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PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

LA VERIT STORICA DEI VANGELI

La Santa Madre Chiesa, colonna e fondamento della verit (1 Tm 3,15), nella sua missione di
arrecare la salvezza alle anime, si sempre servita della Sacra Scrittura e l'ha sempre difesa da
qualsiasi falsa interpretazione. Siccome non mancano mai questioni complesse, l'esegeta
cattolico e nell'esporre la parola divina e nel risolvere le difficolt che vi si oppongono, non deve
mai perdersi d'animo, piuttosto cerchi con ogni impegno di rendere sempre pi chiaro il senso
genuino delle Scritture, fidando non soltanto sulle sue forze, ma soprattutto nell'aiuto di Dio e
nella luce della Chiesa. E' di grande soddisfazione il fatto che oggi si trovino non pochi figli
fedeli della Chiesa i quali, esperti nelle scienze bibliche, secondo le esigenze dei nostri tempi,
seguendo le esortazioni dei Sommi Pontefici, attendono con slancio e indefessa fatica a questo
grande e arduo compito. Si ricordino tutti i figli della Chiesa che sono tenuti a giudicare non
solo con giustizia, ma ancora con somma carit gli sforzi e le fatiche di questi valorosi operai
della vigna del Signore, [1] poich anche interpreti di chiara fama, come lo stesso San
Girolamo, talvolta hanno ottenuto solo un successo relativo nei loro tentativi di risolvere le
questioni di maggiore difficolt. [2] Si badi che nell'ardore delle dispute non si oltrepassino i
limiti della mutua carit, n si dia l'impressione, nella polemica, di mettere in dubbio le stesse
verit rivelate e le tradizioni divine. Poich senza la concordia degli animi e senza il rispetto
indiscutibile dei principi, non c' da aspettarsi grandi progressi in questa disciplina dai diversi
studi di molti. [3] Lo sforzo degli esegeti oggi tanto pi necessario in quanto si vanno
diffondendo molti scritti in cui si mette in dubbio la verit dei detti e dei fatti contenuti nei
vangeli. Da ci mossa, la Pontificia commissione per gli studi biblici, per assolvere il compito
affidatole dai Sommi Pontefici, ha creduto bene di esporre e inculcare quanto segue.
1. L'esegeta cattolico, sotto la guida del magistero ecclesiastico, sfrutti tutti i risultati ottenuti
dagli esegeti che l'hanno preceduto, specialmente dai santi Padri e dai dottori della Chiesa, circa
l'intelligenza del sacro testo e si impegni a proseguire l'opera. Allo scopo di mettere in piena
luce la perenne verit e l'autorit dei vangeli, seguendo fedelmente le norme dell'ermeneutica
razionale e cattolica, sar solerte nel servirsi dei nuovi mezzi dell'esegesi, specialmente di quelli
offerti dal metodo storico universalmente considerato. Tale metodo studia con cura le fonti, ne
definisce la natura e il valore servendosi della critica del testo, della critica letteraria e della
conoscenza delle lingue. L'esegeta metter in pratica il monito di Pio XII, di f.m., che lo obbliga a
prudentemente... ricercare... quanto o la forma del dire o il genere letterario adottato
dall'agiografo possa condurre alla retta e genuina interpretazione; e si persuada che questa
parte del suo ufficio non pu essere trascurata senza recar danno all'esegesi cattolica. [4] Con
codesto avvertimento Pio XII, di f.m., enuncia una regola generale di ermeneutica, valida per
l'interpretazione dei libri dell'Antico come del Nuovo Testamento, poich per redigerli gli
agiografi seguirono il modo di pensare e di scrivere dei loro contemporanei. Insomma l'esegeta
sfrutter tutti i mezzi con i quali possa penetrare pi a fondo nell'indole della testimonianza dei
vangeli, nella vita religiosa delle primitive comunit cristiane, nel senso e nel valore della
tradizione apostolica. Ove convenga, sar lecito all'esegeta esaminare gli eventuali elementi
positivi offerti dal metodo della storia delle forme per servirsene debitamente per una pi
profonda intelligenza dei vangeli. Lo far tuttavia con cautela perch spesso il suddetto metodo
connesso con principi filosofici e teologici da non ammettersi, i quali viziano non raramente
sia il metodo stesso, sia le conclusioni in materia letteraria. Difatti alcuni fautori di questo

metodo, mossi da pregiudizi razionalistici, si rifiutano di riconoscere l'esistenza dell'ordine


