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Febbraio 2005
Numero IV
ANNO II
Costantino I
306-337
Saranno come fiori che noi coglieremo nei prati per abbellire limpero duno splendore
incomparabile. Come specchio levigato di perfetta limpidezza,
prezioso ornamento che noi collocheremo al centro del Palazzo
p. 3
2. Editoriale
di Nicola Bergamo
p. 4
pp. 5-22
4. Larco di Costantino
di Carlo Valdameri
pp. 23-45
pp. 46-65
pp. 66-71
pp. 72-78
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Prima frase sotto il titolo proviene da : (da Il libro delle Cerimonie Costantino Porfirogenito edito da Sellerio
Editore Palermo a cura di Marcello Panasci)
EDITORIALE
di Nicola Bergamo
2. Lambito giuridico.
In ambito giuridico, non si pu prescindere dal cosiddetto
editto di Milano del febbraio 313 che in realt editto non fu 4
concertato tra Costantino e Licinio (308-324).
Esso diede esecuzione alleditto di tolleranza pubblicato
sul letto di morte da Galerio ([293] 305-311) nel 311 (col quale
lantico persecutore dimostr di aver compreso linanit degli
sforzi anticristiani e si sforz di inserire nel pantheon romano
anche Ges Cristo) e serv a risolvere anche dal punto di vista
teoretico la questione. I due augusti, dichiarando sin nel
preambolo di voler praticare la tolleranza, attestarono di non
voler escludere neanche i cristiani dallesercizio di questa virt
pubblica, allo scopo di procacciare allimpero unulteriore
benevolenza della summa divinitas: la suprema divinit, cio, da
sempre considerata nel paganesimo la pi grande di tutte, oltre
che la meno conoscibile.
Questa concezione religiosa era stata di Costanzo I Cloro
([293] 305-306),5 e costituisce la preistoria spirituale di
Costantino. Forse per adeguarsi a questa vaga ispirazione
monoteista, gi dal 306 Costantino, divenuto augusto al posto del
padre, aveva emanato un editto di tolleranza.6 Questa spiritualit
irenica di una generica iperlatria da tributarsi alla deit suprema
si and poi specificando nel culto del sole invitto; culto che gi
nellantico zoroastrismo era stata la manifestazione visibile
dellunico dio supremo, Ahuramazda, principio del bene, e che
persino nel remoto Egitto faraonico era stato, sia pure per breve
tempo, imposto al recalcitrante pio popolo politeista da
Akhenaton.
Costantino si mosse su questa scia, accettando un dio solare
sincreticamente esprimibile da pi ipostasi divine, e scelse per
suo nume tutelare quella dellApollo gallico.7 Questa ispirazione
era ancora dunque riscontrabile nelleditto di Milano, sebbene
Costantino fosse diventato cristiano gi dalla campagna contro
Massenzio (306-312) nel 312, quando vinse a Ponte Milvio (28
ottobre), avendo avuto il celebre sogno che lo invitava ad
assumere come labaro il monogramma cristiano, e della cui
storicit non il caso di dubitare.8 Evidentemente i due augusti,
facendo un richiamo alla teologia del sommo dio, pensavano di
fornire una cornice ideologica in cui fosse accettabile, anche per i
pagani, inserire il nuovo atteggiamento verso la religione
cristiana.
Ma leditto milanese andava molto al di l di questo. La
tolleranza di Galerio era stata concessa con rammarico, quella
dei due augusti si condiva di raccomandazioni benevole ed
energiche ad un tempo, con cui invitavano a restituire
Cfr. PALANQUE J.R., A propos du prtendu dit de Milan, in Byzantinische Zeitschrift 10 (1935), pp. 607-616.
EUSEBIO, Vita Constantini (= EUSEBIO, Vita Const.), 1, 17.
6
LATTANZIO, De mortibus persecutorum (= LATTANZIO, De mort. pers.), 24, 9.
7
Cfr. KARAYANNOPOULOS J., Konstantin der Grosse und der Kaiserkult, in Historia 5 (1956), pp. 341-357.
8
LATTANZIO, De mort. pers., 44; EUSEBIO, Vita Const., 1, 27-32.
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Cfr. sullargomento GRASMCK E.L., Coercitio. Staat und Kirche im Donatistenstreit, Bonn 1964.
