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the italianist 29 2009 3-49

Il Veglio di Creta alla luce di Matelda:


Una lettura comparativa di Inferno XIV e
Purgatorio XXVIII*
Ambrogio Camozzi

C, quel che peggio, un preconcetto, in questardore di ricerche sulla


topografia fisica e morale dei tre regni, che cio tali notizie concorrano a
determinare, e far comprendere e gustare, larte di Dante []. Ma poich
la struttura che abbiamo sommariamente delineata non nasce da motivo
poetico, sibbene da un intento didascalico e pratico, [] essa pu dare
solamente ci che nella sua natura, connessioni estrinseche alla poesia e
determinate da ragioni strutturali. Ogni sforzo che si faccia per convertire
queste ragioni in ragioni estetiche sterile spreco di acume.1
Secondo le condizioni esegetiche poste da Benedetto Croce, proporsi e riproporre
unanalisi come questa rispettivamente perditempo e reca fastidio. 2 E questo
perch il dittico formato dal veglio e Matelda ha una cerniera intarsiata su alcuni
degli elementi portanti della struttura del poema, quelli che consentono di dare
netta sistemazione al sistema idrografico. Del giudizio crociano ha risentito
soprattutto la seconda parte del XIV canto dellInferno che, per la sua alta vocazione
strutturale, 3 stata a lungo sottovalutata dalla critica.4 Alla sfortuna del passo ha
contribuito poi forse lesser soffocato tra le alte sponde di Pier de le Vigne dun
lato (Inf.XIII) e Brunetto Latini dallaltro (Inf.XV), nonch dallingombrante
compresenza del gran Capaneo il cui luciferino sdegno ha frequentemente
impegnato le maggiori fatiche dei lectores del XIV canto. 5 Il tono impersonale,
attutito dellepisodio sembra poi aver scoraggiato le ricerche filologiche anche al
di fuori della scuola crociana i cui criteri sono pur stati da tempo destituiti.6 Sia
la bibliografia critica, sia lapparato iconografico risultano, infatti, insolitamente
esigui e ripetitivi.7 Nella maggior parte dei casi si riprendono schemi interpretativi
e riferimenti testuali gi utilizzati dai primissimi commentatori. Ecco perch,
nellalveo degli studi danteschi, gli elementi che il poeta compone per collocare
il veglio nel mondo della Commedia, dopo sette secoli possono offrire ancora
allindagine vaste aree vergini di ricerca.

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1 Premesse

1.1 Dammiata
Prima di dar conto della lettura comparativa dei due canti necessario tentare
di recuperare alla loro dimensione originale alcuni elementi del XIV canto
dellInferno. Il primo elemento notevole la geografia ivi racchiusa dal trittico
Roma (v.105) Creta (v.95) Dammiata (v.104), e questultima localit, verso
cui la statua tien volte le spalle, merita una particolare attenzione:

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,


che tien volte le spalle inver Dammiata
e Roma guarda come so speglio. (Inf.XIV, 103-05)
Dammiata registra nei commenti unanomala variet dipotesi interpretative: le
prime esegesi infatti singegnano per disparate chiose e solo in epoca recente viene
stabilmente accettata a livello letterale la citt egiziana di Damietta.8 Per Guido
da Pisa Dammiata est quedam civitas in partibus orientis; per Jacopo Alighieri
posta Damiata per segno, per che alcuna montagna tra levante e ponente, tra
Babilonia e Roma mediata; per Jacopo della Lana era un monte di Babilonia;
nelle chiose anonime pubblicate da Selmi viene identifica con Babilonia; Pietro
ritiene invece che Dammiata sia civitas juxta Acrium in Soria; un antico codice
cassinese della Commedia riporta in una chiosa interlineare civitas in banbilonia;
per Maramauro una citt in terra dEgitto poco lungi da Ierusalem; anche
Benvenuto, che pur segnala il contesto storico delle crociate, sembra piuttosto
elusivo: [Dammiata] est civitas gypti quae olim vocabatur Memphis in prophetis
et poetis.9
Un monte, una citt nei pressi di Babilonia, Babilonia stessa, una citt
dellEgitto, una citt vicino ad Acri, vicino a Gerusalemme, nota precedentemente
come Menfi. Limbarazzante variet di localizzazioni sintomatica e pertanto
interessante, e probabilmente sconta lassenza del toponimo dalla letteratura latina
tardo-antica. Infatti, n la variante latinizzata *Damiat-/*Dammiat-/*Damiett-, n
la forma greca *Tamiath- rientrano nei toponimi compresi dai planisferi letterari
dei dettagliati paesaggi di Virgilio, Lucano, Stazio, Ovidio, Orazio, n nelle glosse,
n nei trattati di Mela, Solino, Sacrobosco. Non sembra per consentito credere
che essa sia presente nella Commedia in quanto localit esotica e sconosciuta. La
cristianit del XIII secolo, infatti, si trova impegnata nel secondo decennio proprio
sui litorali egiziani dove, nel corso della quinta crociata, assedia e conquista con
alterne vicende la citt di Damietta.10 Come intendo mostrare in un prossimo
saggio,11 la presa di Damietta era fatto ben noto a Dante e ai suoi lettori,12 tanto
pi che in visita allaccampamento giunge San Francesco.13

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 

Alle fonti storiche che ne certificano la notoriet si aggiungano i riscontri


geografici che ne fissano la posizione: Damiatam quasi porta est et munimen
Egypti,14 Dammiata come porto e come porta per i regni oltremare. questa
limmagine che viene consegnata, con varie sfumature, da Jaques de Vitry,15
Gervasius di Tilbury,16 Vincenzo di Beauvais,17 Alberto Magno18 e Alfragano.19
In particolare, questultimo, autore del libro dellAggregazione delle stelle,
certamente noto a Dante. Lopera un compendio della Matematik Suntaxis di
Tolomeo e viene frequentata dagli studi danteschi e medioevali come manuale
astronomico. Nel Convivio (II, v) Dante lascia intendere di aver letto il testo,20 e
i riscontri sullastronomia del prosimetro, utilmente raccolti da Paget Toynbee,21
dimostrano come non sia stata una lettura occasionale. Non si ricorda per a
sufficienza che il capitolo IX, attraverso una panoramica aerea dellecumene,
fornisce allo stesso Dante anche una serie completa di dati geografici.22 La
descrizione procede da destra a sinistra e dal basso verso lalto, per sette fasce
parallele cui corrispondono le sette zone climatiche. Nella cascata di citt e regioni
non manca Dammiata e si trova poco oltre la met della terza striscia: Clima vero
tertium incipit ab oriente et transit per septemtrionem regionum Sin et transit per
regiones Indiae et est in ipso civitas Alchinher []; deinde transit per regionum
Kebil [] et Alexandriam []. Deinde secat inferiora Aegypti et in ipso est
Alpherme et Tanis et Damiat et Fisatat et Alfanun et Alexandria [] et pervenit
ad mare occidentis.23 In ordine inverso tornano le tre localit elencate da Alberto
Magno.24
La sponda allegorica da cui prende il senso la scelta dantesca di Dammiata resta
per ora intentata;25 ma accettando la lettera facile apprezzare ora la somiglianza
con Roma. Dammiata e Roma sono due citt costiere,26 porti fluviali,27 localit
sineddotiche del confronto Oriente-Occidente, porte dingresso di un trafficato
corridoio marino che in Creta conosce un conveniente approdo intermedio.28 Nel
computo dei riscontri possibili, non va dimenticata infatti lattivit di viaggiatori,
mercanti o pellegrini che incontrano il porto di Candia a met strada sulla rotta
diretta tra lItalia e la Terra Santa. Sembra allora possibile credere che scegliendo
Dammiata Dante indichi il pi celebre porto del Mediterraneo Orientale per
inquadrare centralmente e medianamente lisola di Creta in unattualit storica e
fattuale, senza iniziali cedimenti alla dimensione allegorica.
1.2 Creta: In mezzo mar
Il secondo elemento da recuperare, per quanto possibile, allintenzione dantesca
lisola di Creta che il poeta ci consegna marcata da uneccezionale posizione
geografica e da una particolare condizione socio-climatica. Va quindi considerato
il primo emistichio di Inferno XIV, 94: In mezzo mar [].
La critica ha reperito nel verso la memoria del terzo libro dellAeneis,29
quando finalmente trovano corpo le speranze degli esuli troiani: Creta Iovis magni

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medio iacet insula ponto, | mons Idaeus ubi et gentis cunabula nostrae (Aen. III,
103-04). Nelle vaghe parole delloracolo antiquam exquirite matrem (Aen.
III, 25) Anchise risolve gli animi incerti dei principi e indica Creta quale meta
del viaggio. I legni approdano allora sullisola di Giove ma subito una pestilenza
devastante inaridisce gli uberrima regna promessi, miete vittime tra i guerrieri
e prostra i superstiti.30 Un nuovo responso divino permette al padre di Enea di
correggersi e drizzare i timoni verso la terra dEsperia. Litteraliter restano nella
memoria i lidi sterili e i campi devastati da Sirio, mentre allegorice si delinea con
Creta limmagine di madre ambigua, patria falsa,31 approdo intermedio di un
viaggio pi ampio e decisivo.32
Credo sia vantaggioso aggiungere al consolidato richiamo poetico,
linfausta memoria serbata anche nelle pagine dedicate alle vicende fondanti il
potere spirituale. Gli Atti degli Apostoli (27.13) raccontano i pericolosi giorni
di tempesta che Paolo, salpato da Roma, trascorse alla deriva nei pressi di Creta.
Qui, il gran vasello dello Spirito Santo dovette infine essere confermato da un
angelo che non avrebbe fallito la meta e che la sua missione a Roma sarebbe
riuscita.33 Enea e San Paolo, con i quali il poeta ha dichiarato proemialmente di
volersi misurare, partiti dallAsia minore e diretti a Roma, incontrano lisola a
met del loro viaggio terreno. E Dante incontra lisola a met del suo viaggio
ultraterreno per quel primo regno che nel planisfero immaginato dalla Commedia
apre la sua vasta voragine sotto lemisfero abitato.34
Creta giace su territori non solamente fisici e non solamente virgiliani. La sua
eccezionale posizione mediana, irrotta nella Commedia in uno strappo del tessuto
raffigurativo e stilistico del canto che dalle viscere della terra proietta la scena
sulla superfice marina, concatena la traiettoria di Dante alle vie di Paolo e Enea.
Pertanto necessario riconsiderare positivamente limportanza della dimensione
strettamente geografica, apparentemente secondaria ma tipologicamente
prodromica ai possibili parallelismi storico-allegorici. Forse a causa della concisa
formulazione, essa viene spesso trascurata, nonostante meriti nellintento di Dante
la prima e principale sede sintattica della terzina.
Lisola viene dunque caratterizzata dal suo essere in mezzo e al centro,
come rivela uno studio pi attento delle fonti latine. Lemistichio in esame, infatti,
rielabora in volgare lespressione latina medio [] ponto (Aen. III, 104) con una
felice modulazione dellapertura vocalica [in mezzo mar] che gradualmente
spalanca di fronte al lettore la distesa acquea. Lassenza di articolo acquista al
lemma mar lampiezza del Mediterraneo e cos apparentemente risolve un cruccio
della geografia antica. Tale problematica riassunta da Servio in nota al verso
dellAeneis, gi citato quale fonte del passo dantesco, e pertanto verosimilmente
era nota a Dante: medio ponto: potest quidem intellegi, secundum Sallustium,
longe a continenti. Sed altior est loco poetae intuitus lintuitus di Virgilio,
secondo Servio, avrebbe tracimato la resa e sarebbe rimasto inespresso Nam

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 

apud chorographos legimus quae insula in quo sit mari, ut Sardinia in Africo,
Delos in Aegeo, et de aliis omnibus. De Creta omnes dubitant in quo sit mari; nam
parte Lybicum, parte Aegyptium, parte Achaicum, parte Ionium respicit.35 Quando
scrive omnes dubitant Servio si riferisce forse a Solino per il quale: Pronius est
Cretam dicere quam absolvere, in quo mari iaceat. Ita enim circumflui illius nomina
Graeci permiscuerunt, ut dum aliis alia inferunt, paene oblimaverint universa.36
invece certo che si riferisca al poco scientifico ma deciso iam in medio mari,37 con
cui Pomponio Mela il chorographos risolve la dilemmatica posizione di Creta
rispetto le altre isole. Quindi, conclude Servio: medio ponto, ac si dici possit
medio pontorum, quod Latinitas non recipit (in Verg., Aen. III, 104).
Rispetto al latino, nella Commedia, lassenza dellarticolo anzich sbilanciare
il riferimento nel vago suggerisce la superficie del mare nostrum, mare Expansum
sive Magnum, quod est mare terrae Romanorum.38 Ma limportanza che Creta
acquista dalla straordinaria posizione al centro del Mediterraneo sconosciuta
al di fuori della nota serviana, dei testi di Solino e di Mela. Priva di qualsivoglia
memorabilit geografica, prima di Dante, allisola non solo mancano attestazioni
scritte che ne ripercorrano o sviluppino lepicentrica posizione ma, in generale,
raro trovare un tratto speso per evitarne lalfabetico novero di isolotti omomorfi
rubricati a partire dal continente di appartenenza.39 In alcuni casi la gravitazione
storica e culturale greca attira Creta su un piano secondario, e sono Cipro o la
Sicilia Trinacria, terris frugifera, auro abundans,40 prime a meritare dingemmare
il mare romanorum con radiose ed eccezionali qualit.41
Niente di tutto questo avviene nella Commedia dove Creta, barbacane
dellipocentrica fortezza di Dite, campeggia in mid-Mediterranean come la pi
memorabile isola dellemisfero boreale.42 Una specificit pressoch adombrata da
Servio, sembra abbia fornito invece a Dante il pretesto per disegnare in questo
canto una cartografia inusitata, inventata e precedentemente sconosciuta. Secondo
i calcoli condotti da Pecoraro sulle coordinate geografiche dantesche, Creta si trova
a 22 30 Est da Roma. Il monte Sinai (su cui consentito far passare il meridiano
damiatino) si trova invece 45 Est da Roma: sembra lecito concludere che Dante
abbia attribuito a Creta [] un sito intermedio fra Roma e le terre levantine del
Mediterraneo, quelle ove trovasi Damiata e onde trassero il viaggio Enea e San
Paolo.43
Non pare allora dovuto al caso che la griglia eptapartita del citato manuale
di Alfragano, se sovrapposta alla geografia schizzata nel trittico RomaCreta
Dammiata riveli che le tre citt dantesche siano rispettivamente situate nella
quinta, quarta e terza fascia climatica.44 Quella griglia, certamente nota a Dante,
offrirebbe un retroterra consolidato alla centralit latitudinale e una conferma
decisiva alla straordinaria e simbolica posizione di Creta che non nitidamente
delineata viene largamente lasciata intendere. La quarta fascia, infatti, mediana tra

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Roma e Dammiata, percorre centralmente lo spazio abitato dalluomo, adeguata


ubicazione per la terra in cui ebbe origine la storia pagana.
Sono numerose e tanto significative le memorie innescate dallemistichio
dantesco in cui Creta si dislaga solitaria al centro e a met del Mediterraneo,
per credere che in ragione della solenne cadenza che ammanta il virgolettato del
personaggio di Virgilio In mezzo mar siede un paese guasto (Inf. XIV, 94)
vi sia solamente il gareggiamento stilistico con il maestro e non, piuttosto, una
volontaria sottolineatura. Unattenta lettura, rivela che la particolarit geografica
di Creta, la centralit longitudinale e latitudinale, quellintrinseca mezzanit e il
simbolismo che essa permette, non sono affatto assorbiti nel famigerato fronte
mitologico.45 Merito dellabile poeta che realizza questo disegno sulle note di
una ri-elaborazione formale superiore al latino, nei cui intenti vi lo sforzo di
ricalibrare lantonomastica centralit cretese secondo le linee narrative del suo
viaggio da un emisfero allaltro.
Tra i primi a cogliere i significati del quadro geografico del XIV canto
dellInferno, sebbene da una prospettiva allegorica, Giovanni Boccaccio,46
che ne d prova quando nel 1373 prende parola in un ciclo di lezioni dantesche
a favore di moltissimi cittadini della citt di Firenze, che desiderano, non solo
per se stessi ma anche per altri concittadini, aspirare alla virt e anche per i loro
posteri e discendenti, essere edificati dallopera di Dante.47 In altre occasioni il
Certaldese aveva gi reso pubbliche le sue riflessioni sulla geografia cretese. Vi
si era intrattenuto infatti nel Genealogia deorum gentilium (III, 5) e nel trattato
De montibus (VIII, 32). Boccaccio propone in tutti e tre i testi una particolare
rappresentazione di questo nostro emisperio in cui, dopo una rigorosa analisi
orografica dei confini di Europa, Asia e Africa, lisola di Creti apare essere in su
l confine di queste tre parti del mondo,48 al centro esatto delle terre abitate, il
famoso orbis umbilicum.49 La prospettiva che Boccaccio adotta in questi testi,
come nota Branca, strettamente legata alla profonda sapienza per cui Dante
colloca il veglio sullisola.50 Cos inquadrata lisola diviene luogo universale,
universal corpo di tutta la terra,51 e sede proporzionata al suo ospite, per ci
che alla sua intenzione ottimamente il luogo e il nome conforme.52 Inoltre, la
particolare efficacia di questo impianto geografico consisterebbe nel fatto di offrirsi
come valido contraltare della rappresentazione grafica dellecumene incentrata su
Gerusalemme.53 Se tale quadro, legato in qualche modo alla fantasia dantesca,
fosse quello sotteso alla composizione del XIV canto dellInferno si produrrebbe
uno scarto tra sacro (GerusalemmeCristo) e pagano (CretaGiove) che Dante
considera artisticamente fecondo e gravido di implicazioni.54
Le sollecitanti intuizioni di Boccaccio sono successive alla stesura del
canto ed da escludere che ne abbiano influenzato la creazione. Ma la precisione
dei dettagli raggiunta dalla nota delle Esposizioni e le finalit del De montibus
suggeriscono unindagine e uno studio geografico del certaldese latente e previo alla

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 

lettura del poema. questo a permettergli di misurarsi non tanto con le difficolt
dellesegesi dantesca ma con le incongruenze e le zone dombra della geografia
antica.55 Se dunque una serie di letture ha permesso a Boccaccio di realizzare questa
cartografia, non da escludere a priori che Dante possa aver in qualche modo
conosciuto, anche solo in parte, gli stessi testi.
1.3 Creta: un paese guasto
La seconda parte del verso 94 sposta laccento sulla dimensione storica e naturale
del luogo: siede un paese guasto. Se per il primo emistichio un modello, quello
virgiliano, perde progressivamente la sua efficacia e sinfragilisce con lavanzare
degli apporti critici, per la seconda parte del verso esso sembra non trovar spazio
fin dallinizio. I toni decadenti, bigi del sintagma dantesco non ricalcano una
precisa memoria letteraria. Gli unici riscontri positivi, piuttosto fragili e tuttaltro
che esaustivi, provengono dalla documentazione storica che qui distendo per la
pertinenza iniziale di alcuni tratti.
La condizione climatica cretese, riportata dai cronisti dellepoca, tende a
collimare i connotati naturali composti da Dante.56 Lisola di Creta, gi dal XII
secolo, nota per la cronica mancanza dacqua dovuta in parte allesposizione
diretta al clima africano, e soprattutto a una connaturata penuria di fonti sorgive.
Gli insediamenti urbani devono fare i conti con il continuo fiato dOstro un
vento caldo e secco e le rabbiose bufere sciroccali dinizio estate.57 Mentre il primo
contribuisce a mantenere alte le medie nella lunga stagione estiva, le tempeste invece
danneggiano i grani al momento della prima fioritura. Le scarse precipitazioni
non permettono lutilizzo di cisterne. Cos, il controllo delle poche fonti sorgive
spesso allorigine di violenti contrasti sociali. Le autorit veneziane, costrette ad
intervenire ripetutamente durante il corso del XIII secolo, otterranno una certa
stabilit amministrativa solo dopo aver organizzato e realizzato lincastellamento
in funzione della corretta ripartizione dei corsi irrigui e della protezione delle
sorgenti.58
Eppure leconomia cretese risulta essere una delle pi prospere del
Mediterraneo; la fortunata posizione che fa del porto di Candia una sosta strategica
lungo le rotte mercantili, compensata lingrata condizione climatica, garantisce
alla colonia un commercio fiorente. Nei resoconti di viaggio, in pieno XIV secolo,
torna ad attestarsi in qualche caso il topos letterario59 delle cento citt.60 Per
quanto realisticamente distante dalla concreta situazione dellurbanizzazione
cretese, esso documenta la presenza di una realt non isolata ma viva e ben inserita
in un impero coloniale potente e vigoroso.61 Proprio il ricordo del vivace clima
sociale potrebbe aver indotto Giacomo da Verona, pellegrino dinizio trecento,
a dipingere in epistola un idillico quadretto di terra pulcra et amena, dotata
omnibus deliciis.62 Anche questi, in realt, sono moduli segnatamente letterari.