soprannaturale e l'intervento di un Dio personale nel mondo, avvenuto mediante la rivelazione
propriamente detta, nonch la possibilit e l'esistenza dei miracoli e delle profezie. Altri partono
da una falsa nozione della fede, come se questa non si curasse della verit storica, o addirittura
fosse con essa incompatibile. Altri negano a priori il valore storico e l'indole dei documenti della
rivelazione. Altri, infine, tenendo in poco conto l'autorit degli apostoli in quanto testimoni di
Ges Cristo, nonch del loro ufficio e influsso nella comunit primitiva, esagerano il potere
creativo di detta comunit. Le quali cose tutte non solo sono contrarie alla dottrina cattolica, ma
mancano altres di fondamento scientifico ed esulano dai retti principi del metodo storico.
2. L'esegeta, per affermare la fondatezza di quanto i vangeli ci riferiscono, badi con diligenza ai
tre stadi attraverso i quali l'insegnamento e la vita di Ges giunsero a noi. Cristo Signore si
scelse dei discepoli (cf. Mc 3,14; Lc 6,13), i quali lo seguirono fin dall'inizio (cf. Lc 1,2; At 1,21-22),
ne videro le opere, ne udirono le parole e furono cos in grado di divenire testimoni della sua
vita e del suo insegnamento (cf. Lc 24,48; Gv 15,27; At 1,8; 10,39; 13,31). Il Signore nell'esporre a
voce il suo insegnamento seguiva le forme di pensiero e di espressione allora in uso,
adattandosi per tale modo alla mentalit degli uditori e facendo s che quanto egli insegnava si
imprimesse fermamente nella loro mente e potesse essere ritenuto con facilit dai discepoli. I
quali intesero bene i miracoli e gli altri eventi della vita di Ges come fatti operati e disposti allo
scopo di muovere alla fede nel Cristo e di farne abbracciare con la fede il messaggio di salvezza.
Gli apostoli annunziavano anzitutto la morte e la risurrezione del Signore, dando testimonianza
a Ges (cf. Lc 24,44-48; At2,32; 3,15; 5,30-32), di cui riferivano con fedelt episodi biografici e
detti (cf. At 10,36-41), tenendo presenti nella loro predicazione le esigenze dei vari uditori
(cf. At 13,16-41 con At 17,22-31). Dopo che Ges risuscit dai morti e la sua divinit apparve in
modo chiaro (cf. At 2,36; Gv20,28), non solo la fede non fece dimenticare la memoria degli
avvenimenti, ma anzi la consolid, poich quella fede si fondava su ci che Ges aveva fatto e
insegnato (cf. At 2,22; 10,37-39). A causa del culto con cui poi i discepoli onoravano Ges come
Signore e Figlio di Dio, non si verific una sua trasformazione in persona mitica, n una
deformazione del suo insegnamento. Non tuttavia da negarsi che gli apostoli abbiano
presentato ai loro uditori quanto Ges aveva realmente detto e operato con quella pi piena
intelligenza da essi goduta (cf. Gv 2,22; 12,16; 11,51-52; 14,26; 16,12-13; 7,39) in seguito agli eventi
gloriosi del Cristo e alla illuminazione dello Spirito di verit (cf. Gv 14,26; 16,13). Ne deriva che,
come Ges stesso dopo la sua risurrezione interpretava loro (Lc 24,27) le parole sia dell'Antico
Testamento come le sue proprie (cf. Lc24,44-45; At 1,3), cos essi ne spiegarono i fatti e le parole
secondo le esigenze dei loro uditori. Costanti nel ministero della parola (At 6,4), predicarono
con modi di esporre adatti al loro fine specifico e alla mentalit degli uditori; poich erano
debitori (1 Cor 9,19-23) ai greci e ai barbari, ai sapienti e agli ignoranti (Rm 1,14). Questi modi
di esporre, usati nella predicazione avente per tema il Cristo, vanno individuati ed esaminati:
catechesi, narrazioni, testimonianze, inni, dossologie, preghiere e altre simili forme letterarie,
che compaiono nella Sacra Scrittura ed erano in uso fra gli uomini di quell'et. Codesta
istruzione primitiva fatta dapprima oralmente e poi messa per iscritto - difatti subito avvenne
che molti si provassero a ordinare la narrazione dei fatti (Lc 1,1) che riguardavano il Signore
Ges - gli autori sacri la consegnarono nei quattro vangeli per il bene della Chiesa, con un
metodo corrispondente al fine che ognuno si proponeva. Fra le molte cose tramandate, ne
scelsero alcune; talvolta compirono una sintesi, tal altra, badando alla situazione delle singole
chiese, svilupparono certi elementi cercando con ogni mezzo che i lettori conoscessero la
fondatezza di quanto veniva loro insegnato (cf. Lc 1,4). Invero fra tutto il materiale di cui
disponevano, gli agiografi scelsero in modo particolare ci che era adatto alle varie condizioni
dei fedeli e al fine che si proponevano, narrandolo in modo da venire incontro a quelle
condizioni e a quel fine. Dipendendo il senso di un enunciato dal contesto, quando gli

