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3.

I tre pilastri dell'Unione Europea


Creati con il Trattato di Maastricht del 1992, sono stati un modo di dividere le politiche
dell'Unione Europea in tre aree fondamentali. Sono stati aboliti con l'entrata in vigore del
Trattato di Lisbona nel 2009.
A. Il primo riguardava le Comunit Europee CE ovvero un mercato comune europeo,
l'unione economica e monetaria, una serie di altre competenze aggiunte nel tempo,
oltre alla politica del carbone e dell'acciaio e quella atomica.
B. Il secondo affrontava la Politica estera e di sicurezza comune PESC ossia la costruzione
di una politica unica verso l'esterno.
C. Il terzo, ovvero la Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale GAI intendeva
costruire uno spazio europeo di libert, sicurezza e giustizia in cui vi sia collaborazione
contro la criminalit a livello sovranazionale.

Quadro normativo di riferimento attuale


T.U.E. Trattato sullUnione Europea;
T.F.U.E. Trattato sul Funzionamento dellUnione Europea
Lentrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009), ha profondamente inciso
sullassetto politico ed istituzionale dellordinamento giuridico europeo.
Il Trattato di Lisbona fa succedere lUnione Europea alla Comunit Europea e porta ad una
revisione del Trattato dellUnione Europea e del Trattato CE; la denominazione di questultimo
mutata in Trattato sul funzionamento dellUnione Europea.
Il Trattato di Lisbona porta ad alcune modifiche, a volerne sottolineare le principali:
o

il terzo pilastro (GAI) viene definitivamente comunitarizzato;

la Carta dei Diritti di Nizza viene elevata a rango di trattato;

prevista ladesione alla CEDU dellUnione in quanto tale;

il Parlamento avr una maggiore incidenza sul processo decisionale, con ipotesi
di codecisione e a maggioranza;

i parlamenti nazionali saranno pi partecipi dellazione dellUnione

PARTE PRIMA
IL SISTEMA GIURIDICO DELLUNIONE EUROPEA
CAPITOLO I: LA STRUTTURA ISTITUZIONALE
1. LE ISTITUZIONI DELLUNIONE
Il Trattato di Lisbona del 2009 ha ridisegnato il quadro istituzionale dellUnione Europea; nel
nuovo assetto sono qualificate Istituzioni dellUnione:
il Parlamento;
il Consiglio Europeo;
il Consiglio;
la Commissione;
la Corte di Giustizia;
la Corte dei Conti;
la BCE
In questa cornice sono state introdotte due nuove figure:

il Presidente del Consiglio Europeo;

lAlto rappresentante dellUnione per gli Affari esteri.

2. IL PARLAMENTO EUROPEO
Il parlamento Europeo composto dai rappresentati dei cittadini dellUnione ( testo cos
modificato dal Lisbona).
Esso esercita congiuntamente al Consiglio la funzione legislative e quella di bilancio, nonch
funzioni di controllo politiche e consultive ed elegge il Presidente della Commissione (Art. 14
TUE).
Originariamente Assemblea comune, poi Assemblea parlamentare europea, diviene
Parlamento nel 1962 e poi in forza dellAtto Unico del 1986.
Per molti anni fu composto da membri del Parlamento nazionale, da questi designati.
Prefigurata dai trattati istitutivi, lelezione diretta fu decisa da un Atto del Consiglio del 1976 e
realizzata con apposite leggi nazionali.
Le prime elezioni si sono svolte nel 1979.
Il numero dei membri nella legislatura 2009-2014 di 736 membri.
Nella legislatura 2014-2019 non potr essere superiore a 751.
Il Consiglio Europeo deliberando allUnanimit su iniziativa e con lapprovazione del
Parlamento europeo pu modificare la composizione.
I Parlamentari hanno un mandato di cinque anni e sono divisi in gruppi politici e non in gruppi
nazionali.
I Partiti politici, sono definiti a livello europeo (art. 10 TUE); le norme sul loro finanziamento
sono stabilite dal Consiglio e dallo stesso Parlamento, attraverso la procedura legislativa
ordinaria.
I Parlamentari si dividono in commissioni permanenti con competenza per materie.
Immunit e privilegi
I parlamentari non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti per le loro opinioni o per i
voti espressi nellesercizio della loro funzione(immunit funzionale).
Per la durata del mandato godono sul territorio della nazione di origine delle stesse immunit
di cui godono i Parlamentari nazionali.
Sul territorio degli altri Stati membri godono di immunit assoluta, esenti da provvedimenti di
detenzione e da procedimenti giudiziari anche per atti compiuti al di fuori della loro funzione;
questa immunit non opera in caso di flagrante delitto. Al parlamento europeo riconosciuta
la facolt di privare un parlamentare dellimmunit.
La procedura di voto.
Il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei suffragi espressi.
Il quorum raggiunto se sono presenti in aula un terzo dei membri; ciononostante, le delibere
sono valide sempre a meno che non venga constatata la mancanza del numero legale.
In taluni casi richiesta la maggioranza assoluta.
Maggioranza dei componenti e dei due terzi dei voti espressi: per approvazione della mozione
di censura sulloperato della Commissione e per la constatazione del rischio evidente di
violazione grave da parte di uno Stato membro
Potere di controllo.

Tra Parlamento e commissione non c mai stato un rapporto di fiducia di tipo tradizionale
quale pu sussistere tra parlamento nazionale ed esecutivo.
vero per che nella prassi era stato introdotto il voto parlamentare al momento dellentrata
in funzione della Commissione.
Ora le nuove norme sulla nomina hanno superato tali prassi.
Il trattato di Lisbona ha introdotto significative novit.
Il Parlamento chiamato a:
eleggere il Presidente della Commissione, proposto dal Consiglio Europeo; (art. 14 TUE);
esprimere un voto di approvazione del Presidente, dellAlto Rappresentate per gli affari
esteri e degli altri commissari collettivamente considerati i quali sono formalmente
nominati solo successivamente dal Consiglio Europeo.
Ricevere annualmente una relazione della Commissione sullattivit svolta da questa
nellanno;
Svolgere interrogazioni parlamentari alle quali la Commissione tenuta a rispondere
oralmente o per iscritto.
Ulteriori poteri del Parlamento sono:
Potere di censura sulloperato della Commissione, da approvare con la maggioranza dei 2/3
e la maggioranza dei membri; nel caso di approvazione della mozione la Commissione si
dimette collettivamente e lAlto Rappresentate decade dalle funzioni che esercita nella
Commissione;
Partecipa alla funzione normativa: partecipazione sempre pi intensa al processo di
formazione degli atti dellUnione (artt. 289 e 294 TFUE) e di conclusione di accordi
internazionali (Art. 218 TFUE). Questa partecipazione si manifesta con modalit diverse a
seconda dei casi e procedure previste.
Gode di un potere di pre-iniziativa legislativa pu ex art. 225 TFUE chiedere alla
Commissione di presentare proposte al Consiglio. La Commissione deve motivare
leventuale rifiuto ad adempiere.
Adisce la Corte di Giustizia:
- per lazione di annullamento :il Trattato di Nizza ha collocato il Parlamento
Europeo sullo stesso piano della Commissione e del Consiglio dando ad esso la
possibilit di adire la Corte di Giustizia per lazione di annullamento ex art. 263
TFUE
- per chiedere un parere sulla compatibilit di un accordo internazionale: ai sensi
dellart. 218 TFUE pu essere richiesto tale parere; fatto che pu avere un
impatto notevole in caso di parere negativo della Corte.
Potere di codecisione: il Trattato di Lisbona ha accresciuto il ruolo del parlamento
estendendo la procedura di codecisione che ai sensi dellart. 294 TFUE oggi divenuta
procedura legislativa ordinaria.
3. CONSIGLIO EUROPEO
Prima di trattare delle istituzioni in senso proprio, opportuno considerare il Consiglio
europeo, che non lo come si deduce dal silenzio dei trattati a riguardo e non va confuso
con il Consiglio tout court, che invece una istituzione comunitaria.
Il Consiglio europeo, invece, nato parallelamente ma allesterno della struttura istituzionale
comunitaria, dalla prassi delle riunioni al vertice tra i capi di Stato e di governo degli Stati
membri. Tale prassi trov una prima formalizzazione al vertice di Parigi nel 1974. Lesistenza
del Consiglio europeo, inoltre, stata sancita dallAtto unico.

Si tratta, dunque, di una prassi che ha avuto il merito di dare al momento opportuno impulso
nuovo ad alcuni sviluppi dellintegrazione e di costituire lavallo politico indispensabile per
intraprendere politiche nuove.
Il Tratto di Lisbona ha inserito il Consiglio europeo a pieno titolo tra le istituzioni dellUnione.
E composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri e dal suo presidente e dal
Presidente della Commissione. La partecipazione del Capo di Stato o del Governo dipende
dalle norme nazionali. Allesigenza di raccordo con il Parlamento risponde la relazione del
Presidente del Consiglio europeo al Parlamento dopo ciascuna riunione. Consiglio europeo si
riunisce due volte a semestre. Pu deliberare a maggioranza qualificata o maggioranza
semplice (per questioni procedurali e per adozione del suo regolamento interno). Novit
rilevante stabilit attribuita al Presidente, eletto dal Consiglio europeo a maggioranza
qualificata per un periodo di due anni e mezzo, rinnovabile una volta e preclusivo di ogni
mandato nazionale. Egli presiede e anima i lavori del Consiglio europeo, ne deve assicurare la
preparazione e continuit in collaborazione con presidente della Commissione. Si adopera per
facilitare consenso e coesione in seno allistituzione e presenta al Parlamento europeo
relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo.
Il Consiglio ha una funzione di indirizzo politico nel settore della politica estera e della
sicurezza comune e nel settore della politica di sicurezza e di difesa comune. Ruolo anche di
politica attiva: ad es quando decide sulle formazioni del Consiglio o sulla composizione del
Parlamento europeo. Opera come organo di presidenza collegiale quando nomina il proprio
Presidente e lAlto rappresentante dellUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
inoltre garante del rispetto dei principi fondamentali.
4. CONSIGLIO
Il Consiglio dellUnione, gi Consiglio dei Ministri, composto dai rappresentanti di tutti gli
Stati membri, scelti nellambito dei rispettivi governi, normalmente con il rango di ministri, in
funzione della materia trattata.
Il Consiglio un organo di Stati a composizione variabile e si riunisce in diverse formazioni
(Es. agricoltura, ambiente, trasporti, ecc.). Il Consiglio affari generali assicura coerenza dei
lavori delle varie formazioni e rappresenta collegamento con Consiglio europeo, dovendo
preparare i lavori di questo e confermandone pieno inserimento nel quadro istituzionale
dellUnione. Il Consiglio affari esteri elabora lazione esterna dellUnione secondo le linee
strategiche definite dal Consiglio europeo. La presidenza delle formazioni del Consiglio, tranne
quella affari esteri, esercitata da gruppi predeterminati di tre Stati membri per un periodo
di 18 mesi, secondo sistema di rotazione paritaria. Ciascuno dei tre stati esercita a turno la
presidenza. Trattato di Lisbona introduce una programmazione articolata in 18 mesi, arco
temporale + lungo rispetto a prima che rende possibile fissare obiettivi + impegnativi.
In alcuni casi espressamente previsti i rappresentanti degli Stati membri si riuniscono e
deliberano in quanto tali e non in quanto componenti del Consiglio. In queste ipotesi la
deliberazione non presa dallistituzione comunitaria, ma da un organo intergovernativo:
il caso, ad es., della nomina dei membri della Corte di giustizia.
Il Consiglio assistito da un Segretariato generale, che ne rappresenta il supporto
funzionale ed amministrativo. Tale organo ha una struttura articolata in varie direzioni
generali e in un servizio giuridico.
Il COREPER (Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri) composto dai
rappresentanti diplomatici di tutti gli Stati membri accreditati presso lUnione. responsabile
della preparazione del lavoro del Consiglio e della realizzazione dei compiti attribuiti dallo
stesso. organismo autonomo, con potere di adottare decisioni di procedura nei casi previsti
del regolamento interno. Coordina lavoro delle tante commissioni tecniche che preparano
attivit normativa del Consiglio e ne rappresenta il filtro politico. Trattato di Lisbona ha inoltre
previsto istituzione di un comitato permanente al fine di assicurare allinterno dellUnione la
promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna.

Al Consiglio stato attribuito vasto potere normativo e di coordinamento, inoltre esercita,


congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e di bilancio.
Il potere legislativo si manifesta con adozione di direttive e regolamenti, due principale
espressioni dellattivit normativa.
Consiglio autorizza la Commissione a negoziare accordi internazionali, autorizza la firma e li
conclude. I poteri del Consiglio rispondono al principio delle competenze di attribuzione; fa
eccezione la competenza a norma dellart. 352 TFUE che consente al Consiglio di adottare un
atto normativo in materie non espressamente attribuite alla sfera di competenza dellUnione,
se unazione dellUnione appare necessaria, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati
senza che questi abbiano previsto i poteri di azione. Le deliberazioni del Consiglio sono prese
a maggioranza qualificata. Maggioranza va calcolata con riferimento alla ponderazione dei
voti per ciascun Stato membro. Fino al 2014 mantenuta la ponderazione prevista da regime
antecedente in base al quale la soglia di validit delle delibere di 255 voti favorevoli della
maggioranza degli Stati membri quando adottate su proposta della Commissione; altri casi
di 255 voti favorevoli di due terzi degli Stati membri con maggioranza qualificata che
comprenda almeno il 62% della popolazione totale dellUnione. A partire dal 1 novembre 2014
per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei membri del Consiglio, con un
minimo di quindici, che rappresentano numero di Stati membri che corrispondono almeno al
65% della popolazione dellUnione. Cosi uguaglianza formale tra Stati, ognuno dei quali
dispone di un voto, coniugata con criterio della popolazione in modo che non prevalga
maggioranza di soli piccoli Stati.
Regole cambiano quando non partecipino tutti gli Stati membri. Per maggioranza qualificata si
intende almeno il 55% dei membri del Consiglio che tot. almeno il 65% della popolazione e la
minoranza di blocco deve comprendere almeno il numero minimo di membri del Consiglio che
rappresentino oltre 35% della popolazione degli Stati membri partecipanti, + un altro
membro.
Nel caso proposta non sia della Commissione o dellAlto rappresentante, per maggioranza
qualificata si intende almeno il 72% dei membri del Consiglio che totalizzano almeno il 65%
della popolazione.
Per alcune deliberazioni richiesta lunanimit, astensione non ne impedisce ladozione.
Essa prevista ogni volta che Consiglio voglia discostarsi dalla posizione formalmente
espressa dalla Commissione o quando sulla posizione del Consiglio stato voto negativo del
Parlamento. Ipotesi in cui prevista unanimit ulteriormente ridotte dal Trattato di Lisbona;
riguardano ambito di Politica estera e di sicurezza comune o situazioni in cui il Consiglio
chiamato a deliberare in via generale o con limiti poco definiti ad es. :

provvedimenti opportuni per combattere discriminazioni

misure relative sicurezza o protezione sociale


talune azioni generali di politica ambientale

stipulazione di accordi internazionali nei settori in cui sul piano interno prevista
lunanimit
5. COMMISSIONE

La Commissione , al contrario del Consiglio, un organo di individui, nel senso che i suoi
membri esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nellinteresse generale della
Comunit, e non accettano istruzioni da nessun governo. Fino al 31 ottobre 2014, la
Commissione sar composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, compreso il
Presidente e lAlto rappresentante dellUnione per gli affari esteri. A decorrere dal 1 novembre
2014 il numero di membri potrebbe essere ridotto in modo da corrispondere soltanto ai due
terzi del numero degli Stati membri. Il mandato dei Commissari rinnovabile ed di 5 anni.
La responsabilit di nomina del Presidente e dei membri della Commissione spetta al
Consiglio europeo che:

propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di Presidente, proposta che


deve essere approvata dal Parlamento con deliberazione a maggioranza dei membri
che lo compongono

Consiglio europeo e Parlamento sono congiuntamente responsabili dellintero processo

candidato eletto dal Parlamento europeo con delibera a maggioranza dei membri che lo
compongono qualora candidato non ottenga maggioranza, il Consiglio europeo, con
maggioranza qualificata, entro un mese designa nuovo candidato

Consiglio procede poi alladozione dellelenco delle persone che intende nominare come
commissari. Commissione nellinsieme sottoposta poi ad un voto di approvazione del
Parlamento europeo.
Al Presidente affidata lorganizzazione interna e il coordinamento dellattivit della
Commissione. Il ruolo del Presidente ha assunto maggiore connotazione politica: definisce
indirizzo politico della Commissione, ha potere ampio nella strutturazione e ripartizione delle
competenze ai Commissari; previa approvazione del collegio, nomina i vicepresidenti, ad
eccezione dellAlto rappresentante e pu far rassegnare dimissioni ai membri della
Commissione.
Ciascun commissario ha la responsabilit di un settore di attivit e pu adottare misure di
gestione specifiche.
- La Commissione partecipa in modo sostanziale al processo di formazione delle norme; ha
un autonomo potere di decisione in settori specificamente definiti dal Trattato e, qualora il
Consiglio lo preveda, un potere delegato.
Il potere di proposta degli atti legislativi esclusivo della Commissione, salvo che i trattati
non dispongano diversamente. La proposta della Commissione (che pu anche essere
sollecitata dal Consiglio o dal Parlamento o da cittadini unione in numero di almeno 1 milione)
il frutto di valutazioni tecniche, economiche e politiche. Progetto di proposta che viene
esaminato dal servizio giuridico e da commissioni di esperti, anche esterni alla struttura;
vengono poi sentiti gli organismi di categoria e alloccorrenza le parti sociali; infine sottoposto
allapprovazione collegiale.
- Alla Commissione spetta lesecuzione del Trattato e degli atti derivati, sotto profili del
controllo sullosservanza del diritto dellUnione e dellesecuzione in senso proprio.
Il potere di controllo vigila sullapplicazione dei trattati e delle misure adottate dalle
istituzioni in virt dei trattati e sullapplicazione del diritto dellUnione europea sotto controllo
della Corte di giustizia. generale e si estrinseca soprattutto nella verifica dellosservanza
degli obblighi da parte degli Stati membri.
A tal fine previsto meccanismo di contestazione delle infrazioni che Commissione attiva nei
confronti dello Stato inadempiente.
Sotto profilo dellesecuzione la Commissione esercita funzioni di coordinamento, esecuzione e
di gestione alle condizioni stabilite dai trattati. La Commissione ha poi potere generale, nei
limiti e alle condizioni fissate dal Consiglio, di raccogliere tutte le informazioni e di procedere a
tutte le verifiche necessarie per lesecuzione dei compiti.
La Commissione infine ha un autonomo potere di decisione in alcune ipotesi tassativamente
specificate: ad es. esenzioni individuali in materia di concorrenza, imprese pubbliche, aiuti di
Stato e competenze relative al controllo della Commissione sulla disciplina delle imprese
pubbliche e delle imprese cui gli Stati abbiano attribuito diritti speciali o esclusivi.
6. LALTO RAPPRESENTANTE DELLUNIONE PER GLI AFFARI ESTERI E LA POLITICA DI
SICUREZZA
Nuova figura istituzionale introdotta dal Trattato di Lisbona. La nomina spetta al Consiglio
europeo con delibera a maggioranza qualificata e con accordo del Presidente della
Commissione. A differenza degli altri membri della Commissione per lui non vale il divieto di
sollecitare o di sollevare istruzioni da altre istruzioni agendo egli come mandatario del

Consiglio. In caso di mozioni di censura le dimissioni investiranno soltanto la sua carica in


Commissione e non anche le funzione svolte in Consiglio. Soltanto Consiglio europeo pu
porre fine al suo mandato.

ha il compito di guidare la politica estera e di sicurezza comune, di contribuire con sue


proposte a tale politica e di attuarla

assicura attuazione delle decisioni adottate dal Consiglio europeo e dal Consiglio

riveste un doppio ruolo, da un lato presiede il Consiglio nella formazione affari esteri
e dallaltro fa parte della Commissione essendo uno dei vicepresidenti; in questo ruolo
vigila sullazione esterna, ha responsabilit dello svolgimento dei compiti attribuiti alla
Commissione nel settore relazioni esterne e del coordinamento con altri aspetti
dellazione esterna dellUnione.
Nellesercizio delle sue funzioni si avvale del servizio europeo per lazione esterna.
7. LA CORTE DI GIUSTIZIA ( E IL TRIBUNALE) DELLUNIONE EUROPEA
La Corte di Giustizia listituzione a cui attribuito il controllo giurisdizionale:

Sulla legittimit degli atti e dei comportamenti delle istituzioni comunitarie rispetto
ai trattati;

Sullinterpretazione del diritto comunitario; e la compatibilit delle norme, degli atti


amministrativi o delle prassi nazionali con i Trattati e gli atti di diritto comunitario
derivato.
Comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati.

E composta da un giudice per Stato membro ed assistita da avvocati generali (per ora 8).
Ha sede a Lussemburgo ed organo di individui.
Giudici e avvocati sono nominati di comune accordo dagli Stati membri per la durata di 6
anni, tra personalit che offrano tutte le garanzie dellindipendenza e che riuniscano le
condizioni per lesercizio delle pi alte funzioni giurisdizionali, o che siano giuristi di notoria
competenza. Il mandato pu essere rinnovato. Trattato di Lisbona ha introdotto obbligo della
previa consultazione di un comitato composto da 7 personalit tra ex membri della Corte di
giustizia e del Tribunale.
Il Presidente della Corte viene eletto tra i giudici per 3 anni. Egli dirige lattivit della Corte,
presiede le udienze plenarie, designa il giudice relatore per ogni causa ed esercita tutte le
competenze che il regolamento di procedura gli attribuisce. Di rilievo la competenza in
materia di provvedimenti cautelari e di urgenza, nonch di sospensione dellesecuzione delle
sentenze.
Lavvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente conclusioni scritte e
motivate nelle cause trattate dinanzi alla Corte. Tali conclusioni non riguardano tutte le cause,
ma solo quelle che lo richiedono rispetto allo Statuto della Corte. La Corte potr escludere le
conclusioni dellavvocato generale, quando la causa non presenti nuovi punti di diritto. Il ruolo
dellavvocato generale di amicus curiae, non di difensore di una parte ma del diritto. La
Corte pu sedere sia nella sua composizione plenaria, il c.d. gran plenum, ovvero nella
composizione di piccolo plenum, denominato grande sezione; sia in sezioni di 5 o di 3
giudici. Per una maggiore flessibilit nel sistema, consentita la rimessione alle sezioni in
ogni caso (salvo che la grande sezione non sia espressamente richiesta).
I casi di ricorso alla plenaria sono limitati alle cause promosse:

contro il Mediatore per mancanza delle condizioni necessarie o colpa grave;

contro i membri della Commissione per violazione degli obblighi connessi allesercizio
delle loro funzioni;

contro i membri della Corte dei Conti per mancanza dei requisiti previsti o violazione
degli obblighi;

per limportanza eccezionale del giudizio.

La Corte pu deliberare validamente solo in numero dispari.


La Corte di giustizia nomina per un periodo di 6 anni il Cancelliere che si occupa della tenuta
delle cause, della ricezione degli atti e dei documenti ad esse relativi e provvede
allamministrazione e alla gestione finanziaria della Corte, sotto la responsabilit del
Presidente.
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA EUROPEE: LAtto unico ha previsto che
il Consiglio potesse con decisione unanime affiancare alla Corte un altro organo
giurisdizionale. Tale previsione, ha trovato attuazione in una decisione del 1988 con cui
stato istituito il Tribunale di primo grado delle Comunit europee. Le modifiche
apportate del trattato di Maastricht hanno inciso sulla collocazione del nuovo organo
nellambito del sistema istituzionale comunitario.
Infatti, il Tribunale divenuto parte integrante dellapparato giurisdizionale comunitario. Il
Trattato di Nizza e poi quello di Lisbona hanno completato questo percorso riconoscendo il
ruolo di giurisdizione autonoma attribuito al Tribunale.
Esso composto da almeno un giudice per Stato membro, con requisiti analoghi a quelli dei
membri della Corte e con le stesse modalit. Anchesso ha sede a Lussemburgo.
Diversamente dalla Corte, il Tribunale non viene sistematicamente assistito dallavvocato
generale, il quale viene nominato solo quando il Tribunale siede in plenaria o allorch lo
esigono le difficolt in diritto ovvero la complessit in fatto della causa.
La competenza del tribunale, limitata in un primo momento al contenzioso del personale e ai
ricorsi individuali in materia di concorrenza, stata estesa a tutti i ricorsi diretti.
Lo Statuto ha alterato il riparto di competenze tra Corte di giustizia e Tribunale:
Alla prima:

ricorsi di annullamento e in carenza presentati dalle istituzioni o dagli Stati riguardanti


atti del Parlamento e del Consiglio

atti della Commissione in tema di cooperazione rafforzata


Al Tribunale:

tutti i ricorsi avverso gli atti della Commissione

questioni pregiudiziali, sia pure in materie specifiche indicate nello Statuto in questi
casi il Tribunale potr anche decidere di rinviare la decisione alla Corte, qualora ravvisi
la necessit di una decisione di principio tale da poter compromettere lunit o la
coerenza del diritto comunitario.

inoltre, previsto che la sentenza del tribunale possa essere sottoposta a riesame dinanzi la
Corte di Giustizia, solo eccezionalmente e se sussistano gravi rischi che lunit o la coerenza
del diritto comunitario siano compromesse. Liniziativa affidata allavvocato generale.
Nellambito dei ricorsi diretti, le sentenze del tribunale possono essere impugnate dinanzi
alla Corte solo per motivi di diritto. Limpugnazione spetta, oltre che alla parte soccombente,
agli Stati membri e alle istituzioni (anche quando non abbiano partecipato al giudizio di primo
grado).
Il Consiglio ha introdotto una modifica significativa, sancendo la possibilit che il Tribunale
decida anche con giudice unico. La sezione dinanzi alla quale la causa pende pu
allunanimit assegnarla ad un giudice unico, salvo opposizione di uno Stato membro o di
unistituzione comunitaria. esclusa lassegnazione ad un giudice unico quando la causa
solleva questioni di legittimit di un atto a portata generale ovvero si verta in materia di
concorrenza, aiuti, organizzazione comune dei mercati.

Trattato di Nizza attribuito al Consiglio la facolt di istituire camere giurisdizionali, chiamata


tribunali specializzati dal Trattato di Lisbona, competenti a conoscere in primo grado talune
categorie di ricorsi in materie specifiche.
8. BANCA CENTRALE EUROPEA
Il Trattato di Lisbona ha inserito tra le istituzioni a pieno titolo la Banca centrale
europea(BCE).
Il Sistema europeo delle Banche centrali composto dalla BCE e dalla banche centrali
degli Stati membri. La BCE, con sede a Francoforte, ha un comitato esecutivo, composto da
un Presidente, un vicepresidente e quattro membri, nominati per 8 anni a maggioranza
qualificata dal Consiglio europeo, su raccomandazione del Consiglio e previa consultazione del
Parlamento e del consiglio direttivo della BCE (comprende membri del comitato esecutivo ed i
governatori delle banche centrali degli Stati membri). La banca centrale ha personalit
giuridica ed ha il diritto esclusivo di autorizzare lemissione delleuro. Nellesercizio delle sue
funzioni e nella gestione delle sue finanze gode di indipendenza. Nei settori di sua
attribuzione consultata su ogni progetto di atto dellUnione e su ognuno a livello nazionale.
tenuta a trasmettere a Parlamento, Consiglio e Commissione un rapporto annuale.

9. CORTE DEI CONTI


Istituita nel 1975, la Corte dei conti ora compresa nel novero delle istituzioni.
Ha sede a Lussemburgo, organo di individui ed composta da un cittadino per Stato
membro, designati dai rispettivi governi. I membri designati sono nominati dal Consiglio con
deliberazione a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento. I membri della
Corte restano in carica 6 anni e il loro mandato rinnovabile.
La Corte dei conti:

Assiste lautorit di bilancio;

Assicura il controllo sulla gestione finanziaria dellUnione: a tal fine esamina tutte le
entrate e le spese dellUnione e degli organismi da questa creati, tranne espressa
esclusione.

Laffidabilit dei conti e la legittimit e la regolarit delle relative operazioni attestata in una
dichiarazione presentata al Consiglio ed al Parlamento. Alla chiusura dellesercizio, la Corte
dei conti presenta la relazione annuale.
Essa pu istituire al suo interno delle sezioni competenti per specifiche categorie di relazioni
o di pareri. Inoltre, stato previsto un maggiore raccordo con le corrispondenti istituzione
nazionali di controllo.
La Corte dei conti legittimata ad agire dinanzi alla Corte di giustizia limitatamente alla
difesa delle proprie prerogative. I suoi atti, in quanto non vincolanti, non sono impugnabili.
10. ALTRI ORGANI
1) Il Comitato economico e sociale (CES), organo consultivo di individui dellUnione,
composto dai rappresentanti di diverse categorie della vita economica e sociale (max 350).
Trattato di Lisbona ha ampliato la composizione, includendovi i rappresentanti delle
organizzazioni dei datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rapp della societ
civile. I membri sono nominati per 5 anni del Consiglio su proposte presentate da Stati
membri previa consultazione della Commissione ed eventualmente delle diverse
organizzazioni rappresentative.
2) Il Comitato delle regioni, istituito dal Trattato di Maastricht un organo consultivo di
individui (max 350) i cui membri sono nominati dal Consiglio, su proposta degli Stati membri,

per 5 anni rinnovabile. Essi sono indipendenti dagli Stati membri ed agiscono nellinteresse
generale della Comunit, ma nello stesso tempo devono essere titolari di un mandato
elettorale nellambito di una collettivit regionale o locale.
Il Comitato delle regioni deve essere consultato nei casi previsti dal Trattato o quando il
Consiglio, la Commissione o il Parlamento lo ritengano opportuno. Pu anche formulare pareri
di propria iniziativa (in materie quali la sanit, la cultura, ecc.).
Tra novit introdotte dal Trattato di Lisbona vi riconoscimento del potere di ricorso alla Corte
di giustizia in particolare per denunciare la violazione del principio di sussidiariet, qualora
tale violazione sia dovuta ad atti legislativi sui quali richiesta la sua consultazione.
3) La Banca europea per gli investimenti inserita da sempre nello scenario istituzionale
comunitario, anche se non mai stata compresa tra le istituzioni.
La Banca, dotata di personalit giuridica, opera sui mercati finanziari come un istituto di
credito, anche se non ha fini di lucro e si muove nellottica dello sviluppo equilibrato del
mercato comune. Essa facilita la realizzazione dei programmi di investimento
congiuntamente agli altri meccanismi finanziari dellUnione.
4) Il Trattato di Maastricht ha introdotto la figura del Mediatore europeo, il cui ruolo quello
di difendere gli interessi dei cittadini nei confronti dellautorit, la cui lesione non sarebbe
traducibile in azioni giudiziarie.
Il Mediatore europeo, nominato dal Parlamento per la durata della legislatura, con mandato
rinnovabile, organo di individui ed esercita le sue funzioni in completa indipendenza. Egli
riceve le denunce di qualsiasi cittadino dellUnione, o di qualsiasi persona fisica o giuridica
che risieda o abbia sede in uno Stato membro, relativamente ai casi di cattiva
amministrazione delle istituzioni comunitarie, fatta eccezione per la Corte di giustizia e il
tribunale nellesercizio della funzione giurisdizionale.
Sulla base di tale denuncia o anche di propria iniziativa, il Mediatore svolge le indagini che
ritiene utili e, in caso di conclusione positiva, ne investe lautorit interessata. Questultima gli
deve comunicare il proprio punto di vista entro 3 mesi. Allesito della procedura il Mediatore
trasmette una relazione al Parlamento europeo e allistituzione interessata.
5) Vi sono, inoltre, alcune Agenzie, che hanno competenze per lo pi tecniche e di supporto
informativo per gli Stati membri e le istituzioni comunitarie. Rispondono ad una logica di
decentralizzazione. Dipendono generalmente dalla Commissione. Loro obiettivi possono
essere molteplici.
6) Nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia vi lEurojust ossia Unit europea di
cooperazione giudiziaria. Competenze in materia di lotta alla criminalit organizzata. Agevola
cooperazione con la Rete giudiziaria europea nellesecuzione delle rogatorie e delle domande
di estradizione.
7) Europol compito di sostenere e potenziare lazione delle autorit di polizia e di altri servizi
incaricati dellapplicazione della legge degli Stati membri e reciproca collaborazione nella
prevenzione e lotta contro criminalit grave, terrorismo e forme di criminalit che ledono un
interesse comune.
11. RUOLO DELLE ISTITUZIONI
A) Nel processo di formazione delle norme.
Il Trattato di Lisbona ha introdotto novit sostanziali quanto alliter di procedura di formazione
degli atti.
Infatti, a mente degli artt. 14 e 16 TUE la funzione legislativa esercitata
congiuntamente dal Consiglio e dal Parlamento.
Tale competenza pu essere esercitata attraverso la procedura ordinaria ovvero attraverso
procedure legislative speciali.
Lart. 48, n. 7 , 2 c. TUE (Quando il trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede
che il Consiglio adotti atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio
europeo pu adottare una decisione che consenta l'adozione di tali atti secondo la procedura

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legislativa ordinaria) prevede una sorta di passerella tra la procedure speciali e quella
ordinaria.
previsto che il Consiglio Europeo, allunanimit e previa approvazione del Parlamento
europeo, adotti una delibera con la quale autorizzi la procedura ordinaria per la adozione di
atti legislativi per i quali prevista la procedura speciale.
In questo caso necessario che nessun Parlamento nazionale al quale la proposta va
notificata si opponga.
Sono previste passerelle anche i relazione ad altre determinate materie, nonch nellambito
delle cooperazioni rafforzate.
Le competenze attribuite dal Trattato alle singole Istituzioni fa risaltare con chiarezza che la
funzione normativa esercitata nella sostanza dal Consiglio, ma con la partecipazione sempre
pi significativa del Parlamento, il cui apporto si andato progressivamente accrescendo.
Un insieme di atti normativi che investono non solo la sfera giuridica degli Stati ma anche
direttamente quella dei singoli, non pu essere lasciato alla sola responsabilit di un Organo
(il Consiglio) che sola espressione degli esecutivi dei paesi membri.
Si impone quindi che il Parlamento, investito della rappresentanza dei cittadini con il suffragio
universale, e la Commissione, organo di mediazione e di filtro tecnico delle istanze politiche,
assumano responsabilit forti anche relativamente alle scelte normative.
Tutto ci non esclude che la responsabilit principale per il conseguimento degli obiettivi che
sono fissati con Trattati, e, quindi, di diritto internazionale, ricada ancora sugli Stati e, dunque,
sul Consiglio.
N va dimenticato che i membri del Consiglio, in quanto espressione dei rispettivi Governi
nazionali, godono di una legittimazione originaria e diretta responsabilit nei confronti dei
rispettivi Parlamenti.
a) La procedura legislativa ordinaria
disciplinata dallart. 294 TFUE.
piuttosto complessa ed ha lobiettivo di accentuare il dialogo tra le Istituzioni chiamate ad
intervenire.
A. La Commissione presenta una proposta al Parlamento ed al Consiglio. (in casi previsti
liniziativa pu avere luogo attraverso un gruppo di Stati membri o del Parlamento
Europeo);
B. Sulla proposta il Parlamento adotta la sua posizione che viene trasmessa al Consiglio.
C. Se il Consiglio approva la posizione del Parlamento, latto adottato nella formulazione
del Parlamento;
D. Se il Consiglio NON approva, esprime la sua posizione:
a. In prima lettura che comunica al Parlamento il quale deve essere informato dei
motivi che sostengono tale posizione;
b. Inizia la seconda lettura : il Parlamento ha tre mesi di tempo per approvare la
posizione del Consiglio, in tale caso latto si considera adottato nella
formulazione che corrisponde alla posizione del Consiglio. Lo stesso dicasi se il
Parlamento non si esprime nei tre mesi successivi.
Quadro cambia se:
E. Il Parlamento a maggioranza dei suoi membri dichiara:
a. di volere respingere la posizione del Consiglio, latto si considera non adottato
b. propone emendamenti, il Consiglio entro tre mesi pu accoglierli tutti e latto si
considera adottato nella formulazione corretta dagli emendamenti;

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F. Nellipotesi in cui il Consiglio non approvi latto in questione viene attivato il Comitato
di conciliazione (art. 294 TFUE) composto da un numero pari di membri delle due
istituzioni, due ipotesi:
a. il Comitato di conciliazione riesce in 6 settimane a definire un progetto comune
b. se entro il termine non stato approvato un progetto comune, latto proposto si
considera definitivamente non adottato
Qualora il Comitato approvi un progetto comune inizia la
a. Terza lettura, il progetto dovr essere approvato definitivamente nelle 6
settimane successive.
La procedura legislativa ordinaria stata ampiamente estesa dal Trattato di Lisbona.(v. pag.
69/70 per ipotesi)
b) Le procedure legislative speciali.
Art. 289 TFUE Nei casi specifici previsti dai trattati, l'adozione di un regolamento, di una
direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del
Consiglio o da parte di quest'ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo costituisce
una procedura legislativa speciale .
Le modalit di partecipazione delle due istituzioni sono molteplici e di conseguenza sono
numerose le procedure speciali contemplate dai trattati.
Pi frequenti sono i casi in cui la delibera del Consiglio deve essere preceduta dalla
consultazione del Parlamento, consultazione che non vincolante ma obbligatoria.
La consultazione previa del Parlamento assume il carattere di elemento sostanziale della
validit dellatto, che sar viziato da nullit quando se ne riscontri lomissione.
La consultazione rappresenta lo strumento di effettiva partecipazione del Parlamento al
processo legislativo dellUnione.
Il Parlamento deve avere espresso effettivamente la propria posizione non essendo
sufficiente una semplice richiesta di parere da parte del Consiglio.
Ci significa che quando il Trattato prevede la previa consultazione del Parlamento, il Consiglio
non pu adottare un atto che non rifletta esattamente la proposta della Commissione cos
come esaminata dal Parlamento.
La procedura risulta rispettata solo se il testo definitivo approvato dal Consiglio sia
esattamente quello portato dalla Commissione al Parlamento per il previo parere.
c) La formazione degli atti nel settore della politica estera e di sicurezza comune
Per quanto riguarda gli atti di politica estera o di sicurezza comune il Trattato di Lisbona
introduce significative novit sotto il profilo della formazione di alcuni di essi, in particolare
delle decisioni.
evidente la riduzione della funzione del Parlamento ad un ruolo meramente consultivo (art.
36 TUE) e la perdita del monopolio della Commissione per lesercizio delliniziativa legislativa.
Infatti secondo lart. 30 TUE Ogni Stato membro, l'alto rappresentante dell'Unione per
gli affari esteri e la politica di sicurezza, o l'alto rappresentante con l'appoggio della
Commissione, possono sottoporre al Consiglio questioni relative alla politica estera
e di sicurezza comune e possono presentare rispettivamente iniziative o proposte al
Consiglio.
Lart. 31 impone una regola dellunanimit per la adozione di qualunque tipo di decisione, con
alcuni correttivi tesi a attenuare la rigidit di tale previsione.
Fra questi correttivi, quello per il quale la astensione non inficia la validit del voto, e
lintroduzione della astensione costruttiva consistente nella possibilit per gli Stati membri
di una dichiarazione che motivi il proprio non voto.

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La regola dellunanimit viene meno per gli atti di mera esecuzione o per quelli discendenti da
atti adottati allunanimit.
Quindi in base al secondo paragrafo dellart. 31 TUE il Consiglio pu deliberare su questi atti a
maggioranza qualificata secondo il metodo del voto ponderato.
Segue: B) Nellapprovazione del Bilancio.
LUnione Europea era in origine finanziata con contributi degli Stati membri.
Lart. 311, c.2 TFUE sancisce che il bilancio dellUnione finanziato integralmente con risorse
proprie:
a. Prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, dazi della tariffa doganale
comune e altri dazi fissati sugli scambi con i paesi terzi;
b. Una aliquota sullimponibile IVA pari alla percentuale del PNL dello 0,30%;
c. Unaliquota sul PNL da determinarsi anno per anno
d. Limporto totale delle risorse proprie non pu comunque superare l1,24% del
totale del PNL degli Stati membri.
Le spese devono essere contenute entro i limiti delle risorse proprie e sono programmate su
base pluriennale attraverso un quadro finanziario adottato dal Consiglio allunanimit previa
approvazione del Parlamento.
La Procedura di approvazione del Bilancio: disciplinata dallart. 314 TFUE.
Il Trattato di Lisbona ha statuito che il Parlamento Europeo assuma relativamente alla
approvazione del bilancio, una posizione equiparata a quella del Consiglio.
In particolare, il Parlamento ed il Consiglio ricevono dalla Commissione una proposta
contenente il progetto di bilancio entro il 1 settembre di ogni anno.
Il Consiglio adotta la sua posizione e la comunica in prima lettura al Parlamento che entro
42 giorni pu approvare la posizione oppure restare tacito, in entrambe le ipotesi il bilancio
adottato.
Il Parlamento pu, invece, proporre emendamenti con la maggioranza dei membri.
In tale ipotesi inizia la fase di conciliazione il Presidente del Parlamento, dintesa con il
Presidente del Consiglio, convoca il comitato di conciliazione, il quale chiamato a riunirsi
solo se entro 10 giorni il Consiglio non comunica di approvare tutti gli emendamenti proposti
dal Parlamento.
In caso negativo il Comitato si riunisce e ha il compito di giungere ad un accordo su un
progetto comune.
Se entro 21 giorni tale accordo non si raggiunge, la Commissione deve presentare un nuovo
progetto di bilancio.
Se laccordo raggiunto, Parlamento e Consiglio dispongono di 14 giorni per approvarlo.
Il bilancio si considera definitivamente approvato quando:
A. entrambe le istituzioni approvano il progetto comune;
B. il Parlamento approvato il progetto comune respinto dal Consiglio entro 14 giorni,
deliberi, a maggioranza qualificata dei tre quinti dei membri che lo compongono, di
confermare tutti gli emendamenti presentati.
Quando la procedura stata espletata il Presidente del Parlamento constata che il bilancio
definitivamente adottato.
Lesecuzione del bilancio curata dalla Commissione in cooperazione con Stati membri.

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Segue C) Nella stipulazione di accordi internazionali.


LUnione ex art. 47 del TUE ha la capacit giuridica pu, dunque, stipulare accordi
internazionali.
Il Trattato attribuisce espressamente allUnione il potere di stipulare accordi tariffari e
commerciali.
In una prima fase, in forza del principio di attribuzione delle competenze, si riteneva che in
settori diversi da quelli espressamente previsti dai Trattati lallora Comunit dovesse lasciare il
campo agli Stati membri.
La prassi e la giurisprudenza hanno adottato una prospettiva pi ampia riassunta nella
formula del parallelismo tra competenze interne e competenza esterna, nel senso che
la seconda si estende sino ai limiti di esercizio delle prime.
La premessa di questo orientamento che lart. 47 TUE comporta la possibilit di intrattenere
rapporti contrattuali con i Paesi terzi nellinsieme dei settori disciplinati dai Trattati.
La portata della competenza stata inoltre precisata nel senso che essa esclusiva in tema
di politica commerciale.
Tuttavia il parallelismo delle competenze che funge da parametro nella verifica
dellestensione delle competenze, nel senso che va definita lampiezza della competenza
esclusiva dellUnione rispetto a quella concorrente condivisa con gli Stati membri e a quella
esclusiva che gli stessi si sono comunque riservati.
In definitiva i Trattati hanno consolidato i principi gi enucleati dalla giurisprudenza della Corte
e della conseguente prassi delle Istituzioni ribadendo lambito delle competenze dellUnione e
degli Stati membri, suddivise in esclusive, concorrenti, riservate.
Sulla stipulazione degli accordi internazionali il Parlamento chiamato a formulare
semplicemente un parere.
In casi di urgenza il Consiglio pu fissare un termine per la formulazione di tale parere,
decorso il quale pu comunque deliberare.
previsto che il Parlamento Europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare alla
Corte di Giustizia un parere circa la compatibilit di un accordo con i Trattati.