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SODEN, n. 23.
SODEN, n. 25.
44
Cfr. tra gli altri sullarg. DE URBINA L., La politica di Costantino nella controversia ariana, in Studi Bizantini e
Neoellenici 5 (1939), pp. 284-298; IDEM, Nice et Costantinople, Parigi 1963; SIMONETTI M., La crisi ariana nel
IV secolo, Roma 1975.
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OPITZ, n. 33, 4.
SOCRATE, Historia Ecclesiastica, 1, 25.
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SOZOMENO, Hist. Eccl., 2, 27, 7 sgg.; 13-14; ATANASIO, Apologia contra Arianos, 84; IDEM, Epistola de morte
Arii ad episcopos Aegypti et Libyae, 19.
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LARCO DI COSTANTINO
di Carlo Valdemeri
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2. Larco di Costantino.
Dopo aver esposto, seppur in sintesi, la concezione
simbolica ed ideale alla base degli archi trionfali, ora possibile
prendere in considerazione un esempio che, pi di altri,
testimonia una svolta nelle tradizioni religiose dello stato romano
e nella loro espressione sul piano simbolico, monumentale e
iconografico: larco dedicato allimperatore Costantino.
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LORANGE H.P., Limpero romano dal III al VI secolo. Forme artistiche e vita civile ( = LORANGE, Limpero
romano), Milano 1988, p. 93.
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Ed ancora:
Per vie assolutamente diverse da quelle dellarte tradizionale, dove le
figure si muovevano pi liberamente nello spazio, ora possibile orientare
tutti gli elementi verso limperatore sito al centro, affinch sia avvertita
lirresistibile carica magnetica che da lui emana e il superiore ordine cui egli
appartiene. il divino impero che viene rappresentato in questa
sovrannaturale, immobile, e quindi immutabile, costellazione di figure e
architetture. Le figure nelle simmetriche sequenze sono spesso viste di profilo
e in genere guardano verso linterno, cio verso limperatore che sta al
centro. Questi daltro canto rappresentato frontalmente, rivolto allesterno
e viene a interrompere la continuit narrativa. Analogamente, nella vita,
limperatore dio collocato al di sopra dei mortali, e il cerimoniale
imperiale lo isola in unimmagine divina innalzata sopra il mondo dei viventi.
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4. Quale trionfo.
Giunti a questo punto, occorre ritornare alle osservazioni
iniziali sul simbolismo degli archi di trionfo. Lo facciamo per
precisare che il motivo della porta del cielo, richiamato dalla
tipologia dellarco trionfale, solo in termini parziali si poteva
ritenere adatto ad esprimere la dimensione gi di per s divina
della maest imperiale nel tardo antico.
Infatti, citando la Mac Cormack:
Ai tetrarchi non era necessario essere accolti tra le stelle, come invece
ci suggeriscono le prime emissioni di monete imperiali a proposito degli
imperatori consacrati, poich il loro status era gi stabilito al momento
dellascesa al trono.84
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FRASCHETTI A., La conversione da Roma pagana a Roma cristiana ( = FRASCHETTI, La conversione), Bari
1999, p. 245.
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MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, p. 48.
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In verit, a Roma sono stati identificati almeno due archi trionfali dedicati a Traiano: uno di essi, eretto certamente
dal successore Adriano, si trova citato nei cataloghi della I Regione, mentre un altro raffigurato in immagini monetali.
MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, p. 49.
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Ricordiamo come la religiosit dellimperatore Costantino, prima della sua adesione al cristianesimo, fosse rivolta a
culti solari assai diffusi in ambito militare. MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 47-49.
102
MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, pp. 49-50.
103
ZERI F., Orto aperto, Milano 1990, p. 22: Eppure, un connotato cristiano implicito, io credo, nellubicazione
dellarco stesso, che situato quasi a mezza via tra due altri Archi che commemoravano la disfatta dei Giudei, quello
di Tito, tuttora esistente (e con la rappresentazione delle spoglie, tra cui il candelabro a sette bracci), e un altro a tre
fornici, situato nella curva del Circo Massimo. Oggi distrutto, ma sappiamo che era dedicato alla presa di
Gerusalemme, come ci attesta liscrizione, copiata nellVIII secolo da un anonimo pellegrino: essa diceva che Tito
gentem Iudeorum domuit et urbem Hierusolymam delevit. alquanto mai singolare che lArco celebrante la
vittoria di Costantino (dalla quale risultarono prima la tolleranza del Cristianesimo poi la sua ascesa a unica religione
dellimpero) si trovasse tra le due testimonianze, a Roma, della tragedia dei seguaci dellAntico Testamento.