evangelisti nel riferire i detti e i fatti del Salvatore presentano contesti diversi, da pensare che
ci fecero per utilit dei lettori. Perci l'esegeta ricerchi quale fosse l'intenzione dell'evangelista
nell'esporre un detto o un fatto in un dato modo o in un dato contesto. Invero, non va contro la
verit del racconto il fatto che gli evangelisti riferiscano i detti e i fatti del Signore in ordine
diverso, [5] e ne esprimano i detti non alla lettera, ma con qualche diversit, conservando il loro
senso. [6] Dice infatti Sant'Agostino: E' probabile che ogni evangelista si sia creduto in dovere
di narrare con quell'ordine che Dio volle suggerire alla sua memoria quelle cose che narrava: ci
vale riguardo a quelle cose nelle quali l'ordine, qualunque esso sia, nulla toglie all'autorit e alla
verit evangelica. Perch poi lo Spirito Santo, distribuendo i suoi doni a ciascuno come gli pare
(cf. 1 Cor 12,11), e perci anche governando e dirigendo la mente dei santi destinati a un cos
alto culmine di autorit, nel richiamare le cose da scriversi, abbia permesso che ognuno
disponesse il racconto a modo suo, chiunque cerchi con pia diligenza lo potr scoprire con
l'aiuto divino. [7]
Se l'esegeta non porr mente a tutte queste cose che riguardano l'origine e la composizione dei
vangeli e non far il debito uso di quanto di buono gli studi recenti hanno apportato, non
adempir il suo uffizio di investigare quale fosse l'intenzione degli autori sacri e che cosa
abbiano realmente detto. Dai nuovi studi risulta che la vita e l'insegnamento di Ges non furono
semplicemente riferiti col solo fine di conservare il ricordo, ma predicati in modo da offrire
alla Chiesa la base della fede e dei costumi; perci l'esegeta scrutando diligentemente le
testimonianze degli evangelisti sar in grado di illustrare con maggior penetrazione il perenne
valore teologico dei vangeli, e di porre in piena luce di quale necessit e di quale importanza sia
l'interpretazione della Chiesa. Restano molte cose, e di grande importanza nella cui discussione
e spiegazione si pu e si deve liberamente esercitare l'ingegno e l'acume dell'interprete cattolico,
perch ognuno per la sua parte rechi il suo contributo a vantaggio di tutti, a un progresso della
sacra dottrina, per preparare il giudizio della Chiesa e documentarlo a difesa e onore della
Chiesa. [8] Sia tuttavia disposto ad obbedire al magistero della Chiesa, n dimentichi che gli
apostoli predicarono la buona novella ripieni dello Spirito Santo, che i vangeli sono stati scritti
sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, il quale ne preservava gli autori da ogni errore. Invero,
non per mezzo d'altri abbiamo noi conosciuto l'economia della salvezza, se non per mezzo di
coloro attraverso i quali ci venne il vangelo: (vangelo) che prima predicarono, poi, per volont di
Dio, ci tramandarono nelle Scritture, destinato a essere colonna e fondamento della nostra fede.
Non si pu infatti dire che abbiano predicato prima di avere una cognizione perfetta, come
alcuni osano dire, gloriandosi di essere i correttori degli apostoli. Infatti, dopo che il Signore
risuscit dai morti ed essi furono rivestiti dall'alto della virt dello Spirito disceso su di loro,
furono edotti intorno a tutte le cose ed ebbero una conoscenza perfetta: partirono poi per i
confini della terra per proclamare i beni che ci vengono da Dio e per annunziare la celeste pace
agli uomini, possedendo tutti e singoli il vangelo di Dio. [9]
3. Coloro poi ai quali demandato il compito di insegnare nei seminari o in analoghi istituti,
curino anzitutto che... le divine lettere siano insegnate in quel modo che suggeriscono la
gravit stessa della disciplina e la necessit dei tempi. [10] I maestri pongano in prima linea la
dottrina teologica, affinch le Sacre Scritture diventino per i futuri sacerdoti della Chiesa fonte
pura e perenne di vita spirituale, per ciascuno personalmente, e sostanza per l'uffizio della
predicazione che li attende. [11]
Inoltre, quando ricorrono alla critica, e anzitutto alla critica letteraria, non lo facciano come se
fossero interessati solo a quella per se stessa, ma con lo scopo di meglio penetrare, con il suo
ausilio, il senso inteso da Dio per mezzo dell'agiografo. Non s'arrestino quindi a mezza strada,
contenti dei loro ritrovati letterari; ma vedano di mostrare come codesti ritrovati contribuiscano

in realt a comprendere sempre pi chiaramente la dottrina rivelata oppure, eventualmente, a


