflessione dantesca sul linguaggio, ed anzi
lo fa coincidere con la stessa genesi del De Vulgari, Mirko Tavoni nella sua edizione del
trattato (p. 1068-1069 e 1139-1140).
Raffaele Pinto
28. Le eccezioni sono quelle descritte nel De Vulgari come esperienze di poesia che tendono al
volgare illustre. Sulla terminologia linguistica usata da Dante nel De Vulgari, si veda Mirko
Tavoni, Contributo allinterpretazione di De Vulgari Eloquentia I 1-9, Rivista di letteratura
italiana, V, n. 3, 1987, p. 385-453.
La Grammatica in Dante
le, prescientifica, del linguaggio.29 Infatti nel De Vulgari il testo sar definito
non libellus ma opus, poich la sua finalit doctrinam tractare (o tradere).30
Pi che di una palinodia si tratta di una scoperta teorica che interviene
durante la stesura del Convivio. Le argomentazioni che, nel trattato italiano,
immediatamente precedono lannuncio del futuro libello sono infatti proprio
quelle che abbiamo letto ora nel De Vulgari che spiegano le cause della invenzione della grammatica, e cio la mutabilit del linguaggio che rende necessario uno strumento stabile, come il latino (I v 7-10):
Ch, primamente, [il volgare] non era subietto ma sovrano, e per nobilit e per
vert e per bellezza. Per nobilit, perch lo latino perpetuo e non corruttibile,
e lo volgare non stabile e corruttibile. Onde vedemo ne le scritture antiche de
le comedie e tragedie latine, che non si possono transmutare, quello medesimo
che oggi avemo; che non aviene del volgare, lo quale a piacimento artificiato
si transmuta. Onde vedemo ne le cittadi dItalia, se bene volemo agguardare,
da cinquanta anni in qua molti vocabuli essere spenti e nati e variati; onde
se l picciol tempo cos transmuta, molto pi transmuta lo maggiore. S chio
dico che se coloro che partiron desta vita gi sono mille anni tornassero a le
loro cittadi, crederebbero la loro cittade essere occupata da gente strana, per la
lingua da[lla] loro discordante. Di questo si parler altrove pi compiutamente
in uno libello chio intendo di fare, Dio concedente, di Volgare Eloquenza.
Mentre qui il requisito della nobilt dipende dal tempo, per cui pi
nobile ci che dura di pi, nel De Vulgari esso dipende dalla razionalit, per
cui pi nobile ci che pi razionale. La nuova prospettiva teorica, per cui
la grammatica-scrittura implica non un incremento di razionalit del linguaggio, ma solo la sua estensione ad ambiti comunicativi pi ampi, interviene
dopo la stesura dei primi trattati del Convivio e determina anche il mutamento di lingua, rispetto al progetto originario: latino e non volgare perch si
tratta di unopera di ricerca scientifica originale e non di divulgazione. Maria
29. Le due testimonianze pi antiche sul trattato (Villani Cronica X 136 e Boccaccio Trattatello
XXVI) deducono il titolo direttamente dal Convivio (fece uno libretto che lintitola de
vulgari eloquentia, compuose uno libretto in prosa latina il quale egli intitol De Vulgari
eloquentia), trascurando il diverso rango che lopera progettata aveva acquisito in corso di
stesura.
30. I xix 2: Et quia intentio nostra, ut polliciti sumus in principio huius operis, est doctrinam
de vulgari eloquentia tradere; II i 1: Sollicitantes iterum ingenii nostri et ad calamum
frugi operis redeuntes. Ma lintenzione dottrinale dellopera viene dichiarata significativamente allinizio (I i 2), quando Dante scrive: Sed quia unamquamque doctrinam oportet non probare, sed suum aperire subiectum, ut sciatur quid super quod illa versatur....
La impossibilit o la inutilit di probare i principia delle diverse scienze particolari viene cos
enunciata nella prima Quaestio (art. 6 ad 2) della Summa Theologiae di Tommaso dAquino:
aliarum scientiarum principia vel sunt per se nota, et probari non possunt, vel per aliquam
rationem naturalem probantur in aliqua alia scientia (i principi della teologia, invece,
dipendono dalla rivelazione). Facendo suo tale assioma, Dante implicitamente rivendica il
rango di scienza alla eloquenza volgare. Ed in ci, appunto, consiste la rivoluzione culturale
da lui auspicata.
Raffaele Pinto
La Grammatica in Dante
landerebbero dietro; e se una pecora per alcuna cagione al passare duna strada
salta, tutte laltre saltano, eziandio nulla veggendo da saltare. E io ne vidi gi
molte in uno pozzo saltare per una che dentro vi salt, forse credendo saltare
uno muro, non ostante che l pastore, piangendo e gridando, con le braccia e
col petto dinanzi a esse si parava.
Cieche, ossia non assistite dal lume della razionalit, sono le populari
persone le quali, per il fatto di essere occupate in una qualunque attivit
lavorativa o professionale, si lasciano guidare da una falsa opinione circa la
bellezza e lutilit del proprio volgare, sottovalutate a vantaggio di lingue altrui
(come potrebbero essere il provenzale e il francese, effettivamente usate in Italia
da poeti e scrittori). Tali persone, quasi infinite di numero, sono comparabili
ai ciechi del Vangelo oppure ad un gregge di pecore, e cadono ignare nella fossa
mortale di questa falsa oppinione. Lappello alla razionalit del linguaggio ,
qui, abbastanza estrinseco poich di esso non tocca, come nel De Vulgari, la
natura espressiva o comunicativa. La razionalit di cui viene lamentata lassenza
nelle populari persone la coscienza della fondamentale funzione civile della
lingua propria allinterno della comunit. Ci sono, tuttavia, immagini e temi
che saranno ripresi nel De Vulgari, ma utilizzati in modo significativamente
distinto. Innanzitutto la cecit delle populari persone. Il trattato latino si
apre proprio con questa immagine (I 1):
volentes discretionem aliqualiter lucidare illorum qui tanquam ceci ambulant
per plateas, plerunque anteriora posteriora putantes
[volendo in qualche modo illuminare il discernimento di quanti vagano come
ciechi per le piazze, per lo pi credendo di avere dietro le spalle quello che
hanno davanti agli occhi].
Ma, anche qui, viene preannunciata una palingenesi oggettiva di cui il poeta
solo banditore, non protagonista ed autore. evidente il salto di qualit che
lo scrittore presume di aver realizzato allaltezza del De Vulgari: non si tratta
pi, semplicemente, di divulgare o proclamare, ma di illuminare, grazie ad
una scoperta destinata a rivoluzionare la cultura linguistica dellumanit.
vero, daltra parte, che anche nel brano del Convivio sui malvagi uomini dItalia Dante allude a se stesso come a colui che investito di una profe-
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tica missione redentiva. Lo vediamo nella immagine finale delle pecore che si
buttano in un pozzo, non ostante che l pastore, piangendo e gridando, con
le braccia e col petto dinanzi [a esse] si parava. Non c dubbio che nel pastore Dante ha proiettato se stesso, la cui missione consiste appunto nellaprire
gli occhi degli Italiani, evitando che precipitino nellabisso dellignoranza e
delle lotte fratricide.32 Lo fa per in modo indiretto, forse allegorico. Nel De
Vulgari, invece, la propria coscienza di auctor raggiunge i vertici della gerarchia
del sapere. Non pi ai piedi di coloro che seggiono a la beata mensa, egli
ora, semmai, il capotavola, che si accinge a dispensare ai dotti un sapere finora ignorato.
Il brano del Convivio ci mostra poi un ulteriore aspetto, di estremo rilievo
nella teoria dantesca del linguaggio, accanto a quello filosofico e letterario, e
cio quello politico, anchesso dipendente dalle straordinarie suggestioni della
rilettura aristotelica di Tommaso. La definizione di razionalit che Dante qui
propone (cio la capacit di vedere la differenza de le cose in quanto sono ad
alcuno fine ordinate), tradotta nel suo contrario come cecit politica, significa
la incapacit del popolo cittadino, diviso in arti e corporazioni, di vedere il
bene comune e di subordinare ad esso gli interessi di parte: schiave del proprio
egoismo corporativo, le populari persone non comprendono che ogni singolo
mestiere ha senso e pu sussistere esclusivamente nella impresa comune
rappresentata dallinsieme della societ civile, della quale il volgare cemento
unificante. La divisione sociale del lavoro, che a Firenze si immediatamente
proiettata negli ordinamenti politici del comune, cio nel sistema delle Arti,
e che quindi ha dato luogo agli endemici conflitti cittadini di cui lui stesso
stato vittima, ha come deleteria conseguenza la impossibilit di percepire i
legami di solidariet fra i gruppi, la convergenza dei singoli mestieri, e degli
interessi relativi, verso un unico fine che il benessere dalla citt e della
collettivit. In tale mancanza di visione dinsieme consiste la cechitade delle
populari persone. Lacutezza del pensiero del poeta qui , direi, clamorosa.
Come ha fatto, o sta per fare, nella canzone Doglia mi reca e come far nel IV
Trattato del Convivio, che denunciano gli effetti perversi della nuova economia
monetaria sul tessuto comunitario, qui Dante denuncia gli effetti disgreganti
di una economia che soggioga la politica, sostituendo gli interessi dei gruppi
al benessere comune. Sono intuizioni che nascono da motivazioni radicalmente
personali, e cio il feroce risentimento anticomunale degli anni dellesilio,
quando ogni possibilit di rientro a Firenze preclusa, ma che colgono sul
32. Si osservi come il sintagma con le braccia e col petto risuoni nei versi dedicati ad un
personaggio della Commedia nei confronti del quale lammirazione di Dante massima
(Farinata): ed el sergea col petto e con la fronte (Inf. X 35). Se si considera che anche
laltro sintagma, piangendo e gridando, verr riutilizzato a proposito del personaggio di
Cavalcante: piangendo ... grid (Inf. X 58-67), e che il brano del Convivio denuncia la
cechitade del lume della discrezione, potremo agevolmente concludere che in esso aleggia lombra del primo amico, anchegli coinvolto, ma certo su un altro piano e per altri
motivi, nella polemica linguistica sulla difesa del volgare proprio.
La Grammatica in Dante
Raffaele Pinto
(I vii 6-7) e quelle della General Estoria (1.43b24) e dello Speculum Historiale
(24a):
D.V.E. Siquidem pene totum humanum genus ad opus iniquitatis coierat.
Pars imperabant, pars architectabantur, pars muros moliebantur, pars amysibus regulabant, pars trullis linebant, pars scindere rupes, pars mari, pars terra
vehere intendebant, partesque diverse diversis aliis operibus indulgebant, cum
celitus tanta confusione percussi sunt, ut qui omnes una eademque loquela
deserviebant ad opus, ab opere, multis diversificati loquelis, desinerent, et
nunquam ad idem commertium convenirent. Solis etenim in uno convenientibus actu eadem loquela remansit: puta cunctis architectoribus una, cunctis
saxa volventibus una, cunctis ea parantibus una; et sic de singulis operantibus
accidit. Quot quot autem exercitii varietates tendebant ad opus, tot tot ydiomatibus tunc genus humanum disiungitur; et quanto excellentius exercebant,
tanto rudius nunc barbariusque locuntur
[E certo quasi tutto il genere umano si era mobilitato per liniqua impresa: chi
dirigeva, chi progettava, chi tirava su i muri, chi li controllava con la livella,
chi li intonacava con la cazzuola, chi badava a spaccar pietre, chi a trasportarle
per mare e chi per terra, e altri si dedicavano a diverse altre operazioni; quando
dal cielo furono colpiti da una tale confusione che, mentre prima lavoravano
allopera servendosi tutti di una sola e medesima lingua, ora, diversificati in
tante lingue, dallopera dovettero desistere, e non poterono mai pi cooperare
tutti alla stessa impresa. Infatti solo a quelli che lavoravano alla stessa operazione rimase una stessa lingua: per esempio una a tutti gli architetti, una a
tutti quelli che rotolavano sassi, una a tutti quelli che li preparavano; e cos
accadde per quanti lavoravano alle singole operazioni. E quante erano le varie
attivit che concorrevano allopera, in altrettanti idiomi in quel momento il
genere umano si divide; e quanto pi qualificata era lattivit, tanto pi rozza
e barbara la lingua che ora parlano].
G.E. Onde dize Moysen en el onzeno capitulo queles partio Dios dauel
logar por todas las tierras desta guisa: que quando ell uno demandaua
ladriellos ell otro le daua bitumen, et quando ell otro pidie bitumen ell
otrol aduzie agua, et quando ell otro dizie agua estel traye alguna delas
ferramientas que y tenien o alguna otra cosa, de aguisa que nunca ell uno
daua lo que ell otrol pidie, et quedaron de fazer la cibdad e la torre. Et por
que fue alli mezclado e confondudo en muchos ell un lenguage que antes
era de toda la tierra uno.
S.H. Dominus autem linguas eorum confudit, ut unusquisque vocem alterius
non intelligeret sed aquam petenti, lapides, vel aliud quicquam porrigeret,
sicque cessantes a proposito per orbem tripartitum in diuersis regionibus
secundum linguarum suarum varietates disseminati sunt.
Mentre per Alfonso X e Vincenzo di Beauvais il linguaggio ha una finalit innanzitutto denotativa, che consiste nella rappresentazione verbale delle
cose, per Dante essa ne ha una innanzitutto comunicativa, che consiste nella
manifestazione reciproca dei concetti. Per cui la confusione divina non alte-
La Grammatica in Dante
ra il segno linguistico molecolarmente inteso, rompendo il rapporto semantico del suo lessico con gli oggetti (rapporto che, come abbiamo visto in
Tommaso, rappresenta una funzione linguistica prerazionale e preumana)
ma il sistema linguistico nel suo insieme, che si moltiplica in funzione dei
diversi gruppi di artigiani, allinterno di ciascuno dei quali si continua invece a comunicare. Qui, per, allinterno di ciascun gruppo, la comunicazione
inutile poich in essa non si riflette la natura economico-politica dellessere umano, che si manifesta compiutamente solo attraverso la divisione del
lavoro, e cio attraverso la interazione comunicativa fra gruppi professionali diversi. evidente, in questa rappresentazione sostanzialmente corporativa della comunicazione linguistica, la denuncia del prevalere degli interessi
di parte (economica e/o politica) che ha distrutto (nella prospettiva di
Dante) la solidariet civile del comune. Come vuole Tommaso, illi, qui
sunt diversarum linguarum, non possunt bene convivere ad invicem, ed
appunto questo che accade fra i costruttori di Babele e, allegoricamente, fra
i cittadini del popolo di Firenze: ogni gruppo di artigiani ha una sua lingua,
rispetto alla quale quelle di tutti gli altri sono lingue straniere. Ci che
straordinario che Dante superi con una sola mossa intellettuale sia la concezione tradizionalmente lessicale del significato (per la quale Nomina sunt
consequentia rerum),34 sia la antica dottrina politica dello status in ordine
triplex, che non contempla la divisione sociale del lavoro e i conflitti civili
che da essa sono generati, conflitti divenuti ormai strutturali che rendono
necessaria da una parte una sovranit di tipo globale (cio prima il Regno
poi lImpero), capace di moderare il cieco e rapace egoismo dei gruppi economico-professionali e delle loro rappresentanze politiche, e dallaltra una
lingua diastraticamente e diatopicamente unitaria (il volgare illustre) che
garantisca il flusso comunicativo allinterno della civitas, che il fondamento naturale di qualunque solidariet sociale. Dal Convivio al De Vulgari
Dante matura una prospettiva teorica nella quale la societ civile basata sulla
34. Vita Nuova XIII 4. Si vedano, sulla formula, le osservazioni di Pier Vincenzo Mengaldo
(v. Lingua. Le teorie dantesche sulla lingua, Enciclopedia Dantesca, 1965). Nelle allusioni
della Vita Nuova ai nomi di Beatrice (cap. II) e Giovanna (cap. XXIV) traspare una concezione ancora sostanzialmente lessicale del significato del nome (come lautore dichiara,
citando Aristotele, in Conv. III xi 1: la diffinizione quella ragione che l nome significa).
In particolare in riferimento alla seconda, si parla di una imposizione del nome (XXIV 3:
lo nome di questa donna era Giovanna, salvo che per la sua bieltade imposto lera nome
Primavera; e cos era chiamata ... Io [Amore] mossi lo imponitore del nome a chiamarla
cos) che potrebbe essere riecheggiamento di suggestioni modiste: Limposizione originaria delle espressioni linguistiche costituisce il momento fondatore: pur non essendo
un tratto originale della loro teoria, la codificazione originaria acquista una modulazione
particolare con i Modisti (Costantino Marmo, op. cit., p. 328). La disinvoltura con cui i
nomi vengono imposti, nella Vita Nuova, alle signore amate dai poeti fa poi pensare ad un
atteggiamento sostanzialmente parodico, sia nei confronti della tradizione grammaticale che
nei confronti della tradizione scritturale (nella quale la impositio nominum ha carattere
liturgico e sacrale).
Raffaele Pinto
divisione del lavoro, lo stato moderno35 e la lingua nazionale appaiono indissolubilmente vincolati e connessi luno allaltro.
3. Il superamento del dualismo diglossico: la Commedia
Uno degli aspetti pi discussi e discutibili del De Vulgari laspra condanna
dei volgari municipali, cio delle lingue materne, che gli scrittori italiani
dovrebbero abbandonare per adottare lo stile pi elevato. Si tratta di un tema
svolto esclusivamente nel trattato latino, e che produce una ulteriore dicotomia
rispetto al Convivio.36
Mentre nel Convivio lamore nei confronti del volgare proprio necessaria
condizione morale per la sua difesa nei confronti del latino, nel De Vulgari il
disprezzo nei confronti del volgare proprio condizione di una razionale considerazione del linguaggio, e pi avanti sar, soprattutto, necessaria condizione morale per la elaborazione del volgare illustre. Indipendentemente dalla
precoce intuizione di una situazione linguistica caratterizzata dalla opposizione lingua-dialetti, come effettivamente sar quella italiana, ci che colpisce di
questa antitesi che nel Convivio la nozione di lingua italiana appare molto
meno conflittuale, al suo interno, di quella che invece domina nel De Vulgari.
Lunica diglossia cui si allude , come nella Vita Nuova, quella fra volgare e
latino. Si prenda il famoso brano in cui viene evocata la situazione dellesule
ramingo fra le diverse zone della penisola Conv. I iii 4:
35. Intendo per stato moderno uno stato definito a partire dalla identit nazionale, il territorio e la lingua, gli elementi che Dante prende in considerazione nel De Vulgari nella
sua ricerca del volgare illustre. Sullidea di comunione linguistica come fondamento
della nazione italiana, si veda Antonino Pagliaro, Ulisse. Ricerche semantiche sulla Divina
Commedia, Messina-Firenze: DAnna, 1967, p. 530-532.
36. Si confrontino questi due brani:
Conv. I xii 1-2. Se manifestamente per le finestre duna casa uscisse fiamma di fuoco, e
alcuno dimandasse se l dentro fosse il fuoco, e un altro rispondesse a lui di s, non saprei
bene giudicare qual di costoro fosse da schernire di pi. E non altrimenti sarebbe fatta la
dimanda e la risposta di colui e di me, che mi domandasse se amore a la mia loquela propria
in me e io li rispondesse di s, apresso le su proposte ragioni. Ma tuttavia, e a mostrare
che non solamente amore ma perfettissimo amore di quella in me, ed a biasimare ancora
li suoi aversarii ci mostrando a chi bene intender, dir come a lei fui fatto amico e poi
come l amist confermata.
De Vulgari I vi 2. In hoc, sicut etiam in multis aliis, Petramala civitas amplissima est, et
patria maiori parti filiorum Adam. Nam, quicunque tam obscene rationis est ut locum sue
nationis delitiosissimum credat esse sub sole, hic etiam pre cunctis proprium vulgare licetur,
idest maternam locutionem, et per consequens credit ipsum fuisse illud quod fuit Ade.
[Per questo aspetto, come anche per tanti altri, Pietramala una citt grandissima, e patria
della maggior parte dei figli di Adamo. Infatti, chiunque ha una mente cos oscena da
credere che il posto dov nato sia il pi delizioso sulla terra, costui pregia anche il proprio
volgare, cio il parlar materno, al di sopra di ogni altro, e di conseguenza crede che sia stato
proprio quello che fu di Adamo].
La Grammatica in Dante
Notevolissima qui lidea di una lingua, quella in cui sta scrivendo, che
afferisce ad un territorio sul quale essa si proietta in un nesso organico fra
lingua letteraria (potenzialmente di una corte unitaria, cio uno stato e quindi una cultura nazionali, dir il De Vulgari)37 e geografia. Per intendere questa
estensione alla intera penisola del toscano in cui sta scrivendo, bisogna tener
conto di due fenomeni che condizionano la percezione di Dante: il primo
la toscanizzazione dei testi siciliani, per cui egli leggeva i poeti di Sicilia non
nel siciliano originario in cui furono scritti, ma nel rimaneggiamento toscano
cui i testi furono sottoposti nel corso della loro trasmissione; il secondo ladozione della lingua letteraria risultante da tale processo da parte dei lirici
bolognesi, e in particolare di Guinizzelli. La lingua in cui sta scrivendo gli
appare, per ci, non esclusiva di Firenze o della Toscana, ma estesa alla intera
penisola. Ad essa attingono da sud a nord poeti che condividono non solo la
lingua letteraria ma anche lideologia ad essa sottesa, in cui lamore , come
abbiamo visto nella Vita Nuova, fonte di vita morale e di ispirazione poetica.
Ci che conta, per, il fatto che questa lingua, per il fatto di essere panitaliana, non , per questo, meno congiunta con le pi prossime persone, s
come con li parenti e con li propri cittadini e con la propria gente (Convivio
I xii 5). Essa sembra diffondersi in modo uniforme sia sullasse diastratico che
su quello diatopico. Per il fatto di essere, o aspirare ad essere, lingua nazionale
e di stato, non cessa di essere lingua materna. Quando gli scrittori italiani del
400, da Lorenzo de Medici a Masuccio Salernitano a Pulci, a Giovanni degli
Arienti parlano di lingua materna, alludendo alla lingua in cui scrivono, aderiscono al modello teorico del Convivio, per il quale il concetto di lingua
propria e materna include il livello alto e comune, cio quello dellitaliano
inteso come lingua letteraria.38 Nel De Vulgari tale modello viene, invece,
37. Il significato politico-culturale del De Vulgari stato perfettamente indicato da Karl Otto
Apel, Lidea di lingua nella tradizione dellumanesimo da Dante a Vico, Bologna: Il Mulino,
1975, p. 157: Il peculiare significato del trattato dantesco De vulgari eloquentia risiede
nel fatto che, per quanto infinitamente complicato, il processo consistente nel giustificare
in poesia lesistenza duna lingua nazionale viene posto contemporaneamente nella luce
duna consapevole programmatica. Con tale consapevole formazione ideale, che si ricollega
alle tecniche classiche del discorso, Dante ha prospettato il problema culturale caratteristico dellepoca a lui successiva: la trasformazione dellunitaria civilt latina dellOccidente
medievale nel sistema letterario delle lingua nazionali della nuova Europa.
38. Rinvio sul tema al mio Raffaele Pinto, La donna come alterit linguistica in Sergio Zatti (a
cura di), La rappresentazione dellaltro nei testi del Rinascimento, Lucca: Pacini-Fazzi, 1998,
p. 13-32.
Raffaele Pinto
La Grammatica in Dante
per cui grava su di lui una doppia condanna: relativamente al volgare proprio,
per aver usato un volgare altrui, e relativamente al volgare illustre, per aver
usato un volgare municipale. Ebbene lepisodio dellInferno, pur nel quadro
della condanna morale della sodomia, ne riscatta limmagine e la memoria su
entrambi i piani, come intellettuale fiorentino, per aver insegnato a Dante, col
suo magistero, come luom setterna, e come scrittore di un opera in lingua
inferiori E forse non si capisce neppure come possa e voglia, lui che italiano a pieno
titolo, farsi o rifarsi uomo della regione e del municipio.
41. Mi inclinerei, quindi, per una lettura autoreferenziale del veltro, in Inf. I: come gi nel pastore
di Conv., I xi, Dante si raffigura come novello redentore della nazione italiana, attraverso la
lingua e la poesia. Sulla autoreferenzialit del veltro si veda soprattutto Paolo Baldan, Per un
veltro dal substrato materico: Inferno, I, Italianistica, XXI, n. 2-3, 1992, p. 297-314.
42. Andr Pezard, Dante sous la pluie de feu, Paris: Vrin, 1950.
Raffaele Pinto
francese: il mio Tesoro. La palinodia, rispetto alle condanne dei due trattati,
non potrebbe essere pi clamorosa!
E clamorosa anche la ritrattazione, rispetto alla lingua materna, che leggiamo nellepisodio di Arnaut Daniel (Purg. XXVI), che deve il suo primato
al fatto di essere il miglior fabbro del parlar materno, espressione nella quale
la lingua propria e materna viene riabilitata contro la condanna che abbiamo
appena visto del De Vulgari. Limmagine del fabbro, infatti, ricorda da vicino
quella che Dante utilizza, in Conv. I xiii 4, per dimostrare che il volgare proprio fu cagione del suo essere:
Questo mio volgare fu congiugnitore de li miei generanti, che con esso parlavano, s come l fuoco disponitore del ferro al fabbro che fa lo coltello; per
che manifesto lui essere concorso a la mia generazione, e cos essere alcuna
cagione del mio essere.
Ma non solo una rivalutazione della lingua materna. Il fatto che Guinizzelli e Arnaut si presentino assieme, nella cornice dei lussuriosi, ustionati da
un incendio come i sodomiti nellInferno dalla pioggia di fuoco, evoca una
ideale genealogia della lirica in volgare di cui Dante si sente erede ed elimina
qualunque sospetto di antagonismo fra lingua propria e lingua altrui, almeno
nellambito del dominio romanzo che gi nella Vita Nuova appariva come una
unica tradizione lirica.
Ed arriviamo finalmente alle terzine pronunciate da Adamo in Par. XXVI,
che rappresentano il punto conclusivo della riflessione linguistica di Dante e
nelle quali la neutralizzazione dei dualismi teorici e diglossici viene solennemente proclamata:
Tu vuogli udir... / lidoma chusai e che fei...
La lingua chio parlai fu tutta spenta
innanzi che a lovra inconsummabile
fosse la gente di Nembrt attenta:
ch nullo effetto mai razonabile,
per lo piacere uman che rinovella
seguendo il cielo, sempre fu durabile.
Opera naturale chuom favella;
ma cos o cos, natura lascia
poi fare a voi secondo che vabbella.
Pria chi scendessi a linfernale ambascia,
I sappellava in terra il sommo bene
onde vien la letizia che mi fascia;
e El si chiam poi: e ci convene,
ch luso dei mortali come fronda
in ramo, che sen va, e altra vene.
La Grammatica in Dante
della integrale storicit del linguaggio umano, che fin dal principio iscritto
sotto il segno del mutamento. Nel quadro della presente riflessione, per, sono
altri i punti prevalenti di interesse, e cio quelli che alludono ad una riduzione
dei dualismi e ad una concezione del linguaggio che ne fa un prodotto e un
effetto della libert umana. Si osservi innanzitutto che Adamo parla del linguaggio che us e che fece. Le due espressioni rinviano ai due concetti antagonistici delluso e dellarte, cio del volgare e della grammatica, qui finalmente
unificati nella prospettiva di un soggetto che usa e fa la lingua, e che quindi
detiene sia le risorse della espressione (la parole, diremmo saussurianamente)
sia le regole della grammatica (ossia la langue). Adamo non ha ricevuto la
lingua n da una nutrice n da Dio, lha semplicemente prodotta, cos come
produce, in quanto umano, gli strumenti che sono necessari alla sua esistenza.
Fabbro, quindi, come Arnaut Daniel, ma in un senso pi radicale, perch
la lingua che lui fabbrica non gli preesiste come volgare proprio e materno,
ma bens la crea, si direbbe, dal nulla.43 Ecco allora il colpo di scena che abbatte con una audace mossa teorica tutti i dualismi faticosamente affrontati nelle
opere precedenti: la natura responsabile non delle lingue (in qualunque senso
considerate, gli idiomi e i volgari del De Vulgari) ma semplicemente della
facolt di linguaggio, cio la locutio del De Vulgari, la capacit articolatoria che
fa dellessere umano un soggetto parlante. Il fatto che parli cos o cos, cio
in questa lingua o quellaltra, in un registro elevato e formale oppure in uno
spontaneo e informale, tutto ci dipende interamente dalle scelte dei parlanti,
che cambiano lingua e registri in funzione di scelte radicalmente libere (o
comunque storicamente motivate). Tale concetto della arbitrariet linguistica
si iscrive certo nellorizzonte teorico del convenzionalismo aristotelico, ed anzi
la fonte pi diretta di Dante sembra, ancora una volta, il commento di Tommaso al Perihermeneias, in cui leggiamo:
De interpretatione, lib. 1 l. 6 n. 8. Aristoteles dicit quod omnis oratio est significativa, non sicut instrumentum virtutis, scilicet naturalis: quia instrumenta
naturalia virtutis interpretativae sunt guttur et pulmo, quibus formatur vox, et
lingua et dentes et labia, quibus litterati ac articulati soni distinguuntur; oratio
autem et partes eius sunt sicut effectus virtutis interpretativae per instrumenta
praedicta. Sicut enim virtus motiva utitur naturalibus instrumentis, sicut brachiis et manibus ad faciendum opera artificialia, ita virtus interpretativa utitur
gutture et aliis instrumentis naturalibus ad faciendum orationem. Unde oratio
et partes eius non sunt res naturales, sed quidam artificiales effectus.
Raffaele Pinto
Abstract
La grammatica ha un ruolo marginale nel progetto di rifondazione dei saperi che impegna
Llull fin dal 1290. Mentre retorica e logica sono oggetto di due opere specifiche (Rhetorica
nova del 1301 e Logica nova del 1303), la grammatica viene sondata attraverso i principi
artistici solo nellArs generali ultima (1305-8) allinterno delle Cento forme. Larticolo
ripercorre le tappe di questa inclusione attraverso le definizioni della grammatica offerte
dal corpus lulliano, discute lipotesi di un orientamento speculativo della disciplina ed
evidenzia limportanza del declinare come fondamento dellanalogia tra i modi della grammatica e i principi correlativi che strutturano lontologia dinamica dellArte. I riscontri
testuali mostrano che la grammatica rappresenta un altro capitolo della dispersa filosofia
del linguaggio di Llull, lontana nei fini e nellarticolazione dalla prospettiva dei Modisti.
Parole chiave: Llull; grammatica; Ars; grammatica speculativa; filosofia del linguaggio.
Abstract
The grammar plays a marginal role in the process of re-foundation of knowledge that
Ramon Llull engages since 1290. While rhetoric and logic are the subject of two specific
works (Rhetorica nova of 1301 and Logica nova of 1303), the grammar is probed through
the artistic principles only in Ars Generalis Ultima (1305-8) within the Hundred forms.
The paper traces the stages of this inclusion through the definitions given in the Lullian
corpus, discusses the hypothesis of a speculative orientation of the discipline and underlines the importance of declinare as the basis of analogy between the grammars modi and
correlative principles that structure the dynamic ontology of Art. The findings show that
grammar is another chapter of the dispersed Lullian philosophy of language, far from
the articulation and purposes of the Modistic model.
Keywords: Llull; Grammar; Ars; Speculative Grammar; Philosophy of Language.
Elena Pistolesi
Il passo, dopo una definizione tradizionale della disciplina (dretament parlar e escriure), riproposta letteralmente nellArs generalis ultima e nellArs brevis,
1. Miquel Colom Mateu, Aspectes secundaris dins lobra escrita de Ramon Llull (Sabaters
i Sabates, Teles i Vestits, Gramtica), Estudios Lulianos, n. 17, 1973, p. 43-60; Lola
Badia, A propsit de Ramon Llull i la gramtica, in Id., Teoria i prctica de la literatura en
Ramon Llull, Barcelona: Quaderns crema, 1992, p. 173-194. Il lavoro di Lola Badia individua
tre usi del termine, in parte sovrapposti: grammatica intesa come sinonimo di latino, come
disciplina che contiene le norme per linsegnamento e per lapprendimento del latino e, infine,
arte cui si applicano i principi generali svolti nellArs generalis ultima (1305-8).
2. Questa prospettiva svolta in Ramon Llull, Retrica nova, a cura di Josep Batalla, Llus
Cabr i Marcel Ortn; pres. Anthony Bonner; pr. Robert D.F. Pring-Mill, Turnhout:
Brepols - Santa Coloma de Queralt: Edndum, 2006 (= TORL 1), a p. 52 e in alcune note
del commento. Tali riscontri, di natura prevalentemente lessicale, sono alla base dellinterpretazione di Mauricio Beuchot, Some Features of the Semantics in the Lullian Tradition, in Alexander Fidora e Carles Sierra (a cura di), Ramon Llull: From the Ars Magna
to Artficial Intelligence, Barcelona: IIIA-CSIC, 2011, p. 107-116, che sar discussa alla fine
di questo lavoro.
3. Lo schema si limita alle opere che contengono una definizione della grammatica entro il
novero delle arti, fra le quali consideriamo anche lelenco delle Cento forme.
4. NEORL VII, 2005, p. 189-190. Mio il corsivo, qui come nelle successive citazioni, salvo
diversa indicazione.
fa riferimento alla lingua latina (aleta significa eletta, scelta come linguaggio comune), alla norma (costrucci, declinaci e vocables) e al suo carattere
propedeutico (portal).5 Il contesto quello delle arti liberali, alle quali lautore introduce il figlio, secondo un topos consolidato della letteratura didattica.
Lindividuazione del latino come lingua di comunicazione tra genti lontane
(com lenguatge) svolta anche nel noto capitolo del Blaquerna (1276-83), Tu
solus, Dominus, nel quale alla diversit di linguaggi (desvariaci de lenguatges)
si imputano il fallimento della predicazione, lorigine delle guerre e la formazione di sette. Alla domanda su quale sia il metodo da seguire per eliminare tale
variet e a qual lenguatge sseria millor que hom fes convenir totes les gents en
general perch possano comprendersi, lapostolo risponde che, affinch nel
mondo ci siano una sola lingua e un solo credo, lo strumento migliore ladozione del latino, cor lat es lo pus general lenguatge e en lat ha moltes paraules
daltres lenguatges e en lat son nostres libres (NEORL VIII, 2009, p. 414-415).
Con una sola lingua gli uomini impareranno a comprendersi e, per lenteniment, amar-san e pendran-ne mills semblans custumes, en les quals se concordaran (ibid. p. 416).6 Lutopia della soluzione proposta nel Blaquerna, che
accompagna le pi convinte iniziative lulliane sulla fondazione di scuole dove i
missionari potessero apprendere le lingue degli infedeli, sottolineata dal contestuale richiamo allunit linguistica originaria: lapostolo chiede infatti ai cardinali che lo aiutino a trattare con tots los lenguatges qui son puscam tornar a
.i. tant solament. Insieme a un breve accenno allepisodio babelico contenuto
nella Doctrina pueril,7 questo il solo riferimento alla diversificazione delle lingue reperibile nella produzione lulliana.8
5. La propedeuticit della grammatica confermata anche nel Blaquerna (1276-83), quando
si racconta la formazione del protagonista (Blaquerna aprengu tanta gramtica que sabia
entendre i parlar llat, NEORL VIII, 2009, p. 95). La grammatica come insieme di regole
non pare essere esclusiva del latino, se Llull parla nellArbre de cincia di gramatica dels
latins (ORL XIII, 1926, p. 250) e nel Liber de passagio di grammaticam nostram (ROL
XXVIII, 2003, p. 343).
6. Un concetto simile espresso nel prologo della Rhetorica nova in merito alla comunicazione
ornata: Quanto vero sunt placibiliora [verba], tanto necesse est ut per ipsa loquentes et
audientes in finem concorditer uniantur, ROL XXX, 2005, p. 22. Sulla grammatica come
mezzo per conseguire larmonia, cfr. Marta M.M. Romano e scar De la Cruz, The
Human Realm, in Alexander Fidora, Josep. E. Rubio (a cura di), Raimundus Lullus. An
Introduction to his Life, Works and Thought, Turnhout: Brepols 2008 (ROL, Supplementum
Lullianum, II), p. 363-459, a p. 405.
7. Mas, ans que la torra fos ten alta com els la volien fer, trams Deus a aquels qui la torra
faien diverses lenguatges, enax que los uns no entenien los altres; e per ass no pogren
puyar la torra segons que volgren; e ladoncs comens la diversitat dels lenguatges que ara
son (NEORL VII, 2005, p. 271). Un accenno indiretto allepisodio di Babele segnalato
da Lola Badia, Monolingisme i plurilingisme segons Ramon Llull: de lideal unitari
a les solucions pragmtiques, Boletn de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona,
n. 43, 1991-1992 (1993), p. 277-295, a p. 279.
8. Sul passo del Blaquerna scrive Joan Mart i Castell, Ramon Llull, creador de la llengua literria, SL, n. 35, 1995, p. 31-49, a p. 43: s cert, nogensmenys, que reconixer
el carcter duniversalitat de la llengua llatina s en realitat la manifestaci duna actitud
Elena Pistolesi
Nella Lectura compaiono per la prima volta nel corpus lulliano la parola
trivio e la locuzione scientiae de sermone, comprendente grammatica, dialettica e retorica.14 Altre particolarit sono la definizione stessa della disciplina,
che si discosta dalle precedenti (Grammatica siquidem considerat in sermone
congruum et incongruum), e il ricorso al tecnicismo subalternata,15 che traduce implicata della Taula. Nonostante queste innovazioni, Llull accantona
largomento, di cui non mostra lapplicazione, limitandosi ad esporre i principi della logica e della retorica causa brevitatis.
Lo statuto della grammatica come arte o scienza un tema centrale nella
trattatistica coeva.16 Nel XIII secolo i logici affrontano le discipline del
trivio nel complesso della scientiae sermocinales, cominciando a distinguere
tra ars grammaticae, nellaccezione normativo-retorica indicata da Prisciano,
e scientiae grammaticae, cui si attribuisce il significato di ricerca linguistica.17 Tra i molti esempi disponibili, baster ricordare che le Quaestiones
13. ROL XX, 1995, p. 397.
14. La parola trivium ricorre solo tre volte nella produzione lulliana: due nella Lectura e una nel
Liber de venatione substantiae, accidentis et compositi (1308): Philosophus tractat de triuio
et quadriuio. Et suum subiectum est intelligere (ROL XXII, 1998, p. 127). Nel corso della
Lectura Llull usa logica in luogo di dialettica. Sulla sostituzione della dialettica con la
logica, cfr. Olga Weijers, Lappelation des disciplines dans les classifications des sciences
au XIIe et au XIIIe sicles, Bulletin du Cange. Archivum Latinitatis Medii Aevii, n. 46-47,
1988, p. 39-64, a p. 54-55.
15. Sulla derivazione tomistica di questa terminologia e sul significato che assume nella speculazione lulliana, cfr. Josep Maria Ruiz Simon, LArt de Ramon Llull i la teoria escolstica
de la cincia, Barcelona: Quaderns Crema, 1999. Sul rapporto tra arti e filosofia, Antoni
Bordoy, La filosofa de Ramon Llull, Mallorca: Objeto Perdido, 2011, p. 29-34.
16. Se per Prisciano la grammatica unarte che tratta dei testi di poeti e prosatori, e in tal senso
riflette la concezione della disciplina propria dellet classica, a partire da Isidoro di Siviglia
(con il precedente di Marziano Cappella) compare la definizione di scienza (Etymologiae
I, 5, 1-2), che avr largo seguito fino al XII secolo.
17. Gian Carlo Alessio, Sul De ortu scientiarum di Robert Kilwardby, in Giulio DOnofrio (a cura di), La divisione della filosofia, cit., p. 107-135, a p. 133-134 osserva: La
predicazione con sermocinalis (ratione sermonis de quo est) del gruppo di discipline
che costituivano lantico trivio, senza precedenti nellet antica ed altomedievale [...], vale
a disambiguare il termine logica, interpretato per ethimologiam, appare in Ugo di San
Vittore e si stabilizza, pur senza divenire esclusivo (sono concorrenti rationalis, eloquen-
Elena Pistolesi
Alberti de modis significandi (1285) si aprono con la domanda Utrum grammatica sit scientia.18 Vi si discute lo statuto della disciplina attingendo ai
testi coinvolti nel pi ampio dibattito sul dominio della filosofia e sulla
costituzione delle scienze in senso aristotelico. Per i modisti la grammatica,
intesa come indagine sulle cause del linguaggio, scienza speculativa e teoretica, capace di descrivere la struttura universale comune a tutte le lingue,
e nettamente distinta dalla grammatica normativa, che si occupa solo della
loro veste superficiale (le voces o le loro figurationes).19 Termini analoghi nella
forma, ma distanti nella sostanza, si riscontrano nel Liber de refugio intellectus (1308). Per risolvere la contraddizione apparente tra premessa maggiore
e minore in cui Llull ha formalizzato la nuova fallacia,20 alla domanda
Vtrum de sermone sit scientia?, la risposta risulta negativa se interpretiamo
il sermone come vox, ma positiva se riferita al contenuto, cum quo intellectus facit scientiam de sermone. La domanda successiva, Vtrum scientia
de sermone sit necessaria?, risolta nel modo seguente:
Solutio: Nulla scientia de sermone est necessaria. Sed grammatica est scientia de
sermone; ergo grammatica non est necessaria.
Nulla scientia de sermone est necessaria. Sed quaedam scientia de sermone est
necessaria; ergo quaedam scientia de sermone est necessaria et non est necessaria.
Maior est duplex: Non est necessaria, propter hoc quia est a contingentia.
Verumtamen est necessaria causa bene uiuendi, scilicet recte loquendi. Minor
est uera; quia ponendo etc.21
vivendi, ovvero con il recte loquendi. I termini correnti del dibattito, con la
contrapposizione fra necessit e contingenza, vengono applicati qui a una
dimensione diversa dalla ricerca delle cause che impegnava i filosofi del linguaggio contemporanei e sono ricondotti entro la dottrina lulliana delle due
intenzioni che riguarda gli scopi dellagire umano.23
Si visto che nella Lectura compaiono per la prima il termine trivio e la
locuzione scientiae de sermone, collegata alla precisazione dei rapporti con
le altre arti. Ancora nella Lectura si osserva una parziale divergenza rispetto alle
precedenti definizioni per limpiego delle nozioni di congruum et inconguum,
anticipate parzialmente nella Taula. Secondo Prisciano (Institutiones II, 15)
oratio ordinatio dictionum congrua, dove congrua significa corretta in
contrapposizione a incongrua, sinonimo di scorretta. Con costruzione
incongrua i grammatici medievali intendono tanto quella che viola le regole
grammaticali, quanto quella che va contro il senso logico.24 La trattatistica
distingue inoltre la costruzione semplicemente rispettosa della norma da quella retoricamente elaborata, che ricorre allordo artificialis delle parole, al cursus,
ai tropi e al linguaggio metaforico. Il primo tipo destinato alle persone
comuni, il secondo ai sapienti.25 Nella divisione tra conguo e incongruo, che
si faceva risalire a Donato e a Prisciano,26 la grammatica precettiva quando
considera il congruum, proibitiva rispetto allincongruum (identificato di solito con i vitia), e permissiva quanto alle figure.27 Il termine congruitas presente con un diverso significato, cio con valore tecnico, nel lessico dei modisti.
Tommaso di Erfurt lo usa con riferimento alla sintassi, che articola in tre
livelli: la constructio, la congruitas e la perfectio. Oltre la combinazione delle
parti del discorso, per ottenere la costruzione perfetta si dovr infatti valutare
la concordanza dei componenti di una frase, che riguarda tanto laccordo dei
modi significandi, quanto il contesto.28 Stando alle scarne informazioni presenti nella Lectura, la definizione lulliana si attiene allaccezione retorico-grammaticale ereditata dalla tradizione antica.
23. Sulla dottrina delle due intenzioni in Llull, cfr. Josp Maria Ruiz Simon, En larbre sn les
fuyles per o que y sia lo fruyt: apunts sobre el rerafons textual i doctrinal de la distinci
lulliana entre la intenci primera i la intenci segona en els actes propter finem, SL, n. 42,
2002, p. 3-25. Sulla rivisitazione del bene esse in rapporto al linguaggio, cfr. Elena Pistolesi,
El rerefons de laffatus lulli, in Joan Mas, Joan Miralles i Pere Rossell (a cura di),
Actes de lOnz Colloqui Internacional de Llengua i Literatura Catalanes. Palma (Mallorca),
8-12 de setembre del 1998, vol. I, Barcelona: Publicacions de lAbadia de Montserrat, 1998,
p. 73-92.
24. Cfr. Charles Thurot, Extraits de divers manuscrits latins pour servir lhistoire des doctrines
grammaticales au Moyen ge, Paris: Imprimerie impriale, 1869, p. 218-219 e 227-228.
25. Ibid., p. 459.
26. Ibid., p. 133.
27. Su questa tripartizione, cfr. L. Badia, A propsit de Ramon Llull, cit., p. 191.
28. Sulluso tecnico di congruitas si possono vedereGeoffrey L. Bursill-Hall, Speculative
grammars of the Middle Ages. The doctrine of Partes orationis of the Modistae, The Hague
- Paris:Mouton,1971, p. 303-307; e C. Marmo, La semiotica del XIII: tra arti liberali e
teologia, Milano: Bompiani, 2010, p. 58-66.
Elena Pistolesi
Una volta distinta la grammatica dalle altre discipline sulla base dei nove
modi suddetti, Llull espone le basi del suo svolgimento: Grammatica est
applicabilis siue applicanda huic Arti. Nam sicut grammatica docet modum
recte loquendi recteque scribendi, sic ista Ars docet inuenire alias Artes. Lanalogia costituisce il fondamento dellintera dimostrazione e spiega le peculiarit dei nove modi rispetto alla disposizione della materia offerta dalla grammatica normativa: i casi diventano nellAGU voci indipendenti, invece di essere
trattati entro le rispettive parti del discorso; la coniugatio viene estratta dal
verbo.
La successione delle parti del discorso non si discosta da quella tradizionale, condivisa anche dai grammatici speculativi, come si pu osservare nello
schema seguente: 32
29. Llull propone questa lista in pi opere, modificandone lassetto: Arbre de cincia (1295-6),
Proverbis de Ramon (1296?), Logica nova (1303), AGU, Ars brevis (1308) e Ars consilii
(1315). Sulle Cento forme e sulla loro articolazione nellAGU, cfr. il contributo di Lola
Badia in questo numero della rivista.
30. Cfr. Josep Enric Rubio, Thought: the Art, in Alexander Fidora e Josep. E. Rubio (a cura
di), Raimundus Lullus. An Introduction, cit., p. 243-310, a p. 293-294.
31. La trattazione completa della grammatica si trova in ROL XIV, 1986, p. 367-370, al quale
si rinvia data la lunghezza del testo. Nellindice si legge coniunctione, ma nel relativo capitolo
si parla di coniugatione. Lapparato critico non registra varianti nella tradizione rispetto a
questa discordanza.
32. Nellesposizione lordine della preposizione e dellavverbio invertito.
Llull,
Ars generalis
ultima
(1305-08)
Nomen
Pronomen
Verbum
Participium
Coniunctio
Praepositio
Adverbium33
Interiectio
Donato,
Ars minor e
Ars Maior
(sec. IV)
Nomen
Pronomen
Verbum
Aduerbium
Participium
Coniunctio
Praepositio
Interiectio
Prisciano,
Institutiones
grammaticae
(sec. V-VI)
Nomen
Verbum
Participium
Pronomen
Praepositio
Adverbium
Interiectio
Coniunctio
Isidoro
di Siviglia,
Etymol.
(sec. VII)
Nomen
Pronomen
Verbum
Adverbium
Participium
Coniunctio
Praepositio
Interiectio
Thomas
of Erfurt,
Grammatica
speculativa
(1300-1310)
Nomen
Pronomen
Verbum
Participium
Adverbium
Coniunctio
Praepositio
Interiectio
La rispondenza sinterrompe quando si procede allesposizione delle singole voci. Il nome corrisponde ai principi dellArte (bont, grandezza, ecc.),
cos come il pronome, in quanto pro proprio nomine ponitur.33 Llull insiste
sul fatto che i nomi (principi) dellArte sono applicabili a tutte le scienze, e
non viceversa, perci sono generali.
Tutte le parti dellorazione sono ricondotte alla regola C, tranne linteriezione, che viene collegata alla voluntas, secondo una definizione canonica. Al
verbo, al participio, alla congiunzione e allavverbio si applica, in particolare,
la seconda specie della regola C. Questo spiega perch viene anticipata la
posizione dellavverbio rispetto allo schema iniziale. La seconda Regola dellArte (C) riguarda la quidditas e permette di rispondere alla domanda che cos?.
Si articola in quattro specie, che sono cos definite nellArs brevis:
Quid habet quattuor species. Prima est definitiua; sicut quando quaeritur:
Quid est intellectus? Et respondendum est, quod ipse est illa potentia, cui
proprie competit intelligere. Secunda species est, quando quaeritur: Intellectus
quid habet in se coessentialiter? Et respondendum est, quod habet sua correlatiua, scilicet intellectiuum, intelligibile et intelligere; sine quibus esse non potest;
et etiam sine ipsis esset otiosus et indigens natura, fine et quiete.
Tertia species est, quando quaeritur: Quid est ens in alio? Sicut quando
quaeritur: Quid est intellectus in alio? Et respondendum est, quod est bonus,
intelligens in bonitate; et magnus intelligens in magnitudine, etc.; et in grammatica grammaticus, et in logica logicus; et in rhetorica rhetoricus, etc.
Quarta species est, quando quaeritur: Quid habet ens in alio? Vt cum
dicitur: Quid habet intellectus in alio? Et est respondendum, quod in scientia
intelligere, et in fide credere.34
33. Sulla complessit del rapporto fra nome e pronome nella grammatica speculativa,
cfr. Costantino Marmo, Semiotica e linguaggio nella scolastica: Parigi, Bologna, Erfurt
1270-1330:la semiotica dei Modisti, Roma:Istituto Storico Italiano per il Medio Evo,1994,
p. 160-174.
34. ROL XII, 1984, p. 214.
Elena Pistolesi
Elena Pistolesi
parole, frasi, accenti ecc. ed estende il proprio dominio dalle lettere alla
prosodia.40
La trattazione si chiude con la figura, implicata nel primo triangolo della
Figura T (differenza, concordanza, contrariet), cui si applica la definizione di
contrariet quando un vitium che va contro la norma, o quella di concordanza quando motivata.41 Nelle opere di Donato e di Prisciano la figura
veniva trattata allinterno delle parti del discorso in rapporto alla composizione. I modisti interpreteranno il fenomeno in termini semantici, come significato o assenza di significato delle parti che compongono una parola.42 Secondo Llull la figura deve avere una ratio, altrimenti da scartare e da
considerare un vizio ( sinonimo di improprietas). Lultimo modo della classificazione lulliana ci conduce nel dominio della retorica. Come osserva Josep
Llus Martos: Gramtica y retrica funden sus lmites en la Edad Media a
partir del concepto de transgresin gramatical.43 Tale sovrapposizione si deve
al fatto che il dominio della grammatica contemplava tanto il rispetto delle
norme quanto la loro violazione, considerata ora un vitium, ora una licentia
poetarum. La soluzione di tali vizi avveniva nelle figure o schemata (termine
questultimo usato da Donato e da Isidoro di Siviglia). Nelle arti del trivio il
processo di reciproca influenza circolare: va dalla retorica alla logica e dalla
logica alla grammatica. A conferma di questa circolarit, si pu osservare che
il termine figura per indicare i tropi non compare nella Rhetorica nova, mentre
si trovano le figurae dictionis (fallacie) nella Logica dAlgatzel, opera che Llull
aveva tradotto in prosa latina e poi ridotto in versi catalani allinizio del suo
percorso (1271-2?). La stessa fluidit si pu osservare nella trattazione della
constructio, che Llull sviluppa nella retorica in rapporto allordo piuttosto che
nei sintetici profili riservati alla grammatica.
Tra grammatica e filosofia del linguaggio
Le considerazioni che si possono trarre dallanalisi dettagliata delle occorrenze
investono aspetti diversi della produzione lulliana. La grammatica non sembra
interessare Llull, se non nella veste di disciplina propedeutica o come proiezione utopica di una unit linguistica dei popoli, almeno fino allAGU. Le
omissioni confermano una scarsa attenzione verso questa disciplina, che resta
lunica arte del trivio priva di una trattazione specifica, paragonabile a quella
svolta nella Rhetorica nova (1301) e nella Logica nova (1303). Abbiamo visto
che nell'Aplicaci de l'Art general (1301) Llull affronta la logica e la retorica
ma omette la grammatica. Nella Lectura la grammatica viene solo citata, men40. Cfr. Badia, A propsit de Ramon Llull, cit., p. 191.
41. Di questa distinzione si trovano vari esempi in Thurot, Extraits de divers manuscrits latins,
cit., p. 458 e ssg.
42. Cfr. Bursill-Hall, Speculative grammars, cit., p. 59-60.
43. Josep Llus Martos, La gramatizacin de la potica en la Edad Media: crisis y prescripcin, Romace Philology, n. 61, Fall 2007, p. 125-146, a p. 127.
tre i temi della costruzione e dei rapporti di nobilt tra le parti del discorso,
che avrebbero potuto trovare accoglienza nella sintassi, sono sviluppati allinterno della retorica.
Il metavocabolario lulliano non si allontana da quello corrente. Ladozione
di un lessico comune, riscontrato nellanalisi delle definizioni, appare scontata,
poich lapplicazione si rivolge a chi conosce la grammatica normativa del latino
da qui la parsimonia nella descrizione delle parti del discorso e alladepto
che ha gi appreso il meccanismo dellArte. La trattazione si concentra infatti
sullanalogia tra le due, senza indugiare sulle accezioni dei modi. Anche per
questa ragione la ricerca delle fonti su base lessicale risulta poco efficace, n serve
a individuare una possibile influenza della grammatica speculativa, in voga sul
finire del xiii sec., dal momento che anche i modisti adottano la terminologia
tradizionale dotandola di un significato tecnico. La parola modus nellAGU ritaglia concetti convenzionali, non riferibili ai modi significandi, essendi ed intelligendi nel valore che avevano assunto nella grammatica speculativa.44 Se una
suggestione esiste, lesito la sua riduzione allontologia della serie correlativa,
nella quale i modi essendi e modi intelligendi coincidono.
I lavori che ipotizzano uninfluenza modista hanno come testo di riferimento, pi che lAGU, la Rhetorica nova. La maggiore e programmatica trasparenza delle fonti, la parsimonia dei rinvii artistici e lo sconfinamento nella
logica rendono questopera pi disponibile allesercizio delle corrispondenze.45
I curatori della Retrica nova della TORL osservano che la relazione tra bellezza ontologica e bellezza dellornato comporta una distinzione filosofica tra
essenza e accidente, tra forma e materia che non ha riscontri nella grammatica normativa, mentre evidenzia una affinit con quella speculativa.46 Nel commento al testo si offrono alcuni riscontri lessicali, soprattutto con la Grammatica speculativa di Tommaso di Erfurt, che riguardano: il concetto di materia
e forma applicato ai verba;47 il nesso tra bellezza del dettato e verit, che
potrebbe connettersi alla doctrina dels lgics modistes, que pressuposaven
que els diversos modes que revestia la parla (modi loquendi) no eren arbitraris,
sin que reflectien veritablement els diversos modes dsser de les coses (modi
44. Lola Badia, A propsit de Ramon Llull, cit., p. 192, sostiene che il termine sia da interpretare come unesibizione di una marca supeficial de competncia tcnica.
45. Cfr. Elena Pistolesi, Retorica, lingue e traduzione nellopera di Ramon Llull, in M. I.
Ripoll e M. Tortella (a cura di), Ramon Llull i el Lullisme: pensament i llenguatge. Actes
de les jornades en homenatge a J. N. Hillgarth i A. Bonner, Barcelona-Palma de Mallorca:
Universitat de Barcelona-Universitat de les Illes Balears, 2012, p. 313-327 (Collecci
Blaquerna, 10).
