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In copertina: Burchard del Monte Sion, Gerusalemme e i luoghi santi. Bibliothque Nationale, Parigi,
Ms fr 90-87
a cura di
Alessandro Musco e Giuliana Musotto
Indici a cura di
Federica Bertini - Giuliana Musotto - Adriele Scalia
2014
I saggi qui pubblicati sono stati sottoposti a Peer Review / The essays published here have been Peer Reviewed
Indice
Sessioni Plenarie
Pedro Bdenas de la Pea, Lenguas de traduccin y lenguas vivas. El
judeogriego (romaniota) y el judeoespaol (ladino), el camino hacia su
confluencia en el Pentateuco de Constantinopla (1547)............................................3
Olivia Remie Constable, Islamic Practice and Christian Power:
Sustaining Muslim Faith under Christian Rule in Medieval Spain,
Sicily, and the Crusader States.................................................................................25
Nadja Germann, Description Quantification Explanation. Some
Reflections on Natural Science in the Earlier Middle Age.......................................37
Cecilia Martini Bonadeo, Lottica nel dibattito medievale tra filosofi,
medici e astronomi. Il contributo di Ab Nar al-Frb.........................................59
Boghos Levon Zekiyan, Dynamiques et tensions dans la rencontre des
religions et des cultures au moyen age. Pour une nouvelle approche des
rapports entre religions et cultures avec un regard particulier sur la
spcificit armnienne...............................................................................................81
Sessioni ordinarie
Giuseppe Allegro, I latini di fronte ai greci nella prima met del XII
secolo. A proposito del filioque...............................................................................135
Susanna Alls Torrent, Le Vite di Omero tradotte da Pellegrino degli Agli........149
Maria Amlia lvaro de Campos, Aspetti della convivenza fra mondo
rurale ed urbano nella citt di Coimbra nel medioevo...........................................163
Francesco Paolo Ammirata, Ego sum Tartarus, et vado investigans
viam veritatis. Aspetti teorici della suppositio nel Liber Tartari et
Christiani di Raimondo Lullo..................................................................................179
VIII
Index
Index
IX
Index
Index
XI
Jakub Kujawiski, Non se troue que cestui capitule die plus, toutes
uoiez la rubrica plus demostre. Alcuni problemi della ricerca sui
rapporti fra volgarizzamento e tradizione del testo latino (esempio
della collezione storiografica del codice Paris, BnF, fr. 688).................................745
Mariana Leite, Cassandre et Cumane, deux sibylles entre lEspagne et lItalie....763
Francisco Len Florido, Roberto Holkot y los antecedentes medievales
del deus deceptor.....................................................................................................773
Giovanni Licata, Abraham de Balmes. Grammatico ebreo, filosofo,
traduttore di Averro...............................................................................................785
Luca Lombardo, Dante poeta darmi: Maometto e lorrore ineffabile
della guerra.............................................................................................................803
Mary Beth Long, Agaynes alle righte of kynde and nature: Beguine
Bodies as Community Scapegoats..........................................................................825
Rubn Luzn Daz, El funcionamiento del entendimiento y la voluntad
en el Llibre damic e amat, de Ramon Llull............................................................839
Pedro Mantas Espaa, Cooperacin intelectual y transmisin del
saber: Adelardo de Bath como caso paradigmtico...............................................853
Ivan Mariano, Le pouvoir du langage: Lexemple des ngociations
entre la chrtient grecque et le concile de Ble (1431-1437)...............................861
Jos Martnez Gzquez, Las traducciones latinas del Corn, una
percepcin limitada del Islam.................................................................................875
Francesca Paola Massara, Sincretismo e immagine alle porte del
Medioevo. Le gemme gnostico-magiche del Museo Archeologico di Palermo......891
Edmund J. Mazza, The Medieval Origins of Tolerance and
Reconciliation: Sacramental Theology and Christian Approaches to
Jews, Muslims, and Pagans....................................................................................907
Ana Mara C. Minecan, Problemas historiogrficos en torno a la
cuestin del averrosmo latino................................................................................915
Flvio Miranda, The Rule of Trade: Law and Commerce in Medieval Europe.....927
XII
Index
Index
XIII
XIV
Index
Index
XV
Giuseppe Muscolino
1
Secondo A. Saggioro (Il sacrificio pagano nella reazione al cristianesimo: Giuliano e Macrobio, Annali di Scienze dellEsegesi, 19/1 [2002] 239) Lo stesso interrogarsi sul sacrificio il risultato
di una forma mentis o di una esigenza esistenziale non genericamente umana ma culturale e
specificamente cristiana: per cui il sacrificio in senso cristiano, venendo a formularsi recuperando una
terminologia in ambito non-cristiano e specificamente derivata dalla cultura romana e un patrimonio
rituale tradizionale concettualmente dovuto al giudaismo e alle culture del Mediterraneo antico, per
interrogarsi su se stesso (come verit rivelata o come atto fondante della prospettiva salvifica umana)
deve ricercare anche le proprie origini storiche e i percorsi attraverso cui si mosso. In sostanza, a
partire dal nesso semantico elementare tra facere e sacer nella religione romana che si possono
rintracciare i documenti (non necessariamente linguistici e semantici o analitici e descrittivi) atti a definire una fase storica di partenza per la definizione di una generalizzazione descrittiva della categoria
sacrificio in senso occidentale.
2
Dalliniziale sovrapposizione dei ruoli da parte di Numa il quale, oltre ad essere re, anche
victimarius (cio esecutore materiale del sacrificio), e sacerdos (cio sovrintendente al sacrificio), successivamente, durante larco della storia di Roma, questi ruoli andranno ad essere coperti da personale
specializzato.
954
Giuseppe Muscolino
rispetto a quegli eserciti che non possono contare su una regolare dieta proteica3.
Allinterno di questo contesto politico, economico e sociale, Porfirio, riprendendo teorie di matrice orfico-pitagorica, aristotelica (con Teofrasto) e anche stoica,
sul tema del sacrificio cruento assume una posizione chiara che esprime in una delle
sue pi importanti opere etico-religiose: il De abstinentia4.
Lopera, scritta a Lilibeo in Sicilia intorno al 270- 275 d. C.5 e destinata ad un
suo discepolo ed amico Castricio Firmo, esorta allastensione dal nutrimento fatto di
carne di animali, in particolare di quelli che sono stati immolati durante un sacrificio.
Porfirio, limitatamente allesecuzione dei sacrifici cruenti, sostiene unidea contraria
alla prassi religiosa imperiale del tempo che prescrive invece di sacrificare gli animali agli dei, e successivamente di nutrirsi delle loro carni.
Largomento viene trattato in tutti i quattro libri dellopera6, anche se nel II
7
libro Porfirio comincia ad illustrare in modo specifico il tema secondo il quale il
filosofo deve sacrificare in modo corretto astenendosi dagli animali e dal sacrificio
cruento8. Infatti ad ogni ipostasi della realt intelligibile bisogna offrire un sacrificio
955
adatto: cos al Primo dio, che al si sopra di tutto, non si pu sacrificare nulla di
materiale, in quanto tutto ci che corporeo immediatamente impuro. A questo
Primo dio9 gradito solo il silenzio puro e il pensiero puro10, doni che il celebrante
pu offrire grazie allimpassibilit dellanima e alla contemplazione11.
