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terzo decennio del sec. VII gli Slavi rappresentarono per lImpero un pericolo costante, ben prima dunque di essersi organizzati in entit statali
sia pure primitive rispetto alla complessa organizzazione istituzionale bizantina. Ma nella mia relazione restringer ulteriormente il campo per
occuparmi in particolare dellimmagine che i Bizantini si fecero di quegli Slavi orientali che essi chiamarono o <Rj , ossia dei Russi, o meglio
dei Rus di Kiev e di Novgorod.
Le fonti greche in grado di documentare i rapporti con gli Slavi che
trovarono per primi una consistenza territoriale e istituzionale attorno al
principato di Kiev sotto la guida dei discendenti di Rjurik, sono numerose e, almeno alcune, di alta qualit. Inevitabile dunque operare una selezione: intendo prendere in esame le due omelie pronunciate dal patriarca
Fozio in occasione dellattacco russo alla capitale imperiale, avvenuto il
18 giugno dell860; esse costituiscono la prima testimonianza letteraria
in lingua greca sui Rus, anche se, per la verit, nelle due omelie il nome
di quel popolo non viene mai pronunciato e si trova solo nella loro inscriptio.
Credo di potere giustificare la mia scelta da un lato con la centralit che
Fozio rivest nella seconda met del IX secolo bizantino, dallaltro perch,
come vedremo, la sua posizione nei confronti dei barbari si dimostr in
realt complessa e feconda, per nulla convenzionale. Le due omelie sono,
nella numerazione pi consueta, la III e la IV in un corpus di diciotto, tutte
databili con molta probabilit al primo patriarcato di Fozio, quindi fra
l858 e l867. In questi anni appunto i Russi dora in poi mi prender
la libert di chiamarli cos si fecero pericolosi come mai in precedenza
erano stati, finch, approfittando dellassenza dellimperatore Michele III,
impegnato in Asia Minore contro gli Arabi, si presentarono sotto le mura
di Costantinopoli, la cui difesa tocc in larga misura al patriarca. In realt
i Russi penetrarono nel Bosforo con una piccola flotta, forse duecento navi
i cosiddetti monossili, pi simili a canoe che a vere navi da guerra se
dobbiamo credere al cronachista Leone il Grammatico,2 vissuto fra il X e
lXI secolo. Forze militari cos limitate non erano certo in grado di conquistare la citt; eppure i Bizantini furono colti da un terribile spavento,
riflesso dalle due omelie che Fozio pronunci in contemporanea agli eventi.
chiaro che tanto terrore fu provocato, pi ancora che dalla loro effettiva
consistenza militare, dallorigine stessa, doppiamente barbara perch quasi
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ignota, degli assalitori. Quella fu infatti la prima occasione in cui Costantinopoli venne a contatto con i nuovi nemici,3 di cui a stento si conosceva il nome. Fozio non offre quasi nessun dato etnografico e storico:
la sua prospettiva soprattutto edificante, e come tale fa largo spazio
allelemento miracolistico, attribuendo la sconfitta e la fuga dei Russi
allintervento della Vergine Maria, di cui gli assediati, per iniziativa del
patriarca stesso, portarono in processione lungo le mura di Costantinopoli il sacro mantello (mofrion ), una delle reliquie pi venerate nella
cristianit orientale.4 Da fonti di natura cronachistica sappiamo che i Russi
giunsero al Bosforo dopo avere devastato le coste del Mar Nero, e che proseguirono la loro infausta opera sulle cosiddette isole dei Principi, situate
sullo stretto poco lontano dalla costa della capitale. Alla fine furono travolti sulla via del ritorno da una tempesta, dopo essersene andati per ragioni difficilmente precisabili: forse per lappagamento per il bottino gi
conquistato, la consapevolezza di non poter espugnare Costantinopoli, il
timore di essere raggiunti e sconfitti dalle truppe di Michele III che stava
tornando in gran fretta a soccorrere gli assediati; notizia, questultima,
che Fozio non fornisce e nemmeno poteva fornire, se veramente le due
omelie furono pronunciate a brevissima distanza luna dallaltra, nel bel
mezzo di una situazione disperata: altrimenti Fozio non avrebbe mancato,
almeno nella seconda omelia, di menzionare limperatore e il suo intervento decisivo.