46. TORL 1, 2006, p. 53: Per a un modista dictio est vox significativa. Llull hauria pogut
acceptar aquesta formulaci i, casant-la amb lontologia inherent a lArt, aproximar-se a la
retrica per aquesta via inslita.
47. Ibid., p. 99, n. 10: Els gramtics modistes se servien de la contraposici aristotlica matriaforma per generar oposicions binries que aplicaven en anlisis diverses, con rinvio a G. L.
Bursill-Hall, Speculative Grammars, cit., p. 50-54 e a Tommaso di Erfurt, Grammatica
Speculativa, 24 Modus intelligendi materiam (ed. Bursill-Hall, p. 208).
Elena Pistolesi
In Llull non si trova, n si potrebbe trovare dati i presupposti stessi dellArte, alcuna rivendicazione sullautonomia della grammatica, che per i modisti
una scienza in senso aristotelico, e speculativa in quanto dotata di un proprio
statuto epistemologico. Llull non ricorre alla teoria della suppositio, che domina la semantica terminista allinizio del sec. xiv, menzionata dai commentatori della Retrica nova, come soluzione al problema della referenza,52 poich
il suo sistema opera direttamente nel mondo reale platonico. Per questa ragio48. Ibid., p. 115, n. 30. Ancora, per la frase lulliana vox enim est subiectum, in quo verba
ponuntur, si ricorda che per i logici e per i grammatici medievali la vox era oggetto di
studio in quantum signum, con un rinvio a Tommaso di Erfurt e Guglielmo di Ockham
(ibid., p. 179, n. 99).
49. Per Beuchot, Some Features of the Semantics, cit., p. 112, n. 2: The connection between Llull and the linguistic tradition of speculative grammar and the modistae, is demonstrated by Josep Batalla, Llus Cabr and Marcel Ortn, in [11, p. 99, note 10 and p. 101,
note 13]. La nota di p. 101 citata come riscontro recita: Les diccions (dictiones) sn la
matria de les paraules (materia verborum sunt dictiones); cf. 142. Una dicci s, doncs,
el signe oral o escrit del significat duna paraula. Cf. 169, on es parla de pronunciar
diccions (dictiones proferre); Llibre de contemplaci, 3.155.19 (OE II, p. 448): Hom escriu
paraula en diccions, per tal que ligent entena hom los significats que paraules demostren.
Compareu la manera aristotlica de definir-les de Toms dErfurt, Grammatica especulativa,
6.11 (ed. Bursill-Hall, p. 148): dictio est vox significativa.
50. Mark D. Johnston, The Evangelical Rhetoric of Ramon Llull. Lay Learning and Piety in the
Christian West around 1300, Oxford: Oxford University Press, 1996, p. 43.
51. Alfonso Maier, La grammatica speculativa, cit., p. 156.
52. Cfr. Costantino Marmo, La semiotica del XIII secolo, cit., p. 29-49.
ne si interessa solo al modo in cui una cosa ne significa unaltra, in cui il crea
to significa la realt divina, senza entrare nel merito dellarticolazione tra segno
e referente. La conferma si trova nel Liber de significatione (1304), privo di
considerazioni linguistiche, dedicato esclusivamente alle relazioni tra principia
e creature secondo un rapporto di significazione che Llull designa con nomi
diversi, quali fra i quali manifestaci e revelaci.53
Nellopera Lo sisn seny, lo qual apelam affatus (1294) il tema dellespressione vocale risolto nella connessione naturale e materiale tra concetto e
nuovo senso;54 nella Rhetorica nova la bellezza del dettato dipende esclusivamente dalla natura del referente e dal posto che occupa allinterno di una
specifica gerarchia, che pu essere entitativa, etica, ecc., ma non intrinsecamente linguistica. Tale posizione, eterodossa rispetto al percorso disegnato
dalla tradizione aristotelica, sar rivisitata nelle opere spurie come la Logica
brevis, nella quale fa la sua comparsa la suppositio,55 e il Liber de universalibus,
trasmesso da due mss. latini della met del sec. xiv, che incorpora i modi
significandi nella definizione della grammatica:
6.9 De grammatica. Congruitas et rectitudo loquendi est subiectum in grammatica. Finis recte loquendi, pronuntiare et scribere. Principia sunt: Littera,
syllaba, dictio, oratio uel octo partes orationis aut concordantia substantiui
et adiectiui, suppositi et appositi, relatiui et antecedentis, uel etiam modi significandi.56
Elena Pistolesi
modo, cio fatte le debite distinzioni, tutte le quaestiones si possono ridurre alle dieci dellArte.58 Declinare parola usata nel Compendium seu Commentum Artis demonstrativae (1289),59 nellArt amativa (1290), nella Taula
general (1293-4) e nellArbre de filosofia desiderat (1294) in rapporto alla
dottrina dei correlativi.
La marginalit della grammatica disegnata fin qui contrasta con linterpretazione di un Llull simpatizzante della corrente speculativa. Tale orientamento si fa risalire di solito a Platzeck, i cui lavori sono anteriori alla cospicua letteratura dedicata ai modisti a partire dagli anni Settanta. 60 Con
grammatica speculativa egli intende una grammatica ontologicamente fondata, con riferimento precipuo alla dottrina stoica e al platonismo nelle sue
sfumature medievali in particolare nella veste che assunse presso la scuola di Chartres61, contrapposta alla grammatica positiva o descrittiva.62
Per comprendere lo svolgimento della grammatica nellAGU non necessario attingere ai modi tecnicamente intesi perch si pu spiegare entro i fondamenti dellArte. Non c traccia nellopera di Llull di doppia articolazione,
di rivendicazioni forti relative allautonomia della grammatica come scienza,
n di definizioni delle parti del discorso che rinviino alla complessa costruzio58. Tale affermazione si legge nel prologo dellAGU (ROL XIV, 1986, p. 26), segnalata a suo
tempo da Toms Carreras i Artau, El Llenguatge filosfic de Ramon Llull, in Homenatge a Antoni Rubi i Lluch 1, Barcelona, 1936, p. 545-552: Regulae sunt decem, scilicet:
Vtrum, quid, etc., ut in alphabeto iam significatum est. Istae regulae sunt decem quaestiones generales, per quas oportet esse omne quaesitum. Et quando id, de quo quaeritur,
ponitur in ipsis, est lucefactum et coloratum, et etiam significatum intellectui secundum
essentiam et naturam regulae, sicut patet in grammatica. Nam sicut omnia uocabula nominalia declinabilia includuntur in quinque declinationibus, et possunt declinari per ipsas, sic
suo modo omnes aliae quaestiones praeter istas huius Artis, quae fieri possunt, includuntur
in ipsis decem, et etiam ad ipsas quidem reducuntur; et etiam per ipsas regulantur ratione
generalitatis, quam habent.
59. Chi vuole apprendere lArte dovr declinare namque terminos figurarum dicendo sub
condicionibus bonitatis, bonificativum, bonificabile bonificare bonificatum (ecc.); pur
ammettendo che non un modo di parlare abituale per chi usa il latino, hunc autem de vi
et virtute terminorum hujus Artis sic declinari oportet (MOG III, 1722, Int. vi, p. 160).
60. Erhard-Wolfram Platzeck, La combinatoria luliana. Un nuevo ensayo de exposicin
e interpretacin de la misma a la luz de la filosofa general europea, Revista de filosofa,
n. 12-13, 1953-1954, p. 575-609 e 125-165; Id., La Figura T del Arte luliana y la doctrina
de las significaciones, Studia monographica et recensiones, n. 9-10, 1953-1954, p. 35-49.
61. Gli autori citati come fonti sono infatti Bernardo di Chartres, Yves di Chartres, Teodorico
di Chartres, Guglielmo di Conches, Gilberto Porretano e Giovanni di Salisbury.
62. Lottica della sua indagine riassunta nella frase posta in corsivo nelloriginale (Platzeck,
La Figura T del Arte luliana, cit., p. 48): Todo lo dicho aparece como una especie de
filosofa de la gramtica; pero es en verdad una teora general de las ms abstractas significaciones del espritu humano en sus relaciones mtuas. Platzeck valorizza la figura T in quanto
figura significationum e il ricorso ai gradi dellaggettivo come corrispettivo della declinazione
della sostanza, riassunti nel triangolo majoritat-igualtat-minoritat. Sui gradi dellaggettivo,
cfr. M. D. Johnston, The Evangelical Rhetoric, cit., p. 105 e n. 26, che non li considera la
base per una nuova teoria della dimostrazione, come sostenuto da Platzeck, n un omaggio
alla grammatica speculativa.
ne della dottrina modista. Questo non esclude una conoscenza dei testi o un
loro riecheggiamento, ma ci che distingue Llull dagli esponenti di questa
corrente prima di tutto la finalit. Ai seguaci di una concezione aristotelica
della scienza, da cui discende anche lautonomia della grammatica, Llull contrappone i principi generali, comuni e fondanti di ogni sapere. Le affinit si
possono stabilire, eventualmente, tra il realismo moderato adottato da alcuni esponenti della corrente modista e la progressiva ontologizzazione del metodo artistico. La distanza pi evidente riguarda larticolazione dei piani che
conducono fino allespressione vocale e alle parti del discorso. Le questioni
poste sul terreno della grammatica confermano che quella lulliana una filosofia del linguaggio dispersa,63 che risponde a questioni puntuali, la cui
coerenza va ricercata nel disegno complessivo dellArte e nella sua evoluzione.
Le tracce di questa filosofia sono numerose, dallallusione alla tesi della convenzionalit del segno,64 alla dottrina del verbum (distinto in sensibile e intellettuale in rapporto al contenuto del conceptum, non alla vox),65 fino alla
scoperta dellaffatus. Il sesto senso, che sente la manifestaci de la concepci
trasformandola in suono, sviluppa il tema della comunicazione in termini
psicologici, non semiotici. Esso rappresenta il superamento del segno, perch
riduce il linguaggio entro la sfera materiale della sensibilit. Nella Rhetorica
nova si privilegia lespressione della verit ricorrendo alla commistione, non
del tutto riuscita, tra la retorica tradizionale e la gerarchia entitativa. Il Liber
de refugio intellectus contiene un accenno alla polisemia delle parole, ma
come sottolinea Bonner tale rilievo isolato non solo semantico, semantico e formale insieme.66 I riferimenti alle questioni linguistiche, sia collegate
alla predicazione e alle traduzioni sia teoriche, si potrebbero moltiplicare ma,
nel complesso, questi aspetti non sono oggetto di una trattazione sistematica.
Lunico passo in cui affatus e grammatica sono citati insieme si legge nellArbre
de cincia: deman lermit si gramtica fo enans considerada per necessitat
de effatus que per la sua retrica. Sol. Gran prou fora en lo mn si la gramatica dels latins sabessen totes les nacions.67 La risposta non chiarisce affatto
la natura del loro vincolo, n ci soccorre in questo la Rhetorica nova, dove non
si menzionano n il sesto senso n il ruolo della grammatica. Lelemento unificante dato dal riferimento di ciascuno di questi ambiti (psicologico, conoscitivo, pragmatico) al percorso dellArte. La grammatica un altro capitolo
della dispersa filosofia del linguaggio che Llull non si preoccupa di convogliare in una speculazione organica e stringente come quella dei modisti. La sin63. Per un quadro complessivo della filosofia del linguaggio lulliana, cfr. Sebasti Trias Mercant, Ramon Llull. El pensamiento y la palabra, Palma de Mallorca: El Tall, 1993; Joan
Tusquets i Terrats, La filosofia del llenguatge en Ramon Llull, pr. Miquel Arbona, Barcelona: Editorial Balmes, 1993.
64. Liber de praedicatione, ROL IV, 1963, p. 409.
65. Quaestiones per Artem demonstrativam seu inventam solubiles (1289), MOG IV, 1729,
Int. iii, p. 76, Q. LIV Quomodo anima generet Verbum?.
66. Bonner, Art and Logic, cit., p. 237.
67. ORL XIII, 1926, p. 250.
Elena Pistolesi
Opera
2. III.11
Taula general
(Tunisi-Napoli
9/1293-1/1294)
(ORL XVI,
pp. 490-491)
3. III.23 Arbre de
cincia (Roma
29/9/12951/4/1296)
(ORL XI,
pp. 215-216)
Definizione
Aquesta sciencia es general a
totes siencies per so cor es de generals comensamens e per so cor
les altres sciensies an comensamens especials, ax com theologia qui especials comensamens,
so es assaber, fe esperansa e caritat, e filosofia, forma e materia e
privaci, e dret, jutje e justicia, e
medisina, metge e sanitat, e ax
com justicia prudensia fortitudo
atrempansa qui son comensamens de moralitat, e congruitat
e dretament parlar qui son comensamens de gramtica, e veritat e falsetat, de lgica, e orde e
bellea de paraules qui son comensamens de rectrica, e music
e veu, de musica, e arismtic e
nombre, de arismtica, e jeomtric e mesures, de geomtrica, e astrlog e signes e planetes,
de estrologia, e mecnic e estrumens e figures qui son comensamens de art mecnica. Totz
aquestz [...]
Gramatica es art qui ensenya a
parlar ordonandament, e posar
accents en los vocables segons
ques cov, e concordar los verbs
els noms e les preposicions, els
substantius els adjectius, e les
altres parts de la art. E aquest
ordre e procs comena primerament en les formes primeres
sembrades en los arbres en qui
son ordonades segons cors natural, del qual orde ha lo gramtic
estinct natural don trau lorde
del hbit artificial en parlar e en
fer bon lat, e en esquivar fals
accent, en lo qual lat pos los significats dels vocables qui son en
vulgar.
Contesto
De les questions de les Regles
Questi k. Cm es aquesta
sciencia general a totes sciencies? [...] Totz aquestz comensamens son enplegats en los
comensamens daquesta art,
quar totz son bons e grans, e
los altres; e per as aquesta
art es general a aquells ab sos
comensamens generals, e
enclinas a les altres sciencies
segons quels comensamens
daquelles estan en los seus
comensamens enplegats, e
est dess a aquelles, enax
com genre qui est sobre
especia, e usa dels comensamens daquelles sciencies segons lorde e ls que de sos
propis comensamens, la
prtica del qual s es donada
en esta sciencia.
Opera
4. III.64.bis
Lectura Artis
quae intitulatur
Brevis practica
Tabulae generalis
(Genova
1/2/1304)
(ROL XX,
p. 397)
5. III.80 Ars
generalis ultima
(Lione/Pisa
11/1305 3/1308)
(ROL XIV,
pp. 367-370)
Elena Pistolesi
Definizione
Grammatica siquidem considerat in sermone congruum et
incongruum.
Contesto
Diuiditur autem philosophia
in tres partes: Prima pars est
de triuio, in quo agitur de
sermone; secunda de quadriuio, in quo agitur de ente
mathematico; et in tertia
parte agitur de ente naturali.
Triuium autem constituunt
tres scientiae de sermone,
scilicet, grammatica, dialectica et rhetorica.
88. De grammatica. Gramma- Cento forme
tica est ars ad inueniendum
modum recte loquendi recteque
scribendi.
Per definitionem differentiae
grammatica diuiditur in nouem
modos. Primus modus est de
grammatica et de numero octo
partium orationis. Secundus est
de casu.Tertius de coniunctione. Quartus de declinatione.
Quintus de genere. Sextus de
regimine. Septimus de constructione. Octauus de orthographia.
Nonus est de figura.
88. Grammatica est ars inue- Cento forme
niendi modum recte loquendi
recteque scribendi.
Grammatica est scientia recte IX, 2 De artis liberalibus
loquendi. Cuius subiectum est
oratio, in se et in suis partibus
considerata. Constructio autem,
quae tractatur a grammatico,
potest inquiri per tertiam circulationem et per decem regulas
generales.
Abstract
In questo saggio si discutono alcuni elementi relativi allimmagine di Dante filosofo del
linguaggio, impegnato nel passaggio della sua scrittura da unimplicazione in valori terrestri
e umani a significazioni di alta speculazione teologica. Si analizzano quindi, percorrendo
criticamente luoghi specifici cos del poema come dei tre canti ventiseiesimi delle cantiche,
i modi con cui il poeta punta alla riconquista dellordo originalis del dire biblico e teologico. Sono i luoghi nei quali Dante mostra di voler rovesciare il rifiuto gi platonico della
poesia (per il suo dubbio rapporto con la verit) puntando a fare del volgare invece proprio
la lingua del sapere filosofico, allinterno del cui sensus literalis traspaiono gli universali.
Siamo in presenza di un gigantesco fenomeno di passaggio da una parola umana a una
parola divina: dentro di esso lindividualit storica e materiale della prima viene comunque
salvaguardata, ai fini della realizzazione di quello che possiamo definire il primo esempio
di realismo metafisico. Per questo si studia il confrontarsi dantesco con lintera tradizione
poetica terrestre precedente e coeva, sino al modello di Arnaut che rappresenterebbe
ladditamento poetico di una via salvationis che prende le mosse dallumano andar lacrimando per procedere verso una lingua che parla quasi come per se stessa mossa, che
accoglie in s gli universali e viene proposta quindi come la lingua di un nuovo Adamo.
Lintero universo sensibile perci fatto parlare attraverso la nuova lingua del sacrato poema
(nei canti XXIII-XXVI paradisiaci), ora definitivamente consolidata sul modello della
scrittura testamentaria da sempre affidata al credere e non pi al vedere.
Parole chiave: Divina Commedia; filosofia del linguaggio; parola umana; parola divina.
Abstract
In this essay I discuss some topics about the image of Dante as language philosopher who
was concerned with a shifting of his writing from earthly and human values to signifiers
of high theological speculation. So I analyze, by tracing critically some specific topics of
the poem (together with the three twenty-sixth canti) the ways in which the poet is going
to attain the ordo originalis of biblical and theological writing. Here they are the places
where Dante shows his purpose of overturning the platonic refusal of poetry cause of its
doubtful connection with truth while aiming at transforming the volgare into the very
language of philosophical knowledge, in whose sensus literalis we can discern universalia.
We have here a gigantic phenomenon of shifting from the human word to a divine one:
in it, historical and material individuality of the first is going to be defended in order to
ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia)
Marcello Ciccuto
determine what we may define the first pattern of metaphysical realism. So I study the
ways in which Dante shares the whole earthly poetical tradition of previous and contemporary times, leading to the example of Arnaut who may represent the poetical key
to a via salvationis which starts from the human andar lacrimando in order to obtain a
language speaking quasi come per se stesso mosso and paired to the language of a new
Adam. The whole universe of the senses is made speaking through the new language of
sacrato poema, at last strenghtened onto the pattern of biblical writing which was eternally
trusting more on believing than on seeing.
Keywords: Divina Commedia; philosophy of language; human word; divine word.
Vorrei sottoporre a discussione nel seminario alcuni elementi implicati al percorso seguto da Dante al fine di porsi quale filosofo di un parlare e di uno
scrivere che passano, nellarco di una vita, da un valore tutto terrestre, umano
a significazioni di alta speculazione teologica. Ci che doveva servire a rilevare, per prima cosa, il proposito di risolvere, anzi di sublimare ed elevare gli
aspetti contingenti della personale esperienza cognitiva in qualche cosa di
assoluto (appunto quello che non mi puote venire meno). In parole diverse,
si trattava di delineare una forma di responsabilit e forma poetica del
vivere che garantisse anche alla collettivit di passare dallimpegno in pratiche fattuali, mercantili, politiche (o anche dalla semplice avventura
dellesistenza)1 a un ordine e a una forma di agire razionale che, pari a quello
degli eroi biblici, dei profeti o dei teologi, si identificasse finalmente nellagire
del personaggio che tutto realizza attraverso il processo creativo della parola
(nella fattispecie quella della poesia). Rispetto alle condizioni di oscurit e di
difficolt dello stato di partenza, il sole nuovo del volgare, vale a dire lemergere linguistico di una posis volgare la cui forza salvifica tutta2 starebbe nella
ricerca interna a essa di un rapporto fra sostanza e stile: si potrebbe persino dire
di uneguaglianza fra io e materia a norma di Convivio II iv 4,3 insomma di
1. Si tratta di porre a testo, da parte di Dante, alcune esperienze produttrici di dubbio, difficolt di partenza o smarrimenti personali da intendersi quali momenti di perdita del s,
nellincapacit dellanima individuale a realizzare, e quindi attualizzare la sostanza tutta
umana della propria presenza nel mondo. Di tale condizione di disagio e impotenza iniziali
aveva scritto a suo tempo, appoggiandosi in particolare sullesempio dei sonetti XXXIIIXXXIV del Fiore e sulle parole iniziali del canto primo infernale, John Took nel suo saggio
Towards a life of Dante: ontological anxiety and the salvific function of the word, Italian
Studies, n. 59, 2004, p. 3-7. La prospettiva stata poi incrementata anche da Sebastiano
Valerio, Lingua, retorica e poetica nel canto XXVI del Paradiso, LAlighieri, n. 22, 2003,
p. 86-87, come anche da Amedeo Marinotti, Poesia e filosofia nellermeneutica dantesca, La rassegna della letteratura italiana, n. 1, 2010, p. 6-7.
2. Persino di gi forte riscontro soteriologico, che Dante ha cura di accreditare passo passo in
opposizione pi e meno esplicita alla negazione del valore cognitivo della poesia sostenuto
da larghe parti della cultura ufficiale, specie di area domenicana (san Tommaso, Giovannino
da Mantova, Guido Vernani o Giovanni Domenici). Per questo si considerino le osservazioni
di John Hollander, Dante Theologus-Poeta, Dante Studies, n. 118, 2000, p. 266 sg.
3. Cfr. Took, Towards a life of Dante, cit., p. 8.
adesione integrale della parola a virt e grazia.4 Nel momento in cui lautorit della parola poetica sostenuta al suo interno dalla Grazia viene a garantire
la veridicit di qualsivoglia narrazione,5 ecco che il problema della lingua
ma in fondo anche dellespressione e della retorica e del dire nella sua
integralit significante fa il suo ingresso dentro lalveo delleconomia ontologica dellesperienza umana,6 dove la pi volte richiamata storicit/attualit
del personaggio-Dante diventa il segno di un progetto che, nella forma elevatissima dello stilus tragicus e della sua retorica, punta ogni cosa sulla riconquista dellordo originalis del dire biblico e teologico. Ed con questa scelta, fatto
notissimo, che si dovr anche rimediare a un paradosso avvertito da Dante e
reso esplicito nel corso delle sue innumeri riflessioni sulla funzione della lingua
volgare allinterno del progetto di emancipazione cognitiva dellumanit, quel
paradosso che si identifica con la constatazione circa lessere stato scritto il
poema sacro per mezzo di una lingua peritura.7 Diciamo allora che comincia
a configurarsi cos il procedere dantesco verso la seriet terribile dellimpresa della Commedia (come aveva scritto mirabilmente Contini la tecnica in
Dante una cosa dellordine sacrale, la via del suo esercizio ascetico, indistinguibile dallansia di perfezione).8 Attraverso i passaggi da Ulisse ai poeti
delleffimero e allo scriba dei fissati ai cardini narrativi dei canti ventiseiesimi
delle tre cantiche scopriamo perci figure e funzioni di personaggi che hanno
cercato a modo loro di trapassare il segno del valore cognitivo del linguaggio,
rendendolo di volta in volta esemplare di un destino; torto nel caso di Ulisse,
di valori effimeri intenzionalmente senza grazia per i poeti provenzali e stilnovistici del Purgatorio; di un eloquio quello di Adamo che, assumendo
invece a valore sommo, addirittura storico la mutevolezza delle cose umane,
sana la ferita post-babelica aprendo la via al nuovo poeta-teologo-filosofo che
parla e scrive per sostanze perfette, oramai appunto autentico scriba dei.
Ho anticipato in questo discorso preliminare alcuni degli elementi che
discuter pi avanti, ma per adesso dovrebbe contare dir questo: forse Dante
4. fra queste pieghe che riusciamo a riconoscere anche una figura di Dante filosofo pi
che, come vorrebbe Hollander, theologus-poeta. Basti pensare al trattamento cui lEpistola
a Cangrande sottopone il salmo 113, dove viene a delinearsi un passaggio dallEsodo storico alla redenzione dellumanit da parte di Cristo al centro di tutta la storia, alla nostra
conversione di umani e quindi alla nostra gloria futura (cfr. allora Hollander, Dante
Theologus-Poeta, cit., p. 275-277). In questo luogo nevralgico della cultura dantesca ci si
chiede cio o si fa vedere come sia possibile stabilire una convenzione in cui un poema
narrativo che descrive azioni come se fossero storiche venga a realizzarsi in una narrazione
da intendersi appunto a sua volta storicamente vera e reale.
5. Come nel caso della scrittura evangelica e biblica nel suo complesso. A prendere poi il
contesto del canto XXIX del Purgatorio, a proposito del numero di ali del grifone della
processione dei Seniori nel Paradiso Terrestre, troviamo Dante eleggere insomma lallegoria
del poeti rispetto a quella dei teologi scrivendo Giovanni meco e da lui si diparte, e
dunque pensando proprio al fatto che Ezechiele ne conta quattro e Giovanni invece sei.
6. Took, Towards a life of Dante, cit., p. 10.
7. Per questo si veda Valerio, Lingua, retorica e poetica, cit., p. 102.
8. Gianfranco Contini (a cura di), Dante Alighieri, Rime, Torino: Einaudi, 19652 [1946], p. X.
Marcello Ciccuto
sua immensa idea figurale, quale sarebbe stata poi intuita e perfettamente
descritta da Erich Auerbach.14 Dicevo poco fa del passaggio, del percorso di
unidea poematica attraverso i canti ventiseiesimi delle tre cantiche; e non
posso a questo punto che partire dalla seconda stazione di detto itinerario,
stanti le pagine magistrali di Avalle e Padoan sulla funzione di Ulisse. Mi
interessa del resto in misura maggiore capire qual la strategia retorica dellelocutio dantesca, come si definisce in queste tappe di cui la seconda appunto
non vuole affatto negare limportanza delle esperienze giovanili nel mondo,
seppur limitate come si sa, confrontandosi coi magistri Guinizzelli, Guittone,
Brunetto Latini, Bonagiunta e Arnaut (vale a dire coloro che avrebbero svolto
un ruolo dottrinario nei termini pi adatti alla ricostruzione di questo stesso
itinerario intellettuale). Conforterebbe il percorso la rima maestro : destro (vv.
2-4), gi del Tesoretto Or si ne va il maestro / per lo camino a destro / pensando duramente / intorno al convenente / de le cose vedute, che porta in
campo la precettistica brunettiana ben atteggiata a vademecum professionale
recuperando nel contempo gli stessi rimanti incontrati nel canto XXI infernale, dove risuona la vibrata esaltazione del docere da parte di Virgilio a fronte
dellimpertinenza di Malacoda (Credi tu, Malacoda, di vedermi / esser venuto, disse l mio maestro / sicuro gi da tutti i vostri schermi, / senza voler
divino e fato destro?). Cominciamo a capire che qui in opera una lettura
spregiudicata della tradizione lirica tutta, talch si vedr alla fine che i dolci
detti dellantica poesia umana risulteranno schiacciati dal superiore parlar
materno. In pi, ancora in questi luoghi, il giro di recuperi guittoniani finisce
per allogarsi in un luogo subordinato, non appena il dire di Dante viene a
consolidarsi intorno a un principio di perfezione tecnica che arriver a proclamare leccellenza del trobar ric di Arnaut (non a caso collocato a chiusura del
canto), e insieme ad assorbire sia Guittone sia Bonagiunta nella sua generale
visione riformata del canone retorico (pi ancora che del morale o dottrinario).
Dante realizza questo passaggio con una mossa stilistica non ingenua: con una
serie di prelievi lessicali e rimici cio di straordinaria efficacia, quasi sorprendenti per quel molto che nascondono dentro e riescono poi a portare in superficie. Ad esempio, subito dopo il richiamo del v. 7 del sonetto Lo vostro bel
saluto, parlar non posso ch n pene io ardo, col v. 18 che suona rispondi a
me che n sete e n foco ardo, c lapostrofe con la quale Guido Guinizzelli si
rivolge al pellegrino delloltretomba, vv. 16-7 O tu che vai, non per esser pi
tardo, / ma forse reverente, a li altri dopo, utile a riportare allideale di gravitas proprio delle sentenze filosofiche del Convivio (IV xxv 24: a questa etade
necessario dessere reverente e disideroso di sapere; a questa etade necessario dessere rifrenato s che non transvada).15 Cos si comincia a riconvocare
14. Il quale, come noto, aveva posto in esergo ai suoi Neue Dantestudien editi una prima
volta a Istanbul nel 1944, e quindi a Bern: Francke e come Studi su Dante a Milano:
Feltrinelli, 1963 il motto eracliteo il carattere delluomo il suo destino.
15. E cfr. dunque, lattitudine dantesca rispetto allantico maestro Brunetto Latini (Io non
osava scender de la strada / per andar par di lui; ma l capo chino / tenea comuom che
Marcello Ciccuto
Ecco allora Arnaut: la ragione per cui questi super tutti gli altri rimatori
del suo tempo va ricercata nella disponibilit alle lacrime, nella fallacia del
dolente spirito. Ma pure evidente che le rime di Arnaut sono agli occhi di
Dante quelle di un poeta che ha tentato di soperchiare, di andare cio oltre
misura. Si tratta di unautentica rivalutazione del trobar arnaldiano, nel senso
che questi avrebbe indicato una via verso la salvezza e un diverso modo di dire
rispetto al passato; non pi insomma landare lagrimando ma il puntare alla
salvezza: cos Guinizzelli intravede lespiazione della sua colpa attraverso landare di Dante al chiostro / nel quale Cristo abate del collegio, mentre il
padre / mio in bocca a Dante, vv. 97-8 diventa nelle parole di Guido il supremo paternostro (grazie a un vistoso riciclo di un passo del Tesoretto, n dicer
paternostro / in chiesa n nel chiostro, ben avvisato, assieme ad altri elementi utili allinterpretazione di questo passo, da Francesco Sberlati.25
21. Sberlati, Maestri e amici, cit., p. 106.
22. Per il pensoso del v. 100 Sberlati rinvia giustamente a Purgatorio XX, v. 151 e quindi, in
evidente anticipo rispetto allArnaut purgatoriale del plor e vau cantan, il vo pascendomi
sospiri del sonetto ciniano a Dante Dante, i ho preso labito di doglia.
23. Sberlati, Maestri e amici, cit., p. 112.
24. S che la lascivia del peccato ermafrodito non potr pi trovare posto fra le penne elette che
di retro al dittator sen vanno strette; n Dante potr mancare di ricavare da esse un senso
di tristizia per via del peccato di quel padre (ibid., p. 116).
25. Ibid., p. 121.
Marcello Ciccuto
spiegano subito perch tanto e tanto a lungo Dante si sia intrattenuto a parlare delle componenti mortali della lingua poetica sua e di altri: ora non si
tratta pi di tenere in conto la mutabilit della lingua tipicamente umana,
luso moderno del v. 113 che non viene comunque rinnegato ma di
approdare alla creazione di una lingua cognitiva capace di abbracciare, pi
propriamente di accogliere gli universali: lingua che non si pu attribuire
dunque a un solo autore, perch piuttosto il frutto di una maturazione poietica, vissuta e vive di precisi antecedenti.30 Si chiuder appunto qui il cerchio
di un progetto che doveva portare a riconoscere nel volgare la lingua perfetta
e fissata a concetti eterni di verit e di carit (con Dante filosofo che arriva a
compimento della sua ricerca di verit e di sostanze dellessere e che pu finalmente esprimere con una lingua adatta). E allora, diciamolo: Dante che vuole
diventare il nuovo Adamo, restituendo a Dio, in poesia, le voci popolari e la
teologia, la grande poesia e le sacre scritture, il suo passato e il suo presente,
una miscela pi e meno equilibrata di caritas, poesia stilnovistica, retorica e
linguistica.31
Se trascorriamo a questo punto direttamente al discorso del primo padre,
nel XXVI paradisiaco, ci si accorge come esso punti subito dritto a rivendicare la componente terrena, mondana del sole nuovo, con un aggancio al verbo
abbellare che abbiamo gi visto centrale nelle poche parole di Arnaut Tan
mabellis vostre cortes deman e che nascondendo il piacere interno alluso
moderno diventa davvero decisivo dellampio ragionamento dantesco sul dire
poetico.32 Ripetiamo allora:
30. Ibid., p. 103.
31. Che quanto pi ampiamente e dettagliatamente rilevato ibid., p. 104.
32. Molto chiaro su questo il saggio di Edoardo Ferrario, Il linguaggio nel XXVI canto del
Paradiso, in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia, I, Modena: Mucchi, 1989,
p. 559-579.
Marcello Ciccuto
ginaria alla rilevanza delluso dei mortali, allessenza del linguaggio come bisogno e piacere delluomo (finendo per privilegiare quindi non lebraico ma una
lingua individuale creata dal primo uomo stesso);36 tutto quel che vale insomma tornare a dire dello stato di insufficienza, finitudine, indigenza quali condizioni fondamentali ad accreditare lusus (termine ripetuto per ben due volte,
ai vv. 136-37, con una mossa che spinge a ricordare come nel I del Convivio
proprio luso veniva gi contrapposto a regola, con limmagine del latino che
seguita arte e il volgare che seguita uso). Nel trattato linguistico le parole
mamma e babbo erano state dichiarate inammissibili al volgare aulico perch
duso puerile; e proprio queste due parole rimaste nel cribro del dire tragico
ricorrono addirittura nellespressione che, nellultimo lembo di inferno, definisce la lingua in cui scritta la Commedia: la lingua che chiama mamma
e babbo, la stessa che nelle successive cantiche dir parole antitragiche come
il pappo e il dindi e nanna e barba e quella donna Berta che nel trattato latino
serviva a esemplificare nientemeno che il grado insipidus del parlare.37 Come
si vede, Dante avrebbe cambiato idea rispetto al trattato linguistico, e molto
sembra impostare sul principio tutto terreno del piacere (rivendicato addirittura da Virgilio quando fa Dante signore di se stesso dopo averlo condotto
oltre i grandi poeti delluso moderno, nel contesto del canto XXVII: Tratto
tho qui con ingegno e con arte;/lo tuo piacere omai prendi per duce, che corrisponde poi allabellare del miglior fabbro del parlar materno).38
Lepisodio di Adamo rappresenta a questo punto unautogiustificazione
della Commedia e del suo pensiero linguistico. E il fatto che sia Arnaut sia
Adamo vadano incontro al desiderio, anzi proprio al piacere del poeta, uscendo da ci che li copre e li avvolge (il fuoco che li affina), equivale al far incontrare una condizione di pura intelligibilit, di letizia sovrasensibile, con lestremo opposto della sensualit che muove il piacere animale il cavallo che
broglia, appunto, di cui abbiamo accennato poco fa. I paragoni animali di
Adamo e di Guinizzelli (ricorderemo per un attimo solo questultimo che
sparisce come un pesce verso le profondit marine) localizzeranno allora i
confini entro i quali la parola umana cessa di essere utile; cos le anime dellaldil saranno coerentemente aldil del bisogno, delluso del linguaggio che
invece caratterizza una moltitudine di espressioni allinterno del poema, sotto
legida dellimmagine di Paolo e Francesca richiamati dallaffettuoso grido del
mortale visitatore quali colombe dal disio, con levento di storicit e finitudine
che torna col celebre attacco Siede la terra dove nata fui....39 Invero gi prima
la figura di Virgilio, colui che per lungo silenzio parea fioco, serve a indicare un
evento esemplare di individualit e storicit umana, segnato da confini fattuali, naturali, geografici, astronomici di puntuale esattezza (che vedremo come
tornino nella sostanza pi accesa del XXIII del Paradiso); e se la voce I intro36. Ibid., p. 568-570.
37. Ibid., p. 571.
38. Ibid., p. 572.
39. Ibid., p. 573-574.
Marcello Ciccuto
dotta come cifra linguistica della singolarit storica di Adamo, lo stesso par
capitare nel canto XXVII dellInferno, con Virgilio sorpreso in unespressione
che diremmo simile: Istra ten va, pi non tadizzo, espressione fatta di comica
verba, quindi massima espressione di particolarit ai limiti dellidioletto e del
non senso, costruita sullo stesso modello e tipo di Raphel ma amecche zab
almi o di Pape satan, pape satan aleppe. Dante dunque scandisce precisa equazione fra uso della parola degli uomini e loro soggiorno sulla terra: Lombardo
fui e fu chiamato Marco; Siena mi fe, disfecemi Maremma; voi cittadini mi
chiamaste Ciacco, ecc.40
evidente anche in base a questi soli elementi che la parola viene ora
richiamata da Dante come segno di finitudine, proprio nel momento in cui
detta parola vede trasporre le sue funzioni dalla condizione di finitezza che ha
retto il passato e lattraversamento infernale allinvestitura espressiva degli universalia. Ogni evento di linguaggio viene dora in avanti impiegato a ridisegnare un fenomeno di singolarit e di senso, di storicit forte, a formare poi
la grande polifonia delle voci del poema: Chiamato fui di l Ugo Ciappetta
Stazio la gente ancor di l mi noma Folco mi disse quella gente a cui fu
noto il nome mio. Ma Dante fa ancor di pi, perch si prova a tendere il verso
fino al limite della coincidenza del dato linguistico e del significato esistenziale; ed proprio un atto di articolazione linguistica, ritratto nellemergere del
suo improvviso bisogno o, come abbiamo gi detto, tutto umano piacere. Cos
prendono forza anche espressioni regredite a puro suono, a gestualit ritmicomimica (le diverse lingue, le orribili favelle, il suon di man con elle, loscena
cennamella del duca Malacoda, le fiche della bestia di Pistoia...), e altri nonsensi eloquentissimi: lo sputo parlante del serpente-uomo, linno fatto di bolle
daria gorgogliato nella strozza dagli accidiosi, le parole-lacrime di Francesca
e di Ciacco, il linguaggio vegetale di Pier della Vigna e di altri uomini lacerati come tizzoni verdi che scoppiettano nel fuoco, il muggire e rugghiare delle
fiamme e il maggior corno che crolla come vento ogni espressione, anche
la meno verbalizzabile, viene riconvertita in fenomeno del senso, operando
una sorta di apertura della lingua alla totalit del significare. Si susseguono
quindi anime odorose, astri, arpe, orologi, gemme, arcobaleni, le luci che
vanno e vengono su e gi la scala doro di Saturno, i pesci che emergono dalla
limpida peschiera di Mercurio per pasturarsi di parole umane, le minuzie che
nella galassia di Marte vanno in alto e in basso, come polvere nel raggio di sole
filtrato in una stanza e incontrandosi, scintillano per poi tintinnare come corde
di una giga tirate e allentate dalla mano di Dio a formare ununica melodia; e
poi Pier Damiani che esce dalla pura luce che lo occulta ed esprime la sua
voglia di compiacere alla parola mettendosi a ruotare su se stesso come una
mola; le anime beate del cielo di Giove, uccelli che si riuniscono a stormo e
cantando diventano essi stessi le parole del loro canto, e quindi si arrestano
e mostrano la scrittura sorta dalla costellazione dei loro corpi: Diligite iustitiam
40. Ibid., p. 575.
Marcello Ciccuto
Qui, nel momento di passaggio dallumano sentire a fatti di fede, la parola di Dante dice che si sta smaterializzando per acquisire evidente paradosso una consistenza s ma immateriale, per un poema sacro e sacrato in cui
la scrittura, al pari della divina favella delle due Scritture, diventata aderente
alla verit vera e sostanziale. il rapporto fra teologia e retorica umana, fra
parola e verit; per cui Dante, ancora, arriva a ridefinire su nuove basi la logica dichiarativa che regge le artes o forse insomma tutto lagire umano, con la
citazione di pressoch tutte le risorse degli argomenti umani, tutto lumanamente predicabile, professioni, arti e mestieri, artigianato, tecnologia e misurazione del tempo, le comete del mondo celeste e la scrittura, la pittura e il
mondo delluniversit e delle armi, la zecca, i codici e ancora la scrittura al
v. 93, la liturgia, il mondo feudale, la cancelleria, lazione del fuoco. C persino un raffronto fra grammatica razionale e grammatica divina: Dante si
premura cio di dire per ben due volte che la Grazia a farlo parlare (vv. 58-60
e 118-120), lui eletto, scelto al fine di completare quel processo avvisato solo
programmaticamente in Inferno II, 31-33, di realizzare insomma il percorso
di Enea in quanto uomo e acquisire il verace stilo di san Paolo in quanto
scrittore-poeta.
La scrittura del poema si sta equilibrando allora sul modello della scrittura
testamentaria, affidandosi al credere e non pi al vedere. E ritorna guarda caso
alla pi elementare delle scienze, a quella fondativa del dire, la grammatica,
che ora offre solo figure logiche come il plurale e il singolare, sono ed este, ai
vv. 139-141; tant che nella risposta di Pietro a Beatrice Dante inverte consapevolmente, con tante figure di usteron-proteron, il processo di percezione
linguistica delluniverso.45 Si arriva allenunciazione del Credo, dove ancora
non si persegue un ordine logico ma uno pi elementare e profondo ispirato
dalla Grazia, appunto: a un primo contenuto fisico e metafisico della fede ne
segue uno che li trascende entrambi, imperniato sulla Rivelazione; poi la terzina finale iscrive lemozione in fiamma e luce che sono ben distanti da quelle
che avvolgevano Ulisse o Arnaut: e come stella in cielo in me scintilla. Cos
lio terrestre diventato stella, considerate le stelle la manifestazione del Vero,
e la scrittura che lo dice una forma assoluta, totalizzante del verbo divino,
proiettata mirabilmente sullo schermo della galassia: e come stella in cielo il
ver si vide (Par. XXVIII, 87), un vero che la scrittura poetica ha riportato ai
significati primordiali e pi elevati che si identificano con la vita stessa di tutto
il cosmo.
45. Per questo e altro vale la lettura di Mario Pazzaglia, Il canto XXIV del Paradiso, in Id.,
Larmonia come fine. Conferenze e studi danteschi, Bologna: Zanichelli, 1989, p. 196 sg.
Resum
El punt de referncia daquest treball s un opuscle escrit en catal lany 1301 durant un
viatge a Xipre: la Retrica nova. Entre 1271 a 1301 Llull havia escrit les Arts de la primera
fase, les primeres formulacions de les de la segona i la prctica totalitat de les seves obres
en vulgar dexpressi literria: el Llibre de contemplaci en Du, el Llibre del gentil e dels tres
savis, el Roman de Blaquerna amb el Llibre damic e amat, el Llibre de Meravelles amb el
Llibre de les bsties, el Llibre de Santa Maria, el Plant de la Verge, el Desconhort, i el Cant
de Ramon. Aquests materials constitueixen lexperincia descriptor de Ramon Llull des de
la qual es va atrevir a reformular els principis de la retrica des duna perspectiva congruent
amb la prctica de la seva producci. Resulten especialment rellevants les incursions
lullianes en la ficci allegrica (1274) i lautocomentari potic (1299).
Paraules clau: retrica; prctica descriptura; aplicaci de lArt de Ramon Llull; ficci
allegrica; autocomentari potic.
Abstract
The reference for this work is a booklet written in Catalan in 1301 during a trip to
Cyprus: the New Rhetoric. From 1271 to 1301, Llull wrote the Arts of the first phase, the
first formulations of the second phase and practically all of his works in vulgar literary
expression: the Llibre de contemplaci en Du (Book of Contemplation of God), the Lli
bre del gentil e dels tres savis (Book of the Gentile and the Three Wise Men), the Roman de
Blaquerna (Blanquerna) with the Llibre damic e amat (The Book of the Lover and the
Beloved), the Llibre de Meravelles (The Book of Marvels) with the Llibre de les bsties
(Book of the Beasts), the Llibre de Santa Maria (The Book of the Virgin Mary), the Plant
de la Verge, the Desconhort, and the Cant de Ramon (The Song of Ramon). These materials
constitute Ramon Llulls experience as a writer from which he dared to reformulate the
principles of rhetoric from a perspective that was congruent with the practice of his production. Especially relevant are the lullian incursions into allegorical fiction (1274) and
poetic auto-commentary (1299).
Keywords: Rhetoric; writing practice; Application of Ramon Llulls Art; allegorical fiction;
poetic auto-commentary.
Lola Badia
Lola Badia
hum, que acaben amb una art de disputar amb linfidel i una art de manifestar la veritat, que t en compte, entre altres consideracions, la bellesa de les
paraules.10
Els sis captols del grup 352-357 desenvolupen una extensa construcci
inspirada en els quatre sentits de lEscriptura de lexegesi bblica: el literal,
lallegric, el tropolgic o moral i lanaggic o mstic.11
Com sien quatre exposicions, estorial e tropologia e allegoria e anagogia, ns,
Snyer no tractam en est lloc de lestorial, mas de la moral majorment qui s
tropologia; mas com en roman apellam la tropologia moral exposici, per o
car s ms vulgar a les gents qui no saben llat, per a apellam tota lexposici
moral figura entellectual, en la qual figura pot hom haver coneixena de la
figura dallegoria e danagogia.12
de significaci intellectual. Les paraules o les imatges dels objectes fsics sn,
aix, figures que signifiquen els continguts intellectuals. La funci de lal
legoria s establir una correspondncia entre el nivell sensual i lintellectual:
la sensualitat significa la intellectualitat. Si, partint del nivell intellectual, la
ment s capa de copsar el poder, la saviesa i lamor de lessncia divina, lestmul sensual inicial del bra, lull i el foc fsics haur acomplert la seva funci
inductora del coneixement transcendent a travs del poder de la significaci.15
El nivell de significaci allegric s a dir, els conceptes de poder, saviesa
i amor s un element instrumental que fa de pont entre el signe fsic i
el significat transcendent.
El desplegament teric del captol 352 s duna complexitat creixent perqu Llull investiga la manera dextreure matisos subtils de significaci a partir
de paraules i dimatges que, evidentment, no poden ser tan esttiques i immediates com el bra, lull i el foc. Apareixen, aix, una cambra, un ciri i un
portal que signifiquen la memria, lenteniment i la voluntat, i es descriu
un joc de conflictes derivats de si la cambra s buida o s plena, el ciri s apagat o encs, i la porta s oberta o tancada. Llull introdueix en la seva investigaci de les funcions de lallegoria procediments dassociaci entre imatges i
conceptes procedents de les arts de la memria vinculades a la disciplina escolar de la retrica, ben conegudes al segle xiii. Aix s el que fa encara ms
complex el captol 353, en qu, dentrada, la memria correspon a tres cambres, lenteniment a tres caps i la voluntat a tres peus. Cada un dels elements
daquesta primera srie de ternes sassocia a daltres imatges. Les tres cambres
de la memria, per exemple, corresponen a un palau amb totes les dependncies (cambra de dormir, cuina, estable, esglsia); els caps, a tres menes de caps
diferents, i igualment els tres peus, a tres menes de peus diferents. Les dependncies del palau, que sn lelement manllevat de les arts de la memria, serveixen per retenir a la ment la funci de les altres imatges que tracen el recorregut cap al coneixement superior. Al final apareixen combinacions creuades
de les diverses imatges; per exemple, un llibre obert que deixa veure al seu
interior un cap coronat i un peu que s una font. La perplexitat que desvetlla
el sentit literal daquesta nova imatge composta sesvaeix del tot si el lector
segueix totes les fases de les successives significacions allegriques destinades
a preparar el salt cap al sentit transcendent.
Llull proposa tres relats allegrics: al captol 354, Lo contrast qui s enfre
el cors e lnima; al 355, La carrera de parads i al 356, La celestial glria
e la infernal pena. El primer s una psicomquia en qu hi ha tres donzelles
que representen les tres potncies de lnima i un arbre que significa el coneixement. Tamb apareix una bstia que fa referncia a lhome, compost de cos
i nima, amb una escenificaci dels vicis i de les virtuts. Laliana entre les
potncies de lnima intellectiva i les virtuts s fcil de descobrir i tamb s
transparent lallusi al principi de generaci i corrupci que governa el mn
15. Segon pargraf del cap. 352, Llibre de contemplaci en Du, dins OE, II, p. 1180.
Lola Badia
material.16 Lo contrast qui s enfre lo cors e lnima s una elaboraci literria complexa, que aprofita materials de molt diversa procedncia: la disputa
entre lnima i el cos de la tradici romnica, les imatges apocalptiques dalgunes de les bsties que es descriuen i el conte de lunicorn de la llegenda de
Barlaam i Josafat.17 La cura dels detalls i lambici significativa no desmereixen
dobres tan conegudes i imitades de lallegoria llatina medieval com lAnti
claudianus dAl de Lille. En les obres posteriors de Llull no es tornen a trobar
esments del mtode contemplatiu basat en lallegoria en els termes exposats
als captols 352-357 del Llibre de contemplaci.
Conv observar que les tres peces de ficci allegrica del Llibre de contem
placi dels captols 354, 355 i 356 sofereixen al lector per tal que les interpreti dacord amb les claus que ofereix ell mateix als captols 352 i 353. s un
primer intent dautocomentari que sollicita la interacci del pblic.
El Coment del Dictat est construt com la glossa completa duna composici en vers escrita per ell mateix, el Dictat de Ramon (Barcelona-Mallorca,
1299-1300).18 El conjunt, composici potica i glossa, sha conservat en catal, en una traducci llatina i en una de castellana.19 Loperaci intellectual de
comentar en vulgar una composici potica escrita pel mateix autor del
comentari s del tot singular a les acaballes del segle xiii: noms la trobem
documentada al Convivio de Dante Alighieri, dels anys 1304-1307. A partir
de lautocomentari del seu Dictat, el Coment, Llull va elaborar un altre text
que noms sha conservat en versi llatina, el Compendiosus tractatus de arti
culis fidei catholicae. Es tracta dun opuscle que, tot i tenir el mateix contingut
del Coment del Dictat, es presenta en una disposici expositiva que esborra
completament la singularitat formal de lobra original: han desaparegut els
versos i les frmules denlla, prpies duna glossa seguida.
El Dictat de Ramon, que s a la base de loperaci de lautocomentari, s
escrit en versos apariats de vuit sllabes, les noves rimades de la tradici narrativa romnica. Llull aprofita lestructura binria dels versos apariats per produir sries de dstics. Cada dstic cont una proposici relativa a un dels sis
articles centrals de fe del cristianisme, al voltant dels quals sorganitza lobra:
lexistncia de Du, la unicitat de Du, la trinitat divina, lencarnaci de Crist,
la creaci del mn i la resurrecci. Lautocomentari en prosa dels dstics,
16. Ramon Llull, Llibre de contemplaci, a cura de Josep Enric Rubio, Barcelona: Barcino
(Biblioteca Barcino, 5), 2009, p. 323-335. Remeto al fragment recollit en aquesta antologia, que s una drecera molt prctica per accedir al monumental Llibre de contemplaci.
17. Armand Llinars, Thorie et pratique de lallgorie dans le Libre de contemplaci, Estudios
Lulianos, n. 15, 1971, p. 5-34; Josep Enric Rubio, Un captol en ls de lallegoria en
Ramon Llull: exegesi del captol 354 del Llibre de contemplaci, SL, n. 47, 2007, p. 5-27.
18. Llull, Rims, a cura de Salvador Galms, I, Palma de Mallorca, Comissi Editora Lulliana
(ORL, XIX), 1936, p. 261-274 i 275-324.
19. Versi llatina: Dictati comentum, a cura de Fernando Domnguez, ROL XIX, 1993,
p. 327-406; versi castellana, Fernando Domnguez, El Coment del dictat de Ramon Llull.
Una traduccin castellana de principios del siglo xv, dins Studia in honorem prof. M. de
Riquer, IV, Barcelona: Quaderns Crema, 1991, p. 169-232.
Lola Badia
Contrriament el que podria fer pensar el ttol de Retrica nova, el tractament que Llull fa daquesta disciplina a lArs generalis ultima (1305-8) s ms
complet i sistemtic que no pas el de la monografia en qesti, que al prleg
confessa escrita de corre-cuita, entremig de tasques ms urgents.28 Cal llegir,
doncs, laplicaci 86 del lArt a les Cent formes, s a dir, els punts de referncia bsics per a la descripci de la realitat que es poden estudiar amb lArt.29
La secci B es titula Applicatio Artis generalis ad Artes particulares i cont
la reformulaci artstica de vint arts, cincies o disciplines particulars: shi
compten totes les del trivi i el quadrivi, i la darrera s lart de la memria.
A laplicaci 86 de lArs generalis ultima la nova retrica lulliana es presenta
com una ars inventa, cum qua rhetoricus colorat et ornat sua verba.30 Colorare i ornare sn operacions que potencien la bellesa del discurs, una noci
que es combina immediatament amb la dordre: Et quia ista ars est genealis,
idcirco est generale subiectum ad ordinandum sua verba, videlicet, ut cum dicitur: bonitas est magna, etc..31 Les primeres frases ben acolorides i ordenades
que presenta Llull sn de lestil: Bonus magnus et aeternus producit bonificatum, magnificatum et aeternatum.32 Lacoloriment i lornamentaci, que constitueixen la bellesa, es regeixen per la teoria de la vox significativa que patet
per la regla E de lArt, la del quare:
Rhetoricus ornat cum voce significativa. Ut cum dicitur: Aprilis et Maius, qui sunt
pulchriora vocabula, quam quando dicitur: October et November, eo quia significant flores et folia, et avium cantum, et renovationem temporis et rerum generabilium: October et November nequaquam. Et hoc idem potest dici de fontibus,
fluminibus, rivulis, pratis et arboribus, umbris, et huiusmodi. Qui sunt pulchra
vocabula secundum sensum et imaginationem. Et hoc patet per regulam E.33
Els termes abril i maig sn ms bells que no pas octubre i novembre perqu
signifiquen la continutat de lsser i de la generaci; evoquen coses belles per
als sentits i la imaginaci. La significaci i la memria sn la clau de la retrica, en el benents que sestableixi una diferncia entre el nivell sensual i lintel
lectual. Per a lintellecte, en efecte, com sexplica al pargraf 18 del captol 359
del Llibre de contemplaci el mot ms bell s indiscutiblement Jesucrist, perqu
significa la plenitud de lsser, la trinitat i lencarnaci.34 Cal subratllar que
laplicaci sistemtica daquesta manera dentendre lacoloriment i lornamen28. Llull, Retrica nova, TORL, p. 94-95: Volentes ... ordinandorum ornandorumque verborum notitiam tradere ... secundum Artem generalem ... sed non valentes propter alia
quaedam negotia quae vitare non possumus....
29. Anthony Bonner i Maria Isabel Ripoll, Diccionari de definicions lullianes / Dictionary of
Lullian Definitions, Barcelona-Palma de Mallorca: Universitat de Barcelona-Universitat de
les Illes Balears (Collecci Blaquerna, 2), 2002, p. 20-23.
30. Ramon Llull, Ars generalis ultima, Alois Madre (ed.), ROL XIV, 1986, p. 363.
31. Ibid., p. 363.
32. Ibid., p. 364.
33. Ibid., p. 364.
34. Llull, Llibre de contemplaci, cit., p. 341.
Lola Badia
taci de les paraules, s a dir, la seva bellesa, atorga valor esttic a frases tan poc
homologables amb el llenguatge literari convencional com la que hem citat
ms amunt, que sn plenes de termes tcnics de lArt com ara els participis
bonificat, magnificat i eternat, relacionables amb els principis correlatius, un
altre dels artificis lgico-metafsics de lArt.35 Es tracta duns mots que el
mateix autor considera paraules estranyes.36 Llull posa per davant la significaci intellectual a la significaci sensual i deixa de banda lharmonia fontica i les tradicions expressives derivades de la imitaci i lemulaci de models
consagrats i est en desacord amb les reflexions coetnies de Dante. Al De
vulgari eloquentia Dante tamb proposa una teoria de la significaci del llenguatge quan assenyala que hi ha tres grans temes tria magnalia: salus, venus,
virtus, dels qual deriven els mots bells que els trobadors i els poetes italians
han emprat en les seves composicions.37 El punt de referncia de lexcellncia
significativa dels tria magnalia dantescos sn versos construts dacord amb
les convencions de la tradici lrica.38
La retrica lulliana construeix una jerarquia de bellesa en la coloraci o
lornamentaci del discurs que t en compte les relacions entre els trets essencials de les paraules. El terme color t una funci completament diferent dels
colores de la retrica escolar medieval, que designen les figures de pensament i
de paraula: anfora, anttesi, sincdoque, metonmia. Dacord amb els seus
principis, Llull desplega la seva prpia prctica de lornamentaci: cal ornamentar bells subjectes amb bells accidents, lloar els amics amb termes bells i
blasmar els enemics amb termes lletjos, triar els adjectius que concorden en
bellesa amb els termes i recrrer a la ltote per no desfer lharmonia si es blasma un subjecte bell. Els tres graus de comparaci de ladjectiu (positiu, comparatiu, superlatiu) donen molt de joc en lembelliment del discurs i tamb la
diferent dignitat dels oficis (clergues, cavallers, burgesos, pagesos). Lordre de
les paraules tamb s indici de bellesa si segueix adequadament la disposici
jerrquica. A la Retrica nova es diu, concretament, que no fa bonic barrejar
termes masculins amb femenins i neutres, perqu els primers sn ms nobles
si saplica el triangle diferncia, concordana i contrarietat.39
El prleg de la Retrica nova introdueix el concepte de pulchritudo en la
definici de la disciplina; a laplicaci 86 de lArs generalis ultima la noci de
bellesa noms apareix com a adjectiu que acompanya els termes que contribueixen a la coloraci i lornamentaci escaients.