Procedendo secondo la gerarchia del divino, Porfirio parla degli dei intelligibili a cui si devono offrire non solo la parola, che nello stesso momento un sacrificio
razionale (noer thysia) e un ringraziamento (eucharistia), ma anche i bei pensieri12.
dagli dei per i nostri bisogni, sarebbe assolutamente irragionevole che astenendoci noi stessi dagli esseri
animati ne offrissimo come primizie agli dei. Perch gli dei non sono inferiori a noi a tal punto da aver
bisogno degli animali, mentre noi non ne abbiamo bisogno, n permesso dalla legge divina offrire le
primizie di un cibo da cui noi ci asteniamo.
9
G. Girgenti (Il pensiero forte di Porfirio, Vita e Pensiero, Milano 1996, p. 207) fa notare che nel
Commentario al Parmenide (XII, 22-33) Porfirio: Afferma con vigore lidentit ultimativa dellUno e
dellEssere, inteso come attualit dinamica, come agire puro prima dellEnte. LUno, dice Porfirio, al di
sopra della sostanza e dellente, pertanto non n ente, n sostanza, n attivit; al contrario esso puro
agire non ancora determinato nella sussistenza dellente. Il primo Uno quindi lEssere prima dellEnte,
mentre il secondo Uno, possedendo lEssere per partecipazione al primo, lEnte.
10
S. Toulouse (Que le vrai sacrifice est celui dun coeur pur. propos dun oracle porphyrien (?) dans le Liber XXI sententiarum dit parmi les oeuvres de Augustin, Recherches Augustiniennes, 32 [2001] 216) sottolinea che: La condamnation du culte exclusivement matriel ou corporel;
la purification, conue comme un processus graduel et raisonn, et qui doit tre obtenue par un travail
sur soi-mme qui est lexercice mme des vertus; et mme la dification, opre par lassimilation de
lintellect lobject de sa vision, que Porphyre dnomme le sacrifice intellectuel. Toutes ces oprations intrieures sont exprimes par une srie de mtaphores emprunres au domaine du rituel, et par
ce sacrifice intellectuel du philosophe, on doit sans doute entendre laccomplissement, dans un acte
unique, des deux mots dordre dAristote, ton then therapuein kai theorin.
11
Cfr. Porphyrius, De abst. II, 34, 1-3, Vita Plotini 23, 7-13; Ad Marc. 16. M. Zambon (op. cit.,
p. 65) sostiene che per Porfirio: Lo scopo della vita delluomo , in ultima analisi, il ritorno allorigine,
cio lunione con il divino, secondo la formula tradizionale del platonismo di et imperiale: assimilazione al divino per quanto possibile. Tale assimilazione avviene mediante la contemplazione del vero
essere, linnalzamento al livello della vita nellintelligibile. Questo movimento nello stesso tempo il
risultato e la causa del riconoscimento, da parte dellanime delluomo, della propria vera natura, che
omogenea a quella dellintelletto divino. Per quanto concerne lassimilazione al divino S. Toulouse
(op. cit., p. 207) nota che: La description de Porphyre est premire vue descendante, de la fin (lassimilation) au moyen (le sacrifice intellectuel), puis la condition (la purification lgard des passions);
cependant, dune part, la purification est ici un fait accompli et lassimilation prsente comme un
procs en cours: dautre part, si lon rapproche ce passage dune analyse antrieure du sacrifice intrieur (De abstinentia II, 34, 3), il semble que limpratif de lunion et de lassimilation dieu ait pour
corollaire immdiat lexigence du don intellectif de soi-mme. Il faut donc sans doute comprendre que,
en ralit, dans la contemplation, qui est la vertu propre de lhomme divin, l tre et laction de l me,
quand elle atteint sa fin (qui est aussi son principe), deviennent une unit dans lintelligence divine. La
prsence Dieu, quand lme intellige, ne diffre pas de lassimilation Dieu.
12
Cfr. Porphyrius, De abst., II, 34, 4-5. Su questi dei intelligibili o Secondo Dio G. Girgenti (Il
pensiero forte di Porfirio, op. cit., p. 235) fa notare che: Lo stesso Uno gi in se medesimo una sorta
di Intelligenza assoluta, senza distinzione tra conoscente, conosciuto, conoscibile e conoscenza. Questo
956
Giuseppe Muscolino
Si suppone che anche al terzo Uno, o Anima del mondo, sebbene Porfirio non
lo specifichi in modo preciso, bisogna sacrificare solo cose interiori13.
Proseguendo ulteriormente nella gerarchia del mondo divino, Porfirio parla
del cosmo e degli dei fissi ed erranti a cui sono graditi solo ed esclusivamente esseri
inanimati14. A questi segue una moltitudine di dei invisibili che continua Porfirio Platone ha chiamato indiscriminatamente demoni. Porfirio stabilisce una netta
dicotomia tra demoni buoni e demoni cattivi: i primi sono tali perch riescono a
dominare con la ragione la loro parte irrazionale avvolta dallochema-pneuma15. Essi
amministrano le regioni sublunari, governano le stagioni, i climi, sono di aiuto per
gli uomini e ad essi si possono offrire preghiere, esseri inanimati e incensi.
Nella scala pi bassa del mondo divino si trovano i demoni malvagi che sono
tali in quanto non riescono a controllare con la ragione la loro parte irrazionale o
pneumatica16. Essi sono violenti, subdoli, arrecano danno alla natura e agli uomini,
vuol dire lIntelligenza gi nellUno, e che la generazione solo una manifestazione allesterno di
qualcosa che gi era allinterno. Pertanto lUno-Dio Figlio e Padre di se medesimo.
13
Porfirio (De abst., II, 37, 1-2) sostiene che anche lAnima del mondo non ha, come il Primo
Dio, bisogno di nessuna delle cose esterne. Essa infatti: Ha per natura triplice dimensione e la facolt
di muoversi da se stessa e che naturalmente si propone di muoversi con bellezza e con ordine e di muovere il corpo del mondo secondo le migliori ragioni. Ha accolto in se il corpo e lo ha stretto sebbene
fosse incorporea e non partecipe di nessuna passione. G. Girgenti (Il pensiero forte di Porfirio, op.
cit., p. 274) sottolinea che lAnima la stessa Triade intelligibile ad un livello pi basso, ove la molteplicit e il movimento sono maggiori: questo determina il suo essere intellettuale. Il primo Uno e il
secondo uno formavano triade insieme; similmente il secondo Uno e lAnima formano triade insieme;
e, come abbiamo visto, il primo termine di questa Triade lintelligenza demiurgica, in quanto manenza
e conversione verso di se e verso il paradigma delle Idee; luscita dellIntelligenza demiurgica da se
determina la donazione della Vita allUniverso e quindi la generazione del Cosmo; infine la conversione
di questa Intelligenza una-e-molteplice in se medesima propriamente lAnima demiurgica, ricalcata
sul Timeo Platone. Lanima che riflette la sfera divina quindi una triade con la stessa struttura, cio si
articola in essere, vita e pensiero e riflette cos la triade costituita dal primo e dal secondo Uno.
14
Cfr. Porphyrius, De abst. II, 37, 3.