CAPITOLO II: LE NORME


1. LE NORME CONVENZIONALI
Norme primarie del sistema giuridico dellUnione sono le norme convenzionali contenute nei
Trattati Istitutivi delle Comunit e negli accordi che successivamente sono stati stipulati per
modificare o integrare tali Trattati. Norme primarie il Trattato sullUnione europea ed il Trattato
sul funzionamento dellUnione europea.
Sullo stesso piano di norme primarie vanno considerati gli Atti del Consiglio che abbisognano
di procedure costituzionali recettizie (ratifica).
Queste norme primarie, congiuntamente ai principi generali di diritto internazionale di fonte
consuetudinaria sono state riferite alla nozione di Costituzione della Comunit Europea.
Quale che sia lespressione usata tali norme regolano in via primaria la vita di relazione
allinterno dellUnione creando situazioni giuridiche soggettive in capo agli Stati membri, alle
Istituzioni europee, ai singoli.
Le stesse norme primarie attribuiscono portata normativa agli atti delle istituzioni (ex
249, oggi 288 TUE) che, ponendosi al secondo livello, formano il diritto europeo derivato.
Principali normative convenzionali che si sono susseguite nel tempo sono:

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A. CECA:Trattato che istituisce la Comunit europea del carbone e dell'acciaio


(1952) : Obiettivo: creare tra i paesi membri un'interdipendenza nel settore del
carbone e dell'acciaio
B. Trattati di Roma - trattati CEE e EURATOM (1958) Obiettivo: istituire la Comunit
economica europea (CEE) e la Comunit europea dell'energia atomica (Euratom).
Principali novit: estensione dell'integrazione europea alla cooperazione economica
generale
C. Trattato di fusione - trattato di Bruxelles (1967) Principali novit: creazione di
un'unica Commissione e di un unico Consiglio per le tre Comunit europee (CEE,
Euratom, CECA). stato abrogato dal trattato di Amsterdam.
D. Atto unico europeo (1986) obiettivo accelerare il processo decisionale in vista della
realizzazione del mercato unico.
E. Trattato sull'Unione europea - trattato di Maastricht (1993) Obiettivo: preparare
la creazione dell'Unione monetaria europea e gettare le basi per un'unione politica
(cittadinanza, politica estera e di sicurezza comune). Principali novit istituzione
dell'Unione europea e introduzione della procedura di codecisione, che conferisce al
Parlamento maggiori poteri nel processo decisionale. Nuove forme di cooperazione tra i
governi dell'UE, ad esempio in materia di giustizia e affari interni.
F. Trattato di Amsterdam (1999) Principali novit: modifica, rinumerazione e
consolidamento dei trattati UE e CE. Processo decisionale pi trasparente (pi ampio
ricorso alla procedura di codecisione).
G. Trattato di Nizza (2003) Principali novit: metodi per modificare la composizione
della Commissione e ridefinizione del sistema di voto in seno al Consiglio.
H. Trattato di Lisbona (2009) Principali novit: maggiori poteri per il Parlamento
europeo, modifica delle procedure di voto del Consiglio, iniziativa dei cittadini, un
presidente permanente del Consiglio europeo, l'istituzione di un alto rappresentante
dell'Unione per gli affari esteri e di un servizio diplomatico dell'UE.
Ne deriva che i criteri ermeneutici ed il regime giuridico sono quelli usati per i normali accordi
internazionali.
Tuttavia i Trattati dellUnione rivelano caratteristiche specifiche ed ulteriori rispetto al genus
cui appartengono:

In primo luogo: contengono la definizione di un complesso istituzionale


destinato ad esercitare le competenze attribuite allente;

In secondo luogo:pur definendo lUnione quale organismo sovranazionale a finalit


non universale ma con competenza di attribuzione, lampiezza e lincisivit delle
competenze, cosi come le modalit e i mezzi attribuiti per il loro esercizio, vanno
senza dubbio ad di l del modello tradizionale di organizzazione
internazionale. Invero i Trattati contenevano sin dallorigine un potenziale di sviluppo
verso un complesso integrato di Stati capaci di realizzare scopi ambiziosi. Tali scopi si
sono consolidati con lAtto unico del 1986 e con il Trattato di Maastricht con la
prefigurazione, insieme con il mercato unico e lunione economica e monetaria anche di
unUnione Europea.
In terzo luogo: le norme primarie convenzionali e quelle derivate hanno forza ed
incidenza diretta sulla situazione giuridica soggettiva, oltre che della stessa
Unione e degli Stati membri anche dei singoli.
In quarto luogo: hanno dotato lUnione di un meccanismo di controllo
giurisdizionale imperniato sulla Corte di Giustizia che ha competenza non solo sulla
legittimit dellesercizio delle competenze attribuite, ma anche sullarmonia del sistema
giuridico complessivo composto da norme internazionali, norme dellUnione e norme
nazionali.

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Tutto ci comporta che le norme dellUnione vanno interpretate teleologicamente nel senso
pi favorevole al perseguimento dei processi di integrazione.
La lettura deve cio ispirarsi alla reale volont sottesa alle norme ed allo scopo da queste
perseguito.
La sfera di applicazione del diritto dellUnione coincide con quella dellinsieme dei diritti
nazionali.
Va precisato che lart. 355 TFUE non esclude che le norme possano produrre effetti anche
fuori del territorio dellUnione.
2. REVISIONE DEI TRATTATI E DIRITTO DI RECESSO
La revisione dei trattati dellUnione disciplinata dallart. 48 del TUE che prevede una
procedura ordinaria e due semplificate:
1. Procedura di revisione ordinaria: pu essere attivata da uno Stato membro, dal
Parlamento o dalla Commissione. I progetti presentati possono essere diretti ad
accrescere o ridurre le competenze attribuite.
a. I progetti sono trasmessi al Consiglio Europeo e trasmessi ai parlamenti
nazionali, consultati il Parlamento Europeo, alloccorrenza la commissione o la
BCE nel settore monetario.
b. Il Presidente del Consiglio Europeo, qualora la Istituzione che presiede abbia
adottato a maggioranza semplice una decisione favorevole convoca una
<<convenzione>> dei rappresentati dei Parlamenti Nazionali, dei Capi di Stato
o governo, del Parlamento Europeo e della Commissione
c. Il Consiglio Europeo pu, nondimeno, decidere di non convocare la convenzione;
d. La convenzione tenuta ad esaminare i progetti ed ad adottare una
raccomandazione che invia ad una conferenza dei rappresentati degli Stati.
e. La conferenza ha lo scopo di stabilire di <<comune accordo>> le modifiche
da apportare ai trattati che dovranno poi essere ratificati dai Parlamenti
nazionali.
2. le procedure semplificate attribuiscono un ruolo preminente al Consiglio Europeo ed
escludono la convocazione della convenzione e della conferenza:
a. la prima procedura semplificata prevista solo per la modifica della parte terza
del TFUE, essa contempla solo lipotesi di riduzione delle competenze in tale
parte contenute;
b. la seconda procedura semplificata contempla a sua volta due ipotesi, attivabili
per iniziativa del Consiglio Europeo con delibera unanime e previa approvazione
del Parlamento Europeo:
i. la prima ipotesi concerne la possibilit che il Consiglio adotti a
maggioranza qualificata al posto dellunanimit richiesta nelle decisioni
della parte V del TUE o per il TFUE;
ii. la seconda ipotesi riguarda la possibilit per il Consiglio di adottare atti
legislativi secondo la procedura ordinaria e non secondo procedura
legislativa speciale.
Le procedure di revisione dei Trattati dellUnione sono caratterizzate da una dialettica
complessa tra le Istituzioni, esse, peraltro, confermano la normale natura internazionale dei
Trattati.
La natura internazionalistica dei Trattati confermata anche dal diritto di recesso,
disciplinato dallart. 50 TUE che prevede una procedura dettagliata.
Si apre con un negoziato volto a definire le modalit del recesso e si conclude con la
procedura di cui allart. 218 TFUE, laddove per lo Stato recedente non parteciper ai
negoziati dalla parte dellUE.

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3. RIPARTIZIONE DI COMPETENZA TRA LUNIONE E GLI STATI MEMBRI: PRINCIPIO


DELLE COMPETENZE DI ATTRIBUZIONE, DI SUSSIDIARIETA E DI
PROPORZIONALITA
I trattati istitutivi non avevano previsto una ripartizione di competenze tra Comunit e Stati
membri.
Erano le norme materiali che stabilivano se nel settore da esse disciplinato godevano di
competenza esclusiva tale da precludere lintervento dello Stato membro.
Nel Trattato di Lisbona il Titolo I della Parte I del TFUE dedicato espressamente alle
<<Categorie e settori di competenza dellUnione>>.
1. Principio delle competenze di attribuzione:
a. lart. 5, 1 comma delimita lesercizio delle competenze sul principio di
attribuzione, vincolando lesercizio di tali attribuzioni ai principi di
proporzionalit e sussidiariet
b. lart. 5, 2 comma ribadisce che lUnione agisce nel rispetto dei limiti e delle
competenze ed essa attribuite dagli Stati; norma che da un lato ribadisce la
volont degli Stati membri di definire che spetta ad essi soltanto attribuire poteri
allUnione, dallaltro opera come norma di rinvio a tutti i trattati stipulati.
c. Lart. 352 norma di chiusura o clausola di flessibilit- tuttavia amplia
implicitamente la sfera di azione dellUnione fornendo una base giuridica al
formale ampliamento delle competenze seppure non espressamente previste.
Questa norma attribuisce al Consiglio il potere di deliberare allunanimit, su
proposta della Commissione e previa approvazione del parlamento, le
disposizioni del caso quando unazione, pure non prevista, si renda necessaria
per raggiungere obiettivi fissati dai trattati.
La norma in esame sembra riecheggiare la dottrina dei poteri impliciti in base
alla quale uno Stato federale si vede riconosciuta lattribuzione di nuove
competenze nella misura necessaria al raggiungimento dei fini statutari.
Ma, al contrario, lart. 352 TFUE prevede espressamente una formale procedura
per lintegrazione dei trattati.
Pertanto lambito di azione dellUnione non illimitato.
Inoltre lultima parte dellart. 5, 2 comma. prevede che <<Qualsiasi
competenza non attribuita allUnione dai Trattati appartiene agli Stati
membri>>.
Ai sensi dellart. 2 TFUE le competenze dellUnione si distinguono in esclusive e
concorrenti:

Nei settori di competenza esclusiva stabilito che solo lUnione


europea pu emanare atti giuridicamente vincolanti, ma specificato
che gli Stati membri, previa autorizzazione, possono legiferare
autonomamente oppure dare attuazione agli atti dellUnione. I settori
di competenza esclusiva sono espressamente elencati <<unione
doganale, definizione delle regole di concorrenza; politica monetaria
delleuro; politica commerciale comune>>, inoltre la competenza
esclusiva si estende agli accordi internazionali contemplati in atti
secondari.
Nei settori di competenza concorrente essi possono essere oggetto
di attivit legislativa sia da parte dellUnione sia da parte degli Stati
membri, nondimeno lesercizio della competenza statale costruito in
termini residuali, in quanto espressamente affermato che la
competenza statale pu essere esercitata solo qualora le istituzioni non
abbiano fatto uso della propria. I settori di competenza concorrente
sono <<mercato interno; politica sociale per quanto di competenza,

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coesione economica, agricoltura e pesca, ambiente, protezione dei


consumatori.
2. Principio di sussidiariet: lenunciazione del principio si trova non a caso dopo
quello di attribuzione a conferma della funzione di criterio flessibile attraverso il
quale lesercizio (non la competenza) di determinate competenze viene spostato in
capo allUnione o lasciato agli Stati membri. Lintervento dellUnione nelle materie di
competenza non esclusiva costruito in termini negativi, vincolato cio al verificarsi di
due condizioni:
a. Che lazione dellUnione sia pi adeguata di quella realizzabile a livello Statale;
b. Che gli obiettivi perseguiti non possano essere sufficientemente realizzati
con azione singola degli Stati membri.
3. Principio di proporzionalit: impone di graduare, nellesercizio delle competenze sia
esclusive che concorrenti, i mezzi prescelti rispetto allobiettivo. Il principio di
proporzionalit impone che lesercizio di una determinata competenza risponda a tre
requisiti:
a. Utilit e pertinenza: per la realizzazione dellobiettivo;
b. Necessari et ed indispensabilit: ovvero quando per il raggiungimento
dello scopo possano essere utilizzati altri mezzi la competenza dovr essere
esercitata secondo il criterio della sostituibilit ( direttiva al posto di un
regolamento);
c. Nesso logico tra azione esercitata e obiettivo: il cosiddetto criterio della
casualit.
Il Trattato di Lisbona ha introdotto vincoli procedimentali in tema di principi di sussidiariet e
di proporzionalit.
Infatti il Protocollo aggiuntivo attribuisce ai Parlamenti nazionali un ruolo autonomo di
controllo del rispetto del principio di sussidiariet e proporzionalit ex ante ed ex post.
1. ex ante: la Commissione tenuta a trasmettere ogni sua proposta al Consiglio
contemporaneamente al parlamento nazionale ed europeo, motivata alla luce dei
principi di sussidiariet e proporzionalit.
Ogni parlamento nazionale pu, entro otto settimane, presentare un parere motivato ai
Presidenti di Parlamento, Commissione e Consiglio, con ragioni per le quali la proposta
ritenuta non conforme al principio di sussidiariet(allarme preventivo)
La commissione pu tuttavia decidere, motivando, di non modificare la proposta.
2. ex post: nellipotesi in cui latto venga adottato il Parlamento nazionale, attraverso il
suo Governo pu presentare ricorso per violazione del principio di sussidiariet
realizzando cos controllo successivo attraverso lorgano giurisdizionale dellUnione.

4. I PRINCIPI DEL DIRITTO DELLUNIONE


Nella prassi dellUnione lapplicazione dei principi di non poco rilievo.
A volte si tratta solo di criteri ermeneutici, ma il pi delle volte sono utilizzati al fine di
individuare i limiti dellesercizio dei poteri o per determinare la legittimit di un atto o di un
comportamento di una istituzione o di uno Stato membro.
In ogni caso si tratta di veri e propri parametri di legittimit, dunque, di norme idonee a creare
diritti ed obblighi.
Le diverse espressioni utilizzate sembrano sminuire la portata di tali principi sottolineandone
lorigine esterna al sistema giuridico dellUnione.

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Invece si tratta di principi propri del diritto dellUnione a tutti gli effetti a titolo originario,
lunica distinzione possibile semmai tra principi enunciati nei trattati e principi che sono il
risultato della mera rilevazione del giudice.
Rilevante applicazione nella giurisprudenza della Corte hanno trovato alcuni principi specifici:
1. certezza del diritto: il principale profilo riguarda la trasparenza dellazione
amministrativa, nel senso che la normativa dellUnione deve essere chiara e la sua
applicazione prevedibile. Lo stesso dicasi per lattivit richiesta alle amministrazioni
degli Stati membri. A questo principio si fatto riferimento anche in relazione al
termine ragionevole (due mesi) dato alla Commissione per pronunciarsi sugli aiuti di
Stato.
2. legittimo affidamento: un aspetto ulteriore del principio di certezza del diritto,
utilizzabile come parametro di legittimit degli atti. In generale viene invocato
nellipotesi di modificazione improvvisa di una disciplina , ovvero nel caso in cui
lamministrazione abbia fatto sorgere nellinteressato un aspettativa ragionevolmente
fondata sulla congruit dei comportamenti.
3. proporzionalit: consente di verificare la legittimit di un atto in base alla sua
idoneit, necessit e logicit rispetto ai risultati che si vogliono conseguire.
4. delleffetto utile: collegato a quello della proporzionalit, consente di valutare un
atto relativamente alleffetto prodotto
5. di precauzione: la Corte ha definito tale principio nel senso che esso deve informare
gli atti della U.E. che debbono sempre prevedere ladozione di misure atte a prevenire
rischi per la sicurezza e la salute, oltre che per lambiente
6. di leale collaborazione: affermazione di principio molto ampia il cui uso frequente
porta a diversi significati:
a. leale collaborazioni degli Organi nazionali nei confronti delle Istituzioni
UE: il caso:
i. in primo luogo come obbligo di facilitare le istituzioni stesse
nellassolvimento dei loro compiti, ad esempio nelle obbligazioni
connesse ad una direttiva, nellesecuzione di una decisione o delle
sentenze della corte, del dovere di astensione quando iniziata una
procedura;
ii. in secondo luogo del dovere di cooperazione delle autorit nazionali
per la realizzazione di obiettivi del Trattato persino in carenza del
legislatore dellUnione;
iii. in terzo luogo il dovere di collaborazione degli Stati membri per
garantire piena efficacia alla effettivit del sistema giuridico
dellUnione
b. leale collaborazione tra Stati membri sia per la soluzioni di problemi
specifici sia come connotazione dei rapporti tra istituzioni e Stati
membri: stato utilizzato per affermare un obbligo di cooperazione tra Stati
membri in funzione di una pi corretta applicazione del diritto dellUnione
c. obbligo di cooperazione delle Istituzioni dellUnione nei confronti degli
Stati membri: la Corte ha rilevato lobbligo per la Commissione di prestare la
massima collaborazione agli Organi nazionali in quanto il dovere di leale
collaborazione non a senso unico, ma agisce in senso biunivoco.
Il Trattato di Lisbona richiamato espressamente il principio di leale
collaborazione allart.4 TUE.

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5. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA
Il principio di uguaglianza trova riconoscimento nella forma di un divieto di discriminazione
fondato sulla nazionalit (art. 18 TUE) con applicazioni specifiche riguardo alle 4 libert
sancite dal trattato: libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei
capitali.
Nel trattato originario il principio di eguaglianza trova riferimento solo in funzione degli
obiettivi di integrazione economica.
stata levoluzione giurisprudenziale successiva che ha radicalmente mutato il quadro.
Oggi laffermazione del principio di uguaglianza rappresenta uno dei principi fondamentali del
diritto dellUnione, costante riferimento della giurisprudenza della Corte di Giustizia.
In proposito significativo che in relazione alla Direttiva 2000/78/CE Consiglio 2000, con la
quale si stabilisce un quadro generale di parit di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro, la Corte di giustizia abbia sottolineato che non tale direttiva a sancire il
principio di parit di trattamento, principio che invece trova la sua fonte originaria nelle varie
convenzioni internazionali e nelle tradizioni costituzionali degli Stati membri.
Le conseguenze tratte dalla giurisprudenza sono due:
il principio di non discriminazione principio generale del diritto dellUnione, sancito
anche dalla Carta dei diritti fondamentali dellUE, che, con il Trattato di Lisbona,
assume lo stesso valore giuridico dei trattati.
Il principio provvisto di effetto diretto e prescinde dalle condizioni di applicabilit
della direttiva, tanto da imporre al giudice nazionale la sua applicazione in luogo di una
legge nazionale configgente.
Nel merito il divieto di discriminazione impone che vietata ogni disparit di trattamento
arbitraria.
Pertanto legittimo trattare in modo diverso situazioni diverse.
Sono illegittime, altres, le violazioni palesi del principio di uguaglianza, e bens quelle
dissimulate o indirette.
Specificatamente la giurisprudenza europea si soffermata sulla retribuzione di genere per
affermare il principio della parit ( in condizioni uguali o paragonabili) come un generale
principio di uguaglianza.
In definitiva la Corte ha inteso affermare, in materia di parit uomo donna, un principio di
uguaglianza sostanziale e non meramente formale. La giurisprudenza in materia di parit
uomo-donna nella vicenda del rapporto di lavoro ne la testimonianza pi significativa.
6. LA TUTELA DEI DIRITTI E LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLUNIONE
EUROPEA
Lattenzione della giurisprudenza al principio di eguaglianza ed alla sua applicazione,
scollegata da una espressione normativa, sempre pi espressione del diritto fondamentale
della persona parte di una considerazione pi ampia in materia di diritti e di libert
fondamentali.
I trattati dellUnione non contenevano alcuna disposizione in materia, anzi le previsioni
riconoscevano diritti allindividuo solo quale protagonista economico e non come persona.
Nei primi anni sessanta la Corte afferm la propria incompetenza a garantire il rispetto di
norme interne in tema di diritti umani, anche quando queste avessero il vigore di norme
costituzionali.
Successivamente la Corte cambia orientamento affermando il primato e linevitabile
interferenza della normativa dellUnione con i diritti umani.

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La Corte afferma che i diritti fondamentali delluomo quali risultano dalle tradizioni
costituzionali degli Stati membri e dalla CEDU, fanno parte dei principi giuridici generali di
essa garante.
In sostanza la Corte si riservata il compito di verificare il rispetto dei diritti fondamentali,
beninteso nelle situazioni in cui rileva la disciplina dellUnione.
Infatti il Controllo della Corte investe: gli atti dellunione; gli atti o i comportamenti nazionali
che danno attuazione al diritto dellUnione; le giustificazioni addotte da uno Stato membro per
una misura nazionale.
Fra i diritti fondamentali che la Corte ha richiamato vanno ricordati: il diritto di propriet; il
diritto del libero esercizio di una attivit economica; lirretroattivit di norme penali; il ne bis
in idem; la previsione legale dei reati e pene; il rispetto del diritto della difesa ed il principio
del contraddittorio; il diritto ad un processo equo e in tempi ragionevoli, ecc.
Un cenno specifico merita il riconoscimento del diritto alla tutela giurisdizionale piena ed
effettiva come garantito dagli artt, 6 e 13 CEDU.
La giurisprudenza ha sviluppato il principio della effettivit della tutela giurisdizionale
facendone derivare;
A. il principio di equivalenza: la tutela delle norme dellUnione deve essere almeno
pari a quella garantita dalle norme nazionali;
B. il principio delleffettivit: il sistema nazionale dei rimedi giurisdizionale deve
essere tale da non rendere impossibile o eccessivamente gravoso lesercizio dei diritti
attribuiti al singolo da norme dellUnione.
Un punto di svolta stato lart. 6, n. 2 del Trattato di Maastricht in base al quale affermato
che lUnione rispetta i diritti fondamentali quali garantiti dalla CEDU e quali risultano dalle
tradizioni costituzionali degli stati membri.
La giurisprudenza ha compensato ampiamente sia la mancanza di una disposizione materiale,
sia il fatto che lUnione in quanto tale non era parte della CEDU.
Adesione dellUnione alla Convenzione si sarebbe realizzata , secondo la Corte, solo attraverso
una modifica del Trattato. Comunque la mancata adesione dellUnione alla CEDU non ha
comportato conseguenze di rilievo difatti non vi sono mai state divergenze rilevanti tra Corte
di giustizia e Corte di Strasburgo riguardo alla valutazione dei diritti fondamentali.
Nel 1999 Consiglio europeo di Colonia delibera predisposizione di una Carta dei Diritti
Fondamentali dellUnione europea. In occasione del Consiglio europeo di Nizza del 2000 la
Carta solennemente proclamata senza che ad essa sia conferito valore giuridico vincolante
e deferendo decisione sul suo status alla successiva Conferenza.
La soluzione della questione arriva solo con il Trattato di Lisbona che attribuisce alla Carta di
Nizza lo stesso valore giuridico dei Trattati. Essa resta autonoma, ha contribuito a rafforzare la
solida giurisprudenza della Corte di giustizia e ha rappresentato un passo in avanti nel
processo di integrazione.
7. IL DIRITTO DELLUNIONE DERIVATO
Il sistema normativo dellUnione comprende un ventaglio di atti giuridici adottati dalle
Istituzioni dellUnione, nei limiti delle competenze e con gli effetti che i Trattati
sanciscono.
Questo insieme di atti si definisce diritto derivato, nel senso che essi derivano dai Trattati,
dai quali traggono forza cogente.
ovvio che essi non possono avere leffetto di restringere o modificare la portata dei trattati
da cui derivano o della giurisprudenza relativa.
Viene in luce lart. 288 del TFUE che sancisce la tipologia degli atti a mezzo dei quali le
istituzioni dellUnione esercitano le competenze loro attribuite: REGOLAMENTI, DECISIONI,
DIRETTIVE, nonch RACCOMANDAZIONI e PARERI.

21

Il Trattato di Lisbona, allart. 289 TFUE, introduce per regolamenti, direttive e decisioni
una distinzione formale tra atti legislativi e atti non legislativi, distinzione che
dipende esclusivamente dalla procedura con la quale sono adottati.
A. Atti legislativi: (art. 289, c.1): regolamenti, direttive e decisioni sono adottati con
procedura legislativa, sia essa ordinaria o speciale;
B. Atti delegati non legislativi: (art. 290, c.1) , regolamenti, direttive e decisioni
sono adottati in base a delega contenuta nellatto legislativo, che affida alla
Commissione il potere di emanare questi atti delegati, non legislativi, ma di portata
generale che integrano elementi dellatto legislativo. Questi atti assumono lattributo
di delegati, per distinguerli da quelli che derivano da procedura legislativa. Gli atti
delegati sono soggetti al potere di controllo di Parlamento e Consiglio che possono
revocare la delega.
C. Atti di esecuzione: (art. 291, c. 2) regolamenti direttive e decisioni assumono la
denominazione <<di esecuzione>>. Si tratta di atti meramente esecutivi degli atti
legislativi. Si distinguono dagli atti delegati perch:
a. destinati ad operare allinterno degli Stati membri;
b. il controllo sullesercizio delle competenze di esecuzione affidato agli Stati
membri secondo modalit stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio
mediante atti adottati con procedura ordinaria(art. 291, c. 3)
8. GLI ATTI VINCOLANTI: REGOLAMENTI, DECISIONI E DIRETTIVE
Il Regolamento.
Esso rappresenta nellOrdinamento dellUnione lequivalente della legge negli ordinamenti
statali.

Portata generale: La natura normativa trova fondamento nei caratteri precipui che lo
qualificano, al pari della legge il regolamento ha portata generale ed astratta, si rivolge
a soggetti non determinati e limitati.

statuito dallart. 288, c.1 Il regolamento ha portata generale. Esso obbligatorio in


tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri .
A nulla rileva se sia identificabile o meno il destinatario e se il regolamento sia
suscettibile di applicazione solo uno o pi stati, ci che lo qualifica come atto legislativo
che i suoi effetti riguardino categorie astrattamente considerate.

Impugnabilit: Considerato che, ai sensi dellart. 263, c.4, (ex 230 i singoli, persone
fisiche o Giuridiche possono impugnare solo atti regolamentari che li
riguardino direttamente e individualmente e non comportino alcuna misura di
esecuzione, la portata generale spesso sottoposta alla verifica della Corte di
Giustizia sotto il profilo della sua impugnabilit da parte dei singoli medesimi.

La natura dellatto deve essere valutata in relazione alla sostanza, non alla forma, cio
riguardo agli effetti.

Obbligatoriet: Altra caratteristica data dallobbligatoriet, ci vuol dire che i


destinatari sono tenuti a dare applicazione completa ed integrale al regolamento con
conseguente illegittimit di una sua applicazione parziale.

Il carattere obbligatorio del regolamento preclude allo Stato la possibilit di formulare


opposizioni o riserve.
Naturalmente proprio il carattere astratto e generale della norma comporta che il
regolamento possa prevedere deleghe ai sensi dellart. 290, c.1 alla Commissione di atti che
lo completino.

Applicabilit: Il regolamento direttamente applicabile in ciascuno degli Stati


membri.

22

Conoscibilit: Il regolamento deve essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale


dellUnione. La mancata pubblicazione non influisce sulla validit dellatto, ma ne
impedisce la produzione di effetti obbligatori sino a quando non venga pubblicato.
La decisione.
, al pari del Regolamento, atto obbligatorio in tutti i suoi elementi.
Se designa i destinatari obbligatorio solo nei confronti di questi.

Si differenzia per il fatto che esso il pi delle volte si riferisce a specifici destinatari ed
dunque, privo di quella portata generale e astratta.
La decisione, nella similitudine con gli ordinamenti interni, corrisponde in sostanza allatto
amministrativo, strumento utilizzato dallUnione quando chiamata ad applicare il diritto a
singole fattispecie concrete che creano, estinguono o modificano situazioni giuridiche
soggettive.
La decisione pu avere quale destinatari tanto gli Stati, quanto persone fisiche o giuridiche.
Talvolta le decisioni hanno valenza generale, si tratta in questi casi di decisioni con le quali il
Consiglio autorizza lavvio di negoziati per accordi internazionali.
Impugnabilit: per gli effetti dellart. 263, c. 4, non pone alcun problema, salvo verifica della
sostanza.
Obblighi: quando impone obblighi di pagamento per i singoli assume le vesti di titolo
esecutivo (art. 299). Lunica condizione lapposizione della formula esecutiva da parte
dellautorit nazionale che il governo ha destinato a tale funzione (in Italia il Ministero degli
Esteri).
La procedura esecutiva sar a cura degli organi nazionali, cos come il controllo di regolarit
sar dei giudici nazionali.
La sospensione dellesecuzione potr aver luogo solo per decisione della Corte di Giustizia.
Conoscibilit: la decisione deve essere notificata ai destinatari. richiesta invece la
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dellUnione per le decisioni che non designino i
destinatari.
La direttiva.
Secondo lart. 288, c.3 La direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto
riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi
nazionali in merito alla forma e ai mezzi.
Anchessa non ha portata generale, ma vincola solo lo Stato o gli Stati che ne sono
destinatari.
Non diversamente da regolamento e decisioni, la direttiva produce effetti obbligatori, che
cede in capo agli Stati membri.
Lobbligo di risultato, ed di adottare tutte le misure necessarie a conseguire gli obiettivo
posti, investe lo Stato e tutti i suoi organi.
Dunque, la direttiva si limita a fissare il risultato, lasciando agli Organi dello Stato destinatario,
la forma ed i mezzi per attuare lobiettivo fissato.
Tuttavia questo non sta a significare che tali disposizioni siano meno cogenti delle altre due,
n attenua la conseguenze sfavorevoli per lo Stato inadempiente.
La Corte di Giustizia ha stabilito che lesatta e puntuale attuazione di una direttiva tanto pi
importante in quanto le misure di attuazione sono lasciate alla discrezione degli Stati.
In questo contesto anche il termine per lentrata in vigore degli obiettivi posti tassativo.
Lo Stato che abbia difficolt di attuazione ha un solo rimedio, chiedere allIstituzioni una
proroga del termine.

23

Daltro canto lo Stati pu dare applicazione alla direttiva anticipatamente, ma questo non
vincola gli altri destinatari, n costituisce termine per invocare il legittimo affidamento da
parte di singoli soggetti quando altri Stati non abbiano adempiuto.
Nella prassi, la caratteristica della direttiva di fissare gli obiettivi lasciando allo Stato il solo
obbligo di risultato venuta meno e non pochi sono i casi di direttive che non lasciano spazio
allautonomia degli Stati.
Si parla di direttive dettagliate , la loro rilevanza si manifesta soprattutto nellimpatto con
gli ordinamenti nazionali e la sfera giuridica dei singoli, in quanto possono assumere la stessa
portata ed efficacia dei regolamenti.
In dottrina c chi parla di illegittimit della direttiva dettagliata, proprio a ragione della sua
natura sostanzialmente regolamentare.
9. GLI ATTI NON VINCOLANTI: RACCOMANDAZIONI E PARERI
Previsti dallart. 288 TFUE: potere di adottare tali atti, data natura non vincolante,
riconosciuto a tutte le istituzioni dellUnione. Ruolo privilegiato alla Commissione che formula
raccomandazioni o pareri quando il Trattato espressamente lo preveda oppure quando lo
ritenga necessario la Comm. stessa.
Raccomandazioni e pareri non facilmente distinguibili: le prime normalmente diretta
agli Stati membri e prevedono invito a conformarsi ad un certo comportamento, i pareri sono
atto con cui le stesse istituzioni o altri organi dellUnione fanno conoscere loro punto di vista
su determinata materia.
Assenza di carattere vincolante non esclude comunque la produzione di effetti giuridici; i
giudici nazionali devono tenerne conto ai fini dellinterpretazione di norme nazionali o di altri
atti vincolanti dellUnione.
Il Trattato non impone la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale ma normalmente comunque
pubblicati per facilitarne conoscenza ed efficacia.
10. ELEMENTI COMUNI AGLI ATTI DELLUNIONE: MOTIVAZIONE, BASE GIURIDICA,
EFFICACIA NEL TEMPO
Motivazione.
Recita lart. 296, c. 2 Gli atti giuridici sono motivati e fanno riferimento alle proposte,
iniziative, raccomandazioni, richieste o pareri previsti dai trattati.
Perch lobbligo sia adempiuto , dunque, necessario che latto contenga la specificazione
degli elementi di fatto e di diritto sui quali listituzione si fondata.
La mancanza di motivazione rende latto annullabile ex art. 263, 2 c. per violazione delle
forme sostanziali.
Lesigenza cui corrisponde lobbligo in parola, , da un lato, di far conoscere agli Stati membri
ed ai singoli il modo in cui lIstituzione ha applicato il trattato, dallaltro, di consentire alla
Corte e al Tribunale di esercitare il proprio controllo giurisdizionale.
Quando si tratti di precetti che arrecano pregiudizi o danni personali, lobbligo di motivazione
si intende integrato da quello di comunicazione allinteressato, sicch questi possa
eventualmente adire le tutele giurisdizionali.
Lindagine sulla congruit delle motivazioni investe non solo il tenore letterale, ma anche il
contesto normativo e fattuale nel quale si colloca, mentre non necessario che siano
specificati tutti gli elementi di fatto e di diritto.
Lobbligo di motivazione non richiede ladozione di formule particolari, essendo sufficiente che
dal tenore dellatto si evincano le ragioni di fatto e di diritto che lo sostengono.
Cos, ad esempio, in relazione al principio di sussidiariet non necessario che esso sia
espressamente menzionato, essendo sufficiente che latto dia conto delle ragioni per le quali

24

lIstituzione dellUnione ha ritenuta pi efficace la propria azione rispetto a quella dei singoli
Stati membri.
Il difetto e la carenza di motivazioni, sono vizi che si traducono nella violazione di forme
sostanziali, sanzionata dallart. 263, c. 2.
Il vizio di motivazione deve essere sollevato dufficio integrando motivi di ordine pubblico.
Base Giuridica.
necessario che latto faccia espresso riferimento ad una o a pi specifiche norme del
trattato, norme primarie, cio alla <<base giuridica>>.
La scelta deve essere operata in base agli elementi oggettivi e qualificanti dellatto che siano
suscettibili di controllo giurisdizionale.
Quando il provvedimento investe pi settori, bisogna ricercare il c.d. <<centro
gravitazionale>> per qualificare latto in termini di diritto.
Il richiamo ad una norma di diritto primario assume rilievo in base a tre distinti profili:
A. 1 profilo attiene alle competenze dellUnione, che sono informate al principio delle
competenze di attribuzione;
B. 2 profilo attiene al riparto delle competenze tra le diverse istituzioni. evidente che
ragione e certezza del diritto pretendono che non si degradi in una confusione dei ruoli.
C. 3 profilo quello procedimentale, nella misura in cui la scelta delluna o dellaltra base
giuridica implichi una procedura di formazione del consenso e un diverso coinvolgimento
del parlamento. Ne consegue la connotazione in senso pi o meno democratico
dellesercizio della funzione normativa.
Lomissione della base giuridica, altres, rileva sotto il profilo della categoria cui latto
appartiene e persino della sua efficacia vincolante.
Lefficacia vincolante riveste importanza in s , in quanto si tutela allesigenza di certezza e
tutela giurisdizionale, in quanto latto in cui sia omessa la base giuridica pu rappresentare ai
suoi destinatari una situazione non perfettamente chiara in relazione alla stessa
obbligatoriet.
Efficacia nel tempo.
Latto entra in vigore nella data dallo stesso specificata ovvero, in mancanza, dal ventesimo
giorno della sua pubblicazione.
Il momento della effettiva diffusione della Gazzetta diverso da quello formalmente indicato
come data di pubblicazione; vale ad ogni effetto, in particolare sotto il profilo del termine per
limpugnazione, il momento della effettiva diffusione.
Certezza del diritto e legittimo affidamento pongono il divieto di retroattivit dellatto.
Lefficacia retroattiva ipotizzabile solo in via eccezionale quando ci sia imposto
dallobiettivo da realizzare, fermo la salvaguardia del legittimo affidamento degli interessati.
In questo caso la motivazione dovr essere necessariamente integrata dalle ragioni che
giustificano lefficacia retroattiva.
Interpretazione.
Le versioni degli atti (23) dellUnione fanno tutte egualmente fede.
Quando siano possibili pi interpretazioni, va privilegiata quella che consente di
salvaguardare leffetto utile della norma.
12. DIRITTO DELLUNIONE E DIRITTO INTERNO

25

- Le norme dei trattati istitutivi e tutte le modificazioni e integrazioni convenzionali


successive, hanno con il nostro ordinamento stesso impatto di ogni altra normativa
internazionale pattizia. Per lItalia, la prassi prevede la legge di autorizzazione del presidente
della Repubblica alla ratifica e lordine di esecuzione, luno e laltro normalmente oggetto di
un unico testo legislativo, la legge di adattamento.
- viceversa per il diritto comunitario derivato non si richiede la procedura speciale di
adattamento, ma che si pongano eventualmente in essere provvedimenti nazionali, leggi o
atti amministrativi, che gli stessi atti comunitari prefigurano o impongono ai fini della loro
puntuale e tempestiva attuazione.
Occorre verificare di volta in volta, in base alla forma e alla sostanza dellatto comunitario,
quale sia limpatto sui sistemi giuridici nazionali e quali siano gli interventi formali
eventualmente richiesti o imposti agli Stati membri.
- il regolamento direttamente applicabile in ciascuno Stato membro. Latto
destinato a produrre i suoi effetti senza che sia necessario un intervento formale di una
qualche autorit nazionale, ove non richiesto dallo stesso regolamento. Leventuale atto
interno sarebbe contrario al trattato, perch pu rappresentare un ostacolo o comunque
ritardare lapplicazione del regolamento in modo uniforme in tutta la comunit.
La giurisprudenza non ha mancato di collegare il divieto per gli Stati di produrre latto
comunitario anche alla competenza esclusiva della corte di giustizia quanto al controllo
giurisdizionale dellatto.
- Le direttive sono esse stesse ad imporre allo Stato membro di adottare gli atti necessari
alla loro puntuale attuazione. In Italia il tema dellattuazione legislativa e/o amministrativa
da sempre un tema dolente. Per ovviare almeno in parte a tale inconveniente stata
introdotta la legge comunitaria annuale , che riunisce tutte le misure occorrenti a dare
attuazione ad atti comunitari e/o alle pronunce della Corte.
A tal fine entro il 31 gennaio di ogni anno il governo deve presentare un disegno di legge,
indicando le misure che sono necessarie per adeguare lordinamento nazionale al diritto
comunitario:
a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli
obblighi comunitari
b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali oggetto di procedure
dinfrazione avviate dalla commissione delle comunit europee nei confronti dellItalia
c) disposizioni di attuazione di atti comunitari
d) disposizioni che autorizzano il governo ad attuare in via regolamentare le direttive
e) disposizioni necessarie a dare esecuzione trattati internazionali conclusi nel quadro delle
relazioni esterne dellunione europea
f) disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le
province esercitano propria competenza normativa
g) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni, conferiscono delega
al governo per lemanazione dei decreti legislativi
h) disposizioni emanate nellesercizio del potere sostitutivo statale in caso di inadempienza
delle regioni.
13. EFFETTO DIRETTO DELLE NORME DELLUNIONE
I due caratteri fondamentali del diritto comunitario, che soprattutto ne qualificano il rapporto
con il diritto nazionale sono: leffetto diretto ed il primato.
Leffetto diretto lidoneit della norma comunitaria[primaria, ovvero derivata e completa]
a creare diritti ed obblighi in capo ai singoli, persone fisiche e giuridiche, senza che lo Stato
eserciti la funzione diaframmatica consistente nel porre in essere una qualche procedura
formale. In termini pratici leffetto diretto si risolve:

26

a. nella possibilit per il singolo di far valere direttamente davanti al giudice


nazionale la posizione giuridica soggettiva vantata in forza della norma
comunitaria;
b. per lamministrazione di far si che il singolo adempia agli obblighi sanciti dalla
norma comunitaria, ovvero goda direttamente dei diritti in essa sanciti
Delleffetto diretto sono provviste tutte le disposizioni comunitarie sufficientemente chiare e
precise e la cui applicazione non richieda ulteriori atti, comunitari o nazionali, di esecuzione o
comunque di integrazione.
Non necessario, perch leffetto si produca in capo ai singoli, che le norme siano ad essi
formalmente destinate.
Sono provviste di effetti diretto anche le norme indirizzate agli Stati che impongono ad essi
obblighi di fare o non fare. Ad esempio, sono provviste di effetto diretto le norme del Trattato
che hanno realizzato il mercato comune imponendo agli Stati labolizione delle barriere alla
libera circolazione di merci, capitali e persone.
La giurisprudenza sulleffetto diretto nata con riguardo ad una norma, oggi art. 30 TFUE,
che era rivolta esplicitamente ai soli Stati membri, nella celebre sentenza Van Gend en
Loos, laddove la Corte rilev che il Trattato non si limitato alla creazione di obblighi reciproci
degli Stati, ma ha inteso realizzare un <<ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo
del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori
limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati
membri ma anche i loro cittadini>>.
Ebbene, allepoca non erano molti coloro che intravedevano un diritto dei singoli dietro una
norma internazionale che nella sua formulazione originaria, art. 12 TCE(poi 25), si limitava ad
obbligare esplicitamente i soli gli Stati membri dallastenersi dallimporre vincoli doganali.
Singoli che, peraltro, non erano neppure menzionati nella norma.
Il singolo, dunque, pu far valere il suo diritto derivante da una norma comunitaria davanti al
giudice nazionale.
appena il caso di chiarire che la norma comunitaria provvista di effetto diretto obbliga alla
sua applicazione non solo il giudice nazionale, ma anche tutti gli organi dellamministrazione.
Come pi volte sancito dalla Corte di Giustizia e dalla Corte Costituzionale, sarebbe
contraddittorio, ammettere la giustiziabilit delle norme comunitarie e non lobbligo
dellamministrazione di darne applicazione.
I requisiti richiesti per leffetto diretto sono quelli individuati nella pronuncia sullart. 30
sentenza Van Gend en Loos, : la norma deve essere chiara, precisa, suscettibile di
applicazione immediata.
Queste caratteristiche possono essere presenti:
a. negli articoli dei Trattati;
b. nei Regolamenti, quando regolino direttamente una fattispecie, senza che occorra
alcun provvedimento ulteriore;
c. nelle decisioni, sia quelle rivolte ai singoli, sia quelle rivolte agli Stati membri.
d. direttive: pi complesso il problema quando si tratti delle disposizioni contenute in una
direttiva.
Invero, nella prassi non mancano direttive che contengono disposizioni con le caratteristiche
tipiche delle norme provviste di effetto diretto, cio: precise e non condizionate per la loro
applicabilit ad alcun intervento dellautorit nazionale.
Lipotesi non va identificata con le direttive c.d. dettagliate, in quanto per leffetto diretto non
rileva il grado di dettaglio, bens che la norma non sia condizionata per la sua applicazione ad
alcun atto dellautorit nazionale.
Ovviamente il problema delleffetto diretto si pone solo per quelle direttive che non siano
state attuate nel tempo prescritto ovvero abbiano avuto attuazione non corretta.

27

Lattribuzione delleffetto diretto a queste direttive si fonda sulle stesse argomentazioni


utilizzate per le norme del trattato rivolte agli Stati membri:
A. un preciso obbligo dello Stato cui corrisponde un diritto del singolo;
B. lart. 288 non esclude espressamente che atti diversi dal regolamento producano gli stessi
effetti;
C. la portata delle obbligazioni imposta allo Stato sarebbe ridotta se i singolo non potessero
farne valere lefficacia.
Ne consegue che, ancora una volta facendo prevalere la sostanza sulla forma, bisogna
esaminare caso per caso, per verificare se la natura, lo spirito e la lettera della disposizione
consentano di riconoscere leffetto immediato.
Peraltro non si pu trascurare un elemento che emerge dalla prassi, cio che leffetto diretto,
pi che come qualit intrinseca della direttiva, risulta collegato ad un intento pedagogico,
addirittura sanzionatorio nei confronti dello Stato negligente o ritardatario.
In tale prospettiva, leffetto diretto stato concepito, e, di fatto, lo , come una vera e propria
sanzione per lo Stato inadempiente, nella misura in cui attribuisce al giudice nazionale,
eventualmente coadiuvato da quello europeo, il compito sostitutivo del legislatore di
realizzare comunque lo scopo della direttiva.
Ci ben chiaro quando si osservino le implicazioni delleffetto diretto attribuito ad una
direttiva incondizionata inattuata.
Leffetto diretto verticale:Le disposizioni provviste di effetto diretto di una direttiva non
tempestivamente o correttamente trasposta possono essere fatte valere dal singolo solo nei
confronti dello Stato non anche di altri individui, proprio perch leffetto diretto ricondotto
non ad una qualit intrinseca dellatto ma allesigenza di impedire che lo Stato
inadempiente possa opporre al singolo, giovandosene, il proprio inadempimento.
La stessa giurisprudenza ha invece escluso leffetto diretto orizzontale, cio la possibilit
per il singolo di far valere la norma anche nei confronti di soggetti privati, siano essi persone
fisiche o giuridiche.
Largomento utilizzato dalla giurisprudenza fondato sulla formulazione dellart. 288 TFUE, in
base al quale la direttiva vincola solo lo Stato cui rivolta.
La Corte di Giustizia ha rilevato che estendere leffetto diretto anche ai rapporti tra singoli
significherebbe riconoscere in capo alla Comunit il potere di emanare norme che facciano
sorgere con effetto immediato obblighi a carico dei singoli, mentre tale competenza le spetta
solo laddove, per il principio della competenza di attribuzioni, sia attribuito il potere di
adottare regolamenti.
Leffetto diretto verticale , in via di principio, solo unilaterale, nel senso che al singolo che fa
valere il proprio diritto lo Stato non pu opporre la propria inadempienza.
Relativamente allipotesi di una direttiva che comporti un obbligo per il singolo, lo Stato non
pu opporlo al singolo prima della trasposizione, non potendo la direttiva, in base allart. 288
TFUE, porre obblighi in capo ai singoli.
La costruzione che limita leffetto diretto alla dimensione verticale da sempre alquanto
contestata. Le discriminazioni che esso suscettibile di produrre e di fatto produce sono
evidenti. Nel caso ad esempio di un rapporto di lavoro, cui inerisca una direttiva comunitaria
in parte provvista deffetto diretto, sar favorito, sotto il profilo della tutela giurisdizionale,
dipendente dellente pubblico rispetto al dipendente di unazienda privata poich solo nei
confronti del datore di lavoro pubblico potr farsi valere la direttiva.
Solo a partire dal momento della sua corretta trasposizione il singolo sar in grado di
conoscere adeguatamente e con certezza la portata dei diritti che gli sono conferiti dalla
direttiva e dunque di ricorrere o meno al giudice.
La giurisprudenza sulleffetto diretto solo verticale delle direttive pone qualche problema. Non
mancano poi le pronunce della stessa corte di giustizia nelle quali di fatto stato attribuito

28

leffetto diretto orizzontale ad una direttiva, ad esempio quella sulla parit uomo donna
sullaccesso e le condizioni di lavoro.
Per quanto riguarda le norme comunitarie prive di effetto diretto: il problema non si pone per
le norme dei trattati e convenzionali quando il loro vigore si collega alladattamento in ciascun
paese membro n non si pone per i regolamenti e le decisioni.
Diverso il caso delle direttive. Se trasposta la direttiva un parametro di legittimit dellatto di
trasposizione utilizzabile anche dal singolo in giudizio. Quando viceversa la direttiva non sia
stata trasposta essa non potr essere utilizzata in quanto tale dal singolo, se non nei confronti
dello Stato o di un ente pubblico. La direttiva non trasposta pu costituire un parametro di
legittimit del comportamento di uno Stato, nonch di una legge o di un atto amministrativo,
come tale utilizzabile dalla Commissione e dalla Corte di giustizia nel contesto di una
procedura dinfrazione.
In definitiva una direttiva, anche se sprovvista di effetto diretto, alla scadenza del termine
stabilito e pur se non trasposta entro tale termine condiziona la normativa nazionale. Ne
consegue che quella direttiva costituisce un parametro di legittimit della legge nazionale con
essa contrastante rilevabile a mezzo di una procedura dinfrazione.
14. LOBBLIGO DINTERPRETAZIONE CONFORME AL DIRITTO DELLUNIONE
Il mancato riconoscimento delleffetto orizzontale delle direttive stato in parte superato
dalla giurisprudenza comunitaria che ha estrapolato il canone dellobbligo di
interpretazione conforme che impone a tutti gli organi nazionali, ma soprattutto al giudice,
di interpretare la norma interna in modo quanto pi possibile compatibile con le prescrizioni
del diritto comunitario.
La Corte di Giustizia ha pi volte dichiarato che spetta ai giudici nazionali interpretare <<il
proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il
risultato perseguito da questultima>>, ricostruendo lobbligo cedente in capo allo Stato
mediante lettura congiunta degli artt. 4, n. 3 [obbligo di leale collaborazione] e 288, 3
comma [vincolo per lo Stato della direttiva ].
Di conseguenza i giudici nazionali, sebbene non possano immediatamente applicare in una
controversia tra privati le disposizioni di una direttiva, devono in ogni caso individuare, tra
tutti i significati possibili della norma interna da applicare al caso, quello che appaia
maggiormente conforme alloggetto ed allo scopo della direttiva.
Essi debbono cio utilizzare il metodo teleologico.
In tal modo si realizza un effetto orizzontale indiretto delle direttive, le cui disposizioni
sono applicate ai rapporti tra privati attraverso linterpretazione conforme della norma interna
teleologicamente orientata alla realizzazione dei risultati prescritti dalla direttiva.
La Corte, inoltre, ha ampliato la portata dellobbligo di interpretazione conforme a prescindere
che si tratti di <<norme interne precedenti o successive alla direttiva>>, dichiarando, ancora,
che lobbligo teleologico riguarda di fatto tutto lordinamento.
Tuttavia sono stati individuati limiti allapplicazione generalizzata del principio in questione.
Innanzitutto resta limpossibilit di far derivare un obbligo del singolo dallinterpretazione del
diritto nazionale in modo conforme ad una direttiva non trasposta; nonch di determinare o
aggravare la responsabilit penale dei singoli che la violano.
Quando non sia possibile linterpretazione conforme resta aperto il problema delle direttive
prive di effetto diretto e non ancora recepite.
Occorre considerare infatti che la direttiva non trasposta resta pur sempre un atto comunitario
valido ed idoneo a produrre effetti giuridici, e pu costituire parametro della compatibilit
delle norme interne con la normativa comunitaria.
Questo ha trovato conferma nella Corte di Giustizia da sempre ancorata al testo dellart. 288
del TFUE.