35. Jordi Gay, La teora luliana de los correlativos. Historia de su formacin conceptual, Palma
de Mallorca, 1979.
36. Cfr. la taula final de lArt amativa / Ars amativa, que explica el sentit de termes tcnics com
amativa, amncia, amabundus, animal, actu, acci, etc., Ramon Llull, Art amativa, a cura
de Salvador Galms, ORL XVII, 1933, p. 389-398 i Ramon Llull, Ars amativa boni,
a cura de Marta M.M. Romano, ROL XXIX, 2004, p. 437-432.
37. II.ii.7-8, Alighieri, Opere, cit., p. 1386-1398.
38. Fins i tot els mots irsuts de Dante es justifiquen per la forma potica: sovramagnificentisssimamente, quod endecasillabum est (II.vii.6, Alighieri, Opere, cit., p. 1468).
39. Cfr. el pargraf 170, Llull, Retrica nova, TOLR, p. 184.
No hi ha, doncs, una reflexi especfica sobre la bellesa del discurs: Llull
tracta sempre molt sumriament de la retrica perqu la tasca missionera passa
per davant duna disciplina instrumental, que s clarament menys necessria
que la lgica. La superioritat de la lgica en relaci a la retrica sexplica a
travs duna semblana a la qesti 179, a les fulles de lArbre humanal:
la retrica pot desvetllar la pietat dun prncep, per la lgica s la que guia
lexercici de la justcia.40 Llull, tanmateix, es disposa a donar consells prctics
per produir discursos sermones de qualsevol matria que siguin bells;
i sn bells si duen a terme adequadament la funci comunicativa: si el parlant
i loient arriben feliment al fi com que es proposen, el discurs ser bell.
La bellesa en la retrica, doncs, depn de leficcia.
Les quatre parts de la Retrica nova (ordre, bellesa, cincia i caritat) sadeqen perfectament a la teoria exposada a laplicaci 86 de lArs generalis ultima:
en aquesta lordre s la primera condici de la coloraci i lornamentaci del
discurs. La bellesa sobt amb determinats procediments operatius que Llull es
preocupa de desenvolupar, com es veur tot seguit. La cincia s lArt de
Ramon, fonament de totes les disciplines, que sestudia en relaci amb la retrica repassant els principis i les regles; la caritat s la condici moral de la bondat de qualsevol discurs: Ille qui loquitur in caritate verba pulchrificat.41
Es tracta dun lloc com present arreu almenys des del segle xii.42
Lapartat de lordre s el que proposa uns consells que sassemblen ms a
les Artes dictaminis medievals: cal comenar amb un exordi seguit dun exemple, continuar amb lexposici de la matria i elaborar unes conclusions. En
canvi, la bellesa, una noci que no forma part de lestructura de la retrica
escolar, est unum ex decorantibus et ornantibus verba.43 Aquesta bellesa,
segons Llull, depn de set factors: les paraules, els principis, les comparacions,
els exemples, la dignitat de qui parla, la coherncia entre la bellesa i la lletgesa
en lorganitzaci del discurs, i ls de proverbis. Les paraules i els principis bells
es regeixen per la significaci, i les comparacions belles shan de construir
segons la jerarquia de les significacions, sobretot si sutilitzen els graus de
comparaci de ladjectiu. La dignitat de qui parla depn de com es presenta
fsicament i de com controla els moviments del cos; lorganitzaci del discurs
tamb es regeix per la jerarquia de les significacions. Les possibilitats que Llull
proposa per a cada una daquestes maneres de produir bellesa sn mnimes i
poc variades; en canvi, lapartat relatiu als exemples i als proverbis proporcio40. Ramon Llull, Arbre de cincia, a cura de Toms i Joaquim Carreras Artau, dins OE, I,
Barcelona: Selecta, 1957, p. 835; Ramon Llull, Arbor scientiae, Pere Villalba (ed.), ROL
XXVI, 2000, p. 1145.
41. Llull, Retrica nova, TOLR, p. 204.
42. Joan de Salisbury al Metalogicus (1159) recorda les llions de gramtica, retrica i comentari
dels auctores de Bernat de Chartres: la prctica de la imitaci per escrit dels models s la base
de laprenentatge: nihil utilius ad eloquentiam, nihil expeditius ad scientiam, et plurimum
confert ad vitam, si tamen hanc sedulitatem regit charitas, si in profectu litterario servetur
humilitas (I, 24, PL CXCIX, c. 856).
43. Llull, Retrica nova, TOLR, p. 110.
Lola Badia
na vint-i-quatre mostres de formes narratives breus i cinquanta formes sentencioses, totes de temtica molt diversa.
No s difcil posar en relaci aquest desplegament de materials retrics amb
els trenta anys dexperincia descriptura de Llull (1271-1301). El descobriment de la manera de transformar la cincia en literatura ja havia estat portat
a la prctica a lArbre exemplifical de lArbre de cincia, constitut per recontaments i exemples, generats per la matria dels Arbres de lobra dedicats a
les diverses disciplines i sabers.44 Les formes breus havien arribat ja a la total
autonomia en els reculls de proverbis iniciats el 1296 amb els Proverbis de
Ramon.45 Precisament la Retrica nova dna vida a aquest instrument expressiu que desenvolupa la concentraci i la intensitat, dacord amb els darrers
experiments de lexpressi literria lulliana.
Mereix una consideraci a part la mostra de vint-i-quatre exemples de
lapartat 4 de la segona part de la Retrica nova, la que tracta de la bellesa.46
Els cinc primers exemples en realitat sn consideracions de carcter teolgic
que influeixen en la natura anglica i en la intenci final de lhome. El sis
tracta dun bisbe hipcrita i el set de les propietats dels planetes. Els tres
segents es fonamenten en el comportament i la natura dels animals: lle,
liga, peix. Seguidament Llull es recorda de tres histries danimals extretes de
faules orientals que ell mateix ha fet servir en obres seves: la faula de lagr, el
cranc i els peixos, que sexplica al captol 40 del Flix dintre del Llibre de les
bsties, i la faula dels micos que volien encendre foc amb una lluerna, que
Llull havia ja explicat al Roman dEvast e Blaquerna.47 s especialment significatiu que al pargraf 50 Llull s recordi tamb de la faula de la guineu (vulpes) i expliqui la trama del Llibre de les bsties i comenci dient: Ex antiquorum narratione acceptum est quod una vulpes rogavit leonem, regem
bestiarum, ut eam de domo sua et de suo consilio faceret.48 Lespai destinat
a explicar aquests exemples de tema animal s ms geners que els altres. Els
breus comentaris sobre la bellesa que es desprenen dhaver-los explicat es
poden llegir com una autntica forma dautocomentari, ats que Llull est
repassant materials que ha fet servir en les seves prpies obres literries. Sn
44. Robert D.F. Pring-Mill, Els recontaments de l Arbre exemplifical de Ramon Llull:
la transmutaci de la cincia en literatura, dins Id., Estudis sobre Ramon Llull, Barcelona:
Publicacions de lAbadia de Montserrat, 1991, p. 307-317.
45. Francesc Tous Prieto, Breus proposicions que contenen molta sentncia: els proverbis
lullians i les formes sentencioses, SL, n. 51, 2011, p. 77-98.
46. Llull, Retrica nova, TOLR, p. 122-143. Per a la singularitat de la teoria lulliana de lexemple i del seu s, cfr. Jos Arags Aldaz, Exempla inquirere et invenire. Fundamentos
retricos para un anlisis de las formas breves lullianes, dins Carlos Alvar i Jos Manuel
Luca Megas (a cura de), La literatura en la poca de Sancho IV. Actas del Simposio de
1994, Alcal de Henares: Universidad de Alcal de Henares, 1996, p. 289-311; Albert G.
Hauf, Sobre lArbor exemplificalis, dins Fernando Domnguez Reboiras, Pere Villalba
Varneda i Peter Walter (a cura de), Arbor Scientiae: der Baum des Wissens von Ramon Lull,
Turnhout: Brepols, 2002, p. 303-342.
47. Armand Llinars, Les singes, le ver luisant et loiseau, Romania, n. 108, 1989, p. 97-106.
48. Llull, Retrica nova, TOLR, p. 134.
els nics materials literaris que conserven encara avui la seva eficcia comunicativa: Llull lencertava considerant-los bells, si la bellesa s una forma deficcia.
Segueixen un exemple que tracta de les tres potncies de lnima i un altre
sobre les relacions de concordana i contrarietat entre les propietats dels quatre elements, molt proper al recontament de les arrels de lArbre exemplifical de lArbre de cincia. Desprs vnen cinc exemples ms de tema vegetal
i quatre que parlen dels metalls. Tots aquests nou exemples finals evoquen
qestions de filosofia natural que Llull ha tractat als llibres cinqu i sis del
Flix o Llibre de meravelles. Llegim lexemple segent:
Arbores producunt ramos, folia et flores, propter fructum, qui est nobilior
inter arborum partes. Nam fructus magis servit hominibus quam alia pars
arboris et in fructu arboris species reservatur.49
Resumen
Este artculo repasa las ideas principales del Convivio de Dante interpretndolas como
muestra de una crisis histrica de desacralizacin provocada por la difusin del modo
de produccin mercantil, que se traduce en una crisis intelectual en la que el autor trata de
reformular el vnculo que une al Cielo y la Tierra, es decir, la matriz misma del inconsciente ideolgico sacralizado feudal. Para ello, Dante recorre el proceso de creacin-generacin
del mundo, por una parte, y el proceso de conocimiento que remonta al ser humano hasta
la Sabidura celeste. Dante trata as, infructuosamente, de crear una sacralizacin civil
o sacralizacin mercantil, sin lo cual, en todo caso, no ser posible la escritura futura de
la Commedia.
Palabras clave: Convivio; Filosofa; sacralizacin; nobleza de alma; orden civil.
Abstract
This article goes through the main ideas in Dantes Convivio interpreting them as a sample
of a historical desacralization crisis caused by the spreading of the commercial production
mode, which translates into an intellectual crisis where the author tries to reformulate the
link binding Heaven with Earth, meaning the matrix itself of feudal sacralised ideological
unconsciousness. To do so, Dante goes through the process of creation-generation of
the World, on the one hand; and the process of knowledge, taking mankind to heavenly
Wisdom. In doing this, Dante unsuccessfully attempts to create a civil sacralisation or a
commercial sacralisation. Without this, in any case, he wouldnt have been able to later
write the Commedia.
Keywords: Convivio; Philosophy; sacralisation; nobility of the soul; civil order.
Cierto es indica Beatriz que, del mismo modo que muchas veces la
forma de la obra de arte (su resultado final tras la creacin artstica) no concuerda con la intencin del artista, es decir, con la idea que previamente el
artista se haba hecho en su imaginacin, porque la materia (la piedra,
la madera con la que trabaja) no le responde, igualmente de este recorrido (es
decir, del recorrido que haba descrito antes: el camino hacia la causa final, el
camino desde la materia hasta la forma sustancial) se desva a veces la criatura
que tiene la posibilidad de dirigirse, impelida por su instinto (cos pinta)
hacia otra parte (es decir, el ser humano, en cuyo instinto natural est el libre
albedro que lo puede desviar de su camino natural a Dios); y as, del mismo
modo que se puede ver caer fuego de una nube (cuando lo normal, como dijo
en el v. 115, es que ascienda hacia la luna), igualmente el mpetu original
(es decir, el causado por su forma sustancial, el alma racional), lo dirige hacia
la tierra, hacia los bienes terrenales (latterra, en vez de elevarlo a Dios),
torcido por el falso placer.
Ntese que en el pasaje se tocan los dos aspectos del discurso de Beatriz:
en la primera parte de la comparacin, la doctrina de la participacin derivada del hilemorfismo aristotlico; en la segunda, la del movimiento universal
hacia un fin, derivada del causalismo tambin aristotlico. Para comprender
plenamente la primera, debemos considerar que en la mente del artista est la
intencin o especie (la imagen), es decir, la forma, que trata de aplicar, sin
xito, a la materia, no porque esa forma sea en s imperfecta o el artista poco
hbil, sino porque la materia es sorda, no le responde. Lo mismo sucede,
pues, con la materia del mundo moldeada por Dios: se desva de su camino
hacia la causa final no porque la forma sea imperfecta en Dios ni por culpa
alguna de Dios, sino solamente porque la materia de que est hecho el mundo
no se deja informar plenamente. O dicho de otra manera, porque si bien es
cierto que el mundo es semejante a Dios, no lo es menos que el mundo es una
semejanza imperfecta, esto es, que en todas las cosas (todas las conjunciones
de materia y forma) habr una parte semejante a Dios (la forma, especie o
intencin) y otra desemejante a l (la materia). Y esta es, por supuesto, la razn
por la que como indica Beatriz en la segunda parte del pasaje las criaturas
se desven de su camino natural hacia la forma divina, o, dicho ms generalmente, la razn por la que el mundo es perecedero, corrupto y pecaminoso.
Si el mundo es una manifestacin de Dios, una teofana que reproduce por
semejanza, por analoga (ya sea participacin, ya causalismo), las especies divinas, entonces el hombre slo podr conocer a Dios leyendo en el mundo
sublunar su huella, sello o vestigio. No podemos describir ahora en detalle este
proceso de lectura: slo diremos que para que se produzca es necesario por
medio, primero, de un proceso de depuracin imaginaria, y despus de uno
de anlisis intelectual desechar aquello que es desemejante a Dios, lo material, pasional, perecedero, etc., y buscar en las cosas su verdad ltima y su bien
perfecto. Esto, sin embargo, no resulta una tarea fcil, pues justamente la clave
que tematiza la contradiccin de base del mundo feudal es el hecho de que la
ligazn es el abismo, es decir, de que lo que une el mundo a Dios hace al
la pobreza, etc.). Y, sin embargo, esto no basta para detener la nueva dinmica
histrica. Si el mundo se ha vuelto tan sumamente desemejante a Dios que ya
apenas podemos distinguir Su huella en l, poco bastar para dar el paso
siguiente y empezar a preguntarse sobre el vnculo que une a Dios y el mundo,
el alma al cuerpo, el significado al texto, etc. Se comenzar entonces a replantear, a repensar, a problematizar la idea misma de encarnacin, de analoga, de
semejanza, la unin entre lo sublunar y lo supralunar, y, en consecuencia, las
bases mismas de la legitimacin del poder sacralizado. De hecho, si lo pensamos detenidamente, todas las grandes cuestiones de finales del siglo xiii y
principios del xiv, desde la polmica averrosta hasta el voluntarismo y el
nominalismo, pasando, por supuesto, por la cuestin del amor y de la poesa
en el estilnovismo, no son otra cosa que modos de revisar cmo se ligan el
mundo sublunar y el supralunar y cul es su abismo, hasta que, con Boccaccio
y Petrarca, se alumbre un modo distinto de entender las relaciones cuerpoalma, cielo-tierra, etc., y se produzca as la coupure ideolgica necesaria para el
desarrollo del mercantilismo.3
Pero hasta ese momento, el intelectual de la sociedad sacralizada mercantil
slo puede tratar de paliar los estragos de la crisis general de lectura. A nuestro
entender, ello es lo que fuerza a Dante a una profunda reelaboracin, e incluso cuestionamiento, de las nociones bsicas del entramado ideolgico feudal,
que aunque l, inconsciente y difusamente nos atrevemos a suponer
pueda sentir desajustado y en incipiente ruina, an considera vlido, en lneas
generales, y fuente directa de verdad. Por ello, desde el principio mismo del
Convivio trata de marcar distancias tanto con el intelectual clerical feudal como
con el planteamiento utilitarista de los intelectuales burgueses del Comune:
l hablar para los que tienen nobleza de alma, principi, baroni, cavalieri e
moltaltra nobile gente, non solamente maschi ma femmine (Conv. I ix 5)4
es decir, para la aristocracia mercantil que trata, infructuosamente, de instaurar una nueva legitimidad civil sacralizada, y lo har con un doble fin:
inducir a los hombres a la ciencia y a la virtud (Conv. I xi 7), es decir, encaminarlos, por un lado, por la senda de la sabidura que les permita, leyendo
adecuadamente, alzarse del mundo sublunar al supralunar (ciencia), y, por otro
lado pero son los dos lados de una misma moneda, por la va de las buenas obras sociales ciudadanas y cortesanas (virtud). Como explica Vasoli, por
una parte, permitir la plena actuacin de las potencialidades especficas de
la mente humana, por otra, ayudar a quien vive y acta en la ciudad a
obrar para el advenimiento de la paz y de la armona civil.5 Para nosotros,
3. En realidad, la nueva relacin no nace con los textos de Boccaccio y Petrarca, sino que esos
textos tematizan una relacin que ya exista en el inconsciente ideolgico de clase: de ah
la metfora del alumbramiento.
4. Citamos a partir de la edicin de Franca Brambilla Ageno (Dante Alighieri, Convivio, a
cura di Franca Brambilla Ageno, Firenze: Casa editrice Le Lettere, 1995).
5. Cesare Vasoli, Intoduzione en Dante Alighieri, Convivio, Milano-Napoli: Ricciardi,
p. XI-XII.
esta unin entre conocimiento sagrado y accin civil es una de las claves fundamentales del Convivio, en el que la funcin social del saber, la concepcin
de la filosofa como actividad social, e incluso poltica, es inseparable por
extrao que pueda parecernos setecientos aos ms tarde de su concepcin
sacralizada como expresin de la sabidura eterna. El Convivio se nos aparece,
as, como un autntico programa de sacralizacin civil en el que, an reproducindose la dualidad sacralizada entre mundo sublunar y mundo supralunar,
se trata de imprimir a ambos de nuevos contenidos que acabarn de identificar lo supralunar, el alma, con el valor individual (la nobleza de alma) y lo
sublunar con sus virtudes civiles como encarnacin de ese valor individual
natural.6
As, pues, no es de extraar que, si tratamos de lograr una visin general
del conjunto de temas que componen el Convivio, distingamos dos grandes
constelaciones de asuntos o preocupaciones: por un lado, los que afectan al
vnculo entre el mundo supralunar y el mundo sublunar, lo cual a su vez se
dividir en otros dos grandes bloques, segn se estudie la relacin entre ambos
de arriba a abajo, como problema de la generacin o creacin, o de abajo a
arriba, como problema del conocimiento; por otro lado, los que ataen a la
legitimacin de una nueva organizacin social. Ambas constelaciones convergen en la cuestin del conocimiento: la sabidura est en el quicio abismal
donde se unen mundo y Dios, y es, al tiempo, la esencia de la nobleza del alma
base de la nueva sociedad civil sacralizada. Por ello, no sorprende que, como
seala Vasoli,7 nos encontramos en el Convivio ante una filosofa humana
fundamento del orden civil que es, al tiempo, la verdad eterna fundamento
del orden universal.
Repasemos, una vez explicada nuestra idea central, algunos de los temas
aludidos, sin pretensiones, por supuesto, de exhaustividad.
Los temas que tratan de reafirmar o restablecer el daado vnculo
entre Cielo y Tierra y su correspondiente abismo, ya sea de arriba a abajo
como problema de la generacin-creacin, ya de abajo a arriba como problema
del conocimiento, protagonizan especficamente los tratados II y III del libro,
y en ambos recorridos insistimos: estrechamente imbricados se puede
apreciar un crescendo en intensidad e importancia, pero tambin en el grado
de contradiccin interna de los argumentos, que a medida que se van desarrollando van llevando a Dante a un callejn sin salida. Separando de manera
artificial los asuntos, pero sin olvidar que en esta viviseccin se pierden, aparte de los imprescindibles matices, las interrelaciones o ms bien, las intersecciones entre ellos, podemos decir que el problema de la generacincreacin tiene el siguiente desarrollo:
6. Recurdese, por ejemplo, cuando Dante justifica su libro desde un punto de vista personal
(Conv. I ii-iv) tambin sita la justificacin en dos niveles: uno individual, defenderse de
la calumnia como Boecio, otro colectivo, ensear a los dems la va de la felicidad como
San Agustn.
7. Cesare Vasoli, op. cit., p. LXXIII.
La imbricacin de ambas constelaciones temticas, creacin divina y conocimiento humano, se puede apreciar bien, por ejemplo, en la necesidad que
tiene Dante de comenzar un libro cuyo tema central, al menos en los tratados
II y III, es el del conocimiento con un largo inciso sobre cosmologa celeste y
angeologa, que, tras la declaracin de intenciones introductoria del tratado I
y del primer captulo de tratado II, abre el contenido del libro propiamente
dicho. En este excursus, Dante no slo toca cuestiones particulares que conciernen a la naturaleza universal de los cielos y de sus influencias, sino que
tambin trata del carcter y funcin de las Inteligencias separadas en el orden
csmico, de su creacin y de su nmero,8 es decir, de todos aquellos elementos que sirven para establecer, de arriba abajo, el vnculo entre el mundo
supralunar y el mundo sublunar.
Ahora bien, lo que ms nos interesa destacar dado que no podemos
repasar tema a tema es cmo en el tratado III la ligazn por participacin y
causalismo del mundo sublunar con el supralunar, que lo ordena jerrquicamente, se convierte, por un lado, en el vnculo que permite el conocimiento
haciendo de la dama gentil la naturaleza ms semejante a Dios que el hombre
puede encontrar, pero, al mismo tiempo, en el abismo que impide ese conocimiento, sometiendo al intelecto humano a las limitaciones de la doble inefabilidad. El crculo vicioso o virtuoso, segn se mire se puede delinear
de la siguiente manera, aun a riesgo de dotar al texto de una coherencia que,
como luego veremos, realmente no posee:
El universo es un orden jerrquico, regido, en cuanto que orden intelectual,
por la ley de la causalidad ([nel]lordine intellettuale de luniverso si sale e
discende per gradi continui de la infima forma a laltissima [e da laltissima] a
la infima, Conv. III vii 6), y, en cuanto que orden teleolgico, por la ley de la
8. Ibid., p. XXIV.
participacin amorosa (Conv. III iii). La ley de la causalidad es, por supuesto,
la que posibilita el conocimiento, en cuanto que permite alzarse de los efectos
a las causas progresivamente, hasta alcanzar la causa primera. Pero este ascenso
no se producira si el ser humano no desease conocer, si el hombre no tuviese,
como ser racional, un amor natural a la verdad y a la virtud (Conv. III iii 11).
Este amor, que habla en la mente, es decir, en el alma racional, como primer
impulso hacia la verdad y la virtud, viene despertado por la dama, en cuanto
que esta es y este pasaje es clave lessemplo intenzionale che della umana
essenzia ne la divina mente e, per quella, in tutte laltre (Conv. III vi 6).
Ejemplo intencional, esto es: especie divina ejemplar, forma inteligible pura.
De la humana esencia, es decir: de la propia alma racional humana. Imagen de
la mente humana en la propia mente humana por participacin de esta en la
mente divina. Imagen del alma en el alma. Por ello, slo se puede tener experiencia de ella in quelle operazioni che sono proprie dellanima razionale (Conv.
III vii 8), el hablar y los gestos, y, como indicbamos, esta experiencia-percepcin
(en la imaginacin) de la dama genera nella mente di chi lode uno pensiero
damore, lo quale io chiamo spirito celestiale, per che l su lo suo principio e
di l su viene la sua sentenza (Conv. VIII vii 12). As, impulsado por este pensiero damore se inicia el conocimiento entendido como conocimiento de las
causas, e, indisolublemente, como unimento spirituale con la cosa amada
(Conv. III ii 3). Ahora bien, iniciado este camino, se topa con el impedimento
de la doble inefabilidad: la de la imaginacin para servirle imgenes al intelecto, y la del lenguaje para representar esas imgenes intelectuales (es decir, con
la loro sentenza, llenas de significado, alegricas):
Onde, acci che questa natura si chiama mente, come di sopra mostrato,
dissi Amore ragionare ne la mente, per dare ad intendere che questo amore
era quello che in quella nobilissima natura nasce, cio di veritade e di vertute,
e per ischiudere ogni falsa oppinione da me, per la quale fosse sospicato lo
mio amore essere per sensibile dilettazione. Dico poi disosamente, a dare ad
intendere la sua continuanza e lo suo fervore. E dico: move sovente cose che
fanno disviare lo ntelletto. E veramente dico; per che li miei pensieri, di
costei ragionando, molte fiate voleano cose conchiudere di lei, che io non le
potea intendere, e smarrivami, s che quasi parea di fuori alienato: come chi
guarda col viso per una retta linea, prima vede le cose prossime chiaramente;
poi, procedendo, meno le vede chiare; poi, pi oltre, dubita; poi, massimamente oltre procedendo, lo viso disgiunto nulla vede.
E quest luna ineffabilitade di quello che io per tema ho preso; e consequentemente narro laltra, quando dico: Lo suo parlar. E dico che li miei
pensieri che sono parlare dAmore sonan s dolci che la mia anima, cio
lo mio affetto, arde di potere ci colla lingua narrare; e perch dire nol posso,
dico che lanima se ne lamenta dicendo:
[Oh me] lassa! Chio non son possente.
E questa laltra ineffabilitade; cio che la lingua non di quello che
lo ntelletto vede compiutamente seguace. E dico lanima chascolta e che lo
sente: ascoltare quanto a le parole, e sentire quanto a la dolcezza del suono
(Convivio III, iii, 12-15).
Obsrvese que si son el habla y los gestos de la dama los que mueven al alma
racional humana (Conv. III vii 8-17), justamente lo que falla despus en el
hombre es su capacidad verbal y su capacidad imaginaria (la que recoge los
gestos). Pero, sobre todo, ntese que es precisamente el mismo exceso de nobleza de semejanza de la dama con respecto al intelecto humano que hace
nacer el deseo de conocer el que impide al modo cavalcantiano el aplacamiento de ese deseo (Conv. III iv): la ligazn es abismo y cuanto ms estrecho
el vnculo, ms infranqueable el abismo, contradiccin de base del inconsciente ideolgico sacralizado feudal que en esta circunstancia histrica emerge
a la luz provocando interesantsimas contorsiones intelectuales. Dante se ha
dado de bruces con la cuestin averrosta, contra la que se enfrenta denodadamente en los captulos xi a xv de este tratado tercero: cmo conjugar la infinitud del deseo humano por conocer, por unirse a Dios, con las limitaciones
materiales del intelecto? Dante afirma, como principio, que la verdadera felicidad slo se alcanza en la contemplacin de la verdad, y se extiende entonces en
una celebracin de la suprema perfeccin de la filosofa-sabidura, y en una
exaltacin de la virtud especulativa y de la beatitud que de ella deriva. Ahora
bien, una cosa es la divina filosofa que est en la esencia divina, y otra la
participacin, por modo menor, que de esa filosofa tienen las inteligencias,
para las que la filosofa puede ser slo una druda (amiga) en cuya belleza se
aplaca el deseo. La filosofa es, por tanto, imperfecta y perfecta al tiempo, pues,
aunque permita despreciar los bienes inferiores que no producen verdadera
felicidad, tampoco lleva completamente a esta, ya que el intelecto slo puede
dedicarse a ella de modo discontinuo y parcial. Y sin embargo, lo que no es
discontinuo y parcial cuando una persona adquiere el hbito de la filosofa
y se convierte en filsofo, es decir, en su amante es el amor que la filosofa
genera. As pues, el hombre se enfrenta a la contradiccin insoportable entre
un deseo natural de Verdad y Felicidad, y la imposibilidad de saciarlo en esta
vida, lo cual contraviene el principio averrosta, que Dante acepta, de que todo
deseo natural debe poder saciarse naturalmente (una hermosa variacin de la
idea de que, en ltima instancia y a pesar de las apariencias, el mundo est bien
hecho). Ante esta contradiccin, Dante tras un dursimo forcejeo mental
termina ofreciendo una solucin que supone realmente una, aunque sea
momentnea, derrota intelectual: niega que el deseo de conocer a Dios y otras
cosas superiores a nuestra naturaleza sea natural en el hombre:
Veramente pu qui alcuno forte dubitare come ci sia, che la sapienza possa
fare luomo beato, non potendo a lui perfettamente certe cose mostrare; con
ci sia cosa che l naturale desiderio sia [nel]luomo di sapere, e sanza compiere
lo desiderio beato essere non possa.
A ci si pu chiaramente rispondere che lo desiderio naturale in ciascuna
cosa misurato secondo la possibilitade de la cosa desiderante: altrimenti
anderebbe in contrario di se medesimo, che impossibile ; e la Natura laverebbe fatto indarno, che anche impossibile.
In contrario anderebbe: ch, desiderando la sua perfezione, desiderrebbe la sua imperfezione; imper che desiderrebbe s sempre desiderare e non
cin del saber como participacin de la sabidura eterna realizada en los tratados II y III, ahora liga ese saber a lo que podemos llamar la accin social, la
consecucin de la felicidad terrena que slo puede lograrse en comunidad y
por medio de la razn. As, tras sentar firmemente las bases de su discurso
social sacralizado, a Dante le resulta relativamente fcil refutar la opinin
comn que fundamenta la nobleza en el linaje y en la riqueza. La primera
nocin apenas tiene ya sentido en el nuevo mundo comunal, por lo que basta
con mirar alrededor para ver cmo de padres nobles nacen hijos viles, y basta
con pensar un poco para percatarse de la inconsistencia de la idea de que el
hijo de un hombre villano no pueda nunca convertirse en noble o gentil, lo
que hara que, dado que Adn es el primer padre de todos, seamos todos
gentiles o bien todos villanos.
Una vez refutada la fundamentacin sacralizada pura de la nocin de
nobleza, Dante debe proponer una nocin alternativa de identidad, basada en
el individuo aunque sin romper con la sacralizacin, y debe hacer residir en l
la nueva legitimacin social que la sociedad feudal-mercantil, y la correspondiente aristocracia mercantil, necesita.
En el primer caso, la reflexin dantesca es muestra, como apuntbamos,
de un movimiento inconsciente similar al que genera el voluntarismo de un
Duns Scoto o el nominalismo de un Guillermo de Occam (terico tambin
de la autoridad imperial, desde presupuestos no muy alejados de los de Dante):
si el mundo es ya tan desemejante a Dios que parece incluso hacer dudoso que
est ligado formalmente o sustancialmente a l idea que Occam plantea,
pero no Dante, y si, al mismo tiempo, las relaciones mercantiles no alcanzarn hasta muchos siglos despus la suficiente autonoma como para superar
la idea de sacralizacin, entonces es necesario imaginar una fundamentacin
de la identidad que, sin basarse en el vnculo formal-sustancial del mundo con
Dios (en el linaje, pues), remita, en ltima instancia, a la divinidad. De ah la
idea scotiana y occamiana de que Dios rige el mundo, no a travs de la naturaleza, sino por un acto de su voluntad; y la idea dantesca de que la nobleza es
una gracia, un don (una semilla), que Dios coloca no in ischiatta (en la
estirpe) sino en el alma de cada individuo. Ahora bien, tras esta definicin
central, Dante decide tratar de cmo ese semen de la felicidad que es la
nobleza desciende en el alma primero por modo natural y luego por modo
divino o espiritual, con lo que, de nuevo, la separacin entre los dos mundos,
la doble va filosfica y teolgica, parece imponrsele irremediablemente. Y en
este nuevo forcejeo mental contra las implicaciones desacralizadoras de su
pensamiento dolorosa lucha mental contra s mismo afloran todas las
contradicciones con las que se mide Dante: pues si, por un lado, la va natural
sirve para probar el vnculo del alma con Dios a travs de la accin de las
Inteligencias motrices que infunden el intelecto posible (intelecto en el
que los inteligibles estn en potencia) de manera ms o menos perfecta segn
la disposicin, en el momento de la generacin, de los cielos y del alma que lo
recibe; por otro lado, la va teolgica nos muestra a pesar de afirmaciones
explcitas en contra a un Dios que concede la nobleza segn el alma est
preparada, por la naturaleza, para recibirla, esto es, un Dios cuya voluntad est
previamente limitada, condicionada por la naturaleza. Como se ve, por mucho
que se luche tericamente contra ella, la inconsciente necesidad de dotar de
autonoma a la naturaleza, separndola sustancialmente de Dios, parece imponerse en nociones tales como la de disposicin (que no se hace depender de
Dios), por lo que la fundamentacin dantesca del alma noble se convierte en
paso previo imprescindible para la ideologa del alma humanista en la que la
fundamentacin de la nobleza depende exclusivamente de la expresividad de
una naturaleza impregnada de alma bella.
El segundo aspecto que enunciamos la relacin entre el orden civil y la
nobleza de alma parte justamente de la concepcin de la nobleza como
semilla divina, pues, como toda simiente, la nobleza debe ser cultivada. En
este sentido, la nobleza se presenta desde el comienzo de la reflexin como el
origen de todas la virtudes, tanto de las morales o prcticas como de las intelectuales, y, en consecuencia, como la fuente de la felicidad humana. Esta
felicidad se alcanza sobre todo mediante la especulacin intelectual, por lo que
nobleza y filosofa estn siempre unidas por un mutuo amor en el que el crculo virtuoso se cierra: la nobleza se infunde de arriba abajo y se desarrolla,
como participacin en la sabidura divina, de abajo arriba, lo que lleva al
hombre guiado por esta nueva clase noble y amante de la sabidura a la
felicidad civil y personal.
Esta circularidad slo puede cerrarse completamente si el hombre se deja
impulsar por un deseo que le permita secuenciar correctamente el camino
ascensional del conocimiento, es decir, que le conceda, en el momento de su
saciamiento, el estado de reposo y plenitud fuera del tiempo que, segn Aristteles (tica a Nicmaco 1174 a, b) y Toms de Aquino (Comentario a la tica
1439-1443), caracteriza al autntico deleite. En los asombrosos captulos XII
y XIII del tratado IV, Dante contrapone el deseo de riqueza al deseo de ciencia:
mientras que el primero siempre crece, pero no perfecciona, pues produce un
deleite siempre ansioso, que lleva inscrito en su propio acto la promesa, y por
ello la necesidad, de un deleite mayor, y es, de este modo, intrnsecamente
incompleto pues fuerza al que lo padece a pasar sin orden de un objeto a otro,
del segundo, el deseo de ciencia, no se puede decir propiamente que crezca,
sino que se dilata (Conv. IV xiii 1), con lo que Dante est recogiendo un
concepto que Toms de Aquino explica en su Suma de teologa (I-II, q. 33, a.
1) para indicar que el deseo de ciencia no es uno, sino cualitativamente diverso en cada uno de sus pasos, y, por ello, al alcanzar uno de ellos, s podemos
experimentar el descanso y la perfeccin de un deleite autntico. A nuestro
entender, Dante intuye, en esta contraposicin, el peligro que supone el nacimiento histrico de un deseo que se fija en fetiches sustitutorios (en mercancas), y que, por ello, impide el autntico deleite con su momento de reposo, de pausa reflexiva que da el camino del conocimiento que reengancha
al hombre con el orden universal.
Somos conscientes de que nuestra lectura ordenando los temas, estableciendo progresiones... dota al texto del Convivio de una coherencia de la
Abstract
Lautoconsapevolezza dellautore rispetto alla propria posture di intellettuale laico e il suo
atteggiamento nei confronti della filosofia scolastica trovano un interessante riscontro
nel Liber de ascensu et descensu intellectus (Montpellier 1305). Scritto per i laici (homines
saeculares) che desiderano acquisire la scientia, ed esplicitamente indicato come ars per
quanto non ne presenti le peculiari caratteristiche , una presentazione delle dottrine
filosofiche effettuata con modalit analoga alla mixtio dei principi dellars, ovvero combinando sistematicamente otto subiecta (serie in parte diversa da quella consueta nei testi
della fase ternaria) con dodici termini chiave della filosofia scolastica, vocabula scientiarum.
La lettura dei diversi livelli del reale attraverso tale strumentazione filosofica integra le concezioni scolastiche con gli elementi basilari dellarte lulliana (principi assoluti e correlativi),
e descrive lascesa e discesa dellintelletto sulla scala dellessere fornendo un vero e proprio
metodo di acquisizione del sapere filosofico.
Parole chiave: Laici; Filosofia scolastica; Ars; Metodo.
Abstract
Llulls self-consciousness as a lay philosopher and his attitude towards Scholastic philosophy can be peculiarly scrutinized in his Liber de ascensu et descensu intellectus (Montpellier
1305), a work that was written for lay people (homines saeculares), who wish to acquire
knowledge (scientia). In its prologue, the Liber de ascensu was ars, although peculiar artistic
devices such as alphabet and figures are not present. In this work Llull introduces a basic
choice of philosophical doctrines by means of a peculiar combinatory of eight subiecta
(stone, fire, plant, animal, man, sky, angel, God) and twelve key-concepts of Scholastic
philosophy (act, action, passion, nature, substance and accident, simple and composite,
individual, species, genus, being). The way both series are combined resembles the mixtio
of principles in the Lullian art. Using such philosophical tools, Llull describes the dynamics
of the human intellect (sense, imagination, doubt, faith, and knowledge) in its going up
and down the ladder of being. Thus a method is established, by which philosophical
knowledge can be acquired.
Keywords: Lay people; Scholastic philosophy; Ars; Method.
Michela Pereira
1. Laicus illuminatus
Nella Vita Coetanea (1311), momento culminante nella costruzione del personaggio Ramon Llull da parte dellautore stesso, ottiene grande rilievo
lidea che la creazione della combinatoria, ormai codificata nella definitiva
stesura dellArs Generalis Ultima (1305-8), avesse tratto origine da una rivelazione divina tradizionalmente indicata come illuminazione sul Monte
Randa. A essa Llull riconduce lacquisizione di unautorevolezza intellettuale di natura radicalmente diversa da quella dei magistri del suo tempo, che
gli ha consentito collocarsi nel panorama culturale del tardo Medioevo come
unautorit alternativa, che la tradizione ha denominato Doctor Illumina
tus.1 Nella Disputatio fidei et intellectus, composta nel 1303 a Montpellier,
sostiene che la verit si pu raggiungere attraverso la rudium eruditio, la
bonorum scholarium doctrina e la illuminatio o perfectio provectorum, e sembra chiaro che egli si riconoscesse in questultima condizione, per cui la
perfezione della conoscenza una condizione diversa dallhabitus acquisito
nelle scuole, accessibile indipendentemente da questo e dunque anche a un
laico, qual era Ramon.2
Egli si definisce esplicitamente come laicus nel Liber disputationis Petri et
Raimundi sive Phantasticus, scritto nello stesso anno della Vita Coetanea e come
quella finalizzato allautopromozione dellautore, che si accingeva a presentarsi al Concilio di Vienne per sostenere ancora una volta, di fronte allassise pi
alta della cristianit, i suoi progetti per la conversione degli infedeli. Nel prologo del Phantasticus il contrasto fra le due figure lavido chierico e il laico
dalle generose motivazioni missionarie d una visione assai poco lusinghiera dellambiente scolastico, cui lo status di clericus era strettamente legato.
Lintero testo conferma tale visione negativa del modus scolarium, pur mostran1. Cfr. Lola Badia, Ramon Llull: autor i personatge, in Fernando Dominguez, Ruedi
Imbach, Theodor Pindl i Peter Walter (a cura di), Aristotelica et Lulliana magistro doctis
simo Charles H. Lohr septuagesimum annum feliciter agenti dedicata, Steenbrugge: Martinus
Nijoff International, 1995, p. 355-375; Anthony Bonner, LArt lulliana com a autoritat
alternativa, SL, n. 33, 1993, p. 15-32. Dellilluminazione Llull parla esplicitamente solo
a partire dal 1294, circa ventanni dopo lepoca in cui sarebbe avvenuta (Josep M. Ruiz
Simon i Albert Soler i Llopart, Ramon Llull in his Historical Context, Catalan Histo
rical Review, n. 1, 2008, p. 47-61); ma a una possibile origine divina dellars accenna gi
alla fine degli anni 80 in uno scritto composto durante il suo primo soggiorno a Parigi a
contatto con lambiente universitario, il Compendium seu commentum Artis Demonstrativae,
MOG III, 1722, Int. vi, p. 293-452: ...indubitanter credimus, quod a divinis potius quam
ab humanis fontibus trahit ortum (p. 452).
2. Disputatio fidei et intellectus, ROL XXIII, 1998, p. 224. Su Llull come esponente della
filosofia dei laici: Ruedi Imbach, Laien in der Philosophie des Mittelalter. Hinweise und Anre
gungen zu einem vernachlssigten Thema, Amsterdam: B.R. Grner, 1989; Josep Batalla,
Ego qui sum laicus, SL, n. 48, 2008, p. 69-92; Michela Pereira, Comunicare la verit.
Ramon Llull e la filosofia in volgare in Anna Alberni, Lola Badia, Llus Cifuentes i
Alexander Fidora (a cura di), El saber i les lengus vernacles a lpoca de Llull i Eiximenis.
Estudis ICREA sobre vernacularitzaci, Barcelona: Publicacions de lAbadia de Montserrat,
2012, p. 21-44.
Michela Pereira
intellectu omni alii layco qui non sciat ... .8 ben nota lampia produzione
lulliana di testi a carattere didattico ed enciclopedico, generalmente scritti in
catalano: la questione della lingua, infatti, sintreccia inevitabilmente con lallargamento dei contesti di fruizione della cultura. Ma non soltanto lattenzione al veicolo linguistico a segnare la produzione lulliana rivolta a soddisfare le aspettative di coloro qui scire desiderant, bens anche lo stile espositivo di
molti dei suoi testi filosofici, teologici, scientifici, caratterizzati da novitas,
facilitas, compendiositas, brevitas qualit tali da renderli accessibili anche a
fruitori dotati di una mediocre strumentazione culturale.9
Il motivo del rinnovamento compare negli scritti che Llull dedica alle arti
liberali e alle parti della filosofia: lasserita novit non riguarda i contenuti ma
lorganizzazione dei diversi saperi a partire dalla struttura artificiale, ai cui
principi generali si connettono e da cui dipendono.10 Un procedere breve e
sintetico (compendiosus) caratterizza la prima opera di Llull, il Compendium
logicae Algazelis, e diverse stesure dellarte. Lesigenza di facilitare lapproccio
al sapere risuona nel prologo dellArs generalis ultima e motiva la parallela
stesura dellArs brevis ut Ars magna facilius sciatur, cos come la scrittura
dellArbor scientiae, dove un monaco chiede a Ramon di fare unum librum
mediante il quale poter comprendere facilius ogni altro suo scritto, quia nimis
subtilis uidetur ad intelligendum, et etiam quia ceterae scientiae, quas antiqui
sapientes inuenerunt, ita sunt difficiles et ita longum tempus requirunt.11 Ma
8. Carta de Ramon Llull a Jaume II dArag, 19-2-1209, in J.N. Hillgarth, Diplomatari
lulli, n40, p. 78.
9. Cum plures sint homines qui scire desiderant lincipit del Tractatus novus de astro
nomia (1297; ROL XVII, 1989), che riecheggia quello della Metafisica di Aristotele
(Omnes homines scire desiderant). Si noti che il quantificatore usato da Llull non
lomnes aristotelico, ripreso invece letteralmente da Dante (cfr. Imbach, Dante e la
filosofia, cit., p. xix). Il Tractatus novus de astronomia uno dei testi che recano gi nel
titolo lindicazione della novit del sapere lulliano; accanto a esso ricordiamo il Liber de
Geometria nova et compendiosa (1299), Rhetorica nova (1301), Logica nova (1303), Liber
de novis fallaciis (1308), Metaphysica nova et compendiosa (1310), Liber novus physicorum
et compendiosus (1310), Liber de novo modo demonstrandi (1312) - Compendium logi
cae Algazalis (1271-2?), Ars compendiosa inveniendi veritatem (1274), Ars compendiosa
medicinae (1285-7), Compendium seu commentum Artis demonstrativae (1288-9), Ars
compendiosa (1299), Tractatus compendiosus de articulis fidei catholicae (1299), Liber de
compendiosa contemplatione (1313).
10. Lola Badia, The Arbor scientiae: A new encyclopedia in the thirteenth century OccitanCatalan cultural context, in Fernando Domnguez Reboiras, Pere Villalba Varneda,
Peter Walter (a cura di), Arbor Scientiae. Der Baum der Wissens von Ramon Lull, Turnhout:
Brepols, 2002, p. 11.
11. Ars brevis, ROL XII, 1984, p. 192; Arbor scientiae, ROL XXIV.I, 2000, p. 5. Alcuni altri
esempi: modus novus et facilis ad syllogizandum (Liber de divina existentia et agentia,
ROL VIII, 1980, p. 112); principia omnium aliarum artium breuiter atque faciliter cognoscentur (Liber novus physicorum, ROL VI, 1978, p. 64); Ars ... inueniendi faciliter ueritatem destinata a coloro qui non habent intellectum eleuatum quoad scientiam logicalem
et etiam naturalem, posito quod habeant subtilem naturaliter intellectum (Liber de refugio
intellectus, ROL XI, 1983, p. 232). Cfr. anche il passo dal Llibre del Gentil citato sopra,
p. 111.
Michela Pereira
In altre opere Ramon Llull si confronta con i filosofi delle scuole, con
lintento di dimostrare la superiorit dellars nel risolvere questioni di filosofia naturale, di logica, di metafisica.14 Il DADI ha invece come destinatari gli
homines saeculares, che desiderano ardentemente apprendere le scienze ma
non ne posseggono il vocabolario n il metodo. come se Ramon proiettas12. ROL XXVIII, 2003, p. 44 (corsivi miei).
13. ROL IX, 1981, p. 20-21.
14. Le opere in cui Ramon Llull discute tematiche propriamente filosofiche sono numerose:
dal Liber principiorum philosophiae e dal Liber chaos alla Declaratio per modum dialogi edita
e ai Principia philosophiae, fino al Liber lamentationis philosophiae e a tutta la produzione
antiaverroistica, oltre alle opere dedicate alla logica o a singole parti di essa. Decisamente
stimolante a questo proposito il confronto abbozzato da Fernando Dominguez con i Princi
pia philosophiae, laddove scrive che: Para Le Mysier tienen, pues, los Principia philosophiae
una funcin de introitus in philosophiam para los maestros de Pars as como Llull vea su
De ascensu et descensu intellectus como introitus in scientias para los homines saeculares
(Dominguez in ROL XIX, 1993, p. 45). Le Mysier, comunque, valorizza anche il De
ascensu, come vedremo in seguito.
Figura 2. Schema del Liber de ascensu et descensu intellectus nel Breviculum di Thomas
Le Mysier, ms Karlsruhe, St. Peter perg. 92, f. 26v.
se su di loro la posizione in cui egli stesso si era trovato decenni prima, quando aveva intuito come dar forma allimpulso interiore di scrivere il libro pi
bello del mondo, che lo aveva repentinamente soggiogato nella cosiddetta
conversione, e al tempo stesso aveva compreso di non avere gli strumenti
per farlo.15
Il DADI definito unars ed strutturato in modo da presentare una certa
affinit con gli aspetti essenziali di organizzazione dinamica, completezza ed
efficacia mnemonica che caratterizzano larte come strumento di produzione
e ordinamento del sapere. Il pubblico cui lopera destinata giustifica lassenza delle subtilitates, gli ordinari dispositivi della combinatoria (alfabeti, figure
circolari o alberi, principia, regulae); tuttavia il testo costruito come una
combinatoria semplificata, mediante la mistione di otto subiecta (pietra, fiamma, pianta, leone, uomo, cielo, angelo, Dio), che rappresentano lintera
gamma del reale, con dodici vocabula scientiarum, topoi del linguaggio filoso15. Giudicato uno de los escritos filosficos ms importantes y divulgados de Lull dai Carreras y Artau, il DADI viene definito a true compendium of Llulls philosophy nella
recentissima sintesi di Fernando Dominguez e Jordi Gay, Life, in Alexander Fidora
e Josep. E. Rubio (a cura di), Raimundus Lullus. An Introduction to his Life, Works and
Thought, Turnhout: Brepols, 2008, p. 98. A questopera conviene particolarmente quanto
Anthony Bonner e Maria Isabel Ripoll scrivono a proposito della produzione lulliana in
generale, the effort of a lay person to reform the methods and often even the vocabulary
of scholasticism (Bonner e Ripoll, Diccionari, cit., p. 61). Sebastian Tras Mercant,
El lingisme filosfic en el Liber de ascensu et descensu intellectus, in Studia lullistica et
philologica, Palma: Maioricensis Schola Lullistica, 1990, p. 77-88, ne definisce la griglia
terminologico-concettuale come categoriale, pur consapevole che solo in minima parte corrisponde alle categorie aristoteliche; Jocelyn N. Hillgarth parla di vocabula or topoi
(Ramon Lull and Lullism in Fourteenth Century France, Oxford: Clarendon Press 1973,
p. 238 nota 243). Elena Pistolesi, Paraula s imatge de semblana de pensa. Origine,
natura e sviluppo dellaffatus lulliano, SL, n. 36, 1996, p. 3-45, offre unottima sintesi del
DADI, alle p. 23-25; cfr. anche p. 37-38.
Michela Pereira
fico: atto, passione, azione (che corrispondono ai fenomeni osservabili in ciascun subiecto, nonch ai correlativi lulliani, rispettivamente -tivum, -bile, -are);
natura, sostanza e accidente, semplice e composto (mediante cui i subiecta
vengono definiti); individuo, specie, genere, ente (lo status ontologico e logico dei subiecta, dal particolare alluniversale). Lintreccio sistematico delle due
serie di nozioni si pu schematizzare in una tavola binaria [Tavola 1].16
Nel testo corre come un fil rouge una sorta di fenomenologia degli atti
cognitivi, consistente nella descrizione articolata del modo in cui lintelletto
opera ad inferiora descendendo et ad superiora ascendendo. Lautore, partendo dallanalisi del movimento di ascesa in cui lintelletto coadiuvato dai
sensi (sei, includendo laffatus), dallimmaginazione e dalla memoria, intende
offrire un metodo di accesso alla conoscenza (ut homo sciat uti intellectu)
implementato con i contenuti basilari della filosofia naturale, dellantropologia, dellangelologia e della teologia. Le questioni finali presentano numerosi
esempi di problemi filosofici paragonabili a quaestiones dibattute nella facolt
di Arti; la solutio ne , come di consueto nelle opere lulliane, diretta e autoreferenziale.17
Questopera mostra dunque il modo in cui Llull ha inteso concretamente
la divulgazione filosofica. Ma pi che un testo divulgativo in senso stretto, le
sue caratteristiche fanno del DADI una rielaborazione della filosofia scolastica
destinata a uno strato sociale di intellettuali laici o aspiranti tali.18 Il confronto con altre opere scritte a Montpellier in quegli stessi anni (specialmente Liber
de refugio intellectus, Disputatio fidei et intellectus, Liber de consilio) conferma
la presenza di questi destinatari della scrittura lulliana e risponde alla rilevanza di tale componente sociale nella vita e nella cultura di quella citt, sede di
ricchi mercanti e dotata di notevole autonomia politica.19 a un ambiente di
laici altolocati e di nascente borghesia che Ramon Llull pensava nello scrivere
il DADI? Montpellier era anche sede di una vita intellettuale scolastica complessa e vivace, uno dei grandi centri culturali del tempo, ma con lineamenti
peculiari: mentre la facolt di medicina nasceva da una lunga tradizione din16. Si tratta di una costruzione ipotetica, che non si trova nei manoscritti. La tabula subiectorum
al f. 1r del CLM 10507 non mostra relazioni con il testo del DADI che segue; per il ms.
Torino, BNU, G-VI-27 cfr. sotto, nota 23.
17. ROL IX, 1981, p. 158: Quaestiones huius libri trahimus de distinctionibus eiusdem. In
quibus solutiones sunt implicatae; et ad paragraphos et rubricas quaestiones remittemus.
Et hoc facimus, ut prolixitatem euitemus. Et etiam quia quaestiones possunt solui per loca,
ad quae remittemus, per homines intelligentes.
18. Cfr. Batalla, Ego qui sum laicus, cit., p. 74-75.
19. Il governo cittadino della complessa realt politica di Montpellier, sede di ricchi mercanti e
delle loro famiglie, era costituito da un collegio di dodici consoli, che garantiva un notevole
campo dautonomia a questa citt, che conobbe una splendida fioritura nel periodo 12931348. Per i legami di Llull con Montpellier si vedano le introduzioni di Abraham Soria
Flores a ROL III, 1961, p. 5-20 e di Jordi Gay a ROL XX, 1995, p. ix-xviii. Armand
Llinares, Raymond Lulle Montpellier. La refonte du Grand Art, in Raymond Lulle
et le Pays dOc (Cahiers de Fanjeux, n. 22), Toulouse: Privat, 1987, p. 19-32, sottolinea fra
laltro che circa un quarto delle opere lulliane furono scritte a Montpellier.
Passio
1. de actu
angeli
Caelum 1. de actu
dist. VII caeli
1. de actu
hominis
1. de actu
leonis
1. de actu
plantae
Actus
Homo
dist. VI
Leo
dist. V
Planta
dist. IV
Flamma 1. de actu
dist. III flammae
1. de actu
lapidis
Angelus
dist.
VIII
Lapis
dist. II
Actio
Natura
Deus
dist. IX
Substantia
Accidens
5. de substantia dei
sine aliquo
accidente
5. de substantia et accidente angeli
6. de simplicitate et
compositione
angeli
6. de simplicitate et
compositione
caeli
6. de simplicitate et
compositione
hominis
6. de simplicitate et
compositione
leonis
6. de simplicitate et
compositione
plantae
6. de simplicitate et
compositione
flammae
6. de simplicitate et
compositione
lapidis
Simplex
Compositum
8. de specie
hominis
8. de specie
caeli
Indiuiduum
7.de individuitate
lapidis
7. de individuitateflammae
7. de individuitate
plantae
Species
8. de specie
lapidis
8.de specie
flammae
8. de specie
plantae
7. de indiui- 8. de specie
duitate leonis leonis
7. de indiuiduitate
hominis
7. de indiuiduitate caeli
7. de indiui- 8. de specie
duitate angeli angeli
6. de simpli- 7. de diuinis
citate dei sine personis
compositione
Tavola 1. La struttura delle Distinctiones II-IX del Liber de ascensu et descensu intellectus
Genus
9. de genere
lapidis
9. de genere
flammae
9. de genere
plantae
9. de genere
leonis
9. de genere
hominis
9. de genere
caeli
9. de communitatibus
et proprietatibus dei
9. de genere
angeli
Ens
13. quod
deus sit incarnatus
Michela Pereira
prima scala nel testo) sono enumerati gli otto subiecta, ovvero i gradi dellessere: Lapis, Flamma, Planta, Brutum (Leo), Homo, Caelum, Angelus, Deus. Si
noti che essi non corrispondono esattamente ai nove subiecta dellars: mentre
infatti lelementativa raddoppiata, mancano limaginativa, riassorbita allinterno del subiectum homo, e linstrumentalitas o artificium, che in effetti non
corrisponde a un livello dellessere naturale ma larte lulliana stessa, strumento di conoscenza prodotto dallintelletto illuminato. 23 Le dottrine esposte
sinteticamente nelle distinctiones loro dedicate sono: la mixtio degli elementi
(de lapide); le dinamiche elementari di movimento e diffusione (de flamma);
la vita biologica (de planta), con osservazioni di natura medica; la vita animale e la generazione sessuata (de bruto); la costituzione dellessere umano, corpo
e anima, e la sua struttura intellettuale (de homine); il cielo e la sua influenza
sul mondo sublunare (de caelo); la natura degli angeli (de angelo). In tutta la
trattazione sono massicciamente presenti i correlativi, mentre i principi delle
figure A e T compaiono sporadicamente nelle distinctiones dedicate agli esseri
inferiori e con maggiore frequenza a partire dal subiectum homo. Quasi esclusivamente su di essi si fonda lultima distinctio, de deo, la cui differenza rispetto alle altre si manifesta gi nei titoli modificati di alcuni capitoli:24 con lultimo subiectum siamo infatti in ambito teologico, non pi filosofico.
