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ALCUNE IDEE SUGLI IDROVOLANTI DA CORSA

"

Dolt. Ing. G I O V A N N I P E G N A
Questo modesto nla appassionalo 1ai.ot.o dedico
a S . E. il Generale Italo nalbo, Ministro d d l a
Aeronautica Italiana, che mi permise d i osare.

1,a corsa di velocit tra idrovolanti per l'assegnazione della


Coppa Schneider, ha avuto per effetto di stimolare gli ideatori Trerso
la realizzazione di valori sempre p i ~alti del rapporto tra la potenza
utile del gruppo motopropulsore e la resistenza al movimento. Ci
ha condotto a delle macchine che, anche per noi tecnici usati a raramente mera~igliarci,sembrano miracoli. T1 motore Rolls-Rovce di
2500 C.T.., sistemato sull' " S. 6 ,, vincitore della Coppa di quest'anno.
infatti un miracolo di meccanica, ed ugualmente ammirevole la
soluzione data in Inghilterra, seguendo la via classica, al problema
di un'elica singola, capace tli assorbire con l ~ u o nrendimo,rito una
potenza cos elevata.
In Italia, sebbene per ora con minore fortuna, si realizzato
per la gara del 1931 i:n gruppo propulsore fornlato (la due motori
i11 linea e due eliche coassiali di opposte rotazioni, a simiglianza di
quanto .si fa nei siluri.
Credo che la potenza titile nei due casi si possa iitenere dello
stesso ordine di grandezza, ossia inverosimilniente elevata, tanto
in valore assoluto quanto i11 rapporto col peso.
E questo un prodigio di nieccanica che fino a poco tenipo fa
senihrava irrealizzabile. Ma, come architetto, portato istintivamente
1 ) I1 presente articolo, per i1 cortese iiiteressameiito del sig. C. G. Grey,
verr pubblicato iii The Aeroplune in seguito al iiiio desiderio clie il pubblico inglese conosca la piccola parte che nii riguarda, del grande contributo
italiano al problema degli idrovolaiiti veloci.

a considerare il lato artistico e filosofico delle cose, oltre quello


tecnico e scientifico, avrei veduto pii1 volentieri il progresso seguire siniultaneamente le due vie: accrescimento della potenza
motrice della unit motopropulsiva, e climinuzione delle resistenze
passive.
Penso per che dificilmente questo rnio concetto si sarebbe
potuto realizzare, dato che il progresso dell'unit niotrice legnto
ad esperienze che si possono considerare come di gabinetto, fatte
nelle sale di prova dei motori sagacemente attrezzate, nel mentre il
progresso aerodinamico richiede le prove in coraove vili sii nuovi
tipi di macchine.
Queste prore sono spesso iin grave giuoco limano, nel quale la
posta , con notevole percenttiale di probabilit, la vita preziosa di
un giovane, eccezionale ed ardimentoso pilota.
Ancora una volta si di~liostracos che il progresso unlano avviene
seguendo la via pi facile.
Afa da oggi, avendo percorsa quasi completamente questa via
per nierito dei progettisti e costruttori di moton italiani ed inglesi,
si apre agli studiosi ed ai realizzatori il cammino verso la soluzione
del problema aerodinamico, che vuol dar luogo a motovelivoli presentanti la niinima possihile resistenza al niovimento.
Sii tale via ho sttidiato da dieci anni a questa parte, ideando
sette tipi di idiovnlanti da corsa, e costruendone qualcuno.
1.a fortuna, in diverse maniere, non mi ha assistito, ma spero
che io, od altri, partendo dai concetti che tra poco esporr o da concetti consimili, possa realizzare l'idrovolante da corsa perfetto:
perfetto nel senso che la sua velocit a bassa quota e con propulsore elicoidale sia al limite superiore delle possibilit pratiche
dell'uomo.
Oltre agli idrovolanti da corsa da me stiidiati, accenno ad un
ottavo che ho in istudio, non propriamerite da corsa, ma ancora pi
idoneo di quelli da corsa a raggiungere le elevatissime velocit che
costittiiscono l'ideale di ogni progettista e pensatore in niateria di
aviazione.
Quest'ultirrio idrovolante un " tutt'ala senza fusoliera ,, , e
ognurio intuisce o sa che tale . la via (indicata da Junkers nel 1910,
ed oggetto fino da allora delle aspirazioni degli specialisti e degli
appassionati) da seguire per consolidare ed affermare definitivamente
la grande aviazione del prossii~iofiituro.
1,a polare aciimensionale di questo ottavo idrovolante segnata
per confronto nella fig. 13 con la lettera l'.

Gih nel 1920, nella rivista che allora posse~levoe dirigevo, L'Aeronautica (maggio 1920, pag. zq), scriqsi in una nota " ..... sono da
tempo conviilto che prob~bileche le massime velocit dei velivoli
al di sopra di una certa potenza saranno ottenute dagli idrovolanti ,,.
Tale convinzione stata confermata dalla realt ed anzi niai
colrie oggi, che si raggiunta e sorpassata dagli idrovolanti per la
Schneider la consjderevole velocit del 50 O/o di quella del suono,
si stati convinti che le alte velocit sono meglio appropriate per
gli aeroplani marini che non per quelli terrestri. E ci sia perch il
mare calino offre un canipo di distacco ed atterraggio di ampiezza
praticaniente illimitata, sia perch l'ala stessa e lo scafo-fusoliera
servono per sostenere staticamente la macchina ferma, nel mentre
gli aeroplani terrestri non possono fare a nieno del carrello di atterraggio, e se questo a sconiparsa dovr occultarsi in volo entro le
struttiire (ala o fusoliera) le qiiali perci saranno o deformate o ingrandite, a scapito della finezza, specie negli aeroplani da corsa, che
sono di piccole dimensioni.
TJna prima manifestazione di queste idee rappresentata nella
fig. I e risale al 1921.
Quell'icirovolante che invero f i i pensato per la corsa, ma che
potrebbe essere studiato in forme analoghe per la navigazione aerea
corrente, nii senibra aerodinamicamente il piii semplice concepibile
nel campo dei piccoli e medi niotovelivoli con corpo ahitabile, e con
gradiialit da esso si potrebbe passare all' idrovolante con ala abitabile
e senza fusoliera, che, ripeto, sarh l'aeroplano pi~semplice concepibile e forse, quindi, l'aeroplano dell'arvenire.
I,a fig. I non richiede spiegazioni.
Le dificolt5 meccaniche e termodinamiche si intuiscono inimedia- tamentr, e non appaiono gravi, quelle costruttive si arguiscono di
piccola entit, nel mentre si pu rimanere perplessi di fronte all'incognita (che allora mi si presentava pi minacciosa che non oggi) dei
momenti aerodinamici diirante le nianovre in volo, per l'abbassamento ed il rialzaniento dell'asse dell'elica.
Costruttivamente l'ala, monoblocco, potrebbe anche essere del
tipo a " I' ,, innestantesi sotto al motore e portante sul dorso l'incavo
per il carter di questo.
I n tale caso la parte di ala vicina allo scafo resterebbe immersa
nelle conciizioni di riposo e conferirebbe all'idrovolante la stabilit

trasversale statica, ed anche dinamica nei primi momenti del distacco.