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Proprio dalla previsione testuale dellobbligo cedente sullo Stato si fatto derivare la
considerazione che la direttiva individua come destinatario tutti gli organi dello Stato
unitariamente considerato, quindi, anche i giudici che, nellambito delle loro funzioni,
dovrebbero contribuire alla realizzazione delleffetto utile.
In particolare la Corte ha rilevato che la direttiva, pur se sprovvista di efficacia diretta, allo
scadere dei termini di recepimento ha leffetto di far entrare nellambito di applicazione del
diritto dellunione la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale che affronta una
materia disciplinata dalla stessa direttiva.
In definitiva, lalternativa alla disapplicazione della norma interna incompatibile ,
nellordinamento italiano, il rinvio alla Corte costituzionale in quanto il contrasto tra la
normativa interna e quella comunitaria costruito come una questione di legittimit
costituzionale.
In conclusione, nel caso in cui il risultato prescritto dalla direttiva non si possa conseguire con
mezzi giudiziari, resta inalterato leffetto verticale ed il diritto del singolo al risarcimento del
danno.
15. IL PRIMATO DEL DIRITTO DELLUNIONE EUROPEA SUL DIRITTO INTERNO
Leffetto diretto si collega strettamente al primato o prevalenza delle norme comunitarie sulle
norme interne contrastanti con i diritto comunitario, sia precedenti che successive e quale ne
sia il rango, anche costituzionale.
La conseguenza pratica che la norma interna contrastante con quella comunitaria non pu
essere applicata, o, meglio, deve essere disapplicata.
costante orientamento giurisprudenziale che il giudice nazionale ha lobbligo di applicare
integralmente il diritto comunitario.
Non solo, la giurisprudenza comunitaria ha finanche affermato lobbligo per lamministrazione,
ove consentito, di non dare seguito ad un atto amministrativo configgente con lordinamento
comunitario.
Cos riaffermando che il principio della preminenza del diritto comunitario impone non solo al
giudice ma allo Stato membro inteso nel suo insieme di dare pieno effetto alla norma
comunitaria.
La Corte di Giustizia prevenuta abbastanza presto alla affermazione della PREVALENZA DELLE
NORME COMUNITARIE SU QUELLE NAZIONALI quale riconoscimento complementare
alleffetto diretto.
Non altrettanto si pu dire di alcune giurisdizioni nazionali che a quel risultato sono perlopi
pervenute con grande travaglio intellettuale percorrendo strade anche diverse da quella
segnata dalla corte: il caso della Corte Costituzionale italiana.
Innanzitutto quando la legge comunitaria successiva a quella nazionale con essa
configgente, per il principio che da sempre disciplina la successione delle leggi nel tempo,
lex posterior derogat priori, prevale rispetto alla norma interna.
Stesso rango norma interna e comunitaria: Il problema sorgeva per le norme nazionali
successive alla norma comunitaria, in quanto, inizialmente il rango assegnato alla norma
comunitaria era quello di legge ordinaria con la quale si ratificava il trattato. Ne scaturirono
posizioni dialettiche tra Corte di Giustizia e Giudice delle leggi Italiano. Tale dialettica risale
ai primi anni sessanta, quando la legge di nazionalizzazione dellenergia elettrica fu
contestata avanti il giudice a quo sotto il profilo costituzionale e del conflitto con il diritto
comunitario. La Corte costituzionale afferm che andava applicato il principio della
successione delle leggi nel tempo. La Corte di Giustizia, invece, nella sentenza Costa,
enunciava una posizione antitetica, ribadendo i principi e la prospettiva affermati nella
sentenza Van Gend en Loos, in particolare che il Trattato ha istituito un ordinamento
giuridico proprio, integrato da quello nazionale, e perci non possibile opporre ad una
norma comunitaria una norma interna successiva. Il contrasto tra Corte di Giustizia e
Corte Costituzionale era netto.

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Questione di legittimit Costituzione della norma interna in conflitto con norma


europea: In seguito la Corte costituzionale si progressivamente avvicinata, se non
proprio ai principi del primato assoluto della Corte di Giustizia, almeno al risultato, cio
quello delleffetto diretto e del primato quali elementi intrinseci delle norme comunitarie.
Infatti, se nella sentenza Costa la Corte Costituzionale aveva affermato la prevalenza della
legge italiana successiva, dopo una decina di anni ebbe a stabilire con le sentenze:
A. Frontini: sviluppando un ragionamento gi contenuto in una sentenza del 1965,
afferm la separazione tra i due ordinamenti, riconoscendoli autonomi e distinti. Ne
consegue che dove c competenza in base al Trattato, lo Stato deve astenersi dal
pregiudicare limmediata applicazione dei regolamenti. Inoltre mentre individuava
nellart. 11 la fonte costituzionale che legittimava la parziale rinuncia alla sovranit,
riconosceva la immediata vincolativit dei regolamenti ex 288 TFUE.
B. Industrie chimiche : nella successiva sentenza il Giudice delle leggi affront il
problema del conflitto tra un regolamento comunitario ed una legge interna
posteriore con esso configgente. Considerandolo come problema di esercizio delle
competenze e, dunque, riconducibile allart. 11 Cost. la Corte ne trasse il
convincimento che la legge interna dovesse superare il vaglio della
legittimit costituzionale.
La soluzione Industrie chimiche non ebbe molti consensi, n dalla dottrina, n dalla
giurisprudenza interna.
La reazione della Corte di Giustizia venne con la sentenza Simmenthal. La Corte di
Giustizia fu adita in via pregiudiziale dal giudice italiano per sapere se lobbligo di attivare
previamente il giudizio di legittimit costituzionale di una norma successiva in conflitto con
regolamento non ledesse a sua volta lesigenza di dare immediata ed uniforme applicazione
al regolamento stesso in tutti gli Stati membri.
La Corte di giustizia forn una risposta chiara ed articolata, afferm:
A. Che leffetto diretto ed il primato impongono che sia data applicazione immediata;
B. Che le norme interne successive incompatibili non si formano validamente;
C. Che il sistema di controllo giurisdizionale fondato sulla cooperazione tra giudice
comunitario e giudice costituzionale verrebbe meno se non ci fosse lobbligo di dare
immediata applicazione alle leggi comunitarie e si dovesse aspettare lesito del
procedimento di verifica costituzionale.
La Corte costituzionale nella sentenza Granital, 1984 rimedit la propria posizione. Punto
di partenza fu ancora una volta laffermazione che i due ordinamenti sono distinti e tra loro
autonomi anche se coordinati in quanto in forza dellart. 11 Cost. sono state trasferite alle
istituzioni comunitarie le competenze relative a materie determinate. Lattribuzione delle
competenze allUnione comporta che latto normativo europeo posto in essere
nellesercizio di quelle competenze attribuite ex art. 11 Cost. impedisce alla norma interna
eventualmente contrastante(anteriore o successiva) di venire in rilievo ai fini della
disciplina del rapporto sul quale si controverte. Ne consegue che il contrasto fa si che la
norma interna non sia suscettibile di annullamento, ma semplicemente sia disapplicata.
Dalla sentenza derivano due conseguenze:
1) non ponendosi pi una questione di costituzionalit, ma di irrilevanza della norma
interna, il giudice applica direttamente la norma comunitaria provvista di effetto
diretto, disapplicando la normativa nazionale;
2) il potere del giudice opera solo nellipotesi che la norma derivata sia completa e
provvista di effetto diretto; quando si tratti, infatti, di norma derivata incompleta viene
in rilievo per la disciplina del rapporto la disciplina interna e, se in conflitto, deve essere
sottoposto al vaglio di legittimit costituzionale in relazione allart. 11 Cost.
La Corte costituzionale ha lasciato che non si sottragga alla sua verifica due ipotesi:
- quella di uneventuale conflitto della norma comunitaria, con i principi fondamentali del
nostro ordinamento e con i diritti inalienabili della persona umana;

31

- quella di norme interne che si assumono dirette ad impedire o pregiudicare la perdurante


osservanza del trattato o il nucleo essenziale dei suoi principi
In una successiva occasione di giudizio in via principale tra lo Stato e una Regione, la corte
costituzionale ha precisato che nellipotesi di contrasto con la norma comunitaria provvista di
effetto diretto, la soluzione dellinammissibilit, potrebbe generare gravi incertezze
applicative e unevidente lesione del principio della certezza e della chiarezza normativa.
La sentenza Granital ha rappresentato una svolta nella riflessione sul complesso rapporto tra
norme interne e norme comunitarie. Qualche divergenza di fondo rimasta, ma prevalenza
diritto comunitario stata affermata in modo chiaro. Non si mancato di rilevare il ruolo della
Corte di giustizia dellinterpretazione e nellapplicazione del diritto comunitario. Si rilevata
limmediata applicabilit, in luogo delle norme nazionali confliggenti, delle norme comunitarie
cos come interpretate nelle sentenze della corte pronunciate a seguito di rinvio pregiudiziale,
nonch allesito di una procedura dinfrazione.
Da ricordare la giurisprudenza della corte costituzionale che ha limitato lammissibilit del
referendum abrogativo delle norme che si collegano ad impegni comunitari, escludendola in
relazione alla legge di adattamento e poi anche in relazione a tutte quelle leggi che
direttamente o indirettamente segnano ladempimento del paese ad obblighi comunitari.
La posizione della Corte di giustizia stata riaffermata in numerose occasioni. Tra quelle pi
significative la sentenza Factortame dove ha puntualmente affermato che la norma interna
che sia di ostacolo alla protezione giurisdizionale effettiva di un diritto che il singolo vanta in
forza del diritto comunitario deve essere disapplicata dal giudice nazionale.

CAPITOLO III: LA TUTELA GIURISDIZIONALE


1. LA TUTELA GIURISDIZIONALE NEL SISTEMA DELLUNIONE
La specificit del sistema dellUnione non risiede tanto nel modo di essere del rapporto tra
norme ed ordinamenti di natura ed origine diversa quanto nel meccanismo di tutela
giurisdizionale.
Si tratta di un meccanismo che non ha precedenti sia sotto il profilo funzionale e delle
articolazioni del sistema, sia sotto il profilo degli effetti che esso produce sulla posizione
giuridica soggettiva dei destinatari: le Istituzioni europee, gli Stati membri, i singoli, persone
fisiche o giuridiche.
Non a caso il sistema di controllo giurisdizionale stato lelemento fondamentale di quel
modo di essere della Comunit che lha fatta definire <<Comunit di diritto>>.
Alla realizzazione di questo risultato ha contribuito il giudice dellUnione che ha garantito la
tutela delle posizioni giuridiche su cui incide il diritto comunitario indipendentemente da una
sintonia con il diritto nazionale.
significativo che il Trattato di Lisbona, allart. 19, abbia espressamente richiamato il
principio della tutela giurisdizionale , ribadendo lobbligo per gli Stati membri di stabilire i
rimedi necessari per assicurarne losservanza.
Il Trattato di Lisbona ha mantenuto inalterato il previgente sistema giudiziario, estendendolo
al settore della cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale, con la sola differenza
terminologica di Tutela giurisdizionale dellUnione, piuttosto che Comunitaria.
In conseguenza dellabolizione della struttura a pilastri delineata da Maastricht, il giudice
dellUnione ha acquisito una competenza generale in relazione al diritto dellUnione.
Le nuove attribuzioni entreranno in vigore dopo un periodo transitorio di cinque anni.
Il sistema giurisdizionale si articola su due piani procedurali:

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A. controllo diretto: esercitato dalla Corte di Giustizia e/o dal Tribunale, o dai Tribunali
Speciali; attivato dalle Istituzioni, dagli Stati membri, dai singoli ( legittimati attivi);
B. controllo indiretto o della procedura pregiudiziale: fondato sulla cooperazione
tra giudice nazionale e giudice dellUnione attraverso il rinvio pregiudiziale del
nazionale a quello dellUnione che si risolve attraverso il controllo indiretto della Corte.
Si tratta insomma dellincidente preliminare europeo con il quale il Giudice nazionale
sospende un giudizio in attesa che la Corte di Giustizia dia una interpretazione della
norma. La decisione spetta al giudice nazionale. Lart. 256 del TFUE, prevede che tale
competenza pregiudiziale possa essere attribuita anche al Tribunale per materie
specifiche da definire con Statuto della Corte, al momento per inalterata la
competenza della Corte.

2. IL CONTROLLO DIRETTO SULLA LEGITTIMIT DI ATTI E COMPORTAMENTI DELLE


ISTITUZIONI. LAZIONE DI ANNULLAMENTO.
Il controllo giurisdizionale diretto sulla legittimit degli atti dellUnione attribuito alla
competenza esclusiva della Corte di Giustizia dellUnione europea la quale comprende la
Corte di giustizia, il Tribunale e i Tribunali specializzati (denominazione introdotta dal Trattato
di Lisbona).
Il controllo si realizza attraverso pi procedure con effetti diversi: azione di annullamento;
azione in carenza; eccezione incidentale dinvalidit; lazione per danni da
responsabilit extracontrattuale dellUnione; il contenzioso in materia di
personale.
Il Tribunale competente a conoscere dei ricorsi individuali, dei ricorsi presentati dagli Stati
membri, e dei ricorsi proposti contro le decisioni dei tribunali specializzati.
Lart. 51 dello Statuto ha devoluto alla cognizione della Corte di giustizia solo i ricorsi di
annullamento ed in carenza promossi contro gli atti o le inattivit del Parlamento e del
Consiglio, nonch della Commissione.
Il Tribunale risulta essere ora competente a conoscere molte delle materie, in funzione di
organo di prima istanza, in particolare:
1) dei ricorsi diretti proposti dalla persone fisiche o giuridiche
2) dei ricorsi proposti dagli Stati membri contro la commissione
3) dei ricorsi proposti dagli Stati membri contro il consiglio in relazione agli atti adottati
nellambito degli aiuti di Stato, le misure di difesa commerciale dumping
4) ricorsi diretti ottenere il risarcimento dei danni causati dalle istituzioni dellunione europea
o dai loro dipendenti
5) di ricorsi fondati su contratti stipulati dallUnione Europea che prevedono espressamente la
competenza del tribunale
6) di ricorsi in materia di marchio comunitario
7) delle impugnazioni contro le decisioni dei tribunali specializzati
Le sentenze e le ordinanze del tribunale sono impugnabili dinanzi la Corte di giustizia per i soli
motivi di diritto.
Lazione di annullamento.
regolata dallart. 263 TFUE , essa consiste nellimpugnazione mediante ricorso di un atto
che si pretende viziato e pregiudizievole.
immediata la similitudine tra giudice europeo e giudice amministrativo.
Atti impugnabili

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Sono gli atti legislativi , gli atti del Consiglio, della Commissione e della BCE; gli atti del
Parlamento europeo e del Consiglio Europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti
di terzi (anche un provvedimento a caratteri interno purch idoneo a produrre effetti giuridici
in capo a terzi).
In relazione allart. 263, in base al quale posto il principio generale del controllo
giurisdizionale di ogni atto adottato da un organismo comunitario destinato a produrre effetti
giuridici nei confronti di terzi, il Tribunale esercita un controllo di legittimit sugli atti degli
organi dellUnione.
Lespressa esclusione delle raccomandazioni e dei pareri starebbe ad indicare che sono
impugnabili solo gli atti vincolanti che sono regolamenti, direttive e decisioni.
Tuttavia la giurisprudenza della Corte ispirata al criterio del privilegio della sostanza
sulla forma.
Pertanto, qualunque sia la natura dellatto e indipendentemente dal nomen iuris e dalle
modalit di comunicazione ai destinatari, lammissibilit della sua impugnazione legata
allefficacia vincolante dellatto ed alla sua efficacia nei confronti dei terzi.
La formula utilizzata dalla Corte al riguardo illuminate lazione di annullamento deve
potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni
(indipendentemente dalla sua natura o forma) che miri a produrre effetti
giuridici .
Lapproccio sostanziale comporta un onere per i destinatari che sono tenuti allo stesso
approccio sostanziale nel decidere, quando latto appare lesivo dei diritti dei singoli, se
impugnarlo o meno e nel verificare la legittimazione a farlo.
Invero una denominazione dellatto allapparenza innocua pu nascondere un atto che
<<mira a produrre effetti giuridici>> con la conseguenza che quando se ne vogliano evitare
gli effetti deve essere impugnato.
Impugnabili sono gli atti definitivi.
Sotto questo profilo non sono impugnabili gli atti preparatori in quanto e nella misura in cui,
presi isolatamente, non modificano la posizione giuridica del destinatario.
Ad esempio non impugnabile, in quanto atto preparatorio, la comunicazione della
Commissione alle imprese che segna lapertura dellinchiesta nei loro confronti in materia di
concorrenza.
Viceversa, impugnabile latto con cui la Commissione comunica di avere archiviato
definitivamente una denuncia per violazione delle norme sulla concorrenza.
Sono altres impugnabili gli atti che autorizzano o approvano la conclusione di un accordo.
Del pari sono ricompresi tra gli atti impugnabili anche quelli adottati dal Parlamento se ed in
quanto anchessi idonei a produrre effetti vincolanti per i terzi.
Soltanto con il trattato di Lisbona stato esteso il controllo della Corte sugli atti adottati dal
Consiglio europeo, nonch dagli organi e organismi dellUnione, a condizione che essi siano
produttivi di effetti giuridici nei confronti di terzi.
Legittimati attivi.
Legittimati ad impugnare gli atti dellUnione sono:
A. Gli Stati membri, sempre e comunque, anche quando si tratti di atti diretti ad altri Stati
ovvero ad individui. La legittimazione attribuita unicamente allo Stato, non anche alle
sue articolazioni, quali le regioni o i comuni.
B. Regioni e Comuni possono impugnare atti in quanto persone giuridiche, solo avanti il
Tribunale ed alle condizioni di cui allart. 263, c. 4 Qualsiasi persona fisica o giuridica
pu proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti
adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli
atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura

34

d'esecuzione . Legittimati allimpugnazione sono altres il Consiglio, la Commissione e


il Parlamento.
C. La Corte dei Conti, la BCE e il Comitato delle Regioni (da Lisbona) sono legittimati
ad agire solo <<per salvaguardare le proprie prerogative>>, art. 263, c. 3 La
Corte competente, alle stesse condizioni, a pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti,
la Banca centrale europea ed il Comitato delle regioni propongono per salvaguardare le
proprie prerogative .
D. Molto singolarmente prevista lazione di annullamento per violazione del diritto ,
su ricorso del Governatore della Banca Centrale di uno Stato membro, ovvero del
Consiglio Direttivo della BCE relativamente alla rimozione dello stesso governatore, il tutto
ai sensi del Protocollo SEBC , art. 14.2. Un governatore pu essere sollevato
dall'incarico solo se non soddisfa pi alle condizioni richieste per l'espletamento delle sue
funzioni o si reso colpevole di gravi mancanze. Una decisione in questo senso pu
essere portata dinanzi alla Corte di giustizia dal governatore interessato o dal consiglio
direttivo, per violazione del trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa all'applicazione
del medesimo... .
E. I singolo, persone fisiche o giuridiche, associazioni , in primo grado davanti il
Tribunale, in secondo per motivi di diritto avanti la Corte. La nozione di persona giuridica
molto ampia e prescinde dalle qualificazioni di ciascun diritto nazionale. Pu agire anche
uno Stato terzo, quando ricorrano le condizioni di cui allart. 263.
a. Il singolo, tuttavia non legittimato ad impugnare tutti gli atti. In primo
luogo pu impugnare le decisioni a lui specificatamente indirizzate; in
secondo luogo pu impugnare atti di cui non sia il formale destinatario, anche
regolamenti, alla condizioni che tali atti lo riguardino direttamente ed
individualmente, cio che sia destinatario sostanziale dellatto e che vi sia un
nesso di causalit tra la situazione individuale e la misura adottata. Lo scopo
di evitare che le Istituzioni adottino atti che incidano individualmente sulla
posizione del singolo senza che questi abbia un rimedio giurisdizionale. Non
impugnabile, al contrario un regolamento che pure consentendo di individuare
i destinatari sia adottato in forza di una situazione obiettiva in fatto e in diritto.
i. Direttamente riguardato: la giurisprudenza ha stabilito che ci si verifica
quando non richiesta alcuna misura di esecuzione per lattuazione
dellatto, n nazionale n dellUnione, quando, cio, incida
direttamente sulla posizione giuridica del singolo senza che, ai fini
della sua applicazione, sia necessaria una ulteriore attivit normativa. Nel
caso contrario tale carattere deve considerarsi assente.
ii. Individualit: ribadito che il carattere sussiste solo quando il
ricorrente pu sostenere che il provvedimento lo tocchi a causa di
determinate qualit personali o di particolari circostanze atte a
distinguerlo dalla generalit.
b. Associazioni rappresentative dinteressi diffusi: i criteri restrittivi della
direttamente riguardato, individualit e modifica dei diritti acquistati dal
singolo hanno trovato applicazione in relazione alle associazioni, per la cui
legittimazione non sufficiente la circostanza che tutelino interessi generali,
occorre, invece, che i soggetti rappresentati siano direttamente ed
individualmente <<riguardati>> dallatto.
i. Modifica dei diritti acquistati dal singolo: la Corte ha precisato che un atto
che riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili pu essere
impugnato quando modifichi i diritti acquistati dal singolo prima della sua
adozione
Quanto precisato vale anche per le Direttive che hanno normalmente una portata generale,
in particolare occorre verificare se si tratta di una decisione dissimulata e se il singolo ne
possa essere riguardato direttamente ed individualmente.

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Nonostante pi di una critica, lorientamento della Corte sui requisiti della rilevanza diretta
ed individuale dellatto per il singolo ai fini dellimpugnabilit rimasto invariato.
Anche rispetto al rilievo che tale orientamento avrebbe potuto comportare una riduzione nella
protezione giurisdizionale la Corte aveva comunque confermato il suo orientamento,
limitandosi a al rilievo che lestensione della legittimazione attiva delle persone fisiche e
giuridiche avrebbe richiesto una modifica del Trattato.
Il Trattato di Lisbona ha realizzato la revisione delle condizioni di ricevibilit del ricorso di
annullamento proposto dal singolo, persona fisica o giuridica, sancendo il diritto di impugnare
gli atti regolamentari che li riguardano direttamente e non contengano alcuna misura di
esecuzione. Art. 263, c. 4 TFUE.
E ripresa in questo modo una novit che era prevista dal progetto di Trattato Costituzionale,
fallito per mano referendaria, anche se non dato sapere a cosa si riferisca lespressione
<<atti regolamentari>>.
Questa tipologia di atti era stata espressamente prevista nel Progetto di Trattato
Costituzionale, ma abbandonata dal Trattato di Lisbona che si limita ad affermare che gli atti
(regolamento, direttiva e decisione) adottati in base alla procedura legislativa ordinaria o
speciale, sono atti legislativi.
Si deve, dunque, ritenere che gli <<atti regolamentari>> ai quali si riferisce la norma siano
quelli di carattere generale adottati secondo procedure diverse da quella legislativa.
Si aggiunga che lart. 263, c. 5, dispone che gli atti che istituiscono Organi dellUnione
possono a loro interno prevedere condizioni e modalit specifiche relative ai ricorsi proposti da
persone fisiche o giuridiche contro atti di detti organi destinati a produrre effetti giuridici nei
loro confronti.
Il termine per limpugnazione di due mesi a decorrere dalla pubblicazione dellatto, peraltro
nel caso di atti pubblicati il termine decorre dalla data in cui la Gazzetta Ufficiale stata
effettivamente diffusa, cosa che non sempre corrisponde con la data ufficiale.
Il termine decorre, altres, dalla data di notificazioni per gli atti che prevedano tale obbligo
(decisioni), ovvero, quale criterio residuale e subordinato, dal giorno in cui il ricorrente ne ha
avuto la effettiva conoscenza.
I Vizi.
Sono quelli del contenzioso amministrativo: incompetenza; violazione delle forme
sostanziali; violazione[di legge] delle norme dei Trattati o di quelle relative alla loro
applicazione; sviamento di potere.
1) Lincompetenza.
Spesso rimane assorbita dalla <<violazione di legge>>, comprende sia lincompetenza
relativa dellIstituzione che ha adottato latto, sia lincompetenza assoluta dellUnione in
quanto tale.

2) La violazione delle forme sostanziali.


Comprende, in particolare, il difetto di motivazione nonch lerrata base giuridica.
Relativamente alla errata base giuridica patologia dellatto di non trascurabile rilievo e
presta profili pi generali che investono lo stesso equilibrio delle istituzioni. Si pensi, ad
esempio ad un atto che poteva essere adottato a maggioranza(207) e che invece stato
basato sullunanimit (352).
3) La violazione di legge.
Comprende la violazione delle norme dei Trattati e di diritto derivato dellUnione.

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Inoltre essa comprende anche i principi generali consolidatisi nella giurisprudenza della Corte:
proporzionalit, non discriminazione, legittimo affidamento, rispetto dei diritti della difesa.
La violazione di legge riguarda, infine, anche le norme internazionali convenzionali e quelli
consuetudinarie internazionali generalmente riconosciute.
Relativamente alle norme convenzionali la giurisprudenza richiede che siano provviste di
effetto diretto.
Ci ha riguardato le norme GATT (Accordo sulle tariffe ed il Commercio) che data la loro
peculiare flessibilit non potevano costituire parametro di legittimit.
4) Lo sviamento di potere.
Si verifica quando lamministrazione, nellambito della discrezionalit di cui gode, esercita un
determinato potere allo scopo di raggiungere fini diversi da quelli per il quale il potere stato
conferito.
Lo sviamento deve risultare da indizi <<obiettivi, pertinenti e concordanti>>.
Lo sviamento di potere comprende anche lo sviamento di procedura ,cio quando una
determinata procedura sia utilizzata a fini diversi da quelli per i quali stata istituita.
Le misure cautelari.
Il ricorso proposto al giudice dellUnione non ha effetto sospensivo.
Tuttavia, lart. 278 TFUE prevede la possibilit di chiedere alla Corte, in via cautelare, la
sospensione dellatto impugnato.
La Corte pu, inoltre, ordinare misure provvisorie, diverse dalla sospensione, che ritiene
necessarie.
La misura viene decisa dal Presidente della Corte che, eccezionalmente, pu investire anche il
plenum .
Lordinanza cautelare del Presidente del Tribunale impugnabile dinanzi alla Corte.
Quanto alle condizioni che giustificano un provvedimento cautelare non si discostano da
quelle di qualunque ordinamento: accessoriet e strumentalit della misura rispetto al
giudizio principale, fumus boni iuris o lapparenza del diritto, irreparabilit del danno
scaturente dallesecuzione del provvedimento impugnato o periculum in mora, bilanciamento
degli interessi a confronto .
Laccoglimento del ricorso da luogo allannullamento dellatto impugnato con effetto ex tunc.
In casi eccezionali prevista la facolt della Corte di dichiarare che lannullamento con
effetto ex nunc.
3. LAZIONE IN CARENZA
Il ricorso in carenza uno strumento che tende a porre rimedio giudiziale alla illegittima
inattivit di una Istituzione dellUnione o della BCE.
Esso consente di metter in discussione il comportamento del Parlamento europeo, del
Consiglio Europeo, del Consiglio e della Commissione, nonch della BCE, allorch tali
Istituzioni e Organi, in violazione del Trattato, si astengano dal pronunciarsi.
Lart. 265, TFUE prefigura uno strumento dimpugnazione autonomo rispetto a quello
disciplinato dal 263.
Il ricorso in carenza riguarda non lipotesi di un rifiuto, perch si tratta comunque di un
provvedimento, ma lillegittima assenza di decisione e tende ad una contestazione
dellinerzia dellistituzione.
Lintroduzione del ricorso davanti la Corte subordinata ad una fase amministrativa
preliminare.

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Invero, perch il ricorso sia ricevibile c bisogno che gli Stati membri e le altre Istituzioni
dellUnione (legittimate attive) abbiano messo in mora lIstituzione o lOrgani cui
rimproverano linerzia.
Tale messa in mora deve avere luogo dopo un <<termine ragionevole>> in cui sia possibile
apprezzare linerzia.
Dal momento della messa in mora, lIstituzione dispone di un periodo di due mesi per
prendere posizione, decorso invano il quale lautore della messa in mora pu introdurre il
ricorso, a sua volta entro due mesi.
Quando invece lIstituzione rifiuti espressamente di prendere posizione, oppure adotti latto
voluto dal richiedente o adotti un qualche provvedimento sia pure diverso da quello
sollecitato, questo impugnabile, se difforme dalla richiesta, non pi con lazione in carenza,
ma con quella di annullamento.
Lassenza di decisione deve essere attuale e permanente.
Legittimati attivi sono gli Stati membri e le Istituzioni dellUnione.
Si discusso se lastensione debba necessariamente riferirsi alladozione di atti vincolanti,
ma il dibattito privo di interesse , infatti, non si comprende quale possa essere il vantaggio
di una azione in carenza per atti privi di vincolativit.
I singoli, persone fisiche o giuridiche, possono proporre ricorso in carenza ex art. 265, c. 3,
quando lIstituzione abbia omesso di emanare un atto che non sia una raccomandazione o
un parere (quindi un atto vincolativo).
A differenza delle istituzioni il singolo pu agire in carenza solo quando listituzione abbia
omesso di emanare nei suoi confronti un atto.
Si poi discusso se lomissione debba riferirsi ad un atto in cui il ricorrente sia formalmente il
destinatario, ovvero debba accogliersi una lettura pi ampia.
La Corte, dopo una prima fase di molta prudenza, ha ammesso un parallelismo tra
limpugnazione di atti che investono direttamente ed individualmente il ricorrente che non ne
sia il destinatario (art. 263, 4) e lanaloga condizione relativa allazione in carenza (265, 3).
Nellambito della procedura fondata sullart. 265, il ricorrente, Stato membro o singolo, ha
anche la possibilit di chiedere ex art. 279 TFUE, provvedimenti provvisori.
4. LECCEZIONE DINVALIDIT
Lart. 277 TFUE recita Nell'eventualit di una controversia che metta in causa un atto di
portata generale adottato da un'istituzione, organo o organismo dell'Unione, ciascuna parte
pu, anche dopo lo spirare del termine previsto all'articolo 263, sesto comma, valersi dei
motivi previsti all'articolo 263, secondo comma, per invocare dinanzi alla Corte di giustizia
dell'Unione europea l'inapplicabilit dell'atto stesso ; esso prefigura leccezione di
invalidit. Si tratta di uneccezione incidentale che le parti possono sollevare nel corso di
una procedura gi attivata per altri motivi, al fine di far dichiarare alla Corte linapplicabilit
dellatto su cui si verte e questo anche dopo che sia spirato il termine dimpugnazione
previsto.
La similitudine che richiama lipotesi quella delleccezione di invalidit di un regolamento in
occasione dellimpugnazione di un atto di esecuzione di quello stesso regolamento e come
motivo dellinvalidit dallatto impugnato.
Se necessario che leccezione di invalidit sia incidentale rispetto a procedura gi pendente,
altres indispensabile che vi sia uno stretto collegamento tra latto impugnato e quello di cui
si chiede incidentalmente la illegittimit.
Ne deriva, logicamente, che lirricevibilit del ricorso di annullamento comporta la automatica
caducazione delleccezione proposta ex art. 277.
Nel Trattato CE leccezione di invalidit era formalmente limitata ai regolamenti, mentre nel
TFUE stata estesa a tutti gli atti di portata generale.

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Leccezione estesa altres anche a quegli atti che pure avendo natura e nome iuris diversi,
producano gli stessi effetti generali.
Leccezione di invalidit collegata allimpossibilit per i singoli ex art. 263 di agire
per lannullamento di portata generale.
Tuttavia questo non implica che i <<ricorrenti privilegiati>>(Stati membri e Istituzioni) sia
sempre impedito di formulare tale eccezione.
Non lo vieta la lettera che fa riferimento a <<ciascuna parte>>; non la ratio che quella di
evitare che un atto viziato possa costituire la base giuridica valida per altri atti; non la
giurisprudenza che la ammette sia pure limitatamente al caso in cui sia contestato un
regolamento nel contesto di una azione di annullamento proposta contro un altro
regolamento.
evidente che allo Stato membro, come al singolo, preclusa leccezione di invalidit rispetto
ad una decisione individuale di cui sia il destinatario.
stato ribadito dalla giurisprudenza della Corte che lo Stato non pu eccepire in via
incidentale lillegittimit di una decisione di cui sia destinatario in una procedura per
inadempimento e che lunica eccezione ammissibile riguarda lipotesi di un atto viziato in
modo cos grave ed evidente da essere inesistente.
Leffetto di eventuale accoglimento delleccezione dinvalidit linapplicabilit
dellatto e non il suo annullamento.
5. LAZIONE DI RESPONSABILIT EXTRACONTRATTUALE
La competenza della Corte di Giustizia in materia di responsabilit extracontrattuale e di
risarcimento del relativo danno statuita dallart. 268 TFUE, collegata alla funzione di
controllo sulla legittimit degli atti dellUnione.
La disciplina prevista dallart. 340, 2 c. TFUE, il quale si limita a imporre allUnione di
risarcire, conformemente ai principi generali, i danni causati dalle sue Istituzioni ovvero dagli
agenti nellesercizio delle loro funzioni.
Il 3 comma estende questa disciplina ai danni causati dalla BCE e dai suoi agenti
nellesercizio delle funzioni.
La disciplina ed il contenzioso meritano attenzione a cominciare dalle condizioni di ricevibilit.
A. La competenza della Corte di Giustizia e sussiste solo quando il danno sia stato
cagionato da una Istituzione dellUnione o da un suo agente, dalla BCE o da suo agente.
competenza esclusiva.
B. La competenza appartiene ai giudici nazionali quando risulti che il danno allegato sia stato
prodotto da organismi nazionali, sia pure in applicazione di normativa dellUnione.
In relazione alla competenza e ricevibilit ed al sottile distinguo delle regole sovresposte, la
Corte ha elaborato il criterio della competenza efficiente in base al quale il giudice
nazionale a dovere essere adito qualora sia nelle condizioni di statuire utilmente.
Pi in generale si dovrebbe far ricorso allazione di risarcimento per danno extracontrattuali in
termini residuali rispetto ai mezzi predisposti per lannullamento di misure ed atti nazionali.
Tali mezzi debbono assicurare al singolo di restare comunque indenne dalle conseguenze
dannose dellillegittimit dellatto.
Quando, ad esempio, i mezzi interni assicurano lannullamento dellatto o anche la
restituzione delle somme indebitamente versate, ma non anche il risarcimento del danno,
esperibile la procedura ex artt. 268 e 340, c. 2 TFUE
Tuttavia, quello che la giurisprudenza ha inteso evitare con le sue pronunce, che lazione di
responsabilit sia utilizzata per conseguire lo stesso risultato che avrebbe potuto essere
raggiunto utilmente con una azione diversa.

39

Lazione per danni non pu essere il mezzo per neutralizzare gli effetti di un atto lesivo,
quando tale obiettivo possa essere utilmente raggiunto attraverso una normale azione di
annullamento.
In questo senso la ratio della sentenza Plaumann.
Infatti, se vero che il presupposto dellaccertamento della responsabilit e della correlata
risarcibilit del danno il controllo della legittimit dellatto lesivo, anche vero che in tale
sede il controllo non pieno.
A ci va aggiunto che la dichiarazione di illegittimit resta puramente incidentale e non
produce gli effetti propri dellazione di annullamento.
Le condizioni della responsabilit extracontrattuale e del conseguente obbligo risarcitorio sono
state precisate dalla Corte:
A. illiceit del comportamento dellistituzione;
B. danno effettivo;
C. nesso di causalit tra comportamento illecito e danno arrecato.
Inoltre, nellipotesi che un danno derivi da un atto normativo che implica scelte di politica
economica, la responsabilit per danno sussiste solo in caso di violazione grave di una norma
superiore intesa a tutelare i singoli.
Il danno poi deve essere individuale, non ammissibile unazione per responsabilit
extracontrattuale quando latto investe categorie generalizzate di operatori economici e le
conseguenze risultano molto attenuate per i singoli.
Quanto, infine, al danno risarcibile, la cui prova incombe sul ricorrente, esso deve essere
<<speciale>> oltre che <<certo>> ed <<attuale>>.
La Corte ha avuto modo di precisare che sono risarcibili sia il pregiudizio materiale che quello
morale, sia il danno emergente (la conseguenza diretta) sia il lucro cessante (il mancato
guadagno).
Inoltre riconosciuta la svalutazione monetaria, nonch gli interessi moratori fissati, senza
riferimento al tasso legale vigente nello Stato membro del ricorrente, nella misura del 6-8%, e
comunque in misura mai superiore a quanto richiesto.
7. LIMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE
Lart. 256 del TFUE prevede che tutte le azioni siano trattate in primo grado dal Tribunale,
fatta eccezione per i rinvii pregiudiziali (almeno fino a quando non sar applicato lart. 256, c.
3).
Il Tribunale ha ormai assunto il ruolo di giudice di primo grado a competenza
generale, mentre relativamente alle decisioni adottate dalle camere giurisdizionali esercita la
funzione di giudice di secondo grado.
La competenza del Tribunale riguarda anche i ricorsi individuali contro atti adottati da altri
organi istituiti da atti dellUnione di diritto derivato.
Il trasferimento delle competenze al Tribunale va letto sotto un duplice profilo. Il primo
quello dellistituzione di un doppio grado di giurisdizione; il secondo riguarda lattenzione ai
fatti, alle esigenze istruttorie ed ai relativi strumenti processuali.
Ci ha comportato per la Corte due risultati, da un lato una riduzione del numero delle cause,
dallaltro una accentuazione del suo ruolo di giudice costituzionale in senso lato, cio
custode delluniformit di applicazione del diritto dellUnione.
La cognizione del Tribunale, dunque, si sostituisce in primo grado alle competenze che il
Trattato attribuiva alla Corte rispetto alle azioni attivate da ricorsi individuali e, in taluni casi,
dagli Stati membri: di annullamento (art. 263); in carenza (art. 265); di responsabilit
extracontrattuale (art. 268).

40

possibile che Corte e Tribunale siano chiamati a decidere contemporaneamente si ricorsi


aventi lo stesso oggetto.
Come ad esempio quando si verta su decisione della Commissione su aiuti pubblici alle
imprese, impugnabile dagli Stati membri davanti alla Corte, dalle singole imprese dinanzi al
tribunale.
In tale ipotesi la norma dello Statuto della Corte consente varie soluzioni:
Il tribunale potr sospendere la procedura ed attenere la pronuncia della Corte, soluzione
che rischia di pregiudicare la tutela del singolo, in quanto non avrebbe alcuna possibilit di
interloquire nel procedimento avanti la Corte.
Il tribunale potr decidere di spogliarsi della causa, declinando la propria competenza e
lasciare sia la Corte a decidere, in tal caso, anche il processo avviato dal privato verrebbe
ad essere deciso dalla Corte, ma, come evidente, verrebbe leso il diritto di doppia tutela
assicurato odiernamente.
Pu accadere che sia la Corte a sospendere la sua procedura, in tal caso si continuer
davanti al Tribunale, questa soluzione assicura alle parti il doppio grado di giudizio.
Sospensione e declinatoria sono, in linea di principio generale, considerati istituti incompatibili
con il procedimento di urgenza.
Limpugnazione della sentenza di primo grado pu essere proposta entro due mesi dalle parti,
principali ed intervenute.
Una posizione privilegiata assicurata agli Stati ed alle Istituzioni, i quali possono impugnare
sempre una sentenza del Tribunale.
Limpugnazione deve essere diretta a rimediare agli errori in diritto della sentenza di primo
grado, essa non pu limitarsi ad una mera riproposizione della domanda, ma deve indicare
espressamente i punti della sentenza impugnata di cui si chiede lannullamento perch viziati.
Si tratta, quindi, non di un giudizio di appello, bens di cassazione.
I vizi censurabili sono:
Lincompetenza del Tribunale;
I vizi di procedura che hanno causato pregiudizio;
La violazione in diritto dellUnione.
Lerrore in diritto deve comprendere non solo lerrore nellinterpretazione o identificazione
della norma applicata, ma anche lerrore nella qualificazione giuridica dei fatti.
La funzione latu sensu nomofilattica della Corte richiede una rigorosa delimitazione del
giudizio sui fatti, area di decisione del Tribunale, rispetto al diritto, sul quale opera il controllo
di secondo grado della Corte.
Altro elemento il vizio di motivazione della sentenza impugnata.
La mancata previsione nellelencazione dei vizi censurabili, non lo esclude come ipotesi di
violazione del diritto dellUnione.
La contraddittoriet, come la insufficienza, risolvendosi nella violazione dellobbligo del
Tribunale di motivare le proprie pronunce, rappresenta un errore di diritto, invocabile in
giudizio di impugnazione davanti la Corte.
8. LA REVOCAZIONE, IL RIESAME, IL RINVIO
La Revocazione.
Lo Statuto della Corte prevede listituto della revocazione della sentenza, applicabile alle
pronunce sia del Tribunale che della Corte entro il termine di dieci anni dalla data della
sentenza.
Non si tratta di impugnazione, ma di un mezzo straordinario di ricorso.

41

Condizione indispensabile la scoperta dopo la sentenza di elementi di fatto nuovi,


anteriori alla sentenza e tali che, se conosciuti e apprezzati dal giudice, avrebbero potuto
condurre ad una diversa soluzione della controversia.
Lopposizione
Avverso la sentenza pronunciata in contumacia da proporsi entro un mese dalla notifica della
sentenza. Segue lo stesso rito di quello ordinario.
Il Riesame.
istituto di difficile classificazione giuridica, esso riguarda le sentenze del Tribunale.
Pi precisamente, lart. 256, par. 2 e 3 del TFUE, prevede che le decisioni emesse dal
Tribunale su ricorsi proposti avverso le decisioni delle camere giurisdizionali, nonch le
decisioni emesse su questioni pregiudiziali, possono eccezionalmente essere oggetto di
riesame da parte della Corte.
Si tratta di una procedura di urgenza che trova applicazione sia nei ricorsi diretti che in quelli
indiretti, quando sussistano gravi rischi per lunit e coerenza del diritto dellUnione.
In attuazione dellart. 256, lo Statuto ha affidato al primo avvocato generale liniziativa di
proporre alla Corte il riesame della decisione del tribunale.
La proposta deve essere presentata entro un mese dalla pronuncia del tribunale, la Corte
deve decidere entro un mese.
Nellipotesi che la Corte di giustizia costati che la decisione del Tribunale pregiudichi lunit e
coerenza del diritto dellUnione, rinvia la causa al Tribunale che vincolato ai punti di diritti
decisi dalla Corte.
Il Rinvio.
strettamente correlato al trasferimento di alcune, limitate, competenze pregiudiziali dalla
Corte al Tribunale.
Questo istituto trover piena applicazione solo verranno effettivamente affidate al Tribunale
siffatte competenze.
Specificatamente, lart. 256, par. 3, del TFUE, attribuisce al Tribunale la facolt di disporre un
rinvio alla Corte<<ove ritenga che la causa richieda una decisione di principio che potrebbe
compromettere lunit o la coerenza del diritto dellUnione>>.
Tale rimedio subordinato alla sussistenza delle stesse condizioni eccezionali previste per il
riesame, ma altres soggetto al potere discrezionale del Tribunale.
9. IL CONTROLLO GIURISDIZIONALE. LA PROCEDURA DINFRAZIONE
Il controllo della Corte sulla puntuale applicazione mira a garantire larmonia del sistema
giuridico dellUnione considerato nel suo insieme.
La procedura dinfrazione si collega al ruolo attribuito alla Commissione di custode della
corretta applicazione da parte degli Stati dei Trattati e degli atti dellUnione (art. 17, Trattato
U.E.).
sostanzialmente diretta a porre termine alla violazione del diritto dellUnione.
Quanto alla natura della infrazione, essa consiste nella violazione di una qualsiasi
obbligazione che incomba su di uno Stato membro.
vero che lart. 258 si riferisce agli <<obblighi incombenti in virt dei Trattati>>, ma chiaro
che si tratta di tutti gli obblighi che derivano dal sistema giuridico europeo considerato.
Linadempimento pu consistere in un comportamento o in un atto normativo o in una pratica
amministrativa o, pi spesso, nellaver omesso di dare formale attuazione agli obblighi
derivanti da un atto dellUnione.