Nella seconda scala del testo, raffigurata come il cerchio pi esterno della
figura circolare,25 sono enumerati i dodici termini mediante i quali si possono
conoscere gli otto oggetti: Actus, Passio, Actio, Natura, Accidens, Substantia,
Simplex, Compositum, Individuum, Species, Genus, Ens. La maggior parte di
essi (ma non Natura e Species) compaiono nella Taula desta Art e tranne
Actus nella lista di Cento Forme dellArs Generalis Ultima, termini esterni
allars spiegati mediante essa.26 Nel DADI sono per i termini filosofici stessi
23. Cfr. Ars Generalis Ultima, 10.81 De philosophia, ROL XIV, 1986, p. 357: Et ideo
philosophus per Artem istam magnum subiectum intelligendi habere potest; nam ipse
potest philosophari per subiecta, designata per CDEFGHI, et etiam per centum formas.
Nam philosophus tractat naturaliter de angelis, de caelo, de homine, de imaginatiua, sensitiua, uegetatiua, et de elementatiua (in questo passo, dalle lettere dellalfabeto indicanti
i subiecta mancano B e K, perch Dio non oggetto della filosofia ma della teologia e K
appunto la instrumentativa). Otto dei nove subiecta, con esclusione della instrumentati
va, compaiono nelle tavole del ms. Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, G-VI-27,
ff. 52v-54r, che contiene un frammento del DADI (cfr. LlullDB, Manuscripts, s.v.). Lo
sdoppiamento dellelementativa accentua limportanza della dottrina degli elementi, messa
in luce da Frances A. Yates, The Art of Ramon Lull. An Approach to it through Lulls The
ory of Elements (1954), rist. in Frances Yates, Lull & Bruno. Collected Essays, I, London:
Routledge and Kegan Paul, 1982, p. 9-77.
24. Cfr. Tavola 1.
25. Cfr. Figura 1.
26. Cfr. Bonner e Ripoll, Diccionari, cit. p. 83-84, 94-96. Le Centum Formae present a host
of general subjects external to his system, but which are explainable using its mechanisms
and formulations: Anthony Bonner, The structure of the Arbor Scientiae, in Der Baum
des Wissens, cit., p. 28-29; Id., The Art and Logic of Ramon Llull. A Users Guide, Leiden:
Brill, 2007, p. 164-169 e passim.
Michela Pereira
ad assumere una funzione artistica, in quanto ogni subiectum viene analizzato percorrendo ordinatamente per intero la seconda scala. Poich sostanza e
accidente, cos come semplice e composto, sono esaminati a coppie, lindagine su ogni livello del reale si scandisce in dieci capitoli, che ne racchiudono
una conoscenza di base, quasi fossero voci di unenciclopedia filosofica imperniata su una scelta essenziale di vocabula scientiarum scolastici.
Per i tre subiecta superiori (Cielo, Angelo, Dio) la griglia espositiva subiec
ta/vocabula si rivela per insufficiente: per quel che riguarda il cielo viene
aggiunto un capitolo per affermare che il mondo ha avuto inizio. Dellangelo
si dimostra lesistenza, necessaria per la perfezione del mondo. Su Dio vengono aggiunti tre capitoli per provarne lesistenza, la trinit e lincarnazione, dopo
che alla conclusione del decimo capitolo della distinctio, De entitate Dei,
lintelletto si era chiesto Utrum de ipsa diuina essentia esset creditiuus aut
assertiuus, e aveva richiamato la metafora dellolio (credere) che sta al di sopra
dellacqua (intelligere), usata da Llull anche in altri testi, fra cui il Liber de
articulis fidei.27
La terza scala, raffigurata come cerchio pi interno della figura circolare,
indica i cinque gradi di acquisizione della conoscenza: Sensibile, Imaginabile,
Dubitabile, Credibile, Intelligibile, nei quali pu essere analiticamente scandito il processo cognitivo. Lintelletto, i sensi e le altre facolt della terza scala
sono presentati quasi come protagonista e comprimari di una rappresentazione, in cui ciascuno fa la propria parte nel costruire il sapere attorno ai diversi
subiecta, servendosi dei termini della seconda scala come strumento. Non si
tratta di allegorie ma di una tecnica espositiva che, attribuendo una o pi
azioni proprie a ciascuna delle facolt implicate nellatto cognitivo, raffigura
icasticamente la complessit del processo per cui, a partire dallesperienza sensoriale, si giunge alla scientia con la mediazione delle species sensibiles, imagi
nabiles e intelligibiles. Fra i cinque sensi la vista e il tatto hanno un ruolo
prominente, ma al vertice si colloca laffatus, per tre ragioni: in primo luogo,
mediante la parola lintelletto introduce nellambito dellesperienza sensibile i
contenuti del sapere insegnato, presentandolo allauditus; inoltre lenunciazione verbale fissa quello che lintelletto stesso scopre, svolgendo un ruolo determinante nella produzione delle dottrine; infine, laffatus magis participat cum
intellectu siue mente (p. 42) ed universale perch, mentre gli altri quattro
sensi sono particolari poich attingono soltanto il sensibile proprio (la vista
colore, forma ecc.; il tatto frigidit, durezza ecc.; lolfatto lodore; il gusto il
sapore), la parola pu riferirsi a tutti, e tramite essa ludito tutti li accoglie.28
27. ROL IX, 1981, p. 155: Et tunc intellectus cognouit, quod fides est suus habitus, quantumcumque sit altus in intelligendo, eo quia plus credit per fidem, quam ipse intelligere
possit. Cfr. Liber de articulis fidei (1296), in Raimundi Lulli Opera, ed. L. Zetzner, Strasburg, 1659, p. 966.
28. La presenza dellaffatus come gi osservava Sebastian Tras Mercant (El lingisme,
cit., p. 82), seguito da Elena Pistolesi (Paraula, cit., p. 25) maggiore nelle prime
distinctiones legate allambito dellesperienza e della conoscenza sensibile, nonch nella
5. Ascensus et descensus
Analizzando trasversalmente il trattato, cio leggendolo senza rispettare lordine seriale dellesposizione, ma secondo la struttura virtuale che lo sottende,
si accerta che il contenuto fondamentale del testo una dettagliata disamina
del processo cognitivo e delle sue articolazioni. Nei capitoli corrispondenti alla
mistione dei primi tre termini col relativo subiectum vengono presentati i
diversi tipi di conoscenza: conoscenza sensibile, analogica, dellartificiale, delle
cause, delle definizioni, degli universali, dei principi dellars, delle creature
spirituali, e infine il rapporto fra conoscenza e fede. Ulteriori dettagli ed esemplificazioni sincontrano lungo tutto il testo.
La conoscenza sensibile, presentata in corrispondenza del subiectum lapis,
viene definita come apprehensio dei nove predicamenti accidentali da cui successivamente lintelletto ascendit alla sostanza, ed contraddistinta da una forte
componente empirica (il termine experientia ricorre quasi come un Leitmotiv
nelle prime quattro distinctiones dedicate agli oggetti infraumani)29, che introduce alla dottrina delle species. Le species sono definite come similitudines sen
sibilium, che i sensi producono attivamente nellimpatto con loggetto; lintelletto si serve delluno o dellaltro senso, come meglio conviene, poich tutti i
dati sensoriali confluiscono nel sensus communis in quo est potentia sensitiva activa (p. 30).30 Limmaginazione, andando oltre i sensi e lambito degli
accidenti, species haurit, et illas intellectui repraesentat (p. 55): cio produce le species imaginabiles, che permettono allintelletto disceso fino ai sensi di
produrre nella sua propria intelligibilitas (ovvero nellintelletto possibile31) le
species intelligibiles, e di ascendere alla scientia: per uerum sensibile imaginatio
et intellectus transeunt ad uerum imaginabile et intelligibile; et istum transitum uocamus ascensum intellectus de sensibili ad intelligibile (p. 38). Laffa
tus anchesso un fornitore di species, che lintelletto riceve attraverso ludito.32
nona de deo: in questultima, rileva Pistolesi, la relazione fra intelletto e affatus prende una
dimensione esclusivamente assertiva.
29. Il DADI si inscrive dunque virtualmente nello sviluppo medievale dellidea di experientia,
specificamente nel filone derivante dallide dAristote selon laquelle la connaissance a lieu
partir des sensations que nous procurent nos cinq sens, et qu partir de ces expriences
rptes, il est possible de tirer des ides universelles par abstraction (Thomas Bnatouil,
Isabelle Draelants, Introduction, in Bnatouil e Draelants (a cura di), Expertus sum.
Lexprience par les sens dans la philosophie naturelle mdivale, Firenze: SISMEL-Edizioni
del Galluzzo, 2011, p. 5).
30. ROL IX, 1981, p. 25: Dum sic sensus agit de passo, imaginatio haurit similitudines
de sensu, quas sensus hausit de passo, sicut de lapide; et ipsas species siue similitudines
sensibilium facit imaginabiles in sua essentia et natura. Intellectus uero haurit illas species
imaginatas de ipsa imaginatione, et ipsas facit intelligibiles siue intellectas in sua essentia et
natura. Et in isto passu apparet, per quem modum intellectus ascendit de sensibili ad intelligibile. Et in isto ascensu dubitatio et creditio non habent actus suos, eo quia experientia
non permittit (Cfr. p. 61, 93-94).
31. Cfr. il passo citato sotto, p. 124.
32. ROL IX, 1981, p. 51: species, quas affatus posuit in auditu. Cfr. linteressante collegamento sonoro fra cielo e affatus, p. 110: caelum cum sua harmonia siue melodia causat
Michela Pereira
La versione lulliana della dottrina delle species si pu ricostruire dettagliatamente a partire dai moltissimi luoghi del testo in cui lautore torna a parlarne,
soprattutto nei capitoli formati dallincrocio di species con ciascun subiectum,
dove vengono analizzati fianco a fianco i due usi del termine: quello cognitivo
(species intentionalis, mediazione formale della conoscenza), e quello classificatorio-porfiriano (species realis, contenuto della conoscenza che corrisponde
allessenza delloggetto). Nel complesso emerge una posizione che si fonda
sulla concezione tomista delle species intelligibiles, innestandovi temi tratti dalla
nozione perspettivista di species: una posizione condivisa da molti autori
scolastici che trattano questo tema negli ultimi decenni del 200, e la sua
adozione da parte di Ramon Llull sembra indicare che egli non vuol prendere
partito nella dibattuta questione, limitandosi a presentarla nella sua forma pi
generica e diffusa.33
In actus/flamma, Llull introduce la conoscenza per analogia, che utilizzer
come strumento per superare momenti di impasse cognitiva soprattutto in
relazione ai subiecta superiori (il cielo, langelo, Dio): laddove lintelletto non
trova una via diretta (empirica) di conoscenza, discendendo alle potenze
inferiori che riesce a produrre argomenti per similitudine.34 Da molti passi
risulta chiaramente che il descensus dellintelletto consiste nel suo rivolgersi alle
potenze inferiori per costruire argomentazioni analogiche, e non significa in
questopera conoscenza deduttiva, come spesso si affermato, n consequenzialit dal generale al particolare, come nei Principia philosophiae.35 signifiuocales et consonantes in sono. Et causat, quod affatus transmutet hoc, quod concipitur in
mente, in uocem; sicut uegetatiua, quae transmutat cibum in carnem et potum in sanguinem; il paragone con la vegetativa conferma il carattere materiale dellaffatus sottolineato
da Pistolesi, Paraula, cit., p. 37-38, 41-42.
33. Leen Spruit, Species Intelligibilis. From Perception to Knowledge. I. Ancient roots and Medie
val Discussions, Leiden: Brill, 1994, p. 201, definisce uncritical assimilations la posizione
di questi autori. Spruit richiama Ramon Llull solo in nota, a p. 250, accostandolo alla
posizione neoplatonica di Teodorico di Freiberg sulla base del Liber de intellectu e del
De modo naturali intelligendi.
34. ROL IX, 1981, p. 45: Et in isto passu data est doctrina, per quem modum homo sciat
per unum cognoscere reliquum. Cfr. ibid., p. 114: Item intellectus uult habere scientiam:
Vtrum planetae sint corpora concaua aut sphaerica? Et tunc descendit ad uisum, qui uidet
cepam, in qua sunt plura corpora concaua et conuexa, et unum supra reliquum est existens
... Et sic cognoscit intellectus, quod sphaerae planetarum sunt corpora concaua ....
35. Conferma questa interpretazione Thomas Le Mysier nellElectorium (in Hillgarth,
Ramon Lull, cit., p. 238 nota 243): Descendit etiam intellectus quando de Deo vadit
ad creaturam, de generali ad particulare: non possono che essere due modalit diverse
di descensus, perch certo Dio non il genere della creazione! Il descensus da generale a
particolare, che presenta qualche analogia una delle accezioni tardo-scolastiche del termine
descensus (cfr. Alfonso Maier, Terminologia logica della tarda Scolastica, Roma: Edizioni
dellAteneo, 1972, p. 233), il procedimento impiegato nei Principia philosophiae. Sulla
conoscenza per analogia cfr. A. Fidora, Die drei Seelenkrfte: Memoria, Intellectus und
Voluntas, in Fernando Domnguez Reboiras, Viola Tenge-Wolf e Peter Walter (a
cura di), Gottes Schau und Weltbetrachtung. Interpretationen zum Liber contemplationis
des Raimundus Lullus, Turnhout: Brepols, 2011, p. 209-225.
cativo che questa modalit di conoscenza venga introdotta al livello della dottrina elementare, perch proprio alla metaphora tratta dagli elementi che fin
dai primi scritti Ramon Llull aveva fatto ricorso per potersi addentrare in
ambiti preclusi alla conoscenza empirico-astrattiva, come quello teologico.
Lanalogia viene inoltre utilizzata per correggere le apparenze sensibili fallaci,
eliminando lerrore di giudizio possibile allimmaginazione e allintelletto.36
Sempre nellambito del subiectum flamma viene introdotta la conoscenza che
si ricava dallexperientia artificiale, affine ma non identica a quella sensoriale.37
Nella distinctio de planta il tema affrontato quello della conoscenza
dellinvisibile attraverso il visibile,38 difficile passaggio che porta alla conoscenza delle cause, cio alla scientia. Il dubbio sorge quando lintelletto sinterroga
sulle cause di ci di cui fa esperienza, perch le cause, essendo invisibili, inimmaginabili e intangibili, sono raggiungibili solo grazie alla linea diretta che
corre fra lintelletto e laffatus.39 Mentre infatti la conoscenza sensibile istantanea e confusa, laffatus afferma in maniera seriale e relativamente distinta,
per quanto la vera e propria conoscenza determinate et clare che produce la
scientia sia riservata allintelletto.40 Soltanto questultimo, ascendendo
mediante i processi descritti, arriva infatti a comprendere che esistono due
cause primarie fra loro ordinate gerarchicamente, Dio e lagens universale natu
rale.41
I contenuti cognitivi acquisiti attraverso sensi, immaginazione e intelletto
species, relazioni analogiche e relazioni causali concorrono a formare le
definizioni dei subiecta. Nel primo capitolo della distinctio de bruto lautore
pu dunque introdurre la scientia de definitionibus sullo sfondo del contenuto
di filosofia naturale introdotto a questo livello, ovvero la dinamica della generazione, mettendo in luce la corrispondenza fra definizione, actus e correlativo
36. A proposito dellerrore, Llull afferma che del cielo non si pu avere propriamente scien
tia ma opinione, e per questo gli astronomi singannano (ROL IX, 1981, p. 30, 50, 33,
111): precisazione che richiama il discorso sulle cause derrore nellastrologia tradizionale
sviluppato nel Prologo e nella quarta parte del Tractatus novus de astronomia, cui Frances
Yates avvicina la Distinctio de caelo del DADI (The Art, cit., p. 41-42). Tractatus novus de
astonomia e DADI si trovano insieme in diversi manoscritti.
37. ROL IX, 1981, p. 46-47: Dum sic intellectus considerat, descendit ad uisum, uidentem,
quod ignis dissoluit lapidem campestrem, partes eius separando et etiam diuidendo; sed
quando aurum fundit, sic non facit, sed duritiem in mollitiem alterat siue mutat ... Et tunc
intellectus considerat, quod aurum est corpus artificiatum; et quando primo per artificium
fuit factum, fuit molle et liquefactum ...et quando flamma iterum tangit ipsum, deuenit
ad mollitiem sicut prius; sed non est sic de lapide campestri.
38. Ibid., p. 61: ... quia uegetatiua est inuisibilis, intangibilis et ingustabilis, oportet nos
exemplificare per res sensibiles ... Et in isto passu apparet, per quem modum intellectus
cum magna difficultate facit de hoc scientiam ....
39. Cfr. ibid., p. 48-49, 51.
40. Ibid., p. 37; cfr. anche il passo sullapprehensio simplex, p. 34: Et in isto passu apparet, per
quem modum generatur scientia de uno confuso indeterminato, de quo plura determinata
hauriuntur.
41. Ibid., p. 63, 78.
Michela Pereira
in are: Affatus dicit, quod leonare est actus proprius leonis (p. 76; il leone
sta per gli animali in genere), e similmente Natura est ens cui proprie competit naturare (p. 116).
Nella distinctio de homine il tipo di conoscenza che si riconosce come proprio dellessere umano razionale la scienza degli universali, de quibus intellectus habet notitiam sine imaginatione (p. 91), cui Llull affianca unampia
riflessione sul modo in cui lintelletto facit species acquisitas intelligibiles e
su come si genera il dubbio quando intellectus attingit speciem, partim illuminatam et partim non (p. 93-94). La precisazione che lintelletto creditivus
quando non si fonda sullexperientia lascia trasparire il parallelismo di matrice
agostiniana tra esperienza e illuminazione interiore.42 Una volta che lintelletto ha acquisito le species, le affida alla memoria perch le custodisca, e alla
volont perch fra esse scelga: alla distinzione delle potenze dellanima razionale si devono sia la capacit di inuenire nouas species che la libert del volere.43
Con i tre subiecta superiori usciamo dallambito della gnoseologia scolastica, in cui il testo si era fin qui mosso, pur se con aspetti peculiari. Col subiec
tum caelum, snodo dinamico della realt secondo la visione neoplatonica del
mondo, entra pienamente in gioco la concezione lulliana, perch la conoscenza del cielo governata dai principia dellars (bonitas, magnitudo ecc.);44 mentre per la conoscenza delle creature spirituali si ricorre a una duplice modalit
analogica, verso il basso e verso lalto.45 Infine la conoscenza di Dio attraverso
i principi dellars, ora denominati dignitates, radicata nella fede: il richiamo
a Isaia 7, 9, Nisi credideritis, non intelligetis un riconoscimento della
matrice anselmiana delle rationes necessariae, mediante cui il discorso teologico lulliano si struttura.46
42. Ibid., p. 33: Ratio, quare credit et non cognoscit, est, quia de hoc per sensum experientiam
non habemus.
43. Ibid., p. 96-97.
44. Ibid., p. 108: Intellectus quaerit: Cum quo consistunt in caelo primum mouere et caelestiare? ... Et sic cognoscit, quod in caelo mouere et caelestiare consistunt cum caelestiali
bonificare et innato magnificare etc.. Sullimportanza del subiectum caelum nel pensiero
lulliano ha particolarmente insistito, anche con riferimento al DADI, Frances Yates nel
saggio citato sopra, nota 36.
45. Ibid., p. 128: Desiderauit intellectus facere scientiam de angelo, sicut de praedictis. Sed
quia angelus non est sensibilis neque imaginabilis, diu stetit in consideratione intellectus,
considerando, per quem modum posset de ipso facere scientiam ... Et cognoscit per inferiora et superiora.
46. Ibid., p. 139: Desiderauit intellectus habere notitiam de actibus Dei ... Sed quia Deus
est insensibilis et inimaginabilis... tunc intellectus uoluit esse creditiuus, ut per credere
posset intelligere, et sic credit, quod in Deo sunt rationes siue dignitates reales et naturales,
sine quibus Deus esse non potest. Quae sunt istae: Diuina bonitas, magnitudo .... Sulla
denominazione dei principi assoluti come dignitates cfr. Bonner, The Art and Logic, cit.,
p. 126-127.
6. Disponere intellectum
A partire dai capitoli su natura, substantia-accidens, simplex-compositum nelle
varie distinctiones i motivi gnoseologici si rarefanno, lasciando il posto a temi
tipici della dottrina lulliana degli elementi, della medicina, dellastrologia,
per portare poi a vere e proprie esposizioni dottrinali nei capitoli composti
con lultima serie di termini: indiuiduum, species, genus, ens. Allorigine
dellintero mondo naturale lintelletto riconosce, come abbiamo gi visto,
due cause primarie, Dio e lagens uniuersale naturale: da questultimo deriva
la scala ascendente degli oggetti reali, ove ogni livello ricomprende i precedenti e su di essi si innesta, costituendo con essi unam substantiam continuam suo modo (p. 67). Nella produzione dellessere umano, ovvero nella
creazione dellanima che si innesta sullembryo prodotto dallagens naturalis,
entra direttamente in opera lactor supernaturalis che Dio, quoniam substantia spiritualis et corporalis differunt in natura et genere (p. 89). Il
discorso sulluomo porta a discettare sulla conoscenza da parte dellanima
separata, sulla resurrezione dei corpi e, in una forma alquanto contorta, sulla
questione dellintelletto possibile: Rationabilitas est propria passio hominis.
In qua rationabilitate intelligibilitas est propria passio intellectus hominis.
In qua propria intelligibilitate intellectus facit species intelligibiles, sicut
speciem plantae et leonis, et huiusmodi. Sed intellectus quaerit: Vtrum ista
intelligibilitas sit sibi coessentialis? (p. 92). Per darsi una risposta, lintelletto discende a un livello inferiore, quello della pianta, la cui essenza la
vegetabilitas, et sic cognoscit intellectus, quod intelligibilitas est de sua
essentia (ibid.). un esempio fra i tanti di descensus analogico, che permette allintelletto di rispondere a diverse questioni e liberarsi dal dubbio. Ci
nonostante, talvolta i problemi sono cos complessi che anche lanalogia non
porta chiarezza, come avviene quando, per esemplificare come lintelletto
produca le specie intelligibili, Llull prova a ricorrere allesempio del processo visivo, tanto complicato che dolet intellectus, eo quia uix potest exemplum intelligere (p. 93).
Per i suoi contenuti dottrinali, che impossibile qui illustrare ulteriormente, il DADI in effetti una vera e propria enciclopedia del sapere paradigmatico dellepoca a conferma della scelta lulliana di operare su un terreno di
koin culturale funzionale allimpresa missionaria, con un taglio nitidamente filosofico; offre agli homines saeculares unimmagine del mondo funzionale
alla vita activa, al contempo insegnando loro a utilizzare lintelletto e ponendosi come propedeutica alla filosofia e alla sua integrazione in quel superiore
e generalissimo strumento di conoscenza che lars lulliana.
Troviamo conferma di questa valutazione nella posizione che il DADI
occupa nellElectorium di Thomas Le Mysier, quasi a fare da ponte fra le
dottrine scolastiche e lars. La sua presenza nellultima sezione della Prima pars
magna disponens ad Electorium Remundi, con lannotazione Hic est finis realis dispositionis intellectus ad Artem, segnala la consapevolezza che questope-
Michela Pereira
ra non propriamente un testo artistico.47 Tuttavia la sua importanza sottolineata dalle fitte annotazioni che ne segnalano lattenta lettura, e
soprattutto dal modo in cui presentata nellEpitome Electorii: Eligit aliqua
que disponunt intellectum omni homini naturaliter in Artem scienti et etiam illis
qui nihil ex scientia philosophi noverunt, et est pars positiva ad tollendum
ignorantiam dispositionis et negationis omnium desiderantium accedere ad Artem
Remundi. Et hec pars habet duas partes ... alia vero disponit ad Artem immediate, et docet verum invenire per modum naturalem intellectus et per Artis
doctrinam, que docet Ascensus et descensus.48
dunque nella funzione propedeutica del DADI, strettamente legata alla
sua destinazione per i laici, che risiede limportanza filosofica unanimemente
riconosciutagli: lungi dallessere una semplice opera di divulgazione, una
sorta di discorso sul metodo gi abbozzato nel Liber Contemplationis49
mediante cui possibile a tutti acquisire quelloptimum intellectum che costituisce un requisito per accostarsi allars, cui anche gli homines saeculares possono e debbono aspirare.
47. Hillgarth, Ramon Lull, cit., p. 356, corsivo mio. Anche nel Breviculum un estratto del
DADI si trova nelle pagine finali della pars dispositiva (ROL, Supplementa 1, 1990, p. 270271; cfr. qui Figura 2): la lista dei subiecta vi normalizzata a nove, con laggiunta delle
quaestiones.
48. Ibid., p. 399.
49. Fra le molte affinit riscontrabili coi capp. 154-167, Dist. 28 del Liber contemplationis
analizzati da Fidora, Die drei Seelenkrfte, cit., colpisce il richiamo alla dimensione
metodologica (normativa) dei processi di conoscenza: si vedano in particolare la conclusione
e la nota 32 (eine genuine Methodentraktat).
Abstract
Il saggio propone unipotesi di cronologia che riesca a precisare i momenti diversi ma
certamente molto vicini della richiesta di perdono ai neri fiorentini che nella canzone
Tre donne, e il forte spirito ghibellino che anima lelogio di Federico II e Manfredi nel De
vulgari eloquentia. Di qui, muove la considerazione del progressivo distacco di Dante dalla
prospettiva guelfa del maestro Brunetto Latini, e il finale approdo a posizioni apertamente
filo-imperiali che lInferno non rinnega e non nasconde, come pure qualcuno ha potuto
pensare.
Parole chiave: Guelfi; Ghibellini; Tre donne; Federico II; Manfredi; Brunetto Latini; Impero.
Abstract
The essay proposes a chronlogical hypothesis which will clarify the diverse yet related
moments of the request for the Black Guelfs' pardon in the canzone Tre donne, and the
marked Ghibelline spirit which gives life to the eulogy of Frederick II and Manfredi in
De vulgari eloquentia. Dantes progressive estrangement from the Guelf viewpoint of his
mentor Brunetto Latini is also considered as it leads to an openly pro-imperial stance that
the Inferno neither denies nor hides, as some have indeed thought.
Keywords: Guelfs; Ghibellines; Tre donne; Frederick II; Manfredi; Brunetto Latini; Empire.
Enrico Fenzi
1. Nel De vulgari eloquentia I xii 3-5, subito dopo aver citato con onore le
canzoni Ancor che laigua per lo foco lassi e Amor, che lungiamente mhai menato
di Guido delle Colonne come esemplari del volgare illustre di Sicilia,1 Dante
scarta allimprovviso dalla linea maestra del discorso che riprender avanti,
6, con la formula Sed prestat ad propositum repedare quam frustra loqui,2
e introduce questa eloquente, e famosa, digressione che opportuno citare per
intero:
Sed hec fama Trinacrie terre, si recte signum ad quod tendit inspiciamus, videtur tantum in obproprium ytalorum principum remansisse, qui non heroico
more sed plebeio secuntur superbiam. Siquidem illustres heroes, Fredericus
Cesar et benegenitus eius Manfredus, nobilitatem ac rectitudinem sue forme
pandentes, donec fortuna permisit, humana secuti sunt, brutalia dedignantes.
Propter quod corde nobiles atque gratiarum dotati inherere tantorum principum maiestati conati sunt, ita ut eorum tempore quicquid excellentes animi
Latinorum enitebantur primitus in tantorum coronatorum aula prodibat; et
quia regale solium erat Sicilia, factum est ut quicquid nostri predecessores
vulgariter protulerunt, sicilianum vocetur: quod quidem retinemus et nos
nec posteri nostri permutare valebunt. Racha, racha! Quid nunc personat tuba
novissimi Frederici, quid tintinnabulum secundi Karoli, quid cornua Iohannis
et Azonis marchionum potentum, quid aliorum magnatum tibie, nisi Venite
carnifices, venite altriplices, venite avaritie sectatores?3
tutto il discorso che Dante andato svolgendo sino a quel punto, non cessa
tuttavia di sorprendere per il suo tono vibrante, per la sua portata politica
clamorosamente ghibellina e per la sua complessa sostanza ideologica, che
rinvia alle teorizzazioni sulla nobilt svolte dieci anni prima nella canzone
Le dolci rime e ora riprese e sviluppate in direzione apertamente aristocratica
e imperiale nel libro IV del Convivio.4 E di questa complessit e stratificata
ricchezza di significati in fondo prova anche il fatto, gi per altro osservato,
che un ritratto siffatto ci porta direttamente alla figura di Ulisse.5 Dallaltro
lato, i principi e i marchesi del tempo presente, che hanno tradito lalto modello offerto da Federico II e da Manfredi e che Dante insulta con tanta violenza
nelle ultime righe del passo, sono nellordine Federico II dAragona (12721337), incoronato re di Sicilia nel 1296 e riconfermato nel 1302 con la pace
di Caltabellotta; Carlo II dAngi (1248-1309), figlio del primo Carlo, incoronato re di Sicilia da papa Niccol IV nel 1289, donde appunto la guerra con
il re aragonese; Giovanni di Monferrato, ultimo e, per Dante, degenere erede
della dinastia degli Aleramici, che dopo la morte del padre Guglielmo nelle
carceri di Alessandria, ripar ancora fanciullo in Provenza e a Napoli, donde
torn in Piemonte nel 1294 per ricostituire il dominio di famiglia, e mor
senza eredi nel gennaio 1305; lultimo, Azzo VIII dEste, stretto alleato dei
neri fiorentini, succedette al padre Opizzo II nel 1293 e mor nel 1308.6
4. Debbo sbito dire che la pi forte e decisa rivendicazione del valore di questa presa di
posizione stata fatta in pagine che restano fondamentali da John A. Scott, Dantes
Political Purgatory, Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1996, p. 30-35, che
per primo ha puntualizzato che It is surely impossible to doubt Dantes vigorously Ghibelline, anti Guelf attitude when he wrote this passage (c. 1304), with its exaltation of the
Staufen rulers of Sicily, whose achievement remained to the eternal shame of the contemporary rulers of Italy (p. 32). Unaltra preziosa indicazione di Scott nel suo limpido
saggio Il mito dellimperatore negli scritti danteschi, in Dante. Mito e poesia. Atti [...]
a cura di Michelangelo Picone e Tatiana Crivelli, Firenze: Cesati, 1999, p. 89-105, l
dove osserva (p. 90): Lassenza di qualsiasi accenno alla necessit che limperatore risieda
a Roma, insieme alle aspre critiche mosse ai Romani nel precedente capitolo [cio in Dve
I 11], a noi sembra indicare un momento ghibellino ancora privo del concetto della
romanitas dellImpero, concetto assolutamente fondamentale che invece affiorer, anzi
sgorgher dal cuore dellautore del Convivio, per rimanere sempre al centro del pensiero
politico del poeta. Ci, insieme ad altri elementi, conferma come il libro quarto del
Convivio sia posteriore al De vulgari eloquentia e mostra insieme la velocit dellesperienza dantesca in questi anni cruciali. Ma dello stesso Scott si veda anche Dante magnanimo.
Studi sulla Commedia, Firenze: Olschki, 1977, passim, ma in particolare, per quanto si
dir sulla nobilt, p. 239-245.
5. Vd. Richard Weigel, Dantes Ambivalence towards Julius Caesar and Frederick II, Classica et Mediaevalia, n. 51, 2000, p. 271-288: p. 278: Although the poet was surely familiar
with the bizarre tales told about Frederick by Salimbene, Villani and others, he ignores
most of these and refers to him with respect instead of caricaturing him as some kind of
modern Ulysses, though he does consign the Emperor to Hell. Ma per ci che comporta
lelogio, vd. ancora avanti.
6. Anche altrove Dante giudica severamente questi che formano una sorta di grottesca orchestrina, e motiva la propria condanna (vd. Giorgio Varanini, s. v. Este, Azzo VIII d, in ED,
I, 1970, p. 748): per Federico dAragona vd. Conv. IV vi 20; Purg. VII 119-20; Par. XIX
Enrico Fenzi
Molti elementi, tutti diversamente importanti, immediatamente emergono. Il primo: Giovanni di Monferrato, dato come vivente, morto s appena visto nel gennaio 1305, e ci ha permesso da tempo di datare questa
parte del De vulgari eloquentia (e forse tutto il primo libro) alla seconda met
del 1304. Fosse o no a Bologna nel biennio 1304-5, come qualcuno ha
ipotizzato,7 certo che per Dante si tratt di un momento particolarmente
delicato. Proprio allinizio dellestate egli si era defintivamete staccato dalla
compagnia malvagia e scempia dei Bianchi che andavano precipitando verso
la disfatta della Lastra (20 luglio),8 e ben riusciamo a immaginare quanto una
tale rottura fosse traumatica e complessa, anche per le accuse di tradimento
che si tir dietro e i probabili tentativi di ritorsioni e vendette da parte degli
ex-compagni, delle quali ancora leco nelle parole dellOttimo a proposito
dei preliminari della battaglia della Lastra:
et qui tocca come li Bianchi ebboro a sospetto Dante per uno consiglio chegli
rendee, che laiutorio delli amici sindugiasse di prenderlo nel tempo di verno,
alla seguente istate pi utile tempo a guerreggiare; il quale consiglio seguitato da Bianchi non ebbe leffetto che lautore credette, per che lamico poi
richesto non prestoe laiutorio, onde i Bianchi stimarono che Dante corrotto
da Fiorentini avesse renduto malvagio consiglio.9
Molti anni dopo Dante medesimo rievoc tutto questo in Par. XVII 61-69,
attraverso le profetiche parole di Cacciaguida che, a dispetto della distanza,
restituiscono la drammaticit della situazione allora attraversata, e confermano
le vecchie scelte e i durissimi giudizi contro la parte entro la quale aveva
militato in posizione di spicco, via via definita malvagia, scempia, ingrata,
matta, empia e infine bestiale:
E quel che pi ti graver le spalle,
sar la compagnia malvagia e scempia
con la quale tu cadrai in questa valle;
130-5 e XX 62-3. Per Carlo II dAngi vd. De vulg. el. II vi 4; Conv. IV vi 20; Purg. VII
126-7 e XX 79-81; Par. VI 106-8; XIX 127-9; XX 62-3. Per Giovanni di Monferrato, vd.
Purg. VII 133-6. Per Azzo VIII dEste vd. De vulg. el. II vi 4; Inf. XII 111-2; Purg. V 64-84;
XX 80-1.
7. Vd. ora il recentissimo volume di Marco Santagata, Dante. Il romanzo della sua vita,
Milano: Mondadori, 2012, in part. p. 389-391. A questo non certo soggiorno bolognese
Mirko Tavoni lega in modo forse troppo stretto la composizione del De vulgari eloquentia:
vedine lIntroduzione in Dante, Opere, Milano: Mondadori, 2011, I, p. 1113-1116 (osserverei brevissimamente: la Bologna bianca del 1304-5 era il soggiorno adatto per il Dante
traditore della sua parte, almeno a far data dalla battaglia della Lastra?). Si troveranno qui e
l i necessari complementi bibliografici, tra i quali spicca il fondamentale lavoro di Umberto
Carpi, La nobilt di Dante, Firenze: Polistampa, 2004, passim, che ha cominciato a dare i
suoi frutti e del quale anche questo mio intervento si dichiara debitore, come anche degli
altri suoi citati pi avanti.
8. Robert Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze: Sansoni, 1960, IV, p. 394-397.
9. In Giorgio Petrocchi, Vita di Dante, Bari: Laterza, 1986, p. 98 nota 8.
Enrico Fenzi
un esule), ma piuttosto quella, imperdonabile, di averlo fatto cercando laccordo con i nemici per antonomasia, i Ghibellini fuorusciti.11 Quel congedo,
insomma, e lammissione della colpa sarebbero di per s sufficienti a rendere
specialmente inquietanti le insinuazioni dellOttimo sopra riferite. Ma ecco che
il discorso si fa sbito delicato e richiede un supplemento di riflessione.
2. Lasciamo per un momento da parte il De vulgari eloquentia, che pure resta
il perno essenziale del discorso che vorrei fare, e consideriamo invece la ricostruzione di gran lunga pi ragionata e attendibile di quegli anni difficili, cio
quella di Carpi. Alla base sta la testimonianza di Leonardo Bruni che nella sua
Vita di Dante, composta nel 1436, racconta:
Fallita adunque questa tanta speranza [cio dopo la battaglia della Lastra], non
parendo a Dante pi da perdere tempo, part dArezzo et andossene a Verona;
dove, ricevuto molto cortesemente da signori della Scala, co loro fece dimora
alcun tempo et ridussesi tutto a umilt, cercando con buone opere et con
buoni portamenti racquistare la gratia di potere tornare in Firenze per spontanea revocatione di chi reggeva la terra. Et sopra questa parte saffatic assai,
et scrisse pi volte, non solamente a particulari cittadini et del reggimento ma
al popolo; et intra laltre, una epistola assai lunga, che incomincia: Popule
mee, quid feci tibi?. Essendo in questa speranza Dante di ritornare per via di
perdono, sopravvenne la electione dArrigo di Luzimborgo imperadore, per
la cui electione prima, et poi per la passata sua essendo tutta Italia sollevata
in speranza di grandissima novit, Dante non potette tenere il proposito suo
dellaspettare la gratia, ma, levatosi co lanimo altero, cominci a dire male di
quelli che reggevano la terra, appellandoli scellerati e cattivi et minacciando la
debita vendetta per la potentia dello imperadore, contra la quale dicea essere
manifesto loro non avere alcuno scampo [...] Morto dappoi lo mperadore
Arrigo, il quale nella seguente state mor a Bonconvento, ogni speranza al
tutto fu perduta da Dante, per che di gratia lui medesimo savea tolta la via
per lo parlare et scrivere contro a cittadini che governavano la repubblica, et
forza non ci restava per la quale sperare potesse. S che, deposta ogni speranza,
povero assai trapass il resto della sua vita, ecc.12
Com evidente e come altri passi della Vita confermano, Bruni dispone le
cose in modo da alleggerire Firenze dalla responsabilit daver mantenuto
Dante in esilio ( per esempio significativo che egli non faccia cenno della
condanna a morte del marzo 1302), e il peso che toglie alla citt lo carica sulle
11. Vd. in particolare Carpi, La nobilt, p. 509, che aggiorna in maniera assai convincente
la vecchia proposta di Cosmo, alla quale sera fortemente e ripetutamente opposto Barbi:
vd. anche leccellente ricostruzione della polemica nelle fitte pagine di Gorni, Filologia e
nazionalismo, p. 232 ss.
12. In Leonardo Bruni, Opere letterarie e politiche, a cura di Paolo Viti, Torino: UTET, 1996,
p. 546-547. Bruni parla di altre lettere da lui viste, probabilmente nella cancelleria della
Signoria di Firenze, e specifica pi avanti, p. 548, che Dante fu ancora scrittore perfetto, et
era la lettera sua magra et lunga et molto corretta, secondo io ho veduto in alcune epistole
di sua propria mano scritte.
spalle di Dante medesimo. Lelemento centrale del suo racconto sta in quellimmagine di Dante che per anni, dal giorno dopo la sconfitta della Lastra nel
1304 sino allelezione e alla discesa in Italia di Arrigo VII, eletto imperatore
nel 1309 e sceso in Italia per lincoronazione nellottobre dellanno successivo,
avrebbe brigato in ogni modo e a vari livelli per rientrare nella Firenze dei
neri, e che per, illuso dalla presunta invincibilit di Arrigo, era improvvidamente salito sul carro dellimperatore condannandosi da s allesilio perpetuo,
senza aspettare una grazia che Bruni insinua come possibile.
Carpi accetta in pieno questa ricostruzione degli anni 1304-1308, e pur se
riesce difficile che Dante conducesse i suoi tentativi stando nella Verona ghibellina degli Scaligeri (meglio certamente, allora, la Treviso di Gherardo e
Rizzardo da Camino, intrinseci del nero Corso Donati), dallaltra allo studioso riesce di mostrare quali e quante fossero le frequentazioni nere del
poeta, a cominciare dai Malaspina e da Guido Salvatico, dei Guidi di Dovadola, senza peraltro che sia possibile documentare un qualche loro rapporto
con un eventuale rientro del poeta a Firenze. Tuttavia, di l dalle complicate
e spesso inestricabili capriole politiche (che di propriamente politico avevano
spesso assai poco) di tante famiglie, specie minori, quelle brighe dantesche
avrebbero avuto un concreto punto dappoggio nella spaccatura emersa allinterno dei neri fiorentini tra gli intransigenti Della Tosa e il pi flessibile Corso
Donati: e una Donati, Gemma, era la moglie di Dante, che si supposto fosse
tornata in quegli anni a Firenze ( invece improbabile che Dante facesse conto
sul troppo breve tentativo di rappacificazione del cardinale Napoleone Orsini,
nei primi mesi del 1306, finito del resto nel nulla dopo la sua cacciata da una
Bologna ormai filo-nera il 23 maggio).
Ora, in questa sede non indispensabile riferire tutta la fitta rete di osservazioni e ipotesi messe in campo da Carpi per dare sostanza a quanto scrive
Leonardo Bruni: meglio leggere direttamente le sue pagine, straordinarie nel
gettare fasci di luce su una realt difficile e poco conosciuta entro la quale lo
studioso probabilmente lunico a muoversi con tanta maestria. Il punto
essenziale, ben chiaro, resta tuttavia questo: il dipingere gli anni 1304-1308
(esattamente quelli ripetutamente indicati da Carpi nei suoi lavori) come anni
condizionati dallintento di trovare da parte di Dante una via pi o meno
diretta per rientrare a Firenze, e dunque di trovare un accordo con i guelfi
neri, comporta il rischio di sottovalutare alcuni momenti importanti del suo
percorso e di proporne una visione dassieme alquanto distorta. Arrivo al
punto. Quel passo del De vulgari eloquentia ne risulta per dir cos depotenziato e risospinto indietro, e ridotto a un primo spunto legato alla relativamente breve fase caratterizzata dalla alleanza con i ghibellini (il triennio biancoghibellino, con le parole di Carpi): spunto che comincer ad esprimersi
compiutamente solo nel corso del Purgatorio.13 E simmetricamente, dallaltra
13. Carpi, Il secondo congedo, cit., p. 20. Su questa linea avanza con decisione ancora maggiore Santagata.
Enrico Fenzi
parte, la canzone Tre donne, che pure data come perfettamente contemporanea a quellesaltazione di Federico II e Manfredi, di fatto spinta in avanti
e chiamata a inaugurare la successiva e alquanto ambigua fase 1304-1308 nella
quale Dante ridussesi tutto a umilt, cercando con buone opere et con buoni
portamenti racquistare la gratia di potere tornare in Firenze per spontanea
revocatione di chi reggeva la terra. Fermiamoci un attimo, infatti, sui problemi posti dalla data alla quale far risalire un testo cos delicato come Tre donne.
Tradizionalmente, da Carducci in poi la si datata al 1302,14 ma ora Carpi la
sposta risolutamente in avanti, fondandosi sui v. 88-90: Onde, sio ebbi colpa,
/ pi lune ha volte il sol poi che fu spenta, / se colpa muore perch luom si
penta:
Nel suo recente commento Domenico De Robertis ha letto pi lune nel senso
generico di alquanto o parecchio tempo, ma io Dante vuol dire sempre
esattamente quel che dice preferisco attenermi alla lettera, cio pi mesi,
vari mesi: mesi, ma a far data da qual momento, da quale episodio politico
di svolta? Non vedo motivo di dubitare che si tratti del distacco di Dante dalla
compagnia malvagia e scempia dei fuorusciti ghibellini e bianchi consumatosi subito dopo la battaglia della Lastra (ma divergenze politiche e defatiganti
discussioni dovevano durare gi da tempo dentro quellalleanza, come traspare
dalla stessa lettera di Dante al cardinale Niccol da Prato), perci pi mesi
dopo il 19/20 luglio 1304, le due giornate della battaglia. Fine del 1304 dunque, ovvero prime settimane del 1305: pi lune non pu significare altro.15
Tosa e alleato della famiglia bolognese dei Caccianemici nel rivolgimento antighibellino e anti-biancoche port alla cacciata dei bianchi da Bologna nel
febbraio 1306 e che, per la sua parte, tanto contribu allirrevocabilit dellesilio dantesco.
Non chi non veda, a questo punto, la contraddizione che nasce dal considerare come contemporanei due testi assunti come espressioni di due stagioni di segno opposto: quella bianco-ghibellina dei primi anni desilio, cio il
triennio 1302-1304, e quella successiva, 1304-1308, se non dichiaratamente
filo-nera, almeno caratterizzata da un atteggiamento di tipo compromissorio
con chi aveva il potere in Firenze. Ma ora Santagata, facendo un passo avanti
rispetto alla generale sistemazione di Carpi, la risolve in maniera abile anche
se, a mio parere, per nulla convicente. Fatto proprio limpianto generale messo
a punto da Carpi, precisamente sulla data della canzone Tre donne che lo
studioso interviene. Come? Carpi, abbiamo visto, contava le pi lune a partire dal voltafaccia di Dante che aveva rifiutato di partecipare alla battaglia della
Lastra, assunto come concreta prova del pentimento che avrebbe cancellato la
precedente colpa dellalleanza con i ghibellini. Santagata invece, le conta a
partire dalla richiesta di perdono contenuta nella lettera Popule mee ricordata
dal Bruni. Non ricevendo risposta, Dante si sarebbe risolto a scrivere la canzone per sollecitarla:
I parecchi mesi vanno contati dal momento in cui lui si era pubblicamente
pentito, cio da quando aveva inviato lepistola ai priori, e pertanto questa
canzone deve risalire almeno agli ultimi mesi del 1306, durante il soggiorno
in Lunigiana. I versi finali si presentano come una sorta di sollecito, una perorazione indirizzata a chi poteva sostenere la causa di Dante.17
vero: qui e l Dante chiede perdono, e la circostanza tale che il rapporto tra i due testi va preso in seria considerazione. Ma la lettera, assai lunga,
perduta, e per di pi non conosciamo in alcun modo n loccasione (se una
precisa occasione ci fu) n la data nella quale sarebbe stata scritta. In teoria
potremmo addirittura scendere sino al 1308 ... Ma il fatto , tornando al
punto, che lipotesi appare strumentalmente intesa a sanare limbarazzante
coincidenza temporale di due testi in tutto e per tutto opposti, fatti rappresentativi di due fasi distinte della vicenda dantesca. Delle quali la seconda
finirebbe per essere affatto regressiva, un vero e proprio momento di stallo nel
percorso di Dante, come Santagata, che torno a citare per la sua estrema chiarezza, arriva a dire:
Durante la composizione del Convivio e del De vulgari eloquentia [...] egli
aveva mutato notevolmente le sue idee intorno allimpero che comincia
a considerare necessario affinch gli uomini possano conseguire la felicit
terrena- e aveva espresso giudizi lusinghieri proprio su quelli che la Chiesa
considerava i suoi peggiori nemici [leggi: Federico II e Manfredi]. Ma di questo
17. Santagata, Dante, cit., p. 193 e 196.
Enrico Fenzi
Ecco, non credo in alcun modo che si possano presentare cos le cose, e ho
limpressione che lancora inedito saggio di Carpi: Federico II e Manfredi
(vd. sopra, nota 9) sia dedicato precisamente a correggere una tale deriva.
Certo, Carpi accenna alla convulsa contraddittoriet delle esperienze politiche di Dante e, in quegli anni, a una fase complicata di intricatissima geografia e psicologia politica, ma pure puntualizza che ben chiaro che la lode
a Federico e a Manfredi nel De vulgari politicamente sostanziale, esprime
una precisa, articolata idea geografica e linguistica dellItalia e della sua collocazione in Europa [...] quella chiara visione del disgregato spazio della lingua
di s da unificare particolarmente dentro una ricostituita compagine imperiale, a sua volta da riportare come aula centrale nella sede naturale di Roma,
costituisce una novit sconvolgente nel Dante ormai fuori da Firenze e dal suo
esclusivo orizzonte comunale (p. 8).19 Si tratta insomma, come Carpi continuamente ribadisce, di un punto di non ritorno che esclude lidea di un
percorso ideologico zigzagante, e mostra invece una coerenza e una continuit
che non ha nulla a che fare con la necessit tutta contingente di muoversi
sfruttando gli eventuali spiragli che facessero balenare una possibilit di rientrare in Firenze, e che a noi pu presentare qualche puntuale difficolt per la
ricchezza delle sue interne dinamiche, non certo per atteggiamenti compromissori e opportunistici di un Dante che per tutto il corso dellInferno avrebbe tradito se stesso. Che sia in gioco proprio lInferno infatti evidente,
specie se si sottolinea, come stato fatto, che sarebbe solo nel Purgatorio, sin
dai suoi primi canti, che finalmente si scoprono le carte del Dante ghibellino
e filo-imperiale sin l ancora nascoste negli incompiuti De vulgari eloquentia e
Convivio. Il tema, se affrontato in tutta la sua ampiezza, oltrepassa sbito
lmbito di queste pagine ma, molto brevemente e ancora con laiuto di Carpi,
qualcosa vorrei dire, cominciando dalla data di Tre donne.
Ho gi detto che la lettura di Carpi mi sembra ineccepibile nel legare la
stesura della canzone ai mesi certo terribili della primavera-estate del 1304 (il
che significa pure che abbassarne la data in altri momenti e in altri contesti
Enrico Fenzi
ha prodotto Tre donne), ove si ha limpressione che insieme alle commosse note
di carattere personale: la povert, per esempio, e linvilimento ..., saccompagni
ancora una sia pur vaga speranza di ritorno a Firenze nel cui dolce seno egli
desidera con tutto lo core di riposare lanimo stancato e terminare lo tempo
ch m dato. Diversamente, direi, nel famoso capitolo sesto del primo libro
del De vulgari eloquentia lesilio ormai contemplato come destino, e addirittura si rovescia precisamente nella condizione dolorosa ma privilegiata che di
l dai miseri confini municipali permette di contemplare dallalto, sub specie
linguistica, popoli e nazioni:
Nos autem, cui mundus est patria velut piscibus equor, quanquam Sarnum
biberimus ante dentes et Florentiam adeo diligamus ut, quia dileximus, exilium patiamur iniuste, rationi magis quam sensui spatulas nostri iudicii podiamus. Et quamvis ad voluptatem nostram sive nostre sensualitatis quietem in
terris amenior locus qual Florentia non existat, revolventes et poetarum et
aliorum scriptorum volumina quibus mundus universaliter et membratim
describitur, ratiocinantesque in nobis situationes varias mundi locorum et
eorum habitudinem ad utrunque polum et circulum equatorem, multas esse
perpendimus firmiterque censemus et magis nobiles et magis delitiosas et
regiones et urbes quam Tusciam et Florentiam, unde sumus oriundus et civis,
et plerasque nationes et gentes delectabiliori atque utiliori sermone uti quam
Latinos.23
In qualche maniera si pu allora pensare che lo stacco che divide le affermazioni del primo libro del Convivio da quelle appena viste del De vulgari eloquentia (che, ricordiamo, stato scritto dopo il terzo del Convivio)24 riproduca almeno in parte lo stesso stacco che divide Tre donne dallaltro passo del De vulgari
eloquentia, quello appunto relativo a Federico II e Manfredi. Ed certo per altro
che il giudizio sul siciliano illustre e su Federico II e Manfredi e, di pi, il nesso
di consustanzialit che Dante coglie tra quel volgare e quella curia nella quale si
scopre che il volgare illustre, una volta definito come tale, aveva trovato il proprio
adeguato ubi consistam politico e sociale (si vada a Dve I xviii), frutto dellallargamento e, propriamente, dello sfondamento prospettico testimoniato con
tanta forza dal precedente capitolo sesto. Aggiungendo che la natura politica
23. [Dve I vi 3: Ma io, che ho per patria il mondo come i pesci hanno il mare, bench abbia bevuto
nellArno prima di mettere i denti e ami Firenze a tal punto da patire ingiustamente lesilio
proprio per averla amata, regoler la bilancia del giudizio pi sulla ragione che sul sentimento.
Certo, per la mia felicit e per la soddisfazione delle mie esigenze personali non esiste in terra
luogo pi bello di Firenze, ma sfogliando pi e pi volte i volumi dei poeti e degli altri scrittori
che descrivono il mondo sia nellinsieme sia nelle sue singole parti, e analizzando dentro di me
le varie localizzazioni delle regioni del mondo e la loro posizione rispetto ai due poli e al circolo
equatoriale, ho verificato e posso ribadire che ci sono molte regioni e citt pi nobili e pi belle
della Toscana e di Firenze, di cui sono nativo e cittadino, e che ci sono vari popoli e genti che
utilizzano una lingua pi piacevole e pi utile di quella degli italiani].
24. Vd. in particolare Enrico Fenzi, Introduzione, p. XLVII-L, in D. A., De vulgari eloquentia, a cura di E. F., con la collaborazione di Luciano Formisano e Francesco Montuori,
Roma: Salerno Editrice (Opere di Dante, III), 2012.
Enrico Fenzi
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114: essi sono anche illustri, s che della natura divina essi hanno anche la
capacit di illuminare le realt inferiori, secondo laccezione che pi avanti,
in Dve I xvii 2 sar applicata al volgare:
Per hoc quoque quod illustre dicimus, intelligimus quid illuminans et illuminatum prefulgens: et hoc modo viros appellamus illustres, vel quia potestate
illuminati alios et iustitia et karitate illuminant, vel quia excellenter magistrati
excellenter magistrent, ut Seneca et Numa Pompilius.29
Infine, con le parole di Dante, tali principi humana secuti sunt, brutalia
dedignantes, finendo cos per stringere in un sol nodo umanit e divinit,
e riportandoci a Tommaso che nel paragrafo che immediatamente segue le
parole sopra citate continua affermando che luomo pu corrompersi e precipitare al livello delle bestie, oppure esaltare le proprie capacit razionali s da
raggiungere un grado di perfezione quasi ad similitudinem substantiarum
separatum; et haec nominatur virtus divina supra humanam virtutem et communem (ma naturalmente inevitabile citare almeno Inf. XXVI 118-120:
Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per
seguir virtute e canoscenza).30 Federico II e Manfredi costituiscono dunque
un modello ultimo di perfezione e nobilt, tale che nelle parole con le quali
Dante lo definisce si attua una sorta di importante inversione concettuale:
quasi si dicesse non tanto che limperatore ha il dovere dessere compiutamente nobile, come tutta lampia precettistica al riguardo insegnava, ma piuttosto
che chi dotato di una nobilt cos sublime di per s un imperatore. Il che
del resto perfettamente coerente con la concezione sviluppata nel quarto del
Convivio a partire dalla canzone di dieci anni prima, secondo la quale la nobilt una grazia che solo Dio concede a lanima di quelli cui vede stare perfettamente ne la sua persona, acconcio e disposto a questo divino atto ricevere
(Conv. IV xx 7), dal momento che proprio e solo linfusione di tale grazia
definisce un atto di elezione divina che legittima e addirittura invoca ulteriori umane elezioni.31
29. [Quando usiamo il termine illustre vogliamo significare qualcosa che illumina e che, colpito
dalla luce, risplende. Allo stesso modo chiamiamo illustri certi uomini o perch, illuminati dal
potere, riversano su altri luce di giustizia e carit, oppure perch, educati in modo eccellente,
sanno educare altrettanto bene, come Seneca e Numa Pompilio]. Laccostamento gi in
Scott, Dantes Political Purgatory, cit., p. 31.
30. [quasi a somiglianza delle sostanze angeliche, e questa chiamata virt divina, superiore a
quella umana e comune]. Per il richiamo a Ulisse, vd. sopra, nota 5, la citazione di Weigel.