L'ala potrehbe ruotare assienie al riiotore e si avrebbe cos un
notevole vantaggio per le nianovre di partenza e di ritorno.
1,'apl)a~ecchionacque con piano fisso e mobile di coda, nia iriiriiediatamente persai ad impiegare un piano di coda tutto mobile, come
!o realizzai poco dopo con successo nel niio aeroplano da caccia P. 2 ,,
figure 2-31 avente l'ala anzloga a quella del " Pc. K ,, , e nel " Rondine ,,.
Con ci ritenni che il pilota avrebbe potuto dominare la macchina
qualunque fosse la posizione angolare dell'asse del propiilsore.
Oggi si potrebbe pensare, nel caso dell'ala ruotante coi gruppo
motopropulsore, a connetterla con gli in~pennaggi orizzontali iri
maniera tale che l'ala stessa ed il piano di coda abbiano seitipre il
voluto loro sfasamento angolare reciproco.
Pochi anni dopo vidi una idea analoga alla niia, sebbene ad altri
fini e con altri mezzi, brevettata in Francia dal sig. 1,evasse~tr.
Oggi credo che il " Pc. I ,, cjffrirebhe un interessante campo di
studio e di possibilit, specie combinandolo col " Pc. 7 ,, in niodo
da rendere minima in seiiso assoluto la sezione illaestra dello
scafo.
Mi preme osservare che in relazione a quanto ho detto poco fa,
nel " Pc. I ,, lo scafo e l'ala si sarebbero aiutati per far galleggiare
l'?drovolante. perch l'ala doveva essere coperta di compensato a
siniiglianza della costruzione F'okker e concorrere qiiilidi con le site
estremit (o con la sua parte centrale nella soluzione con ala bassa)
alla spinta idrostatica ed idrodinaniica ed a conferire al contplesso
la stabilit trasversale nella fase iniziale del distacco.
Del Pc. I ,, fu disegnato dal sig. Arrigoni il galleggiante, del
quale f u iniziata anche la costruzione presso la Societ 13astianel!i
di Ronia (ccstruttrice del contemporaneo idrovolante " P R B ,, che
trovasi descritto nellJAll the World's Ai~craft di quell'epoca), ma
ne venne sospeso il proseguimento per ragioiii eiononiiche.
('l

3. -

IDROVOZAXTE

I i A COKSA CLASSICO

1,'apparecchio terrestre da caccia " P. 2 ,, (Piaggio 2) da me


progettato nel 1922 e costruito parte dalla Pegna-Bonmartini parte
dalla Piaggio che lo conci.usse a terniine ( f i g z ~
S ,~3, 4 ) , dette origine
al " I+. 2 ,, (Piaggio " P. 4 ,,, fig. 8 ) del quale mi fu richiesto il progetto nel 1923, per la Coppa Schneider del 192.4, che non fu disputata.

Avevo osservato che il " P. 2 ,, con radiatori Rotali e Clement,


aveva le caratteristiche di volo coincidenti praticamente con quelle
prevedibili attraverso alle prove del modello al canale del vento,
e avevo veduto che il " P. 2 ,, senza radiatori era di una buona finezza
(polare logaritmica, fig. 5).
Progettai perci (1923) il P. 4 ,, della Ditta Piaggio che il
Pc. 2 ,, della mia serie di idlocorsa.
P-lcuni tra gli idrovolanti che in quell'epoca furono studiati in
Italia per la Coppa Schneider sono rappresentati nella fig. 6, la quale
documenta una parte del forte e nobile contribiito italiano al problenia degli idrovolanti da corsa.
Nella tavola fig. 7 sono tracciate le polari logaritniiclie di questi
idrovolanti (escluso il n. 6), con corrette per l'effetto di scala: esse
servono quindi soltanto per fare dei confronti di prima approssimazione.
Si vede che il migliore idrovolante era il n. 4 riportato anche,
nia con una correzione per l'effetto di scala, assieme all'idro n. 2 ,
fig. 6, nel bel libro del Crocco: Elementi di aviazione (" Roma 1 2 1 1 ,,
pagine 274 e 275, e '' Roma 1226 ,, pagine 266 e 267).
.4nche l'idrovolante " Roma I225 ,, fu da nie disegnato per
la caccia, nia non pot essere costruito (anno 1923). I,'ala superiore,
a profilo simnietrico, era quella stessa del " P. 2 ,,.
Si comprende che nel mentre 1' idrovolante n. 4 nella pratica realizzazione avrebbe probabilmente dovuto subire dei peggioramenti
per la presumibile necessit di alterare la forma dei galleggianti,
il " Pc. 2 ,, avrebbe subito piuttosto dei miglioramenti.
I n fatto il " Pc. 2 ,, fu classificato il migliore e commesso alla
Piaggio. La fig. 8 rappresenta l'insieme e le strutture di questo idrovolante.
Nel progettare il tipo definitivo " Pc. 3 ,, (fig. g), ridussi al
minimo che mi parve possibile la sezione maestra della fusoliera e
dovetti, in seguito a prove sui modelli alla vasca, cambiare la
forma ed il volume dei galleggianti (figure IO e II).
Con ci credo che il " Pc. 3 ,, sarebbe stato aerodinamicamente
migliore del " Pc. 2 ,, e anche dellJidrovolante n. '1, fig. 6.
Nella tavola (fig. 12) sono rappresentate le polari adimensionali
degli idrovolanti ora considerati. I,a scala delle roo Cr stata amplificata nel tratto a sinistra di IQO Cr = 20, per rendere pii1 evidente
il paragone fra le resistenze al movi~uentoin prossimit delle incidenze di utilizzazione per le massinie velocit.
' l

C'

I l progresso aeroclirianiico si scorge per mezzo della polare adimensionale, e per questo nelle tavole figure 12 e I3 sono tracciati i
punti rappresentativi cielle caratteristiche aeroditiimic!ie degli iiiro'volanti " S j ,, ed " S 6 ,, qiiali li ho dedotti approssimativarriente
dalle cifre piibhlicate nella starilpa tecnica. Xella fig. 13 le 'polari sono
riferite alla siiperficie portante totale anzich alla pura ala, come
dir pii1 avanti.
Si vede che, bench i piinti relativi al!"' S 5 ,, ed " S 6 ,,
tengano naturalmente conto dell'effetto di scala, questi idrovolanti
hanno lo stesso ordine di finezza del " Pc. 3 ,,. Tenendo presente il
fatto che il " Pc. 3 ., aveva pii1 di mZ 16 di siipeificie alare e riducendo detta superficie iiiio a permettere la stessa velocit miniina
dell"' S 6 ,, si ottengo110 i diagrammi di fig. 14 dai qiiali deducesi
che, anche se il " Pc. 3 ,, cos ridotto dovesse essere murlito di galleggianti pii voliiminosi in relazione al peso ingente dell"' S 6 ,,,
rimane senipre dimostrato che 1' " S 6 ,, stesso non a e r ~ d i n a ~ i c a mente dissimile dal " Pc. 3 ,. . Credo quindi che si possa anililettere con
me, che dal 192.3 ad oggi il fantastico aumento di velocit rnassinia
iealizzato sia dovuto pii1 al progresso nel campo dei moto~iche
non al perfezionamento aerodinamico delle macchine.
I! " Pc. 3 ,, fu qiiasi intieramente costruito e nelle fipurt. Ij e
16 si vede lo stadio di lavorazione in ciii si trovava quando ne

FIG. 16

venne purtroppo abbandonata la finitura, per ragioni soltanto amniinistrative.


Spero clie il lettore gorr concedermi la soddisfazione di riconoscere
la mia priorit nell'ideazione della formula di idrovolante che pi:
tardi, per merito della Macchi (fig. 17) e della Supermarine, trionf
nella Schneider.
h'on vale, io credo, far l'eccezione relativa all'ala semispessa anzich sottile e controventata, come la usano la Macchi e la Supermarine.
Praticamente le due soluzioni, per le dimensioni di cui si tratta,
si equivalgono rnche per i pesi mentre costruttivamente l'ala
semispessa a sbalzo , nell'insieme, pi semplice.
D'altronde dimostrato che l'effetto di scala sensibile e favorevole per i profili di spessore medio quasi sinimetrici e con linea
niedia a doppia curvatura (come oggi ad esempio i tipi " II ,,
del N. A. C . A . ) quale era l'ala del "Pc. ;,, e quale pii1 tardi
l'ala del " Pc. 7 ,,.
1,a costruzione era leggera ,o solida, tanto che l'ala del caccia
" P. 2 ,, di m2 20 di superficie e del peso di kg. 220, analoga a quella
di m2 16 del " l'c. 3 ,, ma meno robusta (fig. q ) , si ruppe al coefEciente 18 (con kg. 18.000 di carico) e super brillantemente le severe
prove di torsione imposte dalla R. Aeronaiitica Italiana.