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Non riguardano per la condizione sociale dellisola ma il paesaggio naturale e la


sua celeberrima montagna, Ida, come ricorda Inferno XIV, 97-99:
Una montagna v che gi fu lieta
dacqua e di fronde, che si chiam Ida;
or diserta come cosa vieta.
La tradizione poetica dascendenza omerica con il nome Ida conosce due gruppi
montuosi: in Frigia con cui si designa talvolta la stessa Troia;63 e in Creta.
Differenti coordinate geografiche non indicano differenti paesaggi: il monte Ida
sempre connotato dalla vegetazione lussureggiante,64 e dal fitto bosco abitato da
ninfe;65 in alcuni ricordato quale riserva lignea delle resistenti e veloci navi idee.66
Orazio scrive lIda aquosa,67 cos preferendo ai possibili riscontri la deduzione di
una memoria mitologica.68
Dalla produzione letteraria tardo antica al medioevo la tradizione
ambivalente del nome Ida in Troade, alius in Creta sintetizza Vibio Sequestre69
non si perde (Purg. IX, 22), ma viene rielaborata con maggior fortuna nel ramo
cretese nobilitato dal mito teogonico, quod ibi nutritum Iovem accepimus.70
La componente edenico-mitologica dimostra infatti di essere particolarmente
incisiva nelle prose cosiddette scientifiche. Solino accredita la memoria letteraria nei
Collectanea.71 Isidoro in un evidente calco del testo di Solino, in chiave evemeristica
razionalizza la linea lirica e nelle Etymologiae accoglie il ribaltamento della nota
condizione metereologica: Creta Graeciae pars est iungens contra Peloponnensem.
Haec primum a temperie caeli Macaronnesos appellata est.72
Tramite il materiale raccolto spero sia visibile lo schema della creazione
dantesca: il poeta eredita dalla tradizione storica e letteraria, per via dominante,
unisola popolosa e felice, e consegna ai suoi lettori un paese devastato.
Lespressione centum urbes non semplicemente assente ma viene ribaltata.
La gloriosa ecatompoli cretese divenuta un paese guasto, abbandonato. In
modo analogo alla trasformazione sociale, ha luogo lo stravolgimento naturale
che dei nobili boschi cretesi conserva solamente il terreno, ormai riarso. Lultimo
ricordo delle spiagge appestate negli occhi dei Dardanidi,73 per quanto infelice,
non pu essere adottato come forza motrice delloperazione dantesca sia perch
dopo il dirompente esordio letterario il testo virgiliano perde progressivamente la
sua influenza, sia soprattutto perch, restando al poema epico, la flora cretese
destinata a rinascere nel XII libro per fornire a Venere il dittamo curativo.74
Uno studio delle fonti letterarie porta dunque a ritenere che limmagine
di Creta descritta nellInferno sia un ribaltamento puntuale delle connotazioni
pi assodate. Non si tratta per di una simmetria conchiusa. Loperazione qui
condotta non precisamente geometrica e, ad esempio, nellaffiancare a ciascun
topos luminoso il suo esatto corrispettivo disfatto, come ho gi mostrato, alcuni
elementi del paesaggio sembrano piuttosto adatti a offrire un riscontro ai resoconti

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 11

geo-climatici dellepoca. Non solo: questo gioco di chiaro/scuri sembra reggersi


su un disegno forte tramite il quale Dante modella la materia poetica verso il
termine vieta (v.99). quanto indicano alcune strette consonanze trovate tra il
verso dantesco e la produzione lucanea, cui daltra parte si invitati a guardare
da uno stilismo concorde.75 I colori lividi, il tono dimesso della rovina di Creta,
il ritmo discendente di questa distruzione pi aspra del normale, pi estrema del
naturale ordine delle cose intrecciano una stoffa omologa alla poetica di Lucano;
fino appunto allisomorfismo:
Iam dilecta Iovi centenis venit in arma Creta
vetus 76
Creta vetus: il termine lucaneo e il volgare di Dante collimano. I passi si illuminano
a vicenda e lun laltro sveste metafrasi polverose. Iam dilectaGi [] lieta: la
sintassi e il lessico della Commedia ricalcano il latino. La terzina dantesca, a sua
volta, pu correggere imprecise traduzioni: lavverbio iam non va riferito al verbo
principale ma al participio dilecta. Vetus non sta per antica, ma per vecchia,
significato che ammette il valore durativo su cui Dante fissa una parte della sua
costruzione poetica. Questultima, per tutto larco della sestina appare alquanto
elaborata.
1.4 Hic et tunc
Con insolita grafica propongo la serie di terzine fin qui esaminate:

[a] In mezzo mar siede un paese guasto


[g] disselli allora, che sappella Creta,
[b] sotto l cui rege fu gi l mondo casto.
[b] Una montagna v che gi fu lieta
[g] dacqua e di fronde, che si chiam Ida;
[a] or diserta come cosa vieta.
Sembra evidente una complessa costruzione chiastica inchiavardata alla scelta dei
tempi verbali. I membri contrassegnati dalla stessa lettera greca sono omologhi nella
funzione semantica e combacianti nella struttura sintattica. Le unit a constatano
la desolante immagine di un territorio disfatto. Strutturalmente recano in fine
verso due aggettivi latini vastus e vetus. Laspetto perfettivo, nella sfumatura
risultativa, del participio guasto suggerisce al lettore lesistenza di un ante quem,
un paesaggio non ancora devastato (v.94) e, per esteso, un paesaggio non ancora
invecchiato (v.99). Le unit g forniscono la toponomastica del luogo. Sono
endecasillabi a maiore con una spiccata cesura centrale per cui il secondo emistichio
si compone per esteso di una relativa che spinge il toponimo in ultima sede del
verso (Creta, v.98; Ida, v.95). Le unit b invece ricordano una stagione felice
e irrevocabile. Sono costruite al passato e lasciano in ultima posizione laggettivo

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portante. A questultima coppia, centrale nel chiasmo, il poeta consegna altres la


svolta della struttura scrivendo specularmente il fu gi (v.96) in gi fu (v.97).
Complessivamente la sestina disegna una traiettoria curva che dai margini duri e
inappellabili slancia al centro un alto sospiro nostalgico.
I due elementi ossimorici e compresenti emersi durante lanalisi delle
fonti storico-letterarie si ritrovano nellossatura della struttura poetica: da una
parte Creta forte di cento citt e lIda verdeggiante, dallaltra il paese guasto e la
montagna deserta. Dante non si limita ad alternare le due silhouettes ma, attraverso
la struttura chiastica, compone due plessi articolati: quello della tradizione poetica,
cui appartiene latto del ricordo e la fonte mitologica;77 quello della storia cui
appartiene latto della constatazione e la fonte storica.78 Ne emerge un affresco
cangiante che ben indossato il tono nostalgico di Virgilio, non lascia tuttavia
spazio al sogno, allimmaginazione. Hic et tunc, qui ma allora, si potrebbe
significativamente riassumere.79
In queste dinamiche si pu ben rileggere il verso 96 [b]: il re di Creta e il
mondo casto. Alle tracce pur presenti di una storia locale, conviene preferire il
percorso poetico e il contesto mitologico. La presenza documentata di un re cretese
saggio (Minosse) e di una societ ordinata che prima litteris iura finxit (Isidoro,
Etym., XIV, 6, 16) non offre i margini richiesti allampiezza del sospiro del vate.
Non un regno fu ben governato, ma un mondo fu casto (v.96). Il ricordo non
locale ma universale, non storico ma ancora una volta poetico; univoco, infine,
nel riconoscere il rex Cretae (Servio, in Verg., Aen., VIII, 356) cui attribuire la
reggenza in un tempo innocente, senza colpe. Con una rara nominazione assente,
per ragioni che avvicineremo pi avanti, il Virgilio dantesco sta rivolgendo a
Saturno il suo patetico tributo (v.96). Saturnus il re di Creta, e il mondo casto
un forte richiamo ai saturnia regna,80 un segmento di spazio e di tempo ricordato
e a lungo profetizzato dalla poesia latina.81
La presenza latente di Saturno e la muta partecipazione dellumanit
soggetta agli di falsi e bugiardi (Inf. I, 72) poggiano sul marcato ruolo che gioca
lultimo aggettivo della sestina (vieta; v.99). Il che troverebbe conferma nelle
Adnotationes. In margine al gi citato verso del Bellum Civile Dante lesse: Creta
vetus: quippe in qua nutritus est Iuppiter.82
Secondo lautore della chiosa, con laggettivo vetus Lucano avrebbe
incuneato nel processo diegetico la credenza mitologica legata a Creta. Che Dante
abbia presente lo scolio, oltre al verso, sembra evidente allorch nella Commedia,
al termine vieta lembo del chiasmo ormeggia la terzina mitologica dedicata
allinfanzia di Giove (vv.100-02). La simmetria con il corpus lucaneo evidente,
cos come distinta la lectio: c un nesso tra la vetust e la dimensione religiosa
dellumanit precristiana. Quella che per era la nota di folclore di un poeta
disincantato, nella Commedia risuona da ben altre cavit.83 Nel pellegrino e nel

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 13

lettore viene posto qui un interrogativo greve: qual sia la tipologia del nesso tra il
mondo pagano e la vecchiezza.84 Una risposta verr raffigurata molto pi in l.
1.5 La statua
Il quarto elemento su cui vorrei soffermarmi dopo Dammiata, Creta e il chiasmo
dei versi 94-99 la celebre statua che nella Commedia viene descritta a partire da
Inferno XIV, 103: Dentro dal monte sta dritto un gran veglio.
1.5.1 Lidolo
Ancora una volta la creazione dantesca mette in vibrazione conoscenze storiche
fattuali. Sulle pendici del monte Ida cretese infatti possibile visitare, ancora
oggi, lantro ideo, uno dei luoghi pi conosciuti e leggendari dellantichit, una
grotta articolata su pi livelli, aperta a circa 1500 metri sopra il livello del mare.85
Gli scavi archeologici condotti alla fine dellOttocento hanno rinvenuto tracce
della presenza di una statua di Zeus e di una venerazione praticata per lungo
tempo.86 Quando Dante scrive la Commedia il culto pagano, progressivamente
sostituito dalla vita della stabile comunit cristiana, non era pi in uso.87 Ma
facile ipotizzare che il poeta ne fosse a conoscenza. La tradizione religiosa cretese,
nota per altri aspetti anche a San Tommaso,88 non sfugge infatti allautore del
commento edito dal Selmi, che in nota ai versi 95-98 del canto scrive: Creta []
chiamavasi lisola de gli Dei Infernali; e a quelle chiese andavano a quel tempo
le genti pi che in altre parti, e con molte reverenze e umilitadi per le meraviglie
che vediano in questa isola (Chiose anonime; Inf. XIV, 95-98). La dimensione
liturgica del culto diversamente ricorrente anche nella matrice letteraria della vita
di Minosse. Orazio e Servio, ad esempio, con trascurabili differenze, raccontano
che sub antro, Giove fosse solito apparire al figlio e re cretese per rispondere
ai quesiti in una sorta di epifania oracolare.89 Quanto alla presenza di un sito
religioso, segnalato probabilmente da una semplice iscrizione o una targa, i testi
di Cicerone, Solino, Lucano e Mela vi fanno cenno assecondando la notizia della
presenza sullisola del sepolcro di Giove: famigerata [] maxime eo quod ibi
sepulti Iouis paene clarum uestigium, sepulcrum cui nomen eius insculptum est
adcolae ostendunt.90
1.5.2 La posizione
Dal deserto libico (vv.13-15) dove Catone condusse i pompeiani sconfitti, fino
allIndia equatoriale raggiunta da Alessandro Magno (vv.31-36), passando per la
pugna di Flegra (v.56) e la maternit di Rea (vv.100-02), il canto giunge al veglio
senza aver mai ricordato un personaggio o un avvenimento posteriore alla venuta
di Cristo. Anche la ricostruzione delle fonti e linterpretazione degli elementi che
vanno componendosi non valica gli argini del tempo precristiano. opportuno
tenerne conto, avvicinando la lettura della terzina Inferno XIV, 103-05:

14 the italianist 29 2009

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,


che tien volte le spalle inver Dammiata
e Roma guarda come so speglio.
Il veglio sta dritto in piedi, con le spalle a Dammiata e volto a Roma cui guarda
come suo speglio. Alla postura ieratica corrisponde un alto registro stilistico che
in un nuovo spalancamento visuale staglia, ai margini estremi del campo dominato
dalla statua, due citt. Come si provato a dire, Roma e Dammiata sono scelte
innanzitutto per definire geograficamente la spazialit su cui la statua si erge. Resta
da verificare se, filtrato dalla storia delle localit, venga attribuito al dominio
cretese un significato non strettamente geografico. Dal momento che i possibili
significati che la citt di Roma in grado di introdurre nella Commedia sono
smisuratamente numerosi consigliabile attendere un suggerimento selettivo dalla
storia legata alla seconda citt.
Secondo la maggior parte dei commenti, Dammiata starebbe a indicare
genericamente un antico impero universale egiziano o babilonese che sia, purch
il primo che la Storia conosca.91 Se questa fosse anche lintenzione del poeta, le
due citt, mentre cadono simmetriche sulla carta geografica, riuscirebbero infatti a
disegnare coordinate significanti anche in un sistema di riferimento storico. Daltra
parte sembra piuttosto decontestualizzato e fuorviante ritenere che Roma sia qui
posta in quanto sede del Papato e simbolo della Chiesa.92 Il canto intero professa
la sua estraneit alla storia cristiana, i personaggi e i riferimenti storico-spaziali si
direbbe ne siano avulsi. Invece, la dimensione storica universale (senza riduttivi
riferimenti alla vicenda cattolica), si qualifica e si conferma ulteriormente anche
quando, pi avanti, viene descritta la postura della statua. Con una sorprendente
innovazione della fonte biblica, Dante immagina che il veglio poggi il suo peso su un
piede pi che sullaltro. Come nota Luigi Valli, pare che lo stare ritto e non seduto
e in un certo orientamento ben definito, voglia indicare che egli non si trova nella
sua sede vera, ma come a un certo punto del suo cammino (Il segreto della Croce
e dellAquila, p.108). Valli, cui molto deve lintuizione iniziale di questo percorso,
nelle righe successive tende a scolorire il dato letterale e sostituire Dammiata con
Gerusalemme. Rispettato il testo dantesco, il nucleo della sua annotazione resta
fondamentalmente valido: Creta a mezza strada (Valli, Il segreto della Croce
e dellAquila p.108), a met cio del tragitto spazio-temporale che le due citt
disegnano e che il veglio riassume in quella particolare postura sospesa.93
1.5.3 La fisionomia
Unanalisi completa della figura del veglio richiede uno spazio che qui non
consentito.94 Qui preme solo fissare il punto critico che emerge dalla lettura di
Inferno XIV, 106-11:

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 15

La sua testa di fino oro formata,


e puro argento son le braccia e l petto,
poi di rame infino alla forcata;
da indi in giuso tutto ferro eletto,
salvo che l destro piede terra cotta;
e sta n su quel, pi che n su laltro eretto.
I commenti hanno riconosciuto nella sestina un passo del libro di Daniele (2.32).95
La statua sognata da Nabucodnosor precede certamente una possibile creazione
simbolica o il gioco di echi classici sul tema dei metalli, e cos recitano i versetti
biblici: huius [] caput ex auro optimo erat pectus autem et brachia de argento,
porro venter, et femora ex aere, tibiae autem ferreae, pedum quaedam pars erat
ferrea, quaedam autem fictilis (Dan. 2.32-33).
Non mi sembra per che siano state avvertite le differenze tra il testo biblico
e il poema. Dal punto di vista iconografico ci sono ben quattro scostamenti.
Innanzitutto il piede sinistro della statua dantesca interamente composto di ferro
e il destro di terra cotta; nella Bibbia il materiale misto, un particolare fissato
nella memoria dalla successiva spiegazione offerta dal profeta: Quod autem vidisti
ferrum mistum testae ex luto, commiscebuntur quidem humano semine, sed non
adhaerebunt sibi, sicut ferrum misceri non potest testae (Dan. 2.43).
Secondo: Dante immagina che il peso della statua sia poggiato sul piede di
terracotta pi che sullaltro. Assente dal citato passo biblico, questa distribuzione
di peso, oltre a costituire un punto di scarto vincola la prima caratteristica a una
non casualit ancora da spiegare.
Terzo: leffige rappresenta un uomo vecchio quando il testo biblico era
rimasto generico.
Quarto: la rumorosa e segnalata assenza del masso che nella Sacra Scrittura
sbriciola la statua (Dan. 2.34-45):
In diebus autem regnorum illorum suscitabit Deus caeli regnum, quod
in aeternum non dissipabitur, et regnum eius alteri populo non tradetur:
comminuet autem, et consumet universa regna haec: et ipsum stabit in
aeternum. Secundum quod vidisti, quod de monte abscissus est lapis sine
manibus, et comminuit testam, et ferrum, et aes, et argentum, et aurum,
Deus magnus ostendit regi quae ventura sunt postea. Et verum est somnium,
et fidelis interpretatio eius. (Dan. 2.44-45).
Comera noto ai lettori della Commedia, nel masso che sine manibus si distacca
e polverizza la statua, va riconosciuta una prefiguratio Christi, una profezia del
salvatore concepito verginalmente per stabilire il Regno dei Cieli, lunico che
sarebbe rimasto, et ipsum stabit in aeternum (Dan.2.44). Questultima differenza
apparentemente presto spiegata: lassenza della pietra dal passo dantesco risponde
alle intenzioni del poeta perch impedisce alla scena infernale di volgersi ad un

16 the italianist 29 2009

orizzonte luminoso. Perci, per quanto riecheggi un episodio della storia della
Salvezza, il veglio della Commedia privo di qualsiasi connotato riconducibile
ad essa.
Trovo vi siano ragioni sufficienti per chiedersi se, dopo tutto, sia corretto
indicare come fonte diretta per questa figura della Commedia il passo di Daniele:
anche senza considerare le fessure lacrimanti, le differenze compositive tra la statua
dantesca e il modello biblico sono piuttosto eloquenti e rimarcate. Non solo: il
senso dellepisodio dantesco, giocato tra spazialit continentali e miti pagani, ha
poco in comune con le vicende narrate nel libro del profeta Daniele.
1.5.4 La funzione
Sul ruolo di questa statua, sulla sua funzione allinterno della Commedia, sono state
spese diverse interpretazioni. Credo che, anche in questo caso, vada innanzitutto
riscoperto il senso letterale come dettagliato nei versi successivi:

Ciascuna parte, fuor che loro, rotta


duna fessura che lagrime goccia,
le quali, accolte, fran quella grotta. (Inf. XIV, 112-14)
La seconda parte del XIV canto dellInferno, come accennato introducendo
larticolo, uno dei passaggi essenziali alla costruzione della fisicit del viaggio. In
altre parole, si potrebbe dire che, ai fini di una raffigurazione grafica della struttura
delluniverso dantesco, i versi in disamina sono sostanziali. Si tratta infatti del luogo
in cui Dante fornisce una sistemazione complessiva e compiuta della potamologia
infernale.96 Nellarco dei cento canti non vi sono palinodie: ci comporta che, se
si volesse destituire il ruolo di questi versi, negandone la fondamentale utilit,
si dovrebbe considerare o accessoria la domanda del viator con cui chiede
delucidazione sullorigine dei fiumi, o inverosimile la successiva risposta della guida.
sconveniente per sostenere sia la prima sia la seconda obiezione. Nel primo caso,
infatti, nellopera in cui ipotizza le cause della conformazione continentale, in cui
fornisce dettagliate illustrazioni e giustificazioni dei registri oltremondani, in cui
elenca lordine delle schiere angeliche, Dante non avrebbe considerato necessario
tentare lorigine dei fiumi del primo regno. Chi sostenga questa ipotesi dovrebbe
allora dar sensata spiegazione della singolare assenza delleziologia idrografica
infernale, riuscendo inevitabilmente a tener conto di quanto viceversa accade per
i fiumi del secondo regno (Purgatorio XXVIII).
La seconda obiezione, ricordo, ritiene non credibile il racconto di Virgilio.
Essa pu avvalersi di elementi apparentemente convincenti: il poeta latino vissuto
al tempo degli di falsi e bugiardi (Inf. I, 72) non conosce la verit; non pura
fattualit storica quella che presenta al suo uditore, non da credere che Rea abbia
allevato Giove nel monte Ida n che il mondo sia stato casto sotto Saturno. S,
Dante e il lettore sanno che la storia fu differente, but there are truths in Virgils

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 17

story of which Virgil himself perhaps is not fully cognizant.97 E credo che il dominio
di queste verit abbracci elementi attribuiti troppo spesso allescogitatio poetica
anche dallo stesso Dean. A differenza del mito con cui viene introdotta, la statua del
veglio esiste perch, da un lato, resterebbe altrimenti da spiegare lorigine dei fiumi;
in secondo luogo, perch luso del tempo presente non lascia spazio allescogitatio
fittizia. Il presente il tempo storico per eccellenza dove solo unallegoria ha luogo,
lallegoria scritturale in cui il primo senso, quello letterale, dato come senso reale,
storico, che sussiste autonomamente.98 Pertanto, un liquido di cui si compongono
Acheronte, Stige, Flegetonte e Cocito si raccoglie realmente ai piedi di una
grande statua di un vecchio lacrimante, posta nel nostro mondo in un antro del
monte Ida dellisola di Creta. Questo passo del poema credo faccia parte di ci
che Pietro Alighieri, con preoccupazione evidente, descrisse e distinse come ficte
et transumptive loquendo.99 Ma il padre invece ben intenzionato a confermare il
lettore della fisicit della sua ardita sistemazione e cos sviluppa tra i due pellegrini
un rapido scambio di battute.100 unipotesi interpretativa labile che per, credo,
renda oltretutto ragione di versi spesso considerati enigmatici e contraddittori. Mi
riferisco a Inferno XIV, 121-29:
[] Se l presente rigagno
si diriva cos dal nostro mondo,
perch ci appar pur a questo vivagno?.
Ed elli a me: Tu sai che l loco tondo;
e tutto che tu sie venuto molto,
pur a sinistra, gi calando al fondo,
non se ancor per tutto l cerchio vlto;
per che, se cosa napparisce nova,
non de addur maraviglia al tuo volto.
La maraviglia affiora sul volto del pellegrino, riflesso visibile, reazione accertabile
di quanto avvenne e avviene nella mente di chi stia leggendo il canto per la prima
volta. Cos, la domanda e la risposta insieme, lungi da celebrare lampiezza generica
del baratro infernale, evitano al veglio di venir considerato unimpropria sbavatura
del registro mitologico. Per quanto suggestiva e complessa sia la sua fisionomia,
la sua esistenza deve essere considerata dal lettore certa quanto certa lesistenza
della natural burella, o del monte del Paradiso Terrestre o di Matelda.101
Il racconto di Virgilio coniugato al presente fattuale: il veglio la
fontana prodigiosa da cui sgorgano i fiumi del regno dei dannati. E, a meno di
ipotizzare con fantasia discrezionale un meccanismo di pompe artificiali che da
unoriginale fonte rocciosa abbia condotto il flusso per il corpo della statua
artefatto e successivamente giustapposto, la sua posizione e la sua funzione sono
tali dallinizio della creazione dei fiumi dellaldil.