Per lorizzonte concettuale di queste affermazioni dantesche, vd. il grande libro di RenAntoine Gauthier, Magnanimit. Lidal de la grandeur dans la philosophie paenne et dans
la thologie chrtienne, Paris: Vrin, 1951, partic. p. 295 sgg. per la posizione di Tommaso.
Con riguardo a Dante, vd. Fiorenzo Forti, Magnanimitade. Studi su un tema dantesco,
Roma: Carocci, 2006 (1977), partic. il cap. I, Il Limbo e i Megalopsicoi della Nicomachea
(ma il passo del De vulgari eloquentia non qui considerato).
31. Andrea Robiglio, The Tinker as a Noble Man (bene natus) and Preliminary Remarks
on the Medieval Concept of Nobility, Vivarium, n. 44, 2006, p. 205-247: p. 242-243:
osserva come in Dante such a notion admits, to some degree, an ontological hierarchy of
Enrico Fenzi
messa in opera da Federico II, come tra gli altri scrive lo pseudo-Jamsilla,
secondo il quale limperatore
philosophiae studiosus erat et quam et ipse in se coluit et in Regno suo propagari ordinavit. Tunc quidem ipsius felici tempore in Regno Siciliae erant
literati pauci vel nulli; ipse vero imperator liberalium artium et omnis approbatae scientiae scholas in Regno ipso constituit, doctoribus ex diversis mundi
partibus per praemiorum liberalitatem accitis constitutoque tam eis salario
quam puperibus auditoribus, sumputum de sui aerarii largitate, ut omnis
conditionis et fortunae homines nullius occasione indigentiae a philosophiae
studio retraherentur.34
Per quanto rapido, il percorso che porta alla svolta ghibellina di Dante
dunque chiaro e irreversibile, e nel corso del De vulgari eloquentia supera altre
verifiche e trova altre conferme. Lintero scrutinio delle varianti regionali del
volgare ormai ancorato allo schema federiciano, e il volgare medesimo del quale
si va in cerca ne porta in s il marchio indelebile, come la parte finale del
paragrafo solennemente dichiara:
et quia regale solium erat Sicilia, factum est ut quicquid nostri predecessores
vulgariter protulerunt, sicilianum vocetur: quod quidem retinemus et nos, nec
posteri nostri permutare valebunt.35
Enrico Fenzi
Enrico Fenzi
ove lespressione di lode suona particolarmente adatta se, come penso, il dedicatario dellopera Luigi IX, re di Francia.42 Lespressione di Brunetto rientra
nel tipo abbastanza frequente del portare o avere manto (di umilt, di gioia,
ecc.) secondo il traslato biblico dellindossare e quindi del possedere.43 Ma in
Dante c qualcosa di pi intenso, perch laggettivo fa aggio sul sostantivo,
e luomo leggiadro diventa degno dessere fatto imperatore. A conferma sta il
fatto che il manto imperiale non solo una metafora, perch il Weltenmantel
aureo, preziosamente ricamato con figurazioni astrali, era un simbolo concreto,
42. Vd. per ci Fenzi, Brunetto Latini, cit., p. 330-331 e nota 12.
43. Job 29, 14: Iustitia indutus sum; Paolo, Coloss. 3, 12, ecc. Per altre occorrenze della
metafora vd. Gianfranco Contini, in Poeti del Duecento, Milano-Napoli: Ricciardi, II,
p. 586, per Lapo Gianni, VIII, Amore i prego 13 e 24, e Rosanna Bettarini per Dante
da Maiano, XXXIII, Gi non por 3-4, nelledizione delle sue rime, Firenze: Le Monnier,
1969, p. 97-98. In particolare, vd. Chiaro Davanzati, XXVII, Chiunque altrui blasma
91-92: Imperial coronha veramente / di tutta la bieltate, e soprattutto Dante, Epist.
I 7: tante urbis misericordiam induistis; ibid. II 6: mores eius egregios induatis (vi siete
rivestito di misericordia per cos grande citt; vi rivestiate dei suoi egregi costumi).
Enrico Fenzi
dopo lo decider a fare parte per s stesso. Ma pi precisamente ancora, e ancora qualche anno dopo lincontro infernale con Brunetto che suona come
definitiva conferma della valenza anti-comunale di quei versi di Poscia chAmor,
e conferisce loro il sapore della profezia. La condanna del vecchio maestro, nel
quindicesimo dellInferno, indubbiamente basata sulla sua sodomia, contiene
molte cose: tra esse, la condanna senza appello di quel Comune e di quel fallimentare progetto di educazione politica condotto in chiave strettamente municipale. Introducendo la parte sulla retorica nel Tresor, I 1, 8, ricamando ancora sulleloquenza quale fondatrice della civilt, scrive Brunetto che Anfione con
le sue bonnes paroles retraist les homes des sauvages roches ou il abitoient, et
les amena a la comune habitation de cele cit. Ma per Dante la retorica delle
buone parole non ha affatto funzionato, almeno a Firenze, e Brunetto gli avr
s insegnato tante cose, ma il suo magistero ha lasciato tutto come stava, visto
che proprio a lui, in una sorta di amara e rancorosa retractatio, fatto dire:
quello ingrato popolo maligno / che discese di Fiesole ab antico, / [...] tiene
ancor del monte e del macigno (Inf. XV 61-63: corsivi miei). Di l dalla persona dunque condannato un progetto, ed condannato il ceto che avrebbe
dovuto farsene carico: quel ceto di mercanti e banchieri e faccendieri chera la
naturale base sociale e politica di Brunetto alla quale Roberta Cella ha dato
nomi e cognomi45 e che ritroviamo in buona parte tra i sodomiti, gli scialaquatori e i suicidi dellInferno, lasciati ai loro vizi privati e (quando ci sono) alle
loro pubbliche virt. Il distacco di Dante lucido e definitivo: quel mondo e
quellesperienza hanno dato quel che potevano, tanto o poco che sia, e nulla
della sua effettuale e storica consistenza pu ormai essere salvato. A queste
ultime considerazioni, gi argomentate altrove,46 saggiunga ora un importante supplemento danalisi di Claudia Villa, dal quale giova citare ampiamente:
In questa citt infernale, che ripropone fedelmente coscienza di classe e
distinzioni fra gruppi di potere, il cancelliere Brunetto ancora, come in vita,
un protagonista, auctor di un progetto pur sempre affidato al suo Tresor: e se
lintenzione di Dante quella di valutare, attraverso lesperienza del maestro,
la societ in cui il vecchio priore ha operato, sembra di poter suggerire che
si ridefinisca qui un discorso pi complesso su tutte le forze che agirono
allinterno dellesperienza comunale. La citt di Brunetto, collocata in una
landa deserta e infuocata, risolta in un sabbione ardente privo di costruzioni,
simpone come una straordinaria metafora della forma di vita civile, garantita
da istituzioni cittadine, rappresentata dal comune in cui il dettatore ancora
credeva [...]. Se la riflessione politica di Dante, nella composizione dellInferno,
sembra progressivamente avviata verso la negazione di ogni possibilit di vita
civile allinterno della forma-comune ...
45. Roberta Cella, Gli atti rogati da Brunetto Latini in Francia (tra politica e mercatura con
qualche implicazione letteraria), Nuova rivista di letteratura italiana, VI, 2003, p. 367-408.
Se ne veda la recensione di Irene Maffia Scariati in Studi e problemi di critica testuale,
n. 71, 2005, p. 245-251, importante perch la studiosa ne ricava suggestive linee di ricerca
relative alla condanna dantesca.
46. Fenzi, Brunetto Latini, cit., in part. p. 368-369.
Nel suo viaggio continua la Villa Dante procede a saldare i conti con
le scelte politiche e civili delle quali ha fatto esperienza, e verifica come fra
arenghe e istruzioni ai podest, il progetto politico di Brunetto si sia tragicamente arenato. E Brunetto per primo
deve riconoscere nel figlio la propria disfatta: poich Dante ormai un condannato a morte, un intellettuale che non torner mai pi a Firenze e il populus, allevatosi alle passioni, non che un gregge di bestie.47
Quella sorta di precisazione finale, a voler dir lo vero, fa un passo avanti rispetto allEneide e per dir cos la completa alla luce di quella Verit rivela47. Claudia Villa, Natura e corpo sociale. Retorica (e cecit) di ser Brunetto, Rivista di studi
danteschi, X, 2010, p. 233-249: p. 238-239 e 346-347.
Enrico Fenzi
e che ben Pietro che in Par. XXVII 23-24, grida il proprio sdegno per
lusurpazione da parte di Bonifacio VIII del soglio pontificio: Quelli chusurpa in terra il luogo mio, / il luogo mio, il luogo mio ..., ove il luogo mio
48. Siro A. Chimenz, Canto II, in Letture dantesche. Inferno, a cura di Giovanni Getto,
Firenze, Sansoni, 1955, p. 29: Linciso un avvertimento discreto ma evidente a
Virgilio, pagano e cantore di Roma pagana. E allo stesso proposito Michelangelo Picone,
Inferno II: laltro viaggio, in Sotto il segno di Dante. Scritti in onore di Francesco Mazzoni, a cura di Leonella Coglievina e Domenico De Robertis, Firenze: Le Lettere, 1998,
p. 249-260: p. 257: Nel momento stesso in cui cita Virgilio, Dante lo corregge e lo integra:
lEneide trova nella Commedia il suo completamento e inveramento finale.
49. D. A., Commedia, revisione del testo e commento di Giorgio Inglese. Inferno, Roma:
Carocci, 2007, p. 53. Per parte sua Torraca, ad loc., insinuava a proposito di a voler dir
lo vero: sembrerebbe una concessione fatta un po a malincuore.
50. Conv. IV v 3-6: eletto fu in quello altissimo e congiuntissimo consistorio della Trinitade
che l Figliuolo di Dio in terra discendesse a fare questa concordia. E per che nella sua
venuta lo mondo, non solamente lo cielo ma la terra, convenia essere in ottima disposizione;
e la ottima disposizione della terra sia quando ella monarchia, cio tutta ad uno principe
[...] ordinato fu per lo divino provedimento quello popolo e quella cittade che ci dovea
compiere, cio la gloriosa Roma. E per che anche lalbergo dove l celestiale rege intrare
dovea, convenia essere mondissimo e purissimo, ordinata fu una progenie santissima [...] e
questa progenie fu quella di David, del qual discese la baldezza e lonore dellumana generazione, cio Maria [...] E tutto questo fu in uno temporale, che David nacque e nacque
Roma, cio che Enea venne di Troia in Italia, che fu origine della cittade romana, s come
testimoniano le scritture. Per che assai manifesto la divina elezione del romano imperio,
per lo nascimento della santa cittade, che fu contemporaneo alla radice della progenie di
Maria.
51. Epist. XI 3 [Roma alla quale, dopo la pompa di tanti trionfi, Cristo con le parole e con i fatti
conferm limpero del mondo, e che anche Pietro e Paolo, il predicatore delle genti, consacrarono
quale sede apostolica con laspersione del proprio sangue].
Enrico Fenzi
53. Allinterno di una breve ma intensa lettura nella quale torna a ribadire le proprie posizioni,
Nardi ancora sottolinea come il Virgilio dantesco sia non solo poeta ma anche filosofo
e storico verace, pi dello stesso Livio, a narrare le origini divine dellImpero romano e la
predestinazione di esso alla signoria del mondo (Tre momenti dellincontro di Dante con
Virgilio [1965], in Id., Saggi e note di critica dantesca, Milano-Napoli: Ricciardi, 1966,
p. 220-237: p. 230.
54. Una volta accertato, come lo stesso Carpi fa notare, che nellInferno non c mezza parola
contro lImpero, a conferma pu essere significativo che l dove questione dei tiranni
che dier nel sangue e nellaver di piglio manchi appunto ogni figura imperiale, quale per
esempio Nerone, e che tale categoria di dannati sia rappresentata nellordine da Alessandro
di Fere, Dionigi di Siracusa, Ezzelino da Romano, Obizzo II dEste.
Enrico Fenzi
Poi, mette in forte evidenza la chiusura infernale su Bruto e Cassio traditori di Cesare, maciullati con Giuda nelle fauci di Lucifero, a dire che i traditori di Cesare valgono i traditori di Cristo (p. 17-18).56 Ma non si tratta di
unaltra eccezione, come mi pare che alla fin fine intenda Carpi, che colloca
questi casi in controtendenza. invece una iniziativa, questa di Dante, che
salda il cerchio aperto con i primi canti, serrando lintera cantica tra due estremi che si richiamano a distanza e mostrano la continuit, non la frattura o la
sospensione, della riflessione dantesca, e la sua capacit strutturante. Con ci
resta vero che si possa parlare in generale di un Inferno guelfo, ma essenzialmente perch la guelfa Firenze la citt infernale per eccellenza,57 come Dante
ripetutamente denuncia per tutta la cantica: citt di Marte travagliata da odi
e guerre senza fine, preda costante di un incredibile caos civile e politico ch
lesatto, effettuale opposto di quello che avrebbe voluto lideologia comunale
di Brunetto. S che infine, se torniamo a ripensare al senso politico dellincontro che Dante ha con il vecchio maestro, non sar solo una battuta il dire che
s, lInferno davvero guelfo perch Dante in esso rappresenta un mondo privo
dellImpero, e mette in scena la tragedia della sua assenza.
Resum
La fora i el frau sn, segons una vella doctrina ciceroniana, els elements que configuren la
part animal de la poltica. Dante, a la Commedia, va identificar aquests conceptes amb les
dues causes de la injustcia que el cel castiga i va usar la seva distinci en el principal criteri
de demarcaci entre els territoris infernals. Aquest article parteix del relat que Dante fa del
que va sentir al cercle de lInfern on es troba Guido da Montefeltro condemnat per haver
aconsellat a Bonifaci VIII el recurs al frau per tractar la qesti del consell i de la relaci
entre el saber i el poder. I proposa la lectura del Llibre de les bsties de Ramon Llull com un
mirall en qu lautor, dacord amb aquella doctrina i amb la tradici literria de les faules
animalstiques, recorre a les feres per instruir el prncep sobre els secrets del domini, amb
unes llions que parlen del poder de la fora i del poder de lengany i que deixen al marge
el discurs sobre la justcia que defineix el bon govern.
Paraules clau: Ramon Llull; Dante; miralls de prncep; faules animalstiques; astcia;
poder.
Abstract
According to an old Ciceronian doctrine, force and fraud are the elements configuring the
animal part in politics. In the Commedia, Dante identified these concepts with the two
causes of injustice punished by the heavens and used his distinction in the main criterion
to mark off the infernal territories. This article comes from the story told by Dante of
what he felt in the Inferno circle where he met Guido da Montefeltro, who had been condemned for having advised Boniface VIII to use fraud, to deal with the council and about
the relationship between knowledge and power. He makes a suggestion to read Ramon
Llulls The Book of the Beasts as a mirror where the author, following that doctrine and
the literary tradition of animalistic fables, uses beasts to instruct the prince in the secrets
of domination, with lessons on the power of force and the power of deceit, leaving aside
the discourse on justice that defines good governance.
Keywords: Ramon Llull; Dante; prince mirrors; animalistic fables; cunning; power.
1. I Ghibellini di Romagna colli usciti di Bologna feciono loro capitano di guerra Guido
conte di Montefeltro, savio e sottile dingegno di guerra pi che niuno che fosse al suo
tempo (Giovanni Villani, Nuova cronica, edizione critica a cura di Giovanni Porta,
Fondazione Pietro Bembo, Parma: Ugo Guanda Editore, 1990-1991, t. I, l. VIII, c. 44,
edici electrnica www.liberliber.it, p. 173).
2. Utilitzo la paraula conversi en el sentit que tendia a tenir a lEdat Mitjana, quan solia
fer referencia no a ladopci duna fe o una llei religioses, sin a un canvi radical de vida
definit per la voluntat de viure duna manera ms pietosa.
3. Aquest somni shauria esdevingut tres anys abans de la conversi de Guido, mentre el
cavaller itali, aleshores excomunicat, feia de capit dels gibellins de Pisa i proposava
aliances al rei dArag. El relat presenta a Ramon, febrs, davant la terrible alternativa de
prendre lhbit de sant Domnec i salvar aix la seva nima o de prendre lhbit de sant
Francesc i salvar la seva Art. Llull, convenut que lArt havia de permetre la salvaci de
molts altres, elegeix la seva prpia damnaci i deman lhbit dels menors al guardi del
convent en qu est allotjat, que li promet que lhi donar quan sigui ms a prop de la
mort. Cfr. Ramon Llull, Vita coetanea, IV, 20-24 (ROL VIII, 1980, p. 284-288). s obvi
que, dacord amb els plantejaments lullians, si sant Francesc i un querub negre i diablic
shaguessin disputat lnima de Ramon arran daquest somni, el resultat hagus estat el
contrari del de la disputa que, segons Dante, hauria portat Guido a linfern. Cfr. Dante,
Inferno, XXVII 112-120.
4. Cfr. De fine, prleg, ROL IX, 1981, p. 250-251.
els miralls de prncep que, en ocasions traduts de lrab o de lhebreu, comencen a circular a partir del segle xiii per les corts de loccident llat. Com el
Secret dels secrets, el Calila i Dimna o el Llibre del Sidrac, que mostren que els
sobirans histrics o ficticis que simbolitzen el bon rgim han arribat a simbolitzar-lo perqu han sabut associar els savis al seu govern. El Llibre de les bsties, que Llull va escriure durant la seva primera estada a Pars, pels volts de
1287, est profundament relacionat amb aquesta mena de literatura, particularment amb el Calila i Dimna.17 En aquesta intervenci em centrar bsicament en aquesta obra lulliana i mirar de mostrar que lensenyament que Llull
hi vol transmetre no acaba de coincidir del tot amb aquella doctrina que
ensenya els pastors a tenir cura de les seves ovelles.
2. La fora i el frau en el Llibre de les bsties
Ramon coneixia b el Calila i Dimna. I el Llibre de les bsties, que tamb s un
mirall de prnceps, a ms daprofitar molts dels seus exemples i esquemes narratius, incorpora no tan sols aquesta idea sobre limportant rol de la figura del
conseller, sin tamb all essencial de la doctrina sobre el poder que pretenia
transmetre. Aquesta doctrina es podria sintetitzar, dentrada, com segueix. La
fora fsica, entesa com a capacitat dexercir una violncia que genera temor, s
un atribut necessari del poder (s per aquesta ra que els animals que mengen
carn consenten que el lle sigui rei i s per la por a la fora dels carnvors que
els animals que mengen herba han dacabar assumint el nou poder reial).18 Per
aquesta fora fsica, que, en principats de nova creaci, pot permetre dassolir
el poder, no s suficient pel seu manteniment. En aquest respecte, la fora duna
determinada mena de intelligncia, lastcia, all que Llull denomina maestria
(que s una de les caracterstiques que defineixen la guineu) li s clarament
superior. El lle, que s escollit rei per la seva fora fsica, noms aconsegueix
consolidar-lo quan Na Renard, que volia trair-lo i posar un altre rei en el seu
lloc, s superada en el camp que li s propi, el de lastcia o, si es prefereix, el
de la fora del coneixement relatiu a les trampes i els enganys.
La doctrina sobre la superioritat de lastcia respecte a la fora s un ensenyament que el Llibre de les bsties transmet de forma reiterada. I no s per
casualitat que es tracta dun tema omnipresent en el captol central de lobra.19
En aquest captol, que narra com Na Renard va arribar a ser porter del rei,
sexpliquen dues faules que hi fan referncia. La primera, la del corb i la serp,
17. Cfr. E. J. Neugaard, The Sources of the Folk Tales in Ramon Llulls Llibre de les bs
ties, Journal of American Folklore, n. 84 (Filadlfia 1971), p. 333-337 i les notes dArmand
Llinars, Raymond Lulle. Livre des btes. Version franaise du xve sicle avec traduction
moderne, introdution et notes, Pars: C. Klinsieck, 1964, i Antoni Bonner, Flix o el Llibre
de meravelles, Llibre set: de les bsties, en Obres selectes de Ramon Llull (1232-1316),
vol. II, p. 125-162.
18. Llibre de meravelles, VII, 37 (De la elecci del rey), ed. cit., p. 223-225.
19. Llibre de meravelles, VII, 40 (En qual manera Na renard fo porter del rey), ed. cit.,
p. 234-244.
prov del Calila i Dimna, on, desprs de narrar-la, Dimna explicita la seva lli
dient que lha explicat per fer comprendre que amb lastcia es pot assolir el
que no es pot aconseguir amb la fora. En el Llibre de les bsties, Na Renard,
que est oferint al lle el seus serveis i vol subratllar la seva competncia en el
terreny de lenginy, lexplica amb el mateix objectiu.20 La segona faula la narra
un dels consellers reials, el gall, per assessorar el rei, que est fora preocupat
per un problema de poltica exterior, el de la possible amenaa duna superpotncia vena, el regne dels humans. El gall proposa al lle un exemple que pren
la forma duna disputa allegrica entre la fora i la maestria que hauria tingut
lloc davant dun altre rei. La personificaci de cadascun daquests dos conceptes defensava que, per naturalesa, li pertocava dominar sobre laltra. Per dirimir
la qesti sobre a quina li corresponia naturalment manar, el rei les va fer
combatre. I Maestria conclou el gall venc et sobr Fora.21
El gall posa aquest exemple per desaconsellar lestabliment relacions diplomtiques amb el rei dels homes. La seva lli s que aquells que noms combaten amb la fora no tenen res a pelar amb aquells que fan s tant de la fora
com de lastcia. I que, per aix, el lle cometria un error si penss que es
podria arribar a defensar amb lastcia dun rei, el dels humans, que el supera en aquest terreny. Aquesta doctrina contrasta amb la que dna tot seguit
Na Renard, que ara, desprs dafirmar que Du mai no fa s de lastcia,
mant que, segons la naturalesa, sescau que aquells que combaten amb armes
semblants a les de Du, siguin els ms poderosos en les batalles.22 El fet que
sigui Na Renard, que espera satisfer la seva ambici nicament amb lastcia,
la que, dissimulant all que realment creu, defensa el domini de la fora
davant dun lle que ha esdevingut rei precisament perqu la mateixa guineu
ha fet notar que representa aquesta fora, posa de manifest lhabilitat literria
de Llull.
La doctrina sobre la superioritat de lastcia respecte a la fora t com a
corollari, en el Llibre de les bsties, la doctrina segons la qual noms amb lastcia, que no tan sols pot posar trampes als que noms sn forts, sin tamb
usar a favor seu la fora de tercers, es pot vncer lastcia. El lle sacaba cruspint
Na Renard, per el procs que porta a la derrota de la guineu segueix el pla
marcat per consells de lelefant. Aix es pot veure en lltim captol del llibre,
titulat De la mort de Na Renard, en qu Llull subratlla que lelefant va dir-se
que de la mateixa manera que la guineu volia matar amb astcia el lle, ell
mataria tamb amb astcia la guineu. Ramon t molt inters a deixar clar que
lelefant va pensar que si en el cos de la guineu hi cabien la traci, la certesa i
la maestria, en el seu, que era molt ms gran, hi cabien no noms la lleialtat i la
20. Ibid., p. 237-238. Cfr. Abdal Benalmocaffa, Calila y Dimna, traducci de Marcelino
Villegas, Madrid: Alianza Editorial, 2008, p. 125: Te he contado esta fbula para que
comprendas que la astucia consigue lo que no consigue la fuerza.
21. Ed. cit., p. 243.
22. Ed. cit., p. 244.
saviesa, sin tamb la mateixa maestria.23 Morta Na Renard, lelefant ser escollit pel lle com a conseller en lloc de la guineu i aquesta elecci coincidir, no
per atzar, amb el retorn de la cort al bon estament. Les tres qualitats que sallotgen en el seu cos sn les qualitats dun bon conseller. La lleialtat ns evidentment, segons Llull, una propietat indispensable, mentre que la traci, que s el
seu contrari, caracteritza el conseller malvat. La saviesa, que s un coneixement
relatiu a la causa final i al bon ordre entre les intencions que shi ordenen, tamb
s un tret propi del bon conseller. Llull la contrasta subtilment amb la certea que
satribueix a Na Renard, que s una aptitud, oposada a la grossesa intellectual i
pertanyent a lmbit de la intelligncia prctica, que permet dassolir objectius,
amb independncia de la bondat o la maldat daquests objectius, i que no s,
considerada en si mateixa, ni bona ni dolenta.24 A primer cop dull, pot semblar
que resulta difcil de distingir aquesta certea del que Llull denomina maestria,
que s una virtut que, segons el Llibre de les bsties, com acabem de veure, poden
compartir els bons i els mals consellers. Per en Llull, el concepte de maestria,
que coincidiria amb all que ara denominem astcia, acostuma a anar associada
a la idea dengany.25 Per tant, s grcies al fet que en el cos de lelefant tamb hi
cap, a ms de la certesa, lastcia, una llestesa relativa a lengany, un enginy ben
equipat tant per enganyar com per no deixar-se enganyar, que el lle pot retenir
el poder derrotant la guineu, que tamb troba en lastcia una de les seves principals caracterstiques.26s important no perdre de vista la manera com al llarg
del llibre Ramon va perfilant el carcter del lle i com destilla a travs daques23. Ell dix enfre si que enax com Na Renart ab maestria volia fer auiure al rey, que anax
ell ab maestria fes auiure al Rey Na Renart. Cor, si en lo cors de Na Renart cap traci,
ertea ni maestria, quant mes dix lAurifany en mon cor[s], qui es tan gran, deu caber
lealtat, saviea et maestria (ed. cit., p. 265).
24. Libre de contemplaci en Du, cap. 76, 9, dins ORL III, 1906, p. 94: car si lome pec fa
neguna errada per peguea e per defalliment de certea, la vostra justicia [es refereix a la
justcia divina] escusa aquell e no ponex aquell de greus penes; e si lome cert fa falliments
per oltracuidament de saber, la vostra justicia punex aquell de greus penes e no reeb dell
nulla escusa. Aquesta aptitud intellectual no era considerada ni per Llull ni per la tradici
exclusiva dels homes: Les bsties ... sempre que sn nades an forsa e certea de percassar
so don prenen vida (ibid., cap. 103, 8, ORL IV, 1910, p. 4). Cfr. Aristtil, Historia
animalium, VIII, 1.
25. Cfr. Libre de contemplaci en Du, cap. 210, 22-24, ORL V, 1911, p. 358-359. Cfr. Arnau
de Vilanova, Raonament dAviny, en Obres catalanes, Barcelona: Barcino (Els Nostres
Clssics), 1947, vol. I, p. 178-179: Car, pus quels prelats e les crides no serven en vida
o que aquella Escriptura demostra, manifesta occasi donen, als prnceps e als altres,
de pensar, duptan ea si o que aquela Escriptura cont s veritat, o si s obra de Dus o
dmens maestrejats.
26. A tica a Nicmac VI, 13 (1144a 23-7), Aristtil distingeix entre laptitud intellectual que
ens fa capaos de descobrir i usar els mitjans ms eficaos per assolir qualsevol objectiu
que ens proposem (que denomina deinots), la prudncia (phrnesis), terme que reserva a
aquesta aptitud quan la meta que es persegueix s bona, i lastcia (panourga), que seria el
nom que rebria aquella aptitud quan la meta perseguida s dolenta. En el vocabulari lulli,
la certesa es correspon amb la deinots aristotlica, que en llat se solia traduir per industria,
i la maestria amb la panourga, que en llat sacostumava a traduir per astutia.
ta caracteritzaci les seves doctrines sobre el poder i sobre el govern. Com hem
vist, s per la fora que el defineix i per la por que desperta que arriba al poder.
I s tamb per la fora dels animals que mengen carn en general que els animals
que mengen herba se senten obligats a assumir la seva reialesa. Un cop fet rei per
la voluntat dels seus nous sbdits, el lle no saparta del que es presenta com la
llei natural: la seva primera decisi s permetre els animals que mengen carn i
que han afavorit la seva elecci que es mengin els animals que mengen herba.27
Aquesta situaci empeny a lexili el cavall, que era el pretendent del herbvors a
la corona, i el bou, que shavia singularitzat com el principal defensor de la seva
pretensi. Per les seves respectives experincies a lexili els fan veure que s
millor estar en perill de mort en la prpia ptria que en una daliena.28 Amb el
seu poder ja reconegut, arriba el moment que el lle nomeni els seus consellers
i demana la collaboraci de la cort. A lhora de fer-ho, demostra, si ms no, que
sap una de les coses que ensenyaven els miralls dels prnceps: que al sobir li
pertoca governar els altres i a si mateix i que, donat que aix s molt complicat,
li cal comptar amb consellers savis i lleials, que sn la garantia de la salvaci del
poble.29 Per s precisament lelecci daquest consell, del que inicialment s
exclosa Na Renard, el que origina les maquinacions de la guineu per enderrocar
el lle i posar lelefant en el seu lloc. Aquestes estratagemes li permetran, primer,
servir com a porter del rei i, desprs, esdevenir el seu nic conseller.
Llull no sest de mostrar, mentre narra com es desenvolupa tot aquest
procs de tradoria, que el lle t, duna banda, una intelligncia ms aviat
escassa i que, daltra, tamb mostra una clara propensi a lira, a la intemperncia i a la luxria. I el fet s que, sense un bon conseller al costat, no noms
est indefens davant lastcia de Na Renard, sin que, a ms, cau, un darrera
laltre, en tots els vicis, fins que finalment, desprs dassassinar amb perfdia el
lleopard, perd el favor dels seus sbdits perqu no hi ha res ms perills que
estar sotms a un rei injuris, arat i trador.30 Aquest assassinat, que embota
la seva nima fins al punt de convertir-lo en ms obts del que ja era i de
perdre la facultat dinterpretar els exemples que, a tall de consells, li presenten
els seus assessors, acaba de confirmar que el lle s incapa de governar-se a si
mateix i, per tant, de governar els altres sense el suport dun bon conseller.31
27. Per la fora del Ors et de les altres besties qui menugen carn, malgrat de les besties que
menuguen erba, fo elet lo Le a esser rey; lo qual Le don licencia a totes les besties qui
menugen carn que menjassen et vivissen de les besties qui menugen erba (ed. cit., p. 225).
28. Ed. cit, p. 225-226.
29. Et cor sia gran cosa treball a rey governar si matex et son poble, per a vos prech tuyt
ensemps quem donets consellers quim ajuden et quim consellen de tal manera que sia
salvament de mi et de mon poble (Del consell del rey, ed. cit., p. 236).
30. Tots quants foren en la plaa del rey foren despagats del falliment quel rey havia fet et
casc desir esser en senyoria daltra rei, cor molt es perillosa cosa subjugaci de poble qui
sia sotms a rey injuris, irs, traydor (ed. cit., p. 254 ).
31. Lo Le, depuix que fo en peccat et hac mort lo Leupart, no hac tanta de sobtilea ni de
engin com dabans havia et no ents o que les paraules que la serpent hac dites significaven;
e dix a la Serpent que li esposs les paraules, cor ell no les entenia (ed. cit., p. 258).
Com ja hem vist, noms lastcia de lelefant, a qui li sembla ms sensat, si vol
sobreviure, fiar-se del lle que de la guineu, permet que el lle mantingui el
poder i sigui capa, a travs del seu consell, destablir un bon govern.
3. El domini i el govern
Una de les peculiaritats del miralls de prncep musulmans radica en la distinci entre dues categories de conceptes relacionats amb els fenmens poltics.
Duna banda, aquells que remeten al poder pensat com a domini. Daltra,
aquells que parlen del poder en tant que el seu exercici sordena teleolgicament a un fi tic collectiu que transcendeix les passions dels individus particulars.32 El final del Llibre de les bsties, un obra que sinspira en aquests miralls,
podria portar a concloure que Llull confon la qesti del domini i de la seva
perpetuaci amb la del govern i la seva justcia. Per la lectura atenta de lobra
prev de caure en aquest error.33 Hi ha en lobra dos fils que, tot i que per
lembull en qu es troben en la superfcie del text es poden prendre per un de
sol, cal distingir. El fil principal de lobra tracta de la primera daquestes qestions, del domini. Explica, com hem vist, que la corona pertany al lle perqu
el poder poltic s naturalment lexpressi duna fora que, per mitj del seu
exercici efectiu o de la por, ha aconseguit dobtenir la submissi. I ensenya que
aquesta fora, la de la violncia fsica, pot ser venuda per una altra fora, la
de lastcia, que noms por ser derrotada per ms astcia o per laliana de
la violncia amb lastcia. Dacord amb aquest primer fil, el poder que triomfa a la fi de lobra s un poder que es fonamenta en la fora bruta i que aconsegueix imposar-se grcies a lassociaci a una altra fora purament tcnica, la
de la maestria, que li permet de no caure en els enganys dels enemics. Ramon
deixa ben clar no noms el motiu pel qual el lle t el poder, sin tamb que
si lacaba mantenint no s perqu lexercici daquest poder sigui tingut per just
pel seus sbdits. Com hem vist, el lle que conserva el poder s un lle que els
seus sbdits consideren intemperant, injuris i trador; una consideraci que
els fa desitjar ser sbdits dun altre rei. La faula que explica Llull s, dentrada,
la faula dun rei injust que acaba conservant el poder que havia obtingut grcies
a la por que despertava la seva fora. I lelefant, que acaba associant la maestria
32. Makram Abbs, Islam et politique lge classique, Pars: Presses Universitaires de France,
2009, p. 49.
33. Lltima frase del llibre, lanterior a lexplicit, s, llegida literalment, ambigua: E pus que Na
Renard fo mort, fo sa cort en bon estament. Lo rei feu de son consell lAurifany et el Senglar
e daltres honrats barons, et gitn lo Conill e lo Pa. La conjunci pus que pot tenir tant
un sentit temporal (desprs que) com introduir la proposici que indica la causa suficient
dall que es diu en laltra proposici (ja que). La meva interpretaci s que Llull juga amb
aquesta ambigitat: la lectura superficial del text convida establir una relaci causa-efecte
entre la mort de la guineu i lestabliment del bon govern; la lectura profunda no accepta
aquesta causalitat ms aviat infantil i relaciona aquest establiment amb el nomenament
dun nou consell, amb barons astuts i honrats, de qu es parla a lltima frase i que en seria
la condici necessria.
que comparteix amb la guineu a la fora del lle per tal de salvar-lo, ho fa, com
es pot veure si es llegeix amb deteniment el text, ms que per una lleialtat visceralment sentida cap al seu senyor natural, perqu calcula que lobedincia
li pot garantir millor la supervivncia que la traci.34 El fet que aquesta calculada lleialtat acabi donant lloc a una situaci en qu impera el bon govern no
sembla que es pugui atribuir a all que sexplica: el triomf de lastcia de
lelefant sobre lastcia de la guineu.
Laltre fil, laltra qesti, la del govern i la seva justcia o injustcia, tamb
es va deixant veure al llarg de lobra. Hi irromp, sobretot, a travs dels consells
que els membres de la cort ofereixen al lle per mitj de la narraci de faules
i exempla. Una idea recorrent en aquests consells s que el rei ha dimitar en el
seu govern el govern de Du en el mn, un govern que sexpressaria tant a
travs de la llei natural com per mitj de les autoritats i exemples bblics.35
Ramon posa la majoria daquests consells en boca de Na Renard, que en ocasions cita lautoritat de la Bblia per fonamentar els consells fraudulents que
ofereix al rei.36 s important dassenyalar que no hi ha cap personatge a lobra
que es mostri tant preocupat pel bon regiment del nou regne com Na Renard.
No nhi cap que liguali donant consells simuladament pietosos al rei, quan el
monarca s present, o criticant el mal govern del rei i els mals consells dels seus
consellers, quan no hi sn ni lun ni els altres. Llull es complau a explicar com
la guineu para les seves trampes per mitj daquestes mostres de preocupaci
i daquestes crtiques. Un dels primers a caure-hi s el bou, recentment tornat
de lexili, que desprs de sentir-les narra un exemple que conclou la lli que,
si el rgim de lle s tal com el descriu la guineu (s a dir: un rgim malvat,
amb un rei i un consell malvats), s millor estar amb els pastors que guarden
les ovelles dels llops que amb el pastor que mata les seves ovelles i les dna als
34. Ed. cit., p. 265. Llull descriu el procs que porta lelefant a la decisi de ser fidel al seu
senyor natural com un procs llarg. En un principi, pensa a consentir la mort del rei;
finalment canvia dopini. Quan es planteja la traci, t molt present que si no fa cas a Na
Renard, que li proposa de participar en la conspiraci, la guineu pot afavorir, com a consellera del rei, que el lle el condemni a mort (per la seva predisposici anterior a trair-lo).
Per en la deliberaci que el porta a optar per la lleialtat al rei, hi s ben present la idea
que, en cas dacceptar la corona que li ofereix Na Renard, aquesta el pot acabar traint de
la mateixa manera que al lle. Certament, el text diu que lelefant am mes estar en perill
de mort, que fer trai a son senyor natural, per cal no oblidar que al darrere daquesta
preferncia hi ha la conscincia del fet que, mentre Na Renard sigui viva, lelefant, faci el
que faci, estar en perill.
35. Cfr. Michel Senellart, Les arts de gouverner. Du regimen mdival au concept de gouvernement, Pars: ditions du Seuil, 1995, p. 200.
36. Ja en la seva primera intervenci en el llibre, realitzada en el moment de la deliberaci
prvia a lelecci del rei, Na Renard, desprs de recordar la intenci amb qu Du ha creat
el mn, aconsella a les bsties reunides en assemblea que segueixin la llei natural: devets
seguir la retgla e lordenana que Deus ha donada e posada en les creatures (ed. cit., 223224). En el captol En qual manera Na Renart fo porter del rey, es troba un daquests
consells fonamentats en lautoritat de la Bblia: la guineu aconsella el rei que es desfaci dun
dels seus primers consellers, la serp, recordant la maledicci divina que pesava sobre aquest
rptil per haver mal aconsellat Eva en el Parads (ed. cit, p. 239). Cfr. Gnesi 3, 14-15.
suau. El papa, els cardenals i els prelat noms sn comparats per Flix, el
protagonista de la novella, amb mals pastors que no fan cas dels gossos, que
serien els cristians que viuen prop dels infidels i que borden infructuosament
perqu els pastors facin el que pel seu ofici els pertoca: combatre els errors dels
no cristians.40
Cal remarcar, pel que fa a aquest ltim s de la metfora pastoral, la coincidncia entre la descripci que el bou, en el Llibre de les bsties, fa, caient en
la trampa de la guineu, del mal regiment del poder reial del lle i la descripci
que Flix realitza, en el llibre segent, que ja no tracta de les bsties sin de
lhome, del mal regiment de la cristiandat per part del poder eclesistic del
papa, els cardenals i els prelats. Flix que, assistint als fets ficticis que sexpliquen en el Llibre de les bsties, ha aprs que hi ha sbdits astuts que poden
afavorir amb les seves insdies i enganys el sorgiment del discurs sobre el pastor
convertit en llop per buscar lanimadversi cap els reis, sembla que no dubta,
sabent el que ja havia aprs sobre Du i sobre all que li s degut en el llibre
primer de lobra, a qui li correspon la principal responsabilitat del mal regiment del mn. Per cal remarcar tamb que, tot i que el seu diagnstic sembla
que s lencertat als ulls de Llull, Flix en el Llibre de les bsties ha aprs ms
coses sobre la manera de no caure en els enganys que sobre all que faria bo
un govern, tret del fet que aquest govern t, entre les seves condicions de possibilitat, que el rei spiga governar-se a si mateix i, sobretot, que tingui al seu
costat un bon conseller. En un bon rgim, hi hauria de governar la justcia i
aquest llibre, el set del Llibre de meravelles, en qu es tracta sobretot de la fora
i el frau, noms parla de la justcia per descriure all que cau fora de la narraci, el rgim que sorgir de laliana de la fora del rei no amb aquesta astcia,
no amb el coneixement purament tcnic relatiu als mitjans, sin amb la savie
sa en relaci al fins que tamb hauria de caracteritzar el bon conseller.
4. La fora i el frau poltics en la tradici literria
La fora i el frau formen una parella de conceptes que ha interpretat un paper
ms important al llarg de la histria del pensament poltic del que se sol pensar en lactualitat. Cicer ja en parla al De officiis, posant-los en relaci precisament amb la justcia. Hi diu que hi ha dues maneres de cometre la injustcia,
amb la fora i amb el frau, i fent comparixer les dues bsties que protagonitzen la faula lulliana, afirma que la primera sembla prpia del lle i la segona
de la guineu. I, a continuaci, afegeix que totes dues sn summament alienes
als homes, tot i que el frau s ms odis perqu no hi ha injustcia pitjor que
la daquells que quan la cometen simulen ser homes de b.41 Poc abans, en
40. Ramon Llull, Llibre de meravelles, ed. a cura de Salvador Galms, Barcelona: Barcino (Els
Nostres Clssics), 1933, vol. III, p. 5-6.
41. Ac de bellicis quidem officiis satis dictum est. Meminerimus autem etiam adversus infimos
iustitiam esse servandam. Est autem infima condicio et fortuna servorum, quibus non male
praecipiunt, qui ita iubent uti, ut mercennariis: operam exigendam, iusta praebenda. Cum
aquesta mateixa obra, havia afirmat que hi ha dues maneres dacabar una
guerra, amb la fora i amb la negociaci i que, tot i que aquesta ltima era la
prpia dels homes, a vegades era precs recrrer a la primera, que s la prpia
de les bsties.42 La Rhetorica ad Herennium, que els medievals tamb tenien
per una obra de Cicer, tamb socupa daquests dos conceptes, precisament
quan tracta del consell. Quan parla de gnere deliberatiu i concretament de
les deliberacions poltiques, lobra mant que sescau que el conseller miri (com
veiem abans que va fer lelefant lulli) noms per linters (la utilitas) i, en un
gir curis, divideix aquest inters en dues parts: la honestedat i la seguretat,
que, al seu torn, es dividiria en la fora i en el frau (vim et dolum).43 Lautor
de la Rhetorica ad Herennium t clar que, a vegades, la seguretat (que es garanteix amb ls de la fora i del frau) no concorda amb lhonestedat, amb all
virtus, i aconsella, en aquests casos, redescriure lacci que es recomana per
fer-la aparixer com a virtuosa (dient, per exemple, que, en una determinada
situaci, s propi de valents fer all que, en una altra, seria un signe de
covardia).44 Com es pot veure, aquesta posici concorda, en all essencial, amb
el passatge de la molt citada Epistola dedicatria del De cive, en qu Hobbes
autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis
videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore. Totius autem iniustitiae
nulla capitalior quam eorum, qui tum, cum maxime fallunt, id agunt, ut viri boni esse videantur. De iustitia satis dictum (Cicer, De officiis, I, 12, 41, ed. i trad.Walter Miller, Loeb
Classical Library, Cambridge: Harvard University Press, 1913, p. 44-46, cursiva meva).
42. Sunt autem quaedam officia etiam adversus eos servanda, a quibus iniuriam acceperis. Est
enim ulciscendi et puniendi modus; atque haud scio an satis sit eum, qui lacessierit iniuriae
suae paenitere, ut et ipse ne quid tale posthac et ceteri sint ad iniuriam tardiores. Atque
in re publica maxime conservanda sunt iura belli. Nam cum sint duo genera decertandi,
unum per disceptationem, alterum per vim, cumque illud proprium sit hominis, hoc beluarum, confugiendum est ad posterius, si uti non licet superiore (Cicer, De officiis, I, 11,
34, ed. cit., p. 34-36, cursiva meva).
43. Omnem orationem eorum, qui sententiam dicent, finem sibi conveniet utilitatis proponere, ut omnis eorum ad eam totius orationis ratio conferatur. Utilitas in duas partes in
civili consultatione dividitur: tutam, honestam. Tuta est, quae conficit instantis aut consequentis
periculi vitationem qualibet ratione. Haec tribuitur in vim et dolum, quorum <aut> alterum
separatim aut utrumque sumemus coniuncte. Vis decernitur per exercitus, classes, arma,
tormenta, evocationes hominum et alias huiusmodi res. Dolus consumitur in pecunia, pollicitatione, dissimulatione, maturatione, mentitione et ceteris rebus de quibus magis idoneo
tempore loquemur, si quando de re militari aut de administratione re <publica> scribere
velimus. Honesta res dividitur in rectum et laudabile [...] (Rhetorica ad Herennium, III, 2,
3, ed. i trad. H. Caplan, Loeb Classical Library, Londres-Cambridge. Mass.: Heinemann
i Harvard University Press, 1954, p. 160-162, cursiva meva).
44. Rhetorica ad Herennium, III, 3, 6. Cfr. ibid. III, 5, 8: honestum nihil oportere existimari,
quod non salutem pariat. Quintilli fa un sugeriment que apunta en la mateixa direcci
a Institutio oratoria, III, 8, 31: Sed neque hic plane concedendum est esse id inhonestum
i III,8, 32: Haec autem, quae tantum inter se pugnant, plerumque nominibus deflecti
solent. Per aquesta qesti en general, Maurizio Viroli, Machiavellis God, Princeton, New
Jersey: Princeton University Press, p. 129-131. Per la qesti ms concreta de les tcniques
de redescripci, Quentin Skinner, Reason and Rhetoric in the Philosophy of Hobbes, Cambridge: Cambridge University Press, 1996, p. 138-180.
de les bsties i que, segons els antics, es podia aprendre observant els comportaments dels propis animals i prenent nota de les seves habilitats per mitj de
la prctica de la caa i la pesca. Potser no s ocis de recordar, un cop arribats
a aquest punt, que de la guineu i del lle, tamb en parla Guido da Montefeltro en la seva confessi a Dante i a Virgili, quan, descrivint les seves accions,
afirma, subratllant tcitament la seva major condemnabilitat segons la tradici
ciceroniana, que no eren les prpies del lle, sin les de la guineu.48 Ni dapuntar tamb, encara que noms sigui de passada, que Benvenuto dImola, en el
seu comentari a la Commedia, interpreta el que diu Guido da Montefeltro,
quan descriu amb voluntat dexcusar-se la situaci que va desencadenar lacci
que lhauria portat a linfern, com si hagus volgut dir que, tot i ser ell mateix
molt astut, Bonifaci, que nera encara ms, lhavia enganyat amb les seves
paraules sobre el poder de les claus.49 Guido sautodefineix com una guineu
que excellia en lart de lengany i que va ser enganyat per alg per parava
millor que ell les trampes. I Dante li reserva un lloc a linfern entre els consellers fraudulents perqu, fent com si cregus que el frau que proposava ja havia
estat absolt per Bonifaci, va tirar pel dret afavorint deshonestament un comportament injust.
La qesti que samaga sota la closca del que Dante i Virgili van poder
sentir a la vuitena fossa del cercle vuit de lInfern s tamb, de fet, la qesti
duna determinada mena de mentida poltica i de la seva legitimitat i, ms
concretament, la de la responsabilitat dels consellers en el seu s per part dels
prnceps. s, com es pot veure, una qesti molt relacionada amb la que es
tracta en el fams captol 18 dEl Prncep de Maquiavel, un captol en qu el
secretari florent va tenir molt en compte, segons alguns erudits, el cant 27 de
lInferno en qu apareix Guido. Aquest captol porta com a ttol De quina
manera els prnceps han de mantenir la paraula donada(Quomodo fides a
principibus sit servanda). I Maquiavel hi defensa que el Prncep ha de saber
unir la fora del lle (per esporuguir el llops) amb lastcia de la guineu (per
conixer les trampes).50 Ja sabem on havia portat Guido, segons Dante, el
consell que havia donat a Bonifaci VIII de no mantenir la seva promesa.
48. Mentre chio forma fui dossa e di polpe / che la madre mi di, lopere mie /non furon
leonine, ma di volpe (Inferno, XXVI 73-75, cursiva meva).
49. L ve l tacer mi fu avviso il peggio, scilicet, ad satisfaciendum voluntati, quia malum
videbatur mihi respondere, sed peius tacere; quasi dicat: Bonifacius astutissimus circumvenit
me astutissimum verbis suis, quia non poteram ulterius honeste vel tute me excusare, quia
nolebam negare potestatem summi pontificis, qui dicitur Deus in terris, aut eius scientiam
et prudentiam magnam. Et sic comes, dum nititur se excusare, accusat [...] (Benvenuto
da Imola, Comentum super DantisAlighieris Comoediam, Inferno, XVII, vv. 106-111,
Biblioteca Italiana, Universit degli Studi di Roma La Sapienza, cursiva meva).
50. Sendo dunque necessitato uno principe sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare
la golpe e il lione: perch el lione non si difende da lacci, la golpe non si difende da lupi;
bisogna adunque essere golpe a conoscere e lacci, e lione a sbigottire e lupi (Niccol Machiavelli, Il Principe, cap. 18, ed. Giorgio Inglese, Torino: Einaudi, 1995; versi electrnica:
Roma: Biblioteca Italiana, 2003).
Maquiavel, per la seva banda, subratlla que, sens dubte, s dall ms lloable
que un prncep mantingui la paraula donada i visqui amb integritat, per no
sest de dir, esbotzant la sortida demergncia que havien installat Cicer i la
Rhetorica ad Herennium, que els qui sen surten millor sn aquells que, quan
els ha convingut i seguint la manera de la guineu, shan saltat aquesta observana.51 Per b que podria haver esmentat lexemple de Bonifaci VIII, Maquiavel opta per posar un exemple ms proper, el dun altre papa, Alexandre VI,
un mestre en lart de simular i dissimular, al qui considera incomparable en la
prctica denganyar els homes i de no respectar gens les promeses.52
5. Faules animalstiques i realisme poltic
Si mha interessat introduir aquest captol dEl Prncep no s noms, per, per
recordar els ensenyaments que vol aportar a aquells que volen governar, sin
tamb, i sobretot, per all que ensenya als estudiosos de la histria de les idees
i de les maneres de comunicar-les. Com potser alg recordi, aquest captol dEl
Prncep tamb incorpora una interessant lectura allegrica dels mites referents
al centaure Quir, que va portar damunt la seva gropa, mentre els ensinistrava de nens en les arts que els serien desprs indispensables (inclosa, evidentment, la de la caa), Aquilles, Teseu, Heracles i daltres prnceps antics. Segons
Maquiavel, el fet de tenir per preceptor un sser meitat bstia meitat home
no vol dir altra cosa que al prncep li cal saber utilitzar luna i laltra naturalesa, ja que luna sense laltra no pot durar.53 Poc abans doferir aquesta clau
hermenutica, ha distingit, seguint tcitament Cicer, dues formes de combatre: luna amb les lleis (que seria la prpia de lhome) i laltra amb la fora
51. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendono. Non pu pertanto
uno signore prudente, n debbe, osservare la fede quando tale osservanzia gli torni contro
e che sono spente le cagioni che la feciono promettere. E se li uomini fussino tutti buoni,
questo precetto non sarebbe buono: ma perch e sono tristi e non la osserverebbono a te,
tu etiam non lhai a osservare a loro; n mai a uno principe mancorno cagioni legittime di
colorire la inosservanzia. Di questo se ne potrebbe dare infiniti esempli moderni e mostrare
quante pace, quante promisse sono state fatte irrite e vane per la infidelit de principi:
e quello che ha saputo meglio usare la golpe, meglio capitato (ibid.).
52. Ma necessario questa natura saperla bene colorire ed essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessit presenti, che colui
che inganna troverr sempre chi si lascer ingannare.
Io non voglio delli esempli freschi tacerne uno. Alessandro sesto non fece mai altro,
non pens mai ad altro che a ingannare uomini, e sempre trov subietto da poterlo fare:
e non fu mai uomo che avessi maggiore efficacia in asseverare, e con maggiori iuramenti
affermassi una cosa, che la osservassi meno; nondimeno sempre gli succederno glinganni
ad votum, perch conosceva bene questa parte del mondo (ibid.).
53. Pertanto a uno principe necessario sapere bene usare la bestia e lo uomo. Questa parte
suta insegnata alli principi copertamente da li antichi scrittori, e quali scrivono come
Achille e molti altri di quelli principi antichi furno dati a nutrire a Chirone centauro, che
sotto la sua disciplina li custodissi. Il che non vuole dire altro, avere per precettore uno
mezzo bestia e mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare luna e laltra
natura: e luna sanza laltra non durabile (ibid.).
(que seria la prpia de les bsties) i ha afirmat que, com que sovint no nhi ha
prou amb la primera, conv aleshores recrrer a la segona. s aleshores que
Maquiavel afirma que el prncep t, per aquest motiu, la necessitat de saber
fer com les bsties i, molt en concret, com la guineu i el lle.54
Tot aix t molt a veure amb el que viem fa una estona a propsit del
Llibre de meravellles, que, en el llibre que dedica a les bsties, usa els animals
per instruir el prncep sobre les qestions relatives a la fora i el frau, s a dir,
com hem vist, a all que, segons una vella tradici que Dante modifica, constitueix la part animal de la poltica. Interpretat des daquesta tradici, el captol 18 dEl Prncep, desprs de la seva lli explcita sobre com cal llegir les
faules que parlen de prnceps instruts per centaures, tamb ofereix de biaix
una doctrina sobre una altra mena de faules del passat, les animalstiques. Si
ms no, sobre algunes de les faules daquesta mena que es presenten com a
miralls del prncep i que, per tant, tenen la funci de transmetre literriament
lensenyament que el centaure Quir oferia als seus deixebles. Calila i Dimna
i el Panxatranta, que s la seva font llunyana, sn les ms famoses en la tradici oriental. I el Llibre de les bsties, que usa generosament per tamb amb
molt bon criteri el Calila i Dimna, s, segurament, lexemple ms reeixit
daquesta literatura en la tradici llatina. s precisament en la mesura que,
com diu Maquiavel, el prncep t la necessitat de saber fer com les bsties que
aquestes faules li serveixen de mirall. Al segle xvii, el canonge Louis Machon
va subratllar amb certa ironia per no sense pertinncia, a la seva Apologie pour
Machiavel, la poca novetat que implica la formulaci en El Prncep de la mxima sobre el lle i la guineu. I va recordar, entre altres coses, que tant la mateixa naturalesa, a travs dels animals, com les faules, en qu a vegades es fa
parlar aquests animals, ensenyen all que enuncia.55 Fixant-se sobretot en el
Calila i Dimna, Makram Abbs ha assenyalat que el gnere dels miralls del
prncep orientals es caracteritza, si es compara amb els miralls de prncep de
la tradici occidental, pel seu realisme poltic i pel seu pragmatisme i que, a
54. Doveteadunque sapere come e sono dua generazioni di combattere: luno, con le leggi;
laltro, con la forza. Quel primo proprio dello uomo; quel secondo, delle bestie. Ma perch
el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo (ibid.). Cal subratllar que,
dacord amb el plantejament del secretari florent, aquestes dues bsties encarnen no noms
dues maneres de portar a terme la part animal de la poltica, sin tamb dues maneres de
combatre per mitj de la fora (una fora el recurs a la qual defineix, precisament, segons
ell, aquesta part animal de la poltica).
