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1 Premesse
1.1 Dammiata
Prima di dar conto della lettura comparativa dei due canti necessario tentare
di recuperare alla loro dimensione originale alcuni elementi del XIV canto
dellInferno. Il primo elemento notevole la geografia ivi racchiusa dal trittico
Roma (v.105) Creta (v.95) Dammiata (v.104), e questultima localit, verso
cui la statua tien volte le spalle, merita una particolare attenzione:
medio iacet insula ponto, | mons Idaeus ubi et gentis cunabula nostrae (Aen. III,
103-04). Nelle vaghe parole delloracolo antiquam exquirite matrem (Aen.
III, 25) Anchise risolve gli animi incerti dei principi e indica Creta quale meta
del viaggio. I legni approdano allora sullisola di Giove ma subito una pestilenza
devastante inaridisce gli uberrima regna promessi, miete vittime tra i guerrieri
e prostra i superstiti.30 Un nuovo responso divino permette al padre di Enea di
correggersi e drizzare i timoni verso la terra dEsperia. Litteraliter restano nella
memoria i lidi sterili e i campi devastati da Sirio, mentre allegorice si delinea con
Creta limmagine di madre ambigua, patria falsa,31 approdo intermedio di un
viaggio pi ampio e decisivo.32
Credo sia vantaggioso aggiungere al consolidato richiamo poetico,
linfausta memoria serbata anche nelle pagine dedicate alle vicende fondanti il
potere spirituale. Gli Atti degli Apostoli (27.13) raccontano i pericolosi giorni
di tempesta che Paolo, salpato da Roma, trascorse alla deriva nei pressi di Creta.
Qui, il gran vasello dello Spirito Santo dovette infine essere confermato da un
angelo che non avrebbe fallito la meta e che la sua missione a Roma sarebbe
riuscita.33 Enea e San Paolo, con i quali il poeta ha dichiarato proemialmente di
volersi misurare, partiti dallAsia minore e diretti a Roma, incontrano lisola a
met del loro viaggio terreno. E Dante incontra lisola a met del suo viaggio
ultraterreno per quel primo regno che nel planisfero immaginato dalla Commedia
apre la sua vasta voragine sotto lemisfero abitato.34
Creta giace su territori non solamente fisici e non solamente virgiliani. La sua
eccezionale posizione mediana, irrotta nella Commedia in uno strappo del tessuto
raffigurativo e stilistico del canto che dalle viscere della terra proietta la scena
sulla superfice marina, concatena la traiettoria di Dante alle vie di Paolo e Enea.
Pertanto necessario riconsiderare positivamente limportanza della dimensione
strettamente geografica, apparentemente secondaria ma tipologicamente
prodromica ai possibili parallelismi storico-allegorici. Forse a causa della concisa
formulazione, essa viene spesso trascurata, nonostante meriti nellintento di Dante
la prima e principale sede sintattica della terzina.
Lisola viene dunque caratterizzata dal suo essere in mezzo e al centro,
come rivela uno studio pi attento delle fonti latine. Lemistichio in esame, infatti,
rielabora in volgare lespressione latina medio [] ponto (Aen. III, 104) con una
felice modulazione dellapertura vocalica [in mezzo mar] che gradualmente
spalanca di fronte al lettore la distesa acquea. Lassenza di articolo acquista al
lemma mar lampiezza del Mediterraneo e cos apparentemente risolve un cruccio
della geografia antica. Tale problematica riassunta da Servio in nota al verso
dellAeneis, gi citato quale fonte del passo dantesco, e pertanto verosimilmente
era nota a Dante: medio ponto: potest quidem intellegi, secundum Sallustium,
longe a continenti. Sed altior est loco poetae intuitus lintuitus di Virgilio,
secondo Servio, avrebbe tracimato la resa e sarebbe rimasto inespresso Nam
apud chorographos legimus quae insula in quo sit mari, ut Sardinia in Africo,
Delos in Aegeo, et de aliis omnibus. De Creta omnes dubitant in quo sit mari; nam
parte Lybicum, parte Aegyptium, parte Achaicum, parte Ionium respicit.35 Quando
scrive omnes dubitant Servio si riferisce forse a Solino per il quale: Pronius est
Cretam dicere quam absolvere, in quo mari iaceat. Ita enim circumflui illius nomina
Graeci permiscuerunt, ut dum aliis alia inferunt, paene oblimaverint universa.36
invece certo che si riferisca al poco scientifico ma deciso iam in medio mari,37 con
cui Pomponio Mela il chorographos risolve la dilemmatica posizione di Creta
rispetto le altre isole. Quindi, conclude Servio: medio ponto, ac si dici possit
medio pontorum, quod Latinitas non recipit (in Verg., Aen. III, 104).