respingere gli errori. I docenti che seguono queste norme faranno s che gli alunni trovino nella
Scrittura ci che innalza la mente a Dio, nutre l'animo e promuove la vita interiore. [12]
4. Infine, quelli che istruiscono il popolo cristiano con la sacra predicazione hanno bisogno di
somma prudenza. Anzitutto insegnino la dottrina memori dell'ammonimento di San Paolo:
Attendi a te e al compito di insegnare, e in questo persevera: cos facendo salverai te stesso e i
tuoi ascoltatori (1 Tm 4,16). Si astengano in modo assoluto dal proporre novit vane o non
abbastanza provate. Nuove opinioni, gi solidamente dimostrate, le espongano, se occorra, con
cautela e tenendo presenti le condizioni degli uditori. Nel narrare fatti biblici non vi mescolino
particolari fittizi non conformi alla verit.
Tale virt della prudenza deve essere anzitutto caratteristica di coloro che diffondono scritti di
divulgazione per i fedeli. Sia loro studio di mettere in evidenza le ricchezze della parola
affinch i fedeli si sentano mossi e infervorati a migliorare la propria vita. [13] Si facciano
scrupolo di non dipartirsi mai dalla comune dottrina o dalla tradizione della Chiesa neanche in
minime cose, pur facendo tesoro dei progressi della scienza biblica e mettendo a profitto i
risultati degli studiosi moderni, ma evitando del tutto le opinioni temerarie dei novatori. [14] E'
loro severamente proibito di diffondere sconsideratamente per assecondare un pernicioso
prurito di novit, un qualsiasi tentativo per la risoluzione di difficolt, senza una scelta
prudente e un serio esame, turbando cos la fede di molti.
Gi prima questa Pontificia Commissione per gli studi biblici ha stimato opportuno di
richiamare alla memoria che anche i libri e gli articoli di riviste e di giornali che riguardano la
Bibbia, in quanto concernono argomenti di religione e la cristiana istruzione dei fedeli, vanno
sottomessi all'autorit e giurisdizione degli Ordinari. [15] Gli Ordinari sono pertanto pregati di
vigilare con massima diligenza su tali scritti.
5. Quelli che presiedono alle associazioni bibliche ottemperino fedelmente alle norme fissate
dalla Pontificia Commissione per gli studi biblici. [16]
Se le norme suesposte saranno osservate, lo studio delle Sacre Scritture torner certo a utilit dei
fedeli. Anche ai giorni nostri nessuno vi sar che non esperimenti il detto di San Paolo: le Sacre
Scritture possono istruire per la salvezza, mediante la fede che in Cristo Ges. Tutta la
Scrittura divinamente ispirata utile a insegnare, a redarguire, a correggere, a educare alla
giustizia, affinch l'uomo di Dio sia perfetto e reso adatto a qualsiasi opera buona (2 Tm 3,1517).
Il 21 aprile 1964, nell'udienza benignamente concessa al sottoscritto segretario, il Santo Padre Paolo VI,
ratific e ordin di pubblicare la suddetta Istruzione.
Roma, 21 aprile 1964.
Beniamino N. Wambacq, O.Prem.
Segretario

NOTE

[1] Pio XII, Lett. enc. Divino afflante Spiritu; A.A.S. XXXV (1943), p. 319.
[2] Cf. Benedetto XV, Lett. enc. Spiritus Paraclitus; A.A.S. XII (1920), p. 392.
[3] Leone XIII, Lett. Apost. Vigilantiae; Leonis XIII Acta, XXII, p. 237.
[4] Lett. enc. Divino afflante Spiritu; A.A.S. XXXV (1943), p. 316.
[5] Cf. San Giovanni Crisostomo, In Mat., Hom. I, 3; PG 57,16-17.
[6] Cf. Sant'Agostino, De consensu Evang., 2, 12, 28; PL 34,1090-1091.
[7] De consensu Evang., 2, 21, 61s.; PL 34,1102.
[8] Cf. Divino afflante Spiritu; A.A.S. XXXV (1943), p. 319.
[9] Sant'Ireneo, Adv. Haer., III 1, 1; Harvey II. 2; PG 7,844.
[10] Pio X, Lett. Apost. Quoniam in re biblica; Pii X Acta, III, p. 72.
[11] Lett. enc. Divino afflante Spiritu; A.A.S. XXXV (1943), p. 322.
[12] Lett. enc. Divino afflante Spiritu; A.A.S. XXXV (1943), p. 311.
[13] Lett. enc. Divino afflante Spiritu; A.A.S. XXXV (1943), p. 320.
[14] Cf. Lett. Apost. Quoniam in re biblica; Pii X Acta, III, p. 75.
[15] Instructio ad Ex.mos locorum Ordinarios... 15 Dec. 1955; A.A.S. XLVIII (1956), p. 63.
[16] A.A.S. XLVIII (1956), pp. 61-64.