55. Les enfants apprennent plutt cette leon, que la connaissance deux-mmes, ni que les
moyens de la bien pratiquer. Les politiques les moins entendus et les moins raffins en font
le fondement et la rgle gnrale de leur prudence civil; les vieilles en amusent leurs petits, et
les fables ne sont pas compltes, si celle-ci nest du nombre. Com glosa Jean-Pierre Cavaill
en un estudi on reprodueix aquest passatge de lApologie pour Machiavel, segons Machon,
Machiavel ne fait rien dautre que de tirer les enseignements politiques de ce qui disent
toutes les fables, et de ce que les enfants apprennent avant tout autre chose de la nature
mme. Cfr. Jean-Pierre Cavaill, Louis Machon, les impostures du martyr dtat, en
Dis/simulations. Religion, morale et politique au xvii sicle, Pars: Honor Champion diteur,
2002, p. 314.
ms, presenta molts trets en com amb lesperit que anima autors antics com
Tucdides i moderns com Maquiavel.56 I ja fa anys que la bibliografia insisteix
en el carcter maquiavllic avant la lettre dels consells del Panxatranta, sobretot dels referents a la poltica i el govern.57 Abbs t fora ra pel que fa als
miralls del prncep orientals i occidentals, sobretot si es compara llibres com
el Calila i Dimna amb tractats de pedagogia principesca com els de Vicent de
Beauvais o Egidi Rom, que socupen, principalment, del bon govern i tendeixen a deixar de banda la qesti del domini interpretada en clau naturalista. Per cal no oblidar que, en les corts occidentals, tamb hi ha un lloc (per
b que discutit des de la filosofia poltica darrel platnica que troba el seu
reflex a Macrobi, que prefereix unes altres mentides poltiques ms nobles)58
per a les faules ispiques, que, tot i el procs de progressiva moralitzaci a qu
sn sotmeses, solen oferir, com va assenyalar Njgaard, llions dun realisme
inequvoc en el tractament de lesquema bsic que les caracteritza, un esquema
que es defineix per les relacions antagniques entre la fora i la feblesa fsica
duna banda i la fora i la feblesa intellectual per laltra. Njgaard constata
que, en aquestes faules, quan el conflicte es mant en el terreny dall fsic, el
fort sempre acaba vencent el feble (com en el cas de la faula del llop i lovella),
mentre que quan el conflicte es desplaa al terreny intellectual la fora de
lastcia sacaba imposant a la fora bruta (com sesdev en el cas de la faula
del llop pescador i el lle, en qu la guineu sacaba imposant al llop).59 Es
podria plantejar la hiptesi que, pel que fa a la literatura dedicada a la formaci dels prnceps, la tradici occidental va optar per una divisi de treball fora
escrupolosa dacord amb la qual determinades obres (les faules de bsties)
socupaven del que Maquiavel denomina la veritat efectiva de les coses, s a
dir, del coneixement de la manera en qu se sol viure, mentre daltres (els
regiments de prnceps) es dedicaven a parlar de les coses com haurien de ser si
els homes visquessin com ho haurien de fer.
En el Llibre de les bsties es troba un bon repertori dinjustcies fetes o
intentades tant per mitj de la violncia com per mitj del frau. Com viem
abans, Maquiavel mant en el captol 18 dEl Prncep que, quan un s lle, cal
56. Makram Abbs, op. cit., 2009, p. 19-23.
57. Franklin Edgerton, De Panchatantra Reconstructed, II: Introduction and Translation, New
Haven: American Oriental Series 3, 1924, p. 5: Most of the stories remain true to the
key-note of the book, its Machiavellian character; they are generally unmoral, and at times
positively immoral, in the political lessons they inculcate.
58. Cfr. Ambrosius Theodosius Macrobius, Commentariorum in Somnium Scipionis, II, 6-11.
59. Morten Njgaard, La fable antique, Copenhaguen: A. Busck, 1964-1967, vol. I, p. 246284. Els Disthica Catonis, tant llegits a loccident llat, tamb recorden que els forts no
haurien de menysprear aquells que sn febles de cos per sn dotats dun bon enginy, en
uns versos famosos que Raimon de Bziers, ben conscient de la proximitat daquest ensenyament amb algun del Calila i Dimna, va posar en boca daquesta ltima en la seva traducci
llatina del llibre: Corporis exigui uires contemnere noli: / Consilio pollet, cui uim natura
negauit (Disticha catonis, II, 9. Cfr. Raimundus De Biterris, LiberKaliletDimn, ed.
Biblioteca Augustana, http://www.hs-augsburg.de/~harsch/augustana.html#la, llibre IV).
que aprengui a ser tamb guineu per conixer les trampes i poder-sen defensar.
Si hem de creure el que ell mateix diu al Llibre de contemplaci, Llull podia
oferir les llions que dna sobre el frau al Llibre de les bsties amb cert coneixement de causa. Ramon confessa en aquell llibre que, en el passat, ha dit
moltes paraules dobles plenes denganys i de sofismes per tal denganyar els
altres quan aquests shi adreaven sense voluntat denganyar-lo i sense astcia
(maestria) i afegeix que, ara, la seva conscincia el reprn dhaver-ho fet i que
per aix es fa el propsit de ser obedient a la seva conscincia i de no tornar a
les paraules dobles i sofismades, com (lexemple s seu, per ens fa pensar
en el pobre Guido) quan prometia all que el seu cor no volia complir. 60
Resulta impossible de saber si Llull va obeir en endavant els dictats de la seva
conscincia. El que s sabem s que, en el mateix Llibre de contemplaci, manifesta que sn els homes falsos i fraudulents els que sacostumen a emportar tots
els honors i que, a la Doctrina pueril, ensenya que tenir prudncia, a ms de
per saber dissimular el secrets, serveix per no ser enganyat ni enganyar perqu
cap de les dues coses es conv amb la prudncia. I tamb sabem que, en aquesta ltima obra, insisteix en la necessitat de concordar la cautela i la maestria
amb aquesta prudncia, cosa que noms s possible si no es cau en la falsedat
i lengany. La seva sentncia, adreada en aquesta ocasi a un nen, s que saber
enganyar i desamar engany s amar prudncia perqu la prudncia sap i
desama lengany, i sap i estima la caritat i la justcia.61
No recordo que Llull digui obertament enlloc qu ha de fer lhome que
sabent denganys i desamant-los es troba davant la situaci dhaver denganyar
perqu algun motiu honest o til ho exigeix.62 Per en el Llibre de les bsties,
lelefant, bsicament perqu tem que la guineu lacabi traint com vol trair el
lle, no dubta a recrrer a lengany per provocar que la guineu acabi caient en
la seva prpia trampa. I s com a fruit daquesta decisi que el lle es desf de
la guineu per la fora que el caracteritza i que la cort pot tornar, grcies a uns
bons consells duna altra mena, al seu bon estament. s en aquest mirall que
el prncep ha daprendre com ha de regnar i com ha de lliurar-se, amb lajut
de consellers amb maestria, daquells que laconsellen malament i dels tradors.
60. Vos sabets que jo he dites moltes paraules dobles plenes dengans e de sofismes per tal que
pogus enganar e decebre mos pruxmes qui sens tot engn e sens tota maestria me parlaven em recomtaven lur propsit e lur entenci e lur volentat. On, com la mia nima sia
remembrant totes estes coses, per ass la mia conscincia me reprn molt fortment com jo
call e no parle totes les maestries els engans que he fets ab mes paraules dobles e sofismades
(Llibre de Contemplaci en Du, llibre III, cap. 210, a ORL V, 1911, p. 358-359).
61. [7] Cautela, maestria se covenen ab prudencia en mercaderia e en les altres arts mecaniques,
ab que no y sia falcia ne engan, qui son contraris a prudencia. On, si tu, fil, est amador de
prudencia, ages saviea e sciencia, per la qual vules e sapies concordar prudencia e cautela,
maestria, sens falsia e engan.[8] Saber enganar e desamar engan es amar prudencia, qui
sap e desama engan e sab e ama caritat, justicia (Doctrina Pueril, cap. 56, NEORLVII,
2005, edici Joan Santanach i Suol, p. 146-147). Cfr. Ramon Llull, Llibre de lorde de
cavalleria, VI, 7, ed. Albert Soler, Barcelona: Barcino (Els Nostres Clssics), 1988.
62. Cfr. Toms dAquino, Summa Theologiae, II II, q. 55, a. 3, ad 2: Unde etiam astutia
si ordinetur ad bonum finem, est peccatum.
I la lli que es pot aprendre en aquest mirall no sembla que coincideixi amb
la que Dante sembla voler oferir a travs de la histria que conta Guido.
Explica Egidi Rom en el De regimine principum que si es vol tractar de
lart i la doctrina dels regiments de prnceps, cal examinar, primer, quina
manera de procedir sescau en aquesta art. I estableix que la manera que li
pertoca s la grossera i figurativa. Per tres raons. En primer lloc per la seva
matria, que sn els actes humans, en els quals hi ha una gran variabilitat i
incertesa, i que pertany a la disciplina de ltica, que no pot aspirar a la certesa de les matemtiques. En segon lloc, per la seva finalitat, que, precisament
en tant que es tracta duna part de ltica, no s la veritat (el conixer), sin el
b (lesdevenir millor). I, en tercer lloc, pel seu auditori, que no noms sn els
prnceps i els nobles, sin tamb la totalitat del poble que han de regir.63
Aquestes sn les tres raons que volen justificar perqu, en la doctrina dels
regiments dels prnceps, cal recrrer als arguments poc refinats propis de la
persuasi retrica (que sn aquells mouen a la majoria a actuar en una o altra
direcci) i a ls del mtode figuratiu o exemplar. A lEpistola a Cangrande,
tamb safirma que la filosofia prctica o tica s el gnere en qu es mou tota
la Commedia, un poema que no t com a objectiu el coneixement especulatiu,
sin lacci. I safegeix que tot aquest poema, que t com a objecte lassoliment de la felicitat, es pot llegir literalment, com si parls de lestat de lnima
desprs de la mort, o allegricament, entenent que parla de lhome que, pels
seus mrits i demrits, est sotms al premi i al cstig de la justcia.64 s en
aquest context doctrinal que cal entendre lepisodi de Guido da Montefeltro
que es narra a lInferno. Cal llegir-lo com lepisodi duna faula que, com
aquelles que van narrar Plat o Cicer al final de les seves respectives Repbliques i que tant agradaven a Macrobi, parla literalment en la seva superfcie
de lestat de les nimes en laltre mn, per amaga allegricament en el seu
interior un discurs ms filosfic, que socupa de la justcia i de lassoliment de
la felicitat en aquesta vida a travs de les virtuts morals i intellectuals i de la
seva prdua per lapartament daquestes virtuts.65 Guido, a qui en Convivio es
descriu com el nostre molt noble itali (IV, 28, 8), s a linfern perqu, en
justcia, la infelicitat s el lloc que els pertoca a aquells que saparten del cam
recte aconsellant un frau, un frau que, en el seu cas, no tan sols ofenia la conscincia de tothom, sin que, a ms, anava en contra del b com i contribua
injuriosament a laugment del poder del pastor que havia esdevingut llop.
El Llibre de les bsties de Llull tamb s, com hem vist, un regiment de
prnceps. Per, a diferncia del De regimine principum dEgidi o de la Commedia de Dante, lessencial de la seva doctrina no pertany a aquella part de la
filosofia prctica que la tradici denomina tica i de la qual Ramon socupa,
barrejant-la amb la religi, en molts altres indrets de la seva obra. All que
63. De regimine principum libri III, Roma 1556 (Reimpressi: Francfort 1968), I, 1, p. 2r.-2v.
64. Dante, Epistola XIII a Cangrande della Scala, 23-25, 33-34 i 40-41.
65. Macrobius, ibid., I, 1-4.
66. Documenta igitur huius libri spectant ad secreta regalia pertractanda (ibid., cap. I).
Cfr. Iohannes De Capua, Directorium humanae vitae alias parabolae antiquorum sapientum, ed. Biblioteca Augustana (http://www.hs-augsburg.de/~harsch/augustana.html#la),
Prologus: At propter hoc convenit viro intelligenti, quod quando legit hunc librum, nitatur studere in ipso toto suo animo, et respiciat in eo diligenter, et sciat quoniam liber iste
habet duas intentiones, unam manifestam, alteram vero occultam; et nulli valet manifesta,
nisi intelligat occultam. Sicut si quis accipiat nuces; non conferunt ei nisi rumpantur, et
educatur quod in eis latet.
Abstract
Questarticolo verte principalmente sulla presenza di figure allegoriche nellArbre de filosofia damor di Ramon Llull. Poich ebbe la possibilit di conoscere le mode letterarie
parigine, ne sfrutta le risorse metaforiche per compensare la tecnicit del metodo combinatorio e utilizza belle immagini come supporto alla costante astrazione metafisica. Se in
modo meticoloso elabora il suo sistema filosofico, in modo altrettanto meticoloso programma le figure che avrebbero dovuto rendere allettanti i suoi scritti. Lallegoria e il
simbolismo arboreo, infatti, hanno nella sua opera sistemazione rigorosa che incrementa
il suo valore estetico e gli permettono, una volta individuato il fondamento teologico o
filosofico al quale far riferimento, di abbandonarsi al pi alto lirismo.
Palabras clave: Ramon Llull; Arbre de filosofia damor; simbolismo arboreo; allegorismo.
Abstract
This article focuses mainly on the presence of allegorical figures in Ramon Llulls Arbre
de filosofia damor (Tree of philosophy of love). Being acquainted with Parisian literary
trends, he exploits their metaphorical resources to compensate for the technical nature of
the combinatorial method and uses beautiful images to support the constant metaphysical
abstraction. If he is meticulous in developing his philosophical system, then he is just as
meticulous in setting out the figures that should make his writing attractive. In fact, the
allegory and arboreal symbolism in his work have a rigorous arrangement that increases
their aesthetic value and permits him, once the theological or philosophical structure
of reference is identified, to indulge in the highest lyricism.
Keywords: Ramon Llull; Arbre de filosofia damor; Arboreal Symbolism; Allegorism.
Emanuela Forgetta
1. noto come parte della vita di Ramon Llull, prima della conversione, sia
stata dedicata alla composizione di lai e virolai e allindomabile amore verso il
sesso femminile: La bellea de les fembres s estada pestilncia e tribulaci de
mos ulls1 afferma nel Llibre de contemplaci. Ed anzi in occasione della
creazione di un componimento per la donna amata che si produce la svolta
radicale della sua esistenza. Siamo nel 1262 e Ramon, allepoca trentenne,
proprio mentre cercava di dare forma poetica al suo delirio amoroso viene
sorpreso dallapparizione di Cristo. Per ben quattro volte tale apparizione si
ripeter il giorno successivo. Ha inizio cos una nuova vita, nella quale, messe
da parte totes les superflitats de vestidures, les quals ell acostumava daportar, vestis de lhbit molt honest e del pus gros drap que trob2 e, alla maniera di Francesco dAssisi, abbandoner famiglia, posizione sociale e ricchezze
per dedicarsi completamente al servizio di Dio. Echi e suggestioni di tale
apprendistato cortese permangono, per, anche nella sua opera filosoficoteologica. Ne sono indizi un titolo come Art abreujada datrobar veritat, dove
il trobar rimanda a quellarte poetica sperimentata da giovane, ed il fatto che
egli continua ad esprimersi in termini trobadorici definendosi, anche dopo la
conversione, come Joglar de ver amor e de ver valor.3
Ci che mi propongo di verificare in questo lavoro appunto la persistenza di tale esperienza lirico-cortese nella riflessione di Llull, nelle forme di un
allegorismo che orienta in profondit alcuni aspetti della sua riflessione, e che
in un testo, soprattutto, rivela la sua familiarit con motivi propri della letteratura cortese, cio lArbre de filosofia damor, che sotto questo profilo mette
in evidenza una parentela ideale con altri due testi ad esso contemporanei che
rappresentano i vertici dellallegorismo filosofico medievale, cio il Roman de
la Rose, di Guillaume de Lorris e Jean de Meung e il Convivio di Dante. Che
nellambito di tre letterature, e nel giro di pochi decenni, la ricerca filosofica
si avvalga delle metafore offerte dalla tradizione lirica, costituisce forse pi che
una coincidenza e ci induce a chiederci secondo quale paradigma epistemologico il desiderio e le sue peripezie psichiche possano offrire modelli di comprensione al pi alto livello teorico. Non mi propongo qui di comparare i
sistemi di pensiero sottesi alle tre opere (di cui quella in francese rappresenta,
se non la fonte, almeno un prestigioso punto di riferimento per le altre due),4
credo per che in tutti e tre i casi il discorso dellamore abbia la precisa finalit di avvicinare lastratta speculazione alla intimit dellesperienza personale,
che i lirici andavano mettendo a nudo con la loro esplorazione dei movimenti pi primari della psiche, quelli che i medici, daltra parte, avevano cataloga1. R. Llull, Llibre de contemplaci, in Obres essencials, Barcelona: Ed. Selecta, 1957-60, vol.
II, p.252.
2. R. Llull, Vida Coetnia, in Ibid., vol. I, p.36.
3. R. Llull, Llibre dEvast Aloma e Blanquerna, Barcelona: Ed. 62, 1962.
4. Dante conosceva profondamente il Roman, ed molto improbabile che Ramon, il quale
proprio a Parigi scrive lArbre, non lo conoscesse: Fen Ramon aquest libre prs la sciutat
de Pars, en lany de MCCXC e VIII, en lo mes de oyturbre, leggiamo alla fine dellopera.
Poich larma del sapere fall, tent con larma dellamore, componendo
la presente dissertazione filosofico-letteraria sullamore mistico,8 ci suggerisce
Gret Schib nella presentazione dellopera. Miguel Cruz Hernndez, a sua volta,
fa riferimento ad una strana sensazione di dubbio, nei confronti dellopera, se
si debba cio considerare lAlbero come semplice artificio mediante il quale
rappresentare slanci mistici o, al contrario, questi ultimi come pretesto per
adornare lAlbero. A tale dilemma lo stesso Hernndez trova una soluzione
perentoria: solo quando si conosce Llull si arriva a comprendere che il tanto
strano connubio tale solo per noi; per Ramon Llull costituiva il modo
tipico di ordinare il proprio pensiero.9
Continuando con la lettura del prologo vediamo come sia lo stesso Ramon
a renderci chiari i motivi che lo spinsero a comporre tale trattato. Con delle
5. R. Llull, Arbre de filosofia damor, a cura di G. Schib, Barcelona: Ed. Barcino (Els Nostres
Clssics), 1980, p. 2.
6. M. Pereira, La sapienza dellamore: motivi comuni e sviluppi diversi nellArs amativa boni
e nellArbor philosophiae amoris, in Il mediterraneo del 300: Raimondo Lullo e Federico III
dAragona, re di Sicilia. Omaggio a Fernando Domnguez Reboiras, ed. Alessandro Musco
and Marta M.M. Romano, Turnhout: Brepols (Subsidia Lulliana 3), 2008, p. 392.
7. R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 26.
8. G. Schib, Introducci, in R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 5.
9. M. Cruz Hernndez, El pensamiento de Ramon Lull, Valencia: Editorial Castalia, p. 291.
Emanuela Forgetta
Emanuela Forgetta
In una dimensione quasi umana si presentano le dones damor, che nel testo
rappresentano le radici dellalbero simbolico cio i nove principi divini che
vanno da Bonea a Gloria, quando, nella parte finale del testo, si adoperano per
consolare la dama damore che piange la perdita del proprio amico. Lesortazione quella di non affliggersi e disperarsi per tale perdita ma, al contrario,
di perseverare nella conquista di nuovi uomini in grado di amare in modo
assoluto cos come lamico morto aveva insegnato. Bellissimo il passaggio,
17. J. Rubi i Balaguer, Ramon Llull i el lullisme, Barcelona: Publicacions de lAbadia de
Montserrat, 1985, p. 330.
18. G. Schib, op. cit, p. 2.
19. J. Rubi i Balaguer, op. cit., p. 333.
20. R. Llull, Arbre..., op. cit, p. 109.
Con la stessa finalit espressiva appaiono nel testo immagini quali: corda
damor, forte legame intercorrente tra lamico e il suo amato; guila damor,
che esprime lalto amore; metge damor e desigs o desirs, che fungono da messaggeri dellamore; le dones damor, rappresentano le radici dellalbero simbolico a loro volta incarnanti i 9 principi divini da bonea a gloria da Llull
individuati, mentre i donzells damor, visto che ogni principio divino attivo,
incarnano lo sviluppo dellatto intrinseco presente in ogni dignit: bonificar,
magnificar, etc.
A tutto ci va aggiunto il simbolismo fondamentale del Llibre e cio lalbero che Llull meticolosamente seziona in: radici, tronco, branche, rami,
foglie, fiori e frutti. Nel procedimento combinatorio rappresentano tutte le
istruzioni da seguire, tutti i procedimenti da osservare per incamminarsi verso
una originale forma damare, ed infine conseguirla.
2. Appurato che lopera in questione rappresenta la tappa di un pensiero mistico maturo e assai sviluppato e che in essa si fondano il procedimento dialettico derivato dalla logica combinatoria dellArt, anche se attraverso unapplicazione gi filtrata dallArs Amativa; una tematica amorosa che trova
coincidenza con alcuni dei suoi scritti, in particolare Amic i Amat; uno stile ed
una tecnica di scrittura assai vicina a quella dei trovatori e del Roman de la
Rose; una struttura che riprende uno schema assai caro a Llull, quello dellalbero, riconducibile in particolar modo allArbre de cincia; non ci rimane che
analizzare il funzionamento dello schema lulliano e le possibilit di combinazioni. Al fine di portare a termine un discorso analitico sar necessario soffermarsi su ogni singola parte dellalbero-simbolo, per conoscerne la specifica
funzione ed al contempo verificarne il valore complessivo nella struttura simbolica dellalbero. Seguir la suddivisione gi indicata nelle sue sette parti che
constano di: radici, tronco, branche, rami, foglie, fiori, frutti.
1) De les rals
Rappresentate metaforicamente come dones damor, costituiscono i diciotto
principi dellArt amativa e precisamente:22
Bonea, granea, duraci, poder, saviea, volentat, vertut, veritat, glria, differncia, concordncia, contrarietat, comensament, mij, fi, majoritat, egaltat
e menoritat
21. Ibid., p. 132.
22. Ibid., p. 21.
Emanuela Forgetta
La loro funzione relativa alla ricerca ed alla scoperta di tot so quis pertayn a bo e gran amar. Tre sono le valenze che possono assumere: a) di diffinicions damore, b) di mesclaments e c) di cogitacions damore.
a) Le prime si suddividono in semplici e composte. Nel caso delle definizioni semplici si fa riferimento ai diciotto principi generali che trovano corrispondenza con le diciotto definizioni della colonna della scienza dellArt
amativa; nel caso di quelle composte si fa riferimento alla combinazione
di tali principi con un termine di comparazione scelto, che corrisponder
alla corda damore. Infatti, dopo aver elencato i diciotto principi o dignitats, Llull aggiunge unulteriore definizione: Amor s corda ab la qual est
lamic ligat a son amat.23
Dalla combinazione dei diciotto principi con questa definizione damore si ottengono delle definizioni composte:24
[1] Bona corda damor s aquela qui liga, ab bon amar, bon amic a bon amat.
[2] Gran corda damor s aquela qui liga gran e bon amic a bo e a gran amat.
[3] Durabla corda damor s aquela qui liga en tots moments, en totes ores,
en tots dies e nits, lamic bo, gran, al bo e gran amat.
2) Del tronc
Anche in questa sezione fanno da contrappunto le diciotto dignitats precedentemente enunciate, questa volta per esse sono sottintese nello sviluppo di altri
temi relativi alla forma e materia damore e allunione di entrambe. Noteremo
poi una maggiore tensione drammatica in alcuni versetti in relazione al sovraccarico damore che lamico subisce. La ragione per cui si fa riferimento a
questa specifica parte sta nel fatto che il tronco considerato punto dincontro
di tutte le radici.28 Di fondamentale importanza la sua funzione di guida
nella scelta di una determinata radice rispetto ad unaltra. Spesso gli uomini
scelgono di amare attraverso il buon amore pi che attraverso lamore durevole o per grande amore piuttosto che per saggezza damore, il tronco invece guider loro nella scelta giusta:29
Per ra de la doctrina que donam en lo tronc damor, pot conxer la art e
manera per la qual conegen per qual ral damor s mais occasionat a amar
son amat.
Emanuela Forgetta
Non ancora arrivato il momento dellestremo sacrificio damore. Lamato e lamore, infatti, sosterranno lamico contro la morte affinch perseveri il desiderio di amore nei confronti dellamato.
b) Anche la materia damore si presenta in aspetto duplice: una riguarda
lessenza stessa dellamore, laltra riguarda le amabilitats dellamato che
trovano corrispondenza con i principi gi rappresentati dalle radici. Dal
momento in cui lamico adatta queste amabilitats alla propria capacit
damare allora la forma damor crex la amabilitat damor, e de la forma e
la matria ix gran amar.31 Questo procedimento spinge lamico ad amare,
s, nella maniera corretta, ma anche ad andare incontro ad un amore eccessivo, quasi insostenibile per un semplice essere umano. Queste le
conseguenze:32
[3] En lamar de lamic volgren entrar differncia, concordansa, comensament,
mej e fi e egaltat ab majoritat, per so que lamar de lamic fos major; mas
lamic sescus a eles e dix que no podia major amor caber en sa amabilitat.
Mas lamor e lamat obriren la porta e entraren les semblances de lamat en la
30. Ibid., p. 35.
31. Ibid., p. 36.
32. Ibid.
3) De les branques
Branques damor sn moltes; mas ns les volem adur a III tan solament, les
quals sn:34 condizioni, questioni e preghiere damore. Questa sezione
molto pi ampia rispetto alle precedenti, anche se poi al numero di tre vengono ricondotti i passaggi. Per quanto riguarda le condizioni possiamo dire
che si presentano come i modi attraverso i quali adeguare lamore ad amare
e desiderare lamato, nonch le modalit necessarie per risolvere le questioni damore. Le questioni damore, rappresentano tutte quelle difficolt che
rendono pi appetibile la relazione damore tra lamico e lamato ed ancora
tutte quelle domande che luno e laltro potranno porsi sullamore. Infine le
pregueres damore, sono i modi in cui lamico si rivolge, amandolo, al proprio
amato. Tutte e tre sono definite sempre in rapporto alle radici damore e alle
loro conseguenti definizioni. Perci, iniziando ancora dalle condizioni,
vedremo come ognuna di esse sia suddivisa in rubriche; in ogni rubrica
lamore fuso con ogni radice damore e le condizioni sono numerate. Vengono cos a formarsi dei gruppi che man mano prendono ad allacciarsi con
ogni singolo principio incarnato da ogni singola radice; avremo cos il gruppo del buon amore, quello del grande amore, quello dellamore durevole e
via dicendo. Nel primo gruppo sono compresi tutti i diciotto principi, nel
secondo ne saranno compresi diciassette perch si esclude il valore precedente (bont), nel terzo sedici dal momento che sono eliminate grandezza e
33. Ibid., p. 39.
34. Ibid., 41.
Emanuela Forgetta
durevolezza, e cos via.35 Tale enumerazione delle condizioni vale anche per
le questioni e le preghiere che si presentano come una sorta di sintesi delle
condizioni e questioni. La struttura di un tale ragionamento si pone in
questi termini:36
[14, I] Tot amat qui aja bona e gran amor deu sser amat per bona e gran
amor. [32, I] Demani lamich a lamor per qu son amat s amat per tan pocs
amadors, com sia digne de sser amat per molts amadors. -Soluzione: Amico,
disse lamore, la soluzione- daquesta qesti est en la primiera condici de
bona amor; e enax de les altres, per ordre de rbriques e de nombre. [50, I]
En dolor e en tristcia estava lamic, per so car lamat avia tan pocs amadors,
com sia so que son amat sia en tan gran bonea de bontat e amor, que per molts
bons e grans amadors decuria sser amat, honrat e servit; e per ays lamic
preg lamor, ab molt bo e gran amar, que enamors de son amat molts bons
e grans amadors.
4) Dels rams
Liberalit, bellezza e sollazzo damore sono invece il centro di discussione della
quarta parte, cio quella dedicata ai rami dellalbero. una delle parti pi
35. M. Cruz Hernndez, op. cit., p. 295.
36. R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 42, 52, 64.
37. J. Rubi i Balaguer, op. cit., p. 342.
38. R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 43.
39. Ibid., p. 67, 74.
belle. Qui Amico ed Amore entrano finalmente in diretto contatto; tutto verte
attorno al dialogo che i due uno in quanto discepolo laltro in quanto
maestro portano avanti. Il discorso cerca di chiarire alcune caratteristiche
dellamore: escluse contrariet e minoranza, amare implica darsi con bont,
grandezza, durevolezza, etc., perci si presenta come un dono damore gratuito scevro da ogni condizionamento; possiamo quindi constatare come non ci
sia al mondo niente di pi liberale del buono e vero amore. E su ognuno di
questi rami viene a svilupparsi il colloquio intessuto dallAmico e il suo grande interlocutore: Amore. Circa la liberalit, leggiamo:40
Amor, dix lamic, I altra manera de donar en mon amat, de qu no avem
parlat, so s a saber, que a les erbes, pexs, aucels e bsties dna lo cell els elements per qui viuen; e a los aucels e bsties dna naturals vestiments, e dna
lur les erbes e lur sements, e a I bstia dna altra bstia, e a I pex altre pex, e
a I aucel autre aucel, e a I home autre home, e a cascuna cosa dna so que li
pertany a viure, segons sa natura.
Ci che si cerca di mettere in evidenza il fatto che, come lamato concede ai suoi amanti gratuiti doni, cos lamore che lAmico e gli amanti tutti
dovrebbero nutrire per lui deve essere spontaneo ed incondizionato, come i
doni ricevuti.
La distinzione tra la bellezza naturale della creazione e la bellezza morale
della vita e delle azioni umane in genere viene resa evidente nella parte dedicata alla bellezza, che si fa spazio allinterno di una cornice prettamente
platonica. Belea natural rappresentata ad esempio dalla [...] bela dona qui
ha bela cara, bels cabels e bel cors mentre quella morale s con la dona bela
amor per bontat, justcia, saviea e castetat41. La bellezza incarnata dallAmato racchiude in s, inevitabilmente, entrambe le forme di bellezza, cosa che
rende ancora pi appetibile il rapporto amoroso; anche la figura di chi ama
deve armonizzarsi secondo determinate qualit, cio bont, saggezza, etc. (si
noti come la scala delle dignit sia sempre ben visibile) in questo modo
anchessa risulter bella e, dunque, degna di sostenere tale rapporto, il cui
culmine si raggiunger nel sollazzo damore. Questo rappresenta, in effetti,
quel tipo di godimento che si percepisce in un rapporto amoroso estremo, che
conduce al totale abbandono; per dirla con Ausis March: si ha larrapament,
cio latto mediante il quale si compie un rapimento mistico.42 Leggiamo nei
versi dedicati al sols damor:43
40. Ibid., p. 84.
41. Ibid., p. 85.
42. Cfr. Ausis March, Poema XVIII, 33-40: S com, sant Pau, Du li sostragu larma / del
cos perqu ves divinals misteris, / car s lo cors de lesperit lo carre / e tant com viu ab
ell s en tenebres, / aix amor lesperit meu arrapa / e no y acull la maculada pensa / e per
o sent lo delit qui no es canssa / s que ma carn la vera amor no em torba (J. Ferrat,
Les poesies dAusis March, Barcelona: Quaderns Crema, 1979).
43. R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 92, 93.
Emanuela Forgetta
[11] A lamat se clamava lamar, damor, qui lavia comensat en tan gran
concordansa damic e damat, que no la podia portar ni sostenir. E per ays
estava en languiment e sentias morir. Loavas lentendre de saviea a lamat per
so car lavia comensat en tan gran concordansa damic; e lamat [...] trams a
lentendre major fi de veritat per so que agus major conexensa de entenent
e ents, per la qual major conexensa agus guard, car de saviea sera lohat.
Ulteriori consigli vengono elargiti dalle dignit nella parte relativa ai plors
damor: [5]Saviea dix a lamic que plors pus sovn e ab majors lgremes per
amar son amat que per paor de son amat; e cos anche per quanto riguarda
la sezione temor damor: [6] Volentat damor o les paraules que saviea deiha
a lamic, e dix a lamic que moltes vegades la avia tenguda ociosa, en quant ab
ela podia voler b e desamar mal [...].47
Lultima parte di questa sezione, quasi totalmente priva della logica combinatoria caratteristica, in misura minore o maggiore, delle precedenti parti,
senzaltro la pi originale. una vera e propria storia narrata in un registro
romanzesco attraverso i temi della malattia, la prigionia, il giudizio, il testamento e, soprattutto, i particolari relativi alla morte dellamico. Qualche critico lha considerata come una sorta di pietra preziosa incastonata in un gioiello. Tale parte, alla quale si fatto riferimento anche prima, nellindicare le
valenze retoriche e simboliche nello scritto di Llull, ha come titolo: Daccidents
damor ed la parte in cui le figurazioni allegoriche gi presenti nelle parti
precedenti svolgono appieno la propria funzione e, soprattutto, vengono definite in esplicita relazione con i contenuti intellettuali dellars.48
Questi accidents, che rappresentano gli imprevisti, i pericoli connessi allatto
damare, Ramon non li quantifica ma si limita a romanzarli: vengono descritti
la malattia e i rimedi che il medico damore gli dar, cio medicine fatte con le
radici damore; la sua debolezza nellosservare la cura del medico e il peggioramento delle sue condizioni di salute dopo averla osservata; la sua paura di morire e la fuga in un bosco per cercare di allontanarsi il pi possibile dal proprio
amato (in questo caso sar ovviamente accompagnato da minorit e contrariet damore).. Lincontro con la donna damore far comprendere lo spirito che
anima lamico: egli preferisce morire una volta per tutte piuttosto che sostenere
dolori e penitenze per amore. Giudicato dallamato, accusato da un avvocato
introdotto dalla donna damore condannato a morire. Limpresa si rivela
quanto mai difficile visto che le qualit di bont, grandezza, etc., che egli aveva
rispettato, infondevano ancora in lui forza vitale. Gli era perci quasi impossibile esalare lultimo respiro. Il corpo del moribondo viene infine trasportato per
il mondo affinch constati il contrasto tra miseria e ricchezza, i peccati che vi
regnano, la falsit e lipocrisia, il morire degli uomini per les terres i per les guerres.
Soltanto una volta giunto in Terra Santa ed al ricordo della passione di Ges
Cristo, il suo cuore soffoca ed egli muore per il dolore. Il seppellimento sar
accompagnato da un lungo epitaffio mentre afflitta rimarr la donna damore.
6) De les flors
Singolare lo stile adottato in questa sezione. Potremmo dire che Llull, abbandonato il registro romanzesco, ritorni al procedimento logico-algebrico usato
47. Ibid., p. 99.
48. M. Pereira, La sapienza dellamore..., op. cit., p. 401.
Emanuela Forgetta
Dinanzi ai grandi disagi, la tentazione di ritirarsi dal mondo forte, bisogna per perseverare e continuare a credere nei propri principi, continuare a
dimostrare la validit delle proprie idee. Questo quanto Ramon pare consigliare agli uomini e a se stesso.
7) Del fruyt damor
Amor, qu s fruyt damor?.52 Domande e dubbi coincidenti con quelli
dellamico potranno essere chiariti in relazione ad un solo e categorico punto
49. R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 137.
50. Ibid.
51. Ibid., p. 152.
52. Ibid., p. 166.
A completare il quadro relativo allessenza di Dio, vi la parte propriamente dedicatale: De Du e damor, che consta di 37 questioni. Questa volta ad
interrogare sar lAmico: mostrando una forte capacit dinterazione sapr
dirigere la maggior parte delle sue domande direttamente al proprio Amato.
Ancora una volta Llull riesce a fare chiarezza sulla figura divina. Dove si trova?
Com? Perch ha creato il mondo? infinito? Pu sbagliare? A tali domande
Ramon sa trovare sapienti risposte che neanche per un attimo mettono in
dubbio la grandezza e onnipotenza dellAmato.
Domande e dubbi di eterna attualit, quelli proposti verranno da lui sciolti con destrezza. [9] Qu est tu, amat? chiede premuroso lamico. Amic,
risponde prontamente lAmato, Jo son Du e detat, infinitat e infinir, eternitat e eternar, bonea e bonificar. Ed ancora si chieder nella questione numero 11: Amat, on ests?; risposta: jo estag essencialment per tot lo mn e foral
mn infinidament, e estag, per grcia e caritat, en los sants hmens.54
Motivo per esprimere il proprio punto di vista teologico per Llull anche
la seconda prospettiva: quella gravitante attorno alla creazione divina. Si presenta questultima come estremo atto damore mediante il quale tutte le creature furono realizzate. Nelle 43 questioni dedicatevi ancora lamico a porre
questioni, suo interlocutore principale lAmore. Ne emergeranno fondamentali principi, in relazione alla creazione del mondo: Amor, lamat lo
mn creat, o s lo mn eternal?. Risposta: [...] car ton amat infinit poder,
53. Ibid., p. 155.
54. Ibid., p. 158.
Emanuela Forgetta
pot fer de no res e crear lo mn, e fa en lo mn I cosa daltra. E per ays covnse que lo mn sia creat e sia fet, per ton amat, de no res; in relazione al ruolo
svolto da Dio in tale mondo, che viene ad essere:55
[25] [...]acci qui fa I cosa daltra; cor aix com lo ferrer fa lo clau de ferre, fa
Dus naturalment que I home fassa altre e I arbre altre, e fa artificialment que
lo ferrer passa lo clau de ferre;
ed ancora, in relazione allopera che Dio esercita sulluomo che, come quella
esercitata sul mondo, di matrice duplice, naturale ed artificiale:56
[32] La natural s aix com lamat qui fa lo veer ab sos huyls, e oir ab ses
oreyles, e lo fa entendre ab son enteniment, e enax de los altres accidents
naturals. Lautra s con la fa veer, oir, entendre ab son poder devinal e ab sa
divina vertut, saviea e volentat, e les altres sues divines dignitats.
La sezione si chiude con una serie di domande sul frutto damore formulate dallAmico e risolte dallAmore. Le stesse domande saranno riprese nella parte
successiva, quella dedicata alla beatitudine; ad ogni domanda verr aggiunta
lespressione in gloria, cio, ogni volta che si chieder cos il frutto damore?
Come si coglie? In che tempo?57 etc., si dovr fare riferimento al fatto che chi
vi sia giunto, gode di un particolare stato di gloria, di beatitudine.
3. Chiarito che per Llull, beatitudine anche frutto damore, dal momento
che Dio la cre affinch godessero in essa eternamente tutti i suoi veri amanti, una dietro laltra si susseguono le domande dellAmic sul frutto damore.
Cerchiamo di ripercorrere brevemente gli ultimi movimenti compiuti dallamico che, da uomo innamorato, segue la traiettoria dellascesa e del raggiungimento del frutto damore. Le dones damor, ovvero le radici dellAlbero, lo esortano a farsi interrogare da doncel damor (bonificar, magnificar, etc.)
sia sullamore che sullamato, in modo da dimostrare quanto conosce su
entrambi. Solo lamico conoscitore del buon amore e del proprio amato
potr raccogliere il frutto. E a giudicare la sua conoscenza saranno proprio le
radici che, soddisfatte dallesaustivo esame, gli consentiranno lascesa.
Il frutto damore, in effetti, coincide con una esposizione dottrinale, un
insieme di dottrine teologiche che vanno dalla creazione, dal primato delloperare sullessere alla resurrezione della carne e alla visione beatifica.58 Come
del resto, le lodi tessute dal novell amic prima di arrivarvi, si rivelano essere una
esposizione filosofica presentata attraverso lo schema dellArt. In relazione al
procedimento lulliano, evidente lintenzione di una sintesi tra enteniment e
amor.
55. Ibid., p. 164.
56. Ibid., p. 166.
57. Ibid., p. 171.
58. M. Pereira, La sapienza dellamore..., op. cit., p. 405.
Scrive Llull:59
Tant amava lamich son amat, que de tot o que li dehia lo crehia. E tant lo
desirava entendre, que tot o que nohia dir volia entendre per rahons necessries.
E per ao, la amor de lamich estava enfre creena e intelligncia.
59. R. Llull, Llibre damic e amat, edizione critica di A. Soler Llopart, Barcelona: Editorial
Barcino, 1995, p. 131, v. [191].
60. Ibid., p. 122, v. [164].
61. Ibid., p. 130, v. [189].
62. R. Llull, Arbre..., op. cit., p. 170.
63. M. Pereira, La sapienza dellamore..., op. cit., p. 404.
Emanuela Forgetta
abbiamo avuto modo di vedere, nel prologo in cui viene preannuciato il vero
desiderio di Llull: giungere ad una fusione tra sciencia e amancia. allallegoria del prologo dellArbre de filosofia damor, che Llull affida il concetto fondamentale che intende dimostare nellopera. proprio in questo scenario
cortese pazientemente ricreato che Ramon consola la bela dona molt ornadament vestida che plorava, planya64 e si lamentava della sua dolorosa
condizione. Ricordiamo che la dona, Filosofia damor e la dolorosa condizione che laffligge sta nel fatto che gli uomini, nel processo di conoscenza, siano
pi attratti da sua sorella, Filosofia de saber, che da lei. Ramon, ascoltato il
racconto, le annuncia il suo proposito: Encara vos dic que preps fer I Arbre
damor, lo qual vuyl que sia apelat per vostre nom, e ser arbre on se contendr
art damar b e esquivar mal.65 Questa, assieme ad unaltra opera da lui composta, lArt amativa, se apprese da molti altri uomini: [...] poran sser occasi
en partida con per ls siats consolada.66
Attraverso questa contrapposizione, in realt solo apparente, visibile come
una sorta di pervertimento del legame originario,67 Ramon Llull ci introduce ad alcuni concetti basilari gi presentati nellArt amativa e a sua volta
mutuati dallArt inventiva: come i principi di Bont, Grandezza, Eternit,
Potere, Saggezza, Volont, Virt, Verit, Gloria e la rielaborazione delle definizioni, presenti in numero di diciotto e relative, per quanto riguarda la propria definizione, alle prime due figure dellArt. E rende visibile come, in realt, il concetto di scincia elaborato nellArt inventiva e quello di amancia
sviluppato nellArt amativa trovino la loro congiunzione proprio nellArbre de
filosofia damor: 68 E per ays, per aquest Arbre poran aver gran utilitat los
amadors de filosofia de scincia e damor.
Abstract
La ripresa del genere biografico sotto i parametri degli autori greci e latini fu durante il
Quattrocento italiano un fenomeno di vasta portata letteraria e culturale la cui onda espansiva arriv negli stessi anni nella Penisola Iberica. Alcuni capitoli di questa ricezione sono
da collegarsi direttamente al ricupero di Plutarco e le traduzioni latine quattrocentesche
delle Vite parallele; un gran numero di queste versioni furono edite per la prima volta verso
il 1470, posteriormente una ristampa dellanno 1478 fu integralmente tradotta in lingua
spagnola; questo fatto implic un allargamento considerevole di opuscoli biografici in
territorio ispanico, non sempre presi con la dovuta considerazione.
Palabras clave: biografie; Quattrocento; traduzioni; Alfonso de Palencia.
Abstract
The recovery of the biographical genre in the framework of the Greek and Latin authors
was a phenomenon during the Italian Quattrocento of great literary and cultural reach
whose expansive wave reached the Iberian Peninsula in the same period. Some chapters
of this reception are to be connected directly to the resurgence of Plutarch and the Quattrocento Latin translations of the Vite parallele. A large number of these versions were
published for the first time around 1470 and a 1478 reprint was later fully translated
into Spanish; this resurgence involved a considerable increase of biographical booklets in
Hispanic territory, not always taken with due consideration.
Keywords: Biographies; Quattrocento; translations; Alfonso de Palencia.
Premetto che per le sigle delle biblioteche si useranno: BNE, per la Biblioteca Nacional de
Espaa (Madrid), BNCF, per la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Ugualmente, sar
abbreviato in Progetto Boscn, il PROYECTO BOSCN: Catlogo de las traducciones
espaolas de obras italianas (hasta 1939) [on line]. <http://www.ub.edu/boscan> [ultima
consulta: 03-04-2013].
ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia)
1. C
ontesto generale: il genere biografico in Italia e alcune tracce
della sua ricezione
Durante il Quattrocento il genere biografico riscosse un grande successo e fu
quello che probabilmente meglio rappresent, allinterno del pensiero umanistico, lidea fondamentale della centralit delluomo. Ad ogni modo, in qualit di genere letterario non ebbe un carattere monolitico e sarebbe una questione molto complessa misurare in che grado si intrecciarono tradizioni
diverse: ingredienti e clich appartenenti alle leggende agiografiche; elementi
delle introduzioni ad autori celebri (i ben noti accessus ad autores); motivi
ispirati alla tradizione epica; o modelli biografici di matrice classica.
In uno studio sullo sviluppo della scrittura biografica, M. McLaughlin1
evidenzi una triplice tipologia testuale: da una parte, le collezioni o gallerie
di personaggi illustri, iscritti nella tradizione dei De viris illustribus; da unaltra,
le biografie individuali, molte volte ritratti a mo di panegirico di singole personalit; infine, le autobiografie che, sulla scia introspettiva del Secretum e della
Lettera ai posteri del Petrarca, trovarono la pi compiuta espressione tanto
nellautobiografia dellAlberti (c. 1460) quanto soprattutto in quelle rinomate di Benvenuto Cellini (Vita, scritta tra 1558-1566, ma pubblicata nel 1728)
e Girolamo Cardano (De vita propria, 1575).
In questa sede ci interessa il secondo grande gruppo, costituito dalle biografie individuali di personaggi antichi e moderni, per lo pi panegirici di
mecenati nel caso dei governanti, ma anche di artisti e scrittori. I modelli sono da rintracciare nei paradigmi classici di Plutarco, Diogene Laerzio, e
quasi sicuramente nelle vite della tarda antichit di poeti come Virgilio, al
quale com risaputo venne dedicata una larga serie di Vite vergiliane.
Senzaltro, il grande precedente in questo caso Boccaccio, il quale scrisse il
De vita et moribus Francisci Petracchi (1348), in lingua latina, e il Trattatello in
laude di Dante (1351-53, riscritto nel 1363). Queste due ultime opere interessano particolarmente perch, come dimostrano Gmez Moreno e Jimnez
Calvente,2 circolarono nellambiente del Marchese di Santillana. Difatti la vita
di Dante fu oggetto di molteplici biografie dove spiccano autori come Filippo
e Giovanni Villani, Giannozzo Manetti e, soprattutto, Leonardo Bruni. Di
questultima conserviamo una traduzione anonima in lingua castigliana realizzata verso il 1450 e indirizzata a igo Lpez de Mendoza, Marchese di
Santillana, sotto il titolo di La vida et estudios et costumbres de Dante et de micer
Francisco Petrarca, oggi manoscritto BNE, ms. 10171.3
1. Martin McLaughlin, Biography and Autobiography in the Italian Renaissance, in Peter
France-William St. Clair (a cura di), Mapping Lives: the uses of biography, Oxford: Oxford
University Press for the British Academy, 2002, p. 37-65.
2. ngel Gmez Moreno-Teresa Jimnez Calvente, De Dante y otras vite, Cuadernos de
Filologa Italiana, n. extraordinario, 2001, p. 373-392.
3. Cfr. Giuseppe Mazzocchi-Paolo Pintacuda, La versione castigliana quattrocentesca delle
Vite di Dante e del Petrarca di Leonardo Bruni, in Luisa Rotondi Secchi Tarugi (a
cura di), Rapporti e scambi tra umanesimo italiano ed umanesimo europeo, Milano: Nuovi
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013203
Non mancarono naturalmente biografie di re e governanti, con unintenzione pi laudativa che critica, in cui spicca la figura di Alfonso il Magnanimo.
Non posso, per questioni di spazio, soffermarmi su questi lavori, ma mi
limiter a ricordare che il De dictis et factis Alphonsi regis di Antonio Beccadelli, il Panormita (1394-1471), gener in Spagna una ricca serie di traduzioni a
cui diede avvio Jordi de Centelles verso lanno 1481, con Lo llibre dels fets e
dits del gran rey Alfonso; posteriormente, durante il Cinquecento spagnolo
continuarono le versioni grazie a Juan de Molina (1527) e, in modo parziale,
a Fortunio Garca de Ercilla (1530-1550) e Antonio Rodrguez Dvalos
(1554); il testo concretamente il libro III, capitolo 36 fu rivisitato da Pere
Miquel Carbonell nellopera intitolata Sobre una singular visitaci (1546).
Alcuni testi di questo genere, dedicati a una singola personalit, finirono per
diventare, per il loro carattere chiaramente encomiastico, piccole creazioni
epiche, com il caso di Pier Candido Decembrio, autore di una biografia del
duca di Milano, Filippo Maria Visconti, composta nel 1447 e ispirata ai
modelli svetoniani; sempre allo stesso filone sono ascrivibili le sue biografie di
Francesco Sforza e quella di Ercole dEste, scritta questa dopo essere stato
assunto, nel 1471, nel ducato di Ferrara.4
Il modus faciendi proprio degli umanisti si estese fino alle biografie di pontefici, lontane per ormai dai registri medievali degli atti dei papi.5 Ne sono
un esempio le biografie scritte da Bartolomeo Sacchi, il Platina (1421-1481)
che, nella sua storia dei pontefici romani (Liber de vita Christi ac omnium
pontificum), giunge fino al suo protettore Sisto IV.
Ci fu, infine, un gruppo di biografie consacrate a saggi antichi, scrittori e
filosofi, di cui ci occuperemo nelle pagine successive di questarticolo e il cui
impatto nella Penisola Iberica in parte da ricostruire. Si tratt di un gruppo
di biografie pi direttamente ispirate agli autori classici: Plutarco, Svetonio,
Valerio Massimo e Diogene Laerzio vengono scelti non solo come modelli ma
anche come fonti primarie. Giannozzo Manetti, come poi molti altri faranno,
nella sua dedica delle vite di Seneca e Socrate a Nuo de Guzmn e poi ad
Alfonso il Magnanimo sottolinea esplicitamente come la sua ispirazione provenga da Plutarco.6
orizzonti, 2001, p. 439-489; Lorenzo Bartoli, La versione castigliana delle Vite di Dante
e del Petrarca e la controversia alphonsiana: osservazioni filologiche sui rapporti fra Bruni
e la Spagna in epoca conciliare, in Mara N. Muiz Muiz (a cura di), La Traduzione della
Letteratura Italiana in Spagna (1300-1939). Traduzione e tradizione del testo: dalla filologia
allinformatica, Firenze: Franco Cesati Editore, 2007, p. 175-182.
4. Questa tipologia di testi, riconducibili al panegirico, ebbe il suo corrispettivo nelle figure dei
Re Cattolici, come segnalato da ngel Gmez Moreno, Espaa y la Italia de los humanistas,
Madrid: Gredos, 1994, p. 235-236.
5. Cfr. Massimo Miglio, Storiografia pontificia del Quattrocento, Bologna: Patron Editore,
1975.
6. Alla fine della prefazione a Nuo de Guzmn, Manetti dichiara apertamente di essersi
ispirato a Plutarco: In qua quidem re Plutarchum pre ceteris imitati sumus, qui
quosdam clarissimos viros cum Grecos tum Latinos invicem comparavit et egregias
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013205
stampata a Venezia per i tipi di Jenson nel 1478, arriv in Spagna e fu tradotta integralmente dal cronista dei Re Cattolici, Alfonso de Palencia.10 Linserzione di numerosi opuscoli biografici e storici in queste edizioni signific
la diffusione non solo delle biografie plutarchee che erano state tradotte dal
greco al latino da vari illustri umanisti, ma anche di tutta unaltra serie di
lavori. Non si tratta di aggiunte arbitrarie o irrilevanti rispetto agli autentici
plutarchei, poich sono giustificati appunto dal loro carattere storiografico e
biografico. Ad ogni modo, linclusione di questi testi ebbe delle conseguenze
che Campano non aveva previsto perch signific la loro divulgazione in
Italia e in Europa, ed anche la traduzione in altre lingue volgari, tra cui lo
spagnolo.
Passer quindi in rassegna queste opere biografiche, distinguendo, da un
lato, le traduzioni di opere latine antiche e traduzioni indirette di opere greche
e, dallaltro, le opere biografiche originali scritte da umanisti italiani. Lascer,
invece, da parte un lavoro di chiara natura storiografica presente nella raccolta, cio il Breviarium rerum gestarum populi Romani di Rufo Festo (c.379).11
2.1. Scritti biografici di autori latini e traduzioni latine di testi biografi greci
La vita di Attico di Cornelio Nepote
La vulgata campaniana conteneva due testi biografici di autori latini: uno di
essi, la vita di Virgilio dovuta a Donato (s. iii), purtroppo non pass alle edizioni posteriori e perci non giunse in traduzione nell arco del s. xv in Spagna;
laltra, invece, la vita di Pomponio Attico scritta da Cornelio Nepote (c. 99
aC. c. 24 aC.) ed inserita nel suo De viris illustribus, la cui editio princeps
apparse nel 147112. La biografia di Attico, che molto probabilmente circolava
verso gli anni trenta, fu inclusa dal Campano perch rientrava nella linea della
28, n. 2, 2008, p. 99-124; cfr. inoltre i lavori ormai classici: Vito R. Giustiniani, Sulle
traduzioni latine delle Vite di Plutarco nel Quattrocento, Rinascimento, ser. II, n. 1,
1961, p. 3-62; Marianne Pade, The Reception of Plutarchs Live in Fifteenth-Century Italy,
Copenhagen: Museum Tusculanum - University of Copenhagen, 2007.
10. Le edizioni a cui mi riferir dora in avanti sono: Plutarco, Vitae illistrium virorum,
J.A. Campano (ed.), [Roma]: Ulrich Han (Uldaricus Gallus), [1470]; Id., Vitae illustrium
viorum, Venezia: Nicolaus Jenson, 2 gennaio 1478; Id., [Vitae illustrium virorum], trad.
Alfonso de Palencia, 2 vol., Sevilla: Cuatro compaeros alemanes, 2 luglio 1491.
11. Sexto Rufo Festo, The Breviarium of Festus. A Critical Edition with Historical Commentary,
J.W. Eadie (a cura di), London: Athlone press, 1967; Id., Abrg des hauts faits du peuple
romain, M.P. Arnaud-Lindet (ed. e trad. a cura di), Paris: Les Belles Lettres, 1994. Per
quanto riguarda il Breviario, Alfonso de Palencia lo colloc alla fine della sua traduzione
e vi aggiunse questo preliminare: Sguese la epstola de Ruffo embiada al emperador
Valentiniano, de la dignidad real y consular y imperial y de la accessin del imperio romano;
la qual epstola, puesta en fin de las vidas de Plutharco y de otras algunas, traduxo el cronista
Alfonso de Palenia de latn en romane (f.345v).
12. Cornelio Nepote, Vitae imperatorum, sive De vita illustrium virorum, Venezia: Nicolaus
Jenson, 8 marzo 1471; almeno altre tre furono pubblicate nel corso del XV secolo: una a
Milano nel 1480, unaltra a Brescia e unaltra a Venezia nel 1498.
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013207
sempre nuove opere da inviare, precedute da una dedica doccasione, a futuri probabili protettori.14
La traduzione dellEvagora che entr a far parte del corpus latino delle Vite
parallele di Plutarco fu quella compiuta da Guarino Veronese verso il 1434. In
precedenza, Guarino aveva gi intrapreso altre traduzioni isocratiche; infatti,
lo si pu considerare uno dei maggiori diffusori dellopera di Isocrate, in possesso di un numero molto considerevole di manoscritti, paragonabile soltanto
a quello di Plutarco o Platone.15
LEvagora, quindi, unopera che fluttua tra lorazione funebre e lelogio
encomiastico per il re di Salamina, fu tradotta in spagnolo attraverso la versione latina di Guarino. Il titolo che accompagna la versione di Palencia ci fornisce la prova che il traduttore la considerava opera di Plutarco:
Plutarcho philsopho escriui en griego la vida del ylustre varn Eugoras.
Boluiola en griego Guarino Verons y el cronista Alfonso de Palenia la traduxo en romane castellano.
Palencia, Plutarco, II, f.312v.
Non v nessuna divergenza tra queste parole e quelle che precedono le vite
propriamente plutarchee. Per quanto riguarda le traduzioni romanze, non ne
arriver nessunaltra fino a quella italiana di Ludovico Domenichi del 1566.16
Le Vite di Omero
Dobbiamo ora riprendere la figura di Omero. Il fascino per il vate veniva da
lontano e ormai Petrarca e Boccaccio ne avevano dato fede. Seguirono i passi
del Petrarca Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Guarino Veronese, Lorenzo
Valla o Angelo Poliziano, ricavandone una qualche traduzione. Accanto per
ai due capolavori, si svilupp una letteratura periomerica di opere apocrife e
di biografie del vate. Un caso paradigmatico di questultimo gruppo di letteratura, come abbiamo visto, fu la stesura da parte di Pier Candido Decembrio
duna Vita Homeri, tradotta pochi anni dopo in Spagna.
