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Pprospettive e limiti dell'incontro con le altre religioni

Il fatto
Dal 24 al 28 ottobre si tenuta a Roma il pi grande ed importante
incontro tra rappresentanti religiosi mai organizzato dalla Chiesa
cattolica. 230 persone (non si tratta solo di leader, ma in molti casi di
normali fedeli) provenienti da 48 Paesi del mondo e in rappresentanza di
circa venti religioni. Ebrei, musulmani, confuciani, induisti, buddhisti e
in pratica rappresentanti di tutti i principali credi religiosi.Nutrita
anche la presenza delle confessioni cristiane. Tra gli altri, anglicani,
valdesi, armeni di Cilicia, metodisti, la Federazione luterana mondiale,
diverse Chiese riformate e alcuni patriarcati ortodossi.
In un'epoca in cui l'incontro tra religioni sembra pi uno scontro - ha
detto il cardinale Etchegaray, spiegando il senso dell'assemblea - serve un
chiaro sforzo di dialogo come questo. Infatti, ha aggiunto il cardinale
Arinze, vi sono alcune grandi sfide nel mondo (discriminazioni, violenze,
divario tra ricchi e poveri, malattie gravi, ingiustizie) che richiedono
per la loro soluzione la cooperazione tra tutti i credenti. E mentre per
far precipitare in guerra l'ingiustizia sono sufficienti poche persone, per
promuovere la pace si richiede la collaborazione di ognuno.
L'assise stata aperta in Vaticano, nell'Aula del Sinodo, dalla relazione
di Theresa Ee-Chooi di Kuala Lumpur (Malesia), presidente dell'Unione
internazionale della stampa cattolica (Ucip).
Theresa Ee-Chooi, nata a Singapore nel 1938, una delle figure di maggior
rilievo del giornalismo asiatico, non solo cattolico. Nel 1987 ha
partecipato a Roma al sinodo sui laici. Ha fatto parte inoltre della
delegazione della Santa Sede in alcune Conferenze internazionali, tra cui
quella sulla donna organizzata dalle Nazioni Unite a Pechino nel 1995.
Terziaria carmelitana, sposata con un avvocato, tre figlie, la Ee-Chooi
anche membro di due Pontifici consigli: quello per i laici e quello per le
comunicazioni sociali.
Primladell'inizio dei lavori la signora Ee-Chooi ha spiegato che: Il
nostro mondo non certo un paradiso. L'umanit divisa da odi etnici,
guerre, conflitti religiosi, razzismoS Il millennio che comincia ci trover
profondamente divisi: i ricchi sempre pi ricchi, i poveri sempre pi
poveri. Queste differenze ci rendono tutto meno uomini: potenti e indifesi,
oppressori ed oppressi.
Da questo punto di vistaLe religioni hanno oggi la possibilit di fare
veramente qualcosa perch questa situazione cambi. I prossimi 50 anni in
questo senso costituiscono una sfida. Dobbiamoanche sconfiggere un
atteggiamento cinico che si sta diffondendo verso le religioni, prese a
pretesto per compiere nefandezze di ogni tipo. Basti pensare all'Irlanda
del Nord, al Kosovo o ai recenti fatti di Timor Est. Va detto con chiarezza
che chiunque rivendica un'identit religiosa in senso ideologico, molto
lontano dalla vera fede.
L'esperienza del dialogo in Asia pu aiutare. Il confronto, la
condivisione, l'accoglienza, sono parte del nostro Dna. Sono questi i
valori, comuni a tutte le religioni, di cui il nostro mondo materialista e
individualista deve ripartire.
Le difficolt, le critiche interne ed esterne, pericoli del sincretismo e realt
Inutile dirvi che il clima intorno a questa assise era molto pessimista.
Pochicredevano veramente in una allenza tra le diverse religioni.
I poteri forti e i signori della guerra che si arricchiscono con la vendita
delle armi, hanno sperato affinch le divisioni vincessero sui segni di
collaborazione.
Critiche sono sorte anche all'interno del mondo cristiano dove sono tante
le ferite sanguinanti per i fratelli dicriminati ed uccisi da militanti di
altre confessioni religiose. Situazione grave per alcuni paesi muslmani e
per l'India, dove il fondamentalismo ind minaccia addirittura la visita
del Papa. Criticato anche il dialogo interreligioso che per alcuni un

ostacolo all'opera di missione intesa come proclamazione di Cristo.