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Abbiamo gi pi volte notato come sia proprio la collocazione prestigiosa a cavallo della via Trionfale a determinare
la successione degli archi realizzati in questo punto; ed ancora la stessa motivazione a causare il reimpiego da parte di
Costantino. Il carattere stesso dellintervento, che si pone come magistrale esempio nella prassi gi consolidata del
riuso, pu forse giustificare il silenzio su questo arco delle fonti contemporanee, che ricordano come arcus (divi)
Constantini solo il quadrifronte del Foro Boario. SALERNO C.S., Il calco del tondo con la caccia al leone, in
CONFORTO, Adriano e Costantino, p. 124: Un ulteriore tracciato esegetico riguarda il significato degli spogli nel
contesto del riutilizzo di Costantino, che segnala laltra dimensione della continuit e delluso dellimmagine,
attraverso una diretta riappropriazione fisica. In tal senso i cospicui inserti traianei e aureliani dellarco sono molto
espliciti rispetto agli intenti del programma iconografico tardoantico. I due imperatori, peraltro insieme ad Adriano,
hanno un ruolo privilegiato nella configurazione del messaggio. Alcuni paralleli tra larco e alcuni edifici di
Costantinopoli, in particolare il Milion, ne suggeriscono la valenza. Questo tetrapilo, che replica anche il Miliarium
Aureum di Roma, era ricchissimo di sculture e di ornati (tra i quali si suppone che gli spogli fossero gran parte) e tra
questi Traiano e Adriano a cavallo, posti immediatamente dietro le statue di Costantino ed Elena. La presenza degli
stessi imperatori chiaramente evidenziata nella scena delladlocutio del fregio celebrativo dellarco, che riproduce il
fondale del Foro Romano presso i Rostri, dove sono riconoscibili le statue sedute di Marco Aurelio e di Adriano.
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MELUCCO VACCARO, Larco di Adriano, p. 53: Questa dislocazione [riferendosi agli archi presenti sulla via
Trionfale, N.d.A.] per un verso ancora la traccia della formazione, ben prima dellingresso presso il Circo Flaminio,
dei cortei trionfali, e la possibile individuazione del Trigarium come punto di raccolta: ma anche il segno della
trasformazione in et tarda di questi spazi in luoghi destinati ai giochi e funzionalmente equivalenti al circo, di cui
noto il valore sostitutivo delle liturgie pagane, cadute in disuso con la cristianizzazione dellimpero. Tale erano
diventati, gi dopo i ludi saeculares, appunto il Trigario e il Tarento, ubicati tra il ponte di Agrippa e quello di
Nerone.
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Sulla questione del trionfo di Costantino e della possibile ascesa al colle capitolino ci si limiter qui a basarsi sulle
affermazioni, estremamente dettagliate e convincenti, presenti in FRASCHETTI, La conversione.
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FRASCHETTI, La conversione, pp. 5-63; 243-269.
108
MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, pp. 25 sgg.
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Ma c dellaltro.
costantiniano avvenuta nellUrbe: Al contrario, quegli stessi tentativi, volti a conciliare la lex sanctissima dei cristiani
con feste tradizionalmente e per eccellenza pagane come gli anniversari imperiali appunto in quanto tentativi di una
vita cerimoniale diversa, futuro modello per gli imperatori cristiani del IV e V secolo - , dovettero apparire allora ai
pagani di Roma, alla sua plebs e al suo senato, dopo ladventus del 312 e i decennali del 315, come il segno tangibile
di un mutamento e di una frattura che si erano ormai inevitabilmente consumati.
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La forma tradizionale dellarco trionfale non deve ritenersi superata in assoluto: anche un arco non
necessariamente quadrifronte poteva ancora esprimere adeguatamente il senso simbolico di un passaggio, al pari della
cerimonia delladventus o altro.