18 the italianist 29 2009

1.5.5 Allegorice
Dato conto del piano letterale vorrei ora cercare di dirimere per quanto possibile
la difficile matassa allegorica dove riposa il senso simbolico di questo veglio.
quindi necessario tornare sulla terzina che pi sbilancia il registro naturale:
Inferno XIV, 112-14.

Ciascuna parte, fuor che loro, rotta


duna fessura che lagrime goccia,
le quali, accolte, fran quella grotta.
Con questa terzina Dante introduce forse lelemento pi portentoso e dirompente
della scenografia del XIV canto, e innovativo se, come consentito ipotizzare, le
spaccature che gocciano lacrime resteranno senza una fonte dimitazione diretta.102
La fenomenologia del pianto, oltre a costituire il gi documentato scarto rispetto alla
fonte biblica, ricorrendo parallelamente allinterno dellepisodio, genera una stretta
analogia a livello strutturale tra lunit narrativa di Creta e quella del veglio: da una
parte il regno aureo del primo dio,103 cui segue lera argentea di un figlio in lacrime;
dallaltra una statua di cui ciascuna parte fuor che loro, rotta | duna fessura
che lagrime goccia (Inf. XIV, 112-13). Le lacrime si correlano orizzontalmente
a partire dalla seconda era e dal secondo strato, il che ha consentito sovente di
estendere i riferimenti letterari necessari alla comprensione del passo dantesco
fino al primo libro delle Metamorfosi di Ovidio,104 cos rischiando di indirizzare il
senso dellepisodio verso alcune prospettive che non sono le sue.105 Sembra infatti
necessario dover rinunciare, nella comprensione del livello allegorico del testo, a
uninterpretazione in chiave diacronica.
Allegorice, le interpretazioni diacroniche dei metalli mostrano, nella verifica
della lettera, la loro insufficienza. La fisionomia, chiaramente graduata in ordine
decrescente, solo per unimmediata associazione di idee invita a connotarne le
unit in senso temporale. Se, infatti, a ogni materiale fosse necessario associare
uno scalino, una svolta peggiorativa avvenuta nella storia umana, bisognerebbe
supporre che la statua sia andata mutando al ritmo degli eventi umani. Ma la
sostanziale immutabilit dellInferno cui il veglio strutturalmente connesso
consiglia di rifiutare linattendibile ipotesi di una miracolosa alterazione materica
nel corso dei secoli, anche perch il poema in nessun passo soccorre questeventuale
e lontana possibilit.106
Se il limite della lettera venisse aggirato, considerando la statua
simbolicamente come icona atavica della storia umana, i cui passaggi furono
raffigurati anticipatamente, in prefigurazione delle future ere senescenti, la
lettura diacronica incontrerebbe contraddizioni insormontabili allinterno della
concezione espressa dalla Commedia. Oltre allinaccettabile allusione al concetto
di predestinazione che Dante rifiuta per voce di Marco Lombardo nel centro esatto
del poema (Purg. XVI, 58-105), come bene esprime Fosca la rappresentazione

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 19

di tutta la storia umana come decadenza continua non lascia spazio allevento
centrale per un cristiano, cio lIncarnazione.107
Si prenda ora in considerazione la lettura storico-politica, la pi adottata tra
le interpretazioni diacroniche, perch indotta dalla presunta fonte biblica (Dan.
2.39-43): essa attribuisce ai metalli una serie di imperi via via pi compromessi.
Si tratterebbe per Dante di una significativa ritrattazione di quanto egli stesso
esprime nella Commedia (Par. XX) e argomenta in Monarchia I, xvi, 1:
Rationibus omnibus supra positis experientia memorabilis attestatur:
status videlicet illius mortalium quem Dei Filius, in salutem hominis
hominem assumpturus, vel expectavit vel cum voluit disposuit. Nam si a
lapsu primorum parentum, qui diverticulum fuit totius nostre deviationis,
dispositiones hominum et tempora recolamus, non inveniemus nisi sub
divo Augusto monarcha, exsistente Monarchia perfecta, mundum undique
fuisse quietum.
Limpero romano per il poeta la struttura permanente appointed by God to carry
out his providential design of universal history (Mazzotta, Poet of the Desert,
p.54); il solo significato storico-politico dunque da ricusare. Similarmente, la
lettura culturale, secondo la quale nei metalli sono raffigurati i periodi di un
umanit che, decaduta da una felice origine, smarrisce sempre pi la sua altezza,
incontra, oltre al comune limite cristologico, un altro evidente ostacolo nel canto
XI del Purgatorio.108 Almeno per quanto attiene lattivit artistica, fatte salve le
implicazioni pedagogiche e morali, si afferma che il tempo presente surclassa le
generazioni precedenti.109
Se, come spero di aver mostrato, la fisionomia del veglio tale dal giorno
della sua creazione, se cio non si alterata nel corso dei secoli, pu confermarsi
valida allegorice solo una lettura sincronica. E tra quelle possibili, credo che la
formulazione proposta da Busnelli sia la pi completa. Egli basa la sua riflessione
su un concetto chiave dellantropologia cristiana lo status naturae post lapsum
che san Tommaso affronta nella quaestio 85, De effectibus peccati. Et primo,
de corruptione boni naturae. Nel primo articolo della quaestio san Tommaso si
chiede se il peccato possa menomare i beni di natura. Procede pertanto a distinguere
il concetto di bonum naturae per verificare in quale accezione esso possa essere
considerato destituito, diminuito dal peccato:
Bonum naturae humanae potest tripliciter dici. Primo, ipsa principia naturae,
ex quibus natura constituitur, et proprietates ex his causatae, sicut potentiae
animae et alia huiusmodi. Secundo, quia homo a natura habet inclinationem
ad virtutem, ut supra habitum est, ipsa inclinatio ad virtutem est quoddam
bonum naturae. Tertio modo potest dici bonum naturae donum originalis
iustitiae, quod fuit in primo homine collatum toti humanae naturae. Primum
igitur bonum naturae nec tollitur nec diminuitur per peccatum. Tertium

20 the italianist 29 2009

vero bonum naturae totaliter est ablatum per peccatum primi parentis.
Sed medium bonum naturae, scilicet ipsa naturalis inclinatio ad virtutem,
diminuitur per peccatum. Per actus enim humanos fit quaedam inclinatio
ad similes actus, ut supra habitum est. Oportet autem quod ex hoc quod
aliquid inclinatur ad unum contrariorum, diminuatur inclinatio eius ad
aliud. Unde cum peccatum sit contrarium virtuti, ex hoc ipso quod homo
peccat, diminuitur bonum naturae quod est inclinatio ad virtutem.
Nel terzo articolo della medesima quaestio, Tommaso si chiede ut convenienter
ponantur vulnera naturae ex peccato consequentia, infirmitas, ignorantia, malitia
et concupiscentia. Enucleate le possibili obiezioni, lAquinate risponde:
Per iustitiam originalem perfecte ratio continebat inferiores animae vires,
et ipsa ratio a Deo perficiebatur ei subiecta. Haec autem originalis iustitia
subtracta est per peccatum primi parentis, sicut iam dictum est. Et ideo
omnes vires animae remanent quodammodo destitutae proprio ordine, quo
naturaliter ordinantur ad virtutem, et ipsa destitutio vulneratio naturae
dicitur. Sunt autem quatuor potentiae animae quae possunt esse subiecta
virtutum, ut supra dictum est, scilicet ratio, in qua est prudentia; voluntas,
in qua est iustitia; irascibilis, in qua est fortitudo; concupiscibilis, in qua
est temperantia. Inquantum ergo ratio destituitur suo ordine ad verum, est
vulnus ignorantiae; inquantum vero voluntas destituitur ordine ad bonum,
est vulnus malitiae; inquantum vero irascibilis destituitur suo ordine ad
arduum, est vulnus infirmitatis; inquantum vero concupiscentia destituitur
ordine ad delectabile moderatum ratione, est vulnus concupiscentiae. Sic
igitur ita quatuor sunt vulnera inflicta toti humanae naturae ex peccato primi
parentis. Sed quia inclinatio ad bonum virtutis in unoquoque diminuitur per
peccatum actuale, ut ex dictis patet, et ista sunt quatuor vulnera ex aliis
peccatis consequentia, inquantum scilicet per peccatum et ratio hebetatur,
praecipue in agendis; et voluntas induratur ad bonum; et maior difficultas
bene agendi accrescit; et concupiscentia magis exardescit.
Le quattro fessure della statua dantesca da cui gocciano lagrime corrono
estremamente vicine al passo dellAquinate error autem et dolor sunt vulnera
consequentia.110 Quattro sono le facolt della natura ferite dal peccato in
Tommaso, e quattro gli elementi eterogenei segnati dalla spaccatura. Quanto per
potrebbe restare un accostamento efficace e indubitabilmente pertinente, grazie a
un secondo rimando proposto da Busnelli, viene universalmente accettato come
corretta interpretazione. Nellopera di Riccardo di San Vittore, Busnelli riscopre
un passaggio in cui il teologo parigino offre una lettura tropologica della statua
sognata da Nabucodnosor.111 Il metodo tropologico porta Riccardo a riconoscere
negli elementi eterogenei della statua biblica le cinque facolt delluomo
gerarchicamente ordinate gi da san Tommaso: loro per il libero arbitrio, largento

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 21

per la ragione; il rame per la volont; il ferro per gli affetti sensitivi; la terracotta
per la concupiscenza. La statua dantesca si presta perfettamente a questo tipo di
lettura e ne ottiene una sapiente e direi conclusiva lettura: Niun dubbio pertanto
che codeste fessure non simboleggiano la vulneratio naturae, e per conseguenza
che il veglio raffiguri la stessa natura umana corrotta pel peccato originale, illesa
solo per il libero arbitrio fuor che loro (Inf. XIV, 112). Cos il veglio, prosegue
Busnelli, non che il Vetus homo, luomo vecchio, che si contrappone al nuovo
rigenerato per Cristo, perch rappresenta la vecchia vita, menata nel peccato in che
si vive secondo Adamo.112
La bibliografia critica sul significato dellintero episodio stata utilmente
tripartita da Francesco Di Gregorio tra i sostenitori dellinterpretazione culturale,
storica, teologica.113 Nel primo caso la statua sarebbe raffigurazione del progressivo
decadere dei costumi con il conseguente impoverimento della natura umana; nel
secondo i metalli raffigurerebbero le succedentesi epoche dellumanit scandite
dallalternarsi degli imperi universali; la terza lettura, la sola sincronica, attribuisce
ad ogni spessore una delle facolt umane disposte in ordine alla loro nobilt.
Ritengo innanzitutto che limpianto dello schema proposto da Di Gregorio, per
quanto utile, vada emendato dalla falsa prospettiva che fa dipendere il senso
della scena infernale dal significato che si attribuisce ai vari strati del corpo, e
non viceversa. Secondo una prospettiva che credo pi completa, suggerisco di
comprendere il senso del corpo del veglio a partire dal ruolo, dalla straordinaria
funzione che riveste lintero episodio nelleconomia della Commedia.
Parafrasando Singleton, figura il concetto di cui abbiamo bisogno per
vedere il Veglio di Creta nella giusta luce e comprenderne la funzione e il significato
allinterno dellepisodio che inizia sulle ripe del Flegetonte.114 Il termine figura
va preso nel senso dellagostiniano significandi gratia (De Genesi ad litteram XI,
12): cio le cose esistono per il significato che esprimono. Il veglio la figura della
condizione umana dopo il peccato, cio da quando lumanit sicut unum corpus
unius hominis (San Tommaso, Quaestiones disputatae de malo IV, 1) ha iniziato
ad abitare nellemisfero boreale nel cui centro geografico e storico egli si trova.
Il senso temporale dellepisodio non starebbe dunque a significare che lhomo,
lumana creatura, si va corrompendo ma, semmai, che un uomo corrotto sta
percorrendo la Storia.
Secondo questa interpretazione, la statua sarebbe capace di riconciliare
in s tutti gli elementi dellepisodio: lemisfero boreale come spazio abitato da
quello stato naturae; la storia imperiale come tempo vissuto; la mitologia pagana
come religione praticata. Uno spazio, un tempo e una religione che sono destinati
a confluire, come simboleggia il fiume di lacrime, nellInferno.115 La stabile
vecchiaia, le spaccature e le lacrime da cui gocciano ne costituiscono, infine, il
volto, soggetto alla corruzione e doloroso.116

22 the italianist 29 2009

La conclusione dellepisodio, inevitabilmente tragica, raggiunge uno dei suoi


vertici espressivi proprio nella potente immagine delle lacrime. Esse legano la statua
al regno del male nel suo complesso fisico e allegorico: fisico perch, forata la
grotta, generano il sistema idrico che avvolge e scandisce le varie parti dellInferno;117
allegorico perch la statua del vecchio piangente fissa in immagine la condizione del
dannato: pianto e gemito, ch universale in tutte le dannate anime.118
Cambier il loro lutto in gioia, li consoler, li render felici (Geremia
31.13); c unumanit che esclusa da questa promessa, unumanit a s bastante
sulla terra e dannata nellInferno.119 Cos, Dante manifests a sophisticated
understanding of the differences between pagan and Christian ideas of the world
grown old. For pagans the aging of the world is to be lamented; for Christians it
is to be transcended (Dean, The World Grown Old, p.194). Questa possibilit
trascendente poeticamente si realizza nellaprire la conclusione del canto allaltra
via, agli altri porti promessi da Brunetto nel canto successivo (Inf. XV, 91). Qui
assumono la forma di un richiesto corollario:
Let vedrai, ma fuor di questa fossa,
l dove vanno lanime a lavarsi
quando la colpa pentuta rimossa. (Inf. XIV, 136-38)
Nella Commedia non si trovano episodi conchiusi nella disperanza perch, per
la concezione cristiana, malum non est nisi in bono.120 Cos sul finire dellepisodio
del veglio, tremendo nella sua ineluttabilit,121 il Lete e il suo cammino inverso
portano il lettore verso lalto, nel luogo dove quelle lacrime saranno mutate in
riso (Purg. XXVIII, 67). Non si ricorda forse a sufficienza linaspettata chiusura di
Virgilio che, poi sperduto ai piedi del monte del Purgatorio, conosce qui lesistenza
e, soprattutto, la funzione del fiume che ne corona la cima.

2 Inferno XIV e Purgatorio XXVIII

2.1 Creta come Anti-Purgatorio


A questo punto, dopo aver messo in luce alcuni elementi del controcanto infernale,
propongo una lettura comparativa dei due episodi che prenda avvio di volta in volta
dallelemento edenico, cominciando da Purgatorio XXVIII, 12: u la primombra
gitta il santo monte.
Come dimostrato altrove ancora Ulisse e il suo viaggio fallito che affiorano
in questi primi canti della meta raggiunta.122 Nel presente verso il poeta fiorentino
abbraccia lombra del santo monte stagliata, gittata sulla distesa marina e
incrocia atemporalmente latterrita vista dal basso del guerriero greco (Inf. XXVI).
La montagna bruna (Inf. XXVI, 133), mediana rima di luna (v.131) e alcuna

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 23

(v.135) ritorna ora nella serie invertita di alcuna (Purg. XXVIII, 29), bruna
(v.31) e luna (v.33). I due sguardi sincontrano se non altro per rammentare
al lettore una volta ancora linnovativa cosmografia della Commedia. Seguendo
infatti una precisa radice della tradizione cristiana,123 su cui innesta spunti della
letteratura favolistica medievale, finanche celtica,124 Dante appronta un modello
che ultimamente originale.125 Come noto a ogni lettore che sia fin qui giunto,
Purgatorio un monte, isola allo stesso tempo, precisamente collocato al centro
dellemisfero delle acque.126 Sulla sommit del poggio, coronazione letterale e
allegorica che il viatore apprende poco pi avanti, sta il giardino dellEden (Purg.
XXVIII, 91-93). In fondo, il paragone identificante tal qual (v.19) tra la divina
foresta e la spiaggia di Classe,127 una struggente similitudine in cui il poeta esiliato
raggiunge uno dei vertici espressivi del canto,128 concettualmente reso possibile
dal fatto che lEden fa parte di unesperienza ancora compiutamente umana,129 ai
margini certo, ma ancora trattenuta dalla sponda del tempo: contento | di quel ciel
c ha minor li cerchi sui (Inf. II, 78).
Se nella concezione medioevale linvenzione del Purgatorio rompe lo schema
binario prediletto(Segre, Viaggi e visioni, p.23) Cielo-Inferi, nella Commedia
la presenza di Creta e del veglio in essa ricompone, in un certo senso, la
simmetria. Dopo quanto si cercato di chiarire riguardo al livello eminentemente
geografico delle localit disposte nel canto XIV, non pare infatti difficile scorgere
la singolarissima simmetria topologica tra lisola-montagna dellEden cristiano e
lisola-montagna dellet delloro pagana.130 Tralasciando pur possibili computi
matematici spesi a stabilire uneventuale antipodicit longitudinale e latitudinale, il
dato letterale mette in luce una struttura non trascurabile: Creta stata immaginata
da Dante come un anti-Purgatorio. Anche la sede del veglio isola, montagna
allo stesso tempo, centralmente posizionata su uno spazio marino al cuore del
rispettivo emisfero, sede dellaltra e differente et delloro.
Un notabene: la sottesa vicenda di Ulisse offre un altro, secondario e forse
puramente accidentale punto di cucitura tra i due siti. Se Creta infatti si dimostra
isola cui praticamente inevitabile approdare, Purgatorio invece lisola cui
impossibile giungere,131 il che non trascurabile se, come afferma Segre, il vero
itinerario quello terreno (Viaggi e visioni, p.41), se cio nelle dinamiche terrene
occorre scorgere i significati pi riposti.132
2.2 Ida come anti-Eden133
Limpianto geografico stabilisce la specularit delle isole. E come immagine
specchiata e dunque ribaltata si presenta la vista dellisola purgatoriale come
risulta dal testo di Purgatorio XXVIII, 1-21:

Vago gi di cercar dentro e dintorno


la divina foresta spessa e viva,
cha li occhi temperava il novo giorno,

24 the italianist 29 2009

sanza pi aspettar, lasciai la riva,


prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che dogne parte auliva.
Unaura dolce, sanza mutamento
avere in s, mi feria la fronte
non di pi colpo che soave vento;
per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u la primombra gitta il santo monte;
non per dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser doperare ogne lor arte;
ma con piena letizia lore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,
tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su l lito di Chiassi,
quandolo scilocco fuor discioglie.
Sebbene a sostegno di questo percorso sia sufficiente paragonare alla flora edenica
test affrescata lunica terzina dedicata alla desertificazione cretese (Inf. XIV,
97-99) e cos poter mettere a fuoco che quanto l fu (vv.96-97) qui (Purg.
XXVIII, 135), si rende utile annotare due particolari. Se linciso infernale sintetizza
nellassenza di fronde (v.98) uno degli scarni connotati di Creta,134 nel canto in
questione il poeta ha modo di apprezzare un paesaggio opposto dove le fronde
(Purg. XXVIII, 10), fatta spessa la foresta (v.2), reggono la sintassi del lungo
periodo per due terzine (vv.10-15). E son poi sempre fronde ad intrecciarsi con
laura dolce fino al verso 21, triplicemente considerate: per le cime (v.14), intra
le foglie (v.17) e di ramo in ramo (v.19).
Spiraglio di un disteso cammino esegetico, lassenza di acqua (Inf. XIV, 98)
verr approfondita a parte nel prossimo paragrafo. Per ora resta invece da ricordare
lultimo laconico attributo della montagna cretese: essa era infine presentata
diserta (v.99), cio abbandonata o, meglio, disabitata cosicch ora, nel farsi
della divina foresta, la presenza degli augelletti (Purg. XXVIII, 14) possa esser
intesa, almeno inizialmente, come vivida ed ennesima contropartita.135
2.3 Flegetonte come anti-Lete
Lentrata mattutina nella selva viene interrotta dal corso di un rio che, in questo
sempre pi evidente gioco di rimandi, sembra dialogare con il rigagno infernale:

ed ecco pi andar mi tolse un rio,


che nver sinistra con sue picciole onde
piegava lerba che n sua ripa usco.