PONTIFICIA COMMISSIO BIBLICA


DE HISTORICA EVANGELIORUM VERITATE

Sancta Mater Ecclesia quae est colunna et firmamentum veritatis, [1]


semper Sacram Scripturam ad munus supernam impertiendi animis
salutem adhibuit eamque a quavis falsa interpretatione defendit. Quia
problemata numquam deerunt, exegeta catholicus in exponendo
divino verbo et in solvendis difficultatibus quae ei opponuntur,
numquam animo deficiat oportet sed strenue laboret ut genuinum
Scripturarum sensum magis adaperiat, non tantum suis fretus viribus,
sed praesertim Dei auxilio et Ecclesiae luce firmiter confidens.
Magnopere gaudendum est plures hodie inveniri fideles Ecclesiae
filios, rerum biblicarum, prout nostra requirunt tempora, peritos, qui
hortamentis Summorum Pontificum obsecundantes, indefesso labore
huic gravi arduoque muneri toto animo incumbant. Quorum
strenuorum in vinea Domini operariorum conatus non solummodo
aequo iustoque animo, sed summa etiam cum caritate iudicandos esse
ceteri omnes Ecclesiae filii meminerint, [2] cum quaestiones
difficiliores etiam magni nominis interpretes, velut ipse Hieronymus,
haud ita felici interdum exitu enucleare conati sint. [3] Caveatur ne
acrior disputandi contentio transgrediatur mutuae caritatis terminos;
neve inter disputandum ipsae revelatae veritates divinaeque
traditiones vocari in disceptationem videantur. Nisi enim salva
consensione animorum collocatisque in tuto principiis, non licebit ex
variis multorum studiis magnos exspectare huius disciplinae
progressus. [4]
Exegetarum labor hodie eo vel magis requiritur, quod multa scripta
vulgantur, quibus veritas factorum et dictorum quae in Evangeliis
continentur, in discrimen vocatur. Quare Pontificia Commissio de Re
Biblica, pro munere a Summis Pontificibus sibi commisso, opportunum
duxit ea quae sequuntur exponere et inculcare.

1. Exegeta catholicus, ductu Ecclesiae, utilitates capiat ex omnibus quae


priores interpretes, praesertim Sancti Patres Doctoresque Ecclesiae, ad
intellegendum sacrum textum contulerunt eorusque labores ulterius
persequatur. Ut Evangeliorum perennem veritatem et auctoritatem in
plena luce collocet, accurate normas hermeneuticae rationalis et
catholicae servant, nova exegeseos adiumenta sollerter adhibebit,
praesertim ea quae historica methodus universim considerata affert.
Haec sedulo fontes indagat eorumque naturam et vim definit, subsidia
per criticen textus, criticen litterariam, cognitionem linguarum sibi
comparat. Observabit interpres monitum Pii XII fel. rec., qui ei iniungit
ut prudenter... perquirat quid dicendi forma seu litterarum genus, ab
hagiographo adhibitum, ad veram et genuinam conferat
interpretationem; ac sibi persuadeat hanc officii sui partem sine magno
catholicae exegeseos detrimento neglegi non posse; [5] quo monito
Pius XII fel. rec. generalem artis hermeneuticae regulam enuntiat,
cuius ope tum Veteris tum Novi Testamenti libri explanandi sunt, eo
quod in eis exarandis hagiographi modum cogitandi et scribendi apud
aequales vigentem adhibuerunt. Denique exegeta omnia media
usurpabit quibus altius indolem testimonii Evangeliorum, vitam
religiosam primarum ecclesiarum, sensum et vim traditionis
apostolicae perspiciat.
Ubi casus fert, interpreti investigare licet, quae sana elementa in
methodo historiae formarum insint, quibus ad pleniorem
Evangeliorum intellegentiam rite uti possit. Circumspecte tamen se
gerat, quia saepe huic methodo commixta prostant principia
philosophica et theologica haud probanda, quae tum methodum, tum
conclusiones in re litteraria non raro depravant. Quidam enim huius
methodi fautores praeiudicatis opinionibus rationalismi abducti,
supernaturalis ordinis existentiam et Dei personalis in mundo
interventum, ope revelationis proprie dictae factum, miraculorum et
prophetiarum possibilitatem et existentiam agnoscere renuunt. Alii e
falsa notione fidei procedunt ac si ipsa veritatem historicam non curet,
immo cum eadem componi non possit. Alii historicam vim et indolem
documentorum revelationis quasi a priori negant. Alii denique
auctoritatem Apostolorum, quatenus testes Christi sunt, eorusque
munus et influxum in primaevam communitatem parvi pendentes,