42

Una ipotesi particolare di inadempimento quella della mancata esecuzione di una sentenza
della Corte, ci rappresenta una violazione dellart. 260 TFUE.
La procedura dinfrazione ha in primo luogo una fase precontenziosa:
Lettera di messa in mora: avendo la Commissione in sede di controllo sistematico
rilevato un inadempimento ha luogo una fase precontenziosa, prevista dallart. 258
TFUE, essa consiste in una lettera di messa in mora che una prima
contestazione degli addebiti .
Osservazioni: Lo Stato membro cui indirizzata la lettera di messa in mora pu
rispondere alla censura della Commissione, facendo valere gli argomenti di diritto e
fatto che ritiene opportuni.
Parere motivato: la Commissione, se non ritiene adeguate le osservazioni invia allo
Stato membro un parere motivato nel quale sono specificate le infrazioni e gli
elementi in fatto e diritto che sostengono la contestazione, specificando altres il
termine entro cui lo Stato tenuto ad adeguarsi.
La lettera di messa in mora ed il parere motivato costituiscono passaggi obbligati della
procedura dinfrazione, in quanto definiscono loggetto della controversia e soddisfano
lesigenza del contraddittorio.
Ricorso
Se entro il termine fissato lo Stato membro non adempie a quanto richiesto, la Commissione
pu presentare ( una facolt) un ricorso alla Corte di Giustizia.
Nel ricorso i motivi di doglianza devono corrispondere a quelli indicati nella fase
precontenziosa.
Linadempimento deve essere rigorosamente provato dalla Commissione e non pu essere
fondato su presunzioni.
Non previsto un termine per la presentazione del ricorso da parte della Commissione, che
conserva unampia discrezionalit.
Pi in generale va considerato che la Commissione, secondo una consolidata giurisprudenza
non ha un obbligo di attivare e proseguire la procedura dinfrazione ma solo una facolt.
La facolt della Commissione determinata dalla scadenza del termine concesso nel parere
motivato, se quel termine trascorso invano, sussiste e permane linteresse della
Commissione a portare lo Stato davanti la Corte di giustizia.
Ladempimento tardivo dello Stato membro rispetto al termine, sia esso intervenuto prima
dellintroduzione del ricorso o durante il giudizio, non determina automaticamente il venir
meno dellinteresse allazione.
Infatti, proprio a motivo della possibilit che la sentenza di accertamento dinfrazione possa
fondare una eventuale responsabilit dello Stato inadempiente nei confronti dellUnione, degli
altri Stati membri e soprattutto dei singoli, la Corte ha sempre respinto leccezione
dirricevibilit del ricorso della Commissione fondata sulladempimento tardivo dello Stato.
Misure cautelari.
La Corte ha affermato la propria competenza ad adottare misure cautelari in virt dellart. 279
TFUE anche nellambito della procedura dinfrazione.
Si cos superata qualche perplessit dovuta al fatto che tali misure si risolvono in un ordine
di sospendere lapplicazione di una legge o di un atto amministrativo nazionali.
Inoltre la Corte ha anche sospeso lapplicazione di una normativa nazionale inaudita altera
parte in attesa dellordinanza conclusiva del procedimento cautelare.
Lordinanza cautelare della Corte finisce con lavere, ed in fatto ha avuto, una portata pi
incisiva ed efficace rispetto alla sentenza definitiva.

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La sentenza, infatti, ai sensi dellart. 260 lascia agli Stati membri o allamministrazione
dellUnione di provvedere a trarne le conseguenze.
Inoltre, la prassi non conosce casi di inosservanza delle ordinanze cautelari della Corte,
mentre ben si conoscono quelli di ritardi nellottemperanza delle sentenze.
La procedura dinfrazione condotta nei confronti dello Stato membro, unico interlocutore
riconosciuto dal diritto dellUnione.
Daltra parte i comportamenti rilevanti al di la della dimensione nazionale, sono da sempre
imputati allo Stato in quanto tale.
Il problema evocato di qualche interesse soprattutto in relazione ad infrazioni che investono
competenze commesse da articolazioni dello Stato, come ad esempio le Regioni.
Tuttavia, lo Stato non pu invocare a sua esimente competenze affidate dal proprio
ordinamento ad Ente espressione della sua articolazione territoriale.
In definitiva sempre lo Stato membro ad essere dichiarato responsabile ex art. 258 TFUE,
senza che rilevi la circostanza che la violazione sia imputabile al potere legislativo, esecutivo
o giudiziario.
Cos come irrilevante una crisi di governo ovvero la sospensione dei lavori parlamentari a
causa dello scioglimento delle camere. La Corte ha precisato che possibile evocare la forza
maggiore per giustificare difficolt temporanee di adempimento, ma solo per il periodo
strettamente necessario ad unamministrazione diligente per porvi rimedio.
Oltre alla procedura dinfrazione, in virt dellart. 259 la stessa procedura pu essere attivata
da uno Stato membro per veder riconosciuto linadempimento di un altro Stato membro. Nella
fase precontenziosa lo Stato investe la Commissione della sua doglianza; allistituzione
competono gli stessi adempimenti della procedura normale. Vi sono poi specifiche ipotesi di
inadempimento per i quali si prevede una procedura accelerata, dove la Commissione e gli
Stati membri possono adire direttamente la Corte. Per esempio in materia di aiuti di Stato, in
materia di ravvicinamento delle legislazioni.
10. EFFETTI DELLA SENTENZA DI INADEMPIMENTO E SANZIONE PECUNIARIA
Gli effetti della pronuncia di infrazione sono prefigurati dallart. 260 TFUE.
La sentenza testualmente <<riconosce>> che lo Stato inadempiente rispetto ad una o pi
obbligazioni.
Si tratta, dunque, di una sentenza meramente <<dichiarativa>>, non esistendo la
possibilit di attuare in forma coattiva la pronuncia della Corte.
Daltra parte formalmente escluso ex art. 344 che linadempimento riconosciuto con
sentenza della Corte possa dar luogo ad una qualsiasi azione di altri Stati membri al di fuori
dei meccanismi dellUnione espressamente previsti.
Ci posto, gli Stati dichiarati inadempienti sono comunque tenuti a prendere i provvedimenti
per lesecuzione.
La giurisprudenza ha statuito che la pronuncia che accerti lincompatibilit con i Trattati
di una legge nazionale, comporta per lo Stato lobbligo di modificarla, nonch lobbligo
per i giudici di garantire losservanza della norma europea cos come interpretata dalla
Corte, determinando anche i diritti che i singoli ne traggono.
In sostanza, lincompatibilit di una norma nazionale pu essere definitivamente rimossa solo
con disposizioni vincolanti che abbiano lo stesso valore giuridico e lo stesso rango di quelle
riconosciute in contrasto con lordinamento dellUnione.
Il TFUE non fissa alcun termine per lesecuzione della sentenza, tuttavia palmare lesigenza,
al fine di garantire lunit e coerenza del sistema dellUnione, di applicazione immediata ed
uniforme.

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Nella versione precedente al Trattato di Maastricht la mancata o non corretta applicazione


della sentenza era configurabile quale <<normale inadempimento>> e, come tale,
passibile a sua volta di procedura dinfrazione.
Era questa lipotesi della << doppia condanna>>.
Il Trattato di Maastricht ha aggiunto la previsione di una <<sanzione pecuniaria>>.
Il Trattato di Lisbona ha aggiunto una ulteriore novit, prevedendo che la <<Commissione
possa direttamente richiedere nel primo ricorso alla Corte ex art. 258 TFUE, di
condannare lo Stato inadempiente al pagamento di una sanzione pecuniaria[cifra
forfettaria]>>.
, questa ultima, procedura accelerata limitata ai soli casi in cui lo Stato non abbia trasposto
correttamente una direttiva adottata secondo la procedura legislativa, restando escluse tutte
le altre violazioni del diritto europeo.
11. CONTROLLO GIURISDIZIONALE. FUNZIONE ED OGGETTO DEL RINVIO
PREGIUDIZIALE
Nel sistema di controllo giurisdizionale un rilievo decisivo ha assunto la cooperazione tra Corte
di Giustizia e giudice nazionale, definito <<giudice comune>> o <<giudice naturale>> del
<<diritto dellUnione>>.
Per comprendere il ruolo del giudice nazionale, occorre partire dalla considerazione che
lapplicazione della norme e degli atti dellUnione per molta parte demandata agli Stati
membri.
Gran parte delle situazioni giuridiche disciplinate direttamente o indirettamente da norme
dellUnione regolata ed ha pratica rilevanza sul piano interno.
Nella patologia dei rapporti giuridici a dare applicazione del diritto dellUnione, direttamente,
ovvero nella forma dellatto nazionale imposto da norma europea, principalmente il giudice
nazionale.
, dunque, chiaro che i giudici di 27 paesi diversi, operanti in sistemi giuridici differenti,
chiamati ad applicare in via diretta o mediata il diritto dellUnione, possono trovare oggettive
difficolt di uniformit ed univocit di interpretazione.
nella prospettiva di applicazione uniforme del diritto dellUnione che va messo a fuoco
listituto del rinvio pregiudiziale prefigurato allart. 267 TFUE, che d al giudice nazionale la
facolt, e se di ultima istanza lobbligo, di chiedere alla Corte di giustizia una pronuncia
sullinterpretazione ovvero sulla validit di una norma dellUnione quando tale pronuncia sia
necessaria per risolvere la controversia di cui stato investito.
Cos, di fronte alla possibile o accertata rilevanza di una norma dellUnione per la risoluzione
della controversia, pu essere utile o necessario al giudice nazionale, prima di decidere, di
avere una risposta ai seguenti possibili interrogativi:
1. Rinvio pregiudiziale di interpretazione: quale la corretta interpretazione e con
essa la portata di una norma dellUnione;
2. Rinvio pregiudiziale di validit:se la norma dellUnione sia valida ed efficace.
Il meccanismo non nuovo, lo stesso che attua il giudice a quo nel rinvio pregiudiziale di
legittimit costituzionale.
Lart. 267 del TFUE ha attribuito alla Corte di Giustizia una competenza generale in materia
pregiudiziale.
La Corte anche competente a pronunciarsi in relazione alle disposizioni dellAccordo sullo
Spazio Economico Europeo (SEE) .
Lincidente comunitario pregiudiziale realizza tre funzioni essenziali e risponde a specifico
oggetto.
1. [NOMOFILASSI]Prima funzione essenziale: del rinvio pregiudiziale di realizzare
uninterpretazione e, quindi, una applicazione uniforme del diritto

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dellUnione in tutti i Paesi membri. pertanto indispensabile che le norme


dellUnione ricevano la stessa chiave di lettura e le stesse possibilit di applicazione,
che vi sia, quindi, da parte della Corte una interpretazione centralizzata in funzione
nomofilattica.
2. [SINDACATO DI LEGITTIMIT DELLE NORME INTERNE DEGLI STATI MEMBRI]Seconda funzione
essenziale: del rinvio pregiudiziale di verificare la legittimit di una legge
nazionale o di un atto o prassi amministrativa rispetto al diritto dellUnione. Il
meccanismo complesso e propone diversi dubbi, in quanto il giudice nazionale
accerta la legittimit o meno di una legge nazionale sulla scorta di uninterpretazione
del diritto dellUnione da parte della Corte di Giustizia. Nei fatti, almeno sotto il profilo
tecnico, non ci sono molte difficolt operative, in quanto il meccanismo simile a
quello che si adotta per il rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale.
Da subito il controllo della Corte sulla legittimit di norme, atti e prassi amministrative
nazionali, anche se indiretto, stato momento fondamentale del sistema di tutela dei
diritti che il singolo vanta in forza del diritto dellUnione.
Rilevanza a questo proposito assunse la sentenza Van Gend en Loos a proposito della
disposizione che vieta agli Stati membri di introdurre negli scambi intracomunitari nuovi
dazi o tasse equivalenti, di cui si assumeva la violazione da parte dei Paesi Bassi.
Lobiezione era che per sindacare le infrazioni delle norme nazionali incompatibili il
Trattato aveva predisposto come rimedio specifico la procedura dinfrazione ex artt. 258
e 259, sicch il singolo non poteva pretendere di giungere allo stesso risultato
provocando un rinvio pregiudiziale del giudice nazionale.
La Corte rispose che limitare la possibilit di far valere la violazione di una norma
dellUnione equivaleva a lasciare i diritti dei singoli privi di tutela giurisdizionale diretta.
La vigilanza dei singoli, interessati alla salvaguardia dei loro diritti, costituisce invece un
efficace controllo che si aggiunge a quello degli artt. 258 e 259, effettuato dalla
Commissione.
Va sottolineato che spesso, sbagliando, il giudice nazionale formula la propria richiesta
in termini di legittimit della norma nazionale rispetto a normativa dellUnione.
In questi casi la Corte, precisato che non competente a dichiarare essa stessa
lincompatibilit della norma interna, provvede a riformulare il quesito in forma di
domanda interpretativa e risponde cos al reale quesito posto dal giudice .
Quando singolo ritiene di subire un pregiudizio per effetto dellapplicazione di una
norma o di una prassi nazionale incompatibile con il diritto dellUnione, pu far valere
tale incompatibilit in due modi. Il primo la segnalazione alla Commissione che
decider se attivare o meno la procedura dinfrazione; secondo chiedere al giudice
nazionale di procedere al rinvio pregiudiziale di interpretazione ex art. 267.
3. [SINDACATO DI LEGITTIMIT DEL DIRITTO DELLUNIONE]Terza funzione essenziale: del
rinvio pregiudiziale consiste nel complesso sistema di controllo giurisdizionale per
verificare la legittimit degli atti dellUnione. Tanto accade proprio in quanto le
amministrazioni nazionali sono spesso chiamate a dare applicazione del Diritto
dellUnione.
Succede, allora, che dinanzi al giudice nazionale, in funzione di giudice comune , sia
messa in discussione o la norma giuridica dellUnione ovvero la base giuridica dellatto
dellUnione o del comportamento dellamministrazione nazionale.
Lo scopo pu essere di farne valere lillegittimit, ovvero di accertare definitivamente la
legittimit contestata, in entrambi i casi chiamando in causa, attraverso il rinvio
pregiudiziale, la Corte di Giustizia.
La competenza della Corte di Giustizia esclusiva rispetto al controllo sulla legittimit
degli atti dellUnione, in particolare nel senso che solo la Corte pu dichiarare
leventuale illegittimit dellatto, mentre il giudice nazionale pu solo confermare la
legittimit.

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fatta salva la procedura nazionale di natura cautelare, nella quale il giudice nazionale
pu sospendere lapplicazione di un atto interno di attuazione di un atto dellUnione con
lobbligo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Lipotesi di rinvio pregiudiziale va collegata logicamente e sistematicamente alle
procedure di controllo diretto, quali lazione di annullamento, leccezione di invalidit,
lazione di responsabilit.
Ci vuol dire che il rinvio pregiudiziale di validit completa il sistema dei rimedi
giurisdizionali predisposti per la tutela dei diritti del singolo rispetto agli atti predisposti
dalle istituzioni.
Difatti, la pregiudiziale di validit, colma la <<lacuna>> esistente nel sistema
determinata dalla circostanza che al singolo preclusa lazione diretta di annullamento
di un atto dellUnione a portata generale.
Invece, quando ad un atto vincolante generale sia stata data attuazione sul piano
interno, il singolo potr impugnare la misura interna dinanzi al giudice nazionale,
facendone valere la presunta illegittimit.
4. Oggetto: del rinvio pregiudiziale quanto mai ampio, si tratta di tutto il sistema
giuridico dellUnione.
12. CONDIZIONI SOGGETTIVE ED OGGETTIVE DEL RINVIO PREGIUDIZIALE
Il rinvio pregiudiziale pu essere deciso da qualunque giudice nazionale, amministrativo,
penale, civile, tributario o del lavoro, purch si tratti della giurisdizione di uno Stato membro.
La nozione di giurisdizione ai sensi dellart, 267 TFUE nozione di diritto dellUnione, sicch la
sua attribuzione allorgano pu non corrispondere alla qualificazione che ne abbia dato
lordinamento dello Stato, essa va definita e la sua sussistenza va determinata dalla Corte di
giustizia.
In generale, nellapplicazione dei criteri di discrimine, c lintento di dare la possibilit
allorgano cui sia stata attribuita la definizione di una controversia di utilizzare il rinvio
pregiudiziale in nome dellesigenza dellapplicazione uniforme del diritto dellUnione.
Sono stati esclusi dalla nozione di giurisdizione ai sensi dellart. 267, la pubblica accusa; gli
arbitri, ma non la giurisdizione nazionale sullimpugnazione del lodo arbitrale; gli ordini
professionali, quando non rendano decisioni giurisdizionali.
Per ci che concerne il sistema italiano:
stata negata la qualit di giurisdizione al Tribunale in sede di volontaria giurisdizione.
stata accordata la qualifica di giurisdizione al Consiglio di Stato, in particolare quando
chiamato a dare il suo parere in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Per la Corte dei conti si fatta valere lesigenza di verificare il contesto funzionale, in
particolare in alcuni casi pu essere riconosciuta la funzione giurisdizionale, mentre in
altri esercita solo una funzione di valutazione e controllo contabile successiva
dellattivit amministrativa.
Specifico il problema della Corte Costituzionale.
Dal tenore letterale e dalla logica sembra potersi dire che lart. 267 TFUE
disponga che il rinvio competa al giudice della controversia. Il giudice
costituzionale non giudice della controversia, mentre lo il giudice a quo. La
pregiudiziale europea precede quella di costituzionalit in quanto la pronuncia
della Corte di Giustizia, incidendo sullapplicabilit della norma potrebbe
decretare linfondatezza o lirrilevanza del giudizio di legittimit costituzionale.

Diversa ipotesi in cui il giudice costituzionale quello che definisce la causa,


come nei casi di giudizio di legittimit costituzionale in via principale e di
conflitto di attribuzioni tra Stato e regioni, laddove di recente la Corte
Costituzionale ha espressamente riconosciuto nei giudizi di legittimit proposti

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in via principale la sua competenza a proporre una questione pregiudiziale alla


Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE.
13. SEGUE: FACOLT ED OBBLIGO DI RINVIO
Facolt
Il Giudice nazionale che non sia di ultima istanza ha la facolt di sottoporre alla Corte di
Giustizia un quesito pregiudiziale ogni volta che lo reputi indispensabile per giudicare la
controversia dinanzi ad esso pendente.
Il Giudice che ha rivolto il quesito, inteso quale organo, deve essere lo stesso che ne ricever
la risposta, nel senso che questa deve essere necessaria per la decisione di quellorgano
giurisdizionale.
Il problema si posto in sede di procedura durgenza ex art. 700 c.p.c. rispetto al rinvio
operato da un Pretore, ipotesi nella quale il giudice cautelare, una volta preso il
provvedimento, rinviava le parti ad un giudice diverso spogliandosi della causa.
Il problema oggi ridimensionato dalla riforma del processo civile, considerato che di norma il
giudice cautelare anche il giudice di merito.
Obbligo:
Quando si tratta di un giudice di ultima istanza, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte
costituzionale, questultima limitatamente allipotesi di giudizio in via principale, tutti intesi
nel senso del giudice le cui sentenze non siano soggette ad impugnazione, questi ha lobbligo
di operare il rinvio.
Tale differenza trova giustificazione nel fatto che una pronuncia erronea del giudice di ultima
istanza comporta la lesione definitiva del diritto del singolo e, conseguentemente, la mancata
applicazione della norma dellUnione.
Lobbligo di rinvio pregiudiziale pu in alcuni casi venir meno, quando la questione sia
materialmente identica ad una gi sollevata e gi decisa dalla corte, ovvero vi sia comunque
una giurisprudenza costante sul punto.
Corte di giustizia ha di recente espressamente riconosciuto che gli Stati membri sono tenuti a
risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto dellUnione riconducibili ad organi
giudiziari, ed in particolare quando omettono di ottemperare allobbligo di rinvio pregiudiziale.
Nellipotesi poi di omesso rinvio alla Corte di giustizia da parte di una giurisdizione nazionale
di ultima istanza si potrebbe prefigurare una violazione dei diritti fondamentali ad un equo
processo e ad un giudice precostituito per legge.
Lobbligo di rinvio poi assoluto nel rinvio pregiudiziale di validit, ricorre anche quando
linvalidit sia stata dichiarata per un atto del tutto analogo.
La Corte pu seguire una procedura semplificata sulle domande pregiudiziali, possibile in tre
ipotesi:
- la questione sia identica ad una gi definita
- sia desumibile con chiarezza dalla giurisprudenza
- la soluzione non alimenti alcun ragionevole dubbio
Questa ipotesi si affianca un procedimento pregiudiziale durgenza applicato esclusivamente
nei settori relativi allo spazio di libert, sicurezza e giustizia.
La decisione del rinvio solo del giudice che pu operarlo anche dufficio. Sebbene nella
maggior parte dei casi siano le parti a sollecitare linvio pur sempre il giudice che provvede
alla formulazione dei quesiti da sottoporre alla Corte.
14. SEGUE: GIUDIZIO CAUTELARE NAZIONALE E RINVIO PREGIUDIZIALE

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Occorre richiamare lattenzione su alcune pronunce pregiudiziali di grande interesse, in cui la


Corte si soffermata sulla tutela cautelare che giudici interni devono apprestare a diritti
vantati dai singoli in forza di norme dellUnione.
- La prima ipotesi quella del diritto vantato sulla base di una norma dellUnione e negato
dalla legge o dallatto amministrativo nazionale. Tale ipotesi stata prospettata alla Corte dal
giudice inglese, davanti al quale la societ Factortame deducendo lincompatibilit
comunitaria di una norma nazionale, chiedeva che, in attesa della pronuncia, la sua
applicazione fosse sospesa.
La camera dei Lords, sul rilievo che il sistema inglese non consente al giudice di sospendere
lapplicazione di una legge di cui non sia stata accertata definitivamente lillegittimit,
chiedeva alla Corte se in base al diritto dellUnione questo potere doveva essergli viceversa
riconosciuto; risposta della Corte stata positiva.
- seconda ipotesi riguarda il potere del giudice nazionale sospendere in via cautelare
lapplicazione della normativa nazionale a ragione della pretesa illegittimit dellatto
dellUnione di cui latto impugnato rappresenta la misura interna di attuazione. Nella sostanza
si tratta per il giudice nazionale di sospendere lapplicazione di un atto dellUnione.
La giurisprudenza riconosce al giudice nazionale eccezionalmente di esercitare in via
cautelare il potere in questione, purch operi un rinvio alla corte di giustizia affinch si
pronunci sulla validit dellatto.
15. SEGUE: GLI EFFETTI DELLA SENTENZA PREGIUDIZIALE
1. La sentenza interpretativa della Corte vincola il giudice a quo , tenuto a dare
applicazione della norma dellUnione cos come interpretata dalla Corte, alloccorrenza
lasciando inapplicata la norma nazionale contrastante.
a. Effetto: Tale sentenza deve essere considerata anche al di fuori del contesto
processuale che lha provocata, proprio perch si pronuncia sui punti di diritto.
Altri giudici, nonch le amministrazioni nazionali, saranno tenuti a fare
applicazione delle norme cos come interpretate dalla Corte, determinando anche
i diritti di cui i singoli possono godere. Ci non esclude, per, la possibilit di un
altro rinvio pregiudiziale.
2. Sospensione in attesa di pronuncia della Corte di altro giudice su stesso
quesito : La Corte di Cassazione aveva in passato precisato che il giudice che ritenesse
necessaria linterpretazione di una norma comunitaria avesse quale unico mezzo quello
del rinvio pregiudiziale e che gli fosse preclusa la semplice sospensiva del processo ex
art. 295 c.p.c. in attesa della sentenza della Corte di Giustizia su rinvio pregiudiziale di
altro giudice relativamente allo stesso quesito. Pi recentemente la sospensione stata
ritenuta ammissibile.
3. Sentenza di validit dellAtto dellUnione: quando la Corte si pronuncia nel senso
della validit dellatto dellUnione, si ha un effetto diverso dalla sentenza interpretativa.
a. Effetto: strettamente limitato al caso ed ai motivi specifici della censura, la
formula di rito della sentenza contiene la locuzione<<non sono emersi elementi
idonei a inficiare la validit dellatto>>
4. Sentenza di invalidit dellAtto dellUnione: quando la sentenza di invalidit, si
produce lo stesso effetto di una sentenza di annullamento, dunque leffetto di cosa
giudicata sia formale che sostanziale.
a. Effetto: listituzione che ha posto in essere latto invalidato potr solo adottare
un atto diverso che tenga conto dei motivi che hanno indotto la Corte a
dichiarare linvalidit dellatto impugnato.
5. Effetti nel tempo: normalmente si tratta di una efficacia ex tunc in quanto la
pronuncia definisce la portata della norma dellUnione cos come avrebbe dovuto
essere intesa ed applicata sin dallinizio.

49

a. Similitudine fra annullamento ed invalidit per leffetto ex nunc: La


giurisprudenza ha tuttavia esteso alle pronunce pregiudiziali la facolt di
dichiararne lefficacia ex nunc prevista dallart. 264 per le sole sentenze di
annullamento. La Corte ha considerato , dunque, possibile limitare gli effetti nel
tempo di una declaratoria di invalidit per <<esigenze di certezza del diritto>>.
Richiamando il principio generale della certezza del diritto la Corte ha altres
limitato nel tempo gli effetti di sentenze pregiudiziali interpretative. Lipotesi di
effetti ex nunc della sentenza interpretativa resta comunque eccezionale.
La Corte vi ha fatto ricorso solo in presenza di circostanze specifiche e ben
precise; il rischio di gravi ripercussioni economiche dovute allelevato numero di
rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa nazionale fino
ad allora ritenuta valida; un comportamento non conforme alla normativa
dellUnione dovuto ad unobiettiva incertezza sulla portata delle disposizioni
dellUnione.
16. I PARERI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
La Corte di giustizia pu rendere anche pareri.
Essa competente a rendere pareri, ex art. 218 del TFUE in ordine alla compatibilit con il
Trattato di accordi <<previsti>> fra lUnione e Paesi terzi o organizzazioni internazionali
quando vi sia richiesta del Parlamento, del Consiglio, della Commissione o di uno Stato
membro.
Il parere della Corte preventivo, anche se non definito un termine a quo, infatti
sufficiente, affinch la domanda di parere sia ricevibile, che loggetto sia noto e anche se i
negoziati siano ancora in fase iniziale.
Lipotesi in esame, pur definita come competenza consultiva, va, pi correttamente, collocata
fra i procedimenti di controllo di legittimit degli atti dellUnione.
Infatti, la verifica preventiva non ha portata molto diversa da quella successiva di legittimit
attivata con azione diretta ex art. 263, ovvero con rinvio pregiudiziale di validit ex art. 267.
Lo scopo del parere, in definitiva, quello di evitare che i dubbi di compatibilit con i Trattati
si traducano in un successivo contenzioso.
Se la Corte si pronuncia nel senso dellincompatibilit laccordo non potr entrare in vigore.
Ne consegue che, se permane linteresse e la volont di stipularlo, esso dovr essere
modificato.
In caso di parere positivo la stessa giurisprudenza dellUnione ha comunque ammesso la
possibilit di un controllo successivo dellaccordo ex art. 263.
17. SANZIONI PER VIOLAZIONI DEL DIRITTO DELLUNIONE E OBBLIGHI RISARCITORI
NEI CONFRONTI DEL SINGOLO
I Trattati di Roma non prevedevano alcuna sanzione per il caso di violazione degli obblighi
comunitari da parte di Stati membri, limitandosi a predisporre le procedure per laccertamento
giurisdizionale delle infrazioni.
Perdita di finanziamento UE.
La prassi ha individuato meccanismo che consentono di collegare a talune infrazioni misure di
tipo sanzionatorio.
In particolare, in ipotesi di violazione lo Stato membro perde il diritto ad un finanziamento
dellUnione.
Conformemente la normativa sui fondi strutturali subordina lattribuzione dei finanziamenti
alla condizione che le azioni da finanziare siano realizzate in modo conforme alla disciplina
dellUnione, ad esempio nella concorrenza, nella protezione dellambiente, negli appalti
pubblici.

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Il limite di tali rimedi era nella portata ridotta, in quanto riguardano solo azioni collegate ad
una attivit finanziata dallUnione e non le infrazioni degli Stati membri in genere.
Sanzione pecuniaria ex art. 260
Il problema della sanzione per le infrazioni comunitarie si pone in particolare rispetto
allipotesi di mancata o non corretta trasposizione delle direttive.
Gli inadempimenti degli Stati , infatti, implicano sempre due lesioni:
1. la parit di trattamento allinterno dellUnione;
2. la solidariet dellUnione.
Un rimedio stato introdotto dal Trattato di Maastricht attraverso una modifica dellart. 260
che prevede la possibilit di sanzione pecuniaria per lipotesi di perdurante inadempimento.
Al riguardo fondata qualche perplessit sulla natura deterrente di una tale misura, che
rimane comunque di ispirazione internazionalistica.
Lazione di risarcimento del danno del singolo.
In una diversa prospettiva si inquadra la giurisprudenza che ha affermato il diritto del singolo
al risarcimento del danno patrimoniale per aver subito leffetto dellinadempimento dello
Stato membro.
Tale prospettiva quella che fa leva sui mezzi predisposti dal sistema per rafforzare
leffettivit delle norme dellUnione attraverso una tutela giurisdizionale delle posizioni
giuridiche create dalle norme dellUnione in capo ai singoli.
Va segnalata quella giurisprudenza che respinge leccezione di irricevibilit del ricorso o di
cessata materia del contendere quando, nel corso del giudizio, o comunque dopo la scadenza
dei termini fissati, lo Stato membro metta fine allinfrazione contestatagli.
Infatti, la risposta della Corte che la pronuncia che riconosce linadempimento pu costituire
presupposto o titolo per uneventuale azione di risarcimento del danno subito dal singolo.
In altri termini linteresse a proseguire il giudizio, pu ben consistere nello Stabilire con
sentenza il presupposto delleventuale responsabilit dello Stato nei confronti del singolo.
Tale giurisprudenza si definitivamente consacrata nella sentenza Francovich , relative alle
conseguenze della mancata attuazione di una direttiva.
Si trattava di una direttiva che, a tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di
lavoro, imponeva agli Stati di istituire un meccanismo di garanzia per i crediti retributivi
maturati; direttiva che lItalia non aveva trasposto.
Il giudice a quo chiedeva alla Corte se i singoli potessero far valere direttamente i benefici
della direttiva, nonch pretendere comunque dallo Stato il risarcimento del danno subito.
La Corte ha enunciato, con la formula pi volte utilizzata, il principio richiesto dal giudice
<<sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie e sarebbe
infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i singoli non avessero la possibilit di
ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario
>>.
Affermata lesistenza del principio di responsabilit, la Corte ha stabilito le condizioni per
darne attuazione:
1. che il risultato prescritto dalla direttiva implichi lattribuzione di diritti a favore di
singoli;
2. che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base delle disposizioni della
direttiva;
3. sussista un nesso di causalit tra violazione dellobbligo e danno subito.
Uno dei principali punti da approfondire dopo Francovich era se la responsabilit
patrimoniale dello Stato nei confronti dei singoli potesse essere evocata e fatta valere

51

soltanto in presenza di una violazione di norme prive di effetto diretto, per essere
queste in particolare non invocabili da parte del singolo dinanzi al giudice o anche
quando la violazione riguardasse norme aventi effetto diretto e dunque invocabili
dinanzi al giudice.
Le disposizioni della direttiva evocate nella Francovich lasciava gli Stati membri un
ampio margine di discrezionalit quanto alla predisposizione di un sistema istituzionale
di garanzia compresa lidentificazione del soggetto debitore.
La Corte quindi pervenuta alla conclusione della non invocabilit delle disposizioni
della direttiva dinanzi al giudice nazionale qualora come nella specie lItalia, non avesse
provveduto allidentificazione del soggetto debitore.
Quando la norma invece provvista di effetto diretto, la tutela a favore del singolo non
solo c gi, ma direttamente azionabile dallo stesso singolo, con la conseguenza che
resta solo da accompagnare questa tutela sostanziale e processuale con quel minus
che la tutela patrimoniale.
Linadempimento del legislatore interno.
Altro tema delicato riguarda la possibilit di estendere lazione di risarcimento del danno
proposta dal singolo alla violazione dellobbligo dellUnione dovuta specificatamente
allattivit o alla inattivit del legislatore.
Orbene, allindividuazione del fondamento della responsabilit in un principio generale che
vuole risarcito il danno ingiusto, vanno collegate due implicazioni.
La prima che no rileva a quale organo nazionale sia imputabile la violazione.
La seconda quella per cui lesigenza di applicazione uniforme delle norme dellUnione
impedisce che lesistenza e la portata dellobbligo al risarcimento per violazione di norme
europee dipenda dal riparto di competenze interne allo Stato.
Va poi aggiunta una considerazione, vero che lattivit legislativa la massima espressione
della sovranit dello Stato, ma nellesercizio dei poteri sovrani che gli Stati possono procedere
e di fatto hanno proceduto a limitare la propria libert attribuendo determinate competenze
normative alle istituzioni dellUnione.
Nel momento in cui tali istituzioni creano precisi vincoli per i legislatori nazionali, questi sono
tenuti a rispettare i limiti che essi stessi si sono impegnati a rispettare.
Legislatore nazionale che non osserva un obbligo imposto allo scopo di realizzare diritti in
capo ai singoli e dunque impedendo che quei diritti vengono ad esistenza, non pu esservi
ragione di negare il diritto dei singoli ad agire per risarcimento del danno subito.
Il principio trova applicazione anche nellipotesi in cui la violazione del diritto dellunione derivi
dalla decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado.
La Corte ha poi precisato che le condizioni della responsabilit degli Stati membri e
dellUnione devono essere le stesse, a parit di situazioni, accomunando legislatore nazionale
a quello dellUnione anche nellipotesi in cui non vi sia alcun potere discrezionale.
Le tre condizioni della responsabilit patrimoniale dello Stato.
1. la norma violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli.
2. la violazione sia grave e manifesta;
3. vi sia un nesso causale tra violazione e danno
18. RESPONSABILIT EXTRACONTRATTUALE DEGLI STATI MEMBRI
NELLORDINAMENTO ITALIANO
Le ricadute della giurisprudenza dellUnione in tema di responsabilit extracontrattuale degli
Stati membri nellordinamento italiano meritano qualche attenzione.
La Corte di Cassazione:

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in un primo tempo sulla premessa che il diritto dellUnione non pu che imporre un
risultato agli Stati, mentre spetta allordinamento interno la qualificazione della
posizione giuridica soggettiva dei singoli, ha rilevato che la funzione legislativa
sottratta a qualsiasi sindacato giurisdizionale; la conseguenza che non si pu
configurare la responsabilit da illecito ex art. 2043 di fronte allattivit o inattivit del
legislatore; n si pu configurare un diritto del singolo al risarcimento del danno per
mancata attuazione di una direttiva, ma solo un diritto ad essere indennizzati delle
diminuzioni patrimoniali subite.
levoluzione successiva ritorna sulla posizione ammettendo la risarcibilit del danno, pi
specificatamente la decisione assunta dalla Corte di Cassazione, fondandosi
sullesigenza della sintonia tra principi comunitari e diritto interno, rileva che la
fattispecie riconducibile al dettato ex art. 2043 e che il credito dei lavoratori ha natura
risarcitoria , trovando origine diretta nella responsabilit dello Stato per
inadempimento.
Lattenzione si poi focalizzata sulla responsabilit del giudice.
La Corte di giustizia ha chiarito nella sentenza Kbler che la cosa giudicata non di ostacolo
al riconoscimento della responsabilit extracontrattuale dello Stato.
In relazione alla legge italiana sulla responsabilit civile dei magistrati, la Corte si
pronunciata nel senso che incompatibile con il diritto dellUnione una legislazione nazionale
che escluda o limiti la responsabilit del giudice alle sole ipotesi di dolo o colpa grave e che
escluda in maniera generale la responsabilit del giudice di ultimo grado per linterpretazione
delle norme e dei fatti.
19. CENNI SULLA PROCEDURA
Il procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte di Giustizia regolato dalle conferenti norme
dei Trattati, dal Protocollo sullo Statuto della Corte di Giustizia, dai rispettivi regolamenti di
procedura.
Il procedimento prevede una fase scritta e una fase orale, prima che si proceda alla decisione;
vi poi qualche differenza a seconda che si tratti di azione diretta o di rinvio
pregiudiziale.
1) Azioni dirette.
Nelle azioni dirette, dinanzi al Tribunale o alla Corte, annullamento, carenza, responsabilit
extracontrattuale, la procedura attivata con ricorso da presentarsi entro il termine indicato
per ciascuna azione dal TFUE.
A tale termine, per il passato, andava aggiunto un certo periodo diverso per ciascun Paese
membro; oggi, per tutti i Paesi membri, il periodo di dieci giorni.
Il ricorso contiene lindicazione delle parti, e dei difensori, lesposizione delloggetto della
controversia, dei mezzi dedotti e delle prove che si offrono, nonch la esatta enunciazione
della domanda.
Il ricorso redatto nella lingua del ricorrente, a meno che il convenuto non sia uno Stato
membro, nel qual caso si utilizza la lingua dello Stato.
Il ricorso viene inviato alla cancelleria della Corte che provvede alla pubblicazione
dellessenziale sulla Gazzetta ufficiale nonch alla notifica alla controparte.
Entro un mese la controparte pu presentare un controricorso.
Le parti hanno anche diritto a presentare una replica ed una contro replica nel termine di un
mese. I termini possono essere prorogati, su richiesta delle parti, dal Presidente del Tribunale
o dalla Corte.
Nei ricorsi diretti le parti debbono farsi rappresentare da un avvocato abilitato al patrocinio.
2) La procedura pregiudiziale.

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Inizia, viceversa, davanti il giudice nazionale, con la sospensione del procedimento e la


remissione di unordinanza alla Corte di Giustizia con i quesiti dinterpretazione o di validit
del diritto dellUnione che richiedono una risposta ai fini della decisione.
Lordinanza va trasmessa direttamente (non per via diplomatica) per posta alla cancelleria
della Corte a Lussemburgo.
La cancelleria provvede alla traduzione dellordinanza e la trasmette, oltre che alle parti,
anche alla Commissione, e alle altre Istituzioni interessate e agli Stati membri o nel caso
anche non membri.
Tutti i soggetti raggiunti dallordinanza possono presentare osservazioni scritte entro due mesi
e comunque partecipare alludienza per manifestare la propria posizione oralmente.
La lingua della procedura quella del giudice del rinvio.
Il ritiro della domanda di pronuncia pregiudiziale da parte del giudice rimettente porta alla
cancellazione della causa dal ruolo.
Nelle procedure pregiudiziali le parti possono farsi rappresentare, oltre che dagli avvocati,
anche, in alcune procedure speciali, da commercialisti, consulenti del lavoro, purch siano
rispettate le leggi valide nei sistemi giuridici di appartenenza.
Gli Stati membri possono intervenire in tutte le procedure.
Nelle procedure pregiudiziali la Commissione svolge il ruolo di amicus curiae.
La fase orale.
La fase orale comprende la presentazione di una relazione da parte del giudice relatore,
laudizione degli agenti, consulenti ed avvocati e, se del caso, dei testi e dei periti, infine le
conclusioni dellavvocato generale.
La fase orale termina con la lettura, in udienza pubblica., del dispositivo delle conclusioni
dellavvocato generale, nella lingua di questultimo.
Il dispositivo della sentenza della Corte o del Tribunale viene letto in udienza pubblica nella
lingua di procedura.
La procedura accelerata.
Con le modifiche intervenute nei regolamenti di procedura della Corte e del Tribunale si
introdotta la possibilit di una procedura accelerata, su domanda di una delle parti e quando
lo richieda la particolare urgenza del caso.
Di rilievo che il contraddittorio scritto si riduce ad una memoria, che possibile integrare le
prove anche nel corso delludienza orale e che lavvocato generale solo sentito.

PARTE SECONDA
IL MERCATO INTERNO
CAPITOLO IV: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI

54

1. LA CENTRALIT DEL MERCATO INTERNO NEL SISTEMA DELLUNIONE.


INTEGRAZIONE NEGATIVA E POSITIVA
Indiscussa la centralit del mercato comune delle merci e dei fattori della produzione
(lavoro, servizi e capitali).
La Corte ha pi volte ribadito che gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione delle
merci, delle persone, dei servizi e dei capitali sono norme fondamentali per la Comunit ed
vietato qualsiasi ostacolo, anche di minore importanza, a detta libert.
Eppure lespressione non ha mai ricevuto una specifica definizione nel Trattato.
Ne troviamo una in una sentenza della Corte di Giustizia, dove si rileva che la nozione di
mercato comunemira ad eliminare ogni intralcio per gli scambi intercomunitari al fine di
fondere i mercati nazionali in un mercato unico il pi possibile simile ad un vero e proprio
mercato interno.
Definizione simile si ritrova allart. 26 TFUE.
Bisogna precisare che le espressioni mercato comune, mercato interno e mercato unico si
equivalgono.
La realizzazione del mercato unico era prefigurata allart. 2 del Trattato di Roma come lo
strumento atto a:
1. promuovere lo sviluppo armonioso delle attivit economiche nellinsieme della Comunit e
2. perseguire, pi in generale, i compiti della Comunit enunciati dallo stesso articolo.
Quindi gli Stati membri devono svilupparsi armoniosamente, ma anche ravvicinarsi
gradualmente.
Integrazione negativa.
La gradualit del processo di integrazione ha fatto s che in un primo momento si sia dato
spazio soprattutto alla dimensione negativa dellintegrazione fra i mercati e fra le attivit
economiche.
Infatti si posto laccento sulleliminazione delle barriere e sulle regole di concorrenza, poste
dagli Stati membri.
Appare chiara, in proposito, linversione del criterio che tradizionalmente informa le norma
internazionali convenzionali, non pi il favor per la libert degli Stati contraenti, ma al
contrario un favor per le limitazioni a tali libert.
Integrazione positiva.
Nei secondi anni Ottanta, con la pubblicazione del libro bianco sul mercato interno e poi la
stipulazione dellAtto Unico, si aperta la strada alla seconda fase del processo di
integrazione, ossia la sua dimensione positiva.
Le modifiche apportate dallAtto Unico sono:
sul piano delle modalit decisionali, sostituisce, in ipotesi significative, il criterio di
maggioranza a quello dellunanimit;

prefigura in taluni temi lo strumento del regolamento in luogo della direttiva;

prevede che il Consiglio, quando non vi sia armonizzazione, possa far applicare il
criterio del mutuo riconoscimento delle normative nazionali in determinati settori;
-

infine, importanti sono le iniziative dellAtto Unico circa le c.d. politiche di


accompagnamento che incrementano le competenze comunitarie.

Il Trattato di Maastricht ha poi introdotto, come strumenti per raggiungere lobiettivo dello
sviluppo armonioso della Comunit, ununione economica e monetaria, e diverse politiche
comuni orizzontali.

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2. LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI


Il processo di liberalizzazione, che era previsto si concludesse il 31/12/1969, fu gi
compiutamente realizzato a partire dal giugno 1968 dai sei Stati allora membri.
La disciplina si articola in tre distinti momenti, che investono:
1. lunione doganale, cio labolizione di dazi e tasse di effetto equivalente ai dazi
doganali allinterno del mercato comune, e la fissazione di una tariffa doganale comune
per gli scambi coi Paesi terzi(artt. Da 28 a 32 TFUE);
2. divieto dimposizioni fiscali interne agli Stati membri che siano discriminatorie
per i prodotti importati (art.110);
3. abolizione delle restrizioni quantitative agli scambi intracomunitari e delle misure di
effetto equivalente, nonch labolizione dei monopoli commerciali (artt. da 34 a 37).
Nozione di merce.
La nozione di merce comprende tutti i prodotti valutabili in danaro e quindi idonei ad
essere oggetto di transazioni commerciali (tale definizione stata data dalla Corte
chiamata a rispondere se rientrassero in tale nozione gli oggetti dinteresse artistico, storico,
etc.: la risposta fu positiva).
Sono compresi nella nozione anche le monete non aventi pi corso legale ed addirittura i
rifiuti.
I prodotti che riguardano la sicurezza in senso stretto (armi, munizioni e materiale bellico),
inseriti in uno specifico elenco predisposto dal Consiglio, soggiacciono alla previsione
dellart.346 del Trattato e sono quindi, fuori dalla sfera di applicazione materiale delle norme
disciplinanti la libera circolazione delle merci.
Quando non sono oggetto di specifica disciplina sulla politica agricola comunitaria, anche i
prodotti agricoli e della pesca rientrano nella disciplina del mercato comune.
Le sostanze radioattive, i medicinali ad uso umano e veterinario sono soggetti a particolari
discipline.
Sfera territoriale.
La sfera dapplicazione territoriale della disciplina coincide con quella di applicazione del
Trattato, dunque col territorio degli Stati membri; le eccezioni e specificit riguardano alcune
zone insulari che interessano la Francia (i dipartimenti doltremare), la Spagna (le Canarie) ed
il Portogallo (Madeira e Azzorre): rispetto a tali territori, il Consiglio pu adottare misure
specifiche dirette a stabilire le condizioni di applicazione del Trattato.
I paesi doltremare soggiacciono a un regime particolare disciplinato da una decisione del
Consiglio.
Il campo di applicazione territoriale, relativo alla circolazione delle merci, va distinto dal
territorio doganale della Comunit(che il territorio entro il quale trova applicazione la
normativa doganale comunitaria).
Destinatari.
Le norme che disciplinano il mercato comune sono rivolte in generale agli Stati membri, nel
senso che impongono a questi degli obblighi che ruotano attorno alla liberalizzazione degli
scambi in merci, persone, servizi e capitali.
I singoli beneficiano delleffetto diretto che accompagna gran parte delle norme relative alla
liberalizzazione degli scambi(quindi sono titolari di diritti che possono far valere direttamente
dinanzi ai giudici).
Quanto ai divieti, la Corte ha precisato che il comportamento del singoli (es. un accordo tra
imprese) deve essere valutato alla luce delle regole di concorrenza, mentre le norme sulla
libera circolazione delle merci si riferiscono solo alle normative ed alle pratiche amministrative
adottate dagli Stati membri e dalle istituzioni comunitarie.