Dubbi, paure, timori che l'incontro, il docuemnto finale e soprattutto il
discorso conclusivo di Giovanni paolo II dovrebero aver cancellato.
Il parere di mons. Fisichella
Intervistatao da Avvenire mons. Rino Fisichella vescovo ausiliare di Roma,
presidente della Commissione diocesana per l'ecumenismo e il dialogo
interreligioso, ha spiegato che La rivelazione - da molti considerata
ostacolo al rapporto con le altre religioni- in realt decisiva nel
dialogo
Quando i cristiani esprimono ciin cui credono - ha precisato Fisichella
non sono n arroganti n intolleranti: non fanno che essere fedeli sia a
Dio, che li manda ad annunciare la verit che gli ha donato, sia all'uomo,
perch se questa verit non viene comunicata si resta prigionieri nel
limite della condizione umana.
In qaunto alla rivelazione Fisichella ha detto che &Le tre grandi religioni
monoteiste si richiamano tutte al principio della rivelazione.Quella
cristiana il culmine proprio perch in essa Dio diventa uomo, entra nella
storia dell'uomo. Nella persona di Ges vengono dati due elementi che
nessun'altra religione possiede: il massimo abbassamento diDio e la massima
elevazione dell'umanit.
quindi indispensabile comprendere che nel dialogo con le religioni
anzich dal dato esclusivamente culturale occorre partire dalla
rivelazione.
Un approccio che minoritario. Fisichella ha spiegato che i cattolici oggi
Senza accorgercene sono ostaggi di un ricatto, costituito dalla pretesa
della ragione di dover dire sempre l'ultima parola sulla verit. Questo ha
influito sulla stessa coscienza missionaria della Chiesa e dei credenti. Il
Papa nella Fides et ratio invece scrive che, avendo compreso il valore
salvifico che la verit possedeva, i cristiani hanno fatto di tutto per
far s che essa raggiungesse ogni uomo. il valore universale della verit
portata all'uomo che ci ha fatti essere missionari lungo duemila anni di
storia.
I cristiani sono figli del loro tempo. Purtroppo sono caduti nel tranello
della modernit, che consiste nell'identificare tutta la questione
veritativa con la riflessione speculativo-filosofica. Uno dei temi che
dobbiamo riprendere tra le mani - e lo far certamente il prossimo simposio
sulla recezione del Vaticano II - il senso della missionariet dei
credenti. Oggi occorre far leva sui frammenti di verit, mostrando che
esiste un fondamento che tutto unifica e spiega. Nietzsche annunciava la
morte di Dio e ne deduceva che ormai "ci sta dinanzi un mare sempre pi
aperto". A guardare com' ridotto l'uomo oggi, pi che di mare parlerei di
pozzanghera.
Tolleranza nei confronti delle altre fedi
Il credente chiamato a rispettare le altre tradizioni religiose, che
vuol dire conoscerle, guardarle con attenzione, apprezzarne le espressioni
di contatto con il trascendente, collaborare con loro per dare un futuro
migliore a quest'umanit. Ma significa anche sentire il peso di una
responsabilit, che significa "dare una risposta". Sotto il concetto di
tolleranza c' invece l'idea di una pretesa di verit che offende gli
altri. La verit cristiana non offende: un'apertura pi grande offerta
all'uomo.
C' verit nelle altre religioni?
Ci sono sicuramente i cosiddetti "semi di verit". Un seme per non dato
perch resti tale, ma per germogliare. E questo accade nel contatto con il
cristianesimo. Ci non significa che la verit sull'uomo e il mondo viene
data da una sintesi tra cristianesimo e altre religioni: il Vangelo porta
con s una verit piena conoscendo la quale le altre religioni possono
esplicitarsi completamente.
La sfida di confrontarsi sulla dimensione di salvezza offerta, e quindi

su qual la risposta pi colma di senso proposta all'esistenza personale.