15
Il corpo pneumatico avvolge tutte le anime: dallAnima universale, agli di, ai dmoni, agli
uomini. Tuttavia M. Di Pasquale Barbanti (Ochema-Pneuma e Phantasia nel Neoplatonismo, aspetti
psicologici e prospettive religiose, CUECM, Catania 1998, p. 109) fa notare che: Esso differente
nellAnima universale, in quanto ha la stessa natura della luce che compone lAnima e, pur essendo
simile agli astri, si differenzia per semplicit. Dunque continua M. Di Pasquale Barbanti (op.
cit., pp. 112-113) inizialmente etereo, poich lanima si trova in una condizione di purezza; quindi
diventa solare quando lattivit dellanima, piuttosto che essere razionale, si fa immaginativa; diventa
lunare quando lanima desidera assumere una forma; diventa pesante e umido quando lanima cade nei
corpi, si mescola alla generazione e dimentica la realt intellegibile che prima contemplava. L. Simonini (Commento a Porfirio, Lantro delle ninfe, a cura di L. Simonini, Adelphi edizioni, Milano 1986,
p. 124) aggiunge che: Originariamente composto di etere, lo pneuma scendendo prende elementi di
vari pianeti, si ispessisce e si oscura assorbendo umidit dallaria.
16
Porphyrius, De abst., II, 38, 4, 9-14: Ma quante anime non dominano il corpo pneumatico
ad esse contiguo ma ne sono per la maggior parte dominate per questa ragione sono eccessivamente
957
sono molto pericolosi e si nutrono del sangue e del fumo provocato dal grasso delle
vittime con il quale vanno ad ispessire la loro parte pneumatica17.
chiaro quindi che per Porfirio il sacrificio cruento serve solo al culto dei
demoni malvagi, unici destinatari di questo tipo di offerte sacrificali. Si presenta a
questo punto per il filosofo il grosso dilemma: tollerare i riti cruenti in accordo con
la religione di stato oppure condannarli contravvenendo alle leggi dellimpero?
Dopo aver opportunamente diversificato i piani del divino e aver chiaramente
distinto la natura delle offerte che devono essere donate a ciascun dio o demone,
Porfirio affronta il problema della posizione del filosofo-sacerdote che, iniziato ai
misteri, perfettamente a conoscenza del fatto che questi sacrifici cruenti servono
spinte e trasportate, quando le collere e gli appetiti del corpo pneumatico partono allattacco. Queste
anime sono anchesse dei dmoni, ma si potrebbero giustamente dire malefici. C. Castelletti (Commento al frammento 2, Porfirio, Sullo Stige, a cura di C. Castelletti, Bompiani, Milano 2006, p. 184)
sottolinea che: I demoni cattivi sono potenze inferiori, ma simmetriche ai demoni buoni e agli di.
17
Porphyrius, De abst., II, 42, 3, 16-20: Sono essi (scil. i dmoni) che gioiscono delle libagioni
e dellodore delladipe delle vittime con cui ingrassa la parte pneumatica e corporea. Ch questa vive di
vapori e di esalazioni in maniera varia mediante effluvi vari e trae la sua forza dai fumi che esalano dal
sangue e dalle carni. L. Simonini (op. cit., p. 133) fa notare che: Sono queste le anime che provano
piacere alle libagioni e al fumo di carni con cui ingrassano la parte pneumatica e corporea: questa parte,
infatti, vive di vapori e di esalazioni, e trae la sua forza dai fumi che salgono dal sangue e dalla carne
bruciata. Di riflesso alle anime umane- secondo M. Di Pasquale Barbanti (op. cit., p. 121) accade
che: Pi si lasciano attrarre dalle preoccupazioni materiali e si disperdono nel molteplice della sensibilit, pi si affievolisce la loro spiritualit e si ispessisce il loro pneuma, il quale si impregna di quelle
particelle di aria dove abitano, appunto i cattivi demoni, che nel mondo di quaggi sono portatori di
ogni male. Sono questi demoni che, tramite il pneuma, degradano lanima, la quale pervertita discende
negli inferi con il suo veicolo, in attesa di reincarnarsi. Tuttavia lanima ha la possibilit di sfuggire a
questo tipo di degradazione. E pu farlo in due modi: sia scegliendo la via della ragione e della contemplazione filosofica proposta da Plotino e condivisa da Porfirio, ma riservata a pochi, sia attraverso i riti
e le iniziazioni del culto teurgico stabiliti dagli stessi di che agiscono sullanima pneumatica e sulla
phantasia. C. Castelletti (op. cit., p. 176) aggiunge che: In Porfirio spesso evocato il concetto che
i demoni cattivi siano attratti dalle fumigazioni dei sacrifici e dal sangue. Lidea gi presente in Celso
(Origenes, Contra Celsum, VIII, 60) e nelle Sentenze (Sent. 564) di Sesto. Il concetto legato alla dottrina stoica dell anathymasis, secondo la quale gli astri si nutrono delle esalazioni terrestri []. Porfirio menziona questa dottrina, ma sottolinea leffetto funesto sullanima delle esalazioni provenienti
dalla terra. Lanathymasis qui considerata pericolosa, poich essa appesantisce lanima e ne provoca
la discesa e la degradazione. Vd. anche A. R. Sodano, note al testo (capitolo secondo), Porfirio, Astinenza dagli animali, op. cit., p. 423, n. 84. Per quanto concerne laspetto della purificazione teurgica E.
Dodds (I Greci e lIrrazionale, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1959, p. 344) sottolinea che Porfirio
nel De regressu animae [Augustinus, De civit., X, 32= fr. 1 Bidez]: Sostiene che le teleti teurgiche
erano capaci di purificare la pneumatik psych rendendola aptam susceptioni spirituum et angelorum,
et ad videndos deos; ma avvertiva i lettori trattarsi di pratica pericolosa, che si prestava a cattivi usi,
oltre che buoni; negava poi che essa potesse operare il ritorno dellanima a Dio, o anche soltanto a ci
concorrere in modo indispensabile. Porfirio, in realt, era ancora plotiniano nel cuore, ma aveva fatto
concessioni pericolose alla scuola avversaria.
958
Giuseppe Muscolino
A. Camplani (Il sacrificio come problema in alcune correnti filosofiche dellet imperiale,
Annali di Storia dellEsegesi, 19/1 [2002], 84) propone lidea secondo la quale la coesistenza di sacrificio spirituale e sacrificio materiale abbia una matrice ermetica, specialmente nellAsclepius (37-38)
dove: La concezione secondo la quale alle diverse porzioni della divinit si deve offrire un diverso
culto, da quello materiale a quello intellettuale e sovrarazionale, si potrebbe coniugare nellermetismo,
in particolare nellAscl., con concezioni di carattere teurgico, per cui la materia animale pu essere
usata quale simbolo in grado di suscitare negli dei la buona volont, il loro riconoscersi nelle forme
del culto. In altri termini, proponiamo lipotesi di una implicita giustificazione teorica nellAscl. Della
coesistenza di culto materiale e di culto spirituale; il tutto connesso, per cui anche ci che materiale
pu avere riflessi sul dio supremo, in virt non solo della simpatia cosmica, ma anche della presenza
immateriale del dio supremo nella materia oggetto di operazioni rituali e pratiche sacrificali. Inoltre
M. Zambon (op. cit., p. 70) osserva che: Il sacrificio intellettuale di cui parla Porfirio ha un carattere
eminentemente individuale, esso realizza quella fuga di solo verso il Solo di cui Plotino parlava alla
fine di un trattato che , non a caso, Porfirio pone come sigillo della propria edizione delle Enneadi (VI
9, 11, 51). Ora attraverso la consumazione della vittima, il rito sacrificale istituisce anche una relazione
di comunione ed una gerarchia fra i partecipanti al rito; esso riveste, dunque, un ruolo nella produzione
e nella conservazione dellordine sociale. A questa funzione politica del culto sacrificale anche Porfirio
si mostra sensibile, quando prescrive la scrupolosa osservanza del culto patrio e quando polemizza
contro i cristiani.