Egli parla invece a una popolazione atterrita e umiliata, invitandola a
interpretare la sciagura subita come la conseguenza dei molti e gravi peccati commessi, eccellente e durevole combustibile per questo fuoco che
si acceso e riversato su di noi,5 dunque come un vero e proprio castigo
divino. un esordio ad effetto che Fozio prolunga con grande abilit re-
3 Non sembra degna di fede la notizia contenuta nella Vita di S. Giorgio di Amastris,
secondo la quale un raid russo sarebbe avvenuto gi nell842: cf. Cyril Alexander Mango,
The Homilies of Photius Patriarch of Constantinople, Cambridge (Ma.), Harvard University
Press, 1958, p. 74.
4 Secondo unaltra versione, rappresentata da Leone e da Teofane Continuato, il mantello della Vergine sarebbe stato bagnato nel mare, e ci avrebbe provocato immediatamente una tempesta tale da travolgere tutta la flotta dei Russi: cf. Leo Gramm. p. 240
Bekker; Theoph. Cont. IV 33, p. 196, 6 Bekker, Bonn, 1838.
5 Cf. I 13. Le due omelie sono citate, qui e in seguito, secondo ledizione contenuta
in Carolus Mller, Fragmenta Historicorum Grcorum, vol. V, Parisiis, Firmin Didot, 1873,
pp. 162-173.
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Cf. I 7: dakrw kg sn mn .
Cf. I 33.
8 Cf. I 10: o nn crn lofresqai, ll
9 Cf. I 17: tata legon, ll>, j oiken,
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di bou swfronen .
ej pr xainon...o gr pestrfhte, od metenosate, ll> barnate t ta to m esakoein lgon
kurou .
10 Cf. I 20: qnoj mn ka nmeron...pnta fqeron, pnta lumainmenon,
groj, okaj, boskmata, pozgia, gnaia, paidria, presbtaj, neanaj,
di pntwn t xfoj qomenon, odenj lambnon okton, odenj feidmenon .
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Cf. I 20.
Cf. I 20.
13 Cf. Proc. VII 14, 2. In realt Procopio assai meglio informato di Fozio, e la sua
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Non abbiamo motivo di ritenere che tre secoli dopo i metodi dei loro
lontani discendenti fossero molto cambiati, sicch le parole di Fozio dovevano almeno in gran parte riflettere la cruda realt dei fatti. E sulla crudelt degli assalitori Fozio si diffonde ancora di pi nella seconda omelia,
quando ormai il pericolo passato ma limpressione rimaneva vivissima
e cocente:
Si potevano vedere bambini in fasce, strappati dal seno materno, dal
latte e dalla vita stessa, trovare una tomba improvvisata sulle pietre contro
testimonianza rappresenta un vero e proprio excursus etnografico sugli Slavi (VII 14, 2230), forse il pi ampio in lingua greca prima di quello contenuto nel nono capitolo del
De administrando imperio di Costantino VII Porfirogenito (912-959).
14 Cf. Proc. VII 28, 20-22. La traduzione quella, ormai classica, di Domenico Comparetti, riprodotta da ultimo in Procopio di Cesarea, La guerra gotica, a cura di Elio Bartolini, Milano, TEA, 1994.
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le quali venivano scagliati; le madri piangevano angosciosamente, massacrate sui corpi dei figli ancora palpitanti La loro crudelt non si fermava
agli esseri umani, ma si estendeva ad ogni creatura: buoi, cavalli, uccelli e
qualunque altro animale capitasse fra le loro mani. Un bue e un uomo giacevano luno accanto allaltro, un bambino e un cavallo trovavano una tomba
comune, donne e uccelli si macchiavano di sangue reciprocamente. Tutto
era pieno di cadaveri; lacqua dei fiumi si era mutata in sangue I campi
rigurgitavano di cadaveri, le strade erano ostruite, le foreste prendevano un
aspetto desolato a causa dei morti pi che per i rovi e la solitudine; caverne,
montagne, colline, burroni erano in tutto simili a cimiteri.15
Cf. II 13.
Cf. II 3.
17 Non sar forse inutile ricordare come unetimologia fantasiosa del nome <Rj volesse farlo coincidere con quello di un popolo non altrimenti noto ma che, secondo Ez.
39, 1, avrebbe fatto parte dellesercito di Gog, principe del male per eccellenza. In realt,
esso sembra di probabile, anche se non certissima, derivazione scandinava, forse svedese.