Ebbene, allo studio di Omero nella Spagna del XV si deve aggiungere una
traduzione parziale dovuta sempre ad Alfonso de Palencia nella sua versione
delle Vite parallele (1491). Mi riferisco al De Homero di un certo PseudoPlutarco, tradotto dal fiorentino Pellegrino degli Agli (Firenze 1440 Roma
c. 1469), bench per molti anni fosse stata ritenuta opera di Guarino Veronese. 17 Campano aggiunse una seconda biografia attribuita a Erodoto su origini,
14. Gualdo Rosa, Le traduzioni latine .... cit., p. 275-303.
15. Per le traduzioni di opere isocratiche fatte da Guarino, si veda Gualdo Rosa, Le traduzioni
latine... cit., p.284, n.13 e Id., La fede nella paideia cit., p.24.
16. Plutarco, Vite di Plutarco, de gli huomini illustri greci et romani, Lodovico Domenichi
(trad.), Venezia: Giolito, 1566-1568.
17. Per i testi originali, cito solo lultima edizione: [Homero], Homeric Hymns. Homeric
Apocrypha. Lives of Homer, Martin L. West (ed.), Cambridge, Mass.; London: Harvard
cronologia e vita di Omero, ma Jenson lelimin, per cui Palencia non la tradusse. Questi due opuscoli ebbero tanta fortuna da risultare inclusi nelleditio
princeps delle opere di Omero a cura di Demetrio Calcondida nel 1488, insieme con gli Inni omerici, la Batracomiomachia e il Discorso su Omero di Dione
Crisostomo.
Nella traduzione di Palencia il testo preceduto dalla rubrica seguente:
Plutarcho philosopho escriuio en griego la vida del ylustre varon Homero.
Boluiola en latin Guarino Verones. Y el cronista Alfonso de Palenia la traduxo
en romane castellano
Palencia, Plutarco, II, f.322v.
Queste parole non facevano altro che rispecchiare il titolo originale delledizione usata: Homeri viri illustris vita ex Plutarcho graeco in latinum per
Guarinum Veronensem versa (ed. 1478, f. 458v.). Quindi, il Palentino non
nutriva alcun sospetto su un testo falsamente attribuito a Plutarco e su una
traduzione erroneamente aggiudicata a Guarino.
Senofonte e lAgesilao, tradotto da Battista Guarino
Una delle biografie allinterno della vulgata latina delle Vite parallele corrispondente ad Agesilao, messo a confronto con Pompeo, in realt opera non di
Plutarco ma di Senofonte (Atene, ca. 430 Corinto, ca. 354). Per di pi,
nelleditio princeps e nelle successive, la versione era considerata frutto di Antonio Pacini, mentre il vero traduttore era Battista Guarini, figlio di Guarino,
che intorno al 1459 laveva dedicata ad Ermolao Barbaro. Esisteva unaltra
traduzione del testo di Senofonte portata a termine nel 1432 da Francesco
Filelfo e dedicata al cardinale Niccol Albergati. Nel frattempo, il testo plutarcheo con la biografia del generale spartano era stato tradotto il 28 ottobre
1462 e inviato a Lorenzo de Medici. 18 Dunque, Campano non incluse la pur
esistente traduzione del testo plutarcheo sia perch i suoi scrupoli personali lo
spingevano a propendere verso un testo pi encomiastico (comera lo scritto
di Senofonte), sia perch, una volta capitatagli tra le mani, la credette opera
autentica di Plutarco, cadendo in un grave errore.19
Di conseguenza, Alfonso de Palencia tradusse il testo di Senofonte senza
sospettare che il testo fosse stato scambiato, visto che traduceva dal latino sen
za sapere il greco e lerrore proveniva dalledizione utilizzata.
University Press, 2003. Per questa traduzione fatta da Pellegrino degli Agli, si veda il mio
contributo: Susanna Alls Torrent, Le vite di Omero tradotte da Pellegrino degli Agli,
in Coesistenza e cooperazione nel Medioevo, Turnhout: Brepols, 2013 (in stampa).
18. Per quanto riguarda il contesto della traduzione, si veda Pade, The Reception, cit., p. 334-335;
Giustiniani, Sulle traduzioni, cit. p. 33.
19. Questa sembra essere lipotesi di Giustiniani: Questo scritto di Senofonte stato
evidentemente scambiato per quello di Plutarco dallugual titolo e lo sostituisce nella
raccolta (Sulle traduzioni, cit. p. 33).
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013209
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013211
Il dato non sorprende, vista la familiarit degli autori spagnoli con le opere di
Bruni. Del resto, la traduzione del Palentino non comporta le connotazioni
programmatiche che poteva avere fra gli umanisti italiani il ripristino della
figura dello Stagirita per contrapposizione alla tradizione medievale, ma si
tratta comunque di un episodio notevole nella storia della ricezione. Negli
anni successivi e lungo il XVI secolo lopera fu letta e riletta, come dimostrano
alcuni riferimenti in autori come Pedro Mexia, ma studiarne le sorti ci porterebbe a unanalisi che va ben oltre i limiti di questarticolo e che rimando ad
unaltra sede.
La Vita Platonis di Guarino Veronese
A differenza di quanto accaduto con Leonardo Bruni, di Guarino Veronese si
tradusse ben poco in terre ispaniche.26 Per limitarci al genero in questione,
Guarino scrisse due biografie, una di santAmbrogio e unaltra di Platone,27
della quale conserviamo unicamente una traduzione in spagnolo ad opera di
Alfonso de Palencia.
Guarino elabor la Vita Platonis verso il 1430 e la dedic al milanese
Filippo di Giovanni Pellizzone, il medico del marchese Niccol III di Ferrara,
citt in cui il Veronese risedeva sin dallaprile 1429.28 Quindi, solo a distanza
di un anno dalla stesura della Vita Aristotelis del Bruni, apparse una Vita che
stata da alcuni rimproverata per lo scarso valore critico nella scelta delle fonti,
per luso a volte indiscriminato di Diogene Laerzio, e per lapproccio cristia25. Giuseppe Mazzocchi-Olga Perotti, La Vida de Aristteles di Bruni: edizione e studio,
Cultura Neolatina 64, n. 1-2, 2004, p. 251-284.
26. Il Progetto Boscan registra di Guarino solo una traduzione del De linguae latinae
differentis.
27. La biografia ambrosiana contenuta in soli due manoscritti: Ferrara, Biblioteca comunale
ariostesca, cod. II 90 e II 135; Cfr. Gino Pistilli, s.v. Guarino Guarini, DBI 60, 2003,
p. 367; della Vita Platonis abbiamo ununica edizione in Tomasz Pciennik in Szczucki
-Milewska-Wazbinska, Humanistyczne zywoty, cit., p. 195-278.
28. Marianne Pade, Guarino and Caesar at the Court of the Este, in M. Pade-L. Waage
Petersen-D. Quarta (a cura di), La corte di Ferrara e il suo mecenatismo 1441-1598,
Copenhagen: Museum Tusculanum; Modena: Panini, 1990, p. 71-91.
Ci dimostra che Palencia sapeva chi era Guarino, che viene qualificato, nel
prologo, come un varn muy mentado en enseana, con la caratteristica
che lo distingueva dagli altri umanisti messa cos in risalto. E seppure il gentilizio che accompagnava il nome esplicitava la sua patria, il Palentino non
dubita a ostentare la propria cultura quando, trovandosi di fronte alla semplice frase inserita da Guarino a proposito di Catullo: conterraneo meo Catulo,
decide di trasformarla in Catulo, mi conterraneo de Verona.
Come nel caso di Aristotele, non si pu dire che le implicazioni di una tale
traduzione siano le stesse che lopera aveva avuto tra gli umanisti italiani, laddove autori come Hankins arrivano ad affermare che il Quattrocento italiano
fu unepoca in cui la filosofia di Platone venne studiata e apprezzata pi che
in qualsiasi altra dopo la chiusura dellAccademia di Atene, per ordine di Giustiniano, nel 529,31 ma le parole preliminari della traduzione indicano che
Palencia aveva informazioni di prima mano rispetto al vero autore dellopera.
Ci furono altre biografie platoniche. Una dovuta a Giovanni Tortelli (Arezzo 1400-1466), inserita nella sua De Orthographia e sotto la voce Platone, si
limita a una sintesi, a cui vanno aggiunti altri dati sparsi sotto le voci de Anitos e Socrate; unaltra come non poteva essere altrimenti fu originata
dalla penna di Marsilio Ficino ed anteposta alledizione dei Dialoghi platoni29. Nel descrivere il lavoro guariniano si detto: adattamento dalle Vite dei filosofi di Diogene
Laerzio e da Agostino (Pistilli, s.v. Guarino Guarini, cit. p. 362) oppure: Guarino tried
to keep as closely as possible to the Lives and Opinions of Eminent Philosophers of Diogenes
Laertius, using the lives of both Socrates and Plato (Fryde, Humanism and Renaissance
Historiography, cit., p. 63).
30. Per i manoscritti si veda, Szczucki-Milewska-Wabiska, Humanistyczne ywoty,
cit., p. 200. Per le ristampe, si veda: Giustiniani, Sulle traduzioni, cit., p.42.
31. James Hankins, La riscoperta di Platone nel Rinascimento italiano, S. U. BaldassariD. Downey (ed. e trad, a cura di), Pisa: Scuola Normale Superiore, 2009, p. 34.
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013213
Insomma, Palencia era consapevole del fatto che Acciaiuoli aveva portato a
termine un lavoro critico di fonti (recolegida de las historias); identificava
lautore come cibdadano florentino e aggiungeva de principe catolico y bien
32. La bibliografia sulla Vita Caroli Magni relativamente scarsa; per una visione dinsieme,
rimando al mio contributo: S. Alls Torrent, The Vita Caroli Magni of Donato
Acciaiuoli, translated by Alfonso de Palencia, in B. Taylor-A. Coroleu (a cura di),
Humanism and Christian Letters in Early Modern Iberia (1480-1630), Newcastle: Cambridge
Scholars Publishing, 2010, p. 61-74.
33. Campano, infatti, conosceva di prima mano lopera di Acciaiuoli, cos si legge in una
sua lettera pubblicata in Iacopo Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), Paolo
Cherubini (a cura di), Roma: Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 1997, vol. II, p. 625:
Ep. 251. Per la circolazione manoscritta si veda, Kristeller, Iter, cit., che ne arriva a
elencare undici testimoni: Italia (9), Polonia (1), Stati Uniti (1).
Il genere biografico degli umanisti e la ricezione nella Penisola Iberica Quaderns dItali 18, 2013215
(ed. 1478, f. 129r). Ebbene, Palencia pens che la citazione del nome del Cheronese fosse un errore, cancellandolo cos dallelenco: Ca Polibio e otros muy
ricos auctores escriven que Cornelia la que pari a Gayo e a Tiberio fue casada
con Graccho despus de la muerte del Africano (Palencia, Plutarco, II, f.191r).
4. C
onclusioni e ridimensionamento della ricezione del genero biografico
in Spagna
Come ho cercato di dimostrare seppur per sommi capi, la serie di lavori elencati ha un interesse molto ampio per pi di un motivo. Innanzitutto, le traduzioni delle tre opere greche, che indirettamente sono arrivate nella Penisola
Iberica, sottolineano oltremodo il ruolo cruciale dellumanesimo italiano nel
recupero dei testi classici; cos lEvagora di Isocrate, lAgesilao di Senofonte, e
il De Homero di Pseudo-Plutarco trovarono uneco in terre castigliane, anche
se come ho illustrato il traduttore molto probabilmente non immaginava che lautore tradotto non fosse Plutarco. La vita di Attico di Cornelio Nepote dest alcuni sospetti, per cui venne ipotizzata una successione di fatti poco
credibili: la biografia di Attico sarebbe stata scritta in latino da Nepote e successivamente tradotta dal latino al greco dallo stesso Plutarco. Comunque sia,
il fatto che Palencia collocava correttamente i due autori entro le loro coordinate cronologiche.
Il capitolo pi interessante e sul quale ho incentrato pi sforzi costituito
dalle biografie originali scritte da umanisti di primo livello, quali Leonardo
Bruni, Guarino Veronese e Donato Acciaiuoli. E lo essenzialmente per due
ragioni. Da un lato, queste traduzioni si affiancano alle opere inizialmente
menzionate, e pi largamente studiate dalla critica, cio la Vita Socratis et Senecae di Giannozzo Manetti, letta ma non tradotta in Spagna, e la Vita Homeri
elaborata da Pier Candido Decembrio, esistente in una versione castigliana
anonima. Le versioni castigliane di Palencia della Vita Aristotelis, la Vita Platonis, la Vita Caroli Magni (malgrado che questa cronologicamente si separi dalle
altre) e le Vitae Hannibalis et Scipionis rappresentano, come dimostrano le
ricerche altrove da me intraprese37, un arricchimento notevole in questo mare
di traduzioni quattrocentesche. Nel caso di Bruni si conferma lampio interesse suscitato dalla sua figura nella Penisola Iberica; in quello di Guarino, si
affianca alla traduzione castigliana anonima e parziale del De Lingue Latine
Differentiis una seconda traduzione della sua vita platonica; infine, nel caso
dellAcciaiuoli le biografie costituiscono le sue uniche opere tradotte in spagnolo. Daltro canto, i testi ravvivano tradizioni fecondissime di autori e aiutano a
tracciare in maniera pi precisa la fortuna in territorio ispanico di grandi autori e figure storiche, come Platone, Aristotele, Scipione, Annibale o Carlomagno.
37. Susanna Alls Torrent, Parallelae sive Vitae illustrium virorum (Las vidas de Plutarco,
Sevilla 1491). Estudio y edicin crtica de la traduccin de Alfonso de Palencia de las vidas
compuestas por Donato Acciaiuoli, Leonardo Bruni y Guarino Veronese [Tesi di dottorato],
Universitat de Barcelona, 2013.
Resumen
El presente artculo analiza dos figuras, una literaria y la otra histrica, a travs de algunos
sonetos del Renacimiento italiano. Una figura es la conocida reina de Cartago, Dido, a
la que Tansillo dedic un enigmtico soneto, porque sin mencionar su nombre la sita
en los lugentes campi, recreando unos versos del libro VI de la Eneida. La otra figura
es la menos famosa de Irene de Spelimbergo, pintora que trabaj en el taller de Tiziano,
cuya muerte, ocurrida en 1561, lamentaron muchos poetas italianos contemporneos, que
la imaginaron, jugando con la etimologa griega de su nombre, en la paz del Paraso.
Palabras clave: Dido e Irene; lrica italiana renacentista; poesa latina clsica; mitologa.
Abstract
This article analyzes two figures, a literary one and a historical one, through some sonnets
of the Italian Renaissance. One of these figures is the famous queen from Carthage, Dido,
to whom Tansillo wrote an enigmatic sonnet, because without mentioning her name, he
places her among the Lugentes Campi, recreating the verses of the Aeneids book 6. The
other figure is less famous one of Irene di Spilimbergo, a female painter who worked in
Titians studio, whose death in 1561 was deeply regretted by many Italian poets of that
time who, playing with the Greek etymology of her name, imagined her in the peace
of Paradise.
Keywords: Dido and Irene; Italian Renaissance; Lyric poetry; Mythology.
1. El poema est incluido en Jorge Luis Borges, La cifra, 1981. Puede leerse en Jorge Luis
Borges, Poesa completa, Barcelona: Destino, 2009, p. 550.
2. Lo explica y demuestra en uno de sus dos excelentes blogs en Internet dedicados a Borges
y Virgilio, Francisco Garca Jurado, Borges y su Eneida: lgrimas de las cosas, Historias
no acadmicas de la literatura, Domingo, 2 de octubre de 2011. La elega de Borges forma
parte de su libro La cifra (1981), incluido en sus Obras completas, vol. 4, Barcelona: Emec
editores, 1989, p. 309.
Estigia (Virgilio parece confundirlos) para subir en la barca del anciano Carn
a bordo de la cual emprende la travesa a la otra orilla. Cuando logra alcanzarla ha de hacer frente al guardin de los infiernos: el enorme perro Cerbero con
tres gargantas. La Sibila lo duerme y Eneas se aleja de la orilla para dirigirse a
la entrada donde oye las almas de los nios que haban muerto antes de tiempo. No muy lejos halla a los que han perecido por falsa acusacin y a los que
se han suicidado. Enseguida llega a los campos de los que lloran donde encuentra a la sombra de una selva de mirtos a los que han sufrido por un duro amor:
Non procul hinc partem fusi monstrantur in omnem
Lugentes campi; sic illos nomine dicunt.
Hic quos durus amor crudeli tabe peredit
Secreti celant calles et myrtea circum
Silva tegit: curae non ipsa in morte relinquunt (VI, 440-444).4
[No lejos de aqu se muestran extendidos por una y otra parte los campos
de los que lloran; as se los llama con este nombre. A estos a los que el duro
amor ha consumido con una peste cruel ocultan las sendas secretas y a uno y
otro lado una selva de mirtos los cubre: los cuidados no los abandonan en la
misma muerte]
4. Los lugentes campi junto el segundo crculo de la Divina Commedia de Dante son los
lugares elegidos, como veremos a continuacin, por los poetas castellanos del siglo xv para
situar sus particulares infiernos de amor (vase al respecto Miguel ngel Prez Priego,
Los infiernos de amor, Iberia cantat. Estudios sobre poesa hispnica medieval, Santiago de
Compostela: Juan Casas Rigall y Eva Mara Daz Martnez (Universidad de Santiago
de Compostela), 2002, p. 309-311.) El pasaje de Virgilio tambin lo haba aducido Gonzalo Sobejano Aspectos del olvido en la poesa de Quevedo, Homenaje a Jos Manuel
Blecua, Madrid: Gredos, p. 640.
5. Para la influencia de Virgilio sobre Ovidio en el tratamiento del mito de Ceneo, vase Riggs
Alden Smith, Poetic Allusion and Poetic Embrace in Ovid and Virgil, Michigan: University
of Michigan, 1997, p. 74-78.
Dido, para evitar su mirada, le vuelve el rostro y mantiene los ojos fijos en
el suelo. Da la impresin de no estar ya aquejada por ese amor que fue la causa
de su suicidio: no parece sufrir las curae propias del lugar en que se halla
confinada. Pero tambin es verdad que aparece en una actitud que recuerda la
del ciervo herido que corre sin rumbo fijo con la herida abierta (es la mxima
expresin del amante desesperado que ya Virgilio haba usado anteriormente):
Inter quas Phoenissa recens a volnere Dido
Errabat silva in magna... (VI, 450-45v1).
[Entre las cuales la fenicia Dido vagaba por un gran bosque con la herida
abierta]
Pero la reina fenicia se aparta en seguida del hroe troyano con un gesto
brusco para reunirse bajo los mirtos con su marido Siqueo, con quien comparte un mismo amor conyugal. Despus Eneas, con mucha pena, reemprende su
camino en su viaje por los infiernos en busca de la voz deseada de su padre.
En la que es sin duda su mejor elega (y escribi tantas buenas), Propercio
ve en sueos la sombra (no el alma) de su amada Cintia, que le describe desde
el ms all el mundo oscuro de la muerte que ya empieza a serle familiar: el
ro Aqueronte cuyas aguas circulan en direcciones opuestas llevando hacia un
lado tanto las sombras de la adltera Clitemnestra como la de Pasifae y hacia
el otro tanto la de Andrmeda como la Hipermestra, las dos ejemplos de
esposas fieles. Sin precisar ningn lugar en concreto pero en probable alusin
a los lugentes campi virgilianos, Cintia menciona las lgrimas derramadas
en el mundo de los muertos para restaar los amores de los vivos:
Sic mortis lacrimis vitae sanamus amores
[As sanamos los amores de la vida con las lgrimas de la muerte]
La dorada Cintia termina su intervencin refirindose a las puertas piadosas de los Campos Elseos que permiten a las sombras el regreso a la tierra. Se
despide anuncindole a su poeta que en la inmortalidad lo tendr para ella sola
sin compartirlo con ninguna otra. Parece imaginarse un lugar donde poder
prolongar su amor ms largo que la muerte y quiz tambin que el olvido:
un lugar en que con las lgrimas de los dos curar las infidelidades cometidas
en vida. No parece que ese lugar pueda ser otro que los lugentes campi.
En una de las elegas del primer libro, Propercio somete a su amor por
Cintia a una prueba cuya superacin le garantiza una inmortalidad que no
podra alcanzar de otro modo. Se lo imagina pasando de un lado a otro de la
ribera de un ro al que no llega a identificar:
Illic, quidquid ero, semper tua dicar imago:
Traicit et fati litora magnus amor (11-12).
[All, cualquier cosa que yo sea, siempre ser llamado tu sombra: y mi gran
amor pasar al otro lado de las riberas de la muerte]
Es fcil concluir que los caecis... locis son los propios de los tristes que
detestan la luz (lucemque perosi), y que por tanto Propercio sita a Protesilao en los lugentes campi. Pero no todo es tan sencillo como parece. Virgilio describe otros campos que distingue de los loca en los que ha colocado a
los suicidas porque utiliza un superlativo (ultima) con que se desmarca del
anterior (proxima):
[Proxima... tenent... loca...]
Iamque arva tenebant
Ultima, quae bello clari secreta frequentabant (477-478).
[Ya ocupaban los campos extremos, donde asistan apartados los famosos en
la guerra]
Propercio, pues, entiende los caecis... locis como estos loca turbida,
sine sole domos, y acaba ubicando a Protesilao dentro de sus confines para
hacerlo regresar desde ellos al mundo de los vivos. Es, sin embargo, en los
otros campos, los lugentes, donde ha hecho aparecer la sombra de Laodamia, la fiel esposa del hroe tesalio que se suicid tras pasar con l esas tres
horas de placer que le regalaron los dioses para reunirse con su marido y
amarlo definitivamente en el mundo de los muertos. Pero Virgilio no les ha
asignado el mismo lugar en ese mundo porque los amantes haban muerto
de manera muy diferente: describe a Laodamia sola en los lugentes campi
porque supone al marido en los arva [...] ultima, los campos propios de los
guerreros que han cado en el campo de batalla. Si hace una excepcin con
Siqueo es quiz porque el marido de Dido no muri heroicamente sino asesinado por su cuado.
Los campi del pianto en Tansillo y otros poetas italianos
En su soneto Tansillo empieza describiendo la liberacin del alma de la dama
que se dispone a subir a la barca de Carn para cruzar la laguna Estigia. Aclara que el alma, tras llegar a la otra orilla, sigue recordando la vida anterior: no
hay ninguna ley fatal que le prive de or cuanto ocurre en el mundo terrenal.
En ese punto deja claro que el alma de la dama experimentar dolor cuando
sepa que su amante, al que am ms que a sus vivos despojos, est con otra
mujer. Al imaginarla an enamorada y celosa de otra dama la sita en el
mismo lugar que Virgilio haba reservado a quienes no abandonan sus cuitas
amorosas ni con la muerte. El lugar, al igual que el poeta latino, lo identifica
como el campo de los que lloran y la selva de los mirtos:
Se in parte, ove doler si possa ancora,
Ne la selva de mirti, umbrosa e folta,
O necampi del pianto la dimora;
En unos versos anteriores se haba referido a los campos del llanto (sin darle
el nombre que aparece en Virgilio) en los que supone al cclope, tras su muerte, con las mismas penas de amor que en vida:
Di morir bramo e non sperando ho speme
Di finir, con la morte, i gran martiri (227).
Considera que Polifemo slo dejar de sufrir sus dolores por el amor a
Galatea cuando haya bebido las oscuras aguas del olvido. Primero ha mencionado el ro Aqueronte (no la laguna Estigia), despus el Cancerbero y finalmente (en los versos citados) la selva de los mirtos y el ro Leteo.
Antes de Tansillo, el poeta barcelons afincado en Npoles, Benedetto
Gareth, conocido como Il Cariteo, incluye en su Endimione (Npoles, 1506),
una cancin en que se presenta errando por los lugares ms oscuros del Hades,
muy lejos de los Campos Elseos, pero tambin de la selva de los mirtos, por
culpa de amor:
Canzone, io non fui mai
Nei campi Elisi et fortunate valli,
Ovaltro sol si vede et altra luna,
N mai lare imbruna,
N vivo ascoso in quei secreti calli
6. Esta obra de Giovan Battista Marino, en Biblioteca Italiana, 2003: www.bibliotecaitaliana.it/exist/biblit/7. Este poema mitolgico aparece editado en Biblioteca Italiana, 2004.
Es verdad que Corella no ofrece ningn dato explcito con el que indique
el lugar del Hades que asigna a los dos amantes, pero resulta fcil concluir que
no est pensando en otro que los lugentes campi, porque sabe que en esos
campos se quedan las almas de quienes conservan el mismo amor que en vida.
Tampoco ignora que Virgilio ha situado en ellos a Dido compartiendo el
mismo tipo de amor conyugal con Siqueo, que es precisamente el tipo de amor
que tambin ha pensado para Leandro y Hero.11
En otra de sus prosas mitolgicas, las Lamentacions, Corella sita a los
personajes que exponen sus quejas claramente bajo las myrtae... silva que
envuelven los lugentes campi. Confiesa haber llegado a esos campos tras
descender a los trists e tenebrosos palaus de Plut y seguir el camino que la
Sibila mostr a Eneas:
E, aix, s arribat en aquell adolorit verger, en lo qual los devots de Venus,
en continu plor, lurs penes reconten...12
El poeta de Beatriz, que sin duda envidia a Francesca, recuerda los lugentes campi en que Virgilio imagina las almas de los que en sus ocultos senderos
no han podido abandonar tras la muerte sus preocupaciones amorosas: curae
non ipsa in morte relinquunt.16 Ha introducido un cambio ms o menos
importante con respecto al poema latino al convertir las curae (penas,
14. Alessandro Striggio, LOrfeo favola in musica, http:/www.librettidopera.it/zpdf/Orfeo.pdf,
musiche di Claudio Monteverdi, 14/29.
15. Cito los versos de Dante de Daniele Matalia, Miln: Biblioteca Universale Rizzoli, 1975,
p. 122.
16. El primer comentarista en darse cuenta de esta deuda ms que evidente fue Bernardio
Daniello (1547-1568): Che, il quale piacer, ancor non mabbandona, percioche ancora
lo amava di l; onde scritto da Virg. Nel sesto dellEneide: curae non ipsa in morte
relinquunt; Niccol Tommaseo (1837) volvi a sealarla: Abbandona: Aen., VI: curae
non ipsa in morte relinquunt. Estos comentarios junto a todos los dems sobre la Divina
Commedia pueden leerse en Darmouth Dante Project: dante.darmouth.edu.
cuidados por amor) en Amor [...] del costui piacer (Amor [...] inspirado por
la belleza placentera de ese [Paolo]), pero, en cambio, ha interpretado de modo
bastante fiel relinquunt (mabbandona), con la sola modificacin del nmero del sujeto (curae y Amor [...] del costui piacer respectivamente).17 No s
si ha pretendido adaptar la expresin amor durus (amor irresistible, irrefrenable), utilizada, como hemos visto, por Virgilio para caracterizar el amor de
las sombras que habitan los lugentes campi; o tambin habr podido tener
en cuenta los versos en que Propercio narra el retorno de Protesilao, quien
haba muerto en la guerra de Troya, al hogar conyugal para gozar por unas
horas de Laodamia. El amante de Cintia insiste en presentarlo en los caecis...
locis sin haberse podido olvidar de los gaudia goces, placeres,18 aunque,
como hemos visto antes, no acaba de identificar esos oscuros lugares con los
lugentes campi.
Uno de los mejores (y tambin fueron muchos) comentaristas de Dante,
Benvenuto da Imola, sita el verso dentro del tpico del amor ms all de la
muerte pero no lo relaciona con el de Virgilio:
quia sicut videre potes ita sumus ligati simul amore post mortem sicut fuimus
in vita.19
[porque puedes ver que as como somos apresados por el amor despus de la
muerte como lo fuimos en vida].
17. Al estudiar las posibles relaciones entre el Hades virgiliano y el infierno dantesco, Miguel
ngel Prez Priego, art. cit., p. 311-313, no seala esta clara influencia del uno sobre
el otro.
18. El problema radica en poder demostrar si Dante pudo o no haber ledo esos versos de
Propercio. Se han conservado un manuscrito del siglo xii y varios del xiii (uno procedente
del que posey Petrarca) con casi todas las elegas (vase Antonio Tovar, Introduccin a
Propercio, Elegas, Barcelona: Alma Mater, 1963, p. XLVI-XLVII).
19. Es el Comentum super Dantis Aldigherii Comediam, en Biblioteca Italiana, 2005.
20. Ed. cit., p. 36-37.
Cuando describe a los que en ese lugar se pasan las noches y los das llorando se est refiriendo a los que se hallan en los lugentes campi porque en
ningn otro sitio los condenados se muestran con esa actitud.
En su infierno de amor, Garci Snchez de Badajoz tampoco menciona esos
campos pero deja claro que sus personajes vagan entre sus lmites al presentarlos con el mismo tipo de amor que cuando estaban vivos. Al incluir entre sus
moradores al poeta Juan de Mena le atribuye parte de las palabras que Virgilio
haba empleado para aludir a las preocupaciones amorosas que todos ellos
conservaban despus de la muerte (curae non ipsa in morte relinquunt,
ni los cuidados dejan en la misma muerte):
Y vi luego a Juan de Mena
De la edad que amor sinti,
Con aquella misma pena
21. Para los versos citados he usado la edicin de ngel Gmez Moreno y Maximilian P. A.
M. Kerkhof, Obras completas, Barcelona: Planeta, p. 152.
22. Ed. cit., p. 329.
Boccaccio est pensando en los lugentes campi que estn situados despus de la muerte y en los que sus moradores sienten el amor y el deseo como
lo sentan en vida. Al suponer en ese lugar a los dos amantes con un mutuo
deseo muy superior a las penas y castigos que puedan recibir en l no est
haciendo sino recordar a Francesca al lado de Paolo con un amor placentero
que no les abandona cuando lo comparten para siempre en el segundo crculo del infierno de Dante.
En una muy original versin del tpico del Collige, virgo, rosas, el poeta
francs Pierre Ronsard, en uno de sus sonetos ms conocidos, que forman
parte de los Sonnets pour Hlne, incluidos en Les Oeuvres (Pars, 1578), se
representa a la amada Hlne de Surgres ya muy vieja cantando los versos que
l le haba escrito cuando todava era joven; en ese futuro imaginado el poeta
ya ha muerto y se halla en un lugar en el que tal vez conserva el amor que haba
sentido en vida:
Je serai sous la terre, et fantme san os
Par les ombres myrteux je prendai mon repos (9-10).27
Si Tansillo se decide a mencionar los dos hados que han determinado las
desgracias de su protagonista (Dido) es porque ha querido desvincularlas de
otra que no la considera influida por ellos. Aduce un primer hado que le ha
privado de su bien (la persona amada) y un segundo que se lo ha entregado a
otra dama. En el segundo alude claramente al nuevo amor que Eneas siente
por Lavinia, pero en el primero no se refiere al suicidio de Dido sino a su
causa, el abandono de que ha sido objeto por el troyano. Si ha llegado a semejante conclusin es porque conoce un verso de otro libro de la Eneida en que
Virgilio interpreta el suicidio de la reina de Cartago como un suceso no determinado por el hado:
Nam quia nec fato merita nec morte peribat (IV, 696)
[Porque no haba perecido ni por el hado ni por muerte merecida].
En los dos primeros sucesos (el primer y segundo hado del soneto) han
participado los dioses (fundamentalmente Jpiter pero tambin Venus y Juno)
mientras que en el otro no lo han hecho.
Para ponderar el dolor que haba sentido en vida Dido (y que tambin
sigue sintiendo en la muerte), Tansillo podra estar recordando el momento
en que la reina de Cartago est poniendo fin a su vida clavndose primero la
espada que se haba dejado Eneas y arrojndose despus a la pira encendida
con las ropas de su amante. Es el momento en que la diosa Juno siente compasin por la moribunda y enva a Iris para que libere su alma arrancndole
un mechn de su rubio cabello para entregrselo a Proserpina:
Tum Iuno omnipotens longum miserata dolorem
Difficilisque obitus Irim demisit Olympo
Quae luctantem animam nexosque resolveret artus (IV, 693-695)
[Entonces la omnipotente Juno, compadecida del largo dolor y del fin agnico, [mand] a Iris que descendiera del Olimpo a liberar el alma [de Dido]
que luchaba [por desasirse] de los lazos de su cuerpo]
El copista de N parece no haber entendido esos versos tal como los lea en
su original y propone a cambio otros que considera que encajan mejor en el
sentido global del poema sin percatarse de que con su modificacin el verso
13 no rimaba con el 14. El problema de la dama (es decir, Dido) a la que
Tansillo dedica su soneto es que se halla en una zona del Hades en que experimenta las mismas sensaciones que en vida, y es en esa situacin en la que
desea el mismo final que cuando decidi suicidarse. En el manuscrito C, la
dama cuenta que en ese momento en que siente celos en el campo del llanto
y en la selva de mirtos es cuando se duele de haber perdido la vida (acaso se
doler de que hoy est [el alma] liberada del cuerpo), porque cree que puede
morir por segunda vez del mismo dolor que cuando en la primera se quit la
vida con la espada (qual di ferro allora).
En N, el alma de Dido expresa el deseo de volver a ocupar el mismo cuerpo que tuvo en la vida que ha dejado atrs para de ese modo morir por segunda vez a causa del dolor que la mat la primera. No piensa someterse a las
aguas del ro Leteo para purificarse en su valle y volver al cabo de miles de aos
a un nuevo cuerpo en la tierra. Porque de hacerlo adoptara un nuevo cuerpo
(no el mismo de su vida anterior) y se olvidara del amor (y tambin de dolor)
que sinti hacia ese hombre (Eneas) por el que se quit la vida. En la Eneida,
Anquises se lo explica a su hijo en unos pocos pero extraordinarios versos:
Animae, quibus altera fato
corpora debentur, Lethaei ad fluminis undam
securos latices et longa oblivia potant.
[las almas, a las que el hado debe otro cuerpo, beben en las ondas del ro Leteo
aguas que otorgan la paz, la tranquilidad, y un largo olvido].
(Virgilio tambin permite el amor conyugal en los campos del llanto y la selva
de los mirtos). Si los versos pueden leerse como acabo de proponer, est claro
que el poeta asume para s el papel de Eneas que en los lugentes campi no
puede evitar las lgrimas por una reina a la que ha amado profundamente pero
a cuyo amor ha debido renunciar por obedecer un destino (el de los dioses)
que le haba reservado en el Lacio otra mujer. Por esos campos tambin hemos
visto vagar a la fiel esposa de Protesilao, Laodamia, que se haba suicidado para
reunirse con su marido en algn lugar del mundo de los muertos. Virgilio, sin
embargo, se la imagina sola, porque debe haber previsto para el tesalio los
campos ms distantes en los que sita a los varones ms famosos en guerra.
Son los mismos campos en que lo describe Propercio regresando a la vida para
gozar por unas horas del cuerpo de su esposa.
Rota (o quien haya escrito el soneto) se representa, en cambio, a Irene
junto a Dios pintando y cantando sus propias virtudes ajena a los dolores de
las almas que vagan por los campos del llanto. No es ocioso recordar que
Virgilio sita al msico Orfeo, mucho ms all del Aqueronte y del Leteo,
cantando en los Campos Elseos. Establece, pues, una clara relacin entre las
actividades de la pintora (tambin cantaba) y el esposo de Eurdice.
Luigi Tansillo tambin dedic dos sonetos a lamentar la muerte de Irene
incluidos en el volumen de Rime in morte di Irene. Solo en uno vuelve a tener
bastante presente la Eneida de Virgilio. Es un soneto en que se imagina a la
pintora regresando del cielo vestida de mil colores, despus de la tormenta,
para con su bello nombre inundar de paz y alegra la tierra. Pensando en ese
final para el poema ha elegido a Iris como punto de referencia para establecer
afinidades y diferencias con la diosa. En esos ltimos versos recuerda la etimologa del nombre de la difunta (Irene, , en griego significa paz) y tambin la de Iris, con la misma raz que Irene (, anuncio, mensaje); y juega
con una clara paronomasia entre los dos nombres (Irene, pi dIri...):
Non pu gran tempo ir chiusa duman velo
Alma, che troppo adorna quaggi vene;
Onde preme s tosto, o bella Irene,
I fior del tuo bel viso estremo gelo.
Or sei l, ve gi viva arse il suo zelo;
E cangi con leterno il frgil bene:
Gi le nubi e le piogge rasserene,
Nova ministra de Giunon nel cielo.
Verrai di mille bei color vestita,
Quando pi freme il mar e laria tona,
Con celeste arco a rallegrar la terra,
Tanto, Irene, pi dIri qui gradita,
Quanto sarai, qual il bel nome sona,
tu messaggio de pace, ella di guerra.31
31. El soneto de Tansillo tambin haba sido editado por Erasmo Percopo, Il Canzoniere edito
ed inedito, p. 198.
32. Manejo la edicin de Marco Santagata, Canzoniere, Miln: Mondadori, 1996, p. 1067.
33. El Canzoniere de Alessandro Sforza puede leerse en Biblioteca Italiana.
34. Para este tema, vase Mara Isabel Rodrguez Lpez. Iris, la mensajera de los dioses
(Estudio iconogrfico de sus representaciones en el arte griego), Anales de Historia del arte,
n.14, 2004, p. 7-31.
35. Ed. cit., p. 390.
Y, si no, tambin habra tenido muy presentes unos versos en los que
Petrarca introduce un contraste entre el tipo de vida que imagina para Laura
en el Paraso y la que lleva l en la tierra sin la compaa de su amada:
Di me vi doglia, et vincavi pietate,
Non di lei, ch salita
A tanta pace, et ma lassato in guerra (268, v. 59-61).37
Es posible que para establecer la vinculacin de Iris con la guerra Tansillo haya pensado o bien en la genealoga de la diosa como hermana de las
Harpas (a las que Virgilio sita en el infierno) o bien en el papel de la diosa como anunciadora de noticias funestas pero tambin en el de su seora
Juno como provocadora de guerras. En el ltimos de los tres casos habr
podido tener en mente la intervencin de la esposa de Jpiter pero no a
travs de Iris sino de Clibe, la anciana sacerdotisa de la diosa en la Eneida
como la causante del enfrentamiento entre troyanos y latinos (VII, 287-504).
En esos versos Virgilio describe el descenso de la propia Juno a la tierra para
sacar de las tinieblas infernales a una de las tres furias, Alecto, en cuyo corazn
el poeta latino sita las tristia bella, tristes guerras (VIII, 325). Si Tansillo
presenta a Irene ocupando el Paraso o los Campos Elseos es para contraponerla a una Iris que desempea el papel que Virgilio ha adjudicado a la desencadenadora por excelencia de las guerras: la furia Alecto que adopta el
aspecto de la vieja sacerdotisa de Juno. Es por tanto verosmil que Tansillo
haya podido confundir a la sacerdotisa de Juno con una de las criadas y principal mensajera de la diosa.
Para la descripcin del descenso de Irene a la tierra nuestro poeta ha podido usar la que hace Virgilio cuando refiere el de Iris desde el Olimpo para
posarse en la cabeza de Dido:
Ergo Iris...
mille trahens varios... colores
[Pues Iris... descendiendo con mil colores diversos];
Tansillo y Rota han utilizado para sus respectivos sonetos distintos pasajes
de la Eneida que a veces (en el caso del primero) han llegado a recordar con
cierta literalidad. En sus versos han intentado brindar dos imgenes contrapuestas de las damas cuya vida y muerte han llorado. Tansillo no ha dudado
en seguir ubicando a Dido en ese oscuro lugar entre los ros Aqueronte y Leteo
asignado slo a las almas que no han sabido o podido renunciar al amor.
Tansillo y Rota tampoco han vacilado a la hora de imaginarse a Irene cerca de
Dios, ms all de la muerte, del amor y del olvido, despojada ya definitivamente del tiempo. Tansillo ha pensado a Irene con la misma alegra y tranquilidad con que lo hara (a propsito de otra Irene mucho ms nuestra y
cercana) muchos siglos despus el poeta ovetense ngel Gonzlez, quien tambin presenta a la bella Irene (con una imagen digna de Petrarca) inundando
de paz y calma cualquier aurora con slo invocar su bello nombre y recordar
su bella sonrisa:
Cuando sonres,
te pienso Irene,
y la sonrisa tuya es mucho ms que tu sonrisa:
Amanece sin sombras la alegra del mundo.38
38. Estos versos forman parte del poema Tambin un nombre puede modificar un cuerpo, en
el que su autor en una tcnica practicada especialmente en el Barroco espaol-- disemina
al principio unas palabras claves que recoge al final: ms ncar (2), espuma indecisa
(5), rubor palidece (8), traslcida (9), llanto (13) y alegra (18) son las palabras
que vuelve a mencionar exactamente igual entre los versos 22 y 25, salvo rubor palidece
y traslcida, que convierte en palidez rosada y transparencia. El poema en cuestin
puede leerse en Palabra sobre palabra, Barcelona: Seix Barral, 2005, p. 220.
Abstract
In questarticolo si analizza la fase finale della produzione letteraria di Antonio Pizzuto,
prendendo in considerazione Ultime e Penultime.
Tenendo conto del particolare sperimentalismo linguistico di questautore, ci si concentra sulla struttura linguistica analizzando, da un punto di vista sintattico, pragmatico
e retorico la sua produzione, proponendo cos uninterpretazione testuale che intende
spiegare le ragioni poetologiche dellopera pizzutiana.
Larticolo si chiude con unanalisi microtestuale di DallOmbra (dallopera Ultime e
Penultime) a riprova della ricerca proposta.
Parole chiave: Antonio Pizzuto; sintassi; stile; stilistica; pragmatica; predicato; rema.
Abstract
The article analyzes the last stage of Antonio Pizzuto writing activity with a particular
reference to Ultime e Penultime.
Starting from the Pizzutos linguistic sperimentalism, the article aims to analyze the
authorial production from a sytactic, pragmatic and rhetoric point of view and reaches to
a textual interpretation of the poetic reasons that inspire the Pizzutos writing.
Finally, a micro-textual analysis of DallOmbra (from Ultime e Penultime) gives some
proofs in accordance with our research.
Keywords: Antonio Pizzuto; syntax; style; stylistic; pragmatic; predicate; rhema.
Marco Carmello
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(e, si badi, che di magistero esclusivamente linguistico, e non filosofico, si tratta); laltro ,
non inaspettatamente, Joyce.
In accordo a quello spontaneismo fenomenico che impone di narrare e non di raccontare, ossia registrare, come appunto fa laggettivo (cfr., Pizzuto, Paragrafi ..., cit.).
In questa differenza, crediamo, si iscrive tutta la complessit del rapporto di Pizzuto con Gadda.
Avanguardista a novantanni, commentava, con sicula sagacit, Pizzuto stesso (cfr. Pizzuto / Peretti, Pizzuto parla di Pizzuto, cit., p. 56).
Ancora una volta si veda quel che il medesimo Pizzuto dice riguardo alla questione della
forma e, sostanzialmente, dellart pour lart (cfr. Pizzuto / Peretti, Pizzuto parla di
Pizzuto, cit., p. 8-56, in cui lautore definisce anche i suoi presupposti filosofici).
Marco Carmello
Ma sarebbe corretto concludere che Pizzuto, per ardire di troppa temerariet, dissolva la sua ricerca linguistica nellinanit dellincomprensibile?10
Per rispondere a questa domanda bisogna che si scenda a sondare la sintassi pizzutiana.
2. Abbozzo di un quadro teorico
Qual per lattrezzatura migliore per tale speleologia? Ricordando che la
nostra unanalisi linguistica, e non letteraria, del linguaggio pizzutiano, dobbiamo chiederci quale approccio linguistico risulti pi utile ad un corretto
tratteggio dellopera di questo autore.
In realt la domanda che ci siamo posti prevede una scelta duplice: lanalisi
va incentrata sul livello strutturale della lingua o su quello stilistico / pragmatico?
2.1. Nihil est in sintaxi quod prius in stilo non fuerit?
In Tombeau de Leo Spitzer11 Gianfranco Contini attribuisce proprio a Leo
Spitzer il motto, pi o meno scherzoso, che abbiamo scelto come titolo di
questo paragrafo, solo che, nella versione originale, si tratta di unaffermazione, non di una domanda.
Comunque si voglia intendere il latino stilum sia letto nel suo senso
proprio di stilo (bastoncino appuntito con cui i Romani incidevano lettere
sulle tavolette incerate), e quindi inteso come volont dellautore / parlante;
sia invece interpretato nel suo significato metonimico di stile, e quindi istituzione linguistica che pi autori / parlanti condividono12 ,a far problema
il termine sintaxis;13 come liperonimo grammatica, anche sintassi ha, nella
nostra cultura, due differenti significati, luno al di l, laltro al di qua dello
stilum comunque inteso.
Se per sintassi sintende la normazione dei costrutti linguistici, allora se ne
pu concludere che il motto spitzeriano abbia possibilit, pi o meno buone,
10. Ci pare questa, in buona sintesi, la posizione sostenuta da Cesare Segre (cfr. Cesare Segre,
LHypnopaleoneomachia di Pizzuto, in Id., I segni e la critica, Torino: Einaudi, 1969,
p. 209-227), non a caso lunico critico verso cui Pizzuto esprime allarme, pi che fastidio
(cfr. Pizzuto / Contini, Coup..., cit., lettere del 16 e del 19 luglio 1967, e Pizzuto /
Scheiwiller, Le carte..., lettera del 17 luglio 1967).
11. Varianti ed altra linguistica, cit., p. 650-660.
12. C da credere che per Spitzer la distinzione fosse s cosa di non poco conto ma non cos
traumatica, potendo essere lo stile (collettivo) frutto dello stilo (personale) dei singoli; tuttavia, la distinzione che abbiamo accennato qui, ebbe, almeno ci sembra, importanti
conseguenze nellambito della stilistica. Per rimanere alla sola Italia (il discorso per la
Francia si farebbe pi complesso, basti solo notare che per Bailly sarebbe difficile parlare
di stilum come stilo, volont dunque, invece che di stilum come stile, quindi istituzione
linguistica condivisa), la distinzione ha provocato una proficua tensione, pi sul versante
filologico, basti citare il solo nome del Contini, che su quello linguistico.
13. Di cui si dovr sempre tener presente loriginale senso greco di disposizione ordinata di
pi elementi.
Marco Carmello
Se, considerato il fallimento del precedente approccio, ci affidassimo invece allaltro presupposto di partenza (nihil est in stilo quod prius in sintaxi non
fuerit), potremmo ottenere risultati pi interessanti solo se riuscissimo a superare un imponente ostacolo di partenza: lagrammaticalit patente di Pizzuto.
Rimanendo fermi a questo dato, o si conclude per la semplice incomprensibilit, o si adotta la strada, affatto montaliana, della parafrasi testuale, con
relativo travisamento dellopus pizzutiano.
Il problema posto dal secondo approccio non per superabile internamente a questapproccio, a meno che non si assuma la possibilit di poter
individuare due differenti sistemi allinterno della grammatica: quello sintattico, al di qua dello stilum, e quello retorico, al di l dello stilum, reintegrando
cos lapproccio precedentemente esaminato e limitando non la forza ma lautonomia esplicativa dei due differenti approcci.
Il problema che questa soluzione pone per duplice: primo, cosa autorizza una moltiplicazione dei sistemi che concorrono a comporre la lingua;
secondo, come si integrano i due sistemi?
2.2. Sintassi e retorica
In che modo la retorica pu essere definita un sistema? E cosa si intende qui
per retorica? La risposta alla seconda domanda implica non tanto la soluzione della prima ormai risaputo che la retorica sia un sistema18, quanto
il tono del quesito.
Possiamo opporre retorica a grammatica in quanto la prima riguarda il
sistema dellesporre, del pronunciare, del recitare, dello scrivere un preciso
testo, mentre la seconda pertiene al dire, al performare, allo scrivere come atto
generale. Non perci del tutto corretto assimilare lopposizione grammatica
/ retorica alla ben nota distinzione saussuriana langue / parole, poich, se la
retorica non tange la langue limitandosi ad un ambito specifico della parole,
la grammatica non limitata alla sola langue, essa tange anche alcuni non
irrilevanti fenomeni di parole.
La sovraestensione del concetto di grammatica che la nostra esposizione
comporta ha un effetto anche sulluso del concetto di retorica qui proposto:
adottando lo schema espositivo del Lausberg,19 possiamo dire che, fra le figudiversi elementi costitutivi del testo stesso sulla base di una nuova informazione presentata
dal racconto. Tipicamente il procedimento proprio della letteratura poliziesca, in cui le
informazioni contenute nel finale permettono una reinterpretazione di tutti gli aspetti pi
rilevanti della trama. In termini pizzutiani questo un procedimento del raccontare,
quindi a priori escluso.
18. A riguardo si vedano il classico manuale del Lausberg (Heinrich Lausberg, Elemente der
literarischen Retorik, Mnchen: Max Hueber Verlag, 1967) e la storia della retorica di
Vickers (Brian Vickers, In Defence of Rhetoric, Oxford: Clarendon Press, 1998).
19. Il manuale del Lausberg ormai classico; trovandosi per, nellevoluzione dellattuale
lessico scientifico-saggistico, laggettivo classico ad aver ormai assunto accezione di vox
media significante, pressapoco, studio che riassume egregiamente e con invidiabile ricchezza informativa una linea di studi, ma ormai superato (giusta la potenza del principio
Marco Carmello
Marco Carmello
Marco Carmello
Marco Carmello
43. Gualberto Alvino anche leditore di Giunte e virgole (Antonio Pizzuto, Giunte e virgole,
edizione critica di Gualberto Alvino, Roma: Fondazione Piazzola, 1996) e di Spegnere le
caldaie (Antonio Pizzuto, Spegnere le caldaie, edizione critica di Gualberto Alvino, Roma:
Casta Diva, 1999).
44. Cfr. Peretti / Pizzuto, Pizzuto parla di Pizzuto, cit., p. 107-108.
45. Altro indizio del fatto che il testo possa essere visto sotto questa luce , a nostro avviso, il
confronto con i due testi che hanno esplicito valore di poetica: Sintassi nominale e pagelle
e Paragrafi sul raccontare. In entrambi i casi la dichiarazione esplicita di un programma
poetico relegata in limine (o in exitu, nel caso dei Paragrafi) ad esempi di prosa ispirata
dai principi esposti, addirittura, nel caso dei Paragrafi, lesempio un intero romanzo
(Paginette). Non quindi illecito proporre che, sotto il segno dellestrema distillazione dei
mezzi espressivi operata dallultimo Pizzuto, la dichiarazione di poetica sia sussunta ed
indicata direttamente dal farsi del lavoro di scrittura.
Marco Carmello
4.1. Dallombra
Prima, immediata notazione leggendo questo passo il titolo in enjambemant,
come Pizzuto in una notazione al testo segnala;46 seconda annotazione: il
periodo che inizia con lenjambement post titolo non ha verbo.47 Queste due
primissime notazioni suggeriscono una riflessione sul fatto che Contini abbia
battezzato lasse le sciolte pagine pizzutiane da cui sono composti i lavori che
vanno da Pagelle in avanti:48 la lassa lo schema poetico-narrativo adottato
dalla primitiva poesia romanza, vuoi la Chanson de Roland in langue dol, vuoi
il Poema de mio Cid, primissimo esempio letterario del castigliano, vuoi infine
alcuni ritmi, ad es. quello Laurenziano, che stanno alle origini della letteratura in volgare italiano.
Costitutivi della lassa sono, dal punto di vista formale, la libert metrica,
poich la lassa di lunghezza variabile, per solito priva di schema metrico,
pu essere basata tanto su assonanza (lassa assonanzata) quanto su rima (lassa
rimata), oppure pu usare e luna e laltra,49 e dal punto di vista contenutistico la non liricit del tema: la lassa riservata alla narrazione epica, come nel
Cid o nella Chanson, oppure, il caso dei Ritmi antico italiani, si tratta di testi
con contenuto laudativo o moraleggiante.
Lanalogia consente di estendere a Pizzuto alcune delle caratteristiche proprie
della lassa: lantiliricit assoluta del contenuto anzitutto un saldo analogon,
cos come base altrettanto salda dellanalogia pare la libert formale. Da queste
basi il processo analogico a partire da cui diciamo, sulla scorta del Contini,
lasse quelle del Pizzuto, si estende alla struttura assonanzata dellautore
moderno. questo il punto vitale: come la lassa si basava sul tenue tessuto
dellassonanza fonica che permetteva di costruire, nelle fasi antiche delle lingue
romanze, la struttura, ancora incerta, del verso poetico, cos, nella prosa pizzutiana, l assonanza sintattico-semantica che governa lassemblaggio delle parole sottratte alla struttura rematica dellenunciato permette la costruzione di una
nuova forma di espressione letteraria, che si situa volutamente oltre la cesura fra
prosa e poesia. Mentre per la lassa medioevale come portato finale del passaggio, non solo linguistico, ma anche pi generalmente culturale dal latino alle
lingue volgari, tende ad un ordine di regolarit linguistica, la lassa pizzutiana,
come risultato dello scompaginamento sintattico provocato dallo stesso Pizzuto,
appare piuttosto come il residuo di un ordine linguistico costantemente messo
in crisi dalla penna dellautore ma che costantemente si impone a tale critica.
Consideriamo lenjabement che crea la sequenza: dallombra / ecco...;
sebbene il risultato pi evidente sia lisolamento in posizione di titolo del
sintagma preposizionale, laspetto di maggior importanza la posizione di
preminenza isolata dellavverbio ecco in chiara funzione presentativa.
46. Ricavabile dallapparato critico delledizione Alvino.
47. Affermazione che verr meglio circostanziata di seguito.
48. Cfr. Contini, Varianti..., cit., p. 621-625e Id., in Pizzuto, Ultime..., p. 271-282, inoltre
il carteggio Pizzuto / Contini, Coup..., cit.
49. Esemplare in questo senso proprio il Cid.
Marco Carmello
Marco Carmello
Raggiunta lopposita muraglia, rimanervi stecchito ritto, quasi fittile mesopotamica sagoma.
ne fra lo stato in luogo del gatto (ove guadosa carreggiata) e i vari attributi
che lo descrivono (...siccome carico di bagagli, greve la barda, a presidio ovvia
subita diffidenza...) e quale la connessione interna dei vari attributi luno con
laltro. Il processo di reinterpretazione cos attivato dunque complesso ma
sicuro: complesso, perch si tratta di ricostruire la struttura enunciativa in
assenza di rema, sicuro perch lautore ha lasciato tutti e solo quei segnavia
che ci guidano nella ricostruzione univoca dellevento. In questa maniera si
ottiene quella distruzione del rema come giudizio premesso allevento pur
salvando il rema stesso come struttura dellevento.
Lievemente, ma significativamente diverso il processo reinterpretativo implicato dellinfinito rimanervi stecchito. La citazione conclusiva del precedente
periodo rimaneva come pendente, non essendo chiaro quale rilevanza avesse il
non mangiare pi pesce: lo sappiamo ora, opponendo a quella citazione la semplice notazione: ....rimanervi stecchito ritto...; la chiave di lettura data non
per mezzo di ricostruzione della struttura interna dellevento, ma per contrapposizione di due informazioni attinenti allevento, di due situazioni che non si
potrebbero dare se non si fosse verificato precisamente quellevento che non
predicato, in questo caso il morire del gatto. Qui a fungere da segnavia non sono
gli elementi residuali dellevento inclusi nella narrazione, ma la contrapposizione fra parti del testo complessivo, ossia la macro-struttura della pagina.
A questo punto pu seguire una lunga catena di periodi non rematici, su
cui non ci soffermiamo, che narrano la natura dellevento morte. Alla riga
9 si assiste ad un passaggio tematico, dalla morte verso la vita, il passaggio a
questa nuova parte del testo, che pu anche essere vista come una sorta di
dichiarazione / esposizione / premessa dellintento poetico di Ultime e penultime, marcato da un infinito:
Interrogare dalla porta novella et addentratesi, onde non un attimo, pur
il contiguo, prendibile; propiziarla rimorsi per tenuissime colpe, lillusione
complementare, picasse pennellate aspre vivide ristorative, con dispregio di
quanto offertoci, lodi al vendere, superstizioni augurali. Meglio sicch ogni
ultimo del suo penultimo, non aversi regimi oltre industre presagio.
Molte sono le differenze fra il ductus di questa pericope e quello della precedente, tutta giocata sullassenza di verbi:
Raggiunta lopposita muraglia, rimanervi stecchito ritto, quasi fittile mesopotamica sagoma. N da novero. Altri cataloghi; poi gli incommensurabili.