19
Sul De pietate G. Bodei Giglioni (Come gli uomini diventarono malvagi: sviluppo della civilt, alimentazione e sacrificio in Teofrasto, Rivista Storica Italiana, 1991 [103] 9-10) sostiene che: Non
sappiamo quando Teofrasto abbia composto il suo libro sulla piet. Si avanzata la supposizione che si
tratti di unopera giovanile oppure di un lavoro databile al 315 o al 314. E, in effetti, si potrebbe pensare
ad una data immediatamente successiva allassoluzione dallaccusa di empiet (ormai abituale per i
filosofi, e da cui erano gi stati colpiti Anassagora e Socrate). Sotto il benevolo governo del peripatetico
Demetrio di Falero, Teofrasto avrebbe infatti potuto liberamente scagionarsi da quella che era la vera imputazione, di essere cio un antidemocratico, amico di una potenza straniera, di cui lo stato ateniese era
divenuto un protettorato. Attraverso questopera, inoltre, avrebbe meglio illustrato la sua dottrina, parlando chiaro spiegando non solo quanto lempiet le fosse estranea, ma anche quali ne fossero le cause
remote e quali rimedi si potessero ragionevolmente adottare per ritornare ad un giusto rapporto tra uomo
e natura e tra uomo e divinit: alleusebeia, appunto. Infine, in questa stessa situazione avrebbe potuto
sperare nellaiuto di Demetrio restauratore dei costumi per avere qualche probabilit che le sue parole
non restassero lettera morta. Forse Teofrasto che non aveva certo la stoffa di un riformatore religioso,
malgrado la cauta ripresa di alcune tendenze orfico-pitagoriche, passate attraverso il platonismo si
18
959
parte dellopera Sui sacrifici di Apollonio di Tiana, sostiene che il sacrificio cruento,
sebbene ammesso e accettato, non altro che il frutto della degenerazione dei costumi e dellimbarbarimento delluomo.
Riprendendo lo scritto teofrasteo Porfirio spiega che inizialmente gli uomini
vivevano in una condizione ideale, erano in pace tra loro, trovavano tutto ci di
cui avevano bisogno proprio nella natura la quale spontaneamente elargiva tutto il
necessario. Essi offrivano in ringraziamento agli dei le primizie della terra, astenendosi quindi da qualsiasi sacrificio di sangue. Ma allora quale fu levento traumatico
che fece cambiare stile di vita al genere umano facendolo degenerare e portandolo
di conseguenza non solo ad una dieta carnea ma anche ad offrire agli dei ci di cui
si nutriva? Secondo Teofrasto20 levento traumatico fu proprio la comparsa della
carestia e di conseguenza della fame21. Gli uomini, provati dalla penuria dei cereali
rivolgeva qui anche ai charientes, a quei nuovi gruppi sociali che volevano sostituire alle virt civiche
democratiche il valore della charis e della benevolenza, ossia della gratitudine e dellaiuto reciproco tra
gente dabbene e di una nuova piet tra uomini e dei. E ci in contrasto tanto con la superstizione popolare
quanto con lo sfarzo sfacciato dei ricchi e dei potenti, quanto forse con i primi segnali di una teoria che
predicava il disinteresse degli dei per le faccende umane (il giovane Epicuro?).
20
La polemica di Teofrasto contro i sacrifici cruenti osserva G. Bodei Giglioni (op. cit., p.
29) sembra avere in tal senso motivazioni diverse e, per certi aspetti, opposte se paragonata a quella di
Porfirio. Mentre questultimo pone infatti al centro delle sue preoccupazioni la paura di una contaminazione attraverso il sangue delle vittime (paura suscitata nellindividuo che prepara lanima a trasmigrare
dal suo attuale corpo), in Teofrasto domina invece la dimensione sociale, al cui interno si pongono,
sebbene non si esauriscano, anche i rapporti con la divinit. Le offerte cruente sono per lui fonte permanente di cattivi esempi, stimolo alla violenza e stravolgimento delle leggi che dovrebbero regolare i
rapporti tra gli uomini, oltre che quelli tra uomini e divinit. [] Mentre per Porfirio il problema della
salute dellanima dunque preminente rispetto a quello della storia dellumanit e dei suoi esiti attuali
(perch la via della salvezza riservata ai singoli o a piccoli gruppi) per Teofrasto, al contrario, la questione del perch e del come si sia giunti alla situazione attuale senzaltro la pi importante, mentre
quella della salvezza dellanima individuale non sembra interessarlo pi di tanto. Vd. anche Y. Bubloz, Quand la dmonologie fournit des arguments au vgtarisme, Chronozones, 4 [1998] 12-17).
21
Cfr. Porphyrius De abst., II, 9, 1. possibile per Teofrasto si chiede G. Bodei Giglioni (op.
cit. pp. 5-6) invertire questa tendenza, procedendo in modo retrogrado, andando cio verso un futuro
che assomigli al passato, alla fase che precede la decadenza del genere umano, al periodo cio in cui la
violenza era sconosciuta, in cui si seguiva una dieta strettamente vegetale e si onorava la divinit dedicandole i prodotti della terra? La guerra tra gli uomini e quella tra gli uomini e gli animali, cos come ha
avuto inizio, potrebbe anche avere un termine? Se gli uomini questa lassunzione forte contenuta
nel Per eusebeias offrono alla divinit le stesse cose di cui si cibano, allora il sacrificio di animali
presuppone il cibarsi di essi. A sua volta, tale nuovo regime alimentare rinvia ad un evento traumatico,
alla comparsa della fame, nella forma generalizzata di grandi carestie, che indussero gli uomini, per
la prima volta, ad ammazzare gli animali e, in seguito, una volta abituati al sangue, a muoversi guerra
reciprocamente. questa, del resto, la spiegazione che non solo Teofrasto, ma la maggior parte dei
popoli offre come causa o scusante di tale comportamento. La conclusione implicita di Teofrasto che
gli istinti aggressivi, la guerra stessa e nei rapporti con la divinit le offerte di uomini e di animali
non sono atteggiamenti insiti nella natura umana. Non costituiscono perci un comportamento costante
960
Giuseppe Muscolino
e dei frutti offerti dalla terra, dovettero, uccidere per nutrirsi. Una volta assaggiata
la carne e nutrendosi di essa, cominciarono anche a dichiararsi guerra tra di loro e
ad uccidersi: in questo modo la natura degli uomini divenne talmente malvagia che
arrivarono ad offrire agli dei anche vittime umane22.
Alla fine di questo brevissimo excursus sulla concezione porfiriana del sacrificio, possiamo tentare in modo molto generale di guadagnare qualche osservazione
conclusiva. Innanzitutto Porfirio sente lesigenza di fare chiarezza sulla pratica sacrificale degli adepti alla scuola di Plotino e in generale a coloro che professano la
filosofia come stile di vita i quali devono assolutamente astenersi da qualsiasi pratica
sacrificale che varchi i limiti della contemplazione e della vita ascetica. Per queste
persone ogni diverso tipo di sacrificio viene completamente delegittimato, anzi viene
ritenuto molto pericoloso.