Dapprima indeclinabile, i Bizantini diedero poi ad esso una declinazione, e ne derivarono anche la forma, per poco usata, o <Rosioi. In ogni caso, Fozio sottolinea retoricamente la straordinariet di quellincursione, dissimile da ogni altra, vero e proprio
castigo divino: cf. II 1: pntaj d> on mj suninai ka katanosai logzomai
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Cf. II 4-9, dove viene posto fortemente laccento soprattutto sullumiliazione subita dai Bizantini, eredi degli invincibili Romani.
20 Non questa la sede opportuna per tentare unanalisi letteraria e stilistica del testo foziano; ma impossibile non rilevare come il dotto uomo di chiesa giochi in realt
su un doppio registro culturale: quello, pi immediatamente percepibile, della citazione
biblica Ps. 79, 14 e laltro, certo meno avvertibile ai pi fra il suo uditorio, della reminiscenza mitologica, nella fattispecie della saga di Meleagro e del cinghiale calidonio.
21 Ma Procopio preferisce indicare con tale nome i Goti di Crimea, e riservare agli Slavi
quello di Spori, ossia Nomadi. Cf. anche Cyril A. Mango, The Homilies, cit., p. 89 n. 43.
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ma anche come unempiet.25 Un popolo che Fozio, come abbiamo constatato, considera con disprezzo come una trib proveniente dal lontano
Nord:26 altro dei Russi non mostra di sapere. Il patriarca insiste a lungo
sulloscurit ignobile degli assalitori, definiti barbari, nomadi, armati di
arroganza, senza sorveglianti, senza capi:27 parole che indurrebbero a ritenere che o <Rj fossero del tutto ignoti prima dell860 ai Bizantini. Pur
mettendo in conto linevitabile iperbole retorica, effettivamente lunico
contatto con i Russi sembra essere avvenuto nell838, allorch alcuni ambasciatori di Kiev chiesero allimperatore Teofilo di poter attraversare senza
danno i territori dellimpero per giungere alla corte di Ludovico il Pio; ma
quellepisodio dovette destare ben poca attenzione, sicch Fozio esprimeva
quella che probabilmente rappresentava lopinione comune: poco importa
che laggettivo gnwston possa di per s indicare ci che oscuro nel
senso di poco notevole, oltre a ci che propriamente ignoto: la distinzione, pur avanzata da uno studioso come Vasilevskij,28 mi sembra nel contesto alquanto oziosa. Paradossalmente, sul versante opposto il cronachista
kieviano sembra dare ragione ai Bizantini quando scrive:
Con lascesa al trono di Michele, si cominci a parlare di terra russa. Ci
a noi noto, perch durante il regno di questo imperatore mossero i Russi
contro Costantinopoli, come scritto nella Cronaca greca. Da qui dunque
cominciamo a mettere le date.29
Non unosservazione di poco conto: lanonimo autore sembra ammettere che i Russi, o pi correttamente i Rus, abbiano acquisito una
25 Cf. I 28: plij basileousa mikro sumpshj tj okoumnhj, oj se
stratj stratghtoj ka doulikj neskeuasmnoj j douleousan kmukthrzei ; plij polln qnn lafroij klamprunqesa, oon lafuragwgen se dienosato qnoj .
26 Da dove scoppi su di noi questo tremendo fulmine iperboreo? si chiede allinizio della prima omelia.
27 Cf. II 10: qnoj fanj, qnoj narqmhton, qnoj n ndrapdoij tattme-
non, gnwston mn, ll> p tj kaq> mn strateaj noma labn, ka shmon mn, ll> pshmon gegonj, tapeinn ka porhmnon, ll> ej ywma lamprn ka ploton pleton nabebhkj, qnoj prrw pou tj mn pJkismnon, barbarikn, nomadikn, t qrsoj cwn ej pla, flakton, nexlegkton, stratghton, ktl.
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Cf. Vladimir G. Vasilevskij, Trudy, vol. III, Petrograd, 1915, pp. CXXV-CXXVII.
Cf. Racconto dei tempi passati, trad. it. a cura di Itala Pia Sbriziolo, Torino, Einaudi,
1971, p. 10.
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1838.