Squallida corporeit suddita a infiniti processi tosto operanti, di stanziale favil
la singoli nati: per ciascuno sua propria araldica, in aneddoti raccolti entro
favoleggiato catasto. E sotto quel disagio precorritrice tristezza.58
58. Esclusa la ripetizione della finale della prima pericope del testo (Raggiunta lopposita
muraglia, rimanervi stecchito ritto, quasi fittile mesopotamica sagoma.), si noti come
lunica struttura debolmente verbale sia rappresentata dalla sequenza infiniti processi tosto
operanti, con participio congiunto che ha per pi valore aggettivale che verbale. Ancora
una volta, proprio allinizio di questa pericope, Pizzuto ironeggia sul rema nella sequenza
Marco Carmello
Tu riconsigliarmi dalla statura, o bocca bocca bella con i baffini furieri, imo
sguardo quanto la Fossa, fulmineo linestimabile sorriso. Hlas. Lo sfincterallasvega. Ingravallo. Ed empiti di tematiche wagneriane
Spiega Pizzuto stesso lironia dellomaggio, in cui la statura del Gadda subito sabbassa a un che da operetta (o bocca bocca bella...) condita dal grottesco dei baffetti hitleriani,59 come specifica Pizzuto in nota, si condensa tutta
nella creazione del neologismo sfincterallasvega (sfintere le cui funzioni portano ad una somiglianza con le slot-machines dei casin di Las Vegas), per cui
rimandiamo a Pizzuto stesso.60
C per laltra faccia dellironia, celata dal riserbo reticente dellautore, c
lopus continuum del Pasticciaccio, c la mescidazione assoluta dei linguaggi e
dei registri (gli empiti di tematiche wagneriane, riguardo ai quali Pizzuto,
ancora una volta in nota, commenta: in Gadda i dialetti si mescolano come
i temi wagneriani che annunciano i vari eroi), c il sorriso e lo sguardo di
Gadda, c insomma quellopera eversiva di interrogazione assoluta, radicale
che Gadda propone al livello di quella che abbiamo definito retorica e Pizzuto riconosce e trasborda nel linguaggio.
5. Conclusioni
Dove ci ha portato questa breve cavalcata nella sintassi dellultimo Pizzuto?
Non certo ad una conclusione, piuttosto ad un inizio.
Abbiamo visto che, al di l della questione delle grandi narrazioni, la
domanda al linguaggio pu essere praticata, oltre che posta, direttamente al
linguaggio stesso, perci non alla sua struttura ideologica ma alla struttura
gnoseologica: abbiamo visto che tale pratica del domandare linguistico va
incontro al limite ultimo della regola che non ammette altra eversione, pena
il venire meno del linguaggio stesso, come avviene nella patologia psicotica.
Ma ora che alcuni punti li abbiamo fissati, qual il sedimento che lopus
infinitum e penultimo, ma non fallimentare, di Pizzuto lascia? questa la
domanda finale a cui siamo arrivati, da cui partire verso nuove ricerche.61
59. Pizzuto ha certamente in mente una fotografia della met anni venti in cui appare un Gadda
ancora giovane, con corti baffetti quadrati, che avrebbe poi tagliato, vestito con britannica
e composta eleganza.
60. Cfr. Peretti / Pizzuto Pizzuto parla di Pizzuto, cit., p. 107-108.
61. Ricerche affrontate nel nostro: Extragrammaticalit. Note linguistiche, critiche e filosofiche
sullultimo Pizzuto, Torino: Ananke, 2012.
Marco Carmello
Abstract
Questo articolo si propone di analizzare la rappresentazione della lingua parlata dalle donne
nella narrativa televisiva italiana. La lingua, insieme allimmagine, uno strumento indi
spensabile per la caratterizzazione dei personaggi e per la creazione di modelli che, se da
un lato hanno lambizione di rappresentare la realt, attraverso la costruzione di un mondo
verosimile, dallaltro se ne discostano in quanto rappresentano stereotipi che rendono i
modelli immediatamente riconoscibili e gli eventi prevedibili.
Partendo da queste premesse, per analizzare i modelli femminili descritti dalla televisio
ne italiana, abbiamo concentrato le nostre osservazioni su alcune fiction di largo successo:
Un medico in famiglia (1998), Commesse (1999), Il bello delle donne (2000); la prima una
family fiction, le altre sono fiction a forte protagonismo femminile.
Parole chiave: fiction televisiva; rappresentazione della lingua delle donne; stereotipo.
Abstract
This article aims to analyse the portrayal of the language spoken by women in Italian
television fiction. Language, together with visual images, is an indispensable tool for char
acterisation and the creation of models that, on one hand, have the purpose of representing
reality through the construction of a plausible world but on the other hand stray from
real life in that they represent stereotypes that make the models instantly credible and the
events predictable.
Starting from this premise, in order to analyse the female models depicted by Italian
television we have focused our observations on a few very successful fictional TV series:
Un medico in famiglia (1998), Commesse (1999), Il bello delle donne (2000); the first is a
family drama, while the other two are dramas with predominantly female casts.
Keywords: television drama; representation of the language of women; stereotype.
Simona Messina
Premessa
C stato un tempo in cui si potevano formulare ipotesi sessiste sulla lingua in
base alle quali si potevano attribuire assunti ideologici e pregiudizi androcen
trici che oggi farebbero sorridere. Meno di un secolo fa Otto Jespersen (18601943) poteva descrivere le lingue in termini di genere, attribuendo allinglese
i caratteri della virilit e della mascolinit, e a lingue dei paesi del sud del
mondo tratti di infantilismo e femminilit.1
La ricerca su linguaggio e genere, in sociolinguistica, viene fatta risalire a
R. Lakoff che, nella prima met degli anni 70, fonda la sua analisi del registro
femminile,2 basandosi su osservazioni personali che non si discostano molto da
quelle di Jespersen. Il lavoro di Lakoff ha stimolato un animato dibattito e
numerose ricerche sul campo tese a dimostrare la veridicit delle sue osservazio
ni. Specialmente dalla seconda met del secolo scorso, le ricerche su linguaggio
e genere sono aumentate, non sempre per basando i propri risultati su eviden
ze empiriche. Sulla spinta del movimento femminista, poi, sono stati avviati
interventi istituzionali sulla lingua sessista, diversi per rilievo e risultati a seconda
dei paesi. Per quanto riguarda litaliano, le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana sono state pubblicate da Alma Sabatini, nel 1987. Qui
si denunciano le forme linguistiche sessiste e si avanzano diverse proposte cor
rettive come evitare il maschile generico, evitare larticolo con i cognomi fem
minili, usare il femminile dei titoli professionali o crearne nuove formulazioni.
Da allora, sul problema di genere e lingua si sono susseguiti progetti di
ricerca comunitari (come il codice di autoregolamentazione POLITE, reperi
bile in rete), dibattiti, seminari, pubblicazioni varie.3
Gli studi che si sono accumulati nel tempo non hanno per mai raggiun
to risultati condivisi, tanto che oggi ci si pu chiedere se esista davvero e se
sia mai esistita una lingua delle donne.4 E se esiste, quanto la televisione
1. Jespersen, nel famoso saggio del 1922, Language: Its Nature, Development and Origins,
sostiene che le donne usano un lessico deficitario e una sintassi incompleta perch anche il
loro modo di pensare deficitario.
2. Si tratta del saggio Language and the Womans Place, del 1973, poi ampliato e pubblicato
con lo stesso titolo come monografia nel 1975.
3. Per unanalisi della situazione attuale nellitaliano contemporaneo si rimanda al saggio di
Cecilia Robustelli, Luso del genere femminile nellitaliano contemporaneo: teoria, prassi,
proposte, in Politicamente o linguisticamente corretto? Maschile e femminile: usi correnti
della denominazione di cariche e professioni - Atti della X Giornata della Rete per lEccellenza
dellitaliano istituzionale (REI), Roma, 29.11.2010. Il saggio consultabile online allindi
rizzo: <http://ec.europa.eu/dgs/translation/rei/documenti/10rei_robustelli.pdf>.
4. La questione stata ed tuttora oggetto di diverse ricerche di linguistica, sociologia, socio
linguistica e antropologia. Per una presentazione dei differenti approcci nelle diverse disci
pline si veda Verena Aebisher, Il linguaggio delle donne, Roma: Armando Editore, 1988
[1985], p. 37-58.
Per quanto riguarda pi specificamente la sociolinguistica, una rassegna critica dei
punti di vista teorici si trova nel saggio di Franca Orletti, Il genere: una categoria socio
linguistica controversa, in Franca Orletti (a cura di), Identit di genere nella lingua, nella
cultura, nella societ, Armando Editore, Roma, 2001, p. 7-21.
Simona Messina
8. Ien Ang, Cercasi audience disperatamente, Bologna: Il Mulino, edizione italiana a cura di
Enrico Menduni, 1998 [1991]). La citazione a p. 33.
9. Ien Ang, op. cit., p. 34, corsivi nelloriginale.
10. La societ Auditel stata fondata nel 1984; nel suo monitoraggio suddivide il pubblico per:
numero di famiglie, responsabili di acquisto, bambini, et dei bambini, uomini, donne,
area geografica (nord, centro, sud Italia), et degli adulti, regione di appartenenza, stile
di vita.
Simona Messina
Simona Messina
Simona Messina
tuoso come: tenero, bello, stupendo, dolce, gentile, fragile, piccolo, buono, meraviglioso, povero, speciale, straordinario, stupendo, importante, incredibile etc., ma
il tratto pi indicativo senza dubbio luso dei suffissi alterativi, diminutivi,
vezzeggiativi e pi raramente accrescitivi:
E m che siamo rimasti soli chi si manger la minestrina e il pescettino in
bianco e le zucchine lesse dei malatini?
Dammi un bacetto. Ecco qua, la minestrina pronta, grazie a pap..
Marta:
Fiorenza: Unaggiustatina ai capelli, me la dai?
*Francesca: Te ne stai un mesetto fuori.
Mio marito mica uno scansafatiche poverino... che ci siamo messi in testa
Marta:
di comprarci una villetta al mare... un sogno sa con la spiaggetta privata...
Cettina:
Simona Messina
15. I fotoromanzi sono uninvenzione tutta italiana e la testata Sogno (inizialmente Il mio sogno),
fondata nel 1947 come settimanale, fu per oltre due decenni una delle riviste del suo genere
pi diffuse. La rivista viene attualmente pubblicata mensilmente dalla casa editrice Lancio.
Simona Messina
13,10%
12,16%
Vi sono, poi, i proverbi pi comuni che vengono usati con frequenza nel
parlato parlato, ma che non danno nulla al discorso perch privi di ogni origi
nalit; nella lingua seriale la loro presenza indica un parlare banale, a meno
che il parlar per proverbi non sia una scelta linguistica voluta e studiata dagli
sceneggiatori per caratterizzare un personaggio, come nel caso di Cettina,
la collaboratrice domestica di Un medico in famiglia:
Cettina:
Metafore
Il parlato spontaneo pieno di usi metaforici anche sfumati, spesso dal signi
ficato ormai convenzionale e dunque facilmente riconoscibile. La televisione
rispecchia questa tendenza, ricorrendo alle metafore per vivacizzare i dialoghi
di moltissimi personaggi.
Le metafore del discorso televisivo sono immediatamente comprensibili,
a volte hanno la forma del paragone: Cettina Ci ho pianto come una fontana Fiorenza Siamo come i piloti, che vanno nei posti pi belli del mondo
e vedono solo gli alberghi Marta Non vedi che capelli che ci hai, sembra
un cespuglio, mentre altre volte sono utili per dare al discorso una espressi
vit semplice:
Alice:
Enrica:
Paola:
Simona Messina
Amante abbandonata
Moglie frustrata
La cattiva,
nemica delle altre donne
Fra amiche
Clichs
La lingua ricca di piccoli o grandi gruppi di parole usati come blocchi pre
costituiti ma che, a differenza delle espressioni idiomatiche, mantengono il
significato originario delle singole parole e rendono la comunicazione veloce
ed immediata. Abbiamo chiamato questi raggruppamenti di parole clichs,
traendo il termine dal linguaggio tipografico, proprio per indicare la loro
caratteristica essenziale che sta nelloffrirsi nella loro completezza. Negli studi
specialistici il termine viene usato nel significato di stereotipo, che non nega
la nostra definizione ma la completa, per cui il clich pu essere definito un
raggruppamento di parole che si offre al parlante per caratterizzare tipi, carat
teri, eventi e situazioni. Il clich si presenta nelle forme pi varie:
come locuzione verbale: Aspetto in linea - Fare la fine di - Farsi da parte Prendere posizione - Dire la verit - Lascia perdere;
in forma di frasi brevi: Mi spettava di diritto - Ho i minuti contati - Facciamo finta di niente;
in forma di frasi complesse: stato bello finch durato - Ho bisogno di
tempo per valutare con calma la situazione.
l clich quando pi lungo e complesso svolge una funzione descrittiva
del personaggio, quasi a formare un abito dentro il quale egli si muove age
volmente. Vi possono essere infatti interi periodi cos ricchi di clichs da diven
tare a loro volta clich o meglio stereotipo nel senso pi sociologico.
Frammenti
Il tratto pi originale rappresentato dalle esclamazioni che sono in gran parte
di tipo religioso: Madonna, Madonna mia, Dio, Dio mio, Oddio. Alcune varia
zioni come Madonna del Carmelo, Ges (Uh Ges quanto so belle!) sono
invece esclamazioni religiose di tipo popolare cui si ricorre quando si vuole
Simona Messina
dos siguientes conferencias, la de Albero Folin (prestigioso leopardista colaborador del CNSL y profesor en la Universit Suor Orsola Benincasa di Napoli),
que ejemplific dicho vnculo con pasajes del Zibaldone; y la de Rafael Argullol (catedrtico de Esttica y Teora del Arte en la Universitat Pompeu Fabra).
Este ltimo, bajo el ttulo La construccin de un pensamiento intempestivo,
relacion la filosofa del recanatense con los Ensayos de Montaigne y El nacimiento de la tragedia de Nietzsche.
Despus de una breve pausa, el congreso prosigui con la esperada intervencin del profesor Luigi Blasucci, emrito de la Scuola Normale Superiore
di Pisa y una de las mayores autoridades en los estudios leopardianos. Su
conferencia, Sulla scrittura dello Zibaldone (una pagina famosa: il giardino
malato), examin las famosas pginas 4174-4177, tanto desde una vertiente
metafsica como descriptiva, y las compar con sus posibles fuentes, evidenciando, as, la especificidad de Leopardi. Seguidamente, Novella Bellucci (Universit di Roma La Sapienza) ofreci una taxonoma de la figura de la similitud
en el Zibaldone, con el ttulo Figure del pensiero e della scrittura nello Zibaldone: la similitudine, ovvero delle vivissime somiglianza tra le cose. La responsable del fondo Leopardi de la Biblioteca Nacional de Npoles, Fabiana Cacciapuoti, con La forma della scrittura dello Zibaldone. Dalla circolarit al progetto,
analiz el minucioso sistema de lematizaciones presente en la escritura del
Zibaldone, y acompa sus explicaciones con interesantes imgenes de los
materiales autgrafos depositados en el fondo que ella dirige. Tambin fue muy
ilustrativa la propuesta de Paola Cori (University of Birmingham), Ec., ec.,
ec.. Modi e forme della sospensione zibaldonica, al poner de manifiesto el uso
de la abreviatura ec., en sus varias formas y funciones, como vehculo de
conexin entre la materialidad de la escritura y el modelo cognitivo de Leopardi. Se trata de un original recurso que vincula pensamientos distantes en el
tiempo y en las pginas del Zibaldone.
Bajo la presidencia de Lola Badia, miembro del comit organizador, la sesin
de la tarde fue inaugurada por Gilberto Lonardi (Universidad de Verona y miembro del Comit Cientfico del CNSL), cuya ponencia, Lidra e altre fonti taciute
tra Zibaldone e Canti, ejemplific tres referencias explcitamente silenciadas
(Safo, Pascal y Larochefoucauld) que estn presentes en ambas obras leopardianas. Prosigui con la de Lucio Felici (Presidente del Comit Cientfico del
CNSL), Parole e immagini poetiche nello Zibaldone, basada en el anlisis sistemtico de las palabras que el poeta asocia a dos conceptos clave: lo vago y lo
indefinido. Por su parte, Ana Dolfi (Universit degli Studi di Firenze), autora de
numerosos estudios sobre Leopardi, con el ttulo Geometrie della conoscenza e
percorsi della poesia, se adentr en la geometra del conocimiento para explicar
el nacimiento de la poesa y sus correspondientes palabras. Finalmente, Stefano
Gensini (catedrtico de la Universit di Roma La Sapienza), con el ttulo
Leopardi. Le lingue fra immaginazione e ragione, se centr en el nexo entre las
ideas lingsticas de Leopardi y su compleja teora del conocimiento humano.
El viernes 26 de octubre concluy con una entusiasta mesa de jvenes
investigadores, cuyas breves, rigurosas e ilustrativas comunicaciones ejempli-
(Universitat Autnoma de Barcelona), Nuovi dati per la ricezione dello Zibaldone in Spagna, que aport significativos datos a la fortuna del texto en
Latinoamrica, as como a la eclosin de estudios en los aos 80; y la de Francesco Ardolino (Universitat de Barcelona), LUnico e lo Zibaldone. Intorno alla
ricezione libertaria dellopera di Leopardi. Por su parte, Cosetta Veronese (Universitt Basel) analiz las correspondencias con Timpanaro en Concetti zibaldoniani a confronto nelle letture di Solmi e Timpanaro. El punto y final del
evento lo escribi la Dra. Susanna Alls Torrent (CSIC-Universitat de Barcelona), activa investigadora del proyecto Zibaldone europeo, cuya rigurosa labor
ha dado como resultado el prototipo de un hipertexto bilinge del Zibaldone,
a cuya presentacin dedic los ltimos veinte minutos del congreso: Per
unedizione ipertestuale bilingue dello Zibaldone (Presentaci dun prototipus).
Despus de estas largas e instructivas jornadas de investigacin y debate
queda esperar la publicacin de las actas, cuyo contenido ser de inestimable
valor en futuros estudios zibaldonianos. Tanto los anlisis al uso como los
nuevos retos informticos, encaminados a la construccin de un hipertexto de
los Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, encontrarn valiosas propuestas en las ponencias aqu reseadas, que esperamos leer muy pronto en forma
de artculo.
Con la emocin de quien ahora pisa las calles nuevamente, de lo que fue Bolonia paseada antao por Antonio de Nebrija, a su autora, que profesa lengua
espaola en el Alma Mater Studiorum, no parecieron amilanarle los inextricables
motivos de composicin que esconde esta primera gramtica del castellano; bien
al contrario le estimularon hasta ensayar, en la forma del libro que nos ocupa,
esta concienzuda contextualizacin de las motivaciones romances nebrisenses
vistas a la luz de la tradicin gramatical hispnica y del humanismo italiano
vernculo, con el nimo de resolver la anomala que en alguna medida representa la Gramtica sobre la lengua castellana en la trayectoria intelectual latinizante de nuestro humanista. Una poco sorprendente paradoja si atendemos al
devenir del Renacimiento en Espaa, donde la modernidad literaria sembrada
de la pedagoga del humanismo obtiene sus mejores frutos en vulgar. Pues
sabemos por F. Rico, que la norma clsica rectora de las Introductiones nebrisenses fue leccin y herencia para las obras clsicas castellanas: La Celestina y
Terencio, Garcilaso y Virgilio, fray Luis y Horacio (o los dilogos de Platn),
Cervantes y la preceptiva aristotlica. Esto no significa que tal clasicismo aliente a la copia servil de los recursos materiales latinos y a su traslado mimtico al
castellano. Las Introductiones latinae, sigue proponindonos F. Rico, sustancian
un modelo de pensamiento para plantear y resolver problemas en una perspectiva conjunta latino-verncula de la historia gramatical hispana.
Para un grammaticus que quiere extender en su tiempo y pas los progresos
del humanismo renacentista, este modesto manual de gramtica contiene algo
ms que declinaciones y conjugaciones. Al compaginar sinpticamente ars y
commentum lo convierte en toda una monografa lingstica de uso autnomo
(al contar incluso con su propio diccionario) y graduable como libro del profesor y del alumno. Este ambicioso proyecto enciclopdico y pedaggico encarnado en una gramtica elemental es algo radicalmente nuevo dentro del huma1. Estas notas parten de la base del reciente libro de Mara Rodrigo, Nebrija ante Alberti.
Arquitecturas romances del arte gramatical, Bologna: Bononia U.P., 2012, 279 pgs., y se
inscriben en las actividades del grupo de investigacin LITTERARVM de la U. del Pas
Vasco (GIU10-19).
ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia)
nismo europeo, pero no porque Nebrija reconozca en ello solo una noua ratio
de aprendizaje, sino porque es nuevo mtodo tambin de conocimiento, que
sin olvidar sus funciones instrumentales de gramtica para principiantes, ambiciona fundar una nueva civilizacin. La estructura abierta de estas Introductiones, responsable de su amejoramiento con los comentarios circundantes, nos
permite creer que Nebrija cifraba en las artes del lenguaje el paradigma del
humanismo renacentista espaol. Entonces, bajo esta luz, cmo encaja la
Gramtica? Es un verso suelto castellano en cuyo destino y principala lingsticas Nebrija albergaba tan encumbradas expectativas como las puestas en
el latn, o hemos de juzgarla una obra ms entre las restantes al servicio de la
innovacin en la enseanza gramatical, no siendo decisiva la exclusividad dada
al romance, siempre vicario en afianzar y propagar la lengua latina? Entiendo
que la competencia descriptiva, que hoy en da le descubrimos a la Gramtica, queda muy lejos de las prioridades prescriptivas, que en su tiempo le
impuso Nebrija a imagen y semejanza de las Introductiones. Pues no ignoramos
que la dualidad latn-vulgar no es opositiva sino funcional y est presente en
Nebrija desde las primeras Introductiones de 1481. El captulo final es un
vocabulario bsico de lengua latina para resolver dudas inmediatas de la gramtica, con simples explicaciones sinonmicas en latn del tipo absoluere est
perficere, pero donde son indistintamente recurrentes las equivalencias
romances: abigere est oxear o arredrar, acicula uulgo el alfiler, acultus est
uulgo aguijn, adamas uulgo el diamante, aes aeris uulgo el cobre, etc.
A la autora, perspicaz historiadora de la lingstica, le importa recrear
comparativamente los ambientes italiano y espaol con el nimo de entender
y poner orden en el intercambio de doctrinas gramaticales, cuidndose de no
caer en las mecnicas superposiciones de unas teoras italianas sobre
otras castellanas, procurando hacerlas interactuar entre s. Porque antes
que resolver algo que reconoce irresoluble, prefiere observar las premisas del
silencio; el enigma que rode a Nebrija durante sus aos de estudiante en
Bolonia y le impulsara ms tarde, ya bien pertrechado de clasicismo, a escribir
inopinadamente su Gramtica, sin que aqu afloren presencias reflexivas de
la polmica sobre el vulgar que all sin duda conociera. Son esos prolegmenos de contactos italoespaoles y desencanto de Nebrija hacia sus profesores
en Salamanca, aquellos varones aunque no enel saber, en dezir saban poco,
cuando le surge la oportunidad en forma de beca para el Colegio de los Espaoles de Bolonia y formarse como futuro humanista. La historia se ha contado ya de muchas maneras (desde Paulo Giovio en el siglo xvi y Juan Bautista
Muoz en 1796) y siguen dominando los das brumosos a los claros, bien que
aquellos diez aos que Nebrija en edad de diez i nueve aos gast en Italia
para deprender los autores del latn cubriran (segn nos advierte F. Rico)
de 1462 a 1471. Tiene razn la autora al reconocer el arraigo del humanismo
entre las capas populares de Bolonia y que esta fuera razn no menor de las
tempranas manifestaciones dialcticas de los italianos en torno a la lengua
vulgar. De ello da fe Nebrija en uno de sus captulos de la Tertia Quinquagena
(32), interviniendo personalmente en plaza pblica sobre la correcta denomi-
nacin del pelcano (onocrotalus), en un relato esplndido donde sabe conjugar como nadie su experiencia de la realidad y los conocimientos de lengua
latina. Aqu tiene la autora la prueba que buscaba de la curiosidad nebrisense
por la lengua de todos los das (p. 75): ...et ne quasi de re incognita pluribus
disputem, duos onocrotalos contigit mihi uidere, alterum cominus in foro
Bononiensi ad uulgi spectaculum publice expositum, alterum eminus ad Anae
fluminis ripam ad cuius uolantis monstrosam magnitudinem uisendam multi
mortales concurrerunt. Aequiperabat sane mole sua agnum anniculum. Sed
cum nemo sciret auis nomen, quamquam alii dicerent se alias consimiles uidisse, ego illis dixi croton in Italia uocari et re uera ita appellabant Bononienses.
Sed cum onocrotalus interpretetur asinus crepitans, quoniam onos est asinus
et crotao crepito, uidetur nomen impositum a uoce quam auis illa edat, quam
mihi audire non licuit, propterea quod quemadmodum dixi alterum cominus
extinctum alterum eminus uolantem conspicatus sum, [...y para no seguir
debatiendo ms sobre lo desconocido, a m me toc ver dos onocrtalos, uno de cerca
en la plaza de Bolonia expuesto para comn contemplacin del pblico, otro de
lejos en la ribera del Arno, al pjaro cuyo monstruoso tamao haba acudido a ver
una multitud de gente. Se igualaba sin duda en tamao a un cordero aojo. Pero
como nadie supiera el nombre del ave, aunque hubo quienes dijeran haber visto a
otras similares, personalmente les dije que en Italia se les llama crotn y en verdad
que as lo denominaban los boloeses. Como onocrotalus signifique asno crepitante, ya que onos es asno y crotao crepitar, resulta ser un nombre derivado del
ruido que el ave emite, que a m no se me dio escuchar, puesto que segn acabo de
decir a uno lo he visto de cerca y a otro volar a lo lejos].
El captulo siguiente entra de lleno en la reflexin comparada sobre la
legitimidad comunicativa y literaria de vulgar, primero en tierras florentinas
divididas en torno a cul fuera la lengua hablada de los antiguos romanos, unos
oponiendo el latn agramatical del habla al latn clsico de los escritores y
postulando una diglosia de latinidad fuerte y romance secundario en la literatura (Bruni); frente a quienes defendan una lengua comn para escritores y
hablantes, aunque estos ltimos participaran de las imperfecciones propias de
su clase social, convencidos de una latinidad dbil y de las bondades expresivas
del vulgar (Biondo y la rama hispnica representada por Cartagena en polmica con Bruni). Entre los seguidores de Biondo destacara Len Battista
Alberti, practicante de un eclecticismo integrador de ambas escrituras, con
beneficiosas consecuencias para el uso tanto literario como conceptual del
romance. Claro que de todas estas discusiones sobre la lengua hablada y la
distinta funcionalidad del latn y toscano algo debi siquiera llegar a los
receptivos odos del colegial Antonio de Nebrija, pero solo indirectamente a
travs de los escritos y doctrina de su maestro Lorenzo Valla, implicado en el
debate a favor de Bruni contra Biondo. Aqu sita nuestra autora el enigma
de la vertiente gramatical castellana de Nebrija, cuya opcin parece renunciar
a la doctrina clasicista del romano, sin excluir como protofuente al Bruni de
la controversia con Cartagena, moderada por P. Bracciolini, quien a su vez
disput speramente con Valla. Toda esta morosa ambientacin busca despejar
dudas y extender certezas sobre los misterios romances del nebrisense, aunque
las conclusiones parciales que despeja la autora descansan ms en especulativos
psicologismos que en pruebas fehacientes: Abundancia de dudas, aunque
certidumbres a pesar de todo existen. Si una hiptesis se puede desechar de
antemano es que Nebrija sufriera de la misma, por as decirlo, patologa atribuida a Valla por algunos crticos, dado que en el italiano se ha querido observar un curioso fenmeno de ceguera psicolgica, no infrecuente en situaciones
de fuerte diglosia, cuyo sntoma ms grave es que el superior prestigio de la
variedad lingstica dominante produce el espejismo de considerarla nica,
con la consiguiente negacin de la existencia efectiva de la variedad sometida...
Ceguera, en cualquier caso, parcial si Valla admita la introduccin en el lxico latino de neologismos procedentes del vernculo, con la misma apertura
que mostrar Alberti.... Poca fiabilidad debe concedrsele a la correosa psicocrtica, de atenernos a ese talante lingstico abierto y eclctico que admite la
autora y reconocemos a todo lo largo de las Elegantiae en Valla, influyendo
directas en el peculiar laicismo instrumental (lcido oxmoron en que F. Rico
hace convivir la atencin al detalle con la traza de categoras, y no entiende el
estricto historicismo de Riccardo Fubini), que Nebrija descubre en el canon
histricamente cribado e integrador de todos los gneros y estilos en lengua
latina del Suppositum (1501) y que tambin despliega en el Iudicium de su
comentario a Prudencio (1512), gracias al cual autoriza para la neolatinitas de
su tiempo, no solo la lengua y literatura postclsicas, sino incluso la tarda y
cristiana: Iudicium meum semper fuit synceri atque puri sermonis eos tantum
fuisse auctores, qui floruerunt intra ducentos annos qui sunt ab aetate Ciceronis ad Antoninum Pium, et ad phrasim eloquentiae faciendam hos tantum
esse proponendos imitandosque; caeteros uero, quia plurimum conducunt ad
multarum rerum cognitionem, non esse contemnendos atque in primis christianos, qui nos ad religionem erudiunt et magna ex parte facundiam augent,
[Fue siempre mi juicio que el genuino y perfecto latn les corresponda en exclusiva
a los autores que brillaron en los doscientos aos que median entre el tiempo de
Cicern y el de Antonino Po y que slo estos deben proponerse para la imitacin
y adquisicin de estilo; que, en cambio, a los restantes, por ponernos en la mejor
situacin para obtener grandes conocimientos no deben despreciarse, y entre los
primeros a los cristianos, que nos instruyen en la religin e incrementan en mayor
medida nuestra capacidad de expresin].
Se ofrece una compacta documentacin de las iniciativas florentinas a favor
del vulgar (Alberti), con las que Nebrija habra de mantener un vnculo intertextual siquiera indirecto, as como de la tradicin gramatical hispnica, que
constituira lo que se ha dado en llamar prehistoria de la Gramtica nebrisense:
de las gramticas consultadas por el rey Sabio y las grammaticae proverbiandi
con glosas castellanas (Pastrana y Cerezo) a obras como la del Mena traductor
de la Ilada y el Libro de vita beata de Lucena, poseedoras ya de una marcada
conciencia potica y lingstica.
En los cimientos humansticos para dos romances (cap. 3) la autora reivindica el papel precursor del Libro III de Familia de Alberti en la proyeccin
el peso de la ausencia de un modelo literario alto, que solo habra de resolverse ya en el siglo xvi cuando se impone el modelo petrarquista en poesa y
la pulida prosa de Boscn.
Nebrija como gran humanista supo ver anticipadamente la pujanza del
vulgar, fruto de su docta y aplicada capacidad de abstraccin resuelta en la
claridad expositiva y descriptiva del novedoso arte de letras, y gobernando
gracias a su conciencia del cambio lingstico sobre la onerosa tradicin doctrinal del latn y los primeros esbozos teorticos en vulgar (lenguaje potico,
teoras modistas). En este punto me gustara hacerle a la autora una puntualizacin crtica, a cuenta de lo que podramos llamar sus entusiasmos teorizantes, que en ms de una y de dos ocasiones entorpecen y oscurecen innecesariamente un relato de ideas y hechos, por lo dems bien aprovisionado y
ameno. A veces, en su afn por la densa conceptualizacin, incurre en grrulos
frragos (permtanseme los esdrjulos y reconociendo que uno tambin ha
cometido tales escolastiqueras) del tipo No obstante las dos gramticas renacentistas adolezcan de la avasalladora mediatizacin unilateral de la tradicin
doctrinal latina, aunque impregnada de los prolegmenos tericos sobre lenguaje potico vulgar o de ciertas teoras modistas que haban sido dinamizadas
en virtud del vector diacrnico de la teora de la catstrofe, al menos Nebrija
consigui llevar a cabo su propsito de dar una respuesta tangible y completa
a la concreta realidad lingstica hispana (230). Con humilde brevedad he
intentado traducirlo al comienzo de prrafo.
Otra perfrasis exasperante y me callo, porque creo que impera un serio
conocimiento contrastivo de la questione della lingua y de la gramaticografa
renacentista italoespaola, aunque tal copia rerum en los momentos sealadamente retricos no disfrute de una galana copia uerborum. Y as nos cuenta
que la ruptura de Nebrija con el paradigma gramatical anterior se produce
prematuramente respecto a la capacidad efectiva de aceptacin entre la vanguardia humanstica europea del implante, en un universo ideolgico saturado
de novedades, de la necesidad de normativizacin para el vulgar (226). Replico, por qu no expresarlo con sencilla claridad y haber escrito propongo
que la ruptura de Nebrija con el pensamiento gramatical de su poca se produce antes de que la vanguardia humanstica, abrumada de novedades, interiorice la necesidad de someter a norma la lengua vulgar? Detecto solo un par
de erratas: mitizacin por mitificacin (46); testaduramente por testarudamente (52) y un malsonante concretizar (217). Aado un innecesario
desdoblamiento en el ndice a cuenta de Arnaldi Guillelmi (24) y Arnao Guilln de Brocar (167): se ignora que son la misma persona?
La gramtica de Nebrija sera por tanto esa extravagancia de que habla el
Profesor Rico, no solo entre la produccin intelectual del propio humanista,
tambin en el contexto europeo, donde es mayor el desarrollo terico e ideolgico del par contrastivo latn-vulgar en el norte italiano durante el Cuatrocientos, aunque ello no se traduzca en la completa gramtica castellana, abarcadora
de todos los planos lingsticos y metdica descripcin funcional de la ortographa i letra, pasando por la prosodia i slaba y etimologa i dicin, hasta
Il Dizionario curato da Yorik Gomez1 colma una vistosa lacuna nella storia
delle relazioni fra le lingue romanze, le cui cause aveva riassunto Jordi Bruguera nel capitolo dedicato agli italianismi della Histria del lxic catal,2 a
partire dallassenza di studi monografici sul tema. Isolare i contributi diretti dellitaliano non impresa facile. Per la fase pi antica (secc. xiii-xiv) la
difficolt principale consiste nel chiarire la procedenza di termini che presentano attestazioni ravvicinate in tutta larea del Mediterraneo, riconducibili a pi volgari parlati sulle sponde della Penisola, dalla Sicilia fino a Genova. Per gli apporti di questi secoli dobbiamo infatti tenere presente che con
italiano si rinvia a un variegato contesto plurilingue. E ancora, quando le
forme sono attestate in et medievale in tutte le lingue romanze, arduo
fissarne lorigine perch la base pu essere, oltre che latina, araba (per es.
llebeig, alatxa, sardella) o germanica (per es. foure, estralla, esquif). Nei secoli successivi (secc. xv-xvi), quando litaliano si afferma come lingua di cultura europea, si pone il problema delle mediazioni, in primo luogo dal francese e dal castigliano.
Il numero delle parole selezionate da Gomez supera le 500 unit. La stratigrafia degli ingressi costante dal xiii sec., con rarefazioni che riguardano i
periodi di crisi delle due culture. Lopera il risultato di un lavoro accurato
e puntuale. Senza entrare nel merito delle singole voci, le note che seguono si
concentreranno su alcuni punti critici che possono orientare la consultazione
di questo importante strumento.
Come recita il sottotitolo, lopera un dizionario storico-etimologico. A
questa sintetica descrizione aggiungiamo che si tratta di un dizionario ragionato, con lorganizzazione dei lemmi per campi semantici, allinterno dei quali
le voci sono disposte in ordine cronologico in base alla data della prima atte-
1. Yorick Gomez Gane, Gli italianismi nel catalano. Dizionario storico-etimologico, Roma:
Aracne, 2012.
2. Barcelona: Enciclopdia catalana, 1985, p. 78-80.
ISSN 1135-9730 (imprs), ISSN 2014-8828 (en lnia)
Elena Pistolesi
stazione. Gli ambiti isolati da Gomez, sulla scorta di Terlingen,3 sono: Larte
e la cultura, La vita militare, Il mare, Leconomia, La vita sociale, La
vita privata. La diversa entit dei prestiti rispetto al castigliano produce vuoti
che evidenziano i limiti di questa sovrapposizione: ad esempio, Terlingen
(1943) pone nellarea La vida social, al punto H, la Vida del campo, dividendola in a. Trminos generales, b. Plantas, c. Animales, ecc. Riprendendo
questordine, nella versione di Gomez abbiamo, sotto La vita sociale, la
sequenza: 5.6. Viaggi e mezzi di trasporto, 5.7. Flora, 5.8. Fauna.
Il passaggio risulta brusco e, se non si ricorre al modello di riferimento, apparentemente immotivato. Lo stesso avviene in 5.13. dove si legge: Alla categoria della vita sociale infine da ricondurre una serie ricchissima di italianismi
costituita da lemmi di difficile classificazione, per lo pi parole della lingua
delluso,4 introdotte tra il xiii e il xx secolo, cui seguono vari paragrafi divisi
per categorie grammaticali (verbi, aggettivi, avverbi ecc.), che includono parole spesso contrassegnate come desuete. Anche la scelta di ordinare le voci
basandosi sul terreno delle prime attestazioni,5 che alquanto sdrucciolevole,
fa s che si trattino a distanza parole che sarebbe utile consultare di seguito,
come novellar e novella, regatar e regata.
Dai lavori di Terlingen deriva anche lo spoglio proposto in Appendice
(Italianismi omologhi in catalano e in castigliano, p. 195-214), che contiene,
sempre con riferimento ai paragrafi tematici del volume, le voci attestate anche
in castigliano. Questo accorgimento permette di evitare la discussione, che
altrimenti sarebbe costante, sui rapporti con il castigliano ed offre un panorama sintetico delle relazioni fra le tre lingue. Non mancano tuttavia, quando
necessario, gli approfondimenti nelle singole voci. Gomez afferma comunque
che, per i prestiti dallitaliano, il castigliano non sembra avere un peso maggiore del francese. Losservazione merita di essere sottolineata e potrebbe essere sviluppata tenendo conto della diacronia degli eventuali addensamenti
collegati alle vicende politiche e culturali interne alla penisola iberica.
Il lemmario tratto dallo spoglio dei dizionari catalani di riferimento e da
un esiguo numero di studi dedicati al tema. La selezione deriva principalmente dallo spoglio del Diccionari catal-valenci-balear di A.M. Alcover e F. de
B. Moll (= AlcM), quindi dalla consultazione del Diccionari etimolgic i complementari de la llengua catalana di J. Coromines (= DECat) e del Diccionari
etimolgic di J. Bruguera (1996), cui si aggiungono il Diccionari de la llengua
catalana dellInstitut dEstudis catalans (= DIccIECat), il Gran Diccionari
3. J.H. Terlingen, Los italianismos en espaol desde la formacin del idioma hasta principios
del siglo xvii, Amsterdam: N. V. Noord-Hollandsche Uitgevers Maatschappij, 1943; Id.,
Italianismos, in Enciclopedia Lingstica Hispnica, diretta da M. Alvar et al., Madrid:
Consejo Superior de Investigaciones Cientficas, 1967, II, p. 263-306.
4. Il grassetto nel testo.
5. Segnalo il caso di xarello vino rosso chiaro. Nella discussione si legge xiv secolo, in
Pataffio: GDLI, ma il Pataffio probabilmente risale alla prima met del secolo successivo
(cfr. F. Ageno, Per lidentificazione dellautore del Pataffio, Studi di Filologia italiana, xx,
1962, p. 75-84).
dellEnciclopdia Catalana (1998) e il Corpus Textual Informatitzat de la Llengua Catalana (http://ctilc.iec.cat), che contiene materiali dallOttocento a oggi,
grazie al quale si sono potute retrodatare molte voci, come predel.la, Anunciata, modill, allegro, andante, fermata, ecc.6
Per italianismi si intendono tout court gli italianismi diretti, tutti quei
termini italiani giunti cio in catalano, con o senza successivi adattamenti
morfologici, per via diretta (p. 10), scritta e orale, attraverso un percorso
ritenuto plausibile e verosimile. Per questa ragione sono stati opportunamente esclusi gli italianismi occasionali, creati o usati da un solo autore (si cita in
merito la traduzione della Commedia di Andreu Febrer), anche se alcuni casi
dubbi restano nelle maglie della selezione (enrosir, nitxo, ecc.). Qualche problema pone la selezione dei toponimi. Che Liorna sia il nome catalano (e
castigliano) di Livorno un caso ben diverso da quello di anxova, tanto per
fare un esempio. Infatti Liorna, che Gomez include come italianismo secondo AlcM, risulta nella fonte citata semplicemente: Ciutat de Toscana, port
de mar, anomenada en itali Livorno; cast. Liorna. In tal senso, si sarebbe
potuta includere qualunque citt, come Gnova (Etim.: de lit. Genova (en
llat Genua), nom de la dita ciutat).
I limiti delle fonti, con al centro AlcM, si riflettono nella selezione del
lemmario. Un dizionario fatto per la consultazione puntuale, non per una
lettura integrale, come quella che tocca al recensore, dalla quale emergono per
alcune particolarit, come la tendenza dellAlcM ad accreditare, da solo, come
italianismi parole che altre fonti non segnalano come tali o per le quali ipotizzano provenienze diverse. Tale concentrazione desta qualche sospetto sullimpianto complessivo dellopera di riferimento. Senza entrare nella polemica sul
mozarabico, che ne ispirava le parole, Coromines osservava che per a AlcM
litali s la panacea etimolgica.7
Le riserve di Coromines sembrano confermate dalle voci attestate prima
in catalano che in italiano, che lAlcM considera da solo italianismi, tra le quali,
per limitarci ad alcuni esempi tratti dal vocabolario del mare, troviamo: amainar ammainare, andana serie di barche ormeggiate alla banchina una di
6. Avrei inserito nella bibliografia il Glossari general lulli di Miquel Colom (Palma de Mallorca: Editorial Moll, 5 vol., 1982-1985), che attinge anche a fonti inedite. Per gli studi
futuri sar possibile ricorrere al Diccionari de textos catalans antics (http://www.ub.edu/
diccionari-dtca/index.php), che consente gi oggi la consultazione di un numero consistente
di testi.
7. Cfr. G. Coln Domnech, Francesc De B. Moll i letimologia, in Francesc De B.
Moll a linici del segle xxi, a cura di Maria Pilar Perea, Barcelona: UB, 2003, p. 23-29 (a
p. 26, n. 3). Riporto di seguito alcune voci, limitate al campo delleconomia, che lAlcM
attesta da solo o che da solo indica come italianismi contro altre ipotesi: rescatar riascattare
duquena ufficio fiscale, crdit scambio dun bene attualmente disponibile con una promessa di pagamento, saldo saldato, acaparrar fissare un acquisto dando caparra, bancarota
mancato pagamento dei propri debiti da parte di un imprenditore, agio maggior valore
... ottenuto nel cambio di moneta, test nome di moneta, piastra moneta dargento,
many fabbro, marap scatola speciale contenente prodotti di farmacia o dolci, lambart
muratore o capomastro, porcellana materiale ceramico, ecc.
Elena Pistolesi
fianco allaltra, badafi piccolo cavo che serve a sostenere la vela, bergant
brigantino, brixola bussola, galaverna fasciatura del ginocchio del remo,
galera nave da guerra a remi o a vela, galiot rematore di galea, pasteca bozzello con apertura laterale per il passaggio di una fune, remolar fabbricante o
riparatore di remi, romball tassello di legno di forma romboidale usato per
riparare buchi nel fasciame, tonaira tonnara, trossa collegamento a collare
che unisce allalbero la parte centrale del pennone. Lentit dei casi dubbi, che
sarebbe stato utile riunire in unappendice a s, riduce considerevolmente il
numero complessivo dei prestiti diretti, certi o verosimili.
Talvolta la prima attestazione catalana pu servire a retrodatare quella italiana (cfr. saquejar saccheggiare, o coronel colonnello). In merito a pavs
scudo rettangolare si legge: la forma catalana (senza n) pu servire a retrodatare la forma italiana senza n dal 1342 al 1309. La nota poteva essere
corretta consultando il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (http://tlio.
ovi.cnr.it/TLIO/) s.v. pavese, dove si riportano le diverse forme della parola
(palvese, pavese, panvese, ecc.) e nel quale la prima attestazione (senza n) nellaccezione di scudo risale al 1303, mentre con il valore di fortificazione si trova
gi nel 1288. Sempre al TLIO si poteva ricorrere per la voce Gatzaro eretico,
in particolare della setta dei Catari, che si conclude con Dallitaliano secondo AlcM, che cita per la forma gazzaro, non attestata. La parola attestata,
cos come lespressione gazzaro patarino sodomita, che avrebbe giovato alla
complessa discussione sulletimo proposta dallautore.
Il Dizionario nasce come parte di un progetto pi ampio sugli italianismi
in tutte le lingue del mondo, che poi stato accantonato.8 La collocazione
di questo lavoro entro il quadro europeo avrebbe probabilmente chiarito molti
dubbi sulladozione diretta e indiretta delle parole. Si ha limpressione che la
struttura italianocentrica dellopera sia uneredit del disegno iniziale. Le voci
si aprono, di solito, con lindicazione tratta dal GDIU (= T. De Mauro, Grande dizionario italiano delluso, 1999-2007) relativa alla marca duso (fondamentale, comune, tecnico, ecc.), e con il rinvio al DELI (= M. Cortelazzo /
P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna: Zanichelli, 1999)
per letimo e la prima attestazione. Si avverte la mancanza di una valutazione
analoga a quella fornita dal GDIU nella lingua di arrivo (per intenderci: mandra non ha in catalano lo stesso peso di malandr), che si sarebbe potuta derivare, almeno parzialmente, dal DIccIECat. Solo in modo sporadico compare
lindicazione desueto (etichetta applicata ai lemmi solo antichi, mancando
nei lessici delluso).
Lindicazione delle marche duso del GDIU appare inutile quando si affiancano accezioni molto diverse nelle due lingue. Per esempio, sotto la voce catalana tuti2 gioco di carte, si legge: tra i vocaboli fondamentali secondo
8. Per la presentazione delliniziativa si pu legge L. Serianni, Gli italianismi nelle altre
lingue romanze: prime riflessioni, in Italianismi e percorsi dellitaliano nelle lingue latine
(Atti del Convegno di Treviso 28 settembre 2007), Parigi: Unione Latina, 2008, p. 19-41
(http://www.unilat.org/data/publications/75.pdf ).
GDIU con riferimento allitaliano tutto, ma in italiano non sembra attestato (almeno in ambito lessicografico) un nome di carte del genere. Qualche
incoerenza si osserva nella struttura delle voci: salta allocchio, proprio per il
suo carattere programmatico, la sporadica assenza del riferimento al GDIU
(cfr. sonet, Manierisme, manierista, bambotxada, concert, ecc.); poco calibrato
poi lo spazio riservato alletimologia, che oscilla tra discussioni impegnative
e riproduzione integrale delle fonti (DELI). Il secondo caso esemplificato dal
tuti appena citato, dove, a distanza ravvicinata, troviamo riprodotta la stessa
lunga nota etimologica sotto tuti1 (tutti azione svolta dalla totalit dei presenti) e tuti2 (gioco di carte) senza che questa chiarisca alcunch sulla natura dei prestiti.
I problemi di struttura delle voci non inficiano il valore complessivo del
Dizionario, che costituir un punto di riferimento imprescindibile per i futuri studi sulle relazioni tra italiano e catalano. La selezione accurata dei lemmi
indica infatti la strada da percorrere per accertare i casi dubbi e per filtrare le
potenziali nuove entrate.
Ressenyes
Descrittione dellimagini universali cavate dallantichit et da altri luoghi dellaccademico degli Intronati Cesare Ripa,
morto nel 1622 (!). Qui, alla voce esilio,
la dualit pubblico/privato vertiginosamente sintetizzata nella medesima
categoria: esiliato sia il condannato
allespulsione dal potere politico che il
viandante diretto a Santiago a scopo penitenziale (p. 349-351). Tra il pellegrino
convertito e il giusto perseguitato la cultura dellOccidente medievale ha dunque riconosciuto unaffinit: e in fondo,
se la civitas diaboli al contempo la caterva impiorum e il saeculum umano,
lallontanamento da essa pu leggersi
come processo di affrancamento dal peccato e, senza che la dissonanza diventi
contraddizione, come riconoscimento di
uninvestitura profetica (p. 352-354).
Ci dimostra, in definitiva, il percorso
di Dante; e ci illustra, con felicit di
pensiero e scrittura, lo studio di Elisa
Brilli.
Luca Fiorentini
La Veneciana
Madrid: Ctedra, 2013, 158 p.
ISBN: 978-84-376-3086-1
Cesreo Calvo Rigual y Anna Giordano
Gramegna editan por primera vez en espaol La Venexiana, una comedia annima escrita, segn afirma gran parte de la
crtica, entre 1535 y 1537, derivada quizs de un suceso real, y ambientada en
una Venecia descrita con minucioso realismo. La comedia se inserta en la corriente del teatro humanista que germinaba y se extenda con pujanza en la
Venecia del Renacimiento. Nuevas for-
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Gozzi, Carlo
La donna serpente
A cura di Giulietta Bazoli
Venezia: Marsilio, 2012, 378 p.
ISSN: 978-8831714075
La publicacin del segundo volumen de
la Edizione Nazionale delle opere di Carlo
Gozzi constituye una evidente manifestacin de cmo el rigor acadmico, la tenacidad intelectual y el savoir faire del comit cientfico de la coleccin y de su
presidente han conseguido superar los
numerosos obstculos de un adverso contexto econmico y ofrecer as a la comunidad cientfica textos filolgicamente
fiables y crticamente iluminantes que
permitan perfilar con precisin el rol desempeado por Carlo Gozzi en la cultura
veneciana e italiana del siglo xviii, superando vagos clichs que pretendan reducir su figura a la de un mero y reactivo
antagonista de Carlo Goldoni.
Tras un primer libro que ofrece textos del conde veneciano hasta aquel momento inditos, la serie se enriquece
ahora con uno de los diez cuentos teatrales (fiabe teatrali), La donna serpente. El
volumen, confiado a Giulietta Bazoli
(acreditada gozzianista estudiosa del teatro italiano del Settecento y autora, a pesar
de su juventud, de numerosos ensayos de
referencia en este mbito), se estructura
reproduciendo la arquitectura diseada
ya en el volumen que inaugur la serie.
La Introduzione constituye un riqusimo
captulo en el que con particular agudeza
crtica y pundonor detectivesco G. Bazoli rastrea pormenorizadamente todas las
etapas y formas adoptadas por el argumento sobre el que Gozzi ciment su
obra teatral, desde la cuentstica oriental
(con intermediacin francesa) a la literatura caballeresca y satrica italiana, la tradicin folclrica o el thtre de la foire
parisino. La indagacin de las fuentes se
ha realizado con pacientsima minuciosidad para ofrecer no solo una ptima des-
Ressenyes
Ressenyes
Fogazzaro, Antonio
Pequeo mundo antiguo
Edicin y traduccin de Fernando Molina Castillo;
prlogo de Daniela Marcheschi
Madrid: Ctedra, Letras Universales, 2012, 638 p.
ISBN: 978-84-376-3004-5
Questa edizione di Piccolo mondo antico
la si pu considerare un eccellente contributo spagnolo alla commemorazione
del centenario della morte di Antonio
Fogazzaro (1842-1911) che si tenuta
in Italia nel 2011. In Spagna, come rivela il curatore delledizione Fernando Molina Castillo, era stata la repercusin
internacional di un altro romanzo, Il
Santo (in odore di eresia, che fu messo
allIndice dallautorit ecclesiastica) ad
indurre la casa editrice barcellonese
Maucci a pubblicare quasi per intero la
produzione narrativa dello scrittore vicentino. Pequeo mundo antiguo apparve
nel 1911, nella traduzione di Marcos
Rafael Blanco-Belmonte. Nel 1943
Mara Teresa Mayol ad offrire per i tipi
delleditore Lauro una nuova versione
dellopera, con riedizioni nel 1969 (Planeta) e nel 1986 (Bruguera). In esse, gli
abbondanti riferimenti dialettali della
vicenda che si svolge nellarea geografica
della Valsolda sul versante italiano del
lago di Lugano, si perdevano nella traduzione che faceva scomparire dal testo
lautentico spessore lombardo della vicenda. Fernando Molina ha il merito di
averlo riportato alla luce, mediante la
soluzione grafica del corsivo che lo mantiene intatto nella pagina e che ne rimanda la comprensione, per il lettore
spagnolo, alla traduzione nelle note a pi
di pagina.
Nella sua esauriente ed assai documentata Introduccin Molina (autore,
peraltro, di un contributo sul teatro di
Fogazzaro apparso sul n. 17 di questa
stessa rivista) da spazio, com consuetudine della collana Letras Universales
di Ctedra, alla recepcin dellautore
Ressenyes
Ressenyes
Ressenyes
Pirandello, Luigi
Lhumorisme
Trad. de Josep Alemany
Barcelona: Adesiara, 2013, 238 p.
ISBN: 978-8492405602
Era ora. Il saggio pirandelliano stato costantemente citato negli ultimi decenni
allinterno degli studi di catalanistica,
spesso ricorrendo a parafrasi, a volte rimandando a unedizione italiana e altre
volte, con sciagurata leggerezza, utilizzando come punto dappoggio una delle versioni castigliane reperibili in libreria, in
biblioteca o in Internet. Per esempio, con
quanta frequenza, nel caso di Pere Calders, ci si imbattuti nella basilare (daccordo, diciamo pure scolastica) divisione
tra umorismo e comicit, e ci si ritrovati
costretti, negli scritti pi divulgativi, a una
generalizzazione estrema e, in quelli prettamente accademici, a dover fornire un
eccesso dinformazione supplementare?
Senza peraltro tener conto della spada di
Damocle della traduzione allimpromptu
che pende sulla testa dello studioso che ha
la sola colpa di non possedere, nella lingua
in cui lavora, una versione integrata o integrabile nel tessuto sociale e intellettuale.
Ma finalmente, eccola qui: Veig
una senyora amb els cabells tenyits, ben
empastifats, no se sap amb quina horrible
potinga.... Cos, dora in poi, ci riferiremo alla constataci del que s contrari e
abbandoneremo nel dimenticatoio formule come avs, advertiment (e via
dicendo) che avevamo adoperato in passato. E dalla constataci si passer, naturalmente, al sentiment del que s con-
Ressenyes
Pirandello, Luigi
Lhumorisme
Trad. de Josep Alemany
Barcelona: Adesiara, 2013, 238 p.
ISBN: 978-8492405602
Era ora. Il saggio pirandelliano stato costantemente citato negli ultimi decenni
allinterno degli studi di catalanistica,
spesso ricorrendo a parafrasi, a volte rimandando a unedizione italiana e altre
volte, con sciagurata leggerezza, utilizzando come punto dappoggio una delle versioni castigliane reperibili in libreria, in
biblioteca o in Internet. Per esempio, con
quanta frequenza, nel caso di Pere Calders, ci si imbattuti nella basilare (daccordo, diciamo pure scolastica) divisione
tra umorismo e comicit, e ci si ritrovati
costretti, negli scritti pi divulgativi, a una
generalizzazione estrema e, in quelli prettamente accademici, a dover fornire un
eccesso dinformazione supplementare?
Senza peraltro tener conto della spada di
Damocle della traduzione allimpromptu
che pende sulla testa dello studioso che ha
la sola colpa di non possedere, nella lingua
in cui lavora, una versione integrata o integrabile nel tessuto sociale e intellettuale.
Ma finalmente, eccola qui: Veig
una senyora amb els cabells tenyits, ben
empastifats, no se sap amb quina horrible
potinga.... Cos, dora in poi, ci riferiremo alla constataci del que s contrari e
abbandoneremo nel dimenticatoio formule come avs, advertiment (e via
dicendo) che avevamo adoperato in passato. E dalla constataci si passer, naturalmente, al sentiment del que s con-
Ressenyes