Rispetto al latino, nella Commedia, lassenza dellarticolo anzich sbilanciare
il riferimento nel vago suggerisce la superficie del mare nostrum, mare Expansum
sive Magnum, quod est mare terrae Romanorum.38 Ma limportanza che Creta
acquista dalla straordinaria posizione al centro del Mediterraneo sconosciuta
al di fuori della nota serviana, dei testi di Solino e di Mela. Priva di qualsivoglia
memorabilit geografica, prima di Dante, allisola non solo mancano attestazioni
scritte che ne ripercorrano o sviluppino lepicentrica posizione ma, in generale,
raro trovare un tratto speso per evitarne lalfabetico novero di isolotti omomorfi
rubricati a partire dal continente di appartenenza.39 In alcuni casi la gravitazione
storica e culturale greca attira Creta su un piano secondario, e sono Cipro o la
Sicilia Trinacria, terris frugifera, auro abundans,40 prime a meritare dingemmare
il mare romanorum con radiose ed eccezionali qualit.41
Niente di tutto questo avviene nella Commedia dove Creta, barbacane
dellipocentrica fortezza di Dite, campeggia in mid-Mediterranean come la pi
memorabile isola dellemisfero boreale.42 Una specificit pressoch adombrata da
Servio, sembra abbia fornito invece a Dante il pretesto per disegnare in questo
canto una cartografia inusitata, inventata e precedentemente sconosciuta. Secondo
i calcoli condotti da Pecoraro sulle coordinate geografiche dantesche, Creta si trova
a 22 30 Est da Roma. Il monte Sinai (su cui consentito far passare il meridiano
damiatino) si trova invece 45 Est da Roma: sembra lecito concludere che Dante
abbia attribuito a Creta [] un sito intermedio fra Roma e le terre levantine del
Mediterraneo, quelle ove trovasi Damiata e onde trassero il viaggio Enea e San
Paolo.43
Non pare allora dovuto al caso che la griglia eptapartita del citato manuale
di Alfragano, se sovrapposta alla geografia schizzata nel trittico RomaCreta
Dammiata riveli che le tre citt dantesche siano rispettivamente situate nella
quinta, quarta e terza fascia climatica.44 Quella griglia, certamente nota a Dante,
offrirebbe un retroterra consolidato alla centralit latitudinale e una conferma
decisiva alla straordinaria e simbolica posizione di Creta che non nitidamente
delineata viene largamente lasciata intendere. La quarta fascia, infatti, mediana tra
lettura del poema. questo a permettergli di misurarsi non tanto con le difficolt
dellesegesi dantesca ma con le incongruenze e le zone dombra della geografia
antica.55 Se dunque una serie di letture ha permesso a Boccaccio di realizzare questa
cartografia, non da escludere a priori che Dante possa aver in qualche modo
conosciuto, anche solo in parte, gli stessi testi.
1.3 Creta: un paese guasto
La seconda parte del verso 94 sposta laccento sulla dimensione storica e naturale
del luogo: siede un paese guasto. Se per il primo emistichio un modello, quello
virgiliano, perde progressivamente la sua efficacia e sinfragilisce con lavanzare
degli apporti critici, per la seconda parte del verso esso sembra non trovar spazio
fin dallinizio. I toni decadenti, bigi del sintagma dantesco non ricalcano una
precisa memoria letteraria. Gli unici riscontri positivi, piuttosto fragili e tuttaltro
che esaustivi, provengono dalla documentazione storica che qui distendo per la
pertinenza iniziale di alcuni tratti.
La condizione climatica cretese, riportata dai cronisti dellepoca, tende a
collimare i connotati naturali composti da Dante.56 Lisola di Creta, gi dal XII
secolo, nota per la cronica mancanza dacqua dovuta in parte allesposizione
diretta al clima africano, e soprattutto a una connaturata penuria di fonti sorgive.