Tuttavia egli sente lesigenza di rispettare la prassi sacrificale secondo le leggi
dello stato e della tradizione e riserva la pratica dei sacrifici cruenti alla maggioranza delle persone che non hanno consacrato la loro vita alla filosofia23. Queste,
pur essendo spiritualmente meno capaci di un contatto col divino, possono comunque raggiungere anchesse una parziale partecipazione ed una limitata purificazione
dellanima24.
Sebbene Porfirio assuma una posizione di tolleranza nei confronti dei sacrifici
cruenti, restano comunque delle aporie che per un neoplatonico dovevano avere una
certa importanza e soprattutto dovevano creare un certo imbarazzo. In ambito cristiano,
dove la polemica con la cultura pagana in generale e in modo particolare con il Neoplatonismo aveva assunto toni sempre pi accesi, tutto ci viene subito rilevato dallesponente cristiano contemporaneo al discepolo di Plotino, cio da Eusebio di Cesarea.
Nella Praeparatio evangelica Eusebio sottolinea le aporie di Porfirio presenti
nella Philosophia ex oraculis e nel De abstinentia sul tema del sacrificio:
Si pu confutare questuomo scrive Eusebio in P. E IV, 8, 4-5 sulla base
dei suoi propri scritti e comportamenti. Infatti egli nei libri che ha intitolato La
filosofia desunta dagli oracoli adduce oracoli in cui Apollo comanda di compiere sacrifici con animali e di sacrificarli non soltanto ai demoni e alle potenze
che sono intorno alla terra ma anche a quelle eteree e celesti. Egli stesso invece
in unaltra opera (scil. il De abstinentia) riconosce che sono demoni e non dei
o eterno di un genere umano che sempre esistito, ma che ha mutato orientamenti e costumi nel tempo. Anchessi, cos come sono nati in un certo periodo (storicamente diremmo noi), allo stesso modo
potrebbero scomparire.
22
Cfr. Porphyrius De abst., II, 8, 3.
23
Paradigmatico mi sembra quel passo della V. P. (10, 36) dove si racconta che alla richiesta
formulata dal discepolo Amelio di seguirlo per officiare i sacrifici, Plotino risponde: Non sono io che
devo andare da loro (scil. i demoni invocati con il sacrificio), sono loro che devono venire da me.
24
Cfr. A. Camplani, op. cit., p. 99.
961
Tuttavia mentre da un lato Eusebio non perde occasione per attaccare lodiato
Porfirio, dallaltro si servir di argomenti porfiriani, svolti nel De abstinentia, non
solo per stigmatizzare in generale tutti i sacrifici cruenti, ma anche per spiegare come
dalla barbarie pagana26 e giudaica27 si sia arrivati al sacrificio perfetto rappresentato
da Cristo, figlio di Dio, che si immola per il bene di tutta lumanit.
Il problema viene affrontato in modo diretto nella Demonstratio evangelica
(I, 10) dove il vescovo di Cesarea contrappone i pagani che avevano scritto contro
i sacrifici cruenti e la Sacra Scrittura piena di esempi in cui le offerte di sangue non
solo non erano avversate, ma addirittura incoraggiate da Dio stesso28. Per giustificare
ci Eusebio ricorre a Lev. 17, 11 dove gli animali vengono paragonati ai germogli
della terra e alle piante, deducendo che gli Ebrei non hanno commesso alcun peccato
quando hanno offerto a Dio sacrifici cruenti e si sono cibati delle carni immolate29.
Cos facendo Eusebio mette sullo stesso piano sia i pagani sia gli antichi Ebrei,
sottolineando tuttavia che mentre i pagani peccano comunque perch offrono i loro
sacrifici, anche se non cruenti, agli dei30, gli Ebrei invece offrono i sacrifici allunico
La traduzione di M. Simonetti.
Eusebio, dopo aver riportato perfettamente in P. E. IV 9-16 le motivazioni addotte da Porfirio nel trattato sul De abstinentia, conclude, citando ancora alla lettera il De abstinentia (P. E. IV
18, 1): Perci luomo accorto e saggio si guarder bene dal fare uso di tali sacrifici per attirare a s
con questi il favore di costoro (cio dei demoni). Si adoperer piuttosto a purificare completamente la
sua anima, perch essi non insidiano unanima pura, in quanto a loro estranea. Se poi nelle citt c
necessit di placare anche questi demoni, di ci a noi nulla interessa. Cos, dopo aver citato De abst.
II, 43, 1, Eusebio conclude (P. E. IV, 19, 5-6): Se luomo accorto e saggio si guarder bene dal fare
uso di tali sacrifici per attirare a s il favore dei demoni, sacrifici che comportano effusione di sangue
e sgozzamento di animali irrazionali, ne consegue che a ragione non potr essere definito saggio e accorto nessuno di quanti anticamente offrivano ai demoni sacrifici di animali e addirittura di uomini. Ma
risulta che dovunque quasi tutti i popoli, per cos dire, prima che si manifestasse agli uomini il nostro
Cristo, placavano i demoni cattivi offrendo in ogni luogo sacrifici umani. Perci nessuno di costoro
stato accorto e saggio.
27
M. Simonetti (Eusebio sui sacrifici pagani e giudaici, Annali di Scienze dellEsegesi, 19/1
[2002] 103) sottolinea che Eusebio aveva fatto nella P. E. una chiara distinzione fra ebrei e giudei: i
primi erano gli antichi patriarchi che avevano praticato una religione santa e pura, i secondi invece
erano coloro che si erano contaminati con il costume egizio dopo la schiavit, e quindi avevano cominciato a compiere sacrifici cruenti. Tuttavia la distinzione non reggeva in quanto anche Abele e Abramo
avevano fatto sacrifici cruenti.
28
Cfr. Gen 4, 3-5; Gen 8, 20-21
29
Cfr. Gen 9, 3.
30
Eusebio mette sullo stesso piano gli dei pagani e i demoni cattivi.
25
26
962
Giuseppe Muscolino
Dio in cambio della loro vita31, preannunziando lavvento del sacrificio perfetto32.
Questo evento si concretizza con la venuta del Cristo il quale si immola come
agnello per il bene di tutta lumanit33: i grandi profeti lo avevano preannunciato34 ed
Egli ha mantenuto la sua promessa. Da oggi in poi bisogner quindi fare un sacrificio
nuovo fatto di preghiere e di lodi in memoria dellimmolazione dellagnello di Dio.
Per cui, secondo il vescovo di Cesarea, anche gli Ebrei dovranno celebrare, secondo
la nuova alleanza, un nuovo sacrificio di riconciliazione35.
Sebbene Eusebio si rifaccia non solo ai profeti dellAntico Testamento ma
anche a Giovanni36 e allapostolo Paolo37, ci sono dei passi in cui il dettato paolino
31
Eusebius, Demonstr. ev. I, 10, 7: Pertanto, non potendo sacrificare niente di pi nobile e di
maggior valore della propria anima, in luogo di questa istituirono il sacrificio di animali irrazionali,
offrendolo come sostituzione della loro propria anima. Essi erano sicuri di non peccare, agendo cos,
e di non compiere uningiustizia. Infatti erano convinti che lanima dagli animali non identica alla
facolt razionale e pensante degli uomini, poich avevano appreso che quellanima altro non era che il
loro sangue e la facolt vitale contenuta nel sangue. La traduzione di P. Carrara.