Islam
I cristiani sono stati i primi a difendere la libert di religione, e
continueranno a promuoverla. Quel che non riesco a capire perch i nostri
governi non siano capaci di farsi propulsori di questa libert al di fuori
del proprio ordinamento. Se i nostri governanti fossero all'altezza delle
loro responsabilit, cos come si preoccupano giustamente di vincere il
lavoro minorile o la pena di morte dovrebbero battersi laicamente perch la
libert religiosa venga rispettata nei Paesi dove questo ancora non
accade.
S. Francesco tra mito e realt
13 anni fa ci fu il primo incontro delle relgioni ad Assisi, furono diversi
i cristiani che non videro di buon occhio quell'inconrto e criticarono la
manifesatzione indicandola come segno di confusione, una sorta di
idnebolimento appiattimento della reloigione cattolica sul pianod della New
Age.
Contro queste critiche ha parlato direttamente A parlare cos padre Gian
Maria Polidoro, responsabile del movimento francescano Pax International,
il quale ha detto stato Giovanni Paolo II a presentare la figura di san
Francesco alle altre religioni, che hanno riconosciuto la validit e la
bont di questo modello. Nell'incontro di Assisi del 1986, il Papa disse
che si stava insieme per pregare. Ben diverso dal pregare insieme, che il
modello equivoco presentato oggi dalla New Age. Il dialogo interreligioso
un'esperienza complessa e problematica, nella quale non bisogna perdere la
propria identit. Padre Polidoro, da questo punto di vista ricorda che nel
capitolo 16 della Regola non bollata, Francesco descrive due modi di andare
nel mondo musulmano: stare fermi e testimoniare di essere cristiani con la
nostra semplice presenza; oppure, se le condizioni sono favorevoli,
annunciare Cristo battezzando. E ci veniva detto all'epoca delle
Crociate. .
Quando ci si incontra - fa notare padre Polidoro - occorre andare alla
ricerca di Dio, perch Dio ha cura di ogni essere umano.
E padre Giuseppe Buffon, docente di Storia della Chiesa al Pontificio
Ateneo Antoniano di Roma ha aggiunto: Oggi potremmo chiederci cosa
penserebbe Francesco della predicazione. La mia opinione personale che
serve un annuncio esplicito, poich la testimonianza un segno che va
interpretato.
Non siamo pi nell'epoca della "secolarizzazione" ma della "postmodernit":
la religione riprende il suo posto e l'interpretazione migliore del fatto
religioso mi sembra l'annuncio della Croce.

Successo dell'Incontro
Testimonianze e giubilo dell'incontro
L'incontro interreligioso andato comunque benissimo, basta guardare il
tetso Lamnifestazione finale stata splendida. 50 mila presenti.
gremlivano piazza San Pietro dove Il fuoco dei cinque bracieri accesi sul
sagrato si diffondeva a poco a poco nella grande piazza.
Giovanni Paolo II ha detto: Conservate nel cuore la luce di questo
evento. Una luce, che da oggi in poi ha un significato inequivocabile.
Qualsiasi uso della religione per sostenere la violenza un abuso della
religione. La religione non , e non deve diventare, un pretesto per
conflitti, specialmente quando coincide con l'identit culturale ed
etnica.
Alla cerimonia conclusiva in piazza San Pietro, si unito anche il Dalai
Lama, massima autorit spirituale del buddismo tibetano, il cui nome non
figurava nell'elenco dei partecipanti.
Uomini nobili di varie nazioni si sono riuniti qui oggi e, per la parola