Gli insediamenti urbani devono fare i conti con il continuo fiato dOstro un
vento caldo e secco e le rabbiose bufere sciroccali dinizio estate.57 Mentre il primo
contribuisce a mantenere alte le medie nella lunga stagione estiva, le tempeste invece
danneggiano i grani al momento della prima fioritura. Le scarse precipitazioni
non permettono lutilizzo di cisterne. Cos, il controllo delle poche fonti sorgive
spesso allorigine di violenti contrasti sociali. Le autorit veneziane, costrette ad
intervenire ripetutamente durante il corso del XIII secolo, otterranno una certa
stabilit amministrativa solo dopo aver organizzato e realizzato lincastellamento
in funzione della corretta ripartizione dei corsi irrigui e della protezione delle
sorgenti.58
Eppure leconomia cretese risulta essere una delle pi prospere del
Mediterraneo; la fortunata posizione che fa del porto di Candia una sosta strategica
lungo le rotte mercantili, compensata lingrata condizione climatica, garantisce
alla colonia un commercio fiorente. Nei resoconti di viaggio, in pieno XIV secolo,
torna ad attestarsi in qualche caso il topos letterario59 delle cento citt.60 Per
quanto realisticamente distante dalla concreta situazione dellurbanizzazione
cretese, esso documenta la presenza di una realt non isolata ma viva e ben inserita
in un impero coloniale potente e vigoroso.61 Proprio il ricordo del vivace clima
sociale potrebbe aver indotto Giacomo da Verona, pellegrino dinizio trecento,
a dipingere in epistola un idillico quadretto di terra pulcra et amena, dotata
omnibus deliciis.62 Anche questi, in realt, sono moduli segnatamente letterari.
lettore viene posto qui un interrogativo greve: qual sia la tipologia del nesso tra il
mondo pagano e la vecchiezza.84 Una risposta verr raffigurata molto pi in l.
1.5 La statua
Il quarto elemento su cui vorrei soffermarmi dopo Dammiata, Creta e il chiasmo
dei versi 94-99 la celebre statua che nella Commedia viene descritta a partire da
Inferno XIV, 103: Dentro dal monte sta dritto un gran veglio.
1.5.1 Lidolo
Ancora una volta la creazione dantesca mette in vibrazione conoscenze storiche
fattuali. Sulle pendici del monte Ida cretese infatti possibile visitare, ancora
oggi, lantro ideo, uno dei luoghi pi conosciuti e leggendari dellantichit, una
grotta articolata su pi livelli, aperta a circa 1500 metri sopra il livello del mare.85
Gli scavi archeologici condotti alla fine dellOttocento hanno rinvenuto tracce
della presenza di una statua di Zeus e di una venerazione praticata per lungo
tempo.86 Quando Dante scrive la Commedia il culto pagano, progressivamente
sostituito dalla vita della stabile comunit cristiana, non era pi in uso.87 Ma
facile ipotizzare che il poeta ne fosse a conoscenza. La tradizione religiosa cretese,
nota per altri aspetti anche a San Tommaso,88 non sfugge infatti allautore del
commento edito dal Selmi, che in nota ai versi 95-98 del canto scrive: Creta []
chiamavasi lisola de gli Dei Infernali; e a quelle chiese andavano a quel tempo
le genti pi che in altre parti, e con molte reverenze e umilitadi per le meraviglie
che vediano in questa isola (Chiose anonime; Inf. XIV, 95-98). La dimensione
liturgica del culto diversamente ricorrente anche nella matrice letteraria della vita
di Minosse. Orazio e Servio, ad esempio, con trascurabili differenze, raccontano
che sub antro, Giove fosse solito apparire al figlio e re cretese per rispondere
ai quesiti in una sorta di epifania oracolare.89 Quanto alla presenza di un sito
religioso, segnalato probabilmente da una semplice iscrizione o una targa, i testi
di Cicerone, Solino, Lucano e Mela vi fanno cenno assecondando la notizia della
presenza sullisola del sepolcro di Giove: famigerata [] maxime eo quod ibi
sepulti Iouis paene clarum uestigium, sepulcrum cui nomen eius insculptum est
adcolae ostendunt.90
1.5.2 La posizione
Dal deserto libico (vv.13-15) dove Catone condusse i pompeiani sconfitti, fino
allIndia equatoriale raggiunta da Alessandro Magno (vv.31-36), passando per la
pugna di Flegra (v.56) e la maternit di Rea (vv.100-02), il canto giunge al veglio
senza aver mai ricordato un personaggio o un avvenimento posteriore alla venuta
di Cristo. Anche la ricostruzione delle fonti e linterpretazione degli elementi che
vanno componendosi non valica gli argini del tempo precristiano. opportuno
tenerne conto, avvicinando la lettura della terzina Inferno XIV, 103-05:
orizzonte luminoso. Perci, per quanto riecheggi un episodio della storia della
Salvezza, il veglio della Commedia privo di qualsiasi connotato riconducibile
ad essa.
Trovo vi siano ragioni sufficienti per chiedersi se, dopo tutto, sia corretto
indicare come fonte diretta per questa figura della Commedia il passo di Daniele:
anche senza considerare le fessure lacrimanti, le differenze compositive tra la statua
dantesca e il modello biblico sono piuttosto eloquenti e rimarcate. Non solo: il
senso dellepisodio dantesco, giocato tra spazialit continentali e miti pagani, ha
poco in comune con le vicende narrate nel libro del profeta Daniele.