32
M. Simonetti (op. cit., p. 107) nota che: Eusebio riuscito a comporre organicamente dati
altrove separatamente esposti, in modo da rivalutare, a raffronto di quello dei pagani, il sacrificio cruento dei giudei nel momento stesso in cui, giustificandolo come prefigurazione profetica del sacrificio di
Cristo, ne rileva la transitoriet e ne proclama lo svuotamento e la fine.
33
Eusebius, Demonstr. ev. I, 10, 15: Questa vittima era il Cristo, di cui era stato predetto, fin
dai tempi antichi, che sarebbe venuto dallalto agli uomini e che sarebbe stato immolato come agnello
in favore di tutto il genere umano.
34
Cfr. Ibid., 16-19.
35
Ibid., 35: Tutti questi atti di culto, annunciati da secoli, oggi sono celebrati, grazie
allinsegnamento del nostro Salvatore, da tutti i popoli, e la verit rende testimonianza alla voce dei
profeti, per mezzo della quale Dio ha rifiutato i sacrifici mosaici ed ha annunciato il nostro futuro, con
queste parole (Ml 1, 11): Poich dal sorgere del sole fino al tramonto il mio nome glorificato tra le nazioni. E in ogni luogo offerto un sacrificio al mio nome e unofferta pura. G. Rinaldi (Cristianesimi
nellantichit, Sviluppi storici e contesti geografici (Sec. I-VIII), Edizioni GBU, Chieti-Roma 2008, pp.
777-778) sottolinea che: La Santa Cena sacrificio in quanto preghiera a Dio anzi il sacrificio per
eccellenza poich latto di culto cristiano per eccellenza. I cristiani dei primi tre secoli, in conclusione,
avevano parlato della Santa Cena adoperando il lessico della piet intesa come sacrificio, un lessico
verso il quale sembravano convergere tanto il giudaismo del secondo tempio quanto la religiosit tardo
ellenistica; questa tendenza confluir nella credenza che la Santa Cena sia il sacrificio della Nuova
Alleanza e che, quindi, il ministro di culto sia il sacerdote, che la tavola del pasto sia laltare e che il
collegamento tra la Santa Cena e la morte di Ges sia da intendersi come un ricorrente rinnovamento di
questultimo: la dottrina cattolico-romana della messa. Un importante documento che attesta questo
processo lEp. 63 di Cipriano di Cartagine dove il ministro di culto sacerdos, assimilato a Ges
Sommo Sacerdote, e la Santa Cena loblatio ad sacrificium.
36
Cfr. Eusebius, Demonstr. ev. I, 10, 17; Gv 1, 29.
37
Cfr. Eusebius, Demonstr. ev. I, 10, 20; Gal 3, 10; 2Cor 5, 21. G. Rinaldi (Cristianesimi
nellantichit, op. cit., p. 777) per quanto concerne lapostolo Paolo fa notare che: Nella teologia
paolina la morte di Ges in croce chiaramente intesa alla luce del suo tipo veterotestamentario: il
sacrificio-offerta in espiazione dei peccati. Tale sacrificio, di conseguenza, non possibile che sia mes-
963
so in atto dalluomo (anche per la sua natura peccaminosa), ma opera esclusivamente di Dio. Pertanto
in Paolo, il culto cristiano nella sua totalit un sacrificio di ringraziamento, anzi lintera esistenza del
cristiano , in quanto opera della fede, un sacrificio. Paolo si muove nella scia di una concezione ben
attestata nel tardo giudaismo secondo la quale sacrificio ogni azione che conforme alla Legge, soltanto che al posto di questultima v ladeguamento del credente alla volont di Dio espressa in Ges.
E. Mazza, Eucaristia come sacrificio nella tradizione liturgica antiquiore, Res publica litterarum:
studies in the classical tradition, 271 [2008] 13 fa notare che: La chiesa nascente si appropri subito di
questa definizione (scil . Malachia 1, 10.) e la applic alleucaristia. Una citazione talmente importante
che venne usata per spiegare la natura stessa delleucaristia profetizzata gi nellAntico Testamento come sacrificio che succede a quelli giudaici. Questo nuovo sacrificio di natura completamente
diversa dai precedenti che sono cruenti, ossia con luccisione degli animali. Leucaristia no. Qui non c
alcuna uccisione, qui non muore nessuno, anzi, non c nemmeno la vittima. Ma allora si pu parlare di
sacrificio se non c nemmeno la vittima?.
38
Cfr. 1Cor 8, 7-8.
39
Cfr. 1Cor 10, 20, 22.
40
Cfr. Ibid., 25-30.
41
Cfr. 1Tim 4, 1-5.
42
Sebbene la collezione dei frammenti di A. von Harnack (Porphyrius Gegen Die Christen,
15 Bcher, Abhandlungen der Kniglich Preussischen Akademie der Wissenschaften, Berlin 1916)
sia stata fortemente messa in dubbio dalla critica, essa resta a tuttoggi lunica edizione a cui si fa
riferimento. Per le problematiche concernenti lopera di Harnack rinvio alla mia traduzione integrale:
Porfirio, Contro i Cristiani, a cura di G. Muscolino, Edizioni Bompiani, Milano 2009.
43
Porfirio, Contro i Cristiani, op. cit., p. 185, fr. 1 (Eusebius, P. E. I, 2): Di quale perdono
dovranno essere considerati degni coloro che da che mondo e mondo presso tutti i Greci e i barbari,
nelle citt e nelle campagne, hanno disprezzato ogni forma di sacrificio, riti di iniziazione e misteri, e
nello stesso tempo si sono rivolti come detentori della scienza divina a tutti i quanti i re, i legislatori e i
filosofi, raccogliendo con empiet le scelleratezze esistenti tra gli uomini?.
964
Giuseppe Muscolino
meno di nutrirsi delle carni immolate agli idoli44, scagliandosi polemicamente con
forza contro leucaristia ritenuta una pratica barbara e immorale e rifiutandosi conseguentemente di interpretare allegoricamente45 la prescrizione di nutrirsi del corpo
e del sangue del Cristo inteso come nutrimento spirituale46.
Alla luce di quanto si potuto vedere fin qui sul problema della diversa concezione del sacrificio pagano e cristiano del III secolo, bisogna fare un accenno al IV
secolo in cui dopo la dogmatizzazione niceana del Cristianesimo e la svolta filocristiana intrapresa dallimpero con Costantino la polemica tra le due diverse culture,
esattamente come la loro interazione, diventer sempre pi forte e serrata. Esponenti di
questo secolo di grandi tensioni che hanno dato alla pratica sacrificale una particolare
enfasi sono limperatore Giuliano e, a cavallo tra il IV e il V secolo, Agostino.
Uno degli aspetti che caratterizza il ritorno dellimpero alla paganitas rappresentato proprio dai sacrifici i quali vengono officiati personalmente da Giuliano.
Infatti egli incarna in s le figure del victimarius, cio di colui che materialmente
uccide la vittima e il ruolo del sacerdos cio di colui che sovrintende al sacrificio.
