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06.12.

2007
“Fiori di strada” 2
di Andrea Di Grazia

“Ciao, come stai oggi? Tutto bene?” Ecco le prime ragazze che aspettano i clienti
direttamente alla pompa di benzina. Sono nigeriane. Riconoscono la macchina e si
avvicinano per salutare e prendere qualcosa.

“Servono preservativi? Fazzoletti? Vuoi del tè? Una brioscina?” Sembrano fotomodelle. Le
africane sono le più socievoli. Ballano anche solo con la musica in testa e non rifiutano
mai niente. Poco distante da loro ce n’è una in disparte. Non ci ascolta quando la
chiamiamo. Piange, butta lo sguardo verso il fiume di luci che scorre alcuni metri più in
là.

Gli abbaglianti accendono di vampate elettriche la pelle scura delle sue gambe nude in
minishort. Sta pregando. “Brutto stronzo, è colpa sua! Un cliente si è comportato male
con lei - dice la sua amica - Fra un po’ le passerà!”. Non c’è tempo per commuoversi.
Andiamo avanti, la notte è lunga.

Ecco le rumene. Sono giovanissime, ma sembrano donne consumate. Bianche su tutto il


corpo di latte, telefonino e i-pod su una mano, borsetta nell’altra. Uguali alle teen-ager
pronte per andare in discoteca. Del resto è questo che sarebbero in una vita normale. E’
questo che anche adesso devono sembrare.

“Non c’ è lavoro, queste zingare stanno rovinando tutta la piazza!”Si lamenta Maria, circa
quarant’ anni, marito italiano. Viene dalla Jugoslavia e per arrotondare il suo stipendio di
prostituta sfrutta a sua volta altre ragazze.

Fiori di strada ne ha salvato da poco una, ma Maria non può saperlo. In questo mestiere,
spesso, è necessario avere una doppia faccia . “Per 20 euro vanno senza preservativo. Si
mettono sempre in gruppo e sono tutte sorridenti per piacere ai clienti. Io sto qui e per
lavorare devo ridere da sola”.

Devi ridere. Se sei triste non vai bene. Quello che conta non è aprire le gambe, devi anche
essere brava per far sentire a suo agio il cliente. Lui non vuole essere in imbarazzo. Venti,
trenta minuti di piacere. Venti, trenta euro.

Facce di ragazzi giovani ancora con la tuta da lavoro si affacciano dai finestrini e fanno
cenno di avvicinarsi alla loro macchina. Punto, Lancia-y, ma anche camion con rimorchio
e Bmw X5. Nidi d’amore sull’asfalto della periferia.

Un gruppo di operai scherza con alcune rumene allungando le mani sotto la gonna. Fra di
loro c’è anche una minorenne, ma non si direbbe. Un vecchio ne carica tre
all’autostazione. Una ragazza ha voglia di parlare. Sembra sola, cerca compagnia.
“Stasera c’è poco lavoro, non si guadagna molto. Ti piace la musica rumena?” Passano
pochi minuti e arriva un’auto con musica dell’Est a tutto volume, per far capire che è
straniero.

Un uomo scende lentamente e ci guarda storto mentre finge di mettere benzina.


Probabilmente è il suo protettore e vuole sapere cosa sta succedendo. Ci allontaniamo.
Dietro una fila di camion c’è una giovane donna col pancione, il velo del foulard avvolto
sopra l’ ombelico.

“Quanti mesi ha il bambino?”. Domanda di rito, non c’è molto da dire. “Ha sette mesi, mi
sa che fra poco verrà fuori. Io intanto continuo a stare qua, anche se faccio fatica a stare
alzata. Però quando nascerà mio figlio voglio smettere. Per il momento mi tocca
aspettare. Mi dai qualche merendina?”.

Sotto un ponte ci sono i transessuali. Anche loro hanno un corpo splendido. Senza quella
voce troppo stridula farei fatica a credere che non siano donne a tutti gli effetti. Per
lavorare a Bologna vengono apposta da Milano, ogni sera fanno i pendolari. Scambiamo
quattro chiacchiere. E’ tardi. Ci allontaniamo ritornando verso la città.

Nei viali fuori le mura ci sono altre prostitute, ma non possiamo fermarci. Qualche tempo
fa è stata salvata una ragazza e per il momento è troppo rischioso operare in questa
zona.

Fiori di Strada collabora costantemente con la Polizia, partecipando alle indagini là dove
gli agenti non possono arrivare senza destare sospetti. Anche per questo bisogna stare
molto attenti e i collaboratori vanno scelti dopo un colloquio e un periodo di prova.

Oltre che buona volontà ci vuole anche una grossa dose di sangue freddo. Ma quello che
conta è soprattutto avere umanità, sapere cosa dire, quando.

Una ragazza di colore è seduta sopra il marciapiede e guarda le sue mani. Non vuole
niente da mangiare, non ha fame. E’ solo stanca.

“Hai una collana da darmi? Una collana, quella con le palline, quella per dire le preghiere.
Una collana di Dio. Come si chiama…”.

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