1.5.4 La funzione
Sul ruolo di questa statua, sulla sua funzione allinterno della Commedia, sono state
spese diverse interpretazioni. Credo che, anche in questo caso, vada innanzitutto
riscoperto il senso letterale come dettagliato nei versi successivi:
story of which Virgil himself perhaps is not fully cognizant.97 E credo che il dominio
di queste verit abbracci elementi attribuiti troppo spesso allescogitatio poetica
anche dallo stesso Dean. A differenza del mito con cui viene introdotta, la statua del
veglio esiste perch, da un lato, resterebbe altrimenti da spiegare lorigine dei fiumi;
in secondo luogo, perch luso del tempo presente non lascia spazio allescogitatio
fittizia. Il presente il tempo storico per eccellenza dove solo unallegoria ha luogo,
lallegoria scritturale in cui il primo senso, quello letterale, dato come senso reale,
storico, che sussiste autonomamente.98 Pertanto, un liquido di cui si compongono
Acheronte, Stige, Flegetonte e Cocito si raccoglie realmente ai piedi di una
grande statua di un vecchio lacrimante, posta nel nostro mondo in un antro del
monte Ida dellisola di Creta. Questo passo del poema credo faccia parte di ci
che Pietro Alighieri, con preoccupazione evidente, descrisse e distinse come ficte
et transumptive loquendo.99 Ma il padre invece ben intenzionato a confermare il
lettore della fisicit della sua ardita sistemazione e cos sviluppa tra i due pellegrini
un rapido scambio di battute.100 unipotesi interpretativa labile che per, credo,
renda oltretutto ragione di versi spesso considerati enigmatici e contraddittori. Mi
riferisco a Inferno XIV, 121-29:
[] Se l presente rigagno
si diriva cos dal nostro mondo,
perch ci appar pur a questo vivagno?.
Ed elli a me: Tu sai che l loco tondo;
e tutto che tu sie venuto molto,
pur a sinistra, gi calando al fondo,
non se ancor per tutto l cerchio vlto;
per che, se cosa napparisce nova,
non de addur maraviglia al tuo volto.
La maraviglia affiora sul volto del pellegrino, riflesso visibile, reazione accertabile
di quanto avvenne e avviene nella mente di chi stia leggendo il canto per la prima
volta. Cos, la domanda e la risposta insieme, lungi da celebrare lampiezza generica
del baratro infernale, evitano al veglio di venir considerato unimpropria sbavatura
del registro mitologico. Per quanto suggestiva e complessa sia la sua fisionomia,
la sua esistenza deve essere considerata dal lettore certa quanto certa lesistenza
della natural burella, o del monte del Paradiso Terrestre o di Matelda.101
Il racconto di Virgilio coniugato al presente fattuale: il veglio la
fontana prodigiosa da cui sgorgano i fiumi del regno dei dannati. E, a meno di
ipotizzare con fantasia discrezionale un meccanismo di pompe artificiali che da
unoriginale fonte rocciosa abbia condotto il flusso per il corpo della statua
artefatto e successivamente giustapposto, la sua posizione e la sua funzione sono
tali dallinizio della creazione dei fiumi dellaldil.
1.5.5 Allegorice
Dato conto del piano letterale vorrei ora cercare di dirimere per quanto possibile
la difficile matassa allegorica dove riposa il senso simbolico di questo veglio.
quindi necessario tornare sulla terzina che pi sbilancia il registro naturale:
Inferno XIV, 112-14.
di tutta la storia umana come decadenza continua non lascia spazio allevento
centrale per un cristiano, cio lIncarnazione.107
Si prenda ora in considerazione la lettura storico-politica, la pi adottata tra
le interpretazioni diacroniche, perch indotta dalla presunta fonte biblica (Dan.
2.39-43): essa attribuisce ai metalli una serie di imperi via via pi compromessi.
Si tratterebbe per Dante di una significativa ritrattazione di quanto egli stesso
esprime nella Commedia (Par. XX) e argomenta in Monarchia I, xvi, 1:
Rationibus omnibus supra positis experientia memorabilis attestatur:
status videlicet illius mortalium quem Dei Filius, in salutem hominis
hominem assumpturus, vel expectavit vel cum voluit disposuit. Nam si a
lapsu primorum parentum, qui diverticulum fuit totius nostre deviationis,
dispositiones hominum et tempora recolamus, non inveniemus nisi sub
divo Augusto monarcha, exsistente Monarchia perfecta, mundum undique
fuisse quietum.