113
Cfr. MaC CORMACK, Arte e cerimoniale, nellampia prima parte dedicata alladventus.
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ORIENTAMENTI BIBLIOGRAFICI
INERENTI COSTANTINO IL GRANDE
di Ivan Pucci
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Work
of
Ammianus
51
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61
62
63
in
Journal
des
65
I CIECHINI DI MONTECATINI
VAL DI CECINA123
di Antonio Palesati e Nicoletta Lepri
figura 1
123
Il testo di questo articolo comprensivo delle notizie pubblicate da chi scrive in una delle schede critiche del volume
Montecatini Val di Cecina. Arte e Storia, Pomarance 2003, pp. 54-59. Le foto nn. 1-3 sono di Silvano Donati; la n. 4
del K.I.F.
66
figura 2
67
.
figura 3
126
68
figura 4
FACCENNA D., Enciclopedia dellarte antica, classica e orientale, 6 voll., Roma 1959, II, p. 874.
Cfr. FELLETTI MAJ B.M., Enciclopedia dellarte, cit., I, p. 918.
129
Cfr. BARILLI R., Percorso della scultura dallet tardo-romana al romanico e al gotico, Bologna 2003.
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APPENDICE
IL PRIMO CONCILIO
DI NICEA
(MAGGIO-LUGLIO 325)133
Contro l'eresia di Ario: consustanzialit del Figlio con il Padre
(simbolo niceno).
Dal 19 giugno al 25 luglio (?) 325.
Papa Silvestro I (314-335).
Convocato dallimperatore Costantino.
Simbolo Niceno contro Ario: consustanzialit del Figlio col
Padre. 20 canoni.
1. Professione di fede dei 318 padri.
Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di
tutte le cose visibili ed invisibili. Ed in un solo Signore, Ges
Cristo, figlio di Dio, generato, unigenito, dal Padre, cio dalla
sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio
vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre
[secondo i Greci: consustanziale], mediante il quale sono state
fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, che quelle che
sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli
discese dal cielo, si incarnato, si fatto uomo, ha sofferto e
risorse il terzo giorno, sal nei cieli, verr per giudicare i vivi e i
morti. Crediamo nello Spirito Santo.
Ma quelli che dicono: Vi fu un tempo in cui egli non
esisteva; e: prima che nascesse non era; e che non nacque da ci
che esisteva, o da unaltra ipostasi o sostanza che il Padre, o che
affermano che il Figlio di Dio possa cambiare o mutare, questi
la chiesa cattolica e apostolica li condanna.
2. Canoni.
I. Di quelli che si mutilano o permettono questo da parte di altri
su s stessi.
Se qualcuno, malato, ha subito dai medici unoperazione
chirurgica, o stato mutilato dai barbari, pu far parte ancora
del clero. Ma se qualcuno, pur essendo sano, si castrato da s,
costui, appartenendo al clero, sia sospeso, e in seguito nessuno
che si trovi in tali condizioni sia promosso allo stato
ecclesiastico. E evidente, che quello che stato detto riguarda
133
Un ringraziamento sentito a Dhuoda webmaster, che ci ha permesso di utilizzare le sue fonti. Per maggiori
informazioni www.concili.totustuus.it.
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I Tm., 3, 6-7.
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apostolica. Quando, sia nei villaggi che nelle citt, non si trovino
che ecclesiastici di questo gruppo essi rimangano nello stesso
stato. Se per qualcuno di essi si avvicina alla Chiesa cattolica
dove gi vi un vescovo o un presbitero, chiaro che il vescovo
della chiesa avr dignit di vescovo e colui che presso i ctari
chiamato vescovo, avr dignit di presbitero, a meno che piaccia
al vescovo che quegli possa dividere con lui la stessa dignit. Se
poi questa soluzione non fosse per lui soddisfacente, gli
procurer un posto o di corepiscopo o di presbitero, perch
appaia che egli fa parte veramente del clero e che non vi sono
due vescovi nella stessa citt.
IX. Di quelli che senza il debito esame sono Promossi al
sacerdozio.
Se alcuni sono stati promossi presbiteri senza il debito
esame, o, se esaminati, hanno confessato dei falli, ma, contro le
disposizioni dei canoni, hanno ricevuto l'imposizione delle mani,
la legge ecclesiastica non li riconosce; la Chiesa cattolica infatti
vuole uomini irreprensibili.