della loro bocca, sono pi efficaci dei potenti della terra. Grazie a loro,
Dio l'Altissimo. Ha esordito cos, adattando le parole del Salmo, il
gran rabbino Ren Samuel Sirat, il primo dei rappresentanti delle altre
religioni a prendere la parola in piazza San Pietro. Sirat ha spiegato che
Dopo Assisi gli incontri si sono moltiplicati: i rappresentanti delle
religioni mondiali vanno affrontando i valori della tolleranza, ilrispetto
dell'altro, della volont di coesistenza fraterna dei quali sono
portatori. In nome di Allah, benefattore misericordioso, uniamoci tutti,
musulmani, cristiani, ebrei e altri per arrivare ad avere la pace, gli ha
fatto eco l'afroamericano Imaw Mohammed, giunto dagli Stati Uniti per
rappresentare i suoi Fratelli Musulmani. Servitori di Dio da comunit
religiose del mondo - testimonia l'imam - ci siamo incontrati in Vaticano
con Giovanni Paolo II perch condividiamo valori fondamentali e la fede in
una vita virtuosa, che vuole giustizia e pace per tutti. Parole che
suonano come impegno deciso contro ogni forma di intolleranza e
fondamentalismo, pronunciate da un uomo che racconta di aver dedicato la
vita intera a costruire ponti e che, nella luce del tramonto riflessa
dalla facciata della basilica vaticana appena restaurata, chiude il suo
intervento invocando la benevolenza di Dio su tutti i partecipanti
all'incontro e su questo luogo santo.
stat poi la volta di Usha Mehta, anziana discepola di Gandhi,
l'apostolo della non violenza, della pace e della verit. Egli - ha
raccontato ai giovani romani che gremiscono la piazza - fu ad un tempo un
santo e un rivoluzionario, un uomo religioso e un riformatore sociale, un
grande idealista e un sobrio realista, un ind che fermamente credeva
nell'unit di tutte le religioni nella paternit di Dio e nella fraternit
degli uomini.
Con il Papa e il Dalai Lama ci sarebbe stato anche Gandhi prima ad Assisi e
ora in Vaticano per condannarela futilit della guerra, inclusa quella
nucleare. Il Mahatma, infatti, desiderava appassionatamente l'unione dei
cuori e delle menti, di coloro che desiderano la pace e riteneva che il
modo migliore per raggiungere questo lodevole obiettivo fosse quello di
unire le persone, rettamente, attraverso l'amicizia interreligiosa, il
dialogo e il rispetto reciproco cercando di stabilire un nuovo mondo, dove
tutti i popoli vivano come fratelli e sorelle, come figli di un unico
Padre.
La sera era ormai scesa in piazza San Pietro quando Augustin Tiydze, un
giovane camerunese che ha vissuto l'esperienza del dialogo interreligioso
nella cittadella focolarina di Fontem, dove, ha ricordato, vivono insieme
da 35 anni persone di diverse nazioni, etnie e religioni: unapiccola citt
di 600 case che vuole mettere in pratica la regola d'oro dell'amare l'altro
come noi stessi, un piccolo seme gettato nel cuore dell'Africa e dal quale
pu nascere un grande albero, i cui rami potranno estendersi sempre pi e
essere casa per tanti. Il fiume di cercatori di pace si ingrossato, la
preghiera gli uni accanto agli altri per la pace si approfondita. I ponti
sono stati gettati, ha commentato Andrea Riccardi, della Comunit di
Sant'Egidio, cui era toccato di introdurre le testimonianze. E il cardinale
Roger Etchegaray ha aggiunto che l'assemblea interreligiosa che si
concludeva ormai nella notte romana illuminata dalle torce ben pi di
una semplice alzata del sipario giubilare: ne rappresenta il primo atto che
provoca la Chiesa ad approfondire il senso della sua presenza e della sua
missione in seno alla comunit umana, dove la pluralit delle religioni si
impone come un fatto e ancor pi come un mistero, il mistero divino della
storia e della salvezza dell'umanit.
necessario collaborare alla costruzione di un mondo migliore, ha detto
il metropolita Damaskinos, delegato del patriarca di Costantinopoli,
Bartolomeo I. Mentre l'ebrea Rosalind Preston ha sottolineato l'importanza
di educare bene i bambini, se vogliamo un millennio di pace. E quando i
rapporti sono tesi, come avviene talvolta tra cristiani e musulmani? Ges
non ha paura di Maometto - ha risposto monsignor Giovanni Martinelli,
vicario apostolico di Tripoli, in Libia -. Io piuttosto temo coloro che non
sono sufficientemente cristiani. il gran sacerdote Handa Kojun