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dellimpero bizantino. Ed ecco che subito i Russi cominciano a essere considerati da Fozio stesso come un popolo cristianissimo e devoto al filcristoj basilej che siede sullo splendido trono di Bisanzio. Un cambiamento di prospettiva troppo rapido per essere vero, ma sentito come
tale non solo dai Bizantini, bens anche e soprattutto dai Russi: per rendersene conto, basterebbe leggere le pagine della Cronaca di Nestore, che
narrano diffusamente la conversione di Vladimiro principe di Kiev. Da
crudele e lussurioso pagano, egli si trasforma miracolosamente nel pi
puro, nel pi giusto e clemente dei sovrani, nel nuovo Costantino32 degno di essere santificato dalla Chiesa ortodossa per lo zelo con cui estirp
dalla sua terra i riti pagani. Tutto questo, naturalmente, lespressione
ingenua, il raccourci di un processo storico non breve, che segn il trionfo
del cristianesimo e insieme della cultura bizantina solo a prezzo di una
dura lotta con laristocrazia guerriera scandinava, la druzhina del principe,
legata ai riti ancestrali del paganesimo. Certo, tale orientamento fu il
frutto dellattrazione profonda che i Russi di Kiev sentirono per la Tsarigrad del Bosforo: non pi solo per le sue ricchezze, ma ormai anche per
la sua cultura. Essi dovevano inevitabilmente commerciare con Bisanzio,
ma per fare questo dovevano pure lasciarsi attrarre dal suo sistema di valori, che sidentificava principalmente con la religione cristiana. Non
un caso che, secondo quanto affermano le nostre fonti, essi abbiano mandato ambascerie a Costantinopoli gi poco dopo lattacco dell860, che
dunque, paradossalmente ma non troppo, segn anche la prima tappa nella
lunga marcia di avvicinamento dei Russi allimpero. Ad essi, daltro canto,
esclusa la possibilit di una conquista militare, non rimaneva altra strada
e, data la loro enorme inferiorit materiale e culturale, ci significava una
sorta di sudditanza ideologica nellambito della complessa gerarchia che
regolava, dal punto di vista bizantino, i rapporti internazionali; una gerarchia che si farebbe fatica a definire rigorosa secondo i parametri del diritto internazionale e della diplomazia moderni, ma che di fatto risult
atta a resistere allusura del tempo per secoli e secoli. Entro tale ambito
ecco che anche i Rus, i barbari sanguinarii che avevano osato atterrire la
popolazione della citt imperiale, poterono essere considerati e diventare
effettivamente fedeli alleati e, almeno ideologicamente, pkooi , prxenoi , ossia sudditi e amici dei Bizantini, come Fozio stesso ormai poteva
definirli, secondo una terminologia politica dorigine squisitamente clas32
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sica, addirittura isocratea, che tanti secoli prima aveva definito le relazioni di Atene rispettivamente con i sudditi-alleati e con gli amici stranieri. Nellottica bizantina ci non comportava, daltra parte, un rapporto
paritario: anche dopo laccettazione del cristianesimo i barbari continuavano in fondo ad essere tali e a vivere della luce riflessa emanata dalla cultura della potenza egemone che li aveva benevolmente accolti. Tutte le
arti provengono da noi: sono parole pronunciate da un ambasciatore bizantino alla corte di Baghdad; eppure quellambasciatore non era un alto
funzionario qualsiasi, bens Costantino-Cirillo, il futuro apostolo degli
Slavi. Non si potrebbe trovare espressione pi chiara del senso di superiorit che sempre e chiunque nutr a Bisanzio nei confronti del barbaro,
o pi semplicemente dellaltro. Dunque lopera missionaria bizantina
non intendeva elevare automaticamente al proprio piano culturale e politico le popolazioni a cui era rivolta, e non era ovviamente per nulla disinteressata. Furono, piuttosto, le conseguenze a sfuggire quasi sempre al
controllo degli evangelizzatori stessi, allorch i Bulgari, i Serbi, i Russi
presero coscienza dei propri mezzi e si appropriarono dellideologia imperiale che tanto ammiravano. Ed ecco, per esempio, i tentativi di Simeone I (893-927) in Bulgaria, di Stefano Dushan (1331-1355) in Serbia di richiamarsi direttamente e prepotentemente alleredit bizantina
nei momenti in cui a Costantinopoli il potere imperiale non appariva pi
cos solido. Eppure essi non facevano che attualizzare a loro vantaggio
quel primato universale che fin dal VI secolo il diacono Agapeto aveva teorizzato per Giustiniano I in un vero e proprio speculum principis, quella
Ekqesij parainetikn kefalawn , che tanta fortuna avrebbe avuto
per tutto il Medioevo:33 indizio di un primato che almeno sul piano ideologico nessun sovrano barbaro si sarebbe mai sognato di mettere in dubbio. La grande famiglia dei principi cristiani non poteva non trovare il
suo vertice e la sua giustificazione nel basilej bizantino. Anzi, per
quanto riguarda i principi russi, al sovrano di Kiev sembra sia stato concesso solo il titolo modesto di rcwn ; ma si svilupp ben presto la leggenda secondo la quale il principe di Kiev Vladimiro Monomaco (11131125) nella prima met del sec. XII avrebbe ricevuto direttamente dal sovrano bizantino alcune insegne regali, fra cui il berretto bordato di pelliccia e sormontato dalla croce, che sarebbe rimasto simbolo irrinuncia-
33 Non certo casuale che il breve opuscolo di Agapeto sia la prima opera profana
ad essere stata tradotta in paleoslavo.