Limpero romano per il poeta la struttura permanente appointed by God to carry
out his providential design of universal history (Mazzotta, Poet of the Desert,
p.54); il solo significato storico-politico dunque da ricusare. Similarmente, la
lettura culturale, secondo la quale nei metalli sono raffigurati i periodi di un
umanit che, decaduta da una felice origine, smarrisce sempre pi la sua altezza,
incontra, oltre al comune limite cristologico, un altro evidente ostacolo nel canto
XI del Purgatorio.108 Almeno per quanto attiene lattivit artistica, fatte salve le
implicazioni pedagogiche e morali, si afferma che il tempo presente surclassa le
generazioni precedenti.109
Se, come spero di aver mostrato, la fisionomia del veglio tale dal giorno
della sua creazione, se cio non si alterata nel corso dei secoli, pu confermarsi
valida allegorice solo una lettura sincronica. E tra quelle possibili, credo che la
formulazione proposta da Busnelli sia la pi completa. Egli basa la sua riflessione
su un concetto chiave dellantropologia cristiana lo status naturae post lapsum
che san Tommaso affronta nella quaestio 85, De effectibus peccati. Et primo,
de corruptione boni naturae. Nel primo articolo della quaestio san Tommaso si
chiede se il peccato possa menomare i beni di natura. Procede pertanto a distinguere
il concetto di bonum naturae per verificare in quale accezione esso possa essere
considerato destituito, diminuito dal peccato:
Bonum naturae humanae potest tripliciter dici. Primo, ipsa principia naturae,
ex quibus natura constituitur, et proprietates ex his causatae, sicut potentiae
animae et alia huiusmodi. Secundo, quia homo a natura habet inclinationem
ad virtutem, ut supra habitum est, ipsa inclinatio ad virtutem est quoddam
bonum naturae. Tertio modo potest dici bonum naturae donum originalis
iustitiae, quod fuit in primo homine collatum toti humanae naturae. Primum
igitur bonum naturae nec tollitur nec diminuitur per peccatum. Tertium
vero bonum naturae totaliter est ablatum per peccatum primi parentis.
Sed medium bonum naturae, scilicet ipsa naturalis inclinatio ad virtutem,
diminuitur per peccatum. Per actus enim humanos fit quaedam inclinatio
ad similes actus, ut supra habitum est. Oportet autem quod ex hoc quod
aliquid inclinatur ad unum contrariorum, diminuatur inclinatio eius ad
aliud. Unde cum peccatum sit contrarium virtuti, ex hoc ipso quod homo
peccat, diminuitur bonum naturae quod est inclinatio ad virtutem.
Nel terzo articolo della medesima quaestio, Tommaso si chiede ut convenienter
ponantur vulnera naturae ex peccato consequentia, infirmitas, ignorantia, malitia
et concupiscentia. Enucleate le possibili obiezioni, lAquinate risponde:
Per iustitiam originalem perfecte ratio continebat inferiores animae vires,
et ipsa ratio a Deo perficiebatur ei subiecta. Haec autem originalis iustitia
subtracta est per peccatum primi parentis, sicut iam dictum est. Et ideo
omnes vires animae remanent quodammodo destitutae proprio ordine, quo
naturaliter ordinantur ad virtutem, et ipsa destitutio vulneratio naturae
dicitur. Sunt autem quatuor potentiae animae quae possunt esse subiecta
virtutum, ut supra dictum est, scilicet ratio, in qua est prudentia; voluntas,
in qua est iustitia; irascibilis, in qua est fortitudo; concupiscibilis, in qua
est temperantia. Inquantum ergo ratio destituitur suo ordine ad verum, est
vulnus ignorantiae; inquantum vero voluntas destituitur ordine ad bonum,
est vulnus malitiae; inquantum vero irascibilis destituitur suo ordine ad
arduum, est vulnus infirmitatis; inquantum vero concupiscentia destituitur
ordine ad delectabile moderatum ratione, est vulnus concupiscentiae. Sic
igitur ita quatuor sunt vulnera inflicta toti humanae naturae ex peccato primi
parentis. Sed quia inclinatio ad bonum virtutis in unoquoque diminuitur per
peccatum actuale, ut ex dictis patet, et ista sunt quatuor vulnera ex aliis
peccatis consequentia, inquantum scilicet per peccatum et ratio hebetatur,
praecipue in agendis; et voluntas induratur ad bonum; et maior difficultas
bene agendi accrescit; et concupiscentia magis exardescit.