MACCHI

39

Ci aipese dal tipo di costruzione che praticamente usava una


specie di longherone unico a cassetta niolto resistente a flessione e
a torsione, ed inoltre dalla forti~ain pianta dell'ala, che eraellittica,
e rla un ragionevole accrescersi dello spessore relativo dei profili
nelle vicinavze della fusoliera.
La fusoliera era gi di per s resistente a torsione e veniva attaccata con quattro bulloni alla sottostante ala monoblocco cotitribuendo
cos ad irrigidire il tutto in maniera notevolissin~a,alla torsione.

Nel 1927 fui ancora interpellato dalla R. Aeronautica, per studiare un idrovolante da corsa per la gara del 1929.
I,a prima idea che ebbi : schematizzata nella fig. 18.
I1 galleggiante centrale doveva incorporare due galleggianti
laterali largabili e rientrabili meccanicaniente.
Gli assi delle eliche erano proliingati per dare alla navicella porta
motori e pilota una grande finezza.
Ma questo idrovolante non mi soddisfece, dal momento in cui
mi accinsi a passare dalle fantasticherie sulla carta alle fatiche della
progetta~ioneeffettiva.
Mi apparve difficile il decollaggio con un galleggiante avente un
cos grande angolo longitudinale di chiglia tra 1- parti anteriori e
posterioii allo scalino e mi sembr anche iion semplice il comando
meccanico dei galleggianti laterali.
Si pu osservare che il mio illustre collega ing. Marchetti ide
e costru un tipo analogo di idrocorsa, ma con due galleggiailti laterali
in luogo del centrale, e con il trave di coda.
Tale idrovolante fu portato a Calshot ma non partecip alla gara.
Io abbandonai sollecitamente questa idea per escogitare qualche
soluzione che ini sembrasse pi eficace.

5.

II~JROVOLA~T
COX
I
SUPERFICIE ALARE VAR1ABII.E
E SCAFO RIALZABILE " YC. 5 ,, E ( ' Pc. 6 ,,

l? evidente che se in luogo di volare con gli scafi e la fusoliera


nella loro classica posizione relativa, che da ritenersi dia luogo
a fenomeni di inciuzione aerodinamica abbastanza ragguardevoli,
si potesse volare conclensando vicino all'asse motore le sezioni maestre

di quei tre organi e riducendone in pari tempo la superficie frontale,


si dovrebbe ottenere un guadagno di velocit, a parit di potenza
e di peso, specie accrescendo il carico alare unitario rispetto a quello
corrispondente alla velocit minima.
Basandomi su questa idea studiai i due tipi di idrccorsa " Pc. j ,,
e " Pc. 6 ,, rappresentati nelle figtrre 19, 20 e 21.
1,a stabilit trasversale statica in acqua era basata su due pinne
a profilo alare di corpo col galleggiante, cosicch qiiando i! galleggiante
stesso era distanziato dalla fusoliera, l'apparecchio si presentava
come un sesquiplano.
In volo, il galleggiante con le sue pinne si sollevava nieccanicamente fino a quando la fusoliera veniva a trovarsi senii-occultata
entro iin incavo praticato sulla coperta del galleggiante stesso. In
pari tempo le pinne combacial-ario con la parte centrale dell'ala
principale e l'insieme diventava un morioplano che, essendo abolite
Ic interferenze tra galleqgianti e fusoliera e risiiltando accresciuto
notevolmente il carico unitario dell'ala rispetto a quello occorrente
per il distacco e l'animaraggio, avrebbe dovuto presentare clei
coefficienti di resistenza minori del consueto.
Da esperienze da me condotte personalmente a 1,a Spezia nel
1916 risult la certezza che l'acqua che si trovasse nell'incavo di
coperta del galleggiante ne sarebbe uscita alla prinia accelerazione
dell'apparecchio.
I1 problema pi delicato di questa soluzione era evidentemente
quello riguardante la manovra di alzamento ed ahbassaniento del
galleggiante che presenta due difficolt: il peso notevole e la incognita aerodinamica.
Anche accettando l'aumento di peso per i dispositivi di manovra,
era naturale che mi occorressero delle prove meticolose al canale
del vento, che non mi fu possibile poter fare, come dir tra poco.
Erano gi note le esperienze conlpiute a Gottingen sulle ali
monoplane che si scindono in biplane, ma mancavano dei dati positivi
sull'entith delle azioni aerodinaniiche che si sarebbero verificate
diirante il cammino che avrebbe fatto l'ala inferiore col galleggiante,
per unirsi all'ala superiore.
Ci nii lasci perplesso, e in vista del fatto che la manovra avrebbe
potuto essere eseguita dal pilota a velocit altissima con carico alare
cospicuo e in presenza forse di movimenti vibratori delle ali, rinunziai a questa soluzione, abbench ne avessi di molto avanzato lo
studio, per tornare al " Pc. I ,, o a qualche cosa di analogo.

Volli allora esaminare di nuovo l2 soluzione " Pc. I ,, che ho


gi detto mi seilibra possa rappresentare la pi semplice espressione
architettonicn di un idrovolante di piccole dimensioni, con corpo
abitahile. Tanto per studiare a fondo 1 tipi " Pc. 4 ,, e " Pc. j ,, ,
come per il " Pc. I ,,, mi sarebbero occorse lunghe esperienze personali al canale del vento, esperienze che evidentemente non
avrei potuto affidare a terze persone nel senso che sarebbe stato
continuamente necessario i! mio intervento e la mia iniziativa,
diciamo cos, di inventore, non facilmente sostituibile, come ben
si coriiprecde, n dall'ahilith n dalla buona volont di altri. I n
particolare non era agevole domandare agli impianti aerodinamici
di Roma che servono sia per il R . Governo che per tutte le Ditte,

il tenipo ed i inezzi necessari per le esperienze che avevo il proposito


di fare.
Ottenni perci di costruire presso la mia Ditta un canale del
vento il qiiale mi sarebbe stato iitik anche pei altri studi, tra i tanti
che desirleravo o dovevo approfcndire.
I,a fig. 22 rappresenta il canale dcl vento di Finalniarina che
del tipo nioderno con caniera di prova stagna e con getto d'aria
guidato.
I1 canale del vento di Finalmarina venne ultiniato, ma noti
potei attrezzarlo n nietterlo in condizioni di funzionare. Fui perci
obbligato a modificare la soluzione "Pc. I ,, nel senso di consentire
il funzionamento dell'elica, sollevando dall'acqua integralmente la
plua <lellJi<lrovolanteper mezzo del sistenia illustrato nel brevetto
inglese n. 318s j8 e nel segiieiite brevetto italiano (fig. 23) :
" NT-OVCJ
TIPO DI I~JKO\-OLAXTRappartenente n!ia Soc. Anonima
Piaggio & C. ?k ing. Giovanni Pegria, a Genova.
" I,a presente invenzione ha per oggetto un niiovo tipo di idrovolante, il quale presenta la caratteristica di avere le eliche aeree
basse rispetto alla linea di galleggianiento, per modo che sarebbe
impossibile il loro Furizionaniento iniziale per il distacco dall'acqua,
senza I'nusilio di due altre caratteristiche dell'idrovolante oggetto
della presente invenzione e cio una o pii1 eliche marine e diie o pii
coppie di alette idroplane, intese le prime a conferire all'apparato
la velocit suficiente a,ffinch questo si sollevi sulle seconde quanto
le eliche aeree e provocare
basti per poter mettere in n~ovin~ento
succecsivamente il distacco dall'acqua.
" I,e figure
I, 2 . 3, 4 , 5, 6, 7, 8, rappresentano alcuni esempi
(li realizzazione dell'idrovolante di ciii trattasi.
" Nelle f i g w e I, 2, 3, sono applicate le alette Crocco, nella fig. 5
quelle Forlanini, nella fig. 5 quelle Guidoni, nelle figz~re 6, 7, 8 quelle
Piaggio-Pegna.
" L'elica marina pu essere comandata da un motoie indipendente, oppure da uno dei motori destinati alla propulsione in aria,
mediante, in quest'iiltinio caso, due giunti disinnestabili, uno sull'elica aerea e l'altro su quella iiiarina (fig. 8).
" I,e eliche aeree possono essere mantenute orizzontali quando
l'apparecchio non ancora sufficientemente emerso, niediante opportuni scontri sul loro albero.