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 25

Tutte lacque che son di qua pi monde


parrieno avere in s mistura alcuna
verso di quella, che nulla nasconde. (Purg. XXVIII, 25-30)
I debiti ovidiani per la raffigurazione della flora edenica dantesca sono stati
sufficientemente stabiliti.136 Ed stato altres assicurato che per lunica occorrenza
nella Commedia del nome di Proserpina (v.50) e per lesplicito rimando al
momento del suo rapimento, il poeta abbia voluto far riferimento a due celebri
testi classici,137 dai quali attinge a piene mani per dar forma in questi versi alla sua
selva antica e in particolare al corso dacqua purissimo.138
Sette secoli di esegesi e commenti rendono necessario sottolineare che il
lettore non sa ancora di quale fiume si tratti. Per il momento esso solo un rio
(v.25), e fiumicello (v.35). Dopo invece che il pellegrino si rivolto alla bella
donna ed ella ha raggiunto la rivera, il corso dacqua, quasi alterato anchesso
dalla straordinaria presenza, divenuto, secondo unaccorta climax montante, bel
fiume (v.62).139 Infine, avanzata una seconda richiesta, vien dato di conoscerne il
nome: Let (v.130). I riecheggi isomorfi del controcanto infernale non tardano
a sopraggiungere. Anche allora, infatti, il cammino del poeta fu interrotto dal
corso trasversale di un fiumicello (Inf. XIV, 77), e poi rio (v.89). Quello stesso
corso, dopo la storia del veglio, diviene, secondo una climax stavolta discendente,
rigagno (v.121). E solo dopo una nuova domanda ne viene stabilito lappellativo:
Flegetonta (v.131).
Soffermandosi ancora un poco tra le scelte lessicali si registra che, se le
occorrenze dei due termini isolati (fiumicello o rio) richiederebbero unanalisi
estesa e capace di approdi esegetici forse distanti da quello qui proposto,140
un parallelismo accidentale tra i due episodi sembra possa essere escluso
dalloccorrenza incrociata (fiumicello e rio). Essa si presenta infatti in questi
due soli punti del viaggio.141
Ai numerosi studi di lessicologia dantesca sembrerebbe esser sfuggita questa
singolarissima circostanza per cui un fiumicello-rio sbarra la strada al pellegrino
sia quando, ai margini della dolorosa selva (Inf. XIV, 10), conosce il mito del
veglio, sia quando, dentro alla selva antica (Purg. XXVIII, 25), conosce la bella
donna. Eppure il disegno del poeta sembra tuttaltro che nascosto: il fiumicellorio infernale era rosso e raccapricciante (Inf. XIV, 78) qui invece il rio-fiumicello
edenico privo di mistura alcuna (Purg. XXVIII, 29). Nella lordura del ruscello
che segnala inesorabilmente le pratiche delle prostitute aretine (Inf. XIV, 79-81)
si pu poi forse agilmente leggere una stravolta caricatura dellacqua che nulla
nasconde (Purg. XXVIII, 30). E, infine, soprattutto, il confronto tra gli episodi
offre un utile spunto quando Dante ci d a leggere laltro singolare connotato dei
fiumicelli. Credo infatti risponda pienamente agli intenti del poeta che le ripe
erbose (v.27) ripetute (vv.61-62) di Lete, pacificamente bilancino gli argini n
pietra, e margini dallato (Inf. XIV, 83), e ripetuti (vv.141-42), di Flegetonte.142

26 the italianist 29 2009

2.4 Saturno e Adamo


Il legame tra i canti non frutta solo sul piano drammaturgico, teatrale. I due canti
intrecciano un dialogo che per quanto riguarda lEden riprende ai versi Purgatorio
XXVIII, 139-44:

Quelli chanticamente poetaro


let delloro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro.
Qui fu innocente lumana radice;
qui primavera sempre e ogne frutto;
nettare questo di che ciascun dice.
Lintertestualit fin qui valorizzata dovrebbe ora permettere di dispiegare le lunghe
ramificazioni di un altro tema portante del canto XXVIII: let delloro.143 Al
tessuto di questo studio va prima recuperata una nozione, un modus intelligendi
proprio dellera medievale, ben espresso in fondo da Charles Moeller quando
afferma che il cristianesimo non ha soppresso ci che lumanit aveva creato di
pi grande prima di esso, bens lo ha battezzato;144 si tratta di una redenzione
culturale dunque, in cui i motivi pagani trovano nuovi involucri nella storia della
Salvezza, e viceversa.145
Il procedimento, finemente adoperato dalla creativit dantesca,
inevitabilmente investe e avvolge nel manto anche il tema classico dellet delloro.
Nella Commedia, infatti, attraverso le gratuite parole del gustoso corollario,
Dante offre a quellet antica, i noti sembianti del primo libro della Genesi. Quello
stato felice intravisto poeticamente dallumanit pre-cristiana, corrisponde
temporalmente alle sei ore e poco pi in cui i primi parenti dimorarono nel
giardino,146 a quel primo e pi fragile espace dun matin che la storia conobbe e a
cui il Medioevo non smette di guardare.
Va poi precisato che, come accade nei momenti artistici pi accurati, il
concetto che Dante eredita non viene s-figurato147 o stravolto148. Let delloro
pagana si presenta qui in una veste decisamente ortodossa, nel senso che
gli scoperti rimandi al testo ovidiano adoprati dal poeta fiorentino assicurano
allampio tema quivi racchiudibile, i riflessi e le reminiscenze poetiche pi note.
In altre parole, la bella donna rende omaggio a unidea ben riconoscibile, a una
letteratura ben precisa che, per comodit, cito dal passo di Ovidio, dichiarato
modello di questultima parte del canto,149 cio Metamorfosi I, 89-90 e 111-15,
forse il primo cui bisognerebbe guardare (Singleton, La poesia della Divina
Commedia, p.347):
Aurea prima sata est aetas, quae vindice nullo,
sponte sua, sine lege fidem rectumque colebat. []
Flumina iam lactis, iam flumina nectaris ibant,
flavaque de viridi stillabant ilice mella.

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 27

Postquam Saturno tenebros in Tartara misso


sub Iove mundus erat, subiit argentea proles,
auro deterior, fulvo pretiosior aere.
Vorrei cos evidenziare come un lettore della terzina dantesca venga quasi condotto,
sospinto dallaccenno della donna, verso alcune delle pagine pi celebri della
letteratura latina. E se a esse perviene, come in questo caso ovidiano, non pu che
riportare sul testo dantesco il pi celebre sinonimo che titola il motivo delle origini,
e cio il sintagma saturnia regna.150 Esso mette pertanto in connessione la terra
dove fu innocente lumana natura (v.142) e il paese sotto l cui rege fu gi l mondo
casto (Inf. XIV, 96). Al regno di Saturno entrambi guardano: la prima come attuato
inveramento e il secondo come tragico fallimento, integumentum e moralisatio.
Ci si approssima forse ancor meglio allordito dantesco imbattendosi nella
fulminante formulazione con cui Giovenale ferma quel trascorso tempo di pace:
Iove nondum | barbato (VI, 15-16). Giove non ancora barbuto: ironica e intensa
allo stesso tempo, limmagine tratta dalla sesta Satira si inserisce appieno nel filo di
questi ragionamenti. Limmagine infantile consegna infatti un congruente approdo
comune e intermedio alle scelte lessicali per nido (Purg. XXVIII, 78) e cuna fida
(Inf. XIV, 100).151
Il groviglio di rimandi e allusioni che sembra attraversare e unire il canto dove
si ricorda il regno di Saturno, e il canto dove si celebra lo stato di Adamo adotta,
daltra parte, uno schema ben noto alla cultura medievale. LEcloga Theoduli,
considerato un classico del suo tempo (Mosetti Casaretto, Introduzione, p.xvi),
anche dal momento che fa parte dei libri manuales per i secoli XI-XIII,152 fa uso
dellidentico binomio. Lesemplare e provocatorio componimento, come noto,
mette in scena la sfida meridiana fra la Verit veterotestamentaria (Alitia) e la
Menzogna pagana (Pseusti). E cos recita uno dei primissimi scambi:
pseustis: Primus Cretaeis venit Saturnus ab oris
aurea per cunctas disponens saecula terras;
nullus ei genitor nec quisquam tempore maior;
ipso gaudet avo superum generosa propago.
alithia: Incola primus homo fuit in viridi paradiso,
coniuge vipereum donec suadente venenum
hausit eo cunctis miscendo pocula mortis;
sentit adhuc proles, quod commisere parentes. (Ecl. 37-44)
Cristiana nellargomento, pagana nella forma,153 prontamente la risposta di
Alitia controverte il mito saturnino proposto da Pseusti, nel racconto biblico
della creazione. Cos succede che il verdeggiante giardino stia come verit per i
favoleggiati lidi cretesi, e il durare di Adamo ed Eva nellEden si proietti sui saecula
del regno di Saturno. Nam Saturnus primus deorum fuit, Adam primus hominum
fuit; Saturnus expulsus de regno, Adam de Paradyso.154 Linciso, tratto da un

28 the italianist 29 2009

diffuso commento allEcloga, ben lumeggia dunque omologie che si direbbero


presenti anche nella Commedia.
Diversamente impaginata, anche la Commedia d luogo a un simile
scambio:
In mezzo mar siede un paese guasto,
disselli allora, che sappella Creta,
sotto l cui rege fu gi l mondo casto (Inf. XIV, 94-96

Qui fu innocente lumana radice (Purg. XXVIII, 142)

Una montagna v che gi fu lieta


dacqua e di fronde, che si chiam Ida (Inf. XIV, 97-98)
Qui primavera sempre e ogne frutto (Purg. XXVIII, 143)
La donna con insistenza quasi pedagogica sembra voglia dire: Qui, e non l.
In vista del contenuto dei canti successivi, e della ritirata di Virgilio (Purg.
XXX, 49-54), si potrebbe concludere questa sezione con le parole di Mosetti
Casaretto: Esiste un grande separatore degli avversari, il fiume: non venendo mai
guadato, pu ben rappresentare uno scarto di civilt, uno iato culturale o una
frattura religiosa invalicabile. Nella tradizione cristiana il fiume simbolo del
battesimo: il fatto che Mendace [si legga Virgilio] non lo attraversi, dissipa ogni
dubbio sullipotesi di una sua finale conversione.155
2.5 Il veglio e la donna
Infine si pu giungere ad ammirare la partitura dantesca mentre affianca e oppone
i due guardiani.

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio []


Che lagrime goccia (Inf. XIV, 103 e 113)
ella ridea da laltra riva dritta (Purg. XXVIII, 67)
2.5.1 Il vecchio e la giovane
La lettera, la dura scorza del testo dei due episodi, sembra confermare il
parallelismo che lo studio propone allorch le due creature danno prova di una
bipolarit iconografica che appare sempre meno casuale. I rispettivi attributi fisici,
le cui cause allegoriche verranno affinate pi avanti, sono incatenati allavverbio
e in forte opposizione: se al primo compete lesser dritto (Inf. XIV, 103), vecchio
e maschile, alla seconda lesser dritta (Purg. XXVIII, 67), giovane e donna.
LEcloga Theoduli, anche in questo caso, potrebbe costituire un valido antefatto.
La contrapposizione maschioPseusti/femminaAlitia non affatto secondaria
ma permette di drammatizzare lo scontro di due poli irriducibili: il primo occupato
da il Mendace e laltro da la Verit.156

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 29

La distinzione di genere a livello grammaticale si mantiene intatta, nel


componimento latino, anche quando la polarizzazione si trasferisce sullo scarto
Iuventas e Senium,157 contrapposizione verso cui sembra intenzionalmente
estendersi anche il tratto distintivo delle due creature dantesche. Della donna
incontrata nellEden, infatti, viene fissata unet prossima alladolescenza, tramite
la stretta similitudine con limmagine di Proserpina:
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera. (Purg. XXVIII, 49-51)
Com noto dai testi di Ovidio e Claudiano, quando i cavalli eburnei attoniti
meliore polo sentono il carro gravarsi del peso della vergine rapita, la futura regina
degli Inferi appena vicina thoro plenis adoleverat annis | virginitas, tenerum
iam pronuba flamma pudorem | sollicitat mixtaque tremit formidine votum (De
raptu I, 130-32). Specularmente, dallaltra parte, sta invece la vecchiaia secolare
scolpita nelle fattezze della statua. Il veglio (da vieil, un francesismo per vecchio),
come detto, per questo suo attributo definitorio viene frequentemente interpretato
come immagine del vetus homo. E pertanto, la natura cretese, gi definita vieta e
il fronte mitologico dove soggiace la figura del Saturnius senex,158 consentono in
buona misura di leggere nellepisodio i tratti cadenti della stagione invernale, sul
piano simbolico sia della vita umana che della natura.159
2.5.2 La tresca e la danza
Le corrispondenze proseguono dalle fattezze alle pose. Quando il pellegrino avvista
la donna al di l del fiumicello, le si rivolge cos:

Deh, bella donna, che a raggi damore


ti scaldi []
Come si volge, con le piante strette
A terra e intra s, donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette (Purg. XXVIII, 43-44; 52-54)
Ora, se si torna con la memoria a Inferno XIV, allargando il campo dosservazione
alla parte iniziale del canto, il tormento inflitto ai bestemmiatori acquista forse
una nuova luce. Per coloro che fecer forza nella deitade, | col cor negando e
bestemmiando quella (Inf. XI, 46-47), Dante immagina che sopra il sabbione:
[] dun cader lento,
piovean di foco dilatate falde.
[] Sanza riposo mai era la tresca
de le misere mani, or quindi or quinci,
escotendo da s larsura fresca. (Inf. XIV 28-29; 40-42)

30 the italianist 29 2009

Dal commento di Boccaccio noto esser la tresca una maniera di ballare


la quale si fa di mani e di piedi(Esposizioni, p.645), che richiede secondo il Buti
un grande e veloce movimento.160 La vista desolata della landa dei bestemmiatori
consiste pertanto nello spettacolo raccapricciante di una danza isterica con cui
le anime tentano vanamente di proteggersi dalle fiamme cadenti dellardore
divino. Sulla scelta delle immagini di Inferno XIV ha forse influito, allora, in una
sorta di caricatura rovesciata, limmagine edenica della donna che, scaldata dai
raggi dellamore divino, danza e piede innanzi piede a pena mette (v.54). Quella
disposizione danimo rappresentata dalla fanciulla in cui si contempla loriginale
attitudine della creatura verso il creatore,161 disposizione diametralmente opposta
al disdegno dei violenti contro Dio. Da una parte la bestemmia e dallaltra la
salmodia, cui risponde Dio da una parte con il fuoco della vendetta e dallaltra
coi caldi raggi damore.
2.5.3 Il pianto e il riso
Incastonata tra due terzine di contenuto mitologico (vv.64-66 e vv.70-72), la
sintassi con cui Dante ricorda il ridere della donna spicca tranquilla e luminosa
a completamento e consacrazione del significato della scena. Il riso, infatti,
la coronazione della creazione di Dio in quanto gesto specifico e sublime della
creatura umana.162 Come acutamente annota Dronke (Viaggi al Paradiso
Terrestre), quel riso anche il punto in cui il desiderio del pellegrino, che in varie
forme aleggia su tutto lepisodio, evinto in tutta la sua intensa carnalit: ben due
sono le similitudini addotte per dar confronto allodioso ostacolo che impedisce a
Dante di raggiungere la bella donna. E ci propriamente, poich dal Convivio
risulta chiaro che nella concezione del poeta fiorentino il riso il primo oggetto del
desiderio,163 ed insieme agli occhi, balcone de la donna che nel dificio del corpo
abita cio lanima (Conv. III, viii, 6-8).
Eppure, quasi senza sforzo, lepisodio del veglio traluce ancora una volta. Lo
straordinario riso della donna, obbliga la stessa ad una successiva dichiarazione
circa la scelta libera di Adamo:

Per sua difalta qui dimor poco;


per sua difalta in pianto e in affanno
cambi onesto riso e dolce gioco. (Purg. XXVIII, 94-96)
Luomo abbandon quel cacume e cos mut il gioco in affanno, e il
riso in pianto. Il qui (v.94) in cui vive il riso, per un principio dequilibrio
caro al pensiero medievale,164 dovrebbe richiedere un l dove stia il pianto. In
risposta sovviene squillante lammonimento di Cristo, ibi erit fletus et stridor
dentium,165 ma la basilare formulazione evangelica determina quella spazialit
a livello metafisico e metastorico indicando il baratro infernale. Forse, invece, un
concreto e simbolico corrispettivo, nella Commedia, potrebbe darsi con lantro

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 31

ideo, strategicamente al centro dellecumene abitata post-lapsum.166 E nelle lacrime


del veglio si potrebbe altres leggere una simbolizzazione dello status naturae cui la
donna allude in questa terzina come tragica eredit.

3 Conclusione

Perch tra Inferno XIV e Purgatorio XXVIII vi sono tante rispondenze tematiche,
importanti calchi lessicali, simmetrie strutturali e memoriali?
Vi una prima evidente ragione: i tracciati liquidi della Commedia, le cui
rifrazioni morali sono indicate forse gi nella proemiale metafora acquea del lago
del cor (Inf. I, 20), disegnano ununica grande via che percorre diametralmente la
prima sfera. Essa spiccia lagrimosa gocciando in Creta dalle fessure della statua
(Inf. XIV, 112), diroccia nellabisso infernale, ghiaccia in Cocito, si discioglie e
risale per le balze purgatoriali, fino alla fontana salda e certa (Purg. XXVIII, 124),
quando ormai libero, dritto e sano tuo arbitrio (Purg. XXVII, 140). lidrologia
della Commedia a saldare in un unico plesso lepisodio del veglio e lincontro
con Matelda: essa conduce da unisola allaltra, da una fonte allaltra, dal piede
dargilla della statua al piede danzante della donna, lungo una traiettoria verticale
che corre parallela al cammino del viator.167
Alla luce di Contini,168 va distinto qui il viaggio delluomo soggetto del
vivere e dellagire che cerca la liberazione personale e generale, dal percorso storico
del poeta. Nelle dinamiche del primo si trover comunit dintenti e identit di
tematiche tra i canti che, proprio nel loro insieme, accostati come i due registri di
ununica pala,169 offrono alla considerazione del pellegrino la drammatizzazione
del bifronte concetto di status naturae:170 Natura hominis dupliciter potest
considerari, uno modo, in sui integritate, sicut fuit in primo parente ante peccatum;
alio modo, secundum quod est corrupta in nobis post peccatum primi parentis.171
Sulle valenze teologiche di questo dittico, rimando ai molti studi gi fatti:172 qui
mi limito a segnalare che il quadro si conclude nel momento in cui il suo soggetto,
lumana natura, viene superata: trasumanar (Par. I, 70).
Lungo laltra direttrice del percorso, che racconta la vicenda di Dantepoeta rivisitatore delle fonti del sapere e dei valori musaici, credo si possa adottare,
per comodit esplicativa, la gestualit del personaggio poich, in questa zona
del Purgatorio, essa sembra dar forma alle scelte artistiche del poeta. Quando
infatti Virgilio invita Dante a muoversi liberamente, mi sembra prendere forma
lautonomia raggiunta anche a livello poetico. Non aspettar mio dir pi []
io te sovra te corono e mitrio (Purg. XXVII, 139-42): la formula cerimoniale
dellincoronazione imperiale pronunciata da Virgilio, contiene forse unallusione
alla corona poetica con la quale il maestro, al termine della prima fatica, sancisce
la libert stilistica del discepolo: la poesia dantesca, infatti, dopo Purgatorio

32 the italianist 29 2009

XXVIII, abbandona completamente la poesia latina.173 Prima per che il distacco


da Virgilio divenga definitivo anche sul piano narrativo, Dante incastona nel
cuore della Commedia alcuni versi, chegli stesso definisce gratuiti, cio non
necessari alle dinamiche della direttiva teologica. In essi scopriamo, per un attimo,
il passaggio avvenuto in questo canto: i consolidati ruoli si sono invertiti, Dante si
fatto guida al suo poeta affinch vedesse sensibiliter quanto pot solo sognare:
Quelli chanticamente poetaro
let delloro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro.
Qui fu innocente lumana radice;
qui primavera sempre e ogne frutto;
nettare questo di che ciascun dice. (Purg. XXVIII, 139-44)
La nuova poesia dantesca, ormai pienamente padrona di s stessa, si
riconosce innanzitutto come correzione e inveramento dellantica.174 Il corollario
di Matelda segna un passaggio, stringe un importante nodo in quella maglia che
Brberi Squarotti chiama poesia della poesia,175 un nodo che riconosce alla poesia
latina di contenuto profetico la cittadinanza nel punto pi alto dellesperienza
umana e, al contempo, la supera e ne corregge le inesatte asserzioni.
Le due direttrici di percorso, quella teologica e quella poetica, in questo canto si
confondono al punto da render lultima terzina quasi perfettamente ambivalente:
Io mi rivolsi n dietro allora tutto
a miei poeti, e vidi che con riso
udito avan lultimo costrutto. (Purg. XXVIII, 145-47)
Con fatica si pu distinguere nel riso di Virgilio (v.146) o la calda approvazione
del padre mentre guarda la prima emancipata prova poetica del figlio, o la fiera
approvazione del pagano che assapora, che vede lantico sogno inverato.176 Ma
pu soccorrere il lettore la lettura dellepisodio conclusivo di Paradiso XXVIII,
130-35, dove lampeggia un riso del tutto simile:
E Donisio con tanto disio
a contemplar questi ordini si mise,
che li nom e distinse comio.
Ma Gregorio da lui poi si divise;
onde, s tosto come li occhi aperse
in questo ciel, di s medesmo rise.
Lerrore di Virgilio, corrispettivo al fallace calcolo di Gregorio nei Moralia (XXII,
xxiii, 41-43), commesso nel canto XIV dellInferno quando ritenne let delloro
avvenuta in Creta. E cos ora egli ride perch vede consumarsi lerrore e, a livello
poetico, superarsi il limite. Sensus delectantur in rebus debite proportionatis sicut