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3. LUNIONE DOGANALE
Ai sensi dellart.28 del Trattato lUnione Doganale comporta labolizione, nellambito degli
scambi intracomunitari, dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente, nonch
ladozione di una tariffa doganale comune per gli scambi con i Paesi terzi.
Gi nel GATT si possono rinvenire le nozioni di:
1. zona di libero scambio: insieme dei territori doganali nel quali si aboliscono i dazi e altre
misure limitatamente ai prodotti originari del Paesi aderenti;
2. unione doganale :allabolizione dei dazi e delle altre restrizioni commerciali si aggiunge
luniformit sostanziale dei dazi applicati agli scambi con i Paesi terzi.
Tuttavia, rispetto a questa concezione, lidea di unione doganale realizzata nellUnione
ancora pi avanzata (non a caso definita perfetta), in quanto rilevano altres:
1. il beneficio della libera circolazione, salvo eccezioni, anche per i prodotti
originari di Paesi terzi una volta importati nellarea comunitaria;
2. regime di preferenza per i prodotti comunitari;
3. disciplina doganale complessiva uniforme, che si avvale anche di un meccanismo
di interpretazione giudiziaria centralizzata;
4. destinazione al bilancio comunitario delle entrate della tariffa doganale comune.
Un confronto significativo da fare con lo Spazio Economico Europeo realizzato a partire dal
1994 con i Paesi dellEFTA.
Tale Spazio, rientra a tutti gli effetti nellipotesi e nella nozione di zona di libero scambio e non
in quella di Unione Doganale, nella misura in cui gli scambi riguardano i soli prodotti originari
dei Paesi membri.
Origine delle merci.
Approfondiamo, allora, cosa si intende per Paese dorigine.
Ovviamente il posto in cui il prodotto fabbricato.
Se si tratta di produzione complessa, ai fini dellindividuazione dellorigine, Paese dorigine del
prodotto quello in cui si avuta lultima trasformazione o lavorazione sostanziale, il
criterio dello stadio produttivo determinante.
Il criterio dunque lo stadio produttivo determinante, cio della trasformazione
economicamente e merceologicamente rilevante[in materia di prodotti ittici, poi, stato
stabilito il criterio della bandiera della nave; in caso di bottino realizzato da pi navi di diversa
nazionalit, il criterio quello della nave cui si possa imputare il momento essenziale della
battuta o della campagna di pesca].
Regime di libera pratica
I prodotti originari di Paesi terzi, che siano stati regolarmente importati in un qualsiasi Paese
comunitario, sono in regime di libera pratica, godendo, salvo eccezioni, della stessa libert di
circolazione delle merci originarie degli Stati membri. Ogni prodotto, poi, viene provvisto di un
documento doganale unico.
4. ABOLIZIONE DEI DAZI DOGANALI E DELLE TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE
Labolizione dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente alla base del
regime di libera circolazione delle merci, ed sancita dallart. 30 del TFUE.
E una norma fondamentale del sistema comunitario ed provvista di effetto diretto.
I dazi doganali allesportazione sono stati aboliti il 31 dicembre 1961, mentre quelli
allimportazione dovevano essere aboliti nel 1969(alla fine della disciplina transitoria), ma lo
sono stati di fatto gi nel luglio dellanno precedente, con una decisione c.d. di accelerazione.

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Nozione di tassa di effetto equivalente.


La nozione di tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale stata oggetto di una vasta
giurisprudenza che ne ha definito gli elementi essenziali: essa si configura come un onere
pecuniario direttamente o indirettamente collegato allimportazione o
allesportazione di un prodotto; pur non essendo un dazio, comporta gli stessi effetti
restrittivi sugli scambi intracomunitari
In ogni caso deve trattarsi di:
1. un onere pecuniario (altrimenti sarebbe una misura rientrante nel divieto ex art. 34restrizioni quantitative allimportazioni);
2. deve colpire il prodotto in ragione dellimportazione o esportazione, rendendola pi
onerosa ovvero aggravandone gli adempimenti amministrativi-burocratici.
Viceversa, non ha importanza il momento in cui viene imposto tale onere,
che pu essere anche successivo a quello del passaggio della frontiera, cos come il suo
ammontare, che pu essere anche minimo.
Al riguardo, inoltre, non rileva neanche il soggetto beneficiario, che pu anche non essere lo
Stato, cos come anche al finalit che si vuole perseguire.
Le disposizioni di cui agli artt. 28[Unione doganale] e 30 [divieto di dazi e tasse effetto
equivalente] TFUE possono essere invocate dal singolo in ragione dellimportazione di un
prodotto proveniente da un altro Stato membro.
Non rileva che lintroduzione del prodotto sia in una parte del territorio (es. Regioni), piuttosto
che nellinsieme del territorio statale, n che lonere colpisca anche i prodotti provenienti da
altre regioni dello stesso Stato membro(ad esempio stata vietato il dazio di mare che
riguardava i prodotti introdotti nei territori francesi doltremare, perch i prodotti erano
provenienti da altre parti del territorio dello Stato membro).
Va escluso che tale divieto possa essere attuato anche nei confronti dei paesi terzi,
ma gli Stati membri non hanno comunque completa autonomia, perch tale onore
tributario rientra nella politica commerciale comune e al sistema della Tariffa Doganale
Comune(che ha disposto il divieto agli stati membri di elevare o introdurre unilateralmente le
tasse esistenti dalla sua entrata in vigore-1968-, salvo talune eccezioni e deroghe introdotte
dalla Comunit e comunque uniformi).
Le deroghe al divieto sono molto limitate:

unipotesi quella di un onere pecuniario richiesto dallamministrazione per un servizio


prestato in favore e/o nellinteresse dellimportatore o esportatore; ma si deve trattare
di un servizio reso individualmente, effettivamente prestato dallamministrazione, in tal
caso esso ha carattere di vero e proprio corrispettivo(e dunque deve essere
proporzionato alla qualit e al costo del servizio);
altra ipotesi quella di oneri pecuniari, imposti da convenzioni internazionali, per
favorire la libera circolazione delle merci. Nella stessa logica rientra anche le ipotesi dei
montanti compensativi monetari istituiti nellambito della politica agricola comune, in
quanto oggetto di misure comunitarie destinate a compensare linstabilit monetaria.

Altra ipotesi quella in cui lonere parte di un sistema generale di tributi interni, che
colpisca con uguali criteri e sistematicamente sia il prodotto importato che quello
nazionale.
5. IL DIVIETO DI IMPOSIZIONI FISCALI DISCRIMINATORIE

Il divieto di imporre dazi doganali deve essere integrato con lart. 110 del TFUE, il quale vieta
di applicare tributi interni che siano discriminatori per i prodotti importati.
Ovviamente limposizione tributaria, pur restando nella sfera di libert degli Stati membri,
deve conservare un carattere di assoluta neutralit tra prodotti nazionali e prodotti importati,
cosicch lattraversamento del confine non costituisca loccasione per oneri tributari pi
gravosi: tale divieto appare complementare ai divieti ex artt. 28-30 del TFUE, poich mira ad

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evitare
che questi siano aggirati attraverso lo strumento tributario.
I definitiva lart. 110 mira a garantire la libera circolazione delle merci in condizione di
neutralit fiscale rispetto alla concorrenza tra prodotti nazionali e prodotti di altri paesi
comunitari.
Il divieto comprende qualsiasi onere pecuniario di natura tributaria imposto dallo Stato o da
un ente pubblico o territoriale, indipendentemente dal beneficiario che pu anche non essere
lo Stato.
Il divieto va inteso operante anche se il prodotto si trovi in regime di libera pratica provenendo
da un Paese terzo.
Lart. 110 applicabile sia alle imposte indirette che alle imposte dirette.
Una tassa incompatibile a tale disposizione vietata solo per la misura in cui
colpisce le merci importate pi di quelle nazionali.
Non deve per farsi confusione col divieto di tasse di effetto equivalente: i due divieti non
possono applicarsi cumulativamente, poich danno luogo a regimi sostanzialmente diversi.
Ad esempio, le tasse deffetto equivalente, le quali colpiscono il prodotto in ragione della sua
importazione o esportazione, vanno semplicemente abolite, mentre le imposte interne ex art.
110 vanno applicate in modo da escludere qualsiasi discriminazione tra prodotti
nazionali e prodotti importati.
Quindi lipotesi del tributo interno ha come condizione fondamentale la generalit e
lastrattezza dellonere.
Deve trattarsi di onere tributario.
Lelemento della discriminazione rileva in quei tributi che abbiano leffetto di scoraggiare
limportazione di merci originarie di altri Stati membri a vantaggio dei prodotti nazionali come
ad es.:
tassazione molto elevata per le vetture che superano un certo livello di potenza fiscale,
cosicch allonere soggiacciono solo le vetture importate;

tributo che colpisce solo luso del prodotto, quando questo sia importato solo per
quelluso.

Un imposta dovuta dal trasportatore del prodotto, applicate a secondo se si tratti di


trasporto nazionale ovvero internazionale, in modo che il primo sia esente da imposta

Un regime di agevolazioni o esenzioni fiscali che favorisca i prodotti nazionali


Un sistema di dilazioni di pagamento dellimposta di cui possano beneficiare i soli
produttori nazionali

Un sistema di tassazione differenziato di un determinato prodotto

Insomma il criterio decisivo costituito dallincidenza effettiva del tributo sul


prodotto nazionale e sul prodotto importato.
Inoltre, al fine di qualificare esattamente lonere si dovr osservare se:
-

il gettito destinato a finanziare attivit che giovano specificamente ed


esclusivamente al prodotto nazionale tassato, e la compensazione totale -
tassa di effetto equivalente in violazione del divieto ex art. 28 TFUEo se i benefici compensano solo parzialmente lonere che grava sui prodotti
nazionali e quindi limposta va a discriminare i prodotti importati, al pari di quando la
compensazione totale; la tassa rientra nel divieto di discriminazione fiscale
dellart.110
Prodotti similari e concorrenti.
La similarit.

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Recita lart. 110, c. 1:. uno Stato membro non pu applicare ai prodotti degli altri Stati
membri tributi interni superiori a quelli applicati ai prodotti nazionali similari.
Da tale comma appare chiaro il primo termine di paragone, ossia i prodotti devono essere
similari, cio devono avere propriet analoghe e rispondono alle stesse esigenze, in base a
un criterio non di identit ma di analogia.
Bisogna far riferimento a una serie di altri fattori, quali la fabbricazione, il gusto, il tenore
alcolico per le bevande, nonch lidoneit a rispondere agli stessi bisogni del consumatore.
Tra i prodotti nazionali, poi, vanno intesi anche quelli per cui non esiste una produzione
nazionale, ma un mercato dellusato.
La concorrenza.
Inoltre, ex art. 110, c. 2: uno Stato membro non pu applicare, ai prodotti degli altri Stati
membri tributi interni volti a proteggere indirettamente altre produzioni .
Ossia non si fa pi riferimento ai soli prodotti similari, ma si amplia il raggio dazione e si parla
di prodotti concorrenti.
Ad esempio in tema di bevande alcoliche si affermata lillegittimit di una tassazione di un
vino importato, leggero e di basso costo, pi elevata di quella applicata sulla birra, tipica
nazionale.
Relativamente allapparente contiguit con il divieto di restrizioni quantitative alle
importazioni ex art.34, o ancora al divieto di misure di effetto equivalente ex articolo 30
bisogna dire che la disposizione ex art. 34 una norma di portata generale.
Quindi si applica in via del tutto residuale rispetto alle disposizione ex artt. 28 ; 30 e 110.
Nel caso di tasse parafiscali pu rilevare anche rispetto alla disciplina degli aiuti di Stato,
tassa che comunque va a incidere sulla concorrenza e sugli scambi.
Aiuti di Stato
Una tassazione che introduca vantaggi per i prodotti nazionali sar sottoposta al controllo
della Commissione, e pi in generale agli artt.107 e 108, del TFUE, relativi agli aiuti di Stato,
sia sotto il profilo sostanziale che procedurale.
Sar il giudice nazionale che dovr valutare la compatibilit della tassa rispetto anche a
norme del Trattato diverse dagli artt.107 e 108, cos da non precludere a questi la possibilit
di valutarla rispetto allart. 110 o ad altre disposizioni.
Per ci che concerne la ripetizione di somme percepite dalle amministrazioni nazionali a titolo
di tributo ovvero dazio doganale in violazione delle disposizioni TFUE[ristorni], la
giurisprudenza ha stabilito che contro il Diritto dellUnione un sistema di rimborso fondato
sulla presunzione della ripercussione e che ponga a carico del contribuente la prova del
contrario.
6. RESTRIZIONI QUANTITATIVE E MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE.
LORIENTAMENTO ORIGINARIO DELLA COMMISSIONE.
Fondamentale nella disciplina del mercato comune delle merci il divieto di restrizioni
quantitative degli scambi e di qualsiasi misura di effetto equivalente, divieto che investe sia le
importazioni (art. 34) che le esportazioni (art. 35).
In particolare, rileva lipotesi delle misure di effetto equivalente che comprende quella gamma
molto ampia di provvedimenti che hanno effetti protezionistici, rappresentando cosi un
ostacolo oggettivo agli scambi intracomunitari.
Nessuna questione interpretativa pongono le restrizioni quantitative, che sono evidentemente
quelle misure che limitano limportazione o esportazione al di l di una certa quantit, o
anche in assoluto.
In un primo tempo, la nozione di misura di effetto equivalente si riferiva solo alle misure
distintamente applicabili ai prodotti nazionali ed a quelli importati (infatti tali misure venivano

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definite distintamente applicabili); a seguito di una direttiva del 1969 (70/50) tale nozione
fu ampliata comprendendovi ogni atto posto in essere da unautorit pubblica che, pur non
vincolante sul piano giuridico, potesse indurre i destinatari ad una scelta di acquisto in favore
del prodotto nazionale.
Ma la novit pi rilevante di tale direttiva fu che tra le misure vietate vennero inserite anche
quelle che, pur se applicabili indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati [che la
Commissione considerava ammissibili], producevano sulla libera circolazione effetti
restrittivi al di l di quelli propri di una regolamentazione commerciale (c.d. effetti
sproporzionati rispetto al fine perseguito).
Comunque, la Commissione, con questa direttiva, non vietava le misure indistintamente
applicabili, in quanto i loro effetti restrittivi venivano considerati <<normalmente inerenti
alla disparit delle disposizioni nazionali>>; in altri termini essi, per la Commissione, erano la
conseguenza fisiologica della mancata armonizzazione.
7. LA NOZIONE DI MISURA DI EFFETTO EQUIVALENTE NELLA GIURISPRUDENZA
La nozione, molto ampia nella giurisprudenza, di misura di effetto equivalente, vuole dare un
effetto funzionale allart.34 del TFUE.
E bene precisare che stiamo parlando di una disposizione fondamentale per leconomia del
sistema dellUnione, che ha, infatti, effetto diretto.
Nella sentenza DASSONVILLE (1988), la Corte ha enunciato una nozione di misura di effetto
equivalente ancora oggi pienamente valida.
Con riferimento ad una disposizione nazionale che subordinava limportazione di un whisky al
fatto che fosse esibito un certificato rilasciato dal Paese esportatore, la Corte rilev che un
operatore che avesse importato quel prodotto da un Paese diverso, in cui per il whisky si
trovava in libera pratica ed in cui non veniva richiesto quello stesso certificato, incontrava
oneri superiori a quelli che incombevano sullimportatore diretto.
La famosa formula Dassonville sancisce ancora oggi che : ogni normativa commerciale degli
Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza gli
scambi intracomunitari, va considerata come una misura deffetto equivalente a restrizioni
quantitative.
Il divieto ha portata generale.
Esso non quindi condizionato ad una riduzione effettiva degli scambi, ma simpone per il
solo fatto che la misura rappresenti anche potenzialmente un aggravio non giustificato per gli
operatori commerciali.
Quindi laggravio non deve essere dimostrato, in quanto basta leffetto potenziale di ostacolo
alle importazioni.
Ancora, non necessario che il provvedimento nazionale riduca sensibilmente gli scambi
intracomunitari, ricadendo nel divieto anche una misura che si esaurisca in un ostacolo lieve
ed anche quando vi siano altre possibilit di smercio del prodotto importato.
Pur trattandosi di un divieto indirizzato agli Stati membri, esso pu investire anche i
comportamenti dei privati, nella misura in cui questi non possono in via convenzionale (sulla
base di un accordo tra imprese che ostacoli gli scambi intracomunitari) derogare alle
disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle merci.
Ovviamente le misure restrittive devono essere misure statali o comunque imputabili alle p.a.,
i comportamenti dei singoli rilevano sul piano della concorrenza.
Il comportamento dello Stato pu venire in rilievo in relazione ad atti posti in essere da privati.
Ad esempio la lettura congiunta degli artt. 4,TUE[divieto di discriminazione]e 34 del TFUE
porta a rilevare un preciso obbligo per lo Stato di impedire che i privati creino ostacoli indebiti
alla libera circolazione delle merci.
Obbligo la cui osservanza sottoposta al controllo della Corte.

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Inoltre, il comportamento dello Stato pu rilevare sotto il doppio profilo della libera
circolazione delle merci e di altre norme del Trattato, ad esempio in tema di tutela della
concorrenza in particolare del divieto di aiuti pubblici alle imprese.
Le istituzioni comunitarie, infine, sono tenute a rispettare il divieto di ostacolare gli scambi
con misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative.
8. LE MISURE DISTINTAMENTE APPLICABILI
Tra le misure deffetto equivalente, bisogna anzitutto considerare le misure distintamente
applicabili ai prodotti nazionali ed ai prodotti importati, quelle cio che subordinano la
commercializzazione di questi ultimi a condizioni diverse o pi onerose rispetto a quelle
applicabili ai primi.
Vengono a tal proposito in rilievo:
I controlli, ad esempio quelli sanitari. Tali controlli, se operati in modo sistematico,
costituiscono misure vietate ex art. 34, salvo se non rientrano nelle deroghe ex art. 36.
Le misure che impongono una documentazione specifica per limportazione o
esportazione del prodotto, ad esempio una licenza o un certificato di conformit,
insomma facciano riferimento a qualsiasi formalit burocratica che ha un effetto
dissuasivo;
Operatori in regime di distribuzione selettiva unaltra ipotesi, riguarda le misure che
favoriscono la canalizzazione delle importazioni attraverso determinati operatori in
regime di distribuzione selettiva, cos da scoraggiare o impedire le cd. importazioni
parallele, che sono il simbolo della realizzazione effettiva di un libero a comune mercato
delle merci. Ad esempio nella pronuncia Dassonville sono state dichiarate illegittime ex
art.34 le misure disposte dallamministrazione italiana per aggravare gli adempimenti e
gli oneri di immatricolazione delle autovetture importate non dagli importatori c.d.
ufficiali designati dalle case produttrici, ma da operatori c.d. paralleli liberi da vincoli
contrattuali con le case.
9. LE MISURE INDISTINTAMENTE APPLICABILI
Normative sui prezzi.
Vi sono poi delle misure che pur se neutre rispetto al rapporto tra prodotti nazionali e prodotti
importati, possono produrre, di fatto, una riduzione delle importazioni. Si tratta delle misure
definite indistintamente applicabili.
Alcuni esempi riguardano le discipline dei prezzi applicate in presenza di certe condizioni.
Ad esempio quando viene stabilito un prezzo massimo di rivendita, pu accadere che il
prodotto importato risulti fuori mercato, nel senso che il suo smercio viene reso impossibile o
pi difficile rispetto a quello dei prodotti nazionali.
Oppure, ancora, quando vengono fissati dei prezzi che da un lato vogliono favorire lindustria
e la ricerca nazionale attraverso una considerazione dei fattori di costo che sfavorisca i
prodotti importati; dallaltro non considerano le spese e gli oneri relativi allimportazione tra
gli elementi che contribuiscono alla determinazione del prezzo.
10. SEGUE: NORMATIVE SULLA QUALIT E LA PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO
Altra ipotesi di misure indistintamente applicabili riguarda le normative sulla qualit e
presentazione del prodotto, per le quali si affermato il principio per cui un prodotto
legittimamente commercializzato in uno Stato membro pu essere importato e
commercializzato, senza ostacoli, anche negli altri Stati membri (principio del mutuo
riconoscimento).
Tale principio muove dal presupposto che, in assenza di disciplina comunitaria di
armonizzazione, le legislazioni nazionali relative alle condizioni di commercializzazione di
determinati prodotti possono essere diverse, il che non esclude che siano ugualmente
rispettose della salute o delle esigenze del consumatore.

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Ne consegue che uno Stato deve accettare i prodotti importati anche quando le specifiche
tecniche prescritte per i prodotti nazionali non siano state effettuate, ma il livello di
protezione dellutilizzatore sia equivalente, o che gli stessi prodotti siano sottoposti a
controlli equivalenti gi negli stessi Stati membri.
Comunque questi intralci c.d. ostacoli tecnici si tollerano solo in vista della soddisfazione di
esigenze imperative, relative allefficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute, etc.
Caso tipico del genere quello di CASSIS DE DIJON, avente ad oggetto limportazione in
Germania di un liquore francese: il giudice tedesco era chiamato a verificare la compatibilit
con lart. 34 di una normativa nazionale relativa alle bevande alcoliche, nel punto in cui
fissava in via del tutto generale (perci anche per i prodotti nazionali) un livello minimo di
contenuto alcolico, affinch certe categorie di bevande potessero essere commercializzate
come tali in Germania.
Di qui la Corte di Giustizia precis che gli intralci alla libera circolazione delle merci, derivanti
da disparit delle legislazioni nazionali, sono ammessi solo se perseguono uno scopo
dinteresse generale atto a prevalere sulle esigenze della libera circolazione.
Il controllo sulle normative nazionali deve esercitarsi a livello comunitario.
11. NORMATIVE SULLE MODALIT DI COMMERCIALIZZAZIONE
Meno facile lapplicazione della formula Dassonville per quelle misure nazionali
indistintamente applicabili che non abbiano ad oggetto i prodotti, bens le modalit
dellattivit commerciale: chi, come, dove e quando poter vendere.
Si tratta di misure che possono produrre eventuali riduzioni delle importazioni, ma solo in
quanto abbiano causato altrettante riduzioni delle vendite, sia dei prodotti nazionali, sia di
quelli importati. La giurisprudenza, in un primo momento ha largheggiato nellapplicazione
della formula Dassonville anche in questo settore specifico, destando un po di confusione
negli operatori che si sono sentiti autorizzati a contestare ogni genere di misura che andasse
a limitare lattivit commerciale, perdendo di vista la natura dellart. 34, ed in particolare la
dimensione comunitaria e non anche solo nazionale.
Se ne , ad esempio, esclusa lapplicazione quando le misure nazionali non avevano ad
oggetto gli scambi, e comunque consentivano modalit di vendita alternative.
Una seconda ipotesi riguarda un altro tipo di misure nazionali, dove era presenta un
potenziale effetto restrittivo delle importazioni come conseguenza di una delimitazione degli
orari dellattivit di vendita, la giurisprudenza aveva affermato la legittimit delle misure ove
non eccedano il contesto degli effetti propri di una normativa commerciale.
Si tratta della giurisprudenza riguardante lapertura domenicale dei negozi, la quale non va a
sfavorire la commercializzazione dei prodotti importati pi di quella dei prodotti nazionali.
Si invece applicata la formula Dassonville per le discipline nazionali limitative dei sistemi di
pubblicit e promozione delle vendite, le quali possono costringere loperatore a mutamenti
onerosi delle strategie commerciali.
In alcune precisazioni successive, la Corte non ha pi annoverato nella nozione di misura di
effetto equivalente quelle normative applicabili a tutti gli operatori che svolgono attivit
commerciali in un determinato Stato membro, e che investono allo stesso modo la
commercializzazione sia dei prodotti nazionali sia di quelli importati.
Nella sentenza KECK-HUNERMUND del 1993,la Corte chiarisce che misure relative alle
modalit dellattivit commerciale e non al prodotto, non collegate in alcun modo con la
diversit delle legislazioni nazionali e insuscettibili di rendere, direttamente o indirettamente,
nella forma o nella sostanza, laccesso al mercato meno facile per i prodotti importati, non
rientrano tra le misure a effetto equivalente a restrizioni quantitative di cui alla formula
Dassonville.
Resta quindi del tutto inalterato il criteri di mutuo riconoscimento, mentre si sgombrato il
campo dellart.34 da normative nazionali che non investono affatto gli scambi o lintegrazione
dei mercati.

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12. RESTRIZIONI QUANTITATIVE ALLE ESPORTAZIONI


Lart. 35 TFUE vieta le restrizioni quantitative alle esportazioni, cos come le misure di
effetto equivalente.
Quanto stato detto in tema di restrizioni delle importazioni pu valere, in linea generale,
anche per gli ostacoli alle esportazioni.
Ci vale per leffetto diretto, per la nozione di merce e per lorigine del prodotto che pu
essere di paese terzo purch in regime di libera pratica.
Va sottolineato che il divieto riguarda solo le esportazioni verso i Paesi membri e non quelle
verso i Paesi terzi che restano fuori del campo di azione della norma.
Tuttavia la giurisprudenza sulle misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative alle
esportazioni non speculare a quella sulle misure restrittive alle importazioni.
La giurisprudenza fino ad oggi ha limitato la portata dellart. 35 TFUE a quelle misure che
hanno per oggetto o per effetto quello di restringere specificamente le correnti di
esportazione.
Questo orientamento ha resistito bench sia stato posto da pi parti il problema di mantenere
la sintonia di interpretazione tra lart. 34(restrizioni quantitative allimportazione)e lart. 35
(restrizioni quantitative allesportazione).
13. LE DEROGHE AL DIVIETO DI MISURE DI EFFETTO EQUIVALENTE
Lart.36[deroghe] configura le ipotesi nelle quali uno Stato pu adottare o mantenere misure
comprese nei divieti ex art. 34[restrizioni alle importazioni] e 35[restrizioni alle esportazioni].
Si tratta di ipotesi motivate da ragioni di moralit pubblica, pubblica sicurezza, ordine
pubblico, tutela della salute o del patrimonio, ecc.
La tutela di queste esigenze non deve in ogni caso costituire mezzo di discriminazione
arbitraria o una restrizione dissimulata.
Lart. 36 rappresentando una deroga al principio fondamentale delleliminazione degli ostacoli
alla libera circolazione delle merci.
1. IN PRIMO LUOGO, una norma di stretta interpretazione, essa,cio, non pu
essere estesa a ipotesi diverse da quelle tassativamente prefigurate.
2. IN SECONDO LUOGO, con tale norma non si inteso riservare agli Stati membri
una competenza esclusiva in determinate materie ( difesa della salute, pubblica
sicurezza, ordine pubblico, etc) ma voleva solo consentire una deroga al principio
della libera circolazione in vista delle esigenze prefigurate dal Trattato.
E chiaro che se, in vista di queste esigenze, la Comunit ha gi adottato direttive di
armonizzazione non trasposte dagli Stati, le deroghe non saranno pi consentite.
In altri termini, quando la Comunit detta uno standard che deve essere adottato da
tutti gli Stati membri, laccento si deve porre sullo Stato esportatore, con la
conseguenza che un prodotto commercializzato in uno stato membro, conforme agli
standards voluti dalla normativa comunitaria uniforme, non pu subire alcuna
restrizione ex art.36.
3. IN TERZO LUOGO le misure prese dallo Stato membro per la tutela delle esigenze
prefigurate dallart. 36, debbono sempre ispirarsi al principio di proporzionalit, ed il
controllo della Commissione verter proprio sullaccertamento di conformit delle
misure al principio suddetto. Dunque, lesercizio della facolt di deroga deve limitarsi a
quanto strettamente necessario al perseguimento degli scopi previsti.
Quanto allipotesi della tutela della moralit pubblica, stata riconosciuta la potest di uno
Strato di impedire limportazione di oggetti osceni o indecenti, fermo restando che sar
ciascuno Stato a determinare le esigenze di moralit da soddisfare.

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Bisogna per precisare che uno Stato non pu vietare limportazione di taluni prodotti se nel
suo territorio non esiste un divieto assoluto di fabbricazione e commercializzazione degli
stessi.
Per lipotesi di pubblica sicurezza esemplare il caso Campus Oil, in cui si discuteva circa un
obbligo imposto agli importatori di prodotti petroliferi di rifornirsi presso una raffineria
nazionale fino a una certa quota del fabbisogno ai prezzi prestabiliti, non avendo quella
raffineria la possibilit di praticare prezzi competitivi, pur essendo essa strategica per la tutela
degli interessi nazionali.
Lobbligo stato considerato rientrante nelle deroghe dellart. 36, con la precisazione che la
quantit di prodotto interessato al sistema di pubblica sicurezza non pu superare n il limite
di approvvigionamento minimo corrispondente alla sicurezza comune, n il livello necessario
di disponibilit per il caso di crisi.
In Italia si era cercato di giustificare i maggiori oneri documentali e amministrativi prescritti
per limmatricolazione delle autovetture dimportazione parallela rispetto a quelle importate
dai distributori ufficiali, invocando lordine pubblico.
Ma stato fatto cadere ogni fondamento a tali motivi, perch il traffico illecito di autovetture
pu essere ostacolato con mezzi diversi da questo.
Tra gli interessi di cui allart. 36, la salute e la vita delle persone sono al primo posto.
In linea di massima viene lasciata ampia discrezionalit agli Stati per le norme e divieti posti
per la difesa di questi interessi, ovviamente, per, graver sugli stessi lobbligo di dimostrare
leffettivit del rischio.
14. LE RESTRIZIONI AGLI SCAMBI CONNESSE ALLA TUTELA DELLA PROPRIET
INDUSTRIALE E COMMERCIALE
Dallo stesso art. 36 sono previste deroghe per la tutela della propriet industriale e
commerciale.
Questo un settore difficile, poich regolato da una disciplina ispirata al principio della
territorialit, principio concettualmente agli antipodi rispetto allidea del mercato comune.
La propriet individuale.
Lo sforzo giuridico consistito nel trovare un equilibrio tra tutela della propriet intellettuale e
il mercato comune informato dal principio della libert degli scambi.
La propriet intellettuale designa quellinsieme di diritti riconosciuti da un ordinamento per
la tutela del brevetto, del marchio, del diritto di autore etc.; il titolare di tale diritto ha facolt
esclusive opponibili erga omnes, in ordine alla produzione e alla commercializzazione dei beni
cui inerisce.
Il conferimento di unesclusiva territoriale, porta a uno regime di monopolio che pu
contrastare con lidea di mercato comune.
Per un lungo periodo stata la Corte a disegnare i contorni del regime comunitario della
propriet intellettuale.
Nellassolvere tale compito essa si fondata su due gruppi di disposizioni:
1. le norme riguardanti la libert di circolazione delle merci;
2. le norme sulla concorrenza.
Nel settore della propriet intellettuale gli artt. 34 e 36 si configurano come un limite
allapplicazione delle normative interne, lo schema concettuale pu essere cos sintetizzato:
le restrizioni degli scambi risultanti dallapplicazione dei diritti di propriet intellettuale
ricadono automaticamente nel campo di applicazione dellart.34; la verifica di
compatibilit con il diritto comunitario delle norme nazionali sulla propriet intellettuale
deve essere ricondotta nellambito dellart. 36;

La deroga di cui allart. 36 consente di giustificare soltanto norme interne che siano

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indispensabili per tutelare loggetto specifico dei diritti di propriet intellettuale. Spetta,
in ultima analisi, alla Corte definire qual loggetto in questione, nonch dettare i
criteri in base ai quali valutare se le norme nazionali siano o meno indispensabili. Le
necessarie valutazioni di fatto spettano alle autorit (amministrative o giurisdizionali)
nazionali.

Lart. 36 precisa che tali divieti non debbano comportare una discriminazione arbitraria
o una restrizione dissimulata agli scambi intracomunitari.
Il diritto di brevetto

Nel diritto di brevetto loggetto specifico della propriet industriale la garanzia data al
titolare, per ricompensare lo sforzo creativo, di valersene in via esclusiva per limmissione di
beni industriali sia direttamente, sia concedendo licenze a terzi.
Ovviamente il diritto in esame non pu valere quando la prima immissione in commercio
avvenga in un mercato dove il prodotto non brevettabile: in tal caso il titolare non pu che
accettare le regole della libera circolazione.
Diritto di marchio
Per ci che concerne la definizione delloggetto nel diritto di marchio, esso prima si
individuato nella garanzia per il titolare di un diritto esclusivo di servirsi del marchio per la
prima immissione di un prodotto sul mercato.
Successivamente alla sentenza Hag II, la Corte ha individuato la funzione che il marchio
assolve nella tutela del consumatore posto a garanzia della qualit dei prodotti.
Diritto dautore.
Relativamente al diritto dautore e ai diritti connessi, stato riconosciuto che le diverse forme
di tutela della propriet letteraria ed artistica rientrano nellambito della deroga ex art. 36 in
ordine alla propriet industriale e commerciale.
In particolare la Corte ha sempre escluso che gli articoli 34 e 36 possano essere invocati per
opporsi allapplicazione di norme nazionali che stabiliscono in quali casi possa essere
riconosciuto un diritto di propriet intellettuale.
La costituzione di tale diritto rimessa allordinamento interno, con la conseguenza
che le regole adottate da uno stato membro in tale materia debbono ritenersi rientrare in
linea di principio nellambito della specifica deroga ex art.36.
Il principio dellesaurimento.
Definizione.
Lautonomia degli Stati non assoluta.
Difatti, la Corte ha stabilito che:
i diritti di propriet intellettuale, in presenza di talune condizioni , sono soggetti
ad esaurimento;
le norme sui diritti di propriet intellettuale, comunque, non possono avere
contenuto o effetto discriminatori.
Il principio dellesaurimento costituisce, dunque, un limite al diritto di esclusiva che
l'ordinamento riconosce ai titolari di diritti di propriet intellettuale e industriale.
I titolari di brevetti, marchi di impresa, modelli e disegni, gli autori di opere di ingegno e i
titolari di diritti connessi al diritto di autore hanno un diritto di esclusiva per lo sfruttamento
economico di tali beni immateriali.
Ma, secondo il principio dellesaurimento, tale diritto viene meno quando i prodotti nei quali il
bene immateriale incorporato o al quale affisso sono posti in vendita per la prima volta dal
titolare stesso del diritto o con il suo consenso.

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Il principio dellesaurimento implica che il titolare non pu opporsi allimportazione o


commercializzazione di prodotti messi in commercio nello Stato desportazione da lui stesso o
col suo consenso.
Questo per evitare che il titolare possa determinare, con la costituzione di diritti paralleli, una
compartimentazione dei mercati ed impedire la circolazione dei prodotti nella Comunit.
La delimitazione della portata del principio di esaurimento.
La giurisprudenza ha poi precisato la portata del principio dellesaurimento.
Ad esempio, in materia di brevetti se ne esclusa lapplicazione quando il
prodotto sia stato commercializzato senza il consenso effettivo del titolare del
brevetto a meno che non abbia acconsentito alla commercializzazione in uno stato in cui
il prodotto non brevettabile.
Per le opere artistiche, letterarie che possono essere non solo vendute ma anche
noleggiate, la giurisprudenza ha affermato che la riscossione dei diritti dautore in
funzione alle vendite non costituisce una remunerazione sufficiente, e quindi una
normativa che preveda una quota, spettante al titolare del diritto, dei profitti realizzati
tramite il noleggio giustificata.
1. In materia di marchi, in un primo momento il principio dellesaurimento stato
collegato alla mera origine comune del diritto, senza distinguere tra successiva
cessione volontaria e non volontaria. Tale orientamento mutato con la sentenza HAG
II, che ha precisato che nellipotesi di due o pi diritti di marchio aventi la stessa
origine, ma la cui partizione sia avvenuta senza il consenso del titolare originario ed in
capo a soggetti a lui del tutto indipendenti, ciascun titolare si pu opporre
allimportazione del prodotto di marchio uguale o confondibile.
Lapplicabilit del principio dellesaurimento.
E bene precisare che il principio dellesaurimento applicabile in tutti i casi di cessione del
diritto in quanto ad essere decisivo non il consenso del titolare originario, ma la perdita da
parte sua del controllo sulla qualit del prodotto.
Per il caso di riconfezionamento di medicinali, il titolare del diritto di marchio si pu opporre
solo quando sia riconosciuto che lesercizio del diritto di marchio non miri ad isolare
artificialmente i mercati, quando il riconfezionamento pu alterare lo stato originario del
prodotto e quando sulla nuova confezione non se ne specifica lautore.
La giurisprudenza riassunta la ritroviamo nellart.7 della direttiva sul riavvicinamento delle
legislazioni nazionali sui marchi.
15. I MONOPOLI COMMERCIALI
Lart. 37 del TFUE sancisce il principio del riordino dei monopoli nazionali di carattere
commerciale, fino alleliminazione di qualsiasi discriminazione fra cittadini comunitari circa le
condizioni relative allapprovvigionamento e agli sbocchi.
Lobbligo di procedere al riassetto dei monopoli riguarda qualsiasi organismo dello Stato,
attraverso cui questo controlli, diriga o influenzi sensibilmente, direttamente o indirettamente,
gli scambi tra Paesi membri.
Deve trattarsi di un monopolio che si estende nellintero territorio nazionale e che attenga a
scambi di merci; in caso contrario si fuori dal campo di applicazione dellart.37.
Il riordino progressivo dei monopoli doveva consentire agli Stati membri di realizzare
lobiettivo delleliminazione di qualsiasi discriminazione entro e non oltre il periodo transitorio(
31/12/1969).
Lobiettivo era quello di evitare eventuali perturbazioni nel tessuto economico e sociale.
Ma, le oggettive difficolt, non consentono di determinare a priori i momenti intermedi in cui i
singoli ostacoli vanno eliminati, come confermato anche dal tipo di strumento, la
raccomandazione, di cui la Commissione si serve per sollecitare il riordino.

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Ci si chiesti se lart. 37 imponga leliminazione dei monopoli commerciali in quanto tali, o


solo di quelli che comportano una discriminazione.
In questi termini il problema mal posto, perch dipende sia dal tipo di monopolio, sia
dallestensione e dalla sua compatibilit con le norme comunitarie.
Leliminazione progressiva dei monopoli commerciali imposta dallatt. 37 TFUE pone il
problema del rapporto tra tale obbligazione e quella contenuta nellart. 106[Imprese
Pubbliche e Titolari di diritti esclusivi divieto di misure che possano ostacolare la libert degli
scambi].
Questultima sicuramente pi ampia, perch mira alleliminazione di qualsiasi misura che,
adottata nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese titolari di diritti esclusivi o
speciali, sia contraria al trattato e in particolare alle norme sulla concorrenza.
Logica vorrebbe che lart. 37, una volta raggiunto il suo scopo di eliminare i monopoli che
recano pregiudizio alla libert degli scambi di merci, rientrasse nella norma pi ampia dellart.
106.
Il Trattato di Amsterdam ha risolto la questione eliminando il carattere della gradualit del
riordino nei monopoli commerciali, ma mantenendo la disposizione distinta dallart. 106.

CAPITOLO V: LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE E DEI


CAPITALI
1. LE PERSONE DESTINATARIE
La realizzazione del mercato comune, quale prefigurata dallart. 2 del TUE, implica
leliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli, oltre che agli scambi commerciali, anche
alla circolazione di persone, servizi e capitali.
In particolare, la libera circolazione delle persone oggetto di un principio che rende possibile
ai cittadini dellUnione lesercizio di unattivit, di carattere subordinato o autonomo, senza
riguardo per i confini nazionali.
Allinizio il trattato non riguardava la persona in quanto tale, ma in quanto soggetto che
esercita unattivit economica rilevante o comunque a tale soggetto collegata, ad esempio
per vincoli familiari.
Troviamo dunque, tre gruppi di norme, che corrispondono a tre principali ipotesi:
- lavoro subordinato ( artt. 45-48)
- lavoro autonomo localizzato stabilmente nel territorio di uno Stato membro (artt. 4955)
- prestazione di servizi, che si risolve in unattivit economica prestata occasionalmente in
uno Stato membro diverso da quello di stabilimento (art. 56-62)
La disciplina della libera circolazione delle persone si articola in modo differente a secondo
delle tre ipotesi, ci per non inficia che, sotto certi aspetti, sia unitaria.
La Corte ha ampliato il pi possibile la sfera di soggetti ammessi a beneficiare della libera
circolazione, andando ben al di l delle ipotesi tipiche.
A ci si aggiunga che lo stesso diritto derivato ha finito col riconoscere a tutti i cittadini
dellUnione, sebbene con talune limitazioni, un diritto di soggiorno generalizzato e, dunque,
un diritto di circolare anche in assenza di unattivit lavorativa.
Una direttiva recente ha razionalizzato i precedenti strumenti comunitari che trattavano
separatamente le varie figure di lavoratore subordinato, lavoratore autonomo, studente e

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persone inattive, disciplinando in un unico testo legislativo il diritto dei cittadini dellUnione
europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri.
La libert di circolazione e di soggiorno, e pi in generale lo status dei cittadini dei Paesi
membri dellUnione, sono da sempre e restano collegati al divieto di discriminazioni in base
alla nazionalit sancito dallart. 18 del TFUE[divieto di discriminazione in base alla
nazionalit].
Tale disposizione va letta e applicata in combinato con lart. 21 TFUE , che sancisce il diritto di
tutti i cittadini comunitari alla libera circolazione e al soggiorno nellintero territorio dell
Unione e senza alcun riferimento alla valenza economica dellattivit svolta.
Il giudice comunitario ha ulteriormente valorizzato lart.21, riconoscendo anche al genitore
cittadino di uno Stato terzo che abbia la custodia del figlio avente la cittadinanza europea il
diritto di soggiornare con questultimo nello Stato membro ospitante.
La Corte arriva a questa conclusione mettendo in chiara evidenza che il rifiuto della domanda
di permesso di soggiorno presentata dalla madre che esercita la custodia del minore,
priverebbe di qualsiasi effetto utile il diritto di soggiorno di questultimo.
2. LA CITTADINANZA EUROPEA
Non esiste, n potrebbe esistere una nozione europea di cittadinanza, le norme dellUnione
che ne prescrivono il possesso come presupposto soggettivo per la loro applicazione, in realt
rinviano alla legge nazionale dello Stato la cui cittadinanza viene posta a fondamento del
diritto invocato.
Tale rinvio al diritto nazionale stato operato espressamente anche nel Trattato, dove si
definisce cittadino dellUnione <<chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro>> art.
20 TFUE.
Ci non significa che la competenza degli Stati membri in materia sia assoluta, in quanto deve
esercitarsi entro i limiti definiti dal diritto dellUnione, cos come interpretato dalla Corte di
Giustizia.
N, tantomeno, che i diritti riconosciuti dal Trattato siano necessariamente riservati ai cittadini
dellUnione.
La Corte ha, infatti, precisato che il diritto dellUnione non si oppone a che gli Stati membri
concedano il diritto di elettorato attivo e passivo per le elezioni del Parlamento Europeo a
persone che possiedano stretti legami personali, famigliari, economici con esso pur non
essendo loro cittadini o cittadini dellUnione residenti sul loro territorio.
Ci premesso, gli sviluppi in materia sono piuttosto significativi.
La giurisprudenza, sulla premessa che lo status di cittadino dellUnione destinato ad essere
lo status fondamentale e che il Trattato non esige che i cittadini dellUnione svolgano
unattivit lavorativa per poter godere dei diritti previsti dalla cittadinanza dellUnione, ha
chiarito che lart. 21 TFUE provvisto di effetto diretto e attribuisce al cittadino dellUnione un
diritto allo stesso trattamento giuridico nellesercizio della libert di circolazione e soggiorno.
Tale diritto invocabile oltre che nei confronti dello Stato ospitante anche nei confronti dello
Stato di appartenenza.
La Corte ha, peraltro, evidenziato che tale diritto di circolazione e soggiorno, ex art. 21 TFUE,
non diritto assoluto, essendo attribuito subordinatamente ed alle condizioni poste dal
Trattato e dalle relative disposizioni di attuazione.
Tali limiti e condizioni, cui gli Stati membri possono subordinare lesercizio del diritto in esame,
devono per rispondere al principio di proporzionalit.
In altri termini, eventuali limitazioni non possono andare al di la di quanto appropriato e
necessario per lattuazione dello scopo perseguito, restando al giudice nazionale quello di
assicurare il rispetto di tale principio.
Inoltre, la Corte ha rilevato che i presupposti del godimento dei diritti del cittadino dellUnione
in materia di circolazione, sono ancorati allambito di applicazione ratione materiae.