ottantaduenne, attuale responsabile del summit di Monte Hiei di Monte Hiei,


ha definito gli incontri inter-religiosi di questo pontificato - quello ad
Assisi e quello di ieri inVaticano - iniziative epocali, di portata
storica.
Promette dal canto suo di tramandare le intenzioni di Giovanni Paolo II
alle generazioni future del Giappone fino alla realizzazione della pace nel
mondo ed aggiunge, sorridendo, almeno finch vivo io.
Il messaggio finale stato proclamato nel corso della cerimonia
conclusiva, dopo alcune testimonianze di dialogo tra persone di fedi
diverse e il saluto dei cardinali Roger Etchegaray (presidente del Comitato
centrale per il Giubileo) e Francis Arinze (organizzatore principale di
questo evento). Al microfono, davanti al palco papale, si sono alternati il
fondatore della Comunit di Sant'Egidio Andrea Riccardi, il gran rabbino
Ren Sirat di Parigi, l'imam Deen Mohammed dagli Stati Uniti, la discepola
del Mahatma Gandhi, Usha Mehta, e l'anglicano John Brian Pearce di Londra.
Le loro parole sono state sottolineate da alcuni canti del coro il coro
Ha-Kol della comunit ebraica di Roma e dal complesso cattolico del Gen
Rosso. la cerimonia stata resa ancora pi suggestiva dalliincontro delle
persone delle varie religioni, molte delle quali nei loro abiti
tradizionali. Monaci buddisti accanto a porporati cattolici, sikh vicino a
preti ortodossi, musulmani e fedeli di diverse confessioni e religioni,
zoroastriani e shintoisti, e molti giovani davarie parti del mondo.
Il documento finale
Collaborazione per la pace e contro i mali del mondo. Ma neanche l'ombra
del sincretismo. Al contrario, gli esponenti delle grandi religioni,
riuniti in Vaticano, hanno sottolineato che la diversit ricchezza e non
un ostacolo al dialogo e alla cooperazione. L'idea di fondo dell'assemblea
interreligiosa ora scritta a chiare lettere nel Messaggio finale e
idealmente spedito ai cinque continenti.
La collaborazione tra le diverse religioni - scrivono i partecipanti
all'assemblea - deve essere basata sul rifiuto del fanatismo,
dell'estremismo e del mutuo antagonismo che genera violenza.
Invece, afferma il testo, noi siamo convinti di essere capaci di lavorare
insieme sia per prevenire i conflitti sia per superare le crisi esistenti
in molte parti del mondo.
Quali sono i problemi che richiedono questa capacit di lavoro comune? Il
documento elenca la povert, il razzismo, l'inquinamento ambientale, il
materialismo, la guerra e la proliferazione delle armi, la globalizzazione,
l'aids, la carenza di cure mediche, la crisi della famiglia, l'emaginazione
di donne e bambini. E ricorda che nessuno pu risolvere da solo
questioni tanto grandi. Dunque urgente promuovere la collaborazione
interreligiosa.
Tuttavia, avvertono gli estensori del testo, questa collaborazione non
implica di abdicare alla propria identit religiosa, ma piuttosto un
itinerario di scoperta. Impariamo perci il rispetto reciproco come membri
dell'unica famiglia umana. Impariamo anche ad apprezzare le nostre
differenze e i valori comuni checi legano gli uni gli altri.
Il messaggio riafferma anche l'importanza dell'educazione per sostenere la
famiglia come pilastro fondamentale della societ, aiutare le giovani
generazioni a elevare la propria coscienza, coltivare i comuni valori
morali e spirituali. E poi lancia un doppio appello. A tutti i leader del
mondo viene chiesto, infatti di condannare l'uso della religione come
mezzo per incitare a odio e violenza e per giustificare le
discriminazioni, e di adoperarsi per sdradicare la povert, lottando nel
contempo per la giustizia economica.
Invece ai capi religiosi si fa appello perch promuovano lo spirito di
dialogo all'interno delle rispettive comunit e siano pronti a
impegnarsi loro stessi nel dialogo con la societ a ogni livello.
Nello spirito del Giubileo, concludono i partecipanti all'assemblea,

prendiamo qui solennemente l'impegno di chiedere perdono per gli errori


del passato, di promuovere le riconciliazione, di impegnarci a superare il
divario tra ricchi e poveri e di lavorare per costruire un mondo di vera e
definitiva pace.