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bile del potere anche per gli zar moscoviti, a tal punto caratteristico che
ancora nel 1913 Nicola II riterr opportuno portarlo sul capo durante i
festeggiamenti per il tricentenario della dinastia dei Romanov. Che poi
sul piano della realt militare e politica pi concreta i principi di Kiev
fossero del tutto al riparo da qualunque minaccia bizantina, non c dubbio; ma per Bisanzio non era cos importante, dal momento che essi erano
i primi ad andare fieri dei riconoscimenti aulici e formali che gli imperatori concedevano loro. E non si trattava soltanto di riconoscimenti simbolici. Da Bisanzio i Russi di Kiev importarono le lettere e le arti nel
senso pi vero del termine: solo grazie allalfabeto glagolitico e poi a quello
cosiddetto cirillico diffuso in tutto il mondo slavo sudorientale anche i
Russi poterono avere una letteratura, non a caso fatta di traduzioni dal
greco delle Scritture e delle vite dei santi e poi di cronache sulla falsariga
di quelle bizantine. Difficilmente essi avrebbero potuto elaborare il loro
primo codice di leggi, la cosiddetta Russkaja Pravda, senza ricorrere alle
compilazioni giuridiche bizantine. Il medesimo discorso vale, a maggior
ragione, per larte, soprattutto per quella monumentale: chiese dedicate
alla santa Sofia, dunque omonime della Grande Chiesa costantinopolitana, sorsero un po ovunque nei centri principali della Rus: a Kiev, a
Novgorod, a Suzdal, spesso adorne di ricchi mosaici che nel programma
iconografico e nella fattura si richiamavano inequivocabilmente ai grandi
modelli bizantini. Perfino la costante rivendicazione di unorganizzazione
ecclesiastica autonoma fu di matrice bizantina, e rispondeva a ci che gi
Boris I di Bulgaria aveva in parte ottenuto, dopo che nell864 si era convertito al cristianesimo: ogni sovrano cristiano doveva avere una propria
Chiesa nullus rex sine Ecclesia esattamente come a Costantinopoli il potere laico dellimperatore trovava il suo corrispettivo ecclesiastico nella
presenza del patriarca. Ma su questo punto Bisanzio si mostr irremovibile, e solo nel 1448 i vescovi russi osarono eleggere da s il metropolita
di Mosca anzich rivolgersi al patriarca costantinopolitano, considerato
ormai apostata perch aveva aderito allunione con la Chiesa latina nel
concilio di Ferrara-Firenze (1438-1439). Per ottenere un patriarcato autocefalo rispetto a quello di Costantinopoli, Mosca dovette del resto attendere fino al 1589, sotto il regno dellultimo sovrano rjurikide, Fjodor
I, imbelle figlio del Terribile, dominato dal potente Boris Godunov, che
alla sua morte sarebbe poi stato incoronato legittimo zar. Allo stesso modo,
i principi russi, kieviani e moscoviti, non misero mai in discussione la supremazia del sovrano bizantino. Anzi tale sudditanza ideologica continu
a riflettersi nei rapporti diplomatici al punto che ancora alla met del XV
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