Le quattro fessure della statua dantesca da cui gocciano lagrime corrono
estremamente vicine al passo dellAquinate error autem et dolor sunt vulnera
consequentia.110 Quattro sono le facolt della natura ferite dal peccato in
Tommaso, e quattro gli elementi eterogenei segnati dalla spaccatura. Quanto per
potrebbe restare un accostamento efficace e indubitabilmente pertinente, grazie a
un secondo rimando proposto da Busnelli, viene universalmente accettato come
corretta interpretazione. Nellopera di Riccardo di San Vittore, Busnelli riscopre
un passaggio in cui il teologo parigino offre una lettura tropologica della statua
sognata da Nabucodnosor.111 Il metodo tropologico porta Riccardo a riconoscere
negli elementi eterogenei della statua biblica le cinque facolt delluomo
gerarchicamente ordinate gi da san Tommaso: loro per il libero arbitrio, largento
per la ragione; il rame per la volont; il ferro per gli affetti sensitivi; la terracotta
per la concupiscenza. La statua dantesca si presta perfettamente a questo tipo di
lettura e ne ottiene una sapiente e direi conclusiva lettura: Niun dubbio pertanto
che codeste fessure non simboleggiano la vulneratio naturae, e per conseguenza
che il veglio raffiguri la stessa natura umana corrotta pel peccato originale, illesa
solo per il libero arbitrio fuor che loro (Inf. XIV, 112). Cos il veglio, prosegue
Busnelli, non che il Vetus homo, luomo vecchio, che si contrappone al nuovo
rigenerato per Cristo, perch rappresenta la vecchia vita, menata nel peccato in che
si vive secondo Adamo.112
La bibliografia critica sul significato dellintero episodio stata utilmente
tripartita da Francesco Di Gregorio tra i sostenitori dellinterpretazione culturale,
storica, teologica.113 Nel primo caso la statua sarebbe raffigurazione del progressivo
decadere dei costumi con il conseguente impoverimento della natura umana; nel
secondo i metalli raffigurerebbero le succedentesi epoche dellumanit scandite
dallalternarsi degli imperi universali; la terza lettura, la sola sincronica, attribuisce
ad ogni spessore una delle facolt umane disposte in ordine alla loro nobilt.
Ritengo innanzitutto che limpianto dello schema proposto da Di Gregorio, per
quanto utile, vada emendato dalla falsa prospettiva che fa dipendere il senso
della scena infernale dal significato che si attribuisce ai vari strati del corpo, e
non viceversa. Secondo una prospettiva che credo pi completa, suggerisco di
comprendere il senso del corpo del veglio a partire dal ruolo, dalla straordinaria
funzione che riveste lintero episodio nelleconomia della Commedia.
Parafrasando Singleton, figura il concetto di cui abbiamo bisogno per
vedere il Veglio di Creta nella giusta luce e comprenderne la funzione e il significato
allinterno dellepisodio che inizia sulle ripe del Flegetonte.114 Il termine figura
va preso nel senso dellagostiniano significandi gratia (De Genesi ad litteram XI,
12): cio le cose esistono per il significato che esprimono. Il veglio la figura della
condizione umana dopo il peccato, cio da quando lumanit sicut unum corpus
unius hominis (San Tommaso, Quaestiones disputatae de malo IV, 1) ha iniziato
ad abitare nellemisfero boreale nel cui centro geografico e storico egli si trova.
Il senso temporale dellepisodio non starebbe dunque a significare che lhomo,
lumana creatura, si va corrompendo ma, semmai, che un uomo corrotto sta
percorrendo la Storia.
Secondo questa interpretazione, la statua sarebbe capace di riconciliare
in s tutti gli elementi dellepisodio: lemisfero boreale come spazio abitato da
quello stato naturae; la storia imperiale come tempo vissuto; la mitologia pagana
come religione praticata. Uno spazio, un tempo e una religione che sono destinati
a confluire, come simboleggia il fiume di lacrime, nellInferno.115 La stabile
vecchiaia, le spaccature e le lacrime da cui gocciano ne costituiscono, infine, il
volto, soggetto alla corruzione e doloroso.116
(v.135) ritorna ora nella serie invertita di alcuna (Purg. XXVIII, 29), bruna
(v.31) e luna (v.33). I due sguardi sincontrano se non altro per rammentare
al lettore una volta ancora linnovativa cosmografia della Commedia. Seguendo
infatti una precisa radice della tradizione cristiana,123 su cui innesta spunti della
letteratura favolistica medievale, finanche celtica,124 Dante appronta un modello
che ultimamente originale.125 Come noto a ogni lettore che sia fin qui giunto,
Purgatorio un monte, isola allo stesso tempo, precisamente collocato al centro
dellemisfero delle acque.126 Sulla sommit del poggio, coronazione letterale e
allegorica che il viatore apprende poco pi avanti, sta il giardino dellEden (Purg.