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Cio si tratta di diritti condizionati allesercizio effettivo della libera circolazione, con la
conseguenza che ad essi non si pu attribuire una valenza autonoma, rispetto ai diritti che
Trattati e diritto derivato riconoscono in quanto collegati alle 4 libert fondamentali che di
volta in volta vengono in rilievo.
Lo status di cittadino europeo attribuisce una serie di diritti, oltre quello di circolare e
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri,art. 21.
il caso di aggiungere che il Trattato di Lisbona ha ribadito ed ampliato la nozione di
cittadinanza europea, rafforzando, tra laltro, gli strumenti di democrazia partecipativa.
3. LA LIBERT DI CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DI PAESI TERZI
Il pieno diritto di circolazione, inteso come diritto di attraversare le frontiere intracomunitarie
senza controlli, rimane collegato alladozione di disposizioni comuni sui controlli alle frontiere
esterne.
Le difficolt che permangono alla libera circolazione delle persone sono attualmente dovute ai
controlli di polizia effettuati alla frontiera.
Si tratta di una questione collegata alla pi generale politica di immigrazione, oltre che alla
lotta alla criminalit e al terrorismo.
Non a caso la cooperazione degli Stati membri in materia iniziata al di fuori del sistema
comunitario, attraverso le iniziative dei governi e delle autorit preposte alla tutela dellordine
pubblico e/o dellimmigrazione.
Gli sviluppi pi importanti si sono avuti con gli accordi di Schengen,le cui problematiche sono
state affrontate per la prima volta nel contesto dellUnione, quale prefigurata dal Trattato di
Maastricht, allinterno del terzo pilastro, dunque quale cooperazione in materia di giustizia e
affari interni.
Il Trattato di Amsterdam ha poi inciso in maniera significativa su tale materia, sia in maniera
formale che sostanziale, trasferendo la materia dei visti, dellasilo, dellimmigrazione e altre
politiche connesse con la circolazione delle persone nel Titolo IV del TCE e lasciando nel Titolo
VI del TUE solo uno dei settori prima rientranti nellambito della cooperazione in materia di
giustizia e affari interni.
Il rischio di sovrapposizioni tra gli accordi di Schengen da un lato, il Titolo IV TCE ed il Titolo VI
TUE stato evitato grazie allintegrazione nellUnione Europea degli accordi di Schengen e di
tutti gli atti adottati.
In tale modo tutte le realizzazioni compiute sono state incorporate come <<acquis di
Schengen>> nel sistema dellUnione.
Effetto non secondario dellintegrazione dellacquis Schengen nel sistema comunitario era
rappresentato dallestensione delle competenze del Parlamento Europeo e della Corte di
Giustizia.
Va ricordato che i tredici Stati membri, ad eccezione di Regno Unito ed Irlanda, erano
autorizzati tra loro a istituire una cooperazione rafforzata in materia.
Si pu dire che lintegrazione dellacquis Schengen decisa ad Amsterdam permetteva di
superare il rischio di sovrapposizioni tra strumenti interni ed esterni allUnione, ma non
riusciva ad individuare una soluzione capace di garantire una disciplina comune in relazione
allingresso ed al trattamento dei cittadini di Paesi terzi.
Il quadro complessivo stato notevolmente semplificato dal Trattato di Lisbona, in virt di due
previsioni:
la prima concerne il futuro, impone che lacquis Schengen e le ulteriori misure adottate
nel suo campo di applicazioni debbano essere accettate integralmente da tutti gli Stati
canditati alladesione;
la seconda concernente il presente, sopprime la tradizionale struttura a tre pilastri
dellUnione, eliminando le distinzioni tra primo e terzo pilastro.

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Questultima novit comporta, di fatto, la comunitarizzazione della cooperazione di polizia e


giudiziaria in materia penale, che <<ritorna>> ad essere disciplinata insieme alle politiche
concernenti i visti, lasilo, limmigrazione ed altre politiche connesse alla libera circolazione
delle persone.
Nel nuovo Titolo V(artt. 67 e segg.) del TFUE, dedicato allo <<spazio di libert, sicurezza e
giustizia>>, confluiscono le politiche relative ai controlli alle frontiere, allasilo e
immigrazione, la cooperazione giudiziaria in materia civile e quella in materia penale, la
cooperazione di polizia.
Ci espressione di una pi generale consapevolezza delle dirette implicazioni di queste
materie sulla circolazione delle persone nel territorio dellUnione.
Di particolare rilievo, per la circolazione dei cittadini di Paesi terzi, appare la precisazione di
portata generale che <<lUnione si fonda sul rispetto della dignit umana, della libert, della
democrazia, delluguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i
diritti delle persone appartenenti a minoranze>>.
Si tratta di <<valori comuni agli Stati membri>> e propri di una societ caratterizzata dal
<<pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidariet e
dalla parit tra uomini e donne>>.
Dalla enunciazione di tali principi si ricava che la tutela dei diritti umani nellUnione europea
non dipende dal possesso della cittadinanza dellUnione.
Relativamente ai controlli alle frontiere , allasilo e allimmigrazione, nel TFUE si precisa che
obiettivi dellUnione sono: garantire lassenza di qualsiasi controllo sulle persone, a
prescindere dalla nazionalit allatto dellattraversamento delle frontiere interne, garantire il
controllo delle persone e la sorveglianza efficace delle frontiere esterne, ed instaurare,
progressivamente, un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne.
Lart. 80 TFUE precisa che queste politiche sono governate dal principio di solidariet ed equa
ripartizione delle responsabilit tra gli Stati membri, anche relativamente al piano finanziario.
La politica comune di immigrazione deve assicurare la gestione efficace dei flussi migratori,
lequo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri,
nonch la prevenzione ed il contrasto rafforzato dellimmigrazione illegale e della tratta degli
esseri umani.
In conclusione il trattato di Lisbona appare sicuramente foriero di sviluppi positivi nella
direzione di uneffettiva integrazione tra Stati membri dellUnione, ma in attesa di tale
evoluzione c da dire che tuttora gli Stati membri possono sempre decidere la reintroduzione
di normali controlli alle frontiere nazionali per esigenze di ordine pubblico o di sicurezza
nazionale e previa consultazione con gli altri Pesi membri.
4. LA LIBERT DI CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI
Lart. 45 TFUE assicura la libera circolazione dei lavoratori allinterno dellUnione.
La libera circolazione dei lavoratori implica labolizione di qualsiasi discriminazione fondata
sulla nazionalit, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda limpiego, la
retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Lart. 45, 3 comma, sancisce i diritti del lavoratore
comunitario, e comprendono:
1. laccesso al lavoro in un altro Stato membro;
2. il diritto di prendervi dimora;
3. quello di spostarsi liberamente;
4. quello di rimanervi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Il termine lavoratore(art.45) e lespressione attivit subordinata(Regolamento n. 1612/68)
sono nozioni da interpretare in modo restrittivo.
La giurisprudenza del lavoratore d questa definizione: deve considerarsi lavoratore la
persona che, per un certo tempo, esegue a favore di unaltra e sotto la direzione di questa

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prestazioni in contropartita delle quali percepisce una remunerazione. Una volta cessato il
rapporto, linteressato perde la qualit di lavoratore, fermo restando tuttavia che, da un lato,
questa qualifica pu produrre taluni effetti dopo la cessazione del rapporto di lavoro e che,
dallaltro, una persona alleffettiva ricerca di un impiego deve pur essere qualificata come
lavoratore.
La nozione comunitaria di lavoratore subordinato implica che:
1. Cittadinanza dellUnione: Deve trattarsi di un cittadino di un Paese membro, vi
un rimando al diritto nazionale in materia di cittadinanza.
Tale requisito, invece, non e richiesto ai familiari del lavoratore che siano cittadini di un
Paese terzo, in quanto ad essi consentito, ma solo in quanto familiari di un lavoratore
comunitario, di beneficiare della disciplina della libera circolazione del lavoratori, per il
resto a cittadini dei Paesi terzi vietata la libera circolazione, salvo accordi tra il Paese
dorigine e la Comunit(es. gli accordi stipulati con alcuni Paesi del mediterraneo).
L Atto di adesione firmato ad Atene il 16 aprile 2003 consente ai vecchi Stati membri di
limitare lapplicazione delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori nei
confronti dei nuovi Stati membri per un periodo massimo di sette anni anche se essi
beneficiano di un regime di preferenza rispetto a lavoratori di Paesi terzi.
2. Luogo del rapporto subordinato : La prestazione deve svolgersi in uno Stato
membro diverso da quello di origine del lavoratore.
Il rapporto di lavoro deve essere localizzato in territorio dellUnione o comunque
presentare un legame stretto con questultimo.
Pi in generale le norme sulla libera circolazione si applicano a tutti i cittadini comunitari
che ne usufruiscano.
Ne consegue che un diritto che il singolo pu opporre al proprio Stato di appartenenza,
quando da esso che abbai ricevuto un trattamento deteriore per il sol fatto di avere
lavorato in un altro stato membro o comunque tale da dissuaderlo dallavvalersi di tale
libert di circolazione.
Non escluso che si verifichino delle situazioni di discriminazione a danno dei cittadini
del Paese membro interessato, ipotesi definita di discriminazione alla rovescia e che pu
trovar rimedio solo attraverso leventuale applicazione delle norme nazionali poste a
tutela del principio di eguaglianza.
Con una la legge comunitaria del 2004 stata garantita la parit di trattamento dei
cittadini italiani con quelli di altri Paesi membri.
3. Natura subordinata del rapporto : lattivit lavorativa svolta deve avere
natura subordinata.
Oltre al rapporto di subordinazione, necessaria la circostanza che si tratti di unattivit
lavorativa effettiva e dotata di una certa consistenza.
Quindi non rientrano in tale disciplina le attivit ridotte e precarie, cos tanto da
presentarsi come accessorie e marginali.
Sono ritenute rilevanti anche talune ipotesi di confine come il tirocinio professionale
retribuito, un corso di studi sancito da diploma professionale che sia collegato alla
precedente attivit lavorativa svolta nello Stato ospite(etc)
Non stato escluso il vincolo di subordinazione , salvo laccertamento del giudice
nazionale, nel lavoro svolto dal coniuge dellunico titolare dellimpresa. Anche lattivit
sportiva stata compresa nella disciplina comunitaria sulla libera circolazione dei
lavoratori, quando ricorrono le condizioni gi citate.

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5. IL DIRITTO DI INGRESSO E DI SOGGIORNO


Il diritto di ingresso.
Laccesso al lavoro in uno Stato membro diverso da quello di origine ed il conseguente diritto
di soggiornarvi presuppone il diritto di ingresso nel territorio di tale Stato.
Tale diritto deriva dal Trattato ,nonch, alloccorrenza, dalle disposizioni del diritto comunitario
derivato e pu essere condizionato esclusivamente al possesso di una carta di identit o di un
passaporto valido.
Non sono ammessi controlli che integrino una prassi sistematica, che per ci stesso diventa
un ostacolo arbitrario alla circolazione delle persone; lo stesso dicasi per i visti di ingresso o
lapposizione di un timbro sul passaporto.
Il semplice controllo amministrativo ammesso a condizione che non sia discriminatorio.
Il diritto di soggiorno
Il diritto di ingresso in un altro Paese membro comporta il diritto di soggiornarvi almeno 3
mesi, col beneficio del diritto alleguaglianza di trattamento con i cittadini dello Stato ospite
(es. diritto al risarcimento del danno che la legge nazionale riserva ai cittadini, il diritto a
sovvenzioni in occasione della nascita di un figlio).
Del diritto di soggiorno (oltre il limite dei tre mesi) possono beneficiare i lavoratori
dipendenti, con i rispettivi familiari, le persone che si stabiliscono in un altro Paese membro
per esercitarvi unattivit economica.
Con lentrata in vigore della direttiva 2004/38 tale diritto attribuito a tutti i cittadini
dellUnione, unitamente ai loro familiari, a condizione per che essi dispongano di risorse
economiche sufficienti e di unassicurazione malattia.
Tale direttiva introduce anche la figura del diritto di soggiorno permanente di cui
beneficeranno il cittadino dellUnione ed i suoi familiari che avranno soggiornato legalmente
ed in via continuativa per 5 anni nello Stato membro ospitante.
Per familiare vanno intesi, oltre il coniuge ed i discendenti e ascendenti diretti, anche il
partner che ha contratto unione registrata secondo la legislazione di uno Stato membro.
Alcune direttive hanno esteso il diritto di soggiorno anche ai soggetti non economicamente
attivi; tali direttive valgono ad integrare i limiti e le condizioni cui sottoposto lesercizio
del diritto di soggiorno, che dunque finisce con lessere attribuito al cittadino dellUnione in
quanto tale.
Carta di soggiorno e sua abolizione.
Il diritto di soggiorno deriva evidentemente dalla situazione in cui versa il beneficiario, mentre
non decisivo il possesso della carta di soggiorno, che pure viene rilasciata dallo Stato
ospite per almeno 5 anni e con rinnovo automatico.
La Carta di soggiorno, inoltre, si distingue nettamente dal permesso di soggiorno attraverso
il quale lo Stato esercita il suo potere in ordine allammissione dello straniero non comunitario
e ha due conseguenze:

il cittadino dellUnione ha un vero e proprio diritto alla carta di soggiorno, quando ne


ricorrano le condizioni;
il mancato possesso della carta di soggiorno non pu provocare provvedimenti
sproporzionati quali lespulsione o altro provvedimento sanzionatorio che si traduca in
un ostacolo alla libera circolazione.

La direttiva 2004/58 interviene anche su tale profilo della libera circolazione dei lavoratori
dellUnione, abolendo la carta di soggiorno e sostituendola con un attestato di iscrizione
che potr essere richiesto soltanto se gli Stati membri lo richiederanno e che comunque
trover applicazione unicamente per soggiorni di durata superiore a tre mesi.

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6. IL REGIME DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI


Lart.45 del Trattato chiarisce che la libert di circolazione dei lavoratori allinterno della
Comunit implica labolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalit
relativamente a tutte le condizioni di lavoro.
I diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato o da normative derivate riguardano e
possono dunque essere invocati dai lavoratori, ma niente esclude che possano essere invocati
anche dai datori di lavoro.
La libert di circolazione dei lavoratori si risolve, dunque, nel generale divieto di
discriminazione in base alla nazionalit.
Tale divieto tende non solo a garantire al lavoratore che abbia una nazionalit diversa da
quella dello Stato ospitante un trattamento non diverso da quello riservato ai cittadini, ma
impedisce anche il verificarsi di condizioni concorrenziali a svantaggio dei lavoratori nazionali.
La libert di circolazione stata compiutamente realizzata con:
1. la direttiva del Consiglio 68/360 che ha eliminato le restrizioni allingresso e al
soggiorno dei lavoratori e delle loro famiglie in Paesi diversi da quelli dorigine;
2. il regolamento n.1612/68 sostanzialmente la normativa dattuazione del principio
della libera circolazione dei lavoratori allinterno della Comunit.
Relativamente alle condizioni di accesso al lavoro non vi pu essere un precedenza o una
priorit dei lavoratori nazionali rispetto a quelli di altri Paesi comunitari.
Va poi precisato che la disciplina della circolazione dei lavoratori comprende non solo la
persona che si reca in un altro Paese membro in risposta ad unofferta di lavoro ma si estende
anche a colui che si limita a spostarsi per cercare lavoro.
Lapplicazione del principio della parit di trattamento nellaccesso al lavoro vieta anche le
discriminazioni dissimulate.
Al riguardo, i possibili elementi discriminatori sono i pi vari, dal requisito della residenza a
quello del titolo di studio ,alla conoscenza della lingua locale.
La giurisprudenza sempre stata attenta ad accertare lobiettivo sostanziale della parit di
trattamento, verificando di volta in volta se la diversit di trattamento sia arbitraria e, quindi,
dissimuli una discriminazione.
Il principio del trattamento nazionale ha poi trovato numerose applicazioni relativamente
alle condizioni di esercizio dellattivit lavorativa, relative alla retribuzione, allo stato di
disoccupazione, alla cessazione del rapporto di lavoro.
Sono compresi nella parit di trattamento anche tutti i vantaggi sociali e fiscali attribuiti ai
lavoratori nazionali (es. un prestito agevolato in occasione della nascita di un figlio, riduzioni
sulla tariffe ferroviarie, unindennit di disoccupazione per i giovani).
Il regolamento n.1612/68 sancisce allart.8 il principio della parit di trattamento anche in
relazione ai diritti sindacali, in particolare liscrizione alle organizzazioni sindacali.
Un altro aspetto di grande rilevanza della libert di circolazione dei lavoratori quello del
trattamento riservato alla famiglia del lavoratore ed alle condizione per lintegrazione dei
suoi componenti nello Stato ospitante.
Il regolamento 1612/68 attribuisce al coniuge ed ai figli minori o ancora a carico del
lavoratore una serie di diritti destinati a mantenere lunit familiare ed a facilitarne
lintegrazione quali:

diritto di soggiornare e di esercitare unattivit lavorativa;

diritto di accedere a professioni sottoposte a regole professionali specifiche;


godere dei benefici in vigore nello Stato ospite in tema di istruzione a favore dei
cittadini.

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Lart.45 n.3,lett. D,del TFUE garantisce i diritti del lavoratore e dei suoi familiari nel periodo
seguente alla cessazione del rapporto di lavoro.
Le condizioni per conservare il diritto di risiedere nel Paese ospite sono:

il raggiungimento dellet pensionabile nello Stato ospitante;

che siano stati colpiti da incapacit lavorativa permanente dopo avervi soggiornato per
oltre due anni;

dopo tre anni di soggiorno, lavorino in un altro Stato membro, ma facciano ritorno nello
Stato ospitante almeno una volta alla settimana.

In caso di licenziamento il lavoratore comunitario ha diritto alla stessa assistenza che gli uffici
del lavoro dello Stato in cui era occupato prestano ai loro cittadini nella ricerca di un nuovo
posto di lavoro.
Nel caso la cessazione del rapporto di lavoro sia dovuta alla sopravvenuta inabilit del
lavoratore, quando abbia maturato un certo periodo di anzianit o per il raggiungimento dei
limiti massimi dellattivit lavorativa, al lavoratore spetta il trattamento previdenziale e
pensionistico previsto dalla legge locale.
In definitiva, il trattamento non discriminatorio ha natura di trattamento minimo, nel senso
che possibile lapplicazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative
nazionali pi favorevoli, in quanto estendano agli stranieri diritti e vantaggi non contemplati
nel Trattato e nel regolamento n.1612/68.
7. IL SISTEMA DI SICUREZZA SOCIALE GARANTITO AI LAVORATORI MIGRANTI
La normativa sulla sicurezza sociale dei lavoratori migranti costituisce un corollario
indispensabile alla libert di circolazione.
Il fondamento di una tale normativa costituito dallart.48 del TFUE, in base al quale il
Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura ordinaria, adottano in
materia di sicurezza sociale le misure necessarie per linstaurazione delle libera circolazione
dei lavoratori, attuando in particolare un sistema che consenta di assicurare ai lavoratori
migranti e ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie
legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il
calcolo di queste, b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli
Stati membri.
La normativa di attuazione.
La normativa di attuazione dellart.48 essenzialmente contenuta nel regolamento
n.1408/71 e nel regolamento n.574/72 aventi come scopo principale il coordinamento
delle diverse normative nazionali in materia.
In mancanza di una disciplina comune, da un lato gli Stati membri continuano a disciplinare
autonomamente i rispettivi sistemi previdenziali; dallaltro, nellesercizio di tale autonomia, gli
Stati membri devono rispettare il diritto comunitario.
Il regolamento n.1408/71 si applica ai lavoratori subordinati o autonomi che sono soggetti
alla legislazione di uno o pi Stati membri e che siano cittadini di uno stato membro, nonch
ai loro familiari e ai loro superstiti.
La Corte di Giustizia ha precisato che una persona possiede la qualit di lavoratore ai sensi
del regolamento
n.1408/71 quando assicurata, sia pure contro un solo rischio, in forza di
unassicurazione obbligatoria o facoltativa.
Il coordinamento effettuato in virt del regolamento predetto fondato su 3 principi
essenziali:
1. la parit di trattamento tra lavoratori che beneficiano della libert di circolazione e
cittadini della Stato membro di cui si tratta. In base a questo principio, dunque, non
ammessa alcuna discriminazione tra cittadini e altri lavoratori comunitari.
2. la lex fori determinazione della legge applicabile; costituisce il principio

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dellunicit della legge applicabile, identificata con quella dello Stato in cui viene
svolta lattivit lavorativa
3. la totalizzazione dei periodi assicurativi. garantisce al lavoratore che sia stato
soggetto alle leggi di due o pi Stati membri, il cumulo dei periodi assicurativi maturati
in forza delle leggi di ciascuno degli Stati in questione.
8. LE LIMITAZIONI ALLA LIBERT DI CIRCOLAZIONE
Deroga per la Pubblica Amministrazione.
La disciplina comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori non si applica al
pubblico impiego: Agli impieghi nella pubblica amministrazione, art.45,n.4,del TFUE.
Per pubblica amministrazione si intende linsieme di quegli impieghi che implicano una
partecipazione diretta o indiretta allesercizio di poteri pubblici, nonch le funzioni che hanno
ad oggetto la tutela di interessi generali dello Stato o di enti pubblici.
La giurisprudenza ha dato alla deroga in esame una interpretazione molto restrittiva, fissando
la necessit di valutare caso per caso quando tale deroga vada applicata, nonch di verificare
la sussistenza del particolare vincolo di solidariet e fedelt nei confronti dello Stato che
caratterizza il rapporto di pubblico impiego.
Deroga per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o per ragioni sanitarie.
Il diritto del lavoratore alla libera circolazione, in particolare allingresso ed al soggiorno, pu
essere limitato o negato per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o per ragioni
sanitarie, art. 45, n. 3 TFUE e Direttiva 2004/38/CE.
Lo status di cittadino dellUnione ha imposto una interpretazione molto restrittiva delle
deroghe in parola.
La giurisprudenza ha precisato i limiti che gli Stati membri devono rispettare nella definizione
delle esigenze di ordine pubblico.
Anzitutto lapplicazione della misura restrittiva non pu avere finalit economiche o
comunque non connesse alle esigenze di ordine pubblico riconosciute in una societ
democratica.
La Direttiva 2004/38/CE precisa inoltre che i provvedimenti restrittivi della libert di
circolazione possono essere collegati esclusivamente ad un comportamento personale e
specifico del soggetto, mentre non possono essere fondati sulla semplice esistenza di
precedenti penali o come deterrente per altri stranieri.
I motivi di ordine pubblico posti a fondamento della misura restrittiva devono essere portati a
conoscenza del lavoratore, affinch egli si possa ben rendere conto del contenuto e degli
effetti della misura e possa dunque provvedere ad una difesa adeguata.
Quanto alle ragioni sanitarie la Direttiva 2004/38/CE indica le varie patologie che possono
giustificare il rifiuto di ingresso e/o di rilascio del permesso di soggiorno, precisando, tuttavia,
che il sopraggiungere della malattia dopo i tre mesi successivi allarrivo non consente allo
Stato membro di procedere allallontanamento dal proprio territorio.
La giurisprudenza, daltronde, aveva gi precisato che la norma rende possibile il rifiuto
dellaccesso o del soggiorno nel territorio a persone il cui ingresso o soggiorno costituirebbe,
in quanto tale, un pericolo per la salute pubblica.
9. LA LIBERT DI STABILIMENTO. CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA
Il diritto di stabilimento, disciplinato dagli articoli da 49 a 55 del TFUE, investe qualsiasi
attivit economica svolta in regime di non subordinazione e in modo stabile.
Di questo diritto beneficiano sia le persone fisiche che siano in possesso della cittadinanza di
uno degli Stati membri, sia le persone giuridiche.
Per queste ultime va fatta qualche ulteriore precisazione.

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Lart.54 stabilisce che esse sono equiparate alle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno
Stato membro se costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la
sede sociale allinterno della Comunit.
Quindi la societ che voglia aprire una sede secondaria in un altro Paese comunitario deve gi
avere un centro dattivit allinterno della Comunit.
Il Trattato prevede, peraltro, una importante eccezione al beneficio della libert di
stabilimento relativamente a quelle attivit che nello Stato ospite partecipino, sia pure
occasionalmente, allesercizio dei pubblici poteri (art.51).
In particolare la Corte ha subito precisato che leccezione non pu avere una portata che vada
al di l dello scopo per la quale stata prevista.
Loccasione fu una controversia che riguardava la professione di avvocato, rispetto alla quale
non era mancato chi ne sosteneva il carattere pubblico e dunque lesclusione in toto dalla
sfera di applicazione della libert di stabilimento.
La Corte tenne a precisare che lart. 51 del Trattato consente agli Stati membri di precludere
laccesso a quelle attivit che ,considerate in s stesse, costituiscono una partecipazione
diretta e specifica allesercizio dei pubblici poteri.
Ci per non si verifica rispetto alle attivit di consulenza ed assistenza legale o della
rappresentanza e della difesa delle parti in giudizio svolte da un avvocato.
10. STABILIMENTO A TITOLO PRINCIPALE E A TITOLO SECONDARIO
La libert di stabilimento riguarda sia laccesso alle attivit autonome e al loro esercizio,
nonch la costituzione e la gestione di imprese (art.49 comma 2),sia lapertura di agenzie,
succursali o filiali.
In definitiva tratta di due ipotesi:

Lesercizio di unattivit professionale o pi in generale di unattivit economicamente


rilevante in un Paese comunitario diverso da quello di origine;

Lapertura di un centro secondario di attivit in un Paese comunitario diverso da quello


di origine.

Per quanto riguarda le persone giuridiche, la situazione pi complessa, specie quando si


tratta di societ non di nuova costituzione.
Una siffatta condizione comporta una serie di difficolt, atteso che, quanto meno in quegli
Stati membri in cui proprio il criterio della sede ufficiale effettiva a determinare la
nazionalit della societ, il trasferimento di detta sede in un altro Stato membro pu risultare
incompatibile con il mantenimento della personalit giuridica di cui la societ gode ai sensi
dellordinamento giuridico dello Stato membro di costituzione.
In tali condizioni, lesercizio della libert di stabilimento a titolo principale finisce per essere
puramente teorico.
Allo stato attuale del diritto dellUnione, un Paese membro dispone della facolt di definire sia
il criterio di collegamento richiesto ad una societ affinch possa ritenersi costituita ai sensi
del suo diritto nazionale, e a tale titolo possa beneficiare del diritto di stabilimento
riconosciuto dal Trattato, sia quello necessario per continuare a mantenere detto status.
Lo stesso art.49 comma 1 prevede inoltre lipotesi che il soggetto sposti solo una parte
secondaria della sua attivit in un altro Paese comunitario, cio lo stabilimento che si realizza
con la creazione rispettivamente di agenzie, succursali o filiali.
Il Trattato menziona, quindi, per lesercizio dello stabilimento secondario gli strumenti della
filiale, della agenzia e della succursale.
Al riguardo va precisato che mentre per filiale va intesa una persona giuridica controllata
dalla societ madre, ma costituita secondo il diritto del Paese ospite e dotata pertanto di
autonomia, le agenzie e le succursali non sono persone giuridiche autonome rispetto
alla societ madre.

77

Inoltre il diritto di stabilimento a titolo secondario accordato non solo alle persone
giuridiche, ma anche alle persone fisiche, purch si tratti di cittadini di uno Stato membro
stabiliti in un altro Stato membro.
In altre parole, uno Stato membro non pu negare ad un cittadino di un altro Stato
membro lapertura di uno studio o di un ufficio sul proprio territorio, e ci sebbene a
tale divieto soggiacciono i propri cittadini.
In tale ipotesi dunque agli Stati membri non concesso applicare agli stranieri comunitari le
stesse limitazioni applicate ai cittadini, in quanto leffetto restrittivo che ne conseguirebbe
sarebbe sproporzionato, risolvendosi in fatto nellimpossibilit per i cittadini dellUnione di
avvalersi di un diritto fondamentale garantito dal Trattato per stabilirsi in un altro Stato
membro, se non rinunciando al precedente stabilimento.
11. IL REGIME DEL DIRITTO DI STABILIMENTO
A) IL PRINCIPIO DEL TRATTAMENTO NAZIONALE
Il contenuto materiale della normativa che sancisce e disciplina la libert di stabilimento ruota
intorno al principio del trattamento nazionale.
Questo significa che ai cittadini degli Stati membri, nonch alle persone giuridiche, che si
stabiliscono anche solo in via secondaria in un altro Stato membro,lart.49 intende
garantire lo stesso trattamento riservato ai cittadini, vietando anzitutto ogni
discriminazione in senso soggettivo (che sia cio fondata sulla nazionalit) o nuova
misura che sottoponga lo stabilimento dei cittadini degli Stati membri ad una
disciplina pi rigorosa di quella riservata ai propri cittadini.
Lo stesso Trattato ha previsto, inoltre ,ladozione di direttive per la soppressione delle
restrizioni esistenti (art.50);ladozione di direttive volte a coordinare le disposizioni nazionali
relative allaccesso alle attivit non salariate e al loro esercizio (art.53 n.2);nonch di direttive
sul reciproco riconoscimento dei diplomi (art.53 n.1).
Tuttavia lobiettivo della libert di stabilimento va perseguito negli Stati membri
indipendentemente dalla vigenza o meno di una normativa ad hoc.
Questultima prevista solo per facilitare lesercizio effettivo di tale libert, mentre la
semplice eliminazione degli ostacoli al regime di libert di stabilimento oggetto, a partire
dalla scadenza del periodo transitorio, di un obbligo preciso e incondizionato, che non richiede
alcuna specificazione normativa.
Pertanto lart.49,una volta scaduto il periodo transitorio ,ha potuto essere
utilmente invocato dai singoli in quanto norma provvista di effetto diretto (come
affermato nella celebre sentenza Reyners).
Spetta, pertanto, alle autorit nazionali fare in modo che la libert di stabilimento sia
garantita quando sussistano le condiziona di applicazione dellart.49,anche e nonostante
lassenza di direttive di coordinamento ai sensi dellart.53.
E cos che la Corte ha riconosciuto ad un avvocato belga il diritto di stabilirsi ed esercitare in
Francia, atteso che il diploma conseguito dallinteressato nel Paese di origine era stato
dichiarato equivalente dallautorit competente dello Stato di stabilimento, sebbene solo a fini
accademici e non a fini civili.
Il principio del trattamento nazionale ha dunque una portata molto ampia e anzitutto mira ad
evitare qualsiasi discriminazione che sia fondata sulla nazionalit, comportando cos
lillegittimit di qualsiasi misura che colpisca lo straniero in quanto tale.
E ci vale anche per normative nazionali che si applichino solo ai cittadini di altri Stati
membri.
12. SEGUE: B) OLTRE IL TRATTAMENTO NAZIONALE
La regola del trattamento nazionale non pu condurre alla negazione del diritto di
stabilimento quale conferito dallo stesso Trattato, con la conseguenza che il diritto di

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costituire una pluralit di centri di attivit nellinsieme dellUnione prevale sulleguaglianza di


trattamento nei casi in cui la normativa nazionale preveda lunicit della sede.
Inoltre, va precisato che il regime della libert di stabilimento intende eliminare anche quelle
discriminazioni che comportano in fatto una discriminazione a danno degli stranieri.
Ci significa che vietata anche ogni altra forma dissimulata di discriminazione.
Si tratta in sostanza delle ipotesi in cui una normativa preclude in fatto al cittadino di un altro
Paese membro di godere della libert di stabilimento, in quanto ne condiziona lesercizio al
possesso di certi requisiti che sono propri del cittadino e non di altri.
quanto si verifica o si pu verificare, anzitutto, attraverso il criterio della residenza o
attraverso talune condizioni imposte alle societ, condizioni che rischiano di sfavorire le
societ straniere rispetto a quelle costituite secondo il diritto nazionale o, ancora, con i titoli
di studio.
13. LE MISURE DESTINATE A FACILITARE LA LIBERT DI STABILIMENTO: LA
DIRETTIVA 2005/36/CE SUL RICONOSCIMENTO DELLE QUALIFICHE
PROFESSIONALI.
Nonostante gli sviluppi giurisprudenziali, le direttive previste dallart. 53 TFUE, intese al
reciproco riconoscimento dei titoli di studio e professionali restano necessarie per facilitare
laccesso e lesercizio di molte attivit autonome, con particolare riferimento a quelle rientranti
nelle professioni liberali.
Per alcuni mestieri e professioni, il cui esercizio in taluni Stati membri subordinato ad una
formale qualifica professionale sono state adottate numerose direttive in materia, definite
misure <<transitorie>>, in attesa della piena e diretta efficacia dellart. 53 TFUE, ma, nella
sostanza, misure destinate ad essere definitive.
Il criterio in generale che informa tali direttive quello per cui quando lo Stato di stabilimento
richiede, per lesercizio di unattivit, il possesso di una qualifica professionale formale che in
altri Stati membri non richiesta, sufficiente che il soggetto interessato provi di avere svolto
effettivamente quellattivit nel Paese di origine per il periodo fissato dalla direttiva.
Ci vuol dire che ogni Stato di stabilimento pu chiedere allinteressato di esibire
unattestazione, rilasciata dallo Stato di provenienza, comprovante lesercizio dellattivit di
cui trattasi, ma non pu definire condizioni di accesso tali da rendere inutile tale attestazione.
Per molte professioni lo scenario cambiato con la direttiva 2005/36/CE, c.d. Zappal, relativa
al riconoscimento delle qualifiche professionali.
Essa ha consolidato in un unico testo legislativo ben quindici direttive, fra le quali dodici
settoriali, riguardanti le professioni di medico, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica,
farmacista e architetto; tre che riguardavano il riconoscimento delle altre attivit professionali.
In dettaglio la direttiva 2005/36/CE si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che
intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in
cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.
Essa stabilisce che ciascuno Stato membro tenuto a riconoscere, sulla base dei criteri fissati
dalla direttiva in parola, il diritto di accedere a una professione, come subordinato o autonomo,
a qualsiasi cittadino dellUnione in possesso di un titolo che lo legittima a svolgere la
medesima attivit in un altro Stato membro.
In concreto, il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro
ospitante consente al beneficiario di accedere alla stessa professione per la quale qualificato
nello Stato membro di origine e di esercitarla alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato
membro ospitante.
Impianto della direttiva ricalca la classica distinzione tra prestazione dei servizi, su base
temporanea ed occasionale, e libert di stabilimento, concernente invece lavoro autonomo
prestato in maniera stabile.

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In relazione alla prima ogni cittadino dellUnione, legalmente stabilito in uno Stato membro,
pu svolgere la propria attivit di servizi in un altro Stato membro con il proprio titolo
professionale di origine senza dover chiedere il riconoscimento delle qualifiche che possiede.
Il prestatore deve provare di aver esercitato la propria attivit professionale nello Stato di
stabilimento per almeno due anni nel corso dei 10 anni che precedono la prestazione di servizi,
se in tale Stato membro la professione in questione non regolamentata.
Il divieto di restrizioni riguarda anche lapplicazione di normative nazionali che subordinano lo
svolgimento di attivit professionali al rispetto o al compimento di talune formalit legali.
Nellipotesi in cui professionista intende invece svolgere la propria attivit avvalendosi della
libert di stabilimento, problemi marginali si pongono per talune professioni gi oggetto di
direttive settoriali.
Diverso il caso delle professioni per le quali non esistono disposizioni di armonizzazione della
relativa formazione. La direttiva stabilisce un sistema di riconoscimento basato sul criterio c.d.
dellequivalenza delle qualifiche.
Se in uno Stato membro ospitante laccesso ad una professione o il suo esercizio sono
regolamentati, lautorit competente di tale Stato consente laccesso a detta professione e il
suo esercizio alle stesse condizioni previste per i cittadini nazionali, purch richiedente
possegga titolo di formazione, rilasciata da un altro Stato membro, che attesti un livello di
formazione almeno equivalente al livello immediatamente inferiore a quello richiesto dallo
Stato membro ospitante.
Se, al contrario, nello Stato membro dorigine del richiedente laccesso ad una professione o il
suo esercizio non sono regolamentati, richiedente tenuto a dimostrare di possedere non solo
titolo di formazione, ma anche due anni di esperienza professionale a tempo pieno, maturata
nel corso dei 10 anni precedenti.
La direttiva raggruppa le qualifiche professionali in cinque livelli che si distinguono
essenzialmente per la durata del percorso formativo richiesto per laccesso alla professione nel
paese di origine del richiedente: attestato di competenza, il certificato, il diploma di
formazione breve, il diploma di formazione di durata minima di tre anni ed inferiore a quattro
anni, il diploma di formazione durata minima di quattro anni.

14. SEGUE: LA DIRETTIVA 2006/123/CE RELATIVA AI SERVIZI NEL MERCATO INTERNO


Tra le direttive intese ad agevolare la libert di stabilimento merita particolare attenzione la
direttiva 2006/123/CE, nota come <<direttiva servizi>>.
Essa si inserisce nel quadro delle azioni volte a rendere lUnione europea caratterizzata da una
economia in crescita esponenziale.
La direttiva mira ad eliminare gli ostacoli ancora presenti nel mercato interno che, di fatto,
impediscono alle attivit a carattere autonomo di circolare liberamente tra gli Stati membri, sia
utilizzando la libert di stabilimento, sia sfruttando la libert di prestazione dei servizi.
La direttiva non si limita per ad agevolare le sole due attivit menzionate, essa intende, nel
contempo, rafforzare i diritti dei destinatari che da un mercato in libera concorrenza non
possono che trarre vantaggi.
La direttiva stabilisce un quadro giuridico generale valido per qualsiasi attivit di servizi fornita
dietro corrispettivo economico, ad eccezione delle attivit espressamente escluse.
La direttiva, in altre parole, ha un carattere orizzontale, nel senso che non riguarda una sola
categoria o un settore particolare di servizi, ma abbraccia tutte le possibili attivit di servizi
esistenti o che potrebbero esistere in futuro.
Purtroppo, come sempre quando si parla di Unione, alle dichiarazioni auliche non
corrispondono poi i fatti.

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Dopo lunghe discussioni la direttiva non tocca molte e significative attivit che restano escluse
espressamente, fra esse: i servizi finanziari, audiovisivi, i servizi sanitari, le attivit di azzardo, i
servizi delle agenzie di lavoro interinale, i servizi forniti da notai ed ufficiali giudiziari.
Insomma sono escluse tutte quelle attivit che costituiscono veri e propri monopoli, scardinati i
quali i diritti dei destinatari trarrebbero sicuro giovamento.
La direttiva si compone di disposizioni comuni, riguardanti sia la libert di stabilimento che la
libert di prestazione dei servizi, e di disposizioni dettate invece con riguardo unicamente
alluna o allaltra libert. Tra le disposizioni comuni figurano quelle volte a semplificare le
procedure e le formalit amministrative, che costituiscono uno degli ostacoli pi significativi
allaccesso ed allesercizio di unattivit di servizi in un altro Stato membro.
La direttiva quindi richiede agli Stati membri di istituire degli sportelli unici, rendere possibile
lespletamento delle procedure e formalit amministrative a distanza e per via elettronica, ad
accettare documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano finalit equivalenti.
Gli Stati membri hanno lobbligo di prestarsi assistenza reciproca e di cooperazione al fine di
garantire un controllo efficace dei prestatori e dei loro servizi nonch di evitare la
moltiplicazione di tali controlli.
La cooperazione amministrativa si traduce nel diritto di uno Stato membro di richiedere
informazioni, verifiche, ispezioni o indagine ad un altro Stato membro. previsto un
meccanismo di allerta in cui uno Stato membro tenuto ad informare prontamente la
Commissione e gli altri Stati membri interessati di qualunque comportamento di un prestatore
di servizi che potrebbe provocare un pregiudizio grave alla salute o alla sicurezza delle
persone o allambiente.
La direttiva prevede inoltre una serie di misure intese a promuovere la qualit dei servizi e ad
aumentare il livello di informazione e di trasparenza del mercato con riguardo alla persona del
prestatore ed allattivit da questi svolta.
Riguardo alle disposizioni concernenti esclusivamente lo stabilimento del prestatore
in uno Stato membro diverso da quello di origine:
rispetto ai regimi di autorizzazione, la direttiva ribadisce che risultano ammissibili solo nei casi
in cui un controllo posteriore non sarebbe efficace a causa dellimpossibilit di constatare le
carenze dei servizi interessati.
Agli Stati membri pertanto consentito subordinare laccesso ad unattivit di servizi e il suo
esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto qualora questo risulti non discriminatorio,
giustificato da motivazioni di interesse generale e proporzionato rispetto allobiettivo
perseguito.
Quanto alla procedura di rilascio dellautorizzazione la direttiva prescrive che essa sia chiara,
resa pubblica e tale da garantire ai richiedenti che la loro domanda sia trattata con la massima
obiettivit, imparzialit e sollecitudine.
Con riguardo ai requisiti nazionali spesso imposti agli operatori economici ed in grado di
ostacolare o di impedire lesercizio della libert di stabilimento la direttiva distingue fra quelli
da ritenere assolutamente vietati e quelli che possono essere mantenuti in vigore al ricorrere
certe condizioni.
- Tra i requisiti vietati: i requisiti discriminatori, fondati sulla cittadinanza o per le societ
sullubicazione della sede legale; il divieto di avere stabilimenti in pi di uno Stato membro o di
essere iscritti in registri o albi in diversi stati membri; le restrizioni della libert di scegliere tra
essere stabilito a titolo principale o a titolo secondario; applicazione caso per caso di una
verifica di natura economica che subordina rilascio di unautorizzazione alla prova
dellesistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato; lobbligo di presentare
una garanzia finanziaria o di sottoscrivere unassicurazione presso un altro prestatore o presso
un organismo sul territorio Stato membro in cui prestatore intende stabilirsi.
- Per quanto riguarda i requisiti che possono essere mantenuti in vigore o anche
essere istituiti purch risultino non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di
interesse generale e proporzionati, di otto tipologie sono: Le restrizioni quantitative e

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territoriali sotto forma di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza
geografica minima tra prestatori; gli obblighi per il prestatore di avere un determinato statuto
giuridico; gli obblighi relativi alla detenzione del capitale di una societ; i requisiti che
riservano laccesso ad alcune attivit di servizi a prestatori particolari a motivo della natura
specifica dellattivit; il divieto di disporre di pi stabilimenti sullo stesso territorio nazionale; i
requisiti che stabiliscono numero minimo dei dipendenti; le tariffe obbligatorie minime e/o
massime che il prestatore deve rispettare; lobbligo per il prestatore di fornire, insieme al suo
servizio, altri servizi specifici.
15. LE DIRETTIVE IN MATERIA SOCIETARIA
Per la materia societaria lart. 50 TFUE attribuisce al Parlamento Europeo, al Consiglio, alla
Commissione il compito di coordinare ove occorra ed <<al fine di renderle equivalenti>>, le
garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle societ a tutela degli interessi dei soci e
dei terzi.
Lo sforzo di coordinamento e di armonizzazione del diritto societario ha portato alladozione di
numerose direttive su: fusione, struttura della societ e aspetti specifici di non poco rilievo.
Dopo lunga riflessione stato adottato un regolamento che definisce lo Statuto della Societ
Europea.
Il modello facoltativo e si aggiunge a quelli nazionali, destinato in particolare alle imprese
che operando in due o pi Paesi membri, vogliono un regime giuridico unitario per le diverse
articolazioni.
Di sicuro rilievo anche la direttiva concernente le OPA (offerte pubbliche di acquisto),che si
colloca in un contesto di coordinamento, pi generale ed in corso di realizzazione, delle
garanzie a tutela dei soci e dei terzi.

16. LA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI. CAMPO DI APPLICAZIONE PERSONALE E


MATERIALE DELLA DISCIPLINA
La libert di circolazione dei lavoratori autonomi e delle societ completata dalla disciplina
sulla libera prestazione dei servizi prevista dagli artt. 56-62 del TFUE.
Campo di applicazione materiale.
A differenza dello stabilimento, che si traduce nel diritto dei cittadini e delle societ di uno
Stato membro di esercitare in modo continuo e permanente la propria attivit in un altro Stato
membro, la prestazione dei servizi comporta lesercizio solo temporaneo ed
occasionale di unattivit non salariata in un altro Stato membro.
Occorre al riguardo tener presente che la posizione dei cittadini che si avvalgono della libera
prestazione dei servizi non paragonabile a quella dei soggetti stabiliti, poich nel complesso
gli obblighi imposti a questi ultimi sono ben pi rigidi di quelli che gravano sui primi.
La disciplina dei servizi prevista dal Trattato piuttosto sintetica e affida alle istituzioni
comunitarie il compito di emanare i provvedimenti necessari ad attuare o facilitare la
realizzazione della liberalizzazione.
Lart. 56 prevede che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi allinterno della Comunit
siano progressivamente soppresse nel corso del periodo transitorio nei confronti dei cittadini
degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunit diverso da quello del destinatario della
prestazione.
Lo scopo di consentire al prestatario di un servizio di esercitare, a titolo temporaneo, la sua
attivit nello Stato in cui la prestazione fornita, alle stesse condizioni che tale Stato impone
ai propri cittadini.
Beneficiari della disciplina sui servizi sono i cittadini aventi la nazionalit di uno
Stato membro e stabiliti in un Paese della Comunit(art. 56).