Lunificazione delle due figure acquista in Giuliano un forte significato simbolico:
limperatore intende rifarsi a Numa in quanto per primo aveva officiato un culto nuovo per Roma incarnando contemporaneamente le due figure. questo il messaggio
politico-sociale che limperatore intende dare: il ritorno dellimpero al paganesimo
deve essere completo e deve concretizzarsi nella riapertura dei templi pagani, nelladorazione degli dei di Roma, nel culto e nel sacrificio secondo la tradizione47.
Un altro importante effetto che scaturisce dalla celebrazione del sacrificio da
parte dellimperatore va rilevato nellimmediato riscontro che questo gesto sortisce
sia sulle truppe, su cui Giuliano a capo, sia sui nemici. Essere a capo del rituale
sacrificale, interpretare gli eventi grazie alla lettura delle interiora delle vittime sa-
44
Cfr. Porfirio, Contro i Cristiani, op. cit., p. 235, fr. 32 (Macarius, Apoc. III, 35) e p. 237, fr.
33 (Macarius, Apoc. III, 36).
45
Per quanto concerne la critica allallegoria cristiana vd. Porfirio, Contro i Cristiani, op. cit.,
p. 249 e seg.; fr. 39 (Eusebius, H. E. VI, 19, 2), p. 291; fr. 45 (Hieronimus, Comm. in Os. 1,2; 2,8), pp.
291-293; fr. 46 (Augustinus, Ep. 102), pp. 441- 443; fr. I (Binder) (Didimus Caecus, Comm. in Eccl.
9, 10), pp. 441-443.
46
Cfr. Porfirio, Contro i Cristiani, op. cit., p. 337, fr. 69 (Macarius, Apoc. III, 15) e p. 502, nota 340.
47
Secondo A. Saggioro (op. cit., p. 245): Limperatore, uomo dazione e di pensiero, potremmo dire mente e braccio dellatto rituale, ideatore e realizzatore del programma religioso, attivo in
prima linea e in prima persona implicato, andando oltre la funzione quasi destorificata di rifondatore
del rituale, vorrebbe essere motore propulsivo rispetto alla collettivit. Ammiano ne parla in chiave
negativa, quasi polemica: ma dal racconto dello storico traspare, quantomeno, la possibilit di riferire
comportamenti o intenti simili ad Adriano e a Marco Aurelio. Come dire che, ragionando sul piano
dellapplicazione religiosa romana, il comportamento troppo scrupoloso o eccessivamente dedito al
sacrificio da parte di Giuliano non doveva essere un unicum ma una modalit ricorrente e possibile a
seconda del carattere dellofficiante in capo, imperatore o altro che fosse.
965
crificali, evocare gli dei di Roma, doveva avere un forte impatto sulle legioni che si
sentivano legate ad un potente condottiero, amato dagli dei e temuto dai nemici48.
Infine il sacrificio della vittima durante il rito sacrificale ha probabilmente un
marcato intento anticristiano: la vittima-animale la cui anima serve per mettersi in
diretto contatto con la divinit, viene contrapposta alla vittima-uomo che si immola
per il bene dellumanit; per Giuliano il sacrificio cristiano, proprio perch simbolico, un non-sacrificio lespressione pi alta dellatheiosis49.
Nella grande spinta che Giuliano imprime al paganesimo e agli ormai lontani
mores maiorum durante il suo breve cesarato, sicuramente il sacrificio e la sua conseguente celebrazione rappresentano una strada maestra che limperatore individua
e segue con grande passione e determinazione. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, la
sua brevissima permanenza al potere metter definitivamente la parola fine a questa
parentesi pagana.
Alla fine del IV e allinizio del V secolo, al tramonto quasi definitivo del paganesimo e alla definitiva vittoria del Cristianesimo, il tema del sacrificio verr ripreso
da una delle figure pi emblematiche di questo periodo: Agostino.
Egli affronta il problema del sacrificio, polemizzando con la pratica dei pagani
di rendere il culto allimperatore ritenuto dal vescovo, solo un uomo. Il culto, come
viene attestato gi dalle Sacre Scritture, deve essere rivolto solo ed esclusivamente
a Dio, sebbene Egli non abbia bisogno certamente di sacrifici animali50: a Lui deve
essere offerto il sacrificio perfetto che Cristo. A questo punto per Agostino integra
il dettato di Eusebio sostenendo che non solo Cristo il sacrificio perfetto ma anche
48
lo stesso Libanio (Or. XII 79) che racconta: Che cosa aveva causato questo cambiamento
nello spirito bellico? E che cosa aveva fatto s che i Romani ispirassero paura fra i Persiani? Non le
battaglie della fanteria, non lattivit della cavalleria, non le attivit degli armamenti o linvenzione
di macchine da guerra, bens il gran numero di sacrifici, le frequenti offerte di sangue, le nuvole di
incenso, la celebrazione di feste in onore di dei e di demoni A. Saggioro (op. cit., p. 248) aggiunge:
Ritengo si possa accettare per buona la testimonianza di Libanio che sposta limportanza del successo
dellApostata sul valore dei suoi atti rituali, ponendo al primo posto il sacrificio come recupero di un
rapporto fattivo con le divinit politeistiche soppiantate dallavvento della fede nel Dio del Cristianesimo. E ci tanto pi perch altrove Libanio stesso ci d documento, oltre che delleffetto, anche della
causa stessa, che risiedeva nel credere, da parte dellimperatore, proprio pi nelle divinit che nella
forza del suo esercito.
49
Donare la vittima, gesto che si carica di una forte accezione simbolica di comunione con gli
dei, diventa, nellaccezione cristiana, dono ai poveri, agli uomini, il cui unico scopo il proselitismo
e non lesecuzione di unazione sacra. Anche in questo caso si delinea per limperatore latheiosis
cristiana. Infine la celebrazione dei sacrifici che hanno come fine il bene e la salvezza del mondo intero
come sostiene Libanio in Or. XVIII 4 pu essere posta in diretta polemica con il sacrificio del Cristo
che si immola per il bene dellumanit. Cfr. A. Saggioro, op. cit., pp. 250-251.
50
Cfr. Augustinus, De civ. X, 5. Agostino, riprendendo temi gi trattati da Eusebio, sostiene che
sebbene nellAntico Testamento vi siano esempi di sacrifici animali, ormai non pi ripetibili perch il tempio di Gerusalemme stato distrutto, questi venivano officiati nellattesa del sacrificio perfetto che Cristo.
966
Giuseppe Muscolino
tutta la societ dei fedeli, tutta la Chiesa che offre se stessa in un sacrifico universale
il cui unico sacerdote, mediatore e officiante Cristo. In questo passaggio si pu
notare come il tema del sacrificio venga esteso in modo universale dalla comunit
dei fedeli, a tutta la Chiesa51 dove ogni singolo membro testimonia lofferta e la consacrazione insieme a Colui che, grazie al suo sacrificio, ha salvato e redento tutta la
comunit di Dio52. Dopo aver delineato chi e che cos il sacrificio perfetto ed aver
inglobato allinterno di questo tema la comunit dei credenti, Agostino indica ci che
contrario sia alla corretta pratica del sacrificio, sia alla comunit: questa la cultura
pagana e le pratiche ad essa connesse. Attaccando Porfirio e la teurgia, il vescovo di
Ippona intende rivolgersi a quella parte di cittadini ancora legati alla cultura e ai riti
dei Greci, per convincerli ad abbracciare il culto del vero Dio53.