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 33

in sibi similibus; nam et sensu ratio quaedam est, et omnis virtus cognoscitiva (San
Tommaso, Summa theol., Ia, q.5, a.4, ad 1). Vi una percezione fisica dellistante
in cui la verit si svela che, come corruscazione dellanimo, distende sul volto
umano un sorriso.
In conclusione vorrei indicare rapidamente due conseguenze che questa
rilettura comporta. Le analogie tra i due canti credo consentano di ipotizzare che
Dante avesse ben presente larrivo sulla cima del poggio purgatoriale e limmagine
della bella donna quando, con non fortuita precisione, nellepisodio del veglio
rivolta in malo ledenico contatto. La serie dei canti conclusivi del Purgatorio,
daltra parte, viene considerata il cuore del poema e punto di cominciamento
dellideazione della struttura del viaggio.177 probabile allora che, da un punto di
vista compositivo, il contenuto del canto XXVIII del Purgatorio abbia guidato la
mano del poeta nella stesura di Inferno XIV. Ci potrebbe render ragione anche
delle incongruenze tra i versi sullidrologia delledificio-commedia (Inf. XIV 12129) e altri luoghi del poema (Inf. XXIII) che lasciano incerti e fanno pensare a
diverse concezioni sovrappostesi nel corso della stesura del poema (Chiavacci
Leonardi, Commedia, I, 444). In questottica, non andr infine considerata
casuale la scelta numerativa dei canti. Da un regno allaltro il numero esattamente
raddoppia o, meglio, si dimezza: 28 e 14.
Secondo: Matelda non un unicum nella Commedia.178 La sua particolarissima
natura, non solo simbolo, non solo figura e, come credo, non figura storica,179 trova
nel veglio un antipodico collega. La loro funzione, legata ai fiumi dellaldil, ha la
stessa data dinizio la Caduta di Adamo ed Eva che significandi gratia coincide
con linizio della loro stessa esistenza. Non si consideri poi tanto distante la loro pur
differente composizione materica. Il veglio una statua, una prodigiosa scultura.
La libert dinvenzione dantesca, a questo proposito, potrebbe essere discussa con
riferimento al portento dei marmi istoriati e vivi (Purg. X), inaugurali della serie
di sette balze che la visione della bella donna conchiude.180 Come gi detto, queste
righe rappresentano labbrivio di una pi estesa trattazione che cercher di rendere
conto dei numerosi alti contributi pubblicati fino ad oggi.181

Note
*

Dedico questa prima fatica dantesca ai miei genitori Ivan

Croce, p.63; e si veda anche. nella stessa pagina:

e Antonella. Desidero ringraziare Anna Maria Chiavacci

Queste di Dante, sono mere costruzioni immaginative di

Leonardi per la gentilezza con cui ascolt e sostenne

scarsissima importanza, soprattutto per noi [] che, a

liniziale intuizione; la prof.ssa Violetta De Angelis per la

ogni modo, delle immaginazioni e dei sogni non conviene

pazienza con cui ha lasciato che lintuizione diventasse un

a lungo intrattenere la gente, noiando altrui (ammoniva

lavoro.

monsignor della Casa nel Galateo) col recitarli con tanta

Benedetto Croce, La poesia di Dante (Bari: Laterza, 1921),

pp.63-64.

affezione e facendone s gran meraviglia, che uno


sfinimento di cuore a sentirli.

34 the italianist 29 2009

La stessa struttura interna del canto manifesta una

cultura occidentale, come ricorda lantico adagio cristiano

studiatissima assonometria, come ben delinea Aldo Vallone,

caro cardo salutis (Tertulliano).

Il canto XIV dellInferno, in Inferno, Letture degli anni

1973-75 (Roma: Bonacci, 1977), pp.361-84.


4

Per il ruolo strutturale dellepisodio, riletto in chiave

Le illustrazioni che accompagnano Inferno XIV

contemplano di rado limmagine del veglio anche per


la difficile composizione della sequenza narrativa che,

opposta a Croce, in particolare si vedano Emilio Bigi,

come noto, rompe lunit spaziale. Si comincia sulla

Un caso concreto del rapporto di struttura e poesia: il

landa del terzo girone (vv.1-93) e ci si trova dun tratto

canto XIV dellInferno, in Forme e significati nella Divina

in mezzo al Mediterraneo (vv.94-114). Per alcune iniziali

Commedia (Bologna: Cappelli, 1981), pp.83-107; Anna

testimonianze si veda Peter Brieger, Millard Meiss and

Maria Chiavacci Leonardi, Introduzione al canto XIV, in

Charles S.Singleton, Illuminated manuscripts of the Divine

Dante Alighieri, Commedia, 3 voll. (Milano: Mondadori,

Comedy (Princeton: Princeton University Press, 1969),

1991), I, 421-25; e pi recentemente nonostante alcune

pp.173-82. Sto preparando un articolo di adeguato

imperfezioni come, ad esempio, lunit individuata in Inf.

approfondimento dedicato alla fortuna letteraria e

XIV 121-28, che invece, a mio parere, tutta da dimostrare

iconografica della statua, a partire dalla sua origine biblica

Steno Vazzana, Il canto XIV dellInferno, LAlighieri, 16

fino al poema dantesco.

(2000), 23-52.

Tra i molti possibili riferimenti si ricordano in particolare:

La debole fama della citt portuale, apparentemente fuori

posto nellaltisonante sequenza Creta-Roma, ha sospinto

Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana, a

le indagini al di l della lettera del testo. Solo dal XIX secolo

cura di Niccol Gallo (Torino: Einaudi, 1958), pp.216-17;

la citt egiziana sul Nilo non viene semplicemente indicata

Ettore Paratore, Il canto XIV dellInferno, in Lectura dantis

come seal.

romana (Torino: SEI, 1959); oltre al commento citato, Anna

Guido da Pisa, Expositiones et glose super Comediam

Maria Chiavacci Leonardi, La guerra de la pietade. Saggio

Dantis or Commentary on Dantes Inferno, a cura di

per una interpretazione dellInferno di Dante (Napoli:

Vincenzo Cioffari (Albany: State University of New York

Liguori, 1979), p.99; John A.Scott, Canto XIV: Capaneus

Press, 1974), p.278; Jacopo Alighieri, Chiose allInferno,

and the old man of Crete, in Lectura Dantis Californiana,

a cura di Saverio Bellomo (Padova: Antenore, 1990),

(Berkeley, Los Angeles e Londra: University of California

XIV; Comedia di Dante degli Allagherii col commento di

Press, 1998), pp.185-95.

Jaopo Giovanni dalla Lana bolognese, a cura di Luciano

Per una chiara sintesi della teoria crociana e unefficace

Scarabelli (Milano: Giuseppe Civelli, 1865), I, 65; Chiose

critica alla scissione di poesia e struttura si veda,

anonime alla prima Cantica della Divina Commedia di

Bruno Nardi, Sullinterpretazione allegorica e sulla

un contemporaneo del Poeta, pubblicate da Francesco

struttura della Commedia di Dante, in Saggi e note

Selmi (Torino: Stamperia Reale, 1865); Petri Allegherii

di critica dantesca (Milano e Napoli: Ricciardi, 1966),

super Dantis ipsius genitoris Comoediam. Commentarium

pp.110-65. A questo proposito mi sembra preziosa anche

nunc primum in luce editum consilio et sumptibus G.I.

losservazione di Charles Singleton: Nessuno sembra

Bar.Vernon, a cura di Vincentio Nannucci (Firenze: Piatti,

per aver notato che il rifiuto che Benedetto Croce fa

1845), p.165; Il codice cassinese della Divina Commedia

dellallegoria e dellallotria (come egli la chiamava)

per la prima volta letteralmente messo a stampa (Monte

solo una manifestazione recente di una tendenza molto

Cassino: Tipografia di Monte Cassino, 1865), Inf.XIV,104;

antica, risalente di fatto al Rinascimento, il che nel nostro

Guglielmo Maramauro, Expositione sopra lInferno di

caso vuol dire, allincirca, antica quanto possibile, dato

Dante Alligieri, a cura di Pier Giacomo Pisoni e Saverio

che quellepoca tanto da vicino segue lepoca di Dante;

Bellomo (Padova: Antenore, 1998), Inf.XIV,104;

La poesia della Divina Commedia (Bologna: Il Mulino,

Benvenuto da Imola, Comentum super Dantis Aldigherij

1999), p.133. Si potrebbe quasi rileggere lerrore di Croce

Comoediam, a cura di J.P.Lacaita, 5 voll. (Firenze:

come una felix culpa, avendo egli permesso di riscoprire

Barbra, 1887), II, 490.

proprio quella profonda unit, da lui negata, di poesia e

10

struttura, unione che, in un certo senso, potrebbe esser


riscritta come unit di verbo e carne, fondativa della

Per la quinta crociata si veda in particolare David

Abulafia, I regni del Mediterraneo occidentale dal 1200 al

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 35

1500. La lotta per il dominio (Roma e Bari: Laterza, 2001);

Dantes nach Rom in Oktober 1301, in Dante, Gesammelte

Antony Leopold, How to Recover the Holy Land (Aldershot

Aufstze (Monaco: Hueber, 1958), pp.38-53.

e Burlington: Ashgate, 2000); Benjamin Z.Kedar, Crociata

13

Bonaventura da Bagnoreggio, Legenda Maior, II, xi; si

e missione. LEuropa incontro a lIslam (Roma: Jouvence,

vedano anche Thomas de Celano, Vita secunda, LVII; Jacque

1991); Sylvia Schein, Fideles crucis. Il papato, LOccidente

de Vitry, Lettres de la Cinquime Croisade (Turnhout:

e la riconquista della Terra Santa, (1274-1314) (Roma:

Brepols, 1998). Dalla corposa bibliografia sul rapporto

Jouvence, 1999).

tra Dante e la tradizione francescana si segnala Sofia

11

Con questo studio, dedicato a Dammiata, cerco di

Vanni Rovighi, Bonaventura, in ED, I, 669-73; Pompeo

ricostruire le attestazioni storiche e geografiche pi vicine

Giannantonio, Dante, San Francesco e la tradizione

alla formazione dantesca, allargando la collatio fino a

francescana, in Dante e il francescanesimo, a cura di

Marino Sanudo (1260-1343). Da una parziale sistemazione

Agnello Baldi et al. (Cava dei Tirreni: Avagliano, 1987),

delle fonti, lo spettro di informazioni che indica laraba

pp.209-28; un caso efficace segnalato indirettamente

Dammiata risulta combaciare con quello che indica la

da G.Radin, La tradizione francescana e Dante, in

biblica e classica Pelusio. La scelta dantesca sembra allora

Gloriosa simul et iocunda paupertas: Petrarca e la

ulteriormente fondata e ulteriormente esclusa la genericit

tradizione francescana, Revue des tudes Italiennes, 50

del sito.

(2004), 319-24. La presenza di San Francesco nel campo

12

Salimbene de Adam, Cronica (Bari: Laterza, 1942),I,

damiatino segue di poco la visita al Soldano (Par. XI,

45-46; si veda inoltre Chronica regia Coloniensis (Annales

100-02). Daltra parte la fortuna di Dammiata, in campo

maximi Colonienses), cum continuationibus in monasterio

storico, non termina qui. Un celebre evento che la riguarda

S.Pantaleonis scriptis aliisque historiae Coloniensis

datato 1250. Miracolosamente conquistata dai crociati

monumentis, partim ex Monumentis Germaniae historicis

Dammiata venne resa ai musulmani pro redemptione

recusa, a cura di Georg Waitz, in Monumenta Germaniae

regis Sarracenis, come prova di umilt dal re di Francia

historica [dora in avanti MGH]. Scriptores, Scriptores

Ludovico: si veda Salimbene da Adam, Chronica, p.486;

rerum germanicarum in usum scholarum recusi, 18,

sulla restituzione anche si veda Annales Blandinienses, in

III, 245; si veda infine Oliveri Relatio de expeditione

Les annales de Saint-Pierre de Gand et de Saint- Amand,

damiatina, in Waitz, in particolare p.388. Lepistolario

a cura di Philip Grierson (Bruxelles: Palais des Acadmies,

dOnorio III, risulta di particolare interesse per documentare

1937), p.57. Insomma, trentanni dopo la vittoria crociata,

leco delle vicende doltremare in terra europea poich

la localit egiziana sembra essere ancora in grado di

documenta come, ereditata una spedizione avviata e

guadagnarsi lattenzione del resto della cristianit.


MGH. Epistolae saeculi XIII e regestis pontificium

mal organizzata, il Papa riusc rapidamente a coinvolgere

14

buona parte delle corti europee e a convogliare tutte le

Romanorum, a cura di C. Rodenberg, I, 162; dello stesso

forze marittime disponibili nei pressi della citt egiziana,

avviso anche un registro coloniense del XIII secolo:

si veda James M.Powell, Honorius III and the Leadership

Damiata, id est omnium civitatum Egypti domina, in

of the Crusade, Catholic Historical Review, 63.4 (1977),

MGH. Scriptores, Scriptores rerum germanicarum in usum

521-36. Per lanalisi approfondita delle epistole e dei

scholarum recusi, 18, III, 346.

resoconti della crociata rimando al gi citato studio, che

15

Jacques de Vitry, Historia orientale, III, i, 7.

16

Nel secondo libro degli Otia, la rassegna di Gervasius,

spero contribuisca a ricostruire una parte della presenza


della documentazione ufficiale vaticana nella biblioteca
di Dante. Per un plausibile contatto con lepistolario di
Onorio III, rimando alle notizie sulla prolungata ambasceria
del poeta fiorentino nel 1301 presso il Caetani; si veda
Giorgio Petrocchi, Biografia: attivit politica e letteraria, in
Enciclopedia Dantesca, 5 voll. + Appendice (Roma: Istituto
della Enciclopedia Italiana, 1970-78) (dora in avanti ED),
Appendice, pp.29-30; W.W.Goetz, Die Gesandtschaft

distinta una zona superiore ed una inferiore del regno


dEgitto, offre una panoramica del delta del Nilo: Ferunt
autem Nilum in septem capita diuisum, quorum quinque
ciuitates Egipti totidem subterfluunt, scilicit Nitriam,
Thebaidem, Menfin, hoc est Babilonia minorem, cuius
munitio Caire dicitur, et Alexandriam [], Gervasius di
Tilbury, Otia imperialia, a cura di S.E.Banks e J.W.Binns
(Oxford: Clarendon Press, 2002), II, 4; il passo va incrociato

36 the italianist 29 2009

con il rsum conclusivo che giustifica lutilizzo dei

XIII secolo fioriscono e rapidamente si diffondono. In esse,

toponimi: Nec ascribat lector ignorancie uel mendacio

Damiata sovente segnata, sul delta del Nilo, porto

quod interdum nomina secus quam hoc tempore se

fluviale e marittimo. Per alcuni esemplari si vedano Roberto

habeant scribimus []. Ecce enim Babilonia Abathanis

Almagi, Planisferi carte nautiche e affini dal secolo XIV

olim dicebatur; Ieropolis Halap dicitur, Nitria Damiata, []

al XVII, esistenti nella biblioteca apostolica vaticana

Thebais Barbas, Memfis Babilonia minor, etc. (II, 25).

(Citt del Vaticano: Biblioteca apostolica vaticana, 1944);

Vincent de Beauvais, Speculum Historiale, XXXII, 57:

Gustavo Uzielli e Pietro Amat di S.Filippo, Mappamondi,

In Aegypto sunt Alexandria civitas portus Saracenorum

carte nautiche, portolani ed altri monumenti cartografici

et Babylon nova sive Chairus domina civitatum. Damiata

specialmente italiani dei secoli XIII-XVII (Toma: Societ

quoque totius regni clavis et ostium. A Babylone nova itur

Geografica Italiana, 1882).

17

ad Damiatam versus orientem, quae distat ab ea tribus

27

dietis, et itur ad Alexandriam versus occidentem, quae

permaximam supra ripam fluvii paradisi (Lettres, p.40).

Si veda Jacques de Vitry: Damiatam civitatem Egyptiorum

distat similiter, in Speculum quadruplex, sive Speculum

28

Per una trattazione del ruolo strategico di Creta sulle

maius: naturale, doctrinale, morale, historiale (Graz:

rotte marittime nel corso del XIII-XIV secolo, si vedano

Akademische Druck und Verlagsanstalt, 1964-65).

Manoussos I.Manousakas, Lisola di Creta sotto il dominio

18

Alberto Magno, De Causis proprietatum elementorum,

II, i, 3.
19

Si ritiene che Dante conoscesse Alfragano nella versione

veneziano: problemi e ricerche (Firenze: Olschki, 1973);


Elizabeth A.Zachariadou, Trade and Crusade: Venetian
Crete and the Emirates of Mentesche and Aydin (Venezia:

tradotta in latino da Gherardo da Cremona (1114-87)

Istituto ellenico di studi bizantini e postbizantini di Venezia,

da cui conseguentemente sono tratte le citazioni; si veda

1983).

R. Campani, Remo Campani, Il kitb al-Fargn nel

29

testo arabo e nelle versioni, Rivista degli studi orientali, 3

fatto che riporta per intero i cinque versi dellAeneis (III,

Per tutti basti ricordare Pietro Alighieri, in virt anche del

(1910), 205-52.

103-07); si veda Commentarium, p.172.

20

Si veda Massimo Miglio, Alfragano, in ED, I, 122-23.

30

Virgilio, Aeneis, III, 135-42.

21

Paget Toynbee, Dantes obligations to Alfraganus in the

31

Si tenga presente il percorso condotto da James M.Dean

Vita Nuova and Convivio, Romania, 24 (1895), 413-32; si

in Dante and the Uses of Nostalgia: Inferno XIV, 94-120,

veda anche Paget Toynbee, Dante Studies and Researches

in The World Grown Old in Later Medieval Literature

(Londra: Methuen, 1902).

(Cambridge MA: The Medieval Academy of America,

22

Ad eccezione, ovviamente, del complesso lavoro di

1997), pp.173-95. Una particolare attenzione va rivolta

P.Pecoraro, Le stelle di Dante. Saggio dinterpretazione

al secondo capitolo The Old Man of Crete and Cretan

di riferimenti astronomici e cosmografici della Divina

Liars, dove Dean verifica la presenza del tema della bella

Commedia (Roma: Bulzoni, 1987). In particolare dal

menzogna nellepisodio del veglio, trovando perspicaci

capitolo Coordinate geografiche dantesche (pp.63-

parallelismi nella cattiva reputazione dei Cretesi da

86), il presente studio ha potuto beneficiare numerosi

Callimaco a San Paolo, p.188.

suggerimenti e alcune conferme.


23

Remo Campani, Alfragano. Il libro dellaggregazione

32

Per il significato negativo sul piano allegorico si veda

F. Planciades Fulgentius: In secundo uero et tertio auocatur

delle stelle, Dante, Convivio, II, vi-134 (Citt di Castello:

fabulis quibus puerilis consueta est auocari garrulitas,

Lapi, 1910), caput IX.

Expositio Virgilianae Continentiae, a cura di Tullio Agozzino

24

Alberto Magno, De Causis proprietatum elementorum,

II, i, 3.
25

Sar compito del gi citato saggio affrontare questo

versante esegetico.
26

Si tengano presenti per il medioevo anche i riscontri

visivi offerti dalle carte nautiche che, proprio alla fine del

e Ferruccio Zanlucchi (Padova: Accademia patavina


di scienze, lettere ed arti, 1972), p.52. Si veda anche
Commentum Bernardi Silvestris super sex libros Eneidos
Virgilii, a cura di W.Riedel (Greifswald: Abel, 1924),
pp.20-21.
33

Il legame che Creta instaura tra Paolo e Enea stato

messo in luce da Luigi Valli, Il segreto della Croce e

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 37

dellAquila nella Divina Commedia (Milano: Luni, 1996); e

39

si veda pi recentemente Giuseppe Mazzotta, Dante, Poet

ad Chorographiam spectantia; Hieronymi presbyteri

of the Desert: History and Allegory in the Divine Comedy

Dimensuratio provinciarum; Divisio orbis terrarum;

(Princeton: Princeton University Press, 1979), pp.14-65.

Excerpta eius sphaerae vel continentia (Iulius Honorius),

34

Il settimo cerchio si situa numericamente al centro delle

zone infernali. Propongo contestualmente la suggestiva

Ad esempio, si veda M. Vispasiani Agrippae fragmenta

in Geographi Latini Minores, a cura di Alexander Riese


(Hildesheim: Olms, 1964).

lettura del colle di Inferno I, 13 effettuata da Colin Hardie:

40

Castelvetro simply identified the dilettoso monte with

a cura di W.L.Lindsay, 2 voll. (Oxford: Clarendon Press,

Isidori Hispalensis, Etymologiarum sive originum libri XX,

the Mount of Purgatory. This seems impossible, not only

1911), XIV, 6.

because it is unintelligible to Dante pilgrim, but because

41

Si vedano Alberto Magno, De natura loci; Aethicus,

Virgil does not yet know anything about it either [].