creatricem potentiam huius communitatis extollunt. Quae omnia non


tantum catholicae doctrinae adversantur, sed etiam fundamento
scientifico carent, a rectisque historicae methodi principiis aliena sunt.
2. Interpres, ut de firmitate eorum quae in Evangeliis traduntur recte
statuat, sollerter ad tria tempora traditionis attendat quibus doctrina et
vita Iesu ad nos pervenerunt.
Christus Dominus Sibi discipulos selectos adiunxit, [6] qui Eum ab
initio secuti sunt, [7] Eius opera viderunt verbaque audierunt et hoc
modo apti fuerunt qui Eius vitae et doctrinae testes essent. [8]
Dominus, cum doctrinam ore exponebat, modos ratiocinandi et
exponendi tunc temporis vulgatos sequebatur, ita ad mentem
auditorum Se accommodans et efficiens ut ea quae doceret firmiter
menti imprimerentur et commode a discipulis memoria tenerentur. Hi
miracula aliosque Iesu vitae eventus recte tanquam facta eo fine patrata
vel disposita, ut eis homines in Christum crederent et doctrinam salutis
fide amplecterentur, intellexerunt.
Apostoli imprimis mortem et resurrectionem Domini annuntiabant,
Iesu testimonium reddentes, [9] Eiusque vitam et verba fideliter
exponebant, [10] adiunctorum in quibus auditores versabantur, in
modo praedicandi rationem habentes. [11] Postquam Iesus a mortuis
resurrexit Eiusque divinitas clare perspecta est, [12] tantum afuit ut
fides memoriam eorum quae evenerant, deleret, ut eam potius
firmaret, quia fides in eis quae Iesus fecerat et docuerat [13] nitebatur.
Nec propter cultum quo discipuli exinde Iesum ut Dominum et Filium
Dei venerabantur, hic in mythicam personam mutatus est Eiusque
doctrina deformata. Non est autem cur negetur Apostolos ea quae a
Domino reapse dicta et facta sunt, auditoribus ea pleniore intellegentia
tradidisse, qua ipsi eventibus gloriosis Christi instructi et lumine
Spiritus veritatis [14] edocti fruebantur. [15] Inde est quod sicut Iesus
Ipse post resurrectionem interpretabatur illis [16] tum Veteris
Testamenti tum Sui Ipsius verba [17] ita et illi Eius verba et gesta, prout
auditorum necessitates postulabant, interpretati sunt. Ministerio verbi
instantes[18] variis dicendi modis, cum proprio proposito et
auditorum mente congruentibus utentes praedicaverunt; nam Graecis
ac Barbaris, sapientibus et insipientibus[19] debitores erant. [20] Hi

vero loquendi modi quibus praecones Christum annuntiaverunt,


distinguendi et perpendendi sunt: catecheses, narrationes, testimonia,
hymni, doxologiae, preces aliaeque id genus formae litterariae in Sacra
Scriptura et ab hominibus illius aetatis usurpari solitae.
Hanc instructionem primaevam, prius ore, deinde scripto traditam nam mox evenit ut multi conarentur ordinare narrationem rerum
[21] quae Dominum Iesum respiciebant - auctores sacri, methodo,
peculiari fini quem quisque sibi proposuit congrua, ad utilitatem
ecclesiarum quattuor evangeliis consignaverunt. Quaedam e multis
traditis selegentes, quaedam in synthesim redigentes, quaedam ad
statum ecclesiarum attendendo explanantes, omni ope annisi sunt ut
lectores eorum verborum de quibus eruditi erant, cognoscerent
firmitatem. [22] Hagiographi enim ex eis quae acceperunt, ea
potissimum selegerunt quae variis condicionibus fidelium et fini a se
intento accommodata erant, eademque eo modo narrabant qui eisdem
condicionibus eidemque fini congruebat. Cum sensus enuntiationis
etiam a consecutione rerum pendeat, Evangelistae tradentes verba vel
res gestas Salvatoris, hic in alio, ille in alio contextu, ea ad utilitatem
lectorum explicaverunt. Quapropter indaget exegeta quid Evangelista,
dictum vel factum hoc modo narrans vel in certo contextu ponens,
intenderit. Veritati narrationis enim minime officit Evangelistas dicta
vel res gestas Domini diverso ordine referre [23] Eiusque sententias
non ad litteram, sensu tamen retento, diversimode exprimere. [24]
Nam, ut ait S. Augustinus: Satis probabile est quod unusquisque
Evangelistarum eo se ordine credidit debuisse narrare, quo voluisset
Deus ea ipsa quae narrabat eius recordationi suggerere, in eis
dumtaxat rebus, quarum ordo, sive ille, sive ille sit, nihil minuit
auctoritati veritatique evangelicae. Cur autem Spiritus sanctus
dividens propria unicuique prout vult, [25] et ideo mentes quoque
sanctorum propter Libros in tanto auctoritatis culmine collocandos, in
recolendo quae scriberent sine dubio gubernans et regens, alium sic,
alium vero sic narrationem suam ordinare permiserit, quisque pia
diligentia quaesiverit, divinitus adiutus poterit invenire. [26]
Exegeta, nisi ad haec omnia quae ad originem et compositionem
Evangeliorum spectant attenderit et quaetumque probanda recentes
investigationes attulerunt, rite adhibuerit, munus suum perspiciendi

quid hagiographi intenderint quidque reapse dixerint, non implebit.