XXVIII, 91-93). In fondo, il paragone identificante tal qual (v.19) tra la divina
foresta e la spiaggia di Classe,127 una struggente similitudine in cui il poeta esiliato
raggiunge uno dei vertici espressivi del canto,128 concettualmente reso possibile
dal fatto che lEden fa parte di unesperienza ancora compiutamente umana,129 ai
margini certo, ma ancora trattenuta dalla sponda del tempo: contento | di quel ciel
c ha minor li cerchi sui (Inf. II, 78).
Se nella concezione medioevale linvenzione del Purgatorio rompe lo schema
binario prediletto(Segre, Viaggi e visioni, p.23) Cielo-Inferi, nella Commedia
la presenza di Creta e del veglio in essa ricompone, in un certo senso, la
simmetria. Dopo quanto si cercato di chiarire riguardo al livello eminentemente
geografico delle localit disposte nel canto XIV, non pare infatti difficile scorgere
la singolarissima simmetria topologica tra lisola-montagna dellEden cristiano e
lisola-montagna dellet delloro pagana.130 Tralasciando pur possibili computi
matematici spesi a stabilire uneventuale antipodicit longitudinale e latitudinale, il
dato letterale mette in luce una struttura non trascurabile: Creta stata immaginata
da Dante come un anti-Purgatorio. Anche la sede del veglio isola, montagna
allo stesso tempo, centralmente posizionata su uno spazio marino al cuore del
rispettivo emisfero, sede dellaltra e differente et delloro.
Un notabene: la sottesa vicenda di Ulisse offre un altro, secondario e forse
puramente accidentale punto di cucitura tra i due siti. Se Creta infatti si dimostra
isola cui praticamente inevitabile approdare, Purgatorio invece lisola cui
impossibile giungere,131 il che non trascurabile se, come afferma Segre, il vero
itinerario quello terreno (Viaggi e visioni, p.41), se cio nelle dinamiche terrene
occorre scorgere i significati pi riposti.132
2.2 Ida come anti-Eden133
Limpianto geografico stabilisce la specularit delle isole. E come immagine
specchiata e dunque ribaltata si presenta la vista dellisola purgatoriale come
risulta dal testo di Purgatorio XXVIII, 1-21:
3 Conclusione
Perch tra Inferno XIV e Purgatorio XXVIII vi sono tante rispondenze tematiche,
importanti calchi lessicali, simmetrie strutturali e memoriali?
Vi una prima evidente ragione: i tracciati liquidi della Commedia, le cui
rifrazioni morali sono indicate forse gi nella proemiale metafora acquea del lago
del cor (Inf. I, 20), disegnano ununica grande via che percorre diametralmente la
prima sfera. Essa spiccia lagrimosa gocciando in Creta dalle fessure della statua
(Inf. XIV, 112), diroccia nellabisso infernale, ghiaccia in Cocito, si discioglie e
risale per le balze purgatoriali, fino alla fontana salda e certa (Purg. XXVIII, 124),
quando ormai libero, dritto e sano tuo arbitrio (Purg. XXVII, 140). lidrologia
della Commedia a saldare in un unico plesso lepisodio del veglio e lincontro
con Matelda: essa conduce da unisola allaltra, da una fonte allaltra, dal piede
dargilla della statua al piede danzante della donna, lungo una traiettoria verticale
che corre parallela al cammino del viator.167
Alla luce di Contini,168 va distinto qui il viaggio delluomo soggetto del
vivere e dellagire che cerca la liberazione personale e generale, dal percorso storico
del poeta. Nelle dinamiche del primo si trover comunit dintenti e identit di
tematiche tra i canti che, proprio nel loro insieme, accostati come i due registri di
ununica pala,169 offrono alla considerazione del pellegrino la drammatizzazione
del bifronte concetto di status naturae:170 Natura hominis dupliciter potest
considerari, uno modo, in sui integritate, sicut fuit in primo parente ante peccatum;
alio modo, secundum quod est corrupta in nobis post peccatum primi parentis.171
Sulle valenze teologiche di questo dittico, rimando ai molti studi gi fatti:172 qui
mi limito a segnalare che il quadro si conclude nel momento in cui il suo soggetto,
lumana natura, viene superata: trasumanar (Par. I, 70).