le parole del Papa


Nessun credo pu giustificare la violenza
Povert, guerre, ingiustizie: questa crisi di
civilt esige il nostro esempio coerente Pi delle parole contano le
grandi testimonianze per la pace: pensate a Gandhi e Madre Teresa
Giovanni Paolo Ii
Segue il discorso pronunciato dal Papa, tradotto dall'originale in inglese.
Illustri rappresentanti religiosi, cari amici.
1. Nella pace che il mondo non pu dare, saluto
tutti quanti voi riuniti qui in piazza San Pietro a conclusione
dell'assemblea interreligiosa che si svolta nei giorni scorsi. Lungo
tutti gli anni del mio pontificato, e in particolare in occasione delle mie
visite pastorali in diverse parti del mondo, ho avuto lagrande gioia di
incontrare innumerevoli altri cristiani e membri di altre religioni. Oggi
questa gioia si rinnova qui, vicino alla tomba dell'apostolo Pietro, del
quale ho il compito di proseguire il ministero nella Chiesa. Mi rallegro di
incontrare tutti voi e ringrazio Dio onnipotente che ispira il nostro
desiderio di reciproca comprensione e amicizia.
Sono consapevole del fatto che molti stimati leader religiosi hanno fatto
un lungo viaggio per essere presenti a questa cerimonia conclusiva
dell'assemblea interreligiosa. Sono grato a tutti coloro che hanno lavorato
per promuovere lo spirito che rende possibile questa assemblea. Fra poco
ascolteremo la Dichiarazione, frutto delle vostre riflessioni.
2. Sono sempre stato convinto che i leader religiosi
debbano svolgere un ruolo fondamentale nel nutrire quella speranza di
giustizia e di pace senza la quale non vi sar un futuro degno
dell'umanit.
Mentre il mondo segna la conclusione di un millennio
e l'inizio di un altro, giusto dedicare tempo a guardarci indietro per
valutare attentamente la situazione attuale e avanzare insieme nella
speranza verso il futuro.
Esaminando la situazione dell'umanit, forse
eccessivo parlare di crisi della civilt? Scorgiamo grandi progressi
tecnologici, ma questi non sempre sono accompagnati da un grande progresso
spirituale e morale. Vediamo anche un divario crescente fra i ricchi e i
poveri - a livello di individui e nazioni. Molti fanno grandi sacrifici
per dimostrare solidariet a chi soffre la miseria, la fame o la malattia,
ma manca ancora la volont collettiva di superare le scandalose
disuguaglianze e di creare nuove strutture checonsentano a tutti i popoli
di disporre di una quota equa delle risorse mondiali.
Vi sono poi i molti conflitti che continuano a
scoppiare in tutto il mondo - guerre fra le nazioni, lotte armate al loro
interno, conflitti che si trascinano come ferite in suppurazione e chiedono
a gran voce una guarigione che sembra non arrivare mai. Inevitabilmente
sono i pi deboli a soffrire maggiormentein questi conflitti, in
particolare quando vengono sradicati dalle loro case e costretti a fuggire.
3. Sicuramente non cos che l'umanit dovrebbe
vivere. Pertanto, non forse giusto dire che vi davvero una crisi della