X. Di coloro che hanno rinnegato la propria fede durante la
persecuzione e poi sono stati ammessi fra il clero.
Se alcuni di quelli che hanno rinnegato la fede cristiana
sono stati eletti sacerdoti o per ignoranza o per simulazione di
quelli che li hanno scelti, questo non porta pregiudizio alla
disciplina ecclesiastica: una volta scoperti, infatti, costoro
saranno deposti.
XI. Di quelli che hanno rinnegato la propria fede e sono finiti
tra i laici.
Quanto a quelli che, senza necessit, senza confisca dei
beni, senza pericolo o qualche cosa di simile - ci che avvenne
sotto la tirannide di Licinio - hanno tradito la loro fede, questo
santo sinodo dispone che, per quanto essi siano indegni di
qualsiasi benevolenza, si usi tuttavia comprensione per essi.
Quelli dunque tra i fedeli che fanno davvero penitenza,
trascorrano tre anni tra gli audientes, sei anni tra i substrati,135 e
per due anni preghino col popolo salvo che all'offertorio.
XII. Di coloro che, dopo aver lasciato il mondo, vi sono poi
ritornati.
Quelli che chiamati dalla grazia, dopo un primo entusiasmo
hanno deposto il cingolo militare, ma poi sono tornati, come i
Audientes e substrati indicano gli appartenenti a due fasi dei catecumenato, che dovevano essere adempiute da chi,
convertito al cristianesimo, aspirava al battesimo.
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XVI. Di coloro che non dimorano nelle chiese nelle quali furono
eletti.
Quanti temerariamente, senza santo timore di Dio, n alcun
rispetto per i sacri canoni si allontanano dalla propria chiesa,
siano essi sacerdoti o diaconi, o in qualsiasi modo ecclesiastici,
non devono in nessun modo essere accolti in un'altra chiesa;
bisogna, invece, metterli nell'assoluta necessit di far ritorno alla
propria comunit, altrimenti siano esclusi dalla comunione. Che
se poi uno tentasse di usar violenza ad alcun dipendente da un
altro vescovo e di consacrarlo nella sua chiesa contro la volont
del vescovo, da cui si allontanato, tale ordinazione sia
considerata nulla.
XVII. Dei chierici che esercitano l'usura.
Poich molti che sono soggetti ad una regola religiosa,
trascinati da avarizia e da volgare desiderio di guadagno, e
dimenticata la divina Scrittura, che dice: Non ha dato il suo
denaro ad interesse,140 prestando, esigono un interesse, il santo e
grande sinodo ha creduto giusto che se qualcuno, dopo la
presente disposizione prender usura, o far questo mestiere
d'usuraio in qualsiasi altra maniera, o esiger una volta e mezza
tanto:, o si dar, in breve, a qualche altro guadagno scandaloso,
sar radiato dal clero e considerato estraneo alla regola.
XVIII. Che i diaconi non debbano dare l'eucarestia ai
presbiteri; e che non devono prender posto avanti a questi.
Questo grande e santo concilio venuto a conoscenza che in
alcuni luoghi e citt i diaconi danno la comunione ai presbiteri:
cosa che n i sacri canoni, n la consuetudine permettono: che,
cio, quelli che non hanno il potere di consacrare diano il corpo
di Cristo a coloro che possono offrirlo. Esso venuto a
conoscenza anche di questo: che alcuni diaconi ricevono
l'eucarestia perfino prima dei vescovi. Tutto ci sia tolto di
mezzo, e i diaconi rimangano nei propri limiti, considerando che
essi sono ministri dei vescovi ed inferiori ai presbiteri.
Ricevano, quindi, come esige l'ordine, l'eucarestia, dopo i
sacerdoti, e per mano del vescovo o del sacerdote. Non
neppure lecito ai diaconi sedere in mezzo ai presbiteri; ci ,
infatti, sia contro i sacri canoni, sia contro l'ordine. Se poi
qualcuno non intende obbedire, neppure dopo queste
prescrizioni, sia sospeso dal diaconato.
XIX. Di quelli che dall'errore di Paolo di Samosata si
avvicinano alla chiesa cattolica e delle diaconesse.
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Psalm., 14, 5.
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