FIG.

23

Kioendicazione
<<

Idrovolante ad eliche aeree hacse sull'acqua, per modo clie


possano funzionare per il distacco soltanto quando l'idrovolante sia
siifficienteiiiente einerso per efietto di una o pi eliclie niarine, le quali
imprimano all'apparato la velocit siificiente perch emerga sii alette
idroj~lanedi tipi noti: Crocco, Forlanini, C'riiidoni, Piaggio-Pegna, ecc.
<'

Genova,

IO

settembre r928.

" p$. Piaggio & C. & Giovanni Pegria.

- f l f l . Pio Rinaldini.
Fto. Ottonello Antonio. - 1,'ufficiale di Prefettura .... ,, .

Durarite le discussioni all'estero sulla priorit per questa invenzione potei vedere che precisamente in Ingliilterra fu, nel 1912, ottcniito !in brevetto dal sig. l?iirney su analogo argomento, del quale
riaturalmente non ero a conoscen7a quando immaginai il " Pc. 7 ,,.
Mette.itdomi s u questa via spostai i l pvobletjza del campo aerodinamico a quello idrodinamico, che m i sembvava p i ~facilmente dominabile.
!,'idea di impiegare le alette idroplane nell'a~iazione marina
data, come noto, da molti a n i , e intorno ad essa lavorarono in
Italia precursori geniali: il Forlanini (il quale, pcr niezzo dell' ingegnere Combi, nii propose fino dal 1911 di applicare ad un idrovolante
le sue alette), il Crocco, il Guiloni ed il Caldera13.
Dei lavori del Crocco esiste oggi nella sua opera: T'voble~~zid i
afvonnutica, una corril~iutaed avvincente trattazione.
T1 Giiidoni piibblic un riassiinto dei siioi studi e delle due realizzazioni in Tlze J o ~ t r n a lof the R o j ~ a ldevonautical Society del 1928.
I1 problema si present pcr la prinia volta a ine nell'itlrovolante
(figzirz 24 e 25) costruito nel I ~ I G presso la I. P. (Isotta Praschini)
a Milano.
Per detto idrovolante avevo realizzato, oltre che un galleggiante
in legno del tipo ordinario, anche un galleggiante in lamiera di acciaio
(cnctruttore sig. nottarlini della I. T:.), a sezione maestra circolare
ed il decollaggio doveva avvenire per niezzo delle alette della fig. 24.
Per ragioni di destinazione militare, il lavoro delle alette fu abhandonato e detto idrovolante pot volare solamente con il galleggiante
ordinario in legno (fig. 25).
forse interessante notare che quell'idrovolante aveva una cellula biplaria che, credo, potrebbe essere presa per modello anche oggi.

FIG. 2 5

Nel 1917. destinato alla Vasca Froude de La Spezia, feci una


serie di esperienze con alette precise a quelle della fig. 23, n. 6, 7 e 8
derivate dalle precedenti.
Quelle esperienze dettero buoni risultati e spinte fino alla velocit di 5 mls in modelli di cm. 12 di ltinghezza, fornirono resistenze
massinie al rimorchio coniprese tra 117 e 1/10 del peso del modello.
Memore cli quelle esperienze cominciai co! costruire il modelliiio
n. I tiella fig. 26, che provato a rimorchio di iin motoscafo si comportc
regolanl~entefino ad una velocit di 6 ni/s.
Per l'equilibrio trasversale nella prima fase del sollevamento
della prua, quando le alette erano ancora completamente immerse,
dovetti per espediente sistemare in un primo tempo due piani inclinati sotto le estremit delle ali, come scorgesi nella figura.
Mi ripromettero di superare in pratica qiiesto ostacolo munendo
le due alette idroplane di alettoncini comandati assieme agli alettoni
delle ali principali, come P detto nei brevetti da riie piesi siill'argoniento con la mia Ditta.
2tiesta manovra sarebbe cenza dubhio risiiltata efficace e per
questo mi accinsi x fai progredire il lavoro costruendo il modello
n. 2, &.26, senza piani laterali, che fu spedito a Roma sotto la denominazione di monoplano " X ,,, per le prove al canale del vento.
I risuitati delle prove aerodinaniiche furono incoraggianti (fig. 27).

Proseguendo il mio studio volli, per suggerimento del generale


Crocco, cambiare il profilo alare del monoplano " X ,, che era un
" Curtiss ,, poco portante, e adottai un " Munk ,, di maggiore portanza sebbene anche di maggiore resistenza.
Tuttavia potei cos impiegare un'aln notevolmente p i ~piccola
che nel primo caso, con evidente vantaggio nel peso e nella rigidit
a flessione e,l a torsione.
Pervenni in tale modo al modello definitivo del " Pc. 7 ,,
(fig. 29).
Gli altri modelli rappresentati nella jig. 26 mi servirono per
esperienze di minore importanza delle quali sarebbe troppo lungo
e non P necessario parlare.
I1 problema impostato cos si ripronietteva semplice ma in realt
present difficolt notevoli ed iniprevedute.

7.

--

I,' IDROUINANICI

DEL < ' PC.

7 ,,

Come si comprende da quanto precede, sia col " Pc. I ,, che


coi " Pc. 5 ,, " Pc. 6 ,, , e " Pc. 7 ,, , intendevo abbafidonare la classica
architettiira degli idrovolanti da corsa, da me stesso tracciata con
anticipo nel " Pc. 3 ,, , per realizzare mediarite idee non nuove sintetizzate per ia un coniplesso nuovo, un idrovolante che fosce veloce
non per la sola prepotente virti del motore ma anche per la diniinuita resistenza al movimeiito.
Come ho gi detto, avevo spostato le difficolt che mi si presentavano dal campo aerodinamico a cluello idrodinamico. Non ne
ebbi dei grandi vantaggi ed anzi incoritrai subito difficolt tali che,
se nuii avessi gi iniziata la costruzione dei " Pc. 7 ,,, in attesa di
perfezionarne la parte idrodinamica, sarei tornato al " Pc. I ,,.
I1 lettore comprende certaniente quale fosse l'ansia di far presto
e come tale ansia si traducesse nella necessit cii non ahbandonare
il creduto huono per preferirgli il supposto meglio.
Nelle prime esperienze di riniorchio, fino a 5-6 m/s, il modello
si comportava in modo nieravigliosamente regolare, esattamente
come nelle mie previsioni.
La prua si alzava fino alla posizione permettente di mettere
in movimento l'elica aerea, mentre la poppa emergeva fino al piccolo
piano A , jig. 29-bis.
Quando per accrebbi la velocit di rimorchio del modello,
questo cominci a comportarsi nei modi pii1 vari ed inipressionanti.