Kosmographie, a cura di Otto Prinz (Monaco, MGH,

It is true that in Inferno I and II he represents himself as

1993): Primam enim maximam ac summam tampquam

abandoning the active life and his own efforts, but he

principalem, os et olfacturiam maris Magni ubera dulcia

abandons his speculative or intellectual life also, to be

Ciprim in capite constitutam ita laudavit etc. (p.214).

guided by grace. [] So I suggest that the apparently


delightful hill conceals within itself the origin of the river
that winds through the whole of hell, and ends in the ice
around Satan himself: the hill is the Mount Ida, or in some
way parallel to it, as Sinai and Jerusalem on earth are for
St. Paul (Acts 27.7). Dante loses not only the diritta via
but also the meta []. The antithesis of the Mountain of
Purgatory, namely Mount Ida with the old man inside it
from whom all the Rivers of Hell flow [ ] is not exactly
opposite the mount of Purgatory, because that place is

42

Dean, The World Grown Old, p.181. Si veda anche

Pecoraro, Le stelle di Dante, p.83: In mezzo mar (Inf.


XIV, 94) ripete Aen. III 104, e latinamente significa a met
di una estensione marina, che non pu essere se non quella
del Mediterraneo orientale. Ivi Creta.
43

Pecoraro, Le stelle di Dante, pp.82-84; si veda anche

Nicola Fosca, Commento alla Commedia, a cura di Nicola


Fosca e Robert Hollander (Dartmouth Dante Project, 2003),
<http://dante.dartmouth.edu/> (Purg. II, 7-9).
Anche se lisola non viene citata il che consolida la

reserved for Jerusalem, but it is not far off, namely Crete

44

[], il bel monte is or duplicates the monte Ida, The

precedente sottolineatura della scarsa memorabilit del

Mountain in Inferno I and II, the Mount Ida in Crete, and

sito sembra inevitabile inserirla nella zona climatica di

the Mountain of Purgatory, Deutsches Dante Jahrbuch, 46

Cipro e Rodi; si veda Campani, Alfragano, caput IX.

(1970), 81-101.

45

35

Servio, Servii grammatici qui feruntur in Vergilii carmina

commentarii, a cura di Georg Thilo e Hermann Hagen, 4

Parigi, MS. lat.14142, f.99. Cos recita lanonima glossa

interlineare a vetus; Lucano, Bellum Civile, III, 185.


46

A partire dai commenti di Guido da Pisa e di Boccaccio,

voll. (Leipzig: 1878-91; Hildesheim: Olms, 1961), Aen. III,

limportanza geografica di Creta stata sottolineata da

104.

Giovanni Busnelli, Luigi Valli, James M.Dean e Giuseppe

36

Gaio Giulio Solino, C.I.Solini Collectanea rerum

Mazzotta (si vedano i riferimenti altrove in queste note).

memorabilium, a cura di T. Mommsen (Berlino: Weidmann,

Qui segnalo il meno conosciuto commento di El Tostado,

1895), 11.

vescovo di Avilla dal 1445: Lisola di Candia viene toccata

37

Pomponio Mela, Pomponii Melae De chorographia libri

tres, a cura di Piergiorgio Parroni (Roma: Edizioni di Storia


e letteratura, 1984), II, 98; lopera di Mela una scoperta
petrarchesca, ma si ritiene che, attraverso le glosse e i
commenti, buona parte del suo contenuto fosse conosciuta
anche a Dante.
38

Alberto Magno, De Causis proprietatum elementorum,

II, i, 3.

dai mari di tre parti del mondo, e questo significa che ha


legami con tutto il mondo; Paolo Cherchi, Il veglio di
Creta nellinterpretazione del Tostado. Fortuna di Dante e/o
Boccaccio nella Spagna del Quattrocento, LAlighieri, 40,
n.s., 14 (1999), 87-98.
47

Archivio di Stato fiorentino, provvisioni LXII, c.95-99.

48

Giovanni Boccaccio, nota ad Inferno XIV, 94-120, in

Esposizioni sopra la Comedia di Dante, a cura di Giorgio


Padoan, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di

38 the italianist 29 2009

Vittore Branca, 10 voll. (Milano: Mondadori, 1964-98), VI,

anche Freddy Thiriet, La Romanie vnetienne au Moyen

655-59.

Age. Le dveloppement et lexploitation du domaine

49

Giovanni Boccaccio, De montibus, in Tutte le opere, VIII,

2003.
50

Vittore Branca, Note al De montibus, in Tutte le opere,

VIII, 2116.
51

Boccaccio, Esposizioni, VI, 655.

52

Boccaccio, Esposizioni, VI, 655. Un minimo suggerimento

colonial vnetien (XII-XV sicles) (Parigi: E.de Boccard,


1959).
57

patria per le Venezie, 1989), p.45.


58

nella medesima direzione universalistica del passo si


pu trovare quando ai tre elementi scenici del girone (la
landa, la pioggia di fuoco, il fiumicello) Dante associa per
similitudine tre paesaggi dei tre continenti (il deserto libico,

Mario Gallina, Una societ coloniale del Trecento: Creta

fra Venezia e Bisanzio (Venezia: Deputazione di storia


Per le notizie sulla situazione sociale, si veda Angeliki

E.Laiou-Thomadakis, Quelques observations sur


lconomie et la socit de Crte vnitienne: (ca.1270ca.1305) (Milano: Vita e pensiero, 1982).
59

Segnalo solo alcune attestazioni: Virgilio, Aen. III, 106;

le caldi parti dIndia, il canale aretino cio, rispettivamente,

Orazio, C., III, 27, 33-34; Ovidio, Her., 10, 67; Seneca, Tro.,

Africa, Asia, Europa).

820; Lucano, Bellum Civile, III, 185; Isidoro, Etym., XIV, 6,

53

Si veda Osvaldo Baldacci, Geografia, in ED, III, 118;

Pecoraro, Le stelle di Dante, pp.154-61.


54

Tra la vasta bibliografia sul rapporto mondo

anticomondo cristiano in Dante, indico in particolare


Piero Boitani, Cristianesimo e tradizione pagana, in Lo
spazio letterario del Medioevo. 2, Il Medioevo volgare
(Roma: Salerno, 1999-2005), pp.181-204; Robert
Hollander, Dantes pagan past: notes on Inferno XIV
and XVIII, Stanford Italian Review, 5 (1985), 23-36; per

15.
60

Si veda Elisabeth Santschi, Rgestes des arrt civils et

des mmoriaux (1363-1399) des archives du duc de Crte


(Venezia: Institut hellnique dtudes byzantines et postbyzantines, 1976); si veda anche Francesco Basilicata,
Relatione di tutto il Regno di Candia (redatta a Candia tra
il 1629-30), BMV, Ms. It. VII, 1683 (=8976), c.17, dove si
cita il resoconto di un chierico diretto a Gerusalemme nel
1320 circa.
61

Si veda Gallina, Una societ coloniale, pp.24-25.

Paganesimo e mondo cristiano nel commento a Dante di

62

Giuseppe Gerola, Monumenti veneti nellisola di Creta

Benvenuto da Imola, in Benvenuto da Imola, lettore degli

(Bergamo: Istituto Italiano darti Grafiche, 1906), I, 12.

antichi e dei moderni: atti del convegno internazionale di

63

alcuni interessanti spunti anche Giuseppe Cremascoli,

Imola, 26 e 27 maggio 1989, a cura di Pantaleo Palmieri


e Carlo Paolazzi (Ravenna: Longo, 1991), pp.111-25.
Tratter con completezza il tema nel prossimo studio,
dedicato ai versi teogonici di Inferno XIV, 100-105.

Si vedano Euripide, Hel., 658; Apollonio Rodio, Arg., 1,

930.
64

Si vedano Virgilio, Aen., III, 104; Ovidio, Met. X, 71;

per Servio addirittura il monte cretese di Ditte avrebbe


valore antonomastico: Dictaeae: Cretenses, vel dictaeae,

55

Si veda Solino, Collectanea, 11.

a Dictaeo monte, quasi de monte nemoroso, in Verg.

56

Si veda Commentarii delle Cosse fatte dentro e fuori del

(in Ecl.VI, 57). Anche se il percorso porta a considerare

regno e isola di Candia dAntonio Calergi Gentilhuomo

la fortuna letteraria del monte Ida e non dellisola

Venetiano, BMV, ms, Marc. Ital. Cl. VI, n.155 (coll.5801):

la citazione dal commento alle Ecloghe conferma la

Il verno passato [1235] era stata nellisola una si fatta

presenza di Creta nellimmaginario generale come luogo

sciugaggine che la terra non haveva havuto tanto humore

verdeggiante. La tradizione resta valida a lungo nella

che bastasse per produrre la solita quantit di biade et

cultura italiana se nel Vocabolario della lingua italiana,

quelle pocche che produtte haveva erano state nel principio

il lemma Ida recita come primo significato luogo alto

di maggio consumate dal rabbioso fiato dOstro il quale

e selvoso, e solo in seconda battuta ricorda la duplice

la principal ruina dellisola: col soffiar suo che non freddo,

collocazione geografica (Bologna: Nicola Zanichelli, 1942).

ma caldissimo vi regna, secca et distrugge le seminaggioni,

65

Virgilio, Aen. IX, 673; Pierre Bersuire, Reductorium

et se trova che habbino germoglinato le arde appunto

morale, liber XV naar de Paijse druk van 1509:

come se stato vi fosse il fuoco; per alcuni riscontri, si veda

Metamorphosis Ovidiana moraliter a magistro Thoma

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 39

Waleys, anglico etc (Utrecht: Instituut voor Laat Latijn

La lezione esegetica di Inferno I, in Dante e i segni (Napoli:

der Rijksuniversiteit, 1960-62), II, fabula VIII, pp.39-40.

Liguori, 2000), pp.111-21.

66

Orazio, C., I, 15, 1-2.

67

Orazio, C., III, 20, 15-16.

68

Ci si riferisce al mito di Ganimede. Si veda Ovidio,

Metam., X, 143-61; Virgilio, Aen., V, 252-55.


69

Vibius Sequester, De fluminibus, fontibus, lacubus, etc.,

a cura di Piergiorgio Parroni (Milano e Varese: Istituto


editoriale cisalpino, 1965), 6, 50.

79

Questo particolare alternarsi di tempi verbali ritorna con

significativa occorrenza in uno dei momenti pi intensi


del canto conclusivo dellInferno (Sel fu s bello comelli
or brutto; Inf. XXXIV, 34), a conferma di un alto ruolo
strategico del presente episodio che con lo mperador del
doloroso regno (Inf. XXXIV, 28), dimostra di avere pi di
un punto di contatto. Si veda Mario Apollonio, Il canto XIV
dellInferno in cui lautore segue le lagrime del veglio fino

70

Mela, Chorographia, III, 115.

a quel fondo di Cocito, dove pi non si dismonta e dove

71

Solino, Collectanea, 11: Nonnulli a temperie caeli

sta confitto laltro vivo simulacro che il poeta gi intuisce

Macaronneson apellatam prodiderunt.


72

Isidoro, Etym., XIV, 6, 15.

73

Virgilio, Aen., III, 135-42.

74

Virgilio, Aen., XII, 411-14. Un riscontro letterario

per la devastazione cretese in realt esiste allinterno


dellepisodio mitologico del ratto di Proserpina, ma verr
presentato nella seconda parte dellarticolo.
75

Si tratta di quanto meglio messo in luce, in altri loci della

Commedia (Inf. I, 45) previa composizione dellunit tra


testo e glossa (Par. VI, 70), il filtro essenziale allauctor,
da Violetta De Angelis, e lultimo Lucano, in Dante e
la bella scola della poesia, a cura di Amilcare A.Ianucci
(Ravenna: Longo, 1993) pp.135-202.
76

Lucano, Bellum civile, III, 184-85.

77

Una struggente e profonda eco del tema arriva

direttamente dal rimembrar di Francesca (Inf. V, 121-22):


nessun maggior dolore | che ricordarsi del tempo felice |
nella miseria; per una bibliografia sulla problematica del
ricordo, accanto ai rimandi nella seconda parte, si ricorda
qui Corrado Rosso, Felicit perduta: da Francesca da Rimini
ai romantici, in Trasgressioni e paradossi (Bologna: Clueb,
1994), pp.49-60; si veda anche O.Ciacci, La poesia della
memoria nella Divina Commedia, Il Rinnovamento, 112
(1983), 22-32; infine, per la disposizione di Dante verso
questumanissimo sentimento, si veda Chiavacci Leonardi,
La guerra de la pietate, pp.62-83.
78

Il riferimento diretto, che concerne il valore storico-

letterale del poema, a Singleton, La poesia della Divina


Commedia, Appendice: le due specie di allegoria,
pp.115-30; il tema dellallegoria problematico e ampia
la bibliografia dove indico, in particolare, Mazzotta, Poet
of the Desert; Zygmunt G.Baranski,
I segni della Bibbia: I.

complementarmente a questo, limmane corpo di Lucifero,


anchesso piangente (Firenze: Le Monnier, 1961), p.12.
80

Virgilio, Georg., II, 538; Aen., VIII, 324-25; Giovenale.

S., VI, 1-2; Agostino, Confessioni, IV, 3, 4; Lactantius


F.Placidus, Divin. Inst., I, 13; la formula non sconosciuta
a Dante: saturnia regna dicebant optima tempora (Mon.,
I, xi, 1).
81

Per alcune osservazioni sul motivo dellet aurea, si

rimanda alla seconda parte dellarticolo.


82

Adnotationes super Lucanum ad vetustissimorum

codicum fidem, a cura di Ioannes Endt (Lipsia: Teubner,


1909), BC, III, 185.
83

De Angelis, e lultimo Lucano, in particolare il

parallelo tra la seconda fiera di Inferno I e il leone lucaneo


(BC., I, 206-12), i cui attributi sono conclusi dallesito
estremo della stessa risoluzione, il fremito di terrore di cui
vibra laria, probabile sineddoche di un ruggito inespresso,
indossano a perfezione la gravitazione lucanea del
primo regno dantesco (pp.152-53); il caso che presento
testimonia anche, per Dante, il valore e luso frammentari e
topici di certe parole o sintagmi; si veda Baranski,
Dante e
i segni, p.13.
84

Per lanalisi dei versi 100-05 rimando a un saggio che

sto preparando dedicato al rapporto tra Dante e i testi


della teogonia pagana, in cui spero di evidenziare dove
e in che modo lautore della Commedia si distanzi dagli
auctores, quali siano le sue scelte autonome e quali quelle
dettate dalla tradizione. In conclusione al saggio verr data
adeguata trattazione della figura di Amalthea, la ninfa
custode di Zeus che mantiene con Matelda e il suo nome
forse ben pi di una semplice eco. Amalthea, per esempio,
il nome scelto da San Girolamo per tradurre il nome
dellultima figlia la settima della seconda genitura di

40 the italianist 29 2009

Giobbe. Cos attesta una traduzione latina del santo di

Massimo, Facta et dicta memorabilia (Lipsia: Teubner,

Stridone, della versione greca della Bibbia dei Settanta

1998), I, ii, 1: Minos Cretensium rex nono quoque anno

forse influenzata dallapocrifo Testamento di Giobbe;

in quendam praelatum et vetusta religione consecratum

Studies on the Testament of Job, a cura di M.A.Knibb

specum secedere solebat et in eo moratus tamquam ab

e P.W.Van der Horst (Cambridge: Cambridge University

Iove, quo se ortum ferebat, traditas leges perrogabat.

Press, 1989). Si veda anche Hieronimus, Interpr. Iob,

90

Mela, Chorographia, II, 112; Si vedano Cicerone, Nat.

42, 14. Amalthea anche il nome della settima sibilla,

Deor., III, 53; Solino, Collectanea, 1, 1; Lucano, Bellum

quella cumana de qua Vergilius: Ultima Cumaei venit jam

civile, VIII, 826.

carminis aetas (Ecl. IV, 4), Isidoro, Etym., VIII, viii, 5.


85

Sulla notoriet del sito, si veda Aspasia Papadaki,

Cerimonie religiose e laiche nellisola di Creta durante il


dominio veneziano (Spoleto: Fondazione Centro italiano di
studi sullalto Medioevo, 2005).
86

interessante la descrizione fatta da Paolo Orsi, uno dei

91

Basti elencare tra i primi i commenti ad locum di Jacopo

Alighieri, lOttimo, il primo Pietro (in particolare) e


Benvenuto.
92

Eppure qualcosa di pi di un ammiccamento al regno

che in Roma ha la sua sede attuale, il papato appunto,


non da escludere. Ma questo mi sembra avvenga nei

primi archeologi che alla fine dell800 organizzarono gli

termini scritti da Guglielmo Gorni: Anche nei momenti pi

scavi nella grotta: La grotta gi accuratamente descritta

aspri della sua polemica contro la malfatata donazione

dal Dr. Fabricius si apre nel fianco di unalta parete verticale

di Costantino o la mondanit delle alte gerarchie

di roccia sul declivio orientale delle vette dello Psiloriti a

ecclesiastiche, la simonia o labuso del diritto canonico,

circa 160 metri sopra il livello dellAltipiano conosciuto

Dante non contesta mai lautorit del pontefice: se anche

comunemente come nidake si divide in due scompartimenti

condanna senza remissione papa Caetani, Bonifacio VIII

distinti. Il primo od anteriore, simile ad un vastissimo

resta pur sempre il papa legittimamente eletto []. In

atrio ha 25 metri di larghezza allimboccatura e 31 verso

realt nessuno pi di Dante alieno da rotture insanabili

il mezzo, dove le pareti laterali e specialmente la destra

con la gerarchia costituita: in lui il profetismo ha una

sincurvano formando delle ampie insenature. Il suolo

funzione, pi che di dissidenza, di richiamo soprannaturale;

attuale composto di terriccio e di pietre rotolate dallalto

Lettera nome numero (Bologna: Il Mulino, 1990), p.118.

della montagna ed accumulatesi entro la profonda cavit


della grotta scende con una forte pendenza per circa 19
metri e va spianandosi verso il fondo dove costituisce una
superficie quasi orizzontale larga 14-15 metri. La volta
viene ad assumere la sua maggiore altezza nella met
interna: allapertura misura 9,50 metri. Dal fondo di questo
primo ambiente si addentra nelle viscere della montagna
in direzione di Nord-Ovest a guisa dappendice, una grotta
di minori dimensioni lunga 22 metri, larga allapertura 12,
alta poco pi di 4 e mezzo e quasi completamente priva
di luce []. La bocca dellantro somiglia perfettamente
allapertura tetragona della scena di un grandioso teatro
ed rivolta verso oriente; Paolo Orsi, Scavi e trovamento
nellantro di Zeus sul monte Ida in Creta, Museo italiano di
antichit classica, 2 (1888), 480-678.
87

Si veda Papadaki, Cerimonie religiose e laiche.

88

San Tommaso, Sent. Politic., 2, 1, 15, n.2; sulla ritualit,

Orazio, C., III, 7, 21-22.

93

Pi recentemente, si veda Pecoraro, Le stelle di Dante,

pp.82-84.
94

Si rimanda a un prossimo studio con cui intendo

ripercorrere la fortuna letteraria e iconografica


dellimmagine della statua dalla Bibbia fino a Dante. Da
una ricerca iniziale ho raccolto originali punti di contatto
tra Dante e la tradizione della saga di Alessandro Magno
(in particolare la versione tedesca di Rudolf von Ems), la
tradizione oneirocritica (si veda Steven Oberhelman, The
Onirocriticon of Achmet: a Medieval Greek and Arabic
Treatise on the Interpretation of Dreams (Lubbock TX:
Texas Tech University Press, 1991)) e quella dello speculum
maius. In tutti questi ambiti la prospettiva diacronica
suggerita dai metalli degradanti, lascia sempre il posto a
uninterpretazione ontologica-morale. Limmagine della
statua affiora, diversamente elaborata, in buona parte della
produzione epica e cavalleresca volgare europea: nella
saga di Beowolf, di Art, e negli Hrafnkels (Scandinavia).