Lungo laltra direttrice del percorso, che racconta la vicenda di Dantepoeta rivisitatore delle fonti del sapere e dei valori musaici, credo si possa adottare,
per comodit esplicativa, la gestualit del personaggio poich, in questa zona
del Purgatorio, essa sembra dar forma alle scelte artistiche del poeta. Quando
infatti Virgilio invita Dante a muoversi liberamente, mi sembra prendere forma
lautonomia raggiunta anche a livello poetico. Non aspettar mio dir pi []
io te sovra te corono e mitrio (Purg. XXVII, 139-42): la formula cerimoniale
dellincoronazione imperiale pronunciata da Virgilio, contiene forse unallusione
alla corona poetica con la quale il maestro, al termine della prima fatica, sancisce
la libert stilistica del discepolo: la poesia dantesca, infatti, dopo Purgatorio
in sibi similibus; nam et sensu ratio quaedam est, et omnis virtus cognoscitiva (San
Tommaso, Summa theol., Ia, q.5, a.4, ad 1). Vi una percezione fisica dellistante
in cui la verit si svela che, come corruscazione dellanimo, distende sul volto
umano un sorriso.
In conclusione vorrei indicare rapidamente due conseguenze che questa
rilettura comporta. Le analogie tra i due canti credo consentano di ipotizzare che
Dante avesse ben presente larrivo sulla cima del poggio purgatoriale e limmagine
della bella donna quando, con non fortuita precisione, nellepisodio del veglio
rivolta in malo ledenico contatto. La serie dei canti conclusivi del Purgatorio,
daltra parte, viene considerata il cuore del poema e punto di cominciamento
dellideazione della struttura del viaggio.177 probabile allora che, da un punto di
vista compositivo, il contenuto del canto XXVIII del Purgatorio abbia guidato la
mano del poeta nella stesura di Inferno XIV. Ci potrebbe render ragione anche
delle incongruenze tra i versi sullidrologia delledificio-commedia (Inf. XIV 12129) e altri luoghi del poema (Inf. XXIII) che lasciano incerti e fanno pensare a
diverse concezioni sovrappostesi nel corso della stesura del poema (Chiavacci
Leonardi, Commedia, I, 444). In questottica, non andr infine considerata
casuale la scelta numerativa dei canti. Da un regno allaltro il numero esattamente
raddoppia o, meglio, si dimezza: 28 e 14.
Secondo: Matelda non un unicum nella Commedia.178 La sua particolarissima
natura, non solo simbolo, non solo figura e, come credo, non figura storica,179 trova
nel veglio un antipodico collega. La loro funzione, legata ai fiumi dellaldil, ha la
stessa data dinizio la Caduta di Adamo ed Eva che significandi gratia coincide
con linizio della loro stessa esistenza. Non si consideri poi tanto distante la loro pur
differente composizione materica. Il veglio una statua, una prodigiosa scultura.
La libert dinvenzione dantesca, a questo proposito, potrebbe essere discussa con
riferimento al portento dei marmi istoriati e vivi (Purg. X), inaugurali della serie
di sette balze che la visione della bella donna conchiude.180 Come gi detto, queste
righe rappresentano labbrivio di una pi estesa trattazione che cercher di rendere
conto dei numerosi alti contributi pubblicati fino ad oggi.181
Note
*
lavoro.
pp.63-64.
(2000), 23-52.
come seal.
10
13
Jouvence, 1999).
11
del sito.
12
14
15
16
17
27
28
18
II, i, 3.
19
1983).
29
(1910), 205-52.
20
30
21
31
22
32
24
II, i, 3.
25
versante esegetico.
26
visivi offerti dalle carte nautiche che, proprio alla fine del
39
34
40
1911), XIV, 6.
41
42
44
(1970), 81-101.
45
35
104.
36
1895), 11.
37
II, i, 3.
48
655-59.
49
2003.
50
VIII, 2116.
51
52
Orazio, C., III, 27, 33-34; Ovidio, Her., 10, 67; Seneca, Tro.,
53
15.
60
62
63
930.
64
55
56
65
66
67
68
79
70
71
73
74
77
90
91
88
93
pp.82-84.
94
III, 171; VI, 566; VIII, 670. Per altri riscontri, si veda Valerio
89
99
or par heritage []. Cil qui voit qul mangue la teste dun
100
102
95
97
105
112
106
107
108
Scott, Dean.
114
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124
118
119
125
120
De malo.
121
132
127
128
133
p.30).
134
129
Liguori, 1975).
135
(1970), 31-49.
130
pp. 17-81.
131
144
singolo autore.
137
cxxviii.
138
146
pp.9-10.
148
149
141
142
143
150
III, viii, 35 e 43-44), Virgilio, Aen. VIII, 313ss.; Ecl. IV, 32;
151
sono miei).
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158
160
164
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166
161
167
162
170
p.142).
171
tomismo dantesco.
(2002), 689-704.
163
172
pp.76-78.
riso, p.45).
173
175
179
falsus erat, ita mendax vates erat. Nam vultis nosse quia
180
181
10.1179/026143409X409765