Istantaneai~ienteesso, da sollevato coine era poco prinia, ricadeva nell'acqua e continuava a niiioxrervisj come se non avesse avuto
le alette, oppure ad un tratto si sbandava lateralmente e faceva
talvolta iin giro cnrripleto intorno ai1 un asse longitudinale.
F u esaminato il fatto e si vide subito che si trattava di iiiia
specie di " cavitnzione ,, , per trasllortai-e ir, questo campo il terniine
inil~iegatoper indicare il fenomeno clie avviene nelle e!iche iiiarine
funzionanti a1 disopra di una certa velocitn3periferica.
Quando la velocit del modello raggiungeva iin dato valore
e le alette erano quasi completaniente enierse (ininiersione da I
a 2 centimetri), ad iin tratto l'acqua si distaccava dal loro dorso
e l'aria si sostitui\~a nll'acqtia, richiamatavi dalla siiperficie di
questa.
Da questo moniento la portanza delle alette era dovuta alla
sola loro ~iiperficieinferiore ed il coefiiciente C,/, cadcva cos a l-aloii
molto bassi, che furono valutati a circa 1,/4 dei priniitivi.
Se il fenomeno era simultaneo nelle d ~ i ealette il nioclello ricadeva diritto, altrimenti si sbandava come sopra ho detto.
Dovetti ricorrere ai ripari e cominciai con l'inipiegare due diafranimi lerticali od orizzontali, sulle alette, ne!le posizioni in cui
si vedono nella fig. 26, sperando di ostruire ccs il can;mino dell'aria
richiamata dalla depresricne idrodinaniica sul dorso delle alette
stesse.
<chiaro che quando tale del,res~ione (che nell'acqua, a parit
di xre!ocit, - circa 800 volte nlaggiore che nell'aria) supera un kgIcm2
circa, si sta per verificare il fenomeno che in questo momento discuto.
Si comprende perci come l'espediente suddetto non sia stato
eR.cace che in minima proporz,ione, e ci del resto si poteva prevedere in base alla natura fisica del fatto.
T.a soluzione del prol~letnala pensai il 18 dicembre 1923 a soli
otto mesi dalla gara. Nel niio libro di appunti di allora leggo le
seguenti frasi :
" Bisognerebbe utilizzare, anzich. cercare di eliminare, il fenonieilo della cavitazione e basarsi soltanto sLiila l~ressioneidrudinaniica sul ventre dell'aletta ,,
I1 19 dicenibre avexo giii concliiso tutte le precedenti esperienze
e quelle del giorno prima ccn la seguente nota (fig. 29-bis) :
" Nella prima fase del .' decollaggio ,, , quando l'elica niarina occorre fiinzioni, l'apparecchio deve poggiare in C ed 11. A velocit
maggiori qusndo funziona l'elica aerea ed utile eliminare la resistenza idrodinaniica ciell'elica marina, l'apparecchio de\-e poggiare

in C e L: quindi decollare. 1,'ammarage;io deve eseguirsi facendo


toccare suil'acqua simulteiieamente o quasi C e R. Occorre quindi
provare le alette ,le L: in iinione alla C ,,.
Tali prove ebbero buon risultato; rimase soltaiito un breve
passaggio di velocit (da 30 a 36 km!h al vero) durante il quale si
verificava una leggera instaldit laterale, che non mi preocciip
perch avrebbe potuto essere vinta o con alettoncini, conie gi detto,
o con l'allenaniento del pilota, come dir.

8. - CONSIDERAZTONI
SUI,LE

ALETTE: IDROPLANE

CON Z SENZA CIRCUITAZIOXE

I1 fenomeno della cavitazione o risucchio sulle alette era prevedibile, per, poco che vi si ponesse attenzione.
I precursori operarono nel canipo di velocit inferiore a quella
di cavitazione e perci essi poterono realizzare ottime maccliine
senza accorgersi dell' insidia.
I1 Forlanini sul Lago Maggiore, il Crocco a Vigna di Valle, il
Guidoni nei nostri porti, non constatarono gli effet,ti del distacco
della vena fluida. Io stesso pilotai (1912) degli idrovolanti Farman ,,
coli le alette Guidoni ed osservai che i fenomeni del decollaggio ,, e
dell'ammaraggio avvenivano con straordinaria continuit e dolcezza.
Ma la velocit minima del Farnian ,, era al di sotto della velocit
critica di cavitazione per le alette impiegate.
Per prevedere l'esistenza di questa velocit critica mi sarebbe
stato, nel 1928, sufficietite riflettere alla ragguardevole entit che
pu avere la pressione aero o idrodinamica vicino al bordo di attacco
di un'ala, e che espressa dalla formula:
l'

I'

ove a utis funzione dell'incidenza e della posizione del punto sul


quale s'intende misurare la pressione lungo il profilo.
Sii1 dorso di un'ala, in vicinanza del bordo di attacco, a pu
avere facilmente il valore di --2,5.
Per l'acqua circa p = IOO e si pu quindi scrivere:

e ponendo a = 2,5 si trova, per


= 10000 kg/cmz iina velocit
critica intorno ai c) m/s.
Ad una velocit di poco superiore a qiiesta, se l'aletta a fior
d'acqua, deve cominciare la cavitazione, ed chiaro che questa si
debba manifestare a velocit maggiori nei profili di minor valore assoluto massimo di a.
Ci fu confermato dalle esperienze, durante le quali si trov
(come appare logico) che il profilo preferibile sotto questo aspetto
quello piano convesso anteriormente acuminato, meglio se con dorso
ad arco di circolo.
Ricordando che la portanza di un'ala trae origine in realt da
un vortice ad asse trasversale che si compone con il campo di velocit dovuto alla traslazione dell'ala stessa, si pu pensare che
avvenga una discontinuit nella portanza e quindi il risucchio e la
caduta nella portanza stessa quando la intensith del campo risultante in corrispondenza del livello libero dell'acqua, assuma particolari valori.
L'avere risolto il prol~lemaidrodinamico del " Pc. 7 ,, come
detto nel 7, significa dunque l'aver riniinciato alla portanza con
circiiitazione per utilizzare la portanza senza circuitazione, propria
dei corpi idroscivolanti.
Le pietre piatte lanciate quasi tangenzialmente sull'acqua
(giuoco che si perde certamente nella notte dei tempi), e modernamente le carene idroslittanti ed anche " l'acquaplano ,, , sono
esenipi pratici della utilizzazione della portanza idrodinamica senza
circuitazione.
In sostanza dunque il " Pc. 7 ,, , quando poggia sui pattini, e
cio su B e C (fig. zg bis), si pu assiniilare ad un comune idrovolante al quale siano stati asportati i galleggianti ad eccezione
delle parti del fondo di questi che si trovano in prossimit ed a
pruavia dello scalino e del " codino ,,.
I1 sistema delle alette a V rovescio del " Pc. 7 ,, avrebbe per
iscopo di sostituire con spiate idrodinamiche le spinte idrostatiche
dovute ai galleggianti ordinari.
hfentre svolgevo, assistito dall'ing. Gabrielli, e con mezzi alquanto
primitivi, le esperienze sulle alette, il generale Crocco ordin analoghe
prove sistematiche alla Vasca Froude della R. Aeronautica sopra
alette a " V ,, rovescio consimili a quelle del " Pc. 7 ,,.
T1 fenomeno (li cavitazione fu da Lui messo siibito in evidenza
e fu trovato che il profilo migliore a questi effetti quello piano

I risultati delle esperienze del generale Crocco vennero a mia


conoscenza nel dicembre 1928 e iiella stessa epoca il generale stesso
ebbe notizia delle mie prove precedentemente citate, delle difficolt
che mi si presentarono e della soluzione del problema accennata
nel 5 7 di questa i~ienioria.
Io non potei, pur essendo molto grato al generale Crocco anche
per altri suoi importanti suggerinienti, utilizzare le di Lui accennate
esperienze, perch la cavitazione inibiva l'uso delle alette semplici
al di sopra dei 70 km/h, ed imponeva l'adozione di superficie idroslittanti, e cio senza circuitazione. I )