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Lart. 56, c. 2 prevede che la libert di prestazione di servizi possa essere estesa, con
procedura legislativa ordinaria, anche a cittadini di Paesi terzi. Tale ipotesi non si realizzata.
Tra i prestatori che beneficiano della libert in parola vi sono anche le persone giuridiche,
costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi sede sociale,
lamministrazione o il centro dellattivit principale nellUnione, in virt del richiamo operato
dallart. 62 allart. 54 del TFUE, concernente lo stabilimento di societ.
Ai sensi dellart. 58 n. 1 sono tuttavia escluse dal campo dapplicazione materiale della
disciplina sui servizi le attivit relative al settore dei trasporti.
Una parziale eccezione inoltre prevista in merito ai servizi bancari, assicurativi e finanziari in
genere, per essi stato infatti previsto un processo di liberalizzazione specifico, da attuarsi in
armonia con la liberalizzazione progressiva della circolazione dei capitali.
Infine, come per lo stabilimento, sono ammesse le restrizioni dovute a ragioni di ordine
pubblico, pubblica sicurezza o sanitarie.
17. NOZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI
Definizione di servizio.
Il servizio, come risulta dagli artt. 56 e 57,si identifica con unattivit non subordinata
fornita, normalmente contro remunerazione, da un prestatore stabilito in uno Stato membro
diverso da quello in cui la prestazione deve essere eseguita.
Caratteristiche della prestazione di servizi.
1. Prestazione dietro retribuzione In primo luogo occorre che si tratti di una
prestazione effettuata, almeno in via di principio, dietro retribuzione che va
identificata con il corrispettivo della prestazione.
Prestazione del servizio e suo pagamento possono anche non essere contestuali, ma, come
per le prestazioni assicurative, pagate con notevole anticipo rispetto alla prestazione che
avviene anni dopo.
Inoltre, lart. 57 del Trattato non richiede che il corrispettivo sia pagato direttamente da coloro
che usufruiscono del servizio. Per es. : prestazione mediche dispensate in ambito ospedaliero
o meno.
2. Nozione di servizio formulata in negativo :In secondo luogo, la nozione di servizio
definita in modo residuale; lo stesso art. 57 ne contiene infatti una formulazione al
negativo, in quanto si riferisce alle prestazioni che non siano regolate dalle disposizioni
sulla circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. In sostanza, la nozione di
servizio comprende ogni attivit economicamente rilevante che si traduca
principalmente in una prestazione e non in uno scambio di beni.
3. Carattere transfrontaliero : In terzo luogo necessario il carattere
transfrontaliero della prestazione, nel senso che il prestatore deve essere stabilito in
un Paese diverso da quello in cui risiede il destinatario o che, comunque, deve trattarsi
di una situazione i cui elementi non si esauriscano allinterno di un solo Stato membro.
Il caso tipico , ad esempio, quello del libero professionista che svolge unattivit di
consulenza o di progettazione in uno Stato membro diverso da quello in cui ha il suo
studio, dellalbergatore che ospita turisti stranieri, delle trasmissioni televisive che
raggiungono telespettatori in Stato diverso da quello di emissione.
Le ipotesi in cui si traduce il carattere transfrontaliero della prestazione sono numerose:

pu aversi uno spostamento del prestatore del servizio in uno Stato


membro diverso da quello in cui stabilito ed in particolare nel Paese del
destinatario (ad es. medico che va a curare un paziente che risiede in un altro
Paese membro);

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pu aversi uno spostamento del destinatario del servizio nello Stato in cui
stabilito il prestatore (ad es. turista che usufruisce di tutti i servizi);

n il prestatore n il destinatario si spostano in uno Stato membro diverso


da quello in cui sono stabiliti: a spostarsi solo il servizio (ad es. servizi
finanziari, bancari e assicurativi);

pu aversi che il destinatario della prestazione e il prestatore del servizio


sono stabiliti nello stesso Stato membro ed solo il prestatore a spostarsi
ovvero si spostano entrambi ed insieme per raggiungere il luogo in cui la
prestazione deve essere eseguita (ad es. gruppi di turisti, destinatari del
servizio, e delle rispettive guide, prestatori del servizio, provenienti da uno stesso
Stato di origine si spostano insieme per raggiungere il luogo in cui la prestazione
deve essere eseguita).
18. IL REGIME DELLA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI
A) LE MISURE DISCRIMINATORIE DISTINTAMENTE APPLICABILI

La disciplina materiale della libera prestazione dei servizi anzitutto fondata sul divieto di
discriminazioni in base alla nazionalit.
Il Trattato tuttavia non si limita a prescrivere il principio del trattamento nazionale; ed infatti
lart. 56.1 non vieta unicamente le discriminazioni basate sulla nazionalit, ma pi in generale
le restrizioni alla libera prestazione dei servizi allinterno della Comunit nei confronti dei
cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunit che non sia quello del
destinatario della prestazione.
A ci si aggiunga che in base allart. 61, fino a quando permangono negli Stati membri
restrizioni alla libera prestazione dei servizi, ciascuno degli Stati membri le applica senza
distinzione di nazionalit o di residenza a tutti i prestatori di servizi contemplati dallart. 56.1.
Il tenore di queste prescrizioni si spiega con il fatto che rispetto alla libera prestazione di
servizi il divieto di discriminazione in base alla nazionalit, o, nel caso di persone giuridiche,
della sede, non gioca un ruolo decisivo come avviene nel caso del diritto di stabilimento.
Tenuto conto, infatti che lattraversamento delle frontiere non sia accompagna ad uno stabile
insediamento, il principio del trattamento nazionale rischierebbe di tradursi in restrizioni
ultronee rispetto a tale caratteristica della prestazione dei servizi.
Quanto ai tempi e ai modi della liberalizzazione, anche in materia di servizi il Trattato aveva
previsto la consueta gradualit, nel senso che tale obiettivo doveva essere raggiunto entro la
fine del periodo transitorio.
Era previsto il consueto obbligo di standstill ,imposto agli Stati membri, nonch il compito
affidato alle istituzioni comunitarie di adottare, da un lato, un Programma Generale e direttive
volte ad eliminare le restrizioni esistenti; dallaltro, direttive per il riavvicinamento di
disposizioni nazionali ed il reciproco riconoscimento dei diplomi.
Lassenza dintervento normativo ritardava tuttavia i tempi della liberalizzazione, impedendo
cos ai cittadini comunitari la possibilit di avvalersi della libert in questione.
In tale contesto , stata, pertanto, la giurisprudenza della Corte a rivelarsi determinante.
Nella sentenza Van Binsbergen la Corte rilev infatti che lapplicazione dellart. 56 non pi
sottoposta ad alcuna condizione; ne consegue che gli art. 56 e 57 hanno efficacia diretta e
possono venir fatti valere dinanzi ai giudici nazionali, almeno nella parte in cui impongono la
soppressione di tutte le discriminazioni che colpiscono il prestatore di un servizio a causa della
sua nazionalit o della sua residenza in una Stato diverso da quello in cui il servizio viene
fornito.
Il secondo aspetto importante del regime di libera prestazione dei servizi dato dalla portata
sostanziale e non solo formale del divieto di restrizioni discriminatorie.

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Ci vuol dire che sono vietate anche quelle restrizioni che colpiscono anche i cittadini o le
societ nazionali, ma che in fatto si risolvono in una restrizione per gli stranieri spesso pi
vistosa.
Tipico il requisito della residenza.
Inoltre, la giurisprudenza orientata nel senso che costituiscono una violazione degli artt. 56
e 57 non solo le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza del prestatore, ma anche
qualsiasi forma di discriminazione dissimulata .
Ad esempio lobbligo di versare la quota di contributi a carico del datore di lavoro che effettui
una prestazione di servizi, in quanto esteso alle imprese stabilite in un altro Paese comunitario
e quivi sottoposte agli obblighi contributivi dei datori di lavoro.
In tale ipotesi, infatti, il pagamento di tali contributi si risolve in un onere economico
supplementare per i datori di lavoro stranieri, essendo questi ultimi comunque tenuti al
pagamento dei medesimi contributi gi nel Paese di stabilimento.
19. B) LE MISURE DISCRIMINATORIE INDISTINTAMENTE APPLICABILI
Le restrizioni alla libert di prestazioni dei servizi allinterno del mercato comune non si
esauriscono con le violazioni del divieto di discriminazione.
In altre parole il disposto degli artt. 56 e 57 non pu significare che tutta la legislazione
nazionale, applicabile ai cittadini di uno Stato membro, e relativa normalmente allattivit
permanente delle persone in esso stabilite, possa essere applicata integralmente e allo stesso
modo alle attivit di carattere temporaneo esercitate da persone stabilite in altri Stati
membri.
In questo senso lapplicazione del principio di libera prestazione dei servizi pu pertanto
tradursi in una situazione di maggior favore formale per i prestatori o destinatari stranieri
rispetto ai cittadini e alle societ del Paese in cui la prestazione fornita.
In definitiva incompatibile con lart. 56 qualsiasi restrizione imposta per il motivo che il
prestatore stabilito in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione viene
fornita.
Ed, infatti, come precisato nella sentenza Sager, lart. 56 richiede la soppressione di qualsiasi
restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali ed a quelli
degli altri Stati membri, allorch essa sia tale da vietare o da ostacolare in altro modo le
attivit del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi
analoghi.
Sulla base di tale approccio sono state dichiarate in contrasto con la disciplina in questione,
ad esempio, le normative che richiedono il possesso di una particolare qualifica professionale
alle guide che si spostano in un altro Stato membro insieme a gruppi di turisti, gli uni e gli altri
provenienti da uno stesso Stato membro.
20. C) LE CONDIZIONI SPECIFICHE IMPOSTE AL PRESTATORE GIUSTIFICATE
DALLINTERESSE GENERALE
Va anzitutto sottolineato che tra le misure distintamente e indistintamente applicabili c una
differenza sostanziale sul piano delle eccezioni consentite.
Le prime (misure distintamente applicabili),infatti, sono compatibili solo se possono farsi
rientrare in una deroga espressamente prefigurata dal Trattato; ad es dallart. 52 cui rinvia
lart. 62, per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanit.
Le seconde (misure indistintamente applicabili),invece, la Corte ha comunque insistito sul
carattere eccezionale delle possibilit di deroga apportabili alla libera prestazione dei servizi.
Essa ha infatti affermato che la libert in questione pu essere limitata unicamente:

da normative giustificate dallinteresse generale e che si applichino ad ogni persona o


impresa che eserciti unattivit sul territorio dello Stato ospitante;

nella misura in cui tale interesse non sia gi salvaguardato da regole alle quali il

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prestatore sottoposto nello Stato membro in cui stabilito;

infine, se le normative in questione sono obiettivamente necessarie per il


raggiungimento dello scopo perseguito.

La Corte ha, in definitiva, applicato anche alla materia dei servizi la formula Cassis de Dijon
utilizzata in tema di misure restrittive degli scambi di merci.
Nella sentenza Gouda, peraltro, la Corte ha operato una utile ricognizione, esemplificativa,
delle esigenze imperative connesse allinteresse generale in relazione alle quali misure
restrittive sono state riconosciute compatibili con il diritto comunitario:
le norme che tutelano la propriet intellettuale, i lavoratori e i consumatori;
conservazione del patrimonio storico-artistico nazionale; valorizzazione delle ricchezze
archeologiche storiche e artistiche. Es vedi libro pagg. 603-606.
21. LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI: LA DISCIPLINA DEL TRATTATO DI ROMA
E LE DIRETTIVE DI ATTUAZIONE
Nella generale enunciazione dellart. 3 del TUE, sia prima che dopo le modificazioni apportate
dal Trattato di Maastricht, la libera circolazione dei capitali ha sempre trovato collocazione
accanto alla circolazione delle persone e dei servizi, nellunica previsione della lettera c).
Lo stesso dicasi per lart. 14,in cui la circolazione dei capitali uno degli elementi dello
spazio senza frontiere interne.
Il Trattato di Maastricht ha modificato sensibilmente la disciplina originaria dei movimenti dei
capitali e dei pagamenti.
Ci non pu sorprendere pi di tanto, atteso che la previsione di una unione monetaria e di un
rafforzato coordinamento delle politiche economiche ha ovviamente inciso profondamente in
quei settori del mercato comune che maggiormente risentivano della significativa autonomia
che il Trattato di Roma aveva lasciato ai singoli Stati membri in tema di politica economica e
soprattutto monetaria.
Le due nozioni di movimenti di capitali e di pagamenti sono diverse.
La prima si riferisce alle operazioni finanziarie che si traducono in un investimento ovvero in
un allocazione di risorse senza collegamento alcuno con una prestazione ovvero con scambi di
beni o servizi; la seconda comprende precisamente le controprestazioni in denaro degli
scambi di beni o di servizi.
Significativa la sentenza Luisi e Carbone, dove la Corte ,dopo aver precisato che anche il
turista che si sposti in un altro Paese ed per ci stesso destinatario di servizi, deve poter
beneficiare della liberalizzazione, ne dedusse che i trasferimenti di valuta per scopi turistici
rientravano nella previsione sui trasferimenti di valuta corrispondenti e necessari allesercizio
della libert di prestazione di servizi e dunque liberalizzati.
La Corte ha, in seguito, finito col dare una lettura pi ampia e sistematica dellintera disciplina
dei movimenti di capitali, precisandone lo scopo di garantire la pi ampia libert possibile e
dunque di eliminare tutti gli ostacoli, anche quelli che, pur non esaurendosi in formali
autorizzazioni valutarie e non pregiudicando loperazione, costituiscono pur sempre un
intralcio alla libera circolazione dei capitali.
22. SEGUE: LA DISCIPLINA ATTUALE
La liberalizzazione completa dei movimenti dei capitali si realizzata con la direttiva n.
361/1988 che ha enunciato in termini generali ed incondizionati il principio di libert dei
movimenti dei capitali con la sola eccezione riguardante lacquisto di case secondarie,
oggetto di possibili restrizioni (la c.d. deroga danese).
Significativo era poi lart. 7 della direttiva che sanciva limpegno degli Stati membri ad
applicare lo stesso grado di liberalizzazione anche ai movimenti di capitali con i Paesi terzi.
Il Trattato di Maastricht ha definitivamente sancito lassetto raggiunto, perfezionandolo sotto il
profilo sistematico in modo anche pi razionale, in particolare mettendo insieme capitali e

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pagamenti fino ad allora disciplinati in settori diversi.


Il capo quarto del Trattato dedicato a Capitali e pagamenti sancisce ,infatti, che nellambito
delle disposizioni previste nel presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di
capitali tra Stati membri, nonch tra Stati membri e Paesi terzi. La stessa formula utilizzata
subito dopo per i pagamenti (art. 56 n. 2).
Il principio sancito dallart. 56 dunque che sono abolite anche tutte le restrizioni indirette o
dissimulate in misure in apparenza indistintamente applicabili.
In breve, sono da considerare restrizioni non consentite ai movimenti di capitali tutte quelle
misure che di diritto o di fatto scoraggiano investimenti o altri tipi di movimenti di capitali
( come i prestiti) in altri Paesi membri.
Le uniche deroghe ammesse a questo principio fondamentale di libera circolazione sono
quelle contemplate dagli artt.57 e 58.

La prima deroga (c.d. grandfather clause) si riferisce alle restrizioni nazionali o


comunitarie e relative a investimenti diretti nei rapporti con gli Stati terzi;

La seconda deroga ( c.d. exception clause), invece, salvaguarda alcune prerogative


degli Stati membri in materia tributaria, fiscale, di vigilanza prudenziale sulle istituzioni
finanziarie, di controllo amministrativo o statistico, di ordine pubblico o di pubblica
sicurezza.

Le misure di controllo degli Stati membri non possono ,perci, avere leffetto di ostacolare i
movimenti di capitali conformi al diritto comunitario.
A questultimo proposito, si rileva che la prassi di alcuni Stati membri di subordinare ad una
previa autorizzazione o addirittura di vietare del tutto i trasferimenti intracomunitari di valuta,
ad esempio di banconote, era gi incompatibile con la richiamata direttiva, cos come oggi
incompatibile con lart. 58 del Trattato a meno che al dovuto test di proporzionalit non risulti
effettivamente necessaria ai fini di ordine pubblico o di sicurezza.
Unipotesi particolare che ha dato luogo ad uno specifico contenzioso quella relativa alla c.d.
golden share che in sostanza un diritto di veto che lo Stato - azionista conserva per s
rispetto a talune deliberazioni di gestione della societ ritenute rilevanti per gli interessi
generali del Paese.
Resta ferma, peraltro, la circostanza che la libera circolazione dei capitali strettamente
funzionale allesercizio effettivo delle altre libert e, in particolare, del diritto di stabilimento,
che secondo la Corte si dovrebbe ritenere prevalente quando lacquisto di partecipazioni
conferisce la possibilit di esercitare una influenza determinante sulle decisioni dellimpresa.
Il Trattato prevede poi delle misure di salvaguardia comunitarie. Per il caso che movimenti di
capitali con Paesi terzi causino o minaccino di causare difficolt gravi per il funzionamento
dellUnione economica e monetaria, il Consiglio pu adottare misure nei confronti di Paesi
terzi, a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e consultata la Banca
centrale europea (art. 59),nonch eventuali misure di urgenza collegate alle pi generali
misure rientranti nella politica estera e di sicurezza comune di cui allart. 301 del Trattato. In
proposito uno Stato membro pu adottare unilateralmente misure solo se urgenti e salvo
diversa delibera successiva del Consiglio (art. 59 n.2).
Infine un forte impulso al processo di realizzazione di un mercato unico dei capitali stato di
recente dato dalladozione di un complesso piano di regolamentazione dei servizi finanziari
(c.d. PASF) il quale comprende disposizioni di regolamentazione dei servizi di investimento,
dei settori bancario e assicurativo, nonch importanti proposte di riforma del diritto societario
finalizzate a rimuovere le barriere esistenti agli investimenti e alla raccolta di capitali, a fornire
informazioni adeguate agli investitori e rendere effettivo il controllo di societ e mercati.

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CAPITOLO VI: LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA APPLICABILE


ALLE IMPRESE
1. IL REGIME DELLA CONCORRENZA NELLUNIONE EUROPEA
I valori cui si ispira il sistema comunitario sono quelli liberali delleconomia di mercato.
Il regime della concorrenza disegnato dai Trattati funzionale allobiettivo di unificare i diversi
mercati nazionali in un unico mercato dellUnione.
La politica di tutela della concorrenza non rimane isolata rispetto ad altri valori ed altre
politiche pure promosse dallUnione tra le quali, come indicato dallart. 3 par. 3 La politica di
coesione sociale, di ricerca e sviluppo e quella ambientale.
Ne consegue la possibilit di accordare deroghe quando le restrizioni si rivelino idonee a
contribuire allo sviluppo armonioso delle attivit economiche dellUnione.
Il sistema che attribuiva alla sola Commissione la competenza a concedere esenzioni stato
modificato con lattribuzione della competenza anche alle autorit di concorrenza e alle
giurisdizioni degli Stati membri; introduzione di un regime c.d. di eccezione legale, in base ai
quali intese restrittive della concorrenza sono lecite e valide ab initio laddove siano soddisfatte
le condizioni previste dal n.3.
Nel campo degli aiuti di Stato lazione dellunione si sviluppata con strumenti diretti e
indiretti. Alcuni riguardano comportamenti delle imprese che tende ad evitare che siano
vanificati gli effetti della libera circolazione delle merci e dei servizi o alterate le condizioni di
concorrenza. Altri mirano ad evitare la concentrazione di potere economico e commerciale.
Altri sono diretti a far s che le imprese di un determinato Stato membro non si vengano a
trovare in una situazione privilegiata per effetto di una politica di intervento pubblico.
Gli Stati membri sono tenuti a non mantenere e adottare misure legislative o regolamentari
suscettibili di eliminare leffetto utile delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese.
Inoltre la disposizione dellart. 106, stabilisce che gli Stati membri non adottano nei confronti
delle imprese pubbliche o titolari di diritti esclusivi alcuna misura contraria alle norme del
trattato. Completano la disciplina della concorrenza le norme sugli aiuti di Stato (art.107-109).
La nostra ricognizione sul regime comunitario della concorrenza si basa sulle norme
destinate allimprese, norme relative alle imprese pubbliche e norme sugli aiuti.
La sfera di applicazione materiale delle norme comunitarie sulla concorrenza si estende a tutte
le attivit economicamente rilevanti che non siano espressamente sottratte.
Sono sottoposte a tale disciplina le attivit di produzione dei beni, quelle di prestazione di
servizi, comprese quelle del settore bancario, delle assicurazioni e dei trasporti.
Possono, invece, non rientrare nella sfera di applicazione dellart. 101 del TFUE, gli accordi
collettivi di lavoro che si prefissino obiettivi socialmente rilevanti.
Inoltre possono essere sottratte allapplicazione della disciplina in parola le attivit di
produzione e commercio dei prodotti agricoli nella misura in cui tale esclusione sia funzionale
al perseguimento di obiettivi di politica agricola comune.
, infine, sottratto il settore della difesa e della sicurezza nazionale.
Le norme del Trattato specificatamente indirizzate alle imprese sono quelle di cui:
1. allart. 101: intese tra imprese.
2. allart. 102: abuso di posizione dominante.
Sono norme provviste di effetto diretto, azionabili dal singolo avanti il giudice nazionale.
2. LA NOZIONE DI IMPRESA
La nozione comunitaria di impresa comprende qualsiasi soggetto, persona fisica o
giuridica, che svolga unattivit economicamente rilevante, industriale, commerciale, di
servizi, compreso lo sfruttamento di opere di ingegno o lesercizio di una professione liberale.

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Ai fini dellapplicazione dellart. 101, la nozione di gruppo, considerato complessivamente e


nelle singole articolazioni, risulta rilevante ai fini della sussistenza di una posizione dominante.
Per la sussistenza di una posizione dominante necessario che la societ sia interamente
posseduta da altra societ e che oltre al controllo totalitario, vi siano collegamenti funzionali
nella composizione degli organi societari, con , ad esempio, la presenza di stesse persone negli
organi di controllo.
Ai fini dellapplicazione delle norme sulla concorrenza non rilevante la forma giuridica
assunta dallimpresa o le modalit di finanziamento, ne che vi sia assenza di fine di lucro.
Viceversa sono escluse le attivit svolte da ente che concorra a svolgere un pubblico servizio
di carattere sociale.
Esclusioni: un organismo di previdenza sociale di categoria, la cui attivit ispirata al principio
di solidariet a livello nazionale ed esercitata senza fini di lucro; ente che gestisce il sistema
sanitario nazionale di un Paese; ente incaricato di gestire il servizio di controllo della
navigazione aerea.
3. OGGETTO E CONDIZIONI DI APPLICABILIT DEL DIVIETO DI CUI ALLART.101:
ACCORDO, LA PRATICA CONCORDATA, LA DECISIONE DI ASSOCIAZIONE
DIMPRESE
Ai sensi dellart. 101 TFUE sono vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di
associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio
tra Stati membri e che abbiano per oggetto di impedire, restringere, falsare il gioco della
concorrenza allinterno del mercato comune.
Insomma larticolo vieta tutti quei comportamenti o accordi di due o pi imprese finalizzati ad
alterare la libera concorrenza sul mercato interno.
Intesa
Lintesa rilevante ai fini della disciplina comunitaria riguarda i rapporti concorrenziali tra
imprese, sia che queste si trovino allo stesso stadio di produzione o commercializzazione e
intendano dividersi il mercato (rapporti orizzontali), sia che si trovino a stadi diversi della
produzione e commercializzazione, ad esempio, azienda produttrice e azienda che
commercializza lo stesso prodotto (rapporti verticali).
Essa pu assumere qualsiasi forma, e anche essere implicita. La nozione di intesa comprende
tutti quei comportamenti di due o pi imprese finalizzati a realizzare iniziative comunque
idonee ad alterare la concorrenza.
Ipotesi di intesa rilevante sono: accordo, pratica concordata e decisione di associazione
di imprese.
Accordo
Nozione di accordo molto ampia e privilegia la sostanza rispetto alla forma. E sufficiente che
sia stata manifestata lintenzione comune di due o pi imprese indipendenti di comportarsi sul
mercato in un modo piuttosto che in un altro. Pu trattarsi di accordo sia scritto che verbale,
non necessario che laccordo si traduca in un vero e proprio contratto.
Decisioni di associazioni di imprese.
Le aziende non stipulano direttamente accordi, ma partecipi di una associazione, ne seguono
le decisioni, le quali ultime hanno leffetto di alterare la concorrenza.
Il termine decisioni, va letto in modo sostanziale, comprende sia le raccomandazioni, sia gli
accordi.
Tutte le aziende sono responsabili solidalmente, a meno che non dimostrino di essersi
esplicitamente opposti alla decisione relativa alla pratica vietata.

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Pratica concordata.
Consiste in una qualsiasi forma di comportamento coordinato tra imprese che rappresenti una
cooperazione consapevole a danno della concorrenza.
La Corte di Giustizia ha precisato che i criteri del coordinamento non richiedono lelaborazione
di un piano, ma vanno intesi ala luce della ratio del Trattato in materia di concorrenza secondo
la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la propria
condotta nel mercato comune.
I compiti di accertamento. Commissione e Giudice nazionale
Il compito di accertare la pratica vietata affidato sia alla Commissione che al Giudice
nazionale.
In particolare la Commissione, ai sensi dellart. 105 TFUE, sulla base di elementi di fatto e
anche su presunzioni , nonch con qualunque altro mezzo di prova deve provare la
sussistenza della violazione.
Allorch abbia accertato il comportamento vietato, propone ex art. 105, c.1 , i mezzi per farvi
fronte.
Qualora non sia posto termine allinfrazione, la Commissione constata linfrazione con
decisione motivata e pu autorizzare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie.
Gli elementi che rilevano ai fini dellart. 101 sono:
a) pregiudizio al commercio tra Stati membri;
b) alterazione delle condizioni di concorrenza del mercato interno.
Le regole di concorrenza si applicano, in presenza di una normativa nazionale, solo nella
misura in cui questultima lasci sussistere la possibilit di comportamenti autonomi delle
imprese.
4. LE CONDIZIONI DEL DIVIETO, PREGIUDIZIO AL COMMERCIO INTRACOMUNITARIO
Secondo la Corte di Giustizia SUSCETTIBILE DI PREGIUDICARE GLI SCAMBI INTRACOMUNITARI
laccordo che eserciti uninfluenza diretta o indiretta, attuale o potenziale sulle correnti
di scambio in misura che potrebbe nuocere al mercato unico.
La disciplina comunitaria si applica alle intese che interessino il territorio dellUnione
complessivamente considerato.
Va segnalato per che anche accordi nazionali possono pregiudicare il commercio
intracomunitario, nella misura in cui chiudono il mercato nazionale o rendano maggiormente
difficile il penetrarvi.
Laccertamento del pregiudizio va operato caso per caso.
Per aversi lipotesi di cui allart. 101 comunque sufficiente che il pregiudizio sia potenziale e
che investa direttamente o indirettamente il volume degli scambi, i prezzi praticati, la qualit
dei prodotti o dei servizi.
A seguito del Regolamento 1/2003, la Commissione ha fornito i parametri di interpretazione
della nozione di pregiudizio al commercio.
Si esclude un pregiudizio al commercio laddove:
la quota di mercato detenuta dalle parti su qualsiasi mercato non sia superiore al 5%;
nel caso di intese orizzontali (imprese dello stesso settore), quando il fatturato
comunitario annuo delle imprese interessate non sia superiore ai 40 milioni di euro;
nel caso di intese verticali(operano sullo stesso prodotto nelle diverse fasi di produzione
e distribuzione) quando il fatturato comunitario annuo delle imprese interessate non
sia superiore ai 40 milioni di euro.

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5. LALTERAZIONE DELLE CONDIZIONI DI CONCORRENZA. PORTATA TERRITORIALE


DEL DIVIETO
Per stabilire se unintesa ricada nellambito di applicazione del divieto ex art. 101, occorre
procedere ad uno scrutinio articolato in due fasi successive.
In una prima fase si dovr verificare se intesa comporti, per il suo oggetto, una restrizione
della concorrenza.
Se lintesa ha la finalit di restringere la concorrenza, sempre vietata.
Se, invece, lintesa ha un oggetto che non anticoncorrenziale, occorre considerare gli
effetti che essa in concreto idonea a produrre.
Lintesa sar considerata vietata qualora emerga che essa suscettibile di restringere la
concorrenza in modo sensibile.
Il forza di questo schema saranno considerate vietate, le intese che, non hanno altra funzione
se non quella di restringere la libert di concorrenza tra le parti, ovvero tra le parti ed i terzi
concorrenti in modo ritenuto incompatibile con il mercato comune.
Per contro dovr ritenersi che non abbiano oggetto anticompetitivo le intese che sono idonee
a svolgere una pi complessa funzione: ci vale per le clausole che fanno parte integrante del
contenuto di un determinato contratto e che contribuiscono a determinare lassetto e
lequilibrio dei rapporti giuridici tra le parti.
Non violano, ad esempio, lart. 101 n.1, per il loro oggetto salvo che non risultino, in funzione
di circostanze concrete, effetti anticompetitivi:
- il patto di non concorrenza inserito nel contratto di cessione di azienda in quanto pu
ritenersi necessario ad assicurare leffettivit della cessione
- la clausola di approvvigionamento esclusivo e la clausola di non concorrenza inserito in un
contratto di franchising, in quanto necessari a far s che tale contratto possa pienamente
realizzare la sua funzione tipica
- La clausola di non contestazione inserita in un contratto di licenza di brevetto, in quanto
determinante per lequilibrio di un accordo che non ha n loggetto, n leffetto di impedire di
restringere o di falsare il gioco della concorrenza
In sintesi, lanalisi delloggetto destinata a valutare, in astratto, la funzione obiettiva di una
determinata pattuizione nel contesto contrattuale in cui si inserisce.
Lanalisi delleffetto viceversa, mira stabilire se, in concreto, unintesa che non ha oggetto
anticompetitivo sia comunque idonea, per la specifica situazione di mercato in cui viene ad
operare, a restringere in modo sensibile la concorrenza nel mercato comune. Gli effetti
devono prodursi allinterno del Mercato Comune.
6. LA REGOLA DE MINIMIS
Sono escluse dal divieto ex art. 101 quelle intese aventi effetti minimi sul mercato comune.
Tuttavia, non si pu escludere che unintesa anche se minima possa essere incompatibile con
il mercato unico.
La Commissione, al proposito, ha differenziato le soglie di sensibilit relative alle quote di
mercato detenute dalle imprese partecipanti:
- se si tratta di accordi tra imprese concorrenti effettive o potenziali su uno dei mercati
rilevanti la soglia applicabile fissata al 10%
- se si tratta invece di accordi tra imprese non concorrenti la soglia del 15%
- qualora risulti difficile determinare se laccordo si concluso tra concorrenti o non
concorrenti prevista la soglia del 10%.
Lart. 101 comunque applicabile sempre quando laccordo sia suscettibile di provocare
effetti distorsivi della concorrenza.

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7. IPOTESI TIPIZZATE DI INTESA. GLI ACCORDI DI DISTRIBUZIONE


Lart. 101, indica ipotesi tipizzate.
a) intese volte a regolare i prezzi o altre condizioni di vendita;
b) intese volte a limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli
investimenti;
c) intese volte a ripartire i mercati e le fonti di approvvigionamento;
d) intese che applicano nei rapporti commerciali condizioni diverse.
La regola generale che il mercato comune non pu essere ripartito n alterato.
Nella sentenza Consten e Grunding, relativa ad un accordo di distribuzione esclusiva in
Francia, la Corte afferm il principio che un accordo inteso a mantenere artificialmente dei
mercati nazionali distinti , come tale, diretto a falsare il mercato.
Alla luce di tale sentenza, rientrano nel divieto ex art. 101, quegli accordi di distribuzione
esclusiva che stabiliscano una protezione territoriale assoluta a favore del distributore.
invece lecito il sistema di distribuzione selettiva quando sia caratterizzato dallobiettivo di
riservare la vendita dei propri prodotti solo ad alcuni rivenditori scelti in base a criteri
oggettivi dordine qualitativo. Esso pu divenire un elemento importante per il mantenimento
dellimmagine di marchio di prestigio e quindi per la reputazione commerciale del prodotto.
Per quanto riguarda la selezione dei distributori ritenuto invece incompatibile con lart. 101
la selezione c.d quantitativa, cio la selezione che, oltre a prevedere criteri oggettivi di
qualificazione dei distributori, limita altres numero totale degli operatori ammessi ad agire
allinterno di determinate aree territoriali.
Pi volte stato ribadito che un sistema di distribuzione che riduca o escluda la possibilit di
importazioni parallele integra una delle ipotesi vietate dallart. 101 in particolare quando
dallintesa risulti idoneit produrre una ripartizione dei mercati e quindi un pregiudizio agli
scambi tra Stati membri.
Un problema peculiare si pone in relazione alle modalit di sfruttamento dei diritti sulla
propriet intellettuale: nella materia ha prevalso ed stato applicato il criterio del c.d
esaurimento comunitario, nel senso che in via di principio il diritto di esclusiva termina con lo
sfruttamento (messa sul mercato, contratto di licenza) in un paese membro laddove avvenga
con il legittimo consenso del titolare del diritto.
Una volta quindi che il prodotto sia stato legalmente commercializzato in uno Stato membro
non pu essere impedita la circolazione e quindi la rivendita negli altri Stati membri.
8. LA NULLIT DEGLI ACCORDI VIETATI
Lart. 101, n.2, stabilisce che gli accordi vietati sono nulli.
Tale nullit assoluta, nel senso che il giudice o lorgano amministrativo possono rilevarla
anche dufficio.
La nullit ha efficacia ex tunc, laccordo resta privo di effetto tra le parti ed inopponibile a
terzi, con lulteriore conseguenza che sono travolti da nullit tutti gli effetti passati e futuri.
La nullit del contratto, o delle sole clausole vietate, pu essere accertata dal giudice
nazionale, in quanto si tratta di norme provviste di effetto diretto, oppure dalla Commissione
che al riguardo gode di ampi poteri di indagine.
In genere limpresa concorrente che ha subito il pregiudizio a richiamare lattenzione della
Commissione o del giudice nazionale.
In tal caso il ricorrente pu far valere il suo diritto sia attraverso un esposto alla Commissione,
sia con una azione avanti il giudice nazionale.; sia percorrendo contestualmente le due strade.
Quanto al diritto del singolo al risarcimento del danno, la possibilit del suo esercizio in sede
giudiziaria considerato un elemento che rafforza loperativit delle norme e che perci
stesso contribuisce al mantenimento di uneffettiva concorrenza.

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9. LE ESENZIONI INDIVIDUALI EX ART. 101, n. 3


La possibilit di esenzione alle intese vietate ex art. 101 comma 1, si fondano sugli elementi
indicati nel successivo comma 3, essi debbono essere tutti presenti:
1. intese che contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzione oppure a
promuovere il progresso tecnico o economico;
2. intese che garantiscono ai consumatori una congrua parte dellutile;
3. le restrizioni di cui sopra devono essere necessarie al raggiungimento degli obiettivi;
4. le intese o pratiche non debbono giungere al risultato di eliminare la concorrenza per
una parte sostanziale dei prodotti.
Il regolamento 1/2003 prevede che le intese vietate al n. 1, ma rispondenti alle condizioni di
cui al n. 3 dello stesso art. 101, sono lecite dallinizio e non necessitano di decisione
preventiva.
La competenza ad accertare la ricorrenza delle condizioni previste dallart. 101/3 stata
attribuita, alla Commissione, al giudice nazionale, allAutorit nazionale della concorrenza.
Tuttavia alla sola Commissione la competenza dUfficio a valutare la compatibilit di unintesa
con il diritto antitrust.
10. LE ESENZIONI PER CATEGORIA
In passato lattribuzione alla Commissione della competenza esclusiva a concedere delle
esenzioni ai sensi dellart. 101 n.3 aveva posto gravi problemi di funzionalit del sistema in
considerazione del numero sempre crescente di accordi notificati.
Per fare fronte alle suddette difficolt il Consiglio aveva autorizzato la Commissione ad
emanare dei regolamenti che concedevano lesenzione dal divieto ex art. 101 a determinate
categorie di accordi.
Fra quelli attualmente in vigore, di rilievo sono regolamento relativo alle restrizioni verticali, i
regolamenti di trasferimento di tecnologia, di specializzazione e di ricerca e sviluppo, quelli
adottati nel settore del trasporto aereo, del trasporto marittimo e delle assicurazioni.
Nel quadro normativo precedente alladozione del regolamento 1/2003 gli accordi che
soddisfacevano le condizioni indicate nei regolamenti di esenzione beneficiavano
automaticamente dellesenzione senza che fosse necessario procedere alla loro notifica.
Erano invece soggette allobbligo di notifica le intese che non rientravano nelle categorie ivi
disciplinate.
Con il passaggio al regime di eccezione legale lo strumento del regolamento di esenzione ha
cambiato natura acquisendo una natura solo dichiarativa. I regolamenti rappresentano lo
strumento di orientamento dellapplicazione del diritto comunitario a livello nazionale,
forniscono certezza giuridica e garantiscono luniforme applicazione dellart. 101 n.3 .
Sulla base dellimpostazione seguita fino al 1999 ogni regolamento conteneva un elenco sia
delle clausole contrattuali che potevano beneficiare dellesenzione per categoria, c.d. white
list, sia di quelle che escludevano lapplicabilit del beneficio, c.d. black list: laccordo che le
prevedeva poteva dunque essere eventualmente esentato solo a seguito delladozione di una
decisione ad hoc.
Una modifica sotto molti aspetti anche radicale, dellapproccio fino ad allora seguito dalla
Commissione con riguardo lesenzione per categoria, ha caratterizzato anzitutto la riforma in
materia di accordi verticali.
Sulla base di questo, il regolamento 2790/1999 ha previsto un regime legale di esenzione per
tutti gli accordi verticali, a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non
superi il 30%, questo perch tali accordi sono ritenuti idonei a incrementare lefficienza
economica di una catena produttiva.
Resta salva la possibilit della Commissione di revocare il beneficio quando laccordo produca
effetti gravemente distorsivi.

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11. INTESE VIETATE E INTESE AUTORIZZATE


Sono state enucleate tra le molteplici ipotesi di intese vietate e non, i seguenti casi:
a) intese vietate: rientrano una serie di accordi che hanno una spiccata valenza
anticompetitiva:
a. fra le intese orizzontali, i cartelli, le collusioni sui prezzi di vendita, o su volumi e
quote di mercato; inoltre le intese, che pur disciplinando apparentemente forme
di cooperazione fra imprese, si configurano in realt per il loro specifico
contenuto o per le circostanze economiche in cui vengono attuate, come meri
cartelli fra imprese concorrenti.
b. fra le intese verticali, sono vietati gli accordi che ostacolano gli scambi
allinterno del mercato comune.
b) Intese autorizzate: vi rientra unampia tipologia di accordi orizzontali e verticali. Tra i
primi: accordi di specializzazione, accordi per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie
di prodotto o di processo produttivo, accordi per la produzione in comune di determinati
prodotti o servizi che richiedono impegni in termini di risorse, accordi inerenti allo
sfruttamento di diritti di propriet intellettuale. Quanto agli accordi verticali autorizzati:
accordi di agenzia, di concessione esclusiva di vendita, di fornitura esclusiva, di
distribuzione selettiva, di subfornitura.
12. LABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
Lart. 102 TFUE sancisce lincompatibilit col mercato comune dello sfruttamento abusivo
di posizione dominante, da parte di una o pi imprese, sul mercato comune o su una parte
significativa di esso.
Non vietato detenere una posizione dominante, ma abusarne tanto da alterare le normali
condizioni di mercato e della concorrenza.
La posizione dominante consiste in una posizione di potenza economica grazie alla quale
limpresa in grado di ostacolare il permanere di una concorrenza effettiva ed ha la possibilit
di avere comportamenti non condizionati dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori.
Si distingue dal monopolio in quanto non esclude il permanere di una certa concorrenza; cos
come dalloligopolio in quanto il suo comportamento non condiviso e condizionato
reciprocamente da altre imprese.
In via generale limpresa in posizione dominante riduce il grado di concorrenza anche quando
il comportamento non censurabile, ci significa che uno stesso comportamento
pienamente legittimo se posto in essere da azienda non in posizione dominate, mentre pu
essere illegittimo se compiuto da impresa in posizione dominante.
La posizione dominante un dato relativo, in quanto va misurato rispetto al c.d. mercato
interno che va definito:
da un punto di vista geografico: comprende larea in cui le imprese vendono o
acquistano prodotti e servizi, ed in cui le condizioni di concorrenza sono omogenee;
da un punto di vista del prodotto: comprende tutti i prodotti e servizi fungibili e
sostituibili
Occorre fare riferimento non solo al mercato del prodotto in discussione, ma anche a quello
dei prodotti equivalenti.
Indizi inducono a rilevare lesistenza di una posizione dominante sono numerosi e di diversa
natura. La quota di mercato senza dubbio lelemento di grande rilievo cos come possono
esserlo rapporto con le quote rispettive delle imprese concorrenti pi importanti, vantaggio
tecnologico rispetto ai concorrenti, una rete di distribuzione efficiente, lassenza di
concorrenza potenziale.
La situazione va comunque valutata sulla base di un insieme di elementi di fatto e di diritto
concomitanti.

94

Altro profilo rilevante costituito dalle barriere allingresso che possono facilitare
lacquisizione o il consolidamento della posizione dominante.
Le barriere possono derivare da vincoli legali, prassi amministrative, privative industriali o
intellettuali etc.
Secondo la Commissione e la giurisprudenza sussiste anche la posizione dominante
collettiva, che ha luogo quando pi imprese sufficientemente collegate fra loro detengano
quote rilevanti di mercato.
13. LA NOZIONE DI SFRUTTAMENTO ABUSIVO
Lo sfruttamento abusivo della posizione dominante ha luogo quando, praticando misure
diverse da quelle normali, una azienda incida sulla struttura del mercato alterando il profilo
della libera concorrenza.
La Corte di Giustizia nel caso Continental Can ha affermato che labuso pu derivare anche
dal semplice consolidarsi della posizione dominante, anche quando questo avvenga senza
colpa o dolo.
La posizione dominante abusiva per il solo fatto che determina una modifica in negativo
dellofferta ledendo gravemente il diritto del consumatore.
Pu consistere in un comportamento che mira ad escludere dal mercato ovvero
marginalizzare unimpresa concorrente; una politica commerciale che pregiudica direttamente
i consumatori.
La giurisprudenza ha altres precisato che oggetto di censura pu anche essere un abuso di
posizione dominante che attua i suoi effetti su un mercato diverso da quello dominato.
Particolare rilievo ha lipotesi di abuso che ruota intorno alla politica dei prezzi. Ad esempio il
fatto di praticare prezzi eccessivi e privi di rapporto con il valore economico della prestazione
fornita; la pratica di prezzi inferiori alla media dei costi variabili; lapplicazione di prezzi
discriminatori da parte dellimpresa in posizione dominante, vale a dire prezzi differenziati per
prestazioni identiche o prezzi uguali per prestazioni diverse.
Altro esempio di abuso quello dellesclusiva di fornitura che limpresa dominante impone ai
clienti.
Una specifica ipotesi di abuso quella del rifiuto di fornire un prodotto se non congiuntamente
ad un altro che non gli sia oggettivamente connesso per natura o secondo gli usi commerciali.
Problema particolare quello posto nel caso Magill delle guide programmi radiotelevisivi, del
rapporto tra sfruttamento abusivo di una posizione dominante e sfruttamento dei diritti
dautore. Es. pag 704.
Viene quindi estesa ai diritti di propriet intellettuale la dottrina delle c.d. essential facilities
per cui limpresa in posizione dominante, titolare di uninfrastruttura essenziale per lesercizio
dellattivit economica, non pu rifiutarne laccesso o lutilizzo ad imprese concorrenti. Si
pensi al caso delle rete ferroviaria, elettrica o telefonica.
La giurisprudenza stata molto prudente nellaccogliere tale teoria precisando che una
violazione dellart. 102 potrebbe individuarsi unicamente nellipotesi che per il concorrente
non vi sia alcuna alternativa possibile allutilizzo della infrastruttura in questione e che non
sarebbe economicamente e/o tecnicamente ragionevole una sua duplicazione.
14. APPLICAZIONE CUMULATIVA DEGLI ARTT. 101 E 102. CONSEGUENZE
DELLACCERTAMENTO DI UN ABUSO
Questione di grande rilievo quella dellapplicazione cumulativa degli artt. 101 e 102, ad
esempio quando la situazione di soggezione di pi imprese rispetto ad unaltra dominante
venga formalizzata con un accordo.

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Se vero che sono disposizioni tra loro collegate e complementari, investono per profili
diversi della stessa situazione economica e hanno presupposti di applicazione e disciplina non
perfettamente analoghi.
E stato precisato dal Tribunale che lapplicabilit dellart.102 non era esclusa n da una
pregressa decisione individuale di esenzione n da un esenzione per categoria.
La giurisprudenza nel senso che laccertamento dellabuso apre la strada ai rimedi
giurisdizionali previsti negli Stati membri, ad esempio unazione di risarcimento del danno
ovvero, in caso di contratti, lazione diretta a far dichiarare la nullit.
15. LA PROCEDURA DI APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 101 E 102. LA DENUNCIA, LE
INDAGINI PRELIMINARI, LA PROCEDURA FORMALE
Lintervento della Commissione pu essere sollecitato con un esposto denuncia.
Legittimati sono gli Stati membri e i singoli, persone fisiche e giuridiche che vi abbiano
interesse.
La procedura di verifica pu essere iniziata anche dufficio dalla Commissione.
Se, sulla base degli elementi di prova, la Commissione ritiene che non sussistano motivi per
una sua azione, invia una lettera al richiedente indicando i motivi della sua valutazione e
fissando un termine per eventuali osservazioni.
Se il richiedente non presenta osservazioni, o se non sono accolte, la Commissione adotta una
decisione formale di rigetto della denuncia.
La Commissione ha il diritto di assegnare diversi gradi di priorit alle denunce che le sono
presentate.
La Commissione pu archiviare una denuncia quando la fattispecie gi allesame
dellAutorit di concorrenza di uno Stato, in questo caso indica al ricorrente quale sia lautorit
procedente.
Sulla base delle risultanze dellindagine preliminare, la Commissione da avvio alla fase
formale della procedura, che si svolge in contraddittorio.
La fase formale ha inizio con linvio alle imprese interessate degli addebiti, con gli elementi
del fatto e la valutazione giuridica, precisando se il comportamento passibile di ammenda.
Le imprese possono accedere alla visione dei fascicoli che le riguardano e, se lo richiedono,
possono essere sentite dalla Commissione procedente.
16. SEGUE: POTERI DI CONTROLLO DELLA COMMISSIONE E DIRITTI DEI SINGOLI
La Commissione gode di ampi poteri di indagine.
Pu chiedere ed ha il diritto di ottenere le informazioni che ritiene necessarie ed utili, sia dai
governi dei paesi membri sia dalle imprese o dalle associazioni di imprese coinvolte o ancora
da terzi.
La Commissione pu assumere direttamente la decisione di richiesta di informazioni senza il
previo invio di una domanda.
Si prevede la possibilit di comminare sanzioni e penalit di mora non solo per informazioni
inesatte, ma anche per informazioni fuorvianti fornite in risposta ad una domanda o a una
decisione della Commissione.
Pu procedere alle necessarie verifiche anche presso le sedi delle imprese interessate.
La Commissione deve informare lAutorit nazionale della concorrenza dello Stato membro in
cui si trovano le aziende sottoposte ad indagine.