Dopo unapprofondita analisi dei testi porfiriani e con acuto spirito critico
Agostino individua il punto debole dellimpianto concettuale proposto da Porfirio
secondo il quale , se solo la pratica intellettuale, la pratica della filosofia, pu purificare completamente lanima delluomo portandolo ad una completa fusione tra contemplando e contemplato tutti coloro che in questa vita non si dedicano totalmente
a questa attivit non possono in alcun modo raggiungere la purificazione e ritornare
a dio. Porfirio allora propone per la folla la pratica dei sacrifici legati alla religione
e agli dei dello stato e la pratica della teurgia, arte rituale che porta per solo alla
purificazione della parte pi bassa dellanima cio la parte irrazionale, senza riuscire
in alcun modo a far raggiungere la purificazione anche alla parte intellettuale.
Come si visto, a quasi cento anni dal Concilio di Nicea, Agostino riprende
alcuni temi di Eusebio inserendo, a proposito del sacrificio cristiano, elementi nuovi.
Pur essendo ancora i neoplatonici e in particolare Porfirio il nemico pagano contro
cui combattere, si sente in Agostino una sicurezza sulla stabilit della nuova religione che Eusebio, il quale aveva assistito a numerose persecuzioni, non poteva avere.
Oramai il mondo antico ha subito delle modificazioni politiche, sociali e culturali
tali da presentare caratteristiche molto vicine al nuovo Evo: in questo particolare
Augustinus, De civ. X, 6: Ne consegue che tutta quanta la citt redenta, cio lassemblea e
la societ dei santi, offre un sacrificio universale a Dio per opera di quel sommo sacerdote che nella
passione ha offerto anche se stesso per noi , assumendo la forma di servo e costituendoci come corpo
di un capo tanto importante. Questa forma Egli ha offerto ed in essa s offerto; in base ad essa Egli
mediatore, in essa sacerdote e sacrificio [...] Questo il sacrificio dei cristiani: pur essendo molti,
siamo un solo corpo in Cristo; e la Chiesa lo rinnova continuamente nel sacramento dellaltare, noto ai
fedeli, dove si vede che in ci che offre, offre anche s stessa. Salvo diverse indicazioni, la traduzione
di L. Alici.
52
Cfr. L. Alici (ed.), Agostino, La citt di Dio, Edizioni Bompiani, Milano 2001, p. 466, nota 9.
53
G. Lafont (Le sacrifice de la Cit de Dieu. Commentaire au De Civitate Dei, Livre X, ch. I
VII, Recherches de Science Religieuse, 53 [1965] 211) fa notare che importante sottolineare bene
la portata di questo riferimento a Porfirio: gli si chiede qui una testimonianza a favore del vero Dio, e,
anche, pi precisamente, a favore del culto esclusivo reso a questo vero Dio.
51
967
momento storico nasce un movimento che avr un fortissimo sviluppo nei secoli a
venire, ma che tuttavia attinge ancora ad un ventaglio di valori che hanno parecchie
radici nellantichit: il monachesimo. Questa nuova interpretazione della realt e
della vita rielaborer in modo proprio ed originale il tema dellastensione dal sacrificio cruento e dalla carne, dandogli delle connotazioni tutte proprie.
Il monachesimo nasce con delle caratteristiche che vengono, specialmente
nella prima fase, portate alle estreme conseguenze come la fuga dalla citt, ritenuta
centro della civilt, per vivere nei deserti; la radicale astensione dai cibi fatti di carne
e in generale la pratica di unalimentazione pericolosamente carente ed insufficiente
per il corpo; il vivere tra i sepolcri; il rifiuto radicale del lavoro per dedicarsi completamente alla preghiera; il ripudio di qualsiasi forma di cultura; la rinuncia a difendere
la citt ecc54. Tuttavia da questa prima forma di monachesimo estremo, che si pu
definire anacoretica, si passer ad una fase cenobitica che conoscer il pi completo
sviluppo nel Medioevo55.
Lesperienza cenobitica nel monachesimo occidentale porter nel Medioevo
ad una nuova speculazione sul tema del sacrificio del Cristo che si concretizzer
nella dottrina della transustanziazione del corpo e del sangue di Ges che si tramuta
nel pane e nel vino56, concetti questi che verranno accolti dal concilio di Trento rimanendo tuttora validi nellambito della teologia cattolica.
Alla fine di questo excursus sullastensione dal sacrificio cruento possiamo
tentare di fare un bilancio conclusivo. Partendo dal tema del sacrificio come fenomeno che allinterno dellecumene romana viene considerato un momento fondamentale del rito religioso, si posta lattenzione sullesigenza dellastensione dal sacrificio
cruento a favore di un rituale scevro da qualsiasi uccisione materiale. Questa istanza
si manifesta sia in ambito pagano che in ambito cristiano, anche se gli sviluppi di
questa comune necessit prendono esiti diversi.
Per quanto concerne lambito pagano, si visto con Porfirio il peso spirituale
che il sacrificio deve assumere: il vero sacrificio quello che si offre allunico dio,
che si materializza nel puro silenzio, nella preghiera; le altre forme di sacrificio vengono tollerate in ossequio ad una prassi politico-sociale che nessun pagano avrebbe
potuto e forse voluto violare.
In ambito cristiano, pur essendo uguale listanza spirituale del sacrificio, e
pur rigettando e distaccandosi dai sacrifici cruenti prescritti nel Vecchio Testamento,
lo sviluppo del sacrificio prende una diversa direzione. Lunico vero sacrificio il
Cfr. A. Meredith, Ascetism-Christian and Greek, The Journal of Theological Studies, 27
(1976) 316.
55
Cfr. G. Rinaldi, Cristianesimi nellantichit, op. cit., p. 691.
56
Cfr. Thomas Aquinas, Su. Theol. III. q. 77, a 1. Gli scolastici elaboreranno la teoria della
sostanza/accidente (Si aliquid accidentale existit, aliquid substantiale existit), parlando di accidente assoluto e accidente relativo, che trover immediata applicazione nella dottrina della transustanziazione.
54
968
Giuseppe Muscolino
Cristo: Egli colui che mette in comunione gli uomini con Dio ed il suo corpo ed
il suo sangue che devono metaforicamente essere mangiati e bevuti per la salvezza
di tutti. Questo forte accento sul corpo e sangue che diviene nutrimento spirituale del
credente viene messo in evidenza gi da Eusebio che coglie perfettamente la grande
portata simbolica delleucaristia. Pi tardi Agostino, dopo il breve ritorno dellimpero alla religione pagana con Giuliano, porr laccento sulla comunit dei fedeli, sulla
Chiesa che offre tutta se stessa insieme al sacrificio di Cristo il quale allo stesso
momento sacerdote, offerente e offerta sacrificale. Infine, come si visto, questo
concetto dellastensione dalla carne, dal sacrificio cruento avr grande fortuna nel
monachesimo il quale dopo i primi estremismi dei secoli IV e V, si avvier ad assumere una forma ed un assetto sempre pi articolato. Nel Medio Evo viene ripreso
il tema del sacrificio con particolare attenzione al problema della sostanza del pane
e del vino che durante la celebrazione eucaristica diventa corpo e sangue di Cristo.
Il sacrificio della vittima, cio dellhostia, che si trasforma nel mistero della
transustanziazione del corpo e del sangue di Cristo, rimane alla fine lunico retaggio
simbolico di una pratica antica di millenni.