La fig. 28 rappresenta i rapporti portanza-resistenza di una


supe~ficiepiana rettangolare, scivolante sulla superficie clell'acqua
a diverse incidenze (esperienze eseguite presso la TTasca Froude di
Budapest).
Tali rapporti o efficienze, si riferiscono ad un allungamento
di circa 2 , j della superficie idroplana e decrescendo l'allunganiento,
l'efficienza illigliora lieveniente.
Dalla fig. 28 si scorge che con la scelta giudiziosa degli angoli
di incidenza reale e qiiincli anche delle posizioni relative delle superficie
jdroplane, si pu realizzare un rapporto 117 tra resistenza idrodinanlica e peso della macchina, il che depone favorevolmente, in
linea generale, per la soluzione adottata per il " Pc. 7 ,,.
I n pratica per il " Pc. 7 ,, originale si trova in condizioni di
inferiorit per le seguenti ragioni:
1) 1.0 studio del fetionieno di ca~itazioiie,
o pi l>ropriai~ieiite
del distacco
della \-etia fluida dal dorso dellc alette iinmerse in acqua, nieriterebhe di essere approfondito coli esperienze sistematiclie. I n effztti tale fenomeno pi
coriiplesso di quanto sembri dal sommario mio accentio.
I,a celerit critica di distacco cresce, per alette completaniente iinmerse,
con la profondit d'iiiiiiiersiorie, mcntre per alette frontalinente iiicliiiate e
parzialmente emerse, puO scendere al disotto della velocit niitiiriia da me
accennata. Cii tale fatto riscontrai ad es. niolti atiiii or sono, nei bracci verticali di un dispositivo per le prore dei modelli di eliclie marine, alla vasca
de la Spezia. I bracci erano apparenteinetite ben sagomati e si muovevano
con incidenza nulla.
All'incorireiiiente fu ritnediato tnediante profili lenticolari conie i precedenti, xna sottilissinii e addirittura taglienti.

10 - I,e superficie idroslittanti non si possono costruire frontalniente orizzontali, perch data la scarsit della portanza alare
si nianifesterebbero saltellanienti insostenibili clai 100 krn'h in poi
(ci fu confermato sperimentalmente siii niodelli).
2 O - 1,e superficie idroslittanti (pattini) non sembra consigliabile siano rettangolari. Con la fornia e l'inclinazione frontale da
nie adottate (fig. 28) forse ancora lontane dalla perfezione, si ha il
vantaggio di un ben graduale contatto con l'acqua nell'aniniaraggio
e di evitare i saltellanienti al distacco.
3O - L'incidenza delle superficie idro5littanti troppo elevata
quando la macchina cammina con i l~iiiiti. i , B e C a fior d'acqua
(vedasi j e fig. 29-bis).
-4 ci possibile ovviare col torcere dette superficie in modo che
le loro incidenze geometriche vadano opportutiamente crescendo
dalle estremit interne verso le esterne.
Per questi niotioi ed anche perch la parte poppiera dell'opera
viva dello scafo viene investita dall'acclua a grande incidenza, le
efficienze reali del " Pc. 7 ,, (computando cio tanto le forze idrodinamiche che quelle aerodinamiche) sono risultate, nella prima
realizzazione, peggiori nel paragone con gli altri idrovolanti da
corsa.
Si pu contare su un miglioramento certo delle eflicienze durante
il decollaggio nella seconda progettazione della macchina, mediante
quanto stato detto poco prima.
Per fostiina l'elica niarina, gi originariamelite attribuita alla
macchina all' infuori cii queste ultinie considerazioiii, si presta a risolvere bene il problema del tlistacco del " Pc. 7 ,, cnme vedesi nella
fi6 30.
In q~iestafigura il piinto B corrisponde all'ictante in cui il pilota
mette iti nioviniento l'elica aerea ed il punto C a quello in ciii egli
anniilla l'effetto dell'elica niarina.
Nell'inteivallo tra B e C la somma delle spinte dei due propulsori pu) essere rappresentata dal segmento BC, che come il ponte
di pasiaggio dalla propiilsione idrodinamica IB a quella aerodinamica CB.
1,a fig. 31 rappresenta i diagrainmi relativi alle prove di rimorchio alla vasca del modello completo del " Pc. 7 ,, (completo, cio
con ali ed impennaggi oltre a t u t t a la parte idrodinaillica).
La /ig. 32 riporta i ricultati delle prox,re di assetto, e in essa il
fascio di curve l? si riferisce alla emcrsione della tangente orizzontale inferiore al dicco dell'clica.

Rc.7-

31,6

DIAGRAMMI PER LO STUDIO DEL DECOLLAGGiO

..
~g

47,s "/,AL

SCALA DEL MODELLO


PESO

VERO

0,

1:lo
1,500

.P

s
,

P.c. 7.
DETERMINAZIONE

DEGLI ASSETTI

SUL

PESO DEL MODELLO

HODELLO SCALA 1:lO

t.1.500

a a m D~ IOVJLIdZSIlO ANGOLI
N L DEL PUNIOADLLL
ELICA HA#IFiq CON T I f l W . 5 D I PROCWDIII'
Dl INCIDCNL4
%@@O@
L ~ < L ~ P S , O N L PUNTA IJDLLLP PALA
DCLL ELICA AEBEA

HRRIhW 4

Si vede che il pilota potrebhe inserire l'elica aerea a conlinciare


da una velocit molto hassa, e ci si potrebbe fare se la spinta
dell'elica stessa fosse, a quella velociti, gi sufficiente da sola
alia propulsione, il che potrebbe avvenire in un idrovolante non
da corsa.
Infine merita accennare che mi venilora fatto obliie~ionisiilI'amninraggio del " Pci. 7 ,,. Questo nan d9vreb'r>?pr2izntare difiicolt.
Si pensi che l'incideiiza dei pattini di circa ,jo (fig. 29-bis) rispetto
alla linea di volo alla niassima velocit. Ammarando quindi alla
velocit ~~lassima
il pattino darebbe, anche in questo caso limite,
iina spinta positiva con urla efficienza notevnIe e tale che certamente

la reazione idrodinaniica dei pattini passerebbe a pruavia del baricentro.


J,'apparecchio non avrebbe dunque tendenza a capottare neiiimeno in queste condizioni.
ilnimarando come detto al n. 7 a velocit conveniente, e
cio sui punti .-l, R e C, I'efficien~a dei pattini diviene al iiiininio
di 3, e quitidi ogni pericolo di infilanient:) verrebbe escluso anche
in questo caso.
J,'infilamento avverrebbe soltanto in seguito ad un animaraggio
" sctto la linea di volo ,, e questo, secondo me, da escludersi.

IO.

- I,'AEKODI'TAMICA
IJEL

"

Pc. 7 ,,

Xon presenta singclarit notevoli, se si eccettua il basso valore

C p,,,,, -di Cr niiniino e !'alto valore di -- 5 2 , non uguclgliati, che


C
io sappia, da idrovolanti con fusolieia costruiti o ~ r o v a t ial canale
del vento.
Le fieure 7 e 14 riportano la polare logaritniica del " Pc. 7 ,,
(che coincide prriticatiietite con quella del nionoplano " S ,,).
1,a fig. 13 riporta in I la polare adimensionale del " Pc. 7 ,,
riferita alla superficie portante totale =- ala
proieziotie orizzontale pattini t proiezione orizzontale alette.
I,e polari adimensioiiali del " I'c. 7 ,, e del monoplano " X ,,
(riferita anche questa alla superficie alare pii quella delle alette
idroplane) non coincidono, quert'ultin~o migliore del primo. Ci
dipende non tanto dal profilo alare quanto e principalmente dal
peggioramento delle alette resosi necessario in seguito ai fatti esposti
al O 7.
Tuttavia il " Pc. 7 ,, pur tiella sua fornia primitiva, che pu
essere molto perfezionata , anche nel senso assoluto e cio adimensionalinente, molto niigliore che non gli altri idrocorsa da me
conosciuti.
I di:igraniini I , " S j ,, ed " S 6 ,, (fig. 13))periiiettono di fare
dei paragoni.
.. da ritenersi che adimensionalmente i
Supermarine ,,, i
" Macchi ,, , i " Gloster ,,, ed il " Pc. 3 ,, , praticaniente si ecluivalgano e clie nei limiti degli errori cli apprezzamento che potrei aver
commesso, si equivalgano anche come polare effettiva, a parit di
portanza totale niascinia.
iiiiu

Per questa considerazione ho creduto di poter dire in principio


di cluesta memoria, che il record del niondo di velocit pi il risultato dei perfezionamenti dei motori che non dei miglioranienti architettonici degli idrovolanti da corsa.
La fig. 33 riguarda lo studio del centramento del " Pc. 7 ,,
eseguito col nietodo suggestivo ed elegante esposto dal Crocco
nei suoi E!enletrfi di aviazione.