Si vedano Orazio, C., I, xxviii, 9; Servio, in Verg., Aen.,

Per alcuni esempi si rimanda per il momento agli studi di

III, 171; VI, 566; VIII, 670. Per altri riscontri, si veda Valerio

Antonina Harbus, Nebuchadnezzars Dreams in the Old

89

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 41

English Daniel, English Studies, 75 (1994), 489-508; per

costruire lopera secondo lallegoria dei poeti, egli si era

la saga scandinava, invece, si veda T.M.Andersson, Ethics

messo per una strada sbagliata. Dante fin per rendersi

and politics in Hrafnkels Saga, Scandinavian Studies,

conto che un poeta non poteva essere poeta della

60.2 (1988), 293-309. Nel corso del saggio avr modo di

rettitudine e servirsi di unallegoria il cui primo significato

puntualizzare alcuni inziali riscontri anche tra la tradizione

era una fictio disincarnata (p.126). Sarebbe dunque

oneirocritica (di cui fanno parte i vari somniale danielis) e

sconveniente registrare come menzogna poetica quanto il

la Commedia. Anticipo uninteressante caso che riguarda

poeta si adoperato a portare nel dominio del reale.

lepisodio di Ugolino e la pena inventata da Dante, tratto

99

Pietro Alighieri, Commentarium. Commentum super

da una volgarizzazione in francese di fine XIV secolo

poema Comedie Dantis, a cura di Massimiliano Chiamenti

(nellorginale greco corrisponde ai cap. XXIX-XL): caput

(Tempe: Arizona Center for Medieval and Renaissance

XVIII. De mangier de teste. Cie qui voit en songe quil at

Studies, 2002), Inf. XXXIV, 97 (p.128). Sulle ragioni

mangi le cervel de lomme quil cognoist, signifie que il

del commento di Pietro, si veda Anna Maria Chiavacci

gaingnera les richesses dicelui et ara possession de son

Leonardi, Il libro di Dante dalle prime copie manoscritte

or par heritage []. Cil qui voit qul mangue la teste dun

alledizione della Crusca, in Pagine di Dante: le edizioni

homme, signifie quil se eslevera fraudulesement encontre

della Divina Commedia dal torchio al computer: catalogo

son prelat et mauvaisement enouvrera et par aventure il

della mostra: Foligno, 11 marzo-28 maggio 1989 (Perugia:

succedera a sa dignit, in Exposicions et significacions

Electa: 1989), pp.49-64.

des songes et les songes Daniel, a cura di FranoisBerriot


(Ginevra: Droz, 1989), p.84. Ho scelto di ricorrerre al
testo volgarizzato, anche per dar prova degli adattamenti,
in ambito europeo-medievale, delle originali figure del
Faraone o del gran sacerdote. Anche la tradizione
relativa alle vicende del comandante macedone non
ancora stata compiutamente analizzata nei suoi rapporti
con il poema dantesco. Solido punto di partenza per questo
tipo di ricerca Alessandro nel Medioevo occidentale,
a cura di PieroBoitani, CorradoBologna, AdeleCipolla,
MariantoniaLiborio (Milano: Mondadori, 1997); lultimo

100

Sullinflessibile necessit di Dante di assicurare laspetto

empirico della sua opera, si vedano Peter Dronke, Dante


e le tradizioni latine medievali (Bologna: Il Mulino, 1990),
pp.17-26 e Baranski,
I segni della creazione: il mistero
della Questio de aqua et terra, in Dante e i segni, pp.199219.
101

Singleton, parafrasando Benvenuto da Imola, spiega:

Con coloro che rifiutano di credere ci che un poema esige


sia creduto inutile discutere oltre (La poesia della Divina
Commedia, p129).
Limmagine di una statua piangente decisamente

significativo attacco alla parete mi risulta esser stato

102

tentato ormai ben 25 anni fa da GuidoMartellotti,

insolita. Mi limito a segnalare la statua di Orfeo che

Alessandro Magno in Dante, in Dante e Boccaccio

suda: Itaque iter in asiam auspicanti nuntiatur Orpheos

(Firenze: Olschki, 1983), pp.61-68.

musici statuam plurimum sudavisse: idque laboris fore

95

Si segnala tra i primi Guido da Pisa, Expositiones,

pp.274-84; e Pietro Alighieri, Commentarium, Inf. XIV, 103.


96

Si veda Pietro Mazzamuto, Fiume, in ED, II, 239.

97

Dean, The World Grown Old, p.179. Si veda anche la

felice espressione: Yet Virgils prediction of the coming of


Christ [] does not mean that [] Virgil grasped the full
implications of Christian history. He failed to comprehend
the true meaning of the past, which concerns not only what
has been lost but also what can be regained (p.193).
98

Si veda Singleton, La poesia della Divina Commedia,

p.33. Preziose anche le pagine scritte a conclusione


dellAppendice: penso che Dante abbandon il Convivio
perch a un certo punto comprese che, decidendo di

ingentis indicium litteratis laudes eius cantantibus


dictum; Alexandri Itinerarium ad Constantium Augustum,
Constantini M. Filium, a cura di Angelo Maio (Milano:
Regiis Typis, 1817), XVII. Laltra occorrenza dello stesso
episodio in Iulii Valerii Res Gestae Alexandri Macedonis
translatae ex aesopo graeco, nello stesso volume.
103

Isidoro, Etym., VIII, 1, 1: Saturnus origo deorum et totius

posteritatis a paganis designatur.


104

Tra i molti segnalo Guido da Pisa, Expositiones, pp.273-

76; e tra i moderni Chiavacci Leonardi, Commedia, I,


443. Il particolare, come si vedr tuttaltro che di scarsa
importanza. Vi infatti unaltra occorrenza nella Commedia
dove viene citato questo passo di Ovidio per ragioni del
tutto analoghe.

42 the italianist 29 2009

105

Intendo riferirmi al fatto che se vero che nellepisodio

allegorizzato il passaggio da una prima felice fase

F.A.Van Liere, Andrew of St. Victor: Scholar between


Cloister and School, in Centres of Learning. Learning and

(Saturnooro) a una seconda fase peggiore (Giove

Location in Pre-Modern Europe and the Near East, a cura

argentolacrime), non vi modo poi di procedere a

di Jan W.Drijvers e Alasdair A.MacDonald (Leiden: Brill,

successivi riscontri storici per gli altri materiali. E non

1995), pp.187-95; Rainer Berndt, La pratique exgtique

potrebbe essere altrimenti: il concetto o motivo di et

dAndr de Saint-Victor: tradition victorine et influence

delloro mostra che essa tende a configurarsi come non-et

rabbinque, in Labbaye parisienne de Saint-Victor au

del ferro e viceversa, mentre i gradi intermedi tendono a

Moyen Age: communicationes prsentes au XIIIe Colloque

scomparire. Non infatti consentito nel mondo cristiano

dHumanisme mdival de Paris (1986-1988), a cura di

altro schema che quello binario (a causa della dottrina

Jean Longre (Parigi: Brepols, 1991), pp.271-90.

del peccato originale, come ben spiegato da DArco

112

Giovanni Busnelli, LEtica Nicomachea e lordinamento

Silvio Avalle, Dal mito alla letteratura e ritorno (Milano:

morale dellInferno di Dante. Con unappendice: la

Mondadori, 1990), pp.242-59.

Concezione dantesca del gran veglio di Creta (Bologna:

106

Non mi sembrano pertinenti le pur sopravvenute

Zanichelli, 1907); the Statue of the gran veglio di Creta has

modifiche del paesaggio infernale in seguito alla discesa di

been explained and widely accepted as representing the

Cristo post mortem (Inf. IV, 52-54).

moral history of mankind and specifically as St. Pauls old

107

Fosca,Commento alla Commedia, ad locum.

108

Ci si riferisce, evidentemente, al commentatissimo

episodio dellincontro con lanima di Oderisi da Gubbio e le


riflessioni ivi svolte in campo pittorico (CimabueGiotto) e
in campo letterario (i due GuidiDante).
109

In generale, a proposito delle due errate interpretazioni

diacroniche, sembra di ritrovarsi tra i difetti di una lettura


gioachimita del poema e a tal proposito, fondamentale
per un bilancio complessivo, Sergio Cristaldi, Dante di
fronte al gioachimismo (Caltanisetta: S.Sciascia, 2002).
110

Si segnala il corrispettivo passo dello Speculum maius,

in Vincent de Beauvais, Speculum Morale, III, ii, dist.16:


de quatuor vulneribus, quae Beda ponit, quibus humana
natura vulnerata est propter peccatum, quae sunt:
infirmitas, ignorantia, malitia & concupiscentia (Speculum
quadruplex, p.960).
111

Come scrive Ugo da San Vittore: De Tropologia, id

man, the homo vetus or old Adam, who is replaced by the


new man and new Adam, Christ (Dean, The World Grown
Old, p.188).
113

Francesco di Gregorio, Il canto XIV dellInferno, o

della dialettica tra silenzio, solipsismo e disfacimento,


pp.423-58. Riportando schematicamente la classificazione
prodotta dallautore, ho aggiunto i nomi di alcuni studiosi
presenti in questo percorso: 1. Classica (culturale) cio la
progressiva decadenza del genere umano secondo il mito
della successione di diverse razze esposta gi da Esiodo e
largamente presente nella cultura classica: Iacopo Alighieri,
Graziolo de Brambaglioli, Guido da Pisa, Maramauro,
Benvenuto, Porena, Grabher, Momigliano, Sapegno,
Chimenez, Paratore; 2. Storico-politica (storica) cio la
decadenza della monarchia secondo linterpretazione gi
data dal profeta Daniele: Jacopo della Lana, nelle Chiose
latine, Pietro Alighieri (prima e terza redazione), Costa,
Oznam, Andreoli, Bottagisio, Santangelo, Bianchi, Del

est moralitate (Didascalicon VI, v). Sembra possibile

Lungo, Lanza; 3. Etico-religiosa (teologica) in cui la statua

riconoscere nella definizione vittorina una chiave molto

costituisce una specie di monito morale per il lettore e il

simile al morale sensum con cui lautore dellepistola a Can

pellegrino: Vaccheri Bertacchi, Pascoli, Flamini, Busnelli,

Grande, legge la Bibbia e si augura venga letto il poema

Rossi, Barbi, Vandelli, Fallani, Bigi, Chiavacci, Mazzotta,

(Ep. XIII, 21). Della scuola vittorina meriterebbe maggiore

Scott, Dean.

attenzione Andrea che, grazie alle sue conoscenze,

114

costituisce un raro punto di contatto tra la tradizione


cristiana e quella ebraica. In particolare autore di una
Expositio super Danielem che mi intendo considerare nello
studio dedicato alla statua; si veda Andrea da San Vittore,
Expositio super Danielem, a cura di Mark Zier (Turnhout:
Brepols, 1991). Per la formazione di Andrea, si vedano

La poesia della Divina Commedia, p.351. Per alcune

linee guida sul simbolismo della Commedia, che qui rende


ragione della scelta di Dante di spiegare un concetto
raffigurandolo, Baranski,
Liter ideologico di Dante, in
Dante e i segni, pp.9-39.

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 43

115

Chiavacci Leonardi, Nota integrativa al Canto XIV

dellInferno, in Commedia, I, 448.


116

Alludo, iconograficamente, al volto di Adamo ed Eva

cacciati dal giardino. Si veda Hans Martin Von Erffa,

122

Si veda Jurij M.Lotman, Il viaggio di Ulisse nella Divina

Commedia di Dante, in Testo e contesto. Semiotica


dellarte e della cultura, a cura di Simonetta Salvestroni
(Roma e Bari: Laterza, 1980), pp.81-102.

Ikonologie der Genesis: die christlichen Bildthemen aus

123

dem Alten Testament und ihre Quellen, 2 voll. (Monaco:

corrispondenti di San Tommaso, Summa Theol. I, q.102,

Deutscher Kunstverl, 1989-95).


117

Non a caso lidrografia infernale, immaginata da

Appresso le orme di Singleton, si ricordano qui i passi

a.1, ad3; e Pietro Lombardo, Liber II Sententiarum XVII, v,


in Opera Theologica (Turnhout: Brepols, 1969).

Dante, gode di una disposizione fisica in un certo senso

124

concatenante e significante delle varie zone []. In altre

le risonanze di alcuni mitologemi di antichi testi irlandesi,

Recentemente Peter Dronke ha proposto con originalit

parole, anche se con nomi diversi affiorano e scorrono

echtrai e immrama, la cui struttura quella di un viaggio

solo in alcuni luoghi, che sono geograficamente gli spazi

marino da isola ad isola. Su una di queste isole a volte

nodali e funzionali della struttura infernale, le acque dei

collocata nellemisfero meridionale i viaggiatori scoprono

fiumi prodotte dal Veglio attraversano tutto lInferno e

un luogo paradisiaco, in Viaggi al Paradiso Terrestre,

lo rappresentano per intero con una simbologia, nella

in Dante: da Firenze allaldil. Atti del terzo seminario

quale il fatto fisico delle lacrime senzaltro lamarissima

dantesco internazionale, a cura di Michelangelo Picone

fenomenica metafora di quello straziato e colpevole

(Firenze: Franco Cesati Editore, 2001), pp.93-103 (p.100);

paesaggio umano (Mazzamuto, Fiume, p.239).

per una trattazione della tradizione irlandese, si veda

118

Linterpretazione allegorica dei tre fiumi (Acherontesine

Navigatio Sancti Brendani, a cura di Giovanni Orlandi

gaudio; Stigetristitia; Flegetonte incendium) suggerita

(Milano e Varese: Istituto Editoriale Cisalpino, 1968), I.

in particolare dallOttimo e da Jacopo della Lana.

Introduzione, in particolare pp.75-97.

119

Si vedano Pasquale Sabbatino, LEden della nuova

125

Si ricorda, a questo proposito, Jacques Le Goff, La

poesia. Saggi sulla Divina Commedia (Firenze: Olschki,

naissance du Purgatoire (Parigi: Gallimard, 1981);

1991), p.78; Chiavacci Leonardi, La guerra della pietate.

Sabbatino, LEden della nuova poesia, pp.45-124. Un

120

Agostino, Enchiridion, 14; e si veda anche San Tommaso,

De malo.
121

Si veda Paratore, Il Canto XIV: Il canto XIV dellInferno

[] anche il pi tipico, il pi paurosamente energico


ed eloquente nel darci la vivida, palese impressione
del progressivo spegnersi dogni umana piet, dogni
speranza, dogni palpito dumana carit e dogni luce di
cosmica dolcezza, nel presentarci insomma il quadro pi
concreto e pi suggestivo di quella degradazione della
natura e dellumanit, di quellabisso deterna cecit
e abiezione ch il mondo infernale per una fantasia
profondamente cristiana []. Addentrandoci nella lettura
del canto scopriamo che il poeta ha fatto brillare a bella
posta questa luce di piet allinizio (raunare le fronde
sparte), quasi ultimo addio agli affetti pi naturali e pi
santi, per farci avvertire di pi lo sgomentante addensarsi
della morte dogni cosa bella, dello spegnersi progressivo
dogni soavit lungo il corso del canto, che sembra segnato
proprio dal picciol fiumicello spicciante fuor de la selva e
rigante il paesaggio e il verso del poeta con quel rossore di
sangue, di cui freme il raccapriccio nel cuore.

bilancio sul rapporto tra i vari modelli e la scelta dantesca


si trova in Cesare Segre, Viaggi e visioni doltremondo
sino alla Commedia di Dante, in Fuori del mondo. I modelli
nella follia e nelle immagini dellaldil (Torino: Einaudi,
1990); alcuni spunti recenti, per quanto riguarda il primo
regno, Marco Chiariglione, Visio Pauli e alcune leggende
medievali, in E n guisa deco i detti e le parole: studi in
onore di Giorgio Brberi Squarotti, 3 voll. (Alessandria:
Edizioni dellOrso, 2006), I, 523-45; infine si ricorda
lancora attuale, Miguel Asn Palacios, Dante e lIslam
(Parma: Pratiche, 1994).
126

La struttura del secondo regno viene portata

allattenzione del lettore sia dal verso citato (v.133); sia


successivamente dalla digressione topologica (vv.97-114).
Un feedback si produce, infine, quando il viatore incontra
la bella donna. facile al lettore sovvenirsi dei molti testi
che associano lhortus deliciarum collegato a donne di
estrema bellezza con siti insulari: Si vedano Dronke, Viaggi
al Paradiso Terrestre, in particolare pp.101-02; O.Ranalli,
Il Purgatorio nella tradizione medievale e nella Commedia
di Dante. Matelda e le Matildi, Bollettino di Italianistica.

44 the italianist 29 2009

Rivista di critica, storia letteraria, filologia e linguistica,

pp.138-74; Lotman, Il viaggio di Ulisse; Maria Corti,

4 (2007), 9-31; lintroduzione di Orlandi al Navigatio, in

La favola di Ulisse: invenzione dantesca?, in Percorsi

particolare pp.75-96; Asn Palacios, Dante e lIslam; ancora

dellinvenzione (Torino: Einaudi, 1993), pp.113-42.

nellambito della tradizione araba segnalo le concordanze

132

A proposito di questi spunti, trovo un altro parallelismo,

con le isole Waq


Waq
di cui riprende notizia Angelo Arioli

forse casuale, nellaccenno alle porte dei rispettivi regni,

nel suo bellissimo isolario, Le isole Mirabili: periplo arabo

in Inferno XIV, 86-87 alla porta | lo cui sogliare a nessuno

medievale (Torino: Einaudi, 1989).

negato, e in Purgatorio XXVIII, 101-02: questo monte

127

Et est propriissima comparatio, come chiosa Benvenuto,

salo verso l ciel tanto | e libero n dindi ove si serra. Cos

poich sembra che la florida pineta ravennate attraversata

Chiavacci Leonardi: Il senso prevalente evidentemente

dal vento marino sprigionasse un intenso profumo di resina

quello morale, in quanto la definizione (contenuta in

e pini; Benvenuto da Imola, Comentum, IV, 161.

Inferno XIV) in contrapposizione sottintesa allaltra porta,

128

Quae est sylva magna plena pinis, in qua poeta noster

saepe notaverat istam resonantiam venti, cum deambularet

quella del Purgatorio, il cui ingresso vietato ai peccatori


non pentiti (Commedia, I, 440).
Si riprende qui una felice formula di Mazzotta: Dante

solitarius speculando per litus maris adriaci; Benvenuto

133

da Imola, Comentum, IV, 162. Si preferisce questa lettura

dramatizes Crete like an anti-Eden (Poet of the Desert,

armonica con il resto dellepisodio allaltra, comunque non

p.30).

invalidante della tesi che qui si discute, proposta gi da

134

Sono fronde, sparte e radunate, anche quelle che

Jacopo della Lana, secondo la quale il venticello in realt

aprono il canto (Inf. XIV, 2). Una singolare monotonia.

un vento robusto e forte [] sullo lito di Ravenna circa

Approfitto per indicare una breve bibliografia relativa al

lAbadia di Chiassi sbatte albori dalle pigne luna e laltra

tema del locus amoenus medievale di cui si scritto talvolta

in tal modo, che lo romore sode di pi miglia lontano

in modo ridondante: Ernst Curtius, La letteratura europea e

(Commento II, 336).

Medio Evo latino (Firenze: La Nuova Italia, 1992); Salvatore

129

Questo luogo [la sommit del Purgatorio] e ci che esso

Battaglia, Il mito dellinnocenza nel Purgatorio (Napoli:

significa fanno decisamente parte delluomo; Kenneth

Liguori, 1975).

A.Bleeth, Narrator and Landscape in the Commedia: An

135

Per una fonte dellaura dolce si rimanda alla

Approach to Dantes Earthly Paradise, Dante Studies, 88

convincente proposta di Dronke per Claudiano,

(1970), 31-49.

Epithalamium, 60-68: Intus rura micant, manibus quae

130

Ricordo che Purgatorio anche isoletta in Purg.I, 100,

subdita nullis | perpetuum florent, Zephyro contenta

e che Catone, come nota Grabher, segue con amore i

colono, | umbrosumque nemus, quo non admittitur ales, |

contorni intorno ad imo ad imo, il tutto appuntato

ni probet ante suos diua sub iudice cantus: | quae placuit,

da A.Marini, Isola, in ED, III, 525; si pensa anche a

fruitur ramis; quae uicta, recedit. | Vivunt in Venerem

Singleton, che parla per lEden di montagna-isola (La

frondes omnisque vicissim | felix arbor amat: nutant ad

poesia della Divina Commedia, p.302). La simbiosi tra

mutua palmae | foedera, populeo suspirat populus ictu

isola e montagna riporta lattenzione alle similitudini

| et platanus alnoque adsibilat alnus. | Labuntur gemini

riscontrate tra la creazione dantesca e le Isole Fortunate, si

fontes. Cos commenta Dronke: Laspetto pi insolito

veda Valerio Manfredi, Le isole fortunate, seconda edizione

dellechprasis di Claudiano che le foglie e gli alberi

(Roma: LErma di Bretschneider, 1996); si segnala anche

stessi vengono eroticizzati: essi vivono per Venere, ed

lincompleta trattazione dellinflusso delle Isole Fortunate

esprimono a loro modo la gioia dellamore corrisposto

in ambito letterario italiano a opera di Theodore J.Cachey

ed adempito (Viaggi al Paradiso Terrestre, p.99). Vale

Jr, in particolare il capitolo dedicato a Dante, in Le isole

forse la pena segnalare, in margine, la fragile alternanza

fortunate (Roma: LErma di Bretschneider, 1995),

tra lassenza di vento (Inf. XIV, 30) della landa dove

pp. 17-81.

Dante conosce il mito del veglio, e questo soave vento

131

Sul ruolo del tema del viaggio vietato nella filigrana

(Purg. XXVIII, 9) che accompagna e segue il pellegrino

della guerra dantesca, si vedano Chiavacci Leonardi,

fin dai suoi primi passi. La chiave di lettura di Dronke, del

Lardore della conoscenza, in La guerra de la pietate,

presente canto, forgiata sulle ricorrenti immagini classiche

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 45

di amore-sensualit (ineludibile quella di Leandro, vv.73-

34; il percorso suggerito in questo articolo va integrato con

75), a oggi, a mio avviso, una delle pi corrette. Si veda

lo studio semiotico di Avalle, Dal mito alla letteratura.

Dronke, Viaggi al Paradiso Terrestre; larticolo arricchisce

144

il precedente Dantes Earthly Paradise: Towards an


interpretation of Purgatorio XXVIII, in The Medieval Poet
and his World (Roma: Edizioni di Storia e letteratura, 1984),
pp.387-405.
136

Si veda Mariapina Settineri, Influssi ovidiani nella Divina

Charles Moeller, Saggezza greca e paradosso cristiano

(Brescia: Morcelliana, 1951), p.111.


145

Dentro la vastit del tema che continuativamente

percorre la cultura occidentale, si confronti a livello


introduttivo il lavoro capitale di Beryl Smalley, The Study
of the Bible in the Middle Ages (Oxford: Blackwell,

Commedia, Siculorum Gymnasium, XII (1952), 31-70.