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La Commissione pu anche accedere ai domicili privati del personale di aziende sottoposte ad


indagine per violazione dei divieti ex art. 101 e 102, ma deve emettere motivata ordinanza e
presentarla al giudice nazionale perch questi autorizzi la visita ispettiva.
Nel procedere alla verifica del carattere non arbitrario o sproporzionato dellordinanza
ispettiva, il giudice nazionale deve tenere conto della gravit della presunta infrazione, della
rilevanza della prova cercata, della natura del coinvolgimento e della probabilit di trovare i
documenti cercati.
I funzionari e gli agenti della Commissione hanno ampi poteri, ma non possono chiedere
spiegazioni su fatti e documenti relativi alloggetto e allo scopo dellaccertamento, ne
procedere allapposizione dei sigilli.
Lesercizio dei poteri di controllo da parte della Commissione stato spesso esaminato sotto il
profilo della tutela dei diritti fondamentali.
Premesso che le modalit con cui si realizza la collaborazione tra la Commissione e le autorit
nazionali sono regolate dal diritto dello Stato membro interessato, resta che lautorit devono
da un lato, assicurare lefficacia dellazione della Commissione e dallaltro verificare che
lintervento non sia n arbitrario n sproporzionato.
Per quanto riguarda la tutela dei diritti della difesa, se vero che la Commissione solo un
organo amministrativo e non giudiziario, cos come la procedura di accertamento che essa
svolge, pur vero che anche in un procedimento di tale natura vanno rispettate le garanzie
procedimentali contemplate dal diritto comunitario. Si tratta di un procedimento che pu
concludersi con lapplicazione di una sanzione e comunque con una lesione degli interessi
dellimpresa.
Certi diritti devono essere tutelati anche nel corso di indagini e di procedure precontenziose,
quali quelle in tema di violazione delle norme sulla concorrenza nei quali lonere di provare la
violazione a carico della Commissione.
17. SEGUE: LE DECISIONI DELLA COMMISSIONE. I POTERI SANZIONATORI
Il regolamento 1/2003 individua i quattro tipi di decisione che la Commissione pu assumere a
seguito dellavvio di una procedura formale per lapplicazione degli articoli 101 e 102 del
Trattato.
Le decisioni in particolare sono: 1) decisioni di constatazione ed eliminazione delle infrazioni;
2) decisioni che rendono obbligatori impegni presentati dalle parti; 3) decisioni di
constatazione di inapplicabilit dei divieti di cui agli articoli 101 e 102 per ragioni di interesse
pubblico comunitario; 4) decisioni di adozione di misure cautelari
1) La Commissione, al termine del procedimento, quando abbia constato una infrazione, pu
adottare una decisione che obblighi limpresa a porre fine allinfrazione e ,se del caso,
commina unammenda che pu arrivare fino al 1% del fatturato dellanno precedente.
La Commissione pu imporre ladozione di rimedi comportamentali o strutturali, proporzionati
all infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente linfrazione.
La Commissione ha poi introdotto, esclusivamente con riguardo ai procedimenti avviati nei
confronti di cartelli, una speciale procedura di transazione. In forza di tale procedura le
imprese che ne facciano richiesta possono decidere di riconoscere la loro partecipazione ad
un intesa anticompetitiva e la loro responsabilit per i fatti contestati. Come ricompensa, la
Commissione potr ridurre del 10% limporto dellammenda da irrogare.
2) Laddove le parti presentino degli impegni al fine di rimuovere le preoccupazioni espresse
nella valutazione preliminare dalla Commissione, il regolamento ha introdotto la possibilit
per questultima di adottare una decisione di accettazione degli impegni proposti. Tale
decisione rende impegni vincolanti per le parti e pone termine al procedimento.
3) Il regolamento esclude la possibilit per le imprese di ottenere dalla Commissione, dietro
notifica, decisioni di compatibilit dei propri accordi o comportamenti con larticolo 101 del
trattato. Tuttavia prevista la possibilit eccezionale della Commissione, per ragioni di

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interesse pubblico comunitario, dufficio di stabilire mediante decisione che gli articoli 101 e
102 non siano applicabili a determinate condotte anticompetitive.
La Commissione si impegnata a fornire orientamenti su questioni nuove relative
allapplicazione degli articoli 101 e 102 con una dichiarazione scritta ( lettera di
orientamento).
4) Il regolamento ha disciplinato la possibilit per la Commissione di adottare misure cautelari.
In particolare i provvedimenti cautelari devono essere adottate soltanto in caso di indiscussa
urgenza, per far fronte ad una situazione tale da causare un danno grave e irreparabile;
devono avere carattere provvisorio e cautelare, ed essere conformi al principio di
proporzionalit; devono garantire il rispetto dei diritti di difesa. Il pregiudizio devessere
attuale e non un eventuale ed aleatorio.
Per quanto riguarda i poteri sanzionatori la Commissione pu infliggere sanzioni fino al 10%
del fatturato realizzato durante lesercizio sociale precedente. Lammenda va determinata su
due parametri, la gravit e la durata della violazione: nellipotesi in cui guadagni illeciti siano
ingenti la commissione pu aumentare limporto della sanzione.
Altri elementi vanno considerati quali intenzionalit, i precedenti dellimpresa, contesto
economico in cui si colloca la violazione. prevista invece la riduzione della sanzione o anche
una totale immunit per quelle imprese che abbiano dato un contributo significativo allavvio
di una indagine o alla sua definizione.
Particolare rilevanza assumono le modifiche in materia di sanzioni alle associazioni di imprese.
Lammenda a carico dellassociazione non pu eccedere il limite massimo del 10% del
fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato interessato dalla violazione posta in
essere dallassociazione stessa.
18. IL CONTROLLO SULLE CONCENTRAZIONI
Una concentrazione si realizza quando unimpresa si fonde con un'altra, ovvero ne
acquisisce il controllo.
Si ha altres concentrazione quando due o pi imprese creano unimpresa comune da
entrambe controllata.
Le norme comunitarie sulle concentrazioni hanno lo scopo di evitare che i processi di
concentrazione tra imprese producano una riduzione sostanziale della concorrenza
attraverso , in particolare, la creazione o il consolidamento e il rafforzamento di una posizione
dominante.
Lipotesi di concentrazione tra imprese stata considerata come rilevante fino al varo del
regolamento 4064/89 ora sostituito dal regolamento 139/2004.
Ben noto il caso Continental Can dove per la prima volta fu fatto valere che larticolo 102
potesse comprendere unipotesi di acquisizione del controllo di imprese concorrenti da parte
di unimpresa in posizione dominante.
In unaltra occasione poi la Corte ha riconosciuto la possibilit di fare applicazione dellart.
101 nel caso dellacquisto da parte di unimpresa di una partecipazione anche minoritaria in
una impresa concorrente ritenendo che tale operazione potesse comportare un
condizionamento delle strategie commerciali dellimpresa controllata.
Il regolamento 139/2004 si applica alle concentrazioni che abbiano una dimensione
comunitaria i cui criteri sono legati al fatturato delle imprese interessate dalloperazione. Ai
sensi dellarticolo 1 del regolamento, si ha riguardo ad un fatturato a livello mondiale di oltre
5 miliardi di euro e ad un fatturato, raggiunto da almeno due delle imprese interessate, che
superi nella Comunit i 250 milioni di euro.
Il regolamento considera dimensione comunitaria unoperazione di concentrazione qualora,
pur non essendo raggiunte le suddette soglie:
- il fatturato totale realizzato a livello mondiale da tutte le imprese interessate sia superiore a
2,5 miliardi di euro

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- in ciascuno di almeno tre Stati membri fatturato totale realizzato dallinsieme delle imprese
interessate superiore a 100 milioni di euro
- in ciascuno degli stessi tre Stati membri, il fatturato totale realizzato individualmente da
almeno due delle imprese interessate sia superiore a 25 milioni di euro
- il fatturato totale realizzato individualmente nella Comunit da almeno due delle imprese
interessate superiore a 100 milioni di euro
Il regolamento ha introdotto condizioni di maggiore flessibilit in relazione ai criteri ed alle
procedure di rinvio. In particolare pu essere oggetto di rinvio ad unautorit nazionale una
concentrazione che incide in misura significativa sulla concorrenza nel mercato allinterno
dello Stato membro interessato.
Lart.22 prevede la possibilit di un rinvio da parte di una o pi autorit nazionali alla
Commissione di operazioni che, pur non raggiungendo le soglie di fatturato fissate dallart. 1,
siano suscettibili di incidere in maniera significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato
membro o degli Stati membri che effettuano la richiesta ed abbiano impatto sul commercio
intracomunitario.
Il regolamento definisce loperazione di concentrazione sottoposto alla sua disciplina. Si tratta
in particolare:
a) dellipotesi di fusione tra due o pi imprese prima indipendenti;
b) dellipotesi di acquisto del controllo totale o parziale di una o pi imprese da parte di
soggetti che controllano gi unimpresa o da parte di una o pi imprese;
c) dellipotesi di costituzione di unimpresa comune che esercita stabilmente tutte le funzioni
di unentit economica autonoma.
Le operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria vanno obbligatoriamente notificate
alla Commissione. La notifica a effetti sospensivi e loperazione non pu essere realizzata fino
a che non intervenga la decisione di compatibilit o siano decorsi termini per adottarla.
Commissione apre la procedura di verifica entro 25 giorni e deve poi concludersi entro 90
giorni lavorativi dalla decisione di avvio dellistruttoria trascorsi i quali loperazione va
considerata compatibile.
Nel caso di mancata notifica, anche nel caso in cui le imprese procedono alloperazione
nonostante la decisione negativa, la Commissione dispone di un potere sanzionatorio: alle
parti pu essere inflitta lammenda fino a 10% del fatturato totale dellimpresa interessata.
Inoltre la Commissione ha potere di ordinare lo scioglimento dellentit risultante
dalloperazione.
La maggior parte dei casi la notifica preceduta da un incontro con la Commissione che ha lo
scopo di informare questultima dei negoziati in corso, di individuare gli elementi di
conoscenza necessari per un corretto controllo e di avere un primo scambio di idee sulle
questioni pi rilevanti.
Allesito della prima fase, la Commissione decide se la concentrazione compatibile con il
mercato comune; oppure che non rientra nella sfera di applicazione del regolamento; oppure
che va aperta la seconda fase della procedura di controllo in quanto sono necessari ulteriori
approfondimenti.
La Commissione pu anche decidere di rimettere la trattazione del caso, o parte di esso,
allautorit nazionale di concorrenza.
Seconda fase si apre con la decisione con cui la Commissione comunica alle parti che sulla
base degli elementi in suo possesso, la concentrazione solleva seri dubbi di compatibilit con
il mercato comune. Commissione deve comunicare per iscritto le sue obiezioni alle parti
notificanti, impartendo un termine per la presentazione di osservazioni. Le parti notificanti,
nonch le altre parti interessate, hanno il diritto e lonere di rispondere, sia con memorie
scritte, sia partecipando ad una audizione orale.
Quando la Commissione ritiene concentrazione incompatibile ancora possibile autorizzarla
qualora le parti propongano rimedi sufficienti.

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Quanto al criterio sostanziale di valutazione delle concentrazioni stato sostanzialmente


ridefinito dal regolamento 139/2004, ed espresso con la formula riduzione sostanziale
della concorrenza.
Il nuovo test basato su valutazioni di natura economica e permette di vietare tutte le
concentrazioni che hanno effetti anticompetitivi, ovvero che determinano laumento dei prezzi
e diminuiscono la scelta dei consumatori o linnovazione. Il nuovo criterio di valutazione deve
essere interpretato alla luce e nei limiti di quanto precisato nel considerando 25, in cui con
riferimento alla nozione di ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva, si precisa che
tale nozione dovrebbe essere interpretata come riguardante, al di l del concetto di posizione
dominante, solo gli effetti anticoncorrenziali di una concentrazione risultanti dal
comportamento non coordinato di imprese che non avrebbero una posizione dominante sul
mercato in questione.
Ne consegue che lambito di applicazione del divieto continua ad essere definito misura
largamente prevalente in corrispondenza della nozione di dominanza e che lutilizzo del nuovo
criterio di valutazione si configura in linea di principio come una ipotesi residuale.
Il regolamento 139/2004 consente di vietare anche unoperazione di concentrazione che dia
luogo alla creazione di una posizione dominante collettiva, quella di una situazione in cui due
o pi imprese indipendenti sono, relativamente ad uno specifico mercato, unite da vincoli
economici tali da detenere insieme una posizione dominante rispetto ad altri operatori sullo
stesso mercato.
Particolare rilevanza assume considerando 29, che espressamente indica lopportunit di una
valutazione delle concentrazioni che tenga conto degli eventuali incrementi di efficienza
generati da una concentrazione, prevedendo che spetta alle imprese lonere di addurre,
motivare e documentare lesistenza o la probabilit di tali incrementi, cos come la loro
idoneit a compensare qualunque possibile pregiudizio concorrenziale.
Allesito della procedura, progetto di decisione viene trasmesso alle autorit di concorrenza di
Stati membri e discusso dal comitato consultivo. La decisione viene infine pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale dellUnione.
Una procedura semplificata di esame prevista per determinate categorie di concentrazioni
che sono generalmente ritenute non problematiche per la concorrenza:
a) due o pi imprese acquisiscono congiuntamente il controllo di unimpresa comune che non
svolge alcuna attivit o solo unattivit di minima entit
b) acquisiscono il controllo esclusivo o congiunto di una impresa, e nessuna delle parti opera
nel medesimo mercato del prodotto
c) due o pi imprese procedono ad una fusione, o una o pi imprese acquisiscono controllo
esclusivo o congiunto di unaltra impresa, ma la loro quota congiunta non superiore al 15%
in caso di rapporti orizzontali o al 25% in caso di rapporti verticali
d) una parte acquisisce il controllo esclusivo dellimpresa di cui detiene gi controllo
congiunto.

19. TUTELA DELLA CONCORRENZA TRA DIRITTO DELLUNIONE E DIRITTO NAZIONALE


Il regolamento 1/2003 interviene a disciplinare la materia dei rapporti tra normativa
comunitaria e normative nazionali di concorrenza, prevedendo a carico di giudici e autorit
nazionali lesplicito obbligo di applicazione del diritto comunitario ai comportamenti dimpresa
che siano tali da incidere sui scambi tra Stati membri.
Lobbligo diretto anche a garantire che i procedimenti delle autorit nazionali di concorrenza
siano soggetti alle procedure di informazione e consultazione preventiva della Commissione,
lasciando in questo modo aperta la possibilit di unapplicazione parallela delle legislazioni
nazionali.
Relativamente alle intese questa possibilit soggetta a un vincolo di convergenza che
preclude lapplicazione di norme nazionali di concorrenza pi severe ad accordi, decisioni e

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pratiche concordate suscettibili di influenzare gli scambi intracomunitari, ma che non


integrino una violazione dellarticolo 101 del Trattato. Se cos non fosse, uno stesso accordo
potrebbe risultare trattato in maniera diversa a seconda del regime nazionale in cui
valutato, dunque risulterebbe compromessa lesigenza di applicazione uniforme del diritto
comunitario. Portata del vincolo di convergenza limitata alle sole fattispecie dintesa.
Esso non preclude lapplicabilit di discipline nazionali pi severe l dove queste abbiano ad
oggetto condotte unilaterali dimpresa, come tali non rientranti nellambito di applicazione
dellarticolo 101.
La espressa possibilit per lautorit nazionali competenti in materia di concorrenza di fare
diretta applicazione degli articoli 101 e 102 del Trattato un passaggio di grande rilievo ai fini
del processo di decentramento.
I giudici e le amministrazioni nazionali possono e anzi devono fare applicazione delle norme
provviste di effetto diretto incluse le norme del trattato che qui sono in questione. Tali norme
sono evocabili direttamente davanti al giudice e, in caso di conflitto tra norma comunitaria e
norma nazionale, la seconda va disapplicata.
Lidea di unapposita abilitazione interna ad applicare direttamente le norme comunitarie
appare priva di senso logico e sotto il profilo della teoria giuridica generale, assolutamente
errata.
I giudici e le amministrazioni nazionali costituiscono infatti lessenza del decentramento
dellapplicazione di tutte le norme comunitarie e quelle sulla concorrenza non fanno
eccezione.
Inoltre regolamento 1/2003 mantiene in capo alla Commissione un ruolo rilevante nella
determinazione della politica comunitaria della concorrenza.
Lautorit nazionali sono competenti ad applicare gli articoli 101 e 102 del trattato in casi
individuali, quindi escluso che tale autorit abbiano potere di adottare atti generali, quali
regolamenti di esenzione per categoria.
I poteri attribuiti alle autorit nazionali coincidono con quelli della Commissione tranne che
per le decisioni di constatazione di inapplicabilit: ordinare la cessazione dellinfrazione,
disporre misure cautelari, accettare impegni, comminare ammende, penalit di mora o altra
sanzione.
A fronte di questa equivalenza di poteri, le autorit nazionali continuano a svolgere un ruolo
diverso rispetto alla Commissione:
- in primo luogo perch allistituzione comunitaria resta la competenza esclusiva di
orientamento della politica antitrust comunitaria
- in secondo luogo perch lavvio di un procedimento da parte della Commissione per
ladozione della decisione, priva tutte le autorit nazionali garante della concorrenza della
competenza ad applicare gli articoli 101 e 102.
In particolare una volta che la Commissione abbia avviato un procedimento, lautorit non
possono pi iniziare un loro procedimento sullo stesso caso ovvero devono chiudere il
procedimento.
Di grande rilievo pratico la definizione delle rispettive sfere di azione e di competenza della
commissione e del giudice nazionale. La competenza dei tribunali nazionali, concorrente con
quella della commissione, deriva dallefficacia diretta dei divieti sanciti dagli articoli 101 e 102
che incidono direttamente sulla posizione giuridica dei privati e attribuiscono loro diritti ed
obblighi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare.
La decisione del giudice nazionale non vincola la commissione che resta libera di decidere
eventualmente in modo diverso. In forza del principio di leale collaborazione con le istituzioni
comunitarie giudice nazionale deve astenersi dal prendere provvedimenti idonei a
compromettere la realizzazione del trattato ed evitare ladozione di provvedimenti in
contrasto con decisioni della Commissione.

101

20. LA COOPERAZIONE TRA COMMISSIONE, AUTORIT E GIUDICI NAZIONALI


NELLAPPLICAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DELLA CONCORRENZA
Il sistema di applicazione delle regole della concorrenza comunitaria comprende anche la rete
delle autorit di concorrenza composta dalle istituzioni pubbliche dei Paesi membri.
Il regolamento 1/2003 prevede che lautorit nazionali hanno lobbligo di informare
preventivamente la Commissione sullesito di procedimenti attivati e prima di adottare taluni
tipi di decisione.
Un accordo o una pratica abusiva sono di pertinenza della rete se pregiudicano il commercio
tra gli Stati membri.
Se il caso stato identificato di pertinenza della rete, il primo obbligo consiste nellinformare
la Commissione dellavvio del procedimento.
La comunicazione conferisce un periodo di attribuzione del caso di 2 mesi entro il quale
ciascuna autorit deve valutare se desidera intervenire.
Laddove possibile la preferenza accordata allintervento della singola autorit.
Lintervento della Commissione sar ritenuto necessario quando laccordo o la pratica incida
sulla concorrenza di 3 o pi Stati membri, oppure quando un caso sia strettamente collegato
con altre disposizioni comunitarie, per la cui applicazione la commissione ha competenza
esclusiva o si trova meglio posizionata.
Si possono verificare tre situazioni diverse. In primo luogo possibile che una o pi autorit
decidano di agire in parallelo a quella che ha comunicato il caso per prima: sar possibile
individuare unautorit responsabile del coordinamento delle misure di indagine. In secondo
luogo, lautorit che ha comunicato originariamente le informazioni alla rete decide di
chiudere procedimento in quanto un altra autorit intende occuparsi del caso. Infine la
commissione pu avocare a s il caso e dunque privare lautorit nazionale della sua
competenza.
Lart. 11 del Regolamento 1/2003 prevede che lavvio di un procedimento da parte della
Commissione priva le autorit nazionali della competenza ad applicare gli artt. 101 e 102.
Se lautorit nazionale sta gi trattando il caso, la Commissione lo avocher a se.
Larticolo 12 del regolamento stabilisce che la commissione e le autorit nazionali hanno la
facolt di scambiare ed utilizzare come mezzo di prova qualsiasi elemento di fatto e di diritto,
comprese le informazioni riservate, a condizione che siano state legalmente raccolte
dallautorit trasmittente.
Il principio del segreto dufficio comporta che i segreti aziendali e le altre informazioni
riservate appartenenti ad imprese non possono essere divulgati allesterno della rete.
Nel caso di scambio dinformazioni fornite a unautorit di concorrenza nellambito di un
programma di clemenza, al fine di preservare lefficacia di tali programmi nellindividuazione
dei cartelli e incentivi alla collaborazione da parte delle imprese coinvolte, la Comunicazione
della Commissione, prevede, in deroga a quanto consentito dallarticolo 12, che in questi casi
le informazioni trasmesse alla rete non possono essere utilizzate dagli altri membri per
avviare proprie indagini.
Lart.22 del Regolamento, consente lautorit nazionale, di raccogliere informazioni in base
alla legislazione interna per conto di unaltra autorit. La richiesta di assistenza deve essere
formale, scritte e motivata.
In particolare viene in rilievo in maniera specifica lobbligo di leale collaborazione tra le
istituzioni comunitarie e i giudici nazionali chiamati alla reciproca assistenza nellapplicazione
delle regole antitrust.

102

CAPITOLO VII: LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA APPLICABILE


AGLI STATI
1. MISURE STATALI E EFFETTO ANTICONCORRENZIALE
La disciplina dellUnione sulla concorrenza non regola solo i comportamenti tra imprese, ma
pu investire anche taluni comportamenti degli Stati.
In base alla lettura congiunta degli artt. 4, n.3 TUE e 101 TFUE, nonch sullart.3 n.3 TUE, la
Corte di Giustizia ha fondato lobbligo per gli Stati membri di non adottare o mantenere
misure che possano rendere inefficaci le norme di concorrenza applicabili alle imprese.
La Corte ha sintetizzato la sua giurisprudenza con la formula secondo cui precluso agli Stati
membri di imporre, agevolare o rafforzare la conclusione di accordi in contrasto con larticolo
101 TFUE; nonch di privare del carattere pubblico una normativa, attribuendo ai privati la
responsabilit di adottare decisioni di interventi in materia economica.
Le condizioni perch una legislazione nazionale possa essere sottoposta alla verifica di
compatibilit con il diritto dellUnione sono, lesistenza di un accordo vietato dallart. 101 e
lesistenza di una misura statale che ne impone o agevola la conclusione ovvero ne impone
losservanza o ancora ne estende o ne rafforza gli effetti.
Gli articoli 101 102 restano invece applicabili nelle ipotesi in cui la normativa nazionale lasci
sussistere la possibilit di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da
comportamenti autonomi delle imprese.
Resta da chiarire se una normativa nazionale del tutto scollegata da un effettivo e palese
comportamento delle imprese possono determinare una violazione del diritto dellunione. Il
riferimento a quelle normative che producono sulle condizioni di concorrenza leffetto pari o
equivalente a quello di unintesa vietata, ma senza che un comportamento anticoncorrenziali
delle imprese si colleghi in qualche modo alla misura statale in questione.
Risposta della corte stata nel senso che lincompatibilit della normativa statale resta
ancorata alla presenza di un comportamento delle imprese, non importa se favorito, rafforzato
o addirittura imposto dalla normativa stessa.
utile ricordare che lo stesso articolo 101 non considera incompatibile con il mercato comune
ogni alterazione della concorrenza, ma solo quelle alterazioni che siano il risultato di un
comportamento delle imprese. necessario quindi che leffetto anticoncorrenziale di una
normativa statale sia in qualche modo collegato ad un comportamento delle imprese e ne
costituisca la diretta o indiretta copertura, sia cio collegato al dettato dellarticolo 101.
Quando questultimo collegamento non sussiste, non rimangono che il parametro dellarticolo
4 e il principio generale della concorrenza libera e non falsata.
Il primo impone si un dovere di collaborazione, ma si tratta di un dovere che, se collegato ad
una norma materiale che a sua volta impone un obbligo, non ha una sua autonomia rispetto
allosservanza di quellobbligo. Ne consegue che un parametro che ancora una volta non
pu essere utilizzato in assenza di un comportamento delle imprese.
A sua volta lobiettivo della creazione del regime che garantisca la concorrenza non falsata
collegato alle condizioni e ai ritmi previsti dai trattati. La conseguenza che non sufficiente
il principio quale parametro per valutare la legittimit delle condotte rilevanti, ma occorre
riferirsi agli articoli 101-109. Ancora una volta risulta indispensabile il comportamento delle
imprese.

103

Situazione ad oggi tuttavia mutata notevolmente. Larticolo 119 prevede che lazione di
Stati membri comprenda ladozione di una politica economica fondata sullo stretto
coordinamento delle politiche dellinsieme degli Stati membri e condotta in conformit al
principio delleconomia di mercato aperta alla libera concorrenza. Inoltre larticolo 120 ripete
ancora una volta il vincolo degli Stati membri di agire nel rispetto dei principi delleconomia di
mercato aperta alla libera concorrenza.
Per quanto riguarda la legittimit del comportamento delle imprese nel caso in cui il
comportamento anticoncorrenziali sia consentito o agevolato dalla misura statale o sia
addirittura imposto:
- quando la normativa nazionale lascia sufficiente autonomia allimpresa, il comportamento di
questa resta sottoposto alla disciplina degli articoli 101 e 102 ed passabile di censura e di
sanzione, salvo graduarne la misura e far valere anche la responsabilit dello Stato
- quando la normativa nazionale impone alle imprese un comportamento in violazione delle
norme comunitarie sulla concorrenza, tale comportamento non pu essere sanzionato,
mancando presupposto per lapplicazione degli articoli 101 e 102, con la conseguenza che
sar eventualmente solo lo Stato a rispondere.
2. MISURE STATALI ED IMPRESE PUBBLICHE
Lart. 106 vieta agli Stati membri di adottare nei confronti delle imprese pubbliche o imprese
titolari di diritto esclusivi, misure che siano contrarie al Trattato, specialmente al divieto di
discriminazione in base alla nazionalit e alle norme sulla concorrenza.
Lart. 106, c. 2 sancisce che le imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse
economico generale possono essere sottratte alle regole della concorrenza, nei limiti in cui si
renda necessario alladempimento della loro funzione.
Lo scopo della norma di conciliare linteresse dellUnione per le regole della concorrenza con
le esigenze di politica economica degli Stati membri.
Le violazioni pi frequenti al Trattato nellintervento pubblico sono quelle che si risolvono in
ostacoli agli scambi ed alla libera prestazione di servizi e nellabuso di posizione dominante.
La giurisprudenza costante nel senso che, mentre la creazione da parte dello Stato membro
di una posizione dominante tramite lattribuzione di diritti esclusivi non incompatibile con
larticolo 106, non consentito invece adottare o mantenere in vigore misure che possano
pregiudicare leffetto utile dello stesso art. 106.
Ormai incontestata lillegittimit dei diritti esclusivi che abbiano ad oggetto limportazione o
la commercializzazione di beni o servizi; il diritto esclusivo per importazione di tabacchi o di
apparecchi terminali di telecomunicazioni.
Pi complessa e incerta la questione se ed entro quali limiti larticolo 106 induca a ritenere
illegittimi i diritti esclusivi di produzione di beni o servizi: la giurisprudenza si fonda sulla
premessa che gli Stati membri non possono pregiudicare leffetto utile delle norme a cui di
volta in volta larticolo 106 n.1 rinvia.
Il fatto di poter leggere congiuntamente larticolo 106 n.1 e n.2 significa che la concessione e
il mantenimento di diritti esclusivi sono sostanzialmente leciti solo rispetto ad imprese che
svolgono un ruolo di interesse generale o servizio pubblico esclusivamente nella misura in cui
i limiti alla concorrenza che derivano siano funzionali allassolvimento di quegli stessi obblighi
di servizio pubblico.
Cos ad esempio, si considerato giustificato il monopolio legale del servizio postale ordinario,
in quanto costituisce un servizio di interesse generale che necessariamente deve coprire
anche settori non redditizi.
Invece si rilevata lincompatibilit del monopolio del servizio di corriere espresso, in quanto
lesclusione della concorrenza che ne consegue non giustificabile in base a motivi di
interesse generale.

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3. IL POTERE DI CONTROLLO DELLA COMMISSIONE EX ART. 106 N.3 TFUE


Lart. 106 , n. 3 , recita : La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del
presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni
Esso attribuisce alla Commissione poteri di controllo.
Le decisioni e le direttive che la Commissione pu adottare sono atti vincolanti, devono
pertanto essere impugnati nei termini di rito e possono dare luogo ad una procedura di
infrazione per inadempimento.
Il potere attribuito alla Commissione dallart. 106 n.3 stato oggetto di numerose discussioni
soprattutto riguardo due questioni:
1) Rapporto tra poteri della Commissione e quelli normativi del Consiglio:
innanzitutto si specifica che , a norma dellart. 106 n.3, la competenza attribuita alla
Commissione si limita alle direttive e alle decisioni necessarie al fine di espletare il dovere di
vigilanza. Diversamente la competenza attribuita dallarticolo 109 al Consiglio, gli consente di
stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dellapplicazione degli artt. 107 e 108 TFUE.
In seguito la Corte ha rilevato la portata generale dei poteri attribuiti al Consiglio
sottolineando in particolare la competenza ad adottare tutti i regolamenti e le direttive utili ai
fini dellapplicazione delle norme sulla concorrenza.
Viceversa lart. 106 riguarda lipotesi di misure statali adottate dagli Stati membri nei
confronti delle imprese con le quali sussistono relazioni economiche particolari, con la
conseguenza che le direttive e le decisioni di cui al n. 3 sono finalizzate esclusivamente al
controllo di tali misure.
Ci significa che la competenza della Commissione pi ristretta e specifica di quella
conferita al Consiglio. Solo di recente si finito col riconoscere lesistenza di una
sovrapposizione e dunque leventualit che il Consiglio eserciti le competenze con riguardo al
tema specifico delle imprese titolari di diritti esclusivi, non precludendo comunque alla
Commissione di esercitare poteri che le derivano dallart.106 n.3 .
2) Rapporto tra potere della Commissione di adottare direttive nel contesto
regolato dallart. 106 e quello di avviare una procedura dinfrazione ex art. 258.
La Corte ha affermato che la Commissione ha il potere di precisare in generale le obbligazioni
che derivano dal trattato. E consegue che latto previsto dallart. 106 n. 3, senza prendere in
considerazione la posizione particolare in cui si trovano i singoli Stati, concretizza gli obblighi
che sono loro imposti. Tale orientamento stato successivamente confermato e si pu
considerare consolidato.
La Corte ha infine riconosciuto che la Commissione ha in forza dellarticolo 106 n.3, il potere
di accertare e dichiarare incompatibilit rispetto diritto comunitario di una normativa statale e
di indicare i provvedimenti necessari per eliminare la violazione: n pi n meno di quanto
contenuto in un parere motivato allinterno della procedura dinfrazione.
La giurisprudenza ha quindi esteso al controllo relativo alle imprese pubbliche il tipo di
procedura previsto espressamente dallarticolo 108 in tema di controllo sugli aiuti pubblici alle
imprese, ipotesi che costituisce una deroga allarticolo 258.
Inoltre non si pu pretendere dalla Commissione di motivare in modo specifico la scelta tra
lesercizio dei poteri di cui allart. 106 n.3 e la procedura dinfrazione di cui allart. 258.
4. GLI AIUTI PUBBLICI ALLE IMPRESE
Le norme comunitarie sugli aiuti di Stato sono dirette ad evitare che il sostegno finanziario
pubblico possa alterare la competizione.
Secondo lart. 107 sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati
sotto forma di qualsiasi utilit che, favorendo talune imprese, alterino o minaccino di alterare
la concorrenza.

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Il principio sul quale si fonda il disposto che gli aiuti di stato sono incompatibili con il
mercato comune, cosicch vanno sottoposti ad un sistema obbligatorio di
autorizzazione previa.
Lart. 108 disciplina la procedura di controllo preventivo della compatibilit di aiuti nuovi,
nonch quella di controllo permanente su quelli esistenti.
Lart. 109, infine, prefigura il potere del Consiglio di fissare in via generale, con regolamento,
le condizioni di applicazione dellart. 108, nonch le categorie di aiuti che possono essere
dichiarati compatibili.
Solo tardivamente il Consiglio ha esercitato questa competenza adottando il regolamento
n.994/98 e n.659/99. Essi affermano lesigenza che il processo di produzione delle norme di
diritto derivato non sia unicamente affidato ad atti della Commissione, ma avvenga mediante
atti regolamentari assunti dal Consiglio.
Il regolamento 994/98 abilita la Commissione ad adottare appositi regolamenti di esecuzione
finalizzati a disciplinare taluni interventi di sostegno pubblico delleconomia.
Nel 2008 la Commissione ha adottato il regolamento generale di esenzione per categoria
n.800/2008 che in parte sostituisce precedenti regolamenti e introduce nuove categorie di
aiuto esentabili. Tra le categorie che non beneficiavano dellesenzione: gli aiuti per la tutela
ambientale, per linnovazione, la ricerca e lo sviluppo a favore delle grandi imprese, gli aiuti
per le imprese di nuova creazione da parte di imprenditrici donne.
Il regolamento 659/99 procede ad un riordino organico dei principi e regole procedurali.
Limportanza di questi atti normativi del Consiglio non deve portare a sottovalutare grande
ruolo svolto dalla Commissione e dal giudice dellUnione che hanno saputo dare concreta ed
efficace attuazione alle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato.
5. LA NOZIONE DI AIUTO OGGETTO DEL DIVIETO GENERALE
Art.107: sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi
tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi
forma che favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la
concorrenza.
La nozione dunque molto ampia.
In linea generale pu considerarsi aiuto di Stato ogni forma di vantaggio economicamente
apprezzabile fatta ad una impresa mediante intervento pubblico.
Vi rientra qualsiasi misura direttamente o indirettamente capace di produrre per limpresa un
beneficio economico.
Il Trattato non distingue gli interventi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li
definisce in funzione dei loro effetti.
Laiuto designa non solo le prestazioni positive come le sovvenzioni, ma anche interventi che
alleviano gli oneri che gravano sul bilancio di una impresa.
Gli aiuti incompatibili sono quelli concessi dagli Stati, e sono considerati tali non solo quelli
erogati direttamente, ma anche quelli erogati da Ente terzo formalmente distinto dallo Stato.
1. La forma dellaiuto: irrilevante, pu essere tanto una legge quanto un atto
amministrativo, neppure esclusa la forma privatistica.
Tra le ipotesi pi rilevanti vanno annoverate le assunzioni di partecipazione dello Stato
o di un ente pubblico nelle imprese. Il controllo pu portare alla dichiarazione di
incompatibilit quando lapporto pubblico non corrisponde a quello di investitore
privato che operi un conferimento di capitali in normali condizioni di uneconomia di
mercato.
Quindi per esempio una holding pubblica pu si sopportare e ripianare le perdite di una
controllata, ma solo quando si possa prevedere un miglioramento della redditivit;

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costituiscono aiuti incompatibili i conferimenti di capitale che prescindono da qualsiasi


prospettiva di redditivit anche a lungo termine.
Nellipotesi di operazioni di privatizzazione di imprese pubbliche la commissione
verifica:
- che la privatizzazione non si accompagni ad interventi finanziari dellazionista
pubblico volti a riequilibrare la situazione patrimoniale e finanziaria dellimpresa ceduta
- che il prezzo di cessione rifletta correttamente il valore delle attivit privatizzate e non
comporti un indebito vantaggio per il soggetto acquirente
Sempre con riferimento al rapporto tra lo Stato e le imprese pubbliche sono state
adottate alcune normative per assicurarne la trasparenza.
La prima direttiva imponeva agli Stati membri di comunicare periodicamente i dati
relativi alle relazioni con imprese pubbliche, successivamente la commissione ha
modificato e integrato la direttiva.
La Corte ha escluso dalla nozione di aiuto lipotesi di erogazione di risorse pubbliche a
esclusivo compenso degli oneri aggiuntivi di servizio pubblico, in quanto inidonea a
favorire limpresa beneficiaria e ad alterare le condizioni concorrenziali. Di conseguenza
lerogazione non va neppure notificata ed sottratta al controllo preventivo della
commissione, restando soggetta solo controllo successivo del giudice nazionale ed
alloccorrenza della corte attraverso rinvio pregiudiziale.
La corte nella sentenza Altmark ha precisato le condizioni che devono ricorrere perch
la compensazione degli oneri di servizio pubblico possa sottrarsi alla qualificazione di
aiuto:
a) limpresa beneficiaria deve effettivamente essere stata incaricata dallassolvimento
di obblighi di servizio pubblico
b) criteri di calcolo della compensazione devono essere determinati in via generale
preventiva e trasparente
c) La compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire costi
d) quando la scelta dellimpresa non sia stata operata con procedura di appalto
pubblico, la compensazione deve essere determinata sulla base dei costi di unimpresa
media
2. Per quanto concerne lorigine dellaiuto, va rilevato che laiuto deve poter essere
imputato allo Stato.
Limputabilit sicura quando laiuto sia stato concesso da un ente pubblico o
direttamente dallamministrazione ma anche dal soggetto privato sottoposto a controllo
pubblico. Meno pacifico se laiuto concesso da un soggetto distinto dallo Stato debba
anche essere a carico dello Stato. La giurisprudenza su questo aspetto non stata
sempre lineare anche se commissione e corte hanno la tendenza a cercare comunque
un legame tra le risorse impiegate e unarticolazione dellapparato statale.
In definitiva due sono i presupposti della nozione di aiuto ai sensi e per gli
effetti dellart. 107 sotto il profilo dellorigine dellaiuto:
- Deve trattarsi di risorse statali, cio strumenti finanziari che siano nella disponibilit
delle autorit pubbliche per essere destinate a sostenere le imprese e che lo Stato
possa controllare lutilizzazione e la destinazione
- la misura deve essere imputabile allo Stato ovvero ad una sua articolazione
3. Beneficiario dellaiuto deve essere unimpresa, cio qualsiasi entit che eserciti
unattivit economicamente rilevante e sia presente nel mercato dei beni e dei servizi.

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Sono esclusi gli enti che non esercitano attivit economiche ad esempio gli enti di
ricerca, le universit o le scuole di formazione.
4. Condizione della rilevanza dellaiuto che esso favorisca talune imprese ovvero talune
produzioni rispetto ad altre che si trovino nella stessa situazione di fatto e giuridica, si
parla di selettivit.
Occorre di volta in volta verificare se la misura pu essere giustificato in base ad una
logica di sviluppo del sistema economico nel suo insieme ovvero rappresenti una
deviazione rispetto allassetto del sistema diretta ridurre gli oneri finanziari a vantaggio
di specifici attori.
5. La valutazione degli effetti dellaiuto facilitata dalla presunzione che in ogni caso
un aiuto produce effetti distorsivi. Laiuto inoltre sottrae risorse pubbliche ad altre
destinazioni e pi in generale alimenta la cultura dellassistenzialismo.
6. Anche in materia di aiuti di Stato vale il criterio de minimis. Scarsa consistenza
dellaiuto o la dimensione modesta dellimpresa beneficiaria non possono far escludere
a priori la possibilit che siano influenzati gli scambi tra paesi membri.
6. LE DEROGHE AL PRINCIPIO DI INCOMPATIBILIT DEGLI AIUTI DI STATO
Sono statuite dallart. 107 del TFUE, si suddividono in deroghe de iure e deroghe sottoposte
alla valutazione della Commissione o del Consiglio.
Quelle de iure sono riconducibili:
agli aiuti concessi ai singoli consumatori;
quelli conferito per rimediare a calamit naturali;
quelli concessi alla economia delle Regioni tedesche dopo la riunificazione.
Quelle sottoposte alla valutazione della Commissione o del Consiglio sono:
aiuti per lo sviluppo di regioni con basso tenore di vita;
aiuti per la realizzazione di un progetto comune o per rimediare a un grave turbamento
delleconomia in uno Stato membro;
aiuti per lo sviluppo di talune attivit o talune regioni;
aiuti destinati alla cultura ed alla conservazione di beni culturali.
Dalla prassi della Commissione possono trarsi due principi che ne hanno informato lazione
relativamente alle deroghe:
a) principio della contropartita: laiuto compatibile se non possibile realizzare
diversamente lobiettivo di interesse comunitario;
b) principio della trasparenza: impone di verificare natura e portata dellaiuto rispetto
agli scambi intracomunitari ed alla concorrenza sulla base di tutti gli elementi necessari.
Tra le ipotesi di deroga al principio di incompatibilit per molti aspetti sono di grande rilievo
quelle che riguardano gli aiuti regionali. Tra i fattori considerati ai fini della valutazione
compatibilit vi sono il tasso, la struttura e le tendenze della disoccupazione, i saldi
migratori, la pressione demografica, la densit della popolazione ed altre variabili
geografiche economiche e socio strutturali.
Particolarmente importanti sono anche le deroghe concesse dalla Commissione sulla base
degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in
difficolt. Gli aiuti per il salvataggio possono essere autorizzati solo in casi eccezionali
connotati da gravi difficolt sociali; che siano concessi sotto forma di garanzia dei crediti o di
crediti rimborsabili gravati da un tasso dinteresse equivalente a quello di mercato; gli aiuti
siano limitati a quanto necessario per mantenere limpresa in attivit; lo Stato si impegni a

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presentare alla commissione un piano di ristrutturazione, piano di liquidazione o la prova che


il prestito stato integralmente rimborsato.
Da menzionare la disciplina comunitaria relativa allaiuti settoriali che sono ammessi
quando consentano di ripristinare condizioni di efficienza e di competitivit a lungo termine.
7. LA PROCEDURA DI CONTROLLO DI COMPATIBILITA DEGLI AIUTI
Lo scopo del controllo preventivo statuito dallart. 108 quello di evitare che un pregiudizio
distorsivo delle regole della concorrenza abbia a consumarsi.
Gli stati membri hanno, dunque, due obblighi:
a) lobbligo di notifica alla Commissione del progetto di aiuto o di modifica dello stesso;
b) lobbligo di standstill (arresto) di non dare corso al progetto di aiuto prima che la
Commissione si sia pronunciata.
Il divieto di attuare il provvedimento provvisto di effetto diretto.
Pertanto, il singolo che subisca un pregiudizio dallaiuto erogato pu far valere dinanzi al
giudice nazionale, anche in via cautelare, il contrasto con il diritto comunitario.
In ogni caso, il singolo pu far valere lillegittimit degli atti di esecuzione del provvedimento.
Ne consegue:
che il giudice, se adito per il rispetto dellart. 108, c. 3, deve tutelare i singoli rispetto al
previo obbligo di notifica alla Commissione. Egli ha il potere di accertare se laiuto
concesso rientri nella nozione comunitaria e, se del caso, pu operare un rinvio
pregiudiziale alla Corte in caso di dubbio interpretativo. Tuttavia, n il giudice, n la
Corte sono competenti a valutare nel merito la compatibilit dellaiuto in quanto tale
compito spetta in prima battuta esclusivamente alla Commissione sotto controllo della
Corte.
Linosservanza dellobbligo di notifica e/o di sospensione dellerogazione dellaiuto
determina la sua illegittimit insanabile; viceversa non ne determina di per s
lincompatibilit sostanziale con il mercato comune.
La pretesa della commissione di considerare di per s illegittimi aiuti eseguiti in
violazione dellobbligo di notifica e/o di standstill , senza bisogno di seguire la procedura
di controllo, stata respinta dalla corte, con la conseguenza che la commissione ha
lobbligo di procedere in ogni caso alla verifica della compatibilit dellaiuto.
La procedura di controllo si articola in due fasi:
1. la prima fase consiste in un esame sommario del progetto di aiuto. Tale fase deve
concludersi rapidamente, la Corte fissa in due mesi il tempo massimo. Essa non integra
lobbligo di trasparenza, data la sommariet della valutazione.
2. la seconda fase, cio la procedura di controllo, consiste in un esame approfondito della
natura ed implicazioni del progetto. Tale fase accompagnata da garanzie di pubblicit e
di rito alquanto rigorose.
Regime relativo agli aiuti fin qui considerato si riferisce agli aiuti nuovi, cio decisi ex
novo.
Per gli aiuti gi esistenti lart. 108 del Trattato prefigura un esame permanente della
Commissione, che pu anche proporre modifiche allo Stato erogatore e alloccorrenza aprire
nuovamente la procedura in contraddittorio.
La differenza fondamentale rispetto ai nuovi aiuti costituita dal fatto che per tutta la durata
del controllo non vige lobbligo di standstill.
Quando la commissione dichiara laiuto incompatibile con il mercato comune allesito della
procedura, essa ne pu imporre allo Stato membro la soppressione ovvero prescrive
determinate modificazioni al progetto notificato.

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Se laiuto stato in tutto o in parte erogato, la commissione pu imporre allo Stato membro di
esigerne la restituzione, che ha dunque lo scopo di eliminare la distorsione di concorrenza
causata dallaiuto illegittimo.
Molto spesso si verificano difficolt nel recupero. Tuttavia va ricordato il principio secondo cui
lo Stato non pu porre a giustificazione del proprio inadempimento disposizioni o pratiche o
situazioni interne.
stato pi volte ribadito che pu essere presa in considerazione esclusivamente una
impossibilit assoluta di eseguire correttamente la decisione. In ogni caso quando lo Stato
incontri delle difficolt, dovr consultare la commissione e con essa convenire eventuali
rimedi anche in funzione del dovere di collaborazione.
Il recupero dellaiuto deve comunque realizzarsi attraverso i mezzi e le procedure vigenti negli
Stati membri sempre che non sia reso praticamente impossibile il recupero stesso.

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