Queste fecero oggetto di tutte le niie attenzioni.


I giri del motore che adottai (I. F. Xoo C.v.) erano, dopo ridotti,
2600 al niinuto e la velocit massinia della macchina era da nie preveduta da 580 a 600 km/h.
J,a velocit clelle estremit delle pale sarebbe stata perci praticamente quella del suono.
Avrei voluto impiegare un'elica a quattro pale, appunto per
diminuirne la velocit periferica, ma lo stesso concetto del " Pc. 7 ,,
m i imped di soffermarnii su una tale elica.

FIG.

34

Per il " Pc. 7 ,, furono perci ordinate tre eliche a mozzo d'acciaio e a pale orientabili della Standard Steel (fig. 34),e una di queste
eliche, pur contro il parere di quella Ditta, fu da me fatta disegnare con le sezioni d'estreniit piano convesse quasi simmetriche
ed insolitaniente sottili.
Ci per una estensione delle niie antiche nozioni di halistica
esterna, che nii ricordano la convenienza di aguzzare l'ogiva dei
proietti per diminuirne la resistenza al nioviniento.
Oggi si direbbe che alla velocit del suono la circuitazione non
esista pi e che qiiindi i profili sottili e piani siano migliori, a quella
velocith, che non gli usuali.
Oltre alle suddette eliclie a passo variabile ne feci costruire
dalla Caproni tre, di passi difkerenti, e del tipo usuale, e cio di blocco
in duralliiminio (fig. 35).
I,a lavorazione di queste eliche risult perfetta.

FIG.

35

Le eliche a passo variabile ~ n occorrevano


i
per diverse ragioni;
pii1 che altro per facilitare, coli una opportuna scelta del passo, i
primi distacchi dall'acqua.
I1 calcolo aerodinamic? delle eliche fu esegi~itocon i consueti
diagrammi logaritmici, nia il passo geometrico delle sezioni estreme
fu stabilito supponendo che l'incidenza di portanza nulla del profilo sia zero rispetto alla corda.
Per il calcolo delle eliche aeree furono anche utilizzate le indicazioni, per quanto sommarie, contenute in alcuni studi di origine
inglese.
1,'elica marina a due pale di diital orientabili e coiliandabili
(fig. 36) f i i pragettata in base ad antiche esperienze su modelli eseguite alla l'asca Froude de 1,a Spezia, e pubblicate negli Annali di
detta lrasca.
I1 punto di partenza era perci sicuro, e difatti l'elica dette i
risultati previsti.

Kon potendo eseguire le prove di tale propulsore direttaniente


sul " Pc. 7 ,, e anzi essendo necessario avere la massima sicurezza
sull'elica niarina prima d'applicarla al " Pr. 7 ,, stesso, la mia Ditta
costru il niotoscafo della fig. 37 (lunghezza m. IO, larghezza ni. 2 ,
dislocaniento kg. 3000) per provarvi l'elica niarina predetta, in
presa diretta con un niotore di 300 C.v. a 2000 giri.
Questo niotoscafo fu scelto tra quelli da me anticaniente esperimentati alla vasca, iri niodo che la sua curva delle resistenze al
moto fosse niolto prossima a quella ricavata per il " Pc. 7 ,, alla Vasca
di Roma.
1.e prove sul niotoscafo ebbero il doppio scopo di verificare che
le spinte dell'elica fossero cltirlle richieste (al punto fisso si ebbero
kg. 900 di spiilta e ai diversi regimi si ritrovarono le spiiite prevediite calcolandole con procedinieiito approssimato ed indiretto dalla
conoscenza dei giri, della velocit e della corrispondente resistenza
del niotoscafo), e che la forza manuale occorrente per la manovra
di variazione del passo (leva T , fig. 39) da q~iellodi servizio a quello
infinito, fosse di piccola entit, in niodo che il pilota potesse esercitarla senza fatica.
Quest'ultinio risultato fu raggiunto dopo diversi tentativi, spostando l'asse del perno della pala e ci per niancanza di teriipo fu
ottenuto facendo saltare il perno priniitivo di clural forgiato con
la pala stessa e sostituendolo coi1 cluello (li acciaio che redesi nella
&. 36 ( 4 ).
T1 ripiego rispose perfettaillente alle aspettative.

12.

I,A

COSTRUZIONE

Come avviene per tutte le idee considerate niiove, ebbi notevoli difficolt iniziali per progettare e costruire il " Pc. 7 ,, e ci
influ sul ritardo nell'approntare l'apparecchio, ritardo che provoc
la sospensione delle prove e del mio lavoro ai primi del 1930.
I1 primo e pii grave ostacolo fu la indecisione sul tipo di motore
da impiegare.
Questo doveva essere completato dagli innesti e trasmissioni
alle due eliche e dal dispositivo per far arrestare l'elica aerea
orizzontalmente.
Dapprincipio la Fiat si interess0 del problema e anzi desider
di associare il suo nome a quello della mia Ditta, per chiamare il
" Pc. 7 ,, Piaggio-Fiat.
Iniziai il progetto servendomi del motore Fiat 1000 C. v. e delle
trasniissioni studiate dalla Fiat stessa.
Qualche tempo dopo quest'ultima rinunci alla sua collaborazione e allora, d'accordo con la R. Aeronautica, fu interpellata la
Isotta Fraschini, che ader all'invito.
I l niio illustre ed antico amico ing. Giustino Cattaneo, progettista dei motori I . F., esplic cos tutta la sua animirevole genialit
nell'interpretare le mie idee e tradurle in gioielli di meccanica.
I,a fig. 39 rappresenta lo spaccato longitudinale del " Pc. 7 ,,
con motore Isotta Fraschini 800 C. v.
'4 e B sono gli innesti delle due eliche comandate dalle leve
C e D.
La leva D era tale che, liberato l'innesto dell'elica marina, continuando la corsa, le pale di quest'ultima si disponevano con passo
infinito, in liiodo da anniillarne praticaniente la resistenza aerodinamica.
La leva C dopo aver disinnestato l'elica aerea veniva spinta
ancora, e faceva cos azionare il freno a ganasce E che arrestava
l'elica stessa. Successivamente la stessa leva C allentava detto
fieno in modo tale che l'elica predetta poteva fare ancora una
frazione di giro per fermarsi poi orizzontaln~ente per effetto d i
un arresto.
La leva C comandava inoltre una valvola di foglio di gomma
mediante la leva F. Tale valvola veniva chiusa nel momento stesso
in cui l'elica aerea si arrestava, e ,serviva evidentemente per impedire l'entrata dell'acqua in fusoliera quando l'apparecchio era

FIG.

38

fermo nelle condizioni rappresentate in lig. 38. S'intende che


detta valvola si apriva nell'atto stesso in cui veniva inserita l'elica
aerea, mediante la leva C, manovrata in senso inverso a quello
sopra detto.
I,a stessa leva C, infine, spostava, aprendole (quando si voleva
mettere in moto l'elica aerea), le saracinesche di presa d'aria dei
carburatori (A, fig. 49) che erano chiiise nello stato di riposo dell'apparecchio. In cluest'ultin~a condizione il motore " respirava ,,
attraverso la hoccaporta del pilota.
Tutto questo meccanisnio funzion secondo le nostre previsioni ed i piccoli inconvenienti che si constatarono avrebbero potuto
essere facilmente rimossi, continuando le prove.
Nell'esaminare la fig. 39 non sembra che vi siano state notevoli
difficolt5 nel realizzare la macchina ma, al contrario, dovetti ricorrere a tutte le mie risorse cerebrali ed a quelle dei miei collaboratori
tecnici (ing. Gabrielli, dott. I,uotto, sig. Arrigoni), per risolvere gli
innumerevoli problemi che ogni giorno traversavano il niio cammino.
Basta riflettere al fatto che non avevo nessun precedente al
quale ispirarmi e che la lotta contro la ristrettezza dello spazio era
a volte direi quasi drammatica. Fissata la sezione maestra dello
scafo-fusoliera, e costruitolo, non mi era pi possibile fare modificazioni.