civilt che pu essere contrastata soltanto da una nuova civilt


dell'amore,fondata sui valori universali della pace, della solidariet,
della giustizia e della libert (cfr. Tertio millennio adveniente, 52)?
Qualcuno afferma che la religione parte del
problema, in quanto blocca il percorso dell'umanit verso la vera pace e la
prosperit. Come uomini di religione nostro dovere dimostrare che non
cos.
Qualsiasi uso della religione a sostegno della
violenza un abuso della religione. La religione non , e non deve
diventare, un pretesto per conflitti, in particolare quando identit
religiosa, culturale ed etnica coincidono. Religione e pace procedono
insieme: muovere guerra in nome della religione una manifesta
contraddizione (cfr Discorso ai partecipanti alla sesta assemblea della
Conferenza mondiale sulla religione e la pace, 3 novembre 1994, 2). I
leader religiosi devono mostrare chiaramente di essere impegnati a
promuovere la pace proprio in virt del loro credo religioso.
Il compito che ci attende pertanto di promuovere
una cultura del dialogo. Individualmente e insieme, dobbiamo mostrare come
il credo religioso ispiri la pace, incoraggi la solidariet, promuova la
giustizia e sostenga la libert.
Ma l'insegnamento in s non mai sufficiente, per
quanto possa essere indispensabile. Deve essere tradotto in azione. Il mio
venerato predecessore, Papa Paolo VI, notava che nella nostra epoca si
presta pi attenzione alle testimonianze che ai maestri, che si ascoltano i
maestri se questi sono allo stesso tempo testimoni (cfr. Evangelii
nuntiandi, 41). Basta pensare all'indimenticabile testimonianza di persone
come il Mahatma Gandhi o Madre Teresa di Calcutta, per citare soltanto due
figure che hanno avuto un enorme impatto sul mondo.
4. Inoltre, la forza della testimonianza risiede nel
fatto che essa condivisa. un segno di speranzache in molte parti del
mondo siano state istituite associazioni interreligiose per promuovere una
riflessione e un'azione congiunte. In alcuni luoghi i leader religiosi sono
stati di valido aiuto nel mediare fra le parti in guerra. Altrove si fa
causa comune per proteggere i nascituri, sostenere i diritti delle donne e
dei bambini e difendere gli innocenti. Sono convinto che l'aumento
dell'interesse per il dialogo fra le religioni sia uno dei segni di
speranza nell'ultimo scorcio di questo secolo (cfr. Tertio
millennioadveniente, 46). Ma necessario andare oltre. La maggiore stima
reciproca e la crescente fiducia devono portare a un'azione comune ancor
pi efficace e coordinata in nome della famiglia umana. La nostra speranza
non deriva soltanto dalle capacit del cuore e della mente dell'uomo, ma ha
unadimensione divina che giusto riconoscere. Chi di noi cristiano crede
che questa speranza sia un donodello Spirito Santo, che ci chiama ad
ampliare i nostri orizzonti, a guardare oltre le nostre esigenze personali
e quelle delle nostre comunit particolari, fino all'unit dell'intera
famiglia umana.
L'insegnamento e l'esempio di Ges Cristo hanno dato
ai cristiani un chiaro senso della fraternit universale di tutte le genti.
La consapevolezza che lo Spirito di Dio opera dove vuole (cfr. Gv 3,8) ci
impedisce di dare giudizi affrettati e pericolosi, poich evoca
apprezzamento per ci che nascosto nei cuori degli altri. Ci apre la
strada alla riconciliazione, all'armonia e alla pace. Da
questaconsapevolezza spirituale scaturiscono compassione e generosita,
umilt e modestia, coraggio e perseveranza. Si tratta di qualit di cui
l'umanit ha pi che mai bisogno, ora che entra nel nuovo millennio.
5. Mentre siamo qui riuniti oggi, persone
provenienti da numerose nazioni che rappresentano molte religioni del
mondo, come possiamo non ricordare l'incontro di Assisi di tredici anni fa
in occasionedella Giornata mondiale di preghiera per la pace? Da allora lo
"spirito di Assisi" stato tenuto vivo con varie iniziative in diverse
parti del mondo. Ieri chi di voi ha preso parte all'assemblea
interreligiosa si recato ad Assisi per l'anniversario di quel memorabile

raduno del 1986. Siete andati a chiedere ancorauna volta lo spirito di


quell'incontro e a trarre nuova ispirazione dalla figura del Poverello di
Dio, l'umile e gioioso san Francesco d'Assisi. Vorrei ripetere qui ci che
dissi alla fine di quella giornata di digiuno e di preghiera: Proprio il
fatto che siamo venuti ad Assisi da varie parti del mondo in s un segno
di questo sentiero comune che l'umanit chiamata a percorrere. O
impariamo a camminare insieme in pace e in armonia, o ci separeremo e
condurremo alla rovina noi stessi e gli altri. Speriamo che questo
pellegrinaggio ad Assisi ci abbia insegnato di nuovo a essere consapevoli
dell'origine e del destino comune dell'umanit. Vediamo in esso
un'anticipazione di ci che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo della storia
dell'umanit: un viaggio fraterno nel quale ci accompagniamo a vicenda
verso la meta trascendente che egli ci pone (discorso per la conclusione
della Giornata mondiale di preghiera per a pace, Assisi, 27 Ottobre 1986,
5).
Il nostro raduno di oggi qui in piazza San Pietro
un'altra tappa di quel viaggio. In tutte le numerose lingue della preghiera
chiediamo allo Spirito di Dio di illuminarci, di guidarci e di darci forza
affinch, in quanto uomini e donne che traggono ispirazione dal loro credo
religioso, possiamo lavorare insieme per costruire il futuro dell'umanit
in armonia, giustizia, pace e amore.
Giovanni Paolo Ii

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