Cum ex eis quae novae inquisitiones contulerunt appareat doctrinam
et vitam Iesu non simpliciter relatas fuisse, eo solo fine ut memoria
tenerentur, sed praedicatas fuisse ita ut Ecclesiae fundamentum fidei
et morum praeberent, interpres testimonium Evangelistarum indefesse
perscrutans, vim theologicam perennem Evangeliorum altius illustrare
et quantae sit Ecclesiae interpretatio necessitatis quantique momenti in
plena luce collocare valebit.
Multa supersunt eaque gravissima in quibus edisserendis et
explanandis exegeta catholicus acumen et ingenium libere exercere
potest et debet, ut ad omnium utilitatem, ad maiorem in dies doctrinae
sacrae profectum, ad iudicium magisterii Ecclesiae praeparandum et
ulterius fuleiendum, ad Ecclesiae defensionem et honorem ex suo
quisque viritim conferat. [27] At semper animum gerat paratum ad
Ecclesiae magisterio obtemperandum, neque obliviscatur Apostolos
Spiritu sancto repletos bonum nuntium praedicasse, Evangelia
conscripta esse Spiritu Sancto inspirante, qui eorum auctores ab omni
errore praeservabat. Non enim per alios dispositionem salutis nostrae
cognovimus, quam per eos per quos Evangelium pervenit ad nos: quod
quidem tunc praeconaverunt, postea vero per Dei voluntatem in
Scripturis nobis tradiderunt, fundamentum et columnam fidei nostrae
futurum. Non enim fas est dicere, quoniam ante praedicaverunt quam
perfectam haberet agnitionem; sicut quidam audent dicere, gloriantes
emendatores se esse Apostolorum. Postea enim quam surrexit
Dominus noster a mortuis, et induti sunt supervenientis Spiritus Sancti
virtutem ex alto, de omnibus adimpleti sunt, et habuerunt perfectam
agnitionem; exierunt in fines terrae, ea quae a Deo nobis bona sunt
evangelizantes, et coelestem pacem hominibus annuntiantes, qui
quidem et omnes pariter et singuli eorum habentes Evangelium Dei.
[28]
3. Illorum vero quibus munus docendi in Seminariis vel in id genus
Institutis commissum est, prima cura sit, ut... sic omnino tradantur
Divinae Litterae, quemadmodum et ipsius gravitas disciplinae et
temporum necessitas admonent. [29] Magistri imprimis theologicam
doctrinam exponant, ut Sacrae Scripturae futuris Ecclesiae
sacerdotibus fiant et propriae cuiusque vitae spiritualis fons purus

atque perennis, et sacri concionandi muneris quod suscepturi sunt,


alimentum et robur. [30] Iidem cum artem criticam, ante omnia
litterariam, ut aiunt, exercent, id agant, non ut hanc artem propter
seipsam colant, sed ut eius luce sensum a Deo per hagiographum
intentum enucleatius perspiciant. Ne igitur sistant media via, suis
litterariis inventis unice contenti, sed insuper ostendant quomodo haec
reapse conferant ad doctrinam revelatam clarius intellegendam, vel, si
res ferat, ad fallacias refellendas. Qui alios instituentes has normas
sequuntur, efficient ut alumni in Sacra Scriptura id inveniant quod
mentem ad Deum attollat, animum enutriat, interiorem vitam
Promoveat. [31]
4. Ii vero qui populum christianum sacris contionibus erudiunt,
maxima prudentia opus habent. Imprimis tradant doctrinam, memores
admonitionis S. Pauli: Attende tibi, et doctrinae: insta in illis. Hoc
enim faciens, et teipsum salvum facies, et eos, qui te audiunt. [32] A
novitatibus futtilibus vel non satis probatis proponendis prorsus
abstineant. Opiniones novas, iam solide probatas, si necesse est, caute,
ratione habita auditorum, exponant. Cum eventus biblicos narrant,
adiuncta ficta veritati haud conformia ne addant.
Quae prudentiae virtus ab his praesertim colenda est, qui inter
christifideles scripta vulgant. Supernas divini verbi divitias sedulo
promant ut fideles... ad vitam recte conformandam moveantur et
incendantur. [33] Sanctum habeant numquam a communi doctrina ac
traditione Ecclesiae vel minimum discedere; utique vera scientiae
biblicae incrementa, quaecumque recentiorum sollertia contulerit in
rem suam convertant, sed temeraria novatorum commenta omnino
devitent. [34] Severe prohibentur quominus pernicioso pruritu
novitatis seducti, quaelibet difficultatum solutionis tentamenta sine
prudenti delectu et serio discrimine inconsiderate disseminent, ita
plurimorum fidem turbantes.
Iam pridem haec Pontificia Commissio de Re Biblica opportunum
censuit in memoriam revocare etiam libros et articulos in commentariis
et diariis de re biblica edendos, utpote res religiosas et ad religiosam
christifidelium institutionem spectantes, Ordinariorum auctoritati et