Una quantita di problemi dovettero essere risolti alla bene meglio, ad


esempio le prese d'aria
dei carburatori, gli scarichi del motore, il radiatore clell'olio (lig. 4y), tre
punti delicati che funzionarono bene in pratica,
iiia clie avrebbero dovuto
essere pi perfetti, come
FIG. 40
mi riproinettevo di fare
proseguendo le prove, dopo la gara. nii preme ricordare clie onlisi,
percli il tempo stringeva, cli sistemare sui pattini le alette comandate, fidando sull'allenanicnto del pilota, per siiperare la breve
fase di instabilit trasversale in accliia (da 3
a 3, j mis del modello
scala 1/10).
,
,
E f f e t t i v a i n e n t e il
" I'c. 7,. , pilotato dal compianto Dal Molin, andava
sui pattini come vedesi
dalle figure 40 e 41 (ritoccate da una noil nitida
FIG. 41
cinematografia).

1,a fusoliera stagna aveva molte longitiidinali correnti da prua


a poppa (fig. 42) ed era robusta e leggera in pari tempo.
1,e longitudinali seivivano per le unioni sfalsate dei corsi di
fnsciani~clie erano in doppio sottile strato di legno compensato,
con tela impermeabile interposta.
Nella fie. 42 si vedono le loiigheriile del motore, l'alloggio per
l'innesto dell'elica maiina ed il rinforzo in lamiera di acciaio, per
l'attacco delle pinne.
Gli impennaggi, stagni (fig. 43), erano aerodinamicaniente finissimi, e la loro copertura era in legno compensato. Essi erano separati

dalla fusoliera e l'asse del timone di direzioiie aereo serviva anche


per il tinione di direzione marino. La fusoliera areva due paratie
stagne, ed alla galleggiahilit dell'itlrovolaiite contribuivano delle
cassette (li sottile alluminio corriigato, saldate, fig. 44 (.i cassette
stagne, 13 serbatoi benzina).

FIG. lj

1,a fig. 43 rappresenta l'ala del " Pc. 7 ,, scoperta. Questa era
stata gi costruita con due longheroni, il terzo f i i aggiunto dopo
che nii fu richiesto un fattole di ciciirezza maggiore di qiiello da
me scelto (16 i11 luogo di 13).
1,'ala era conipletanieilte stagna, gli alettoni eiano anch'essi
stagni, e le loro cerniere ed i loro corilancli eiano congegnati in inodo
che non vi fosse nessun apprezzabile giuoco torsionale; ci per prevenire le vilxazioni alari in volo che, come t. noto, trovano grande
incentivo dal giuoco degli alettoni.
I,e ali furono sottoniesse coniplete e sia con, che senza radiatore
con acqua, alla niirura del periodo di vibra~ione flessionale e torsionale (figure46 e 47), per verificare, come risult, che nessun importante reginie dei motore fosse niiiltiplo clcl periodo proprio delle
ali. I radiatori alari sono rappresentati in fig. 48 ed avevano iina
portata di jj.000 ltlli.
L
I radiatore dell'olio si vede nella fig. 49 conie fu, per cos dir?, iinprovrirato, e nella stessa figura si scorgono Ie feritoie .4 :lrlle prese d'aria
dei carburatori, che si aprivano nell'atto in ciii veniva niccsa in moto
elica aerea. Oggi preEerirei raffreddare l'olio con l'acqua dei radiatori

1 periodi
Vibrazioni di torsione. Frequenza dell'ala 840 v

miiiuto

Vibrazioni di flessione. Frequenza dell'aia 1104

*Sdi

minuto

principali, mediante un radiatore a tubi nascosto in fusoliera, e


vorrei mettere le prese d'aria sopra, anzich ai fianchi dello scafo.
,4i ~rin-iidel io70
,
.,
niisi in costruzione i pattini con alette coniandate ed i relativi comandi, ma la sospensione de!le prove provoc
anche la sospensione di

del piccolu alettone.

FIG.

15. -

50

PESI

I,e caratteristiche generali del " Pc. 7


Peso a vuoto . . . . . . . . . .
Carico utile . . . . . . . . . . .
Peso totale . . . . . . . . . . .
Superficie alare . . . . . . . . .
Superficie totale . . . . . . . .
Carico alare . . . . . . . . . .
Potenza motrice . . . . . . . .
Velocit massima presunta . . . .
TTelocith minima a pieno carico .

I pesi erano cos distribuiti:


Ala con radiatore ed acqua . . .
Fusoliera conipleta . . . . . .
Impennaggi . . . . . . . . . .
Inipeiinaggi marini, elica marina
Alette con pattini . . . . . . .
Motore con trasmissioni . . . .
Elica aerea . . . . . . . . . .
Comandi in generale . . . . .
Accessori del niotnre . . . . . .
Serbatoi e casse stagne . . . . .
Radiatore olio . . . . . . . .
Tubazioni, acqua, olio, benzina .

.
.
.
.

., erano
.

.
.
.
.

.
.
.
.
.
.
.
.

. .
. .

. .
. .
, .
. .

. .
. .

Peso a ru0t.o .

le seguenti :
1406
280
1686
845
>>
9,SS
kg/mz 165,5
r. v.
850
kiii'ii 600
,,
165
kg.
,
,,
mz

kg.
I '

>>
>>

7,

>

>>
I

>

>

>>

. kg.

272,j00
246,800

I -F
1:;,700
86,200
563
28
24,joo
28,740
j2,150
26,420
20

I .406

Tali dati diliiostrano che la soluzione del " Pc. 7 ,. consente

di

cii realizzare un peso dello stesso ordine di graiidezza di cl~~ello


un idrovolante di tipo classico, per il compenso che vi tra la sostituzione delle alette ai galleggianti e l'aggiurita rli organi all'apparato motore.
16. -

I,E PROVI?

@leste hanno, purtroppo, una storia niolto breve.


J,a macchina, appena messa in moto l'elica marina, sollev la
prua conle preveduto.
Un notevole inconveniente si verific suhito: l'innesto dell'elica
marina che, provata sul motoscafo. come dissi, e al banco prova,
funzion perfettamente, invece dentro l'apparecchio si inondava
d'olio e slittava.
Per qiiesto, mentre il motore precipitava, l'apparecchio ricadeva in acqua, ma senza inconvenienti.
-4 ci si ovvi pi tardi, nia non perfettamente. Sarehhe occorso
un porte110 di visita sul fianco della fusoliera, per registrare e piilire
la frizione, nia non feci in tempo a provvedere perch le prove furono
sospese.
Poich il " Pc. 7 ,, ormai non aveva servito alla gara, e nemmeno si sarehhe potuto immediatamente provare per un record di
velocit, fu temporaneanlente abbandonato sia dalla mia Ditt;,
sia dalla R. Aeroraiitica.
Credo per di poter riprendere questo lavoro che tanto 111i appassion, ed anzi ho la pi viva speranza di portarlo a terniine e forse
di tradurlo in una macchina di uso pratico, che potrebbe avere alcuni
vantaggi rispetto agli idrovolanti di piccole e rriedie dimensiorii,
oggi nell'uso corrente, specie siille navi.
Sarebbe questa, forse, la migliore din~ostrazioneche gli studi
relativi agli idrovolanti da velocit pura non sono sterili, come disse
taluno, ma fecondi di risultati per il progresso dell'aviazione.
Rivolgo infine un grato ed affettuoso pensiero alla Ditta
Piaggio che volle seguire il priiiio tenipo del mio sforzo di renlizzatore, pur int~enclole gravissime difficolt insite nell'affascinante
problenla che mi ero proposto.

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