1952); pi recentemente, si veda cfr. Jean Seznec, La

I testi pi presenti sono certamente Met. V, 385-401 e

sopravvivenza degli antichi dei (Torino: Bollati Boringhieri,

Fasti IV, 425-430 e 475-442 per la prima parte del canto.

1990) (importante anche la Presentazione di Salvatore

Per il corollario conclusivo, invece, Met. I, 89ss. e Fasti IV,

Settis, pp.vii-xxix); Michelangelo Picone, La lectio Ovidii

197-211. Agli studi citati si rimanda per uninterpretazione

nella Commedia. La ricezione dantesca delle Metamorfosi,

dellutilizzo abnorme del materiale poetico di questo

Le forme e la storia, III (1991), 35-52; per le tecniche di

singolo autore.

moralisatio, si veda Paule Demats, Fabula. Trois tudes

137

Sulla fortuna nelle scuole delle Metamorfosi e del De

de mythographie antique et mdivale (Ginevra: Droz,

raptu, si vedano Birger Munk Olsen, I classici nel canone

1973); per alcuni utilissimi raffronti con le scelte dantesche,

scolastico altomedievale (Spoleto: Centro italiano di studi

Francesco Mosetti Casaretto, Introduzione, in Teodulo,

sullalto Merioevo, 1991) e La trasmissione dei testi nei

Ecloga. Il canto della verit e della menzogna, a cura di

secoli XI e XII, in Lo spazio letterario del Medioevo, III. La

Francesco Mosetti Casaretto (Firenze: SISMEL, 1997) pp.xi-

ricezione del testo (Roma: Salerno, 1995), pp.375-424.

cxxviii.

138

Claudiano, De raptu Proserpinae, II, 112-17: Haud

146

Par. XXVI, 139-42: Nel monte che si leva pi da londa, |

procul inde lacus (Pergum dixere Sicani) | panditur et

fuio, con vita pura e disonesta, | da la primora a quella che

nemorum frondoso margine cinctus | vicinis pallescit aquis;

seconda, | come l sol muta quadra, lora sesta; sulle altre

admittit in altum | cernentes oculos liquido sub flumine

tradizioni, si veda Bruno Nardi, Saggi di filosofia dantesca

visus, | imaque perspicui prodit secreta profundi.


139

In modo analogo le picciol onde (v.26) sono divenute

al contempo semplicemente onde (v.62).


140

A quanto mi risulta, uno studio sullidrografia-idrologia

(Firenze: La Nuova Italia, 1967), pp.53-54.


147

Si fa implicito riferimento al metodo figurale proposto

da Erich Auerbach nel saggio Figura, in Studi su


Dante (Milano: Feltrinelli, 1984), pp.176-226; alcuni

del poema resta ancora da fare. I lavori pi aggiornati sul

suggerimenti anche in Mercuri, Il mito dellet delloro,

tema sono Guido di Pino, Le valenze del fiume nella Divina

pp.9-10.

Commedia, Studi Danteschi, 68 (1991), 127-39; Daniel

148

J.Donno, Moral hydrography: Dantes rivers, Modern

nella Commedia, pp.35-52.

Language Notes, 92 (1997), 130-39.

149

141

Si potrebbe forse rimarcare che, nel canto dellInferno,

Si veda il fondamentale studio di Picone, La lectio Ovidii


Si tratta come anticipato del primo libro delle

Metamorfosi e la ragione, in sintesi, presto detta: il passo

il poeta usa anche ruscello (v.79); non si tratta

di Ovidio il luogo letterario ove il mito di Proserpina

evidentemente di uno sbilanciamento quanto di una

e il motivo dellet delloro sono interrelati. Accanto ai

precisa simmetria con acque (Purg. XXVIII, 28).

riscontri ovidiani gi segnalati, si veda nettare questo di

Si tenga per presente che limmagine delle rive in

che ciascun dice (v.144), su cui influisce Met. I, 111-112:

pietra, continua per i canti successivi, come daltra parte

flumina iam lactis, iam flumina nectaris ibant, flavaque de

accade per il Lete e i canti conclusivi del Purgatorio.

viridi stillabant ilice mella.

142

143

Sulla presenza del tema nella Commedia si tenga

150

Basti ricordare oltre alle altre ricorrenze ovidiane (Am.

presente almeno Roberto Mercuri, Il mito dellet delloro

III, viii, 35 e 43-44), Virgilio, Aen. VIII, 313ss.; Ecl. IV, 32;

nella Comeda di Dante, Le forme e la storia, III (1991), 9-

Tibullo, I, iii, 35ss.

46 the italianist 29 2009

151

Si tenga presente la chiosa di Servio. Come segnalato nel

tema che attende ancora adeguate ricerche, ricordo i

precedente capitolo, sul verso dantesco influisce lomologo

preziosissimi studi di Giorgio Battistoni, Dante, Verona

passo dellAeneis III, 105: ubi et gentis cunabula nostra,

e la cultura ebraica (Firenze: La Giuntina, 2004); ma

che Servio commenta: cunabula [] nam ubi iacent

specialmente Sandra Debenedetti Stow, Dante e la mistica

infantes cunae vocantur (in Verg., Aen. III, 105; i corsivi

ebraica (Firenze: La Giuntina, 2004).

sono miei).

159

152

Sulla fortuna del componimento. si vedano Mosetti

Quandanche si trattasse di un caso fortuito, segnalo che

lepisodio del ratto di Proserpina, cui Dante allude, contiene

Casaretto, Introduzione, p. xiv; R.P.H.Green, The Genesis

nel testo di Teodulo un chiaro rimando allisola di Creta:

of a Medieval Textbook: The Models and Sources of the

quando infatti la madre Cerere angosciata scopre infine di

Ecloga Theoduli, Viator, 13 (1982), 49-106.

aver perduto la figlia, per ritorsione, scatena sullisola una

153

Domenico Comparetti, Virgilio nel Medio Evo 2 voll.

(Firenze: La Nuova Italia, 1937-41), I, 196.


154

Anonymi Teutonici commentum in Theodoli eclogam

e codice Utrecht, U.B. 292 editum, a cura di A.P.Orbn,


Vivarium, XI (1973), pp.1-42 (I, 41).
155

Mosetti Casaretto, Introduzione, p.xxv. Ovviamente

non valido, per Virgilio, lipotesi o il dubbio di una


sua conversione; resta per valido il limite imposto dal
battesimo (Inf. IV, 35); sul concetto fiume-limite, si
veda Jean Leclercq, Cultura umanistica e desiderio di Dio
(Firenze: Istituto per le scienze religiose, 1983).
156

Mosetti Casaretto, Introduzione; sullo stesso tema, con

carestia devastante (Ecloga Theoduli, vv.205-08; 317-20).


Per le molte interpolazioni che, a questo punto, realizza con
il significato della sequenza mitologica (Venere/Proserpina)
con cui Dante introduce la bella donna, segnalo un passo
dei Saturnalia di Macrobio che, per comodit, cito nella
traduzione italiana: Non c dubbio che anche Adone
sia il sole []. I fisiologi infatti diedero il nome di Venere
allemisfero superiore della terra di cui noi abitiamo una
parte, e chiamarono Proserpina lemisfero inferiore. Gli
Assiri dunque e i Fenici rappresentano la dea in pianto,
perch il sole, attraversando nel suo viaggio annuale
i dodici segni dello zodiaco, entra anche in una parte
dellemisfero inferiore []. Quando il sole in quello

alcuni agganci allopera dantesca, D.Vance Smith, Body

inferiore e quindi le giornate si accorciano, si crede che

doubles: producing the masculine corpus, in Becoming

la dea pianga, come per aver perduto il sole, rapito da

Male in the Middle Ages, a cura di Jeffrey Jerom Cohen

una morte temporanea e trattenuto da Proserpina, che,

(New York: Garland, 1997), pp.3-19.

come abbiamo detto, dea dellemisfero inferiore e degli

157

Si tenga presente la gi citata opera di Claudiano,

antipodi []. Linverno dunque per il sole come una

Epithalamium, vv.84-85: Quos, inter petulans alta cervice

ferita che ne diminuisce la luce e il calore: appunto luna

Iuventas | excludit Senium luco.

e laltra circostanza si accompagnano alla morte per gli

158

Si veda, tra i molti possibili rimandi, Myth III, 1, 1-4:

Senem eum depingunt, quia sicut senex est a calore


juventutis destitutus et frigiditate laborat. Da un punto
di vista iconografico, si veda Erwin Panofsky e Fritz Saxl,
Classical Mythology in Medieval Art, Metropolitan
Museum Studies, 4 (1933), 228-80. La connotazione
negativa della figura del vecchio credo subisca linflusso
anche della tradizione ebraica qabbalistica. Negli Idra zuta
o Idra rabba, testi dello Zohar molto cari alla qabbalah,
campeggia la figura dellAntico di giorni o Antico degli
Antichi (Attiq yomin), figura enigmatica, conclusiva. Se
mostra il volto oscuro, lo Zeer anpin (Piccolo volto), il
tempo del rigore, in cui Dio d udienza alle forze del male
che accusano gli uomini. Il peccato delluomo viene reso
palese agli occhi di Dio, in questo caso sommo giudice
vendicativo. Per il rapporto tra Dante e la tradizione ebraica,

esseri animati. Sul monte Libano (cfr. Luciano, De dea


Syria, 9) si erge una statua della dea con la testa velata,
triste che si sostiene con la sinistra il volto nascosto nel
manto, e si ha limpressione che sgorghino lacrime. Questa
immagine, oltre a rappresentare, come gi abbiamo detto,
la dea in pianto, raffigura anche la terra in inverno, cio
nella stagione in cui, coperta di nubi e privata del sole,
rimane intorpidita, e le sorgenti come occhi della terra,
sgorgano con flusso pi abbondante, e i campi frattanto,
privi di coltivazione, mostrano il loro aspetto triste. Ma
appena il sole uscito dalle regioni dellemisfero inferiore e
oltrepassa il limite dellequinozio di primavera allungando
le giornate, allora Venere lieta e bella: nei campi
verdeggiano le messi, nei prati le erbe, sugli alberi le foglie.
Per questo i nostri antenati dedicarono a Venere il mese di
Aprile (Sat. I, 21, 1-6).

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 47

160

Commento di Francesco da Buti sopra la Divina Comedia

164

Si veda Erwin Panofsky, Architettura gotica e filosofia

di Dante Allighieri, a cura di Crescentino Giannini (Pisa:

scolastica (Napoli: Liguori, 1986).

Nistri, 1858-1862), Inf. XIV, 31-42.

165

Tra le numerose occorrenze basti Matteo 8.12.

166

Dove in realt fosse stato messo luomo, una volta

161

Come noto, il significato di Matelda rappresenta una

delle pi ardue cruces esegetiche della Commedia. Con la

cacciato dal Paradiso Terrestre, era una quaestio ancora

formulazione che propongo credo per di non allontanarmi

insoluta al tempo di Dante; Singleton, La poesia della

da quanto ormai viene universalmente accettato. Anche

Divina Commedia (pp.291-309).

in questo caso sono costretto, per problemi di spazio, a


rimandare una pi completa trattazione del tema al saggio
in preparazione dedicato ai verso teogonici di Inf. XIV. Per
unutile bibliografia si guardi quella presentata da Paola
Pacchioni-Becker, nella monografia Matelda e il Paradiso
Terrestre nella Commedia di Dante Alighieri (Frankfurt am
Main: Peter Lang, 2004), pp.136-97.

167

son venuto ed destinato a riaffiorare in Paradiso, si


veda Corrado Bologna, Il ritorno di Beatrice: simmetrie
dantesche fra Vita Nova, Petrose e Commedia (Roma:
Salerno, 1998), in particolare p.91.
168

162

Martianus Capella, De nuptiis Philologiae et Mercurii:

Quaedamodum omnis homo risibilis est, ita omne risibile


est homo (IV, 389). Al riso consacra una quaestio anche
Alberto Magno: utrum risus soli homini conveniat, in
Quaestiones de animalibus, III 17-18. Sul significato per
Dante della fenomenologia del riso si ricorda sovente un
passo del Convivio. Cos, ad esempio, Emilio Pasquini, il
verbo [ridere] di largo impiego nella Commedia (ma
escluso, non casualmente, dalla prima cantica) e inoltre
provvisto di molteplici connotazioni espressive, alcune
prima di Dante sconosciute; mentre sullintera gamma
semantica getta una trepide luce dintimit la stupenda
definizione di Conv. III, viii, 11 (E che ridere se non una
corruscazione de la dilettazione de lanima, cio uno lume
apparente di fuori secondo sta dentro?), Ridere, in ED,

Si veda Donno, Moral Hydrography. Per alcuni preziosi

spunti di un cammino liquido che si origina gi in Io

Si veda Gianfranco Contini, Dante come personaggio-

poeta della Commedia, in Varianti e altra linguistica


(Torino: Einaudi, 1970), pp.335-61.
169

il concetto che Erwin Panofksy ritiene innervato nel

pensiero medievale nei termini fecondi e descrittivi di


parallelismo architetturale: nella sfera delle arti figurative
ci dimostrabile attraverso lanalisi di quasi ogni singola
figura [o il veglio o la donna], bench sia ancora pi
evidente nella sistemazione degli insiemi [il veglio e la
donna]. [] La composizione di un portale gotico maturo,
per esempio, tende a rispettare un preciso e abbastanza
standardizzato schema che, nellimporre un ordine
allorganizzazione formale, ne chiarisce al tempo stesso,
il contenuto narrativo (Architettura gotica e filosofia
scolastica, pp.21-22).
Dante vede da poeta, e da poeta realizza, quello che

IV, 920; ancora sullo stretto legame tra riso e tematica

170

amorosa, si veda Marta Cristiani, Il disiato riso. Ridere,

gi concettualmente elaborato e fissato nella dottrina

sorridere e splendere nella Commedia di Dante, in Il Riso:

cristiana (Singleton, La poesia della Divina Commedia,

Capacit di ridere e pratica del riso nelle civilt medievali,

p.142).

a cura di Francesco Mosetti Casaretto (Milano: Edizioni

171

San Tommaso, Summa theol., Ia-IIae, q.109 a.2. Si

dellOrso, 2005), pp.34-53; anche se non condivido

cita San Tommaso per la concisa formulazione, senza che

lequivalenza tra sorridere e ridere, si veda Ren Stella,

per questo sia necessario qui affondare nel problematico

Dante e le rire, Italies. Littrature civilisation socit, 4

tomismo dantesco.

(2002), 689-704.
163

Si veda Cristiani: Per Dante il viso , specificatamente,

172

Tra i molti: Nardi, Saggi di Filosofia dantesca; Singleton,

La poesia della Divina Commedia; Chiavacci Leonardi,

la sede in cui lanima pi adopera del suo ufficio, nel

Commedia, in particolare lintroduzione alla seconda

senso che la potenzialit della materia corporea, che

cantica; per i molti addentellati a questo percorso si vedano

principio di individuazione, diventa atto, raggiunge il suo

le riflessioni di Pecoraro (Le stelle di Dante, pp.106-24),

massimo grado di attualit nel volto, in cui lanima-forma

e, recentemente, Sabbatino, LEden della nuova poesia,

pi sottilmente adopera (Conv. III, viii, 7) (Il disiato

pp.76-78.

riso, p.45).

48 the italianist 29 2009

173

Settineri si sofferma proprio sul canto XXVIII che

tombe degli di. Mantenendo pur uninvalicabile distanza,

definisce quasi interamente e nelle sue parti pi valide,

il commiato dantesco meno sentimentale.

tutto una reminiscenza ovidiana. La studiosa, annota

175

quindi, come in modo repentino, alla chiusura del canto


fino alla fine della cantica, non si trovano pi veri influssi
di Ovidio su Dante. Pare anzi che Dante, dopo essersi
ispirato tanto, per un episodio e una tappa tanto importanti
del suo viaggio ultraterreno, al poeta latino, ormai preso
dalla preoccupazione del cielo e dal desiderio di giungervi,
non abbia pi tempo n ricordi per le sue letture classiche.
Dal canto XXIX al XXXIII si trovano soltanto rapidi accenni
a fatti mitologici, senza una rielaborazione da parte del
poeta (Influssi Ovidiani); per alcune recenti osservazioni
e acute ipotesi sul tema della dipendenza poetica, Luca
C.Rossi, Purgatorio XXI, Lectura Dantis Turicensis, a cura
di Georges Gntert e Michelangelo Picone (Firenze: Cesati,
2001), pp.315-31.
174

Trovo una qualche somiglianza nella familiarit con cui

SantAgostino tratta il suo Virgilio, una modalit che per


scioglie la componente drammatica. Si veda Sermo 105:
Qui hoc terrenis regnis promiserunt, non veritate ducti
sunt, sed adulatione mentiti sunt. Poeta illorum quidam
induxit Iovem loquentem, et ait de Romanis: His ego nec
metas rerum, nec tempora pono; Imperium sine fine dedi
(Aen. I, 278). Non plane ita respondet veritas. Regnum
hoc, quod sine fine dedisti, o qui nihil dedisti, in terra est,
an in coelo? Utique in terra. Et si esset in coelo: Coelum et
terra transient (Lc. 21, 33). Transient quae fecit ipse Deus;
quanto citius quod condidit Romulus? Forte si vellemus
hinc exagitare Vergilium, et insultare, quare hoc dixerit; in
parte tolleret nos, et diceret nobis: Et ego scio; sed quid
facerem qui Romanis verba vendebam, nisi hac adulatione

Giorgio Brberi Squarotti, La Commedia come poesia

della poesia, Letture Classensi, 14 (1985), 137-78.


176

Per quanto prossimale, lironico sorriso del Virgilio di

Fulgenzio scivola leggero di fronte a questo drammatico


quadro dantesco, ultimo e personale: Ad haec ille
subridens: Si inquit inter tantas Stoicas veritates
aiquid etiam Epicureum non desispissem, paganus non
essem; nullto enim omnia vera nosse contingit nisi vobis,
quibus sol veritatis inluxit. Neque enim hoc pacto in tuis
libris conductus narrator accessi, ut id quod sentire me
oportuerat, disputarem et non ea potius quae senseram
lucidarem, in Commento allEneide, a cura di Fabio Rosa
(Milano e Trento: Luni, 1997).
177

Si veda Federico Ozanam, La filosofia di Dante (Citt di

Castello: Il Solco, 1923); inoltre al commento di Niccol


Tommaseo alla Commedia (Milano: Pagnoni, 1865) e
Nuovi studi su Dante (Torino: Collegio degli Artigianelli,
1865); entrambi con debiti a Jorge Luis Borges, Nove saggi
danteschi, in Tutte le opere, 2 voll. (Milano: Mondadori,
1984-85), II, 1301-05. Sul valore mitografico del Paradiso
Terrestre nel quadro della cosmologia dantesca, Bruno
Nardi, Il mito dellEden, nei suoi Saggi di filosofia
dantesca, pp.311-40.
178

Spero che questo seconda constatazione, soprattutto,

permetta una pi facile rilettura del suo rapporto, pur


sempre possibile, con le sorelle LiaRachele o con una
figura storica non ancora definita. Il primo referente di
Matelda, come spero di aver mostrato almeno inizialmente
con questo studio, ritengo sia infatti il veglio di Creta.
In particolare segnalo lo studio di Ovidio Capitani,

aliquid promitterem quod falsum erat? Et tamen et in hoc

179

cautus fui, quando dixi: Imperium sine fine dedi, Iovem

La Matelda di Dante e Matilde di Canossa: un problema

ipsorum induxi, qui hoc diceret. Non ex persona mea dixi

aperto, in Matilde di Canossa nelle culture europee del

rem falsam, sed Iovi imposui falsitatis personam: sicut Deus

secondo millennio: dalla storia al mito. Atti del Convegno

falsus erat, ita mendax vates erat. Nam vultis nosse quia

internazionale di studi, a cura di Pederiali Golinelli

ista noveram? Alio loco, quando non Iovem lapidem induxi

(Bologna: Patron, 1999), pp.19-27.

loquentem, sed ex persona mea locutus sum, dixi: Non

180

Sulla natura similare, va aggiunto il singolare ricorrere

res Romanae perituraque regna (Ecl. II, 498). Videte quia

della tematica del sogno: Matelda afferma di esser stata

dixi peritura regna. Dixi peritura regna, non tacui. Peritura,

oggetto del sogno dei poeti (Purg. XXVIII 141), e la statua,

veritate non tacuit: semper mansura, adulatione promisit.

nel libro di Daniele, appare nel sogno del profeta. La prima,

In parte tolleret nos, Egli ci prenderebbe in disparte.

da un contesto apparentemente pagano viene posta

Il tono famigliare vela, per, limmagine triste di un uomo

da Dante in un dichiarato paesaggio biblico lEden; il

impotente, deluso, mentre si scoprono da per tutto le

veglio, di forte matrice biblica, viene posto in un dichiarato


contesto pagano.

Camozzi Il veglio di Creta alla luce di Matelda 49

181

Un continuo sprone per questo lungo lavoro stato

il ricordo di Charles S.Singleton come consegnato da


Giovana Ioli, in Con Matelda nel Maryland: a colloquio con
Charles Singleton, Letture classensi, XVII (1989), 144-63.

Ambrogio Camozzi, 75 Via Catalani, 20131 Milano, Italy ambrogio.camozzi@gmail.com


Department of Italian Studies, University of Reading and Departments of Italian, University of Cambridge and University of Leeds

10.1179/026143409X409765

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