iurisdictioni subesse. [35] Rogantur ergo Ordinarii ut huiusmodi


scriptis vulgaribus maxima eum diligentia invigilent.
5. Consociationum biblicarum qui curam habent, legibus a Pontificia
Commissione de Re Biblica statutis inviolate obtemperent. [36]
Quae omnia si servata fuerint, studium Sacrarum Scripturarum cedet
in utilitatem fidelium. Nemo erit qui nostris etiam diebus non
experiatur quod S. Paulus scripsit: Sacrae Litterae possunt instruere
ad salutem, per fidem, quae est in Christo Iesu. Omnis scriptura
divinitus inspirata utilis est ad docendum, ad arguendum, ad
corripiendum, ad erudiendum in iustitia: ut perfectus sit homo Dei, ad
omne opus bonum instructus. [37]
Hanc autem Instructionem Ss.mus Dominus Noster Paulus Pp. VI, in
Audientia die 21 Aprilis a. 1964 infrascripto Rev.mo Consultori ab Actis
benigne concessa, approbavit et publici iuris fieri mandavit.
Romae, die 21 Aprilis a. 1964.

Beniamin N. Wambacq, O.Praem.,


Consultor ab Actis.

NOTAE
[1] I Tim. 3,15.
[2] Divino afflante Spiritu; Enchiridion Biblicum (EB) 564; A.A.S. XXXV
(1943), p. 319.
[3] Cf. Spiritus Paraclitus; EB 451; A.A.S. XII (1920), p. 392.
[4] Litt. Apost. Vigilantiae; EB 143; Leonis XIII Acta, XXII, p. 237.
[5] Divino afflante Spiritu; EB 560; A.A.S. XXXV (1943), p. 316.
[6] Cf. Mc. 3,14; Lc. 6,13.

[7] Cf. Lc. 1,2; Act. 1,21-22. [8] Cf. Lc. 24,48; Io. 15,27; Act. 1,8; 10,39;
13,31.
[9] Cf. Lc. 24,44-48; Act. 2,32; 3,15; 5,30-32.
[10] Cf. Act. 10,36-41.
[11] Cf. Act. 13,16-41 cum Act. 17,22-31.
[12] Act. 2,36; Io. 20,28.
[13] Act. 2,22; 10,37-39.
[14] Cf. Io. 14,26; 16,13.
[15] Io. 2,22; 12,16; 11,51-52; cf. 14,26; 16,12-13; 7,39.
[16] Lc. 24,27.
[17] Lc. 24,44-45; Act. 1,3.
[18] Act. 6,4.
[19] Rom. 1,14.
[20] I Cor. 9,19-23.
[21] Cf. Lc. 1,1.
[22] Cf. Lc. 1,4.
[23] Cf. S. Ioan. Chrys., In Mat., Hom. I, 3; PG 57,16-17.
[24] Cf. S. August., De consensu Evang., 2, 12, 28; PL 34,1090-1091.
[25] I Cor. 12,11.
[26] De consensu Evang., 2, 21, 61s.; PL 34,1102.
[27] Cf. Divino affante Spiritu; EB 565; A.A.S. XXXV (1943), p. 319.
[28] S. Iren., Adv. Haer., III 1, 1; Harvey II. 2; PG 7,844.

[29] Litt. Apost. Quoniam in re biblica; EB 162; Pii X Acta, III, p. 72.
[30] Divino afflante Spiritu; EB 567; A.A.S. XXXV (1943), p. 322.
[31] Divino afflante Spiritu; EB 552; A.A.S. XXXV (1943), p. 311.
[32] I Tim. 4,16.
[33] Divino afflante Spiritu; EB 566; A.A.S. XXXV (1943), p. 320.
[34] Cf. Litt. Apost. Quoniam in re biblica; EB 175; Pii X Acta, III, p. 75.
[35] Instructio ad Ex.mos locorum Ordinarios... 15 Dec. 1955; EB 626;
A.A.S. XLVIII (1956), p. 63.
[36] EB 622-633; A.A.S. XLVIII (1956), pp. 61-64.
[37] II Tim. 3,15-17.

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